Snow and smoke
“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Prompt: Neve
N° parole: 1203
A song of snow and smoke
Fece
attenzione a dove metteva i piedi, cercando di non far scricchiolare alcun
ramoscello.
“Se qualcuno
ci vede dirò che dovevo controllare Vermax”.
Dietro di lui,
stagliato contro il cielo notturno, incombeva il profilo di Grande Inverno. Il
vapore che si alzava dalle sorgenti calde dava all’intero parco degli dei
un’atmosfera spettrale. Jace si strinse nella pelliccia, qui si sentiva davvero
la presenza degli antichi dei.
Arrivò nello
spiazzo davanti l’albero del cuore, ma nessuna traccia di lei.
«Sara»
bisbigliò. «Sara»
Jace scrutò
tra gli alberi innevati, ma vide soltanto grigio e bianco.
La faccia
scolpita dell’albero diga sembrava fissarlo severa. Dopo poco sbuffò e si
allontanò.
“Non sarei
dovuto venire neanch’io”.
Prese la
strada accanto alle sorgenti fumanti… ed eccola. Stava accarezzando il muso a
Vermax. Il drago giallognolo emetteva piccoli versi di piacere e scuoteva le
scaglie nere ogni volta che la mano della ragazza saliva lenta e delicata.
Il ragazzo avanzò
verso di loro. Sara si girò, la luna le illuminò il viso pallido, incorniciato
da lunghi capelli neri. Due occhi grigi e seri lo fissarono: occhi di Stark.
“Non Stark, Snow”.
«Credevo non
saresti venuto».
«Anch’io».
Si avvicinò e
pose la mano sul muso di Vermax accanto alla sua. La pelle del drago era calda.
Le loro mani guantate si strinsero.
«Jacaerys…»
Si tolse un
guanto e le accarezzò la guancia liscia.
Le loro
labbra si unirono nell’aria fredda. Jace inspirò l’odore dei suoi capelli.
“Questo è
sbagliato. Non posso farlo. Non devo”. Ma non era la prima volta che succedeva
e anche questa volta non si fermò.
Vermax
grugnì, infastidito che a lui non toccassero più carezze. Il giovane drago
strisciò via verso le sorgenti calde, l’unico posto dove si sentisse a suo agio
in quell’inferno di ghiaccio.
Sara prese il
principe per mano e si diressero sotto l’albero del cuore.
Rimasero a
baciarsi e accarezzarsi come le altre notti, Sara distesa contro il legno
pallido e lui sopra di lei. Quella notte però ogni bacio era piacevole e
tremendo. “È l’ultima volta”.
Sara fece salire
la mano sulla sua coscia.
Jace si
staccò non un gemito. Si fissarono con i loro respiri che risalivano come
pennacchi di fumo.
Non si erano
mai spinti così oltre.
«Sara» le
fermò la mano. «Non posso. Non possiamo».
«Domani
ripartirai. Ti prego Jace».
Il ragazzo
sospirò. «Ti ho già disonorato oltre ogni limite».
«Non mi
disonorerai» sollevò la testa verso la volta di rami sopra di loro. «Siamo
sotto l’occhio degli dei. Uniti davanti a loro».
Gli occhi
marroni di Jace si specchiarono in quelli grigi di lei.
“Cosa sto
facendo?! Sono erede al trono. Madre conta su di me. Baela… Come posso farle questo?”
Ma Baela era sua cugina e praticamente una sorella per lui, cresciuti insieme a
Roccia del Drago, ogni giorno passato insieme. “Ma il sangue del drago va
mantenuto puro. Come se io fossi di sangue puro”.
Per la prima
volta nei suoi quindici anni capì tutte quelle storie di cavalieri scissi tra
il proprio onore e l’amore.
«Ti amo Sara»
bisbigliò.
Riprese a
baciarla con foga. Le loro mani corsero a sfilarsi i vari starti di pellicce. Voleva
assaporare ogni momento. Non sentì l’aria fredda quando finalmente toccò la sua
pelle nuda.
Restarono
avvolti nelle pellicce tenendosi stretti.
Sara aveva la
testa sul suo petto e gli passava lenta un dito sul braccio.
«Pensavo a
tutte quelle storie in cui la ragazza bastarda finisce insieme al principe di
turno. Suonavano così ridicole. E invece…» disse la Snow sorridendo.
Jace rimase
in silenzio. «Beh…», non riusciva a credere di starlo per dire ad alta voce,
«sono bastardo anch’io». La gola gli bruciò mentre lo diceva.
Sara inclinò
la testa verso di lui.
«Sì. Tutte le
voci sono vere. Sono uno Strong, non un Velaryon. Sono una farsa» disse con una
risata strozzata. «Quando ero piccolo non capivo perché dicessero che Laenor
non era il mio vero padre. Nonno Viserys diceva che erano menzogne e così mia
madre; perciò, doveva essere così, no? Ma ora capisco. Insomma, basta guardarmi».
Si strinse una ciocca di capelli bruni, non certo l’argento di Valyria.
Sara gli
passò una mano sul viso. «Tu sei un principe».
«No, non lo
sono. L’intera mia pretesa al trono è una bugia. Sono un bastardo! Tutti fanno
affidamento su di me, nessuno appoggerebbe mia madre se lo ammettessi. E lo
sanno tutti. Lo so che lo sanno. Probabilmente lo sapevi anche tu».
«Io ho solo
visto un ragazzo a cavallo di un drago. Questo ti rende principe abbastanza
per me e dovrebbe farlo per chiunque».
Jace le
strinse la mano. «Ma se invece fossi un bastardo, se perdessi il mio titolo,
non dovrei più sposarmi. Potrei abbandonare tutto e venire qui con te».
Sara ritirò
la mano. «Sai che questo non lo puoi fare. L’hai detto tu stesso che nessuno
appoggerebbe più i Neri. Domani ripartirai in volo Jace, lo sappiamo entrambi.
Sapevi che un fiocco di neve come me si sarebbe sciolto col fuoco di drago. Abbiamo
avuto questa notte e nessuno ce la potrà togliere».
Gli occhi gli
divennero umidi. Com’era possibile fossero arrivati a questo? Doveva venire a
conquistare l’appoggio di lord Stark, neanche sapeva avesse una sorella
bastarda. Era successo tutto così velocemente: le passeggiate, le risate, il
volo attorno a Grande Inverno e Sara che gli stringeva le mani attorno al
petto. «È così piccolo. Sembra un castello di neve». Poi era venuta la
prima notte nel parco degli dei e il primo bacio. “E ora è finita”.
Si
rivestirono in silenzio.
Si
incamminarono verso l’uscita quando videro che Vermax era uscito dalla sua
tana. Il drago, grande poco più di un cavallo, stava acciambellato sulla riva,
la neve sciolta attorno al suo corpo. Emetteva un verso che non gli aveva mai
sentito fare come di pigolio. Si chinò accanto al muso nascosto tra le ali e
gli solleticò la nuca. «Ehi bello, cos’hai?»
Il drago
sollevò lentamente la testa. La luce della luna filtrò fra le ali e si rifletté
su un piccolo oggetto bianco e scintillante, come neve appena caduta. “Vermax è
un maschio. Com’è possibile?”
«È… È un
uovo» esclamò Sara.
Jace fissò
immobile l’uovo. Si chinò lentamente e allungò il braccio. Vermax fece un verso
irritato. «Tutto apposto bello. Cioè bella».
Prese
delicatamente l’uovo tra le dita, e sentì un piacevole tepore.
Si avvicinò a
Sara. La ragazza sfiorò le piccole scaglie con sguardo incantato.
Le poggiò
l’uovo tra le braccia.
«È tuo».
«Cosa? Jace
non puoi…»
«Posso. Devo.
Ti lascio questo e una promessa. Ho delle responsabilità verso la mia famiglia.
Manca ancora molto prima che io debba sposare Baela. Se riusciremo a prendere
il Trono prima di allora, tornerò da te. Non mi interessa ciò che diranno,
possiamo prendere Vermax e andare dove vogliamo. Nessuno ci troverà».
Sara fissò
l’uovo.
Jace sorrise.
«Magari quando tornerò avrai un drago anche tu».
Sara sollevò
quegli occhi di Stark, grigi, seri, occhi abituati a sopravvivere al freddo.
«Tornerò. Te
lo giuro. Lo giuro sulla terra e sull’acqua, Lo giuro sul bronzo e sul ferro.
Lo giuro sul ghiaccio e sul fuoco».
Sara premette
le sue labbra su di lui, Jace le assaporò un’ultima volta.
|