La ballata dell'usignolo e delle fiamme

di _ A r i a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una fredda notte d'autunno ***
Capitolo 2: *** Riflessioni notturne ***
Capitolo 3: *** Insonnia ***
Capitolo 4: *** Quel filo che ci unisce ***
Capitolo 5: *** La prima neve ***
Capitolo 6: *** Attento a quel che sogni ***
Capitolo 7: *** Ricamo prezioso ***
Capitolo 8: *** Le illusioni danno forma alla realtà ***
Capitolo 9: *** Regalo ***
Capitolo 10: *** Decisioni pericolose ***
Capitolo 11: *** Punto di non ritorno ***
Capitolo 12: *** Frenesia ***
Capitolo 13: *** Conseguenze ***
Capitolo 14: *** Mantieni l'incanto ***
Capitolo 15: *** Richiesta ***
Capitolo 16: *** La promessa ***
Capitolo 17: *** Partenza ***
Capitolo 18: *** Lungo la strada ***
Capitolo 19: *** Proteggervi ***
Capitolo 20: *** Distruzione ***
Capitolo 21: *** Trattieni il fiato ***
Capitolo 22: *** Via di fuga ***
Capitolo 23: *** Non è ancora finita ***
Capitolo 24: *** Conta dei danni ***
Capitolo 25: *** Sulla via del ritorno ***
Capitolo 26: *** Rientro a palazzo ***
Capitolo 27: *** Questione irrisolta ***
Capitolo 28: *** Solo suo ***
Capitolo 29: *** Scritto nelle stelle ***
Capitolo 30: *** La vera magia ***
Capitolo 31: *** Epilogo – un caldo pomeriggio d'estate ***



Capitolo 1
*** Una fredda notte d'autunno ***


La sera portava in sé la quiete.
Il silenzio dell’autunno, rotto soltanto dal fruscio del vento e dal crepitio delle foglie cadute a terra, assieme allo scoppiettio della legna nel camino, era tutto ciò che riusciva a sentire in quel momento.
Era difficile che nell’enorme castello in pietra non ci fosse alcun rumore, nessun brusio di domestici né frastuoni provenienti dalle cucine, eppure quando era ormai notte e tutti gli abitanti si erano ritirati nelle loro stanze, quel silenzio era totale, riempiva chi restava sveglio fin nelle ossa.
E, a quell’ora, l’unico a non aver ancora preso sonno era il padrone della dimora.
A Enji Todoroki la notte non era mai piaciuta. Era popolata da fenomeni che non comprendeva, per questo preferiva il giorno, quando ogni cosa era avvolta dalla luce del sole, ed era chiara, palese. Forse era proprio ciò che non riusciva a spiegare che lo irritava maggiormente.
Però il silenzio gli era sempre piaciuto. Riusciva a trovarlo solo di notte, quando tutti intorno a lui riposavano, ed erano quelli i momenti in cui riusciva a ragionare con maggiore lucidità.
E, nell’ultimo periodo, aveva un disperato bisogno di riflettere. Non era facile essere il sovrano di un regno così vasto come il suo, ma si era impegnato da sempre per raggiungere il suo scopo, e se adesso era il più influente tra i governanti delle lande circostanti lo doveva probabilmente a tutti quegli anni di sacrifici. Il suo perenne cipiglio furioso non gli procurava grande popolarità o affetto da parte dei popoli, ma di quello non se ne era mai curato troppo.
Il suo problema, tuttavia, era che tutto il potere e l’influenza che aveva accumulato nel corso degli anni comportavano anche gravose responsabilità. Era onorato di farsene carico, ma più il tempo passava e più queste avevano cominciato lentamente a sottrargli ore di sonno.
Così, lentamente, le sue preoccupazioni avevano cominciato a mangiucchiargli il cervello, a togliergli sollievo e riposo, al punto che quelle questioni di cui si occupava di giorno finivano per riempirgli i pensieri anche la notte.
Si chiedeva quale fosse stata l’ultima volta in vita sua in cui si fosse sentito in pace. Con se stesso, con il regno, con il resto del mondo. Era sempre stato al centro di un’enorme battaglia, e ora all’orizzonte se ne profilava una ancora più grande.
A questo pensava, tenendo in una mano un calice di vino, mescendo lentamente quel liquido scuro come sangue, ruotando appena il polso e applicando lo stesso movimento al recipiente vitreo.
Da secoli, i territori del mondo erano divisi e affidati al controllo di eminenti governanti. Nel corso degli anni, alcuni di loro erano riusciti a conquistare e sottomettere altre regioni, annettendole a quelle che già possedevano. I suoi vessilli ricoprivano più della metà dei territori conosciuti, e questo gli aveva garantito il prestigio che aveva sempre ambito. Quando era il momento di prendere una decisione importante, il suo parere aveva notevole peso.
Adesso, però, si stava avvicinando qualcosa di troppo grande e fuori dalla portata di qualsiasi monarca.
Enji portò il calice alle labbra e bevve un sorso di vino. La bevanda aveva un sapore intenso, corposo, e l’aveva sentita scivolare giù per la gola.
Aveva bisogno di riflettere…
Peccato che, evidentemente, il destino non fosse della sua stessa idea.
Aveva sentito dei colpi picchiettare alla finestra, e si era ritrovato subito ad alzare nuovamente le palpebre, sottratto dalle sue riflessioni. Aveva ruotato il capo, lanciando uno sguardo alle proprie spalle, ritrovandosi a intravedere una figura che ben conosceva.
Un giovane dai capelli e gli occhi dorati lo guardava, dall’altro lato del vetro. Si teneva le braccia strette attorno al corpo, cercando di ripararsi dal gelo della notte, mentre sul suo volto campeggiava il solito sorriso fin troppo scaltro.
Probabilmente chiunque altro si sarebbe spaventato nel vederlo comparire a svariati metri d’altezza – la sala da pranzo in cui si trovava adesso era in uno dei piani superiori del castello –, nel cuore della notte e soprattutto fluttuante a mezz’aria, ma non Enji, che era ormai abituato a quasi tutte le sue stranezze.
Comprese le grosse ali vermiglie, dalle quali proveniva la piuma che, da qualche minuto a quella parte, aveva continuato a impattare contro la vetrata.
Enji era stato quasi tentato di lasciarlo lì. Alla fine, però, s’era alzato, andando ad aprire la finestra.
Se possibile, il ragazzo gli aveva rivolto un sorriso ancora più grande.
«Buonasera, mio re», si era introdotto, conciliante. «Posso entrare o il mio destino è quello di rimanere qui fuori a morire di freddo?»
Il solito fare melodrammatico, si era ritrovato a valutare tra sé il re.
«Entra», aveva concesso, quasi ringhiando, con un tono cupo.
Gli occhi del ragazzo erano stati attraversati da scintille impazienti e, l’istante successivo, le grosse ali s’erano mosse, spingendo in avanti il corpo esile. Non appena l’aveva visto entrare, pentendosi già di averglielo permesso, Enji s’era limitato a richiudere la finestra. Non l’avrebbe mai ammesso, ma effettivamente l’aria che entrava da fuori era gelida – l’inverno, in fin dei conti, era alle porte.
Nel mentre, il nuovo arrivato aveva attraversato la stanza saltellando, fino a raggiungere il camino. Una volta giunto lì davanti, restando in piedi, aveva allungato le braccia verso l’alto, stiracchiandole pigramente, facendo probabilmente qualcosa di simile anche con le ali, che si erano dispiegate alle sue spalle. Il calore delle fiamme sembrava avere un effetto benefico su tutto il suo corpo.
«Mh…» Il ragazzo aveva chiuso gli  occhi, come incantato. «Sono giorni che viaggio senza sosta, sono esausto. Sento tutto il corpo indolenzito, le braccia, le gambe, le ali…»
Enji era tornato a sedersi, recuperando dal tavolo il calice di vino. «A volte mi domando ancora perché continuo a farti lavorare per me», aveva commentato, con aria rassegnata.
Il ragazzo aveva spostato lo sguardo subito nella sua direzione, osservandolo con quegli occhi dorati e liquidi, sempre così pieni di ammirazione. Ammirazione di cui, per la maggior parte delle volte, Enji non sapeva neppure se sentirsene degno, seppure certamente lo lusingasse.
«Come perché?», aveva domandato, avvicinandosi al tavolo quasi trotterellando. «Nessuno sarebbe in grado di muoversi così rapidamente attraverso i tuoi territori.»
Era vero. Come sempre, del resto.
Keigo Takami, questo il nome di quel ragazzino impertinente, era entrato nella sua vita facendo un gran baccano, e vi faceva ormai parte da diversi anni. Lo aveva conosciuto in uno dei territori più a ovest del regno, e sebbene la sua popolazione fosse alquanto belligerante e non gli avesse mai giurato completamente fedeltà, quel ragazzino si era messo al suo servizio fin dal primo momento.
Non lo aveva mai deluso.
Keigo si era seduto sul tavolo, sottraendogli il calice di vino dalle mani con un gesto rapido.
«Posso?»
«No.»
«Ottimo.» Il ragazzo si era portato il calice alle labbra, prendendo un gran sorso e assaporandolo con gusto e lentezza. I suoi occhi dorati continuavano a fissare Enji con quell’espressione furba, che ogni volta finiva per farlo innervosire. «Come mai sveglio a quest’ora tarda della notte, mio re? I soliti pensieri che ti angustiano?»
Enji aveva sbuffato sonoramente, per poi poggiare il gomito sul bracciolo della sedia e adagiare una guancia sul palmo della mano aperta. Come ogni volta, era rimasto affascinato dalle ali del ragazzo. Non era una rarità che, nel loro mondo, vi fossero creature bizzarre, dalle più stravaganti peculiarità. Le ali di Keigo, però, avevano qualcosa di unico, ipnotico, ed Enji non era mai stato immune al loro fascino. Fin dal loro primo incontro non era riuscito a fare a meno di restare incantato da quelle ali dalle piume vermiglie, rosse come sangue, o come fiamme, e ogni volta perdeva il conto del tempo che passava a rintracciare tutte le sfumature che si rincorrevano al loro interno. Le loro capacità, poi, erano incredibili: poteva percorrere in volo in brevissimo tempo distanze che, per degli uomini a piedi, avrebbero richiesto forse mesi di marcia. Inoltre, le piume erano affilate e tutto sommato resistenti, il che le rendeva una buona arma sia in attacco che in difesa.
Non era combattere però ciò che spingeva principalmente Enji ad avvalersi dei servigi di Keigo. Come aveva detto anche il ragazzo, nessuno riusciva a muoversi tanto rapidamente quanto lui e, se si trattava di viaggiare attraverso territori vasti come quelli in possesso di Enji, allora Keigo era la persona che faceva al caso suo. Poteva portare in quei luoghi messaggi in tempi straordinariamente brevi o, come in questo caso, recapitarli al suo re.
«Non ti offro vitto e alloggio per divagare», aveva tagliato corto. «Dimmi quello che hai scoperto.»
«Dritto al punto come al solito, eh?», aveva commentato il ragazzo. Aveva posato il calice – sul quale si era premurato di poggiare le labbra nello stesso punto di quelle del suo re – sul tavolo, dopodiché era sceso e aveva mosso alcuni passi attraverso la stanza. «D’accordo. Purtroppo non porto buone notizie. Come sospettavamo, le voci che parlano di nemici in avvicinamento al confine nord del regno sono vere. Dapprima si sarebbe trattato di pochi elementi di scarsa rilevanza, ma col passare del tempo si sta tramutando in un gruppo più organizzato, al momento impegnato a stringere alcune alleanze.»
Le preoccupazioni erano subito tornate ad affacciarsi nella mente di Enji. Aveva sentito parlare di persone dalla forza straordinaria ordire una ribellione nei suoi confronti, e temeva che, seppure fosse riuscito a radunare un numero di uomini superiori a quello dei nemici, le loro forze non sarebbero bastate a sopraffarli.
«Non è tutto», aveva ripreso Keigo, con un tono grave così insolito per lui. «Alcune delle persone con cui ho parlato mi hanno detto di aver sentito che la loro intenzione è quella di attaccare prima che l’ultima neve si sciolga.»
Il volto di Enji s’era incupito maggiormente. La primavera sembrava così lontana, ora che il lungo inverno era alle porte ma il mite autunno non gli aveva ancora lasciato del tutto il posto, eppure, se pensava a tutto quello che c’era da preparare per scampare a un assedio, a una battaglia, a qualsiasi scenario avesse in serbo per loro il destino, il tempo che rimaneva a loro disposizione gli sembrava così poco…
Keigo si era voltato, turbato dal silenzio del re. Si era aspettato, conoscendolo, che gli avrebbe subito impartito degli ordini, delle disposizioni su come muoversi, magari gli avrebbe chiesto di viaggiare fino a qualche regno vicino per convocare degli alleati, oppure di organizzare le difese del palazzo. Invece, cercandolo con lo sguardo, lo aveva trovato ancora immobile sulla sedia, pensieroso, l’espressione corrucciata.
Keigo aveva riflettuto, ritrovandosi a constatare che non l’aveva mai visto così preoccupato.
Il ragazzo, che, mentre camminava, era tornato a fermarsi davanti al grande camino che la stanza ospitava, era tornato indietro sui propri passi.
«Mio re», l’aveva richiamato gentilmente, inginocchiandosi dinanzi a lui, quando si era ritrovato nuovamente al suo cospetto. «Non tormentarti con questi pensieri, non stanotte. Domattina avremo modo di riflettere su quale sia la strategia migliore da attuare. Adesso però devi rilassarti, altrimenti non sarai abbastanza lucido per approntare un buon piano.»
Enji aveva posato gli occhi cerulei in quelli grandi e dorati di Keigo. Come sempre erano luminosi, completamente votati a lui, e non vi era traccia di incertezza. Quando diceva di non sapere perché gli permettesse ancora di restare a corte, Enji mentiva in primo luogo a se stesso. Nessuno riusciva a infondergli sicurezza quanto Keigo, nessuno, a parte lui, sembrava capirlo veramente.
Il re si era lasciato sfuggire un sospiro stanco. «D’accordo», aveva concesso infine.
«Bene», aveva concordato Keigo. Poi, rassicurato, il suo sorriso era tornato a distendersi. «Anche perché dovrai anche organizzare un banchetto per festeggiare il mio ritorno…»
«Te lo puoi scordare», aveva negato seccamente Enji.
Keigo aveva riso sonoramente, grato di essere riuscito ad allentare la tensione.





notes
allora. io non so bene da dove partire.
sono... quattro anni dall'ultima volta in cui ho pubblicato qualcosa su questo fandom? da efp invece manco da quasi un anno. oddio, ma me lo ricordo ancora come si usa l'editor? spero sia una di quelle cose che non dimentichi una volta imparate, tipo andare in bicicletta--
comunque hello, io sono aria, nice to meet ya! se mi conoscete già, io vi chiedo perdono per essere di nuovo qui a infestarvi con il mio disagio.
prima di tutto ci tengo a precisare che sono la persona meno costante del mondo, ed è un dramma, soprattutto quando si decide di partecipare al writober. una storia al giorno per tutto il mese, la sfida è cominciare il primo di ottobre e arrivare fino in fondo, al trentuno. in teoria è fattibile, se uno pensa "dai, mi scrivo trentuno drabble, al massimo delle flash, e il gioco è fatto", ma no, signori, a noi qui piace complicarci la vita, per cui via di long strutturata, con capitoli tutti collegati tra loro e di minimo mille più o meno parole ciascuno. sì, mi voglio molto bene, debbo dire.
tra l'altro probabilmente sto azzardando ancora di più perché avrei potuto scrivere su altri fandom su cui ho lavorato di recente, ma no, my hero academia, per di più con due personaggi su cui difficilmente qualche anno fa avrei potuto immaginare di fissarmi.
perché? oh, non chiedetemelo, non l'ho ancora capito con esattezza neanch'io. la mia vita stava procedendo tutto sommato tranquilla 
– nah, in realtà quel periodo era un gran bel casino – quando all'improvviso, sei mesi fa, boom, congiunzione astrale favorevole e io sono finita perdutamente innamorata di loro. cioè, principalmente di hawks, calpestami signore mio-- aehm.
fatto sta che me
li ritrovavo – no, forse è più corretto dire me lo ritrovavo, tanto il colpevole dell'efferato misfatto è principalmente il polletto (cit) alato dovunque. su twitter, nella vita reale... quindi boh. in sostanza ho ripreso a leggere il manga e adesso mi sono fissata ancora di più. voi non lo sapete, ma mentre sto scrivendo queste note mi è venuta una risata nervosa. è da una vita di tempo che vorrei parlare di loro sul mio account twitter, perché veramente, pensarci è l'unica cosa che mi rende felice ormai. mi hanno tirata fuori da un periodo orrendo, ma mi mordo costantemente la lingua e mi dico "no, dai, lascia stare, non scatenare flame assurdi a caso". e quindi niente, tutto imbottigliato dentro fino ad ora. assurdo, eh? però sono felice di essere "uscita allo scoperto" col writober. sì, buttarmi per la prima volta a scrivere su di loro una storia tutto sommato lunga okay, non è del tutto vero, ho già scritto altro, solo che non l'avevo pubblicato è una follia, ma in un certo senso sento che a loro lo devo.
tornando a noi, forse quello di oggi è uno dei prompt che ho centrato di più partiamo benissimo. ne approfitto anche per dire che, al momento in cui sto scrivendo queste note, la storia non è ancora finita. nella giornata in cui questo prologo sarà online conto di aver raggiunto i venti prompt stilati (foreshadowing?), per cui poi dovrò proseguire scrivendo/editando/pubblicando contemporaneamente. ho l'ansia e il terrore di non riuscire a concludere niente, però la trama c'è, la voglia d'impegnarmi nel progetto pure, quindi boh, speriamo bene. also sì, parlando della trama tornare con un'au non era esattamente quello che avevo in mente, ma okay, magari più avanti ci sarà modo di rifarsi.
questa sarà la storia più lunga che io abbia mai pubblicato, ora che ci penso. e mi dispiace un sacco (sì out of the blue) di aver sostituito endeavor-san e number one con mio re, ma temo fosse più azzeccato al contesto.
vbb, per adesso mi fermo qui per non straparlare. vi avviso che in questi angoletti potrebbero esserci spoiler sulla trama del manga, visto che sto seguendo le uscite e magari il giovedì qualche sclero a caso mi parte. con la storia invece andate tranquilli, ho adattato all'universo alternativo alcune cose canoniche ma si tratta di roba che comunque si sapeva già da tempo, per cui non ci dovrebbero essere problemi. in ogni caso, per gli spoiler qua sotto metterò accurati disclaimer, tranquilli.
grazie a tutti quelli che decideranno di seguirmi in questa follia, e grazie soprattutto a fanwriter.it che come al solito indice iniziative spaziali (era dalla writing week che non partecipavo, mi siete mancati, dannati). ci vediamo domani sera
– ah, sì, uso la lista in cui si pubblica di notte. l'ho già detto che mi piace complicarmi la vita, sì?
see ya
aria 

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Capitolo 2
*** Riflessioni notturne ***


La vita era strana. Keigo l’aveva sempre pensato.
Aveva attraversato i corridoi del palazzo nel buio più totale, gettando occhiate furtive oltre le grandi finestre, vetri circondati da eleganti cornici di pietra, ma era tardi ormai, e non era riuscito a vedere granché. Lo avevano sempre affascinato, così come le dimensioni imponenti dell’intera dimora. Sapeva che, da quelle parti, a circondare il palazzo, c’erano ampi giardini, e poi, oltre le mura, si aprivano vasti territori, molti dei quali sotto il controllo dell’uomo che serviva.
L’uomo a cui aveva votato tutta la sua vita, fin dal primo momento in cui lo aveva visto. L’uomo che, a partire da allora, aveva sempre servito fedelmente, indipendentemente dal territorio in cui era nato e cresciuto.
Era stato assurdo ma aveva capito subito quanto il suo destino fosse quello di servirlo. Gli era bastato vederlo, così forte, così imponente, avvolto in un mantello rosso come fiamme – quelle stesse fiamme che sapeva evocare – per capire che non c’era nessun’altra persona al mondo di cui potesse fidarsi che non fosse lui.
Il loro era un mondo basato sulla forza degli elementi. Quegli elementi che lo modellavano, ogni giorno, disegnando nuovi paesaggi, ma quegli stessi elementi potevano distruggerlo in un istante.
A nord c’era l’acqua. L’acqua che, con imponenti dighe e sistemi di costruzione, veniva trasportata in tutti i regni, e dava da vivere ai popoli. Il nord però era anche il regno più freddo, molte delle terre sorgevano tra alte montagne dove l’inverno era estremamente rigido e durava molto più a lungo.
Il nord era anche il luogo dove si stavano rifugiando in quel momento i nemici che progettavano di attaccarli. Quel pensiero fece correre un brivido lungo la schiena di Keigo.
A est sorgevano le terre popolate da coloro che erano in grado di controllare l’elemento della terra. Tutto ciò che si poteva fare in superficie – correre, costruire, ma anche attirare i metalli, ad esempio – era relegato in questo territorio. Lì, durante la primavera, sbocciavano i più belli, appariscenti e profumati, e in generale il clima era prevalentemente mite e generoso con gli uomini che vi abitavano.
A sud, dove si trovava adesso, c’era il regno del fuoco. Un elemento temibile, distruttivo, assolutamente più pericoloso e ingestibile rispetto agli altri. Ovviamente era l’elemento del loro re, il loro scontroso, irascibile e introverso re, che nel corso degli anni si era assicurato il controllo sulla maggior parte degli altri territori anche grazie alle fiamme che riusciva a evocare. C’erano zone aspre, più interne e inospitali, dove sorgevano vulcani dalla lava incandescente, e altre, come quella in cui si trovava il palazzo reale, decisamente più tranquille, ma tutte erano accumunate da estati particolarmente torride. Anche adesso, mentre si trovavano ormai nel pieno dell’autunno, il clima continuava a essere gradevole, e l’aria manteneva un certo tepore.
A Keigo era sempre piaciuto il sud, soprattutto in autunno.
Infine c’era l’ovest, la terra da cui Keigo proveniva. Questa era caratterizzata dall’elemento dell’aria, e un forte vento la squassava costantemente, in ogni periodo dell’anno. In quei territori, oltre a chi controllava venti e correnti d’aria, c’era anche chi fluttuava o chi, proprio come Keigo, poteva volare.
Keigo non aveva mai amato particolarmente l’ovest, e appena aveva avuto la possibilità di trasferirsi al sud l’aveva colta al balzo, tuttavia avrebbe mentito se avesse detto di non conservare ricordi piacevoli.
In particolare, per l’appunto, era stato proprio lì che aveva incontrato Enji per la prima volta.
Fin da subito, vedendo quell’uomo Keigo aveva avvertito una speranza tanto pura quanto incommensurabile. Aveva pensato che, seguendolo, avrebbe trovato un futuro migliore di quello che gli si prospettava rimanendo per sempre a ovest. Gli aveva offerto i propri servigi, aveva volato per lui in ogni angolo del suo regno, portando messaggi, obbedendo ai suoi ordini.
In un certo senso, però, Keigo aveva sempre desiderato di poter essere a sua volta una speranza per il suo re. Di servirlo senza riserve, di aiutarlo a governare sui suoi territori senza che nessuno lo contrastasse.
Ecco perché, ora che una minaccia cominciava a premere ai confini dei suoi possedimenti, Keigo non riusciva a non sentirsi preoccupato.
Voleva ripagarlo per la sua benevolenza, per l’opportunità che gli aveva offerto permettendogli di trasferirsi al sud, di servirlo, senza deluderlo mai, per quegli anni in cui era stato sempre al suo fianco occupando con lo scorrere del tempo un ruolo d’importanza maggiore.
Non poteva permettere che accadesse nulla di male.





notes
che ridere. abbiamo cominciato ieri e già ci sono capitoli brevi.
okay nella mia testa questa cosa doveva essere diversa, ma mi ricordo che quando ho buttato giù il secondo capitolo volevo già mollare tutto perché non mi convinceva. poi non l'ho fatto, però vbb, è rimasto bruttarello così.
vi ricordate quando nelle note di ieri aveva scritto che le stavo buttando giù il 30 settembre e che per il 1 ottobre contavo di andare avanti? ecco, non è stato così. in pratica sto avendo un mare di problemi tecnici, infatti ringraziamo lo spirito santo se sto continuando a pubblicare, per di più ieri non so quanti mental breakdown ho avuto per questa storia e niente, alla fine ho risolto per miracolo ma i problemi non se ne sono andati, anzi, oserei dire che sono peggiorati. in ogni caso, si va avanti, o almeno ci si prova.
mi sono fatta uno schemino, e se riesco a rispettarlo per martedì dovrei essere riuscita a stilare tutta la long. spero con tutto il cuore di farcela, anche perché editare, pubblicare e scrivere in contemporanea diciamo che non è una passeggiata di piacere.
comunque, su questo capitolo non c'è da dire molto. il prompt è la speranza, e ho cercato di far sì che per entrambi i protagonisti fosse rappresentata dall'altro. in realtà avevo paurissima di rendere tutto in maniera banale, per questo ho cercato una risoluzione forse più particolare ma temo che la resa non sia delle migliori, rip.
in più ho usato questo capitolo, un po' di passaggio, per spiegare la divisione del regno, che rispecchia forse dei canoni molto basilari del genere fantasy, ma ehi, ammetto di non essere un'esperta di quest'ultimo, per cui è già tanto il risultato che ho ottenuto.
piccola considerazione che mi sono dimenticata di inserire nelle note precedenti: mi rendo conto di essermi scelta due personaggi nient'affatto semplici, nel senso che (senza spoiler) entrambi in canon hanno combinato la loro abbondante dose di errori. che vi devo dire, evidentemente più un personaggio sbaglia e più io mi sento attratta dal suddetto.
okay, credo di aver detto tutto, salvo stramazzamenti al suolo vari ci si vede domani.

aria 

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Capitolo 3
*** Insonnia ***


Non riusciva a prendere sonno.
Continuava a rigirarsi tra le lenzuola, senza sosta, eppure, nonostante la stanchezza per i lunghi giorni di viaggio senza soste, sembrava essere divenuto incapace di lasciarsi andare al riposo.
Keigo aveva lanciato via le coperte, che si erano ammucchiate in fondo al letto, dopodiché s’era alzato e, rivestitosi in fretta, aveva optato per un giro nel palazzo.
Conosceva quel posto così bene ormai che, nonostante la sua notevole estensione, non v’era alcun rischio che si perdesse. Era vero, però, che gli immensi corridoi del palazzo, di notte, sembravano essere un altro luogo.
Era l’unico ad attraversare quegli ambienti nel cuore della notte, ovviamente. Poco male, s’era detto: osservare il castello era un’attività che aveva sempre trovato gradevole. Il silenzio lo portava a domandarsi dove si trovassero tutti gli abitanti del palazzo in quel momento, ma conosceva fin troppo bene la risposta – e, mentre ci pensava, aveva sentito lo stomaco aggrovigliarsi in una morsa. Mentre cercava di scacciare quel pensiero via dalla sua mente, s’era reso conto che probabilmente non ci sarebbe riuscito, non per quella notte. Sconsolato, si lasciò sfuggire un sospiro stanco, dopodiché recuperò una candela che era rimasta accesa, su un candelabro abbandonato sopra a un tavolino in mezzo a uno dei corridoi, dopodiché decise di avviarsi nuovamente verso la sua camera.
Quando vi era giunto, l’aveva trovata esattamente come l’aveva lasciata, avvolta nel buio più totale. La luce della luna filtrava dalla finestra, ma l’ambiente era comunque illuminato fiocamente, e la debole fiamma della candela non rischiarava molto di più. Keigo aveva attraversato la stanza, fino a che non aveva raggiunto la finestra. Scostando i pesanti tendaggi che drappeggiavano sui lati, s’era seduto sul davanzale.
Per qualche istante, era rimasto ad osservare la candela. La sua lunghezza era assai ridotta, segno che doveva essere rimasta accesa per diverse ore, inoltre lungo di essa erano colate abbondanti quantità di cera.
Keigo era rimasto per diversi istanti, come incantato, a osservare la fiammella della candela danzare ondulando. Era un movimento lento, pacato, ipnotico. Si chiese chi avesse acceso quella candela – in teoria sarebbe potuto essere stato chiunque, visto che la maggior parte degli abitanti del palazzo possedeva un potere legato al fuoco, tuttavia a Keigo piaceva illudersi che fosse stato Enji.
Al pronunciare quel nome nella propria mente, Keigo si sentì sussultare. Chiuse gli occhi, riflettendo che, in fondo, se prima s’era incupito mentre camminava per i corridoi era per un motivo simile.
Aveva conosciuto l’uomo che ora serviva diversi anni prima, quando ancora abitava ad ovest. Un giorno, col sole ormai alto nel cielo, una delegazione da sud era giunta nei loro territori. Keigo, come sempre, era ad allenarsi nel volo su una delle alture rocciose che caratterizzavano la regione in cui era cresciuto – fatta di enormi canyon rocciosi e sabbie rossastre, elementi che nei secoli venivano modellati facilmente dal vento.
Lungo le strade era accorso un gran clamore, poteva vederlo chiaramente mentre planava alto sopra una vallata. Già prima che giungessero al centro abitato, aveva intravisto una carovana di carrozze proseguire sicure lungo la vecchia strada dissestata.
Incuriosito, s’era gettato in avanti in picchiata, volando verso la direzione in cui aveva previsto che sarebbero arrivati. Quando era giunto nella piazza principale, aveva trovato una nutrita folla che si era già radunata in attesa. La voce doveva essersi sparsa in fretta. Tutti parlavano con fare concitato, trepidante: sembrava che una delegazione dal regno del fuoco stesse per giungere lì, e che, tra gli altri presenti, vi fossero anche il re e la regina. Alcuni, a quella notizia, non erano stati affatto entusiasti, perché se i regnanti si erano scomodati a intraprendere un viaggio così lungo significava solo che avessero intenzione di proporre loro di diventare un territorio annesso ai possedimenti del sud, e nessuno, a ovest, era favorevole all’idea, giacché da sempre lì la libertà aveva avuto un forte valore. Keigo, dal canto suo, provava una certa indifferenza al riguardo, tuttavia per lungo tempo aveva sentito parlare dei regnanti del sud, e ora era davvero curioso di poterli finalmente vedere in prima persona.
Nel momento in cui le carrozze avevano fatto ingresso all’interno della piazza principale, Keigo aveva notato subito quanto fossero sfarzose. Illuminate dalla luce del sole, apparivano abbaglianti, e sembravano essere ricoperte da una miriade di squame fiammanti di drago. Dalla folla si erano levate grida di acclamazione – per quanto l’ovest tenesse alla propria indipendenza, ricevere in visita la famiglia reale del sud era pur sempre un evento emozionante – e tutti presero ad agitarsi convulsamente, tanto che ora Keigo faticava a vedere davanti a sé. Avrebbe potuto alzarsi in volo per osservare meglio la scena, ma era così compresso tra gli altri presenti che non v’era modo ora che riuscisse ad aprire le ali, inoltre probabilmente se lo avesse fatto qualcuno gli avrebbe lanciato contro qualche maledizione – non che gliene importasse poi molto, certo. In ogni caso, mise su una smorfia infastidita, e attese.
La carovana si arrestò. Sulla prima carrozza viaggiavano il re e la regina, quella successiva invece era occupata dai loro tre figli, due maschi e una femmina. A scendere per primo era stato proprio il re, che era apparso sulla piazza con un’espressione fiera, solenne, mentre tutti intorno a lui gli tributavano acclamazioni.
In quel momento, Keigo aveva sentito un tumulto sollevarsi nel proprio cuore.
Non aveva mai visto nessuno come quell’uomo. Fiamme rubizze danzavano sul suo volto, ma ad aver stregato maggiormente il giovane ragazzo dell’ovest erano stati i suoi occhi.
Occhi cerulei, di un azzurro intenso come quello del mare.
In quell’esatto momento, aveva capito che lo scopo della sua vita sarebbe stato servire quel re venuto dal sud.
A ripensarci adesso, Keigo avvertiva un dolore sordo al petto.
Era stato chiaro fin dal primo secondo quali fossero i sentimenti che provava per quell’uomo. Nessuno l’aveva mai stregato a tal punto, e Keigo aveva viaggiato a lungo, attraversando tutti e quattro i regni.
Eppure, esattamente come poco prima in corridoio, non riuscì a fare a meno di sentire un dolore cieco.
I ricordi proseguivano, mostrando la regina che scendeva dalla carrozza. C’era qualcosa di profondamente triste e malinconico nella sua espressione, sebbene mascherato dal leggero sorriso in cui le sue labbra erano incurvate per via dell’occorrenza. Capelli argentei e pelle d’alabastro, la regina di ghiaccio giunta dal nord per coronare con un matrimonio l’alleanza tra due antiche famiglie aveva raggiunto con passo leggero e silenzioso il marito, avvolto in un pesante mantello purpureo.
Fin dalla prima volta in cui li aveva visti assieme, Keigo aveva avuto la percezione che il loro rapporto fosse tutt’altro che felice. Avevano tre figli, sì, eppure gli occhi dei due coniugi sembravano non incontrarsi mai. Rei teneva lo sguardo basso, quasi intimorita, fissando il terreno che calpestava; le iridi cerulee di Enji, invece, saettavano da una parte all’altra della folla, come saggiando quella gente che avrebbe voluto piegare sotto al suo controllo.
Nessuno dei due sembrava provare un minimo di apprensione o interesse per l’altro.
A Keigo quell’aspetto era apparso curioso fin da subito. Negli anni, tuttavia, aveva capito che quella prima impressione corrispondeva alla realtà.
Il rapporto tra i due coniugi risultava essere gelido, a tratti inesistente. Rei non prendeva mai parte alle decisioni sul regno, rimaneva a testa bassa e in silenzio ad ascoltare le parole del marito. I due non parlavano mai. Anzi, a dir la verità, a non parlare mai era Rei.
Forse era questo che faceva sorgere quella sorta di stizza nel cuore di Keigo.
Prima, in corridoio, aveva sentito qualcosa montare dentro di sé nel momento in cui aveva immaginato il re nel proprio letto, assieme alla sua consorte. Un sentimento che conosceva fin troppo bene, ormai.
Gelosia.
Fin dal primo istante in cui l’aveva visto, Keigo s’era sentito irrimediabilmente attratto da Enji. Aveva voltato le spalle al proprio popolo, l’aveva seguito e servito lealmente per tutti quegli anni, salvo sentire i propri sentimenti accrescere con lo scorrere del tempo.
Era innamorato di lui.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di essere lui quello a trovarsi disteso accanto al re, adesso. Avrebbe venduto la propria anima al diavolo pur di sentire le mani di quell’uomo scorrere sul proprio corpo, anche solo per una notte.
Era impossibile, lo sapeva bene. Il re non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti. Enji poteva avere tutti i difetti che i suoi detrattori gli imputavano, certamente tuttavia non avrebbe mai potuto tradire sua moglie.
Soprattutto non con quel servitore venuto dall’ovest che passava il tempo infastidendolo con le sue punzecchiature.
Così Keigo si faceva bastare anche solo momenti come quello di poche ore prima, quando aveva poggiato le labbra nello stesso punto del calice in cui l’avevano lambito quelle dell’uomo. A suo modo, era qualcosa di esaltante, che faceva correre brividi d’adrenalina lungo la sua schiena.
Gli occhi di Keigo si persero oltre la finestra, sui boschi che correvano verso regni distanti. La luna illuminava d’argento gli aghi di alcuni abeti, laggiù, lontani.
Keigo si portò di nuovo la candela, quasi del tutto consumata, davanti al volto. Vide un ultimo rivolo di cera scivolare giù, e depositarsi nel piattino su cui l'aveva appoggiata.
Chissà se l’ha davvero accesa il re, si ritrovò a domandarsi ancora una volta.
Keigo soffiò sulla candela, che subito si spense, lasciando la stanza nuovamente al buio.
Per il tempo che gli rimaneva, avrebbe fatto meglio a riposare un po’. Il giorno successivo si preannunciava piuttosto estenuante.





notes
sai cosa mi sono dimenticata di dire fino a questo momento? che spero con tutta me stessa che non ci siano errori.
nel senso. io sto ricontrollando cinquantamila volte prima di pubblicare, ma già sto avendo dei problemi tecnici allucinanti col computer, mettici pure che i tempi sono abbastanza stretti... insomma, io cerco di fare del mio meglio, poi se proprio qualcosa sfugge temo di non poterci fare più di tanto.
oggi è una giornata un po' meh. ho fatto una fatica allucinante a mettermi al pc e scrivere i capitoli che mi ero prefissata. non so alla fine come ci sia riuscita, ma here we are.
prima di parlare del capitolo, una precisazione che non mi pare di aver fatto finora. la storia vorrebbe mantenere un aspetto medieval fantasy, ho fatto un po' di ricerche per cercare di essere quanto più accurata possibile, ma non so quanto ci sto riuscendo alla fine della fiera. potrei giustificarmi dicendo che alla fine dove non arriva l'aspetto puramente storico si sostituisce quello fantastico, ma non so se possa suonare solo come una giustificazione.
parlando del capitolo, invece, non so quanto ci sia da dire. il prompt della candela spero che almeno un poco si intraveda, quanto a hawks, invece, sì, è palesemente sottone, ma dov'è la novità?
qui ho cercarre di introdurre un po' la storia del primo incontro tra keigo e la famiglia reale, che sarà ripreso più avanti. per ora, questo è quanto potete sapere.
in realtà non ho molto altro da aggiungere. l'ho detto, sono un po' scoraggiata, speriamo che le cose migliorino quando avrò finito di scrivere tutti i capitoli e avrò meno lavoro da fare, ormai manca sempre meno.
per ora è tutto, ci vediamo domani.

aria 

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Capitolo 4
*** Quel filo che ci unisce ***


La mattina seguente era stato risvegliato da un raggio di sole che gli aveva colpito in pieno il volto.
Keigo aveva bofonchiato rumorosamente, coprendosi il viso con un braccio e vagando con l’altro lungo il materasso, alla ricerca del lenzuolo, che aveva intenzione di tirarsi fin sopra il capo.
Quei pensieri che gli mangiucchiavano il cervello avevano finito per tenerlo sveglio quasi tutta la notte, togliendogli il riposo. E, dopo l’ultimo viaggio al nord, Keigo era piuttosto certo di averne disperatamente bisogno, di un po’ di riposo.
In tutta onestà, tornare a palazzo era la sua croce e delizia. Rivedere Enji gli riempiva sempre il cuore di gioia, tuttavia dovergli restare distante ogni volta, trattenersi quando avrebbe voluto solamente spingersi qualche centimetro più avanti e sfiorargli le labbra con le proprie, o pensare al corpo di Rei disteso accanto a quello dell’uomo, la notte, nel loro letto, lo logorava come un pugnale che si conficcava nella sua carne.
Il ragazzo si era tirato a sedere sul letto, indugiando ancora un poco prima di alzarsi. Pensava al sole, che faceva capolino tra le montagne distanti, e pensava al re, quel re che adorava così tanto ma che non avrebbe potuto mai avere, e che inconsapevole finiva perfino per togliergli il sonno la notte.
Come sei ridotto male, Keigo, si ritrovò a pensare tra sé, prendendosi la testa tra le mani.
A giudicare dalla posizione del sole, ancora basso nel cielo, doveva essere piuttosto presto. Se si sbrigava, sarebbe stato solo al tavolo della colazione e, considerando che non aveva voglia di incrociare alcun membro della famiglia Todoroki di prima mattina, doveva muoversi in fretta.
Balzò giù dal letto, attraversando la stanza fino a raggiungere un grande armadio, dove erano riposti dei vestiti che erano stati realizzati apposta per lui. Le rare occasioni in cui si lasciava prendere dalla malinconia e rimaneva a palazzo per più giorni, quella era la camera che solitamente occupava, affidatagli diversi anni prima. Di solito Keigo preferiva viaggiare lontano, tenere i propri pensieri occupati, perché la vicinanza a Enji lo rendeva… debole. Completamente suo succube, perso nel desiderio di averlo, sebbene la consapevolezza che ciò non sarebbe potuto mai avvenire.
In ogni caso, quando era a palazzo alloggiava lì. Recuperò alcuni indumenti puliti, dopodiché li poggiò sul letto e cominciò a spogliarsi. I suoi vestiti, dopo il lungo viaggio, non erano ridotti affatto bene: gli stivali erano impiastrati di fango – quando i ghiacci del nord si scioglievano, il terreno sottostante finiva per riempirsi di pozzanghere acquitrinose –, mentre sui vestiti che erano stati spazzati dal vento freddo era ancora impregnata della polvere rossastra. La camicia candida, in particolare, non sembrava essere messa affatto bene.
Keigo gettò tutto in un angolo della stanza, certo che i domestici del palazzo se ne sarebbero occupati. Poi, una volta rimasto nudo, si avvicinò al catino di zinco.
Era, come al solito, posato su uno sgabello di legno, davanti alla piccola scrivania che si trovava a ridosso della parete opposta a quella contro cui premeva appena la testiera del letto a baldacchino. Sopra allo scrittoio era appeso uno specchio, dalla forma ovale e circondato da una cornice dorata. In quel momento, sulla superficie si riflettevano i pesanti drappeggi azzurri del letto. Keigo mosse qualche passo in avanti, fino a che non vide la propria immagine nello specchio. Si ritrovò ad arricciare le labbra, in disappunto.
Aveva una pessima cera. Il volto era pallidissimo, e sotto agli occhi erano comparse occhiaie violacee, segno di quei giorni estenuanti di viaggio e dell’ultima notte trascorsa insonne. I capelli, poi, erano un completo disastro: il vento li aveva tormentati, fino a renderli ancor più intricati del solito, un vero e proprio ammasso dorato, senza capo né coda. Le ali, in compenso, sembravano essere piuttosto in forze, sebbene le piume fossero un poco arruffate.
Il ragazzo sospirò, con fare esausto, dopodiché affondò le mani nell’acqua del catino. Sgorgava gelida nelle cucine, direttamente dagli acquedotti del nord, e i catini venivano riempiti d’acqua fresca e pulita ogni sera al tramonto, così che tutti gli abitanti del castello potessero usufruirne a loro piacimento. Il tepore del palazzo la riscaldava, così al mattino aveva una temperatura decisamente più gradevole. Qualcuno, probabilmente uno dei domestici, aveva lasciato un panno che era rimasto lì a mollo per tutta la notte. Keigo lo recuperò, strizzandolo bene e poi cominciando a passarselo su tutto il corpo, pensando che quella potesse essere una buona idea.
Scivolò sulla sua pelle pallida, passando sul petto, le spalle, la schiena, tutti punti in cui aveva riportato delle cicatrici nel corso di lunghi anni di battaglie. Indugiò in particolare sui fianchi e sul collo. Teneva gli occhi chiusi, e si ritrovò a sospirare immaginando la presa forte delle dita del re sui primi o la scia umida che le sue labbra avrebbero lasciato sul secondo.
Si ritrovò ad alzare le palpebre di scatto. Non si sarebbe ammonito per quei pensieri, perché si conosceva, sapeva che era nella sua natura adagiarsi su di essi e non avrebbe mai smesso di farlo, tuttavia si sentì quasi in colpa, ricordandosi che no, nulla di ciò su cui gli piaceva fantasticare sarebbe mai avvenuto, doveva metterselo in testa una buona volta per tutte.
Eppure… non riusciva a darsi per vinto. C’era una parte di sé irrimediabilmente attratta dal re che non avrebbe mai smesso di adularlo, di cercare di conquistarlo almeno finché non fosse riuscito a portarlo nel proprio letto.
Se solo fosse stato possibile…
Sconsolato, Keigo lasciò cadere il panno umido nuovamente nell’acqua, per poi asciugarsi e rivestirsi in fretta.
Aveva quasi dimenticato che, quella mattina, la sua missione sarebbe stata quella di sedersi al tavolo della colazione prima dell’arrivo di un qualsiasi membro della famiglia Todoroki.

Prevedibilmente, la sua missione fallì miseramente.
Una volta arrivato alla sala da pranzo, la stessa della notte precedente, aveva trovato Enji già seduto a capotavola.
Keigo non ne fu troppo sorpreso. In anni di lavoro al suo fianco, aveva imparato che il re era una persona estremamente mattiniera.
Oltre all’uomo, comunque, non c’era traccia del resto della famiglia Todoroki. Per quanto Keigo si fosse perso nelle proprie fantasie, continuava a essere relativamente presto.
Per un momento, il ricordo della sensazione – seppur immaginata – delle dita dell’uomo che gli stringevano i fianchi costrinse Keigo ad abbassare lo sguardo.
La sala da pranzo era inondata dalla luce dorata del mattino. Keigo l’attraversò in silenzio, tenendo lo sguardo basso fisso sul pavimento, consapevole che, per quanto avesse cercato di darsi una ripulita, il suo aspetto continuasse a risultare terribile.
Enji era seduto nella stessa posizione in cui Keigo l’aveva lasciato la sera precedente, la guancia poggiata al palmo della mano, il gomito puntellato sul bracciolo della sedia. Perfino la seduta era la stessa della sera precedente, tanto che Keigo si ritrovò a domandarsi se non fosse rimasto lì per tutta la notte, a riflettere, senza essersi accorto della venuta dell’alba.
L’unico mutamento che il ragazzo era riuscito a riscontrare era che, adesso, l’uomo osservava il paesaggio fuori dalla finestra. Lo sguardo pareva perso nel vuoto, e a Keigo sembrò di intravedere in quelle iridi cerulee da cui era irrimediabilmente attratto un velo di tristezza.
Keigo avrebbe voluto strapparla via dai suoi occhi, se solo avesse potuto. Aveva l’impressione che, come la sera precedente, fosse ancora preoccupato per quella gente al nord che minacciava di attaccarli.
Doveva trovare una soluzione. Non sopportava di vedere quello sguardo così spento.
«Buongiorno», si decise finalmente a salutarlo, col solito tono allegro, andando ad accomodarsi a una delle sedie alla sua sinistra.
Enji sembrò essersi accorto della sua presenza solo in quel momento.
«Buongiorno», ricambiò, austero, voltandosi a osservarlo.
Keigo si ritrovò a sorridere. Quando erano da soli sentiva di poter essere veramente se stesso. Non che per tutto il resto del tempo si sforzasse di fingere di essere un’altra persona, solo che, tra loro, certe formalità non c’erano mai state sul serio, e Keigo era ormai certo del fatto che non fossero mai piaciute a nessuno dei due. Si era sempre sentito grato, ad esempio, del fatto di essere uno dei pochi che potesse dare del tu al re senza rischiare di venire incenerito.
Il ragazzo cominciò a servirsi. Il tavolo era già stato riccamente imbandito, poteva scegliere tra i più vari alimenti e bevande. C’era frutta fresca a volontà, pane caldo e fragrante appena sfornato, latte bianco che era stato probabilmente munto poco prima – non distanti dal castello, infatti, c’erano anche le stalle dei mugnai che rifornivano la famiglia reale ogni mattina. Keigo si versò il latte in una tazza, mentre recuperò da un vassoio una fetta di una torta nella quale non aveva la minima idea di cosa ci fosse. La morse per assaggiarla: aveva un sapore fresco, di pere, e forse anche di un qualche formaggio, ma non riuscì a riconoscere quale fosse. Sembrò accorgersi solo in quel momento di quanto avesse fame.
Nel frattempo, lanciò un’occhiata in direzione del re. Enji era tornato a osservare il panorama fuori dalla finestra, con lo stesso sguardo immalinconito di poco prima. Sembrava che l’arrivo di Keigo non fosse riuscito minimamente a risollevarlo, e la cosa gettò il ragazzo in una sorta di sconforto. Di solito riusciva sempre ad alleggerire i suoi pensieri, ce l’aveva fatta anche la sera precedente. Allora perché quella mattina non succedeva lo stesso?
Keigo tornò a pensare al giorno in cui l’aveva conosciuto per la prima volta. Aveva capito da subito come ci fosse un filo a collegarli. Aveva cercato di intercettare per tutto il tempo gli occhi azzurri del re tra la folla, e aveva atteso a lungo che tutti avessero smesso di ronzargli attorno per avvicinarsi a lui.
Quando finalmente si era ritrovato al suo cospetto, Keigo si era profuso in un ampio inchino.
«Maestà», s’era introdotto. «Permettetemi di offrirvi i miei servigi.»
Il re e la regina erano stati fatti accomodare su due troni, sopra una pedana di legno nella piazza principale. Enji si era portato una mano al mento, riflettendo attentamente.
«Il tuo popolo non sembra avere alcuna intenzione di servirmi», aveva commentato. «In cosa saresti diverso tu?»
Sul volto di Keigo, ancora rivolto a terra, era comparso un sorriso. Per la verità si poteva dire che non avesse atteso altro che una domanda del genere.
«Beh, ecco… oserei dire che sono diverso in tutto», aveva risposto. Keigo aveva dispiegato le grandi ali cremisi alle proprie spalle, strappando alla corte del re dei mormorii ammirati. Enji, al contrario, non sembrava essere particolarmente sorpreso. Teneva le braccia conserte, osservando il ragazzo con un’espressione critica.
Keigo non ci aveva dato troppo peso. Si era librato in aria, fluttuando sopra alla folla.
«Le mie ali mi rendono incredibilmente veloce. Posso percorrere la stessa distanza che un uomo compie a cavallo per giorni in meno della metà del tempo», aveva spiegato. «In più, posso controllare le mie piume. Posso far si che si distacchino dalle mie ali, ed essendo robuste e resistenti posso usarle come armi. Sono ottime sia in attacco che in difesa.»
Ciò detto, il ragazzo s’era esibito in una dimostrazione pratica. Aveva chiuso gli occhi, ordinando mentalmente a una delle sue piume più lunghe di staccarsi dalle ali. Queste gli aveva subito obbedito, e Keigo ne aveva approfittato per afferrarla al volo. L’istante successivo aveva preso a vorticare rapidamente in circolo sopra alla piazza, mostrando anche alla gente con cui aveva sempre vissuto quanto fosse migliorato, in quei mesi in cui s’era allenato da solo. All’improvviso s’era lanciato in picchiata in un punto della piazza, dove si trovava un banchetto su cui era esposta della frutta. Il ragazzo aveva recuperato una mela, per poi lanciarla in alto, mentre volava di nuovo davanti al re.
Prima che la mela potesse atterrare al suolo, Keigo l’aveva tagliata in due metà precise, senza nemmeno guardarla. Aveva allungato una delle due metà al re, guardandolo dritto negli occhi cerulei con i propri dorati, colmi di sfrontatezza, mentre si era portato l’altra alle labbra, mordendola con gusto.
Quella era solo un giochetto di prestigio, lo sapeva bene. Poteva fare molto di più per impressionare il suo re, ed era pronto a dargliene prova, se solo gli avesse permesso di seguirlo.
Ancora adesso, Keigo non sapeva se Enji avesse lasciato che li seguisse al sud perché sinceramente colpito dalle sue abilità o per quei suoi modi che, a uno sconosciuto, potevano apparire presuntuosi.
Ma non gli importava. Era felice che, per tutti quegli anni, Enji gli avesse permesso di rimanere al suo fianco per servirlo.
Keigo si era portato la tazza di latte alle labbra, bevendolo avidamente, assetato.
Aveva seguito quel filo che li univa, percorrendo la distanza che li separava, e non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da lui.





notes
io non ho capito esattamente per quale motivo ieri non sono riuscita a mettere il link del terzo capitolo nel commento su fb, spero che fanwriter.it abbia pietà di me. giuro che oggi m'impegno di più!
comunque! oggi sto un po' meglio d'umore rispetto a ieri. l'unica cosa che mi turba è che non sono particolarmente soddisfatta dei capitoli che ho scritto, ma ehi, verranno pubblicati verso la fine del mese, quindi mi giocherò allegramente la carta della stanchezza.
per il resto, due cose belle: è molto probabile che domani finirò effettivamente di scrivere questa long (ancora non ci credo help), mentre tra due giorni potrò pubblicare... un capitolo molto bello. eheh, non vi spoilero niente, per ora.
parlando di questo, di capitolo, abbiamo approfondito il primo incontro tra questi due. ora che ci penso, c'è qualche elemento in comune con il loro primo incontro canonico, e urlo, perché la cosa non era assolutamente intenzionale.
quello che più mi premeva, in realtà, era sottolineare appunto quanto Keigo si senta debole per Enji, perché sì dai, penso sia palese che sia così. ammetto che la parte del catino è stata molto divertente da scrivere, ahah.
quanto al prompt di oggi, invece, la parola era filo. allora, da quando questi due sono entrati a far parte della mia vita dico sempre che hanno riscritto il mio concetto di anime gemelle, e come dice taylor swift one single thread of gold tied me to you. per me questi due sono sempre stati legati da un filo ed erano destinati a incontrarsi, se siete in pari col manga forse sarete d'accordo con me. quindi sì, l'interpretazione del prompt è stata quella metaforica del filo del destino. dico sempre che Keigo è sottone, ma la verità è che forse io lo sono più di lui
– solo che per entrambi, lol.
per oggi è tutto. grazie a chiunque stia seguendo la storia ♥
a domani, e non vi
nascondo di essere super elettrizzata!
aria 

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Capitolo 5
*** La prima neve ***


La neve era arrivata troppo presto.
Una mattina, quando dicembre non era cominciato che da pochi giorni, i domestici – i primi a svegliarsi, all’alba, per occuparsi delle varie faccende del castello – avevano trovato ad attenderli grandi fiocchi bianchi che scendevano dal cielo lenti, cauti, adagiandosi al suolo sofficemente, come se fossero stati della stessa consistenza di piume.
A terra lo strato nevoso era già piuttosto spesso, e ciò doveva significare che i fiocchi dovevano essere cominciati a cadere già nella notte, nel silenzio più totale, mentre il cielo era ancora nero e illuminato soltanto dalle stelle.
L’arrivo della nevicata era stata accolto con gioia dalla maggior parte degli abitanti del castello.
Il re, invece, ne era rimasto profondamente turbato.
Se le voci di cui era stato informato erano vere, quando a primavera quella neve si sarebbe sciolta il suo regno sarebbe stato vittima di un terribile attacco.
Da giorni aveva cominciato a pianificare delle strategie. Se fossero arrivati fino al palazzo, avrebbe dovuto fortificare le difese che lo circondavano. Il suo intento, tuttavia, era di battere l’avanzata sul tempo, andando incontro a quei nemici e fermandosi prima che potessero proseguire oltre. Certo, il successo di quell’operazione dipendeva tuttavia dal fatto che avrebbero dovuto tassativamente sconfiggere, quando vi si sarebbero trovati di fronte, quella minaccia venuta dal nord. In caso contrario, la strada per il palazzo reale sarebbe stata spianata dinanzi a loro.
Enji distolse lo sguardo da un cespuglio spoglio, privo di foglie ma sui cui rami nudi ed esili si era comunque posata della neve. Quella mattina era uscito presto, senza avvisare nessuno e senza nemmeno aver messo prima qualcosa sotto ai denti. Aveva bisogno di pensare, e la quiete dei boschi innevati non troppo distanti dal castello gli era parsa un’ambientazione perfetta per farlo.
Non era normale che ci fosse la neve al sud. Anche d’inverno, le temperature non scendevano mai in maniera radicale, garantendo una stagione mite. Difficilmente si raggiungeva lo zero, e ancora più raro era vedere la neve, lì.
A ben pensarci, in tutto quel periodo non c’era assolutamente niente di normale.
Il re era stato strappato dai suoi pensieri dall’improvviso frastuono che aveva sentito alle sue spalle.
Voltandosi, aveva intravisto la minuta figura di Keigo farsi strada tra gli alberi, agitando vistosamente le braccia per farsi notare.
«Sei uscito di buon mattino!», l’aveva salutato, raggiungendolo, il respiro che si condensava in piccole nuvolette.
Enji si era lasciato sfuggire un grugnito. «Come mi hai trovato?», aveva domandato, fissando un punto davanti a sé per non incontrare le iridi dorate del ragazzo.
Keigo si era stretto nelle spalle. «Le impronte», aveva risposto con ovvietà. «Ne hai lasciate così tante a partire dal castello che non ho dovuto far altro che seguirle.»
Questa volta il re si era voltato a osservarlo. Il ragazzo, come lui, aveva avuto l’accortezza di abbigliarsi con dei vestiti piuttosto pesanti, compresi i mantelli, azzurro quello di Keigo, mentre Enji ne aveva uno rosso, colore dello stemma della casa reale e delle sue fiamme. «E sei venuto fin qui a piedi?», aveva domandato, con un tono che era suonato più rude di quel che avrebbe voluto.
Keigo non ne era sembrato particolarmente sorpreso. Ormai era abituato alla natura burbera dell’uomo. «I rami di questo bosco sono troppo bassi, volare fin qui sarebbe stata un’impresa», aveva ammesso, ed Enji aveva notato solo in quel momento quanto stesse tenendo le ali vicino al corpo per farsi strada tra gli alberi. «Ma non mi dispiace aver camminato un po’! Più mi guardo intorno e più ho l’impressione di trovarmi in un luogo incantato.»
Come a voler sottolineare il concetto, il ragazzo aveva allargato le braccia, quasi desiderando di abbracciare gli alberi e il terreno innevati intorno a loro. Probabilmente anche lui doveva essersi reso conto di quanto fosse strano che la neve fosse caduta lì, ma era piuttosto bravo a non darlo a vedere: sul suo volto, infatti, traspariva soltanto una certa gioia fanciullesca, mista a eccitazione, dovuta a quell’evento inatteso.
In realtà, Keigo era preoccupato. Sapeva cosa significasse la neve per il suo re, e soprattutto cosa avrebbe comportato il suo scioglimento, una volta giunta la primavera.
Non appena si era svegliato, affacciandosi alla finestra e ritrovandosi a osservare quello spettacolo, il suo primo pensiero era volato a Enji. Sapeva che ne sarebbe stato turbato, così era scattato a cercarlo, ma dopo aver fatto il giro del palazzo si era reso conto che non fosse lì. Arrivato all’ingresso, aveva trovato la soglia socchiusa, e fissando con attenzione i giardini s’era reso conto della presenza, a terra, di alcune impronte. Non aveva avuto il minimo dubbio che fossero quelle del re.
Aveva capito che, per Enji, la neve voleva solo dire che il tempo che avevano a disposizione per prepararsi all’imminente attacco nemico stava per scadere. Da giorni vedeva il re corrucciarsi, sempre più cupo seduto sul suo trono, riflettere su quali fossero le misure migliori da adottare. Era stato dato l’ordine di innalzare enormi palizzate di legno attorno al castello, inoltre tutti i migliori combattenti delle contee sottomesse erano stati convocati a palazzo. Avrebbero formato l’esercito che sarebbe avanzato verso nord, cercando di arrestare la calata nemica.
Nonostante questo, tuttavia, il re continuava a non sentirsi tranquillo, Keigo glielo leggeva chiaramente in faccia. Non erano riusciti a raccogliere molte informazioni riguardo a quei nemici, e doversi ritrovare a combattere così, pressoché al buio, era decisamente sconveniente.
Per tutto il tempo, Keigo s’era impegnato a rimanergli al fianco. Ci teneva a supportarlo, a rendergli gli incarichi meno gravosi, almeno un poco.
Enji, tuttavia – come sempre, d’altronde – era granitico. Non permetteva a nessuna emozione di trasparire all’esterno, concentrandosi piuttosto nel preparare le difese, al fine di non lasciare impreparato il proprio regno. Sapeva che doveva dimostrarsi forte agli occhi del suo popolo, era ciò che aveva sempre fatto.
Solo che Keigo temeva che questa volta tutto il suo impegno non sarebbe bastato. Un singolo errore, sottovalutare gli avversari, mettere un piede in fallo, avrebbe comportato perdere l’appoggio degli alleati. E, senza di loro, difficilmente sarebbero riusciti ad arrestare l’avanzata nemica.
Ecco perché Keigo era lì. Voleva con tutte le sue forze farsi carico almeno di una parte delle preoccupazioni del suo re. Voleva alleggerire quel peso, rasserenarlo almeno un poco.
Aiutarlo era tutto ciò che desiderava.
Intorno a loro, i fiocchi di neve continuavano a scendere lenti. Nel momento in cui Enji si era voltato nella sua direzione, Keigo ne aveva sentito uno posarsi sulla punta del suo naso. Aveva chiuso gli occhi, ridacchiando, e allungando la testa verso l’alto ne aveva cercati altri, continuando a tenersi ben stretta attorno al collo una sciarpa di lana per proteggersi dal freddo.
Osservando quella scena, sul volto del re era spuntato un sorriso appena accennato.
Era davvero difficile definire il rapporto che lo legava a quel ragazzo. Keigo viveva a corte da anni, ormai, ed era l’unico a cui il re permettesse di prendersi determinate libertà. Se qualunque altro suo servitore si fosse messo a scherzare in sua presenza allo stesso modo del ragazzo, probabilmente si sarebbe ritrovato all’istante senza lavoro.
Keigo no, però.
Era il primo a cui Enji si rivolgeva quando aveva bisogno di un consiglio per la gestione dei vari regni che amministrava, anzi, forse addirittura l’unico. Si fidava ciecamente di lui, e non l’avrebbe mai ammesso ma si sentiva quasi… sollevato al pensiero che fosse tornato a corte in un periodo così complesso.
Anche quei modi insolenti e provocatori che aveva sempre avuto, così poco adatti per rivolgersi a un re, in realtà non lo infastidivano più. Si era abituato alla natura sfacciata del ragazzo, e per la verità non gli dispiaceva troppo.
Era tutto complicato. Il modo in cui vedeva Keigo, come le cose tra loro fossero sempre andate così veloci, il poco tempo che rimaneva.
Rei che, in una stanza lontana del castello, probabilmente ancora riposava, distesa nel letto che Enji condivideva con lei.
Quel pensiero strinse lo stomaco del re in una morsa, di colpo sentendosi in colpa per come s’era sentito rassicurato quando, poco prima, aveva visto le labbra di Keigo piegarsi in un sorriso.
L’uomo tornò a incupirsi quasi subito, puntando lo sguardo a terra.
«Faremo meglio a tornare a palazzo», aveva tagliato corto, già voltandosi e riprendendo a camminare verso i giardini.
Keigo era rimasto per un momento bloccato sul posto, confuso, cercando poi di recuperare il terreno che il re aveva già messo tra loro.
«Mh, sì!», aveva convenuto, raggiungendolo e mettendosi a camminare al suo fianco, sorridendogli raggiante mentre si lasciavano alle spalle il paesaggio innevato del bosco.





notes
oggi ho due notizie, una buona e una cattiva.
quella buona: come aveva programmato, oggi sono finalmente riuscita a portare a termine questa storia! sono circa 60 pagine e 40.000 parole, e confesso che inizialmente non aveva affatto immaginato che il progetto per il writober potesse rivelarsi così ampio. a volte penso che avrei potuto rendere meglio qualcosa, ma ormai è andata, già aver portato il tutto al termine è un gran traguardo! confesso che avevo paurissima, di solito le storie che continuavo a scrivere mentre pubblicavo non vedevano mai la fine, però evidentemente stavolta avevo una strada più chiara da percorrere davanti a me. poi vbb, se proprio qualcosa non mi convince penso di essere ancora in tempo per sistemarla, in ogni caso
– evviva, ce l'ho fatta! adesso come premio voglio andare in un negozio e prendere il peluche bellissimo a forma di pinguino che ho visto un po' di tempo fa, mh.
quella cattiva: mi è venuto il raffreddore, e anche un gran mal di gola. ringraziamo mio padre che me li ha passati, rip. adesso ho il terrore di dover rimanere di nuovo un mese a letto malata come quest'inverno ;-; facciamo che se i capitoli finali della storia non mi saranno (secondo il giudizio di chi legge la storia) venuti bene daremo la colpa a questo, sì!
per il resto, parliamo del capitolo. il prompt di oggi era neve, e diciamo che ci sono andata a nozze viste le premesse che ho impostato all'inizio della storia. in realtà può sembrare che nel capitolo non succeda molto, ma visto che la minaccia che tormenta i nostri eroi (in tutti i sensi lol) ha a che vedere con la neve, e con l'esattevva con il suo scioglimento, direi che parlarne è stato molto importante. vbb inutile negarlo io riesco solo a pensare a quello che succederà domani e mi va il cervello in pappa all'idea, ma okay, questo passaggio serviva pure per mostrare un po' il punto di vista di Enji riguardo a Keigo, ma okay, credo di aver fallito miseramente.
bene, vi do appuntamento a domani. sappiate che sto già ghignando malefica, ahah, non vedo l'ora che arrivi!
come al solito grazie a tutt* quell* che spendono un po' del loro tempo per leggere questa storia
i
see you!

aria 

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Capitolo 6
*** Attento a quel che sogni ***


Era notte fonda.
La neve aveva ricominciato a cadere copiosa, il vento che la trasportava con furia e la faceva vorticare davanti alle finestre prima di permetterle di cadere a terra.
Nel silenzio più totale, rotto soltanto dal rumore netto delle raffiche forti del vento, era cullato il sonno degli abitanti del castello, tutti profondamente addormentati con tranquillità.
Tutti, eccetto uno.
Keigo si rigirava tra le coperte, come incapace di darsi tregua.
Dormiva, lo si capiva dai suoi occhi chiusi, ma non si poteva dire che il suo fosse un sonno tranquillo.
L’espressione sul volto era contratta, e più volte dalle sue labbra erano scivolati dei gemiti.
Se qualcuno lo avesse visto in quelle condizioni avrebbe potuto pensare che fosse preda di un incubo. La natura dei suoi sogni, in realtà, era ben diversa.
Ogni volta, tornare a palazzo era un azzardo anche per quello, lo sapeva bene. La vicinanza di Enji non… lo condizionava solo in bene. Intercettare il suo sguardo, nelle varie sale del castello, passare del tempo assieme, e poi quel sorriso, che Keigo aveva visto spuntargli in volto mentre camminavano, attraverso il bosco inondato di neve… era davvero troppo.
Sapeva che non si sarebbe dovuto lasciare andare a certi pensieri, ma aveva pur sempre bisogno di sfogarsi, o sentiva che sarebbe impazzito.
E poi, finché fossero rimasti racchiusi nella notte e nei suoi sogni, non avrebbero fatto del male a nessuno, no?
Così ecco che, quando i suoi occhi si chiudevano, come quadri in movimento iniziavano a dipingersi e a danzare scene accuratamente dettagliate.
Veniva da chiedersi se fossero davvero sogni.
Era come se qualcuno, nelle tenebre, facesse colare del liquido – simile a inchiostro nero, ma pieno di sfumature di diversi colori – da una boccetta di vetro. Lentamente, quell’ammasso confuso sembrava diventare più chiaro, e la scena prendeva a formarsi davanti ai suoi occhi.
Il sogno era quasi sempre lo stesso. Potevano variare alcuni dettagli, ma non la sostanza.
Keigo era lì, osservava la scena, ma non riusciva a vedere chiaramente il proprio corpo. In compenso, davanti a sé, distingueva nitidamente un baldacchino dai tendaggi e le lenzuola purpuree, e sul letto stavano avvinghiate due figure.
La prima, un corpo forte, possente, ne sovrastava un altro, più snello. Keigo non aveva bisogno di guardare meglio per essere certo che l’uomo che vedeva solo di spalle fosse il suo re – avrebbe riconosciuto ovunque quei fasci di muscoli che vedeva guizzare ovunque, sulle spalle, lungo la schiena, troppe volte s’era concesso con eccessiva indulgenza di lasciar vagare il proprio sguardo su quella muscolatura così definita.
Lo vedeva muoversi con sicurezza, e la stanza era invasa da gemiti, una tonalità troppo acuta però perché potesse pensare che a lasciarseli sfuggire fosse il re.
Era in quel momento che la prospettiva da cui osservava la scena sembrava cambiare improvvisamente, e ora, anziché alle spalle delle due figure, si trovava al loro fianco, in basso – inginocchiato, forse.
La persona distesa sul materasso aveva gli occhi chiusi, e il cuscino su cui teneva poggiato il capo era invaso da capelli dorati. La schiena leggermente inarcata, riceveva con accondiscendenza le spinte dell’altro uomo dentro di sé, mentre dalle labbra socchiuse sfuggivano, come aveva sentito, gemiti.
Keigo aveva avvertito un tuffo al cuore nel momento in cui s’era reso conto che la figura distesa sotto al re era proprio lui.
Stava sognando di fare l’amore con Enji.
Nella notte, il suo volto ancora incosciente s’era imporporato appena per l’imbarazzo.
La scena era maledettamente accurata, sentiva il letto cigolare, le lenzuola frusciare, i loro ansiti fondersi assieme. Era tutto così reale che, a tratti, gli sembrava di sentire il re affondare in sé. Nel sogno aveva serrato gli occhi, gemendo di piacere, sperando tuttavia che quella scena potesse sparirgli da davanti.
Subito dopo, si era risvegliato, ansimando. Aveva capito subito di non trovarsi più nel sogno, perché adesso era nuovamente nella sua camera avvolta dalle tenebre.
Si era tirato a sedere sul letto. Respirava ancora affannosamente, e sentiva il cuore martellargli nel petto. Si era passato una mano alla fronte, trovandola madida di sudore.
Era troppo. Tutta quella storia era davvero troppo da sopportare.
Andava avanti da tempo. Dal primo istante in cui l’aveva conosciuto, aveva capito che Enji Todoroki esercitasse su di lui un fascino che nessun altro aveva. Più passavano gli anni e il tempo che trascorreva al suo fianco, più i sentimenti che nutriva nei suoi confronti accrescevano. Magari all’inizio era stata davvero solo ammirazione, adesso però sapeva bene che si trattava di qualcosa di più profondo, più intenso.
Quando passavano più tempo del solito l’uno accanto all’altro, poi, la situazione peggiorava, si faceva più nitida, più ingorda.
Sì, desiderava fare l’amore con il suo re. Ogni sguardo che lasciava sulla sua pelle lo sentiva bruciare, ogni ritaglio di tempo che gli concedeva trascorrendolo con lui lo faceva sentire onorato.
Il pensiero che quelle, per quanto minuziose, fossero solo fantasie e che non si sarebbero mai potute avverare, però, lo logorava.
Era per questo che, per quanto quei sogni fossero in grado di colmarlo di piacere, a volte avrebbe preferito potervi fuggire.
Tutta quell’illusione lo distruggeva. Sapeva che non poteva avere Enji, lui aveva già Rei al suo fianco, inoltre non esisteva alcuna possibilità che, in ogni caso, il re potesse ricambiare i suoi sentimenti.
Allora perché farsi del male così? Perché sognare di fare l’amore con lui, se poi non potrò mai averlo?
Keigo se lo domandava spesso, affranto, senza riuscire a darsi una risposta. S’era rimproverato mille volte per quelle fantasie fin troppo licenziose, perché sapeva che non avrebbero potuto mai realizzarsi, eppure ogni volta queste tornavano a presentarsi, malefiche.
Forse, la verità era che Keigo non riusciva a dispiacersi fino in fondo di quei pensieri. Aveva una malcelata passione per quel perdersi nelle proprie sordide fantasie.
Si diceva che era uno sfogo. Finché avesse avuto quei sogni, avrebbe relegato in essi il desiderio che aveva per Enji.
In fin dei conti, che male poteva fare un sogno?
Il ragazzo si era lasciato sfuggire una risata esausta, mentre tornava a distendersi con la schiena sul letto.
Voleva restare aggrappato a quegli scampoli di piacere ancora per un po’, senza alcuna intenzione di lasciarli sfuggire.





notes
aiuto. che stanchezza.
mi è tipo salita la febbre, in più oggi sono andata veramente in missione a prendere il peluche che volevo. sono tornata poco fa, sono esausta, sto editando adesso e prego con tutta me stessa di non star lasciando errori, rip.
comunque. questo è il capitolo che non vedevo di pubblicare. finalmente è qui, lol.
immagino che adesso comprendiate perché fossi tanto ansiosa al pensiero di postarlo, ahah. non appena ho visto il prompt sogno ho deciso che dovevo mettere questa scena, così eccoci qua.
che poi oh, per me una cosa del genere a hawks potrebbe capitare benissimo anche in canon. ve l'ho già detto che è un sottone, sì?
e così eccolo a sognare qualcosa che forse non dovrebbe, soprattutto visto che riguarda il suo re. keigo è abbastanza convinto che i suoi sogni non diverranno mai realtà, ma sarà davvero così?
per oggi temo che non mi dilungherò oltre perché qui sta per scoppiare un temporale e se salta la corrente sono finita perché il mio pc funziona solo se collegato all'alimentazione
– sì, ho dei grandi mezzi a disposizione, lo so.
come al solito ringrazio tutte le persone che si fermano anche solo per dare un'occhiata alla storia, non sapete che carica mi date! grazie a chi sta seguendo quest'avventura, ci vediamo domani
– e ora corro a riposare, yeah!
aria 

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Capitolo 7
*** Ricamo prezioso ***


Enji avrebbe voluto darsi pace.
Era un pomeriggio piuttosto tranquillo, il sole mite già piegava verso ovest e il cielo si era tinto di una tonalità aranciata. Quel colore intenso aveva finito per invadere anche la sala del trono, infrangendosi a terra in mille gocce luminose.
Il castello era invaso da un gran silenzio. Aveva visto Keigo per l’ultima volta quel mattino, quando avevano concordato che il ragazzo avrebbe passato in rassegna i vari lavori che fervevano attorno al castello, dopodiché era scomparso, allontanandosi in direzione dei boschi, dove si stavano organizzando dei presidi contro le orde nemiche.
Senza la risata cristallina del ragazzo, il silenzio del palazzo sembrava insopportabile.
La sala del trono era un’enorme stanza a pianta rettangolare, lasciata perlopiù senza arredi. Era il luogo dove venivano accolti gli ospiti più influenti, e dove si svolgevano gli annunci solenni. Dalla parte opposta alla porta, percorsa una lunga distanza, si raggiungevano i troni del re, il più grande, e della regina, uno scranno dalle dimensioni leggermente più esigue rispetto all’altro, posto alla sua sinistra. Le due sedute erano collocate sopra a pochi scalini di pietra, bassi, e quella del re aveva una posizione centrale.
Dagli scalini scendeva un sottile tappeto rosso, che ricopriva in parte il pavimento della stanza. Per il resto, escluso un grande candelabro di ferro nero, le cui candele erano al momento spente, che pendeva dal soffitto e alcune sedie che venivano portate lì all’occorrenza, quando degli ospiti giungevano a corte, la stanza era pressoché spoglia. Il vero punto focale della sala, tuttavia, erano le grandi finestre che correvano sia a sinistra che a destra. Lunghi vetri piombati si susseguivano l’uno dietro all’altro, incastrati tra le mura di pietra e terminando tutti in un arco lievemente puntuto.
Tutte quelle finestre rendevano l’ambiente estremamente luminoso, tanto che lì, di giorno, non era necessario utilizzare altri tipi di illuminazione.
Una voce sottile richiamò Enji alla realtà.
«Papà?»
Per Enji fu come risvegliarsi da un lungo sonno.
Quel pomeriggio, Fuyumi era rimasta con lui nella sala del trono. Sua figlia era seduta a terra, su uno degli scalini, e teneva in grembo la piccola cornice circolare del telaio su cui aveva passato il tempo a ricamare. Lo stava guardando attentamente, quasi preoccupata, ed Enji si era reso conto che doveva stare osservandolo già da un po’ di tempo.
Il re si era portato una mano al volto, stringendo appena le palpebre tra pollice e indice. «Scusa, Fuyumi», si era ritrovato a giustificarsi. «Temo di essermi perso nei miei pensieri.»
La ragazza si era ritrovata a sorridere, comprensiva. Lentamente, s’era alzata in piedi, salendo sui gradini fino a raggiungere il trono del padre.
Tra i suoi tre figli, Fuyumi era quella con cui aveva un rapporto meno travagliato. La ragazza aveva preso tutto da Rei, le assomigliava in ogni tratto, negli occhi grandi e dolci, nell’indole docile, nei modi gentili. Entrambe controllavano il ghiaccio, magia complessa che solo alcune popolazioni che abitavano l’estremo nord domavano. Inoltre, i loro capelli avevano la stessa candida tonalità, eccezion fatta per alcune sfumature rossastre che Fuyumi aveva ereditato da Enji.
Come con i popoli che controllava, Enji non era mai stato tenero nell’educazione e nel rapporto con i suoi figli. Fuyumi era quella che gli portava meno rancore per questo. Shoto era arrivato a un punto in cui preferiva lasciarsi tutta quella storia alle spalle, e per quanto lo facesse soffrire ancora cercava di accantonarla con indifferenza, mentre Natsuo era quello che tra i tre continuava a provare più rabbia.
Rei gli aveva detto, in passato, che lui e Natsuo avevano un carattere molto simile, di natura irascibile, ed Enji cominciava a pensare che avesse ragione.
Fuyumi si era appoggiata a un bracciolo del trono con un fianco, posando la fronte contro quella del padre. Enji gli aveva avvolto un braccio attorno alla vita, attirandola maggiormente a sé.
«Sei preoccupato per i nemici che minacciano di attaccarci?», aveva domandato la ragazza.
Enji aveva annuito. Aveva cercato di far trapelare la notizia il meno possibile, ma i lavori di adeguamento delle mura del castello e il recente viavai di cavalieri erano stati impossibili da nascondere. Aveva dato la notizia alla sua famiglia una sera a cena, dicendo loro di cercare di non allarmarsi più del dovuto. Natsuo gli aveva rinfacciato quanto fosse debole, nel momento in cui dei nemici partivano dal nord e arrivavano fin laggiù senza incontrare quasi nessuna resistenza. Forse Rei l’aveva rimproverato per quell’affermazione, troppo impertinente da rivolgere al proprio padre e re, ma Enji non lo ricordava. In realtà Natsuo aveva ragione, non aveva mai provato a negarlo. Era stato debole, aveva messo la sua famiglia in pericolo per… quale motivo, esattamente?
Fuyumi gli aveva accarezzato i corti capelli rossi, alla base della nuca. Era finito con una guancia affondata nel vestito morbido di sua figlia. Era bianco, come la neve, come i suoi capelli, e numerosi merletti correvano lungo di esso, nel colletto finemente ricamato, sull’ampia gonna che, un poco vaporosa, scendeva fino alle sue minute e aggraziate caviglie. Fuyumi era così abile nel ricamo che Enji non stentava a immaginare che avesse cucito lei stessa quel vestito.
Non si era mai concesso particolari esternazioni d’affetto con i suoi figli, ecco perché la situazione come quella che stava vivendo gli sembrava inusuale. Era bella, però. Si sentiva come se Fuyumi stesse tessendo una tela e vi stesse intrappolando lì tutte le sue preoccupazioni. Era piacevole.
«Non dovresti», aveva commentato la ragazza. «Tu sei forte, papà. Vedrai che riuscirai a respingerli senza troppi sforzi.»
Dalle labbra di Enji era scivolato un sospiro profondo. Avrebbe voluto rimaner ancorato a quelle parole, stringerle fino ad assorbirle in sé, a crederci veramente.
«Mi dispiace», aveva mormorato. Non era mai stato bravo a chiedere scusa, troppo egoista per questo, e il più delle volte aveva finito per non farlo, senza riuscire a vincere l’orgoglio. La verità era che si sentiva mortificato. «Mettervi in apprensione era davvero l’ultimo dei miei desideri.»
«Papà, stai scherzando?» Fuyumi si era lasciata sfuggire una risata soave, simile a uno scampanellio. Si era scostata appena dal corpo del padre, per poterlo guardare negli occhi. «Sappiamo che vuoi il meglio per il nostro regno. Abbiamo fiducia in te.»
La ragazza aveva sciolto con gentilezza l’abbraccio. S’era voltata, facendo per scendere nuovamente giù dai gradini e tornare ai suoi ricami.
«Fuyumi», l’aveva richiamata Enji.
«Sì?», aveva risposto lei, voltandosi a osservarlo.
Enji aveva sorriso. Era incredibile il modo in cui sua figlia riuscisse a capirlo, come fosse in grado di dirgli esattamente ciò di cui aveva bisogno al momento giusto.
«Grazie. Per tutto», aveva affermato.
Dietro a quelle parole, in realtà, si celavano molti significati. Grazie per essermi rimasta accanto, almeno tu. Grazie per aver almeno cercato di perdonarmi.
Fuyumi aveva ricambiato il suo sorriso, gli occhi che scintillavano di una luce incantevole.
«Figurati!», aveva concluso, raggiante.
L’istante successivo si era seduta nuovamente sullo scalino di pietra, tornando ai ricami sul telaio incorniciato.





notes
ahh, oggi mi sento decisamente meglio.
mi è piaciuto scrivere questo capitolo! per tutto il tempo ho percepito un'atmosfera dolce, delicata. sì, diciamo che c'è un distacco netto da quello di ieri, ahah.
ma quanto è bello il personaggio di Fuyumi? no, parliamone, perché io sono profondamente innamorata di lei. sono felice di essere riuscita a inserirla all'interno di questa storia, e già da qui comunque abbiamo avuto un accenno agli altri fratelli Todoroki, anche se la questione verrà approfondita nei prossimi capitoli. sì, potrei aver leggermente edulcorato il passato di famiglia, ma ehi, è un'au, avevo bisogno di prendermi un po' di libertà ;-;
comunque, in merito al rapporto che Shoto, Fuyumi e Natsuo hanno con il padre ho cercato di attenermi quanto più possibile al canon, nonostante tutte le differenze che ci sono qui. personalmente sono abbastanza soddisfatta del risultato, poi vbb, non so se l'ultima parola spetta a me.
il prompt merletto mi ha dato l'opportunità di inserire nella trama un nuovo personaggio, quello di Fuyumi per l'appunto. mi piace l'idea di associarle il ricamo come passatempo, soprattutto in questo setting, credo che la rispecchi molto.
il prossimo capitolo mi entusiasma decisamente meno, ma sto pensando che si sta avvicinando sempre di più un'altra cosa che attendo parecchio... uhuh.
come al solito, grazie a tutti quelli che seguono la storia!
a domani

aria 

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Capitolo 8
*** Le illusioni danno forma alla realtà ***


Supervisionare i lavori intorno al castello non era male.
Aveva proposto a Enji di lasciare che a occuparsi di quell’incarico fosse lui, così nel mentre il re avrebbe avuto tempo per riflettere su quale sarebbe stato il prossimo passo da compiere.
Keigo era felice di essere lì da solo. Era l’ennesima dimostrazione di quanto Enji si fidasse di lui, al punto da lasciargli controllare in totale autonomia l’andamento della messa in sicurezza del suo palazzo.
Gli stivali di Keigo erano affondati nel fango. In alcuni punti, dove veniva più calpestata, la neve si era sciolta, mischiandosi al terreno sottostante.
In realtà, c’era anche un altro motivo per cui Keigo era lieto di essersi allontanato per qualche ora da solo dal palazzo, ed era il suo esserne triste.
Sì, perché per quanto il pensiero che Enji lo ritenesse abbastanza valido da poter svolgere quell’incarico da solo lo riempisse d’orgoglio, non riusciva a non sentire la mancanza dell’uomo.
E questo non andava bene.
Si era ripetuto di dover abbandonare quelle fantasie su di lui e sul suo re, eppure non ci riusciva. Continuava a pensare a quei sogni che lo perseguitavano di notte, ai loro corpi avvinghiati, e a sentirsi così straordinariamente eccitato da quell’idea.
Non sarebbe mai potuto succedere, era ovvio che i suoi sentimenti non fossero ricambiati – eppure non riusciva a lasciar andare quei sogni, si aggrappava a essi e alla sensazione di piacere che gli lasciavano in corpo.
Per questo motivo, era arrivato alla conclusione che, forse, evitare Enji per un po’ fosse la cosa migliore da fare. Il palazzo era enorme, ma in un modo o nell’altro finivano sempre per incontrarsi, e ogni volta che ce l’aveva davanti tornava a pensare a quel corpo che lo sovrastava, in sogno, e a quelle labbra che gli baciavano il collo…
Stare assieme nella stessa stanza stava diventando un’ardua impresa. Lo era sempre stato, quando si fermava a sud più del solito e quei sogni tornavano a tormentarlo.
Keigo aveva scacciato via con fermezza quei pensieri dalla propria mente. Dopotutto, era lì per dimenticarsene, almeno per un po’.
Era tornato a voltarsi in direzione dei manovali che, attorno alle mura, stavano portando pietre pesanti e tronchi di alberi, alti, senza più rami e appuntiti in cima. Aveva srotolato davanti a sé la pergamena su cui era disegnato il progetto per rafforzare le difese del castello e delle abitazioni circostanti. Era fiero di quelle idee, visto che anche lui vi aveva collaborato, suggerendo alcune soluzioni. Stava procedendo tutto per il meglio, perciò aveva deciso di potersi concedere una piccola pausa per passeggiare attraverso i boschi.
Era tutto come l’aveva lasciato, l’ultima volta che era stato lì con il re. Candido, calmo, immutabile. Allontanandosi dai cantieri attorno alle mura, i rumori che provenivano da lì giungevano nel bosco lontani, ovattati. Keigo aveva chiuso gli occhi, godendosi per un po’ quella quiete senza pensare a niente.
Forse sarebbe dovuto partire. Era una parte immancabile in ogni suo ritorno a sud. Quando la vicinanza a Enji – e i pensieri che ne scaturivano – diventava insopportabile, subito cercava un compito, una via di fuga, che lo portasse lontano da palazzo.
Però non voleva farlo, adesso. Non riusciva a privarsi della vicinanza del re, stavolta. Per di più, andarsene in un momento così critico era inconcepibile – agli occhi di Keigo, sarebbe valso come un tradimento. Senza contare che, per quello che gli era parso di capire, il re sembrava essere il primo a sentirsi allietato dal suo ritorno.
A tali condizioni, andarsene era davvero impossibile.
Keigo aveva sospirato, riaprendo gli occhi e ricominciando a camminare attraverso il bosco. Gli era sembrato di riuscire a riconoscere solo in quel momento la zona in cui si trovava.
Era una vecchia radura, non troppo distante dai giardini del palazzo. I primi tempi in cui era giunto al sud spesso era sgattaiolato via dal palazzo per andare lì e allenarsi un po’ nel volo, in solitudine.
I ricordi lo avevano avvolto con un pizzico di nostalgia. Riguardando indietro a quei giorni, vedeva un se stesso più giovane e immaturo, che aveva pregato fino allo sfinimento un re venuto da lontano perché lo portasse con sé.
Lo stesso re che amava, ora.
Keigo aveva corso fino a raggiungere il centro dello spiazzo, e una volta lì si era fermato, piroettando su se stesso. Aveva allargato le braccia, e chiudendo gli occhi aveva alzato il capo al cielo, una risata che gli era sfuggita dalle labbra. Ah, come si sentiva libero, in quel momento…
Aveva sollevato nuovamente le palpebre, ritrovandosi a osservare un cielo imbiancato, che minacciava di nuovo neve a breve. Sugli aghi dei verdi abeti attorno a sé vedeva ancora impigliati alcuni fiocchi.
Il ragazzo aveva sorriso sornione, portando le braccia dietro alla schiena. Forse, ancora per un poco, potevano considerare la minaccia nemica lontana.
Un pensiero era balenato nella mente di Keigo. Aveva spostato nuovamente lo sguardo sugli alberi attorno a sé, cercandone uno in particolare. Era scattato in avanti, esaminando i vari tronchi. Era sicuro che fosse lì, da qualche parte…
Si era messo a girare attorno a tutti gli alberi, osservandone attentamente la corteccia. Quando aveva trovato quello che cercava, le sue labbra si erano aperte in un ampio sorriso.
C’era un’incisione, su un tronco. Ricordava esattamente quando l’aveva fatta. Era un pomeriggio assolato, ed era arrivato a corte ormai da un paio d’anni. Era corso ad allenarsi lì come al solito, ma in quell’occasione, complice la calura estiva, non riusciva a darsi da fare. Così aveva ordinato a una delle sue piume di volargli in mano e, per passare il tempo, aveva inciso due iniziali su un tronco. La sua, e quella del re.
Era una cosa piuttosto sfacciata da fare. Chiunque sarebbe potuto passare lì e vederle, ma Keigo s’era detto che difficilmente avrebbero potuto ricondurre quelle due iniziali sul legno a lui o, tantomeno, al re.
Era passato tanto tempo da quando la sua piuma aveva scalfito la corteccia, eppure le due lettere non sembravano averne risentito. Il muschio era cresciuto ovunque tranne che su di esse, e pioggia o umidità non le avevano danneggiate in alcun modo.
Keigo si era seduto a terra. Aveva osservato l’incisione con una certa incredulità, e un sorriso gli aveva increspato le labbra. Aveva passato le dita dove il legno era stato scalfito, saggiando le scanalature del tronco sotto la propria pelle.
Amava Enji da così tanto tempo da sembrargli quasi buffo. Aveva trascorso giorni interi lì, ad allenarsi, a diventare sempre più veloce e più forte per lui, per compiacerlo, perché fosse fiero di lui.
Chissà cosa aveva sperato di ottenere.
I suoi pensieri si erano incupiti, un brivido gli era corso lungo la schiena. Tornava sempre allo stesso punto.
Il re non l’avrebbe mai guardato con gli stessi occhi con cui Keigo lo fissava. Non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti. Non avrebbe mai potuto volere lui. Era inutile pensare a tutti i sacrifici che aveva compiuto nel corso degli anni solo nell’ottica di voler suscitare in lui un sentimento diverso dalla sola ammirazione. Per lui, lavorare per Enji era prima di tutto una grande fonte d’orgoglio, per via della fiducia che il re riponeva in lui.
E questo valeva più di ogni altra cosa.
Keigo si era chiesto cosa avrebbe dovuto fare con l’incisione. Aveva pensato che, forse, avrebbe fatto meglio a cancellarla: avrebbe solo dovuto raschiare la corteccia con le unghie, o fenderla con una delle sue piume, e ogni traccia della sua esistenza sarebbe sparita all’istante.
Il ragazzo aveva avvicinato la mano al tronco. Lo aveva accarezzato per un’ultima volta, lì dove c’erano le iniziali.
La sua mano era stata scossa da un fremito. No, si era detto. Aveva allontanato le dita dall’albero, con un sospiro rassegnato.
Non aveva coraggio sufficiente per farlo davvero. Cancellare quelle iniziali per lui aveva lo stesso significato di arrendersi, e non era ancora pronto a farlo.
Forse non lo sarebbe stato mai.
Cancellarle significava rinunciare a Enji. Rinunciare alla speranza che, un giorno, potesse ricambiare i suoi sentimenti. Rinunciare a quelle fantasie che popolavano le sue notti e che forse, in fin dei conti, non gli sembravano poi così terribili.
Temeva di non poter ancora vivere senza tutto questo. Dopotutto, guardare in faccia la realtà era molto più difficile che cullarsi ancora tra quelle illusioni.
Keigo si era alzato, spazzolando via muschio e neve dai propri vestiti. Era tornato ad avviarsi verso le mura e i lavori attorno a esse, lasciandosi il bosco alle spalle.
Le due iniziali erano rimaste a dimorare sul tronco dell’albero.





notes
l'angolino oggi comincia male, a tratti malissimo.
la cosa buffa è che mi sono messa davanti al pc tipo un'ora fa, ed ero tutta sorpresa, tipo "wah oggi sono in anticipo, se finisco troppo presto che si fa?". turns out che adesso sono le sette, e io veramente mi sto disperando più del solito. vbb.
come avevo anticipato, questo erauno dei capitoli che mi convinceva meno già al tempo della stesura. il prompt incisione l'ho usato per questa scritta sull'albero, e okay, non so se sia un inserimento troppo debole.
che già che hawks si metta a incidere certe cose su un albero non so quanto sia ic. voglio dargli due attenuanti (o forse darle a me), ovvero che era più giovane e che, in generale, è un clown anche in canon, quindi boh, magari può starci. se devo essere sincera, oggi stavo riflettendo e mi sono resa conto che è quasi più ooc un suo comportamento che sarà nell'aggiornamento di domenica, paradossalmente uno dei capitoli che attendo con maggiore ansia.
la cosa che mi ha portato via più tempo nell'editing, però, è stata la consecutio temporum. non so, oggi ho l'impressione di aver combinato un macello. ho provato a sistemare, ma ora la situazione mi sembra pure peggiore, quindi boh, help, sul serio.
tra l'altro ho visto un mezzo errore pure nel capitolo di domani, mi sa che mi conviene sistemarlo prima che me ne dimentichi.
comunque! con questo aggiornamento abbiamo finalmente raggiunto una settimana di pubblicazione uwu devo dire che procediamo spediti, yeah.
okay, disperazione a parte per oggi siamo a posto. domani c'è l'ultimo capitolo che mi farà sclerare in maniera più moderata, perché poi nel trittico 10/11/12 ottobre arriveranno finalmente alcuni degli aggiornamenti che preferisco. eheh, stay tuned!
come al solito grazie a tutt* quell* che si fermano a leggere
a domani

aria 

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Capitolo 9
*** Regalo ***


I giorni trascorrevano veloci, troppo veloci.
Tutti avrebbero voluto avere più tempo, ma dicembre era già arrivato, e la primavera si avvicinava sempre di più.
Enji aveva richiamato a corte tutti gli alleati di cui disponeva, consapevole che, se voleva avere una possibilità contro chi li minacciava, avere dalla propria parte un esercito nutrito di uomini sarebbe stato a suo vantaggio. I cavalieri soggiornavano nei sobborghi non troppo distanti dal castello e, a dir la verità, Keigo non li aveva mai visti tutti assieme a corte – veniva, di tanto in tanto, qualche delegazione dei vari regni a conferire col re, e viste le diverse distanze che intercorrevano tra il sud e le contee controllate da Enji erano arrivati in giorni differenti. Per il resto, gli era giunta voce che molti fossero divenuti avventori abituali delle taverne locali.
Quel pensiero gli aveva strappato un sorriso.
Era pomeriggio inoltrato. Aveva terminato il suo giro tra i cantieri delle mura quella mattina, e adesso era tornato a palazzo, ritrovandosi però senza niente da fare. Così si era fermato sulla terrazza d’ingresso, affacciandosi al balcone e osservando da lì l’immensa distesa dei giardini reali che si dispiegava davanti ai suoi occhi. Due scalinate congiungevano nel punto in cui ora stava sostando, mentre alle sue spalle c’era una finestra di vetro dalle dimensioni ciclopiche, che dava accesso all’interno del palazzo. Al momento, una delle due ante era socchiusa, lasciando entrare una brezza leggera.
Se non pensava ai nemici sempre più vicini e ai lavori incessanti nei paraggi, quell’atmosfera sarebbe stata così tranquilla. La neve ancora giaceva sui prati perfettamente tagliati, nei bassi cespugli curati, tra i delicati roseti. Era una vista così soave che avrebbe voluto poterla conservare per sempre dentro di sé.
«Ti godi il panorama?»
Keigo si era ritrovato a sobbalzare. Così assorto tra i suoi pensieri, non aveva minimamente avvertito il rumore dei passi che si avvicinavano.
Voltandosi, aveva trovato Enji a osservarlo, sulla soglia d’ingresso. Aveva le braccia incrociate al petto, ma non riusciva a rintracciare sul volto la solita espressione severa. Sembrava tranquillo: negli occhi azzurri non c’erano segni d’ira, e le labbra erano piegate in un sorriso appena accennato.
Avrebbe voluto poter essere solo immensamente felice nel vederlo così, bellissimo, davanti a sé, eppure Keigo si ritrovò a pensare che era insolito. Negli ultimi giorni era stato così teso, e vista la situazione critica in cui il regno versava non riusciva a spiegarsi quell’espressione rilassata.
Keigo aveva ricambiato il suo sorriso. «Beh, è così raro vedere il giardino del palazzo reale innevato che sarebbe stato davvero un peccato perderselo!», aveva risposto, chiudendo gli occhi e rivolgendo al re uno dei suoi migliori sorrisi raggianti.
Enji si era lasciato sfuggire un grugnito, ma non aveva aggiunto altro. Si era staccato con la schiena dallo stipite della finestra a cui s’era appoggiato, e lentamente aveva cominciato a scendere giù da una delle due scalinate. Keigo non era rimasto a pensarci a lungo, e pochi istanti dopo lo stava già seguendo.
Il re si era incamminato attraverso i giardini. «Hai già effettuato la tua ronda di controlli?», aveva domandato, camminando lentamente e guardando dritto davanti a sé.
«Mh mh», aveva confermato Keigo, portandosi le braccia dietro alla schiena.
«E?», l’aveva incalzato il re. Stavolta si era voltato a guardarlo, rallentando fino a fermarsi.
«E… i lavori procedono», aveva risposto il ragazzo. Aveva ripreso a camminare, superando l’uomo. «Le palizzate sono state quasi tutte innalzate. Nei villaggi nei dintorni stiamo cercando di mettere al sicuro la popolazione, e stiamo allestendo dei presidi per tutelare i confini.»
Enji l’aveva raggiunto con delle ampie falcate. «Che vuol dire quasi tutte?», aveva sibilato, e Keigo stavolta aveva riconosciuto quel tono minaccioso di cui, in verità, non aveva mai avuto paura. «Se restiamo indietro rischiamo…»
Questa volta a fermarsi era stato Keigo.
«È tutto sotto controllo», l’aveva rassicurato. «I lavori procedono con ritmo serrato. Non temere.»
Keigo aveva avvertito una stretta al petto. Quegli occhi azzurri non erano arrabbiati, erano… preoccupati. Preoccupati di non essere all’altezza. Preoccupati di non essere abbastanza. Preoccupati di aver messo potenzialmente in pericolo di vita fin troppe persone.
Keigo non era riuscito a trattenersi, e aveva sollevato una mano in direzione del volto dell’altro. Attorno agli occhi di Enji si erano formate delle piccole rughe d’espressione. Gli succedeva sempre, quando s’innervosiva. Senza riuscire a fermarsi, le dita di Keigo le avevano accarezzate. Si era ritrovato a sorridere – era dannatamente bello anche in quel momento.
Gli occhi del re erano sembrati attraversati dalla sorpresa, e Keigo era parso tornare consapevole delle proprie azioni solo in quel momento. Aveva ritratto la mano, distogliendo lo sguardo. Che diavolo gli era preso? Si era sempre potuto permettere di prendersi un mare di libertà con Enji solo perché lui gliel’aveva concesso, ma doveva stare attento a non tirare troppo la corda, e con quell’iniziativa aveva paura di averlo fatto.
Si mordicchiò il labbro inferiore, guardandosi attorno. Si erano fermati davanti a un grande vaso bianco, che conteneva dei fiori dall’aspetto incantevole.
«Gigli?», aveva domandato Keigo, confuso. «In questo periodo dell’anno?»
Il re si era stretto nelle spalle. «Le temperature miti qui a sud permettono alla fioritura di durare più a lungo», aveva spiegato, stupito da quella domanda. «Credevo lo sapessi.»
«Giusto», aveva concordato, accarezzando i petali di un fiore.
A ben pensarci, era stata una domanda una domanda sciocca, ma in quel momento aveva solo voluto cambiare argomento e cercare di lasciarsi alle spalle l’imbarazzo per quel gesto impulsivo di poco prima.
«Sono stupendi», aveva commentato, sorridendo in direzione dei fiori.
Mentre era di spalle, non poteva accorgersi che lo sguardo di Enji era ancora puntato su di lui. «È un miracolo che il gelo non li abbia rovinati», si era ritrovato a riflettere.
«Già», aveva confermato il ragazzo. «Sono un simbolo di regalità, giusto?»
Il re sembrò rifletterci per alcuni istanti. «Sì», aveva risposto. «Perché?»
Le dita di Keigo erano scivolate sul lungo stelo di uno dei gigli. C’era qualcosa di affascinante e ipnotico nel modo in cui, candide e affusolate, si muovevano.
Poi, d’improvviso, aveva reciso il fiore, con un movimento rapido della mano. Enji lo aveva osservato avvicinarselo al volto, e inspirarne a fondo il profumo, gli occhi chiusi.
«Un fiore regale», aveva ripetuto, pensieroso. «Regale come il nostro re. Il mio re.»
A quelle parole, gli occhi di Enji erano stati nuovamente invasi dalla sorpresa.
Prima che potesse domandargli qualcosa, Keigo gli aveva porto il fiore. «Un dono per te», aveva spiegato, rivolgendogli un sorriso luminoso.
Enji aveva accettato il fiore, osservandolo con cura mentre se lo rigirava tra le mani. Keigo aveva ragione, era davvero molto bello.
Dopo quella sosta, avevano ripreso la passeggiata. Erano rimasti in silenzio per un po’, prima di tornare a confrontarsi sui vari preparativi di difesa.





notes
c'era qualche problema coi verbi anche qui, ma che--
buonasera! nonostante i miei struggles grammaticali dell'ultimo periodo, che tra l'altro neppure oggi sono sicura di essere riuscita a sistemare perché c'è una frase che continua a suonarmi male e vbb, il tema dell'angolino oggi sarà un altro, ovvero: attinenza al contesto storico o presunta tale.
faccio un esempio. nel capitolo quattro, dove ho accennato alla colazione, mi sono fatta cinquantamila pare su cosa avesse senso che fosse sul tavolo della colazione e cosa no
– per dire, penso che siamo tutt* d'accordo nel sostenere che hawks sia una coffee person, no? ecco, visto che però l'ambientazione è pseudo medievale e, per l'esattezza, un momento in cui la scoperta dell'america era ancora ben lontana, ho preferito mettergli in mano una tazza di latte. anche per le descrizioni del castello, altro esempio, ho fatto diverse ricerche sull'architettura. per eventuali buchi di trama ho sempre pensato che mi sarei potuta giustificare alludendo al fatto che, in fin dei conti, questo è un universo fantasy, quindi magari qualche libertà in più può starci.
ecco, nel caso del prompt giglio però diciamo che la mia mente è andata un po' in confusione, perché non sapevo come incastrarlo con la trama. l'unica cosa che mi è venuta in mente è stato sfruttare il mio adorato linguaggio dei fiori, ricordandomi però solo adesso che questo "metodo di comunicazione" appartiene all'età vittoriana, per cui un periodo ben distante dal medioevo :') la sola speranza a cui posso aggrapparmi è che alcuni fiori simboleggino determinati concetti da un periodo antecedente a quello che va da circa metà ottocento fino alla fine del secolo, durante il quale sono divenuti un mezzo per scambiarsi messaggi. nel caso specifico del giglio mi viene in mente che è spesso comparso negli stemmi di alcune casate nobiliari, per cui toh, questa potrebbe essere una soluzione. altrimenti ammetto di aver fatto un buco nell'acqua e amen.
vbb, non è questo che a noi interessa, però. come vi avevo promesso, da domani le cose prenderanno una piega... assai interessante, ma non è ancora arrivato il momento di svelare le mie carte.
intanto ringrazio come al solito chi lascia anche solo una fugace occhiata alla storia. vi do appuntamento a domani!

aria 

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Capitolo 10
*** Decisioni pericolose ***


Era ormai dicembre inoltrato.
Le difese erano state aumentate, e la maggior parte del tempo ormai Keigo la trascorreva facendo ricognizioni nelle zone limitrofe del palazzo, accertandosi che non ci fossero indizi di una presenza nemica nei paraggi.
Fortunatamente, per ora non aveva riscontrato nulla del genere. Planava per ore sui vasti boschi nelle vicinanze, e quando atterrava in zone meno impervie cercava resti di cibo o di fuochi accesi per la notte, che avrebbero significato senza troppi dubbi presenza esterna.
Non c’era niente d’insolito in giro, però, e questo l’aveva assicurato. Marciando a piedi in direzione delle terre del sud s’impiegavano mesi, partendo da nord. Lui, volando, sarebbe riuscito a coprire quella stessa distanza in poche settimane, ma era compatibile con la minaccia che pendeva sopra le loro teste, l’attacco sferrato quando l’ultima neve dell’inverno fosse stata sul punto di sciogliersi, e dunque a primavera, che avessero ancora molta strada davanti da percorrere.
Dopo la solita serie di controlli giornalieri, Keigo era rientrato a palazzo. Quando l’enorme portale d’ingresso si era richiuso alle sue spalle, aveva tirato un sospiro di sollievo nel sentire la propria pelle venire avvolta da un’ondata di calore. Ultimamente, il gelo non voleva saperne di lasciare in pace le terre del sud, come un’avvisaglia di quel pericolo che calava e incombeva sopra di loro.
Il ragazzo si sfilò il mantello, ricoperto da un leggero strato di brina, e lo posò su una poltroncina di velluto all’entrata. Poco dopo, un’anziana domestica gli andò incontro, prendendo in consegna la sua cappa bluastra – Keigo immaginava che l’avrebbe poggiata su una sedia, davanti a un cammino acceso e scoppiettante, così che potesse tornare presto ad essere ben calda e confortevole.
«Il re ha chiesto di voi», gli aveva comunicato. «Al momento è nelle sue stanze.»
Keigo l’aveva ringraziata per avergli recapitato quel messaggio, dopodiché l’aveva osservata allontanarsi. Era rimasto piuttosto perplesso, dopo aver ricevuto quell’informazione. Enji l’aveva cercato? Forse voleva essere informato della situazione delle misure di difesa, ma sapeva che gli avrebbe fatto rapporto quella sera, dopo cena, come sempre.
Keigo si strinse nelle spalle, e si avviò in fretta attraverso il castello. Era certo che, se Enji desiderava parlargli con così tanta urgenza, doveva trattarsi di qualcosa d’importante.
Si lasciò svelto alle spalle l’ampio ingresso, i suoi tappeti rossi fiammanti, i grandi lampadari di cristallo che irradiavano l’atmosfera di luce aranciata. Conosceva così bene il palazzo ormai che muoversi al suo interno era quasi come un riflesso naturale, per lui. Aveva salito uno dopo l’altro i gradini alti della scalinata che conduceva al piano superiore, e una volta lì aveva svoltato a destra, proseguendo attraverso il lungo corridoio che portava alle camere da letto. Il re e la regina occupavano l’ultima stanza a sinistra su quel piano.
Mentre proseguiva, la luce che entrava dall’ampia finestra alla fine del corridoio si faceva sempre più intensa. Aveva tonalità biancastre, le stesse che avevano invaso il cielo da quando la neve aveva cominciato a cadere.
In effetti, non si era ancora fermata. In quell’inverno così insolitamente rigido per il sud, quella primavera che di recente aveva riempito tutti di inquietudine sembrava ancora lontana.
Keigo tornò a chiedersi quale fosse il motivo per cui il re l’avesse fatto convocare. Aveva disatteso uno dei suoi ordini? Non gli sembrava fosse possibile, in tutti quegli anni a corte adempiere pienamente ai propri compiti era stata la priorità di Keigo, complici anche i sentimenti che provava per Enji.
Quel pensiero lo fece tentennare di colpo. E se il re avesse compreso la natura dei suoi gesti? Ultimamente era stato parecchio impulsivo, soprattutto quando aveva allungato una mano verso il suo viso per lasciargli quella carezza… oppure poteva aver trovato le due iniziali, camminando nel bosco… ah, avrebbe dovuto cancellarle, lo sapeva.
E se anche fosse stato così, cosa avrebbe potuto significare? Enji non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, per cui perché l’aveva cercato? Voleva chiedergli di lasciare la corte?
A quel pensiero Keigo avvertì un tonfo sordo nel petto. Non poteva immaginare di abbandonare il palazzo. La sua vita lì era tutto ciò che aveva, Enji era tutto ciò che aveva. Ricordava ancora quanto l’avesse adulato, quando era giunto a ovest, pregandolo di portarlo con sé a sud…
No, si disse. Era inutile fasciarsi la testa prima ancora di aver parlato con lui. Keigo scosse la testa, continuando a camminare finché non giunse davanti alla porta della camera del re.
Le grandi ante di legno erano verniciate di un rosso intenso, con alcuni dettagli dorati tutt’intorno. Raramente era entrato là dentro, erano state più le volte che vi era passato e, attraverso la porta socchiusa, aveva intravisto l’interno della stanza, e l’unica cosa che ricordava perfettamente era il grande letto a baldacchino dai tendaggi purpurei – lo stesso che, ogni notte, tornava a vedere in quei sogni che lo tormentavano. Keigo deglutì a vuoto, nervoso, una mano già sulla maniglia dorata della porta. Cercò di farsi coraggio, e l’aprì.
«Mi hai fatto chiamare?», aveva domandato, mentre la porta ancora si apriva.
La stanza era piuttosto in penombra. Nonostante si avvicinasse la sera, non c’erano candele accese da nessuna parte, e l’unica fonte d’illuminazione risultava essere una grande finestra, da cui filtrava il candore del cielo, esattamente come quella in corridoio. Il letto era come lo ricordava, come lo vedeva ogni notte nei propri sogni, imponente, immacolato, nemmeno mezza piega a solcare le lenzuola pesanti, i maestosi drappeggi cremisi che scivolavano giù lungo delle colonne di legno verniciate d’oro.
Della regina, come al solito, non sembrava esserci traccia. Rei era sempre stata una figura evanescente, anche a corte.
Enji, invece, era in fondo alla stanza, accanto a un armadio. La finestra nelle vicinanze colpiva con la scarsa luce del tardo pomeriggio il suo corpo.
Keigo si ritrovò a trattenere il fiato non appena si accorse che era a torso nudo.
Il re si era voltato nella sua direzione. «Non si usa più bussare?», aveva commentato, con quello che doveva essere un rimprovero, ma la sua voce non era suonata affatto burbera come al solito.
Keigo aveva distolto in fretta lo sguardo, trovandosi a posarlo sul primo oggetto che gli era capitato a tiro, una cassettiera dorata dalla parte opposta della stanza. «Credevo che dovessi parlarmi di qualcosa…», si era limitato a giustificarsi, debolmente.
Enji si era lasciato sfuggire un verso infastidito, ma alla fine era tornato a osservare l’armadio, in cerca di qualcosa con cui coprirsi.
Keigo aveva chiuso gli occhi, non avrebbe dovuto voltarsi, lo sapeva bene… ma non era riuscito a trattenersi.
Mentre il re era ancora di spalle, ne aveva approfittato per sbirciare nuovamente. Quella visione non avrebbe fatto altro che peggiorare l’accuratezza dei suoi sogni, ma era così difficile resistere.
Non aveva mai visto una schiena tanto possente. Più l’osservava, e più gli sembrava imponente, scolpita nella roccia. I muscoli delle braccia e del dorso guizzavano, mentre continuava a rovistare tra gli indumenti.
Gli occhi di Keigo indugiarono sulla spalla destra del re. Finora ne aveva solo sentito parlare, e quella era la prima volta che vedeva il marchio.
Chi era destinato a regnare nasceva con una sorta di tatuaggio, chiamato marchio reale. Era sulla sua pelle fin da prima che nascesse, e quando veniva al mondo era già visibile. Cresceva con gli anni, ingrandendosi, come un arto o in generale una parte del corpo.
Quello di Enji, ovviamente, era una fiamma, lingue di fuoco che si sprigionavano salendo verso l’alto. Erano immobili, ma sembravano muoversi, ipnotiche come le vere fiamme che il re era in grado di creare.
Enji aveva estratto finalmente una camicia dall’armadio, indossandola e nascondendo alla vista di Keigo la sua schiena nuda.
«Ad ogni modo, sì, dovevo parlarti», aveva ripreso il re, infilando i bottoni nelle asole. «Ho provato a cercarti oggi pomeriggio, ma mi hanno detto che eri ancora fuori a controllare la situazione.»
Keigo si era tormentato le mani dietro alla schiena. Passava le giornate lontano da palazzo per evitare di pensare a Enji, ma se quando tornava si ritrovava davanti questo…
«Sì, sono arrivato poco fa», aveva ammeso. «Perché? È successo qualcosa d’importante? Novità dai confini? I nemici si stanno avvicinando?»
«No, niente del genere.» Enji si era finalmente rivestito del tutto. Aveva chiuso l’armadio, avvicinandosi al ragazzo. «È occorsa una… circostanza per cui Rei si è convinta che fosse opportuno organizzare un banchetto per il solstizio d’inverno.»
L’espressione di Keigo era divenuta corrucciata. «Un… banchetto?», aveva domandato, confuso.
«Sì», aveva confermato il re. «Ritiene che ringraziare le rappresentanze dei nostri regni alleati che ci hanno garantito il loro aiuto in un momento così complicato sia il minimo che possiamo fare per sdebitarci.»
«Oh», aveva commentato il ragazzo. «Non è un’idea un po’ pericolosa, viste le minacce che ci stiamo trovando ad affrontare ultimamente? Nel senso, non vorrei che qualcuno riuscisse a superare i controlli e a infiltrarsi a palazzo, sarebbe disdicevole…»
«Lo so, sono d’accordo con te», aveva ammesso Enji, fermandosi a pochi passi da lui. Keigo riusciva ad avvertire il calore del suo corpo così vicino, lo avvolgeva completamente. «Però non sono riuscito a dirle di no. Di recente non… sono stato particolarmente attento alle esigenze della mia famiglia, temo.»
Keigo era sorpreso da quella confessione. Enji non si era mai lasciato andare a grandi particolari sul rapporto col resto della famiglia reale, con lui – con nessuno, per la verità.
«E ne stai parlando con me perché vorresti che fossi io a occuparmene, giusto?», aveva domandato, comprendendo finalmente perché il re avesse richiesto di parlargli.
«Sì», era stata la conferma di Enji. «Non potrei chiederlo a nessun altro. So che ti occuperesti della sicurezza del palazzo in maniera ineccepibile. Io… mi fido di te, Keigo.»
Quell’ultima affermazione aveva fatto vacillare Keigo. Il ragazzo aveva sollevato lo sguardo, sorpreso, fissando intensamente il suo re. Aveva sempre percepito di godere della piena fiducia dell’uomo, sentirselo dire in quel modo, così diretto, tuttavia, era stato ben diverso. Aveva sentito il proprio cuore battere più veloce.
Keigo si era ritrovato a guardare fisso negli occhi Enji. Quegli occhi cerulei erano così umani, in quel momento. Il consueto rigore era lontano, e Keigo vi leggeva dentro ogni cosa, la preoccupazione, l’avanzata nemica che incedeva…
Non avrebbe mai potuto dirgli di no. Indipendentemente da quello sguardo, a cui si sentiva incatenato, non aveva mai rifiutato gli incarichi che gli aveva affidato. Non c’era motivo per cui dovesse cominciare a farlo adesso.
«Sarà un onore per me», aveva risposto, senza staccare lo sguardo dagli occhi del re, ipnotizzato.
Enji gli aveva sorriso. «Ti ringrazio», aveva mormorato.
Poco dopo, il re l’aveva congedato, dandogli appuntamento come sempre per quella sera a cena.
Quando era uscito dalla stanza, Keigo si era ritrovato a cercare aria con dei respiri profondi. Non si era accorto di aver trattenuto il fiato fino a quel momento.
Allontanandosi attraverso il corridoio, cercò senza successo di cancellare dalla propria memoria l’immagine della schiena nuda del re.





notes
e finalmente eccolo, uno dei capitoli che attendevo con maggiore ansia!
anzitutto, la lunghezza è aumentata rispetto ai precedenti aggiornamenti, ma quello che mi preme sottolineare è che sì, la situazione sta prendendo una piega assai particolare.
prima di parlare del capitolo in sé, volevo analizzare un attimo i comportamenti di keigo negli ultimi capitoli, perché ugh, a tratti ho paura che sia ooc. passi che non abbia cancellato le iniziali sull'albero perché alla fine trovo che sia canonicamente sfacciato, passino la carezza e il giglio dello scorso aggiornamento per lo stesso motivo, però ho una paura assurda che sia strano che qui, trovandosi davanti a una situazione del genere, non si sia lasciato neanche sfuggire una delle sue solite battutine! e dire che ero partita così bene, col primo capitolo... vbb che qui c'è un rapporto di subordinazione tra i due, però in parte è così anche nel canon...
in realtà non è nemmeno questa la cosa che mi convince meno, ma il fatto che, se semplicemente i ruoli in questa scena fossero stati invertiti, forse sarebbe stato tutto molto più ic. voglio dire, se fosse stato endeavor a entrare in camera di hawks e a trovarlo senza camicia avrebbe avuto senso keigo che fa la provocazione sul non aver bussato ed enji che s'impanica e cerca di guardare da un'altra parte, o almeno oh, io la penso così. però ormai la scena l'avevo immaginata così e avendola già scritta non mi andava di rimaneggiarla, quindi boh, spero sia accettabile lo stesso.
venendo al prompt, sì, oggi era tatuaggio, e mi ha un po' messa in crisi perché non sapevo come adattarlo al contesto fantasy, quindi è nata molto a caso questa storia del marchio che affiora sulla pelle di chi è destinato a regnare. un altro dei motivi per cui penso che sarebbe stato meglio se avessi invertito i ruoli qui è che forse sarebbe stato più sensato se ad avere un marchio fosse stato keigo, visto che viene da un villaggio ad ovest e non so, magari poteva starci che lì avessero determinate usanze e bla bla bla. lo vedi, sta uscendo fuori un altro modo (forse più intelligente) di usare questo prompt. sembra quasi che io stia buttando giù un'altra storia nelle note, ahah.
ma pensiamo alle cose serie! siamo arrivati al decimo capitolo di questa ff, doppia cifra uu tra l'altro domani inizia la settimana e arriverà il capitolo che forse segnerà la svolta di tutta la storia... ma non vi anticipo altro. sì, sto sogghignando se volete saperlo.
intanto, come sempre ringrazio chiunque abbia letto e vi do appuntamento a domani
okay, posso tornare ai miei mental breakdown

aria 

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Capitolo 11
*** Punto di non ritorno ***


La sera del solstizio d’inverno il castello si era ritrovato invaso da ospiti.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui Keigo l’aveva vista in quel modo. Nell'ultimo periodo, la tensione che aleggiava nell’aria aveva reso l’atmosfera cupa, quasi insopportabile.
Quella sera, però, i giorni passati sembravano un ricordo lontano.
La sala per i ricevimenti del palazzo era stata addobbata con i fiori più belli e freschi del giardino reale. Dei musici giunti da est riempivano la stanza di note, e coppie di dame e cavalieri danzavano mentre dalla cucina andavano e venivano piatti ricolmi di pietanze deliziose.
Il tavolo della famiglia reale era in fondo alla stanza. I due principi e la principessa, al momento, erano al centro della sala, e i tre ballavano assieme, circondati dagli altri commensali. L’ultima volta che aveva visto il re e la regina, lasciando la stanza, Keigo li aveva scorti invece mentre erano ancora seduti al loro tavolo. Nessuno dei due mangiava o beveva, né sembravano in procinto di scambiare una parola. Sul volto di Rei c’era un sorriso leggero, appena accennato, mentre osservava la sala e gli ospiti danzanti, forse alla ricerca dei propri figli. Enji, invece, era teso, forse perfino nervoso. Keigo aveva l’impressione che, nonostante le ingenti misure di sicurezza che avevano adottato, la preoccupazione per un eventuale attacco non gli fosse mai passata del tutto.
Quanto a Keigo, doveva ammettere che in parte condivideva i timori del suo re. Continuava a pensare che un evento del genere potesse far fin troppa gola a dei nemici che non aspettavano altro che poterli attaccare, così aveva deciso di passare la serata lontano da cibi deliziosi e musica allegra, preferendo perlustrare il palazzo per evitare infiltrazioni.
C’era anche un altro motivo, in realtà. Dopo il colloquio di quel pomeriggio, nella camera del re, Keigo aveva faticato ancor di più a togliersi dalla mente quei sogni che lo tormentavano, e che ora gli si palesavano davanti agli occhi anche di giorno. La schiena nuda del re compariva di nuovo nei suoi pensieri, e proprio come succedeva di notte la vedeva muoversi sopra di sé, sopra al suo corpo chino e pervaso dal piacere.
Era una storia difficile da gestire. A tratti vedeva tutto in maniera così nitida che finiva per mancargli il fiato. Cercava spesso di distrarsi, di passare tempo all’esterno, di cambiare aria, ma difficilmente quel poco bastava per liberarsi dal tormento.
Così, vedere Enji seduto accanto a Rei, avvolta nel suo meraviglioso vestito turchese, non sarebbe stato che l’ennesimo supplizio, quella sera. Perché era la dimostrazione che le sue erano solo fantasie, e che non si sarebbero mai potute avverare.
Sconsolato, aveva sospirato profondamente, continuando a camminare. Era sceso a controllare il piano inferiore, ma tutto sembrava tranquillo, nessuna presenza insolita in giro, nessun rumore sospetto. Forse non c’era davvero niente di cui preoccuparsi, quella sera.
Keigo si era fermato davanti a una grande finestra. La notte del solstizio d’inverno, come sempre, sembrava più buia di ogni altra. Due grandi lanterne erano state accese e pendevano ai lati del portone d’ingresso, e solo loro rischiaravano un poco le tenebre. Fuori, la neve continuava a cadere, lenta e abbondante, depositandosi sui gradini della scalinata o sopra alle carrozze degli ospiti.
Era un’atmosfera calma, quieta. Keigo si era seduto sul davanzale della finestra, a osservare per un poco quello scenario sereno. Sembrava l’unica cosa in grado di tranquillizzarlo, in quel momento, di trascinarlo via dai suoi pensieri pieni di preoccupazioni…
«Non sei a goderti la festa che hai organizzato?»
Una voce aveva rotto il silenzio. Keigo si era ritrovato a sobbalzare, ed era stato sul punto di richiamare a sé una delle sue piume. Qualcosa, però, l’aveva fermato, forse il suo sesto senso.
Aveva percepito quelle parole depositarsi nella sua mente, e subito aveva compreso a chi appartenesse la voce che aveva sentito. Sul suo volto era comparso un sorriso leggero.
«Sei teso», aveva constatato Enji, avvicinandosi a lui.
Keigo aveva scrollato le spalle. «Anche tu lo sembravi, poco fa», aveva commentato, ricordando l’espressione nervosa che aveva intercettato sul volto dell’uomo, uscendo dalla stanza. «Cosa c’è, mio re? Temi per un attacco stasera?»
«Suppongo che sia la stessa angoscia che tormenta anche te», era stata la considerazione di Enji. «Ti ho visto allontanarti e mi sono preoccupato. Pensavo fosse successo qualcosa… sei stato infastidito da uno degli ospiti, o…»
«No, no!» Il ragazzo era balzato in piedi all’istante. «Non è successo niente del genere, sul serio! Piuttosto… credo di non essere molto dell’umore per godermi una festa, stasera.»
Lo sguardo di Keigo era volato a posarsi a terra, sul pavimento. In realtà c’era un altro motivo, lo sapeva bene. Non riesco a guardare in direzione del tuo tavolo e a vederti seduto accanto alla tua regina senza pensare a quanto ti desideri…
Di questo, tuttavia, non poteva parlargliene, lo sapeva bene. Era tutto così complicato…
«Capisco», aveva commentato Enji. «Nemmeno io, in realtà.»
Keigo aveva inclinato la testa leggermente di lato, sorridendo comprensivo al re. «Adesso dovresti tornare alla festa», gli aveva ricordato. «Di sicuro gli altri commensali si staranno chiedendo dove…»
Non era riuscito a finire la frase. Aveva sentito con chiarezza la voce morirgli in gola.
Mentre parlava, Enji aveva allungato una mano nella sua direzione. Gli aveva accarezzato una guancia, e Keigo aveva sentito una sensazione di calore irradiarsi immediatamente in tutto il suo corpo.
«Io… non sono convinto di voler tornare di là», aveva confessato, osservandolo intensamente.
Keigo aveva sentito i propri respiri farsi sempre più rapidi. Avrebbe dovuto dirgli che non c’era problema, dopotutto lui era il re e poteva fare tutto ciò che voleva, ma forse per la prima volta in vita sua non riusciva a pronunciare una singola parola. Le sue labbra erano state attraversate in superficie da un leggero fremito.
Enji si era chinato in avanti. I loro volti, in quel momento, erano vicinissimi, come non lo erano mai stati prima d’ora. Le guance di Keigo si erano tinte di un lieve rossore – se ne era chiesto il motivo, visto che non era mai stato incline a lasciar trasparire le sue emozione, o almeno non di quel genere.
«Perché ti sei fermato?», aveva domandato, gli occhi socchiusi che s’erano persi a osservare le iridi del re, di quell’azzurro brillante. C’era una scintilla, al loro interno, che era certo di non aver mai visto prima.
«Perché non voglio fare qualcosa che non desideri», aveva risposto, sfiorando con la punta del naso quella dell’altro. «Non voglio rovinare la tua purezza…»
«Questa è la scusa peggiore che avresti potuto inventare», aveva obiettato Keigo. «Guardami, sono qui, è tutta la vita che non aspetto altro che questo momento…»
«Sì, ma…» Il re aveva indugiato ancora un momento. «Non sono perfetto come mi hai idealizzato…»
Keigo gli aveva passato un dito su una guancia. «Non m’importa», aveva replicato. «Io credo a Enji che ho sempre visto. E questo mi basta.»
Il re era sembrato finalmente convinto da quelle parole. Aveva chiuso gli occhi e, lentamente, si era sporto in avanti, sfiorando le labbra di Keigo con le proprie.
Il ragazzo era certo di star sognando. Non era possibile, non… tutto ciò era sempre accaduto soltanto nei suoi sogni, dopotutto.
Aveva sentito le labbra di Enji muoversi lentamente sulle sue. Non si sarebbe mai aspettato quella dolcezza da parte sua, era davvero… troppo. Le gambe gli avevano ceduto, ma il re lo aveva sostenuto prontamente, stringendogli le braccia attorno alla vita, e accarezzandogli la schiena con le mani, tracciando con le dita percorsi dove la pelle attraversava le ali. Un gemito era sfuggito sulle labbra di Keigo.
Quando il re si era staccato appena da lui, aveva riaperto subito gli occhi, cercando lo sguardo ceruleo dell’altro.
Sul volto di entrambi era dipinto un sorriso, e i due si erano scambiati un’occhiata complice.





notes
signori, il limoneeeee

cominciamo la settimana col botto, come promesso! mado, undici capitoli per arrivare a questo punto. generalmente faccio finire la gente assieme dopo... tre capitoli di una long? quindi questa è decisamente la cosa più slow burn che abbia mai scritto in vita mia. poi penso al fatto che c'è gente che scrive dei pg che si scambiano il primo bacio dopo 50+ capitoli e capisco
che no, lo slow burn non sarà mai il mio genere. anche perché magari dopo quel primo bacio uno si immagina che le cose procedano con una certa calma, e invece no, signori, da qui è tutta discesa.
di questo però magari ne parliamo tra poco. adesso andiamo con calma anche se non so se ci riuscirò, sono ancora un po' incredula

il prompt di oggi. purezza. ammetto che quando l'ho visto ho subito pensato che avrei potuto sfruttarlo in questo modo, anche se la vera scintilla è stata col prossimo prompt (ma ehi, niente spoiler, questo è un argomento per domani!). spero che l'utilizzo non sia troppo debole but, oh well, questo è quel che sono riuscita a cavar fuori dalla mia testolina. comunque, uhm, non ho molto da dire, se non che il discorso che keigo fa a un certo punto, quello del "io credo a enji che ho sempre visto" etc lo vedo molto ic. cioè, per me a un certo punto potrebbe farglielo veramente nel manga, non me ne sorprenderei, ahahah.
e niente, per oggi credo che sia tutto. sto un po' tanto in ansia per domani perché... beh, succedono /cose/, e spero con tutta me stessa di non fare danni di alcuna sorta. la cosa bella è che veramente dopo la storia sarà tutta in discesa, vi conviene prepararvi a qualsiasi cosa!
come sempre ringrazio chiunque si sia fermato a leggere, spero che la storia vi stia piacendo!
ci vediamo domani, uhuh
aria 

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Capitolo 12
*** Frenesia ***


Enji aveva chiuso a chiave la porta della stanza di Keigo.
Gli invitati erano ancora tutti riuniti nella sala del banchetto, ma non voleva correre il rischio che qualcuno, accorgendosi della sua assenza, decidesse di andare a cercarlo.
Non voleva essere disturbato, in quel momento.
Keigo si era seduto sul bordo del letto. Enji lo aveva raggiunto in fretta, gli sembrava di non poter più restare lontano da lui troppo a lungo.
Aveva poggiato la fronte su quella del ragazzo. Lo aveva visto chiudere gli occhi e, come poco prima in corridoio, aveva posato le labbra sulle sue. Keigo si era disteso sul letto, ed Enji lo aveva sovrastato subito.
Vedeva quegli occhi color oro socchiusi, come se non volessero perdersi neppure un suo movimento, e questo lo faceva impazzire. Aveva sollevato il tessuto della camicia e lo aveva ammucchiato in alto, accarezzando finalmente quella pelle nuda, il suo petto scolpito. Non si era accorto di averlo desiderato tanto, e così a lungo.
«Mh…» Keigo aveva mugugnato contro le sue labbra. «Tutto questo supera di gran lunga i miei sogni…»
La voce era impastata per via dei baci che continuavano a scambiarsi. Enji era sceso, posandogli le labbra sul collo. Aveva lasciato una scia umida sulla pelle del ragazzo, che aveva gemuto un po’ più forte.
«Che sogni?», aveva domandato Enji, incuriosito.
Keigo aveva inarcato tutto il corpo verso di lui. «Dei sogni in cui mi prendi», aveva risposto, tremando appena. «Più tempo ti passo accanto e più sono frequenti. Negli ultimi tempi non mi hanno dato tregua.»
Enji aveva serrato con maggiore forza le gambe attorno ai suoi fianchi minuti. Perché l’idea che certi sogni riempissero le notti di Keigo lo coinvolgeva tanto?
Aveva lasciato che una fiammella si accendesse sul suo indice, e lentamente aveva cominciato a tracciare la linea della colonna vertebrale del ragazzo, sentendo il tessuto bruciarsi sotto il suo tocco.
Keigo gli era sobbalzato tra le braccia. «Ti ricordo che le mie piume possono bruciare, mio re», l’aveva redarguito il ragazzo.
«Ti ricordo che me lo ricordo», l’aveva rassicurato Enji, posandogli un bacio sulle labbra. «Dimmi di più dei sogni. Quando hai cominciato a farne?»
Keigo era sorpreso. Non immaginava che quella storia gli sarebbe potuta interessare tanto. «Sono passati tanti anni ormai, non lo ricordo con esattezza…», gli aveva confidato. Il tessuto della camicia, sotto il calore della fiamma, si era sfilacciato, liberando anche le ali del ragazzo. Enji l’aveva recuperato e lasciato cadere a terra, lentamente, il fuoco che nel mentre s’era già spento.
Il re si era chinato fino a raggiungere il suo orecchio, mentre le mani gli accarezzavano il petto. «E ti sei toccato dopo averci sognato fare certe cose?», aveva mormorato, affascinato dal tremore che aveva sentito percorrere il corpo del ragazzo.
Keigo aveva sentito il volto avvampare di vergogna. Da quando in qua era diventato così pudico, lui che aveva passato tutta la sua vita a essere sfacciato con chiunque? «Sì», aveva ammesso, grato che l’uomo non avesse gli occhi fissi nei suoi, in quel momento – avrebbe visto delle emozioni che non vi aveva mai incontrato.
Vulnerabilità, probabilmente.
«Anche mentre eri sotto il mio stesso tetto?», gli aveva domandato ancora. «Mentre ero a poche stanze di distanza da te?»
Keigo aveva deglutito a vuoto. Quel pensiero l’aveva sempre riempito di senso di colpa, perché era ingiusto, era sbagliato, perché in quei momenti Rei era distesa accanto a Enji, nel loro letto.
Eppure, nonostante questo, non era comunque riuscito mai a trattenersi.
«Sì», aveva confessato ancora, sentendo il volto caldissimo.
Enji aveva sentito un fremito percorrergli tutto il corpo. Quel pensiero era sconvolgente. Gli strinse ancora le gambe attorno ai fianchi, sollevando finalmente il volto per poterlo guardare di nuovo negli occhi, quegli occhi di oro liquido che ora sembravano brillare più del solito, mentre lo fissavano, il volto arrossato.
«Mi fai impazzire», aveva ammesso, catapultandosi nuovamente a baciare le sue labbra.
Stavolta, il bacio era stato più famelico. Keigo aveva sentito il fiato mancargli in corpo, e aveva dischiuso appena gli occhi, cercando quelli del suo re.
Enji lo fissava con attenzione. Sembrava bere ogni movimento del più piccolo. Avrebbe voluto vedergli gli occhi sempre aperti, anche quando il suo corpo sarebbe stato pervaso dal piacere.
Era così ammaliato da quegli occhi color oro. Non voleva perdersene nemmeno un battito di ciglia.
Ordinò alla propria camicia di prendere fuoco, attento a non ferire in alcun modo Keigo. Quando l’indumento era svanito, aveva sentito le mani del ragazzo posarsi sul suo petto e scoprirlo con interesse, accarezzarlo in ogni punto. Il re aveva sbuffato fiato caldo, spingendo più a fondo nel materasso il corpo dedito sotto di sé. Keigo lo aveva sentito strofinare i fianchi contro i suoi, e questo gli aveva provocato nuovi gemiti, che erano suonati ovattati contro le labbra dell’uomo.
Il re aveva avvertito chiaramente che il bisogno di essere toccato del ragazzo si stava facendo impellente. Gli aveva abbassato i pantaloni, in fretta. «Come sei eccitato…», l’aveva punzecchiato, accarezzandolo tra le cosce nude.
«Mh… è da così tanto che mi fai questo effetto…» Keigo aveva cercato di stringere le gambe. «Prendimi, Enji…»
Quella era la prima volta che lo chiamava per nome. Enji se ne stupì, ma suonava così bene, sulle sue labbra…
«Non avere fretta», l’aveva calmato, facendogli divaricare nuovamente le gambe. «Prima devo prepararti per bene.»
Aveva cominciato a stimolarlo lentamente. Le palpebre erano tornate a calare su quel mare d’oro, mentre la stanza si riempiva di gemiti sempre più frequenti, sempre più acuti. Enji cercava di continuo di incontrare i suoi occhi, voleva osservare le sue reazioni, capire come muoversi per farlo stare ancora meglio…
Quando aveva affondato il primo dito in lui, aveva sentito il ragazzo lasciarsi sfuggire un mugolio più forte contro le sue labbra. Non ci aveva dato peso, era tutto così caldo e intenso, in quel momento… era certo di non aver mai provato tanto piacere prima d’ora. Aveva cominciato a muoversi lentamente, cercando i suoi punti più sensibili. Per essere sicuro che fosse preparato abbastanza, aveva aggiunto un secondo dito. Si muoveva lentamente, tenendo conto di tutte le reazioni dell’altro, cercando di comprendere come compiacerlo maggiormente.
«F-fammi tuo, mio re…», l’aveva implorato Keigo, cercando le sue labbra.
Enji aveva ritratto le dita da lui. S’era sfilato anche l’ultimo indumento che gli era rimasto, per poi avvicinarsi alla sua entrata.
Anche lui non riusciva più a resistergli.
«Forse non l’hai ancora capito, ma tu sei già mio», aveva mormorato sulle sue labbra. «Sei stato mio fin dal primo momento in cui ho ricambiato il tuo sguardo. Avevo già deciso di portarti con me prima ancora che me lo chiedessi.»
Keigo l’aveva sentito scivolare dentro di sé, e un nuovo gemito, ancora più forte degli altri, aveva raggiunto le sue labbra.
«C-che vuol dire che avevi già deciso di portarmi con te?», aveva domandato, sbigottito. «A-allora perché ti sei fatto pregare per settimane…?»
Enji aveva sogghignato, le labbra vicinissime a quelle del ragazzo. «Perché così era più divertente», aveva confessato, con un pizzico di sadismo.
I grandi occhi d’oro di Keigo si erano spalancati a dismisura, ma presto erano stati costretti a chiudersi, travolti dal piacere nel momento in cui Enji aveva cominciato a muoversi dentro di lui.
Era tutto così caldo. Enji sentiva il proprio corpo sul punto di andare in fiamme, ma stava cercando con tutte le sue forze di trattenersi, terrorizzato al pensiero di poter ferire in qualche modo Keigo. Il ragazzo, sotto di sé, aveva mosso le piume arruffate, e lentamente aveva circondato la schiena dell’uomo con le grandi ali rossastre, mentre gli stringeva le braccia al collo, per sentirlo più vicino a sé. Enji si era sentito profondamente emozionato da quel gesto, e mentre lo baciava aveva cominciato a spingersi più velocemente dentro di lui.
Quando aveva raggiunto l’apice, a Keigo era sembrato come se in quell’istante ogni tassello nella sua vita fosse andato al suo posto. Aveva atteso così tanto quel momento, dicendosi che non sarebbe mai potuto succedere, e invece adesso era finalmente suo.
Lui ed Enji avevano fatto l’amore.
Enji era stato travolto dal piacere mentre era ancora dentro di lui. Aveva posato la testa sul cuscino, accanto a quella del ragazzo, respirando in affanno.
Keigo non si era mai sentito così tranquillo come in quel momento. Aveva chiuso gli occhi, lasciando che un torpore esausto s’impadronisse del suo corpo.
«Ti amo», aveva mormorato, già scivolando nel sonno.
Enji aveva sorriso. Aveva avvolto i loro corpi con le coperte pesanti, tenendo ben stretto a sé il corpo del ragazzo.
Non avrebbe mai permesso che gli accadesse nulla di male.





notes
okay, tergiversiamo un pochino.
anzitutto volevo ringraziarvi di cuore perché già da ieri ho notato che il prologo ha superato le 100 views e weee non me lo sarei mai aspettato minimamente, grz çwç
... oddio, ho finito gli argomenti con cui tergiversare. di già. okay, suppongo di doverne parlare...
quando ho detto che la strada ora sarebbe stata in discesa intendevo questo e MI DISPIACE. no, sono seria.
nel momento in cui ho analizzato la lista ho pensato che questo sarebbe stato il prompt perfetto per far succedere una cosa del genere, perché, insomma, se tu mi dici oro e io ho deciso di usare questi due pg è ovvio che mi metterò a parlare degli occhi di hawks. perché sono sottona? assolutamente sì. e niente, ho cercato di nominarli più volte, quindi spero di non aver cannato completamente il compito.
il problema è tutto il resto, i guess. cioè, sì, sono felice di aver scritto una scena del genere perché li amo e blablabla, però penso che sia nota a tutti la mia incapacità di destreggiarmi in descrizioni di questo genere. io potrei anche dirvi che in vita mia credo di aver scritto scene molto più particolareggiate, e in generale non penso che postarne debba creare imbarazzo. ho una sorta di politica personale, però, per la quale mi sono ripromessa di non pubblicare mai roba troppo esplicita su efp, semplicemente perché ritengo di essere una frana nello scriverne. penso che per paranoia (o forse per onestà) aggiungerò comunque la nota lime alla storia, ma mi sono impegnata per cercare di restare quanto più blanda possibile. poi sono onesta, ho letto gente scrivere rating rosso divinamente (anche su questi due), per cui sappiate che vi adoro. so che non tutti siamo capaci di fare qualsiasi cosa, e questo evidentemente è il mio limite, ahah.
però dai, adesso che è andata posso lasciarmelo alle spalle e stare più tranquilla. anche perché mh, oltre alla questione dell'oro negli occhi volevo concentrarmi sui loro discorsi (sì, palesemente hawks non riuscirebbe a tacere nemmeno in questo caso) e personalmente sono un poco soddisfatta di come ho reso lo scambio di battute sulle ali che possono prendere fuoco, perché già in canon questa cosa è vera e mi fa pensare ai primi capitoli in cui sono apparsi insieme e ahhh. feels.
come sempre ringrazio chi passa per leggere e SKSTE se oggi vi ho lasciato questa schifezzina.
adesso vado a sotterrarmi, o fuggo in qualche angolo remoto del mondo. ci vediamo domani se riesco a uscire fuori dalla fossa che mi sarò scavata da sola, cià
aria 

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Capitolo 13
*** Conseguenze ***


La mattina successiva, il cielo era illuminato da una luce chiara, fioca.
Entrava appena nella stanza, filtrando dalla finestra per via delle tende lasciate aperte, ma non era stato questo a svegliarlo.
Keigo aveva riaperto gli occhi lentamente. Si sentiva estremamente riposato, non ricordava di essere mai stato così, neppure dopo una lunga dormita di ritorno da giorni di volo.
Aveva schiuso lentamente gli occhi sul mondo, le sue iridi dorate che avevano osservato ciò che lo circondava.
Il suo volto era adagiato sul cuscino a poca distanza da quello del re. L’uomo sembrava ancora profondamente addormentato, e riposava accanto a lui tranquillo, le braccia ancora strette attorno alla vita di Keigo.
Il ragazzo sentì la mente cominciare a ragionare rapida.
Ricordava perfettamente ogni dettaglio della notte precedente. Lui ed Enji si erano appartenuti, finalmente.
Keigo sentì il cuore battere un po’ più veloce.
Era rimasto per tutta la notte a dormire accanto a lui. Poteva sembrare una cosa stupida, ma per Keigo voleva dire tanto: sarebbe potuto sgattaiolare via nella notte, fare finta che quello che c’era stato tra di loro non fosse mai esistito.
Invece era rimasto.
Sentiva il respiro del suo re infrangersi tra i propri capelli, sbuffi di fiato caldo che dalle narici scivolavano tra fili dorati.
Era adorabile. Non c’era nulla in lui che non fosse calore, e Keigo l’aveva provato sulla propria pelle – ed era stato bellissimo.
Aveva mosso un’ala, circondando la schiena del re, come a voler ricambiare il suo abbraccio. Agitando appena le piume, gli aveva accarezzato la schiena.
Aveva sentito Enji mugugnare nel sonno. Istintivamente, gli era venuto da sorridere.
Il re aveva riaperto gli occhi piano. Keigo aveva osservato ogni istante di quella scena, non riusciva a sopportare l’idea di perdere anche solo una sfumatura di quelle iridi color oceano al risveglio.
Trovandolo accanto a sé, Enji aveva accennato un sorriso.
«Buongiorno», aveva mormorato. C’era qualcosa d’incredulo nella sua voce, che di prima mattina era più profonda del solito.
Keigo gli aveva lasciato un bacio sulle labbra. «Buongiorno», l’aveva salutato a sua volta. «Perdonami, non volevo svegliarti.»
Il re non sembrava molto dispiaciuto di quel risveglio. Aveva passato una mano tra i capelli dorati del ragazzo. «Sono felice di aver passato la notte qui», aveva confessato.
Keigo aveva sorriso pieno di felicità a quell’affermazione, ma mentre quelle parole risuonavano nella sua mente un lampo di consapevolezza aveva attraversato i suoi occhi.
Enji era rimasto tutto il tempo lì. Non era tornato alla festa, né in camera sua, da Rei, per dormire con lei.
Per quanto quella fosse una cosa meravigliosa, che faceva emozionare Keigo e gli faceva pensare che, forse, il re ricambiasse i suoi sentimenti, sapeva che la loro era una situazione complicata.
Qualcuno li stava cercando da ieri sera? C’erano stato problemi con la festa?
Enji doveva aver intuito i suoi pensieri, perché gli aveva posato un bacio sulla fronte.
«Penso che Rei abbia coperto la mia assenza», gli aveva spiegato. Quella era più che altro una speranza, ma non riusciva a darsi nessun’altra giustificazione al fatto che se ne fosse potuto rimanere lì tranquillo fino a quel momento.
Keigo aveva sospirato, poggiando una guancia sul braccio del re. Pensare alle implicazioni di quella notte che avevano passato assieme era l’ultima cosa di cui voleva occuparsi, adesso. Non voleva pensare a Rei, né al resto della famiglia reale, perché dubitava di avere anche solo una possibilità rispetto a loro. Immaginava che sarebbe sempre stato l’altro, quello da cui rifugiarsi nelle notti insonni, mentre per il resto del mondo sarebbe sempre rimasta la bella – solo in apparenza – famiglia felice di facciata.
E in realtà gli stava bene così. Sapeva che non poteva avere pretese, e anche solo quella notte gli era sembrata un dono. Eppure non riusciva a non provare una certa tristezza al pensiero che, forse, il cuore di Enji non gli sarebbe mai appartenuto del tutto.
«Che ore saranno?»
La domanda di Enji l’aveva riportato alla realtà. Keigo si era voltato, osservando il cielo bianco, che ancora prometteva neve.
«Mh, a giudicare dalla luce penso che sia appena passata l’alba», aveva mugugnato il ragazzo. La sua voce era ancora un po’ impastata di sonno.
Enji gli aveva sbuffato fiato caldo tra i capelli. «Forse dovrei tornarmene nelle mie stanze prima che ci siano troppi domestici in giro», aveva valutato.
Keigo aveva ruotato nuovamente il capo in direzione dell’uomo. Gli dispiaceva il pensiero di vederlo andare via, ma sapeva che sarebbe stato sconveniente se qualcuno l’avesse visto uscire dalla camera del ragazzo. «Sì, però devo farti una domanda», aveva annunciato. «Stanotte hai bruciato la tua camicia. Posso sapere come hai intenzione di tornare in camera tua senza averla indosso? Non posso nemmeno prestartene una io, anche se avessimo avuto la stessa taglia, se qualcuno ti avesse visto con i miei vestiti sarebbe stato un disastro lo stesso.»
Enji l’aveva guardato sorpreso, per poi distogliere lo sguardo, con aria colpevole. Detestava ammetterlo, ma Keigo era sempre stato più sveglio di lui.
«Non ci ho pensato», aveva ammesso il re. «Qua a terra dovrebbe esserci ancora la mia giacca, ma andare in giro per il castello con solo quella indosso è comunque un rischio…»
Keigo aveva ghignato furbescamente. «Fortuna che ci sono io», aveva valutato.
Il ragazzo aveva fatto volare una delle sue piume sopra alle loro teste. «Posso far percorrere a una mia piuma la strada da qui fino alla tua camera. Controllerò ogni rumore, così da capire se c’è qualcuno in giro. Ovviamente farò attenzione a non farmi beccare», aveva proposto.
Il re l’aveva guardato con un cipiglio ammirato e perplesso. «Sì, potrebbe funzionare», aveva approvato.
Keigo aveva annuito. Senza attendere oltre, aveva chiuso gli occhi, ordinando alla piuma di muoversi.
Conosceva bene la strada, per cui non era stato difficile muoverla. Dopo che era sgattaiolata sotto la porta, l’aveva fatta muovere attraverso i corridoi passando molto vicino al suolo, dove c’erano tappeti rossi che, visto il colore, erano perfetti per mimetizzarla. Una volta arrivata davanti alla stanza del re, l’aveva accostata alla porta, in cerca di un qualsiasi tipo di rumore, un respiro, il fruscio di un corpo tra le lenzuola, dei passi, tuttavia non era riuscito a riscontrare niente del genere.
«Sembra che non ci sia nessuno», aveva concluso, mentre aveva già richiamato a sé la piuma. «Anche nei corridoi niente tracce di persone in vista. Sarà ancora talmente presto che i lavori nel castello non sono cominciati.»
«Ha senso. Probabilmente Rei è nelle stalle, le piace fare visita ai cavalli al mattino», era stato il commento di Enji, mentre si alzava e cominciava a recuperare i vestiti sparsi a terra.
Sapeva che lasciarlo andare fosse la cosa giusta da fare in quel momento, e Keigo era felice di essere riuscito ad aiutarlo con i suoi poteri, tuttavia nel vederlo rivestirsi non riusciva a non provare una certa tristezza.
Quando aveva finito, Enji si era voltato a osservare il ragazzo e, notando l’espressione intristita che si era formata sul suo volto, si era chinato a lasciargli un bacio sulla fronte.
«Riposa ancora un po’, è presto», gli aveva consigliato. «Ti aspetto al tavolo della colazione.»
Keigo gli aveva rivolto un ultimo sorriso prima di vederlo andare via. Poi, quando la porta si era richiusa silenziosamente alle spalle del re, il ragazzo si era ributtato pesantemente tra le coperte.
Era tutto così complicato, ma troppo bello per rinunciarvi.





notes
che ridere, oggi rispetto a ieri sono centomila volte più tranquilla.
voglio dire, la parte sconveniente ormai è andata, mi pare che sostanzialmente sia andata pure bene, per cui... yeah?
in compenso qui arriva il mio amato angst. ve l'ho mai detto che è il mio genere preferito? beh, immagino che sia normale, viste le otp che mi scelgo.
il prompt di oggi era respiro, e ho deciso di sfruttarlo per mostrare un po' l'aftermath delle azioni dei nostri cari due protagonisti. le cose sono ben lontane dall'essere tranquille e risolte, ma ehi, ci sarà modo di vederlo nei prossimi giorni.
a tal proposito, fatemi ragionare. i prossimi due capitoli serviranno per mettere in evidenza alcuni dei componenti della famiglia Todoroki di cui per ora non abbiamo ancora parlato approfonditamente, mentre col finire della settimana possiamo quasi dire che si chiuderà l'arco narrativo che ci ha accompagnati finora. da lunedì si cambia completamente setting, mentre tra una settimana esatta sarà il turno di un capitolo che potrebbe piacere a diverse persone.
sfortunatamente, però, non posso fare alcuno spoiler ~
come al solito grazie per aver letto, ci vediamo domani sera!
aria 

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Capitolo 14
*** Mantieni l'incanto ***


Mancava poco più di due mesi alla primavera.
Enji sentiva il peso delle sue responsabilità farsi sempre più insopportabile. I suoi doveri di re nelle mansioni di tutti i giorni, i nemici che si facevano sempre più vicini.
E poi c’era Keigo.
Keigo che l’aveva attirato a sé quasi con un sortilegio, fin dal primo giorno in cui si erano incontrati. Keigo che, finalmente, era suo, ma questo aveva raddoppiato i suoi problemi.
Quella mattina si era avviato a colazione con più pensieri nella testa del solito. Il mantello purpureo gli scendeva pesante sulle spalle, dondolando seguendo il passo della sua andatura regolare.
Aveva trovato Rei seduta al tavolo. Aveva davanti a sé una tazza di tè vuota, probabilmente doveva aver finito di fare colazione e si era attardata un poco lì, visto che aveva lo sguardo perso mentre osservava il panorama fuori dalla finestra.
«Buongiorno», l’aveva salutata Enji, occupando il proprio posto abituale.
Rei si era voltata a osservarlo. Sembrava così persa nei propri pensieri da non essersi accorta dell’arrivo del marito.
«Buongiorno», aveva mormorato a sua volta.
C’era qualcosa in Rei che andava oltre il suo aspetto incantevole. Era… delicata, eterea, in ogni cosa che faceva, nelle parole che sceglieva per parlare, nei sorrisi che rivolgeva agli altri, colmi della stessa gentilezza per chiunque.
Aveva un carattere molto diverso da quello del marito, scontroso lui, cordiale lei. In comune avevano forse solo quella profonda tendenza alla riservatezza, che negli anni aveva creato non pochi pettegolezzi su di loro.
Enji avrebbe voluto chiederglielo. Avrebbe voluto sapere perché lo avesse coperto alla festa, perché ormai era certo che fosse andata così. Però non aveva il coraggio di farlo: sapeva che questo avrebbe portato a parlare di argomenti che non voleva tirare fuori, così stava preferendo glissare.
C’era qualcosa di profondamente triste, negli occhi di Rei. C’era sempre stata in lei un certa espressione malinconica velata, forse perché sentiva la mancanza della sua terra, forse perché quel matrimonio si era rivelato una gabbia dorata che aveva intrappolato lei ed Enji.
Enji, tuttavia, sospettava che adesso ci fosse qualcosa di diverso, in quell’espressione.
Sperava di sbagliarsi, ma aveva l’impressione che Rei sapesse già la verità.
Era sempre stata una donna intelligente, e forse s’era resa conto da tempo del rapporto speciale che intercorreva tra lui e Keigo. Poteva aver notato che, la sera della festa, dopo il suo allontanamento era scomparso anche il consigliere di corte. Non ci sarebbe voluto molto per collegare le due faccende.
Rei però non aveva mai fatto menzione della cosa in sua presenza. Per di più, alla festa lo aveva coperto, dicendo che il re quella sera si era ritirato prima nelle proprie stanze a causa di un malore, e lei stessa, sempre così poco propensa a occuparsi dell’aspetto sociale della famiglia reale, aveva intrattenuto i loro ospiti, passando il tempo a conversare con loro.
Enji non aveva idea del perché lo avesse fatto, né comprendeva il motivo del suo continuare a mantenere un atteggiamento tollerante nei suoi confronti, adesso.
L’unica spiegazione plausibile che riusciva a darsi era che, dato il carattere mite della donna, il suo intento fosse quello di chiudere un occhio a riguardo.
C’era un problema, però.
Enji non aveva mai amato Rei, e lo stesso valeva per la sua consorte. Il loro matrimonio era stato principalmente un’unione d’interesse, e anche se aveva portato certamente ciò per cui era stato progettato – un’alleanza tra due potenti famiglie, una del nord e l’altra del sud del regno, e un figlio, Shoto, che potesse controllare entrambi gli elementi, sia ghiaccio che fuoco –, tuttavia in esso non c’era mai stato amore tra i due coniugi.
Invece adesso c’era Keigo.
Se Enji avesse dovuto indicare qualcuno per cui avrebbe fatto ogni cosa, sarebbe stato di sicuro il ragazzo.
Avrebbe dovuto parlare con Rei di quanto stava succedendo, ne era certo. Tuttavia non riusciva a trovare il coraggio necessario per farlo.
Forse sua moglie avrebbe perfino potuto perdonarlo. Enji però non voleva essere costretto a rinunciare a Keigo, né a doverlo allontanare da palazzo. Potevano farlo?
Sapeva che la cosa giusta da fare era dire la verità – ma non l’aveva fatto.
Si era detto che era per proteggere Keigo, perché non voleva metterlo in una situazione spiacevole, né che in qualche modo potesse perdere il proprio incarico a corte a causa sua, ma sapeva che tutto ciò tutelava principalmente se stesso.
C’era anche un altro aspetto da considerare. Voleva tenere nascosto quel che stava succedendo tra loro ancora per un po’ perché era così bello, non voleva che cambiasse. Lontano da sguardi indiscreti, da parole taglienti, poteva custodirlo come un tesoro, e sapeva che l’avrebbero fatto brillare come solo loro erano in grado di fare.
Per questo era rimasto in silenzio, cominciando a mangiare. Avrebbe parlato con Rei di tutto questo, perché sua moglie era stata sempre condiscendente con lui e non meritava che la facesse soffrire ancora una volta.
Però non adesso. Non ancora, si era detto.





notes
mi sono ricordata di una cosa!
non l'ho ancora detto, ma mentre la sto pubblicando questa è diventata ormai ufficialmente la storia più lunga che abbia mai postato su efp! i miracoli del writober uwu
finalmente parliamo di un altro componente assai importante della famiglia Todoroki, ovvero Rei. mi è piaciuto tantissimo scrivere di lei, volevo mostrare quell'aura molto delicata che, personalmente, le ho sempre visto attorno, spero di esserci riuscita. canonicamente è un personaggio anche fragile, con delle grosse ferite alle spalle, però ho la speranza che riuscirà un giorno a trovare la forza per superarle, forse in parte ci sta già riuscendo. spero di averle reso giustizia, in ogni caso la ritroveremo anche più avanti.
sì, i Todoroki piano piano si sono presi sempre più spazio all'interno della storia. inizialmente non era questo il piano, ma ehi, chi sono io per lamentarmi?
comunque, il prompt celare lo avevo inteso inizialmente come il desiderio da parte di Enji di nascondere alla sua famiglia la relazione con l'adorabile consigliere di corte ancora per un po', ma ora mi rendo conto di averlo inserito anche nel parlare della tendenza alla riservatezza dei due coniugi. quasi quasi mi faccio pat pat sulla spalla da sola.
btw ugh, mi rendo conto che Enji sta un po' tirando la corda, insomma, mantenendo questo segreto non fa propriamente del bene alle persone a cui tiene. ci sarà una risoluzione per tutto questo? ah, perché dovrei dirvelo? magari andando avanti con la storia si saprà.
(tornando al punto di prima, sono dell'idea che, alla fine, nell'opera originale è Enji stesso a causare la rovina della sua famiglia, lo so. qui tendo a non parlarne perché è un'AU e voglio tenermi il beneficio del dubbio nell'analizzare quest'aspetto qualora un giorno dovessi pubblicare qualcosa riguardante l'universo canonico, però i personaggi pieni di difetti mi hanno sempre affascinata, così eccomi qui)
come al solito vi ringrazio perché, veramente, sto ricevendo un sacco di supporto per questa storia e non me l'aspettavo! di solito, complice il fatto che sono solita frequentare fandom un po' più spopolati, mi sono abituata all'essere ignorata, e invece stavolta non è così e... niente, grazie mille, davvero! può sembrare una cosa sciocchissima ma mi dà un sacco di carica!
domani arriva un altro personaggio che, capitolo dopo capitolo, si è conquistato il suo spazio degno di nota all'interno della storia, probabilmente potete già immaginare di chi si tratta. io sono contenta, perché per quanto mi piaccia da quando ho iniziato a vedere l'anime (quindi nel 2017, credo) questa è la prima volta che compare in una mia storia. e niente, spero che la sua resa sia convincente, ahah.
ci vediamo domani!
aria 

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Capitolo 15
*** Richiesta ***


Era un pomeriggio assolato.
Enji l’aveva passato nella biblioteca del palazzo. Leggere non era mai stata una sua passione, e in effetti quel luogo e tutti i libri che vi si trovavano gli apparivano pressoché sconosciuti.
Era ormai gennaio inoltrato. La neve non era più caduta da dicembre, ma fortunatamente il sud poteva ancora tirare un sospiro di sollievo. Per quanto il sole facesse capolino da dietro grandi nuvoloni bigi, era sempre molto pallido. Le temperature continuavano a tenersi basse, soprattutto la notte, e lo scioglimento della neve poteva dirsi ancora un poco lontano.
Il re era turbato, tuttavia. Non amava l’idea di restare ad aspettare, esporre il proprio regno a una minaccia che nessuno riusciva a quantificare, così aveva palesato l’intenzione di andare loro incontro, bloccandoli a metà strada nelle terre dell’est, così da impedire loro di calare completamente a sud.
L’idea non era stata accolta con favore da tutti gli alleati, soprattutto quelli che provenivano da regni dell’est. Il re, tuttavia, aveva espresso il proprio volere, e nessuno aveva la possibilità di contraddirlo.
Sarebbe partito anche lui. Per quanto quella minaccia l’avesse preoccupato fin dal primo momento in cui ne era venuto a conoscenza, temeva di aver preso la situazione troppo alla leggera, temporeggiando fino a quel momento. Aveva esposto il suo regno e la sua famiglia a un pericolo enorme.
E poi era il re. Doveva scendere in campo al fianco dei suoi soldati, per infondere loro coraggio, perché era questo ciò che ci si aspettava da un buon leader – ed Enji non aveva alcuna intenzione di disattendere quel compito.
Per la verità, dirigersi ad est gli arrecava anche un altro vantaggio, ovvero partire assieme a Keigo con la certezza che il ragazzo sarebbe stato al suo fianco. Era pur sempre uno dei migliori guerrieri dell’esercito reale, lasciarlo a corte con delle premesse del genere sarebbe stato impensabile.
Inoltre, aveva la necessità di allontanare se stesso e il ragazzo dal palazzo. Aveva paura che, dopo la festa del solstizio, potessero cominciare a circolare strane voci sul loro conto, e credeva che, al confine, sarebbe stato in grado di tenerlo lontano da eventuali pettegolezzi.
Un contingente di guardie scelte sarebbe comunque rimasto a guardia del castello, qualora la loro spedizione fosse fallita e i nemici, dopo averli sopraffatti, avessero continuato la loro discesa verso sud – e questo sarebbe successo di sicuro, se non fossero riusciti a fermarli.
Enji aveva sospirato rumorosamente. Non mancava molto alla partenza, il giorno doveva ancora essere stabilito con esattezza ma tutti a corte erano consapevoli che fosse imminente.
Come al solito, Keigo era sparito quella mattina. Nei dintorni tutti i preparativi erano stati ultimati, ma prima di lasciarsi il palazzo alle spalle era necessario essere certi che non ci fosse neppure una falla nelle loro difese. Enji era sollevato nel sapere il ragazzo distante dal castello, perché più tempo passavano assieme più sospetti sulla vera natura del loro rapporto potevano instillare, tuttavia ora, nel tedio del pomeriggio, gli mancava terribilmente.
Avevano continuato a concedersi dei momenti d’intimità, in quel periodo, anche se senza sfociare nella passione con la stessa intensità della prima volta. Enji continuava a scivolare nella sua camera, di notte, e lì era incapace di togliere le mani dal suo corpo, accarezzarlo, stimolarlo. Le loro labbra sembravano non volersi staccare mai, e dopo restava spesso a dormire accanto a lui.
Sapeva di non star comportandosi correttamente con lui. C’era qualcosa a trattenerlo, dal concedersi di nuovo completamente a lui, e sapeva che si trattava della situazione con Rei. Avrebbe dovuto chiarirla, se non voleva ferire ulteriormente… beh, tutti.
Il re aveva sospirato di nuovo. Tra le mani stringeva alcuni pezzi della sua armatura. Non amava molto indossarla, preferiva difendersi con le proprie fiamme in battaglia, tuttavia aveva pensato che stavolta avrebbe fatto meglio a portarla con sé, visto che non aveva idea di cosa sarebbero stati in grado di fare i nemici che si sarebbero ritrovati davanti. Non era certo la prima volta che prendeva parte a una battaglia: molti dei regni che ora portavano il sigillo della casa reale nei loro stendardi erano stati conquistati con le armi. Portava cicatrici di guerra sul suo corpo, e lo stesso valeva per Keigo – ed Enji aveva scoperto che amava sfiorarle, e il ragazzo adorava quando lo faceva…
La porta della biblioteca si era aperta, ed Enji aveva sollevato in fretta lo sguardo. Per un momento aveva quasi sperato che potesse trattarsi di Keigo, tuttavia poco dopo era rimasto sorpreso quando aveva visto entrare Shoto.
Anche il giovane principe non sembrava aspettarsi di trovarlo lì. «Padre», aveva mormorato brevemente, chiudendo la porta della biblioteca dietro di sé.
Shoto Todoroki era la rappresentazione di ciò che suo padre non sarebbe mai potuto essere. Se confrontato alle fiamme dell’uomo, il potere di suo figlio era nettamente superiore.
In lui albergavano il ghiaccio e il fuoco. Aveva ricevuto entrambe le straordinarie capacità dei suoi genitori, e sapeva sfruttarle al meglio. Non c’era da sorprendersi che, nonostante fosse il più giovane della famiglia, tutti riconoscessero in lui il successore della stirpe reale.
Shoto non era solo immensamente potente. Suo figlio era magnanimo, mite e altruista, tutte doti di un buon governante. Non c’era dubbio che avesse ereditato il carattere da Rei.
Proprio per via delle sue enormi capacità, tuttavia, Enji l’aveva addestrato duramente fin da quando era piccolo per essere il suo successore. Se si era dimostrato perlopiù freddo nei confronti di Natsuo e Fuyumi, evitandoli e non dimostrando loro l’affetto che meritavano, con Shoto era stato implacabile, costringendolo ad allenarsi duramente, concedendogli quasi nessun momento di riposo, finché non era stato in grado di controllare perfettamente entrambi i suoi poteri.
Non c’era da meravigliarsi che il ragazzo provasse risentimento nei suoi confronti. I loro rapporti erano stati spesso conflittuali, e solo adesso che aveva compiuto sedici anni Shoto sembrava aver cominciato a palesare l’intenzione di ricucirli.
Da sempre la biblioteca era stato uno dei luoghi preferiti di Shoto nel palazzo. Aveva perso il conto delle volte in cui si era rifugiato lì, e aveva ormai letto quasi tutti i preziosi volumi presenti all'interno. A ben pensare, non c’era da sorprendersi che fosse entrato là. Lo stesso non poteva dirsi di suo padre, e proprio per questo Shoto era stato sorpreso quando, dopo aver setacciato ogni stanza del palazzo, l’aveva trovato proprio lì.
«Shoto», l’aveva salutato l’uomo, ancora sorpreso di esserselo ritrovato davanti. «Cercavi me?»
«In realtà sì», aveva ammesso il ragazzo. Il giovane principe aveva attraversato la stanza, guardando nel mentre il padre fisso negli occhi – quegli occhi di cui uno era speculare al suo, del suo medesimo azzurro, mentre l’altro era dello stesso colore di quelli di Rei.
«Ah, sì?» Enji aveva aggrottato le sopracciglia, sinceramente stupito da quell’affermazione. «E… di cosa volevi parlarmi?»
Shoto si era seduto sulla poltrona di velluto verde di fronte a lui. «Di quella», aveva risposto, muovendo un cenno del capo in direzione del padre.
Se possibile, Enji si era sentito ancora più confuso. «Non ho capito», aveva ammesso.
«L’armatura», aveva spiegato brevemente il ragazzo.
Enji aveva abbassato lo sguardo sul proprio grembo, come ricordandosi solo in quel momento dei pezzi che stava lucidando. Mentre era rimasto assorto nei suoi problemi, il panno con cui li stava lucidando non gli s'era mosso dalla mano.
«Oh», si era limitato a mormorare.
Shoto aveva congiunto le mani in grembo, spingendosi col busto in avanti per continuare a parlare con lui. «Voglio che mi porti con te ad est», aveva annunciato, con tono perentorio.
Enji aveva subito sollevato lo sguardo di nuovo su di lui. «Cosa? Non se ne parla. È troppo pericoloso, non…»
«Ma se non mi permetti d’imparare come potrò un giorno occuparmi di tutto questo?», aveva obiettato il ragazzo.
«Non sappiamo neppure quale sia la natura dei nostri nemici… e poi tu sei destinato a prendere il mio posto, in futuro, non possiamo rischiare di…»
«Sei tu che mi hai allenato fin da quando ero un ragazzino!», aveva sbottato Shoto. «Hai sempre detto che il mio potere è più forte del tuo, allora perché non mi permetti di aiutarti? I nemici vengono dal nord, potresti avere bisogno di tutta la potenza di fuoco disponibile, ma proprio perché non conosciamo le loro capacità il mio ghiaccio potrebbe esserti utile!»
Enji si era morso un labbro. Sapeva che aveva ragione, ma il pensiero di esporlo a un rischio del genere lo preoccupava.
«Sei troppo giovane…», aveva aggiunto, sprofondando nella poltrona.
Shoto aveva corrugato la fronte. La protesta del padre stavolta era stata molto più debole, e in fin dei conti il ragazzo era consapevole di avere ragione. Doveva insistere solo un altro poco…
«Permettimi di venire con te», l’aveva pregato ancora. «Papà…»
Enji aveva chiuso gli occhi. Non si sarebbe mai potuto perdonare se fosse successo qualcosa a suo figlio. Era sempre stato severo con lui, ripetendosi che era per il suo bene, ma adesso cominciava a sospettare che dietro a tutte le sue mosse ci fossero stati solo gli interessi di palazzo. Nonostante tutto, Shoto aveva comunque allungato una mano nella sua direzione, concedendo a entrambi il beneficio del dubbio che forse sì, era ancora possibile recuperare il loro legame.
Ecco perché non poteva deluderlo.
Se l’avesse respinto adesso, sarebbe equivalso a mettere un altro muro tra loro, ora che erano riusciti a far crollare gli altri.
E, forse, non ne valeva la pena.
«E sia», concesse. «Ma non dovrai mai allontanarti dalle mie fila, ed eseguirai i miei ordini senza discutere.»
Enji aveva riaperto gli occhi, cercando subito la figura di suo figlio. Shoto aveva annuito deciso.
«Grazie», aveva sospirato il ragazzo.
Poi, senza preavviso, gli aveva rivolto l’accenno di un sorriso.
Enji si era sentito così debole davanti alla piega dolce di quelle labbra, forse come mai prima d’ora.
In quel momento, aveva capito che avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.





notes
l'angolino del disagio oggi comincia col racconto di me che stanotte ho faticato ad addormentarmi perché ho cominciato a farmi venire delle paranoie assurde, tipo "ohmmioddio e se mi si cancella dal pc il capitolo che devo pubblicare domani?".
ci tengo a precisare che tutti i capitoli della storia sono stati messi al sicuro in memoria da almeno due settimane :)
comunque yeah, finalmente è arrivato uno dei personaggi che attendevo con più ansia! non vedevo l'ora di introdurlo, sul serio.
ovviamente, si tratta di Shoto. prima di editare il capitolo avevo molte preoccupazioni per una cosa, adesso invece si sono spostate tutte da un'altra parte.
come ho già spiegato, il passato della famiglia Todoroki qui è leggermente indorato, e temevo di aver esagerato con questo "addolcire la pillola". d'accordo, con un'AU ci si possono permettere pur sempre delle piccole variazioni, ma non mi andava di allontanarmi troppo dall'universo canonico. rileggendo mi sono un po' tranquillizzata su questo, però in compenso mi è venuto un altro terrore, ossia che il dialogo sia troppo breve e che Enji cambi idea con eccessiva fretta. però magari anche qui mi preoccupo troppo, vbb.
parlando di preoccupazioni varie ed eventuali, come sempre il mio pensiero va ai verbi, che nonostante abbia ricontrollato diciassettemila volte ormai inizio a temere di star dimenticandomi la grammatica italiana--
e spero veramente di aver reso bene il personaggio di Shoto, ci tenevo e ci tengo un sacco anche ora! all'inizio non avevo immaginato che potesse avere un ruolo importante all'interno della storia, ma mentre andavo avanti con la stesura, complice forse l'affetto che provo per lui, mi sono resa conto che, come dicevo ieri, si è guadagnato uno spazio sempre maggiore. per cui lo rivedremo sicuramente in seguito, yeah!
parlando del prompt di oggi, diciamo che è un'altra di quelle cose che c'era il rischio potessi cannare. l'armatura, però, viene menzionata quando si vede Enji che la sta lucidando, dopodiché è un po' tutto il pretesto da cui nasce il discorso tra il re e suo figlio, quindi forse può andar bene così...?
sono due capitoli che non si vede il mio adorato Hawks, chissà se nel prossimo rimedierò ~
per oggi credo di aver detto tutto. come al solito grazie a chiunque stia leggendo questa storia ♥
a domani!
aria 

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Capitolo 16
*** La promessa ***


Un’altra mattina di controlli, un’altra mattina in giro per i dintorni.
Keigo camminava in fretta, lasciandosi alle spalle il viale d’ingresso del castello. Aveva pensato che le cose, dopo quella prima notte, sarebbero diventate più semplici, invece ora gli sembrava tutto molto più complicato.
Non riusciva a capire fino a che punto Enji lo desiderasse, perché continuava a cercarlo, ma quando erano insieme era come se qualcosa lo fermasse.
Aveva l’impressione che lo stesse facendo per lui, ma avrebbe voluto dirgli che non ce n’era bisogno.
Il problema era che il tempo stringeva sempre di più.
Mentre attraversava i giardini, aveva notato come la neve si stesse sciogliendo, e ormai non rimanevano che alcuni radi cumuli. Quando Keigo aveva recapitato il messaggio della minaccia, avevano ipotizzato che le ultime tracce di neve si sarebbero sciolte con l’arrivo della primavera.
Questo, però, valeva forse per i territori più a nord del regno.
Lì al sud quel momento sembrava essere molto più vicino. Significava che l’attacco era imminente?
Non lo sapevano. Per questo, avevano deciso di battere l’avanzata nemica sul tempo andandovi incontro, così da scongiurare che l’invasione dilagasse fin nei territori a ridosso del palazzo.
Keigo non aveva idea se definire o meno quella strategia lungimirante. Sì, forse li avrebbero fermati, e se così avessero fatto proprio il gioco dei nemici? Nel malaugurato caso in cui non fossero riusciti a sconfiggerli, chi li avrebbe fermati dal calare al sud?
Non lo sapeva e, in mancanza di quelle risposte che non riusciva a darsi, aveva deciso di concentrarsi unicamente per far sì che tutto funzionasse alla perfezione. Doveva focalizzarsi sulla difesa del regno e nient’altro, perché se si fosse distratto per pensare alla situazione con Enji sapeva già che non avrebbe risolto nulla.
L’unica cosa certa era che la partenza verso est era imminente. Per questo, prima di lasciare il palazzo Keigo aveva ancor più motivi per accertarsi che tutto fosse sotto controllo.
I sassolini del viale stridevano scontrandosi sotto le suole dei suoi stivali, ma mentre era già quasi arrivato al cancello d’ingresso, aveva sentito alcuni passi seguirlo in fretta.
Keigo aveva chinato la testa all’indietro, ritrovandosi a osservare la figura di Enji che si avvicinava sempre di più a lui.
«Già sveglio, mio re? È ancora presto», aveva commentato, continuando a fissarlo in quella posizione scomoda.
«Ti stavo cercando», aveva replicato Enji, sbuffando fiato caldo dal naso, spazientito. Keigo aveva osservato il suo respiro condensarsi in nuvolette di fumo. «È stata decisa la data della partenza.»
Keigo aveva tirato un respiro affilato. Aveva spostato nuovamente lo sguardo davanti a sé, ma adesso le sue gambe non volevano più saperne di muoversi.
Aveva sperato che ci fosse ancora tempo, e invece sembrava essere esaurito. Partire significava andare incontro a dei nemici, e Keigo non sapeva se avrebbero fatto ritorno.
Significava che, forse, lui ed Enji non avevano più tempo.
«Ah», aveva commentato, sentendo di colpo la gola secca. «E quando sarebbe?»
Enji, nel frattempo, lo aveva raggiunto. «Domattina all’alba», aveva risposto, in tono grave.
Keigo si era sentito come se una spada gli avesse trapassato il petto. Era veramente finita così? Aveva puntato lo sguardo a terra, tentando di cacciare indietro i pensieri che lo stavano assillando.
Aveva scosso la testa, cercando di riprendersi. La mattina successiva. Ottimo, doveva passare da tutti i presidi, quelli attorno alle mura, quelli a guardia nei sobborghi circostanti, assicurarsi che fossero tutti in posizione, dopodiché sarebbe dovuto tornare al castello, preparare una borsa con pochi averi essenziali… se si fosse mosso in volo avrebbe fatto prima. Keigo aveva dispiegato le ali, preparandosi a partire. Stava per spiccare il volo, quando aveva notato alcune bacche, nei cespugli accanto al cancello. Forse avrebbe fatto meglio a prenderne qualcuna, dopotutto si preannunciava un giro lungo e stancante, e avere qualcosa da mangiare per recuperare le energie mentre era in volo gli era sembrata una buona idea.
Aveva fatto per avvicinarsi a uno dei cespugli. Enji l’aveva visto appena in tempo, e subito si era lanciato su di lui.
«No!», aveva esclamato, stringendogli il polso tra le dita. «È belladonna!»
Keigo si era voltato a osservarlo. Era da giorni che non si trovavano più così vicini.
«Cosa…?», aveva domandato, confuso.
«È una pianta pericolosa, è meglio non mangiarne le bacche», aveva spiegato Enji, lasciandosi sfuggire un sospiro pesante. «Si dice che serva a scacciare gli spiriti maligni, per questo Rei mi aveva chiesto di piantarne alcuni cespugli vicino all’ingresso del castello, tanti anni fa…»
A sentire il nome della regina, un velo di tristezza aveva invaso gli occhi di Keigo, che subito aveva chinato il capo verso il basso. Che sciocco, eppure aveva sentito il cuore battergli più forte quando il re era corso a fermarlo…
Enji aveva compreso di aver commesso un errore nel momento in cui aveva nominato Rei. Aveva notato il ragazzo incupirsi, e si era maledetto per questo. Quando l’aveva visto sul punto di cogliere le bacche, però, non aveva capito più nulla. Era stato pervaso dal terrore di perderlo, così aveva agito d’impulso, scattando nella sua direzione.
Il re si era ritrovato a sospirare. Si era lasciato guidare dall’istinto, e chiudendo gli occhi aveva avvicinato una mano al volto del ragazzo. Prima che potesse comparire qualcuno nei paraggi, gli aveva cinto la vita con un braccio e l’aveva condotto con sé dietro a un cipresso lì accanto.
Keigo gli aveva rivolto uno sguardo sorpreso, Enji poteva vedere il mare d’oro nei suoi grandi occhi scintillare. L’aveva sollevato lentamente da terra, afferrandolo per il colletto della camicia, per poi posare un bacio sulle sue labbra.
Il ragazzo aveva chiuso gli occhi, aiutandosi con un paio di battiti d’ali per restare sollevato. Iridi cerulee e dorate celate dalle palpebre, le labbra si erano sfiorate lentamente. C’era qualcosa di diverso in quel bacio, qualcosa di più profondo.
Forse era stata la paura di perderlo di poco prima, o quella che ormai da tempo aleggiava sopra alle loro teste, oppure il senso di colpa per tutta la situazione in cui lo aveva tirato in mezzo, tuttavia Enji l’aveva baciato in maniera delicata, quasi come se temesse di vederlo scomparire davanti ai propri occhi da un momento all’altro.
Si era separato appena da lui, per poterlo osservare. Quando Keigo aveva socchiuso gli occhi, Enji aveva trovato quell’oro liquido, così caldo e abbagliante, ad attenderlo.
«Voglio dire la verità a Rei», gli aveva confessato. «Voglio stare con te. Torneremo da est sani e salvi, non esiste un’altra possibilità.»
Gli occhi di Keigo si erano riempiti di meraviglia. Aveva carezzato i capelli dell’uomo, alla base della nuca.
Avrebbe voluto dirgli tante cose in quel momento. Che l'amava, che sarebbe voluto rimanere per sempre al suo fianco, ma le parole sembravano essere divenute incapaci di scivolare dalle sue labbra.
Aveva pensato al cespuglio di belladonna alle sue spalle, ai suoi fiori rossi come le fiamme del re.
Erano proprio momenti come quello di poco prima che gli facevano ricordare cosa l’avesse affascinato tanto di Enji, in tutti quegli anni. Era quel senso di protezione, che riusciva a infondergli ogni volta, e a volte Keigo pensava che non potesse esistere niente di più intenso.
Prima che potesse allontanarsi, il re gli aveva lasciato un’ultima carezza in volto. Spiegando le sue ali e spiccando il volo verso il cielo, Keigo aveva portato con sé il ricordo del calore di quelle dita.





notes
siamo ufficialmente arrivati a metà writober! caspita, il tempo sta letteralmente volando.
ed è anche tornata la nostra cara coppietta! mi mancavano, lo confesso çwç
questo è stato uno dei capitoli che mi ha permesso di fare qualche ricerchina! da quello che ho capito, infatti, in epoca medievale la belladonna era chiamata l'"erba delle streghe". le bacche di questa pianta contengono alcaloidi, che possono causare disturbi dell'equilibrio, eccitazione e allucinazioni (ecco perché Enji dice che si tratta di una pianta pericolosa). l'associazione con le streghe viene dal fatto che la belladonna era frequentemente utilizzata nelle loro pozioni, in particolare degli unguenti che erano solite spalmarsi sul corpo. quello che più mi ha interessata, però, è la credenza che questa pianta avesse la capacità di scacciare gli spiriti maligni, e che per questo ne venissero piantati dei cespugli all'inizio dei viali.
ho deciso di riprenderla qui, e ho pensato che fosse carino che, ad avere l'idea di piantarla, fosse stata Rei. non so, magari in quest'universo la credenza di cui parlavo prima è diffusa nelle terre del nord da cui proviene la nostra regina uu
per il resto, in realtà non ho molto da dire oggi, sarà che sono un po' giù di morale. la partenza, come viene detto in questo capitolo, è imminente, la vedremo già nel capitolo di domani.
anche oggi ho lottato con la consecutio, spero di averla spuntata. ah, cogliendo la palla al balzo per parlare di possibili errori, volevo tutelarmi per un possibile buco di trama: nel capitolo dieci ho detto che chi è destinato a regnare nasce con un marchio sulla pelle, mentre nell'ultimo aggiornamento ho fatto menzione al motivo per cui Shoto è stato designato come l'erede al trono, ossia i suoi poteri molto forti. in realtà mi piace immaginare che la sua potenza sia una cosa in più, probabilmente il marchio era già presente sulla sua pelle.
anche oggi ringrazio chi si ferma qui a leggere. ci vediamo domani, pronti a partire!
aria

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Capitolo 17
*** Partenza ***


La mattina successiva, all’alba, l’esercito era schierato davanti al castello.
Gli scudieri avevano sellato i cavalli, e ora la maggior parte della guardia reale montava su di essi, compreso il re e suo figlio minore, destinato un giorno a prendere il suo posto.
Quel giorno Keigo aveva preferito muoversi in volo. Le fila dell’esercito erano serrate, a terra lo spazio su cui muoversi scarseggiava, e poi dall’alto avrebbe potuto avere una visuale migliore su tutti i presenti – e individuare più facilmente delle minacce, qualora se ne fosse presentata una, così da poter difendere prontamente Enji.
Per quanto lo sguardo di Keigo continuasse a volare in direzione del re, non poteva non constatare la vasta estensione delle forze che avevano chiamato in campo.
Si trovavano a combattere contro una minaccia che non erano nemmeno riusciti a identificare, eppure nessuno degli alleati aveva voltato le spalle al re, dimostrando la loro fedeltà.
Cavalieri dalle armature scintillanti, le spade affilate, gli schinieri ben saldi potevano essere scorti ovunque lo sguardo si posasse. Lunghe lance pendevano nelle loro mani, mentre le braccia e i toraci erano protetti dagli scudi. Molti stendardi svolazzavano nell’aria, la maggior parte di essi riportando simboli di fiamme, a dimostrare l’affiliazione alla casa reale.
Keigo aveva osservato compiaciuto quella difesa armata. Era rassicurante la consapevolezza che, nonostante il suo carattere tutt’altro che amabile, tutta quella gente fosse comunque accorsa fin lì per prestare il loro aiuto a Enji. In fondo, più fossero stati, maggiore sarebbe stata la possibilità di riuscita dell’impresa. Un sorriso gli era spuntato sul volto, mentre continuava a spostarsi in aria con grazia.
Le ali si muovevano con scatti lenti, sopra quel luogo che conosceva così bene. D’improvviso, però, una corrente d’aria più forte delle altre lo aveva travolto, facendogli perdere per un poco l’equilibrio. L’aveva riacquistato in fretta, volteggiando sicuro, per poi voltarsi alle proprie spalle, da dove era giunta quella folata. Esterrefatto, era stato costretto a spalancare gli occhi.
Da dietro alle torri del castello, infatti, aveva visto avvicinarsi l’enorme figura di un drago in volo.
Quando quest’ultimo si era ritrovato a planare sopra alle loro teste, l’intero piazzale era stato oscurato dalla sua maestosa ombra. Il capo di tutti i presenti si era sollevato verso l’alto, a osservare quello spettacolo ammaliante.
Keigo si era lanciato in volata verso il basso, raggiungendo Enji e Shoto.
«Ma che…», aveva sentito mormorare il principe.
«Ryuko Tatsuma, una degli alleati più potenti del nostro regno», aveva spiegato Keigo, incrociando le braccia al petto. Nel frattempo si era girato in direzione di Enji. «Non sapevo che l’avessi contattata.»
«Ho preferito parlare personalmente con lei. Ha un carattere… molto forte, non volevo che apprendendo la notizia in un’altra maniera decidesse di non appoggiarci», aveva spiegato il re.
Su questo Keigo era perfettamente in accordo con lui. Ryuko portava sulle proprie spalle il peso di un intero regno. Era insolito, perché da sempre tutti i regni erano sempre stati convenzionalmente governati da uomini, eppure lei si era rivelata una governante piena di giustizia.
Il suo regno si trovava nelle terre del sud e, in effetti, il suo potere dipendeva dal fuoco. Era in grado, infatti, di trasformarsi in un drago, e poteva replicare in tutto e per tutto le sue capacità. Squame di un grigio perlaceo ricoprivano la sua pelle, indurendola, e artigli possenti le permettevano di difendersi.
Quando si erano ritrovati a dover conferire con lei per regolare alcune questioni inerenti alla coesistenza dei due regni, era stato chiaro che si trovassero di fronte a una donna tenace, che aveva difeso strenuamente l’indipendenza delle proprie terre, ottenendola. Enji era rimasto molto colpito dalla sua indole.
Il drago aveva superato i confini del castello, atterrando in una radura poco distante, decisamente più spaziosa.
«Comunque mi deludete, vostra grazia», aveva commentato Keigo, rivolgendosi al giovane principe. «Un giorno sarete a capo di questo regno e non riuscite a riconoscere neppure uno dei vostri più importanti alleati?»
Shoto gli aveva lanciato un’occhiata in tralice, e la cosa non era sfuggita a Keigo, che si era ritrovato a sorridere di sottecchi.
Enji aveva osservato tutta la scena senza commentare. In cuor suo, era felice che le due persone a cui più teneva andassero d’accordo, o che almeno provassero a farlo. Averli con sé in quell’impresa era certamente un grande supporto, tuttavia da questo dipendeva un profondo senso di responsabilità. Se fosse accaduto loro qualcosa di male, non sarebbe mai riuscito a perdonarselo.
Il re aveva sbuffato fiato caldo dal naso. «In ogni caso, dovremmo essere tutti, adesso», aveva commentato, alludendo al numeroso esercito.
Keigo si era guardato ancora una volta intorno. «Mh mh», aveva concordato, voltandosi da una parte all’altra, la borsa di cuoio con pochi effetti personali che aveva portato con sé che nel mentre sbatteva contro il suo fianco con un ritmo regolare. «Sì, direi che ci siamo.»
«Allora possiamo procedere», aveva annunciato il re.
Con ciò, aveva sollevato una mano in aria e, a quel segnale, aveva spronato il suo cavallo, muovendosi in avanti. Non aveva dubitato neppure per un secondo che il resto dell’esercito l’avrebbe seguito.
Shoto era stato il primo a scattare dietro di lui. I due cavalli della famiglia reale si muovevano a un’andatura lenta, e Keigo con faceva affatto fatica a stare loro dietro in volo.
Il ragazzo si era voltato per un’ultima volta in direzione del castello. Da quando era tornato lì, quell’autunno, quella era la prima volta che se lo lasciava alle spalle con la consapevolezza che non vi avrebbe fatto ritorno, una volta giunta la sera.
Quante cose che erano cambiate, nel corso di quei mesi… i nemici che li minacciavano, quella spedizione che ora si apprestavano ad affrontare, e soprattutto il suo rapporto con il re.
Keigo era tornato a puntare il proprio sguardo in avanti, volando senza fretta. Aveva piena fiducia in Enji, e se il suo re gli aveva assicurato che avrebbero fatto ritorno al palazzo, allora lui gli avrebbe creduto ciecamente.
Il contingente si era lasciato alle spalle il castello, immergendosi sempre di più nel fitto della boscaglia.





notes
argh, stasera sono un po' in ritardo!
considerate che sono seduta sopra una pila di vestiti che sta sopra una sedia, nella mia camera sembra che sia esplosa una bomba e devo finire di mettere a posto un sacco di pacchetti. insomma, mi sono trasferita. sono tipo stanchissima, ma almeno non ho più le mani sporche di vernice come oggi pomeriggio.
boh, non vale come giustificazione ma facciamo che se c'è qualche errore è per questo. io comunque ho controllato, quindi spero di no!
vbb, per il prompt di oggi diciamo che me la sono giocata facile, perché quando ho visto la parola drago ho pensato subito "ehi, ma in mha c'è Ryukyu!". e niente, il gioco è fatto.
posso dire che mi piace Hawks che punzecchia Shoto? sì, lo dico. tra l'altro questa cosa si ripresenterà anche nel capitolo di domani perché niente, ho trovato interessante approfondire una dinamica che per la realtà, in canon, non ha avuto per ora molto modo di essere esplorata.
e well, niente, si parte! adesso il setting cambia un po', per ora siamo stati abituati a vedere i personaggi agire in un contesto molto statico, cioè quello del castello, ma avevo preannunciato che le cose erano destinate a variare, così eccoci qua.
per oggi il mio cervello non riesce a farsi venire in mente nient'altro da scrivere, per cui mi fermo qui. ringrazio chi sta leggendo e vi do appuntamento a domani, come sempre ~
vado a tuffarmi sul letto ma temo che si alzerà una nuvola di polvere, uff
aria

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Capitolo 18
*** Lungo la strada ***


L’est li aveva accolti con immense distese di boschi.
A ben pensarci, dopo settimane di viaggio, a Keigo sembrava di non vedere più da molto tempo nulla che fosse diverso da un bosco verde e rigoglioso.
Foreste di querce si alternavano a faggi e ad abeti, a seconda dell’altitudine a cui si trovavano, e sebbene si fossero spostati a est, dove le temperature non conservavano la mitezza del sud, avevano potuto constatare che anche lì della neve restavano solo vaghe tracce, soprattutto dove la vegetazione si faceva più fitta e la luce faticava a filtrare.
Come sempre, i due rappresentanti della casa reale facevano strada al resto dell’esercito, seguiti a breve distanza dal consigliere di corte.
«Siamo sicuri che questo sia il sentiero giusto?», aveva domandato il principe, probabilmente esausto al pensiero di non vedere da giorni una radura aperta e inondata dal sole.
Keigo non poteva dargli torto, in realtà. Il sentiero che stavano percorrendo in quel momento attraversava un rigoglioso bosco di abeti. Il terreno era morbido e scuro, gli stivali sembravano affondarvi all’interno. A Keigo sembrava che gli alberi, con i loro aghi e i rari rami spogli, facessero di tutto per ghermirlo, rendendogli difficile volare. Aveva controllato ancora una volta la mappa, solo per accertarsi di nuovo che sì, erano perfettamente in linea sul percorso che era stato stabilito dovessero percorrere.
«Oh, come mai tanta apprensione, vostra grazia?», aveva domandato, lasciando un piccolo colpetto col gomito al fianco del principe. «Dubitate forse delle risorse della vostra corte?»
«Giuro che quando sarò re la prima cosa che farò sarà sollevarti dai tuoi incarichi», aveva commentato Shoto, senza una particolare inflessione nella voce.
Keigo si era portato una mano alle labbra, occultando una risata.
Adorava quel ragazzo. Era felice che Shoto fosse partito insieme a loro.
Tra i ragazzi della famiglia reale, quella con cui andava maggiormente d’accordo era Fuyumi. Aveva sempre ritrovato nella ragazza un carattere molto simile al proprio, e questo aveva concesso loro di stabilire un buon rapporto. Per Shoto provava un profondo rispetto, riconosceva in lui un immenso potere ed era fiducioso al pensiero che un giorno, a sostituire Enji a capo della famiglia reale ci sarebbe stato lui.
Natsuo, invece, era quello con cui aveva stabilito un rapporto più debole. Aveva ereditato il carattere turbolento del padre, ma per quanto Enji continuasse a sopportare Keigo nonostante passasse il tempo a portarlo all’esasperazione, Natsuo non l’aveva mai tollerato granché. Keigo poteva contare sulla punta delle dita le volte in cui si erano scambiati una parola, e ogni volta Natsuo si era dimostrato ostile nei suoi confronti.
Infine c’era Rei. L’amata regina, madre dolcissima e donna comprensiva.
Anche con lei Keigo non aveva mai conferito molto. La sposa del re aveva un’aura incantevole, in grado di irradiare tutto il suo fascino delicato. Era estremamente riservata, l’aveva vista il più delle volte in ambito di occasioni ufficiali, e ogni volta si era rivelata magistrale, calandosi abilmente in ogni situazione.
Le rare volte in cui s’erano parlati al di fuori di occasioni formali, Keigo aveva riscontrato in lei la medesima gentilezza di sempre. Aveva un sorriso stupendo, in grado di mettere a proprio agio chiunque, e quando parlava sembrava scegliere con attenzione ogni singola parola da rivolgere al proprio interlocutore.
Era, senza dubbio, una donna dal fascino indiscutibile, e Keigo rivedeva molto dei modi pacati di lei in Shoto, soprattutto per come il ragazzo si poneva con gli altri. A dire la verità, il ragazzo aveva probabilmente preso molti aspetti caratteriali da entrambi i genitori: nonostante un’indole tendenzialmente mite, infatti, in momenti di criticità era deciso, coraggioso, e questo gli ricordava in tutto e per tutto il re.
Non c’erano dubbi sul perché Shoto fosse un ragazzo così facile da apprezzare, né che un giorno sarebbe stato un ottimo re.
Enji, nel frattempo, aveva osservato quel nuovo scambio, un sorriso che per un momento aveva attraversato le sue labbra. C’era qualcosa nel modo in cui suo figlio e Keigo si relazionavano, che lo faceva sentire profondamente in pace.
«Questo potrebbe essere un buon punto», aveva valutato, guardandosi attorno. «Potremmo ordinare all’esercito di stabilirsi qui.»
In effetti, il luogo che avevano raggiunto aveva tutte le carte in regola per passarvi la notte. Il terreno era sufficientemente pianeggiante per piantarvi le tende, e tra gli alberi non mancava lo spazio per i soldati e i fuochi da allestire. Inoltre, nel silenzio della boscaglia, rotto solamente dal vento leggero e dallo sporadico canto di qualche uccello, poteva udire il rumore di un corso d’acqua che scorreva placido, non troppo distante da lì, forse a meno di un’ora di cammino alla loro destra. Contando anche la neve, che potevano mettere nelle borracce e aspettare che si sciogliesse per bere, le risorse idriche di sicuro non scarseggiavano. Quanto al cibo, in un bosco come quello la selvaggina non mancava, e forse avrebbero potuto raccogliere anche qualche fungo o bacca in giro. Per i fuochi, invece, la legna per accenderli non mancava là attorno, ma visto che la maggior parte della spedizione era composta da persone che potevano controllare le fiamme, quello non sarebbe certamente stato un problema.
«Ottimo», aveva commentato Keigo. Il ragazzo aveva estratto una borraccia e, dopo aver bevuto un sorso d’acqua, l’aveva subito riposta nella borsa. «Allora volo a informare che possiamo fermarci e di iniziare a sistemare le tende.»
Le ali di Keigo avevano frullato brevemente, prima che il ragazzo scattasse all’indietro tra le fila dell’esercito. Enji e Shoto erano rimasti a osservarlo, mentre nel silenzio avevano sentito il bubbolio cupo di un gufo sopra alle loro teste.





notes
capitolo corto oggi ~
come avevo preannunciato, abbiamo visto di nuovo Shoto e Hawks interagire. e boh, sarò scema io ma questi due insieme mi fanno spaccare-- in compenso, abbiamo avuto anche una panoramica della famiglia reale vista con gli occhi di Keigo: ammetto che è affascinante, per me, cercare d'immaginare che tipo di rapporto potrebbe avere con ciascun Todoroki.
a proposito di panoramiche, direi che quella che predomina il capitolo è senza dubbio la descrizione geografica. per la prima volta dall'inizio della storia abbiamo cambiato regno, spostandoci a est dal sud. il clima è mite ma non quanto quello da cui provengono i nostri eroi, e la vegetazione è diversa, più rigogliosa. dovete immaginare una prevalenza di piante di origine tropicale nel regno del fuoco, mentre qui, dove il dominio è quello della terra, troviamo molte più conifere. i boschi ci sono anche a sud, lo abbiamo visto, ma mentre immagino che l'est possa avere anche piante del sud e viceversa, è chiaro che alcune piante che crescono in un regno non ci siano nell'altro.
discorso intricato, non credo che interessi a nessuno e forse mi sono capita solo io, VBB
il prompt di oggi, comunque, era sentiero, e oltre ad averlo materialmente attraversato ne hanno anche parlato, dando vita a quello scambio di battute che mi fa ridere forse più di quanto dovrebbe.
mh... il capitolo di domani sarà interessante, non tanto per ciò che succede in sé quanto per il finale. non vi spoilero niente, ma un po' soffro e un po' sogghigno per i prossimi aggiornamenti. sarà una settimana faticosa, mettiamola così.
come sempre vi ringrazio per star seguendo questa storia, vi do appuntamento a domani!
aria

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Capitolo 19
*** Proteggervi ***


Le tende in giro per il bosco sembravano tante piccole casette di lenzuola che svolazzavano tra i rami degli alberi.
Qualcuno, all’interno, aveva acceso delle lanterne, per parlare rischiarati dalla loro luce prima di cadere nel sonno. Chi era rimasto di guardia si era seduto attorno a un fuoco, tenendo le armi vicine a sé, e controllavano attentamente che non ci fossero avvicinamenti da nessuna direzione.
I cavalli, dopo essere stati portati ad abbeverarsi al ruscello poco distante, riposavano ora con le redini ben annodate ai tronchi degli alberi.
«Sei sicuro che non sia un problema?»
Keigo era inginocchiato a terra, sopra a una coperta pesante. I suoi occhi sembravano così grandi, quella sera, di un oro liquido come due lune.
Con sua grande sorpresa, Enji gli aveva chiesto di restare a dormire nella sua tenda. Pensava che, in presenza dell’esercito – e soprattutto di Shoto – lo avrebbe tenuto a distanza, per cui era rimasto piuttosto spiazzato da quella richiesta.
Enji sedeva davanti a lui, lo sguardo fisso sulla lanterna che illuminava la tenda. Gli bastava osservare intensamente la piccola fiammella, e quella prendeva subito a danzare seguendo il ritmo che lui gli dettava solo pensandolo. Visti i suoi immensi poteri, per lui quello era un giochetto da ragazzi.
«Perché dovrebbe?», aveva domandato, ordinando al fuoco di assumere delle dimensioni più minute. «Sono il loro re, non penso che avranno nulla da obiettare.»
Keigo sapeva che aveva ragione, ma era anche preoccupato. Fino a quel momento Enji aveva preso ogni precauzione nel mostrarsi troppo vicino a lui in pubblico, soprattutto dopo quello che era successo tra di loro. Quel cambiamento repentino, per quanto fosse lieto di poter riposare assieme a lui, gli faceva sospettare che ci fosse qualcosa sotto.
Che Enji fosse preoccupato per la sua incolumità, e che preferisse averlo al proprio fianco per accertarsi che fosse tutto a posto.
Era un pensiero che lo faceva sentire lusingato, ma al tempo stesso gli infondeva una certa angoscia. Perché Enji era così in allerta? Possibile che la minaccia fosse vicina?
Keigo aveva pensato a Shoto, che riposava nella tenda accanto alla loro, e aveva avvertito un groviglio di emozioni annodarsi nel suo stomaco.
Il principe non li aveva visti coricarsi assieme. Nonostante tutto, Keigo si era ritrovato a domandarsi cosa avrebbe potuto pensare se l’avesse saputo.
Il ragazzo s’era infilato sotto alla coperta pesante con un sospiro stanco. Si era sistemato su un fianco, così da poter osservare sia il suo re che la fiammella, che danzava ancora ipnotica all’interno della lanterna.
La notte sembrava estremamente tranquilla. Gli ultimi crepitii dei fuochi accesi si stavano spegnendo, ben occultati per nascondere le loro tracce a eventuali persone di passaggio in quella zona, e oltre di essi l’unico altro rumore che si poteva percepire era il canto di qualche uccello notturno. In lontananza, tra il fruscio delle fronde degli abeti, il ruscello continuava a scorrere, mentre una candida luna piena scintillava nel cielo scuro.
Si sentiva che, in quel luogo, la primavera era già alle porte. Nonostante fosse ormai notte, le temperature non erano affatto sgradevoli. Tutto quell’insieme avrebbe fatto crollare Keigo addormentato nel giro di un istante, se solo non avesse avuto i sensi così in allerta.
Forse lo stesso doveva valere anche per Enji. Il re, sospirando con aria grave, aveva sfoderato appena la propria spada.
«Posso vederla?», aveva domandato Keigo, senza riuscire a trattenersi.
Enji aveva sollevato lo sguardo nella sua direzione. Era sorpreso di vederlo ancora sveglio, era certo che, una volta distesosi, la stanchezza avrebbe preso il sopravvento e sarebbe subito crollato addormentato.
Senza aspettare una risposta, Keigo si era mosso con dei piccoli saltelli tra le coperte, fino a raggiungere il suo re. Si era inginocchiato davanti a lui e, lo sguardo fisso sulla lama, s’era perso ad osservare la spada.
Quell’arma era, in un certo senso, leggendaria. Aveva seguito il re in tutte le sue spedizioni, era lei che aveva domato le molte popolazioni che erano asservite alla corona e che, adesso, li avevano seguiti fin lì.
L’elsa era di fattura pregiata. In oro, finemente lavorata, in essa erano incastonati dei rubini scintillanti. Il loro intenso colore rosso, ovviamente, richiamava le fiamme che il re poteva sprigionare.
La lama, invece, era in argento purissimo. Sotto la luce baluginante della lanterna, Keigo vedeva la spada risplendere di una luce quasi abbagliante, incantevole. Quell’arma affilata era stata protagonista di così tante imprese. Ora che ce l’aveva davanti agli occhi, Keigo non riusciva a fare a meno di sentirsene ammaliato.
Era sempre stato abituato a combattere con le sue piume, ma quella spada non aveva loro niente da invidiare in quanto a forza e resistenza.
Il ragazzo aveva posato le dita sulla lama, percorrendola dall’elsa fino ad arrivare alla punta. Per quanto ci fosse qualcosa d’ipnotico in quel gesto, Enji aveva posato in apprensione la mano sopra a quella del ragazzo, arrestando i suoi movimenti. Il filo della spada era così terribilmente acuminato, aveva il terrore che potesse ferirsi involontariamente.
Al tocco sempre così caldo della pelle del re, Keigo aveva sollevato lo sguardo, osservandolo. Gli occhi turchesi dell’uomo erano attraversati da una strana sfumatura, che raramente vi aveva trovato in quegli anni in cui aveva lavorato al suo fianco, se non nell’ultimo periodo.
«Sei preoccupato, mio re?», aveva domandato, in un flebile mormorio.
Enji aveva ricambiato intensamente il suo sguardo. «Non è per me che temo», aveva ammesso. «Gli unici per cui sono preoccupato siete tu e Shoto.»
Keigo gli aveva sorriso comprensivo. Il re aveva rinfoderato la spada, per poi circondare il volto del ragazzo con le mani.
Si era avvicinato a lui, baciandolo con premura. Erano passati giorni dall’ultima volta in cui l’aveva fatto, e quel gesto sembrava essere mancato parecchio a entrambi. Keigo gli aveva stretto le braccia al collo, mentre Enji l’aveva aiutato a distendersi nuovamente sotto alle coperte, sistemando entrambi su un fianco, di modo che potessero continuare a guardarsi negli occhi. Nel mentre, ne aveva approfittato per infilare le mani sotto alla camicia del ragazzo, accarezzando la pelle della sua schiena nuda e strappandogli un sospiro accennato.
«Voglio proteggervi», aveva sentito l’uomo mormorare sulle sue labbra.
«Lo so», gli aveva assicurato Keigo, accarezzandogli la base della nuca.
Gli angoli delle labbra del re si erano curvati appena verso l’alto. «Dormi, adesso», l’aveva incoraggiato. «Io resto qui accanto a te.»
Keigo aveva sorriso a quelle parole. Si era rannicchiato con entusiasmo contro il petto dell’uomo, beandosi del calore che sentiva venire irradiato da lì, e una volta chiusi gli occhi si era sentito scivolare in fretta nel sonno. Respirava tranquillo, riposando quieto in quell’atmosfera che s’era creata intorno a loro. Immersi in una pace del genere, era certo che nulla di male sarebbe potuto accadere loro.
Sfortunatamente, ben presto fu costretto a ricredersi.





notes
okay, sono in ansia.
buonasera, carissim*! come va? tutto bene? la settimana è cominciata in maniera soddisfacente?
ah, tenere questi due separati per un paio di capitoli è stata una sofferenza. sì, lo so, alla fine non è che fossero poi così distanti l'uno dall'altro, ma adoro vederli più in intimità, non posso negarlo. devo dire che mi piace anche solo immaginarli così, a dormire l'uno accanto all'altro e... sapete? questa è una cosa su cui riflettevo un paio di giorni fa: per me è proprio canon che provino entrambi un forte desiderio di proteggere l'altro. Enji che dice a Hawks di proseguire l'indagine sui nomu assieme a qualcuno, o che inizia a pensare a lui dopo che gli ha consegnato il libro... ci stanno altre piccole cosette che mi fanno urlare, tipo all'inizio del volume 27 e altra roba che invece sarà nel 30, che uscirà da noi a inizio dicembre (ma è meglio che non mi metta a pensare al volume 30 o mi viene un'ulcera). per Hawks invece mi viene in mente soprattutto il capitolo 299, e la sua conclusione
– i prossimi due volumi gioie e dolori per me, veramente –; comunque non aggiungo altro per non spoilerare, chi sa sa, chi non sa amen. spero che se siete in pari coi capitoli sarete d'accordo con me.
comunque, ho cercato di mettere in evidenza in questo capitolo il senso di protezione reciproco di cui parlavo poco sopra. in realtà è stato un po' un pretesto per mettere in mezzo il prompt di oggi, argento (che ho nominato parlando della spada di Enji, quindi boh, non so se sia stato sfruttato in maniera debole). in compenso ci è anche uscita fuori una scena più tranquilla, per cui forse non è tutto da buttare.
dal finale, però, si intuisce che c'è poco da rilassarsi. ebbene, ci siamo: domani sarà finalmente ora di postare quel capitolo, e a dire la verità lo attendo da un po'. non credo nemmeno che mi sia venuto in maniera così tremenda
– cioè oddio, non lo so, magari lo rileggo e scopro che è orrendo –, però ho come l'impressione che domani mi troverete qui nell'angolino a lamentarmi parecchio, chissà perché.
vbb per oggi mi taccio che ho già detto troppo. vi ringrazio come al solito per aver letto e vi do appuntamento per i miei scleri a domani :)))
aria

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Capitolo 20
*** Distruzione ***


Nel cuore della notte, un boato assordante aveva riempito l’aria.
Keigo aveva aperto gli occhi di scatto, e gli era sembrato di non trovare lo stesso mondo che aveva lasciato prima di chiuderli.
Qualcosa di grosso stava succedendo. Adesso all’esterno si stava propagando un gran frastuono, accompagnato dal clangore metallico delle spade.
Un vento impetuoso si era abbattuto sulla tenda, spazzandola via. Keigo aveva serrato con forza le palpebre, cercando di proteggere lo sguardo da polveri che gli avrebbero ridotto la visuale.
Aveva sentito la voce di Enji tuonare accanto a sé. «Che diavolo sta succedendo?», aveva imprecato l’uomo, recuperando in fretta la spada che aveva poggiato accanto a sé.
Non c'era stato tempo per rispondere. In un istante, la radura era stata invasa da fiamme altissime, e calde come Keigo non ne aveva mai viste finora.
Fiamme azzurre.
Non si trattava di un potere appartenente a nessuno dei loro alleati del sud, ne era certo. Li aveva visti battersi in passato, e nessuno aveva dato prova di possedere un potere tanto forte.
Un potere così forte da superare anche quello del re.
«Riesci a domarle?», aveva domandato Keigo. Si guardava attorno spostando gli occhi rapidamente, come un animale braccato che cerca la fuga. Era una situazione pessima, alzarsi in volo era un rischio troppo grosso da correre, se le fiamme avessero raggiunto le sue ali mentre era sollevato da terra si sarebbe ritrovato a precipitare, e difficilmente sarebbe riuscito a rimanere in vita.
Attorno a loro era già scoppiato uno scontro serrato. I nemici erano centinaia, e Keigo non aveva la più pallida idea di come fossero riusciti ad arrivare fin lì senza che nessuno si accorgesse di loro.
Enji aveva steso un braccio di fronte a sé, ma presto un’espressione furiosa era spuntata sul suo volto. «No!», aveva risposto, quasi ruggendo per la rabbia. «Non riesco a capire come…»
Non era riuscito a finire la frase. Qualcosa – qualcuno – si era avventato su di lui rapido come una saetta. Il re aveva appena fatto in tempo a sfoderare la spada, parandosi dall’assalto, salvo però vederla liquefarsi sotto a delle fiamme blu, di una potenza e un calore inaudite. Enji aveva ringhiato, evocando le proprie fiamme e lasciando che gli avvolgessero l’intero braccio, tuttavia anche così era difficile respingere quell’attacco.
«E così tu saresti il famoso re?»
Enji si era ritrovato ad osservare il suo assalitore con espressione allibita. Chi diavolo era quel tipo?
Non aveva mai conosciuto un individuo così potente. Non gli era mai giunta voce di qualcuno in grado di generare fiamme così calde da raggiungere una colorazione bluastra, nel suo regno, ed era impossibile che provenisse da un altro luogo, perché le fiamme erano dominio dei soli abitanti delle terre del sud. Eppure quel tipo era riuscito a sciogliere la sua spada, e questo era assurdo, perché era stata forgiata in maniera apposita, nelle fucine del sud, affinché potesse sopportare anche le temperature più estreme senza subire alcun danno.
Il suo assalitore ghignava, con espressione folle. I suoi occhi scintillavano, ed erano della stessa tonalità delle sue fiamme. Ciuffi indomabili di capelli neri gli ricadevano scomposti sul volto, mentre in diversi punti in cui i vestiti ampi e scuri lasciavano intravedere la pelle il re aveva notato segni evidenti di gravi ustioni.
«Si può sapere chi sei?», aveva domandato Enji, faticando a respingere l’impeto dell’assalto.
Il misterioso sconosciuto, che all’apparenza aveva un aspetto giovane, dimostrando circa una ventina d’anni, aveva evocato le proprie fiamme con maggiore intensità, come a volersi prendere ancor più gioco del re. «Se proprio ti serve un nome, allora puoi chiamarmi Dabi», aveva dichiarato.
Enji era riuscito a malapena a scacciarlo indietro. Il ragazzo non sembrava per nulla in difficoltà.
Keigo, nel frattempo, era rimasto a osservare la scena con aria sbigottita. Il suo re non riusciva a respingere un nemico? Davvero quell’individuo era così forte?
Doveva riflettere. C’era un corso d’acqua nelle vicinanze, se fossero riusciti a spingere quel tipo fin lì forse avrebbero avuto qualche possibilità di salvezza. Il problema era che, tutto intorno a loro, era scoppiata una battaglia: non c’era un singolo soldato che non fosse impegnato a combattere con qualcuno, in quel momento. Keigo aveva sentito, nel fitto del bosco, un ruggito mostruoso, stridente, seguito da tonfi sordi e forti spostamenti d’aria. La sua mente li aveva collegati subito a Ryuko: i soldati nemici dovevano forse star cercando di arrampicarsi su per il suo corpo nella forma di drago, e lei probabilmente provava a scrollarseli di dosso.
«Enji!» Keigo aveva gridato sopra al fragore delle fiamme, cercando di farsi sentire. Doveva assolutamente metterlo al corrente dell’idea che aveva avuto, che spostarsi verso il torrente poteva essere una buona idea, che se invece fossero rimasti lì in mezzo al bosco non avrebbero fatto altro che peggiorare la loro situazione, perché il terreno era ricoperto di aghi e fogliame secco che s’infiammava con una facilità disarmante, e se davvero neppure Enji poteva controllare quelle fiamme blu allora non muoversi avrebbe potuto anche portarli a soccombere.
Purtroppo, per quanto la sua voce avesse richiamato l’attenzione del re, aveva fatto lo stesso anche con il loro nemico. Dabi aveva ghignato, e Keigo si era reso conto di aver commesso una leggerezza tremenda, e forse lasciato scoperto un fianco di Enji.
Chi mai avrebbe chiamato per nome il proprio re?
Gli occhi azzurri di Dabi, adesso, erano puntati soltanto su di lui.
Keigo non capiva. Da dove era uscito fuori quel tizio? Perché era così potente? Come diavolo era possibile che nessuno di loro, in tutti quegli anni, avesse mai sentito parlare di qualcuno tanto potente? Che fosse cresciuto al sud, Keigo lo escludeva categoricamente: in tutti gli anni in cui aveva lavorato a corte, non era mai venuto a conoscenza dell’esistenza di un individuo tanto potente. Se fosse vissuto nelle terre governate da Enji, di sicuro non sarebbe sfuggito alle sue conoscenze. Ma com’era possibile che qualcuno che controllava il fuoco, peraltro in una maniera tanto impetuosa, fosse riuscito a sopravvivere lontano dal sud?
Il ragazzo aveva steso una mano in avanti. Doveva aver capito che tra il re e quel maldestro servitore alato esisteva un profondo legame. Enji aveva compreso con orrore le sue intenzioni, tuttavia non era riuscito a fare nulla per fermare la mossa successiva dell’avversario.
«Tu non mi servi, uccellino», aveva tagliato corto, perentorio.
Dalla sua mano si era sprigionata una fiamma dalla potenza inaudita. Aveva preso a correre, propagandosi sul terreno in direzione di Keigo. Il ragazzo non aveva potuto far altro che vederla arrivare, perché schivarla sarebbe stato impossibile.
«No!», aveva sentito gridare Enji, sopra al clamore della folla.
Si era aspettato che le fiamme lo avrebbero avvolto, riducendolo in cenere. Invece, il loro unico intento sembrava quello di spingerlo via, lontano da lì. Forse voleva combattere contro il re senza avere nessuno intorno a disturbare.
Keigo si era ritrovato a rotolare a terra. D’improvviso non riusciva più a capire cosa fosse il sopra, e cosa il sotto: davanti ai suoi occhi, gli aghi degli abeti si confondevano col terriccio del suolo e col cielo buio della notte, che ora era stato invaso da nuvole scure di fumo che saliva dalle fiamme blu, che bruciavano ogni cosa incontrassero sul loro cammino.
I cavalieri erano troppo impegnati a combattere per accorgersi di lui. Keigo vedeva i loro schinieri scintillare nella notte, così vicini alla sua faccia, e subito dopo già tremendamente lontani.
Doveva aver battuto contro un grosso sasso a terra, perché mentre rotolava aveva avvertito un dolore atroce propagarsi dal suo fianco sinistro. Aveva chiuso gli occhi, imprecando tra i denti. Le ali, per di più, non sembravano essere messe meglio: alcune fiamme le avevano raggiunte, bruciando almeno la metà delle piume. Rotolando, s’era riempito di terriccio, che le appesantiva impedendogli anche i movimenti più semplici che gli avrebbero permesso di fermarsi.
Così aveva continuato a rotolare, anche quando il terreno si era piegato in una brusca discesa. Si sentiva inutile, sarebbe dovuto essere a proteggere il suo re, invece era lì, a rotolare in maniera pietosa. Aveva cercato di ancorarsi al suolo per fermarsi, ma il terriccio era troppo umido, e aveva finito solo per trovarsene una grossa quantità sotto le unghie. Peraltro, perdeva di continuo il contatto col terreno, finendo a fissare ora il cielo ora gli alberi, ruzzolando sempre più velocemente.
Aveva intravisto a malapena il fiume sotto di sé. Prima che potesse rendersene conto, l’acqua l’aveva avvolto, cercando di farsi strada verso i suoi polmoni.





notes
oggi metto l'avvertimento *SPOILER* per paranoia.
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CARBONELL
aehm, buonasera gente!
finalmente è arrivato il capitolo 20, e con lui anche un po' di azione. come potete vedere, l'ennesimo genere che non so scrivere
okay, in realtà quando stavo lavorando alla storia pensavo di essermela cavata meglio, invece a rileggere ora mi pare tutto raffazzonato--
ciao, Dabi. suppongo che trovarti in questa storia fosse inevitabile.
chiariamoci, nutro dei sentimenti contrastanti nei suoi confronti. sì, la conosco la sua storia, posso anche dargli ragione, temo però che il mio vero problema sia il fatto che, nonostante tutto, continua a non convincermi al 100%. temo di non poterci fare niente, alla fine è una questione di gusti personali.
e sì, sono stata più gentile di horikoshi, ho fatto bruciare solo metà delle piume di Hawks, non tutte. mi mancano le sue alucce, rip.
il prompt di oggi era sottosopra, e all'inizio ero terrorizzata al pensiero di non averlo centrato minimamente, poi mi sono dilungata un po' nella descrizione di Keigo che rotola giù dal pendio e mi sono più o meno tranquillizzata.
tra l'altro sì, Keigo, sei un clown, perché oltre a rotolare malamente giù per una collina ti sei fatto beccare da un nemico e con una facilità disarmante. complimenti.
comunque niente, STA ANDANDO TUTTO MALEE, STA ANDANDO TUTTO MALEE, STA ANDANDO TUTTO MALEE

non ho altro da aggiungere oggi, vorrei passare in gran volata ai capitoli successivi per ovvie ragioni. in realtà una cosa da dire ci sarebbe, ma magari la approfondiamo andando avanti con la storia.
spero che gli sviluppi vi siano piaciuti, vi do appuntamento a domani!
aria

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Capitolo 21
*** Trattieni il fiato ***


Non riusciva a respirare.
A Keigo mancava l’aria, e la sentiva sostituirsi in fretta con l’acqua. Aveva cercato di agitarsi convulsamente, senza tuttavia avere la minima idea dell’esito che potessero avere i suoi sforzi, visto che non riusciva ancora a riaprire gli occhi.
Dimenandosi, aveva cominciato a dibattere con foga braccia e gambe, provando a indirizzare il proprio corpo verso quella che gli pareva essere la superficie. Non gli era stato chiaro come ce l'avesse fatta, anche perché ora l’acqua inzuppava i suoi vestiti, appesantendoli e rendendogli così il corpo più facile da trascinare verso il fondo, tuttavia era riuscito a riemergere.
Tornato a galla, ansimava affannosamente. Si era portato una mano agli occhi, cercando di ripulirsi la visuale, e aveva provato a farsi un’idea.
Da quel punto, poteva vedere tutta la radura. Il bosco sembrava sul punto di bruciare interamente. I nemici erano tanti, ma il numero doveva essere inferiore all’esercito reale e ai suoi alleati. Ciononostante, stavano per sopraffarli, avendo giocato a loro vantaggio il fatto di averli colti di sorpresa. Keigo non riusciva ancora a spiegarsi come fosse stato possibile, forse conoscevano quel territorio meglio di loro, tuttavia quella non era la sua preoccupazione principale, al momento.
Dovevano trovare un modo per andarsene di lì. Se neppure Enji era in grado di controllare quelle fiamme, allora non c’era davvero nulla che potessero fare. Dovevano battere in ritirata, se non volevano finire tutti carbonizzati.
Keigo aveva cominciato subito a nuotare verso la riva. Il fiume era percorso da correnti assai impetuose, tuttavia doveva cercare di raggiungere nuovamente la terraferma, non poteva certo rimanere lì in eterno.
Gli era balenato per la mente il pensiero che, forse, Dabi era già riuscito a sopraffare Enji. Un brivido gelato gli era corso lungo la schiena. Aveva cominciato a muoversi più velocemente, ansimando mentre agitava braccia e gambe con una gran foga.
Non poteva permetterlo.
Arrivato a riva, dalla sua gola erano sgorgati dei colpi di tosse febbrili. Il suo corpo si era accasciato mollemente al suolo, percorso da fremiti.
Anche lì, la battaglia infuriava. Gli alleati della corona sembravano essere piuttosto in difficoltà, mentre i nemici li attaccavano da ogni parte. Keigo aveva intravisto una ragazza bionda, dall’aspetto assai giovane, lanciare dei pugnali in direzione di un cavaliere avvolto dall’armatura. Nonostante l’imponente protezione, l’uomo sembrava essere alquanto in difficoltà, poiché la ragazza era a differenza sua libera da quella corazza pesante, per cui i suoi movimenti erano più agili e veloci, così da non dare tregua all’altro con quel ritmo incalzante.
Così non andava. Keigo doveva trovare una soluzione.
Anzitutto, doveva raggiungere nuovamente Enji. Aveva bisogno di rallentare in qualche modo l’assalto di Dabi, sempre augurandosi che il re stesse ancora riuscendo a tenergli testa, così da permettere a Enji di ordinare la ritirata.
Gli serviva un diversivo. E, forse, sapeva chi poteva fornirglielo.
Keigo avevano lasciato vagare lo sguardo nello spazio circostante. Quando aveva intravisto la figura della persona che stava cercando, aveva sentito un sollievo immenso invadergli il petto.
Shoto era lì, poco distante da lui. Alcuni nemici stavano cercando di avvicinarsi al principe, ma lui li aveva fermati all’istante, generando da terra uno spesso blocco di ghiaccio che li aveva avvolti, arrestando i loro movimenti. A ben guardare, non sembrava essere affatto in difficoltà. Shoto aveva espirato, e una piccola nuvoletta d’aria fredda era fluttuata a mezz’aria accanto a lui.
Il sollievo nel vedere il giovane principe sano e salvo aveva fatto comparire un sorriso sul volto di Keigo. Quel ragazzo era incredibile, non c’era dubbio.
«Vostra grazia!», lo aveva chiamato, cercando di attirare la sua attenzione.
Shoto gli aveva rivolto uno sguardo dubbioso. Sembrava sorpreso di vederlo lì.
Keigo si era alzato in fretta da terra. Prima di avvicinarsi al ragazzo, aveva recuperato un arco. Accanto alla riva del fiume, infatti, giaceva il corpo morto di un soldato, all’apparenza uno dei loro alleati dell’est. Tornare tra i nemici più agguerriti praticamente disarmato, dal momento che buona parte delle sue piume erano finite carbonizzate, non gli era sembrata una scelta molto oculata. Aveva recuperato anche la faretra, sfilandola dalla schiena di quel corpo inerte. Non faceva i salti di gioia al pensiero di toccare un cadavere, ma erano in guerra, non poteva certo aspettarsi una passeggiata di piacere.
Di morti, per la verità, ce n’erano diversi, lungo il fiume, sia di alleati della corona che di nemici. La vera carneficina, tuttavia, doveva essere all’interno del bosco, dove si trovava Dabi e dove, evidentemente, quest’ultimo stava concentrando tutte le sue forze.
Indirizzando ciascuna di esse contro Enji, ovviamente.
Keigo aveva trattenuto un ringhio tra i denti, avvicinandosi a Shoto. Era furioso, e il dolore al fianco non gli dava tregua, ma in un momento come quello non poteva permettersi di distrarsi.
«Da dove sono sbucati fuori? Com’è possibile che siano così forti?», aveva domandato il principe, afferrando Keigo al volo e sorreggendolo una volta che l’aveva raggiunto. Il consigliere di corte era in pessime condizioni: metà delle sue ali erano carbonizzate, e appariva piuttosto dolorante, oltre che ricoperto di terra. Shoto l’aveva visto precipitare giù da un pendio, e ipotizzava che avesse urtato col corpo contro qualcosa di duro.
«Non ne ho idea, ma c’è qualcosa che mi preoccupa ben più di questo!», aveva tagliato corto Keigo. «Vostro padre è rimasto bloccato all’interno della foresta, e al momento sta affrontando uno dei nemici più forti.»
Sul volto del principe era apparsa un’espressione ancor più preoccupata. «Non vorrai correre in suo soccorso in queste condizioni…», aveva mormorato, incredulo.
«E cosa dovrei fare, lasciarlo là a morire? Non se ne parla, è fuori discussione!», aveva replicato immediatamente Keigo. «Vede quelle fiamme blu? Sono del nemico che sta attaccando vostro padre! Il re ha tentato di domarle, ma sono così forti da sfuggire perfino al suo controllo.»
Shoto l’aveva fissato, sconvolto. Com’era possibile che qualcuno sapesse generare delle fiamme più potenti di quelle di suo padre? Chi era? Perché non ne aveva mai sentito parlare prima? Di sicuro non proveniva dal sud, perché altrimenti ne sarebbero stati al corrente, ma allora come…?
«Posso provare a evocare ghiaccio e fuoco contemporaneamente!», aveva proposto Shoto. «Forse così le fiamme si…»
«Non è questo quello che ci serve!», l’aveva interrotto Keigo. «Dobbiamo riuscire a raggiungere vostro padre. Una volta lì, dovrete bloccare l’attacco del nemico che sta assalendo il re con il vostro ghiaccio. Questo ci permetterà di guadagnare del tempo perché l’altro, sciogliendolo con il fuoco, lo tramuterà in acqua, che inumidirà il terreno, rendendolo inadatto a infiammarsi. Allora vostro padre potrà ordinare la ritirata all’esercito, così da lasciarci questo bosco alle spalle il più velocemente possibile!»
Shoto aveva fissato Keigo, colmo di perplessità. La sua era una buona strategia, tuttavia c’era una criticità che gli balzava davanti agli occhi in maniera evidente.
«Il piano potrebbe funzionare», aveva concesso. «Tuttavia il numero delle probabili vittime…»
«Non m’importa!» Il corpo di Keigo era stato scosso da alcuni violenti colpi di tosse, e Shoto lo aveva sostenuto agilmente. «Come primo cavaliere della guardia reale, la mia priorità è quella di estrarre da qui il re e suo figlio sani e salvi! Per il resto, se avete un piano migliore del mio, prego, sono aperto a suggerimenti!»
Shoto si era morso un labbro, nervosamente. No, non ce l’aveva un’idea migliore. Possibile allora che buona parte dei loro alleati lì presenti non avessero scampo…?
Prima che potesse accorgersene, un nemico aveva cercato di avvicinarsi a loro. Keigo aveva estratto in fretta una freccia dalla faretra, incoccandola e scagliandola dritta nella sua direzione. L’uomo, privo di armatura, era stato colpito in pieno petto, per poi cadere a terra, esanime.
«Dobbiamo muoverci!», l’aveva incalzato Keigo. «Evocate ghiaccio e fuoco assieme, create dell’acqua e indirizzatela contro le fiamme, così riusciremo a farci strada fin nella radura!»
Shoto aveva sentito i propri respiri accelerare, tuttavia sapeva che, oltre quella proposta da Keigo, non sembravano esserci altre soluzioni. Così, aveva puntato entrambe le mani davanti a sé, evocando fiamme rubizze dalla sinistra e ghiaccio dalla destra. I due elementi si congiungevano in un punto poco distante, davanti a sé, creando un getto d’acqua pura che, colpendo le fiamme blu, le spegneva istantaneamente.
Il principe non poteva evocare a lungo entrambi i propri poteri, Keigo lo sapeva bene. Anche quello era uno degli aspetti che aveva tenuto in considerazione nel momento in cui aveva elaborato quella strategia. Adesso, però, il loro obiettivo doveva essere quello di trarre il re in salvo da lì. Shoto aveva cominciato a risalire lungo il pendio da cui, poco prima, Keigo era finito per ruzzolare, trascinando con sé il corpo indebolito dell’altro ragazzo. Quando qualche nemico faceva per avvicinarsi a loro, Keigo gli scoccava prontamente contro una freccia, e se poteva Shoto incendiava o ricopriva di ghiaccio queste ultime, per renderle letali. Procedendo così, erano riusciti a falciare almeno una dozzina di uomini. A frecce ultimate, Keigo aveva imprecato tra i denti, ordinando a una delle sue piume di volargli in mano e difendendo il principe e se stesso brandendola come una spada. Nel mentre, il numero di soldati nemici che aveva annientato era aumentato, arrivando circa a venti.
Arrivati finalmente nella radura, sia Shoto che Keigo avevano avuto la percezione di ritrovarsi davanti a una carneficina. A terra, infatti, giacevano decine, forse centinaia, di corpi morti, sia tra i loro alleati che tra i nemici.
Enji era ancora in piedi, e la lotta tra lui e Dabi stava continuando. Lingue di fuoco rosse e blu danzavano in ogni direzione, ma se il re appariva alquanto affaticato, il suo avversario continuava a muoversi rapidamente, schivando gli attacchi nascondendosi prima dietro a un albero e poi a un altro, ghignando nel mentre con sadismo.
Probabilmente avrebbe potuto continuare a combattere in quel modo ancora per molto. Enji, invece, sembrava sul punto di ricevere il colpo di grazia.
Non c’era più tempo.
«Ora!», aveva ordinato Keigo, perentorio.
Shoto si era limitato a eseguire il suo ordine. Dalla mano destra aveva evocato una quantità di ghiaccio immane, che aveva letteralmente spaccato a metà la radura. Alcune punte del blocco arrivavano fino alla cima degli alberi più alti nelle vicinanze, e il re era stato separato in maniera netta dal suo avversario.
Enji si era voltato nella loro direzione. In un primo momento era apparso sollevato nel vederli sani e salvi, ben presto tuttavia si era reso conto delle condizioni preoccupanti in cui versava Keigo, e un espressione di puro terrore si era dipinta sul suo volto. Il ragazzo, però, l’aveva fissato intensamente, nei suoi grandi occhi dorati sembrava galleggiare la disperazione che aveva visto disseminata in tutto il bosco.
Come Enji aveva sospettato, non sarebbero mai riusciti a sopraffare i nemici. A quel punto, restava una sola cosa da fare.
«Ritirata! Fuggite, via di qui!», aveva urlato, la voce che si era propagata con un’eco potente attraverso tutto il bosco.





notes

oggi solo disperazione, perché non lo so se ho combinato qualche casino coi verbi e non riesco a capirlo. che fatica.
togliamoci subito l'altra nota dolente, ossia il prompt. l'arco a esserci c'è, il problema è che come al solito temo di averne fatto un uso troppo debole. si vede in due occasioni, quando Keigo lo prende e successivamente mentre lo usa, però effettivamente oltre al fatto che se ne serve ben poco non sono comunque convinta in generale al 100% della resa che ne ho fatto qui. vorrei consolarmi dicendo che alla fine mi sono complicata la vita da sola (no, aspetta, questo non mi sta consolando affatto) scegliendo di scrivere una long strutturata anziché una storia (drabble/flash/os) per ogni prompt, così da mettere in maggior risalto questi ultimi, perché alla fine ci sta che invece nel mio caso ci sia una trama da mandare avanti etc. vbb, il lato positivo è che per esempio nel capitolo di domani il prompt è già più centrale, eheh.
abbiamo avuto altre interazioni tra Keigo e Shoto, e qui li abbiamo visti più seri, data l'ambientazione concitata della battaglia. devo dire che una parte che invece mi ha dato più soddisfazione scrivere è stata quella in cui c'è Keigo che cerca di non annegare, credo che la resa lì mi sia venuta in maniera migliore.
comunque sì, a Hawks frega solo di tirar fuori Enji da lì, rip.
il piano che viene ideato da Keigo per raggiungere di nuovo la radura è molto arronzato, non so nemmeno se in linea teorica potrebbe funzionare o meno. e ancora più insicurezze ho sul fatto di Shoto che usa ghiaccio e fuoco contemporaneamente, perché già mentre scrivevo ho avuto questo lapsus della serie "ma sa farlo? l'ha già fatto in passato?". ho provato a dare un'occhiata nel manga oggi per vedere se riuscivo a trovare qualcosa ma non mi sembra di aver visto nulla (sto correndo mentre edito, tra l'altro sto già in ritardo rip), quindi facciamo che qui sa farlo. tra l'altro la giustificazione/salvagente che mi sono data è "riesce a farlo solo per breve tempo". lasciamo perdere.
per quanto riguarda il capitolo di domani ho da dire solo che se vi aspettate che l'azione sia finita qui vi sbagliate di grosso. e mi dispiace un sacco, visto che, come avrete potuto appurare anche voi in questi giorni, non me la cavo affatto bene a trattare tale genere, ma ehi, questo passa il convento.
come al solito ringrazio chiunque stia seguendo la storia, anche perché adesso mancano solo dieci giorni, siamo decisamente a buon punto!
a domani :3
aria

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Capitolo 22
*** Via di fuga ***


Andarsene dalla radura non sembrava affatto semplice.
I nemici li avevano circondati completamente, e quelle immense fiamme blu sembravano avere tutte le intenzioni di sbarrare loro la strada.
Approfittando del diversivo creato da suo figlio, Enji era scattato di lato, avvicinandosi alla coppia che aveva visto raggiungere il bosco arrancando.
Shoto sembrava tutto sommato in forze, e fortunatamente non vedeva ferite sul suo corpo. Keigo, al contrario, aveva un aspetto dolorante, i vestiti madidi d’acqua e buona parte delle sue piume erano andate perdute.
«Stai bene?», aveva domandato, raggiungendo i due ragazzi.
Keigo aveva barcollato. Poco prima Shoto aveva allentato appena la presa sul suo corpo, e ora si era ritrovato a perdere l’equilibrio. Stava per cadere al suolo, ma il re l’aveva afferrato prontamente, cingendogli la vita con un braccio.
«N-non sono nelle condizioni di volare», aveva ammesso, sentendosi profondamente deluso da se stesso.
«Non fa niente», l’aveva rassicurato il re. «Hanno tagliato le redini ai cavalli, ma per fortuna dopo il terrore iniziale alcuni di loro non sono scappati. Ne recuperiamo due, io posso portarti con me.»
Keigo aveva annuito debolmente. Shoto, nel frattempo, era riuscito a domare due destrieri, distribuendo numerose carezze sui loro musi.
Quel ragazzo era davvero incredibile. Aveva da sempre avuto un talento naturale con quegli animali.
«Presto, muoviamoci!», aveva sollecitato gli altri due uomini con sé.
Il principe era montato agilmente in groppa al cavallo, imitato dal padre. Enji aveva aiutato Keigo a salire, permettendogli di stringersi a lui.
Avevano spronato i cavalli, che subito erano schizzati rapidi in avanti.
Nel frattempo, però, le fiamme blu di Dabi avevano sciolto il ghiaccio, e subito il nemico s’era messo alle loro calcagna.
Mentre i cavalli si lasciavano in fretta la strada alle spalle, Keigo aveva cercato di gettare un’occhiata dietro di sé. Fortunatamente, molti dei loro alleati erano riusciti a mettersi in salvo, compresa Ryuko, che volava sopra alle loro teste. Con l’allontanamento del nemico più potente dal campo di battaglia, aveva senso che molti di loro fossero riusciti a prendere la fuga. Quelli che non c’erano riusciti, però, dovevano essere rimasti nel bosco, e forse erano stati divorati dalle fiamme.
Quel pensiero aveva provocato una stretta nelle viscere di Keigo. Il ragazzo si era stretto istintivamente al petto del suo re, cercandovi protezione. Enji doveva essersene accorto, perché mentre spronava l’animale a galoppare più in fretta aveva passato velocemente una mano tra i capelli dorati del ragazzo, cercando di rassicurarlo.
Mentre correvano, però, alcuni boati li avevano raggiunti alle spalle.
Keigo, Enji e Shoto si erano voltati, constatando con orrore che Dabi li stava inseguendo, spingendosi in avanti con le sue fiamme.
«Perché non riusciamo a seminarlo?», aveva domandato Shoto. Il principe aveva lanciato del ghiaccio, che tuttavia il loro nemico aveva schivato abilmente.
Enji aveva trattenuto un ruggito basso tra i denti. «Non lo so!», aveva ammesso, senza nascondere la sua frustrazione. Poco dopo aveva allungato una mano nella direzione di Dabi, preparandosi ad attaccarlo con il proprio potere.
«Non usate le fiamme, o andrà di nuovo tutto a fuoco!», li aveva redarguiti Keigo, con le poche forze che gli rimanevano.
Il re e il principe lo avevano fissati sbigottiti. In effetti era una conseguenza logica, ci sarebbero potuti arrivare perfettamente da soli, eppure ancora una volta si erano ritrovati costretti a constatare la sagacia del ragazzo.
Shoto aveva imprecato tra i denti. Non poteva alzare una barriera di ghiaccio come quella di poco prima, perché così facendo avrebbe ostacolato anche la ritirata dei loro alleati. Per di più, quando utilizzava troppo a lungo i suoi poteri finiva per indebolirsi progressivamente.
Anche Enji sembrava nella stessa situazione. Sentiva i polmoni in fiamme, gli mancava il respiro.
Keigo si era preso la testa tra le mani, cercando di pensare in fretta. L’ideale sarebbe stato sbarrare la strada ai nemici quando tutti gli alleati fossero passati, così da mettere quanto più terreno possibile tra loro e gli altri nel mentre, ma come…?
Il ragazzo aveva preso le redini dalle mani del re, costringendo il cavallo a una deviazione improvvisa verso ovest. Shoto, poco distante da loro, era sembrato spiazzato da quella mossa quanto i loro nemici, tuttavia aveva imitato in fretta la direzione del cavallo del padre, seguendolo.
Enji, nel frattempo, sembrava in disappunto sulla strategia di Keigo. «Che stai facendo?», aveva domandato, urlando per farsi sentire sopra al ruggito del fuoco e del vento. «Il castello reale è a sud, non…»
«E tu li vuoi mandare esattamente nella direzione da cui cercavamo di respingerli?», aveva replicato Keigo. «Stanno seguendo noi, non proseguiranno verso il castello. Conosco queste zone, ho studiato attentamente le mappe mentre eravamo in viaggio, e mi è venuto in mente un modo per liberarci di loro!»
Enji l’aveva osservato attentamente, pieno di preoccupazione. Aveva posato una mano sul fianco sinistro del ragazzo, e il suo volto era stato nuovamente deformato dalla paura quando aveva avvertito le proprie dita macchiarsi con una copiosa quantità di sangue.
«Keigo…», aveva mormorato, terrorizzato.
«Devi fidarti di me!», aveva insistito il ragazzo.
Si era voltato a osservare il suo re. Aveva visto la preoccupazione in quelle iridi cerulee, ma Enji aveva intercettato in quegli occhi dorati che amava solo una cieca determinazione.
E Keigo era stato certo che non avrebbe obiettato oltre.
Il ragazzo era tornato a guardare davanti a sé. Aveva entrambe le gambe su un solo fianco del cavallo, ma sentiva Enji alle sue spalle spronarlo.
«Shoto!», aveva chiamato Keigo, rivolgendosi al principe.
Voltandosi, l’aveva trovato alle proprie spalle, poco distante da loro.
«Poco lontano da qui c’è un grosso strapiombo», aveva annunciato. «Quando arriviamo lì, evoca una lastra di ghiaccio che ci accompagni nella discesa, e scioglila subito dopo, così che non possa seguirci!»
Il principe e il re lo avevano fissato con sgomento.
«Vuoi che ci buttiamo giù per un precipizio?», aveva domandato Enji, sbigottito.
«E i nostri alleati?», aveva insistito Shoto. «Non possiamo lasciarli a morire‒»
«Hanno continuato verso sud!», aveva fatto notare loro Keigo. «Quando abbiamo deviato eravamo troppo staccati da loro, per cui non se ne sono accorti e hanno proseguito lungo il sentiero che avevamo stabilito! Per favore, fidatevi di me! Sto solo cercando di salvarvi!»
Era vero. Quella deviazione avrebbe concesso ai loro alleati di guadagnare terreno, perché finché Dabi fosse stato impegnato a inseguirli avrebbero avuto il tempo necessario per allontanarsi e mettersi in salvo verso sud. Loro, nel frattempo, dovevano essere abbastanza fortunati da seminarlo una volta per tutte, così, quando sarebbe tornato indietro sulle tracce dell’esercito reale, non avrebbe più trovato nessuno da sterminare.
Era folle, ma era l’unico piano che gli era venuto in mente. Non aveva la più pallida idea se avrebbe funzionato o meno, ma al punto in cui erano non avevano altra scelta che provarci e basta.
Il re e il principe continuavano a fissarlo, pieni di incertezze. In effetti non c’era nulla di convenzionale nel comportamento di Keigo, né nel piano che aveva ideato e né tantomeno nel modo in cui si era rivolto al re e al principe, abbandonando per la prima volta le formalità con quest’ultimo.
Tuttavia erano in una situazione disperata, e in quel momento non c’erano altre soluzioni.
Non avevano altra scelta.
In lontananza, vedevano già gli alberi diradarsi. La strada sembrava interrompersi in maniera improvvisa, lasciando il posto al cielo notturno, come se lì il mondo terminasse, e chi l’aveva creato avesse dimenticato di aggiungere un pezzo.
Keigo aveva cavalcato in quell’esatta direzione, seguito a poca distanza da Shoto. Il cavallo, trovandosi in prossimità di un dirupo, aveva fatto per fermarsi, ma Keigo aveva sentito Enji alle proprie spalle spronarlo, e l’animale a quel punto si era buttato comunque in avanti.
La sensazione di cadere nel vuoto era stata terribile. Erano tremendamente in alto, e la vertigine li aveva accompagnati assieme al vento e a un nodo allo stomaco per i primi istanti. Sentire la terra mancare sotto ai piedi era tremendo, come accorgersi di non avere più certezze.
Poi, gli zoccoli dei cavalli si erano ritrovati a scivolare su qualcosa di duro e freddo. Non appena si lasciavano un pezzo di ghiaccio alle spalle, le fiamme lo divoravano subito, sciogliendolo.
Quando avevano toccato il suolo incolumi, Keigo era stato il primo a esserne sorpreso. Enji aveva spronato subito il cavallo a ripartire in avanti, intenzionato a mettere quanta più distanza possibile tra loro e Dabi.
Quest’ultimo, era rimasto sulla cima del dirupo, a osservarli mentre si allontanava. Keigo non era certo del perché lo avesse fatto, aveva l’impressione che, se avesse voluto, avrebbe potuto continuare a inseguirli, proteggendosi dall’impatto in caduta con le sue fiamme. Forse non voleva farlo, oppure, semplicemente, non poteva.
I cavalli avevano galoppato ancora a lungo, immergendosi sempre di più in un territorio privo di vegetazione, ma ricco di canyon e rocce rossastre. Solo quando erano stati certi di aver messo tra loro e il nemico una distanza sufficiente, avevano permesso ai destrieri di rallentare.
Shoto era crollato sulla groppa del suo cavallo, esausto.





notes

mi dovete far editare quando ho fame, noto decisamente di più gli errori. non sono convinta della correttezza solo in un punto, ma penso di non aver fatto neppure un lavoro così tremendo, dai.
in realtà, devo dire che il capitolo mi pare pure venuto meglio rispetto a quello di ieri da un punto di vista di tempistiche narrative. e, come avevo preannunciato, il prompt qui è decisamente più centrato, perché la fuga è il fulcro della vicenda.
i nostri beniamini, tra l'altro, riescono a mettersi in salvo, però chissà se i problemi saranno finiti qui per loro o meno.
mi sono dimenticata di dirvi che, ieri, avevo inserito un piccolo cameo. lo avete rintracciato?
altra bella notizia: ieri potrei aver buttato giù una one shot. ora non so quando postarla, perché il giorno perfetto sarebbe il 31 ottobre, ma devo già mettere l'epilogo di questa long. vbb dai guardiamo il lato positivo, questi due continuano a ispirarmi.
come sempre ringrazio chi sta seguendo, e spero che gli aggiornamenti non vi stiano deludendo. manca sempre meno alla conclusione, uhuh ~
ci vediamo domani!
aria

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Capitolo 23
*** Non è ancora finita ***


All’improvviso era diventato tutto buio.
Keigo era sicuro di essere da solo, perché non vedeva più né il re né il principe accanto a sé.
Si trovava su una collinetta brulla, arida, e guardandosi attorno non riusciva a vedere alcunché. In lontananza, udiva un gracchiare roco di corvi.
Quell’atmosfera non aveva niente di pacato. In ginocchio a terra, gli unici colori che distingueva erano il rosso della sabbia e il nero del cielo.
Non prometteva niente di buono.
Poi, qualcosa sembrava essere cambiato. Nubi torve avevano cominciato a vorticare con impeto nel cielo. L’aria si era fatta gelida, Keigo si era stretto le braccia al corpo per ripararsi dal freddo.
Davanti a lui era comparsa la figura di Dabi. Il ragazzo aveva ghignato, stendendo una mano in direzione di Keigo, proprio come nel bosco.
Keigo aveva cercato di urlare, ma dalle sue labbra non era uscito alcun suono.


«Puoi creare altro ghiaccio?»
Enji si sentiva un immenso egoista per quella richiesta. Dopo che Keigo aveva perso i sensi, lui e Shoto avevano cercato in fretta un riparo per la notte, così da potersi occupare di lui. Si erano rifugiati all’interno di una caverna, grati di aver trovato un’insenatura naturale tra quei canyon altissimi.
«Sono esausto», aveva ammesso il ragazzo. «Però per Keigo posso farlo. Dopotutto, non saremmo vivi se non fosse stato per lui.»
Suo figlio aveva ragione. Dopo che erano fuggiti, il suo aiuto gli era stato fondamentale.
Si era domandato se sarebbe riuscito a medicare Keigo, senza di lui.
Shoto gli aveva passato il pezzo di ghiaccio. «Bene, ora a scioglierlo posso pensarci io…», aveva commentato. Le mani gli tremavano tantissimo. Vedeva Keigo agitarsi sotto di sé, in preda alla febbre, e sentiva tutta la sua solita sicurezza andare in frantumi. Non si era mai sentito così vicino a perderlo come dopo quella notte…
«Papà, lascia fare a me», aveva replicato poco dopo Shoto. «C’è mancato poco che morissi, la scorsa notte. Forse dovresti riposarti…»
Keigo aveva aperto gli occhi, gridando. Sentiva gli ultimi brandelli di quel sogno strapparsi e abbandonare il suo corpo, tuttavia non riusciva ancora a stare tranquillo.
Era come se tutto il suo corpo stesse andando in fiamme. La testa gli vorticava, avvertiva la pelle madida di sudore. Aveva cercato di tirarsi a sedere, ma gli erano mancate le forze.
Svegliandosi, aveva udito le voci di Enji e Shoto parlare, ma le ricordava ovattate, come un ricordo distante, e non era riuscito a captare nemmeno una parola del loro scambio di parole.
«T-tornerà…!», aveva annaspato, tremando forte.
Enji gli aveva circondato il corpo con le braccia, facendolo rimanere disteso a terra. Intanto, Shoto aveva cominciato a far sciogliere il ghiaccio, avvicinandolo alle labbra del ragazzo.
«Shh, lo so.» Il re gli aveva accarezzato la fronte. «Non agitarti. Ti ho chiuso la ferita sul fianco col fuoco appena ci siamo fermati, ma ti è salita la febbre. Se ti muovi così finirai per farla alzare ancora di più, o per riaprire il taglio e farlo sanguinare di nuovo. Rilassati, va tutto bene, sei qui con noi. Ora devi solo riposarti per rimetterti in forze. Non ho alcuna intenzione di lasciarti morire qui.»
A quelle parole, Keigo era sembrato tranquillizzarsi. Aiutato da Enji, era tornato a distendersi a terra, sulla pietra dura. Non era affatto una sistemazione comoda, sfortunatamente però non avevano potuto trovare di meglio. Coperto dal mantello del re, il ragazzo aveva finito per sprofondare nuovamente nel sonno, mentre il principe gli aveva fatto scivolare dell’acqua fresca in gola per dissetarlo.
Enji gli aveva accarezzato di nuovo la fronte bollente. Era un gesto che aveva continuato a fare per tutto il giorno.
Shoto, nel frattempo, era tornato a sedersi a terra, poggiando la schiena contro la parete rocciosa.
«Un presagio?», aveva domandato il ragazzo, riflettendo sulle parole di Keigo di poco prima.
Enji non aveva idea di che cosa si trattasse. Aveva sentito parlare, in passato, delle sviluppate capacità di veggenza dei popoli dell’ovest, tuttavia non aveva mai sospettato che anche Keigo potesse possederne.
Di sicuro, fin dal primo istante in cui Dabi aveva smesso di inseguirli era stato certo che i conti con lui non fossero affatto risolti. Se davvero lui e i suoi compagni volevano attaccare il regno, lo avrebbero fatto comunque, in un modo o nell’altro. Al momento non riusciva ancora a spiegarsi perché, la scorsa notte, avesse smesso d’inseguirli, tuttavia per ora preferiva occuparsi della salute di Keigo.
«Ha detto una cosa simile, stanotte.»
Nell’udire la voce di Shoto, Enji aveva sollevato lo sguardo in fretta, ricercando gli occhi di suo figlio.
«Quando eravamo nel bosco, ha detto che non aveva intenzione di lasciarti morire», aveva spiegato il principe, giocherellando nervosamente con le proprie dita. «Mi è tornato in mente solo adesso, quando ti ho sentito pronunciare una frase simile.»
Enji aveva trattenuto il respiro per un momento.
«Beh, alla fine sono sempre il suo re», aveva commentando, fingendo noncuranza. «È normale che dica una cosa del genere.»
In realtà c’era altro dietro quelle parole, Enji lo sapeva bene. Aveva abbassato nuovamente lo sguardo, tornando a osservare Keigo riposare, agitandosi perfino nel sonno.
Aveva lasciato scivolare un dito su una sua guancia rossa, con apprensione.





notes

stasera l'angolino del disagio comincia con le due pare sceme che mi hanno accompagnata nelle ultime ventiquattr'ore. la prima: ma non è che ci sono stati dei giorni in cui ho postato il prompt sbagliato (subito smentita perché ogni giorno c'è il post sul gruppo di fanwriter.it dove metto il link del capitolo e c'è il riassunto dei vari prompt, però è bastato questo pensiero per togliermi il sonno)? la seconda: non è che si percepiscono dei cambi di stile man mano che si va avanti con la storia? questa è una cosa più complessa, perché sicuramente la scrittura potrebbe risentire dei cambi di genere e/o ambientazione, però spero che lo sbalzo non si percepisca troppo.
comunque buonasera, car*, come ve la passate? spero meglio di Keigo in questo capitolo rip, povero pikkolo ancyelo
capitolo breve, a questo giro, lo so. il prompt di oggi era presagio, e come potete vedere l'ho sfruttato per sottolineare qualcosa che forse avevamo già immaginato, ovvero che no, la minaccia che ci accompagna dall'inizio della storia è tutt'altro che risolta.
in compenso abbiamo visto altre interazioni di Shoto col padre, e a quanto pare prendersi cura di Hawks è l'unica cosa che li mette d'accordo (lol, non li biasimo sinceramente)
sì comunque se volete faccio la sottona e vi dico che Enji che si preoccupa per Keigo mi fa fare cose strane al cuoricino. tra l'altro questa cosa è canon ragazz*, io non--
il prossimo capitolo dovrebbe servire a chiarire un paio di cose, e se non erro dovrebbe essere un po' più lunghino di questo (mi sa che qui era iniziato il periodo in cui postavo e scrivevo contemporaneamente, ero esausta, se il risultata lascia un po' a desiderare forse è per questo VBB NON MI VOGLIO GIUSTIFICARE)
in ogni caso, ci vediamo domani, e come al solito grazie a tutt* quell* che si fermano a leggere la storia! ♥
aria

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Capitolo 24
*** Conta dei danni ***


Quando Keigo aveva riaperto gli occhi, non aveva idea di quanto tempo fosse passato.
Aveva osservato il posto in cui si trovava, cercando di trovare delle risposte alle mille domande che gli ronzavano in testa. Sentiva la schiena tremendamente indolenzita, doveva essere appoggiata su una superficie molto dura. Roccia, forse?
Per la verità, c’era roccia un po’ ovunque, attorno a sé. Di lato, sul soffitto… forse si trovava in una grotta.
Solo che, se fosse stata una normale grotta, avrebbe avvertito attorno a sé la presenza di aria umida, invece, esclusa una lieve frescura, gli sembrava di sentir provenire aria calda e secca da un punto non molto distante da sé, che tuttavia non riusciva a localizzare con estrema chiarezza. Probabilmente si trattava della fenditura d’ingresso.
Da lì proveniva anche della luce, ma non gli sembrava essere quella del sole. Considerando quali fossero i suoi compagni di viaggio, c’era la possibilità che si trattasse di un fuoco.
Pensare al re e al principe gli aveva provocato l’improvviso desiderio di alzarsi. Aveva cercato di mettersi in piedi, ma fin da subito si era reso conto della difficoltà che gli procurava perfino quel semplice gesto.
Aveva gettato uno sguardo a un punto del suo corpo da cui aveva sentito provenire una fitta lancinante di dolore. Gli era tornata alla mente la ferita al fianco, e vedendo delle bende improvvisate avvolte sopra di essa aveva intuito di essere stato medicato. Le fiamme di Enji dovevano aver chiuso il taglio, e quei brandelli di tessuto bianco sembravano essere stati strappati dalla camicia dell’uomo. Keigo aveva cercato di ragionare, arrivando alla conclusione che, se adesso gli girava così tanto la testa, era probabilmente anche a causa della grande quantità di sangue che aveva perso.
Il ragazzo aveva provato nuovamente a mettersi in piedi, stavolta aiutandosi con gli oggetti che era riuscito a rintracciare intorno a sé. In realtà non c’era pressoché nulla in quel luogo, ma gli speroni di roccia non mancavano, così aggrappandosi a uno di essi era riuscito finalmente a sedersi.
Osservando meglio la roccia, ne aveva potuto cogliere la tonalità sanguigna. Non aveva mai visto caverne di quel colore, tranne che tra alcuni canyon a ovest, e la teoria che avessero raggiunto la zona più belligerante del regno sembrava confermata dall’aria secca che aveva avvertito poco prima, tipica di quel luogo.
Questo significava che il suo piano aveva funzionato. Aveva pensato che, lasciandosi l’est alle spalle, sarebbero riusciti a trovare aiuto nei territori a ovest. Perlomeno, era ancora vivo, e qualcuno assieme a lui, per cui la strategia non doveva essere stata un totale fallimento.
Aveva provato di nuovo a mettersi in piedi, riuscendoci stavolta. La ferita tirava e doleva, ma non sembrava sul punto di sanguinare di nuovo. In compenso si sentiva debolissimo, la testa continuava a girargli e faticava a mantenere l’equilibrio. Aveva avuto la febbre alta nei giorni precedenti? Era probabile, avrebbe spiegato la spossatezza e il sudore che avvertiva ancora attaccato alla pelle.
Rimanendo col corpo poggiato alla parete, si era lentamente fatto strada in avanti, verso l’ingresso della caverna e quella luce che vedeva provenire da lì.
Fuori era notte. Il cielo era terso, si potevano vedere benissimo le stelle che, osservate da lì, sembravano diamanti lontanissimi.
Alte pareti di roccia rossa si rincorrevano a perdifiato nei dintorni. Quello era senza dubbio uno dei territori situati nella parte occidentale del regno, Keigo non ne aveva alcun dubbio – per anni si era allenato in un luogo del genere. Era felice di essere arrivato fin lì, ma questo comportava delle domande a cui riusciva a rispondersi solo con delle ipotesi, per ora.
La fonte di luce che aveva intravisto dall’interno della caverna era, come aveva immaginato, un fuoco. Ad accenderlo, apparentemente, era stato Shoto, che si trovava accanto a esso.
«Allora, come procedono le cose?»
Keigo si era appoggiato con la schiena all’ingresso della grotta, incrociando le braccia al petto. Dopo giorni di silenzio, anche pronunciare quelle poche parole si era rivelato uno sforzo assai complesso.
Shoto aveva sollevato lo sguardo di scatto, sorpreso nel sentire quella voce.
Vedere Keigo in piedi, in verità, sembrava averlo destabilizzato ancora di più.
«Ti sei svegliato…», aveva commentato, incredulo. Poi, subito dopo, si era alzato in fretta in piedi, andando incontro al ragazzo. «Vieni, siediti qui, non sei nelle condizioni di compiere sforzi.»
Keigo aveva accettato con garbo il braccio del principe attorno alla propria vita, lasciandosi accompagnare nei movimenti finché non si era ritrovato seduto a terra, accanto al fuoco.
«Per quanto ho dormito?», si era informato subito. Lo terrorizzava il pensiero di aver riposato troppo a lungo, perché col nemico alle calcagna c’era poco da stare sereni.
«Tre giorni», aveva risposto Shoto. «In realtà faccio un po’ fatica a stabilirlo con certezza, qui il tempo sembra scorrere in maniera diversa…»
Keigo aveva annuito. Sapeva perfettamente a cosa si riferisse il ragazzo: il tempo, a ovest, sembrava come deformato, scorreva più denso rispetto alle altre zone del regno. A volte era difficile percepire il salto dal giorno alla notte, perché avveniva in maniera talmente graduale da risultare quasi impercettibile.
Il principe gli aveva porto una borraccia, e Keigo l’aveva presa con piacere. Aveva bevuto un sorso d’acqua abbondante, sentiva una gran sete, come se avesse la gola in fiamme. «Bevi pure quanto vuoi», l’aveva incoraggiato Shoto. «Per fortuna assieme ai cavalli siamo riusciti a recuperare delle scorte di acqua, per cui almeno queste per ora non scarseggiano. E poi ne hai bisogno: finché eri malato ho sciolto il mio ghiaccio, facendolo colare direttamente nella tua bocca, e ti abbiamo tenuto idratato così. Hai avuto una febbre tremenda, temevamo che la ferita non fosse stata curata a dovere e c’era la possibilità che tu non ti riprendessi. È un miracolo che ti sia svegliato…»
Keigo aveva messo per un momento la borraccia da parte, riflettendo sulle parole del ragazzo. Anche l’ipotesi della febbre era corretta. In compenso, adesso si sentiva decisamente più riposato. Dovevano riprendere il cammino in fretta, non potevano aspettare che qualche nemico ci ripensasse e decidesse comunque di attaccarli lì.
«Dov’è adesso tuo padre?», aveva domandato, senza riuscire a trattenersi.
Shoto gli aveva rivolto un’occhiata guardinga, e per un momento Keigo aveva temuto di essere stato troppo avventato. Tuttavia era in sincera apprensione per Enji, e finché non avesse ricevuto notizie sulle condizioni dell’uomo non sarebbe riuscito a quietarsi.
«Si è allontanato nei dintorni in cerca di provviste di legna», aveva spiegato il principe. «Il nostro fuoco qui è molto debole, senza del legno a sostenerlo brucia con molta difficoltà.»
Keigo sapeva che Shoto aveva ragione, tuttavia al momento di salvare loro la vita non era riuscito a trovare nessun’altra soluzione.
Le regioni ad ovest erano impervie. Era difficile trovare piante o animali di cui cibarsi, perché il clima non ne favoriva la presenza. La terra era prevalentemente arida, e le strade erano di difficile percorrenza. Non esattamente un luogo in cui cercare rifugio, dopo essere scampati a un nemico.
Però, Keigo non era riuscito a trovare soluzioni migliori. Al momento della fuga, tutto ciò a cui era riuscito a pensare era stato mettere in salvo il re e suo figlio. Il resto, poco importava.
Shoto si era stretto le ginocchia al petto con le braccia. «Posso farti una domanda?», aveva chiesto, gentile come sempre. «Siamo a ovest, giusto? Le terre in cui sei nato.»
Keigo aveva annuito con vigore. «Sì, e anche quelle dove ci siamo incontrati per la prima volta, vostra grazia. Mentre fuggivamo, ho pensato che fosse la scelta migliore possibile, in quel momento», aveva commentato, mentre gli tornava alla mente il ricordo di Shoto che scendeva dalla carrozza, quella volta a ovest. A volte a Keigo sembrava di ritrovare quello stesso sguardo un poco impaurito negli occhi del principe. «Secondo voi, perché il nemico non ci ha seguito fin qui? Non è sembrato strano anche a voi?»
Shoto ci aveva riflettuto sopra per qualche momento. «In effetti sono giorni che ci penso», aveva ammesso, sistemando meglio della legna tra le fiamme. «Non sono riuscito a darmi una risposta, però.»
«Io ho una teoria», gli aveva confessato Keigo. «Quando ho iniziato a sentire delle voci sull’attacco che qualcuno voleva sferrare al sud, in giro si diceva che i nemici stessero stringendo delle alleanze al nord. Mi viene da pensare che abbiano provato a fare la stessa cosa ad ovest, solo che qui la gente è parecchio diffidente, tanto che molti paesi, tra cui quello in cui sono cresciuto, non si sono mai piegati completamente nemmeno al volere della casa reale. Forse hanno fatto lo stesso con i nostri nemici, al che hanno stipulato con loro una sorta di patto di non belligeranza: non li avrebbero ostacolati, purché i territori dell’ovest non fossero stati invasi. Ed ecco perché Dabi non si è buttato dietro di noi giù dal dirupo.»
Shoto si era portato una mano al mento, pensando a quelle parole. «Sì, in effetti ha senso», aveva convenuto. Il ragazzo aveva sospirato pesantemente, poggiando i palmi delle mani a terra. «E ora, cosa dovremmo fare secondo te?»
«Penso che la scelta migliore sia tornare a sud», aveva spiegato Keigo. «Al momento attuale, aspettarci un attacco è impossibile: durante la battaglia ad est ci sono state un sacco di vittime, sia sul nostro fronte che in quello nemico. Ora come ora Dabi e gli altri hanno bisogno di riorganizzare le forze, sono rimasti in pochi per lanciarsi verso sud. Noi, d’altro canto, non possiamo sconfinare nuovamente a est, perché correremmo il rischio di incappare nella loro ritirata e, quasi certamente, in uno scontro che difficilmente potremmo vincere. A questo punto, penso che ci toccherà proseguire qui a ovest, costeggiando il confine finché non arriviamo all’altezza del Cammino del Re, la strada che conduce al regno del sud e che arriva fino al castello. È un percorso un po’ più lungo, però paradossalmente anche il più sicuro che mi viene in mente al momento.»
Shoto aveva annuito. Keigo aveva la capacità di trovare sempre la soluzione migliore, era incredibile.
Keigo, in compenso, si sentiva incredibilmente in pena. Voleva trovare il piano più adatto per portare in salvo il suo re e il principe, tuttavia sapeva che il pericolo non era affatto scampato.
Enji si stava caricando da solo le spalle della minaccia di Dabi, e questo non andava bene. Ora che Keigo si era risvegliato, aveva intenzione di fare qualsiasi cosa pur di aiutarlo.
In alto, sopra di loro, le stelle avevano continuato a risplendere placide.





notes

vbb facciamo finta che io non stia editando dopo aver avuto un mental breakdown.
buonasera! come state? mancano esattamente sette giorni alla fine del writober, è elettrizzante! **
e finalmente alcuni nodi stanno venendo al pettine, visto che è stato spiegato perché Dabi non ha continuato a inseguire i nostri protagonisti. ma andiamo con ordine.
legno è un altro di quei prompt che nella storia ci è entrato un po' di striscio, mi dispiace. purtroppo è andata così con quelli su cui non sapevo esattamente cosa scrivere, rip.
in compenso abbiamo avuto una chiacchierata tra Keigo e Shoto (sì sto cercando di divagare ignoratemi) ** se ve lo state chiedendo sì, secondo me il principino ha una mezza idea di cosa ci sia dietro alla complicità tra suo padre e il caro consigliere di corte ~
per quanto riguarda il modo in cui Keigo è stato curato, è stato Enji a darmi l'idea, quando si occupa così delle ferite di Mirko nel volume 28, capitolo 269 (per una volta ho trovato tutto e posso fare le cose professionali, yes). per cui niente, ora ho l'headcanon che in caso di necessità non esiterebbe a cauterizzare le ferite anche a Keigo, ma diciamoci la verità, non serviva un headcanon per questo, quell'uomo è già sufficientemente sottone per lui, lo si poteva intuire.
per stasera mi fermo qui, ma prima vi chiedo: cosa pensate che possa succedere adesso ai nostri eroi?
vi ringrazio come sempre per star seguendo questa storia, vi do appuntamento a domani per l'ultima settimana di aggiornamenti (sigh)
aria

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Capitolo 25
*** Sulla via del ritorno ***


Attraversare l’ovest non era stata affatto una passeggiata. Keigo aveva cercato di avvertire i suoi compagni di viaggio al riguardo, ma sospettava che la situazione fosse stata loro chiara solo nel momento in cui si erano ritrovati ad affrontarla seriamente.
Ad ovest tutti si erano dimostrati piuttosto diffidenti. Quando avevano avuto la necessità di rifornirsi presso alcuni commercianti, l’unico che era riuscito a contrattare con questi ultimi era stato proprio Keigo.
In un’occasione, ricordava che un’anziana signora l’aveva osservato con sospetto.
«Perché un ragazzo dell’ovest si prodiga così tanto per i reali del sud?», aveva domandato, consegnandogli una busta con i prodotti che aveva acquistato con alcune monete d’oro.
Keigo le aveva sorriso, con aria affabile. «Perché io servo il mio unico e solo re, nessun altro», aveva risposto, senza esitare.
Quando aveva raggiunto di nuovo Shoto ed Enji all’esterno, il re sembrava accigliato. «Che ti ha chiesto?», s’era informato, aiutando il ragazzo con le provviste.
«Oh, niente d’importante!» Keigo si era passato una mano davanti al volto, schernendosi.
In realtà, tutto ciò era accaduto mentre erano in viaggio già da parecchi giorni. All’inizio, quando si erano rimessi in cammino, ad attenderli non avevano trovato altro che distese infinite di roccia. Muoversi in quelle condizioni era stato piuttosto duro, perché escluso per qualche volatile che riuscivano a cacciare di tanto in tanto non avevano avuto a disposizione altri tipi di cibi. L’acqua, in quel territorio arido, non si trovava neppure col più ardente dei desideri, ma fortunatamente Shoto riusciva ancora a crearla, generando contemporaneamente ghiaccio e fuoco, anche se doveva prendersi delle lunghe pause tra un uso dei poteri e l’altro. Così, cercavano di bere piccole razioni alla volta, per conservare più a lungo possibile quel liquido prezioso.
Dopo che Keigo si era rimesso da quella febbre, a versare nelle condizioni peggiori era stato Enji. Si era trascurato per concentrarsi sulle condizioni di salute del suo servitore, nei giorni successivi alla battaglia, ma contro Dabi aveva usato una poderosa quantità di fuoco, ritrovandosi così esausto. A tratti gli mancava ancora il respiro, avrebbe voluto bere molta più acqua ma s’impegnava a resistere, per non sottrarne ai suoi compagni di viaggio.
Un re non si dimostrerebbe mai egoista in tal senso, dopotutto, soprattutto non in una situazione di tale difficoltà.
Keigo continuava a viaggiare a cavallo assieme a loro. Le sue piume, dopo essere state bruciate dalle fiamme blu di Dabi, stentavano ancora a ricrescere. A volte cavalcava assieme a Shoto, sistemandosi alle spalle del figlio del re, in altre occasioni permetteva a Enji di trasportarlo, nella medesima posizione che aveva adottato quando erano fuggiti dal bosco.
Più i giorni passavano, e più Enji vedeva l’intesa accrescere tra Keigo e Shoto. Quando, quella notte, era rientrato con la legna e aveva trovato suo figlio a conversare con il ragazzo, aveva sentito il cuore colmarsi di sollievo. Era subito corso verso di loro, per accertarsi delle sue condizioni.
Dopo averlo visto in preda a quella febbre così alta, aveva temuto a lungo che non si sarebbe più risvegliato. Lo strano scorrere del tempo a ovest, inoltre, gli aveva fatto sembrare i giorni e le notti immensamente più lunghi, così che gli era parso che Keigo fosse rimasto incosciente ancor più a lungo di quanto non lo fosse stato in realtà.
Così, ora che la sua salute sembrava essere migliorata, Enji si sentiva molto più tranquillo. Avrebbe pensato anche a se stesso, ma in quel momento dovevano prima cercare di fare ritorno a sud.
Imboccare finalmente il Cammino del Re era stato un conforto immane. Una volta arrivati a sud, proseguire era stato molto più semplice: la sua gente si era dimostrata leale e riconoscente per gli sforzi che aveva compiuto a est. Nonostante ne fossero usciti visibilmente danneggiati, infatti, avevano pur sempre scongiurato l’invasione nemica, almeno per il momento. Come segno di gratitudine, ovunque si fermassero tutti si prodigavano nell’offrire loro ristoro, pasti caldi e abbondanti, frutti dolci e succosi che solo in quel territorio crescevano.
Tornati finalmente nel loro regno, avevano constatato senza troppe sorprese che ormai lì la neve s’era sciolta del tutto. Nei boschi o ai lati delle strade, dove i raggi del sole avevano faticato ad arrivare, alcuni cumuli erano sopravvissuti un poco più a lungo, ma le temperature ormai si erano tramutate completamente in quelle primaverili, così anche le ultime candide tracce erano scomparse.
Erano stati informati che, inoltre, Ryuko e altri alleati avevano fatto da tempo rientro al sud, e che alcuni di loro li attendevano a palazzo per conferire. Enji non aveva dubbi che volessero discutere lo scontro avvenuto a sud e le sue disastrose conseguenze, tuttavia aveva cercato di non preoccuparsene più del dovuto, perlomeno non per ora.
Era già un miracolo che fossero arrivati vivi fin lì, dopotutto. Era pronto ad assumersi tutte le sue responsabilità, ma prima doveva riuscire ad arrivare al castello.
Non tanto per se stesso, quanto per i ragazzi che viaggiavano con lui. Shoto, nell’ultimo periodo, aveva dato fondo a ogni riserva del suo potere per accertarsi che l’acqua non mancasse mai. Arrivati a sud l’aiuto dei loro sudditi gli aveva permesso di respirare un poco, ma prima di allora, non aveva fatto altro che accumulare una quantità di stanchezza immane.
E poi c’era Keigo. Keigo che, sfuggiti all’attacco, gli era svenuto tra le braccia, rimanendo incosciente per giorni. Enji sentiva di dover essere grato per poterlo ancora avere accanto a sé, e che c’era mancato poco che il ragazzo non riuscisse a salvarsi. Quando erano partiti dal sud, gli aveva promesso che sarebbero tornati sani e salvi, e avevano rischiato seriamente che nessuno dei due facesse rientro a palazzo.
Enji si sentiva tremendamente in colpa, per questo perdere di vista il ragazzo anche solo per un secondo era diventato un sacrificio insopportabile.
Poi, finalmente, dopo giorni e giorni di cammino, avevano visto il palazzo reale stagliarsi di fronte a loro.
In quel momento, Enji si era ritrovato a sentirsi sollevato come mai prima di allora. Un sospiro era scivolato fuori dalle sue labbra, osservando le torri che correvano alte verso il cielo, perfettamente intatte.
Significava che i nemici non erano arrivati fin lì. Significava, come aveva potuto già constatare attraversando il resto del regno, che il sud era salvo, che la sua famiglia era salva.
Keigo gli aveva esposto la sua teoria per cui i nemici si fossero ritirati nuovamente a nord per progettare un altro attacco, ed Enji si era ritrovato ad essere d’accordo con lui. Prima di allora, però, anche loro sarebbero dovuti essere pronti.
Enji e Shoto avevano spronato i cavalli a correre più veloci.
Quando erano arrivati al castello, i cancelli si erano spalancati dinanzi a loro, mentre qualcuno aveva già ordinato di aprire il portone d’ingresso.





notes

sto capitolo è inutile.
oh, buonasera, e buona ultima settimana di writober a tutti!
in realtà forse sono troppo dura, questo capitolo non è propriamente inutile. abbiamo avuto uno spaccato del regno dell'ovest, in più c'è una panoramica del viaggio di ritorno dei tre.
poor Keigo, tocca fare tutto a lui. Enji non è visto di buon occhio a ovest (e non solo lì) e questo è il risultato! in compenso, non credo che a lui dispiaccia più di tanto.
il prompt di oggi era sospiro, ed è quello di sollievo che Enji si lascia sfuggire quando finalmente, dopo aver percorso tanta strada, vedono il castello davanti a loro.
yay, si torna alla vita di corte, così non posso più lamentarmi degli sbalzi stilistici causa diversa ambientazione. in compenso, col fatto che mentre scrivevo ero sempre più stanca, ho paura che la lunghezza dei capitoli possa accorciarsi, anche se forse non è completamente un male, magari almeno così si vede di più il focus sui prompt... vbb le mie solite paranoie, ignoriamole.
domani c'è una piccola sorpresina, anche se forse è una cosa che si poteva già intuire. in più notiziona, ho già deciso i titoli per tutti i capitoli che mancano **
grazie come sempre per star seguendo la storia, ci vediamo domani ♥
aria

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Capitolo 26
*** Rientro a palazzo ***


Arrivati ai piedi delle grandi scale in pietra, finalmente erano scesi da cavallo.
Sembrava un miraggio poter toccare nuovamente il suolo, e nello specifico sentire dopo un tempo che era parso infinitamente lungo sotto la suola degli stivali i sassolini dei viali del castello.
Enji aveva aiutato Keigo a rimettersi in piedi. La ferita al fianco era ormai guarita, ma con la fatica del viaggio quella sensazione di stanchezza faticava a scomparire.
La prima a raggiungerli era stata Fuyumi. La gonna vaporosa del vestito si muoveva assieme alla ragazza, mentre lei correva in fretta verso di loro.
«Papà!», aveva gridato.
La ragazza si era gettata tra le braccia del padre, stringendosi forte a lui. Enji era rimasto parecchio sorpreso da quel gesto, ma aveva comunque ricambiato l’abbraccio. Fuyumi doveva star rilasciando il suo potere, perché Enji aveva cominciato ad avvertire una sensazione fresca avvolgergli il petto. Si era sentito sollevato all’istante, i suoi polmoni ne avevano così bisogno…
Rei e Natsuo erano arrivati poco dopo Fuyumi, con passo decisamente più calmo ma affrettandosi comunque a raggiungerli. Si erano subito avvicinati a Shoto: la regina gli aveva accarezzato il volto con apprensione, mentre suo fratello gli aveva stretto una spalla con fare simpatetico. Per quanto tra loro Shoto fosse quello ad aver riportato il minor numero di danni fisici, al momento era stremato, e aveva un disperato bisogno di riposo.
Keigo aveva osservato il quadretto della famiglia reale allontanarsi verso l’ingresso del palazzo. Si era domandato se fosse stato meglio restare lì, all’esterno, e lasciare loro l’intimità necessaria in quella riunione. Alla fine, nonostante tutto, li aveva seguiti, non perché volesse guastare il loro incontro ma in quanto servitore del re: non avrebbe avuto senso congedarsi se non fosse stato Enji a ordinargli di farlo.
Così li aveva seguiti in silenzio, lentamente, restando a qualche passo di distanza da loro. Li vedeva salire su per le scale, Fuyumi ancora tutta stretta al padre mentre Natsuo aiutava Shoto a proseguire.
Alla fine avevano fatto ingresso nella sala del trono. Il re e la regina si erano accomodati sui loro scranni; Fuyumi s’era seduta sul bracciolo di quello del padre, e continuava ad accarezzargli il viso con una certa incredulità, Shoto invece s’era appoggiato con un fianco al trono della madre e Natsuo era in piedi, poco lontano da loro. Keigo, al contrario, era rimasto immobile, praticamente all’ingresso della stanza. Si sentiva un completo pesce fuor d’acqua, tra quegli sguardi pieni di gioia e quei sorrisi.
«Sono così sollevata», aveva confessato Fuyumi. «Dal confine sono giunte delle voci tremende, pensavamo di avervi perduti…»
«C’è mancato poco, in realtà. Non fosse stato per Keigo…» Enji si era fermato di colpo, come se un pensiero gli fosse balenato per la mente solo in quel momento. Aveva cercato la figura del ragazzo attraverso la stanza, finché non l’aveva trovato, fermo all’ingresso. «Che fai laggiù? Avvicinati.»
Il ragazzo aveva mosso qualche passo incerto attraverso la stanza, sotto lo sguardo attento di tutti i Todoroki. Arrivato in prossimità dei troni, si era inginocchiato sopra al lungo tappeto rosso. Nel chinarsi, aveva celato abilmente la smorfia di dolore che quel movimento aveva quasi fatto comparire sul suo volto.
«Mio re, voi mi attribuite meriti che non mi competono…», aveva ammesso, chinando il capo in segno di rispetto.
«Stai scherzando?» A parlare, questa volta, era stato Shoto. «Se non fosse stato per lui adesso difficilmente saremmo qui. Senza contare la strategia che ha ideato per permetterci di fuggire! Per me meriterebbe un encomio, quantomeno!»
Tutta la famiglia reale aveva sorriso nella sua direzione. Keigo aveva avvertito su di sé i loro sguardi pieni di riconoscenza, e se ne era sentito quasi imbarazzato. Avrebbe voluto poter dire loro che, davvero, non c’era assolutamente bisogno di niente del genere…
I loro discorsi, tuttavia, erano stati presto interrotti. Dal corridoio che conduceva alla sala del trono, infatti, avevano sentito giungere un rumore concitato di passi.
«Gli alleati…», aveva mormorato Fuyumi. «Stavo quasi per dimenticarmi di avvertirvi. Sono arrivati da alcuni giorni…»
Enji aveva chiuso gli occhi un momento. Avrebbe voluto avere più tempo per quei discorsi, e immaginava già che cosa dovessero dirgli, imputandogli la colpa del fallimento a est e criticandolo per non essere fuggito assieme all’esercito. Era pronto a pagare il peso delle proprie responsabilità, ma avrebbe voluto potersi prima riunire degnamente con la sua famiglia.
Quando era tornato a sollevare le palpebre, diverse persone avevano già fatto ingresso nella sala del trono. A capeggiare la comitiva, sembrava esserci Ryuko Tatsuma, quel giorno nella sua forma umana.
«Vostra maestà.» La donna s’era inchinata brevemente, ormai al cospetto del re. «Sono lieta di vedervi finalmente fare ritorno.»
Keigo, che nel frattempo si era rialzato in piedi, aveva notato una scintilla attraversare lo sguardo di Enji. Forse era stato infastidito dalle parole di Ryuko e da ciò che sottendevano – il ritardo nel rientrare a corte, la mancata ritirata assieme all’esercito e l’assenza di appoggio a quest’ultimo –, tuttavia aveva cercato di ignorarlo, cosa insolita per lui.
Forse era solo ancora troppo stanco dopo i recenti eventi, aveva valutato tra sé Keigo.
«Già», aveva commentato il re. Se possibile, Fuyumi si era stretta ancor di più a lui. «È stato un lungo viaggio.»
L’espressione sul volto di Ryuko si era fatta meno tesa. Possibile che fosse soddisfatta solo con quella semplice affermazione?
«Non ne dubito», aveva concesso la donna. «Se fosse possibile, vorrei informarvi di un fatto avvenuto mentre eravamo ad est. Credo che potrebbe interessarvi.»
Enji aveva puntellato un gomito sul bracciolo del trono, affondando la guancia nella mano chiusa a pugno. In quel momento avrebbe preferito di gran lunga concedersi un bagno caldo e un lungo riposo, ma non poteva certo trascurare le esigenze del suo popolo. «Spiegati pure», l’aveva incoraggiata.
Gli occhi della donna si erano accesi della sua solita determinazione. «È successo mentre ci stavamo ritirando», aveva cominciato. «Io stavo volando sopra al fiume, per cui ho avuto una visuale piuttosto chiara di tutta la faccenda. All’improvviso è stato come se tutti gli alberi del bosco avessero cominciato a sgretolarsi. Sono tornata indietro per cercare di capire cosa fosse successo, ma fermo in mezzo alla desolazione, dove prima cresceva una radura rigogliosa, c’era solo un ragazzo dagli occhi cremisi. Io… non avevo mai visto nessuno di così tanto potente. Ho l’impressione che fosse il loro capo, e credo che quell’onda distruttiva sarebbe potuta benissimo arrivare fino a noi, se solo lui l’avesse voluto. Probabile che si trattasse solo di una sorta di avvertimento.»
Keigo e tutta la famiglia Todoroki erano sembrati impallidire a quella notizia. Qualcuno che avrebbe potuto disintegrarli all’istante, se solo l’avesse voluto? Davvero tra i loro nemici si nascondeva qualcuno così potente?
«C’è dell’altro», aveva ripreso Ryuko. «Abbiamo ritrovato a terra un brandello di tessuto nero. A giudicare dall’aspetto carbonizzato, potrebbe appartenere al nemico che avete affrontato.»
Ryuko aveva mosso qualche passo in avanti, porgendo il lembo di stoffa al re. Enji se l’era fatto consegnare, osservandolo attentamente: rigirandolo tra le dita, aveva avuto l’impressione che potesse effettivamente provenire dalla giacca di Dabi, considerando che era bruciato tutt’attorno non stentava a crederlo.
Il ricordo di quel ragazzo sembrava aver turbato sia Keigo che Enji, come se fiamme azzurre potessero tornare a danzare davanti ai loro occhi in quel preciso istante.
Dabi… nessuno di loro aveva idea di dove fosse finito dopo aver smesso di inseguirli. Dovevano ancora verificare l’ipotesi del patto di non belligeranza stipulato tra l’ovest e i loro nemici formulata da Keigo, tuttavia non erano riusciti a darsi, in tutti quei giorni, una spiegazione per il particolare accanimento che quel ragazzo aveva riservato alla famiglia reale. Mentre gli altri combattenti avevano puntato in maniera indistinta i membri dell’esercito reale, lui si era fin da subito lanciato all’attacco di Enji. Non aveva ingaggiato scontri con nessun altro, e li aveva inseguiti perfino quando erano fuggiti.
Era un comportamento molto particolare, forse aveva perfino messo in difficoltà i suoi stessi alleati.
«Fuoco?», aveva domandato Rei, osservando sorpresa la stoffa, ancora tra le mani del marito.
«Sì», aveva confermato Shoto. «Non ne avevo mai visto di così potente…»
Enji aveva sollevato di nuovo lo sguardo su Ryuko. «Informazioni sul loro ritiro?», aveva chiesto.
«Non molte, in realtà», aveva ammesso la donna. «È come se si fossero volatilizzati nel nulla… a tal proposito, vostra maestà, per quanto riguarda il nostro ritiro… all’inizio avevo molte perplessità in merito, tuttavia si sono riscontrate molte meno perdite di quelle che avevo immaginato. Suppongo che la tempestività dell’ordine abbia giovato a nostro favore.»
Enji era stato sorpreso da quelle parole. Credeva che, dopo il fallimento, gli alleati si sarebbero mostrati molto più ostici nei loro confronti. Tuttavia, se ciò non era accaduto, il merito era di una sola persona, Enji lo sapeva bene.
Il re si era voltato in direzione di Keigo. Il ragazzo gli aveva restituito il suo stesso sguardo stupito.
Li aveva salvati tutti.





notes

stanno succedendo un sacco di cose belle, ma io non me le sto godendo affatto.
buonasera, guys. l'aggiornamento di oggi, finalmente, ci dà modo di parlare di alcune cose.
vbb, partiamo dal prompt, ovvero frammento. l'ho usato ovviamente per il lembo della giacca di Dabi
– e, lo dico da subito, nella long (o perlomeno in quel che ne rimane) non farò riferimento a ciò che viene rivelato su di lui nel volume 30, non lo specifico per non fare spoiler ma voi sapete a cosa mi sto riferendo. semplicemente perché mi sarei complicata troppo la vita, però comunque, se volete immaginare una sottotrama che bene o male si ricolleghi al canon in quel senso potete farlo, anche perché, sinceramente, era il mio intento, però come vi dicevo stavo stretta coi tempi e non volevo mettermi in una situazione ancor più difficile, servirebbe una long a parte per parlare di tutto, plus diciamo che in generale preferisco un po' fare finta di nulla, ahah.
dannati casini della famiglia Todoroki--
c'è stato anche un piccolo colpo di scena finale con la rivelazione di Ryuko, se proprio vogliamo essere onesti. eh sì, da qualche parte durante la battaglia era presente anche il caro Shigaraki, e lui e Dabi non erano gli unici villain presenti. ricordate che vi avevo detto che nel capitolo 21 era presente un cameo? si trattava di Toga, chiaramente (la ragazza che combatte contro il soldato in armatura e che Keigo intravede dopo che è precipitato). vbb forse era scontato che a creare problemi fossero loro, ahah.
in compenso i nostri protagonisti sono finalmente tornati al castello, e c'è stato anche un bel momento di ricongiungimento. le cose sono ancora lontane dall'essersi sistemate, ma già domani magari un passettino in avanti lo facciamo.
io ho l'impressione di star dimenticandomi qualcosa che volevo dire ma pazienza, ormai è andata così ahah. vi ringrazio come al solito per aver letto, ci vediamo domani!
aria

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Capitolo 27
*** Questione irrisolta ***


Si era appoggiato alla parete esterna del castello, osservando i giardini estendersi davanti ai suoi occhi.
Durante la battaglia ad est, aveva temuto che non sarebbe più riuscito a godersi uno spettacolo del genere. La primavera aveva ormai inondato il sud, e mentre i venti caldi accarezzavano la pelle di chi vi abitava, i fiori avevano preso a sbocciare, colmando l’aria coi loro profumi.
Nella luce rossastra del tramonto, quello spettacolo appariva ancora più incantevole.
L’atmosfera era così pacata, eppure Enji faticava ancora a rilassarsi. Continuava a vedere quelle fiamme blu danzare davanti ai suoi occhi, avvolgere e distruggere qualunque cosa incontrassero sul loro cammino, avanzare verso Keigo e sospingerlo via, lontano…
Dabi… Enji sentiva di avere un grosso conto in sospeso con lui, e aveva tutte le intenzioni di saldarlo.
«È un panorama splendido, non trovi?»
Enji si era ritrovato a sobbalzare, non aveva sentito nessuno avvicinarsi. Per un momento le fiamme avevano baluginato nei suoi occhi, ma subito si era affrettato a spegnerle.
Rei non era apparsa particolarmente turbata da quell’avvenimento.
«Vostra maestà», l’aveva salutato, chinando il capo con reverenza.
Enji l’aveva osservata attentamente. Era da tanto tempo che sua moglie non lo cercava per parlargli, era piuttosto sorpreso di quella sua iniziativa. La regina si era fatta strada sul terrazzo, camminando col suo solito passo lento e aggraziato. Indossava un vestito azzurro, dalla stoffa in apparenza leggera ma impreziosita da una miriade di cristalli scintillanti. Il suo aspetto così ricercato sembrava rappresentare alla perfezione Rei, così come il potere di ghiaccio che possedeva.
«Non mi aspettavo di trovarti qui», aveva ammesso la regina. «Pensavo che fossi a un consiglio per organizzare l’esercito in vista di altri possibili attacchi nemici o qualcosa del genere.»
Enji aveva sbuffato, il suo respiro caldo che s’era perso nell’aria primaverile. Da sempre Rei era stata fin troppo pacifista, rispetto a lui, l’ennesimo aspetto che difficilmente li aveva fatti trovare d’accordo.
Enji s’era chiesto se il loro matrimonio si fosse mai potuto considerare una vera e propria relazione. I silenzi di Rei, la propria attitudine a padroneggiare… non c’era mai stato equilibrio, tra loro. Così diversi, così distanti…
Keigo era stato il primo in grado di farlo ricredere. Quel ragazzino impertinente che s’era sempre rivolto a lui con quell’insolenza, punzecchiandolo, finché Enji era caduto nella sua trappola dolcissima, al punto da non essere più infastidito da lui, oppure ritrovandosi terrorizzato al pensiero di perderlo. Non aveva mai pensato di poter provare dei sentimenti tanto intensi per qualcuno, eppure con lui era successo.
Sapeva di aver mantenuto solo in parte la promessa che gli aveva fatto. Sì, erano tornati al castello, sani e salvi, tuttavia c’era ancora qualcosa che doveva fare: dire la verità a Rei.
Ed Enji desiderava farlo. Voleva vivere il suo rapporto con quel ragazzo, senza segreti.
«Rei, devo parlarti di una cosa…», aveva ammesso.
La regina aveva sorriso, con fare sornione. I suoi occhi erano inondati dalla luce calda del tramonto. «E questa cosa sarebbe la tua relazione con Keigo?»
Enji si era voltato a guardarla, sobbalzando. Aveva sentito il proprio volto andare a fuoco – letteralmente, visto che alcune fiamme avevano cominciato a danzare su di esso. «Eh?», aveva domandato, in difficoltà.
La donna aveva continuato a sorridere, avvicinandosi un poco di più a lui. «Beh, se volevi che passasse inosservata forse saresti dovuto stare più attento», aveva commentato. «Siete sempre insieme, dove va uno c’è anche l’altro… era difficile non farsi venire qualche sospetto.»
Enji l’aveva osservata assottigliando lo sguardo. Davvero era così evidente? Aveva cercato di farsi vedere il meno possibile assieme a Keigo, nei mesi precedenti, per non destare sospetti, evidentemente tuttavia qualcosa nel suo piano non aveva funzionato.
«E… cosa pensi al riguardo?», si era informato, cercando di sembrare cauto.
Sua moglie aveva continuato a sorridergli con gentilezza. «Niente, in realtà», aveva ammesso. «Il nostro non è mai stato un matrimonio felice, e se ci siamo amati non ce ne siamo nemmeno accorti. Io non porto rancore nei tuoi confronti, Enji, e se tu puoi essere felice, beh… io in realtà sono lieta per te.»
Gli occhi di Enji si erano riempiti di meraviglia. «Che… che significa?», aveva domandato, senza riuscire a trattenersi.
«Che se tu hai scelto lui io sono pronta a farmi da parte», aveva spiegato, socchiudendo gli occhi. «Certo, non so bene come cambieranno le cose per il regno, forse su questo tu saprai qualcosa di più, però per il resto io sono disposta a trasferirmi in un’altra stanza, così se vorrete potrete dormire assieme. Non credo che in casa qualcuno sarà infastidito da questo…»
Enji l’aveva osservata incredulo, senza riuscire a comprendere veramente le sue parole. Davvero per lei non era un problema che avesse una relazione con un’altra persona, e addirittura era disposta a farsi da parte?
La regina sembrava sul punto di rientrare nel castello, ma Enji aveva avvertito l’impulso di fermarla.
«Rei?», l’aveva richiamata.
La donna aveva voltato appena la testa per osservarlo.
Enji si era trovato a esitare per un momento. «Perché fai tutto questo per me?», aveva domandato infine.
La donna gli aveva rivolto un sorriso luminoso. «Perché anche tu meriti di essere felice, Enji», aveva risposto, con disarmante dolcezza. «Ce lo meritiamo entrambi, secondo me.»
Enji era rimasto spiazzato da quelle parole. Prima di riuscire ad aggiungere qualsiasi altra parola, Rei era sparita nuovamente all’interno del palazzo, lasciandolo sul terrazzo in preda al proprio stupore.





notes

"Perché?" bro perché tra quattro giorni finisce la storia.
buonasera, people. in questa serata in cui sono giusto un poco infuriata per una roba, arriva un capitolo (cortissimo) che potrebbe sembrare insignificante, però forse, in fin dei conti, non lo è del tutto.
il prompt era tramonto, io sto editanto mentre il cielo è ancora tinto di rosa e d'arancio e il discorso avviene in un'ambientazione simile. non so voi, ma il mio OCD è appagato.
sì comunque Rei per me è più sveglia di quei due, per me aveva capito che provassero qualcosa l'uno per l'altro molto prima di loro. e d'accordo, forse è troppo semplicistico che si faccia da parte così, ma la storia sta per finire e voglio solo un happy ending per i miei lomls, e poi oggettivamente parlando per me pure nel manga l'unica che potrebbe dare una smossa alla situazione è Rei. lasciatemi sognare.
in realtà non ho molto altro da dire, se non che il capitolo di domani è un po' bellino, dai.
see you tomorrow
aria

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Capitolo 28
*** Solo suo ***


Era una notte particolarmente serena.
Keigo se ne stava disteso nel letto, osservando le tende bluastre del suo baldacchino. Gli sembrava essere passata un’infinità di tempo dall’ultima volta in cui se n’era potuto restare lì, beato, a riposare tra quei comodi cuscini.
Gli eventi degli ultimi tempi gli tornavano alla mente con la violenza di onde che s’infrangono contro gli scogli, quando il mare è in tempesta: lo scontro, le fiamme, Dabi. Gli sembrava ancora un miracolo essere sopravvissuto a quell’inferno cobalto, così come aver attraversato l’ovest, le sue terre ventose, la sua siccità, ed esserne uscito incolume. Sapeva che, adesso, il suo corpo esausto avrebbe solo avuto bisogno del meritato riposo, ma era tormentato da quelle immagini, che gli impedivano di rilassarsi, di lasciarsi andare alla stanchezza.
Aveva sospirato stancamente, incrociando le braccia sul cuscino, sotto alla testa.
Quando aveva sentito bussare piano alla porta, aveva creduto che si fosse trattato di un’allucinazione. Ciononostante, si era alzato comunque, dicendosi che controllare era uno scrupolo lodabile e, in fin dei conti, era già sveglio, per cui non vi aveva visto un gran disturbo.
Era stato piuttosto sorpreso di trovare Enji sulla soglia. Si era abituato, negli ultimi mesi, a sentire il re scivolare nella sua camera nella notte, senza chiedergli il permesso, e Keigo gliel’aveva concesso ogni volta, perché non c’era piacere più grande per lui di trascorrere il tempo assieme.
Per cui ora vederlo lì, tra l’altro con un’espressione di disagio sul volto, gli era sembrato strano.
«Buonasera, mio re», l’aveva salutato subito, come per una loro piccola abitudine che continuava a ripetersi.
Enji aveva cercato i grandi occhi dorati del ragazzo nel buio della notte. «Posso entrare?», aveva domandato, cortese.
Keigo aveva allungato un braccio all’interno della stanza, quasi come a volergliela mostrare – anche se negli ultimi mesi aveva imparato a conoscerla in maniera fin troppo accurata, lo sapeva bene. «Certo», aveva concesso, e avrebbe voluto aggiungere che entrare in ogni singola stanza di quel palazzo gli era permesso, dopotutto era il re, alla fine però aveva decioe per quella volta di sorvolare.
Enji aveva mosso qualche passo incerto all’interno della stanza, e Keigo l’aveva osservato attentamente mentre chiudeva la porta. Era curioso, si era aspettato che si sarebbe semplicemente diretto verso il letto, invece sembrava intenzionato a rimanere lì, in piedi, immobile in mezzo alla camera.
Enji si era portato le braccia dietro la schiena, mentre la luce della luna che giungeva dalla finestra colpiva il suo corpo. «Devo parlarti», aveva ammesso.
Keigo era sembrato sorpreso. «Nel cuore della notte?», aveva domandato, allarmato. «È successo qualcosa? I nemici…»
«No, non si tratta di questo», l’aveva rassicurato il re. «Io… ho parlato con Rei. Di noi.»
Il ragazzo era sembrato immobilizzarsi sul posto. Enji aveva parlato con la regina della loro relazione? Era andata male? Era lì per dirgli…
«In che sen…»
«Ha detto che l’approva.»
Keigo aveva sentito il respiro mancargli per un momento.
Per primo aveva desiderato che le cose tra lui ed Enji potessero essere diverse, ma non aveva mai creduto fino in fondo che potesse succedere. Non sapeva neppure se Enji avrebbe mai parlato davvero con lei, se si sarebbe fatto bastare quella loro relazione clandestina. Forse Keigo se la sarebbe fatta andare bene comunque, ma ricordava lo stesso il dolore che aveva avvertito ogni volta che aveva visto il re scivolare fuori dalla sua camera.
«Oh», aveva mormorato, ancora incredulo riguardo a tutto quel discorso.
Enji gli aveva rivolto un sorriso appena accennato. Sembrava aver colto le sue perplessità, così aveva cominciato ad avvicinarsi a lui.
«Quando ti ho detto che voglio stare con te, l’ho fatto perché ci credo veramente, in quelle parole», aveva ammesso. «Ora non conosco con certezza il futuro che si prospetta davanti a noi, ma so che voglio affrontarlo avendo te al mio fianco.»
Keigo aveva abbassato per un momento lo sguardo, ma si era ritrovato a sollevarlo nuovamente poco dopo, quando Enji lo aveva raggiunto e carezzandogli una guancia aveva inclinato il suo viso di modo da poter cadere dritto nel fondo di quegli occhi dorati. Gli era mancato tenerlo così vicino, e ora era tutto più bello, perché sentiva che nel farlo non c’erano catene a legarlo.
«Voglio te», aveva ripetuto il re, chinandosi a baciare le sue labbra.
A Keigo sembrava essere passata un’eternità dall’ultima volta in cui l’aveva baciato. Aveva chiuso gli occhi, stringendosi a lui e beandosi di quella sensazione di calore che aveva subito cominciato a pervaderlo per via della vicinanza al corpo del re.
Enji l’aveva sollevato da terra, stringendogli le braccia attorno alla schiena. Aveva affondato le mani tra quel che restava delle sue ali, piccole piume rosse che ancora faticavano a ricrescere. Una morsa gli aveva stretto il cuore a quel pensiero.
Keigo aveva sentito il proprio corpo venire disteso con cura sul letto, ed Enji sovrastarlo di lì a poco, come intenzionato a non fargli sentire più a lungo la propria mancanza. Il ragazzo ne era stato grato, e aveva cominciato a slacciargli la camicia.
Il re era stato più veloce e, sfilato ogni bottone dalle asole, aveva spostato le mani sulla schiena di Keigo, accarezzandola in ogni punto. Quella pelle così liscia e candida gli era mancata da morire. Voleva poterla toccare, ancora e ancora, all’infinito. Era certo che non sarebbe mai stato sazio di lui, e che lo stesso potersi dire del ragazzo.
«Non vedevo l’ora… di essere ancora tuo così», aveva commentato Keigo, con un sospiro estatico.
Enji gli aveva sbuffato il suo respiro caldo sulle labbra. «Non ho alcuna intenzione di privarti di nuovo a lungo di questo piacere in futuro, sta’ tranquillo», gli aveva assicurato.
Keigo gli aveva rivolto il suo solito sorriso scaltro. «Ne sono felice, mio re», aveva commentato.
Enji aveva sbuffato, ma alla fine era sceso a baciare le labbra del ragazzo.
Se il prezzo per stare con Keigo era la sua sfacciataggine, allora forse era disposto a pagarlo.





notes

sì vbb io mi devo prendere le pausette sclero mentre edito perché mannaggiaacarbonella. io fino a qualche mese fa non ero così sottona e mai mi sarei immaginata di diventarlo per sti due, 'tacci loro.
mado mi erano mancati i momenti d'intimità tra loro. gli ultimi capitoli sono stati un macello dietro l'altro, necessitavo una pausa (o un premio?). e poi, se proprio vogliamo dircela tutta, sto avvertendo un po' una loro carenza nel manga, quindi compensiamo così.
metteteci pure che quando ho visto il prompt toccare i miei occhi hanno cominciato a brillare, perché bro, dobbiamo dircelo, questo è davvero un gran buon svolgimento del compito. scusate, sono di parte (ma penso si sapesse, uhuh).
devo dire che comunque i prossimi capitoli saranno tutti abbastanza tranquilli e più o meno sulla scia di questo, perciò... yeah?
in ogni caso, spero che lettura continui ad essere di vostro grado, ci vediamo domani!
aria

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Capitolo 29
*** Scritto nelle stelle ***


Era come se ogni cosa fosse andata al posto giusto.
La tensione della battaglia ad est era andata via via scemando. C'era comunque ben poco da stare tranquilli, lo sapeva: potevano essere sorpresi da un nuovo attacco in qualsiasi momento.
Questo, però, non sembrava essere destinato a succedere, almeno non nell’imminente futuro. L’ansia di una nuova battaglia era stata sostituita dall’incertezza del non sapere quando e dove si sarebbe tenuto il prossimo scontro. Era logorante, e con ogni probabilità i loro nemici avevano scelto in maniera apposita quella strategia, così si sarebbero trovati con le menti indebolite, e colpirli sarebbe stato molto più facile.
Keigo aveva sospirato pesantemente. Era sera tarda, avrebbe fatto meglio a rientrare e andare a riposarsi, quei pensieri però continuavano a tenerlo sveglio. Così, aveva optato per una passeggiata nell’aria fresca della notte del sud.
L’estate era alle porte. I roseti in fiore davano mostra di tutto il loro splendore, e sull’erba del giardino la rugiada che si depositava la sera evaporava subito ai primi raggi di sole del mattino successivo, tanto erano caldi.
Era un clima così mite e sereno che portava a rilassarsi, ma tutti a corte ormai sapevano bene che, finché i conti con Dabi e il resto dei nemici non fossero stati chiusi, avrebbero fatto meglio a restare vigili.
Diverse squadre di ricerca erano partite dal castello. Le perlustrazioni si erano concentrate principalmente a nord, ormai palese alleato di quegli individui dalle capacità terrificanti che avevano attaccato la corona, tuttavia non era stato possibile trovare neppure una traccia minuscola. Come era stato riferito loro quando erano rientrati al castello, sembravano essersi volatilizzati nel nulla.
Non poteva essere così, però, Keigo ne era certo. Dovevano solo star attendendo l’occasione giusta e, quando meno se lo fossero aspettati, li avrebbero colpiti…
Un altro sospiro stanco era sbocciato sulle labbra del ragazzo. Se fossero riusciti ad arrivare fin nelle terre del sud, dubitava che sarebbero riusciti a respingerli.
Se fosse capitato qualcosa a Enji, o al resto della famiglia reale, non se lo sarebbe potuto perdonare.
C’era mancato veramente poco, ad est. Il re era stato messo in seria difficoltà dai poteri del suo avversario, e questo non poteva accadere di nuovo. Se solo pensava a quanto era stato vicino a perderlo…
Il ragazzo aveva serrato gli occhi per un momento. Non si trattava neppure di una questione dei sentimenti che provava per Enji, o forse anche di quello. In primo luogo, però, si era guadagnato il ruolo di servitore a corte per difendere la famiglia reale e, beh, c’erano davvero parecchie cose che poteva recriminarsi durante l’ultima battaglia.
Aveva sollevato nuovamente le palpebre, posando il proprio sguardo sulla magnifica porzione di cielo che poteva osservare da lì. Quella notte la visuale era limpida, mostrando la miriade di stelle che scintillavano, assieme, ovviamente, alla luna.
Il cielo migliore che avesse mai osservato era quello visibile dal palazzo reale, a sud, senza ombra di dubbio. Lì le stelle sembravano vicinissime, come se potesse toccarle con le dita.
Era stato da sempre affascinato dal cielo notturno. Lo aveva osservato a lungo anche a ovest, tuttavia non vi aveva trovato lo stesso fascino che riscontrava invece lì a sud. Gli piaceva osservare gli astri, sapeva perfino riconoscere alcune costellazioni, non sapeva però se per questo potesse definirsi un esperto.
Aveva puntellato i gomiti sul parapetto di pietra della terrazza, adagiando il mento sui pugni chiusi. Osservava quello spettacolo con espressione ammirata, quasi desiderando di potersi perdere all’interno di esso.
Ancora con lo sguardo perso rivolto al cielo, aveva sentito un tessuto pesante adagiarsi sulle sue spalle.
«Capisco che a sud l’aria si riscaldi molto più in fretta», aveva commentato una voce dietro di lui «ma la notte fa ancora piuttosto freddo. Tieni, copriti col tuo mantello.»
Keigo aveva sorriso di quella premura, stringendosi il mantello al corpo. Nel frattempo, una figura si era affacciata accanto a sé sul balcone, riempiendo l’aria con un calore gradevole.
«Non riesci a dormire senza averti al mio fianco, mio re?», aveva domandato Keigo, i grandi occhi dorati che luccicavano come stelle nella notte.
Enji si era stretto nelle spalle.
Rei era stata di parola. Dopo la conversazione di quel pomeriggio, aveva fatto approntare un’altra camera all’interno del palazzo, ritirandosi per dormire sempre lì. Keigo, invece, era stato progressivamente invitato dal re a riposare presso le stanze dell’uomo. Nessuno aveva ancora fatto caso alla cosa, erano stati piuttosto riservati in merito, ma sapevano che prima o poi avrebbero dovuto tirar fuori quell’argomento, soprattutto con i ragazzi. Non era giusto nascondere loro una cosa tanto importante.
Forse sarebbe giunto il momento opportuno, e allora ne avrebbero discusso tutti assieme.
«Ero in apprensione per te», aveva ammesso l’uomo. «Sei preoccupato?»
Keigo gli aveva rivolto un leggero sogghigno. «Lo siamo tutti, no?», aveva replicato.
Quello era poco ma sicuro. Finché le minacce al confine non fossero state risolte, sarebbe stato impossibile stare tranquilli. Il re, chiaramente, era quello con più problemi sulle spalle: era lui a doversi occupare di tutta la sicurezza del regno, e dopo lo scontro a est temeva che la fiducia in lui potesse calare. Sì, alla fine erano riusciti a limitare i danni, tuttavia portarsi in avanti era stato un azzardo fin troppo rischioso.
Keigo aveva visto lo sguardo di Enji incupirsi. Succedeva spesso, in quei giorni, e sapeva che a preoccupare entrambi erano quelle fiamme blu. C’era anche il potere di disintegrare ogni cosa che era stato accennato loro da Ryuko, però, e tra i due non sapeva quale fosse più temibile.
Il ragazzo si era spinto in avanti, posando un bacio leggero sulle labbra del suo re. Voleva che sentisse che era lì, accanto a lui, e che si sarebbe volentieri fatto carico di tutte le sue preoccupazioni.
«Il cielo stanotte è meraviglioso», gli aveva fatto notare. Con una mano aveva stretto il palmo dell’uomo, mentre l’altra si era distesa in direzione della volta celeste. «Lo vedi quel punto lassù? Quello è Saturno. Si vede incredibilmente bene, stasera…»
Enji aveva ridotto a una fessura lo spazio tra le palpebre, cercando di affinare lo sguardo per osservare meglio ciò che il ragazzo gli aveva indicato. Non era decisamente un esperto del cielo e quant’altro, se avessero chiesto a lui l’avrebbe scambiato per una stella un poco più grande. Keigo, invece, sembrava saperne molto di più di lui, e si era ritrovato a chiedersi se fosse una caratteristica comune a chi viveva nel regno dell’aria conoscere così bene gli astri.
«Non sapevo che te ne intendessi», aveva commentato il re. «E sentiamo, cosa ci leggi in questo cielo?»
Keigo si era portato le braccia dietro alla schiena. «Che sono perdutamente, irrimediabilmente innamorato di te», aveva ammesso, gli occhi dorati che fissavano l’uomo sognanti. «Visto? Anche le stelle sanno di noi.»
Enji aveva sbuffato, fingendo di essere spazientito.
«Sei davvero un piccolo insolente», aveva replicato, chinandosi su di lui. I loro volti, adesso, erano incredibilmente vicini.
Keigo gli aveva rivolto un sorriso scaltro. «Ah, sì?», aveva domandato. «Lo sei forse anche tu, allora, visto che sei pazzo di me?»
Enji aveva ghignato in risposta. «Rivolgerti così al tuo re è vilipendio», l’aveva schernito.
Il ragazzo aveva scosso appena la testa. «Nah», aveva replicato. «Dopotutto, io dico solo la verità.»
Questa volta, a baciarlo era stato Enji. Gli aveva scaldato le labbra con dedizione, mentre entrambi avevano chiuso gli occhi, così coinvolti in quel bacio. Il re gli aveva accarezzato tutta la schiena, dove lo sapeva essere particolarmente sensibile, e aveva lasciato che il ragazzo si stringesse a lui, emozionato. Keigo si era sollevato sulla punta dei piedi, aiutandosi un poco con la spinta delle piccole piume che gli rimanevano per restargli più vicino.
Separandosi, gli aveva lasciato un ultimo sbuffo di fiato caldo sulle labbra.
«Ci vieni adesso a dormire con me?», gli aveva chiesto l’uomo.
Gli occhi di Keigo l’avevano fissato, più intensi di qualsiasi stella. «Non potrei mai deludere una simile richiesta», aveva ammesso, con voce adorante.





notes

e dopo il capitolo 16, un grande ritorno con l'angolo delle ricerchine!
quando ho visto che il prompt di oggi era saturno mi sono impanicata perché "bro, ma nel medioevo erano a conoscenza di saturno?". l'ho inteso come pianeta, ovviamente, perché la divinità mi sembrava ancora più difficile da incastrare – se non erro nel 380 d.C. entra in vigore l'editto di Tessalonica, che proibisce i culti pagani. ho sempre detto di non volermi attenere alla storia in senso stretto perché, trattandosi di un fantasy, mi potevo prendere delle libertà, però almeno da questo punto di vista ho cercato di essere accurata. scartata la lettura del prompt in quanto divinità, rimaneva quella che riguarda il pianeta. facendo delle ricerche ho scoperto che era un pianeta già conosciuto nell'antichità, e che è visibile a occhio nudo, per cui mi sono detta che okay, ci sta metterlo così. l'unica perplessità che mi rimane è "chi ha dato al pianeta il nome saturno?", perché ho provato a cercare qualcosa ma stavolta non ho trovato niente. quindi sì, stavolta ho deciso di giocarmi la carta del "è un fantasy" e facciamo che il nome c'era già, lol.
e quindi niente, ci siamo beccatə questi due scemi che guardano le stelle ** e posso dire che secondo me lo scambio di battute sull'insolenza è la cosa più ic che abbia scritto su loro due finora? o meglio, diciamo che per buona parte della long ho rivisto molto di più il tipo di rapporto che hanno attualmente nel manga, invece qui potrebbero essere tornati tranquillamente ai primi tempi della loro conoscenza.
grazie come al solito a tutt
ə per aver letto, ci vediamo domani uu
aria

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Capitolo 30
*** La vera magia ***


Era stata forse la primavera più difficile della sua vita.
Il nuovo attacco pendeva sopra alla sua testa come una spada, e non aveva la più pallida idea di quando quest’ultima sarebbe calata.
D’altro canto, però, sapeva di avere al suo fianco il più dolce dei sollievi.
Avere Keigo a palazzo era un conforto immane. Sapeva che, se l’avesse saputo lontano, a cercare notizie sui loro nemici, sarebbe stato molto più in apprensione, e ragionare gli sarebbe stato difficile.
Come consigliere, aveva libero accesso alla sala del trono in qualsiasi momento della giornata. Lavoravano su delle grandi mappe del regno che erano riusciti a procurarsi, e tenendosi in contatto con chi stava cercando le tracce dei nemici a nord, valutavano quali potessero essere i punti da controllare, perché più adatti per nascondersi. Purtroppo, i grandi territori ghiacciati del nord erano vastissimi, e pattugliarli tutti stava richiedendo loro un’immensità di tempo, in compenso quelle lunghe giornate avevano il pregio di essere rese piacevoli dalla presenza di Keigo.
Chiudendo gli occhi, riusciva quasi a vedere la sua figura esile, china su un tavolo di legno, un compasso nella mano mentre misurava la distanza tra un luogo e l’altro. Di tanto in tanto, mentre ragionavano, il ragazzo sollevava il capo dalle carte, rivolgendogli un sorriso raggiante.
Era la vista migliore che Enji riuscisse a immaginare.
Di notte, poi, dormire assieme, tenendo il corpo dell’altro stretto tra le braccia gli faceva sentire il cuore un poco più leggero. Poteva dimenticarsi per qualche ora di tutti i problemi che li attanagliavano, e gli incubi sembravano solo lontani ricordi.
Non si era mai sentito così leggero come da quando Keigo era entrato così tanto a far parte della sua vita. Ogni cosa di lui lo affascinava: quella risata, simile a uno scampanellio, le piume rosse che tremolanti rimanevano tenaci attaccate al suo corpo, e poi i suoi occhi.
Occhi dorati, enormi e luminosi.
Di così belli non ne aveva mai visti, Enji ne aveva avuto la certezza fin dal primo momento in cui aveva incontrato quello sguardo tra la folla, a ovest. In essi, poi, aveva sempre visto così tanta ammirazione per la propria persona da non poter che sentirsene lusingato.
Per lui, la consapevolezza di avere Keigo al proprio fianco era fondamentale, perché non c’era nessuno al mondo in cui riponesse maggiore fiducia, né qualcuno che si fidasse di lui tanto quanto quel ragazzo.
E poi Keigo l’amava. Quella, in assoluto, era la più straordinaria delle cose.
Poteva avvertire quel sentimento intenso vibrare attraverso ogni parte del corpo del ragazzo.
Enji si era sentito così a lungo un mostro, aveva allontanato chiunque da sé coi suoi modi bruschi ritenendo di non aver bisogno della loro compassione, figurarsi l’affetto.
Con Keigo non era successo.
Giorno dopo giorno, aveva scavato la corazza durissima che il re aveva creato attorno a sé, riuscendo a scalfirla fino al punto in cui si era creato un angolino tutto suo nel cuore dell’uomo.
Esclusi i suoi figli, Keigo era il primo per cui aveva sentito di provare qualcosa di tanto intenso.
Sapeva che non sarebbe potuto essere diversamente, dopotutto. Non c’era nulla, in quel ragazzo, che non fosse amabile. Quando si voltava a osservare qualcuno, aveva sempre in volto un sorriso così luminoso da scaldare anche il più irriducibile cuore di ghiaccio.
Era una cosa così facile da credere. Tutto, in lui, sembrava scintillare, come i suoi occhi dorati.
Un ragazzo dal cuore d’oro, capace di far star bene chiunque lo circondasse.
Per la verità, Enji aveva sempre avvertito che in lui si celasse una sorta di incanto.
Ormai, tuttavia, era consapevole che il vero incanto aveva luogo quando erano assieme, loro due.





notes

il fatto di essere arrivata praticamente alla fine della trama mi dà modo di focalizzarmi maggiormente sui prompt, che sì, prima erano trattati, però ora forse se ne coglie di più l'impatto. a risentirne, però, è la lunghezza dei capitoli, che sì è visibilmente accorciata. pro e contro, insomma. non ho ancora capito se tutto questo sia un bene o un male, tbh.
il prompt di oggi era incanto e sì, stavolta ho dato fondo alla mia, di sottonaggine, e con forse un po' troppa indulgenza ho fatto una leggera sviolinata su Hawks, con tanto di chiosa (eccessivamente?) smielata. vbb, è andata così.
comunque. questo è il penultimo capitolo della storia, per cui
– ebbene sì signori – domani pubblicherò l'epilogo. c'è solo un piccolo dettaglio, sorto negli ultimi giorni e che, quando ho deciso di lanciarmi nell'impresa del writober non avevo minimamente messo in conto, ovvero che domani sarò tutto il giorno fuori casa perché vado al Lucca comics (torno dopo quattro anni, sniff). conto comunque di postare la sera, una volta tornata a casa – anzi, farò assolutamente così, non ho intenzione di interrompere la mia regolarità nella pubblicazione proprio ora che siamo arrivati alla fine –, però voi nel dubbio fate il tifo per me.
per cui posso finalmente
dirlo: ci vediamo domani sera con l'ultimo capitolo.
come sempre, grazie a tutt
ə per star accompagnandomi in quest'avventura çwç
aria

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Capitolo 31
*** Epilogo – un caldo pomeriggio d'estate ***


L’estate era la stagione del regno del fuoco.
In quel periodo, il sud si riempiva del profumo paradisiaco dei fiori, mentre il sole splendeva caldo nel cielo. La pelle degli abitanti del regno si tingeva di ambrato, e i viali si riempivano di voci allegre, passi leggiadri, vestiti soffici che svolazzavano leggeri nell’aria.
Dei nemici, nessuno aveva più avuto notizie. A quel punto, era probabile che Dabi e gli altri avrebbero attaccato con l’arrivo dell’inverno, quando chi aveva il potere delle fiamme sarebbe stato più in difficoltà a causa del gelo.
Era un pomeriggio mite e soleggiato. Enji sedeva solo nella sala del trono, lasciando che il silenzio lo colmasse.
In quei giorni, il palazzo ferveva di attività. I giardini del castello apparivano come i più rigogliosi esistenti, e tutti si prodigavano per riempirli di cure. Chi non aveva le capacità per occuparsene, si limitava semplicemente a girare tra di essi, godendo della loro bellezza.
Il re aveva avvertito alcuni colpi raggiungere la porta, e poco dopo questa si era dischiusa appena.
Sull’uscio, aveva fatto capolino il volto incorniciato da indomabili ciocche dorate di Keigo.
«Mi cercavi?», aveva domandato, incuriosito.
Sul suo volto c’era un’espressione dubbiosa. I suoi grandi occhi color oro scrutavano il re, cercando di carpirne l’umore.
«Sì», aveva confermato l’uomo, all’apparenza imperscrutabile. «Vieni pure.»
Keigo aveva chiuso il grande portone alle proprie spalle, per poi muovere passi svelti attraverso la stanza. Sentiva il lungo tappeto rosso scivolare sotto di sé, soffice.
Non aveva idea del perché Enji l’avesse convocato. Aveva provato a rintracciarne il motivo sul suo volto, tuttavia quel giorno appariva illeggibile.
Arrivato al cospetto del re, Keigo aveva fatto per inchinarsi, ma quest’ultimo aveva allungato una mano nella sua direzione. Il ragazzo aveva posato il palmo in quello dell’uomo titubante, e l’istante successivo l’aveva sentito attrarlo a sé.
Era stato sorpreso da quel gesto. Enji difficilmente era incline a lasciarsi sfuggire esternazioni romantiche dove, tecnicamente, chiunque avrebbe potuto vederli, ciononostante la vicinanza al suo re lo rendeva sempre grato, per cui non poteva che esserne lieto.
Aveva pensato che volesse parlare con lui mentre era in piedi, avere i suoi occhi dorati alla stessa altezza dei propri, invece quando aveva visto la mano posarsi in grembo era stato ancora più stupito. Nonostante un attimo di esitazione, si era comunque accomodato sulle sue gambe.
Keigo si era subito sentito al settimo cielo al pensiero. Aveva gongolato allegramente, per poi accoccolarsi contro il petto caldo dell’uomo.
«Mh», aveva mugugnato il giovane. «A cosa devo l’onore?»
Il re aveva affondato una mano tra i suoi capelli dorati. «Rei è in giardino a prendersi cura delle sue rose. Shoto, Fuyumi e Natsuo, invece, sono usciti per una passeggiata a cavallo», aveva spiegato. «Anche se fossero stati qui, però, non ti avrei comunque tenuto distante da me. Sono arrivato a un punto in cui ho deciso che mi farò una ragione di qualsiasi cosa la mia famiglia decida di pensare di me.»
Keigo aveva giocato distrattamente col colletto della camicia di Enji, passandoselo tra le dita. Quelle parole, era inutile negarlo, avevano suscitato in lui un’emozione fortissima. Non dovevano più nascondersi – Enji non voleva più farlo.
Un calore piacevole aveva iniziato a diffondersi nel suo petto, e Keigo si era lasciato pervadere da quella sensazione.
Enji sentiva la mente vuota come non gli capitava da mesi. Il peso leggero di Keigo sulle gambe era l’unica cosa che rimaneva ancora ad ancorarlo alla realtà, altrimenti aveva l’impressione che, fosse stato per lui, sarebbe potuto finire a galleggiare nello spazio.
«Non sapevo neppure che Rei coltivasse delle rose», aveva ammesso, con un tono un po’ amareggiato. Non aveva mai mostrato interesse per le passioni della sua consorte, al punto che a volte credeva di aver condiviso per anni il letto con un’estranea. Avevano raggiunto un accordo, che stabiliva che la famiglia di Rei avrebbe comunque potuto far valere la propria opinione in merito a decisioni future per il regno. La regina e i suoi figli avrebbero continuato a dimorare presso il castello reale, d’altronde però Enji non era mai stato intenzionato a impedirlo loro. Per il resto, lui e Keigo erano praticamente liberi di vivere la loro relazione come meglio credevano.
«Io sì!», aveva esclamato Keigo. «L’ho sentito dire da alcuni domestici. Non ho dubbi a immaginare che siano stupende!»
Enji era d’accordo con lui. Poteva quasi vedere davanti agli occhi le dita soavi di Rei sfiorare i petali di una rosa rossa, lasciando su di essa un leggero strato di brina e rendendola bellissima.
Keigo era rimasto ad ascoltare il cuore battere nel petto dell’uomo, con un ritmo regolare, quasi ipnotico. Avrebbe potuto continuare a farlo in eterno.
«Mio re», l’aveva chiamato piano, con quelle parole che erano scivolate fuori dalle sue labbra come un’abitudine che tornava a ripetersi. «Sei preoccupato?»
Enji aveva respirato profondamente. Era una domanda che, negli ultimi tempi, si era posto spesso anche lui. Gli era sembrato di aver attraversato una tempesta, e di essere rimasto in piedi per miracolo. Ora, però, nell’aria mite dell’estate, gli era parso quasi come se tutte le preoccupazioni potessero dissolversi nel nulla.
«No», aveva ammesso. «Io credo in te, Keigo. Finché ci resteremo accanto, nulla di male potrà accadere.»
Il ragazzo aveva sollevato il capo di scatto, sorpreso. Nei suoi occhi, grandi come tazze da tè, l’oro sembrava galleggiare, attraversato da miriadi di emozioni.
«Anche io credo in te, Enji, tantissimo!», aveva dichiarato, solenne. «Voglio restarti accanto per sempre. Affronterò con te tutte le sfide che il destino ci riserverà in futuro!»
Sul volto di entrambi era spuntato un sorriso tranquillo. Il re gli aveva accarezzato la fronte, per poi lasciarvi un bacio leggero. Poco dopo, le sue labbra erano scese appena più in basso, sfiorando adoranti quelle del più giovane.
Quando il nemico fosse tornato, li avrebbe trovati a combatterlo, insieme.
Dal fondo della stanza, due figure potevano essere viste sedute sul trono, distanti, felici.





notes

e... fine.
lo confesso, spuntare la casellina che indica che la storia è completa mi trasmette sempre un forte senso di soddisfazione, però stavolta vale un po' di più, perché è la long più lunga che abbia mai postato sul mio profilo, perché è su un fandom su cui non pubblicavo da anni e tra l'altro ci sono tornata con dei personaggi che non avevo mai trattato, perché finalmente sono riuscita a portare a termine il writober, una sfida che mi ero sempre prefissata di affrontare ma che poi, per un motivo o per un altro, saltava sempre, perché mentre sto editando (adesso sono le 18:45 del 31 ottobre 2021 e, oh, a proposito, buon halloween!) ho un mal di testa tremendo visto che stanotte non ho dormito e poi ho passato tutta la giornata in fiera a stancarmi. ah, che bella la mia vita.
per l'ultimo giorno il prompt era credere, e l'ho sfruttato parlando di quanto questi due credano l'uno nell'altro. per me questo è canon, gente, per cui non potevo fare diversamente.
lo confesso, sarà la stanchezza ma adesso che ho riletto mi son quasi commossa. sono felice di essere riuscita ad arrivare alla fine di quest'avventura, è stato bellissimo. tra l'altro, se ci fate caso, la storia è cominciata in autunno e insieme ai nostri due personaggi abbiamo attraversato tutte e quattro le stagioni, l'inverno, in cui esplode la loro passione (a discapito del clima freddo), la primavera con la battaglia e infine l'estate nella conclusione. sì, era voluto.
ringrazio tutt
ə quellə che si sono fermatə ad aprire la storia, spero che la lettura vi sia stata gradita. mi auguro tantissimo di poter tornare presto a pubblicare di nuovo su di loro, perché è stata un'esperienza che mi ha fatto tanto bene, loro mi fanno bene.
(anche se, lo dico da subito, non penso che questa long avrà un seguito. sì, la cosa dei nemici è morta un po' così, vbb)
un grazie va anche a fanwriter.it, al lavoro pazzesco che hanno fatto come sempre e alle liste fantastiche che mi hanno ispirata un sacco e mi hanno dato modo di postare finalmente una storia su endeavor e hawks, e di sconfiggere un sacco di miei pare!
vi ringrazio ancora, spero di ritrovarvi in futuro (e di non essermi dimenticata di aggiungere altro) ♥
aria

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