Metti un invito a cena

di kianeko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vino ***
Capitolo 2: *** Cotone ***
Capitolo 3: *** Cera ***
Capitolo 4: *** Quadrifoglio ***
Capitolo 5: *** Filo ***
Capitolo 6: *** Eccedentesiast ***
Capitolo 7: *** Neve ***
Capitolo 8: *** Sogno ***
Capitolo 9: *** Longanimity ***
Capitolo 10: *** Incisione ***
Capitolo 11: *** Acrasia ***
Capitolo 12: *** Hävitä ***
Capitolo 13: *** Gridare ***
Capitolo 14: *** Latibulum ***
Capitolo 15: *** Preterist ***
Capitolo 16: *** Scale ***
Capitolo 17: *** Nove ***
Capitolo 18: *** Lampone ***
Capitolo 19: *** Gola ***
Capitolo 20: *** Fiammiferi ***
Capitolo 21: *** Sapone ***
Capitolo 22: *** Appuntamento ***
Capitolo 23: *** Presagio ***
Capitolo 24: *** Sospiro ***
Capitolo 25: *** Frammento ***
Capitolo 26: *** Petali ***
Capitolo 27: *** Toccare ***
Capitolo 28: *** Proverbio ***
Capitolo 29: *** Legno ***
Capitolo 30: *** Hiraeth ***
Capitolo 31: *** Saturno ***



Capitolo 1
*** Vino ***


1 – Vino

È sempre facile incastrarmi per qualche cena fra compagni di squadra. È facile perché si sa che Kojiro Hyuga è un po’ asociale e quindi basta farlo sentire in colpa per farlo accettare. E così sono qui e questa tipa cerca di farmi cadere in tentazione mostrando le sue grazie e facendomi sorbire le sue chiacchiere che tra l’altro capisco solo la metà perché parla troppo svelta e l’italiano mi è ancora un po’ ostico.
Mi guardo un po’ intorno cercando una via di fuga e, soprattutto, colui che mi ha incastrato stasera. Quando finalmente lo trovo, lo guardo con la mia peggiore espressione sperando di ottenere un qualche effetto e invece quando incrocia i miei occhi sogghigna soddisfatto. Essere malefico. A quanto pare devo trovare una scappatoia da solo.

«Scusami, vorrei scambiare qualche parola anche con gli altri ospiti.» dico mentre me ne vado. Non mi importa se sono stato sgarbato o se la tizia c’è rimasta male, io devo andarmene e me la do a gambe il più velocemente possibile rifugiandomi in cucina o per meglio dire dietro il suo bancone, visto che questo è un open space.
«Non sembra tu ti stia divertendo molto.» mi dice la padrone di casa vedendomi arrivare.
Tana per Kojiro. «No, scherzi. Mi sta piacendo molto questa serata.» mento ma non deve essermi riuscito molto bene perché lei sorride.
«Probabilmente avresti preferito startene a casa a guardare qualche partita in tv, credi che non conosca i calciatori?»
«Non era proprio una partita, ma una replica della j-league.» confesso leggermente in imbarazzo «Sai giocava un mio ex compagno della scuola.»
«Siete tutti uguali.» versa un bicchiere di vino bianco e me lo porge «Comunque sei stato sfortunato, la mia amica è un po’ troppo sopra le righe per te. Ti serve un tipo più posato e senza tutti quei fronzoli di contorno, come quel reggiseno troppo in vista.»
«No… aspetta… io quello non lo avevo neanche visto, giuro.»
Ride divertita «Sei troppo facile da prendere in giro.»
Bravo Kojiro, hai appena fatto la figura del coglione.
«Su, se ti può consolare non sei il solo che stasera si fa deridere.» e mi fa l’occhiolino indicando gli altri ospiti alle mie spalle.
La tizia di prima è partita in caccia di un’altra preda e sembra aver avuto fortuna, bene sono fuori dal suo radar. Finalmente posso rilassarmi e faccio un sorso di vino, che è anche molto buono.
«Oh è arrivato. In ritardo come sempre, ma lui è una diva deve farsi aspettare.» dice la padrona di casa «Scusami vado a salutare.»
«Prego.» le dico mentre si allontana e porto la mia attenzione sul nuovo arrivato, o per meglio dire sulle sue spalle, visto che nel frattempo è stato accerchiato dagli altri invitati e quella è l’unica cosa che vedo. Deve essere uno davvero famoso. Meglio, così posso starmene per i fatti miei e al momento giusto sgattaiolare via. Ma credo che il destino sappia come prendersi gioco di me, perché non appena il tizio si volta mi ritrovo a fissare l’unico che non dovrebbe essere in Italia, l’unico che potrebbe farmi andare per storto il mio bicchiere di vino: Genzo Wakabayashi.

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Capitolo 2
*** Cotone ***


2 – Cotone

«Voi due non dovete essere presentati, giusto?» mi dice il padrone di casa dopo avermi detto i nomi di tutti i presenti.
«Hyuga è un piacere vederti.» e lo saluto con un cenno del capo.
«Wakabayashi.»
È inutile per lui provare a mentire, si vede lontano anni luce che non è felice di vedermi. Ammetto che io mi aspettavo potesse essere presente, ma per lui deve essere stata proprio una sorpresa.
«Come mai sei nella parte più a sud dell’Europa?» chiede prima di fare un sorso di vino.
«Sono stato invitato al compleanno di un caro amico.»
«Vero, lui ha giocato in Germania da ragazzo.» e si volta a guardare il padrone di casa parlare con gli altri ospiti.
È strano per me incontrarlo fuori dal contesto calcio, abbiamo diversi amici in comune, come Misaki, ma non siamo mai stati compagni di uscite. A dover essere sincero non ricordo di averlo mai visto senza divisa o in tenuta sportiva. Ah no, c’è il matrimonio di Tsubasa.
«Sarò sincero non ti facevo tipo da vita mondana.»
Si gira verso di me «Non lo sono infatti, ma è il suo compleanno.»
«Che arietta sottile che tira da queste parti.» dice la moglie del festeggiato porgendomi un bicchiere di vino «Vedo che siete proprio due veri amiconi.»
«Io e Hyuga siamo solo colleghi di nazionale, non ci frequentiamo normalmente.»
«E come potremmo frequentarci? Non abbiamo niente in comune.»
Lei ride e attira la nostra attenzione «Sicuramente siete due chiacchieroni. Scherzi a parte, Kojiro spiega a Genzo da quale ospite deve tenersi alla larga, io vado a prendere gli antipasti. Mi raccomando non lesinare sui dettagli degli accessori.» e gli fa l’occhiolino prima di allontanarsi.
Sento Hyuga borbottare qualcosa e ho come l’impressione che sia arrossito, ma è difficile da dire vista la sua carnagione. Già la sua pelle, così ambrata che spicca nettamente con la camicia di cotone bianco che indossa, camicia che per altro gli calza davvero a pennello. Sarà colpa delle maniche? Che comunque sono arrotolate fino al gomito.
Bevo un sorso di vino mentre mi indica una tizia con lo scollo che non lascia spazio alla fantasia, capisco di quali accessori si parlava.
«E non dire che non ti ho avvisato, perché è davvero appiccicosa.» non è sicuramente prolisso.
«Voi due siederete vicini.» ci spiazza il padrone di casa.
«E perché?» gli chiedo sorpreso.
«Semplice, tu parli tedesco, lui italiano e se la serata finisce in alcol…»
«Leva pure quel se! Finisce sicuramente in alcol!» interviene la moglie dalla cucina.
«Dicevo…» e fa una smorfia di rassegnazione «se la serata finisce in alcol potrete compensarvi.»
Guardo Hyuga ruotare gli occhi, fare un sospiro di disappunto e mi viene da sorridere.
«Non sono così male, poteva capitarti una serata alcolica con Ishizaki.»
«Oh Kami-sama! Senza offesa non avevi minaccia meno terribile?»
Rido «Perché cos’hai contro Ishizaki?»
«Assolutamente niente, ma davvero devo spiegarti qual è il problema di Ishizaki brillo?»
«Penso di saperne qualcosa.»
«Per l’appunto. Dai sediamoci che ho fame.» e si incammina davanti a me.
Devo ammetterlo quella camicia bianca di cotone gli sta maledettamente bene.

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Capitolo 3
*** Cera ***


3 – Cera

Osservo Wakabayashi parlare con estrema disinvoltura con la padrona di casa, si vede che si conoscono da molto tempo. Credo di non averlo mai visto infilare così tante parole una dietro l’altra che non avessero come argomento il calcio. Da quello che ho capito è stato proprio lui a presentarla al marito: loro erano compagni di squadra e lei una studentessa in scambio culturale, o roba simile, nella sua scuola. Entrambi italiani all’estero.
«Invece voi due da quanto vi conoscete?» gli chiede lei indicandomi.
«Dalle elementari.» Wakabayashi si volta e mi guarda aggrottando la fronte «Quanto avevamo dieci, undici anni giusto?»
Annuisco «Su per giù. Era il primo campionato delle elementari per il Meiwa.»
«Quindi la vostra è un’amicizia di vecchia data?»
«A dire il vero non siamo mai stati troppo amici.» preciso.
«La colpa è tua.»
«E ti pareva. Mi scusi signor Super Great Goal Keeper, se torno indietro nel tempo me la prendo direttamente con Tsubasa.» dico sarcastico.
Wakabayashi alza un sopracciglio divertito «Ne sei certo?»
«Tsubasa sarebbe Ozora?» chiede il padrone di casa.
Wakabayashi si volta verso di lui «Sì, giocavamo nella stessa squadra.»
«E io ero l'avversario brutto e cattivo.»
«Non eri brutto, ma solo cattivo.» e rivolge di nuovo lo sguardo a me.
«Ammetto che il calcio di Kojiro è duro, ma addirittura cattivo?» dice uno degli ospiti.
«Aveva il brutto vizio di falciare e prendere a pallonate in faccia gli avversari.» e mi guarda di traverso.
«Quando è arrivato Soda però avete smesso di lamentarvi di me.»
Alza le spalle e fa una smorfia «Io non ci ho mai giocato contro, ero già in Germania.»
«Vi prego non trasformiamo questa serata in un revival dei bei tempi andati.» interviene la moglie e si rivolge con aria maliziosa a Wakabayashi «Piuttosto, bel tenebroso, non ci sono novità amorose all’orizzonte?»
Lo vedo arrossire leggermente e vado a scrutare le donne del tavolo che all’improvviso sono tutte interessate alla conversazione, vorrei ben vedere: ricco, famoso e atletico, cos’altro si può chiedere di più? Mi viene da ridere ma mi trattengo solo per non perdermi la scena di Wakabayashi che cerca un qualsiasi modo per svicolare l’argomento.
«Nessuna.» risponde abbassando lo sguardo e andando a giocherellare tutto quello che gli capita a tiro.
«Felicemente single o solo single?» lo incalza lei.
«Solo single, non ho ancora trovato la persona giusta.» e lo dice mentre tortura il tappo della bottiglia d’acqua che gli è capitato fra le mani.
«Quindi questa cosa della persona giusta è proprio una cosa di voi giapponesi, vero Kojiro?» Per poco non mi strozzo.
Odio essere al centro dell’attenzione, odio che la gente mi fissi e odio il modo in cui questa donna sogghigna sadica quando mi tira nel mezzo delle discussioni.
Mi affretto a rispondere «Non c’è nessuna, né a casa né qui.»
«E quella tizia di Okinawa? Sawada aveva detto eri fidanzato con una che gioca a softball.» mi chiede Wakabayashi stupito.
«Quando lo vedo devo ricordarmi di immergerlo nella cera bollente e strappargli via tutti i peli.» borbotto tra me e me «Akamine è solo un’amica.»

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Capitolo 4
*** Quadrifoglio ***


 

4 – Quadrifoglio

Osservo Hyuga chiacchierare con un compagno di squadra e all’improvviso mi rendo conto che è più loquace di quanto pensassi. Non parlo italiano, ma alcuni nomi li conosco bene e capisco al volo che parlano di calcio. A volte Hyuga è più fissato di Tsubasa, basta pensare a quella cavolo di sfida del gol da fuori area.
«Su Genzo, aiutami a sparecchiare.» mi ordina la padrona di casa.
«Perché io?»
«Perché oggi è il mio compleanno.» risponde il marito sogghignando.
Mi alzo ed eseguo, iniziando a togliere i piatti degli antipasti ai vari ospiti. Hyuga non fa neanche un sorrisetto canzonatorio, si limita a passarmi il piatto vuoto continuando a chiacchierare. Ne impilo alcuni e con il mio carico mi dirigo in cucina.
«Per non andare d’accordo con Kojiro, lo fissi troppo intensamente.» mi dice la padrona di casa.
«Non lo sto fissando.»
«Ma davvero? Non sai dire le bugie.» mi dice con uno sguardo furbo «Si vede da lontano che sei in fase di studio.»
«Diciamo che non sono abituato a frequentarlo e mi fa strano averlo di fianco. Tutto qua.»
Si volta per mettere i piatti in lavastoviglie «Lo trovo molto simpatico, anche se all’inizio se ne sta sulle sue e ha quell’atteggiamento da lupo solitario.»
Lancio uno sguardo a Hyuga che ride alla battuta di uno degli altri ospiti «Tigre.» dico.
«Come?»
«Lo chiamano la Tigre del Giappone.» ripeto tornando a guardarla.
Ci pensa su un attimo «Sempre un animale solitario, come te.»
La adoro, ma è così diretta che a volte mi spiazza. E pensare che l’ho presentata io a uno dei miei migliori amici o forse è lei in realtà la mia migliore amica. «Arriva al punto, cosa vuoi da me stasera?» domando appoggiandomi al piano da lavoro con la schiena.
«Da te nulla, sono semplicemente incuriosita.» risponde chiudendo la lavastoviglie e avviandola. Si volta e si mette a preparare la pasta.
Con la coda dell’occhio sbircio la tavolata. Non so nemmeno io perché continuo a fissarlo, perché non mi perdo nemmeno un suo movimento. Da ragazzino lo trovavo un bulletto irritante e maleducato, ma in Germania ho capito che forse non ero così diverso.
«Però devi ammettere che è un bell’uomo.» e guardo alla mia destra trovandola appoggiata con le braccia al bancone proprio di fianco a me.
Tana per Genzo. «Di chi parli?» chiedo cercando di fingermi indifferente.
«Di mio marito ovviamente.» risponde mentre il timer inizia a suonare. Va ai fornelli e li spegne, scola la pasta e la versa nel piatto con il condimento.
«Sai che ho tatuato un quadrifoglio?» annuisco «E sai cosa significano le quattro foglie?»
«Sono un simbolo di rarità e fortuna.»
Inizia a mescolare la pasta «Non solo. Una è la speranza, una la fede, un’altra l'amore e la quarta ovviamente la fortuna. Ho scelto il quadrifoglio nel periodo in cui io e mio marito eravamo lontani. Sai perché?» e si ferma a guardarmi.
«No.»
«Perché avevo bisogno di avere fede nella speranza che quello fosse amore con una spintarella di fortuna.» la fisso e prosegue «Prova a fare la stessa cosa.» e mi supera portando il piatto in tavola.

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Capitolo 5
*** Filo ***


5 – Filo

La padrona di casa ha lasciato il piatto da portata al marito per fargli fare le porzioni e adesso lungo la tavolata c’è un via vai di piatti pieni e vuoti. Gli italiani hanno questo modo un po’ scomposto di fare le cose, che li rende estremante conviviali. Le chiacchiere si inframezzano alle portate e al vino, l’atmosfera che diventa familiare subito, hanno questa capacità di mettere a proprio agio le persone che ti fanno sembrare simpatico anche Wakabayashi.
«Kojiro, tu e Genzo a parte che in nazionale non avete mai giocato insieme?» mi chiede la padrona di casa.
Mi volto per rispondergli «No, siamo di due prefetture diverse.»
«Quindi nessun filo conduttore che vi unisce a parte la nazionale e il calcio? Che so un ex compagno di squadra in comune?»
«Taro Misaki, lui ha giocato in molte squadre comprese Meiwa e Nankatsu le nostre.» risponde Wakabayashi.
«Quello che adesso è al Paris Saint-Germain?» chiede un altro degli invitati.
Annuisco «Suo padre è un pittore e ha girato in lungo e in largo il Giappone.»
«Se non sbaglio è stato anche in Italia, ma è della Francia che si è innamorato.» aggiunge Wakabayashi.
«È successo dopo il periodo alla Nankatsu. Non guardarmi così me lo ha detto Matsuyama, lo sai che quei due sono molto amici.» Rettifico forse mi fanno sembrare simpatico anche Wakabayashi, quando fa quel sorriso scemo lo prenderei a sberle.
«Quindi siete sempre stati rivali?» domanda il festeggiato.
«In realtà in Giappone abbiamo giocato una sola partita come avversari.»
«E come mai?» domanda la padrona di casa curiosa.
Wakabayashi a rispondere «Ero infortunato, alla gamba sinistra.»
«Tanto per cambiare. C’è mai stato un periodo della tua vita in cui sei stato tutto intero?» sorride divertita.
«Spiritosa, molto spiritosa.» risponde facendole una smorfia.
«Devi ammettere che non ha torto. Da che ti conosco hai sempre qualche problema per fortuna di Wakashimazu.»
Si volta e mi guarda truce, però stranamente mi fa sorridere. Deve essere il vino, sicuramente.
«E prima niente?» chiede un altro ospite.
Stavolta sono io ad abbassare lo sguardo e fisso la pasta nel mio piatto «Ho perso mio padre in un incidente d’auto quando avevo nove anni. È successo il giorno della mia prima partita con il Meiwa e per molto tempo non riuscii a giocare.»
«Mi dispiace, non lo sapevo.» dice la padrona di casa triste.
La guardo e faccio il mio collaudato sorriso da “va tutto bene” «Ora mai è acqua passata, non preoccuparti.» mento perché in realtà la sua assenza fa sempre male.
«Non lo sapevo.» sussurra piano Wakabayashi «La parte che non sei più riuscito a giocare intendo.»
«Lo sanno solo mister Kira e Wakashimazu, ovviamente anche mia madre.» ammetto.
«Ho sempre creduto che prima non avessi una squadra, insomma sei sbucato così dal nulla.»
«Semplicemente non eravamo abbastanza forti, io non lo ero.» Ripensare a quel periodo mi fa sempre sentire un po’ insicuro, mi fa sentire di nuovo piccolo.
«Adesso però sei il calciatore più forte del Giappone, Tsubasa non sarà mai forte quanto te.»
Sorrido «Smettila di fare il paraculo. Tanto alla prossima partita ti segno lo stesso.»

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Capitolo 6
*** Eccedentesiast ***


6 – Eccedentesiast
(chi nasconde il dolore dietro il sorriso)

Osservo Hyuga continuare a sorridere, eppure ho la sensazione che qualcosa stoni sul suo viso, è un’ombra negli occhi. Anche la risposta che mi ha dato mi ha lasciato una sorta di fastidio. Sorrido a mia volta e torno a guardare il mio piatto di pasta. So di non poter capire, lui ha avuto una vita estremamente distante dalla mia e mi sento un po’ un ladro per tutti gli agi di cui ho usufruito.
«Tutto okay?» mi chiede.
Mi sento in colpa perché dovrei essere io a fare questa domanda a lui, ma annuisco lo stesso. Mi volto a osservarlo, sembra indifferente ma continuo ad avvertire un peso all’altezza del cuore.
«Come fai?» gli domando.
«A fare cosa?»
«A fare finta di niente.»
Si ferma con la forchetta a mezz’aria e sorride «A volte fa un male incredibile, altre non ti accorgi della differenza. Il tempo aiuta, non ripara ma fa sbiadire le cose e sorridere diventa più facile.»
«Anche il dolore?»
«Sì, anche il dolore.»
«Capisco.» In realtà non capisco, non perché io sia stupido ma perché non ho mai provato quel dolore. Non ho mai sentito quella mancanza così profonda che può essere perdere un genitore.
Lo osservo mentre torna a mangiare e da sotto il tavolo ricevo un colpo. Mi volto verso la padrona di casa che mi sorride furba, ma stavolta non riesco a stare al gioco. La vedo rabbuiarsi e anche lei posa gli occhi su Hyuga che nel frattempo chiacchiera con il suo vicino.
«Allora Genzo, non trovi che sia migliorata in cucina?» mi chiede il marito.
Mi volto verso di lui e lo vedo farmi l’occhiolino. A quei due è bastato un solo sguardo per capire che era il caso di cambiare aria e portare il discorso su altro. Ho sempre invidiato il loro affiatamento, soprattutto quando parlano fra loro citando le frasi dei loro film preferiti.
«Non saprei, a me questo sembra un sugo pronto oppure l’hai cucinato tu.»
«Oh ma davvero?» risponde piccata.
«Ammettilo non sei brava neanche a fare le uova sode.» la punzecchio.
Al padrone di casa viene da ridere «Tesoro te l’avevo detto che non lo avresti fregato. Hai provato troppo spesso a cucinare per noi, ti conosciamo bene.»
«Già. Ricordi quella volta che hai bruciato i pop corn?» la incalzo.
«Come si fa a bruciare i pop corn?» domanda Hyuga stupito.
«Mi ero scordata la pentola sul fuoco.»
«Ma fanno pop, devi anche scordarti che fanno rumore.» dice ancora Hyuga stupito.
«Sapessi quante volte succede.» aggiunge il marito «La frittata, il sugo, la pasta, i carciofi.»
«I toast, i biscotti, le polpette, le patate arrosto.» mi intrometto io.
«Credo che una volta abbia persino bruciato il brodo.»
Lei incrocia le braccia al petto «Abbiamo capito, potete anche smetterla con questo elenco diffamatorio. E non mi sembra che vi siate mai lamentati del mio vin brulè.»
«Tesoro quello si beve, non si mangia e lo fai soltanto quando è freddo e fuori nevica.»

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Capitolo 7
*** Neve ***


7 – Neve

«Quanti ricordi con la neve e il vin brulè.» dice Wakabayashi con aria sognante.
«Quante sbornie vorrai dire.» precisa la padrona di casa «Voi due siete bevitori pessimi.»
«Non è colpa nostra, una bella bevanda calda dopo un allenamento nella neve aiuta a riscaldarsi.» interviene il marito.
«Sì come no. E perché Schneider e Kaltz non si ubriacavano mai?»
«Perché sono dei bacchettoni tedeschi.»
Vedere Wakabayashi ridere così di gusto è davvero strano, almeno per me. Credo che si siano davvero divertiti da ragazzi.
«E tu Kojiro, come te la cavi con la neve?» domanda lei.
«Pensavo mi chiedessi come me la cavo con l’alcol.
«Non dirmi che mister Kira non ti ha insegnato nessun trucchetto post sbornia.»
«Macché, eravamo io e Wakashimazu che lo raccattavamo in giro. Non hai nemmeno una vaga idea di quanti calci nel sedere ci siamo presi e credimi quell’uomo ha un destro davvero forte.» Se ci ripenso sento ancora il fondoschiena bruciare. «Con la neve mi trovo abbastanza a mio agio, ma resta il fatto che preferisco il mare.»
«Sai sciare?» chiede il padrone di casa.
«No.»
«Pattinare sul ghiaccio.»
«No.»
«Fare snowboard?»
«No.»
«Che cavolo Hyuga, ma non sai fare nulla.» mi dice Wakabayashi ridendo.
«Non sono mica Matsuyama io, vengo da Saitama sai.» rispondo un po’ piccato, ma effettivamente viene da ridere anche a me. Ho decisamente bevuto troppo.
«Allora è deciso, la prossima cena la facciamo in montagna con la neve alta almeno un metro.» dice gasata la moglie.
Wakabayashi si passa una mano sul viso «Oh poveri noi, oltre il cibo da asporto dobbiamo prenotare anche il reparto di ortopedia.» e stavolta la risata è generale.
Devo riconoscerlo, sa essere divertente. Mi sto accorgendo che non lo conosco per nulla fuori dal campo da calcio. Ammetto che anche Wakashimazu ha detto di averlo rivalutato molto negli ultimi anni, ma io non ho mai avuto occasione di rendermene conto. Alla fine questa cena è stata una buona idea.
«Ehi.» mi chiama piano. «Davvero, non farti insegnare a sciare da lei se ci tieni alla carriera.»
Sorrido «Tranquillo, non ho intenzione di salire su nessuno di quei cosi nemmeno a pagamento.»
«Bravo, perché oltre a non saper cucinare è una pessima insegnate.» e mi fa l’occhiolino.
Chi l’avrebbe mai detto che sarei finito ad accettare consigli di sopravvivenza da Wakabayashi.
«E tu sai sciare?» gli chiedo.
«Non benissimo ma sì. Sai in Germania mi è capitato, però non faccio altro che infortunarmi e così ho sempre cercato di evitare per paura di rompermi.»
«Ci mancherebbe solo che ti sfracellassi con gli sci e avresti ultimato la collezione delle sfighe.»
Sorride imbarazzato «Non mettertici anche tu. Ho già il fiato sul collo del signor Mikami e dei due Schneider. Ogni volta che esco dal campo, allenamento o partita che sia, mi fanno il terzo grado.»
Mi viene da sorridere. Mi immagino il nostro povero mister che lo chiama in continuazione per sapere come sta. «Mi stai forse dicendo che nella prossima partita devo essere delicato?»
Eccolo il suo sorrisetto furbo «Non ci provare, io da te voglio sempre il massimo.»

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Capitolo 8
*** Sogno ***


8 – Sogno

Stavolta tocca a Hyuga sparecchiare e da come ride con la padrona di casa non credo lei stia facendo la ramanzina anche a lui. Dubito anche che quei due abbiano la stessa confidenza che c’è tra noi, anche se li trovo molto in sintonia. Alcuni degli ospiti si fanno foto, altri si sono alzati per fumare in terrazzo e giusto un paio sono andati in bagno. La tavolata si è sfoltita e le chiacchiere si fanno più agevolmente.
«Allora Genzo, pensi che al Bayern ti rinnoveranno il contratto per la prossima stagione?» chiede il marito.
«Direi che è quasi certo. I due Schneider hanno fatto carte false per avermi in squadra sarebbe sciocco da parte della società lasciarmi andare.»
«Anche perché sei il portiere più forte d’Europa, anzi del mondo.»
Dalla cucina arriva un verso di disappunto e mi viene da sorridere. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che Hyuga non è d’accordo.
«Ti ho sentito.» gli dico voltandomi appena.
«Non ho detto niente.»
Non posso biasimarlo lui e Wakashimazu sono amici e lo saranno sempre e io non sarò mai più forte del mio rivale ai suoi occhi.
«Avete rivalità anche su questo fronte?» mi domanda un ospite sorridendo divertito.
«Il suo migliore amico è il secondo portiere della nazionale.»
«Ahi, brutta storia allora. Non giocherà mai con te in porta.»
E di nuovo un verso viene dalla cucina, stavolta è un risolino.
«La verità è che sono quasi sempre assente per qualche motivo, così finisce che il lavoro sporco lo fanno sempre Morisaki e Wakashimazu.»
«Per l’appunto.» ancora Hyuga dalla cucina.
Mi giro a guardarlo, ma è di spalle che aiuta la padrona di casa con la lavastoviglie. Di certo sta facendo quel suo sorrisetto con cui mi prende in giro, quello di del nostro primo incontro.
«Tu e Kojiro fate parte della generazione d’oro del Giappone, giusto?» annuisco «Quindi anche gli altri portieri saranno molto bravi.»
«Se consideriamo che io ho avuto un preparatore personale fin da bambino mentre gli altri non hanno avuto questa fortuna, direi che sono anche più bravi di me. Sono stato privilegiato perché ho sempre potuto fare ciò che desideravo, a differenza soprattutto di Wakashimazu.»
Hyuga mi fissa serio, non dice una parola, non fa un verso. I suoi occhi non sono arrabbiati o indispettiti, vi leggo invece soddisfazione e orgoglio. Fa un lieve cenno del capo e torna ad aiutare la padrona di casa in cucina.
«Voi siete solo due dei giocatori della vostra generazione che ha portato il Giappone ai più alti livelli.»
«Tsubasa è il nostro leader, il trascinatore, quello che sicuramente incarna di più il calcio giapponese, ma tutti abbiamo sempre dato il massimo. Era il nostro desiderio più grande, il nostro unico obiettivo era la vittoria. Tutti noi abbiamo sempre sognato di arrivare a toccare il tetto del mondo, gli sforzi che sono stati fatti erano tutti mirati a questo.» e mi volto verso Hyuga «Credo che per una volta siamo concordi, giusto?»
«Non avrei saputo dirlo meglio di così.»

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Capitolo 9
*** Longanimity ***


9 – Longanimity
(pazienza o tolleranza di fronte alle avversità)

Mi volto e trovo la padrona di casa che mi sorride sorniona. «Che c’è?»
«Genzo mi ha detto che ti chiamano la tigre.»
Non capisco dove vuole arrivare «Sì, è un soprannome che ho fin da ragazzino.»
«È interessante. Lui è il super great goal keeper, ma è un po’ megalomane non mi stupirebbe se questo soprannome se lo fosse dato da solo. Invece da dove nasce il tuo?»
«Dalla cattiveria che ci mettevo in campo. Per molto tempo sono stato un bambino arrabbiato.»
Lei torna a guardare il forno «Sarai stato anche arrabbiato, ma a differenza del piccolo principe devi aver aiutato spesso tua madre: sai fare le faccende di casa quasi meglio di una donna.»
«Il piccolo principe? Non parliamo del libro, vero?»
Ride divertita «No, di quel musone di Genzo.»
«Lui è sempre stato ricco, aveva la servitù, io lavoravo per aiutare la mamma a mantenere la famiglia. E comunque l’ha detto anche lui è stato privilegiato dal destino: andava scuola e giocava a calcio.»
«Capisco.»
Rimaniamo in silenzio, così ho modo di girarmi a guardare la tavola dietro di noi. Wakabayashi ride con il padrone di casa, il discorso è andato a finire a quando giocavano insieme all’Amburgo. Non mi ero mai accorto di come i suoi occhi si stringano quando sorride, o di come la bocca si inarchi quando non è strafottente.
«La prima volta che l’ho visto piangere, è stato quando si ruppe i polsi.» mi giro di scatto verso di lei «Lo guardi adesso e pensi che sia la persona più felice del mondo perché ha tutto, lo guardi in campo e pensi che sia il muro incrollabile e indistruttibile che salva sempre la situazione. La verità non è questa. Genzo a volte è fragile e tollera con pazienza tutto quello che il destino gli riserva, tutti gli infortuni e i problemi in squadra.»
Apre il forno e tira fuori la teglia con la lasagna, lo fa con una tale indifferenza che sembra che non abbia mai parlato.
«Perché me lo dici?» chiedo titubante.
Prende una spatola e inizia a fare le porzioni «Credo che voi due vi compensiate in qualche modo: tu hai sopportato i dolori dell’anima e lui quelli del fisico. A te basta nominare la tua infanzia, a lui basta muovere le mani, non siete così diversi.»
Non capisco come faccia, ma questa donna riesce a toccare dei tasti molto sensibili con una delicatezza disarmante. Comprendo perfettamente cosa abbia fatto innamorare suo marito.
«Non fraintendermi, non ho mai creduto che lui non soffra, o non combatta le sue battaglie, è solo che non ci conosciamo bene e per me è sempre stato il mio miglior nemico. In realtà non so com’è fuori dal campo.»
Si gira e mi sorride «Magari stasera scoprirai qualcosa di inaspettato. Oltre a essere un gran bel ragazzone è anche un cuore d’oro. Potrebbe stupirti.» Poi mi sorride avvicinandosi, mi fa segno di abbassarmi per dirmi qualcosa all’orecchio «È inutile che fai il bel tenebroso anche tu, io so il tuo segreto.» e mi fa l’occhiolino.

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Capitolo 10
*** Incisione ***


10 – Incisione

La lasagna è davvero buonissima e anche il vino lo è, il bianco è stato sostituito dal rosso corposo e le bottiglie hanno iniziato ad ammucchiarsi sul tavolo. L’inglese si sta piano piano perdendo e le conversazioni si vanno complicando: aveva ragione il padrone di casa, dobbiamo compensarci. Si ride più facilmente e mi soffermo spesso a sbirciare il mio vicino che si diverte, eppure ho la sensazione che dalla cucina sia tornato un po’ incupito.
«Ma come fa ad alternare italiano, tedesco e inglese?» domanda Hyuga ridendo alla padrona di casa.
«Devi sapere che quando beve si perde un po’, decisamente un bel po’. Guarda,» e si rivolge al marito «senti, tu lo reggi il whisky?»
E lui prontamente risponde cercando di impostare la voce «I primi due galloni sì, al terzo divento nostalgico e ci può scappare la lite.» poi scoppia a ridere.
«Visto? È andato.»
Guardo Hyuga che scoppia a ridere a sua volta, poi si volta verso di me «È un film. Me lo hanno fatto vedere una sera, ma è stata quasi una tortura anticipavano sempre le battute.»
«Zwei Ausser Rand Und Band» mi informa lei nel suo perfetto tedesco.
«Adesso ho capito.» dico colto da un’improvvisa folgorazione e mi rivolgo di nuovo a Hyuga«È quello con quei due che finiscono a fare i poliziotti per errore e smantellano un gruppo di narcotrafficanti. Con quella coppia di attori famosissimi.»
«Già, quello.»
«Anche a me lo hanno fatto vedere e anche tutti gli altri.»
«Ti dirò quelli western mi sono piaciuti molto, anche se forse quello dell’isola del tesoro mi ha fatto ridere di più.»
«Non nominare quel film o partono entrambi.» gli sussurro all’orecchio «Devi sapere che il tema del loro matrimonio erano tutti i film che questa coppia di attori hanno fatto insieme, io sono capitato proprio nel tavolo del film che dici tu.»
«Che non fossero semplici fan lo avevo capito, ma addirittura il tema del matrimonio.» dice stupito Hyuga.
Da sotto il tavolo ricevo un colpetto. Eccola che torna di nuovo alla carica. Non mi volto non voglio darle soddisfazione e continua parlare ignorandola.
«Pensa che lei gli ha fatto incidere una delle sue citazioni preferite dopo una litigata come monito.» mi volto a cercarla e lei intercetta il mio sguardo con un sorrisetto paraculo stampato in faccia. So perfettamente che cosa vuole dire con quell’espressione.
Torno con l’attenzione a Hyuga che sta fissando il punto che gli ho indicato e lo noto giocherellare con l’orologio che porta al polso sinistro, alzo gli occhi e incrocio i suoi.
«Me lo ha regalato mia madre quando sono venuto in Italia, ci ha fatto incidere il kanji di coraggio.» lo dice sorridendo.
Allungo il braccio sinistro e gli mostro il mio di orologio, è decisamente più costoso ma non voglio vantarmi, lo slaccio e gli mostro il retro «Me lo ha dato mio padre dopo il mio debutto in Bundesliga.»
«Coraggio.» legge sorridendo e scrollando appena la testa «Non si può dire che i nostri genitori non siano in sintonia.»

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Capitolo 11
*** Acrasia ***


11 – Acrasia
(
mancanza di autocotrollo)

La padrona di casa ride sempre molto quando parla con Wakabayashi, si vede che sono veramente amici e spesso parlano solo in tedesco. È una donna acuta e quella frase sul mio segreto mi ha decisamente spiazzato. Non mi piace che le persone si facciano gli affari miei e men che meno che pensino di sapere cose di me che non ho mai detto, però con lei è completamente diverso e non so se è per la confidenza che si sta creando tra noi o perché questo vino è troppo buono. La vedo farmi l’occhiolino e Wakabayashi si volta a guardarmi.
«Che sguardo truce, non ti stai divertendo?» mi chiede lei con quel sorrisetto paraculo stampato in faccia.
«Non prenderlo in giro, Hyuga non ha molto autocontrollo e non credo che sia avvezzo alla vita mondana.» interviene Wakabayashi.
«Vero, falso, vero.» ed entrambi mi guardano perplessi, così spiego «Vero che non devi prendermi in giro; falso che non ho autocontrollo; vero che non faccio vita sociale.»
«Sul tuo autocontrollo avrei da ridire.»
«E sentiamo genio, su che base fai questa affermazione?»
«Lo schiaffo a Matsuyama o la nostra scazzottata ad Amburgo possono bastare?»
«Kojiro non ti facevo così manesco.» dice la padrona di casa stupita e allo stesso tempo divertita.
«Non sono manesco.» rispondo un po’ in imbarazzo, poi mi rivolgo a lui «E comunque per lo schiaffo a Matsuyama non c’eri e la scazzottata in Germania sei stato tu a fare il cretino per provocarmi.»
Lo vedo grattarsi il mento facendo finta di pensare «Sulla nostra scazzottata hai ragione, ma su Matsuyama a sentire Misaki la versione dei fatti sembrava contro di te.»
Sospiro stanco, Misaki non è un bugiardo ed è inutile girarci intorno «Quindi vuoi condannarmi per un solo fatto accaduto alle elementari? Mi sembra di averlo già detto ero un bambino arrabbiato.»
«Sai Genzo, credo che se continui a infastidirlo così potrebbe davvero perdere il controllo.» interviene lei.
Wakabayashi alza le mani in segno di resa «Ho capito faccio il bravo, ma devi ammettere che non hai un carattere facile.»
«Da che pulpito viene la predica.» interviene all’improvviso il padrone di casa su di giri per il troppo vino «Narra la leggenda, e la narra Schneider non Kaltz che non è attendibile, che il signore qui presente ad Amburgo abbia picchiato diversi suoi compagni di squadra dopo solo una settimana dal suo arrivo.»
Incrocio le braccia al petto e mi giro verso Wakabayashi e mi sembra arrossito. «Avevano iniziato loro.» risponde in evidente imbarazzo.
«Sì, anche questo fa parte della leggenda.»
«E comunque non era passata una settimana, ma molto più tempo.» e fa un broncio da bambino.
Non riesco a resistere, quella faccia mi fa troppo ridere «Quindi quello senza autocontrollo e dal carattere non facile, sarei io?» e borbotta qualcosa di protesta ma mi fa ridere solo di più.
Sbuffa e punta lo sguardo nel piatto di lasagne vuoto «Però al Bayern sono stato bravo.»
Guardo la padrona di casa che ride insieme a noi «Ti sei fregato da solo prendendo in giro Kojiro. Ti è andata male bel tenebroso.»

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Capitolo 12
*** Hävitä ***


12 – Hävitä
(scomparire, svanire, perdersi)

I piatti vengono ammucchiati e cambiati di nuovo, stavolta io e Hyuga siamo stati esonerati. Osservo le bottiglie che sono ammucchiate sul tavolo: acqua, vino e cola. La curiosità mi coglie e mi volto verso il mio vicino.
«Di’ la verità, stai cercando di evitare di ubriacarti.» e gli indico l’ennesimo bicchiere colmo di cola.
Mi sorride un po’ imbarazzato «In realtà ne sono dipendente.»
«Questa poi non l’avrei mai detta. Quella fa ingrassare, lo sai?»
«Ne sono consapevole, ma è l’unico vizio che ho.»
Un vizio molto economico. Non me la sento di aggiungere altro, perché io di vizi ne ho e anche troppo costosi. Mi piacciono le auto sportive, gli orologi, le vacanze all’estero, collezionare cimeli sul calcio, insomma credo che tacere sia meglio.
«In realtà ne ho un altro, decisamente più costoso e molto complicato da gestire se hai una casa piccola come la mia.» interrompe così i miei pensieri.
«E qual è?»
«I libri. Amo leggere e soprattutto adoro collezionare guide turistiche dei luoghi in cui vado.»
«Decisamente più costoso del bere cola.» dico sarcastico ripensando ai miei di vizi. Non penso si sia reso conto dell’ironia perché mi sorride divertito.
«Devo ammettere però che mia madre ha ragione, se spendessi la stessa quantità di soldi annua in libri invece che in cola ora avrei una biblioteca.»
Non pensavo che ne bevesse così tanta, né che fosse un amante della lettura. Devo ammetterlo questa serata mi sta riservando molte sorprese.
«Chiudi la bocca. Se lo fissi così se ne accorgeranno tutti che gli sbavi dietro.» mi sussurra in tedesco la padrona di casa prendendomi alla sprovvista. Non faccio in tempo a risponderle che se n’è andata. La cerco con lo sguardo ma non si volta mai nella mia direzione.
«Che ti ha detto?» mi domanda Hyuga e mi giro verso di lui «Tanto lo so che avrà fatto una delle sue battute che mettono le persone in imbarazzo.»
«Hai imparato anche tu a conoscerla, vedo.»
Beve un sorso e appoggia il bicchiere «Non è semplicissima da capire lo ammetto, riesce a fregarti in vari modi, ma una cosa mi è chiara: è sadica.»
Rido, probabilmente non avrei saputo dirlo meglio. «Hai ragione lo è, ma è anche una persona davvero eccezionale. Se non fosse stato per loro, sicuramente avrei perso la strada.»
«In che senso?»
«Quando l’Amburgo mi ha messo fuori squadra, ho pensato che la mia carriera fosse finita. Mi sono detto “è così che svanisce il mio sogno, il super great goal keeper scompare per sempre”.» mi fermo un attimo, ho bisogno di bere e mi verso della cola anch’io. Sbircio Hyuga ed è in attesa che io prosegua. «Ci hanno pensato loro a farmi da sprono, diciamo che è stata lei. Una mattina mi telefonò e lei molto carinamente mi invitò a darmi da fare per andare alle olimpiadi.»
Mi fissa «Non è minimamente paragonabile, ma nel mio piccolo mi sono sentito così quando mister Kitazume mi ha lasciato a piedi per tutto il campionato.» Lo osservo mentre sposta lo sguardo sulla padrona di casa «Scommetto che con carinamente intendi dire che ti ha preso per il culo, vero?»

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Capitolo 13
*** Gridare ***


 

13 – Gridare

«Accidenti quanto mangiano gli italiani.» mi dice Wakabayashi mentre la padrona ci serve il secondo.
Annuisco. «Ho imparato questa cosa alla Reggiana, quando il capitano Gozza ha iniziato a rimpinzarmi nel suo ristorante: primo, secondo, contorno, dolce, frutta e caffè.»
«Che poi vogliamo parlare del caffè italiano? Sembra estratto concentrato.»
«I primi tempi sembrava di bere catrame inacidito, poi con il tempo me ne sono innamorato e adesso non riesco ad accostarmi nemmeno a quello tipo americano. La pratica dell’ammazzacaffè mi è stata più ostica da comprendere.» dico e mi becco uno sguardo perplesso di Wakabayashi «Hanno l’usanza di bere liquore subito dopo il caffè per ammazzarne il sapore, per mia fortuna è una cosa che non mi riesce ma per il resto si può dire che praticamente ho finito per diventare italiano anch’io. Anche se i piatti di mia madre continuano a essere i migliori.»
Sorride divertito «Sei un mammone.»
«Un nostalgico a dire il vero. E comunque lo diresti anche tu se li assaggiassi.»
«Non credo che possa mai superare la mia in cucina.»
«Con tutti quei soldi, non avevate tipo la cuoca o roba del genere?» chiedo stupito.
«A dire il vero sì, ma lei adora stare ai fornelli. Ha imparato dalla nonna, è lei che le ha tramesso la passione. Quando mi infortuno prepara sempre i suoi manicaretti per rimettermi in forze, il problema è farle capire che non sto male ma sono rotto e tu lo sai che io sono sempre rotto.» e un sorriso dolce e caldo, di quelli pieni d’amore, gli si disegna sul viso.
«Sono davvero stupito.» dico, ma la mia attenzione viene attirata dalla padrona di casa che alle sue spalle mi fa l’occhiolino. Se continua così prima che finisca la cena la strozzo.
«Stavolta sta prendendo in giro te?» domanda divertito Wakabayashi.
«Avevi qualche dubbio?»
Un improvviso vociare concitato ci fa voltare entrambi verso il capotavola opposto. Il padrone di casa e altri stanno discutendo animatamente, il vino li ha resi piuttosto irascibili a questo basta aggiungere il calcio e il gioco è fatto.
«Che succede?»
«Arbitri, punizioni e rigori.» rispondo contrariato continuando a fissare il padrone di casa che alza sempre più la voce per far valere la sua opinione. Questa è una cosa che odio degli italiani.
«E a te che succede?» riporto l’attenzione su Wakabayashi.
Faccio un respiro profondo «Detesto le persone che litigano gridando. Mi manda ai matti.»
«E come mai?»
«Ho questo ricordo di mio padre che litiga furiosamente con il nonno, non so nemmeno per quale motivo a dire il vero, ma non posso togliermi dalla testa le grida di quella sera. Ecco questo è un ricordo di papà che il tempo non si è portato via purtroppo.» lo vedo guardarmi sinceramente stupito «Non è che voglia ricordarmi proprio tutto di lui, quando si arrabbiava dava delle sculacciate davvero poco piacevoli anche se mamma è peggio.»
Scoppia a ridere e stavolta sono io a guardarlo perplesso «Scusa è che mi sono immaginato te grande e grosso come sei che ti fai prendere a schiaffi da quella signora graziosa e minuta che è tua madre.» e ride ancora.

 

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Capitolo 14
*** Latibulum ***


14 – Latibulum
un posto nascosto, un rifugio)

Non credo di aver mai parlato tanto con Hyuga, in realtà non ricordo nemmeno di averci mai parlato fuori dall’argomento calcio. È divertente, affabile e, mi sento strano a dirlo, la sua compagnia è davvero piacevole. Non credevo fosse un tipo dalla risata così facile. Si versa da bere, stavolta è vino, fa un sorso poi si volta a parlare con il vicino.
«È sempre così spiritoso?» mi chiede la padrona di casa.
«A dire il vero non ne ho idea.»
«Da quando ci conosciamo, ti ho mai detto che sei un grizzly?»
Sospiro alzando gli occhi al cielo «Sì, credo qualcosa come un miliardo di volte.»
«E non ti è mai venuta la curiosità di sapere il perché?» domanda sarcastica.
Conosco la risposta, anche fin troppo bene. «So di non essere socievole, ma non è che lui abbia mai fatto altrettanto. Siamo sempre stati rivali e non abitiamo proprio uno dietro la casa dell’altro.»
«Siete due stupidi maschi alfa, avete più orgoglio che cervello.» e incrocia le braccia al petto «Condividete la nazionale, potreste dirvi un ciao ogni tanto. Non farebbe male a nessuno dei due uscire dalla tana.»
«E perché stai rimproverando solo me?»
«Semplice perché ti conosco meglio e perché so che hai una graziosa casa al mare in cui potreste rintanarvi insieme.» mi spiazza così.
Resto a bocca aperta, ci metto un po’ per metabolizzare quel rintanarvi insieme. «Ma che stai dicendo? Perché insieme?»
Si alza e con noncuranza mi si avvicina all’orecchio «Perché a lui piace il mare.» sussurra prima di allontanarsi.
Riesco a malapena a respirare. Non capisco se quello che mi ha detto possa significare quello che immagino e così le idee mi si affollano rapidamente nella testa.
«Sapevi che il bel tenebroso qui di fianco ha una casa al mare dalle parti di… aspetta. Genzo dov’è che hai casa?»
Mi volto verso di lei e la trovo appoggiata alla spalla di Hyuga che mi sorride maliziosa, in questo momento la vorrei uccidere.
«Poco importa.» prosegue facendo un gesto con la mano «Comunque è in Giappone e non è come la casa dei suoi genitori, è piccola e per nulla adatta alla movida al massimo può ospitarci sei persone, con i futon belli stretti. Ci va per fare snorkeling e per vedere le balene.»
«Cos’è una specie di rifugio romantico?» mi chiede Hyuga sorridendo divertito.
Lancio un’ultima occhiata alla padrona di casa che ghigna e porto la mia attenzione al mio interlocutore «No.»
Torno a guardarla mentre si allontana per andare ad abbracciare il marito, insomma batte in ritirata rifugiandosi dall’unica persona con cui non sono capace di arrabbiarmi.
«Ti ha preso in giro di nuovo.» mi dice Hyuga.
Sposto lo sguardo sulle sue mani che stanno giocherellando con il tovagliolo, il modo in cui lo stropicciano e ne ridistendono le pieghe. Devo passare oltre, ho confusione in testa. Alzo gli occhi e mi sorride senza sottintesi.
«Quella casa è il mio luogo segreto, il rifugio dell’anima dove vado quando ho bisogno di ricaricarmi. L’ha vista solo in foto, anzi a dire il vero non ci ho mai portato nessuno e se mai dovessi farlo, sarà solo la mia persona speciale.»

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Capitolo 15
*** Preterist ***


15 – Preterist
(qualcuno il cui interesse principale è nel passato)

La padrona di casa siede in braccio al marito e sembra sfidare Wakabayashi con lo sguardo, ammetto che sono tentato di chiedere ma il mio vicino non ha un’espressione felice: sta torturando un pezzo di pane per il nervoso e non sembra intenzionato a smettere presto.
«L’unico che può capire dove sia la tua tana segreta in Giappone sono io, quindi direi che puoi rilassarti.»
«Non si tratta di questo, è che a lei piace giocare con me. Crede di sapere cose che…» e sospira abbassando gli occhi «Non si tratta della casa in sé in realtà, ma di quello che vuole che faccia.»
Vorrei chiedere di più, ma non credo gli farebbe piacere. Non lo conosco abbastanza eppure sento che questo è un tasto delicato. «Sai a volte mi ricorda Anego.» mi guarda «Non so dirti perché, ma in certi momenti sembra lei.»
«Adesso che me lo fai notare hai ragione. Credo che sia perché sono sfacciate allo stesso modo sotto certi aspetti.»
«Può darsi. Almeno lei non la trovi con un bandierone sugli spalti a fare il tifo.»
Sorride «Non aveva una bandiera, ma la maglia con il suo numero con un grosso cuore intorno.»
«Sei serio?»
«Già. Sai, li ho fatti conoscere io. Lei studiava in Germania, lui non parlava tedesco e così le ho chiesto di aiutarlo, due italiani in terra straniera potevano supportarsi. Hai presente quando si dice amore a prima vista? Ecco loro due.»
«E di nuovo Anego e Tsubasa.»
«E tu hai ancora ragione.»
Mi volto a guardare i padroni di casa che si parlano all’orecchio «Li invidio: loro, Tsubasa e Anego, Misugi, Matsuyama e persino Ishizaki. Non mi è mai capitato di innamorarmi così, cioè essere innamorato e corrisposto intendo.»
«E la ragazza di Okinawa?»
Torno a guardarlo «Lei mi amava, ma io no. Non c’è stato il colpo di fulmine tutto qui, non credo che mi possa capitare.»
Aggrotta la fronte e mi scruta perplesso «Perché?»
«Sono abituato a stare solo, ho delle difficoltà a mettermi a nudo e ho bisogno di fare le cose con i miei tempi. L’amore a prima vista è istantaneo, ti coglie al primo incontro e a me non basta.»
«Ma hai detto di essere stato innamorato ma non corrisposto, giusto?» annuisco «Magari non era la persona giusta per far scattare la scintilla.»
«La verità è che sono io a non essere la sua persona giusta, non può succedere anche se volessi provare.» e mi volto di nuovo verso la padrona di casa che ride allegra ancora fra le braccia del marito.
«Quindi adesso sei innamorato?» mi chiede, ma avverto incertezza nella voce e così torno con l’attenzione su di lui. Ha abbassato lo sguardo ed è tornato a giocherellare con il pane: con le dita fa palline di mollica che sembrano granelli di sabbia nelle sua mani così grandi.
«Non adesso, sempre.» mi fissa stupito «È uno di quegli amori che non puoi toglierti dal cuore neanche con il tempo, perché anche se sono passati anni resterà per sempre il metro di paragone anche se non ci siamo mai amati.»

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Capitolo 16
*** Scale ***


16 – Scale

«E tu, sei mai stato innamorato?» mi chiede Hyuga.
«Posso dire di essere stato profondamente attratto ma non sono certo fosse amore. Però non intendo attrazione fisica, all’epoca ero un ragazzino, credo fosse una sorta di affinità mentale.»
«E com’è andata a finire?»
Smetto di distruggere il pane che ho in mano e alzo la testa a guardarlo «Una cosa per finire deve iniziare, io non ho nemmeno mai fatto il primo passo. Sotto questo punto siamo molto simili.» dico sorridendo «È strano perché pensando a quella persona mi sento come quando sei in fondo alle scale e guardi verso l’alto per vedere la fine non la vedi ma sai che è lì. Forse è per questo che non trovo la persona giusta.»
«Siamo complicati.» mi fissa serio e ho come l’impressione che stia trattenendo qualcosa «Forse se avessimo fatto un passo in più ora saremmo in un’altra situazione.»
Prendo la bottiglia di vino, mi verso da bere e Hyuga mi porge il suo bicchiere così glielo riempio. «Intendi una situazione felice?» gli chiedo mentre fa un sorso.
«Non saprei se felice, ma sicuramente diversa da questa.»
Annuisco «Non è facile esporsi, almeno per me, se devo essere sincero ho paura delle reazioni.»
«Anch’io. Ho un soprannome che tutto fa presagire tranne certi lati di me.» dice serio fissando il bicchiere che ha in mano.
Ho una sensazione strana al livello del petto, ho bisogno di smorzare la tensione «Tipo che sei un tenerone?»
Ed ecco che sorride «Per quello non bastano la mamma e i miei fratelli?» e gli brillano gli occhi mentre lo chiede.
«Giusto. Allora che ami leggere e sei cola dipendente?»
«Non mi sembrano dei grandi segreti.» e sempre sorridendo torna a guardarmi «Io parlo di questioni d’amore, di ciò che va in contrasto con la tigre.»
«La tigre può essere in contrasto con molte cose.» mi porto una mano al mento e fingo di pensare «Sei la forza bruta, la determinazione e la caparbietà. Le cose a contrasto che mi vengono in mente sono la dolcezza, l’esitazione e l’arrendevolezza.» lo pungolo un po’.
«Praticamente il mio ritratto.» e scoppia a ridere.
Lo ammetto è contagioso e lo seguo a ruota. Non lo avrei mai immaginato, sa stare al gioco ed è divertente.
Il padrone di casa lo chiama e gli dice qualcosa in italiano, Hyuga si volta e fa un gesto con la mano come a dire “stai zitto”. La moglie ci guarda e fa l’occhiolino, poi scoppia a ridere e finalmente scende dalle gambe dell’uomo.
«Ha detto “per fortuna che non eravate amici”.» mi informa.
Scuoto la testa sconsolato, è stata sicuramente lei a farglielo dire. Quell’uomo quando è brillo è totalmente alla mercé di quella donna, più di quanto non lo sia da sobrio.
Torno a parlare con Hyuga. «Mi hai intrigato, adesso sono davvero curioso di vederti innamorato.»
Fa un altro sorso vino «Te l’ho già detto, sono innamorato da sempre quindi mi stai già vedendo.»
«Va bene, rettifico. Sono davvero curioso di vederti con gli occhi della persona che ami e ti ricambia.»

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Capitolo 17
*** Nove ***


17 – Nove

Guardo Wakabayashi aprire la bocca e richiuderla mentre distoglie lo sguardo da me «Ho detto una cosa stupida, scusami.»
Credo si sia accorto solo ora di quello che ha pronunciato. È strano il modo in cui mi fa sentire e il cuore fa un battito diverso, però non voglio che questa cosa rovini l’atmosfera che si è creata tra noi.
«Sarebbe davvero divertente se fossi proprio tu a vedermi in quel modo, se ci pensi fino all’antipasto a malapena ci rivolgevamo la parola solo perché tu sei Wakabayashi e io Hyuga, mentre adesso ci stiamo facendo confidenze.» e gli sorrido.
Si volta di poco e mi guarda appena, e di nuovo apre e chiude la bocca, credo stia cercando le parole giuste.
Lo tolgo dall’impiccio «Vedi che bere cola non è poi così male? Il vino ci rende troppo morbidi e alla fine diciamo e facciamo cose diverse dal solito.»
«Il vino dici?»
«Per me vale, sapessi quante me ne ha fatte combinare i primi tempi in Italia.»
Adesso si gira completamente verso di me «Tipo quel più tra l’uno e l’otto del diciotto sulla tua maglia?» chiede dubbioso.
«No, quella era una scelta obbligata il nove era occupato ed è un numero troppo importante per me. Parlo di cose tipo prendere a calci le regole giapponesi, lasciarsi andare e provarci.»
Lo vedo rilassarsi e sorridere «Allora per me è stata la birra non il vino, con l’aiuto di Hermann Kaltz.»
«Io avevo il capitano Gozza alla Reggiana che mi dava le spintarelle come dice lui.»
«E funzionavano?»
«A sentirlo il fascino orientale faceva stragi, dal mio punto di vista faceva pena.» scoppia a ridere «Sono serio, non sono capace di rimorchiare.» e ride di più.
Non riesco a trattenermi e rido anch’io. È piacevole scherzarci, mi fa sentire bene anche se non so perché.
«Io non posso lamentarmi, ma diciamo che non sempre le mie conquiste sono di mio gusto.» e lancia un’occhiata alla tipa appiccicosa che ha provato ad abbordarmi a inizio serata.
«Di quel tipo, praticamente ho la fila. Peccato che io prediliga altri generi e soprattutto sobri.»
«La tua ragazza di Okinawa mi sembrava piuttosto sobria.»
«Sì Akamine da questo punto di vista è perfetta, sono io che non sono adatto a lei. Tutto qui.»
«Oh andiamo, tu cosa potresti avere di non adatto a una ragazza? Sei praticamente lo stereotipo del bel tenebroso, se chiediamo a una qualsiasi delle donne presenti scommetto che nessuna sarebbe d’accordo con la tua affermazione.»
«Il problema non è quello che si vede a non rendermi adatto, ma quello che non si vede. Te l’ho detto ci sono lati della tigre che ti stupirebbero, soprattutto uno.» e sospiro.
«Allora ti dirò un segreto, anch’io ho un difetto che non si vede e mi rende inadatto.»
«Troppi soldi?» domando ironico.
«No quelli non sono mai troppi.» e mi sorride poi abbassa gli occhi «Preferisco altri tipi, sobri come dici tu ma diversi da come ci si aspetterebbe da me.»
A questa frase la voce della padrona di casa che dice “so il tuo segreto” si fa strada nella mia testa e di nuovo quel battito strano.

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Capitolo 18
*** Lampone ***


18 – Lampone

«Smettila di tormentarmi, non puoi decidere chi devo portare a casa mia.» dico alla padrona di casa mentre mi appoggio al piano da lavoro, dopo averle dato i piatti che mi ha costretto a portare «Sono serio, non puoi partire in quarta non sai niente di lui.»
«Forse ti sbagli e so più di quanto immagini.»
Prendo un respiro profondo e butto fuori «È innamorato.»
Si volta stupita a guardarmi «Stai parlando di Kojiro?»
«No, di tuo marito.» rispondo sarcastico «Certo che parlo di lui. Chi altri?»
«Ma ne sei sicuro?»
Alzo gli occhi al cielo scocciato «È stato lui a dirmelo.»
La vedo fare una faccia triste e con un sospiro torna con l’attenzione alle patate arrosto. Le toglie dalla ciotola di vetro con la quale le ha servite e le mette in una di plastica con gesti secchi.
«Ti ha detto chi è?» domanda chiudendo il contenitore con il suo tappo.
«No, ma è un amore di vecchia data. Potrebbe essere chiunque.»
Si gira verso di me e mi fissa seria «Di vecchia data hai detto?» annuisco e la vedo spostare lo sguardo alle mie spalle, so chi sta guardando «E se…» corruga la fronte e torna a occuparsi delle patate.
«E se cosa?»
«Credo di dover indagare.»
«No, farai cadere la cosa.» mi stacco dal piano e mi avvicino «E soprattutto la smetterai di assillarmi. È il compleanno di tuo marito, uno dei miei migliori amici, e vorrei solo divertirmi e godermi la festa.»
Si gira e mi fissa «Niente ti vieta però di fare amicizia con Kojiro.»
Sospiro, so quanto è difficile toglierle un’idea dalla testa. «Appunto, solo amicizia. Non mettermi in situazioni che non sai come gestire.»
Alza le mani in segno di resa «Va bene, va bene.»
Troppo semplice «Te lo ripeto, non impicciarti. Non sai come funzionano le cose, non conosci la paura della gente, non tutti sono come te e tuo marito e, soprattutto, tu non sai niente di Hyuga.»
«Hai ragione non conosco le reazioni delle persone, ma su di lui so di non sbagliarmi.»
Mi porto una mano alla fronte e me la massaggio «Ti prego, non incasinarmi la vita. Stiamo facendo amicizia e tanto basta.»
«No, che non basta e tu lo sai. Genzo ti ho visto stasera e ho capito finalmente tutti questi anni di inutili giri di parole che mi hai propinato.»
«Davvero, per favore…» e mi zittisce con un gesto della mano.
«Ti piace, anzi no di più. Te lo leggo negli occhi. È per lui che hai sempre rifiutato di legarti a qualcuno.»
«Non dire stupidaggini, te lo abbiamo detto non ci siamo nemmeno simpatici.»
«No, la verità è che sei solo un bugiardo.»
Non riesco a ribattere perché ha ragione, sono bugiardo. E ce l’ha anche quando dice che mi piace. Maledizione.
«Scusate, forse disturbo?» ci voltiamo entrambi e Hyuga, con i piatti in mano, ci guarda perplesso.
«Genzo non è d’accordo sul topping al lampone della torta.» dice lei voltandosi verso la lavastoviglie e aprendola «Dice che sa di sciroppo. Tu cosa ne pensi?»

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Capitolo 19
*** Gola ***


19 – Gola

Non so perché, ma non sono convinto che stessero parlando del dolce.
«Forse effettivamente sa un po’ di sciroppo.» rispondo stando al gioco.
Wakabayashi è teso lo vedo dalla postura, dalle mani chiuse a pugno e da come continua a deglutire, mentre la padrona di casa si è girata e dandoci le spalle si è appoggiata al lavandino.
Mi sento a disagio «Sentite, lascio questi e torno di là così continuate a chiacchierare.»
Lei si volta e mi sorride «Avevamo finito di parlare, non preoccuparti. Il problema è che mio marito è un golosone e Genzo crede che sarebbe stato meglio qualcos’altro.» dice prendendomi i piatti dalle mani.
«Tutti amano il cioccolato è risaputo, il lampone è un gusto difficile da fare piacere e ai più non piace.» interviene Wakabayashi appoggiandosi al piano di lavoro dietro di sé e incrociando le braccia.
Non so perché, ma si stanno reggendo il gioco o qualcosa del genere. A questo punto tanto vale partecipare.
«Con il cioccolato si va sul sicuro, ma se a lui piace il lampone credo vada bene lo stesso.»
«Devo ancora trovare qualcosa che non piace mangiare a mio marito.» e si mette ad armeggiare con i piatti.
Sposto lo sguardo su Wakabayashi che per un attimo mi fissa serio, poi prende un profondo respiro e dice «Torno a sedermi.»
Quando si è allontanato a sufficienza mi metto ad aiutare la padrona di casa con i piatti «Non c’è il lampone sulla torta, vero?»
«Sì, ma solo un po’.»
«Non c’era bisogno di fare questa sceneggiata, non parlo tedesco.» non mi risponde, così la fisso e si volta sorridendomi appena.
«Hai ragione lì per lì non ci ho pensato.»
«Non lo hai fatto perché stavate parlando di me.» e fa una faccia sorpresa «Non sono stupido, so come si comporta la gente quando sparla alle mie spalle.»
«Non stavamo sparlando, te lo giuro.» fa un sospiro «Però eri tu l’argomento.»
«Che ho combinato stavolta?» chiedo e incrocio le braccia al petto.
«Tu non hai fatto nulla, la colpa è mia.» abbassa lo sguardo «Mi ha detto che sei innamorato e abbiamo finito per bisticciare.»
Sento un campanello in testa e di nuovo quelle parole “so il tuo segreto”.
«E cosa vi siete detti di preciso?» domando abbassando le braccia.
«In realtà il tema della discussione era Genzo e la sua ritrosia per le relazioni, ma tutto è partito da te.»
«Non capisco perché lo abbia detto a te che sono innamorato.»
«È per colpa di qualcosa che gli ho detto.» e abbassa lo sguardo che è diventato triste.
Non so il motivo, ma so che devo sapere. Mi sento come se la cosa fosse importante anche per me. «Ti riferisci alla casa?»
«Con quella ho esagerato, ma davvero vorrei che ci portasse qualcuno.»
Non sono certo sia questo il motivo, ma devo farmi bastare questa scusa anche se continuo a sentire quelle fastidiose quattro parole ronzare nella mente e non riesco a trattenermi «Cosa volevi dire prima con so il tuo segreto?»
Sorride e prende un respiro.

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Capitolo 20
*** Fiammiferi ***


20 – Fiammiferi

Osservo Hyuga parlare con la padrona di casa, dalla tavolata riesco solo a vederli ma non a sentirli. Corruga la fronte e cambia espressione e non sembra sia bello il tema della discussione.
«Noi andiamo a fumare in terrazzo, vuoi venire con noi?» mi domanda uno degli ospiti.
«Sì perché no.» rispondo lanciando un’ultima occhiata alla cucina.
Uscito fuori, il fresco mi colpisce ma non si sta poi così male e se devo essere sincero mi accorgo solo ora dell’aria consumata che c’è in casa. Prendiamo posto sul divanetto e sulle poltrone in vimini e, neanche a dirlo, l’argomento principale è il calcio, la forma fisica dei vari giocatori e i pronostici per le prossime coppe. All’improvviso ricordo perfettamente quella volta che la padrona di casa mi disse che ogni famiglia italiana è un “bar sport” dove tutti sono allenatori e arbitri migliori di quelli che scendono in campo.
«Ammettilo Genzo, Kojiro in questa stagione è in forma smagliante.» mi dice il padrone di casa.
« Sì lo è, spero che continui così per i prossimi incontri con la nazionale.»
«Non cambiare discorso noi parlavamo di Champions, la tua imbattibilità in coppa è a rischio.»
Sorrido perché in realtà non ho cambiato discorso, non li stavo nemmeno ascoltando ho prestato attenzione solo perché ha fatto il mio nome e quello di Hyuga insieme. Pensare che adesso è dentro da solo con lei mi mette agitazione, quella donna potrebbe fare qualsiasi mossa pur di farci finire insieme. Lei non capisce che la gente ha paura del diverso, crede che tutti siano come lei e suo marito. Lo so che ha a cuore la mia felicità, ma non che si può andare dalle persone e dire “piacere mi chiamo Genzo e sono gay” soprattutto nel nostro ambiente, soprattutto con uno come Hyuga.
Il padrone di casa scansa un suo amico e mi si siede vicino. «Preoccupato?» chiede appoggiando il posacenere che ha in mano sul tavolino davanti a noi.
«No, mantenere il record di imbattibilità sarà una sfida interessante.»
Fa un tiro dalla sigaretta e mi sorride «Lo sai che non mi riferivo a quello. Altrimenti perché pensi che staremmo parlando in tedesco?»
Sospiro «Tua moglie è imprevedibile e sai come la penso riguardo la mia vita privata.» e prendo la scatola di fiammiferi sul tavolino e inizio a giocarci.
«Ma tu la adori come me proprio perché è piena di sorprese. Però sulla tua vita privata non posso che darti ragione, è invadente.»
Sono troppo in pensiero e mi esce solo un mugugno di assenso.
«La conosco bene non farà niente che possa crearti problemi con lui, puoi fidarti. È vero anche che ha le sue idee romantiche a riguardo.» e mette una mano sulla mia «Devi smetterla di distruggere le cose che hai in mano quando sei nervoso, soprattutto se ti capita la scatola di fiammiferi da candela della mia consorte.»
«Scusami.» e li appoggio «Non posso farci nulla, è più forte di me.»
«Lo so e devo dare ragione alla mia signora quando dice che ti serve una mano da stringere in questi momenti.»

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Capitolo 21
*** Sapone ***


21 – Sapone

Sono seduto a tavola e sbircio la padrona di casa in cucina. Mi sento profondamente confuso.
Una persona che conosco appena mi ha detto che sa che sono gay e pensare che ho sempre fatto di tutto per mantenere il mio segreto più segreto possibile. In verità la cosa che mi ha sconvolto di più, è stata la naturalezza con cui me lo ha detto come se fosse abituata a fare certi discorsi. Non prendiamoci in giro, non puoi essere omosessuale in uno spogliatoio pieno di uomini e sperare che non ti credano un maniaco, e soprattutto non puoi esserlo perché essendo famoso agli occhi degli altri non sei più una persona ma qualcuno la cui vita deve essere pubblica e alla mercé di tutti.
Vengo distratto da Wakabayashi che si siede di fianco a me, anche la sua espressione non sembra delle più allegre. «Ha detto che di lampone sulla torta non c’è poi molto tutto sommato.» Si volta verso di me sorpreso e solo adesso mi rendo conto delle mie parole, non hanno molto senso in realtà e non so nemmeno se siano uscite dal mio cervello.
«Pensavo ne fosse ricoperta.» risponde senza troppa convinzione.
«Sì, lo credevo anch’io. Pare vi siate semplicemente fraintesi.»
Mi fissa e prende un respiro «Nemmeno voi due avete parlato della torta, vero?»
«No.» rispondo distogliendo lo sguardo.
«Avete parlato di me?» domanda abbassando la voce, come se qualcuno capisse il giapponese in questa casa.
«Abbiamo parlato di me, a dire la verità. Tu non sei nemmeno stato nominato.»
«Davvero non ha tentato di spiegarti perché stavamo battibeccando?»
Mi giro e quando incrocio i suoi occhi non me la sento di mentirgli non dopo la confidenza che abbiamo raggiunto in queste ore. «Ha solo accennato alla tua ritrosia verso le relazioni e che con la casa ha superato il limite, poi abbiamo davvero solo parlato di me.»
«Non so perché ma ti credo.» e accenna un sorriso «Ha cercato di convincere anche te a fare amicizia?»
«No, la nostra discussione è stata molto più personale.»
«Insomma come al solito ha provato a farsi gli affari degli altri.» e di nuovo quel sorriso accennato.
Sorrido anch'io «Non capisco come faccia, ma riesce a farti abbassare le difese.»
«Ti frega perché profuma di sapone come le mamme. Hai presente quell'odore rassicurante che sa di casa? Ecco lei è quel tipo di donna.» dice Wakabayashi, così mi volto a cercarla, è ancora in cucina intenta a togliere la torta dalla confezione della pasticceria. «Ispira fiducia e senza che te ne accorgi ti ritrovi a parlarci anche della taglia dei boxer. Te lo dice uno che la conosce da anni.»
Riporto l’attenzione a su di lui «Hai ragione, parlare con lei è qualcosa che sa di famiglia. Però non le ho detto mica la taglia dei boxer, io.»
Scoppia a ridere. «Tranquillo, la conosco bene. Ti ha radiografato sa le cose senza che tu le abbia mai detto nulla.»
Senza volerlo mi incupisco perché è vero, lei sa senza che io abbia mai dato a vedere. «Senti vorrei chiederti una cosa.»
Si fa serio anche lui «Devo preoccuparmi?»
Faccio no con la testa «Mi odieresti se sapessi che sono…» ma la luce che si spegne mi interrompe. Parte il coro della canzone di buon compleanno e la padrona di casa arriva illuminata solo dalle candeline della torta.

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Capitolo 22
*** Appuntamento ***


22 – Appuntamento

Quando la luce torna, stiamo applaudendo il padrone di casa che ha spento le candeline, eppure il mio sguardo va a Hyuga di fianco a me. Lo osservo mentre come tutti fa gli auguri al festeggiato e alza il calice di spumante per fare il brindisi. Un po’ in italiano e un po’ in inglese, parte il coro di incitamento al discorso e vengo distratto di nuovo.
«E va bene, va bene.» dice il padrone di casa alzandosi in piedi «Se siamo qui riuniti a festeggiare, lo dobbiamo a quella santa donna di mia moglie perché fosse stato per me mi sarei sbracato sul divano a guardare una partita in tv. Ammettiamolo, c’è sempre una partita in tv.» e parte una serie di commenti e sghignazzi a riguardo.
Mi volto a cercare la padrona di casa che sorride divertita e me la immagino mentre lo rimprovera per la sua pigrizia.
«Fin dal primo appuntamento, ho capito subito che avrebbe comandato lei e se devo dirla tutta non mi dispiace affatto la cosa. A proposito, grazie Genzo per la tua abnegazione per farmi imparare il tedesco a tutti i costi.»
Riporto l’attenzione su di lui e alzo il calice dicendo «Grazie a te per essertela portata via.» e faccio scoppiare gli altri a ridere, però quando sposto lo sguardo su Hyuga lo vedo sorridere appena senza neanche guardarmi.
L’arrivo della torta ha fermato il suo discorso e so che stava per chiedermi qualcosa di importante, quasi vitale: “mi odieresti se sapessi che sono” cosa? Cosa sei Hyuga?
«Ricordo ancora la faccia di Genzo» sentire il mio nome mi fa tornare con gli occhi sul festeggiato «quando gli ho detto che mi ero preso una cotta pazzesca per la ragazza delle ripetizioni. Eppure era bella anche quando mi chiamava somaro.» e la guarda con gli occhi innamorati di quel primo appuntamento, come se il tempo non fosse mai passato. Il loro fu un vero e proprio colpo di fulmine, folgorati entrambi.
Anch’io sono stato folgorato, ma da solo. Prendo un respiro e abbasso lo sguardo sulle bollicine di spumante del mio calice, “è per lui che hai sempre rifiutato di legarti a qualcuno” ha detto la padrona di casa e ha ragione. Sposto lo sguardo appena su Hyuga che ascolta il discorso mentre io cerco di trovare una risposta: cosa sei? Per cosa potrei odiarti?
Si gira e incrociamo lo sguardo, lo vedo farsi serio e ho come la sensazione che la domanda rimasta in sospeso sia un bisogno urgente di certezza.
«Non credo che riuscirei mai a farlo. Non posso odiarti in nessun modo, non ne sono capace.» gli dico sottovoce, quel tanto che basta da non essere sentito dagli altri ma sufficiente a farmi capire solo da lui.
Corruga la fronte e mi fissa, apre la bocca, sta per dire qualcosa ma il brindisi ci distrae. Decisamente abbiamo un pessimo tempismo.
La situazione si calma, la torta viene divisa e distribuita, Hyuga mi passa il piattino ma non lascia la presa «Non ne saresti capace nemmeno se ti dicessi che mi piacciono gli uomini?» mi chiede lasciandomi senza parole.

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Capitolo 23
*** Presagio ***


23 – Presagio

Wakabayashi mi fissa a bocca aperta. Non potrebbe mai odiarmi, ha detto, ma non riesce a dire nemmeno una parola. Sapevo sarebbe finita così, finisce sempre così: prima le persone ti guardano come se all’improvviso ti fosse spuntata un’altra testa, poi si rendono conto davvero delle tue parole e li coglie il disgusto.
Gli lascio il piattino del dolce e prendo la forchettina per mangiare il mio. Non so se sentirmi arrabbiato con me stesso per averlo detto o con il vino che ha creato troppa confidenza tra noi. Come posso aver solo pensato che uno come Wakabayashi potesse davvero capire?
Sento la padrona di casa chiamarlo, li sento scambiare poche parole in tedesco, mentre mi ritrovo a pensare che alla fine il lampone non è poi così male. Certo il cioccolato piace a tutti, ma in fin dei conti è solo un gusto diverso dal solito. Però, perché a me non piace il cioccolato come a tutti? Perché devo essere io quello che ama il lampone?
Sento Wakabayashi espellere l’aria come dopo un profondo respiro, poi si schiarisce la voce però la domanda che mi pone è appena un sussurro «Da quanto te ne sei reso conto?»
Giocherello con la panna montata, non ho neanche il coraggio di sollevare lo sguardo dalla fetta di torta che sto smontando, ho troppa paura di trovarmi davanti il suo disprezzo. «Da sempre.»
«E sei, sì insomma…» fa uno sbuffo «Sei innamorato di Wakashimazu?»
«Di tutte le cose che potevi chiedere, questa è quella che ti preme sapere di più?» chiedo, ma in realtà vorrei solo dirgli “Sta tranquillo non sono un maniaco sessuale, non abuso dei miei compagni di squadra.”
«È perché hai detto di essere innamorato da tempo, quindi pensavo che magari…» faccio no con la testa e si interrompe.
«Lui è il mio migliore amico, sa tutto di me, però non ha niente a che vedere con questa cosa.» ma la risposta mi esce più secca di quanto vorrei.
«Scusami, è solo che lui è una delle persone più sobrie che conosco, insieme a Misugi, Misaki e Matsuyama.»
Scuoto la testa e mi viene da sorridere perché vorrei solo gridargli “Hai sbagliato portiere non ruolo” e invece dico «Hai intenzione di nominare tutta la nazionale per tentare la sorte?» mi volto e lo guardo arrabbiato.
L’espressione sul suo viso, però, non è disgustata e nemmeno di derisione, a dire il vero non saprei come definirla, forse è comprensione?
Resto così stupito che anche il mio sguardo cambia. All’improvviso ho una strano presagio, come se tutti i punti finalmente si uniscano nella testa e porto la mia attenzione sulla padrona di casa che parla con la vicina: lei mi stuzzica da tutta la serata riguardo Wakabayashi, lei mi ha parlato come se conoscesse bene l’omosessualità e sempre lei chiama solo noi “bel tenebroso”. Non può essere che lui sia come me, che siamo entrambi…
Deglutisco, ma ho la gola troppo secca così prendo un sorso di spumante. Quando poso il bicchiere, torno di nuovo a guardare Wakabayashi e nei suoi occhi vedo una scintilla, poi mi sorride: è caldo ed estremamente dolce.
«Anch’io sono gay.»

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Capitolo 24
*** Sospiro ***


24 – Sospiro

«Non stai scherzando, vero?» domanda Hyuga incredulo e faccio no con la testa «Ti avviso Wakabayashi, se mi prendi per il culo…» ma la minaccia si spegne quando nego di nuovo.
«Ora sì che ho bisogno di bere.» dice prima di scolarsi l’intero calice di spumante. Quando appoggia il bicchiere sul tavolo, resta fermo con lo sguardo fisso nel vuoto.
«Sono cresciuto con l’idea che tu fossi perfetto, mi bastava vederti fiero e deciso in campo, vedere la tigre in azione, per desiderare di essere come te, normale.» dico versando da bere a entrambi e torna a guardarmi «Invece abbiamo lo stesso difetto che non si vede e ci rende inadatti, è stupefacente.»
«Anch’io ho sempre voluto essere normale come te.» e sorride appena «Ai miei occhi sei sempre stato uno di quegli uomini che hanno il gene dell’eterosessualità come primario. Non sembri per nulla il tipo a cui possano piacere gli uomini.»
«Se è per questo nemmeno tu, sei il prototipo del tipo bello e impossibile che piace tanto alle donne. Sei la tigre e devo darti ragione il tuo soprannome tutto fa presagire tranne questo.»
Mi fissa in silenzio, non ho la più pallida idea di quello che gli passi per la testa però fa un sospiro. Riporta la sua attenzione sulla torta nel piattino, o a quello che ne rimane dopo che l’ha distrutta. Osservo il suo profilo, con lo sguardo scendo lungo la mascella e poi giù verso il collo fino a quella camicia di cotone bianca che improvvisamente mi sembra di troppo. Ho cercato in tutti i modi per tutta la serata di non pensare a quanto sia maledettamente bello, invece quella disgraziata della padrona di casa aveva ragione, come sempre d’altronde.
«Hai ragione sono innamorato di un compagno di nazionale, ma ti assicuro che non è Wakashimazu.» mi spiazza così.
Stavolta sono io a fare un sospiro rassegnato, mentre lui riprende a parlare «La prima volta che l’ho visto ho provato qualcosa, ma ero troppo piccolo e non ci ho badato. Poi è diventato una specie di ossessione e crescendo ho immaginato che la colpa fosse del fastidio che provavo per lui, fino a che non l’ho visto da vicino se così si può dire.»
Vorrei dirgli di smettere di parlare, vorrei che non aggiungesse dettagli che mi facciano capire e invece resto in silenzio ad aspettare perché anche se solo per questa sera finalmente abbiamo un dialogo vero, così lo ascolto mentre ricomincia.
«Sapevo già che in un certo senso non mi piacevano le ragazze, ero l’unico fra i miei amici a non trovarne nessuna interessante e pensavo fosse dovuto al fatto che avevo in mente solo la mia famiglia e la carriera.» si gira a guardarmi «Durante il World Youth ho capito molto di lui, vedere il modo in cui si era prodigato per la nazionale ha fatto crescere un desiderio diverso e mi sono reso conto appieno di essere diverso
I suoi occhi non mi sono mai sembrati così scuri e all’improvviso vorrei solo perdermici dentro, invece la mia mente continua a dirmi di starne lontano perché a lui piace un altro e provarci mi farà solo male, molto male.
Si guarda intorno, poi mi dice «Ti va di andare a prendere una boccata d’aria in terrazza?»
Gli sorrido «Sì, perché no.» e ci alziamo.

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Capitolo 25
*** Frammento ***


25 – Frammento

L’aria della notte è fresca e mi colpisce non appena apro la portafinestra. Mi avvicino alla ringhiera e prendo una boccata a riempire i polmoni, avevo bisogno di schiarirmi le idee. Questa cena è all’improvviso diventata perfetta e il cuore ha iniziato a desiderare qualcosa che gli avevo sempre proibito, quel maledetto salto nel buio. Wakabayashi è dietro di me e sento i suoi occhi sulla schiena. Mi volto e lo vedo farmi cenno di sederci sul divanetto in vimini, così mi accomodo di fianco a lui.
Prendo un altro respiro e ricomincio a parlare «Sai qual è stata la grossa delusione?» chiedo e fa no con la testa «Capire di non interessargli nemmeno come amico. Credo che il nostro rapporto possa riassumersi in due sole parole: conoscenza superficiale. Avrei sempre voluto avere un rapporto diverso, ma non sono il suo tipo.»
«Non ci si può fare niente la maggioranza del genere umano è eterosessuale.»
«Vero e a vedere lui non puoi far altro che constatare la cosa. Anche se poi scopro che proprio tu sei omosessuale.»
Sorride e abbassa lo sguardo «So nascondermi bene.»
«Anche troppo.»
Non posso fare a meno di osservarlo e la sua bocca mi sembra irresistibile, più lo guardo e più voglio baciarlo, tentare l’impossibile. Distolgo gli occhi perché so che potrei fare una scemenza grossa se continuo così, devo aggrapparmi all’ultimo frammento di lucidità che il vino e il desiderio non mi hanno ancora portato via. Restiamo in silenzio a contemplare la città e le sue luci, o almeno è quello che cerco di fare io per distrarmi.
«Credo che visto com’è Anego, forse potresti anche piacergli.» dice facendomi voltare stupito.
«Anego? Aspetta che c’entra lei?» domando, ma la sua faccia sbalordita mi fa capire che ha frainteso il mio discorso, così scoppio a ridere «Non ci credo… Scusami è troppo divertente… tu pensi che…» sto ridendo davvero tanto, che quasi non riesco a prendere fiato.
«Non parlavi di lui, vero?» faccio no con la testa perché non riesco a rispondere dalle risate, mentre si passa una mano sul viso dicendo «Ho appena fatto una figura di merda colossale.» e annuisco.
Continuo a ridere perché l’idea di me e Tsubasa è troppo divertente. Cerco di darmi un contegno mentre lui distoglie lo sguardo imbarazzato. «Io e Tsubasa.» e trattengo una risata «Non penso che uscirei vivo da sotto le mani di Anego se avessi una cotta per lui.»
«A dire il vero mi domando come faccia lui a uscirne vivo tutti i giorni.» dice tentando di cambiare discorso.
Perché con quella espressione sembra più sexy del solito? Credo che sia perché non l’ho mai visto così, non è che un piccolo frammento di quello che c’è dietro la sua maschera, ed è così bello.
«Ti risolvo la questione in maniera semplice se vuoi, sono innamorato di…» ma mi zittisce con la mano.
«Preferisco non saperlo. Non è per cattiveria, è che so che non riuscirei più a guardarvi diversamente. Finirei sicuramente per combinare qualche stronzata.» e mentre lo dice distoglie lo sguardo.
Lo fisso e ho la sensazione che abbia veramente paura di sapere. Non lo avrei mai detto, ma il Super Great Goal Keeper in amore è un fifone.

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Capitolo 26
*** Petali ***


26 – Petali

Perché quando ride deve essere così coinvolgente? Ma soprattutto, perché non penso prima di parlare?
Lo sbircio mentre perso in chissà quali pensieri osserva la città davanti ai nostri occhi. Hyuga vuole dirmi il nome dell’uomo di cui è innamorato, io invece vorrei rimanere all’oscuro però allo stesso tempo vorrei saperlo. Restare in questo limbo mi fa sognare di essere io e mi permette di crogiolarmi credendo di essere nei suoi desideri.
«A me piace l’hanami.» esordisce senza distogliere lo sguardo dal panorama «Ammirare quei fiori e sapere che durano così poco, guardarne i petali cadere lentamente, mi ha sempre fatto pensare all’amore.»
«Perché?»
«Credo per papà. Lui portava sempre la mamma a vedere la fioritura dei ciliegi e io ho continuato a farlo fino a che non sono venuto in Italia.» sorride dolcemente «Ho sempre amato gli occhi persi di mia madre, osservarla mentre quella sola lacrima le scende sulla guancia pensando a papà. Con il tempo ho iniziato a immaginarmi sotto quegli stessi alberi con la mia persona speciale.»
Avverto una fitta al petto «Perché lo dici a me?»
Si gira a guardarmi «Per ricambiare il segreto della tua casa.»
È serio e mette i brividi, ma in senso buono. Mi sento percorrere dal desiderio e provo sempre più forte l’invidia per l’uomo di cui è innamorato.
«Alla fine non era un vero segreto, forse è più una mia fissazione.»
«Chiamalo come vuoi, mi hai incuriosito. Ti immaginavo come uno che sì ama la sua privacy, ma non disdegna la vita mondana.»
«A grandi linee è così, però a volte ho bisogno di un posto solo per me.»
«Capisco. Però c’è una cosa che mi incuriosisce di più, chi c’è in cima alle tue scale?» domanda a bruciapelo «Come si chiama l’uomo che non ti fa trovare quello giusto?»
Kojiro è quello che vorrei dire, ma mi limito ad abbassare lo sguardo, non voglio sentirmi perso ancora di più. «Non posso dirtelo.»
Resta in silenzio e lo sento sistemarsi meglio sul divanetto «Mi sembra giusto, in fondo non abbiamo poi chissà quanta confidenza.»
«Non è la mancanza di confidenza a frenarmi, è che…», ma mi blocco. La verità è che non voglio mentire inventando scuse, lui è disposto a condividere con me qualcosa di tanto prezioso, ma io ho paura di perdere quello che mi è più indispensabile.
«Io te lo direi perché ne ho bisogno.»
Torno a guardarlo «Che vuoi dire?»
«Sta tranquillo non voglio usarti per avere informazioni o per tentare una conquista, semplicemente ho bisogno di dirtelo.»
Lo dice con una tale calma e naturalezza che sarei quasi tentato di accettare. Invidio la sua sicurezza.
«Non ti sentiresti a disagio, sapendo che io so?»
Fa no con la testa «Proprio perché sapresti che mi sentirei finalmente bene.»
Finalmente bene, perché suona come un invito? Forse in realtà è più una tentazione.
«E se conoscere il nome del mio uomo in cima alle scale dovesse deluderti?»
Mi sorride con la stessa dolcezza con cui lo fa pensando a sua madre «Sarei deluso, ma ti farei stare finalmente bene.»

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Capitolo 27
*** Toccare ***


27 – Toccare

Wakabayashi fa una smorfia e poi uno sbuffo, si sente da lontano che è bloccato. A me non importa se non sarò mai all’altezza di un uomo che non potrà mai avere, so solo che vorrei toccarlo anche soltanto per una notte.
«Dove alloggerai?»
Mi guarda stupito «Qui. Mi hanno invitato a restare per un paio di giorni.»
Torno a guardare il panorama. Vorrei davvero dirgli di venire a casa con me, di passare quel “paio di giorni” a rotolare fra le mie lenzuola. La verità è che se facessi una cosa del genere non riuscirei a tornare più indietro e finirei per soffrire più del dovuto.
«Abiti lontano da qui?»
«No, una decina di minuti a piedi.»
«Allora, se per te va bene, potremmo rivederci domani.»
Non credo alle mie orecchie. Mi volto a guardarlo, ma devo aver fatto una faccia davvero strana perché subito aggiunge «Se sei impegnato non c’è problema, non volevo essere indiscreto.»
«No, no. Sono libero anch’io in questi giorni. Sono solo stupito dalla tua proposta.»
«Se devo essere sincero lo sono anch’io.»
Hai una possibilità Kojiro, non sprecarla. «Proponi cosa vuoi fare e per una giornata sarò la tua guida personale, nei limiti delle mie conoscenze.»
Sorride ed è bellissimo «La colazione all’italiana con cornetto e cappuccino per iniziare, poi mi affido completamente a te.»
«Non dire così, potresti pentirtene.»
«Hai intenzione di mostrarmi la tua libreria?» chiede ironico, non sa quanto in realtà ci abbia preso.
«Quella è una cosa per pochi eletti.
Intendevo dire che non ho un’automobile.»
Mi fissa, ma non riesco a interpretare la sua espressione. Si sistema meglio sul divanetto, girandosi con il busto verso di me. Le spalle larghe attirano la mia attenzione e provo l’irrefrenabile desiderio di farmi stringere dalle sue braccia. Abbassa lo sguardo.
«E finora quanti sono stati i pochi eletti?»
Non riesco a smettere di guardarlo «A parte gli amici intimi, solo due.»
Fa un sorriso sbieco, quasi dispiaciuto «Storie lunghe?»
«Non molto a dire il vero, qualche mese la prima, poco più di un anno la seconda. Nessuno riesce a superare il paragone. E tu? Quante storie hai avuto?»
«Quattro, forse meglio dire tre e mezzo.»
«Come può essere mezzo?»
Stavolta sorride imbarazzato «Sai all’inizio non ero sicuro che mi piacessero gli uomini, così ho avuto una specie di storia con una ragazza, alla fine ho capito che mi piaceva suo fratello e che l’avevo inconsciamente usata. Per fortuna non siamo andati oltre al bacio.»
«Anch’io con Akamiine sono arrivato a quel punto, in realtà ci è arrivata lei.»
«Vuoi dire che una ragazza ha sorpreso la tigre con le difese abbassate?» dice divertito.
«Parli così perché non la conosci, è una via di mezzo tra Anego e quella là.» e indico la padrona di casa che si intravede chiacchierare dietro la portafinestra.
«Un bel caratterino.»
«Anche troppo, però se fossi stato etero sarebbe diventata sicuramente la mia ragazza. Mi piacciono le persone che mi tengono testa.»
Fa un sorriso, ma è triste. Chiudo gli occhi e prendo un grosso respiro, vediamo se capisce.
«Anche tu mi tieni testa, anche troppo. E lo fai da tutta la vita.»

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Capitolo 28
*** Proverbio ***


28 – Proverbio

Osservo Hyuga che si siede di lato e si rivolge con il corpo verso di me. Non ho ben capito se il suo fosse una specie di invito o una sorta di provocazione, sta di fatto che mi sento strano. Ho la sensazione che la bocca sia asciutta e che l’aria intorno a noi sia diventata all’improvviso più calda, o forse sono io ad avere caldo?
Lo vedo alzare lo sguardo verso la portafinestra e fare cenno con la mano a qualcuno di venire verso di noi.
«Allora bei tenebrosi, vi vedo piuttosto chiacchieroni.» dice la padrona di casa. Tiene in una mano due bottiglie per il collo e nell’altra una pila di bicchierini di carta.
«Ci hai tirato proprio un bello scherzo.» risponde sorridendo Hyuga «Tu sapevi che siamo entrambi omosessuali e hai fatto di tutto per farci fare amicizia.»
«Io non ho fatto nulla, seduti accanto a cena vi ci a messi mio marito.»
«Su tuo suggerimento.» intervengo a precisare.
Lei fa no con la testa e sorride «Stavolta non gli ho detto nulla, lo posso giurare. Piuttosto vi andrebbe un fine pasto?» e ci mostra le bottiglie.
«Non ci offrirai mica il liquore all’anice di tuo suocero, vero?» domanda Hyuga con una faccia schifata.
«No, stai tranquillo. Ho un passito di passerina e un vino aromatizzato su base di Sangiovese.»
«Però due scelte di classe.» la prendo in giro.
Fa una smorfia «Stupido. Sono un regalo di mio fratello, ce li ha portati dalle vacanze.»
«Se la metti così, assaggio la bottiglia con l’etichetta frammentata.» dice Hyuga e lei gli porge la pila di bicchierini per prenderne uno mentre appoggia una bottiglia sul tavolino di fronte a noi.
«Ottima scelta, l’Anima Mundi ha una lenta fermentazione in barrique che gli conferisce un sapore intenso.» dice, poi si volta verso di me.
«Se volessi la bottiglia scura sarebbe un’altrettanta ottima scelta?»
Sorride divertita «Certo che lo sarebbe. Il Kinà è perfetto in tutte le stagioni, soprattutto nel vin brulé.» e mi fa l’occhiolino.
«Ora sono ancora più curioso di assaggiarlo.» dice Hyuga.
«Quest’inverno farò in modo che ci sia l’occasione.» si volta verso me «Ovviamente tu sei dei nostri a prescindere. Ora vi lascio alle vostre chiacchiere, ho degli uomini un po’ troppo brilli da tenere a bada.» e riprende le due bottiglie.
Fa un paio di passi, si ferma e si volta ancora una volta «Ah Genzo, ricorda che ogni lasciata è persa.» e lo dice in tedesco, poi riprende a camminare e sparisce dietro la portafinestra.
Lo ha fatto di nuovo, ancora una volta ha deciso di mollarmi una spinta. Devo ammetterlo stavolta ha ragione, non posso lasciarmi sfuggire questa occasione, non dopo che ha detto che gli piacciono le persone che gli tengono testa e che io lo faccio da… “La prima volta che l’ho visto ho provato qualcosa ho immaginato che la colpa fosse del fastidio che provavo per lui. Durante il World Youth ho capito.”
«Oh cazzo! Sono un cretino!»
«Che è successo?» domanda Hyuga incuriosito.
Riporto lo sguardo su di lui e la sua bocca che si scosta dal bicchiere mi fa desiderare qualcosa in più. Allungo una mano e la porto fra i suoi capelli, senza pensarci mi avvicino e lo bacio.

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Capitolo 29
*** Legno ***


29 – Legno

Sentire le labbra di Genzo sulle mie mi stordisce. Il modo in cui la sua bocca assapora la mia, mi spinge a ricambiarlo. Lasciarsi andare, chiudere gli occhi, far partire il cuore è tutto ciò che riesco a fare. Quando le lingue si sfiorano sono completamente perso, so che non ci sarà ritorno per me. La mia mano va da sola e mi ritrovo a stringergli il collo, a sfiorargli i capelli. Vorrei che non finisse mai, ma ci stacchiamo e quando lo facciamo sono ancora un po’ confuso, non ci posso credere: mi ha baciato. Siamo fronte contro fronte e mi stringe i capelli, mentre il mio cuore batte fortissimo e fisso i suoi occhi così neri e profondi.
«Volevo assaggiare il vino, sentire il sapore del legno e volevo farlo direttamente dalle tue labbra.» sussurra.
Annuisco appena, la cosa che più desideravo è appena successa e a dire il vero non ci ho capito molto. Vorrei chiedere tante cose, dirgliene altrettante ma riesco solo pronunciare «Anch’io vorrei provare il tuo.»
Sorride e si allontana per fare un sorso. È sempre stato un uomo estremamente affascinante, ma in questo momento lo è ancora di più: il modo in cui la sua bocca si schiude, come continua a guardarmi. Quando poggia il bicchiere, sono io a prendere possesso delle sue labbra e lo sento sospirare. Percepire la sua bocca cercare la mia, aprirsi per approfondire il bacio, mi fa bene e male allo stesso tempo. Non ha la più pallida idea di quanto lo ami, non immagina quanto questo meraviglioso momento mi farà soffrire a cena finita, eppure non voglio rinunciarci. Ci separiamo e ci fissiamo.
«Sarei dovuto arrivarci prima, ma sembrava così irrazionale.» dice imbarazzato.
Sorrido «Ti facevo più sveglio, su questo fronte.»
«In genere lo sono, ma tu mi confondi.»
«Perché?» domando perplesso.
Prende un respiro e abbassa lo sguardo «Perché sei in cima alle mie scale.»
Non posso crederci. Lo fisso e all’improvviso mi rendo conto del tempo che abbiamo perso a essere distanti, di quante piccole cose abbiano un senso diverso. Chiudo gli occhi e quando li riapro sto guardando il panorama.
«Non lo trovi buffo? In tutti questi anni abbiamo sempre pensato di non sopportarci e invece eravamo solo scostanti per l’amore che proviamo.» e torno a guardarlo.
Vedo i suoi occhi spostarsi dai miei e scendere sulla bocca, per poi tornare di nuovo in alto a fissarmi.
«Quando ti ho rivisto durante il World Youth, avevo da poco capito che mi piacevano i ragazzi e tu eri diventato più bello di come ti ricordassi, eri davvero una fiera tigre. Quando siamo finiti alle mani, anche se ero stato io provocarti, ho provato un profondo senso di lacerazione e ho realizzato che quello fosse il massimo contatto che potevamo avere: i pugni.» sorride ma è triste. «Pensavo mi odiassi, ma mi hai difeso lo stesso con la squadra anche se non ho mai capito il perché.»
Allungo la mano e afferro la sua, le dita si intrecciano e mi sento felice. Ora non è più un salto nel buio, ora posso lasciare il mio cuore libero di tentare. Mi avvicino al suo viso e la sua bocca si apre non appena lo sfioro con la mia.
«Perché ti amavo.»

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Capitolo 30
*** Hiraeth ***


30 – Hiraeth
(nostalgia per un luogo perduto, o una persona, dove non si può più fare ritorno)

Vorrei che questa sera non finisca, vorrei poter restare così per sempre. È un desiderio che si realizza, ho desiderato tutta la vita potermi sentire amato da lui, da Kojiro Hyuga.
«A questo punto trovi sconveniente se ti chiamo per nome?»
Mi sorride «Solo se io posso chiamarti Genzo.»
Non avrei mai pensato di provare un brivido così profondo da scuotermi al sentire il mio nome uscire dalla sua bocca. Stringe più forte la mia mano e non mi sembra ancora vero.
«Hai mai pensato a cosa sarebbe successo se ci fosse stato prima questo momento?» domanda avvicinandosi ancora di più.
«Sì. Quando sei venuto in Italia, avrei voluto che l’ingaggio l'avessi trovato in Germania con me. Ricordo che quando ho saputo la notizia sono rimasto male perché non eri vicino eppure allo stesso tempo sapevo che lo eri.»
«In quei giorni ho davvero desiderato tanto chiamarti, poi però sono finito alla Reggiana e temevo mi prendessi in giro.»
Restiamo in silenzio a sorseggiare i vini nei bicchierini e a guardare il panorama, le dita intrecciate e io ho solo una voglia pazza di stringerlo forte. Prendo un respiro e penso che tra poco tornerà a casa sua, lontano da me anche se sono solo dieci minuti.
«Quindi immaginavi di vedere l’hanami con me?» chiedo per scacciare via i pensieri negativi.
«Già.»
«È da quando ero un bambino che non lo faccio, in Germania non è possibile.»
Si volta verso di me e anch’io torno a guardarlo.
«Potremmo accompagnare mia madre la prossima volta.»
Resto a bocca aperta, letteralmente. È praticamente un invito a fare le cose per bene, a diventare una coppia. Non avevo mai fatto dei progetti con nessuno.
«Se a lei non dispiace.»
Fa no con la testa «Credo che ti adorerà.» La certezza della sua voce è rafforzata da un sorriso dolce.
«Sono certo che anche tu piaceresti alla mia.»
Corruga la fronte pensieroso «E a tuo padre piacerei?»
«A dire la verità lui ti stima molto anche adesso, dice sempre che sei il miglior esempio da seguire. Immagino che stapperebbe la bottiglia di sake più costosa della sua collezione.»
Stavolta è lui a restare a bocca aperta, così mi spiego meglio. «Vedi è un grande appassionato di calcio, conosce tutti noi della generazione d’oro e ha sempre trovato la tua storia meritevole oltre misura. Ha una predilezione per chi lavora sodo come te.» Sorride e abbassa lo sguardo «Non so cosa avrebbe pensato papà, non sono mai stato certo che avrebbe accettato la mia omosessualità anche se la mamma dice che lo avrebbe fatto.»
Avverto una profonda nostalgia nella sua voce, di nuovo quella stilettata al cuore che mi fa soffrire. Non credo che i problemi economici fossero la cosa che più lo abbiano fatto star male, ho l’impressione che sia stata questa perdita a procuragli il dolore maggiore.
«Vieni nella mia casa al mare.» dico facendolo girare «Ho sempre voluto che fossi tu al mio fianco, non ci ho mai portato nessuno perché volevo solo te.»
Mi fissa serio, non so perché ma ho paura di aver sbagliato. Si alza e mi tende la mano «Che ne dici di venire prima a casa mia?»
Non mi importa cosa ci sarà domani, voglio solo che adesso siamo io e lui. Afferro la mano e mi alzo anch’io «Mi hai promesso la colazione italiana con cornetto e cappuccino, non dimenticarlo.»

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Capitolo 31
*** Saturno ***


31 – Saturno

La festa è finita, gli ospiti hanno iniziato ad andarsene e solo i più brilli restano ancora un po’ per giocare a carte. La padrona di casa è seduta sul divano di fianco al marito, si è tolta le scarpe, il vestito ha perso la sua piega e i capelli iniziano ad arruffarsi, assiste alla partita ridendo e scherzando nel più totale relax. Alza gli occhi e vede Genzo e Kojiro quasi sull’uscio, gli altri sono distratti non si sono accorti di loro due, ma lei è lucida perché non voleva perdersi la realizzazione di quell’amore. Li osserva per un attimo mentre entrambi si infilano le giacche, era certa che sarebbe finita così fin da quando li aveva notati uscire in terrazzo. In quel momento Genzo si volta e le fa un cenno del capo come a ringraziare e solo in quell’istante anche Kojiro si gira verso di lei salutandola. Sorride felice, loro sorridono felici.
La notte li avvolge con il suo silenzio mentre camminano piano, la luce arancione dei lampioni li illumina di tanto in tanto e l’aria ha l’odore della pioggia che sta per arrivare. Kojiro allunga la mano, sfiora quella di Genzo e senza pensare le dita si ritrovano di nuovo intrecciate.
«Non penso ne avranno a male, se passerai la notte altrove.» dice Kojiro giocherellando con il portachiavi che ha in tasca.
«Dopo tutto quello che ci hanno fatto passare stasera non credo proprio.»
«Ti avverto casa mia è piccola, non sono abituato a stare in spazi troppo grandi da solo.»
«Mi piacciono le case piccole, sono intime.» «Davvero?»
Genzo annuisce «Sai la mia casa al mare è minuscola, niente a che vedere con le manie di grandezza dei Wakabayashi.»
«Nessun giardino immenso con campo da calcio? Sai che non riuscirò a crederti finché non la vedrò?»
«Per adesso ti farò vedere qualche foto, però la prossima estate verrai a vederla con i tuoi occhi.»
Kojiro annuisce, è felice come poche volte nella sua vita. Genzo stringe ancora di più la mano del suo amato e viene subito ricambiato.
«Riesci a immaginare quante volte ti ho guardato nello spogliatoio mangiandoti di desiderio credendo di non poterti avvicinare?» domanda Genzo.
«Credo di averne una vaga idea. Sai anch’io ti spiavo, ma stavo attento a non farlo mentre facevi la doccia altrimenti non avrei potuto trattenere le mie reazioni.»
Si sorridono divertiti, mentre lentamente camminano nella notte senza la fretta di arrivare. Entrambi sanno che avranno tutto il tempo di amarsi, di recuperare e parlare finalmente liberi.
Kojiro in cuor suo freme di raccontargli tutto, di dirgli quelle piccole cose che con il tempo ha ammucchiato nella memoria; Genzo è sempre più desideroso di scoprire tutto dell’amore della sua vita.
«Domani devo ricordarmi di chiamare Naoko.»
«Tua sorella? Perché?»
«È una patita di astrologia e crede in tutte quelle cose del destino già scritto, l’influenza dei pianeti e robe del genere.»
«E quindi?» domanda Genzo curioso.
«Quando mi ha detto che prevedeva grandi cambiamenti nella mia vita per la posizione di Saturno, le ho detto di smetterla di credere alle favole e abbiamo litigato.» si volta a guardarlo «Devo chiederle scusa.»
«Credo proprio di sì.»
E in questa notte dove l’aria sa di pioggia e il tempo sembra fermo, Kojiro e Genzo camminano innamorati mano nella mano con la certezza che questo sarà l’inizio di una nuova vita per entrambi e che a volte accettare un invito a cena può essere la cosa migliore che la vita possa offrirti.






E anche questa è finita, in ritardo ovviamente.
Spero di avervi tenuto compagnia anche se con capitoli brevi, padroni di casa ficcanaso e finali che lasciavano un po' appesi.
Ringrazio tutti per avermi seguito e vi prometto che risponderò alle vostre recensioni. Dire che questo è stato un periodo difficile suona di scusa, quindi vi dirò che sono una lungona che se la prende troppo comoda.
Alla prossima storia.

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