Writober- Cronache di Morte e Fede

di LostRequiem
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Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vino ***
Capitolo 2: *** Speranza ***
Capitolo 3: *** Cera ***
Capitolo 4: *** Filo ***
Capitolo 5: *** Neve ***
Capitolo 6: *** Sogno ***
Capitolo 7: *** Merletto ***
Capitolo 8: *** Incisione ***
Capitolo 9: *** Giglio ***
Capitolo 10: *** Tatuaggio ***
Capitolo 11: *** Purezza ***
Capitolo 12: *** Oro ***



Capitolo 1
*** Vino ***


Note
Ultimamente sono stata un po' bloccata con la scrittura, pertanto ho deciso di partecipare al Writober di Fanwriter.it, in modo da fare esercizio e continuare a scrivere ogni giorno cercando di rispettare le tempistiche (cosa nella quale faccio molta pena). Avendo preso questa decisione solo oggi infatti sono già in ritardo coi capitoli xD ma cercherò di recuperare al più presto per rimettermi in pari! La lista di prompts che ho intenzione di seguire è la pumpNIGHT, che potete trovare sul sito Fanwriter.it insieme alle altre nel caso aveste intenzione di partecipare (un grazie ad Afaneia per avermici indirizzata!). 




 

Prompt: vino.

Numero di parole: 157.
 



#01 Vino


Un ultimo barlume di luce si riflette e scivola sulla superficie liscia del calice, prima che grigio e nero spengano il cielo.
Luce.
Sorride, nel vederne i residui smorti tingersi di vermiglio, una volta riflessi dalla trasparenza del vetro.
Inclina la coppa, e tutto il liquido scuro si adagia piano su un lato, mentre la mano già si attinge a orientarlo dall’altro, con un preciso e secco movimento del polso.
Quell’unico barbaglio rosso rimane in sospeso, come un uomo in bilico su un cornicione sdruccioloso, finché non si consuma, trascinando via con sé l’ultimo anelito di vita del Mondo.
Ganondorf sorride, bagnandosi le labbra con quel liquido tanto acre quanto dolce, dal colore del vino ma ben più denso, mentre con lo sguardo soddisfatto divora il paesaggio scarno e marcio che circonda il massacro fuori dal castello.
Non pensava che quel sapore l’avrebbe inebriato allo stesso modo.

Ma dopotutto, non poteva aspettarsi altrimenti dal 
sangue del Prescelto.



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Capitolo 2
*** Speranza ***


Prompt: speranza.

Numero di parole: 217.

 

#02 Speranza

L’ultima visione che aveva avuto non l’aveva più lasciata dormire per tre giorni di seguito.

Eppure, ogni volta che volgeva gli occhi stanchi ma ancora vigili verso al soffitto della camera vuota, quelle immagini di massacri e torture e desolazione riprendevano vita nel buio, penetrandole nelle pupille come ombre morte in cerca di cibo.

Le urla soffocate nel cuscino non riuscivano a placare il gelo che si insinuava a schegge nella carne fino a paralizzare le ossa, e per quanto ormai ci fosse abituata, ogni singola volta il respiro diventava così pesante da lasciarla, impotente, ad un passo verso la fine.

Il mattino dopo- quando la luce uccideva gli ultimi residui di paura e lavava via i fantasmi della maledizione- la mente dissimulava impeccabile una falsa pace che mai aveva suscitato domande (nemmeno davanti alle evidenti occhiaie coperte dal trucco) e il giovane viso tornava ad illuminare il popolo con un sorriso così dolce da sciogliere i cuori. La paura radicata nel suo di cuore, che da anni glielo schiacciava tanto forte da farlo sanguinare, spariva fino alla notte seguente.

 

Di fronte alle verdi vesti e alla fata del suo coetaneo, Zelda sgrana gli occhi.

Lacrime di gioia e dolore mai esternato le rigano le guance.

Speranza.

Il suo la convince che forse, per la prima volta, riuscirà a dormire serena.

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Capitolo 3
*** Cera ***


Prompt: cera

Numero di parole: 680

 


#03 Cera

L’urlo che Link aveva lanciato appena il fuoco aveva iniziato a corrodergli la calzamaglia aveva attirato i nemici, costringendolo ad afferrare l’ocarina e a teletrasportarsi all’entrata del Santuario del Fuoco prima che un branco affamato di Lizalfos riuscisse ad avere la meglio su di lui.

L’odore nauseante della propria carne che ancora bruciava davanti ai suoi occhi gli diede i brividi, mentre con le poche forze rimaste tentava di arginare il dolore mordendosi il labbro, in cerca di qualcosa con cui smorzare le fiamme.

Tuttavia, le fitte di dolore che prima avevano interessato unicamente il ginocchio adesso si erano irradiate alla gamba intera, impedendogli di muoversi. L’ultima cosa che riuscì a scorgere, con la vista annebbiata per tutto il sangue che aveva perso in battaglia, fu del rosso acceso avvicinarsi sempre di più, mentre i suoi gemiti rimbombavano penosi tra gli anfratti del Vulcano.

Svenne.

 

Quando riaprì gli occhi, e ancora frastornato si guardò intorno alla ricerca di Navi, le rocce erano sparite, così come l’insopportabile arsura causata dal magma. Al loro posto, arredi Goron e una nota statua del suo fratello di roccia al centro della stanza.

Un trillo allarmato -Navi?- lo riscosse dal torpore, e solo allora si rese conto della presenza di una sagoma scura al suo capezzale. Gli occhi misero a fuoco un simbolo a lui ben noto, rovente come un rubino.
 

“Sh… eik?” mormorò, con un filo di sorpresa mista a sollievo nella voce.
 

L’ombra non rispose.

Sentì la propria fatina svolazzargli attorno e poi, all’improvviso, un dolore atroce alla gamba. Si sforzò di guardare in basso.

Gran parte dei vestiti si era interamente carbonizzata, e una porzione estesa della pelle -non seppe nemmeno se definirla ancora tale- diventata rossa quasi quanto la tunica che indossava, appariva ricoperta di bolle e vescicole, come se qualcuno lo avesse graffiato fino a scorticarlo.

Rabbrividì.
 

“Sei stato fortunato.”

“Qualche minuto in più e avresti perso la gamba.”
 

La voce dello Sheikah gli arrivò mezza ovattata, strappandogli un verso contrariato. A giudicare dal tipo di ustione non sarebbe stato capace di combattere per un bel po’, e ciò significava che aveva fallito. Strinse i pugni, accorgendosi che gli erano stati bendati.
 

“...Mi hai curato le ferite” constatò, notando solo in quel momento come le vesti del ragazzo fossero impregnate del suo sangue. Mortificato, allungò debolmente verso di lui una mano, per assorbire un po’ di quel rosso con il bendaggio. Non voleva che anche lui si macchiasse.


“Brucerà un po’.”
 

Sheik glielo impedì fermandogli il braccio, dopodiché iniziò piano a spalmargli una sostanza calda- che dall’odore gli parve cera- sulla bruciatura, strappandogli inevitabilmente delle urla di dolore. Capì che gliela stava medicando, e si sforzò di rimanere in silenzio nonostante gli sembrasse d’impazzire dal male.


Quando terminò, non ebbe la forza di guardarlo.

Ancora una volta lo aveva aiutato, e ancora una volta lui non poteva fare niente per ricambiare il favore. Si chiese come riuscisse sempre ad arrivare al momento giusto.
 

“Grazie...” disse infine, accarezzando con un dito Navi per tranquillizzarla dallo spavento.
Lo Sheikah non rispose.

 

“Staremo qui per un po’, almeno fin quando non sarai in grado di alzarti. Io farò da guardia all’entrata”
 

Lo vide distogliere lo sguardo, e proprio mentre era sul punto di allontanarsi, Link gli afferrò delicatamente l’esile polso, affondando gli occhi color del mare in quelle gelide iridi somiglianti a fiamme che ancora non aveva imparato a conoscere.

Non c’era stato tempo, per quello.
 

“Resta con me… te ne prego” fu tutto ciò che riuscì a sussurrare, per poi lasciare piano la presa.


Sheik lo osservò in silenzio.

Dopo tornò a sedersi, e per tutta la notte non chiuse occhio facendo da veglia, per poi addormentarsi alle prime luci dell’alba vicino al corpo stanco dell’Eroe del Tempo.

Quando Link si svegliò a causa delle fitte e lo vide dormire, con Navi adagiata al calduccio tra le bende che da quando l'aveva conosciuto gli celavano il viso, non poté fare a meno di sorridere e pensare che, nonostante fuoco e cera, si sentiva leggero.

 

E che Sheik era davvero bello, illuminato dalla luce del mattino.













Note

Questa decisamente non è una drabble, ma ogni volta che c'è di mezzo Sheik tendo a dilungarmi un po' troppo, amo questi due quindi ho deciso comunque di lasciarla così! Purtroppo non sono riuscita a pubblicarla in tempo, ma siccome l'ho scritta il giorno giusto farò finta che valga lo stesso xD 
Per quanto riguarda l'applicazione della cera calda su ferite e bruciature, era una pratica abbastanza diffusa in passato per "disinfettare" e favorire la cicatrizzazione quando ancora non si avevano a disposizione disinfettanti o antibiotici, infatti si pensa che il termine "cerotto" derivi proprio da questo suo utilizzo!

 

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Capitolo 4
*** Filo ***


Prompt: filo

Numero di parole: 203

 

#04 Filo

Per tutta la vita, dall’esatto momento in cui era venuto al mondo, la sua esistenza era stata legata con un filo spinato a quella degli altri.

Chi fossero non importava.

Perché Amico

                       Grande

           Piccolo

                            o Nemico

Non poteva vivere senza di loro, semplicemente.

Come un batterio che sopravvive in simbiosi con ogni corpo che incontra, respirava per loro, sorrideva per loro, soffriva per loro.
Qual è il valore di una vita che non ha senso di esistere?

Con il cuore in gola, aveva gettato via quella domanda come una reliquia sotterrata per paura che qualcuno la scovi, rigurgitando la paura e ignorando le radici che essa aveva piantato nello stomaco.

 

Era per questo che adesso gli veniva così naturale, eseguire i suoi ordini


Ed era così facile lasciarle muovere i fili del burattino che era,

che Skull Kid restò inerme a guardare finché la Luna non sostò ad un metro dal suolo.


Dopodiché, sperò solo che qualunque cosa sarebbe successa, fosse pure stata la morte del mondo intero,

sperò solo che non sarebbe sopravvissuto per vederla.

 

E se proprio doveva sopravvivere, desiderò che il filo che lo legava a Majora bruciasse fino a corrodergli l’anima: in tal modo, magari, si sarebbero estinti insieme.

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Capitolo 5
*** Neve ***


 

Prompt: neve

Numero di parole: 358
 

#05 Neve

Non mangiava da giorni, e non si ricordava neanche da quanto tempo fosse digiuno.

La tormenta l’aveva costretto a cercare riparo in un’angusta capanna abbandonata, dove un fuocherello improvvisato lo aveva aiutato a far fronte alla morsa di quel gelo che nonostante gli abiti pesanti gli paralizzava le membra, ma il cielo imperversava da troppo e non aveva intenzione di placarsi. Aveva consumato unicamente frutta per quella che gli era parsa un’eternità, pregando che l’unico frammento di finestra presente non andasse in mille pezzi per il vento, e poi le scorte erano finite.

Quando uscire da quel buco si era fatto meno pericoloso, per poco non era svenuto dalla fame ad un passo da un dirupo che il manto infinito di fiocchi aveva celato alla vista. Sentiva le ossa premere contro l’addome come spilli, e le dita delle mani faticavano a tenere salda la presa sulla spada.

Un giorno, mentre esplorava i dintorni, gli era comparsa davanti una volpe, e mai come in quel momento il sapore della carne fresca gli aveva scombussolato mente e stomaco: fu ad un passo dal vomitare quando l’immagine di se stesso che la uccideva brutalmente per poi cibarsi delle sue carni gli balenò in testa senza che lo volesse.

 

Passati i giorni, adesso non ha quasi più la forza di muoversi.

La veste di lana è diventata troppo grande per il suo busto, e lo copre come lo coprirebbero due paia. Il bianco lo acceca più di quanto abbia mai fatto il giallo del Sole, e voci inesistenti lo chiamano a bassa voce da sotto i cumuli di ghiaccio che avvolgono la baita.

Riconosce di stare impazzendo quando- per un infinitesimo di secondo- si dimentica della Calamità, della principessa, e dei Colossi sacri che aspettano il suo arrivo chissà da quanto, lasciandosi travolgere solo e unicamente dalla fame.

Quando lo sguardo si posa sulla medesima volpe che per settimane si è rifiutato di sopprimere, afferra l’arma come rinvigorito da una volontà sconosciuta.

 

 

Link affonda il coltello dritto nel cuore dell’animale, e si sente un mostro a gioire nel vederne il sangue sgorgare sulla tomba di neve in cui poi seppellirà le ossa.











Note
Questo capitolo è nato da una piccola headcanon che ho per Botw: quando si trova ancora agli inizi della sua avventura, Link si rifiuta di uccidere animali innocenti, e per un bel po' va avanti solo di frutta/verdura/funghi. Lo fa per la prima volta solo in preda ad una fame allucinante, quasi fuori di sè, per poi piangere la sua morte una volta che si è ripreso. Da quel momento in poi è costretto a continuare, e per un po' vomita di fronte al sangue e ai resti, finché non ci fa l'abitudine e impara a farlo con facilità ;;  

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Capitolo 6
*** Sogno ***


Prompt: sogno

Numero di parole:160

 

#06 Sogno

Quando il Sole abbracciava le dune roventi e il mare di sabbia seppelliva il tempo in una clessidra di desolazione, occhi di fuoco si ubriacavano con lo spettacolo di solitudine offerto dal Deserto.

Era stata l’infinità di quelle terre a spiegargli la libertà, e la loro indifferenza a privarlo della sua.

Come l’oceano che nelle fredde notti in tempesta trascina via la vita sotto le onde, le dune soffocavano la voce e la loro bellezza prosciugava l’anima con la brevità di un lampo di sguardo.

Davanti al cielo immacolato e muto, Ganondorf si promise che tutto ciò che di bello c’era nel Mondo sarebbe stato suo.

E a chi avesse obbiettato che fosse solo un gran sogno di un piccolo Re, avrebbe risposto che i forti non si nutrono di sogni: è il futuro a piegarsi sotto la loro mano.







 

Eppure ancora adesso, col Mondo intero sul palmo della sua mano, l’unica cosa che non riesce a piegare a sè

sono quelle stesse dune che hanno fatto della sua casa la sua prigione.

 

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Capitolo 7
*** Merletto ***


Prompt: merletto

Numero di parole: 180

 

#07 Merletto

Zelda si guarda allo specchio e vorrebbe sparire.

I vestiti nuovi che suo padre le ha comprato, perfetti per la sua principessina, a terra.
 

Zelda si guarda allo specchio, e con gli occhi persi di chi non ha mai visto se stesso, contempla il riflesso di una sconosciuta di nove anni.

 

Zelda vorrebbe aprirsi lo stomaco con uno dei pugnali di Impa per lasciare che la propria anima- nascosta sotto strati senza fine di ossa e carne- esca dal corpo e si liberi del marasma di germi che la infetta. Vorrebbe che suo padre le regalasse la sua fiducia, invece di quelle gabbie dorate che le stringono fianchi e petto e le tolgono il respiro.

Ma lei è la principessa, e il riflesso sfocato che sogna di vedere allo specchio- riflesso che ha i capelli corti e mani robuste come quelle di Impa- è finto e irrilevante di fronte al destino della sua gente.

 

 

Zelda accarezza i lembi ruvidi del merletto che le orna l’abito regale e lo strappa via: ne è certa,
non sarà mai all’altezza di sua madre.

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Capitolo 8
*** Incisione ***


Prompt: incisione

Numero di parole: 314


#08 Incisione

Il legno è duro al tatto, quando vi affonda la scaglia di selce per aggiungere l’ennesima incisione sul muro. La casa ne è piena, così tanto che pare la dimora di un pazzo.

Ha perso il conto dei solchi, ormai, ma ogni giorno- assiduamente- ne aggiunge uno nuovo al risveglio, come se insieme al legno fosse un modo di incidersi il cuore.

Di notte, quando il buio lo bacia di sogni e i sogni lo affogano con sorrisi fin troppo sbiaditi, ricorda.

Di giorno, anche quando è troppo occupato a proteggere gli altri e se stesso, ricorda.

Il suo viso, la sua voce, i suoi occhi.

 

A volte, per un istante, riesce a convincersi che i sensi di colpa che si trascina dietro da sette anni senza un giorno di sosta siano la giusta punizione per ciò che ha fatto, e il peso che sente al petto e che non lo fa vivere o respirare diventa più leggero.

Quando poi posa lo sguardo su quella vecchia tomba sporca- che hanno costruito gli altri, non lui, perché lui sa che è vivo, non può essere altrimenti, ed anzi il giorno in cui hanno ammassato quelle tre rocce assieme e vi hanno scritto sopra quelle quattro lettere era ad un passo dal buttare tutto giù, tra urla e lacrime, perché lui è certo che non è...- il finto sollievo appassisce, morto come un fiore reciso prima che sbocciasse. 
 


Guardando fuori dalla finestra, adesso Mido riesce a vedere quello che forse vedeva lui all’epoca: un luogo isolato e triste.

Eppure non potrà mai dirgli che adesso lo capisce

 

E gli manca

 

e che gli dispiace.


 

Ed anche se quei segni sono ormai inutili, perché il tempo è come sepolto e non sa fino a quando resisteranno,
affonda sul muro la pietra affilata e incide.

Un 
altro giorno senza di lui, 
un giorno di troppo con se stesso.

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Capitolo 9
*** Giglio ***


Prompt: giglio

Numero di parole: 909


#09 Giglio

Hyrule è bellissima.

Link l’ha capito sin dal Risveglio, quando è rimasto in cima all’Altopiano fino alla nausea nonostante non sapesse come e perché fosse finito lì, ma è certo di averlo sempre pensato.

Lo smisurato amore per quella terra che si tinge di colore al mattino è l’unico cibo di cui si nutre quando digiuna per settimane in mancanza di viveri, e l’unico sogno per cui valga la pena addormentarsi con ancora addosso le piaghe sanguinanti che si trascina dietro dalle battaglie.
Dormire è difficile, però.

Cerca di non farlo mai per troppo tempo, e per tenersi sveglio, a volte, cavalca fino all’imbrunire dell’alba: in quei momenti potrebbe giurare di non aver mai visto spettacolo più bello, se solo avesse altre memorie con cui compararlo.

Dormire è difficile, e a Link piace pensare che non serva, anche quando i suoi occhi si chiudono da soli. È spaventoso, ancor più che affondare la lama nel ventre del nemico, perché non ne ha il controllo e il controllo è tutto e lui può averlo solo da sveglio e con una spada in mano, poiché spada vuol dire sicurezza e sicurezza significa che ha ancora qualcosa per cui lottare.
 

A volte piange, ricordando anni senza vita e acqua, solo acqua, ovunque.

Ha dovuto imparare ad immergersi di nuovo per poter nuotare, ma quando lo fa avverte il liquido amalgamarsi col corpo come un flusso viscoso e vivo, e in un attimo ha acqua che entra dal naso dalla bocca dalle orecchie dal petto dalla testa dalla schiena dagli occhi e acqua che gli riempie i polmoni fino ad affogarlo e poi riemerge e subito dopo annega e non respira e il blu diventa peggio del rosso, perché rosso vuol dire sangue e il sangue non è niente a confronto con quell’acqua che lo strattona negli abissi della sua mente, presso un faccia a faccia tra il fantasma di un morto ed un ragazzo che ha paura di vivere.

Poi arriva all’altra sponda ed esce. Non è annegato, non ha altro nei polmoni che aria, ma l’acqua è pesante e lo trascina fino a terra anche dopo che si è asciugato.

 

Hyrule è bella, lo è anche durante le gelide notti in cui non trova rifugio nel pieno di un acquazzone, lo è quando scivola dalle rocce bagnate mentre si arrampica e lo è quando la Luna si tinge di rosso e il cielo muta in una danza di lingue infuocate che si muovono per rubarti l’anima e cibarsene.

Hyrule è bella anche quando è in rovina, e Link passa ore a contemplare in silenzio le macerie e i detriti depositatisi su di lei come strati di cenere dopo un incendio.

Forse gli dispiacerebbe di più se si ricordasse di quei posti, della loro storia, ma così non è e se potesse confessarlo sussurrerebbe alla terra che preferirebbe essere torturato piuttosto che ricordarsene.

Ma lui, al contrario di ciò che ha davanti, è sempre tutto intero, ha ancora un corpo ed ha ancora una bocca, eppure se anche volesse sussurrare e urlare alla terra che è stanco e vorrebbe solo sparire e lasciarsi morire non potrebbe, perché le corde vocali non sono più capaci di tirare fuori niente se non lamenti e mugolii.

 

Hyrule è bella anche quando riacquista la sua prima memoria.

Realizza che forse è ancora più bella nei suoi ricordi, quando in una visione annebbiata vede la lucentezza dell’erba e le piante attorno a sé mentre danzano più energeticamente di quanto le abbia mai viste.

Link ascolta una voce parlare, non ne comprende ogni parola ma capisce che il fiore che ha davanti è raro e si chiama Silent Princess, e si chiede chi sia stato a chiamarlo così e come abbia fatto, perché lui non sarebbe mai in grado di trovare un nome per i figli della Natura.

Gli parrebbe di umanizzarla, di renderla simile a sé, mentre la Natura è così bella e perfetta che compararla all’uomo risulterebbe offensivo.

Eppure quello è un nome così azzeccato che quando lo sente quasi gli pare di vedere il fiore piangere e dimenarsi di notte e sorridere e lottare di giorno pur di rimanere in vita, e in questo gli sembra così simile a sé e a quella figura che gli sta parlando (chi è?) che si chiede se non si sia sempre sbagliato, se anche i fiori e l’erba e gli alberi e la neve e il vento e l’acqua e le radici e i granelli di sabbia e il fuoco e l’aria provino le stesse emozioni che prova lui, e nel pensarlo si sente capito come non mai, ed è grato che abbiano dato un nome a quel fiore e abbiano compreso la sua battaglia.

Riconosce che si tratta di un giglio nel momento esatto in cui riapre gli occhi e si accorge che nel medesimo punto in cui la Silent Princess oscillava cullata dal vento nel sogno non vi è più nulla se non fasci di erba spenta.

La cerca disperatamente tra le margherite e scava sporcandosi le mani di terra negli anfratti più celati alla vista, ma non la trova.

Non è sopravvissuta.

Link si accascia a terra, e prima ancora di realizzare che ha un ricordo del suo passato, piange per quel giglio tanto simile a sé, chiedendosi se anche lui farà presto la stessa fine, dopo anni di silenziosa sofferenza.

 

 

 

In fondo, forse Hyrule è proprio come la Silent Princess: bellissima

e destinata ad appassire.











 

Note
Piccola curiosità: se cercate "blue heart lily" su Internet uscirà un fiore praticamente identico alla Silent Princess! 






 

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Capitolo 10
*** Tatuaggio ***


Prompt: tatuaggio

Numero di parole: 229
 

#10 Tatuaggio

Diventare uno Sheikah voleva dire essere un’ombra.

Le ombre combattono senza far rumore e si dissolvono di fronte alla Luce, quando i demoni della notte si dileguano nelle fessure e le grida dei morti si acquietano sino al crepuscolo successivo.

Sheikah voleva dire sacrificio. I tormenti e le ferite di un’ombra non hanno peso a cospetto della Luce, poiché non si può scacciare il Male col buio.

Sette anni di assiduo addestramento avevano fatto di lui un guerriero: il giorno in cui aveva giurato fedeltà alla stirpe l’occhio della verità era diventato parte della sua stessa carne, e lui era rinato come una fenice dalle ceneri di un guscio arido e vuoto. Un guscio marcio di pelle e ossa e doveri e menzogne e abiti e feste e sorrisi e Luce e occhi e grida e voci e un corpo che vede donna quando urla uomo e un incarico tanto appariscente quanto sterile.

Un nome era stato dimenticato.

Per il tatuaggio fu già pronto a quattordici anni, e il dolore che provò quella volta fu il più dolce della sua vita.

 

Essere uno Sheikah voleva dire diventare un’ombra, e Sheik – che nell’ombra era nato e nell’ombra aveva sempre vissuto- si girò di schiena, mostrando svettante tra i residui di pelle e sangue la grande lacrima, simbolo di quel popolo che era Suo più di ogni altra cosa al mondo.

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Capitolo 11
*** Purezza ***


Prompt: purezza

Numero di parole: 199

 


#11 Purezza

Bianco.

Lo vedeva ovunque si girasse: schiacciato contro false pareti, riflesso in false acque, irradiato da un falso cielo.

Tutto gli parve bianco anche quando avvertì i propri arti prendere forma, e inalò bianca aria col suo primo respiro.


Cadde, all’ennesimo scontro di spade.
 

Dark afferrò la mano che il Bersaglio gli stava incomprensibilmente tendendo.

I filamenti vermigli che aveva al posto delle pupille si distesero per un attimo, fissando vivi quelle chiarissime, bianche dell’altro che lo osservavano fredde e rassegnate.

Si rialzò piano.

...Perché?

Fece giusto in tempo a formulare il suo primo, unico e ultimo pensiero, che una spada chiarissima, bianca, gli trafisse il torace, perforando violentemente l’unico organo del suo corpo.

La figura spalancò le labbra come per urlare, ma da esse non uscì alcun suono. Le fibre viscose degli occhi divennero nero pece.

Poi si accasciò a terra nel medesimo punto da cui si era rialzata, e un lago distorto di liquido chiarissimo, rosso, fece da pozza ai suoi resti prima che sprofondassero sordi in false acque vermiglie.

L’illusoria purezza di quel posto si sgretolò, rivelando alte pareti nere e porte di ferro.

 

Link sfilò la spada dal cadavere, e si avviò lentamente verso l’uscita.

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Capitolo 12
*** Oro ***


Prompt: Oro

Numero di parole: 124


#12 Oro

Grida di stupore accompagnarono la nascita del prodigio: pelle scura come le dune deturpata da sfregi congeniti, occhi di sangue forgiati dal calore del deserto, capelli di fiamma mossi dal 
colore del rubino più pregiato della tribù. Grandi aspettative gravavano sull’unico maschio di una stirpe di guerriere, impensabili avvenimenti furono scritti nella pergamena del suo destino il giorno in cui venne al mondo.

Non fu in tempo a muovere le piccole mani verso la madre, che il fardello del suo sesso lo strappò dalla sua famiglia: la prima cosa che vide fu il sangue di una sconosciuta che non voleva separarsi dal figlio.

L’ultima cosa che vide quel giorno fu l’oro di un palazzo di sabbie in una stanza vuota e priva di amore.

 

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