The Road Not Taken...

di oscuro_errante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ieri, oggi, domani ***
Capitolo 2: *** Illusioni del destino ***



Capitolo 1
*** Ieri, oggi, domani ***


Anche quell’ultima, pazza missione era stata portata a compimento, nonostante l’intervento non necessariamente utile di Q: tutto era finito per il meglio e l’umanità aveva superato anche quella prova che il Continuum aveva architettato per testare la ‘maturità’ della loro specie.
 
Non che Jean-Luc Picard, ufficiale comandante dell’ammiraglia, fosse particolarmente felice dell’ennesima interferenza di una delle più potenti (nonché più dispettose) entità aliene da lui incontrate durante i suoi anni di servizio nella Flotta Stellare.
Ma, e c’era da farlo presente, non si poteva comunque negare che l’intervento di Q avesse in qualche modo messo in moto una serie di riflessioni che l’uomo aveva lasciato da parte dopo quanto accaduto sul Kesprytt III e il successivo rifiuto, da parte della Dottoressa Crusher, di impegnarsi a esplorare i sentimenti che nutrivano l’uno per l’altra.
 
Il fatto che, nel futuro ipotizzato da Q, un Picard affetto da Sindrome Irumodica si fosse sposato e successivamente divorziato da Beverly Crusher, vedova di uno dei suoi più cari amici, Jack Crusher, lo aveva un po’ amareggiato, a dire il vero.
Nel proprio intimo, infatti, aveva sempre sperato di riuscire a vedere il giorno in cui si riuscisse ad andare oltre i limiti imposti (e autoimposti) dalla Federazione Unita dei Pianeti e da loro stessi, ma già una volta la Crusher aveva preferito non correre il rischio di rovinare la loro amicizia.
E come poteva biasimarla? Se quanto Q gli aveva mostrato era veritiero, allora Beverly non aveva tutti i torti a temere che le cose, tra di loro, sarebbero andate male. Del resto, da lì a 25 anni sarebbero stati ben che divorziati e non necessariamente in buoni rapporti, quindi perché mettersi in gioco e a rischio sapendo già come sarebbe andata a finire?
 
Gli sovvenne alla mente una conversazione avuta con la stessa Beverly durante la crisi, quando credeva di essere nel ‘proprio tempo’. La donna lo aveva seguito nel suo ufficio, dopo che Picard aveva lasciato il comando della plancia al Comandante Riker, suo fidato braccio destro, e gli aveva prescritto un latte caldo con noce moscata e otto ore di sonno, visto che in quella linea temporale non aveva riposato a sufficienza. Ricordava ancora la conversazione che era seguita alle disposizioni mediche della donna, conversazione che gli aveva dato in qualche modo speranza.
 
Visto che Beverly gli era sembrata giù, in qualche modo, si era ritrovato a chiederle con voce calda e rassicurante un «Cosa?», seguito dal prenderle le mani tra le proprie e costringerla ad alzare lo sguardo chiamandola per nome: «Ehi, Beverly…»
Le parole che l’Ufficiale Medico Capo dell’Enterprise gli aveva rivolto erano state, probabilmente, le ultime che si aspettava: «Come medico, è spesso mio compito dare alle persone notizie poco piacevoli, dicendo loro che necessitano di un’operazione chirurgica o che non possono aver figli o che possono essere costretti ad affrontare una malattia difficile…»
Al che, lui aveva commentato, sempre gentilmente: «Hai detto tu stessa che questa potrebbe essere solo una possibilità.»
«Ma tu sei stato nel futuro… sai cosa potrà accadere!» Crusher non gli era sembrata affatto rasserenata dalle sue parole, portandolo a stringerle con maggiore dolcezza le mani e a sorriderle, rassicurante, prima di dirle: «Preferisco guardare al futuro come qualcosa che non sia deciso e immobile… molte cose possono accadere in 25 anni.»
Lei si era limitata a osservarlo per un istante, prima di chinarsi a baciarlo e a sussurrare: «Molte cose possono accadere.»
Dopodiché, aveva lasciato la stanza, con lui che la seguiva pensieroso con lo sguardo.
 
Quello era forse stato uno degli unici casi della sua esperienza che non aveva condiviso integralmente con i propri ufficiali superiori, men che meno con la stessa Crusher. Non voleva che la donna si sentisse spinta a cambiare radicalmente idea sulla natura della loro relazione: se si trovava più a suo agio così, da amici, lui non avrebbe fatto altro che accettarlo e rimanerle vicino.
 
Il Consigliere Troi sembrava aver avvertito che Picard nascondesse qualcosa, ma aveva preferito non indagare troppo, nel timore forse di aprire un vaso di Pandora e di toccare tasti che il proprio Capitano e amico non aveva ancora intenzione di affrontare in maniera diretta. Sin dai primi giorni a bordo dell’Enterprise-D, ormai sette anni prima, il Consigliere aveva avvertito una sorta di profondo legame emotivo tra i suoi due colleghi che solo con il tempo, e una maggiore e approfondita conoscenza di entrambi, era riuscita a identificare con una terminologia cara ai betazoidi: Imzadi.
 
Parimenti imperscrutabile era stata la stessa Dottoressa Crusher, che aveva fatto ben pochi commenti legati all’eventualità del matrimonio e della successiva separazione tra lei e il Capitano Picard da lì a venticinque anni. Non era chiaro, al Consigliere, di cosa avesse paura l’amica e collega, nonostante fosse a conoscenza del fatto che il suo precedente marito, il Tenente Comandante Jack Crusher, fosse morto in servizio, proprio sotto agli occhi di un impotente Picard. Era quindi possibile che, per quanto a livello inconscio, la donna ancora incolpasse Jean-Luc di quanto accaduto?
 
Ma fu proprio Beverly Crusher, sorprendentemente, a prendere in mano la situazione, affrontando di petto il discorso con Jean-Luc una mattina, a colazione, prima di un turno.
Colazione che, con il passare del tempo, era diventata una loro piacevole abitudine e un appuntamento fisso, mai interrottosi, nemmeno dopo quanto accaduto sul pianeta di Kesprytt III. Il loro legame, sbocciato e formatosi quando Jack li aveva presentati e successivamente rinsaldatosi, si era rafforzato nel corso degli anni passati a servire fianco a fianco, e ci voleva davvero qualcosa di irrimediabile affinché si spezzasse.
 
«Sai, Jean-Luc, stavo ripensando a quanto hai raccontato della tua ultima esperienza con Q implicato...» esordì, a un certo punto Beverly, con nonchalance, mentre prendeva un sorso dalla propria tazza di caffè.
«Sì?» Picard non poté fare a meno di chiederle, invitandola a continuare il discorso.
«Hai detto che, nel futuro ipotizzato da Q, tu saresti stato affetto da Sindrome Irumodica, ma non hai fatto menzione di come le cose fossero andate tra noi. Cosa è successo? Per davvero?»
Uh-oh, pensò Picard, muovendosi leggermente a disagio sulla sua sedia. Dejà-vu. Dopo aver preso un profondo respiro ed essersi schiarito la gola, finalmente le rispose: «Beh, abbiamo deciso di evolvere a uno stadio successivo il nostro rapporto, intraprendendo una relazione sentimentale che ci ha portato a sposarci. Come ti ho accennato, hai deciso nel frattempo di perseguire la carriera di comando e sei riuscita a ottenere il rango di Capitano, diventando Ufficiale Comandante di un vascello medico: la U.S.S. Pasteur
«Sì, ricordo che lo avessi detto. Hai anche accennato a qualche piccola scintilla tra noi?»
«Per quando la Sindrome Irumodica mi ha costretto a disertare il servizio attivo e a ritirarmi, noi eravamo ormai divorziati. Non so esattamente il motivo per cui questo sia accaduto, so soltanto che è successo.»
 
La donna, seduta all’altro capo del tavolo, annuì silenziosamente, prendendosi con calma il tempo per riflettere e per ponderare bene quanto avrebbe detto di lì a breve. Infine alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Picard, e disse: «Conoscendo Q, sarà sicuramente stato un suo trucchetto per vedere come avresti reagito, organizzando il tutto affinché sembrasse che tra noi non sarebbe comunque andata bene.»
«A cosa pensi, Beverly?» Picard non potè fare a meno di chiedere, ancora a disagio.
«Stavo riflettendo su quanto accaduto qualche mese fa,» ponderò Beverly, mentre girava pigramente la tazza tra le mani. «dopo la nostra breve avventura su Kespritt.» Jean-Luc le fece cenno di continuare, curioso di capire dove la donna volesse andare a parare: «Beh, Q ti ha mostrato un futuro, ma non deve essere necessariamente il futuro giusto. Anzi, magari è solo stato il frutto della sua perversione nel testare le altre razze da lui considerate inferiori. Nel testare te. Alla fine, Jean-Luc, lo hai detto tu stesso che Q ha ammesso di aver organizzato il tutto solo per metterti nuovamente alla prova.»
 
L’uomo si prese, a sua volta, del tempo prima di risponderle: non voleva sperare troppo, visto che già una volta si era trovato con una porta sbattuta in faccia. Non è che ci tenesse a ripetere l’esperienza, tutto sommato. Ecco perché decise di muoversi con estrema cautela su quello che gli pareva un terreno minato: «Non sono particolarmente sicuro se Q volesse testarmi sotto quello specifico aspetto, però. Non in maniera così poco plateale, almeno. Considera già solo cosa aveva messo in piedi quando ci ha portati nella Foresta di Sherwood, facendoci passare per Robin Hood e gli Allegri Compagni della Foresta.»
«Conosci Q, Jean-Luc. Non ha mai perso occasione, in questi anni, per prendersi gioco di te, in un modo o nell’altro. Magari questa volta avrà avuto più di un obiettivo, non trovi?»
 
A quel punto, Picard le lanciò uno sguardo perplesso, non comprendendo dove la donna volesse arrivare a parare: era molto più diretta di così, di solito. Sembrava quasi che anche lei stesse camminando un po’ sulle uova, ma non riusciva a capire il perché, il che lo spinse a chiedere (riecheggiando qualcosa di molto simile a quanto accaduto durante la sfida proposta da Q): «Cosa c’è, Beverly?»
Questa volta fu Crusher a prendere un profondo respiro, prima di affrontare il discorso in maniera più diretta: «Sai, potrei aver sbagliato qualche mese fa. A voler ostinarmi a non impegnarmi in qualcosa di più, con te. Ammetto di aver avuto paura. Di aver ancora adesso paura, Jean-Luc.» Lo guardò negli occhi, cercando di spiegare semplicemente cosa l’avesse davvero trattenuta a mettersi in gioco; dal canto suo, lui non fece niente per forzarla, lasciandole anzi il tempo di elaborare quanto voleva dirgli.
Lei prese il coraggio di continuare: «Non so cosa accadrà da qua a venticinque anni, non so se davvero tu sarai affetto o meno dalla Sindrome Irumodica e non so se ci sposeremo o meno. Ci sono tante cose che non so, ma, se per te andasse ancora bene, so di volerci dare una chance
 
Jean-Luc Picard sorrise tra sé: la conversazione, per quanto strana, aveva davvero il sapore di dejà-vu, sebbene la situazione in cui entrambi si trovassero sembrasse molto meno tensiva rispetto a quella nel suo ufficio, durante la gestione della crisi indotta da Q.
Notando lo sguardo interrogativo della Dottoressa Crusher, si affrettò a ritornare all’argomento attualmente sul piatto: «Nessuno di noi sa cosa accadrà da qua a venticinque anni, Beverly. E no,» aggiunse, «non sono convinto che il futuro sia già stato scritto. Che sia tutto predestinato. Nemmeno io so come andrà a finire.»
 
Le sorrise gentilmente, alzandosi e avvicinandosi a lei. Le prese le mani tra le proprie, facendola alzare a sua volta e aggiunse: «Beverly, i miei sentimenti non sono cambiati in questi mesi. Sarà molto difficile, credo, che possano cambiare. Non posso negare che il tuo rifiuto di qualche mese fa mi abbia ferito, ma,» e qua le strinse con dolcezza le mani, «avrei aspettato fintantoché tu ne avresti avuto bisogno. Ma sono altrettanto pronto a darci una chance
 
Lei ricambiò il sorriso dell’uomo di fronte a lei, sollevata. Non avrebbe mai creduto che Jean-Luc l’avrebbe davvero aspettata: si era dimostrata particolarmente ferma nella sua decisione di non perseguire una relazione amorosa con lui, ferendolo profondamente. Il fatto che, nonostante tutto, lui si fosse mantenuto fermo nei suoi sentimenti per lei e fosse disponibile, dopo tutto quel tempo, a dare davvero una chance alla loro relazione la esaltava.
Liberò le mani dalla sua presa e scivolò tra le sue braccia, sorridendo e rilassandosi definitivamente quando l’uomo la strinse a sé con dolcezza. Una sensazione di calore e di sicurezza la avvolse quando le braccia di lui si strinsero, protettive.
 
Nello specchio collocato vicino al replicatore, esattamente di fronte a lui, Jean-Luc Picard vide il riflesso di loro due abbracciati, finalmente trovatisi dopo essersi cercati a lungo, per tanti anni. Distolse lo sguardo e si lasciò avvolgere dai lunghi capelli rossi della sua… collega? amica? compagna?
Cercò il termine giusto, ma senza davvero trovarne uno che potesse andare sufficientemente bene, decidendo quindi che non era assolutamente il caso di fornire una definizione: il futuro avrebbe trovato le parole più adatte.
Non badò più al riflesso, non facendo di conseguenza in tempo a vedere il volto di Q, proprio dentro quello specchio, sorridere compiaciuto e sparire con uno schiocco di dita.

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Capitolo 2
*** Illusioni del destino ***


Il Tenente Ezri Dax, Consigliere di Deep Space 9 e nuova ospite del simbionte Dax, passeggiava da sola per la Promenade, riflettendo su quanto le avesse detto il Colonnello Kira, nuovo ufficiale comandante della base in seguito alla scomparsa di Benjamin Sisko nel Tempio Celeste, a opera dei Profeti.
Secondo uno dei rapporti che si trovavano, ogni mattina, sulla scrivania dell’ufficio che dominava il Centro Operativo di DS9, un trasporto passeggeri proveniente da Trillius Prime avrebbe attraccato alla base di lì al giorno successivo, facendo giungere un gruppo di scienziati per riprendere gli studi sul Tempio Celeste e, più in generale, sui tunnel artificiali.
Inutile dire che, tra gli studiosi, era presente nientemeno che la Dottoressa Lenara Kahn, tra i più esperti ricercatori proprio sui tunnel artificiali, che qualche anno prima aveva fatto parte della prima spedizione scientifica proprio su Deep Space 9.

Grazie al simbionte Dax, Ezri conservava le memorie dei giorni turbolenti che erano seguiti all’arrivo della Dottoressa Kahn e del suo team sulla base, il tutto conclusosi con una ferita aperta e sanguinante sia per la scienziata che per l’allora ospite di Dax: il Tenente Comandante Jadzia Dax. Lenara, infatti, aveva preferito le leggi Trill a Jadzia, rifiutandosi di instaurare una relazione con lei e, di conseguenza, di venir esiliata per essersi lasciata andare a sentimenti che, forse, nemmeno lei comprendeva a fondo, ma che avrebbero comportato una grave infrazione per la loro società.
Il fatto era che le due donne in qualche modo si erano conosciute in una ‘vita’ precedente, grazie ai precedenti ospiti dei due simbionti, rispettivamente Dax e Kahn. Torias Dax e Nilani Kahn erano giovani, pieni di amore l’uno per l’altra, ma senza aver davvero avuto la possibilità di vivere appieno la propria vita e il proprio amore. O meglio: Torias non aveva potuto vivere appieno la propria vita, in quanto morto in un incidente durante un test di pilotaggio per infrangere la velocità di curvatura massima, ovvero la curvatura 10.
Cosa vietavano, di fatto, le leggi Trill? La cosiddetta riassociazione di due Trill uniti, dal momento che impediva di per sé esperienze il più differenti possibile ai simbionti. Si correva il rischio, difatti, che fossero i simbionti a desiderare qualcosa a scapito dei propri ospiti, i quali quindi non riuscivano a sovrastare la loro volontà.

Ezri Dax, dal canto suo, si permetteva di dissentire profondamente da questa radicata credenza del proprio popolo, conosciuto di certo non per la sua apertura mentale, come aveva dimostrato più volte nel corso dei secoli.
Si era preparata per diventare un Consigliere, una psicologa, il che voleva dire che era abituata ad affrontare tutto ciò che riguardava la psiche di Trill e non-Trill sotto un’ottica particolarmente analitica. E nonostante il suo adattarsi con enorme fatica a ben otto vite precedenti, alla fine era stata in grado di accettare il suo essere una Trill unita - nonostante non fosse l’aspirazione della sua vita - e a iniziare ad analizzare le sensazioni, i ricordi che ogni tanto il simbionte le trasmetteva. E non credeva che, almeno da parte di Jadzia, ci fosse stata qualche eccessiva influenza del simbionte in quanto accaduto con Lenara così tanto tempo prima, nonostante sicuramente Dax avesse minimamente influito.
E sebbene non avesse mai conosciuto Lenara di persona, qualcosa le diceva che l’altra donna aveva avuto una forza di volontà pari a quella di Jadzia e che, alla fine, il suo rifiuto fosse stato semplicemente dettato - come in effetti era successo - dalla propria volontà di non infrangere le leggi Trill piuttosto che dal timore di non riuscire a tenere sotto controllo il proprio simbionte.

Si appoggiò a una delle balaustre che si affacciavano dal secondo livello della Promenade, guardando verso il basso al via vai di gente che, a quell’ora del giorno, affollava sempre la base. Sapeva perché Kira avesse ritenuto necessario informarla dell’arrivo della delegazione Trill: l’ultima volta, infatti, non era finita nel migliore dei modi e Kira voleva offrirle la stessa alternativa che, nell’occasione precedente, il Capitano Sisko aveva offerto a Jadzia, per evitarle le eventuali ripercussioni nell’incontrare il nuovo ospite del simbionte Khan.
Cosa avrebbe significato, invece, per la stessa Ezri incontrare Lenara? E, ribaltando la domanda, cosa avrebbe significato per la Dottoressa Kahn vedere il nuovo ospite del simbionte Dax? Come aveva preso le notizie del matrimonio di Jadzia e della sua morte pochi mesi dopo? L’avrebbe forse accettata, nonostante i trascorsi e il fatto che ben due ospiti precedenti fossero morti relativamente presto, persino per gli standard vigenti tra i Trill uniti?

Aveva affrontato il discorso con Julian, Medico Capo di DS9 con il quale aveva iniziato una relazione romantica qualche mese prima, il quale aveva avuto modo di conoscere brevemente Lenara durante la sua prima visita alla stazione. L’uomo l’aveva ascoltata con attenzione, non interrompendola mai, mentre lei gli raccontava cosa le avesse detto Kira e tutti i suoi dubbi in merito, l’agitazione e la paura che avvertiva nel proprio petto. Nonostante avesse imparato molto da quando era stata unita con Dax, si considerava ancora una persona insicura, incapace di gestire a pieno il fiume di ricordi, sensazioni, sentimenti che le trasmetteva il simbionte: aveva bisogno di qualcuno che, in qualche modo, le desse una mano.
Bashir aveva fatto del proprio meglio, ma le aveva anche fatto notare come, alla fine, spettasse a lei e a lei soltanto la decisione da prendere: qualunque cosa avesse scelto, lui l’avrebbe sostenuta, tenendoci a precisare che non l’avrebbe biasimata se avesse deciso di prendersi qualche giorno di licenza e non essere presente nei giorni in cui Lenara e il suo gruppo di scienziati fosse stato presente.

Ezri sapeva benissimo quanto Julian avesse ragione: alla fine, nonostante i consigli che le potevano offrire i suoi amici, sarebbe stata lei a decidere, e nessun altro. Qualunque scelta avrebbe fatto, ci sarebbero state delle conseguenze alle quali lei sarebbe dovuta andare in contro, volente o nolente. Ma cosa fare?

*

Il mattino successivo, contro ogni buon senso, Ezri Dax si trovava al portellone d’attracco dove era stato indirizzato il trasporto passeggeri previsto in arrivo da Trillius Prime. Assieme a lei erano presenti anche il Dottor Bashir e il Colonnello Kira, creando uno strano comitato di benvenuto (ma, del resto, con tutti i cambiamenti tra le fila dello staff, si era ancora sotto organico per i punti chiave).
La giovane era piuttosto agitata, nonostante un simbionte con ricordi e memorie di ben otto ospiti a propria disposizione, e non per la prima volta le sovvenne il pensiero che, forse, Lenara nutriva speranze sul ritrovare Jadzia ad aspettarla, non altri. Soprattutto non altri. Ezri si domandò per l’ennesima volta perché avesse deciso non solo di rimanere, ma anche di offrirsi volontaria per accogliere la delegazione sulla base.

Il fiato le si mozzò momentaneamente in gola quando vide scendere alcuni Trill, tra i quali spiccava la figura leggiadra e filiforme di Lenara Khan. I suoi accompagnatori, se i ricordi forniti da Dax erano corretti, non erano gli stessi della volta precedente: Hanor Prem e Bejal Otner, evidentemente, erano impegnati in altre ricerche o non avevano reputato necessario ritornare a bordo di DS9 assieme alla donna per ulteriori rilevazioni.
Dax si attardò brevemente dietro ai colleghi, mentre Kira e Bashir si avvicinavano ad accogliere la delegazione di scienziati sulla base, in una sorta di strano deja-vu non completamente coerente. Infine Ezri prese il coraggio a due mani, avvicinandosi a sua volta per accogliere i Trill, a testa alta e con passo sicuro, cercando di celare l’agitazione che ancora l’animava.

Gli occhi azzurri di Lenara Kahn si fissarono quasi immediatamente su di lei: il dolore che Ezri riconobbe in essi era qualcosa di ben diverso, probabilmente più profondo e malinconico, dalla sensazione di perdita che ancora provavano i suoi colleghi e con cui la giovane Trill aveva dovuto avere a che fare principalmente nei suoi primi tempi sulla stazione.
Ezri abbozzò un sorriso, l’imbarazzo evidente sul volto, e offrì la mano destra, presentandosi: «Sono il Tenente Ezri Dax, Consigliere della stazione. Benvenuti a bordo di Deep Space 9
La Dottoressa Kahn sembrò quasi sforzarsi nel ricambiare la stretta di mano della giovane donna di fronte a sé: «Piacere di conoscerla, Tenente Dax. Sono...»
«...Lenara Kahn, sì.» Dax finì per lei, aggiungendo: «Mi fa piacere poterti finalmente conoscere.»
Le due donne indugiarono nel tenersi la mano.
«Tu sei...» Lenara si frenò. Non voleva mettere a disagio la giovane Trill più di quanto non lo fosse lei stessa a propria volta. Ma Ezri intercettò i suoi pensieri, sedotta dalla complicità che il suo simbionte, Dax, sentiva nei confronti di Kahn, il simbionte ospitato dall’altra donna: «...diversa!»
Lenara ripetè sussurando la parola ‘diversa’ e lasciò la mano della ragazza.
«Lo so, me lo dicono di continuo. Non sono come Jadzia. Cioè, sono lei, sotto tanti aspetti, ma sono anche Curzon, Torias...» e si fermò, improvvisamente consapevole del legame che Torias aveva con Nilani: i due precedenti ospiti che erano stati marito e moglie, prima che la morte di Torias avesse reso anzitempo vedova l’allora ospite del simbionte Kahn.
Lenara riuscì a dedicarle un sorriso, nulla di più: troppe ferite si stavano riaprendo nello stesso momento. Ezri si ricompose, sistemandosi l’uniforme: «Mi hanno sempre parlato molto bene di te e del tuo lavoro. Da cosa posso capire, hai lasciato un buon ricordo su DS9

Julian Bashir si inserì nella conversazione, nel tentativo di evitare che la situazione diventasse ancora più imbarazzante di quanto già non fosse, facendo gesto al gruppetto di scienziati Trill di seguirlo e, nel mentre, dicendo: «Prego, da questa parte: vi accompagno ai vostri alloggi...»
Prima di incamminarsi dietro al medico e ai propri colleghi, Lenara lanciò di sfuggita uno sguardo a Ezri, quasi ci avesse ripensato e volesse dirle qualcosa, ma la ragazza era stata presa sotto braccio da Kira e le due donne si erano incamminate nella direzione opposta, parlando l’una con l’altra.
Con un’espressione amara dipinta in volto, la Dottoressa Kahn si rassegnò ad affrettarsi dietro al Dottor Bashir e agli altri scienziati, domandandosi cosa l’avesse davvero portata a ritornare sulla stazione: le proprie ricerche sui tunnel artificiali o la speranza di trovare, invece, una rediviva Jadzia Dax?

*

I giorni seguenti videro Ezri Dax e Lenara Kahn prese dai propri impegni lavorativi. Le rilevazioni astrometriche e le sedute di psicoanalisi non erano ambiti che facilitassero gli incontri tra le due donne, e anche nei rari momenti di svago Lenara era rimasta coi suoi colleghi ed Ezri aveva fatto altrettanto, al punto tale che difficilmente riuscirono a incrociarsi, anche solo per sbaglio, nei corridoi o sulla Promenade o in un qualsiasi altro luogo, ricreativo o meno che fosse.

Fu, infine, alla vigilia del rientro della delegazione Trill su Trillius Prime che le due donne riuscirono, per un qualche strano scherzo del destino, a incontrarsi da Quark: Julian, a causa di una emergenza medica improvvisa, aveva lasciato di fretta il proprio appuntamento con Ezri e la ragazza si era ritrovata da sola al tavolo a finire il suo pasto e a osservare malinconicamente il posto vuoto di fronte a sé.
Lenara, che aveva assistito alla scena dal bancone del bar davanti a un bicchiere ormai vuoto, non aveva potuto fare a meno di cogliere l’occasione per avvicinarsi e poter finalmente fare due chiacchiere con l’altra Trill: si rendeva conto di quanto la situazione fosse stata imbarazzante e difficile per entrambe, in quel loro primo e unico incontro. Voleva, in qualche modo, fare ammenda e cercare di capire chi fosse questo nuovo ospite di Dax, che teneva con sé le memorie di Jadzia pur non essendo più lei.

Per la Dottoressa Kahn quelli erano stati giorni non molto interessanti da un punto di vista lavorativo, ma comunque particolarmente stressanti: in ogni ambiente in cui si trovava, immancabilmente non poteva fare a meno di pensare a Jadzia e a cosa si fosse persa, con quel rifiuto così affrettato e netto di quasi quattro anni prima. E, ora, Jadzia non c’era più, sebbene una parte di lei sarebbe comunque sopravvissuta fino a quando il  simbionte Dax fosse rimasto in vita.
Nonostante le comunicazioni ufficiali e i rapporti, non era riuscita a convincersi del fatto che Jadzia fosse morta fino a quando, rimesso piede a bordo di Deep Space 9, non si era ritrovata davanti al nuovo Consigliere della stazione: a quel punto una marea di emozioni contrastanti le si era riversata addosso, impedendole di fare qualcosa di più che semplicemente rimanere a farsi investire dal fiume di parole della giovane e impacciata Trill che ora ospitava il simbionte Dax.

Non poteva, però, lasciarsi scappare quell’ultima occasione e, schiarendosi la gola per attirare l’attenzione di Ezri, chiese: «Posso accomodarmi qua, Tenente?»
Dax sussultò, alzando lo sguardo verso la scienziata. Appena la riconobbe, arrossì visibilmente e sembrò agitarsi, tuttavia prese il proprio coraggio a due mani e le fece un cenno di assenso, indicandole la sedia libera di fronte a lei: «Cosa posso fare per te - si corresse - lei?»
Lenara prese un profondo respiro, mentre si accomodava: «Se va bene lo stesso, possiamo lasciar da parte le formalità: dopotutto, non siamo completamente estranee l’una all’altra.»
Ezri, da parte sua, le rispose semplicemente con un cenno del capo, rimanendo in silenzio e lasciando all’altra Trill tutto il tempo necessario per riorganizzare i pensieri ed elaborare quanto desiderasse dirle o, semplicemente, sapere.

Passarano diversi minuti in silenzio prima che Lenara osasse prendere la parola, affrontando il discorso che più le premeva affrontare: «Ti chiedo scusa per il comportamento tenuto in questi giorni e quando sono arrivata alla base: nonostante le informazioni circolino piuttosto in fretta, durante il periodo di guerra, non ho mai voluto credere che Jadzia fosse davvero morta...»
Ezri sorrise appena, nervosamente: «Sappiamo entrambe che, in qualche modo, una parte di Jadzia sarà sempre viva: in me.»
L’altra donna assentì, ma non poté fare a meno di controbattere amaramente: «Non è comunque la stessa cosa. E l’ho scoperto a mie spese in ben due occasioni: quando ho conosciuto Jadzia e quando lei è morta. No,» scrollò il capo amaramente, «quando ho deciso di non rimanere a bordo quattro anni fa.»

Ezri riconobbe il rimpianto nelle parole di Lenara e fece appello alle sue doti professionali per cercare di sostenere la donna. Posò il tovagliolo che aveva tra le mani e cercò di lisciarlo sul tavolo, poi inspirò. Alzando lo sguardo vide gli occhi azzurri della scienziata su di lei: aspettava una sua parola, un suo cenno, cosa che la spinse a darle quello che si aspettava di ottenere: «Jadzia ha sofferto molto, quattro anni fa.»
Lenara cercò di mantenere una forma di contegno: sapeva perfettamente quanto dolore avesse inferto a Jadzia e averne la conferma dalla diretta - o quasi - interessata non era affatto di consolazione.
Ezri, nel mentre, si sentì in dovere di specificare: «È uno dei ricordi più vividi che ho ritrovato in Dax, su quel periodo.»

Lenara allontanò con un gesto un cameriere ferengi che si era avvicinato al tavolo, desideroso di prendere un’ordinazione. I suoi pensieri erano concentrati su Ezri: «Non ho mai avuto davvero il coraggio di ritornare indietro. O, almeno, anche solo di ricontattarla.»
I ricordi di Jadzia e la forza dei suoi sentimenti iniziavano a fare breccia nella mente di Ezri. La giovane Trill non disponeva della preparazione e della disciplina necessaria per arginare quel flusso così potente di emozioni e non potè fare a meno di ricordare a se stessa in quali condizioni di emergenza avesse accolto il simbionte Dax e come, dove altri Trill si erano trovati ad avere anni di preparazione all’essere uniti, lei avesse avuto un discorso di soli 15 minuti, nonostante ormai fosse passato più di un anno dall’unione.
Cercò di reprimere il dolore che sentiva crescere dentro di lei, pensando che la donna che aveva davanti stava soffrendo quasi alla stessa maniera, per un amore in qualche modo negato, sebbene da sé stessa.

Strinse i denti, cercando di frenare il magone che le stava crescendo nel petto: «Vorrei poterti dire che non ti ha mai dimenticato, e probabilmente è così. Ma poi...»
Le si strozzarono le parole in gola: nella sua mente echeggiavano ringhiose effusioni d’amore, momenti di lotta e amplessi passionali, feroci come solo due anime Klingon potevano condividere.
Lenara capì: «...ma poi ha avuto modo di conoscere meglio qualcun altro.»
Le parole le bruciarono in gola: forse bere qualcosa non era poi una brutta idea. Si guardò attorno, cercando quel cameriere che prima aveva allontanato.
Gli occhi di Ezri erano ancora su di lei: la giovane Trill, normalmente meno audace, aveva trovato nella forza di Jadzia il coraggio di sostenere il discorso. E Lenara voleva delle risposte: «E si è innamorata di lui?»

Ezri si mosse a disagio sulla propria sedia, sapendo che la risposta che avrebbe fornito non sarebbe stata quella che l’altra donna voleva sentirsi dare: «Sì, si è innamorata di lui - si morse il labbro - scusami, forse non è questo che volevi sentirti dire.»
Lenara non poté comunque fare a meno di battere il ferro finché era caldo: «Lo amava sul serio? O, in qualche modo, ha subito un'influenza di qualche tipo?»
Dal canto suo, Ezri arricciò appena il naso, non capendo in realtà dove la donna volesse arrivare con la sua domanda, portandola a chiedere inevitabilmente: «Cosa vuoi dire?»

Lenara si chiese cosa stesse davvero cercando. Aveva accettato l’incarico di tornare su Deep Space 9 ben consapevole di non essere necessaria: gli studi sul tunnel bajoriano erano fermi da anni a causa della guerra e quello che il Dipartimento Astrometrico di Trill aveva richiesto erano delle semplici metriche che qualunque assistente alle prime armi avrebbe potuto acquisire, ma lei aveva approfittato del suo rango per inserirsi nella delegazione scientifica.
In un certo senso voleva avere l’occasione di tornare sulla stazione, di avere la conferma che il suo rifiuto di quattro anni prima non aveva sconvolto la vita di Jadzia come, in realtà, aveva sconvolto la sua, ma ora si stava incaponendo: voleva andare a fondo e scoprire se fosse davvero Jadzia ad amare chi era arrivato dopo di lei, quasi come se non volesse credere che si fosse costruita una nuova vita senza di lei. Anche Kahn, il simbionte che portava nel ventre non la stava aiutando, restituendole le sensazioni che Nilani, la donna che aveva ospitato il simbionte Kahn prima di lei, aveva provato quando era rimasta vedova di Torias Dax.

Ezri, rendendosi conto che Lenara si era persa tra i pensieri, ripetè la domanda: «Lenara? Cosa vuoi dire?»
Lenara si riprese, chiamata alla realtà dalla voce di Ezri che, incredibilmente, le parve molto simile a quella di Jadzia: «Sei tu il Consigliere, sai meglio di me come funziona la psiche di un individuo... in questo caso la tua - si corresse - di  Jadzia.»
Ezri scosse lievemente il capo: «Non credo che il modo di  dire ‘Medico cura te stesso!’ si possa applicare anche ai Consiglieri.»
Finalmente il cameriere si avvicinò al tavolo, ritirando il piatto e le posate di Ezri. Lenara accennò a ordinare per entrambe qualcosa da bere. Propose un raktajino, quasi a verificare quanto di Jadzia ci fosse in Ezri, ma la giovane Consigliere la fermò con un gesto della mano. Lei era soddisfatta di ciò che aveva già mangiato e bevuto e un raktajino, il fortissimo caffè klingon, non era affatto la sua bevanda preferita. Lenara ripiegò su un Balso Tonic, una bevanda tipica del suo mondo natale che qualunque umano avrebbe scambiato per succo di cetriolo.

Dopodiché, riprese il discorso: «Si era davvero innamorata di Worf? Al punto tale da... riuscire, in qualche modo, a ‘dimenticarsi’ di me?»
Ezri attese che la donna bevesse un primo sorso della sua bibita. Lenara aveva trovato la forza di nominare Worf, colui che era diventato il marito di Jadzia e dal quale lei avrebbe avuto un figlio, se solo Dukat non avesse posto termine alla sua vita. Ezri recuperò dalla memoria di Dax un ricordo molto specifico: «Sai, penso che ti avesse invitato al matrimonio solo per farti vedere quanto fosse felice.»
Lenara appoggiò il bicchiere sul tavolo, senza lasciarne la presa. Ezri continuò: «Una sorta di ripicca. Almeno è così che la ricorda Dax. E forse questo vuol dire che non si era 'dimenticata' di te.»
Lenara portò anche l’altra mano sul bicchiere, cercando nervosamente di cancellare le goccioline di condensa dalla superficie. Ezri attese ancora prima di parlare. L'argomento metteva a disagio entrambe le donne.
«Tu non sei venuta... andata al matrimonio, vero?»
Lenara fissava il bicchiere, tracciando segni imperscrutabili sul vetro umido: «No... non sono andata. Troppe ferite aperte. Troppi rimorsi - affiorarono ancora una volta i ricordi di Nilani - troppo dolore.»

Ezri le lanciò uno sguardo compassionevole: «Sai, credo che anche Jadzia fosse ancora ferita. E credo che Dax volesse aiutarla ad andare avanti, in qualche modo...»
Lenara sorrise amaramente, rispondendo quasi con una traccia di rancore nella propria voce: «Dax… ha avuto un modo tutto suo per proteggere Jadzia, vero? Per esempio, facendola influenzare da Curzon, giusto?»
Ezri stirò un sorriso sulle proprie labbra, mentre altri ricordi di Jadzia riaffioravano, sicuramente portati in primo piano dal suo simbionte: «Curzon ha sempre influenzato molto Jadzia, lo sai anche tu… non mi spiegherei, altrimenti, la sua feroce passione per i Klingon, accentuata proprio dopo l’unione con il simbionte.»
Lenara si appoggiò allo schienale della sua sedia, la bevanda dimenticata di fronte a lei, l’amarezza ora chiaramente evidente nei propri movimenti, oltre che nella propria voce: «Al punto tale da dare l'impressione di volersi, in qualche modo, vendicare?»
«Beh - le rispose Ezri - la vendetta è un piatto che va servito freddo. Di sicuro questo detto piaceva molto a Curzon e ai Klingon. E Jadzia ha amato entrambi, in un certo senso.»

Lenara incrociò le braccia sul proprio petto, quasi a volersi difendere da quanto stava per chiedere e scoprire: «Più di quanto non abbia amato me...?»
«Lenara, io non sono Jadzia. Non so tutto di lei. Però posso dirti che, sebbene non subito, è poi riuscita a perdonarti.» Ezri, nonostante la presenza di Dax e le sue esperienze passate, non sapeva davvero più come interfacciarsi con l’altra Trill e, anzi, più la conversazione andava avanti e più riteneva che fosse tutto sbagliato: sarebbe dovuta essere Jadzia lì, non lei.
Lenara la distrasse dai suoi pensieri, mormorando qualcosa che la costrinse a prestare attenzione - «Curzon... maledizione e, al tempo stesso, benedizione di quella donna…» - e che la portò a rispondere, quasi di getto: «Posso dire che non è facile avere un piccolo Curzon dentro di me!»

Lenara, che nel mentre aveva abbassato lo sguardo sulle proprie mani strette in grembo, lo rialzò con gli occhi pieni di speranza verso Ezri, mormorando un debole «Cosa...?» Aveva riconosciuto quelle parole, quasi le stesse che lei aveva detto a Jadzia respingendola per un’ultima volta quattro anni prima, dando la colpa ancora una volta alla forza di Curzon nel simbionte Dax. Ezri, dal canto suo, avvertì l’eco lontano del desiderio di accarezzarle il volto, fortemente influenzata dai sentimenti provati da un’altra persona, in altri tempi ora stranamente remoti.
Tossicchiando imbarazzata, fece per alzarsi: «Forse è meglio che torni ai miei doveri.»
Lenara non poté trattenersi dal fermarsi, nonostante la reazione precipitosa dell’altra e la tensione ora sempre più palpabile: «Aspetta…»
Ezri, dal canto suo, ormai completamente in piedi, cercava una scappatoia plausibile per andarsene: «Julian... il Dottor Bashir avrà sicuramente bisogno di una mano.» Stava chiaramente arrancando, alla ricerca di una scusa qualsiasi che le potesse permettere di chiudere sul momento la conversazione: non era riuscita a trattenere le parole su Curzon, vecchia memoria di Jadzia che Dax si era lasciato sfuggire nel momento sbagliato.

Lenara non poté trattenersi dal chiedere, ora con una traccia di amarezza innegabile nella voce: «Julian...?»
Ezri le rivolse uno sguardo quasi colpevole, mentre cercava in qualche modo di giustificarsi: «Lenara... come ti ho detto prima, io non sono Jadzia. E non posso esserlo.»
L’altra donna distolse gli occhi da Ezri, un’espressione affranta in volto, mentre lasciava spaziare il proprio sguardo sul resto del locale: «No, immagino di no…»
Il Consigliere fece istintivamente per allungare una mano, con l’intenzione di consolare in qualche modo la scienziata, ma quest’ultima si scostò quel tanto che bastava per farle capire che il gesto non era apprezzato e, quindi, accettato. Dax non poté comunque fare a meno di provare a dire qualcosa, per quanto inutile potesse sembrare, scusandosi, anche se non sapeva bene per cosa lo stesse facendo.
Kahn scrollò il capo, amarezza e rassegnazione increspavano l’aria tra di loro: «Ma hai ragione. Ho perso la mia opportunità... quattro anni fa. Quando ho deciso di andarmene.»

Ezri avrebbe davvero voluto abbracciare Lenara, consolarla in qualche modo: grazie ai ricordi di Dax, sentiva di conoscere profondamente la donna. Non desiderava vederla soffrire e i ricordi di ben due ospiti precedenti, Jadzia e Torias, affiorarono prepotentemente in lei, rischiando di farla cedere a sensazioni e sentimenti che non sentiva propri. Ma il momento passò in fretta come era arrivato ed Ezri, rivolgendo un ultimo sorriso imbarazzato a Lenara, se ne andò, lasciandosi alle spalle e per sempre il passato di Jadzia.

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