I Still

di Clementine84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 14: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Ci ho riprovato. Ultimamente mi prendono bene i Backstreet Boys, non so perché. Ma ho anche un paio di originali in stesura quindi stay tuned.

Poco da dire su questa storia se non che copre un arco temporale molto lungo e che, di nuovo, per me costituisce un esperimento stilistico in quanto scritta per la prima volta in terza persona e non, come sono solita fare, passando da un punto di vista all’altro. Ho faticato, non lo nascondo, ma spero di essere riuscita comunque a trasmettere i pensieri e i sentimenti dei protagonisti.

Nulla di quanto narrato è reale o ha la pretesa di esserlo. Questo scritto è frutto della mia fantasia e non vuole, in nessun modo, offendere le persone rappresentate. I personaggi originali, invece, appartengono alla sottoscritta e ogni riferimento a persone reali è da considerarsi puramente casuale.

ATTENZIONE! - questa storia contiene riferimenti a dipendenza da alcool e stupefacenti, oltre che a tentativi di suicidio. Non sono raccontati in modo esplicito ma, allo stesso modo, risultano piuttosto chiari. Se ritenete che la cosa possa urtare la vostra sensibilità, consiglio di non proseguire nella lettura.

 

PROLOGO

 

1993 – Orlando (Florida)

 

And when I'm looking back
How we were young and stupid
Do you remember that?

 

Alex colpì con violenza un sassolino, la cui unica sfortuna era stata trovarsi nelle vicinanze dei suoi piedi in quell’esatto momento e su cui il ragazzo aveva deciso di sfogare la sua frustrazione. Poi alzò lo sguardo verso l’amica, seduta sul muretto che delimitava il campetto da basket vicino alla palazzina dove entrambi abitavano, le gambe penzoloni, fasciate in un paio di jeans neri, e un vecchio paio di Converse rosse rovinate in più punti. Poteva sembrare un pomeriggio qualunque, ma entrambi sapevano che non era così. Quel giorno, tutto era cambiato, per loro. Per lui.

“Non puoi andartene” sbottò, stringendo a pugno le mani, che teneva nascoste nelle tasche dei pantaloni.

La ragazzina smise di dondolare i piedi e guardò l’amico, alzando le spalle. “Devo andare. Non posso restare”.

“Perché?” domandò il ragazzo, interdetto.

“Perché il lavoro di papà è là. Perché la mia famiglia si trasferisce e io devo andare con loro” spiegò lei, come se parlasse a un bambino testardo.

“Sì, ma perché in Italia?” insistette Alex, deciso a non mollare.

“Cos’ha l’Italia che non va?” chiese lei, iniziando a indispettirsi. “I miei vengono da lì e dicono che è bellissima”.

“È dall’altra parte del mondo, Cassie! Non ci vedremo più” si lamentò l’amico, infastidito dal comportamento della ragazza, che sembrava non voler capire le sue ragioni.

“Non ci saremmo visti comunque, Alex. Adesso hai il gruppo e non sarai mai a casa” gli fece notare lei, scendendo dal muretto con un balzo.

“Sì, ma quando torno voglio saperti qui” sentenziò egoisticamente il ragazzo.

“Non è possibile. Mi dispiace” replicò Cassie, scuotendo la testa.

“Mi dimenticherai” la accusò Alex.

“Non è vero” obiettò lei.

“Troverai un nuovo migliore amico, in Italia”.

“Può darsi, ma non ti dimenticherò” gli promise.

“Giuralo” le intimò.

Cassie si avvicinò e strinse l’amico in un abbraccio. “Te lo giuro”.

 

Tornata a casa, Cassie si chiuse nella sua stanza, si buttò sul letto e accese lo stereo a tutto volume, riempiendo la camera con un mix di canzoni pop e rock, tra cui anche alcune tracce registrate dai Backstreet Boys, un gruppo emergente di cui faceva parte il suo amico Alex, insieme ad altri quattro ragazzi, Howie, Nick, Brian e Kevin. Si tolse le scarpe e le scaraventò dall’altra parte della stanza, con un calcio, emettendo un profondo sospiro. Perché, si chiese, Alex doveva rendere tutto più difficile? Come se per lei fosse facile mollare tutto quello che conosceva per trasferirsi dall’altro lato del mondo. Anche lei si sentiva morire all’idea di non vederlo più, ma non ci poteva fare nulla. Prima, al campetto, quando lui le aveva detto che l’avrebbe dimenticato, le era venuto da piangere. Ma non l’aveva fatto. Innanzitutto perché odiava piangere e odiava ancora di più farsi vedere piangere. Soprattutto da lui. Soprattutto perché sapeva che l’avrebbe fatto stare male sapere che lei soffriva. Quindi aveva ricacciato in gola le lacrime e aveva fatto finta che fosse tutto okay, che avesse accettato la situazione come inevitabile, un dato di fatto, mentre invece avrebbe solo voluto gridare, puntare i piedi, rotolarsi a terra, farsi venire una crisi isterica, tutto pur di non andarsene.

Cassie e Alex si conoscevano dall’asilo. Abitando nello stesso palazzo, avevano iniziato a giocare insieme fin da piccolissimi, diventando inseparabili. I genitori di Alex si erano separati quando lui era ancora molto piccolo, e Linda, la mamma di Cassie, spesso dava una mano a Denise, la mamma di Alex, tenendole il bambino mentre lei era al lavoro. Crescendo, anche se avevano due anni di differenza e, quindi, non erano nella stessa classe, non avevano mai smesso di frequentarsi e Alex passava quasi tutto il suo tempo libero con l’amica, portandosela dietro alle prove dei vari spettacoli teatrali a cui partecipava e presentandola a tutti i suoi amici. Curiosamente, pur essendo il più grande, non era Alex a essere popolare, tra i due. Lui era il ragazzino strano, quello senza papà, che viveva con la mamma e la nonna e a cui piaceva partecipare ai musical. Cassie, invece, priva di qualsiasi velleità artistica, si era buttata sugli sport, iniziando a nuotare ed entrando nella squadra di nuoto sincronizzato. Non faceva nulla per esserlo, eppure era una ragazzina piuttosto popolare. Non in quel modo femminile e provocante che veniva ostentato nei film per teenagers, piuttosto in modo deciso e provocatorio. Era quella che aveva mandato a gambe all’aria il capitano della squadra di football, tirandogli un calcio ben assestato nelle zone intime, quando l’aveva sentito, per caso, prendersi gioco del suo amico Alex, quella che aveva organizzato un sit-in di protesta nel corridoio della scuola perché non permettevano a un suo compagno di classe omosessuale di invitare il fidanzato al ballo, quella che, a quello stesso ballo, si era presentata stringendo orgogliosa la mano di Alex, sotto lo sguardo furioso di Jason Blake, uno dei ragazzi più desiderati della scuola, di cui aveva rifiutato l’invito e, soprattutto, quella che era stata subito accettata dai nuovi migliori amici di Alex, i ragazzi della band, che la consideravano ormai la mascotte del gruppo. Come aveva fatto notare un giorno Kevin, il maggiore del gruppo, era una ragazzina con le palle, anche se ad Alex non piaceva quella definizione, perché la faceva sembrare una dura mentre, invece, lui sapeva benissimo che non era così. Cassie era estremamente gentile e rispettosa con tutti e, semplicemente, farsi adorare le veniva naturale. Ma, allo stesso tempo, sapeva anche essere molto dolce e fragile, anche se questo era un lato della sua personalità che non permetteva a tutti di conoscere. Alex era uno dei pochi fortunati e adorava quella parte della sua amica che restava celata ai più. Ovviamente, Alex non era l’unico amico di Cassie, così come Cassie non era l’unica amica di Alex, ma il loro rapporto era speciale e, almeno così credevano, niente avrebbe mai potuto mettersi in mezzo.

Mentre Cassie sfogava la sua frustrazione lasciandosi cullare dalla voce arrabbiata di Kurt Cobain, Alex lo faceva parlando al telefono con Howie.

“Non posso pensare che se ne vada” gli confessò, mentre fissava il soffitto della sua stanza, sdraiato sul letto.

“Lo capisco, AJ. Ma non sembra che tu possa farci molto” replicò l’amico, chiamandolo con il nome che aveva iniziato a usare quando era entrato nel gruppo. AJ – dalle iniziali dei suoi due nomi, Alexander James – suonava molto più figo di Alex, e cambiare nome gli era servito a scrollarsi di dosso l’immagine di ragazzino sfigato. Adesso era quello figo che cantava in un gruppo vero, con un manager che gli procurava gli ingaggi, e presto sarebbero diventati famosi. Non era più quello che veniva preso in giro perché partecipava a tutti gli spettacoli della scuola e non aveva il papà.

Alex sospirò e fece rimbalzare sul soffitto la pallina da tennis con cui stava giocando, mentre era al telefono.

“Lo so. E fa schifo” commentò.

Ci fu un attimo di silenzio, dall’altra parte del filo, poi Howie chiese “Sei sicuro di non essere innamorato di lei, AJ?”

La pallina ricadde rumorosamente sul pavimento, senza che Alex si desse la pena di provare a riprenderla. Spalancò gli occhi e restò immobile, a bocca aperta, senza trovare nulla da rispondere. Nella sua testa, rimbombava la domanda dell’amico, come un disco inceppato. Poi chiuse gli occhi e scosse la testa. Lui innamorato di Cassie? Non poteva essere. Howie stava sicuramente scherzando. Cassie era la sua migliore amica, la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro e a cui si sentiva indissolubilmente legato per l’eternità. Niente di più. Non era innamorato di lei. Blaterò qualcosa in risposta all’amico, solo per negare e chiudere la conversazione, poi si chinò a raccogliere la pallina dal pavimento. Nel farlo, lo sguardo gli cadde su una foto che ritraeva lui e Cassie insieme, un anno prima, in occasione del suo provino per entrare nel gruppo. Ovviamente, lei l’aveva accompagnato e, quando era stato preso, erano andati a festeggiare al fast food, com’erano soliti fare. Nella foto, lei era alle sue spalle, le braccia strette attorno al suo collo, ed entrambi stavano ridendo, felici. Alex sentì una fitta al cuore e pensò che non ce l’avrebbe fatta senza di lei, proprio non esisteva. Perché Cassie era la sua migliore amica, la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro e a cui si sentiva indissolubilmente legato per l’eternità. Niente di meno. E lui era innamorato di lei.

 

Erano sdraiati sul muretto del campetto da basket, testa contro testa, mentre guardavano il cielo azzurro terso di quel caldo pomeriggio di luglio. Cassie sarebbe partita tra qualche giorno e i due ragazzi stavano tentando di passare più tempo possibile insieme, compatibilmente con gli impegni di Alex con i Backstreet Boys. Cassie aveva già salutato i ragazzi, che erano stati dispiaciuti di vederla andare via, e le avevano promesso che si sarebbero tenuti in contatto, ma stava rimandando il momento più tragico, ossia dire addio ad Alex. Perché, e Cassie era certa che lo sapesse anche lui, anche se gli aveva giurato che non l’avrebbe mai dimenticato, la lontananza li avrebbe inevitabilmente divisi. Sarebbero cresciuti in posti diversi, avrebbero conosciuto persone diverse, fatto cose diverse e, per quanto avrebbero potuto raccontarsele e rendersi partecipe l’un l’altra delle rispettive vite, non sarebbe certo stato come condividere quelle esperienze.

“Cassie?”

La ragazza percepì un movimento alle sue spalle, segno che l’amico si era messo a sedere.

“Hmm?”

“Devo dirti una cosa” annunciò Alex.

Cassie si mise a sedere, ritrovandosi spalla a spalla con il ragazzo.

“Dimmi” lo spronò, rivolgendogli un sorriso che voleva essere rassicurante.

“Ti amo”.

Si voltò a guardarlo, con gli occhi spalancati, aspettandosi un sorrisino divertito o, addirittura, una buffa smorfia, a indicare che la stava prendendo in giro, ma tutto ciò che vide furono i due grandi occhi marroni del ragazzo che la fissavano, seri, specchiandosi nel grigio dei suoi.

“Non dire sciocchezze, Alex” lo liquidò, scuotendo leggermente la testa.

“Non è una sciocchezza. È la verità” replicò lui, deciso.

“Non puoi amarmi” sentenziò Cassie, stringendo le mani sul bordo del muretto, come se volesse essere certa di non rischiare di cadere.

“Perché no?” chiese lui, confuso.

“Perché...hai 15 anni e io ne ho 13. Siamo due ragazzini” gli fece notare lei, iniziando ad agitarsi.

Quella situazione era surreale, non poteva stare succedendo veramente, non a loro.

“Se sono abbastanza grande per diventare una popstar, allora lo sono anche per innamorarmi” sentenziò Alex, fissandola con sguardo di sfida.

Cassie sospirò, rassegnata. “D’accordo. Ma non di me”.

“Perché?”

“Perché sono la tua migliore amica” gli ricordò.

“Sì, è vero” concesse lui. “Ma mi sono innamorato di te.”

“Quando te ne sei accorto?” gli domandò, sempre più incredula. Non che facesse alcuna differenza ma, dato che fino a ieri l’amico si era comportato come se nulla fosse, voleva capire se era una novità o se fosse stata lei a non accorgersene.

Alex alzò le spalle. “Non lo so. Forse l’ho sempre saputo, ma l’ho capito solo quando Howie me l’ha chiesto”.

“Perché me lo dici adesso che sto per partire?” volle sapere Cassie.

“Perché ho paura di perderti” ammise lui e spostò una mano sul muretto, fino a posarla su quella di lei.

“Non mi perderai, te l’ho detto” lo rassicurò, ancora una volta, in tono dolce.

Probabilmente il ragazzo fraintese perché le chiese “Quindi...anche tu mi ami?”

Cassie scosse la testa. “No, Alex”.

“Ma…”

“Ti voglio bene, sei il mio migliore amico, e non ti dimenticherò mai. Ma non sono innamorata di te” specificò.

“Come puoi esserne sicura?” domandò lui, spostando la mano dalla sua.

“Come tu sei sicuro di amarmi, suppongo” replicò Cassie, rivolgendogli un timido sorriso.

“Hai 13 anni”. Quelle parole gli erano uscite dalla bocca prima che riuscisse a fermarle e, nell’istante esatto in cui le aveva pronunciate, sapeva di aver fatto un passo falso e che lei si sarebbe arrabbiata. Cassie odiava quando, anche solo per scherzo, lui le faceva notare la loro differenza d’età, implicitamente sostenendo che lei fosse ancora una bambina.

Infatti replicò subito, piccata “E allora?”

“Non sai cos’è l’amore” disse Alex, offeso per essere stato rifiutato.

“E tu sì, invece, eh?” sbottò lei.

“Beh, un po’ più di te”.

“E, sentiamo, dall’alto della tua esperienza, dove starei sbagliando?” domandò, incrociando le braccia sul petto, in atteggiamento difensivo.

Alex capì che avrebbe dovuto cambiare tattica, quindi passò alle suppliche. “Dammi una chance” la pregò.

“Di fare cosa?”

“Di stare con te”.

“Non posso” rispose la ragazza, distogliendo lo sguardo.

“Perché stai partendo?” chiese lui, deciso a non mollare.

Gli occhi grigi di Cassie furono di nuovo sull’amico. “No. Perché non ti amo. Non posso stare con qualcuno che non amo”.

“Ma mi vuoi bene” insistette il ragazzo.

“Questo sì, moltissimo” ammise Cassie.

“Allora, magari, se provassimo a stare insieme…” tentò lui.

“Se provassimo a stare insieme cosa?”

“Ti innamoreresti di me”.

“Non funziona così” disse lei, scuotendo la testa.

“E tu che ne sai?” sbottò Alex, ormai in preda alla disperazione. Aveva creduto, sperato, che quella sua dichiarazione le facesse cambiare idea. Sapeva che era una follia ma, nei suoi sogni, lei gli si buttava tra le braccia, confessandogli di averlo sempre amato, e decideva di non partire e restare a Orlando con lui. Ormai aveva un lavoro, avrebbe potuto occuparsi di lei.

“Più di quanto tu creda” la sentì rispondere, ma fu un sussurro lontano perché, nella sua testa, sentiva solo una voce ripetergli non ce l’hai fatta, la perderai. No. Non poteva permetterlo. Doveva fare qualcosa, qualunque cosa.

Si voltò di scatto, molto rapidamente. Prese il viso di Cassie tra le mani e incollò le labbra alle sue. Sulle prime, la ragazza rimase immobile, spiazzata dal comportamento dell’amico. Poi si riscosse e, agendo in modo assolutamente coerente con la sua personalità, alzò una mano, facendo schioccare un sonoro ceffone sulla guancia del ragazzo.

Alex si ritrasse, sconvolto, coprendosi la guancia dolorante con una mano.

“Perché l’hai fatto?” domandò, costernato.

“E tu perché l’hai fatto?” replicò lei, gli occhi fiammeggianti di rabbia.

“Perché ti amo, te l’ho detto” rispose il ragazzo, in un debole tentativo di giustificarsi.

“E io ti ho detto che non amo te” obiettò la ragazza, secca.

Con voce implorante e sull’orlo delle lacrime, Alex supplicò “Ti voglio, Cassie”.

“Puoi avermi, Alex. Come amica” precisò, addolcendo leggermente il tono.

Alex, però, vi lesse più condiscendenza che dolcezza, per questo sbottò “Non me ne faccio niente della tua amicizia!”

“Scusa?” chiese Cassie, incredula.

Accecato dalla rabbia e dalla disperazione, Alex disse qualcosa che non pensava veramente. “Non mi interessa la tua amicizia! Puoi anche tenertela!”

La ragazza lo fissò per un istante, nei suoi occhi un misto di delusione e disgusto. “Ripetilo un’altra volta e tra noi finisce qui” lo minacciò.

“Non ti voglio come amica, Cassie!” urlò lui, combattendo per non lasciarsi sopraffare dalle lacrime che sentiva salirgli in gola.

Cassie saltò giù dal muretto e fece qualche passo, come per allontanarsi da lui. Poi si voltò a guardarlo un’ultima volta e lui notò che aveva gli occhi lucidi. Non avrebbe pianto, lo sapeva. Cassie non piangeva mai, odiava farlo. Ma le lacrime erano lì, pronte a scendere una volta che fosse stata sola, e il fatto di essere stato lui la causa lo faceva sentire uno schifo. Una parte di lui avrebbe voluto scendere dal muretto, avvicinarsi a lei, prenderla tra le braccia e dirle che poteva sfogarsi, che lui ci sarebbe stato e non gli importava vederla piangere. Non l’avrebbe detto a nessuno. L’altra parte, però, quella più viscerale e istintiva, la odiava. La odiava perché l’aveva rifiutato, perché non ricambiava quel sentimento totalizzante e devastante che diventava ogni minuto più forte. E fu questa parte a prendere il sopravvento. Così, quando lei disse “Se le cose stanno così...addio Alex” e corse verso casa, invece di correrle dietro per fermarla, chiederle scusa e cercare di rimediare, lui le urlò “Va’ all’inferno!”


Come al solito, le recensioni sono sempre ben accette! Buona domenica a tutti e Go Bucs! 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


CAPITOLO 1

 

1999 – Milano (Italia)

 

I wish I could find you
Just like you found me
Then I would never let you go

 

Cassie guardò l’amica, sdraiata su un lettino in quella stanzetta spoglia, con un colorito ceruleo che avrebbe fatto invidia all’eroina di qualche dramma romantico ambientato nella Londra ottocentesca, e sopirò, passandosi una mano sugli occhi. Perché non poteva mai andargliene una dritta?

Per ironia del destino, Marta, la sua migliore amica, che aveva conosciuto al liceo, appena trasferitasi in Italia, era una grande appassionata di musica pop e quale poteva essere il suo gruppo preferito, sulle cui foto aveva sospirato per tutta la durata delle superiori e che ancora ascoltava in auto, cantando a squarciagola? I Backstreet Boys. Il gruppo di cui Alex faceva parte, poco dopo la partenza di Cassie, aveva iniziato ad avere successo, diventando un vero e proprio fenomeno, dapprima in Europa, e poi anche negli Stati Uniti. Se, da una parte, la ragazza non poteva che essere felice e orgogliosa del suo amico e degli altri ragazzi, dall’altra sentire le loro canzoni alla radio e vedere le loro facce sorridenti che ammiccavano in TV o dalle copertine dei giornali, non aveva fatto altro che rendere molto più difficile superare la separazione da colui che era stato il suo migliore amico per tredici anni. Come gli aveva promesso, non l’aveva dimenticato. Lo pensava continuamente e gli mancava tantissimo. Certi giorni andava meglio di altri, a volte le sembrava quasi di averla superata, presa com’era dalla sua vita, tra l’università che stava per iniziare e le nuove amicizie, Marta in primis. Ma, poi, bastava sentire per caso una canzone dei Backstreet Boys alla radio per ritornare improvvisamente a sei anni prima, a quel pomeriggio al campetto, in cui tutto era precipitato e la loro amicizia si era rovinata. Non era più arrabbiata. Lo era stata, per molto tempo, ma, poi, la rabbia aveva lasciato il posto alla malinconia e la verità era che Alex le mancava terribilmente e avrebbe pagato qualsiasi cosa per poterlo rivedere e chiedergli scusa. Non per averlo respinto, quello no. Era stata sincera, non lo amava, e non rimpiangeva di non avergli dato false speranze. Ma, forse, Cassie avrebbe potuto essere un po’ più sensibile e cercare di capire i suoi sentimenti. Aveva pensato di chiamarlo infinite volte ma, un po’ per paura e, molto di più, per la difficoltà dell’azione in sé, aveva desistito. Ormai i Backstreet Boys erano famosi in tutto il mondo, avevano addirittura bloccato Time Square in occasione del lancio del loro ultimo album. Alex non era più il suo compagno di giochi, il suo confidente, era una celebrità. E mettersi in contatto con lui, non era così semplice. Non dopo tutto quel tempo. Avrebbe dovuto passare attraverso sua madre, ammesso che riuscisse a parlarci e non avesse cambiato casa o numero di telefono, e la ragazza non voleva metterla in mezzo nelle loro questioni. Quindi, si era semplicemente limitata a tirare avanti, fingendo di aver superato perfettamente la cosa e, ovviamente, guardandosi bene dal confessare a Marta di conoscere i componenti del suo gruppo preferito.

Era tutto filato relativamente liscio fino a qualche mese prima, quando Marta aveva preso i biglietti per una delle date del Millennium Tour a Milano e aveva praticamente obbligato Cassie ad accompagnarla, facendo leva sul suo senso di colpa e sulla capacità di portare l’amica all’esasperazione in pochissimo tempo. Così, Cassie aveva ceduto, ripetendosi che rivedere Alex e i ragazzi, seppur da lontano, le avrebbe fatto piacere e certa che, comunque, un incontro a quattrocchi sarebbe stato pressoché impossibile e, quindi, non c’era nulla di cui preoccuparsi.

Ovviamente non aveva fatto i conti con la legge di Murphy. Avete presente, no? Quella regola che dice che, se qualcosa può andare storto, lo farà? Ecco, esattamente. Cosa poteva andare storto? Per esempio il fatto che Marta, complice il caldo torrido di quell’afosa giornata di inizio luglio e l’attesa in fila sotto il sole cocente per accaparrarsi i posti migliori, si fosse sentita male e fosse stata trasportata d’urgenza all’interno del palazzetto, dove era stata fatta stendere su un lettino, in attesa che si riprendesse.

Cassie era nervosa. Non che fosse preoccupata per l’amica, che stava già meglio, ma si sentiva agitata, pur senza una ragione particolare, solo per il fatto di trovarsi nel backstage del concerto. Al contrario dell’amica, però, che continuava a guardarsi intorno, speranzosa, ogni volta che la porta della stanzetta in cui l’avevano portata veniva aperta, sognando di intravedere qualcuno dei suoi idoli, Cassie aveva il cuore che batteva a mille per la stessa ragione, ma non si trattava di sensazioni positive.

“Ho sete” piagnucolò Marta, mettendosi a sedere sul lettino.

“Ti sei già scolata tutta l’acqua che ci eravamo portate dietro” la rimproverò Cassie, con sguardo torvo.

“Ma io ho ancora sete” insistette l’altra. “E sono stata male perché mi sono disidratata, quindi devo bere”.

Cassie alzò gli occhi al cielo e sospirò. “Okay” cedette, rintracciando il portafoglio nello zainetto. “Mi è sembrato di vedere un distributore automatico, in corridoio, quando siamo passate. Vado a vedere se ti recupero una bottiglietta d’acqua”.

Aveva appena voltato l’angolo, per tornare dall’amica, dopo averle comprato una bottiglietta d’acqua al distributore che, non si era sbagliata, c’era nel corridoio, quando la sua più tremenda paura, ma anche la più grande emozione, le sfilò davanti nella forma di cinque ragazzi, tutti vestiti con delle buffe uniformi blu, che li facevano somigliare a degli alieni. Per primo, riconobbe Kevin, alto e slanciato, con corti capelli neri arruffati e un pizzetto ordinato; poi Howie, con i capelli scuri legati in una coda portata bassa e le labbra carnose; dietro di lui, con i riccioli color miele che gli ricadevano sulla fronte, la mascella pronunciata e un sorrisino divertito, Brian, seguito, subito dopo, da Nick, alto, molto più di quanto se lo ricordasse, sempre biondissimo e con un braccio teso in direzione di Brian, a cui stava dicendo qualcosa. Per ultimo, leggermente distanziato dagli altri, lo sguardo basso, mentre si sistemava una manica del costume di scena, e i capelli di un curioso color giallo paglierino, Alex. Il suo Alex. Dopo sei lunghi anni, era lì, a pochi passi da lei. Cassie si immobilizzò, il battito accelerato e la salivazione azzerata, senza sapere cosa fare o cosa pensare. Avrebbe voluto gridare il suo nome, fargli sapere che era lì, correre ad abbracciarlo e, allo stesso tempo, sparire, nascondersi, diventare invisibile pur di non dover affrontare quell’incontro. In preda a emozioni contrastanti e senza riuscire a decidere a quale parte del suo cuore dare retta, Cassie non fece nulla, limitandosi a restare lì impalata, con gli occhi sbarrati e la bottiglietta stretta in mano.

All’improvviso, quasi come se fosse stata catapultata nella scena di un film, Alex si fermò e, per qualche ragione incomprensibile, alzò la testa, voltandosi verso di lei. I loro sguardi si incrociarono per un istante in cui a Cassie sembrò che il tempo si fosse fermato. Non era più nel corridoio del backstage, non teneva più in mano una bottiglietta di acqua gelata e non stava più nemmeno tornando dalla sua amica che era stata male. Nulla di tutto ciò che aveva costituito la sua vita fino a pochi istanti prima era reale e si era sentita catapultata indietro di sei anni, in quel campetto dietro casa. C’erano soltanto lei e Alex. Lo vide strabuzzare gli occhi, sorpreso e, a quel punto, sentì se stessa pronunciare il suo nome.

“Alex”.

“Cassie?” chiese lui, incredulo.

“Oddio, non ci credo” disse lei, correndo ad abbracciarlo.

Pur sotto shock, il ragazzo la strinse forte e fu come essere tornata indietro nel tempo, a sei anni prima, quando erano amici e tutto era perfetto.

“Non è possibile. Non puoi essere tu” disse Alex, senza smettere di tenerla stretta.

Una voce profonda disturbò il loro incontro. “Ehi, tu. Lascia stare AJ. Allontanati” le intimò, posandole una mano sulla spalla.

Cassie si voltò di scatto, trovandosi davanti un omaccione con lo sguardo severo. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Alex la precedette. “È tutto a posto, Q. La conosco” spiegò. Poi, rivolgendo la sua attenzione a Cassie, domandò “Che ci fai qui?”

Cassie fece un gesto con la mano per indicare la porta dietro cui si trovava Marta, poco più in là.

“Ho accompagnato una mia amica al concerto, solo che è stata male e siamo finite qui”.

“Sta bene?” domandò Alex, preoccupato.

Cassie annuì. “Adesso sì. Ero andata a prenderle dell’acqua, ma non avrei mai pensato di incontrarti” aggiunse, mostrando la bottiglietta.

Lui le sorrise e, senza riuscire a smettere di guardarla, come se temesse di vederla scomparire da un momento all’altro, commentò “Oddio, è così strano. Non ci sentiamo da sei anni”.

“In realtà, io ti ho sentito” scherzò Cassie, riferita al successo dell’amico.

Alex ridacchiò, toccandosi i capelli sulla nuca.

“Ho pensato tante di quelle volte di cercarti” le disse, lasciandosi sfuggire un sospiro.

Cassie spalancò gli occhi, sorpresa. “E perché non l’hai fatto?”

“Non sapevo come fare. E non sapevo se ti avrebbe fatto piacere, dato come ci siamo lasciati” si giustificò Alex, abbassando lo sguardo.

“Certo che mi avrebbe fatto piacere” gli assicurò lei, posandogli una mano sul braccio.

Il ragazzo rialzò di colpo la testa, sorpreso dalla sua affermazione. “Non sei arrabbiata con me?” chiese.

Cassie scosse la testa. “Oh, lo ero” ammise. “Ma avevo anche 13 anni. Mi è passata. E avrei tanto voluto parlarti”.

“Perché non l’hai fatto?” domandò lui, dispiaciuto di aver perso tutto quel tempo per un’incomprensione.

Cassie rise, e Alex pensò che la sua risata fosse ancora il suono più bello del mondo. “Beh, non è così semplice mettersi in contatto con AJ dei Backstreet Boys” sentenziò.

Rise anche lui. “Mi fa strano sentirmi chiamare AJ da te. Non l’hai mai fatto” osservò.

“Fa strano anche a me. Penso ancora a te come Alex” confessò.

Il ragazzo le prese una mano. “E allora continua a chiamarmi Alex”.

“AJ, si può sapere dove…” li interruppe una voce, riconoscibilissima, alle loro spalle. Poi, vedendo con chi l’amico stava parlando, il ragazzo biondo si bloccò e spalancò gli occhi. “Cassie?”

“Ciao, Nick” lo salutò lei, sorridendo.

Il ragazzo ricambiò il sorriso, ma non fece in tempo a rispondere perché un’altra voce, ancora più riconoscibile della prima e collegata a un viso sorridente, con riccioli color miele e occhi azzurri luccicanti, esclamò “Oddio, sei davvero la nostra Cassie?”

“Pare di sì” rispose lei, andandogli incontro e lasciandosi stringere in un abbraccio.

“Ciao, Brian” gli sussurrò. “Sono felice di vederti”.

“Non hai idea di quanto sia felice io” ribatté il ragazzo. “E aspetta che ti vedano gli altri”.

Anche Nick si avvicinò e strinse Cassie in un abbraccio, che le fece enormemente piacere. Lei e Nick erano coetanei e, a parte Alex, ovviamente, e Brian, che adorava perché la trattava come se fosse la sorellina che non aveva mai avuto e la faceva morire dalle risate, con le sue battute e le facce buffe, era quello con cui aveva legato di più, quando era in Florida.

“Ciao, Cas. Ci sei mancata” le disse.

“Anche voi” ammise lei, felice di aver rivisto i suoi amici.

“Che ci fai qui?” le domandò Brian.

“Ho accompagnato una mia amica a vedervi, ma è stata male e ci hanno portate qui” spiegò, di nuovo.

Brian le rivolse un’occhiata preoccupata e chiese “Adesso dov’è? E come sta?”

“Dietro quella porta” rispose lei, indicando la stessa porta che aveva mostrato ad Alex, poco prima. “E sta bene, sta solo aspettando che le porti l’acqua” aggiunse, sollevando la bottiglietta che stringeva.

Brian gliela prese dalle mani e annunciò “Gliela porto io”, avviandosi verso la porta.

Cassie strabuzzò gli occhi, presa alla sprovvista dall’intraprendenza dell’amico. Gli corse dietro, per fermarlo, seguita da Nick e Alex ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, Brian aveva già abbassato la maniglia e fatto irruzione nella stanzetta dove si trovava Marta.

“Ciao” le disse, non appena la ragazza registrò la sua presenza. “Ti ho portato l’acqua”.

Marta restò imbambolata a fissarlo, con la bocca spalancata e il petto che si sollevava a ritmo sostenuto. Brian non poteva saperlo, ma era il preferito di Marta e, per un attimo, Cassie temette che l’amica andasse in iperventilazione o, peggio, svenisse di nuovo. Per questo motivo, si affrettò ad avvicinarsi a lei, posandole una mano sulla spalla e sussurrandole, in italiano “Respira”.

Nel frattempo, anche Nick e Alex erano entrati nella stanza e stavano osservando la scena con espressione divertita.

“Cassie ci ha detto che sei stata male” proseguì Brian, avvicinandosi a Marta e sfiorandole un braccio con la mano. “Come stai adesso?”

“Io...io…” farfugliò lei, senza togliergli gli occhi di dosso.

Cassie alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. “Marta, metti due parole insieme. Dai che ce la fai” la spronò, questa volta in inglese, dato che l’amica lo capiva benissimo.

Marta fece no con la testa.

“Sta meglio, Brian. Grazie” rispose Cassie, al posto dell’amica.

In quel momento, l’addetto alla sicurezza di Alex fece irruzione nella stanza, avvertendo i ragazzi che gli altri li stavano aspettando. Alex rivolse uno sguardo dispiaciuto a Cassie, poi si voltò verso l’uomo che era appena entrato e gli disse “Fai mettere le ragazze davanti alle transenne, così non si perdono il concerto”.

Lui annuì, sorridendo per la prima volta.

“Grazie, Alex” si sentì in dovere di dire Cassie.

“Figurati” minimizzò lui. Poi, avvicinandosi all’amica e posandole le mani sulle spalle, la pregò “Non andare via. Aspettami, alla fine del concerto. Dobbiamo parlare”.

Lei gli sorrise e annuì. “Okay”.

 

Poco prima di salire sul palco e iniziare il concerto, Nick si avvicinò ad AJ e lo scrutò, con aria preoccupata. “Sei pallido” osservò. “Stai bene?”

Il ragazzo annuì. “Sì. È che...è stato uno shock” ammise.

Brian li raggiunse in quel momento, dopo aver avvertito gli atri due dell’incontro che avevano avuto poco prima, e gli domandò “Contento di averla rivista?”

“Più che contento” rispose Alex, sorridendo. “Mi sembra un miracolo”.

“Addirittura?” commentò Nick, spalancando gli occhi.

Alex annuì, di nuovo. “Sì. Sai, non l’ho mai dimenticata. La amo ancora” confessò, con sguardo sognante.

Questa volta fu Brian a strabuzzare gli occhi. “Come?” sbottò. “E Donna?” chiese, riferito alla ex ragazza di Alex. “Siete stati insieme 5 anni!”

Il ragazzo alzò le spalle. “Perché non potevo avere lei” sentenziò.

Nick scosse la testa e ammonì l’amico “Non fare cazzate. L’ultima volta è finita male” gli rammentò.

“L’ultima volta aveva 13 anni. Adesso ne ha 19. È maggiorenne” disse lui, deciso.

“Cosa vuoi dire?” chiese il ragazzo biondo.

“Può mollare tutto e venire con me”.

Brian scosse la testa. “Vi siete appena rivisti dopo sei anni. Non ti sembra di correre troppo?”

“Non voglio perderla di nuovo” dichiarò Alex, con sguardo serio.

“Sì, ma così la spaventi” gli fece notare Nick. “Non sai nemmeno se ti ama”.

“Glielo chiederò” gli assicurò Alex.

“E se ti dice di nuovo no?” si informò Brian, preoccupato.

Alex fece un sorriso. “Adesso sono ricco e famoso. Vorrà pur valere qualcosa, no?”

“A meno che non sia cambiata in questi anni, Cassie non è il tipo da prestare attenzione a queste cose” osservò Nick, alzando un sopracciglio.

Alex gli mise una mano sulla spalla e annunciò “Non sono riuscito a conquistarla sei anni fa e credevo di averla persa per sempre. Adesso, il destino l’ha messa di nuovo sulla mia strada. È un segno, Nick. Non la lascerò andare via un’altra volta”.

 

Nel frattempo, Q aveva accompagnato le ragazze davanti al palco, facendole sistemare al di là delle transenne che dividevano il pubblico dalla parte riservata allo staff e ai fotografi, in modo che non si trovassero schiacciate dalla calca. Loro si sedettero a terra, in attesa che il resto della gente fosse fatta entrare e il concerto iniziasse.

Non appena furono sole, Marta chiese all’amica “Come conosci i Backstreet Boys?”

Cassie si voltò a guardarla. Sapeva che sarebbe arrivato il momento delle spiegazioni. “Perché sono amica di Alex da sempre”.

Marta alzò un sopracciglio, guardandola con aria scettica. “Alex?”

Cassie fece spallucce. “AJ. Chiamalo come vuoi. Per me è Alex”.

“Perché non me l’hai detto?” chiese ancora Marta, con una punta di delusione nella voce.

“Non mi andava, Marta. È una vecchia storia che mi fa stare ancora male” confessò Cassie, distogliendo lo sguardo.

Marta le mise una mano sul braccio e la pregò “Mi spieghi, per favore?”

Con un sospiro rassegnato, Cassie si decise a raccontare. “Te la faccio breve. Io e Alex siamo amici di vecchia data, tipo che ci conosciamo da quando siamo piccoli. Prima che partissi per l’Italia, lui mi ha detto che era innamorato di me e io l’ho respinto. Lui se l’è presa e non ci parliamo da allora”.

“Cristo” sbottò Marta. “Perché l’hai respinto?”

“Perché non lo amavo” rispose Cassie, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Ma quanti anni avevate?” volle sapere l’amica.

“Qualcosa tipo 13 io e 15 lui, credo” rammentò Cassie.

“Eravate dei ragazzini” commentò Marta.

“Esatto”.

“E adesso?” chiese ancora.

“Adesso cosa?” ripeté Cassie, non riuscendo a capire a cosa si riferisse l’amica.

“Ti ha chiesto di vedervi. Adesso lo respingerai di nuovo?” volle sapere Marta.

Cassie sospirò. “Nessuno ha detto che sia ancora innamorato di me” osservò.

“E, se lo fosse?”

“Marta, non lo vedo da sei anni”.

“E allora? Mi è sembrato sinceramente felice di rivederti” insistette la ragazza.

“Anch’io sono felice di averlo rivisto” ammise Cassie, sorridendo al pensiero di quell’incontro inaspettato.

“Lo ami?” le chiese a bruciapelo l’amica.

“No”. Cassie si stupì di come quella risposta le fosse uscita così naturale. Era vero. Gli era mancato enormemente e ancora non riusciva a credere alla fortuna che aveva avuto a ritrovarlo, ma non era innamorata di lui.

“Come no?” disse Marta, incredula.

Cassie scosse la testa. “No, mi dispiace” confermò. “Gli voglio bene? Sì, certo. Era il mio migliore amico e mi è mancato da morire. Lo amo? No. Non lo amavo sei anni fa e non lo amo ora. Mi dispiace”.

“Ma È AJ McLean dei Backstreet Boys” sentenziò Marta, incredula.

“E quindi bisogna amarlo a prescindere?” replicò Cassie, con una punta di sarcasmo.

Marta fece no con la testa. “No, ma è un ottimo partito. Se dovesse dichiararsi a me, lo seguirei in capo al mondo” confessò, sognante.

Cassie rise. “Libera di farlo, se vuoi”.

Anche Marta si unì alla risata. “No, grazie. Preferisco Brian” dichiarò.

“Ecco, a questo proposito” la rimproverò Cassie. “Riesci a rivolgergli la parola, la prossima volta che ti parla? Non posso continuare a farti da tramite”.

Marta sospirò, con espressione persa. “Non lo so. Ci provo”.

 

Alla fine del concerto, le ragazze furono nuovamente avvicinate da Q. Credevano che le avrebbe accompagnate fuori, invece le scortò fino a un’auto, spiegando che le avrebbe portate all’albergo dove alloggiavano i ragazzi e dove AJ le aspettava.

“Solo AJ?” domandò Marta, delusa.

Q rise e le fece l’occhiolino. “Ovviamente ci saranno anche gli altri”.

Arrivate in un bell’albergo di lusso in centro a Milano, Cassie e Marta si misero ad aspettare il ritorno dei ragazzi dal palazzetto, sedute al bar. Non dovettero attendere molto. Dopo una mezz’oretta, i ragazzi iniziarono ad arrivare, entrando alla spicciolata. Ci furono baci e abbracci per Cassie da parte di Howie e Kevin, che ancora non l’avevano vista, poi Cassie fece le presentazioni ufficiali a Marta. Presero tutti qualcosa da bere e iniziarono a chiacchierare, ricordando il periodo passato insieme in Florida e aggiornandosi reciprocamente sulle rispettive vite. A un certo punto della serata, mentre Marta rideva con le lacrime agli occhi per l’ennesima faccia buffa di Brian, Cassie e Alex si trovarono soli a parlare, leggermente appartati dal resto del gruppo.

“Mi sei mancata, Cassie” confessò lui, prendendole una mano.

Lei sorrise e concordò “Anche tu, Alex”.

“Non hai trovato un nuovo migliore amico?” scherzò lui, lanciando un’occhiata a Marta.

Anche Cassie guardò l’amica. “Marta? Sì, Marta è la mia nuova migliore amica. Ma questo non vuol dire che abbia dimenticato quello vecchio”.

“Nemmeno io ti ho mai dimenticata” le disse lui, con un tono di voce basso e roco e fissandola intensamente negli occhi.

Cassie si sentì correre un brivido lungo la schiena, ma non era una sensazione piacevole.

“Ne sono felice” commentò, distogliendo subito lo sguardo. Poi lanciò un’occhiata all’orologio, appeso alla parete di fronte a lei, e annunciò “Si è fatto tardi, dobbiamo andare”.

“Di già?” chiese Alex, dispiaciuto, e tentò di convincerla “Resta ancora un po’”.

“Non posso” spiegò. “Domani abbiamo il treno per tornare a casa”.

“Non restate per il concerto di domani?” si informò il ragazzo, sorpreso.

Cassie fece no con la testa. “Non abbiamo i biglietti”.

“Non vi servono. Vi faccio entrare io” le propose lui, con un sorriso.

Cassie si voltò a guardare Marta, che fissava Brian con sguardo adorante, e sospirò. La sua amica sarebbe stata al settimo cielo se avesse potuto assistere nuovamente al concerto.

“Okay. Se c’è posto in albergo ci fermiamo anche domani. Grazie” acconsentì.

“Non c’è bisogno che torniate al vostro albergo, domani” dichiarò Alex, sicuro di sé. “Venite a stare qui. Vi facciamo riservare una camera. Ovviamente a mie spese”.

“Alex…” tentò di ribattere lei, ma il ragazzo le posò un dito davanti alle labbra, impedendole di parlare.

“Ti prego” la supplicò. “Voglio rivederti”.

Cassie sospirò. “Okay” cedette.

Lui sorrise e le disse “Grazie”.

“No, grazie a te” replicò la ragazza. Poi, avvicinandosi a lui, gli diede un bacio sulla guancia, sussurrandogli “Buonanotte, Alex. Ci vediamo domani”.

Anche Alex la baciò, ma prese bene le misure in modo tale che il baciò si posò all’angolo della bocca di Cassie. Poi la salutò “’Notte, Cassie”.

 

La sera successiva, dopo il concerto, tornarono tutti in albergo insieme, dato che Cassie e Marta avrebbero passato la notte lì, in una stanza che Alex aveva fatto riservare per loro. Dopo aver fatto di nuovo due chiacchiere al bar, Alex propose a Cassie di andare in camera sua, per continuare la conversazione in privato. Cassie esitò. L’istinto le diceva di non andare. Era pericoloso. Cos’avrebbe fatto se Alex avesse di nuovo tentato di baciarla e lei si fosse trovata chiusa in camera sua, sola con lui? Così com’erano comparsi, quei pensieri assurdi sparirono con un battito di ciglia. Cosa diavolo andava a pensare? Era di Alex che si stava parlando, il suo migliore amico. Non le avrebbe mai fatto nulla di male. Acconsentì e lo seguì nella sua stanza. Si sedettero sul letto e ricominciarono a parlare.

“Quindi domani partite?” gli chiese lei, d’un tratto.

Il ragazzo annuì e, con aria sconsolata, rispose “Purtroppo”.

Facendo finta di non aver notato il suo tono di voce triste, chiese ancora “Dove andate?”

“Vienna. E poi Germania. Ma poi torniamo in Italia per una data a Viareggio” spiegò lui. “Tu, invece?”

“Me ne torno a casa con Marta” disse semplicemente lei.

Alex le prese le mani. “Vieni con me” disse, guardandola negli occhi.

Cassie si ritrovò a spalancare gli occhi, incredula. “Come, scusa?”

“Non tornare a casa. Vieni in Austria con me” ripeté lui.

“Ma...non posso!”

“Perché?”

“Devo prepararmi per i test all’università” tentò di spiegare.

“Studiare è sopravvalutato” scherzò lui, smorzando la tensione.

Cassie rise e gli tirò una pacca sul braccio. “Smettila”.

“Sul serio, Cassie” insistette Alex. “Non sto scherzando. Vieni con me”.

La ragazza sospirò. “Ammettiamo che dica di sì e venga in Austria con voi” concesse. “E poi?”

“E poi cosa?”

“Poi voi proseguirete il tour in Europa” gli ricordò.

“Puoi venire anche in Germania” propose lui. “E poi torni a casa con noi quando andiamo a Viareggio”.

“E quando tornerete in America?”

“Ce l’hai il passaporto?” ironizzò il ragazzo.

“Non scherzare” lo rimproverò Cassie, seria.

“Non sto scherzando” confermò Alex, fissandola.

“Alex, la mia vita è qui. Ho la mia famiglia, i miei studi, i miei amici…”

“Hai un ragazzo?” la interruppe.

Lei scosse la testa. “No”.

“Davvero?”

“Sì”.

“Allora stai con me” la spronò.

“Per recuperare il tempo passato?” chiese Cassie, pur temendo che non fosse ciò a cui si riferiva l’amico.

Infatti, Alex rispose “No. Cioè anche. Ma voglio stare con te perché ti amo”.

Cassie abbassò leggermente lo sguardo. “Ancora con questa storia?”

“Non ho mai smesso di amarti” confessò lui, prendendole nuovamente la mano.

“Non sei stato con una per cinque anni, scusa?” osservò lei, scettica.

“Solo perché non potevo avere te” ammise il ragazzo.

Cassie sospirò e ritrasse la mano che Alex teneva nella sua. “La situazione non è cambiata, Alex. Non puoi avermi”.

“Perché?” domandò lui, sinceramente confuso.

“Perché non ti amo”.

Alex non replicò subito, gli ci volle un attimo per registrare quell’affermazione. Poi, cambiando discorso, domandò “C’è un altro?”

“Anche fosse?” chiese lei.

“C’è?” insistette lui.

Cassie emise un altro sospiro. “Ha importanza?”

“No” concordò Alex. “Ma voglio saperlo”.

“Non c’è nessun altro, ma non posso comunque stare con te perché non ti amo. Mi dispiace” sentenziò, con più freddezza di quanta in realtà intendesse, ma voleva essere certa che capisse, una volta per tutte.

Il ragazzo distolse lo sguardo e commentò “Anche a me”.

Questa volta fu Cassie a prendergli la mano. “Possiamo restare in contatto, per favore?” lo pregò.

Lui annuì. “Okay”.

Lei si alzò, andò allo scrittoio ai piedi del letto e scrisse il suo numero di cellulare sul bloccchetto che veniva lasciato a disposizione degli ospiti.

“Questo è il mio numero” annunciò. “Chiamami, quando puoi. Fammi sapere come stai. Non voglio passare altri sei anni senza parlarti, Alex”.

Lui si limitò ad annuire, senza dire niente. Lei gli andò vicino e gli mise le mani sulle spalle.

“Prometti?” gli chiese.

“Prometto” le assicurò lui, alzando lo sguardo su di lei. Cassie dovette ricacciare indietro il groppo in gola quando notò che gli occhi del ragazzo erano pieni di lacrime.

“Ciao, Alex. Prenditi cura di te” gli disse, baciandogli una guancia. “Ti voglio bene”.

“Ciao, Cassie” ricambiò lui. Poi, mentre la guardava avvicinarsi alla porta e uscire, aggiunse “Ti amo”.

 

Cassie era appena uscita dalla stanza di Alex e stava percorrendo il corridoio, per raggiungere la sua, quando si imbatté in Nick, che tornava in camera dal bar. Pensando che il destino avesse voluto darle una mano, richiamò la sua attenzione. “Nick?”

“Sì?” fece lui, voltandosi di scatto.

“Posso parlarti un momento?” gli chiese.

“Certo” acconsentì lui, sorridendole. “Andiamo da me”.

Lei annuì e lo seguì nella sua stanza. Si sedettero sul letto e Cassie esordì “Devo chiederti un favore”.

“Dimmi” la spronò il ragazzo.

“Posso chiamarti, ogni tanto?” gli domandò.

Nick spalancò gli occhi, sorpreso da quella richiesta.

Cassie si lasciò sfuggire una risatina. “Non pensare male, è per Alex”spiegò. “Abbiamo...ehm...discusso. Di nuovo. Gli ho fatto promettere di tenersi in contatto, ma non sono sicura che lo farà. Quindi...ecco, se potessi avere sue notizie da te, starei più tranquilla”.

“Certo, nessun problema” disse subito lui. Poi, fece la stessa cosa che lei aveva fatto prima con Alex. Si alzò e scrisse il suo numero sul blocchetto lasciato sullo scrittoio. Strappò il foglio e glielo porse. “Ecco, questo è il mio numero. Scrivi e chiama quando vuoi. Mi fa piacere”.

Lei lo prese e lo ringraziò.

“Sempre la stessa storia?” le chiese Nick, sedendosi di nuovo accanto a lei.

Cassie annuì, abbassando lo sguardo. “Mi dispiace, ma non posso proprio farci niente”.

“Lo so” concordò lui, inaspettatamente, e Cassie si ritrovò a fissarlo con espressione stupita. Non si sarebbe mai aspettata un’osservazione del genere da lui. Il Nick che ricordava, avrebbe difeso il suo amico, accusandola di essere senza cuore e di averlo fatto soffrire. A prescindere, senza nemmeno sapere esattamente come stavano le cose. Adorava il fatto che fosse tremendamente leale nei confronti degli amici, era una delle caratteristiche che più le piacevano di lui. Ma, allo stesso tempo, la faceva uscire di testa perché schierarsi senza avere un quadro completo della situazione era un atteggiamento estremamente immaturo. Evidentemente, Nick era cresciuto. Ed era maturato. Come lei, d’altra parte.

Cambiarono discorso e, per alleggerire l’atmosfera, si misero a parlare dei vecchi tempi, ricordando aneddoti avvenuti durante il periodo in cui si erano frequentati, a Orlando.

“Lo sai, quando abbiamo iniziato, avevo una cotta per te” confessò a un tratto Nick, con un mezzo sorriso dipinto sul viso.

Cassie strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la tazza di caffè che Nick le aveva preparato e che stava bevendo. “Stai scherzando?”

“No” ammise candidamente lui.

“Perché non me l’hai mai detto?” gli chiese, ancora sconvolta da quella rivelazione.

“Perché mi piacevi ma, allo stesso tempo, ero intimidito”.

“Da me?”

“Sì” confermò Nick.

“Perché?” volle sapere.

“Perché eri qualcosa che non avevo mai visto e non sapevo come gestire” disse, semplicemente.

“Spiegati meglio” lo spronò Cassie, incuriosita.

“Sembravi così sicura di te, non avevi paura di niente. Andavi sempre in giro con gente più grande, non solo Alex, ma tutti i tuoi amici erano più grandi di te. Nonostante questo, tu ti trovavi perfettamente a tuo agio con loro, non ti sentivi mai fuori posto. Tutti ti adoravano, anche Kevin, e Kevin non adora mai nessuno al primo colpo. E poi eri intelligente, dannatamente intelligente. E io mi sentivo così stupido, in confronto, che credevo non avrei mai potuto interessarti” spiegò.

La ragazza scosse la testa. “Non avevo proprio niente di speciale”.

“Invece sì,” obiettò lui “per questo AJ è così preso per te”.

Obbligandosi a non soffermarsi su quell’ultima osservazione, che non faceva altro che rammentarle la conversazione avuta prima con l’amico, Cassie sentenziò “Per quello che può valere la mia opinione, non avresti dovuto sentirti intimidito da me. Non credevo di fare così paura, pensavo di essere gentile”.

“Oh, ma eri gentile” concordò Nick. “Anche troppo. Per questo mi piacevi. Solo che credevo mi considerassi un ragazzino”.

“Beh, lo eri. Lo eravamo entrambi, in realtà” gli fece notare lei e Nick annuì.

“E tu?” chiese poi. “Non hai mai avuto un debole per qualcuno di noi? Passavamo un sacco di tempo insieme, agli inizi”.

Cassie si strinse nelle spalle. “Beh, adoravo Brian perché mi faceva tanto ridere e mi trattava come la sua sorellina minore, ma non ho mai pensato a nessuno di voi come un potenziale fidanzato. Eravate semplicemente gli amici di Alex, tutto qui”.

Nick aprì la bocca per ribattere, ma Cassie lo precedette. “Adesso che vi ho rivisti, però, posso quasi affermare che sei diventato tu il mio preferito” sentenziò, con un sorrisino divertito.

“Davvero?” domandò il ragazzo, incuriosito.

Lei annuì. “Ti trovo cambiato. Sei più maturo. E mi piace parlare con te” notò. “Ma, ti prego, dimmi che ti diverti ancora a giocare ai videogiochi e a fare scherzi cretini a Kevin e Howie insieme a Brian”.

Nick scoppiò a ridere e fece sì con la testa. “Tranquilla,” la rassicurò “sarò anche più maturo, ma certe cose non cambieranno mai”.

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


CAPITOLO 2

 

2000

Milano (Italia)

 

Who are you now?
Are you still the same
Or did you change somehow?
What do you do
At this very moment when I think of you?

 

“Che hai da sorridere?” le chiese Marta, lanciandole un’occhiata incuriosita.

Cassie scosse la testa. “Niente” rispose, giocherellando con la sua insalata, mentre continuava a tenere lo sguardo fisso sul cellulare.

“Figurati” commentò l’amica. “Non me la dai a bere. Chi ti sta scrivendo?”

Cassie alzò la testa e guardò Marta, con il sorriso ancora sulle labbra. “Nick” confessò.

Anche Marta sorrise. Sapeva, perché l’amica gliel’aveva raccontato, che lei e il biondino si sentivano spesso. Era iniziato tutto con un banale scambio di informazioni sulla salute di Alex che, nei primi tempi, come Cassie aveva sospettato, non aveva mantenuto la promessa di farsi sentire. Così, la ragazza chiamava Nick, per accertarsi che l’amico stesse bene. Il ragazzo era sempre molto gentile e attento, e la teneva informata su ogni dettaglio, anche quelli che potevano sembrare insignificanti. Ovviamente, a forza di sentirsi, i due avevano iniziato a parlare anche di altre cose, oltre che dell’amico comune. Erano iniziati i consigli su film da vedere e album da sentire, le mail con buffe foto scattate nel backstage dei concerti e, nell’ultimo periodo, i messaggi di buongiorno e buonanotte, che avevano fatto subito insospettire Marta. Anche perché, dopo un paio di mesi, che gli erano probabilmente serviti a sbollire la rabbia, Alex aveva preso a farsi sentire, quindi, tecnicamente, l’aiuto di Nick non sarebbe più stato necessario. Ciononostante, lui e l’amica continuavano a sentirsi, sempre più assiduamente. Inoltre, altro particolare che aveva fatto storcere il naso a Marta, Cassie le aveva confidato che Alex non sapeva niente di questa sua assidua comunicazione con Nick. La giustificazione che i due avevano trovato era che Alex sembrava già sufficientemente geloso di Cassie, senza che sapesse della loro amicizia e iniziasse a ricamarci su chissà cosa. Ma Marta non era convinta. Era certa che, se gliel’avessero detto, Alex non avrebbe avuto proprio nulla da obiettare se i suoi due amici si sentivano. A meno che, e la ragazza ne era sempre più convinta, non avessero qualcosa da nascondere.

“Te lo chiedo per l’ennesima volta: cosa c’è tra te e Nick?” domandò all’amica, posando il bicchiere di coca cola sul tavolino del bar dove stavano pranzando, tra una lezione e l’altra.

Cassie spalancò gli occhi, ostentando una finta indignazione. “E io ti rispondo, per l’ennesima volta, niente”.

“Non mi sembra” obiettò Marta, alzando un sopracciglio. “E non mi fai cambiare idea. Quei messaggini di buongiorno e buonanotte sono troppo sospetti. Sembrate una coppietta”.

L’amica alzò gli occhi al cielo, annoiata nel sentire sempre le solite osservazioni. “Pensala come vuoi,” tagliò corto “ma non è così. Siamo solo amici”.

“Ma ti piacerebbe, non è vero?” insistette Marta, con un sorrisino malizioso. “Se foste una coppia, intendo”.

Suo malgrado, Cassie arrossì e si affrettò a distogliere lo sguardo dall’amica. Non voleva ammetterlo con Marta, perché si vergognava e si sentiva in colpa, ma la verità era che c’era un fondo di verità nelle parole della ragazza seduta di fronte a lei. Da quando avevano iniziato a sentirsi per avere informazioni su Alex, lei e Nick erano diventati molto uniti. Come già aveva avuto modo di constatare durante quella breve chiacchierata in hotel, Nick era cambiato. Non così tanto da non riconoscere più il ragazzino che ricordava dai tempi della Florida, ma abbastanza da lasciare intravedere l’uomo che, con ogni probabilità, sarebbe presto diventato. E, quell’uomo, che Cassie stava imparando a conoscere sempre meglio, le piaceva. Non solo, lui sembrava nutrire una profonda fiducia nei suoi confronti e Cassie era diventata la sua confidente. Le aveva raccontato della sua famiglia, della frustrazione che provava nell’essere considerato solo il belloccio del gruppo, mentre avrebbe voluto essere apprezzato per le sue abilità canore, e altre mille cose, molto intime e personali, che non aveva mai detto a nessuno, tranne Brian, e che avevano fatto sentire la ragazza come una persona privilegiata in grado di conoscere veramente Nick Carter. Sarebbe stato tutto magnifico se non fosse stato per Alex. Di comune accordo, Cassie e Nick non gli avevano detto delle loro telefonate, inizialmente perché riguardavano lui e poi perché entrambi si rendevano perfettamente conto che, durante quell’anno e mezzo, il loro rapporto era diventato un po’ troppo speciale e l’amico non ne sarebbe stato affatto contento. Nonostante questa consapevolezza, però, nessuno dei due sembrava intenzionato a smettere di sentirsi, forse perché, ormai, tenevano troppo alla persona che avevano imparato a conoscere – o ri-conoscere nuovamente.

Cassie fu riportata alla realtà quando una mano di Marta si posò sulla sua, abbandonata sul tavolino, accanto al cellulare.

“Di’ la verità,” le chiese l’amica “ti piace Nick?”

Cassie abbassò lo sguardo sui resti della sua insalata che, all’improvviso, le sembravano interessantissimi.

“Può darsi…” confessò, in un sussurro. Poi alzò gli occhi su Marta, in attesa di una sua reazione.

La ragazza sorrise. “Giuro che non ti giudico perché ti sei presa una cotta per Nick Carter. Chi potrebbe evitarlo, nella tua posizione?” osservò.

Cassie ritirò la mano da quella dell’amica e se la portò alla bocca, iniziando a mordicchiarsi un’unghia, gesto che faceva sempre quando era nervosa.

“Io” sentenziò. “Io avrei dovuto evitarlo”.

“E perché?” domandò Marta, confusa.

“Alex” disse Cassie. Una sola parola, un nome carico di significato, che riportava a galla una serie di problemi e complicazioni di cui, per la maggior parte del tempo, Cassie fingeva di non ricordarsi. Ma poi succedeva qualcosa che glieli faceva tornare a mente di colpo, sbattendoglieli in faccia con tutta la violenza di una sferzata. Come la sera precedente, ad esempio, quando Nick le aveva fatto quella proposta a cui lei avrebbe tanto voluto dire di sì, ma poi pensava ad Alex e si sentiva in colpa. Guardò Marta, seduta davanti a lei, che la fissava con sguardo confuso e preoccupato, e si diede della stupida. Aveva un’amica straordinaria, pronta ad ascoltarla e aiutarla, e lei non ne approfittava, preferendo, come al solito, tenersi tutto dentro e nascondere le sue emozioni. In questo, lei e Nick erano proprio uguali. Forse per quello avevano deciso di aprirsi una con l’altro e stavano così bene insieme. Decise che era arrivato il momento di confidarsi con qualcuno, dato che, questa volta, Nick non poteva essere di nessun aiuto, essendo parte in causa.

“Mi ha chiesto di raggiungerlo a Londra, il prossimo weekend” confessò, riportando lo sguardo sull’amica.

“Chi?” chiese lei, presa in contropiede dalla rivelazione inaspettata.

“Nick” precisò Cassie, rendendosi conto della confusione in cui aveva gettato l’amica.

Marta non commentò la follia dell’idea – si stava parlando di Nick che, a quanto diceva Cassie, era il re delle idee folli – e nemmeno chiese in che veste il ragazzo l’avesse invitata a raggiungerlo a Londra. Si limitò ad annuire e a domandare “Alex lo sa?”

Cassie scosse la testa. “Alex non sa nemmeno che ci sentiamo”.

“Perché non glielo dite?” volle sapere. “Non c’è niente di male”.

Cassie sospirò e alzò gli occhi al cielo. “Primo: perché è Alex e, secondo il suo punto di vista, qualsiasi cosa che riguarda me e qualunque altro essere umano di sesso maschile ha qualcosa di male. Secondo: perché sta male per colpa mia, di nuovo, e mi sento già abbastanza una merda così. E, terzo: perché sì, Nick mi piace. Ci piacciamo, suppongo, se devo leggere tra le righe di quello che mi dice. E, come puoi capire da sola, è tutto terribilmente complicato. Non solo perché, anche se spesso me lo dimentico, lui resta pur sempre Nick dei Backstreet Boys, ma anche, e soprattutto, perché lui sta in America e io sto in Italia. E poi c’è Alex, che non la prenderebbe per niente bene se sapesse che la sua amica, di cui sostiene di essere innamorato, invece si è innamorata del suo compagno di band”.

Marta restò a guardare l’amica, in silenzio, elaborando tutte le informazioni appena ricevute. Poi le rivolse un sorriso rassicurante e disse “Tutto quello che hai detto è vero e anche molto ragionevole. Ma c’è una cosa che, secondo me, è più importante di tutto, anche perché l’hai detta senza rifletterci, quindi è sicuramente quello che senti davvero. E, secondo me, è su quello che devi basare le tue decisioni future”.

“Sarebbe?” chiese Cassie, incuriosita ma, allo stesso tempo, confusa dal discorso dell’amica.

“Ti sei innamorata di Nick” rispose Marta, tranquilla, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “L’hai detto tu poco fa”.

Cassie non se n’era nemmeno accorta, ma a Marta non era sfuggito. E, in quel momento, Cassie si rese conto, forse per la prima volta, che era vero. Quella cosa che sentiva quando pensava a Nick, probabilmente era davvero amore. Acerbo, appena nato, affievolito dalla lontananza, ma non per questo meno vero.

Si passò una mano sugli occhi, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, e commentò “Proprio di lui dovevo innamorarmi?”

Marta rise e scosse la testa. “Mica l’hai fatto apposta” le fece notare. “È successo. E non puoi programmare queste cose. Non si può scegliere di chi innamorarsi”.

Cassie si lasciò scappare una risata amara. “Non me lo dire” replicò. “Lo so benissimo. Se si potesse, a quest’ora starei con Alex, saremmo tutti felici e non vivrei divorata dal senso di colpa”.

Marta incrociò le braccia e le appoggiò al tavolino, guardando l’amica con aria divertita.

“Oddio, proprio tutti felici non direi” sentenziò. “Forse tu e Alex. Ma dubito che il povero Nick potrebbe dire lo stesso”.

Cassie scoppiò a ridere, grata all’amica per aver alleggerito la tensione. Poi tornò seria e le chiese “Cosa faccio, Marta?”

La ragazza allungò le braccia sul tavolo, fino ad afferrare le mani dell’amica. “Vai a Londra da Nick” la spronò. “Vedi come va. Poi, se decidete che la cosa ha un futuro, troverete il modo di dirlo ad Alex. Non puoi passare la vita a colpevolizzarti perché lui si è innamorato di te. E non puoi nemmeno smettere di vivere per tentare di proteggerlo da un’altra delusione. Non stai facendo niente di male, Cas. Ti sei innamorata. È normale. Hai solo scelto una persona un filino più complicata del normale. Ma, conoscendoti, mi sarei stupita del contrario”.

 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3

 

Londra (UK)

 

Mentre entrava nella hall del lussuoso albergo di Londra, dove i Backstreet Boys avevano alloggiato fino al giorno precedente e dove Nick la stava aspettando, Cassie mandò un messaggio al ragazzo per avvertirlo che era arrivata. Poi si avvicinò al bancone della reception, trascinandosi dietro il trolley, per fare il check in e farsi dare le chiavi della stanza. L’uomo davanti a lei aveva appena terminato la procedura di registrazione e sarebbe toccato a lei, quando sentì qualcuno che, arrivandole alle spalle, le cinse la vita con le mani. Si voltò di scatto, spaventata, solo per trovarsi davanti il viso sorridente di Nick.

“Sei arrivata” constatò, facendola dondolare a destra e a sinistra.

Cassie sorrise. “A quanto pare”.

“Hai già fatto il check in?” le domandò.

“Stavo per farlo”.

Nick tolse le sue mani dalla vita della ragazza e si spostò leggermente, per poterla guardare negli occhi.

“Senti, a questo proposito,” disse, a bassa voce, in modo da non farsi sentire dalle altre persone presenti nella hall “ti ho fatto riservare una stanza perché non sapevo cosa volevi fare ma, se preferisci, puoi stare nella mia”.

Cassie lo guardò, imbarazzata. Non avevano mai parlato esplicitamente di cosa sarebbe successo durante quel weekend insieme a Londra, ma era chiaro che entrambi si aspettavano che il loro rapporto cambiasse. Lei non osava sperarlo e lui temeva che Cassie non si sentisse pronta a imbarcarsi in una relazione con lui, a causa dei sentimenti che il suo amico AJ provava per lei. Al ragazzo era costato molto fare quella proposta ma, quando l’aveva vista, aveva capito che il sentimento che si era accorto di provare per lei era reale ed era anche più profondo di quanto credesse. Non poteva ignorarlo. Quindi aveva deciso di buttarsi e azzardarsi a proporle di dividere la stanza con lui. Non contava di portarsela a letto o, meglio, lo sperava, ma non aveva passato giorni a pianificarlo. Se fosse accaduto, sarebbe stata solo la ciliegina sulla torta. Ciò che era veramente importante per lui era confessarle i suoi sentimenti, sperando fossero ricambiati, come immaginava, e convincerla a dare una chance alla loro storia.

Cassie si accorse che Nick era arrossito e, in qualche modo, l’idea che anche lui fosse in imbarazzo la fece rilassare. Gli sorrise e, avvicinandosi al suo orecchio, sussurrò “Preferisco”.

Il ragazzo le sorrise, raggiante e, prendendola per mano, si avvicinò con lei al bancone, per informare l’addetta alla reception che avrebbe ovviamente pagato la camera che aveva fatto riservare, ma la signorina Cassandra Costa avrebbe alloggiato nella sua stanza.

 

“Gli altri sono già partiti?” gli chiese Cassie, mentre percorrevano insieme il corridoio dell’hotel, dove si trovava la camera di Nick, tenendosi per mano. Sapeva già la risposta. Avevano pianificato tutto facendo attenzione che i ragazzi, e soprattutto Alex, non scoprissero che Cassie l’avrebbe raggiunto per quel weekend. Gli aveva posto quella domanda solo per fare conversazione.

Il ragazzo annui. “C’è solo più Brian, ma anche lui ha l’aereo nel pomeriggio”.

Come se fosse stato evocato, la porta di una delle stanze lungo il corridoio si aprì e ne uscì Brian, mano nella mano con Leighanne che, qualche mese prima, era diventata ufficialmente sua moglie. Quando vide Nick e Cassie e si accorse che si stavano tenendo per mano, Brian non fece nulla per nascondere il suo stupore.

“Ciao, Cassie” la salutò. “Che sorpresa vederti qui”.

La ragazza avvampò e guardò Nick, non sapendo come uscire da quella situazione.

“Ciao, Brian” farfugliò. Poi porse la mano a Leighanne, che non aveva mai conosciuto ufficialmente, e le disse “Tu devi essere Leighanne. Piacere di conoscerti e congratulazioni per il matrimonio”.

La ragazza sorrise e la ringraziò, poi guardò il marito, in attesa che facesse le presentazioni ufficiali, dato che sembrava conoscere la persona che l’aveva appena salutata.

“Lei è Cassie, amore, una vecchia amica di AJ” spiegò Brian. Poi, lanciando un’occhiata divertita a Nick, aggiunse “E una nuova amica di Nick, a quanto pare”.

Il ragazzo biondo sospirò. Conosceva abbastanza bene l’amico da sapere che non gliel’avrebbe lasciata passare. “Bri, posso spiegarti”.

“Sì, credo sia il caso che tu mi dia qualche spiegazione” confermò Brian, facendogli cenno di seguirlo nella sua stanza.

Nick annuì e strinse più forte la mano di Cassie. Ricordate la legge di Murphy, no? Eccone un altro esempio. E Cassie temeva che quello sarebbe stato solo il primo ostacolo dei tanti che lei e Nick avrebbero dovuto affrontare se davvero volevano stare insieme.

 

Spiegare a Brian la loro situazione fu una questione piuttosto spinosa per Nick e Cassie, dato che non avevano avuto modo di chiarire le cose tra loro, in primis. Nick tentò di restare sul vago, dicendo all’amico che, durante quell’anno e mezzo, dopo l’incontro a Milano, si erano tenuti in contatto e avevano scoperto di trovarsi bene l’uno con l’altra, per questo avevano deciso di vedersi, in quei giorni.

Brian lo ascoltò con attenzione, poi chiese “Che intenzioni avete?”

Nick guardò Cassie, che arrossì e sviò il suo sguardo. “Non lo sappiamo, Bri” ammise il ragazzo. “Vogliamo passare un po’ di tempo insieme e vedere come va”.

Brian rivolse a entrambi uno sguardo severo. “State giocando con il fuoco” sentenziò. “Avete idea del putiferio che verrà fuori quando AJ lo scoprirà?”

Nick aprì la bocca per ribattere, ma fu preceduto da Cassie che gli prese una mano e la strinse, per fargli capire di lasciare parlare lei. Poi guardò Brian, un luccichio di sfida negli occhi grigi.

“Credi che non lo sappiamo?” sbottò. “Credi che non mi senta la persona peggiore del mondo per quello che gli sto facendo? Odio farlo stare male. Odio che si sia innamorato di me. E odio non poter ricambiare i suoi sentimenti. Non l’ho scelto io, purtroppo. E nemmeno lui. Semplicemente è successo. E non possiamo farci niente. Ma non posso neanche smettere di vivere la mia vita per proteggerlo. Non potete pretendere questo da me”.

“Nessuno ti sta chiedendo questo, Cassie” la interruppe Brian. “Non sto dicendo che non puoi innamorarti. Ovvio che puoi. Solo...proprio di Nick?”

Cassie continuò a fissare Brian, apparentemente per nulla colpita dal fatto che il ragazzo avesse appena dichiarato che era innamorata del suo amico, al quale non aveva ancora avuto modo di parlare apertamente. “Non ho scelto nemmeno quello” disse, semplicemente, e sentì la mano di Nick, che stava ancora stringendo, intrecciare le dita con le sue.

Brian abbassò la testa e commentò “Certo. Capisco”.

Cassie gli posò l’altra mano, quella che aveva libera, su un ginocchio, spingendolo a rialzare lo sguardo su di lei. “Non volevo causare tutti questi problemi, Bri. Davvero. Mi dispiace” si scusò.

Il ragazzo scosse la testa e le sorrise, mettendo una mano sulla sua. “Non è colpa tua, Cassie. Non sei tu il problema. È AJ”.

La ragazza annuì anche se, dentro di sé, non riusciva a fare a meno di sentirsi in colpa.

Brian si alzò dal letto, dov’era seduto, si avvicinò a Nick e gli posò una mano sulla spalla. “Scusate, ragazzi. Non volevo fare la parte del fratello maggiore rompiscatole, ma sono preoccupato per AJ” si giustificò.

Nick gli sorrise e annuì. “Non importa, lo capisco. Sono preoccupato anch’io” ammise.

“Vi auguro di passare un bel weekend e spero che possiate essere felici” aggiunse poi, tornando a essere la persona affabile di sempre.

 

Quando Nick si richiuse la porta della sua stanza alle spalle, dopo aver fatto entrare Cassie, tirò un sospiro di sollievo. Il confronto con Brian l’aveva privato di ogni energia, sebbene fosse durato solo pochi minuti. Sapeva, Nick, che aveva a che fare con il fatto che considerava Brian il fratello maggiore che non aveva mai avuto, non solo il suo migliore amico e confidente, l’unico che sapeva davvero tutto di lui, ma anche, e soprattutto, la persona che aveva deciso di prendere come esempio da seguire, in ogni campo. Durante quell’anno e mezzo, in cui era nato e si era poi sviluppato il sentimento che provava per Cassie, gli era pesato da morire non poter condividere ogni minimo dettaglio con Brian. Ma sapeva che era rischioso e non l’aveva fatto. Adesso che la cosa era venuta allo scoperto, si sentiva quasi sollevato all’idea di poter tornare a confidarsi con l’amico. Prima di potersi rilassare del tutto però, c’era un’altra questione, molto più importante, da risolvere.

Alzò lo sguardo sulla ragazza davanti a lui e notò che si era tolta il cappotto e stava ammirando la vista dalla finestra.

“Allora,” esordì, avvicinandosi a lei, deciso ad andare subito al punto “sei innamorata di me, eh?”

Aveva volutamente usato un tono scherzoso, nella speranza di smorzare la tensione e rendere il momento meno imbarazzante per entrambi.

Cassie, che si era girata a guardarlo non appena aveva sentito la sua voce, si lasciò scappare una risatina carica di imbarazzo e abbassò lo sguardo. “Sì, beh...non avrei voluto dirtelo così” confessò.

“Posso immaginare” convenne lui, facendo ancora un paio di passi, in modo da annullare la distanza che c’era tra loro. “In effetti, evitare di farsi spellare vivi da Brian, non è nella top ten dei modi più romantici per dichiararsi. Ma è sicuramente tra i più originali” aggiunse, facendola sorridere.

Poi alzò una mano e le sfiorò il viso con la punta delle dita. Lei chiuse gli occhi.

“Avevo progettato di portarti a cena in un posto carino e, magari, regalarti delle rose ma, a questo punto, mi rendo conto che sarebbe troppo banale, paragonato alla tua dichiarazione, quindi...sappi che vale anche per me. Anch’io sono innamorato di te” le disse, sincero.

La vide riaprire gli occhi e sorridere e pensò che avesse il sorriso più caldo e accogliente che avesse mai visto. Senza perdere altro tempo, le prese il viso tra le mani e unì le sue labbra con quelle della ragazza nel loro primo, tenerissimo bacio.

 

Cassie aprì gli occhi e si accorse che fuori si era fatto buio. La stanza era avvolta dall’oscurità, eccezion fatta per le luci della città, che filtravano attraverso le tende. Sospirò, soddisfatta, e si stiracchiò, percependo in quel momento un peso sul suo fianco destro. Abbassò lo sguardo e non si sorprese nel vedere la mano di Nick abbandonata sul suo corpo. Il contatto del palmo del ragazzo con la sua pelle, invece di scaldarla, come avrebbe dovuto, le provocò un brivido lungo la spina dorsale. Lentamente, rotolò su se stessa, fino a posizionarsi sull’altro fianco, dando le spalle alla finestra. Anche nell’oscurità poteva distinguere i ciuffi biondi dei capelli di Nick, sparsi sul cuscino. Mano a mano che i suoi occhi si abituavano al buio, metteva a fuoco altri particolari. Le labbra carnose, piegate in un broncio che lo faceva somigliare a un bambino capriccioso. Il solco che si formava sulla spalla, dove il collo e la clavicola si incontravano. Cassie si avvicinò impercettibilmente, fino a posargli un bacio sulla punta del naso e rise quando lui lo arricciò, infastidito, facendo una buffa smorfia. Poi aprì gli occhi, il cui azzurro era chiaramente distinguibile, nonostante l’oscurità. Non appena vide il viso di Cassie, a pochi millimetri dal suo, sorrise e, facendo leva sulla mano che era ancora posata sul suo fianco, la tirò a sé, cingendola in un abbraccio.

“Buongiorno” le sussurrò, baciandole il collo.

La ragazza rise e, passandogli le braccia intorno al collo, replicò “Buonasera, piuttosto”.

“Che ore sono?” chiese lui, stupito dal suo commento.

Cassie scosse leggermente la testa. “Non ne ho idea,” ammise “ma è buio, quindi suppongo sia ora di cena” constatò.

“Hai fame?” le domandò, accarezzandole la schiena.

“Un po’” rispose lei. “Tu no?”

Nick sorrise. “Sto morendo di fame” confessò. Poi aggiunse “Chiamo il servizio in camera o preferisci uscire?”

Cassie gli rivolse un sorrisino malizioso e, passandogli una mano tra i capelli, si avvicinò al suo orecchio. Gli morsicò il lobo, facendolo fremere di piacere, poi sussurrò “Per quanto la prospettiva di restare a letto con te sia molto allettante, non ho intenzione di passare tutto il weekend chiusa in camera. Andiamo a fare un giro, Carter”.

Nick rise e, seppur a malincuore, si alzò dal letto, non prima di averle dato un ultimo bacio. “Allora mi faccio una doccia e mi preparo” annunciò.

 

“Andiamo?” si lamentò Nick, arrivando alle spalle di Cassie e cingendole la vita, per poi iniziare a baciare i rari scorci di pelle del collo che non erano coperti dalla sciarpa.

“Sì, ancora una” rispose lei, scattando l’ennesima fotografia all’albero di Natale illuminato davanti alla cattedrale di St. Paul.

“Fa freddo” piagnucolò lui, continuando a torturarle il collo con buffi baci, il cui unico scopo era farla ridere e distrarla da ciò che stava facendo.

“Se non la smetti di infastidirmi, ci metterò il doppio del tempo” lo rimproverò lei, tentando di divincolarsi.

Nick sbuffò e si allontanò di un passo, lasciandola libera di manovrare la macchina fotografica e osservandola, le mani affondate nelle tasche del cappotto. Quando erano usciti dall’hotel, Cassie si era portata dietro la macchina fotografica, spiegando che aveva iniziato a seguire un corso di fotografia e Londra addobbata a festa offriva mille spunti per scatti interessanti. Nick l’aveva lasciata fare, immaginando che avrebbe scattato un paio di foto, qua e là. Di sicuro non si era aspettato un’intero shooting fotografico a un albero di Natale.

Percependo che il ragazzo stava iniziando a spazientirsi, Cassie spense la macchina fotografica e si voltò verso di lui, sorridente. Nick aveva il naso rosso e le labbra tendenti al violaceo ma, nonostante questo buffo accostamento di colori sul suo viso, Cassie lo trovava ugualmente molto attraente. Lui dovette pensarla allo stesso modo perché le si avvicinò, le cinse la vita con un braccio e la tirò a sé, dandole un bacio sulle labbra.

“Sei molto carina con le guance arrossate per il freddo” le sussurrò.

Cassie rise e replicò “Anche il tuo naso rosso è carino. Mi preoccupano un pelo di più le labbra viola, invece. Forse è meglio se andiamo in un posto caldo”.

“Tipo il nostro letto?” propose lui, soffiandole nell’orecchio mentre parlava.

“Pensavo più a uno Starbucks, ma se preferisci il letto…” bisbigliò lei, di rimando.

Nick rise e la prese per mano, annunciando “Propongo un compromesso: prendiamo un dolce e qualcosa di caldo da Starbucks e torniamo a mangiarcelo in hotel”.

Cassie annuì, felice. “Aggiudicato”.

 

“Qual è la tua canzone di Natale preferita?” gli domandò, a bruciapelo, mentre stavano tornando in albergo.

Nick si voltò a guardarla, leccandosi via da un dito la glassa del cinnamon bun che aveva appena finito di mangiare. Avevano progettato di mangiare i dolci in camera ma, quando si erano ritrovati tra le mani la cioccolata fumante e il sacchetto di carta che sprigionava quel delizioso profumo di cannella, non ce l’avevano fatta a resistere e avevano deciso di mangiarli per strada.

“Non saprei” disse, pensandoci su. “Forse Last Christmas degli Wham. È un classico. Non passerà mai di moda” spiegò. Poi le chiese “E la tua?”

Happy Xmas di John Lennon. Senza ombra di dubbio. Per me, rappresenta lo spirito del Natale” ripose, senza esitazione.

Nick le passò un braccio intorno alle spalle e bevve un sorso di cioccolata, prima di commentare “In effetti, ora che mi ci fai pensare, hai ragione. Meglio sperare nella pace nel mondo piuttosto che ricordare qualcuno che ti ha spezzato il cuore, il Natale passato”.

Cassie scoppiò a ridere e sentenziò “Se vuoi metterla in questi termini”.

“A proposito di Natale,” colse l’occasione di chiederle “che programmi hai?”

Lei alzò le spalle. “Niente di che. Il solito suppongo. Cena della Vigilia con i miei e poi messa di mezzanotte, con successiva apertura dei regali. E, il giorno dopo, pranzo con genitori, zii e cugini, che si protrarrà almeno fino alle quattro del pomeriggio, in perfetto stile italiano”.

“E se ti chiedessi di venire a passare il Natale da me?” le propose, di getto. Non ci aveva pensato, l’idea gli era venuta all’improvviso, sentendola raccontare del Natale in famiglia. Lui non l’avrebbe avuto, e ormai era così da un paio di anni, da quando era diventato maggiorenne ed era andato a vivere da solo. Ovviamente avrebbe potuto andare dai suoi, per Natale, ma non ne aveva voglia. Sapeva che sarebbero partite le solite recriminazioni sul suo comportamento ingrato, seguite dalle ormai insopportabili discussioni sui soldi, che aveva sentito talmente tante volte da farsi venire la nausea. Preferiva evitare. Forse avrebbe potuto farsi ospitare da Brian, come l’anno precedente ma, mentre passeggiava in quella Londra così sfacciatamente festiva, si era immaginato come potesse essere passare le vacanze natalizie con Cassie e non ci aveva pensato due volte a farle quella proposta.

Nonostante l’idea di Nick l’avesse colta del tutto impreparata, la ragazza non si scompose più di tanto. Gli chiese, semplicemente “In Florida?”

Nick annuì. “Sì, è lì che abito”.

Cassie sospirò e ci rifletté un attimo, prima di rispondere. “Sono sette anni che non torno in Florida e mi piacerebbe,” osservò “ma non a Natale”.

“Perché?” domandò Nick, confuso.

“Perché in Florida fa sempre caldo e non sembra un vero Natale” spiegò lei.

“Vuoi la neve?” la canzonò lui, ridacchiando.

“Non necessariamente” rispose Cassie, scuotendo la testa. “Ma almeno la giusta dose di freddo”.

Nick sospirò, sconsolato. “Deduco che sia un no” commentò.

Cassie si fermò di colpo e si voltò a guardarlo negli occhi. Gli sorrise e disse “È un no. Ma ti faccio una controproposta”.

“Ovvero?” chiese lui, incuriosito.

“Vieni tu a passare il Natale da me”.

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, stupito da quella proposta inaspettata. “A casa tua?” domandò, incredulo.

Cassie annuì. “Ai miei farà piacere rivederti e almeno si convinceranno che sono veramente venuta fin qui per vedere te e non era una balla che mi sono inventata per venire a fare un po’ di shopping natalizio a Londra”.

Nick scoppiò a ridere e prese Cassie tra le braccia, stringendola forte.

“Grazie” le sussurrò, nascondendo il viso nel suo collo, e la ragazza capì immediatamente a cosa si riferiva, senza bisogno di spiegazioni. Nick sognava da sempre un vero Natale in famiglia, tra risate, cibo e affetto, senza quella nube di risentimento e sensi di colpa che opprimeva ogni riunione dei Carter. Cassie lo sapeva, perché lui gliel’aveva confidato, e glielo stava offrendo. E lui la amava ancora di più.

Le diede un bacio, lei si leccò le labbra e commentò, ridendo “Sai di cioccolato”. Nick la strinse ancora di più e iniziò a contare quanti giorni mancavano a Natale.

 

2000/2001

Italia

 

Cassie fu svegliata da uno strano solletico al naso. Lo arricciò, inconsciamente, come per scacciare ciò che la stava infastidendo, qualsiasi cosa fosse, ma la sensazione non cessò. Allora, si costrinse ad aprire gli occhi, di malavoglia. Stava così bene, in quella posizione, ed era così rilassata che avrebbe voluto poter restare in quel limbo ancora per un po’. Non appena i suoi occhi grigi si aprirono e misero a fuoco l’ambiente circostante, incrociarono quelli azzurri del ragazzo accanto a lei e tutto divenne chiaro. La piacevole sensazione in cui si stava crogiolando era provocata dalle braccia di Nick che la stavano stringendo a sé, e anche il solletico al naso doveva essere colpa sua, a giudicare dall’espressione divertita con cui la stava osservando.

“Buon Natale” le sussurrò, posandole un secondo bacio sul naso, a conferma dei i suoi sospetti.

Cassie sorrise. “Buon Natale a te” rispose, con un sospiro, accoccolandosi ancora di più nell’abbraccio di Nick e chiudendo di nuovo gli occhi.

“Cosa stai facendo?” le chiese lui, sorpreso.

“Mi metto comoda” mugugnò, facendo scendere una mano fino al bordo della maglietta del ragazzo e insinuandola al di sotto, in modo da potergli toccare la pelle del petto, che iniziò ad accarezzare.

“Questo non è mettersi comoda” osservò lui, ridacchiando.

“Come ti pare” tagliò corto corto Cassie, sempre tenendo gli occhi sigillati e continuando con la sua opera di tortura.

Nick le bloccò la mano, costringendola ad aprire gli occhi. “Smettila” la ammonì, usando però un tono dolce e roco, che la fece fremere di eccitazione.

“Perché?” domandò, con un sorrisino malizioso.

“Perché i tuoi ci hanno permesso di dormire insieme a patto di promettere che non avremmo fatto niente di male e voglio mantenere la promessa. Ma non ci riesco, se fai così” spiegò.

“Io non voglio mantenere la promessa, però” piagnucolò lei, decisa a farlo cedere.

Il ragazzo sorrise e, con un’agile scatto, si spostò dalla posizione supina in cui si trovava, fino a rotolare sopra di lei. Le bloccò le mani sopra alla testa e si avvicinò al suo viso, fino a sussurrarle all’orecchio, con un tono ancora più roco e sensuale di prima “Non tentarmi”.

Per quanto i suoi movimenti fossero fortemente limitati dal corpo di Nick che la teneva incollata al materasso, Cassie riuscì a sporgersi quanto bastava per posargli le labbra sul collo. Nick chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un sospiro di piacere, e allentò la presa sulle mani della ragazza, che ne approfittò per passargliele dietro al collo.

“Okay, okay, adesso basta” sentenziò Nick, deciso, riaprendo gli occhi di colpo e allontanandosi da lei. “Stai decisamente giocando col fuoco, signorina”.

Cassie rise e poi, notando che il ragazzo si era alzato dal letto, chiese “Dove vai?”

“A prendere il tuo regalo di Natale” disse lui, frugando nel suo borsone.

“Credevo che me l’avessi già dato ieri sera” osservò lei, mettendosi a sedere e sfiorando il braccialetto d’oro che Nick le aveva dato la sera precedente. Era stato buffo perché, al momento dell’apertura dei regali, si erano accorti di aver avuto la stessa idea, dato che anche lei gli aveva preso un braccialetto.

Nick tornò a letto, stringendo tra le mani una scatoletta blu. “C’è una seconda parte di regalo,” spiegò “ma volevo dartelo da soli”.

Le mise in mano la scatoletta e Cassie la prese, rivolgendogli un’occhiata curiosa. Fece per aprirla, ma Nick la fermò, posando una mano sulla sua.

“Premessa” annunciò. “Lo so che stiamo insieme da pochissimo, ma tieni presente che è un anno e mezzo che ci sentiamo e io mi sono accorto di essere innamorato di te già parecchio tempo fa”.

“Anch’io” replicò lei. “Ma cosa c’entra?”

“Lo capirai quando vedrai il regalo” sentenziò lui, spostando la mano, in modo da permettere alla ragazza di aprire la scatoletta, che conteneva due fedine d’argento, una più grande e una più piccola.

Cassie le guardò, poi alzò gli occhi sul ragazzo, che le stava sorridendo, in attesa della sua reazione.

“Wow” disse solo, senza riuscire a formulare un pensiero più complesso. La verità era che non si aspettava un gesto così romantico da parte di Nick ed era stata colta totalmente di sorpresa.

“Troppo affrettato?” domandò lui, preoccupato.

“Io...no” rispose lei, scuotendo la testa. “Solo non credevo che potessi essere così romantico” confessò.

Nick sorrise e, dopo aver estratto l’anello più piccolo dalla scatoletta, le prese la mano sinistra e glielo infilò all’anulare, dicendo “Ho fatto anche di meglio. Se guardi all’interno, ho fatto incidere Londra e la data di quando ci siamo dichiarati”.

Cassie spalancò gli occhi, poi si tolse l’anello per controllare che quello che Nick le aveva appena detto fosse vero. Quando constatò che non le aveva mentito, si rimise l’anello al dito e gli sorrise, commentando “Mi hai stupito, Carter”.

Nick rise e, avvicinandosi un po’ di più al suo viso, replicò “Credevi di conoscermi così bene? Ho ancora parecchie carte da scoprire, per tua informazione”.

Lei gli prese il viso tra le mani e, guardandolo fisso negli occhi, gli sussurrò “Non vedo l’ora di scoprirle, allora”.

Il ragazzo le diede un bacio sulle labbra e bisbigliò “Se fai la brava, potrei decidere di svelartene qualcuna a Capodanno”, facendola scoppiare a ridere.

“Adesso suppongo tocchi a me” annunciò Cassie, prendendo la scatoletta dalle mani di Nick ed estraendone l’anello rimasto. Lui non rispose, si limitò a osservarla, mentre gli prendeva la mano sinistra e infilava l’anello all’anulare.

“Ecco fatto” scherzò. “Ora posso affermare ufficialmente che Nick Carter è mio”.

“Possiamo farlo, se vuoi” acconsentì lui, prendendo sul serio la sua affermazione.

Cassie scosse la testa. “Meglio di no”. Poi, vedendo l’espressione delusa sul viso di Nick, aggiunse “Non che voglia nascondermi. Assolutamente no. Ti amo e voglio che il mondo lo sappia. Ma c’è qualcun altro che deve saperlo, prima”.

Nick annuì e disse, soltanto “AJ”.

Cassie fece sì con la testa.

“Posso farlo io, se vuoi” le propose. Non aveva intenzione di mettersi in mezzo, ma sapeva che sarebbe stato difficile per lei, e voleva aiutarla, per quanto poteva.

Come prevedibile, la ragazza scosse la testa. “No. Devo farlo io. Almeno questo glielo devo”.

Nick non replicò, le strinse semplicemente una mano, tentando di dimostrarle il suo supporto. Lei gli rivolse un sorriso, che però era oscurato da un velo di tristezza. Poi si riscosse, gli sfiorò una guancia e chiese “Allora, sei pronto per la tua prima esperienza di Natale italiano?”

Il ragazzo annuì, senza riuscire a fare a meno di sorridere. Non vedeva l’ora. E il suo entusiasmo non scemò nemmeno quando Cassie lo mise in guardia dalla cugina Carlotta, dicendo “Ti chiedo scusa fin da ora. È una fan e ha una cotta terribile per te. Le ho detto che saresti venuto e dovrebbe essere preparata, ma non sono sicura che abbia veramente realizzato che ti incontrerà”.

“Non importa” la rassicurò. “Sarò carino con lei, non preoccuparti”.

“Ma non troppo carino, mi raccomando” lo rimproverò scherzosamente lei, alzando la mano sinistra e indicando l’anello che le aveva appena regalato, a ricordargli l’impegno che si era preso.

Nick rise e l’abbracciò, commentando “Mi piace quando fai la gelosa”.

 

“Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. AUGURI!!!”

Tra le urla, gli applausi e il rumore dei fuochi d’artificio, Nick prese Cassie tra le braccia e incollò le labbra alle sue, facendo attenzione a non rovesciare i bicchieri di spumante che entrambi tenevano in mano. Cassie aveva trascinato Nick a una festa organizzata da alcuni suoi amici dell’università, tra cui Marta, ovviamente. Inizialmente, lui era scettico. Temeva di ritrovarsi subissato di domande e scrutato da occhi curiosi, per non parlare della terribile possibilità che gli chiedessero di cantare. Ma Cassie l’aveva convinto, assicurandogli che la maggior parte dei suoi amici non l’avrebbe nemmeno riconosciuto e, quei pochi che sapevano chi era, si sarebbero accontentati della spiegazione dell’amicizia di lunga data che era diventata qualcosa di più. E così era stato, effettivamente. E Nick doveva ammettere di essersi addirittura divertito. Ma, soprattutto, adorava aver potuto trascorrere sia Natale che Capodanno con Cassie. Più stava con lei e più se ne innamorava e, a giudicare dal comportamento della ragazza, la cosa sembrava essere reciproca.

“Buon anno nuovo” gli sussurrò, avvicinandosi al suo orecchio e provocandogli un brivido lungo la spina dorsale.

“Buon anno nuovo a te” rispose, baciandole il collo e facendola ridere. “Hai qualche desiderio speciale per questo 2001?”

Cassie alzò le spalle. “Moltissimi, a dire la verità” confessò. “Ma, per qualche strana ragione, sembrano ruotare tutti attorno a te”.

“Curiosamente, è lo stesso per me” replicò lui, accarezzandole una guancia.

La ragazza rise e commentò “Meno male. Altrimenti sarebbe stato un bel problema”.

Anche Nick rise. Poi, tornando serio, aggiunse “Sarà complicato, lo sai vero?”

Cassie annuì. “Lo so”.

“Io, però, voglio provarci. E tu?” le chiese, con un punta di apprensione nella voce.

Lei gli prese la mano, che ancora le stava accarezzando la guancia, e se la portò alle labbra, posandoci un lieve bacio. “Assolutamente sì”.

Marta si avvicinò per augurare a entrambi buon anno e, mentre l’amica stava abbracciando Nick, il cellulare di Cassie vibrò, nella tasca dei jeans. Lo prese e controllò chi le stava scrivendo. Il suo cuore ebbe un sussulto quando trovò un messaggio di Alex che le faceva gli auguri:

Buon 2001. Ti penso e mi manchi. Love, Alex XxX

La ragazza sospirò e deglutì, per ricacciare indietro il groppo in gola che le si era formato non appena aveva letto il messaggio dell’amico. Nick la guardò negli occhi e si accorse subito che qualcosa la turbava. Si allontanò da Marta e andò da lei, posandole una mano sulla spalla. Cassie gli fece leggere il messaggio e lo sentì sospirare. Si voltò a guardarlo e notò che aveva la fronte corrucciata e le labbra arricciate in una smorfia che tradiva la tensione. Posò una mano su quella di Nick e sentì le dita del ragazzo intrecciarsi con le sue. Entrambi sapevano che sarebbe stato più complicato di quello che immaginavano.

 

 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


CAPITOLO 4

 

2001

Italia

 

Cassie spostò la patatina al centro del piatto e la infilzò con la forchetta. La sollevò davanti agli occhi, senza vederla veramente, poi la lasciò ricadere nel piatto, insieme a quello che rimaneva della decorazione del suo hamburger. Era fine febbraio e lei e Marta erano uscite a cena in un nuovo locale che aveva aperto nella loro città. Era stata una bella serata e Cassie l’aveva accolta come una boccata di aria fresca rispetto alla monotona malinconia che caratterizzava le sue giornate, da quando Nick era tornato negli Stati Uniti. Si sentivano ogni giorno, al telefono e via messaggio, ma non era come averlo lì con lei. Sapeva che sarebbe stato difficile stare con lui: abitavano lontani ed era una popstar, cosa si aspettava? Ma, ingenuamente, non credeva che avrebbe patito così tanto la sua mancanza. Credeva di essere più forte. O, forse, come le aveva candidamente fatto notare Marta, meno innamorata. L’uscita di quella sera, tra l’altro, cadeva a fagiolo perché Cassie aveva una bella notizia da festeggiare. Grazie al suo insegnante del corso di fotografia, era riuscita a fare richiesta di una borsa di studio per frequentare un importante master a Miami, che sarebbe iniziato il prossimo settembre. Non osava sperare che l’avrebbero presa ma, nel profondo del suo cuore, pregava di avere una possibilità. Non era Orlando, certo, ma Miami era decisamente più vicina dell’Italia. Vicina a Nick, ovviamente. Tornava sempre lì. Le sembrava di essersi trasformata in una di quelle ragazzine perdutamente innamorate del nuovo fidanzato di turno, che organizzavano tutta la loro vita in funzione del partner e si annullavano per lui. E si odiava per questo. Ne aveva parlato a Marta che, come al solito, l’aveva fatta ragionare, ricordandole che, primo, lei non stava rinunciando alle sue aspirazioni per Nick, anzi, il master le serviva proprio per realizzare il suo sogno di diventare fotografa e, secondo, il suo fidanzato non era proprio normale e, se volevano stare insieme, organizzare la propria vita in funzione del suo lavoro era l’unica soluzione possibile. Aveva ragione, ovviamente. E Cassie doveva smetterla di farsi tutte quelle paranoie. Quella sera, infatti, non voleva pensarci, voleva soltanto festeggiare il fatto che, alla fine, le sue preghiere erano state esaudite e aveva ottenuto la borsa di studio. Quando l’aveva detto a Nick, poco ci mancava che le perforasse un timpano, da tanto le aveva dimostrato il suo entusiasmo. Anche lui non vedeva l’ora di poter stare con lei come una coppia – pressapoco – normale.

L’attenzione della ragazza fu richiamata dalla voce di Marta che, posando sul tavolo il suo bicchiere di coca cola, annunciò “Ehi, ho visto il nuovo video, a proposito”.

Non c’era bisogno di chiedere a cosa si riferisse, ma Cassie lo fece, più per riprendere il filo della conversazione che perché avesse veramente bisogno di una risposta. “The Call?

Marta annuì. “Sì. Brian resta sempre il mio preferito, ma devo ammettere che il tuo ragazzo diventa sempre più carino” commentò.

Cassie si lasciò sfuggire una risatina e abbassò lo sguardo. Si imbarazzava sempre quando qualcuno che era al corrente della sua relazione con Nick – molto pochi, per fortuna, dato che ancora non l’avevano ufficializzata – faceva qualche apprezzamento sul suo ragazzo, specialmente se erano di carattere puramente estetico. Sì, Nick era carino, Cassie lo sapeva. Ma, curiosamente, non era stato il suo aspetto a farla innamorare di lui. Si era innamorata della sua anima, di quell’insicurezza e del disperato bisogno di affetto e approvazione, che lo rendevano l’essere umano più tenero che conoscesse, e di quell’incapacità di esprimere i suoi sentimenti a parole che, però, scompariva all’improvviso nell’esatto momento in cui la guardava negli occhi e le parole sembravano venirgli spontanee, esattamente quelle che lei voleva sentirsi dire. Il fatto che fosse carino era solo un’apprezzabile aggiunta a quell’insieme di caratteristiche che le avevano conquistato il cuore.

Rialzò lo sguardo su Marta e sganciò la bomba che aveva atteso di condividere con l’amica da tutta la sera. “Mi ha proposto di seguirli in tour per fare pratica come fotografa”.

“Davvero?” domandò la ragazza, spalancando gli occhi.

Cassie annuì, con un mezzo sorriso.

“E cosa gli hai detto?” volle sapere Marta.

“Ancora nulla. Ma ci sto pensando. Sarebbe un’opportunità importante. Senza contare che dovrei trasferirmi comunque per seguire il master a Miami, quindi si tratterebbe solo di anticipare la partenza” spiegò Cassie.

“Senza contare che così potresti stare con lui” commentò l’amica, rivolgendole un’occhiata maliziosa.

“Anche” ammise Cassie, ridacchiando.

Marta le chiese “Gli altri lo sanno?”

Un altro cenno affermativo con la testa. “Sì. Beh, Brian lo sapeva già e agli altri l’ha detto Nick. A quanto pare è stato Kevin a proporgli l’idea del tour”.

“Gli sei sempre piaciuta” sentenziò Marta, con un sorrisino.

Anche Cassie sorrise. “È quello che ha detto anche Nick” la informò. “Ma, anche se gli piaccio, ci ha tenuto a fare un discorsetto a Nick, appena l’ha saputo”.

“Del tipo?” chiese Marta, curiosa.

Cassie ridacchiò, ricordando quanto le aveva raccontato Nick, che l’aveva chiamata, esasperato, appena il compagno maggiore l’aveva rilasciato da quell’interrogatorio. “A quanto pare gli ha chiesto se avesse intenzioni serie, perché temeva mi potesse spezzare il cuore. Mi conosce da quando avevo 13 anni e si sente un po’ responsabile, almeno così ha detto. Poi gli ha consigliato di essere onesto e dichiarare di essere fidanzato, se glielo avessero chiesto. Ci tiene a mantenere quest’immagine di trasparenza che ha sempre caratterizzato il gruppo. E, alla fine, gli ha detto di essere cauto con Alex e di non sbattergli in faccia la nostra relazione, per evitare di farlo soffrire più del necessario. Ovviamente non c’era nemmeno bisogno di dirlo, non abbiamo intenzione di farlo”.

“Gliel’hai detto?” le domandò l’amica e non c’era bisogno di specificare il soggetto sottinteso a quella frase.

Cassie scosse la testa. “Non ancora” ammise. “Ci sentiamo al telefono, anche piuttosto spesso, e sono stata sul punto di farlo un sacco di volte, ma poi, lui se ne esce sempre con qualche frase estremamente dolce e terribilmente imbarazzante per ricordarmi quanto mi ama, e non ce la faccio”.

“Dovresti dirglielo” le consigliò Marta.

“Lo so,” concordò Cassie “ma non ho il coraggio”.

L’amica l’ammonì “Se lo viene a sapere da qualcun altro è peggio”.

Cassie sospirò. “Hai ragione”. Poi diede un’occhiata all’orologio che aveva al polso e fece un rapido calcolo mentale. Guardò l’amica e chiese “Se lo chiamo ora, resti con me per darmi coraggio, per favore?”

Marta sorrise e la rassicurò “Certo. Ma forse è meglio se prima paghiamo e lo chiami dalla macchina. Sarai più tranquilla”.

 

Seduta nell’auto di Marta, ferma nel parcheggio sul retro del ristornate, con soltanto la luce di un lampione a rischiarare il buio della notte, Cassie cercò in rubrica il numero di Alex e fece partire la chiamata. Dopo qualche squillo, sentì la voce dell’amico pronunciare il suo nome “Cassie”.

“Ciao, Alex” lo salutò e sentì istantaneamente la mano di Marta stringere la sua.

“Ciao. Che bello sentirti” replicò lui, in tono allegro. Cassie chiuse gli occhi e si sentì da schifo perché sapeva che quell’allegria sarebbe presto scomparsa. A causa sua.

“Come stai?” gli chiese, per prendere tempo.

“Insomma. Qualche grana con la casa discografica, ma ne stiamo venendo a capo” rispose il ragazzo. “Tu come stai?”

“Io sto bene” disse lei, anche se, in quel momento, pallida e con il corpo scosso da un vago tremore, non si sarebbe detto.

“Sono felice di sentirlo” commentò Alex.

A quel punto, Cassie decise che non aveva più senso girarci intorno e andò dritta al punto. “Alex, senti…ti ho chiamato per dirti una cosa. Volevo che lo sapessi da me”.

Il tono di voce del ragazzo cambiò drasticamente, facendosi subito preoccupato. “Che succede?”

“Mi sono innamorata” sputò, pensando che fosse come togliere un cerotto e farlo in modo repentino sarebbe stato meno doloroso.

Ci fu un istante di silenzio, dall’altra parte, e Cassie potè sentire il respiro di Alex farsi più pesante.

“Di chi?” chiese.

Cassie non si stupì di quella domanda. Non era la prima cosa che si sarebbe aspettata di sentirgli dire, dopo la sua rivelazione, ma sapeva che, prima o poi, sarebbero arrivati a quell’argomento, quindi tanto valeva confessare subito e togliersi il pensiero.

“So già che non ti piacerà, ma voglio essere sincera” rispose. “È Nick”.

Era preparata a dover aspettare un attimo per avere una reazione dal ragazzo. Supponeva che dovesse immagazzinare ed elaborare l’informazione, prima di ribattere. Invece, Alex sbottò immediatamente “Nick? Quel Nick? Quello che conosciamo entrambi?”

La ragazza sospirò. “Io conosco un solo Nick, Alex”.

“Non può essere”. Una sola frase, secca, senza possibilità di aver frainteso. Non l’aveva presa bene.

“Invece sì” replicò. “E, prima che te la prenda con lui, non mi ha corrotta o fatto il lavaggio del cervello o chissà cosa. Sono nel pieno delle mie facoltà mentali quando dico che lo amo”.

“Nick”. Alex si limitò a ripetere il nome dell’amico, con tono scettico.

Anche Cassie decise di non sprecare troppe parole. Bastava una sillaba per confermare quello che gli aveva appena annunciato. “Sì”.

Cassie chiuse gli occhi, stringendoli forte. Si aspettava urla e recriminazioni, forse addirittura suppliche di ripensarci. Invece, Alex restò relativamente calmo e chiese, soltanto “Com’è successo?”

Pur confusa da quella domanda, la ragazza si affrettò a spiegare “Abbiamo iniziato a sentirci perché volevo sapere come stavi e tu non mi chiamavi”.

Alex si lasciò sfuggire una risatina dal retrogusto amaro e commentò “Quindi alla fine viene fuori che è ancora colpa mia”.

“Non ho detto questo” si affrettò a ribattere Cassie. “Comunque, sì. Inizialmente l’argomento di conversazione eri tu”.

“Non me l’ha mai detto” accusò l’amico.

“Certo che no. Ti saresti arrabbiato da morire se avessi saputo che mi informava su cosa combinavi” osservò Cassie e, prima che Alex avesse tempo di obiettare, aggiunse “E non dire di no, che non è vero. Ti conosco”.

Alex sospirò e ammise “Hai ragione”.

“Abbiamo continuato a sentirci e semplicemente ci siamo innamorati. Tutto qui” tagliò corto lei, sperando di terminare quel supplizio il prima possibile.

“Non ci si innamora per telefono, Cassie” sentenziò Alex, come se stesse parlando a una bambina capricciosa.

Quel tono di superiorità infastidì Cassie, che si affrettò a replicare, secca “Mi permetto di dissentire. Comunque non ci siamo solo sentiti per telefono. Ci siamo anche visti. Ha passato le vacanze di Natale da me”.

Ci fu un momento di silenzio, dall’altra parte. Questa volta Alex aveva avuto bisogno di un istante per ingoiare l’informazione. Poi domandò “Perché non mi avete detto niente?”

Cassie espirò rumorosamente. Era arrivato il momento delle scuse e delle giustificazioni. “Perché ci sentivamo in colpa. So che stai male a causa mia e mi dispiace. Ma non posso smettere di vivere e vivere significa anche innamorarmi. Ed è successo. Non volevo innamorarmi di Nick, non l’avevamo pianificato. Ma non possiamo fare finta di niente. Non sarebbe giusto. Finirebbe che, per proteggere te, soffriremmo in tre”.

“Quindi è meglio che stia male solo io, vero?” chiese lui, offeso.

Cassie scosse la testa, sebbene l’amico non potesse vederla. “Non stai male solo tu, Alex, anche se ti piace pensarlo. Io sto di merda all’idea che ti sto facendo soffrire e, credimi, anche Nick odia sapere di essere coinvolto”.

“Non ci credo” sentenziò, in tono piatto.

“Sei crudele” lo rimproverò lei, combattendo per non lasciare spazio alle lacrime, che sentiva spingere in gola.

“Io?” sputò Alex, con cattiveria. “Siete voi che avete pugnalato un amico alle spalle”.

Quell’accusa servì a risvegliare l’orgoglio di Cassie, che si affrettò a ribattere “Pugnalato un amico alle spalle? Ma ti senti? Parli come se stessimo insieme e ti avessi tradito con Nick”.

“Perché è così che mi sento” ammise lui, ferito.

“Ma noi non stiamo insieme, Alex” gli ricordò. “Non lo siamo mai stati. E, per quanto ti voglia bene e mi dispiaccia sapere che stai male per me, non ho obblighi nei tuoi confronti. Innamorarti di me è stata una tua scelta”.

“Una mia scelta? No. Non si può scegliere di chi innamorarsi” obiettò il ragazzo.

Cassie chiuse gli occhi e prese un paio di respiri, prima di rispondere. Doveva calmarsi o avrebbe detto cose di cui si sarebbe pentita. “Okay, hai ragione” cedette. “Ma, allora, vale anche per me e Nick. Non abbiamo scelto di innamorarci”.

Silenzio. Per lunghi istanti non si sentì più nulla, dall’altra parte, e Cassie temette che Alex fosse stato così arrabbiato, offeso e deluso da riattaccarle il telefono in faccia.

“Alex? Sei ancora lì?” chiese, timidamente.

“Sì. Ci sono” rispose lui, in un sussurro.

“Di’ qualcosa” lo pregò, iniziando a lasciarsi prendere dallo sconforto. Sapeva che quella telefonata sarebbe stata difficile, ma stava andando peggio di quanto si era immaginata.

“Cosa vuoi che ti dica, Cassie?” le domandò, quasi urlando. “Che vi perdono? D’accordo, vi perdono. Che non andrò nell’altra stanza a prendere a pugni Nick non appena chiuderò la telefonata? Okay, te lo prometto. Il prezioso faccino del tuo Nick è al sicuro. Che sono felice per te? Non posso. Lo sai che non è vero”.

“Lo so” disse lei, in tono così basso che non era nemmeno sicura che Alex avesse sentito.

“Lui non ti renderà mai felice”. Un’affermazione secca, studiata, detta con il preciso di scopo di fare male.

Cassie sentì un singhiozzo salirle in gola e deglutì per ricacciarlo indietro. Non poté fare nulla per fermare la lacrima che le corse giù per la guancia, però. “Perché dici così? Lui mi rende felice” ribatté.

“Non è quello giusto per te” insistette Alex.

Non riuscendo più a trattenere la sua frustrazione, Cassie la trasformò in rabbia e sbottò “E saresti tu, invece?”

Il ragazzo non perse la calma e si limitò a rispondere “Esatto. Se solo ti convincessi”.

Cassie dovette inspirare ed espirare un paio di volte, prima di riacquistare la calma necessaria a replicare, senza urlare addosso all’amico. “Ascolta, Alex. Adesso basta. Non volevo essere troppo dura, ma questa storia è andata avanti fin troppo. Mi dispiace che tu stia male a causa mia, davvero. Ma non posso farci niente. Non ti amo. Amo Nick e sono felice con lui. E sì, forse sarebbe stato più facile se mi fossi innamorata di qualcun altro, ma è andata così e non posso cambiare le cose. Vorrei soltanto che tu lo accettassi e fossi felice per me. Per noi. Vorrei che potessimo restare amici”.

Gli aveva parlato con il cuore in mano, cercando di essere il più onesta e ragionevole possibile, ma ribadendo la sua posizione. Tutto sommato, poteva ritenersi soddisfatta di com’era riuscita ad esprimere il concetto che le stava a cuore con efficacia, senza blaterare e andando dritta al punto. Alex, però, non fu certo da meno e le sue parole furono come delle stilettate nel cuore già gonfio di sofferenza di Cassie. “Non possiamo restare amici, Cassie, perché io ti amo. Accetterò questa relazione con Nick, se è quello che vuoi. Continuerò a lavorare con lui e a essere suo amico. Ma non posso essere tuo amico come lo ero un tempo perché continuerò ad amarti. E, esattamente come tu non puoi fingere di amarmi, io non posso fingere di essere felice per te, perché non lo sono. Mi dispiace”.

La ragazza si lasciò sfuggire un singhiozzo e il cuore di Alex ebbe un sussulto che fece vacillare, per un istante, l’apparente sicurezza dietro cui si era trincerato per sopportare quel brutto colpo. Non poteva cedere, non adesso. A costo di sembrare egoista. Se si fosse concesso una minima debolezza, non ce l’avrebbe fatta ad allontanarla, e sarebbe rimasto intrappolato in quel vortice di depressione e autodistruzione per sempre.

“Quindi finisce qui?” gli domandò. “Ti perdo di nuovo?”

“Devi accettarlo, Cassie. Hai fatto la tua scelta. Hai scelto Nick” le rispose.

“Nick è il mio ragazzo. Tu sei il mio amico, Alex. Credevo di poter avere entrambi” piagnucolò.

Alex sospirò e ricacciò indietro il groppo in gola che minacciava di farlo scoppiare a piangere.

“Mi dispiace” riuscì solo a ribattere, e chiuse la chiamata, lasciando che le lacrime che aveva trattenuto a fatica uscissero liberamente.

A miglia e miglia di distanza, chiusa nell’abitacolo dell’auto di Marta e con ancora la mano dell’amica che stringeva la sua, Cassie urlò il nome di Alex numerose volte, prima di convincersi che lui non l’avrebbe sentita. Poi si voltò a guardare Marta, con gli occhi colmi di lacrime. L’amica allargò le braccia e lei ci si rifugiò dentro, scossa dai singhiozzi.

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


CAPITOLO 5

 

2001

USA

 

Alex si svegliò di soprassalto, sbattendo gli occhi secchi numerose volte, prima di essere in grado di mettere a fuoco dove si trovava e cos’era successo. La prima cosa che notò fu il male alla schiena, che gli indicò che non si trovava in un letto – suo o di qualche camera di albergo – ma rannicchiato sul sedile di un veicolo. Quale, era abbastanza facile da indovinare. Un pullman, probabilmente il tour bus, anche se non quello enorme, super confortevole e accessoriato che usavano di solito durante il tour, ma uno decisamente più piccolo e angusto, dove, a giudicare dai rumori che sentiva intorno a sé, non era solo. Voltò la testa, per guardarsi intorno, e realizzò subito il motivo del brusco strattone che l’aveva svegliato. Erano in mezzo a un ingorgo e, probabilmente, l’autista si era trovato a dover frenare all’improvviso. Stropicciandosi gli occhi con le mani e abbassandosi il cappuccio della felpa, che aveva usato come filtro tra la sua fronte e il vetro freddo del finestrino, si voltò alla sua destra, trovandosi di fronte alla scena da cui, ora ricordava, aveva cercato di fuggire chiudendo gli occhi e, grazie al cielo, addormentandosi. Nick, seduto sul divanetto di fronte al tavolo che usavano per mangiare, con la schiena appoggiata a un’estremità della seduta, le lunghe gambe piegate con i piedi posati sul sedile, stringeva tra le braccia Cassie, profondamente addormentata, con addosso una felpa azzurra troppo grande per lei, probabilmente appartenente allo stesso ragazzo che la stava stringendo in quel momento, il cappuccio sollevato e le gambe rannicchiate come un bambino. Aveva un’espressione beata sul viso e le mani stringevano le pieghe della felpa rossa di Nick, quasi avesse paura che potesse scappare.

Dopo la loro discussione al telefono, a febbraio, Cassie aveva rinunciato a seguirli in tour, come le aveva proposto Nick. Non avrebbe sopportato di vedere Alex tutti i giorni senza che il ragazzo le rivolgesse la parola. Quindi aveva aspettato, continuando la sua solita vita e passando mesi a piangere, un po’ per la situazione con Alex e un po’ perché Nick le mancava terribilmente ma, con il tour in corso negli Stati Uniti e in Canada, non c’era modo di trovare del tempo libero per vedersi. Era più che decisa ad aspettare agosto per trasferirsi a Miami, in modo da essere pronta per l’inizio del master a settembre. Nick, però, che non ce la faceva più a stare lontano dalla sua ragazza, aveva insistito talmente tanto che, alla fine, aveva ceduto e li aveva raggiunti a inizio giugno, per l’inizio della seconda parte del tour, che avrebbero inaugurato a Orlando. Il loro primo incontro era stato a dir poco imbarazzante, con Cassie che si era presentata all’arena mano nella mano con Nick, per poi allontanarsi subito, nervosa, non appena il suo sguardo aveva incrociato quello di Alex. Nick, Alex questo doveva concederglielo, non se l’era presa e si era comportato da vero amico, dando una spintarella a Cassie per spronarla ad andare a parlargli. Così, la ragazza si era avvicinata e l’aveva salutato timidamente. Trovandosela lì davanti, tutta la convinzione che l’aveva supportato fino a quel momento si era sciolta come neve al sole, facendo crollare il muro di risentimento che aveva eretto intorno al suo cuore ferito. Avrebbe voluto abbracciarla stretta e chiederle perdono per essersi comportato come un egoista, ma non ce l’aveva fatta. La amava, tremendamente e profondamente, e questo non sarebbe mai cambiato. Ma lei amava Nick e lui non sapeva come farle cambiare idea. Quindi si era limitato a stringerle la mano e a darle un rapido bacio sulla guancia, farfugliando un frettoloso “Benvenuta” prima di voltarsi a dire qualcosa a Kevin. Se ci era rimasta male, Cassie non l’aveva dato a vedere e si era detta soddisfatta del fatto che, almeno, Alex le avesse rivolto la parola. Nick l’aveva abbracciata, cercando di consolarla, mentre Brian si era avvicinato e, mettendole una mano sulla spalla, l’aveva rassicurata, dicendo “Vedrai che le cose andranno sempre meglio. Non mollare”.

In effetti, le cose erano andate meglio. Non erano tornati a essere gli amici di un tempo e, Alex ne era sicuro, questo non sarebbe mai successo, ma almeno riuscivano a parlarsi quasi normalmente, senza che il suo cuore facesse troppo male e a lei venissero le lacrime agli occhi. Solo che, quando poi si chiudeva la porta della sua stanza alle spalle, dopo il concerto, quando le luci del palco si spegnevano e lui cessava di essere AJ, il membro ribelle dei Backstreet Boys, e tornava ad essere Alex, il ragazzino sfigato di Orlando di cui tutti si prendevano gioco, in quei momenti Cassie gli mancava come l’aria e l’unico modo che aveva per sopportare quella sensazione di vuoto e impotenza che si impossessava di lui era non essere Alex, tornare a essere AJ, anche a concerto finito, anche lontano dai riflettori. Ed AJ non si chiudeva in camera a struggersi d’amore per una ragazza che aveva preferito Nick a lui, senza capire quanto, invece, lui sarebbe stato giusto per lei. AJ usciva, andava nei locali, si divertiva con nuovi amici di dubbio gusto e rimorchiava una donna diversa ogni sera. E beveva. AJ beveva per offuscare la mente e non ritrovarsi, di nuovo, a pensare a quanto fosse patetica la sua esistenza, una volta che anche le luci delle feste e dei locali si spegnevano. E, se l’alcool non bastava a raggiungere l’oblio, si faceva aiutare da qualche grammo di coca, così facile da trovare, quando si era ricchi e famosi.

Perso in quelle riflessioni, Alex non si accorse che Nick lo stava fissando, finché l’amico non lo chiamò “Ehi, Jay”.

“Cosa?” gli chiese, riscuotendosi dai suoi pensieri.

“Devo andare in bagno. Prendi un attimo il mio posto?” gli domandò, lanciando un’occhiata alla ragazza tra le sue braccia.

Alex strabuzzò gli occhi, confuso. “In che senso?”

“Se me ne vado si sveglia” spiegò. “Se mi dai il cambio finché torno, invece, magari riusciamo a farla continuare a dormire fino Nashville”.

Alex si lasciò sfuggire un sorriso. Sapeva perché Nick gli aveva fatto quella strana richiesta. Permettendogli di stare vicino a Cassie, sperava di alleviare un po’ la sua sofferenza e, allo stesso tempo, di far riavvicinare i due amici. Mosso da una forza interiore che non sapeva da dove gli fosse venuta e che agiva di sua spontanea volontà, Alex si alzò e si avvicinò al divanetto su cui stavano i ragazzi. Con movimenti lenti e delicati, per quanto la stazza e la posizione glielo permettessero, Nick si alzò dal divanetto, sfilandosi dalla stretta di Cassie, e la tenne sollevata, permettendo ad Alex di sedersi al suo posto, prendendo la ragazza tra le braccia. Con un lieve lamento, Cassie si risistemò nella nuova posizione, adattandosi al cambio di braccia e aggrappandosi alla felpa di Alex, come prima aveva fatto con quella di Nick. Il ragazzo sorrise e strizzò l’occhio all’amico, commentando “Missione compiuta. Grazie della collaborazione, faccio in un lampo” poi si diresse verso il bagno, lasciando Alex con il cuore che batteva all’impazzata, a stringere tra le braccia la ragazza che amava. Facendo attenzione a non svegliarla e approfittando dell’assenza di Nick, Alex si chinò a baciarle i capelli, respirando il profumo del suo shampoo alla vaniglia. Nel sonno, Cassie percepì quel gesto, ma credette che provenisse dal suo ragazzo e, senza aprire gli occhi, sussurrò “Nicky…”.

Alex trattenne il fiato, per paura di svegliarla, e sentì il cuore spezzarsi in tanti minuscoli pezzettini. Per quanto si illudesse, Cassie amava Nick e non sarebbe mai stata sua. Chiuse gli occhi e pregò che Nick tornasse presto, in modo da poter tornare al suo posto e lasciare libero sfogo alle lacrime che gli facevano bruciare gli occhi.

 

“Cassie, amore, non ti agitare ma devo dirti una cosa su Alex”.

Aveva esordito così Nick, quando aveva chiamato Cassie per annunciarle che il suo amico era finito in riabilitazione per disintossicarsi dall’abuso di alcool e droga. Cassie non avrebbe mai dimenticato quella telefonata, ricevuta mentre usciva dall’ennesimo appartamento che aveva visitato a Miami, dove si trovava in quel momento, proprio con lo scopo di trovare un alloggio dove stare per la durata del master. Era il nove luglio e Cassie aveva salutato Nick e i ragazzi un paio di giorni prima, a Boston, per andare a Miami a sistemare alcune cose prima di partire per una vacanza con Nick. Dopo il primo momento di shock, si era fatta spiegare sommariamente cos’era successo e, a quanto pareva, dopo una notte particolarmente intensa, il ragazzo non si era presentato a un’apparizione che il gruppo aveva deciso di fare per beneficienza. Kevin era tornato in albergo a cercarlo e aveva praticamente dovuto buttare giù la porta della stanza per entrare, solo per scoprire che l’amico si era barricato nella camera da letto, per non doverlo affrontare. Erano volate parole grosse, Alex aveva minacciato di mollare tutto, ma poi, disperato per aver deluso Kevin, che aveva sempre visto come quella figura paterna che non aveva praticamente mai conosciuto, era volato fino in Arizona per chiudersi in un centro specializzato e sottoporsi a un trattamento di un mese per risolvere i suoi problemi di dipendenza e depressione. Quando, tra i singhiozzi, Cassie aveva confessato a Nick che era tutta colpa sua, il ragazzo l’aveva rassicurata dicendole che, per quanto la loro relazione lo stesse facendo soffrire, non poteva essere la sola causa per una situazione così grave e che Alex aveva deliberatamente scelto di affogare i suoi problemi nell’alcool, non era certo stata lei a mettergli una bottiglia in mano. Cassie non era convinta e continuava a sentirsi in colpa, ma Nick l’aveva fatta ragionare, sostenendo che, in ogni caso, non ci potevano fare nulla e colpevolizzarsi non sarebbe comunque servito ad aiutare Alex.

“Cosa posso fare?” gli chiese, disperata.

“Chiamalo” le suggerì il ragazzo. “Sono sicuro che sentire la tua voce gli farà piacere”.

Cassie non se lo fece ripetere due volte e, salutato Nick, compose immediatamente il numero di Alex.

Non appena il ragazzo accettò la chiamata, catturò la sua attenzione pronunciando il suo nome “Alex”.

“Cassie” disse lui, sorpreso di sentirla. Evidentemente, Nick doveva averla avvertita.

“Come stai?” gli chiese e non era una domanda di circostanza, il suo tono gli fece capire che voleva sinceramente sapere come si sentisse. Quindi decise di essere sincero a sua volta.

“Da schifo. Mi sento un fallito. E mi manchi”.

“Non sei un fallito” replicò lei. “Hai bisogno di aiuto”.

“Ti ho delusa” farfugliò, con voce rotta dal pianto. Ormai non si vergognava più.

“Non è vero” obiettò la ragazza, decisa. “Non mi hai delusa. Non potresti mai. Fatti aiutare a rialzarti”.

“Non lo so se ce la faccio, Cassie” confessò.

“Sì che ce la fai” lo spronò lei, dimostrando una fiducia in lui che non credeva di meritare.

“Ho bisogno di te” si lamentò, non riuscendo più a tenersi tutto dentro.

“Ci sono” gli assicurò Cassie, calma.

“Ti voglio qui. Con me” insistette Alex.

“Adesso non posso, non me lo permetterebbero” cercò di farlo ragionare. “Ma prometto che vengo a prenderti, quando esci”.

“Davvero?” le chiese, incredulo.

“Certo” gli assicurò.

“E mi starai vicina?”

“Farò tutto quello che serve a farti stare meglio” gli promise.

“Anche lasciare Nick e metterti con me?” azzardò Alex.

“Non puoi chiedermi questo, Alex” lo rimproverò.

“Perché?” chiese lui, testardo.

“Perché sono innamorata di Nick” gli rispose, semplicemente.

“Perché non puoi amare me?” domandò, soffocando un singhiozzo.

“Perché non si può scegliere chi amare, me l’hai detto tu stesso” gli rammentò la ragazza.

“Ma io ho bisogno che tu mi ami” le disse lui, in preda alla disperazione.

“Se potessi, lo farei” gli confessò, sull’orlo delle lacrime.

“Provaci” tentò di convincerla.

“Alex…”

“Ti prego” la supplicò.

“Non posso” disse lei, in un sussurro, quasi come se pronunciare quelle due parole le fosse costato una fatica enorme.

Alex sospirò e chiuse gli occhi, sentendo due lacrime scendergli lungo le guance. “Devo andare. Non mi fanno usare il cellulare, qui. Non chiamarmi. Ti cerco io” tagliò corto, improvvisamente desideroso di stare solo e, soprattutto, di smettere di sentire la voce di Cassie, che gli lacerava il cuore ogni volta che pronunciava una qualsiasi parola che non fosse ti amo.

“D’accordo. In bocca al lupo, Alex. Fagli vedere chi sei. Ti voglio bene” lo salutò.

“Ti amo, Cassie” sussurrò lui, prima di riattaccare e lasciare sfogo alle lacrime.

 

Cassie mantenne la parola e quando, un mese dopo, Alex uscì dal suo periodo di disintossicazione, andò a prenderlo insieme a Nick. Grazie alla terapia che aveva seguito, che non era stata solo medica ma anche, e soprattutto, psicologica, Alex aveva capito che non poteva tagliare Cassie fuori dalla sua vita. Oltre a essere la fidanzata del suo amico e collega, Cassie rappresentava una parte importante della sua vita ed era venuto fuori che molti dei suoi problemi risalivano al periodo in cui i due ragazzi non si erano parlati, dopo che lei era partita per l’Italia. E aveva capito anche che, per quanto fosse geloso del fatto che lui potesse avere la ragazza di cui era innamorato, non poteva essere arrabbiato con Nick perché, in fondo, non era colpa sua se Cassie si era innamorata di lui. Fu felice, quindi, di vedere i suoi amici ad attenderlo fuori dalla clinica e fu ancora più felice quando Cassie gli corse incontro e lo abbracciò, ripetendogli quanto fosse orgogliosa di lui. Era poca cosa rispetto al ti amo che avrebbe desiderato sentirle dire, ma rappresentava comunque una sorta di balsamo per la sua anima ferita.

Il tour riprese e Cassie, questa volta, non li seguì, perché era impegnata con il master, quindi per Alex fu un po’ meno dura e riuscì a destreggiarsi meglio, senza avere sempre sotto gli occhi l’esempio lampante di quanto fosse felice con Nick. Quando il tour finì, a novembre, i ragazzi tornarono a casa e, sebbene Alex e Nick vivessero a Orlando e Cassie a Miami, riuscivano a vedersi spesso perché la ragazza lo andava a trovare ogni volta che era a Orlando da Nick.

Apparentemente, le cose sembravano tornate quelle di un tempo, tra loro. Ridevano, scherzavano e si confidavano, con l’unica eccezione di non parlare delle rispettive vite sentimentali, il che, per Cassie, significava non parlargli di Nick, mentre, per Alex, voleva dire non elencare tutte le donne che continuava a rimorchiare nella speranza di trovare qualcuna che riuscisse a fargli dimenticare Cassie.

Dopo il Black and Blue Tour, i ragazzi si presero una lunga e meritata pausa, che permise a Brian di fare il papà del piccolo Baylee, appena nato. Durante quegli anni di pausa, Cassie terminò il master e si trasferì a Orlando da Nick. In realtà, Nick aveva acquistato una casa a Key West, dove lui e Cassie erano stati in vacanza, innamorandosi del posto, e avrebbero voluto trasferirsi ma, tra i vari progetti di Nick, il lavoro di Cassie come fotografa e, non ultimo, il desiderio della ragazza di stare vicina ad Alex, per poterlo tenere d’occhio, avevano accantonato l’idea. Sulle prime, Alex si era sentito un po’ in colpa per quella decisione che, lo sapeva, aveva molto a che fare con la volontà di Cassie di mantenere quella promessa che gli aveva fatto di esserci sempre per lui e di fare di tutto per farlo stare meglio. Poi, però, l’egoismo e l’amore che ancora provava per la ragazza avevano avuto la meglio e si era convinto che la scelta fosse stata dettata soprattutto da esigenze lavorative. Nick, dal canto suo, non gli aveva mai fatto pesare la cosa, accettando il suo rapporto con Cassie come parte integrante dell’essenza della ragazza che amava e, anche se gli costava ammetterlo, Alex gliene era grato e considerava questo suo atteggiamento l’ennesima dimostrazione della maturità che il ragazzo stava sviluppando, oltre che una prova tangibile dell’amicizia e dell’affetto che li legava.

Nel frattempo, i Backstreet Boys avevano iniziato a lavorare a un nuovo album, e il lavoro aveva contribuito a distrarre Alex dai suoi demoni, che non sembravano volerlo abbandonare. Quando il tour iniziò, nel 2005, Cassie non aveva più nulla che la trattenesse in Florida, quindi si unì ai ragazzi e alle rispettive compagne. Ormai era stata ufficialmente accettata dalle fan come fidanzata di Nick e i due facevano coppia fissa anche davanti alle telecamere. Alex credeva che, questa volta, le cose sarebbero state più facili e che vederli insieme 24 ore su 24 non gli avrebbe fatto più così male. Ma si sbagliava. Ogni volta che li vedeva baciarsi o dormire accoccolati uno all’altra sul tour bus, era come una stilettata al cuore. E non poteva nemmeno prendersela con loro perché non facevano nulla di male, niente di diverso da ciò che Howie, Brian e Kevin facevano con le rispettive mogli e compagne. Era lui, era la sua testa che non riusciva ad accettare che Nick potesse avere Cassie e lui no, era il suo cuore che non riusciva a dimenticarla, accettando di essere solo suo amico. Senza nemmeno rendersene conto, prima che il tour fosse finito, Alex aveva ricominciato a bere, pur sapendo quanto pericoloso potesse essere per lui. Ma credeva di poterlo controllare, di non essere più così debole.

Il colpo di grazia lo ricevette quando Kevin, che era sempre stato il suo punto di riferimento, la sua roccia, decise di lasciare il gruppo per dedicarsi ad altri progetti. Alex si sentì come se gli mancasse la terra da sotto i piedi e si attaccò ancora di più alla bottiglia. Dopo lunghe discussioni, i ragazzi decisero di continuare in quattro e si buttarono a capofitto nella realizzazione di un nuovo album, il primo senza Kevin. Ma la mancanza dell’amico era un macigno che pesava sulle spalle di Alex e non riusciva a darsi pace. Poco importava che Brian, che aveva percepito come potesse sentirsi l’amico, gli avesse parlato, offrendogli tutto il supporto che, in passato, aveva ricevuto da Kevin. Alex gliene era grato ma, per quanto fossero cugini, Brian non era Kevin e non lo sarebbe mai stato. Brian andava bene per Nick, era il suo punto di riferimento. Alex aveva bisogno di Kevin. O di Cassie. E non poteva avere nessuno dei due, non come avrebbe voluto, almeno.

Quando il gruppo iniziò la promozione del nuovo album, Alex era ormai ripiombato nelle sue vecchie abitudini e passava la notte annebbiato dall’alcool, in modo da non pensare a quelle due persone che gli mancavano così tanto.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


WARNING!: In questo capitolo verranno trattate tematiche delicate (abuso di alcool e tentativi di suicidio). Sconsiglio la lettura a coloro che potrebbero sentirsi particolarmente toccati. C'è anche una buona dose di angst, tristezza e voglia di abbracciare tutti quanti, però. Specialmente il povero, piccolo (mica tanto) Nick, che si ritrova metaforicamente cornuto e mazziato (non nel senso più stretto del termine ma è quello che ci perde di più senza averne colpa, insomma).
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano le persone che leggono. Due righe di recensione, pretty please?


CAPITOLO 6

 

2007

USA

 

 

No matter how I fight it
Can't deny it
Just can't let you go

 

Alex tornò nella sua stanza, dopo aver lasciato la cena a metà, adducendo come scusa un improvviso mal di testa, e si richiuse la porta alle spalle. Senza nemmeno preoccuparsi di far scattare la serratura, si diresse deciso verso la valigia e iniziò a lanciare fuori i vestiti alla rinfusa, finché le sue dita non si strinsero intorno al vetro freddo di quello che stava cercando. Estrasse la bottiglia di Jack Daniel’s, che aveva acquistato al duty-free dell’aeroporto, e andò a sedersi sul letto, senza nemmeno darsi pena di togliersi le scarpe. Svitò il tappo e, con il primo sorso, la scena a cui aveva assistito quel pomeriggio, e che l’aveva tanto sconvolto, gli passò di nuovo davanti agli occhi.

Erano in giro da alcune settimane per la promozione del nuovo album e, ovviamente, Nick aveva portato Cassie con loro. Sapeva che non aveva il diritto di essere arrabbiato con lui, perché tutti avevano portato le rispettive compagne, ma non riusciva a fare a meno di provare un certo risentimento nei confronti dell’amico. Era invidioso perché Nick poteva avere Cassie e lui no, e si illudeva che, se Nick non ci fosse stato, Cassie avrebbe potuto dargli una chance.

Quel pomeriggio, durante una pausa tra un’intervista e l’altra, si erano ritrovati tutti nella suite di un albergo in centro a Los Angeles, ad attendere non ricordava bene cosa. A un certo punto, si era alzato dal divano su cui era seduto con Howie, per andare a prendere una bottiglietta d’acqua e, così facendo, era passato davanti a un salottino, dove aveva visto Cassie e Nick, seduti sul pavimento, che ridevano felici mentre giocavano con Baylee, il bimbo di Brian e Leighanne, che ormai aveva cinque anni. Era stato come ricevere un pugno in pieno stomaco e, all’improvviso, Alex si era reso conto che quello era ciò che aspettava la coppia nel prossimo futuro. Tra poco, Cassie e Nick si sarebbero sposati e avrebbero avuto un bambino, come Baylee, e lui non avrebbe avuto più alcuna possibilità di essere felice. Perché di una cosa era certo e cioè che non avrebbe mai potuto essere felice senza Cassie. Quella consapevolezza l’aveva accompagnato tutto il giorno, rendendolo distratto, irascibile e nervoso, e facendogli montare il mal di testa che gli aveva fatto passare l’appetito e aumentare la necessità di attaccarsi alla bottiglia.

Mentre prendeva un secondo sorso, molto più lungo del primo, pensò che il fatto di essere quasi a stomaco vuoto si sarebbe rivelato utile e avrebbe aiutato l’alcool a fare effetto più rapidamente. Voleva soltanto dimenticare, annebbiare la mente e cadere nell’oblio che gli garantiva un minimo di serenità.

Prese un terzo sorso, e poi un quarto, e così avanti finché non si accorse che la bottiglia era già a metà. La sua testa, però, non sembrava intenzionata a spegnersi, quindi continuò, ancora e ancora, finché le palpebre non gli si fecero pesanti, gli occhi si chiusero e la bottiglia, ormai vuota, gli scivolò dalla mano. Sarebbe caduta sul pavimento, con un tonfo sordo, se Alex, con un ultimo barlume di lucidità, non avesse deciso di sfogare la sua frustrazione lanciandola contro il muro di fronte al letto, dove si frantumò in piccoli pezzi.

 

Fu il rumore a svegliare Brian. Aveva sempre avuto il sonno leggero, quella sera poi un’ulteriore preoccupazione lo teneva sveglio. AJ aveva abbandonato la cena con largo anticipo e Brian aveva scorto una strana luce nei suoi occhi scuri. Disperazione, ecco come l’aveva interpretata. E lo spaventava. Aveva passato buona parte della notte a fissare il soffitto, con le orecchie tese per captare ogni minimo suono proveniente dalla camera accanto alla sua dove, appunto, dormiva l’amico, facendo al contempo attenzione a non muovere un muscolo, per non svegliare Baylee e Leighanne, che dormivano accanto a lui. A un certo punto, doveva essersi appisolato senza accorgersene perché quel rumore lo svegliò di soprassalto, rimbombando nelle sue orecchie come lo sparo di un cannone. Non era stata un’esplosione, però. C’era stato un colpo, ma si era trattato più di un rumore cristallino, come di qualcosa di fragile che andava in frantumi. Colto da un brutto presentimento, si alzò lentamente e andò verso la porta, deciso a controllare che l’amico stesse bene. Bussò e, come aveva temuto, non ottenne risposta. Senza riflettere, provò ad abbassare la maniglia, dandosi al contempo dello stupido per aver anche solo pensato che potesse essere una soluzione. Invece, con sua grande sorpresa, la porta si aprì davanti a lui, permettendogli di entrare nella stanza dell’amico, che trovò avvolta dall’oscurità.

“Jay, sono Brian. Ho sentito un rumore. È tutto okay?” chiese, mentre accendeva la luce e faceva un passo avanti.

Non ci fu risposta, ma Brian individuò immediatamente la figura di AJ, sdraiato sul letto, con ancora i vestiti e le scarpe addosso, in una posizione che non poteva aver assunto volutamente. Mentre si precipitava accanto al letto, qualcosa scricchiolò sotto i suoi piedi e, abbassando lo sguardo, si accorse che si trattava di frammenti di vetri rotti. Immediatamente, collegò quel particolare al rumore che l’aveva svegliato e, guardandosi intorno, notò i resti della bottiglia frantumata ai piedi del muro. Non ebbe nemmeno bisogno di chinarsi a controllare le funzioni vitali di AJ per capire che l’amico aveva qualcosa che non andava e le sue dita si strinsero automaticamente intorno alla cornetta del telefono che stava sul comodino, per chiamare aiuto.

 

Nick stava dormendo, un braccio abbandonato sul fianco di Cassie, rannicchiata accanto a lui. Era stata una lunga giornata ed erano entrambi piuttosto stanchi ma, prima di addormentarsi, Nick aveva guardato la ragazza stesa di fianco a lui e aveva sorriso, ripetendosi per l’ennesima volta quanto fosse fortunato ad aver trovato quella che era sicuro fosse la sua anima gemella. Non solo stavano insieme da sei anni che, per lui, era un tempo immemore ma, soprattutto, era completamente soddisfatto da quel rapporto e non avrebbe potuto chiedere niente di meglio. Cassie lo capiva e lo accettava esattamente per quello che era, con i suoi pregi e i suoi innumerevoli difetti. Certo, si arrabbiava, litigavano, ma non aveva mai temuto che volesse rompere con lui, nemmeno quando l’aveva esasperata fino allo sfinimento. Nick sapeva che, qualsiasi cosa fosse successa, Cassie sarebbe sempre tornata da lui perché, semplicemente, lo amava e si erano scelti. E lo stesso valeva per lui. Ormai gli era entrata sotto la pelle e non avrebbe mai più potuto pensare a una vita senza di lei. Erano ancora giovani ma, da un po’ di tempo, stava pensando di chiederle di sposarlo. Brian si era sposato molto giovane e aveva già un figlio. Nick non sentiva tutta questa urgenza ma, d’altra parte, sapeva che Cassie era l’unica con cui avrebbe mai voluto dividere il resto di quella sua pazza e strana vita, quindi perché aspettare? Non aveva ancora preso una decisione, ma sentiva la volontà di compiere il grande passo farsi sempre più pressante e sapeva che, presto, avrebbe ceduto. E sarebbe stata la sconfitta più bella della sua vita.

Sentì Cassie muoversi, accanto a lui, disturbando il suo sonno e solo allora si accorse di un rumore ripetuto che gli rimbombava in testa. Spalancò gli occhi e si ritrovò a fissare quelli grigi di Cassie, che lo guardavano con espressione confusa.

“Stanno bussando alla porta” le disse, constatando l’ovvio, come per rispondere alla domanda silenziosa che aveva letto negli occhi della ragazza.

“Lo sento” rispose lei. “Chi diavolo può essere a quest’ora?”

Nick scosse la testa, facendole intendere che non ne aveva idea, e propose “Vado a vedere”.

Si alzò e, ancora in boxer, si diresse verso la porta. La aprì, senza nemmeno preoccuparsi di chiedere chi fosse. Non pensò nemmeno per un istante che potesse essere una fan particolarmente intraprendente. Alzandosi dal letto, aveva dato un’occhiata all’orologio che aveva al polso e sapeva che erano le cinque e mezza di mattina. La reception non avrebbe mai permesso a nessuno di salire a quell’ora, nemmeno per una svista.

Aperta la porta, si trovò davanti Howie, che lo accolse con aria seria e preoccupata.

“Cristo, Howie. Cosa succede?” gli chiese.

“Scusate l’ora infame,” rispose subito lui “ma ho bisogno di Cassie”.

La ragazza fu subito accanto a Nick, con addosso solo la t-shirt del fidanzato, che usava come pigiama. “Cos’è successo ad Alex?” chiese, con un tono carico di tensione.

Howie strabuzzò gli occhi, sorpreso. “Come fai a sapere che gli è successo qualcosa?”

“Non saresti mai venuto a svegliarmi alle cinque di mattina se non fosse così” tagliò corto lei.

Howie sospirò e ammise “Hai ragione”.

“Dimmi, ti prego” lo spronò Cassie, in preda all’ansia.

“Beh, ecco…” iniziò il ragazzo, stropicciandosi le mani, quasi fosse in imbarazzo “quell’idiota si è sbronzato talmente tanto da finire quasi in coma etilico”.

Cassie si portò una mano alla bocca e Nick le passò un braccio intorno alla vita, sentendo improvvisamente nascere un istinto protettivo dentro di sé. “Oddio” commentò, scioccata.

Howie si affrettò a tranquillizzarla. “Per fortuna l’abbiamo trovato in tempo”.

“Come sta?” chiese Nick, preoccupato per l’amico.

“Adesso è in ospedale, ma sta meglio” li rassicurò Howie. “Però siamo preoccupati e crediamo che solo Cassie riesca a farlo ragionare”.

“Io...okay, posso provarci” acconsentì lei. “Mi vesto e vengo con te”.

“Ti accompagno” si offrì subito Nick e Cassie gli sorrise, grata.

Prima di voltarsi per raccattare dei vestiti da indossare, si voltò ancora verso Howie e domandò “Howie, perché?”

“Cosa?” chiese il ragazzo, non riuscendo a capire.

“Perché l’ha fatto?” precisò Cassie.

Howie scosse la testa. “Non ci ha detto molto ma, da quando Kevin se n’è andato, non è più lo stesso. Sembra abbia perso la bussola”.

“Oh, Signore” commentò lei, in un sussurro.

Howie capì cosa le stava passando per la testa e bloccò subito quei pensieri. “Senti, non è colpa tua, okay? E mi dispiace doverti mettere in mezzo”.

“Certo che è colpa mia” ribatté lei. “Ovviamente il fatto di Kevin ha influito, ma sospetto che il grosso della colpa sia mio”.

“Ti ho detto di no” insistette Howie. “Non hai fatto niente. È lui che deve dimenticarti e andare avanti con la sua vita”.

Cassie sospirò. “Credevo l’avesse fatto”.

“Lo credevamo anche noi ma, evidentemente, era tutta una facciata” osservò lui, deluso.

Cassie annuì e rivolse a Howie un sorriso velato di tristezza, prima di annunciare. “Mi vesto e arrivo”.

 

“Sei un idiota” disse Brian ad Alex, non appena l’amico stette abbastanza bene da reggere una conversazione.

“Grazie” ribatté lui, in tono sarcastico.

“Non sto scherzando” gli intimò Brian, serio. “Cosa diavolo ti è saltato in mente?”

“Io...non lo so, okay?” farfugliò Alex, distogliendo lo sguardo dall’amico, per non dover sostenere quell’espressione delusa che leggeva nei suoi occhi.

“Potevi morire!” sbottò Brian, lasciandosi sfuggire una piccola parte della rabbia che sentiva montargli dentro.

“Lo so” ammise Alex, serio.

“Ma perché?” volle sapere l’amico, ancora sconvolto dall’idea di cosa sarebbe potuto succedere se non fosse stato svegliato dal rumore della bottiglia lanciata contro il muro.

“Io...ho visto Nick e Cassie che giocavano con Baylee, ieri e sembravano una famigliola felice. All’improvviso, mi è sembrato tutto sbagliato. La mia vita mi è sembrata senza senso, se non posso avere Cassie” spiegò Alex, sincero.

Brian gli rivolse uno sguardo duro e il tono che usò per ribattere era carico di risentimento. “AJ, tu non l’hai mai avuta. Mettitelo in testa. È stata chiara con te fin dall’inizio. Non ti ama, non puoi fargliene una colpa”.

Alex sospirò. “Lo so. Ma perché deve fare così male?”

Solo in quel momento Brian capì quanto profonda dovesse essere la disperazione dell’amico e si maledisse per non averlo realizzato prima. Non disse nulla, si limitò ad avvicinarsi e a posargli una mano sulla spalla, mentre Alex lasciava finalmente libero sfogo al dolore che provava, versando lacrime di frustrazione.

 

Quando Cassie e Nick, accompagnati da Howie, raggiunsero l’ospedale, le prime luci dell’alba stavano già rischiarando l’aria di Los Angeles, tingendo il cielo di una gamma di colori pastello che variavano dal lilla al corallo. Arrivati davanti alla porta della stanza dov’era stato sistemato Alex, Nick diede un bacio sulla fronte a Cassie e le disse “Io ti aspetto qui. È meglio se gli parli da sola”.

Cassie annuì e, rivolgendo a Nick un sorriso stentato, entrò.

Non appena la vide, Brian le sorrise e si affrettò a uscire dalla stanza, annunciando “Vi lascio soli”. Cassie ricambiò il sorriso, prima di rivolgere tutta la sua attenzione ad Alex, seduto nel letto, con la schiena appoggiata ai cuscini e un’espressione di stupore negli occhi marroni.

“Ciao” lo salutò, abbozzando un sorriso.

“Cassie. Che ci fai qui?” le chiese il ragazzo, restio a farsi vedere in quello stato dalla donna che amava.

“Mi ha chiamata Howie” gli spiegò, facendo un passo verso di lui.

“Non doveva” si affrettò a precisare lui, scuotendo la testa.

“Sì, invece” obiettò lei, raggiungendo il bordo del letto.

Alex sospirò. “Sì, hai ragione. Forse doveva” ammise.

All’improvviso, agendo d’istinto e cogliendo Alex totalmente alla sprovvista, Cassie lo abbracciò, sussurrandogli “Sei un idiota”.

“Lo so” farfugliò lui, sorpreso dalla reazione dell’amica.

“Cosa ti è saltato in mente?” domandò, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.

“Non lo so. Credo di aver realizzato che non potrò mai averti e non ce l’ho fatta a sopportarlo” le confessò lui.

Cassie si liberò dall’abbraccio e rimase a guardarlo, con le mani sulle sue spalle “Ma tu puoi avermi!” sbottò “Solo, non come vorresti tu”.

“È questo il problema” le fece notare il ragazzo, abbassando lo sguardo.

Cassie si asciugò una lacrima con il dorso della mano e, tirando su con il naso, lo pregò “Non farlo mai più. Promettimelo”.

“D’accordo” acconsentì Alex, con il cuore che iniziava a battergli più velocemente.

“Non voglio perderti” bisbigliò lei, posandogli una mano sulla guancia, in una tenera carezza.

Alex le bloccò la mano, portandosela alle labbra e baciandola. “Non mi perderai. Ti amerò per sempre”.

Cassie sospirò. “Alex, sto con Nick. Devi accettarlo”.

“Lui è qui?” chiese, lasciando immediatamente andare la mano della ragazza, quasi fosse diventata incandescente e si fosse scottato.

“Chi?” domandò lei, confusa.

“Nick”.

Cassie annuì. “Sì. Mi aspetta fuori. È preoccupato per te”.

“Non mi odia?”

“No che non ti odia” lo rassicurò lei, scuotendo la testa. “Sei suo amico. Ti vuole bene”.

“Come fa?” volle sapere Alex, non riuscendo a spiegarsi tanto altruismo.

“A fare cosa?”

“A non odiarmi. A fidarsi di ancora di me, dopo tutto quello che gli ho fatto” spiegò.

Cassie si strinse nelle spalle. “Non lo so. Ma lo fa. E anch’io”.

Alex si lasciò sfuggire un sospiro e sentenziò “Lo ami proprio, eh?”

“Sì” rispose lei, decisa.

“Perché non puoi amare me?” domandò lui, lasciando sfogo a parte della frustrazione che sentiva.

“Ma io ti amo, Alex” replicò Cassie, posando una mano sul suo braccio.

“Non come amico, intendo” precisò il ragazzo.

Lei distolse lo sguardo. “Ne abbiamo già parlato”.

“Non ci hai mai neanche provato!” quasi urlò lui, disperato.

“Non avrebbe funzionato. Ti avrei solo preso in giro” gli fece notare lei.

“Come fai a saperlo?”

“Perché non funziona così”.

“Non riesco a vivere senza di te, Cassie” gemette Alex.

Cassie perse la pazienza e, quando gli rispose, il suo tono era leggermente più alto di quanto avrebbe voluto. “Non devi farlo, è questo che non capisci! Possiamo essere amici, ma a te non basta! Sei sempre stato così, Alex. Senza mezze misure. Bianco o nero. O tutto o niente”.

“Non mi piacciono le cose a metà. Ti voglio tutta per me” sentenziò lui, offeso da quel timido scoppiò d’ira a cui aveva appena assistito.

“E puoi avermi. Come amica, però” sottolineò lei.

“Non è abbastanza” insistette lui, testardo.

Cassie abbassò la testa, esausta. “È tutto quello che posso darti”.

Alex sospirò. “Dovrei farmelo bastare, ma non ci riesco” osservò.

“Cosa posso fare per farti stare meglio?” gli chiese lei, sinceramente dispiaciuta.

Il ragazzo la fissò intensamente negli occhi, con una strana luce che gli illuminava lo sguardo e che spaventò Cassie. “Lo sai” rispose, solamente.

“Non puoi chiedermi questo” disse lei, scuotendo la testa, incredula. Non le sembrava vero che il suo amico potesse anche solo pensare di farla sentire talmente in colpa da indurla a scegliere tra la propria felicità e la sua incolumità, eppure era proprio quello che stava facendo. E, la cosa che la spaventava di più era che aveva talmente paura che l’amico potesse riprovarci, da prendere seriamente in considerazione la sua folle richiesta.

Impassibile, senza mostrare il minimo cenno di cedimento, Alex replicò “Non ti sto chiedendo niente. Rispondo solo alla domanda che mi hai fatto. Non starò mai meglio, finché to vedrò con lui. E non posso mantenere la promessa che ti ho fatto di non riprovarci”.

Cassie sentì il cuore spezzarglisi in due. Le sembrò letteralmente di sentire una sorta di crack, proprio mentre Alex pronunciava quell’ultima frase. E si sentì in trappola, sull’orlo di un precipizio, mentre tentava di trattenere Nick, con la mano destra, e Alex con la sinistra, consapevole che non sarebbe mai riuscita a salvare entrambi. Doveva scegliere, ma come poteva scegliere tra il suo grande amore, l’uomo con cui aveva progettato di passare la vita e con cui si vedeva invecchiare, e colui che era sempre stato il suo migliore amico, a cui aveva donato una parte del proprio cuore fin da ragazzina? Non c’era modo di uscire da quella situazione senza che qualcuno si facesse male. L’unica soluzione era scegliere quello minore. Chi, in quel momento, rischiava di farsi più male? Sicuramente Alex, senza ombra di dubbio. Ed era lui che andava tutelato. Con un groppo in gola che, sapeva, l’avrebbe accompagnata per il resto della vita, e provando una sofferenza talmente profonda da aver intorpidito qualsiasi altro senso, Cassie salutò Alex e uscì dalla stanza, lo sguardo fisso davanti a sé senza, però, vedere realmente ciò che le stava davanti. Rispose in modo automatico alle domande dei ragazzi, che la attendevano in corridoio, e a malapena si accorse delle braccia di Nick che le cingevano la vita, mentre la accompagnavano verso l’ascensore.

Mentre tornava in albergo in taxi, con Nick e Brian – Howie era rimasto in ospedale con Alex, in attesa che lo dimettessero – non proferì parola. Si limitò a stringere la mano di Nick, come se fosse stata l’ultima volta che poteva farlo. E, anche se lui ancora non poteva saperlo, era effettivamente così. Il ragazzo non lo trovò strano, pensando semplicemente che Cassie fosse sotto shock per quello che era successo all’amico. Brian, però, che era sempre stato molto bravo a interpretare i comportamenti delle persone, si accorse che qualcosa non andava e, prima che si separassero, per tornare nelle rispettive stanze, chiese a Cassie di seguirlo nella camera di AJ per aiutarlo a mettere insieme due cose da portargli in ospedale, nel caso avessero deciso di tenerlo in osservazione. Era una scusa, poteva fare benissimo da solo, ma voleva scambiare due parole con la ragazza, prima di lasciarla sola con Nick. Aveva un brutto presentimento e, ormai, aveva imparato a dare ascolto alle sue sensazioni. Fece entrare l’amica nella stanza e si richiuse la porta alle spalle. Poi le chiese “Cassie, che succede?”

“Cosa intendi?” farfugliò lei, confusa.

“Sei uscita da quella stanza completamente sconvolta. Cos’è successo? Cosa ti ha detto?”

Cassie guardò l’amico e, quando notò la sua espressione sinceramente preoccupata, non riuscì più a resistere. Scoppiò a piangere e gli si buttò tra le braccia, che il ragazzo aveva immediatamente aperto, pronto ad accoglierla.

Tra i singhiozzi, gli raccontò della conversazione con Alex e di quella sua velata minaccia finale, che la metteva in quella terribile posizione, costringendola a prendere una decisione che mai avrebbe considerato in altre circostanze.

Ancora stringendola tra le braccia, Brian sospirò, frustrato per non poter fare nulla per aiutare la ragazza. “Credo che tu debba scegliere, Cassie. Nick o AJ? Non puoi avere entrambi”.

Cassie alzò lo sguardo su di lui, puntandogli addosso gli occhi grigi colmi di lacrime. “Ho già scelto, Bri. Nick. Voglio Nick. Mille volte Nick. Non sono mai stata più sicura di qualcosa in vita mia. Ma non posso permettere che ad Alex succeda qualcosa di brutto a causa mia, non me lo perdonerei mai”.

Brian annuì. Se lo aspettava. Conosceva abbastanza bene Cassie da sapere che avrebbe preso quella decisione. Non potè però fare a meno di farle notare “Soffrirete in tre”.

Lei annuì, ma gli chiese “Hai un’idea migliore?”

Brian non poté far altro che fare no con la testa. Purtroppo no, non gli veniva in mente nient’altro se non fare quella folle scelta, che avrebbe portato solo disperazione nella vita di Cassie e di Nick.

La ragazza abbassò la testa e, allontanandosi da Brian e dirigendosi verso la porta, gli rivolse uno sguardo di supplica “Stagli vicino, per favore”.

La decisione era stata presa.

Brian annuì. Non c’era bisogno di chiedere chi fosse il soggetto di quella richiesta disperata. Lo sapeva perfettamente. Lui e Cassie si erano sempre capiti benissimo anche senza parole. Avrebbe fatto del suo meglio per stare vicino a Nick e alleviare, per quanto possibile, la sofferenza che la scelta della ragazza gli avrebbe causato. E avrebbe tentato di dare un po’ do sostegno anche a Cassie, che voleva far credere a tutti di essere forte e perfettamente in grado di sacrificarsi per gli altri ma, in realtà, stava provando un dolore devastante e ne avrebbe avuto bisogno.

 

Cassie tornò nella stanza che divideva con Nick e, prima di entrare, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Doveva essere forte. Doveva farcela a tutti i costi. Non c’era altra soluzione.

Abbassò la maniglia ed entrò, richiudendosi la porta alle spalle e appoggiandovici contro con la schiena.

Non appena la vide, Nick le andò incontro e la prese tra le braccia, stringendola in un abbraccio che voleva essere rassicurante.

“Andrà tutto bene, vedrai” le disse, dandole un bacio sulla fronte.

Lei scosse la testa. “No. Non andrà tutto bene e lo sai anche tu”.

“Cosa vuoi dire?” chiese lui, rivolgendole uno sguardo preoccupato.

Cassie gli prese una mano e lo accompagnò dolcemente fino al letto, dove entrambi si sedettero. Gli accarezzò una guancia, cercando di imprimersi i profondi occhi azzurri e quella bocca perennemente imbronciata nella mente, e pensò a quanto le sarebbero mancate quelle labbra, che aveva imparato a conoscere così bene. Continuando a tenere la mano del ragazzo tra le sue, annunciò “Dobbiamo parlare” e gli raccontò dettagliatamente cos’era successo con Alex.

Alla fine della spiegazione, Nick, che si era sempre professato un po’ lento di comprendonio, per quanto Cassie non ci credesse, aveva perfettamente capito dove la ragazza sarebbe andata a parare e, con il viso trasformato in una maschera di incredulità e disperazione, la supplicò “Non farlo, ti prego. Non lasciarmi”.

“Devo” replicò lei, sforzandosi di trattenere le lacrime.

“No, invece. Troveremo un’altra soluzione, te lo prometto” insistette il ragazzo.

Cassie scosse la testa. “Non c’è nessun’altra soluzione, lo sai. Se ci fosse, non esiterei un attimo. Qualsiasi cosa pur di non dover rinunciare a te”.

“Ma io ti amo, Cassie” piagnucolò Nick, con gli occhi pieni di lacrime.

Lei gli prese il viso tra le mani e, con le lacrime che ormai le bagnavano le guance – non era più riuscita a trattenerle – gli disse “Ti amo anch’io, Nick. Ti amerò sempre. Non pensare nemmeno per un momento che ti stia lasciando perché non ti amo abbastanza, perché non è vero. Volevo passare tutta la mia vita con te, davvero. Volevo formare una famiglia e invecchiare insieme. E sapere che non potremo mai farlo è devastante. Mi spezza il cuore. E la cosa peggiore è sapere che lo sto spezzando a te, che non hai colpe. Ma non posso permettere che Alex tenti di nuovo di togliersi la vita, come ha velatamente minacciato di fare, a causa mia. E questa è l’unica soluzione. Non risolve il problema, lasciarti non mi farà magicamente innamorare di lui, ma almeno non avrò la sua vita sulla coscienza. So che sarebbe terribile anche per te”.

Nick non rispose, iniziò semplicemente a singhiozzare, come Cassie non l’aveva mai visto fare. Lei gli buttò le braccia al collo e lo strinse forte, continuando a ripetergli che lo amava e che i suoi sentimenti non sarebbero mai cambiati. Lui nascose il viso nel collo della ragazza e lasciò sfogare la rabbia, – tutta rivolta verso l’amico, che vedeva come la causa di tutti i suoi problemi – la frustrazione di non poter fare nulla per far cambiare idea a Cassie e la disperazione di perdere una delle cose più preziose della sua vita, mentre lei gli accarezzava la testa, passandogli le dita tra i capelli. Non sapeva se ce l’avrebbe fatta senza di lei. Gli mancava l’aria soltanto a pensarci.

“Perché?” singhiozzò. “Perché dev’essere così fottutamente stronzo ed egoista?”

Non c’era bisogno di chiedergli a chi si riferiva, Cassie lo sapeva benissimo. E capiva il motivo per cui Nick ce l’aveva con lui, era comprensibile.

“Perché sta male, Nick. Psicologicamente male. E non ragiona in modo lucido” gli spiegò.

“Sta rovinando la vita a due persone a cui dovrebbe volere bene per un capriccio” disse, in preda all’ira.

“Lo so, ma non credo se ne renda conto” tentò di giustificarlo lei. “So che non è un’attenuante, ma non è in sé e non ragiona come dovrebbe”.

Nick non disse nulla, si limitò a restare aggrappato al corpo della ragazza, quasi a volerla trattenere dallo scomparire. Lei continuò ad accarezzargli dolcemente i capelli, respirando il suo profumo e sforzandosi di non pensare a quanto tutto quello le sarebbe mancato.

“Se puoi, non odiarlo” lo pregò. “So che è difficile perché tutto questo sta succedendo per causa sua, ma non se ne rende conto, davvero. E non ha senso rovinare anche la vostra amicizia, oltre alla nostra relazione”.

Nick sospirò e farfugliò “Non ti prometto niente, ma ci proverò”.

Cassie fu soddisfatta da quella risposta. Conosceva abbastanza bene Nick da sapere che ce l’avrebbe messa tutta per mantenere quella promessa fatta a lei. Quando si accorse che il corpo di Nick aveva smesso di essere scosso dai singhiozzi, si allontanò da lui, dandogli un ultimo bacio sulle labbra. Si alzò e chiuse la valigia, che aveva preparato la sera precedente in previsione dell’ennesimo spostamento per la promozione. Poi chiamò la reception, chiedendo di chiamarle un taxi per l’aeroporto.

“Dove vai?” le domandò Nick, in un sussurro.

“Torno a casa, a Miami” spiegò lei. “Cerco di riprendere in mano la mia vita da dove l’avevo lasciata quando avevo deciso di metterla in stand-by per stare con te”.

“Posso chiamarti?” chiese Nick.

Cassie scosse la testa. “Vorrei tanto che lo facessi, ma so che farebbe ancora più male. Meglio di no”.

Gli occhi di Nick si riempirono di nuovo di lacrime e Cassie corse ad abbracciarlo.

“Potrai mai perdonarmi?” gli domandò, aggrappandosi alla sua felpa e bagnandogliela con le sue lacrime.

Il ragazzo le accarezzò i capelli e posò un bacio sulla sua testa. “Ti ho già perdonata. Quello che non potrò mai fare è dimenticarti”.

“Nemmeno io” concordò lei, con un sospiro, poi, a malincuore, si staccò da lui, prese la valigia e si diresse verso la porta. Prima di richiudersela alle spalle, tagliando definitivamente Nick fuori dalla sua vita, si voltò a guardarlo un’ultima volta, sussurrandogli “Ti amo”.

“Anch’io. Ti amerò per sempre” rispose lui.

Cassie gli rivolse un sorriso triste e poi chiuse la porta, letteralmente e metaforicamente, sulla sua felicità.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7

 

2008

USA

 

Cassie parcheggiò l’auto davanti alla villa e, prima di scendere, prese un respiro profondo. Era ingiusto, lo sapeva, ma ogni volta che veniva a trovare Alex a Orlando, si ritrovava a desiderare di scappare e andare da Nick. Anche solo per vedere come stava. Per constatare di persona se quello che le diceva Brian, quando si sentivano al telefono, - che era triste e si era buttato nel lavoro per non pensare ma, tutto sommato, riusciva a tirare avanti – fosse vero o se l’amico lo diceva solo per tranquillizzarla. Erano passati più di sei mesi da quando aveva rotto con lui per tutelare la salute di Alex e la ferita sanguinava ancora come e più di allora. Non solo non aveva dimenticato Nick, ma ogni giorno passato lontano da lui diventava sempre più difficile da affrontare. Oh, ci aveva provato. Era tornata a Miami e si era buttata a capofitto nel lavoro, accettando incarico dopo incarico, fotografando matrimoni, artisti, modelle, qualsiasi cosa, pur di tenersi occupata e non pensare al vuoto che Nick aveva lasciato nella sua vita. Nonostante Brian la chiamasse ogni giorno, per assicurarsi che stesse bene, si sentiva terribilmente sola. In un primo momento aveva pensato di tornare in Italia, dove aveva i suoi genitori e Marta, di cui sentiva terribilmente la mancanza – si parlavano al telefono il più spesso possibile, ma la distanza e la differenza di fuso orario rendevano complicato potersi appoggiare all’amica come avrebbe voluto. Poi, però, aveva cambiato idea. In Italia non avrebbe saputo cosa fare e avrebbe passato il tempo a rimuginare su quello che era successo e come, invece, avrebbe potuto essere. La sua vita, ormai, era in America. A Miami aveva conoscenze e agganci lavorativi. Doveva restare. Senza contare che Alex non l’avrebbe presa bene se se ne fosse andata. Aveva promesso di stargli vicino e l’avrebbe fatto, costasse quel costasse. D’altra parte, lui era anche l’unico amico che le fosse rimasto, a parte Brian, che si stava dimostrando un vero e proprio angelo. Howie si era schierato dalla parte di Nick, per così dire, per quanto non ci fosse nessuna guerra in corso, e aveva preferito supportare completamente l’amico, incapace di tenere il piede in due scarpe come, a suo avviso, stava facendo Brian. In realtà, Brian chiamava Cassie non solo per sua volontà, ma dietro esplicita richiesta di Nick che, non potendo assicurarsene di persona, aveva pregato l’amico di controllare che stesse sempre bene e avesse qualcuno con cui parlare. Sapeva, Nick, che Cassie non avrebbe mai potuto sfogarsi con Alex e non riusciva a sopportare l’idea che lei dovesse affrontare tutto da sola, senza nessuno con cui confidarsi, mentre lui aveva la fortuna di avere due persone – tre, se si contava anche Kevin, che lo chiamava spesso – completamente disposte a supportarlo.

A dire il vero, Cassie aveva trovato una nuova amica. Un giorno, era stata ingaggiata per uno shooting fotografico per una linea di abbigliamento. Quando era arrivata nell’area industriale, dove si trovava il capannone abbandonato scelto come location dal brand, aveva conosciuto la ragazza che si occupava del make up delle modelle. Si chiamava Rochelle e aveva un anno meno di lei. La prima cosa che Cassie le aveva sentito dire era stata un’imprecazione per sottolineare la caduta della cipria che stava utilizzando per sistemare il trucco di una delle modelle, che le aveva fatto scappare una risatina divertita. La ragazza se n’era accorta perché, ridendo anche lei, si era giustificata, dicendo “Scusa. Quando sono sotto pressione mi trasformo in uno scaricatore di porto”.

Cassie le aveva sorriso e aveva commentato “Almeno a te succede solo quando sei sotto pressione”.

Avevano legato subito ed erano diventate amiche. Si vedevano regolarmente, almeno una volta a settimana, e in lei Cassie aveva trovato una confidente, oltre che qualcuno con cui trascorrere il tempo libero. Non avrebbe mai sostituito Marta, ma era sulla buona strada per diventare la sua seconda migliore amica. A parte Alex, ovviamente, con cui aveva finalmente recuperato il rapporto che avevano da ragazzini. O, almeno, questo era ciò di cui Cassie si illudeva, finché non lo andava a trovare e veniva prontamente smentita dal comportamento del ragazzo, che si ostinava a corteggiarla, con l’intento di farla innamorare di lui. Non sarebbe mai successo, Cassie gliel’aveva spiegato in tutti modi che conosceva, ma Alex sembrava fare orecchie da mercante e continuava, imperterrito, nel suo estenuante piano per farla capitolare. Inizialmente, Cassie si era opposta fermamente a quei suoi tentativi ma, con il passare del tempo, mano a mano che le cose andavano avanti e la mancanza di Nick si faceva sentire sempre più prepotentemente, aveva gettato la spugna. Ovviamente non lo incoraggiava, questo no, ma nemmeno lo contrastava. Non più. Non ne aveva più la forza. Il suo cuore era ancora in frantumi per la rottura con Nick e dubitava che si sarebbe mai rimesso. Già compiere le normali attività quotidiane necessarie per la sopravvivenza spesso le sembrava uno sforzo sovrumano, non ce la faceva proprio a impiegare energie preziose per far desistere Alex dal suo intento. Si limitava a sopportare stoicamente le sue avance, bloccandolo sempre appena prima che diventasse troppo insistente o inopportuno. Non era un comportamento di cui andava fiera, ma non riusciva a fare altrimenti. Non mentre stava ancora così male.

Anche quel sabato, Alex non si era smentito. Non appena Cassie aveva messo piede nella stanza degli ospiti che occupava sempre quando si fermava dall’amico per il weekend, si era resa conto che il corteggiamento stava continuando. Il letto era cosparso di caramelle al limone, che Alex sapeva essere le sue preferite, e dalla porta socchiusa del bagno si poteva scorgere la vasca colma di schiuma, che profumava l’aria, penetrando fino alla stanza, e la luce calda e accogliente delle candele.

“Ti ho preparato un bagno caldo” le annunciò il ragazzo, arrivandole alle spalle e cingendole la vita con le braccia. “Ho pensato che potessi avere bisogno di rilassarti un po’, dopo il viaggio e la settimana”.

“Pensiero carino” osservò lei, appoggiando le spalle contro il petto del ragazzo e chiudendo gli occhi. Era esausta. Aveva avuto una settimana intensa ed effettivamente un bel bagno rilassante era una prospettiva piuttosto allettante. Quando sentì le labbra di Alex posarsi sul suo collo, riaprì gli occhi di colpo e si scostò leggermente.

“Alex…” lo rimproverò.

“Scusa,” replicò lui “non ho resistito”. Poi sciolse l’abbraccio in cui la stava stringendo e le sorrise, quando lei si voltò a guardarlo. “Dai, fatti il bagno con calma. Poi mettiti comoda a raggiungimi di sotto. Ordiniamo una pizza e ci guardiamo un film sul divano. Ti va come idea?”

Cassie annuì e ricambiò il sorriso. “Okay. Ci vediamo di sotto”.

 

Mentre aspettava che Cassie finisse il suo bagno, Alex scese in cucina e si versò un bicchiere di coca cola. Quando aprì il frigorifero, lo sguardo gli cadde automaticamente sulla bottiglia di vino bianco che aveva acquistato quella mattina. Sentì i palmi della mani prudergli e dovette combattere con la voglia di prenderla e versarsene un bicchiere. Scosse la testa e chiuse rumorosamente l’anta del frigo. Nemmeno per idea. Più tardi, ne avrebbe offerto un bicchiere a Cassie, l’aveva comprato proprio per quello. Ma lui non l’avrebbe bevuto, non era sicuro. Nonostante la terapia stesse proseguendo a gonfie vele e il suo sponsor agli Alcolisti Anonimi fosse orgoglioso dei suoi successi, Alex sapeva che era ben lontano dall’essere uscito dal tunnel e non poteva concedersi un simile passo falso. Non quando non era ancora sicuro di riuscire a fermarsi a un solo bicchiere. Non quando era così vicino al traguardo. Lui e Cassie si erano riavvicinati molto, negli ultimi sei mesi, da quando lei aveva inaspettatamente lasciato Nick, senza dargli spiegazioni sul perché avesse preso quella decisione. Alex sospettava che avesse a che fare con quello che lui le aveva detto quel terribile giorno in ospedale ma, a essere onesto, i ricordi di quel periodo, e di quel giorno in particolare, erano piuttosto sfocati, quindi non sapeva esattamente cosa l’avesse portata a compiere quella scelta. Sapeva solo che era, da una parte, elettrizzato all’idea di poter avere una chance con lei. Dall’altra, però, si sentiva in colpa ogni volta che vedeva Nick. L’amico non era più lo stesso, senza Cassie. Si aggirava come un fantasma e aveva perso il suo solito entusiasmo. Se ne erano accorti tutti, anche le fan. Ogni volta che qualcuno osava porgli qualche domanda a riguardo, però, Nick si limitava a sviare il discorso, sostenendo di essere solo stanco. Alex sapeva che non era così e si era accorto anche che faceva il possibile per evitarlo. Gli parlava, certo, ma le loro conversazioni erano strettamente legate all’ambito professionale e l’amicizia che un tempo li legava si era irrimediabilmente rovinata. Era palese che Nick ce l’avesse con lui. Il che supportava la sua teoria secondo cui Cassie doveva avere lasciato Nick in seguito a qualcosa che lui le aveva detto in ospedale, ma non riusciva a ricordare esattamente cosa.

Decise di smettere di preoccuparsi di Nick e di concentrare la sua attenzione sulla serata che avrebbe trascorso con Cassie. Non vedeva l’ora di potersi accoccolare sul divano con lei, come facevano sempre, solo per poter provare ancora una volta la sensazione di stringerla tra le braccia. Non era ancora riuscito a convincerla a dare una chance alla loro relazione, ma sembrava che si stesse sciogliendo settimana dopo settimana e Alex era fiducioso che, presto, sarebbe riuscito a farla capitolare. Sognava da anni di poterla baciare di nuovo, magari senza ricevere un ceffone, com’era successo la prima volta, tanti anni prima. Chissà, magari quella sera sarebbe stata la volta buona.

 

Stavano guardando un film sul divano, i cartoni con i resti della pizza abbandonati sul tavolino di fronte a loro. Stranamente, avevano trovato subito un accordo sul film da vedere e la scelta era caduta su Iron Man, dato che entrambi andavano matti per i supereroi della Marvel. Alex era seduto, mentre Cassie si era sdraiata, appoggiando la testa sulle gambe dell’amico che, nel frattempo, le accarezzava i capelli, gesto che sapeva la faceva rilassare. A un certo punto, Alex se ne uscì con una considerazione che fece partire un buffo scambio di battute tra i due. “Se fossi in punto di morte, l’unica cosa che vorrei sarebbe un ultimo bacio da te”.

Cassie, che di solito si irrigidiva quando l’amico faceva certi commenti, per una volta riuscì a cogliere il lato divertente di quell’affermazione e rispose, ironica “Se fossi figo come Robert Downey Jr., baciarti non sarebbe questo grande sacrificio”.

Alex si finse offeso. “Tante grazie! Sai che ci sono milioni di ragazze, là fuori, che farebbero carte false per baciare AJ dei Backstreet Boys?”

“Allora fatti baciare da una di loro” replicò Cassie, facendo spallucce.

“Mi stai dicendo che, se stessi per morire, non mi concederesti l’ultimo bacio?” insistette il ragazzo, incredulo.

Cassie ci pensò un istante, poi rispose “Non lo so. Forse sì. Ma non lo sapremo mai perché, fortunatamente, non stai per morire”.

“Ci sono andato vicino, però” si lasciò sfuggire lui, prima di riuscire a fermarsi.

La ragazza si fece improvvisamente seria e, mettendosi a sedere di scatto e guardando l’amico negli occhi, lo rimproverò “Non me lo ricordare”.

“Scusa” si affrettò a dire lui. “È che ogni tanto mi torna in mente”.

“Beato te, se ti torna in mente solo ogni tanto” commentò lei. “Io non riesco a togliermelo dalla testa”.

Alex spalancò gli occhi, sorpreso da quell’affermazione così sincera. “Non pensavo ti avesse scioccato tanto” osservò.

Fu il turno di Cassie di spalancare gli occhi. “Ero sconvolta, Alex” gli fece notare. “Ho avuto paura di perderti”.

Il ragazzo le prese le mani e, guardandola negli occhi, le promise “Non mi perderai mai. Qualsiasi cosa succeda. Non so davvero più come farti capire quanto ti amo e che vorrei stare con te”.

Cassie distolse lo sguardo, imbarazzata, come sempre le succedeva quando Alex le faceva certe dichiarazioni di amore incondizionato a cui lei proprio non sapeva come rispondere perché non poteva, non avrebbe mai potuto ricambiare quell’amore. Il suo cuore apparteneva a un altro, qualcuno a cui lei stessa aveva spezzato il cuore.

Alex sospirò, frustrato. Possibile che non riuscisse a convincerla a provarci, almeno?

“So che sei convinta di non poterti innamorare di me, Cassie, ma non credi che potresti almeno tentare di fare un passo nella mia direzione? Solo per farmi contento?”

“Cosa vuoi dire?” gli domandò, confusa.

“Un bacio” propose. “Concedimi un bacio e vediamo come va. Baciami a dimmi cosa provi. Se davvero non senti niente, neanche la benché minima emozione, allora giuro che mi rassegno e ti lascio in pace”.

“Non voglio essere lasciata in pace” ribatté lei. “Voglio essere tua amica”.

Alex annuì, troppo eccitato all’idea che Cassie non avesse subito rifiutato la proposta per concentrarsi sulla sua richiesta. “Okay, come vuoi. Se, dopo avermi baciato, non hai provato niente, resteremo solo amici”.

Cassie restò un istante a fissarlo, combattuta. Poi chiese “Lo prometti?”

Con il cuore in gola dall’emozione, Alex si passò l’indice sul petto, tracciando due linee immaginarie che si incrociavano proprio all’altezza del cuore. “Croce sul cuore” giurò.

Cassie sospirò e fece un impercettibile cenno con la testa, come a dargli il permesso di procedere. Il ragazzo le si avvicinò, la prese tra le braccia e posò le labbra sulle sue, realizzando finalmente il suo sogno di baciare la ragazza di cui era follemente innamorato.

Non appena le labbra di Alex sfiorarono le sue, Cassie fu percorsa da un brivido, che però non aveva nulla di eccitante o piacevole, come le succedeva quando era Nick a baciarla. Si disse che doveva smettere di pensare a Nick, specialmente per paragonarlo ad Alex e, per un istante, ci riuscì e si concentrò totalmente sul ragazzo che la stava baciando in quel momento, cercando di assaporare le sensazioni che stava provando. Quando Alex decise di approfondire il bacio e la sua lingua cerco quella della ragazza, però, qualcosa scattò dentro di lei e, all’improvviso, realizzò che quello che stava succedendo era sbagliato, dannatamente sbagliato e non avrebbe dovuto cedere alle pressioni dell’amico. Sentì che gli occhi le si riempivano di lacrime, quando le si materializzò davanti l’immagine del viso di Nick, con quell’espressione disperata che gli aveva visto l’ultima volta che si erano parlati. Non riuscì a resistere oltre e si lasciò sfuggire un singhiozzo, che fece immediatamente allontanare Alex. Accortosi che la ragazza era in lacrime, pur deluso, non potè far altro che stringerla tra le braccia, cercando di calmarla e consolarla.

“Ssssssh, va tutto bene” le sussurrò, accarezzandole i capelli.

“Scusami, scusami” balbettò lei, tra i singhiozzi. “Non posso, proprio non posso”.

“Perché?” le chiese lui, triste ma, allo stesso tempo, dispiaciuto di averla messa in quella situazione.

“Nick” disse solamente lei. “Io...lo amo ancora e lo amerò sempre. Mi dispiace, Alex. Non posso farci niente”.

Pur con il cuore colmo di angoscia e disperazione, Alex si sentì in colpa. Fu come se il velo di egoismo e autocommiserazione che gli aveva offuscato la vista e la ragione, fino a quel momento, si fosse improvvisamente dissolto e, per la prima volta, riuscì a vedere chiaramente quanto Cassie stava soffrendo. E la cosa più tremenda era che si trattava di una sofferenza che lui le aveva inflitto, quando, in qualche modo che a stento riusciva a ricordare, l’aveva persuasa a mettere fine alla relazione con Nick. Nick, che stava soffrendo a sua volta, esattamente come Cassie, sempre per causa sua. Quando era diventato una persona così meschina ed egocentrica? Quando aveva deciso che era lecito calpestare i sentimenti delle altre persone – non due persone qualunque, tra l’altro, ma due delle persone a cui teneva di più al mondo – solo perché non riusciva ad accettare un rifiuto? Amava Cassie, la amava sul serio, e questo non sarebbe mai cambiato. Ma non poteva convincerla ad amarlo. Ci aveva provato, ce l’aveva messa tutta, ma non ci era riuscito. Non si poteva scegliere di chi innamorarsi e, così come lui si era innamorato di Cassie senza sceglierlo, lei si era innamorata di Nick e Nick di lei. Come aveva potuto essere così stupido da pensare che, separandoli, avrebbe ottenuto il suo amore? Non sarebbe mai riuscito a rimediare a tutto il male che le aveva fatto e alla sofferenza che aveva causato ai suoi due amici ma, almeno poteva tentare di scusarsi.

“Scusami, Cassie. Sono stato un idiota. Non avrei dovuto forzarti a baciarmi e non avrei dovuto nemmeno illudermi di poterti conquistare, quando eri stata più che chiara fin dall’inizio. Non pretendo che tu possa perdonarmi per tutto il male che ti ho fatto, non me lo merito. Spero solo che, almeno, tu non mi odi”.

Gli occhi della ragazza, ancora bagnati dalle lacrime, furono su di lui. Scosse la testa e gli rivolse un sorriso stentato. “No, Alex. Non ti odio” lo rassicurò. “E non dovresti odiarti nemmeno tu”.

Sollevato, ma con il rimorso che pesava come un macigno sul petto, Alex non trovò nulla da ribattere e si limitò a stringere forte l’amica tra le braccia, sperando di riuscire, in quel modo, a rimettere insieme i pezzi della sua anima frantumata.

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8 ***


WARNING!: In questo capitolo verranno trattate tematiche delicate (abuso di farmaci e tentativi di suicidio). Sconsiglio la lettura a coloro che potrebbero sentirsi particolarmente toccati. Come al solito, c'è anche una buona dose di angst, tristezza e la solita voglia di abbracciare Nick, povera stella. Fortunatamente, le cose per i due innamorati separati dal destino (o, meglio, dalle decisioni scellerate di Cassie che, però, non sapeva più dove sbattere la testa, quindi non mi sento di condannare) iniziano a sistemarsi, quindi c'è anche una buona dose di fluff, come se piovesse. 
Smetto di dire che mi 
piacerebbe sapere cosa ne pensano le persone che leggono, tanto sono parole al vento. Ma, nel caso qualcuno avesse voglia di perdere due minuti del suo tempo, io sono qui e vi aspetto.
 

CAPITOLO 8

 

2008

USA

 

 

Instead of moving on, I refuse to see
That I keep coming back
And I'm stuck in a moment
That wasn't meant to last

 

Nick guardava le luci scintillanti della città dall’enorme finestra della sua camera d’albergo. Avrebbe voluto tornarsene a casa, quella sera, ma avevano fatto tardi con l’ultima intervista, erano tutti affamati e avevano deciso di uscire a cena. A quel punto, non aveva più senso guidare fino a casa, considerato che il giorno dopo avevano un’intervista molto presto e avrebbe comunque dovuto tornare in città. Senza contare che aveva bevuto un paio di bicchieri di vino e non sarebbe stato responsabile mettersi alla guida. Non che gli importasse molto della propria incolumità, ma non voleva causare danni ad altre persone. Quindi aveva deciso di fermarsi in albergo con gli altri, tanto aveva ancora i bagagli con sé da quando erano tornati dal tour. Appoggiò la fronte al vetro della finestra, freddo a causa dell’aria condizionata che aveva creato nella stanza una temperatura quasi polare. Avrebbe dovuto abbassarla, ma poteva farlo più tardi. Sospirò e chiuse gli occhi, sperando di sentirli bruciare o, quanto meno, di percepire una certa pesantezza delle palpebre. Sarebbe stato normale, dopo quella lunga giornata. Invece niente. Nemmeno il minimo accenno di stanchezza. Sarebbe stata un’altra notte insonne. A meno di non aiutarsi con i sonniferi che gli aveva prescritto il medico, ovviamente, cosa che aveva tutte le intenzioni di fare.

Si staccò dalla finestra e si avvicinò al borsone, dove teneva la bustina con i medicinali. Antidolorifici, antipiretici – per sicurezza – ed eccolo lì, il botticino dei sonniferi. Lo prese e andò in bagno, dove riempì un bicchiere d’acqua. Poi tornò in camera e si avvicinò nuovamente alla finestra, che lo attirava come una falena con la luce. Appoggiò il bicchiere su un tavolino lì accanto, fece scivolare due pillole sul palmo della mano e se le buttò in bocca, riprendendo poi il bicchiere e buttandole giù con un sorso d’acqua. Chiuse e riaprì gli occhi, inspirando profondamente. Se solo la stanchezza che sentiva pesargli sulle spalle si fosse riversata sulla sua mente, spegnendogli metaforicamente il cervello per qualche ora, non avrebbe avuto bisogno delle medicine per dormire. Ma non succedeva mai. Si sentiva esausto, come quel tizio della mitologia greca, di cui non ricordava assolutamente il nome, che era costretto a spingere un masso su per una montagna ma, ogni volta che arrivava alla cima, il masso rotolava giù e lui doveva ricominciare da capo. Era esattamente la stessa sensazione che Nick provava ogni mattina, quando apriva gli occhi. La sera, quando finalmente i sonniferi facevano effetto e scivolava in un sonno senza sogni, si sentiva sollevato perché era riuscito a silenziare quel dolore sordo che lo accompagnava per tutto il giorno, rendendogli difficile perfino respirare. Quando, la mattina successiva, apriva di nuovo gli occhi, però, quel dolore era la prima cosa che sentiva e sapeva che sarebbe ricominciato tutto da capo. Per questo era esausto. Non ce la faceva più. Avrebbe voluto poter dormire per sempre, in modo da non soffrire più. Quasi senza riflettere, aprì il coperchio della boccetta, che ancora stringeva nella mano, e prese altre due pillole, che buttò giù con un altro sorso d’acqua. Quella sera sembrava essere peggio del solito e voleva essere sicuro di dormire.

Ci aveva provato, Nick. Ci aveva provato con tutto sé stesso a dimenticare Cassie e andare avanti con la sua vita, ma la verità era che non ci era riuscito. Non ci era riuscito perché la decisione di lasciarlo non aveva senso e lui non riusciva a farsene una ragione. Non che non la capisse. Cassie aveva sempre sofferto moltissimo all’idea che AJ stesse male per lei e, quando lui era stato così stupido da mettere a rischio la sua vita, si era spaventata a morte. La possibilità che il suo amico facesse qualche pazzia a causa sua l’aveva spinta a prendere quella decisione assurda che, alla fine, non era servita a nulla, se non a far soffrire altre due persone. Non l’aveva lasciato perché non lo amava, era stata chiara. E non l’aveva lasciato neanche per mettersi con AJ. Quello, per quanto doloroso, l’avrebbe accettato. L’aveva lasciato per non far soffrire l’amico ma, in quel modo, stava facendo soffrire lui e, Nick ne era certo, stava soffrendo anche lei. Non solo, AJ non era comunque soddisfatto perché, sebbene il loro rapporto fosse migliorato tantissimo nell’ultimo anno – Nick lo sapeva perché AJ parlava continuamente di Cassie e di cosa facevano insieme, quando si vedevano, e ogni volta il suo cuore si sgretolava un pochino di più – non aveva comunque ottenuto quello che voleva, ossia l’amore della ragazza dei suoi sogni. E non l’avrebbe mai avuto, almeno di questo Nick era certo. Cassie gli aveva assicurato più volte che non avrebbe mai potuto amare AJ e lui le credeva. Se fosse stata innamorata dell’amico, avrebbe avuto milioni di occasioni per stare con lui, ma non l’aveva mai fatto. Quindi a cos’era servita quella decisione? Solo a far soffrire tutti.

Nick sentì la rabbia montargli nel petto e annebbiargli la vista e tentò di calmarsi inspirando ed espirando profondamente, la fronte di nuovo appoggiata al vetro freddo. Non sapeva nemmeno con chi ce l’aveva precisamente. Non era arrabbiato con Cassie, lei aveva agito pensando di fare il bene dell’amico e, probabilmente, stava male tanto quanto lui in quel momento. Per quanto incredibile potesse sembrare, non ce l’aveva nemmeno con AJ. Certo, la causa della fine della sua relazione con Cassie era lui, ma Nick non riusciva a biasimare l’amico per essersi innamorato di quella che lui stesso considerava la ragazza migliore del mondo. Lo capiva. A parti invertite, probabilmente anche lui avrebbe fatto di tutto per conquistarla. Scosse la testa. Non era vero. Se Cassie fosse stata innamorata di AJ, per quanto preso potesse essere, lui non si sarebbe mai messo in mezzo nella loro relazione. L’avrebbe accettato, forse avrebbe perfino tentato di essere felice per loro. Perché AJ non poteva comportarsi allo stesso modo?

Nick sentiva pulsare il sangue nelle vene del collo e il cuore gli batteva a ritmo sostenuto. Non sarebbe mai riuscito a dormire, con tutta quella rabbia in corpo. Aprì ancora il barattolo dei sonniferi e ne buttò giù altri due, certo di averne bisogno. Solo in quel momento si accorse che il botticino era rimasto vuoto e si ritrovò a fissarlo, confuso. Quanti aveva detto che poteva prenderne il dottore? Non se lo ricordava. Due? Forse tre? E lui quanti ne aveva presi? Sicuramente di più. Ma non aveva importanza, in fondo. Il peggio che poteva succedere era di non svegliarsi il mattino successivo e non aveva forse espresso il desiderio di dormire per sempre, poco prima?

Iniziò a sentire il battito del cuore che rallentava e chiuse gli occhi, voltando le spalle alla finestra e lasciandosi scivolare fino ad arrivare ad essere seduto sul pavimento. All’improvviso, non era più stato sicuro che le gambe potessero sorreggerlo e aveva cercato di evitare di cadere e farsi male. Con estrema gioia, sentì un principio di pesantezza sulle palpebre e sorrise: i sonniferi stavano iniziando a fare effetto. Avrebbe dovuto alzarsi e raggiungere il letto, ma non era certo di riuscirci, quindi preferì restare dov’era. Quando, poco dopo, il respiro iniziò a farsi affannato, si rese conto che qualcosa non stava andando secondo i piani. I sonniferi non avrebbero dovuto avere quell’effetto. Con una punta di preoccupazione, si guardò intorno, cercando di localizzare il cellulare. Lo vide subito, posato sul comodino accanto al letto. Non sarebbe mai riuscito ad arrivare a prenderlo, non con il corpo ormai scosso dai tremori, com’era in quel momento. Nick scivolò su un fianco e si rannicchiò in posizione fetale, chiudendo gli occhi. Mentre si concentrava sul suo respiro, cercando di prendere aria ad intervalli il più regolari possibile, pensò a Cassie e si sforzò di visualizzare i suoi occhi grigi, i lunghi capelli castani e il sorriso caldo e sincero, che le faceva brillare gli occhi, tingendoli di una luce dorata. Sorrise e pensò che, qualsiasi cosa fosse successa, quella sera, almeno l’ultima immagine che gli era comparsa nella mente, prima di chiudere gli occhi, l’aveva reso felice, seppur solo per un breve istante.

 

Howie aveva appena salutato gli amici all’ascensore e si stava dirigendo verso la sua stanza quando, passando davanti alla porta della camera di Nick, decise di fermarsi a bussare. Era stata una decisione presa d’istinto, come se fosse stato spinto da una forza interiore. Una sorta di presentimento, se avesse voluto credere a quelle cose. L’aveva visto strano tutta la sera, più strano del solito, il che era già tutto dire, considerato che, da quando aveva rotto con Cassie, Nick non era più lo stesso. Sapeva che faticava a dormire e prendeva dei sonniferi, ma era andato via dal ristorante solo mezz’ora prima, tre quarti d’ora al massimo, e Howie calcolava che le medicine non avrebbero ancora dovuto fare effetto e, quindi, l’amico sarebbe stato in grado di aprirgli la porta. Bussò e attese qualche istante, cercando di concentrarsi su cosa dire all’amico per giustificare il suo comportamento, e distogliere l’attenzione su ciò che lo preoccupava da un paio di giorni, ossia suo padre ricoverato in ospedale in condizioni non proprio buone. Mentre aspettava che Nick gli aprisse, Howie si ritrovò a pensare che, forse, era proprio quello il motivo per cui stava bussando alla porta dell’amico a quell’ora. Si sentiva talmente impotente, rispetto alla malattia del padre, che fare qualcosa per Nick gli dava un senso di concretezza che lo faceva stare meglio.

La porta non si aprì e Howie posò l’orecchio sulla superficie di legno, per captare qualche suono all’interno: una conversazione telefonica, forse, o la TV lasciata accesa. Niente. Bussò di nuovo e accompagnò il gesto con l’annuncio “Nick, sono Howie. Apri”.

Aspettò ancora, ma la porta continuò a restare chiusa. Bussò ancora, con molta più insistenza, e si mise quasi a urlare “Nick, per l’amor del cielo, apri”, mentre una sensazione di panico iniziava a impossessarsi di lui.

Quando, anche questa volta, Nick non aprì, Howie ebbe la certezza che gli fosse successo qualcosa. Non poteva esserne sicuro al cento per cento ma se lo sentiva nelle ossa e decise di non ignorare quella sensazione. Alla peggio, avrebbe trovato l’amico profondamente addormentato e si sarebbero fatti una risata per la sua eccessiva preoccupazione, il giorno seguente. Girò sui tacchi e tornò indietro, lungo il corridoio, diretto verso la camera di Brian. Avrebbe potuto scendere la solo a chiedere una copia della chiave della stanza dell’amico, ma quel brutto presentimento gli faceva desiderare di avere il supporto di Brian, quando avesse aperto la porta.

A differenza di Nick, Brian aprì subito e si stupì nel trovarsi davanti Howie che, però, non gli lasciò il tempo di dire nulla e spiegò “Sono passato a vedere come stava Nick, ma non mi risponde”.

Howie vide la mascella di Brian irrigidirsi e capì che aveva intuito immediatamente quale fosse la sua preoccupazione. Annuì e disse “Meglio controllare”, poi uscì dalla stanza e, insieme, scesero alla reception per farsi dare una copia delle chiavi.

Quando, una decina di minuti dopo, i due ragazzi riuscirono finalmente a entrare nella camera di Nick, individuarono subito la figura dell’amico accasciato sul pavimento, davanti alla finestra. Aveva gli occhi chiusi ma tutto il suo corpo era scosso da forti brividi, che fecero tirare un sospiro di sollievo agli amici. Se tremava, era ancora vivo. Mentre Howie prendeva il cellulare e chiamava l’ambulanza, Brian si precipitò al suo fianco, prendendo il ragazzo tra le braccia e chiamandolo per nome “Nick. Nicky cos’è successo?”

“Fa freddo” rispose Nick, aprendo gli occhi senza, però, registrare veramente la presenza di Brian.

“Lo so,” tentò di rassicurarlo lui, spostandogli alcune ciocche di capelli dalla fronte e trovandolo madido di sudore “adesso Howie abbassa l’aria condizionata”.

In quel momento, Brian notò qualcosa sul pavimento e, senza smettere di stringere l’amico, allungò una mano per vedere di cosa si trattasse. Quando capì cosa stava stringendo nella mano, spalancò gli occhi e richiamò l’attenzione di Howie, che stava ancora parlando al telefono con i soccorsi, fornendo le indicazioni necessarie all’intervento.

“Howie, ha preso dei sonniferi” lo informò.

“Sì, lo sappiamo che li prende” tagliò corto l’amico, seccato di dover interrompere la conversazione al telefono.

“No, non hai capito. Ne ha presi troppi” precisò, ottenendo, finalmente, l’attenzione di Howie, che si affrettò a comunicare l’importante informazione all’operatore con cui stava parlando.

Poco dopo, si avvicinò a Brian, che si era seduto per terra e continuava a stringere Nick tra le braccia, cercando di infondergli un po’ di calore e alleviare il tremore. “Saranno qui tra dieci minuti” gli comunicò.

Brian annuì e tornò a concentrare l’attenzione su Nick, sussurrandogli “Tranquillo. Andrà tutto bene, non preoccuparti” mentre, dentro di sé, pregava perché quella promessa fosse vera e nessuno gli portasse via il suo amico.

 

Era una soleggiata mattina di inizio maggio e Cassie era appena uscita di casa per raggiungere il bar dove aveva appuntamento con Rochelle per colazione. Quel giorno non dovevano lavorare e avevano deciso di vedersi per aggiornarsi sulle ultime novità, prima che ognuna tornasse alle proprie occupazioni quotidiane. Mentre stava cercando le chiavi della macchina nella borsa, il suo cellulare iniziò a squillare e Cassie lo estrasse dalla tasca dei jeans, per vedere chi era che la chiamava. Sul display lampeggiava il nome di Brian e la ragazza sorrise. Non mancava giorno che l’amico la chiamasse e lei gliene era sempre molto grata. Sperava di poterlo ringraziare come si doveva, un giorno, per tutto il sostegno che le stava dimostrando. Ancora sorridendo, si appoggiò al cofano dell’auto e accettò la chiamata, salutando l’amico in tono allegro. “Brian, ciao”.

“Ciao Cassie. Mi serve un favore” esordì lui e Cassie si accorse subito dal suo tono teso ed estremamente serio che doveva essere successo qualcosa.

“Dimmi” lo spronò.

“Devi venire a Orlando” annunciò Brian, laconico.

“Cos’è successo” si informò lei, iniziando a preoccuparsi.

“È per Nick”.

Cassie sentì le gambe farsi molli e si accovacciò accanto all’auto, con la schiena appoggiata alla portiera. “Oddio, gli è successo qualcosa?”

Brian si affrettò a tranquillizzarla. “Fortunatamente no, ma avrebbe potuto”.

“Spiegami”.

Brian prese un respiro profondo e si apprestò a spiegare. “Era un periodo che non riusciva a dormire e prendeva dei sonniferi. Glieli aveva prescritti il medico, tutto sotto controllo. Ieri sera abbiamo fatto tardi, era particolarmente stanco e non aveva mangiato. Non so esattamente cosa sia successo, ma deve avere fatto casino con i dosaggi ed è andato in overdose”

Cassie si portò una mano alla bocca ed esclamò “Santo cielo. Come sta?”

“Adesso sta bene” rispose il ragazzo. “È ancora in ospedale, ma fuori pericolo. Per fortuna Howie è passato a vedere come stava, prima di tornare in camera, e, quando non gli ha aperto, si è preoccupato e abbiamo chiamato la reception perché ci facessero entrare”.

“Cosa posso fare?” chiese Cassie, cercando di ignorare il dolore al petto, che si faceva sempre più insistente ogni volta che immaginava il suo Nick in pericolo di vita, e ricordandosi che Brian aveva esordito chiedendole aiuto.

“Ascolta, il problema è questo. Stamattina è morto il papà di Howie. Stava male da tempo e le cose sono precipitate all’improvviso. Lui è già partito, ma dobbiamo andare anche io e Alex. Ci sarà il funerale e tutto. Nick, ovviamente, non è in condizioni di venire, ma non voglio lasciarlo da solo. Puoi venire tu?” la pregò.

Cassie si affrettò ad accettare. “Certo”.

“Quando riesci ad arrivare?”.

“Parto subito, dammi solo il tempo di preparare un borsone. Posso essere lì per l’una” gli assicurò.

Brian parve soddisfatto. “Ottimo. Io e Jay partiremo tra poco, ma finché è in ospedale sono tranquillo. È dopo che voglio che stia con qualcuno”.

“Quando lo dimettono?” domandò Cassie.

“Parlano di dimetterlo in serata, ma dobbiamo ancora averne la conferma” la informò.

“Cosa vuoi che faccia, dopo?” gli chiese lei, pratica.

“Siamo tornati a Orlando qualche giorno fa, dalla Russia. Avevamo tre settimane di pausa e delle interviste da fare prima di partire per il Sud Africa ma, a questo punto, abbiamo cancellato le date, quindi avremo un lungo periodo di pausa. Se puoi, resta con lui. Magari approfitta della pausa per portarlo in un posto tranquillo, dove possa recuperare le forze” propose Brian, speranzoso.

Cassie rifletté un istante, poi disse “Posso provare a convincerlo ad andare a Key West”.

“Buona idea” concordò Brian. “Gli è sempre piaciuto quel posto”.

Cassie evitò di dirgli che uno dei motivi per cui gli piaceva così tanto, e per il quale aveva deciso di acquistare una casa lì, era perché ci avevano passato una delle vacanze più belle della loro storia e sognavano di trascorrere il resto della loro vita insieme in quel paradiso. Non era il momento di lasciarsi sommergere dai ricordi. Doveva essere pratica. Nick aveva bisogno di lei.

Si riscosse e disse a Brian “Mandami l’indirizzo dell’ospedale, che lo inserisco nel navigatore”.

“Lo faccio subito” le assicurò lui. Poi aggiunse “Cassie?”

“Sì?”

“Grazie. Non volevo chiamarti, immagino quanto può essere doloroso, per te. Ma Nick sta passando un brutto momento e, se non posso essere io, tu sei l’unica altra persona che vorrebbe avere vicino” si giustificò.

Cassie sorrise, anche se l’amico non poteva vederla. “Se non mi avessi chiamata, non te l’avrei mai perdonato”.

 

Parcheggiata l’auto davanti all’ospedale, Cassie si precipitò all’interno e raggiunse subito il reparto indicatole da Brian. Disse il suo nome e chi stava cercando alla reception e, constatato che era la persona che Brian aveva lasciato come contatto di emergenza, fu accompagnata subito da Nick. Bussò, prima di entrare e, quando si sentì dire “Avanti”, aprì la porta e fece un passo all’interno.

“Cassie” disse Nick, sorpreso di vederla.

“Ciao” lo salutò lei, in imbarazzo ma, allo stesso tempo, felice e sollevata di vedere che il ragazzo stava discretamente bene, nonostante i segni scuri sotto agli occhi raccontassero di nottate insonni e preoccupazioni, e il colorito non fosse proprio quello di un ragazzo che scoppiava di salute.

“Cosa ci fai qui?” le chiese, confuso.

“Mi ha chiamata Brian” spiegò la ragazza, avvicinandosi al letto dov’era seduto Nick.

“Non ce n’era bisogno” disse lui, distogliendo lo sguardo. Per quanto gli facesse piacere rivedere Cassie, - aveva sognato quel momento fin da quando l’aveva lasciato – non voleva che lo vedesse in quelle condizioni.

“Sì, invece” ribatté lei, decisa. “Non puoi sempre fare tutto da solo, vuoi ficcartelo in quella testa dura? Lasciati aiutare”.

Nick sorrise al piccolo moto di ribellione della ragazza, e cedette “Va bene”.

Cassie ricambiò il sorriso e, senza più alcun imbarazzo, rispondendo semplicemente a cosa le stava suggerendo di fare il suo cuore, corse ad abbracciarlo, stringendogli la testa tra le braccia e baciandogli i capelli.

Nick si appoggiò completamente a lei, abbandonandosi nel suo abbraccio e cingendole la vita. Senza nemmeno sapere da dove fossero comparse, si accorse di avere le guance bagnate dalle lacrime che avevano iniziato a scendere dai suoi occhi.

“Mi sei mancata, Cassie” farfugliò, tra i singhiozzi. “Non sai quanto ho sentito la tua mancanza”.

“Anche tu mi sei mancato. Tantissimo. Ma adesso sono qui. E starò con te finché non starai meglio” gli promise lei e Nick notò che aveva la voce che le tremava, segno che stava sforzandosi di trattenere le lacrime.

“Davvero?” domandò, speranzoso.

Cassie annuì e, sciogliendolo dall’abbraccio, si passò una mano sugli occhi, come a voler portare via quelle lacrime che era riuscita a non fare scendere.

“Promesso” gli assicurò. “Ascolta il piano: stasera ti dimettono, andiamo a casa e ci facciamo una bella dormita. Poi, domani, prepariamo un borsone e ce ne andiamo a Key West per un po’. Che ne dici?”

Sul viso di Nick si dipinse un enorme sorriso, uno di quelli che Cassie adorava perché gli facevano brillare gli occhi, che sembravano diventare ancora più azzurri. “Dico che non vedo l’ora”.

 

Cassie uscì dalla porta finestra che dava sul terrazzo, reggendo in mano due bicchieri di vino bianco, e si avvicinò a Nick, che guardava il mare seduto su uno dei divanetti. Il ragazzo non si accorse subito della sua presenza, così lei potè scrutarlo attentamente. Il viso era decisamente più rilassato rispetto a quando erano arrivati a Key West, quattro giorni prima, e le guance avevano ripreso colore. La maggior parte del tempo sembrava sereno, quasi felice di essere lì, con lei. Dal canto suo, Cassie adorava poter passare il suo tempo con Nick, anche se doveva sempre trattenersi dalla voglia di cedere a una serie di tenerezze che, un tempo, erano state normali ma ora, dopo la sua scellerata decisione di troncare la loro relazione, non lo erano più e sarebbero risultate inopportune. Quanto meno senza una discussione preventiva.

Non avevano ancora parlato. Cassie avrebbe voluto, sognava di poter dire a Nick che si era resa conto di aver sbagliato e chiedergli scusa per averlo fatto soffrire. Non aveva secondi fini. Non sperava che lui potesse perdonarla al punto da rivolerla come compagna, anche se avrebbe significato esaudire il suo più grande desiderio. Ma sperava almeno di poter recuperare una sorta di amicizia perché, stando con lui ventiquattr’ore su ventiquattro, si era definitivamente resa conto di quanto il ragazzo le mancasse come l’aria. Da quando era lì, con lui, si sentiva più rilassata, serena e in pace con il mondo, come se tutti i tasselli del puzzle che componevano la sua vita fossero magicamente andati ognuno al proprio posto. Era così che doveva essere. Il suo posto era accanto a Nick. Ma non era il momento di pensare a se stessa. Era lì per lui, per aiutarlo a rimettersi da quel brutto incidente e non gli avrebbe certo creato altri problemi e preoccupazioni.

Guardò ancora Nick, che fissava l’orizzonte con espressione corrucciata, e si chiese cosa gli stesse passando per la testa.

“Ehi” gli disse, avvicinandosi e porgendogli un calice.

“Ehi” rispose lui, con un sorriso. “Grazie”.

“Figurati” disse lei, sedendosi accanto a lui.

Rivolse lo sguardo verso il mare e sospirò. Non riusciva a togliersi dalla testa quell’espressione preoccupata che aveva notato sul viso del ragazzo. Alla fine, decise di chiedergli cosa lo crucciasse.

“Sembri teso” gli disse. “Qualcosa non va?”

Nick le sorrise e abbassò gli occhi sui suoi piedi, commentando “Non ti sfugge niente, eh?”

“Diciamo che ti conosco abbastanza bene da capire se hai qualcosa per la testa” ribatté lei, con una risatina.

Il ragazzo rialzò lo sguardo e fissò gli occhi azzurri in quelli grigi di Cassie. “Devo confessarti una cosa” annunciò.

“Dimmi” lo spronò lei, con un sorriso di incoraggiamento.

L’espressione di Nick si fece improvvisamente seria, mentre la pregava “Prima devi promettermi di non dirlo a Brian e agli altri”.

Cassie si mise sull’attenti. “Perché?” domandò.

“Perché li ho già fatti preoccupare abbastanza, non voglio peggiorare le cose” spiegò lui.

“Oddio, cosa devi dirmi?” chiese la ragazza, sentendo un peso che iniziava a formarglisi nel petto. Aveva come il presentimento che ciò che Nick stava per dirle non le sarebbe piaciuto.

“Prima prometti” insistette lui.

“Okay, te lo prometto” cedette lei, sospirando.

Nick lanciò uno sguardo fugace all’orizzonte, prima di parlare. Poi si voltò di nuovo verso Cassie e disse “Non è stato un incidente”.

“Di cosa stai parlando?” chiese Cassie, confusa, anche se, in realtà, una parte di lei aveva capito perfettamente cosa Nick stava tentando di dirle, ma non voleva accettarlo.

“Non ho fatto casino con il dosaggio dei sonniferi. Sapevo perfettamente quello che stavo facendo. Volevo farlo” confessò il ragazzo, abbassando il capo subito dopo aver finito di parlare.

Cassie si ritrovò senza parole, sentendo confermati i suoi peggiori sospetti. Sentì un groppo in gola iniziare a premere per sfogarsi in lacrime e riuscì solamente a farfugliare “Nick…”.

“Non farmi la predica, per favore. So di aver fatto una cazzata” la interruppe lui, pensando che volesse rimproverarlo. Ma non poteva essere più lontano dalla verità. L’unica cosa che Cassie avrebbe voluto fare in quel momento era prenderlo tra le braccia e scoppiare a piangere, sfogando tutta la paura che si era impossessata di lei nell’esatto momento in cui aveva immaginato cosa sarebbe potuto succedere se Brian e Howie non avessero trovato l’amico in tempo.

Cercando di trattenere le lacrime, gli domandò “Dimmi solo perché”.

Nick alzò gli occhi al cielo e prese un respiro profondo, segno che anche lui si stava sforzando di non piangere. “Perché non ce la facevo più, okay? Non ce la facevo a sentire AJ che parlava di te mentre tutto quello che avrei voluto era abbracciarti e non potevo farlo. Faceva male. Fisicamente male. Era diventato insopportabile. E volevo che smettesse”.

Cassie non riuscì più a resistere, posò il bicchiere sul tavolino di fronte a loro, si alzò e andò a inginocchiarsi accanto al ragazzo, buttandogli le braccia al collo. Sentì immediatamente le braccia di Nick stringerla a loro volta e le lacrime iniziarono a bagnarle le guance, indipendenti dalla sua volontà. Sentì il corpo di Nick tremare e realizzò che aveva ceduto al pianto anche lui. Cassie alzò una mano e gli accarezzò i capelli, in un debole tentativo di farlo calmare.

“Scusami” balbettò, tra i singhiozzi.

Nick si scostò leggermente, per poterla guardare negli occhi. “Per che cosa?” domandò, confuso.

“È colpa mia” disse lei, passandosi il dorso della mano sugli occhi, per portare via le lacrime.

Nick scosse la testa e si affrettò a negare. “No”.

“Sì, invece” insistette Cassie. “È tutta colpa mia. Ho sbagliato tutto”.

“Hai fatto quello che credevi giusto” la rassicurò Nick, prendendole una mano e stringendola tra le sue.

“Per chi?” chiese lei, ma Nick sapeva che si trattava di una domanda retorica, quindi non rispose, aspettando che Cassie continuasse il discorso. “Alex non è felice perché non ha comunque ottenuto quello che voleva. Tu...Dio, non voglio nemmeno pensare a quello che poteva succedere. E io sto di merda perché mi manchi da impazzire, mi sembra che la vita non abbia più senso e probabilmente sarei morta se ti fosse successo qualcosa. Ho preso la decisione più sbagliata possibile. Non ci ha guadagnato nessuno”.

“Non l’hai fatto apposta” obiettò debolmente il ragazzo.

Cassie scosse la testa, sconsolata, gli occhi nuovamente colmi di lacrime che spingevano per uscire. “Sono un disastro. Rovino tutto quello che tocco, distruggo la vita di tutti quelli che mi vogliono bene. Dovrei essere lasciata da sola, almeno non farei danni”.

Nick le strinse più forte la mano. “Non dire così” la rimproverò.

“Ma è vero” replicò lei. “E mi dispiace. Lo so che sembra un commento ridicolo, ma non so cos’altro dire se non mi dispiace”.

Nick non rispose subito, restò a scrutare il viso della ragazza di fronte a lui, pensando che non gliene importava niente delle sue scuse. Quel che era stato era stato, non si poteva cambiare il passato. Ma si poteva fare qualcosa per migliorare il futuro. E non si sarebbe lasciato scappare quell’occasione. Aveva bisogno di Cassie, la rivoleva con sé. E, forse, dato che lei stessa aveva ammesso di aver preso una decisione sbagliata, quando l’aveva lasciato, c’era una possibilità di far tornare tutto com’era un tempo. C’era la possibilità di essere di nuovo felice.

“Lo so io cosa potresti dire” sentenziò, rivolgendole un debole sorriso.

Cassie sgranò gli occhi e chiese “Cosa?”

“Dimmi che è vero quello che hai detto poco fa, che ti manco e che saresti morta se mi fosse successo qualcosa”.

La ragazza fece sì con la testa. “Certo che è vero. Nick, sono sempre stata onesta con te, non ti ho mai mentito né nascosto nulla. Non ti ho lasciato perché non ti amavo, lo sai. Ti ho lasciato per…”

“...per Alex, lo so” terminò lui.

Inaspettatamente, Cassie scosse la testa. “No” disse, secca.

Una sola sillaba, ma pronunciata con una decisione tale da stupire Nick, che si trovò a farfugliare, perplesso “No?”

“No” confermò lei. “E l’ho capito solo adesso, mentre parlavo con te. Non ti ho lasciato per non fare soffrire Alex, anche se volevo credere che fosse quello il motivo. Purtroppo non sono così altruista. Sono una stronza egoista e in realtà ti ho lasciato perché mi sentivo in colpa nei confronti di Alex che stava male a causa mia. Lì per lì ho creduto che avrebbe sofferto meno se non fossimo stati insieme. Ma non è così. Perché la verità è che, indipendentemente da con chi sto o chi non sto, io non amo Alex, non come vuole lui, almeno, e non lo amerò mai. E lui non potrà mai avere quello che vuole, perché il mio cuore è e sarà sempre di una sola persona”.

“Chi?” domandò Nick, con il cuore in gola. Tutto dipendeva da quella risposta. Non solo la sua felicità, ma la sua intera esistenza.

Cassie sorrise, prima di rispondere “Tu”.

Non fu niente più di un sussurro, ma a Nick bastò perché la testa iniziasse a girargli, come se fosse ubriaco. E lo era. Era ubriaco di felicità. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.

“Io?” ripeté, incredulo.

Cassie annuì, seria.

“Davvero?” chiese ancora lui, per assicurarsi di aver capito bene.

La ragazza allungò una mano e la posò sulla guancia di Nick, sfiorandogli il viso in una tenera carezza. “Davvero” confermò.

Mentre Cassie stava già ritirando la mano con cui lo aveva accarezzato, Nick la intercettò e la tenne stretta nella sua. Se la portò alle labbra e gliela baciò, senza staccare gli occhi dai suoi. Aveva il cuore che gli martellava nel petto talmente velocemente che gli pareva dovesse saltare fuori da un momento all’altro. Non aveva previsto quello sviluppo, anche se l’aveva sognato ogni notte da quando erano arrivati a Key West. Sembrava che i pianeti si fossero finalmente allineati per porre fine alle sue sofferenze. Alle loro sofferenze perché, come aveva immaginato, anche Cassie aveva passato un periodo tremendo, esattamente come lui. Solo che era stata più forte e non aveva tentato di risolvere i problemi in modo estremo, come, invece, aveva pensato di fare lui. Ma non aveva importanza. Se era servito per arrivare a quel momento, ne era valsa la pena.

Continuarono a guardarsi negli occhi, senza parlare. Non c’era nient’altro da dire, tutto ciò che importava era stato già tirato fuori e messo sul piatto. Ora la palla era in mano a lui. Cos’avrebbe dovuto fare? Nick non sapeva quale fosse la mossa più giusta da compiere, sapeva solo cosa voleva fare. Voleva baciare Cassie e dirle che anche il suo cuore era e sarebbe sempre appartenuto a lei. E lo fece, almeno in parte. Le prese il viso tra le mani e posò le labbra sulle sue, riportando alla luce sensazioni che credeva di avere dimenticato ma che, invece, il suo cuore riconobbe subito, come se fossero dei vecchi amici che era stato costretto ad abbandonare.

Cassie non si aspettava quella reazione da parte di Nick. Si era promessa di non aggiungere altre preoccupazioni a quelle che già affollavano la mente del ragazzo ma, dopo quella sua confessione, niente era stato più lo stesso e aveva completamente dimenticato i propositi che si era fatta. Nick aveva tentato di compiere un gesto estremo per colpa sua, a causa di quella stupida decisione, presa in un momento di fragilità e paura. Aveva lasciato Nick per paura di poter perdere Alex, ma non aveva mai considerato di poter perdere Nick. Cos’avrebbe fatto se il ragazzo che amava fosse riuscito nel suo intento e si fosse tolto la vita a causa sua? Sarebbe morta, ne era certa. O, peggio, sarebbe impazzita. Perché di sicuro la morte sarebbe stata un’alternativa migliore rispetto a dover vivere con il rimorso di essere stata la causa di una tragedia simile. E sarebbe stata preferibile anche a dover trascorrere un’intera esistenza senza Nick. Forse poteva tollerare l’idea di dovergli stare lontana, ma di certo un mondo senza Nick era assolutamente inconcepibile. Così aveva deciso di essere sincera e buttare fuori tutto quello che pensava e provava. Glielo doveva. Non poteva tornare indietro ed evitargli le sofferenze che gli aveva inflitto ma, almeno, poteva fargli sapere che i suoi sentimenti non sarebbero mai cambiati. E non importava che lui li ricambiasse, voleva solo che sapesse.

A giudicare dalla sua reazione, però, anche i sentimenti di Nick erano rimasti invariati e il cuore di Cassie ricominciò a sperare. Forse non tutto era perduto. Forse lei e Nick potevano dimenticare tutto il dolore che li aveva distrutti fino a quel momento e ricostruire il loro futuro. Insieme. Potevano ancora essere felici.

Mentre il cielo di Key West si tingeva dei colori caldi del tramonto, Cassie passò le mani tra i capelli di Nick, rispondendo al suo bacio con tutta la passione che aveva in corpo e cercando di trasmettergli tutto l’amore che provava per lui. Quando si allontanarono, entrambi senza fiato, ma felici, rimasero a fissarsi, le mani intrecciate dietro al collo dell’altro e le fronti a contatto.

“Promettimi che non mi farai mai più prendere uno spavento del genere” sussurrò Cassie, muovendo i pollici sul collo di Nick, lasciando piccole e fugaci carezze sulla pelle del ragazzo.

“Tu promettimi che non mi lascerai mai più e io te lo giuro” ribatté lui, con un mezzo sorriso.

“Te lo prometto” gli assicurò lei. “Mai più”.

“Nonostante Alex?” le domandò, ancora leggermente insicuro.

Cassie annuì e confermò “Nonostante Alex”.

“E nonostante i sensi di colpa?” aggiunse Nick, ricordando quanto gli aveva detto poco prima.

La ragazza alzò le spalle e commentò “Ormai ho imparato a conviverci. Tanto non se n’erano andati comunque”.

Nick sorrise e posò di nuovo le labbra su quelle di Cassie. “È stata proprio una decisione sbagliata” osservò.

“La peggiore della mia vita” concordò lei, ridendo.

 

Nick si svegliò a causa del sole che, filtrando dalla finestra, lasciata socchiusa, aveva deciso di far posare alcuni dei suoi primi raggi del giorno direttamente sul suo viso. Fece una smorfia infastidita e si stropicciò gli occhi con i pugni. Quel semplice gesto funzionò da doccia fredda per il suo cervello e, in un lampo, gli eventi della sera precedente gli sfilarono davanti agli occhi, come il trailer di un film in bianco e nero. Il più bel film che avesse mai visto. Con un sorriso sulle labbra, si girò su se stesso e allungò una mano verso l’altra parte del letto, aspettandosi di trovarlo occupato. Invece, con sua grande sorpresa e disappunto, era vuoto e la sua mano si ritrovò a toccare il lenzuolo stropicciato. Che si fosse sognato tutto? E fosse stato talmente realistico da pensare che fosse vero? Ma no, non poteva essere. Il lenzuolo recava chiari segni della presenza di un’altra persona nel letto, quindi Nick non poteva essersi immaginato tutto. Ma, allora, dove diavolo era Cassie? In quel momento, quasi Nick fosse stato in grado di evocarla con il pensiero, la porta della stanza si aprì e Cassie fece il suo ingresso, reggendo due tazze fumanti. Non appena il suo sguardo incrociò quello ancora leggermente annebbiato dal sonno del ragazzo, gli sorrise e lui sentì le farfalle nello stomaco. Possibile che Cassie riuscisse ancora a fargli quell’effetto, dopo tutti quegli anni? O, forse, si sentiva così perché gli sembrava di essere tornato indietro alla prima volta che erano stati a letto insieme, tanti anni prima. E, in effetti, considerati i loro trascorsi, quella poteva essere considerata una prima volta. La prima volta della loro nuova vita. Mentre lei si avvicinava e gli porgeva una tazza, Nick si ripromise di non lasciarla più scappare. Mai più.

“Buongiorno” lo salutò lei, sedendosi sul letto. “È con il latte, come piace a te” lo informò, riferendosi al caffè.

Nick sorrise e bevve un sorso. Poi posò la tazza sul comodino e commentò “Te lo sei ricordata”.

Cassie annuì. “Mi ricordo tutto, di te”.

Nick attese che anche lei appoggiasse la tazza sul comodino, poi si avvicinò e le baciò la pelle del collo, proprio all’attaccatura con la spalla. “Ti ricordi anche questo?” le chiese, con una voce roca che, alle orecchie della ragazza, suonò terribilmente sensuale e le fece contrarre lo stomaco dall’eccitazione.

Cassie chiuse gli occhi e sorrise. “Specialmente questo” rispose, in tono altrettanto basso e profondo.

Nick la prese tra le braccia, facendola sistemare contro il suo torace, e le baciò una tempia, commentando “Non mi sembra ancora vero di poterlo fare di nuovo”.

La ragazza si lasciò sfuggire una risatina e lo minacciò “Guai a te se ti azzardi a smettere di farlo”.

Anche Nick rise e sospirò, sereno. Era felice. Per la prima volta in quasi un anno, era finalmente, sicuramente e completamente felice. Non si ricordava più nemmeno come ci si sentiva a essere felici e, adesso che provava di nuovo quella sensazione, si rendeva conto che era la cosa più bella del mondo. E gli era mancata. Dio, se gli era mancata.

Mentre sorseggiavano il caffè, stretti l’uno all’altra, Nick si lasciò scappare un “Non vedo l’ora di vedere la faccia dei ragazzi, quando lo sapranno”.

Nell’esatto istante in cui aveva parlato, si rese conto che avrebbe fatto meglio a stare zitto. Se Brian ne sarebbe stato estasiato e, probabilmente, anche Howie e Kevin sarebbero stati felici di sapere che lui e Cassie erano di nuovo una coppia, di sicuro AJ non sarebbe stato entusiasta dei nuovi sviluppi. E lui avrebbe dovuto saperlo ed evitare di uscirsene con un commento così privo di tatto.

“Scusa” disse subito, tentando di rimediare. “Sono un cretino”.

“Perché?” chiese lei, stupita.

“AJ” spiegò Nick. “Non sarà contento”.

Cassie gli rivolse un sorrisino e replicò “Magari mi sbaglio, ma ho la sensazione che, questa volta, andrà meglio”.

“Davvero?” domandò lui, perplesso. “Cosa te lo fa pensare?”

“L’ultima volta che sono stata da lui abbiamo parlato” raccontò “e mi ha chiesto scusa per essere stato così insistente e per avermi fatto soffrire. Sa che ti amo e che posso essere felice solo se sto con te, quindi spero che la notizia gli faccia piacere”.

“Spero che tu abbia ragione” sentenziò Nick. “Vorrei che tornasse tutto com’era prima”.

Cassie voltò la testa e baciò Nick sulle labbra. “Sarà anche meglio, vedrai” lo rassicurò.

“Beh, intanto, come prima cosa, dobbiamo dirglielo” osservò lui, appoggiando il mento sulla spalla della ragazza, che annuì, concordando con la sua affermazione.

“A chi vuoi dirlo per primo?” gli chiese, anche se immaginava di sapere già quale sarebbe stata la risposta.

Infatti, Nick rispose subito “Brian”.

Cassie sorrise. Frick e Frack, come sempre. Non poteva essere in altro modo.

“Chiamalo” lo spronò.

“Dopo lo faccio” promise lui, vago.

La ragazza si allungò sul letto, fino ad afferrare il cellulare di Nick, che aveva lasciato sul comodino. Glielo passò e insistette “Fallo subito. Voglio sentire cosa dice”.

Nick sospirò, rassegnato, e cercò in rubrica il numero dell’amico, dopodiché fece partire la chiamata.

Brian rispose quasi subito. “Ehi. Come stai?”

“Molto bene, grazie” rispose Nick, senza riuscire a nascondere all’amico il suo entusiasmo.

Infatti, Brian si accorse subito di un cambiamento nell’amico e commentò, ironico “Addirittura molto bene? Wow. Cosa sta facendo Cassie per renderti così felice?”

Nick sorrise e rispose “Si è rimessa con me”.

Brian non reagì subito, probabilmente gli ci volle un attimo per registrare l’informazione. Poi chiese “Davvero?”

“Sì, davvero” confermò Nick, senza smettere di sorridere. “Volevamo che fossi il primo a saperlo”.

“Ma è magnifico!” esclamò l’amico, sinceramente felice.

Nick rise, divertito dall’esternazione di entusiasmo di Brian. Poi disse “Sì, lo è. Mi sembra quasi troppo bello per essere vero”.

“Goditela” sentenziò Brian, in tono soddisfatto. “Te lo meriti”.

“Grazie, lo farò” gli assicurò Nick. “E puoi stare certo che non me la lascerò più scappare, questa volta”.

“Dov’è adesso?” volle sapere Brian.

“Qui con me” rispose Nick. “Perché?”

“Passamela” gli ordinò. “Voglio sentire cos’ha da dire”.

“Okay” acconsentì Nick, divertito. Poi passò il telefono a Cassie, annunciandole “Brian vuole parlare con te”.

Cassie prese il cellulare di Nick e se lo mise all’orecchio, salutando calorosamente l’amico. “Ciao, Bri”.

“Ehi, Cassie” esordì lui. “Nick mi ha dato la bella notizia”.

La ragazza non potè fare a meno di sorridere, mentre ammetteva “Noi...abbiamo deciso di riprovarci”.

“Ci contavo” disse Brian, laconico.

“Davvero?” farfugliò lei, incuriosita.

“In realtà no” ritrattò lui. “Diciamo che ci speravo, però”.

Cassie sollevò un sopracciglio, sospettosa, e domandò “Ci hai mandato qui per questo?”

Brian si lasciò sfuggire una risatina. “Ovviamente no. Non potevo lasciare Nick da solo e tu sei l’unica di cui mi fidi ciecamente, quando si tratta di lui, perché so quanto gli vuoi bene”.

“Grazie” sussurrò lei, commossa.

Brian proseguì. “Ma sapevo anche che gli mancavi terribilmente e che ti amava come, se non addirittura più di prima. La decisione di separarvi era sbagliata, siete fatti per stare insieme”.

“Ora l’ho capito anch’io” gli assicurò Cassie, sincera.

“Quando hai tirato fuori l’idea di portarlo a Key West, ho pensato che fosse il posto perfetto per far risbocciare il vostro amore e ho iniziato a sperare che accadesse” spiegò Brian.

“Non c’era niente da far risbocciare, Bri. Non abbiamo mai smesso di amarci” precisò lei.

Il ragazzo sospirò. “Sì, beh. Hai capito cosa intendevo”.

“Sì, l’ho capito” lo rassicurò Cassie.

“Sono contento che sia successo” confessò Brian. “Nick merita di essere felice. Tu meriti di essere felice. Meritate di essere amati come solo voi sapete fare”.

“Lo faremo” promise lei.

“Grazie per avermi avvertito. Mi avete tolto un gran peso dal cuore. Dai un abbraccio a Nick da parte mia e un bacio a te” la salutò il ragazzo.

“Grazie Bri. Un giorno spero di riuscire a dimostrarti quanto ti sono riconoscente per tutto quello che hai fatto e continui a fare per noi” disse Cassie, piena di gratitudine verso l’amico.

Brian restò un istante in silenzio, poi dichiarò “Rendi felice il mio fratellino e siamo pari”.

 

Alla fine di luglio, dopo quasi due mesi trascorsi a Key West, nel loro personale idillio di mare, sole e amore ritrovato, Cassie e Nick tornarono, per così dire, alla vita reale perché il tour dei ragazzi doveva proseguire con altre date in Canada e negli USA. Quando si presentarono all’arena per il soundcheck, mano nella mano, furono subito accolti calorosamente da Brian e Howie, che abbracciarono entrambi, e si prodigarono in calorose pacche sulle spalle a Nick, entrambi entusiasti di vedere l’amico felice e, soprattutto, in salute, dato che l’ultima volta che si erano visti, Nick si trovava in un letto di ospedale e aveva appena rischiato la vita. Mentre stavano ancora salutando Brian e Howie, Alex si avvicinò e il cuore di Cassie ebbe un sussulto. Si erano parlati al telefono e lei gli aveva ovviamente confessato di essersi rimessa con Nick. Lui si era mostrato apparentemente felice nell’apprendere la notizia, ma fingere al telefono era estremamente semplice, quindi poteva trattarsi solo di apparenza. Quello, invece, era il momento della verità. Cassie lo conosceva talmente bene che si sarebbe accorta se stava mentendo soltanto guardandolo negli occhi.

Alex vide Cassie e Nick avvicinarsi, mano nella mano, per essere subito intercettati da Brian e Howie, che volevano salutarli e congratularsi per la notizia della ripresa della loro relazione. Lui rimase in disparte a guardare la scena, osservando il sorriso radioso di Cassie e la tenerezza con cui Nick le accarezzava la schiena, mentre parlavano con gli amici, senza mai smettere di tenersi per mano. Si ritrovò a sorridere. Per la prima volta, dopo quindici anni, non sentiva quel peso sul cuore, guardando Cassie, e non si sentiva morire vedendola con Nick. Non sapeva esattamente cosa fosse cambiato, l’amore che provava per lei era rimasto lo stesso, ma, forse, era finalmente riuscito ad accettare che lei meritasse di essere felice anche se non ricambiava i suoi sentimenti. Che potesse essere felice con qualcuno che non era lui. Con Nick, nello specifico, che aveva sempre dimostrato di tenere veramente alla sua amica. Ecco cos’era Cassie. La sua amica. La sua migliore amica. E quello nessuno avrebbe mai potuto portarglielo via.

Sentendosi pervadere da un sentimento che aveva dimenticato di riuscire a provare e che, probabilmente, avrebbe potuto essere definito affetto fraterno, Alex si avvicinò alla coppia e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Cassie, le sorrise. La ragazza ricambiò subito e Alex notò che il suo sguardo si fece immediatamente più rilassato, quasi avesse temuto la sua reazione e ne fosse successivamente stata rassicurata.

“Cassie” la salutò, inserendosi nel gruppo. “Fatti abbracciare”.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte e si lasciò cingere dalle braccia dell’amico, stringendolo a sua volta.

“Sono felice” le sussurrò lui, le labbra vicine al suo orecchio.

“Sul serio?” chiese Cassie, non convinta.

Alex annuì e confermò “Doveva andare così. E sono felice che abbiate sistemato lo cose”.

Cassie si staccò leggermente da lui e gli posò una mano sulla guancia, guardandolo negli occhi con un’espressione dolcissima che Alex non avrebbe mai pensato di poter ricevere da lei e che fece fare una capriola al suo cuore. Okay, non gli era ancora passata del tutto ma, almeno, non provava più l’impulso di mettersi a piangere all’idea che quella carezza sarebbe stata il massimo delle effusioni che avrebbe mai potuto ricevere da lei. Il ricordo del bacio che si erano scambiati l’ultima volta che si erano visti era ancora piuttosto chiaro nella sua testa, e non era particolarmente piacevole, visto com’era andata a finire.

Le sorrise di nuovo, rassicurante, e poi spostò l’attenzione su Nick, che stava osservando la scena, leggermente in disparte. Si avvicinò all’amico e gli posò una mano sulla spalla.

“Ciao, Nick. Mi fa piacere vederti in forma” lo salutò.

“Grazie, Alex” rispose lui, e Alex si stupì di quanto gli avesse fatto piacere sentirlo usare lo stesso nome con cui Cassie l’aveva sempre chiamato.

Senza nemmeno sapere da dove gli fosse uscito, si sentì dire “Scusami. Sono stato uno stronzo”.

Nick sorrise e alzò le spalle, come a voler minimizzare tutto quello che era successo tra loro.

“Acqua passata” lo rassicurò. “Non fa niente”.

Alex ricambiò il sorriso e dichiarò “Dato che non posso essere io, sono felice che Cassie abbia te. So che le vuoi bene e che la renderai felice”.

Nick spalancò gli occhi, stupito da quella dichiarazione di stima che, onestamente, non aveva previsto. Cassie aveva detto che si aspettava un miglioramento nel rapporto con Alex, ma non credeva fino a quel punto. Si riscosse subito, però, e si affrettò ad assicurargli “Puoi scommetterci. La tratterò come merita, stai tranquillo”.

“Anche perché, se ti azzardi a farla soffrire, puoi stare certo che non mi farò scrupoli a prendere a calci il tuo prezioso culo” sentenziò Alex, facendo scoppiare a ridere l’amico.

Stavano ancora ridendo quando Cassie gli mise le mani sulle spalle e gli scoccò un bacio sulla guancia, dicendo “Ti voglio bene, Alex, e non sai quanto mi sia mancato potertelo dire senza paura di suscitare fraintendimenti”.

Alex la guardò negli occhi e commentò “Tendo a dimenticare, quindi dimmelo spesso”.

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 ***


Solo tanto fluff in questo capitolo. E se lo meritano, dopo i drammi di quelli precedenti.


CAPITOLO 9

 

2010

Key West - USA

 

I still need you
I still care about you
Though everything's been said and done
I still feel you
Like I'm right beside you
But still no word from you

 

Nick dovette annunciare pubblicamente che lui e Cassie stavano di nuovo insieme. Non aveva mai parlato della loro rottura, ma tutti si erano accorti che Cassie non lo seguiva più com’era solita fare un tempo, quindi la notizia era comunque trapelata. Fortunatamente, nessuno si era mai azzardato a chiedergli nulla direttamente, quindi non era stato costretto a parlarne. Adesso, però, fu proprio lui a voler ufficializzare la cosa e lo fece nel corso di un’intervista che i ragazzi rilasciarono in occasione dell’annuncio della loro prima crociera. La notizia fu accolta con entusiasmo da parte delle fan, che si dimostrarono felici di vedere il loro idolo sorridere di nuovo. In effetti, era palese che Nick fosse al settimo cielo. La rottura con Cassie era stata un colpo peggiore di quanto aveva voluto far credere e, da quando aveva potuto riaverla con sé, gli sembrava che tutti i pianeti si fossero riallineati.

Dal canto suo, Cassie lasciò nuovamente l’appartamento di Miami per tornare a Orlando a vivere con Nick e riprese a seguire i ragazzi in tour e nelle varie attività, come la crociera. Tutto sembrava tornato come un tempo, con la differenza che l’atteggiamento di Alex era decisamente più gestibile e, in questo modo, Cassie poteva coltivare allo stesso tempo la sua relazione con Nick e l’amicizia con Alex. Ad Alex faceva ancora un po’ male vedere Nick e Cassie scambiarsi tenerezze, ma non era più tremendo come un tempo. Non gli mancava più il respiro ogni volta che i due si baciavano e, soprattutto, non sentiva la necessità di attaccarsi alla bottiglia. Sapeva che l’amica era felice e lui si accontentava di poter godere della sua amicizia.

Quella settimana di fine gennaio, i Backstreet Boys, con le rispettive famiglie, si erano riuniti tutti a Key West, a casa di Nick e Cassie, per festeggiare il compleanno del ragazzo. Trent’anni erano un traguardo importante e Cassie aveva voluto organizzargli una festa a tema hawaiano, con tanto di barbecue e drink ispirati alle isole. Alex era seduto su una sdraio, sulla spiaggia privata davanti alla casa, e osservava Cassie, che sfoggiava una buffa gonnellina di finta paglia fucsia, ballare – o, meglio, tentare di farlo – con Brian, che la faceva volteggiare su se stessa finché la testa non le girava e barcollava, minacciando pericolosamente di cadere, per essere sorretta dalle braccia del ragazzo, mentre rideva come una matta. Alex adorava vederla ridere. Le si illuminava il viso e buttava indietro la testa, come se non avesse un solo problema al mondo.

Perso in contemplazione, non si accorse che qualcuno si era seduto nello sdraio accanto a lui e si sorprese quando sentì una voce profonda domandargli “Come stai?”

Si voltò e sorrise a Kevin, che li aveva raggiunti con la famiglia per festeggiare insieme a loro il compleanno dell’amico. Alex era veramente felice che fosse venuto, gli era mancato moltissimo, più di quanto avrebbe mai immaginato – e ammesso.

“Sto bene” rispose, tranquillo.

Kevin abbassò gli occhiali da sole e gli rivolse uno sguardo indagatore. “Sul serio?”

Alex lanciò un’ultima occhiata a Cassie, che adesso era sulla schiena di Nick e gli aveva appena stampato un bacio sul collo, facendolo ridere di gusto, e annuì.

“Sì, sul serio. La amo ancora, se è quello che vuoi sapere, ma lei è felice con Nick e io voglio che sia felice, quindi va bene così” spiegò.

Kevin sorrise a fece un cenno di approvazione all’amico. “Poteva andare peggio, comunque” commentò.

“In che senso?” chiese Alex, incuriosito.

“Beh, poteva innamorarsi di un coglione che l’avrebbe fatta soffrire, invece ha scelto Nick. Che ha il potere di tirarmi completamente fuori di testa, ma alla fine è un bravo ragazzo e si vede che la ama”.

“Hai ragione,” concordò Alex, ridacchiando “l’ho pensato anch’io. E se Nick è cambiato così tanto, non credo sia solo perché è maturato, ma buona parte del merito va a Cassie. Lo rende una persona migliore. Rende tutti migliori”.

Kevin gli posò una mano sulla spalla e gli disse “Mi dispiace che le cose non siano andate come volevi, ma sono contento che tu abbia capito come gestire la situazione senza tagliarla fuori dalla tua vita. Hai bisogno di lei, Jay. Rende una persona migliore anche te”.

Alex non rispose, si limitò a sorridere all’amico e poi tornò a osservare Cassie, che stava chiacchierando con Leighanne, mentre Brian e Nick si rincorrevano sulla spiaggia. Kevin aveva ragione, si sentiva migliore, quando era con Cassie.

In quel momento, la ragazza voltò lo sguardo nella sua direzione e i loro occhi si incrociarono. Lei gli sorrise e alzò la mano in segno di saluto. Alex ricambiò e le mandò un bacio, che lei finse di acchiappare, portandoselo al cuore. Non avrebbero mai avuto il tipo di rapporto che lui sognava, ma nessuno avrebbe mai potuto negare l’affetto incondizionato che Cassie gli dimostrava e che gli riempiva il cuore di gioia. Era sufficiente. Avrebbe fatto in modo che lo fosse.

 

La festa era finita da un pezzo e tutti gli ospiti si erano ritirati in casa, a guardare la TV o a chiacchierare, quando Nick uscì alla ricerca di Cassie, che aveva perso di vista a un certo punto e non era riuscito a trovare in casa. Howie gli aveva detto di averla vista sulla spiaggia, quindi scese dal pontiletto di legno e si diresse verso la battigia, dove scorse subito una figura seduta sulla sabbia. Si avvicinò e le si sedette accanto, cingendole le spalle con un braccio e tirandola a sé.

“Ehi,” le disse, baciandole una tempia “cosa ci fai qui tutta sola?”

Cassie gli appoggiò la testa sulla spalla e chiuse gli occhi. “Avevo bisogno di un momento” rispose.

“C’è qualcosa che non va?” chiese lui, in allerta.

La ragazza scosse la testa e lo rassicurò “Assolutamente no. È tutto perfetto. Per questo avevo bisogno di un momento da sola. Per apprezzare tanta perfezione”.

Nick sorrise e posò le labbra sui capelli della ragazza, inspirando il profumo di cocco dello shampoo, misto a salsedine e a una punta di monoi, probabilmente dovuto alla crema solare che si era spalmata per proteggersi da un’eventuale scottatura. Cassie aveva ragione, la giornata era stata perfetta. Se qualche anno prima gli avessero detto che avrebbe festeggiato il suo trentesimo compleanno nella loro casa nelle Keys, con tutti i suoi amici riuniti lì per lui e la donna che amava accanto, non ci avrebbe sicuramente creduto. Invece, il destino lavorava in modi misteriosi e aveva deciso di rendere tutta quella meraviglia possibile.

All’improvviso, gli venne in mente che lui conosceva un modo per rendere quel momento ancora più perfetto e, senza lasciarsi il tempo di riflettere – e farsi assalire dai dubbi, cambiando potenzialmente idea – disse alla ragazza “Ho dimenticato una cosa in casa. Mi aspetti qui, mentre vado a prenderla?”

Lei si voltò a guardarlo, sorpresa. “Sì,” farfugliò “certo che ti aspetto”.

Nick le diede un bacio e, dopo averle sorriso un’ultima volta, si alzò e tornò di corsa in casa.

Brian fu l’unico a notare Nick rientrare in casa, da solo, e salire come una furia le scale che portavano al piano superiore. Si scambiò un’occhiata incuriosita con la moglie, che gli fece cenno di seguirlo, così il ragazzo diede un bacio sulla testa a Baylee, si alzò dal pavimento, dov’era seduto con il figlio, e salì le scale per andare dietro all’amico. Lo trovò in camera sua, che frugava in un cassetto dell’armadio.

“Nick?” disse, richiamando la sua attenzione.

Il ragazzo girò la testa di scatto, con espressione colpevole, come un bambino beccato a sbirciare i regali di Natale.

“Ah, sei tu Bri” esclamò, più rilassato, vedendo l’amico.

Brian spinse la porta e fece un passo verso di lui, con un’espressione perplessa in viso.

“Sì, sono io. Chi ti aspettavi?”

“N-nessuno” balbettò Nick, senza togliere le mani dal cassetto in cui stava frugando. “Solo...non volevo farmi beccare, ma non importa che tu lo sappia”.

Brian alzò un sopracciglio. Non aveva capito assolutamente nulla di quello che aveva blaterato l’amico, ma era chiaro che stesse tentando di fare qualcosa di nascosto.

“Cosa stai facendo?” gli chiese, curioso ma anche leggermente preoccupato. Non riusciva a capirne il motivo, dato che tutto, nella vita di Nick, stava girando per il verso giusto e non ne avrebbe avuto motivo, ma l’idea che l’amico facesse uso di sostanze stupefacenti l’aveva sfiorato, per un attimo.

Nick non rispose subito, prima estrasse dal cassetto una scatoletta di velluto blu, che ricordava molto quella di una gioielleria. Prima che Brian riuscisse a ordinare i pensieri e a fare qualche ipotesi sul perché l’amico nascondesse una scatoletta nel cassetto della biancheria, però, Nick si alzò dalla posizione accovacciata in cui era stato fino a quel momento, richiuse il cassetto con un piede e gli si avvicinò, aprendogli la scatoletta davanti al naso. Brian restò stupito nel vedere un anello con un diamante, il classico solitario che, di solito, serve da anello di fidanzamento. Spalancò gli occhi e li fissò in quelli dell’amico, senza però riuscire a formulare una frase sensata, quindi dalla sua bocca uscì solamente il suo nome.

“Nick…”

“Voglio chiedere a Cassie di sposarmi” annunciò Nick, con un sorriso radioso.

Anche Brian sorrise e commentò “Avevo intuito che l’anello non fosse per me”.

“Idiota” ribatté Nick, scoppiando a ridere.

Brian lo guardò negli occhi per un istante, poi lo strinse in un abbraccio, cogliendolo di sorpresa. Da quando Nick aveva avuto quello che veniva sempre definito come l’incidente, lui e Brian si erano un po’ allontanati. Non che il maggiore avesse fatto o detto qualcosa per incolpare Nick dell’accaduto, ma era Nick stesso a sentirsi in colpa nei suoi confronti, quindi aveva smesso di confidarsi con Brian, preferendo parlare dei fatti suoi con Howie, che era sicuramente meno carismatico dell’amico di fronte a lui, ma anche meno incline a rimproveri e giudizi. Continuava a scherzare e divertirsi con Brian, ma era restio a confidargli i suoi pensieri, com’era solito fare un tempo. E la cosa gli mancava da morire. Quell’abbraccio, quindi, non solo lo sorprese, ma gli fece molto piacere.

“Congratulazioni. Non potevi sceglierti una moglie migliore”.

Nick si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Non l’avrebbe mai ammesso, e l’avrebbe fatto comunque, ma sapere di avere l’approvazione di Brian, che aveva sempre considerato il suo punto di riferimento, il fratello maggiore che non aveva mai avuto e quasi una sorta di supereroe a cui aspirava di poter somigliare, un giorno, rendeva tutto ancora più perfetto.

“Aspetta, non è ancora detto che mi dica di sì” sentenziò, tentando di sdrammatizzare.

“Ma certo che ti dirà di sì” lo rassicurò l’amico. “Sei Nick Carter, per l’amor di Dio, quale ragazza sana di mente rifiuterebbe la tua proposta di matrimonio?”

Nick rise di nuovo poi, tornando serio, aggiunse “Ovviamente ti voglio come testimone. E anche Alex, se mi concede l’onore. Sono sicuro che a Cassie farebbe piacere”.

“Sarà un onore” gli assicurò Brian, tenendogli le mani sulle spalle. “Anche per Jay. Sono certo che non ci saranno problemi”.

Nick annuì, e Brian lo spronò “Adesso vai a chiederglielo, però. Il sole sta tramontando, non farti sfuggire il momento romantico”, così Nick si affrettò a uscire dalla camera, precipitandosi giù per le scale per raggiungere nuovamente Cassie sulla spiaggia, lasciando Brian fermo in mezzo alla stanza, con un sorrisino compiaciuto, a domandarsi quando il suo fratellino indisciplinato e iperattivo fosse diventato quell’uomo dolce, premuroso e maturo di cui andava così orgoglioso.

 

Cassie sentì dei passi alle sue spalle e si voltò, per vedere Nick uscire dalla casa e avvicinarsi nuovamente a lei. Restò a osservarlo, un po’ ripetendosi quanto fosse fortunata a poterlo considerare suo – e non importava se doveva dividerlo con almeno metà della popolazione femminile mondiale – e un po’ a domandarsi cosa diavolo fosse andato a prendere in casa, dato che non sembrava avere assolutamente nulla in mano. Nel frattempo, il ragazzo le arrivò accanto e si sedette sulla sabbia, baciandole velocemente le labbra.

“Cosa sei andato a fare, in casa?” gli chiese lei, curiosa.

Lui le sorrise e rispose “Avevo dimenticato una cosa, te l’ho detto”.

Cassie alzò un sopracciglio, rivolgendogli uno sguardo perplesso, e domandò “Che cosa?”

Nick si infilò una mano nella tasca dei pantaloni e fece comparire una scatoletta di velluto blu, che aprì davanti agli occhi di Cassie, lasciandola a bocca aperta, quando realizzò cosa conteneva.

Senza riuscire a dire nulla, si portò una mano alla bocca e rialzò lo sguardo su Nick, che le sorrideva, in modo estremamente dolce.

“Sposami, Cassie” le disse, con voce bassa e roca, che tradiva una certa dose di tensione, ma anche parecchia eccitazione. “Abbiamo già appurato che non posso vivere senza di te quindi, ti prego, trascorri con me tutta la vita, ufficialmente, come mia moglie. Aiutami a creare quella famiglia che ho sempre desiderato, ma non ho mai avuto”.

Cassie soffocò un gemito, a metà tra un singhiozzo e una risatina nervosa, e gli buttò le braccia al collo, cogliendolo di sorpresa e facendogli perdere l’equilibrio, così che si ritrovò sdraiato con la schiena sulla sabbia, con la ragazza stretta tra le sue braccia.

“Certo che ti sposo, Nick” disse lei, con un sorriso che le illuminava tutto il viso. “Quando vuoi. Ma a una condizione”.

Nick spalancò gli occhi, sorpreso, e domandò “Quale?”

“Veniamo a vivere qui” propose lei, senza smettere di sorridere.

“A Key West?” chiese Nick, interessato.

Cassie annuì e confermò “Sì. Qui siamo felici e io voglio essere felice”.

Nick le sorrise a fece sì con la testa. “D’accordo. Qualsiasi cosa pur di farti felice e, comunque, non è questo grande sforzo svegliarmi ogni giorno con questa vista”. Poi ci pensò un attimo e aggiunse “Potremmo addirittura sposarci qui, cosa ne dici?”

Il sorriso di Cassie si fece ancora più radioso, mentre rispondeva “Dico che è una splendida idea”.

Ancora tenendo in mano la scatoletta con l’anello, che non aveva fatto in tempo a metterle al dito, a causa della sua reazione entusiasta, Nick la strinse forte, senza nemmeno preoccuparsi di essere sdraiato nella sabbia o del sole che stava lentamente buttandosi nel mare, lasciando il passo alla notte, che iniziava ad avvolgere la spiaggia nell’oscurità. Restarono semplicemente così, lei con il viso posato sul petto del ragazzo che amava con tutta se stessa e a cui non vedeva l’ora di legarsi, ufficialmente, per la vita, e lui stringendo tra le braccia la ragazza accanto a cui era diventato un uomo e grazie alla quale la sua vita aveva mantenuto la bussola nel mezzo della follia che lo circondava, le labbra posate sui suoi capelli e il cuore che batteva forte all’idea che avesse accettato di essere sua, per sempre.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 10 ***


Un po' di fluff anche per il nostro Alex, che forse non si è comportato benissimo, ma è pentito e se lo merita, alla fine. E, finalmente, gli altri due riescono a convolare a nozze. Stappate lo champagne per quanto ci hanno fatto penare (sì, anche a me che l'ho scritta).

 


CAPITOLO 10

 

2012

USA

 

I've tried to fight it
Can't deny it
You don't even known

 

Il matrimonio dovette attendere altri due anni a causa del fitto calendario di impegni dei Backstreet Boys, ma a Cassie e Nick non sembrava importare. Sapevano che il loro momento sarebbe arrivato e che sarebbe stato magnifico. Finalmente riuscirono a fissare una data, a settembre del 2012, e i preparativi iniziarono.

Tutto andò a meraviglia finché non si trattò di stilare la lista degli invitati e i due futuri sposi si trovarono a discutere animatamente perché Nick non voleva invitare nessuno della sua famiglia, mentre Cassie tentava di convincerlo a chiamare almeno suo fratello e sua sorella.

“Te ne pentirai, se non li inviti” gli disse, una sera, mentre preparavano la cena.

“Non credo proprio” ribatté lui, testardo. “È colpa loro se ho avuto un’infanzia di merda e, crescendo, mi hanno sempre considerato solo un salvadanaio ambulante, da usare quando ne avevano bisogno. Non voglio che rovinino il nostro giorno speciale” concluse, cingendo la vita della ragazza, mentre lei era ai fornelli.

Cassie chiuse gli occhi e appoggiò la schiena contro il petto del ragazzo. “Non voglio solo che ti manchi la tua famiglia” si giustificò, con un sospiro.

“Non mi mancherà, perché la mia famiglia ci sarà” la rassicurò lui. “Tu e i ragazzi siete la mia famiglia”.

Le diede un bacio sul collo, e Cassie si voltò su se stessa, ritrovandosi tra le braccia di Nick. Alzò una mano e gliela posò sulla guancia, rivolgendogli uno sguardo pieno d’amore. Ogni volta che saltava fuori l’argomento della sua infanzia, Nick si irrigidiva e Cassie capiva perfettamente perché. La famiglia di Nick era quanto di più disfunzionale potesse esistere e solo l’essere stato scelto per fare parte dei Backstreet Boys da giovanissimo gli aveva evitato di essere fagocitato dall’odio e dal risentimento che governavano la sua casa. Aveva ragione quando diceva che i ragazzi erano la sua famiglia. L’avevano letteralmente adottato, cresciuto ed educato più di quanto avessero mai fatto i suoi genitori, insegnandogli i valori morali su cui, ora, basava il suo comportamento. E l’amore. Senza di loro, Nick non avrebbe probabilmente mai saputo cosa fosse l’amore, né quello fraterno, né quello tra un uomo e una donna. Le relazioni di Brian e Kevin con le rispettive compagne, e poi mogli, erano state per lui un punto di riferimento, qualcosa a cui aspirare e per cui lottare e, nel momento in cui aveva rivisto Cassie, che era stata la sua prima cotta da ragazzino, e si era accorto di provare qualcosa per lei, aveva sperato di poter avere anche lui una storia da sogno come quella degli amici. Le cose erano state un po’ più complicate ma, finalmente, ce l’avevano fatta e Nick non voleva che quell’idillio fosse rovinato dall’astio che la presenza della sua famiglia biologica avrebbe portato delle loro vite. Ai suoi occhi, Cassie era pura e incontaminata dalla cattiveria del mondo, e così doveva restare. E a nulla erano servite le rassicurazioni della ragazza, che non si sarebbe lasciata infettare dalla malvagità dei Carter. Nick lo sapeva, era certo che non sarebbe successo. Cassie era forte, tenace e indipendente, e nessuno avrebbe potuto condizionarla. Ma non era altrettanto sicuro di poter essere forte come lei. Non di nuovo. Combatteva contro il risentimento nei confronti della sua famiglia da tutta la vita e adesso era stanco di lottare. Voleva solo essere felice con la ragazza che amava e crearsi una famiglia serena e quanto più possibile distante da quella da cui proveniva.

“Ti amo” gli disse Cassie “e sono tremendamente orgogliosa di te. Lo sai vero?”

Nick annuì, sopraffatto, come sempre, dalla sensazione di calore che lo avvolgeva ogni volta che Cassie gli ripeteva quelle parole, che lo riempivano di gioia.

“Ho scelto te e ti sceglierei altre mille volte” proseguì la ragazza. “Non mi importa se vieni da una famiglia orribile. Peggio per loro. Non sanno cosa si perdono”.

Nick sorrise e la baciò. “Grazie. Lo so che sono una piaga, ma anni di accuse e cattiverie hanno buttato la mia autostima sotto i piedi e ho sempre bisogno di essere rassicurato”.

“E lo sarai” gli assicurò lei. “Sempre. Non mi stancherò mai di dirti quanto sei speciale e quanto sono orgogliosa di te. Quanto siamo orgogliosi di te. Tutti quanti. Tutta la tua famiglia adottiva, diciamo”.

Nick la tirò a sé e la strinse in un abbraccio, dandole un bacio sui capelli. “E io non smetterò mai di chiedermi cos’ho fatto per meritarmi tutto questo affetto e la fortuna che tu abbia scelto proprio me” sussurrò.

 

Alex si tolse gli occhiali da sole e alzò lo sguardo, per leggere il nome del negozio e assicurarsi che fosse quello giusto. Combaciava. Scrutò attraverso la vetrina e il mare di tessuto di varie sfumature di bianco lo colpì, ricordandogli cosa era andato a fare lì e facendogli chiedere a ste stesso, per l’ennesima volta, come diavolo si fosse cacciato in quel pasticcio. Gli sarebbe piaciuto potersi giustificare dicendo che, quando Cassie gli aveva telefonato supplicandolo di accompagnarla a scegliere il vestito da sposa, era ubriaco, ma la verità era che non toccava alcool ormai da anni e, quindi, era nel pieno delle sue facoltà mentali quando aveva detto di sì. Anche se, quando c’era di mezzo Cassie, la sua lucidità mentale andava sempre un po’ a farsi benedire, quindi, forse, aveva un’attenuante per la follia in cui si era infilato. Molto semplicemente, non era riuscito a dirle di no, specialmente quando lei aveva piagnucolato, lamentandosi di come non potesse pretendere che la sua migliore amica partisse dall’Italia per accompagnarla, e gli aveva ricordato che lui era e sarebbe sempre stato il suo migliore amico. Era un ruolo a cui non voleva assolutamente rinunciare, per niente al mondo, per quello aveva acconsentito. Anche se sapeva che gli avrebbe fatto male vedere Cassie, che, nonostante tutto, continuava ad amare profondamente, scegliere il vestito con cui avrebbe sposato qualcuno che non era lui. Ma era Nick, si ripetè, per consolarsi. Il suo amico Nick, che amava Cassie a tal punto da avergli chiesto di fargli da testimone, insieme a Brian, perché sapeva che alla sua futura moglie avrebbe fatto piacere. Nick, che continuava a considerarlo un fratello e a volergli bene anche se lui aveva fatto di tutto per allontanarlo dalla ragazza di cui era innamorato, rendendogli la vita impossibile. Assicurarsi che il giorno del loro matrimonio fosse esattamente come lo sognavano, era il minimo che potesse fare per farsi perdonare. Glielo doveva. Per questo era lì.

Prese un respiro profondo per farsi coraggio e spinse la porta d’ingresso dell’atelier.

Cassie stava aspettando l’arrivo di Alex insieme a Rochelle, che aveva accettato di accompagnarla, in quanto sua testimone, facendo anche le veci di Marta che, per ovvie ragioni logistiche, non poteva partecipare ai preparativi, ma non si sarebbe persa il matrimonio della sua migliore amica per niente al mondo. Non appena la porta si aprì e il ragazzo fece il suo ingresso nel negozio, guardandosi intorno con aria spaesata, Cassie sorrise e gli andò incontro, salutandolo con entusiasmo.

“Sei venuto” gli disse, buttandogli le braccia al collo.

Alex la strinse forte e le diede un bacio sulla guancia. “Certo. Credevi che ti dessi buca?”

La ragazza scosse la testa, sorridendo. “No. Ma temevo ti fossi spaventato e avessi cambiato idea”.

“Mantengo sempre le promesse, lo sai” replicò lui.

Cassie alzò un sopracciglio e gli rivolse un’occhiata scettica. Alex rise e ritrattò “Okay, quasi sempre”.

Anche Cassie rise, poi lo prese per mano e lo trascinò al centro della stanza, dove li stava aspettando una ragazza castana, con luminosi occhi azzurri, le labbra colorate da un rossetto rosso acceso e numerosi tatuaggi sulle braccia. Alex sentì appena Cassie annunciargli “Vieni che ti presento la mia amica” tanto era concentrato ad ammirare quanto fosse carina la ragazza. Si stupì. Anche se aveva, ovviamente, avuto avventure con altre donne, il suo cuore era sempre stato solo di Cassie, che lui considerava la creatura più bella dell’universo, ed era sempre stato piuttosto cieco nei confronti del fascino delle altre ragazze. Non c’era nulla di male nel constatare che la ragazza che li stava aspettando al centro del negozio fosse decisamente affascinante, però.

Le arrivarono davanti e Cassie fece le presentazioni.

“Alex, lei è la mia amica Rochelle. Ro, lui è Alex”.

La ragazza gli porse una mano, che Alex strinse automaticamente.

“Piacere, Alex” lo salutò. “Cassie mi ha parlato molto di te”.

“Piacere mio” replicò il ragazzo. “Spero ti abbia detto solo le cose belle”.

Rochelle sorrise e Alex pensò che fosse ancora più carina. “Belle e brutte, in realtà” confessò. “Ma quelle belle superano di gran lunga le brutte, dato che ti adora”.

Alex scoppiò a ridere, lanciando un’occhiata a Cassie, che gli sorrise. Le cinse le spalle con un braccio, tirandola a sé e baciandole una tempia. “Beh, è reciproco” commentò. Poi, per togliersi dall’imbarazzo di non riuscire a staccare gli occhi di dosso all’amica di Cassie, propose “Dunque, non eravamo venuti per trovarti un vestito che faccia cadere Nick stecchito sull’altare?”

Cassie rise e gli tirò una pacca sul braccio, rimproverandolo “Ehi, non voglio restare vedova ancora prima di essermi sposata”.

Mentre seguiva le due ragazze in un’altra sala e prendeva posto accanto a Rochelle, in attesa di vedere Cassie sfilare con i vestiti che le venivano proposti, Alex tirò un sospiro di sollievo. Aveva temuto quel giorno per settimane ma, adesso, non gli sembrava così terribile. Forse non si sarebbe proprio divertito, ma quanto meno era certo di riuscire a sopportarlo senza soffrire troppo.

 

Cassie e Nick erano sdraiati sul divano e guardavano distrattamente un film. Il ragazzo accarezzava i capelli di lei, che aveva gli occhi socchiusi, seguendo solo in parte quello che stava succedendo sulla TV. Era stata una giornata piena, ma soddisfacente ed era rientrata entusiasta ma, allo stesso tempo, dispiaciuta di non poterla condividere con Nick. Dopo soli tre abiti, aveva trovato il vestito dei suoi sogni, quello che le aveva fatto battere il cuore. Si aspettava di scoppiare a piangere, come le spose che si vedevano nei film o nei reality, che si emozionavano nel momento in cui capivano che quello che stavano provando sarebbe stato il vestito che avrebbero scelto. Invece nulla. O, almeno, niente lacrime. L’emozione c’era stata eccome, solo che era sfociata in una risata liberatoria, seguita dal commento “Questo. Voglio questo. E non mi interessa se non vi piace, perché è tutto quello che ho sempre sognato”.

Fortunatamente, i suoi due amici avevano concordato con lei ed erano andati ad abbracciarla, dicendole che era davvero l’abito perfetto e che Nick sarebbe rimasto di sasso, vedendola. Le lacrime, in realtà, a un certo punto si erano fatte sentire, ma era stato quando Alex l’aveva abbracciata stretta e le aveva sussurrato all’orecchio “Sei bellissima. Nick non sa quanto è fortunato”.

“Lo sa, invece” gli aveva assicurato lei, nascondendo il viso nel suo collo per non fargli vedere che un paio di lacrime erano riuscite a sfuggirle. “E anch’io mi sento fortunata ad avere lui”.

Se ripensava al bellissimo abito color panna, con la scollatura profonda e le maniche lunghe a palloncino, leggermente trasparenti, tutto cosparso di piccole decorazioni luccicanti, che sarebbero risaltate moltissimo sotto al sole della spiaggia, dove si sarebbe celebrato il matrimonio, non riusciva a credere a quanto fosse perfetto, esattamente come aveva sempre sognato il suo vestito da sposa. Non era pomposo o particolarmente appariscente ma, d’altra parte, somigliare a una principessa non era mai stato il suo scopo. Voleva qualcosa che la facesse sentire bene, bella, ovviamente, ma anche a proprio agio e libera di muoversi e di ballare, come aveva tutte le intenzioni di fare. Quello era perfetto ed era sicura che sarebbe piaciuto anche a Nick. Già, Nick. Il fatto di non potergli parlare del vestito, spiegandogli quanto fosse perfetto e perché, toglieva un po’ di poesia al momento, ma si era ripromessa di resistere. Non perché fosse superstiziosa e credesse nella maledizione che avrebbe colpito la coppia il cui sposo avesse visto l’abito prima delle nozze, ma perché ci teneva che fosse una sorpresa.

Era persa in quei pensieri, mentre godeva della sensazione di tranquillità che le provocavano le dita di Nick che passavano tra i suoi capelli, quando il suo cellulare iniziò a suonare e fu costretta a riscuotersi per vedere chi la stesse cercando. Leggendo il nome di Rochelle sul display, subito si preoccupò. La ragazza era venuta apposta da Miami per accompagnarla a scegliere il vestito ma, dopo, nonostante le sue insistenze a fermarsi per la notte, ripartendo il giorno seguente, aveva voluto tornare subito a casa, adducendo come scusa un lavoro nella mattinata del giorno seguente a cui non poteva arrivare in ritardo. Che le fosse successo qualcosa? Accettò immediatamente la chiamata.

“Ro, stai bene?”

“S-sì, certo che sto bene” rispose l’amica, stupita. “Ti ho spaventata?”

“No, è che non mi piaceva saperti guidare fino a Miami da sola” si giustificò Cassie, sentendosi una stupida per essersi preoccupata per niente.

“Stai tranquilla, va tutto bene. Sono già arrivata a casa” la rassicurò Rochelle.

Cassie tirò un sospiro di sollievo e Nick, che aveva seguito la conversazione, scosse la testa, sorridendo. Adorava come Cassie si preoccupasse sempre per le persone a cui voleva bene ma, certe volte, esagerava proprio.

“In realtà ti chiamo perché devo raccontarti una cosa che è successa oggi” annunciò la ragazza al telefono.

Cassie drizzò le antenne, incuriosita. “Oggi quando?” domandò. “Siamo sempre state insieme”.

“Non proprio” le rammentò l’amica. “A un certo punto tu sei andata con la sarta a prendere tutte le misure e ci avete messo un po’”.

Cassie annuì, tra sé. Aveva ragione. “È vero,” concordò “ma sei rimasta con Alex”.

“Appunto” confermò Rochelle. “A proposito di Alex…”.

“Cos’ha combinato?” la interruppe Cassie, preoccupata.

“Niente, non ha combinato niente” la calmò l’amica. “Rilassati, Cassie”.

“Allora?” la spronò lei, non riuscendo più a contenere la curiosità.

“Mi ha chiesto di uscire” confessò Rochelle, abbassando la voce a un sussurro.

Cassie spalancò gli occhi, incredula. Era decisamente uno sviluppo che non aveva previsto.

“Cosa?” sbottò. “Alex?”

“Sì, Alex” confermò l’amica. “Perché tutto questo stupore?”

“No, è che…” farfugliò “...non me l’aspettavo. Tutto qui”. Poi, dopo un istante, aggiunse “Cosa gli hai risposto?”

“L’ho ringraziato ma ho declinato l’invito” ripose la ragazza, sincera.

“Perché?” volle sapere Cassie. “Non ti piace?”

“Oh, no. Al contrario. È molto carino. E anche simpatico” ammise l’amica.

“E allora?” le chiese Cassie, non riuscendo a capire il comportamento di Rochelle.

La ragazza prese un respiro profondo e confessò “Cas, tu e Alex avete un rapporto complicato, devi ammetterlo. E lo so che ultimamente le cose vanno molto meglio, ma resta comunque una situazione difficile. Non voglio mettermi in mezzo. Ho già avuto la mia dose di drammi sentimentali, nella vita. Se devo iniziare una nuova relazione, vorrei che fosse semplice e tranquilla. Una storia pacifica e serena, come tu e Nick”.

Cassie si lasciò sfuggire una risatina. “Oddio,” commentò “non definirei la storia mia e di Nick come pacifica e serena, ma ho capito il tuo punto di vista”.

Anche Rochelle rise. “Volevo dirtelo prima che lo facesse lui” spiegò. “Non penso che se la sia presa ma, nel caso ti dicesse qualcosa, assicuragli che non ha nulla a che fare con lui. Potenzialmente mi piace molto e sarei felice di uscire con lui. Solo...hai capito”.

“Tutto chiaro, non preoccuparti” le assicurò Cassie. “Non so se me ne parlerà, ma nel caso glielo farò sapere”.

Le due ragazze si salutarono, poi Cassie guardò Nick, ancora con espressione incredula.

“Cos’è successo?” le chiese lui, curioso.

Cassie sorrise. “Alex ha chiesto a Rochelle di uscire” annunciò. “Lei ha detto di no, ma è comunque un evento”.

Nick spalancò gli occhi e rivolse a Cassie uno sguardo preoccupato. Non sapeva come aveva preso la notizia. Certo, non era innamorata di Alex, ma era abituata a essere l’unica destinataria dell’amore del ragazzo da sempre. Il loro rapporto era talmente onesto, però, che Nick non si fece problemi a domandarglielo, invece di tirare a indovinare o, peggio, farsi consumare dal dubbio.

“Come ti fa sentire la cosa?”

La ragazza gli accarezzò una guancia, commossa dalla sensibilità che dimostrava ogni volta che si parlava di Alex. Si vedeva che era preoccupato, non perché dubitava dei suoi sentimenti, ma perché temeva che il gesto dell’amico avesse potuto, in qualche modo, sconvolgerla. Ma non poteva essere più lontano dalla verità.

Gli sorrise e sentenziò “Mi sentirei meglio se lei avesse detto di sì, ma è comunque un bel passo avanti”.

Nick scoppiò a ridere a la abbracciò, baciandole una guancia. “Chissà, magari prima o poi Rochelle cambia idea” azzardò.

 

Il sabato in cui Nick e Cassie si sarebbero sposati fu benedetto da un clima perfetto. Il sole splendeva alto nel cielo, ma un venticello fresco rendeva la temperatura perfetta. Il piccolo altare, nient’altro che un tavolino di legno bianco, sormontato da un arco di fiori bianchi e rosa, si stagliava sullo sfondo del mare cristallino e alcune file di semplici sedie bianche erano state disposte lungo la passerella che portava dal pontile di legno all’altare. Gli ospiti erano già tutti seduti e lo sposo attendeva impaziente l’arrivo della sposa, chiaramente agitato ma impeccabile, con i pantaloni scuri e la camicia bianca. Cassie aveva insistito perché Nick scegliesse qualcosa che lo facesse sentire a suo agio, così come il suo vestito faceva sentire lei, quindi alla fine il ragazzo aveva optato per una via di mezzo tra il completo elegante e un look più casual, evitandosi giacca e cravatta, che sarebbero risultate soffocanti, sulla spiaggia. Cassie, d’altra parte, aveva rinunciato ai tacchi, decisamente scomodi sulla sabbia, optando per delle più comode, ma altrettanto eleganti infradito bianche con perline e brillantini. Alex era seduto in prima fila, accanto a Brian, in qualità di testimoni dello sposo, mentre dall’altra parte della passerella c’erano Marta e Rochelle, entrambe in azzurro, per volere di Cassie. Il ragazzo lanciò un’occhiata alle damigelle e, per l’ennesima volta, pensò che Rochelle, che per l’occasione aveva legato i capelli castani in una lunga treccia spettinata, fosse proprio una bella ragazza. Era un peccato che non avesse accettato di uscire con lui, quando gliel’aveva chiesto, mesi prima, ma sapeva, perché glielo aveva detto Cassie, che non era perché non lo considerasse attraente, ma piuttosto perché non voleva mettersi in mezzo nel suo rapporto con Cassie. Un po’ la capiva, quello che provava per Cassie era talmente profondo e durava da così tanto tempo che era difficile da concepire, per un’estranea. E, allo stesso modo, era difficile da dimenticare. Ma poteva essere messo da parte, anzi, Alex aveva tutta l’intenzione di farlo e al più presto. Cassie stava per sposare Nick e lui augurava alla coppia una lunga vita di felicità insieme. Il che significava anche la fine di qualsiasi speranza avesse ancora nutrito di poter avere da Cassie qualunque cosa che non fosse una splendida e profonda amicizia. Non avrebbe mai dimenticato Cassie, non ci pensava minimamente. Sarebbe sempre stata una delle persone più importanti della sua vita. Ma era ora di voltare pagina e trovare qualcuno con cui, potenzialmente, costruire quello che Cassie stava apprestandosi a costruire con Nick. E non gli sarebbe dispiaciuto se quella persona avesse potuto essere Rochelle.

Le sue riflessioni furono interrotte dall’avvio della marcia nuziale, che indicava l’arrivo della sposa. Alex si voltò a guardare la passerella, impaziente di vedere Cassie, e fu presto accontentato. Infatti, la ragazza comparve, bellissima nel suo vestito che luccicava al sole, avvolgendola in una nuvola luminosa, quasi fosse uno di quei dipinti che si vedevano nelle chiese e che rappresentavano una delle numerose sante della tradizione cristiana. Avanzava, con un sorriso radioso, al braccio di suo padre, i capelli raccolti in uno chignon da cui uscivano alcune ciocche che le incorniciavano il viso, una coroncina di fiori bianchi e rosa tra i capelli e occhi solo per Nick, che la aspettava in fondo alla passerella, con le labbra curvate in un sorriso e gli occhi lucidi. Si amavano, l’avrebbe capito anche uno stupido, e Alex ringraziò il cielo che tutti i suoi egoistici tentativi di dividerli fossero andati a monte. Non se lo meritavano e ancora si domandava come avesse potuto essere così meschino. Ne aveva parlato con Kevin, tempo prima, una sera in cui erano in vena di confessioni. Il membro più anziano dei Backstreet Boys, dopo un periodo di pausa dal gruppo, era tornato sui suoi passi, ricongiungendosi con gli amici, e Alex non avrebbe potuto essere più felice di riaverlo intorno. Anche se spesso si comportava da grillo parlante noioso. Ne aveva bisogno. Kevin era la voce della coscienza di Alex e lui non ne poteva fare a meno.

“Sì, forse sei stato meschino, ma non l’hai fatto con cattiveria. Eri innamorato. Facciamo tutti cose stupide, quando siamo innamorati” aveva sentenziato Kevin, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. E Alex ci aveva creduto. Doveva essere stato così e, per fortuna, se ne era accorto in tempo per non rovinare tutto.

La cerimonia fu semplice ma toccante, Nick si commosse al momento dello scambio degli anelli, e Cassie dovette prendergli il viso tra le mani e sussurrargli che era vero, stava succedendo e sarebbe andato tutto a meraviglia.

Il banchetto era stato allestito sempre sulla spiaggia, dov’era stato sistemato un lungo tavolo di legno a cui tutti gli invitati presero posto per mangiare.

Dopo il pranzo, la festa si spostò più vicino al mare, dov’era stata allestita una sorta di pista da ballo immaginaria. Dopo il primo ballo della coppia, sulle note di From this Moment On di Shania Twain, che era da sempre una delle canzoni preferite di Cassie, vennero aperte le danze, e tutti si scatenarono sulle note della dance anni ‘80, o si emozionarono con i lenti. Cassie e Nick ballarono con tutti gli invitati e quando Alex riuscì a mettere le mani sulla ragazza, cingendole la vita e trascinandola sulla pista, lei gli si aggrappò al collo dicendo “Grazie al cielo, Alex. Sono esausta”.

“Sei bellissima” le disse lui, sistemandole dietro all’orecchio una ciocca di capelli sfuggita all’acconciatura.

“Grazie” rispose lei sorridendo. Poi, sistemandogli il papillon, che si era inclinato da un lato, aggiunse “Anche tu non sei niente male, così elegante”.

Alex si lasciò sfuggire una risatina e la prese in giro “Guarda che se ti sente tuo marito potrebbe far revocare il matrimonio”.

Anche Cassie rise e, avvicinandosi all’orecchio dell’amico, commentò “Oh, ma lo sa benissimo che ho un debole per te. Se ne farà una ragione”.

Ballarono un po’, in silenzio, poi Cassie gli chiese “Sai chi altri ha un debole per te?”

Alex scosse la testa, incuriosito. “No. Chi?”

“Rochelle” rispose lei, con un sorrisino malizioso. “Non ti ha tolto gli occhi di dosso per tutto il giorno”.

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sorpreso dalla rivelazione dell’amica. “Davvero?”

Cassie annuì. “Perché non vai a parlarle?” suggerì. “Magari questa volta ti dice di sì, se le chiedi di uscire”.

“Magari invece non sono il suo tipo” obiettò lui, scettico.

La ragazza scosse la testa. “Non mi risulta. Anzi. L’altra volta non ha accettato perché…”

“Io e te. Lo so” la interruppe Alex, scuotendo leggermente la testa.

“Beh, ma adesso le cose sono cambiate” osservò Cassie. “Voglio dire, sono sposata. È un modo piuttosto definitivo per togliermi dai giochi, ti pare?”

“A me pare,” commentò il ragazzo “ma bisogna vedere se pare a lei”.

“Non lo saprai mai, se non ci provi” lo spronò Cassie, con un sorriso di incoraggiamento.

Alex sospirò e cedette “Okay. Appena finisce questa canzone la invito a ballare e le chiedo di nuovo di uscire”.

Cassie sorrise e gli stampò un bacio sulla guancia. “Bravo. Vedrai che stavolta andrà bene”.

“Sai essere molto persuasiva, sai?” commentò il ragazzo, con un sorrisino divertito.

“Lo so” concordò Cassie. “Anche se, di solito, usano il termine rompipalle”.

Si guardarono negli occhi e bastò un istante perché scoppiassero a ridere di gusto, persi una nelle braccia dell’altro.

 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 11 ***


CAPITOLO 11

 

2012/2013

USA

 

“Ecco qua” gli disse Cassie, porgendogli una tazza fumante di cioccolata calda e sistemandosi accanto a lui sul divano.

Nick abbandonò per un attimo la chitarra, su cui stava strimpellando una melodia a cui stava lavorando ormai da un paio di mesi e da cui sperava potesse uscire qualcosa di buono per il nuovo album – il primo dopo il ritorno di Kevin e per cui tutti, fan in primis, ma anche loro stessi, nutrivano grandi aspettative – e guardò distrattamente la tazza. Il suo viso si illuminò all’istante.

“Wow, anche i marshmallow?” commentò, entusiasta come un bambino in un negozio di caramelle.

Cassie sorrise e si sporse per dargli un bacio sulla guancia. “Hai bisogno di zuccheri per far lavorare meglio i neuroni” sentenziò “e poi è Natale. I marshmallow sono obbligatori”.

Nick rise e bevve un sorso di cioccolata, ma non tornò subito alla sua occupazione precedente. Invece, si mise a guardarsi attorno nella stanza, meravigliandosi, per l’ennesima volta, di quanto fosse calda e accogliente.

Come promesso a Cassie, dopo il matrimonio, i due si erano trasferiti a vivere a Key West, nella loro casa sulla spiaggia. Non era stato un grande cambiamento perché già trascorrevano lì la maggior parte del loro tempo libero, ma Cassie aveva deciso che doveva essere l’inizio della loro vita ufficiale insieme e si era data da fare per rendere la casa ancora più accogliente e confortevole. Nick adorava quel posto e adorava ancora di più poterci vivere con Cassie. Credeva che la loro casa fosse assolutamente perfetta, ma questo perché non l’aveva ancora vista addobbata per le feste natalizie. Cassie aveva sempre avuto un debole per il Natale e tutto ciò che vi ruotava attorno. Amava fare i biscotti, mettere lucine dappertutto e faceva suonare musica natalizia per casa già a partire dal giorno dopo il Ringraziamento. Inoltre, perpetuava un rituale che Nick reputava assolutamente arcaico ma, allo stesso tempo, altrettanto romantico, che consisteva nell’inviare un biglietto di auguri a tutti quelli che conosceva. Un vero biglietto, di quelli con su stampate scene invernali, con regali e passerotti nella neve e, possibilmente, una cascata di glitter che restavano appiccicati alle mani, al viso e ai vestiti, facendoli ridere come matti quando Nick decideva di tentare di toglierglieli baciandola e finendo con l’appiccicarseli addosso di rimando.

Avevano trascorso numerosi Natali insieme, nella loro casa di Orlando, ma quello era il primo che trascorrevano a Key West e Nick non riusciva a smettere di ammirare lo scintillante albero di Natale che troneggiava in un angolo del salotto, decorato con palline dorate e lucine bianche, le candele sparse su davanzali e tavolini, i fiocchi di neve finti alle finestre e le figure natalizie sparse per la casa, insieme ad asciugamani, tovagliette e cuscini a tema. Si beava, Nick, di tanto calore ed era sempre più convinto che qualcuno avesse voluto fare ammenda per tutti i Natali freddi, distanti e pieni di rancore che aveva passato da bambino, mandandogli Cassie, che gli stava facendo provare come doveva essere un vero Natale in famiglia.

Finita la cioccolata, Cassie scivolò dal divano al pavimento e si avvicinò al tavolino, dov’erano sparsi una serie di bigliettini che stava finendo di scrivere. Erano quelli che avrebbero accompagnato i regali di Natale, gli altri, quelli che andavano spediti, erano già stati portati all’ufficio postale la settimana prima.

Prese il cellulare e controllò l’elenco delle persone a cui doveva scrivere il biglietto. In quel momento, il telefono suonò, indicando che era arrivato un messaggio. Cassie lo aprì e Nick la vide sorridere, con gli occhi che le brillavano.

“Chiunque ti faccia illuminare così lo sguardo, dovrà vedersela con me” scherzò Nick, rivolgendole un’occhiata curiosa.

Cassie alzò gli occhi dal cellulare e gli sorrise, poi allungò il braccio perché il ragazzo potesse vedere cosa le aveva provocato tanto entusiasmo. Sullo schermo, troneggiava una foto di Alex e Rochelle, teneramente abbracciati, la testa di lui posata sulla spalla della ragazza, entrambi con un buffo berretto da elfo e, sopra alle loro teste, una scritta glitterata che diceva Merry Christmas.

Nick sorrise, capendo all’istante cos’avesse reso così felice Cassie. Come le aveva promesso, il giorno del loro matrimonio Alex aveva chiesto nuovamente a Rochelle di uscire e, questa volta, lei aveva detto di sì. L’appuntamento, di cui Cassie e Nick conoscevano tutti i dettagli perché gli erano stati raccontati dai diretti interessati, era andato benissimo e i due avevano iniziato a frequentarsi. Qualche settimana prima, erano stati beccati in atteggiamenti un po’ troppo intimi da alcuni paparazzi e Alex aveva deciso di ufficializzare la loro relazione. Rochelle era al settimo cielo e sembrava veramente presa da Alex, tanto che progettava di trasferirsi a Orlando da lui dopo le feste. Anche Cassie era entusiasta dei nuovi sviluppi e continuava a ripetere che vedere i suoi due migliori amici innamorati era il regalo di Natale più bello che avrebbe potuto ricevere. In realtà Nick sapeva che, più di tutto, Cassie adorava vedere Alex felice e il fatto che avesse finalmente trovato una ragazza a cui donare il suo amore toglieva un peso dalle spalle di Cassie, che, nonostante tutto, continuava a sentirsi un po’ in colpa per non aver potuto corrispondere l’affetto del ragazzo come lui avrebbe voluto.

“Non vedo l’ora di vederli a Capodanno” disse la ragazza, con aria sognante e Nick annuì, concordando con lei. Avevano progettato di passare l’ultimo dell’anno tutti insieme a casa di Alex e, forse, sarebbero venuti anche gli altri ragazzi. Kevin e Kristin avevano già confermato che ci sarebbero stati, così come Howie e Leigh. L’unico che aveva nicchiato era Brian e non era da lui.

La mente di Nick si allontanò dal salotto accogliente e festoso, per essere catapultata agli ultimi mesi di tour con i New Kids on the Block, prima del matrimonio. Nell’ultimo periodo, Brian non era più lo stesso. Il loro rapporto era già cambiato, dopo il l’incidente di Nick con i sonniferi ma, ultimamente, le cose non avevano fatto altro che peggiorare e non solo con lui. Brian si era come chiuso in se stesso, preferiva restare in camera quando gli altri uscivano a bere qualcosa, dopo i concerti, faceva meno il pagliaccio, almeno quando non erano davanti alle telecamere o alle fan, e aveva addirittura smesso di confidarsi con Kevin che, in quanto suo cugino, era sempre stato a conoscenza di qualsiasi cosa potesse preoccuparlo. A complicare ulteriormente le cose, c’era un dubbio che Nick aveva da un po’ di tempo, ma di cui non aveva parlato a nessuno perché gli sembrava talmente assurdo da essersi convinto di aver sognato tutto e di stare diventando paranoico. Il fatto era che, spesso, Brian aveva difficoltà a cantare alcune parti delle canzoni. Non quelle difficili, quegli acuti che solo lui era in grado di fare e che erano diventati il suo tratto distintivo. Quelle gli riuscivano ancora benissimo ed era per quel motivo che nessuno si era accorto di nulla. Nick, però, sempre attento a tutto ciò che riguardava colui che, nonostante tutto, continuava a considerare non solo il suo migliore amico, ma praticamente un fratello, aveva notato che aveva problemi con alcune parti basse. Era come se la voce faticasse a uscire, spesso sbagliava gli attacchi e, quando lo faceva, ne veniva fuori un suono gracchiante, lontano anni luce dal timbro chiaro e dolce che l’aveva sempre caratterizzato. Nella maggior parte dei casi, Brian faceva semplicemente finta di niente, dissimulando tutto con una battuta e, ogni volta che la cosa era stata troppo evidente per poterla nascondere, aveva dato la colpa a un brutto raffreddore, un mal di gola, o l’aria condizionata dell’hotel. Ma Nick non era convinto. Continuava a sospettare che ci fosse sotto qualcosa di più. Aveva pensato più volte di parlarne a Brian, ma non ne aveva mai avuto il coraggio, anche perché, ogni volta che aveva provato a buttare lì un commento qualsiasi per introdurre l’argomento, l’amico si era chiuso a riccio, allontanandosi con una scusa improvvisa o replicando con una battuta di spirito che sviasse l’attenzione dal discorso che Nick voleva intraprendere. Questo atteggiamento non aveva fatto altro che confermare i sospetti di Nick e preoccuparlo ancora di più. Qualsiasi cosa fosse, avrebbe voluto saperlo, per poter stare vicino all’amico nel migliore dei modi. Voleva esserci per Brian come Brian c’era stato per lui quando era un ragazzino impaurito e senza radici. Voleva dimostrargli che teneva a lui e che, soprattutto, Brian poteva fidarsi. Ma l’amico non glielo permetteva. Era sempre stato tenace e ostinato, al limite della testardaggine più cieca, oltre che fermamente deciso a fare tutto da solo, senza mai chiedere aiuto a nessuno. Nick aveva sempre avuto la sensazione che volesse dimostrare qualcosa al mondo e, un giorno, Brian gli aveva confessato che aveva a che fare con il fatto di essere scampato alla morte per ben due volte, una da bambino, sopravvivendo a un’infezione che aveva quasi distrutto il suo cuore malato, e la seconda dopo l’operazione a cui si era sottoposto per sistemare proprio quel cuore.

“Sai, quando Dio ti concede non solo una seconda, ma addirittura una terza possibilità, il minimo che tu possa fare è fargli vedere che ne è valsa la pena” gli aveva detto, con un mezzo sorriso, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Nick non aveva capito subito la portata di quella dichiarazione ma, in seguito, ogni volta che vedeva l’amico continuare a provare una coreografia che non gli riusciva perfettamente, nonostante fosse stanco e spossato da ore di tentativi, o ricantare la stessa strofa mille volte, finché non fosse venuta esattamente come ce l’aveva in testa, quelle parole gli ritornavano in mente e non poteva far altro che ammirare ancora di più il ragazzo per la sua profonda tenacia.

A volte, però, la caparbietà di Brian gli si rivoltava contro, impedendogli di accettare e confidare le proprie debolezze a coloro che gli volevano bene e, conseguentemente, di chiedere loro aiuto. Era come se si vergognasse di non essere perfetto e Nick che, invece, si considerava l’essere umano meno perfetto del mondo, proprio non riusciva a capirlo.

Doveva essersi incantato a riflettere perché, all’improvviso, sentì qualcosa sfiorargli una guancia e si accorse che Cassie gli stava passando un dito sul viso, per richiamare la sua attenzione.

“Cosa c’è?” gli domandò, rivolgendogli uno sguardo preoccupato.

Nick scosse la testa e sorrise. “Niente” minimizzò.

Non voleva scaricare addosso a Cassie le sue preoccupazioni per Brian, non ora che lei sembrava così serena e tutto ciò che voleva era godersi le feste.

Cassie, però, non si lasciò convincere. “Non è vero” obiettò, inclinando leggermente la testa di lato. “Ci riesci con gli altri ma non con me, lo sai”.

“Non riesco a nasconderti niente, è vero” ammise Nick, con un sospiro.

Cassie sorrise e annui. Poi lo incalzò “Quindi?”

“Sono preoccupato per Brian” confessò il ragazzo. “C’è qualcosa che non va con la sua voce e dura da un po’. È come se non riuscisse più a controllarla, in alcune parti. Ma non ne vuole parlare, trova scuse e fa finta di niente. So che sta male e vorrei fare qualcosa per lui, solo che non me lo permette”.

Cassie non rispose subito, restò a fissare Nick ma lui si accorse che non lo stava veramente guardando. Era persa nei suoi pensieri e Nick si domandò cosa le stesse passando per la testa. Poi la vide prendere il portatile, che aveva lasciato sul tavolino, accanto ai biglietti mezzi scritti, e aprirlo, iniziando a digitare furiosamente.

“Cosa fai?” le chiese, stupito dal suo comportamento.

Cassie gli rispose senza distogliere lo sguardo dal monitor. “Cerco un volo per Atlanta. Tu intanto chiama Leighanne e avvisala che passeremo le feste da loro”.

Nick spalancò gli occhi e restò in silenzio, guardandola a bocca aperta e tentando di elaborare l’informazione. “Ma…” farfugliò, non riuscendo a mettere insieme una frase di senso compiuto.

La ragazza spostò lo sguardo dal monitor al marito, chiedendogli “Cosa?”

“V-vuoi andare da Brian?” balbettò lui, incredulo.

“Mi sembrava chiaro” rispose Cassie, seria.

Nick non sapeva come reagire, quindi si limitò a chiederle “Perché?”

Cassie sorrise. “Perché, anche se non vuole ammetterlo, Brian ha bisogno del suo amico e io glielo porto”.

Nick aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono. Non sapeva cosa dire, riusciva solo a pensare che Cassie era riuscita a esaudire il suo più grande desiderio, senza che lui avesse detto o fatto nulla per farglielo capire, perché nemmeno a lui era ancora chiaro cosa volesse fare. Ora che lei l’aveva detto, però, era diventato lampante. Voleva andare da Brian, stare con lui, fargli capire che gli sarebbe stato vicino, in qualsiasi caso, che lo volesse o no.

Si alzò dal divano e si sedette sul pavimento, accanto a Cassie. La prese tra le braccia e la baciò, sussurrandole “Ti amo”.

Cassie rise e rispose “Anch’io”.

“Come fai a indovinare sempre quello che vorrei, anche se non te lo dico, e prima ancora che io stesso sappia di volerlo?” le domandò, ancora sotto shock per quello che era appena successo.

Cassie si strinse nelle spalle e dichiarò, semplicemente “Perché ti conosco come le mie tasche, Carter. E conosco anche Brian. Siete uguali. Piuttosto che chiedere aiuto vi buttereste sotto un treno. Per questo vi serve qualcuno che si accorga che ne avete bisogno”.

 

“Lascia, te la porto io” le disse Nick, togliendole di mano il manico della valigia.

Cassie sbuffò ma lo lasciò fare, troppo intenta a trasportare il borsone dove aveva stipato tutti i regali per la famiglia Littrell.

Due giorni esatti dopo averlo deciso, Nick e Cassie erano partiti per Atlanta, all’insaputa di Brian, a cui volevano fare una sorpresa, ma con la collaborazione di Leighanne, che si era subito dimostrata entusiasta dell’idea. E fu proprio Leighanne a venir loro incontro, all’uscita del terminal degli arrivi. Li salutò calorosamente, abbracciandoli e chiedendo loro se avevano fatto buon viaggio, poi li accompagnò all’auto, che aveva lasciato nel parcheggio. Fortunatamente, nessuno sembrava averli riconosciuti, nonostante fossero piuttosto identificabili, specialmente presi tutti insieme.

Non appena partirono alla volta di casa Littrell, Nick chiese, ovviamente riferito all’amico “Sospetta qualcosa?”

Leighanne scosse la testa. “Assolutamente nulla. Gli ho detto che avevo delle commissioni da fare, ma che non mi serviva il suo aiuto e poteva restarsene a casa tranquillo a guardare la TV con Baylee. Non ha fatto storie”.

“Molto bene” commentò Nick, soddisfatto che il piano stesse proseguendo come da programma.

“Speriamo che sia contento della sorpresa” disse Cassie, titubante. Quando aveva avuto l’idea di partire per andare dai Littrell, le era sembrata geniale e aveva agito d’istinto. Mentre era sull’aereo, però, si era lasciata assalire dai dubbi. E se Brian l’avesse considerata una sorta di invasione della sua privacy? Se avesse preferito passare le feste tranquillo, con la sua famiglia, senza avere due intrusi in casa di cui occuparsi?

Fortunatamente, Leighanne la rassicurò. “Sarà al settimo cielo. Tutti sappiamo quanto adora Nick e adora anche te. Non gli sembrerà vero di poter passare tutte le feste con voi. E servirà anche a distrarlo da...dalle altre cose” concluse, fermandosi prima di rivelare qualcosa di cui non spettava a lei parlare.

Nick e Cassie si scambiarono un’occhiata, capendosi senza parlare. Nick ci aveva visto giusto, c’era qualcosa che non andava nell’amico. Aveva fatto bene a dare retta a Cassie e precipitarsi da lui. Sperava solo che non fosse nulla di irreparabile.

La voce di Leighanne lo riportò alla realtà. “Ora lo chiamiamo e diamo ufficialmente inizio alla sorpresa” annunciò, facendo partire una chiamata con il vivavoce della macchina. Dopo pochi istanti, Brian rispose.

“Amore, dove sei?” chiese alla moglie.

“Sto tornando” lo tranquillizzò lei. “Ho fatto tardi perché sono passata a ritirare il tuo regalo di Natale” spiegò, lanciando un’occhiata divertita agli amici seduti in auto con lei. Cassie e Nick sorrisero, soffocando una risata.

“A proposito,” proseguì la donna “quando arrivo davanti a casa suono il clacson. Puoi uscire a darmi una mano a portarlo in casa?”

“Oddio, cosa mi hai comprato?” domandò Brian, chiaramente preoccupato.

Lieghanne rise e lo rassicurò “Non ti preoccupare, ti piacerà tantissimo. Ma è un po’ ingombrante”.

Si sentì un sospiro rassegnato, poi la voce di Brian che acconsentiva “Okay. Quando sento il clacson esco”.

Quando Leighanne fermò l’auto davanti a casa, fu Nick il primo a scendere, mentre la donna stava ancora suonando il clacson per richiamare il marito all’esterno. Cassie sorrise, mentre scendeva a sua volta dall’auto. Nick adorava Brian e smaniava dalla voglia di poterlo aiutare. Anche se non glielo aveva mai detto apertamente, la ragazza sapeva che il marito soffriva per il fatto che il loro rapporto si fosse deteriorato con gli anni, anche se era stata principalmente colpa dello stesso Nick, che si vergognava di alcuni suoi atteggiamenti, che non riteneva all’altezza degli standard imposti dall’amico. Segretamente, Nick sognava che le cose, tra loro, tornassero come un tempo. Voleva che lui e Brian fossero di nuovo Frick e Frack, i migliori amici di cui tutti invidiavano il legame. Cassie sperava che il suo desiderio potesse avverarsi. Quello sì che sarebbe stato uno splendido regalo di Natale.

La porta di casa si aprì e comparve Brian, pantaloni della tuta e felpa col cappuccio bianca. Alzò lo sguardo, scrutando in giro per capire cosa diavolo avesse portato a casa sua moglie di così ingombrante da richiedere il suo aiuto per essere portato in casa, e restò letteralmente a bocca aperta quando si trovò davanti il viso sorridente dell’amico, che gli andò incontro, spalancando le braccia.

Senza che potesse controllarlo, l’espressione corrucciata che aveva quando era uscito di casa, si distese in uno di quei sorrisi che Cassie aveva sempre trovato magnetici perché, pur riducendogli gli occhi a due fessure, riuscivano allo stesso tempo a farglieli brillare di una luce che gli illuminava tutto il viso e che scaldava letteralmente il cuore. Anche Nick lo notò e ne fu felice. Era un pezzo che non vedeva sorridere così l’amico.

I due ragazzi si abbracciarono e Nick lo salutò usando il nomignolo che gli avevano affibbiato gli altri ragazzi e che gli mancava così tanto poter usare. “Ciao, Frick”.

“Cosa ci fate qui?” chiese Brian, stupito ma visibilmente contento della sorpresa.

“Passiamo le feste con voi” rispose Nick, pratico.

“Sì, ma...perché?” insistette Brian. Poi, accortosi che la sua curiosità poteva essere male interpretata, aggiunse “Cioè, non che non mi faccia piacere, ma…”

Nick sorrise e lo interruppe, spiegando “Qualcuno mi ha fatto notare che, forse, potresti avere bisogno di un amico, quindi...sono qui”.

Brian gli rivolse uno sguardo sorpreso e, lanciando un’occhiata alle sue spalle, dove Cassie stava aspettando il suo turno per salutarlo, ferma accanto a Leighanne, domandò “Cassie?”

Nick annuì e rispose “Chi se no?”

Brian abbracciò nuovamente l’amico e, sentendosi gli occhi pizzicare dall’emozione e sforzandosi di trattenere le lacrime, bisbigliò “Grazie”.

Non sapeva come ci fosse riuscito, dato che aveva fatto attenzione a non lasciare trasparire nulla, ma era chiaro che Nick doveva aver intuito che qualcosa non andava. La cosa non lo stupiva affatto. Lui e Nick avevano sempre avuto un legame speciale e, tra tutti, Nick era sempre stato quello più attento ai suoi comportamenti, quello a cui era difficile nascondere qualcosa. Anche più di Kevin, che lo conosceva da sempre. Quello che, invece, lo stupiva era che l’amico avesse realizzato che l’avrebbe voluto al suo fianco. Era vero, ma non gliel’aveva mai fatto capire, un po’ per vergogna – non voleva che Nick lo vedesse così vulnerabile – e un po’ per orgoglio. Tutti si erano accorti che il loro rapporto non era più quello di un tempo e che, ultimamente, Nick preferiva confidarsi con Howie piuttosto che con lui. Anche se non voleva darlo a vedere, Brian ci era rimasto male. Gli mancava il suo amico, il suo fratellino, come aveva sempre considerato Nick, e non capiva cosa fosse successo tra loro. Aveva passato mesi a chiedersi cos’avesse fatto per perdere il posto d’onore nel cuore dell’amico, ma non era riuscito a darsi una risposta. Forse, Nick era semplicemente cambiato, era cresciuto e non aveva più bisogno di una guida, di qualcuno a cui appoggiarsi e da cui farsi indirizzare, com’era stato lui, un tempo. Forse, adesso, aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse senza giudicarlo e senza dirgli cosa fare, semplicemente accogliendo le sue confidenze, e Howie era più nelle sue corde. Però gli mancava. Gli mancavano le loro chiacchierate, le ore passate a progettare scherzi ai danni di Kevin o Alex, i pomeriggi a giocare a basket, tra una prova e l’altra. E gli mancava anche coccolarlo, preparargli la cioccolata calda o il tè, mentre lo ascoltava strimpellare sulla chitarra, orgoglioso di essere stato lui a insegnarglielo. Per questo, e per mille altre ragioni simili, vederlo lì, e sapere che l’aveva fatto per lui, gli riempiva il cuore di gioia. Leighanne aveva trovato la scusa del regalo di Natale per fargli una sorpresa, ma non sapeva che avere Nick con lui era davvero il più bel regalo di Natale che Brian potesse ricevere. O, forse, invece lo sapeva, così come lo sapeva Cassie, che aveva dato l’idea a Nick. E l’avevano fatto apposta.

Ancora stringendolo nell’abbraccio, Nick rispose “È un piacere” e Brian ebbe la certezza che le cose, tra loro, sarebbero presto migliorate.

 

Terminata la cena, Leighanne salì al piano di sopra per assicurarsi che Baylee fosse andato a letto, mentre Brian, Nick e Cassie si spostarono in salotto e si sedettero a sorseggiare il caffè sul divano. Tutti sapevano che era arrivato il momento della verità e nell’aria si respirava una certa tensione. Dopo aver bevuto un paio di sorsi, Brian posò la tazza sul tavolino di fronte al divano e alzò lo sguardo sugli amici, seduti di fronte a lui.

“Vi devo delle spiegazioni” annunciò.

“Solo se ti va di parlarne, Bri” lo rassicurò Cassie, con un sorriso.

Brian ricambiò il sorriso e annuì. “Non posso nasconderlo per sempre e parlarne mi farà bene” osservò. Poi prese un respiro profondo e iniziò a spiegare.

“Si chiama disfonia da tensione muscolare e succede quando i muscoli attorno alle mie corde vocali tentano in qualche modo di strangolarmi, bloccano il passaggio dell’aria e non permettono alle corde vocali di funzionare come dovrebbero. Come se non bastasse, c’è anche un altro problema, che si è aggiunto a quello. Si chiama distonia ed è un segnale neurologico che il cervello invia alla voce per farla funzionare. Nel mio caso, a volte, quel segnale non arriva, o arriva in ritardo e, semplicemente, la voce non esce. E, quando esce, non è detto che sia come dovrebbe essere perché, spesso, i muscoli stringono talmente tanto sulle corde vocali, che mi manca l’aria e tutto quello che riesco a fare è boccheggiare per riuscire appena a respirare. Non è sempre così, fortunatamente. Ho giorni buoni, e giorni cattivi. E non dipende da cosa faccio o non faccio, non cambia la situazione in cui sono o quanto sono stanco. Succede e basta e non posso controllarlo. O, almeno, non del tutto. Ho iniziato una terapia che, in parte, sembra aiutare, ma la verità è che non c’è una cura ed è qualcosa con cui dovrò fare i conti per tutto il resto della mia vita”.

Nick e Cassie non dissero nulla, si limitarono a fissare l’amico, scioccati da quella rivelazione. Nick sapeva che qualcosa non andava, ma non aveva capito l’entità del problema fino a quel momento. Si vergognava ad ammetterlo ma, da una parte, era sollevato. Stava malissimo all’idea che Brian dovesse avere a che fare con una malattia così infida e subdola, ma, nel profondo del suo cuore, era felice che si trattasse di qualcosa che non metteva a rischio la vita dell’amico. L’ansia di aver intuito che ci fosse qualche problema ma di non sapere cosa fosse, l’aveva portato a immaginare le cose più assurde, tra cui un tumore incurabile a qualche tratto dell’apparato respiratorio. Per quanto l’idea di Brian senza la sua bellissima voce lo devastasse, sarebbe riuscito a sopportarlo, in qualche modo. Quello che sicuramente non poteva sopportare, invece, era perdere una delle persone più importanti della sua vita. Aveva già dovuto fare i conti con quella sensazione di ansia e impotenza una volta, nella sua vita, quando l’amico aveva dovuto sottoporsi a un rischioso intervento al cuore, e non avrebbe retto una seconda volta. Ovviamente, si guardò bene dal condividere quelle riflessioni con Brian, dato che, dalla sua espressione disperata, era chiaro che, invece, per lui quello scenario fosse quanto di più terribile avrebbe mai potuto succedergli.

Fu Cassie a rompere il silenzio, domandando, con un filo di voce “Ha a che fare con lo stress, o…”

“Non esattamente,” rispose Brian “anche se, in parte, influisce. L’idea di non essere in grado di cantare come la gente si aspetta che faccia, mi provoca una forte tensione emotiva, che va ad aggiungersi a quella che già comprime i muscoli sulle mie corde vocali. Ma non è strettamente legato allo stress”.

“Fa male?” chiese ancora la ragazza, visibilmente preoccupata per l’amico.

Brian scosse la testa. “Di solito no. Succede solo a volte, nei giorni peggiori. È come quando tenti di parlare con il mal di gola”.

“Come hai fatto in tour?” gli domandò Nick, ritrovando, finalmente la forza di parlare.

“Come ho fatto a non farvelo capire, intendi?” ribatté Brian, con un sorriso tirato.

Nick annuì.

“Fortunatamente non va a inficiare le mie performance sulle note alte” spiegò il ragazzo. “Fatico solo sulle parti basse e a parlare. Quindi sono riuscito a dissimulare piuttosto bene”. Poi, fissando gli occhi in quelli di Nick, aggiunse “Ma non abbastanza da ingannare te, evidentemente”.

Il ragazzo abbassò lo sguardo e ammise “È un po’ che mi sono accorto che qualcosa non andava e avrei voluto parlartene, ma mi sfuggivi sempre”.

Brian si lasciò scappare una risata amara, carica di tensione. “Immaginavo che avessi intuito qualcosa e ti evitavo di proposito” confessò.

Nick gli rivolse uno sguardo ferito e l’amico si affrettò a precisare “Non ce l’avevo con te, al contrario. Ero molto colpito dal fatto che te ne fossi accorto. Ma faticavo ad accettarlo – fatico ancora, a dire il vero – e non mi andava di parlarne. Non ero pronto. Non lo sono nemmeno adesso”.

“Non puoi tenerti dentro una cosa così grossa, Brian” sbottò Nick, incredulo. “Devi lasciarti aiutare”.

“Nessuno può aiutarmi, Nick. Non c’è niente da fare. La situazione è questa e non cambierà. Era inutile parlarne, a cosa sarebbe servito? Vi avrei solo fatto preoccupare per niente” replicò Brian, secco.

“Prima o poi sarebbe venuto fuori” osservò Nick, cercando di mantenere un tono calmo.

“Infatti è successo” commentò Brian. “Te ne sei accorto e mi hai costretto a tirare fuori tutto”.

Nick rimase offeso dall’affermazione dell’amico. Sembrava quasi che lo accusasse di averlo obbligato a confessare il suo problema. Ma non poteva pensare di tenerlo nascosto ancora a lungo, non a lui e ai ragazzi, che erano la sua seconda famiglia, diamine! Perché doveva essere così ottuso e orgoglioso?

“Io...scusa. Non volevo forzarti. Credevo che parlarne ti avrebbe fatto bene” farfugliò, ferito.

“E avevi ragione” concordò Brian. “È stato difficile e doloroso ma, adesso che è venuto fuori, sono più rilassato e mi sento meglio all’idea di non dovermi più nascondere”.

Nick tirò un sospiro di sollievo alla dichiarazione dell’amico. Allora non ce l’aveva con lui.

Restarono tutti e tre a fissarsi per un lasso di tempo indefinito, ognuno perso nei propri pensieri, Nick che si stropicciava nervosamente le mani, Cassie che stringeva la sua tazza di caffè come se da essa dipendesse il destino dell’umanità e Brian lasciando vagare lo sguardo per la stanza, per poi spostarlo sulle sue mani, che torturavano le pieghe dei pantaloni. Poi, probabilmente incapace di sostenere ulteriormente quella tensione, Brian si alzò dal divano e propose “Sarete esausti, dopo il viaggio. Venite, vi faccio vedere la vostra stanza così, se volete, potete andare a riposarvi”.

I due ragazzi si alzarono e lo seguirono su per le scale, senza proferire parola. La questione era ben lontana dall’essere stata affrontata a dovere, ma era chiaro che Brian ne aveva avuto abbastanza, per quella sera, e né Nick né Cassie volevano costringerlo a sviscerare il problema finché non si fosse sentito pronto a farlo. Così si salutarono davanti alla porta della stanza degli ospiti, dandosi appuntamento per il giorno seguente, che sarebbe stata la vigilia di Natale, e fingendo che tutto fosse assolutamente a posto. Quando si richiusero la porta alle spalle, però, Cassie guardò Nick e nei suoi occhi lesse lo stesso dolore e la stessa preoccupazione che sentiva nel proprio cuore. Erano entrambi affranti per l’amico e sapevano che dormire, quella notte, sarebbe stato estremamente difficile.

 

Cassie scrutò attentamente il viso di Nick, assicurandosi che avesse davvero gli occhi chiusi. Facendo attenzione a non svegliarlo, allungò una mano, fino a sfiorargli il polso, dove teneva lo smart watch collegato al telefono, che non toglieva mai, nemmeno per andare a dormire. Sotto il tocco leggero del suo polpastrello, il display si accese, facendo comparire l’ora. Cassie sospirò, soddisfatta, notando che erano finalmente giunte le sette di mattina, un orario sufficientemente accettabile per alzarsi. Come aveva previsto, né lei né Nick avevano praticamente chiuso occhio tutta la notte. Il ragazzo, però, era poi crollato verso le cinque di mattina, cadendo in un sonno profondo che continuava ancora e Cassie era felice che, almeno lui, fosse riuscito a recuperare qualche ora di sonno. Dal canto suo, ormai aveva perso le speranze e non vedeva l’ora di potersi alzare dal letto per andare a prepararsi una tazza di caffè. Con movimenti eccessivamente lenti e controllati, in modo da non disturbare il sonno di Nick, rotolò su se stessa e mise i piedi sulla moquette del pavimento. Poi si infilò un paio di pantaloni della tuta e una felpa di Nick, che praticamente le faceva da vestito, sopra alla maglietta che usava per dormire, e, senza nemmeno mettersi le ciabatte, per paura di fare rumore, uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle e dirigendosi verso il piano di sotto, dove si trovava la cucina.

Arrivata in soggiorno, si avvicinò all’albero di Natale dove, la sera prima, aveva sistemato i regali che lei e Nick avevano portato per i Littrell. Ci mise un attimo a localizzare il pacchetto che stava cercando, al buio, ma alla fine lo trovò. Sentendosi un pochino in colpa, strappò la carta con gli alberelli glitterati e ne estrasse il contenuto, lasciandosi sfuggire in sorrisino soddisfatto. Era molto ligia sulle regole natalizie e una delle più importanti prevedeva che i regali non dovessero essere aperti prima del giorno di Natale, per nessun motivo. A maggior ragione quelli degli altri. Ma era un’emergenza. Dopo la notte in bianco, era certa che non sarebbe riuscita ad affrontare la giornata senza una tazza di caffè serio, non quella brodaglia scura che gli Americani si ostinavano a considerare tale. Cassie si era sempre sentita molto più americana che italiana, ma se c’era una cosa che aveva appreso, vivendo in Italia, era apprezzare il caffè preparato con la moka. Per quello aveva deciso di regalarne una a Brian. Sapeva quanto l’amico amasse il caffè e sospettava che, se solo ne avesse avuta la possibilità, anche lui si sarebbe convertito al caffè italiano. Era quello che era andata a cercare sotto l’albero. Il regalo per Brian. La moka italiana.

Entrando in cucina, con la macchinetta tra le mani, guardò l’orologio appeso alla parete e sorrise. Le sette e venti. Conoscendo il padrone di casa – e poteva dire di conoscere abbastanza bene le sue abitudini, dopo tutto il tempo passato in tour con i ragazzi – tra poco si sarebbe svegliato anche lui. Brian era sempre stato un tipo mattiniero, a Cassie dava l’idea che avesse troppa energia e non riuscisse a contenerla per troppo tempo consecutivo, senza sfogarsi in qualche modo. Sicuramente sarebbe stato felice di essere accolto con una buona tazza di caffè appena fatto, senza contare che se la sarebbe presa meno per il saccheggio del suo regalo.

Brian guardò la sveglia sul comodino e si accorse che segnava le sette. Finalmente. Non aveva chiuso occhio tutta la notte, ma c’era da aspettarselo, dopo la conversazione avuta con Nick e Cassie. Gli dispiaceva e si sentiva in colpa per aver troncato la discussione in quel modo così poco educato, ma non ne poteva più. Aveva raggiunto il limite e sapeva che, se si fosse sforzato di continuare, avrebbe finito col mettersi a piangere davanti agli amici, cosa che era determinato a evitare con ogni mezzo. Confessare i suoi problemi era stata dura e sapeva che non era finita. Forse Cassie avrebbe capito e avrebbe lasciato correre, ma Nick non si sarebbe accontentato del misero scambio di battute della sera precedente. Avrebbe voluto sapete i dettagli, discutere le conseguenze e mettere a punto un piano per sistemare le cose. Come se fosse stato possibile. Brian capiva l’amico perché, al suo posto, probabilmente si sarebbe comportato allo stesso modo. Nick voleva aiutarlo e Brian ne era lusingato. Solo che non era possibile. Nessuno poteva fare nulla per sistemare le cose e farlo capire a Nick avrebbe richiesto una dose di energie che, al momento, il ragazzo non credeva di avere. Ripetendosi che, di sicuro, si sentiva così esausto per non essere riuscito a dormire, diede un bacio sulla fronte alla moglie, che dormiva beata accanto a lui e si alzò dal letto.

“Dove vai?” gli domandò Leighanne, con la voce impastata dal sonno.

“Scendo a farmi un caffè” rispose il marito. “Dormi, è ancora presto”.

Dopo essersi infilato una felpa sopra alla maglietta, Brian uscì silenziosamente dalla stanza, scendendo le scale che portavano al piano inferiore.

Arrivato in salotto, sentì un rumore provenire dalla cucina e si accorse subito di non essere solo. Con uno sguardo di rimprovero, si diresse verso la fonte del rumore, aspettandosi di trovare Baylee, che non riusciva più a dormire, sovreccitato all’idea della giornata che lo aspettava. Rimase, quindi, piuttosto sorpreso di vedere una figura bassina, avvolta in un’enorme felpa gialla, che di sicuro non apparteneva a lei, i capelli castani raccolti in uno chignon spettinato sulla nuca, che si aggirava scalza tra il lavello e i fornelli.

“Cassie?” farfugliò, sgomento.

La ragazza si voltò di scatto per vedere chi aveva parlato e, riconosciuto l’amico, lo salutò, sorridente “Buongiorno, Brian. E buona vigilia di Natale”.

Con gli occhi ancora spalancati, il ragazzo si accorse che l’amica aveva qualcosa in mano e, guardando meglio, riconobbe un aggeggio che aveva sempre visto solo in televisione. Incuriosito, si avvicinò, mentre Cassie si voltava di nuovo, aprendo l’acqua e ricominciando a trafficare con la macchinetta.

“Che ci fai sveglia a quest’ora?” le chiese Brian, appoggiando il sedere contro i fornelli e continuando a osservare i movimenti dell’amica.

Cassie gli rivolse un’occhiata furba e replicò “Potrei chiederti la stessa cosa”.

Brian si lasciò sfuggire un sospiro, che soffocava un’esclamazione di risentimento. Si era dimenticato che discutere con Cassie non era mai una passeggiata. La ragazza era in grado di ribattere a tono a qualsiasi sua affermazione ed era una delle poche persone al mondo capace di tenere testa a Brian in una discussione.

“Nottata difficile” rispose, rassegnato.

“Idem” concordò lei, con un mezzo sorriso.

Brian decise di cambiare argomento, evitando di addentrarsi nel terreno minato del perché avessero entrambi avuto una brutta nottata. Temeva di conoscere già il motivo.

“Che stai facendo?” domandò, senza staccare gli occhi dalle mani della ragazza che, dopo aver localizzato il caffè nella credenza, stava riempiendo un vano della macchinetta con gesti esperti.

“Preparo il caffè” disse lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Brian sollevò un sopracciglio e commentò “La macchina del caffè e dall’altra parte”.

“Lo so,” replicò Cassie, lanciandogli un’occhiata scocciata “ma sto usando la moka”.

Brian si avvicinò ulteriormente, per vedere meglio l’oggetto. “Da dove arriva?” chiese.

“Dall’Italia. Me la sono fatta mandare dai miei per te. In realtà doveva essere il tuo regalo di Natale, ma ho pensato che non ti dispiacesse se la mettevo in uso un giorno prima” confessò, con aria colpevole.

Brian si lasciò sfuggire un fischio di apprezzamento. “Caspita, sono colpito. Ti sei fatta mandare una moka dall’Italia solo per me?”

La ragazza si mise a ridere. “So quanto ti piace il caffè e ho pensato che fosse ora che iniziassi a bere caffè serio, invece della brodaglia che siete soliti bere qui”.

“Non dormirò più, così” osservò il ragazzo, in tono scherzoso.

Cassie gli rivolse uno sguardo scettico. “Non mi sembra che adesso tu riesca a dormire molto, comunque”.

A Brian scappò una risatina amara. “In effetti” ammise. “Comunque, grazie del pensiero. Molto apprezzato”.

Cassie sorrise e gli fece l’occhiolino. “Figurati. Lo sai che, a parte Alex che, per ovvie ragioni, avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, tu sei sempre stato il mio preferito”.

Brian strabuzzò gli occhi, sorpreso, ma allo stesso tempo lusingato da quel complimento. Poi decise di sdrammatizzare, com’era solito fare quando riceveva un apprezzamento sincero, che lo metteva in imbarazzo. “Wow. Tuo marito lo sa?”

Cassie rise di nuovo e lo rassicurò “Certo. È una delle cose che abbiamo in comune. Sei anche il suo preferito”.

Quelle parole colpirono Brian come un treno in corsa. Una volta, pensò. Ora preferisce Howie. Ma non disse nulla, si limitò ad abbassare la testa, distogliendo lo sguardo dagli occhi dell’amica.

Cassie si accorse della reazione di Brian e, dimenticando per un attimo il caffè, gli posò una mano sul braccio, richiamando la sua attenzione e facendogli rialzare immediatamente la testa, in modo da poterlo guardare negli occhi.

“So che la vostra amicizia ha avuto una serie di alti e bassi, molti dei quali per colpa di Nick che, diciamocelo, a volte sa essere proprio uno stronzo. E, se lo dico io che lo amo, puoi tranquillamente ammetterlo anche tu”.

Suo malgrado, Brian sorrise e ironizzò “Okay, non ti contraddirò, allora”.

Cassie ricambiò il sorriso e proseguì “Nonostante tutto, però, continui a essere il suo preferito. Il suo migliore amico, il fratello maggiore che non ha mai avuto, il suo punto di riferimento, la sua roccia. Il suo eroe”.

“Credevo fosse Howie il suo confidente, adesso” si lasciò sfuggire Brian, senza riuscire a nascondere una punta di risentimento.

Cassie annuì e confermò “Lo è. Ma solo perché non può avere te”.

Brian spalancò gli occhi. “Ma certo che può avere me. Ha sempre potuto avermi, bastava che facesse un passo avanti”.

Cassie fece ruotare gli occhi. “Non serve che ti ricordi quanto è orgoglioso, vero? Anche perché tu sei esattamente uguale”.

“Touché” commentò il ragazzo, con un mezzo sorriso.

“E poi ha paura di averti deluso” aggiunse lei, in un sussurro.

“Deluso? E perché?” domandò Brian, confuso. Nick non l’aveva mai deluso, gli voleva troppo bene per poter fare qualcosa che potesse deluderlo. Cosa gliel’aveva fatto pensare?

“Per la storia dei sonniferi” rispose Cassie, seria.

Brian si strinse nelle spalle e minimizzò “È stato un incidente, non può avermi deluso per quello”.

Cassie non replicò subito. Restò a fissare Brian, poi prese un respiro profondo, quasi dovesse prepararsi a fare una confessione davanti a un giudice, e disse “Non è stato un incidente, Bri. Non raccontiamoci frottole. Io lo so, tu lo sai. E Nick sa che tu lo sai”.

Brian restò a fissare l’amica per quella che gli parve un’eternità. Non sapeva cosa dire. Uno dei suoi più tremendi sospetti aveva finalmente trovato conferma. Brian si era domandato per mesi, forse anni, se l’episodio di overdose da sonniferi di Nick fosse veramente stato solo un incidente, dettato dalla stanchezza e da un’estrema distrazione, o se ci fosse stato qualcos’altro dietro, qualcosa di molto più serio e grave, a cui Brian non voleva nemmeno pensare, ma non riusciva a farne a meno. Ora che i suoi dubbi erano stati fugati, però, il ragazzo si ritrovò a pensare che avrebbe preferito non sapere, perché il dubbio era di gran lunga preferibile all’idea che il suo amico fosse stato così disperato da prendere in considerazione l’idea di togliersi la vita. E, soprattutto, l’incertezza era preferibile al rimorso di non aver realizzato la gravità della situazione, con cui avrebbe dovuto convivere adesso che sapeva com’erano andate le cose. Sentendo gli occhi di Cassie fissi nei suoi, prese coraggio e si decise a parlare.

“L’ho sempre sospettato, ma non potevo esserne certo” ammise.

“Adesso lo sei. A me l’ha confessato subito, ma non ha voluto che te lo dicessi” si giustificò la ragazza.

“Perché?” volle sapere Brian.

“Ha detto che non voleva farti preoccupare, ma credo che la verità fosse che si vergognava di non essere stato forte come te” gli spiegò.

Brian si lasciò scappare un gemito di disperazione. “Io non sono forte”.

“Sì, invece. Lo sei” obiettò Cassie. “Ma ci si stanca a essere sempre forti, Bri. E va bene così”.

Brian rivolse all’amica uno sguardo indagatore. “Cosa stai cercando di dirmi?”

Cassie sospirò. “Che non sei da solo. Che noi ci siamo. Nick c’è – in quel suo modo confusionario e totalmente privo di tatto che, spesso, fa andare su tutte le furie – e vuole stare vicino al suo amico che, ora, ha bisogno di lui. E anch’io ci sono. Da esterna, certo, ma a volte è più facile parlare con qualcuno che non è coinvolto direttamente. Quindi, in sostanza, chiamami quando vuoi sfogarti. Quando va tutto male e vorresti crollare, ma non puoi far cadere la maschera di impassibilità che hai messo su per rassicurare gli altri. Quando i continui consigli di Kevin ti fanno venire la nausea. Quando vorresti prendere a pugni Howie e Alex perché non si esprimono mai per paura di dire la cosa sbagliata. Quando i goffi tentativi di Nick di starti vicino saranno così disastrosi che litigherete – e so che succederà, lo conosco. Io ci sono. Non posso fare niente per sistemare la tua voce, ma posso ascoltarti. E, se non hai voglia di parlare, posso anche solo farti compagnia mentre piangi al telefono”.

Quelle parole, così semplici e sincere, colpirono Brian nel profondo, facendogli venire le lacrime agli occhi. Non sapeva come ci fosse riuscita, dato che nemmeno lui aveva ancora ben chiaro quale reazione avrebbe preferito avere da parte dei suoi amici, ma Cassie gli aveva detto esattamente quello che lui voleva sentirsi dire, e Brian se n’era reso conto solo nel momento il cui la ragazza aveva parlato. Era un ragionamento contorto ma, per qualche ragione, nella sua testa aveva perfettamente senso.

Ancora scosso, decise di prendere tempo, prima di rispondere seriamente all’offerta di aiuto di Cassie, e si concentrò su un particolare, che l’amica aveva citato nel suo discorso, e che alle orecchie di Brian era suonato particolarmente stonato.

“Non sei un’esterna, Cassie. Hai sempre fatto parte della famiglia allargata dei Backstreet Boys fin dall’inizio e, adesso che hai sposato Nick, sei ufficialmente una del clan”.

Cassie sorrise, grata di essere considerata parte della famiglia. “Ti ringrazio. Ma, quello che volevo dire è che, a me, personalmente, se Brian Littrell sbalordirà il pubblico con la sua splendida voce, durante il prossimo tour, oppure si farà prendere da un attacco di panico alla prima nota che esce strozzata, non cambia nulla. O, meglio, cambia il fatto che ho sempre adorato la tua voce, e mi dispiacerebbe non poterla più sentire, e cambia anche che odio vederti stare male, perché sei mio amico e ti voglio bene, ma non cambierà certo l’affetto e la stima che provo per te”.

Brian sospirò, commentando “Se solo la pensassero tutti come te”.

“La pensano come me. Fidati” lo rassicurò lei. “Nessuno ti ama di meno perché non canti più come un tempo”.

Non sapendo nemmeno lui da dove gli erano uscite quelle parole, che non aveva mai trovato il coraggio di confessare a nessuno, Brian replicò “Io mi amo di meno”.

Cassie non rispose subito, guardò l’amico negli occhi e Brian percepì una sorta di connessione, come se la ragazza riuscisse a sentire il suo dolore. Poi Cassie parlò.

“E su questo devi lavorare”

“Come?” chiese Brian, sincero, ormai abbandonata ogni vergogna e reticenza nel discutere del suo problema e delle sensazioni che gli suscitava quella situazione in cui si era trovato costretto a vivere.

“Non sono una terapeuta, ma inizierei a chiedermi perché ti ami di meno” propose lei, pratica.

Brian non dovette riflettere a lungo per trovare la risposta a quella domanda. Se l’era chiesto così tante volte, che sapeva esattamente il motivo.

“Perché cantare è il mio lavoro, la mia passione, la mia vita. È ciò che mi definisce e, se non posso farlo al meglio, allora non valgo più niente”.

Cassie fece un passo avanti e posò le mani sulle spalle dell’amico, fissando gli occhi grigi in quelli azzurri di Brian.

“Non puoi farti definire dal tuo lavoro, Bri, per quanto adori farlo. Tu sei una persona, che canta per lavoro e per passione, e quella persona non vale di meno solo perché non canta più come vent’anni fa” lo rimproverò. “Inoltre, non è vero che non lo stai facendo al meglio. Lo stai facendo al meglio che puoi in questo momento, per quelle che sono le tue possibilità, dettate da questa condizione con cui devi fare i conti. Nessuno potrà mai accusarti di non impegnarti abbastanza”.

“Non credo che lo faranno, infatti” convenne il ragazzo, immaginando la reazione degli altri componenti del gruppo quando l’avessero saputo. “Saranno tutti molto comprensivi e pronti a incoraggiarmi e supportarmi”.

Cassie gli rivolse un sorriso di incoraggiamento. “Lo immagino. Quindi non devi accusarti nemmeno tu. Ce la stai mettendo tutta”.

Brian rifletté un attimo prima di dare voce a una delle sue paure più profonde. Ci rifletté, domandandosi se fosse il caso di scaricare un peso così grande sulle spalle dell’amica. Poi si disse che era stata proprio Cassie a spronarlo ad aprirsi con lei, in quel suo modo spontaneo e sincero, che riusciva a mettere chiunque a proprio agio, quindi sì, ne valeva la pena.

Chiuse leggermente gli occhi e si decise a confessare “E se le cose non tornassero come prima?”

Sentì le mani della ragazza aumentare la presa sulle sue spalle e aprì di nuovo gli occhi, per poter osservare la sua reazione. “Continuerai a fare il meglio che puoi con quello che hai a disposizione. E tutti ti vorranno sempre bene” sentenziò Cassie, convinta.

Brian si limitò a fissarla, ancora cercando di elaborare quanto gli aveva appena detto. Cassie riusciva a trasmettergli una tale sicurezza che, detto da lei, tutto sembrava semplice e immediato. Le sorrise, incerto, e lei fece lo stesso. Poi, Brian notò un guizzo divertito nello sguardo della ragazza e si preparò a una delle sue battute, che faceva sempre per alleggerire la tensione, quando una situazione diventava troppo seria. Era un suo tratto distintivo, Brian lo sapeva. Era sempre stata così, fin da ragazzina. Infatti, quando aprì di nuovo la bocca per parlare, fu per prenderlo in giro.

“Oppure puoi mollare tutto e inaugurare il tuo comedy show personale. A me hai sempre fatto tanto ridere”.

Per tutta risposta, Brian scoppiò a ridere e abbracciò la ragazza, nascondendo il viso tra i suoi capelli.

“Grazie, Cassie” le sussurrò. “Sei la scelta migliore che Nick abbia mai fatto in vita sua”.

“Spero lo pensi anche lui” ironizzò lei, lasciandosi scappare una punta di quella insicurezza che la accompagnava sempre e che la rendeva, per certi versi, così simile a Nick da far risultare ovvio come quei due si fossero perdutamente innamorati l’uno dell’altra.

“Ne sono certo” la rassicurò Brian, sciogliendo l’abbraccio.

Cassie non gli permise di allontanarsi troppo e lo trattenne per un polso. “Ehi, guarda che mi aspetto delle telefonate” lo avvisò.

Brian distolse lo sguardo. Non sapeva se sarebbe veramente riuscito a chiamarla ogni volta che avesse avuto bisogno di sfogarsi con qualcuno e non voleva prometterle qualcosa che non era certo di riuscire a mantenere.

“Non voglio buttarti addosso i miei problemi” farfugliò, cercando di tirarsi indietro.

Cassie aumentò la stretta sul suo polso e sentenziò “Spero che tu stia scherzando. Sei stato un angelo con me, durante quel brutto periodo in cui avevo lasciato Nick, adesso è il mio turno di fare l’amica. Quindi chiama, per favore. Piangi, urla, analizza ogni dettaglio fino allo sfinimento. Non importa. Solo, non ostinarti a tenerti tutto dentro e a voler affrontare questa cosa da solo. Io non sono Nick, non ti ho mai considerato il mio eroe. Non devi mantenere uno standard. Con me puoi permetterti di essere umano e ammettere di avere bisogno di aiuto. Non ti stimerò di meno, anzi”.

Brian non potè fare a meno di sorridere e annuire. “Okay. Promesso” cedette.

Cassie sorrise a sua volta ma, invece di lasciargli andare la mano, lo tirò verso di lei e annunciò “E adesso ti insegno a usare la moka, così puoi farti del caffè decente”.

 

Nel pomeriggio, mentre Cassie e Leighanne preparavano i biscotti con Baylee, Nick e Brian decisero di scendere nel seminterrato, dove i Littrell avevano un vero e proprio campo da basket, di cui Brian andava terribilmente orgoglioso, per fare due tiri a canestro, in attesa che si facesse l’ora di cena. Durante una pausa per riprendere le forze e giocare il secondo round, Nick decise che era un buon momento per riprendere il discorso lasciato a metà la sera prima.

“Cos’hai intenzione di fare, Bri?” chiese all’amico.

Brian lo guardò con tanto d’occhi. “In che senso?”

“Dobbiamo iniziare a registrare l’album” gli ricordò Nick, sperando che l’amico capisse dove voleva andare a parare senza obbligarlo a essere troppo esplicito.

Fortunatamente per lui, Brian colse il riferimento e gli rivolse un sorriso triste. “Stai parlando della mia voce, immagino”.

Nick annuì.

Brian sospirò e alzò le spalle. “Immagino che farò quello che ho sempre fatto. Il mio lavoro. Canterò le mie parti, e non importa se ci metterò il doppio o il triplo del tempo per farle venire bene”.

Nick rivolse all’amico uno sguardo preoccupato e aprì la bocca, ma Brian non gli permise di parlare.

“Non dirmi di riposarmi e di smettere di cantare per un po’ perché non mi aiuta. Anzi, mi fa stare peggio” gli intimò, immaginando cosa stesse per proporgli Nick.

Il ragazzo, però, scosse la testa e gli assicurò “Non ci ho pensato nemmeno per un minuto. Non voglio smettere di sentirti cantare, Bri, anche se la tua voce non è più quella di un tempo. Sei comunque la voce del gruppo, il nostro Michael Jordan. I Backstreet Boys non esistono, senza di te”.

Brian gli sorrise, commosso dalle sue parole, e decise di lasciarsi un po’ andare con lui, confessandogli parte delle sue paure. “La mia voce è la mia vita. Ma è difficile essere la voce di un gruppo quando non hai una voce”.

Nick annuì. “Lo capisco. O, meglio, forse non lo capisco del tutto, ma posso immaginarlo. Ma non sei da solo, Bri. Io ci sono, i ragazzi ci sono e, quando glielo dirai, non ci penseranno due volte a darti il loro sostegno. Ce la farai”.

“Non è una cosa che posso risolvere, Nick” replicò Brian, sospirando. “Dovrò farci i conti per tutta la vita. Ci saranno giorni buoni e giorni cattivi. Sempre. Non cambierà”.

Forse era stato un po’ duro, ma voleva che Nick avesse ben chiara la situazione, specialmente dato che insisteva per stargli vicino. Doveva sapere a cosa andava incontro.

“Ma la terapia può aiutare, no?” gli chiese il ragazzo più giovane, titubante.

Brian scosse la testa, sconsolato. “La terapia mi aiuta a tenerlo sotto controllo, ma non mi farà tornare la voce” spiegò.

Nick gli posò una mano sulla spalla e lo guardò fisso negli occhi. “Non deve farti tornare proprio niente. La tua voce è lì, non se n’è mai andata. Devi solo capire come farla venire fuori di nuovo”.

“E se non tornasse?” domandò Brian, distogliendo lo sguardo dal viso dell’amico.

Aveva deciso di aprirsi con Nick perché ne sentiva la necessità e perché la chiacchierata con Cassie gli aveva fatto capire che, forse, se il loro rapporto non era più quello di un tempo, non poteva dare solo la colpa a Nick. Se l’amico credeva di averlo deluso, forse era perché Brian non gli aveva mai fatto capire quanto, invece, fosse orgoglioso di lui, quanto si fidasse di Nick e quanto la loro amicizia fosse importante per lui. Ma questo non rendeva le cose più semplici e parlargli a cuore aperto, mettendo sul tavolo tutti i suoi dubbi e le sue paure, faceva male.

“Tornerà” gli assicurò Nick, stringendo leggermente di più la presa sulla sua spalla.

Brian annuì, sforzandosi di credere alle parole dell’amico, ma non potè fare a meno di obiettare “Ma mettiamo che non lo faccia”.

Nick prese un respiro profondo e, prima di rispondere, gli rivolse un timido sorriso, che a Brian riportò alla mente il ragazzino dodicenne che aveva conosciuto tanti anni prima e che gli si era presentato tutto sorridente, con la sua vocina ancora infantile, e un disperato desiderio di essere accettato. Quel ragazzino di cui lui si era metaforicamente innamorato all’istante, adottandolo come il fratello minore che non aveva mai avuto e decidendo che se ne sarebbe preso cura. In certi momenti, come quello, Nick aveva delle espressioni che gli facevano ricordare quanto, in effetti, non fosse poi molto diverso da allora. Anche se era cresciuto, era maturato e, ormai, non aveva più bisogno di stare sotto l’ala protettiva di Brian, Nick continuava a bramare l’affetto e l’approvazione del maggiore.

“Allora troveremo una soluzione” disse, serio e sicuro.

“Non voglio rinunciare alle mie parti da solista” mise subito in chiaro Brian, prima che a Nick venisse anche solo in mente di proporglielo. Era troppo orgoglioso e possessivo per cedere le sue strofe a qualcun altro.

“E nessuno te lo chiederà” lo rassicurò Nick. “Ripeterai le tue parti finché la voce non si deciderà a collaborare. Sarà lungo, sarà estenuante, sarà frustrante, ma so che puoi farcela”.

“E quando saremo in tour?” insistette Brian, ormai deciso a essere onesto al cento per cento con Nick. D’altra parte, quelle che stava sollevando erano le stesse obiezioni che, sapeva, gli avrebbero sollevato gli altri ragazzi e i loro manager, quindi tanto valeva discuterne subito con l’amico. “Dal vivo non posso rifare le parti. Buona la prima”.

Nick annuì, facendogli intendere che capiva benissimo il problema, ma si affrettò a proporgli anche una soluzione. “Ma ti possiamo aiutare. Io e Howie possiamo farti da supporto vocale e subentrare non appena ci accorgiamo che non ce la fai. Però devi permetterci di farlo, Bri. Dici sempre che siamo una famiglia. Le famiglie si aiutano e si supportano tra loro. Lasciaci aiutarti”.

Brian fece sì con la testa, ma non rispose. Era talmente commosso dalle premure dell’amico, che non sapeva se sarebbe riuscito a fare uscire la voce. E, per una volta, il groppo in gola che sentiva non aveva nulla a che fare con la sua condizione. Si sporse verso Nick e lo abbracciò, sussurrandogli “Grazie, Frack. Mi sei mancato”.

Nick, per quanto colto di sorpresa dal gesto di Brian, si riscosse subito. Lo strinse a sua volta e confessò “Anche tu, Frick”. Ed era vero. Brian gli era mancato da morire. O, meglio, gli era mancato il rapporto speciale che li legava.

I due ragazzi restarono abbracciati per un po’, incuranti del fatto che, dall’esterno, quella situazione potesse risultare inappropriata. Nessuno avrebbe potuto vederli, al sicuro nel sotterraneo dei Littrell, e, in ogni caso, avevano entrambi bisogno di un contatto fisico a suggellare la loro ritrovata amicizia. Poi, Brian si allontanò e guardò Nick negli occhi.

“Sono orgoglioso di te, lo sai? Anche se non te l’ho mai detto” dichiarò, serio.

Nick spalancò gli occhi, sorpreso da quell’apprezzamento inaspettato, ma anche segretamente commosso.

“Davvero?” domandò, incredulo. Rendere Brian orgoglioso era stato per anni lo scopo principale della sua vita e l’idea di non esserci riuscito costituiva uno dei suoi più grandi rimorsi. Le parole sincere dell’amico, quindi, avevano riacceso in lui una ritrovata speranza.

Brian annuì e confermò “Davvero. Il mio fratellino è cresciuto ed è diventato un uomo sensibile, generoso e responsabile. Mi dispiace solo di essermelo perso”.

Nick scosse velocemente la testa, come a voler scacciare un pensiero molesto, e si affrettò a replicare “Non è stata colpa tua. Sono io che…”

“Perché ti sei allontanato?” lo interruppe Brian, non riuscendo più a tenersi dentro quella domanda. Erano anni che voleva chiederglielo e adesso era finalmente arrivato il momento. Doveva sentirselo dire, ne aveva bisogno per poter ricostruire il rapporto con Nick.

Nick abbassò lo sguardo sulle sue scarpe e rispose, in un sussurro “Mi vergognavo”.

“Di cosa?” gli chiese Brian, desideroso di fare chiarezza.

“Di non essere stato forte abbastanza” confessò Nick. “Di averti deluso”.

“Non mi hai deluso” lo rassicurò il maggiore. E lo pensava veramente. Non avrebbe mai potuto deluderlo. Mai.

Sul viso di Nick si formò un sorriso amaro. “Lo dici solo perché non sai quello che ho fatto. Se lo sapessi, saresti disgustato”.

Brian gli posò una mano sul braccio, costringendolo a guardarlo negli occhi, poi disse, semplicemente “Ma lo so”.

Nick gli rivolse uno sguardo a metà tra l’incredulo e lo sconvolto. “Lo sai?”

Brian annuì.

“C-come…?” farfugliò Nick, incapace di formulare la domanda che scalpitava nel suo cervello per essere posta.

Brian capì cosa voleva sapere l’amico e gli rispose comunque. “L’ho sempre sospettato, dentro di me. Poi Cassie me l’ha confermato”.

Nick sospirò e rivolse al ragazzo uno sguardo contrariato.

Brian indovinò cosa gli stava passando per la testa e andò in difesa di Cassie, verso cui si stava rivolgendo l’ira di Nick. “Non prendertela con lei, Nick. Ha fatto la cosa giusta. Non possiamo pensare di risolvere le cose tra noi se non siamo sinceri l’uno con l’altro”.

Nick si sentì punto nel vivo da quel rimprovero. Brian aveva ragione. Non poteva pretendere che l’amico fosse sincero con lui, riguardo alla sua condizione, se Nick per primo non si fidava a raccontargli del periodo più brutto della sua vita. Inoltre, il fatto che Brian volesse, per sua stessa ammissione, recuperare il loro rapporto, lo riempiva di gioia.

“Io...non volevo tenertelo nascosto, è che...mi vergognavo” tentò di giustificarsi.

“Ma di cosa?” esclamò Brian, incapace di capire come l’amico potesse crederlo così poco comprensivo.

“Di essere stato debole” confessò Nick, abbassando nuovamente lo sguardo.

Brian posò anche l’altra mano sul braccio di Nick e obiettò “Non sei stato debole, Nick. Eri ferito. Soffrivi terribilmente. È comprensibile che tu abbia cercato una via d’uscita, per così dire, facile”.

Nick scosse la testa. “Tu non l’avresti mai fatto”.

“Forse” ammise Brian, stringendosi nelle spalle. “Ma chi può dirlo?”

“Lo dico io” replicò Nick, deciso. “Il Brian che conosco, non si sarebbe mai arreso, come ho fatto io”.

“Il Brian che credi di conoscere tu” precisò il ragazzo. “Che poi è quello che io ho voluto farti conoscere. Perché quello vero stava per farlo, invece”.

Gli occhi di Nick, furono subito sull’amico, mentre chiedeva, con voce carica d’ansia “Stava per fare cosa?”

Brian capì subito cos’aveva immaginato Nick e lo tranquillizzò. “No, non quello che hai tentato di fare tu. Non potrei mai, lo sai. La mia fede me lo impedisce. Ma, prima che arrivaste tu e Cassie a salvarmi, stavo per arrendermi. Mi sentivo inutile e impotente e mi sembrava di non avere più una ragione per andare avanti”.

Nick si rilassò visibilmente e il suo tono divenne più calmo e accondiscendente, mentre rispondeva “Eri solo stanco, Bri. Non ti saresti mai arreso veramente”.

“Tu hai troppa fiducia in me” replicò il ragazzo, severo.

Nick gli sorrise e annuì. “Hai ragione. Mi fido ciecamente di te. E non mi hai mai deluso. A differenza di me, che ho deluso un sacco di persone”.

Brian si sforzò di ricambiare il suo sorriso e lo rassicurò “Ma non hai mai deluso me. E nemmeno Cassie”.

“Voi siete speciali” sentenziò Nick, come se fosse ovvio. “Siete gli unici ad aver visto oltre la maschera del ragazzino spavaldo, che voleva a tutti i costi essere al centro dell’attenzione”.

“E cosa c’era sotto quella maschera?” domandò Brian, incuriosito.

Nick gli rivolse uno sguardo di sfida e c’era una luce particolare nei suoi occhi, mentre lo invitava “Dimmelo tu”.

Brian decise all’istante di accogliere la sfida. “Io ci ho visto insicurezza, bisogno di affetto e rassicurazione, ma anche una mente sveglia, che assorbiva tutto come una spugna, e un cuore immenso”. Era la prima volta che confidava a Nick cosa l’aveva colpito di lui, spingendolo a sceglierlo come fratello, migliore amico, anima gemella. Si era sempre vergognato. Fino a quel momento. Quel pomeriggio, seduto sul pavimento del suo campo da basket privato, le parole gli erano uscite spontaneamente e non ci aveva visto nulla di male nel condividere con Nick ciò che lo rendeva così speciale ai suoi occhi.

Come sempre, quando qualcuno gli faceva un complimento, Nick si trovò a non saperlo gestire e tentò di sdrammatizzare. “Detto così, sembra quasi una bella persona”.

“Lo è” confermò Brian. “Una delle migliori che conosca. E, pensa, sono così fortunato da poterlo considerare il mio migliore amico”.

Colpito dalle parole del ragazzo, Nick domandò “Nonostante tutto?”

Brian annuì e lo guardò con un’espressione serena che non compariva sul suo viso da un sacco di tempo. “Nick, ficcatelo in quella testa dura che ti ritrovi. Sarai sempre il mio fratellino e ti vorrò sempre bene. Non c’è nulla che tu possa dire o fare per farmi cambiare idea”.

Nick si lasciò andare a una risatina nervosa e commentò “L’ho sempre detto che sei testardo come un mulo”.

Anche Brian rise, felice che entrambi avessero avuto l’occasione di essere sinceri e fiducioso che quel momento di confessioni giovasse al loro rinnovato rapporto. “Testardo e ostinato” concordò, e poi aggiunse “Ma ho anche dei difetti”.

Nick alzò gli occhi al cielo e non potè fare a meno di lanciare una frecciatina all’amico. “L’unico che vedo è il tuo dannatissimo orgoglio, che ti impedisce di farti aiutare”.

Brian abbassò lo sguardo e sospirò. “Non mi piace farmi vedere debole”.

“Brian, tu sei tutto fuorché debole” ribatté Nick, con tono incredulo, come se Brian avesse appena affermato che la terra era quadrata. “Ma ad essere forti, alla lunga ci si stanca” aggiunse poi, tornando serio.

Brian gli rivolse un’occhiata sospettosa e domandò “Tu e Cassie vi siete messi d’accordo, per caso?”

“Perché?” chiese Nick, confuso.

“Mi ha detto esattamente la stessa cosa” spiegò Brian, scuotendo leggermente la testa.

Nick sorrise. “Si vede che, a forza di starle vicino, sto iniziando a ragionare come lei” osservò.

“Lo sapevo che questo matrimonio avrebbe portato dei benefici” ironizzò l’amico, prendendolo in giro.

Nick ridacchio ma, subito dopo, tornò alla carica, segno che non considerava ancora chiuso l’argomento. “Quindi siamo d’accordo?” chiese all’amico.

“Su cosa?”

“Mi permetterai di starti vicino?” insistette, fissando i suoi occhi azzurri in quelli leggermente più chiari di Brian.

Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato e cedette “Se proprio insisti”.

Nick sorrise, raggiante di averla avuta vinta, e lo spronò “Insisto. Parlami, Bri. Dimmi quando hai una giornata no, quando vorresti mandare tutto al diavolo e metterti a piangere. Voglio saperlo. Voglio essere lì a imprecare e a piangere con te. E poi aiutarti a trovare una soluzione. Per quanto lo desideri, non posso ridarti la tua voce. Ma, forse, posso rendere questo periodo un po’ meno tremendo. Sbaglierò, ti farò incazzare. Ma posso provarci, almeno. Se me lo permetti”.

“Te lo permetterò, promesso” gli assicurò Brian, commosso, con la voce che gli tremava e non per quella bastarda di malattia che gli comprimeva le corde vocali.

“Grazie” sussurrò Nick, onorato di essere riuscito a fare breccia nel muro di freddezza che l’amico aveva eretto attorno al suo cuore per proteggersi dalle delusioni.

“No, grazie a te” ribatté Brian. “E scusa per averti tagliato fuori. Non volevo nascondertelo. È che nemmeno io sapevo come gestirlo e non volevo scaricare i miei problemi addosso a te”.

Nick gli posò una mano sulla spalla. “Ehi, siamo una famiglia. Non te lo dimenticare. Nella buona e nella cattiva sorte”.

Brian annuì e promise “Me lo ricorderò”.

Nick lo tirò a sé e lo strinse in un abbraccio, in cui Brian si abbandonò completamente, per la prima volta tranquillo, dopo tutti quei mesi di angoscia. Forse la situazione non sarebbe cambiata, ma con Nick a supportarlo, era certo che avrebbe trovato la forza di affrontarla senza soccombere.

 

Natale fu una giornata allegra e serena. I Littrell e i Carter andarono a messa, dietro esplicita richiesta di Brian, e poi si gustarono l’ottimo pranzo preparato da Leighanne e Cassie. Dopo mangiato, arrivò il momento dello scambio dei regali e Nick stupì Cassie porgendole una scatoletta rettangolare, avvolta da una buffa carta con tanti piccoli orsetti polari. Quando la aprì, Cassie trovò un braccialetto d’oro rigido, su cui erano state incise delle lettere e dei numeri. Provò a leggerli, ma non capì cosa significavano, così alzò lo sguardo sul marito, trovandolo a sorriderle, compiaciuto.

“Non hai capito, vero?” constatò, notando l’aria perplessa della ragazza.

Cassie scosse la testa. “No” ammise. “Il braccialetto è bellissimo, ma cos’è quella scritta?”

“Sono le coordinate della nostra casa di Key West” spiegò Nick, estraendo il bracciale dalla scatoletta e sistemandolo sul polso della moglie. Prima di lasciarle andare la mano, se la portò alle labbra e baciò l’anulare destro, dove Cassie portava ancora l’anello che Nick le aveva regalato in occasione del loro primo Natale insieme, in Italia, tanti anni prima, e all’interno del quale era incisa la scritta Londra 15-12-2000. La ragazza non l’aveva mai tolto, limitandosi a spostarlo dalla mano sinistra alla destra nel momento in cui aveva preso a indossare l’anello di fidanzamento, prima, e la fede nuziale poi. Anche Nick lo portava ancora e anche lui l’aveva spostato alla mano destra quando l’anulare sinistro era stato occupato dalla fede.

“È come se ci fossimo dichiarati due volte, io e te” disse il ragazzo, guardandola negli occhi. “La prima a Londra, e hai l’anello a ricordartelo. E la seconda a Key West, dopo esserci lasciati. Mi sembrava bello ricordare anche quel momento, dato che è quello che ci ha poi portato a sposarci e a decidere di passare tutta la vita insieme”.

Cassie si accorse improvvisamente di avere le lacrime agli occhi e, non riuscendo a trovare nulla di intelligente da dire, buttò le braccia al collo del marito, baciandolo appassionatamente. Nick la avvolse in un abbraccio, felice che il regalo le fosse piaciuto, e scoppiarono entrambi a ridere quando sentirono la voce di Brian che, in un finto sussurro assolutamente comprensibile a chiunque si trovasse nella stanza, commentava “Prendete una stanza!”.

 

Un pomeriggio di qualche giorno dopo, Nick uscì dalla cucina, dov’era andato a prendere una bottiglietta d’acqua, diretto in salotto, dove stava aiutando Baylee a costruire una navicella di Guerre Stellari Lego. Prima di raggiungere il tappeto di fronte al divano, però, si fermò a osservare la scena che si stava svolgendo nella stanza. Seduti sul divano, Brian stava tentando di insegnare a Cassie e suonare la chitarra, mentre la ragazza non riusciva ad azzeccare nemmeno un accordo, per quanto si impegnasse. All’ennesimo no di Brian, Cassie scoppiò a ridere, buttando la testa in avanti e finendo con la fronte sulle ginocchia dell’amico, che scuoteva la testa, disperato, per poi mettersi a ridere a sua volta. Nick rimase incantato a guardarli, non riuscendo a decidere se fosse più ammaliante la risata gutturale di Cassie o il viso di Brian, illuminato da una luce che non vedeva da tanto, troppo tempo.

Fu riportato alla realtà quando sentì una mano posarglisi sulla spalla. Voltandosi, si accorse che Leighanne gli si era avvicinata senza che lui se ne rendesse conto, troppo preso a osservare sua moglie e il suo migliore amico divertirsi insieme. La donna si mise a osservare la scena insieme a lui, per poi esordire, dopo un attimo, con “Grazie”.

“Grazie a te per l’ospitalità” ribatté automaticamente Nick, ricordandosi le buone maniere.

Lieghanne scosse la testa. “Non parlavo dell’ospitalità. Parlavo di quello” disse, indicando Cassie e Brian con un cenno della mano.

“Quello?” domandò Nick, confuso.

Leighanne annuì e sorrise, senza togliere gli occhi di dosso al marito. “Guardalo. Sta ridendo. Erano settimane che non rideva più. E gli è perfino scomparsa quella ruga sulla fronte che gli viene quando qualcosa lo preoccupa. Avete compiuto un miracolo”.

Nick sorrise, a sua volta, e sentenziò “Gli serviva una tregua dai problemi”.

“Gli serviva il suo amico” disse Leighanne, seria.

Nick le rivolse un’occhiata stupita. Non credeva che volesse iniziare un discorso impegnativo come quello.

“Forse” ammise, dopo un istante.

“Sul serio” confermò la moglie del suo amico. “Nessuno lo capisce come te, Nick. Se c’è qualcuno che può aiutarlo, quello sei tu. Per questo non ti ringrazierò mai abbastanza per essere qui”.

“Non devi ringraziare me” ammise Nick, scuotendo la testa. “È stata un’idea di Cassie. Mi ha visto preoccupato e, quando ha saputo il motivo, ha proposto di venire qui, in modo che potessi stare con Brian”.

Leighanne fece scendere la mano dalla spalla al braccio del ragazzo e, guardandolo con riconoscenza, dichiarò “Lo so che la vostra storia è stata complicata, ma hai fatto bene a stringere i denti e non arrenderti. Non potevi trovare una moglie migliore di lei”.

Nick volse nuovamente lo sguardo su Cassie, tutta concentrata a tentare di fare uscire un accordo, le dita sulle corde della chitarra e gli occhi fissi sulle mani di Brian, che le stava mostrando che posizione tenere.

“Lo so” ammise, con un sorriso compiaciuto.

In quel momento, la dita di Cassie scivolarono sulle corde della chitarra, emettendo un suono stridulo, lei si spaventò e lanciò il plettro in giro per la stanza, mentre Brian si spostava di scatto, per evitare di essere colpito dall’oggetto volante.

“Dio, Cassie!” esclamò il ragazzo, perdendo la sua proverbiale pazienza. “Proprio sicura di non voler provare con il tamburello?” la canzonò.

Per niente offesa dal commento dell’amico, Cassie iniziò a ridere istericamente, fino a farsi venire le lacrime agli occhi, e finì per accasciarsi contro la spalla di Brian, facendo scoppiare a ridere anche lui. Mentre batteva dei colpetti affettuosi sulle spalle della ragazza, nel vano tentativo di calmare le sue risate, Brian alzò lo sguardo e incrociò quello di Nick, che li osservava, divertito, una spalla appoggiata allo stipite della porta. Sorrise all’amico e mimò una singola parola con le labbra. Grazie. Ora che lui e Nick erano tornati a essere quelli di un tempo, i Frick e Frack di una volta, non c’era bisogno di grandi parole per esprimere quello che provavano. Bastava uno scambio di sguardi e la consapevolezza che erano ancora in grado di leggere l’uno nel cuore dell’altro, come in quel momento.

Non potevo terminare questo racconto senza far sistemare le cose tra Frick e Frack, quindi eccovi un bel capitolone dove i drammi si spostano sul povero Brian. Enjoy!

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 12 ***


CAPITOLO 12

 

2013

USA ed Europa

 

Cassie salutò Nick, ripetendogli per l’ennesima volta quanto gli mancasse, e chiuse la chiamata. Restò un istante a fissare il display del cellulare, indecisa sul da farsi. Quel giorno, aveva già provato a chiamare Brian due volte, ma il ragazzo non le aveva risposto. E non aveva risposto nemmeno ai messaggi che lei gli aveva mandato, sebbene fosse certa che li avesse letti.

La ragazza sospirò, frustrata. Era fermamente decisa a tenere fede alla promessa che aveva fatto all’amico di stargli vicina, ma era difficile, se lui non glielo permetteva. Era già successo altre volte ma, di solito, riusciva a mettersi in contatto con lui per vie traverse, tipo chiamando sua moglie o facendolo chiamare da Nick, a cui rispondeva perché temeva sempre potesse trattarsi di questioni di lavoro. Ora, però, i ragazzi si trovavano a Londra per lavorare al nuovo album – e per girare un documentario che Cassie era ben felice non prevedesse la partecipazione delle rispettive compagne – quindi Leighanne non poteva essere d’aiuto, nel mettersi in contatto con Brian, e nemmeno Nick, dato che i due erano insieme 24 ore su 24 e non avrebbe avuto senso telefonargli, quando a Nick bastava bussare alla porta della stanza dell’amico per parlargli.

Cassie si era sfogata con il marito e Nick aveva sospirato, confessandole che nemmeno lui era riuscito a parlare a Brian che, quel giorno, sembrava particolarmente intrattabile.

“Ha avuto una brutta giornata, amore” le aveva spiegato.

“È successo qualcosa?” aveva domandato lei.

“Le solite cose. Oggi la voce faceva i capricci più del solito e lui proprio non accetta di avere giorni no”.

Ed era proprio quello il problema. Cassie sapeva che Brian faticava ad accettare i suoi giorni no, per questo voleva offrirgli il suo supporto. Non poteva risolvere la sua condizione, purtroppo, ma poteva offrirgli una spalla su cui piangere e un orecchio per lasciarlo sfogare.

Lasciandosi sfuggire un gemito di frustrazione, decise che non si sarebbe arresa così facilmente e compose nuovamente il numero dell’amico. Non nutriva grandi speranze, invece, fu piacevolmente stupita di sentire la voce – particolarmente gracchiante, doveva ammetterlo – di Brian risponderle.

“Ehi, Cassie” la salutò, come se niente fosse. “Vuoi Nick?”

Cassie soffocò un insulto. Bel tentativo, Brian, pensò. Bel tentativo davvero. Rispondere e sviare subito il discorso su Nick. Ma non mi freghi. Ti conosco e sono più furba di te.

“No, ho parlato con Nick dieci minuti fa” rispose, secca. “Voglio te”.

“Dimmi” la spronò lui, con tono indifferente.

“No, dimmi tu” replicò la ragazza, ferma.

“Cosa vuoi sapere?” le chiese lui, continuando a fare finta di niente.

Cassie prese un respiro profondo e disse “Tutto quello che ti va di dirmi”.

A quel punto, Brian capì di non avere più scampo. L’amica era testarda come, se non addirittura più di lui, il che era tutto dire. Aveva tentato di evitarla tutto il giorno perché era certo che sarebbe crollato non appena avesse sentito la sua voce. Sperava desistesse. Invece no. Era tenace come un maratoneta all’ultimo miglio. In più, se aveva parlato con Nick, le aveva sicuramente detto che era stata una giornata difficile, per lui, e sarebbe stata ancora più determinata a farlo parlare. Che poi, parlare. In realtà, Cassie non lo obbligava mai a parlare. Ci teneva solo che lui sentisse la sua voce e sapesse che lei era lì per lui, qualsiasi cosa lui avesse deciso di fare. O non fare. A volte, si era sfogato, urlandole contro tutta la sua frustrazione. Altre, aveva singhiozzato come un bambino, le sue lacrime accompagnate dalla voce di lei che gli diceva che andava bene così, non c’era niente di male a piangere. Altre ancora, erano semplicemente rimasti al telefono, senza che nessuno dei due parlasse, ad ascoltare i reciproci respiri, mentre quello di Brian si faceva progressivamente più calmo e regolare, accordandosi al ritmo di quello di Cassie. Si sentiva sempre un po’ stupido, Brian, quando non riusciva nemmeno a dire una parola ma, nonostante questo, non chiudeva la comunicazione, sentendo il bisogno di avere la compagnia di qualcuno che capiva senza fare domande. Ma Cassie un giorno gli aveva detto che doveva immaginarsi che lei fosse lì a tenergli semplicemente la mano e, da quel momento, Brian aveva smesso di farsi troppi problemi, almeno con lei. Ma non ci riusciva sempre. C’erano giorni, come quello, in cui la situazione gli pesava come un macigno e niente sembrava riuscire a penetrare il muro di solitudine e incomunicabilità che aveva eretto per proteggersi. Nulla tranne Cassie, a quanto pareva.

Rassegnato, Brian sospirò, si alzò dal divano, su cui era seduto, e si diresse verso la sua stanza, chiudendosi poi la porta alle spalle. Si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi, prima di decidersi, finalmente, a parlare.

“Oggi, ho dovuto rifare la mia parte un milione di volte, prima che venisse come volevo. È stato frustrante. A un certo punto mi è venuto da piangere e, allo stesso tempo, avrei voluto buttare lo spartito fuori dalla finestra e mandare tutto al diavolo” confessò, trattenendo a stento un singhiozzo.

Cassie, per nulla scocciata dal fatto di aver dovuto aspettare che Brian si decidesse a rivolgerle la parola, non commentò il suo sfogo, gli chiese soltanto “Ma alla fine ci sei riuscito?”

“Alla fine, sì. È venuta come volevo” rispose lui, deglutendo per scacciare il groppo in gola.

“Non avevo dubbi” sentenziò la ragazza, convinta.

Brian non riuscì a contenere un moto di rabbia e sbottò “Io sì, invece. Ho un sacco di dubbi”.

Cassie non si scompose, né sembrò risentita dalla reazione dell’amico. Si limitò a commentare “Vedi perché devi chiamarmi? Ti serve qualcuno che creda in te quando tu non ne hai più la forza”.

Brian restò in silenzio per un po’, assolutamente incapace di reagire, almeno verbalmente, al commento della ragazza. L’aveva spiazzato. Come ogni volta, Cassie riusciva a lasciarlo senza parole, ed era una delle poche persone al mondo in grado di farlo. Di solito, se non rispondeva, era perché lui stesso decideva di non farlo, non perché non sapesse cosa dire. Alla fine, decise di smetterla di cercare qualcosa di intelligente da ribattere ed essere semplicemente sincero.

“Non so come fai, ma riesci sempre a dire quello che voglio sentire, prima ancora che io sappia cosa vorrei. Hai i poteri, per caso?”

Cassie rise. “Magari li avessi. A quest’ora, ti avrei già ridato la tua voce e non staremmo qui a discuterne”.

Anche Brian si lasciò andare a una risata e la rassicurò “Non importa, va bene così. Finché tu ci credi, forse posso farcela anch’io”.

“Non smetterò mai di credere in te, Bri” gli assicurò Cassie, decisa.

“Grazie” sussurrò il ragazzo, commosso.

“Ma ti pare. Gli amici servono a questo”.

Brian prese un respiro e, prima di farsi assalire da mille dubbi, le chiese “Posso chiamarti, domani?”

Anche se l’amico non poteva vederla, Cassie sorrise. “Con molto piacere”.

Quando Brian tornò in cucina, con un mezzo sorriso stampato in faccia, tutti si accorsero che qualcosa era cambiato, in lui, ma nessuno osava chiedere cosa fosse successo. Dopo essersi scambiati una serie di occhiate interrogative, fu Howie a prendere coraggio e domandargli “Stai meglio, Bri?”

Il ragazzo annuì, compiaciuto, senza smettere di sorridere. “Sì, va meglio” confermò.

Gli altri quattro continuarono a fissarlo, perplessi, come se avessero visto un fantasma, tanto che si sentì quasi obbligato a chiedere “Cosa c’è?”

“Beh, ti chiudi in camera per venti minuti e, quando esci, sembri totalmente un’altra persona” gli fece notare Alex. “Cos’è successo?”

Brian fece spallucce e, afferrando una mela dal cesto della frutta e dandole un morso, rispose, semplicemente “Ho fatto due chiacchiere con Cassie”.

I ragazzi si scambiarono un’occhiata fugace, da un lato grati per il cambio di umore dell’amico, dall’altro curiosi di cosa mai avesse potuto dirgli Cassie per provocare un cambiamento così radicale.

Fu Alex a rompere il silenzio, commentando, ironico “Non voglio sapere cosa vi siete detti, ma levati quel sorrisetto dalla faccia, Littrell. Stai parlando della mia migliore amica”.

Brian strabuzzò gli occhi, colto di sorpresa dall’affermazione del ragazzo, e restò a fissarlo a bocca aperta, la mela a mezz’aria, a metà strada verso la bocca.

Prima che potesse riscuotersi, Nick intervenne nella discussione, facendo notare l’ovvio “E di mia moglie, soprattutto. E, per quanto mi faccia piacere che vada così d’accordo con il mio migliore amico, ormai chiama più te che me e sto iniziando a ingelosirmi”.

Howie scoppiò a ridere, mentre Kevin dichiarava “Io invece propongo di fare un monumento a Cassie, che finalmente è riuscita nell’impresa impossibile di raddrizzare la luna storta di Brian”.

Alla fine, anche Brian si mise a ridere, rilasciando tutta la tensione accumulata nel corso di quella lunga giornata, e chiuse la discussione guardando Nick e commentando “Non preoccupatevi, ma inizio a capire come mai tu e Alex vi siate scannati per anni a causa sua. È speciale davvero”.

 

Dopo il soundcheck, Cassie e Nick entrarono nella sala del backstage dov’era allestita un piccola stanza catering, con bevande fredde e calde, frutta e qualche dolcetto. Nick si era attardato a chiacchierare con alcune fan e Cassie era rimasta ad aspettarlo, in disparte, fino a quando le ragazze non avevano chiesto a Nick se la potevano salutare e lui, orgoglioso, era andato a chiamarla, prendendola per mano e portandola all’estremità del palco dov’erano riunite le fan. Avevano parlato ancora un po’ e Nick si era meravigliato di come riuscisse ancora a trovare magnifico il modo spontaneo e sincero in cui Cassie si poneva con le loro fan. Niente maschere, niente ritrosia. Conversava come avrebbe fatto con delle amiche. Per questo, si disse, le loro fan la adoravano.

Gli altri erano già tutti riuniti, a bere tè o caffè, sgranocchiare qualcosa o semplicemente chiacchierare, in attesa di tornare all’albergo. Erano in tour già da un mese e ormai la vita on the road era diventata la loro routine.

Cassie liberò la mano dalla stretta di Nick e si avvicinò a Brian. Il ragazzo non disse nulla, sapeva esattamente cosa sarebbe successo perché anche quello era diventato parte della loro routine. Da quando erano in tour, Cassie non aveva mollato Brian un solo istante, conscia del fatto che era iniziato, per lui, un periodo particolarmente stressante. Ogni volta che la voce faticava a uscire, o non usciva nel modo in cui avrebbe voluto, ogni volta che mancava l’attacco di una canzone di qualche secondo, Brian andava in crisi, metteva su una maschera di impassibilità e si chiudeva in se stesso, diventando intrattabile per chiunque. Tranne Cassie. Lei capiva subito l’umore dell’amico, semplicemente guardandolo negli occhi, senza bisogno di chiedere nulla. Gli si avvicinava, dicendogli qualcosa all’orecchio, poi lo prendeva per mano e lo portava in un’altra sala, dove si rinchiudevano per un po’. Nessuno sapeva cosa facessero ma, quando uscivano, Brian era visibilmente più rilassato e, se non sereno, quanto meno gestibile.

Un giorno, Nick aveva provato a chiedere alla moglie cosa succedesse in quei momenti in cui spariva con l’amico – non che non si fidasse, non aveva dubbi sulla fedeltà di Cassie e, tanto meno, di Brian, era semplicemente curioso – ma Cassie non aveva voluto rispondergli, adducendo come scusa che era una cosa che spettava a Brian spiegargli, se e quando avesse voluto. Così Nick aveva desistito, limitandosi a rallegrarsi del fatto che almeno qualcuno riuscisse a rasserenare Brian nei suoi momenti peggiori.

La verità era che Cassie e Brian non facevano assolutamente nulla. Si chiudevano in una stanza e lei, a seconda delle volte, lo lasciava sfogare tutta la sua frustrazione, senza parlare, semplicemente ascoltando le sue urla, oppure gli teneva la mano mentre piangeva disperato, buttando fuori tutto il malessere e il risentimento che provava. Altre volte, Cassie gli si sedeva vicino, lui le appoggiava la testa sulla spalla e, senza che nessuno dei due proferisse parola, attendeva che Brian si calmasse, accarezzandogli la schiena o i capelli. Inspiegabilmente, quei semplici gesti sembravano avere il potere di rasserenarlo.

Quel giorno, non fu diverso dal solito. Cassie sapeva, perché se ne era accorta assistendo al soundcheck, che Brian aveva avuto parecchie difficoltà con la voce ed era certa che, in quel momento, seduto in disparte su un divanetto, lo sguardo fisso davanti a sé, si stesse facendo prendere dall’ansia, in vista del concerto vero e proprio che sarebbe iniziato di lì a poco. Così, gli si avvicinò e, come sempre, gli sussurrò, all’orecchio “Caffè?”

Era la loro parola d’ordine. Lo era diventata da quando erano in tour, perché era banale e poteva davvero essere scambiata per un innocente invito a prendere un caffè ma, allo stesso tempo, li riportava alla mattina della loro chiacchierata a casa Littrell, quando Cassie aveva promesso a Brian di stargli vicino.

Il ragazzo annuì e si alzò dal divano. Si lasciò prendere per mano e condurre in uno dei camerini, dove i ragazzi si cambiavano durante il concerto. Si sedettero su due sedie, uno di fronte all’altra, Cassie guardò Brian negli occhi e lui, semplicemente, scoppiò a piangere. La ragazza gli prese una mano e lasciò che appoggiasse la fronte alla sua spalla. Gli passò una mano dietro al collo e aspettò che sfogasse tutta la frustrazione, la paura e la stanchezza che aveva accumulato in quella giornata. Quando i singhiozzi di Brian si furono un pochino calmati, alzò gli occhi su di lei e disse, semplicemente “Non ce la faccio”.

Cassie gli sorrise e strinse leggermente la presa della mano che gli teneva sul collo. “Sì che ce la fai”.

Brian scosse la testa. “No. Hai sentito l’attacco di I Want It That Way? È tremendo”.

La ragazza sospirò. Sì, l’aveva sentito. E sì, era abbastanza penoso, paragonato a quello che Brian era solito fare. Ma non era così male, considerata la situazione. Cassie sapeva per esperienza, però, che non sarebbe servito a niente tentare di convincere Brian del contrario, non mentre era in quello stato. Quindi sviò la sua attenzione su altro.

“Okay, forse non è proprio il massimo. Ma ho sentito anche In A World Like This e mi sono venuti i brividi quando hai tenuto quella nota alta per sei secondi tirati. Sul serio, Bri. È sorprendente” gli fece notare, sincera.

Contro ogni previsione, Brian le rivolse un timido sorriso, pur con gli occhi ancora colmi di lacrime. “Quello mi viene facile” dichiarò, alzando debolmente le spalle.

Cassie rise e scosse la testa, commentando “Solo a te può venire facile una cosa del genere”.

Anche Brian ridacchiò, poi strinse forte la mano della ragazza e le sussurrò “Grazie”.

“Smettila” lo rimproverò lei, facendogli spalancare gli occhi dallo stupore.

“Che cosa?”

“Smetti di ringraziarmi” rispose Cassie, seria. “Non ce n’è bisogno. È a questo che servono gli amici, te l’ho già spiegato”.

Brian annuì, sentendo il respiro farsi più regolare e accorgendosi che il groppo in gola, che l’aveva accompagnato da quando era sceso dal palco, era scomparso. Sfogarsi gli aveva fatto bene e le parole di Cassie erano state un balsamo per il suo ego ferito. L’amica non aveva negato o minimizzato il problema, aveva solo fatto in modo che concentrasse la sua attenzione su qualcos’altro, qualcosa di positivo, invece di focalizzarsi solo su quello che non andava come lui avrebbe voluto. Come al solito, aveva fatto e detto esattamente quello che Brian voleva. Non sapeva come ci riusciva, sapeva solo che gliene era infinitamente grato e non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza. Ma avrebbe trovato il modo, si ripromise. Prima o poi, sarebbe riuscito a farle capire quanto quello che stava facendo per lui fosse importante e quanto lui gliene fosse grato.

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Capitolo 14
*** EPILOGO ***


EPILOGO

 

2014

Lucca - Italia

 

“Sono stati proprio bravi”.

Cassie sorrise a sua madre, che aveva appena fatto quell’affermazione, e annuì, ancora battendo le mani.

Si trovavano in Italia, a Lucca per la precisione, per una data del In A World Like This Tour e, dato che non succedeva spesso che i genitori di Cassie potessero vedere la figlia e il genero, tra la distanza tra Italia e America e il lavoro di Nick, e ancora meno che avessero l’occasione di vedere Nick e i ragazzi esibirsi dal vivo, Cassie aveva fatto in modo che partecipassero al concerto. Avevano assistito allo show insieme a Cassie e alle altre mogli dei ragazzi, dalle prime file davanti al palco, e ne erano stati entusiasti. Adoravano Nick, ovviamente, ma per loro era soltanto il ragazzo che aveva sposato la loro figlia e che avevano accolto in famiglia fin da quel primo Natale di ormai 14 anni prima. Non pensavano mai a lui come a una popstar, anche se erano perfettamente consapevoli di quale fosse il suo lavoro, quindi vederlo esibirsi sul palco era sempre una grande emozione. Erano stati molto contenti di vedere anche gli altri ragazzi, in particolar modo Alex, che ricordavano ragazzini ai tempi in cui ancora vivevano a Orlando e avevano incontrato l’ultima volta in occasione del matrimonio di Nick e Cassie. La sera precedente erano andati tutti a cena insieme ed era stata proprio una bella serata.

“Non è ancora finita” disse Cassie alla madre, avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire sopra alle urla del pubblico. “Ora escono di nuovo per altre due canzoni”.

Infatti, pochi istanti dopo, i ragazzi comparvero di nuovo sul palco per cantare Everybody e Larger Than Life, mandando il pubblico in visibilio.

Al termine dell’ultima canzone, però, invece di prendersi per mano e salutare il pubblico, come facevano di solito, si avvicinarono al bordo del palco e Brian prese la parola.

“Normalmente a questo punto lo show finisce,” spiegò “ma, questa sera, faremo qualcosa di diverso. L’ultima canzone è un fuori programma, ma voglio dedicarla a una persona speciale, per ringraziarla. Suo marito è d’accordo con me, quindi non se ne avrà a male,” proseguì, lanciando un’occhiata a Nick, che rise “spero non me ne voglia neanche mia moglie”.

Il discorso fu interrotto dalle risate del pubblico, a quell’affermazione. Brian attese che ci fosse di nuovo silenzio e aggiunse “Ho deciso di farlo stasera perché è presente la sua famiglia e voglio che sappiano quanto la loro figlia è speciale e tutti noi siamo fortunati ad averla nelle nostre vite”.

Poi, puntò gli occhi su Cassie, seduta in prima fila tra sua madre e suo padre, e le rivolse uno di quei sorrisi radiosi che gli illuminavano tutto il viso. “Cassie, questa è per te. Tu sai perché”.

Prima che la musica iniziasse, Alex si avvicinò a Brian, gli mise un braccio intorno alle spalle e aggiunse “Tutti sappiamo perché, Brian. Ed è ora che anche il resto del mondo sappia quanto Cassie è speciale e quanto Nick è dannatamente fortunato”.

Dopo un ultimo boato da parte del pubblico, le prime note di Bigger risuonarono nell’arena, accompagnate da urla e applausi, e Brian attaccò con la prima strofa.

First off, I can't keep a promise
I'm no one to count on at all
Add on that I'm a coward
Too scared to return your calls

But you don't care

You keep sticking around
While I'm actin' a clown
You're bigger

Già dalle prime parole, gli occhi di Cassie si riempirono di lacrime che, però, non fecero in tempo a uscire perché la ragazza fu avvicinata da Leighanne e Rochelle, che la abbracciarono, ripetendole “Grazie” all’orecchio.

Lei scosse la testa e replicò “Di nulla. Non era necessario”.

“Sì, invece” obiettò Leighanne, sorridendole. “Goditela. Te lo meriti”.

Verso la fine della canzone, Brian scese dal palco e si avvicinò alla fila dov’erano sedute le ragazze. Sorridendo ai genitori di Cassie, prese l’amica per mano e la portò sul palco con lui, finendo di cantare le ultime note mentre la teneva stretta a sé. Alla fine, mentre le urla del pubblico sembravano voler buttare giù il tetto dell’arena, Brian avvolse Cassie in un abbraccio, le baciò una tempia e le sussurrò “Grazie”.

Lei strinse forte l’amico, rispondendogli “Gli amici fanno così”.

Poi, Brian la riprese per mano, portandola verso Nick, a cui la consegnò, simbolicamente. Cassie, che ormai aveva smesso di sforzarsi di trattenere le lacrime e aveva gli occhi lucidi e le guance bagnate, guardò il marito, senza riuscire a parlare. Gli sorrise e lui la prese tra le braccia, stringendola a sé, prima di posare un bacio sulle sue labbra, generando un boato ancora più forte nel pubblico.

“Alex ha ragione” le disse, all’orecchio. “Sono l’uomo più fortunato del mondo ad averti”.

Cassie rise e commentò “Secondo me, tutta questa gente crede che quella fortunata sia io”.

Nick ridacchiò e replicò “Solo perché non ti conoscono come ti conosciamo noi e non sanno cos’hai fatto per tutti noi”.

“Ma non ho fatto niente di speciale, amore” minimizzò lei, come al solito.

Nick annuì. “Hai ragione” concordò “sei tu a essere speciale”.

Dopo aver rivolto un ultimo sguardo adorante al marito, sorprendendosi, come spesso accadeva, di quanto davvero fosse fortunata a poterlo considerare suo, Cassie si voltò a guardare gli altri ragazzi, che le stavano sorridendo. Si soffermò in particolare su Brian, che sembrava felice come raramente accadeva nell’ultimo periodo e, conoscendolo, Cassie sapeva che era perché si sentiva soddisfatto di quello che aveva fatto per lei. Non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza. Era vero, non era necessario. Tutto quello che aveva fatto per lui era perché Brian era suo amico e, soprattutto, una delle persone che Nick considerava più importanti nella sua vita, e l’avrebbe rifatto mille altre volte. Non aveva bisogno di ringraziamenti. Ma non poteva nascondere che quel suo gesto le avesse fatto tremendamente piacere.

Poi incrociò lo sguardo di Alex, che le fece l’occhiolino e disegnò un cuore con le mani, facendola ridere. Amava quel ragazzo, l’aveva sempre amato e non avrebbe mai smesso. Ed era felice di poterlo finalmente fare liberamente, nel modo in cui aveva sempre voluto, senza paura di farlo soffrire o di illuderlo. Ed era ancora più entusiasta di saperlo felice, con la sua amica Rochelle, a cui aveva da poco chiesto di sposarlo.

Il suo desiderio più grande si era realizzato: poteva avere sia l’amore di Nick che l’amicizia di Alex e sapeva che nessuno dei due sarebbe mai finito, perché avevano bisogno gli uni degli altri.

 

I still need you
I still care about you


Siamo arrivati alla fine anche di questo tentativo. Nessuna recensione nemmeno stavolta, ma pazienza. Mi dispiace solo non poter interagire con chi legge, tutto qui, perché mi sarebbe utile capire cosa vi piace e cosa no in vista di lavori futuri. Ho altre storie in lavorazione, un paio di originali e una sempre a tema BSB che temo sarà anche l'ultima, almeno per un po', dato che al momento non ho nuove idee per questa fandom. Per quello mi sarebbe piaciuto interagire: magari parlando con chi legge avrebbero potuto venirmi altre idee. O magari avrei potuto scrivere dei missing moments che vi sarebbero piaciuti. Non fa niente, come ho sempre sostenuto scrivo per piacere personale, quindi continuerò a farlo lo stesso. Buon weekend ai miei ghost readers e a presto (spero, dipende da quanto sono ispirata e da quanto sono impegnata al lavoro).

 

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