Absolution 2

di Hattress
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questa è Camavor ***
Capitolo 2: *** 1221 ***
Capitolo 3: *** L'avvento del Re ***
Capitolo 4: *** Nuovo Vecchio Presente ***



Capitolo 1
*** Questa è Camavor ***


Il vento accarezzava timido le vele della Jacquelyn, un padre che culla la figlia tra le possenti membra tese, capaci di distruggere migliaia di uomini ma non lei, la sua piccola prediletta. Un cielo ceruleo e terso, una tela perfetta su cui stendere tempera fresca, così saturo da far concorrenza al colore delle acque che trasportavano il legno robusto e leggero.

- Capitano Vylldem ! Siamo tornati al quartier generale. –

- Ottimo Millie, continua a scrutare l'orizzonte, la prudenza è una virtù. –

La bandiera sventolava vivace e allegra, pareva volesse scappare via con l'amato che le portava tutta quella gioia di muoversi. Una bandiera nera ricamata, non disegnata, con l'iniziale del suo proprietario, accompagnata ai lati dalla siluette di due sciabole e la "J" della Jacquelyn come terza spada passante per il cuore della "V". Con portamento fiero ed orgoglioso il capitano Vylldem , figlio della Demone Nero, conduceva quel veliero imponente con la maestria di un vero bucaniere. Non una battaglia venne persa da lui e dalla sua ciurma, un po' per bravura, un po' per strategia, un po' anche per l'armamentario bellico, un po' per il dono lasciatogli in eredità dalla madre. Il Libro dei Regni, un artefatto magico di inestimabile valore per il quale chiunque sarebbe in grado di uccidere e per il quale sono morti moltissimi innocenti e disonesti. Quel gioiello dell'Era Runica conteneva innumerevoli pagine di luce aurea, parevano essere centinaia, migliaia, infinite... nessuna leggenda racconta di qualcuno che riuscì mai a leggerlo tutto. Il Libro poteva aprire varchi nel tempo e nello spazio per scortare il suo possessore, e chi con lui, nelle terre e nei regni desiderati dal prescelto. È così che la Jacquelyn si fece la nomea di nave fantasma, spariva e riappariva in punti diversi di Runeterra a suo piacimento, senza una regola fissa, compiendo viaggi di chilometri e chilometri ritenuti impossibili, miracolosi o rovinosi per chiunque la vedesse. Vyll (nomignolo usato dalle persone più fidate ) conosceva bene il suo mondo e la sua gente, lui come Milliner (la sua capomastro), erano cresciuti nel continente città di Bilgewater dove o sei vivo, o sei morto; non c'è mai stato spazio per i "deboli" ed i troppo onesti. Grazie alle loro origini si trovarono d'accordo nel mettere su una ciurma per ridistribuire le ricchezze e dare un'occasione a coloro ai quali gli era sempre stata negata, tuttavia la giovane Milliner fu un acquisto solo dell'ultima ora. Esatto, la capomastro venne assoldata dal suo capitano pochi anni prima, per quanto esosa, la sua presenza sulla nave portò solo privilegi. Milliner non amava parlare di sé, lasciava che fossero gli altri a spargere la voce sulle sue innegabili doti. Nata dal niente, cresciuta dal niente. I genitori la lanciarono nella prima fossa comune non appena capirono la natura della figlia "Sbarazziamocene o finirà per ucciderci e mangiare i nostri occhi!". Assurdo pensare ad una pargoletta di un paio d'anni come un mostro, eppure era cosa comune ai tempi, da dopo La Rovina. Senza nessuno ad insegnarle come stare al mondo, la vita la trasformò in una bestia. Artigli neri per uccidere, denti aguzzi per dilaniare le carni, occhi capaci di vedere le prede sempre e comunque anche nelle tenebre. Un uomo che condivideva con lei la stessa natura un giorno la prese con sé per salvarla e per salvare sé stesso. Era un uomo pallido, inespressivo, capelli neri ed occhi acquosi dall'iride nivea, perse la moglie e la figlia per colpa di farabutti mentecatti che tentarono di rapinarlo. Quell'uomo alto e smilzo vide in Milliner una possibilità di redenzione dai peccati che commise per necessità di placare la sua anima in frantumi, e così fu. Diede lui il nome alla bambina, visto che non ricordava più quello datole dai genitori.

Era inverno, le acque ed i venti erano gelidi. La bambina aveva cominciato a parlare come gli esseri umani e a tenere al sicuro la sua natura. Camminava su due gambe, iniziava a mangiare con le posate e ormai preferiva anche lei i cibi cotti; reagiva bene e apprendeva velocemente. L'uomo fu entusiasta nel vederla predisposta alla fantasia, volle darle carta bianca, vedere cosa avrebbe creato per lui in condizioni perfette. Quando andavano al mercato del pesce insieme, la piccolina era ammaliata dai vistosi copricapo variopinti adorni di pennacchi e sonagli dorati, volle così farne uno per l'uomo divenuto suo padre. Quel giorno la chiamò Millie, che negli anni si trasformò in The Milliner. Per quanto fabbricare cappelli le venisse stranamente bene, c'era una cosa per cui sviluppò un interesse maggiore: le armi da fuoco. Con approvazione del padre adottivo, cominciò a studiare e sperimentare ogni giorno senza mai vacillare. Il sessismo poteva fare ben poco contro le sue capacità superiori a qualsiasi uomo, costruiva macchine di morte da far rizzare i capelli dalla paura anche solo a vederle da lontano. Ci volle veramente poco prima che il suo nome venisse conosciuto e ricordato da tutti. Il capitano Vylldem si riforniva spesso da lei, era la sua capomastro di fiducia, ci mise anni prima di prendere la decisione e prima di convincerla definitivamente, alla fine comunque riuscì ad esaudire il suo desiderio.

Raggiunto il loro molo personale, l'unico tra l'altro, abbassarono l'ancora ed ammainarono le vele. Il capitano si avvicinò al legno della propria bambina, accarezzandolo e regalando qualche pacca come a dirle "sei stata brava". Scesero tutti, nessuno escluso.

Il quartier generale venne costruito su un isola deserta, sulla quale, solo da lontano, potevano essere scorse le mura di un vecchio castello per la maggior parte distrutto. La trovarono per caso, un giorno il Libro cadde mostrando l'immagine dell'isola durante il suo periodo di massimo splendore, il capitano volle vederla coi suoi occhi. Sfortunatamente la trovarono molto diversa da quell'immagine. Poco importò, decise di sfruttare la cosa a loro vantaggio rendendola il loro porto sicuro, la loro dimora. I marinai furono molto favorevoli ad abbandonare la propria patria per crearne una tutta loro, così portarono con sé moglie e figlioletti, chi ne aveva, ed ogni giorno potevano fare ritorno a casa per prepararsi alla missione del giorno dopo. Era una vita che andava bene a tutti, gradita e apprezzata, nessuno sentiva la mancanza dei "lussi" offerti dalla loro vecchia vita, anche perché pian piano ci stava pensando Milliner con calma e pazienza a rendere quel regno caduto un nuovo mondo. Decisero di stabilirsi sulla costa, zona certamente più sicura visto che i pericoli erano visibili fin da subito, lasciavano l'esplorazione dell'entroterra ai più coraggiosi, capitanati dalla capomastro. Bene o male la popolazione dell'isola conosceva la vera natura della loro Millie, era un qualcosa che se non fosse stato detto avrebbe potuto lesionare il rapporto di fiducia che faticosamente stava cercando di ottenere. Verità è, tutti hanno le ginocchia pronte a fare "Giacomo Giacomo" quando si tratta di esplorare foreste e zone rupestri con lei "Non sia mai che la natura da predatore si risvegli mentre giriamo in queste zone...", bene o male era un pensiero condiviso dalla comunità, però tra andare da soli e andare con lei, hanno sempre preferito la seconda opzione... e poi qualcuno capace di abbattere un albero adulto a pugni serviva sempre. Ogni giorno venivano dedicate tre ore all'esplorazione, compreso il ritorno alla battigia. Millie li lasciava sempre poco prima dell'effettivo arrivo, voleva studiarsi il territorio, scoprire cose nuove, andare all'avventura selvaggia. Quindi, una volta abbandonati a loro stessi per gli ultimi cento metri, la capomastro si legava in uno chignon basso i capelli lisci e color caffè, al fine di non impedirle una corsa fluida tra la vegetazione rigogliosa e superstite. Quel giorno osò spingersi un po' più in là del suo solito. Aveva la voglia di vederlo da quando gli ci cadde l'occhio mentre era sulla postazione di vedetta, ricordava con precisione quasi matematica la strada ipotetica per raggiungerlo. Salti come la falcata di un gigante, veloce come il battito d'ali di un colibrì, prendere qualcuno o qualcosa in quelle condizione significava ammazzarlo, ma tanto non c'erano di questi rischi. Balzo dopo balzo, scalata dopo scalata, con il sudore che le bagnava ogni centimetro di pelle, arrivò alla meta. Poteva vedere tutta l'isola da quell'altezza, sorrideva e incamerava ossigeno come non mai. Chiuse gli occhi, con quell'espressione beata, si lasciò cadere e prendere dal morbido prato incolto, il quale circondava le mura crollate da tempo e per la maggior parte divenute terreno fertile per erbacce e piccoli insediamenti di insetti di vario genere. Rimase distesa, voleva respirare a pieni polmoni il profumo che le stava regalando la natura. I pensieri ed i problemi erano solo un lontano ricordo per lei in quel momento, in quel posto. Rimase ad accarezzare i fili verdi prima sottili e poi spessi, prima lisci e poi porosi, tra le dita delle mani, si domandò come poteva essere quella terra prima di diventare una landa smeraldina e frondosa. Si tirò su, gambe a farfalla e mani sulle caviglie, sguardo perso a vedere una coccinella gialla proseguire con la sua vita.

- Meglio se torno alla battigia, non voglio far preoccupare papà o il capitano. –

Una volta sulle proprie gambe, qualche pacca sul culo e sulle cosce fu d'obbligo, insettini vari ed erba non ci teneva ad averceli addosso. In quell'attimo la vide. La statua di un uomo dalla postura torta e sofferente. Si avvicinò incuriosita, volle guardargli il volto. La realisticità di quei tratti, di quell'espressione, di quella posa, che per quanto travagliata fosse, era umanamente replicabile; questa cura nei dettagli la colpì molto.

- Che cosa ti attanaglia l'anima, amico mio? – gli chiese spontanea, guardandolo con dispiacere palpabile nei suoi occhi neri. Lì vicino, poco lontano dai suoi piedi, una diavoleria meccanica, l'irrefrenabile voglia di metterla in azione. Raccolse quel fiore meccanico dalla corolla bluastra (probabilmente dovuta all'ossidazione), al cui centro era presenta questa figura di donna intenta a danzare senza un cavaliere. Si mise seduta a gambe incrociate, tutta presa a studiare l'oggetto rivelatosi essere un carillon, questo nel momento in cui lo scosse ed il fiore rispose con una nota sorda. Un visino tutto crucciato cercava risposte. Soffiò nei due forellini affianco alla statuina di donna, meglio non dire cosa ne uscì. Prese sotto sequestro il fazzoletto che porta con sé dalla tasca, e con premura si dedicò alla pulizia dell'oggetto. Era praticamente da buttare, chissà da quanto tempo si trovava lì all'abbandono. Si domandava dove fosse il cavaliere per quella fanciulla, non le ci volle molto per trovarlo e rimetterlo al suo posto. Dopo un paio di tentativi, finalmente il carillon prese a suonare, sfortunatamente i ballerini erano un po' arrugginiti e non se la sentivano troppo di danzare con lei. Volle concedersi quella parentesi di fanciullezza, fingere di essere a corte, con un bel principe azzurro che amasse e volesse solo lei. Non sapeva ballare, ma senza un partner non serviva saperlo fare. Sotto le note di quella melodia meccanica volteggiava e volteggiava, immaginandosi in un sontuoso abito rosso dalla gonna vaporosa che la seguiva in quei cerchi ripetuti finché la testa non iniziò a girarle. Le mura marmoree, i candelabri d'oro e d'argento, le finestre con ritratti Dei e Santi in colori brillanti. Re e regina sul trono, la sala gremita, l'aria di festa inebriata da vini di ottima annata. Un inchino al suo principe dei sogni, la promessa di rivedersi un giorno, l'incanto svanito non appena gli occhi le mostrarono un nuovo volto. Il suo corpo come contromisura, si portò all'indietro, pronto a difendersi a qualsiasi costo. Il cielo sereno ora era nero, la natura piangeva soffocata da nebbia dello stesso colore, suoni di fulmini rimbombavano in lontananza. L'uomo, una volta statua, gridava con voce disperata, pretendeva risposte a domande che non sarebbero state capite nemmeno volendo. La nebbia avvolse tutto, persino Millie.

- Voglio la mia Isolde, la mia vendetta, e tu mi aiuterai !- qualche colpo di tosse da parte della ragazza che con la mano si aiutava a dissipare la nebbia nera che non riusciva a nuocerle; bastò questo a gettare l'uomo in uno stato di confusione profonda, come poteva resistergli?

- Ma tu esattamente chi cazzo sei? E questo fumo è tuo per caso?- continuava a tossicchiare e a spostarsi, questa volta quella nuvola la lasciò in pace e venne scacciata via dall'uomo dopo un gesto della mano.

- Tu... Non mi conosci...?! -

- Fino a prova contraria eri una statua, cosa pretendevi esattamente? - L'uomo dai capelli bianchi e gli occhi verdi s'introdusse con il nome di Viego, Il Re di Camavor, un uomo che ha tentato di tutto per riportare in vita la sua amata regina, Isolde. Come ogni uomo profondamente innamorato, intesseva lodi e laudi alla donna amata, e mentre gliene parlava sorrideva, drogato d'amore per la sua Isolde. Poi, il ricordo del fallimento, le Sentinelle della Luce gli avevano impedito di riaverla, gli avevano negato la possibilità di essere felice con la sua dolce ed unica metà, la sola che poneva pace al suo dolore, l'unica a ricucirgli l'anima dai suoi mille tormenti. Millie lo guardava affascinata dal suo modo di parlare così antico e forbito, quando parlava pareva stesse recitando una poesia per la bellezza delle parole da lui usate.

- Mh, beh allora suppongo che come minimo questo sia tuo, amico. - andò a recuperare per lui il carillon, porgendoglielo, sicuramente doveva essere importante se rimase lì con lui per tutto quel tempo. Il Re in Rovina non si sprecò in futili convenevoli come il ringraziare, la salutò banalmente, con tutte le intenzioni di andarsene. Aveva un Mondo da far sprofondare nella Rovina, e un Mondo di strada per riottenere la sua amata Isolde.

- Ehi, fermo! Ma dove vai?!-

- Devo trovare i frammenti di anima della mia amata-

- Ok zio, ma, non sarebbe più comodo se ti diamo una mano? Non ti voglio insegnare, ma almeno non stai da solo.-

- Tu, vuoi aiutarmi a trovare la mia Isolde? Perchè ci tieni tanto ad aiutarmi...? - La guardava allibito, con occhi sorpresi, l'ultima volta non era stato così "fortunato". Si domandava anche come quella ragazza singolare fosse stata capace di sottrarsi alla Rovina che non aveva mai fallito. Ne sembrava immune, probabilmente lo era per davvero, ma perchè, si chiedeva. La osservava gesticolare, presa nei suoi discorsi, nelle sue logiche, nel suo desiderio di prestargli aiuto e sostegno, quasi dimenticò perché gli fu difficile realizzare il suo sogno secoli e secoli prima. Sentirla parlare, vederla fare progetti, sentirsi incluso, tutto concorse per la totale dissoluzione della nebbia, riportando il cielo e la natura al suo stato originario. Era così distratto dai suoi pensieri che ritrovarsi una mano tesa davanti a sé lo riportò coi piedi per terra. Due battiti di ciglia, occhi sulla mano e poi riportati verso di lei che non accennava a smettere di fissarlo, passarono pochi attimi, poi glielo richiese: "Ci stai?".

- Tu sei... Una donna singolare... - con fare titubante allungò anche lui la mano verso la sua, stringendo il patto con lei. Al Re in Rovina non interessava molto di tutte quelle formalità, di tutto quel " supporto", pensò semplicemente che partire in vantaggio sulle Sentinelle questa volta lo avrebbe portato ad avere successo nella sua impresa, nella sua missione per salvare l'amata e ricongiungersi a lei. Se qualcuno si offriva di sua sponte, anche meglio, ma a Viego avrebbe fatto comodo ascoltare il papiro di istruzioni e clausole prima di stringere quella mano, perché le cose sarebbero andate molto diversamente dai suoi piani.

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Capitolo 2
*** 1221 ***


La polvere bianca sotto i passi di Viego e Millie bruciava, rilasciando nell'aria un fumo nero con venature di un verde che non ci aveva creduto abbastanza. Il paesaggio candido ed immacolato cangiava colore solo nei punti in cui passava la ciurma del capitano Vylldem, bastava anche solo sfiorare un componente della flora locale per vederla assumere tonalità più reali, per mostrare all'equipaggio i colori celati sotto al manto bianco.

- Cosa ci fanno delle creature della nebbia sulla mia isola ?! –

Un vento forte agitò con prepotenza le fronde dei pini e degli abeti, l'erba si prostrava a terra davanti a quella forza della natura. Il re di Camavor si guardava intorno come tutti i componenti della Jacquelyn, eccetto uno, Vyll, l'uomo che li aveva scortati fin lì. La finta neve vorticava velocissima tutta intorno a loro, impedendo a chiunque di vedere oltre il muro formatosi con la corrente.

L'Isola della Cenere, il regno creato dai due demoni Shyra e Yuria, rispettivamente zia e madre di Vyll, conosciute dall'umanità con i nomi "Demone Bianco" e "Demone Nero". In pochi si sono imbattuti per pura casualità nell'isola, solitamente veniva trovata da chi desiderava trovarla e spesso tale desiderio era mosso da intenzioni egoiste o malvagie, quasi mai per intenti bonari. L'Isola della Cenere, da come suggerisce il nome, è un isola ricoperta da un insolito pulviscolo simil cenere perfettamente bianco, ogni cosa possiede quel velo puro messo a tutela e difesa del regno e delle sovrane. Chiunque decida di calpestarne il suolo e toccarne i sudditi, per lo più piante e pietre, scoprirà la fragilità di quel bianco etereo. Un respiro è tutto ciò che serve per far crollare la falsità del dipinto di Shyra, meccanismo pensato per avvertire la Demone Bianco della presenza di ospiti sulla sua isola. Nessuno dovrebbe mai compiere efferatezze sanguinarie in quella terra, Shyra non accetta assassini nel regno degli Esseri Gentili, se anche solo una goccia di sangue dovesse contaminare quella landa cinerea, non ci sarebbe luogo in cui nascondersi, i servitori di Shyra riscuoteranno il debito con gli Esseri Gentili che popolano la cenere; nessuna corruzione è gradita.

- Zia, sono con me, mia madre mi ha detto che ci avresti potuta aiutare. –

Nel sentire la voce del nipote, Shyra, fece cadere la coltre di cenere rivelandosi ai presenti. Una donna alta, dai lunghissimi capelli rosso sangue, colore condiviso con gli occhi. La carnagione pallida, così pallida da rendere difficile la distinzione tra carnato e pizzo bianco, il quale è messo a decoro del decolté valorizzato anche dal taglio dello scollo dell'abito. Il suo corpo continuava a produrre quella neve alternativa che bruciava in fumi neri non appena sfiorava Viego e Millie.

- Oh, allora questo cambia tutto, vi do il benvenuto, amici di Vyll . –

Non ci volle molto per le presentazioni in sé, fu tutto molto rapido ed indolore. Shyra li accolse tutti benevolmente, con un delicato e casto sorriso in basso rilievo sulle labbra carnose e sanguigne. Non era cosa da tutti arrivare senza perdite all'isola. Se già normalmente il viaggio costava la vita di molti marinai, non bisogna meravigliarsi se i superstiti che toccavano le sponde, spesso e volentieri, non arrivavano alla decina. La colpa va attribuita maggiormente al Caligo, la nebbia bianca che avvolge per chilometri e chilometri l'isola. Le leggende lo additano  come "parte integrante" del regno di Shyra e Yuria e non sono del tutto sbagliate, la stessa Yuria reputa il Caligo parte della sua terra. Infatti, quando le capita di indirizzare qualcuno verso la sorella, dice loro di recarsi al Caligo; insomma, se persino le creatrici reputano un effetto atmosferico parte della loro dimora, allora lo sarà di certo. Vylldem non ebbe troppi problemi grazie al libro della madre adottiva, bastò un tocco di Yuria per farlo aprire alla pagina raffigurante Caligo, il mare di nebbia.

Vennero scortati nei pressi di un enorme quercia albina dalla padrona di casa, i suoi ospiti avrebbero gradito una tisana rigenerante dopo tutto il tempo trascorso in mare. Passarono da un'apertura formata dalle grandi e possenti radici. Non appena i loro occhi si abituarono al cambio di luce, rimasero stupiti dalla cura con cui venne arredato l'ingresso. Il capitano era avvezzo a simili stranezze, alla fine era di famiglia e ci aveva fatto il callo, ma non si poteva certo dire lo stesso del suo equipaggio. Molti, se non tutti, si chiedevano se quella dimora fosse vera o se in realtà fosse solo il frutto di una magia molto potente; era troppo surreale per loro vedere un'architettura simile all'interno di un albero. Per quanto fosse mastodontico, era pur sempre un albero.

- Prego, accomodatevi pure, perdonate il disordine... è da molto che non ricevo ospiti desiderati. –

Presero posto a sedere ad un lungo tavolo ricavato dal legno dell'albero stesso, questa era una conclusione a cui si poteva giungere dopo aver notato che quel piano dedicato al consumo delle vivande era una parte effettiva del suolo, la tovaglia bianca nemmeno riusciva a toccare terra, non si può dire con certezza il motivo di quella scelta, tuttavia aveva il suo fascino. Le canestre ricolme di frutti pallidi si alternavano coi centrotavola floreali, i quali avevano queste candele affusolate e bianche tutte intorno. L'aria profumava di oli essenziali ed incenso, si potevano notare dei piccoli contenitori mezzi sospesi ai pilastri lignei posti in maniera simmetrica in tutta la sala. Un vento di cenere a mo' di maggiordomo portò alla propria signora tutto il necessario per quella famosa tisana prodotta dai frutti della terra cinerea. Viego sedeva alla sinistra di Millie, la quale, alla sua destra, aveva il suo capitano a capotavola. Al re tornò in mente il suo regno, la sua Camavor, gli tornò alla mente i dolci tempi in cui lui e la sua amata Isolde erano soliti bere una tazza di Butterfly Pea Flower Tea sulla terrazza che dava sulla città, il tutto accompagnato da una manciata di biscotti ed altri piccoli peccati di gola. Questo viaggio a milioni di chilometri al secondo, nel castello della memoria, era stato scatenato dalla visione del colore roseo tendente al magenta della bevanda gentilmente offerta, quella tonalità di rosa era quasi identica all'infuso preferito della regina di Camavor quando gli veniva aggiunto del succo di limone. Fu una stretta al cuore ricolma di nostalgia, Viego si sentì costretto ad afferrare la mano immaginaria responsabile della presa che stringeva le profondità della sua anima. La Demone Bianco non si fece troppi complimenti, nel mentre che la cenere si occupava di distribuire le tazze bollenti, chiese il motivo di quella visita. Vyll propose al nuovo arrivato di esporre il sommario degli eventi, sfortuna volle che proprio questo fosse ancora disperso nei meandri dei suoi ricordi, complice di quella distrazione anche la stanchezza. Così, rimanendo composto dopo il rimprovero di The Milliner per il suo fare scortese e privo di tatto, raccontò all'adorata zia tutti gli eventi che li portarono lì, omettendo le parti "noiose" e non pertinenti .

- Cosa mi significa che questo qua era una statua ?! –

Come ci si poteva aspettare, dopo che il re e la capomastro strinsero il loro patto d'alleanza, proprio quest'ultima portò il primo alla battigia per presentarlo al capitano. Si potrebbe definire scontata la reazione di Vyll nel vedere un uomo mai visto prima arrivare con la sua fidata fabbrica armi, pretese delle risposte innegabili, alle quali The Milliner rispose con una tale sincerità da gettare Vylldem nello sconcerto, era talmente tanto incredulo che credette per un secondo che quella donna si stesse palesemente prendendo gioco di lui. Vylldem poneva completa fiducia in Milliner, questo è pressappoco l'effettivo motivo per cui non aveva alcuna paura di lasciarla andare a zonzo per l'isola (quella del quartier generale) tutta sola soletta. Lui era convinto di aver scelto un posto disabitato, che gli unici abitanti al massimo potessero essere un paio di pappagalli o dei felini di grandi dimensioni, non di certo uomini a torso nudo indossanti indumenti in pelle attillata; il vestiario era la cosa che più detestò a primo impatto.

- Quelle Sentinelle sono la causa della mia prigionia, del mio esilio! Questa donna mi ha detto che potevate aiutarmi a ritrovare la mia regina, è stato stretto un giuramento di portata –

- Taci ! Chiacchieri troppo tu ! –

Viego era già pronto ad esplodere peggio di una mina, se la donna non fosse stata presente non oso immaginare cosa sarebbe potuto capitare, forse una terza Ruination.

- Vyll, fa silenzio tu per un attimo, ok ? Ok. – Seccato dal vedere quale parte difese la sua capomastro, non poté fare altro che darle le spalle in segno di protesta, sperava che il non vederla fissarlo con quei suoi enormi occhioni languidi potesse aiutarlo a resistere alle sue suppliche. Non gli importava se quel "tipo" fosse un re, non gli importava se aveva perso la moglie, gli amici, o qualsiasi altra cosa, non avrebbe fatto la carità a nessuno, se ci teneva così tanto a tutta quella roba, provava a tenersela più stretta, pensava. - Quest'uomo ha bisogno del nostro aiuto, ha perso tutto, e nessuno ha mai provato ad aiutarlo. Per un po' potremmo anche provare a fare altro, dopotutto abbiamo migliorato la vita già a moltissime persone, sì, insomma... potremmo prenderci una pausa e poi... e poi noi per primi non saremmo qui a parlare se non ci fossero stati i nostri genitori a salvarci, a sostenerci e ad aiutarci quando eravamo in difficoltà. Fallo per me, te ne prego... - Quanto lo aveva colpito duramente quel discorso... solo lui e Millie sapevano quanto quelle parole potessero spezzarli, quanto potessero rompere lo spirito di bamboo di entrambi, plasmato agli albori per flettersi sempre ma non spezzarsi mai. Vyll commise il suo errore fatale, cedette alla tentazione di voltarsi verso di lei, finendo intrappolato dagli occhioni neri paragonabili a quelli di un cucciolo. Le manine congiunte, indici e medi a contatto con labbra e punta del naso. Sguardo dolcissimo, profondo, non le serviva nemmeno ripetere quel "te ne prego", lo avevano già fatto gli occhi almeno un'infinità di volte. La strenua resistenza venne meno in pochi secondi, il grande sospiro del capitano valeva più di ogni parola. Millie si trattenne dall'esultare solo per non dare a vedere troppo le sue carte da astuta stratega; sì, sapeva già che facendo così avrebbe portato la vittoria a casa, ormai lo conosceva da anni ed era diventato un libro aperto quell'uomo per lei.

-Va bene, ma ! Ti occuperai tu di intrattenerlo, dargli da mangiare e tutte le altre stronzate, ed assicurati che capisca bene le nostre regole, altrimenti diventa cibo per pesci. Sono stato chiaro ? –

Viego ingenuamente ci provò anche ad opporsi, o comunque a metter bocca sulla questione, purtroppo fu troppo lento, Millie già diede al suo capitano un: "Signor sì, capitano! ".

Millie lo lasciò sfogarsi, il sovrano di Camavor scelse con saggezza il momento propenso, ovvero quello in cui il capitano se n'era già bello che andato. Fu un processo molto lungo, la colpa era da attribuire all'istruzione da regale impostagli fin dalla giovanissima età. Non ci si può aspettare molto da chi era abituato ad essere trattato con estremo rispetto. Sentirlo lamentarsi anche per i dettagli più insignificanti era quasi divertente per Millie. Parlava e parlava, si lamentava e lamentava e la donna lo ascoltava con pazienza invidiabile fino a che non ne fu stanco.

- Dai, dai... vedrai che ti ci abituerai al capitano e al suo carattere dominante. – volle chiudere così tutta quella discussione sterile la capomastro, soprattutto perché erano passate diverse ore da quando aveva cominciato a lamentarsi dei modi rudi e irrispettosi di Vyll ed in più iniziava a sentire il capo supremo chiamare a rapporto la ciurma per ripartire e dare quella santa mano alla new entry. Il tempo le bussò sulla spalla in sordina, per farle notare che doveva ancora illustrare l'elenco delle regole al nuovo membro della Jacquelyn. Prima d'imbarcarsi quindi, che Viego le volesse ascoltare o meno, gli avrebbe dato le informazioni necessarie al quieto vivere.

- Credo partiremo per cercare la tua Isolde prima del previsto. – A Viego s'illuminarono d'immenso gli occhi, quel verde in quell'occasione era al pari di uno smeraldo per brillantezza.

- Però, re o non re, dovrai seguire anche tu delle regole. –

- ... Stai scherzando mi auguro, spero tu sia consapevole che se lo desidero potrei piegarvi tutti al mio volere. –

- Primo. - sollevò l'indice per porlo come sigillo sulle labbra del re, più rimaneva in silenzio ad ascoltarla, prima avrebbe finito quel compito indegno. Gli occhi di lui s'incrociarono infastiditi al fine di vedere quel sigillo di carne tappargli la bocca, appena ne prese visione, rialzò gli occhi brillanti verso quelli di lei, quelli di lui erano praticamente serrati a causa della pressione esercitata dalle sopracciglia. - Niente nebbia nera, hai la vaga idea di quanta nebbia vediamo ogni giorno ? Bene, non ne vorrei di extra, poi come faccio a vedere dalla postazione di vedetta i nemici in arrivo, mh ? Quindi, niente nebbia, nebbiolina, nebbioletta! – Le stritolò il polso lanciandolo via dal proprio viso, il re riprese a lamentarsi alzando la voce per sovrastare quella della sua salvatrice che di rimando, fece altrettanto, proseguendo con le fantomatiche regole.

-Secondo. Tu sei la nostra ombra e noi la tua, tu segui noi e noi seguiamo te. – Intimidatorio, la prese per le maniche a palloncino finendo per cingere anche le braccia da esse coperte. La sollevò di diversi centimetri da terra, per ridurre la distanza al minimo tra i loro sguardi. Millie era parecchio più bassa di Viego, e lui voleva vertere a suo vantaggio quella disparità corporea imponendo la sua supremazia fisica. Le lanciò uno occhiataccia infuocata e rabbiosa, vedendola ridere e sorridere divertita gli scappò un mezzo rantolo ferale, simile al ringhio di un cane randagio che si litiga il brandello di carne con gli altri randagi. Il suono graffiante e cupo sfociò in urli che dicevano ben poco di concreto alla capomastro di fuoco, la quale era tutto tranne che intimorita dall'ex statua. La minacciò a denti stretti, magari le avrebbe fatto capire che non era l'amico della porta affianco, ma lei semplicemente sorrise e proseguì.

- E terzo. Chi non lavora, non mangia. Ah, sì e... - Viego se la ritrovò dietro per magia. Quando si voltò, dovette appellarsi alla sua fortezza d'animo per non deglutire rumorosamente , per non mostrare quel briciolo di paura che tutti proveremmo davanti a qualcosa che potenzialmente potrebbe ucciderci. The Milliner era lì, davanti a lui, già aveva iniziato ad abbassare il grilletto del moschetto, tenuto saldamente contro il triangolo nero sul petto del re di Camavor; pareva più alta solo grazie al piedistallo di superbia che la sorreggeva. - Prova a fotterci e ti garantisco che sarà l'ultima cosa che fai.- ora era lei che lo guardava con viso truce ed annerito dal pensiero che quell'uomo potesse nuocere alla sua famiglia nella quale rientrava anche Vyll. Piede destro davanti al sinistro, piede sinistro davanti quello destro, una sequenza ripetuta all'inizio con cupa lentezza, poi con febbricitante velocità e vigore. La cadenza dei passi in avanti di lei e quelli compiuti a ritroso da lui mancavano di sincronia; non si può ballare un tango in due senza armonia. Volendo salvare in curva il re, lo si può giustificare dicendo che a sua discolpa c'era il terreno sdrucciolevole della battigia a rendere difficile la retromarcia. Cadde, inevitabilmente cadde, forse gli sarebbe convenuto tenere gli occhi chiusi, riaprirli gli costò una seconda arma da fuoco addosso, questa volta puntata al suo viso. Il metallo lucido funse da specchio crudele, troppo sincero, la sua verità era troppo sfrontata persino per un re. La bocca di fuoco argentata gliele fece vedere tutte, poteva contare il numero di gocce gelide che gli scorrevano giù per i tratti salienti del suo volto. Nonostante la sua umile posizione, osò ugualmente dare contro alla capomastro, permettendosi di alzare i toni, ah ma The Milliner ci mise un attimo a togliergli tutta la voglia di ribattere. La sabbia urlò, delle granelle saltarono in aria dalla paura, altre nemmeno vollero toccare per errore il proiettile piantato nella sabbia grigia scura e battuta. Il calibro era molto piccolo, eppure il varco aperto nella battigia era sproporzionato rispetto al diametro del proiettile; sì , a Viego passò tutto d'un tratto il desiderio di controbattere e di alzare la voce. La capomastro scoppiò a ridere e lanciò a terra il moschetto. Si sedette sulle punte dei piedi per fissare meglio quel re che a quanto pare il mondo non lo aveva mai capito sul serio.

- E quarto... Parte della nave, parte della ciurma. Qui siamo tutti un enorme famiglia, Viego, se hai bisogno di sfogarti, di parlare con qualcuno o qualsiasi altra cosa, noi ci siamo, io, ci sono. –

Non disse altro, come niente fosse accaduto, si alzò in piedi e se ne andò verso la Jacquelyn, scordandosi per un motivo ben preciso il suo moschetto affianco al corpo del re. Quando si riprese dalla rapida successione d'eventi, recuperò velocemente l'arma, volle approfittarne anche per studiarsela a dovere. Per lui non fu difficile capire il motivo di quel dono particolare. Era disarmato, non poteva difendersi in caso di necessità senza arma, eppure non era sempre stato così. Viego, sin da quando si era risvegliato, sapeva che qualcosa non andava in lui, come se avesse perso una grande parte di sé stesso. Si sentiva come una batteria scarica, non riusciva più a generare la nebbia e ad usarla per controllare le menti più malleabili, non riusciva più ad utilizzarla per spostarsi velocemente, e specialmente non riusciva più ad evocare la sua claymore, la Lama del Re in Rovina. Stese il braccio in avanti e chiuse gli occhi. Provò a concentrarsi, forse era solo un po' arrugginito. Niente, nonostante i suoi sforzi la lama non appariva e non ne comprendeva il motivo.

- Cosa diamine mi è successo ...? Non è possibile che il mio potere sia scemato via così, la nebbia è una parte di me, non può essere possibile. –

Si rimise in piedi. Non sapendo dove andare pensò bene di rimanersene da solo per il tempo che gli era stato ceduto. Passeggiava senza meta, percorrendo la sabbia battuta senza nemmeno evitare le acque del mare che bagnavano con le loro curve scostanti il perimetro dell'isola. Continuava ad analizzare il moschetto, non ne aveva mai visti di simili, di così particolari, ma in generale, di armi da fuoco, ne aveva viste davvero poche. Volle fingersi un tiratore esperto, ogni tanto la puntava davanti a bersagli immaginifici con fare da vero pistolero spietato. Con una mano, con due mani. Con pose fiere degne di essere riprodotte su una tela, con pose normali e reali utilizzate durante una pioggia di proiettili. Non smise mai di camminare, nemmeno quando un pensiero gli venne naturale. Com'è che quella Millie era riuscita a sottrarsi al suo controllo ? Viego ci pensò a lungo senza trovare una risposta certa. Tra i mille dubbi e le mille risposte che poteva darsi, solo tre sopravvissero: la prima era che per qualche strana motivazione, quella donna era immune alla sua nebbia; la seconda invece si appoggiava anche al fatto che aveva perso la capacità di persino evocare la sua spada, alla luce di ciò, pensò che per qualche ragione i suoi poteri si fossero inspiegabilmente indeboliti; la terza risposta, quella che a lui piacque di più, fu la fusione delle prime due opzioni. Che quella Millie fosse una donna singolare, era chiaro. Partendo dai suoi occhi, già poteva notare qualcosa di diverso dal solito. La diversità non stava tanto nel colore completamente nero ma nel possedere una pupilla bianca e dotata di luce propria. Anche i triangoli neri sotto le palpebre di lei suonavano come un segnale d'avvertimento. Gli ricordavano il simbolo "Della Rovina", un simbolo condiviso da tutti coloro i quali appartenevano ai ranghi del suo esercito ai tempi della seconda Ruination. Gli diedero molto da pensare, tuttavia non si lanciò in macchinazioni ed astrazioni metafisiche, potevano essere anche dei banalissimi tatuaggi, anche perché, lui per primo, non percepì la donna come una sua servitrice.

I toni del cielo si accesero di colori morbidi e caldi tingendo l'aria con un tenue arancione. Il re di Camavor si era stancato di camminare già da diverse ore e si trovava seduto dove l'acqua non l'avrebbe mai potuto raggiungere. Le increspature generate dalle onde gentili, brillavano sotto i raggi del sole morente, parendo migliaia di migliaia di diamanti. Quel gioco di luci sul palcoscenico della vita, non fu abbastanza spettacolare da suscitare un sorriso d'apprezzamento in Viego, eppure non aveva mai potuto godere a pieno della bellezza della semplicità e della tranquillità. Lui sedeva lì, con le mani affondate nei granelli grigi, con lo sguardo torvo rivolto verso la linea che separava sole e mare. La ricordava ancora com'era la sua Camavor, ricordava le sue spiagge e tutte quelle promesse di portare la sua Isolde a vedere le luci naturali mutare. Ora invece era lì, un'anima solitaria lasciata a rivangare frammenti di un passato lontanissimo. Pensò a lungo su quanto conveniente potesse per lui essere accettare l'aiuto di The Milliner. Provò a valutare le sue alternative ma non le trovò abbastanza efficaci. Non aveva ancora girato tutto il perimetro della Rovinata Camavor, tuttavia, era certo che non esistesse un porto secondario, nelle condizioni attuali nessuno, solo dei pazzi come quella donna, avrebbero scelto un'isola all'abbandono come dimora. Scegliere di rubare una nave era quindi infattibile, visto il fatto che una era la nave e quella sfruttavano per muoversi, e poi non sapeva nemmeno dove si iniziasse per dirigere una nave. Aveva anche pensato alla possibilità di controllarli tutti mentalmente, come aveva sempre fatto durante la seconda Ruination, però capì quanto fosse insensata quell'idea contorta. Ammesso fosse stato capace di controllarli e piegarli tutti sotto la rovina, ci sarebbe rimasta comunque Millie a mettergli i bastoni tra le ruote, lo aveva già visto che era immune ai suoi "poteri", e qualcosa gli strillava nelle orecchie che, per quanto potesse essere da sola contro un esercito, non avrebbe avuto troppi problemi a ribaltare la situazione. Con quelle constatazioni alla mano, dovette rivedere il suo piano per salvare Isolde. Si rendeva conto che aveva passato una vita a chiedere aiuto e che mai nessuno si era offerto di aiutarlo, per questo si trovava così restio alla cosa, però in questo caso rifiutarsi di accettare quella mano era una vera e propria zappa sui piedi. Chi mai aiuterebbe qualcuno che ha cercato di ucciderti volontariamente ? Nessuno, appunto. Nella migliore delle ipotesi sarebbe stato lasciato sull'isola, nella peggiore su una zattera in mezzo al mare e senza i suoi vecchi poteri sarebbe rimasto fottuto dal suo stesso piano "geniale". Non ebbe molta scelta se non farsi andar bene le condizioni di The Milliner, si volle consolare autoconvincendosi che almeno erano stati gentili con lui, non come le Sentinelle che non misero mai in dubbio il loro operato e vollero nascondersi dietro al dito del : "Ma Viego è il cattivo !".

- Ecco dov'eri, stavamo diventando tutti scemi per trovarti. Avvertire che sparivi era troppo semplice eh ...? –

Si voltò di scatto preso di sorpresa, la voce della donna gli schioccò le dita davanti agli occhi per recuperarlo dai suoi pensieri. Inspirò pesantemente e in altrettanto modo espirò. Chiuse gli occhi, non voleva vedere niente, avrebbe preferito anche non sentire nulla. Il sorriso della capomastro si incurvò all'ingiù in un primo momento, poi, si inclinò pendendo verso destra, in posizione speculare a dove aveva deciso di portare la totalità del proprio peso. Mani sui fianchi ed un attimo eterno di noioso silenzio, non durò molto lo stallo, nel non ricevere segni di vita volle sedersi affianco all'uomo emulando in tutto e per tutto la posizione del suo corpo, mani insabbiate comprese.

- Qualcosa mi dice che non sei felice. –

- Passa anche solo il 5% di quello che ho passato io, e poi rivienimi a parlare, mocciosa petulante. –

- Potrei dirti la stessa cosa sai ? Tu hai perso tua moglie, ok, va bene, esperienza traumatica e terribile, non l'augurerei nemmeno ai miei nemici, sincera sincerissima, però, esattamente, cosa ti fa credere che io non abbia sofferto quanto te ? –

- Me lo fa credere il fatto che non ti fai gli affari tuoi e che non mi lasci in pace. Ho accettato il vostro aiuto, ma non ricordavo di aver richiesto il servizio di babysitting. –

- Oh ma quello è compreso nel pacchetto gratuito: "Andiamo a cercare Isolde" starter pack. –

Viego non ci voleva proprio credere a quale seccatura si era procurato da solo, così preparò un piano B dell'ultimo secondo. Non poteva sapere quanto lontano potessero portarlo questi pirati, quindi decise di sbarazzarsene non appena avrebbe trovato una nuova nave con una ciurma messa meglio di quella branca di squilibrati.

- Comunque, ti ero venuto a cercare per dirti che prima torni alla nave, prima ci imbarchiamo per partire. Sappiamo già chi andare a disturbare per facilitarti la vita. Sei stato fortunato che oggi avevo voglia di esplorare. –

Strabuzzò gli occhi voltandosi verso la donna, "Ma è quasi notte ! Salpiamo per dove che tra un paio d'ore siamo nel cuore della notte ?!" pensò. Quella risata genuina iniziava ad urtargli il sistema nervoso, pareva che qualsiasi reazione fatta da lui fosse solo una scusa per mettersi a ridere, era sul punto di detestarla e metterla sulla lista delle persone da giustiziare una volta riottenuta Isolde ed il suo regno caduto in Rovina. La capomastro fece un'altra delle sue strambe stregonerie, bastò una semplice mano sulla spalla e in un attimo PUFF ! Scenario completamente diverso seppur ben noto. Si trovavano entrambi nella porzione dell'isola che comprendeva il molo; la cosa non aiutò Viego a ricomporsi. Provò a farle delle domande ma era già sparita, di nuovo, proprio come ore prima, quando dovette dargli le famose regole della Jacquelyn. Il sovrano più tentava di mantenere stabile la sua sanità mentale, più rischiava di perderla stando con quella gentaglia che stranamente conosceva l'esistenza dell'igiene personale. Capitò nel bel mezzo della fine dei preparativi, dovette anche stare attento a non intralciare i mozzi carichi ben sopra il volto di casse e cassette varie. Alcune di queste erano aperte e contenevano dei frutti a primo impatto freschi, quando cadde una mela, l'antico re se la sgraffignò, con la pretesa di renderla una porzione della prima tassa da imporre ai suoi futuri sudditi o schiavi, quale delle due opzioni era ancora da decidere. Il capitano, dall'alto del suo timone, si occupava di dare le direttive di dove posare quella o quell'altra cassa, erano in "ritardo" sulla tabella di marcia perché Millie dovette insistere molto con lui, specialmente dovette convincerlo con non pochi discorsi contorti e macchinosi, per non parlare dei metodi di persuasione adottati. Viego era un re, gli ricordò Millie, quindi essendo quell'uomo un re, avrebbe ricompensato il generoso animo di Vyll con altrettanta generosità se egli avesse sfoggiato la propria immensa bontà. Non volle mettergliela in termini di oro e di argento, di zaffiri o diamanti, quelle, bene o male, sono risorse che tutti possono ottenere. Millie propose a Vylldem una ricompensa dalle vedute più ampie: capo della marina militare di Camavor; consigliere regale; sovrano di un isola vicina. Vylldem si accarezzava il mento allettato da questa ghiotta occasione, se fosse diventato il governatore di un isola o se avesse potuto operare sotto una bandiera imperiale, avrebbe potuto raggiungere i suoi obbiettivi di salvatore dei giusti con più facilità. L'affare e l'accordo si concluse senza che Viego sapesse a priori cosa la capomastro avesse architettato, lei ingenuamente sperava che facendo del bene avrebbe ricevuto del bene nella stessa quantità.

Nella città porto c'era aria di festa anche se non c'era una vera ragione per festeggiare, forse l'unica ipotesi plausibile, vedendo chi abitava l'isola, era che stessero celebrando un giorno di vita in più, partendo da questo presupposto, allora si spiegherebbe come mai ogni giorno fosse un motivo valido per cantare, bere e ballare. La città era ancora troppo piccola e non possedeva ancora un nome, l'unico ipotetico nome che le si poteva dare era "Battigia", visto che tutti chiamavano la zona abitata in quel modo. Battigia, come già detto, era una città davvero piccolissima ed i suoi abitanti potevano essere benissimo contati, a patto che uno conoscesse i numeri oltre il cento. Non c'era ancora una sede commerciale, il mercato e le transizioni di denaro non erano al primo posto nella scala delle priorità. Si parla di un primo abbozzo di società e a tutti stava più che bene così. L'isola offriva tutte le risorse necessarie per affrontare la giornata e pian piano il centro abitato prendeva forma e colore. La colpa di quei ritmi a rilento andava attribuita alla frequente mancanza di Milliner sull'isola. Ovviamente i cittadini di Battigia non erano dei totali scansafatiche, degli inetti, o degli incapaci, quella gente sapeva perfettamente fare il proprio lavoro, semplicemente dovevano aspettare la donna, perché la sua mente creativa, al pari di un folle, era capace di realizzare strutture ed idee senza eguali, ed essendo lei la macchina che smuove tutte le altre macchine, non potevano fare niente una volta finite le direttive della capomastro. Per non parlare delle volte in cui lasciava i progetti e nessuno riusciva a capire niente di cosa vi era scritto sopra, e non era così strano o raro che ogni tanto capitasse anche a lei di non capire le sue stesse istruzioni. Per il resto, Battigia stava pian piano diventando una ridente cittadina, creata appositamente per chi avrebbe sempre voluto un'occasione per vivere come giusto che fosse.

Il re decise di dare una chance alla piccola città in stato embrionale, incuriosito dalla vivacità dei suoi colori gioiosi. La mela verde era abbastanza aspra, bensì il suo gusto verace, era una ragione più che valida per continuare a mangiarla. Viego passeggiava per le strade ancora sabbiose e rudimentali, beccandosi dei saluti regalati dalle vecchiette che tessevano o che badavano ai nipoti e dalle signore sulle terrazze intente a raccogliere il bucato. Sì, non lo conoscevano, non avevano la più pallida idea di chi diamine fosse quell'edgy-lord, però era nella loro natura mostrare gentilezza e cordialità ai "nuovi arrivati". Erano ancora in pochi ad occupare quell'isola, praticamente si conoscevano tutti, era inutile mantenere un atteggiamento freddo e distaccato, avrebbe generato solo astio, portandoli alla conclusione del niente. Viego non poteva essere da meno, anche perché la sua educazione da regale gli imponeva di mostrare gentilezza alla gente del volgo, quindi sorrideva e faceva un lieve cenno, o con la testa, o con la mano libera. Era tutto così strano, così inverosimile. Niente aveva senso, era tutto così perfetto da sembrare la finzione più grande di tutte, eppure era reale e Viego non riusciva ad accettarlo; ma come avrebbe potuto farlo. Quella realtà era completamente diversa da quella di cui ebbe esperienza, così diversa da fargli credere di essere in un altro mondo, in un altro tempo. Non potevano essere genuini quei sorrisi e quelle risate, doveva essere per necessità, una costruzione dell'istinto di autoconservazione, eppure era tutto vero. Nauseato da tutta quella felicità, da quella... gioia di vivere, tornò alla nave dove lì, almeno, aveva trovato degli individui che un minimo gli ricordassero la vera natura degli uomini.

- Ed eccolo qua il nostro fuggiasco. Non riesci proprio a stare dove ti lascio per più di cinque minuti, vero ? Sei un pensiero fisso, potrei iniziare ad odiarti se continui così, sai ? –

Solitamente si può anche ridere per non piangere, e questo era il caso. Millie manteneva sempre intatto una quantità di riserva del suo orgoglio, se lo teneva sempre un po' da parte per quelle occasioni in cui doveva imporsi anche dovendo usare la forza bruta. Chi mai prenderebbe sul serio una donna che cede a qualsiasi debolezza ? Milliner sapeva la risposta, per questo preferiva ridere e fare persino la spaccona alle volte, non poteva permettersi di stare sotto i piedi degli uomini, per quanti potessero essere "normali", per quanti vedessero nelle donne un essere alla loro pari, non tutti erano di questo pensiero, quindi: "pensa ed agisci come un uomo Millie, non piegarti, non spezzarti mai, imponi il tuo ingegno e la tua persona, renditi indispensabile, diventa il loro ossigeno. Anche se non vedranno mai niente di buono in te, in questo modo non potranno schiacciarti e tu sarai sempre cento passi avanti a loro.".

- Lascialo stare Millie, se il tuo... amico, ha così tanta voglia di farsi giretti turistici del villaggio, significa che di quella sua Isolde non gli importa troppo. – disse il capitano affiancando la fidata compagna che, con il tempo, si stava dimostrando degna del titolo di quartiermastro, oltre che quello di capomastro.

Vyll era un uomo alto e la natura fu così gentile con lui da fargli dono di due meravigliosi occhi blu profondi come il mare. La capomastro fece fatica a credere che Yuria, la Demone Nero, la Mano di Shira, non fosse la madre biologica del suo Vyll quando la vide, dopotutto "madre" e figlio avevano anche dei tratti genetici che suggerivano una parentela stretta, primo tra tutti, proprio il colore degli occhi; Millie non vide mai nessuno dotato di un colore così tanto intenso. Vyll, poi, era un amante dei capelli lunghi, quindi non c'è da stupirsi della sua chioma fluente, non era ancora alla pari di quella di The Milliner ma se avesse potuto li avrebbe voluti come quelli di lei; la vita da pirata ti impone degli obblighi non da poco alle volte. Teneva i capelli di un castano quasi nero legati in un codino improvvisato, quando la capomastro era in vena lo graziava del suo aiuto per rendere quel rabberciamento qualcosa di composto e gradevole alla vista.

- Non ti permetto di parlarmi così, sudicio villano ! – il re ci mise poco a fronteggiare il capo della spedizione in un gioco di sguardi omicidi, non poteva trattenere i suoi istinti quando qualcuno osava proferire più parole del dovuto sull'argomento Isolde.

- Sudicio ? – si sniffò Vyll, le prese per il culo erano la sua specialità, chissà se lui avesse insegnato a Millie o se Millie avesse insegnato a lui. – No, tutto a posto, non ho bisogno di una doccia, ma tu, cavolo... – non poteva mancare uno sventolamento della mano davanti al proprio viso come ciliegina sulla torta. - faresti meglio a trovarti un naso nuovo se non senti l'odore di morte che hai addosso, e non parlo solo di quando apri la bocca. Per Dio, sei un re ma l'igiene personale non l'hai mai conosciuta o cosa ? – Viego lo guardava nero, se fosse stato capace di evocare la sua arma, come in passato, il capitano si sarebbe ritrovato morto a terra. La capomastro intervenne più veloce della luce per impedire scontri sanguinari, non era quello di cui avevano bisogno, specialmente se da quel giorno dovevano collaborare per cercare quei fantomatici frammenti di moglie sperduti.

- Ragazzi, basta ora, ok ? Tanto ce la faremo tutti una doccia stasera, non è questo il problema. Ora fatela finita di fare i ragazzini . –

- Ragazzini ?! Ma chi ti credi di essere donna ? Chi, vi, credete di essere per usare certi toni e simili appellativi con me ?! – Il capitano lo prese per la giaccia e gli diede una scossa giusto per sottolineare chi dei due fosse in controllo.

- Stammi a sentire, edge-lord, ti stiamo ospitando nella nostra famiglia, mi sto rompendo il culo per trovarti una soluzione e ridarti un fottutissimo cadavere. Dovresti pulirmi con la lingua la terra su cui devo camminare per ripagare il debito che hai con me, ma si dia il caso che questa, donna, affianco a me, mi ha convinto a farti la carità. Se qui qualcuno deve portare rispetto, questo sei tu. – lo lasciò libero ma solo per distanziarlo da sé e poterlo guardare bene nella sua interezza. – Ora, se vuoi, sali su questa nave, se no sparisci. Creati una nave da solo, impara a nuotare, fa come ti pare, non sono affari miei, basta che sparisci dalla MIA isola. –

Li liquidò così, senza se e senza ma. Nessuno ritenne necessario pronunciarsi ulteriormente ed i mozzi, che ancora dovevano salire, ci misero tutta la buona volontà a non sembrare interessati alla discussione. Un timido ed impacciato "Viego..." uscì dalla bocca della capomastro, accompagnato dal tentativo di poggiare una mano sulla spalla dell'uomo per offrirgli sostegno ed appoggio. Quel gesto si congelò a metà del suo viaggio, bastò un'occhiataccia giustificabile del re caduto per frenarla. Lui si avviò sulla passerella seguito a ruota da lei, per quanto non volesse ammettere la cruda realtà, sapeva di essersi spinto oltre i propri limiti, che Vylldem aveva una grossa fetta di ragione.

- Oh, quindi hai visto la mamma prima di venire qui, bene bene, sono contenta. Come sta ? – Shyra aveva sentito gran parte del racconto a lei raccontabile, compresa la parte del viaggio verso la sorella, Yuria. Le due sorelle, insieme all'Isola della Cenere, nacquero come frutto proibito dai residui vacanti della Nebbia proveniente dalla seconda Ruination, per questa ragione, Shyra era profondamente spaventata della Nebbia e delle creature che da essa sono nate. Queste avevano la non chiara capacità di contaminare e disgregare il suo regno degli Esseri Gentili, ovvero di tutti quelli che avevano stretto un patto con la Demone Bianco.

Shyra era venerata e amata da tutti per la leggenda intessuta intorno a lei: una maga potentissima, capace di miracoli oltre lo scibile umano e divino. Pochi, tuttavia, conoscevano la triste realtà, la vera natura dell'animo di Shyra. Lei offriva contratti, come ogni demone d'altronde. Lei poteva darti tutto quello che più desideravi al mondo, a patto che fossi tu a fornirle le materie prime, se erano necessarie. Shyra, la Demone Bianco, non è mai stata caritatevole, non una singola volta nella sua vita, lei ha sempre dato, ma solo per riprendersi indietro con gli interessi il dono fatto. Allo stesso modo in cui lei ti ha liberato da un grande male, allo stesso modo troverà il modo di infliggere la piaga che ti attanagliava su chi più l'aggrada. Allo svolgimento di questo orribile ed infimo compito c'era Yuria, la Demone Nero. Yuria, per quanto fosse stata dipinta come un essere spregevole e crudele, era invero un essere misericordioso e caritatevole, che ben conosceva il sentimento dell'amore e della compassione, tuttavia, Shyra chiede e Shyra ottiene. La madre di Vyll riscuoteva i debiti prodotti dai patti con la sorella, questo, in spiccioli, significava recuperare le ossa dei debitori, il come recuperarle veniva indetto dalla Signora della Cenere. Gli Esseri Gentili, come vengono chiamati dalla Demone in persona, non sono altro che scheletri, uomini e donne immuni alla corruzione poiché niente di loro può essere più corrotto.

- Sinceramente l'ho vista un po' provata. –

- Eh sì... ci sta, beh può capitare, ogni tanto ci sono periodi più carichi di altri. Alla fine io mi occupo solo di rendere felice il prossimo. –

- Quale sarebbe il mio debito se volessi riportare in vita quella donna ? –

Shyra ridacchiò prima di prendere un sorso della tisana, gli rispose solo dopo essersi goduta a pieno il gusto dolce e fruttato della calda bevanda.

- Cucciolotto della zia, tu sei della famiglia, non puoi avere debiti con me. E poi... con tutti gli Esseri Gentili che mi porti, non potresti mai essere in debito –

- Il tipo in trans qui, invece ? –

Shyra esitò per un attimo a rispondere, ci rimase quasi male a notare la nota acida nella voce del nipote, non credeva esistessero dei problemi di fiducia. Con quella pulce nell'orecchio decise dunque di portare a proprio vantaggio anche quella situazione, magari avrebbe avuto l'occasione di ottenere ciò per cui non è conosciuta la Demone.

- ... Dipende, quanto ti interessa di lui, è qualcuno di importante per te ? –

Vylldem si aspettava una domanda del genere dalla bocca della zia. Prima di dare la sua risposta, che sarebbe stata identica in ogni caso almeno dalla sua parte, concesse attenzioni visive alla donna sulla propria sinistra. Millie lo fissava con i soliti occhioni neri, supplicandolo in silenzio. Non si sarebbe permessa di esprimere il suo parere ad alta voce, la fiducia nelle capacità decisionali di Vyll era posta sempre come massima priorità. Il capitano recepì il messaggio della donna e quello che lei desiderasse, prima di rispondere volle scambiare uno sguardo d'intesa anche con Viego, scambio che fu a senso unico, vista la potenza con cui la tisana della zia lo rapì nel passato.

- Se fosse per me, nemmeno sarei partito. – disse ritornando a fissare Millie, la quale si sentì morire dentro dopo una simile frase, perché sapeva che era la verità, perché sapeva che era solo per il proprio capriccio se stavano aiutando quel poveretto. – Tuttavia, zia, lo sto facendo perché me l'ha chiesto Millie. Da quando stiamo insieme non mi ha mai chiesto niente mentre io, spesso, le ho chiesto anche troppo. Sono in debito con lei, mi sento, in debito con lei. –

Shyra sorrise. Dopo un nuovo sorso, poggiò la tazza sul piattino difronte a lei, tornando a scrutare il nipote e questa volta anche quella Millie. Provò sorpresa. Il piccolo Vyll, cacciato in tutta Runeterra per le sue malefatte, le mostrava quel lapidato lato umano verso una donna ed i suoi desideri. Provò davvero molta sorpresa.

- Siete... così adorabili, intendo, voi umani... Sempre disposti a tutto per mostrare il vostro amore vicendevolmente... per poi commettere omicidi e fomentare guerre per il mero potere. Questo lato di voi mi... intriga oltre ogni modo. Beh, lei è di famiglia, giusto ? –

Questa volta anche i mozzi erano tutti orecchie, si sentivano presi in causa fin dentro l'anima con quella domanda semplicissima ma dalla risposta tutt'altro che scontata e banale. L'intera ciurma guardava il proprio capitano, occhi come pietre per affilare i forconi. Ora erano con la schiena inclinata, la parte alta dello stomaco poggiava sullo spigolo coperto dalla tovaglia, la testa ruotata al massimo possibile per non farsi sfuggire niente dalla risposta del proprio capitano. Millie teneva gli occhi chiusi e la testa bassa, non voleva guardarlo, non voleva metterlo nelle condizioni di sentirsi obbligato a dire cose dettate dalla circostanza. Ogni secondo di attesa che passava, agitava sempre più i mozzi che già avevano le mani sul piano vestito di bianco. Erano tutti pronti ad alzarsi e ad ammutinarsi in tronco se Vyll non avesse dato la risposta corretta.

- Ovvio che è di famiglia. Qui nessuno può fare a meno di lei. Non riuscirei mai ad immaginarmi un futuro in cui lei non è presente, non più ormai. –

Alla Demone si dissolse la voglia di replicare, Vylldem era una strana copia della sorella. Nell'ultimo secolo Yuria si stava trastullando con uomini e donne amichevoli al regno della Nebbia, cosa per niente gradita alla Signora della Cenere, cosa che tuttavia lasciava scorrere; la sorella era comunque ligie al suo compito e a Shyra importava solo che quello. Quella natura misericordiosa, ricolma di amore per il prossimo, e quella rovinosa voglia di proteggere ed aiutare le Creature della Nebbia... erano tutti tratti presi da Yuria, non poteva non essere così, dopotutto, Vylldem era solo un neonato in fasce quando la sorella lo salvò.

- D'accordo, allora farò del mio meglio per aiutarvi nella vostra nobile impresa . –

Dopo aver dato il suo consenso, Shyra chiese di riferirle nei minimi particolari i dettagli del loro embrionale piano. A prendere la parola ci pensò Millie, lei era l'unica ad aver dato udienza a Viego durante quella giornata, quindi sapeva sommariamente cosa il re desiderasse fare; chiedere a lui sarebbe stato meglio, ma nessuno aveva la voglia di disturbarlo, nessuno aveva più la voglia di inutili discussioni sterili, secondariamente nessuno aveva la voglia di infastidire Shyra con inutili sceneggiate.

Il loro piano era il seguente: recuperare i frammenti dell'anima di Isolde e trovare un corpo in cui inserirle, e poi vivere tutti felici e contenti. La Signora si lasciò scappare volontariamente una mezza risata, la loro richiesta era di una banalità enorme. Per lei (che aveva persino arrestato la morte ed il processo d'invecchiamento dei suoi debitori) costruire un ricettacolo per raccogliere i frammenti di un anima e creare un simulacro era una vera baggianata, specialmente dopo che Millie le consegnò il carillon trovato quel giorno vicino a Viego. La potente maga, dopo aver illustrato i metodi e gli strumenti con cui attuare il loro piano, chiese se avessero un oggetto legato all'anima di quella Isolde, così da rendere i frammenti più propensi a raccogliersi nel ricettacolo. Per questo Millie le propose il carillon. Fin da subito le sembrò un oggetto importante per Viego, e visto che per Viego la cosa più importante era la moglie, allora quell'oggetto doveva essere legato alla regina di Camavor. Shyra volle accertarsi dell'utilità del fiore meccanico e se questo fosse compatibile con i frammenti di anima. Fortuna volle che quell'oggetto venne già in precedenza usato con quello scopo, infatti in esso c'erano ancora dei flebili residui del precedente tentativo del Re in Rovina. Della cenere portò alla propria Signora petali di canna di vetro, fiori il cui nome deriva dalla fragilità dei fusti. La cenere, insieme a questi petali nivei, iniziò a vorticare in turbinii velocissimi intorno al futuro ricettacolo, sollevandolo persino dalle mani della Demone. Finito il lavoro, la cenere danzante lo portò al suo luogo di partenza, svelando, una volta volata via, la modifica introdotta dalla componente magica dell'atto. Il carillon era come nuovo, tornato perfettamente indietro nel tempo, riacquistando la forma perfetta che andò perduta secoli orsono. Vi era stata applicata anche un'aggiunta: una sfera perfettamente trasparente dedita alla protezione del re e della regina di Camavor, al centro della sala da ballo.

- Dovrebbe essere più che sufficiente. Voi dovete solo essere vicini al frammento con il ricettacolo, poi ci penserà lui a richiamarlo e ad accoglierlo nella sfera. –

- E come sapremo dove trovarli ? – chiese Vyll che, grazie al suo ruolo, non si sentiva inopportuno a fare più domande del previsto. Così ebbe inizio il vero tomo d'istruzioni di Shyra, e Millie, donna previdente, si apprestò a sguainare carta e penna per prendere nota; non si poteva mai sapere, "la prudenza è una virtù".

Il ricettacolo aveva bisogno di un padrone, gli aghi delle bussole hanno bisogno di tutto il loro contorno per essere utili e leggibili, non basta sapere che l'ago punta verso nord, dopotutto ogni ago ha due punte. Serviva dunque qualcuno che fosse legato al ricettacolo, in modo tale che il carillon potesse parlare al proprio padrone ed indicargli il "nord". Scontato ma non troppo, Viego venne incaricato di questo importante compito, chi se non lui era quello più indicato per trovare i frammenti di Isolde ? Ci pensò Millie a farlo tornare nel regno del presente, a differenza di minuti prima, ora c'era la necessità che lui stesse a sentire quanto loro tutto il da farsi, soprattutto se veniva dato a lui uno dei ruoli fondamentali. Stabilito questo primo importante punto, si procedette con i rimanenti finché non si arrivò a quello imprescindibile, a quel requisito senza il quale tutto il loro lavoro sarebbe andato vanificato. La Demone fu molto chiara, non un singolo frammento doveva mancare all'appello, non si parlava di una torta, o di un anello con diamanti. L'anima è l'essenza stessa di una persona. Ricordi, emozioni, la stessa vita, sono tutti elementi che compongono l'essere, fare una selezione delle parti che secondo noi sono più importanti è il primo passo per la stessa distruzione della persona. Viego ebbe da ridire, mettendo persino in dubbio le capacità magiche della Signora Cinerea. Quel dettaglio (che tutto era tranne che un insignificante dettaglio) non era stato minimamente accennato dal suo fidatissimo consigliere Thresh. Lui gli disse che bastavano i nuclei dell'anima dell'amata, solo le parti essenziali, non aveva mai sentito uscire dalla bocca del suo fidatissimo cose come: frammento del ricordo o frammento di emozione. Shyra perdonò l'alterigia del sovrano, vedeva la sua ignoranza adorabile, non poteva adirarsi per certe superficialità, vide quell'evento solo come una prova palpabile della sua indiscussa superiorità, sia come persona che come maga.

- Tesoro... il tuo consigliere è un misero villico ignorante che la, vera, magia non l'ha vista nemmeno con un binocolo, non mi sorprende che il tuo precedente tentativo sia fallito. –

- Se è fallito è solo per colpa di quelle malavventurate Sentinelle della Luce ! Il mio piano era ineccepibile come l'aiuto offertomi dal mio estimatissimo consigliere ! –

- Sarei curiosa di vederlo in persona questo tuo osannato uomo. Oh beh, nel caso puoi sempre tornare da lui. Se lui è così tanto favoloso e capace, perché non chiedere nuovamente il suo aiuto ? Vorrei tanto godermi lo spettacolo... -

La donna si diresse verso di loro con lentezza perentoria lasciandosi dietro di sé, dove era precedentemente seduta, il nuovo ricettacolo. Passava la mano su tutte le sedie fino a raggiungere Viego che, nemmeno avendocela difronte, faccia a faccia, provò un minimo a ritrattare i suoi termini, il suo modo di porsi.

- Un uomo e una donna, separati da un destino maligno, l'immenso desiderio di sconfiggere la morte a qualsiasi costo... e tutto questo in nome dell'amore... -

Il vento gelido piegò il silenzio della sala spegnendo le pallide e calde fiammelle di incensi e candele, l'oscurità divorò tutto, la cenere scorreva come acqua dalle finestre naturali presenti nella struttura dell'albero. Voci spaventate e preoccupate correvano per tutta la sala, gridavano il nome del proprio capitano, lo imploravano di salvarli, ma Vyll rimase in silenzio. La cenere bruciava istantaneamente in fumi neri e ignobili appena sfiorava i corpi di Viego e The Milliner, quest'ultima guardava senza difficoltà il proprio capitano ponendo in lui l'ennesimo cieco atto di fede.

- Potrei riportartela qui, ora, subito, in questo preciso istante, in cambio ti chiedo tutte le vite in questa sala, Re di Camavor. –

Viego accettò senza esitare. Accecato dal desiderio di riavere la propria amata, non pensò minimamente al prezzo da pagare. I mozzi iniziarono a correre in preda al panico, tastavano ogni superficie in cerca dell'uscita ma non esisteva un'uscita dal Regno Cinereo.

- Saresti davvero capace di sacrificare innocenti ? Persone che ti hanno portato da me senza sapere che sarei divenuta il loro tristo mietitore ? –

Sì, sì, e ancora sì. Sempre più forti, sempre più convinti. Urla strazianti che parevano lontanissime per colpa del lavoro svolto dalla nube di cenere, l'odore ferroso sfumato dagli aromi degli incensi.

- E se ti dicessi, che così facendo, otterrai solo una creatura con le sembianze della tua Isolde ?- Il sorriso malato ed entusiasta del re cominciò a morire, iniziava a capire, a comprendere. – Avrai un corpo che raffigurerà la tua adorata moglie, tuttavia sarà privo dei ricordi che ti legano a lei e le sue emozioni saranno rimpiazzate con quelle di queste vittime. –

Viego abbassò lo sguardo; aveva finalmente realizzato. Perché il proprio consigliere fu così impreciso ? Perché nessuno si sprecò nello spiegargli la situazione, fornendogli solo un secco "no" come risposta ? Avrebbe capito, avrebbe potuto, cercava aiuto, una mano amica da afferrare nella nera disperazione.

- Perché...? Perché nessuno me lo ha detto ...? –

Le deboli fiammelle ripresero a vivere, il loro calore scacciò la cenere e l'oscurità, tutto sembrava essere tornato alla normalità, come se fosse stato tutto un enorme illusione. Vyll si lasciò andare con un lungo sospiro ad occhi chiusi, il suo sollievo si era espresso con una postura più morbida, decisamente meno statica.

- Caro nipote, la prossima volta non affidarti al buon cuore di una donna. Temi la nebbia, la Rovina.-

Gli occhi di sangue si lanciarono addosso a quelli simili ad un abisso nero, Millie percepì tutta l'ostilità della Demone in un istante, quella fu solo una delle tante gocce lanciate nel vaso, la vera causa del suo malessere fu Viego, un piccola crepa aveva incrinato molto più del suo cuore. Il vento tornò nella sala, questa volta dolce e delicato. Mosse i fili rossi ed in poco tempo la zia di Vylldem si disperse in milioni di granelli adamantini sospinti dalla corrente, al suo posto rimase solo che una pergamena, rigorosamente bianca anch'essa. 

Il silenzio stagnante tornò a fare da padrone. I mozzi chiacchiericciavano tra di loro smettendo immediatamente ogni volta che vedevano il sovrano caduto, Millie e Vyll erano nella cabina del capitano a discutere cosa e come fare. La pergamena di Shyra illustrava nei minimi dettagli tutti i procedimenti necessari allo svolgimento del piano, tra cui anche l'elenco delle materie prime necessarie alla creazione di un simulacro, tutte da portare alla stessa donna perché "nessuno sa come creare un simulacro degno di quel nome".

Capitano e capomastro ebbero molto di cui parlare anche se tutto il loro battibeccare girava intorno al solito medesimo argomento: Viego. The Milliner aveva fatto una promessa a quell'uomo, era stato stretto un patto, non se la sentiva e nemmeno voleva ritrattare tutto, andare da lui e strappargli via dalle mani la speranza di rivedere la defunta moglie e riabbracciarla. Non le importava minimamente di quello che era accaduto dalla zia di Vyll, nonostante avesse provato la paura di morire per colpa della disperazione del re caduto. Il capitano Vylldem, come ci si aspetterebbe, aveva perso tutto l'interesse di aiutare il nuovo membro della ciurma; non che lo avesse mai avuto in effetti. Conosceva la parente acquisita anche troppo bene e sapeva che quel teatrino non era una finzione, che non era assolutamente un modo per mostrare il marcio cuore di quell'uomo. Se Viego non avesse vacillato, Shyra avrebbe riscosso il suo debito uccidendoli tutti, rendendoli parte del Regno degli Esseri Gentili; Shyra non prova compassione, né empatia, né amore. Shyra adora la purezza del bianco ma non bisogna mai dimenticare il colore rosso dei suoi occhi. Discussero davvero a lungo, la tregua venne firmata una volta calato il sole, quando i leoni negli stomaci ruggivano per essere sfamati. Se il capitano desiderava mangiare, doveva mollare la corda e lasciar andare la sua rivale a preparare la cena. Millie, una volta uscita dalla cabina, mentre si dirigeva nei piani inferiori della nave, ne approfittò per tirare una fune, la quale scendeva giù da uno degli alberi di mezzana. La fune serviva per far oscillare la campana posta a richiamare la ciurma, il suo suono suggeriva l'arrivo dell'ora di cena ed i marinai si apprestarono ad organizzare la sala da pranzo. I membri della Jacquelyn indiarono una regola che piacque a tutti: pasteggiare insieme. Era un occasione per sedersi tutti intorno ad un tavolo e chiacchierare, per parlare del più e del meno davanti ad un piatto caldo, approfittare della presenza di tutti per discutere della situazione attuale e concordarsi sul da fare. Rafforzare il legame tra i membri di un equipaggio è la chiave per il successo, per non parlare del fatto che se tutti sono soddisfatti e felici tenderanno anche a lavorare di più e meglio.

In tutto questo, Viego si era relegato nella sua stanzetta degli ospiti verso la prua, gli venne affidata quella stanza perché nessuno aveva il piacere di dormirci affianco, ed anche se Millie non comprendeva tutto quel diffidare prima della partenza, dopo gli eventi sull'Isola della Cenere, reputò opportuna la scelta presa a Battigia. Il Re in Rovina era dunque nella sua stanza, non voleva autocommiserarsi, eppure, porsi la domanda del "perché nessuno mi capisce ?!", gli usciva spontaneo. Ora, anche quelli che all'inizio gli sorridevano, lo fissavano con occhi spaventati o diffidenti, persino colei che gli mostrò totale fiducia agli inizi, ora lo guardava con occhi diversi. Sapeva di aver sbagliato, sacrificare la vita di innocenti per una singola persona è universalmente sbagliato, e Viego, per quanto consumato dai mali del mondo, era conscio del disastro che generò con le sue stesse mani. Questa consapevolezza però non lo fermò minimamente dal formulare frasi come il : "So di aver sbagliato, ma se loro capissero il dolore e la sofferenza che si prova a perdere chi ami, mi perdonerebbero". Lui era lì, in quel circolo vizioso di : se, ma e però. Nemmeno udì la campana, e anche l'avesse sentita, nessuno si sprecò per informarlo del suo significato. Andarono a recuperarlo solo quando la cena era già stata servita e tutti i commensali si erano già riuniti; se non fosse stato per la capomastro sarebbe andato a letto senza cena.

Bussò contro il legno rigido tre volte, e tre volte il silenzio rispose. Bussò la quarta e mai arrivò la quinta. Aprì quella porta come se fosse l'entrata di un tempio sacro, e al pari di un timorato degli Dei, lei pronunciò il nome di lui tre volte prima di portarlo sulla terra dei mortali con una lieve carezza tra le scapole. Il re sussultò, i suoi riflessi non vollero aspettare il tempo richiesto al cervello per concretizzare. La luce piantata negli occhi di lei lo scosse, un brivido implorava di poter scuotere la sua persona.

- Avrei preparato la cena, ci siamo tutti, ormai manchi solo tu. –

Viego la guardava con totale smarrimento nonostante avesse capito ogni parola uscita dalle labbra rosso livido.

- La cena, Viego. Immagino che da statua non ti servisse mangiare, ma scommetto che ora avrai una gran bella fame, giusto ? – Si sforzò di sorridere e ridere appena, voleva e non voleva al tempo stesso essere lì, con lui, da sola, o almeno, non in quel momento.

- I tuoi occhi, perché emettono luce nell'oscurità della notte ? –

Alla domanda Millie fece un passo indietro, sforzando l'ennesimo bieco sorriso. Si allontanò il più possibile dal re al fine di mimetizzare la luce nei suoi occhi con quella finta e riprodotta dalla luna.

- Non ci fare troppo caso, magari te lo dirò quando sarai più grande. – Rise e per celare le zanne usò il dorso della mano. – Su, su, dai, ti porto a cena. Non torno a chiamarti quindi meglio se mi segui. –

Confuso ed incuriosito, Viego abbandonò la sua provvisoria dimora regale per seguire la donna, a renderlo più confuso e decisamente meno incuriosito fu vedere tutta la ciurma seduta a cena insieme a Millie e al capitano. Per Viego fu una vista indegna, lui non avrebbe mai permesso ai suoi servitori di consumare i pasti insieme a lui e alla sua Isolde. Il pensiero di cenare con quella che lui reputava servitù e persino feccia, gli fece chiudere lo stomaco con la stessa violenza di una porta chiusa dal vento. Tutti parlavano, tutti mangiavano, tutti bevevano. Non c'era ordine ai suoi occhi, non c'erano ranghi , tutto gli pareva privato di un sacrale rispetto. La capomastro si andò a sedere affianco al proprio capitano ed incalzò il re a fare altrettanto. Lei gli scoperchiò il piatto pieno di riso al pesce, e lo invitò a mangiare. Nessuna norma del galateo era stata minimamente rispettata. Nessun coltello da pesce, le posate erano di semplicissimo acciaio e nemmeno posizionate nella maniera corretta. Non esisteva distinzione tra il calice per il vino e quello per l'acqua, ogni tanto notò alcuni mozzi persino attaccarsi alle bottiglie; una smorfia di disgusto e disagio fu tanto d'obbligo quanto di necessità.

- Reginetto sul pisello, siamo dei cazzo di pirati, levati quella faccia di merda da solo o te la faccio strappare via. –

- Vyll ! –

Il capitano sbuffò, le accese gote diedero il pretesto a Millie di togliergli il bicchiere ricolmo di vino rosso direttamente dalla mano. Viego decise di allontanarsi un po'. Prese il suo piatto insieme a forchetta e bicchiere ed andò infondo al tavolo progettato più lungo del necessario. Mangiava in silenzio, c'era già abbastanza rumore nella sua testa e tutto intorno a lui, ogni tanto la donna lanciava un'occhiata laggiù, per vedere come stesse. La tortura finì retoricamente presto, si ammassarono verso Vyll e Millie per cantare e ballare, per raccontare storie, per ridere e scherzare. Viego li guardava, in particolar modo i signori della Jacquelyn. Notava la premura nei loro gesti reciproci, le loro mani intrecciate di tanto in tanto. Li guardava, li vedeva simili, seppur con temperamenti diversi. Lei gentile, dolce, intelligente, capace di generare dal niente qualsiasi cosa grazie al suo ingegno. Lui forte, deciso, impetuoso, un vero leader, ben poco riusciva a farlo vacillare, solo la donna poteva. Alla luce calda della sala, Viego vide in quell'uomo e in quella donna il fantasma di sé e di Isolde, pur essendo consapevole che erano ben poche le similitudini. Si alzò con forza, la sedia cadde indietro rimanendo con i gambi all'aria. Passo svelto, pesante, l'albero maestro resse molto più che bene il pugno provocatorio e tutti quelli successivi. Il grande e grosso avversario resse bene anche i suoi calci, il sangue nero che scorreva giù lento testimoniava quanto il legno fosse più duro della testa . Le difese abbassate del maestro non poterono nulla contro il colpo della claymore generata dalla rabbia. Fu tutto molto improvviso, persino il re rimase di stucco dopo la realizzazione. Aveva agito d'impulso, nemmeno ci pensava a cosa stesse facendo, eppure, i suoi poteri erano tornati, sebbene per una piccolissima frazione di tempo. La grande spada oscillava ancora per più della metà della sua lunghezza, quella possente lama, pur essendo incantata con la gemma della rabbia, non riuscì minimamente a tagliare di netto il robusto legno dell'albero. Rimase lì, traballando come una fiammella spaventata dal vento, ed il re la scrutava, provando nelle profondità del suo animo un debole sentore di gioia. La Lama del Re in Rovina era una spada a livello di una leggenda da taverna, al pari di una storia di fantasmi e maledizioni. Prima della Rovina, quella spada era una comunissima spada, l'unica cosa che la rendeva speciale e diversa da tutte le altre spade era la doppia elsa, che di conseguenza generava anche una doppia impugnatura. L'elsa più esterna era decisamente la più grande, la sua lunghezza era al pari di quella che intercorre tra le nostre spalle, oltre ad essere la più grande era anche quella più ricca di decori. La seconda, che serviva a delimitare la zona corretta da impugnare, era estremamente più piccola, una via di mezzo dall'essere la metà ed un terzo di quella esterna. Con la Rovina di Viego, persino quella spada conobbe il potere della corruzione. Una lama fantasma, tangibile ed immateriale al tempo stesso. Il vecchio sovrano di Camavor divenne un tutt'uno con lei, al punto tale da poterla evocare tramite i suoi poteri, ed ella assunse il colorito verde-azzurro, manifesto della sua avvenuta corruzione. Anche all'albero spoglio piacque molto come arma, al punto tale da tenersela piantata nel fianco. Viego tirava, Viego spingeva. Provava e ritentava a sfilarla dal fodero alternativo senza riuscirvi; era incredibile quanto un tronco di legno compatto potesse essere possessivo con le cose altrui.

- Ma che cazzo fai ?! Ma sei deficiente ?! Levati ! –

Millie già lo aveva spinto lontano di minimo quattro passi quando Viego capì a chi appartenesse quello squillo. La spada era sparita nel momento in cui il proprietario perse cent'anni di vita, la cosa volse a suo vantaggio, altrimenti avrebbe dovuto sopportare stridii e gridi più elevati di quelli che già si stava beccando.

- Io là sopra ci dormo, coglione ! Ah ma se cade nel cuore della notte, ti giuro, te lo garantisco, ovunque tu sia, io ti troverò, e ti farò talmente tanto male con quella tua spada, che non ti risiedi per vent'anni ! Ma tu non eri disarmato poi ?! Da dove te la sei presa quella bestia d'arma ?! –

Viego, con la capacità di mentire inibita dalle forti emozioni positive, le rispose con sincerità, rivelando la natura stessa della sua spada ed in parte anche la propria. Nemmeno l'adoratissima Isolde gli fu così tanto fedele, perché solo il freddo acciaio si dimostrò dotato di sentimenti quando decise di seguirlo persino nella morte. Era la prima Ruination, quando le Isole Ombra erano ancora le Isole Benedette, quando ancora non esisteva la Rovina. Viego aveva trovato dopo tanto cercare la fonte delle acque benedette, nella quale immerse il corpo dell'amata. La loro magia quasi la riportò in vita, ma lo spirito che uscì da quel cadavere, tradì lo sposo. Lo spirito di Isolde prese quell'arma e la usò per immolare in quel luogo sacro il proprietario, relegandolo nel tempio, condannato un giorno a risvegliarsi privo di ogni ricordo di quel fallito tentativo. Solo la Lama del Re in Rovina rimase con il vecchio re di Camavor da quel giorno, nessun altro, nemmeno Isolde.

- Non sono mai stato disarmato, la mia spada è una parte di me da tempo immemore oramai. –

Millie riprese a bestemmiargli addosso, non tanto per il fatto che non gli credesse, anzi, sarebbe stato più strano se quel suo nuovo amichetto non fosse stato capace di fare qualche trucchetto di magia, bensì proprio per il danno che le aveva procurato all'albero di mezzana. Viego a dirla tutta non la sentiva nemmeno più parlare, il proprio cervello aveva messo in muto la vocina ringhiante della nanerottola davanti a lui; però era esilarante vederla abbaiare come un chihuahua. Ancora una volta lo sguardo gli precipitò verso il basso, schiantandosi contro la parete buia di quei due occhi nerissimi. L'espressione apatica celava perfettamente come una coltre di nebbia l'indole curiosa nel suo animo, e di nuovo le pose la stessa domanda: " I tuoi occhi, perché emettono luce nell'oscurità della notte ? ". The Milliner si spense. Il rumore dell'acqua che bussava contro il legno pecioso della Jacquelyn era molto chiacchierone quella notte; a Millie non piace parlarne. Clish e clash, clish e clash, la luna era un riflettore con lo scopo di puntare la luce su di loro.

- Facciamo un patto, vedo che tendi a rispettare la parola data, spero che non vorrai deludermi proprio ora. – Viego, con queste parole, ruppe il silenzio.

Lui e lei si fissavano a vicenda, è uso comune pensare che chi tace acconsente ed è con tale pretesto che il re si lanciò nel proporre quello che ai suoi occhi era un vero e proprio affare, o per meglio dire, alla sua curiosità.

- Voglio raccontarti tutto su di me, è giusto che dopo gli eventi di oggi almeno tu sappia con chi hai, realmente, a che fare. Tuttavia, pretendo di sapere ogni cosa su chi sta cercando di darmi una mano. Sono stato tradito troppe volte per poterle contare tutte, voglio anche io le mie certezze. –

Millie aspettò qualche secondo prima di rispondergli, alla fine decise di non esprimersi a parole. Siglò il patto non con la voce ma con un debole cenno di consenso. Il re allora iniziò la sua storia non omettendo niente questa volta. Le raccontò della Rovina, di cui egli era il sovrano, il padrone, e per tale merito venne appellato con lo pseudonimo "Re in Rovina". Le parlò delle vite che distrusse, dei cuori che corruppe, delle menti che piegò sotto il suo disastroso giogo. Della Nebbia; delle Isole Ombra; di Viego. In conclusione, a mo' di ciliegina sulla torta, volle ricordarle il loro incontro di quella mattina, di come avesse tentato di renderla sua schiava, di "Rovinarla", come aveva fatto troppe volte secoli prima con moltissimi innocenti. La capomastro non rispose, lo lasciò parlare fino all'ultimo; normalmente parlando, tutte quelle informazioni avrebbero fatto scappare chiunque. Quella donna si trovava davanti a quella orribile storia che i tuoi genitori ti raccontano per non farti fare cose sgradite. "Non ti allontanare troppo, o il Re in Rovina verrà a prenderti". "Guarda che se ti comporti male ti faccio rapire dal Re in Rovina".

- Immagino che... tocchi a me raccontare ora ... - finalmente trovò la forza di riprendere la conversazione; normalmente una persona sarebbe scappata difronte al Re in Rovina, ma non lei.

Non sapeva come partire, così decise di trovare un espediente narrativo che l'aiutasse a sciogliere un po' il ghiaccio. Optò per informarlo primariamente del periodo intercorso tra la seconda Ruination e il periodo storico attuale. Al momento erano nell'anno 1221 D.N. ( Dopo Noxus) ciò significava che erano passati la bellezza di duecentotrentuno anni da quando Viego venne tramutato in statua dalle Sentinelle. Il re sembrò sorpreso, ma nemmeno troppo, si aspettava di peggio. Per Viego le "sorprese" erano appena iniziate. Dopo una fugace digressione storica, Millie arrivò al momento cruciale.

- Vuoi sapere... perché non sei stato capace di soggiogarmi con la nebbia, questa mattina, al castello...? Beh, ecco, vedi Viego, tu non puoi rovinarmi, perché già lo hai fatto. – Questa frase fu solo che l'inizio di una lunga, lunghissima spiegazione.

Dopo che Viego venne sigillato, la nebbia si diradò senza mai scomparire dal mondo. Runeterra venne invasa dai resti della terribile catastrofe causata dal suo amore, non ci volle molto per scoprire quali effetti collaterali portò con sé. Nacquero così i Ruiner, esseri generati dalla Nebbia, i figli della Rovina. Nonostante fossero passate generazioni e generazioni, non si venne mai a capo della logica con la quale la Nebbia corrompesse le sue vittime. I processi di questa corruzione erano molteplici, alcuni rimanevano umani, altri vennero tramutati in creature ferali e pericolose. I Ruiner avevano poi quel tratto unico che li accumunava tutti, una maledizione, il simbolo stesso della Rovina, un marchio nero, indelebile: una voglia nera pece a forma di triangolo. Millie gli raccontò tutto, ma proprio tutto, una volta che cominciò ci prese velocemente gusto a raccontargli di sé, del padre adottivo e dei Ruiner. Volle condividere con lui anche il proprio passato, quando era al pari di una bestia selvaggia e sanguinaria, quando suo padre la prese sotto la propria ala e tentò di salvarla dalla vita stessa.

- Dunque sei tu, sei tu colui che odio e ringrazio per quello che sono. Questa mia maledizione è il frutto di un amore negato... -

- Se quello che asserisci è vero, allora sì, è così. –

- Hai la vaga idea di quante volte ho provato ad ammazzarmi senza riuscirci per questo ? Ti rendi conto di quanto dolore hanno generato le tue cazzate ?! –

- Non ti permetto di inserire la mia amata Isolde in certi elenchi ! –

- Non sto parlando di questo, stupido idiota ! – Le assi di legno piansero aspramente dopo aver ricevuto il colpo ben assestato dello stivale a zeppa. – Se solo tu avessi chiesto alla gente giusta, se solo tu avessi aspettato, se, se, se, se... se solo tu fossi stato più prudente per l'amor del cielo ! – 

Lo teneva stretto per la giacca facendo attenzione a tenere bassa la testa per non mostrargli gli occhi lagrimosi. Tanti "no" con la testa, i denti serrati in una morsa tentati di azzannarsi la lingua per favorirle il tacere. I singhiozzi del suo pianto provavano a smuovere la postura solida e salda mentre Viego la scrutava dall'alto del suo metro e ottanta. Avrebbe voluto sentire qualcosa nel vederla così, avrebbe avuto il piacere di provare un minimo di compassione, di provare il desiderio di confortarla, purtroppo il sigillo su di lui aveva tramutato in pietra anche il suo cuore.

- Con il cazzo che ti lascio girare da solo, ti giuro sulla mia vita, sulla mia famiglia, su tutto quello che mi è più caro... ti ridarò la tua amata Isolde. Questa volta nessuno conoscerà la Rovina, nemmeno tu, Viego.-

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Capitolo 3
*** L'avvento del Re ***


- Capitano, riesco a vedere l'Isola. Cerco un punto tranquillo per l'approdo e andiamo. –
- Va bene. Ti aspetto allora. –
-Nell'attesa chiama anche Sua Voracità, quel furbastro si è dileguato con il mio dolce oggi! -
Erano passati anni dalla notte in cui The Milliner rinnovò con più vigore la sua promessa con il Re in Rovina, tramutandola in uno stoico giuramento. Ora si trovavano a largo delle acque che circondavano l'Isola delle Sentinelle della Luce. Dopo La Rovina del 990 D.N., costoro, acquisirono un'importanza e una notorietà spaventosa. Chiunque sapeva dove fossero, tutti erano a conoscenza della loro esistenza. Ogni anno erano in molti a far domanda per entrare tra le fila dell'Esercito della Luce, bensì pochi riuscivano realmente a passare i parametri richiesti e a superare le inumane aspettative dei Grandi Capi. Diversamente dal solito, questa volta la ciurma della Jacquelyn non utilizzò il ricettacolo per scoprire l'ubicazione dei frammenti d'anima; Viego sapeva esattamente dove trovare una parte dei Nuclei. Nuclei era il termine scelto per definire i frammenti che costituivano gran parte dell'anima di Isolde, poi, banalmente, lasciarono per tutti quelli minori la parola: "Frammenti". Questa distinzione venne studiata alle origini del viaggio. La mattina successiva al giuramento, Viego e Millie vennero convocati da Vyll, il quale sentiva la necessità di mettere nero su bianco un vero piano, una manovra d'azione, segnare gli estremi A e B di quel lungo segmento e determinarne tutti i punti cardine e meritevoli di studio. La seduta servì a qualcosa, prima dell'ora di pranzo avevano in mano una strada da seguire, il che pose pace alle sofferenze dell'ansioso capitano. La logica in quel pragmatico elaborato era ineluttabile. Se volevano arrivare infondo a quel folle sogno, se per davvero bramavano così tanto sconfiggere la Morte, allora dovevano prendere un sentiero la cui pendenza fosse proporzionata alle loro capacità fisiche e che fosse anche lineare; ci mancava solo il dover andare a zigzag per tutta Runeterra senza meta. Decisero, anche sotto imposizione di Vyll, di dare priorità alla ricerca delle parti più piccole di quell'anima frammentata. Lui aveva avuto a che fare per una vita con demoni, patti, anime e tutta quella roba magica mista al voodoo, quindi era certo che avrebbero trovato solo che guai e grosse beghe da sbrogliare se provavano a lanciarsi di petto verso i Nuclei. Per evitare di concludere prematuramente il loro viaggio, concordarono tutti con Vylldem, e poi i Frammenti erano numericamente superiori ai Nuclei, non serviva una prova tangibile per saperlo con certezza. L'unica cosa non gradita al re era il quantitativo di tempo stimato. Nessuno poté garantirgli una parentesi temporale ben definita, anche perché Viego era il primo a non avere la più pallida idea di in quante parti si fosse spaccata l'anima della moglie. Lui aveva un numero minimo, lo stesso numero di più di due secoli prima, ma effettivamente ora non poteva fornire una cifra esatta. In altrettanto modo, Vylldem non poté dargli certezze per quanto riguardasse la lunghezza del viaggio: "Forse un mese, o magari anche cento anni, non te lo so dire.".
C'è da dire che il capitano fortunatamente esagerò eccessivamente nel porre i paletti temporali del loro progetto, infatti non ci vollero secoli né decenni, però ovviamente nemmeno un paio di mesi. Se quel giorno erano lì, nei pressi di Quell'isola, significava che la gran parte del viaggio era stato fatto, che tutti i Frammenti erano stati incamerati nel ricettacolo.
Furono molte le esperienze accumulate durante quell'avventura, nessuno di loro ebbe tra le mani simili prove prima di allora, e per quanto Viego fosse l'unico che bene o male avesse affrontato sfide difficili, non bisogna mai dimenticare i danni che provocò persino alle generazioni future a causa dei suoi fallimenti. Alla luce di ciò, si può dire che veramente nessuno avesse mai affrontato e superato le prove procurate dalla quest principale : "Resuscitiamo Isolde". Nel mentre che si concentravano a scovare questo e quell'altro Frammento, pensarono bene anche di recuperare alcune delle risorse primarie utili a Shyra per plasmare quel beneamato simulacro. Fu un'occasione preziosa per la crescita personale e finì per essere soprattutto una parte fondamentale per l'assoluzione di Viego. Millie, ogni volta che riusciva a ricavarsi un buon motivo e una piccola partizione di tempo, voleva raccontare a più individui possibili l'infelice tragedia di colui che divenne nel tempo un suo caro amico. La donna desiderava ardentemente aiutarlo in ogni modo a lei concesso, non aveva mai sperimentato l'Amore, eppure, anche se solo in minima parte, capiva il dolore di perdere l'unica persona che contasse qualcosa nella tua miserabile e patetica esistenza. Nessuno, per ragioni più che scontate, venne informato dell'epiteto di sua maestà. La capomastro non era una fessacchiotta, ci aveva pensato la vita a sdoganarla sulla questione. Sapeva per certo che, se si fosse azzardata a rivelare l'identità leggendaria del suo compare, nessuno sarebbe stato predisposto a sentirla andare oltre, già si sarebbe dovuta ritenere fortunatissima se qualcuno non scappava al suono di quelle tre parole. Adesso migliaia e migliaia di persone conoscevano quella storia d'amore finita in tragedia e nessuno si tirò indietro per aiutarli, seppur nel loro piccolo. Con l'aiuto di tutti riuscirono ad impossessarsi di moltissime materie prime indispensabili al completamento della missione, come ad esempio l'argilla formatasi dal depositarsi dei fiori dei sogni ai piedi del grande Albero Sognante a Ionia, nel Giardino dell'Oblio, protetto dal Padre Verde, Ivern, dal quale ottennero anche la "Benedizione della Natura", al fine di facilitare il loro viaggio. Senza il sostegno che derivò da quel racconto, la ciurma della Jacquelyn non sarebbe stata capace di nemmeno raggiungere il monte dimora della divinità protettrice degli abitanti del Freljord. La lista della Signora Cinerea parlava chiaro, per plasmare l'argilla servivano le lacrime della Cryofenice, nient'altro, nessun surrogato. Anivia, spirito della landa ghiacciata, non poteva dimenticare il male inflitto dal Re in Rovina a quelle terre. Scatenò tempeste, scagliò dardi di Vero Ghiaccio su di loro. Grandine, valanghe e slavine; di tutto pur di ucciderli, o scacciarli dal suo regno, il quale già troppo aveva sofferto. Viego fu un ottimo alleato per superare ogni avversità prodotta dalla furia della divinità. Per ragioni a loro ignote, più frammenti della defunta moglie raccoglievano, più, nel re, i poteri della Nebbia s'invigorivano, divenendo così un potente strumento di difesa. I dardi gelati evaporavano a contatto con la Nebbia, le tempeste venivano inglobate in essa, le valanghe si arrestavano davanti a quel muro di corruzione. Giunsero infine al cospetto di lei, Anivia, la Cryofenice, la quale non provò alcuna esitazione nel tentare di ucciderli a vista. Per quanto assurdo, persino una divinità può provare timore. Anivia li aveva osservati a lungo, per tutto il loro viaggio tra le valli ed i laghi di ghiaccio. Mai li vide vacillare, non importava quale cataclisma scatenasse per farli fuggire, loro continuavano, proseguivano il cammino che li avrebbe condotti sino a lei. Temeva che il motivo di quella caparbietà fosse il piegare sotto una nuova Ruination il Freljord e questa volta per sua stessa "mano". Teorizzava, in quel folle viaggio (e di questa teoria ne era assai convinta), la presenza di un vivido desiderio di corromperla da parte del re; una volta resa schiava della Rovina, non ci sarebbe stata possibilità di salvezza per la sua terra. Fu un combattimento impari, dovuto anche alla mancanza di una risposta agli attacchi di Anivia. I tre non desideravano far sfociare la loro pacifica missione in uno scontro sanguinario, desideravano solo una chance per giustificarsi, in particolar modo Viego. Nel folle e disperato tentativo di arrestare la furia cieca dello spirito protettore di quelle terre, Millie si lanciò in una corsa audace con conclusione in scivolata , infine, si chiuse in preghiera, supplicandola di darle udienza. Il corpo della donna era inginocchiato sotto la punta del rostro, piegato sotto il peso delle braccia tenute alte per mettere in mostra le mani congiunte, strette in un unico solido pugno divenuto bianco, prossimo al nero, per il freddo e per la forza del gesto. Una folata di vento prodotto dal rigido movimento della possente ala di ghiaccio la sbalzò via, rompendo la sua umilissima postura. The Milliner doveva solo che ringraziare la natura da Ruiner se ancora poteva tentare di rimettersi in piedi. Pur essendo provata dal volo, tentò di nuovo, si rimise in quella posizione, nella speranza di un atto carico di clemenza. Centinaia di dardi ghiacciati si formarono intorno a lei, pronti a privarla della vita in un istante. Viego urlò, gridò quel "Fermati !" con tutta la voce, con tutta la forza che potesse avere. Anivia bloccò in volo le sue armi, ormai a pochi centimetri da loro. Viego cadde davanti alla figura rilucente, le ginocchia erano abbastanza forti da sostenerlo. Supplicò la Cryofenice di risparmiarla, di non punire lei per ciò che venne da lui causato secoli prima. Fu sorpresa di vedere una reazione così inaspettata dal Re in Rovina, per questo gli concesse la possibilità di scusarsi, di chiedere perdono per il dolore procurato, di raccontare anche a lei la versione integrale della storia, tuttavia non volle ritrarre i dardi di ghiaccio; al primo passo falso si sarebbe sbarazzata di loro. La Cryofenice si commosse nell'ascoltarlo e pianse lacrime spontanee davanti all'uomo da lei tanto odiato e temuto, solo nelle antiche leggende del Freljord si parlava di quelle rarissime lacrime rinvenute esclusivamente nei luoghi distrutti dallo scorrere del tempo e dalla Rovina. Anivia venne poi messa al corrente del movente per il quale si trovassero lì. Necessitavano delle sue lacrime per riuscire a completare il rituale di Shyra e la divinità li graziò per la seconda volta. Fece loro dono di un'anfora di Vero Ghiaccio, nella quale venne versato l'oggetto del desiderio di quella missione reputabile come suicida e diede anch'ella la propria benedizione, cosicché, se mai sarebbero dovuti tornare nelle sue terre, avrebbero avuto un potente alleato al loro fianco.
Fu un lungo, lungo viaggio e ciò nonostante non potevano lasciarsi andare proprio ora, a pochi mesi dalla fine di tutto. Viego sa che porterà per sempre quei ricordi nel suo cuore e nel suo castello della memoria, perché tra tutti, era lui quello più bisognoso di affrontare un percorso simile. Il vecchio re di Camavor sembrava solo una triste ombra del passato di cui è stato un bene liberarsi. L'indole iraconda degli inizi pareva essersi placata, come la sua aria altezzosa e superba. Capì come stare al mondo e quale fosse il suo posto. Vide in Millie e Vyll quella tanto da loro osannata "famiglia", parevano averla sempre sulle loro labbra quella parola. The Milliner lo istruì come poté nel combattimento con la spada una volta che riuscì ad avere abbastanza potere da mantenere stabile l'evocazione della sua Lama. Fu un caso disperato. Non aveva tecnica, sventolava a destra e a sinistra quella fattispecie di crocifisso come fosse una mazza e non una spada. Lui si nascose dietro al paravento rotto del suo ruolo. Essendo lui un sovrano, non aveva mai avuto il bisogno di guerreggiare con nazioni ed isole sul campo di battaglia, era dunque a dir poco inesperto sulle tecniche e su tutta la teoria rilegata all'arte della spada. Con tanta pazienza la capomastro lo rese uno spadaccino degno di quel nome e di quella mastodontica arma. Se voleva aiutare, si sarebbe come minimo dovuto saper difendere da solo. The Milliner avrebbe privilegiato insegnargli ad utilizzare qualche arma da fuoco e costruirne una tutta per lui, ma Viego era riluttante all'idea di approfondire le lezioni, "Sono cose troppo difficili per me.", diceva. Nei primi periodi ebbero molte cose su cui battibeccare. Un sangue nobile costretto a pulire il ponte della nave ? Quale aberrazione ! Sarebbe come mentire dire assurdità come il : fu tutto rose e fiori. Lui e la capomastro finirono per passare molto tempo insieme, la compagnia della donna era difficile da non apprezzare. Parlavano bene o male di tutto. Di lei adorava la genuina spontaneità, si sentiva sempre stramaledettamente a suo agio al suo fianco. Non esisteva volta in cui non la ringraziasse in silenzio quando lo lasciava parlare per ore dell'amata Isolde. L'avrebbe resa la sua consigliera. Una volta chiusa la spedizione, desiderava poterla avere al suo fianco per molto tempo ancora; di lei si fidava, si dimostrò sempre di parola, sempre giusta, sincera, nessun ruolo le avrebbe reso più giustizia.
Ci vollero diversi minuti di osservazione per permettere alla capomastro di trovare un ottimo punto d'approdo. Per fare il suo solito trick da Ruiner doveva necessariamente ricordarsi dove atterrare, ciò significava produrre una vera e propria fotografia mentale del luogo da lei prescelto. Non potendo conoscere l'aspetto di tutte le zone coperte da oggetti di ogni sorta, progettare di apparire al sicuro dietro ad un masso era impossibile: binocoli e cannocchiali mostrano solo la realtà davanti a sé, dopotutto. A rendere più difficile quel compito c'erano poi le Sentinelle e le loro ronde in loop, insomma, trovare un punto abbastanza sicuro da cui partire stava diventando la vera impresa di quel recupero.
Una volta studiatasi il dove poter apparire, si recò dal suo capitano e dal re, i quali la stavano attendendo con impazienza, più il secondo del primo. Prese le loro mani e chiuse gli occhi. Massima concentrazione. Cercava la fedele ricostruzione fotografica del luogo nella sua mente. Era una biblioteca piena di istantanee per la maggior parte sfocate ma cariche di ricordi. Un labirinto di rovi in cui sarebbe meglio non perdersi mai.
Diversamente dal solito, ne uscì provata. Ci pensò Viego ad impedirle di toccare il suolo sabbioso. Vylldem era troppo preso dall'analizzare la zona per far caso a lei e al suo malessere ma a Millie andava bene così, lei poneva completa fiducia nel suo capitano. Costui accettò la proposta del re di portare la donna in un posto più appartato, lontano dal campo visivo delle Sentinelle. Volle dargli retta solo perché stava iniziando ad alzare un po' troppo i toni, se Vylldem non l'avesse assecondato potevano già pensare al proprio epitaffio.
- Viego, il capitano ha ragione, sto bene, non ti stare a preoccupare, non è la prima volta che mi viene un giramento di testa per queste cose. Non penarti, è normale, mi sono dovuta concentrare troppo, tutto qui.–
- Non mi interessa se è normale. Avrei dovuto lasciarti soffocare nella sabbia secondo la vostra logica ?! –
- Fa silenzio, disgraziato, o ci ammazzi tutti.- Viego s'ammutolì. Testa bassa, occhi serrati, non per dispiacere ma per conciliargli il silenzio. - Aspetteremo ancora un paio di minuti, appena puoi rimetterti in piedi Millie andiamo. Farete meglio ad essere in questo esatto punto per quando torno, non voglio girare l'isola per trovare le vostre carcasse.-
Il capitano si allontanò alla ricerca della "porta sul retro" da cui entrare ,poi, nel mentre che si godeva della pace interiore, si mise a progettare il piano d'azione. Entrare ed uccidere tutti sarebbe stato veloce ed indolore, per modo di dire, però sapeva di trovarsi in inferiorità numerica per l'attuazione di quella manovra dalle note suicide. Secondariamente, lui si reputava una persona troppo prudente per entrare ad armi sguainate in una vera e propria base militare, ci voleva un'idea migliore. L'unica opzione rimasta tra le tante, fu quella di fare tutto il tragitto in stealth fino a dove tenevano il Nucleo: camminare nell'ombra, allearsi con il silenzio, essere furtivi e celeri senza farsi scoprire. Il luogo era tenuto sotto stretta sorveglianza, non esistevano entrate secondarie sprovviste di minimo due guardie con tanto di Armi Reliquia in dotazione. Vyll non ci provò nemmeno a sprecare più tempo del necessario per trovare a tutti i costi anche solo un minuscolo orifizio, e ammesso fosse esistito, non ci sarebbero passati anche volendoci riuscire. Ripiegò verso il punto di ritrovo, con piacere li vide seduti ad aspettarlo come aveva richiesto. Millie si stava riposando con la tempia appuntellata al re occupato a passarle la mano sulla testa dolente.
- Che ha ? – domandò il capitano non appena fu faccia a faccia con loro.
- Credo sia qualcosa in questo posto a farla star male. –
- Vyll, non starlo a sentire, sta solo esagerando sto più che -
- Stronzate! Perché non dici anche a lui quello che hai detto a me poco fa ?! –
- Perché sto bene, e non urlare. Andiamo, non abbiamo tutto il giorno. –
Si alzò tentando di non ricadere a terra; doveva riabituarsi ad usare gli arti inferiori senza sentirseli oscillare come budini. A peggiorare il suo umore contribuì la pessima notizia di Vyll: non esisteva un'entrata, che fosse una, sprovvista di mastini armati fino ai denti. "Uomo, stupido animale." Ecco quale fu l'unica frase uscitale dalla bocca prima di andare a svolgere il lavoro di cui volle farsi carico il capitano ma che nessuno gli aveva richiesto. Avrebbe fatto più bella figura a starsene al suo posto, pensò lei. I componenti della squadra "il sesso forte" optarono per lasciarsi scorrere addosso il mezzo insulto, era usanza di Millie partire in turpiloqui più o meno aciduli quando era innervosita, arrabbiata, triste o in generale di cattivo umore. La seguirono senza troppi sbuffi e sbuffetti, erano entrambi certi di tornare sulla nave a breve. La situazione li aveva colti impreparati e più rimanevano lì, più si alzava il rischio di essere scoperti e fatti fuori sul posto.
- Millie, è inutile, non la trovi un'entrata. Vyll ci ha perso mezz'ora buona, non esiste un buco che sia uno scoperto. Torniamo alla nave, concentriamoci su altro per il momento, possiamo sempre venire qua quando avremo una strategia per svicolare dentro. –
- Wow, per una volta mi stai persino dando ragione, Viego ? Cazzo me la devo segnare questa. –
La donna prese entrambi per la giacca strattonandoli verso il basso. Stavano arrivando altre guardie per dare il cambio a quelle attualmente presenti all'arco, sembrava dare verso un giardinetto a primo sguardo. Alla capomastro cadde la coda dell'occhio su un dettaglio al quale difficilmente si farebbe caso, o comunque, al quale non si presta tempo ed energie per renderlo utile. L'edificio presentava delle finestrelle pensate per estetica sparse un po' per tutto il suo perimetro. Erano molto piccole e posizionate parecchio in alto, tuttavia niente di impossibile da raggiungere visto che erano in tre e non erano esattamente l'esempio della persona ordinaria.
- Allora vedi che faccio bene a scassarti le palle con quella storia degli occhiali ? – Disse guardando il suo capitano e puntando la loro entrata principale. Piombò un attimo di silenzio, ci misero qualche secondo a realizzare che la punta del suo indice indicava una delle tante finestrelle sparpagliate qua e là.
- Le avevo viste e come quelle finestre, ma sono troppo in alto e come minimo sono anche troppo strette per passarci. Non puoi veramente reputarle come un'entrata. –
- Posso e come, invece. E al massimo sono io che potrei avere dei problemi a passarci, voi uomini non avete due impedimenti fisici .-
Viego si trattenne dal ridere solo perché la situazione glielo imponeva, mentre Vyll poté solo che sospirare e premere con indice e pollice sugli occhi serrati.
- Allora, cosa proponi di fare ? Vuoi davvero passare da lì ? E se ci fosse qualcuno ? ... Dimmi che non lo vuoi fare sul serio solo per quelle palle blu e questo deficiente qua... -
-Sarei un attimino indignato da questo commento, sai ?-
Viego la guardò, notando lo sguardo di lei puntato verso il vuoto... non era la prima volta che gli capitò di vederla divenire una statua umana. Pareva interessasse più a lei che al re stesso ritrovare quei brandelli d'anima. Più passava il tempo, meno divennero rare le occasioni che la gettavano in quello stato di vacuità. Viego adorava parlare con lei. Non c'era notte in cui non passassero delle ore a chiacchierare del tutto e del niente e di Isolde. Agli inizi lei partecipava attivamente alla discussione quando si parlava della regina di Camavor, con il tempo prese l'abitudine di starsene in silenzio, lasciandolo parlare praticamente da solo. Se non fosse stato per i mozzi, Viego non ci avrebbe mai fatto caso, dovettero bussargli sulla spalla e dirglielo in maniera esplicita per farglielo capire. Non accadde troppe notti prima l'impacciato tentativo di farla confessare.
Come al solito, aveva iniziato di nuovo a parlare della moglie: di quanto non vedesse l'ora di rivederla, che gli sarebbe piaciuto fargliela conoscere. Pensava sarebbero potute essere buone amiche, a lui sarebbe piaciuto tanto. Gli occhi di lei puntavano verso l'acqua con la quale condividevano il colore, l'unico suono da lei prodotto era quello del suo respiro. L'uomo si sporse appena oltre il parapetto per vederla meglio. Sospirò e tornò al suo posto. - Se ti annoia sentirmi parlare di lei, potresti dirmelo, ormai siamo amici, no ? – A quella domanda Millie rispose solo un "sì" e a Viego bastò.
- ... Però Vyll ha ragione Millie, non dobbiamo, per forza, prenderlo oggi. Ce ne sono tanti altri sparpagliati per il mondo. Torniamo alla nave e non pensiamoci più, che ne dici ? -
- ... Dico che prima finiamo di raccogliere tua moglie, prima sarai finalmente felice. Dai, seguitemi, cerchiamone una abbastanza isolata. – senza preavviso, rimanendo accovacciata, se ne andò via da quel posto troppo affollato a "passo" svelto. Il capitano, prima di seguirla a ruota, alzò le spalle e vagamente ambo le mani, scambiandosi uno sguardo da uomo a uomo con Viego; "Donne." disse mantenendo la posa come a volergli lanciare un brutto esempio di conforto e spalleggio maschile. Non ci impiegarono esattamente poco per trovare la finestra tatticamente migliore. Tra la posizione in cui erano obbligati a stare, tra che non tutte erano posizionate alla stessa altezza, tra che le Sentinelle in servizio non gli lasciavano spazio d'errore, trovare quella perfetta fu un'impresa. Ora non rimaneva altro che trovare il modo per arrivarci. Millie aveva già una mezza idea di come fare, però, per par condicio, volle sentire anche cosa avesse da offrire il team degli uomini. Si astenettero dal fornirle le proprie idee, qualcosa diceva loro di evitare se non volevano essere derisi e/o umiliati per l'eternità. A quelle condizioni, Millie non volle sprecare granelli di sabbia e propose il da farsi. Il suo piano era quello di utilizzare la conformità della Lama del Re in Rovina a loro vantaggio. Le uniche cose che doveva fare Viego erano : rilasciare della Nebbia e usarla per salire sul davanzale della finestra; evocare giù da loro la spada; aspettare che uno dei due ci salisse su poggiando i piedi sull'elsa più grande; far fluttuare la spada fin da lui. Leggere e ripetere; altro giro altra corsa.
- E se ti dicessi che non so farlo questo giochetto da circense ? – il re le ruppe proprio tutte quelle uova trovate nel paniere.
- Mi pigli per il culo, vero ? –
- No, non ti sto prendendo in giro. Dico sul serio, non so farlo .-
- E tu vuoi farmi credere, che sai fartela apparire per magia in mano, ma non sai attirarla verso di te ?! –
- Millie, ti giuro. Non lo so fare, non ti sto dicendo cazzate. –
- Invece di rimanere incastrati in questa inutile conversazione... E se usassimo banalmente una corda ? – proruppe Vyll per voler tagliar corto.
- Oh, certo ! Perché non ci avevo pensato subito ? Dammi un attimo eh. –
Millie cominciò a girargli intorno alzando varie parti della sua giacca da pirata. Gli tirò la fibbia intorno alla vita, gli alzò le braccia, gli rubò il nastro che usava per tenere legati i capelli. Ogni azione era seguito da un "no", da un "nemmeno qui" o da un "nah". Finito il giro, una volta davanti a lui, lo squadrò ignorando completamente ogni sua confusa domanda. Si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla, poi, di netto, afferrò la parte metallica della cintura dei pantaloni e la tirò verso di sé. Una fugace occhiata, il capitano grugnì bordeaux.
- No, troppo corto. – sbofonchiò abbastanza bene solo per farsi sentire da lui. La donna lasciò la presa ed i pantaloni parvero ritrarsi dalla vergogna. All'ennesima volta che il capitano le chiese di spiegargli cosa diamine stesse facendo, lei rispose di star cercando la sua amata corda, quella con cui avrebbero sollevato la spada. Partì il litigio quasi obbligatorio. Vyll pensava avrebbe fatto il suo solito trucchetto da Ruiner per tornare sulla nave e trovarsi una corda abbastanza lunga da usare, era scontato quel procedimento quando le espose la soluzione all'inghippo generato dell'incapacità di Viego. Lei, incazzata nera per più della metà delle ragioni che finalmente volle vomitare fuori, gli volle ricordare il suo stato di salute attuale. Aveva la testa in delirio, sentiva come se una mazza le stesse martellando la testa con l'unico scopo di rompergliela. Nausea, vertigini, stava in piedi giusto per miracolo. La parte peggiore ? Stare su quell'isola la faceva solo stare peggio ogni secondo che passava. Se dava retta ai suoi istinti, li avrebbe ammazzati tutti per davvero. Vyll ascoltò per modo di dire la sfuriata, pensò fosse più propedeutico fornirle un'altra opzione che darle legna da bruciare.
- Mh... sì... sì, potrei usare le catene dei moschetti e collegarle insieme se una non bastasse. Mi scoccia disassemblare le parti ed abbandonare in giro le lame che ci ho attaccato... però va beh, posso sempre risistemarle dopo. –
- Ma siamo sicuri che ti regga mentre ti tiro su ...? –
Millie e Vyll voltarono la testa verso di lui con sguardi che la dicevano lunghissima. La capomastro, inorridita dal pensiero di essere stata messa in discussione insieme al suo operato, schiantò di netto il mulinello contenente la catena di una della due armi. Durante il tragitto per andargli davanti, la srotolò via e ne strinse una parte tra le mani con l'unico intento di mostrargliela ad un soffio dagli occhi.
- Questa è una lega di Neracciaio Noxiano. Hai la vaga idea di cosa sia capace di reggere questa catena, sì o sì? Oppure mi stai dicendo che sono troppo grassa per essere tirata su?!-
- Per oggi potresti anche farla finita di trovare ogni volta un pretesto per litigare, sai ? E comunque, bastava mi dicessi un semplice "sì", Millie. Questo è quello che accade quando ti preoccupi troppo per gli altri.-
Ed il piano per infiltrarsi partì. La Ruiner valutò prima quanto effettivamente in alto fosse la finestra, dopo quell'analisi non volle rischiare, quindi usò entrambe le catene sperando che insieme potessero, unitamente alla spada, coprire bene la distanza suolo-apertura. Le collegò per l'anello che prima conteneva la lama del pugnalino visto che gli anelli erano aperti del necessario per unirle. Il vero dilemma fu chiuderli ma non fu niente di particolarmente problematico una volta capito come fare, bastò esercitare parecchia pressione nei punti giusti. Viego, senza aspettare una frase di scuse dalla donna, rubò dalle sue mani la catena ed utilizzò della Nebbia, come da programma, per salire fino alla finestrella, infine lanciò giù l'altro estremo insieme a giacca e spada. Perché la giacca ? Serviva per coprire il filo della lama, non si poteva mai sapere cosa sarebbe potuto accadere durante il tragitto. Nel caso avessero dovuto afferrarla si sarebbero tagliati per certo altrimenti.
Il primo passeggero della compagnia aerea "Lama del Re in Rovina" fu la donna. Per quanto cinquanta chili di essere umano siano un peso importante, tuttavia era il carico più leggero da trasportare fin là sopra, per alzare Vylldem servivano necessariamente due persone. Raggiunta la meta, nascosero come poterono la catena. Fortuna volle che la pavimentazione fosse nerastra, ricordava l'antracite per colore e marmo nero per le venature lattiginose. A contrastare la lastra nericcia, c'erano solo le pareti altissime ed eburnee con venature in rilievo dorate.
- Noto con mio sommo piacere che le fonti di luce in questo anfratto di posto sono delle candele. Ottimo, ottimo per davvero. Se non facciamo rumore e sfruttiamo la debolezza di questa illuminazione dovremmo riuscire ad arrivare al Santuario della Luce Perduta sani e salvi, è lì che tengono quel Nucleo. – il sussurro del capitano venne recepito meglio del previsto, alche, la domanda di Millie, sul come il suo capitano riuscisse ad essere così tanto informato, sorse spontanea ed obbligatoria. "Te lo dico dopo" volle liquidarla così, e nella sua mente si scatenò un uragano di pensieri, uno più spiacevole dell'altro.
Era il 990 D.N. , Viego era appena diventato una piaga debellata; altrettanto non si poté dire per la Rovina e per la Nebbia, anzi, sigillare il Re della Rovina fu solo che un madornale errore, padre di catastrofi e tragedie più grandi. Senza nessuno a controllarla, la Nebbia divenne parte integrante di Runeterra divenuta a quel punto pasto per i primi Ruiner e per La nube rovinosa. Le Sentinelle non vollero perdersi d'animo. Tentarono in ogni modo di risanare le Isole Ombra, credendo ingenuamente bastasse veramente così poco per arrestare il processo di degradamento del mondo. A quei tempi il numero di Sentinelle era esiguo, non potevano nulla contro un giorno del giudizio annunciato. "Forse c'era un'alternativa...",si lasciò scappare all'epoca Akshan, la Sentinella Ribelle di Shurima. Bastò l'involontario commento per far insidiare quello stesso pensiero nelle altre Sentinelle. Purtroppo quel dubbio nacque quando ormai il danno era già stato fatto ed i cocci non potevano essere rimessi al loro posto. Dopo tanto disperare, arrivò l'illuminazione. Senna, la passata detentrice del più grande Nucleo di Isolde, era riuscita ad assorbire in parte la "natura" del Re in Rovina durante il concludersi della battaglia finale; doveva significare qualcosa. Suo marito Lucian capì perfettamente dove volesse andare a parare l'amata. Glielo proibì appena gli disse la propria idea. Senna si sentiva responsabile del dilagare incontrastato della Rovina e della Nebbia, sentiva il bisogno di adempiere fino in fondo al suo dovere di Sentinella della Luce, il bisogno di seguire ciecamente il suo patto, quel giuramento di sangue pronunciato davanti agli anziani il giorno del suo rito di accettazione nelle Sentinelle: avrebbe combattuto per la luce, per il suo mondo, per sè stessa ed i suoi compagni finché non fosse sopraggiunta la morte eterna. Lucian, sentendo dalle labbra della moglie le altisonanti parole del giuramento da lui stesso recitato anni ed anni prima, non poté che fare ammenda al proprio egoismo, dando così pieno sostegno alla propria adorata, a patto che lo portasse con lei. Senna voleva racimolare dentro di sé tutta la Nebbia che stava corrodendo il loro mondo, era fiduciosa che il Nucleo di Isolde l'avrebbe aiutata a reggere il peso di quella pena da sola, e per i primi tempi, fu anche così. Presto arrivò il primo gradino su cui era inevitabile inciampare; le buone intenzioni non sempre bastano per la realizzazione di un progetto. Gli anni passarono e la situazione non fece altro che aggravarsi. Gwen, una bambola divenuta senziente per merito di un Nucleo d'Isolde e personaggio chiave per rinchiudere Viego nel suo stato di prigionia, iniziò a condividere il peso della Rovina insieme all'alleata Senna. Si rese palese l'affinità tra i Nuclei e la Nebbia, stabilito questo falso passo induttivo, Lucian desiderò far compagnia alla moglie in quel compito così delicato. Quando il Re in Rovina cadde, i frammenti dell'anima d'Isolde si sparsero nuovamente per tutta Runeterra, dunque fu un'impresa non da poco trovare un pezzo dell'antica regina di Camavor. Tutta quella fatica per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano. Il frammento ripudiava quell'uomo, e non potendo legarsi a lui, qualcun altro avrebbe dovuto prendere il suo posto. Ebbero inizio così i loro viaggi. Cercarono i Nuclei e delle persone ad essi affini con l'unico scopo di sconfiggere tutti insieme i resti della Rovina. Fu un meraviglioso progetto, ricco di entusiasmo e di speranza... lo fu davvero. Scoprirono, a loro discapito, che molti ospiti dei Nuclei, quando recuperavano troppa Nebbia, finivano per perdere il senno. Alcuni si tramutarono in mostri, alcuni morirono passando le pene dell'inferno contorcendosi dal dolore prodotto dalla corruzione della Nebbia. Disperazione è il vero nome della speranza che li trascinò a perpetuare quella rovinosa strada. Gwen cucì le loro anime intrappolandoli, rendendoli delle statue, proprio come il re caduto. Non furono mai in grado di eliminare totalmente la Nebbia. Col tempo, il corpo della donna, cominciò a cedere all'oscurità. Un giorno, durante una riunione per stabilire la prossima mossa, si trasformò in una bestia mangiauomini. La sete di sangue per poco non le fece divorare Lucian; se riacquisì la coscienza di sé, fu solo per merito della parte umana coriacea a quella maledizione che si autoinflisse. Fu nella notte di quel giorno che Yuria apparve a quel disperato marito in lacrime sulla spiaggia dell'isola. Lucian pregava per la moglie, pregava per un aiuto divino, per un miracolo... non voleva perderla, non di nuovo, non per un errore commesso da quella cecità portata dalla presunzione.
- La Ami ...? –
Lucian si voltò spaventato, in parte imbarazzato per aver mostrato la parte più morbida dell'animo umano, ciononostante, non parlò, nè scappò. Rimase a fissarla, in attesa della grazia per cui frustò la sabbia quella notte.
- Perché se la Ami davvero, non posso dire di no. –
-Tu chi sei ? Perché sei qui ? Come conosci questo posto ? –
- Mi chiamo Yuria e, a dire il vero, non conosco affatto "questo posto". Sai, io... non cerco mai nessuno e nessuno mai mi cerca però... però per qualche strano motivo trovo sempre chi ha bisogno di Lei. –
-Chi è questa "Lei" ? È per questa persona che lavori? Cosa cerca da me, da noi ? Parla ! –
L'uomo, segnato dalle orribili esperienze della sua vita, stava già tenendo salde tra le sue mani le Armi Reliquia, due pistole gemelle dai colori invertiti. Le puntò senza esitazione contro la donna le cui labbra livide s'intristirono insieme ai tratti della parte emotiva del volto. La luce della luna accendeva i riflessi blu presenti nella chioma nera, un blu molto simile a quello dei suoi occhi. Lucian poteva giurarci di averla già vista una tonalità simile, sembrava solo una versione più oscura del ciano ben noto alle Sentinelle. Yuria indugiò, vedeva la paura nello sguardo minaccioso dell'uomo. Tentò di avvicinarsi, speranzosa di riuscire a trasmettergli la genuina bontà dell'aiuto offertogli. Lucian fece partire il colpo. Il proiettile di luce le passò attraverso senza nuocerle. Più la donna si avvicinava, più l'uomo provava a prendere le distanze da lei, provando e riprovando a ferirla con le armi testimoni di grandi scontri. La pelle olivastra della Demone Nero rifletteva il pallido lume della notte, la sua lunga giacca nera pettinava la sabbia grigia coprendo i segni del proprio passaggio. Prima che Lucian potesse accorgersene, il Caligo era già da loro. Reduce dalla Nebbia della Rovina, provò a fendere la coltre bianca e leggera con le armi dedite al castigo di ogni male, finendo per schiantarsi contro la cruda realtà. Ovunque provasse a fuggire, la Demone era sempre davanti a lui, come il peggiore degli incubi. Allontanarsi era l'illusione di un avvicinarsi pedante di colei incapace di emulare per cuore la sorella. Un incubo bianco ma Nero che ti rincorre senza tregua.
- Che cosa sei ...?! – urlò Lucian a squarciagola fino a quasi stracciare le proprie corde vocali.
- Yuria, la mano di Shyra, la Demone Bianco.-
La donna si chinò posando a terra un fiore bianco come ultimo appiglio per testimoniare gli intenti pacifici che la portarono da lui. Era un Lycoris Radiata, conosciuto anche come "giglio ragno", il fiore preferito dalla grande maga osannata dai popoli. A quel nome, l'uomo ricordò qualcosa di accantonato durante i loro viaggi della speranza. Shyra ci mise veramente pochissimo tempo coi suoi miracoli a farsi la nomea di "Dea", di "Apostolo degli Dei", di "Messia". In molti la descrissero come la benedizione giunta a salvare il mondo dalla Rovina, la Creatura Gentile misericordiosa e dal cuore nobile. Lucian, in quei momenti, le ritenne mere leggende a cui la gente doveva aggrapparsi per continuare a vivere. Dopotutto, nel periodo buio, c'era il bisogno di credere in qualcosa e le Sentinelle della Luce erano semplici uomini e donne con uno scopo nobile, nient'altro. L'uomo finalmente si avvicinò a lei. Raccolse il fiore per analizzarlo in ogni sua componente; sì, era proprio il fiore che tutti i graziati da Shyra custodivano gelosamente. Quella rivelazione scaldò il suo cuore, permettendogli di vedere quella figura davanti a lui con occhi diversi.
- Shyra può salvarci tutti, vero... ? -
- Lucian ! –
Il grido di una donna, un frastuono, la vibrazione dell'aria tagliata dal proiettile. Senna era entrata insieme ad altre Sentinelle nel Caligo per una missione di salvataggio fraintendendo, come fece il marito, la natura della nebbia bianca. Il proiettile di luce del cannone di Senna si portò dietro una scia di nebbia nera che contaminò l'area di quello stesso colore. Yuria crollò a terra. Scariche di dolore la costringevano al pianto, a contorcersi, a supplicare pietà, l'aiuto della sorella.
- Senna, no ! Aspetta, lei non è quello che pensi ! –
Il marito si precipitò dalla moglie pronta a dare il bis. Le altre Sentinelle, tra cui anche Gwen, accerchiarono Yuria, pronte ad eliminarla velocemente.
- Spostati Lucian, è una creatura della Nebbia. Deve, essere eliminata, o lei eliminerà prima noi ! –
Lo spinse via e caricò il colpo destinato a seguire lo squarcio ricavato dal percorso del proiettile precedente. Un cerchio rosso ebbe come centro il corpo di Yuria. Si espanse velocemente, troncando a metà il volo di quella luce seguita dall'oscurità. Quando colpì le Sentinelle, come fosse stata un'onda d'urto, le sbalzò a terra, nessuna esclusa. Il Caligo, trasformatosi nella Nebbia, a contatto con quella circonferenza scarlatta, divenne cenere, cadendo a terra e mescolandosi ai granelli di sabbia. Al centro del palcoscenico era apparsa lei, Shyra, in tutto il suo pallido candore. Yuria sembrò stare meglio, con la poca voce rimasta, si sentì in dovere di ringraziare la sorella giunta in suo soccorso.
- Come osate far soffrire la mia adorata sorella dopo avervi teso la mano proprio quando ne avevate più bisogno ?! –
A mano a mano, la cenere nera si fece bianca e si avvicinò alla gonna del sontuoso abito della signora cinerea svanendo al contatto. Frecce di luce tagliarono il silenzio come fosse burro, frecce che non sfiorarono mai nemmeno un filo dei capelli della donna cremisi. Anche quelle divennero cenere, consumate da un invisibile velo color dell'aria, e non furono le uniche a ricevere la stessa sorte. Cessarono le ostilità solo dopo aver constatato l'inutilità dei loro attacchi incrociati e solo perché Lucian, alla fine, volle mettersi in mezzo e porre la parola "fine" a quella follia. Parlarono di molte cose e molte cose vennero ampiamente discusse nei loro più minuziosi dettagli. A Shyra venne raccontato praticamente tutto. Fingendosi impietosita per la loro triste ed infelice sorte, fu più che contenta di assecondare le loro richieste. La Demone Bianco liberò Senna e Gwen dai loro pesi, imprigionando i Nuclei in teche di vetro plasmate dalla sabbia di quell'isola, promettendo, infine, di occuparsi lei personalmente della dissoluzione della Nebbia rimanente con lo scorrere del tempo. Shyra, però , non rivelò mai quale prezzo avrebbero dovuto, un giorno, pagare.
Viego, Millie e Vylldem stavano pian piano divincolandosi tra i corridoi dell'edificio. Non avendo una mappa, né un accenno di idea su dove il Santuario della Luce Perduta potesse essere collocato all'interno di quel castello per grandezza; procedere lentamente stava diventando una tortura per i nervi. Ad un certo punto del loro vagabondare senza meta pur avendone una, si videro sfrecciare davanti all'impazzata una Sentinella in preda al panico. "Le Sentinelle Nere ! Le Sentinelle Nere !" gridava come un ossesso, lasciando che fosse la scia d'aria a trasportare il suo messaggio d'allarme.
- Cambio di programma. Corriamo a trovare il Santuario. – disse il capitano dopo essersi messo in posizione eretta.
- Capitano ...? –
- È un ordine, non una richiesta, capomastro. Statemi dietro, siete autorizzati ad uccidere se ci sbarrano la strada. –
- ... Cosa sono quelle Sentinelle Nere per farti agire così ...? –
- Millie, ora più che mai ti richiedo un atto di fede. Non tradirmi proprio adesso...-
La guardò negli occhi con una serietà più cupa del normale. L'anima della donna si rattrappì congelata in un istante, non l'aveva mai visto così, mai. Senza tagliare il contatto visivo, Vyll estrasse le sue due sciabole, a testimoniare la sua presa di posizione sulla scelta di privare della vita chiunque si frapponesse tra loro ed il Nucleo. Terminato quell'atto sinonimo di guerriglia, il capitano corse vie, sperando in cuor suo di vederla unirsi a lui.
- Che si fa ? – le domandò Viego pronto a fare qualsiasi cosa avrebbe scelto la compagna, e visto il rapporto tra i due, almeno lui, l'avrebbe inseguita fin sopra la vetta del Monte Targon ed oltre.
- È il mio capitano, morirei per lui se fosse necessario. Dopo tutto questo tempo, anche tu dovresti pensarla come me.-
L'uomo, anticipando le sua mossa, le afferrò il polso poco prima di vedersela scattare via dagli occhi. La Ruiner si voltò, temette per un attimo ci fosse del disappunto in quel suo gesto, per questo ritirò il braccio per sottrarsi alla morsa di carne ed ossa. Il re cedette di pochi millimetri per colpa della forza usata nello strattone ma non se ne lasciò sottrarre di aggiuntivi. Entrambi rimasero immobili a scrutarsi con la stessa espressione facciale che differiva solo a livello motivazionale.
- Allora mi assicurerò non si renda necessario. –
Gli occhi di The Milliner si rabbonirono tutto d'un colpo mostrandosi sorpresi ed in parte meravigliati da quella frase. Il re si alzò in piedi ristabilendo la gerarchia delle altezze. Una volta ben saldo, evocò la fidata spada superando a passo deciso l'amica.
- Seguiamo il tuo capitano, dobbiamo impedirgli di fare stronzate. – quella voce decisa, da vero sovrano, fece saltare al cuore di lei un paio di battiti; le sarebbe piaciuto vederlo così sicuro di sé anche dopo quel giorno.
Vyll era veloce ma non poteva reggere il confronto con una Ruiner ed il Re in Rovina. Si ritrovarono retoricamente presto, ed insieme affrontarono la sfida proposta dalla labirintica struttura. Suona lapalissiano sottolineare cosa comportò il loro cambio di registro. Con le Sentinelle della Luce in allarme, il trio venne presto colto in flagrante . A quel punto correre non bastò più, bisognava contrattaccare. Questo bisogno sorgeva più per Millie e Viego che per Vyll, in fin dei conti il capitano della Jacquelyn era un normalissimo essere umano adottato da un demone, ma pur sempre umano. Per tale ragione egli era immune ai proiettili di luce delle Armi Reliquia, lo stesso non si poteva dire per il re ed il frutto della Rovina. Il figlio della Demone Nero, a differenza dei rimanenti due che si stavano letteralmente proibendo di farlo, non si faceva alcun problema ad uccidere i propri oppositori. Era un pirata, un ricercato. Il fortunato prescelto si sarebbe beccato sacchi e sacchi di soldi presentandosi alle autorità con quella testa in mano. Quell'uomo, di buono, aveva solo che un'etica marcia, nascosta troppo bene dietro al sottile velo degli atti benevoli verso i meno fortunati. Migliaia e migliaia di vite furono distrutte e gettate in pasto agli abissi, al fine di depredarli e saccheggiarli. Il capitano della Jacquelyn non era un Robin Hood, lui voleva cancellare la povertà eliminando la ricchezza. Viego rimase inorridito dalla condotta del capitano. In tutti quegli anni di convivenza non lo vide uccidere senza una valida motivazione. Gli tornò in mente quando durante la seconda Ruination persino lui fu capace di commettere atrocità di quella portata, volontarie od involontarie che fossero. Stanco di essere lo spettatore di un massacro, Viego tagliò la strada al capitano appena uscito vincitore dall'ennesimo scontro armato.
- Vylldem, ferma questa follia. Sono in allarme, sparerebbero anche ad una cimice nel loro stato attuale! –
- Farai meglio ad imparare a macchiare di sangue quella spada anche tu, sempre ammesso tu voglia vedere tua moglie invecchiare insieme a te.-
Lo spintonò lontano dalla strada lastricata di pozze rosse più o meno viscose, tornando a procedere velocemente verso la meta. Il re cercò dell'approvazione in quella figura femminile rimastagli affianco nel bene e nel male, desideroso di sentirla dargli ragione, di concordare con lui per mettere una fine allo scempio... ma Millie lo abbandonò lì, insieme a tutto quello in cui sperava, tornando a seguire il proprio capitano a testa bassa per concedergli l'atto di fede da lui richiesto.
Si fecero largo tra i cadaveri di Sentinelle, sembrava di veder combattere degli indigeni ignudi contro fanterie rivestite d'acciaio. Una scia di morte come briciole di pane, come filo rosso. Alla fine lo trovarono, il Santuario della Luce Perduta. Si presentava come una sala circolare immensa ricolma di cimeli antichi di inestimabile valore. Entrata ed uscita coincidevano, per il resto era una stanza cieca con al centro quelle due teche contenenti i Nuclei recuperati dal corpo di Senna e di Gwen.
- Ehi, edgy-lord, hai fatto jackpot. Guarda lì quanti ne abbiamo trovati di quei Nuclei. Due al prezzo di uno, oggi deve essere il tuo giorno fortunato.-
Contenti di essere stati in un certo senso ricompensati da quella dolce sorpresa, si avvicinarono alle scatole in vetro. Millie fu l'unica ad esprimere il suo turbamento nel notare il colore insolito di quei frammenti d'anima. Diversamente da tutti quelli raccolti fino a quel punto, quei due frammenti erano enormi masse nebulose. Il colore ciano, che li guidò nella loro ricerca, era completamente assente, parevano essere diventati delle masse tumorali nerastre con qualche pezzo vagamente riconducibile all'azzurro a fargli da vene. Si muovevano come dotati di vita propria, parevano stessero respirando. Viego alla domanda di Millie rispose dicendo di non aver mai visto niente di simile quando tentò per la prima volta di raccoglierli, solo un idiota non si sarebbe posto interrogativi sul cosa fosse capitato a quei Nuclei.
- Ci penseremo dopo, non tergiversate proprio adesso. Millie, io e Viego prendiamo le teche, tu occupati solo di riportarci sulla nave. –
- Capitano, ve l'ho già detto più di una volta. Non sono nelle condizioni di salute per portarci tutti e tre fuori da –
- Rimarrai qui allora. Ti veniamo a riprendere più tardi. –
- Ma –
-Nessun "ma". Non far vacillare adesso la tua fede. –
- Questa non è, "fede". Stai abusando di lei e basta . –
L'uomo dai capelli bianchi si frappose tra i due corpi per schermare le attenzioni e le pretese di Vylldem. Sfruttare quella parola troppo importante per farla agire sotto i suoi ordini gli stava dando la nausea. Sin da quando volle mandare di propria sponte a puttane un piano pensato in maniera impeccabile, quell'individuo, postosi da solo a capo della spedizione, non faceva altro che nominare questa "fede" a cui la poveretta doveva appellarsi. Alle sue orecchie, quel messaggio, venne recapitato come una scusa bella e buona per lasciargli fare come gli buttava la testa. Il re non avrebbe permesso alla propria amica di stare male solo per assecondare le follie di uno scapestrato arrogante, si era stancato delle bravate di quell'umano.
-Ragazzi, ci hanno chiuso... -
La voce della donna traballò fungendo da richiamo ai due alle proprie spalle. Le Sentinelle li avevano trovati ed ora non potevano scappare. Alzarono le mani per metterle bene in vista: bisognava racimolare del tempo extra con un esercito di armi puntate contro. Indietreggiarono fino a toccare con la parte bassa della schiena il piedistallo su cui erano poste le teche; la loro "fuga" non poté proseguire oltre.
- Viego, che stai aspettando esattamente ? Corrompili tutti e falli suicidare in massa. – sussurrò Vyll. Vista la vicinanza fisica dei due, era impossibile non sentirsi a vicenda.
- Cosa ...? –
- Perché sai, questo sarebbe il momento migliore per uno sfoggio di abilità.-
- ... No.-
- Cosa mi significa "no" ?! Sei o non sei il Re in Rovina ?! –
- Il Re in Rovina è morto durante questo viaggio, Vyll. –
Si portò in avanti, non sarebbe scappato, li avrebbe affrontati tutti in un colpo solo consegnandosi a loro. Voleva saldare con le Sentinelle il conto di secoli prima, nessun momento sarebbe stato migliore per quello scopo. Non avrebbe sparso altro sangue non necessario. Il viaggio gli insegnò quanto le parole giuste nei momenti giusti fossero l'arma più potente dell'umanità. Millie glielo mostrò più di una volta quel fenomenale potere che fu capace di portarli persino al cospetto di una divinità. In quella situazione sentiva di non avere altra scelta. Anche lui aveva maturato, come Vyll, una serie di debiti sempre più grandi con quella donna, e voleva ripagarli tutti così. Ora toccava a lui salvarle la vita dopo che lei la sacrificò sempre per lui ed Isolde.
Millie gli saltò addosso, prevenendogli una ferita mortale; una Sentinella aveva aperto il fuoco non appena si sentì minacciata dall'avanzare del Re in Rovina. Se lo tirò dietro rifugiandosi dietro ad uno dei tanti piedistalli presenti nella sala, l'obbiettivo principale era diventato il non morire. Viego si sentiva amareggiato, perché non poteva essere ascoltato per una volta? Credeva di aver imparato ormai, gliel'aveva visto fare così tante volte in quel viaggio, sapeva perfettamente tutto quello che era giusto da dire e da non dire, eppure non era riuscito ad instaurare un dialogo con loro.
- Perché nessuno mi presta ascolto ?! Perché ?! – si sarebbe voluto sfogare della rabbia in maniera diversa dal dare un semplice pugno a terra, ma sapeva di non potere. La smorfia di dolore, generata da quella sofferenza al cuore, impietosì l'amica, al punto tale da spingerla in maniera istintiva a recuperare tra le mani le rosee gote di lui. Il re tentò di opporsi, ma il tiepido tepore del delicato tocco glielo rese difficile. Alla fine si sciolse, lasciando fare il resto al suo istinto. Voltò la testa ed aprì gli occhi mesti incontrando i suoi altrettanto infelici e dispiaciuti, ricolmi del desiderio di rincuorarlo al meglio delle proprie capacità. The Milliner provò a sorridergli, permettendosi di scostargli una ciocca molesta dagli occhi. Fallì nel suo tentativo non appena lo vide abbassare lo sguardo rattristito.
- Ehi... non è colpa tua. Non avrebbero dato retta nemmeno a me, e tu lo sai. –
- Sei l'unica che mi abbia mai voluto ascoltare, Millie. –
- Non è vero. Anche Isolde ti ascoltava e pure quella yordle, Vex, giusto ? Sì, sì, mi avevi detto che si chiamava Vex, mi pare. –
- Allora preferirei smettessi di farlo. Se tutti quelli che lo fanno devono andarsene dalla mia vita in un modo o in un altro, allora smettila di ascoltarmi. –
- Viego ... -col femmineo pollice corse a togliergli la goccia salata già pronta a scappare via alla velocità della gravità. Le si strinse il cuore, non credeva di contare fino alle lacrime nella vita di quell'uomo.
- Sono patetico. Cosa speravo di ottenere esattamente ? La mia vita è costellata di fallimenti da quando sono nato! Come ho potuto credere che questa volta sarebbe andata diversamente?! –
- Viego, ascoltami. Me l'hai già raccontata tutta la tua vita, siamo in due adesso a conoscerla. Io non ti ho mai visto come un fallimento, bensì come un meraviglioso uomo che ha avuto sempre e solo il mondo contro. Ti ridarò la tua Isolde, l'ho giurato su tutto quello che amo e così sarà. Appena puoi, ricongiungiti al capitano, ci penso io a tirarci fuori da questo ginepraio. –
Il re la intrappolò tra le proprie braccia per nascondere nell'incavo della spalla di lei i propri occhi all'apice del pianto. Sembrava un bambino spaventato, corso al riparo dietro la gonna della madre dopo aver visto un mostro feroce nel bosco. Stringeva i denti per tenere duro, così da limitarsi ad irrorare quella spalla. La capomastro si sentì spaesata, nemmeno lei, prima di quell'occasione, ebbe modo di vederlo in uno stato simile. Si perse ad accarezzargli la testa come poteva. Rimase in silenzio, non reputava opportuno intromettersi nei suoi bisogni. Il tempo di stringere ulteriormente l'abbraccio che lei si volatilizzò nel nulla. Le Sentinelle gridarono in preda al panico ma ancora sopravviveva qualche sparo qua e là. Passò un nuovo attimo, suoni non ben definiti avevano come epicentro il cuore della sala.
- La Ruiner si sta trasformando, scappate ! – gridò qualcuno di loro.
Viego, velocissimo, si sporse a lato del piedistallo usato come rifugio. In quell'attimo la vide. Paralizzato dall'aver finalmente preso coscienza di cosa, veramente, portò la Rovina, non riuscì a sottrarsi da quella visione raccapricciante. I suoni non comprensibili trovarono una traduzione immediata. Doveva essere qualcosa di simile ad uno scricchiolio di ossa unito a lamenti prodotti forse dal dolore. Millie era a carponi, ma di lei c'era ben poco da vedere ormai. Una creatura nera e deforme che, con il passare dei secondi, diveniva sempre più grande e priva di ragione. Si ergeva su "quattro zampe": quelle anteriori erano le più grandi. Si erano sviluppate in enormi artigli che ad occhio e croce sarebbero stati capaci di persino scavare la nuda roccia di qualche montagna. Di quel viso non rimase più nulla, solo una bocca sbranata per fornire alla Ruiner delle zanne da predatore. Quella che sarebbe dovuta ancora essere Millie si lanciò sul gruppo di Sentinelle, parando con la sua stazza i proiettili di luce. Tra gemiti ed urla, li stava divorando anche tre o quattro alla volta. Si sarebbe fatta strada in quel modo, e poi ormai era giunto il momento di mostrare a quell'uomo la vera forma della sua amica.
- Viego, dobbiamo andarcene, ora, mentre sono tutti distratti da lei . –
Vylldem lo raggiunse più in fretta del previsto. Lo prese per le spalle. Con energia e vigore lo scosse... lo scosse più di quanto lo stesse facendo il vedere l'aspetto reale di The Milliner, il quale venne custodito e celato gelosamente per anni da ella medesima. Lui forse comprese il trenta percento della frase. Gli occhi verdi erano stati segnati da un qualcosa di molto simile ad un trauma, fosse stato una macchina, sarebbe stato capace di proiettare tutti i dettagli cruciali. Spiritato guardava il vuoto, il suo capitano lo richiamava e richiamava, ma tutto usciva e niente entrava per rimanere. Persino Vyll si pietrificò durante la rivelazione, tuttavia lui conosceva i Ruiner. Differivano per forma, ognuno di loro aveva le proprie peculiarità, però nella sostanza erano tutti delle bestie della Rovina creati dalla Rovina stessa per uccidere e propagare paura e tormenti. Erano dei portavoce, un memento della seconda Ruination, l'errore imprevisto generato anche per merito delle inadempienze logiche delle Sentinelle.
Lenta e silenziosa, la nebbia bianca si faceva largo tra le caviglie dei presenti. Attraversò l'apertura presente nell'arcata principale, a passo felpato si propagò finché non fu in grado di nascondere il colore nero della pavimentazione. Vyll raccolse tra le mani il pesante strato nebbioso, il quale, fluido, non gli chiese il permesso di scivolargli via per ricongiungersi al fitto velo bianco; "Caligo", l'unica parola da lui pronunciata prima di udire la voce della madre alle sue spalle.
- Alla buon'ora direi. Ma quanto ci hai messo, madre ? –
- Perdonami Vyll, se ti ho fatto attendere. –
Materna, accarezzò la testa del figlio con assoluta delicatezza. Gli occhi blu guizzavano in giro per carpire le informazioni principali, quelle di cui era meglio tener conto al fine di limitare i danni. Notata la presenza di Viego, le sorse spontaneo un sorriso dispiaciuto. Con una semplice occhiata aveva già intuito un po' tutta la situazione in cui si erano cacciati quei tre; era arrivato il momento di risolvere quel pasticcio.
- Viego, ragazzo mio, resta con me, abbiamo bisogno del tuo aiuto più che mai ora. –
La sorella di Shyra si chinò davanti a lui resuscitandogli l'attenzione con degli schiocchi di dita prepotenti accompagnati da adagi pacche. Risvegliatosi dal letargo della coscienza, la Demone gli sorrise di nuovo in modo più caloroso, come a dargli il benvenuto nel regno dei vivi. Procedette con il trasformare in parole il suo saluto. Per quanto ci fosse la fretta di porre un rimedio al disastro, Yuria sapeva che non poteva passare al sodo senza prima aver messo a suo agio il Re della Rovina.
- Millie è una vera Ruiner in questo momento, questo significa in sostanza che puoi entrare nella sua testa e controllarla. A regola dovresti essere tornato in possesso di quasi la totalità dei tuoi poteri, potresti farcela senza problemi. Ci affidiamo a te per la salvezza di tutti, io ti posso coprire e darti del tempo extra, ma il resto tocca a te, ragazzo. –
La nebbia si alzò, coprendo tutto e tutti. Non si riusciva a vedere oltre un palmo dal naso da quanto era fitta e le cose più vicine apparivano come ombre sfumate. Viego urlava il nome di Vylldem e Yuria, i quali erano letteralmente svaniti davanti ai suoi occhi in un battito di ciglia. In risposta al suo richiamo, c'erano solo le grida delle vittime di Millie miste a quelle di lei. Oltre a questo, il bianco totale.
- Almeno dimmi come devo fare ! Non ci sono riuscito quella volta sull'isola, perché ora dovrebbe essere diverso ?! –
Si guardò intorno sull'orlo di una crisi. Con la testa piena di tutto e di niente, provava a partorire un piano, uno qualsiasi, l'importante era muoversi in una direzione. Era di nuovo da solo dopo tutto quel tempo passato sulla Jacquelyn. Aveva perso la capacità di agire in totale autonomia, Millie lo viziò con l'aiuto fornitogli sempre alla prima difficoltà, troppo spesso gli fasciava la testa ancora prima di potersela ammaccare. "Pensa Viego! Pensa, dannazione !" continuava a ripetersi a ritmo dei pugni impressi sulla fronte. Tutto tacque, probabilmente la nebbia stava diventando così fitta da limitare al massimo la propagazione del suono. Vide delle ombre sfocate passargli vicino, dovevano essere degli umani per avere quella forma. Non voleva spostarsi dal piedistallo, se c'era una cosa che proprio non desiderava fare era quella di abbandonare il suo unico punto di riferimento. La spinta a darsi una mossa arrivò quando gli cadde davanti ai piedi il futuro cadavere di una Sentinella della Luce. Il poveretto, tra gli spasmi, cercava di privarsi dei vestiti che gli cingevano il petto. Provava di tutto per ottenere più ossigeno. La Sentinella non notò minimamente Viego, al quale salì il panico non appena lo vide annegare nel suo stesso sangue. La nebbia bianca stava diventando così spessa da tagliare drasticamente l'apporto di ossigeno ai polmoni, e sicuramente ci doveva essere qualcosa di altamente nocivo in quel Caligo, perché sarebbe stato impossibile altrimenti perdere sangue per semplice mancanza di ossigeno. Drastico... ma efficace abbastanza da far scattare l'uomo verso una direzione qualsiasi, non ci teneva a fare la stessa fine. Non aveva un piano, nemmeno un sentore d'idea, sapeva solo che doveva portare il proprio culo e quello di Millie via da quel posto prima che fosse troppo tardi per farlo. Inciampò e rotolò a terra svariate volte a causa dei corpi sparsi per la sala, altri gli caddero proprio tra le braccia costringendolo a gettarli dove capitava. Gridava il nome della donna, sperava lo potesse sentire. Era terrorizzato dall'idea di trovarsela davanti ancora nella sua forma da Ruiner, non sapeva cosa gli sarebbe potuto capitare, ma non aveva altra scelta. Alla fine la trovò, il boss oltre il muro di nebbia.
- Millie, sono io. È tutto finito, siamo al sicuro adesso. –
Il pavimento tremò con un solo passo della Ruiner, lo stesse fece la spina dorsale del re quando notò di essere più basso dell'apertura delle fauci.
- Ti prego Millie, non lo fare. Sei molto più di questo, la Rovina non è una maledizione se hai imparato a dominarla. Torniamo a casa, ho bisogno della capomastro matta e svalvolata che crea oggetti strani, che mi ha fatto ridere tante volte. Della donna che mi ha insegnato ad usare la spada, ad essere un re migliore, un uomo, migliore. Ho bisogno della mia amica... di te. –
Viego, in passato, utilizzò la Nebbia per corrompere il cuore delle persone e Rovinarle. Il triangolo sul petto di tutti loro era il segno che simboleggiava l'appartenenza al Re in Rovina, la loro reclusione nel rapporto servo-padrone. In quella situazione di stallo il re ci pensò. Lui non poteva Rovinarla, essendo i Ruiner frutto della Rovina stessa, ma forse era proprio quella la chiave. Millie è Nebbia, è Rovina. Nessuna delle due cose può nuocerle, corromperla o controllarla. Viego ora doveva solo capire come usare la Nebbia presente in Millie per comunicare con lei e farla tornare normale. Non era niente di impossibile, in parte era una cosa che già sapeva fare, doveva solo partire dallo step successivo. Concretizzò lì un qualcosa di molto importante: il Re in Rovina non era altro che un re dei Ruiner.
La femmina di Ruiner, non appena iniziò a venir piegata sotto il controllo del suo re, emise urla da quasi far implodere i timpani. Con gli artigli pareva strapparsi via brandelli di oscurità tra pose e posture ritorte e nodose. Quel processo andò avanti fino a quando quell'involucro non esplose in Nebbia che, come accadde la notte dell'incontro tra Lucian e Yuria, corruppe il Caligo della Demone Nero. Viego si lanciò verso il corpo di lei per impedire alla forza più antica di tutte di farla schiantare al suolo. La prese al volo giusto in tempo. La capomastro era illesa, lo stesso non si poteva dire a tutti gli effetti per lui, ma gli stette benissimo così. Era pieno di acciacchi e dolori, già non vedeva l'ora di potersi gettare a capofitto sul letto, era stremato a trecentosessanta gradi. Lei pareva stesse dormendo, per lui fu un sollievo. Sperava in cuor suo di vederla tornare a sorridere presto, sarebbe stato meglio dimenticarsi di tutta quella faccenda. Quei due Nuclei erano solo l'inizio dell'ultima parte della loro ricerca, e nel suo petto s'insinuò il primo dubbio sul valore effettivo di quella fine del viaggio. Questa volta avevano avuto a che fare con dei banalissimi umani, da un lato furono fortunati, eppure si presentò una sfida più difficile del previsto. La colpa era ovviamente di Vyll. Se si fosse attenuto al piano, Millie non avrebbe dovuto scendere così in basso e non ci sarebbe stato il bisogno dell'intervento di Yuria. Chissà cosa ci sarebbe stato a protezione degli altri Nuclei... ne valeva davvero così tanto la pena rischiare di perdere tutto per Isolde ? Certo che no, ma ormai era stata fatta troppa strada per rinunciare proprio adesso. Per curiosità volle provare a recuperare il Caligo corrotto e con sua enorme sorpresa vi riuscì; a quanto pare era diventato vera e propria Nebbia della Rovina.
Eliminata la Nebbia, Viego si trovò davanti le Sentinelle della Luce legate ed imbavagliate, affiancate, per ciascuno di loro, da uomini e donne vestite di nero, con lunghi mantelli e strane maschere a coprirgli il volto. Qualcosa gli suggeriva che fossero loro le "Sentinelle Nere". Disperso il motivo per cui fu loro necessario indossare quell'accessorio per il viso, fu per le Sentinelle Nere il momento di privarsene e mostrare il proprio volto. Tra i loro ranghi c'era anche Vylldem, alche per Viego fu tutto chiaro e cristallino come l'acqua in un calice di vetro.
-Ottimo lavoro, ragazzo. Sapevo ci saresti riuscito. Sono molto orgogliosa di te. –
Yuria entrò nella sala distrutta attraversando il corridoio di carne viva e morta. Ogni volta che superava un cadavere, le parti molli si liquefacevano, lasciando in mostra solo le ossa tramutate in pochi attimi in cenere. I granelli seguivano fedelmente la sorella di Shyra accumulandosi dietro di lei fino a formare una montagnetta. Pian piano svanì nel nulla, erano diventati abitanti del regno degli Esseri Gentili.
- Lady Yuria ?! – gridò sorpresa una delle Sentinelle della Luce. – Come avete potuto tradire il patto con i nostri antenati ?! – sentendosi dare indirettamente della traditrice, la Mano di Shyra, si voltò verso colui il quale parlò con rabbia e rancore, dando così le spalle al re.
- Il patto... osi mettere davanti a me il patto di non aggressione tra la mia famiglia e le Sentinelle ?! Sciocco mortale, dopo essere stati i primi ad aver alzato le armi contro, mio, figlio, con lo scopo di privarlo della vita ... adesso rivendichi quel patto ?! –
Viego si limitava a seguire in silenzio, lui non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere capitato durante la sua prigionia. Le cose di cui era a conoscenza erano giusto un paio di pillole fornitegli da Millie, e solo del periodo in cui è nata e cresciuta, alla fine non aveva nemmeno trent'anni.
- Ma loro volevano rubare i frammenti –
- Erano vostri ? –
- Sì. Erano –
- No! Non sono mai stati, vostri ! Quelli sono frammenti dell'anima di Isolde, la sposa del Re in Rovina ! Non avete mai avuto il diritto di considerarli come vostri. –
- Il Re in Rovina ha distrutto questo mondo per quei frammenti ! –
L'uomo di cui si stava parlando abbassò la testa sentendosi nel torto ed in difetto. Stava accadendo di nuovo, quel giorno erano morti molti uomini e molte donne per il suo desiderio di riabbracciare la moglie.
- Lo fece di proposito ...?- il tono di Yuria cambiò radicalmente. – È avvenuta per sua scelta la Ruination ? –
- Ovvio che sì ! Tutte le Sentinelle conoscono la storia. –
- La storia eh... ? Ti svelo un segreto, la storia viene sempre, e dico, sempre, raccontata dai vincitori. –
- Lo so, è ovvio. E con questo ? –
- E con questo, significa che non sai e mai saprai la verità di cosa accadde... - Yuria lanciò uno sguardo dietro di sè con la coda dell'occhio, come a voler dare un segno all'uomo che ancora teneva tra le braccia l'amica del figlio. – Con questo non ho null'altro da condividere. Vi lasceremo in pace, abbiamo già recuperato quello per cui eravamo qui. Sentinelle, andiamocene. –
- Sì, Yuria !- risposero tutte le Sentinelle Nere all'unisono che svanirono in una minuscola esplosione di nebbia bianca. Oltre a lei, rimase il figlio Vyll che avrebbe dovuto aiutare il compagno a trasportare Millie dandogli il cambio.
Passarono i giorni, Vylldem e Viego si diedero regolarmente il cambio in termini di fare la guardia alla capomastro. Pregavano per il suo risveglio, la nave era diventata un luogo triste e silenzioso senza di lei. Visti gli spiacevoli eventi, Yuria scelse di rimanere finché Millie non avesse riaperto gli occhi, poi si sarebbe limitata a fare loro visita due o tre volte la settimana, non avrebbe tollerato altri disastri come quello sull'Isola delle Sentinelle. Non reputò necessario l'intervento di Shyra, avrebbe preferito far fare alla natura il suo corso, non vi era un senso logico nel voler a tutti i costi tagliare i tempi. Se avesse necessitato di un mese per riprendersi, allora avrebbero tutti aspettato un mese, c'era sempre tempo per l'altra opzione. I Nuclei erano già stati assorbiti dal ricettacolo, e come sempre, Viego riprese parte dei suoi poteri ma non solo quelli questa volta. Il Re in Rovina si rivide, dopo quegli anni, con la sua corona verde-azzurra. Uno strano senso di nostalgia lo pervase, e la paura dell'avvicinarsi della fine di quel viaggio, cresceva sempre più. Nel momento in cui sarebbe tornato ad essere un vero re, temeva di non poter rivivere le stesse sensazioni che gli portò la vita del pirata. Il suo cuore, al pensiero di dover dire addio a tutti quanti, si sbriciolò come terriccio secco tra le mani. Alla ciurma si unì anche una certa Acela, una Sentinella di Yuria rimasta tra i ranghi delle altre per fornirle informazioni solitamente non trapelabili all'esterno. La scelta presa da Yuria fu una contromisura ai mancati rapporti del figlio. Vyll aveva il compito di portare alla madre un resoconto dettagliato su Millie ed i Ruiner di mese in mese, tuttavia, volutamente, se ne dimenticò per anni, quasi lo stesso quantitativo di quelli passati da Viego sulla nave. Così, Yuria affidò alla sua Acela quella faccenda. Nella sua mente non si creò nemmeno il pensiero ipotetico di un Vyll disinteressato ad aiutarla a studiare i Ruiner. Doveva essere stato tremendamente impegnato per via del Re in Rovina, questo è quello che pensava. Nel mentre The Milliner si godeva il proprio riposo, discussero un po' sul da farsi. Quale strategia adottare e se fosse stato meglio prendersi una pausa anche dopo il ritorno della capomastro. Si parlò bene o male di quello che servisse sul serio, così da non essere di nuovo colti impreparati dalla vita e dalle sue insidiose trappole. Appena la donna più amata dalla Jacquelyn riprese le energie per andare a salutarli tutti, ci fu gran festa e gioia. Venne assaltata dai marinai bisognosi di riabbracciarla ed esprimerle quanto fosse loro mancata, anche perché Yuria e Acela non erano troppo brave come cuoche. Cucina a parte, la sua assenza la sentirono mostruosamente, era bello averla in giro per la nave. Vederla divertirsi tra le funi delle vele, allenarsi con Viego. Le canzoni piratesche, le battute idiote e divertenti insieme. Millie era Millie dopotutto. Anche gli altri furono molto felici di rivederla, ma lei decisamente meno quando le venne introdotta Acela. Conosciuta la storia ed il motivo per cui quella ragazza era diventata obbligatoria sulla nave, non ce la fece proprio a resistere dallo sbranare a parole il suo capitano. Si sentì tradita, avrebbe preferito saperla da lui tutta quella faccenda piuttosto che in quel modo meschino. Gli era caduta un'ancora in testa, la rabbia per il colpo incassato male non la fece agire con lucidità. Si rintanò nella camera buia, mantenuta dai due con le tende ben tirate al fine di non violare il suo sonno coi raggi del sole. Pianse soffocando il dolore e le lacrime contro il cuscino, pratica a cui era avvezza da mesi.
- Vattene via ! – rispose ai "noc noc " battuti sul massello.
Ad aprire la porta fu Viego che attese fino all'ultimo il permesso di entrare; il "ah, sei tu..." gli suonò come un segnale di via libera. Andò a prendere posto sulla solita sedia, usata nei giorni precedenti per farle la guardia come un vero animaletto da compagnia. Senza dire una parola le accarezzò la testa con aria dispiaciuta. Promise poco prima al capitano di risollevarle il morale. Ne fu proprio convinto e sicuro, ma una volta sedutosi lì, tutti i discorsi d'incoraggiamento e conforto vennero dimenticati per magia.
- Puoi dire a Vyll, che non mi convincerà a fare la pace con lui in questo modo. – metà del discorso dovette venir reinterpretato da Viego siccome il cuscino attutiva troppo la sua voce.
- Vuoi, ehm... si insomma, di solito parlare delle cose fa stare meglio, quindi... boh... vorresti...? –
- Sei davvero pessimo a consolare la gente tu. Lasciatelo dire.-
Era inutile tenere il broncio a qualcuno incapace di farti stare meglio con parole di conforto, quindi, di malavoglia, si tirò su. Messasi seduta sul letto, la vide. Alla luce del sole non fu troppo visibile e poi era più concentrata sulla storia dei rapporti mancati per notarla. Nella finta oscurità della stanza, la corona del re brillava di luce propria. Certo, sapeva del titolo nobiliare del compagno, a quel punto del viaggio non conoscerlo sarebbe stato strano e problematico in termini di fiducia... ma vederlo col simbolo del ceto sociale più alto in un regno, fu tutt'altra cosa, peggio di una cena pesante rimasta sullo stomaco.
- Non dovresti sprecare tempo con i rifiuti parlanti. Vattene da Isolde e basta. Non mi serve la tua stupidissima pietà. –
- ... Ma che cazzo stai dicendo ? –
- Sto dicendo di alzare il culo e sparire Viego. Immagino saresti più contento di parlare con lei che con me al momento... vattene e basta. –
- Tu non stai bene. Isolde è morta, ti ricordo, quindi dove ci parlo scusa ?! Ma poi, anche potessi, non le andrei a parlare proprio adesso, a dover essere preciso. –
- Oh certo, come se non ti avessi mai sentito parlare con quel fottuto carillon in camera tua eh ? –
- Allora origlia meglio la prossima volta, cretina, perché coi morti non ho ancora imparato a parlarci! –
- Cretina dillo alla tua fottutissima morta! –
Con la prima arma che poté reperire, ovvero il suo cuscino, lo tempestò di colpi dalla dubbia letalità, iniziarono a fare il loro discreto danno solo dopo essere passata a tirarglielo in faccia, ciò spinse Viego a gettare la spugna e ad alzarsi e allontanarsi da lei. Millie lo cecchinò in pieno, buttandolo a terra. I mozzi che condividevano il solaio con il pavimento di quella stanza si guardarono perplessi e sperarono per il meglio.
- Dei che male... - disse rialzandosi. In un primo momento non sapeva nemmeno decidersi se massaggiarsi la faccia od il fondoschiena, quel morbido cuscino pareva fosse stato riempito di sassi durante il volo. La donna gli saltò addosso riempendolo di pugni, finì persino per aggrapparsi ai capelli di lui per buttarlo giù e picchiarlo meglio: brutta bestia essere piccole. Viego le afferrò entrambi i polsi stanco morto di prendersele e subire in silenzio. Quella scenata capitatagli tra capo e collo gli parve totalmente insensata e priva di ragion d'essere.
- Si può sapere che cazzo ti prende ?! –
- Vattene e basta ! Sparisci ! Non ti voglio più vedere ! –
- Cosa c'è che non va ?! Perché dubito fortemente che la colpa sia solo la cosa dello studiarti . –
- Lasciami e vattene via dalla mia stanza ! Vattene ! –
Eseguì l'ordine solo perché la sentì piangere. Si diresse alla porta, intenzionato ad uscire, però la situazione non si sarebbe conclusa così come voleva lei.
- Io entro stanotte ti devo parlare, quindi, ti conviene presentarti alla mia porta prima dell'ora di cena, altrimenti mi vedi arrivare e ti ci porto con la forza . –
- Sei tutto suonato se credi ci verrò ! –
- Tu fallo, perchè se mi sfidi, ti giuro, te ne faccio pentire. –
La liquidò sbattendosi dietro la porta della camera, e senza indugi, tornò nella propria stanza a passo incalzante. Non gli era piaciuto proprio per niente quell'atteggiamento. La Millie che conosceva non lo avrebbe mai fatto, quindi, doveva, esserci qualcosa sotto. La vedeva strana già da mesi, o meglio, più che strana, diversa. Non ci prestò attenzione più di troppo, alla fine le donne sono strane di loro, si ripeteva in continuazione per crederci. Ora però si era arrivati all'apice, non poteva far finta di niente, non dopo che i mozzi gli suggerirono due o tre cosette e soprattutto non dopo essersi preso delle sberle ed anche sode. Non ci credeva proprio per niente che tutto quel malumore fosse stato generato dallo scoprire che Vylldem passava alla madre informazioni su di lei ed i Ruiner, specialmente perché il capitano ci tenne a precisare in modo assiduo durante tutta la conversazione che erano passati anni da quando aveva smesso di farlo. Ci doveva per forza essere dell'altro ad alimentarle la rabbia, e volente o nolente, entro la fine di quella giornata gliele avrebbe strappate via dalla bocca quelle magagne.
Le ore passavano e passavano, lente ed inesorabili. Le spese letteralmente tutte nell'attesa del suo arrivo, ma lei non arrivò mai. Ormai gli si era sbollentata anche la rabbia, però non poteva farsi vedere come un chihuahua addomesticato. Le aveva fatto una minaccia vera e propria, sì insomma, non poteva presentarsi alla porta della donna con aria mansueta ed annichilita. Ci vollero diversi minuti di preparazione mentale, doveva riacquisire uno strato superficiale di rabbia e rancore così da aprire con prepotenza e convinzione quell'uscio. Scoccate le sette, uscì dalla propria camera, battendo i piedi contro le assi alla stessa maniera di come fece in quella prima fase del pomeriggio.
- Millie ! O mi apri o butto giù la porta. Ti avevo avvertita ! –
Prima che potesse capitare il disastro, i mozzi lo fermarono subito dal fare qualsiasi cosa avesse in mente di fare. Lo dissuasero dicendogli come stavano i fatti: la capomastro era uscita già da due ore dalla sua stanza ed era ancora dal capitano a parlargli. Viego non fece una piega, quasi si sentì meglio nel sapere quei due insieme, magari stavano sistemando i vari attriti, volle comunque accertarsene. Zitto zitto, quatto quatto, si allungò di qualche passo più in là, fino a raggiungere la cabina del capo supremo. Già da fuori li poteva sentir discutere in maniera abbastanza animata, ma le loro voci non gridavano al punto giusto per sentirli senza attaccare l'orecchio all'asse di legno. Non voleva spiare la conversazione fino a quel punto, ma nella sua testa pensò fosse necessario per aiutare l'amica a stare meglio. Se avesse capito il problema, avrebbe almeno potuto fare del suo meglio per risolverlo.
Afferrò il pomello della porta senza dosare prima la forza, finendo con il farla sbattere rumorosamente contro la parete ed il legno tremò.
- In che senso te ne vai ?! –
Viego la guardò con occhi più aperti di un infisso spalancato. Quel "Io me ne andrò Vyll" fu la miccia per l'esplosione sonora della porta sbattuta.
- Perché te ne vuoi andare ? E dove poi ? È colpa di Vyll ? Non sto capendo, perché vorresti farlo ?! –
- Diglielo, Millie . –
- È tardi ragazzi. Devo preparare la cena. A dopo. – e svanì nel nulla, come era suo solito fare.
Viego entrò dentro la stanza senza chiedere permessi nè scusa per l'irruzione. Prese per la giacca il capitano, scrollandolo, scrutandolo nell'anima con sguardo nero come la Nebbia.
- Cosa le hai detto su di me ? Perché se ne vuole andare ?! Che cosa ti ha detto ?! –
- E lasciami, sei patetico quando fai così, comportati da uomo per una volta, moccioso moccoloso. –
Gli tremavano le mani, le gambe non erano da meno. Il suo respiro aveva perso la sua andatura regolare, si trovava sul precipizio di una crisi di panico annunciata.
- Lei. Non. Può. Andarsene. Non lei, tutti ma non lei. Non lei ! – gli gridava puntando l'indice alla porta e gli occhi al capitano. – Io ho bisogno di lei. Lo distruggo questo mondo di merda se anche quella donna sparisce dalla mia vita ! –
- Viego calmati –
- Io non posso calmarmi ! – Gli oggetti sussultarono sul tavolo ed un coro di suoni metallici risuonò nella stanza – Hai la vaga idea di quanto sia diventata indispensabile nella mia vita... ? –
- E tu ce l'hai invece di quanto, tu, lo sia nella sua ?! ... Senti, se le vuoi davvero così tanto bene, fidati di me per questa volta. Impara ad essere un sovrano anche senza di lei, perché ce la stai uccidendo... -
Se lo scostò da un lato per superarlo e raggiungere la porta. Sentendo solo che il silenzio, si soffermò per un attimo, posando la mano contro la parete che conteneva il foro d'entrata ed uscita.
- Inizia ad abituarti a parlarle sempre meno, perché altrimenti la farai soffrire inutilmente. –
Lo abbandonò così, da solo, in quella stanza estranea, nei suoi pensieri, nei suoi tormenti, a raccogliere i cocci rimasti. A cena non toccò cibo, nonostante Millie gli avesse anche preparato il suo piatto preferito per scusarsi. La paura gli aveva sigillato lo stomaco ed in ultimo lo privò del sonno. Si chiuse così il sipario della notte. Nelle ore di quiete pensò a cosa dirle la mattina seguente, supplicando chiunque ci fosse sopra di loro di farle cambiare idea.

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Capitolo 4
*** Nuovo Vecchio Presente ***


Notte. Notte nera e senza luna. Tutto tace; è giunto il momento di riposare.

Possiamo dire molte cose sulla notte, specialmente quanto sia singolare come signora. Osserva tutti dall'alto, conosce ogni sfumatura dell'animo sia di innocenti, sia di malfattori, eppure non giudica né gli uni né gli altri. Si pone al di sopra di ciascuno di noi, pronta ad offrire supporto e sostegno indistintamente. Non esiste dolore non lenito da questa donna paziente e giusta; è giunto il momento di riposare.

Viego come molti era lì, nel proprio letto, però tra tutti era l'unico a dare la caccia alla pace. Dalla cena erano passate ore ed il suo stomaco non stava risentendo del pasto mancato. Poco male; pensò lui, tra i mille rigiri fatti sulla morbida branda. Giri che ti rigiri, la sua testa andava sempre lì. Sapeva di aver sentito parole il cui fato non prevedeva un terzo ascoltatore, lo vide negli occhi di Millie. Lei aveva lo sguardo di un ladro colto in flagrante, consapevole di aver ceduto informazioni non opportune al protagonista delle informazioni stesse. Fu come sparlare di una persona con lei dietro ad ascoltarti sibilo per sibilo. La testa del re era bombardata dalla stessa frase, dalla stessa immagine, dalla stessa sequenza cinematografica. La notte stava dando il meglio di sé per riuscire a farlo dormire, dopotutto il dormire è il miglior meccanismo di autodifesa dell'umanità, quando il nemico si è proprio noi stessi. Una volta nel mondo dei sogni, astieni il tuo corpo per sei/sette/otto ore da tutto ciò di cui ti pentiresti dopo, a volte la finestra temporale può persino essere maggiore. Viego, nonostante le occhiaie e le palpebre supplicanti per un po' di meritato riposo, non trovava il sonno perché tutto fa più rumore di notte, persino i propri pensieri. Cercò rifugio nelle preghiere fatte con il cuore. Prese il carillon, sempre posto sul comodino al suo fianco, e lo posò sul cuscino.

- Ti prego, se riesci a sentirmi Isolde, ti prego, aiutami. Aiuta questo tuo stupido marito, portami la pace. Non voglio che anche quella ragazzina mi abbandoni, non dopo averci aiutato così tanto. Ti prego Isolde... aiutaci, ho bisogno di voi due. –

La luce blu-Isolde del ricettacolo volle dargli un segno. Come se lo avesse sentito, aumentò vagamente la propria luminosità ed il cuore di Viego crollò. Il numero di lacrime versate su quell'oggetto tanto caro al re divenne uno dei tanti segreti della notte.

Non c'erano solo un paio di mozzi a fare la veglia insieme a Viego. Vyll stava ancora concedendo risposte alle domande di Acela, la quale aveva anche troppa fretta di concludere il primo di una serie finita ed infinita di rapporti. I quesiti posti furono dei più disparati. Si partiva con cose banali come la composizione delle componenti estetiche di Millie, arrivando fino a scomodare eventi spiacevoli pari a quello di giorni prima. No, Vylldem non l'aveva mai vista nella sua vera forma da Ruiner, e non si stancherà mai di ripetere il quanto si senta fortunato a non aver preso parte all'azione. Probabilmente non avrebbe mai provato a lanciarsi verso il pericolo come fece Viego. Millie sarà anche una preziosa amica, ma la propria vita contava decisamente di più. Volle precisarle che nonostante questo pensiero, nessuno doveva azzardarsi a torcerle un capello davanti a lui, quella ragazzina era la sua famiglia da anni insieme a Yuria e Shyra. Toccarla e farle del male era un legittimo consenso a farti morire.

Acela rabbrividì, non ricordava il figlio della sua paladina come un uomo pronto ad uccidere al minimo pretesto. Scrollò il cervello, il rapporto aveva la priorità.

- Poi Yuria vorrebbe sapere in che rapporti sono la femmina di Ruiner ed il Re in Rovina. –

Acela risollevò lo sguardo dal taccuino dopo aver finito di leggere la domanda successiva. Impugnava quella penna come fosse stata una spada, si stava preparando a sentirsi tirare insulti e maldicenze a tutto spiano. Vyll tacque per rispetto nei confronti di Millie. Lui la sapeva la storia, lo sapeva e come il genere della relazione tra i due, ma non l'avrebbe tradita solo perché sua madre si voleva immischiare in cose non di sua pertinenza. Anche per questo motivo smise di fare e darle i rapporti. Acela ripropose la domanda, ed il silenzio si ripropose come risposta.

- Lo chiederò alla femmina di Ruiner allora. Lei saprà certamente rispondermi. –

- Ti consiglierei di startene al tuo posto, invece. –

- Lady Yuria ha richiesto questo rapporto, non posso venire meno alla mia fedeltà nei suoi confronti per certe scaramucce adolescenziali. –

- Acela, non te lo sto chiedendo gentilmente. Impara a conoscere i tuoi spazi se non vuoi essere crocifissa a testa in giù all'albero di mezzana. –

Al minimo sentore di ribattimento, la lama della sciabola si andò a piantare sul legno della porta con la stessa velocità di un proiettile. Quella Acela doveva mettersi bene in testa che il suo capitano era il figlio di Yuria, una Sentinella Nera, un Pirata, non la sua paladina. Gli ordini non si discutono, chiunque su quella nave doveva obbedire alle leggi di Vylldem, nessuno escluso. Si alzò, dirigendosi verso la porta. Non gli importò nemmeno ci fosse Acela nel mezzo, non sprecò neppure del tempo per spostarla da davanti la sua strada. Recuperò la lama ed aprì la porta.

- Prendi il libro di mia madre e riportaci a casa. Ti do una notte di tempo per riuscirci. Confido nel tuo buon senso, spererei di non dover ripulire il ponte dai tuoi resti domani mattina. Vedila come una ghiotta occasione per legare meglio con la mia ciurma. –

La ragazza strinse i denti e si morse la lingua, avrebbe voluto restituirgli pan per focaccia, far sentire la sua voce. Lei non era un membro della Jacquelyn qualunque, era il pupillo di Lady Yuria, la più fidata delle Sentinelle Nere ! Ottemperare a simili regole antiche e barbariche, attenersi alle leggi di un piratuncolo diventato qualcuno solo grazie alla Demone Nero... se la immaginava diversa la sua permanenza, molto diversa. Recuperò il libro ed uscì dalla porta già statale aperta; in circostanze diverse lo avrebbe definito un vero galantuomo d'altri tempo.

Ricolma di risentimento, solcava la via che conduceva al timone. Il legno vibrava sotto la forza dei piccoli passetti veloci e rancorosi. I marinai, occupati a giocare a carte sul ponte, la fissavano con occhi strabuzzati e confusi, convinti stesse recitando dei malocchi o delle fatture contro il capitano. Mormorava e mormorava peggio del mare sotto il cielo stellato, intenta a sfogliare le auree pagine pregne di magia antica. Il timone ? Ma chi l'aveva mai visto un timone ? Ai suoi occhi parve come una ruota per biciclette, con degli strani pomelli tutti intorno ben associabili a quelli di un armadio in teak. Sbuffò e lanciò via l'artefatto runico, non era una ragazzina paziente. Non aveva idee su come far funzionare quel gingillo arcaico e datato. Non potendo fare molt'altro si fece una passeggiatina con gli occhi per la foresta della nave. Le vele gonfie di vento avevano un certo fascino, probabilmente era per quello strano ed assurdo motivo che a Runeterra si faticava a partorire l'idea di navi più tecnologiche. Dopo la Seconda Ruination, ci furono grandi decenni di stallo e regressione, solo negli ultimi tre quarti di secolo il progresso scientifico tornò a fare da padrone sul palcoscenico della vita. Dopo che il mondo venne distrutto e devastato dalla Rovina del 990 D.N. ci fu un vero e proprio reset globale. Nessuna ricchezza, nessuna povertà, era una corsa alla sopravvivenza dove i più forti si aggrappavano alle loro vite solo grazie alla forza di volontà e alla conoscenza della propria terra natia. Per chiunque sia nato fuori dall'Era della Rovina, tutti questi racconti suonano come delle leggende. Le storie dei bisnonni, i quali avevano vissuto a pieno quella tragedia, parevano delle fotografie ritoccate, una realtà esistente solo in libri di genere distopico. Molti giovani abitanti di Runeterra si sentivano fortunati, il non aver passato una parte significativa delle loro vite il quel caos, li faceva sorridere; la Rovina finalmente stava iniziando a diventare solo un orribile ricordo del passato. Come sappiamo, tuttavia, i postumi di quel secolo sono tutt'ora presenti, ed Acela, come Millie, li aveva assaggiati sulla propria pelle. 

All'epoca Acela aveva poco più di sette anni. Era figlia unica e per tale ragione si sentiva molto spesso sola. Giocare con gli altri bambini era fuori discussione, la città di Zaun era un luogo troppo pericoloso ed i genitori erano i primi a pensarlo. In quegli anni aveva decisamente i capelli molto più corti, al punto da assomigliare ad un cespuglietto dal fogliame aranciato dall'autunno. I suoi occhi spenti erano di una tonalità verde e fangosa che ben si sposava con la carnagione rosata e lentigginosa. Odiava da sempre quell'ultimo dettaglio della sua pelle, specialmente quella che rivestiva il dorso delle sue mani. Il coprirle divenne la priorità assoluta una volta sotto Yuria. Acela poté conoscere il dono della vita solo perché i genitori vennero aiutati da Shyra. La madre, resa un ramo secco dalla Nebbia, desiderava più di ogni altra cosa al mondo avere una bambina, ed il marito condivideva con lei questa brama. Così, pregarono la Dea Gentile, affinché potessero essere aiutati e così fu. La donna pallida, dopo la sua visita, li omaggiò del suo fiore, ricordando loro, prima di andarsene, che un giorno sarebbe giunta la sorella a riscuotere quel debito. Passarono sette anni e Yuria, come una vecchia amica, si presentò a quella porta. I genitori, riconoscendola immediatamente, temendo fosse lì per riscuotere la vita di uno dei due coniugi, sacrificarono la loro bambina con l'aberrante idea di poterne sempre partorire una "nuova". Yuria s'annerì in volto disgustata. Immobile, faceva da spettatore alla pietosa scena inumana. La bambina si legava con le braccia alle gambe del padre mentre la madre cercava di strapparla via. Piangeva spaventata, voleva stare con la mamma ed il papà, ma loro avevano già scelto cosa per loro era più giusto e vantaggioso. Riuscirono a buttarla fuori e a chiuderle l'uscio davanti gli occhietti lucidi e arrossati. Urlava, gridava. Grattava il legno con le unghiette non ancora pronte a cacciare. Calci, pugni; voleva la mamma ed il papà. Yuria, nata con un cuore abbastanza grande anche per la sorella, si sedette a terra per azzerare la differenza di altezza. La chiamò per nome, Acela, e le porse un fazzoletto appena sottratto da una delle tasche del soprabito nero, questo accompagnato a delle caramelle preparate previo la decisione di far visita alla famiglia. La bambina guardò i doni. Li rifiutò dicendole che la mamma ed il papà le ricordavano sempre di non accettare nulla dagli sconosciuti. Yuria sorrise caldamente accarezzandole la testa, era proprio una brava bambina. Si misero a parlare, la donna voleva vederla stare meglio, così le chiese cosa le piacesse fare, quale fosse il suo cibo preferito, se avesse degli amichetti, le solite cose che si chiederebbero ad un bambino di sette anni. Inizialmente restia, alla fine Acela strinse la mano di Yuria ed insieme svanirono nel nulla, ritrovandosi da Shyra. La Signora Cinerea rimproverò la sorella, sempre troppo buona e caritatevole. Quella non fu né la prima, né la seconda o la terza volta che si presentò con un marmocchio sull'isola. Fu in quel momento che la piccola Acela ottenne tutta la stima di Shyra. Ancora aggrappata alla giacca di Yuria, chiese a Shyra se potesse esaudire un suo desiderio, come fece con la sua mamma ed il suo papà, tale desiderio condusse alla morte i genitori. La Dea sorrise divertita, poi, tornò seria ed infine rivolse lo sguardo alla sorella : "Sai cosa fare.". Alla bambina servirono dieci anni per ritrovarsi sulla Jacquelyn. In quel lasso temporale si guadagnò il titolo di Sentinella Nera più fidata di Lady Yuria, ruolo una volta associato solo a Vylldem. Quando il figlio di Yuria decise di andare per mare, di spiccare il volo verso la propria vita pur senza mai dimenticare le proprie origini, fu Acela a prendere il posto divenuto vacante. Lo percepì come un onore, per non parlare dell'essersi sentita un po' come una "figlia" di Yuria, qualcosa di molto vicino ad una ipotetica "sorella minore" del suo modello di riferimento: Vyll. Per questo si sentiva il segno di una padellata rovente in faccia. Lei aveva sempre ammirato moltissimo Vylldem, lo aveva sempre idealizzato troppo nella sua mente come un ragazzo forte, generoso. Un giovane dal cuore puro, eroico ! Per lei quella figura maschile, al pari di un fratello maggiore, doveva essere perfetta almeno quanto lo era ai suoi occhi Lady Yuria. La verità, purtroppo, era tutt'altra, e la lasciò ustionata. Poco dopo che il capitano iniziò la vita da pirata genocida dei riccastri, Acela accettò molto volentieri la proposta della "madre" di entrare nei ranghi delle Sentinelle della Luce. A Yuria servivano degli occhi dove i suoi non potevano spingersi oltre. Il patto fatto con loro le garantiva certamente delle informazioni emarginali normalmente non reperibili da fonti esterne, però, dopo tutto quel tempo, si era stancata delle briciole cedute e spacciate anche come enormi favori. Acela passò senza alcun problema tutte le prove e le selezioni per entrare a far parte dell'Esercito della Luce; gli allenamenti con Yuria furono mirati a quello scopo, non vi era possibilità d'errore. Una volta dentro, settimanalmente forniva alla sua paladina ogni singola informazione appresa nel corso dei sette giorni, senza mai mancare un solo dettaglio. La Demone Nero provava un orgoglio tale per quella bambina da farla apparire come sua legittima, quel sentimento era lo stesso che la donna nutriva per il suo, per sempre, piccolo Vyll. Yuria avrebbe sempre voluto farli conoscere in modo più approfondito, ma la differenza d'età era una voragine irrecuperabile. Quando Acela raggiunse un'età giusta per diventare, ipoteticamente parlando, l' apprendista di Vyll, questi era già partito per soddisfare il folle piano di Millie di rintracciare una moglie fatta a pezzi.

E venne il giorno. Il frastuono cacofonico dei gabbiani era la vera sveglia di ogni lupo di mare degno di quel nome. Millie non era da meno, la vita da pirata ce l'aveva nelle ossa come umidità in un giorno di pioggia invernale. Quella notte, per evitare di essere provocata in triviali battibecchi, sgattaiolò nella stiva senza farsi notare. C'era un luogo su quella nave sconosciuto persino al capitano. La furbastra si era ricavata una stanzetta tutta sua dietro i pancali di botti una volta piene di buon rum invecchiato. Erano stati disposti in modo tale da non dare ad intendere la presenza di brande e mobilia di scarto. Per facilitare la buona riuscita dell'artifizio, esistevano ancora diverse botti ricolme della sacra acqua pirata. Due cose non dovevi far mancare ad una ciurma: cibo e buon bere. Il resto ? Bazzecole, insensatezze. Della stanza segreta della capomastro quasi nessuno ne era al corrente, giusto il suo gruppetto di simp fedelissimi, capitanati dal pesce lesso, nanetto e mingherlino chiamato da tutti col nomignolo Provolo. Il regno delle botti era un luogo sacro, una fortezza dedita alla protezione dello stanco animo della donna. Quando aveva necessità di dormire senza essere trovata e disturbata, si rifugiava lì, così sarebbe stata certa di nascondersi da qualsiasi battaglia in cerca del suo cervello.

Erano da poco arrivate le sette del mattino e per la capomastro era arrivato il momento di sfoderare la grinta ed afferrare la giornata a piene mani. La lista delle cose da fare nella testa era lunga e tediosa, tutto quel tempo passato a dormire l'aveva lasciata indietro, non c'era più tempo per temporeggiare sull'aria fritta. Lavata e vestita con gli abiti del mestiere, si diresse verso coperta. Appena il sole le baciò il viso per darle il buongiorno, gonfiò i polmoni con salmastro e brezza marina; a quella vita mai avrebbe rinunciato. Ed eccoli, gli ammiratori della capomastro, tutti accorsi da lei per regalarle il primo sorriso della giornata, perchè qualcosa preannunciava maelstrom, e tempesta ruggì.

- Battigia ?! –

Alla fine Acela ce l'aveva fatta. I marinai si coprirono istantaneamente le orecchie, perdere l'udito non era tra i loro desideri più reconditi.

- In che senso siamo a Battigia ?! – gli uomini di Millie s'apprestarono in tutta fretta a dirle nel caos quante più informazioni potevano darle scavalcando discorsi di compagni già nel bel mezzo della narrazione. Salti carpiati per architetture di pensieri tutto tranne che stabili, traballanti ed incoerenti, con almeno un centinaio di regole grammaticali ristrutturate ad hoc, esenti dal semplice e fruibile linguaggio umano con voli pindarici tra nemmeno loro sapevano quali logiche. Un minestrone di voci e riassunti rabberciati, giusto una parola su trilioni, una tantum di suoni umanamente comprensibili. Che nessuno renda mai quegli uomini degli artificieri. Per disgrazia ricevuta, una delle parole che pensarono di rendere comprensibile fu il nome del re, bastò questo per il grande botto.

- Viego... ?! Io lo ammazzo. Ma certo! Non poteva che esserci il suo zampino ! Ah ma questa non gliela faccio passare, lo scuoio vivo e con la sua pelle mi ci faccio un cappello nuovo ! –

Una furia a passo svelto e spedito si apprestava a raggiungere la barriera legnosa messa a protezione del re. La ciurma di simp si lanciò alle caviglie della propria Millie. Imperterriti, le gridavano frasi sconnesse per deconcentrarla dalla vittima, ma la capomastro era un cavallo a cui erano stati messi paraocchi e paraorecchie. Gridò il nome dell'uomo seguito da nomignoli poco gentili, uno di questi andava ad inveire persino contro la povera madre del malcapitato. Con ancora la bocca imbrattata d'ignominie, spalancò le fauci dei battenti che si richiusero sui propri cardini piangenti. Il rinculo dato dal rimbalzo dell'asse verticale contro la parete interna, le giocò contro, e la capomastro dovette massaggiarsi la porzione di viso colpita dal contraccolpo. Gonfia come un pallone pompato d'aria rabbiosa, tentò un secondo approccio più cordiale con la porta; si convinse che divellerla sarebbe stato futile a conti fatti. Il problema arrivò quando, entrata nella stanza, notò l'assenza del suo ricercato e la presenza del ricettacolo. Rimase ferma qualche secondo perché spiazzata e stranita, poi l'idea le si piantò in mezzo ai due emisferi del cervello. Era scappato, e per Millie c'era solo una ragione per cui mai si sarebbe preso la briga di sparire lasciando lì quel pezzo di metallo: non voleva più trovare Isolde. Per lei fu scontata la veridicità di quella presupposizione. Ora erano di nuovo a casa, lui probabilmente aveva aperto ed oltrepassato un portale per una terra qualsiasi nella notte, infine decise di sua sponte di lasciare a loro quel carillon con l'unico scopo di essere inutilizzabile senza di lui. Per lei era tutto un malatissimo piano progettato per farla impazzire e portarla a compiere gesti avventati e folli, come il setacciare il globo in cerca di quello scellerato idiota. ... Vylldem... sì, doveva essere Vylldem la chiave di volta per chiudere quel contorto e macchinoso arco narrativo. Doveva aver detto qualche parolina di troppo riguardo la chiacchierata della sera precedente per poi averlo aiutato, divenendo complice di quella stronzata. Al capitano sarebbe convenuto un simile passo falso. Due piccioni con una fava ! Via lo scocciatore e tanti saluti al puzzle di nome Isolde ! Questa volta la nostra Millie gli avrebbe messo le mani addosso, di lui si fidava... erroneamente, pensò.

Partì di nuovo, partì di nuovo ma con una collera nettamente superiore a qualche frazione di tempo prima. Direzione: stanza di Vylldem. Obbiettivo: toglierlo dal mondo. I simponi si ritrovarono travolti e calpestati, per alcuni fu un sogno ad occhi aperti finalmente divenuto realtà, altri non cedettero, si rialzarono e tornarono alla carica per arrestare il cammino della loro dea in uno stato di assoluta belligeranza. Il tamburo girò, ciack ciack ciack, proiettili pronti in canna ad un grilletto di distanza dalla bocca del moschetto prodigioso. Questa volta non ci andò giù con leggerezza contro l'innocente porta. Un calcio, e venne giù tutto.

- Volevi morire per caso, eh, Vylldem ?! – Nel ritrovarsi Acela alla scrivania, lo sguardo le cambiò in un lampo . La poveretta non lo volle dare troppo a vedere, tuttavia tremava come una fogliolina fragile e solitaria durante la tempesta. Non se lo aspettava per niente. Lei se ne stava tutta tranquilla a leggere uno dei tanti libri che Vyll si era sgraffignato in giro per Runeterra e poi tutto d'un tratto la porta le venne tirata giù con un boato troppo improvviso per essere anticipato. Si generò in quel momento una situazione carica d'imbarazzo, complice l'essersi quasi mangiate vive il giorno prima dopo nemmeno un minuto di presentazione.

- Ah, ci sei solo tu. – sospirò The Milliner con uno scazzo indicibile il quale la portò a rinfoderare la bambina.

- Tu sei la femmina di Ruiner, se ben ricordo. –

- Senti bella, ho un nome. Questi proiettili sono stati prenotati dal capitano, ma posso sempre riservarne uno per te, se ti risento appellarti a me con: "femmina di Ruiner". –

- Quanto sai essere prolissa con le minacce ? A differenza di Vylldem, adori perderti in chiacchiere, noto. –

- Allora nota anche quanto sono incazzata, grazie, prego, non c'è di che. Dimmi solo se sai dove sta quel farabutto. –

- Se cerchi Vyll, è uscito da qui con il Re in Rovina mezz'ora fa. Dovevano fare "quattro chiacchiere tra uomini", così ha detto. –

Quell'ultima parte, detta come se quel ricordo le fosse pervenuto solo all'ultimo secondo, riaccese nella Ruiner il tetro lume spettrale dello sgomento. Viego e Vylldem erano tante cose, tranne che amici. Possedevano ideali ed interessi troppo diversi, non era raro vederli cozzare e stridere tra loro. L'unica cosa, letteralmente, capace di metterli d'accordo, era Millie, o meglio, il suo benessere, quello aveva la priorità su tutto. Avevano indubbiamente due approcci molto distanti e diversi per esprimerle affetto, però se ancora non si erano ammazzati era tutto merito del collante al gusto The Milliner. Come conseguenza, si poteva scommettere senza problemi che le "quattro chiacchiere" di cui parlarono, vertevano tutte su di lei. Lo sguardo torvo e prossimo ad essere serrato le si spalancò di netto, proprio come la porta precedentemente buttata giù. I muscoli nel corpo si mossero da soli, prima ancora che potesse rendersene conto, stava già correndo e gridando il nome di Vyll per tutta Battigia; non poteva tradirla così, non su quello, tutto, ma non su quello.

Alla fine fu una decisione unanime chiamare quel prototipo di civiltà: "Battigia". Suonava bene, era orecchiabile, secondariamente ricordava le loro origini. Parve loro giusto scegliere un nome capace di raccontare alle generazioni successive da cosa tutto nacque. In quei tumultuosi anni passati in cerca dei Frammenti, il villaggetto di poco più di un centinaio di persone, si trasformò in un rudimentale centro urbano. Non appena la esigua popolazione locale seppe l'identità di Viego ed appresa la vera identità dell'isola disabitata, il ritmo dei lavori cambiò drasticamente. Battigia doveva diventare la prima città della nuova Camavor, ed anche se Viego venne inizialmente detestato da molti per colpa del suo orribile caratteraccio da principino viziato, grazie alle sfide procurate dal viaggio ed anche grazie all'egregia guida a suon di stracci passati sul ponte di Millie, cambiò atteggiamento nei confronti della vita stessa. Ora, la definibile città, era divisa in due parti: Alta e Bassa Battigia. Bassa Battigia era la zona primordiale, quella da cui tutto ebbe inizio. Lì si stanziavano il piccolo porto, rimpolpato con una manciata di per lo più piccole e medie imbarcazioni, ed i primissimi edifici rinnovati man mano che la città si formava. Essendo la zona portuale, Millie decise di investirla sul settore marittimo, quindi, volendo tralasciare la zona urbana di Bassa Battigia, gli edifici erano prettamente collegati all'ambito della pesca. Potevi trovare il rudimentale ma funzionale cantiere navale, il mercato del pesce provvisto sempre di materie freschissime e della qualità migliore, per non parlare dell'unico ristorante di pesce attualmente costruito. Alta Battigia, invece, era un qualcosa di totalmente nuovo, un gioiello dell'ingegno umano. Ancora nel pieno della sua costruzione, poteva già vantare strutture per l'educazione dei propri pargoletti e una graziosa biblioteca immersa nella vegetazione, per non parlare poi della zona residenziale con case aventi giardini pensili per fondere l'utile al dilettevole. Spingendosi verso l'interno, si andava incontro alle sue discrete fattorie, raggiungibili tramite strade in pietrame, convergenti nelle alture ricche di terrazzamenti. Il percorso lastricato e facilmente percorribile con carri, saliva lungo i fianchi incisi dell'isola, era proprio alla fine di quel percorso che si stagliava la piazzetta protagonista delle sagre e delle feste cittadine. Era un grande palcoscenico che dava sul mare, fornito di parapetto in neroacciaio e binocoli per scrutare l'orizzonte. Nella notte i lampioni slanciati e sinuosi la illuminavano tutta ed era proprio lì che si trovava il loro grande generatore d'energia, il primo simbolo di civiltà moderna di Battigia, il grande e possente Faro-Mulino. Se si cerca la vita sin dalle prime luci dell'alba, allora bisogna trasferirsi nel cuore pulsante della città, la Piazza della Fontana, lo snodo tra Alta e Bassa Battigia. Il tripudio del settore terziario era tutto lì. Municipio, banca, poste, bar. Il centro d'edilizia con affianco un abbastanza rifornito negozio di mobilia. I negozietti di manifattura artigianale, quelli di moda, di musica, di cancelleria. Tutto questo, e molto altro, venne tirato su con la ben precisa idea di realizzare una serie di cerchi concentrici aperti dalle strade rassomiglianti ai raggi di una ruota. Sapendo che, Viego, un giorno, più o meno giustamente, sarebbe tornato al suo trono con l'amata Isolde, era necessario reintrodurre il concetto di denaro, rimosso agli inizi in maniera provvisoria. Per tale motivo, si fece leva sul velocizzare i tempi di modernizzazione. L'aiuto di Yuria fu una manna dal cielo. Oltre ad aiutare Vylldem con le attività gestionali, si fece carico di istruire al meglio il Re in Rovina in fatto di finanza e tutte le altre tediose scartoffie destinate ai sovrani. Viego si rifiutò per mesi e mesi di prestare ascolto alla Demone. Era un re, figuriamoci se già non le sapeva certe banalità. Cambiò idea solo perché un giorno, Millie, prima di andare a seguire la lezione al posto suo, gli volle ricordare che se Camavor era caduta in rovina c'era un motivo. Si fece un esame di coscienza, in effetti non aveva tutti i torti, e poi una rinfrescata non poteva fargli male. Yuria per motivarlo a continuare quelle pesanti e noiose lezioni, accettò di buon grado la presenza di una compagna di banco per quell'alunno indisciplinato.

La campana del municipio rintoccò una volta sola dopo che lo fece per nove volte svariati minuti prima. La capomastro boccheggiava fradicia di fatica e la fontana ottagonale ben decorata funse da oasi nel deserto. Come poté, si trascinò per quei rimanenti metri, finendo per lanciarsi a peso morto nelle due spanne d'acqua non appena fu in range. I passanti, preoccupati, mollarono qualsiasi cosa stessero facendo in quel momento per accorrere in suo soccorso. Non aspettandosi una reazione talmente tanto eclatante da parte dei civili, la donna divenne ancor più paonazza. Era passato troppo poco tempo perché l'acqua della fontana avesse già avuto effetto sul suo colorito acceso. La primaria preoccupazione di Millie fu quella di rasserenarli, non ci teneva affatto a scoperchiare un vaso di pandora senza motivo. Per tale ragione, si limitò a fornire una spiegazione prossimale a giustificazione del suo lancio in acqua.

Era dalle sette e mezza circa che li stava cercando. Passare al setaccio tutta Bassa Battigia a quell'ora fu un gioco da ragazzi, visto che non c'era anima viva in giro, questo però comportò anche l'assenza di persone a cui chiedere informazioni riguardanti la fuga "amorosa" di quei ragazzacci. Una volta raggiunta la Piazza della Fontana, il suono sordo della campana le comunicò il nuovo orario: erano appena arrivate le otto. Si fiondò nel primo negozio aperto a sua disposizione per porre la fatidica domanda. Il commesso rispose "no". Questa scena si ripeté ancora ed ancora fino a quando un nuovo rintocco le ricordò l'esistenza dello scorrere del tempo. Dopo essere uscita dall'ennesimo negozio, volle fermarsi un attimo e riflettere. Avrebbe voluto farsi del male da sola, perché non ci aveva pensato prima ? Viego e Vyll, a quell'ora, stavano probabilmente consumando la colazione, quella che lei decise di non fare, ed allora via, corsetta agitata verso il bar della piazza. Entrò dentro cercando di mantenere una parvenza di tranquillità e chiese al barista se eventualmente gli fosse capitato di incrociarli. Il barista, il quale aveva anche il ruolo di cassiere, le diede una risposta affermativa. Sì, i due avevano mangiato qualcosa al volo da lui ed in più, Millie, li aveva mancati per un soffio. Viego, dopo aver pagato, se n'era andato via, senza perdersi in chiacchiere. La donna volle saperne di più, ma l'unico trivia extra ottenuto riguardava l'aspetto di Viego. A detta del barista il re non sembrava stare troppo bene. Millie ringraziò ed uscì. Questa volta volle ponderare per bene la scelta della tappa successiva. Se i due volevano fare quelle famose "quattro chiacchere", e ci tenevano in particolar modo a non farle sentire ad orecchie indiscrete, dovevano recuperare una postazione parecchio appartata. L'unico luogo in grado di soddisfare quel requisito, era la piazzetta del Faro-Mulino. The Milliner corse. Sfrecciava velocissima tra le strade di Alta Battigia come fece anni ed anni prima, quando volle vedere il castello caduto della vecchia Camavor. Al suo arrivo non vide nessuno, alchè pensò di averli sorpassati senza rendersene conto, perché troppo concentrata sul raggiungere la meta in fretta e furia. Attese i nuovi rintocchi, questa volta nove. Non vedendoli arrivare, decise di scendere a valle, tornando alla piazza e agendo nella maniera che già sappiamo.

Gli abitanti presenti si guardarono vicendevolmente, nemmeno loro avevano visto i fuggiaschi. Torza dalla testa ai piedi, Millie non ebbe altra scelta se non quella di tornare a cercarli, ma prima doveva vaporizzare l'H2O in eccesso. Si mise seduta a bordo fontana, lo scopo era di lasciare al sole il compito di asciugarla. Millie salutava tutte le nuove comparse rispondendo a ciascuno di loro sempre allo stesso modo e sempre alla stessa identica domanda. La tiritera andò avanti fino a poco prima dei dieci rintocchi, ad interrompere quel circolo vizioso fu una vecchietta dalla popolarità indiscussa da tutta la popolazione di Battigia. La signora Qixian Ping era un'anziana magnate della cultura, il suo ruolo verteva sul costruire una lingua per la Nuova Camavor. Appassionata da sempre di lingue e dei costumi di ogni singola nazione presente a Runeterra, non c'era soggetto migliore per quel compito. Nei suoi anni migliori, fu una delle poche a sopravvivere ad una delle peggiori mietiture della Nebbia a Ionia. Dopo aver visto parte della sua terra frustata e piegata dalla calamità, trovò la sua vocazione. Il pensiero che una futura mietitura avrebbe potuto spazzare via le sue radici, e come le sue, anche quelle di altre nazioni, la spinse ad intraprendere i suoi studi da cosmopolita. Viaggiò e studiò molto, alla soglia dei suoi trentaquattro anni aveva già sviluppato un prototipo per la lingua universale, qualcosa di facilmente assimilabile, capace di racchiudere ogni lato della propria formazione. Qualche anno dopo, pubblicò un trattato : "Sulle lingue ed il linguaggio"; un'opera molto apprezzata dai più eruditi ma che non riscosse troppo successo al di fuori delle piccole nicchie d'appassionati. Quel trattato di saggistica capitò anche tra le mani di Yuria molti anni dopo, la quale riconobbe il grande genio e prodigio della donna, al punto tale da farle visita e diventare la sua Mecenate, garantendole un porto sicuro in cui riprendere le sue ricerche e completarle. Ad oggi quel "porto sicuro" altro non è che Battigia.

- Mi chiedevo quando avrei rivisto la mia inventrice preferita. –

- Signora Ping ! Buongiorno anche a lei . –

Il sorriso dell'anziana si fece largo tra le pieghe delle rughe, donando poi alla ragazza una calda e famigliare risata. A Millie brillavano gli occhi di contentezza, aveva un'immensa stima di lei e del suo lavoro. Non importava quanto spazio libero possedesse ancora il bordo della fontana, la capomastro saltò sulle sue gambe come un grillo, facendo segno alla donna di prendere posto.

- No, no, lascia stare, siediti pure ragazzona. Sto andando a casa. –

Posò le buste delle compere a terra per essere in grado di regalarle qualche pacca sulla spalla. A giudicare dal ricco e vario contenuto delle stesse, la signora Ping doveva aver passato l'intera mattinata per le strade della città.

- Mi permetta di aiutarla allora, quelle buste sembrano essere molto pesanti –

-Ma non starti a penare, sarò anche vecchia, ma queste braccia e queste gambe sanno ancora il fatto loro. Piuttosto, come mai sei tutta bagnata ? Ti prenderai un malanno così. –

- Guardi, lasciamo proprio perdere. Sto cercando Vylldem e Viego da questa mattina. Ho fatto a piedi tutta Battigia per trovarli! Ad una certa, per mezza disperazione e perché stavo morendo di caldo, mi son buttata nella fontana, se no ci morivo seriamente. E doveva vedermi mezz'ora fa com'ero concia, mi si poteva prendere ed appendere ad un filo ad asciugare, praticamente. –

- Beh, questa mattina mentre ero a fare colazione al bar qui in piazza, mi era parso di averli visti bisticciare ad uno dei tavoli. –

- Sì lo so, ci sono passata anche io, però erano da poco andati via quando arrivai. –

- Se vuoi, puoi provare a vedere se per caso sono tornati lì. Una ventina di minuti fa, io e Vyll ci siamo visti al mercato del pesce giù a Bassa Battigia. Aveva una faccia... gli ho consigliato di andare a prendersi qualcosa al bar, non so se lo abbia fatto però. Mi dispiace di non poterti essere utile.–

- Non dica così, signora Ping, è stata davvero gentilissima, anzi, grazie mille per avermelo detto, almeno adesso ho una speranza! Corro subito da loro, speriamo in un miracolo. Grazie mille di nuovo, grazie davvero ! –

- Non correre troppo o scivolerai ! Che ragazzina per bene... -

Inversamente proporzionale alla velocità dello scatto felino di Millie, l'anziana recuperò le sue buste ed al pari di una formichina, pian pianino si avviò verso la propria casa situata in una delle vie che componevano la raggiera della zona di snodo. La nostra capomastro non ce la faceva proprio a mascherare il suo nervosismo, il quale si rifletteva senza sbavature sui suoi gesti ed azioni. In fretta e furia, senza badare al fatto che stava letteralmente irrompendo in un luogo pubblico calmo e placido, aprì la porta. Corse dentro sbraitando il nome dei compagni, compiendo twist di testa ad altissimo livello per, a quanto pare, forse, svitarla e lanciarla persino sotto i tavoli con l'unico scopo di scovarli. Chi stava consumando la colazione s'arrestò immediatamente, con un simile caos e a vederle il panico negli occhi, pensarono fosse capitato qualcosa di gravissimo. Lei continuava a fare la trottola impazzita, girando e girando su se stessa, incapace di prendere una direzione con gambe e piedi. Saltò sul posto quando arrivò Vyll a darle pace. Con fermezza e vigore le prese le spalle, imprimendole l'input di voltarsi in direzione dei suoi occhi. Millie stava processando, la rotellina nel suo cervello s'era inceppata nel suo stesso ingranaggio, dilatatosi a causa del troppo lavoro mentale.

- Eccoti finalmente! Sto cercando te e Viego da questa mattina, ma dove eravate finiti ?!-

- Eh ?! – Alle orecchie del capitano, quel suono ebbe tutt'altro significato.

- Ma come, ma non te lo ha detto ? Ed io che pensavo sarebbe venuto a piagnucolare da te come al suo solito. In pratica abbiamo litigato più pesantemente del solito e siamo finito con il dirci qualche parola di troppo... -

- Vyll ...?! – Ed il capitano fraintese ancora.

- Sì, lo so, sono un imbecille, però mi sono trattenuto. Siccome non ci tenevo a levarlo dal mondo, sono andato al bagno per sbollentarmi e quando sono uscito per andare a pagare, il barista mi ha detto che eri andata da lui, forse per fare un giro. A proposito, dov'è ? È già entrato ? – E Millie, per evitare di non farsi capire di nuovo, tacque mostrando gli occhi più spalancati del dovuto ed un colorito prossimo alla morte.

- ... Perché... siete venuti qui insieme, giusto ? ... Ti prego dimmi che lo hai visto e che lui è al bagno, perché se no ho paura si sia andato ad ammazzare dopo quella chiacchierata. – E Millie passò a miglior vita. Boom, giù, peso morto, cadavere a terra. Nemmeno con un cucchiaino si riusciva a tirarla su, quindi venne lasciata dov'era. Se era viva lo si poteva solo capire dal sali e scendi del diaframma, per il resto era andata. Vyll era inginocchiato affianco a lei, intento a tentare e ritentare di recuperarla da qualsiasi mondo la stesse in quel momento ospitando. "Coraggio Millie ! Svegliati per l'amor del cielo " le diceva nel mentre che le picchiettava le guance. Il pollice veniva tenuto rigorosamente al polso, appena sotto la curva della mano della donna. Il battito era debole, a differenza di quello del capitano. Alcuni dei presenti erano già corsi a chiamare i pochi dottori residenti a Battigia. Non sapendo la gravità della situazione, era meglio non perdere tempo e lasciare la situazione ai professionisti. I medici arrivarono e Vylldem diede loro spazio e fiducia. Con l'animo lograto, rispondeva alle loro domande. Tra una pausa e l'altra, rifletteva su cosa dire a Viego una volta avuto tra le mani. Lui sapeva che buona percentuale della colpa era anche sua, però si sentiva meglio con la coscienza a pensare diversamente. La diagnosi fece sentire tutti più sollevati. Si trattava di una perdita dei sensi causata dal forte shock in aggiunta a disidratazione, calo di zuccheri, e sbalzo della pressione; non c'era da stupirsi che fosse diventata un lenzuolo. Prestando massima attenzione a cautela, la spostarono dal pavimento su uno dei divanetti presenti nel bar, poi, per sicurezza, il tavolo di quel coperto venne momentaneamente spostato. Ci volle un'oretta buona prima che Millie si riprendesse, al suo risveglio, Vylldem era lì, già pronto con tutto il necessario elencato dai medici prima di andarsene.

Lei si sentì spaesata. Aveva riconosciuto con abbastanza velocità il bar della piazza, tuttavia, percepiva i suoi ricordi come offuscati, mezzi cancellati e ricoperti da uno spesso velo di nebbia. Chiese informazioni a Vyll, e Vyll, non prima di averle fatto giurare di mantenere la calma, le fornì le tanto desiderate informazioni. Millie, finita la storia, si sentì di nuovo lì lì per svenire, però l'onomatopea degli schiocchi delle dita furono sufficienti per farla rimanere tra i vivi.

- Adesso, appena ti vedo capace di stare in piedi da sola, se vuoi, lo andiamo a cercare insieme. D'accordo ? –

- Non gli hai detto quella cosa... vero ...? –

Vyll in un primo momento, preso da una rabbia istintiva, la fulminò in un lampo. Solo dopo essersi reso conto del gesto chiese scusa. Per lui fu incredibile. Nonostante tutto, nonostante non avesse ancora il cervello operativo per fare una qualsiasi cosa, lei si era preoccupata di quello, del piccolo segreto che, se fosse stato per lui, avrebbe già detto a tutta Runeterra. Quella ragazza era incredibile anche nella sua connotazione più marcia e negativa.

- No. Non gliel'ho detto. –

- Grazie... - sospirò puntando gli occhioni neri verso il basso. Le mani torturavano le dita della gemella nel disperato tentativo di arrestare sul nascere i lacrimoni. Era contenta che il suo capitano non avesse rivelato niente della loro chiacchierata serale. Sentiva di potersi di nuovo fidare di lui, e poi, in effetti, non aveva motivo di essere così tanto arrabbiata per la questione dei rapporti. Era sicura che agli inizi le sue intenzioni fossero delle più nobili, probabilmente voleva solo aiutarla a "guarire". Poi, quando prese atto del suo errare nel ritenere la condizione di Millie una malattia, interruppe il compito affidatogli dalla madre. Vyll apprese un'importantissima lezione con la capomastro sulla sua nave: come Viego, come la Rovina e la Nebbia, i Ruiner avevano solo bisogno di qualcuno capace di guidarli, istruirli, renderli migliori prima che fosse troppo tardi, proprio come avvenne nel caso di Millie. Senza l'appoggio, il sostegno e l'amore donatole ogni giorno dal padre adottivo, anche lei sarebbe diventata una delle tante creature figlie della Rovina.

- Non ti azzardare a ringraziarmi. Non l'ho ancora fatto solo perché voglio che sia tu a dirglielo, perché ti garantisco che se lo viene a scoprire da solo, t'ammazza proprio perché non glielo hai mai detto. Sappilo. –

- Vyll... -

- Vyll, niente, Millie. – Questa volta gli occhi grandi e neri da cucciolo poterono ben poco contro la determinazione del capitano della Jacquelyn. Era molto serio, più di molte altre volte, in maniera forse eccessiva rispetto all'argomento, ma per lui aveva senso tenere alto quel temperamento, perché per lui era un qualcosa di molto serio. - Come porca puttana la prenderà secondo te, mh ?! Quanto ancora glielo vuoi tenere nascosto, esattamente ? –

- Senti, io non glielo voglio dire. Tu sei l'unico che lo sa oltre a me, e già questo non mi piace. Ho scoperto questa cosa relativamente da poco –

- Wow, e "un anno, forse due" sarebbe poco? I miei complimenti per la distorsione che hai sul concetto di poco. –

- E se fosse tutto falso ? Se non fosse Vero ? Eh ?! Che poi, ci pensi a come inizierebbe a guardarmi ? Con quale sguardo, con quale rabbia ? Mi abbandonerà in un battito di ciglia, ed il peggio è che... non riuscirebbe più a vedermi come Millie... -

- E tu, veramente, credi che se lo viene a sapere, ti abbandonerà o inizierà a trattarti in maniera diversa ? Per gli dei, ti ha vista nella tua forma da Ruiner ed ancora ti parla ! –

- Magari lo fa solo perché ha paura di venir mangiato anche lui e -

- Millie ! Quello ieri notte mi ha quasi spaccato la scrivania con un pugno perché ti ha sentito dire che te ne vai ! E adesso, mi vieni a dire queste stronzate ?! Io ti vado a prendere un panino, così te lo mangi e stai zitta. Poi ti porto a cercarlo, e parlate ! E sì, anche, di quella cosa. E per favore, sono tuo amico, non un santo, quindi evita di farmi incazzare. –

- Non posso Vyll, ti prego –

- Allora dimmi quando avresti intenzione di dirglielo, sentiamo, sono curioso. –

- Prima o poi, ecco ... -

- Oh certo, magari quando abbiamo raccolto tutti i pezzi, giusto ? E cosa gli dirai ? Ah Viego, ecco, vedi, so che avrei dovuto dirtelo anni fa, però sì, insomma, ci sarebbe un enorme problema con il riportare in vita tua moglie, perché io sono -

Con un balzo, si lanciò a tappargli la bocca nella maniera più efficace possibile. Applicate le mani come cerotti sulle sue labbra, lo guardava languidamente, supplicandolo di non andare oltre. Non voleva si sapesse in giro, non quando era lei la prima a dubitare delle sue certezze in bilico. Il figlio di Yuria raccolse un gran bel lungo respiro, non servivano ulteriori parole, aveva capito. Lenta, tolse il suo sigillo ma non i suoi occhi da quelli blu. La rabbia in lui stava scemando, la sua scintilla persisteva per gli ultimi bagliori nello specchio dell'anima. Li chiuse, gli serviva respirare a pieni polmoni senza distrazioni. Li riaprì, vederla lo rabbonì. Con la mano tra i fili caffè, l'accarezzava al fine di infonderle forza e coraggio. The Milliner si abbandonò alle cure del fratello acquisito negli anni, sedendosi sulle sue gambe ed appoggiando la fronte contro l'alto schienale del divanetto. Quella montagna russa d'emozioni generò il suo pianto. Vyll non poteva far altro che continuare a cullarla tra coccole e carezze. Si sentì morire dentro non appena la prima lacrima gli precipitò sulla spalla, ed in quella posizione niente era censurabile. Il cuore convulso veniva tenuto a bada nel peggiore dei modi e delle maniere, ciò ebbe ripercussioni sul ritmo del ciclo respiratorio. L'uomo chiuse l'abbraccio del tanto necessario per posarle la mano tra le scapole, nella speranza che il calore umano potesse lenire il suo dolore. Chissà da quanto si teneva dentro quel pianto, si chiese tra sé e sé il capitano. Probabilmente da troppo tempo, si rispose tra sé e sé il capitano.

- Ora va meglio ...? -

Millie mosse appena il capo. La cadenza dei leggerissimi picchiettii del mento contro la spalla sussurrava "sì". Vyll recuperò l'ennesimo fazzoletto dal pacchetto estratto sin dagli albori del pianto. Piccolo colpo di frusta con la mano et voilà, il rettangolo di carta morbidissima si era esteso al massimo della sua superfice. Quasi a voler dare filo da torcere ai contorsionisti più esperti, sfruttando il braccio libero imparentato con quello ancora avviluppato tutto attorno alla ragazza, si flesse verso l'interno per cedere la prossima vittima e recuperare quella precedente.

- Allora dai, mettiti seduta a modo che ti vado a prendere qualcosa da mangiare. Non voglio raccattarti in giro perché hai la pressione sotto terra. –

Detto fatto, Millie eseguì e Vyll rimise il tavolo al suo posto, fino a prova contraria far levitare gli oggetti era un potere non in loro possesso.

Terminata la sua colazione, arrivò il momento di mettersi in marcia per ritrovare Viego, sperando che nel frattempo non avesse compiuto il passo più lungo della gamba. Precipitare nel panico, di nuovo, era controproducente, di conseguenza, anche se con non poche difficoltà, i due cercarono di non pensare già al peggio. Se in due, in una mattinata, non avevano visto nemmeno la sua ombra, ed idem gli abitanti di Battigia, poteva significare solo una cosa: Viego con molta probabilità era tornato alla nave. In caso contrario, allora c'era veramente da spaventarsi. Arrivati alla nave, vennero accolti dalla ciurma come l'abitudine ordinaria li aveva istruiti. Lo sguardo morto della capomastro fu il pretesto per sporgere domande. I marinai portarono lieta novella. Viego era tornato alla nave ore prima, un po' come si era immaginato il capitano quando collegò tutti i punti. Non dissero molto altro, anche perché il Re in Rovina non disse molto a sua volta. Dopo essere salito a bordo, si congedò senza se e senza ma, si dimenticò persino di chiudere la porta di camera sua. Fu parecchio insolito, tuttavia la ciurma non volle porsi troppe domande ed uno dei tanti si limitò a chiudergliela. Siffatta pace placida permeò il vascello da poco prima dei nove rintocchi lontani, sino al raggiungimento del singolo dopo gli undici sfumati. Il capitano le accarezzò la testa, fu il suo modo per darle il permesso di andare da lui. Li lasciò tutti sulla pista da ballo, liberi di ballare oppure no, il suo lo aveva già fatto difronte alla tiranna coscienza. Secondariamente, una volta a bordo, lui era il capitano e lei la capomastro, se poteva evitare di venire meno al suo ruolo, se riusciva a fare a meno di frantumare la propria posizione davanti all'equipaggio, sarebbe stato ottimale. Le possibilità aventi il potenziale d'incenerire la sua autorità furono moltissime in tutti gli anni di servizi. Gli episodi in cui ostentò una morbidezza d'animo eccessiva nei confronti della donna furono innumerevoli e ciò non gli poteva essere concesso, non se voleva fare il pirata ricercato in tutta Runeterra. Non era la ciurma il problema, ma la sua persona, la sua mentalità nata e cresciuta da ideologie utopistiche. Ogni testa della Jacquelyn riconosceva l'ineccepibile leadership di Vylldem , pertanto la stima ed il rispetto non gli venne mai fatto mancare. Un uomo tutto d'un pezzo, aveva "le palle" per fare sempre la cosa più difficile nei momenti più disperati. Aveva una trentina d'anni, ma mai nessuno che si permise di reputarlo infantile od inadatto al ruolo gravoso come un carico da novanta. Si diresse verso la cabina dove a regola doveva ancora esserci Acela, speranzoso di non dover lanciare fuoribordo la ragazzina per la sua voglia di arrivare alle mani. A quel punto fu chiaro il da farsi. I marinai tornarono alle loro mansioni. Ora che erano a casa potevano dedicarsi alla cura della nave, la poverina necessitava di cure, d'amore e d'affetto.

Millie era l'unica a non essersi mossa, nonostante il permesso le fosse stato dato senza alcun problema. Non le piacevano affatto quei pensieri ronzanti per tutta la testa. Le parve strano fin da subito sapere dell'inattività del Re. Le sembrava di essersi persa dei pezzi di storia per la strada, pezzi che probabilmente si stava tenendo Vyll da quando perse i sensi. Ciò le suonò sensato. Aveva messo un piede nella fossa della morte e le avevano impedito di caderci dentro con tutto il corpo solo grazie al fatto di essersi ritrovati davanti ad una diagnosi patetica. Se avesse mangiato invece di correre a destra e a manca senza pensare alle conseguenze, non avrebbe sprecato un'ora sul divano del bar, ed avrebbe anche risparmiato i sorci verdi a Vyll. Erano passate ore, com'era possibile che l'amico non avesse emesso un suono che fosse uno per tutto quel tempo ? Non la voleva sapere la risposta, temeva di averla già sentita dalla bocca del suo capitano. Millie fissava la porta della stanza lontana, la quale rimase la stessa da quando Viego mise piedi sulla nave. La stanzetta a prua era tutta sua, per lui era diventata un po' come casa. Furono molteplici le volte in cui Millie tentò di dissuaderlo e convincerlo a farsene una tutta sua a Battigia, ma Viego non volle mai; lui già l'aveva.

S'incamminò, un sasso aveva più gradi di libertà dei suoi muscoli. I pensieri si affollavano numerosi, assunsero l'aspetto di un suono di statico. Tachicardia, pallore, sudore freddo; quella porta non s'era d'aprì. La mano molle circondò la manopola a forma di maniglia ma il braccio non ce la faceva proprio ad obbedire agli input elettrici. A mali estremi, estremi rimedi. Se i suoi muscoli stavano fingendo l'atrofia, allora quella leva l'avrebbe abbassata col peso del corpo. In un attimo, il sipario si alzò, e lui era lì, immobile.

Vyll non corse mai così tanto velocemente in tutta la sua vita. Le falcate erano ad ampiezza salto in lungo, si fece una nave intera in pochi attimi di secondo. Acela non fu da meno, pur non facendo acrobazie per raggiungere l'uomo. La ciurma tremò, persino chi era sulla terra ferma a lavorare si sentì toccare la colonna vertebrale dai brividi. Vyll si fiondò dentro, la porta non era stata richiusa. Per frenare, azzannò con le dita gli stipiti della porta. Gridare il suo nome fu un modo per dirle : " non preoccuparti, sono qui con te ". Era in lacrime. Strillavano isterici i suoi singhiozzi. L'abbraccio stretto e forte era l'unica cosa forte di sua appartenenza.

-Vyll, staccamela, Mi sta soffocando... ! –

-No ! – quello fu l'ennesimo tentativo di assordare il Re.

Le mani del capitano scivolarono giù, fiancheggiando di nuovo il busto. Acela arrivò quando la tensione era già stata smorzata di netto, il che le impedì di provare anche solo un briciolo d'empatia tipica degli esseri umani. Provvide il figlio di Yuria a mutarla prima ancora potesse aprire il repertorio, non era decisamente il momento per manifestare la sua artefatta maturità. Lei si permise di farsi sfuggire un paio di dolci offese prima di tornarsene al suo libro, lasciando la gestione della situazione tutta sulle spalle del terzo moccioso, Vyll era questo ai suoi occhi, ormai. Gli fu impossibile ignorare e far finta di non aver sentito. Con gli occhi chiusi in una smorfia di disprezzo, si lanciò all'indietro la mano al seguito di un rantolo infastidito, tutto questo per evitare di scendere al suo stesso livello di volgarità.

- Vyll, sul serio. Vienimi a dare una mano –

- Millie, lascialo dai . – sorrise sollevato. Se la vide nerissima con quel grido straziato. Se lo stava già immaginando morto in settotto morti diverse. In fondo, non lo odiava così tanto quel tipetto per niente sveglio. Non lo avrebbe mai definito come un "amico", anche perché Vyll aveva un'idea tutta sua sul senso ed il valore della parola amicizia, però, anche quel Viego ormai era di famiglia. Ci si era affezionato, probabilmente il loro scannarsi di continuo era solo un modo tutto loro per dirsi "ti voglio bene".

- No ! – Millie usa ultrasuono, è super efficace. Brutto colpo. Viego non è più in grado di combattere.

-Almeno piantala di urlarmi nei timpani, grazie ! –

- No ... -

- Oh... molto meglio... e che diamine... -

Si sentono di rado sospironi così pesanti, per Viego fu una vera manna dal cielo non sentirla più strillare. Ora doveva solo convincerla ad allentare la morsa, così da farlo tornare a respirare con due polmoni. Ci volle un po', Millie non fu del tutto consenziente e Viego, da solo, se lo poteva sognare di persuaderla. Praticamente il povero antifurto umano quando aprì la porta, si ritrovò il bello addormentato disteso sul letto. Normalmente la cosa non l'avrebbe turbata, ma la stramaledetta frasetta alla death flag di Vyll non le fece percepire la scena come un qualcosa di "normale". Quando si avvicinò, e lui non rispose al richiamo, stop. Cortocircuito e l'urlo partì, investendo chiunque nel raggio di circa mezzo chilometro. Il Re se la stava dormendo come un sasso dopo che passò la notte a non chiudere occhio. Quando alle otto e mezza passate si lanciò nel letto, tempo di abbassare le tapparelle di carne e addio mondo crudele. Aveva voglia Millie di chiamarlo coi sussurri, con tutta quella stanchezza giusto così riuscì a svegliarlo, il problema fu farle capire che non era morto.

- Posso almeno sapere cosa mi sono perso ? –

- Guarda che è solo colpa tua. Bastava dire ad una sola persona dove stavi andando e noi non avremmo pensato al peggio. –

- No, no, no... fermati un secondo, aspetta... no perché non ci sto credendo. – si tirò su ridendosela tra i denti. Voleva sistemarsi meglio e fare del posto anche a Millie. Non gli andava bene il vederla inginocchiata a terra come se stesse pregando vicina al letto di un malato terminale - Fammi capire, tu mi stai dicendo, che hai sul serio pensato mi sarei andato a suicidare per le quattro cazzate che mi hai urlato addosso questa mattina ? –

- Sarò sincero, sì. Permaloso come sei ero certo lo avresti fatto. – Viego rise di nuovo alla stessa maniera di prima. Era incredulo e sorpreso, in parte anche deluso. – O quello, oppure ipotizzavo fossi scappato a piagnucolare da Millie come al tuo solito, ma quando ho saputo che nemmeno lei ti aveva visto, oh beh, la testa è andata in automatico su quello. –

- Che gran figlio di puttana che sei... E tu le vai a dire che mi sono andato ad ammazzare... solo perché mi hai minacciato che se avessi continuato a fare di testa mia, non mi avreste più aiutato a riavere mia moglie ? –

- Sì... per quello... e per averti detto che meritavi di morire, perché casualmente tutti quelli che ti aiutano fanno una pessima fine ed io non ci tenevo a far finire me e Millie nel prossimo necrologio . –

Millie non sprecò centesimi per assalirlo a parole. Era stato meschino, orribile e crudele. La voce le era finita, c'era da aspettarselo dopo tutto quell'urlare e strepitare, quindi risultava più docile e mansueta del dovuto quella strigliata, eppure il capitano recepì bene il messaggio, alla fin fine la mano sulla coscienza se l'era già posta ed un mea culpa pure.

- Sta buona che non ce l'hai la voce. Rischi solo di farti del male per il niente, cretina. –

- No ! – rantolò roca – Per colpa sua forse saresti potuto morire ! Io non voglio che muori ! –

- È inutile che ci provi Viego. Lei farà di testa sua. –

- Eh... lo so. –

Le accarezzò la testa esasperato, beccandosi di rimando solo una linguaccia ed un occhiataccia seria ed arrabbiata. Vyll pensò bene di lasciare un attimo di mezza serenità sia a loro che a sé medesimo, necessitava di ricaricare le batterie. Non aveva fatto molto, ma esaurito, lo era lo stesso. Si chiuse la porta dietro e pensò lui a rasserenare l'equipaggio in tumulto, era il minimo visto lo spavento collettivo.

Nella stanza c'era il completo silenzio, Viego si limitava a passare fazzoletti su fazzoletti all'amica e lei a darsi un contegno. Il letto era finito con l'essere un campo minato di palline bianche tutte accartocciate e l'uomo con gli occhi a panda disse addio alle rimanenti ore di sonno tanto sognate. In quelle circostanze erano poche le cose che una persona potesse fare. Volendo escludere tutte le opzioni sgarbate e prive di tatto, gli rimanevano giusto un paio di spiccioli in tasca.

- Dai, alzati e vatti a preparare. –

Millie alzò gli occhietti lucidi ed arrossati verso di lui. Si sentì in colpa una volta notate le occhiaie e le pesanti borse nere in pelle sotto gli occhi. Scusarsi le venne con naturalezza ma il re sminuì la gravità della sua condizione, non voleva aggravare ulteriormente lo stato emotivo di Millie. Quale sarebbe stata l'alternativa ? Rinfacciarle persino la finta discussione della sera prima e magari non farla smettere più di piangere da lì fino alla sera ? Non era proprio la migliore delle idee, quindi, anche se misere, si fece andare bene quelle quasi tre ore di sonno. Lei continuava a guardarlo, indecisa se parlare o meno, indecisa se poggiargli sulla guancia la mano tremante per l'adrenalina. Riuscì a dirgli solo un " scusami ", ma al re non poteva fregar di meno. Non aveva bisogno delle sue scuse, perchè tutto sommato non aveva niente di cui scusarsi. Siccome The Milliner non aveva ancora preso una decisione ed il tempo inutilizzato è solo uno spreco, Viego agì per lei. Le prese le mani tra le proprie, stava tremando davvero tanto, doveva aver avuto una paura assurda. Fu rapido ed indolore. Si avvicinò verso i suoi occhi e le sorrise. " Ti starei invitando a cena... " disse senza tagliare il contatto visivo. Capì che accettò dopo averla vista fare il suo solito trucco di magia. Rimasto l'unico in camera, anche per lui arrivò il momento di darsi una rassettata, non poteva andare nel ristorante che aveva in mente concio in quel modo. Serviva qualcosa di fresco, elegante, senza rinunciare però alla comodità e a quel pizzico di casual sempre gradito e mai fuori luogo per le uscite tra amici. Il carillon era meglio non portarlo con sè, un Re in Rovina in borghese non ne aveva il bisogno, voleva prendersi una mezza giornata di pausa, fingere che nessuno dei mezzi disastri avesse mai preso luogo. A Noxus, in quel periodo, non faceva esattamente caldo, una giacca lunga avrebbe fatto al caso suo. Poi avrebbe detto a Millie di prendersene una, non ci teneva a vederla con dei ghiaccioli dal naso, per quanto divertente sarebbe stata come scena. Continuava ad aggiustarsi le ciocche di capelli nella frangia, aveva la sensazione di averle più ribelli del solito. Stavano iniziando ad essere troppo lunghi, specialmente quelli dietro. Se riuscivano a rincasare prima di sera, le avrebbe chiesto di spuntarglieli di qualche centimetro. Non gli dispiaceva portarli poco più sotto le spalle, ora però era giunto il momento di metterci mano, altrimenti sarebbe andato avanti per qualche altro mese e avrebbe fatto la fine di raperonzolo. In effetti se avessero aspettato qualche anno, poteva usare l'ipotetica fluente zazzera come corda, il mal di testa sarebbe stato un problema secondario. Si sedette sul letto una volta pronto. Sapeva di non doverlo fare, ma alla vista del carillon volle ringraziare Isolde. Non sapeva se ci fosse stata lei dietro a tutto il casino di quella mattina, ma vista la situazione, visto il come si era risolta, pensò fosse corretto farle sapere quanto fosse felice. Il carillon emise di nuovo un piccolo bagliore e Viego sorrise.

Bussarono alla porta, lui si rialzò, lasciandole un ultimo " grazie ".

- Allora, come sto ? Vado bene ? –

Era certo di non averglielo mai visto quell'abito. Ci stava lo avesse a casa di suo padre. Essendo lei una capomastro, abiti eleganti, o comunque abiti da cocktail, erano banditi e dati al rogo. Era un lavoro solitamente maschile, servivano forza, resistenza, una certa destrezza. Gli abiti da mestiere di un capomastro devono essere dei più semplici, di buona fattura ma elastici. Non c'è spazio per fronzoli e decorazioni. Passare ore davanti ad una fornace, e nel suo caso, tra esplosioni e polvere da sparo, non le dava l'occasione di vestirsi da "donna". Fu un mezzo shock vederla per la prima volta senza pantaloni e con i capelli totalmente sciolti.

- Se ce l'hai, va a prenderti una giacca, dove voglio portarti fa freddino in questo periodo dell'anno. –

Millie fuggì via di nuovo, voleva essere impeccabile. Viego fece caso agli sguardi allupati dei mozzi piombando in uno stato di forte disagio. Anche lui era rimasto sorpreso dal fatto che, anche Millie, sotto sotto, fosse una donna in tutto e per tutto, ma vederli con la bava alla bocca fu disturbante.

- Se anche solo una goccia di quella bava cade a terra, il ponte lo pulite sette volte oggi. –

Spaventati dalla minaccia bonaria di Vyll, la ciurma si dileguò per tornare alle proprie faccende. I due uomini chiacchierarono tra loro, e nella discussione entrò anche il favore di utilizzare il Libro per andare a Drakkengate. Il re ricordava benissimo di quella volta in cui Millie gli raccontò quanto le sarebbe piaciuto assaggiare il famoso caffè unico di Noxus, tuttavia non voleva berne in un posto qualunque. Da quando ne sentì parlare da alcuni suoi clienti Noxiani, uno dei suoi tanti sogni fu sempre quello di andare al Bistrot Tikkary, a Drakkengate, visto che fu il primo bar-ristorante ad introdurlo nel menù. Durante la Seconda Ruination, alcuni popoli noxiani vennero spinti nell'entroterra, i cui terreni, spesso, non erano affini alla coltivazione. Per questione di vita o di morte, decisero di iniziare a mangiare dei frutti ricoperti di spine non sapendo a priori se fossero nocivi. Fu un: bere o affogare. Questi frutti, privati della spessa pelle spinosa, si rivelarono ricchi d'acqua e i loro semi avevano valori nutrizionali molto alti. Impararono ad usare quei semi in molti modi, uno tra questi fu il caffè. Essendo la "thick berry", il termine inizialmente associato al seme del frutto, una pallina composta per una buona percentuale da caffeina, ci volle poco a prenderla, tostarla e a macinarla per renderla polvere. Ad oggi il caffè "Tikkary"( storpiatura avvenuta nei secoli del nome originario del seme ) è uno dei caffè più commercializzati in Runeterra. Per qualche strana ragione, la piante di Tikkary non riescono a crescere altrove, questo rese Noxus primo ed unico produttore della polvere, rendendo il suo caffè qualcosa di pregiato e per pochi.

La capomastro tornò dal re con tanto di borsetta rosso borgogna in pendant con l'abitino in Linea A e scollo all'americana. Con sé aveva poi un giacchetto morbidissimo e bianco, acquistato nelle terre del Freljord tempo addietro. Recuperato il libro, Vyll fece loro le raccomandazioni del caso, concludendo la lista con un "fatevi trovare fuori il ristorante per mezzanotte". Aperto il varco, prima che Viego potesse seguire Millie, il capitano lo prese per il polso, poggiando sulla mano aperta un sacchettino tintinnante.

- Offro io, ed assicurati di comprarle qualcosa di carino. Ora muoviti, panda. –

Viego non se lo fece ridire due volte, non fosse mai che magari cambiasse idea. A quel punto i due erano da soli per una mezza giornata ed il re finalmente poteva fare la chiacchierata che già voleva fare la notte prima. Data la distanza, non solo a Noxus si era in pieno inverno, ma era già notte. Pur essendo solo le sei e qualcosa di sera, in quel periodo dell'anno non sussisteva motivo per meravigliarsi se c'era già buio pesto. Facendo un primo giretto per vedere cosa offrisse in zona la città di Drakkengate, Viego chiedeva informazioni su dove andare per trovare il così tanto famoso Bistrot Tikkary, nel mentre Millie si lustrava gli occhi con le meraviglie di bancherelle e vetrine dei negozi. Quando si ritrovarono davanti alla grande insegna luminosa, si commosse in un battito di ciglia. Incredula, lo abbracciò quasi al pari di quella stessa mattina. Glielo disse una sola e singola volta, gliene parlò giusto perché erano in tema : "cibo che mi piacerebbe assaggiare". Nella testa di Millie era capibile come mai Isolde lo amasse così tanto.

Un tavolo per due, il cameriere responsabile del loro coperto li scortò allo stesso e con eccelso tempismo, tornò da loro non appena si furono seduti e tolti gli indumenti di troppo. Ordinarono da bere ed il garzone rilasciò il menù elencandone i piatti forti insieme a quelli più adatti al vino rosso scelto dal re. Viste le rigide temperature, optarono per un antipasto di terra per iniziare, lasciando carta bianca allo chef per quanto riguardasse il primo. Arrivati i vassoietti ricolmi di leccornie calde appena tolte da forni e fornelli, la cena per Noxus, ed il pranzo per i due, poteva cominciare, come il piano di Viego.

- Mamma mia, sembra tutto così delizioso. –

- Me lo auguro viste le cifre sulla carta . –

- Buon appetito ! –

Tempo di dare il primo morso alla strisciolina di polenta fritta con funghi e Viego sganciò la bomba.

- Allora... che problemi avresti esattamente con Isolde ? – Nessun boccone fu così difficile da buttare giù.

- Io ? Nessuno. Perché questa domanda ? – Si prospettava una lunga chiacchierata, una delle peggiori. Prima di rischiare di strozzarsi di nuovo, mise nel piatto quello che stava mangiando.

- Non sono stupido, Millie. Casualmente ogni volta che ti parlo di lei o in generale, quando si tratta di lei, diventi un'altra persona. Quindi, potresti dirmi cortesemente cosa non va ? –

- Non c'è nulla che non va. – tutta la sua allegria sembrava essere volata via ed i suoi occhi puntavano il vuoto.

- Davvero ? Eppure lo stai facendo di nuovo. Mi basta farti ricordare per un secondo della sua esistenza e mi diventi così. Hai paura che una volta tornato re, io mi possa dimenticare di tutti i tuoi sacrifici e della nostra amicizia ? –

- No. Sono sicura che non lo farai. Altrimenti perché dovrei aiutarti ? Se avessi qualcosa in contrario, non sarei la prima a far frullare per i flutti la signora Jacquelyn. Se non volessi tua moglie tra i piedi, allora perché avrei insistito per entrare nell' HQ delle Sentinelle ? Mangia, la fame ed il sonno ti stanno dando alla testa. –

- Millie, sono serio. –

- Anch'io lo sono. Cielo, è tua moglie, non posso essere desiderosa di rivedervi stare insieme ? Di vederti finalmente felice ? –

- Ma, io già sono felice, Millie. Certo, con Isolde lo sarei ancora di più... ma già adesso lo sono, grazie a tutti voi, dico sul serio.-

- Non abbastanza. –

- Senti, io e Isolde, con il tempo torneremo l'uno all'altra, quindi non ho fretta. Fino ad allora, vorrei godermi questa vita che ho con voi. –

- Se tua moglie ti potesse sentire le si spezzerebbe il cuore. –

- Perché tutto questo interesse ? Fino a prova contraria dovrei avercelo io, non tu. –

- Non posso semplicemente desiderare di vederti felice ?! Tu e lei siete la mia definizione del Vero amore. Siete lo stereotipo della coppia perfetta ! Voglio vedervi regnare insieme, te lo meriti di stare con lei. –

- Ti sbagli... ma è colpa mia, ho sempre evitato di raccontarti le parti che odiavo. Forse dovrei, in effetti... -

Viego ha sempre voluto sopprimere i ricordi più antichi della sua storia d'amore. Gli faceva male rievocarli, però se così facendo avrebbe sistemato le cose con Millie, tanto valeva provarci. Chiese perdono se probabilmente avrebbe risentito cose già trite e ritrite, ma se voleva raccontarle tutti i retroscena, allora doveva partire dal principio del tutto e mettere a nudo ogni lato della sua vita prima di Isolde e del suo matrimonio con lei.

Viego non era figlio unico né il primo genito. Aveva un fratello maggiore molto più grande di lui dato il fatto che, Kalista, la figlia del fratello, era amica e coetanea dello zio. Visse per anni come ombra del fratello da sempre predestinato  a divenire il re di Camavor. I genitori gli lasciarono sempre carta bianca, non tanto per incoraggiarlo a seguire la strada migliore per lui, bensì perché a nessuno interessava del suo destino. Lasciato all'abbandono, cullato dai lussi e dagli sfarzi della vita da giovane principe, non imparò mai l'asprezza della vita, non poté mai comprendere il significato del sudore versato per conquistarsi il frutto delle fatiche umane. Non avendo mai imparato a fare il re e nemmeno il principe, quando suo fratello venne a mancare in guerra, fu Viego a dover raccattare da terra le redini della sua nazione. Lui non mostrò mai interesse in quelle tediose lezioni sul reggimento di stati e governi. Quel ragazzo passò vent'anni della sua esistenza nella bambagia, a fare il niente, a vivere alla giornata chiedendo ed ottenendo tutto quello che gli frullasse per la testa. Consiglieri e maestri provarono a reindirizzarlo sulla retta via del sovrano saggio e ponderato, fallendo miseramente ancora ed ancora. Pretenzioso da parte loro svegliarsi all'ultimo minuto perché la prima scelta non era più disponibile, anche per questo, Viego non volle mai collaborare. Detestava aver ottenuto tutte quelle attenzioni fallaci solo perché il loro vecchio re, tanto buono e capace, ora era sotto a tre metri di terra. Viego non si sentiva un sovrano, a dirla tutta, non si sentiva nemmeno una persona. Fu sempre considerato come l'ultima ruota del carro, ignorato e messo da parte per qualcosa di "migliore". Messo alle dirigenze di un'intera nazione con la forza, divenne il re di cui Camavor non aveva bisogno. Dopo anni passati nel lassismo, dopo anni in cui nemmeno lui era a conoscenza delle decisioni prese per suo conto da parte degli uomini al suo seguito, ebbe l'occasione di conoscere lei, Isolde. La ragazza era una miserabile popolana di una nazione recentemente conquistata. Nella sua città natale era considerata una sarta dalle mirabili capacità, ma al cospetto di quel falso re, non era altro che una schiava. Viego, quando le venne lanciata davanti ai piedi, nemmeno sapeva il suo nome. La reputò solo una bella donna, la più bella mai vista. Questo bastò per decidere di possederla. Doveva averla. Non gli era mai stato negato niente in vita sua, quindi, quella donna sarebbe stata sua, altrimenti nessun'altro l'avrebbe avuta; se avesse rifiutato, allora l'avrebbe mandata alla gogna. Con le spalle al muro, Isolde non poté far altro che accettare. Viego passò i primi periodi a deflorare il capitale della nazione per fare doni alla futura regina di Camavor, ma Isolde odiava quel ragazzino viziato, e se non ci fosse stata la sua vita in ballo, non avrebbe mai accettato di divenire un suo oggetto. Il suo tiranno le impediva di uscire da palazzo, di incontrare altri uomini, di far visita alla sua famiglia, di passeggiare tra le strade di Camavor. Isolde era sua, solo e soltanto sua. Provando schifo per il sé che fu, Viego prese a raccontarle anche dettagli non molto piacevoli nella maniera più leggera ed educata possibile e Millie non smise mai di ascoltarlo. Aveva fatto del male a quella ragazza, alla sua Isolde, per tanto, tanto tempo. La privò di tutto, perché doveva essere lui il suo tutto. Durante una delle tante cene, Isolde senza farsi notare, prese con sé il coltello come arma. L'avrebbe usato contro quel mostro non appena il sonno l'avrebbe rapito, dopo essere stata violata come ogni notte. Il piano funzionò solo in parte. Lei si lanciò su di lui, per piantargli nel cuore la lama. Si pietrificò a vederlo con gli occhi aperti, come se stesse attendendo quell'affondo più di ogni altra cosa. Le afferrò il polso, e si portò il coltello alla gola, calde lacrime sgorgarono fuori dagli occhi vuoti e spiritati.

- Avanti, sgozzami come un maiale, è questo quello che vuoi, vero ? È questa la fine che mi meriterei... – la lama era abbastanza tagliente da fare il suo lavoro, bastò spingerla di un minimo per iniziare ad incidergli lievemente il punto d'appoggio. – Su, poni fine alla mia miserabile ed insignificante vita. Non mancherei nemmeno a me stesso, sono solo un tumore che vive sulle ossa altrui. Non merito amore, non merito odio, merito solo di sprofondare nel limbo di questo mondo. –

In quello sguardo, Isolde vide dell'umanità. Il suo mostro aveva assunto per quei momenti le sembianze di un uomo svuotato, solo e disperato. Era pronto ad abbracciare la morte nella speranza che almeno lei non lo disprezzasse. Fu solo dopo quella notte che i due cominciarono a guardarsi con occhi diversi. La loro conoscenza partì così, concedendosi a vicenda la chance di dimostrarsi migliori. Prima che Viego potesse rendersene conto, già l'amava alla follia. Isolde lo aiutò molto a superare tutte le magagne generate negli anni. In due riuscirono a risollevare per come fosse possibile le tristi sorti del regno di Camavor, sembravano aver raggiunto un buon equilibrio di coppia. Decisero di sposarsi, ed i sudditi ne furono entusiasti. Tutta quella felicità, tuttavia, sappiamo già che era destinata a sbriciolarsi.

- Penso che... prenderò solo il caffè, ora. L'idea di mangiare un secondo non mi alletta al momento. –

- Ed ora sai perché non ti ho mai raccontato questa roba. –

- Già, ma non mi pento di averla sentita "questa roba" . –

Si sforzò di sorridere. Non aveva gradito circa il 90% di tutta la storia segreta della VieSolde, però ora aveva il quadro della situazione completo e con quello, si rese conto quanto sia lei che Vyll che l'intera Battigia, fossero stati d'aiuto a Viego. Dentro di sé, Millie ringraziò chiunque ci fosse sopra di lei per averle dato la possibilità di rendere il Re in Rovina, Viego.

- Ci vedi ancora come la coppia perfetta ? –

- Beh... siete comunque una coppia, lei ti ama e tu ami lei. Non mi metterei in mezzo al vostro amore nemmeno foste dei masochisti che si ammazzano a vicenda. Quindi anzi, sinceramente sono ancora più convinta di riportartela indietro il prima possibile. –

- Sai... è da questa mattina che ci penso, da quando me ne ha parlato Vyll... dell'Amore, intendo. Non so... anche adesso, dopo che ti ho raccontato tutto... a questo punto non sono sicuro che mi abbia realmente amato. Forse stava con me solo perché le facevo molta pena e per la corona. –

- Nah, tranquillo. Ma ti pare ? Non preoccuparti, ci penso io a voi. Te l'ho promesso o no che ti avrei ridato tua moglie ? Non farti paranoie inutili e godiamoci questa pausa. –

- Mh... sì, forse hai ragione. –

- Ovvio che ho ragione. Dai dai, sgranchisciti un po' quelle gambette e vammi ad ordinare del caffè, uomo. Non lascerò questo posto senza prima aver bevuto una tazza di Tikkary. –

Viego le sorrise e sospirò, il suo animo s'era alleggerito tutto d'un tratto. Nonostante credesse sarebbe stato solo doloroso ricordare quella fetta di passato, in verità fu molto più che liberatorio. Durante il loro battibeccare per gioco riguardo alla questione di portarle del caffè, Viego si alzò e prese la giacca dalla quale estrasse il portafoglio. Prese il libretto rigido in pelle e stoffa per analizzare la cifra del conto, il quale fu giustificabile rispetto alla qualità delle pietanze, ma la mancia potevano scordarsela. Continuarono a ridere e scherzare finché Viego non sentì la voce di Isolde chiamarlo. Mollò tutto e corse fuori dal locale. Si guardava a destra e a sinistra per capire la direzione da cui provenisse la voce dell'amata. Corse, corse facendosi strada tra i passanti ed i turisti che occupavano le strade in festa. Dopo tanto cercare e spintonare, riuscendo a far capolino tra le teste della folla contromano, capì da cosa provenisse la voce dell'amata. La mano guantata di nero lasciò scivolare nel piccolo cappello reso un catino votivo una moneta d'oro. Il mendicante ringraziò miriadi di volte la santa figura così tanto gentile e misericordiosa, la quale sforzò i muscoli della bocca in un tiratissimo sorriso. Mentre quel sorriso fu completamente falso perché incapace di riflettersi anche nei suoi occhi, quello di Viego, caldo e raggiante, fu tra i più genuini non appena riconobbe chi fosse.

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