Our Song

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa e indice ***
Capitolo 2: *** Prologo - Parte 1 ***
Capitolo 3: *** Prologo - Parte 2 ***
Capitolo 4: *** La canzone di Kenma - Parte 1 ***
Capitolo 5: *** La canzone di Kenma - Parte 2 ***
Capitolo 6: *** Le canzoni di Tooru - Parte 1 ***
Capitolo 7: *** Le canzoni di Tooru - Parte 2 ***
Capitolo 8: *** La canzone di Akaashi - Parte 1 ***
Capitolo 9: *** La canzone di Akaashi - Parte 2 ***
Capitolo 10: *** La canzone di Suga - Parte 1 ***
Capitolo 11: *** La canzone di Suga - Parte 2 ***
Capitolo 12: *** La canzone di Atsumu - Parte 1 ***
Capitolo 13: *** La canzone di Atsumu - Parte 2 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***
Capitolo 15: *** OS EXTRA - La canzone di Semi ***
Capitolo 16: *** OS EXTRA - La canzone di Tanaka ***



Capitolo 1
*** Premessa e indice ***


Ciao!
Di solito non utilizzo un intero spazio per fare le premesse, ma in questa storia i capitoli saranno molto lunghi, quindi ho deciso che era meglio specificare tutti i punti più importanti qui:
 
-Questa è una AU dove la passione della pallavolo è stata spostata alla musica, quindi tutti i personaggi lavoreranno nel mondo della musica come cantanti, musicisti o semplici componenti dello staff.
-La storia ruoterà intorno alle storie di Kenma, Akaashi, Oikawa, Atsumu e Suga (quindi con le rispettive ship: Kuroken, Iwaoi, Bokuaka, Sakuatsu, Daisuga).
-Alla fine della storia verranno pubblicati due capitoli extra, uno di Tanaka e Shimizu e uno di Semi e Shirabu, non aggiungono nulla alla storia principale, quindi per chi non è interessato alle coppie può benissimo saltarli.
-L’indice dei capitoli è strutturato in questo modo:
            -Prologo (parte1 – parte2)
            -La canzone di Kenma (parte1 – parte2)
            -La canzone di Tooru (parte1 – parte2)
            -La canzone di Akaashi (parte1 – parte2)
            -La canzone di Suga (parte1 – parte2)
            -La canzone di Atsumu (parte1 – parte2)
            -Epilogo
            -OS Extra – La canzone di Semi
            -OS Extra – La canzone di Tanaka
-In ogni capitolo sarà protagonista una canzone che esprimerà perfettamente la storia di quel determinato personaggio.
-Le canzoni citate sono reali (metterò i crediti del cantante/gruppo a inizio capitolo), ma nella storia è come se le canzoni le avessero scritte i personaggi stessi.
-Il testo delle canzoni è sempre scritto in italiano, anche quando le canzoni sono in inglese, perché ho deciso che sarebbe stato meglio all’interno di una storia tutta in italiano. Inoltre è molto importante il testo ai fini della trama, quindi vorrei evitare che chi non è molto ferrato in inglese dovesse saltarlo.
-La storia si svolge dal 2015 al 2021 (in un mondo senza covid). Il prologo è tutto ambientato nel 2015 così come l’epilogo nel 2021. Gli altri capitoli trattano gli anni in mezzo, ma li trattano in modo particolare: ogni capitolo tratterà tutti gli anni dal 2015/16 al 2020 per quel personaggio. Esempio: ne “La canzone di Kenma” verrà raccontata tutta la sua storia che si svolge in quei quattro anni, poi ne “La canzone di Tooru” questa storia verrà ripresa ma dal suo punto di vista con la sua ship. Ovviamente tutti i capitoli citeranno gli altri personaggi ma quelli precedenti non faranno mai veri spoiler sulle cose importanti che succederanno nei successivi.
-Gli aggiornamenti saranno ogni martedì.
 
Per concludere vorrei dire che ho creato una playlist spotify (s’intitola: “FF – Our Song – Deh”) con tutte le canzoni che saranno presenti in questa storia, se vi va di ascoltarla o di salvarla vi lascio il link qui:

https://open.spotify.com/playlist/5iQuu5aD4x0tHItFNkjFk1?si=71nAPRaBTE6oIvkvxq6uhw&dl_branch=1&nd=1
 
Detto questo vi lascio subito con la prima parte del prologo, quindi andate avanti e buona lettura!
Deh

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Capitolo 2
*** Prologo - Parte 1 ***


 
Our Song


Prologo - Parte 1
 
2015
-Sapevo che ci sarebbero state molte persone, ma non pensavo così tante!- commentò Shimizu seduta sotto l’ombra di un albero mentre il suo amico tornava da lei.
-Sono il numero cinquecentoquarantadue- commentò Suga, anche se il bigliettino con scritto “Sugawara Koshi n. 542” era ben visibile sulla sua maglia –quindi direi che possiamo farci un giro e cercare qualcosa da mangiare prima di tornare qui.
Lei annuì alzandosi e spazzolandosi i jeans –Sushi?
-Sushi.
La prese a braccetto e si allontanarono dall’enorme folla di fronte gli studi televisivi dove si sarebbe svolto lo Spring MS 2015.
Lo “Spring Musical Show” si svolgeva ogni anno nelle otto settimane di primavera. Iniziava con le prime due settimane di audizioni a porte chiuse, per poi essere trasmesso una sera a settimana in diretta televisiva.
Lo show consisteva in aspiranti artisti che avevano un minuto per dimostrare il loro talento davanti a quattro “giudici”. In realtà non potevano essere definiti davvero dei giudici e si poteva più dire che lo show era principalmente per far fare il debutto proprio a loro. Questi avevano, infatti, quasi la stessa età dei candidati stessi ed erano sempre figli di gente importante nel mondo della musica o dell’arte, ma che ancora non avevano fatto nulla di eclatante per farsi riconoscere. Essendo cresciuti nel mondo dei loro genitori avevano le capacità per poter capire chi avesse talento o meno. Funzionava, quindi, con loro che alla fine delle audizioni si consultavano e decidevano di prendere ognuno sei candidati che potevano essere solisti, duo o gruppi. I giudici dovevano aiutare i propri candidati a creare la canzone che sarebbe entrata in gara. Ogni serata aveva poi un televoto ed era la gente da casa che decideva di eliminare un candidato di ogni giudice con una somma di quattro eliminazioni a sera, fino ad arrivare alla finale con il vincitore assoluto al quale veniva permesso di incidere un disco e fare un mini tour di due settimane. Con il televoto, quindi, ai giudici non rimaneva molto da fare se non dare consigli ai candidati e seguire al meglio coloro che avevano scelto. Un perfetto inizio per coloro i quali volevano farsi strada come manager o giudici nel mondo della musica.
-Cosa hai detto ai tuoi su dove siamo oggi?
-Che ho portato la mia fantastica amica a un appuntamento!
Shimizu annuì comprensiva –E quando ti vedranno in TV?
Koshi rise –Vedo che hai delle aspettative molto alte nei miei confronti.
-Io sono sicura che verrai preso! Vuoi forse scommettere?
-Che scommettiamo?- un sorrisetto si era formato sul suo volto.
-Una cena!
-Sicura che a Tanaka non dia fastidio?
-Gli stai simpatico, non gli potrebbe mai dare fastidio. Il fatto che tu sia gay immagino che aiuti molto la situazione.
Entrambi risero e continuarono a chiacchierare mentre si facevano sempre più lontani.
 
-Com’è il trucco? Si sta sciogliendo?- chiese per la settima volta in due ore che erano lì un Oikawa impaziente e agitato.
-No- rispose Makki senza neanche alzare lo sguardo dal gioco che stava facendo sul cellulare –Poi non capisco di cosa ti preoccupi. Le audizioni sono a porte chiuse, no? Non ti vedrà nessuno oltre i giudici.
Tooru fece una faccia indignata come se avesse appena sentito una bestemmia –Sai meglio di me che, quando i candidati resistono fino alle ultime serate, iniziano a mandare in onda anche le loro audizioni per ricordare come sono arrivati a quel punto!
Matsukawa rise –Quindi immagino che nella tua mente tu abbia già vinto questo show.
Oikawa gli diede un pugno, Mattsun si finse indignato –Tooru! E se qualcuno dei tuoi fan ti avesse visto? Non puoi fare queste cose se sei una persona così famosa!
-Vi odio così tanto!
Makki rise –Intanto siamo gli unici amici che hai, quindi se vuoi che ti facciamo compagnia ti conviene iniziare ad arrenderti alle nostre prese in giro, mister trecentoventuno.
Oikawa si sistemò meglio la targhetta sulla propria maglia con la scritta “Oikawa Tooru n. 321” e sospirò mentre si guardava intorno.
Avrebbe battuto ognuno di loro e sarebbe arrivato in cima.
 
Kenma imprecò quando il gioco che stava facendo sul cellulare si chiuse da solo perché il telefono si era surriscaldato stando troppo tempo sotto il sole.
Ringraziò di essersi portato un cappello, altrimenti avrebbe fatto la fine del suo gioco.
Posando, quindi, l’apparecchio elettronico dentro lo zaino per farlo raffreddare, afferrò le proprie bacchette e iniziò a tamburellare piano contro la sua gamba, seguendo il ritmo della canzone che poche ore dopo avrebbe suonato per Hinata sopra quel palco che avevano sempre e solo visto in TV.
Il rosso era proprio di fronte a lui, seduto a terra mentre lucidava e accordava la sua chitarra con amore. Aveva la targhetta con scritto “Hinata Shoyo n. 615” appuntata sul petto e rispecchiava lo stesso numero del biondo tinto, considerando che si erano presentati come un duo.
Hinata alzò lo sguardo quando sentì il suo sguardo addosso e gli sorrise in modo così genuino e felice che qualsiasi protesta Kenma avesse voluto fare per la noia, il caldo e il fatto che voleva solo trovarsi a casa davanti a qualche videogioco morì sulle sue labbra.
Hinata era da sempre stato il suo migliore amico, l’aveva sempre aiutato e gli era sempre stato accanto. E se quello era il suo sogno, se tutto quello che aveva sempre voluto fare comportava l’aiuto di Kenma come suo batterista, allora Kenma non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte.
 
-Sei talmente agitato che hai rovinato tutta l’etichetta che ti hanno messo addosso- commentò annoiato Osamu.
Atsumu si agitò ancora di più e fece correre lo sguardo verso l’oggetto in questione, ma la targhetta con la scritta “Atsumu Miya n. 497” era perfettamente sistemata sulla sua maglia.
Sentì il click della telecamera e la voce soddisfatta di Suna che commentava –Anche questa foto va nella raccolta di tutte quelle conservate- poi si rivolse a Osamu –Oi amore, a quanto pensi che riuscirei a venderle non appena tuo fratello diventa famoso?
Il sorriso sul volto del Miya dai capelli scuri non prometteva nulla di buono –Diventeremo ricchi- sospirò soddisfatto prima di lasciargli un bacio tra i capelli.
Atsumu li odiava entrambi, ma erano pur sempre la sua famiglia, quindi non poteva farci molto.
-Vado a comprare del cibo- annunciò dopo qualche minuto di silenzio Osamu, mentre già si dirigeva verso i negozi dall’altro lato della strada.
I due rimasti lo conoscevano talmente bene che nessuno commentò che aveva finito di mangiare solo qualche minuto prima gli snack che si era portato da casa.
Rimasti soli, Rintaro non perse tempo a dargli una pacca sulla spalla e parlare per farlo rilassare –Smettila di essere così teso, andrà bene anche senza ‘Samu. Sappiamo tutti e tre che hai talento e che puoi farcela anche senza di lui.
Questo era uno dei motivi per il quale Sunarin era uno dei suoi amici più cari oltre a essere il semplice “fidanzato del proprio fratello”.
Da quando Osamu aveva smesso di cantare con lui, dopo le prime settimane di rabbia, Atsumu aveva capito che non era quella la strada di suo fratello e la rispettava. Questo però non voleva dire che non si sentisse in ansia a dover salire da solo su quel palco.
Credeva di averla mascherata per bene, ma aveva sottovalutato quanto ‘Samu e Suna lo capissero.
Fece un sorrisetto e cercò di non sembrare troppo vulnerabile scherzando –Ci stai provando con me, Sunarin?
La smorfia sinceramente schifata del castano valeva più di qualsiasi risposta, soprattutto quando aggiunse un “ew”.
-Come puoi dirlo quando io e ‘Samu abbiamo letteralmente la stessa faccia!
-No, non è vero.
-Suna!
 
Finalmente era arrivato il turno di Oikawa e solo quando gli misero il microfono tra le mani si accorse che stava tremando.
-Ascolta tesoro- Makki gli mise entrambe le mani sulle spalle e lo costrinse a guardarlo, Tooru lo vide sinceramente serio per la prima volta in quella giornata –sai che siamo sempre stati sinceri con te, che non ci facciamo problemi a dirti le cose in faccia. E se adesso ti diciamo che salirai su quel palco e colpirai il loro cuore, devi crederci. Perché hai talento. E il mondo deve saperlo.
Tooru li abbracciò entrambi saltando loro addosso. Poi prese un lungo sospiro e calmandosi salì sul palco mentre i quattro giudici lo fissavano tra la noia e la curiosità.
Tooru immaginava che ormai avevano già visto tanti di quei candidati che le facce e le voci iniziavano a sovrapporsi, il suo scopo era quello di non passare inosservato.
-Ciao, benvenuto- lo salutò Kita.
Oikawa aveva fatto delle ricerche su ognuno di loro, non che non fossero già famosi essendo tutti e quattro persone di spettacolo, ma aveva sempre avuto l’idea che più conosceva chi avrebbe dovuto giudicarlo e meglio avrebbe potuto gestire la situazione.
Kita era quello gentile e serio, pragmatico e diretto quando commentava. Oikawa sapeva che sarebbe stato lui il primo a salutarlo, ma sapeva anche che sarebbe stato il più difficile da impressionare.
-Ciao- li salutò a sua volta usando la scusa per provare il microfono.
-Oikawa Tooru, giusto?- domandò sempre l’uomo dai capelli albini mentre Asahi, seduto accanto a lui, gli mostrava probabilmente il suo profilo su un tablet.
Asahi era il più buono tra i quattro, anche se era difficile riuscire a farlo parlare. Tooru non pensava che fosse timido, semplicemente troppo buono per sopravvivere all’autorità degli altri tre. L’uomo aveva iniziato nel mondo della moda per poi ampliare la conoscenza nelle altre arti.
-Sì esatto, mi chiamo Oikawa Tooru, ho 20 anni e vengo da Miyagi.
-Canti? Non suoni nessuno strumento?- era difficile capire se la domanda di Tendou fosse una presa in giro o semplice curiosità. Probabilmente il rosso era una tra le persona più difficili da comprendere. Il suo tono quasi sempre divertito e quasi cantilenante non faceva mai capire se fosse serio o meno.
-Sono certo di potervi mostrare le mie abilità semplicemente con la mia voce- rispose in un tono un po' troppo duro, era certo che se i suoi due amici fossero stati accanto a lui, gli avrebbero dato un pugno ciascuno.
-Interessante- rispose il rosso quasi divertito dalla sua provocazione –Cosa ci hai preparato?
-This is War dei Thirty Seconds to Mars.
L’ultimo giudice, Kuro, alzò un sopracciglio mentre i suoi occhi da gatto si facevano attenti –Una canzone stuzzicante- disse poi piano, poggiandosi in avanti sui gomiti –Prego, procedi.
Tooru annuì, chiuse gli occhi e aspettò che la musica partisse.
Non appena la prima strofa lasciò la sua bocca perse tutta l’ansia, dimenticò di essere sotto gli occhi di quattro importanti giudici che avrebbero deciso la sua vita.
Tutto quello che importava era la sua musica e come si sentisse bene nel suo mondo.
Sapeva di aver scelto una canzone difficile, ma sapeva anche che avrebbe potuto dare il meglio con questa perché doveva cantare le strofe con toni differenti e solo così poteva fare vedere tutto il suo potenziale.
Poteva cantare solo per un minuto, ma quel semplice minuto aveva il potere di cambiare tutta la sua vita.
 
-‘Tsumu, mi raccomando. Non fare cazzate solo perché avrai finalmente davanti a te la tua cotta storica!- Osamu lo fissò fintamente preoccupato mentre dietro le quinte aspettavano che il candidato prima del biondo finisse il suo turno.
Atsumu spalancò gli occhi e fissò indignato il proprio gemello –Io non ho una cotta per nessuno!- ma le sue guance rosse smentivano l’affermazione.
-Sì certo, quindi non eri tu quello attaccato alla TV a vedere ogni singolo programma dove spuntava quel Kita.
-Certo che no!
Osamu alzò gli occhi al cielo, poi rise e lo spinse –Dai vai, tocca a te.
Atsumu raggiunse il palco dove era già stata sistemata l’asta con il microfono che avrebbe usato, per farsi forza strinse tra le mani la sua fidata chitarra.
-Carini i disegni- fu proprio Kita il primo a rivolgergli la parola e Atsumu non poté fare a meno di arrossire ancora di più, soprattutto quando si accorse che si stava riferendo alle volpi stilizzate realizzate con la pittura sulla sua chitarra.
-Grazie!- commentò poi con un sorriso –Mi chiamo Miya Atsumu e ho 19 anni!
-Cosa suonerai per noi, Atsumu?- domandò Kuro.
-Suono e canto What’s up dei 4 Non Blondes!
-Come mai questa scelta? Non hai venticinque anni- fece notare Tendou riferendosi alla prima strofa della suddetta canzone.
Atsumu non si fece intimidire e semplicemente alzò le spalle –è una canzone che amo. Inoltre è cantata da una donna e mi piacerebbe mostrare come la mia voce, pur essendo diversa, possa non distruggere l’originale.
-È una bella sfida- commentò Asahi mentre gli altri tre lo fissavano come se stessero cercando qualcosa per criticarlo.
Atsumu sapeva di dover dare del suo meglio. Era la sua prima volta su un palco senza suo fratello, ma stava bene perché sapeva che lui era lì a guardarlo e a supportarlo.
Atsumu avrebbe potuto conquistare il mondo.
Sorrise e iniziò a pizzicare le corde, iniziando la sua esibizione.
 
“Vai lì e semplicemente divertiti”
Questo gli aveva detto Shimizu poco prima che Suga salisse sul palco ed era esattamente questo che il ragazzo voleva fare.
-Oooh suoni il piano! Era da tanto che non sentivamo qualcuno suonarlo!- commentò subito il giudice dai capelli rossi quando vide che il ragazzo appena entrato si diresse a sedersi proprio dietro lo strumento.
-Sì- rispose Suga con un sorriso –Mi chiamo Sugawara Koshi e ho 20 anni. Oggi volevo cantarvi You are my Sunshine di Johnny Cash adattata però a una versione con il pianoforte.
-Strana scelta- commentò Kuro interessato –musica difficile ma canzone semplice, c’è un perché di questo?
-Suono il piano fin da quando avevo tre anni, i miei hanno sempre voluto che imparassi uno strumento tra questo e il violino- Suga cambiò un po' la storia, evitando di dire che era più che altro stato costretto –quindi credo di essere abbastanza bravo nella melodia, ma non ho mai avuto delle vere lezioni di canto, ecco perché ho voluto scegliere qualcosa che la mia voce potesse fare tranquillamente. Inoltre, le cose semplici hanno un certo fascino, non trovate?
Suga vide Kuro fare un sorrisetto interessato, Asahi dargli tutta la sua attenzione, Tendou ridere probabilmente soddisfatto da quella frase e  Kita assottigliare gli occhi pronto a concedergli il suo tempo –inizia pure.
E fu così che le sue mani iniziarono a muoversi quasi come per istinto, danzando su quei tasti bianchi e neri che ormai conosceva quasi meglio del suo corpo, mentre quasi come una ninna nanna iniziava a mormorare le parole di quella canzone.
 
-Ciao!- Hinata era super esaltato quando raggiunsero il palco, era l’unico dei due che aveva il microfono e a Kenma andava benissimo così.
-Mi chiamo Hinata Shoyo e questo è il mio migliore amico Kozume Kenma! Abbiamo 18 e 19 anni e oggi vi abbiamo portato un classico che forse avrete già sentito dopo seicentoquattordici candidati, ma insomma… suoneremo Here comes the sun dei Beatles!
Tendou rise –Dalla parlantina che hai immagino che sarai tu quello a cantare.
Hinata sorrise ancora più luminoso, Kenma si rese conto che il suo amico non si era nemmeno accorto che quello poteva essere quasi un insulto, era solo felice che una persona così importante gli avesse rivolto la parola.
-Sì! Canto io! Kenma suona la batteria!
-Non sembra molto felice di farlo- commentò Kuro con un ghigno divertito in volto.
Kenma decise che l’avrebbe odiato a prescindere e poi, prima che il suo amico potesse rispondere per difenderlo, gli tolse il microfono dalle mani e rispose a tono –Tu guardami mentre suono e poi prova ancora a dire che non so fare il mio lavoro.
Kuro rimase sorpreso solo per un secondo, poi il suo sorrisetto si ampliò e non gli tolse gli occhi di dosso per tutto il minuto dell’esibizione. Certo, era esattamente quello che gli aveva chiesto il biondo, ma non pensava che lo prendesse così tanto alla lettera.
Quando finirono, Kuro non disse più nulla e Kenma era così concentrato a sfidare il suo sguardo che si perse i commenti degli altri giudici, riprendendosi solo quando vennero mandati via.
Hinata stava saltellando e urlando mentre si dirigevano fuori –Aaaah! Sono così euforico! L’abbiamo fatto davvero! Ma ci credi!?
Andò avanti per diverso tempo: per tutto il tragitto fino al ristorante più vicino e anche per tutto il pranzo. A un certo punto Kenma aveva anche smesso di far finta di ascoltarlo, non sembrava comunque che al rosso importasse, voleva solo urlare e usare tutta l’energia che aveva accumulato.
Erano passate circa due ore da quando avevano finito il loro turno quando furono avvicinati da una ragazza dello staff.
-Voi siete i numeri seicentoquindici, giusto? Potreste seguirmi? Asahi e Kuro vorrebbero parlarvi.
Hinata era bloccato dallo shock e toccò a Kenma annuire e spingere in avanti il suo amico fino a quando non riuscì a camminare nuovamente da solo.
Arrivarono quasi subito davanti una porta che la ragazza aprì senza neanche bussare, fece segno ai due di entrare per poi chiuderla alle loro spalle.
-Avete fatto in fretta!- commentò Asahi con un sorriso gentile in volto.
Erano solo loro quattro nella stanza, Kenma si guardò intorno notando diverse sedie e strumenti, probabilmente veniva usata come sala prove o qualcosa di simile.
Riportò l’attenzione sul suo amico quando l’unico che fino a quel momento aveva parlato tornò a dire –Sei molto pallido, stai bene?
-Oh… sì!- Hinata si riprese all’istante –Sono semplicemente scosso, non mi aspettavo di certo qualcosa del genere!
Kuro rise –In effetti non facciamo quasi mai cose simili, ma Asahi aveva una proposta per te.
L’uomo dai capelli lunghi annuì –Un quarto d’ora fa abbiamo finito di scegliere e dividerci i candidati. Mi è rimasto un posto e vorrei che lo avessi tu, ma solo se fai coppia con un altro candidato di nome Kageyama Tobio. Mi rendo conto che non avete mai cantato o suonato insieme e che questo potrebbe essere un fiasco totale, ma ho un buon presentimento e voglio scommettere su voi due se tu sei d’accordo.
Kenma vide passare sul volto di Hinata sentimenti diversi e contrastanti, come prima cosa poi chiese –Quindi dovrei… abbandonare Kenma.
Asahi portò brevemente lo sguardo su di lui, poi sospirò e rispose –Esatto. Per questo sto lasciando tutta a te la scelta.
-Ma…
-Devi farlo!- Kenma lo interruppe prima che riuscisse a dire qualsiasi altra cosa.
Hinata lo fissò con gli occhi grandi e uno sguardo combattuto, Kenma continuò –Ascolta, questo è sempre stato il tuo sogno. Sì, mi piace suonare la batteria, ma sappiamo entrambi che ho iniziato a farlo solo per te e che se non fosse stato sempre te a quest’ora sarei stato nella mia stanza a giocare. È il tuo sogno, non il mio. Non puoi perdere un’opportunità simile.
Gli occhi di Shoyo si erano fatti lucidi –Kenma…
Il biondo gli sorrise e gli scompigliò i capelli –Accetta.
Kuro fece un colpo di tosse per attirare nuovamente l’attenzione su di lui –In realtà io non sono qui solo come spettatore, avrei una proposta anche per te, Kozume.
-Kenma- lo corresse all’istante senza neanche rifletterci.
Il ghigno tornò sul volto del corvino –Kenma. Dicevo, ho una proposta ma non posso fartela qui, devi venire con me in un’altra stanza. Quindi, se la questione con il tuo amico è sistemata…
-Sì- fu sempre il biondo a parlare per il più piccolo –Hinata accetta.
-Perfetto! Allora andiamo, non abbiamo molto tempo.
Hinata lo abbracciò di slancio prima che andasse via e sussurrò un sincero “grazie” sul suo orecchio.
Kenma gli sorrise stringendolo a sua volta, poi seguì l’uomo con i capelli a cresta fuori dalla stanza mentre sentiva distrattamente l’altro giudice iniziare a parlare con Shoyo del ragazzo con il quale avrebbe duettato, affermò che a momenti li avrebbe raggiunti così che potessero fare conoscenza.
Kenma seguì Kuro lungo i corridoi, ricevette diversi sguardi scettici e smorfie infastidite, ma era sempre stato così bravo ad ignorare le persone che gli stavano intorno che nulla riuscì davvero a toccarlo.
-Se è una proposta sessuale ti informo già che non sono interessato- disse a un certo punto, quando si incamminarono in una parte dell’edificio più privata e con meno persone.
Kuro si bloccò un attimo, poi scoppiò a ridere forte. Quando si riprese tornò a camminare mentre rispondeva –Non è nulla del genere, anche se non mi sarebbe dispiaciuto.
Kenma alzò gli occhi al cielo ma continuò a seguirlo immaginando che fosse l’unico modo per scoprire cosa l’altro potesse mai volere da uno come lui.
 
Atsumu era stato chiamato e portato in una stanza dove stavano altri due ragazzi che sembravano avere la sua stessa età, quindi suppose che fossero altri candidati.
-Perché siamo qui?- domandò il castano con un cipiglio che ad Atsumu diede fastidio a prescindere.
-Suppongo sappiamo tutti le stesse cose- rispose proprio lui con un tono per nulla amichevole.
L’ultimo ragazzo, quello dai capelli grigi e un sorriso gentile in volto, provò a calmare la tensione che si era creata –Perché semplicemente non aspettiamo che qualcuno ci venga a dire cosa vuole da noi? Possiamo conoscerci nel frattempo! Io mi chiamo Sugawara Koshi!
Atsumu non rispose e neanche il castano lo fece. Non era esattamente un buon inizio.
Fortunatamente, quel momento imbarazzante non durò molto perché pochi minuti dopo la porta fu nuovamente aperta ed entrò un ragazzino basso e dai capelli con le punte decolorate di biondo, questo era accompagnato da uno dei giudici: Kuro Tetsuro.
-Kenma, vai insieme agli altri- disse proprio al ragazzo che annuì e li raggiunse dall’altra parte della stanza sedendosi sopra un tavolo.
Il giudice poi si rivolse a tutti loro –Posso chiamarvi tutti per nome, sì?
Atsumu annuì e il castano fece lo stesso, Sugawara invece precisò –Preferirei essere chiamato solo Suga.
Kuro annuì –Mi piace, può anche essere usato come nome d’arte.
-Perché siamo qui?- domandò subito il castano.
-Andrò dritto al punto- concordò il corvino –non so se vi siete già presentati o vi conoscete- quattro teste negarono con una semplice mossa.
-Bene- riprese Kuro –tutti e quattro avete partecipato alle selezioni per questo show musicale e abbiamo già deciso chi saranno i nuovi artisti di quest’anno, quindi sarò sincero con voi. Suga, tu hai davvero del potenziale con il piano- indicò il ragazzo dai capelli grigi parlando direttamente con lui –ho apprezzato la tua sincerità nel dire che non eri bravo nel canto allo stesso modo. Se non l’avessi fatto, dopo aver sentito che non avevi il talento che cercavamo ti avremmo scartato a prescindere. Sappiamo tutti che è uno show musicale dove si può anche evitare di cantare e i candidati possono semplicemente suonare, ma lavoro in questo campo da diversi anni e so che non arriveresti mai in finale. Non perché non hai talento ma perché la gente predilige sempre i cantanti.
Suga annuì non troppo abbattuto, sembrava capire e condividere perfettamente quello che aveva detto il giudice.
Kuro a quel punto portò lo sguardo su di lui e sul castano.
-Atsumu Miya e Tooru Oikawa. Voi due avete due voci spettacolari. Vorrei prendere entrambi e gestirvi in queste settimane primaverili durante le varie serate, ma mi è rimasto solo un posto libero e dopo averci pensato per parecchio tempo ho deciso che non potevo scegliere uno solo di voi. E quindi ho capito: voglio fare una band con voi.
Lo shock passò davanti al volto di tutti e quattro i candidati, facendo diventare le loro espressioni basite o sorprese quando le parole affondavano esattamente nella loro mente.
-Non è la prima volta che una band sia stata creata direttamente sul posto per un programma televisivo. Alcune sono cresciute nel corso degli anni e alcune si sono perse nell’oblio quasi subito. Questo ovviamente sta alla vostra capacità di attirare il pubblico e di lavorare uniti. Tooru e Atsumu canteranno, avete delle voci simili ma diverse, ci si può lavorare moltissimo. Inoltre Atsumu suona la chitarra e scommetto che volendo potresti usare anche quella elettrica.
Atsumu annuì lentamente, Kuro sembrò soddisfatto.
-Suga, il tuo accompagnamento al piano o alla tastiera può davvero mostrare al mondo tutto il tuo talento e potresti avere anche il tempo per prendere lezioni di canto, se è una cosa che ti interessa. Infine, Kenma, alla batteria sei diligente e talentuoso. La prima volta che ti ho visto sembravi annoiato, forse lo sei davvero, ma nonostante questo hai suonato in modo impeccabile per fare risplendere il tuo amico all’audizione e questo non passa di certo inosservato.
Kenma chiese –Non serve anche qualcuno che suona il basso per fare una band?
Kuro fece un sorrisetto –Se accettate la proposta ho già pronto un ragazzo che può unirsi a voi. Si chiama Akaashi Keiji, ha 19 anni e già da quando ne aveva sedici suona il basso per alcuni dei migliori cantanti del Giappone. Non ha mai avuto un vero contratto con qualcuno, ma mi ha già dato la disponibilità nel poter fare questa cosa con voi.
Suga fu il primo ad accettare –A me va benissimo, potrebbe essere divertente!
Kenma poi alzò le spalle commentando –Immagino che se non accettassi Shoyo si sentirebbe in colpa a vita nell’avermi abbandonato in questo talent show. Quindi sono dentro.
Tutti gli occhi a quel punto si posarono su lui e Oikawa.
Atsumu fece una smorfia –Dovrei quindi cantare con questo qui così pieno di sé?
Tooru assottigliò i suoi occhi –Senti chi parla, ‘Tsumu-chan! Non credo di averti ancora visto bene, il tuo ego ti copre!
Kuro fermò i loro litigi prima che Atsumu potesse rispondere a tono –Perché non accettate di essere praticamente uguali e tronchiamo questa cosa sul nascere?
-Noi non siamo uguali!- urlarono nello stesso momento i due ragazzi facendo ridere gli altri tre nella stanza. Atsumu arrossì quando si rese conto che non era mai riuscito a fare una cosa simile neanche con il proprio gemello.
-Beh, o questo o andate a casa. A voi la scelta.
E a quel punto né lui né Oikawa dovettero metterci troppo tempo per decidere cosa fare.
 
Dopo che tutti quanti avevano accettato, Kuro aveva invitato il bassista del quale aveva già parlato ad entrare nella stanza. Era un ragazzo corvino dallo sguardo serio ma gentile.
Suga sospirò di sollievo, aveva già capito che non sarebbe stato facile lavorare insieme ad Atsumu e Oikawa. E l’indifferenza di Kenma non poteva di certo essere definita una nota positiva. Quindi l’arrivo di quel nuovo ragazzo che sembrava molto più propenso ad aiutarlo nel suo ruolo di collante e mediatore poteva solo essere una manna dal cielo.
Akaashi era solo riuscito a presentarsi e a conoscere il nome di ognuno di loro prima che Kuro li interrompesse.
Il giudice corvino controllò il suo orologio da polso e annunciò un po' troppo felice data la situazione –Bene! Avete venti minuti per decidere il nome della band, poi dovremmo pubblicare le liste online dei candidati che sono stati presi, quindi veloci!
Cinque paia di occhi sconvolti si posarono su di lui –Venti minuti? Come facciamo a scegliere un nome in venti minuti?- Atsumu espresse i dubbi di chiunque.
Kuro alzò le spalle, poi si avviò alla porta –Ora ne avete diciannove, buon lavoro!
Andò via prima che riuscissero a urlargli di nuovo contro, Suga immaginò che lavorando in questo campo fosse ormai diventato bravo nelle fughe veloci di questo genere dopo aver messo la gente nella merda.
-Potremmo iniziare dal vedere le cose che abbiamo in comune tutti e cinque.
Suga non era molto propenso a credere che potessero riuscire a trovare qualcosa in comune a tutti loro, ma la proposta di Akaashi era l’unica dalla quale avrebbero potuto iniziare, quindi provarono a fare una lista.
Diciannove minuti dopo, senza tardare neanche di un secondo, Kuro tornò nella stanza domandando –Quindi? Il nome di questa band?
Un sospiro distrutto e collettivo fu la risposta e, solo dopo che il corvino corrugò la fronte, Suga spiegò –Abbiamo trovato solo due cose che abbiamo in comune. La prima è che tutti e cinque stranamente abbiamo giocato a pallavolo al liceo nel ruolo dell’alzatore. La seconda cosa è che crediamo che “The Setters” sia un nome orribile per una band musicale. Non è che potresti darci un altro po' di tempo?
Kuro scrisse qualcosa sul tablet che teneva tra le mani, annuì e andò di nuovo via.
I ragazzi si fissarono confusi –Ha annuito per darci altro tempo, giusto?- volle accertarsi Oikawa.
-Lo spero- sussurrò in risposta Kenma.
-Allora dovremmo sbrigarci a trovare…
La frase di Atsumu venne interrotta dalla suoneria del cellulare di ognuno di loro che li avvertiva dell’arrivo di una nuova e-mail.
In un silenzio di chi aveva già capito il proprio destino lessero le liste dei nuovi concorrenti dello Spring MS 2015. Non fu difficile trovare sotto il nome di Kuro “Gruppo The Setters”.
-Che nome di merda…

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Capitolo 3
*** Prologo - Parte 2 ***


n.a. La canzone che suonano è "Vent'anni" dei Maneskin.


Prologo - Parte 2


Quando Kuro gli aveva proposto di entrare in una band di ragazzi della sua età e partecipare a uno show televisivo, Akaashi non ci aveva pensato due volte prima di accettare, convinto che questo avrebbe portato a un’enorme svolta nella sua vita.
Tre giorni dopo, tuttavia, Akaashi non ne era più così tanto convinto. Soprattutto non era sicuro che ciò avrebbe mantenuto intatta la sua sanità mentale.
Dopo aver firmato per essere ufficialmente una band e partecipare allo show nelle successive sette settimane, avevano avuto un giorno libero per salutare la propria famiglia e prendere i bagagli, trasferendosi poi in un dormitorio per tutti i partecipanti dello show.
Loro avrebbero vissuto in un appartamento con un bagno, due camere da letto, una cucina/soggiorno e un’enorme sala insonorizzata per le prove.
Di comune accordo lui, Suga e Kenma avevano preso la camera tripla, lasciando ai due casinisti la stanza doppia con la scusa “così smettete di litigare e diventate amici”, anche se in realtà volevano solo stare in pace e nella loro calma.
Sembrava una buona idea finché le urla dei loro litigi non iniziarono a superare anche le porte chiuse.
Inoltre, sempre Atsumu e Oikawa stavano in bagno così tanto tempo che Akaashi aveva fatto amicizia con i concorrenti che vivevano nelle loro vicinanze, chiedendo fin troppo spesso di poter usare il loro bagno.
Anche Kenma era difficile da gestire: non faceva casino come gli altri, ma spesso si dimenticava di mangiare e andava a letto troppo tardi per poi svegliarsi ancora più tardi. Senza contare che spariva per intere ore solo per andare a trovare un suo amico, un altro concorrente che aveva un appartamento diverse porte più avanti.
Immancabilmente quindi, Akaashi legò molto con Suga, i due ragazzi si sentivano un po' come i genitori della casa, anche se Keiji doveva ammettere che era l’altro a fare quasi tutto.
E fu anche per questo motivo che lo scelsero come leader del gruppo, tanto si comportava già da tale.
Quando dovettero fare la scelta, Oikawa e Atsumu iniziarono a discutere, come sempre, perché entrambi volevano esserlo. Fortunatamente, lui e Kenma li bloccarono all’istante affermando che sarebbe stato Suga e che non volevano altre proteste perché tanto avrebbe vinto la maggioranza.
I due ragazzi avevano messo il broncio ma avevano poi accettato, commentando che, se non potevano essere loro stessi, almeno non lo sarebbe stato neanche il loro peggiore nemico.
Tutti e tre avevano poi alzato gli occhi al cielo e avevano deciso di ignorare quei due. Prima o poi avrebbero capito come diventare amici da soli.
Le cose iniziarono a cambiare solo quando iniziarono a scrivere la canzone che avrebbero dovuto cantare e suonare per tutte le sei serate del festival, se non fossero stati eliminati prima.
Si trovavano nella sala prove, seduti su superfici differenti e stavano cercando di capire da cosa avrebbero dovuto iniziare.
-Se componessimo una canzone d’amore?- propose Oikawa –Si va sempre sul sicuro con le canzoni d’amore.
-Scontata- la bocciò Kenma all’istante –Faranno tutti canzoni d’amore, non verremo ricordati per questo.
-Inoltre, qualcuno di voi ha una ragazza?- domandò Suga e dopo il silenzio che ne seguì riprovò –O un ragazzo?
Nessuno rispose neanche a quello, Atsumu poi alzò le spalle –Non hai bisogno di avere una relazione per scrivere canzoni d’amore, basta mettere insieme tutte quelle frasi che alle ragazze piace sentirsi dire.
-Ed ecco come essere eliminati la prima sera- concluse Kenma ribadendo il suo punto.
Akaashi decise di intervenire –Perché non scriviamo una canzone su di noi?
Tutti lo fissarono straniti –Sull’essere dei setter?- lo prese in giro sempre il più piccolo.
-No… Potremmo scrivere quello che stiamo vivendo… Non so… Tipo quanto è difficile fare questo lavoro, il fatto di voler essere ricordati. Vogliamo che la nostra musica arrivi alle persone, perché non farlo mostrandoci e raccontando quello che stiamo vivendo proprio adesso?
Akaashi non seppe interpretare il silenzio che ne seguì fino a quando Atsumu non borbottò –Non è una cattiva idea.
Suga annuì quasi subito, concordando –Potremmo parlare dei nostri vent’anni. Potrebbe addirittura essere il titolo della canzone!
-Quindi potremmo anche parlare dei drammi che Atsumu e Oikawa fanno ogni giorno, con la scusa che fanno parte dei vent’anni- aggiunse Kenma.
Gli altri risero e persino i due interessati sorrisero non riuscendo a trovare qualcosa per contraddirlo.
Suga aveva preso un block-notes e aveva iniziato a scrivere velocemente su di esso con una matita –Okay, sto scrivendo tutte le idee, poi vedremo come metterle insieme! Altro?
E fu solo in quel momento che si creò un vero legame tra tutti loro.
Passarono quattro ore prima che riuscissero ad avere una bozza del testo completo, quattro ore di litigi, risate, prese in giro e punzecchiamenti.
Stavano facendo pausa pranzo sempre in quella stanza quando Atsumu spalancò gli occhi, si alzò di scatto e corse a prendere una chitarra elettrica attaccandola a una delle casse –Forse so come potrebbe iniziare la melodia!
Poi iniziò a pizzicare delle corse inseguendo un ritmo che aveva solo nella sua testa.
Ci mise mezz’ora solo per aggiustare i primi dieci secondi della canzone, con tutti loro che consigliavano e giudicavano. Solo quando furono tutti più che soddisfatti dell’inizio, Atsumu fece segno a Tooru di prendere il testo e provare a cantare seguendo il ritmo.
-Mi unisco anche io- si aggiunse Kenma dopo essersi pulito le mani su una salvietta umida, raggiunse la batteria e iniziò a stargli dietro.
Akaashi e Suga si lanciarono un semplice sguardo divertito prima di decidere di comune accordo di raggiungere i propri strumenti e unirsi agli altri.
Erano talmente presi dalla cosa che, anche se avevano ancora molti altri giorni per poter finire di creare la canzone, continuarono imperterriti per concludere solo alle tre del mattino.
Oikawa aveva appena finito di cantare l’ultima strofa dopo quell’ultima prova, diventata la migliore tra tutte.
-È fatta!- urlò e lui e Atsumu si abbracciarono.
In realtà c’erano ancora molte cose da sistemare, dettagli da mettere a posto e tantissime altre prove da fare. Ma per quel giorno potevano tranquillamente festeggiare, erano tutti soddisfatti del loro lavoro e avevano fatto più di quanto ognuno di loro si sarebbe aspettato solo ventiquattro ore prima.
-Chi l’avrebbe mai detto che bastava farvi suonare una canzone insieme per farvi diventare amici?- commentò Suga divertito.
Oikawa e Atsumu gonfiarono le guance quasi in contemporanea –Non siamo amici!
Gli altri risero, poi Akaashi vide il sorriso di Kenma trasformarmi in un ghigno che non prometteva nulla di buono. Non ebbe il tempo di chiedergli a cosa stesse pensando che il ragazzino parlò –Voi non avete voglia di svegliare Kuro per fargli sentire la canzone?
 
In un batter d’occhio arrivò la prima sera dello show. Erano agitati ma ognuno di loro aveva il proprio modo per riuscire a calmarsi.
Akaashi passò due ore a fare yoga, ignorando tutto quello che gli succedeva intorno.
Suga passò la giornata a fare shopping con la sua migliore amica.
Kenma rimase tutto il giorno attaccato ai videogiochi.
Atsumu stressò Osamu e Suna con una chiamata che durò delle ore.
Oikawa, invece, fece un misto di alcune di quelle cose: si unì ad Akaashi nello yoga, passò diverso tempo nello shopping compulsivo online e stressò i suoi due migliori amici al telefono.
Arrivarono negli studi televisivi due ore prima e iniziarono a prepararsi con calma. Non avevano scelto grandi vestiti per la prima sera, un semplice pantalone nero uguale per tutti e delle camicie dai colori differenti: Suga arancione, Akaashi bianca, Oikawa azzurra, Kenma bordeaux e Atsumu senape.
Dopo il concorrente che aveva finito di parlare con i giudici proprio in quel momento, sarebbe toccato a loro.
Suga prese un bel respiro, poi fece il suo lavoro da leader –Va bene ragazzi- attirò l’attenzione di tutti e quattro –potremmo essere un gruppo strano, con gente unita a caso e che non ha nulla in comune. Ma adesso siamo qui insieme, saliremo su quel palco e faremo in modo che si ricordino di noi. Questa sarà la sera in cui i Setters faranno il loro debutto e, fra dieci o vent’anni, la gente ricorderà questo giorno e cercherà su youtube la nostra prima apparizione. Quindi vedete di dare il vostro meglio!
Si abbracciarono, poi raggiunsero il palco accompagnati da un breve applauso da parte di un pubblico che ancora non li conosceva.
La scaletta prevedeva che ognuno dei concorrenti in gara prima avrebbe dovuto fare la propria esibizione, per poi presentarsi e parlare con i giudici e il pubblico. E così, ovviamente, anche per loro.
Raggiunsero ognuno le proprie postazioni e, solo quando tutti si furono sistemati, Oikawa fece cenno alla regia di poter partire.
Le luci si spensero, per poi riaccendersi subito e venire puntate solo su di loro.
Atsumu iniziò a suonare i primi accordi accompagnato quasi subito da Suga, Oikawa prese un bel respiro, chiuse gli occhi e iniziò a cantare.
 
Io c'ho vent'anni
Perciò non ti stupire se dal niente faccio drammi
Ho paura di lasciare al mondo soltanto denaro
Che il mio nome scompaia tra quelli di tutti gli altri

Ma c'ho solo vent'anni
E già chiedo perdono per gli sbagli che ho commesso
Ma la strada è più dura quando stai puntando al cielo
Quindi scegli le cose che son davvero importanti
Scegliamo oro o diamanti, demoni o santi
 
Akaashi e Kenma si unirono con i loro strumenti.
 
E sarai pronto per lottare, oppure andrai via
E darai la colpa agli altri o la colpa sarà tua
Correrai diretto al sole oppure verso il buio
Sarai pronto per lottare, per cercare sempre la libertà
 
Il pubblico in sala aveva iniziato ad applaudire e mostrare il loro interesse, Oikawa aveva riaperto gli occhi e stava sorridendo mentre iniziava a cantare il ritornello. Ognuno di loro diede il massimo.
 
E andare un passo più avanti, essere sempre vero
Spiegare cos'è il colore a chi vede bianco e nero
E andare un passo più avanti, essere sempre vero
E prometti domani a tutti parlerai di me
E anche se ho solo vent'anni dovrò correre
 
Alla fine del ritornello molte persone erano in piedi e avevano iniziato muovere le braccia in aria al ritmo della musica. Lanciando un breve sguardo sui giudici si accorsero inoltre che Kuro aveva un sorrisetto super soddisfatto, il sorriso di chi sapeva che il proprio esperimento era andato meglio di quello che si sarebbe mai aspettato. Kita era impassibile come sempre, ma molto concentrato su ognuno di loro, quindi poteva essere considerato un traguardo. Tendou stava andando a ritmo con il pubblico e non si stava facendo problemi a mostrare il suo apprezzamento. Mentre Asahi sorrideva e annuiva approvando la canzone e tutti loro in generale.
Atsumu raggiunse il proprio microfono e iniziò a cantare la strofa successiva.
 
Io c'ho vent'anni
E non mi frega un cazzo, c'ho zero da dimostrarvi
Non sono come voi che date l'anima al denaro
Dagli occhi di chi è puro siete soltanto codardi
 
Il ritornello fu nuovamente cantato da Oikawa con l’aggiunta della voce del biondo per diverse frasi.
 
E andare un passo più avanti, essere sempre vero
Spiegare cos'è il colore a chi vede bianco e nero
E andare un passo più avanti, essere sempre vero
E prometti domani a tutti parlerai di me
E anche se ho solo vent'anni dovrò correre
Per me
 
Arrivò l’assolo degli strumenti mentre Tooru lanciava baci al pubblico che, a  quel punto, stava ormai urlando ed era in piedi.
Fu proprio in quell’istante che tutti capirono che avrebbero potuto farcela, che erano davvero in gara e in diretta televisiva, che erano arrivati al cuore di quelle persone e che avrebbero fatto di tutto per rimanere il più a lungo possibile su quel palco. Fu in quel momento che capirono appieno le parole della canzone che loro stessi avevano scritto.
 
E sarai pronto per lottare, oppure andrai via
E darai la colpa agli altri o la colpa sarà tua
Correrai diretto al sole, oppure verso il buio
Sarai pronto per lottare, per cercare sempre la libertà.

 
C'hai vent'anni
Ti sto scrivendo adesso prima che sia troppo tardi
E farà male il dubbio di non essere nessuno
Sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri
Ma c'hai solo vent'anni
 
Gli applausi alla fine della canzone durarono per molti secondi.
I ragazzi sorrisero e si sistemarono uno di fianco all’altro pronti ad ascoltare tutte le critiche dei giudici, fu Suga a prendere il microfono e parlare in quanto leader –Grazie per averci ascoltato, noi siamo i Setters e il mio nome è Suga! Loro sono Tooru, Atsumu, Akaashi e Kenma- li presentò uno a uno usando il nome o il cognome in base a come prima loro stessi avevano detto di voler essere conosciuti –speriamo che la nostra canzone vi sia piaciuta e che voterete per noi!
Si inchinarono verso le telecamere per poi dare tutta la loro attenzione ai giudici seduti di fronte al palco, proprio davanti al pubblico.
-Inizio io!- urlò Tendou precedendo tutti gli altri -Con Kuro ci siamo sempre punzecchiati a vicenda e questo non è un segreto- delle leggeri risate si levarono dal pubblico –Ma non posso non ammettere che questa volta ha fatto proprio un bel lavoro mettendovi insieme.
I ragazzi risero mentre Kuro insultava velatamente il rosso.
Kita si mise in mezzo –Si vede che avete ancora tanto da imparare e definire ma, per una band che è nata solo una settimana fa, avete davvero del talento. Spero che riuscirete  a farmi vedere di più nelle prossime serate, se il pubblico vi darà questa possibilità.
-Grazie, faremo di tutto per soddisfare le sue aspettative!- rispose Suga inchinandosi, seguito poi a ruota da tutti gli altri.
Kuro s’intromise –La canzone non poteva non essere bella dopo che mi hanno svegliato alle tre e mezza di notte per farmela ascoltare.
Il pubblico rise mentre Tendo borbottava qualcosa sul fatto che era quello che si meritava.
-Condivido quello che ha detto il mio collega- s’intromise Asahi ricollegandosi al discorso di Kita –Ma avrei anche una domanda da farvi. Sono curioso sul vostro nome, perché l’avete scelto?
I ragazzi si lanciarono un breve sguardo depresso, poi fu Oikawa a rispondere con tanto di occhiolino –è un segreto! Ma chissà, un giorno potremo anche dirlo!
Kuro s’intromise –I miei ragazzi hanno così tanto da raccontare, non vorrete mica scoprire tutto solo la prima sera!
-Allora immagino che lo scopriremo solo se il pubblico da casa deciderà che ne varrà la pena- sospirò Asahi quasi afflitto dal non avere subito le risposte.
-Potete andare- concluse Kita –Buona fortuna!
Si avviarono fuori dal palco abbandonando i microfoni e solo quando arrivarono in camerino si permisero di iniziare a urlare. O per lo più iniziarono a farlo Atsumu e Tooru, non che gli altri non fossero felici.
-Siamo stati bravissimi!- urlò Tooru con le mani in aria –Ed eravamo talmente belli! Ragazzi avrei voluto farmi ognuno di voi durante l’assolo strumentale!
Suga rise dandogli diverse pacche sulla spalla –Io passo, ma grazie per il pensiero.
Akaashi invece chiese –Come mai hai detto quella cosa sul nostro nome?
Fu Atsumu a rispondere –Non sapete come funzionano queste cose? Basta lasciare un minimo di mistero e la gente inizierà a teorizzare di tutto, a quel punto ci basterà scegliere la teoria più figa e renderla ufficiale.
Oikawa annuì e i due ragazzi si batterono il cinque, entrambi avevano avuto lo stesso pensiero senza aver avuto il bisogno di consultarsi prima.
-Pensavo che foste stupidi- commentò Kenma dando voce anche ai pensieri di Suga e Akaashi –ma invece avete delle qualità nascoste, non male.
Atsumu si indispettì e gli lanciò la prima cosa che trovò sotto mano: un muffin.
Inutile dire che iniziarono una battaglia con il cibo e che per poco non fecero venire un infarto a tutti quelli che lavoravano dietro le quinte quando videro lo stato del camerino e dei loro vestiti, quegli uomini infatti erano andati a chiamarli perché a breve sarebbero dovuti tornare sul palco.
 
Riuscirono a passare la prima serata con molti più voti di quelli che si aspettavano e Kuro li convinse a girare dei video diary, ovvero dei video di una o due ore che settimanalmente sarebbero stati montati e pubblicati su youtube. In questi avrebbero aggiornato i fan della loro vita e avrebbero risposto alle domande, scelte da Kuro stesso, che questi continuavano a porgli su Twitter e sugli altri social. Il corvino aveva detto loro che era un buon modo per farsi conoscere e lasciare che si affezionassero a loro, in modo che li votassero sera dopo sera non solo per la loro canzone, ma anche perché li apprezzavano come persone, sentendosi un po' più vicini a quei ragazzi di vent’anni.
Il primo video ebbe un sacco di successo e condivisioni, con gente che iniziò a fare le domande direttamente nella sezione dei commenti di youtube.
Avevano deciso di girarli sempre nello stesso posto: con la telecamera posta di fronte il divano.
Suga aveva appena messo in play per iniziare la ripresa del secondo video (dopo essere passati anche alla seconda serata) e poi cercò un posto a sedere.
Il divano era a tre posti, ma se si stringevano un poco riuscivano ad entrarci anche in quattro, cosa che appunto aveva fatto anche nello scorso video.
Atsumu fu l’ultimo a raggiungerli e con le braccia incrociate chiese –Perché diavolo devo sempre essere io quello seduto a terra!?
-Suvvia non fare il melodrammatico e siediti qui- lo rimbeccò Oikawa indicando il posto a terra tra le sue gambe. Il biondo alzò gli occhi al cielo ma decise di accontentarlo senza lamentarsi oltre: ci sarebbero state tante altre occasioni e sapeva che avrebbe vinto un posto su quel divano.
Suga salutò e presentò nuovamente ognuno di loro, ringraziando come da programma tutti i loro nuovi fan per continuare a supportarli durante lo show televisivo.
-Abbiamo ricevuto un sacco di domande e commenti sotto lo scorso video e Kuro ne ha scelte diverse per noi- mostrò dei fogli che teneva tra le mani –direi di iniziare subito.
Tutti gli altri annuirono, per il momento ancora abbastanza concentrati sulla telecamera, anche se sapevano benissimo che entro un massimo di venti minuti Atsumu e Oikawa avrebbero iniziato a punzecchiarsi a vicenda mentre Kenma si sarebbe distratto con qualche gioco sul cellulare.
-Allora, la prima domanda ce la pone… KenmaIsMyReligion.
Kenma rise –Bel nickname.
Suga continuò come se non l’avesse interrotto –Dice: “Stavo rivedendo la replica della prima puntata e sbaglio o quando eravate sul palco a vedere la classifica finale Kenma aveva un pezzo di cioccolato tra i capelli?”
Oikawa scoppiò a ridere, persino Akaashi sorrise a quella domanda così particolare e inaspettata.
Fu Kenma a rispondere dopo aver alzato gli occhi al cielo –Sicuramente avevo un pezzo di cioccolato tra i capelli visto che Atsumu aveva iniziato una lotta con i muffin.
-Ed è il motivo per il quale adesso sta in punizione sul pavimento- concluse Suga.
-Ehy!- si indispettì il biondo in questione ricevendo come risposta solo un calcio da Oikawa.
-Prossima domanda- riprese Suga –questa la scrive ILoveSetters e chiede “perché avete scelto proprio quella razza di cani per il vostro nome?”
Fu subito Oikawa a rispondere come ormai faceva sempre quando qualcuno chiedeva spiegazioni sul nome del loro gruppo –è ancora un segreto!
Akaashi alzò le spalle –Scusateci, non vogliamo andare contro Oikawa. È stressante poi doverlo sopportare.
Oikawa gli lanciò un cuscino indispettito, Akaashi però l’aveva previsto e si spostò in tempo così che quello colpì Kenma. Il ragazzino lo afferrò subito e lo rilanciò indietro ma colpì Atsumu.
-Atsumu! Non provare a lanciarlo!- lo rimproverò Suga.
-Ma perché rimproveri solo me!
Oikawa rise divertito, poi rubò il foglio dalle mani di Suga –Leggo io la prossima! Allora vediamo… oh, sì! Mi piace questo nickname! TooruTheBestSetters dice “Adoro il trucco di Tooru! Perché non provi a truccare anche gli altri? Scommetto che stareste tutti benissimo! Soprattutto Akaashi!”
Un sorrisetto comparve sul volto del diretto interessato –Questa è un’idea bellissima! Posso provare a truccarvi? Vi pregooo, possiamo farlo in ogni video mentre rispondiamo alle domande!
Come risposta ci fu un “no” generale, ma Tooru sapeva di saper essere molto insistente.
 
Li aveva presi per esasperazione e, durante il terzo video dopo essere passati anche per la terza sera, si era seduto vicino ad Akaashi pronto a truccarlo esattamente come avevano chiesto i fan.
-Atsumu-chan, tienimi questo!- gli disse il castano passandogli una borsa con dentro le migliori marche dei suoi trucchi preferiti.
Il biondo accartocciò la fronte per la rabbia –Non solo sono di nuovo seduto a terra, ma devo pure tenere le tue cose!?
-Iniziamo con le domande di oggi!- Suga interruppe qualsiasi litigio stesse per iniziare –La prima domanda scelta dal nostro non troppo fantastico giudice è di AkaashiTsundere e dice “Avete fratelli o sorelle?”
-Io ho una sorella molto più grande di me- rispose Oikawa subito mentre sceglieva la crema da mettere sul volto di Akaashi. Questo aveva già chiuso gli occhi e rispose subito dopo –Sono figlio unico.
-Anche io- si aggregò Kenma.
-Io invece ho un fratellino piccolo.
-Ecco perché sei così bravo a farci da mamma. Dovremmo iniziare a chiamarti Sugamama o qualcosa del genere- rise Atsumu prima di continuare –Ho un gemello ma ovviamente sono io il più bello.
Oikawa fece una smorfia –Quindi esiste un’altra tua versione? Non ne bastava solo una?
Atsumu lo spinse e Akaashi si lamentò quando la mano di Oikawa scivolò per entrare nel suo occhio.
Suga dovette dividerli costringendo Atsumu a mettersi seduto davanti a Kenma, dal lato opposto rispetto Tooru.
-Andiamo avanti- disse con un sospiro esasperato anche se avevano iniziato da solo pochi minuti –SugaBestMan dice “Perché non avete ancora creato un account Instagram e Twitter della band? Abbiamo bisogno di più vostri contenuti! Un video a settimana non ci basta più!”
-Inizio a crearlo!- si infervorò subito Atsumu afferrando il telefono.
-Bene… Immagino che quando vedrete questo video esisteranno già.
-Che metto come password? Uno, due, tre e quattro vanno bene?- chiese il biondo ancora concentrato sul telefono.
-Ed ecco perché fin dal primo momento ho detto che era meglio fare dei video che avremmo poi dovuto montare rispetto a delle dirette- concluse Kenma con un sospiro.
Atsumu alzò lo sguardo sulla telecamera ricordandosi solo in quel momento che si stavano riprendendo –Ah, ops.
 
Durante il quarto video, Suga aveva già messo play anche se Atsumu doveva ancora arrivare e dovevano finire di sistemarsi.
-Kenma spostati- disse Oikawa cercando di sedersi tra il biondo in questione e il loro leader –Oggi tocca a Suga essere truccato, dopo il successo che ho avuto l’ultima volta con Atsumu e Akaashi sto iniziando a chiedermi se non fossi destinato a questo.
-Il tuo ego è opprimente- commentò il più piccolo, ma si fece comunque da parte per farlo sedere dove voleva.
-Cos’è questo rumore?- domandò Akaashi quando si sentì un gran fracasso di mobili che venivano trascinati.
-Scommetto che Atsumu sta trascinando la panca imbottita per potersi sedere lì- rispose Kenma.
-Ma verrebbe tagliato dall’inquadratura- commentò Oikawa dopo un breve sguardo intorno a loro.
-Ssh, faglielo scoprire solo dopo- il sorriso di Kenma era quasi crudele –Tutto questo deve assolutamente essere messo nel montaggio- sussurrò poi a Suga.
-Assolutamente- annuì il leader.
Dovettero passare altri dieci minuti prima che Atsumu riuscisse a portare l’intero mobile nella stanza in questione e che il suo sorriso soddisfatto si trasformasse in uno disperato quando si rese conto che era stato tutto totalmente inutile.
Quando, infine, si sedette nel suo solito posto a terra aveva il broncio in volto e aveva incrociato le braccia al petto dopo aver dichiarato che non avrebbe più parlato con nessuno di loro.
-Dai non fare così- provò a consolarlo Suga –Come prima domanda c’è qualcuno che ha messo un nickname solo per te!
Questo eliminò il broncio dal volto del biondo in attesa che Suga continuasse.
-Fai leggere a qualcun altro, ho bisogno che tu stia fermo per farti truccare!- lo interruppe Oikawa infastidito.
Akaashi prese il foglio prima che Atsumu iniziasse a discutere con il castano per aver interrotto il leader nel momento più interessante –Ci scrive StopBullyAtsumu che dice “Ragazzi vi adoro, ad ogni vostro video muoio dal ridere e ormai non faccio altro che cantare la vostra canzone ovunque! Adoro soprattutto Atsumu e nonostante il mio nickname devo ammettere che è troppo divertente quando lo bullizzate, non smettete mai! Il mio momento preferito è stato sicuramente quando Oikawa l’ha truccato.”
-Scusami!? Questo è un controsenso! C’è Osamu dietro questo messaggio! Quello stronzo di mio fratello ha pagato la gente per scrivere queste cose, lo so! E so che ha pagato anche te, Oikawa! Come hai potuto fare ad Akaashi un trucco così carino per poi rendere me una specie di drag queen? Che merda! Non ti perdonerò mai per questo!
In risposta, Oikawa si limitò a uscire la lingua, per nulla pentito di quello che aveva fatto.
-Come puoi pretendere che non ti trattiamo male quando continui a fare di tutto per aumentare il nostro lavoro nel montaggio video?- sospirò afflitto Kenma alzando gli occhi al cielo.
-Cosa ho fatto adesso?- spalancò gli occhi il biondo come se fosse appena caduto dalle nuvole.
-Le imprecazioni. Dovremmo silenziarle tutte!
-Ah cazzo, scusa.
-Atsumu!
 
Quando iniziarono a filmarsi per il quinto video, si resero conto che sarebbe stato l’ultimo.
-Non avremmo mai pensato di arrivare fino a qui…- mormorò Suga a nome di tutti –ma domenica ci sarà già la finale e noi non sappiamo più come ringraziarvi per tutto il supporto che ci state dando. Siamo così felici e sorpresi da non avere neanche le parole per esprimervi la nostra gratitudine.
-E per festeggiare l’ultimo video abbiamo persino permesso ad Atsumu di sedersi qui con noi!- continuò Oikawa come se fosse la più grande conquista in quelle ultime settimane.
Erano ancora più stretti del solito in quel divano a tre posti, sia perché Atsumu era un po' più grande di Kenma, sia perché proprio questo si era appollaiato su uno dei braccioli ma poggiando comunque le gambe sopra Akaashi e Suga.
Atsumu però sembrava super felice della cosa, quindi decisero che avrebbero fatto uno sforzo per quel giorno.
-Direi di iniziare subito con la prima domanda di AtsuOiIsReal che chiede “Vi prego ditemi che la mia ship è canon! Ho bisogno di saperlo!”
-Ship? Quale ship?- domandò confuso Atsumu.
-Come hai detto che si chiama?- si informò Akaashi e Suga ripeté il nome.
Kenma fece un verso molto strano –Oh Dio! Davvero pensano che Atsumu e Oikawa stiano insieme? Quest’immagine non lascerà mai più la mia mente!
-Che cosa?- Oikawa esplose –Non cadrei mai così in basso! Ma che schifo!- e il suo volto era davvero schifato.
-Scusami?- Atsumu si indispettì –Dovresti solo ringraziare che la gente creda tu possa avere qualcuno come me!
-Ragazzi, per favore…- provò a placarli Akaashi mentre Suga aveva ormai le lacrime agli occhi per quanto aveva iniziato a ridere.
Dovettero passare venti minuti prima che le acque si calmassero e con fatica riuscirono a continuare con le domande. Sia domande troppo personali dove non davano quasi mai una vera risposta, sia domande stupide e divertenti dove iniziarono a dare risposte assurde e inventate.
-Per concludere- la voce di Suga era esasperata dopo tutto quel tempo –l’ultima domanda che Kuro ci ha preparato è di SettersMyOnlyWorld che chiede “Cosa avete imparato in queste settimane? Ovviamente parlo di tutto ciò che non riguarda il mondo musicale.”
-Questa è una domanda interessante- commentò Akaashi mentre gli altri annuivano –Io penso di aver migliorato i miei riflessi. Tutti i litigi e i conseguenti oggetti che continuavano a volare per casa sono stati un buon allenamento.
Risero, poi Oikawa commentò –Io ho scoperto che Atsumu non è poi così male!
-E io lo stesso su Tooru. Ma questo non significa che voglia farmelo!
-Io ho scoperto di essere circondato da idioti- aggiunse subito Kenma –poiché quei due hanno capito di essere praticamente uguali solo dopo sette settimane di convivenza!
Suga rise e concluse –E io ho capito che nonostante tutto non vi avrei scambiato per nessun’altro.
Le voci degli altri quattro arrivarono tutte insieme, divise tra chi lo insultava per quanto fosse stato sdolcinato e chi imbarazzato cercava di farlo stare zitto.
Ma, nel profondo, dopo tutto quel tempo, ognuno di loro sapeva bene quanto le parole di Suga fossero completamente vere.
 
Alla finale arrivarono in quattro esattamente come da programma.
C’era il loro gruppo che rappresentava Kuro. Un solista di nome Semi Eita, più comunemente chiamato da Tendo “Semi-Semi”, che era stato scelto proprio da quest’ultimo. Il Dynamic Duo formato da Hinata Shoyo e Kageyama Tobio che era stato creato e scelto da Asahi. E infine il solista Aran che gareggiava per conto di Kita.
L’ultima puntata iniziò con tutta una prima parte dove i protagonisti erano proprio i giudici, essendo loro quelli che più di tutti avevano partecipato a quel programma decidendo e scommettendo su delle persone. Fu chiesto loro di raccontare come avevano vissuto quelle sei settimane con tutti i loro candidati ma soprattutto con quelli che erano proprio arrivati in finale, facendo addirittura vedere dei video.
Poi passarono a presentare uno per uno i candidati, mostrando al pubblico i loro provini (che fino a quel momento erano rimaste inedite) concludendo con dei video fatti dai familiari di ognuno di loro che li spronavano a vincere, commentando che stavano tutti facendo il tifo.
Per Oikawa, il video era stato fatto da tutta la sua famiglia: genitori, sorella e nipote. Inutile dire che nonostante durò un minuto scarso il ragazzo scoppiò a piangere.
-Oh no Tooru… il tuo trucco!- lo prese in giro Atsumu dandogli delle pacche sulle spalle.
Oikawa cercò di darsi un contegno mentre commentava –è waterproof, non si rovinerà, ho pensato a tutto.
Il secondo video fu fatto da Shimizu e dal fratellino di Koshi, Suga non poté far null’altro se non sorridere teneramente tutto il tempo.
Per Akaashi ci fu un breve video di suo padre, ma nonostante la durata non fu meno toccante degli altri. Kenma, invece, reagì al video dolce dei suoi genitori con il volto infastidito di chi odiava sentirsi in imbarazzo davanti così tante persone.
Infine, per Atsumu, venne trasmesso un video di suo fratello e Suna. Quando la gente vide quanto fossero uguali lui e Osamu esplose in urli di stupore e approvazioni, probabilmente felici di poterne avere due.
-Come puoi dire che sei tu quello più bello?- sussurrò Suga quando il video si concluse e passarono a quelli degli altri concorrenti –Siete praticamente uguali.
Atsumu gli lanciò un’occhiataccia –Forse dovresti iniziare a mettere gli occhiali!
Il resto della serata fu molto veloce e vennero fatte tutte e quattro le esibizioni a distanza di un quarto d’ora ciascuno dove la gente aveva il tempo da casa per votare in quel momento per la canzone appena sentita.
Quasi subito arrivarono alla classifica finale e, con trepidazione e ansia, si misero a fissare il grande schermo alle loro spalle dove sarebbe spuntato il nome e la canzone del vincitore.
-E il vincitore dell’edizione del 2015 è…- Kita lasciò la frase in sospeso e due secondi dopo spuntò la scritta “Semi Eita con Counting Stars”.
Il ragazzo in questione urlò per poi iniziare a piangere. Tutto intorno a lui esplosero i coriandoli e la musica. Tendo urlò più forte di tutti e salì sul tavolo dove iniziò fare una danza della vittoria, affermando che come lo scorso anno era stato lui a vincere perché ormai aveva buon occhio nel trovare i nuovi talenti emergenti.
Per quanto tutti gli altri fossero tristi, si ritrovarono a sorridere e battere le mani al nuovo vincitore, così felice e sincero nelle sue emozioni che non lo si poteva odiare.
Scoprirono dopo che al secondo posto arrivò il Dynamic Duo e solo al terzo i The Setters.
Dovettero rimanere sul palco a rivedere l’esibizione del vincitore fino ai saluti finali e, solo quando infine la diretta venne staccata, poterono finalmente raggiungere per l’ultima volta il loro camerino.
-Aaah che palle! Pensavo che saremmo arrivati almeno secondi! Quanto odio quel Tobio!- si lamentò Oikawa sedendosi con poca eleganza su una sedia.
-Shoyo si meritava il secondo posto- lo difese subito Kenma –Lui conquista sempre tutti.
-E allora è stato il tuo amico a trascinare quell’altro scorbutico, senza chibi-chan  Tobio non avrebbe passato neanche la prima serata!
-Dai ragazzi…- provò a risollevare il loro morale Suga –Il terzo posto non è così brutto.
Atsumu incrociò le braccia con un broncio in volto –Nessuno ricorda mai chi è arrivato al terzo posto.
Akaashi stava per dire qualcosa, probabilmente elencando una serie di artisti che rispettavano quei canoni, ma venne interrotto da Kuro che li raggiunse in stanza senza neanche premurarsi di bussare.
-Ho una proposta per voi- disse subito e a tutti ricordò la prima volta che li aveva messi insieme.
Si fecero curiosi e attesero che il corvino continuasse, cosa che fece quasi subito.
-Come ben saprete mio padre è proprietario di una enorme casa discografica. Stamattina mi aveva già detto che, comunque sarebbe andata, voi siete amati dai fan e che volendo potreste cavalcare l’onda. Mi ha suggerito di proporvi di farvi da Manager, sarebbe il mio primo lavoro ma essendo cresciuto nella società di mio padre penso di essere abbastanza portato per questo. Il contratto che vi sto proponendo è per i prossimi cinque anni, ovviamente mi aspetto da voi la massima collaborazione e impegno, ciò significa che entro la fine di quest’anno dovrete aver inciso un disco e che all’inizio del 2016 saranno già uscite le tappe del tour che farete in Giappone. È tantissimo lavoro ma, se questo è quello che volete fare nella vita, immagino abbiate sempre voluto che qualcuno vi proponesse qualcosa di simile.
-Ci sto!- urlò subito Oikawa con gli occhi luminosi, la tristezza della sconfitta completamente dimenticata.
-Anche io- disse subito dopo Atsumu –Non avrei voluto altro!
Akaashi rispose in modo più pacato e composto –Ho già fatto una vita simile, certo non ero io al centro dell’attenzione ma so cosa significa dover andare da città in città per i vari tour, dover rispettare le scadenze e tutte quelle cose lì. Mi va benissimo.
Suga sembrava stesse inseguendo un pensiero lontano, ma alla fine sospirò e con un leggero sorriso in volto disse –Sono dentro.
Tutti gli occhi a quel punto si spostarono su Kenma, il ragazzino si morse un labbro e nascondendo un sorriso commentò –Immagino che non possa proprio dire di no, vero?
Nei minuti successivi dentro quel camerino ci furono solo urla, abbracci e champagne che veniva stappato per festeggiare quel nuovo inizio. L’inizio di un gruppo e di una grande avventura, ma soprattutto l’inizio di un’importante amicizia.
-Immagino che comunque non possiamo più cambiare nome, vero?

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Capitolo 4
*** La canzone di Kenma - Parte 1 ***


La canzone di Kenma - Parte 1
 
2015
Kenma aveva capito che gli piacevano i ragazzi fin dalle medie. Non era qualcosa che gli interessava, ma quando Hinata l’aveva trascinato a una festa dove gli avevano fatto fare uno stupido gioco di scegliere tre attrici da mettere nella lista di “baciare, sposare, schiaffeggiare”, si rese conto che avrebbe preferito di più scegliere gli attori.
Aveva catalogato la nuova scoperta nella sua mente ed era andato avanti.
Al liceo, poi, aveva iniziato ad avere il dubbio che forse avrebbe potuto avere una cotta per Shoyo, non ci dormì un’intera settimana fino a quando non si costrinse a dirglielo e provare.
Ciò nonostante, dopo che si baciarono, capirono entrambi di aver un enorme legame tra di loro, ma che in questo non ci fosse assolutamente nulla di romantico. E, appunto perché non provavano nulla per l’altro, non c’era stato alcun tipo di imbarazzo tra di loro dopo quel breve e singolo bacio.
Kenma si domandò più volte se il suo essere sempre annoiato di qualsiasi cosa non l’avesse portato a rifiutare di provare a prescindere quel grande amore di cui parlavano sempre tutti i film e i libri. Persino i videogames con cui amava tanto giocare avevano storie di quel genere.
Le cose, tuttavia, cambiarono completamente con l’arrivo di Kuro Tetsuro.
Non fu il solito “colpo di fulmine”, perché la prima volta che Kenma l’aveva visto e aveva parlato con lui era certo di non sopportarlo e quasi addirittura odiarlo. Questa sua antipatia, inoltre, andò avanti anche nelle settimane che seguirono mentre partecipavano allo show televisivo.
Kenma si vantava sempre di essere una persona intelligente, quindi si stupì non poco quando furono Atsumu e Tooru a fargli notare che stava dando un po' troppa attenzione al loro giudice.
Quel giorno Kuro aveva pranzato insieme a loro, commentandogli diverse cose e lasciandogli le domande da leggere per il video diary che avrebbero dovuto girare quel pomeriggio.
Quando andò via, Oikawa sospirò teatralmente e commentò –Nessun altro sentiva la tensione sessuale?
Atsumu rispose subito –Oh grazie agli dei che ci sei tu, pensavo di essere l’unico a sentirmi in imbarazzo.
Kenma alzò lo sguardo sospettoso, Suga domandò –Di che state parlando?
I due ragazzi fissarono gli altri tre come se fosse cresciuto loro una seconda testa –Davvero nessuno di voi si è accorto di Kuro e Kenma? Ragazzi è talmente evidente che avrebbero potuto spogliarsi e farlo sul tavolo e sarebbe stata la stessa cosa!
Akaashi soffocò con la sua saliva, Suga corrugò la fronte come cercando di ripensare a tutto quello che avevano passato fino a quel momento per poi girarsi a fissare Kenma con le sopracciglia alzate.
-Non è divertente!- rispose quindi il diretto interessato, senza sapere davvero di che gli altri stessero parlando e, non volendo più essere il protagonista di quella conversazione, si alzò e scappò in camera chiudendosi la porta alle spalle.
Ormai però il danno era fatto e, dopo che Atsumu e Tooru gliel’avevano fatto notare, non fu più una cosa che riuscì ad evitare.
Ogni volta che il suo sguardo si soffermava troppo su Kuro, ogni volta che si ritrovava a rispondere a qualche sua frase anche se preferiva sempre lasciare quel lavoro agli altri, ogni volta che si ritrovava a pensarci… tutto gli mostrava quanto quei due avessero avuto ragione.
E se fosse stata un’attrazione a senso unico, Kenma l’avrebbe anche potuto sopportare, perché sapeva che con il tempo gli sarebbe passata. Ma Kuro si comportava con lui in modo diverso rispetto agli altri, non che facesse favoritismi o simili, era semplicemente il suo modo di ricambiare lo sguardo, i brevi tocchi e l’attenzione che poneva nei suoi riguardi.
Come avrebbe dovuto il biondo farsela passare quando Kuro si comportava come se Kenma fosse ogni volta la persona più importante all’interno della stanza?
Strinse i denti e si disse di arrivare alla fine di quelle settimane. Avrebbe solo avuto bisogno di finire lo show, abbandonare quel mondo e lasciare fare tutto alla lontananza.
 
Nonostante i suoi buoni propositi, il destino aveva dei programmi diversi per lui perché nonostante fossero infine arrivati solo al terzo posto allo Spring MS 2015, avevano comunque firmato un contratto per i successivi cinque anni. Un contratto con la società del padre di Kuro e proprio quest’ultimo era diventato il loro manager. E per quanto la parte di lui che non era ancora pronto a lasciarlo andare per sempre fosse felice della cosa, sapeva anche che non aveva idea di come vivere a stretto contatto con la sua cotta per i successivi cinque anni.
Gli veniva quasi da ridere al pensiero di essere all’interno di un cliché romantico: lui innamorato del suo capo. Non finivano mai bene storie del genere.
Quella sera non era il momento per le sue paranoie ma, come continuavano a ricordare tutti, era il momento di festeggiare. Lasciarono quindi gli studi televisivi che mancava un quarto d’ora alla mezzanotte e si fecero portare da Kuro in un bar per brindare e ubriacarsi.
Il corvino li portò in un posto di lusso facendoli subito salire nella parte vip. In questo modo, anche se li avessero riconosciuti, nessuno li avrebbe importunati più di tanto visto che erano tutte persone dello stesso rango.
Tutti e cinque ordinarono subito una bottiglia costosa e brindarono più e più volte al loro nuovo inizio.
Qualche ora dopo, Kenma era leggermente brillo. Ma si rendeva conto che se sapeva di esserlo non era messo poi così tanto male. Inoltre stava iniziando ad avere sonno ed era una buona cosa, perché sarebbe stato troppo stanco per fare qualche cazzata.
Allo stesso tempo, tuttavia, non ricordava come l’attimo prima stesse brindando insieme ai suoi compagni, mentre l’attimo dopo  tutti questi erano andati via dal tavolo: probabilmente trascinati da un Oikawa che non aveva fatto altro che dire che voleva andare a ballare.
Non rimase da solo troppo a lungo però, perché Kuro lo raggiunse sedendosi al suo fianco.
Aveva un boccale di birra mezzo vuoto in mano che sistemò davanti a sé prima di domandare –Sei ubriaco?
Kenma scrollò le spalle –Non troppo. Tu?
Entrambi avevano gli occhi fissi sulla bevanda davanti a loro, la condensa che gocciolava fino a creare una piccola pozza sul tavolo in legno.
-Non troppo- rispose il corvino allo stesso modo.
Rimasero in silenzio per dei minuti infiniti, la tensione tra di loro era palpabile.
Per Kenma era scomparsa ogni cosa, il luogo dove si trovavano e i rumori di sottofondo. Nulla aveva più importanza se non le sue dita che lentamente, sul tavolo, si stavano avvicinando a quelle del più grande. O il calore del corpo al suo fianco lontano da lui solo un soffio.
Le loro dita si erano appena sfiorate e Kenma sentì un brivido lungo la sua schiena, fu a quel punto che si ritrovò a sospirare e chiudere la mano in un pugno, allontanandosi da quel contatto –Non possiamo, vero?- sussurrò poi.
Le dita di Kuro ebbero uno spasmo, poi si chiusero anche le sue finché non spostò l’intera mano.
-Immagino di no.
Kenma annuì lentamente e chiuse gli occhi mordendosi il labbro, quando tornò ad aprirli il ragazzo non era più accanto a lui così come era scomparsa la sua bevanda.
Per un attimo Kenma non poté fare a meno di chiedersi se non si fosse semplicemente sognato il tutto.
 
I mesi successivi furono talmente caotici e pieni di nuovi incontri che Kenma non si dovette soffermare troppo spesso a rendersi conto che la cotta che aveva per Kuro si era indubbiamente trasformata in qualcosa di più.
Nelle settimane successive alla fine dello show, avevano dovuto partecipare a diversi altri programmi televisivi e interviste, avevano dovuto fare infiniti set fotografici e girare il video ufficiale del loro singolo “Vent’anni”, avevano passato interi giorni a scrivere e comporre nuove canzoni con la scadenza del loro primo cd che sarebbe dovuto uscire entro Natale. Inoltre, erano già uscite le date del tour che avrebbero svolto nel 2016 in tutto il Giappone e in molte delle città più popolate i biglietti erano andati sold out in poche ore.
C’erano così tante persone che adesso lavoravano con e per loro che Kenma a stento riusciva a ricordare i loro volti. Aveva imparato i nomi solo di quelli più importanti: c’era Iwaizumi Hajime, il loro nuovo Tour Manager, colui che si sarebbe occupato di tutte le questioni riguardanti i tour e sarebbe partito ogni volta insieme a loro per accertassi che tutto sarebbe andato secondo i piani. C’era Sawamura Daichi: capo della sicurezza e guardia del corpo personale, ogni volta che uscivano l’uomo non si allontanava mai più di qualche metro. C’era Yachi Hitoka che si occupava dei loro vestiti e c’era Sakusa Kiyoomi che si occupava della sala di registrazione e dell’incisione delle loro canzoni.
Ma, soprattutto, Kenma aveva iniziato a legare con i suoi colleghi e compagni. Vivevano tutti insieme in un appartamento che fortunatamente era molto più grande di quello dato loro durante lo show. Questo aveva tre bagni e una camera singola per ciascuno, quindi anche se i litigi e i battibecchi erano all’ordine del giorno, era comunque una situazione vivibile.
Kenma voleva davvero bene a ognuno di loro, anche se probabilmente non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. Voleva bene anche ad Atsumu e Tooru che troppo spesso cercavano di testare i limiti della sua pazienza. Perché per quanto cercasse di non pensare tutto il tempo a Kuro, non diventava un qualcosa di semplice quando quei due riuscivano a trovare ogni minima occasione per stuzzicarli senza vergogna, soprattutto quando Suga non era nei paraggi o a portata d’orecchio per bloccarli e rimproverarli.
Un esempio fu quando stavano tornando dallo studio di registrazione dopo ben sei ore chiusi lì dentro (colpa di Atsumu che aveva iniziato a sbagliare un po' troppo spesso costringendoli a rimanere più del dovuto) e Kenma era stremato, sia per la fatica della giornata sia perché la notte prima aveva dormito solo due ore. Immancabilmente si addormentò e la sua testa cadde sulla spalla del corvino, Kuro non fece nulla per spostarlo. Le foto che i due amici gli fecero lo tormentarono per un’intera settimana.
Altro esempio fu quando il gruppo fu invitato a partecipare a uno show televisivo e i fan che avevano già saputo la notizia li stavano aspettando fuori dai cancelli.
C’erano le transenne a dividerli ma questo non fermò uno di loro a sporgersi in avanti per afferrare con forza il braccio di Kenma e strattonarlo.
Kenma aveva fatto un urlo sorpreso e Kuro fu subito al suo fianco, arrivando ancora prima di Daichi, per dividerlo dal tipo mentre lo spingeva dietro di sé, come a volergli fare da scudo.
Successivamente, Atsumu e Oikawa non fecero altro che parlare del suo principe azzurro, commentando di quanto era stato caldo quando aveva rimproverato il tipo con educazione mentre i suoi occhi volevano solo distruggerlo. Oikawa aveva concluso con “fossi stato in te mi sarei fatto sbattere sulla prima superficie disponibile.”
Di esempi del genere Kenma avrebbe potuto raccontarne a bizzeffe e la situazione diventava sempre più insostenibile anche senza il bisogno di quei due, come quando in diretta a uno spettacolo non aveva fatto altro che pensare alle mani di Kuro che gli alzavano la camicia per aiutarlo a sistemare il filo del microfono. Si era talmente distaccato dalla realtà che Akaashi dovette dargli una gomitata e solo a quel punto il più piccolo capì che gli era stato rivolto un quesito. Arrossendo aveva risposto –Perdonami, non ho sentito la domanda.
La gente aveva riso e Suga era intervenuto in suo aiuto –Il nostro batterista è solo stanco, non è facile vivere in una casa con Tooru e Atsumu che hanno le idee per le canzoni e le melodie in piena notte, e non ci pensano due volte prima di svegliarci tutti per farci sentire il loro colpo di genio.
La gente aveva riso più forte e la conversazione fu spostata su quel nuovo argomento.
Infine, Kenma aveva capito di essere irrimediabilmente corrotto da quel sentimento quando si era svegliato sudato e caldo nel proprio letto, l’erezione ben visibile dai suoi boxer e la mente invasa dalle scene del sogno con Kuro che stava facendo. Un sogno che di casto non aveva nulla.
 

2016
Kenma amava suonare la batteria, ma ammetteva tranquillamente che non aveva iniziato a suonarla perché ne era stato attratto o perché gli piaceva il suono, l’aveva fatto semplicemente perché era stato convinto da Shoyo. Non che riuscisse mai a dire di no a qualcosa che il rosso gli proponeva: il fatto che adesso facesse parte di una band famosa ne era la dimostrazione.
Aveva iniziato a suonare la batteria perché era una persona essenzialmente pigra, quindi era stato abbindolato con la scusa “devi suonare da seduto, non ti stancherai mica!”, scoprendo poi troppo tardi che il batterista era forse quello che faticava e sudava più di tutti sopra il palco.
Con il tempo, poi, aveva iniziato ad apprezzare lo strumento in sé. Amava le sfide e adorava quindi il fatto di doversi allenare per avere una buona manualità o imparare ad usare entrambe le mani ma con ritmi diversi. Tutti credevano che fosse facile suonare la batteria, ma c’era un enorme studio dietro e alla fine Kenma era più che soddisfatto di essere arrivato a quel punto.
Ma per quanto s’impegnasse, il problema del biondo non era il solo e semplice fatto che fosse pigro, ma anche che il suo corpo era debole e con pochi anticorpi. Da piccolo, ogni volta che si sforzava troppo gli veniva la febbre alta e persino a scuola doveva limitare gli esercizi che facevano durante l’ora di ginnastica perché non poteva permettersi di stare a casa almeno due giorni a settimana per malattia.
Crescendo, il suo corpo era migliorato, ma questo non significava che non avesse comunque delle limitazioni che i suo compagni non avevano. Kenma non voleva essere un peso per loro, non voleva che questi si preoccupassero e decise di poter gestire tutto per conto proprio.
Uno dei suoi problemi era la mancanza di sonno. Tutti loro, per via degli enormi impegni, dormivano meno delle normali otto ore a notte. Il problema del biondo però era che dal momento in cui poggiava la testa sul cuscino, passavano ore prima che riuscisse effettivamente a prendere sonno. Colpa di tutto lo stress accumulato durante la giornata e l’ansia di aver fatto qualcosa di sbagliato o di essersi dimenticato di qualcosa.
Iniziò a prendere la melatonina e per i primi mesi riuscì a regolare (per quanto possibile con il suo lavoro) il sonno. Riducendo la sua ansia e il suo stress.
Le cose però si fecero ancora più frenetiche, soprattutto quando erano ancora nel bel mezzo del tour dopo aver moltiplicato le date iniziali e si trovarono pure a dover scrivere e progettare nuove canzoni perché altrimenti non sarebbero entrati nei tempi prestabiliti.
Questo lo portò a cercare qualcosa di più forte e capì di aver bisogno di un medico. Non voleva però far preoccupare i suoi compagni o Kuro, ma soprattutto non voleva che la gente scoprisse che potesse avere qualche problema, sapeva che i siti di gossip l’avrebbero usato per speculare e i suoi fan si sarebbero preoccupati.
Ricordò quindi che l’anno prima, quando ancora vivevano tutti nel palazzo dello show musicale, aveva incontrato più di una volta Semi, il ragazzo che poi aveva vinto l’edizione, insieme a un ragazzo castano che poteva avere la sua stessa età. Quel ragazzo gli era stato presentato da Semi come “Shirabu, il mio dottore” e anche se Kenma non credeva di certo che fosse solo quello, non aveva messo in dubbio che l’altro ragazzo lavorasse effettivamente nell’ambito della medicina viste tutte le nozioni mediche che, poco dopo, aveva iniziato ad elencare come se stesse facendo la lista della spesa.
Non ci aveva pensato due volte quindi a contattare Semi per farsi dare il numero di telefono del suo amico. Era giovane, competente e ed era già entrato in contatto con delle celebrità, eppure il suo nome non era mai stato menzionato in nessun sito di gossip. Kenma sapeva che sarebbe stato la scelta più facile.
-Hai già finito le pillole che ti avevo prescritto?- domandò Shirabu nel momento esatto in cui entrò nella sua camera d’albergo senza neanche salutare.
Era la seconda volta che s’incontravano. I Setters si sarebbero esibiti per tre giorni di quella settimana a Miyagi e Shiabu si trovava proprio in quella città, quindi Kenma ne aveva approfittato per ricontattarlo.
La prima volta che si erano visti, Shirabu l’aveva visitato a fondo, gli aveva fatto moltissime domande e alla fine gli aveva prescritto le benzodiazepine. Erano delle pillole che riuscivano ad aiutarlo moltissimo con la sua ansia, il problema era che aveva bisogno di una trascrizione medica per comprarle.
-Ne ho ancora un po'- specificò subito il biondo –ma non so quando ci rivedremo e io ne ho bisogno.
Shirabu sospirò sedendosi sul letto –Ti ho già detto che queste possono portare alla dipendenza, vero? Ricordo di averti fatto un lunghissimo discorso l’ultima volta.
Kenma sbuffò –Senti… ho ascoltato tutto il tuo discorso e non sono stupido. Sono adulto e riesco a prendere le decisioni da solo. Puoi per favore scrivermi nuove pillole? Sono di fretta, ho una riunione con gli altri a breve.
Shirabu alzò un sopracciglio dopo lo sfogo dell’altro, questo si rese subito conto del tono poco carino che aveva usato e si ritrovò a sedersi su una poltrona nascondendo il viso tra le mani.
-Scusa- borbottò poi in un lungo sospiro –So che mi stai facendo solo un favore ad essere qui. Non volevo urlare quelle cose. Sono solo… irrequieto e nervoso troppo spesso.
Shirabu lo scrutò, poi borbottò –Ecco perché dico che dovresti andarci piano, sono parte degli effetti collaterali.
Kenma alzò su di lui uno sguardo disperato e alla fine il castano cedette –Okay ascolta, te ne prescrivo di due tipi differenti. La stessa marca dell’ultima volta che, come ben sai, ha un effetto dalle quattro alle sei ore. In più ti prescrivo anche queste altre che hanno una lunga durata, fino ai quattro giorni. Visto che ne fai un uso continuo penso che ti siano molto più utili, ma mi raccomando, non devi mai unirli o prenderne una nuova dose se l’altra è ancora in corso. Chiaro?
Kenma annuì velocemente, non era di certo così stupido da fare qualcosa del genere.
 
-Dov’è Kenma?- domandò Kuro non appena raggiunse la camera di Suga, luogo dove avevano deciso di fare la riunione quel giorno.
Tutti gli altri erano già seduti e sistemati tra il letto e le varie poltrone, mancava solo il più piccolo.
Ormai Kuro aveva fatto pace con se stesso e accettato che non appena raggiungeva il suo gruppo, per prima cosa doveva controllare che Kenma fosse lì e che stesse bene.
Suga alzò le spalle –Non ci ha ancora raggiunto.
Atsumu rise –Era impegnato con quel ragazzo carino.
Kuro sentì un peso sullo stomaco, il suo sguardo si assottigliò e senza che potesse controllarlo subito ruggì –Quale ragazzo?
Ignorò lo sguardo divertito e quasi soddisfatto che si scambiarono il biondo e Oikawa mentre proprio quest’ultimo rispondeva alzando le spalle –Abbiamo visto un ragazzo raggiungerlo nella sua camera d’albergo mezz’ora fa, immagino che a breve finiranno.
Kuro era furioso al solo pensiero di Kenma, del suo gattino, nella stanza d’albero con qualcuno. Sapeva benissimo di non poter avere nessuna pretesa su di lui e di non potersi incazzare per questo, quindi proiettò tutto sul lavoro.
-Ho detto che ci saremo riuniti a quest’ora! Pensa di essere speciale? Che è talmente bravo da poter evitare di prendere parte a queste riunioni!?
Prima di poterlo registrare, il suo corpo si era già mosso per raggiungere la stanza del diretto interessato e aveva iniziato a bussare mentre chiamava a gran voce il nome del biondo.
Questo gli venne ad aprire quasi subito esclamando –Sto arrivando, sto arrivando!
Lui e Kenma si fissarono per diversi secondi in silenzio, avevano degli sguardi talmente pesanti da poter essere peggiori delle parole.
Il contatto visivo fu interrotto per colpa del ragazzo che era in camera con lui, che gli passò accanto per andarsene dalla stanza.
La rabbia tornò a invadere il corpo di Kuro e si ritrovò a sbottare –Avevi un impegno lavorativo! Non mi sembra il caso che tu stia qui a divertirti come se fossi il centro del mondo e tutti avessero tempo libero per aspettarti.
Kenma lo fissò come se fosse caduto dalle nuvole, le sue sopracciglia si erano alzate e la sua bocca si era chiusa in una linea retta –Sono in ritardo di due minuti! Non credo che questo abbia rovinato i piani a nessuno! Inoltre era importante! Non come quando aspettiamo Oikawa anche per interi minuti solo per poi scoprire che si stava scopando Iwaizumi in qualche angolo del palazzo!
Kuro sentì la risata soffocata del diretto interessato alle sue spalle e si rese conto solo in quel momento che gli altri quattro non solo l’avevano seguito, ma si stavano divertendo ad assistere alla loro scenata.
Il corvino sapeva perfettamente che doveva smetterla, che doveva chiedere scusa e fare un passo indietro. Kenma aveva perfettamente ragione ed era libero di fare quello che voleva.
Ma la sua gelosia e la sua impulsività continuarono a fargli urlare –Importante? Per favore! Come potrebbe mai essere una cosa importante avere questo…
Fu interrotto dal ragazzo che non era ancora andato via. Questo si intromise nella conversazione con voce dura e fredda –Sono il suo dottore- disse all’istante facendolo zittire –E se questo non è importante per te che sei il loro manager, allora forse dovresti iniziare ad avere qualche ripensamento sul lavoro che ti sei scelto.
Scese il silenzio. Kuro era rimasto senza parole mentre il suo corpo registrava che quel ragazzo era lì solo per il bene di Kenma, non perché ci fosse andato a letto. Il biondo, invece, aveva abbassato lo sguardo, le guance leggermente rosee.
Fu Atsumu a chiedere –Ma intendi che sei un medico vero o è uno strano giochino che fate a letto?
-Sai che hai un volto familiare?- disse poi Oikawa.
Il dottore alzò gli occhi al cielo senza rispondere a nessuno e si avviò verso l’ascensore –Vado. Kenma, se hai problemi ti basta chiamare a qualsiasi orario.
Il biondo annuì e il ragazzo sparì dietro le porte dell’ascensore che si chiusero alle sue spalle.
-Bene- Suga spinse tutti gli altri a tornare nella sua stanza –Lo show è finito, andiamo!
Kenma si chiuse la porta alle spalle e seguì i suoi amici, ma aveva solo fatto un passo prima che Kuro lo bloccasse afferrandogli il braccio ed entrambi quasi saltarono sul posto per quel contatto inaspettato e caldo.
-Io…- lo lasciò andare subito –scusa. Non dovevo urlarti contro- disse senza riuscire a guardarlo, la mano che poco prima l’aveva afferrato si era alzata per scompigliarsi ancora di più i suoi capelli –ma stai male?- si preoccupò subito –perché se stai male io posso…
-Sto bene- lo rassicurò subito l’altro con lo sguardo fisso a terra –Shirabu mi ha solo prescritto delle pillole per farmi dormire. Non è nulla di grave.
E senza lasciargli il tempo di ribattere quasi corse per raggiungere i suoi amici.
Kuro fece un enorme sospirò e si chiese se potesse essere più idiota di così.
 
Da quel giorno l’umore di Kenma peggiorò sempre di più, Kuro se ne accorse perché ogni suo pensiero era rivolto a quel ragazzino e ogni minimo cambiamento per lui era facile da notare.
Atsumu e Tooru avevano fatto battutine su loro due fin dalla fine dello show e, se all’inizio Kuro si era trovato imbarazzato della cosa, dopo quasi più di un anno si era abituato a tal punto da non rendersene neanche conto. Pensava che fosse lo stesso per Kenma, fino a quando un giorno non esplose lasciando tutti di stucco.
Erano in sala prove e stavano cercando di comporre una nuova melodia per la canzone che solo la notte prima aveva scritto Atsumu. Erano già diverse ore che provavano e Kuro li aveva raggiunti per portare a tutti quanti dei caffè.
Quando entrò nella stanza, trovò Kenma che aveva appena lanciato le bacchette a terra, probabilmente incazzato per qualcosa che aveva sbagliato.
-Oh, meno male che sei qui!- esclamò Tooru –Dovresti davvero prendere in considerazione l’idea di scoparlo, sai… così si calma un po'.
Kuro era già pronto a ignorare quel commento come al solito, ma per Kenma non era lo stesso. Il ragazzino si era alzato in piedi e aveva iniziato a urlare contro il suo amico, mettendo in mezzo anche Atsumu nonostante per quel giorno non avesse detto nulla.
-Avete rotto! Non vi sopporto più! Dovete smetterla con questa storia, sembrate un disco rotto e non è neanche divertente! Cosa credete che non mi piaccia? Che stia cercando di evitare la cosa? Bè, non è così! Semplicemente non possiamo!- si girò a fissarlo e continuò a urlare –Diglielo! Cazzo, fai in modo che capiscano!
Kuro si passò una mano sulla fronte, poi sospirò –Ha ragione… non possiamo.
Ci fu un gran fracasso mentre Kenma si allontanava dalla batteria dopo aver fatto cadere uno dei tamburi, per poi dirigersi fuori dalla stanza e sbattersi la porta alle spalle.
-Spero che siate felici adesso- li rimproverò Suga incrociando le braccia al petto.
Atsumu non sembrava per nulla colpito dalla sfuriata e si rivolse direttamente a Kuro –Si può sapere perché continuate con questa storia? Sì, lavorate insieme. E quindi? Non mi sembra che qualcuno abbia fatto problemi a Tooru che continua a farsi il nostro Tour Manager! Perché per voi dovrebbe essere diverso?
Kuro si sedette su un pouf completamente stremato, poi iniziò a spiegare –è diverso perché se Tooru dovesse iniziare ad avere problemi con Iwaizumi, mi chiederebbe di licenziarlo e il giorno dopo avremo già un nuovo tour manager pronto a lavorare per noi. Se io e Kenma dovessimo avere problemi avete idea di quello che succederebbe al vostro gruppo? Avete firmato un contratto con la compagnia di mio padre che vi costringe a lavorare con noi per i prossimi quattro anni. E anche io ho firmato quel contratto che mi vincola ad essere il vostro manager. Non potrei licenziarmi così come Kenma non potrebbe andarsene.
-Ma se voi…
-Non ne vale la pena- concluse Kuro –ci sono troppe cose che potrebbero andare storte e non vale davvero la pena rovinare il vostro gruppo per questo.
La sua voce era triste e il suo tono così definitivo che nessuno trovò qualcosa con cui rispondergli.

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Capitolo 5
*** La canzone di Kenma - Parte 2 ***


n.a. La canzone scritta in questo capitolo è "Chasing Cars" di Snow Patrol.



La canzone di Kenma - Parte 2

2017
Il 2017 non fu di certo l’anno migliore per l’ansia di Kenma.
Il loro gruppo aveva avuto così tanto successo che Iwaizumi aveva dovuto organizzare un nuovo tour in Giappone con il doppio delle date dell’anno precedente. Nel frattempo, dovevano pure scrivere, comporre e incidere le canzoni per l’album che avevano promesso sarebbe uscito in estate.
Fu l’anno in cui litigò con diverse persone perché era diventato talmente irascibile che anche il minimo accenno che qualcuno lo stesse criticando o giudicando lo faceva scattare.
Finì addirittura per prendersela con Sakusa, quell’uomo era così rispettoso e diligente nel proprio lavoro che Kenma non avrebbe mai potuto immaginare di avercela con lui. Anche perché gli aveva sempre fatto tenerezza per tutte le volte che non aveva potuto urlare contro Atsumu nonostante questo fosse così insistente nei suoi confronti.
Quel giorno si trovavano nel suo studio per incidere “Bad Day”, stavano facendo una pausa e Kenma aveva raggiunto il suo zaino per prendere il barattolo con le pillole. Si affrettò a svitare il tappo e, dopo averne fatte cadere due sulla mano, le mise subito in bocca, ingoiandole senza il supporto di acqua o cibo.
-Dovresti andarci piano.
Sussultò quando sentì quella voce al suo fianco, non aveva completamente notato che Sakusa si trovava nella stessa stanza.
-Scusami?- rispose piccato.
Sakusa si irrigidì, probabilmente rendendosi conto che l’aveva detto ad alta voce –Le prendo anche io- specificò poi –sono misofobo e spesso mi trovo ad avere ansia e attacchi di panico. Quando le cose diventano troppo da sopportare ne faccio uso, ma so che possono portare alla dipendenza e ci sono diversi effetti collaterali, quindi…
-Quindi ti sei sentito in diritto di dirmi cosa fare e cosa non fare!? Bè, nessuno l’aveva chiesto!
Kenma aveva fatto un passo verso di lui furioso, Sakusa ne aveva fatto uno indietro. Il biondo sapeva che l’altro non aveva paura di lui, ma era solo per via della sua fobia. E se Kenma non avesse avuto la mente così confusa, si sarebbe già scusato mille volte per come aveva reagito.
-Non volevo dirti cosa fare, volevo solo darti un consiglio- rispose il corvino duro e freddo.
-Invece dovresti limitarti a fare il tuo lavoro!
-Ehy- Atsumu gli si mise di fronte con un sorriso tirato in volto, dava le spalle a Sakusa e si era messo in modo da fargli da scudo –Tutto bene qui?
-Andrà bene quando la gente inizierà a farsi i cazzi propri!- sbottò Kenma prima di girarsi e dirigersi verso il bagno.
Altri eventi del genere capitarono sempre più spesso. Tipo lui che se la prendeva con Yachi perché  lei aveva semplicemente provato a sistemargli il vestito che indossava dopo essere andato in bagno, Kenma non gliel’aveva permesso e aveva sbottato “Pensi che sia così idiota da non riuscire a sistemarmi da solo?”. Oppure quando urlò al loro autista di fare più in fretta, anche se quel poverino non poteva farci nulla, non poteva di certo salire sopra le altre macchine.
Arrivò alla fine di quella spirale proprio durante un concerto. Solo due giorni prima aveva preso una delle pillole dall’effetto prolungato e sapeva bene che per le prossime quarantotto ore non avrebbe dovuto prenderne altre, ma proprio prima di salire sul palco ne prese altre due dall’effetto breve e immediato. Non riusciva più a riflettere lucidamente, sapeva solo che ne aveva bisogno.
 
Kuro era, come sempre, dietro le quinte a controllare che tutto stesse andando secondo i piani.
Era il terzo e ultimo concerto di quel tour nella prefettura di Hyogo e le cose stavano andando più che bene.
Aveva appena finito di controllare il reparto delle luci e stava andando a prendersi una pausa verso Daichi, chiedendogli se fosse tutto okay e per fare due chiacchiere in generale. Avevano legato molto in quei mesi, sia perché si ritrovavano quasi sempre insieme, sia perché avevano entrambi il compito, seppur con mansioni diverse, di prendersi cura di quei cinque ragazzi.
Nel frattempo sul palco avevano finito di cantare una serie di canzoni lente e sapeva che, secondo la scaletta, adesso avrebbero avuto cinque minuti di pausa per chiacchierare con il pubblico.
Quando raggiunse Daichi lo vide concentrato a fissare la ripresa del concerto su uno dei monitor. In quel momento la telecamera era fissa sul volto di Suga che stava parlando al proprio microfono e lo sguardo di Daichi era rilassato e tenero.
Kuro fece un sorrisetto e pensò di fare qualche battutina sulla questione, ma ogni suo pensiero fu dimenticato quando sentì la voce di Oikawa chiedere incerto –Kenma?
La telecamera adesso stava facendo una ripresa ampia per riprendere tutti e cinque. Kenma si era alzato dalla batteria per raggiungere gli altri amici, ma il ragazzo aveva iniziato a barcollare e questo aveva portato Oikawa a chiamarlo nuovamente con voce urgente.
Due secondi dopo Kenma svenne, cadendo come un peso morto sul palco.
Quello che successe dopo fu estremamente caotico.
Il pubblico urlò spaventato e Suga, come un bravo leader, si affretto a tranquillizzarli e dire diverse parole di conforto, anche se il suo volto era più che preoccupato. Akaashi era stato il primo a raggiungere l’amico per prenderlo tra le braccia, ma subito era stato raggiunto da Kuro che, senza neanche rendersene conto, si era messo a correre per salire sul palco.
Tornò dietro le quinte con il ragazzino tra le braccia e si sentì sperduto, il suo cuore si strinse a vederlo così pallido, le occhiaie visibili anche sotto i tanti strati di trucco che gli erano stati applicati.
-Kenma…- mormorò piano –Kenma svegliati.
Fu Daichi a toglierglielo dalle braccia per consegnarlo ai paramedici dopo essere andato a chiamarli, fortunatamente in concerti del genere c’erano sempre pronte molte ambulanze e questo aveva dato loro la possibilità di intervenire subito.
-Che farmaci ha preso?- gli domandò uno di loro mentre gli altri due lo caricavano su una barella e lo portavano lontano da lui.
-Cosa?- domandò confuso.
-Che farmaci ha preso? Dobbiamo sapere cosa ha ingerito prima di potergli somministrare altre sostanze.
Kuro non si era mai sentito così impotente in tutta la sua vita.
-Signor Kuro- venne chiamato con urgenza da una ragazza che lavorava con loro –i ragazzi stanno improvvisando ma devono sapere cosa fare!
-Fai gestire la cosa a Iwaizumi!- ruggì alla ragazza che scappò via alla ricerca dell’uomo in questione, poi si rivolse all’infermiere che stava ancora attendendo sue notizie, si costrinse a pensare e quasi subito urlò –Devo fare una chiamata e le saprò dire ogni cosa!
Corse nel camerino di Kenma e cercò il suo telefono, fortunatamente aveva scoperto il codice di sblocco per puro caso diversi mesi prima e Kenma non l’aveva mai cambiato.
Ignorò le varie notifiche e si diresse subito nella rubrica cercando un numero in particolare e inoltrando immediatamente la chiamata.
-Kenma!- rispose sorpreso Shirabu al secondo squillo.
Kuro ruggì tutta la sua rabbia –Che cazzo gli hai dato?
Shirabu rimase qualche secondo in silenzio per poi chiedere serio e freddo –Chi parla?
-Sono Kuro!- ruggì –Kenma è svenuto nel bel mezzo di un concerto e i medici mi hanno chiesto che farmaci ha preso! Tu sei il suo dottore e devi saperlo!
-Kuro- il ragazzo bloccò il suo flusso di parole –Non sono più il medico di Kenma da mesi.
Il corvino strabuzzò gli occhi –Cosa…?- domandò poi incerto.
Shirabu sospirò, poi si affrettò a spiegare –Gli avevo prescritto le benzodiazepine per la sua ansia, ma gli avevo detto di prenderne con moderazione. Ciò nonostate, ha iniziato a chiamarmi sempre più spesso, dicendomi che ne aveva assolutamente bisogno. Mi sono rifiutato di prescrivergliele perché secondo il mio giudizio medico stava esagerando e lui mi ha urlato contro che non aveva bisogno del mio aiuto, che c’erano tantissimi altri dottori che non si sarebbero fatti problemi a procurargliele. Da quel giorno si è rifiutato di accettare le mie chiamate o di vedermi. Avevo anche provato a contattarti ma il tuo cellulare mi portava subito alla segreteria telefonica e quando ho chiamato in ufficio la tua segretaria mi ha detto che ti avrebbe fatto arrivare il mio messaggio. Quando non mi hai richiamato ho solo pensato che avessi comunque scoperto la situazione e che te ne stessi occupando.
Nella mente di Kuro tutte quelle nuove informazioni si stavano accavallando a tutto quello che era successo nei mesi precedenti. Si sentiva uno schifo.
Shirabu, non ricevendo risposta, fece un nuovo sospiro e continuò –Se vuoi mi puoi passare l’infermiere che ti ha posto quella domanda, posso provare a dirgli quello che Kenma aveva iniziato a prendere con me e vedere se questo possa aiutarli a capire cosa ha in corpo adesso.
Kuro quindi corse indietro e passò il telefono all’uomo che era ancora lì in attesa.
Mentre loro due iniziavano quella discussione piena di termini tecnici che l’infermiere iniziò ad appuntare su un taccuino, Kuro iniziava a rendersi conto di quanto fosse stato stupido.
In quei mesi aveva visto il cambiamento nel comportamento di Kenma, aveva visto benissimo come sembrava quasi sempre essere sull’orlo di una crisi di nervi. Ma dopo la scenata in hotel, quando aveva confuso Shirabu con un amante, si era impuntato di smetterla di interessarsi alla sua vita privata. Soprattutto si era impuntato nel mantenere un rapporto strettamente lavorativo e professionale tra di loro.
Non aveva mai messo in dubbio la sua decisione fino a quel momento: aveva dovuto tenerlo pallido e svenuto tra le braccia per capire che Kenma era molto più importante di qualsiasi contratto o lavoro.
 
Le coperte dell’ospedale erano ruvide e fastidiose e di certo non davano molto calore. Ma Kenma gli si era raggomitolato dentro come se fosse il suo personale rifugio.
Si era svegliato da quasi un’ora, i medici erano andati a controllarlo e gli avevano assicurato che stesse bene, tranne per il fatto che era dipendente dalle benzodiazepine e che avrebbe dovuto passare diversi giorni a disintossicarsi.
L’avevano poi lasciato solo e il ragazzino si era chiuso nel suo bozzolo facendo attenzione alla flebo attaccata al braccio.
Aveva ricevuto diverse chiamate ma aveva lasciato il suo cellulare a vibrare sul comodino indisturbato fino a quando non lesse il nome di Shoyo sullo schermo.
In realtà non era sicuro di essere pronto a quella conversazione, ma allo stesso tempo sapeva anche che, se non avesse accettato quella chiamata, il suo amico sarebbe salito sul primo aereo disponibile e non si sarebbe fatto problemi a raggiungerlo. Il duo di Hinata e Kageyama aveva avuto molto più successo del loro gruppo e Kenma sapeva benissimo quanto fosse impegnato il proprio amico. Si costrinse quindi a rispondere perché non voleva dare problemi anche a lui portandolo via dalle proprie responsabilità e dal proprio lavoro.
Rimasero a telefono per dei minuti infiniti, con il rosso che voleva accertassi costantemente che il suo amico stesse bene, che non gli stesse mentendo e che non fosse nulla di grave. Quando però iniziò a scusarsi per averlo trascinato “in quel mondo”, Kenma lo bloccò all’istante dicendogli che se avesse continuato la frase la loro amicizia sarebbe finita in quel preciso momento.
Hinata sapeva bene quanto fosse serio il biondo quando parlava con quel tono, quindi lasciò correre. Erano rimasti in chiamata per altri dieci minuti prima di chiudere.
Solo a quel punto Kenma si era definitivamente nascosto tra le coperte e aveva iniziato a piangere.
Si stava quasi per addormentare quando qualcuno bussò leggermente alla sua porta per poi entrare subito dopo.
-Se bussi a una porta devi prima aspettare che qualcuno ti dia l’invito a entrare- sentì la voce bassa di Akaashi.
La voce di Oikawa rispose –Siamo la sua famiglia, abbiamo il diritto di stare qui!
A quella frase sentì il suo petto stringersi e i suoi occhi farsi nuovamente lucidi.
La risposta di Akaashi non tardò ad arrivare –Nessuno lo stava mettendo in dubbio, facevo notare solo come funzionano le regole della buona educazione.
Una mano si posò sulla sua testa e Kenma sussultò.
-Sappiamo che non stai dormendo- arrivò la voce di Suga e Kenma si costrinse a scostare le coperte e fissare ognuno di loro.
Condividevano tutti e quattro lo sguardo preoccupato e la luce a neon (visto che ormai fuori era scesa la notte) li faceva sembrare più pallidi di quelli che erano realmente.
-Mi dispiace- riuscì solo a mormorare prima di iniziare nuovamente a piangere.
Atsumu sbuffò –Dovremmo essere noi a scusarci.
Akaashi si sedette accanto la sua testa e lo guidò per fargli poggiare la guancia direttamente sulle sue cosce per poi iniziare ad accarezzargli i capelli. Suga si sedette dall’altro lato mentre gli accarezzava la schiena. Oikawa e Atsumu invece si sedettero ai piedi del letto.
-Va tutto bene tesoro- iniziò a parlare con voce calma il leader –Tu non hai niente di cui scusarti. La colpa è nostra che non ci siamo preoccupati abbastanza del tuo benessere e che ti abbiamo permesso di arrivare a questo punto.
Oikawa si intromise –Abbiamo parlato con i medici, dicono che non hai un corpo adatto a tutto lo stress che continuiamo ad avere ogni giorno… immaginiamo quindi che la colpa sia nostra per averti costretto a firmare quel contratto alla fine dello show.
-Non mi avete costretto a fare nulla!- rispose subito alzando leggermente la testa dalle gambe di Akaashi –L’ho fatto perché lo volevo. Lo voglio tutt’ora! È una cosa che amo fare anche se… non volevo rovinare i vostri sogni…
-Di che stai parlando? Non hai rovinato nulla!- si infervorò Atsumu mentre Oikawa annuiva e aggiungeva –Al massimo ci hai fatto diventare più famosi! Adesso tutti parleranno del nostro batterista che è svenuto sul palco!
Suga gli diede uno schiaffo sul braccio e Kenma non poté fare a meno di sorridere.
-Non devi preoccuparti del concerto o dei prossimi- spiegò meglio Akaashi –Iwaizumi sta già lavorando per spostare le date dei concerti rimanenti e rimborsare chi non potrà esserci. Abbiamo anche i social pieni di gente che scrive preoccupata per te e che ti augura solo una pronta guarigione. Siamo liberi dagli impegni per il prossimo mese. Quindi stai tranquillo e prenditi tutto il tempo per riposare e rimetterti in sesto.
Atsumu fece un sorriso –Avevamo proprio bisogno di una vacanza, tu sì che sei il migliore!
Rimasero in camera con lui a scherzare e parlare per molto altro tempo, a un certo punto Oikawa aveva anche fatto un selfie di tutti loro felici e uniti e l’aveva pubblicato nella loro pagina ufficiale ricevendo subito migliaia di cuori, commenti positivi e condivisioni.
Atsumu aveva finito di raccontare come Suga aveva improvvisato quando non avevano saputo più che fare sul palco dopo che lui era stato portato via e di come, infine, era dovuto intervenire Iwaizumi diventando super rosso per tutta quell’attenzione che di certo non si aspettava. Oikawa aveva messo il broncio e aveva commentato “adesso tutti sanno quanto è bello il mio Iwa-chan!” e Suga aveva specificato “non è il tuo Iwa-chan”. Fu a quel punto la porta fu nuovamente aperta e Kuro si fermò sulla soglia.
Akaashi annunciò –direi che si è fatto tardi per noi, quindi adesso andiamo. Tu riposati che domani a casa ti aspetta la crostata di mele che Atsumu ha promesso di preparare.
Oikawa fece una finta smorfia –Vogliamo davvero mandare Kenma nuovamente in ospedale per intossicazione?
-Ehy!- urlò Atsumu indispettito –Guarda che io cucino benissimo!
Oikawa fece la linguaccia, poi corse fuori dalla stanza. Atsumu lo inseguì continuando a urlare rimproveri.
Suga fu dietro di loro in un attimo mentre urlava a sua volta di non urlare perché si trovavano in un ospedale.
Akaashi infine sospirò e seguì con più calma i suoi compagni, dando prima una buonanotte generale e chiudendosi poi la porta alle spalle.
Rimasti soli, i due ragazzi si fissarono per quelli che sembrarono dei minuti infiniti. Erano degli sguardi intensi e pieni di tutti quei sentimenti che avevano ignorato per troppo tempo.
Kuro fu il primo ad abbassare lo sguardo e sospirare –Kenma, scusa… avrei dovuto…
-No- il suo tono era stato così duro che aveva portato il corvino ad alzare lo sguardo sorpreso.
-Non mi chiederai scusa anche tu. Non sei tu a doverti sentire in colpa per quello che è successo oggi.
Kuro aveva nuovamente preso fiato per dire altro, ma fu interrotto questa volta anche prima che solo una sillaba riuscisse a lasciare la sua bocca.
-Non parlare. Solo… fammi un favore, puoi?
Kuro annuì lentamente e Kenma gli fece segno di avvicinarsi.
Quando lo raggiunse, il biondo gli fece spazio sul letto e, prendendogli il braccio, lo spinse a sdraiarsi al suo fianco.
-Resta con me tutta la notte- sussurrò poi accoccolandosi e stringendosi contro il suo fianco.
Sentì il cuore dell’altro accelerare, lo sentì inoltre sporgersi di lato per spegnere la luce.
Quando si furono sistemati al buio sentì le sue labbra che gli lasciavano un bacio sulla fronte e le sue braccia che se lo stringevano forte contro facendo comunque attenzione al filo della flebo.
-Tutto quello di cui hai bisogno, gattino.
Kenma fece un sorriso non visto e, dopo interi mesi, quella fu la prima volta che riuscì a prendere sonno subito e senza alcun tipo di preoccupazione.
 
Il giorno dopo, Kenma venne dimesso dall’ospedale. Presero il loro aereo privato e, accompagnati da Daichi e Kuro, tornarono a Tokyo un’ora prima del pranzo. Tutti gli altri che lavoravano per loro sarebbero tornati dopo aver finito di sistemare ogni cosa lasciata in sospeso.
A pranzo cucinarono Suga e Akaashi quasi come sempre, ma Atsumu fece la crostata che aveva promesso e sconvolse tutti per la bontà inaspettata del dolce.
-Oh mio Dio- si ritrovò a commentare Kenma con le guance piene di cibo come se fosse uno scoiattolo –è la crostata più buona che abbia mai mangiato! Da adesso voglio che me ne faccia una a settimana!
Suga rise –Sei condannato.
Subito dopo pranzo, Kenma si chiuse nella sua stanza e iniziò a fare diverse chiamate. Contattò i suoi genitori che lo sgridarono preoccupati e si fecero rassicurare quasi quanto Hinata aveva fatto la sera prima. Poi iniziò a chiamare tutte le persone dello staff con le quali in quei mesi aveva discusso per cose inutili, per ultimo chiamò Shirabu e accettò in silenzio la sua ramanzina.
Erano quasi le cinque quando finì di chiamare, il suo cellulare era ormai scarico e Kenma era sdraiato sul materasso nella posizione della stella marina, il volto rilassato mentre una leggera brezza entrava dalla finestra aperta. Fu in quel momento che Kuro lo raggiunse bussando leggermente alla sua porta.
Kenma si perse a fissarlo con un leggero sorriso in volto, aveva quasi sempre visto il corvino vestito in giacca e cravatta o comunque in modo formale ed elegante. In quel momento però aveva dei bermuda e una maglia a maniche corte anonima. Kenma lo preferiva così.
-Dove sono tutti gli altri?- gli domandò mentre faceva segno di raggiungerlo sul letto –c’è troppo silenzio e di solito la cosa è preoccupante.
Kuro rise –Suga e Atsumu sono usciti. Oikawa sta facendo Yoga nella sua stanza e Akaashi sinceramente potrebbe essere ovunque, quel ragazzo è troppo calmo e silenzioso rispetto tutti gli altri.
Kenma annuì dandogli completamente ragione.
Kuro si sedette al suo fianco.
-Ehy Kuro- chiamò piano il più piccolo non staccando lo sguardo dal suo volto –Ti va di stenderti qui con me?
-Certo, gattino- rispose utilizzando lo stesso soprannome che aveva usato per la prima volta anche la sera prima.
-Da quando mi chiami così?- domandò curioso mentre l’altro eseguiva la sua richiesta, adesso erano tutti e due messi di profilo in modo da potersi guardare in faccia.
Kuro sembrò in imbarazzo mentre realizzava la cosa –In realtà penso di farlo da diverso tempo… solo nella mia testa.
-Ah sì?
-Ti ricordi lo scorso tour? Eravamo a Osaka in quel palco montato all’aperto e mentre vi stavate riscaldando ci ha raggiunto questo gatto. Tu hai iniziato ad accarezzarlo ed eri così adorabile e così simile a lui che non ho potuto fare a meno di associarti all’animale. Se ti dà fastidio, smetto.
Kenma divenne tutto rosso all’ascolto della storia, ma soprattutto quando si ritrovò a negare velocemente scuotendo la testa, sussurrando poi –Puoi fare quello che vuoi.
Fu a quel punto che Kuro iniziò a fissarlo in un modo che Kenma non avrebbe mai saputo descrivere. Era lo sguardo di chi si stava solo concentrando su tutto il proprio mondo.
-Cosa…- iniziò a chiedere sentendosi sempre più imbarazzato, ma non riuscì a concludere perché Kuro lo precedette.
-Sono innamorato di te.
Era una cosa semplice. Un qualcosa che già entrambi sapevano da diverso tempo. Ma sentirselo dire portò comunque il cuore del biondo ad accelerare e le sue guance a farsi ancora più rosse.
I suoi occhi erano lucidi e rilasciò un sospiro tremulo mentre rispondeva –Sai… c’è una cosa che mi sono sempre chiesto fin da quando siamo diventati sempre più famosi e ho capito di provare lo stesso per te. Ci sono tutti quei fan, là fuori, che dicono di amarmi. Le parole “i love you” sono probabilmente una delle frasi che sento più spesso. E non metto in dubbio che loro lo pensino davvero ma… come posso dirti che ti amo dopo che continuo a sentirlo ogni giorno da tutte quelle persone? Quello che provo per te è talmente forte che non potrà mai essere allo stesso livello. Quelle persone non hanno idea di chi io sia, mentre al solo pensiero di doverti stare lontano non riesco neanche a respirare. Dovrebbero inventare una nuova parola per descrivere quello che sento in questo momento, perché dirti che ti amo sarebbe troppo riduttivo.
Solo alla fine del discorso il biondo realizzò davvero quanto fosse stato imbarazzante e non poté fare a meno di chiedersi se fosse ancora sotto l’effetto di qualche farmaco.
Kuro aveva gli occhi lucidi, sbottò un “non ti lascerò andare mai più” prima di spingersi in avanti e poggiare le labbra sulle sue.
Kenma di sicuro non sentiva i fuochi d’artificio come descrivevano le persone. Ma sentiva il rimbombo del suo cuore che batteva veloce, sentiva le mani di Kuro che se lo stringevano contro il suo petto e sentiva la sua lingua che con delicatezza chiedeva il permesso di entrare nella sua bocca.
Kenma sentì tutto quello che per mesi non aveva fatto altro che immaginare e sognare. Ed era talmente bello da fargli perdere contatto con tutto ciò che li circondava.
Era come quando prendeva le pillole, ma si dissociava dalla realtà in un modo del tutto nuovo e diverso. Rise a quel pensiero assurdo e Kuro si staccò dalle sue labbra per capire cosa ci fosse che non andava. Nel frattempo erano finiti uno sopra l’altro, con Kuro che l’aveva inchiodato al materasso e lo sovrastava con il suo corpo.
Kenma si chiese perché diavolo fosse ancora vestito e continuò a ridacchiare.
-Che succede?- domandò a quel punto l’altro non capendo.
-Pensavo solo che sarebbe stato più semplice se in questi mesi mi fossi drogato di te invece che di quelle pillole.
Kuro alzò gli occhi al cielo e gli lasciò un nuovo bacio in bocca –Provvederò allora a non farti più pensare.
Sul volto di Kenma si aprì un sorrisetto –Oh, finalmente.
Fecero l’amore come non l’avevano mai fatto con nessuno. Fu lento e graduale, pieno di sospiri e parole dolci. Dita che si intrecciavano, pelle bollente che entrava a contatto, baci, morsi e marchi.
-Sei così bello- sospirò Kuro ancora e ancora, anche dopo che ebbero finito e si stavano solo coccolando tra le coperte, troppo stanchi e soddisfatti per alzarsi e ripulire.
Kenma nascose un sorriso e scherzò –Mi hai già scopato, non hai più bisogno di dirlo.
Kuro se lo strinse di più contro –Mi sa che dovrai iniziare a farci l’abitudine.
Kenma avrebbe voluto rispondere in modo imbarazzato ma Oikawa scelse proprio quel momento per bussare forte alla porta e urlare per farsi sentire –Ehy piccioncini! Prima che torniate a scopare posso sapere se volete la pizza stasera? Così inizio a prenotare o ci arriva come l’ultima volta alle undici!
Kenma nascose il volto sotto il cuscino totalmente imbarazzato, Kuro fece un colpo di tosse e cercò di sembrare calmo e composto mentre rispondeva che per loro andava bene.
Il biondo fece un lamento mentre sentiva l’amico allontanarsi –Speravo di poter vivere per sempre qui dentro, non voglio affrontare tutto quello che sta fuori da questa stanza.
Kuro lo fissò non capendo e Kenma sospirò –Immagino che dovremo gestire le conseguenze di quello che abbiamo fatto. Insomma… non eravamo rimasti a un “non possiamo”?
-Non importa- rispose subito l’altro –Tu sei più importante di qualsiasi lavoro. Mi licenzierò se è questo quello che serve.
 
-Tu non vai da nessuna parte!- urlò Suga quando Kuro espresse lo stesso argomento anche al resto del gruppo.
Alla fine erano usciti dalla stanza in tempo per la cena. Si trovavano tutti nell’enorme soggiorno stravaccati in poltrone varie e divani mentre mangiavano la pizza e lasciavano in sottofondo un film in tv. Avevano litigato un sacco per decidere cosa riprodurre ma alla fine nessuno si stava davvero concentrando sulla pellicola.
Avevano preso solo pochi bocconi di cibo, quando Kuro aveva espresso il proprio pensiero.
Il corvino sospirò alla reazione di Suga e provò a spiegare –Sono innamorato di Kenma. E se devo scegliere non c’è alcun dubbio che io…
-E se non dovessi scegliere?- si intromise Akaashi con il suo solito tono pacato ma che riuscì comunque a portare l’attenzione su di sé.
Kuro lo fissò sospettoso –Cosa vuoi dire?
-Noi quattro ne abbiamo parlato- continuò il corvino indicando il gruppo ma escludendo Kenma, poi lasciò a Suga il modo di spiegare la loro idea e il loro pensiero.
-Prima di commentare ascolta tutto quello che abbiamo da dire- lo avvertì con uno sguardo torvo e un trancio di pizza puntato contro.
Kuro annuì e Suga riprese –Che tu sia o non sia il nostro manager, comunque per contratto Kenma non può dichiarare di avere una relazione, giusto? Quindi in ogni caso dovreste vivere nell’ombra per i prossimi tre anni.
Kuro non era sicuro se fosse una domanda retorica o volesse davvero una risposta. Insomma, l’attimo prima gli avevano detto di ascoltare tutto prima di rispondere! Così decide di annuire per farlo riprendere.
-E ci avevi detto che non potevate mettervi insieme perché qualsiasi cosa fosse successa tra te e lui avrebbe compromesso l’intero gruppo. Ma cosa potrebbe mai succedere? È un anno che vi struggete l’uno per l’altro, se avete aspettato così tanto tempo e siete ancora convinti di amarvi e volervi… cosa potrebbe andare storto? Infine… pensi davvero che un altro manager potrebbe fare quello che hai fatto tu? Ti rendi conto di quello che hai fatto in questi due anni per noi?
Kuro abbassò lo sguardo –è solo il mio lavoro.
-Ah sì? Quindi pensi che Atsumu sarebbe ancora vivo se tu non avessi evitato tutti gli incidenti che Sakusa pensava ogni giorno per ucciderlo? E per l’amor del cielo, quell’uomo aveva anche tutte le ragioni di questo mondo per farlo! Oppure pensi che qualcun altro si sarebbe preso la briga di inventare le migliori e credibili scuse ogni volta che Oikawa faceva ritardo perché troppo impegnato a truccarsi o a farsi scopare da Iwaizumi? Capisci che non vogliamo un altro manager e vogliamo te? Non dovrebbe essere un discorso troppo complesso! Per non scordare di quando hai deciso di ingaggiare quel pezzo di manzo di Daichi!
Kenma si intromise commentando –Quello però fa effettivamente parte delle sue mansioni lavorative.
Suga annuì nonostante i suoi pensieri fossero ormai quasi sicuramente verso la guardia del corpo in questione –Una delle migliori scelte di tutta la tua carriera lavorativa, a mio parere.
Kuro sospirò anche se aveva un leggero sorriso in volto –Quindi siete tutti d’accordo?
Gli altri tre annuirono e il corvino sentì Kenma rilassarsi al suo fianco.
-Abbiamo solo una richiesta da fare a Kenma- si aggiunse Oikawa con voce seria.
-Cioè?- sentì domandare questo incerto.
-Quando faremo le partite alla switch non potrai farlo vincere solo perché adesso è il tuo ragazzo. Non potremmo mai accettarlo dopo che continui a umiliarci in quel modo ogni singola volta.
Il volto di Kenma si aprì in un sorrisetto e rispose tranquillo –Sarà il primo che ucciderò.
Atsumu rise –ecco perché sei il nostro preferito.
 
2020
A venticinque anni Kuro aveva tutto quello che avrebbe mai potuto chiedere dalla vita.
Era il manager di un gruppo che in soli cinque anni aveva scalato le classifiche mondiali, portandoli in tour fino all’altro capo del mondo. Era riuscito a gestire tutte le crisi che si erano presentate nel loro cammino e aveva fatto in modo che arrivassero a un livello di popolarità tale da permettergli di rimanere nella storia della musica anche se avessero deciso di abbandonare la carriera musicale alla fine di quel contratto tra soli pochi mesi.
La sua relazione con Kenma inoltre andava a gonfie vele. Kuro inizialmente voleva lasciare il lavoro perché pensava che questo sarebbe potuto essere anche un problema con la loro storia. Lavorare ogni giorno a stretto contatto con il proprio partner sapeva che portava sempre tensioni e litigi tra le coppie, ma per loro non era stato così. Certo, litigavano e discutevano come qualsiasi altri fidanzati, ma non era mai nulla di troppo serio e che non potessero sistemare la sera stessa sotto le coperte.
La loro relazione continuava ad essere un segreto e, per quanto Kuro volesse solo urlare al mondo quanto fosse innamorato di quel piccolo batterista, preferiva di gran lunga in questo modo. Sia perché poteva tenere lontano il proprio ragazzo dagli eventuali commenti maligni, sia perché ormai quasi tutta la loro vita era pubblica e, riuscire a mantenere quell’aspetto solo per loro, era bello.
Kenma, inoltre, aveva fatto progressi con la sua ansia. Ogni volta che si sentiva sopraffatto non si faceva più problemi a chiedere aiuto, sia ai suoi compagni che a lui, lo raggiungeva e gli si accoccolava contro alla ricerca di conforto. Kuro aveva fatto molte ricerche e aveva imparato ad aiutarlo nel migliore dei modi. Aveva anche imparato a capire quando il suo ragazzo fosse troppo stanco o paranoico per riuscire ad addormentarsi, in quei momenti si stendeva sempre accanto a lui e gli sussurrava tutte quelle frasi dolci che lo facevano rilassare e addormentare felice e sereno tra le sue braccia.
Avevano trovato un equilibrio così perfetto che anche durante il faticoso e lungo tour, prima in America e poi in Europa, non ebbe alcun tipo di ricaduta.
Certo, non era una vita completamente perfetta visto che stava lavorando anche la sera del suo compleanno, ma lo faceva con piacere e non se ne sarebbe mai lamentato.
Era il 17 novembre e i ragazzi stavano partecipando a uno show musicale in diretta dove erano stati invitati come ospiti insieme ad altri cantanti. Gli organizzatori avevano dato a ciascun ospite dieci minuti di tempo da poter sfruttare con tutte le canzoni che volevano, finché ovviamente rientravano nel tempo. I Setters avevano già suonato e cantato due canzoni, Kuro sapeva che stavano per iniziare con l’ultima quando i ragazzi iniziarono a improvvisare.
Sentì il sudore scendergli lungo la schiena mentre Oikawa iniziava a parlare al microfono, questo non era stato messo nel loro programma e di sicuro non l’avevano deciso dietro le quinte. O, se l’avevano fatto, evidentemente non avevano avvertito Kuro.
-In cinque anni non c’è stata una volta che hanno seguito quella cazzo di scaletta! Cosa lavoro a fare io?- si lamentò con nessuno in particolare, anche se tutte le persone intorno a lui risero. Si trovava dietro le quinte insieme al resto dello staff e stavano guardando la diretta da uno degli enormi schermi lì posizionati.
Iwaizumi gli diede una pacca sulla spalla raggiungendolo –Se ti fa sentire meglio… Tooru non aveva detto nulla neanche a me.
-Oggi abbiamo una sorpresa per voi!- annunciò il cantante in questione con un sorrisetto divertito –Avevamo in programma di cantare un’altra di quelle canzoni che tanto amate, ma è un giorno importante per il nostro piccolo Kenma e ha scritto una nuova canzone. Vorremo farvela sentire qui e adesso per la prima volta.
Kuro trattenne il fiato mentre vedeva Oikawa raggiungere il batterista e sistemargli il microfono in modo che potesse suonare e cantare senza problemi. Kenma aveva scritto una canzone e non gli aveva detto nulla? Ma soprattutto… Kenma aveva intenzione di cantarla?
Non era più un segreto che tutti loro, in quei cinque anni, avessero preso lezioni di canto. I cantanti principali rimanevano comunque Oikawa e Atsumu, con Suga che sempre più spesso si aggiungeva per i ritornelli o strofe dove serviva una doppia voce. Ma anche Kenma e Akaashi avevano preso delle lezioni nonostante non avessero mai effettivamente sfruttato la cosa, Kuro pensava che Kenma non fosse proprio interessato a cantare.
Venne distratto dai suoi pensieri quando Kenma iniziò a parlare –Ciao! So che di sicuro non vi aspettavate una cosa del genere ma… oggi è il compleanno di una persona davvero importante per me e so che sembra un po' un cliché, ma non avendo idea di cosa regalargli ho pensato a una canzone. Probabilmente domani vorrò solo sotterrarmi per l’imbarazzo, ma per il momento spero solo che possa piacervi.
Kuro rimase bloccato dallo shock, Daichi li raggiunse ed espresse ad alta voce la domanda che ormai stava ronzando nella testa del corvino –Kenma ti ha scritto una canzone?
Il festeggiato non sapeva come rispondere ed evitò comunque di farlo perché il suo ragazzo aveva appena fatto cenno a Suga e questo iniziò a suonare sulla tastiera.
Quando Kenma iniziò a cantare la sua voce era tremula ed emozionata.
 
Faremo tutto quanto
Ogni cosa per conto nostro
Non abbiamo bisogno di niente o di nessun’altro
 
A quel punto si unirono anche tutti gli altri strumenti e lui stesso iniziò a suonare con la batteria. Questo sembrò riuscire tranquillizzarlo perché la sua voce si fece più salda mentre continuava a cantare un po' più forte.
 
Se mi stendessi qui, se soltanto mi stendessi qui
Ti stenderesti con me e ti dimenticheresti del mondo?
 
Il volto di Kuro si era aperto in un sorriso incontrollato, non aveva idea di quello che stesse succedendo intorno a lui, ogni suo senso era concentrato sul suo ragazzo e sulla canzone che questo aveva scritto solo e soltanto per lui.
 
Non so proprio come esprimere ciò che provo
Quelle tre parole che vengono dette troppo spesso
Non sono abbastanza
 
I suoi occhi si fecero lucidi quando si rese conto che Kenma stava citando quel discorso bellissimo che gli aveva fatto il giorno che si erano messi ufficialmente insieme. Erano passati tre anni ma nessuno dei due evidentemente aveva dimenticato neanche solo un dettaglio di quel momento.
 
Se mi stendessi qui, se soltanto mi stendessi qui
Ti stenderesti con me e ti dimenticheresti del mondo?
Dimentica ciò che ci è stato detto
Prima di diventare troppo vecchi
Mostrami un giardino che sta esplodendo di vita
Così perdiamo tempo a inseguire le macchine intorno alle nostre teste
Ho bisogno della tua grazia per ricordarmi di trovare la mia
Se mi stendessi qui, se soltanto mi stendessi qui
Ti stenderesti con me e ti dimenticheresti del mondo?
Dimentica ciò che ci è stato detto
Prima di diventare troppo vecchi
Mostrami un giardino che sta esplodendo di vita
 
Kenma era passato dall’iniziare a cantare con voce incerta allo scatenarsi sulla sua batteria. I suoi occhi erano luminosi e ogni singola parola colpì il cuore di Kuro, soprattutto le strofe successive.
 
Tutto quello che sono
Tutto quello che sono sempre stato
È qui nei tuoi occhi perfetti e sono tutto ciò che riesco a vedere
Non so dove
Sono confuso anche sul come
So solo che queste cose non cambieranno mai per noi
 
Quella probabilmente era la parte preferita di Kuro. Sapeva già che avrebbe chiesto al suo ragazzo di cantargli quella canzone fino all’esasperazione.
Adesso capiva cosa voleva intendere quando diceva che i “ti amo” non erano abbastanza per spiegare quello che provava.
Tutti smisero di suonare e rimase solo Suga con la stessa melodia iniziale, Kenma quindi concluse la canzone ripetendo piano le frasi del ritornello.
 
Se mi stendessi qui, se soltanto mi stendessi qui
Ti stenderesti con me e ti dimenticheresti del mondo?

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Capitolo 6
*** Le canzoni di Tooru - Parte 1 ***


n.a. Per Oikawa, essendo il cantante, ho messo due canzoni. In questa prima parte la canzone (che poi si legge solo ritornello) è "Tomorrow" di Mika.


Le canzoni di Tooru - Parte 1
 
2015
Oikawa era sempre stato un ragazzo da palcoscenico: aveva sempre amato l’attenzione, aveva sempre fatto di tutto per essere al centro di questa e fin dai suoi cinque anni aveva avuto la consapevolezza che sarebbe diventato qualcuno.
Nonostante, tuttavia, a primo impatto sembrasse molto socievole, faceva tantissima fatica a fidarsi e ad affezionarsi davvero alle persone. Un’eccezione era la sua famiglia, che amava senza se e senza ma, tutt’altra cosa però erano tutte le altre persone.
I suoi unici veri amici erano Makki e Mattsun solo perché aveva imparato a fidarsi di loro nei lunghi anni del liceo. Quei due ragazzi erano così sinceri e aperti che Tooru l’aveva trovato molto facile.
Poi erano arrivati i ragazzi del gruppo. Inizialmente era contrario all’idea di Kuro, ma la sua reticenza era passata in secondo piano quando il corvino aveva fatto capire loro che quella sarebbe stata l’unica opportunità per diventare qualcuno.
Aveva deciso che, essendo molto bravo a mentire e fingere, si sarebbe tranquillamente comportato come il loro migliore amico davanti alle telecamere. Le cose però cambiarono già fin dalle prime settimane della convivenza all’interno dell’appartamento che gli avevano fornito quelli dello studio televisivo. Aveva imparato a conoscerli e per quanto fossero diversi non poté fare a meno di affezionarsi a ognuno di loro, arrivando a considerarli, alla fine di quelle otto settimane, come la sua seconda famiglia.
Questo suo problema a stringere legami l’aveva portato nella sua intera vita ad avere solo relazioni romantiche passeggere e di sfogo. Dopo essere diventato famoso era ancora più convinto che non avrebbe dovuto avere alcun tipo di legame, cosa che doveva essere ancora più facile vedendo la lista di tutte le persone che adesso erano disposte a scoparlo senza fare domande.
Non gli era mai capitato di flirtare con qualcuno e non riuscire a portarselo in camera la sera stessa, ma le cose cambiarono all’arrivo di Iwaizumi Hajime.
Fu verso il mese di novembre che Kuro lo presentò a tutti loro insieme alle nuove persone dello staff, non che Oikawa si fosse soffermato sugli altri.
-Lui è Iwaizumi Hajime- annunciò mentre l’uomo in questione si inchinava –sarà il vostro Tour Manager, colui che si occuperà di tutto quello che riguarda i tour che andrete a fare in futuro. Non che voi avrete bisogno di fare molto se non presentarvi puntuali- calcò per bene la parola soffermandosi un po' troppo su di lui –sopra il palco.
Oikawa ignorò la frecciatina non proprio velata e si perse anche tutto il resto del discorso, troppo concentrato su quel nuovo ragazzo che aveva già iniziato a immaginare in posizioni poco caste.
-È molto bello quel tour manager o è solo una mia impressione?- gli commentò Atsumu quando la riunione fu sciolta e tutti se ne furono andati.
Tooru gli lanciò un’occhiataccia –Non puoi averli tutti tu! Questo è mio!
-Tutti io?- Atsumu alzò un sopracciglio non capendo.
-Tu hai già scelto Sakusa! Non possiamo provarci entrambi con la stessa persona. Cioè, va bene farlo con gli sconosciuti, ma non con quelli che lavorano per noi.
Atsumu sembrò pensare alla cosa –Non hai tutti i torti- mormorò infine –ma perché devi essere tu a decidere chi si prende chi?
Suga, che fino a quel momento aveva ascoltato tutto lo scambio di battute, rise e scrisse qualcosa in due post-it che appallottolò e mise uno in ogni mano che nascose dietro la schiena.
Infine porse loro i pugni chiusi e gli fece segno di sceglierne uno.
Oikawa prese il lato destro e quando aprì il foglio lesse il nome “Sakusa”, fece una leggera smorfia e lanciò uno sguardo di sottecchi all’amico biondo. Atsumu aveva un’espressione simile in volto e dopo qualche secondo mormorò –Facciamo cambio?
-Sì!- rispose velocemente e andò via gongolando dopo aver ricevuto il biglietto con su scritto “Iwaizumi”.
 
Aveva progettato tutto nei minimi particolari per provarci con lui, convintissimo che quella sera sarebbe riuscito a portarselo a letto.
Si era lavato a fondo, aveva applicato sul suo viso così tanti prodotti per far risplendere la sua pelle che adesso sembrava quella di una bambola di porcellana, aveva passato tre ore a decidere che vestiti mettere e si era spruzzato uno dei suoi profumi preferiti.
Quella sera avrebbero dovuto partecipare a una festa interna della società, quindi non solo Iwaizumi avrebbe dovuto partecipare, ma Oikawa era libero di fare qualsiasi cosa perché non ci sarebbero stati paparazzi e giornalisti all’interno della villa.
-Allora- provò ad attaccare bottone con lui in modo lasciavo. Erano passate tre ore dall’inizio dell’evento e Tooru aveva deciso di aver già aspettato abbastanza, la gente stava ballando mentre aspettavano che fosse servita la seconda portata e ad Oikawa non fu difficile raggiungerlo al suo tavolo sedendosi nella sedia libera che aveva di fronte.
-Immagino che sarai stato al settimo cielo quando hai scoperto di dover lavorare per noi.
Iwaizumi gli lanciò uno sguardo di sufficienza, aveva l’espressione di chi avrebbe voluto alzarsi e andarsene, ma probabilmente non lo faceva solo perché voleva tenersi stretto il suo lavoro.
-In verità- decise di rispondere in modo cortese –non avevo idea di chi foste fino a quando Kuro non mi ha presentato a voi. Sono appena tornato dall’America, dopo aver studiato lì, perché il mio insegnante mi ha trovato un lavoro nella società di Kuro. Quindi eccomi qui.
Non era esattamente quello che Tooru si era aspettato, ma l’altro aveva comunque detto più di quello che avrebbe dovuto per cortesia, quindi il castano la prese comunque come una vittoria.
-Ma adesso che ci hai visto, chi è il tuo preferito?- si appoggiò con i gomiti sul tavolo e gli si fece più vicino, i suoi occhi erano socchiusi mentre lo scrutava a fondo.
Peccato però che Iwaizumi rimase completamente impassibile, per poi sbottare –Ci stai provando con me?
-Iwa-chan!- se ne lamentò il castano con uno sbuffo –Non funziona così! Devi stare al gioco e poi portarmi a letto, così rovini tutto il divertimento!
Le sopracciglia di Iwaizumi schizzarono in alto –Ma io non voglio portarti a letto. E poi cosa è quel soprannome?
Adesso l’espressione di Tooru era sconvolta, ignorò di rispondere alla seconda domanda e si concentrò sulla prima affermazione –Sei etero? Cazzo… sono sempre stato bravo a riconoscere…
Hajime lo interruppe –Non sono etero, ma questo non comporta che debba venire a letto con te.
-Cosa!? Perché no!? Tutti vorrebbero venire a letto con me!
Iwaizumi fece un ghigno che non prometteva nulla di buono, si avvicinò al suo viso e sussurrò –Forse ti sei sopravvalutato troppo. Guardati intorno, siamo nel mondo dello spettacolo, non sei l’unico bel faccino in giro.
Si alzò e andò via prima che Oikawa riuscisse a dire qualsiasi cosa, lasciandolo rosso dalla rabbia.
Per il cantante conquistarlo era appena diventata una questione di principio.
 
Iwaizumi si era sentito abbastanza soddisfatto quando aveva rifiutato il cantante di quel gruppo del quale era appena diventato il tour manager.
Certo, aveva scelto lui stesso quella carriera, ma questo non significa che non odiasse il modo di fare della gente famosa. Il loro credersi al di sopra di tutto perché avevano il potere e il talento.
Era stato quindi felice di rifiutare Oikawa quella sera per la festa dell’azienda, ma non aveva di certo messo in conto che il castano avrebbe cercato di prenderlo per esasperazione.
Ogni singolo giorno faceva di tutto per farlo uscire fuori di testa. Una volta aveva persino finto di far cadere il telo che gli copriva i fianchi nudi dopo essere uscito dalla doccia e poi dal bagno con la scusa “che sbadato, ho dimenticato di prendere i vestiti”.
Iwaizumi si chiese spesso in quei mesi cosa avesse fatto di male nella sua vita per meritarsi tutto quello.
 
2016
Fu per capodanno che Iwaizumi cedette ad Oikawa. Era da poco passata la mezzanotte, lui era abbastanza brillo e, anche se non ricordava come, si ritrovò seduto con il cantante in uno dei divanetti.
Anche questo sembrava ubriaco, ma non così tanto da non capire quello che gli stava succedendo intorno. Aveva solo le guance rosee e gli occhi lucidi.
-Questa sarà la notte in cui finalmente accetterai i miei flirt?- domandò con un sorrisetto divertito in volto.
-Spiegami una cosa- Iwaizumi si perse a guardarlo, erano molto vicini anche se non si toccavano con nessuna parte del corpo. Non ancora almeno.
-Tutto quello che vuoi.
-Perché sei così fissato a dover scopare con me? Potresti avere letteralmente chiunque.
Tooru mise il broncio –Perché tu mi hai rifiutato! Nessuno l’aveva mai fatto. Quindi prima di tornare a farmi chiunque devo curare il mio orgoglio riuscendo a conquistarti.
-Ho ascoltato tutte le canzoni del cd che avete fatto uscire una settimana fa. Suga mi ha detto che almeno metà le hai scritte tu.
Oikawa sorrise soddisfatto –Ti piacciono?
-Ho notato che sono quasi tutte canzoni d’amore. Come fai a scriverle se continui a provarci con gente a caso abbandonandole il giorno dopo?
Tooru sembrava sorpreso da quella domanda. Probabilmente si aspettava, come al solito, che Iwaizumi lo rifiutasse dopo qualche battuta, oppure sperava che sarebbe riuscito finalmente ad andare a letto con lui. Di sicuro comunque non si aspettava quello che stava succedendo.
Sembrò aver bisogno di qualche secondo per mettere insieme le successive frasi per rispondere - Scrivo canzoni d’amore solo perché è quello che la gente si aspetta di sentire. Non devo per forza credere a tutte quelle cose. Quanto può essere stupido scrivere di qualcuno? Raramente le relazioni finiscono bene, soprattutto se uno tra i due è famoso. E sai quanto sarebbe orribile dover continuare a cantare quella canzone anche dopo la fine della storia? Sapere che rimarrà un pezzo di quel ricordo sempre e comunque in una canzone che il mondo non dimenticherà? Indubbiamente amo scrivere canzoni come il nostro singolo Vent’anni, perché mi ci rispecchio appieno e parla di noi. Ma so anche come funziona questo mondo e so cosa la gente vuole ascoltare.
-Sbagli- si ritrovò a dire Iwaizumi.
Oikawa alzò un sopracciglio, il suo volto era accartocciato dalla rabbia –Scusami?
-Se vuoi essere amato per la tua musica devi credere in quello che canti. La gente vi ha amato durante lo Spring Music 2015 perché avete mostrato esattamente chi eravate.
-Ah sì?- la voce di Tooru aveva perso ogni tono scherzoso e da flirt –E cosa dovresti saperne tu? Che non avevi idea di chi fossimo prima di venire a lavorare per noi?
-Ho fatto delle ricerche dopo essere stato ingaggiato. Ho visto tutti i video delle serate e il tuo sguardo brillava, se perdi quello è finita.
Iwaizumi era convinto che l’altro si sarebbe infuriato e avrebbe iniziato a urlare contro di lui, oppure che se ne sarebbe andato stizzito. Non si aspettava di certo che Tooru si lanciasse su di lui per baciarlo.
Quella era una novità, perché nonostante le innumerevoli volte in cui il castano ci aveva provato con lui, non aveva mai agito direttamente come in quel momento.
Il bacio durò qualche secondo: il tempo che Hajime registrasse la situazione, spalancasse gli occhi e gli mettesse le mani sui fianchi per farlo staccare. Tooru però lo precedette e staccandosi prima che riuscisse a farlo l’altro gli sussurrò –Non dirmi di no, per favore.
Quella fu la prima notte in cui Iwaizumi cedette alle richieste di Oikawa.
 
Credeva che dopo che finalmente Tooru era riuscito a fare sesso con lui, la questione sarebbe finita lì. Ma Tooru tornò a cercarlo tre giorni dopo e poi ancora e ancora. Era diventato più discreto nel suo flirt, ma riusciva a convincerlo a stare insieme ogni qualvolta avessero un minuto libero. Spesso aveva persino mentito sui suoi orari solo per convincere Iwaizumi a passare del tempo con lui, aveva quindi imparato a informarsi con Kuro di tutti i loro impegni solo per non finire nei casini.
Non parlavano quasi mai in quelle occasioni e tutto quello che facevano era prettamente fisico, ma nonostante questo Hajime riuscì a conoscere un sacco di cose dell’altro ragazzo. Come il capire quando stava solo mentendo per dare alle gente esattamente quello che credeva volessero sentirsi dire o era sincero in quello che voleva esprimere, iniziò a conoscere tutte le sue espressioni facciali, tutti i suoi lamenti, le sue fisse, il suo modo di essere. Ma soprattutto, iniziò a capire che diventava sempre più difficile dirgli no a qualsiasi cosa volesse fare.
Iwaizumi Hajime stava diventando dipendente da Oikawa Tooru.
 
Iwaizumi lanciò una nuova occhiata al suo orologio da polso che segnava le dieci passate, sbuffò e si guardò intorno alla ricerca della persona in questione.
Oikawa gli aveva mandato un messaggio poco prima dicendogli di farsi trovare al parcheggio entro il successivo quarto d’ora. Iwaizumi l’aveva mandato a quel paese, ma entrambi ormai sapevano che l’avrebbe raggiunto in ogni caso.
Tooru arrivò alla guida di una Mercedes-Benz vintage che Hajime era sicuro di non aver mai visto prima. E mentre il diretto interessato lo aspettava in macchina, questo gli si avvicinò con le mani in tasca e un cipiglio non troppo convinto in volto.
-Da dove arriva questa?- domandò sospettoso.
Potevano tranquillamente parlare perché la macchina non aveva il tetto. Oikawa alzò le spalle e rispose tranquillo –Oggi con ‘Tsumu stavamo guardando vecchie macchine e questa mi ha fatto venire voglia di noleggiarla, quindi eccomi qui! Dai, salta su!
Iwaizumi si guardò con circospezione intorno –Non credo sia una buona idea.
-Se lo pensassi sul serio non mi avresti neanche raggiunto qui.
-Mi sto solo accertando che il cantante principale del mio tour non si faccia male.
Oikawa fece un sorrisetto che non prometteva nulla di buono –Bhe, io andrò in giro con questa in ogni caso, quindi se ci tieni così tanto dovresti proprio farmi compagnia.
Iwaizumi aveva voglia di prenderlo a pugni… ma anche di baciarlo e questo gli faceva venire voglia di picchiarlo ancora di più.
Salì dal lato del passeggero senza però continuare a protestare –Domani devi svegliarti presto, non penso che sia…
-Iwa-chan!- esclamò con voce lamentosa mentre partiva con più velocità del necessario –La smetti di pensare a tutte queste cose? Chi se ne frega del domani? Adesso siamo qui, potremmo goderci solo il momento?
Iwaizumi alzò gli occhi al cielo, ma un piccolo sorriso che l’altro non avrebbe mai visto era comunque comparso sul suo volto.
Mentre continuava a guidare nelle notte calda e buia, Oikawa aveva iniziato a canticchiare una melodia che Iwaizumi non conosceva.
-Che canti?
-Oh?- il castano sembrò essersi accorto solo in quel momento che aveva iniziato a farlo –In questi giorni Kenma e Akaashi hanno composto una nuova canzone, devo trovarci le parole ma la mia mente è completamente vuota.
-Per questo stiamo facendo una gita notturna?
-Chissà, magari avrò ispirazione.
-Che a proposito, dove stiamo andando?
-Non ne ho idea- rispose sincero –non sono mai venuto in questa prefettura prima del tour, vediamo dove ci porta la macchina.
Iwaizumi lo fissò sconvolto –Già li vedo i notiziari di domani: Oikawa Tooru e un tipo a caso trovati morti in mezzo al nulla.
La risata di Oikawa si perse nel vento.
Dopo venti minuti il castano aveva trovato uno spiazzale deserto sopra un’altura. Posteggiò, si guardò soddisfatto intorno per poi salire subito a cavalcioni sull’altro ragazzo iniziando a baciarlo.
Iwaizumi rispose subito come ormai troppo abituato a fare, finché i campanelli d’allarme nella sua testa non lo portarono a staccarlo spingendolo per i fianchi –Aspetta, aspetta… Non possiamo farlo qui, siamo troppo esposti.
Tooru sorrise –Chi dovrebbe vederci, uno scoiattolo?
-Non è divertente! Se domani…
-Cosa ho detto sul domani? Non voglio pensarci, viviamo il momento!
-Ma Oikawa…
-Tooru. Chiamami Tooru.
Iwaizumi aveva imparato a conoscerlo talmente bene in quei mesi che sapeva sarebbe stato impossibile da fermare. Sospirò e infine si sporse a baciarlo a sua volta.
Il bacio però non durò più di qualche secondo perché Oikawa si tirò indietro con gli occhi sbarrati.
-Cosa?- gli domandò in allerta –Cosa hai visto?
Era già pronto a qualsiasi evenienza ma Tooru semplicemente disse –Ce l’ho! Ho la canzone!
Afferrò in fretta il proprio telefono e aprendo le note iniziò a scrivere tutto quello che gli passava nella mente prima di perderlo.
Aveva la punta delle lingua tra le labbra e i suoi occhi erano luminosi mentre digitava velocemente sul proprio schermo. Era ancora seduto sopra di lui e Hajime non poté bloccarsi dallo stringergli i fianchi e sistemarselo meglio contro.
Non glielo avrebbe mai detto ma lo trovava bellissimo ogni volta che i suoi occhi si illuminavano facendo quello che amava, non era solo la sua bellezza, era tutto il suo modo di fare.
-Fatto!- annunciò dopo un tempo impreciso distogliendolo dai suoi pensieri, lanciò il telefono sul sedile accanto e tornò a baciarlo con foga.
 
Erano tornati in hotel dopo l’una e Iwaizumi aveva dormito male tutta la notte con la paura che qualcuno li avesse visti e fotografati. Questo non solo avrebbe portato problemi alla vita di Oikawa, ma probabilmente avrebbe distrutto la sua.
Fortunatamente, però, niente di quello era successo perché il giorno successivo nulla di nuovo era stato pubblicato nei siti di gossip.
Aveva aspettato fino all’ora di pranzo prima di calmarsi e sospirare di sollievo. A quel punto aveva deciso di raggiungere Oikawa per fargli sapere della cosa.
Non pensava che al ragazzo sarebbe interessato o che fosse stato minimamente preoccupato, ma ormai trovava troppo spesso scuse per vederlo.
Li trovò nella sala prove a chiacchierare, probabilmente avevano appena finito di suonare.
Oikawa lo vide e i suoi occhi si illuminarono mentre gli correva incontro.
Prima che Hajime potesse dire una qualsiasi cosa, il castano lo precedette annunciando –Devi ascoltare una cosa!
Gli altri lo sentirono e Atsumu si lamentò –Ma stavamo andando a pranzo!
-Solo il ritornello- lo pregò Oikawa mettendo un leggero broncio.
Il biondo alzò gli occhi al cielo –Bene!
-Facciamo una cosa veloce- aggiunse Kenma.
Iwaizumi immaginò che anche gli altri non riuscissero a dirgli di no quando metteva su quell’espressione da cane bastonato.
Tooru annuì tutto soddisfatto e corse a prendere il suo microfono.
Quando la musica iniziò Iwaizumi riconobbe la melodia che Oikawa stava mormorando la sera prima, poi il ragazzo iniziò a cantare il ritornello.
 
So kiss me in the backseat of my vintage Benz
Oh, who gives a shit about tomorrow?
When it comes, we can worry then
Oh, who gives a shit about tomorrow?
So kiss me under the light of a thousand stars
Oh, who gives a shit about tomorrow?
When you know how lucky we are
Oh, tomorrow worry ‘bout Tomorrow
 
Era indubbiamente basata sulla sera prima ed era ovvio che fosse riferita a loro due.
Le sue guance presero colore mentre gli tornava in mente il discorso che Oikawa gli aveva fatto solo qualche mese prima.
Scrivo canzoni d’amore solo perché è quello che la gente si aspetta di sentire. Non devo per forza credere a tutte quelle cose. Quanto può essere stupido scrivere di qualcuno?”
A ogni buon conto, quella era a tutti gli effetti una loro canzone.
 
2017
Quando Kenma era svenuto sul palco, Oikawa era rimasto congelato sul posto e l’unica cosa che era riuscito a fare fu chiamare il suo nome con voce preoccupata e incerta. Fortunatamente metà dei suoi amici furono più reattivi e mentre Akaashi si affrettò a prendere il ragazzino e consegnarlo a Kuro che raggiunse in fretta il palco, Suga iniziò a fare tutto un discorso per scusarsi e tranquillizzare il pubblico.
Improvvisò dicendo loro di non preoccuparsi, che Kenma era probabilmente solo stanco e a spiegare quanto fossero felici di essere lì, ma quanto fossero anche distrutti da tutti gli impegni che avevano uno dopo l’altro. Fu infine raggiunto da Iwaizumi che si scusò nuovamente con tutti a nome di tutto lo staff e spiegò che per quel giorno avrebbero finito il concerto a metà, ma che tutti loro sarebbero stati ripagati con un secondo concerto completamente gratuito quando il gruppo sarebbe stato di nuovo in grado di riprendere il tour.
I ragazzi furono scortati via dal palco e subito non poterono fare a meno di chiedere con voce urgente cosa avesse il loro batterista. Nessuno gli riuscì a dare una vera risposta e questo li portò a preoccuparsi ancora di più. Infine, però, vennero accompagnati in ospedale e solo dopo che riuscirono a vederlo e parlargli riuscirono a mettere un freno all’ansia che gli aveva attanagliato lo stomaco fin da quando l’avevano visto cadere privo di sensi.
Lasciando l’ospedale, tuttavia, le paranoie tornarono a invadere il cervello di Oikawa. Non poteva fare a meno di chiedersi se avrebbe potuto fare qualcosa in più per Kenma. Tutti loro avevano visto il cambiamento che il ragazzino aveva avuto in quei mesi, ma non si erano preoccupati abbastanza della cosa. Avrebbero potuto comportarsi diversamente. Come poteva Oikawa definirli la sua seconda famiglia se poi non si preoccupava della loro salute fisica e mentale?
Vennero riaccompagnati in hotel e, senza neanche rendersene conto, Tooru si trovò a raggiungere la stanza di Iwaizumi invece che la propria.
Bussò piano e quando il proprietario gli venne ad aprire aveva il volto stravolto dalla rabbia e dallo stress. Vedendo Tooru si ritrovò a sospirare mentre borbottava –Non sono in vena e devo ancora fare un sacco di lavoro.
Oikawa immaginava che il tour manager fosse in mezzo a diverse crisi, ma si era ritrovato da lui senza neanche rendersene conto e non aveva alcuna intenzione di andare nella sua stanza e rimanere da solo.
Si morse un labbro e si affrettò a rispondere –Sì, immaginavo… non voglio distarti dal tuo lavoro, solo… lasciami stare qui.
Hajime lo scrutò a fondo, come a voler vedere se fosse sincero o solo una delle tante tattiche per farsi scopare nel suo letto. Sembrò decidere per la prima opzione, perché sospirò piano e si spostò dall’ingresso –Dai, entra.
Oikawa gli sorrise sincero mentre si chiudeva la porta alle spalle.
-Come sta Ken…- non ebbe neanche modo di finire la frase che il telefono nelle sue mani iniziò a squillare. Erano da poco passate le undici ma non sembrava importare a chiunque stesse chiamando.
Hajime fece una smorfia nel leggere il mittente, disse in fretta a Oikawa –Fai pure come se fossi nella tua stanza, io devo solo…- mostrò il telefono.
Oikawa annuì in fretta –Sì certo, fai con comodo.
Raggiunse la camera da letto mentre Iwaizumi rimaneva nella stanza all’ingresso rispondendo con –Iwaizumi Hajime.
Tooru si tolse la giacca leggera che indossava iniziando poi a frugare nei cassetti dell’altro per rubargli qualcosa di comodo da indossare. Nel frattempo non poté fare a meno di sentire Hajime che urlava contro chiunque l’avesse chiamato.
-Come scusi? Uno dei miei ragazzi è svenuto sul palco solo qualche ora fa e lei ci accusa di non essere professionali perché dobbiamo, per ovvie ragioni, annullare l’evento di domani? Vuole davvero metterla in questi termini? Benissimo! Allora la informo che prenderemo provvedimenti per…
La voce del ragazzo venne attutita dalla porta del bagno che Oikawa aveva appena chiuso alle sue spalle. Continuava a sentirsi inquieto, quindi decise che una doccia calda sarebbe stata un buon metodo per placare i suoi nervi.
 
Iwaizumi, finendo di scrivere quella che sperava fosse l’ultima e-mail della notte, lanciò un breve sguardo all’orologio sulla parte bassa del computer e non poté fare a meno di sospirare quando notò che segnava già l’1:38.
Aveva passato tutta la sera a discutere con gli organizzatori nelle varie città dei concerti che i ragazzi dovevano ancora fare e che, ovviamente, non avrebbero svolto nell’immediato futuro. Per poi passare a discutere con le aziende che distribuivano i biglietti e come comportarsi per il rimborso. Per non parlare di dover dare a tutto lo staff informazioni su cosa fare e cosa rilasciare alla stampa.
Oikawa però non solo si era comportato in modo impeccabile, ma aveva ordinato la cena in camera per entrambi e aveva ricordato a Iwaizumi di nutrirsi ogni qual volta avesse un secondo libero dalle chiamate e dalle risposte che doveva dare a tutti.
“Domani torniamo a casa?” aveva domandato il castano a un certo punto quando si erano spostati sul letto, probabilmente leggendo quello che Iwaizumi stava facendo sul computer che aveva sistemato sulle gambe.
Iwaizumi aveva allungato una mano per sistemarla tra quei capelli morbidi in delle leggere carezze di conforto “Tornerete voi, io rimando qui un altro po' a sistemare delle cose, vi raggiungerò presto” aveva risposto e Oikawa sembrava aver messo il broncio, ma non se ne lamentò e non disse più nulla.
Finito di lavorare Hajime spense il computer e lo posò di lato sul comodino, poi si girò a fissare Tooru concentrandosi per la prima volta su di lui.
Il ragazzo aveva indossato una sua maglia che gli stava larga sulle spalle ma che gli lasciava scoperti i boxer che indossava di sotto, si era addormentato accoccolato al suo fianco e sembrava finalmente essersi rilassato e calmato.
Iwaizumi sapeva bene quanto il lavoro degli artisti fosse duro e pieno di scadenze, dopo quella sera avrebbe potuto tranquillamente dire che nulla sarebbe stato paragonabile a quello che aveva dovuto sistemare e organizzare lui stesso. Ma i cantanti non solo avevano quasi la stessa mole di carico, ma dovevano sempre essere al loro meglio per presentarsi davanti le telecamere. Iwaizumi poteva permettersi di sclerare nella sua stanza e presentarsi il giorno dopo con le occhiaie, Oikawa no. Riusciva quindi a capire benissimo quanto lo svenimento di Kenma l’avesse scosso, con i pensieri fissi che avrebbe potuto capitargli lo stesso o di non aver fatto abbastanza per impedirlo.
Spense le luci e si stese al suo fianco coprendo entrambi con un lenzuolo leggero, gli strinse i fianchi con un braccio e come riflesso involontario il corpo addormentato si spinse verso di lui sistemandosi meglio e sospirando soddisfatto quando trovò la posizione perfetta.
Hajime gli lasciò un bacio tra i capelli, poi chiuse gli occhi pronto ad addormentarsi a sua volta.
Un piccolo pensiero iniziò a fargli presente che non avevano mai fatto quello. Avevano dormito insieme solo rarissime volte ed era sempre avvenuto dopo aver fatto sesso, quando entrambi erano troppo stanchi per spostarsi e cambiare stanza.
Quella era una situazione completamente nuova, ma Iwaizumi stava così bene in quel momento che non gli importava di tutto il resto.
 
I ragazzi alla fine, dopo quell’incidente, erano riusciti a guadagnare un mese di libertà da qualsiasi impegno. Non che Iwaizumi lavorasse meno, ma avere un intero mese per gestire tutta la cosa del tour annullato era un lasso di tempo molto lungo e poteva prendere le cose con più calma.
Di sicuro non aveva intenzione di lamentarsi, non dopo aver visto quante cose invece aveva da sistemare Kuro, anche se era così felice del suo fidanzamento con Kenma che sembrava sempre lavorare con piacere.
Cosa più importante di quell’intero mese però fu come mutò il suo rapporto con Oikawa.
Non avevano mai parlato della questione, ma era innegabile che, dalla notte in cui semplicemente dormirono insieme nella sua stanza in hotel, qualcosa cambiò.
Da quel giorno Tooru iniziò a cercarlo sempre più spesso semplicemente per stare insieme a lui, pian piano inoltre Hajime aveva capito che quella compagnia non gli dispiaceva per niente.
Aveva imparato a conoscerlo sempre più a fondo e avevano iniziato a passare serate che potevano essere definite dei veri e propri appuntamenti.
Ogni giorno Hajime si rendeva sempre più conto che il suo corpo lo spingeva a fare cose che, non avendo ancora stabilito che tipo di relazione avessero, non avrebbe dovuto fare. Come dargli un bacio a stampo semplicemente per salutarlo o allungare la mano per accarezzargli la guancia quando questo rideva a una battuta.
La prima volta che l’aveva fatto si era poi bloccato, aspettando che Tooru lo spingesse via, ma il castano aveva continuato a comportarsi come se fosse tutto normale, quindi Iwaizumi aveva continuato a farlo e nessuno dei due disse mai nulla.
Ciò nonostante, Iwaizumi non sarebbe riuscito a tenersi tutto dentro per ancora molto tempo, quindi si ritrovò a parlarne una sera con Kuro e Daichi.
Il primo era stato scaricato da Kenma perché “stiamo facendo una serata giochi e sono invitati solo i membri del gruppo, mi dispiace”. In realtà il ragazzino non sembrava per niente dispiaciuto ma Iwaizumi decise di tenere quel pensiero per sé. Così Kuro, non avendo altro da fare, ma soprattutto per dimostrare che lui si sarebbe divertito più del suo ragazzo, rapì Daichi e Iwaizumi e li portò in un bar di lusso.
-Bel posto- non poté fare a meno di commentare Daichi dopo essersi guardato intorno.
-Vero?- Kuro sembrava più che soddisfatto –Ho scoperto che è un bar molto frequentato da alcuni membri dei Black Jackal, sto lottando per far avere ai nostri ragazzi un’intervista nel loro canale e chissà, magari questo potrebbe portarci a qualcosa.
Iwaizumi alzò gli occhi al cielo ma non poté fare a meno di ridere.
Vennero accompagnati a un tavolo in un posto appartato e privato, ordinarono da bere e iniziarono a parlare come se fossero amici da una vita.
Kuro aveva messo il veto sul parlare di cose lavorative e la conversazione spaziò su diversi argomenti. Fu quando Kuro domandò a Daichi come stesse andando la sua relazione con Suga che Hajime si rese conto che loro potevano essere d’aiuto per le paranoie che aveva avuto negli ultimi giorni… forse.
Si schiarì la gola –Parlando di questo- iniziò –secondo voi cosa passa per la testa di Tooru ultimamente?
Kuro corrugò la fronte –Sei tu il suo ragazzo, non dovresti saperlo?
-È questo il fatto- rispose prendendo un altro sorso di scotch –non credo che sia esattamente il mio ragazzo.
Kuro lo fissò ancora più confuso mentre Daichi gli diceva –Perché non ci racconti tutta la storia?
E fu così che Iwaizumi spiegò come avevano iniziato e come erano arrivati ad essere.
-Quello che penso- iniziò Daichi alla fine del discorso –è che Oikawa sia troppo orgoglioso e pieno di sé per ammettere che gli piace qualcuno. Ma anche se non lo dice a voce non vuol dire che non sia quello che prova e lo dimostra benissimo con il suo modo di comportarsi. Sai quante volte mi sono dovuto occupare delle persone che si portava a letto? Chiamava sempre me per cacciarli via dalla stanza, dall’inizio di quest’anno ha smesso di farlo. Pensavo che te ne stessi occupando tu visto che eravate così vicini, ma da quello che mi dici adesso ho capito che semplicemente non è più andato a letto con altri. Immagino non ne avesse motivo se aveva già te.
Kuro annuì trovandosi d’accordo –Penso che tu ti stia facendo troppi problemi. È ovvio che state insieme anche se non ne avete parlato, prima o poi lo capirà anche lui.
-Quindi non pensate che gli debba parlare?
-Sono sempre convinto che il dialogo sia la miglior cosa in una relazione, ma Oikawa…- Daichi non finì la frase perché Iwaizumi lo fece per lui, sapendo esattamente cosa stava per dire l’altro.
-Oikawa non vorrà accettare la cosa e si allontanerà.
Gli altri due annuirono. Alla fine tutta la scelta ricadeva comunque su Iwaizumi.
 
Hajime, infine, aveva provato più volte a iniziare quel discorso con Tooru, ma non ce l’aveva mai fatta: o venivano interrotti o si trovavano in un momento così calmo e tranquillo, con magari loro che si coccolavano a letto, che il ragazzo non si era mai sentito pronto a rovinare l’atmosfera.
Le cose però iniziarono a disintegrarsi velocemente quando fu Tooru stesso a tornare a comportarsi come aveva sempre fatto. E se all’inizio di quella storia ad Hajime non dava problemi, dopo aver capito cosa voleva dire avere una relazione con lui, non aveva più alcuna intenzione di dividerlo con altri.
Fu quando il gruppo riprese a lavorare, finendo di svolgere gli spettacoli degli ultimi concerti del tour che non avevano ancora fatto, che Oikawa divenne più freddo e distaccato. Iwaizumi inizialmente pensava che fosse dovuto alla mole di lavoro che era tornata sulle loro spalle, capiva che questo portava Tooru ad essere più scontroso e con meno tempo a disposizione. Ma quando si trovarono alla festa di fine concerto che avevano deciso di svolgere in uno dei locali più famosi di quella città, quando lo vide al bancone a flirtare con un ragazzo per poi prenderlo per mano e trascinarlo verso una delle camere private al piano di sopra, capì che lì l’unico idiota era sempre e solo stato lui ad aver anche solo pensato che quello che c’era tra loro due potesse essere qualcosa di più del semplice sesso.

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Capitolo 7
*** Le canzoni di Tooru - Parte 2 ***


Le canzoni di Tooru - Parte 2

2018

Erano già quattro mesi che si trovavano in America e ne mancavano altri due prima di finire il tour, ma ogni giorno sembrava come il primo. Ogni città era unica e tutto il continente era talmente diverso dal Giappone che riuscivano a trovare qualcosa che attirasse la loro attenzione ogni due passi.
Erano appena arrivati in California e avevano da fare ben cinque concerti distribuiti nell’arco di due settimane. I ragazzi quindi, arrivati in hotel, avevano indossato il costume da bagno e avevano occupato la piscina sul terrazzo aperta solo a loro e ai membri dello staff.
Il sole era caldo e piacevole sulla pelle di Oikawa, il ragazzo stava canticchiando le proprie canzoni sistemato comodo su una sdraio a sorseggiare un cocktail fruttato. Guardandosi intorno vide Kenma su un materassino in mezzo alla piscina, aveva un cappello di paglia in testa e stava giocando alla switch mentre si spostava lentamente da un lato all’altro della piscina. Atsumu era invece immerso nell’acqua, appoggiato con le braccia al bordo mentre scriveva qualcosa al suo cellulare, aveva un leggero sorriso in volto che fece appuntare mentalmente a Oikawa di chiedergli chi gli stesse scrivendo con così tanta frequenza in quei giorni. Akaashi stava nuotando e Suga non si vedeva da nessuna parte.
Oikawa ebbe il tempo di pensare che probabilmente era con Daichi a testare il letto nella propria stanza quando il pianista li raggiunse attraversando le porte in vetro.
Aveva un semplice costume azzurro, un telo verde in spalla e degli occhiali da sole arancioni e a specchio sul volto. Tooru stava per commentare quanto poco gusto avesse l’altro nell’unire tutti quei colori, ma questo lo precedette informando un po' tutti –Oh Dio ragazzi, avete visto quanto era bello l’uomo con il quale stava parlando Iwaizumi?
Oikawa assottigliò gli occhi, Suga fece finta di non vederlo mentre occupava la sdraio accanto alla sua mettendosi comodo.
-Quell’uomo alto e muscoloso?- domandò Akaashi issandosi sul bordo della piscina per mettersi seduto –sono rimasto sorpreso di vedere Iwaizumi ridere e parlare in quel modo tranquillo.
Atsumu rise –Iwa-chan stava ridendo e parlando tranquillamente con qualcuno? Allora è solo Tooru che gli fa uscire quel brutto atteggiamento.
-Vero?- Suga sembrava divertito –Immagino comunque sia attratto da quelli più alti di lui.
Kenma si intromise nella conversazione senza staccare gli occhi dal suo gioco –Com’è che aveva detto Tooru l’altro giorno? Ah sì…- poi modulò la voce per fare un’orribile imitazione del cantante –Iwa-chan non se ne va in giro a farsi le altre persone, non vedo perché mi debba preoccupare!
Tutti risero, persino Akaashi aveva un principio di sorriso sul volto.
-Vabbé, tanto a Tooru non interessa- concluse Atsumu.
-Ah già vero, dimenticavo- concordò Suga con un tono di voce che faceva capire fin troppo bene che in realtà non credeva per niente a tutto quello.
-Infatti- Oikawa aveva stretto la bocca in una linea retta e, dopo aver posato il cocktail, aveva anche incrociato le braccia sul petto – non mi interessa proprio quello che fa Iwaizumi, non abbiamo mica una relazione!
-Mi sembra giusto- annuì Kenma –ci vuole sempre equilibrio in una coppia, se Tooru si fa altri è giusto che lo faccia anche Hajime.
Oikawa sentì la rabbia ribollirgli dentro, il problema era che non capisse per quale delle tante cose che avevano detto. O se ce l’avesse con loro o direttamente con Iwaizumi.
La discussione venne troncata da Kuro che, raggiungendoli, urlò –Kenma!
Il biondo si strinse nelle spalle e fece finta di non averlo sentito.
-Devi mettere la crema solare!- continuò a urlare il corvino raggiungendo il bordo della piscina con il tubetto in mano.
-Non mi va- rispose monotono il biondo continuando a giocare tranquillo.
Kuro strinse le mani a pugni, Oikawa si preoccupò che avrebbe fatto esplodere il tubetto facendo volare crema ovunque.
-Vieni subito qui! Devo ricordarti del colore che sei diventato l’ultima volta che…
E mentre il loro manager continuava a sbraitare, Suga rise e si alzò raggiungendoli probabilmente per aiutare nella questione.
Tooru approfittò della confusione e del cambio di argomento per alzarsi e lasciare la terrazza indisturbato.
Sentiva ancora una sorta di turbamento dentro e il non riuscire a capire a cosa fosse dovuto lo stava facendo andare fuori di testa.
Non dovette camminare molto prima di sentire la voce di Iwaizumi. Si bloccò di scatto e senza neanche sapere perché si ritrovò a nascondersi dietro una colonna.
Erano nella sala interna con le grandi vetrate al posto delle pareti, Hajime gli dava le spalle ed era seduto su una poltrona mentre gesticolava e parlava animatamente.
Di fronte a lui, seduto su un’altra poltrona, c’era l’uomo che i suoi amici avevano descritto come “bello, alto e muscoloso”.
Oikawa storse la bocca e quando vide Iwaizumi allungarsi e toccargli il braccio decise che era arrivato il momento di andare via.
 
Si disse che avrebbe ignorato Iwaizumi più di quanto avesse iniziato a fare ultimamente. Peccato però che le cose non andavano mai come programmato, poiché proprio due sere dopo stava lasciando la “sala prove” insieme ad Atsumu, quando incrociarono Iwaizumi e il suo amico nel corridoio.
Il fatto che Hajime stesse ridendo a qualcosa che l’altro evidentemente gli aveva detto gli fece salire la bile in gola e voleva solo allontanarsi in fretta da lì. Peccato che Atsumu non fosse dello stesso avviso.
-Ehy manager!- lo chiamò –Non ci presenti il tuo nuovo amico?
Oikawa avrebbe voluto prendere a calci il cantante, ma si limitò a distogliere lo sguardo mentre l’altra coppia si avvicinava.
-Che ci fate qui?- domandò Hajime –non andate a mangiare?
Atsumu alzò le spalle –Stavamo giusto andando, abbiamo finito tardi di provare una cosa.
Il suo sguardo persisteva con curiosità sull’uomo che non conosceva e Iwaizumi a quel punto non poté fare nulla se non presentarlo a loro –Lui è Ushijima Wakatoshi. Ho studiato per due anni con suo padre per fare questo lavoro, quindi ci conosciamo- poi si rivolse all’uomo –Loro sono Tooru e Atsumu, i cantanti dei Setters.
L’uomo annuì mentre faceva un segno di saluto con la testa, il suo volto era serio e stoico e Oikawa aveva già deciso che l’avrebbe odiato a prescindere.
Non riuscì a fermarsi in tempo dall’affermare con voce acida –Certo che è proprio un calo di qualità passare da me a lui.
Tutti e tre si girarono a fissarlo, ognuno con uno sguardo diverso sul volto. Atsumu era sconvolto, Ushijima era confuso e Iwaizumi era incazzato.
Il biondo stava iniziando a dire –è stato un piacere, ma noi dovremmo proprio…
Oikawa però continuò, gli occhi fissi su Hajime –Immagino che sia lui a scoparti, no? Che spreco.
-Oikawa- sibilò Iwaizumi con un tono talmente freddo da fargli venire i brividi lungo la schiena. Ma non gli importava e avrebbe continuato se qualcun altro non si fosse intromesso nella conversazione.
-Oh, eccovi! Vi stavo cercando!
Anche se Oikawa non lo vedeva da tre anni, da quando aveva firmato il contratto per fare parte di quel nuovo gruppo, sarebbe stato comunque impossibile non riconoscere i suoi capelli rossi e la sua squillante voce.
-Tendo?- domandò Atsumu confuso quanto lui.
-Eccola qui l’altra parte del gruppo!- rispose il rosso dopo averli visti e riconosciuti. Dalla sua frase supposero che aveva incontrato gli altri tre probabilmente a cena.
-Che ci fai in America?- continuò a domandare il biondo.
Tendo sorrise e si strinse al fianco di Ushijima mentre questo gli passava un braccio intorno alle spalle –Siamo qui per organizzare il tour di Semi-Semi per la fine dell’anno. E mentre ci siamo Ushiwaka ne approfitta per stare con suo padre.
Atsumu spalancò gli occhi –Voi due state insieme?
Tendo corrugò la fronte –Sì… qual è il problema?
Il biondo rise istericamente –Ah no nulla, immagino solo che la conversazione che si stava svolgendo poco fa adesso sia diventata più imbarazzante.
Oikawa continuava a voler prendere a calci il suo amico ogni minuto che passava. Com’è che non stava mai zitto quando serviva?
Tendo fissò tutti loro sempre più confuso, poi chiese in generale –Ho interrotto qualcosa?
-Non preoccuparti- fu Iwaizumi a rispondere questa volta, il suo sguardo incazzato non si era ancora spostato dal volto del castano –Semplicemente Oikawa stava facendo il pezzo di merda. Quindi nulla di nuovo. Sai no? Come quando i bambini buttano un giocattolo e poi si lamentano perché qualcun altro ha iniziato a giocarci.
Tooru era rimasto talmente colpito da quell’evolversi degli eventi e, soprattutto, da quelle parole da non riuscire a rispondere in alcun modo.
Iwaizumi comunque non gliene diede la possibilità perché si girò e in fretta andò via, solo che dopo tre passi sembrò ricordarsi di qualcos’altro e tornò a fissare Oikawa mentre urlava –Ah comunque, per la cronaca, le persone possono essere amiche di altre senza doverci finire a letto, sai? È così che di solito funziona. Ma forse me la sto prendendo troppo, cosa posso pretendere da qualcuno che si fa qualsiasi cosa respiri?
 
-Lo farò licenziare!- stava sbraitando Oikawa mentre percorreva a grandi passi tutto il perimetro della sua stanza più e più volte –come si permette di dirmi quelle cose davanti ad altre persone? Ma si rende conto di chi io sia? Non solo lo farò licenziare, ma farò in modo che non troverà mai più un altro lavoro in tutta la sua vita!
Atsumu si massaggiò la testa e sospirò afflitto chiudendo gli occhi –Non lo farai.
Ed era una semplice constatazione che in realtà sapeva anche Tooru stesso. Certo, avrebbe potuto farlo tranquillamente ma sapeva che questo avrebbe portato a un sacco di problemi al suo gruppo, soprattutto se erano nel bel mezzo di un tour in un continente straniero, non potevano certo permettersi di perdere il tour manager che li seguiva da già tre anni.
La cosa però che faceva più infuriare Oikawa era che sapeva bene che, anche se non ci fossero stati questi impedimenti, lui non avrebbe voluto comunque che Iwaizumi sparisse dalle loro vite.
-Lo odio così tanto- urlò mentre si sdraiava sul letto e urlava dentro il cuscino.
-Le cose sarebbero più facili se solo tu ammettessi che in realtà sei innamorato di lui.
Oikawa aveva già sentito questo discorso da tutti i membri del gruppo negli ultimi mesi, ma era sempre stato detto in modo scherzoso e principalmente per prenderlo in giro.
Il timbro di voce che, tuttavia, Atsumu aveva appena usato era più che serio e quasi esasperato. Oikawa quindi non poteva permettersi di ignorarlo.
-Scusami?
Atsumu imprecò, poi rispose esasperato –Cristo, Tooru, eravamo i primi a prendere per il culo Kuro e Kenma perché non vedevano una cosa talmente evidente, adesso hai preso il loro posto?
-Prendevamo in giro Kuro e Kenma per la tensione sessuale che c’era tra i due! Mi sembra che questa cosa io l’abbia sistemata fin da subito!
-Sì certo, come se ci fosse solo quella! Allora il fatto che tu sia nervoso da tre giorni solo perché pensavi che Hajime stesse andando a letto con qualcun altro non centra nulla immagino!
Oikawa spalancò gli occhi –Questo non… non centra e non… non sono affari tuoi!- urlò l’ultima frase.
-Bene!- Atsumu urlò a sua volta mentre si metteva in piedi –Se non sono affari miei non vedo cosa ci faccio ancora qui cercando di consolarti e aiutarti a capire la situazione! Non dovresti essere neanche tu quello da consolare! Quel ragazzo ti muore dietro da mesi e tu sei solo troppo stupido e pieno di te per capire una cosa tanto semplice! Non ti rendi conto che ci sono tantissime altre persone che vorrebbero quello che hai?! Tu davvero non ti rendi conto della fortuna che hai! Io devo sperare che il ragazzo che mi piace risponda al semplice messaggio che gli ho mandato e quando lo fa non posso fare a meno di chiedermi se lo stia solo facendo per pietà. Mentre tu ti prendi il lusso di sputare su tutto quello che hai! Se proprio vuoi continuare così fai pure, nessuno ti costringe a fare nulla, ma poi non ti incazzare se Hajime si trova qualcun altro. Anzi, spero proprio che lo faccia, visto che è degno di qualcuno che lo tratti come merita di essere trattato!
Quando finì di urlare aveva gli occhi lucidi e le guance rosse, Tooru aveva capito di aver toccato un tasto dolente per il biondo e si rese conto che, anche se lo definiva il suo migliore amico, non si era mai troppo soffermato a chiedergli come andasse il suo rapporto con Sakusa. Aveva dato per scontato che fosse una cosa passeggera iniziata per lo più come uno scherzo… evidentemente non era così.
-Atsumu…
-No, aspetta- rispose in fretta l’altro abbassando la voce e voltando la testa –senti, mi dispiace, non voglio litigare con te. Tornerò a chiederti scusa più tardi, adesso però ho bisogno di prendere aria.
E fu così che lasciò in fretta la stanza, lasciando Tooru insieme ai suoi pensieri.
 
Erano passati due giorni da quando Iwaizumi aveva urlato, senza riflettere troppo, quelle cose contro Oikawa. Da quel momento era stato sempre in allerta, sapendo che se il cantante avesse voluto avrebbe potuto farlo licenziare da Kuro da un momento all’altro.
Questo però non era accaduto e Iwaizumi non sapeva come sentirsi a riguardo.
Stava per iniziare il penultimo concerto della California e, come al solito, Iwaizumi si ritrovò a bussare alla porta del camerino di ognuno di loro mentre urlava –Ragazzi! Fra cinque minuti dovete essere sul palco!
Il moro aveva appena spostato le nocche dalla porta della stanza di Oikawa quando questa si aprì.
Iwaizumi rimase congelato sul posto. Era normale prassi che Tooru non fosse mai puntuale e quasi ogni volta dovevano intervenire loro prendendolo di peso e allontanandolo dallo specchio dove stava facendo gli ultimi ritocchi. Quindi, quando fu il primo a uscire dalla stanza con ben cinque minuti di anticipo, Hajime non poté non reagire in quel modo.
Quando si riprese, infine, dallo shock iniziale iniziò a sudare freddo, perché era la prima volta che si ritrovavano da soli dopo le cose che Iwaizumi gli aveva urlato contro.
-Iwa-chan- sussurrò questo fissandolo con uno sguardo che l’altro non riuscì a interpretare.
-Tooru- rispose subito decidendo di prendere in mano quella discussione –ti ringrazio per non aver chiesto a Kuro di mandarmi via e mi dispiace di averti detto quelle cose. Spero che potremo continuare ad avere un buon rapporto professionale.
Oikawa deglutì a vuoto –Professionale- rispose con uno strano tono, come se dovesse comprendere appieno quella parola.
-È stato un errore venire a letto con te e di conseguenza tutto quello che è accaduto da quel momento in poi, me ne prendo tutta la responsabilità. Non succederà mai più.
Diversi sentimenti attraversarono il volto di Oikawa, poi con urgenza provò a dire –Ma, Iwa-chan…
-No, Tooru. Per favore, io… non ce la faccio.
Avrebbe dovuto dirgli molto di più, ma non sarebbe cambiato nulla e sapeva di essersi già comportato in modo ridicolo. Innamorarsi di una delle persone più famose al mondo per la quale, inoltre, lavorava non era decisamente stata una delle cose più intelligenti che avesse mai fatto.
Oikawa si limitò ad annuire piano mentre si stringeva le braccia intorno al corpo e distoglieva lo sguardo dal suo.
Nessuno dei due disse altro e Iwaizumi ringraziò mentalmente gli altri ragazzi che gli tolsero l’impaccio di continuare quella discussione quando aprirono le porte del loro camerino, aveva finalmente una scusa per allontanarsi da Oikawa e tornare a concentrarsi esclusivamente sul proprio lavoro.
Quell’argomento non venne più avviato da nessuno dei due.
 
2019
Oikawa capì quanto fosse vero il detto “capisci quanto tieni a una cosa solo dopo averla persa” in quei mesi. Si era abituato così tanto a stare insieme a Iwaizumi che solo dopo averlo perso aveva capito quanto gli mancasse.
Inoltre Oikawa non era stupido e, anche se faceva fatica ad ammetterlo, non poteva fare a meno di pensare costantemente che probabilmente sì, si era davvero innamorato di lui.
La cosa peggiore era, tuttavia, la consapevolezza di essere stato lui ad allontanarlo, di essere stato lui ad aver fatto di tutto perché arrivassero a quella situazione. Era colpa sua e non poteva incolpare nessun’altro.
Smise di andare a letto con le altre persone quando si rese conto che non era la stessa cosa, che non provava neanche la metà di quello che provava con Iwaizumi. Si concentrò totalmente sul lavoro e per la prima volta in quattro anni scrisse una canzone d’amore con la consapevolezza che era dedicata a un’altra persona.
Aveva deciso che avrebbe fatto fare il debutto della canzone attraverso un programma radio, così che se i suoi occhi fossero diventati lucidi, nessuno l’avrebbe saputo.
Avevano aperto il programma cantando la loro canzone più amata del momento, poi era seguita un’intervista a tutti loro, con domande singole o di gruppo e, infine, avrebbero chiuso presentando quel nuovo singolo.
-Quindi avete detto che le canzoni le scrivete un po' tutti- volle confermare Futakuchi, l’uomo che lavorava in radio.
-Esatto- rispose Suga –ma la prossima che suoneremo è tutta di Tooru.
Futakuchi si girò verso il diretto interessato –Oh, parla di qualcosa in particolare?
Oikawa annuì lentamente anche se gli spettatori che li ascoltavano non potevano vederli –la canzone si chiama “Trying not to love you”. Sono stato innamorato di una persona per un sacco di tempo e non me ne sono mai reso conto fino a quando questa non è andata via a causa del mio comportamento di merda. Sono passati mesi e ancora non riesco a superare questa cosa, quindi ho pensato che mettendo i sentimenti su carta sarei riuscito a chiudere questo capitolo.
Per la prima volta in vita sua era stato completamente sincero davanti a così tante persone, per la prima volta aveva messo a nudo i suoi sentimenti e per quanto questo gli facesse contorcere lo stomaco sapeva di non poterlo più tenere nascosto.
-Bene!- Futakuchi sembrava più che soddisfatto –Vi lasciamo con cinque minuti di pubblicità mentre i ragazzi si sistemano nei loro strumenti! Vi raccomando di non lasciarci! Solo pochi minuti e ascolterete il nuovo singolo dei Setters!
La trasmissione fu interrotta e i ragazzi si spostarono ognuno verso il proprio strumento, provando qualche nota per controllare che fossero accordati perfettamente.
Suga gli mise una mano sulla spalla e gli fece un piccolo sorriso al quale Oikawa rispose con uno rassicurante. Stava bene, non aveva problemi a cantare quella canzone, altrimenti non l’avrebbe neanche scritta.
-In onda tra 3… 2… 1…- annunciò una voce fuoricampo e subito Futakuchi riprese a parlare.
-Ed eccoci di nuovo qui a Radio Dateko con i Setters! Come promesso solo pochi minuti fa, senza più indugi ecco che vi presentiamo il loro nuovo singolo Try not to love you. Da stasera disponibile per l’acquisto!
Gli fecero segno con la mano di poter partire e subito Akaashi, Suga e Atsumu iniziarono a suonare i loro strumenti. Pochi secondi dopo partì anche Kenma mentre Tooru prendeva un bel respiro, chiudeva gli occhi e si preparava a cantare.
 
Tu mi chiami ed io cado ai tuoi piedi
Come si potrebbe chiedere di più?
Ed il nostro tempo separati come coltelli nel mio cuore
Come si potrebbe chiedere di più?
 
Atsumu faceva la doppia voce e, anche se era la prima volta che cantavano dal vivo quella canzone, tutti stavano andando più che bene. Tooru alzò la voce durante il ritornello facendo in modo che attraverso questo potesse esprimere tutto quello che le parole che aveva scritto dicevano.
 
Ma se c’è una pillola che mi aiuti a dimenticare, dio sa che non l’ho ancora trovata
Ma sto morendo dalla voglia di…
Dio, sto cercando di non amarti
Ma ci riesco solo fino a un certo punto
Cercare di non aver bisogno di te mi sta lacerando
Non riesco a vedere un lato positivo da qua giù a terra
Ed io continuo a combattere anche se non so per che cosa
Perché cercare di non amarti
Mi fa solo innamorare di più
 
Ormai lavoravano da così tanto tempo in quel campo che nessuno di loro avrebbe più dovuto avere l’ansia a salire sul palco e cantare. Ciò nonostante, quel giorno Tooru si sentiva come quando aveva fatto il provino singolo nel 2015. Si sentiva come se avesse bisogno di far capire a tutti quello che voleva esprimere.
 
Mi fa solo innamorare di più
 
Perché quella era una verità indissolubile con la quale avrebbe dovuto fare i conti per molto, moltissimo tempo.
 
E questo tipo di dolore solo il tempo lo può portare via
Questo è il motivo per cui è più difficile lasciarti andare
E non riesco a fare niente senza pensare a te
Questo è il motivo per cui è più difficile lasciarti andare
 
Si chiese se Iwaizumi stesse ascoltando quella canzone. Era ovvio che la sentisse visto che era andato lì insieme a loro, ma Tooru aveva bisogno di sapere che l’altro stesse davvero ascoltando.
Oikawa voleva solo che l’altro sapesse quanto era stato importante per lui, voleva che capisse quanto gli dispiacesse essersi comportato in modo stronzo con lui. Ovviamente quella canzone non poteva valere come delle scuse, ma il castano sperava che potesse essere un inizio.
 
Ma se c’è una pillola che mi aiuti a dimenticare dio sa che non l’ho ancora trovata
Ma sto morendo dalla voglia di…
Dio, sto cercando di non amarti
Ma ci riesco solo fino a un certo punto
Cercare di non aver bisogno di te mi sta lacerando
Non riesco a vedere un lato positivo da qua giù a terra
Ed io continuo a combattere anche se non so per che cosa
Perché cercare di non amarti
Mi fa solo innamorare di più
 
Sentiva i suoi occhi bruciare mentre tutti i sentimenti che provava continuavano a essere urlati dalla sua bocca.
Concluse, infine, con l’ultima strofa e con il successivo ritornello sempre uguale, mentre la musica si affievoliva sempre di più fino a concludere la canzone.
 
Iwaizumi era rimasto folgorato dalla canzone di Oikawa.
Quando aveva sentito Futakuchi chiedergli di cosa trattasse il nuovo singolo era pronto a sentire Tooru mentire come aveva sempre fatto. Ma quando il ragazzo aveva parlato la sincerità traboccava dalla sua voce.
Hajime, inoltre, non aveva avuto tempo per riflettere appieno alle parole del castano perché subito dopo i ragazzi iniziarono a suonare e poi Tooru aveva cantato quella canzone.
Successivamente, neanche si rese conto di star cercando il ragazzo fino a quando non lo trovò.
I ragazzi del gruppo, finita la trasmissione, erano stati invitati in un’altra parte dell’edificio per prendere parte a un rinfresco preparato per loro che doveva essere anche una sorta di pranzo.
Oikawa però era rimasto indietro, dicendo che aveva bisogno di qualche minuto per riprendersi e fu proprio in fondo a delle scale che Hajime lo trovò.
Il castano si stava strofinando gli occhi con i palmi delle mani, un lungo sospirò che uscì dalla sua bocca.
Non si accorse di lui fino a quando non gli si sedette al fianco.
Hajime lo vide sussultare e nascondere il volto, anche se era impossibile non notare le sue guance rosse.
Non si era preparato un discordo e stava facendo tutto spontaneamente, come le successive parole che pronunciò –Anche io non riesco a smettere di amarti.
Dalla bocca di Tooru venne fuori uno strano verso di sorpresa, per poi guardarlo con gli occhi spalancati. Erano rossi in quel momento, anche se Hajime non avrebbe saputo dire se per via del pianto o delle sue mani che li avevano strofinati troppo.
-Insomma- continuò leggermente in imbarazzo –Non pretendo di credere che quella canzone sia scritta per me. Ma volevo solo farti sapere che mi ha colpito perché… beh, hai detto tutto quello che io provo ancora per te.
Oikawa stava trattenendo il respiro, Iwaizumi se ne accorse quando questo lo rilasciò in modo tremolante e quasi come una risata.
-Ovvio che è per te, Iwa-chan… per chi altri sarebbe dovuta essere?
Il cuore di Hajime accelerò e le sue mani avevano iniziato a sudare –Che ne è stato della convinzione di non scrivere canzoni d’amore a qualcuno?
Tooru fece un piccolo sorriso e questo fece saltare un battito ad Hajime, era così innamorato di lui…
-Ero anche convinto di non aver bisogno di un ragazzo e che non mi sarei mai innamorato. Tu sei riuscito a stravolgere la mia vita in modi che non avrei mai neanche immaginato.
-Lo dici solo perché non hai idea di come tu abbia stravolto la mia.
Gli occhi di Oikawa erano luminosi. Hajime si rese conto di quanto gli era mancato tutto quello solo dopo averlo rivisto.
-Dovresti baciarmi adesso- sussurrò il castano –Devo proprio insegnarti tutto, Iwa-chan?
E così Hajime fece. Cancellando con quel solo bacio tutti i mesi nel quale erano stati lontani e separati, struggendosi in silenzio l’uno per l’altro.
Tooru si lasciò andare contro il suo petto, sospirando di piacere e sorridendo mentre rispondeva con enfasi.
Iwaizumi stava pensando che sarebbe potuto rimanere in quel modo per sempre quando Oikawa si tirò indietro sussurrando –Kuro!
-Eh?- venne riportato alla realtà di scatto. Davvero il ragazzo che gli si era appena confessato aveva appena detto il nome di un altro uomo mentre lo baciava?
Probabilmente aveva fatto una faccia strana perché Oikawa rise, poi precisò –Devo cercare Kuro! Devo dirgli una cosa importante!
Si alzò in fretta e corse via, a metà strada però sembrò ripensarci perché tornò indietro di scatto per baciarlo di nuovo.
-Ti amo!- sussurrò euforico prima di correre di nuovo via.
Iwaizumi non poté fare a meno di ridere e appoggiarsi al muro mentre cercava di tornare in sé, cosa difficile considerando che non poteva fare a meno di fissare felice la figura di quello che adesso era ufficialmente il suo ragazzo.
 
Non fu difficile scoprire cosa Oikawa era andato a dire a Kuro considerando che le urla del Manager furono udibili per diversi piani dell’edificio.
Nessuno inoltre poteva biasimarlo. Insomma, era stato già organizzato che il singolo sarebbe stato messo online per la vendita quella sera stessa e Oikawa era corso da lui per chiedergli di dargli la possibilità di modificare una parte della canzone.
La discussione andò avanti per tutto il pranzo, alla fine del quale Hajime stabilì che avrebbero fatto Kuro santo visto che aveva accettato la richieste di Tooru. Il moro sospettava che ci fosse dietro lo zampino di Kenma, tutti sapevano che il batterista riusciva a convincere il proprio ragazzo a fare di tutto, anche se non avevano ancora scoperto come. Hajime non era sicuro di volerlo sapere.
-Cosa vuoi modificare?- domandò Iwaizumi quel pomeriggio stesso mentre si dirigevano nello studio di un Sakusa non troppo felice di averli lì senza appuntamento.
Tooru gli strinse la mano mentre rispondeva –Solo qualche frase nell’ultima strofa. Resterà comunque una delle mie canzoni preferite e, anche se è triste, sono felice di averla incisa. Mi ricorderà per sempre quello che ho dovuto passare e quello che non voglio più provare.
Hajime gli strinse la mano a sua volta, Tooru gli sorrise –ma voglio modificare la fine così che sia più… vero. Voglio che chi ascolta possa credere che per tutti c’è sempre una speranza, come lo è stato per noi.
Iwaizumi si bloccò sul posto e con le mani che avevano intrecciato spinse l’altro ragazzo a fare lo stesso, poi lo afferrò per i fianchi e lo baciò come se fossero soli.
-Ehy, piccioncini!- la voce di Atsumu li fece tornare alla realtà dopo un po', erano talmente presi l’uno dall’altro che non avrebbero saputo dire se erano passati solo pochi secondi o minuti –abbiamo un lavoro da fare qui!
Tooru gli lasciò un ultimo bacio sussurrando sulle sue labbra –Fammi solo sistemare questo e poi sarò per te tutta la notte.
Iwaizumi non rispose, ma gli diede una pacca sul sedere mentre l’altro lo precedeva dentro.
Quando, infine, Hajime sentì come il suo ragazzo aveva modificato la canzone non poté che essere d’accordo con lui nel considerarla assolutamente perfetta con questo cambiamento.
Quello era il loro nuovo inizio e Hajime aveva tutte le intenzioni di far andare bene le cose. Quando poi vide Tooru sorridergli capì che non sarebbe stato difficile, avere lui era già tutto quello che avrebbe mai potuto desiderare.
 
Così mi siedo qui, lacerato, solo per parlare con me stesso
È stato qualcosa che ho fatto?
C’era qualcun altro?
Quando una voce dietro di me, che stavo combattendo le lacrime,

mi si è seduta accanto e ha sussurrato proprio al mio orecchio:
questa notte muoio dalla voglia di dirti…
che cercavo di non amarti
Ma ci riuscivo solo fino a un certo punto
Cercare di non aver bisogno di te mi sta lacerando
Adesso vedo il lato positivo, per che cosa sto lottando
E se continueremo a provarci potremmo essere molto di più
Perché cercare di non amarti

Mi fa solo innamorare di più






n.a. La canzone di questo capitolo (come avrete già capito dal fatto che dice il titolo Oikawa) è "Trying not to love you" dei Nickelback.
Inoltre vorrei specificare che non ho fatto vedere il risolvimento del litigio di Oikawa e Atsumu (quando erano in America) perché per me era una cosa scontata. Voglio dire, sono un gruppo di ragazzi che vive a stretto contatto ogni giorno, ci saranno stati litigi simili in continuazione.
In ogni caso, per qualsiasi ulteriore chiarimento, sono sempre a vostra completa disposizione!
Alla prossima settimana con la storia di Akaashi!
Deh
 

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Capitolo 8
*** La canzone di Akaashi - Parte 1 ***


n.a. Ciao a tutti! Domani sarò impossibilitata a pubblicare così come anche martedì prossimo, quindi per questi due capitoli di Akaashi avrete l'aggiornamento di lunedì!
Buona lettura.
Deh





La canzone di Akaashi - Parte 1
 
2017

La storia di Akaashi era molto diversa da quella dei suoi amici.
Lui era l’unico tra i cinque a non aver fatto il provino per partecipare allo Spring MS 2015 ed era anche l’unico ad aver già avuto esperienza nel mondo della musica.
Questo perché la sua vita era tutto l’opposto di quello che poteva essere definita “normale”.
Il padre di Keiji era un bassista che aveva preso parte ai concerti di molti gruppi famosi, lavorando come supporto prima che questi si sciogliessero. La madre invece era sconosciuta.
Secondo il racconto che il padre gli aveva sempre riportato, il bambino era stato abbandonato fuori dalla sua porta. Keiji credeva che ci fosse dell’inverosimile in quella versione, ma era quello che il padre continuava a dirgli e così aveva deciso di prenderla come versione ufficiale: lui che veniva abbandonato dalla madre dietro la porta dell’uomo, questo che lo accettava come proprio figlio e decideva di crescerlo.
Akaashi non aveva nulla contro suo padre, questo infatti non gli aveva mai fatto mancare nulla e gli aveva dato tutto l’amore che avrebbe dovuto dargli non solo un padre, ma anche una madre. Non avrebbe quindi cambiato nulla nella sua vita, ma non poteva non ammettere che ovviamente non era cresciuto come gli altri bambini e che la sua vita si era snodata tra hotel, backstage e aerei.
Per forza di cose aveva imparato a suonare il basso a sua volta già all’età di quattro anni e, anche se la gente credeva lo facesse solo per il padre, il ragazzo si era davvero appassionato nello studio di quello strumento tanto da diventare abbastanza bravo da prendere parte come supporto a diversi concerti già dall’età dei suoi sedici anni.
Nonostante questo, era sempre rimasto convinto che quello sarebbe rimasto un solo e semplice hobby, non sapeva ancora cosa volesse fare nella vita ma aveva studiato più argomenti alla ricerca di qualcosa che potesse attirare la sua curiosità.
Fino a quando un giorno non fu contattato da Kuro Tetsuro, che aveva conosciuto sempre grazie al padre, che gli propose di entrare a far parte di un gruppo che avrebbe partecipato allo Spring MS di quell’anno.
Akaashi non dovette pensarci troppo prima di accettare, continuava a pensare che sarebbe stata una cosa di passaggio la musica nella sua vita, ma pensava anche che fosse un’esperienza da non poter perdere e che avrebbe arricchito la propria storia.
Infine, non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbero diventati talmente famosi da firmare un contratto per i successivi cinque anni. Suo padre continuava a dirgli di essere fiero di lui, che la popolarità che avevano raggiunto, lui non l’aveva mai vista con nessuno dei gruppi con i quali si era unito e Akaashi non poteva che essere felice di tutto questo.
Voleva bene ai suoi amici e, anche se si comportava in modo diverso o più pacato, questo non voleva dire che ci fosse del distacco tra di loro.
Forse, l’unico argomento dove Keiji si sentiva quasi in ansia era quello sulle “relazioni”. Suga si era fidanzato con Daichi, Kenma e Kuro si stavano struggendo l’uno per l’altro da fin troppo tempo, Oikawa si innamorava ogni giorno di più di Iwaizumi e Atsumu non aveva nessuna intenzione di gettare la spugna con Sakusa. Ognuno di loro aveva qualcuno di importante e ogni volta Akaashi si sentiva messo da parte, non perché i suoi amici lo facessero sentire così, ma semplicemente perché non capiva se ci fosse qualcosa di sbagliato in lui che non riusciva a trovare una persona per la quale avrebbe potuto provare quello che vedeva riflesso nello sguardo dei suoi amici ogni singolo giorno.
Dovette aspettare due anni prima che anche lui riuscisse a comprendere quei sentimenti delle conversazioni che fin troppo spesso facevano, ma quando Bokuto Koutaro entrò nella sua vita, questa venne completamente stravolta.
Erano tornati ai loro impegni sociali dopo il mese di pausa forzata, che era stato la conseguenza dello svenimento sul palco di Kenma, e si trovavano a Osaka per un evento che si sarebbe svolto il giorno successivo: intervista con i Black Jackal e successivo concerto all’aperto.
Si trovavano in un’enorme villa dove avrebbero alloggiato e dove, quella stessa notte, si stava svolgendo una festa con le persone più influenti del settore.
Akaashi si stava comportando come sempre, gentile e cordiale con chiunque lo fermasse per scambiare due chiacchiere. Erano già più di dieci minuti che stava parlando con un uomo che probabilmente aveva il doppio dei suoi anni e che si stava comportando in un modo troppo lascivo, quando Suga andò a salvarlo.
-Akaashi! Meno male che sei qui! Abbiamo urgentemente bisogno di te!- lo afferrò per un braccio e lo allontanò dal luogo dove si trovava.
Keiji fece un sorriso di scuse all’uomo che lasciò a metà di un discorso e si allontanò con il pianista che raggiunse il tavolo degli alcolici.
-Che succede?- domandò poi mentre l’amico fissava curioso i vari bicchieri, praticamente identici, cercando di capire quale tra questi avesse dovuto prendere.
-Volevo solo salvarti da quel viscido, le sue intenzioni si vedevano a un miglio di distanza- rispose tranquillo Saga con un piccolo sorriso soddisfatto quando infine scelse un bicchiere da portare alle labbra.
Keiji gli sorrise grato, Suga continuò –Continui a essere troppo buono e gentile, bevi un po'! Sono curioso di vedere come diventi da ubriaco.
-Non credo che sia…
La sua frase venne troncata dal bicchiere che Suga gli mise tra le mani. Sarebbe stato scortese da parte di Akaashi posare il bicchiere dopo averlo tenuto e non voleva che la bevanda venisse sprecata, quindi infine decise che un bicchiere non poteva di certo far male.
Lo portò alla bocca prendendo un sorso e rimase sorpreso dalla dolcezza della bevanda, una dolcezza che al punto giusto contrastava l’amarezza dell’alcool senza però dar fastidio alle sue papille gustative. Non voleva neanche immaginare quanto costasse una sola bottiglia di quello.
-Non potete capire che vi siete persi!- Atsumu li raggiunse con un sorriso divertito in volto.
I due ragazzi gli diedero la propria attenzione e questo iniziò a raccontare –C’era Kenma che si stava annoiando…
Akaashi e Suga annuirono comprensivi, conoscevano troppo bene il batterista e trovavano già strano il fatto che fosse rimasto alla festa tutto quel tempo.
-Così è andato da Kuro, che era totalmente preso in una conversazione con due uomini, Kenma gli ha detto qualcosa all’orecchio e non solo il nostro caro manager è diventato tutto rosso ma è anche soffocato nel bel mezzo di una frase e cinque minuti dopo i due ragazzi erano scomparsi.
Suga rise forte, Akaashi sospirò ma anche lui aveva un leggero sorriso in volto –Se vogliono che la loro relazione resti segreta, questo non è decisamente un buon modo per iniziare.
Gli altri due risero più forte, poi Atsumu commentò –Venderei mio fratello per sapere cosa gli ha detto! Insomma, ho sempre immaginato che sarebbe stato Kuro quello a far imbarazzare Kenma con le sue frasi, non il contrario!
La discussione andò avanti per altri minuti e Akaashi si ritrovò a finire il suo secondo bicchiere della serata. Quella bevanda era troppo buona per evitarla.
A un certo punto Suga sentì la nuova canzone che avevano appena fatto partire e prendendo per il braccio Atsumu annunciò un po' troppo brillo –Adoro questa canzone! Voglio ballare, fammi compagnia!
Il biondo venne trascinato via senza che riuscisse a dire nient’altro.
Akaashi rise piano e quando si voltò per posare il bicchiere ormai vuoto che aveva ancora tra le mani, si scontrò con una persona.
-Oh, mi scusi- disse abbassando lo sguardo in un mezzo inchino.
-Nessuno problema- rispose una voce forte.
Quando Keiji rialzò lo sguardo, mise a fuoco la figura che aveva davanti. Era un uomo che poteva avere la sua età, forse più grande di uno o due anni, aveva degli enormi occhi dorati e i capelli neri con delle striature colorate di grigio. I suoi lineamenti erano spigolosi e i suoi muscoli facevano tendere la camicia che indossava. Era indubbiamente bello e attraente.
Akaashi si rese conto che aveva iniziato a fissarlo solo quando riportò lo sguardo sui suoi occhi e vide che anche l’altro uomo non aveva staccato gli occhi da lui. Entrambi avevano un leggero rossore sulle guance.
Keiji si sentì ancora più in imbarazzo e stava per dire qualcosa che li avrebbe fatti uscire da quella situazione, quando sentì una mano che si poggiava sulla sua schiena, un po' troppo in basso rispetto a come sarebbe stato opportuno.
Sussultò sul posto e un brivido lo colpì quando si accorse che era nuovamente l’uomo dal quale Suga l’aveva salvato.
-Eccoti qui- annunciò con un tono che fece venire la nausea al ragazzo –ti stavo cercando! Non abbiamo potuto concludere la nostra conversazione! Che ne dici di fare un giro fuori? Ti vedo accaldato e dell’aria fresca potrebbe solo farti bene.
Akaashi non aveva nessuna intenzione di andare con quest’uomo in un luogo lontano da tutte quelle persone, cercò in fretta un modo per liquidarlo –Ah io, in realtà…
Indicò in generale intorno a sé, volendo essere vago e allo stesso tempo cercare un modo per sfuggire da quella situazione.
La sua mano venne afferrata dal ragazzo che aveva urtato poco prima, questo l’aveva fatto avvicinare al suo petto mentre lo allontanava dall’uomo viscido.
-Oh, mi dispiace- annunciò con voce seria e tranquilla, i suoi occhi però erano fissi sull’uomo e sembrava non sbattere neanche le palpebre tanta era l’intensità e la freddezza del suo sguardo –il signore qui mi aveva già promesso che avrebbe ballato con me, spero che non le dispiaccia.
E senza aspettare una risposta si allontanò trascinandosi dietro Keiji.
Akaashi sentiva il suo cuore battere a mille mentre lo seguiva senza fiato.
Quando furono abbastanza lontani, vide il ragazzo sgonfiarsi e poi lasciarlo andare, il suo sguardo era leggermente pentito mentre diceva –Scusami, quell’uomo ti guardava in modo… cattivo. E ho pensato che avevi bisogno di aiuto ma non… non dovevo reagire in quel modo, è stato scortese da parte mia trascinarti via da quella conversazione.
Akaashi era sconvolto da come le cose erano cambiate in così pochi secondi, poi non poté fare a meno di ridere nascondendo la bocca contro la sua mano, i suoi occhi erano luminosi.
-Avevo decisamente bisogno di aiuto- lo rassicurò –Ti ringrazio. Posso sapere il tuo nome?
Il ragazzo tornò a illuminarsi come se il breve momento di depressione non fosse mai esistito –Bokuto Koutaro! Tu sei?
Akaashi rimase piacevolmente sorpreso nel constatare che Bokuto non conosceva davvero il suo nome, che quindi non l’aveva aiutato solo perché era un fan suo o del gruppo –Akaashi Keiji- rispose con un piccolo sorriso.
-Agaashi!- avrebbero avuto modo di lavorare sulla pronuncia del suo nome successivamente –vuoi ballare? Sai per… non far insospettire quell’uomo.
Keiji rise annuendo, non sapeva ancora che gli sarebbe stato impossibile da quel momento in poi dire di “no” a Bokuto.
 
Ballarono tutta la notte, risero, parlarono e continuarono a bere.
Quando Keiji tornò a concentrarsi su quello che li circondava, si rese conto che si era fatto davvero tardi, questo perché erano rimasti in pochi nella sala e c’erano già i primi camerieri che iniziavano a pulire.
Con un peso nel cuore si rese conto che era tutto finito.
-Si è fatto tardi- sussurrò piano e con quella semplice frase fece tornare alla realtà anche Bokuto. Il ragazzo si guardò intorno confuso per poi non cercare in alcun modo di nascondere la delusione che stava nascendo sul suo volto.
-Vuoi venire in camera con me?- domandò quindi il più alto, lasciando Keiji sconvolto per qualche secondo.
Anche Bokuto sembrò sorpreso da quello che aveva detto, Akaashi vide il cambiamento nel suo sguardo e con la paura che potesse ritrattare quello che aveva appena proposto, si affrettò a rispondere –Sì! Mi piacerebbe…
Keiji era sicuro di non aver mai fatto nulla del genere, ma l’alcool che aveva bevuto stava sicuramente aiutando in tutta quella situazione. 
Koutaro quindi sorrise euforico, per poi prenderlo per mano e portarlo al piano di sopra.
Fu solo quando si chiusero la porta alle spalle che questo, diventando molto più timido di quello che si era mostrato fino a quel momento, domandò –Adesso va bene se ti bacio?
Keiji rise, era scontato che il solo accettare di essere portato in camera fosse un via libera per poterlo baciare e fare anche altro, ma l’aveva trovata una domanda carina e il suo petto si riscaldò.
Si sporse in avanti entrando nel suo spazio personale –Voglio che tu mi baci- sussurrò sulle sue labbra.
Il bacio che ne seguì fu morbido e carico di tutto quello che avevano coltivato durante la serata, Akaashi non era sicuro di chi dei due l’avesse infine iniziato, ma non era importante quando le mani di Bokuto erano tra i suoi capelli mentre quelle di Keiji si stavano stringendo sul corpo muscoloso del ragazzo.
I baci che Bokuto continuava a dargli lo stavano facendo sentire in modo strano, un modo completamente nuovo. Per la prima volta si sentiva come se fosse abbastanza, come se fosse l’unica cosa di cui Bokuto avesse bisogno al momento.
Keiji si perse nei suoi pensieri e nelle sensazioni che stava provando, credeva quasi di poter estraniarsi da qualsiasi cosa non fossero le sue mani e la sua bocca sulla sua pelle.
Era tutto perfetto fino a quando non perse tutto di scatto.
Akaashi ci mise qualche secondo a tornare alla realtà, sbattendo più volte le palpebre per capire cosa diavolo fosse successo e perché Bokuto si fosse allontanato così velocemente.
Quando tornò a metterlo a fuoco vide che il ragazzo aveva fatto diversi passi indietro e che aveva gli occhi spalancati.
-Cosa…- iniziò preoccupato, ma Bokuto lo precedette scappando via.
Akaashi si preoccupò ancora di più, mille paranoie invasero il suo cervello con la domanda “ho fatto qualcosa di sbagliato?”, non sapeva cosa fare fino a quando non sentì l’altro vomitare dal bagno.
Quasi rise per l’assurdità della situazione e dei suoi pensieri, infine lo seguì.
Bokuto era inginocchiato a terra di fronte il gabinetto, le sue mani che si aggrappavano al bordo talmente forte da aver fatto diventare bianche le nocche, la sua fronte era imperlata di sudore e il suo respiro correva veloce. Alcuni capelli non erano più trattenuti dal gel e questi gli si erano attaccati sul volto. Quando vide Akaashi raggiungerlo lo fissò con lo sguardo più triste che il corvino avesse mai visto, per poi sussurrare –Mi dispiace.
Keiji gli sorrise rassicurante –Va tutto bene, non è un dramma.
Bokuto non riuscì a rispondere perché ebbe un nuovo conato, Akaashi quindi si affrettò a massaggiargli la schiena mentre con l’altra mano gli scostava i capelli dalla fronte.
Rimase a prendersi cura di lui per tutto il tempo necessario e, solo quando l’altro si sentì meglio, lo vide girarsi verso di lui e dirgli dalla sua spalla –Sei speciale.
Le guance di Keiji si imporporarono mentre rispondeva –Non ho fatto nulla di particolare.
Bokuto non rispose a parole ma  semplicemente gli sorrise. E con quel piccolo sorriso Akaashi sentì che qualcosa nella sua vita era stato stravolto e non sarebbe più potuto tornare indietro.
 
Quando Akaashi venne svegliato, la mattina successiva, aveva un leggero mal di testa, un sapore orribile in bocca e ci mise qualche secondo di troppo a capire che si trovava in una stanza che non era la sua.
Ci volle ancora più tempo prima che tutti i pensieri della notte precedente gli tornassero in mente: la corsa in camera di Bokuto, il loro bacio, l’altro ragazzo che si sentiva male e lui che lo metteva a letto.
Dovresti riposare un pò” gli aveva detto.
Resta a dormire con me” gli aveva chiesto invece Bokuto ed evidentemente era quello che aveva infine fatto, considerando che si trovava ancora nella sua stanza.
Tornò al presente quando si rese conto che si era svegliato perché il suo cellulare non faceva altro che squillare, era il numero di Suga e rispose con voce biascicata e addormentata con un normale “pronto?”.
-Dove diavolo sei!?- gli urlò l’amico talmente forte che Akaashi dovette spostare il cellulare dall’orecchio per non rimanere sordo –Abbiamo l’intervista con i Black Jackal tra cinque minuti! Persino Oikawa è già qui mentre tu sei completamente scomparso! Abbiamo anche forzato la tua camera d’albergo ma non sei lì!
Gli occhi di Akaashi si spalancarono e con terrore corse a guardare l’orario: il pianista aveva completamente ragione.
Si alzò di scatto mentre rispondeva in fretta –Sto arrivando! Due minuti e sono da voi!
Chiuse la chiamata e corse a cercare le sue scarpe, le uniche cose che aveva tolto la scorsa notte prima di mettersi a dormire.
Inoltre iniziò a chiedersi dove fosse il proprietario della stanza e la risposta gli arrivò sottoforma di rumore di acqua che scorre proveniente dal bagno.
Anche Akaashi avrebbe voluto farsi una bella doccia, ma per ovvie ragioni quello doveva essere l’ultimo dei suoi pensieri.
Si chiese cosa dire all’altro ragazzo e come farlo, provò quindi a bussare alla sua porta per poi chiamare il suo nome, ma in entrambi i casi non ricevette risposta.
Trovava inoltre che irrompere nel bagno sarebbe stato troppo strano, quindi decise di andarsene senza dire nulla: non aveva altro tempo da perdere ed essendo che quell’uomo alloggiava nello stesso hotel non doveva essere difficile trovarlo subito dopo l’intervista per spiegargli bene la situazione.
Quindi, mordendosi un labbro, lasciò la camera e iniziò a correre verso la sala dove sapeva si sarebbero trovati i suoi amici.
Quando infine li raggiunse, il volto di tutti loro era scioccato. Akaashi quindi si rese conto di non aver dato uno sguardo neanche allo specchio prima di precipitarsi lì, non che comunque ne avesse avuto il tempo.
Atsumu fu il primo a riprendersi e senza dire nulla alzò il proprio cellulare e gli scattò una foto.
Kenma commentò –Sembri una merda.
Oikawa aggiunse –Sbaglio o quelli sono gli stessi vestiti che avevi ieri sera?- il suo sorrisetto non prometteva nulla di buono –Anche il nostro piccolo Keiji sta crescendo!
Il volto di Akaashi andò a fuoco, soprattutto quando si rese conto che non c’erano solo gli altri membri del gruppo, ma anche diverse persone dello staff e tutti loro stavano ascoltando la conversazione –non è come pensate!- si affrettò a dire.
Atsumu rise –Sì, immagino sia quello che dicono tutti.
Suga si passò una mano sul viso, ma più che essere esasperato stava solo cercando di nascondere una mezza risata –Ascolta- disse poi –questo è Shion Inunaki ed è qui per farci l’intervista- indicò un uomo con i capelli chiari e poco più basso di lui -il suo collega però non è ancora arrivato, quindi se vuoi darti una rinfrescata puoi andare in quel bagno mentre aspettiamo.
Akaashi annuì grato e mentre si avviava verso la stanza in questione, Oikawa lo seguì insieme a una sacca che portava sempre dietro per occasioni del genere.
Cinque minuti dopo il castano era riuscito a fare un miracolo, perché Akaashi sembrava fresco di doccia, le sue occhiaie erano scomparse e gli era stato procurato anche un maglione anonimo ma decente per poter partecipare a quell’intervista.
Keiji non poté fare a meno di commentare –Hai davvero un dono.
Tooru sorrise soddisfatto, e concluse il suo lavoro porgendogli una mentina, proprio in quel momento Atsumu arrivò a chiamarli perché anche l’altro uomo era finalmente arrivato.
I due ragazzi lo seguirono fuori e si sistemarono ai loro posti. Poi Akaashi alzò lo sguardo e si rese conto che l’altro intervistatore era Bokuto.
-Akaashi!- urlò questo quando si accorse di lui, aveva gli occhi spalancati e non aveva fatto nulla per mantenere la sua voce bassa –Perché sei andato via senza dirmelo!? Mi hai reso molto triste!
Il volto di Keiji stava andando nuovamente a fuoco e intorno a loro era sceso un silenzio talmente pesante che il corvino poteva tranquillamente sentire il suo respiro accelerato.
-Io…- provò poi a giustificarsi –ero in ritardo e tu non mi sentivi dal bagno, avevo pensato di cercarti una volta finito tutto questo!
-Oh- Bokuto cambiò nuovamente il suo umore in un lasso di tempo brevissimo, il suo sorriso si aprì sul volto e tutto felice chiese –Mi avresti davvero cercato?
Akaashi annuì brevemente non fidandosi della sua voce, poi il mondo esterno si mise in mezzo.
-Davvero ti sei fatto il nostro intervistatore?- Oikawa lo disse con un tono di voce sconvolto ma anche esaltato.
Atsumu gli mise un braccio intorno alle spalle e commentò –Chi l’avrebbe mai detto? Non pensavo che avessi tutto questo gusto ma devo dire che hai scelto proprio bene! Direi che è uno da otto.
-Anche otto e mezzo- si intromise Oikawa mentre Atsumu annuiva.
Kenma stava solo ridendo e Suga lanciò a tutti loro uno sguardo che avrebbe potuto uccidere, con voce fredda sussurrò –Vi sembra il caso!?
Nel frattempo l’altro intervistatore, che se Akaashi ricordava bene doveva chiamarsi Inunaki, stava rimproverando Bokuto con quasi lo stesso tono che aveva usato Suga con loro.
-Appena Meian scoprirà di questo non ne sarà molto felice!
Bokuto saltò sul posto iniziando a piagnucolare –Shion no! Ti prego, amico, non dirglielo! Non puoi dirglielo!
L’altro si portò una mano alla fronte massaggiandola –Senti, solo… sta zitto e iniziamo questa intervista.
Fortunatamente furono tutti d’accordo e finalmente poterono iniziare a lavorare seriamente… più o meno.
 
Quando finirono, si era fatta l’ora di pranzo e tutti loro sembravano stremati dalla situazione.
I due ragazzi dei Black Jackal lasciarono la stanza ringraziandoli, non prima però che Bokuto riuscisse a ricevere il numero di telefono di Akaashi, promettendo a gran voce che gli avrebbe chiamato quello stesso pomeriggio.
Oikawa aveva borbottato –Siete nello stesso luogo, potrebbe semplicemente venirti a trovare in camera.
Bokuto però non lo sentì, perché Inunaki l’aveva già trascinato via.
Kuro li raggiunse dopo qualche minuto, l’uomonon era stato con loro per via di altri impegni, aveva uno sguardo soddisfatto ed esaltato in volto –Allora? Com’è andata?
Nessuno rispose mentre avevano reazioni differenti. Suga si limitò a fare un gemito di disperazione mentre si massaggiava la testa con le mani, Oikawa fece finta di non sentirlo controllandosi le unghie, Atsumu lo ignorò guardando qualcosa sul suo cellulare e Akaashi abbassò il volto cercando di nascondere il suo volto in fiamme, sapeva quanto aveva lavorato il loro manager per organizzare e programmare quell’intervista nella rivista più seguita e famosa del Giappone. Il fatto che per colpa sua non fosse andata esattamente come si erano aspettati lo faceva sentire di merda.
Kenma, infine, agì di conseguenza alle loro reazioni: sospirò e chiese a nessuno in particolare -quindi tocca a me distrarlo?
Kuro li fissò confuso e con la fronte corrugata, poi incerto chiese –Mi devo preoccupare?
Kenma lo raggiunse, gli mise le braccia intorno al collo e iniziò a baciarlo. Kuro rimase spiazzato per i primi secondi, anche se le sue braccia risposero involontariamente mentre se lo stringeva contro, poi sembrò tornare in sé e ancora più preoccupato si staccò dalle sue labbra e guardò tutti loro –Quindi devo davvero preoccuparmi?
-Sh, lascia stare- sussurrò Kenma mentre si cimentava a baciargli il collo –Non ci pensare…
-Kenma!- esplose Kuro tra indignazione e imbarazzo, probabilmente il loro manager non aveva idea di cosa fare, braccato letteralmente tra dovere e piacere.
Oikawa si alzò e spinse tutti gli altri a fare lo stesso –Su andiamo! Qui le cose stanno diventando calde e io ho fame!- gli altri lo seguirono fuori dalla stanza più che felicemente mentre le urla di Kuro li raggiungevano –Ehi! Guardate che non finisce qui! Tornate sub… mgh…
Kenma era davvero bravo nel suo lavoro quando si impegnava.
Akaashi si sentiva ancora più in imbarazzo e in colpa con i suoi amici per tutto quello che era successo –Quindi non glielo diremo?
Atsumu gli diede una pacca sulla spalla –A tempo debito scoprirà tutto, se l’avessimo informato adesso ci avrebbe rovinato il resto della giornata con i suoi lamenti.
Suga annuì, parlò mentre tutti iniziavano ad avviarsi verso il ristorante per il pranzo –Sono totalmente d’accordo. Con Daichi abbiamo in programma troppe cose e sentire i lamenti di Kuro non è nella nostra lista.
-Ragazzi mi dispiace- sussurrò infine Keiji.
-Non devi scusarti, non è stata mica colpa tua- lo rassicurò Tooru, per poi aggiungere quasi subito –ma se proprio vuoi farti perdonare potresti raccontarci come sei riuscito a incantare quel pezzo di manzo!
 
Tre giorni dopo si stavano rilassando nella loro casa, mentre di tanto in tanto abbozzavano note e frasi per una nuova canzone. Erano tranquilli e in pace fino a quando Kuro non entrò in casa senza neanche chiedere il permesso, il suo volto era furente mentre indicava qualcosa sul tablet che teneva tra le mani, anche se era impossibile leggerne il contenuto visto quanto si stava muovendo.
-Cosa diavolo è quest’intervista?- urlò a nessuno in particolare.
-L’hanno pubblicata?- chiese a sua volta Oikawa abbastanza tranquillo e ancora concentrato sul foglio dove stava scrivendo diverse idee.
-Grazie a dio no! Mi hanno solo inviato la bozza così che possa accettare o rifiutare!
Un sospiro di sollievo si levò da tutti loro, Kuro continuò a chiedere –Dove eravate tutti quanti quel giorno?
-Eravamo lì.
-Allora perché ci sono solo domande su Akaashi?
Suga esclamò divertito –Ah quindi alla fine ha davvero pubblicato solo le domande su di lui!
Questo abbassò lo sguardo in imbarazzo, stava cercando qualcosa da dire per giustificarsi, ma Atsumu lo precedette spiegando –Uno degli intervistatore si è preso una cotta per Keiji, non è colpa nostra men che meno sua, dovresti prendertela con quel gufo palestrato! L’altro inoltre ci ha provato a metterci in mezzo cercando di fare le domande giuste, ma sì, insomma…
Kuro era senza parole –Una…- disse poi piano –cotta per Akaashi?
Quattro teste annuirono all’istante, il manager sospirò e si massaggiò la fronte –Adesso capisco il motivo della metà delle domande che sono state fatte.
L’ansia di Keiji aumentò, poi piano provò a chiedere –Che domande ha riportato?
Kuro lo accontentò riportando lo sguardo sullo schermo luminoso per leggere –Ha fatto un intero sproloquio sulla tua bellezza, poi ha iniziato a scrivere un sacco di dettagli che non sto qui a citare… ha persino scritto il tuo numero di telefono!
Suga iniziò a ridere talmente forte da avere le lacrime agli occhi, tutti gli altri lo seguirono a ruota.
Keiji sospirò –Devo cambiare numero?
-No, sto andando a Osaka. Non solo non pubblicheranno questo scempio, ma mi sentiranno!
Akaashi sapeva che gliene sarebbe stato eternamente grato.
 
Si era sentito talmente in colpa per i problemi che aveva portato a Kuro da non riuscire a dormire quasi tutta la notte, inoltre non capiva cosa stava succedendo con Bokuto e non sapeva a chi chiedere consiglio.
Il pomeriggio stesso dell’intervista, Bokuto era stato impegnato tutto il tempo con il suo lavoro e la sera i ragazzi erano partiti per tornare a Tokyo, quindi non avevano più avuto occasione di vedersi. Questo però non aveva fermato Bokuto dal chiamarlo o mandargli messaggi ogni volta che ne avesse voglia parlandogli o lamentandosi della sua giornata come se si conoscessero da una vita. Akaashi era naturalmente felice della situazione, ma non capiva cosa erano e cosa questo avrebbe portato.
I suoi lunghi e confusi pensieri interiori vennero interrotti da Kenma che lo raggiungeva in camera e si stendeva sul letto accanto a lui. Il tutto senza neanche chiedere il permesso. Stava giocando a un gioco sul cellulare e non staccò lo sguardo da questo mentre annunciava –Certo che il tuo ragazzo è davvero strano.
Akaashi sussultò mentre il suo volto andava di nuovo in fiamme, si era imbarazzato più in quegli ultimi giorni che nel resto della sua vita.
-Non è il mio ragazzo… credo… non lo so… perché lo dici?
Kenma rise, probabilmente divertito dal suo balbettio, poi rispose –Hai presente che ieri Kuro è andato da lui? E hai presente quanto era incazzato?
-Mh…
-Mi ha chiamato poco fa, sono migliori amici adesso. Non ho idea di che strana magia usi ma è davvero bravo.
-…cosa?
-È stata la mia stessa reazione, pensavo che mi stesse prendendo in giro ma era davvero serio. Inoltre ha anche detto che sta tornando e Bokuto ha deciso di venire con lui, hanno già prenotato l’intera sala di un ristorante così che possiamo andare a cena tutti e quattro con tutta la privacy possibile.
-EH!?
Kenma alzò impercettibilmente le spalle –Inutile lamentarci adesso, alla fine ce li siamo scelti noi, no?
 
Quella notte finirono a letto insieme. Non era in realtà qualcosa di inaspettato considerando che stavano programmando quella cosa praticamente dalla prima sera che si erano visti. Non fu però meno bello o imbarazzante.
Si erano divertiti molto e Akaashi infine aveva invitato Bokuto nella casa che divideva con gli altri ragazzi. Kenma aveva annunciato che sarebbe rimasto da Kuro quindi quando tornarono a casa erano soli.
Si baciarono all’ingresso e saltarono in aria quando la voce annoiata di Oikawa annunciò –Usate la stanza, per favore.
Solo a quel punto si accorsero di Tooru e Atsumu sdraiati sul divano a vedere una serie in tv.
Akaashi fece un sorriso per scusarsi, Bokuto invece li aveva salutati e stava iniziando un lungo discorso che venne troncato da Keiji che lo prese per un braccio e lo portò nella sua stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Fortunatamente non furono più interrotti e mentre facevano l’amore Akaashi capì che aveva fatto bene ad aspettare, che ne era valsa assolutamente la pena.
Dopo essersi puliti, si coccolarono sul letto e passarono tutta la notte a parlare. Avevano avuto una giornata impegnativa e quindi sarebbero dovuti essere molto stanchi, ma l’eccitazione di quel momento li aveva portati a voler solo parlare e parlare, preservando quel momento all’infinito.
Tutto iniziò da un sincero Bokuto che sospirava –Sei così bello, com’è che nessuno ti ha ancora reclamato?
Akaashi arrossì talmente tanto che era sicuro l’altro l’avrebbe notato anche nel buio della stanza, balbettò una risposta incoerente e Bokuto si limitò a ridere. Infine Keiji si sentì talmente a suo agio accanto al ragazzo che gli raccontò la sua intera vita, soffermandosi sul perché non fosse mai riuscito a stringere veri legami con nessuno.
-Immagino comunque che non sia stata solo colpa del vivere tra hotel e aerei il fatto che non sia riuscito a stringere legami duraturi, penso che sia dovuto al fatto che non ero realmente interessato- concluse infine.
-Perché?
Keiji ci mise qualche secondo a rispondere mentre nascondeva il volto nel petto dell’altro –immagino che… nessuno ne valesse la pena. Non avevo mai provato questo.
-Questo?
Il corvino rise –Sì, questo… questa voglia di provarci.
Gli occhi di Bokuto si illuminarono –Quindi posso dire che sei il mio ragazzo?
Akaashi nascose ancora di più il suo volto, ma questo non gli impedì di borbottare –Possiamo provarci, mi piacerebbe.
Bokuto lo strinse talmente forte da fargli scrocchiare qualche osso, ma Keiji decise che era un buon compromesso per avere in cambio la felicità del ragazzo.
-Però non dobbiamo dirlo a nessuno, sono vincolato dal contratto.
Bokuto sembrò mettere il broncio, ma alla fine annuì capendo la situazione.
Il corvino gli sorrise, poi domandò a sua volta –Tu invece? Come sei finito a lavorare nei Black Jackal?
E fu così che Akaashi scoprì che nonostante Bokuto non avesse un padre nel mondo della musica come era stato per lui, era diventato facilmente un chitarrista eccezionale già all’età di quindici anni. Girava il Giappone e partecipava a tutti i concerti o le trasmissioni che lo ispiravano, trovando sempre un posto libero al suo interno. Era entrato infine nei Black Jackal da quasi un anno, era una delle riviste cartacee e online più famose dello stato e, ciò che la distingueva dalle altre, erano i suoi membri: tutti musicisti che avevano già sfondato nel mondo della musica. Bokuto confessò di essere sempre stato attratto da loro e, volendo provare qualcosa di nuovo, era riuscito infine a firmare un contratto di tre anni. Non di più perché “ho bisogno di provare sempre cose nuove, altrimenti la vita diventerebbe noiosa.”
Parlarono per ore, raccontandosi piccoli aneddoti o storie un po' più profonde, tutto ciò che gli passava per la mente era pronto a riempire i silenzi che non avevano tempo di crearsi.
Fu solo quando le prime luci dell’alba entrarono dalla finestra che i ragazzi infine si addormentarono l’uno tra le braccia dell’altro. Anche se quella notte era giunta al termine, qualcosa di nuovo era appena iniziato.

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Capitolo 9
*** La canzone di Akaashi - Parte 2 ***


n.a. La canzone di questo capitolo è "Say you won't let go" di James Arthur.



La canzone di Akaashi - Parte 2
 
2018

Akaashi era stato fin da subito consapevole di essersi innamorato di Bokuto, anche se faceva fatica a dirglielo. Non che il chitarrista non esprimesse tutto il suo amore per lui ogni singolo giorno, corteggiandolo come se non ci fosse nulla di imbarazzante e sorprendendolo con vari regali nei momenti più vari.
Quello che, tuttavia, non riusciva a far sbloccare del tutto Akaashi era quello che l’altro aveva detto la prima notte che erano stati insieme, la frase “ho bisogno di provare sempre cose nuove, altrimenti la vita diventerebbe noiosa” aveva invaso il suo cervello ogni volta che si rendeva conto di quanto fossero diversi. Non poteva fare a meno di pensare che un giorno Bokuto si sarebbe annoiato anche di lui, perché Keiji era consapevole di non essere esuberante ed euforico come l’altro, quindi per lui era logico che Bokuto se ne sarebbe andato.
La sua ansia su questo argomento peggiorò quando iniziarono il tour in America. Per ovvi motivi lavorativi, Bokuto non era potuto andare con loro e Akaashi sapeva che sei mesi di distanza erano troppi.
Le cose ciò nonostante andarono bene, Bokuto si faceva sentire ogni singolo giorno nonostante la differenza del fuso orario, c’erano giorni in cui facevano intere conversazioni telefoniche e altre in cui si scambiavano solo pochi messaggi per via degli impegni che entrambi avevano. Ma nonostante questo, Bokuto era sempre lì per lui, per un semplice “buongiorno” o per supportarlo.
Fu dopo ben tre mesi del tour che Keiji iniziò a rendersi conto che forse aveva un po' troppo sottovalutato quello che Bokuto provava per lui e aveva iniziato a sentirsi in colpa per aver pensato che il ragazzo avrebbe voluto lasciarlo.
Infine, capì quanto era stato stupido quando, a un mese dalla fine del tour americano, qualcuno bussò alla sua porta della stanza d’albergo e, dopo averla aperta, si trovò davanti un sorridente ed euforico Koutaro.
La sua valigia gli era accanto mentre il ragazzo aveva le guance rosse, gli occhi luminosi, i capelli abbassati che probabilmente avevano perso il gel nelle lunghe ore d’aereo ed era sudato. Akaashi però lo trovò più bello del solito e non riuscì a controllare il suo battito che accelerò.
-Cosa ci fai qui?- sussurrò quando riuscì a riprendersi dallo shock.
-Mi mancavi- rispose Bokuto alzando semplicemente le spalle, come se fosse normalissimo che lui prendesse un volo dal Giappone all’America solo perché il suo ragazzo gli mancava.
E fu in quell’esatto momento che Keiji capì quanto si fosse sbagliato, quanto l’altro l’amava e quanto aveva fatto ogni giorno per dimostrarglielo.
I suoi occhi si fecero lucidi e, prima che Koutaro entrasse nel panico chiedendogli se stesse male o se avesse fatto qualcosa di sbagliato, lo afferrò per la giacca per baciarlo con urgenza e sbatterlo contro la porta che chiuse in fretta alle sue spalle.
Il giorno dopo gli altri non furono troppo sorpresi di vederlo arrivare a colazione insieme a Bokuto, Akaashi quindi chiese loro se erano già stati informati di questa sorpresa, la risposta che però gli diedero lo fece riflettere ancora di più.
Oikawa, infatti, aveva abbassato lo sguardo e aveva iniziato a giocare con il cibo svogliatamente, poi aveva borbottato –Non avevamo bisogno di saperlo, quel ragazzo ti ama così tanto che non ci stupiremmo neanche se ti regalasse un elefante in carne e ossa solo perché tu hai detto che è il tuo animale preferito.
Anche Atsumu sembrava geloso della situazione, perché mise il broncio e incrociò le braccia –Sei davvero stato fortunato, amico.
Akaashi non aveva idea di cosa dire, fortunatamente fu salvato da Kenma che borbottò annoiato –Guardali! Scommetto che se non vedesse me per mesi non reagirebbe in questo stesso modo!
Tutti seguirono lo sguardo del biondo e capirono subito a cosa si stava riferendo visto che Kuro e Bokuto si stavano abbracciando e stavano urlando come se non si vedessero da anni.
Tutti i membri della band non poterono fare a meno di ridere alle parole del loro batterista, Suga annunciò –che poi non ho ancora capito come quei due siano diventati amici.
-Non penso che lo sapremo mai- borbottò in risposta il più piccolo.
 
Stare in America insieme a Bokuto era eccitante quanto frustante. Akaashi adorava andare in giro con lui per tutte le nuove città che visitavano, vedere i posti più belli e assaggiare tutto quello che gli proponevano. La cosa che lo frustava però era non poter tenere per mano l’altro e non poter far nulla che facesse intendere che avessero una relazione. Certo, ovviamente dovevano travestirsi per andare in giro, altrimenti sarebbe stato impossibile non essere fermato ogni cinque metri, ma questo comunque non gli dava libero accesso alla sua privacy perché qualcuno che lo riconosceva c’era sempre e Keiji non rifiutava mai quando gli chiedevano di fare qualche foto o video.
Entrambi avevano fatto di tutto per mantenere la cosa segreta ogni qual volta fossero in pubblico, Akaashi quindi non era per nulla preoccupato, perché sapeva di non aver fatto nulla di sbagliato, ma la tragedia era comunque dietro l’angolo.
Era passata una settimana da quando Bokuto li aveva raggiunti e si trovavano a Chicago. Avevano in programma, come quasi in tutte le altre città, tre concerti e quello stesso giorno avevano svolto il primo. Per festeggiare quella stessa notte avevano occupato la piscina dell’hotel per fare una specie di festa tra di loro insieme ai membri più fidati dello staff che ormai consideravano una famiglia. Si stavano divertendo e tutto andava bene, fino a quando Kuro non arrivò correndo, gli occhi sbarrati e il volto pallido. Stava tenendo tra le mani il proprio tablet talmente forte che le nocche gli erano diventate bianche.
Kenma fu il primo a raggiungerlo con sguardo preoccupato, Akaashi lo vide parlare e chiedergli qualcosa che però non riuscì a sentire data la voce bassa del biondo.
Kuro sembrò non sentirlo, perché il suo sguardo era puntato su Akaashi e Bokuto con un’intensità strana.
Anche gli altri pian piano iniziarono a rendersi conto che qualcosa non andava, con la coda dell’occhio Akaashi vide Suga, Tooru e Atsumu avvicinarsi al loro manager e così fece anche il corvino.
Suga chiese cosa stesse succedendo ma anche lui fu ignorato.
Kuro infine porse il tablet direttamente a Keiji e con voce bassa e quasi fredda chiese –Spiegami questa cosa.
Akaashi sentì il suo cuore accelerare e l’ansia invaderlo, per un attimo vide tutto nero ma riuscì a riprendersi in fretta.
Sullo schermo era proiettata una pagina internet con un articolo in primo piano, il titolo in grassetto recitava “The Setter: tour in America tra baci e scandali” e subito sotto, prendendo quasi tutta la pagina, c’era una foto di lui e Bokuto che si baciavano, nonostante fossero di profilo Akaashi si vedeva talmente bene che sarebbe stato impossibile fingere con la stampa che quello non era lui.
-Questo è impossibile- sussurrò infine senza fiato –non abbiamo mai avuto effusioni in pubblico e soprattutto non ci saremmo mai baciati! Questo non…
Kuro lo interruppe urlando –Evidentemente non avete fatto abbastanza! Una cosa dovevate tenere privata e adesso tutto il mondo lo sa!
-Kuro- Kenma lo bloccò con voce fredda e dura –non è colpa loro.
-Non è colpa loro!?- gli fece il verso il manager usando un tono di voce che Akaashi non gli aveva mai sentito usare contro il suo ragazzo.
Suga si intromise dopo aver scrutato la foto –è stata scattata nel backstage del concerto, quelli sono i vestiti che hai indossato oggi, giusto?
Tutti a quel punto si resero conto di quel particolare e Oikawa urlò indignato –Come diavolo hanno fatto i paparazzi a entrare nei nostri luoghi privati!? Questa è un’enorme violazione della privacy!
Kuro sembrò afflosciarsi mentre si passava entrambe le mani sul viso, per poi urlare una serie di bestemmie a nessuno in particolare.
Kenma tornò a parlare con lo stesso tono che aveva usato prima –se è stata fatta nel backstage, Akaashi non ha nessuna colpa. Tu stesso mi hai baciato prima che salissi sul palco, avrebbero potuto fotografare noi come avrebbero potuto fotografare Suga e Daichi!
-Lo so- mormorò piano Kuro con la voce afflitta –mi dispiace Kenma, non avrei dovuto urlare quelle cose. È solo un enorme casino.
Fece un lungo sospiro e si riprese il tablet, poi tornò a fissare Akaashi con uno sguardo pentito –Scusami, non è colpa tua. Solo non scrivere nulla sui social e non rilasciare nessuna informazione. Io vado a vedere cosa si può fare e quanto siamo nella merda.
Tornò da dove era arrivato mentre Kenma gli correva dietro, Atsumu e Oikawa iniziarono una discussione tra di loro mentre si lamentavano indignati dei paparazzi americani, di quanto fossero diversi da quelli giapponesi e molto più privi di senso della privacy e tatto, divenne praticamente uno sproloquio sui luoghi comuni che Akaashi smise presto di ascoltare. Suga invece lo abbracciò stretto mentre gli accarezzava i capelli –Va tutto bene Keiji, non è stata colpa tua. Sistemeremo tutto.
E l’unica cosa che Akaashi voleva fare in quel momento era credere e affidarsi ciecamente a quelle parole.
 
Akaashi si sentiva una merda. Una piccola parte di lui sapeva che non era stata colpa sua, che era un qualcosa che non avrebbe potuto controllare e che, come aveva detto Kenma, sarebbe potuto capitare a chiunque. Ma questo non lo giustificava abbastanza da riuscire a farlo dormire tranquillo quella stessa notte.
Si sentiva estremamente in colpa per essere venuto meno ai suoi doveri, per aver creato milioni di problemi non solo a Kuro ma a tutta la società del padre di questo.
Passando tutta la sua intera vita nel mondo dello spettacolo sapeva bene come funzionavano queste cose, sapeva sempre che quando una persona famosa si fidanzava e lo annunciava al mondo riceveva sempre commenti positivi e negativi. Perché le persone trovavano sempre qualcosa a cui aggrapparsi per lamentarsi o criticare le loro scelte. Il problema però che si era loro presentato era ancora peggio, perché non si riferiva solo al chiedersi se i fan l’avrebbero o meno accettato. Il problema nasceva quando lui aveva una relazione omosessuale.
Nonostante fossero nel 2018, il Giappone non aveva ancora accettato le unioni omosessuali e di conseguenza tutto quello che ruotava intorno a quell’argomento. Era vero, molte persone avevano persino iniziato a credere e sperare che Atsumu e Tooru si mettessero insieme, ma non avendo mai confermato la cosa, la società con la quale avevano firmato il contratto non era mai stata toccata dall’argomento. La foto del bacio di Akaashi non solo quindi confermava che sì, almeno un membro dei Setter era gay, ma che la società lo sapeva e approvava la situazione.
Ovviamente era vero che questa non gli avrebbe mai fatto problemi per una relazione omosessuale, soprattutto non quando il loro stesso manager, figlio del capo, ne aveva una tutta sua. Ma dichiararlo ufficialmente al mondo portava a tantissime complicazioni su diversi lati.
Quella notte quindi non riuscì a dormire e non volendo girarsi e rigirarsi nel letto rischiando di svegliare Bokuto, decise di lasciare la stanza e salire sul tetto dell’albergo per prendere una boccata d’aria.
Si strinse nella maglietta leggera che aveva indossato per proteggersi dal vento notturno mentre i suoi occhi si perdevano a scrutare la città sottostante, una città completamente illuminata nonostante fossero le tre del mattino, anche se si trovava troppo in alto per riuscire a sentirne i suoi rumori.
I suoi pensieri vagarono e a un certo punto aveva anche iniziato a piangere silenziosamente, mentre sfogava tutta la sua rabbia e la sua frustrazione in quel modo.
Non seppe dire quanto tempo fosse passato quando il suo cellulare iniziò a squillare, diede una veloce occhiata allo schermo immaginando che fosse Bokuto che si era svegliato e aveva iniziato a preoccuparsi quando non l’aveva visto a letto, ma rimase sorpreso quando appurò che non era il suo ragazzo bensì suo padre.
-Papà- rispose in fretta e con la voce roca del pianto.
-Keiji!- suo padre era tranquillo come al solito, poi sembrò rendersi conto della voce dell’altro e ricordando solo in quel momento del fuso orario tra America e Giappone non poté fare a meno di chiedere urgentemente –Scusami! Ti ho svegliato? Non ho pensato all’orario.
Akaashi abbozzò un sorriso mentre si asciugava le lacrime con un polso –No, tranquillo, ero sveglio. È successo qualcosa?
Non che fosse raro che i due si sentissero ma, se suo padre l’aveva chiamato in fretta, l’altro immaginava che ci fosse qualcosa sotto.
-Ah, no, avevo solo visto tutti gli articoli che stanno uscendo… sai, quelli con te e quel ragazzo…
Le guance di Akaashi andarono a fuoco, non aveva ancora raccontato a suo padre della relazione con Bokuto, non perché se ne vergognasse, ma perché aveva sempre avuto la paura che l’altro si sarebbe annoiato, quindi non voleva far diventare le cose troppo serie perché sapeva che avrebbe sofferto molto di più.
Non sentendo suo figlio rispondere l’uomo fece un lungo sospiro mentre chiedeva con voce seria –Keiji, va tutto bene?
-Io… non lo so.
-So che non ne abbiamo mai parlato, ma a me non importa chi ti piace, l’importante è che tu sia felice e che questo ti tratti bene, uomo o donna che sia.
Gli occhi di Akaashi si riempirono di nuovo di lacrime –Sì?
-Certo, tesoro. E non sono sicuro di non riuscire a immaginare quello che stai passando, tutte le pressioni che ti stanno facendo e tutti i commenti che ti ritroverai ad affrontare, ma voglio solo dirti di non preoccuparti, va bene? La gente può pensare quello che vuole, ma nessuno ha il diritto di dirti cosa sia giusto o meno fare nella tua vita. Non devi pensare a loro, devi pensare a te.
Qualcosa sembrò tornare al proprio posto nel petto di Keiji e non poté fare a meno di mormorare con riverenza -Ti voglio bene, papà.
Suo padre rise e anche Akaashi riuscì a fare un piccolo sorriso, poi l’uomo chiese –Allora, chi è questo ragazzo? È una cosa seria?
-Si chiama Bokuto Koutaro e…
Non riuscì a continuare perché il padre lo precedette –Il chitarrista?
-Sì… lo conosci?
-Abbiamo suonato insieme cinque o sei anni fa, era così piccolo e non potrei mai dimenticarlo, è una persona… particolare.
Akaashi rise –Sì, è una buona parola per descriverlo.
-Cosa ci fa lì in America? Pensavo che lavorasse per i Black Jackal.
-Lo fa ancora, ma si è fatto dare tre settimane di ferie per raggiungermi, lui…- il suo volto andò a fuoco –ha detto che gli mancavo.
Suo padre rimase in silenzio per qualche secondo, quando tornò a parlare la sua voce era divertita –immagino quindi che le cose si siano fatte serie. Perché non mi racconti?
E fu così che tutte le ansie e l’angoscia di Keiji scomparvero mentre raccontava a suo padre di Bokuto, di come si erano conosciuti e di tutto quello che il ragazzo aveva sempre fatto per lui, censurando ovviamente i racconti sessuali. Si sentì meglio ogni minuto che passava e capì appieno quanto erano vere le parole che suo padre gli aveva detto.
I primi raggi dell’alba iniziarono a rischiarare l’orizzonte, anche se ancora mancava molto prima che il sole sarebbe effettivamente sorto, fu allora che Akaashi vide Bokuto raggiungerlo con un cipiglio in volto e una giacca in mano.
-Devo andare adesso papà. Ci sentiamo presto.
-Certo figliolo, io inizio a organizzare la cena per quando tornerete!
Keiji alzò gli occhi al cielo –Ciao.
Chiuse la chiamata nello stesso momento in cui Koutaro lo raggiunse mettendogli la sua giacca sulle spalle –con chi parlavi?- domandò poi curioso.
Akaashi affondò felice in quel nuovo calore e mentre strofinava la guancia sul colletto mormorò –con mio padre. Mi ha detto che avete già suonato insieme qualche anno fa.
Bokuto strabuzzò gli occhi sconvolto mentre si sedeva al suo fianco –Davvero? Io… non credo di ricordarlo.
Keiji rise –era quello che immaginavo.
-Ci resterà male?- adesso Bokuto sembrava triste.
Il corvino si spinse in avanti e gli lasciò un bacio in guancia, con un sorrisetto rispose –non è detto che debba saperlo.
Anche Bokuto sorrise e gli mise un braccio intorno alle spalle per spingerselo contro in uno stretto abbraccio.
Passarono diverso tempo in un silenzio calmo fino a quando Bokuto non mormorò –Stai bene?
Akaashi si strinse di più contro il suo petto, pensò attentamente a quella domanda e infine rispose sincero –Sì, adesso sì.
 
2019
Non erano stati mesi facili per Akaashi. Il coming out non programmato aveva portato a moltissimi problemi che l’avevano costretto a dover rinunciare a buona parte delle sue entrate per ripagare tutto ciò che l’agenzia aveva perso. Non che fosse una cosa importante, Keiji non aveva mai avuto bisogno di tutti quei soldi e non sapeva neanche cosa farsene, ma sapere di aver portato alcuni sponsor ad abbandonarli non era una cosa facile da digerire.
Akaashi, inoltre, dovette lottare con tutti quei paparazzi che non facevano altro che fermarlo e chiedergli nuovi scoop sulla sua relazione. Erano persino stati invitati a un programma televisivo dove avrebbero dovuto presentare il loro nuovo singolo, ma dove avevano finito per chiedere ogni cosa della vita privata del corvino, questo si era sentito talmente in soggezione che aveva iniziato a balbettare senza sapere cosa rispondere e, di conseguenza, Atsumu aveva iniziato a sbraitare contro  i programmatori per il loro modo di comportarsi, un discorso che aveva fatto il giro del web e che non gli era stato rimproverato solo perché era stato accettato dai fan positivamente, aumentando il loro seguito.
Akaashi pensava che avrebbe avuto una ramanzina più dura, ma il signor Kuro fu molto calmo mentre gli spiegava tutte le inevitabili conseguenze che ci sarebbero state, affermando inoltre che sapeva che non era stata colpa sua e che ovviamente non l’avrebbero ripudiato né sarebbero andati contro il suo orientamento sessuale. Akaashi si era inchinato profondamente per ringraziarlo, se fosse stato una persona esterna, avrebbe potuto pensare che l’uomo l’aveva fatto solo perché anche il suo stesso figlio aveva una relazione del genere e, quando anche questa sarebbe uscita allo scoperto, avrebbe perso molta più credibilità andando contro la storia di Akaashi. Ma il corvino sapeva bene che l’uomo era sempre stato gentile e disponibile e che, anche se Kuro Tetsuro non avesse avuto una relazione con Kenma, l’uomo l’avrebbe sostenuto. Perché nonostante il loro manager fosse il figlio, avevano passato molto tempo anche con lui e li aveva sempre trattati bene.
Tutti quei pensieri gli tornarono in mente mentre continuava a firmare meccanicamente i cd che Kenma, seduto al suo fianco, continuava a passargli.
Stavano svolgendo un firmacopie, seduti in un lungo tavolo uno accanto all’altro mentre a uno a uno venivano fatti entrare in fan con i loro cd per poter avere la firma di tutti i membri e scambiare qualche parola con loro.
-Volevo ringraziarti- sentì la voce di una ragazza e, finendo in fretta di mettere il suo nome accanto a quelli già scritti di Kenma e Tooru, alzò lo sguardo per capire chi fosse la proprietaria del cd.
La ragazza era carina, aveva le guance rosee e gli occhi talmente chiari da sembrare il cielo estivo, quando vide che il bassista le aveva iniziato a dare attenzione si imbarazzò ancora di più e abbassò lo sguardo mentre continuava a parlare.
-Volevo ringraziarti per non esserti inventato una scusa dopo quel primo scoop che è uscito in America, per aver dichiarato al mondo che sei innamorato di un ragazzo. Questo mi ha dato la forza di fare lo stesso. Insomma, non sto assolutamente paragonando la mia vita alla tua, ma appunto perché tu sei riuscito a farlo, vincere contro tutti quegli omofobi perché era ciò che ti rendeva felice… allora… ho capito che avrei potuto farlo anche io. Sono già passati tre mesi da quando ho fatto coming out e io e la mia ragazza non siamo mai state più felici! Quindi, grazie.
Il suo sorriso era folgorante e gli occhi di Akaashi divennero lucidi.
Era vero, era stato sommerso dai problemi da quando era stata pubblicata la foto di lui e Bokuto che si baciavano. Ma quando sentiva frasi del genere, non poteva fare a meno di rendersi conto che aveva fatto anche qualcosa di buono. Ne era valsa assolutamente la pena.
 
2020
Quello era l’ultimo anno di contratto con il gruppo, non avevano ancora preso una vera decisione su cosa fare dopo, anche se erano quasi certi che avrebbero preso un periodo di pausa, per poi decidere successivamente se tornare insieme o meno.
Mancavano pochi mesi alla fine del contratto, che si sarebbe ufficialmente concluso nella primavera del 2021, quando Kuro Tetsuro lo mandò a chiamare per raggiungere il suo ufficio.
Akaashi la trovò una cosa strana, usavano l’ufficio del corvino solo quando dovevano parlare di argomenti strettamente lavorativi, ma non era mai capitato che Akaashi fosse chiamato lì senza il resto del gruppo.
-È successo qualcosa?- domandò non appena fu invitato a entrare dentro la stanza.
Kuro sorrise –No, no, puoi anche smetterla di essere così teso.
Keiji fece come gli era stato detto e si sedette nella poltrona di fronte la scrivania del loro manager.
-Allora- iniziò il più grande –come ben sai, da quando i fan hanno scoperto che probabilmente a metà dell’anno prossimo vi sciogliete sono impazziti, il web è completamente esploso e hanno iniziato a fare richieste assurde. Una però ha attirato la mia attenzione.
Akaashi si era incuriosito a sua volta e si sporse in avanti mentre ascoltava con più attenzione il loro manager.
-Ho letto che molte persone vorrebbero che ognuno del gruppo avesse scritto e cantato almeno una canzone- continuò questo –Sappiamo tutti che i cantanti restano ovviamente Oikawa e Atsumu, ma da quando Suga ha iniziato a unirsi con qualche canzone sparsa questa idea è saltata fuori e ha avuto sempre più seguaci un mese fa, quando Kenma ha scritto e cantato quella canzone. Ovviamente nessuno ti costringe a farlo, ma sarebbe una cosa carina, quindi almeno pensaci.
Keiji annuì stupito, non pensava che la gente volesse sentirlo cantare, non pensava in realtà che avrebbe avuto tutti questi fan, immaginava che la gente lo conoscesse come membro del gruppo, non come persona a sé stante. Era risaputo, infatti, che nei gruppi coloro che riscuotevano più successo non erano di sicuro coloro che suonavano uno strumento.
Annuì alla richiesta di Kuro affermando che l’avrebbe fatto, che non gli dispiaceva per niente provare e che poteva essere un buon modo per finire quell’arco della sua storia.
Tornò nell’appartamento che condivideva con il resto del gruppo e perse la cognizione del tempo per quanto tempo rimase nella sala prove, seduto di fronte a un foglio bianco, continuando a guardarlo come se solo in questo modo avrebbe potuto trovare l’ispirazione per la canzone da scrivere.
Aveva già scritto altre canzoni insieme ai ragazzi, se non per casi isolati scrivevano le canzoni tutti insieme, quindi non era un qualcosa di nuovo. Ma nonostante questo, Akaashi era completamente bloccato: cosa avrebbe dovuto raccontare? C’erano così tanti argomenti importanti che avrebbe potuto trattare e che avrebbero raccontato il suo percorso fino a quel momento che non riusciva proprio a sceglierne uno.
Pensava che non ce l’avrebbe mai fatta, fino a quando non fu raggiunto da Bokuto.
Probabilmente qualcun altro gli aveva aperto la porta di casa perché il ragazzo lo raggiunse direttamente nella stanza dove il corvino si trovava.
-‘Kaaaaaashi!- urlò con la sua solita voce squillante mentre lo raggiungeva e lo stringeva in un abbraccio troppo forte.
Keiji rise cercando di respirare nonostante le braccia dell’altro –ciao Kou- salutò più piano ma non meno felice di vederlo –com’è andato il viaggio?
Bokuto mise il broncio –noioso senza di te, mi sei mancato!
-Sei stato via solo due giorni- fece presente Akaashi senza perdere il sorriso.
-Non importa! Sai bene che se…
Le sue parole vennero bloccate dal corvino che si spinse in avanti e soffocò qualsiasi lamento con le sue labbra per un dolce bacio a stampo.
Quando si staccò sussurrò a sua volta –Anche tu mi sei mancato.
Il leggero rossore che sbocciò sulle guancie di Bokuto gli fece rendere conto che non gli diceva troppo spesso cose del genere, anche se le pensava ogni singolo giorno. E fu proprio in quel momento che capì a chi sarebbe stata dedicata la canzone che avrebbe scritto.
 
La notte prima di Natale aveva la canzone pronta. Bokuto non sapeva nulla perché Akaashi aveva deciso di dedicargliela come parte del regalo che gli aveva fatto.
Si trovavano a casa del più grande. Aveva salutato gli altri membri del gruppo quella mattina stessa visto che ognuno era tornato a casa per festeggiare con la propria famiglia. Il padre di Akaashi li avrebbe raggiunti il mattino successivo proprio a casa dell’ex chitarrista insieme ai genitori di questo, ma per quella sera erano da soli.
Avevano mangiato, si erano cambiati e avevano visto un film natalizio abbracciati sul divano e sotto le coperte. Fu solo quando questo finì che Keiji prese il proprio ragazzo per mano e lo portò in camera da letto, luogo dove aveva lasciato il proprio cellulare a caricare.
-Ho un regalo per te- annunciò sedendosi al centro del letto a gambe incrociate, guidando l’altro ragazzo a sedersi di fronte.
Gli occhi di Bokuto si illuminarono –Non dovevamo aprire i regali domani? Insieme alle nostre famiglie?
-Sì, domani infatti aprirai anche l’altro. Questo diciamo che è solo una parte di regalo, è diverso dagli altri, quindi voglio dartelo adesso.
Bokuto lo ascoltava curioso e pieno di aspettativa. Akaashi si rese conto di quanto fossero state fraintendibili le sue parole solo dopo averle pronunciate. Fortunatamente Bokuto era troppo innocente per rendersi conto della velata allusione sessuale, o forse semplicemente Akaashi era stato deviato dai suoi compagni. Era più probabile la seconda opzione.
Cancellando quei pensieri dalla testa, Keiji prese il telefono e cercò tra i media l’audio della musica che avevano finito di incidere, mancava ancora la canzone completa con le parole, ma Akaashi non ne aveva bisogno.
-Ti ho scritto una canzone- mormorò con gli occhi bassi, poi cliccò sul file e la musica iniziò a diffondersi dal suo cellulare. Akaashi sistemò il volume in modo che questo non coprisse la sua voce, infine prese un lungo respiro e iniziò a cantare guardando fissò negli occhi il suo ragazzo.
 
Ti ho incontrato nel buio
Mi hai illuminato
Mi hai fatto sentire come se fossi abbastanza
Abbiamo ballato tutta la notte
Abbiamo bevuto troppo
Ti ho tenuto i capelli quando ti sei sentito male
 
Vide negli occhi di Bokuto la consapevolezza di chi si rendeva conto che Akaashi stava descrivendo la loro prima notte insieme, ricordando tutti quei dettagli che dopo anni di solito tendono a svanire. In questo modo sarebbe stato impresso per sempre.
Keiji sorrise e continuò a cantare raccontando la loro storia.
 
Poi hai sorriso al di sopra della tua spalla
Per un minuto sono diventato sobrio
Ti ho tirato più vicino al mio petto
Mi hai chiesto di restare a dormire
Ho detto “te l’ho già detto, dovresti riposare un po'”
 
Bokuto a quel punto aveva un sorriso enorme in volto, a metà tra il divertimento della situazione assurda che era stato il loro primo incontro e la commozione di rivivere e ricordare ogni singola cosa. Akaashi lo amava così tanto.
 
Sapevo di amarti allora, ma tu non l’avresti mai saputo
Perché ho finto indifferenza quando avevo paura di lasciarti andare
Sapevo di aver bisogno di te, ma non l’ho mai mostrato
Ma voglio stare con te fino a quando non saremo grigi e vecchi
Dimmi solo che non rinuncerai
 
Con quel ritornello Akaashi aveva deciso di dirgli tutto quello che non aveva mai avuto il coraggio di confessargli. Ovviamente l’altro sapeva che Akaashi lo amava, ma lui non era mai stato così chiaro e sincero, sempre troppo imbarazzato per pronunciare davvero quelle parole. Bokuto però meritava di sapere ogni cosa e infine Keiji aveva deciso di farlo attraverso quella canzone.
 
Ti sveglierò con la colazione a letto
Ti porterò il caffè con un bacio sulla testa
E porterò i bambini a scuola, li saluterò
E ringrazierò la mia buona stella per quella notte
Quando mi hai guardato al di sopra della tua spalla
Per un minuto ho scordato ogni cosa
Voglio ballare con te proprio adesso
Tu sei bello come sempre, ed ogni giorno lo sei di più
Mi fai sentire così in qualche modo
 
Akaashi non era stato sicuro di quella seconda strofa, parlare di un loro ipotetico futuro insieme era un qualcosa del quale non avevano mai discusso seriamente, ma Akaashi lo voleva così tanto che non aveva potuto fare a meno di renderlo reale almeno in quella canzone.
Gli occhi di Bokuto si erano fatti lucidi e, solo grazie a quello, Keiji capì che anche per lui doveva essere lo stesso, che stava descrivendo esattamente quello che pensava anche l’altro.
 
Sono così innamorato di te
Spero che tu lo sappia
Tesoro, il tuo amore vale più del tuo peso in oro
Siamo arrivati così lontano, amore mio
Guarda come siamo cresciuti
E voglio stare con te fino a quando saremo grigi e vecchi
Dimmi solo che non rinuncerai
 
Bokuto a quel punto stava ormai piangendo, i suoi occhi così pieni di devozione verso di lui mostrando quasi quanto la canzone di Keiji stava esprimendo. Akaashi gli prese la mano e gli lasciò un breve e veloce bacio sul dorso, poi finì di cantare l’ultima parte.
 
Io voglio vivere con te anche quando saremo fantasmi
Perché tu eri sempre lì per me quando ne avevo più bisogno
Ti amerò finché i miei polmoni reggeranno
Lo prometto, finché morte non ci separi
Quindi ho scritto questa canzone per te
Ora tutti lo sanno
Perché ora siamo solo io e te fino a quando saremo grigi e vecchi
Dimmi solo che non rinuncerai

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Capitolo 10
*** La canzone di Suga - Parte 1 ***


La canzone di Suga - Parte 1
 
2015

A prima vista, Suga si era sempre presentato come un ragazzo a modo, con un comportamento impeccabile e con sempre una parola gentile per le persone alle quali si rivolgeva. Il suo sorriso era sempre stato dolce e sincero e il suo aspetto aiutava di certo a mantenere quella credenza.
Quello che, tuttavia, poche persone sapevano era della sua perenne fase ribelle contro i suoi genitori.
Nato e cresciuto in una delle più ricche e influenti famiglie di Miyagi, la sua infanzia non era stata tra le più felici e spensierate. Koshi non faceva mai i capricci, ma aveva trovato un modo silenzioso e vendicativo per ribellarsi a ogni loro richiesta.
I suoi genitori non facevano altro che parlargli di quanto fosse importante il cognome della loro famiglia? Lui quindi aveva iniziato a farsi chiamare “Suga”, un diminutivo che sapeva suo padre avrebbe odiato.
I suoi genitori lo costringevano a imparare a suonare il pianoforte? Lui usava questo talento per suonare canzoni che la madre non avrebbe mai approvato.
I suoi genitori avevano già organizzato un matrimonio combinato? Lui aveva deciso che sarebbe diventato gay. Il fatto che poi scoprì essere effettivamente più attratto dagli uomini che dalle donne era un altro fatto.
Un giorno, in radio, ricordarono che il mese successivo sarebbero iniziate le selezioni per il programma musicale tanto atteso dell’anno: lo Spring MS 2015.
Suga non aveva fatto troppo caso alla questione, ma quando suo padre aveva detto un commento di disprezzo contro chiunque volesse partecipare, il ragazzo non perse tempo a cercare su internet il modulo di iscrizione.
Il mese successivo si trovò, di conseguenza, a fare i provini per quel programma musicale. Non era stato difficile recarsi a Tokyo: non solo perché aveva i soldi per comprare il biglietto aereo a lui e alla sua amica, ma anche perché usando la scusa degli “appuntamenti” i loro genitori facevano fare loro di tutto.
Sì, Shimizu Kiyoko era la ragazza che secondo i suoi genitori avrebbe dovuto sposare, le disse subito che non aveva alcuna intenzione di farlo e lei aveva preso la cosa con filosofia, alzando le spalle e dichiarandosi d’accordo.
Questo però non aveva precluso una loro amicizia, anzi, i due ragazzi legarono moltissimo e in poco tempo finirono per raccontarsi tutto quello che gli passava per la mente. Con discorsi che andavano dallo studio ai ragazzi.
Suga, infine, dovette pure pagarle una cena quando lei vinse la scommessa sull’essere o meno preso al programma.
-E comunque- le disse mentre si sedeva al tavolo -non so se hai proprio vinto poiché non mi hanno preso come singolo.
-Sta zitto e incassa la sconfitta- aveva risposto lei tranquilla mentre faceva scorrere uno sguardo affamato sul menù.
Solo dopo che ebbero ordinato Kiyoko gli diede la sua più completa attenzione aprendo quel discorso che tanto preoccupava il pianista -Allora, come lo dirai ai tuoi?
Suga si era iscritto a quel programma per gioco e non avrebbe mai pensato che sarebbe stato davvero preso, quindi non aveva programmato un modo per dirlo ai suoi genitori.
Anche perché, per quanto gli piacesse ribellarsi a tutti i loro obblighi, cercava sempre di non doverci litigare faccia a faccia, non perché ne avesse paura o altro, ma semplicemente perché trovava estenuante discutere con qualcuno che non apriva abbastanza la mente per capire il suo pensiero.
E anche quella volta non fu da meno, ma almeno Suga si trovava già a Tokyo e dovette sopportare solo una discussione telefonica.
“Di questo fatto non deve saperlo nessuno!” aveva infine concluso suo padre e Suga in risposta gli aveva chiuso la telefonata in faccia.
Non che comunque avesse voglia di andare dai loro amici ricchi e bigotti e raccontare loro le sue avventure con quei quattro ragazzi che di sicuro i suoi genitori non avrebbero mai approvato tra le sue amicizie. Quindi si trovavano d’accordo.
Peccato però, che di settimana in settimana i Setters diventavano sempre più famosi, con il loro nome sulla bocca di sempre più persone. E per concludere il tutto, Suga non ci aveva pensato due volte prima di accettare di firmare il contratto per i suoi successivi anni.
A quel punto i suoi genitori si trovarono costretti ad accettare la cosa e ad agire di conseguenza, seguirono il flusso del suo successo e iniziarono a raccontare ai loro amici che avevano sempre spronato Koshi in questa sua carriera e che erano totalmente fieri di lui.
Questo almeno era tutto quello che Shimizu gli raccontava e Suga non poteva fare a meno di ridere per l’ipocrisia di quel mondo del quale aveva sempre fatto parte.
Ovviamente erano pur sempre la sua famiglia e, anche se adesso non viveva più sotto il loro tetto e non doveva più sottostare alle loro regole, restavano le persone che l’avevano cresciuto e alle quali voleva bene. Quindi non si staccò mai del tutto da loro e sperò semplicemente di poter vivere con più tranquillità quel nuovo periodo della sua vita.
Con questa nuova libertà cambiarono molte cose e, prime tra tutti, le sue relazioni.
Suga aveva avuto parecchia esperienza nella sua vita, ma aveva sempre e solo fatto cose in fretta e con sconosciuti: lasciava di nascosto casa sua e andava alle feste liceali, qui aveva provato un po' di tutto sia con ragazze che con ragazzi, per poi andare solo con quest’ultimi quando aveva capito che era quello che preferiva.
Suga non aveva mai messo i sentimenti in mezzo, sia perché quelle persone erano completi sconosciuti e lui non aveva alcuna voglia di conoscerli, sia perché preferiva le “toccate e fuga” invece che dover spiegare il casino che era la sua famiglia.
Koshi stava quindi sperimentando questa nuova libertà quando gli venne presentato Daichi Sawamura.
Quel giorno, Kuro aveva presentato loro tutti i nuovi componenti dello staff che avrebbero fatto parte del loro percorso artistico nei successivi anni.
-E questo è Daichi, la vostra guardia del corpo personale e colui che si occuperà di gestire la vostra sicurezza per ogni evento.
Suga aveva spostato il suo sguardo sul nuovo arrivato, era pronto a sorridergli e salutarlo in modo gentile come aveva fatto per tutti gli altri quando rimase folgorato dalla sua bellezza.
Daichi era quel tipo di uomo che aveva tutte le caratteristiche fisiche che Suga cercava: era alto, muscoloso, con i lineamenti del volto squadrati, gli occhi seri ma anche gentili.
Era indubbiamente attraente e questo gli aveva fatto perdere la sua capacità di esprimersi.
Fortunatamente nessuno degli altri sembrò accorgersene, altrimenti sapeva che avrebbero iniziato a stressarlo come sempre più spesso facevano con Kuro e Kenma. Ma anche se loro non lo stavano guardando, quando riportò lo sguardo sul capo della sicurezza, vide che questo aveva gli occhi fissi su di lui.
Il loro sguardo si incrociò e del calore si diffuse nel petto di Suga.
Ah cazzo, questo non era programmato.
Da quel giorno Suga iniziò a flirtare con lui in modo velato e tranquillo, non era evidente come Oikawa con Iwaizumi o come Atsumu con Sakusa, ma sapeva di star facendo un buon lavoro ogni volta che i loro occhi si incrociavano e Daichi arrossiva.
Questa particolarità, ovvero che era grande e grosso ma non riusciva a reggere il suo sguardo senza imbarazzarsi, faceva a Suga un effetto strano. Si trovava ogni volta a pensare di volerlo abbracciare e passare tutta la notte a farsi le coccole, come si ritrovava anche a pensare di volersi fare scopare fino a perdere la ragione, per scoprire fino a che punto si sarebbe imbarazzato anche in una situazione del genere. No, nessuna via di mezzo.
 
2016
Era il tre Gennaio e avevano ripreso a lavorare alle canzoni del nuovo album. Aveva raggiunto gli altri da una decina di minuti nella sala prove e aveva trovato Kenma e Atsumu chini su un foglio a commentare e correggere il testo di una canzone, Akaashi invece stava accordando il suo basso e fu l’unico ad accorgersi della sua presenza quando entrò nella stanza.
Infine arrivò anche Oikawa e precedette i lamenti del gruppo commentando –Lo so, scusate, sono in ritardo! Ma ho perso la cognizione del tempo da quando Iwa-chan è infine crollato alle mie avance. Sono irresistibile! Ve l’avevo detto che ci sarei riuscito prima di tutti voi!
Atsumu si infervorò –Prendere una persona per esasperazione non vuol dire riuscire a conquistarla!
-Ma se stai facendo lo stesso con Sakusa!- urlò in risposta il cantante.
Atsumu fece un’espressione offesa –Non lo sto facendo!
Kenma intervenne –Lo stai facendo.
Oikawa sorrise soddisfatto –Visto?
-E l’hai fatto anche tu, Tooru- aggiunse il mezzo biondo –quindi adesso state zitti entrambi e mettiamoci a lavorare.
-Kenma!- si indispettì il castano.
Akaashi intervenne cercando, come al solito, di riportare la calma. Suga l’avrebbe seguito a ruota ma era ancora troppo concentrato sulle parole che aveva appena detto Oikawa.
Come aveva fatto il cantante a conquistare Iwaizumi prima che lui riuscisse a farlo con Daichi? Non aveva alcun senso!
Quella stessa sera decise che avrebbe agito cercando di essere un po' più chiaro e l’occasione gli arrivò il giorno successivo.
Erano andati nella sala di registrazione ed erano ovviamente stati scortati dall’uomo e dai suoi sottoposti. Dopo due ore si erano presi una pausa e Suga decise di prendersi quel tempo per cercare Daichi e tentare di avere una conversazione privata.
Dovette girare un po' per l’edificio fino a quando non riuscì a trovarlo fuori davanti all’ingresso. Il ragazzo stava parlando con il loro manager e Suga li raggiunse.
Scostò la porta a vetri e si rivolse subito a Kuro –Eccoti qui finalmente! Kenma ti sta cercando!
Kuro strabuzzò gli occhi, poi si scusò in fretta con Daichi e corse dentro.
Il castano a quel punto si voltò a fissare il nuovo arrivato –gli è successo qualcosa?- domandò probabilmente preoccupato dal timbro di voce che Suga aveva usato.
Questo rise –nah- fece un occhiolino –ho mentito, volevo rimanere solo con te.
Daichi puntualmente si imbarazzò e Suga immaginò che toccasse di nuovo a lui portare avanti la conversazione, ma il castano lo sorprese annunciando –sono felice che tu l’abbia fatto, volevo chiederti una cosa in effetti.
-Uh?- Koshi inclinò la testa di lato curioso –dimmi!
-Ti andrebbe di uscire con me uno di questi giorni?- aveva uno sguardo risoluto ma anche timoroso.
Suga rimase senza parole, non si aspettava di certo che l’altro gli proponesse un appuntamento, insomma aveva come unico scopo quello di rubargli una notte a letto. Ma di certo non aveva alcuna intenzione di rinunciare a un’opportunità tanto succosa.
Mentre pensava a tutto quello, passarono diversi secondi e Daichi iniziò ad agitarsi –Ovviamente non sei costretto ad accettare! Pensavo solo che dal modo in cui ti comportavi… ma non dovevo dare nulla per scontato! Probabilmente ho frainteso tutto e…
Suga rise bloccando quel flusso di parole.
-Certo che voglio venire a un appuntamento con te.
Daichi si aprì in un sorriso luminoso e il cuore di Suga iniziò a battere più veloce, aveva preso tanto in giro il castano per il suo imbarazzo ma adesso era lui quello che sentiva le sue guance in fiamme.
-Ma come facciamo con la questione “andare fuori”? Non è che possa farmi vedere in un posto pubblico tanto facilmente.
-Lo so, ma penso di avere un’idea.
 
-SUGA!- l’urlo di Oikawa lo fece saltare sul posto. E pensare che dovesse essersi abituato dopo un anno a vivere con tutti loro.
Il pianista era sicuro di essersi chiuso dentro la sua stanza mentre si preparava per l’appuntamento con Daichi, girandosi però vide che la porta era spalancata e che sia Oikawa che Atsumu lo stavano fissando con uno sguardo che sembrava stesse giudicando tutta la sua vita.
-Cosa?- domandò corrugando la fronte.
-Non vorrai mica andare vestito così, spero!- parlò Atsumu mentre Tooru annuiva.
Suga si chiedeva sempre più spesso se Atsumu completasse le sue frasi con il gemello esattamente come faceva con Oikawa. Quel quesito però non era una sua priorità e scacciando quei pensieri dalla testa si concentrò su di sé: aveva indossato dei pantaloni chiari e una camicia azzurra.
-Qual è il problema?- non riusciva davvero a capire il punto della situazione.
-Dai, amico! Non possiamo mica dirti tutto noi… quei pantaloni non ti fanno mica un bel culo!
Quaranta minuti e cinque cambi di vestiti dopo, Suga si stava mettendo le scarpe all’ingresso, Daichi  non era ancora arrivato ma il ragazzo preferiva aspettarlo fuori al freddo piuttosto che continuare a sentire le raccomandazioni dei suoi due amici neanche fossero i suoi genitori.
Fosse stato per Suga non avrebbe detto a nessuno di loro, con probabilmente la sola eccezione di Akaashi, che stava per uscire con Daichi, ma il capo della sicurezza ne aveva parlato con Iwaizumi e neanche venti minuti dopo Tooru ne era a conoscenza.
Uscì di casa e aspettò solo pochi minuti prima che la macchina di Daichi si fermasse davanti l’ingresso, Suga fece un gran sorrise e corse ad aprire lo sportello per poi entrare dentro.
Fuori faceva freddo e non poté fare a meno di sospirare soddisfatto quando sentì il calore della macchina.
-Ciao- gli occhi di Daichi erano luminosi e felici, poi sembrò accorgersi del suo stato –scusami, ti ho fatto aspettare?
-Tranquillo- rispose sincero Suga –avevamo detto alle diciannove e…- concluse la frase semplicemente indicando l’orologio sopra la radio che segnava “18.52”.
Daichi si affrettò comunque ad alzare un po' di più il riscaldamento e questo fece colorare le guance di Suga, ma non per il nuovo calore nell’ambiente.
-Allora- domandò cercando di placare il suo nervosismo –dove mi porti?
Un lampo di indecisione passò negli occhi scuri dell’altro, Suga lo vide stringere le mani sul volante anche se ancora non erano partiti.
-Ecco vedi, avevo un’idea che pensavo potesse piacerti, ma ora non sono più sicuro che sia appropriato.
Suga spalancò gli occhi. Stava ritrattando il suo invito proprio in quel momento? Dopo che l’aveva fatto preparare ed era addirittura andato a prenderlo a casa?
Non riuscì però a chiedere nulla perché l’altro continuò –Ovviamente non possiamo andare a mangiare fuori o fare tutte quelle cose che di solito si fa nei primi appuntamenti, quindi ho preparato una cena a casa mia.
-Hai cucinato per me?- la sua voce era lieve e stupita.
-Sì… solo adesso però mi rendo conto che potrebbe essere avventato chiederti di venire subito da me, che magari adesso tu possa pensare che io voglia solo portarti a letto, che quello fosse il mio obiettivo. Ma ti giuro che non ho intenzione di toccarti neanche con un dito se non è quello che vuoi anche tu e, se non ti senti a tuo agio a venire a casa mia, puoi dirlo tranquillamente e non ti farò alcun tipo di pressione, anzi noi potremmo…
Suga aveva gli occhi lucidi: nessuno gli aveva mai mostrato tutta quella premura, nessuno si era mai fatto tutti quei problemi nel chiedergli se davvero volesse fare qualcosa e nessuno aveva mai cucinato per lui.
Si sporse in avanti e bloccò quel fiume in piena poggiando delicatamente le labbra contro le sue.
Fu un bacio breve e dolce e quando si staccarono avevano entrambi il viso completamente rosso. Suga gli sorrise e sussurrò –mi piacerebbe venire a cena a casa tua.
Daichi gli sorrise in risposta, il suo volto sembrò ammorbidirsi e si perse a fissarlo –sei così bello- disse infine come se fosse la cosa più naturale del mondo –non avrei mai pensato di avere una possibilità con te.
Suga fece una mezza risata isterica. Dovrei dirlo io questo.
Daichi infine mise a moto e partì verso la sua abitazione.
Koshi non aveva avuto alcun appuntamento romantico nella sua vita, ma alla fine della serata sapeva che quello sarebbe stato nella top 3 dei “migliori appuntamenti di sempre” della lista di chiunque.
Non fecero sesso, non quella prima notte almeno, ma Suga non avrebbe potuto chiedere di meglio e aveva deciso che non aveva alcuna intenzione di farselo scappare.
 
2017
Quello fu un anno particolare per Daichi e per la sua storia con Suga.
Stava con il cantante fin dal loro primo appuntamento ormai avvenuto più di un anno prima: per quanto non potessero fare tutte le cose che facevano le coppie normali, si baciavano spesso e andavano a letto solo l’uno con l’altro. Stavano insieme e fin qui non c’erano dubbi.
Daichi sapeva che ovviamente Suga non poteva dirlo al mondo per via del suo contratto, questo non era mai stato un problema, quello che però il castano trovava strano era come l’umore e il comportamento di Suga cambiasse velocemente.
Il musicista aveva passato mesi a flirtare apertamente con lui, Daichi non era mai stato bravo a capire queste cose, ma con Suga era stato più che evidente.
Dopo il loro primo appuntamento però sembrava che tutta la sfrontatezza di Suga fosse scomparsa e che di punto in bianco fosse diventato molto più timido e pacato. Ma soprattutto, il ragazzo aveva quasi timore di farsi vedere degli altri membri dello staff o anche solo dal resto dei Setters, come se avesse paura di un loro giudizio o di una loro reazione.
Daichi provò più volte a chiedergli se andasse tutto bene o se ci fosse qualcosa che gli dava fastidio in quello che facevano, se volesse andare più lentamente o se si sentisse a disagio per qualcosa. Ma la risposta di Suga era sempre stata quella di non preoccuparsi, accompagnata da un sorriso dolce e rassicurante che non permetteva al castano di spingere oltre l’argomento.
Oltre i dubbi di Daichi, quello fu anche l’anno dei problemi di Kenma e più questo stava male e più Suga diventava irrequieto, fino a quando non arrivarono al punto di rottura.
La sera in cui Kenma svenne sul palco, Suga si presentò davanti la porta della sua stanza d’albergo bussando piano. Aveva gli occhi rossi e gonfi e uno sguardo così bisognoso d’aiuto che Daichi si sentì stringere il cuore.
Lo attirò a sé in un abbraccio e Suga nascose subito il viso sul suo petto.
La porta venne chiusa dietro di loro e il pianista iniziò a mormorare –ero così terrorizzato…
-Sta bene adesso- provò subito lui a consolarlo.
Anche lui si era preoccupato quando aveva visto Kenma cadere, non solo perché era il suo lavoro occuparsi della sicurezza di quei ragazzi, ma anche perché ormai si era affezionato a tutti loro, erano come una famiglia ed era ovvio che si preoccupasse se uno di loro stava male.
Suga però l’aveva presa peggio di quello che aveva mostrato in pubblico, stava infatti continuando a dire –avrei voluto correre da lui e accertarmi che stesse bene, ma eravamo sul palco e dovevo fare e dire qualcosa, mi hanno eletto leader per un motivo e io dovevo… li ho rassicurati tutti ma stavo mentendo! Non sapevo se sarebbe andato tutto bene, non sapevo cosa avesse e volevo solo…
-Lo so, lo so… sssh, va tutto bene adesso. Hai fatto quello che dovevi fare, sei stato così bravo a mantenere la calma. Va tutto bene…
Koshi alzò lo sguardo su di lui, i suoi occhi erano gonfi di lacrime non ancora versate, infine sussurrò –sono innamorato di te.
Erano una coppia da tantissimo tempo ma Daichi si rese conto solo in quel momento che non si erano mai detti che si amavano, nonostante entrambi ne fossero consapevoli da tempo.
Il castano non riuscì a trattenere il sorriso mentre lo abbracciava più forte –anche io Koshi, sono innamorato di te da così tanto tempo…
Suga lo baciò, infine sulle sue labbra sussurrò –ho bisogno che tu mi faccia smettere di pensare.
Daichi non perse tempo ad accontentarlo.
 
2018
I sei mesi in America furono una rivelazione per Suga.
Il pianista infatti non si rese conto di quanto si stava trattenendo nella relazione con Daichi fino a quando non si trovò dall’altra parte del mondo rispetto ai suoi genitori.
Sapeva che era un pensiero stupido: i suoi genitori non potevano controllare quello che faceva nel continente americano come non potevano controllare quello che faceva nella casa che divideva con i ragazzi a Tokyo. Ma la sola idea di essere così lontano e quindi libero da loro lo faceva sentire bene.
Tutte quelle cose che era restio fare con Daichi davanti le altre persone dello staff, adesso gli venivano più che naturali.
Era un concetto strano da dire ma si sentiva al sicuro.
Questo almeno fino a quando Akaashi e Bokuto non vennero fotografati e lo scoop arrivò in meno di un’ora su tutte le piattaforme sia americane che giapponesi.
Il mondo che con tanto impegno aveva iniziato a costruire gli crollò addosso quando, mentre Kuro mostrava loro l’articolo sul tablet, fu proprio lui stesso a rendersi conto dei vestiti e del luogo: era stata scattata dietro il palco, in un luogo che definivano più che sicuro.
Il panico invase il pianista e fu ampliato quando Kenma annunciò “se è stata fatta nel backstage Akaashi non ha nessuna colpa. Tu stesso mi hai baciato prima che salissi sul palco, avrebbero potuto fotografare noi come avrebbero potuto fotografare Suga e Daichi!”
Avrebbero potuto fotografare lui e Daichi. Su quella rivista sarebbe potuta esserci la sua foto e Suga non avrebbe potuto fare nulla per bloccare tutto quello che sarebbe arrivato successivamente.
Voleva vomitare e urlare la sua indignazione. Ma in quel momento non era lui quello che poteva permettersi tutto quello, non era lui quello al centro dell’attenzione.
Gli bastò incrociare lo sguardo di Akaashi per vedere quanto fosse perso nel nulla, quanto il suo volto fosse pallido e quanto il suo corpo avesse preso a tremare.
Non perse tempo quindi a stringerlo in un forte abbraccio per confortarlo, tutti loro erano la sua nuova famiglia e dopo quello che era successo a Kenma solo l’anno prima, aveva promesso a se stesso che mai più avrebbe lasciato qualcuno di loro a dover sopportare i problemi da solo.
-Va tutto bene Keiji, non è stata colpa tua. Sistemeremo tutto.
 
Poche ore dopo Suga ricevette una chiamata dai suoi genitori.
Li sentiva raramente, soprattutto da quando era arrivato in America, colpa anche del fuso orario e degli impegni a orari differenti. Ma quando sentì il suo telefono squillare sapeva già chi lo stava cercando prima ancora di leggere il nome sullo schermo.
Erano quasi le due di notte e Suga era solo nella sua stanza, aveva rifiutato la compagnia di Daichi affermando che era stanco e che voleva solo riposarsi, il castano non aveva protestato e dandogli un leggero bacio sulle labbra gli aveva augurato la buonanotte.
Suga non aveva mentito, era davvero stanco, ma nonostante questo non riuscì comunque a chiudere occhio.
Prese un enorme respiro e infine accettò la chiamata portandosi il cellulare all’orecchio.
-Mamma.
-Koshi- rispose lei con voce dura. Suga non provò a fare le solite domande di rito, sapeva già che lei aveva tutta la sua ramanzina da fare e non le piaceva essere interrotta o perdere tempo, quindi aspettò che continuasse, cosa che fece subito.
-Non va bene così, Koshi. Ti abbiamo lasciato sempre troppe libertà, siamo stati così magnanimi da permetterti di fare quello che volevi!
A Suga venne quasi da ridere a quella frase, ma riuscì a trattenersi.
-Ti abbiamo permesso di far parte di quel gruppo ma il patto era di non metterci in imbarazzo!
Suga chiuse gli occhi sospirando –Cosa avrei fatto, mamma?
-Non puoi associarti a gente di quel tipo! Abbiamo visto tutti lo scandalo su quel giornale! Che schifo! Come posso dire che mio figlio fa parte di una band dove a uno di questi piacciono i ragazzi!?
-E questo sarebbe un problema?
-Certo! Non è normale!
-Come è normale decidere con chi si sposerà tuo figlio fin da quando ha solo due anni?
-Non parlarmi con quel tono, signorino! Tutto quello che io e tuo padre abbiamo sempre fatto è solo per il tuo bene!
Suga sospirò ma non rispose, aveva discusso di quell’argomento troppe volte per volerlo ancora fare ed era stanco sia per l’orario sia per la situazione in generale.
Passò qualche secondo prima che decidesse di cambiare argomento –e se lo fossi anche io, mamma?
-Di che parli?- la voce della donna era urgente.
-Se mi piacessero i ragazzi?
-Non dire cazzate, Koshi! Non farti contagiare da quelle persone strane! Tu sposerai Kiyoko o un’altra donna che possa andare bene per la nostra famiglia!
-Ma mamma…
-Non voglio obiezioni! E cerca di sistemare la situazione con quel ragazzo! Vedi di non farti mettere in mezzo a questa storia o non potrò aiutarti con tuo padre!
Chiuse la chiamata prima ancora di dare la possibilità a Koshi di rispondere, questo rimase per qualche secondo con il telefono in mano, poi lasciò la stanza e si diresse verso quella che sapeva appartenere a Daichi.
Non pensò all’orario tardo o al fatto che non sapesse come spiegargli le emozioni che stava provando in quel momento, semplicemente iniziò a bussare alla sua porta e, quando il suo ragazzo gli venne ad aprire tutto trafelato, Koshi si strinse contro di lui e iniziò a piangere.
Lo amava, ma non era ancora pronto a raccontargli quella parte della sua vita, farlo avrebbe significato distruggere la magia della loro relazione, ammettere che probabilmente non sarebbe durata e che non era tutto rose e fiori come voleva fingere costantemente che fosse.
Ma Suga amava Daichi anche perché non faceva domande indiscrete, se Suga non voleva parlarne lui avrebbe aspettato i suoi tempi senza mettergli alcuna fretta, limitandosi a dargli tutto l’affetto del quale aveva bisogno semplicemente standogli accanto. E così fece anche quella notte.
 
Dopo quello che era successo con Akaashi e Bokuto, Suga era tornato a chiudersi in se stesso e, per quanto Daichi capiva tutta la situazione e quello che ognuno di loro stava passando, voleva solo trovare un modo per tornare a farlo sorridere spensierato e fargli vivere con tranquillità il resto del suo contratto musicale.
Tornati in Giappone, le cose andarono anche peggio, quello preso di mira era sempre Akaashi ma non per questo la questione non veniva presa sul personale anche dagli altri ragazzi. Forse loro erano persino quelli che si incazzavano e litigavano di più per proteggere il loro amico.
Suga ovviamente non era da meno, ma Daichi si era reso conto che c’era qualcos’altro sotto, qualcosa di più radicato nel profondo che lo tormentava.
Daichi voleva aiutarlo, voleva dirgli che qualsiasi cosa fosse l’avrebbero superata insieme, che qualsiasi problema avesse lui sarebbe stato sempre lì per lui. Ma finché Suga non decideva di condividere quell’informazione con lui si trovava con le mani legate, impossibilitato ad aiutarlo.
Infine ci fu una svolta. Daichi scoprì cosa l’altro teneva nascosto e questo comportò anche a un cambiamento della loro relazione, se ancora così poteva essere definita.
Erano tornati da due mesi e Kuro aveva accettato di far partecipare il suo gruppo a un concerto di beneficenza: il concerto si sarebbe svolto in un’ernome villa antica dove erano state invitate le più importanti e ricche famiglie del Giappone. Non avrebbero partecipato solo loro ma diversi altri cantanti che avevano accettato la richiesta. Questi non avrebbero guadagnato nulla e tutto il ricavato sarebbe andato in beneficenza.
I Setters erano stati i quarti ad esibirsi con due canzoni e avevano in programma un’altra canzone di chiusura, in quel momento però si trovavano nel “camerino”, ovvero una delle stanze della villa che gli era  stata assegnata, nel quale si stavano cambiando e sistemando per l’esibizione successiva.
Daichi si trovava dietro questa porta a fare da guardia e non poteva fare a meno di sorridere alle risate e ai lamenti giocosi che provenivano dal suo interno.
Fu distratto da quel brusio quando vide una coppia avvicinarsi, l’uomo e la donna avevano una cinquatina d’anni, anche se li portavano più che bene, inoltre i loro vestiti e i loro gioielli urlavano perfettamente la classe sociale alla quale appartenevano.
La coppia inoltre era accompagnata da un bambino che poteva avere sette o otto anni, considerando che Daichi aveva ben quattro fratelli e sorelle più piccoli, era diventato bravo a capire l’età dei bambini grazie a un solo sguardo.
Il bambino era vestito come i genitori, ma il suo sorrise era felice e quasi saltellava mentre lo raggiungeva.
Guardò in alto verso Daichi una volta che gli fu di fronte e con la sua voce infantile chiese –Mi fai entrare per salutare il mio fratellone?
Daichi corrugò la fronte confuso per poi spostare lo sguardo sugli adulti, l’uomo sembrava impassibile e severo mentre la donna si affrettò a spiegare con voce distaccata –Siamo i genitori di Koshi.
-Oh- la consapevolezza si distese sul volto di Daichi e tornando con lo sguardo sul bambino si rese conto che il suo volto adesso era più familiare, in ricordo di tutte le foto che Suga aveva sul cellulare insieme al piccolo –quindi tu sei Jiro!
Il bambino strabuzzò gli occhi –Mi conosci?
-Suga mi ha parlato tanto di te. Ti vuole molto bene, sai?
Le guance si arrossarono e i suoi occhi si illuminarono, quella frase però ebbe un effetto diverso sui genitori che si irrigidirono e divennero, se possibile, ancora più freddi.
-Ci fai entrare o no?- la donna domandò spazientita.
-Mi dispiace- rispose il capo della sicurezza realmente dispiaciuto di doverli bloccare –i ragazzi si stanno cambiando e anche se per vostro figlio non ci sarebbero problemi, devo preservare la privacy degli altri quattro.
Il padre alzò gli occhi al cielo –l’avevo detto che era una perdita di tempo, se solo quel moccioso non si fosse lamentato tanto per voler salutare suo fratello.
Il tono che utilizzò fece irrigidire Daichi, così come il modo di chiamare l’altro suo figlio.
-Dovrebbero uscire a breve- si costrinse a dire –non dovreste aspettare molto.
I due adulti gli lanciarono uno sguardo annoiato e solo in quel momento Daichi si rese conto che stava parlando con i genitori del suo ragazzo.
Il panico lo invase, non era pronto a una situazione del genere, di norma avrebbe preparato tutto nei minimi dettagli perché sapeva che era sempre un passo importante l’incontro con i genitori del partner, ma in quel momento il suo cervello era in un completo black-out, soprattutto dopo essersi reso conto della cosa troppo tardi.
Si costrinse a tornare in sé continuando a ripetersi che era abbastanza grande e maturo da poter gestire una situazione simile senza problemi. Sorrise quindi loro cortesemente e parlò –non avrei mai pensato di incontrare i genitori del mio ragazzo in questo modo, ma immagino che le cose non vadano mai come le si progetta- rise piano allungando una mano verso di loro –sono Daichi Sawamura, piacere di conoscervi.
La mano non venne accettata mentre sul volto della coppia le loro espressioni passavano dal puro shock alla rabbia cieca.
A parlare per tutti fu Jiro che squittì e si portò le mani alla bocca mentre sussurrava –Koshi ha detto di non dire mai a mamma e papà che ha un fidanzato!
E quella semplice frase sembrò far esplodere una bomba. Perché i genitori si resero conto che non erano solo i deliri di un tipo a caso, ma era qualcosa che Koshi gli stava tenendo segreto da tempo, arrivando persino a raccontarlo al suo fratellino di otto anni, facendogli però promettere che non l’avrebbe mai detto a loro. Daichi si rese conto con orrore di aver appena raccontato un segreto alle uniche due persone che non avrebbero mai dovuto saperlo.

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Capitolo 11
*** La canzone di Suga - Parte 2 ***


n.a. La canzone di questo capitolo è "Somebody you loved" di Lewis Capaldi.




La canzone di Suga - Parte 2
 
Suga stava ridendo alle buffonate di Atsumu e Oikawa che non riuscivano a decidere cosa indossare.
-Vi rendete conto che abbiamo più o meno tutti la stessa cosa, vero?
I loro vestiti erano unici ma simili, tutti realizzati da Yachi con gli stessi colori ma con dettagli differenti. Lui, Kenma e Akaashi erano già pronti, mentre Atsumu e Oikawa erano ancora a petto nudo indecisi su chi tra i due avrebbe indossato una maglia rispetto all’altra.
-A proposito, Kenma!- Atsumu parlò scrutando ancora con lo sguardo i due indumenti appesi uno accanto all’altro alla ricerca di un dettaglio che gliene avrebbe fatto scegliere uno al posto dell’altro –Davvero non vogliamo parlare di Kuro che ringhia contro Shirabu?
-Kuro non ringhia- rispose il biondo nascondendosi dietro i suoi capelli.
Oikawa rise –L’ha decisamente fatto mentre parlavi con quel tuo dottore.
Suga rise, normalmente avrebbe difeso il loro batterista dalle cazzate di quei due, ma quella volta doveva ammettere di aver sentito anche lui il loro manager ringhiare.
-Ma cosa ci faceva qui?- domandò a quel punto Akaashi probabilmente cercando di deviare la conversazione per salvare l’amico.
Oikawa sbuffò –Ragazzi, però dovete stare al passo con gli scoop! Non è che possiamo sempre raccontarvi tutto io e ‘Tsumu!
-Come se non vi piacesse- fece presente Suga.
-Vero- concesse Oikawa con un sorrisetto, poi raccontò –ho visto lui e Semi-Semi baciarsi! Dovevate vedere quanto è diventato rosso quando…
Nessuno seppe mai come la storia sarebbe continuata perché la loro porta si aprì con un gran fracasso e tutto ciò che circondava Suga divenne solo un ronzio fastidiso, la sua attenzione totalmente concentrata sui suoi genitori furiosi, seguiti da Jiro con le lacrime agli occhi e da Daichi che aveva un’espressione che per una volta non riuscì a leggere.
-Chi siete?- Suga riuscì a sentire distrattamente la voce dura di Oikawa che faceva quella domanda, ma nessuno gli rivolse alcuna attenzione, tutti troppo concentrati sul pianista.
-Adesso spiegami- la voce di suo padre era alta e piena di odio –perché diavolo questo qui va a dire in giro che sta insieme a te? Come osa infangare così il nome della nostra famiglia!?
Suga stava tremando e il suo respiro era accellerato, i suoi occhi si spostarono un po' su tutti alla ricerca di una via di fuga, per posarsi infine su Daichi.
Con un sussurro gli domandò –Cosa hai fatto?
Daichi sussultò e la sua espressione si fece pentita –Io… scusa… pensavo solo che…
-Non avevi alcun diritto!- Suga era passato dal sussurrare all’urlare disperato –Chi ti credi di essere per dare per scontato di poter parlare a nome mio!? Non avevi alcun diritto di farlo, Daichi! Nessuno!
-Ma noi…
-Non c’è nessun noi! Io mi devo sposare con una ragazza! E tu sei… sei stato solo una distrazione, uno svago…- aveva iniziato a mentire, ma doveva farlo. Che altro avrebbe potuto fare? Quelli erano i suoi genitori e per quanto fingesse di riuscire ogni giorno di più a distaccarsi dalle loro regole, erano in momenti come questi che si rendeva conto di quanto in realtà non avesse fatto alcun progresso.
La cosa più importante, tuttavia, era la consapevolezza di essere innamorato di Daichi e la conseguente certezza di non voler che suo padre gli rovinasse la vita.
Suga sapeva di non valerne la pena.
-Perché non potevi accontentarti di lasciare le cose come stavano?- quella era quasi una supplica.
L’espressione di Daichi si rilassò in una quasi tenera, come se stesse avendo compassione di lui –Io ti amo, Koshi. Quindi è tutto o niente.
Il petto di Suga sussultò e solo troppo tardi si rese conto che era un singhiozzo. Non ebbe modo di rispondere però perché suo padre si era girato verso il capo della sicurezza e gli aveva afferrato il davanti della sua maglia con forza, mentre continuava ad urlare –Che schifo stai dicendo su qualcuno che porta il mio stesso cognome!? Non provare mai più neanche a pensarlo in quel modo! Lui non è come te! Hai capito!?
-Lascialo!- Suga urlò disperato mentre si avvicinava ai due e si aggrappava al braccio del padre.
Aveva ricevuto abbastanza sfuriate nella sua vita da sapere che iniziavano tutte in quel modo e finivano con i lividi da dover nascondere sotto i vestiti, ma non gli avrebbe permesso di far del male a Daichi.
-Tu sta zitto! Che con te non ho neanche iniziato!- con forza lo fece staccare dal suo braccio e con la mano libera gli diede un manrovescio talmente forte che per un attimo il pianista vide solo nero.
Quando si riprese, si accorse che Daichi aveva placcato l’uomo, probabilmente agendo d’istinto con tutti gli anni nei quali si era allenato per momenti del genere, Atsumu e Oikawa inoltre si erano messi davanti a lui come a volergli fare da scudo mentre Akaashi lo stava sorreggendo.
Suo padre si liberò dalla presa della guardia, ma non provò più ad avvicinarsi a Koshi, quindi Daichi lo lasciò libero.
-È arrivato il momento che andiate via, adesso.
Suga non aveva mai sentito Oikawa usare quel tono così freddo e distaccato.
Suo padre sorrise con cruderltà –Siamo la sua famiglia, abbiamo tutto il diritto di stare qui!
Kenma rispose –Siamo noi la sua famiglia.
-Andate via. Adesso.
Atsumu parlò con lo stesso tono di voce che aveva usato Oikawa e Akaashi lo strinse più forte, probabilmente accorgendosi che il pianista faticava ormai anche solo a reggersi in piedi.
Sua madre non aveva ancora detto una parola ma la sua espressione era imperscrutabile. Quella in realtà non era una novità per Koshi, era stata istruita talmente bene a reprimere le proprie emozioni che per la maggior parte della sua vita Suga non aveva mai capito cosa provasse realmente.
Suo fratello invece stava piangendo in silenzio, Koshi avrebbe tanto voluto abbracciarlo e dirgli di non preoccuparsi, che era al sicuro e che non doveva piangere per lui. Ma in quel momento aveva solo la forza di non crollare.
Per concludere, Kuro entrò nella stanza dalla porta che era rimasta aperta, i suoi occhi si spalancarono e si fecero furenti una volta che si guardò intorno e vide tutto quello che era successo.
-Chi diavolo siete voi!? Fuori di qui, SUBITO!
-Siamo i genitori di…
-Non me ne frega un cazzo! Ho detto fuori, adesso!- poi si rivolse a Daichi –Falli sparire dalla mia vista.
Daichi si affrettò subito ad eseguire gli ordini e stava per afferrare il signor Sugawara per accompagnarlo fuori, quando questo fece un passo indietro.
-Non provare a toccarmi di nuovo, frocio. Me ne vado da solo- si sistemò la giacca come se non fosse successo nulla, poi si rivolse a Suga guardandolo fisso negli occhi –sei stato la mia più grande delusione.
Infine, si volto verso il resto della sua famiglia e ordinò –Andiamo, Koshi ha bisogno di rendersi conto di quello che ha fatto prima di venirci a chiedere scusa in ginocchio.
-L’unico che dovrebbe chiedere perdono in ginocchio è lei!- gli urlò dietro Oikawa.
-E comunque Suga sarebbe autorizzato a sputargli addosso!- concluse Atsumu.
La porta si chiuse alle spalle della sua famiglia che lasciarono la stanza e Kuro gli si avvicinò, gli afferrò il mento e scrutò il livido che Suga sentiva crescere di secondo in secondo sulla sua guancia.
Infine, terribilmente furioso, il loro manager lo lasciò andare e si voltò verso Daichi –Avevi un compito, Sawamura! Uno solo! Come sono riusciti a fargli quello!?
Daichi si inchinò profondamente –Mi dispiace. Ho solo sottovalutato la situazione. Erano i suoi genitori e non… non pensavo avrebbero fatto qualcosa del genere.
Suga voleva dirgli che non era colpa di Daichi, voleva dire a Kuro di non prendersela con lui e che era solo tutta colpa sua. Nessuna frase però riuscì a lasciare le sue labbra, sigillate per impedire ai singhiozzi che gli stavano scuotendo il petto di diventare più forti e rumorosi.
-Non devi pensare!- Kuro stava continuando a prendersela con il capo della sicurezza –devi agire e impedire che venga fatto esattamente quello ai miei ragazzi!
Daichi rimase inchinato mentre continuava a scusarsi –me ne prendo tutta la responsabilità. È stata colpa mia, ero troppo coinvolto sentimentalmente e questo ha offuscato il mio giudizio dandomi problemi nel lavoro. Ma ti prometto che non succederà mai più perché ho intenzione di chiedere le dimissioni qui e adesso.
Lo shock passò sul volto del corvino –Cosa…?- la sua voce si era abbassata –Solo perché ti sto rimproverando non ho intenzione di licenziarti o…
-Non è per te- lo rassicurò Daichi –è per me. Ho bisogno di andarmene, non riuscirei a continuare così.
Kuro si voltò a fissare Suga, probabilmente alla ricerca di una spiegazione più approfondita, quando questa non arrivò spostò il suo sguardo su Kenma.
Suga non sapeva cosa il loro manager avesse visto nello sguardo del suo ragazzo o come fossero diventati talmente bravi a comunicare così velocemenete e con una sola occhiata, quello che sapeva però è che riuscì a capire la situazione e, dopo un lungo sospiro, mormorò passandosi entrambe le mani sui capelli già scompigliati –Non posso di certo costringerti a restare.
Daichi lo ringraziò ancora, poi si rivolse al gruppo –è stato un piacere lavorare per voi, buona fortuna con la vostra vita.
Suga voleva bloccarlo, afferrarlo e pregarlo di non lasciarlo andare, ma come poteva essere così egoista quando gli aveva detto delle cose orribili solo qualche minuto prima?
Daichi quindi lasciò la stanza e il rumore della porta che si chiudeva nella mente di Suga divenne il rumore del suo cuore che si spezzava.
Tutto o niente gli aveva detto solo poco prima. Suga aveva scelto niente.
 
Passò un mese nel quale sentì solo Kiyoko come unica persona “vicina” alla sua famiglia. La ragazza l’aveva chiamato preoccupato la prima volta il giorno dopo il concerto di beneficenza, era venuta a conoscenza della storia probabilmente dai suoi genitori, ma aveva chiesto a lui di raccontargli la versione vera, concludendo infine che avrebbe trovato il modo di aiutarlo.
Da quel momento la ragazza lo chiamò quasi ogni giorni, o per semplice compagnia o per raccontargli i progressi che stava facendo con i suoi genitori che avevano ufficialmente conosciuto Tanaka. Inoltre, già da qualche settimana, la ragazza aveva iniziato a raccontargli che sua madre e suo fratello erano andati sempre più spesso in visita alla famiglia Shimizu, Suga non aveva dato molto peso a quella informazione fino a quando i due non si presentarono alla sua porta.
In quel lungo mese Koshi aveva continuato a lavorare come se non fosse successo nulla, perché aveva preso un impegno con tutte quelle persone e non avrebbe permesso che i suoi problemi personali potessero disturbare il lavoro degli altri.
Faceva però solo il minimo necessario, si comportava da leader ogni qual volta fossero in pubblico, sorridendo e rispondendo alle solite domande di rito. Partecipava ai concerti ed era sempre pronto a imparare le nuove canzoni che gli altri scrivevano. Aveva smesso, però, di partecipare alla creazione delle canzoni e di stare più del necessario nelle aree comune insieme agli altri. Mangiava a stento solo perché i suoi amici lo costringevano e dormiva male, le sue occhiaie erano però facilmente nascondibili dal trucco, quindi nessun problema.
Quel giorno era passata da poco l’ora del pranzo e Suga era sdraiato sul suo letto cercando di dormire, non avevano impegni fino alle cinque e voleva approfittare di quelle poche ore per recuperare un po' di sonno.
Divenne difficile provarci quando qualcuno suonò alla porta d’ingresso e un gran frastuono di voci superò anche la difesa della porta chiusa della sua stanza.
Non riusciva a distinguere il timbro di voce o a capire cosa stessero dicendo, immaginò quindi che Osamu fosse venuto a fare visita a suo fratello e tutti ormai sapevano che litigare e insultarsi per la prima mezz’ora faceva parte del processo del “ti voglio bene, mi sei mancato anche tu”.
Capì ben presto però che non era Osamu quello appena arrivato quando la sua porta si spalancò senza alcun avviso e una piccola figura corse verso di lui, saltò sul letto e lo strinse in un abbraccio.
Suga spalancò gli occhi –Jiro? Cosa ci fai qui?
Il bambino lo strinse più forte –Mi sei mancato così tanto!- disse quasi con disperazione –e papà ti ha fatto male e a casa ha iniziato a dire un sacco di cose cattive contro di te e non è giusto! Io ti proteggerò!
Il cuore di Suga si gonfiò d’amore per il suo fratellino, i suoi occhi si fecero lucidi e l’unica cosa che riuscì a fare fu stringerselo contro, recuperando tutti gli abbracci che non gli dava da troppo tempo. Neanche durante i sei mesi del tour in Giappone aveva sentito così tanto la sua mancanza e il bisogno di stringerlo.
Quel momento non durò a lungo perché qualcuno bussò alla porta che era rimasta aperta e, alzando lo sguardo, Suga vide Akaashi sulla soglia.
-C’è tua madre- lo informò il bassista –Oikawa e Atsumu non hanno alcuna intenzione di farla avvicinare alla tua stanza, a meno che tu non sia completamente d’accordo con questo chiaramente.
A Suga venne l’ansia e il ricordo delle urla di suo padre gli rimbombò nella testa, poi cercò di riflettere: è stato sempre lui, non lei.
Cercò lo sguardo di suo fratello per farsi coraggio e questo lo informò –Papà non sa che siamo venuti qui! Mamma gli ha detto che andava dal parrucchiere.
-Va bene- sussurrò infine abbracciando un’ultima volta suo fratello prima di rivolgersi ad Akaashi –falla entrare, per favore. E puoi… occuparti di Jiro per un po'?
Avrebbe voluto rimanere con il suo fratellino ancora, ma sapeva anche che era meglio che lui non sentisse quello che si sarebbero detti i due.
-Sì, certo- allungò la mano in attesa che il bambino lo raggiungesse e l’afferrasse –sono sicuro che Kenma sarà felice di farti giocare ai suoi videogiochi.
Suga non ne era altrettanto convinto, ma al momento i suoi problemi erano altri.
Cercò di darsi un contegno mettendosi in piedi e sistemandosi i vestiti spiegazzati e, quando infine venne raggiunto dalla donna, che si chiuse la porta alle spalle, entrambi si fissarono in silenzio per quelli che sembrarono minuti infiniti.
-Devi tornare a casa e scusarti con tuo padre- parlò infine la donna.
Suga si irrigidì, poi sbuffò una quasi risata isterica –se sei venuta qui solo per questo hai sprecato il tuo tempo.
-Non capisci! Lui sta pensando di cancellarti dall’albero genealogico, lui vuole…
-Bene! Così finalmente posso essere libero da tutto questo!
Suga continuava a non riuscire a compredere l’espressione della madre e di conseguenza quello che gli passava per la testa, ma quando parlò riuscì a sentire benissimo il dolore nel suo sussurro –non voglio perdere mio figlio.
Suga si paralizzò. Era pronto a tutto ma di certo non a una manifestazione d’affetto.
-Mamma…
-No, Koshi! Tu devi tornare a casa adesso! Perché se non lo fai, so che non mi permetterà mai più di vederti, di sentirti o semplicemente pronunciare il tuo nome! Non sono pronta a perderti. E non puoi fare questo neanche a Jiro!
-Devi divorziare, mamma.
Trattenne il respiro, poi sbottò -Cosa?
-Ho rovinato una delle cose più belle che avessi mai avuto nella vita solo perché non ho avuto il coraggio di dire a quell’uomo che ero innamorato di qualcuno del mio stesso sesso. Ho mentito e questo dove mi ha portato? Non voglio più che quell’uomo continui a influenzare la mia vita perché non sono felice vivendo così e non lo siete neanche voi. So che sei stata costretta a sposarlo, che ormai pensi che non ci sia più nulla da fare dopo tutto questo tempo. Ma non è mai tardi per ricominciare, possiamo farlo mamma, ti prometto che ne varrà la pena.
-Finiremo in mezzo a una strada, tuo fratello non…
-Ci penso io a voi- sorrise –non so se te ne sei accorta, ma siamo diventati un gruppo abbastanza famoso, ho molti soldi da parte.
Sua madre allungò una mano e gli accarezzò la guancia, erano alti uguali e grazie a questo poteva benissimo vedere l’espressione sul suo volto che si ammorbidiva e per la prima volta lo guardava con dolcezza –dovrebbero essere i genitori a prendersi cura dei figli, non il contrario.
Koshi si spezzò a quella carezza, fu come la rottura di una diga e senza più pensare a cosa era giusto o meno fare si sporse in avanti e abbracciò sua madre come non faceva da quando aveva solo cinque anni.
Pianse sul suo petto e mentre sentiva che il suo abbraccio veniva ricambiato, rispose in un mormorio –accetta la mia proposta e avrai tutto il tempo di prenderti cura di me.
Non ebbe una risposta verbale, non subito almeno, ma l’abbraccio si fece più forte e quello per il momento era più che abbastanza.
Infine un mormorio si perse nell’aria –Non sei mai stato una delusione.
 
2019
Daichi pensava ancora a Suga nonostante fossero passati mesi.
Certo, era difficile provare a dimenticarlo quando accendeva la radio e si trovava nel bel mezzo di una canzone dei Setters o quando semplicemente usciva a fare la spesa e si imbatteva in un cartellone pubblicitario con le loro enormi facce che sponsorizzavano le date dei nuovi concerti.
Ma, anche se i suoi pensieri erano sempre invasi dal ragazzo dai capelli grigi, non l’aveva più sentito dal giorno del litigio: né una chiamata né un messaggio.
Non aveva neanche più sentito gli altri ragazzi del gruppo, anche se diverse volte aveva avuto qualche chiamata con Iwaizumi e Kuro, nonostante avesse sempre rifiutato l’invito di andare a bere qualcosa tutto insieme.
Essendo, di conseguenza, che non aveva avuto contatti con nessuno di loro per tutto quel tempo, rimase stupito quando si trovò la notifica di un nuovo messaggio da Atsumu.
Aveva appena messo in moto la lavatrice quando era stato attirato dalla notifica appena arrivata sullo schermo del suo cellulare. Cliccò sulla chat e vide che il biondo gli aveva inviato un audio di esattamente tre minuti. Il messaggio non era seguito da alcuna descrizione né nulla, quindi immaginò di doverlo semplicemente riprodurre per capire di cosa si trattasse.
Fece partire l’audio e le note di un pianoforte si diffusero dall’altoparlante del suo cellulare. Solo il suono di quello strumento gli faceva stringere il cuore e per un attimo pensò di stopparlo e cancellarlo, non fece però in tempo e la voce di Suga si diffuse insieme alla melodia.
Era così raro che Koshi cantasse una canzone che rimase sorpreso per qualche secondo e non poté fare a meno di trattenere il fiato mentre iniziava ad ascoltare la sua canzone.
 
Sto cadendo e questa volta ho paura che non ci sarà nessuno a salvarmi
Questo “tutto o niente” mi ha fatto veramente impazzire
 
Con solo quelle due frasi a Daichi venne un groppo in gola, scivolò sedendosi a terra mentre si aggrappava più forte al suo cellulare e la musica andava avanti.
 
Ho bisogno di qualcuno da guarire
Qualcuno da conoscere
Qualcuno da avere
Qualcuno da stringere
È facile a dirsi ma non è mai lo stesso
Immagino mi piacesse il modo in cui intorpidivi tutto il dolore
 
Suga aveva sofferto tutto quel tempo e Daichi non aveva fatto abbastanza per aiutarlo.
Ovviamente ce l’aveva ancora con lui per le cose che aveva detto e per il modo in cui l’aveva trattato, ma come poteva non sentirsi male al pensiero di come era stata la sua vita prima di entrare in quel gruppo?
 
E adesso il giorno sanguina fino a diventare notte
E tu non sei qui per farmi passare attraverso tutto
Ho abbassato la guardia e tu mi hai tolto la terra da sotto i piedi
Mi stavo quasi abituando ad essere qualcuno che amavi
 
La voce straziante con la quale stava cantanto era una prova di ciò che stava passando, di tutto quello che Daichi aveva solo intuito ma che non aveva mai provato a comprendere davvero.
 
Sto cadendo e questa volta ho paura che non ci sia nessuno su cui appoggiarmi
Questo “tutto o niente” modo di amarci mi ha fatto arrivare a dormire senza di te
Ora ho bisogno di qualcuno da conoscere
Qualcuno da guarire
Qualcuno da avere
Solo per sapere cosa si prova
È facile a dirsi ma non è mai lo stesso
Immagino mi piacesse il modo in cui mi aiutavi a scappare
E adesso il giorno sanguina fino a diventare notte
E tu non sei qui per farmi passare attraverso tutto
Ho abbassato la guardia e tu mi hai tolto la terra da sotto i piedi
Mi stavo quasi abituando ad essere qualcuno che amavi
 
La sua voce era sempre più alta e spezzata e quella canzone era così bella proprio per quel motivo: perché era del tutto vera. Suga si era messo totalmente a nudo.
 
Tendo a chiudere gli occhi quando fa male a volte e cado nelle tue braccia
Sarò al sicuro nel tuo suono finché non ritornerò
E adesso il giorno sanguina fino a diventare notte
E tu non sei qui per farmi passare attraverso tutto
Ho abbassato la guardia e tu mi hai tolto la terra da sotto i piedi
Mi stavo quasi abituando ad essere qualcuno che amavi
E adesso il giorno sanguina fino a diventare notte
E tu non sei qui per farmi passare attraverso tutto
Ho abbassato la guardia e tu mi hai tolto la terra da sotto i piedi
Mi stavo quasi abituando ad essere qualcuno che amavi
Ho abbassato la guardia e tu mi hai tolto la terra da sotto i piedi
Mi stavo quasi abituando ad essere qualcuno che amavi…
 
Quell’ultima strofa era ripetuta più volte ma aveva fatto in modo che Daichi riflettesse davvero a tutto quello che era stato detto.
Quindi Suga immaginava di essere con lui quando stava male? Nonostante tutto quel tempo?
Con quello, inoltre, arrivò la consapevolezza che Suga aveva sentito il bisogno di scrivere una canzone per esprimere tutto quello che stava provando e che non riusciva più a trattenere.
Daichi era importante per Koshi, altrimenti questo non gli avrebbe scritto una canzone.
Tutte quelle nuove informazioni lo fecero sentire strano e confuso, ma non ebbe troppo tempo per pensarci perché dopo pochi secondi dalla fine dell’audio il suo cellulare prese a squillare e vide che gli stava arrivando una chiamata da Oikawa.
Arrivati a quel punto sapeva di non poter rifiutare e fece scorrere il dito sull’icona verde.
Non ebbe bisogno di dire nulla perché il cantante iniziò subito a parlare –Sono passati tre minuti da quando hai aperto il messaggio di ‘Tsumu, quindi immaginiamo che tu abbia finito di ascoltare la canzone.
Daichi deglutì, poi rispose piano –Sì.
A quel punto arrivò la voce del biondo, Daichi non ne fu sorpreso -Devi sapere che ha scritto questa canzone in segreto e non ha intenzione di pubblicarla perché non vuole che tu ti senta in dovere di fare qualcosa dopo aver ascoltato le parole. Ma noi crediamo che sia uno spreco lasciarla nascosta, è bellissima, giusto?
-È eccezionale- sussurrò, già pronto a volerla riascoltare.
-Esatto!- Oikawa sembrava molto felice di quella risposta –sapevamo che avevi buon gusto da quando ti sei innamorato di Koshi! Ora, parlando di cose serie… non credi che tutti abbiano diritto a una seconda possibilità?
La voce del cantante a quel punto si era fatta dura e Daichi non poté fare a meno di chiedersi se non si stesse riferendo anche alla sua vita.
L’ex capo della sicurezza però non riuscì a rispondere e Atsumu subito si affrettò a intervenire –Non devi darci una risposta subito, in realtà non dovresti darla neanche a noi. Però sai, giusto a titolo informativo, siamo tutto il gruppo in agenzia e staremo qui per le prossime tre ore circa.
-Chissà, magari ci si rivede presto- concluse Oikawa –Bye, bye!
Chiusero la chiamata senza dare la possibilità al castano di rispondere in alcun modo, non che comunque ne avesse bisogno considerando che si era già messo in piedi e stava solo cercando il giubbotto e le chiavi della macchina.
 
Quando Daichi arrivò in agenzia, non fu difficile superare i controlli all’ingresso. Era stato il capo della sicurezza dei Setters per anni, coloro che quindi lavoravano lì lo riconoscevano facilmente.
Iniziò a vagare per i corridoi chiedendo informazioni sul gruppo in questione, se qualcuno li avesse visti e più o meno in che ala della struttura si trovassero: ogni risposta però lo mandava in un luogo differente.
Infine riuscì a incontrare Kuro vicino a una macchinetta per gli snack e, dopo i primi convenevoli (il corvino aveva spalancato gli occhi per poi dargli una forte pacca sulla spalla chiedendogli un sacco di cose tutte insieme), era riuscito a farsi dire la disposizione precisa di ogni ragazzo del suo gruppo: Suga si trovava nella sala degli strumenti a sistemare una canzone al pianoforte.
Daichi lo ringraziò e infine si diresse a colpo sicuro verso la stanza in questione.
Girò un angolo e si arrestò di colpo prima di finire addosso a una signora, stava per scusarsi e andare avanti quando si bloccò di scatto nel riconoscere nel suo volto la madre di Koshi.
Rimase immobile, indeciso sul da farsi e se dire o meno qualcosa.
Ma fu proprio lei a prendere la parola per prima, Daichi vide il suo sguardo mentre lo riconosceva e si affrettava a dire –Sei l’amico di mio figlio, giusto?
Il ragazzo continuò a non rispondere, come avrebbe dovuto farlo? A lei però non sembrò importare perché riprese a parlare –Vorrei scusarmi per quello che ti ha detto il mio ex marito. È stato cattivo e meschino e non sono mai stata d’accordo con tutto quello che faceva, nonostante io non abbia mai fatto nulla per contrastarlo e quindi sappia perfettamente di essere considerata allo stesso livello.
Troppe informazioni si accumularono nel cervello di Daichi, la donna inoltre continuò –Continuo a non capire il fatto che a mio figlio piacciano i ragazzi, è una cosa che non riesco proprio a comprendere. Ma non per questo lo amerò di meno o non lo accetterò, è la sua vita e se la persona che lo renderà felice sei tu… chi sono io per intromettermi?
A Daichi salì un groppo in gola come quando aveva ascoltato la canzone solo poco tempo prima, non aveva ancora detto una parola e continuò a non farlo semplicemente perché non aveva più idea se stesse vivendo nella realtà o in un sogno utopistico.
-Spero che un giorno tu mi possa perdonare, mi piacerebbe invitarti ai pranzi di famiglia insieme a Koshi.
Nell’immagine che nacque nella mente di Daichi a quella frase c’erano tantissime cose sbagliate, rinunciò però a cercare di capire la logica dietro tutto quello e finalmente decise di rispondere con un semplice –grazie.
La donna annuì e andò via non aspettandosi nient’altro.
Daichi ci mise qualche secondo a riprendersi dalla sua confusione, infine riprese il suo cammino e arrivò davanti la porta della stanza che cercava.
Stava per bussare quando sentì l’ultima parte della canzone di Suga: il ragazzo la stava cantando e suonando proprio in quel momento.
Decise di aprire pianissimo ed entrare senza farsi vedere, solo per poter scoltare meglio. Suga fortunatamente gli dava le spalle e non si accorse della sua presenza, quindi si appoggiò alla porta che aveva nuovamente chiuso alle sue spalle e si concentrò sulla canzone dal vivo.
Pochi secondi dopo il ragazzo finì di suonare per poi dire –Ecco qui, dovresti sentirti importante visto che sei una delle poche persone che ascolterà questa canzone!
Il cuore di Daichi accellerò. Suga stava parlando con lui? Si era accorto del suo arrivo? E perché era così calmo?
La risposta alle sue domande gli arrivò sottoforma di risata femminile e, solo a quel punto, il castano si accorse del cellulare poggiato sulla superfice del pianoforte che stava trasmettendo una videochiata.
La ragazza era molto bella e dopo aver riso rispose –Non ne sarei tanto sicuro, c’è un ragazzo sospetto proprio dietro di te.
Koshi si girò talmente in fretta che Daichi riuscì quasi a sentire il rumore che fece il suo collo, inoltre quando lo mise a fuoco i suoi occhi si riempirono di lacrime e in un mormorio pronunciò –Daichi…
-Ecco perché mi sembrava familiare!- quasi urlò la ragazza dall’altro lato dello schermo –quindi è questo il famoso Daichi! Se non riuscite a sistemare i vostri casini prima di uscire da quella stanza, vi prenderò a pugni entrambi la prossima volta che saremo nella stessa città!- minacciò assottigliando gli occhi –vi tengo d’occhio- concluse, per poi chiudere la chiamata lasciando i due ragazzi da soli.
Koshi aveva uno sguardo pieno di incredulità, le sue labbra stavano tremando e Daichi capì di dover iniziare lui quella conversazione.
-Ho ascoltato la tua canzone. Non adesso, o almeno anche adesso, ma dico che l’ho ascoltata anche a casa, me l’hanno mandata Oikawa e Atsumu.
Koshi corrugò la fronte –Non avrebbero dovuto.
-Non sarei stato qui altrimenti.
A quello il pianista non trovò nulla da ribattere, Daichi quindi si fece più vicino e si inginocchiò di fronte a lui per essere quasi della stessa altezza.
-Ti amo, Koshi. E per tutti questi mesi sono stato convinto che tu avevi solo fatto finta di ricambiare, che per te era stato tutto un gioco. Continuavo a ripetermi che non poteva essere vero, che tutti quei sentimenti che vedevo ogni giorno sul tuo viso non potevano essere falsi. Ma il tempo passava e tu non ti facevi sentire, lasciandomi solo con quelle ultime parole che mi avevi urlato. Solo adesso ho capito quanto sono stato cieco, quanto non abbia mai compreso tutto il dolore che stavi vivendo e quanto doveva essere difficile per te essere quello che sei.
-Sono stato un codardo…- sussurrò in risposta.
-No amore, hai solo agito d’istinto ma non hai colpe, se tuo padre ti ha trattato in quel modo per tutta la tua vita, tu non hai nessuna colpa, hai capito? Rinpiango solo di non esserti stato vicino abbastanza quando potevo e di non averti saputo aiutare.
Allungò una mano e gli accarezzò delicatamente la guancia che ricordava l’uomo avesse colpito.
Suga chiuse gli occhi e si lasciò cullare da quel tocco, poi sussurrò –Adesso sei qui.
-Sono qui- confermò il castano –e ho tutta l’intenzione di rimanere se tu me ne darai la possibilità. Voglio amarti come meriti e voglio proteggerti non più solo perché è il mio lavoro.
Koshi iniziò a piangere, poi annuì sorridendo felice –se a te sta bene tornare insieme a me, perdonarmi, sappi che non ti lascerò mai più andare.
Daichi sorrise –è un rischio che posso correre.
Infine lo baciò come ormai sognava di rifare da troppo tempo e solo sulle sue labbra si sentì finalmente di essere tornato a casa. Avrebbero dovuto parlare e chiarire moltissime altre cose, ma per il momento andava bene così, avevano in fondo moltissimo altro tempo davanti a loro, per non dire l’intera vita.
Si abbracciarono e baciarono per un tempo lunghissimo, infine Daichi mormorò in ricordo alla canzone –Potrei abituarmi ad essere qualcuno che ami...

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Capitolo 12
*** La canzone di Atsumu - Parte 1 ***


La canzone di Atsumu - Parte 1
 
2015

Atsumu era sempre stato attratto dalla bellezza. La gente continuava a dire che c’erano anche altre cose oltre quella e lui non poteva che essere d’accordo, ma era ovvio che la prima cosa che la gente notava in una persona era il suo aspetto fisico e che quindi questo ti dava sempre una marcia in più.
Era per questo che Atsumu aveva sempre curato il proprio corpo e il proprio look, diventando più esigente mentre diventavano sempre più famosi.
Inoltre, il biondo non si vergognava di fare complimenti alle persone che lo attiravano per la loro bellezza, cercando di flirtare e di rimediarci dell’appagante sesso.
E così era stato anche nell’incontro con Sakusa Kiyoomi.
I Setters non avevano vinto lo Spring MS 2015 ma avevano comunque deciso di firmare un contratto e diventare un gruppo. Si trovavano quindi nell’agenzia del padre di Kuro Tetsuro per incidere finalmente “Vent’anni”, la canzone che li aveva portati in finale, fino a quel momento ascoltata dagli audio e video delle serate live.
Sakusa Kiyoomi era il responsabile della sala di registrazioni: una stanza enorme divisa in due parti e dove ogni cosa era meticolosamente sistemata al suo posto e pulita talmente bene che risplendeva. L’uomo aveva all’incirca la sua età e indossava una mascherina nera, come il resto del suo abbligliamento.
Nonostante metà del suo volto fosse coperto, Atsumu capì comunque che era bello. I capelli ricci in Giappone erano difficili da trovare ma i suoi boccoli erano talmente perfetti che Atsumu avrebbe voluto passargli una mano dentro per sentirne la consistenza. I suoi occhi erano scuri, di un colore che Atsumu non riusciva a capire da quela distanza e questo gli fece solo venire più voglia di scoprire quale fosse. Inoltre era alto e sembrava anche muscoloso al punto giusto sotto la camicia che indossava. Per concludere, Atsumu aveva sempre amato i segni di bellezza quali erano i nei e quel ragazzo ne aveva due perfettamente paralleli sopra il sopracciglio scoperto dai capelli.
Come avrebbe dovuto resistergli?
Tutta quella scansione del luogo e del ragazzo durò all’incirca cinque secondi scarsi mentre entrava all’interno della stanza in questione. Atsumu decise di precedere Suga che, come al solito, stava prendendo la parola in quanto leader per presentarli e ringraziarlo per il lavoro che avrebbe svolto per loro. Il ragazzo dai capelli grigi aveva appena aperto la bocca per parlare quando Atsumu disse -Credi nell’amore a prima vista? Perché posso uscire e rientrare.
Il corvino spostò lo sguardo su di lui mentre alzava lentamente un sopracciglio. Quel cipiglio lo fece diventare, se possibile, ancora più carino.
Non ci fu nessun’altra reazione se non il commento poco velato di Kenma che sospirava –Ditemi che non l’ha detto sul serio.
Atsumu, tuttavia, non era uno che rinunciava facilmente, quindi cercò nella sua mente un’altra frase da repertorio e, con un sorriso che Suna definiva “da schiaffi”, domandò -Fai sesso con gli sconosciuti? No? Allora mi presento, sono Atsumu Miya!
Anche questa volta il ragazzo rimase impassibile, infine cercò con lo sguardo gli altri suoi compagni e domandò a nessuno in particolare –Continua per molto o c’è un modo per farlo smettere?
A rispondere fu Suga che con un sospiro afflitto gli disse –Tu solo… ignoralo.
Atsumu digrignò i denti, non sarebbe finita così, avrebbe trovato il modo di attirare l’attenzione di quel ragazzo su di lui, anche a costo di metterci anni!
Finì di ascoltare le presentazioni che Suga fece sul suo gruppo e si concentrò sul corvino che rispondeva con il suo nome (anche se Kuro aveva già detto loro come si chiamava) e soprattutto con l’informazione che fece crollare tutte le speranze di Atsumu.
-Sono misofobo, quindi vi sarei grato se riusciste a non toccarmi e a lasciare libero il mio spazio personale.
-Oh certo- si affrettò a rassicurarlo Koshi –ci comporteremo tutti bene- e a quell’ultima frase Atsumu ebbe l’impressione che il ragazzo più grande lo stesse fissando un po' troppo intensamente.
Mise il broncio e incrociò le braccia, Oikawa scoppiò a ridere dandogli diverse pacche sulle spalle –Oh amico, la vedo proprio dura!
Atsumu storse la bocca ma si affrettò a rispondere –non sarebbe una bella sfida senza qualche ostacolo da superare.

 
2016
-Non lo sopporto proprio!- Atsumu aveva alzato un po' troppo la voce mentre imprecava esasperato.
-Stai zitto- rispose monotono suo fratello –non abbiamo bisogno che qualcuno ti riconosca, il mio locale è già abbastanza affollato di suo.
Atsumu si trovava, infatti, al ristorante del fratello ed era con lui e Suna dietro il bancone, nonostante fossero in tre però tutto il lavoro lo stava facendo il gemello dai capelli scuri.
Il cantante aveva nascosto il suo volto dietro gli occhiali da sole e i suoi capelli biondi erano tutti messi sotto un berretto da baseball, non il massimo del travestimento insomma.
-Quel ragazzo evidentemente ha buon gusto- gli rispose invece Suna mentre continuava a sgranocchiare la carne secca che aveva rubato al proprio ragazzo –smettila di deviarlo provando a farti piacere.
-Dovrebbe solo ringraziare che uno come me vorrebbe farselo!
-Non penso che lui la veda allo stesso modo.
Osamu sospirò e intervenne –Sono mesi che lo stressi, quando lo smetterai?
-Ormai è diventata una questione di principio!- urlò indispettito, poi abbassò lo sguardo e mormorò imbarazzato –E più mi rifiuta e più mi piace…
Il sospiro di Osamu fu molto più profondo – devi essere caduto dalla culla da bambino, altrimenti non mi spiego come tu sia potuto venire su così idiota.
Suna sorrise –Se è caduto dalla culla probabilmente è stato perché l’hai spinto tu.
Osamu rispose al suo sorrisetto –Sicuramente lo meritava.
Atsumu li odiava. Soprattutto quando si scambiavano quegli sguardi complici e innamorati.
 
Nonostante si lamentasse del comportamento di Sakusa nei suoi confronti, non poteva fare a meno di continuare a provarci con lui ogni volta che andavano a trovarlo in studio.
Il periodo in cui incisero il loro primo album fu poi il migliore per Atsumu e il più stressante per Sakusa. Questo, infatti, ce la metteva tutta a ignorarlo e far finta che non esistesse, ma molto spesso si dimenticava dei suoi buoni propositi e gli rispondeva facendo esultare il biondo e spingendolo a riprovarci giorno dopo giorno.
Atsumu inoltre aveva usato tutte le sue frasi di riperterio, arrivando persino a inventarne di nuove con la convinzione che un giorno queste avrebbero funzionato.
Aveva anche iniziato a storpiare il suo nome chiamandolo “Omi”. La prima volta che l’aveva fatto Sakusa gli aveva lanciato uno sguardo furente e quello aveva fatto capire al biondo che avrebbe usato solo quel nomignolo da quel momento in poi.
-Omi! Da lontano sembravi intelligente. Ora so che lo saresti se uscissi con me.
Sakusa lo ignorò, i suoi amici risero e Kenma borbottò –semmai il contrario.
-Dammi una seconda possibilità, so di essermi bruciato la prima con questa frase idiota.
Con quella frase ci provò durante una pausa mentre si trovavano da soli, anche quella volta non ebbe alcuna reazione.
-Tu, io, le manette e la panna montata: t’interessa?
Quella invece riuscì a dirgliela in una situazione talmente leggera e tranquilla che gli fece diventare le guance rosee, Atsumu lo notò nonostante la mascherina e non poté non sentirsi felice.
-Ti piace dormire? Anche a me! Dovremmo farlo insieme qualche volta.
-No, grazie.
Era pur sempre una risposta, quindi Atsumu la considerava una piccola vittoria come quando riusciva a farlo imbarazzare.
-Penso che sia ora di dirti cosa stanno dicendo le persone alle tue spalle- quella frase invece la disse con una tale serietà che fece voltare Sakusa circospetto nella sua direzione, cercando di capire se fosse un qualcosa di serio o una delle sue tante buffonate. Atsumu gli sorrise e continuò –Dicono tu abbia un bel culo!
Sakusa alzò gli occhi al cielo –Dubito lo facciano.
-Io lo faccio.
Quello pose fine alla conversazione, ma nonostante fossero passati mesi dalla prima volta che Atsumu l’aveva fatto imbarazzare, questa restava sempre una grande vittoria per Atsumu.
Arrivò poi anche il giorno in cui Sakusa rispose sinceramente al flirt di Atsumu. Stavano facendo una pausa e ognuno dei suoi amici era impegnato nelle proprie questioni, così Atsumu raggiunse la sua vittima e si preparò con la frase della giornata -Mi indicheresti la direzione?
-Quale direzione?- rispose l’altro meccanicamente senza pensare che potesse essere una trappola.
-Quella per il tuo cuore- aveva finito Atsumu con il solito sorriso da schiaffi.
Kiyoomi l’aveva quindi fissato impassibile, il biondo era pronto a essere ignorato, quando questo rispose in un borbottio –non è un bel posto, non ti conviene andarci.
Quella fu la prima volta che Atsumu non ebbe l’ultima parola nella conversazione.
Lo shock o il cercare di capire cosa avesse voluto dire con quella semplice frase passò in fretta e, due giorni dopo, Atsumu aveva ripreso a fare battute come se non fosse successo nulla.
-Da’ un’occhiata al mio sedere ed esprimi un giudizio spassionato.
Kiyoomi non lo fece.
-Complimenti, sei quasi più attraente di me!- gli disse un altro giorno.
-Io avrei detto la frase senza il quasi- commentò a quel punto Suga e Kiyoomi rise. Atsumu era indeciso se perdersi nell’ammirare il suo sorriso o se incazzarsi con il suo amico che era riuscito nella sua missione prima di lui.
Non si fece però scoraggiare e, diventando più intraprendente, iniziò a chiedergli anche il numero di telefono.
-Ho perso il mio numero di telefono, potresti prestarmi il tuo?
Frasi del genere erano ormai all’ordine del giorno e i suoi amici avevano persino smesso di insultarlo, esasperati quasi quanto Sakusa stesso.
-Ah quindi anche tu hai un telefono e anche il tuo numero inizia per tre! Ma pensa te quante cose abbiamo in comune… Incredibile.
Quella volta fece sorridere Sakusa, non per la frase in sé ma per il tono che aveva usato, nonostante questo però non ricevette comunque il suo numero di cellulare.
-Vuoi vedere la mia collezione di sms che ti ho scritto e che non ti ho ancora inviato perché non ho il tuo numero?- provò un altro giorno.
-Fa come se li avessi visualizzati.
-Omi!- s’indispettì –stai lasciando le spunte blu anche a dei messaggi che non ti ho mai inviato? Così crudele.
Quella fu, infine, la prima volta che Kiyoomi rise grazie a lui. Era una tranquilla giornata di metà settembre e fu anche il momento che fece capire ad Atsumu che si stava irrimediabilmente innamorando di lui.

 
2017
Kiyoomi non aveva mai incontrato, in tutta la sua vita, una persona esasperante e insistente come lo era Atsumu Miya.
Lavorando in uno studio di registrazioni e, grazie al lavoro del padre, aveva passato metà della sua vita in luoghi del genere e fin da bambino aveva incontrato tantissime persone famose, imparando dal loro modo di comportarsi quanto potessero essere eccentrici ed eccessivi, credendosi in diritto di poter avere tutto solo perché i soldi glielo permettevano.
La prima volta che Miya ci aveva provato con lui aveva deciso di ignorarlo, non era di certo il primo e non sarebbe stato l’ultimo. Sakusa sapeva che, non dandogli la soddisfazione di una risposta, la gente si stancava facilmente di tormentarlo e così sperava sarebbe successo anche con il finto biondo.
Era però passato un anno e mezzo e Atsumu continuava a inventare battute di merda giorno dopo giorno. A un certo punto Sakusa aveva persino imparato ad apprezzare quella quotidianità, curioso di scoprire con quale frase l’avrebbe salutato il biondo il giorno dopo.
Non che questo, certo, Atsumu avrebbe mai dovuto scoprirlo.
Nonostante ciò continuava a considerarlo un idiota, fino a quando non iniziò a vederlo con occhi diversi solo grazie a Kenma.
Quel giorno tutto il gruppo si trovava nel suo studio per incidere una canzone dal titolo “Bad Day”, subito Sakusa pensò che fosse un titolo particolare e quando infine si concentrò sulle parole, ascoltandoli cantare e suonare, si sentì stranamente vicino e confortato da quei ragazzi. Era una bella novità quel testo dopo che l’ultimo cd che avevano pubblicato erano solo canzoni d’amore.
Quello fu anche il giorno dove, durante una pausa, notò Kenma avvicinarsi al suo zaino e prendere circospetto un barattolo di pillole, per poi ingoiarne due come se fosse costantemente abituato a quel gesto.
Un veloce sguardo all’etichetta gli fece notare che erano le pillole per l’ansia, Sakusa le conosceva bene e soprattutto conosceva gli effetti collaterali e la dipendenza che portavano. Senza riflettere troppo si ritrovò quindi in dovere di intromettersi in quella scena privata.
-Dovresti andarci piano.
Il corpo di Kenma s’irrigidì e, con un tono di voce che non gli aveva mai sentito, rispose piccato –Scusami?
Solo a quel punto Sakusa si rese effettivamente conto di quello che aveva fatto, ma non poteva ormai far finta di nulla, quindi si ritrovò a spiegare meglio –Le prendo anche io, sono misofobo e spesso mi trovo ad avere ansia e attacchi di panico. Quando le cose diventano troppo da sopportare ne faccio uso, ma so che possono portare alla dipendenza e ci sono diversi effetti collaterali, quindi…
Kenma a quel punto esplose infuriato urlandogli contro che non aveva alcun diritto di dirgli cosa fare e che nessuno gliel’aveva chiesto, Kiyoomi ci mise qualche secondo a rispondere duro e freddo con -non volevo dirti cosa fare, volevo solo darti un consiglio- perché il ragazzo più basso si era fatto avanti invadendo il suo spazio personale, lasciandolo leggermente stordito.
Kenma continuò a urlare contro di lui fino a quando una terza persona non si mise in mezzo a loro.
Era Atsumu che in quel momento gli dava le spalle, aveva aperto le braccia come a volerlo proteggere dalla furia del ragazzino e con voce incerta chiese –Tutto bene qui?
Kenma urlò anche contro di lui per poi andarsene subito dopo, probabilmente verso il bagno data la direzione.
Kiyoomi sentì Atsumu sospirare per poi girarsi verso di lui e fare un passo indietro per lasciargli libero il suo spazio, Sakusa gli fu silenziosamente grato.
-Scusalo… non sta passando delle belle giornate ultimamente.
Quella frase fu come una folgorazione e non poté fare a meno di chiedere –Quindi avete scritto quella canzone per lui?
Atsumu spalancò gli occhi nella reazione di chi è stato colto sul fatto –è così evidente?
-Ho solo unito le due cose, ma non credo che lui ci sia arrivato se è questo che ti preoccupa.
Atsumu annuì pensieroso –Io e i ragazzi ci siamo accorti del suo comportamento nell’ultimo tempo, noi vogliamo davvero aiutarlo ma lui ce lo impedisce, quindi abbiamo pensato che… magari sentendo questa canzone poteva sentirsi confortato? Non lo so, adesso sembra stupido a dirlo così…
-Non è stupido. È una bella canzone e a me è arrivato il messaggio che volevate mandare. Magari Kenma non se ne renderà conto subito, ma capirà che può confidarsi con voi, qualsiasi cosa stia passando.
Atsumu gli sorrise luminoso, non uno dei suoi soliti sorrisetti che accompagnavano le frasi da rimorchio, ma un sorriso vero, un sorriso che fece saltare un battito al cuore del corvino.
-Grazie, Omi. È bello sentire che la canzone ti sia piaciuta.
Sakusa annuì, aspettandosi qualche sua solita battutina, ma non arrivò, non questa volta.
Miya si voltò pronto a tornare dai suoi amici quando Kiyoomi si sentì in dovere di aggiungere –prende delle pillole dell’ansia, possono avere degli effetti collaterali, dovreste controllarlo meglio.
Atsumu si bloccò riflettendo su quelle parole, poi rispose tranquillo –Kenma è intelligente, sono sicuro che sappia quando si deve fermare.
Kiyoomi quindi non cercò di insistere ancora, Atsumu era una persona che stava a stretto contatto con il batterista ogni giorno, doveva quindi conoscere meglio di lui i suoi limiti, probabilmente si stava preoccupando troppo.
 
Quando, infine, Kenma svenne sul palco, Sakusa lo venne a scoprire diverse ore dopo. Era nella propria casa e si stava preparando per andare a dormire quando il suo cellulare trillò per la notifica di un nuovo messaggio.
Era la chat con suo cugino che gli aveva inviato il link della notizia con il commento “Non sono quelli che lavorano per te? Poverino… spero che stia bene!”
Sakusa aveva subito aperto il link, iniziando a leggere tutte le informazioni e guardando anche il video di una ripresa fatta dal pubblico mentre il fatto avveniva.
Il primo pensiero di Kiyoomi fu di contattare Atsumu per chiedergli se stessero bene, poi si rese conto che non gli aveva mai dato il suo numero di cellulare.
Si morse un labbro e pensò di cercare Kuro. Ma era tardi e aveva visto il rapporto stretto che il manager aveva con quel ragazzino in particolare, quindi decise di non disturbarlo, aspettando nuove informazioni dall’agenzia stessa una volta che sarebbe andato a lavoro il giorno successivo.
Quella notte dormì malissimo al pensiero di non sapere come Atsumu stava vivendo tutto quello, soprattutto perché non lo vedeva già da diverso tempo considerando che i ragazzi erano in tour nelle varie città del Giappone e non incidevano una nuova canzone da alcune settimane.
Forse avrei dovuto davvero dargli il mio numero di telefono.
Quel pensiero lo fece infuriare, sia per l’idea assurda in sé, sia soprattutto perché voleva davvero sentire Atsumu in quel momento.
 
Il senso di colpa non voleva abbandonare Atsumu. Kenma aveva ripetuto più e più volte a lui e a tutti gli altri che non era colpa loro e che, anzi, si scusava per quello che era arrivato a fare. Nonostante questo, però, Atsumu non poteva fare a meno di sentirsi male per non aver fatto qualcosa prima che il suo amico svenisse sul palco.
Come potevano considerarsi una famiglia e poi non proteggerlo da se stesso?
La notte prima aveva chiamato Osamu e non aveva avuto bisogno di dire nulla perché suo fratello capisse quello che stava passando, passarono tutta la notte in chiamata.
Il giorno dopo prese l’aereo insieme agli altri e, una volta tornato a casa, passò la mattinata a sistemare la sua stanza e poi a cucinare la crostata di mele che aveva promesso al più piccolo del gruppo.
A pranzo il suo senso di colpa si attenuò un poco, soprattutto mentre guardava Kenma che, con gli occhi luminosi, si rimpizzava della sua torta.
Finito di sparecchiare, ognuno si ritirò nella propria stanza o uscì per occuparsi dei suoi fatti e così Atsumu rimase nuovamente solo e con i suoi pensieri.
Non rifletté molto quando impacchettò una fetta rimasta del dolce all’interno di un contenitore in plastica ben chiuso e lasciò il loro appartamento.
-Atsumu!
La voce sorpresa di Sakusa rispecchiava il suo modo di sentirsi. Perché era andato in agenzia? E perché si era presentato proprio davanti allo studio di registrazioni del corvino?
Il biondo non si era accorto di quello che stava facendo fino a quando il ragazzo del quale si stava iniziando a innamorare non aveva pronunciato il suo nome.
-Ah… io…- cosa avrebbe dovuto dirgli? Non aveva preparato nulla.
Sakusa continuava a essere sorpreso, ma sul suo volto si diffuse anche un altro sentimento, qualcosa che Atsumu non riuscì a comprendere.
-Come sta Kenma?- il corvino lo tolse dal suo impaccio porgendogli quella domanda.
-Sta bene adesso- rispose piano mentre annuiva –è a casa e deve solo riposare, si riprenderà facilmente.
Sakusa annuì lentamente e Atsumu abbassò lo sguardo imbarazzato, mordendosi un labbro mormorò –avevi ragione… e non ti ho ascoltato. Se l’avessi fatto a quest’ora lui…
-Non puoi salvare una persona che non vuole essere salvata. Fidati, lo so bene. Non devi incolparti per questo.
Atsumu rialzò lo sguardo sconvolto, sorpreso e probabilmente ancora più in imbarazzo di prima.
Non sapeva cosa dirgli e anche questa volta fu l’altro a precederlo –Cosa ci fai qui?
Prima ancora di riuscire a pensare a una scusa, la verità venne fuori senza problemi –io non volevo stare da solo e mi sono ritrovato qui.
Sakusa lo scrutò in silenzio, probabilmente aspettandosi altro che però non arrivò. A quel punto sospirò e sembrò combattere contro se stesso prima di dire –Aspettami nel mio ufficio, finisco fra quaranta minuti.
Atsumu era così tanto abituato ai rifiuti del ragazzo, che rimase interdetto e immobile per diversi secondi, pensò anche che potesse essere uno scherzo fino a quando il corvino non gli indicò la porta e gli raccomandò di non toccare nulla se non si fosse prima disinfettato le mani, poi ci pensò meglio e ritrattò dicendo di non toccare nulla e basta.
 
Esattamente quaranta minuti dopo, puntuale come un orologio svizzero, Sakusa aprì la porta del suo ufficio per riappropriarsi della propria stanza.
Atsumu era seduto su una delle poltrone a giocare al cellulare, ma il suo volto si illuminò felice non appena vide il ragazzo raggiungerlo.
-Omi! Possibile che il tuo ufficio sia così spoglio? Volevo così tanto vedere qualche tua foto da bambino.
Il corvino alzò gli occhi al cielo e lo raggiunse sedendosi nella poltrona di fronte, ma sempre dallo stesso lato della scrivania, poi rispose –neanche il mio ragazzo ha il permesso di vedere quelle foto.
Il cuore di Atsumu mancò un battito e iniziò a sudare freddo, poi con voce tremante chiese –tu hai un ragazzo?
-No- Kiyoomi rise –è stato bello vedere la tua reazione.
Il biondo mise il broncio incrociando le braccia al petto –Sei cattivo con me.
Il suo malumore passò in fretta quando vide l’altro togliersi la mascherina. In quasi due anni era la prima volta che Atsumu lo vedeva senza di essa.
Sapeva già quanto fosse bello, ma la realtà superava tutte le sue più sfrenate fantasie.
Le sue labbra erano state private alla sua vista da così tanto che avrebbe voluto baciarle e assaggiarle in quell’esatto momento. Tuttavia, avevano appena fatto un piccolo passo in avanti in quella che non si poteva neanche definire una relazione d’amicizia, Atsumu non aveva intenzione di rovinare tutto con la sua avventatezza come faceva spesso.
-Cos’è quella?
Sakusa lo riportò alla realtà indicando il contenitore in plastica che il biondo aveva ancora con lui.
-Oh nulla, immagino che senza pensarci abbia voluto portarti un pezzo della mia crostata, non avevo collegato che non avresti mai mangiato qualcosa fatto da mani sconosciute, mi dispiace. Puoi buttarla.
Sakusa afferrò il contenitore e lo aprì circospetto, ispezionò il dolce al suo interno per poi chiedere –immagino tu ti sia lavato le mani prima di farlo.
Atsumu si indispettì rispondendo piccato –ovvio che l’ho fatto! Non sono un animale!
-Su questo avrei da ridire- borbottò l’altro in risposta mentre si alzava e si dirigeva in un’altra stanza. Tornò qualche minuto dopo e dalle maniche della sua camicia ancora arrotolate fino ai gomiti capì che l’altro si era lavato con estrema cura le mani.
Lo fissò stupito e ammirato mentre questo si sedeva nuovamente nella stessa poltrona, afferrava il dolce e ne provava un pezzo. Continuò a guardarlo con aspettativa e gli sembrarono infiniti i secondi che passarono mentre questo masticava e infine ingoiava.
-Buono- decretò –non sei per niente male.
Il sorriso di Atsumu era radioso mentre rilasciava il respiro che non si era accorto di trattenere.
Quello fu un momento decisivo del loro rapporto. Il misofobo Sakusa Kiyoomi, dopo quasi due anni, aveva finalmente accettato di mangiare una cosa preparata da lui, Atsumu era quindi convinto di poterlo finalmente definire suo amico. Tutto il resto sarebbe stato più semplice, giusto?
Per Atsumu fu facile intavolare una conversazione, era sempre stato una persona socievole e carismatica, quindi non aveva perso tempo a raccontargli le bellezze che aveva visto e le cose divertenti che erano successe in tour.
Il suo umore cadde leggermente solo quando arrivò al giorno precedente e si sentì nuovamente in colpa per quello che era successo al loro batterista.
Sakusa se ne accorse e non perse tempo a dichiarare –Tu stesso hai detto che Kenma è intelligente, giusto? Sono sicuro che abbia imparato dai propri errori e non farà mai più una cosa simile.
Atsumu si ritrovò ad annuire d’accordo –Sì, è intelligente, non lo farà.
Sakusa gli fece un breve sorriso e il cuore di Atsumu tornò ad accellelare. Poteva ogni volta avere quella reazione?
-Sei davvero un ragazzo serio, Omi- sussurrò, per poi fare il suo solito sorrisetto –posso aiutarti a smettere?
Sakusa registrò con qualche secondo di ritardo che quella era una delle sue classiche battute. Quando lo fece, alzò gli occhi al cielo e sospirò, anche se l’angolo della sua bocca era leggermente alzato in un piccolissimo principio di sorriso.
-Ammetto che questa è certamente migliore tra tutte quelle che ti sei inventato finora.
-Grazie! Mi darai quindi una possibilità?
-No.
Atsumu non si aspettava una risposta differente, ma doveva pur sempre provare, giusto?
-Però posso darti il mio numero di telefono.
Quella, invece, era una frase che non avrebbe mai immaginato, rimase così sorpreso che Kiyoomi ebbe tutto il tempo di scrivere le dieci cifre su un post-it giallo sgargiante e passarglielo insieme alla frase –Non farmene pentire.
Atsumu non era sicuro di come avrebbe dovuto o voluto rispondere, non ebbe però possibilità di farlo perché il momento fu interrotto dal suo cellulare che squillava. Era Suga che subito gli chiese se poteva tornare a casa dovendo fare una riunione straordinaria per capire cosa fare con Kuro. Sapevano già che il loro manager era innamorato di Kenma ma sapevano anche che non gli avrebbero permesso di andarsene, dovevano solo capire come fare a convincerlo.
Quella fu la prima volta che Atsumu lasciò quell’edificio con una nuova strana speranza nel cuore e un numero di telefono che presto avrebbe imparato a memoria.
 
Quando Sakusa aveva dato il suo numero di telefono ad Atsumu, l’aveva fatto senza pensarci troppo, per poi pentirsene subito dopo immaginando quanto l’altro ragazzo avrebbe iniziato a stressarlo nei messaggi.
Così, però, non era stato.
Atsumu gli aveva inviato un messaggio solo a sera tarda per informarlo che quello era il suo numero di cellulare e per augurargli la buonanotte.
Nei giorni successivi, poi, iniziò a scrivergli poco e con moderazione, iniziando con dei semplici saluti e continuando la conversazione solo quando vedeva che anche l’altro era propenso a farlo, non lo costringeva mai in un qualcosa che Sakusa non voleva e il corvino aveva dovuto iniziare a rendere le sue frasi meno fredde e sbrigative per non dare al biondo l’impressione sbagliata.
Quando si era accorto che aveva iniziato a cambiare per andargli incontro, si era infuriato con se stesso per quel modo assurdo di comportarsi, allo stesso tempo però non poteva fare a meno di sorridere ogni volta che trovava una sua notifica.
Non si era mai accorto del suo sorriso fino a quando una sera non si trovò a casa di suo cugino e questo gli chiese curioso –Perché sorridi?
Erano sul divano davanti la tv che in realtà era stata messa solo come sottofondo e stavano aspettando i loro genitori per la classica cena in famiglia  che facevano, secondo il parere del corvino, un po' troppo spesso.
Sakusa sussultò e subito provò a nascondere la cosa, infine rispose –mi hanno solo mandato un messaggio divertente.
Non c’era esattamente qualcosa che faceva ridere nella risposta di Atsumu ma Motoya non aveva alcun motivo di saperlo.
-Quindi hai finalmente degli amici?- il castano stava cercando di indagare senza sembrare troppo eccitato da quelle novità, Sakusa era convinto che l’altro non stesse facendo un bel lavoro.
-Non lo definirei proprio mio amico… è un collega. Circa. È il chitarrista dei Setters, incidono tutte le loro canzoni da me e gli ho dovuto dare il mio numero dopo che me l’ha chiesto per un anno e mezzo.
Motoya rise, poi iniziò a riflettere –Il chitarrista dei Setters… Il chitarrista dei Setters… Ci sono! È quello che sta con il cantante, giusto?
Il cuore di Sakusa perse un battito e spalancando gli occhi voltandosi di scatto verso il cugino –Lui non sta con il cantante.
Lo disse con un tono freddo e talmente sicuro che stupì pure se stesso.
Motoya lo fissò confuso –Come no? Ne parlano tutti! Guarda…
Si alzò dal divano e si sedette al tavolo del soggiorno dove stava il suo portatile, aprì la pagine del browser e digitò semplicemente la parola Setters.
Il primo risultato fu la pagina di wikipedia del gruppo, il secondo fu una serie di video delle loro esibizioni e il terzo era un articolo “Setters: Tooru e Atsumu sono una coppia?
Se erano in terza posizione doveva essere una cosa importante e seria, giusto? Fu così che Sakusa passò i successivi minuti, scoprendo che sempre più persone avevano iniziato a credere che quei due avessero una relazione e che, dopo due anni dal loro debutto, ormai era diventata anche canon per il fandom, nonostante i due interessati non avessero mai ammesso la cosa.
-Immagino che non possano dirlo- continuò suo cugino più come un commento personale che come un qualcosa che stava dicendo a Kiyoomi –per via dei loro contratti e altro, ma si sa che vivendo a stretto contatto nasce sempre qualcosa.
E fu in quel momento che Sakusa ebbe la rivelazione: Atsumu ci stava provando con lui per far ingelosire Tooru. Sakusa era ovviamente la persona più adatta: una persona che incontravano frequentemente ma che non era nello staff che si occupava di loro ogni giorno, quindi qualsiasi tipo di dramma romantico fosse stato messo in atto nella mente del biondo non avrebbe portato a problemi con il suo lavoro.
-Guarda qui!- Komori stava continuando a navigare sul web ignaro dei pensieri che adesso invadevano il cervello del cugino –qualcuno ha creato un video di ben venti minuti con tutti i momenti di loro due insieme!
Sakusa si concentrò nuovamente sullo schermo e lesse il titolo “AtsuOi moments”.
La loro coppia ha persino un nome.
Per un attimo ebbe il terrore che suo cugino chiedesse “lo vediamo?”, fortunatamente però venne salvato dal campanello che suonava e dall’arrivo del resto della sua famiglia.
Quella sera, Kiyoomi non riuscì a partecipare ad alcuna conversazione e tutti i progressi che aveva fatto, aprendosi con Atsumu, furono completamente cancellati.

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Capitolo 13
*** La canzone di Atsumu - Parte 2 ***


n.a. La canzone di questo capitolo è "Say Something"  di A Great Big World



La canzone di Atsumu - Parte 2
 
2018

Durante il tour in America, Atsumu era stato felice ed esaltato ogni singolo giorno. Stava vivendo un’esperienza che da piccolo non avrebbe mai neanche potuto immaginare e quasi ogni giorno gli sembrava di vivere in un sogno.
Quello che però odiava era il dover stare così lontano da suo fratello. Erano sempre stati uniti e, anche quando avevano smesso di vivere sotto lo stesso tetto, si vedevano almeno due volte a settimana. Persino quando Atsumu era in tour in Giappone riusciva a vedersi con Osamu ogni weekend perché lui e Suna lo raggiungevano con quelle che avevano iniziato a chiamare “gite che non avevano nulla a che vedere con Atsumu”.
L’America però era diversa e lontana e Osamu non sarebbe riuscito a raggiungerlo anche lì.
Erano quindi due mesi che Atsumu non vedeva suo fratello e quando la notte era attanagliato dalla solita ansia che gli faceva pensare di non fare abbastanza o di essere un peso per gli altri, non poteva fare a meno di cercare il suo nome in rubrica e chiamarlo.
Quella notte non era diversa.
Atsumu era stanco, era da poco passata l’una e il giorno dopo si sarebbe dovuto svegliare presto, ma nonostante la stanchezza non riusciva comunque ad addormentarsi, prese quindi il cellulare e velocemente in rubrica cercò il contatto del gemello.
Non si preoccupava mai dell’orario essendo che il Giappone era tredici ore avanti rispetto all’America, ora più ora meno secondo la città che Atsumu stava visitando.
Il telefono squillò tre volte prima che la chiamata fosse presa.
-Pronto?- Atsumu conosceva bene quella voce e non era di certo quella di suo fratello.
Rimase confuso per qualche secondo, poi domandò per accertarsi –‘Samu?
Anche Sakusa rimase in silenzio qualche secondo per capire la situazione, poi rispose –No, certo che no.
Atsumu scostò il telefono dall’orecchio e controllò il nome del contatto che aveva chiamato, si accorse che aveva semplicemente sbagliato nel cliccare “Omi” invece di “Osamu”, essendo che i due contatti si trovavano uno dopo l’altro in rubrica.
-Scusami- mormorò –dovevo chiamare mio fratello e ho letto male.
-Stai bene?- si affrettò a chiedere invece Sakusa –da te dovrebbe essere notte, giusto? Perché non stai dormendo?
Quella premura fece riscaldare il cuore di Atsumu e stringendosi dentro le lenzuola abbracciò un cuscino mentre un sorriso spontaneo nasceva sul suo volto.
-Non riesco a dormire- rispose sincero –capita spesso e Osamu riesce a farmi calmare.
-È una cosa carina.
Atsumu mise il broncio –Osamu non è carino, lo fa solo perché altrimenti gli darei fastidio tutto il giorno.
La leggera risata di Sakusa gli fece venire un brivido lungo la schiena –Non credo, ma faremo finta che sia così.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, non era un silenzio imbarazzante e solo sentire il semplice respiro di Sakusa stava riuscendo a calmare comunque il biondo.
-Perché non riesci a dormire?
Atsumu rimase sorpreso da quella domanda. Non era una cosa che il corvino non aveva mai fatto, ma erano mesi che era diventato più scostante e frettoloso.
Atsumu era davvero convinto di aver fatto degli enormi passi avanti quando aveva ricevuto il suo numero di telefono, soprattutto quando avevano iniziato a sentirsi quasi giornalmente. Il biondo aveva iniziato ad innamorarsi totalmente di lui e a sperare di poter essere ricambiato. Da un giorno all’altro però Sakusa era tornato ad essere freddo e distante e tutti i progressi che Atsumu aveva pensato di aver fatto erano stati cancellati. O almeno, fino a quel momento.
-Qualche volta diventa tutto… troppo. E inizio a pensare a tutte le cose che avrei potuto fare meglio, a tutto quello che durante la giornata è andato storto a causa mia… ho solo bisogno di non pensare e Osamu mi aiuta molto in questo.
-Succede anche a me- rispose l’altro aprendosi più di quanto avesse mai fatto nelle volte che si erano visti di presenza –sai, puoi…- sembrò combattere contro le parole successive, come se non fosse sicuro di volerlo davvero dire –se Osamu dovesse essere impegnato, puoi chiamare anche me, non mi da fastidio.
Gli occhi di Atsumu si fecero lucidi, poi sussurrò –pensavo di aver fatto un casino con te.
-Cosa?
-Eri cambiato ultimamenti e, anche se non riuscivo a capire cosa avessi fatto, sapevo che era colpa mia. Succede sempre.
Sakusa sospirò, ma prima che Atsumu si riuscisse a interrogare di quel suo comportamento, gli rispose –Sei un idiota, Atsumu. Ma non per questo devi pensare che ogni cosa sia colpa tua. Se la gente si allontana da te, allora sono loro a non aver capito un cazzo.
Atsumu aveva voglia di piangere. E di abbracciarlo. Ma soprattutto aveva voglia di baciarlo.
-Quindi stai dicendo che sei un idiota pure tu?
Sakusa rise piano –Ho solo avuto dei giorni no.
Fu il turno di Atsumu di ridere piano, poi si fece coraggio e domandò –mi racconti la tua giornata?
Quella domanda sembrò lasciare spiazzato Kiyoomi, perché rimase in silenzio per qualche secondo prima di riuscire a rispondere –sei tu quello chiacchierone.
-Ma la tua voce è così calma e rilassante! Mi farebbe addormentare sicuramente!
-… sono sicuro che sia un insulto.
-Daaai, per favoreee!
Un nuovo sospiro sconfitto –Bene…
Atsumu sorrise felice, mise il vivavoce poggiando il cellulare sul letto e si strinse al cuscino con più forza mentre chiudeva gli occhi.
Quella notte, per puro caso, nacque una nuova routine che accompagnò il biondo per quasi tutte le notti che passò in America.
 
Sakusa stava ancora fissando la busta con il logo di “Onigiri Miya” cercando di capire cosa diavolo fosse successo, quando sentì il suo cellulare squillare.
Rimase sorpreso quando lesse il nome di Atsumu sullo schermo. Non che ormai non fosse un’abitudine che si sentissero quasi ogni giorno, ma succedeva solo quando il ragazzo era già pronto per andare a dormire e non ci riusciva.
Sakusa sapeva bene che i Setters si trovavano in California in quel momento, che era sedici ore indietro rispetto il Giappone, quindi se da Sakusa erano da poco passate le due del pomeriggio, da Atsumu dovevano essere solo le dieci di sera, troppo presto perché fosse effettivamente già pronto per dormire.
-Ehy- rispose con voce urgente –è successo qualcosa?
Atsumu dall’altro lato sbuffò –Ho litigato con Oikawa- rispose con voce arrabbiata –diciamo che abbiamo solo discusso e che me ne sono andato prima di avere un effettivo litigio, quindi domani saremo di nuovo amici come prima, ma per il momento continuo ad essere troppo incazzato con lui e devo lamentarmene con qualcuno!
Sakusa doveva ancora cercare di capire come prendere tutte quelle nuove informazioni.
Da un lato odiava che la sua cotta (ormai Kiyoomi aveva accettato i suoi sentimenti) gli volesse parlare del ragazzo che gli piaceva. Dall’altra parte però aveva proprio litigato con questo e la sua parte meschina gli diceva di approfittare della situazione.
-Cosa ha fatto per farti incazzare così tanto?
-Come può non rendersi conto che ha davanti una persona che lo ama incondizionatamente? Come può sputare su una cosa tanto bella e continuare a fingere che non sia così? Che è questa persona la vittima in tutto ciò?
Il cuore di Sakusa accelerò, non voleva fare una conversazione del genere, non voleva sentire quanto Atsumu fosse innamorato di una persona che non era lui.
-Molto spesso le persone non si rendono conto di chi prova dei sentimenti per loro.
Atsumu sospirò ancora più forte, poi in un mormorio depresso rispose –Vero? Come si fa ad essere così ciechi?
Kiyoomi si strinse nelle spalle affondando di più nella sua sedia –Non lo so, eppure certe volte è così evidente.
Come fai a non vedere che mi hai completamente conquistato?
-Aaaah! Che fastidio!- urlò irritato, portando Sakusa a dover staccare il cellulare dall’orecchio per non rimanere sordo –Vorrei così tanto prenderlo a schiaffi fino a quando non gli entra nel cervello!
Sakusa si incupì ancora di più –Non credo che sia una buona idea.
-Sarebbe un’ottima idea!- lo contraddisse –Ma non lo farò.
-Immagino tu abbia la gratitudine del vostro staff per questo.
Atsumu rise e un po' della pesantezza che si era annidata nello stomaco del corvino si sciolse.
-Comunque scusami- disse il biondo dopo qualche secondo con voce più calma –ero arrabbiato e ti ho chiamato d’istinto ma non è il nostro solito orario. Ti disturbo?
-No, tranqullo- mentì –non verrà qualcuno a cercarmi fino alle tre.
Quella parte era effettivamente vera, non avrebbe dovuto incontrare altre persone fino a quell’orario, ma non per questo non aveva del lavoro d’ufficio da portare avanti. Atsumu, tuttavia, non doveva mica saperlo.
-Ookay- cantilenò un po' troppo felice rispetto a com’era solo poco prima –hai pranzato?
Lo sguardo di Sakusa si spostò nuovamente sulla busta, ormai vuota, con il logo di “Onigri Miya”.
-A proposito di questo… sapevi che sarebbero venuti tuo fratello e il suo ragazzo?
-COSA!?- quell’urlo gli fece spostare nuovamente il cellulare dall’orecchio ed era anche una chiara risposta alla sua domanda.
-Sì, anch’io sono rimasto sorpreso. Non sono rimasti troppo però, tuo fratello mi ha portato degli onigiri per pranzo, ha detto che erano per ringraziarmi per tenerti compagnia e ascoltare i tuoi lamenti. Ha detto qualcosa sull’aver ritrovato la propria libertà e simili.
-Quei bastardi! Mi sentiranno!
Kiyoomi rise mentre Atsumu continuava a borbottare imprecazioni verso i due. Finchè a un certo punto si bloccò di scatto e, quasi timoroso, chiese –Ti hanno detto qualcosa di strano?
Il cuore di Sakusa tornò ad accellerare mentre le parole che alla fine Suna gli aveva rivolto gli tornarono in mente: Osamu si era già voltato per andarsene dopo averlo salutato, ma Suna era rimasto indietro e, in un sussurro che riuscì a sentire solo lui, lo informò “Spero tu non ti sia spaventato, ma i gemelli sono così. Fingono di non preoccuparsi dell’altro ma poi sono super protettivi. Anche quando ho iniziato a frequentarmi con Osamu, Atsumu si è comportato allo stesso modo. Ma non preoccuparti, sono sicuro tu l’abbia conquistato, non ti disturberemo più!”
Kiyoomi non aveva capito subito cosa quelle parole comportavano e quando il suo cervello collegò era ormai troppo tardi e i due erano spariti lungo il corridoio.
Ovviamente, però, Sakusa non avrebbe potuto rispondere “tuo fratello crede che ci stiamo frequentando” perché non solo sarebbe stato troppo strano, ma soprattutto perché non voleva sentire detto dalla voce di Atsumu quanto fosse assurda un’idea del genere e quanto lui stesse solo scherzando con quei flirt iniziali, essendo ovviamente innamorato di un’altra persona.
-No, nulla di strano.
 
2019
Il 2018 non era finito bene per la metà del gruppo e il 2019 non era di certo iniziato meglio.
Atsumu non aveva vissuto nulla di drammatico in prima persona, ma era stato influenzato dal comportamento dei suoi compagni.
Oikawa diventava ogni giorno più depresso mentre si rendeva sempre più conto dei sentimenti che provava verso Iwaizumi solo dopo averlo perso. Suga cercava di non darlo a vedere, ma Atsumu sapeva che soffriva ogni notte per quello che era successo con la sua famiglia e con Daichi. E infine, quello che stava vivendo i giorni peggiori, era Akaashi. Lui non aveva problemi con la persona che amava certo, ma Atsumu non avrebbe mai augurato a nessuno tutta la situazione che stava vivendo.
Tutte queste situazioni avevano portato a tensioni interne e Atsumu si era fatto influenzare. Sempre più spesso si trovava a pensare che se persino i suoi amici, coloro i quali definiva perfetti e senza difetti, avevano avuto problemi con le persone che amavano, come avrebbe potuto lui conquistare Sakusa?
Aveva fin troppi difetti e non avrebbe mai potuto meritare qualcuno di perfetto come lo era Kiyoomi. In fondo, l’aveva sempre saputo che il suo flirt non avrebbe portato a nulla, il fatto che fossero diventati amici era già più di quanto avrebbe mai potuto sperare.
Sapeva che era colpa sua, che finiva sempre per avere cotte per gente troppo al di sopra della sua portata. Come quando si era preso quella ridicola cotta per Kita, che l’aveva portato a gettargli addosso il caffè quando, per puro caso, l’aveva incontrato in un corridoio ai tempi dello Spring MS 2015.
Aveva sempre sabotato tutte le sue possibilità di trovare qualcuno che potesse renderlo felice. Il fatto che non fosse esattamente colpa sua era anche peggio, gli faceva capire quanto non fosse assolutamente destinato a qualcuno di speciale come potevano esserlo Kita o Sakusa.
Dopo quattro anni, quindi, iniziò seriamente a pensare di gettare la spugna e arrendersi. Quanto altro tempo avrebbe dovuto continuare a rendersi ridicolo? Ogni persona aveva il suo limite e Atsumu aveva raggiunto il proprio.
 
I suoi pensieri si fecero sempre più cupi ed esplose nel momento meno opportuno.
Nonostante tutti i problemi che ognuno di loro stava vivendo, nessuno aveva messo a repentaglio la carriera musicale che con tanta fatica li aveva portati sulla vetta del mondo e avevano continuato a sfornare canzoni e a partecipare ai concerti.
Il loro primo singolo di quell’anno era stato messo online da una settimana ed era già al primo posto in buona parte delle prefetture giapponesi e negli stati esteri. Di conseguenza, erano stati invitati in un importante programma televisivo per parlarne.
Le domande però si erano presto spostare verso la vita privata di Akaashi, iniziarono a chiedergli di dire qualcosa in generale su come aveva vissuto il viaggio in America fino a diventare sempre più insistenti, chiedendogli cosa ne pensava la sua famiglia della sua relazione omosessuale e se, secondo lui, era giusto diffondere un’idea del genere.
A quell’ultima domanda scese il silenzio per qualche secondo, Atsumu sentì il suo sangue rimbombargli nelle orecchie mentre la rabbia gli invadeva il corpo. Era seduto accanto ad Akaashi e notò benissimo come il corpo del suo amico si irrigidì, ma soprattutto si sentì in dovere di proteggerlo quando il corvino parlò con voce bassa e spezzata –Io… io non…- stava balbettando e quello fu il punto di rottura per il biondo.
-Ma come si permette?
La sua voce era uscita più dura di quello che avrebbe voluto, ma in quel momento era troppo incazzato per tirarsi indietro.
-Noi siamo degli artisti! Siamo qui per la nostra musica! E lei crede di avere il diritto di mortificare questo ragazzo, che da solo ha più fan di quanti questo programma potrà mai avere, solo perché ha una relazione con qualcuno del suo stesso sesso!? E chi si crede di essere quando afferma che Akaashi sta diffondendo un’idea del genere? Solo perché è innamorato di un uomo, questo cambia qualcosa nel suo modo di fare musica? Ha cambiato qualcosa nel suo modo di rapportarsi con i nostri fan? Sta per caso scrivendo in giro che tutti dovrebbero essere come lui? Non mi sembra proprio! Akaashi è la persona più gentile e rispettosa che abbia mai conosciuto e quello che fa nella sua vita privata dovrebbero essere solo fatti suoi!
Si alzò in fretta –Se non ha alcun interesse nella nostra musica, noi abbiamo finito qui!
Ci sarebbero state delle conseguenze e lo sapeva bene, ma non riusciva a sentirsi in colpa per quello che aveva fatto, soprattutto quando Akaashi, con gli occhi lucidi, gli lanciò uno sguardo pieno di gratitudine.
Quello che successe nei giorni successivi fu abbastanza strano.
Atsumu era pronto a ricevere una lavata di capo e a leggere in giro articoli su quanto fosse maleducato, quello che avvenne però era tutto il contrario.
Il suo nome divenne un hashtag popolare su Twitter e tutti iniziarono a condividere il video del programma sostenendolo. Bokuto lo travolse con uno dei suoi abbracci spaccaossa ringraziandolo di aver difeso Akaashi e persino Kuro gli sorrise dandogli diverse pacche sulla schiena.
-Hai migliorato l’umore di tutti- gli disse Sakusa un giorno.
-Cosa?- Atsumu si girò di scatto verso di lui. Si trovavano tutti nella stessa stanza a sistemare gli strumenti, ma Kiyoomi aveva parlato con un tono abbastanza basso da mantenere quella conversazione privata.
-Sono tutti più tranquilli, come se avessero deciso di trovare una soluzione ai problemi che li affliggono invece di accettare tutto passivamente. Sono certo che gli abbia dato il buon esempio tu, quando hai difeso Akaashi in quel programma televisivo.
Il volto di Atsumu si era fatto completamente rosso e non riuscì a trovare alcuna risposta decente a quell’evidente complimento, come avrebbe potuto?
Erano passati quattro anni, eppure Kiyoomi continuava a stupirlo come se fosse solo il primo giorno.
Capì cosa intendeva dire solo qualche giorno dopo, quando andò in cucina a prendere da bere e trovò Oikawa suduto al tavolo a scrivere.
-È una nuova canzone?- si informò dando uno sguardo al titolo “Trying not to love you”.
Oikawa annuì –Avevi ragione quando hai detto che non meritavo Hajime, sono stato uno stronzo con lui e non saprei neanche da dove iniziare nel chiedergli scusa. Ma ho così tanti sentimenti dentro che ho deciso di trasformarli in una canzone.
Atsumu lesse qualche frase del testo mentre annuiva –Bella…
Tooru gli sorrise –Potresti farlo anche tu, magari potrebbe aiutarti con Sakusa.
Il biondo non aveva ancora detto al suo migliore amico che in realtà aveva ormai perso le speranze e che voleva solo rinunciare, ma si ritrovò, tuttavia, ad annuire a quella proposta.
Magari non gli avrebbe scritto una canzone d’amore, ma avrebbe potuto scrivere una canzone che avrebbe messo una fine alle sue speranze. Tracciare una linea e non tornare più indietro.
 
Era passato un mese da quando Sakusa aveva visto Oikawa baciarsi radioso con un uomo del loro staff, non ricordava il suo nome solo perché non avevano mai avuto contatti diretti.
Ma, anche se non li avesse visti baciarsi, avrebbe capito facilmente che il cantante si era fidanzato quando aveva raggiunto di tutta fretta il suo studio lo stesso giorno che avrebbero dovuto pubblicare la canzone che aveva scritto e cantato in radio, chiedendogli disperato di poter cambiare il finale e quindi rifare tutto da capo in pochissimo tempo.
Sakusa aveva dovuto accettare e non c’era voluto molto a capire che, l’uomo del quale il castano era innamorato, aveva ricambiato infine i suoi sentimenti.
In quel mese, Kiyoomi avrebbe voluto chiedere più volte ad Atsumu come si sentisse, ma ogni volta non gli sembrava mai il momento opportuno. Sapeva anche di non essere mai stato bravo a consolare le persone e non voleva peggiorare la situazione.
Ma nonostante non riuscì mai a chiedergli come si sentisse, non fu difficile scoprirlo quando Kuro prenotò la sala per far incidere una nuova canzone.
-Stanno facendo molte canzoni ultimamente- si era ritrovato a commentare il corvino.
-Hanno iniziato a scrivere tutti dei singoli, alla gente la cosa è piaciuta, quindi finché hanno voglia di scrivere e di cantare non sarò io a fermarli.
Sakusa aveva annuito e la conversazione era finita lì.
Solo il pomeriggio scoprì che, colui che aveva scritto la canzone, era Atsumu.
Tutti si sistemarono nella stanza di registrazioni, tutti tranne Oikawa che rimase con lui dall’altra parte del vetro.
-Tu non vai?- si trovò a chiedere al castano.
-Questa canzone è solo di ‘Tsumu. Dovresti ascoltarla, è proprio bella.
Sakusa strinse i denti, non solo stava facendo soffrire Atsumu ma si permetteva anche di dargli consigli del genere?
Qui dentro sono l’unico che è davvero interessato a lui!
Si trattenne, però, dal dirlo. Perché non era di certo un bambino capriccioso e stava pur sempre lavorando, quindi si limitò a ignorarlo finendo di sistemare le ultime cose.
Quando fu tutto al suo posto, parlò al microfono informando Atsumu –quando sei pronto puoi iniziare.
Atsumu annuì, chiuse gli occhi e prese un bel respiro, infine fece segno a Suga che iniziò a suonare il pianoforte.
Era una musica lenta, calma e quasi maliconica. Un qualcosa che non si sarebbe subito aspettato da uno esuberante e rumoroso come Atsumu.
Si perse a fissarlo cercando di capire quanto stesse soffrendo e, quando iniziò a cantare, non poté fare a meno di essere rapito dalle sue parole.
 
Dì qualcosa, sto rinunciando a te
Sarò la persona giusta se lo vorrai
Ovunque ti avrei seguito
Dì qualcosa, sto rinunciando a te
Mi sento così piccolo
Andava oltre i miei pensieri, non so proprio nulla
Inciamperò e cadrò
Sto ancora imparando ad amare
Ho solo iniziato a gattonare
Dì qualcosa, sto rinunciando a te
Mi dispiace di non essere riuscito ad arrivare a te
Ovunque ti avrei seguito
Dì qualcosa, sto rinunciando a te
Ingoierò il mio orgoglio
Tu sei la persona che amo e ti sto dicendo addio
Dì qualcosa, sto rinunciando a te
Mi dispiace di non essere riuscito ad arrivare a te
Ovunque ti avrei seguito
Dì qualcosa sto rinunciando a te
Dì qualcosa sto rinunciando a te…
Dì qualcosa…
 
Solo quando la canzone finì, Sakusa si accorse di avere gli occhi lucidi.
Si schiarì la gola e si voltò per non farsi vedere, fingendo di lavorare.
Atsumu si schiarì la gola a sua volta, ormai sapevano bene che per quanto la prima registrazione fosse stata perfetta, avrebbero dovuto rifarlo comunque più volte, ma il ragazzo chiese una pausa.
-Ho bisogno di andare in bagno prima di rifarlo.
Lasciò la stanza in fretta prima ancora di ricevere una risposta da qualcuno e Sakusa dovette imporsi di non seguirlo, nonostante l’unica cosa che volesse fare era rincorrerlo e abbracciarlo.
Con la coda dell’occhio vide Tooru lanciargli uno sguardo che non riuscì a comprendere, infine lo sentì sospirare, alzarsi e seguire il biondo.
Per una singola volta in tutta la sua vita, Kiyoomi si trovò a voler essere nel corpo di un’altra persona.
 
Sakusa stava fissando con insistenza il suo cellulare, come se, facendo così, avrebbe ricevuto più in fretta la sua risposta.
Non sapeva neanche lui cosa gli fosse preso quando aveva deciso di cliccare sulla chat di Atsumu e scrivergli un semplice “ti va di vederci?”. Era passato più di un mese da quando si erano visti l’ultima volta ed era stato proprio quando aveva finito di incidere il suo singolo “Say Something”.
Nei quattro anni che si conoscevano, erano stati anche molto più tempo senza vedersi né sentirsi, ma in quel momento a Kiyoomi era sembrato così sbagliato che si era sentito in dovere di fare qualcosa.
Aveva mandato il messaggio solo pochi minuti prima, ma già milioni di paranoie sul perché l’altro non avesse ancora risposto gli invasero il cervello.
In cosa si stava trasformando?
Atsumu, in realtà, rispose abbastanza velocemente con un “è successo qualcosa?” e il cuore di Sakusa cadde. Sapeva che era colpa sua se il biondo non aveva subito detto di sì, era ovvio che rispondesse con una domanda del genere se Sakusa non aveva mai preso l’iniziativa come in quel momento.
Cosa si aspettava? Non avrebbe mai potuto meritare una persona tanto speciale come lo era Atsumu Miya.
“No nulla, lascia stare” si affrettò a scrivergli, pentendosi subito di quell’idea tanto assurda.
Non ricevette risposta e questo gli fece capire ancora di più quanto era stato stupido.
Ciò nonostante, un’ora dopo qualcuno bussò alla porta del suo ufficio e, dopo il suo veloce e annoiato “avanti”, strabuzzò gli occhi nel rendersi conto che era Atsumu.
-Cosa ci fai qui?- domandò con un tono di voce che non seppe riconoscere, nella fretta si era pure alzato e aveva fatto il giro della scrivania dimenticandosi di indossare la mascherina.
-Mi hai scritto di vederci- rispose Atsumu come se fosse una cosa ovvia ed era solo Kiyoomi l’idiota a non ricordare.
-Sì, ma poi ti ho detto che non era importante!- sentiva le sue guance in fiamme e la consapevolezza di non indossare la mascherina, che di norma l’avrebbe nascosto, lo fece imbarazzare ancora di più.
Atsumu sospirò afflitto, poggiandosi contro la porta ormai chiusa alle sue spalle –Tu mi farai diventare pazzo, lo sai questo, Omi?
-Io? Cosa c’entro io? Hai fatto tutto tu!
-Continui a illudermi e ogni volta mi riprometto di non tornare, ma poi sono sempre da te e so che questo ti porterà a spezzare nuovamente il mio cuore.
-Cosa…?
Sakusa era sconvolto e impietrito. Cosa diavolo stava dicendo Atsumu? Era tutto il contrario, giusto?
-Probabilmente sono un masochista e neanche lo sapevo- rise triste di se stesso.
-Si può sapere di che diavolo stai parlando?- a quel punto la voce di Kiyoomi si era innervosita, il non sapere cosa stesse succedendo e, di conseguenza, il non riuscire a controllare la situazione che lo circondava era una delle cose che odiava di più.
Atsumu gli lanciò uno sguardo infastidito, come se pensasse che il corvino lo stesse solo prendendo in giro, ma probabilmente vide la sincerità nel suo volto perché rilassò i suoi lineamenti e decise di spiegare –Ti ho scritto una canzone, Omi. Avevo deciso di rinunciare a te, a meno che tu non avessi detto qualcosa e, dopo settimane di silenzio, mi mandi quel messaggio. Pensavo fosse il segnale che stavo aspettando e invece… come sempre ricordo troppo tardi che non potrebbe mai succedere nulla tra di noi.
Nella mente di Sakusa era scomparso tutto, alla consapevolezza delle parole che il biondo aveva detto, tutto si era fatto silenzioso e non riusciva a pensare. Si sentiva come quando viveva un attacco di panico ma senza effettivamente averlo.
L’unica frase che riuscì a dire fu –Tu hai scritto una canzone per me.
Non era neanche una domanda, era una constatazione. Una ripetizione delle parole di Atsumu.
Questo strabuzzò gli occhi e s’infervorò –A chi pensi sia dedicata Say Something?
-A Oikawa- rispose sincero e schietto.
-Cosa diavolo c’entra Tooru!? Non sono mica innamorato di lui! È il mio migliore amico e l’ho aiutato per anni a capire quanto stesse bene con Iwaizumi!
Sakusa non riuscì a rispondere, erano troppe informazioni da digerire tutte in una volta, soprattutto quando tutto quello che aveva creduto si era rivelato sbagliato.
Atsumu fece un passo avanti mentre con voce urgente chiedeva –Da quanto tempo credi che sia innamorato di Tooru?
-Più o meno da quando ti ho dato il mio numero di telefono.
-Ma sei stupido!?- si iinnervosì ancora di più, facendo un altro passo avanti –ci provo con te da quattro anni! QUATTRO! E sono sicuro di essere stato molto chiaro nel mio flirt! Cosa, in tutto questo, ti ha fatto capire che mi piacesse un’altra persona!?
-Avevo letto su internet di te e Oikawa e ho pensato che ci stessi provando con me solo per farlo ingelosire!
Solo dopo averlo detto ad alta voce si rese conto lui stesso di quanto fosse stato stupido. Eppure si era sempre vantato di essere tanto intelligente.
Atsumu sospirò –Ti prego, dimmi che ti rendi conto da solo di quanto sia sbagliato cercare informazioni di gente famosa su internet. Siamo amici! Avresti potuto chiedere direttamente a me!
Sakusa strinse la bocca in una linea sottile e non rispose, era stato così idiota che nessuna frase avrebbe potuto giustificare il suo comportamento.
-Io sono innamorato di te, Omi- mormorò infine, guardandolo con uno sguardo terribilmente dolce e abbattuto –Lo sono davvero. Prima era solo un gioco, eri bello e mi ero messo in testa di portarti a letto, poi però ho iniziato a conoscerti e sei un uomo fantastico, Kiyoomi. Tu sei quel tipo di persona con la quale ho sempre sognato di passare il resto della mia vita nonostante sappia che non sarò mai alla tua altezza.
Qualcosa si sbloccò nella mente di Sakusa e, facendo un altro passo, lo raggiunse, senza pensare a quello che stava facendo infine agì semplicemente d’istinto.
-Tu invece sei la persona più rumorosa e fastidiosa che abbia mai conosciuto- gli disse sincero –ma mi hai fatto innamorare di te. E so di non meritarti, ma il solo pensiero di vederti con qualcun altro mi fa stare male. Non riesco più a immaginare una giornata senza la tua voce che mi racconta qualsiasi cosa. Sei così solare e spensierato che riesci a trasformare il racconto di un viaggio in macchina dal tuo appartamento a questa struttura come se fosse una storia mozzafiato. Sei leale e sincero, cambatti per le persone che ami e non ti importa del giudizio degli altri perché sai di star facendo la cosa giusta. In tutti questi anni, ci sono stati fin troppi momenti nei quali avrei voluto solo raggiungerti e baciarti come se tutto il resto non fosse importante.
Atsumu aveva gli occhi lucidi mentre chiedeva piano –Vuoi farlo anche adesso?
-Sì.
Eliminarono la poca distanza che era rimasta tra di loro insieme e, il bacio che ne seguì, fu veramente dolce e gentile.
Iniziò con un semplice sfiorarsi di labbra, come a voler far capire con calma a entrambi che stava finalmente succedendo.
-Va bene?- gli domandò Atsumu probabilmente riferendosi alla sua misofobia.
Sakusa cercò di capire come si sentisse, con la sua malattia era sempre tutto un grande punto interrogativo e non poteva mai sapere come si sarebbe comportato in una determinata situazione fino a quando non avrebbe vissuto direttamente il momento. Ma il suo corpo stava bene e anche la sua mente sembrava essere finalmente in pace dopo tutti i complessi che si era fatto.
I punti della sua pelle che erano appena stati toccati dal biondo non bruciavano e non aveva voglia di strofinarli con acqua e sapone come avrebbe fatto normalmente al tocco di chiunque.
Di conseguenza, immaginò che nonostante non si fossero mai toccati in quel modo, in quattro anni il suo corpo aveva imparato a riconoscere Atsumu come una presenza sicura.
Felice di quella realizzazione, annuì per rassicurarlo e allungò le braccia stringendole intorno ai fianchi dell’altro mentre tornava a baciarlo con più passione.
Atsumu rispose con enfasi aggrappandosi con le mani al davanti della sua camicia, la stava stropicciando ma andava bene così.
Non durò a lungo, era comunque il loro primo bacio ed entrambi avevano ancora bisogno di metabolizzare per bene la situazione.
Quando si staccarono, Atsumu nascose il viso contro il suo petto continuando a tenerlo stretto.
Sakusa gli accarezzò la schiena per poi chiedere –stai piangendo?
-No- gli rispose con voce tremula e soffocata –non voglio sporcarti.
Sakusa rise piano –Tu non sei sporco- lo rassicurò.
Atsumu alzò di nuovo lo sguardo e questa volta una lacrima riuscì a lasciare il suo occhio destro –è forse la cosa più romantica che abbia mai sentito.
Sakusa rise ancora –tu hai fatto molto meglio.
Il biondo abbozzò un sorriso –Andiamo, le mie erano proprio pessime!
Kiyoomi non poteva dargli troppo torto, non rispose a quello ma aggiunse –non sembri un bravo ragazzo, posso aiutarti a smettere?
Il corvino vide il cambiamento nel volto dell’altro mentre si rendeva conto di quello che gli aveva appena detto.
-Tu… come fai a ricordarlo? Ti avrò detto questa cosa anni fa!
-Potrei risponderti che ricordo tutto di te, ma sono già stato troppo sdolcinato per oggi, quindi non lo farò.
Atsumu rise di gusto e tornò ad abbracciarlo come se fosse l’unica cosa importante nell’intero mondo.
Sakusa pensò che avrebbe potuto abituarsi a tutto quello, chiuse gli occhi e lo strinse a sua volta. Infine sussurrò –non rinunciare a me.
-Non lo farò

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo – 2021
 
Kenma sbuffò quando il suo personaggio morì e nello schermo spuntò la scritta “game over”.
Alzò lo sguardo infastidito e decise di chiudere l’applicazione per alzarsi e sgranchirsi le gambe.
Si trovava in agenzia già da diverso tempo e stava solo aspettando che Kuro finisse di lavorare in modo che potessero uscire a cena fuori. Non era una cosa che facevano spesso, ma era il loro anniversario e avevano deciso di comune accordo di fare qualcosa di diverso.
Vagò per i corridoi che conosceva ormai a memoria e si bloccò a fissare un disco dorato appeso alla parete.
Era il primo disco che il loro gruppo aveva fatto, nessuno si era aspettato tanto successo e, quando quell’informozione era arrivata, erano stati talmente felici che avevano addirittura pianto.
Ricordò il momento in cui avevano appeso il disco alla parete come se fosse stato solo il giorno prima. Ricordava il sorriso di Akaashi, le battute di Oikawa e Atsumu, il selfie che si erano fatti e le parole smielate e dolci di Suga.
Non seppe dire quanto tempo rimase a fissare quella semplice cornice che era riuscito a riportarlo nel passato, poiché tornò alla realtà solo quando sentì delle forti braccia che si stringevano intorno ai suoi fianchi.
-Ehy- lo salutò Kuro lasciandogli un bacio tra i capelli.
-Ciao- mormorò in risposta mentre si sistemava meglio contro il suo petto. Potevano essere passati anni da quando avevano iniziato a frequentarsi, ma Kenma non si sarebbe mai stancato di stare tra le sue braccia: in assoluto il suo posto preferito.
Kuro alzò lo sguardo per capire cosa aveva incantanto il più piccolo per tutto quel tempo e, quando capì, gli chiese piano –ti mancano?
Kenma avrebbe voluto rispondergli dicendo di non essere così stupido e fastidioso. Ma non vedeva i suoi amici da troppo tempo e dopo che si era abituato a vivere a stretto contatto con tutti loro ogni singolo giorno era ovvio che ne sentisse la mancanza.
-Sì- ammise infine in un sospiro –mi mancano.
 
Oikawa li aveva portati al karaoke.
Makki aveva provato a protestare dicendo che i karaoke sarebbero dovuti essere vietati per i cantanti. Mattsun aveva riso aggiungendo “come i cartelli dei cani: io qui non posso entrare”.
Hanamaki aveva riso e Oikawa aveva messo il broncio urlando di non paragonarlo a un cane.
Iwaizumi aveva sorriso dopo aver seguito tutto lo scambio di battute e dovette ammettere che i migliori amici del suo ragazzo non erano per niente male.
Li aveva già conosciuti certo, ma quella era la prima volta che avevano tutti e quattro una serata libera da poter passare insieme.
Nonostante i lamenti iniziali sul luogo che il cantante aveva scelto si erano divertiti tutti quanti, soprattutto quando la strana coppia costrinse Tooru a cantare in falsetto in modo che fosse al loro stesso livello.
Fu una bella serata e soprattutto Hajime fu felice di vedere quel lato di Oikawa così libero, spensierato e felice.
Allo scadere delle tre ore, quando lasciarono la stanza, incontrarono un po' di gente in fila fuori dal locale e immancabilmente alcuni di questi riconobbero Oikawa.
Non che per il cantante fosse un grande problema, aveva sempre amato l’attenzione e Iwaizumi lo sapeva bene. Quindi si mise da parte e aspettò paziente che Tooru finisse di scambiare diversi frasi e fare autografi e foto a tutti i suoi fan, quando una conversazione lo colpì particolarmente.
-Abbiamo cantato quasi tutte le vostre canzoni oggi!- stava dicendo questa ragazza, indicando se stessa e il suo gruppo di amici –Eravate uno dei migliori gruppi di sempre! Perché non tornate insieme?
Anche volendo Oikawa non avrebbe potuto rispondere a una domanda del genere, Hajime quindi lo vide irrigidirsi e deviare il discorso come solo lui era bravo a fare.
Mentre tornavano a casa, tuttavia, l’altro era diventato più silenzioso del solito e, poco prima che Iwaizumi potesse chiedergli cosa gli fosse successo, fu lui stesso a dirgli –Vorrei tornare a cantare insieme ai ragazzi.
 
Akaashi e Bokuto avevano passato ben quattro mesi a girare quasi tutte le più grandi e importanti città dell’Europa.
Erano stati ingaggiati per suonare nel tour di un famoso cantante inglese e questo li aveva portati ad avere alloggi gratis, ad avere il tempo di visitare le città di giorno e suonare la notte insieme: non avrebbero potuto chiedere nulla di meglio, era tutto quello che amavano.
-Siete stati davvero una grande risorsa- li ringraziò il cantante l’ultima notte del tour –se volete potete rimanere nel mio staff a tempo indeterminato.
Era una proposta allettante e una di quelle cose che capitavano una volta sola nella vita. Ad Akaashi però mancava il Giappone e, per quanto fosse bello visitare nuovi luoghi e culture, non era sicuro di voler vivere lì in pianta stabile.
Ciò nonostante, sapeva anche che Bokuto era quel tipo di persona che andava sempre alla ricerca di nuove avventure e se avesse voluto dire di sì a quella poposta, Akaashi l’avrebbe seguito a sua volta. Quindi lasciò a lui la possibilità di rispondere.
-No, grazie- questo lo liquidò in fretta –è stato bello suonare per te, ma il mio ragazzo ha già un gruppo tutto suo e non può di certo tradirli.
Akaashi si girò a fissare sorpreso il suo partner, questo stava sorridendo radioso mentre continuava –inoltre mi manca il Giappone, torneremo a casa.
Il corvino annuì felice e grato quando lo vide cercare il suo sguardo per avere una conferma, allungò anche una mano per stringerla nelle sue.
-Posso capire- annuì il cantante –allora buon ritorno a casa e buona fortuna con il tuo gruppo, Akaashi!
Si salutarono per bene con la promessa di risentirsi e quando la coppia rimase infine sola, Akaashi non poté fare a meno di mormorare a nessuno in particolare –Non siamo più un gruppo.
Bokuto gli strinse più forte la mano per poi rispondere tranquillo –Per ora, soltanto per ora.
 
Quando suonarono al campanello, Suga lasciò in fretta il bagno e si affrettò lungo il corridoio e poi giù per le scale, pronto ad aprire.
Daichi fu più veloce e Suga si bloccò sul posto nel vedere il suo ragazzo che salutava calorosamente sua madre e suo fratello, soprattutto quando questi ricambiarono felici.
Era già passato molto tempo da quando sua madre aveva accettato il fatto che fosse gay, gli aveva anche confessato in privato che Daichi era davvero una brava persona, una di quelle che lei avrebbe voluto incontrare nella sua vita invece di quello che era diventato suo padre, concludendo di non farselo scappare. Suga aveva pianto.
Molte cose erano cambiate in quell’ultimo anno, sua madre aveva infine divorziato e, nonostante tutti i problemi dell’ex marito, riuscì comunque a vincere la causa per la tutela di Jiro e per un breve periodo aveva vissuto insieme alla famiglia Shimizu che aveva combattuto in prima linea per aiutarli.
Era stato un anno difficile ma adesso erano finalmente liberi e felici.
Daichi e Suga vivevano insieme e sua madre e suo fratello li raggiungevano ogni domenica per un pranzo in famiglia, spesso si univano anche i genitori di Daichi e i suoi quattro fratelli: la casa a quel punto si riempiva di fin troppi bambini urlanti, ma Suga non avrebbe potuto chiedere nient’altro per essere felice come in quei momenti.
Quella domenica non era di certo un’eccezione e anche se all’inizio si bloccava ancora cercando di capire se fosse la realtà o solo un bel sogno, poi la giornata si rivelava sempre essere un grande successo.
Salutò sua madre e Jiro e solo pochi secondi dopo arrivò anche la famiglia di Daichi.
Suga stava apparecchiando il grande tavolo in giardino quando la sorellina di undici anni del suo ragazzo gli domandò –Perché non suoni più con i Setters?
Rimase un po' sorpreso da quella domanda così spontanea, ma si riprese in fretta per rispondere con la verità -Avevamo firmato un contratto e adesso il tempo è finito.
-Ma siete ancora amici, giusto?
-Certo!
-Quindi potreste tornare a suonare insieme? Insomma, se a voi va.
Suga bloccò tutti i suoi movimenti, rifletté davvero su quelle parole e infine sussurrò –Sì, potremmo.
 
Atsumu finì di cantare la sua nuova canzone e li fissò con gioia e attesa.
Sakusa era senza parole e subito si voltò per cercare di capire se questa aveva fatto schifo anche a Suna e Osamu, cercando un fronte comune non volendo essere l’unico a offendere il proprio ragazzo.
Osamu aveva la faccia di chi stava cercando di trattenersi dal ridere senza troppi risultati, Suna invece stava abbassando il telefono soddisfatto mentre annunciava –Questo video è oro puro! Se incidi davvero questa canzone non avremo neanche più bisogno di trovare motivi per insultarti, tutto il mondo lo farà per sempre solo grazie a questi tre minuti!
-Sei uno stronzo!- gli urlò indispettito Atsumu stringendo la sua chitarra.
Sakusa però sapeva che Suna aveva perfettamente centrato il punto, ma come dirglielo senza offenderlo di più?
Osamu intervenne –Quando hai detto che avevi scritto una canzone che si intitolava “What does the fox say?” ho iniziato a pensare a che tipo di trashata potesse essere, ma ora che l’ho finalmente ascoltata… oh dio, ha decisamente superato tutte le mie aspettative!
-E quei versi!?- Sunarin iniziò a ridere –Dio! È talmente brutta che potresti addirittura avere successo!
Atsumu adesso aveva ufficialmente messo il broncio e sembrava davvero abbuttuto, a Kiyoomi quindi venne voglia di dirgli che era bella e che non doveva preoccuparsi del giudizio degli altri due. Ma sapeva anche di non poter mentire su una cosa del genere perché era consapevole di quanto sarebbe stato più male dopo l’arrivo della critica da parte del resto del mondo.
-Atsumu, amore…- dovette dire con un sospiro –dovresti decisamente tornare a cantare con i Setters.
 
2022
La ragazza stava camminando annoiata per strada con le cuffiette nelle orecchie che riproducevano la sua playlist preferita.
Si stava dirigendo a fare la spesa per conto dei suoi genitori e si fermò al limite del marciapiede, proprio di fronte le striscie pedonali mentre attendeva che il semafero diventasse verde.
Alzò lo sguardo e proprio lì, in quel preciso istante, la sua giornata migliorò nel semplice leggere quello che l’enorme cartellone pubblicitario mostrava.
Cercando di non mettersi a urlare in mezzo alla strada prese il suo telefono e cliccò dalle chiamate rapide il contatto della sua migliore amica.
Non le lasciò neanche il tempo di dire nulla perché nel momento in cui la chiamata venne accettata urlò:
-SONO TORNATI! I SETTERS SONO TORNATI AD ESSERE UN GRUPPO! SONO DI NUOVO INSIEME!
 
Fine




__________________________________________________________________________________________
Ebbene sì, eccoci alla fine di questa storia che è una delle mie preferite e che, spero, sia piaciuta anche a voi.
Diciamo che non è ancora del tutto conclusa perché mancano due capitoli (come avevo già detto nelle premesse), quello della Semishira ambientato allo show musicale del 2015 che Semi vince e quella di Shimizu e Tanaka che diciamo si ricollega più o meno alla storia di Suga. Ma per i nostri cinque protagonisti le storie finiscono qui!
Le scene dell'epilogo sono messe in ordine di come erano pubblicati i capitoli (a partire da Kenma per finire con Atsumu) e volevo anche far vedere come si evolvesse l'idea di tornare a essere un gruppo: parte da Kenma che dice semplicemente che gli mancano, continua con Oikawa che esprime il desiderio di suonare di nuovo insieme, Bokuto che dice che sicuramente lo faranno, Suga che si rende conto che è una cosa che possono davvero fare e Sakusa che impone ad Atsumu di farlo. E a proposito di lui, spero che abbiate capito a quale canzone mi stavo riferendo ahaha tutta colpa di GReina che mi ha quasi costretto a metterla ahaha
Bene, grazie per essere arrivati fin qui! E vi ricordo di leggere gli extra se vi piacciono le coppie citate!
Deh <3

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Capitolo 15
*** OS EXTRA - La canzone di Semi ***


n.a. La canzone di questo capitolo è "Counting Stars" dei OneRepublic.



OS EXTRA - La canzone di Semi
 
Fin da quando Semi Eita andava alle elementari, aveva sempre saputo di voler diventare un cantante. Il suo primo tema “descrivi come ti vedi da grande” era stato svolto iniziando “da grande sarò una rockstar!”. Poteva essere classificato in quella categoria di idee assurde che i bambini avevano ma che presto si ritrovavano a cambiare, come il “voglio fare l’attore” o “voglio fare l’astronauta”.
Per Semi, tuttavia, non fu così e la musica lo accompagnò per tutti gli anni della sua vita.
Iniziò fin da piccolo ad accendere la radio e far finta di trovarsi a un vero concerto dove lui stesso cantava sopra la voce dei cantanti e i peluche erano il suo pubblico. Passò poi all’imparare a suonare diversi strumenti e soprattutto a prendere lezioni di canto, diventando il classico amico figo che sulla spiaggia si porta la chitarra e suona qualsiasi cosa gli venga richiesta.
Migliorava ogni giorno di più e quando finalmente a vent’anni passò le audizioni e venne preso come concorrente per lo Spring MS 2015 gli sembrò come se finalmente potesse coronare il sogno della sua vita.
Il giudice che l’aveva preso, Tendo Satori, era particolare. Fin da subito, nel momento in cui rimasero da soli, questo lo fissò con uno sguardo di fuoco e gli disse serio –Il mio sesto senso non ha mai sbagliato. Sono più che sicuro che potrai vincere tu quest’anno, quindi vedi di scrivere una bella canzone. Intesi?
Semi aveva annuito quasi terrorizzato e il rosso sembrò soddisfatto di quella risposta repentina, poi lo lasciò solo nella sua nuova camera del complesso.
Il cantante era abbastanza sicuro che il rosso dicesse quelle cose a tutti i candidati che aveva preso, non per questo però non aveva intenzione di fare sul serio. Aveva tutte le intenzioni di vincere quell’edizione e diventare finalmente qualcuno di famoso per la sua musica.
La sua musica.
Nonostante amasse cantare, Semi non aveva mai scritto una vera canzone, ma si era sempre e solo concentrato nel suonare cover. Aveva sempre pensato che prima avrebbe dovuto perfezionare tutte le sue abilità e poi passare a quel nuovo step. Uno step che adesso avrebbe per forza dovuto affrontare.
Certo, aveva già scritto diverse volte frasi sparse, pensieri veloci quasi come fossero delle poesie, ma con questi non aveva mai creato una vera canzone.
Sebbene fosse quindi una cosa totalmente nuova, sapeva già di chi avrebbe scritto: Shirabu Kenjiro.
 
Ultimamente non sono riuscito a dormire
Sognando tutte le cose che potremmo essere
Ma tesoro, ho pregato tanto
Ho detto non contiamo più i dollari
Noi conteremo le stelle, sì noi conteremo le stelle
 
Semi era terribilmente innamorato di Shirabu e sapeva che i suoi sentimenti erano ricambiati. Quello che, tuttavia, il cantante aveva imparato presto era che non per forza due persone che si amavano, erano destinate a stare insieme.
La prima volta che aveva incontrato il più piccolo era stato al liceo durante il suo secondo anno. Il liceo Shiratorizawa era da sempre stata una scuola privata e le categorie al suo interno erano due: i viziati figli di papà che erano entrati grazie ai soldi e i super geni che erano entrati grazie a una borsa di studio per la loro intelligenza.
Ovviamente una cosa non escludeva l’altra: quelli intelligenti potevano essere più fastidiosi di quelli entrati grazie ai soldi, mentre questi ultimi potevano essere anche più intelligenti degli altri e non per forza comportarsi come dei ragazzini viziati. Ma da sempre la società non era soddisfatta se ognuno di loro non fosse stato ben catalogato all’interno di una categoria e i gruppi che andavano a formarsi seguivano sempre uno schema.
A Semi non era mai importato e, nonostante quindi che lui e Kenjiro facessero parte di due mondi differenti, non si era fatto problemi a invitarlo a uscire quando aveva capito di avere una cotta per lui.
La prima volta che l’aveva visto era stato al club di pallavolo che entrambi frequentavano. All’inizio aveva provato una forte antipatia perché nel presentarsi il ragazzo aveva ovviamente detto “gioco nel ruolo del Setter”, che era lo stesso ruolo di Semi. Il più grande, non volendo farsi superare da un primino, aveva iniziato a non togliergli gli occhi di dosso per trovare un punto debole, ma era stato completamente stregato: Shirabu era estremamente intelligente, analitico e metteva tutto se stesso in quello che faceva. Allo stesso tempo era educato, rispettoso e gentile con chi gli chiedeva aiuto e favori.
Giorno dopo giorno, Semi si era reso conto di aver iniziato a sviluppare dei sentimenti verso il castano e dopo tre mesi gli aveva finalmente chiesto se quel sabato pomeriggio avesse voglia di uscire insieme al suo gruppo di amici. Fosse stato per lui avrebbe direttamente chiesto un appuntamento da soli, ma non voleva essere troppo frettoloso e tastare prima il terreno.
Shirabu era diventato tutto rosso, aveva balbettato qualcosa d’incomprensibile guardandosi intorno per poi mormorare –Mi piacerebbe, ma non penso sia una buona idea.
Prima che Semi potesse protestare, il castano era fuggito via.
Quella stessa situazione si ripetè per i mesi successivi: Semi non aveva intenzione di arrendersi, ma anche Shirabu non aveva intenzione di cedere.
Dovette arrivare novembre prima che Eita riuscisse a convincerlo a uscire con loro grazie all’inganno: lo invitò al suo compleanno. Sapeva bene che il ragazzo era così gentile e rispettoso da non poter rifiutare un invito del genere da un senpai.
Andarono in pizzeria e Semi pensò che la serata stesse andando più che bene, dovette ricredersi quando Shirabu si scusò e andò via ancora prima di arrivare alla torta.
Nei giorni successivi, Semi provò a chiedergli quale fosse stato il problema, ma Shirabu riusciva a sviare sempre la conversazione o a scappare via prima ancora che il più grande fosse riuscito a fargli quella semplice domanda.
Passò un mese e Semi ne aveva avuto abbastanza: mancavano due giorni all’inizio delle vacanze di Natale e quel giorno non avevano alcun club pomeridiano, così l’albino decise di rapire il più piccolo.
Lo bloccò all’uscita della scuola e lo costrinse, trascinandolo per mano, a seguirlo nella sua macchina.
Solo quando furono seduti all’interno Semi si premurò di chiedere –Rispondi solo sinceramente a una domanda: io ti piaccio?
Kenjiro divenne di mille sfumature di rosso e borbottò sincero –Sì, ma cosa stai…
Semi però non aveva intenzione di ascoltarlo, gli era bastata quella singola parola, il resto non aveva importanza.
-Andremo a un appuntamento. Non accetto un “no” come risposta.
Quel primo appuntamento fu per Semi una delle più belle serate di tutta la sua vita ed era davvero, davvero felice di quello che avevano fatto, dei discorsi che erano venuti spontanei, delle risate di Kenjiro e della sua semplice compagnia.
Era convinto di aver fatto tutto bene, che finalmente ci sarebbe stata una svolta nella loro relazione, finchè non dovette nuovamente ricredersi una volta arrivati nella stanza del campus del più piccolo.
Semi stava per baciarlo, era arrivato a pochissimi centimetri dalla sua bocca quando Shirabu si voltò e le sue labbra toccarono solo la carne morbida e calda della guancia.
-Non posso- sussurrò il castano senza riuscire a guardarlo negli occhi.
Eita gli sorrise rassicurante –Non preoccuparti, mi va bene andarci piano, possiamo aspettare tutto il tempo di cui hai bisogno.
-No. Non posso stare con te… mai.
-Cosa?- s’infervorò –Perché? Avevi detto che ti piacevo! Ho fatto qualcosa di sbagliato?
-Tu mi piaci- lo rassicurò sempre con voce bassa –Mi piaci davvero come persona, ma…- sospirò -ma avere una relazione con te non mi farebbe stare bene.
Il cuore di Semi accellerò e gli veniva da vomitare. Avrebbe capito se Shirabu gli avesse detto che non era il suo tipo, ma questa era forse il peggior rifiuto di sempre.
-Perché dici questo?- domandò con la voce distrutta.
Shirabu sospirò di nuovo e più forte, sembrava come se avesse pensato di mantenere il segreto più a lungo di così, ma infine cedette e gli raccontò tutta la verità.
-Salire sulla tua costosa macchina mi fa sentire a disagio, perché so di essere sopra qualcosa che è costata più soldi di quanti io abbia mai visto in tutta la mia vita. Farmi offrire la cena da te mi fa sentire male, perché non faccio altro che pensare che sia solo carità. La differenza economica che c’è nei nostri stili di vita non è una cosa che riesco a superare o a dimenticare, non quando sento i tuoi amici dire alle mie spalle non troppo silenziosamente che i miei vestiti non di marca siano stati presi dalle donazioni per i bisognosi o quando non hanno fatto altro che sussurrare la parola “pezzente” per il regalo di compleanno che ti ho fatto.
La rabbia invase il corpo di Semi, come si erano permessi di dire quelle cose?
-A chi importa quello che pensano gli altri!?
-Importa a me- sussurrò come risposta –mi dispiace, ma non ce la faccio.
Lo lasciò lì, entrando nella sua stanza e chiudendosi velocemente la porta alle spalle: un enorme muro a dividerli.
 
Vedo questa vita come una vite oscillante
che fa oscillare il mio cuore lungo la linea
Nel mio viso lampeggiano segni
Cercali e li troverai
 
Semi non si era mai dato pace e non aveva alcuna intenzione di accettare quel tipo di rifiuto.
Era egoistico da parte del cantante? Probabilmente. Pensava che stare insieme a Shirabu fosse giusto anche se poi il ragazzo sarebbe stato male? Sì. Si sentiva una merda per avere questi pensieri? Assolutamente.
Il problema, però, del rendersi conto di avere pensieri egoistici è che poi non riusciva a mettere in atto quello che si era programmato. Voleva Kenjiro per sé nonostante tutto, ma a conti fatti non era mai riuscito a fare una mossa decisiva perché sapeva che sarebbe stato sbagliato.
Aveva quindi continuato a guardarlo da lontano, a prendere tutto quello che l’altro era disposto a dargli, come i pochi saluti o i brevi sguardi, qualche volta gli sorrideva dolce e Semi avrebbe custodito gelosamente quel ricordo per giorni.
Ben presto si rese conto che la sua cotta si era facilmente trasformata in amore. Sapeva bene che questi sentimenti erano evidenti sul suo volto ogni volta che l’altro era nei paraggi, ma non faceva nulla per sopprimerli. Sia perché non gli importava, sia perché anche se avesse voluto non avrebbe saputo da dove iniziare.

 
Vecchio, ma non così tanto
Giovane, ma non così coraggioso
Non credo che il mondo sia venduto
Sto solo facendo ciò che abbiamo detto
 
Semi sapeva bene che avrebbe potuto fare di più.
Sapeva che in realtà era solo un codardo e che avrebbe dovuto trovare un modo per combattere e far capire a Kenjiro che loro due ne valevano la pena.
L’aveva, però, mai fatto? No. Aveva provato a esporsi per proteggere il ragazzino? No.
L’unica cosa che Eita aveva fatto era stato dirgli di non preoccuparsi dei pensieri delle persone, che avrebbero solo dovuto ignorarli. Non si era mai messo nei panni dell’altro, non aveva mai provato a capire quanto questo lo facesse sentire male e quanto quindi avesse bisogno che la situazione cambiasse.
Fingeva con se stesso di averlo dimenticato, di essere andato oltre. Si convinceva del fatto che condivideva le idee di Shirabu sul non poter mai avere nulla. Tutti propositi gettati al vento, che vennero smentiti nell’esatto momento in cui Shirabu si iscrisse all’università di medicina per inseguire il suo sogno e Semi lo seguì.
A quel punto non riusciva più neanche a trovare una scusa sul perché fosse lì, la frase “una laurea può far comodo anche a un cantante” non avrebbe retto quando lui stesso sapeva che non ci capiva nulla di quelle materie scientifiche e che non avrebbe mai dato neanche un esame.
Seguiva le lezioni solo per avere una scusa per stare nella sua stessa stanza, solo per vederlo concentrato con la ruga sulla fronte e la lingua di fuori mentre prendeva appunti.
Per il primo periodo, inoltre, fu davvero convinto che tutto quello gli sarebbe bastato.

 
Sento qualcosa di giusto, facendo le cose sbagliate
Sento qualcosa di sbagliato, facendo le cose giuste
Non potrei mentire, non potrei mentire, non potrei mentire
Tutto quello che mi uccide mi fa sentire vivo
 
-Perché? Perché mi fai sentire così dopo tutto questo tempo? Ti odio così tanto!
L’unica cosa che Semi amava dell’università, oltre la presenza di Shirabu, erano le feste che venivano organizzate. Fu proprio a una di queste che Kenjiro partecipò, si ubriacò e infine raggiunse Semi urlandogli quelle cose con gli occhi lucidi e le guance rosse.
Il ragazzino stava barcollando e per Eita fu naturale allungare il braccio per circondargli i fianchi e stabilizzarlo, poi sussurrò –Davvero mi odi?
-No- rispose subito, non ebbe neanche il tempo di pensarci –Perché mi fai questo?
-Sono egoista, non riesco a lasciarti andare.
Shirabu l’aveva guardato con le labbra socchiuse, Semi immaginò che stesse cercando una frase per rispondergli, alla fine però decise di farlo baciandolo.
Quattro anni dopo il loro primo appuntamento, Shirabu aveva infine deciso di dargli quel bacio che Semi aveva tanto desiderato e atteso.
Kenjiro dormì nella sua stanza quella notte, ma non ci fu nulla oltre il bacio perché il più grande non aveva intenzione di approfittarsi di lui mentre era ubriaco. Aveva deciso che il mattino successivo avrebbero sistemato le cose, avrebbero messo le carte in tavola e parlato come da troppo tempo non facevano.
-È stato un errore! Non succederà mai più!- probabilmente avrebbe dovuto immaginare che Shirabu avrebbe reagito in quel modo.
-Come fai a dire una cosa del genere? Come fai a dire che questo è sbagliato?- nella foga del momento e nella frustazione che era stata accumulata per tutto quel tempo, Semi se lo spinse contro baciandolo quasi con rabbia.
Era consapevole che presto sarebbe arrivato il rifiuto con una spinta o uno schiaffo, stava quasi trattenendo il fiato nell’attesa, ma non avvenne.
Il castano si sciolse semplicemente sotto il suo tocco e rispose a quel bacio come entrambi avevano sognato di fare per troppo tempo.
Quella mattina fecero l’amore.
Si amarono come non avevano mai fatto con nessuno e adorarono il corpo dell’altro come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Ogni cosa era scomparsa e tutti i dubbi e le paranoie per una volta furono completamente dimenticati.
-Come puoi dire che questo è sbagliato?- si ritrovò a chiedere nuovamente Semi, questa volta in un sussurro e fu la prima e vera frase che pronunciò mentre si stavano riprendendo dall’orgasmo.
Erano nudi e sul letto, uno di fronte all’altro: non ci sarebbe stato momento migliore per una domanda simile.
Shirabu gli sorrise dolce ma triste, i suoi occhi si fecero lucidi e infine in un sussurro rispose –Solo perché mi sono sentito bene, non la rende una cosa meno sbagliata.
Kenjiro continuava a ucciderlo ogni volta che gli rivolgeva frasi del genere, Semi però non si era mai scoraggiato e quasi aveva iniziato a sentirsi vivo ogni qual volta succedeva una situazione simile.
Più stava male e più aveva la certezza di essere vivo e con i sentimenti per l’altro sempre più forti, fosse stato il contrario, altrimenti, non avrebbe sofferto tanto.
 
Ultimamente non sono riuscito a dormire
Sognando tutte le cose che potremmo essere
Ma tesoro, ho pregato tanto
Ho detto non contiamo più i dollari
Noi conteremo le stelle, sì noi conteremo le stelle

 
Sento il tuo amore e lo sento bruciare
Giù lungo questo fiume, ad ogni svolta

Hope è una parola di quattro lettere
Fai quei soldi, guardali bruciare
 
Semi non aveva mai perso le speranze. Non l’aveva mai fatto semplicemente perché nonostante tutti i rifiuti, nonostante tutte le frasi che lo uccidevano, nonostante tutto quel dolore… non aveva mai visto l’amore di Shirabu sparire.
Finché l’altro l’avrebbe amato tanto quanto lui lo amava, non sarebbe mai stata una causa persa.
Finchè c’era sempre quella speranza, non avrebbe mai gettato la spugna.
Sarebbero cresciuti e tutti i problemi e tutte le paranoie, prima o poi sarebbe scomparsi.
Semi sapeva che sarebbe arrivato il giorno in cui Shirabu sarebbe finalmente stato suo.

 
Vecchio, ma non così tanto
Giovane, ma non così coraggioso
Non credo che il mondo sia venduto
Sto solo facendo ciò che abbiamo detto



Sento qualcosa di giusto, facendo le cose sbagliate
Non potrei mentire, non potrei mentire, non potrei mentire
Tutto ciò che mi abbatte mi fa venire voglia di volare

 
Ultimamente non sono riuscito a dormire
Sognando tutte le cose che potremmo essere
Ma tesoro, ho pregato tanto
Ho detto non contiamo più i dollari
Noi conteremo le stelle, sì noi conteremo le stelle

 
Prendi quei soldi
Guardali bruciare
Affonda nel fiume
La lezione è imparata

Tutto quello che mi uccide mi fa sentire vivo
 
La canzone infine era stata un successo.
Aveva avuto tantissime acclamazioni dal pubblico fin dalla prima sera e Tendo, davanti a tutti gli altri concorrenti ma nel retroscena, gli aveva sorriso soddisfatto e aveva commentato –Sapevo che avresti spaccato.
Fu in quel momento che Semi capì che la frase che gli aveva detto quando era stato selezionato non era una cosa che diceva a tutti, l’aveva detto solo a lui perché ci credeva davvero e Semi non aveva alcuna intenzione di deluderlo.
Era passato un intero giorno da quando la prima serata era andata in onda ed Eita si stava preparando per andare a dormire, stava controllando gli ultimi commenti sul web su di lui e i video di reazione alla sua canzone.
Era a metà della lettura di un tweet quando lo schermo si oscurò e rivelò una chiamata in arrivo. La chiamata di Shirabu.
Il suo cuore accelerò e iniziò a sudare, la sua espressione si addolcì e non perse tempo a rispondere con voce speranzosa –Kenjiro!
-Semi Semi! Allora questo ragazzo ha davvero il tuo numero.
Quella non era sicuramente la voce di Shirabu, ma quella di Tendo. Semi era terribilmente confuso perché il ragazzino castano si sarebbe dovuto trovare a Miyagi, non a Tokyo.
-Tendo...?
-C’è questo ragazzo che sta facendo un bel po' di casino all’ingresso con la sicurezza, credevano che fosse un semplice fan impazzito ma ha iniziato a dire che ti conosce e che è il tuo dottore. Così hanno chiamato me e come prova mi ha mostrato il tuo numero di telefono. Quindi, lo conosci?
Semi non sapeva cosa provare a tutte quelle nuove informazioni, il suo cuore stava continuando a battere veloce e si era infine alzato perché troppo agitato.
Rispose in un mormorio –Lui è il ragazzo della canzone.
Tendo rimase in silenzio per qualche secondo, infine annunciò –sarà da te in qualche minuto- poi chiuse la chiamata.
Semi non ebbe il tempo di elaborare veramente la cosa che il ragazzo stava già bussando alla sua porta, si affrettò ad aprire e si bloccò a fissarlo.
Shirabu aveva i vestiti stropicciati, era sudato e i suoi capelli di norma lisci e composti erano in ben altre direzioni, come se avesse passato le ultime ore a passargli le dita in una forma di ansia, i suoi occhi erano rossi e le sue labbra ferite da tutte le volte che le aveva morse.
-Perché continui a farmi questo effetto?- fu la prima cosa che gli chiese in un piagnucolio e Semi non riuscì a trattenersi dall’afferrarlo con urgenza e spingerselo contro per abbracciarlo.
Quella frase lo riportò indietro nel tempo, si promise però che non sarebbe andata allo stesso modo. Non l’avrebbe permesso. Aveva smesso di essere un codardo.
La porta venne chiusa dietro di loro e Shirabu gli si aggrappò addosso come se ne valesse della sua vita.
-Sei qui- sussurrò il cantante ancora confuso e incredulo, era un’idea talmente bella che faticava a credere fosse reale.
-Io ho sempre voluto che riuscissi a staccarti da me, che riuscissi a lasciarmi andare. Perché stavamo male entrambi e stare insieme non migliorava di certo la situazione. Ma tu non ti sei mai arreso, mai. Sei sempre stato al mio fianco, seguendomi persino in un’università della quale non ti importa nulla. Tutto almeno fino a tre settimane fa, quando di punto in bianco hai deciso di partire per Tokyo.
Shirabu stava raccontando tutto con voce soffocata perché non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare e nascondere la faccia sul suo petto sembrava lo aiutasse ad essere completamente sincero.
-Sarei dovuto essere finalmente sollevato, che tu ti arrendessi era l’unica cosa che avevo sempre voluto. Troppo presto però mi sono reso conto che stare senza di te faceva più male di prima. Ma cosa potevo prentendere? Ti ho rifiutato per così tanto tempo ed era giusto che finalmente tu ti facessi la vita che ti meritavi. E poi ieri ho ascoltato la tua canzone e io… dovevo vederti.
-Non ho mai rinunciato a te, mai lo farò- lo assicurò a quel punto Semi costringendolo ad alzare lo sguardo per fargli capire quanto fosse serio.
-Io non ti merito.
-Dovresti far decidere a me cosa merito o meno. E tu sei l’unica persona che abbia mai voluto.
-Come puoi non odiarmi dopo tutte le volte che ti ho rifiutato?
-Non tutto è colpa tua, sai? Avrei dovuto capire il disagio che stavi passando e fare qualcosa a riguardo, ma non mi sono mai sforzato abbastanza. Adesso però siamo entrambi adulti e non solo il mio amore nei tuoi confronti è cresciuto a dismisura, ma adesso sono pronto a stare con te sul serio se solo tu mi vorrai, sono pronto a prendermi cura di te e ad amarti come avrei sempre voluto fare.
Shirabu era combattuto, Semi riusciva a capirlo semplicemnete dai suoi occhi, quindi continuò –I soldi non saranno più un problema, te lo prometto. Non siamo più circondati da stupidi ragazzini, le persone adulte non avranno nulla da ridire su una questione simile. Se inizieremo una relazione non ci sarà più una divisione di quello che è mio e quello che è tuo, ci sarà solo il nostro. Inoltre… a breve sarai medico, immagino che finirai per guadagnare più soldi di me.
Kenjiro a quel punto sbuffò una risata e Semi sentì la speranza invaderlo.
-Non sarei tanto sicuro di questo, futura rockstar.
Semi condivise il suo sorriso, i suoi occhi erano lucidi, afferrò il viso dell’altro con entrambe le mani e con disperazione mentre sussurrava a un soffio del suo viso –Dimmi che mi ami.
-Ti ho sempre amato, Semi Eita.
-E dimmi che non te ne andrai domani mattina.
-Non voglio più scappare.
Si baciarono e finalmente Semi riuscì a farlo con la consapevolezza che non sarebbe stata l’ultima volta, che tutto quello che aveva sempre voluto era finalmente tra le sue braccia.
Ovviamente i problemi di Shirabu non erano scomparsi da un giorno all’altro, ci sarebbero stati momenti in cui il ragazzo avrebbe potuto tornare a perdersi in quei pensieri di inadeguatezza, ma Semi sarebbe sempre stato al suo fianco e non importava quanto volte avrebbe dovuto farlo, sarebbe stato sempre pronto a fargli capire che si sbagliava e che loro due erano più importanti di qualsiasi cosa.
Il furuto rimaneva terribilmente incerto, ma mentre continuava a baciarlo si disse che avrebbe fatto di tutto per non perderlo.
 
Noi conteremo le stelle

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Capitolo 16
*** OS EXTRA - La canzone di Tanaka ***


n.a. La canzone di questo capitolo è "Perfect" di Ed Sheeran.
Ho scelto questa canzone e questo cantante perché penso sia l'emblema delle canzoni d'amore per i ragazzi dell'età che Shimizu e Tanaka hanno in questo capitolo. Inoltre, vorrei approfittare di questo spazio per specificare alcune cose prima di lasciarvi alla lettura: rispetto a tutti gli altri questo sarà un capitolo molto leggero. L'ho scritto solo perché amo un casino questa coppia e so che, essendo etero, quasi mai nessuno la calcola davvero, ma ho amato il loro rapporto nel manga dall'inizio alla fine e sono felice di aver scritto di loro. Aggiungo anche che, inizialmente, Shimizu potrebbe sembrare OOC, ma ho preso ispirazione per scriverla dal momento in cui (SPOILER MANGA) lei accetta di farsi portare la borsa da Tanaka e, di conseguenza, ad avvicinarsi a lui. Spero non sia un problema.
Buona lettura e grazie per essere arrivati fino alla fine di questa storia. Continuate a seguirmi per le prossime nuove che arriveranno!
Un bacio, Deh <3






OS EXTRA - La canzone di Tanaka
 
Tutte le persone hanno avuto una cotta da bambini. Era quella che ricordavi con affetto come “il tuo primo amore” o quella che non ricordavi proprio. Potevi incontrarla all’asilo, al campo estivo o semplicemente come vicina di casa. Potevi scambiarci un bacio a stampo “come fanno i genitori” o potevi promettere che l’avresti sposata una volta raggiunta l’età giusta.
La maggior parte di queste storie finiva nel dimenticatoio ancora prima di iniziare per i motivi più vari. E così era stato anche per Tanaka Ryunosuke.
La sua prima cotta era stata una bambina dagli occhi scuri e i capelli lunghi e lucenti dello stesso colore.
Il ragazzo l’aveva conosciuta quando aveva quattro anni, mentre frequentava l’asilo. I due non andavano nella stessa scuola, poiché lei frequentava un asilo privato e costoso. Destino, però, volle che il giardino di questo enorme palazzo si affacciasse sulla strada che Tanaka percorreva ogni giorno a piedi con sua madre mentre andava e tornava da scuola.
Durante il ritorno i bambini dell’asilo privato avevano la pausa pranzo che, nei giorni caldi e luminosi, potevano anche passare in giardino. Fu, infatti, in uno di questi giorni che Tanaka incontrò per la prima volta questa bambina.
Lei possedeva una bambola di pezza e questa, in qualche modo, era finita oltre il recinto, proprio sul tragitto di Tanaka. La bambina piangeva mentre, con le sue braccine troppo corte cercava di riprendersela attreverso le sbarre.
La madre di Tanaka si fermò con un’esclamazione, poi iniziò a chinarsi per raccogliere il giocattolo della bambina e restituirglielo. Ryu capì la situazione e, da bravo cavaliere qual’era, si affrettò a farlo prima dell’adulta.
Fece un gran sorriso e consegnò il giocattolo alla bambina con tanto di “Ecco tieni! Non hai bisogno di piangere!”
Lei lo fissò con gli occhi enormi e stupiti, le labbra socchiuse e le guance rosee. Sussurrò una parola di ringraziamento e scappò via.
Quello fu l’esatto momento in cui Tanaka Ryunosuke s’innamorò di Shimizu Kiyoko.
Per due anni il bambino non scoprì mai il nome della bambina, né ebbe alcun tipo di contatto o altra conversazione. Ma a lui andava bene così, ogni giorno si alzava felice di andare a scuola solo per poter passare di fronte l’asilo della ragazza e cercarla con lo sguardo. La magia finì quando dovette iniziare le elementari cambiando scuola e, di conseguenza, tragitto da percorrere.
Tanaka si dimenticò di lei giorno dopo giorno, finendo con il rimuovere totalmente quell’avvenimento dalla sua testa. O almeno, questo successe fino a quando lei non entrò nell’officina dove il ragazzo lavorava.
 
Ho trovato un amore per me
Tesoro, tuffati e seguimi
Ho trovato una ragazza bellissima e dolce
Non ho mai saputo tu fossi quel qualcuno in attesa di me
 
Tanaka aveva diciannove anni e quando aveva finito il liceo aveva subito cercato lavori part-time per poter contribuire a mantenere la propria famiglia.
Aveva iniziato consegnando le pizze come fattorino, aveva lavorato come commesso in un supermarket, per poi essere preso a lavorare in un’officina.
Il ragazzo non aveva alcun tipo di esperienza, ma imparava in fretta e il datore di lavoro aveva bisogno di un aiutante. Otto mesi dopo, conosceva tutte le basi per aggiustare le macchine e le moto e aveva iniziato a lavorare in quel luogo a tempo pieno.
Era una calda giornata del settembre del 2014 quando Shimizu Kiyoko entrò nell’officina.
Tanaka era a petto nudo, con il sopra della tuta da meccanico arrotolata ai fianchi. Era stato steso a terra e sotto una macchina fino all’attimo prima, per poi decidere di aver bisogno di un sorso d’acqua e di asciugarsi il sudore dal volto per poter continuare a lavorare bene.
Aveva il volto nascosto dall’asciugamano quando sentì una voce femminile chiedere –Scusate, è aperto?
Si voltò e rimase folgorato dalla ragazza. Il suo shock non era solo dovuto alla sua bellezza, ma soprattutto ai ricordi che era sicuro di aver dimenticato, ma che il suo semplice viso avevano riportato a galla come se non se ne fossero mai andati: quella ragazza era la bambina della sua prima cotta.
In quel momento in officina erano solo in due: Tanaka e Kazuma Numai, suo collega e figlio del proprietario.
Fu proprio quest’ultimo ad accogliere la ragazza e Tanaka non poté trattenersi dall’ascoltare la conversazione.
-Siamo aperti! Di che hai bisogno?
La ragazza si inchinò, poi iniziò a spiegare –Ho bisogno di un lavoro nella carrozzeria, ho strisciato la macchina contro un muretto e non posso tornare a casa così.
Kazuma annuì –Va bene, dovrò vedere l’entità del danno prima di dare un verdetto definitivo, ma entro domani sera dovrebbe essere pronta.
La ragazza sbiancò –Domani sera? Non potete farmelo adesso? Non posso tornare a casa così, mio padre mi ucciderà!
-Abbiamo altri lavori e non concediamo alcun trattamento speciale a nessuno.
-Posso pagare di più!
Kazuma sembrò pensare a quelle parole, ma riuscì a non cedere e scuotendo la testa disse risoluto –Mi dispiace, ma è la nostra politica.
A quel punto Tanaka decise di intervenire, il ragazzo si era avvicinato ai due senza neanche rendersene conto e parlò prima ancora di pensare –Lo faccio io.
Kazuma si voltò verso di lui con un cipiglio –Hai già del lavoro da fare.
-Lo faccio come extra quando finisco le mie ore lavorative.
Il cipiglio del suo collega si fece più profondo –Non ti pagheremo per questo.
-Non ho bisogno che lo facciate.
-Bene. Allora è deciso.
A quel punto si allontanò e Ryu rimase solo con la ragazza.
-Non devi farlo per forza, mio padre non mi ucciderà davvero- mormorò la ragazza, probabilmente sentendosi in colpa.
Ryu sorrise –Sono sicuro che non lo farà, ma non posso di certo non intervenire se una ragazza ha bisogno di aiuto. Che gentiluomo sarei?
Lei sorrise e quello fu tutto ciò che gli bastava.
Quella sera rimasero solo loro due in officina. L’orario di lavoro era finito e tutti erano andati a casa, Kazuma consegnò addirittura le chiavi a Ryu per chiudere quando avesse finito, con la promesse che il giorno dopo sarebbe arrivato presto per poter aprire.
Fu una serata… strana.
I due ragazzi inizialmente erano talmente imbarazzati da non dire neanche una parola, sfuggendo persino agli sguardi quando si incrociavano per sbaglio.
Il danno che Shimizu aveva fatto alla macchina non era grave, ma era una delle macchine più costose sul mercato e il ragazzo aveva tutta l’intenzione di lavorarci per bene per farla tornare come nuova.
Fu quando il silenzio divenne troppo pesante che la ragazza domandò –Lavori da tanto qui?
Era una delle classiche domande semplici che si fanno per conoscere qualcuno, ma che li portò a iniziare una conversazione che li intrattenne per il resto della serata.
Tanaka le raccontò di quanto fosse negato al liceo e di come avesse subito cercato un lavoro una volta finito, del fatto che vivesse solo con sua sorella maggiore e che voleva contribuire e ripagare tutto quello che lei aveva sempre fatto per lui.
Allo stesso modo, Shimizu gli raccontò di essere figlia unica e che la sua famiglia viveva in modo abbastanza agiado, gli disse che avevano un meccanico di fiducia dal quale, tuttavia, non poteva andare senza che suo padre lo venisse a sapere e quindi aveva raggiunto la prima officina che google maps le aveva consigliato.
-Non pensare che mio padre sia uno stronzo- si trovò nuovamente a difenderlo –ma ha comprato quella macchina meno di un mese fa e…
Tanaka la interruppe ridente –Non lo penso, insomma, non reagirei benissimo neanche io se fosse stata mia figlia.
Shimizu sorrise e la conversazione divenne ancora più facile e leggera.
Ci mise tre ore Tanaka a concludere il tutto e, una volta finito, si accorsero che era già sera da un po'.
La ragazza lo pagò aggiungendo un extra bello consistente. Ryu però le tornò i soldi affermando –sono troppi.
Lei scosse la testa non accettandoli indietro –Avevano detto che non ti avrebbero pagato per gli straordinari, quindi lo faccio io. Sono davvero grata per quello che hai fatto.
-Ma…
-Adesso scappo a casa prima che i miei genitori inizino a preoccuparsi, ci sentiamo.
Gli diede un breve e leggero bacio in guancia prima di mettersi in macchina e guidare via, poteva sembrare qualcosa d’insignificante, ma il cuore di Tanaka correva talmente veloce che era sicuro gli sarebbe uscito dal petto.
 
Perché eravamo solo bambini quando ci siamo innamorati
Non sapendo cosa fosse
Non voglio rinunciare a questo tempo
 
La seconda volta che si videro, era inizio dicembre e fu sempre la ragazza ad andarlo a trovare a lavoro.
Era sera tardi, il posto stava per chiudere e si presentò a piedi, avendo posteggiato la macchina un po' più distante, mentre i ragazzi stavano finendo di mettere a posto dopo il lavoro della giornata.
La ragazza era stretta nel suo cappotto, una sciarpa che le copriva mezzo volto e un cappello dal quale fuoriuscivano i suoi lunghi capelli neri. Le sue guance erano rosse per il freddo e ogni volta che respirava una nuvoletta si formava nell’aria.
-Ciao- mormorò stupito Ryu nel momento in cui si accorse di lei.
-Ciao- rispose stringendosi con imbarazzo nelle spalle.
-Hai bisogno di nuovo aiuto per la macchina?
Lei scosse la testa –Sono qui per te.
Il volto di Tanaka andò a fuoco e balbettò qualcosa d’incomprensibile.
Lei rise e spiegò meglio –Sono due mesi che mi lamento con il mio migliore amico perché questo ragazzo gentilissimo non mi ha chiamato per organizzare un’uscita. Koshi non mi sopportava più e, davvero, non capivo perché non l’avessi fatto, visto che sembravi davvero interessato. Poi ho ricordato… non ti ho mai dato il mio numero.
Il volto di Tanaka divenne ancora più rosso.
La ragazza concluse –Quindi, sei impegnato una volta finito qui? Andiamo a mangiare qualcosa?
Fu così che in quella fredda notte di dicembre i due ragazzi condivisero il loro primo appuntamento e il loro primo bacio.
 
Tesoro, baciami lentamente
Il tuo cuore è tutto quello che possiedo
E nei tuoi occhi tu stringi i miei
Piccola, io… sto ballando al buio, con te tra le mie braccia
A piedi nudi sull’erba, ascoltando la nostra canzone preferita
Quando hai detto che sembravi un casino, ho sussurrato sotto il mio respiro
Mi hai sentito, tesoro, sei perfetta stasera
 
Qualche mese dopo, la loro relazione stava andando a gonfie vele anche se abbastanza lentamente. Non avevano ancora conosciuto la famiglia dell’altro e non avevano pubblicato foto sui social per paura di correre troppo. Avevano però conosciuto i loro amici a vicenda e non rinunciavano mai a un’uscita di gruppo. Così come non rinunciavano neanche alle uscite da soli, che fosse un cinema o un ristorante stavano bene insieme e l’imbarazzo era del tutto sparito dopo qualche settimana di frequentazione. Certo, erano consapevoli di vivere in due mondi completamente differenti, ma riuscivano a farlo funzionare soprattutto perché non ne parlavano quasi mai.
Quella sera, Tanaka andò a prendere la ragazza in aeroporto, che era di ritorno da Tokyo per aver accompagnato il suo migliore amico a un provino per uno show musicale televisivo.
-Ciao bellissima!- la salutò quando lei lo raggiunse dal lato del passeggero.
Shimizu sorrise e gli diede un bacio –Ciao, hai aspettato molto?
-Sono appena arrivato!
-Grande, che piani abbiamo adesso?
Il ragazzo iniziò a guidare per lasciare il parcheggio dell’aeroporto mentre rispondeva –Che ne dici di cibo d’asporto e lo mangiamo in macchina da qualche parte mentre mi racconti di come Suga è stato preso allo show?
-Dico che sei il ragazzo perfetto!
Fecero quindi come programmato e Tanaka li portò in collina, in un luogo abbastanza privato che permetteva loro di vedere le stelle anche rimanendo in macchina. Fu in quel luogo, sempre rimanendo nel veivolo, che per ore mangiarono, parlarono e risero.
Shimizu gli raccontò di tutto il viaggio e delle cose più divertenti che il suo amico aveva fatto, fino all’assurda scelta del nome del gruppo che i cinque avevano appena formato.
Tanaka rise, poi pronunciò –I suoi genitori saranno molto fieri di lui.
Il sorriso sul volto della ragazza s’incrinò e non poté fare a meno di sussurrare –Non ne sarei tanto sicura.
Infine, affrontarono quella conversazione che in un modo o nell’altro avevano sempre evitato. Lei gli raccontò delle loro famiglie, dei doveri e degli obblighi che questi gli imponevano, gli raccontò di come da piccoli ai due fu detto che si sarebbero dovuti sposare e di tutti gli altri modi di comportarsi in compagnia delle altre persone.
-Sai, i miei genitori sono molto più flessibili e aperti, quando ho detto loro che non mi sarei sposata con Koshi hanno capito. Mentre i genitori di Suga… loro sono molto più rigidi e non accetteranno che sia stato preso in questo programma televisivo, per questo ha fatto le audizioni di nascosto.
Tanaka sembrava sconvolto –Ma non possono decidere cosa loro figlio deve fare!
Lei sorrise –già, prova a dirlo a suo padre.
Ryu sbuffò come se stessero facendo un torto direttamente a lui, poi sembrò pensare a qualcos’altro e domandò –Se Suga non fosse stato gay, l’avresti sposato?
La ragazza abbassò lo sguardo ma alzò le spalle –Sarò sincera… non mi è mai importato. Sto bene con Koshi, non sarebbe il mio migliore amico altrimenti, non lo amo ma non mi sembrava così brutto doverlo sposare. Ma poi… ho incontrato te e tutto quello che credevo è stato ribaltato.
Fu solo a quel punto che alzò nuovamente lo sguardo e gli domandò –Sembra troppo affrettato se ti dico che mi sto innamorando?
Tanaka rise e si sporse in avanti –Spero proprio di no, visto che sono innamorato di te da quando avevo quattro anni.
 
Ho trovato una donna più forte di chiunque io conosca
Lei condivide i miei sogni
Spero un giorno di condividere la sua casa
Ho trovato un amore per non sopportare più da solo i miei segreti
Per portare amore, per portare i nostri bambini
 
-Vorrei che questo finesettimana venissi a pranzo da me, così che tu possa conoscere i miei genitori- annunciò Shimizu nel bel mezzo della loro cena senza alcun tipo di avvertimento.
I due ragazzi stavano insieme da più di un anno e avevano capito che la relazione era più seria di quello che inizialmente si erano aspettati. Si erano detti che si amavano e Kiyoko aveva conosciuto e fatto subito amicizia con Saeko. L’unico passo che mancava era far conoscere Ryu ai genitori della ragazza.
Tanaka rimase sorpreso per i primi secondi, poi si affrettò a rispondere –Mi piacerebbe, ma sei sicura che vada bene?
Lei sorrise –Andrà bene.
Ma non andò bene.
Quando il pranzo arrivò, Tanaka scoprì che Kiyoko aveva solo annunciato che si sarebbe unito a loro il suo fidanzato senza specificare nulla. Quando il ragazzo si presentò nella loro enorme villa, capì subito quanto i due adulti fossero tesi e non troppo contenti della situazione.
Più il pranzo andava avanti e più la situazione si faceva rigida, con loro che cercavano di capire il ceto sociale del ragazzo, sussultando per nulla discreti quando scoprirono che lavorava in una semplice officina.
La situazione si faceva sempre più imbarazzante di portata in portata, esplodendo totalmente quando Kiyoko non ne poté più e sbottò contro i suoi genitori.
Ne seguì una lunga discussione con il padre che, senza problemi di avere il ragazzo in questione davanti, affermava che non avrebbe mai permesso che la sua unica figlia avrebbe mai potuto avere una relazione con una persona simile.
Tanaka era mortificato e non aveva neanche idea di come rispondere a un’accusa simile. Sapeva già di non essere all’altezza della ragazza e, se ne era consapevole lui, come avrebbe potuto dar torto ai suoi genitori?
Tuttavia non fu lui a doversi difendere, poiché lo fece Shimizu per lui.
La ragazza aveva il fuoco negli occhi e si era alzata in piedi sbattendo i pugni sul tavolo mentre iniziava a urlare –Ma come vi permettete? Credete di essere migliore di lui? Davvero? Solo perché lavora in un’officina e non è del nostro stesso ceto sociale vi sentite in dovere di giudicarlo? Gli unici che devono essere giudicati siete voi che denigrate un ragazzo facendo finta che non sia seduto con voi al tavolo! Che diavolo vi è successo? Eravate migliori di così! Inoltre io lo amo e se a voi non sta bene, non me ne frega nulla! L’ho portato qui perché avevo piacere che lo conoscesse, non perché devo chiedere il vostro permesso!
Quando finì di urlare scese il silenzio. I suoi genitori erano troppo sconvolti e, forse, imbarazzati per quello che la ragazza aveva detto. Mentre Ryu voleva solo piangere poiché nessuno l’aveva mai difeso in quel modo e nessuno aveva mai espresso per lui i suoi sentimenti in un modo così evidente.
Finito di sfogarsi, la ragazza lo prese per mano e lo costrinse ad alzarsi a sua volta per seguirla via dalla sala da pranzo –andiamo Ryu, non ti permetterò di farti trattare ancora in quel modo.
Tanaka riformulò i suoi pensieri: non voleva solo piangere, ma voleva anche abbracciarla e dirle quanto l’amava fino a perdere la voce.
 
Siamo ancora bambini ma siamo così innamorati
Lottando contro ogni previsione
So che staremo bene questa volta
 
Quel sabato sera Shimizu aveva invitato Tanaka a casa sua. I suoi genitori erano fuori per una cena di lavoro e la ragazza era troppo nervosa per poter passare la serata fuori. Inoltre pioveva e l’unica cosa che voleva fare era stare in pigiama sotto le coperte, possibilmente accoccolata contro il suo ragazzo.
Tanaka non avrebbe mai rinunciato a una richiesta del genere e, finito con il lavoro, si fece una doccia, si cambiò e non perse tempo a raggiungerla.
Passarono così buona parte della serata con dei vestiti comodi sul divano, con lui che le intrecciava i capelli e lei che si ricaricava semplicemente stando al suo fianco.
-Com’è andata oggi?- domandò infine Ryu, quando decise che era abbastanza rilassata da poter finalmente chiedere.
Era passato un mese da quando c’era stato il fatidico pranzo e Kiyoko non aveva più parlato con i suoi genitori.
-Oggi mio padre ha provato a parlarmi, sembrava più gentile del solito. Ma non ho ceduto, so che vuole solo ammorbidirmi per poi convincermi a lasciarti. Ma non vincerà mai!
Tanaka strinse le labbra e si costrinse a non chiederle nuovamente se ne valesse la pena stare con lui, l’aveva fatto già diverse volte in quel mese e ogni volta avevano finito con il litigare. Dopo che aveva addirittura fatto piangere Kiyoko mentre chiedeva con rabbia perché non capisse quanto lo amasse, aveva deciso che non l’avrebbe più fatto.
Quello che doveva fare era far tornare il suo meraviglioso sorriso e stare sul divano non stava funzionando. Fu a quel punto che decise di alzarsi iniziando a prendere il suo telefono.
-Dove vai?- domandò la ragazza con un cipiglio confuso.
Lui non rispose, ma fece partire una playlist di musica classica dal cellulare e la collegò alle casse della stanza, in modo che la melodia potesse diffondersi.
Infine si voltò e sorrise alla ragazza porgendole una mano –Balliamo?
Lei sospirò e si portò entrambe le mani al viso per nasconderlo, ma il suo sorriso era più che evidente –Non riesco a credere che tu lo stia facendo sul serio.
Nonostante quel commento, afferrò la sua mano e accettò la sua richiesta.
Fu così che ballarono nel bel mezzo della stanza, erano scalzi e in tuta, con i capelli fuori posto e alzun trucco sul viso. Ma più Tanaka la guardava e più non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse perfetta, a quanto amasse il suo sorriso e a come avrebbe fatto di tutto per farglielo avere sempre in viso.
Quando la canzone finì, terminò anche la magia. Una voce maschile si shiarì la gola e dalla porta entrò il signor Shimizu. Tanaka si rese conto che probabilmente era lì già da un po' e che stava solo aspettando che finisse la canzone per non disturbarli.
-Che ci fai qui?- domandò sorpresa Kiyoko –non avevi quella cena super importante per i tuoi affari?
-La mia famiglia è più importante dei miei affari e sapevo che vi avrei trovato qui. Ci ho pensato, ci ho riflettuto molto in questi giorni e ho capito quanto abbiamo sbagliato. Non dovevamo giudicarlo ancor prima di conoscerlo e se tu lo ami… non saremo noi a dirti con chi devi stare.
A quel punto l’uomo si voltò verso Tanaka e iniziò a parlare direttamente con lui –Spero che potrai perdonare il modo in cui ci siamo comportati a quel pranzo. Io e mia moglie ne abbiamo parlato e non riusciamo a capire quand’è che siamo diventati così, ma abbiamo tutta l’intenzione di cambiare. Sono venuto qui, oggi, per darti la mia benedizione, avevo anche intenzione di farti il solito discorso dove ti spavento affermando che se farai soffrire la mia bambina dovrai vedertela con me. Tuttavia vi ho visti ballare, ho visto il modo in cui la guardi e sono più che sicuro che non hai bisogno di un discorso del genere. Spero che, con il tempo, le cose si possano sistemare tra di noi. Se Kiyoko ti ha scelto, saremo felici di averti nella nostra famiglia.
Gli porse la mano e quando Tanaka decise di stringerla stava tremando, le sue guance erano rosse e i suoi occhi lucidi, ma non era stato così felice da tempo.
 
Tesoro, basta che stringi la mia mano
Sii la mia ragazza, sarò il tuo uomo
Vedo il mio futuro nei tuoi occhi
Piccola, io… sto ballando al buio, con te tra le mie braccia
A piedi nudi sull’erba, ascoltando la nostra canzone preferita
Quanto ti ho vista indossando quel vestito, così bella…
Non merito questo, tesoro tu sei perfetta stasera
 
Erano passati cinque anni da quando Ryu e Kiyoko si erano messi insieme e la loro storia non aveva mai smesso di evolversi tra alti e bassi, uscendone sempre vincitori contro ogni previsione.
Quel pomeriggio il ragazzo era vestito molto elegante e stava aspettando all’ingresso della villa della sua ragazza, in attesa che questa scendesse in modo che potessero andare a festeggiare il loro quinto anniversario. Tanaka prendeva molto seriamente gli anniversari di qualsiasi genere e ogni volta non poteva fare a meno di organizzare le cose in grande.
Nell’attesa, fu raggiunto dal signor Shimizu che lo salutò con una calorosa pacca sulla spalla, poi iniziarono a parlare.
Dopo i primi convenevoli, l’uomo annunciò –Sto ampliando i miei affari e ho appena acquistato un’officina. Vorrei che tu diventassi il direttore. Ti andrebbe?
Quando quella mattina Tanaka si era svegliato, ricevere la proposta di avere un’officina tutta sua era stato di certo l’ultimo dei suoi pensieri. Era talmente scosso dalla proposta che non riuscì a rispondere subito e l’uomo continuò a parlare dandogli altre pacche sulla spalla –Che domanda stupida, ovvio che dirai di sì! Ma non ti ruberò oggi, parleremo dei dettagli in questi giorni! Divertitevi fuori e fate attenzione.
Salutò e se ne andò.
Quando Ryu alzò lo sguardo, vide che Kiyoko li aveva raggiunti e stava sorridendo divertita, la ragazza si trovava a metà delle scale e doveva fare solo gli ultimi gradini per raggiungerlo.
Era perfetta come sempre. In quei cinque anni non c’era stata una singola volta in cui il ragazzo non aveva smesso di pensare a quanto fosse fortunato ad averla nella sua vita e a ringraziare il giorno in cui aveva deciso di mettere piede nell’officina in cui lavorava.
Sapeva di essere una delle persone più fortunate al mondo, così come sapeva anche che non la meritava, che lei era troppo per lui. Ma finché l’avrebbe amato il ragazzo, avrebbe fatto di tutto per tenersela stretta e per esprimere quanto a sua volta l’amava.
Più la guardava e più aveva la consapevolezza che sì, quella era la donna con la quale avrebbe passato il resto della sua vita.
 
Piccola, io… sto ballando al buio, con te tra le mie braccia
A piedi nudi sull’erba, ascoltando la nostra canzone preferita
Ho fiducia in quello che vedo
Ora so che ho incontrato un angelo in persona
E lei sembra perfetta
Non mi merito questo, tu sei perfetta stasera

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