Hogwarts' Stories - ONE SHOT (future)

di GReina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I sogni si possono avverare - daisuga ***
Capitolo 2: *** Una storia che non racconteremo mai - kuroken ***
Capitolo 3: *** Tra amore e lavoro - iwaoi ***
Capitolo 4: *** Un indimenticabile addio al celibato - general ***
Capitolo 5: *** ...e le sue conseguenze - bokuaka ***
Capitolo 6: *** La sua più grande paura - sakuatsu ***



Capitolo 1
*** I sogni si possono avverare - daisuga ***


[per chi non avesse letto la longfic: durante il settimo anno ad Hogwarts di Daichi, Kuroo, Bokuto e co. è stata organizzata per loro una visita al Ministero della Magia in modo da capire cosa volessero fare una volta usciti da scuola nel mondo del lavoro. Durante questa visita negli Uffici Misteri Daichi, Kuroo e Iwaizumi hanno visto lo Specchio della Brame. Degli ultimi due si è scoperto il desiderio più grande, ma di Daichi no. Ecco quindi cosa ha visto il nostro caro Capitano!]

 

I sogni si possono avverare

I sogni si possono avverare.
Daichi l’aveva capito quando finalmente era riuscito a baciare Suga. L’aveva capito quando avevano deciso di andare a vivere insieme e l’aveva capito ancora quando si erano sposati.
La vita sua e quella di Koshi non erano sempre state delle più idilliache. Quella di nessuno lo è nella sua interezza. Avevano dovuto fare i conti con le discriminazioni omosessuali e soprattutto con i pregiudizi nel mondo magico così come in quello babbano. Suga aveva deciso di prendere una laurea in Scienze Pedagogiche e con quella era riuscito a diventare un maestro d’elementari. Molti bambini, tuttavia, scoprirono essere stati ritirati dalla sua classe solo a causa della relazione che l’insegnante aveva con Daichi. In parallelo, poi, certo Sawamura non poteva dirsi soddisfatto del proprio ambiente di lavoro. Essere gay e fare parte degli auror, gruppo dalla natura militare e conservativa, non era certo una passeggiata.
Ogni insegnante, con l’andare del tempo, otteneva più responsabilità e quindi più bambini da gestire, ma non Suga. Allo stesso modo, tutti i colleghi di Daichi concordavano su quanto fosse portato e promettente come agente, eppure restava sempre l’ultimo ad ottenere una promozione.
Dire che la cosa non pesava ad entrambi sarebbe stata una falsità, ma era pur vero che tutti quei problemi passavano in secondo piano ogni volta che Daichi rientrava in casa e trovava Suga ad aspettarlo. Sapeva che per suo marito era lo stesso, eppure mancava ancora qualcosa per rendere il tutto perfetto.
Capire cosa mancasse non era stato affatto difficile, soprattutto dal momento che superare la porta che portava all’Ufficio Misteri per raggiungere il Quartier Generale degli Auror ricordava sempre al castano cosa avesse visto all’interno di quelle strane e labirintiche stanze durante il suo ultimo anno di scuola. Per la precisione uno specchio e ciò che vi era riflesso all’interno.
“Vedo il modo in cui guardi i bambini, Koshi.” gli aveva quindi detto Daichi un giorno. Sperava che quella frase avrebbe aperto la questione, e così infatti aveva fatto. Era come se entrambi non stessero attendendo altro che mettere sul tavolo quella carta.
La loro prima adozione fu difficile. Sarebbe stato un bel problema provare ad adottare un bambino babbano. Avrebbero dovuto chiedere mille permessi e compilare il doppio delle scartoffie pur di tenere buoni i membri dell’Ufficio al Ministero che si occupava dello Statuto di Segretezza. Avevano deciso quindi di andare sul sicuro rivolgendosi ad un istituto per orfani magici.
Ancora una volta, i pregiudizi e la discriminazione avevano di molto rallentato le pratiche, ma nessuno si sarebbe mai potuto mettere tra loro e l’idea di costruirsi una famiglia.
A un anno da quando avevano iniziato a provarci, il loro primo figlio era tra le braccia di suo marito.
Non passò molto da quel giorno che decisero di dare a Jiro una sorellina e dopo di lei toccò ai gemelli.
“Non sono mai stato così felice…” sussurrò a un certo punto Daichi nel silenzio del soggiorno. Stava cullando Jou mentre Koshi faceva lo stesso con Nami. Suo marito gli sorrise, poi allungò una mano e poggiandogliela su una guancia invogliò l’auror ad avvicinarglisi per un bacio.
Lo zelo di entrambi li aveva infine portati ad avere successo nei rispettivi lavori e così erano arrivati promozioni e aumenti di salario, ma era un altro il successo a stare tanto a cuore ai due maghi: Daichi si era visto seduto su una poltrona nella tranquillità di casa propria con un compagno da amare e una numerosa famiglia da crescere, all’interno dello specchio. In quella realtà non aveva avuto importanza che fosse un auror o un netturbino. Sawamura sapeva che sarebbe stato felice in ogni caso, perché aveva la sua famiglia. Aveva il suo sogno.
I sogni si possono avverare, e quelli di Daichi lo fecero sicuramente.
 

n.a.
Ebbene sì, è molto corta. Giusto uno scorcio nella vita genitoriale della daisuga perché NON POTEVO non metterlo! Questi due non hanno fatto altro che addestrarsi ad essere genitori a scuola. Adesso non gli rimane che adottare gli orfani di tutta Londra (per cominciare)!
Spero vi sia piaciuta! Ci vediamo la settimana prossima con la kuroken!

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Capitolo 2
*** Una storia che non racconteremo mai - kuroken ***


Tags: kuroken, fluff, comico, romantico.
[per chi non avesse letto la longfic: nell’epilogo viene accennato che Kuroo fa una disastrosa proposta di matrimonio a Kenma e promette che non racconterà mai a nessuno quella storia. Be’, eccola qui!]

Una storia che non racconteremo mai 

Kuroo non aveva mai avuto bisogno di impegnarsi nelle cose per avere successo. Stava attento in classe – almeno quel tanto che Bokuto gli consentiva – e non doveva aprire libro il pomeriggio per svolgere il tema assegnato; svolgeva meticolosamente il suo lavoro e non doveva impazzire a fine settimana tra scartoffie rimandate e in attesa di essere revisionate. Nello studio, nel lavoro, così come nello sport e nello svago, Kuroo Tetsuro era da sempre stato abbastanza tranquillo. I traguardi che aveva raggiunto erano notevoli, ma l’ex grifondoro non avrebbe potuto dire in tutta sincerità di essersi impegnato davvero per ottenerli. Si era sempre ricordato tranquillamente dei propri appuntamenti senza il bisogno di un’agenda, si era sempre organizzato senza dover scrivere alcuna lista delle cose da fare. Che un compito fosse ridicolo o di estrema importanza, a Kuroo era sempre bastata la propria memoria per svolgere ciò che gli era richiesto. Massimo risultato con il minimo sforzo. Tutto questo cambiò quando – finalmente – riuscì a prendersi di coraggio e decise di fare la proposta a Kenma. Tenere semplicemente a mente le cose da fare, a quel punto, non gli era neanche passato per la testa. Pensare di non scrivere alcuna lista del materiale di cui aveva bisogno neanche un’opzione. Fu in questo modo che, senza neanche dirlo a nessuno tanto era stata l’impulsività del momento, prese carta e penna per iniziare ad elencare:
  • Comprare l’anello più spettacolare in gioielleria;
  • Ordinare crostata di mele in pasticceria;
  • Prenotare due posti al ristorante Nekoma;
  • Andare a lavoro (sigh);
  • Ritirare crostata;
  • Compare mazzo di fiori;
  • Cenare al Nekoma con Kenma;
  • Mangiare la crostata a letto;
  • Chiedergli di sposarmi.
Rilesse la lista più volte. Sembrava una bella lista. Si focalizzò sul primo punto ed il suo cuore iniziò a palpitare.
“Iniziamo.” si disse. “Lo sto facendo davvero!” non riusciva a crederci.
Uscì di casa che ancora Kenma dormiva. Non era difficile: il suo gattino, d’altronde, era una creatura notturna. Il suo pranzo era colazione per Kenma, la sua sera ancora pomeriggio. Il corvino raggiunse in fretta la gioielleria del quartiere. Entrando, la sua amica ed ex compagna di scuola Mika fu la prima a sapere dei suoi progetti.
“Sono così felice per voi, Tetsuro!! Devi assolutamente raccontarmi la sua reazione!” gli fece per l’ennesima volta quando – dopo un’ora e mezza impiegata per decidersi – la donna infine prese a confezionargli l’anello nella scatoletta di velluto rosso.
“Me lo vedo più felice per la crostata che per l’anello.” rise lui in risposta “Però sì, ti racconterò tutto.” anche Mika rise, poi lo spintonò indispettita.
“Kozume non sarà tipo da anelli, ma quello che simboleggia sono sicura che gli interesserà ben più di una torta!” Kuroo sapeva che aveva ragione, ma non per questo smise di stare al gioco, quindi rispose:
“Non conosci Kenma! In realtà è già da sempre sposato con la crostata alle mele, io sono solo l’amante.” salutò l’amica subito dopo e passò al secondo punto della lista.
“Eh sì!” disse alla torta al di là della vetrina apparendo – con tutta probabilità – come un pazzo da ricovero “Capisco perché Kenma ti ami più di me”. Chiese al pasticcere di mettergli da parte la più grande e carica di mele che avesse, poi andò via.
“Sei felice.” gli fece notare con un cipiglio di sospetto il suo collega Tsukishima. “Perché sei felice?” Tetsuro ampliò il proprio ebete sorriso.
“Ho appena ordinato la più bella crostata alle mele che ci sia. Ho prenotato due posti al Nekoma… ah, sì! E poi c’è questo.” infilò una mano in tasca e mostrò al biondo il suo contenuto. In realtà non vedeva l’ora di vantarsi da quando era entrato alla banca. Kei rispose con una smorfia.
“Oh, allora sei davvero felice.” Kuroo rise.
“Smettila di dirlo come se ti stessi facendo un torto!” lo spintonò “Tanto so che sei felice per me.” l’altro alzò agli occhi al cielo.
“Come dici tu.” rispose monotono, ma all’ex grifondoro non sfuggì lo spasmo delle sue labbra pronte a curvarsi in un sorriso.
Il lavoro non era mai stato tanto lento. A Kuroo sembrava quasi di perdere tempo, così continuava a fissare le lancette con avidità pregandole di correre più veloci. Quasi benedisse il folletto che gli rivolse la parola quando gli fu da questi chiesto un aiuto alle Camere Blindate. Una distrazione era proprio ciò che gli serviva e finalmente – dopo sei infinite ore – fu di nuovo libero di proseguire con il proprio programma salutando in fretta Tsukishima senza invidiare il suo doppio turno.
Ritirò la crostata, comprò i fiori e in un attimo era a casa.
Era nervoso. Tanto nervoso. Sentì la voce di Kenma provenire dalla stanza in cui faceva le live ed improvvisamente iniziò a sudare.
“Lo sto facendo. Lo sto facendo! Lo farò stasera!” osservò la torta e i fiori che stava reggendo, poi si morse il labbro.
“Lo sto facendo.” si ripeté ancora. Inspirò a fondo, si calmò e ripose dove doveva i due oggetti. Stava per irrompere nello studio del suo ragazzo per un saluto quando si rese conto di non volere che il suo gattino lo vedesse in quel modo.
“Come ho fatto a sudare così??” era davvero così nervoso? E se sì, perché? Credeva che il purosangue dalle punte bionde potesse volergli dire di no? C’era davvero quella possibilità??
Decise di dover fare una doccia ghiacciata quando quei pensieri iniziarono ad opprimerlo. Si spogliò, quindi, e si fece travolgere dal getto d’acqua. Si rilassò e rivestì, infine raggiunse Kenma davanti alla sua webcam.
“Buonasera, gattino.” gli disse baciandolo tra i capelli ben più calmo di poco prima. Ispirò forte il suo odore e non si stupì della risposta affretta dell’altro che non poteva staccare gli occhi dai monitor. Il corvino concesse uno sguardo veloce alla chat dei suoi fan e sorrise nel vedere in quanti lo stavano salutando. Ricambiò con affetto la premura di quella grande famiglia senza volto, infine avvertì Kenma che quella sera avrebbero cenato fuori e lo lasciò in pace a lavorare.
Si stese sul loro letto e lì prese a sorridere.
“Lo sto facendo.” si diceva ancora e ancora “Lo sto facendo!” infilò una mano in tasca con l’improvviso bisogno di fissare l’anello che aveva comprato.
Infilò una mano in tasca ed il suo cuore precipitò a picco, in ansia come non lo era mai stato in vita sua; talmente in ansia che gli sembrò quasi che il mondo stesse finendo.
Niente. Questo era il contenuto che vi trovò all’interno. Provò con la tasca a sinistra, poi nuovamente in quella a destra. Provò in quelle interne, in quelle dei pantaloni.
Niente.
Niente, niente, niente!!
Kuroo si alzò di scatto, improvvisamente di nuovo carico di sudore. Ci sarebbero probabilmente volute almeno altre due ore prima che Kenma finisse la live. Indossò le scarpe e corse all’ingresso.
“Gattino! Io esco!!” urlò dalla porta. Non sapeva se l’altro l’avesse sentito con cuffie e tutto il resto, ma se anche così non fosse probabilmente Kenma neanche si sarebbe accorto della sua assenza. Non doveva.
  • Gioielleria;
  • Lavoro;
  • Pasticceria;
  • Ristorante;
  • Fioraio.
Questi erano i luoghi da ripercorrere. Se solo Kuroo fosse stato più lucido avrebbe potuto ricordarsi che aveva ancora l’anello a lavoro. Se solo Kuroo fosse stato più lucido avrebbe potuto risparmiarsi perlomeno il viaggio in gioielleria.
“L’hai perso!!?” la reazione di Mika era l’ultima cosa di cui Tetsuro aveva bisogno, e ancor meno aveva bisogno di quell’idiota di Suguru che se la rideva lì accanto.
“Te l’ho venduto solo stamattina!” continuò l’amica “Che vuol dire che non lo trovi??”
“Rispondi solo alla mia domanda, Mika!” la donna sbuffò.
“Sì, Kuroo, sei uscito di qui con l’anello al sicuro nella tua tasca. Quella interna! Dopo che ti ho detto che era più sicura.” così improvvisamente il corvino ricordò.
“Cazzo. L’ho mostrato a Tsukki a lavoro.” corse fuori e in poco tempo aveva raggiunto la Gringott. Il biondo rise non appena lo vide.
“Te la sei fatta sotto?” gli chiese quando fu abbastanza vicino. Kuroo sventolò la mano per aria. Non aveva tempo per i falsi insulti del suo amico.
“Quando te l’ho mostrato l’ho rimesso in tasca, giusto?” gli chiese nel panico “Questa tasca, giusto?” si tastò l’esterna di destra, come ricordava. L’intelligente ex serpeverde non ci mise molto a capire la situazione e per tutta risposta rise senza neanche tentare di camuffare la cosa.
“L’hai perso?” chiese quasi balbettando a causa delle risa.
“Rispondi, Tsukki!”
“Ricordo a stento l’anello, vuoi che ti dica dove l’hai messo?” Kuroo non ci aveva sperato, ma non per questo fu meno brutto sentirsi dire che l’amico non sarebbe stato d’aiuto. Iniziò a guardarsi intorno cercando di fare mente locale e chiuse gli occhi sconfitto quando ricordò dov’era stato, poi i suoi pensieri parlarono ad alta voce grazie alle labbra di Kei.
“Se l’hai perso alle Camere Blindate è bello che andato. Hai idea di quanti anelli ci siano lì sotto?” il corvino però non si arrese. Scese nei sotterranei per cinque metri, poi dieci, venti, quaranta, cento, duecento.
Piagnucolò senza ritegno e senza vergogna quando la consapevolezza di quanto inutile fosse continuare a cercare in quel luogo lo assolse.
Passò al luogo successivo.
“Nessun anello, mi dispiace, signore.” gli rispose il pasticcere.
“Sono desolato, signor Kuroo.” fu la volta dell’uomo all’accoglienza del Nekoma e lo stesso accadde dal fioraio.
“È il destino.” si disse tornando sconfitto verso casa. “Qualche divinità ce l’ha con me.” continuò ancora mentre trascinava i piedi per strada. Avrebbe potuto smaterializzarsi ma non voleva. Avrebbe potuto evocare il proprio manico di scopa ma continuò a camminare.
Se solo Kuroo fosse stato più lucido, avrebbe notato i mille volantini attaccati ai muri con la denuncia del ritrovamento dell’anello. Se solo Kuroo fosse stato più lucido, avrebbe ricordato di essersi cambiato la giacca perché troppo sudata dopo aver fatto la doccia.
Raggiunse la sua porta di casa, si tolse le scarpe all’ingresso e si buttò depresso a faccia in giù sul divano. Kenma avrebbe dovuto essere ancora in live e Kuroo lo sapeva, o almeno lo avrebbe saputo se non fosse stato troppo impegnato a piangersi addosso.
“Tutto bene?” sentì chiedere alla voce del suo ragazzo.
“Ho avuto una giornata orribile.” fu la risposta attutita di Kuroo. Kenma sbuffò.
“Non me ne parlare! Ero nel bel mezzo di una live importante quando Lev ha rovinato tutto!” sebbene fossero passati tre anni da quando lo avevano adottato, Tetsuro non era ancora riuscito a convincersi che dare al loro gatto lo stesso nome del suo ex compagno di squadra tanto – a suo dire ma senza che nessuno ci credesse – disprezzato da Kenma fosse stata una buona idea.
“Che ha fatto questa volta?” chiese il corvino senza reale interesse e senza modificare la propria posizione.
“Ha rovinato la vita almeno a due persone, ecco cosa! Non puoi immaginare che cosa gli ho trovato tra i denti! È incredibile come continui a portare ogni genere di cianfrusaglia da fuori. Ho dovuto tappezzare il quartiere di volantini, ed ovviamente sono rimasto indietro con i livelli del gioco!” era raro che Kenma iniziasse a sfogarsi così, quindi Kuroo non poté fare a meno di sentirsi in colpa quando capì che per come si sentiva non avrebbe potuto neanche fingere interesse. Si voltò a guardarlo con ancora la morte negli occhi, e Kenma dovette essersene accorto perché corrucciando confuso gli occhi gli chiese con tono preoccupato:
“Tutto bene? Cosa ti è successo?” il corvino piagnucolò ancora, poi si sedette dritto.
“Non è giusto!” iniziò in quarta “Avevo preparato tutto alla perfezione! La torta, i fiori. Ho persino trovato due posti al Nekoma prenotando oggi stesso!” se non avesse avuto tanto da preoccuparsi per l’anello, si sarebbe vantato anche di questo con Tsukki.
“Ti avrei dato i fiori, poi ti avrei portato al ristorante!” continuò a lamentarsi “Ci saremmo ritirati a casa e ti avrei mostrato la torta, e poi… oh, e poi, gattino!” si afferrò la testa tra le mani e prese a fregarle infastidito continuando a urlare a mente “Uffa! Uffa, uffa!!”.
“Ti avrei mostrato la torta, e poi ti avrei fatto una domanda. Una bellissima domanda, gattino…” concluse mesto.
Se solo Kuroo fosse stato più lucido, si sarebbe accorto dell’espressione di Kenma. Se solo Kuroo fosse stato più lucido, si sarebbe accorto del lampo di compressione che passò nei suoi occhi prima che iniziassero a fissare Lev. Se solo Kuroo fosse stato più lucido, avrebbe visto l’altro alzarsi per raggiungere il comò all’ingresso. Infine, se solo Kuroo fosse stato più lucido avrebbe notato la scatoletta di velluto rosso che il suo compagno aveva tra le mani senza che questi avesse bisogno di chiamarlo.
“Kuroo…” aveva sussurrato. Il fiato di entrambi si bloccò alla vista di ciò che aveva tra le mani. “Non crederai mai a quello che ha portato Lev a casa, oggi… a meno che non l’abbia presa da camera nostra.” gli consegnò il piccolo oggetto; Kuroo lo fissò incredulo e vorace, poi deglutì. Guardò Kenma.
“Ti amo.” disse in un sussurro deciso. “Questa serata non doveva affatto andare così.” anche la voce di Kenma era ridotta a un sussurro quando rispose:
“Saltiamo tutto il resto. Saltiamo i fiori, saltiamo la cena. Saltiamo anche il dolce.” gli disse “Veniamo alla domanda.” il cuore pareva voler scappare via dai petti di entrambi, tanto che era quasi possibile sentire ad orecchio nudo i due battiti. Se quella mattina il tempo era trascorso lento e nel pomeriggio più veloce che mai, adesso l’orologio era come congelato. Tetsuro fissò Kenma negli occhi. Erano grandi, febbricitanti, forse con una vena d’ansia ma per tutto il resto d’eccitazione.
“Ti amo, Kenma.” ripeté ancora il corvino “Ti amo da quando eravamo piccoli. Ti amo da sempre. Ti amo in ogni forma.” aprì la scatola. Gli occhi di entrambi corsero al gioiello: semplice, sottile, ma con un inequivocabile promessa incisa al suo interno.
“Vuoi sposarmi?” gli occhi dello streamer si fecero lucidi ed in essi Kuroo poté vedere specchiati i propri.
“Sì.” furono le più magiche parole di sempre. “Sì, voglio sposarti.” ripeté. “Voglio sposarti!” esclamò ancora.
Si era cambiato la giacca. Ecco cos’era successo. Aveva sudato e mandato a monte la sua più grande organizzazione per una giacca. Kenma lo sposò felice, ma non smise mai di rinfacciargli ridendo quella giornata d’inferno.
“Mai.” intimò Kuroo a se stesso e al suo neofidanzato “Mai racconteremo questa storia ad anima viva.” il sorriso dell’ex corvonero non lo convinse per nulla, ma adesso erano fidanzati e – francamente – era l’unica cosa che importava per Kuroo.
“Kuroo.” fu ciò che pensò immediatamente dopo. “Kenma dovrà iniziare a chiamarmi per nome.” si disse tornando a sorridere a trentadue denti.
 
 

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Capitolo 3
*** Tra amore e lavoro - iwaoi ***


Tags: iwaoi, rating verde, sentimentale
[per chi non avesse letto la longfic: Iwaizumi era Grifondoro mentre Oikawa Serpeverde. Inoltre, vorrei premettere per tutti coloro che non hanno letto i libri che gli Indicibili fanno capo al Ministero della Magia e sono un po’ come le spie dei maghi inglesi. Buona lettura!]

Tra amore e lavoro

Tutte le paranoie, le ansie e l’angoscia che avevano dovuto sopportare negli anni di Hogwarts vivendo la propria relazione in assoluto segreto erano – dopo tanti anni – solo un ricordo. Oikawa ed Iwaizumi a volte vi ridevano sopra, ma senza in realtà troppo divertimento. Immediatamente dopo la fine degli studi, per loro andare a vivere insieme era stata una cosa ovvia e naturale. Avevano perso troppo tempo a nascondersi, e anche se così non fosse stato l’idea di vivere in due case separate era stupida e senza senso. Sapevano entrambi che sarebbero finiti per pagare delle inutili bollette in più dal momento che – una volta l’uno, una volta l’altro – avrebbero lasciato la propria casa inutilizzata per stare in quella del fidanzato. Si erano quindi comprati una villetta nello Yorkshire e lì vivevano tranquilli da cinque anni. Ormai da un paio di anni Oikawa aveva firmato un contratto con una squadra di Quidditch con sede in nord Inghilterra, i Puddlemer United, mentre Iwaizumi era un Indicibile da quando aveva finito l’apprendistato al Ministero. La distanza dei loro posti di lavoro da casa, tuttavia, non era mai stata un problema grazie al loro camino, quindi in tutta tranquillità i due avevano potuto godersi appieno quegli anni in compagnia dell’uomo della loro vita.
“Ottimo lavoro come sempre, Iwaizumi.” Hajime chinò la testa ringraziando il proprio capo per quelle parole.
“Faccio del mio meglio, signore.”
“Ed è il tuo meglio basta e avanza! Sei uno dei migliori sottoposti che io abbia mai avuto. Mizoguchi non poteva allenare Indicibile migliore.”
“Mi lusinga troppo, capo.”
“Non ho neanche iniziato!” esclamò sorridendo l’uomo, dopodiché gli indicò una delle due sedie poste davanti alla sua scrivania in un tacito invito ad accomodarsi.
-
La vita di Iwaizumi era perfetta. Si addormentava abbracciando Tooru e allo stesso modo si svegliava; preparavano insieme la colazione, ridevano e si insultavano come avevano sempre fatto; andavano ai rispettivi lavori ed era solo grazie al pensiero delle labbra dell’altro se Hajime resisteva alla monotona noia delle ore d’ufficio, quando non era sul campo. L’ex grifondoro non avrebbe voluto cambiare niente. Forse solo il cognome suo o di Tooru, ma per farlo avevano tutta la vita. Certo una promozione sarebbe stata sempre bene accetta e allo stesso modo un aumento di stipendio… o almeno così aveva creduto. Cercò di spiegare al proprio capo perché non avrebbe mai potuto accettare il nuovo incarico, ma quello gli fece presto capire che non aveva scelta. Rientrò quindi triste e depresso in casa, strascicando i piedi e tenendo lo sguardo basso, ma quando anche Tooru si lasciò alle spalle le fiamme del camino tentò di mascherare le proprie emozioni dietro un sorriso. Si diedero un bacio come al solito, poi Oikawa iniziò a raccontare entusiasta la propria giornata. Iwaizumi lo ascoltò come ogni giorno felice e rapito, eppure c’era qualcosa di particolare, quella volta, che per quanto si sforzasse davvero non riusciva a decifrare.
“E la tua giornata?” si interessò, ma Hajime rispose con altro:
“Perché invece non mi dici qualunque cosa spasimi dalla voglia di dirmi?” gli chiese divertito dopo un po’. Oikawa lo guardò con un broncio ed Iwaizumi era sicuro fosse perché risentito di essere stato letto tanto bene.
“D’accordo, tanto non resistevo più!” saltellò sul posto eccitato mentre gli occhi gli diventavano ancora più luminosi: “I Tutshill Tornados vogliono scritturarmi!!” urlò più felice che mai. Iwaizumi rimase di sasso e non riuscì a dire nulla per due secondi buoni. Oikawa era talmente esaltato da non rendersene conto.
“Oh, mio dio!” esclamò Hajime alla fine “Tooru, è magnifico! Ci sei riuscito!!” Oikawa tifava per loro da che ne avesse memoria. Diventare il loro cercatore e battere il record di Roderick Plumpton nell’afferrare in fretta il boccino era il suo più grande sogno sin da quando a quattro anni i suoi genitori gli avevano regalato il suo primo manico volante.
“Sono così felice per te!” lo abbracciò forte e lo tenne stretto mentre un buco nero sembrava nascergli nel petto.
“Non vedo l’ora di dirlo a mamma e papà! La stagione finirà tra poco e allora potrò iniziare ad allenarmi con la nuova squadra! Potrò arrivare solo fino a un certo punto col camino e poi dovrò prendere una passa-porta dato che la sede è in Galles, ma non importa! Sono così felice che sarei anche disposto a svegliarmi ogni giorno alle quattro del mattino per arrivare in tempo!” Iwaizumi sorrise ancora, felice per il proprio compagno, eppure pian piano il proprio sorriso abbandonò i suoi occhi.
“Ora mi racconti la tua giornata?” continuò Oikawa.
“Ah,” avrebbe voluto lanciare quella esclamazione con fare annoiato, eppure gli venne fuori con voce tremante “niente di che, sai, la solita noia.” fu allora che altro sembrò accorgersi del suo strano comportamento.
“Certo…” disse sospettoso seguendolo mentre Hajime si spostava in cucina.
“Iwa-chan, possiamo smetterla?”
“Che intendi?” chiese fingendo di non capire ed ostinandosi a non guardarlo negli occhi. Oikawa lo afferrò per un braccio e lo costrinse a girarsi verso di lui. Iwaizumi gli sorrise ancora, ma subito Tooru lo fece tornare serio:
“Non abbiamo imparato niente a scuola? Nasconderci le cose non porta mai a niente di buono. Quindi smettiamola di fare come in tutti quei melensi film babbani in cui i protagonisti stanno per dire una cosa contemporaneamente, poi uno parla per primo e l’altro rimane fregato. Perché poi tutto il resto del film è sempre un casino!”
“Questo però non è un film.”
“Infatti.” rispose l’altro serio “Quindi dimmi cosa c’è.” Hajime sospirò prima di passarsi una mano sul volto e distogliere ancora lo sguardo.
“Non posso farlo, Tooru. Sistemerò le cose, non ti devi preoccupare.” l’altro lo afferrò meglio per il bavero; la felicità di poco prima del tutto sparita dal suo volto.
“No. Affrontiamo le cose insieme, come abbiamo sempre fatto.” Iwaizumi allacciò il proprio sguardo al suo e davvero non riuscì a tacere oltre.
“Mi hanno offerto una promozione.” l’espressione dell’altro si distese, poi divenne confusa: probabilmente si stava chiedendo come mai, allora, Iwaizumi fosse tanto devastato.
“Più che offrirmela in realtà me l’hanno imposta…” precisò “non ho altra scelta che accettare.” sospirò tremante mentre il buco nel suo stomaco si allargava.
“Tooru, mi trasferiscono all’estero.” Oikawa incassò il colpo mentre – Iwaizumi lo sapeva bene dal momento che aveva avuto la sua stessa reazione – la sua testa iniziava a pensare a come poter conciliare la cosa con loro due.
“Non… non si tratta di una breve distanza.” disse, anche se “usare camino e passa-porta non basterà” era quello che pensava realmente.
“Ma perché?” fu la domanda dell’ex serpeverde “Perché devono trasferire proprio te!” in quanto Indicibile non sempre Iwaizumi poteva raccontare del proprio lavoro ad Oikawa, e lui lo sapeva bene.
“La situazione è delicata e… il mio capo non vuole mandare nessun’altro.” dovette accontentarsi di quella risposta. Passarono alcuni secondi che ad Hajime sembrarono ore prima che Oikawa si muovesse ancora, e lo fece annuendo lentamente.
“D’accordo. Be’, è una cosa improvvisa, però d’accordo. È un incarico a tempo indeterminato? E che clima fa dove andiamo? Dovrai aiutarmi a fare la valigia! Sai quanto entro nel panico quando non so cosa portare!” rise tirato.
“Cosa?” non poté impedirsi di chiedere Iwaizumi “Ma di cosa stai parlando! Non ti chiederei mai di seguirmi! Soprattutto non dopo la notizia dei Tornados!” l’altro rise, ma divertito, non sarcastico, intenerito, non sprezzante. Gli si avvicinò e prese ad accarezzargli una guancia mentre con l’altra mano gli circondava i fianchi.
“Iwa-chan, tu sei pazzo se credi che io non verrò con te.”
“Giocare per loro è il sogno di tutta la tua vita, Tooru.”
“Il mio sogno è vivere con te. Amo te e amo il Quidditch. Potrò giocare anche all’estero, ma non riuscirei mai a vivere qui senza di te. La scelta è semplicissima.”
“Ma-”
“Nessun ma.” venne subito interrotto “Tu non faresti lo stesso per me?” Oikawa lo guardò con una vena preoccupata mal celata nello sguardo, così Hajime si diede dello stupido: era così semplice se visto da quel punto di vista!
“Certo.” rispose senza esitazione, quindi Oikawa sorrise e lo baciò.
“Allora? Dov’è che andiamo?”
“In Argentina.”

 
n.a.
Tutshill Tornados sono una squadra gallese fondata nel 1520. Nel XX secolo hanno vinto il campionato per cinque volte consecutive. Il giocatore più famoso di questa squadra è stato il cercatore Roderick Plumpton, che nel 1921 ha stabilito il record inglese per la cattura più veloce del Boccino: tre secondi e mezzo.
Mi sono sembrati una squadra adatta per Oikawa e impuntarsi di battere il record di tre secondi e mezzo è proprio da lui!

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Capitolo 4
*** Un indimenticabile addio al celibato - general ***


[per chi non avesse letto la longfic: ad Hogwarts Bokuto, Kuroo, Daichi e quasi tutto il resto delle persone che si vedranno in questa OS erano compagni di Casa, insieme tra i Grifondoro. È così che sono diventati amici. Altri (es. Sakusa e Atsumu) si sono avvicinati a Bokuto successivamente.]

Un indimenticabile addio al celibato

Con i due gemelli appena arrivati ad allargare la loro famiglia, Daichi era felice, quella sera, di potersi prendere una pausa dal chiasso dei suoi quattro bambini. L’ex caposcuola, infatti, era stato invitato dai suoi vecchi compagni di Casa per festeggiare insieme l’addio al celibato di Bokuto e Sawamura non si era certo fatto pregare, felice di quella pausa ed entusiasta di poter rivedere i suoi vecchi amici. Tuttavia, mentre entrava nel pub dove si sarebbe svolta la festa, non poté fare a meno di sentirsi in colpa per aver lasciato Suga totalmente da solo a casa con le loro piccole ed amate pesti mentre lui si divertiva spensierato.
Non sapeva che da lì a poco si sarebbe del tutto ricreduto.
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Bokuto e Kuroo, con tutto il chiasso che stavano facendo, furono i primi ad essere avvistati da Daichi. L’auror si avvicinò a loro con un sorriso e per poco non soffocò quando il futuro sposo lo strinse in un abbraccio mozzafiato. Si congratulò nuovamente con Bokuto per la proposta e stava giusto per chiedere a Kuroo come stesse Kenma quando l’arrivo di Iwaizumi fece distrarre il gruppo.
“Mi dispiace, purtroppo non sono riuscito a scollarmi di dosso questo parassita prima di venire.” il loro vecchio compagno di dormitorio indicò dietro di sé, così tutti poterono accorgersi di Oikawa che salutò allegramente urlando:
“Yahoo!” lui e Iwaizumi erano usciti allo scoperto solo l’ultimo giorno dell’ultimo anno, quindi nessuno di loro aveva avuto occasione di conoscerlo bene, ma lì tutti erano patiti di Quidditch e si dissero immediatamente contenti di avere il campione dell’Argentina lì con loro.
“A proposito, com’era lì?” Daichi si staccò dalla discussione sportiva chiedendo quello ad Iwaizumi che rispose entusiasta raccontando per quanto poteva del proprio lavoro ma soprattutto della vita sua e di Tooru. Vennero interrotti solo due volte: la prima per l’arrivo di Hinata e la seconda per Oikawa che alzando la voce insultava il rosso dicendo:
“Potrei vantarmi molto meglio di tutti i record nazionali che ho battuto se Tobio-chan fosse qui! Perché diamine non l’hai portato!?” Hinata arrossì e poi balbettante chiese:
“P-Perché avrei dovuto??”
“Lascialo stare,” fu l’intervento di Iwaizumi “è convinto che sia normale per i fidanzati degli invitati imbucarsi ad una festa come ha fatto lui.”
“M-Ma!” urlò il più piccolo scioccato “Io e Kageyama non siamo una coppia!” seguirono diversi secondi di silenzio assoluto rotto solo dal vociare confuso e distante degli estranei, così Shoyo si sentì in dovere di continuare “Solo perché ci baciamo e facciamo sesso non vuol dire che stiamo insieme!” il gruppo rise.
“Aah,” fece Oikawa “siete ancora in quella fase.”
“Non è nessuna fase!” provò a difendersi il cacciatore.
“Passate le vacanze insieme?” chiese Kuroo
“Sì, ma-”
“Avete conosciuto la famiglia dell’altro?”
“Sì, ma non vuol dire-”
“Siete mai partiti dividendo una camera di hotel?”
“L’abbiamo fatto da scopamici!”
“State insieme.” tutti annuirono alle parole di Kuroo ed erano talmente convinti che Hinata non poté neanche provare a ribattere ulteriormente. Passarono presto ad altro, comunque, perché immediatamente dopo li raggiunsero Yamamoto, Noya e Tanaka che – con tre bottiglie in mano per uno – subito esclamarono:
“Perché ancora nessuno sta bevendo!??” e da allora tutto fu caos. Era bastato che Kuroo e Bokuto ingurgitassero due drink per far capire a Daichi che rimanere a casa da solo con quattro bambini piccoli sarebbe stato più gestibile di quello. Sospirò già pronto a dover prendere il comando ma – conscio che non ci sarebbe mai riuscito da solo – si voltò prima verso Iwaizumi chiedendo:
“Mi darai una mano tu stasera, vero? Come ai vecchi tempi.”
“Non contare su di me, amico.” Daichi spalancò gli occhi sorpreso e spaventato di quella risposta.
“Perché no!?”
“Sono in vacanza.” fu la semplice risposta “E questo è il modo in cui passerò la mia serata.” sollevò un bicchiere di whisky incendiario e dopo aver fatto un cenno verso di lui lo finì in un sol sorso.
“Che cosa ho fatto per meritare questo…” mormorò Daichi a se stesso pentendosi amaramente di non essere rimasto a casa a cambiare pannolini.
-
La situazione era surreale. Quel pub era frequentato solo da maghi, quindi almeno Daichi non dovette preoccuparsi del fatto che con la loro magia i suoi amici rischiassero di infrangere lo Statuto di Segretezza, ma non per questo all’ex caposcuola fu concesso di rilassarsi.
Noya e Tanaka erano riusciti a convincere Hinata – un fino a quel momento astemio Hinata – a provare per la prima volta i superalcolici, e il risultato non era stato affatto carino. Daichi era dunque intento a reggere la fronte al cacciatore mentre questi vomitava l’anima quando Bokuto si tolse la toga ed annunciò che l’avrebbe bruciata. Sawamura sospirò e, abbandonando per un momento il più piccolo del gruppo, andò a convincere il futuro sposo a rivestirsi. Superò poi Oikawa ed Iwaizumi accorgendosi a malapena che il primo stava tentando di rimorchiare suo marito mentre il secondo lo rifiutava annunciando di essere sposato e raggiunse il titolare del posto assicurandogli che nessun’altro entro fine serata si sarebbe denudato.
“Vorrei solo poterne essere sicuro…”
Daichi ebbe un brevissimo momento di speranza, comunque, quando i membri dei Black Jackals fecero il loro ingresso.
“Non contare su di noi.” le parole di Barnes riportarono l’espressione di Daichi a disperata “Amiamo troppo vedere Bokuto ubriaco per impedirgli di fare cazzate!” fece una pausa per guardarsi in giro, poi aggiunse: “A proposito, Atsumu è già arrivato?” e sempre in cerca di quest’ultimo scomparve tra la folla. Le speranze di Sawamura si concentrarono quindi sul secondo membro della squadra che si ritrovò a tiro, Inunaki, il quale però rispose:
“Vedi per caso Meian da qualche parte?” scosse il capo “Il Capitano oggi non potrà venire, quindi rassegnati.” si voltò verso il resto dei propri compagni e allargando le braccia annunciò contento:
“Papà non c’è, puttanelle!!” seguirono esclamazioni eccitate e gioiose talmente forti da coprire del tutto il gemito rassegnato dell’ex grifondoro.
“Suga, amore mio… prometto che farò tutto ciò che è in mio potere per tornare da te sano e salvo.” disse mentalmente preparandosi per la guerra.
-
E da lì in poi la situazione non poté che peggiorare, complice il fatto che Kuroo – da buon testimone dello sposo – aveva lasciato il conto del bar aperto per permettere a tutti gli ospiti di servirsi a volontà di alcol.
“Maledetto Kodzuken e tutti i suoi soldi…” si ritrovò a dire a denti stretti Daichi, al ché Tetsuro indignato rispose sbiascicando le parole:
“Hey! Anche io guadagno!!” e l’auror lo sapeva bene… solo che ancora non capiva come la Gringott si fosse convinta a dare un lavoro all’uomo dagli atteggiamenti più ambigui che Daichi avesse mai conosciuto.
L’arrivo di Sakusa Kiyoomi e Miya Atsumu non migliorò affatto le cose.
“Non potresti tenere d’occhio almeno il tuo ragazzo?” Daichi supplicò il misofobo solo un paio d’ore dopo il loro arrivo.
“È già tanto che io sia ancora qui. Non chiedermi altro.” e tornò a bere la sua acqua tonica.
A quanto sembrava, Sawamura Daichi non aveva speranze di incontrare qualcuno disposto a dargli una mano, quindi si rimboccò ancora le maniche e tornò ad assicurarsi che nessuno morisse.
“Ora stai meglio?” chiese gentile ad Hinata a seguito di un’altra raffica di vomito. Il rosso lo guardò con un sorriso di scuse ed annuì.
“Grazie, Daichi-san.”
A quasi quattro ore dall’inizio di quella festa infernale, l’ex caposcuola credette che le cose sarebbero iniziate a calmarsi: tutti erano più ubriachi che mai, ma almeno adesso troppo fiacchi per fare alcunché. Il peggio, quindi, si era ridotto ad essere il gruppo dei Black Jackals che rideva degli altri senza ritegno ed Atsumu e Oikawa che litigavano a gran voce riguardo a chi fosse più sexy tra Sakusa ed Iwaizumi.
Daichi ebbe appena il tempo di prendere un ampio respiro e gettare fuori l’aria con stanchezza quando la situazione prese a precipitare ancora una volta.
“NON AVVICINARTI!” gli occhi dell’auror intercettarono a malapena Atsumu correre verso una cameriera, e non capì cosa stesse facendo fino a che non fu troppo tardi. Il cercatore dei Black Jackals, infatti, aveva appena placcato la minuta donna del posto senza nessun motivo apparente. Gran parte dei suoi compagni risero, alcuni ripresero la scena con i cellulari, ma fu solo Daichi ad andare in soccorso della malcapitata avendo modo, così, di sentire anche l’assurda spiegazione del biondo:
“Che nessuno si avvicini a Omi! Non so bene perché… ma so che non potete toccarlo!” Daichi aggrottò la fronte mentre aiutava la cameriera a rialzarsi.
“Sakusa è a tipo cinque metri di distanza, Miya!!” il suo interlocutore lo guardò confuso, poi aggiunse:
“È comunque troppo vicino.” poi corse verso il suo ragazzo e allargando le braccia verso gli altri gli disse:
“Tranquillo, Omi-Omi! Ti faccio scudo col mio corpo!”
“Dio,” rise Inunaki “questo varrà oro per la Gazzetta dello Sport!” fece una foto al proprio cercatore a braccia aperte e raccomandò il resto della squadra di non vedere il materiale di quella sera per meno di duemila galeoni.
Daichi, comunque, non aveva il tempo di alzare gli occhi al cielo per l’infantilità di quegli uomini, né per godersi uno di quei rarissimi sorrisi che Sakusa Kiyoomi riservava solo per le stupidate del proprio ragazzo. Si diresse invece verso il proprietario del pub che – più infuriato che mai – stava guardando proprio in loro direzione. Si inchinò più profondamente di quanto non avesse mai fatto e lo pregò ancora una volta di non buttarli fuori. Non voleva neanche immaginare quanto l’umore di Bokuto si sarebbe abbassato se altrimenti fosse successo.
Alla fine, fu solo una la soluzione possibile e dieci minuti più tardi i più sobri stavano facendo spostare il resto di loro in una sala privata e divisa dal resto degli avventori.
“Amore, va tutto bene?” Suga gli rispose tranquillo in quel modo, al telefono, quando l’auror decise di ricaricare le batterie sentendo la sua voce. In risposta, Daichi sospirò stanco.
“Chiamo giusto per dirti che io e te abbiamo già fatto il regalo di nozze a Bokuto.” suo marito rise.
“Cos’ha rotto?” chiese divertito immaginando che l’altro si riferisse a qualcosa che aveva dovuto ripagare.
“Il pub, praticamente!” fu l’esasperata risposta. “Ti giuro, non vedo l’ora di insultare tutti quanti insieme a te! Sono stato costretto ad affittare una stanza privata per tutti quanti per convincere l’oste a non buttarci fuori. Non voglio neanche dirtelo quanto ho speso.”
“Be’, Momo ha appena rotto l’ultimo oggetto di valore che avevamo in casa, quindi è davvero meglio se non me lo dici!” Daichi si concesse di ridere, ma presto dovette tornare alle sue incombenze da babysitter che aveva sperato di aver abbandonato definitivamente con la fine della scuola.
-
Nell’arco delle due ore successive: i Black Jackals avevano aperto una serie di scommesse; Iwaizumi aveva ceduto alle avance di Oikawa sfociando in quelli che – se solo fossero stati ancora nella stanza accanto – sarebbero senza ombra di dubbio stati definiti atti osceni in luogo pubblico; Tanaka aveva iniziato a fare da spalla a Yamamoto e adesso entrambi stavano tentando di far rimorchiare al secondo quella che non sapevano essere solo una silhouette di cartone a forma di donna; infine, Tomas aveva vinto una delle tante scommesse: “Non lo conosco, ma scommetto che il testimone di Bokuto sarà il primo a farsi male.” ed infatti il futuro sposo era corso da Daichi terrorizzato avvertendolo che Tetsuro stava per picchiarsi con un brutto ceffo che l’aveva preso di mira, l’auror era corso nella sua direzione ed era arrivato appena in tempo per vedere Kuroo prendere la rincorsa per poi dare un forte colpo ad uno specchio a figura intera che si infranse in mille pezzi facendo sanguinare il corvino ubriaco. Tagli e sbucciature, comunque, erano all’ordine del giorno a casa Sawamura-Sugawara, quindi erano bastati pochi secondi a Daichi per rimettere in sesto il testimone grazie alla magia. Riparò anche lo specchio e sperò che l’altro avesse capito che la persona losca al suo interno altri non era che se stesso.
Fu a quel punto che l’ex capitano guardò l’orologio: erano le tre di notte.
“Un’ora.” si disse “Lascerò che si divertano ancora per un’ora. Dopodiché potrò chiamare Akaashi e saranno un problema suo.”
Dovette pensare ancora al vomito di Hinata e al tavolo che andava in fiamme mentre tutti reagivano in ogni modo possibile tranne che coerentemente: c’era chi fissava impassibile, chi rideva, chi vi gettava alcol e chi in mutande sventolava le fiamme usando la propria tunica. Infine, Daichi estrasse la bacchetta e recitò: Aguamenti. Fu allora che decise che per quella serata – o forse per un’intera vita – aveva già fatto anche troppo.
“Adesso è un problema tuo.” raccolse in fretta la giacca e disse con urgenza quella frase ad Akaashi. Poi gli mise una mano sulla spalla e, stringendola appena, aggiunse: “Ah, e congratulazioni per il fidanzamento.”
===

Certo Akaashi non poteva dire di non essere stato avvertito riguardo a cosa stava andando incontro decidendo di sposare Bokuto. Avrebbe voluto essere più sorpreso di ricevere la telefonata di supplica di Sawamura, ma la verità era che ogni tavolo incendiato da ripagare, ogni goccia di vomito del povero Hinata da ripulire… ogni problema da dover affrontare – piccolo o grande che fosse – valeva la pena di essere vissuto se bilanciato con la prospettiva di passare il resto della vita con quell’esuberante quanto dolce e romantico cacciatore.
Fu con quella mentalità, quindi, che Keiji riuscì a gestire i quantomai ubriachi amici del suo fidanzato per tutta la notte. Certo, era stancante, tanto che non era del tutto certo di essere riuscito a rimanere sveglio per tutto il tempo e la mattina dopo, poi, l’ex corvonero non era riuscito a lasciare il letto se non dopo mezzogiorno. Cercò Bokuto per tutta la casa, appena sveglio, strascicando i piedi ancora insonnolito, e fu infine grazie al rumore della televisione che lo trovò. Era seduto a gambe incrociate a terra, vicino allo schermo, e da lì stava guardando il notiziario. In quel momento Bokuto gli dava le spalle, quindi fu solo quando Akaashi lo salutò che l’altro si accorse di lui.
“Giorno.” sbiascicò con uno sbadiglio. Kotaro si voltò e solo allora il corvino poté notare il suo solito broncio dei momenti depressi. Il labbro all’infuori ed i capelli afflosciati erano adorabili come sempre, ma certamente non fermarono l’altro dal volerlo far tornare felice.
“Che succede?” si preoccupò. Il giocatore indicò lo schermo e mormorò sconsolato:
“Che genere di mostro farebbe una cosa simile?” Akaashi prestò quindi attenzione al notiziario dove una donna babbana stava annunciando al tg locale:
“Risale a stanotte il rapimento di un cucciolo di Labrador.” il corvino si avvicinò alla televisione con un cipiglio confuso in viso:
“Perché mai qualcuno dovrebbe voler rapire un cane?” stava per dire, ma le parole gli morirono in gola quando notò cosa Bokuto avesse tra le braccia.
“Kou… da dove viene quel cane”.

 
n.a.
Ho citato diversi oggetti babbani dando per scontato che li usino tutti i giorni perché penso sia assurdo che i maghi non usino la tecnologia. Ancora ancora potrei capire negli anni ’90 (quando è ambientato HP), ma non so – tra natibabbani e mezzosangue – non ce li vedo a rinunciare del tutto a televisori e cellulari. Spero che la cosa non vi abbia fatto apprezzare meno la storia!

P.S.
Atsumu che da ubriaco impedisce a tutti di avvicinarsi a Sakusa non ricordando esattamente perché deve farlo è un’idea tutta di LorasWeasley!! Se volete farvi quattro risate leggendo di iwaoi e sakuatsu in un doppio appuntamento e tutti e quattro ubriachi come spugne, vi consiglio di passare dal suo profilo e leggere “La cena”!
Ci vediamo sabato prossimo con le “conseguenze” di questo addio al celibato! Non abbiamo ancora finito con la bokuaka ;)

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Capitolo 5
*** ...e le sue conseguenze - bokuaka ***


[per chi non avesse letto la OS precedente: la festa alla quale Akaashi si riferisce è l’addio al celibato di Bokuto. Quando Akaashi gli dà il buongiorno la mattina dopo, scoprono entrambi che la notte precedente – ubriaco – Bokuto ha rapito un cucciolo di cane].

...e le sue conseguenze 

Dunque, il fatto è questo: per molto tempo la vita di Akaashi era stata semplice e abitudinaria. Certo, era nato mago in una famiglia di babbani, e già solo questo normalmente sarebbe bastato per costargli il titolo di “persona semplice”, ma Keiji non la vedeva in questo modo. Dopo aver compiuto cinque anni la magia involontaria era entrata a far parte della sua vita prendendo – com’è ovvio – tutti di sorpresa in famiglia, ma il bambino dai capelli corvini ci aveva messo poco ad accettare la cosa e – col tempo – a controllarla. Aveva continuato a frequentare la scuola babbana, poi era passato a quella magica. Il suo carattere calmo ed introverso non l’aveva aiutato a farsi molti amici, ma per Keiji non era un problema. Tranquillo e meticoloso come era sempre stato, si era piuttosto occupato di ambientarsi in quel magico nuovo mondo e in questo modo costruirsi una nuova routine sgombra da stressanti sorprese. Aveva undici anni, eppure era del tutto sicuro di conoscere i propri desideri e di volere davvero la vita tranquilla che si prospettava davanti a lui.
Tutto cambiò con i suoi dodici anni. Era entrato in guferia allo stesso modo in cui aveva fatto innumerevoli altre volte, ma ne era uscito cambiato. Bokuto si era schiantato a forza nella sua vita, quasi fosse un uragano che il meteo non era riuscito a prevedere, ma era ben lungi dal fare gli stessi danni. Invece, tutto quel trambusto gli aveva migliorato l’esistenza.
Senza Koutaro, Akaashi non avrebbe mai saputo quante cose gli mancassero per essere felice. Il grifondoro aveva invaso la sua routine e adesso il corvino pregava ogni giorno affinché non ne uscisse.
Da quel giorno, quindi, le abitudini di Keiji avevano iniziato a modificarsi plasmandosi ai bisogni del suo nuovo amico. Non era stato affatto difficile, ed anzi lo faceva sentire più vivo. Se prima il corvonero avrebbe potuto elencare con sicurezza ogni singola cosa avrebbe fatto in giornata, dall’arrivo di Bokuto non ebbe più idea di cosa aspettarsi. Avrebbe potuto passare l’intera giornata a leggere sul divano della sua Sala Comune o correre impazzito attraverso tutto il Castello per rimediare ad un guaio del più esuberante di tutta la scuola. Se avesse dovuto scegliere, Akaashi avrebbe sempre preferito la seconda, non tanto per la dinamicità dell’azione, quanto piuttosto per la presenza intrinseca di Koutaro.
“Non è un problema, davvero.” “Non mi dispiace aiutarlo.” “Non è poi così male come sembra.” “Mi fa piacere aiutare.” quelle erano solo alcune tra le frasi che Akaashi si era ritrovato a pronunciare ancora e ancora ai propri compagni, perché loro non capivano come il calmo ed introverso corvonero potesse rimanere tranquillo in mezzo a uno stormo di Doxy impazzito, o alla bibliotecaria in piena crisi di nervi, o a una ventina di calderoni abbrustoliti, o all’aquila guardiana della Torre Corvonero che gracchiava inferocita. Credevano, piuttosto, che Keiji accumulasse stress, quasi fosse una bomba inesplosa pronta a scoppiare e Bokuto la scintilla che mancava affinché lo facesse davvero.
Non avevano capito a scuola, e continuavano a non capire da adulti.
“Quindi mi dica, signor Akaashi, perché è qui?” l’ex corvonero chiuse gli occhi e sospirò sonoramente, poi rispose:
“Non c’è nessuna ragione, davvero. Nessuna che sia valida, almeno.” l’uomo di mezza età seduto di fronte a lui sorrise, sembrava quasi che lo stesse compatendo. Poi disse:
“La negazione è una fase molto comune nei pazienti che mi ritrovo ad ascoltare, ma è essenziale riconoscere il problema affinché lo si possa superare.” Akaashi poggiò il gomito al bracciolo della poltrona di pelle sulla quale sedeva e – stanco – si premette poi un paio di dita sul setto nasale prima di iniziare a scuotere il capo discordando dal suo interlocutore.
“Non sono in negazione. Sono qui solo perché i miei amici hanno speso tanto per regalarmi un’ora del suo tempo e non volevo buttare i loro soldi. Credono che dovrei parlare del mio fidanzato, ma ­davvero non è così. Sto bene.” lo psicologo si raddrizzò nella sua sedia, forse soddisfatto che Keiji – sebbene a suo parere ancora in negazione – avesse subito nominato Bokuto.
“Vuole dirmi perché i suoi amici hanno ritenuto necessaria questa seduta?” il corvino scrollò le spalle.
“Kou è molto esuberante ed io sono tranquillo. Forse pensano che il suo carattere mi spinga dove non voglio, ma si sbagliano.”
“So di lei che deve sempre rimediare ai problemi del suo futuro marito.” riprese l’altro “Non vuole parlarmi di questo?”
“Potrei, ma non se vuole usare la cosa solo per insinuare che sia Kou il problema.” si mise subito sulla difensiva in vece del suo partner.
“Non mi permetterei mai, mi creda.” ed Akaashi lo fece. Non c’erano giudizi nella sua voce, nel suo sguardo o atteggiamento. Solo tanta voglia di ascoltare. Sospirò.
“Bene,” disse “cosa vuole sapere?”
“Ad esempio,” riprese il dottore “come mai i suoi amici Kuroo e Kozume hanno deciso proprio adesso di regalarle una seduta di terapia?”
“Tetsuro è il migliore amico di Kou. Ha spesso scherzato affinché venissi, ma non è mai stato serio.”
“Come fa ad esserne così sicuro?” Keiji rise.
“Perché sono Bokuto e Kuroo! Sono come fratelli, e Tetsuro non potrebbe mai pensare davvero che gli atteggiamenti di Kou mi costringano alla terapia.”
“Eppure ha speso questi soldi per lei. Deve averlo trovato importante.” Akaashi scrollò le spalle.
“Lui e Kenma guadagnano parecchio. Non mi stupirebbe se Kuroo avesse pagato solo per poter fare una grossa battuta.” fece una pausa, poi espose ciò che solo una piccolissima parte di lui pensava: “Forse l’hanno fatto per gli avvenimenti della scorsa settimana.” un luccichio di interesse passò negli occhi dell’uomo, che disse:
“Parliamo di questo. Cosa è successo la scorsa settimana?”
“Kou ha celebrato il suo addio al celibato.”
“Lei era presente?”
“Sono stato chiamato verso fine serata. Kou ed i suoi invitati avevano bevuto un bicchiere di troppo e dovevano essere tenuti sotto controllo.”
“Come si è sentito nel ricevere la chiamata?”
“Tranquillo, immagino. Francamente era una cosa che mi aspettavo sarebbe potuta succedere.”
“Quindi lei trova normale essere chiamato per risolvere la situazione. Questo non la fa sentire stanco?”
“Rende la mia vita più interessante. Senza Koutaro avrei un’esistenza monotona e priva di gran parte del divertimento che provo ogni giorno. Mi fa piacere sapere che gli altri mi vedano come qualcuno capace di gestire il mio fidanzato. È quello che voglio fare per il resto della vita.”
“Quindi l’hanno chiamata per tenere d’occhio la situazione. E poi cos’è successo? Perché il signor Kuroo ha ritenuto opportuno organizzarle un appuntamento nel mio studio?”
“Oh, è per quello che è successo l’indomani. Kou era rientrato dalla festa del giorno prima con un cucciolo di Labrador e dovevamo riportarlo a casa.”
“Non si direbbe una situazione da seduta.” il corvino scrollò le spalle.
“Sono successe un po’ cose strada facendo.”
“Mi parli di questo.” lo invogliò ancora lo psicologo. Akaashi sospirò.
“Non sono niente di eclatante, ma okay.” poi iniziò: “Non avevamo idea di quale fosse l’indirizzo dei padroni del cane, quindi abbiamo dovuto vagare per un po’ senza meta chiedendo chi ne avesse denunciato la scomparsa. Il nostro è un quartiere misto, perciò sapevo che avremmo dovuto tenere la nostra magia nascosta per non violare lo Statuto, ma a Kou la cosa era sfuggita. Per tutto il tempo Kou ha tenuto il Labrador in braccio, ma a un certo punto ha iniziato ad agitarsi a causa di uno scoiattolo ed è corso via. Per riprenderlo l’ha fatto levitare, ma ai due babbani che passavano è bastato dire che ci stavamo preparando per uno spettacolo di illusionismo ed è andato tutto bene.” scrollò le spalle come a dire “visto? Niente di che.”
“È successo altro?”
“Un paio di cosette.” minimizzò il corvino, e ad un cenno dell’uomo proseguì:
“Dopo quello ho detto a Kou che non poteva far levitare il cane così, ma col senno di poi avrei dovuto spiegargli che non doveva usare la magia affatto. La seconda volta che il cane è fuggito dalle sue braccia era perché aveva visto una fontana e ci si è buttato dentro. Così Kou l’ha asciugato con la magia. C’erano alcuni babbani, ma li ho convinti che la bacchetta era un nuovissimo tipo di phon elettrico e non abbiamo avuto problemi.” fece mente locale prima di continuare “Dopodiché siamo passati per il parco. Il Labrador ha mangiato l’hot dog di un uomo che stava facendo pic-nic lì con la propria compagna, e Kou ha duplicato quello di lei con l’incantesimo Gemino. A quel punto ho dovuto chiamare una squadra di obliviatori, ma anche in quel caso è andato tutto bene. È stata un’occasione per rivedere la mia vecchia compagna di squadra Shimizu.”
“Nei suoi racconti continua a ripetere che va tutto bene, che non è un problema. Spesso facciamo ripetizioni così assidue per cercare di autoconvincerci di qualcosa. Non dev’essere stato facile rimanere calmo di fronte a tutti questi disastri. Lo Statuto di Segretezza d’altronde è una delle cose che prendiamo più seriamente nel Mondo Magico.” Akaashi non poté fare a meno di sospirare.
“È da tutta la vita che la gente non fa che non credermi quando affermo che non è un problema per me tutto questo. Bokuto è esuberante e frenetico, sì, ma è anche molto di più! E se anche a volte ha bisogno del mio aiuto, a me la cosa non pesa, anzi! Mi fa sentire utile e desiderato. Sono la persona adatta a Kou e so di esserlo.” lo psicologo si sistemò meglio sulla seduta e si tolse gli occhiali prima di affermare:
“Ho come la sensazione che lei si stia sovraccaricando eccessivamente di responsabilità. È giusto prendersi cura del proprio partner, ma solo se questo non monopolizza le nostre scelte. Dicendo di essere la persona adatta a lui non pensa di sminuirsi troppo? Non dovrebbe essere compito suo, d’altronde, pensare alla vita del signor Bokuto.”
“Penso davvero di essere la persona adatta a Kou, ma anche che lui sia la persona adatta a me. Odio quando la gente pensa che il sostegno che do al mio compagno sia solo a senso unico. Come qualsiasi altra coppia sana ci sosteniamo a vicenda. Lui è la mia roccia, il mio punto di riferimento. Non ho dubbi quando penso di poter contare su di lui.” gli rispose immediatamente. Dopodiché passò alla seconda parte: “Inoltre, so benissimo di non avere il monopolio per quando riguarda trovare una soluzione ai suoi problemi. La situazione dell’hot dog l’ha sistemata Shimizu, d’altra parte. E ha sistemato anche il problema dei coriandoli.” e alla faccia confusa dell’uomo, spiegò: “Durante i nostri ultimi anni di scuola, ad Halloween, due suoi ex compagni di Casa hanno incantato tutta la Sala Grande riempiendola di glitter. Kou si è fatto spiegare l’incantesimo, ma non come annullarlo. Quel giorno al parco mentre io parlavo con Shimizu l’ha mostrato ad alcuni bambini senza sapere che fossero babbani. Ma Shimizu ed i suoi colleghi erano già lì, quindi non ci sono stati problemi. Io e Kou abbiamo salutato Kiyoko ed abbiamo continuato il nostro giro. Sono arrivato a sequestrargli la bacchetta quando a un certo punto il mio fidanzato ha visto una signora portare il proprio cane in carrozzina e ne ha fatta apparire una dal nulla per fare altrettanto con il nostro Labrador. Ho richiamato Shimizu che a quel punto si è ricordata del cane. Lei e la sua squadra avevano dovuto obliviare una famiglia che si era ritrovata con mezzo giardino distrutto dalla magia nel corso della notte precedente. Ci siamo recati all’indirizzo e abbiamo lasciato il cane al suo padroncino.” concluse il racconto di quell’avventura. Dopodiché scrollò le spalle.
“Come vede, nulla fuori dall’ordinario.” a quel punto Akaashi ebbe come la sensazione che l’altro stesse trattenendo un sospiro o persino semplicemente un’espressione incredula.
“Mi ha raccontato di cani rubati, levitazione alla presenza di babbani, hot dog replicati, coriandoli infiniti, carrozzine apparse dal nulla. Eppure, tutto questo le è sembrato normale. Vorrei cominciare con l’analizzare questo. Lei si occupa di rimediare ai problemi del suo fidanzato dal secondo anno di Hogwarts, ma sarebbe bene per lei riconoscere che quanto ha fatto è straordinario e sicuramente non normale. Occorre che si prenda cura di lei innanzitutto prima di pensare agli altri. Se noi dovessimo pro-” ma Keiji non seppe mai cosa il dottore avrebbe voluto dirgli, perché il timer che sanciva la fine del loro incontro suonò ed il corvino si affrettò ad alzarsi.
“Quindi abbiamo finito.” anche l’uomo di fronte a lui si alzò rispondendo subito e sicuro:
“No, non abbiamo finito affatto. Ho qualche minuto prima del prossimo appuntamento, la prego,” indicò la poltrona “finiamo il discorso.” ma l’ex corvonero agitò svogliato una mano per aria.
“Non occorre. Sto bene così. Ha detto che è importante pensare prima a se stessi, e io lo faccio, mi creda. Stare al fianco di Kou mi fa stare bene e non potrei chiedere di meglio. Si prende cura di me tanto quanto io di lui, e se anche tutti lo reputano alla stregua di un ragazzino iperattivo, di lui c’è molto di più. Si diverte molto ed è iperattivo, ma sa essere serio quando ce n’è bisogno. Per vivere serenamente non ho bisogno di altro se non di lui. Rende la vita più leggera e – francamente – più felice e degna di essere vissuta.”
“Capisco che intende, ma se solo mi lasciasse-”
“No, davvero.” lo interruppe Akaashi.
“Se solo potessimo fissare un secondo appuntamento…”
“Non servirebbe a nulla.” sorrise e – per l’ennesima volta in vita sua – cercò di porre quanta più convinzione nella propria voce; non perché stesse fingendo ma perché gli altri continuavano a non credergli. “Sto bene. Mai stato meglio, in realtà. Tra poche settimane sposerò l’uomo della mia vita. Adotteremo un Labrador da far levitare nel nostro giardino personale e moltiplicheremo gli hot dog. Perché altro non potrei mai desiderare se non una vita piena di tutto questo.”
Avanzò e strinse la mano ad un più che interdetto dottore. Neanche lui, infine, aveva capito, ma a Keiji non interessava. Che si tenessero le proprie convinzioni su cosa volesse dire avere una vita perfetta. Lui aveva le proprie.

 
inizialmente questa OS era stata pensata come molto più divertente, comica e demenziale di così... ma è uscita in questo modo e non mi dispiace! Spero sia piaciuta anche a voi!!
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** La sua più grande paura - sakuatsu ***


n.a.
Eccoci qui! L’ultima storia ambientata in questo AU… non mi sembra vero, non so se esserne felice o triste (sono triste). Dico “ultima storia” ma in realtà, dopo la long, è stata la primissima che ho scritto! Postarla per ultima è stato un caso dettato dal fatto che ho scelto l’ordine cronologico, ma trovo comunque la cosa abbastanza poetica. Ecco il cerchio che si chiude… vorrà dire che la loro fine darà spazio alle OS delle long medieval AU. Grazie per avermi seguita fino a qui! Come al solito mio finiamo in bellezza con la sakuatsu che tanto mi contraddistingue! Buona lettura!

[per chi non avesse letto la longfic: ad Hogwarts Atsumu era Serpeverde mentre Kiyoomi Corvonero. Si sono messi insieme nel corso del loro sesto anno di scuola.]

La sua più grande paura

Nessuno avrebbe mai scommesso su di loro. Atsumu riusciva ancora a ricordare con chiarezza i volti dei loro amici e compagni quando – piano piano – tutta la scuola aveva scoperto che Atsumu Miya e Kiyoomi Sakusa stavano ufficialmente insieme. Il serpeverde aveva trascorso il suo settimo anno ad Hogwarts perseguitato da risatine e sguardi scettici. Non faticava ad immaginare scommesse alle sue spalle su quanto Sakusa avrebbe resistito prima di lasciarlo. E adesso, a otto anni di distanza, quelle risate e quegli sguardi erano solo un ricordo.
“Io continuo a dire che non resisterai più di due ore!!” disse forse per la decima volta Atsumu mentre afferrava le valige che Kiyoomi gli porgeva per metterle nel bagagliaio dell’auto. L’altro rispose con il suo solito sguardo truce e – Atsumu lo sapeva nonostante la mascherina – una smorfia arrabbiata.
“Vorrà dire che ci faremo una bella gita in macchina!” continuò quindi il biondo con fare divertito.
In realtà, Kiyoomi aveva fatto moltissimi progressi con la sua misofobia e ad Atsumu piaceva credere che fosse in parte anche merito suo. Quando l’ex-corvonero aveva proposto di passare le vacanze in campagna nella casa di famiglia, quindi, Atsumu ne era rimasto stupito, ma non più di tanto.
La casa, era ovvio, sarebbe stata sporca ed infestata da ogni genere di creatura, e ancora più ovvio era il fatto che sarebbe stato Atsumu a dover svolgere la maggior parte delle pulizie. Due settimane di totale tranquillità con Sakusa nella sua baita di famiglia, tuttavia, valeva ogni fatica.
Dovettero guidare tutto il giorno per arrivare a destinazione. Il sole stava quasi per tramontare, ma Atsumu sapeva bene che Sakusa non sarebbe mai riuscito a dormire se prima non avessero pulito almeno una stanza, quindi si mise subito a lavoro. Quella notte dormirono insieme, scomodi e incastrati, sul divano del salotto, dopodiché le vere pulizie ebbero inizio.
Atsumu ci mise due giorni e mezzo per rendere il posto accettabile. Stanco e sudato, aveva infine raggiunto Sakusa vicino al camino per informarlo che il grosso del lavoro era stato fatto. Con il suo aiuto – e grazie al suo enorme repertorio di incantesimi di pulizia – ci misero meno di un’ora per rendere definitivamente la casa perfetta.
“Manca solo un molliccio al piano di sopra.” osservò Miya “È nell’ultimo cassetto della scrivania dello studio di tuo padre. Ci penso io.”
“No.” lo fermò però l’altro “Tu hai già fatto tanto. Faccio io.” Atsumu sorrise e lo lasciò fare, tuttavia non resistette e lo seguì al piano di sopra.
“Sono proprio curioso di scoprire di cosa hai paura, Omi.” pensò con un ghigno sulle labbra.
Sakusa aprì la porta dello studio e poi il cassetto della scrivania usando la magia. L’aria intorno ad essa si fece scura fin quando non iniziò a prendere la forma di un uomo. Quando finalmente la figura apparve chiara, Atsumu quasi si strozzò con la propria saliva. Trattene una risata:
“Davvero il tuo più grande incubo sono io??” stava giusto per chiedere, poi il molliccio parlò e lui rimase paralizzato:
“Faccio io.” il mostro aveva fatto chiaramente il verso di ciò che Sakusa gli aveva detto al piano di sotto “Mi fai sgobbare per due giorni e poi credi che tutto possa sistemarsi occupandoti di un piccolo molliccio?” l’espressione del falso-Atsumu era contorta e nauseante. Il biondo si chiese se fosse davvero così quando insultava qualcuno e sperò con tutto sé stesso di no, perché era assolutamente terrificante.
“Otto anni!” continuò quello come se non potesse ancora crederci “Come ho fatto, mi chiedo, a resistere tanto a lungo!!?” Atsumu continuò a guardare sé stesso con occhi increduli e confusi, incapace di reagire. “Non toccare questo, non toccare quello,” la creatura continuava a fare ben poco lusinghiere imitazioni di Sakusa “lavati le mani, non baciarmi senza prima esserti sciacquato la bocca!” poi rise; rise nel modo più cattivo e derisorio che potesse esistere; rise e la stanza parve gelare.
“Credevi davvero che potessi amarti in questo modo? No… mi sono solo divertito alle tue spalle. CHE SPASSO! vederti entrare nel panico per la più piccola delle macchie sul tuo vestito.” Atsumu era paralizzato. “E tutte quelle cose che non mi lasci fare a letto, poi? Credevi davvero che non avrei trovato qualcun altro con cui farle?” rise ancora cattivo e prese ad avanzare verso Kiyoomi.
“Ma tu l’hai sempre saputo, vero? Che tutto questo non sarebbe mai durato.” si fermò a pochi passi da lui: “Otto anni! Mi hai tenuto intrappolato per otto anni. Ora basta. Mi fai schifo. Mi fai pena. Sei sempre stato la mia zavorra, ma ora non più.” fu solo a quel punto che Atsumu, il vero-Atsumu, si riscosse:
“Come fa Omi a credere che potrei davvero pensare cose del genere?” si voltò verso di lui e lo trovò pallido e sudato; tremava e sembrava incapace di muoversi, poi le ginocchia gli cedettero e finì a terra. Fu a quel punto che Atsumu si diede dello stupido: era stato troppo scioccato per intervenire prima e adesso Kiyoomi era in pieno attacco di panico. Scattò e si frappose tra lui e il molliccio. La creatura cambiò forma, ma Atsumu neanche lo notò perché la sua paura maggiore – in quel momento – era proprio che Omi lo pensasse capace di abbandonarlo; che lo pensasse capace di smettere di amarlo o di tradirlo.
“Riddikulus!” urlò, poi si voltò verso il suo compagno; si inginocchiò accanto a lui e gli afferrò il volto con le mani.
“Omi! Omi, ti prego guardami, respira!” in otto anni, Atsumu aveva avuto modo di diventare un esperto in materia di attacchi di panico; conosceva ogni singola reazione del corpo di Kiyoomi ed anche ogni suo singolo stadio. I suoi occhi erano opachi, sembrava non vederlo e forse era proprio così; respirava affannosamente, credeva di non avere ossigeno quando in realtà era esattamente l’opposto.
“Respira, respira!” per quanto allenamento avesse, il biondo continuava a essere sempre impreparato a vedere l’amore della sua vita in quello stato. Poggiò la fronte sulla sua e iniziò a parlargli con un sussurro.
“Omi,” lo chiamò con quanta più dolcezza la sua voce consentisse “io ti amo. Ti amo.
“Ti prego, credimi.” pensò.
“Non riuscirai a liberarti di me, capito? Non ho intenzione di andarmene, non avrò mai intenzione di andarmene. Per me esisti solo tu.” le spalle di Sakusa sembrarono rilassarsi e Atsumu sospirò. La situazione era ancora critica, ma l’ex-serpeverde conosceva bene le reazioni – per quanto impercettibili – di Kiyoomi e adesso, perlomeno, Atsumu sapeva che il suo ragazzo riusciva a sentirlo.
“Ti amo.” ripeté ancora e ancora. “E voglio che tu guarisca dalla tua misofobia solo per te, non per me. Ti amerei anche se non potessi toccarti come sto facendo adesso.” gli accarezzò il volto, gli scostò il ciuffo dalla fronte sudata, poi lo baciò piano sulle labbra. Il respiro dell’altro iniziò a calmarsi, quindi ripeté il bacio e stavolta lo prolungò. Atsumu sapeva che il problema dell’iperventilazione erano i respiri troppo corti: troppo ossigeno veniva inalato e l’anidride carbonica iniziava a diminuire; il sistema respiratorio entrava in tilt e si convinceva di non avere più aria entrando in un circolo vizioso. Baciandolo, fece in modo che Sakusa respirasse solo dal naso e il suo respiro iniziò a stabilizzarsi.
“Un’ottima cura per gli attacchi di panico, non trovi?” sorrise non appena si staccò da lui, Kiyoomi non riuscì a ricambiare, quindi di nuovo Atsumu lo accarezzò con dolcezza “Lo farò per tutta la vita, Omi.” lo rassicurò “Quindi preparati, perché dovrai sopportarmi fino alla morte, hai capito?? E a proposito, non provare a morire prima di me, perché senza di te io non posso vivere.” finalmente, l’iperventilazione finì del tutto e Sakusa buttò fuori un ampio e liberatorio sospiro.
“Sempre il solito melodrammatico.” sussurrò tremulo e roco. Atsumu sorrise di cuore.
“Il tuo melodrammatico.” lo corresse, poi affondò una mano tra i suoi riccioli scuri, appoggiò la fronte alla sua ancora una volta e chiuse gli occhi: “Ti prego, non pensare mai più che io possa abbandonarti o tradirti. Non lo farò mai.” sebbene ancora ad occhi chiusi, il biondo percepì il movimento di Sakusa che annuiva, quindi sospirò.
“Aa-ah!” buttò fuori un urlo tremante mentre si alzava “È stato un molliccio tremendo. Mi sono fatto paura da solo.” porse la mano a Kiyoomi che subito l’afferrò e la usò per tirarsi su.
“Visto?” gli disse Atsumu fissando le proprie mani intrecciate senza aggiungere altro. Entrambi sorrisero.
“E ora andiamo a fare la doccia. Insieme.” aggiunse ancora Miya “Ti ho mai detto quanto mi piacciono le nostre docce?” gli chiese mentre si dirigevano verso il bagno immacolato.
“In quei frangenti non hai bisogno di parole, Atsumu.” lui rise del tutto concorde, poi si fermò solo per baciarlo ancora.
“Allora non pensare mai più che non mi piaccia stare con te, d’accordo?” fissò i propri occhi dorati nei pozzi neri dell’altro e continuò a guardarlo con intensità fin quando non scorse la sincera risposta in quelle pupille scure ancor prima di sentirla a parole:
“D’accordo.” disse, dopodiché si godettero quella fantastica casa di campagna della famiglia Sakusa che – chissà – magari un giorno sarebbe stata ufficialmente anche la sua.

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