Fictober 2021

di Funlove96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome home cheater ***
Capitolo 2: *** Get together ***
Capitolo 3: *** Heartbeat ***
Capitolo 4: *** Back to home ***
Capitolo 5: *** Nosey ***
Capitolo 6: *** Chat ***
Capitolo 7: *** Because you reminded me home ***
Capitolo 8: *** Promise ***
Capitolo 9: *** Because there is no better show in the world ***
Capitolo 10: *** Night thoughts ***
Capitolo 11: *** Wishes ***
Capitolo 12: *** It's okay ***
Capitolo 13: *** My queen ***
Capitolo 14: *** Because Arsenal is just Iron Man's bad copy ***
Capitolo 15: *** Because there's nothing wrong with it ***
Capitolo 16: *** Because that's my favorite hoodie ***
Capitolo 17: *** Because you're not as they say ***
Capitolo 18: *** I'm ok ***
Capitolo 19: *** Because now we're finally here ***
Capitolo 20: *** Because we'll never be normal, and it's beautiful ***
Capitolo 21: *** You light my fire - part 1 ***
Capitolo 22: *** You light my fire - part 2 ***
Capitolo 23: *** You light my fire - part 3 ***
Capitolo 24: *** There is no more beautiful place ***
Capitolo 25: *** HalLo(ve)Week: Day 1 ***
Capitolo 26: *** HalLo(ve)Week: Day 2 ***
Capitolo 27: *** Jerza day 2021: Because you can't do without it anymore ***
Capitolo 28: *** HalLo(ve)Week: Day 3 ***
Capitolo 29: *** HalLo(ve)Week: Day 4 ***
Capitolo 30: *** HalLo(ve)Week: Day 5 ***
Capitolo 31: *** HalLo(ve)Week: Day 6 ***
Capitolo 32: *** HalLo(ve)Week: Day 7 ***



Capitolo 1
*** Welcome home cheater ***


Prompt: Display.
Coppia: Weisz Steiner x Hermit Mio/Wermit.

~Welcome home, cheater~





La sveglia del cellulare suonò, fermandosi solo quando la mano abbronzata si posò su di esso, premendo sull'icona del display per fermarla, rigirandosi nel letto dalle lenzuola decorate con le immagini del suo film preferito -un supereroe dall'armatura argentata faceva capolino sul lenzuolo, a circondarlo i suoi fedeli gadgets, delle cui piccole repliche erano sparse anche sul comodino- con la voglia di alzarsi decisamente sotto le scarpe, per nulla una novità in quell'ultima settimana. Da quando era partita non aveva quasi più voglia di fare nulla, e se non fosse stato per il lavoro non avrebbe avuto nulla da fare tutto il giorno, salvo aspettare il suo ritorno. Si sarebbe preparato per andare all'università, immergendosi nella sua vita quotidiana da professore di biologia, se solo quel giorno non fosse stato il suo giorno libero. Sbuffò pensando che forse il tempo sarebbe passato più in fretta coi videogiochi, e si segnò mentalmente di farsi un paio di partite più tardi, progettando già di occupare almeno un'altra oretta a letto, in quella giornata che si prospettava lunga e noiosa...

Stava per richiudere gli occhi quando il cellulare suonò di nuovo, stavolta per una telefonata. Afferrò senza troppa voglia l'oggetto, già pronto a snocciolare una scusa a qualche amico che, sicuramente, gli avrebbe proposto di andare a bere qualcosa. Non era che non amasse la birra o i locali, solo che ultimamente non aveva molta voglia di uscire. "Pronto..." la voce del moro gli entrò nell'orecchio, facendolo sorridere per la solita ilarità con cui conversava di solito, ma già pronto a declinare l'invito di andare a bere. Il sorriso divenne ben più ampio -sebbene la sua mente avesse appena scacciato quel pensiero così dolorosi che si era affacciato appena- quando sentì ciò che l'amico gli stava annunciando. "Sono davvero felice per voi! Un giorno di questi andiamo a bere qualcosa per festeggiare ok? Ovviamente solo noi due, visto che Rebecca non potrà toccare una birra per eoni interi!" e tu sarai lì a non farla soffrire da sola avrebbe aggiunto, ma non era il momento di prenderlo in giro. Lo avrebbe fatto quando sarebbero arrivate le voglie impossibili che lo avrebbero costretto ad andare a cercare le fragole alle tre del mattino. I due si diedero gli ultimi saluti, dandosi appuntamento a quando le due donne si sarebbero messe d'accordo per un'uscita a quattro, e finalmente il biondo poté tornare a dormire... o almeno così credeva quando si rimise con la testa sotto le lenzuola, perché il telefono tornò a suonare, costringendolo a rispondere, convinto che fosse di nuovo Shiki ma...
"Ehi dormiglione!" una voce ben conosciuta lo fece balzare seduto sul letto. "Tesoro! Come va ad Hook?" si interessò subito, perdendo tutto il sonno che aveva. "Facciamo che ti racconto tutto quando avrai aperto? E sbrigati!" concluse la donna, suonando al campanello abbastanza stizzita, sentendo i passi pesanti avvicinarsi alla porta per aprirla subito dopo, approfittandone per passargli le buste pesanti non appena vide la sua figura, in canotta bianca e boxer neri, ed entrare subito, togliendosi le scarpe nere tacco dieci abbinate al tailleur gessato. Sapeva che lo avrebbe trovato a casa solo perché Rebecca le aveva telefonato annunciandole la lieta novella -era di nuovo incinta, e sebbene qualcosa dentro le si era spezzato, ancora, era felice per la sua amica-, e le aveva detto che Weisz aveva rifiutato di uscire con Shiki. E non che avesse dubbi dato che era il suo giorno libero e lui era un tale pigrone...
"C'è stato qualche problema?" domandò il biondo, seguendola in cucina e posando le borse del supermercato sul tavolo. Il suo ritorno era previsto tra qualche giorno e Weisz non poté che preoccuparsi per questo, in parte avendo già capito di chi fosse la colpa. "Problemi con l'accordo. La riunione è stata rimandata..." rispose la donna stizzita, sciogliendosi lo chignon e liberando i lunghi capelli azzurri dalle leggere sfumature color verde-acqua, che ricaddero sul corpo minuto. Prese una birra dal frigo, aprendola senza l'ausilio dell'apribottiglie, svelando all'uomo quanto davvero fosse nervosa, e confermando i suoi sospetti. "Müller?" domandò con tono un po' retorico mentre sistemava la spesa nella dispensa, vedendola annuire dopo aver bevuto il primo sorso. "Ha fatto il diavolo a quattro per una stupida clausola, che tra l'altro si erano già offerti di modificare per venire incontro alle sue strane idee. Ma lui ha rifiutato facendo in modo che l'accordo finisse in un nulla di fatto con la scusa del 'dover fare ancora esperimenti'..." bevve ancora, cercando di non pensare a come le avesse praticamente urlato che non si doveva mischiare la vita privata col lavoro, e lei era stata tentata di dargli un bel pugno su quel naso a patata che si ritrovava. Se non l'aveva fatto -e solo il cielo sapeva come avesse fatto in due anni a trattenersi dal malmenarlo- era solo perché erano ancora davanti agli azionisti della Newton corporation, e non ci avrebbero fatto una bella figura a litigare nei corridoi della sede in cui erano ospiti. E poi era una donna di quasi trent'anni, non poteva certo comportarsi come se fosse ancora al liceo, per quanto le sue parole l'avessero colpita nel profondo. Avrebbe voluto urlargli che aveva studiato anni per specializzarsi in embrionologia ben prima di...
"Deve solo ringraziare che non ci abbiano strappato il contratto in faccia. E stavolta il capo era davvero arrabbiato, credo che potrebberi davvero licenziarlo stavolta..." disse non nascondendo un sospiro di sollievo. A quell'uomo non importava nulla di aiutare le coppie alle prese non la sterilità, ma solo che il suo nome apparisse sulle riviste mediche, dove il suo unico posto invece, grazie a quel progetto, sarebbe stato in un piccolo riquadro al fianco di una lunga e dettagliata intervista che avrebbe riportato a caratteri cubitali il nome Hermit Steiner-Mio. Era assai meglio che stesse lontano dal progetto, e anche da qualsiasi laboratorio di ricerca possibilmente...
Weisz avrebbe davvero voluto ucciderlo quel pazzo egocentrico. Ogni volta che faceva qualcosa per intralciare il progetto C-7 era Hermit a dover riparare ai suoi casini, dovendo fare il triplo del lavoro, tornando a casa ad orari improponibili e coi nervi a fior di pelle per quel progetto che lui sapeva molto bene quanto la prendesse. Quanto li prendesse. Dovevano solo ringraziare che tenesse a quel progetto come fosse la sua stessa vita se avevano ancora una scenziata del suo calibro con loro...
Ed era meglio che quell'uomo venisse allontanato da sua moglie una volta per tutte o gli avrebbe davvero spaccato la faccia, a lui e agli altri bambocci dei loro capi che non si erano sbrigati prima a cacciarlo via.
"Non saranno almeno dieci anni che quello è in età pensionabile? Sarebbe anche ora che se ne andasse..." esordì acido, mandando mentalmente tutti gli accidenti possibili a quel vecchio egoista, non ottenendo risposta da parte di sua moglie, probabilmente intenta a scolarsi la birra per non pensare più a quello. Stava chiudendo l'anta della dispensa, pronto a correre ad abbracciarla, dato che in tutto questo non si erano nemmeno dati un bacio e lui era troppo impaziente di stringerla tra le braccia dopo sette giorni che stavano lontani, quando alle orecchie gli arrivò il rumore della bottiglia che si infrangeva sul pavimento e... "Hermy!" attraversò la cucina, raggiungendola in poche falcate per prendendole le mani e controllare che non si fosse fatta del male. Le baciò le nocche quando vide che non c'erano ferite sulla pelle candida, carezzandole dolcemente nel sentire quel flebile "È colpa mia, scusa..."

"Ma no, è solo un po' di vetro. Dai, vatti a rinfrescare, qui ci penso i-" "Scusa..." alzò il volto quando una lacrima sfiorò le loro mani unite, e la vista di lei con gli occhioni azzurri pieni di lacrime e tenuti bassi, senza nemmeno il coraggio di guardarlo, gli diede una fitta al cuore, di quelle che aveva avuto mesi e mesi prima, quando si erano ritrovati con quel foglio in mano e una speranza che in poche ore si era accesa e spenta con la stessa velocità di un fulmine, lasciando dentro di loro un vuoto che fino a poco prima non avevano mai pensato di poter provare...

Perché la verità era che Weisz ed Hermit, seppure non avevano mai pensato a costruirsi una famiglia, a quel ritardo e quelle due linee blu spuntate sul test di gravidanza quella mattina ci avevano creduto davvero, e già avevano iniziato ad immaginarsi in tre, con lo studio trasformato in una stanzetta da decorare per un futuro figlio, in quell'appartamento al centro di Norma.
Avevano avuto paura, da spiriti liberi quali erano entrambi, di quella responsabilità, ma una piccola luce di felicità si era accesa, facendosi spazio dentro di loro, spenta poi senza pietà da quel risultato scritto nero su bianco: Sterile...

Hermit non poteva avere figli, e l'immagine della famiglia che aveva iniziato a crearsi in quelle poche ore, si era sgretolata tra le loro mani senza che potessero neanche tentare di raccoglierne i pezzi...
"Scusa..." i pollici del biondo le lambirono le guance per scacciarle via le lacrime, mentre gli occhi neri la inquadravano. Era bellissima pure col volto arrossato e il broncio che la facevano sembrare una bimba intenta a chiedere perdono, col senso di colpa che preme nelle gola in un tentativo fallito di non piangere, grattando la gola e facendo uscire la voce roca.
"Non è mai stata colpa tua Hermit..." la prese tra le braccia, facendola sedere sul ripiano in marmo dietro di lei, stringendola a sé e lasciando che infossasse il volto nel suo petto, lasciandole piangere tutte le sue lacrime mentre lui le lasciava piccoli baci sulla testa, carezzandole dolcemente la schiena...

Quanto tempo fossero rimasti così Weisz non lo sapeva, sapeva solo che si era ritrovato con una Hermit addormentata, che aveva preso in braccio, attento a non svegliarla, per portarla nella loro camera e posarla sul letto, coprendola con le lenzuola e lasciandole un tenero bacio sulla fronte prima di tornare in cucina e ripulire il disastro che c'era a terra.
Quando era tornato in camera, con l'intenzione di addormentarsi accanto a lei, cingendola a sé come capitava sempre -anche quella volta quando, credendo che nel ventre di sua moglie stesse crescendo una vita, aveva dormito con un braccio posato sulla vita di lei, come a proteggere quel piccolo esserino che in realtà non c'era nemmeno-, l'aveva trovata seduta sul letto, col tailleur posato su una sedia e solo la sottoveste addosso. Probabilmente aveva l'intimo sotto, e questo gli riaccese il fuoco che gli bruciava dentro da quando era tornata, ma che trattenne perché sapeva quello non era il momento giusto. Quello era il momento per loro di...
"Ti va una partita?" lo spiazzò porgendogli il joystick e indicandogli la schermata di Call of Duty già impostata sulla TV. Avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma lesse negli occhi color cielo un misto di preghiera e tristezza, che lo convinsero che sarebbe stato meglio assecondarla. Era ciò di cui aveva bisogno in quel momento...

Era stato solo un momento. Un solo, piccolo, dannatissimo momento di distrazione ed Hermit aveva vinto. Di nuovo...

"Non vale, hai imbrogliato!" "Sei tu che sei scarso!" gli fece la linguaccia, donandogli uno dei suoi spettacoli preferiti. Avrebbe pure perso apposta solo per vederla prenderlo in giro in quel modo che adorava tanto: Con gli occhi lucidi -non più di tristezza- belli come il mare e le guance gonfie. Anche se lei aveva imbrogliato. Nove volte!
"Non è possibile, mi sono allenato!" "E sei comunque scarso!" gli ghignò avvicinandosi a lui e coinvolgendolo in un bacio in grado di far vibrare l'anima a entrambi. Weisz le passò un braccio dietro la schiena, trascinandosela addosso e disendendosi con lei sul petto, che gli incastrò il viso nell'incavo del collo, baciandolo in quel punto che lei sapeva essere sensibile, sentendo le mani di Weisz incastrate tra le ciocche verde-acqua, carezzarle dolcemente il cuoio capelluto, in un lento e rilassante massaggio.
"Grazie Weisz..." gli disse dopo aver alzato la testa e aver fatto incontrare ancora le loro labbra, stavolta in un contatto più leggero. "Bentornata a casa..." le sorrise, posando il mento sulla testa di Hermit. "Imbrogliona..."

E si era già fatta sera quando si addormentarono, abbracciati nel loro amore che forse non avrebbe mai dato loro una prole, ma in fondo a loro andava bene così...



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Capitolo 2
*** Get together ***


Prompt: Green.
Coppia: Wicth Regret x Sister Ivry/Wivry.

~Get together~





Le era sempre piaciuto il verde, non sapeva il perché, ma Sister sapeva che, da quando aveva aperto gli occhi la prima volta, nel laboratorio di Ziggy, aveva cercato quel verde ancora adagiato sul lettino metallico.
Aveva dato un'occhiata anche intorno a sé, intravedendo le altre due creature come lei -umanoidi ma fatte interamente di circuiti e metallo, di cui una, dai capelli salmone e un sorriso rassicurante, era già sveglia-, eppure lo sguardo azzurro era tornato a focalizzarsi a pochi passi da lei, su quel verde color prato. Non sapeva bene cosa fosse un prato, sapeva solo che era come quei lunghi capelli raccolti in una enorme treccia e che le piaceva. Sapeva che non avrebbe mai più voluto separarsi da quel colore. E sapeva, Sister Ivry, mentre Valkyrie si avvicinava a lei per controllare che fosse tutto a posto, che il verde sarebbe stato il suo colore preferito...

Tanti, troppi anni erano passati, e quel colore non aveva mai davvero abbandonato la sua mente, anche se per nulla cosciente. E ora era lì, Witch la guardava con quegli occhi nascosti dallo scuro casco, sorridendo nel rivederla dopo così tanto tempo. Le labbra di Sister si distesero in un sorriso felice, il primo dopo dieci lunghi anni senza di loro, senza di lei. "È passato un bel po' eh?" disse cercando di trattenere le lacrime, perché delle quattro era sempre stata lei la più forte emotivamente. Era sempre stata lei, delle quattro, quella poco aggraziata e più propensa ad essere 'maschiaccio' ma a Witch -e anche alle altre, in fin dei conti erano una famiglia e si amavano così com'erano- era sempre andata bene così.

In fondo, a Witch era sempre piaciuto il bianco...

Il bianco del soffitto inscurito dalla notte che aveva raggiunto il Cosmos illuminava appena la stanza dove se ne stavano distese, ripensando alle giornate appena trascorse, dove avevano fatto ritorno a quella che era la loro casa. Erano dieci lunghi anni che Sister non metteva piede in quella che era stata la sua stanza, e non lo aveva fatto neanche quella notte, recandosi invece più avanti, fino a ritrovarsi di fronte a quella porta di metallo, cercando il coraggio di bussare, che intanto sembrava essersi andato a fare un giro dal momento che non ne aveva neanche un briciolo. E ringraziò la Madre quando si ritrovò con Wicth davanti agli occhi, intenta ad uscire per andare da lei.

Il letto sfatto e la sagoma di loro due unite in un tenero abbraccio -lei sopra Wicth, che la stringeva a sé come se fosse potuta sparire da un momento all'altro, di nuovo...- erano tutto ciò che si poteva intravedere in quella stanza quasi buia se solo non fosse stato per la luce del Cosmos, che dalla finestra entrava e, calda come solo un abbraccio materno sa essere, carezzava i loro corpi coperti appena dal candido lenzuolo. La verde sentì il seno bagnarsi un poco accorgendosi solo in quel momento che il respiro un poco affannato che sentiva fino a poco prima sul petto non era dovuto al sonno ma alla sua testardaggine di voler trattenere le lacrime che premevano per uscire da quegli occhi blu che aveva sempre amato...
"Shhh, ora sei con me. Siamo insieme..." le sussurrò carezzandole il capo, e questo bastò perché Sister si lasciasse finalmente andare, stringendola forte e piangendo tutto il dolore di quella lontananza troppo lunga. Le baciò più volte il capo albino, tenendola stretta senza nessuna intenzione di lasciarla andare. Non avrebbe permesso un'altra separazione...

Quei dieci anni erano bastati ad entrambe per capire cosa significasse la parola 'dolore', e quello era il tempo di una nuova muta promessa.

Insieme per sempre...

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Capitolo 3
*** Heartbeat ***


Prompt: Heart.
Coppia: Gray Fullbuster x Juvia Losker/Gruvia.

~Heartbeat~





"Gray-Sama!" aveva udito dalla conosciuta voce della bluetta, stranamente molto più acuta di quel che ricordava, poco prima di voltarsi e veder arrivarsi addosso Juvia... decisamente molto diversa dal solito...
Non capì bene cosa stesse succedendo, comprese solo che una Juvia in miniatura gli era appena saltata addosso e ora stava per schiantarsi al suolo, dato che lui, nel voltarsi, si era spostato di un paio di passi, esponendola inconsapevolmente al pericolo. Fu solo un attimo, Wendy -anche lei rimpicciolita e nascosta in un angolo- urlava spaventata assistendo inerme alla scena, e la stessa bluetta si era parata le braccia davanti per proteggersi una volta compreso il pericolo, pronta all'imminente schianto col parquet della locanda. Ma non toccò mai il suolo, perché due mani grandi e abbronzate l'avevano accolta, e ora vi era rannicchiata in posizione fetale nel mezzo, mentre il moro sospirava, sollevato di aver evitato il peggio. Solo quando capì di essere ancora viva la ragazza ebbe il coraggio di sbirciare un po' intorno, osservando il caldo giaciglio su cui si trovava, e voltandosi verso il ragazzo mormorando un 'grazie' mentre si copriva il corpo alla buona con le braccia e rossa in viso. "Una presa da uomini!" urlò l'omone albino, avvicinatosi appena vista la scena, congratulandosi con l'amico, che nascose Juvia chiudendo le mani e intrappolandola al loro interno. "E-Elfman smettila! Pensa a Macao e Wakaba piuttosto..." gli rispose Gray, indicando con la testa i due che stavano sbavando dietro le due sorelle, intente a nascondersi dietro un boccale di birra posato sul bancone. Come vide l'uomo correre verso i due Gray si concesse di riportare Juvia davanti a sé, scoprendola a tossire per via della stretta un po' troppo forte. "Accidenti! S-Scusa Juvia..." si scusò, preoccupato per il pericolo a cui l'aveva sottoposta, di nuovo. "Gray-Sama non deve preoccuparsi, anzi è Juvia a doversi scusare..." rispose la bluetta appena ripreso fiato. Aveva rischiato davvero grosso e se non fosse stato per il mago del ghiaccio sarebbe finita molto male. "Non ci pensare, tieni piuttosto..." vide la mano di Gray porgerle l'asciugamano che gli era caduto sulla gamba poco prima, tenendolo tra il pollice e l'indice per via delle dimensioni ridottissime che la stoffa aveva preso in seguito all'incantesimo di Brandish, e la maga dell'acqua lo accettò ben volentieri, sentendosi alzare dalla mano su cui era seduta non appena ebbe finito di coprirsi e... "Mettiti qui, almeno non rischi di farti male mentre cerchiamo di capire come risolvere questa situazione..." teneva il volto leggermente inclinato verso il basso -probabilmente arrabbiato, a ragione, dovette ammettere, almeno a sé stessa, la ragazza- e Juvia vide che il moro la teneva all'altezza della tasca posta sul petto -sul lato sinistro- della maglia nera che indossava, mentre un'indice era ancorato alla stoffa, tirandola un poco per allargare la tasca e permetterle di entrarci, come si apprestò a fare la giovane.
Era caldo lì dentro, e Juvia si permise di rilassarsi, godendo del tepore che le carezzava la pelle. Era fradicia e i capelli umidi non l'aiutavano di certo con la frescura che c'era, senza contare i tremori per lo spavento che si unirono ai brividi di freddo nel rendersi conto di aver appena rischiato di fare una brutta fine. Esattamente come quella che avrebbe fatto se il boccale di vetro, lanciato da chissà chi, avesse colpito lei invece di schiantarsi in mille pezzi sul parquet, ai piedi del mago, che ancora teneva una mano a mo' di scudo sul petto, proprio nel punto dove si trovava Juvia. Si affacciò per vedere cosa fosse successo, trovando le dita del ragazzo ad ostacolarle la vista sul caos che la gilda stava mettendo su, sentendolo muoversi per andare chissà dove e fermandosi in un punto dove poteva sentire le voci di Gajeel e Lily, intenti a discutere della momentanea condizione di Levy, gemella della sua. La mano venne via e uno 'stai bene?' con tono preoccupato -o forse era solo la sua immaginazione?- le arrivò alle orecchie. "Sì Gray-Sama, Juvia sta bene..." gli sorrise "Grazie ancora..." lo vide voltare ancora lo sguardo verso la sua destra, imitandolo e portando l'attenzione sul trio lì accanto. "Un'altra storia da raccontare ai nostri bambini ghihahaha!" "Tu sei proprio sicuro che siano due eh?" la maga del Solid Script sorrise dolcemente al drago di ferro, ricevendo un 'ovviamente saranno gemelli!' come risposta. Sorrise nel vedere ancora una volta quanto Gajeel fosse protettivo verso la compagna, tenendola sul palmo di una mano e facendole scudo dietro la schiena con l'altra, tutto per evitare di farla cadere o che qualcuno potesse colpirla come stava per succedere a lei poco prima. Era sia intenerita che felice per la sua amica, la quale sembrava non soffrire molto la sua condizione. Non come le altre almeno, che cercavano di ripararsi sperando che Lucy e Natsu trovassero Brandish al più presto.
Era stato divertente essere così piccole all'inizio, ma ora quella situazione stava iniziando a pesare poiché il pericolo si nascondeva ovunque e anche nelle cose più piccole. Dall'essere calpestate da qualcuno all'affogare nella birra, come stava cercando di fare Cana -anche se, in quella partita contro il liquido dorato, sembrava star vincendo decisamente la maga delle carte-, tutto rappresentava un pericolo dal quale loro non potevano nemmeno difendersi da sole, alcune ringraziando il fatto di aver trovato qualcuno ad aiutarle in quella situazione, che sarebbe stata anche divertente se non ci si fossero trovate in prima persona...

A qualcuno -ad un certo drago dai capelli rosa nello specifico- sarebbe anche scappato un sorriso, con annessa presa in giro e conseguente rissa, nel vederlo in quella situazione: Le gote arrossate e lo sguardo posato sulla coppia a pochi passi da lì, dove metallaro scherzava con Levy e Lily, cercando di nascondere l'imbarazzo e la paura che ancora un po' aleggiavano nel suo animo. Per fortuna aveva avuto i riflessi pronti e l'aveva afferrata, così com'era stato abbastanza veloce da parare quel boccale prima che la colpisse. Avrebbe poi fatto quattro chiacchiere con Elfman, al quale non poteva negare di dar ragione nell'arrabbiarsi con quei due, che per fortuna non avevano notato Juvia o non avrebbe davvero più retto neanche lui. Ora Juvia se ne stava al sicuro, e lui sperava che fosse troppo impegnata in chissà quali pensieri -quelli che le stavano contraendo il volto in una smorfia pensierosa e adorabile mentre osservava distrattamente la confusione intorno a loro- per accorgersi del suo cuore, che prima aveva perso qualche battito nel comprendere il pericolo, e ora invece sembrava un treno. Le guance scottavano e il frastuono intorno a loro sembrava quasi non esistere più ora che Juvia si era rannicchiata, probabilmente per via della brezza che entrava -non tanto dalle finestre spalancate, quanto dall'enorme foro nella parete, causato da Elfman che vi aveva scaravantetato Wakaba e Macao- smuovendo appena le ciocche corvine, che quasi non notò, troppo distratto a guardarla chiudere gli occhi, accoccolandosi sul suo petto.
Nonostante tutto era una sensazione bellissima stare lì così, seppure in mezzo al solito baccano della sua famiglia che tanto gli era mancata in tutto quel tempo lontano. E forse era egoista Gray, perché aveva una missione da portare al termine e presto sarebbe ripartito, non li rivedendoli per chissà quanto tempo, ma avrebbe voluto che quella riunione non finisse più, che potessero tornare a casa tutti insieme. Ma più di tutto Gray desiderava che Juvia restasse rannicchiata nella tasca della sua maglia, con le manine candide aggrappate alla stoffa, e la testa pigramente adagiata sul suo petto a farsi cullare dal battito di quel cuore, ora calmatosi un pochino, ma ancora quasi in procinto di scoppiare per quella vicinanza che sì, gli faceva effetto. Come glielo aveva sempre fatto, ma stavolta ci si mettevano anche le parole che si era ripetuto da quando aveva parlato con Juvina, che lo aveva aiutato ad aprire gli occhi. Gli stessi occhi spalancati da molto tempo, seppure aveva preferito continuare ad ignorare quella verità così palese non solo a lui. Persino il fiammifero spento glielo aveva detto una volta, ed era quello che credeva ancora che Levy avrebbe deposto un uovo -per non parlare della questione Lucy-, il che era tutto dire su quanto fosse quasi palpabile l'effetto che faceva la vicinanza di Juvia al suo cuore.
Lo stesso che fece una capriola nel sentire il "Gray-Sama" che le labbra rosee della bluetta mormorarono nel sonno, facendo vibrare forte e chiaro quel sussurro sul suo petto. Dentro il suo petto.
Evitò in tempo un piatto, che vide arrivare con la coda dell'occhio, e decise di alzarsi per andarsene da lì prima di farsi male sul serio o di far svegliare Juvia. Si diresse verso il corridoio e poi verso la porta in legno della stanza che sapeva essere quella condivisa da Juvia, Lucy, Erza e Cana. Aprì la porta, ringraziando il cielo che non l'avesse visto nessuno, soprattutto i padroni della locanda, troppo impegnati a cercare di salvare il salvabile da quella banda di matti, ma anche già abbastanza -e giustamente- irritati da loro.
Si avvicinò al letto e prese dolcemente tra le mani la ragazza, riuscendo miracolosamente a non farla svegliare, adagiandola dolcemente sul letto, giusto un secondo prima che il corpo della maga tornasse alla sua statura naturale, permettendogli di osservarne meglio l'espressione rilassata che le aleggiava sul volto, su cui ogni tanto si faceva largo qualche smorfia, che gli fece domandare cosa sognasse -e un po' si chiese anche se lui facesse parte, almeno un pochino, dei suoi sogni- nel mentre la copriva con la coperta presa da uno degli altri tre letti della stanza.

Sarebbe rimasto a guardarla chissà per quanto tempo se solo Cana non avesse aperto la porta, interrompendolo dal contemplare la bellezza di quella ragazza di cui non aveva sentito la mancanza fin quando non si era infiltrato ad Avatar, rimanendo lontano mesi e mesi, facendola soffrire -e di questo si sarebbe pentito a vita- nel lasciarla da sola...
"Gray, Erza ti sta cercando, dice che dovete ripartire" gli disse a bassa voce dopo aver notato l'amica addormentata, ghignando e decretando cosa fare una volta che fosse stata sveglia: Farsi dire tutto ciò che era successo con Gray, con le buone o con le cattive...

"Ok vado..." guardò un'ultima volta la maga dell'acqua, facendo poi qualcosa per cui Cana dovette quasi tenersi la mascella per non farla cadere...
Si sfilò il ciondolo a forma di croce che portava al collo -non ricordava quasi più da quando e perché lo indossava, sapeva solo che non se ne era mai sparato- e lo ripose tra le mani di Juvia, prendendosi qualche secondo in più per carezzarle dolcemente le nocche, e solo dopo voltarsi per uscire da quella stanza, congedandosi con un cenno del capo a Cana e la tacita promessa di tornare al più prestop alla bluetta rannicchiata sotto le coperte.
Raggiunse finalmente la rossa, la quale stava dando i saluti finali al master e agli altri, per poi andare a prendere le sue cose e ripartire, coi compagni che li salutavano...

"Oh accidenti!" "Che succede Lucy?" si interessò Natsu nel sentirla, voltandosi per vederla rigirarsi tra le mani un oggetto che riconobbero tutti. "Teru teru bōzu!" esclamò il rosato nel vedere la piccola bambola di stoffa bianca, così piccina che stava perfettamente nel palmo di una mano. "Non è di Juvia? Come mai l'hai tu Lucy-San?" domandò la piccola dragon slayer dell'aria. "Beh, credo sia finita tra le mie cose per sbaglio. Juvia ne aveva tantissime nel comodino in camera. Cana mi ha detto che ha ripreso a circondarsene..." rispose la bionda guardando triste l'oggetto e dando un colpo al cuore di Gray, già colmo di sensi di colpa per averla dovuta lasciare di nuovo...
"Perché non la tieni tu, eh ghiacciolo squagliato? Così glielo restituisci tu al nostro ritorno!" disse il dragon slayer dopo averlo gentilmente tolto dalle mani di Lucy e lanciandolo a lui, che l'afferrò al volo con entrambe le mani, quasi avesse timore che quell'oggetto inanimato potesse farsi del male. E in un certo senso rappresentava il dolore di Juvia, che si era ripromesso di non far più piangere, né a causa sua né di altri...
Lo ripose con cura nella tasca della maglia, in cui ancora gli sembrava di sentire la presenza di Juvia, riprendendo a camminare lungo il sentiero che li avrebbe condotti alla loro prossima meta, posandosi una mano sul cuore, sentendolo un po' più leggero, non sapendo che anche qualcun'altro teneva un ciondolo appoggiato sul petto, accanto al cuore, sfiorandolo ogni tanto con le manine delicate per darsi la forza di aspettarlo.

Perché se una cosa era certa, era che Gray sarebbe tornato.
Sempre...

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Capitolo 4
*** Back to home ***


Questo capitolo partecipa alla Jelsie Week 2021.
Prompt: Fallout.
Coppia: Justice x Elsie/Jelsie.

~Back to home~





Cadere...
Era una cosa che non avrebbe mai pensato di vedere: Il suo regno caduto per mano di quelli che una volta erano i suoi stessi alleati, e colei che avrebbe dovuto far parte della sua vita in un futuro di pace divenire la fautrice del tragico destino di tanti innocenti.

Cadere...
Era una cosa che non avrebbe mai pensato di fare: Cederle. Arrendersi a lei e a quell'amore tramutato in odio solo per non sentire il dolore di un futuro strappatogli ingiustamente.

Cadere...
Ferito e col suo stesso sangue che lo imbrattava da capo a piedi, accanto a lui il corpo, ridotto forse peggio del suo, della donna che nella sua regale infanzia aveva amato. Un amore virgineo, puro, che non ammetteva le sconcezze del sesso e nemmeno ne conosceva l'esistenza, assai differente da quello lussurioso che, ormai quasi trentenni, avevano provato per quei pochi mesi.
Un amore figlio di un'età in cui gli era impossibile non imbarazzarsi per un semplice bacio, che nella sua mente innocente rappresentava qualcosa di proibito per loro, ancora troppo giovani. Una giovinezza a cui però non si potevano sottrarre i doveri regali, uno dei quali era quello di veder decidere della propria vita da altri, e solo in virtù di un bene superiore, a cui aveva ingenuamente creduto anche lui per tanti, troppi anni...

Aveva voluto vedere il marcio dove non vi era, parteggiando per quelli che erano i veri malvagi, credendo come uno stolto negli ideali portati solo dall'odio che aveva provato per quella donna che, ora che era riuscito a tirarsi su e avvicinarsi, giaceva tra le sue braccia, con la testa posata sulle sue ginocchia, pronta a farsi stringere in un altro caldo abbraccio che non sarebbe stato più il suo, ma quello della Madre che si prendeva la sua vita...

"Sai Elsie..." parlare gli costava fatica e dolore, ma doveva tirare fuori quello che provava. Lo aveva tenuto dentro per troppo tempo e tanto valeva buttarlo fuori prima di raggiungere... il paradiso, o forse l'inferno, non lo sapeva di preciso -chissà cosa i suoi peccati gli avevano fatto guadagnare- e gli era del tutto indifferente arrivato a quel punto...
"Ora ti capisco..." un colpo di tosse lo interruppe e il sangue sporcò il petto della rossa, coperto solo della giacca che si era sfilato per ripararla almeno un po' dal gelo della pioggia appena cessata, quella sotto la quale avevano combattuto, vincendo la battaglia certo, ma ad un caro, carissimo prezzo. Tra i corpi dei loro nemici, suoi servitori, giacevano anche quelli dei loro alleati. Unica magra consolazione era la donna dai capelli violacei, il cui kimono fiorito era rosso come la pozza del suo stesso sangue, quella in cui giaceva senza vita ma con un sorriso sulle labbra al pensiero che, forse, lo avrebbe rincontrato...
"Quando mi dicesti che avrei dovuto prendere esempio da Cre- ehm, Seiji..." le disse, correggendosi per rispetto al fedele soldato -nonchè prezioso compagno-, ricordando il discorso che avevano fatto qualche tempo prima, quando avevano scoperto che in realtà, durante quella guerra che aveva cambiato così tanto le sorti di tanti Cosmos, non fosse stata la samurai dai capelli violetti ad uccidere il ragazzo, ma la sua fidata guardia, la stessa che si era infiltrata, facendosi scoprire, sulla nave di Elsie. Le carezzò la fronte nello spostarle una ciocca insanguinata, che lasciò una scìa cremisi come i suoi capelli. Quanto gli piacevano quelle ciocche raccolte a caschetto con la coroncina a brillare nel mezzo del capo. Da bambino, ma anche negli anni seguenti, gli erano rimasti impressi nella mente tutti i dettagli di colei che, per quanto provasse ad odiare, continuava a tormentargli l'anima con quel sorriso sornione unito al rosso acceso dei suoi capelli, e con essi anche un amore cresciuto a pari passo dell'odio spazzato via in un battito di ciglia da quegli occhioni ridenti che non riusciva a dimenticare.
Su Foresta aveva creduto di avere la situazione in mano, e che quel bacio l'avesse spiazzata facendole capire che non era più il ragazzino di una volta, che per lei provava affetto e timore al contempo. Ma quel sapore dolce aveva finito per accompagnarlo per anni, restandogli impresso nel cuore, finalmente libero solo pochi mesi prima, quando la Interstellar e la squadra di Elsie -unica rimasta in vita dei vecchi Oracion Seis Galactica per mano di quello che era stato il caro amico di un tempo- si erano dovuti unire contro Shiki, divenuto un essere malvagio e senza cuore, che spadroneggiava per i Cosmos uccidendo senza pietà chiunque lo intralciasse.

Anche quella che era stata la sua famiglia...

"Se mi dici..." prese un respiro profondo per la fitta al ventre gravemente ferito. "Che ti ricordo casa io giuro..." alzò debolmente l'indice puntandolo verso l'albino. "Giuro che ti dò un pugno James..." un colpo di tosse le fece sporcare il mento e il collo del suo stesso sangue, e tornò a guardarlo, incrociando lo sguardo castano col suo color cremisi, che la osservava a sua volta tristemente. Ed era certa che provasse le sue stesse cose in quel momento: Non volevano davvero pensare a quella che era stata la loro casa....

La verità era che erano stati da sempre nelle mani di chi avrebbe dovuto scegliere per il meglio dei loro regni, prima e dopo che gli artefici di quelle atrocità morissero, perché l'odio di entrambi -lei non lo aveva mai davvero odiato, ma non aveva mai neanche lasciato che quell'amore fanciullesco uscisse dal suo cuore per svilupparsi in qualcosa di più intenso, lasciandolo invece intrappolato dentro una nebbia di livore fittizio- era stato più forte dell'amore cresciuto con loro. Eppure quello stesso amore aveva spazzato via l'odio, ed esattamente come una brezza di vento in una giornata afosa spazzava via il calore che bruciava sulla pelle, quel sentimento li aveva liberati da anni di astio fasullo, che era servito solo a non farli soffrire per quel bene che avevano provato l'uno per l'altra sin dalla più tenera età.

"Abbiamo perso davvero tanto tempo eh James?" ghignò la piratessa, prendendogli la mano per intrecciare le dita con le sue, preparandosi per dirgli quelle parole che non gli aveva mai rivolto, sorridendogli. E Justice pensò che non esisteva bellezza più grande in tutti i Cosmos messi insieme, pure col sangue a sporcarle il viso pallido.
"James io ti a-" vide gli occhi marroni guardarlo ormai vuoti, segno che la vita aveva appena abbandonato il suo corpo, e Justice si accasciò su di lei sfiorandole la fronte con le proprie labbra, lasciandole un tenero bacio mentre il buio avvolgeva anche lui, lasciando che la gravità -quella maledetta gravità...- gli spingesse il busto sul terreno fangoso, completando il quadro di morte che quella entità superiore osservava dal suo trono in mezzo alle stelle, addolorata per i figli perduti, ma pronta ad accoglierli tra le proprie braccia, mentre mille altre stelle si accendevano intorno a lei.

Anche loro erano tornati a casa...

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Capitolo 5
*** Nosey ***


Prompt: Nosey.
Coppia: Jellal Fernandes x Erza Scarlett/Jerza.

~Nosey~





Portò la forchetta verso la bocca, saggiando la morbidezza della torta che aveva nel piatto, assaporando la panna e pan di spagna mescolarsi nel palato. Sorrise sapendo di aver scelto ancora una volta il posto migliore in cui farsi passare la stizza per quello che quell'idiota di Natsu aveva combinato.
Un'altra giornata di lavoro passata a rimediare ai casini di quel moccioso dai capelli rosa che passava più tempo a guardare la sua ragazza che a concentrarsi sul lavoro che gli era stato assegnato, finendo, come al solito, per combinare un disastro, e costringendo l'intera compagnìa del Fairy a rallentare con le prove dello spettacolo natalizio.
Infilzò la forchetta immaginando che davanti a lei ci fosse una zazzera rosa al posto della fragolina che spiccava sulla sommità del dolce, portandosela alla bocca e gustando il delicato sapore del frutto un po' sporcato dalla candida crema su cui prima era stato adagiato. In breve la rabbia verso quello scapestrato passò mentre il piatto riportante le iniziali del locale si svuotò completamente, e nel suo campo visivo entrò la figura alta e slanciata del ragazzo che le aveva servito l'ordinazione poco prima. "È stato tutto di suo gradimento spero." "Come sempre Jellal!" gli rispose -forse con la voce un po' troppo alta perché, gli altri clienti del Bluebell Garden la guardarono un po' straniti per qualche secondo-, ricambiando il sorriso che le aveva rivolto, cercando di impedire alle guance di prendere fuoco e agli occhi castani di fissare lo strano tatuaggio che gli ricopriva parte del volto.
Il ragazzo le domandò se volesse altro ed Erza, dopo aver negato col capo, fece per alzarsi, dirigendosi verso la cassa per pagare il conto, ricevendo un ampio sorriso dalla ragazza dai capelli fucsia raccolti in una coda, che l'accolse sorridente, facendole lo scontrino e mettendo i soldi in cassa. "Grazie per essere passata da noi" la salutò con la frase di rito che utilizzava per i clienti. "E alla prossima!" finì sapendo per certo che l'avrebbe rivista il giorno dopo. Erza era già cliente del Bluebell, ma da quando Jellal era venuto a lavorare lì non c'era giorno che non trovasse un po' di tempo per passare, e Meredy era certa che il merito fosse da attribuire ad un certo ragazzo dalla capigliatura blu e il sorrisino da ebete che ancora fissava la porta da cui la ragazza era uscita, nonostante si fosse chiusa da un bel po', facendo sparire la figura della ragazza dietro di sé.

Sparecchiò in fretta e furia non appena nel suo campo visivo entrò il ghigno di Meredy, che lo guardava sapendo già che lui avrebbe capito il suo pensiero. Gli aveva già rivelato quello che pensava sul motivo che spingeva la rossa ad entrare al Bluebell proprio quando c'era il suo turno, e il ragazzo non voleva credere di essere lui. Meredy si faceva troppi film mentali e avrebbe finito per farseli anche lui se avesse continuato a pensare alle sue parole. Doveva smettere di farsi coinvolgere nelle sue fantasie -che in realtà nessuno lo costringeva a farlo, e in fondo un po' forse gli piaceva perdersi in quei pensieri da quando aveva incontrato per la prima volta la rossa-, e con l'idea di togliersi la ragazza dalla testa tornò al suo lavoro...

Entrò, accolta come sempre dal sorriso di Meredy, sedendosi al tavolo e aspettando di ordinare, rimanendo di sasso quando il 'Cosa posso portarle?' che le arrivò alle orecchie non aveva il suono a cui si era ormai abituata. Alzò lo sguardo, ritrovandosi davanti una ragazza dai capelli verdi e lunghi raccolti in una treccia, che la guardava col block notes in una mano e la penna nell'altra, sorridendole cordiale. "U-Una fetta della vostra torta panna e fragole e un bicchiere di latte, grazie..." la giovane annotò tutto e si congedò, lasciando Erza a guardarsi intorno stranita, senza riuscire a vedere la zazzera blu a lei tanto conosciuta.
Consumò in fretta l'ordinazione appena le fu portata e si diresse a pagare il conto.

"Ecco a te!" le sorrise Meredy nel darle lo scontrino col resto, notandola un po' più taciturna del solito -era anche vero che non parlavano molto, incontrandosi poche volte fuori dal Bluebell e solo perché a lei capitava di passare davanti al teatro, ma si sentiva di poterla definire, se non un'amica, almeno una conoscente-, e senza pensarci troppo aggiunse "Jellal è malato oggi..." attirando l'attenzione della rossa.
"Quando sono uscita stamattina aveva la febbre, credo si assenterà per qualche giorno..." finì notando come la ragazza fosse preoccupata -probabilmente anche un po' nel credere che lei fosse la sua ragazza o qualcosa di simile, e in questo Meredy ci sperava tantissimo-, per poi rovistare un po' dietro la cassa e tirare fuori una busta bianca col logo del locale. "Senti, già che ci sei potresti portagli questo?" le porse il pacchetto e un mazzo di chiavi. "Sai, non so se ne avrò il tempo dopo di passare da casa prima di stasera..." bugia, tra dieci minuti sarebbe arrivata la pausa pranzo e lei contava di portargli i cornetti in quel lasso di tempo dato che il suo appartamento era anche vicino. Ma era abbastanza certa che a suo cugino avrebbe fatto molto più piacere ricevere la visita di Erza che la sua.
Dopo aver ricevuto un esitante assenso, le disse la via e la salutò, tornando al lavoro.

Girò le chiavi nella toppa, un po' timorosa di entrare in una casa che non era la sua, e per giunta, dove c'era un ragazzo probabilmente fidanzato. Perché la verità era che un pochino Erza ci aveva fantasticato sul bel ragazzo con cui aveva parlato pochissime volte. Non era un tipo dalla cotta facile, ma quel ragazzo l'aveva stranamente attratta, sapendo rompere questa tacita regola che si era imposta da tempo immemore ormai, non sapendo neanche lei il perché. E mentre rimirava il salone dai toni crema, una voce a lei ben conosciuta la sorprese.
"Ah Meredy, sei torna-" si bloccò non appena nella sua visuale entrò la chioma scarlatta a cui, ultimamente, pensava davvero molto spesso. Anche fino a pochi minuti prima, quando si era alzato dal letto per bere qualcosa, sentendo poi il rumore della porta che si apriva e dirigendosi nel salone.
Rimasero a guardarsi, non sapendo neanche il perché, per un tempo breve ma che a loro sembrò infinito, almeno finché il ragazzo non la invitò ad accomodarsi offrendole qualcosa.

L'imbarazzo durò ancora un po' a lungo, ma riuscirono ad intavolare un discorso che, se all'inizio era per riempire il silenzio di quell'appartamento nel centro di Magnolia, divenne quasi subito una piacevole conversazione per entrambi, che si stupirono nel sentir suonare alla porta e aprila trovando Meredy. La ragazza era un po' sorpresa di vedere che Erza fosse rimasta fino al tardo pomeriggio, ma prese ben volentieri la conferma che a entrambi facesse così piacere passare del tempo insieme. "Allora cugino, come ti senti?" esordì, svelando così la sua vera identità alla loro ospite che, ancora un po' imbarazzata -dandosi mentalmente della stupida-, salutò restituendo le chiavi a Meredy per tornare in teatro, dove si era già fatta attendere troppo, e lasciando che uno sguardo blu dai riflessi verdognoli la seguisse mentre spariva...

"Ecco a te, ovviamente panna e fragole!" le porse il piatto con la fetta di torta, ricambiando il sorriso che Erza gli rivolse. "Ovviamente!" ridacchiò la rossa appena sedutasi -un po' a fatica- a tavola.
Era stata una giornata pesante e la vita a Crocus non era molto tranquilla: Era la capitale in fondo, nulla a che vedere con la piccola cittadina in cui si erano conosciuti ormai nove anni prima, e che portavano nel cuore per molte ragioni, una delle quali era proprio quella che li vedeva, adesso, sposati da quasi un anno...

"Finirai per viziarmi così." "Non mi dispiacerebbe..." le disse abbassandosi su di lei per carezzarle il ventre gonfio, mentre saggiava la morbidezza delle labbra di sua moglie. "Tutto bene a lavoro?" la vita d'ufficio era un po' più pesante per lei ultimamente, ma aveva faticato tanto per diventare la direttrice della Heart Kreuz, e non si sarebbe mai sognata di definirla stancante, neanche per il piccolo dono che le stava crescendo dentro da ormai cinque mesi, che le rendeva tutto un po' più faticoso, ma che amava -che amavano- già alla follia.
"Tutto bene, ma ora voglio la torta!" e detto questo si precipitò a saggiare l'ennesimo capolavoro di suo marito, molto apprezzato non solo da lei, ma anche dai clienti del Grand Chariot, locale che lei stessa aveva visto nascere dalle fatiche di suo marito.
Sorrise, sedendosi di fronte a lei per potersi godere quello spettacolo, che non era certo la sua torta, posata lì nel piatto, in attesa che lui la mangiasse.
Tra loro era successo tutto abbastanza in fretta, e non certo perché entrambi erano troppo impacciati per fare qualche passo, ma perché Meredy faceva di tutto per spingerli a darsi una mossa -dal canto suo, oltre che di tutti i loro amici, era impensabile giocare a fare gli amici con quell'attrazione quasi palpabile, e dopo due anni di quella storia era anche il momento di fare qualche passo avanti-, e per questo Jellal capì, nel guardare sua moglie gustare il dolce, sarebbe stato per sempre grato a quell'impicciona di sua cugina per essere così ficcanaso...

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Capitolo 6
*** Chat ***


Prompt: Chat.
Coppia: Natsu Dragneel x Lucy Heartfilia/NaLu.

~Chat~





Aveva davvero una brutta cera...
Solo questo la bionda riusciva a pensare nel guardarlo. Le dispiaceva che il suo migliore amico soffrisse i mezzi così tanto, e avrebbe volentieri evitato di prendere l'auto per quel viaggio così improvviso -erano corsi appena l'amico gli aveva dato la buona notizia a telefono, non facendo nemmeno i bagagli per la fretta, e acquistando il necessario a destinazione-, ma Crocus era abbastanza lontana da Magnolia e le uniche due strade erano il mare e la grande autostrada, perciò non c'era molta scelta. Di certo non avrebbero potuto raggiungerli i due amici date le condizioni dell'azzurrina. E così si erano armati di una bella scorta di Xamamina per Natsu e una buona dose di pazienza per Lucy, facendosi diverse ore di autostrada, arrivando a destinazione sani e salvi... a parte lo stomaco di Natsu -che prese nota di fare scorte più ampie e non fidarsi troppo degli autogrill- e i nervi di Lucy, tesi al limite per cercare di non arrabbiarsi con l'amico per averle rovinato i tappetini nuovi...

Non era colpa sua se soffriva di chinetosi, e alla ragazza dispiaceva molto vederlo soffrire ogni volta che dovevano andare da qualche parte. Per questo si era abituata negli anni -ormai quasi quindici, considerando che si conoscevano da quando ne avevano quasi otto- a non usare quasi mai i mezzi, accompagnandolo spesso durante il tragitto verso la scuola. Non le era mai pesato, e in realtà lo aveva notato solo quando i loro amici glielo avevano detto, ma non riuscì a smettere, e neanche voleva in verità. Natsu era sempre stato un ottimo amico, le si era avvicinato per primo quando si era appena trasferita a Magnolia e l'aveva difesa quando l'avevano presa di mira a scuola. Per questo lei non considerava quel gesto verso di lui così tanto faticoso, era qualcosa che le era venuto naturale sin dall'inizio, esattamente come lo era stato per Natsu starle accanto. Così come le era venuto naturale di innamorarsi di quella testa rosa.
Non aveva capito bene quando era successo, aveva capito solo che le avances delle altre ad un tratto la infastidivano più di quanto riuscisse a spiegare e la paura di arrivare a perdere ciò che avevano era sempre più presente...
"Hai intenzione di restare lì tutto il giorno?" proprio la voce stanca della fonte delle sue elucubrazioni la interruppe dai propri pensieri, e la ragazza si affrettò a scendere dall'auto per rientrare finalmente in casa, dopo più di tre settimane che avevano passato a Crocus per aiutare i neo-genitori coi gemelli appena nati. Lasciò la borsa sul divano, controllando il cellulare nel frattempo che aspettava l'amico, corso in bagno per rinfrescarsi. Il viaggio di ritorno era stato un po' più tranquillo, perché Natsu aveva portato con sé molta più Xamamina, riuscendo a coprire tutte le ore di viaggio ma, ingordo com'era, si era scordato del secondo punto della sua lista, consumando un tramezzino, che a lei non sembrava molto commestibile, ma che lui aveva divorato prima ancora che potesse dirgli qualcosa al riguardo. E così si erano ritrovati a doversi fermare diverse volte per evitare che i tappetini, freschi di autolavaggio, facessero una brutta fine. Di nuovo...
Si sedette aspettandolo, mentre guardava le foto postate su Instagram del loro viaggio, irritandosi non poco ai commenti che le comparvero sotto. I soliti quattro donnaioli che le facevano battutine volgari e gli amici che si complimentavano, chi sinceramente, chi invece usava solo un approccio diverso nella speranza di farsi mandare qualche foto un po' meno sobria in privato... nulla con cui non si sarebbe divertita a sparlare in chat coi suoi amici...
E poi volle vedere le foto di Natsu, non seppe neanche lei il perché, ma lo fece, nonostante sapesse di trovarvi tante disperate in cerca d'attenzione, di cui il suo amico ovviamente non le avrebbe degnate. Natsu era un ragazzo davvero bello e no, non era indifferente all'altro sesso, e da giovane ventitreenne si divertiva con ciò che amava: Gli amici e il sesso.
Era pur vero che non illudeva nessuno, tutte sapevano cosa cercava e spesso lo cercavano anche loro, per cui la maggior parte delle volte non c'erano problemi. Quelli subentravano quando lei osava mostrarsi accanto a lui e ricevere le attenzioni amicali del ragazzo, che fuori dal letto era capace al massimo di essere cortese e rispettoso ma mai mostrava segni d'affetto profondo come faceva con la sua amica, e questo mandava in bestia molte delle sue ammiratrici, con cui spesso lei si ritrovava a fare chat al limite del surreale, il tutto ovviamente condiviso con Levy e Juvia, visto per ridere di quanto fossero sciocche. O meglio, solo lei rideva, perché le due bluette non perdevano occasione di ribadirle quanto sarebbe stata la ragazza perfetta per Natsu...

Sarebbe stata la ragazza perfetta, i suoi amici glielo ripetevano sempre, ma se all'inizio era uno scherzo su cui ridere ora era diventato un pensiero costante, e l'idea di Lucy in un ruolo diverso dalla migliore amica gli stuzzicava un po' troppo la fantasia ultimamente...
E non che non fosse stato il suo tipo: Era bella sia fisicamente che mentalmente, formosa, e in più aveva quell'adorabile vizio di arrossire alle sue battute sconce. Giusto per qualche secondo, il tempo di fargli assaporare la vittoria per più spiazzarlo con una risposta pepata, e la ragazzina rossa come un pomodoro spariva per far spazio a una leonessa che non aveva intenzione di perdere. Così come lui non aveva intenzione di perdere ciò che avevano per quello strano e nuovo sentimento che gli stava crescendo dentro da tempo, dannandolo per la voglia assurda che aveva di menare uno ad uno quegli individui che gli passavano davanti ora che, chiuso nel bagno di Lucy, scorreva le loro foto, trovandovi i soliti quattro commenti idioti...
Nulla a che vedere con le tipe che gli si presentavano sotto l'account, disposte a tutto pur di passare un po' di tempo con Natsu Dragneel, ma che lui non si filava di striscio, non degnandosi nemmeno di mettere like ai loro commenti. Non era che se la tirasse, ma non aveva intenzione di illudere nessuno a cui non fosse davvero interessato, e se lo era spesso era solo per una notte, e dall'altra parte c'era sempre lo stesso sentimento. Una notte di sesso, nulla di più.

Alcune iniziavano a rompere quando subentrava Lucy, ma lui non si sarebbe certo privato di quell'affetto amicale -che per il loro bene doveva rimanere tale- per star dietro a insensate gelosie. Era sempre stato chiaro e non avrebbe cambiato idea perché qualcuna diventava troppo insistente.
Uscì finalmente dal bagno raggiungendo Lucy in salotto, trovandola però già addormentata, con la testa a penzoloni, le gambe, spoglie dei tacchi, sul tavolino in vetro poco più in là e il cellulare ormai caduto sul divano color crema. Sorrise pensando che sì, ci doveva aver messo molto e che quel viaggio li avesse stancati entrambi. Era già sera inoltrata quando erano arrivati e occhio e croce era passata una buona mezz'ora da quando era entrato in bagno. Mise il cellulare sul tavolo e la prese delicatamente in braccio, miracolosamente riuscendo a non svegliarla nel salire le scale e portarla in camera sua, facendo per allontanarsi quando l'ebbe posata sul letto... solo per ritrovarsi la mano di lei ancorata alla maglia -all'altezza del petto- con pochissime intenzioni di staccarsi.
Inutili furono i tentativi di togliersi la mano diafana dal petto e, complice anche la stanchezza, aveva finito per arrendersi a restare con lei. Fortuna che abitava da solo e non aveva aveva bisogno di tornare per forza a casa, senza contare che non era la prima volta che succedeva che dovesse rimanere a dormire da Lucy, o anche addiritturacon Lucy. Si distese di fianco a lei, sul bordo del letto per non cercare di starle troppo attaccato, e dopo un po', grazie alla forte stanchezza, riuscì ad addormentarsi, non accorgendosi di come la bionda avesse iniziato a muoversi, abbracciandolo nel sonno.
Si sarebbero risvegliati abbracciati e nulla a cui non fossero abituati in fondo, perché la loro amicizia era fatta anche di quello...

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Capitolo 7
*** Because you reminded me home ***


Spoiler per chi non è al passo col manga (capitolo 162)
Prompt: Smile.
Coppia: Creed/Seiji Hojo x Homura Kogestu/Cremura/Homureed/Seimura.

~Because you reminded me home~





"Guardi video sconci mentre dovresti lavorare?" gli aveva domandato l'energumeno appena uscito dalla doccia nel notarlo indaffarato a scorrere le dita sull'apparecchio. Il ragazzo dai capelli castani e lo strano ciuffo nero a spiccare sul capo sussultò, facendo sparire le immagini dallo schermo e affrettandosi a rispondere. "N-Non sto guardando n-nessun video sconcio! Stavo... stavo analizzando i componenti della Edens Zero... sembra che siano molto forti..." gli disse, iniziando a scorrere nuovamente, rivolgendo lo schermo del telefono verso Victory, che si era spirto alle sue spalle per vedere meglio. Sullo schermo passarono le immagini della bionda B-Cuber, il professore venuto dal passato e via via tutti i componenti della nave del re demone. "Non mi preoccuperei di loro, contro gli Oracion Seis Galactica nessuno ha speranza di vincere, con Elsie e Nero poi non avranno scampo" rispose Victory mentre perdeva interesse per ciò che il collega stava facendo, ritirandosi di nuovo in bagno per rivestirsi.

Il giovane, dopo essersi accertato di essere di nuovo da solo, tornò a guardare lo schermo, facendo sparire la foto del giovane re demone e tornando a osservare quello sguardo che l'aveva catturato senza fare nulla se non rivolgersi verso di lui, che sarebbe rimasto a perdersi in quegli occhi grandi e belli, se solo non fosse andata via.
"Grazie per tutto il vostro aiuto!" gli aveva detto la ragazza, mentre spariva con l'amica, spuntata fuori all'improvviso in sella a quella moto, e lui era rimasto estasiato dalla sua voce -sebbene non si fosse rivolta solo a lui-, scoprendo che no, non era bella solo fisicamente...

Scosse la testa. Era una potenziale criminale quella, non poteva e non doveva fantasticare su un nemico... in nessun modo!
Non poteva permettersi di perdere la ragione per un bel visino, una bella voce, o dei begli occhi...

Dei begli occhi che lo avevano guardato in tantio modi diversi: Prima spaventati e poi arrabbiati per essere stata rimpicciolita e intrappolata, poi confusa per cosa stesse accadendo, passando per lo spavento di essere stata quasi schiacciata -aveva avuto paura Creed in quel momento, ed era scattato più veloce di quanto avesse mai fatto per annullare il proprio etere e permetterle di salvarsi. Il rumore del cuore che, furioso, gli martellava nelle orecchie in quei pochi istanti, lo avrebbe accompagnato per molto, moltissimo tempo, ormai ne era certo- per poi, infine, rivolgergli quello sguardo dolce...
Quel leggero sorriso con cui si era volta e lo aveva ringraziato prima di sparire Creed lo avrebbe guardato in eterno e la sua mente si era premurata di conservare l'immagine della violetta come il tesoro più prezioso. Quasi temeva di consumare quel ricordo pensandovi costantemente, sebbene non potesse poi farne a meno, e così lo schermo tornò a riempirsi di quella immagine, forse non troppo casta date le circostanze -la ragazza era accovacciata a terra, appena sfuggita al pericolo di essere schiacciata dal suo collega, le gambe appena divaricate e le calze nere, rotte in più punti, che lasciavano intravedere la pelle diafana qua e là, il volto confuso e ancora un po' spaventato-, ma nemmeno sconcia, come aveva detto Victory...

Un qualsiasi altro uomo avrebbe preferito quella al dolce sorriso che ancora gli si palesava nella mente, facendogli arrossare le guance ogni volta che ripensava a lei.
No, quella non era una criminale, era ben altro.

Una strega, ecco chi era in realtà...

Una strega ammaliatrice che lo aveva catturato non appena egli l'aveva, a stento, intravista attraverso i propri occhiali, così piccina per via del suo Ether Lock, eppure in grado di farlo arrossire, nonostante lo guardasse arrabbiata...
Scosse la testa, decidendo di smettere di pensarci e tornando a quello che era il suo lavoro, iniziando a scansionare le immagini di ogni membro della ciurma per prenderne le informazioni, così come gli era stato ordinato dal suo capo poco prima. Ma fu lì che il destino decise di mettergli le cose in chiaro riguardo ai propri piani: "Homura Kogestu, dal pianeta Oedo..."
Strabuzzò un poco gli occhi per poi rileggere, convinto di starsi sbagliando, che la piacevole sensazione che gli aveva attanagliato lo stomaco quando se l'era ritrovata davanti fosse solo tale. Che non andasse oltre la semplice coincidenza, ma no...
Una sensazione di benessere -come quando da bambino se ne andava in giro per le strade, dove il rumore di chi viveva la propria quotidianità gli entrava nelle orecchie, facendolo sentire in pace con sé stesso- gli invase il corpo, facendolo tornare con la mente alla sua più tenera età, e per un attimo gli sembrò di sentire il profumo dei fiori e vedere il rosa delicato dei petali che cadevano dai ciliegi in fiore, sorridendo d'istinto a quel dolce ricordo...

"Oedo..."

"Vengo da Oedo, proprio come te miss Homura..." la samurai lo guardò stranita, rimuginando sul nome che le aveva appena enunciato. 'Seiji Hojo' non le era nuovo, e la mente si perse per qualche secondo, finché quella certezza non le si accese come una lampadina, fulminandola con quella consapevolezza e... "T-Tu sei il figlio dello Shogun!"
Avrebbe risposto velocemente di sì, tornando alla questione 'All-link' -con non poca stizza, non gli piaceva ricordarlo, non era più quella la sua vita da tempo e non sarebbe tornata ad esserlo finché non avesse fatto ciò che si era imposto tanto tempo prima- quando la vide a terra di fronte a sé.

"Vi chiedo umilmente perdono principe..." si era inchinata in segno di rispetto a colui a cui aveva appena osato parlare irrispettosamente. Valkyrie le aveva insegnato tutt'altro, e in quel momento sentì il cuore stringersi in una dolorosa morsa al pensiero di averla delusa.
"Ti prego alzati!" si accasciò sorridente tendendole la mano. "N-No lord Seiji, i-io vi ho mandato di rispetto..." "Non siamo su Oedo miss Homura... l'hai visto anche tu no? I Cosmos sono liberi... come vorrei che lo fosse il nostro pianeta..." alzò lo sguardo e il ragazzo dovette trattenersi dal perdersi a fissare il mare di stelle che vi vedeva riflesso solo per continuare ciò che stava dicendo. In quel momento tante vite erano in gioco e non potevano fermarsi a parlare, ma una cosa voleva dirgliela. Lo sentiva...
"Voglio riformare le nostre tradizioni e le classi sociali in modo che non ci siano più distinzioni e ingiustizie..." "È davvero un bel proposito lord Seiji..." il sorriso di Homura lo costrinse a voltarsi per non mostrarle il rossore che gli si propagò sulle guance. Avevano una missione da svolgere e non potevano permettersi quel tipo di cose. "Quindi, dato che stiamo dalla stessa parte, che ne dici un'alleanza?" le domandò tornando a guardarla, se erano tutti alla ricerca dell'All-link dovevano collaborare se volevano fermare Shura...
"Credo di s-" "Fermi tutti!" una voce l'interruppe, facendoli portare entrambi l'attenzione sul ragazzo dai capelli neri che puntava loro la pistola...

"Oh Jesse, sei tu? Menomale, ero preoccupato!" Homura non capiva cosa stesse succedendo. Aveva incontrato il castano mentre cercava l'All-link, e prima di allora lo aveva visto su Foresta. L'aveva intrappolata su ordine dell'albino, ma l'aveva salvata subito dopo e non aveva saputo che pensare. Non ne aveva avuto neanche di tempo per farlo, perché Rebecca era passata a prenderla e quel 'vai, torna dalla tua squadra' degli scagnozzi di Elsie l'aveva convinte a raggiungere gli amici, non prima di ringraziarli tutti -nessuno escluso- per l'aiuto, sebbene in parte si era ritrovata nei guai proprio per causa di alcuni...
Non vi aveva più pensato e ora si era di nuovo ritrivata davanti il ragazzo, che le aveva appena rivelato la sua vera identità, dimostrandosi così differente dai nobili che avevano sempre abitato Oedo. Sperava davvero che riuscisse a portare a termine i suoi propositi, sebbene conoscesse la mentalità radicata nella popolazione, e per il principe si prospettava un lavoro davvero difficile, ma non sembrava il tipo da arrendersi.
E ora c'era quest'altro ragazzo, che sembrava conoscere Seiji, dato che quest'ultimo lo aveva accolto con tranquillità nonostante puntasse loro una pistola.
"Creed allontanati da lei, è una nostra nemica" "Non essere sciocco! Stiamo cercando tutti la stessa cosa, siamo alleati... adesso metti via la pistola ok?" Seiji si era posto un pochino più a destra, coprendole un po' la visuale nel pararsi completamente davanti a lei,cercando di convincere il loro interlocutore.

Successe tutto troppo in fretta perché Homura elaborarlo. Jesse si era rifiutato ancora di abbassare la pistola, costringendo il principe a usare il suo potere. Aveva alzato il braccio sinistro e delle catene gli erano comprare lungo di esso, bloccandosi quando il proiettile, appena partito dalla pistola del moro, lo colpì dritto al petto.

"Lord Seiji!" si accasciò accanto a lui, che si teneva il petto sanguinante mentre la fronte era andata a posarsi sul pavimento, dove le ginocchia riuscivano ancora a tenerlo. "Io... non è colpa mia è... è stato Creed..." la voce del ragazzo le arrivava ovattata e nemmeno ci faceva caso Homura. In quel momento riusciva a vedere solo il principe sofferente, riuscendo a sussurrare un 'Lord Seiji resti con noi!' mentre cercava di aiutarlo a tenersi su.
Non sapeva neanche cosa fare e quale strada prendere per tornare alla Edens, poteva solo trattenere le lacrime, cercando di fargli forza, mentre il ragazzo la guardava... sorridendo...

"Sai miss Homura..." parlare gli costava dolore e fatica indescrivibili, ma doveva dirglielo, non poteva aspettare oltre...
"Dal primo momento che ti ho visto... eri così... così bella..." la guardava come se non stesse perdendo poco a poco la vita. Sorrideva Seiji, e Homura non poté che guardarlo stupita da quel discorso, incapace di dire una sola parola o di fare qualsiasi cosa...
"Mi hai ricordato casa... hai rubato... il mio cuore... col tuo sorriso..." la vista sempre più appannata, il principe sapeva che non gli sarebbe rimasto ancora molto da vivere.
"Vorrei... aver potuto passare .. un po' più di tempo... con te..." e avrebbe davvero voluto farlo, poter vedere quel sorriso illuminato dalle lanterne che fluttuavano intorno a loro, in una delle calde sere estive di Oedo.
"Vorrei... aver potuto camminare con te... per le strade di Oedo... miss Homura..." e l'ultimo respiro venne via assieme a quel nome diventatogli tanto caro in così poco tempo, portandosi via la sua vita per sempre...

"Homura! Ho sentito uno sparo, che succede?" Weisz era giunto di corsa, e assieme a lui erano arrivati anche Rebecca e Laguna, mentre Jesse fuggiva via, senza che lei avesse il coraggio di alzare il volto, che se ne restava posato con la fronte su quella del giovane ormai senza vita. Aveva controllato il polso sperando di sentirlo pulsare, ma le dita riuscirono solo a percepire la pelle ancora calda del ragazzo. Null'altro...

"Lui chi è?" si mosse solo quando sentì la domanda del giovane professore, rispondendo solo dopo aver tolto gli occhiali al principe, chiudendogli delicatamente le palpebre, vedendo scomparire lo sguardo vitreo -che pure nella morte nulla aveva da invidiare a quello dolce ch'egli le aveva rivolto poco prima nell'aiutarla ad alzarsi- e sentendo le lacrime venir fuori come un fiume in piena. "Era un amico, un amico venuto da casa..."

Casa...
Non sapeva se poteva davvero definirla tale. Era andata via da tempo e l'ultima volta che ci aveva rimesso piede era stato per seppellire il Seiji, dovendo nascondersi, perché la notizia della morte dell'erede al trono non era ancora arrivata e probabilmente il ragazzo non avrebbe voluto gli onori che gli avrebbero riservato per il suo status.
Si guardò le mani posate sulle ginocchia, e per un attimo poté rivedere il sangue di quel maledetto sporcarle, esattamente come aveva fatto quando, con la sua fedele spada, lo aveva sgozzato senza nessun ripensamento. Nei suoi occhi, che riflettevano quelli colmi di terrore di Jesse, vi era ancora viva l'immagine di quel proiettile che si era portato via la vita del giovane principe. Il sorriso che Seiji aveva tanto adorato non esisteva più, sul volto solo cicatrici, come in tutto il corpo, ad raccontare gli anni -ormai già quindici- passati a girovagare per il Cosmos con la nave più temuta che potesse esistere...

Si inchinò un'ultima volta, chiedendo ancora perdòno a quel ragazzo buono, troppo per anche solo pensare che potesse ancora amare il marcio che lei stessa era divenuta. E probabilmente l'avrebbe odiata, se fosse stato ancora in vita, per i crimini di cui lei stessa si era macchiata.
Un petalo di ciliegio si posò sulla fredda lapide di pietra, andando a carezzare il punto su cui spiccava inciso un solo nome. Creed...

Oedo era cambiata davvero, ma non in ciò che il principe si era ripromesso. C'era ormai una nuova generazione e l'aria sembrava diversa rispetto ad un tempo. Forse davvero qualcosa era cambiato in meglio, Homura però non lo avrebbe mai constatato, impegnata com'era a raggiungere la nave nascosta poco distante da lì, in mezzo al folto bosco, per ritornare alla vita criminale che l'attendeva, con il cuore un po' più sorridente -quello sì che ne era ancora in grado, e tutto per merito di quel ragazzo che era stato in grado di amarla, seppure per poco tempo e non sapendo praticamente nulla di lei- e un petalo di ciliegio stretto al petto tra le mani diafane sporche del sangue dei nemici del re demone...

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Capitolo 8
*** Promise ***


Prompt: Red.
Coppia: Soul Eater Evans x Maka Albarn/SoMa.

~Promise~





Rosso...

Rosso come il sangue che le scorreva nelle vene, e che ora ribolliva al solo pensiero di ciò che aveva visto.
Lo sguardo cremisi si era incastrato in quello color prato ed entrambi si erano pietrificati in mezzo alla folla del Chupa Cabra's, ma prima che il ragazzo potesse fermarla lei era corsa via, uscendo per le fredde e piovose strade di Death City, lasciando cappotto e ombrello al guardaroba, oltre a Patty e Liz a bocca aperta per la sua fuga improvvisa. Avevano deciso di uscire dato che Kid e Soul erano ancora in missione e quella sera di Ottobre era decisamente noiosa da passare a casa. I due non sarebbero tornati prima di due o tre giorni, così le aveva detto la Death Scryte, ma evidentemente dovevano aver concluso la missione prima se lui si trovava in quel locale, attorniato come sempre da ragazze che gli si erano appiccicate addosso come delle cozze a uno scoglio. Uno scoglio dalla bellezza indescrivibile, che negli anni era solo aumentata, in parte anche grazie alla vita da falce della morte, che lo impegnava persino fuori dall'orario della Shibusen, dove entrambi si occupavano del corso NOT. E non era un caso che anche a scuola era uno dei più desiderati, e non che lui non si crogiolasse in quella consapevolezza...

Scosse la testa per far sparire quei pensieri. Sapeva che fossero solo frutto della mente, pateticamente influenzata dal cuore e che lui non le doveva spiegazioni solo perché si erano ritrovati a fare sesso qualche volta. Un accordo sopraggiunto dopo una sera che si erano permessi di alzare un po' troppo il gomito, tornando a casa ubriachi e pronti ad una notte di sesso... se solo Blair non li avesse interrotti...
Avevano dato la colpa alla sbronza e agli ormoni alti -ed era anche normale per dei ragazzi di appena ventuno anni, si dissero- e giunti a quell'accordo, almeno così non ci sarebbero stati fraintendimenti di sorta se fosse successo ancora, pensavano. E così era capitato che facessero sesso qualche volta, non erano riuscendo a trattenersi, magari complice una giornata pesante o una serata passata a bere, ed era andato bene ad entrambi. Almeno fin quando il cuore di Maka non aveva iniziato a farsi coinvolgere, mandando tutto bellamente alle ortiche...
Era solo colpa sua se ora si ritrovava a piangere nella vasca da bagno, in cui si era infilata per un bagno caldo che l'avrebbe aiutata a farsi passare i brividi dovuti alla pioggia sotto cui era corsa via, ringraziando che Blair -che per fortuna aveva incontrato sulle scale, giusto in tempo per farsi aprire dato che aveva lasciato le chiavi nel cappotto al Chupa Cabra's- fosse uscita. Era stata solo una stupida a poter pensare di far finta di niente, ma la verità era che a Maka aveva fatto male vederlo lì senza che le avesse detto nulla. Perché ciò che faceva ancora più male era il fatto non si fosse degnato di avvertirla che era tornato, non che fosse andato a divertirsi. Tanto a quello ci aveva fatto l'abitudine...

Tanto ci aveva fatto l'abitudine, farla arrabbiare era un'arte in cui solo Soul Eater Evans poteva riuscire...
Erano tornati prima del previsto, sconfiggendo l'uovo di Kishin molto più in fretta di quanto avessero calcolato, e Kid era tornato alla Shibusen mentre lui aveva deciso di andare al Chupa Cabra's per rinfrescarsi un po' le idee.
Non voleva tornare subito a casa, perché se avesse incontrato Maka non sarebbe stato certo di riuscire a controllarsi. Quei due giorni passati lontano erano stati durissimi, e no, non era per il sesso -che neanche facevano spesso poi- che si sentiva così vuoto. La verità era che quei momenti passati tra le lenzuola erano diventati la saltuaria abitudine che lo faceva respirare, staccare dalla vita quotidiana, passata a barcamenarsi tra la vita da Death Scryte, il lavoro alla Shibusen e la convivenza con la bionda, ormai sempre più difficile per via dei sentimenti che si erano fatti largo in lui, prendendo prepotentemente il posto di quella straordinaria amicizia che lo aveva legati nel bene e nel male...
Ed era andato al Chupa Cabra's per non pensare, magari ubriacarsi e fare del sesso occasionale nei bagni, ma non era neanche certo che ce l'avrebbe fatta a non immaginare la sua biondina preferita al posto di chiunque avesse trovato disponibile. E poi aveva voltato lo sguardo, incrociando quello verde speranza che aveva iniziato da tempo ad amare, per poi scollarsi le quattro oche che gli si strusciavano addosso lascive, dedicandogli parole smielate a cui lui non aveva fatto attenzione neanche prima di vedere Maka, correndole dietro, riprendendo velocemente il cappotto e l'ombrello della meister dal guardaroba e salutando le sorelle di sfuggita. La pioggia era cessata da poco ma era certo che la ragazza fosse tornata fradicia
Aveva appena richiuso la porta, premurandosi di fare meno rumore possibile per paura di farsi sentire da Maka, la cui anima era inquieta e lo poteva sentire data la connessione che ancora avevano.
Si tolse il cappotto e posò tutto sul tavolo della cucina e la raggiunse, deciso a chiarire quel casino che aveva combinato lui stesso...

"Maka!"

Entrò deciso nella camera della ragazza, fermandosi quando la vide distesa sul letto con solo l'asciugamano addosso e profondamente addormentata. Si affrettò a chiudere la finestra per evitare che l'aria fredda le lambisse la pelle diafana, per poi precipitarsi a coprirla, non resistendo a coricarsi con lei -esattamente come avrebbe dovuto fare ore prima, quando era tornato a Death City, ormai ne era certo, aveva fatto una cavolata- togliendosi le scarpe per poi mettersi sotto le coperte e abbracciarla da dietro. Lui, che si era ripromesso di proteggerla e ne portava i segni sul corpo -sul petto, laddove batteva quel cuore totalmente pazzo di lei-, l'aveva ferita, e aveva rinnovato quel giuramento fedele nell'esatto istante in cui il rosso cremisi dei suoi occhi si era incatenato al verde speranza di quelli di lei, in mezzo alla folla di un locale in cui non aveva visto nessun'altro che quella secchiona senza tette ma dal corpo perfetto per lui, per incastrarsi al proprio nella danza d'amore più bella del mondo...

Si sarebbe svegliato il mattino dopo con un bel Maka-Chop, uno di quelli micidiali come solo la sua meister sapeva darne, ma in quel non gli importava. L'unica cosa che gli interessava era cadere tra le braccia di Morfeo abbracciato alla donna di cui era follemente innamorato e che da sciocco aveva ferito, rinnovando una tacita promessa d'amore...

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Capitolo 9
*** Because there is no better show in the world ***


Prompt: Pen.
Coppia: Shicca/Wermit.

~Because there is no better show in the world~





"Se non la smetti te la faccio ingoiare!" sussurrò a denti stretti la ragazza, voltatasi ancora per rimproverarlo. "Signorina Bluegarden la smetta o la sbatto fuori!" era la terza volta che si distreva e il professore non gliene avrebbe fatta passare una quarta, poco ma sicuro. Sebbene non si potesse definire un insegnante severo, egli non era noto neanche per avere una grande pazienza e sapevano tutti che era meglio non farlo arrabbiare. E Rebecca decisamente non poteva permettersi di rovinare anche la propria reputazione con un suo insegnante oltre che la sua media quasi perfetta. Quasi, perché per via del moretto seduto dietro di lei nell'aula di biologia -che per la cronaca aveva ripreso ad infastidirla, rigirandole una ciocca bionda con la penna, di nuovo...- si ritrovava a passare i Sabati al campus, solo per fare ore extra e recuperare i voti, drasticamente abbassati sempre per via di... "Granbell!" il professore dovette avvicinarsi a loro perché Shiki sembrava non averlo sentito. "Se la mia lezione le dà così tanta noia, può anche andare a distrarsi da un'altra parte. Fuori dalla mia classe magari..." un ghigno si aprì sul volto di Rebecca a quell'affermazione. Non ci godeva nel vederlo sbattuto fuori, lo amava da impazzire, ma l'aveva davvero stufata e lei doveva recuperare. Non poteva distrarsi, senza di lui sarebbe stato tutto molto più tranquillo e...
"E si faccia far compagnìa dalla signorina Bluegarden!" come non detto...
Raccattò le sue cose e si diresse verso l'uscita, trattenendo uno sbuffo per non infastidire ulteriormente il professore, già molto arrabbiato di suo nel dover passare il Sabato mattina a far recuperare quei fannulloni, nonostante il volto giovanile -aveva circa sette anni più di loro eppure ricopriva già un ruolo così importante- fosse quasi impassibile e non mostrasse nulla se non il leggero sorrisino per essersi liberato dei due scocciatori che facevano bisbigliare l'intera aula anziché studiare...

Il cielo era completamente sgombro e il sole d'inizio Maggio costrinse Shiki a socchiudere un po' gli occhi color pece per potersi abituare alla calda luce che avvolgeva il campus della Norma University.
"Ah, finalmente un po' d'aria fres- ahia!" si massaggiò la nuca, dolorante a causa dello scalpellotto che la bionda gli aveva rifilato appena usciti dall'aula. "Se dovrò fare ancora più ore di recupero per colpa tua giuro che me la paghi!" gli occhioni azzurri gli lanciavano lampi di cui poteva sentire l'intensità fin dentro le ossa. E se da una parte una Rebecca arrabbiata lo spaventava, dall'altra lo eccitava da morire pensare al come farsi perdonare da lei: Magari una sessione extra di studio a casa l'avrebbe aiutata a rilassarsi...
"Tieniti i tuoi pensieri da pervertito per te!" e detto questo, Rebecca si diresse con passo svelto verso il bar del campus, lasciando che il moro, nell'osservare attento le sue forme, racchiuse nel golfino beige e la gonna di jeans blu scuro, muoversi a tempo con gli stivaletti neri che annunciavano il suo arrivo ticchettando sul marciapiede, la segusse, fulminando con lo sguardo chiunque osasse guardare troppo la sua ragazza...

"Sei impossible! Che diavolo ti è venuto in mente di metterti a giocherellare in classe? Ci guardavano tutti, senza considerare la figuraccia con Steiner..." era quello che più la faceva vergognare, il fatto che un suo professore l'avesse beccata -non che lei non stesse facendo di tutto per impedirlo- a flirtare col suo fidanzato. E ora, seduti su una panchina a gustare una bibita, voleva sapere da Shiki perché si fosse comportato in modo così fastidioso per tutta la durata della lezione.
"Beh, tu ti sei fatta i boccoli oggi..." il ragazzo alzò le spalle coperte dalla felpa beige -non voleva pensare che Shiki si fosse vestito così per abbinarsi a lei, ma i jeans dello stesso colore della sua gonna e le Sneakers nere sembravano solo confermare quel dettaglio di cui forse neanche lui si era accorto- come a sottolineare l'ovvio. Si era fatta quella pettinatura forse senza sapere quanto i suoi capelli -così come tutto il resto- lo facessero impazzire.

Il ragazzo non aveva problemi a seguire una lezione, tranne quando la sua fidanzata lo distraeva, cioè sempre...
Non era un asso nello studio e malapena riusciva ad avere voti decenti, ma cavoli era una ragazzo di appena venticinque anni, innamorato pazzo della ragazza che gli aveva rubato il cuore sin da quando l'aveva incontrata il primo giorno all'università, circa due anni prima, e aveva trovato il coraggio di dichiararsi appena una decina di mesi prima, scoprendosi ricambiato e iniziando quella relazione con quella che non solo era una sua compagna di corso, ma anche la sua coinquilina nell'appartamento che condividevano con altri cinque studenti.
Era ovvio che preferisse concentrarsi più su di lei che sulla biologia, no?

Rebecca aggrottò le sopracciglia per quella risposta. Tutto si aspettava meno che quello...
"E ora che diamine significa ques- huh?" si guardò le gambe coperte dalla gonna e Shiki si sporse un po' per fare lo stesso...
Una piccola freccia di plastica dalla punta a ventosa giaceva sulle gambe della bionda dopo aver colpito il bicchiere della caffetteria che teneva tra le mani, e non fecero in tempo a chiedersi cosa stesse succedendo che una vocina li raggiunse, e alzando di poco lo sguardo i due videro una bambina che si avvicinava correndo.
La biondina -doveva avere otto anni o giù di lì-, una volta raggiunti i due, si chinò con un leggero fiatone in segno di scuse e, portando poi gli occhioni verdi su di loro, porse la manina. "Me la ridai per favore?" esordì con la vocina squillante e l'espressione un poco imbronciata, e mentre Rebecca recuperava la freccia con l'intenzione di restituirla, un'altra voce li attirò, facendo alzare lo sguardo dei tre verso la donna che li stava raggiungendo.

"Ronya!" una ragazza -era bassina e piuttosto minuta, i capelli azzurri dai riflessi verde-acqua erano raccolti in uno chignon e la maglia viola, abbinata alle Nike che spiccavano a loro volta sotto i jeans blu scuro, a loro volta abbinati alla borsa a tracolla- li raggiunse, prendendo l'arco dalle mani della piccola e guardandola con un'espressione corrucciata. "Ti avevo detto di non allontanarti, e non infastidire le persone!" la rimproverò per poi rivolgere un inchino di scuse ai due, mentre la piccola mormorava uno 'scusa mamma' che fece sbarrare gli occhi ai due.
La ragazza prese dalle mani di Rebecca la freccia scusandosi ancora per il disturbo, proprio nello stesso momento in cui un'altra voce, stavolta ben conosciuta a tutti, si faceva largo nelle loro orecchie, facendo portare l'attenzione dei quattro sull'uomo che si stava avvicinando a loro. Lo stesso uomo che Shiki e Rebecca avevano lasciato in quell'aula con indosso il completo gessato, e che ora vestiva una felpa viola dai richiami dorati e dei jeans blu, con un paio di Nike nere, un borsone a tracolla abbinato e la cartellina dello stesso colore a completare il tutto.

"Hermy, Ronya!" Weisz rivolse ai due un sorriso in segno di saluto, per poi avvicinarsi alla ragazza -abbassandosi un poco dato che era più bassa di lui, incredibile pensare che invece aveva quasi un paio d'anni in più di Weisz- per schioccarle un leggero bacio sulle labbra. "Papà papà!" saltò felice la bambina e lui, abbassandosi, le scompigliò il capo, depositandovi poi un bacio e prendendola in braccio.

Si erano dati appuntamento al bar del campus per poter passare il pomeriggio insieme, per questo Weisz si era portato il borsone col cambio oltre alla cartellina coi libri. Si era cambiato in fretta nei bagni dopo la lezione. Era già costretto a passare la mattinata in università a far lezione, non gli andava di dover perdere tempo a passare da casa per cambiarsi, e così era rimasto d'accordo con sua moglie per vedersi direttamente al campus, diretti poi verso un lungo pomeriggio in famiglia, da tempo desiderato a causa degli impegni di lavoro di entrambi e il poco tempo da poter passare insieme quotidianamente.

Si stava dirigendo al bar quando aveva visto la scena da lontano, raggiungendo i quattro per capirci qualcosa e lasciandosi poi spiegare velocemente dalla donna cosa stesse succedendo. "Giocherai con l'arco quando arriveremo al parco ok?" disse alla piccola, che annuì facendo sorridere tutti. "Quasi dimenticavo!" esclamò voltandosi verso i due. "Granbell, Bluegarden, questa è Hermit, mia moglie..." disse loro indicando la donna, che fece un inchino. "E questa è nostra figlia Ronya!" la bimba sorrise arricciando il nasino verso l'alto, sorridendo ai due, che con un 'molto piacere' e una stretta di mano alla donna si presentarono a loro volta.
Senza farsi vedere si guardarono di sottecchi per un momento, con lo stesso pensiero nella mente. Non che non fossero felici di conoscere la famiglia del loro professore, però avevano sempre avuto l'impressione che egli preferisse la vita da single. Non sapevano il perché, ma lo pensavano, e trovarsi davanti a quello che era un pezzo importante -lo vedevano da come teneva tra le braccia la bambina, alzandole il cappuccio del giubbottino rosso e controllando che fosse ben coperta quando si era alzato un poco di vento, e da come guardasse ogni tanto la donna, come se non vi fosse stato spettacolo migliore al mondo- della vita privata del loro insegnante li aveva stupiti non poco.

"Beh, noi ora dobbiamo andare. Rebecca, Shiki, è stato un vero piacere conoscervi, spero davvero che ci saranno altre occasioni per parlare" sorrise loro la donna, prima di farsi prendere la mano dal biondo, che salutò anch'egli... a modo suo ovviamente.
"Ci si rivede ragazzi, e la relazione che dovevate presentare oggi me la porterete Lunedì, insieme al riassunto delle pagine dalla 230 alla 250 del vostro libro!" e detto questo si voltò per andare via, sentendo appena un 'a-arrivederci professore...' svogliato e stupito dei due mentre si allontanava.

"Suppongo dovremo passare i prossimi due giorni a studiare..." disse il moro una volta che i tre furono spariti dalla loro vista. "Sì, e studieremo davvero Shiki!" rispose la bionda, marcando bene il verbo per fargli capire che no, non avrebbero fatto altro. Meno ancora quello che era il motivo delle loro distrazioni -e conseguenti voti bassi- ultimamente...
Si alzarono entrambi gettando i bicchieri vuoti nel cestino accanto alla panchina e sistemando libri e appunti negli zaini, iniziando poi a camminare verso casa. La mano di Shiki cercò timidamente quella di Rebecca, che un po' tentennante l'accettò, intrecciando le dita a quelle del fidanzato.

E Shiki non lo sapeva, ma lui guardava Rebecca allo stesso modo in cui il professor Steiner guardava sua moglie, come se non vi fosse spettacolo migliore al mondo...

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Capitolo 10
*** Night thoughts ***


Prompt: Hair.
Coppia: NaLu.

~Night thoughts~





Gli erano sempre piaciuti, inutile negarlo...

Aveva sempre adorato quei capelli lunghi e splendenti. Amava tuffarci il naso e prendersi le gustose zaffate di quel profumo alla vaniglia che li impregnava. Natsu non avrebbe mai saputo dire se era più per l'odore o per la morbidezza, ma li adorava e mai più si sarebbe privato di quella piacevole coccola serale che si concedeva nel loro letto, riuscendo ad addormentarsi senza fatica...

Amava stringerla a sé, sentire i battiti del suo cuore vibrare fin dentro il petto, lì dove il suo di cuore batteva solo per lei, per quell'angelo biondo incontrato per puro caso tanti anni prima ad Hargeon, e divenuto la sua unica ragione di vita nel tempo. Quanto tempo era passato da quando pensava solo ai combattimenti e al cibo, il drago di fuoco questo non lo ricordava nemmeno -e non che si fosse perso a fare i conti, quelli non erano decisamente il suo forte-, ma sapeva che mai più sarebbe riuscito a vivere senza Lucy, ne aveva avuto l'ennesima prova quando era partito per allenarsi...

Pensava che diventando più forte sarebbe riuscito a proteggere la sua famiglia ma non aveva fatto i conti col destino, che gli aveva dimostrato che non tutto era sotto il suo controllo. Se avesse saputo dello scioglimento della gilda non l'avrebbe mai lasciata a far fronte alla solitudine per tutto quel tempo. Voleva proteggerla e aveva finito per ferirla, un atto di cui mai si sarebbe perdonato. Non meritava di averla accanto nonostante tutto ciò che le aveva fatto...
Carezzò piano il volto addormentato di Lucy, osservando le guance appena arrossate che riusciva ad intravedere grazie alla luce lunare che filtrava dalla finestra. Come facesse quella donna a calmarlo anche da incosciente lui non lo sapeva, ma ringraziava il cielo ogni secondo per averla accanto. E lo ringraziava anche per aver permesso che quella splendida creatura ricambiasse quel sentimento a cui lui stesso non aveva saputo dare un nome all'inizio. Sentimento cresciuto con gli anni ed esploso solo dopo aver dovuto passare un intero anno lontano da lei.
Ma ora si ritrovava ancora una volta tra le sue braccia, nel letto di quell'appartamento di Strawberry Street che tante ne aveva viste e tante altre ancora ne aveva da vedere, soprattutto con la nuova vita che si prospettava per tutti, loro due in primis...

Le carezzò dolcemente la schiena, passando la mano sulla calda stoffa del pigiama, beandosi dell'odore fruttato di Lucy -appena un po' più dolce del solito- che gli penetrava nelle narici, cullandolo anche in quella fredda notte di Ottobre, facendogli dimenticare definitivamente i ricordi ancora vividi delle loro mille e più avventure, portandosi con con loro anche le paure di quello che lo aspettava. Teneva stretto a sé -stando attento a non farle male- il corpo di Lucy, sentendo sulla pelle il gonfiore del suo ventre, su cui una mano si posò leggera per saggiare ancora una volta quella calda culla in cui il loro piccolo draghetto riposava beato, in attesa di scoprire quel mondo in cui lo stavano portando...

Aveva tante cose per cui ringraziare Natsu, e forse non sarebbe servita una vita intera a porre rimedio a tutti i torti che ancora sentiva di avere nei confronti di Lucy. Ma una cosa era certa, non avrebbe mai più permesso che soffrisse, avrebbe dato a lei e al loro bambino -che sperava sarebbe stato solo il primogenito- tutto l'amore di questo mondo.
Poco ma sicuro...

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Capitolo 11
*** Wishes ***


Prompt: Star.
Coppia: NaLu.

~Wishes~





Se c'era una cosa che Lucy aveva sempre amato erano proprio le stelle. Ogni anno, nella notte del dieci Agosto, non mancava di affacciarsi alla finestra, rimirando il cielo colmo di scìe splendenti, ed esprimendo i propri desideri a quelle stelle da sempre sue amiche.

Sin da bambina aveva sempre desiderato qualcosa che mai era il futile capricci di una bambina ricca, ma cose che l'avrebbero aiutata a sopportare meglio il peso di quella vita che mai aveva davvero fatto per lei: Che sua madre potesse stare meglio, che suo padre divenisse meno severo, entrare a far parte di Fairy Tail...
C'era sempre un desiderio nascosto nel suo cuore...

Solo uno dei tre si era avverato, e lei era convinta che fosse il modo delle sue amiche di chiederle perdono per non averla potuta aiutare con gli altri due. Le avevano messo sulla strada il famoso Salamander, che l'aveva presa per mano -letteralmente- e portata verso la sua nuova vita.
La stessa vita in cui si era scoperta a desiderare altro, un qualcosa però che neanche le sue adorate stelle potevano darle: L'amore di quel bellissimo drago dai capelli color sakura in fiore...
Era da tempo che si era accorta di provare per lui più della semplice amicizia, ma sapeva anche di non avere speranze che lui potesse provare altro se non essa per lei, e a quel pensiero il cuore le si strinse in una dolorosa morsa, facendole comparire sul viso rivolto verso il cielo stellato una smorfia di tristezza che difficilmente le sue amiche dorate sarebbero riuscite a toglierle e...

"Lu?" il volto abbronzato di Natsu le entrò nella visuale, facendole incatenare per un attimo gli occhi cioccolato con quelli verde speranza del mago di fuoco.
"N-Natsu!" si allontanò come scottata dal suo stesso fuoco, sebbene lui non stesse usando la sua magia, rimanendo accovacciato sul cornicione della finestra solo un attimo prima di balzare dentro e rivolgerle uno 'stai bene?' colmo di preoccupazione...

Non gli piaceva vederla triste ed era pronto ad incenerire qualsiasi cosa che la riducesse in quello stato. Aveva scoperto con lei quel sentimento che Igneel aveva provato a spiegargli più volte senza molto successo, e la sua intensità lo aveva colpito come un pugno nello stomaco. Il più piacevole pugno nello stomaco che avesse mai ricevuto...

Un 'sì' sussurrato a malapena e poi l'aveva vista scappare in bagno, rimanendo a guardare la porta chiusa e sentire la scìa di profumo che Lucy aveva lasciato correndo via. Quanto avrebbe voluto aprire quella porta e perdersi con lei immersi nell'acqua saponata, ma il doloroso pensiero che Lucy non provasse che amicizia nei suoi confronti gli fece voltare triste il capo verso il cielo stellato che alla sua biondina preferita piaceva tanto...

Guardò quelle lucine accese nel cielo, chiedendo tacitamente loro di dargli una mano per quella ennesima notte con lei. Perché se c'era una cosa a cui mai sarebbe riuscito, egoisticamente, a rinunciare era proprio il letto pregno del buonissimo profumo di Lucy, dove si distese senza attendere oltre, venendo poi inondato dall'odore della maga, appena uscita dalla vasca, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare a Morfeo...

Non aveva il coraggio di svegliarlo, le piaceva troppo guardarlo con gli occhi chiusi e l'espressione beata, perdendosi in quella che era l'unica cosa che avrebbe mai potuto avere dal suo nakama...
Si risistemò il pigiama prima di andare a chiudere la finestra, salutando le sue amiche stelle e dando loro la buonanotte, per poi distendersi sotto le coperte accanto al rosato.
"Buonanotte Natsu..." sussurrò assonnata, cedendo presto a Morfeo, sentendo a malapena le forti braccia del mago avvolgerla, tenendola al caldo, posandole il naso tra i capelli per riaddormentarsi col profumo alla vaniglia dei suoi capelli. "Buonanotte Luce..." fu l'ultimo sussurro che si sentì prima che il sonno concesse anche il drago...

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Capitolo 12
*** It's okay ***


Prompt: Sunscreen.
Coppia: Wermit.

~It's okay~





"Me la metti per favore?" gli porse il tubetto ghignando appena malefica. Se c'era una cosa a cui il suo compagno non sapeva dire di no era il coccolarla -e coccolarsi- con quella piccola attenzione, e lei mai avrebbe privato entrambi di quel piccolo momento intimo.
Intimo, perché seppure in mezzo a tanta gente sul pianeta tranquillo che da qualche anno li vedeva come abitanti e dopo essere finalmente riusciti ad intraprendere una relazione -contando anche il fatto che lei fosse letteralmente un androide e non avesse bisogno certo della crema solare-, i due non riuscivano a resistere...

"C'è bisogno di chiederlo?" rise il biondo prendendo il tubetto e facendo cadere sulla mano una generosa quantità della crema biancastra, posando il piccolo contenitore sul tavolino lì affianco e sfregando i palmi tra loro prima di iniziare a massaggiarle le spalle, sentendola rilassarsi sotto il suo tocco.
Le grandi mani del ragazzo scivolavano lungo la schiena, in un lento e piacevole massaggio in grado di farle rilassare i muscoli, riempiendola di dolce attenzione laddove Weisz sapeva esserci il suo punto debole. E non resistette lui a muovere le dita lungo i fianchi, vedendola subito muoversi sul lettino in preda agli spasmi.
"N-No! Il s-solletico no... basta... ti prego..." quanto gli piaceva vederla ridere mentre cercava di inveire contro di lui. Era bellissima col ghigno infastidito di quando non riusciva a sottrarsi ad una delle sue torture, e con le lacrime agli angoli degli occhi gli intimava di smetterla o gliel'avrebbe fatta pagare. Decisamente assai meglio dell'ultima volta che l'aveva vista in quello stato...

"N-No! Smettila... non di nuovo... basta... ti prego..." il ghigno inquietante che conosceva benissimo si spostò sul biondo, intrappolato anche lui da quei disgustosi tentacoli. "E ora veniamo a te professore... era solo questione di tempo, finalmente la più grande fonte di conoscenza dell'universo sarà mia!" "Tu sei pazzo!" inveiva Weisz contro quello che tutto poteva definirsi tranne che uno scienziato. Gli faceva ribrezzo pensare che, seppure non a quei livelli, anche lui avesse avuto idee così malsane sui robot...

Hermit era immobilizzata, con le lacrime agli occhi mentre lo pregava di smetterla, e il cuore gli si strinse in una morsa nel vederla in quello stato -ancora una volta-, e dannazione se voleva correre ad abbracciarla!
Voleva dirle che sarebbe andato tutto bene, voleva tenerla stretta e sé e non lasciarla andare finché non fosse stata al sicuro. Voleva fermare quei tremiti di reperire con quell'amore che si era scoperto a provare per quella macchina...
Ma quel maledetto lo teneva immobilizzato con quei disgustosi tentacoli, ancora una volta, avendo la premura di togliere a lui il dispositivo di Arsenal e a lei le cuffie, impossibilitandoli a comunicare con la nave...
"Lasciala stare maledetto!" urlava Weisz, ma Müller rideva sadico, avvicinandosi all'androide e canzonando il suo dolore. Di nuovo...
"Siamo amici, ricordi mio piccolo adorato pezzo di spazzatura? E allora giochiamo come ai vecchi tempi!" il mezzo androide con un ghigno malvagio, tipico del mostro che era stato in passato e che era tutt'ora, alzò un braccio verso una tremante Hermit. E stava per sfiorarle una guancia quando...
"Non la toccare!" l'armatura scintillante faceva bella mostra di sé sul corpo del ragazzo che, riuscito finalmente a liberarsi -si era dimenato talmente tanto da riuscire a strisciare sul pavimento, raggiungendo e attivando il dispositivo che quel dannato aveva gettato via-, aveva sferrato un pugno al pazzo scaraventandolo lontano da Hermit e liberandola dalla minaccia. "Va tutto bene... va tutto bene Hermy, ci sono qui io... va tutto bene..." la strinse a sé, consapevole di dover intraprendere l'ennesima battaglia contro quel mostro che a fatica si stava rialzando, e intenzionato a non lasciare che potesse vivere abbastanza per fare ancora del male. Per farle ancora del male...



"Weisz?" lo scosse un poco, mettendosi seduta e guardandolo negli occhi -beh, nell'occhio destro, l'unico rimastogli dopo quello...-, e per un attimo ebbe la sensazione di aver intuito cosa potesse pensare. "Weisz tutto bene?" la voce carica di angoscia a quel doloroso ricordo e no, Hermit sapeva che non andava tutto bene...
"Eh?" la guardò sentendo le sue dita sfiorare la cicatrice. Aveva il volto contratto in una smorfia di preoccupazione e il sorriso che tanto amava era sparito. No, non doveva andare così...

Le portò una mano dietro la nuca, incastrandola tra il suo collo e le ciocche e azzurre -avevano dei riflessi verde-acqua e lui impazziva per quelli, pure dopo che li aveva tagliati- poggiandole la fronte sulla propria e sorridendole mentre lei incastrava le dita tra le ciocche bionde. Un 'va tutto bene...' sussurrato prima di far incontrare le loro labbra in un tenero bacio...

Le carezzò la guancia col pollice, guardandola negli occhioni che tanto amava, quando si staccarono e... "Va tutto bene..."
Scacciando definitamente la malinconia e ricacciando quel tremendo ricordo di ormai dieci anni prima, i due tornarono finalmente a godersi quella giornata. Una delle tante da quando la Edens Zero aveva smesso di viaggiare per i Cosmos, perdendosi nel mistero che -in fondo- l'aveva sempre accompagnata, lasciando superstiti su quell'anonimo pianeta gli unici due testimoni -e in parte fautori- del periodo più oscuro che i Cosmos avessero mai vissuto...

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Capitolo 13
*** My queen ***


Prompt: Sword.
Coppia: Cremura/Creedmura/Homureed/Seimura.

~My queen~





"Ancora!" ordinava sicura la donna dai capelli violetti raccolti in una lunga coda, mentre i suoi allievi si apprestavano a rimettersi in posizione, ognuno con la propria spada tra le mani, per eseguire di nuovo gli esercizi.
Avvolta nel suo kimono fiorito, con le mani congiunte sul ventre, macinava il perimetro del campo d'addestramento, osservando attenta i movimenti e intervenendo quando ve ne era il bisogno. Gli occhi seguivano ogni più piccolo movimento, sorridendo o corrucciando il viso a seconda che gli esercizi venissero eseguiti correttamente o meno.
Era bellissima e il rosso le donava in una maniera incredibile, pensava il ragazzo mentre...

"Mh, Altezza..." una voce lo fece sussultare. "Per quanto Sua Maest- ehm, il vostro capo delle guardie..." si corresse l'uomo, ricordando di chi stesse parlando in quel momento. "Ecco, per quanto stia facendo un lavoro egregio, noi saremmo qui per discutere di altro..." finì l'anziano, riuscendo a farlo tornare ai suoi doveri, che in quel momento erano il prestare attenzione ai suoi consiglieri. "A-Avete ragione, andate pure avanti..." ordinò ai tre, che tornarono a illustrargli le spese che avevano coinvolto le casse del regno nell'ultimo mese. Nulla di più noioso ma al contempo necessario, al quale doveva dare attenzione se voleva governare come si era ripromesso tempo addietro...

"Direi che abbiamo finito, potete pure andare..." liquidò i consiglieri una volta che ebbero terminato e lasciò che uscissero dal suo ufficio, pronto a tornare ad Homura e al suo volto concentrato che la rendeva ancora più bella, quando...
"Altezza, permettete due parole?" l'anziano uomo, che si era alzato, ma non era andato via con gli altri due, era davanti a lui col capo chino in un gesto formale per chiedere il permesso di proseguire.
"Certo... c'è qualcosa che non va?" "In realtà... si tratta delle Maestà Vostre... sì insomma..." alzò di poco il viso per guardarlo negli occhi attraverso gli occhiali. "Di Voi e di Sua Altezza la regina..." "Ditemi pure..." Seiji aveva iniziato a preoccuparsi e non poco. Da quando era tornato su Oedo con Homura -circa cinque anni prima, dopo aver sconfitto in una sanguinosa battaglia il re demone Shiki, divenuto un malvagio dittatore- non era stato facile cambiare le cose, e sebbene il sistema sociale non fosse più quello di un tempo, molte persone erano ancora scettiche verso quella che era a tutti gli effetti la moglie dello Shogun. E lui poteva sopportare quel discorso da tutti, mettendo in chiaro le cose con una durezza che poche volte gli avevano visto attuare, e tutte riguardo a quella questione, ma mai avrebbe potuto sopportare che venisse da una delle persone che lo avevano cresciuto e di cui si fidava più di chiunque altro. Gli faceva male al cuore pensarlo, ma avrebbe sempre difeso il loro amore -nato su Foresta come amore a senso unico, ma cresciuto in entrambi poco a poco, durante quella che era stata una tremenda guerra intergalattica, per nulla paragonabile a quella dell'Aoi Cosmos. Un periodo ancora più buio dell'Era Oscura stessa e che tutti ora ricordavano con terrore-, seppure ciò significava andare contro l'uomo di fronte a lui, che adesso si schiariva la voce per iniziare a parlare.
"Ecco, mi preoccupa il fatto che ultimamente si affatichi così tanto. Sapete anche voi che sarebbe meglio riposasse nelle sue condizioni..." l'uomo era davvero preoccupato, glielo si leggeva negli occhi semi-chiusi dalle palpebre cadenti e rugose.

Era stato il primo a rallegrarsi del ritorno di quel principe tornato re, in tutti i sensi...
Lo Shogun era morto da qualche giorno e il ragazzo era tornato per prenderne il posto. Con lui quella che, l'uomo l'aveva capito, era una delle ragioni per cui aveva fatto quasi fatica a riconoscerlo. Non fisicamente, quella zazzera castana accompagnata dal ciuffo nero e quegli occhiali erano difficili da dimenticare, ma il volto da ragazzino si era trasformato in quello di un uomo sicuro di sé, che aveva imposto la presenza di quella donna sposata in segreto per le loro condizioni sociali, all'epoca così differenti, e l'anziano non poteva che essere felice di aver vissuto abbastanza da vederlo.
Era stato il primo a offrirgli fedeltà in merito al suo nuovo status, e la propria posizione aveva fatto in modo che altri lo facessero, per poi vedere coi loro occhi quanto fosse stata giusta quella scelta, e certo non aveva cambiato idea quando il ragazzo non aveva fatto altro che dimostrargli quanto facesse bene ad essere fiero di ciò che era diventato. Ma non poteva evitare di preoccuparsi per l'attuale situazione, per la sua regina soprattutto...
"Mia moglie si è sempre occupata dell'addestramento delle reclute anche prima, non a caso ricopre il ruolo di capo delle guardie oltre che di sovrana. Capisco che siate preoccupato, ma posso garantirvi che è tutto sotto controllo..." era sollevato che il problema non fosse quello che aveva temuto, Seiji, e si apprestò a tranquillizzare l'uomo, il quale sembrava davvero preoccupato per quella ragazza che aveva preso sotto la sua ala protettrice, trattandola da subito come una figlia, e lui era molto grato al suo consigliere per questo. "Se lo dite Voi Altezza vi credo, ma vi prego, convincete la regina a rallentare i ritmi, almeno ora che è vicina al parto..." lo vide annuire, tranquillizzandosi a quel 'Gliene parlerò, sono certo che anche lei sarà d'accordo su questo' e alzandosi per inchinarsi alla violetta che, dopo aver bussato e aver ottenuto il permesso dallo Shogun, era entrata, si apprestò a lasciare la stanza. "Vi lascio da soli, Vostre Maestà..." un breve inchino a entrambi. "Col vostro permesso..." concluse pacato prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle, lasciando ai sovrani la loro intimità.

"È andato tutto bene?" gli sorrise la sua regina. Lo Shogun si alzò dalla scrivania per poterla raggiungere, abbracciandola e posandole un tenero bacio sulle labbra, mentre una mano scendeva sul ventre tondo. "Il solito. Tu piuttosto, come ti senti?" non gli importava granché degli allenamenti delle reclute in quel momento, era Homura la loro maestra, sarebbero divenuti degli eccellenti soldati. L'unica cosa che gli interessava era sedersi ancora alla sua scrivania con sua moglie in braccio, recuperando le ore passate lontani in quell'ennesima, tranquilla, giornata su Oedo...

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Capitolo 14
*** Because Arsenal is just Iron Man's bad copy ***


Prompt: Videogame.
Coppia: Wermit/Accenni di Shicca.

~Because Arsenal is just Iron Man's bad copy~





Il marciapiede grondava di persone, chi era intento a salutare chi l'aveva accompagnato, poco prima che questi fosse pronto a ripartire verso la propria meta, chi invece raggiungeva il proprio gruppo di amici, dandogli il buongiorno, sapendo di doversi separare per andare nelle rispettive classi, e lì la donna dall'impermeabile beige, la cartelletta marroncina tra le mani, e lo chignon azzurrino a raccoglierle i lunghi capelli, guardava quell'edificio che diversi anni prima l'aveva ospitata in ben altre vesti, riportando alla mente i ricordi ormai lontani, ma irrimediabilmente scolpiti nella memoria di quella che ora poteva fieramente definirsi una donna con una carriera di tutto rispetto. Sia per il settore, che troppo poco ancora era paritario, che per la sua giovane età -appena ventinove anni-, che però non le toglieva di certo intelligenza e saggezza. Non sarebbe stato facile ricoprire il suo ruolo, ancora ricordava quando era stata lei studentessa, e sapeva bene cosa aspettarsi dagli alunni, ma aveva già deciso quale approccio usare con loro: Si sarebbe mostrata amica ma anche severa se necessario.
E con quel pensiero in mente prese un bel sospiro e si diresse decisa verso il cancello, quando...

"Ahi!" qualcuno l'aveva urtata, e se non si era ritrovata a cadere di faccia sul marciapiede ancora bagnato di pioggia era solo grazie al braccio che l'aveva afferrata per la vita, impedendole di fare quella fine.
Di nuovo in piedi e in perfetto equilibrio, si voltò -un po' indecisa se inveire o ringraziare lo sconosciuto, decidendo in fretta di ringraziarlo... per poi iniziare a urlargli di stare più attento- e...
"Dovresti entrare anziché ostruire il passaggio agli altri ragazzina!" una voce giovanile e squillante la costrinse ad alzare il volto, incontrandone il padrone che la guardava con il mezzo sorriso di uno che la sapeva lunga. O almeno, così sembrava, perché a guardarlo meglio era davvero un ragazzino, bello certo, con quegli occhi neri penetranti, i capelli biondi che a piccole ciocche gli ricadevano anche sulla fronte, e il fisico muscoloso che si intravedeva dal giubbotto di similpelle nero lo rendeva un Adone, ma era pur sempre un ragazzino che, seppure la superava -di poco- in altezza, l'aveva appena urtata, per giunta dando la colpa a lei della propria sbadataggine...

"Ragazzina ci chiami qualcun'altra! Quanti anni hai poi per rivolgerti a me così? Vedi di entrare in classe piuttosto..." il tono di voce severo -e anche un po' canzonatorio già che c'era- stupì non poco l'altro.
Le dispiaceva iniziare così con quello che, forse, sarebbe stato uno dei suoi studenti, ma doveva far capire chi comandava, si disse mentalmente mentre il ragazzo, togliendosi l'espressione di stupore dal volto, esplodeva in una fragorosa risata, facendo voltare verso di loro alcuni volti sghignazzanti. "Questo dovrei dirlo io!" disse non essendosi ancora ricomposto completamente, e continuando a ridacchiare un po'. "Non vorrei iniziare a mettere note già dal primo giorno" la guardò dall'alto in basso, solleticandole solo la voglia di prenderlo a pugni lì in mezzo. "Però..." continuò avvicinandosi di un passo, ma fu sufficiente a lei per indietreggiare appena, posando la punta di un piede più indietro, ma non completando l'azione, in parte perché decisa a non arretrare oltre, e in parte perché spiazzata dalla frase che il biondo le rivolse subito dopo. "Sarebbe divertente dare la prima nota della mia carriera proprio alla secchiona della classe..." finì in un ghigno che sì, lo ammetteva -non era certo cieca-, lo rendeva ancora più bello...

Stava per rispondergli a tono -certamente quel moccioso la stava prendendo in giro, probabilmente per ridere della povera stupida che avrebbe creduto che era un insegnante-, facendogli capire che non era aria e che non gli conveniva scherzare con quella che sarebbe stata, molto probabilmente, una sua insegnante, ma la campanella che annunciava l'inizio delle lezioni la interruppe, lasciandola lì a guardarlo dirigersi verso il grande portone d'ingresso, che in breve si riempì di ragazzi intenti a entrare, chi sbuffando e chi eccitato per il primo giorno in quella nuova scuola. Si apprestò ad entrare anche lei, certa che una bella lavata di capo dalla preside non gliel'avrebbe tolta nessuno: I professori dovevano entrare ben prima degli studenti...

"No ma, ci credi? Quello spocchioso non solo è un insegnante, ma è anche uno dei professori della classe accanto alla mia! Sfortuna più grande non poteva capitar- ehi Becky smettila di ridere!" avrebbe lanciato volentieri il cellulare sul pavimento, ma aveva bisogno del suo sfogo preferito -panna spray e una lunga telefonata con la sua migliore amica, che però non la smetteva di ridere anziché fare ciò che, per Hermit, avrebbe dovuto. Darle ragione e inveire insieme a lei su quel Steiner, che in appena tre mesi era stato in grado di snervarla come nessuno-, e non sapeva a chi altro affidarsi alle dieci di quel Venerdì sera, dopo il primo, disastroso, trimestre alla Norma High School, passato tra studenti irriverenti e un collega per nulla diverso da loro che si divertiva a stuzzicarla ogni volta che la vedeva.

"Che poi, almeno sapesse fare il suo lavoro, ma no!" sbuffò riempiendosi la bocca e attingendo direttamente dal dosatore. "Oggi sono andata da lui perché i suoi alunni facevano troppo casino e la parete è dannatamente sottile, e gli ho dovuto correggere una formula alla lavagna..." la bionda all'altro capo del telefono rise. "Ti giuro, le risatine degli studenti erano memorabili!" finì ridendo con lei.
Era stata una bella vendetta...
"Ok, ti va una partita?" la panna era finita, e sebbene ne avesse dell'altra in frigo optò per i videogiochi. Sparare a qualche zombie l'avrebbe aiutata a sfogarsi, soprattutto se li immaginava con la faccia di quel Weisz o come cavolo si chiamava, ma...
"Spiacente ma passo. Domani arriva il figlio o il nipote del mio capo da New York, non ho capito bene, e devo andare prima al negozio per sistemare le pratiche d'assunzione..." "Oh ok, buonanotte allora!" si salutarono prima di chiudere la telefonata. Hermit non aveva alcuna intenzione di andare a letto, tanto più che il giorno dopo non avrebbe dovuto lavorare, perciò, si diresse verso la console, con già l'intenzione di fare una partita in solitaria, quando...
"Uh?"

"No ma, ci credi? Mi ha corretto con quell'aria da saputella davanti all'intera classe!" il moro dall'altro lato se la rideva, facendolo innervosire ancora di più e mordere la barretta di cioccolato che stava nervosamente mangiando con ancora più stizza. "Devi ammettere che quella donna ha carattere, e che tu te lo sei davvero meritato haha" "Invece di ridere dovresti appoggiarmi... però sì, ha carattere la ragazzina..." l'apostrofò ancora a quel modo, nonostante sapesse che lei aveva circa un paio d'anni in più di lui.
"E ha anche un bel didietro! Avessi visto quella gonna come glielo evidenziava, poi mettici pure che ancheggia in maniera così sexy..." disse con la solita espressione da playboy sul volto, facendo ridere ancora l'amico. "Weisz non è che ti piace? Intendo, più che per il bel didietro. No perché ti conosco, e quando una conquista è impossibile non stai a rimuginarci su, passi oltre e ti scordi pure che la tizia esiste. E anche se ti capita di rivederla non ci dai peso..." Shiki era sempre molto schietto e se notava qualcosa glielo diceva senza troppi giri di parole. E il fatto che in tutto quel tempo non c'era stata una sola telefonata in cui non gli avesse accennato a quella collega lo insospettiva non poco.

Aveva visto Weisz interessato a qualcuna oltre che per il sesso una sola volta e molto tempo addietro, quando la tizia -Bernadette gli pareva si chiamasse- lo aveva mollato, per nulla interessata ad una storia seria.
Vederlo così interessato a un'altra donna e non solo dal punto di vista sessuale -che per di più, gli aveva raccontato, non era gnocca tutta tette che di solito lo interessava- lo aveva fatto insospettire, e in parte anche sperare, di trovarsi davanti al Weisz Steiner innamorato ancora una volta. "Vabbè, ora devo andare!" non gli diede neanche il tempo di rifilargli una qualsiasi scusa per la quale lui non era attratto dalla sua collega 'in quel senso'. "Domani devo svegliarmi presto, inizio a lavorare da mio nonno" "Non ti fa neanche scendere dall'aereo eh?" sghignazzò il biondo prima di dargli la buonanotte e chiudere la chiamata.
Non aveva voglia di andare già a letto e per questo, dopo aver risistemato la cucina, si diresse in salotto accendendo la console.

La domanda di Shiki lo aveva spiazzato, e lui non aveva saputo come rispondergli, e fortuna che lo aveva salutato, non dandogli modo di farlo...
Scosse la testa accendendo la console, uccidere qualche zombie lo avrebbe aiutato a scacciare dalla testa quei pensieri, e così si apprestò a fare quando lo notò...
"Mh? 'Milon_Fan'?" lesse, in mezzo alla lista dei giocatori on-line, quel nome che conosceva molto bene. Era una streamer non molto famosa ma di cui lui era fan e, dopo un po' di tentennamenti, decise di inviare un messaggio...

Lesse il messaggio un poco stranita. Milon era una giovane streamer -aveva sì e no solo qualche mese meno di lei, da quel che sapeva-, ma non aveva molti iscritti seppure fosse molto brava, per cui incontrare un altro suo fan la stupì non poco. Per questo accettò la proposta di quel tale -Arsenal... le pareva di ricordare che ci fosse un fumetto il cui protagonista si chiamasse così- di fare una partita, ed Hermit dovette ammetterlo, aveva un punteggio davvero alto. Nulla a che vedere col suo, che l'aveva fatta entrare nella top ten dei migliori giocatori, ma se la cavava considerando che la distanziava di una quindicina di posti, e doveva dire che era davvero capace.

'Sei davvero bravo, i miei complimenti Arsenal! Posso chiederti una cosa?'


'Grazie, anche tu sei bravissima. Certo, chiedi pure!'


'Il tuo nickname... da dove lo hai preso?'


'È il nome di un supereroe che mi piace molto! Lui è fighissimo!'



Ci aveva visto giusto, pensava mentre buttava un occhio all'orologio... che segnava già mezzanotte e venti... quanto tempo erano rimasti a giocare?

'Senti, è davvero tardi e devo andare a letto. Che ne dici di fare un'altra partita un giorno di questi?'


'Mi piacerebbe molto! Buonanotte!'



E poco prima di spegnere la console, Weisz accettò la richiesta d'amicizia che l'altra gli aveva inviato...
Era stanco anche lui, eppure avrebbe continuato volentieri a scherzare con la sconosciuta, cosa strana per lui, che mai aveva trovato nessuno con cui si trovasse così tanto bene, sia in partita che in chat, da dimenticare l'orologio per ore intere...

"Dì un po', non è che ti piace?" "Ma che dici? È solo un collega che mi ha invitato a mangiare una pizza!" non la vedeva ma era certa che Rebecca fosse arrossita dall'altra parte. Erano circa cinque mesi che lei e quel Shiki lavoravano gomito a gomito, e il fatto che la ragazza avesse accettato senza troppi ripensamenti quell'invito l'aveva insospettita. Ma Hermit era felice che le cose andassero bene almeno per lei, a differenza sua che aveva la testa piena di domande...
In quei mesi aveva iniziato ad andare stranamente un po' più d'accordo con Steiner, il quale si era calmato non poco col suo atteggiamento, e lei aveva preso a tenergli testa con molta più sfacciataggine rispetto alla durezza dei primi tempi. In più c'era anche Arsenal, col quale si intratteneva in qualche partita e lunghe chat almeno una volta a settimana, parlando con lui su quanto fosse brava Milon o scherzando su come quel supereroe fosse, a detta di lui, il più figo di tutti, o la brutta copia di Iron man, per lei. L'unica differenza tra i due è che Tony Stark almeno è ricco, gli aveva detto diverso tempo prima.

Era confusa, non avrebbe mai pensato di potersi mostrare per com'era realmente con qualcuno che neanche aveva mai visto, e questo un po' la stava spaventando, perché stava iniziando ad aprirsi di più anche col suo collega, e quando rispondeva alle sue battutine si sentiva in torto verso quello sconosciuto incontrato on-line, mentre succedeva lo stesso nei confronti di Steiner quando chattava con Arsenal...
"Ora ti lascio, buonanotte! E, Hermit..." si fermò un attimo la ragazza. "Buona serata col tuo bel supereroe!" sghignazzò prima di chiudere la telefonata e non dando il tempo all'azzurrina di rispondere. Anche se una risposta non le veniva proprio in mente. Si era vendicata per bene Rebecca...

'Ti ho battuto di nuovo!'


'Hai barato!'


'Certo, come no...'


'Senti, posso chiederti una cosa? Non sei costretta ad accettare ovviamente...'


'Certo, dimmi pure.'


'Ti va di fare una chiamata vocale?'



Non era sicuro di quello che stava facendo in realtà. Weisz era confuso, aveva iniziato ad andare un po' più d'accordo con la Mio, la quale aveva iniziato a rispondergli con tono scherzoso, creando un botta e risposta che di solito finiva in una risatina complice. Ma aveva iniziato anche a sentirsi in colpa verso di lei, e questo capitava ogni Venerdì sera, quando si collegava alla console per delle lunghe serate con quella ragazza di cui non conosceva neanche il nome. Il vero problema però subentrava quando gli succedeva lo stesso nei confronti di quella sconosciuta ogni volta che rivolgeva la parola alla sua collega...
Era per questo che le aveva chiesto una chiamata vocale, sperando che le battute di Shiki fossero almeno un po' veritiere.

"Magari non è nemmeno una ragazza, forse è un quarantenne divorziato che vive con sua madre haha!" aveva sdrammatizzato qualche sera prima, quando Weisz gli aveva confidato quello che gli stava succedendo. E un po', mentre attendeva la risposta dell'altra, di ritrovarsi davanti a qualcun'altro. Sperava davvero che quella confusione passasse così. Gli andava bene anche di ritrovarsi a parlare con una vecchia vedova, forse pure gattara...

"Magari nella realtà è una vedova, forse pure gattara hahahaha!" aveva riso tempo prima Rebecca nel tentativo di tirarla su, e ora che Hermit aveva l'occasione di scoprire chi si celasse dietro Arsenal era davvero tentata di rispondergli di sì.

Chissà che la confusione dell'ultimo periodo non fosse finalmente passata nel sentire l'anziana voce coi miagolii in sottofondo...

'Va bene!'



Attivarono entrambi il microfono e, dopo un attimo di silenzio, Weisz si bloccò, sbiancando di colpo, nel sentire quel 'Beh, ciao!' e...
"Mio?" era il turno di Hermit ora di guardare lo schermo senza realmente vederlo, pensando che dall'altra parte in realtà c'erano loro.

C'erano sempre stati solo loro...

"Steiner!"

"Steiner!" la voce dura e la determinazione di chi non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Non stavolta.
"Professor Steiner, so che non stai dormendo davvero. Alzati o faremo tardi e la Ivry stavolta ci ammazza!"
"Mh, ancora cinque minuti..." aprì pigramente un occhio, guardandola ghignante. "E poi, non hai detto le paroline giuste..." "E quali sarebbero le paroline giuste?" gli chiese ridendo e stando al gioco. Aveva capito dove volesse arrivare, ma voleva che fosse lui a dirlo.

"È 'professor Mio-Steiner' mia cara mogliettina..." rispose alzando la mano sinistra e mostrando la scintillante fede che, da un mese, brillava sul suo anulare, gemella di quella di lei.
Non si era mai davvero immaginato sposato, ma alla fine aveva ceduto. Sette anni di relazione erano abbastanza per trasformarla in quel 'di più' in cui mai aveva davvero creduto, nemmeno quell'unica volta in cui l'amore -o meglio, quello che credeva tale- aveva bussato alla sua porta. Ma quello con Hermit non lo avrebbe mai definito semplicemente amore. Quello andava aldilà di qualsiasi descrizione che si poteva fare a parole. Era qualcosa di unico e viscerale, e mai avrebbe saputo spiegare a parole cosa provasse per quella donna meravigliosa che gli stava davanti coi capelli legati in uno chignon scomposto e dalle ciocche che, ribelli, andavano qua e là, e una semplice vestaglia indosso, sotto la quale, era certo, non ci fosse nulla...

"E poi, professoressa..." si alzò sui gomiti per guardarla meglio. "Oggi è Domenica!" le disse ridacchiando e indicandole il calendario posto sul comodino.

La donna guardò il calendario e, osservando la data, dovette dare ragione al marito.
"È-È colpa tua!" "Hai ragione, è colpa mia che stanotte ti ho fatto perdere pure la cognizione del tempo!" ghignò Weisz. "Ora, che me dici di tornare a dormire un altro po'?" lo guardò negli occhi, e lui si distrasse ad osservarne la splendida lucentezza. Quanto l'amava...
"Mh, no! Penso che andrò a fare colazione!" disse avviandosi verso la porta. "E comunque..." attirò la sua attenzione, senza troppo sforzo visto che non le aveva staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo. "Arsenal è solo la brutta copia di Iron Man!" disse prima di sparire dietro la porta, fuggendo dal biondo che, completamente nudo tranne che per i boxer, era saltato fuori dal letto, rincorrendola per lavare l'onta subita dal suo supereroe con l'arma più potente che avesse.

Il solletico...

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Capitolo 15
*** Because there's nothing wrong with it ***


Prompt: Meeting.
Coppia: Zeref Dragneel x Mavis Vermillion/Zervis.

~Because there's nothing wrong with it~





Non è possibile...

Cercava di regolarizzare il respiro, mostrandosi -o almeno provandoci- calma e per nulla turbata davanti a quegli occhi nero pece, che non la facevano tremare certo per la prima volta, e che mai in verità si era tolta dalla testa da quando si erano visti...

L'aveva scaricata senza neanche sapere il perché, e in verità non le importava dato che aveva intenzione di cancellare l'account e disinstallare l'app appena fosse tornata a casa dall'ufficio. Mavis non aveva idea di cosa le fosse preso nel momento in cui aveva dato ascolto a Lucy -probabilmente voleva provare ma non voleva essere la sola-, e ora si ritrovava su un sito per incontri dove le bastava premere su un'icona per mandare via un qualsiasi spasimante, così come le bastava premerne un'altra per iniziare a chattare con qualcuno che sarebbe potuto essere l'uomo della sua vita...
Era stato così che lo aveva conosciuto, aveva accettato la richiesta anziché rifiutarla, cliccando sull'icona sbagliata, e quando in privato gli aveva spiegato la situazione, avevano iniziato a chiacchierare, dimenticandosi subito del malinteso e scoprendo che erano più vicini di quanto pensassero. Magnolia non era una città molto grande ma lei non aveva avuto modo di visitarla per bene che già era stata costretta a lasciarla. Dirigere la sede di Crocus della Love and Lucky era un'occasione d'oro e, finito da qualche settimana il trasloco, aveva dovuto fare di nuovo i bagagli.
Era stato in quel periodo che aveva accettato di prendere un caffè al Fairy Tail, dove lui l'aveva invitata senza impegno. Era simpatica e gli sarebbe piaciuto almeno farci amicizia, le disse, e dentro di sé la bionda sentiva lo stesso desiderio. Non c'era nulla di male in fondo...

Ed era così che era entrata in quel bar, trovandosi davanti il moro, bellissimo nel suo completo sportivo, che l'attendeva al tavolo. Alla fine si erano trovati così bene che si erano scambiati i numeri, promettendosi che si sarebbero rivisti.
Poi però erano passati i mesi e lei tra i vari impegni aveva completamente dimenticato di richiamarlo, finché, quando si era ricordata di averne il numero, aveva scoperto di aver perso la sua agendina -maledicendosi per quel suo rimandare di continuo le cose, che aveva fatto in modo che si appuntasse mentalmente di segnarlo sul cellulare, per poi dimenticarselo-, e aveva rinunciato a contattarlo lei, sperando che lo facesse Zeref.
Era tornata alla sua vita aspettando una telefonata che però non era mai arrivata...



E ora se lo ritrovava davanti, al meeting tra i nuovi soci della Love and Lucky, avvolto nello smoking gessato che gli cadeva a pennello sul corpi muscoloso, che la guardava senza far trasparire alcuna emozione, e probabilmente neanche si ricordava di lei, cosa che Mavis non poteva dire, dato che non era riuscita a non pensare spesso a quel volto contornato dalle ciocche nere, che sorrideva poco ma che sapeva imprimersi nella mente dei suo interlocutore quando lo faceva...
"Signorina Vermillion, le presento il signor Dragneel, un nostro nuovo collaboratore. Lavorerete insieme alle pubbliche relazioni" fece le presentazioni il direttore -un uomo bassino e dai folti baffi bianchi- mentre i due si stringevano la mano, lui con un leggero sorriso di cortesia a illuminargli appena il volto impassibile, lei sorridente solo grazie a quella che poteva definire una paresi, incapace di spiccicare parola oltre a quel 'molto piacere' sussurrato da entrambi.
Fantastico, era pure un suo collega!

La riunione era finita e Mavis era tornata nel suo ufficio di corsa, evitando di andare in mensa per pranzo. Non sapeva come agire, e forse era solo una sciocca a farsi tutti quei problemi, tanto più che lui non sembrava farsene -ammesso che si ricordasse di lei-, ma non era riuscita a toglierselo dalla testa per tutte quelle settimane, come poteva farlo adesso che lo avrebbe visto ogni singolo giorno?
Si stava dando ancora una volta della stupida quando qualcuno bussò alla porta, e decidendo di non stare a pensarci troppo su diede il permesso di entrare a... lui!

"D-Dragneel!" sussultò nel ritrovarselo ancora davanti, con la propria stazza che la superava un bel po' in altezza, e il fatto che fosse bassa di suo non l'aiutava di certo a non arrossire mentre lui, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, si avvicinava alla scrivania, guardandola negli occhi. "Mavis..." "C-Come fa a sapere il mio nome?" non le pareva che Dreyar lo avesse menzionato quando li aveva presentati, e sulla targhetta della porta c'era solo il suo cognome. "Mavis, per cortesia, possiamo mettere da parte le formalità? Ho bisogno di parlarti, è da settimane che ne ho bisogno in realtà..." gli occhioni verdi della donna si spalancarono. Possibile che si ricordasse di lei?

Un gesto della mano ad indicargli di sedersi, e mentre rimuginava sulle parole da poter usare, un 'Senti, mi dispiace...' detto a testa bassa la fece quasi cadere dalla sedia.
"C-Come?" "Mi dispiace Mavis, so che sei arrabbiata per colpa mia, e ti prego credimi se ti dico che volevo richiamarti..." l'aveva vista andare via di fretta e si era reso conto che doveva essere davvero arrabbiata con lui. In fondo le aveva proposto di scambiarsi i numeri e poi non si era più fatto sentire. Era già tanto che non gli avesse mollato uno schiaffo durante la riunione.

Solo il cielo sapeva quanta voglia avesse avuto, in quelle settimane, di comporre quel benedetto numero, ma la paura di obbligarla a sopportarlo ulteriormente tornava a farsi sentire e si arrendeva. Ma era stato già troppo egoista con lei, e aveva pensato che sarebbe stato meglio aspettare se fosse stata lei a chiamarlo, se ne sarebbe fatto una ragione se non l'avesse fatto. E no, alla fine non se l'era fatta, continuando a sentire la tentazione di telefonarle senza mai farlo davvero però.

Come darle torto se non voleva più sentirlo?
Le aveva inviato quella richiesta e, quando Mavis aveva risposto, scusandosi e spiegandogli l'equivoco, aveva continuato la chat, senza considerare che lei non avesse intenzione di avere a che fare con lui. Non avrebbe dovuto invitarla al Fairy Tail, e non avrebbe dovuto proporle di restare in contatto.
Se all'inizio aveva avuto intenzione di farla pagare a suo fratello per quello scherzo -Natsu gli aveva preso il telefono e aveva scaricato quell'app d'incontri, creando poi un account a nome suo, e quando Zeref era andato a cercare le impostazioni per disattivarlo si era ritrovato col profilo di Mavis davanti-, aveva poi pensato che forse avrebbe dovuto ringraziarlo in fondo, perché quella ragazza lo incuriosiva e no, non certo per una botta e via. Non era il tipo lui, non come suo fratello almeno, che ultimamente però si era calmato, e per questo doveva ringraziare una sconosciuta su internet...

Aveva deciso di andare avanti, poi però se l'era ritrovata davanti, avvolta nel tailleur gessato e coi capelli raccolti in uno chignon, ed era andato in tilt. Aveva provato a fare finta di niente, ma quando l'aveva vista andare via di corsa, senza neanche rivolgergli uno sguardo, aveva capito che si ricordasse di quell'imbecille che neanche si era degnato di richiamarla dopo aver tanto insistito a conoscerla. Doveva risolvere la situazione, soprattutto perché si sarebbero visti tutti i giorni e non voleva che il loro rapporto lavorativo ne risentisse. Per questo l'aveva raggiunta, dopo diversi tentennamenti, nel suo ufficio...

"Sono io che devo chiederti scusa..." lo spiazzò lei, mentre Zeref cercava ancora le parole giuste per spiegarle tutto. "So che dovevamo risentirci, e credimi mi sei davvero simpatico..." arrossì nel dirlo e cavoli, Zeref doveva ammetterlo, era bellissima come la prima volta che si erano incontrati, quando l'aveva colpito con un semplice vestito color pesca lungo fino poco sotto le ginocchia e le ciocche bionde a scenderle lungo la schiena. "So che questa sembra una scusa, ma il biglietto che mi avevi dato l'ho perso... so che non mi crederai però è la verità... mi dispiace Zeref..." tornò a guardarlo in volto, consapevole che si sarebbe guadagnata una grossa risata dal ragazzo...

Perso... Mavis aveva perso il suo numero e per questo non l'aveva più sentita...
Ora si sentiva ancora più stupido!
Che fosse sbadata ne aveva avuto la prova quando, al Fairy Tail, aveva dovuto rincorrerla lungo il marciapiede per restituirle la borsa, dimenticata sulla sedia...
"Zeref..." la bionda lo guardò, indecisa se andare avanti o meno. Ma quel ragazzo le era davvero simpatico, e se ora il destino le stava dando l'opportunità di riparare alla sua sbadataggine, dandole una seconda chance con lui, perché non approfittarne? "Se andassimo a prendere un caffè qui fuori alle macchinette? Così mi faccio perdonare..." e magari ricominciare da zero, non lo disse ma ci sperava davvero di poterlo fare.
"Sì, molto volentieri!" al diavolo i film mentali, pensò il ragazzo. Magari avrebbero azzerato tutto e, chissà, sarebbero ripartiti col piede giusto.

Non c'era nulla di male in un caffè in fondo...

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Capitolo 16
*** Because that's my favorite hoodie ***


Prompt: Hoodie.
Coppia: Wermit.

~Because that's my favorite hoodie~





La sveglia suonò, facendolo rigirare nel letto infastidito. Quella Domenica voleva solo restarsene a letto, approfittando del fatto che non avesse nulla da fare, ma poi il pensiero di quello che era successo la sera precedente lo colpì, facendolo sedere di scatto sul letto per guardarsi intorno, osservando la stanza in disordine. I vestiti -tra cui spiccavano un top rosso, un paio di jeans blu scuro e scarpe rosse col tacco che gli fecero sentir male ai piedi già solo a guardarle- sparsi per il pavimento gli confermarono che no, non se lo era sognato, e sì, aveva un bel casino tra le mani...

Weisz Steiner non era un santo e non si atteggiava certo a tale, ma non era bravo a gestire il dopo di una notte di sesso. E in genere le ragazze andavano via da sole perché disinteressate a rimanere anche solo a dormire, facendo in modo che si ritrovasse in quella situazione davvero poche volte.
Era entrato in quel locale con l'intenzione di divertirsi e, per una volta, senza portarsi a letto qualcuna. Semplicemente quel Sabato sera non gli andava, strano per lui, giovane ventiseienne a cui piaceva tanto il sesso, ma non certo chissà quale dramma. Però alla fine, forse per l'alcol, o forse perché, da quel che ricordava, quella ragazza era una gran sventola -seppure non aveva il fisico che di solito attirava la sua attenzione-, era finito per fare un'altra conquista e ora avrebbe dovuto cacciarla via, passando per l'insensibile della situazione. Lo odiava ed era per questo che evitava il sesso da ubriaco: Avrebbe potuto dire tante cose e fare promesse che non avrebbe mantenuto, per questo voleva sempre essere lucido -o almeno non troppo sbronzo- quando si portava qualcuna a letto.

Si stava già preparando mentalmente il discorso da farle -pieno di 'mi dispiace' ed 'ero ubriaco'- quando dalla porta entrò una ragazza dai lunghi capelli azzurri a scenderle sul corpo, in quel momento coperto solo da... dalla sua felpa!

Prese ad andare in giro per la stanza, raccogliendo i propri vestiti e degnandolo a malapena di un 'buongiorno', quando lui si alzò, infilandosi in fretta i boxer, e si piazzò dietro di lei che aveva recuperato i jeans, e ora li indossava con tutta la calma di questo mondo.
E Weisz doveva ammetterlo, aveva proprio un sedere da urlo, nonostante non potesse dire lo stesso del davanzale, che però stranamente lo aveva attratto abbastanza, la sera prima, da decidere di passare tutta la notte in mezzo alle sue cosce, mentre le faceva urlare il suo nome più e più volte...

Scosse la testa, doveva mandarla via prima che si illudesse troppo, come evidentemente stata già facendo visto che si era permessa di aprire il suo armadio e prendere i suoi vestiti. E tra tutti gli abiti che aveva a disposizione, era andata a mettersi proprio la sua felpa preferita...
Era senza dubbio -ammesso che i suoi occhi lo ingannassero ma ne dubitava- quella viola coi richiami gialli. La stessa felpa che aveva acquistato perché gli ricordava quella indossata dal protagonista del suo fumetto preferito, ora era addosso alla donna, ad accennare appena le curve del suo corpo minuto da sotto il tessuto, arrivando a coprirlo fino a poco sotto i glutei...

"Senti... mh... Hermit..." sorvolò sul perché si ricordasse il suo nome, dicendosi che in fondo era meglio così. Non sarebbe passato del tutto per quello insensibile almeno...
"Tranquillo, sto andando via, conservati le scuse per un'altra!" lo zittì lei, stupendolo non poco. "M-Ma-" "Ascolta!" si voltò, ignorando i muscoli lasciati in bella vista, e sì, aveva fatto la scelta giusta perché quello era un gran fusto. "È stato bello e bla bla bla, ma era solo sesso. Nulla di impegnativo, lo so, era quello che cercavo anch'io. Se ti aspettavi che mi strappassi i capelli, beh, spiacente di deluderti" e detto questo si voltò di nuovo per recuperare le scarpe rosse tacco dodici che giacevano a terra, indossandole con tutta calma.

Quel biondino era bravo a letto -lo dimostrava la notte appena passata ad urlare i rispettivi nomi a più riprese e la scatola di preservativi completamente vuota che giaceva a terra, accanto al letto-, ma faceva pena ad affrontare il post-sesso, e lei non aveva voglia di stare ad ascoltare le sue scuse malassortite di prima mattina. Voleva solo andarsene per non vederlo mai più, com'era sempre capitato con tutte le sue scappatelle in fondo. Anche se, nella sua lista di notti brave, non si era mai soffermata così tanto a guardare gli addominali scolpiti, trattenendosi dal ridere per quei boxer grigi con la scritta Arsenal in nero sull'elastico, accompagnata da quello che sembrava il disegno di una maschera...
"Ok..." si voltò ancora verso di lui accennando un ghigno. "Addio!" fece per andarsene ma lui le afferrò il braccio. La presa non era forte, il ragazzo fece una leggera pressione, quanto bastava per farla girare ancora verso di lui con un'espressione di noia mista a fastidio sul volto attorniato dalle ciocche azzurre.
"E la mia felpa?" le domandò infatti, e il ghigno di prima le tornò prepotente sul volto, un poco alzato per poterlo guardare negli occhi dato che -non era colpa sua se la natura le aveva dato un'altezza per nulla concorde coi suoi appena ventisette anni- era un po' più alto di lei. Lo sorpassò, chinandosi un momento per raccogliere il top e, tenendolo tra il pollice e l'indice, glielo mostrò. "Questo me lo hai strappato tu ieri sera, e io non ho intenzione di andare in giro a petto nudo" che non indossasse il reggiseno, Weisz, ne aveva avuta la prova poche ore prima quando, impaziente, l'aveva piastrata sulla porta della sua stanza -non ce l'avevano fatta ad aspettare di arrivare sul letto, e avevano finito per farlo più volte ovunque vi fosse una superficie disponibile, prima di finire tra le lenzuola e continuare lì-, e in un bacio che li aveva indebitati di ossigeno lui aveva afferrato un lembo del top, strappandolo e lasciandolo cadere sul parquet.
"Prendila come una sorta di risarcimento, e se vuoi questo puoi tenerlo tu!" finì mollandogli tra le mani il top e avviandosi ancora verso la porta ma...
"Aspetta! Non puoi andartene con quella, è la mia preferita!" l'aveva seguita fino in salotto, dove la ragazza recuperò la pochette nera ricoperta di lustrini, lasciata sul divano color crema la sera prima. "E invece me ne vado con questa. Te ne comprerai un'altra..." gli rispose frugando nella borsetta. "Oppure..." un lampo passo negli occhioni blu come l'oceano -Weisz ci si sarebbe perso a guardarli per ore per quanto erano belli. Che cavolo gli prendeva? Era ancora ubriaco o cosa?-, e gli sorrise furba. "Me ne comprerai un altro uguale..." gli disse indicandogli la stoffa ancora tra le sue mani, e Weisz fece giusto in tempo a registrare il suo 'questo è il mio numero, chiamami quando lo avrai preso' poco prima che la porta d'ingresso si chiudesse alla spalle della donna...

Non doveva andare così, si disse il ragazzo mentre recuperava il bigliettino lasciato sul tavolino di vetro al centro della stanza...

No, non doveva andare così...
Non doveva recarsi in quel negozio, e non doveva acquistare quel top, imbarazzato nel trovarsi davanti alla commessa con un top fatto a pezzi in mano, chiedendole di dargliene uno identico e della stessa taglia e sperando che non facesse domande. E ancora meno doveva telefonare ad Hermit, dandole appuntamento in quel bar vicino casa propria...
Eppure l'aveva fatto, così come aveva notato la macchiolina di cioccolato poco sotto le labbra di Hermit mentre erano seduti a consumare qualcosa -Weisz glielo aveva proposto perché gli sembrava troppo fredda la cosa. Insomma, non sapevano neanche i loro cognomi ma conoscevano alla perfezione i rispettivi corpi- e l'aveva aiutata a toglierla...
Nessuno dei due avrebbe saputo dire come si ritrovarono coinvolti in quel nuovo bacio -forse lui si era avvicinato troppo, e quel lucidalabbra aveva reso le sue labbra ancora più invitanti-, sapevano solo che Weisz aveva fatto in tempo a lasciare i soldi sul tavolo, poco prima di portarla di nuovo a casa sua e perdersi entrambi tra le lenzuola per l'intero pomeriggio...

E nessuno dei due sapeva dire come fosse successo che avessero iniziato a vedersi -solo per il sesso- con più frequenza. Non sapevano neanche quando avessero iniziato a considerarlo amore o quando, di preciso, avessero iniziato a fare anche altro fuori dalle lenzuola, finendo per mettersi insieme di fatto.

Entrambi sapevano solo di adorare quel tessuto viola dai richiami gialli, ormai, dopo anni, scolorito in più punti, il cui uso si limitava a una sorta di vestaglia, atta solo a coprire il corpo nudo della sua compagna durante le loro mattinate post-sesso...

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Capitolo 17
*** Because you're not as they say ***


Prompt: Tribe.
Coppia: Silva x El from Fairy Tale (non Fairy Tail) one-shot di Hiro Mashima.
Spoiler alert per questa one-shot.

~Because you're not as they say~





"Accidenti a loro! Tutto questo per quella stupidata?" si domandava ad alta voce il moretto, mentre camminava in mezzo ai cespugli di quella fitta foresta. "Mh mh mmh" mugugnava intanto l'esserino al suo seguito -un piccolo fiammifero dalla testa formata da una fiammella accesa- cercando di rincuorarlo. "A chi importa se la tribù del fuoco si chiama così o in un altro modo eh Tsubute?" disse rivolto al piccoletto. "Siamo pur sempre la tribù più forte di tutte!" una risata -che aveva imparato a conoscere fin troppo bene dato che, da quando l'aveva incontrata, circa sette giorni prima, non faceva altro che persare a lei- lo interruppe e il ragazzo, voltando la testa verso l'albero dove se ne stava seduta, su di un ramo, individuò la direzione da cui proveniva.
"Ancora tu? Non eri tornata a casa con mammina?" per tutta risposta la ragazza dai lunghi capelli azzurri saltò giù dal ramo con estrema facilità, e una volta a terra si avvicinò al ragazzo. "A quanto pare Salamander ha indetto una nuova riunione, perciò siamo dovute tornare qui. Perché, ti dà così tanto fastidio la mia presenza?" in effetti sì, lo infastidiva non poco, ma non per ciò che la figlia di Undine poteva pensare. Lo infastidiva lo strano formicolìo che gli infestava le viscere e che non lo aveva lasciato in pace un solo istante da quando l'aveva conosciuta. In un primo momento aveva dato la colpa all'insolito modo in cui si erano incontrati -lei immersa in una fresca sorgente, completamente nuda, e lui approdato su quelle sponde per puro caso, intento a lamentarsi di quanto suo padre lo considerasse ancora un ragazzino- ma ben presto si era reso conto che quello non c'entrava affatto...

Aveva chiesto aiuto al fidato esserino -che ora salutava euforico la ragazza, saltellando qua e là, ricevendo in cambio un radioso sorriso- e non aveva ricavato alcunché in grado di aiutarlo. Era arrivato persino a fare una delle cose che più detestava al mondo -andare in biblioteca a leggere libri- ed era giunto a un nulla di fatto.
"Quindi sei venuta a infastidire me..." disse con finto fastidio, giusto per non mostrarle quanto in realtà il suo stomaco fosse in subbuglio per la sua presenza...
"Mh... anche!" gli sorrise dispettosa, causandogli un fremito alla pancia. No, Silva ne era certo, non era decisamente normale...
"Anche?" domandò più per distrarsi da quel fremito che per reale interesse. "Ho perso Silva..." "Che?" lo guardò triste e il ragazzo ebbe l'istinto di abbracciarla, cosa che non fece non per la cancellazione reciproca -quel problema lo avevano risolto- ma perché sarebbe stato davvero strano. E onestamente non voleva neanche che lei lo picchiasse, cosa che avrebbe fatto se solo si fosse azzardato ad avvicinarsi.
"Silva. Te lo ricordi il topino nel covo di quella vecchia strega?" "Oh sì... aspetta, hai dato il mio nome a un topo?" si arrabbiò mentre l'azzurra annuiva.

Non sapeva neanche lei perché le fosse venuto in mente quel nome, fatto stava che era così. Aveva preso con sé il topolino prima di tornare a casa con sua madre. Il piccoletto non voleva lasciare il suo fianco e, dato che le ricordava l'avventura vissuta, lo aveva tenuto e chiamato come quello scapestrato della tribù del fuoco, lo stesso che le aveva fatto capire che no, non doveva farsi guidare dal sentito dire, e che forse le aveva fatto scoprire anche qualcos'altro. Qualcosa su cui aveva paura di indagare, perché il rivederlo lì, da quel punto in cui trovava solo perché, avendo visto le foglie della chioma dell'albero muoversi, e pensando che il topino si fosse nascosto lì, vi si era arrampicata. Il moro si lamentava -c'era un momento in cui non lo facesse?- con Tsubute per quella che anche lei considerava una stupidata. Una stupidata che le faceva piacere stavolta, perché le aveva permesso di tornare nella terra della tribù del fuoco...

Tornò a guardare tra le foglie dei cespugli per non mostrare al figlio di Salamander il leggero rossore che le si propagò sulle gote, non accorgendosi che il ragazzo aveva cominciato a seguirla.
"Quindi dov'è che cerchiamo?" domandò facendo sussultare la ragazza. "In che senso 'cerchiamo?" "Nel senso che vengo anch'io. In fondo quel coso ha il mio nome..." si accigliò il ragazzo. "E poi, conosco queste terre più di te, tu ti perderesti!" "Silva non è un coso, e poi non è la prima volta che vengo qui!" "Ma ti sei fermata alla fonte, non sai cosa si nasconde nella parte più fitta del bosco, che per la cronaca è proprio dove siamo appena entrati..." le fece notare, e la ragazza, guardandosi intorno e osservando l'oscurità che avvolgeva la vegetazione che li circondava, dovette dargli ragione. Non sapeva né dove andare né come uscire da lì...
E quasi non morì di terrore quando qualcosa le toccò la mano. "C-Che fai?" domandò al ragazzo che, col volto appena girato dall'altra parte, le teneva ora la mano. "Potresti perderti se ti allontanassi da me... non lasciare la mia mano per nessun motivo ok?" "O-Ok..." prese un respiro per fermare l'agitazione che quel gesto le causava...

Quanto tempo fosse passato da quando erano entrati non lo sapevano. Sapevano solo che il silenzio -interrotto solo da qualche ramo che si spezzava sotto i loro piedi- era quasi assordante, e la giovane più volte aveva dovuto resistere dallo scappare via, consapevole di non poter più ritrovare la strada per uscire da quel posto. Del topolino ancora nessuna traccia, e quando il ragazzo le lasciò la mano, facendole notare che fossero fuori dalla foresta, un moto di tristezza, a cui però non cedette, neanche sotto lo sguardo indagatore di Silva.
E che El non fosse una ragazza che si lasciava sopraffare dall'imbarazzo -non così facilmente almeno-, Silva lo aveva notato da subito. Da quando l'aveva vista in quella sorgente e lei non aveva fatto una piega nel vederlo star lì a guardarla inebetito. Solo un 'che ne dici di smettere tu di guardarmi?' alla sua richiesta di coprirsi. Una ragazza del tutto diversa da quelle che aveva incontrato fino ad allora -e non che ne avesse incontrate molte-, diversa anche da come venissero descritti coloro della tribù dell'acqua. Gli aveva fatto scoprire che non doveva seguire le dicerie...
Era davvero diversa, in positivo...

"È notte!" lo risvegliò dai proprio pensieri proprio l'azzurra. "Eh?" "Silva, è notte. Quanto tempo abbiamo passato lì dentro?" "Ah già! La foresta fa perdere del tutto la cognizione del tempo... me lo ero dimenticato... scusa..." ridacchiò, vedendo la ragazza stringere i pugni arrabbiata. E forse lo avrebbe colpito se solo non fosse stato per lo squittìo che sentirono, e che li fece voltare verso un piccolo cespuglio -mentre il ragazzo chiedeva al piccolo Tsubute di fare luce-, dal quale uscì... un topolino. Esattamente colui che stavano cercando, e che corse ai piedi della ragazza, facendosi prendere tra le mani da lei. "Eccoti qui!" l'animaletto si accoccolò tra le candide mani della sua padroncina, che gli sorrideva felice per averlo ritrovato.
"Sei stato tutto il tempo qui?" domandò il moro, notando solo in quel momento di essere esattamente nel punto dove i due si erano incontrati poche ore prima. "Che storia!" ridacchiò, per poi richiamare l'attenzione della ragazza dell'acqua. "A quest'ora la riunione sarà finita... che ne dici di andare a vedere?" "Mh, credo che dovremmo..." e detto questo i due si avviarono sul sentiero per raggiungere i loro genitori.
La mano della giovane si posò timidamente su quella del ragazzo, il cui volto interrogativo venne liquidato da un semplice 'non so come orientarmi di notte qui', poco prima di riprendere a camminare in silenzio verso la loro meta.

"Però a quel coso gli cambi il nome..." fu l'unica cosa che si sentì nel buio, poco prima delle urla di dolore del ragazzo, dovute a un pugno di El...

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Capitolo 18
*** I'm ok ***


Prompt: Doctor.
Coppia Gajeel Redfox x Levy McGarden/GaLe/Gajevy.

~I'm ok~





Era fatta...
L'ennesima battaglia era finita e tutti erano tornati a casa, lasciando il team Natsu ad occuparsi della missione dei cento anni, mentre la gilda era tornata alla sua vita quotidiana... con Gajeel che l'aveva assillata fin quando non aveva acconsentito ad andare da Porlyusica per farsi visitare dopo che erano tornati da Giltena.
"M-Mi dispiace, Gajeel mi ci ha quasi portato di peso..." "Sì sì!" la liquidò -ancora- con un gesto secco della mano la dottoressa dai capelli fucsia, poco dopo aver scritto qualcosa su un foglio, porgendoglielo mentre lei si stava rivestendo.
"Basterà un po' di riposo e questa dieta per un paio di settimane, ma state bene, le magie non hanno influito sullo sviluppo, ti hanno solo stancato un po' fisicamente..." la tranquillizzò. "E dì a quell'idiota di smetterla di origliare!" disse poi alzando un po' la voce per farsi sentire dal drago di metallo, appostato fuori dalla dimora della donna.

"Ora sparite!" urlò infastidita mentre l'azzurra usciva per raggiungere il compagno.
"Allora?" "Allora cosa? Hai sentito anche tu no?" "Sì..." gli sentì dire poco prima di sentirsi tirare su. "Che fai?" "La vecchia ha detto che devi stare a riposo, quindi stai buona gamberetto!" "Si può sapere che ti prende?" domandò snervata -sorvolando momentaneamente sul soprannome-, e non intendeva solo in quel momento. In realtà a sentirsi prendere di peso era pure abituata, ma Gajeel era davvero strano negli ultimi due giorni, e le aveva fatto venire il mal di testa a forza di ripeterle che doveva farsi visitare...

"Niente! Piuttosto, hai sentito anche tu no? Niente sforzi per le prossime due settimane!" grugnì l'omone, e a Levy non sfuggì quel 'e sarebbe meglio per i prossimi mesi...' masticato a mezza bocca. Non era una dragon slayer, ma la preoccupazione nella voce del suo drago era capacissima di sentirla...
Ripensò a quando lo aveva raggiunto, nello scontro col drago di fuoco, e si era messa di mezzo tra lui e il rosato, sentendolo urlare disperato all'avversario di fermarsi. Non era completamente in sé, Levy, eppure non aveva resistito al raggiungerlo per proteggerlo col suo corpo se necessario, ma non aveva considerato a ciò che gli aveva causato con quel suo gesto. Non si era realmente resa conto di quello che gli aveva causato nel dargli quella immagine che forse gli sarebbe rimasta impressa per sempre.
Aveva ancora nella mente quello che era stato il loro primo incontro e, sebbene avessero affrontato più volte l'argomento, non era riuscita a togliergli dal cuore quel peso che, forse, non avrebbe mai lasciato quel muscolo in mezzo al petto che batteva solo per lei. Lei, la stessa persona a cui tanto tempo prima aveva fatto del male, e che ora, mentre la poggiava a terra per recuperare le chiavi di casa dalla tasca, lo aveva afferrato per il colletto, portandolo alla sua altezza e azzerando la distanza tra loro con un bacio che li indebitò d'ossigeno per quanto durò...
"Io sto bene..." lo guardò decisa negli occhi, tenendogli il volto tra le mani, e carezzandogli le guance coi pollici, mentre le grandi mani del moro erano dolcemente parcheggiate sui suoi fianchi, tenendola stretta a sé, attento a non usare troppa forza per non farle male -non sarebbe successo mai più che soffrisse, ancora meno per colpa sua-, e quello scambio di sguardi bastò a farlo calmare un poco...

"Dai entriamo..." lo tirò a sé non appena la porta fu aperta, richiudendola alle sue spalle per poter continuare -se necessario in altro modo- il loro discorso, in quella che era casa loro, laddove presto si sarebbero sentiti vagiti e passetti di quello che era il frutto -o i frutti- del loro amore. Perché quello era che li aveva uniti nel tempo, non abbandonando il dolore del passato ma tenendolo nel cuore per potervi porre rimedio con quel sentimento forte come l'acciaio e dolce come i baci che, uno ad uno, cancellavano le lacrime versate un tempo...

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Capitolo 19
*** Because now we're finally here ***


Prompt: Priest.
Coppia: Jellal Fernandez x Natsu Dragneel/Jellatsu.

~Because now we're finally here~





Finì di abbottonargli il polsino sinistro, stirandogli poi le pieghe dello smoking, alzando finalmente gli occhi, da cui il rosato poteva veder uscire lampi d'ira, ben nascosti da un sorriso nervoso, atto a non sfigurare davanti al prete, che se non era scappato via quando la lite tra Natsu e Gray lo aveva coinvolto -fisicamente-, era solo perché Lucy ed Erza lo avevano pregato di restare. La prima parlandogli gentilmente e promettendogli che non sarebbe ricapitato, mentre alla seconda era bastato uno sguardo omicida, unito ad un'aura assassina che si poteva percepire a chilometri di distanza e che, seppure non era rivolta a lui ma al mago di fuoco, lo aveva convinto più delle parole della maga celeste.
"Calmati adesso..." gli sussurrò, senza troppa rabbia. Aveva messo in conto la sua natura, ed aveva preparato tutto perché essa non rovinasse la cerimonia. Era per questo che il catering si apprestò a riempire di nuovo il buffet -svuotato da Natsu poco prima, e non per la sua solita fame, ma per l'agitazione che non aveva messo in conto fin quando non aveva intravisto di nascosto Jellal che si preparava, vestendosi di tutto punto per la cerimonia- nel mentre che tutti si apprestavano a dare attenzione all'altare dove i due si trovavano, avvolti nei loro smoking, gessato quello del rosato, bianco quello del mago delle stelle. E Natsu dovette ammettere che se non era riuscito a staccargli gli occhi di dosso per quasi tutto il tempo non era solo perché lo trovasse bellissimo, ma perché era l'unico spettacolo che non gli mettesse ansia in quella giornata così importante. L'unico porto sicuro in cui il suo cuore, imbizzarrito più di cento cavalli lasciati a correre a briglia sciolta, trovava la calma di cui necessitava in quel trambusto di suoni e colori che davano vita al giardino di Villa Heartfilia, messa a disposizione per l'evento da Lucy, che nel tempo era riuscita a riacquistarla.

"Signori, se vogliamo iniziare..." il prete -un uomo sulla sessantina, dai capelli bianchi e gli occhiali tondi e spessi- interruppe il gioco di sguardi in cui i due si erano persi, di nuovo, facendoli voltare verso di sé per iniziare finalmente il rito che li avrebbe uniti per la vita...

"Non ci posso credere che quel fiammifero spento si è sposato hahahaha!" se la rideva il mago di ghiaccio con Gajeel, tra un boccone e l'altro, davanti al grande tavolo del buffet, ignorando volutamente il soggetto delle loro risatine che, lasciato il fianco di Jellal -al quale non aveva mancato di dare un bacio a stampo prima di andarsene, il suo modo per dirgli 'mi allontano solo per un momento'-, ora macinava i metri del grande giardino a passo di carica, intenzionato a non farla passare liscia a quei due, che forse non potevano fare tanto i gradassi dato che alla fine si era sbrigato prima di tutti quanti loro...

"Chi l'avrebbe mai detto eh?" "Erza..." disse il ragazzo accettando il calice che la rossa gli porse. Aveva notato come Natsu avesse lasciato solo lo sposo e si era detta che, vino alla mano, una bella chiacchierata su quel vecchio discorso, ancora rimasto in sospeso da tanto, troppo tempo potevano anche farla.
"Finalmente è successo!" nascose il sorrisetto furbo dietro il calice, con la scusa di bere un sorso, mentre il ragazzo sorrideva in un 'già, finalmente' prima di seguirla e bagnarsi le labbra col liquido cremisi. "Sono felice che tu ti sia perdonato Jellal, e sono felice che tu abbia trovato qualcuno in grado di amarti a tal punto da attendere così tanto" "Sì, peccato che forse non si era nemmeno accorto di nulla per tutto quel tempo" e la battutina sulla poca capacità del drago di fuoco di capire i suoi stessi sentimenti sortì l'effetto desiderato, facendoli ridacchiare entrambi, poco prima di tornare ai loro festeggiamenti, di cui il primo passo era fermare la rissa che si era scatenata -di nuovo- al buffet, con una Erza pronta a fare -di nuovo- una strage...

Si buttò suo letto incurante dello smoking, già sgualcito di suo, mentre Jellal andava in bagno a rinfrescarsi. Gli faceva male tutto, sia per le botte prese che per l'aver dovuto scortare a casa le ragazze ubriache, staccandole quasi a forza da quei poveracci -Gray, Gajeel Jet, Droy e perfino Elfman-, tutti vittime delle loro compagne di gilda. Picchiavano davvero duro di solito, ma non si risparmiavano neanche da brille di dare certe mazzate che un pugile avrebbe avuto paura anche solo a guardarle.
Senza considerare il prete, scappato via non appena era ricominciata la rissa, giurando di non avvicinarsi mai più a Fairy Tail...

"A cosa pensi?" ad interrompere le sue elucubrazioni fu -ora finalmente poteva dirlo- suo marito, uscito dal bagno con solo un asciugamano in vita, a coprirgli quella parte del corpo che lui conosceva bene. E quel pensiero fece scalpitare il suo drago interiore, smanioso di appropriarsi ciò che era già suo, e a dimostrarlo c'era il segno rossastro che spiccava sul collo dell'altro, marchio indelebile che quel mago dai capelli blu, il tatuaggio sul volto, e il cui cuore, fino a poco tempo prima, pesante per i troppi peccati di cui si era fatto carico, fosse solo suo ...

"Stavo solo pensando a quanto io non mi sia accorto di nulla per tutto quel tempo..." rispose facendogli il verso, ghignando nel fargli capire che sì, lo aveva sentito, e che no, non sarebbero usciti da quella stanza fin quando non gliel'avesse fatta pagare per quella battuta.
Battuta che sì, era vera, ma Natsu Dragneel era tanto cocciuto quanto innamorato di quell'Adone che adesso, salendo sul letto e ghignando di rimando, faceva salire la mano sinistra lungo il materasso, tracciando la distanza che lo separava dal suo obbiettivo. "Mh... e come vorresti farmela pagare, sentiamo?" con le dita sfiorò quelle del rosato, tastando la fede nuziale, gemella della sua, che riposava sul suo nuovo giaciglio.
"Non hai idea del guaio in cui ti sei appena cacciato..." mostrò i canini, affilati e pronti a marchiare ogni lembo di pelle del suo compagno di vita, mentre con un balzo felino gli fu addosso, mettendoglisi a cavalcioni, ammirandolo ridente sotto di lui, con le ciocche azzurre sparse sul candido cuscino. E Jellal che gli sbottonava prima la giacca e poi la camicia, passando i polpastrelli sul petto marmoreo fu l'ultimo spettacolo che il suo cervello registrò, dopodiché solo il drago fu a comandare. Ed entrambi avrebbero ringraziato, la mattina successiva, di aver scelto un albergo che poteva vantare delle mura insonorizzate, perché, altrimenti, gemiti e urla di piacere non avrebbero tenuto svegli solo loro, impegnati a perdersi nell'amore più puro che provavano l'uno per l'altro...

Perché non se ne erano accorti per lungo tempo, ma ora erano lì, insieme...

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Capitolo 20
*** Because we'll never be normal, and it's beautiful ***


Prompt: Normal.
Coppia: Ezechiele Zick x Elena Patata/Zilena.

Spoiler alert per la serie a fumetti Monster Allergy e Monster Allergy Evolution!

~Because we'll never be normal, and it's beautiful~





Era sempre stato così da che ne aveva memoria: Lui consapevole del suo essere e totalmente -o forse fintamente- disinteressato al fatto che nessuno che volesse aver a che fare con lui. Un ragazzino dai capelli blu e l'aspetto malaticcio, in grado di vedere mostri e fantasmi, che abitava in quella casetta a BigBurg, che tutto poteva definirsi fuorché normale.

E così si era convinto che avrebbe vissuto, ignorato da un mondo che non gli apparteneva e a cui, forse, non voleva appartenere nemmeno lui.
Ma poi era successo, era arrivata una ragazzina dai capelli rossi e il naso a patata, che gli aveva quasi imposto la sua compagnìa con quella curiosità che solo dei bambini di dieci anni o poco più potevano avere. Era stata caparbia e, nonostante lui avesse cercato di allontanarla -all'inizio per disinteresse, poi per premura verso quella bimba, a cui non poteva far pagare lo scotto della sua natura-, era rimasta lì, a vivere il suo stesso mondo, nonostante non potesse farne parte completamente...

Poi Greta era intervenuta, permettendole di immergersi in quel mondo molto più di prima, e aiutandoli a sancire quel legame che in realtà avevano già da tempo, e che in verità andava ben oltre la capacità di vedere i mostri, sebbene nessuno dei due se ne fosse accorto, troppo presi dalle mille avventure che occupavano le giornate di chi era ancora troppo piccolo per comprenderlo appieno.
Ma Zick aveva sempre saputo, pure nella sua ingenuità di bambino, che avrebbe fatto di tutto per Elena, e lo aveva fatto quando aveva ceduto a Sinistro i suoi poteri. Lo aveva rifatto anni dopo, solo perché lei era tornata a BigBurg, e lui aveva improvvisamente ritrovato la voglia di vivere quella vita che, lo aveva capito solo allora, adorava. Perché il non essere normale era assai più bello con quella bambina dai capelli rossi e il naso a patata, che pure con gli occhialetti tondi e le ciocche color carota, decisamente più lunghe di prima, non perdeva la nuova bellezza acquisita in quegli anni.
E non era stato da meno neanche nel labirinto, quando, facendosi guidare dal loro legame, aveva raggiunto la sua anima, liberandola ancora una volta da quel pazzo di un domatore nero...

Sì, Zick avrebbe fatto di tutto per Elena, così come lei non si sarebbe mai risparmiata per aiutarlo, per non lasciarlo solo.
Erano legati e probabilmente lo sarebbero stati anche senza le avventure che li avevano accompagnati nel tempo. Eppure nessuno dei due riusciva ad immaginarsi la propria vita senza un Bombo che gli mangiasse le scarpe, o senza il rischio di calpestare la mano di uno Snyakuz ogni volta che camminavano per casa.

Casa...

Era quell'appartamento a Oldmill Village, in cui un giovane uomo, magrolino e dalla capigliatura blu, col volto appena pallido, sudato da capo a piedi in quell'afosa giornata di Luglio, stava sgobbando per mettere a posto gli attrezzi da lavoro che aveva usato per arredare quella camera. Quella dalle pareti verdi appena tinteggiate, con la culla al centro, il piccolo armadio con cuscini e copertine nuove al suo interno, e il fasciatoio posto proprio sotto la finestra, con già il talco, le salviette e i pannolini nuovi sopra, tutto pronto all'uso che ne avrebbero fatto di lì a poche settimane.
"È venuta proprio bene..." si voltò nel sentirla parlare, e lì, poggiata allo stipite della porta, avvolta nei jeans blu scuro e la maglia blu, arrotondata laddove vi era il ventre gonfio di sua moglie, la trovò a guardarlo ghignando, con le braccia conserte, i lunghi capelli raccolti in uno scompigliato chignon... e una enorme busta piena di vivande varie posata a terra...

"Avevamo detto che sarei andato io a fare la spesa Elena, tu non puoi fare sforzi!" "Mi ha aiutata Leon, è di là che sta sistemando il resto. E io posso farle le cose, non sono così debole!" oh lo sapeva Zick, lo sapeva molto bene che sua moglie non fosse debole, anzi...
"Comunque non avresti dovuto portare pesi..." disse guardando la donna avvicinarglisi, portandogli le braccia al collo mentre posava le labbra sulle sue, e le mani di Zick si posarono sulla pancia tonda, carezzandola dolcemente.
No, decisamente Elena non era normale, ed era per questo che l'amava. Nessun'altra donna incinta si sarebbe messa a montare la culla lei stessa, aiutandolo -tra le sue lamentele e continue raccomandazioni di stare attenta, quando poi era lui ad aver bisogno d'aiuto- a preparare la camera per il nuovo arrivato.
"Com'è andata?" "Il dottore ha detto che va tutto bene..."
Zick posò la fronte sulla sua, il timore che il suo essere per metà mostro influisse sul piccolo tornò prepotente, sebbene sia i suoi genitori che Timothy ed anche Elena gli avessero garantito che il bambino sarebbe stato sano, e al massimo avrebbe avuto solo qualche allergia oltre che i poteri, forse -era successo pure con lui in fondo gli aveva detto più volte Zob-, facendogli serrare gli occhi.

Un paio di mani gli prese il volto, facendogli riaprire gli occhi, per incastarli in quelli di sua moglie. "Va tutto bene Zick..." gli sussurrò carezzandogli le gote.

Quel pensiero lo torturava da quando avevano visto il risultato positivo sul test di gravidanza, qualche mese prima, e lei, per tutte le volte che avevano affrontato quel discorso, non riusciva a vederlo sereno quando i pensieri si affacciavano su quel fronte. L'unica cosa che potevano fare era aspettare che il bambino nascesse, forse così Zick avrebbe smesso di preoccuparsi. Ma forse quello che suo marito temeva di più era che il loro piccolo vivesse ciò che aveva vissuto lui fino al suo arrivo nel quartiere, e su questo la rossa nutriva le sue stesse preoccupazioni.
L'unica cosa che potevano fare, anche in quel caso, era aspettare che il momento arrivasse a confermare o meno le loro preoccupazioni.
"Zi-" la confusione proveniente dal salotto la interruppe, costringendo i due ad accorrere per calmare il frastuono che si era creato -non sapevano neanche il perché, ma quando mai la confusione a casa loro aveva un motivo preciso?-, mettendo di nuovo da parte quel discorso in realtà già chiuso.

Perché la loro non era una vita normale e mai lo sarebbe stata, ma era questo il bello in fondo...

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Capitolo 21
*** You light my fire - part 1 ***


Prompt: Light.
Coppia: NaLu.

~You light my fire - part 1~





La sveglia risuonò, svegliandola per un'altra giornata di lavoro. Era la finale dei Grandi Giochi di Magia e lei, in qualità di reporter del Weekly Sorcerer, doveva essere presente come lo era stata per i giorni precedenti. Si preparò, uscendo di casa e raggiungendo l'arena di Crocus, passando tra la folla che occupava i corridoi. Urtò qualcuno e, intenzionata a scusarsi, si voltò, per rimanere pietrificata qualche secondo nel riconoscere la sagoma di un ragazzo con indosso una giacca monomanica e una sciarpa. Dovette strabuzzare gli occhi un paio di volte per poi capire che sì, era un ragazzo, ma non quello che aveva creduto -e sperato- di vedere. L'angoscia arrivò immediata a deturparle il sorriso, che si trasformò in una smorfia triste nel sentire il peso dell'ultimo anno passato da sola...

Dodici mesi in cui aveva lasciato la finestra aperta tutte le notti, senza che però entrasse nessuno.
Trecentosessantacinque giorni in cui aveva sperato di svegliarsi con un braccio muscoloso a tenerla per la vita...

Un anno a passato a sperare di rivedere i membri della gilda e di poter tornare a casa con loro.
Un intero anno a sentire il cuore stretto in una morsa ogni volta che, guardando quel muro colmo di appunti, pensava a quella chioma, dal colore rosa come lo erano i ciliegi in fiore, che non rivedeva e di cui, tra tutti, non riusciva proprio a trovare notizie...

Tutto quel tempo passato a voler ritrovare la famiglia ormai divisa, solo per finire con l'arrendersi all'idea che Fairy Tail non esistesse più.
Non del tutto in verità, lo dimostrava il fatto che quella parete, colma di foto e fogli di giornale, senza contare i fogli scarabocchiati tra la felicità di una nuova pista e le lacrime che le bachbavano gli occhioni color cioccolato, su cui spiccavano indirizzi e informazioni varie, fosse ancora lì, con lei che non aveva il coraggio di buttare via tutto e iniziare a vivere la sua vita senza quel peso sul cuore. E questo la portava a perdersi in lunghi pianti la sera, addormentandosi tra le lacrime...

Si riscosse dai suoi pensieri -asciugandosi le goccine salate che minacciavano di uscire dagli occhi, apripista per quello che sarebbe stato un fiume in piena se solo le avesse lasciate andare-, appena in tempo per l'inizio della finale, annunciata dagli altoparlanti, e, vedendo Jason agitare la mano da lontano, corse raggiungendolo sugli spalti...

Era annoiata a morte. Il pubblico era in fremito, in attesa di scoprire il risultato finale. Risultato che lei già sapeva, perché i maghi di quella gilda si erano sforzati tanto di trattenersi -per favorire le scommesse contro di loro in finale, e guadagnare di più una volta che avessero vinto, molto probabilmente- e, come volevasi dimostrare, proprio i membri di Scarmiglione avevano avuto la vittoria.

Era questo il livello dei maghi? E soprattutto, era questo che per loro significavano i Grandi Giochi di Magia? si chiese la ragazza, bloccandosi sul posto nel sentire un enorme potere magico, più grande di quanto mai avesse ne avvertiti in vita sua, avvicinarsi all'arena.
"Jason dobbiamo mettere tutti al riparo!" ebbe appena il tempo di voltarsi verso il biondo e dire quelle parole, nell'esatto momento in cui, avvolto dalle esclamazioni di stupore che avevano stoppato i cori d'incitamento a favore dei vincitori, un individuo incappucciato fece il suo ingresso, raggiungendo i maghi al centro dell'arena.
"Mh... e così siete voi i vincitori... la gilda più forte di Fiore..." "Chi è quello?" le voci si mischiavano in quell'unica domanda e la maga celeste spalancò gli occhi, iniziando forse a capire, o forse il suo cuore -quello che da tempo aveva preso a battere per quel dragon slayer così sconsiderato, quello che l'aveva lasciata indietro, da sola...- le stava offrendo una nuova speranza.
Speranza che poi la realtà si sarebbe premurata di toglierle senza pietà -ancora-, ma no! Doveva essere uno scherzo...

Non poteva essere che ...

"Sono il vostro sfidante!" disse l'incappucciato per poi far alzare le fiamme intorno a sé, distruggendo gran parte dell'arena e facendo quasi ustionare tutti i presenti nel distruggere le loro vesti. Lucy dovette coprirsi il seno, su cui ormai erano pochi i brandelli di stoffa rimasti, nello stesso momento in cui il cappuccio dello sconosciuto venne via, lasciando uscire i lunghi capelli rosa che vi erano sotto.

"Natsu!" "Rushi!" la vocetta squillante dietro di lei attirò la sua attenzione, quanto bastava per farle vedere il gatto blu che le arrivava addosso, salutandola dopo tanto tempo che non si vedevano.
"Yo Lucy!" il mago di fuoco la chiamò, facendole riportare l'attenzione su di lui. "È da un po' che non ci si vede!" finì sorridente, e lei capì.

Fairy Tail esisteva ancora, la fiamma della gilda più forte di Fiore -quella vera- che si era affievolita in quei mesi era finalmente tornata a bruciare, addirittura più di prima.
E sorrise Lucy, sorrise perché era tutto vero e non uno delle miriadi di sogni che l'avevano illusa più e più volte.

Natsu aveva appena ravvivato quella fiamma e no, stavolta quel fuoco bruciante non avrebbe più rischiato di spegnersi...



~To be continued~

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Capitolo 22
*** You light my fire - part 2 ***


Prompt: Fire.
Coppia: NaLu.

~You light my fire - part 2~





Il sorriso gli si aprì da parte a partenel rivederla. Era stato via un intero anno e ora riavere la sua famiglia, anche se solo un piccolo pezzo, gli dava una gioia immensa. Eppure non durò molto, perché una volta usciti dal castello lui ed Happy avevano appreso quella terribile notizia. La loro gilda si era sciolta, e senza che nessuno provasse a impedirlo, a lottare per non farlo accadere...
"Ma che ne sai tu?" aveva masticato a mezza bocca Lucy, e lui aveva sentito benissimo la rabbia e la tristezza dentro la sua voce. "Che hai detto?" "N-Nulla..." aveva liquidato lei. Il rosato non aveva voluto approfondire, non perché non volesse sapere davvero cosa avesse detto, ma perché non aveva il coraggio di sentirsi sbattere in faccia ciò che era accaduto dopo che lui se ne era andato...

Aveva pensato che diventando più forte sarebbe stato in grado di non perdere più nessuno, e invece aveva perso tutti...
"Dai andiamo, starete da me per il momento..." il micio blu le aveva appena detto che non avevano un posto dove andare. "Ma dovrete seguire delle regole!" e detto questo, s'incamminarono verso l'appartamento della giornalista.
Ovviamente le regole erano state disattese immediatamente, ma la giovane non ce l'aveva fatta ad arrabbiarsi. In cuor suo forse il bene che voleva loro era ancora troppo forte. O forse semplicemente non voleva privarsi di quella quotidianità che troppo a lungo le era mancata...

Il ragazzo, egoisticamente, ci sperava, perché in quell'anno di lontananza aveva capito quanto quella quotidianità mancasse anche a lui, e ogni singola notte si addormentava col pensiero di quella biondina dagli occhi da cerbiatta e le labbra a cuore, così lontana da lui, e proprio per colpa della sua scelta.
Sperava solo di riuscire a farsi perdonare...

Proprio in preda a quei pensieri, disteso su quel divano -che nulla aveva che non andasse, tranne la scomodità che lo faceva rigirare da una parte all'altra quando proprio non riusciva a starsene fermo a guardare il soffitto aspettando Morfeo-, decise di alzarsi, dopo assersi consultato con l'amico alato. E piano i due entrarono nella camera buia, facendo meno rumore possibile, fin quando Happy non urtò la schiena nuda del rosato, che si era fermato a contemplare quell'immagine che si era ritrovato davanti...

Articoli di giornale, foto, e fogli vari erano attaccati a una delle pareti della camera, riempiendola completamente con quelle piccole tracce che avevano tenuto viva la gilda in tutto quel tempo. "Happy torna a dormire..." gli occhioni del micino si riempirono di lacrime nel capire anche lui il significato di quella parete pregna del dolore della loro amica. Ma decise di uscire nel notare, alla luce fioca della luna che filtrava dalle tende della finestra, la mascella contratta del ragazzo...

I sentimenti che credeva affievoliti tornarono a galla. Anni che aveva passato a cercare suo padre, seguendo ogni pista, anche la più piccola, solo per vederlo morire davanti ai suoi occhi dopo averlo ritrovato.
Era la stessa cosa che vedeva su quel muro. Ogni più piccola crepa in quel cuore già spezzato era appesa lì, tra un indirizzo, sbiadito a causa delle lacrime che vi erano cadute, e una foto scattata di sfuggita in cui, in un angolino, quasi invisibile se non ci si faceva caso, c'era una sagoma che sembrava conosciuta.
L'odore delle lacrime che erano cadute su quei fogli gli arrivava al naso, facendoglielo storcere infastidito nel capire che, in parte, lui era stato artefice di un dolore che in primis aveva vissuto.

Come aveva potuto non pensare alle conseguenze?
Era vero che non aveva colpa dello scioglimento della gilda, ma era altrettanto vero che avrebbe potuto esserci per impedirlo. Per non farla soffrire...

E invece aveva fatto del male alla persona che gli aveva fatto conoscere il significato di quella parola che, prima Igneel e poi tanti altri nella gilda, avevano provato a spiegargli, ma che a lei era bastato un sorriso per farglielo capire nel modo più facile del mondo...

Portò lo sguardo smeraldino su di lei, beatamente addormentata e... sorridente...
Un sorriso le incorniciava il volto, e il chiarore della luna la rendeva ancora più bella. Era cambiata la sua piccola Lu, era cresciuta, divenendo una donna stupenda, ma con tante cicatrici nel cuore, che ormai era deciso a curare una ad una.
E non pensò a nulla che non fosse distendersi affianco a lei. Poco gli importava se il giorno dopo sarebbe stato svegliato da un Lucy-Kick, che certamente gli avrebbe fatto avere i lividi per almeno una settimana, quello era un piccolo prezzo da pagare per sentirsi di nuovo -davvero- a casa.
Morfeo non si fece più attendere, portandosi il mago di fuoco nel mondo dei sogni, sorridente nel percepire appena le braccia di Lucy stringerlo per avvicinarlo di più a sé. Come se anche lei, nel sonno, stesse cercando di azzerare la distanza di quegli ultimi mesi...

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Capitolo 23
*** You light my fire - part 3 ***


Prompt: Nightmare.
Coppia: NaLu.

~You light my fire - part 3~





Si mosse appena, girandosi su un fianco... solo per finire ad avere un incontro ravvicinato col pavimento...
"Ahi!" si lamentò massaggiandosi il capo biondo, dolorante per la botta presa. Si rimise in piedi, pronta a coricarsi nuovamente a letto, quando intravide, nel buio della notte illuminata dalla fioca luce lunare, una chioma rosa a lei familiare. Ed era già pronta a svegliarlo con un Lucy-Kick, ma poi lo guardò, con gli occhi chiusi e un sorriso beato sul volto. Gli si distese vicino, restando a guardarlo. Quanto le era mancato quello zuccone dalla chioma color sakura in fiore, e quanto era bello -in fondo, e non glielo avrebbe mai detto- poterlo sentire ancora così vicino. Tutto quel tempo passato da sola sembrava solo un ricordo lontano mentre lo scrutava all'ombra della luna...

Ma il sorriso che le nacque spontaneo sulle labbra morì appena quel pensiero le entrò nella mente: Lui lo aveva visto...

Il terrore di quella debolezza mostratagli inconsapevolmente, di quel dolore sbattutogli in faccia e no, non doveva andare così...
Doveva mostrargli di essere diventata più forte, di non aver più bisogno di lui. Doveva mostrargli che poteva andare via di nuovo, lei sarebbe stata bene...

Non era vero, il cuore ancora sanguivana e lei aveva bisogno della sua vicinanza per non crollare, ma non poteva e non voleva dipendere dal mago di fuoco. E poi, lui aveva bisogno di quel viaggio. Non poteva fargli una colpa in fondo se aveva avuto bisogno di allontanarsi, nonostante il dolore lo aveva capito, ora che lo guardava, con la mascella un po' più pronunciata, con quell'accenno di barba rosea lungo di essa. I pettorali -non aveva voluto, ma li aveva sbirciati, e uno scompenso non si fece attendere nel petto-, un po' più scolpiti di quanto li ricordasse, le confermarono che sì, Natsu era cresciuto -dell'utilità di quell'allenamento ne aveva avuta la prova proprio quel giorno- e non aveva più bisogno di lei, beninteso, semmai ne avesse davvero avuto la necessità prima...
"Mh... papà... Lucy..." alzò la testa, che aveva abbassato triste nel riempirsela con quei pensieri, per vedere cosa succedesse, col timore che si fosse svegliato. Ma così non era, e ora una smorfia gli deturpava il volto, mentre il corpo prendeva ad agitarsi e il respiro a farsi più pesante.
Provò a svegliarlo, ma quando posò la mano sulla sua spalla i movimenti cessarono quasi subito. Il volto contratto si rilassò un poco e un "Papà..." mugugnato con la voce che gli tremava spinse la ragazza a spostare la mano dalla spalla alla guancia, carezzandola col pollice e sentendo il leggero fiatone scemare poco a poco...

Voleva ancora svegliarlo, ma qualcosa le diceva che non avrebbe avuto le risposte che cercava -non molto difficili da immaginare però, perché ancora ricordava le lacrime che Natsu aveva versato dopo aver visto Igneel morire- e non ci pensò ancora su a rimettersi sotto le coperte, circondando il corpo del drago di fuoco con le braccia, tornando dopo un po' tra le braccia di Morfeo, mentre nel dormi-veglia sentiva le braccia forti del ragazzo ricambiare la dolce stretta.

Meglio dormirci su, almeno per il momento, perché il tempo delle parole sarebbe arrivato e Natsu, per quanto non fosse bravo con le parole, avrebbe dovuto usarle...

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Capitolo 24
*** There is no more beautiful place ***


Prompt: Book.
Coppia: SoMa.

~There is no more beautiful place~





Casa...

Non c'è posto più bello, tranquillo e rilassante per molte persone...

"Se ti prendo giuro che ti uccido!" urlava la bionda inferocita -e come darle torto? Non aveva neanche bussato, spalancando la porta- mentre caricava già uno dei suoi terribili Maka-Chop, afferrando velocemente il libro che aveva lasciato sul divano proprio per recarsi in bagno a darsi una rinfrescata...

Era rincasata piuttosto tardi dalla Shibusen e, dato che non le andava ancora di andare a letto -in verità voleva aspettare che la anche Death Scryte tornasse. e Erano pochi i momenti che potevano passare insieme da quando Soul aveva iniziato quella vita, e spesso non si vedevano se non all'accademia solo perché si occupavano del corso NOT- e così aveva deciso di leggere quel libro che le aveva regalato Liz tempo prima. Il tomo però si era rivelato un libro erotico non da poco, così lontano dalla copertina rossa su cui c'erano riportati solo titolo e nome dell'autorice. Avrebbe dovuto smettere di leggerlo ma il protagonista le aveva ricordato troppo Soul. I capelli bianchi e gli occhi rossi, quel suo modo di fare, consapevole di essere desiderato da mezzo universo femminile, fastidioso e attraente al contempo nel suo passare da una ragazza all'altra. Gli mancavano solo i denti aguzzi, con spesso, si vantava, marchiava la pelle della ragazza di turno, e poi sarebbe stato proprio Soul...

Con le guance arrossate si era alzata dal divano, lasciandovi il libro, e buttandosi sotto la doccia per togliersi dalla mente le immagini, per nulla caste, di Soul che la faceva impazzire come faceva il protagonista del libro con ogni sua conquista...

Lo sapeva che la colpa era tutta di quel maledetto cuore che, negli anni, aveva scoperto di provare qualcosa di più dell'incredibile amicizia che li legava. E ora si ritrovava ad essere gelosa ogni volta che le ragazzine della Shibusen facevano le svenevoli con lui, desiderando di essere al posto delle donne che passavano nel suo letto. Ma lei non aveva ciò che avevano loro e che a lui piaceva tanto -un seno prosperoso- e doveva accontentarsi di averlo come coinquilino e collega. Qualcuno a cui mai avrebbe aperto il suo cuore, per non farsi ridere in faccia e, soprattutto, non farlo allontanare. Perché, per quanto Soul considerasse poco cool sentimenti come l'amore, avrebbe posto rimedio alle sofferenze di Maka nell'unico modo possibile: Allontanarsi...

E mentre si guardava lo specchio, osservando ancora il suo corpo magro che mai avrebbe potuto attirare le attenzioni dell'amico -petto fasciato nel reggiseno nero, atto a coprire perfettamente la sua seconda scarsa, e gli slip dello stesso colore che avvolgevano i fianchi magri e appena accennati nella zona del fondoschiena, le mostravano perfettamente ciò che Soul non avrebbe mai considerato papabile per una notte di sesso, nemmeno per sbaglio-, proprio il fulcro dei suoi pensieri aveva spalancato la porta, guardandola immobile, poco prima che lei iniziasse ad urlargli addosso, infilando di fretta l'accappatoio e rincorrendolo per casa...

Casa...

Finalmente era arrivato! Non vedeva l'ora di fare una bella doccia e poi andarsene a letto. Era riuscito a liberarsi delle studentesse a cui, in aula di detenzione, aveva dovuto badare dopo la scuola. I maschi non erano chissà quanto rumorosi, dai più era considerato un professore cool, per cui non era stato un problema, al massimo avevano solo accresciuto il suo ego, lodandone le gesta da falce della morte.
Ma con le ragazze era stato diverso. Facevano le svenevoli, utilizzando ogni scusa possibile per avvicinarsi alla cattedra, facendogli chiaramente intuire le loro intenzioni.
Ci era abituato, sapeva di piacere al genere femminile, e in questo si crogiolava spesso, ma non dava mai corda a quel tipo di comportamenti. Innanzitutto perché quelle erano delle ragazzine, e in secondo luogo perché se anche gli si fosse presentata Blair e gli fosse saltata addosso -ancora una volta- non l'avrebbe guardata di striscio.

Da qualche tempo aveva iniziato a pensare quasi esclusivamente ad una certa biondina dagli occhi verdi, che nulla aveva delle prosperose donne che si era portato a letto, anzi. Maka non era formosa come loro, ma lui aveva iniziato a vedere quella secchiona senzatette con occhi totalmente diversi da quelli dell'arma, e quelle poche volte che rimorchiava, si ritrovava a fantasticare di lei al posto della ragazza di turno.
Era cambiato, a vent'anni suonati aveva iniziato a vedere le cose in modo diverso, e adesso quei sentimenti che prima considerava poco cool lo avevano colpito in pieno, prendendogli cuore come ostaggio, e quella biondina irascibile gli aveva fatto perdere la testa...
Posò la giacca sul divano, dove intravide un libro aperto e, prendendolo, ne lesse qualche riga curioso. Cosa ci trovasse nei libri Maka non lo sapeva, erano tutti parole su parole e lui non ne era particolarmente fan.
Lesse quella parte e un leggero rossore gli comparve sulle guance. Quella roba era ad alto tasso erotico e lui, sebbene ne fosse un grande cultore -della pratica più che altro-, era rimasto stupito da quel tipo di cose. Soprattutto lo sconvolse il fatto che Maka le leggesse e l'idea che lei potesse fantasticarci su...

E il pensiero che non si fosse fermata solo a fantasticare gli fece fermare il cuore. Che avesse messo in pratica tutte quelle cose e per questo aveva lasciato il libro così?
Forse aveva portato qualcuno a casa e, travolti dalla passione, si erano chiusi da qualche parte?
Soul non badò al fatto che non ci fosse nulla che non conoscesse -né una giacca né qualsiasi altra cosa che potesse appartenere a qualcun'altro che non fossero loro due e Blair, che però era, come ogni sera, al Chupa Cabra's, dove l'aveva vista passandoci davanti al ritorno-, pensò solo a recarsi in bagno, da dove proveniva il rumore dell'acqua. Che Maka e lo sconosciuto si fossero chiusi lì.

Si fermò per qualche tempo che non stette a quantificare, pensando a cosa avrebbe trovato aldilà della porta.
Come avrebbe dovuto reagire?
Soul sapeva di essere ipocrita, Maka poteva fare quello che voleva, non doveva rendere conto né a lui né a nessun'altro. Ma il pensiero che qualcuno la toccasse in quel modo, che l'amasse in maniera così carnale come desiderava farlo lui da tempo -e Soul era certo, nessuno avrebbe saputo amarla, toccarla, baciarla come avrebbe fatto lui. Lui che avrebbe ringraziato il cielo per ogni secondo passato tra le lenzuola con lei- fece andare via l'ultimo pezzettino di ragione rimastagli.
Spalancò la porta, rimanendo di sasso nel vedere Maka già in biancheria intima - non aveva idea di aver passato coso tanto tempo a fissare la porta- e coi capelli bagnati. Da sola...

"Soul!" aveva urlato lei rabbiosa, e il ragazzo pensò solo a scappare da lei, dandosi dello stupido per aver pensato a tutto quello...

"Ahia!" con una mira che poteva far invidia a un cecchino, Maka gli aveva lanciato il libro, colpendolo in pieno...
"Non osare mai più entrare senza bussare idiota!" e detto questo, la bionda si diresse verso la propria stanza, lasciando il ragazzo a terra mezzo tramortito.

Sì, non c'è posto più bello... a volte...

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Capitolo 25
*** HalLo(ve)Week: Day 1 ***


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Questa fanfiction partecipa alla Halloweek 2021, indetta dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

HalLo(ve)Week: Day 1.
25 Ottobre: Parco giochi abbandonato.
Coppia: NaLu.

~I'll not leave you alone anymore~





Sebbene le gambe le tremassero, Lucy non avrebbe dato adito alle sue paure di uscire, tanto più che erano arrivati quasi alla fine di quella missione, riuscendo a recuparere quasi tutti i pezzi di quella vecchia mappa che il cliente cercava tanto. Doveva resistere all'impulso di scappare.
"N-Natsu..." "Tranquilla Lu, ci siamo quasi, dobbiamo solo cercare nella casa degli specchi... eccola laggiù!" e detto questo il rosato si apprestò a raggiungere l'edificio abbandonato -come del resto abbandonato era quel parco giochi in cui avevano passato le ultime ore-, seguito da una Lucy tutto fuorché tranquilla...

I parchi dei divertimenti le piacevano, ma non di notte e non se non ci passava anima viva da anni...
"Natsu aspetta!" riuscì a fermarlo poco prima che entrassero, aggrappandoglisi al braccio. "Che c'è Lu?" "In questo posto è facile perdersi, in più, potrebbe essere come per la ruota panoramica..." gli disse ricordando la giostra su cui erano saliti poco prima, e che aveva iniziato a muoversi nonostante non ci fosse nessuno a parte loro due in tutto il parco.
Un parco giochi abbandonato era spaventoso, ma un parco giochi magico abbandonato lo era ancora di più.
"Mh, forse hai ragione..." convenne il ragazzo nel ricordare come fosse stato male lassù, e come, senza l'aiuto di Loke, non sarebbero riusciti a fermare la giostra.

"C-Che fai?" gli domandò, rossa in viso, nel sentirsi prendere per i fianchi dal mago di fuoco... il tempo necessario per passarle un lembo della sciarpa attorno alla vita, chiudendola con un nodo non troppo stretto, ma difficile da sciogliere senza usare una certa forza.
Il tempo di fare lo stesso con l'altro lembo attorno alla propria vita, e Natsu alzò lo sguardo su di lei -facendole avere uno scompenso nell'irradiarla con quel colore nero dalle leggere sfumature verde smeraldo- sorridendole in quel modo un po' bambinesco di chi aveva appena trovato la miglior soluzione al mondo. "Ecco fatto! Così non rischiamo di perderci di vista!" e detto questo le afferrò la mano -quella destra, dove vi era il tatuaggio della gilda-, trascinandola con sé verso l'entrata della casa degli specchi...

Una volta dentro Lucy non vide nulla se non il suo stesso riflesso negli specchi: In uno era più magra, in un altro invece più grassa, un altro riflesso ancora la mostrava con il seno piatto, e guardando a sinistra, nel cercare Natsu con lo sguardo, intravide una sé stessa con almeno tre taglie in più di seno e un sedere che definire enorme sarebbe stato riduttivo. Per fortuna non avevano portato Happy -impegnato in una missione con Wendy e Charle- con loro, o avrebbe sentito le sue risatine tutto il tempo.
Provò a tirare la sciarpa, a cui sentiva essere attaccato qualcosa, qualcuno, ma non riusciva a ricevere risposta da Natsu, nonostante lo avesse chiamato più volte.
Il terrore la invase, non tanto per il fatto di essere da sola, ma perchy, camminando nella sua direzione, non riusciva a scorgere il nakama. "Natsu se è uno scherzo non è divertente!" gli aveva urlato adirata mentre scorgeva sé stessa in differenti modi attraverso gli specchi. Camminò per tanto tempo ma non riuscì a vedere nulla se non le sue copie, che cominciavano a darle ai nervi coi sorrisini fittizi con cui la osservavano...
Si mise a correre, ma si ritrovò solo a doversi fermare coi piedi doloranti, il petto scosso dal fiatone e un nulla di fatto oltre gli specchi che continuavano a circondarla...

Il pensiero di cosa fosse successo al ragazzo l'attanagliava e vari scenari, tutti negativi, non volevano lasciare la sua mente, facendola spaventare ancora di più.
Più si guardava intorno e più non vedeva via d'uscita da quel posto, e d'istinto posò una mano sull'astuccio con le chiavi quando sentì uno strano rumore di passi. Era come se qualcuno stesse camminando, avvicinandosi a lei per poi allontanarsi ancora. Si voltava e non vedeva nulla oltre i suoi riflessi storpiati, quando il rumore cessò, e con esso gli specchi si annerirono.
Riprese a muoversi, più per non star ferma che per andare da qualche parte, e solo dopo qualche minuto vide di nuovo il suo riflesso.
Stavolta era lei, senza parti del corpo ingrandite o rimpicciolite, ma quello che la stupì maggiormente di quel riflesso era che stesse piangendo...

L'altra Lucy piangeva, mugugnando qualcosa che all'inizio non era ben chiaro. "No... non andartene... ti prego..." riuscì a sentire abbastanza distintamente tra i mugugni ma, proprio quando la maga riuscì a carpire quella frase, il riflesso sparì, e per un breve attimo fu di nuovo tutto nero attorno a lei, che spalancò gli occhioni castani già lucidi di lacrime per quello che vide.
Di fronte a lei c'era la sé stessa bambina, china sul letto mentre piangeva, col corpo di Layla disteso a pochi centimetri da lei, senza vita...

Mamma...
Il tempo di pensarlo, e alla piccola Lucy piangente accasciata sul letto materno si sostituì una Lucy più grande, accasciata sul suo letto, nell'appartamento di Strawberry Street, con la lettera lasciatale da suo padre tra le mani, mentre altre lacrime le bagnavano il viso arrossato.
Ebbe appena il tempo di elaborare quell'immagine che essa sparì, lasciandole vedere un'altra lei ancora. Stavolta però era vestita con lo star dress di Aquarius, tra le mani la chiave d'oro spezzata, bagnata delle sue lacrime...

E la vera Lucy voleva piangere, forse lo stava già facendo perché sentiva davvero le guance bagnate, ma tra le due era difficile capire chi piangesse e se quelle lacrime fossero reali o meno...
"Natsu..." un sussurro, quello di Lucy, forse in cerca del nakama, nella speranza di vederlo per farsi dire che non era reale, che era solo un trucco di chissà quale magia. E gli specchi sembrarono avvertirlo, perché in breve l'immagine cambiò ancora, mostrandole il mago di fuoco stavolta.
Era sorridente... mentre le diceva che doveva andarsene, per un anno forse, prima di voltarsi e allontanarsi. E prese a correre Lucy, avvertendo i chilometri sotto gli stivali marroni essere macinati in breve tempo. Ma la figura di Natsu era sempre più lontana, e lui non si era voltato una sola volta sentendo chiamare il suo nome, mentre la maga celeste tra le lacrime sentiva la gola bruciare nell'urlarlo...

E poi era sparito, lasciando che un'altra Lucy ancora prendesse il suo posto. Stavolta era lei, coi capelli biondi raccolti nella lunga coda laterale, la maglia blu coi bordi bianchi e la gonna marrone. Col fiatone e le mani poggiate sulle ginocchia, il viso ancora bagnato, Lucy guardava il proprio riflesso, con esso che seguiva i suoi stessi movimenti, facendole capire di essere effettivamente davanti ad uno specchio.
Forse si era calmata un poco o forse no, ma la consapevolezza di trovarsi davanti ad un semplice, innocuo, riflesso le fece tirare un sospiro di sollievo... che le si strozzò nella gola quando lo sguardo cadde sulla mano destra del riflesso, dove non vi era il marchio di Fairy Tail, e Lucy istintivamente posò gli occhi sulla sua mano, portandosela vicino al viso, toccandola, sfregandola nella speranza che quell'immagine non fosse reale.
Ma il marchio non c'era. La pelle diafana era completamente pulita, senza traccia alcuna di quel simbolo così importante per la giovane...

Ebbe l'istinto di urlare, ma quando la gola si preparò a farlo, un forte crack la fece sussultare, mentre il suo riflesso si riempiva di crepe, una dietro l'altra, fin quando non cadde in mille pezzi...

Davanti a lei ora c'era solo uno specchio rotto, con Natsu che teneva ancora il pugno nella direzione della superfice, ormai infranta dal suo colpo...

"Lucy!" vederla in piedi, finalmente accanto a lui, col volto rigato di lacrime, gli fece bene e male al contempo. Era felice di rivederla e capire che quell'immagine non fosse reale, ma lo fece anche imbestialire vederla così scossa, ancora incredula su ciò che aveva davanti, e l'istinto gli diceva di colpire ancora e ancora tutto ciò che era intorno a loro, distruggerlo finché della fonte di dolore della sua Luce non fosse più esistita traccia alcuna.

Ma pensò solo a stringerla a sé, portandola ad inginocchiarsi a terra, attento a non farle toccare i vetri infranti.
"Va tutto bene Luce, va tutto bene..." una frase che ripetette come un mantra, a Lucy -che gli si era fatta piccola piccola tra le braccia, stringendogli i bordi del gilet scuro-, ma soprattutto a sé stesso nel sentirla stringerlo così forte, tanto forte che il cuore, impazzito nell'averla vista poco prima in quello stato, si calmò un poco mentre il rosato le carezzava la schiena.
Lenti movimenti dall'alto verso il basso che ebbero il potere di farla -e farlo- totalmente calmare...

Quel posto gli aveva dato ai nervi fin da subito, quando, entrando, aveva visto vari riflessi di sé stesso che lo mostravano in modi differenti. Da una parte era assai più magro, mentre dall'altra era più in carne. Da una parte aveva la testa piccolissima e dall'altra ce l'aveva enorme. "Ehi Lucy guarda!" ok, quella parte era stata un po' divertente, ma quando, nel voltarsi alla sua destra, non aveva visto Lucy, si era innervosito. Aveva provato a chiamarla, a tirare la sciarpa, a cui sentiva che era ancora attaccata, ma non riceveva risposta, non riuscendo a vedere nulla se non uno specchio col suo riflesso laddove la sciarpa sembrava immergersi. Aveva iniziato a camminare in quella direzione, ma non riusciva a raggiungere lo specchio, che sembrava allontanarsi ad ogni suo passo. Aveva corso, ma non era servito a nulla se non a dargli il fiatone, a causa del quale dovette fermarsi. Aveva più volte urlato il nome della nakama, ma non aveva sentito nulla. Il suo olfatto riusciva a percepire l'odore della maga stellare vicino a sé ma i suoi occhi non riuscivano a scorgerla in nessun modo...

Poi all'improvviso i riflessi attorno a lui sparirono, lasciando una coltre completamente nera a circondarlo...
Dopo qualche secondo che il mago cercava di elaborare, per quanto fosse possibile, ciò che stava succedendo -se non aveva ancora dato fuoco a tutto era solo perché aveva timore di far del male a Lucy, ovunque si trovasse, nel farlo-, davanti a lui comparse una nuova immagine.
Era un Natsu bambino, in mezzo ad un prato, inginocchiato a piangere dopo ore passate a cercare Igneel senza successo...

Ebbe a malapena il tempo di rievocare il dolore di quel momento, sentendo il cuore stringerglisi nel petto, quando l'immagine cambiò, mostrandogli stavolta un Natsu un po' più adulto. Piegato in due sul corpo senza vita della Lucy futura...
Strinse i pugni, Natsu, col fiatone che gli sconquassava il petto e la voglia di picchiare ancora quel Rogue -quello venuto dal futuro-, mentre l'immagine si sbiadiva piano, per far spazio a un altro scenario...

In mezzo ad un campo di battaglia mezzo distrutto, l'altro Natsu guardava in alto, laddove un enorme drago dalle scaglie rosse veniva colpito a morte dal suo nemico -Acnologia- per poi cadere al suolo, da dove guardava suo figlio piangente, dicendogli di trovare il libro di END, poco prima di esalare l'ultimo respiro, infliggendo un colpo sia al Natsu nell'immagine, sia a quello reale, che forse stava piangendo, almeno da ciò che sentiva sulle guance calde e bagnate...

L'immagine sparì, lasciando spazio a quella di Lucy.
La ragazza piangeva e lui ebbe l'istinto di muoversi verso di lei per abbracciarla, ma più provava ad avvicinarsi e più lei si allontanava...

Urlò il suo nome ma la ragazza non rispose, fin quando non la vide di nuovo...
"N-Natsu... perché... te ne... sei andato..."
Questa volta era tra le sue braccia, sul ventre una ferita dalla quale sgorgava del sangue copioso e lui che la teneva pregandola di non lasciarlo, promettendolr che non se ne sarebbe più andato via, che non l'avrebbe più lasciata da sola. Ma la bionda smise di respirare, e le urla di dolore del finto Natsu si mescolarono a quelle di quello reale, che sferrò un pugno al sé stesso, facendolo andare in mille pezzi...

Si era poi voltato, vedendo Lucy con le guance bagnate che lo guardava quasi incredula se fosse reale o solo l'ennesimo inganno...

"Natsu... stai piangendo?" prima non l'aveva notato -e in verità non ricordava di averlo visto piangere molte volte- e si era staccata dall'abbraccio appena aveva sentito qualcosa bagnarle la spalla.
Se lo strinse al petto, carezzandogli le ciocche color sakura in fiore, mentre il cervello rielaborava velocemente le immagini che aveva visto.
Doveva essere una qualche specie di magia, qualcosa che li aveva, forse, ipnotizzati, giocando con le loro menti.
Non stette molto a pensarci, l'unica cosa che voleva fare era continuare a carezzare le morbide ciocche del ragazzo, sussurrandogli un "Va tutto bene..." come aveva fatto poco prima con lei il ragazzo...

~Bonus~



"Wow! Ora capisco perché quel signore ci teneva così tanti a quella mappa..." disse il ragazzo. "Beh, era l'ultimo ricordo che aveva di sua moglie..."
I due maghi camminavano lungo il sentiero verso Magnolia. Erano appena scesi dal treno e, dopo aver aspettato che Natsu si riprendesse, erano ora diretti verso la gilda.

Dopo aver capito di essere stati vittime di una magia ipnotica che aveva giocato con le loro menti ed essere in realtà rimasti sempre nello stesso punto, di fronte ad un grande specchio pregno di quella strana magia, i due stavano per uscire dalla casa degli specchi quando Lucy, posando lo sguardo sulla parete dove ancora vi erano alcuni frammenti dello specchio, intravide, nel buco fatto da Natsu il lembo ingiallito di quello che poi si era rivelato un pezzo di carta, trovando in esso l'ultimo pezzo della mappa che cercavano.
Si erano allontanati da quel luogo in silenzio, quando, poco fuori da lì, Lucy afferrò Natsu per un braccio, costringendolo a fermarsi. Lo fece sedere su di un masso lì vicino, iniziando a medicargli la mano. Nessuno dei due parlò, entrambi troppo scossi da ciò che avevano visto, ma a loro non servirono le parole per confermare quella tacita promessa di non lasciarsi più, quella che già da tempo, poco prima di partire per la missione dei cento anni, si erano fatti...

E poi avevano ripreso a camminare, raggiungendo la villa del loro cliente, un signore dai capelli bianchi e un po' paffuto, che corse loro incontro non appena li vide arrivare.
"Ah! Questa missione non è stata per nulla interessante! Io mi aspettavo di combattere con mostri e fantasmi e invece..." si fermò nel ricordare Lucy tra le sue braccia e ricoperta di sangue, e l'istinto gli fece cercare la mano della ragazza con la propria. "Natsu che c'è?" "Niente... andiamo..."

Il resto della strada la fecero in silenzio, mani nella mano, pensando solo ad una cosa...

"Non ti lascerò più da sola Lucy..."
"Non ti lascerò più da solo Natsu..."



Angolo autrice.
Ebbene sì, come avete già letto, questa fanfic partecipa a una iniziativa, ma non sarà l'unica, perché da oggi fino al 31 Ottobre tutte le fic parteciperanno alla Halloweek, ed è per questo che questa parte si intitolerà HalLo(ve)Week.
Sì, non sono molto originale coi titoli😁
Comunque, grazie al Forum FairyPiece per aver organizzato l'iniziativa, e grazie a tutti coloro che hanno letto questo è i capitoli precedenti!
Ci vediamo domani.
Ciao❤️

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Capitolo 26
*** HalLo(ve)Week: Day 2 ***


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Questa fanfiction partecipa alla Halloweek 2021, indettoa dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

HalLo(ve)Week day 2.
26 Ottobre: Foresta proibita.
Coppia: Gruvia.

~It's just one night, what's the big deal?~





"G-Gray-Sama, forse non avresti dovuto accettare..." disse la bluetta mentre stendeva il sacco a pelo sul terreno. "E darla vinta a quella testa calda? Neanche per sogno!" rispose piccato il moro, sistemando nervosamente il sacco a pelo sul terreno, innervosendosi al solo pensiero di Natsu che si pavoneggiava di aver passato la notte nella vecchia foresta ai confini di Magnolia. Si diceva che fosse maledetta e che di notte si animasse di creature mostruose pronte a divorare chiunque osasse addentrarsi in quel perimetro.
Era anche chiamata la foresta proibita per le mille e più leggende che la vedevano casa di innumerevoli esseri sanguinari.
Gray non poteva sopportare quella testa rosa mentre si vantava del suo atto eroico con mezzo campus.

"E poi, perché sei qui?" "Juvia era preoccupata..." la guardò, fermandosi un momento ad osservare la ragazza. Era una matricola, a differenza di lui che era già al secondo anno, e da qualche mese gli stava dietro. Nulla a cui non fosse abituato, a scuola era sempre stato tra i più gettonati e la stessa cosa era avvenuta all'università, ma quella ragazza sembrava tenerci per altro che non fosse una semplice notte di sesso. Di certo, di tutte le ragazze che gli facevano il filo, nessun'altra lo avrebbe mai seguito lì, più preoccupata che potesse succedere qualcosa a lui che per sé stessa...

"Juvia ha qualcosa in faccia?" gli domandò la ragazza, accorgendosi di essere osservata da lui.
"N-No..." si diede mentalmente dello stupido mentre tornava a controllare il fuoco che avevano acceso. Non era mai stato beccato a fissare qualcuno. In realtà non aveva mai fissato qualcuno e basta, ma quella ragazza dagli occhioni color del mare aveva rappresentato la sua eccezione su quel punto. E no, quella non era nemmeno la prima volta che si fermava a guardarla, oppure che pensasse a lei. "Mh, senti dormi e basta. Domattina sarà tutto finito, ok?" la ragazza annuì, concordando con lui. "Gray-Sama ha ragione, in fondo è solo una notte" gli sorrise, non accorgendosi di aver appena usato una frase a lui molto conosciuta...

È solo una notte, che vuoi che sia?
Lo aveva ripetuto talmente tante volte che nemmeno le contava più. Ogni volta che la ragazza di turno si rivelava troppo approccicosa e lui non aveva voglia di starle dietro ulteriormente.

"Buonanotte Juvia" si sedette avvolgendosi nel sacco a pelo

Un fruscìo lo fece sobbalzare e in breve si alzò allertato guardandosi intorno. Fece segno alla ragazza, svegliata dal rumore -e non che riuscisse a dormire comunque. Aveva paura la ragazza, ma non era riuscita a non seguirlo, preoccupata che potesse succedergli qualcosa-, di far silenzio mentre cercava di capire da dove venisse. Probabilmente era solo un fruscìo creato dal vento che incontrava le foglie degli alberi, ma non ci mise molto a spostare il suo sacco a pelo, portandolo vicino a quello di Juvia, che si era fatta piccola piccola mentre si abbracciava le ginocchia portate al petto. "Era solo un po' di vento Juvia, calma..." le prese la mano per farla tranquillizzare, riuscendoci un poco...

"Juvia ti chiede scusa Gray-Sama, lei è solo un peso..." parlò dopo un po' di tempo la ragazza dalle ciocche blu lunghe e mosse che le ricadevano sulle spalle, coprendole appena gli occhi già umidi di lacrime. "Ma no... in fondo non è successo nulla... solo, mi dispiace che tu stia qui invece che nel tuo letto al caldo..." e gli dispiaceva davvero. Con lei, non capiva perché, non aveva mai dovuto -e neanche lo aveva mai voluto- recitare il ruolo del bello e impossibile, abituato a scaricare ogni ragazza con cui gli capitava di aver a che fare. Fin da subito, da che era entrata a far parte del loro gruppo di amici, era stato attratto dalla giovane. Più per curiosità verso di lei in tutta la sua completezza -dalla particolarità di parlare in terza persona, al poco interesse di Juvia verso attenzioni di alcuni ragazzi, quelle che a volte lo costringevano ad intervenire quando veniva messa particolarmente a disagio, cosa non difficile data la capacità di arrossire facilmente a ogni più piccolo complimento, così come la poca capacità di mandare al diavolo i più insistenti- che per la bellezza fisica, la quale non veniva molto ben nascosta dai vestiti coprenti che spesso indossava...

"Invece Juvia è un peso... lo è anche all'università o quando usciamo..." era sempre stato così e lei ormai ci si era riassegnata. Si era anche rassegnata al fatto che non sarebbe mai interessata al ragazzo, e anche se questo faceva male era consapevole che lui non avesse colpe, e nulla le doveva da quel punto di vista, se come una stupida si era invaghita di uno dei ragazzi più gettonati dell'università.
E l'ascendente che Gray Fullbuster aveva sul gentil sesso era tanto grande quanto lo era il suo senso di libertà, per cui nessuna, neanche le ragazze sicuramente più spigliate di lei, poteva legarlo a sé se non per qualche buona ora di sesso...

Lei non era fatta per quel tipo di cose, e lui mai le avrebbe dato una chance, ancora meno dopo che erano diventati amici, e lui in verità non aveva mai neanche fatto nulla che potesse illuderla. Gray si era sempre comportato bene con lei, che invece non riusciva ad impedire alle guance di andare a fuoco e al cuore di battere forte ogni volta che lo vedeva...
Quella sbagliata era solo Juvia...

"A Juvia dispiace di essere così..." le strinse istintivamente la mano, sentendo il cuore stringersi in una morsa.
"Ora dormi Juvia o domattina sarai a pezzi..." e detto questo la vide annuire triste -era già lì a dargli una ulteriore preoccupazione, non serviva che facesse altro che non fosse starsene buona, pensava la bluetta-, per poi vederla stendersi di nuovo nel sacco a pelo...

La mattina era arrivata più lentamente di quando pensasse, e Gray, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto dormire per tutti i pensieri che aveva in testa. Ma tra non molto sarebbero arrivati a prenderli e loro dovevano sbrigarsi. Per questo non si persero a parlare su ciò che si erano detti poche ore prima, entrambi muti mentre spegnevano il fuoco e risistemavano i sacchi a pelo, incamminandosi poi sul sentiero che li avrebbe portati ad uscire da lì.
Juvia camminava a testa bassa, forse sentendosi ancora in colpa -di cosa poi, Gray non lo capiva, si era preoccupata per lui, era per quello che l'aveva accompagnato, e lui stesso non aveva avuto il coraggio di rifiutare e mandarla a casa a quell'ora di sera, per strada e da sola per di più-, e sussultò spaventata nel sentire la mano del ragazzo prendere dolcemente la sua. "Se non guardi dove metti i piedi rischi di farti male, o di allontanarti da me e perderci di vista" notò il forte rossore sulle guance di lei e sperò che la ragazza non vedesse il suo. "Non lasciarla, ok?" e dopo che ella ebbe annuito, tornarono a camminare...

"Mh... uh... quando... quando arriviamo?" si lamentò, per l'ennesima volta da quando erano in auto, il ragazzo, nell'esatto momento in cui Lucy parcheggiava su un lato della piccola stradina a ridosso della foresta. "Siamo arrivati, su adesso è finita!" gli massaggiò un po' la schiena mentre il ragazzo riprendeva colorito. "Perché sono dovuto venire anch'io?" "Perché l'idea è stata tua!" disse scendendo dall'auto nel vedere i due ragazzi in lontananza. "E poi, ben ti sta! Come diavolo ti è venuta in mente quella cavolata? Ogni volta che anche solo passiamo di qui tremi al solo pensiero di starci vicino a questo posto..." il rosato scese dalla macchina e, dopo aver ringraziato il cielo di non essere morto nemmeno stavolta su quell'aggeggio infernale, affiancò la ragazza.
"Sì però non dire nulla a quel ghiacciolo squagliato, ok?" l'idea di stuzzicarlo era stata irresistibile, anche se non si aspettava che a lui si sarebbe unità Juvia, ma quando li vide, mano nella mano, il ragazzo col volto un po' arrossato, pensò che aveva materiale per prendetelo in giro per un bel po'. La risatina che quell'immagine gli scaturì fu stroncata da una gomitata piuttosto forte, che gli arrivò dritta al fianco, facendogli mancare il respiro. "Ahia Lu!" dopodiché una scintilla gli illuminò lo sguardo smeraldino. "Sai che dovrai farti perdonare per bene stanotte giusto?" ghignò mentre Gray gli passava di fianco per posare il sacco a pelo in auto.
"Sì..." ghignò in risposta la bionda e, con la scusa di aiutare Juvia, le si avvicinò. "Stasera pigiama party a casa di Cana, ovviamente vieni anche tu eh!" l'altra annuì un po' rossa in viso, mentre Natsu quasi non ebbe un collasso, il tutto sotto lo sguardo ridente di Gray. "Un momento! Stasera dovevamo stare da me Luce!" "Rimandiamo!" gli sorrise fintamente innocente la ragazza. "È solo una notte, che vuoi che sia?" salì in auto dopo che gli altri due si erano accomodati sui sedili posteriori e... "Vieni anche tu o torni direttamente a piedi?" il ragazzo, di malavoglia, tornò a sedersi accanto a lei, accasciandosi sul finestrino appena la ragazza mise in moto...

~Bonus~



"E smettila di muoverti testa calda!" lamentò per l'ennesima volta Gray, tirandogli un calcio.
"Ricordami perché siamo sul divano..." "Perché le ragazze hanno monopolizzato i nostri letti... piuttosto..." si alzò sui gomiti per guardarlo meglio, per quanto il buio glielo permettesse. "Perché non dormi con la tua ragazza tu? Mi pareva più che propensa a condividere il letto..." "Perché è ubriaca. Non voglio svegliarmi a suon di calci con lei che urla domattina..."
Erano stati svegliati da Cana che li avvertiva che le due erano completamente andate a furia di shottini, e avevano dovuto andarle a prendere. Di andare a casa di Lucy attraversando mezza Magnolia non se ne parlava neanche, e così le avevano portate da loro, dove le due avevano preso possesso dei loro letti per addormentarsi come ghiri appena sentito il materasso sotto la schiena.

"Gray..." "Mh?" gli avrebbe voluto rifilare una delle sue battutine, ma in quel momento Natsu si fece incredibilmente serio. "Sai che lei non è come le altre... intendo, guai a te se non la tratti bene..." nella semi oscurità vide il volto dell'altro divenire serio, aspettando una risposta che il ragazzo non esitò a dargli. "Non ne ho l'intenzione..." e con quella promessa, che Natsu capì perfettamente quanto fosse importante per l'amico stesso, i due si decisero a dormire. Sarebbero stati scomodi e forse non avrebbero dormito granché, al contrario delle due belle addormentate nelle loro camere, ma sicuri che per poche ore avrebbero potuto sopportarlo. In fondo, era solo una notte...

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Capitolo 27
*** Jerza day 2021: Because you can't do without it anymore ***


~Jerza day 2021: Because you can't do without it anymore~





"Sicuro di non aver bisogno di una mano?" domandò la rossa mentre l'uomo, con le maniche della camicia bordeaux tirate fin sopra i gomiti, armeggiava col cruscotto dell'automobile bianca, dalla quale usciva un po' di fumo. "Tranquilla Erza, ci sono quasi..." disse giusto prima che un rumore metallico, seguito da una nebbia di fumo grigiastra, annunciasse loro che l'auto era definitivamente partita. La donna trattenne una risata mentre prendeva un fazzoletto e si avvicinava all'altro, leggermente rosso sulle guance per la figuraccia appena fatta. E pensare che aveva organizzato tutto nei minimi dettagli...

"Chiamiamo un carrattrezzi va..." gli disse, prendendogli dolcemente il mento e pulendo le macchie sul volto. "Mi dispiace, non doveva finire così..." avrebbe dovuto affittare un'altra auto anziché fidarsi della sua, che ogni tanto si divertiva a fargli certi scherzi. Era il loro primo appuntamento e lui era già agitato di suo e, se ci si metteva pure la vecchia cinquecento con cui se ne andava in giro, sicuramente sarebbe stato l'ultimo.
"E come doveva finire? Oggi è stata una bellissima giornata, in fondo l'importante è questo..." gli prese la mano mentre lui componeva il numero del carrattrezzi con l'altra, e lo accompagnò poco lontano, dove vi era un albero, sotto cui si sedette togliendosi le scarpe, mentre Jellal dava le coordinate all'addetto. "Hanno detto che ci vorrà almeno mezz'ora per arrivare..." si sedette accanto a lei guardando il cielo inscurito, in cui erano apparse già le prime stelle.

"Sai non mi era mai capitato di mangiare in un ristorante affacciato sul mare..." gli sorrise, e l'uomo poté giurare di aver sentito il cuore fare una capriola. "È stato bello, grazie davvero Jellal!" erano partiti da Magnolia, fermandosi in quella cittadina poco prima di Crocus. Il viaggio in auto era stato piacevole, l'ultimo pezzo di strada era a pochi passi dal mare, ed Erza si era persa più volte -quelle poche che non si fermava a osservare il volto dell'uomo alla guida, con un'espressione concentrata sulla guida-, ad ammirarne le onde.
"Direi che è un buon inizio allora haha!" si lasciò andare ad una risata il blu. Erano amici fin da piccoli, e avevano frequentato le stesse scuole fin quando non si era trasferito in un'altra città per conseguire un master.
Si erano ritrovati per puro caso, lei era un'agente immobiliare abbastanza affermata ed era finita per accompagnarlo nell'acquisto di un appartamento a Magnolia.

Ci era voluto qualche mese -dopo la fine delle trattative, in cui avevano ripreso a frequentarsi come amici- perché lui si decidesse a chiederle un appuntamento, che lei non aveva neanche pensato per un secondo di rifiutare.
Lasciati ragazzini, si erano ritrovati adulti, e il bene che si erano voluti da giovanissimi si era evoluto in qualcosa di più adulto e no, ora non potevano più giocare agli amichetti del cuore. Erano un uomo e una donna fatti e finiti, con alle spalle esperienze belle e brutte sul fronte dell'amore, che adesso, forse, trovavano spiegazione nella rinnovata attrazione che li aveva legati fin da quando si erano rivisti mesi prima, nell'ufficio della Scarlett...
"Sai, posso dire che questo è il miglior appuntamento che abbia mai avuto!" era sincera la donna, e il rossore che le aleggiava sulle guance non era dovuto al fatto che avesse ingerito quasi tre bicchieri di vino. Aveva avuto diversi appuntamenti negli anni, ma riguardandosi indietro non erano lontanamente paragonabili al pomeriggio passato con Jellal. Forse era la confidenza che già avevano, o il fatto che da tempo Erza avesse smesso di vederlo come amico d'infanzia, ma non riusciva a trovare nessuna nota stonata in quell'appuntamento. Nemmeno l'auto che li aveva lasciato in mezzo a un prato, alle dieci di sera...

"Fa vedere..." le sfiorò le guance rosse con una mano. "Sì, sei ubriaca Erza!" "Smettila! Sono seria, è stato veramente bello passare questo pomeriggio con te..." gli disse mentre posava la testa -divenuta un po' pesante, forse proprio a causa del vino- sulla sua spalla, chiudendo le palpebre divenute pesanti...

Jellal non riuscì a togliere gli occhi di dosso a quella dèa, ora addormentata sulla sua spalla sinistra. Doveva ammetterlo, Erza era diventata una donna davvero affascinante -lo era sempre stata, ma ora lui stesso non aveva quella loro amicizia a coprirgli gli occhi da cosa rappresentasse davvero Erza Scarlett per lui- e non parlava solo del fisico prosperoso, coperto ma per nulla nascosto dal pullover viola e la gonna marroncina lunga fin sopra il ginocchio. Quella donna aveva uno sguardo magnetico, dal quale lui stesso aveva fatto fatica a staccarsi più volte durante il pomeriggio passato insieme -e, in verità, anche prima non riusciva a staccare lo sguardo dal suo, così brillante che le stelle di quella sera non potevano competere coi suoi occhi grandi e belli-, ed era stata dura non cedere alla tentazione di baciarla. Ma voleva andarci piano, esplorare quel nuovo sentimento che mai nessuna gli aveva saputo scatenare dentro, e se quella donna meravigliosa avesse voluto fargli l'onore di farlo insieme a lui, sarebbe stato l'uomo più felice della Terra...

Non seppe quanto tempo stette a guardarla, risistemandole la propria giacca sulle spalle ogni volta che essa si scopriva un poco a causa dei piccoli movimenti che faceva nel sonno -"Tieni questa!" le aveva detto mettendole la giacca nera sulle spalle, prima di recarsi davanti al cruscotto aperto, nella speranza di non fare figuracce proprio all'ultimo e riuscire a far ripartire l'auto-, quando... "Jellal Fernandez, guarda che puoi anche baciarmi, non mi offendo!" gli disse la donna, ora con gli occhi aperti e perfettamente sveglia.
"E-Erza... i-io..." "Jellal sto aspettando da ore che tu lo faccia!" gli sorrise, portando il viso a un palmo dal suo. Le labbra rosse sapevano ancora un po' di vino, e lui riusciva a sentirne l'aroma grazie alla piccolissima distanza che li separava. Gli bastava avvicinare di poco il viso a quello di lei per far finalmente incontrare le loro labbra. E così fece, sfiorandole la punta del naso col proprio... quando la sirena del carrattrezzi si fece sentire nell'avvicinarsi sempre di più, e i due furono costretti a staccarsi...

La rossa si rimise le scarpe e il ragazzo l'accompagnò fino alla strada, dove si affiancarono alla macchina...

~Bonus~



"Beh, e stato bello. Grazie per avermi riaccompagnata" il sorriso che gli dedicò era appena illuminato dal lampione sotto il quale erano, quello sul marciapiede dove si trovava casa della donna. "Figurati, è stato un piacere fare la strada con te..." il carrattrezzi era andato via portandosi l'auto dell'uomo e dandogli un documento per poterla recuperare dopo qualche giorno, e i due avevano avuto appena il tempo di riprendere le proprie cose prima di incamminarsi verso casa, a piedi, ma per fortuna erano abbastanza vicini a casa della rossa.
"Mh, Erza..." "Sì?" le labbra rosse e carnose s'incontrarono con quelle di lui. Un leggero sfregamento, durato giusto il tempo di chiudere gli occhi, riaprendoli una volta che si furono staccati. "È stato bello anche per me, spero che ci siano altre occasioni per uscire..." finì il blu, con un leggero rossore sulle gote. La donna, rossa anche lei, gli sorrise scostandosi una ciocca dietro l'orecchio, per poi togliersi la giacca dell'uomo dalle spalle e restituirgliela.
"Lo spero anch'io Jellal..." si salutarono ancora prima che lei si recasse verso la porta d'ingresso, poggiandovisi con le spalle non appena l'ebbe richiusa, dopo essere, rientrata, sentendosi quasi una ragazzina al suo primo bacio...

E forse quello, per entrambi, era davvero il primo bacio. Non quello che si dà alla propria cotta adolescenziale -e cavoli se Jellal si sentiva un quattordicenne mentre camminava verso casa, sfiorandosi le labbra su cui sentiva ancora il sapore del vino unito a quello di Erza-, ma quello che ti sconquassa il cuore e lo stomaco in pochi istanti, facendoti sentire di non poterne più fare a meno...



Angolo autrice.
Buon Jerza day con questo capitolo speciale, ispirato alle art dell'anno scorso di Hiro Mashima su Twitter!
Spero vi sia piaciuto, e ci si rilegge prestissimo!
Grazie per aver letto!
Ciao❤️

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Capitolo 28
*** HalLo(ve)Week: Day 3 ***


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Questa fanfiction partecipa alla Halloweek 2021, indettoa dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

HalLo(ve)Week day 3.
27 Ottobre: Biblioteca/Museo di notte.
Coppia: Gajevy.

~Library~





"Mi dici di nuovo perché siamo qui?" lamentò l'omone, sbuffando per l'ennesima volta. "Perché dobbiamo cercare un libro forse? Sai, è quello che trovi nelle biblioteche Gajeel..." rispose svogliata la ragazza. Neanche Levy si divertiva a stare in una biblioteca, di notte per di più -strano per lei, ma quella missione non si stava rivelando come l'aveva immaginata-, ma era quello che dovevano fare per la riuscita della missione, e non avrebbero potuto stare tranquilli in mezzo a tante persone, col rischio che il libro che cercavano -un manuale contenente molti incantesimi- venisse preso da qualcuno. Il vecchio mago che lo aveva scritto, nonché loro cliente, lo aveva nascosto lì tempo addietro, convinto che quel posto non avrebbe mai più visto la luce del sole. Ma ora mancavano poche ore alla riapertura ufficiale della vecchia biblioteca di Crocus, e loro dovevano impedire che qualcuno prendesse il libro. Sarebbe stato pericoloso nelle mani sbagliate.

"E dobbiamo farlo noi perché?" "Perché il cliente non è più molto capace di usare la magia e non riesce più a leggere le rune, quindi devo farlo io..." avevano accettato l'incarico proprio perché serviva un mago delle rune, e Gajeel non se la sentiva di mardarcela da sola.
Così avevano affidato Emma a Lucy ed erano partiti, arrivando a Crocus giusto il giorno prima dell'apertura, ed erano stati costretti a passare la notte lì, nella speranza di trovare il libro prima che aprissero ai clienti.

"Quanto manca ancora?" si lamentò il moro dopo un'altra ora passata a cercare. "Non siamo nemmeno a metà..." disse aggiustandosi gli occhiali sul ponte del naso la donna, china su un altro libro, che però presto si rivelò solo un semplice manuale di cucina. Rimisero a posto i libri già controllati, continuando a scrutarne uno dietro l'altro, e nessuno dei due seppe quanto tempo passarono a farlo prima che la donna esclamasse un "Trovato!" facendolo voltare ghignante.
Il libro aveva una copertina marrone ed era stranamente senza titolo. Aprendolo l'azzurra aveva trovato le pagine totalmente bianche, ma quando aveva rimesso gli occhiali aveva letto delle rune magiche che si spostavano da una parte all'altra dei fogli, rendendole difficile decifrarle.
Ci erano volute un altro paio d'ore, ma alla fine Levy era riuscita a carpirne tutti gli incantesimi, e i due erano potuti uscire, di soppiatto, da lì, dopo aver rimesso tutto in ordine e col libro, che poi avevano consegnato al cliente. Il tutto riuscendo a non farsi beccare dai nuovi proprietari della biblioteca...

"Uff! Quanto manca?" i piedi gli dolevano per quanto aveva camminato. "Ancora un bel po'! E non dovremmo tornare a piedi se tu non avessi fatto storie per il treno!" "Sei ingiusta..." rispose il mago del ferro abbassando lo sguardo. "Ora fa silenzio o userò le rune per non farti parlare!" era la prima volta che stavano così tanto lontani dalla loro bambina, e non era tanto per Lucy, di cui Levy si fidava molto, quanto per Natsu, che sebbene fosse abbastanza bravo coi bambini -lo aveva dimostrato tempo addietro con la piccola Asuka-, restava ancora molto bambino lui stesso, e Lucy avrebbe avuto difficoltà a gestire lui insieme alla piccola. Affrettò il passo con l'unico pensiero di rivedere la loro bambina.
"Ehi aspetta!" il drago di ferro la seguì sulla strada che portava a Magnolia, non capendo cosa le fosse preso, speranzoso che si calmasse presto, perché l'unica cosa che voleva fare a casa era godersi sua moglie e sua figlia, che non vedeva l'ora di stringere tra le braccia...

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Capitolo 29
*** HalLo(ve)Week: Day 4 ***


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HalLo(ve)Week day 4.
28 Ottobre: Cimitero.
Coppia: Shicca.

~Because next time you'll end up in the cemetery~





Attraversò il cancello, camminando sulla stradina che la portò, in breve, all'interno di quel luogo tetro, dove fu circondata solo da tombe su cui faceva fatica a scorgere i nomi. Rebecca non era certa del perché fosse andata lì, e in realtà non aveva neanche indizi che la portavano in quel vecchio cimitero... ma cavolo, era già morta sette volte nel cercare l'ultimo pezzo dell'arma che l'avrebbe aiutata a sconfiggere il boss finale...

"Sei sicura di quello che fai?" le domandò il ragazzo, seduto accanto lei, col joystick in mano e nessunissima intenzione di iniziare una nuova partita -la decima- solo vedere il suo avatar cadere a terra colpito a morte... di nuovo.
"Stavolta ci riuscirò!" non sapeva ancora come -e in verità non sapeva nemmeno se avrebbe trovato qualcosa di utile-, ma Rebecca Bluegarden non aveva mai perso a un videogioco nella sua vita, e non era intenzionata a iniziare ora. "Vado prendere da mangiare..." si alzò dal divano il moro, ben sapendo che non sarebbe riuscito a farle cambiare idea. Quando la sua ragazza si metteva in testa qualcosa era davvero difficile farla desistere, se c'erano di mezzo i videogiochi poi, era letteralmente impossibile, e Shiki sapeva che avrebbe dovuto portarla a letto a un'orario quantomeno decente, a meno che non volesse ritrovala il mattino successivo addormentata nelle posizioni più improbabili, con ancora la schermata di gioco attiva e il joystick incastrato chissà dove tra i cuscini del divano...

Di solito quella responsabile era Rebecca, che spesso gli impediva di farsi coinvolgere nelle cavolate di Weisz, oltre che occuparsi della questione insetti quando lui si rifugiava dietro la schiena di lei, armata di ciabatta e insetticida. Ma quando la biondina entrava nel suo status gamer diventava peggio di una bambina, e a Shiki toccava fare la parte del genitore cattivo che prima o poi staccava la spina della TV e la mandava a letto severo...

Tornò con bibite e patatine, trovando la ragazza ad aver a che fare con uno zombie uscito da chissà dove e che, ovviamente stava avendo la peggio.
"Ancora nulla!" esclamò la giovane dopo averlo sconfitto e averne trafugato la tomba, per poi continuare ad esplorare il cimitero...

Shiki non seppe quanto tempo passò a guardarla menar mostri e zombie che le si paravano davanti, fatto stava che cinque pacchetti di patatine e tre lattine di Cola dopo si accorse, dall'orologio posto sulla parete dietro al televisore -quello blu a forma di gatto, con due orecchie sulla sommità e una coda appesa a mo' di pendolo sulla parte inferiore-, che fosse già mezzanotte passata.
"Adesso basta, salva e andiamo a dormire!" "No, ci sono quasi..." rispose distrattamente la ragazza senza neanche staccare gli occhi dallo schermo. "Continuerai la prossima volta!" "Ancora cinque minuti!" a quel punto il ragazzo si alzò, avvicinandosi minaccioso alla scarpetta elettrica, laddove vi era inserito lo spinotto della TV, minacciando di spegnerne l'interruttore con un piede. "Rebecca..." "Non osare!" "Salva la partita e andiamo a letto!" la ragazza sbuffò infastidita, impostando il salvataggio e chiudendo il gioco. "C'ero quasi..." "Sì sì..." raccolsero le buste di patatine e le lattine, gettandole via negli appositi contenitori della differenziata. Il tempo di ripulire il divano dalle briciole, e Shiki si accodò a Rebecca per raggiungere la loro camera.
Convivevano da un anno o poco più, e stavano insieme più o meno da quando avevano finito l'università. A vederli, complice anche la giovane età -sì e no poco sotto ai trent'anni-, sembravano due adolescenti. In effetti non erano molto propensi a passare le serate in posti che non fossero il karaoke o una sala giochi quelle volte che uscivano, e un po', da quel punto di vista, non erano forse mai cresciuti...

"Vieni a letto o resti lì sulla porta?" gli domandò, risvegliandolo dallo stato di trance in cui era caduto, rimanendo sulla porta mentre lei si legava i capelli in uno chignon scomposto, prima di mettersi sotto le coperte. Lo faceva spesso e senza neanche accorgersene e in verità a Rebecca non dispiaceva per niente. La faceva sentire desiderata ogni volta che gli occhi nero pece le scivolavano addosso, seguendo le curve sinuose del suo corpo. Era l'unico in grado di farla sentire una regina anche in pigiama, senza trucco, e con la febbre che le arrossava gli occhioni azzurri. Solo con Shiki si poteva sentire libera di essere sé stessa senza remore...
Il ragazzo si affrettò a raggiungerla, infilandosi sotto le coperte affianco a lei. Le braccia forti dell'uomo la circondarono, e lei ci si rannicchiò, sfuggendo al freddo -che sentivano poco grazie al riscaldamento- di quella notte d'Ottobre, mentre lui poggiava il mento sul suo capo biondo...

"Shiki..." "Mh?" "La prossima volta che interrompi una mia partita, al cimitero, quello vero, ci finisci tu..." e con quella minaccia a vuoto -lo sapevano entrambi che lo era- i due furono finalmente accolti tra braccia di Morfeo...

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Capitolo 30
*** HalLo(ve)Week: Day 5 ***


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HalLo(ve)Week day 5.
29 Ottobre: Covo di streghe/licantropi/vampiri.
Coppia: Harlie(Haru x Elie - Rave Master)
Murei (Musica Hamrio x Reina - Rave Master)
NaLu (Fairy Tail)
Shicca (Edens Zero)
Ketcona (Ket x Cocona - Cocona - Hiro Mashima's One Shot - Spoiler alert!)
Accenni di Gruvia, Jerza e Zervis.

~Because love has no form~





"Presa!" due braccia muscolose circondarono la vita della bionda -avvolta nella stoffa rossa dell'abito, che poco lasciava all'immaginazione causa il lungo spacco che, dalla coscia destra, scendeva verso il basso, e la scollatura a goccia del vestito che gli dava visuale niente male del seno prosperoso-, intrappolandola nel suo caldo abbraccio. "Non vale! Hai barato!" lamentò Lucy, che però non si mosse da dove si trovava. Sebbene le sarebbe bastato utilizzare un po' più della sua forza per potersi liberare, non sarebbe mai sfuggita dall'unico luogo dove si sentiva realmente al sicuro dopo diverso tempo passato come un'anima in pena prima di incontrare quegli occhi magnetici di cui sentiva l'intensità sulla pelle, già colma di brividi.
"Certo, come no... forse volevi farti prendere..." l'alito caldo le sfiorò il collo, facendole chiudere gli occhi e poggiare la testa sulla sua spalla per goderne dell'intensità...

"Non vedo perché sarei dovuta scappare in primo luogo Natsu..." "Perché sai sempre come provocarmi, ragazzina..." non aveva perso il vizio di chiamarla così, benché fosse lei la più anziana tra i due. Era lei che viveva da più secoli in fondo...
"E ora dovrò castigarti per bene..." concluse per poi scendere a lambirle il collo con le labbra roventi, facendole sentire i canini sulla pallida pelle, quando...
"Perché non vi chiudete in camera vostra?" intervenne la bionda, spalancando la massiccia porta in legno e uscendo dalla sua stanza -quella davanti alla quale i due si erano fermati a cuccare, per l'esattezza, e da dove lei aveva ascoltato tutto, seppure non voleva e di certo non le aggradava farlo-, seguita dal moro. "In effetti, certe cose è meglio farle che assistervi..." ghignò quest'ultimo, mettendo così in mostra i candidi canini.
Non si aspettava di vedere Rebecca arrossire, perciò non fu per nulla sorpreso quando lei lo fulminò con lo sguardo. In fondo, la donna era a conoscenza di cose ben peggiori, frutto della sua mente che, in quell'esatto istante, le mostrò chiaramente le vere intenzioni -per nulla caste- di Shiki, gemelle delle sue in verità, ma per fortuna, tra i quattro, era l'unica ad avere la capacità di leggere i pensieri altrui. Meglio così, o sarebbe morta di vergona...

"Vorremmo!" parlò il rosato per entrambi, perché la sua biondina era voltata verso il muro, con le guance appena imporporate -per quanto possibile ovviamente- e gli occhioni castani serrati. "Però sapete anche voi che non possiamo mancare, anzi, stiamo già facendo tardi..." "Tranquillo Dragneel, tanto Cocona non se la prenderà mica per qualche minuto di ritardo! Solo..." guardò Lucy e poi subito Rebecca. La prima era molto amica della principessa e sicuramente sapeva qualcosa, mentre la sua bella streghetta -illegale in quel vestito verde smeraldo dalla scollatura a cuore, con gli spacchi vertiginosi a scoprirle la pelle dalle cosce in giù, che lo stava mandando ai pazzi solo nello stringersi a lui, il quale le teneva un braccio su un fianco, stringendola possessivo- sicuramente lo sapeva, data la sua capacità di leggere nella mente altrui. E fu proprio quella capacità che gli fece guadagnare una gomitata, per la natura dei suoi pensieri impuri, prima di continuare. "Perché questa festa?" lesse negli occhi neri velati di verde dell'amico la stessa domanda, anche lui voleva saperlo, ed evidentemente le sue doti non avevano convinto la sua bella vampira a parlare.
"Lo scopriremo solo andando a palazzo!" a rispondere per Lucy, la quale vedeva puntati quattro occhi indagatori su di sé, ci pensò Rebecca, che ben conosceva, dai pensieri dell'amica, la risposta, così come conosceva la richiesta della principessa di non rivelare a nessuno quel segreto.
"Su andiamo o arriveremo davvero tardi!" la bionda tirò il compagno a sé, afferrandolo per il braccio coperto dalla candida camicia che Shiki non si decideva a coprire con la giacca. La metterò una volta arrivati, le aveva detto quel demonio, non capendo il rischio a cui si esponeva nel farsi vedere da lei con quel completo. Il gilet rosso fuoco, in contrasto coi pantaloni neri abbonati a loro volta alla giacca che egli teneva posata sull'avambraccio libero, rendeva ancora più evidente il petto muscoloso che vi si nascondeva sotto. Le corna rosse, che quel diavolo tentatore non si era nemmeno degnato di ritirare -perché il re dei demoni avrebbe dovuto nasconderli poi?-, spuntavano dalla capigliatura color pece, in perfetto pendant col completo, gli davano un'aria ancora più invitante, e la strega avrebbe affondato le dita nelle ciocche nere come la notte, solo per il gusto di trarlo a sé e coinvolgerlo in uno dei loro soliti baci, sentendo schiantarsi nella propria gola i piccoli gemiti di dolore, causa le sue dita malandrine che si attorcigliavano intorno ai suoi capelli, tirandoglieli appena...
"Se non la smetti di morderti le labbra non usciremo dal castello per il resto della serata, mia regina..." le disse a un palmo dal viso Shiki, poco prima di far finalmente incontrare le loro labbra...

"Ora siete voi due che dovreste chiudervi in camera!" interruppe la voce di Lucy -con una punta di soddisfazione, nell'attuare la sua piccola vendetta, per nulla nascosta, sebbene i due non si fossero poi staccati, continuando il siparietto ai limiti della decenza in mezzo al grande salone- arrivando mano nella mano con Natsu, che si stava abbottonando la giacca nera sul gilet rosso cremisi. "A meno che non preferiate spogliarvi qui in mezzo, ma vi prego risparmiateci di dover dare fuoco ai mobili..." continuò per lei il suo bel vampiro, mentre li superavano nell'uscire dal grande portone del castello, raggiungendo in breve la carrozza. Solo dopo essersi staccati e averli raggiunti, la strega ghignò in direzione dell'amica. "Almeno noi due non lo faremmo nella carrozza, ripassandoci tutto il Kamasutra, come il tuo bello sta pensando di fare da almeno cinque minuti buoni!" scacco matto, pensò fiero il suo uomo, mentre l'aiutava a salire sulla suddetta carrozza. Natsu fece lo stesso con una Lucy che sarebbe stata un pomodoro a quell'ora, se solo avesse avuto ancora un po' di sangue a scorrerle nelle vene.

Rebecca agitò le mani affusolate, e mentre le luci del castello si spegnevano, la carrozza iniziava a muoversi avvolta dalla sua magia, diretta verso il regno dei demoni del Nord...

"Sbrigati che facciamo tardi!" gridò spazientita, mentre indossava l'altro orecchino e risistemava i capelli castani, lasciati sciolti a scendere fin sopra le spalle. "Arrivo arrivo!" rispose l'uomo dai capelli argentei, mentre, con attenzione, faceva il nodo alla cravatta blu scuro. Ci aveva provato diverse volte e finalmente quella fu l'ultima, perché vide la cravatta starsene perfettamente al suo posto, senza muoversi e, soprattutto, tenendogli fermo il capo. Non voleva certo che la sua testa scivolasse via e che finisse a rotolare sul buffet -o peggio, che finisse a doverla rincorrere in mezzo alla miriade di invitati che rischiavano di calpestarla. Non gli andava di finire la serata con un tacco in un occhio-, e mentre dava gli ultimi ritocchi al proprio outfit. Un completo blu scuro con cui, Elie doveva ammetterlo, mentre se ne stava poggiata allo stipite della porta rimirando il marito, Haru stava divinamente...
Lo sguardo di lui cadde, attraverso lo specchio, sul suo corpo, fasciato dall'abito nero lungo appena sotto il ginocchio, con un piccolo strascico a scendere fino al pavimento, laddove la stoffa si posava leggera, accanto ai piedi racchiusi nelle scarpe nere tacco dodici. L'abito, senza spalline e dalla scollatura generosa, lasciava intravedere la forma tondeggiante del prosperoso seno. "Se fai così non credo ci muoveremo da qui, tesoro..." disse col ghigno di chi sapeva che avrebbe avuto la risposta desiderata.
E infatti la donna gli si avvicinò lentamente e con un sorriso sul volto, meno verdognolo del solito a causa del leggero trucco. "In questo caso..." gli disse porgendogli la mano destra, che lui afferrò subito, intrecciando le dita tra di loro, mentre Elie avvicinò le labbra alle sue, a pochissimi millimetri. "Dovrò inventarmi una scusa per la tua assenza, mio bel cavaliere senza testa..." gli disse nell'allontarsi, voltandosi poi per raggiungere la porta.

Haru rimase a fissarla con un'espressione tra l'interdetto e il deluso per quel giochetto di seduzione appena messo in atto da lei -si divertiva spesso a illuderlo, e il bello della loro relazione era anche questo, a volte...-, mentre la donna tornava velocemente da lui, afferrandogli la mano. "E questa è mia!" disse strappandogli dalle mani il proprio arto, rimasto aggrovigliato nell'intreccio di dita -non che le dispiacesse-, per rimettersela a posto. L'uomo si risvegliò stato di trance che lo aveva bloccato lì a guardarla ancheggiare verso l'uscita, bellissima e letale come solo la sua donna sapeva esserlo, affrettandosi a raggiungerla. Quella bellissima zombie gli faceva perdere la testa pure quando ce l'aveva ben attaccata al collo...

Il suono del pianoforte si spandeva nell'enorme salone dai toni bordeaux, mentre le mani abbronzate si muovevano a ritmo di musica, lasciando che le dita scovolassero sui tasti, creando così un accordo musicale sul quale ella muoveva il corpo sinuoso, avvicinandosi a lui e lasciandogli un leggero bacio sulla nuca, solleticandosi le labbra rosse e piene con le ciocche scure. "Sai che mi piace sentirti suonare, ma faremo tardi..." gli soffiò, lasciando che il moro smettesse di suonare per portare una mano ad incastrarsi tra i lunghi capelli verdi e tirarla per la nuca verso di sé, chiudendo le loro bocche in un famelico bacio...

"Sai quanto preferirei occupare la mia serata con te invece di stare in quel covo di streghe, licantropi, vampiri e ogni altra creatura che l'inferno possa regalare amore..." la voce calda di Musica le carezzò l'orecchio, mentre la lingua di Reina non si fece attendere, scendendo a lambirgli il collo, laddove due piccole cicatrici tondeggianti -frutto del suo morso che lo aveva trasformato in una creatura degli inferi, ormai secoli addietro- facevano bella mostra di sé. "Non ci saranno solo loro sai?" il compagno lo sapeva. A quell'evento erano invitate tutte le creature dei regni alleati, e doveva essere davvero importante se era richiesta la presenza di nomi così importanti...

"Fammi vedere..." le disse intrecciando le dita con quelle della donna, che fece un passo indietro, mostrandosi in tutta la sua letale bellezza, permettendo a lui di alzarsi per farla roteare appena su sé stessa, rimirandone il corpo meraviglioso. L'abito blu notte scendeva sinuoso su di lei, la stoffa dell'ampia scollatura a cuore incorniciava il seno pieno, scendendo poi dietro, a scoprire la schiena pallida ch'egli avrebbe volentieri riempito di roventi baci, chiudendosi nel piccolo strascico che a malapena sfiorava il pavimento.
La compagna aveva ragione, avrebbero fatto tardi ed egli, chiudendola in un abbraccio, le lasciò un dolce bacio sulle labbra, prima di allungarsi a prendere la giacca nera in pendant con camicia e pantaloni posata sul pianoforte. "Andiamo..." disse lei sfuggendo dal suo abbraccio -l'unico luogo in cui sarebbe voluta stare per il resto dell'eternità-, precedendolo nel raggiungere l'ingresso del grande castello. "Torneremo tardi, avete il resto della serata libera..." annunciò il padrone di casa alla servitù, riunita a salutare i signori. "Shuda, Cattleya, assicuratevi di lasciare tutto in ordine!" ghignò Reina, facendo intendere ai due che avesse capito come avrebbero passato quelle ore.
Lo sapeva da quando li aveva sorpresi, qualche settimana prima, nella camera della ragazza, mezzi nudi e ancora sudati.
E quello, in fondo, era solo il suo modo di augurar loro una bella serata...

"Principessa... principessa per favore venite fuori... non fatevi pregare..." la donna dai capelli bianchi raccolti in uno chignon teneva alzato l'abito ampio per poter macinare i metri della camera senza inciampare. Guardava in ogni angolo ma la giovane sembrava proprio non essere lì...

Per poco la donna non lo vide mentre sgattaiolava -in tutti i sensi- fuori dalla camera. Era andato a cercarla, ma l'albina non era in camera, e da come la bàlia continuava a pregare di trovarla prima che suo padre venisse a sapere della sua scomparsa, Cocona era introvabile non solo per lui. Con la sua forma felina, sperava, l'avrebbe trovata senza farsi sorprendere da qualcuno. Gli bastava miagolare per essere scambiato per un qualunque gatto nero, forse appartenente a una delle tante streghe che già avevano riempito l'enorme sala da ballo, riuscendo così a potersi muovere indisturbato per il castello dei demoni del Nord. Sbirciò da un angolo della grande balconata -quella su cui sarebbero dovuti stare al fatidico annuncio- che dava sulla sala. Erano presenti tutte le più alte cariche dei regni alleati, invitati immancabili alla sera in cui sua maestà il re avrebbe annunciato il fidanzamento ufficiale di sua figlia...
Notò, accanto al buffet, una chioma azzurra ben conosciuta, e non si stupì nel vederle accanto il suo amato.
L'amore che Juvia provava per quel Fullbuster non era un mistero per nessuno, e non serviva un fiuto particolare per capire che quel licantropo dagli occhi di ghiaccio provasse lo stesso. Per quanto stupidamente cercasse di convincere gli altri, a nessuno sfuggivano i piccoli gesti che egli metteva in atto per la bella ninfa dagli occhi del colore delle stesse acque che le avevano dato la vita. Esattamente come in quel momento, ch'egli porse il braccio perché la sua bella si facesse accompagnare in mezzo alla pista da ballo, dove Dragneel e la sua vampira erano già intenti a ballare, poco distanti dai Fernandez, anch'essi teneramente stretti a seguire le note del lento che si poteva sentire per tutta la sala. Gli occhi felini intercettarono anche Zeref e Mavis, i quali avevano seguito il loro esempio, e lo stregone prese la sua bella fata per la vita, lasciando che lei -complice anche la scarsa altezza- posasse il capo biondo sul suo petto, mentre la coda si muoveva piano a penzoloni, in totale relax, come lo erano le ali trasparenti sulla sua schiena.
Il resto degli invitati non tardò a unirsi, creando una calca di persone -non era certo di poter dire così- che si scatenavano in pista, con tanto di Dragneel e Fullbuster che si sfidavano silenziosamente a chi fosse il miglior ballerino...

"Ket!" per poco non lo fece cadere di sotto nel palesarglisi alle spalle. "Cocona! Mi hai fatto spaventare accidenti!" la ragazza lo prese tra le braccia, portandolo nel nascondiglio da cui anche lei stava osservando la festa. "Sai che la tua bàlia ti sta cercando? Dovresti essere già vestita di tutto punto!" la sgridò, non resistendo ad accoccolarsi sul suo ventre, rilassandosi al suo tocco gentile. "Anche tu, e invece sei qui a spiare!" rispose ovvia l'albina, zittendolo.
"Sai che dovremmo essere a prepararci giusto? In fondo, siamo noi i protagonisti" "Non me lo ricordar- ehm, senti potresti ritrasformarti? Mi fa strano parlare con te così..." Ket annuì e in breve al posto del micio apparve un ragazzo dalla capigliatura nerissima e due antenne sulla testa, gemelle di quelle della ragazza, che sorrise nel sentirsi abbracciare. In realtà gli era venuto da rispondere che un tempo, anni addietro, aveva sempre parlato con lui in quella forma. Ma poi lei lo aveva liberato dalla magia della strega, e lui aveva temuto che, conoscendo la sua vera natura, Cocona non volesse più essergli amica.
Ma lei gli aveva sorriso, dicendogli quella frase che ancora oggi sentiva risuonare nella mente. In qualsiasi forma ti vorrò sempre bene, gli aveva detto, e ora capiva che era lei ad aver bisogno di sentirselo dire...

"Sai che non sono un'illusione?" le domandò retorico, riferendosi a quell'umano che tempo prima le aveva decantato amore chiedendole di cambiare il suo essere per farsi amare. Lo stesso che altro non era che un'illusione di quella stessa strega che lo aveva colpito dopo che egli aveva rifiutato di ricambiare la sua attrazione.
Sembrano le antenne di un insetto...
"In una forma o nell'altra ti amerò sempre..." le disse carezzandole il capo e sentendo pian piano le antenne muoversi... fino a rizzarsi sulla sua testa -come quelle sulla sua- alla voce che li raggiunse.
"Principessa!" uscirono dal loro nascondiglio per fronteggiare la donna, che prese per mano i due ragazzi, guardandoli contrariata. "Non dovreste comportarvi così, è sconveniente che vi nascondiate così..." i due si premurarono di non dirle delle cose sconvenienti che già avevano fatto, arrossendo entrambi a quei pensieri...

"Venite, tra poco dovrete presentarvi davanti agli invitati e non siete ancora pronti!" e detto questo -riferendosi alle mise non proprio eleganti dei due- la donna lì trascinò verso le rispettive stanze.

Presto ci sarebbe stato il fatidico annuncio, e i due avrebbero fronteggiato creature venute da ogni dove per augurare loro un amore come quello che ognuno -o quasi- dei presenti aveva. Perché in fondo l'amore non ha forma ed è questo che lo rende meraviglioso...

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Capitolo 31
*** HalLo(ve)Week: Day 6 ***


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HalLo(ve)Week day 6.
30 Ottobre: Campeggio.
Coppia: NaLu.

~Because things have not gone so badly~





"Luce, stai bene?" non avevano parlato per diverso tempo lungo il tragitto, e Natsu si convinse che avrebbe fatto meglio a non interrompere quel silenzio quando la vide fulminarlo con lo sguardo. "Ovviamente no! Ti avevo detto che non era il momento giusto ma tu hai voluto farlo per forza!" sbraitò la bionda aprendo la porta del piccolo appartamentino di Strawberry Street e posando in malo modo il borsone sul divano bordeaux, per poi andare in bagno, urlandogli un "Non osare entrare!" prima di chiudersi la porta alle spalle...

Poco dopo aver sentito la porta sbattere il cellulare gli vibrò nella tasca dei jeans, e il rosato guardò svogliato il messaggio dell'amico. 'Com'è andata?' per niente bene, avrebbe voluto rispondere a Gray, ma non sarebbe stata proprio la verità.
In realtà il campeggio era andato anche alla grande, e il fatto che avesse diluviato costringendoli ad andarsene prima della fine del week end, non aveva intaccato poi molto il loro soggiorno nel vecchio boschetto ai confini di Magnolia.
Magari non era il massimo, ma nessuno dei due -appena ventenni e con un lavoro alla biblioteca del campus lei, da meccanico lui- poteva permettersi una vacanza in un hotel di lusso. L'importante era staccare perché,con gli esami alle porte, Lucy stava davvero impazzendo, mentre lui, convinto che avrebbe recuperato abbastanza facilmente un voto basso, sentiva la mancanza della sua ragazza. Si vedevano poco, e quando lo facevano lei si portava l'intera libreria dietro, trasformando un caffè insieme, seduti al tavolino di un bar, in una sessione extra di studio. Ed era anche riuscito nel suo intento, dato che quel giorno e mezzo passato -categoricamente senza libri e con solo i cellulari solo nel caso ci fosse stata un'emergenza- in mezzo alla natura.
Non aveva però calcolato il meteo -o meglio, lo aveva fatto, si era affacciato alla finestra e il cielo limpido lo aveva convinto che si poteva fare- e ora si ritrovano fradici, con Lucy che ora era più nervosa di prima...

"Finito... ora, se non ti dispiace, preferirei che tu ti asciugassi e te ne andassi. Devo studiare" ad interrompere il flusso dei suoi pensieri ci pensò la biondina, uscita dal bagno con solo un misero asciugamano di spugna a coprirle il corpo formoso.
"Sì..." "Dovrebbe esserci un cambio dall'ultima volta che hai dormito qui, te lo prendo..." e detto questo, Lucy si diresse nella sua camera, iniziando a frugare nell'armadio, mentre il ragazzo si apprestava a raggiungere il bagno...
Per colpa di quell'idiota del suo ragazzo adesso si ritrovava ad aver perso preziose ore di studio, e per di più aveva rischiato di prendersi un malanno, e poco importava se, dopo diverse settimane, la testa non aveva avuto tempo di pensare agli esami imminenti. Dopo tanto aveva finalmente spento un po' il cervello, godendosi del tempo con Natsu. Quell'idiota del suo ragazzo, che le era mancato da morire, e che aveva fatto di tutto per darle quel po' di svago di cui aveva bisogno...

"Lu?" dalla porta chiusa il fulcro dei suoi pensieri la risvegliò dal continuare a guardare inebetita la maglia e i jeans che aveva tra le mani. "E-Entra pure..." "Ehm, sei sicura?" Lucy, ancora arrabbiata con lui, che lo invitava ad entrare in camera sua, alias l'unico posto della casa dove quella volte che si era azzardato ad entrare senza il suo permesso, in poco più di un anno di relazione, era uscito con una Lucy imbestialita e una cinquina stampata sulla faccia.
Doveva esserle salita la febbre d'improvviso... oppure stava progettando di ucciderlo...

"Entra e basta!" e così fece, con gli occhi serrati -nonostante non ci fosse poi molto del corpo della sua bella che gli fosse sconosciuto-, che riaprì solo quando lei gli disse di smettere di fare il cretino e di ascoltarla.
La vide già in pigiama -quello rosa con gli orsetti che a lei piaceva tanto, il suo regalo di pochi mesi prima dopo che lei aveva parlato con Levy di quanto le fosse piaciuto, visto in una vetrina di un negozietto che nemmeno ricordava dove fosse. Aveva girato tutta Magnolia, finendo addirittura a Crocus, ma ne era valsa la pena per vedere i suoi occhioni color cioccolato spalancarsi e brillare per la sorpresa- e lei lo invitò a sedersi sul letto. Poco le importava se le avesse bagnato le coperte, le avrebbe cambiate, ma doveva dirglielo.
"Scusa..." "Eh?" gli si sedette vicino torturandosi le dita nel non sapere da dove iniziare. Uno dei suoi peggiori difetti era sempre stato l'orgoglio...
"Tu volevi solo farmi rilassare un po' e io ti ho trattato male nonostante mi fossi divertita alla fine..." gliene aveva dette di ogni durante il tragitto. Talmente tante che la pioggia era finita da un bel pezzo quando, circa a metà tragitto verso casa, era entrata nella sua fase di mutismo...

"Per favore, perdonami Natsu..." teneva il capo basso Lucy, e Natsu non sapeva dire quanto la trovasse adorabile a quel modo. In realtà, anche mentre gli sbraitava addosso una miriade di insulti era bellissima. Non c'era un momento in cui non la trovasse tale, pure quando era nervosa...
Solo che ultimamente quel nervosismo le stava facendo male, e quello era qualcosa che non avrebbe mai permesso che la sua Lu dovesse passare...
Le alzò il volto con due dita a premere leggere sotto il mento, facendo incontrare le loro labbra.
Era davvero troppo tempo che non si baciavano... l'intero pomeriggio, per l'esattezza...

"Mh Natsu?" "Mh?" si erano staccati, rimanendo a pochi millimetri di distanza, sentendo i rispettivi respiri -e cavoli se quelli erano capaci di riscaldarli, chiudendo definitamente fuori il freddo di Ottobre-, mentre lui apriva gli occhi, irradiandola di quel nero pece dalle sfumature verdi che tanto le facevano bene al cuore...
"Non è che dormiresti qui stanotte?" si erano pure scordati che ore fossero, e la sera era ormai giunta. "Va bene, vado a prendere le coperte..." "No..." il rossore sulle guance le si diffuse velocemente. "Sei sicura?" la infastidiva che si infilasse nel suo letto, e quelle volte che lo aveva fatto era finita male, per questo, quando rimaneva a dormire, prendeva il divano, a meno che non fosse Lucy a volerlo a letto, e in genere finivano a fare ben altro che dormire.
Non quella sera, che Natsu si vestì velocemente, raggiungendo la fidanzata sotto le coperte e stringendola a sé.
Alla fine, le cose non erano andate poi così male...

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Capitolo 32
*** HalLo(ve)Week: Day 7 ***


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Questa fanfiction partecipa alla Halloweek 2021, indettoa dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

HalLo(ve)Week day 7.
31 Ottobre: Nave da crociera.
Coppia: NaLu/Shicca.

~Music box~





Posò il piccolo carillon sulla mensola, indecisa ancora se gettarlo via o meno. Era un ricordo a lei molto caro -regalatole da suo padre, con tanto di storia su come l'avesse acquistato in viaggio di nozze, appena sceso dalla grande nave da crociera, su una bancarella di oggettini di poco valore- ma da che aveva memoria Rebecca non lo aveva mai sentito suonare...

"Sai piccola, questo carillon è molto speciale!" "Davvero?" domandò la piccola Rebecca, già sotto le coperte a ripararsi dal freddo, con suo padre che le si era seduto accanto per raccontarle una storia, come ogni sera, prima di andare a dormire.
"Si dice che chiunque lo abbia troverà il vero amore, e che esso sarà il possessore del suo gemello..." caricò la molla posta sul resto di quella scatoletta di legno scuro, un po' opaco e rovinato dal tempo in alcuni punti -aprendolo faceva bella mostra di sé una piccola damina vestita con un ampio abito rosa pesca, in attesa del suo cavaliere che, però, non si trovava con lei-, ma nessun suono uscì dal carillon, così come la piccola dama non si muoveva di un millimetro. "Ma non funziona..." lamentò la bimba dai capelli biondo cenere, delusa nel non veder volteggiare la piccola figura in legno dallo chignon biondo a spiccarle sul capo. Anch'essa sembrava tenerlo basso, un po' come Rebecca, ma forse era solo per la posizione in cui essa si trovava.
"Si dice che riprenda a suonare solo una volta che si trova accanto al proprio gemello Rebecca. Probabilmente è perché non c'è l'altro carillon vicino..." "Impossibile!" aveva otto anni ma non era stupida. Sapeva come funzionassero quegli oggetti, e se non suonavano dopo che la molla era stata caricata voleva dire che erano rotti...

"Magari sì... però e comunque troppo carino per gettarlo. Potremmo farlo riparare un giorno di questi..." disse l'uomo alzandosi e posando un leggero bacio sulla fronte della figlia. "Adesso però è ora di dormire, buonanotte tesoro..." le disse mentre lei chiudeva gli occhioni azzurri. Ripose poi il carillon sul comodino, uscendo e chiudendo la porta...



"Ehm, mi scusi..." un uomo, forse sulla trentina, con una tuta da lavoro addosso, la strappò ai vecchi ricordi. "Sì?" "Noi avremmo finito..." la donna annuì accompagnandolo in quello che era stato lo studio del vecchio proprietario della casa, ora adibito momentaneamente a deposito per gli scatoloni che avrebbe dovuto poi risistemare. Pagò gli operai che si erano occupati del trasloco, i quali andarono via subito dopo, lasciandola con tanto lavoro ancora da fare, primo fra tutti sistemare la biancheria per la camera da letto. Si stava avvicinando la sera ed era fine Ottobre, non voleva gelare quella notte...

Il campanello la interruppe ancora una volta mentre si chiedeva cosa fare di quel vecchio carillon. Aveva appena finito di sistemare coperte e cuscini nella propria camera quando, passando per il salotto nel recarsi in cucina a prendere lo smartphone lasciato sul tavolo -doveva impostare la sveglia per il giorno dopo- si era ritrovata di nuovo davanti all'oggetto.
Andò ad aprire, non sapendo proprio chi potesse rompere le scatole alle otto e mezzo di sera -era appena arrivata in quella cittadina, Norma, per cui non conosceva ancora nessuno lì-, ritrovandosi davanti un ragazzo alto, dai capelli neri, esattamente come i suoi occhi, e un cerotto sulla guancia sinistra. Le sorrideva, tenendo tra le mani un piatto di alluminio con dentro una crostata, da quello che le sembrava di capire. "Posso aiutarla?" domandò dato che l'altro non faceva altro che fissarla senza parlare.
"Sì, ehm, ecco..." balbettò, non era riuscito a fare altro che fissarla ridente da quando ella aveva aperto la porta. Era una biondina, più o meno della sua stessa età, con due occhioni azzurri così grandi che sembrava di vederci dentro il mare...
"Io sono il suo vicino... Shiki Granbell, abito nell'appartamento affianco..." indicò col capo la porta proprio accanto a quella dove stavano. "Ehm, benvenuta nel quartiere..." "Rebecca... Rebecca Bluegarden, molto piacere..." gli sorrise. "Piacere mio. Sono venuto a portarle questa..." le porse la crostata.
Non era bravo in cucina, per questo, quando aveva visto il camion dei traslochi, circa un'oretta prima, e capendo che avrebbe avuto un nuovo vicino, era corso al supermercato per acquistare un dolce di benvenuto. Non poteva certo darle una torta mezza bruciacchiata, senza contare che non avrebbe fatto una bella impressione se avesse scatenato un incendio nel condominio. Decisamente meglio che non si mettesse ai fornelli...

"Molto gentile, grazie signor Granbe-" "Fleuve d'etoiles!" "Come?" lo guardò stranita, voltando poi lo sguardo dove lo stava puntando lui. Sulla mensola dove svettava -anche perché era l'unico oggetto lì presente- il piccolo carillon...

"Anche lei ha il Fleuve d'etoiles!" "Non capisco..." "Un momento!" le mollò la crostata, rientrando in casa propria e uscendone dopo qualche secondo con un oggetto tra le mani. Un oggetto dalla forma per nulla sconosciuta alla bionda. "Un carillon identico a questo, di cui ne sono stati fatti solo due ..." le disse caricando la molla. E quando l'oggetto si aprì, mostrò loro una piccola statuina. Un uomo, vestito di una rossa casacca, se ne stava in piedi al centro del carillon. Sul capo, tenuto basso, svettava una capigliatura dal colore insolito -era rosa, e la ragazza pensò che doveva essere successo qualcosa al legno in quel punto per renderlo di quel colore- e il piccolo omino non si muoveva di un millimetro, così come la musica non fuoriusciva da nessuna parte...
"A-Allora aveva ragione..." "Chi?" "Mio padre..." lo guardò per qualche secondo, per poi invitarlo a entrare prima di chiudere la porta. Il corridoio del pianerottolo non era adatto a certi discorsi. "Una vecchia storia che mi aveva raccontato da bambina una volta, che parlava di due carillon uguali e unici al mondo..." "Anche mio nonno mi ha raccontato qualcosa di simile... il carillon me lo ha dato lui dicendomi che mi avrebbe portato fortuna... e beh, a quanto pare anche lui aveva ragione!" le sorrise, facendola arrossire appena. "Senta... può anche darmi del tu se vuole..." disse lei dopo qualche secondo, il tempo necessario per farsi passare il rossore. "Anche lei- ehm, anche tu se ti va... credo abbiamo anche, più o meno, la stessa età" "Va bene... senta- ehm, senti, che ne dici di mangiarla insieme?" gli propose portando l'attenzione sul dolce, e il ragazzo accettò sorridente. "Bene, la cucina è di là, questo..." gli disse, riferendosi al carillon tra le sue mani. "Puoi posarlo accanto all'altro se vuoi, in fondo, sono fatti per stare insieme no?" ridacchiò, seguita a ruota dal ragazzo, che posò delicatamente l'oggetto accanto al suo gemello, per poi seguirla in cucina...

"Accidenti! Ho dimenticato di mettere a posto l'argenteria... aspettami qui, torno subito..." Rebecca si fiondò di nuovo nell'ex studio, cercando tra gli scatoloni quello su vi era la scritta 'cucina', ripescando da esso un paio di forchettine da dolce, recandosi di nuovo in cucina.
Non seppe perché, ma mentre passava per il salone si fermò a guardare gli oggetti, posti uno accanto all'altro. Prese il carillon ancora chiuso e fece per caricare la molla, notando solo in quel momento l'incisione, appena visibile, proprio sotto di essa: 'Fleuve d'etoiles'...
Rimase a guardarla inebetita, e l'oggetto quasi le cadde dalle mani nel sentirsi toccare una spalla. "Shiki! Mi hai fatto paura..." "Scusami, è che non tornavi e mi sono permesso di venire a vedere se ti servisse una mano..." l'altra annuì, tornando a guardare il carillon, caricando poi la molla, e facendo aprire l'oggetto, cosicché la damina bionda si mostrasse il tutto il suo splendore.
"Carina..." sentì dire dal ragazzo, e... "Sì..." rispose Rebecca rimettendo il carillon a posto, da dove, dopo pochi secondi, iniziò a suonare le prime note.

I due oggetti cominciarono a risuonare di una dolce musichetta. Quella che sembrava una lenta e tenera ninna nanna accompagnò i primi movimenti delle due bamboline, le quali prima alzarono il capo, e poi ruotarono lentamente su sé stesse, la dama verso la propria sinistra, l'uomo invece verso destra...
I due ragazzi si guardarono straniti, entrambi senza sapere cosa stesse succedendo, e mentre la musica giungeva lentamente al termine, le bamboline si ritrivarono voltate una verso l'altra, scattando poi, non appena la musica cessò, con le braccia a sporgersi verso l'altra, facendo sfiorare appena tra loro le piccole manine in legno...

"Ehm, ci... ci dobbiamo ricordare che sono oggetti che saranno stati fatti negli anni novanta..." cercò di parlare la bionda -che inconsapevolmente si era aggrappata al braccio del ragazzo, il quale a sua volta l'aveva trascinata indietro di un paio di passi dalla mensola su cui si stava svolgendo quella strana scena-, e l'altro l'ascoltò senza staccare lo sguardo dagli oggetti. "Avranno al loro interno qualche meccanismo che si attiva così... devono essere una di quelle cianfrusaglie fatte per stare in coppia... come quei ciondoli che in realtà sono due metà un cuore e hanno quelle calamite al loro interno per unirsi, hai presente?" il moro annuì concorde, d'altra parte non potevano essere oggetti così tanto vecchi se ancora funzionavano, anche se in modo strano...
"Però sono carini, in un certo senso..." Rebecca guardò attentamente gli oggetti, trovandosi concorde con lui su quel punto.
"Però ora non dovrebbero chiudersi?" "Forse si sono inceppati di nuovo" "Già ..."

"La crostata ci aspetta!" Shiki spezzò, dopo qualche minuto passato a fissare quella tenera -seppure un pochino inquietante dato il funzionamento di quegli oggetti- scena, il silenzio creatosi. "Sì, andiamo! Non vedo l'ora di assaggiarla!" gli sorrise la bionda, ora un po' più tranquilla -solo dopo aver razionalizzato il tutto, arrivando alla logica soluzione che fossero solo due vecchi carillon che funzionavano, quando funzionavano, in modo un po' particolare-, tornando in cucina col ragazzo...

~Bonus~



Mano nella mano, i due camminavano per il lungo corridoio, arrivando finalmente davanti alla loro cabina. "Era ora! Mi fanno malissimo i piedi con queste scarpe e non vedo l'ora di togliermi questo dannato corpetto..." "Al corpetto ci penserò io amore, non preoccuparti..." le sussurrò a pochi centimetri dalle labbra, prima di farle scontrare tra di loro, accendendo ancora di più il rossore sulle guance, presentatosi a causa della sua frase.
Dopo essere entrati le scarpette rosa confetto furono le prime a finire sul pavimento di legno, in un angolo sperduto ai piedi del letto, dove la bionda si distese, raggiunta dal marito, che si sedette sul letto, intento a tirare fuori dal piccolo bauletto che teneva con sé due scatoline di legno scuro.

"Cos'è?" "Da parte di mio padre con tanti auguri!" le sorrise, non rispondendo per non rovinarle la sorpresa, caricando poi entrambi i carillon e posandoli sul piccolo mobiletto lì accanto. Essi, dopo qualche secondo, si aprirono, mostrando due piccole copie di loro stessi, che si mossero lentamente a tempo di musica -alla giovane sembrava una dolce ninna nanna, per questo abbracciò il ragazzo da dietro, stringendolo a sé con le candide manine posate petto coperto dal bavero, cullata dalla musica-, trovandosi poi una di fronte all'altra, scattando, con le piccole braccia, a sfiorarsi le manine in legno quando la musichetta cessò. "Mio padre li ha fatti così nel caso dovessimo mai restare lontani... sai, così io potrò averti vicino anche se la distanza fisica dovesse essere enorme... e tu lo stesso..."
"Natsu... è tutto bellissimo... i-io... ti amo" non riusciva quasi a parlare, con le lacrime a bagnarle gli occhi marroni, guardava suo marito, voltatosi sorridente per baciarla. "Anch'io ti amo Luce..." era vero, e il rosato avrebbe ringraziato il cielo a vita per quella fortuna incredibile che aveva fatto sì che quella ragazza di buona famiglia, tanto bella quanto impossibile, si innamorasse del figlio di un semplice falegname...

E invece era così che lasciavano Crocus, il mattino successivo in pochi avrebbero saputo cosa fosse successo realmente, di quanto i due amanti avessero sofferto nel lasciare le persone a loro care per poter vivere liberamente il loro amore.
Per gli altri, la figlia ribelle e sciagurata del duca Heartfilia sarebbe scappata chissà dove per fuggire al matrimonio impostole, lasciando una misera lettera in cui annunciava di aspettare un bambino -non era la verità, Natsu l'aveva sempre rispettata da quel punto di vista, e loro due mai erano andati oltre qualche bacio un po' meno casto quelle poche volte che riuscivano a vedersi in segreto, ma conosceva suo padre e sapeva che quello era l'unico modo in cui non l'avrebbe cercata per riportarla a casa-, gettando scandalo sulla famiglia. Invece della fine del giovane Dragneel nessuno si sarebbe preoccupato, non con Igneel che, per i più, l'aveva mandato a vivere da una vecchia zia a Magnolia, mentre per quei pochi che conoscevano la verità, stava solo vivendo libero la sua vita...

Lucy si sedette a cavalcioni su di lui -con un po' di difficoltà per via dell'ampia gonna dell'abito che le dava qualche impiccio-, mostrando una sfacciataggine di cui ella stessa, a giudicare dalle gote arrossate, si era appena scoperta capace.
Sfacciataggine che al suo consorte non dispiacque -sebbene neanche lui avesse poi tanta esperienza col lato fisico dell'amore-, anzi, gli accese un fuoco nelle viscere, che trovò quiete solo nell'avventurarsi con sua moglie nel matrimonio carnale che li avrebbe uniti per tutta la notte. Forse la loro unione era valida solo per un inganno a quell'anziano pastore che lo aveva visto crescere, sfruttando la vecchiaia che lo aveva reso un po' meno vigile -o forse erano troppo belli quei due giovani che, mentre l'uomo recitava la formula, si guardavano con un amore che mai aveva visto in così tanti anni, che nonostante i dubbi sulla situazione aveva comunque benedetto quelle due anime innamorate-, ma i loro sentimenti erano più puri dell'oro che non avevano avuto a disposizione per le fedi, chiedendo a un vecchio amico fabbro di far loro due anelli. E quello era il primo punto sulla lista di Natsu: Regalarle una fede in vero oro coi loro nomi incisi all'interno...
Per il momento però, essi pensarono solo a perdersi nella passione più pura, mentre la piccola nave traversava il mare, man mano sempre più agitato a causa della potente tempesta in arrivo...

E in quel mare scosso dalla pioggia e dalle onde, i due scomparvero immersi nel buio della morte. Insieme, come avrebbero voluto vivere. Insieme, come morirono, abbracciati nell'amore più puro che l'essere umano avesse mai conosciuto...



Angolo autrice
Ed eccoci qui alla fine! Fine della Halloweek e fine del mio Fictober!
È stata una bella esperienza e mi ha tenuto davvero impegnata, forse mi ha anche aiutato a farmi tornare un po' in carreggiata con le fanfic, chissà...
Comunque, grazie allo staff del FairyPiece Forum per aver organizzato la Halloweek, e grazie a tutti coloro che hanno letto questa e/o le altre fanfiction!
Ci si rivede alla prossima!
Ciao❤️

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