Cosa resterà?

di eclissidiluna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Sam guida da ore, controllando, di tanto in tanto, i suoi passeggeri. Un’occhiata dallo specchietto retrovisore e uno sguardo veloce a quel posto solitamente “suo”, raramente occupato da Dean.

Angelo e nephilim sui sedili posteriori, dondolano ad ogni curva, come pupazzi di gomma. Sam li ha adagiati di peso, uno accanto all’altro. Non hanno mai ripreso conoscenza.

Dean alterna momenti in cui è vigile ad altri di dormiveglia agitato.

Quando l’Impala si è bloccata, con uno stridio di freni, Dean, intravedendo immacolate porte scorrevoli, ha scosso la testa, facendo cenno di proseguire. Con il suo solito piglio ritrovato, ha “ordinato” a Sam di raggiungere il bunker, per occuparsi di Castiel e…di Jack. Sam ha borbottato un “Dannazione, Dean!” ma poi, rinunciando ad ogni tentativo di farlo desistere, si è concentrato nuovamente sulla strada.

Quel ragazzo è come un figlio. Per entrambi. Dean non può passarci, di nuovo.

Sam non può passarci, di nuovo.

Un ospedale…ok. Ma vicino casa. E’ sufficiente ricordarsi di respirare “a metà”, senza espandere troppo la gabbia toracica. Dean vuole esserci quando Jack si sveglierà. Perché Jack deve svegliarsi.

Ogni minuto che passa può essere prezioso per Jack. Dean, invece, può continuare a respirare “a metà”. Per ore.

E così ha fatto. Sempre più superficiale. Sempre più corto, fin quando, talvolta, si è persino scordato di farlo.

 “Andrà bene” ha biascicato e, il portone del bunker, è stata l’ultima cosa che ha visto. Poi è collassato sul sedile. Sam ha ringhiato qualcosa, a mezza bocca, lasciando che Mary e Bobby, insieme agli altri cacciatori, si occupassero di Jack e Castiel. Mary, in silenzio, ha sfiorato il volto lucido del maggiore e quello cereo del minore.

Sam è ripartito, spingendo il piede sull’acceleratore.

Andrà bene.

---

Le luci al neon sono terribilmente fredde e oltremodo accecanti. Cosi crudelmente estranee eppure amaramente note. Sam non è solo. Altri aspettano.

Definizione tragicamente sarcastica: “sala d’attesa”.

Attendere. Aspettare. Aspettare quella notizia che ti fa perdere un battito o quella che ti fa riacquistare colore.

Una dottoressa avanza decisa, raggiungendo quel drappello di persone che, come lui, non sanno cosa…aspettarsi. Alta, secca, labbra sottili… un giunco con gli occhiali. I capelli di un castano naturale spento, raccolti in una coda di cavallo che, probabilmente, risale all’inizio del turno. Non deve aver avuto né il tempo né la volontà di “risistemarla”. Andare in bagno per sciacquarsi il viso, per bagnarsi i polsi, per provare refrigerio semplicemente poggiando i palmi sulla ceramica. Gesti meccanici, di routine, che non comprendono lo “step acconciatura”. Il camice bianco sembra non essere il suo, di una taglia più grande. Come se ci fosse “smagrita” dentro, a furia di notti trascorse a lottare contro Morte, venendo a patti con lei, sottraendole chi tenta di salvare. In un modo o nell’altro, vincente o perdente, attraversa comunque quell’atrio, con un unico compito: porre fine all’attesa.

Si avvicina con aria mesta a una signora di mezza età che si muove nervosamente, accanto a un giovane. Sam si stupisce di quanto gli ricordi Jack. Stessa chioma ambrata, un po’ mossa, stesse iridi chiare, innocenti e un po’ perse. La donna, sostenendosi al ragazzo, scoppia a piangere, mentre gli occhi di lui si fanno più smarriti.

Sam rivede se stesso. In un corridoio molto simile a questo. Il caffè che cade sul pavimento. E John che cade all’Inferno. Conclude dolorosamente che, da qualche parte, in una sala operatoria, un mietitore abbia portato con sé un padre.

L’esile figura che pare uscita da un quadro di Modigliani, si avvicina a lui. E Sam, sforzandosi di essere ottimista, sa che l’attesa è finita.

“Come sta? Mio fratello come sta?!” chiede con impeto, combattendo contro l’ansia che gli fa pulsare le tempie. La dottoressa lo scruta attenta, rispondendogli con una domanda, dimostrando di aver letto  scrupolosamente la cartella di Dean, consapevole di parlare con la “persona di riferimento” del ricoverato.

“Signor Sam, giusto?”

Riferimento”. L’uno dell’altro. In un modo che nessuno potrà mai comprendere. Mai, fino in fondo.

Sam annuisce sorpreso di quel tono confidenziale. La gentilezza, l’empatia forse le sono congeniali quando deve comunicare qualcosa di grave. Rammenta che, poco prima, l’ha vista mettere la mano sulla spalla di quel ragazzo. Improvvisamente la vorrebbe più formale.

“Lo ha soccorso lei, vero?” e c’è ancora quel tono amichevole, in qualche modo affettuoso. Dovrebbe metterlo a proprio agio ma, al contrario, ha l’effetto della candela che si spegne soffocata da un brivido, quando si palesa un fantasma.

Sam deglutisce e intuisce la ragione del quesito “Sì…ho fatto…ho fatto qualcosa…ho sbagliato qualcosa…me ne sono accorto…” ammette, lasciandosi andare, sconfitto, sulla sedia.

Il lungo collo aggraziato ha una leggera movenza, come se “accompagnasse” le corde vocali, impegnate nell’esporre. “Sam…può capitare anche a un professionista esperto e non emotivamente coinvolto…non ha nulla da rimproverarsi…”.

 La dottoressa Margaret ha un paio di anni in più di lui ma, il ruolo che le tocca, le conferisce un’aria ben più matura. Sam la immagina decisamente più… “vecchia”. Questa sorta di “ipotesi anagrafica” non fa che aggiungere paura alla paura. Ha di fronte una specie di “Mary”, con capigliatura liscia color nocciola. Con la sensibilità di una “madre”, gli annuncerà la tragedia. Nonostante le buone intenzioni, lui ha danneggiato Dean…in modo irreparabile. E lei è lì per mettere a nudo la sua inettitudine.



Sam si morde il labbro, ad occhi semichiusi, quasi come se, il non metterla completamente “a fuoco”, potesse zittire quel che non vuole sentire.

 Margaret riconosce il terrore di palpebre incerte che restano sulla “difensiva”.

Margaret e’ avvezza a comunicare pessime notizie ai familiari dei pazienti. L’accolgono con la rispettosa trepidazione che si riserva ad una sapiente Dea. Ancor prima che traduca il proprio sguardo in parola.

Margaret ama il suo lavoro. Non lo cambierebbe per nulla al mondo. Ma, essere “oracolo”, è la parte più difficile. Quella che, nel tempo, le ha fatto perdere chili e guadagnare un’ulcera tenuta a bada dagli antiacidi. Una costola fratturata, rispetto alla media dei “verdetti” emessi…è una “buona notizia”.

Gli sorride, manifestando l’intenzione di giustificarlo e, nel contempo, rassicurarlo “Sam…ha salvato suo fratello! Purtroppo, durante la manovra, una costola si è fratturata

Margaret è un medico “speciale”. Sceglie con cura le parole. Ancor prima della cura da prescrivere.


12 palloncini azzurri, con la scritta “Buon Compleanno”.

Nell’istante in cui li riponeva, nel comodino della sua stanza di adolescente, ha deciso che sarebbe diventata medico.

Suo fratello Thomas andava pazzo per il basket, adorava il burro di arachidi e sognava ad occhi aperti, leggendo i libri di Kipling. Aveva il coraggio di Bagheera e il caschetto bruno di Mowgli ma Shere Khan glielo ha strappato un po’ alla volta. Perché ci sono zampate che ti ghermiscono a tradimento, senza pietà.

Thomas “la saluta” ogni giorno, tra il badge dell’ospedale e la carta di credito. La sua ultima foto. Una bandana da pirata e il sorriso sdentato di chi mirava ancora al canestro, organizzando nei dettagli il compleanno che, sapeva, non avrebbe festeggiato. 12 palloncini azzurri, le aveva chiesto. Azzurri come il cielo che continuava ad inseguire, oltre quella finestra dalla grigia maniglia. Margaret li ha comprati. Il giorno stesso.
Ma Shere Khan è stata più svelta di quella crocetta sul calendario.

12 palloncini azzurri.Li ha portati con sé. Dalla stanza condivisa al campus, fino all’alloggio da single.
Oggi sono un po’ sbiaditi e la scritta, su alcuni, si fatica a leggere. Ma restano nel cassetto.  Troverà il coraggio di riempirli di vita, soffiandoci dentro il dolore che è ancora tornado in bottiglia. Margaret immagina che, prima o poi, riuscirà a lanciarli in aria, a giocarci, facendoli rimbalzare, in attesa dello scoppio. E forse, quello schiaffo che fa vibrare il timpano, non farà più così male.

Margaret ama quel vecchio film, decisamente tra i suoi preferiti, che racconta la biografia di Patch Adams.  Se lo rivede, ogni tanto, dopo aver dato da mangiare al gatto che, confondendosi con il grigio maglione di lana, si accoccola vicino a lei, su quel divano al centro del salotto minimal.
Margaret, ogni volta, versa una lacrima. Non si abituerà mai. A quel film. Non si abituerà mai…ad essere “oracolo”. Un “naso rosso” può rendere la sfinge più umana.

Sceglie con cura le parole, Margaret. La costola di Dean “si è fratturata”. E’ una costola indisponente. Ha “fatto tutto da sola”.

Ha fratturato una costola durante la manovra” non farebbe che acuire ferite che non si alleviano con Toradol in vena. Quell’ausiliare “Avere”, ambiguamente accusatorio, non preciserebbe nulla sulla diagnosi.

Una costola indisponente. Nulla di più.

“Dobbiamo evitare complicazioni polmonari. Per questo lo tratteremo qualche giorno, in modo che la situazione respiratoria non risulti più così compromessa. Ci vorrà un po’ di pazienza e una dose massiccia di antidolorifici ma si salderà. Dovrà solo stare a riposo. A proposito…che lavoro fa suo fratello?” conclude, quasi allegramente.

Sam riflette. Ha costruito la cassa di Malak nel capanno degli attrezzi di Donna. Gli si materializza, al volo, l’immagine di Dean con fiamma ossidrica e occhialini protettivi.
“Lui…lui…è…nel settore dell’edilizia…”
“Ingegnere, architetto?”
“No…sul campo, diciamo…in prima linea…capo squadra in cantiere… carpentiere”. Non può definirlo “costruttore” di trappole per arcangeli ma, carpentiere, suona accettabile.
“Be’…allora è decisamente fuori discussione che torni al lavoro in tempi rapidi!”
“Fuori discussione…certo!” e Sam già pensa a cosa dovrà escogitarsi per tenere Dean lontano dalla caccia. Del resto, con Jack in quelle condizioni, tutte le attenzioni dovranno essere su di lui. Niente “distrazioni”, solo incantesimi per ricondurlo a loro.

Riavere Jack…potrebbe essere un viaggio epico dall’esito incerto e dalle conseguenze nefaste.

Margaret osserva Sam, attenta e comprensiva “Se vuole può vederlo…sistemarsi accanto a lui, assisterlo.”
“Si…si, grazie…” conferma Sam, alzandosi e preparandosi ad un’altra notte al capezzale di Dean.
Un’altra.

Sam si chiede quando la smetterà di essere pungolato da quei neon che abbagliano la pupilla, gelando il sudore che s’insinua tra le ciglia.
“Signor Sam…?”
“C’è altro?!” e Sam si volta, visibilmente preoccupato. Eccola…la “pessima notizia”. La dottoressa, persona squisitamente cortese, deve averlo visto talmente provato da optare per una “rivelazione” a piccole dosi…ma ora arriverà la verità. Una punta d’osso. Una scheggia ad un passo dal polmone di Dean. Lo trapasserà.

Dean…salvato da Jack, protetto da semisconosciuti, estratto dall’oceano da Castiel.

Ucciso da suo fratello.
Alla fine è sempre lui, l’“anello debole”.

Sam barcolla e Margaret, d’istinto, gli afferra il braccio, come a voler evitargli di cadere. Sam per un attimo si stupisce che, senza particolare difficoltà, abbassando un poco lo sguardo, possa incrociare i suoi occhi, andando oltre le spesse lenti che li schermano. 

“Sam…si sieda un attimo”
“No…preferisco…restare in piedi…” chiarisce Sam come se, la postura eretta, gli permettesse di far arrivare più velocemente il sangue al cervello, consentendogli di non crollare.
“Sam… volevo solo precisare che non deve sentirsi in colpa. Non pensi a cosa ha fratturato…pensi che, se non lo avesse fatto, ora suo fratello non sarebbe in quel letto! Una costola fratturata è una buona notizia!”

Sam si siede. Ora, sedersi, gli sembra un’ottima idea. Tutta la tensione si scioglie. L’adrenalina accumulata nelle ultime 48 ore lascia spazio a una stanchezza indicibile, resa sopportabile dalla consapevolezza di aver fatto…la propria parte. Lo ha salvato. Anche lui. Come Jack, come Castiel, come tutti quelli che hanno donato un chicco di anima per Dean.

 “Non sarebbe in quel letto”…vero. Sarebbe su una pira funebre. E, se Jack non si fosse immolato, confidando nel prossimo, Dean sarebbe in una cassa. Vivo, per Michele. Morto, per il resto del mondo.
Vista così, in effetti, quella costola che, per un po’, terrà Dean “fermo”… è una buona notizia!

“Grazie…dottoressa… Evans” bisbiglia Sam, soffermandosi sul cartellino identificativo. Ha bisogno di “dare un nome” a quella Dea che non accusa ma discolpa.
“Ora stacco, ho finito il turno ma domani mattina sarò qui. Mi occuperò personalmente di monitorare le condizioni di suo fratello. Dalle sette e trenta...il tempo di leggere gli ultimi parametri, rilevati durante la notte…mi troverà in reparto e l’aggiornerò. D’accordo?”
“Grazie…” ripete Sam e, in fin dei conti, la dottoressa Evans non sembra più così “vecchia”. Comincia a scorgere la sua “vera età”. Probabilmente più giovane di Dean ma con quelle stesse rughe guadagnate nella fatica quotidiana della…”caccia”.

Anche Margaret ha i suoi mostri da combattere…malattia, fatalità, senso d’impotenza. Spossata dai ritmi frenetici della medicina d’urgenza, piegata dalle troppe “cattive notizie” che, come in una logorante partita di tennis, lancia e ribatte, colpendo chi “attende”, su quelle… sedie nere che, tristemente identiche, "raccontano" ognuna la propria storia.

“E lei cerchi di riposare un po’…non ha un bell’aspetto e non vorrei ritrovarmi a disporre anche il suo ricovero!” gli raccomanda Margaret, bonaria.
Sam sorride consapevole che, in quell’ironia, c’è la possibilità concreta di…occupare un posto letto.

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La notte trascorre con il respiro carico d’affanno di Sam e quello trattenuto di Dean. Le prime luci dell’alba, filtrando dalla taparella, fanno intravedere all’uno il viso dell’altro. “Non hai chiuso occhio, vero?” chiede premuroso Sam, stiracchiandosi. “A quanto pare neanche tu…” asserisce Dean scrutando il viso segnato del minore.
Sam annuisce senza commentare “Come ti senti?” ma a Dean preme ricevere informazioni. Non fornirne su di sé.
“Jack? Cas?”
“Non ti preoccupare, sono al bunker e Rowena si è già messa al lavoro”.             
Dean si augura che quella strega, ormai diventata “di famiglia”, possa sistemare le cose.

 Immaginare Jack immobile, perso per sempre, gli fa dimenticare di deglutire. La tosse arriva senza preavviso, sconquassandogli il petto. Diventa pallido e coglie il suo pallore riflesso nella smorfia impaurita di Sam. Si affretta a dire un sibilante “E’ ok…”.
Sam, accettando quell’ “Ok”… “d’ufficio”, gli porge il bicchiere con la cannuccia. Dean esegue, tentando di apparire disinvolto nel dissetarsi mentre la gola si fa clessidra e l'acqua sabbia.

“Fra un’ora inizierà l’orario di visita. La mamma non aspetta altro…” annuncia Sam, consapevole di cosa significhi per Dean..

“La mamma…” mormora Dean come se, il solo pensiero di Mary “restituita”, rendesse tutto superabile. La mamma è stata un dono di Amara. La mamma è tornata. Tornerà anche Jack.

Jack, nato dall’amore incondizionato di Kelly. Lei lo ha messo al mondo convinta che, quel sacrificio, non sarebbe stato vano, certa che, quel figlio destinato a non conoscerla, avrebbe fatto grandi cose. A dispetto del seme che lo aveva generato!

Castiel non ha avuto il minimo dubbio sulla bontà di Jack, sulla sua capacità di essere miracolo. Sam ha rivisto in Jack quel “lato oscuro” con cui lotta da quando è nato ma questo non gli ha impedito di accettarlo. Lo ha amato conoscendone le potenzialità e superando la diffidenza.
Per Dean è stato più difficile.

Dean era scettico. Sicuro che, quell’ibrido, potesse essere nient’altro che una calamità naturale. L’ennesima Apocalisse da affrontare. Ma, quando lo ha visto vomitare sangue, raggomitolato in fremito ininterrotto, ha compreso che Jack ha gli occhi di Castiel, la forza di Sam e l’avventato coraggio dei Winchester.
Oggi sa che Kelly ha fatto la scelta giusta. E mai potrebbe perdonarsi se, a causa sua, Jack non potesse più…fare grandi cose.

  “Vado a prendere un caffè e a cercare la dottoressa Evans”
“E com’è? Vale la pena cercarla?” chiede Dean, scacciando l’angoscia e rialzandosi un po’ sui cuscini, destreggiandosi tra il tubicino della flebo e il lenzuolo stropicciato. Sam gli si avvicina, aiutandolo a sistemarsi semiseduto.
“Non è il tuo tipo…alta, magrissima… praticamente priva di “forme”, occhiali sul naso e montatura retrò…insomma…una nerd con il camice bianco!” conclude Sam, soddisfatto nel constatare che, in quella posizione, il torace di Dean pare ampliarsi con meno fatica.
“Giusto…non è il mio tipo ma magari è il tuo!” e Dean abbozza un sorriso sghembo che per Sam è panacea.

Una costola si aggiusta. La vita, senza Dean, sarebbe estremamente più complessa da…aggiustare. Poi Sam lo sente sospirare, non in profondità perché Dean sa che non può ancora permetterselo ma è comunque un respiro “diverso”, indice di sollievo.

“Sai Sam, è bello…”

“Cosa?”

“Avere la testa libera, finalmente. Non…non sapevo più come ci si sentisse a non combattere, ogni giorno, ogni momento…con lui…” e Dean chiude per una frazione di secondo gli occhi, come a volersi godere a pieno…il “silenzio”.

Sam deglutisce. “Ne siamo usciti Dean…anche stavolta. Ora però non affaticarti, cerca di riposare…io torno subito”

E Dean annuisce, avvertendo una fitta intensa. Stringe i denti, riuscendo a ingoiare un lamento.  A Sam farebbe “male” quel gemito. Meglio non respirare. Ha sostenuto un’apnea forzata per diversi minuti, per il capriccio di un Arcangelo, può superare i 60 secondi, per tutelare “la salute mentale” di suo fratello!.

Appena Sam esce e la porta si chiude Dean butta fuori l’aria, trattenuta per resistere allo spasmo. Un crepitio di carta stagnola passata sul fuoco…ma quel parassita di Michele è andato a farsi fottere! E allora il suo polmone può essere cucinato “al cartoccio”, infilzato in uno spiedo, girato e rigirato. Passerà.

Scruta il soffitto. Gli piacerebbe sapere chi ha detto quel . Ha un vago ricordo delle centinaia di persone aiutate. Sono visi indefiniti. Qualche storia gli è rimasta più impressa di altre. Il resto… semplice routine. Gli “affari di famiglia”. Mettersi sempre all’ultimo posto per salvare degli innocenti. Ma gli innocenti riprendono in fretta la loro vita. E i Winchester restano una parentesi surreale tra il lavoro, lo studio, l’amore… è così, funziona così. E’ difficile immaginare qualcuno tanto incauto da fidarsi di “un’allucinazione uditiva” che ti chiede di rinunciare ad un pezzo della tua anima per uno di cui, probabilmente, ricordi a malapena il nome!

Se ancora lo ricordi.

Però, se può guardare quella volta asettica, dalle tinte smorte, vuol dire che per qualcuno, più pazzo di lui, quel Dean Winchester ha avuto significato. Tenta di riposare, come gli ha suggerito Sam.

La testa è…vuota. Si scopre a ridere pensando a quanto, quell’aggettivo “vuota”, detto ad alta voce, susciterebbe l’immediato sarcasmo di Sam! Ma Dean sa cosa significa…

 non c’è più un megalomane urlante che scalcia contro una “porta” malferma.

Può riposare.

 ---


La convalescenza trascorre più in fretta del previsto. In meno di una settimana Dean può tornare al bunker, con il beneplacito della dottoressa Evans.

Margaret ha sempre parlato con Sam dell’evolversi della prognosi, tranquillizzandolo e assicurandosi che avesse a disposizione una poltrona, di quelle un po’ più comode. E’ addirittura passata al “tu”. Probabilmente, quel fratello così devoto, l’ha colpita parecchio. Sam ha cominciato a “farsi strada” tra il maglioncino grigio e il pelo arruffato di Einstein. Non le dispiacerebbe invitarlo una sera, a guardare…
Patch Adams”.

“Sammy, non fare lo stupido! Possiamo evitare la carrozzina fino all’uscita?!” sbotta Dean, esasperato.

“Non si discute, stavolta facciamo come dico io! Ti tocca. Dopo tutto quel che mi hai fatto penare con questa storia del “suicidio non suicidio”, me lo devi!” e Sam sghignazza per essersi concesso quella piccola, innocua “vendetta”.

Dean grugnisce come un lupo mannaro, alzando i piedi sulle pedaline, rinunciando a rendere più problematico il tragitto che lo separa dalla…libertà!

“Sam!”

Sam si blocca e a Dean tocca uno scossone che non fa altro che rendere più fastidiosa la… penitenza!

 Sam, a quel richiamo, si ferma immediatamente.

“Abbiamo dimenticato qualcosa? C’è altro, riguardo la terapia a domicilio?”

“No…no…è tutto a posto, solo che…ecco, questo è il mio biglietto da visita e ti ho lasciato il mio numero privato, sul retro. Per un dubbio sui farmaci, eventuali complicazioni inattese…insomma, per qualsiasi cosa …non esitare a chiamarmi”

Sam, imbarazzato, prende il bigliettino da quella mano candida e affusolata e balbetta un “grazie” insicuro e intimidito, mentre s’impone di non dar peso alle occhiate ammiccanti, estremamente eloquenti di Dean!

Sam, congedandosi da Margaret ricomincia a spingere la carrozzina e, prevedendo lo scherno del maggiore, lo anticipa “Se dici una sola parola giuro che ti faccio arrivare all’uscita in un batter d'occhio…un razzo supersonico con le rotelle!”
Dean, mantenendosi serio a fatica, replica, fingendosi offeso “Sam!? Ma per chi mi prendi?! Non ho detto nulla…”
Ma poi non “regge”. Non può perdere un’occasione tanto ghiotta “Certo che…Sammy…per qualsiasi cosa…” ripete “in falsetto”, imitando Margaret “non credo si riferisse alle mie cure mediche! Andiamo! Ormai hai una certa età, non sei più un ragazzino! Possibile che per te, i messaggi “in codice” delle donne, siano così complessi da decifrare?! Più del Verbo di Dio?!”

“Dean! Smettila! E’ un medico, molto preparato professionalmente e umanamente, che si è preso a cuore il tuo caso…nulla di più!

“Secondo me si è “presa a cuore” qualcun altro! Ma va bene…se vuoi far finta di niente…comunque il numero tienilo…non si sa mai. E’ vero, non è il mio tipo ma, al bisogno, in mancanza d’altro…”

Lo scappellotto a mano aperta, si “schianta” sulla testa di Dean…un colpo dritto, preciso, in piena nuca.

“Ahi! Ma sei impazzito?! Ho ancora il post-sbronza di quell’Arcangelo che mi ronzava in testa!”

“Bene…così per un attimo non penserai a Michele e ti concentrerai sul bernoccolo!”

Ma Dean non demorde “Dai, Sammy…che male ci sarebbe? Una sera di svago… potresti chiamarla…”

“Abbiamo ben altro a cui pensare…”

Dean s’incupisce. “Lo so…Jack…”

“Già…”

Non è permesso conservare…un numero di telefono, “sognando” una cena “a due”, in un ristorante “vero”, di quelli che prenoti “per far colpo”. Sam sa che la realtà è ben diversa…fast-food con tovagliette di carta e bicchieri sbeccati. Sam che ordina un misto di verdure (immancabile l’asterisco che riporta alla nota a fondo pagina: “prodotto congelato”) e Dean che, esaminando la foto di un poveretto sgozzato, si riempie la bocca di patatine, chiedendo un’aggiunta di salsa barbecue, alla cameriera che mastica chewingum.

Realtà. Non sogno.

Sam coglie la bruciante amarezza del maggiore, nel modo in cui Dean inghiotte un rantolo, intrappolato di fretta. Suo fratello non ha bisogno di questo. Non dopo Michele. Non dopo Jack. Ha bisogno di credere che può esserci una serata “normale”, una tavola elegantemente apparecchiata, con tanto di tovaglia di lino e posate che brillano.

Dean ha bisogno di sperare. Come lui.

 “Ma non ti azzardare a chiamarla tu! Ho detto che adesso le priorità sono altre ma questo non significa che…non sia il mio tipo! Intesi?!”

Dean sorride e si augura che, quel cipiglio risentito, non sia semplicemente il tentativo di distoglierlo dall’ennesimo dramma che li travolgerà. Si autoconvince che Sam, per una volta, possa davvero “chiedere” qualcosa per sé. “Sognare”.

“D’accordo, fratellino! Ti lascio campo libero!”

Dean, appena fuori dall’ospedale, assapora l’aria che non odora di disinfettante. Persino lo smog non sembra tanto male! Inala lentamente, con atti respiratori poco estesi, per non provare disagio. E’ una sensazione piacevole.

Non è sott’acqua. Non è la custodia di Michele. Non è in un buio senza ritorno.

“Ehi! Ora puoi alzarti, vecchietto!!”

L'invito di Sam gli arriva alle orecchie come un brano rock in radio, di quelli che mette quando guida Baby, ignorando totalmente i gusti del minore. E’ “musica”…calda, ritmata, familiare.

Come ha potuto pensare di poter resistere, in fondo all’oceano, senza quella voce?!

Dean si alza in piedi, tirando il fratello a sé. Sam riceve quell’abbraccio “muto” che non necessita di spiegazione. Sam pone particolare attenzione a non ricambiare la stretta, per non infierire sullo sterno di Dean. Resta con le braccia che s’incrociano sulle sue spalle, accarezzandole appena, senza appoggiarsi. Dean, commosso, comprende quell’ulteriore riguardo e lo invita a rilassarsi “Sammy…non sono di vetro…sai che ho visto ben altro…”.

 Dean non è di vetro. Dean è stato smembrato all’Inferno per trent’anni. Ucciso più volte. E, per mesi, è diventato il giocattolo preferito di Michele… Sam si lascia andare a un abbraccio più vigoroso.

Una costola fratturata è una buona notizia. Margaret glielo ha fatto capire il giorno stesso in cui si sono conosciuti.

Margaret, come Sam, sa che le “buone notizie” non sono…scontate.

Mai.

---

Rivedere Castiel in piedi è un’emozione forte. “Cas…amico…grazie…”

Castiel non dice nulla. Lo stringe con la passione di un uomo, non di un tramite. Anche lui ha temuto per Dean. Sapeva che la sua grazia non avrebbe fatto in tempo a…finire l’opera di “salvataggio”. Sam è stato più potente del suo tocco angelico.

“Dean, amico mio!”

“Sono felice che tu stia ricaricando le batterie…Sam mi ha   detto quanto ti sei sfiancato per…” ma Castiel lo interrompe “Lo rifarei Dean…all’istante. Non ho bisogno di ringraziamenti. Non tra di noi!”

Dean annuisce, sentendo gli occhi pungere. “E…e lui?”

Castiel abbassa lo sguardo. “Rowena sta facendo di tutto ma per il momento non ci sono sviluppi. Non è morto…è come addormentato. Ma la sua anima…ecco…non ho idea di cosa resti della sua anima…se dovesse svegliarsi, non sarà il Jack che conosciamo…non più…” conclude Castiel, cupo.

Dean sente un dolore al torso. E non è la costola. 

“Ci siamo già passati con me…risolveremo anche questo. So come ci si sente a non avere più la propria anima…so come ti sentivi tu, a restarmi accanto…troveremo un modo. Dean…guardami…hai capito, Dean?!”

Dean si scuote, catturato dagli occhi del fratello. “Sì…ho capito…ho capito Sammy.” E la frustrazione, il rammarico per essere causa di quel male, cedono il posto all’incrollabile fede del minore.

Sam sa che, dentro a quel corpo incredibilmente statico, una parte di Jack resiste.
Sam si convince che questa, per Margaret, abituata a dichiarare “ora del decesso…”sarebbe… una buona notizia.

E allora per Sam, un Jack senz’ anima ma vivo, è una buona notizia.

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Lisa da un paio di settimane indaga al pc. Individua online tutte le news più “strane”. Non ha mai voluto sapere troppo del “lavoro” di Dean. E’ stato uno degli errori che ha commesso nel loro rapporto. Uno tra tanti.
 Ma sa che, quel che Dean definiva “caso”, aveva a che fare con sparizioni, presunti attacchi di bestie feroci…ha deciso di partire da lì. E’ un po’ poco…come cercare un ago in un pagliaio, eppure da qualcosa bisognava pur iniziare. E lei voleva “iniziare”.

Sospira, armata di cartina e indelebile, segnando in rosso le città con potenziali “mostri”. All’improvviso sente la chiave girare nella toppa. E’ Ben…ed è…in largo anticipo! Lisa ha appena il tempo di nascondere la piantina in una rivista di medicina Ayurvedica e di chiudere il portatile, lasciandolo però acceso.

“Ben…ti aspettavo per cena…”

“Ciao mamma, sì…ma alla fine è saltata la lezione di Filosofia Teoretica e così ho anticipato il rientro per il weekend. Avevo solo voglia di tornarmene a casa” sbuffa il giovane, facendo “planare” le chiavi sul mobile dell’ingresso.

“Ah…bene…bene…” balbetta Lisa.

“Mi prepari un panino? sono affamato!” e Ben si fionda sul divano, accendendo la TV e lasciando cadere lo zaino sul pavimento. Lisa non vorrebbe abbandonare incautamente la sua postazione ma non sa proprio cosa inventarsi. “Un panino…certo…ma non vuoi prima farti una doccia...per rilassarti?”

“Assolutamente no! Per favore mamma…la doccia dopo…adesso ho solo lo stomaco che reclama e poi come farcisci tu i panini!” e Ben pare lusingarla per evitare di alzarsi e prepararselo da solo!

“Va bene…va bene…” cede Lisa, alzandosi, tesa.

Non hanno più affrontato l’argomento. Da quella telefonata. Le ha detto che vuole solo dimenticare. Ora che Ben ricorda può consapevolmente scegliere di non ricordare. E lei rispetta la scelta di suo figlio ma non può condividerla. Lui ha rifiutato di pronunciare quel “Sì”, le ha praticamente chiesto di fare lo stesso.

Non è ancora il momento di discuterne. Troppo recente. Ancora troppa rabbia in Ben.

Quando Lisa è in cucina Ben, tra lo zapping incontrollato e un’occhiata al telefonino, viene attratto da quel foglio spiegazzato che esce dal magazine a cui Lisa è abbonata da anni. Incuriosito, scopre che, quel triangolino colorato appartiene a qualcosa di decisamente più…grande! Si ritrova tra le mani la mappa degli Stati Uniti. zeppa di cerchiolini rossi. Legge un paio di nomi evidenziati e comprende immediatamente. Apre il portatile e…bingo!

Lisa fa il suo ingresso in salotto, con un hot dog in una mano e la birra nell’altra “Ho pensato che una birra ti avrebbe fatto…” ma, appena vede Ben al tavolo, davanti al portatile aperto, il sorriso le si smorza e termina la frase quasi sottovoce “piacere…”

“Mamma…dobbiamo parlare e credo che avremo bisogno di più di una birra!”
 
 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Lisa deglutisce, sentendosi “scoperta”. Sa che Ben ha davanti agli occhi un “prova” da manuale, di quelle inconfutabili. La foto, il trafiletto con titolo in grassetto, carattere 20 la “inchiodano”. La sua “crocifissione” passerà attraverso lo sguardo di risentimento e delusione di chi ama di più al mondo. 
Ma anche le madri sbagliano.

Proteggere non mette al riparo dall’errore. Quella sorta di “ombrello parafulmini” può diventare insospettabile conduttore di elettricità. E, quando te ne rendi conto, la saetta ha già colpito la punta del parapioggia, aperto con tanta sicurezza. Restano brandelli di tela che, definire impermeabile, pare ardito e involontariamente sarcastico. Ti pieghi all’acquazzone, a quello scroscio che appiccica i capelli sulla fronte e rende le ciglia pesanti… e lo affronti. Insieme a chi non volevi si bagnasse.

A volte una madre deve infradiciarsi. Insieme al proprio figlio.

“Mi dispiace Ben…lo so…lo so che non lo hai perdonato e anche per me non è stato facile ma io… ho fatto la mia scelta. Ho intenzione di ritrovarlo.  Non so se ci riuscirò, non so se è ancora vivo, se dopo tutti questi anni può avere un senso rivederlo, ma…” e Lisa si svela, completamente, senza riserve. Ben non è più un bambino da difendere e tutelare, rannicchiato sul suo petto, mentre lei avverte la pressione di braccia cicciottelle che non lasciano la presa. Quelle braccia si sono irrobustite, facendosi muscolose e pronte a sostenere.
Ben oggi può giudicare ma può anche comprendere.

“E’ una fake news” la interrompe Ben, quasi distrattamente, lasciando Lisa interdetta e confusa.
“Cosa?! A cosa ti riferisci?!”
Ben, con un movimento rapido, gira il portatile in modo che lei possa vedere la pagina su cui si è “bloccata”. La “prova inconfutabile”.

“Il gruppo di ragazzi attaccato dal “presunto” lupo mannaro, con tanto di video su YouTube… quelle ferite, superficiali ma simili a unghie d’orso, se le sono procurate loro! Sono stati “smascherati” da altri adolescenti, circa un mese fa! Cosa non si farebbe per un attimo di celebrità e qualche visualizzazione in più! Assurdo, non trovi?!” asserisce convinto Ben, scuotendo la testa, in segno di disapprovazione.  Quindi, proseguendo con il tono dell’accademico, relatore a un convegno sull’utilizzo consapevole della “rete”, consiglia e ragguaglia “Mamma, controlla la data di pubblicazione dell’articolo, vedi gli eventuali collegamenti con la fonte dell’informazione, cerca le notizie in modo più mirato…e poi ci sono siti “più attendibili” di altri, per questo genere di cose…”
Lisa lo ascolta affascinata, sempre piò stupita dalla sua reazione, così distante dall’ira funesta che aveva ipotizzato.
“Grazie…grazie dei suggerimenti ma…non sei arrabbiato?!”
Ben le sorride, allegro.
“E perché dovrei essere arrabbiato?! In due raddoppiamo le possibilità di trovare Dean!”

Lisa perde un battito, ha un tuffo al cuore come quando in aereo c’è un vuoto d’aria. Come quando, in un sabato pomeriggio, arrivi al punto più alto delle montagne russe e, serrando gli occhi, ti prepari alla discesa. “Tu…tu lo stai cercando, Ben…allora vuol dire che…che tu…”
Ben la osserva con tenera complicità.
“Ho fatto ciò che era giusto fare, mamma. Al telefono mi hai detto che non avresti pronunciato quel “” ma dovevi già averlo detto… forte e chiaro, vero?”
Lisa annuisce, ragionando sulla decisone presa. Lo rifarebbe. Altre cento volte.
“Te ne avrei parlato con più calma…eri troppo sconvolto per capire…” mormora Lisa. E il senso di protezione riaffiora, infrangendosi su un guscio che si è fatto corazza. Più coriaceo di quel che Lisa possa immaginare.
“Lo ero mamma…ero terribilmente sconvolto ma, alla fine, ho avuto ben chiaro cosa fare…” e lei non coglie incertezza in quella voce maschile che, a volte, le pare ancora estranea. “Spero solo che i nostri “Si” lo abbiano salvato…” conclude Ben e, stavolta, il tono è vibrante.

Lisa non può che condividere quell’incognita dolorosa che s’insinua nelle loro menti affaticate. Ricucire una memoria lacerata è roba di alta sartoria. Nutrire dei dubbi, sul fatto che Dean possa “essere ritrovato”, è un peso che opprime.
 “Ben… Dean è forte…ha aiutato tanta gente...sono certa che non siamo i soli ad aver risposto all’appello!”
“Ho bisogno di guardarlo negli occhi, ho bisogno di risposte…” ammette stancamente Ben, sospirando.
“Lo so, Ben…lo so…” e Lisa teme ma al contempo gioisce di quel “bisogno”.
 Poi per stemperare, gli propone il panino imbottito rimasto intatto. “Dai, non dirmi che ti è passata la fame?!”
Ben ritrova il buonumore.
“Scherzi?! Dammi qui che te lo divoro in un paio di bocconi!” risponde, addentando l’hot dog con palese voracità “E poi, lavorare al pc, mette appetito!” enfatizza, a bocca piena.
“E stasera non faremo altro, ok?!” propone Lisa, entusiasta e volenterosa di “apprendere” le potenzialità e gli inganni di Internet.
“Ok, mamma! Vai a mettere un paio di birre in fresco che ho un bel po’ di “dritte” da darti!”
“Ok…ok…esperto di fake news!” rimarca Lisa ridendo, avviandosi in cucina. Dalla porta semiaperta, mentre controlla svogliatamente la dispensa, si concede uno sguardo “nuovo” su suo figlio. Meno apprensivo e più consapevole.

Ben…un ragazzino che faticava a sentirsi compreso dal gruppo, che poteva cadere vittima del primo bulletto di quartiere, oggi è un uomo che passa, con estrema disinvoltura, dalla lezione di pesi in palestra, a quella sulle origini del popolo Maya, dallo studio approfondito delle fonti iconografiche alla moderna tecnologia!

Ben con le dieci dita che danzano sulla tastiera, Ben che “smanetta” al pc per cercare chi è poco più di un fantasma. Perché Dean ha voluto essere tale. Perché lei glielo ha permesso. Due egoisti. In modi diversi ma uniti dal medesimo egoismo. E gli anni scorrono. Come le pagine online, come quel susseguirsi di “finestre” aperte. Ma non c’è una freccia che ti fa tornare indietro. Purtroppo.

Ben è cresciuto. Lei è invecchiata. Dean è un fantasma. E forse non solo per metafora.
Potrebbe finire così quel viaggio a ritroso, in bilico tra passato e presente. 
 il futuro potrebbe condurli a un finale “sbagliato”. Sam…sconfitto, davanti a una lapide.

E a lei, quel ragazzone dai capelli un po’ troppo lunghi, non parrà più una minaccia. Probabilmente la fronte sarà un po’ stempiata e quegli occhi capaci di catturare Dean, di portarlo con sé, di “strapparglielo”, le sembreranno meno ostili e più spenti. Il minore dei Winchester sarà invecchiato. Come lei.

“Ben…devo dirti che…”
“Sì?”
“…ecco…mi dispiace tanto ma…”
“Ma?”
“Sono finite le birre! “
Ben fa spallucce. “Pazienza mamma, ci faremo bastare queste! E poi andremo di caffè nero per restare svegli!”

Lisa fa un cenno di assenso a quell’idea che suona grandiosa. Resteranno svegli. Dopo tutto i fantasmi si possono incontrare con più facilità…di notte.
---
 
Ben e Lisa hanno elaborato una lista di tutte le notizie più “strane”, recenti e il più possibile “affidabili” e presumibilmente “appetibili” per dei cacciatori: bizzarre uccisioni, cadaveri rinvenuti in dimore che vantano fama di essere infestate, scene del crimine piuttosto “splatter”, con qualche indizio inquietante…ma ci vorrebbe la “sfera di cristallo” per scoprire, tra la miriade di situazioni “da brivido” scovate qua e là, quella che è “il caso”, “in modalità” Winchester. Lisa è sempre più sconfortata ma Ben insiste, perdendo la vista davanti allo schermo. Non vuole arrendersi. Non può arrendersi.

Ben sfrutta persino la pausa pranzo per continuare a “lavorare”, usufruendo della rete wi-fi della facoltà. E’ così che attira la curiosità del suo docente di Antropologia Antica.
“Ah, vedo che hai una passione per le storie da brivido! Ma sei sicuro che, queste tue ricerche online, siano attinenti all’elaborato opzionale da portare all’esame?!” gli domanda, il dottor Sullivan, piuttosto dubbioso e indagatore.
“Be’…si…mi sto concentrando sull’influenza delle antiche leggende di magia sulla civiltà odierna. In realtà esiste ben altro che il noto voodoo, ci sono parecchie credenze e forme rituali ancora praticate e temute… non le pare uno spunto di discussione interessante?” argomenta Ben, in modo dettagliato e convincente. Il professore lo scruta apprezzando ogni parola.

E’ il migliore del suo corso. Appassionato, attento, meticoloso. Ben gli ricorda perché ha deciso di dedicare la sua vita all’insegnamento quando avrebbe potuto esplorare il mondo come Indiana Jones. Ma alla fine, analizzare antichi papiri o condurre studi etnografici comparati, è meno avvincente di quel mestiere che, quotidianamente, gli pone una sfida continua. Orientarsi nella mappa di giovani cuori in subbuglio è decisamente più complesso. Non c’è bussola. Non c’è percorso lineare. Non c’è diario di bordo che possa venire in soccorso. La passione, l’amore per la materia che insegna, l’ascolto dei suoi allievi, è l’unica traccia da seguire. Per Sullivan ogni esame va oltre la preparazione didattica. Va oltre quel voto numerico che è obbligato ad assegnare. Per Sullivan, lo studio mnemonico e la rielaborazione personale non bastano. Ci vuole quella fiamma nello sguardo. Quella che aveva lui quando, tra una tavoletta dalle antiche iscrizioni e la “cotta” per quella coetanea, iscritta ad Archeologia, forse sognava ancora di indossare il cappello di Indy.
Sullivan non si è sposato. Non ha avuto figli e alla fine ha girato poco il mondo, di certo non quanto avrebbe voluto. Ma ci sono ancora studenti che gli fanno gli auguri a Natale e che, a loro volta, sono diventati insegnanti.

Sullivan si è fatto conquistare da pietre preziose che puoi “raccogliere” restando a pochi passi da casa, rinunciando a luoghi esotici e lontani. E’ sufficiente osservare attentamente chi occupa i sedili di quell’arena, dal sapore mitologico.
Ben ha due gocce di giada al posto degli occhi. Sullivan le ha “portate” alla luce, con lo spirito dell’archeologo mancato e dell’antropologo che ha scelto di essere…restando in cattedra.

“Sì, in effetti…è un’ipotesi accattivante, anzi…” il dottor Sullivan pare riflettere “rumorosamente”, come se, sulla sua testa, comparisse una nuvoletta da fumetto, con l’onomatopea “mumble, mumble”. Un talentuoso studente va incoraggiato, va stimolato, anche superando i limiti della…legalità.

“Ecco, Ben…sto agendo d’istinto e forse me ne pentirò ma…” il professore si asciuga la fronte con un fazzoletto a quadretti che s’intona al suo papillon “ti lascio il numero di un mio collega. So che lui, ogni tanto, collabora, con il Governo Federale…mi raccomando, massima discrezione, sono informazioni top secret…me lo ha rivelato durante una cena in cui eravamo entrambi un po’…be’ avevamo esagerato con il buon vino…lui era appena tornato da un anno sabbatico…” e Ben sorride…Sullivan è il docente ideale. Un professore “sopra le righe”, di quelli che non temono di scoprire il proprio “lato umano”, di quelli che ti tramettono emozioni mentre spiegano e ti fanno dire “Ho scelto il corso giusto!
“Potrebbero darti un’idea di come, l’antico esoterismo, s’ “inserisca” nei crimini di oggi…” conclude Sullivan.

Ben ha un sussulto, chiude il portatile e si concede di sperare. Non c’è nulla di razionale in quella speranza. Nulla di concreto. Nulla.
Si affida a qualcosa che è indefinibile, come la pelle d’oca che percepisce sotto la manica della felpa. “Collabora…il suo collega collabora con l’FBI?!” domanda abbassando la voce, con l’intenzione di approfondire.
“Sì… ti lascio il suo riferimento…del resto, sei uno dei miei allievi migliori, Ben…meriti un trattamento di favore!”  conferma il docente che, ormai, ha deciso di non ritrattare le informazioni fornite. Scrive di fretta un bigliettino controllando, scrupolosamente, il numero sulla rubrica del cellulare. Non è tipo da “condividere” un contatto online! Carta e penna…alla vecchia maniera. Ben prende il foglietto e si stupisce di quanto la mano tremi, mentre lo afferra. Ringrazia educatamente Sullivan che non ha mai fatto mistero di considerarlo il suo “pupillo”. Quel numero di telefono potrebbe valere più di un trenta e lode.

Ben ritorna davanti al pc ma la testa, ormai, è altrove. Infilata a forza in un mixer capace di ridurre in poltiglia frutta e verdura, trasformandole in uno di quei centrifugati energetici, dal colore imprecisato che gli propina Lisa. Ricordi ritrovati e centinaia di input ricavati dalla rete si aggrovigliano come connessioni sinaptiche, degne della scenografia di Avatar, uno dei suoi film preferiti.

FBI… antichi rituali, casi insoluti, morti misteriose, vittime dai corpi devastati…
FBI…la mamma…Dean.  Lisa che non risponde al telefono. Ben che chiama Dean di nascosto. Perché sua madre vuole sapere poco di quel “lavoro” ma lui, con l’inconsapevolezza dell’infanzia, vorrebbe saperne i dettagli, anche quelli più macabri e segreti.
FBI…Bobby che li ospita e lui che, con lo spirito di Sherlock, scova finti tesserini del Governo Federale, della polizia ambientale o della previdenza sociale …

Sperare. Come non credeva di poter imporsi di fare. Non più.
Sperare con la volontà di quel ragazzino che non si rassegnava alle insensate “ripicche d’amore” di Lisa e Dean, coppia troppo fragile per resistere alle insidie di una moderna Odissea. Sua madre, giovane e bella, non poteva accettare di essere la Penelope della situazione, in attesa di un Ulisse sempre pronto ad inabissarsi. E poi c’era lui, un Telemaco ancora troppo piccolo per far valere le proprie ragioni.

Gli restava la speranza… quando suonava il campanello.
Poi, quando Nessuno ha deciso di essere davvero…nessuno, il campanello è diventato una semplice seccatura che distoglieva dai videogiochi.

Il brulicare di studenti, il loro vociare, le bici che sfrecciano nel vialetto del campus, il megafono che ricorda alle matricole i prossimi impegni del comitato studentesco…tutto viene inghiottito nel cervello che si fa imbuto. Ben prende un respiro profondo per vincere la nausea che, poco più di un mese fa, con il viso a mezz’aria sul water, gli ha fatto ritrovare se stesso.

Sperare.
---
Ben si presenta all’appuntamento con una cartellina zeppa di articoli di giornale e un volume di circa trecento pagine sotto il braccio. Ci vuole un’ora buona di conversazione (quasi come un vero e proprio esame!) perché l’uomo si rilassi, incantato dall’eloquenza e dalla preparazione di Ben. Così, quando ne ha conquistato la fiducia, il giovane sferra il colpo ai reni “Mi scusi ma il dottor Sullivan mi ha detto che lei conosce degli agenti federali…insomma, so di chiederle molto ma se potesse darmi un loro riferimento…sarebbe davvero un cameo per la mia tesi!”
Il professore s'irrigidisce, scrutandolo con sospetto. “Si…il collega mi ha accennato…però non posso assolutamente esaudire la sua richiesta, sono informazioni riservate…e poi, detto tra noi, non sono tipi affidabili! Non l’aiuterebbero granché…”
“Però, da quanto ho dedotto, sono una specie di agenti alla X-Files…conoscerli, semplicemente contattarli…potrebbe essere un’occasione, potrei far loro alcune domande e…” insiste Ben.
“Le assicuro, mi dia retta, non ne vale la pena. Si spacciano per “pezzi grossi” dell’FBI, fanno promesse che non mantengono…in particolare uno dei due, buona parlantina, battuta pronta, fare da saccente ma ben poche conoscenze!” evidenzia Morrison, vagamente rancoroso.
Ben deglutisce.
“E il partner?”
“Uno spilungone con taglio hippy…però più preparato del suo collega che potrei definire tanto fumo e niente arrosto!”
.
Ben, tradito da uno scatto che non riesce a controllare, fa cadere la caraffa d’acqua sui ritagli di cronaca nera che, in una manciata di secondi, diventano grottesco mosaico, sul pregiato mogano della scrivania.
“Mi scusi!” balbetta mortificato, radunando i residui di giornale, prima che s’incollino al tavolo.

Il docente coglie imbarazzo e agitazione e quello studente gli suscita una crescente simpatia “Intende svolgere un lavoro davvero accurato per la sua tesi…ha deciso di lavorarci fin da ora che è praticamente all’inizio del suo percorso universitario. Deve essere molto importante per lei…questo argomento…” sottolinea, con una certa ammirazione.
“Sì…lo è…è davvero molto importante…” gli occhi si fanno liquidi e Ben teme di apparire ingenuo e decisamente “strambo”…quanti suoi compagni di corso, definendo il tema scelto per la propria relazione finale, si commuoverebbero?! Al contrario, quel sentimento che non riesce a trattenere, è il suo “lasciapassare”.

“Non nutri alte aspettative…è certamente più preparato lei di quei due messi insieme…” borbotta Morrison “però…ho deciso di infrangere le regole...l’aiuterò. Ho un riferimento…è il detective certamente meno valido dal punto di vista accademico ma è anche quello più “chiacchierone”…credo che potrebbe accettare di rispondere a qualche domanda…” ipotizza il professore.

Un altro numero telefonico. Lo stesso tremore nello stringere il post-it. Un fremito ancor più violento di quello provato quando è stato Sullivan ad allungargli un foglietto dal block-notes. Ben deve battagliare con pollice e indice che, disobbedienti, faticano a chiudersi a pinza.

“Ha tutta la mia stima, giovanotto. Sono pochi gli allievi come lei…aveva ragione il professor Sullivan a elogiarla tanto! Le auguro buon lavoro, Ben. Le auguro di trovare cosa sta cercando.”
“Me lo auguro anch’io, signore…” asserisce convinto, Ben.
---
Seduto su una panchina. O meglio in piedi?
Si…meglio stare in piedi.
No…gira la testa…deve sedersi.
Però si respira meglio in posizione eretta.

Ben non riesce a comporre quel numero. Una parte di lui vorrebbe digitare un’altra sequenza numerica che conosce a memoria… ma poi, alla seconda cifra, si blocca. E se si rivelasse un buco nell’acqua?! Perché restare delusi in due?!
 Arriva un tempo in cui i figli proteggono i genitori.

Il pollice decide prima che Ben cambi, per l’ennesima volta, posizione. A volte ossa e muscoli del nostro corpo comandano il cervello. E non viceversa.

Suona libero e Ben prega che non scatti la segreteria. Non avrebbe il coraggio di rivivere quell’ansia una seconda volta. Dovrebbe attendere almeno un giorno. Ci vuole coraggio per restituire un nome a…Nessuno.

“Pronto?”
Riconoscerebbe quella voce tra mille. Un po’ più ruvida, un po’ più stanca, un po’ più lontana…ma è la sua!

“Ehi?! Chi parla?!” ripete Dean e Ben fuga anche il più piccolo dubbio. Serra occhi e pugni. Non può perdere il controllo. Non ora che è a un passo da lui. Mantenere la calma. Espirare. Rispondere senza tremare, anche se le scarpe da ginnastica sprofondano nella zolla di terra del parco, facendosi radici precarie in un albero che oscilla, pronto a cadere.

“Salve, sono l’assistente del dottor Morrison. Avrei bisogno del suo aiuto per una faccenda piuttosto delicata…ha detto che posso fidarmi di lei…che si occupa di casi diciamo…particolari…” e Ben sente pulsare le vene del collo e si obbliga a non urlargli addosso ciò che si affaccia alla bocca, come un rigurgito amarognolo e acido.
 
Dean ha bisogno di cacciare. Vuole dimenticare Michele. Vuole rimettersi in gioco. Anche se la costola ammaccata, ogni tanto, ancora gli spezza il fiato. Anche se Sam non fa che ripetergli di restare a riposo e di concentrarsi su Jack. Ma lui non può “concentrarsi” su Jack. Fa troppo male. Entrare nell’infermeria del bunker, vederlo sempre più pallido e scavato…comincia a essere intollerabile. Lui non è forte come Sammy.

Quando Jack è spirato…la prima volta, Sam è riuscito a restargli accanto. Dean no.
Ora non è morto. Ma è come se lo fosse. E Dean è vivo ma è come morto. Ucciso dal senso di colpa.

Il carpentiere…deve tornare al lavoro.
Dean ha voglia di sfogarsi, di prendersela con qualche mostro o spettro incazzato.

“Si, certo…mi dica dove possiamo incontrarci…” risponde Dean, con la spavalderia che lo connota.
Ben alza la posta in gioco, deve provarci.
“Le darò le indicazioni necessarie ma la prego, agente, il professore si è raccomandato di venire da solo, per non dare troppo nell’occhio…e, ovviamente, in incognito…” e Ben sa che potrebbe essere una mossa azzardata, Dean potrebbe insospettirsi ma, quella richiesta, è il tentativo estremo di non ritrovarsi Sam…tra i piedi!

Dean è troppo confuso e frustrato per allarmarsi. Morrison gli è sempre sembrato un po’ “bizzarro”…del resto, è grazie a lui se è ancora vivo…e poi perchè distrarre Sam da Jack? Non è Sam quello che "ha bisogno d'aria" e di uscire dal bunker.

Da solo. Come ai vecchi tempi. Come quando John gli aveva lasciato l’Impala e Sam era ancora convinto di potersi sottrarre all’ “attività di famiglia”.
“Va bene, nessun problema. Verrò da solo…” conferma, senza pretendere ulteriori motivazioni.

"Allora...a presto..." mormora Ben, in un sussurro.
"A presto e mi saluti il dottor Morrison!" esclama Dean, quasi entusiasta.
"Sarà...sarà fatto" asserisce Ben, interrompendo la comunicazione, sprofondando sulla vicina panchina. L'albero ha ceduto.

Ben ha trovato cosa stava cercando.

Telemaco si metterà al timone e stavolta non saranno ammesse deviazioni. Solo spiegazioni.
Nessuno tornerà a Itaca.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Ogni volta che si trova davanti a quella porta è un dolore nuovo, più intenso. S’impone di aver coraggio. Ma non è il suo coraggio. Dean sa che, quel tipo di forza, non gli appartiene.
Sam esalava l’ultimo respiro e lui già escogitava di barattarlo con il proprio.

Sam, piegato dalle tre prove, giaceva come inerme manichino in un letto d’ospedale…farlo possedere dal primo angelo caduto, senza indagare troppo sulle sue “referenze”, gli era parso il male minore.
Immaginare Sam e Jack come gladiatori condannati, pronti a scannarsi per allietare un sadico tiranno, era qualcosa d’inaccettabile. Venire a patti con Michele e “farsi crescere” un paio d’ali risultava decisamente “più gestibile”.

Dean sceglie. Scegliere gli viene facile quando si tratta di “passare all’azione” e non gli importa se questo significhi marcire all’Inferno, trasformarsi in un mostro assetato di sangue o soccombere ad un Arcangelo che, più stronzo di quello “originale”, ti tradisce portandosi a spasso il tuo corpo, obbligandoti a compiere orrori che non puoi evitare…ciò che conta è “fare qualcosa”.
Sam ha un altro coraggio. Lui si ostina a cercare soluzioni ma non abbassa lo sguardo. Mai.

 Non c’è battito. Non c’è respiro. Non c’è involontario movimento oculare…nulla. Ma Sam riesce a sorridere a Jack, a parlargli, a scostargli i capelli che sembrano parrucca, tanto sono sfibrati e “assenti”. Anche loro.
Non c’era più nulla di umano in ciò che Dean era diventato, portando il Marchio sul suo braccio quando, con le mani intrise di porpora, godeva nell’uccidere. Eppure Sam non abbassava lo sguardo. Incrociava i suoi occhi, striati di inquietanti residui di pece, ripetendogli che non conosceva persona al mondo più buona e migliore di lui.

Sam resta accanto a chi ama, lo “accompagna” nella sofferenza, nel delirio, nell’anticamera del buio, nella profondità di un addio che non vorrebbe ma che, in cuor suo, teme di dover pronunciare… Sam resta, anche se gli sembra di impazzire, consapevole che, se dovesse realizzarsi ciò che teme, forse impazzirebbe.  Sam conosce la potenza di lingue di fuoco che esplodono come fiotti di petrolio nel bel mezzo del salotto, mentre la pelle pare liquefarsi.

Restare, ha un prezzo. La pazzia è una delle possibili opzioni. Per davvero.
Dean, piuttosto di veder soffrire chi ama, di assistere impotente alla fine…preferirebbe morire.
E muore. Per davvero

Due fratelli. Stesso coraggio.
Un coraggio diverso.
---
E’ quasi l’alba e Dean, espirando, abbassa la maniglia. Sam ha appena finito il turno “di guardia”. Si alternano. Da settimane. In un angolo, raggomitolato in quel trench sempre più logoro, Castiel. L’angelo che vigila su chi veglia e su chi è vegliato.
E’ una scena che si ripete analoga, ogni giorno. Dean prende posto sulla seggiola, accanto al nephilim e “fa la sua parte”. O meglio, finge di farla, sorseggiando rumorosamente il caffè, sempre più scuro e spesso. Come se, quell’ostentato modo di bere, rompesse il silenzio, rendendolo meno opprimente.

Dean è incapace di…restare. Dean ha bisogno d’aria. E, quel caso che avrà a che fare con qualche divinità primitiva, è arrivato a proposito. Dean ringrazia mentalmente il buffo dottor Morrison e quel giovane assistente. Tra poche ore partirà. Senza Sam.
Ma prima di...non restare, deve fare una cosa. Perché, se qualcosa dovesse andare storto, non si perdonerebbe.
“Ehi, Cas…vai a riposarti un momento…ci penso io a lui…dopo tutto, sei ancora nella fase di “ricarica”…anche tu.” suggerisce a Castiel, nel tentativo di rimanere da solo. Con Jack.
“Non ti preoccupare Dean, sto bene…non c’è bisogno…” risponde sicuro l’angelo ma poi, notando che Dean si mordicchia il labbro, comprende che forse qualcun altro “ha bisogno”. Gli sorride, lasciando la stanza. Castiel sa che per Dean è difficile esprimere i propri sentimenti. Lo sa bene.

Dean posa la tazza sul comodino e gli occhi su Jack…obbligandosi a guardarlo. Come Sam “guarda”.
Quindi comincia il suo monologo, quello a lungo recitato nella mente ma mai esplicitato.

“Perdonami Jack. E’ colpa mia se sei ridotto così! Se solo mi avessi lasciato andare! Se solo…se solo avessi preso un po’ meno del tenace altruismo di tua madre e un po’ più della tendenza distruttiva di tuo padre!!” esordisce, quasi rimproverandolo, consapevole di quanto suoni insensato “quel rimprovero”.  E’ il figlio che non gli è stato concesso avere. E’ il figlio che non ha avuto l’ardire di sognare. E, quando, per un anno, ha osato entrare in punta di piedi nel sogno, …mai risveglio fu più brusco e devastante. Poi Dean prende un bel respiro e la voce lotta per apparire serena, a tratti allegra.
“Jack…torneremo a pescare e ti porterò a bere ottima birra, di quelle che ti costano un occhio della testa ma che vale la pena assaggiare! Voglio accompagnarti in uno di quei locali dove la musica è assordante e quasi non vedi dove metti i piedi, tra buio e fumo! E stai sicuro che, una ballerina di lap dance, con le curve al posto giusto, ti farà sentire un ventenne a tutti gli effetti e non un neonato nel corpo sbagliato! E, passata la serata e la sbronza, imboccheremo una strada poco trafficata e ti affiderò Baby…e sai cosa lei rappresenti per me! Ricorda che ci ho messo anni per farla guidare a Sam!” e Dean sorride prendendo coscienza di quell’ultima verità. Poi il tono di voce si fa meno ironico e più sofferto. “Voglio fare tutto questo con te, Jack. So che sei ancora lì…da qualche parte…ti prego, ragazzo…” e Dean si copre il viso perché Jack non può vederli ma a lui, quei due lievi rigagnoli a solcare le guance, pesano come macigni.
“Jack…ho accettato un caso… roba di routine ma…sei abbastanza Winchester...sai come possono andare a finire, queste cose…però…non porterò Sam con me. Non stavolta. Tu ti sveglierai, Jack…e non sarai solo. Farò di tutto per cavarmela ma, se per me fosse questa… la “caccia sfortunata”, io devo sapere che tu tornerai, Jack! Tu tornerai da Sam e da Cas!” e quel “tornerai” è un disperato imperativo categorico.

Dean stringe la mano di Jack. E' fredda…più fredda di quella di Benny. Tira su con il naso, socchiude gli occhi, appoggiando la nuca alla spalliera della sedia. Un paio d’ore di guardia. Un paio d’ore pregando che Jack, in bilico tra Vuoto e Paradiso o qualsiasi altra fottuta dimensione che non può immaginare, faccia la sua scelta. Scelga lo scorrere del ruscello, il sapore di una birra appena spillata, il bacio di una brunetta mozzafiato e il volante di Baby.

Scelga lui. Scelga loro.

Quando Dean lancia un’ultima occhiata a Jack, gli pare di scorgere un impercettibile movimento di palpebra ma poi si convince che, purtroppo, è solo suggestione. Prende il borsone in spalla e, sul comodino, pone un biglietto in bella vista, sulla busta "Per Sam".

“Ho bisogno d’aria ma non starò via molto…un paio di giorni. Al massimo.
Non preoccuparti, Sammy. Pensa a Jack.

Dean”

Il sole si sta facendo nitida palla di fuoco. Sam è crollato sul divano, con un libro in mano e un altro paio aperti, abbandonati tra i cuscini. Sulla poltrona Castiel “veglia”…ad occhi chiusi. Del resto, anche se non vuole darlo a vedere, la sua grazia è stata messa a dura prova e l’angoscia per Jack non fa che rallentare il processo “rigenerativo”.
Dean li osserva con tenerezza, prima di chiudere la porta, dietro di sé.

Ha bisogno d’aria.
---
Jack è solo.
Ma non è solo.

“Ciao nipote! Hai finito di fare il bell’addormentato?!” ironizza Chuck, di fronte a quel corpo immobile. Schiocca le dita e tutto intorno a loro si ferma, come in una fotografia. Ma c’è quella palpebra che si muove, quella che Dean ha creduto essere l’illusione di un inconscio che non si rassegna. Invece Jack stava provandoci…voleva tornare dai suoi “tre padri”…
Cas, il padre che Kelly ha deciso per lui, affidandoglielo. Sam, il padre che lo ha “riconosciuto” senza esitazione, abbracciandone la parte oscura che sa poter esser bagliore.
E poi…Dean.
“Il padre” più distante, quello più refrattario alle emozioni, quello più difficile da conquistare. Quello che ancora doveva chiamarlo per nome. E lui lo stava aspettando. Per provarci.
Ma Dean non è rimasto.  Non si è concesso di “credere” in quella palpebra resiliente. Sarebbe bastato darle fiducia. E tempo.

Dean non poteva aspettare...aveva bisogno d’aria.
Ora, in quella stanza, è tutto racchiuso in un fermo immagine. Altri decideranno.
Per Jack e non solo per lui.

“Allora, Jack, so che puoi sentirmi ma non hai forza a sufficienza per tornare tra noi perché, con un pessimo senso pratico, hai pensato bene di sprecare tutta la tua anima e la tua energia per quello stolto con la smania dell’eroe! Inganna anche se stesso, pare sempre pronto al sacrificio e poi qualcuno va immancabilmente ad immolarsi per lui! Non gli basta tutta la scia di cadaveri che ha lasciato al suo passaggio?! E’ solo un egoista manipolatore, un lupo travestito d’agnello sacrificale ma non perdiamo tempo in disquisizioni teologiche… sei fortunato, ragazzo, hai un nonno importante! Ti concederò di essere il mio pupazzo senz’anima. Questi due sciocchi non l’hanno ancora capito che fanno parte di un grandioso show! Il mio show! Quando sei morto, un po’ di tempo fa, sei stato il protagonista di una delle scene più toccanti. Sam al tuo capezzale, Dean che non se la sente di assistere alla tua dipartita…e poi quella bevuta “a tre”. I due Winchester e quell’angelo infedele! Un’inquadratura da maestro. Un momento di puro pathos!” esclama Chuck, enfatizzando, come se fosse realmente commosso al ricordo. Ma presto la voce diventa gracchiante e astiosa “Poi la magia è finita… sono riusciti a riportarti in vita. Ogni tanto fuggono al mio controllo e ci si doveva mettere pure quella esperta di Angeli con la voglia di rivedere la figlioletta! Avrei dovuto eliminarla tempo addietro, impedendole di giocare a fare la killer dei miei figli!” sbraita Chuck, sbattendo il pugno sulla scrivania e sembra che la palpebra di Jack fremi di più. “E poi tu…che vuoi salvare tutti, con quel tuo senso della giustizia che, di certo, non hai  preso da tuo padre! Alla fine eccoti qui, prosciugato, avvizzito come un ramo d’inverno! Ma puoi ancora tornarmi utile. Sarai il “figliol prodigo” all’apparenza ma, in realtà, sarai Caino, sarai Isacco pronto al sacrificio, sarai la punizione di Dean perché, questo insulso omuncolo, impari finalmente la lezione. Non può modificare cosa ho in mente per loro! Sono gli unici Winchester, disseminati per i miei vari Mondi, che non riesco a piegare. Ma si piegheranno!”.

Chuck sfiora gli occhi e il cuore di Jack “Sarai senza anima, agirai per puro interesse, non riconoscerai bene o male, non proverai emozione alcuna. L’unica consentita sarà l’odio. Fingerai con tutti ma tu saprai chi sei davvero: odio. Odio puro. Solo questo. Niente più di questo.”

Jack spalanca gli occhi, respirando ampio.

“Bentornato nipote!”
 “Cosa devo fare?” domanda Jack, con tono devoto ma distaccato.
“Niente…farò tutto io, caro, non ti preoccupare. Tu seguirai una sola regola: chi non ti ama, in modo assoluto, ti odia. Semplice vero?” risponde Dio, mellifluo.
“Sì” e l’affermazione gli esce come se fosse voce registrata su nastro.
“Bene…se sarai messo in secondo piano vorrà dire che, chi avrai di fronte, dovrà essere eliminato, non meriterà il tuo amore. Chi ami più di ogni altra cosa?”
“Castiel, Dean e Sam” e l’ordine è casuale perché, per Jack, sono figure di riferimento, in egual misura.
“Bene, allora se qualcuno dovesse distrarli da te saprai cosa fare, giusto?”
“Eliminarlo” e non c’è il minimo dubbio nel tono assertivo.
“Ottimo! Perspicace come Lucifero. Impari in fretta! E ora “spegniti”, ti farò “resuscitare” io, a tempo debito.”

Chuck schiocca nuovamente le dita e, apparentemente, nulla è mutato.
Ma in realtà nulla sarà come prima.
Non ha scelto Jack di tornare. Mai avrebbe scelto di tornare a quelle condizioni.

Sam si stiracchia e Castiel, destato da un brivido che lo inquieta, si alza di soprassalto. Per distrarsi, fronteggiando quella sensazione che non comprende, si offre di preparargli il caffè. Sam, sbadigliando, accetta la premura, riordinando i testi sparpagliati qua e là. Ha segnato un paio di paragrafi che potrebbero essere utili. In mattinata arriverà Rowena, di ritorno da una sua “collega”, esperta di voodoo. La strega ha ipotizzato di tentare un rito “al contrario”. La teoria è audace ma interessante, chi è “fantoccio” potrebbe tornare ad essere umano. La “rossa” le sta davvero provando tutte per aiutare Jack e i Winchester!

Rowena non può immaginare quanto, quel definire Jack “fantoccio”, tra poche ore, sarà tragicamente veritiero.
Una macchina da guerra perfetta. Jack sarà questo. Pronto a sterminare chiunque intralci il suo cammino. Chuck non dovrà far altro che godersi lo spettacolo, sgranocchiando popcorn.
Li osserva, ignari della sua presenza e di ciò che li attende. Sam e Castiel, pronti ad iniziare una nuova giornata…cercando soluzioni. Ma non serve più scervellarsi.
Chuck ha già trovato la soluzione. Definitiva e agghiacciante.

“Si va in scena, ciak si gira! O forse dovrei dire “Jack si gira!” conclude Dio, in una risata sarcastica e subdola.
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Ha spento il cellulare. Non potrebbe reggere una romanzina di Sam. Ha guidato per gran parte del giorno e non è certo in forma per affrontare un demone, un mostro arcaico…o Sammy! Le spalle indolenzite, quel crepitio che arriva dallo sterno come un’eco e qualche colpetto di tosse di troppo, gli fanno sperare che Morrison gli racconti i dettagli della faccenda ma che “l’azione”, quella vera, sia rimandata a domani. Una doccia, un motel e un letto su cui distendersi per alleviare il dolore sordo a cui, ormai, è avvezzo.
Si chiede perché il professor Morrison gli abbia dato appuntamento in quell’autorimessa abbandonata. Comincia a deglutire odore di trappola ma è troppo tardi. C’è chi l’osserva, poco lontano, felice e quasi stupito che non gli abbia mentito. E’ solo.
Solo.

Dean entra con circospezione nel magazzino semibuio chiamando chi non può sentirlo “Dott. Morrison?! Ho parlato con il suo assistente…Dott. Mor…” Dean non fa in tempo a terminare la frase. Comincia a tossire e si rende conto che l’aria sta diventando irrespirabile. Ben ha sempre avuto ottimi voti in chimica e in motoria. E’ lesto a sigillare le porte del locale dall’esterno. Guarda la scena dalla finestra semiopaca del retro. Lo vede cercare una via di uscita, come cavia di laboratorio. E lui è lo scienziato cinicamente consapevole che la porticina della gabbia non si aprirà.
Dean, in pochi minuti, è a terra, privo di sensi.
Ben gli si avvicina, mantenendosi pronto in posizione "di attacco". Gli tira un leggero calcio per assicurarsi che sia davvero svenuto. Sa che è scaltro. Potrebbe aver finto di soccombere al composto tossico e balzargli addosso in un attimo. Ma Ben non sa che i polmoni di Dean lavorano ancora all’70%. Quel 30% gli impedisce di agire d’astuzia. La gamba di Dean pare di stracci. Tutto quel corpo supino è cumulo di cenci. Molle e pesante. Sistemarlo su quel gancio non sarà un toccasana per la schiena ma, dopo tutto, l’abbonamento annuale in palestra, varrà pur qualcosa?!
Perché, alla fine, sua madre ha ragione: è arrabbiato.

La rabbia per l’amore negato e per la memoria rubata non si quieta con un atto di generosità. Quello ha rappresentato l’inizio ma  per placare il proprio animo ci vuole ben altro.

Ci vuole un topo in gabbia per uscire dalla propria, fatta di risentimento e livore.

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Quando Dean si risveglia, avverte un bruciore intenso in gola e percepisce il sangue non scorrere come dovrebbe. E’ appeso a un ferro, come una carcassa al mattatoio. Le gambe penzolano e, ad ogni movimento, una scossa parte dai talloni senza appoggio e arriva ai palmi, uniti sulla sua testa. I polsi sono avvolti da una di quelle corde che ti fanno prudere la pelle, scorticandola lentamente. Riesce a mettere a fuoco una figura davanti a sè. E’ alto, longilineo ma ha spalle larghe, robuste e indossa una maschera di Halloween. Dean pensa che sarebbe stato divertente affrontarlo con Sam, lui che ha una “vera passione” per “dolcetto o scherzetto”!

Dean sbuffa cercando di riordinare le idee. Ipotesi 1: il dottor Morrison e il suo assistente sono le prime vittime di questo “spirito” con la passione per i travestimenti. Ipotesi 2… è stato sciocco e avventato come un cacciatore alle prime armi.
 Qualcosa gli dice che è corretta la seconda.

Può essere chiunque. Un demone con il senso dell’umorismo, uno spirito furibondo, un uomo a cui ha “soffiato” la moglie per godersi una serata e che, probabilmente, non l’ha presa bene…
Dean, con il suo proverbiale pragmatismo, fa la cosa più ovvia, chiedendogli di “presentarsi”.
“Chi sei?! Che cosa vuoi?! Complimenti per la fantasia…la maschera di Joker…” lo schernisce.

Ben, con la mente, torna ai pensieri di poco più di un mese fa. Quel mattino in cui tutto è andato sottosopra. Si era ripromesso di vederlo soffrire. Di punirlo. Ora sta mettendo in atto una sorta di “piano” a step.
Tramortirlo (fatto). Immobilizzarlo (fatto). Massacrarlo di botte…potrebbe farlo…ma, dopo tutto, gli serve lucido. E poi, Ben è sufficientemente maturo. Sa che le parole faranno più male dei pugni.

“Non voglio nulla da te. Ma forse ho qualcosa che ti interessa…” risponde ambiguo.
Dean suda freddo. Sam. Il suo primo, unico pensiero. Ha catturato Sam! Ora ne ha la certezza…Morrison se la starà spassando in un luogo esotico, in qualche angolo remoto di Terra, intento a studiare i riti d’accoppiamento di disinibite tribù indigene…e, questo fottutissimo Joker, potrebbe essere l’assistente di “Lucifero” in persona! Era una trappola e lui ci è cascato come un pivellino! E cosa può mai volere?! Adesso che Michele è andato in briciole, cosa c’è di nuovo?! Possibile che non ci possa essere un attimo di tregua!? Non è già abbastanza difficile così, con Jack in quelle condizioni?!

“E cosa avresti di così interessante per me?!” risponde, mostrando disinteresse. “E poi smettila di fare il misterioso…tanto lo sanno tutti che alla fine vince Batman!” e Dean cerca di mantenersi calmo, ostentando sicurezza. In realtà, dentro di sé, l’angoscia sale, come può salire il mercurio all’interno del termometro. Rapidamente, direttamente proporzionale al calore che sprigiona il tuo corpo.

Ed eccolo il colpo, che non ha bisogno di mano precisa. E’ sufficiente una frase secca, capace di andare a segno. Ben prende la mira. E spara.
“Ho Ben e Lisa e potrebbero non arrivare a domani”

Dean sbianca e la costola, all’improvviso, pare di nuovo ciondolare, come ciondola lui, appeso a quel gancio. Il passato ritorna, ruvido, teso, urticante come la corda che gli blocca la circolazione ma, se l’avesse intorno al collo, sarebbe cappio certo “Che cosa…cosa stai dicendo?! Loro… non mi conoscono…” mormora Dean, con la salivazione azzerata.
Ben prova l’istinto incontrollabile di colpirlo in pieno volto. “loro non mi conoscono…”…certo, come potrebbero?!! Anche se, negli anni, Ben lo avesse incrociato per caso, in un centro commerciale o all’uscita di un pub…che cosa sarebbe stato, per lui, quell’uomo sulla quarantina? Un autista distratto, la sbiadita diapositiva di un ricordo d’infanzia, un volto che chiede scusa alla mamma per averli investiti e ti “consiglia” di occuparti di lei.  Poco più di niente. Dean che, per un periodo, era stato tutto.

 Ben chiude la mano a pugno e le nocche si fanno tese. Resistere alla tentazione di colpirlo è la prova tangibile che le sedute di yoga, a cui lo ha costretto sua madre, non sono state vane. E’ di nuovo la voce a farsi proiettile.
“Non mentire! Hai vissuto un anno con loro, in pianta stabile e anche dopo, per mesi…entravi e uscivi dal letto di…di quella puttana!”. Ben si maledice per definire così sua madre ma, quell’ingiuria, sarà il suo lasciapassare per la verità. Più sarà stronzo, più sarà credibile. E Dean dirà la verità.

 E allora procede, con la determinazione che concede la giovinezza ferita.

“Sono giorni che i miei amici demoni li torturano ma, a quanto pare, non ottengono nulla! Continuano a mentirmi!. Fingono di non conoscerti perché hanno capito che voglio usarli come merce di scambio! Ma non resisteranno a lungo. Sfigurati nel fisico e con le anime pungolate ad intervalli regolari…è solo questione di ore!”
Dean deglutisce. Ben e Lisa! Non Ben e Lisa! Non quello spicchio di sogno diventato coccio. Non loro! Catturati senza neppure avere la possibilità di scelta! Cosa potevano rivelare a quei figli di puttana?! Non è mai entrato nelle loro vite…loro non ricordano nulla di lui…è la colpa è sua… solo sua!
“Non vi stanno mentendo! Io…io ho fatto in modo che non ricordassero! Un angelo ha cancellato la loro memoria! Non stanno mentendo!” esclama Dean, disperato, rinunciando a qualsiasi tentativo di apparire fermo e spavaldo.
Ben sospira e la maschera di gomma gli pare terribilmente costrittiva.
“Perché? Perché lo avresti fatto?!” lo interroga, urlando, spingendo la voce oltre quel ghigno statico.
“Per proteggerli da bastardi come voi!” esplode Dean, dimenandosi, cercando di liberarsi ma con l’unico effetto di rendere più violacei i polsi, mentre il formicolio agli arti si fa sempre più inteso e diffuso. “Io…ora hai me…loro non ti servono più! Lasciali andare! Hai me!” ripete Dean, con la voce che gli esce strozzata e lontana. E Dean ha il volto scoperto. Sta “giocando”…allo scoperto.

Ben lo scruta, godendo a pieno dell’espressione amimica che gli concede quel travestimento. Può osservarlo senza tradire emozioni. Dean è paonazzo e il respiro è diventato difficile, a mozziconi. Come previsto, le domande feriscono più dei pugni. Un paio di “zampe di gallina”, ai lati degli occhi, quando li restringe.
Dean affannato, forse per i postumi di quel che, anche il “suo Sì”, ha evitato fosse… l’ultima caccia.
Dean, il cacciatore diventato cavia…ma ora la caccia è finita. Anche per Ben, “scienziato” con la volontà di vendicarsi. La “porta della gabbia” può aprirsi.

Dean è libero. Ben è libero.

“Non agitarti tanto…non succederà nulla a Lisa e Ben…stanno bene” e Ben tenta di far percepire un sorriso, celato da quello fittizio.
Dean lo squadra basito. Qualcosa  di stranamente convincente gli fa dire che non gli sta mentendo. Allora chi è e cosa vuole, realmente, quel surrogato di Jack Nicholson che, per lui, resta il Joker “ufficiale”?!
“Ma cosa fai? Mi prendi in giro? Che razza di psicopatico sei?!”
Ben ride, mostrando il suo volto.
“Be’…diciamo che ho imparato dal migliore…psicopatico!”

Dean sgrana gli occhi, sbattendo le ciglia sudaticce. Ha sembianze umane…d’altronde i demoni posseggono persone che diventano involucri. Eppure quel viso, quello sguardo…quegli occhi “appiccicati” su un volto di adulto…li riconosce. Un nome, spontaneamente, si posa sulle sue labbra come un suono delicato, gentile che sapeva di “delicata normalità”.

 “Ben?!!”
“Ciao, Batman!”
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Ben lo slega, gli porge una sedia e gli offre da bere ma la mano di Dean non vuole saperne di stare ferma. Movimenti involontari, dovuti alla muscolatura contratta durante la “prigionia”, la recente possessione di Michele, gli antidolorifici sparati in vena e poi…il rivedere chi non ha mai dimenticato. Lui non ha avuto la “fortuna” di perdere la memoria. Dean si scopre debole. D’istinto blocca la mano con l’altra e, con imbarazzato stupore, scopre che ora sono entrambe a sussultare, “lottando” contro il contenitore di plastica.
Ben, senza commentare, gli trattiene un braccio con tenera fermezza, frenando lo spasmo.  Dean può portare la bottiglietta alla bocca e dissetarsi. Ha bisogno di non avere la lingua impaniata per porre…quel tipo di domanda.
“Ben…ricordi…ricordi tutto?!” ed ora è Dean quello in cerca di risposte.
Ben annuisce, tormentandosi i capelli arruffati.
“E’ stata quella richiesta di aiuto, un po’ di tempo fa…mi ha fatto ricordare…tutto.”
Dean scuote la testa, mortificato. “Mi dispiace…mi dispiace tanto Ben…”
“Non dispiacerti perché ho ricordato, Dean…chiedimi scusa perché tu mi hai fatto dimenticare!” si ribella il giovane.
“Io pensavo che…”
E quella frase apre il vaso di Pandora.

Pensavi Dean?!! Al nostro posto?! Hai sbagliato a scegliere per me e per la mamma!” ribatte Ben, senza concedergli attenuanti.
“Io…avevo paura di…” ma qualsiasi cosa, ora con quel Ben adulto, ad un passo da lui…gli pare banale e ingiustificabile.
“Di perderci, certo…allora hai deciso di lasciarci andare, di perderci per sempre…veramente geniale!” conclude Ben, sarcastico.

Dean capisce che Sam, aveva avuto ragione a dirgli che, di tutte le cazzate fatte nella sua vita, quella sarebbe stata la peggiore. Ci era “arrivato” Sam…quel Sam. Confuso, disorientato, annientato da un anno senza anima, con quel muro traballante che lo separava dalle atrocità subite nella Gabbia. Ma era pur sempre Sam. Quel fratello capace di comprendere l’animo umano meglio di chiunque altro. Meglio di lui che non era stato guscio vuoto eppure aveva condannato Ben e Lisa ad esserlo.
Lo aveva zittito in malo modo, perché il dolore era troppo grande e Sam non faceva che acuirlo. Gli aveva intimato di non parlarne più. Glielo aveva ordinato. E Sam aveva obbedito. Anche se non condivideva.

Dean era scappato da Ben. Da Lisa.
Come è scappato da Jack. Come continua a fare. Sempre.

Perché restare non fa parte del suo coraggio.

“Mi dispiace, Ben” e stavolta Ben comprende che non si sta riferendo al “messaggio” di Jack.
Ben torna al suo “piano”, a ciò che aveva immaginato di fare, se mai lo avesse ritrovato. Non è stato necessario procurargli un occhio nero o vedergli sputare sangue…ora vuole semplicemente arrivare alla conclusione di quella insolita "vendetta".
Un abbraccio… Fatto.
A Dean, catturato da quella stretta forte che lo cinge alle spalle, per un paio di secondi si blocca il respiro.
“Stai bene, Dean?” domanda Ben con aria colpevole, allontanandosi da lui, temendo di aver esagerato. Dean  a bocca aperta, recupera fiato.
“Sì…tranquillo, una costola che ogni tanto mi fa ancora vedere le stelle, ma si sta saldando” risponde rassicurandolo.
“Dall’ultima caccia?”
“In un certo senso…diciamo che non avevo più intenzione di tornare in questo mondo. Sam…lui mi ci ha riportato “a forza”. Ce l’ha messa tutta per far ripartire il mio cuore!”
Ben, istintivamente, tra sé, ringrazia il coraggio di Sam. 
“E’ stato quando ho sentito la richiesta di quel ragazzo?!
“Sì…Jack…si chiama Jack…” e Dean si rattrista all’istante “se non fosse stato per lui…ora sarei in una cassa, in fondo al Pacifico, sepolto vivo insieme ad un Arcangelo. Usare il mio cuore come yo-yo, sarebbe il suo passatempo preferito! Come vedi sono trascorsi anni…ma la mia vita è sempre…appesa a un filo…letteralmente!” e Dean finisce la bottiglietta dell’acqua e vorrebbe avere “il tocco” di Rowena per trasformarla in birra ghiacciata!
Ben ritrova quell’umorismo, quell’ironia che gli aveva fatto promettere a se stesso “Accanto alla mamma nessun’altro… solo Dean!”. Desiderio semplice, puerile, ingenuo forse…ma ora lo ricorda.
Ora può ricordare.
“Dean…quando ho sentito la voce di Jack ho creduto di impazzire! I ricordi mi sono piombati addosso come una montagna che si sgretola e tu ci stai sotto! E’ stato terribile! Ho provato una rabbia, Dean! Ero furioso! Volevo che morissi!” spiattella Ben, senza mezzi termini, rivivendo quella sensazione che ancora brucia.
“lo capisco Ben…lo capisco…non ti devi giustificare per non…” e a Dean pare ovvio che Ben abbia recuperato la propria memoria ma non sia stato tra quelli che gli hanno concesso di vivere. Perché “salvare” un bastardo che ha deciso di uscire dalla tua vita, in un modo tanto spietato?!
Ben un po’ amareggiato per quel fraintendimento, chiarisce “Dean…ti ho dato un frammento della mia anima…non sapevo a cosa servisse. Ma volevo ritrovarti. Avere delle risposte. Dovevi vivere.”
Dean oscilla sulla sedia tarlata “Dean?! Tutto ok?!”
“Sì…è ok. Hai…hai detto “Sì”…?”
E Ben comprende il motivo di quella “perdita di equilibrio”. Da seduto.
“Dean…cos’altro avrei potuto fare?! Avevo la testa pesante e il cuore che batteva a mille ma mai…mai avrei “rimandato al mittente” la possibilità di salvarti!”

Non è suo figlio “biologico” ma quanto gli somiglia! Furente per il torto subito ma poi…pronto a “donare” un pezzo di sé, per salvare una vita. Superando il rancore, l’odio, il disprezzo. Non è suo figlio ma Lisa lo ha cresciuto con valori degni di un Winchester!
Già…Lisa.
“…lei?”
“Sta bene, ha ricordato tutto…anche lei
Dean deglutisce. Ci sono “altre domande” ma teme le risposte.
Ben gli legge nel pensiero. “Non è mai andata oltre il terzo appuntamento!” precisa in uno sberleffo. Poi Ben ritorna serio “Anche la mamma, appena ha ricordato chi eri…ha risposto “”. Dean…anche se le cose tra di voi non hanno funzionato…”
Dean s’incupisce affrettandosi a sottolineare “Non potevano funzionare ieri come oggi…la mia vita continua ad essere un vero schifo, le persone che mi stanno accanto sono sempre in pericolo e…” ma Ben non gli permette di continuare.
“Dean smettila! Ti prego, smettila! Non farmi pentire di aver ascoltato Jack!” gli vomita addosso, esasperato.
“Non deciderai più per me! Non questa volta! E non deciderai più per la mamma! Ora che ti ho ritrovato l’affronterai e vedrete cosa fare. Non mi riguarda. Siete adulti, prenderete le vostre decisioni. Ma non sono più un ragazzino. Non chiedermi di rinunciare a te, Dean. Non lo farò. Ho un pezzo di vita da raccontarti. Esperienze, dubbi, sogni…mi sei mancato Dean!”

Ben ha completato la “lista delle cose da fare”…affermare quel sincero e liberatorio…
 “Mi sei mancato, Dean!
Fatto.
E poi Ben va oltre il suo…piano. Deve convincerlo a dargli una possibilità. A darsi una possibilità.

 “Sarai di nuovo posseduto? Va bene…vorrà dire che mi metterò a spulciare antichi testi e cercherò di tirarti fuori dall’ennesimo casino! Studio antropologia, sai? Posso farti comodo! E se dovessi perderti…” Ben lo guarda dritto negli occhi, quasi sfidandolo “va bene, Dean…accetterò di perderti…ma piangerò…piangerò un padre, la cosa più vicina ad un padre! Non un autista negligente che ha fatto una manovra avventata!!”

Dean non obbietta. Lo rispetta, annuendo commosso e sentendosi amato come non crede di meritarsi.
Come sa di non meritarsi.
Ma Ben è certo di meritarsi che Nessuno torni ad essere Ulisse.

“Dean, riposa, prenditi un po’ di tempo, avvisa Sam ma… verrai con me, me lo devi.” E Ben, così dicendo, gli porge il cellulare che gli aveva “sequestrato”.
Dean sorride e poi si sdraia a terra, allungando le gambe e appoggiando la schiena alla parete in lamiera di quel magazzino. Si schiarisce la voce e le idee e invia un vocale a Sam “Sammy, sto bene…sto bene ma…mi prendo un paio di giorni…avevi… avevi ragione tu…è stata una cazzata cancellare la memoria di Lisa e Ben…ma ora grazie a Jack…” Dean si ferma, socchiudendo gli occhi e allontanando per un paio di secondi il telefonino dal viso. Prende un bel respiro, deglutisce e poi rivela “Sammy…ricordano tutto… li ho ritrovati… non ripeterò lo stesso errore.”
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Sam ascoltando la voce di Dean, rotta dall’emozione, strabuzza gli occhi, passandosi una mano tra i capelli. E’ incredulo, stranito, felice. E’ un altro miracolo di Jack, di quel piccolo, grande eroe addormentato! Si dirige verso la stanza a spasso spedito immaginando di trovare Rowena affranta, dopo l’ennesimo incantesimo infruttuoso. Ma, inaspettatamente, la incontra nel corridoio. Sam le si avvicina. “Dimmi gli ingredienti che ti servono…ce la faremo Rowena!”
La strega sorride a labbra strette, mentre le lacrime arano il fard sulle gote. “Non c’è n’è bisogno, Samuel! Non più. Lui…”
“Lui?!” ripete Sam, pensando al peggio.
“Lui è tornato!” esulta Rowena mentre Sam, in un paio di falcate raggiunge Jack.
Quelle palpebre sono spalancate. Fisse al soffitto, c
ome se lo vedesse per la prima volta. Come se fosse cielo. .
“Jack!” esclama Sam, inginocchiandosi ai piedi del letto, vinto dall’emozione.
Il ragazzo si volta, in modo meccanico “Ciao Sam, dov’è Dean?”
Sam è confuso. Il tono è neutro, freddo, ma la domanda è pertinente. Lui non sa che Dean si è salvato.
“Stai tranquillo, è vivo! E’ salvo, grazie a te!”
“Bene…bene” annuisce Jack. Dean è vivo, ma non è lì, non è con lui. Si è solo approfittato del suo aiuto.
Dean non lo ama. E lui imparerà ad odiarlo.

E’ tutto molto semplice.
Odiare, dopotutto, è semplice.
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Lisa li vede entrare, l’uno a fianco all’altro. Sapeva da Ben che sarebbe tornato con lui. Gli occhi di velluto nero si mescolano al verde che si era ripromessa di ritrovare.  Dean ha sempre faticato a sostenere quelle due iridi d’inchiostro.  Anche quando lei lo aveva accolto in casa sua e lui aveva tentato di mantenere la promessa fatta a Sam. Anche quando lei, consapevole di aver accanto un uomo a pezzi, aveva provato a ricomporlo come un puzzle.  Ma Lisa sapeva che, a Dean, sarebbe sempre mancato un tassello.
Quando quel tassello è ricomparso non è riuscita a gioire del “quadro completo”. Non apparteneva più a lei.

Dean legge astio, sofferenza, amarezza in quelle perle nere.  “Lisa…” riesce a balbettare, persino chiamarla per nome gli sembra un atto di presunzione.
Ma Lisa sa di esser stata superba quanto lui.  Hanno commesso errori. Chi più, chi meno. Ci si arrende in due. Ci sarà tempo per elencare e rivendicare tutto quello che hanno sbagliato.  Non ora. Non adesso.
Lisa rammenta la nausea, la vertigine provata il giorno in cui tutto l’è tornato alla mente. Il mondo si è fermato per una manciata di minuti. O per anni. Troppi.
Ripartire. Per vincere il capogiro, per recuperare il tempo perduto.

“Dean!!” e Lisa non aggiunge altro. Non c’è n’è bisogno. E’ tutto racchiuso in quel nome. Nel tono di voce usato per pronunciarlo…
Dean… perché mi hai fatto questo?!”
“Dean… perché mi hai buttata fuori dalla tua vita?!”
“Dean, perdonami, perché te l’ho permesso…”
 “Dean…sei qui!”
Dean resta sulla porta, Incapace di muovere un passo. Ma lei, sorridente, lo accoglie con una battuta “Dean Winchester! Ti sei ricordato che amo le sorprese!” e lo abbraccia, come se gli anni non fossero scappati via, come se fosse semplicemente tornato da una caccia più lunga del previsto. Qualche Apocalisse da sventare. E ci ha messo più dell’ultima volta…Dean la stringe a sé, come se, per un incantesimo, di quelli che ti fanno viaggiare nel tempo, il passato fosse presente.
Compagno, padre, operaio…non cacciatore.

Ben nutre la speranza che Dean abbia compreso. Ci sarà ancora la paura di perderli. Sarà forte, sarà potente, sarà insopportabile ma lui non sceglierà più per loro. Sceglierà loro.  Ben vuole crederci.

Deve crederci.
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“Il divano va benissimo, Lisa…”
“No…dormirò io sul divano…Ben mi ha detto della costola…hai bisogno di un letto…”
“Ma…” tentenna, Dean.
“Niente “ma”, vai a dormire. Dev’essere stata una giornata impegnativa”
“Effettivamente…Ben mi ha messo davvero alle strette!” ammette Dean, con una smorfia eloquente.
Lisa ride “Sa essere piuttosto plateale!”
“Decisamente!” conferma Dean.
“Buonanotte, Dean” e Lisa si sorprende di quanto quella frase appaia abitudine, come quando vivevano insieme… ed erano una famiglia.
“Buonanotte Lisa” risponde Dean, pensando la stessa cosa.
---
 
Appoggia la testa sul cuscino. Ricorda quella sensazione di lei accanto. 
Poi, all’improvviso la vede entrare. La sottoveste bianco panna in contrasto con la carnagione olivastra. “Scusami…volevo solo…” Lisa si avvicina al letto, allungando la mano verso di lui. A pochi centimetri dai suoi capelli. Non li accarezza. Anche se vorrebbe farlo. Poi spiega il motivo di quell’ “intrusione”
“Ci sono state notti in cui mi svegliavo di soprassalto cercando qualcuno, come se questo cuscino appartenesse a qualcuno…ma non riuscivo a dargli un volto. Ora posso farlo.” e le perle nere perdono un po’ di quel morbido riflesso.
“Mi dispiace Lisa…perdonami…” sussurra, Dean.
“Ti ho già perdonato…quando ho deciso di ascoltare quella preghiera…”
Dean deglutisce.
“Avresti potuto…”
“Cosa Dean? Far finta di nulla? Ignorare quei ricordi ritrovati?!”
“Be’…dopo tutto non stavamo più insieme… e poi…”
“E poi hai sbagliato comunque, Dean, a strapparmi una parte di vita!” e Lisa alza i toni della discussione, anche se si era ripromessa di non degenerare. Però, quel confronto, è l’occasione per assumersi la sua parte di responsabilità “Come ho sbagliato io”.
Dean, volutamente, non approfondisce. Non ha sbagliato. Ha fatto bene ad allontanarsi da lui.
 Poi Lisa pronuncia un nome che Dean non si aspetta.
“Sam?’”
“Bene, lui sta bene…” e Dean s’innervosisce. Uno dei motivi di discussione più frequenti, che li ha portati alla rottura, è stato il rapporto con Sam. Lisa non capirà mai ciò che lo lega a suo fratello. Ma, anche su questo punto, sembra essersi “ammorbidita”.
“Lo so che ci sarà sempre Sam. Per me ciò che conta è che tu sia tornato.” quindi si alza, avvicinandosi alla porta, per lasciare la stanza “In quanto a noi…”
“Lisa…ti prego…è pericoloso…ci sei già passata…ci siamo già passati! Non ci può essere un “Noi”!” afferma risoluto, Dean.
Lisa gli si avvicina nuovamente “No, oggi decido io, Dean. Quella voce avrebbe potuto essere un inganno, un demone…ma ho rischiato. Voglio rischiare. Non so se funzionerà. Se stavolta riuscirò ad entrare nel tuo mondo e se tu mi permetterai di entrarci…di entrarci davvero. Non so se accetterò il legame fra te e Sam…ma voglio provarci, Dean. Non sono riuscita ad amare nessun altro…ed eri poco più di un’ombra sbiadita che, ogni tanto, riaffiorava, lasciando l’impronta su questo cuscino…vorrà pur significare qualcosa, no?!” e la mano, dal guanciale, si sposta verso di lui, concedendosi di accarezzargli i capelli.

Dean scopre qualche ruga e nota che lei si sofferma sulle sue occhiaie, “regalo” dei tanti mostri affrontati, fuori e dentro…il tempo è trascorso.  Dean pensa che potrebbe restargli poco da vivere. Sa che questa è solo una parentesi, presto succederà qualcosa a buttargli in faccia che loro, lui e Sam, non sono fatti per una famiglia. Lo sa. Ma sogna che Sam inviti Margaret a cena. E allora perché non prendere un pezzetto di quel sogno per sé?

“Hai programmi per domani? Ti porto a vedere dove vivo e vorrei…vorrei che conoscessi un po’ meglio Sam…” propone, fiducioso.
“Per anni non ho avuto programmi…e…ho aspettato…il terzo appuntamento!” risponde Lisa, entusiasta.
“Ma ti avverto…non sono tipo da arrivare con mazzi di fiori e cioccolatini!” scherza Dean.
“Be’, me lo ricordo…finalmente! Sei più tipo da pistole e filtri magici!” rincara lei.

Ridono. Lisa spegne la luce. Non ha intenzione di tornare sul divano. Anche il suo corpo vuole “recuperare la memoria”. Pelle contro pelle.
Lisa ritrova il “fantasma” a cui avevano squarciato il volto. La mano continua a giocherellare con i capelli di Dean. Vuole trattenerli tra le dita.

Ulisse è tornato. E forse, la parte di Penelope, non è poi così male. Non sapeva chi stesse attendendo.
Ma lo ha aspettato.

Non gli permetterà di scappare, scegliendo di essere fantasma.

Non più.

 
 

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Felicità.
Pura, semplice, drammaticamente imprevista. Perché è drammatico prendere coscienza di quante volte, nella sua esistenza, ha potuto provare una simile emozione. Poche. Le dita di una mano, “ufficio contabile” che ha computato ogni attimo di gioia, strappato alla battaglia quotidiana.
 Al contrario, a quantificare i momenti di sofferenza acuta, estrema, indicibile…ci pensa una surreale calcolatrice adagiata sull’amigdala, ammaccata “scrivania” di un cervello perennemente in disordine. Sull’anonimo display riporta un numero di almeno quattro cifre che, purtroppo, si aggiorna con una frequenza impressionante.

Felicità.
Pura, semplice, drammaticamente imprevista.

Sam, stappa una birra per Jack…la presa incerta sul dorso della bottiglia e gli occhi lucidi di chi ha di fronte una scommessa vinta.
Mary, armeggiando tra i fornelli, ad ogni pietanza servita ribadisce di cavarsela meglio con pugnale e pistola mentre Lisa, offrendosi di aiutarla a spadellare, pare volerle fare buona impressione.
Bobby racconta, ad un rapito e attento Ben, di come ha fatto fuori un Wendigo, una settimana fa. Il modo in cui si sistema il berretto parlandone, è dannatamente speculare alla gestualità appartenuta al “suo" Bobby.
Castiel, seppur con qualche difficoltà, risponde a tono alle argute freddure di Rowena e la conversazione assume i contorni leggeri di una sit-comedy anni '80, di quelle con le risate in sottofondo.

Felicità.
Piena. Trasparente. Pulita.
Perché schizzarla di inquietudine e dubbio?!

Lisa e Ben fanno di nuovo parte della sua vita. Come Jack. Dean vuole una tregua. L’uomo coraggioso, sempre pronto a gettarsi nella mischia, ad imbracciare le armi, a sacrificarsi per un bene superiore…ora vuole solo credere. Credere in quella felicità perfetta.
Anche se, quando ha abbracciato il nephilim, percependo il cuore tamburellare contro il petto del ragazzo, non ha avuto “risposta”. Alcun sussulto, alcun battito più accelerato. Per un decimo di secondo, ha provato l’orrore di chi avverte che, in quella cassa toracica, nulla vibra. Il cuore batte. Perché Jack è vivo. Ma è sufficiente potersi definire “vivo” per avere in sé la Vita?

Si è improvvisamente ricordato di Sam, dopo quell’anno di Gabbia.

Era lui. Era Sammy. Quegli arti dinoccolati e robusti appartenevano a Sam. Era Sam a cingerlo. Ossa e fibra muscolare. Ma il cuore di Sam era altrove, inghiottito dalle fauci infuocate di Lucifero che, sminuzzandolo, se ne cibava. Giorno dopo giorno.
Dean non vuole piegarsi a quel dubbio che inzacchera.

Niente calcolatrice. 
Una mano aperta. Solo questo.

Credere.
---
“Sono andati a dormire?” domanda Sam, riassettando la cucina.
“Sì, Lisa ha voluto sistemarsi con la mamma…” conferma Dean, asciugando le stoviglie.
“Davvero?! Pensavo che voi due…ecco…” balbetta, Sam.
Dean gli sorride ammiccante “Pensavi bene fratellino! Ma resteranno almeno un paio di giorni e stai certo che Lisa non continuerà a dormire con la mamma! Vogliono solo conoscersi meglio…e, a dire il vero, mi pare un’ottima cosa…” conclude il maggiore, più serio. Desidera con tutto se stesso che Lisa entri a far “parte della famiglia”. Solo così, forse, potrà capire.
Potrà “funzionare”.
“E hanno sfrattato Bobby?!” deduce Sam, divertito.
“Già! Non credo l’abbia presa bene!”
Sam ride, annuendo “E Ben?”
“Con Jack” risponde quasi distrattamente Dean, continuando a strofinare un piatto già asciutto. Teme una reazione di Sam. Teme di dover “rivedere” quel maledettissimo display.
Sam deglutisce, passandosi nervoso una mano tra naso e labbra. “Non è stata una buona idea…”
Dean s’irrigidisce. “Perché?! Mi sembrava felice di dividere la stanza con lui…dopo tutto, in un mondo “normale” sarebbero coetanei e…”
“Hai detto bene, Dean…in un mondo normale…” sancisce Sam, tristemente.
Dean coglie la preoccupazione negli occhi del minore. Non può più evitare di “sporcare” quella serenità immacolata.
“E’ così grave?” domanda arrendevole, in uno sbuffo affranto.
“Non lo so, Dean…apparentemente sembra a posto…non ha alcun potere e Castiel lo ha controllato…”
“Quindi?!” lo incalza il maggiore, sempre più teso.
“Sembra che gli sia rimasta un po’ di anima. Perfino Castiel si è meravigliato…” ammette Sam ma non c’è “meraviglia” nella voce preoccupata.
Dean tira un sospiro di sollievo. “Bene! La perquisizione angelica non mente mai! Vuol dire che lavoreremo su quel che c’è! Donatello non è poi così male…lo hai visto anche tu! Da quando si è risvegliato non ha avuto problemi, non è certo pericoloso e sai quanto, io per primo, fossi scettico! Forse, a dirla tutta, un tantino inquietante la voracità per le ali di pollo…ma questo era un suo chiodo fisso anche prima che Amara gli succhiasse l’anima!” tenta di stemperare Dean.
Ma Sam appare titubante “Dean…non credo sia così semplice. Temo che Jack non sia più il nostro Jack…e so di cosa parlo…ed è inutile girarci intorno. Lo sai anche tu…” conclude Sam, con l’intaccabile razionalità che lo contraddistingue.
Dean socchiude gli occhi, abbattuto. La calcolatrice nella sua testa suggerisce un’operazione al quadrato. Terrore al quadrato.
“Va bene…ho capito…vado dai ragazzi…” esclama mesto, lanciando lo strofinaccio a Sam, come ad invitarlo a continuare il riordino. Sam afferra prontamente il panno e poi, con garbo, glielo restituisce.
“No, Dean…ci penso io…” afferma sicuro ma comprensivo, dandogli una pacca sulla spalla. Sa cosa sta provando. Se ne occuperà lui. Dean è troppo coinvolto. Potrebbe non cogliere quella frase, quel gesto all’apparenza insignificante che invece, per lui, è sintomo di un “male” noto che può riconoscere.

Sam ha l’intuito di chi ha vissuto con il torace “vuoto”. Il suo è stato caverna buia e fredda.
Di quelle in cui mai vorresti entrare.
Ma ci “entrerà”. Di nuovo. Per Jack. Per Dean.

Dean abbassa il capo, in un cenno di assenso. Mentre Sam già attraversa il salone, per raggiugere il corridoio che conduce alle camere, Dean deglutisce. “Grazie Sammy” sussurra, con una porcellana tra le mani. I preziosi ed eleganti servizi degli Uomini di Lettere…quanto fragile può essere un disco di ceramica? Estremamente fragile.

Come la felicità appena sfiorata.

La calcolatrice, impietosa, riprende il suo computo.
Inesorabile mannaia su falangi che hanno voluto… credere.
---
Jack lo squadra da cima a fondo tradendo una smorfia di disgusto. Dean era con lui. Lo conosce appena ma già lo detesta. Ha visto come Dean lo guarda. Fino a poco tempo fa, quello stesso sguardo, era per lui.
Ma adesso c’è Ben.

“Dean mi ha parlato di te! Mi ha detto che lo hai salvato! Con quella preghiera-formula” esclama Ben, entusiasta, mentre si toglie le scarpe per distendersi.
“Sì…è così…”
“Caspita! Sei davvero un tipo in gamba! E’ un onore per me dividere la stanza con un nephilim! Lo sapesse il mio prof. di Antropologia Antica mi obbligherebbe a intervistarti! Sono davvero felice di averti conosciuto, Jack!” sottolinea Ben, eccitato.
“Anch’io…lo sono anch’io…” farfuglia Jack,  piuttosto convincente. In fondo non sta mentendo.

E’ vero. E’ felice di averlo in quella stanza, a un paio di metri da sè.  Proverà gioia quando lo ucciderà. Sarà rapido. Sarà atto di clemenza riservargli una morte istantanea.
Tutti credono che sia “resuscitato” da “umano”, imprigionato in quella misera condizione che ricorda con angoscia, quando Bobby gli insegnava a difendersi come un pugile. Ma Jack non ha bisogno di essere lottatore su un ring. Gli basteranno pollice e indice.
Uno schiocco di dita. E Ben diventerà polvere. Da spazzare via. Come immondizia. Poi s’inventerà qualcosa. Il ritorno di Lucifero, potrebbe essere attendibile. Quel padre “scomodo” potrebbe tornargli… “comodo”. 
Jack, dato alla luce con il buio scritto nel proprio DNA. Non solo di Kelly. Non solo. La sua genesi potente e aberrante riemerge, facendogli brillare le pupille. Il ragazzo nato per “fare grandi cose” ne ha in mente di “piccole”, abbiette e terribili.

Ma, a disturbare i pensieri e i piani di Jack, sopraggiunge Sam.

“Ehi…come va, ragazzi?”
“Bene! Stavamo facendo due chiacchere prima di dormire…” risponde Ben, ficcandosi sotto le coperte.
“Ecco…a proposito di questo… è meglio che resti io con Jack” asserisce Sam, con il tono perentorio di chi comunica una decisione presa.
Jack si acciglia “Perché? Io sto bene.”
“Lo so Jack ma ti sei appena ripreso… se avessi qualche problema, nella notte…è meglio così, dammi retta. Ora vai, Ben…” motiva Sam, piuttosto tirato mentre Ben, perplesso ma accomodante, si rimette le scarpe. Lasciare Jack gli dispiace ma l’ipotesi di poter trascorrere la notte con quel “padre” ritrovato è dolcemente elettrizzante.
“E dove mi sistemerò? Con Dean?” domanda speranzoso.
“No…non con Dean…con Bobby…non vede l’ora di raccontarti qualche altra caccia!” è la risposta immediata di Sam. Vuole assolutamente evitare d’innescare sentimenti d’invidia in Jack. Bobby come compagno di stanza…non Dean.
Ben, un po’ deluso, si alza in piedi, pronto ad eseguire "gli ordini". In fin dei conti anche quel vecchio cacciatore, sebbene non sia il Bobby “originale”, gli è simpatico.
“Ok…allora…riposa Jack!” e, così dicendo, si dispone a “battere un cinque” che, però, Jack pare non recepire. Ben rimane con la mano a mezz’aria e allora, in un movimento cordiale, tocca la mano di Jack per “guidarlo” nell'azione. Jack si ritrae in uno scatto nervoso che fa sobbalzare Sam e stupisce Ben.
“Ehi…scusa…volevo solo…non volevo spaventarti…” si giustifica, imbarazzato, cogliendo il disappunto di Jack.
Il nephilim simula imbarazzo a sua volta “No…scusa…scusami tu…volevi “battere il cinque”…ora ho capito…sono negato per questi saluti da adolescenti e anche l’umorismo…be’…non è il mio forte. So di sembrare un po’ strano ma davvero…voglio essere tuo amico…” conclude, con un sorriso che riesce quasi ad apparire spontaneo.
“Ma certo! Sicuro! Non preoccuparti Jack… è uno stupido modo di salutarsi…non conta nulla. Va bene anche una “convenzionale” stretta di mano!” e Ben gli tende la sua, accompagnata da una risata, sincera e complice.  Jack, stavolta, l’accoglie con stretta decisa.
“Allora…buona notte Jack…sarà per la prossima volta…” conclude Ben.
“Si…per la prossima volta…” ripete Jack in modo meccanico.

Quando restano soli Sam sprofonda nel letto accanto al suo. Sono giorni che la sua schiena non “plana” su un materasso vero. Su qualcosa che non sia una poltrona, il divano o il tavolo del salone, tra un volume e l’altro. Ma non è garanzia di sonno ristoratore.
“Lo capisci, vero, Jack? Sei appena tornato, hai un’anima ridotta a poco più di un frammento, devi in un certo senso "reimparare" ad agire verso il Bene, a controllare impulsi e riconoscere emozioni…io posso aiutarti e comprenderti, più di chiunque altro Jack…puoi fidarti di me…” cerca di rassicurarlo, Sam.
“Lo so Sam…lo so. Buonanotte” risponde Jack, voltandosi su un fianco, con il viso verso la parete, come se non tollerasse più l’occhio indagatore di chi, poco tempo fa, era come un padre. Ma ora è solo accusatore.
“Buonanotte, Jack” gli fa eco Sam, consapevole di averlo in qualche modo ferito.

Jack sa che Sam non dormirà.  Gli chiede di fidarsi ma è il primo a non farlo. Sam ha capito. 
Anche Jack ha le idee chiare. Ben sarà facile preda. Ma prima occorre eliminare il cane da guardia.
Sam sa cosa vuol dire essere guscio di noce privo di gheriglio. E’ lui il nemico più temibile.

“Ho sete” esclama Jack, girandosi verso di lui.
“Ok, ok…vado a prenderti un po’ d’acqua” risponde Sam, balzando in piedi, per esaudire la richiesta.

Jack rimasto solo fruga nella fodera del cuscino...una foto. Lo ritrae con Sam e Dean. La stringe tra le mani. Le iridi chiare sono fiamme d’oro. Il lato d’immagine che immortala Sam, al tocco dell’indice, diventa sabbia che scorre sul suo palmo. Ci soffia sopra e presto è pulviscolo sul comodino.
Jack e Dean. Bloccati in quel rettangolo di ricordo a colori. Ora va decisamente meglio.

Sam gli offre il bicchiere d’acqua. “Grazie Sam” e per un attimo sembra il nephilim gentile, “bambino” che ha bisogno di loro. Indifeso e da proteggere.
“Di nulla, ora cerca di riposare…non ti lascio. Resto con te, Jack.”
E per Jack, quella "promessa" suona ingannevole e  beffarda.
Dean. Lui avrebbe dovuto restare.

E invece ha pensato bene di andarsene in giro, a scovare persone e legami che non hanno fatto altro che deluderlo. Continueranno a ingannarlo. Gli faranno del male. E Jack mai gliene avrebbe fatto…mai gliene avrebbe fatto. Ma ora non desidera altro. Procurargli dolore. Un dolore profondo, acuto, di quelli che ti piegano senza darti possibilità di rialzarti.

Dean ha sbagliato e verrà punito.
Sam diventerà polvere. E Ben non potrà più metterlo a disagio con una mano piatta a cercare la sua.
Ben ritornerà ad essere polvere. Come già era. Un cumulo di lanugine in soffitta. Relegato in un passato che mai potrà essere futuro.

Dean soffrirà, il mondo gli crollerà addosso e Jack sarà lì, pronto ad aiutarlo a sostenere quel peso.
Pronto ad essere, all’apparenza, il fratello perduto e il figlio restituito. Ancora.

Dean resterà. Con lui. Lo porterà a pescare e in uno di quei locali dove le ragazze ti fanno ridere con frasi sciocche. E Jack riderà. Anche se non prova emozioni.
Dean gli farà guidare Baby e viaggeranno insieme. Loro due. Come in quel rimasuglio di fotografia.
Dean sceglierà Jack. Perché non avrà altra scelta. E quando, per Dean, sarà l’unica ragione di vita, Jack sferrerà l’attacco finale.

Odio. Null’altro.

Quel lato d’istantanea, che lo vede accanto a Dean, diventerà coriandolo incandescente e Jack, unico “superstite” su carta lucida, avrà come sfondo un tramonto rosa, degno di un finale truce e crudelmente epico.

Chuck applaudirà, orgoglioso regista di un tragico kolossal, campione d’incassi al botteghino.
---
L’odore è quello che Dean conosce bene e che a Sam ricorda le tre prove che lo hanno quasi ucciso. Ma è qualcosa di completamente diverso. Si può vedere. E vorresti non vederlo. Un ibrido a tre teste. E’ nato da una potente demone e da un segugio infernale. E’ qualcosa di raccapricciante che non hanno mai affrontato. Se ne trovano rarissimi esemplari al mondo, da quando il mondo è stato creato. Il cervello centrale è il comando. Bestia e Demone dividono equamente lo stesso volto. A metà. Dov’è narice di donna a sinistra è muso di cane a destra. Dov’è occhio nero a destra è pupilla gialla a sinistra. I due laterali, grazie agli input inviati da quello di comando, si muovono lesti, pronti ad agguantarti e sbranarti. Una sorta di sistema codipendente che si autorigenera traendo l’uno forza dall’altro. Fortunatamente conoscere Rowena ed avere tra le mani il libro dei Dannati ha i suoi vantaggi.

Ma ad ogni “benefit”, corrisponde un contrappeso. E' "scritto" 
nel “karma” dei Winchester.

Jack non doveva essere lì. Gli avevano detto che non era ancora pronto per una caccia. Si erano raccomandati di non commettere errori, di non sottovalutare le proprie condizioni. Jack è di nuovo un ragazzo abile nello schivare pugni e che, talvolta, riesce a metterne qualcuno a segno. Troppo poco per correre inutili rischi. A Jack è rimasta una briciola di anima, sopravvissuta non si sa come…e forse neppure c’è. Tutti lo dubitano ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Ad alta voce. Perché Dean vuole ancora crederci, Sam finge di crederci e Castiel non vuole rivelare che…non ci crede. E lo inquieta supporre che la perquisizione angelica possa averli tratti in inganno, solo Dio può “manomettere” un corpo, un’anima, al punto di modificarne l’esito. A proprio piacimento. Castiel rifugge il pensiero che, dietro a tutto questo, possa esserci Chuck. 

Jack li ha seguiti, disobbedendo. E in quel bosco non c’è Castiel a proteggerli.
Sconsiderato quanto Dean, rimugina Sam, tra sé, vedendo il nephilim “sul campo”.
Ma Jack non ha agito d’istinto, al contrario, la “fuga” dal bunker non è l’atto impulsivo di chi vuole riconquistarsi la fiducia di chi ama… è un piano ben premeditato, che ha tutt’altro scopo.

Un piano organizzato minuziosamente, a partire dal fatto che Dean rimanga indietro, rallentato da zombie guardiani del mostro. Al contrario, Sam deve avanzare indisturbato. Nessun ostacolo sul suo cammino. Il sentiero di quel bosco è illuminato dalla luna, enorme riflettore naturale che conduce alla trappola ordita da Chuck. Conosce bene i Winchester. Sam, vedendo Jack in pericolo, farà “la sua parte”. Non lo deluderà.

Il primo tempo del film si concluderà con la morte del co-protagonista.

Sam, realizzando che Jack è in difficoltà, non ha un secondo di esitazione, gli balza addosso, scaraventandolo di lato e attirando il mostro su di sé. L’ultimo sguardo di Sam è per Jack. E’ in salvo. Gli sorride, facendogli un cenno con il capo come a dirgli “E’ tutto ok…sono felice di morire se questo significa farti vivere.” Poi Sam serra gli occhi perché sa che arriverà la zampata a ghermirlo, può quasi percepire gli artigli che affondano nella carne. E’ la fine. E’ questa “la caccia sfortunata”. Lo comprende nel preciso istante in cui, nella colluttazione, il mostro gli squarta il giaccone, facendogli perdere l’equilibrio. Si ritrova con la faccia nella fanghiglia, sputando saliva scura. Non avrà il tempo di recitare la formula trascritta da Rowena e non riuscirà a recuperare il pugnale, intriso di sangue di strega. Ha visto slittare l’arma poco distante, nei pressi di Jack. Ma sa che è troppo spaventato per reagire, per tentare di restituirgliela, con un lancio o un calcio…sarebbe la sola possibilità. Ma Jack è terrorizzato.

Sam vuole lasciare questa Terra nella convinzione che, a frenare Jack, sia la paura.
Invece è l'odio.

 Jack lo vede sovrastato dall’orripilante tricefalo e un ghigno gli si stampa in viso. Sam è prevedibile nelle sue mosse. Dean non potrà che raccogliere i brandelli scartati dalla bestia. E bruciarli dando, a quei poveri resti, il meritato falò.

Ma Dean è imprevisto. E’ quella scena che non ti aspetti. Quell’attore ribelle che improvvisa, fregandosene del copione, mandando su tutte le furie il regista. Quegli zombie li ha fatti fuori in fretta. Troppo in fretta.
Lancia un paio di sassi per distrarre la creatura da Sam “Ehi! Cerbero senza pedigree! Sai che sei veramente brutto?! Ma non è l’ora della pipì, stupido ammasso di pulci?!” Il mostro si volta verso di lui, bagnandolo di bava. Lo afferra con i suoi artigli e, usandolo come un boomerang, lo lancia da un albero all’altro. Ad ogni rimbalzo sulla corteccia la schiena pare frantumarsi ma Dean, per non cedere, si ripete che basterà un tocco di Cas per risistemare le budella al proprio posto. Sam approfitta dell’intervento di Dean per raggiungere il pugnale sfuggitogli di mano. Lo conficca nell’occhio del segugio "capo", lanciando l’incantesimo che distrugge l’orripilante creatura.

Dean è a terra. Il sangue esce copiosamente da naso e bocca ma non ha perso la sua ironia “Bobby, accidenti a lui…doveva tenerlo d’occhio! Ricordami…ricordami di dirgli che dovrebbe bere di meno e riposare di più! Per una volta che la mamma è a caccia con Jody e le ragazze…guarda che casino! Jack…lui…” e Dean si rende conto di faticare a mettere a fuoco l’ombra accanto a Sam.
“E' qui…Jack sta bene…non preoccuparti…” e intanto Sam, con aria torva, perlustra il corpo del maggiore, stimando i danni.
“E tu Sammy?!”
“Sto bene, qualche graffio…tu…piuttosto…ma non è poi così grave…ho già invocato Castiel…devi solo restare fermo…” e Sam si schiarisce la voce perché appaia il più possibile severa ma non allarmata.
“E chi si muove?! Un bel posticino…accogliente, ideale per un campeggio…a proposito…una delle cose che dobbiamo fare con il ragazzo…che ne dici, Jack? Montiamo la tenda, ce ne stiamo qui, magari chiamiamo anche Ben e ci facciamo un week-end senza mostri. Però non te ne vai in giro da solo a fare l’eroe, come oggi, ok?” e Dean è obbligato a zittirsi perché un conato, grumoso e terribilmente vinaccia, lo sorprende, costringendolo a girarsi su un fianco. Jack annuisce. Le labbra sembrano più sottili e incapaci di incresparsi di fronte a quel “quadretto” che farebbe sussultare anche un estraneo, con un minimo di empatia. Sam abbassa lo sguardo, gli esce un sospiro affranto mentre con una mano tampona la ferita più evidente e con l’altra pulisce la bocca di Dean. Ma il maggiore vuole minimizzare “Be’, comunque sono fiero di te… non ti lasci impressionare da qualche lembo di carne da ricucire…un vero cacciatore…bravo Jack! Ora…speriamo che Cas non tardi molto, altrimenti dovremo fare alla vecchia maniera…e non credo di avere scorta di alcool a sufficienza, nell’Impala…” commenta tossicchiando. Ma Sam sa che ago, filo e alcool a volontà non basterebbero. Non stavolta. Sam prega che Castiel li raggiunga, ponendo fine a quell’ennesimo incubo.
E Castiel diventa sogno realizzato. Non chiede spiegazioni. Non vuole perdere minuti preziosi. Pone la mano sulle varie lacerazioni che si rimarginano all’istante, suscitando la gratitudine di Sam e il sorriso enigmatico di Jack.
 
Castiel osserva Jack. Non sembra provato dagli eventi appena accaduti o sollevato per la guarigione di Dean. Il timore a lungo negato diventa tragica conferma. Scambia un’occhiata con Sam e poi suggerisce che rientreranno insieme, lui e Jack, al bunker. Vuole tenerlo lontano dai due Winchester, indeboliti dallo scontro.  Jack, intuendo l'atteggaimento guardingo dell'angelo, per non insospettirlo ulteriormente, accetta.

Dean sale faticosamente in auto, optando stranamente per i sedili posteriori. Sam si accorge che qualcosa non va “Dean…stai…stai tremando…” constata come a sottolineare l’evidente.
“Non è nulla…è che quel bosco…. era maledettamente umido...devo ammetterlo, fratello, sto diventando vecchio per queste cose…comincio a patire i primi freddi! Altro che campeggio con i ragazzi!” e Dean simula uno starnuto che si augura metta “in tranquillità” Sam.
Sam prende una coperta dal cofano, di quelle che usano per nascondere i “ferri del mestiere” e gliela lancia, quasi allegro, stando al gioco “Ok, ok…quando arriviamo a casa tisana, miele o un bel punch caldo! Nonno!”
“La tisana sai dove puoi mettertela?! Maniaco salutista! Mi prenoto già per il punch!” rincara Dean, lottando contro i brividi che gli fanno digrignare i denti. Ma fortunatamente Sam non ci fa caso, ha fretta di rientrare. Si mette al volante, accendendo la radio e il riscaldamento a manetta. Così, avvolto in quella stoffa grezza, Dean cerca di trattenere il calore e, ad ogni spasmo più violento, si impone di controllare, per quanto possibile, i muscoli ribelli. Sbottona il polsino della camicia, rimbocca la manica arrivando fino all’avambraccio. E’ violaceo e pulsa come se le vene, da lì a poco, dovessero scoppiare.

Castiel ha creduto fosse un livido. Dean ha visto la grazia soffermarsi su quella macchia bluastra. Castiel è un tipo preciso. A volte si ostina a curare ematomi e graffi che, senza il suo intervento, se ne andrebbero via in un paio di giorni. “Che spreco di grazia!”, pensa spesso Dean. Ma sa bene che quel “livido” non è come gli altri. Non è scomparso. E’ diventato appena più chiaro. Ma c’è. E' rimasto.
Deve essere qualcosa di più complicato.  Il che non promette nulla di buono.

Lo ha morso. Non sa bene come e quando. Ma lo ha morso. E il “marchio” di quel cagnaccio a tre teste potrebbe non risolversi con la “carezza” di Cas.

Dean chiude gli occhi. Non ricorda di aver mai avuto così freddo. Un freddo che ti penetra il fisico e ti invade la mente, forse solo paragonabile all’acqua gelida in cui lo teneva prigioniero Michele. Vorrebbe dormire un po’ ma le scosse che lo pervadono non glielo consentono. Un sudore innaturale, in contrasto con il ghiaccio che si conficca tra ossa e cartilagine, comincia a propagarsi in lui, rendendogli quasi intollerabile la camicia di flanella. Una febbre che sale vertiginosamente, che diventa nausea e respiro corto. Prega che Sam continui a guidare, senza fare “conversazione”, senza voltarsi, distratto dai Led Zeppelin…che ha messo per lui.

Chuck, con uno schiocco di dita, fa sparire i popcorn, in un gesto di eloquente stizza. Poi però si riaccomoda in poltrona. Un regista che si rispetti deve sempre avere un “piano B”, una stesura alternativa.

Stavolta niente potrà salvare Dean. La trama andrà rivista ma, cambiando l’ordine degli addendi il risultato è invariato. E’ una regola matematica. Sarà Dean a morire per primo? Poco importa. 

E se Sam dovesse sopravvivere? Se fosse Jack a soccombere al sapiente Uomo di Lettere che ha in sè la forza del Cacciatore? Sarà comunque un finale quasi perfetto…la paura più grande di quello sciocco ragazzone, incredibilmente resiliente, si concretizzerà. Sam impazzirà. Farà di tutto per raggiungere Dean.
Per togliersi di scena.

Il lungometraggio sarà divertente…anche senza Dean.

Gli è tornato l’appetito. Chuck,  sostituendo il cartoccio di popcorn, affonda la mano in un pacchetto di carta luccicante. 

Patatine alla paprika.
 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


I gradini sembrano muoversi, sovrapporsi come i tasti bianchi e neri di un pianoforte. Dean fatica a poggiare il piede, ad individuare l’attimo in cui la scala “non suona”. Teme di non essere in grado di comandare i propri arti inferiori, come se fosse nel bel mezzo di un allunaggio. Si ferma a metà rampa, ansante. Impossibile continuare a bluffare. Sam, in un balzo, lo sorregge accorgendosi, al tocco, del braccio incredibilmente rigonfio. Gli arrotola la manica della camicia scoprendo le vene nodose e tumefatte. Sam deglutisce l’orrore, abbandonando definitivamente l’idea del punch caldo come panacea.

Il “livido complicato” si è “manifestato” senza fare sconti o lasciare spazio a “libera interpretazione”.  Castiel, è corso loro incontro, intervenendo con lo sguardo pieno di angoscia. Da tempo la “parte umana” ha prevalso sulla rigida compostezza della creatura divina. Le instabili “regole” della Terra, mix di avversità e fatalità, gli hanno insegnato che non tutto può essere “risolto” con il potere del Cielo. Castiel, incontrando gli occhi tristemente consapevoli di Dean, vi ha letto mezzo centimetro di speranza. Poco più di un cerino quasi consumato.

L’angelo, ritraendo la mano, si è rivolto a Sam. E’ Sam che deve prendere coscienza dell’ineluttabilità di quel “nuovo marchio”. Dean ne ha già accettato dimensioni, contorni e conseguenze.
“Mi dispiace Sam…ho provato in ogni modo. La mia grazia non è sufficiente…” ha decretato, visibilmente afflitto.

Per Dean è iniziata l’attesa.
Per Sam è iniziata la lotta.
Per Jack, rimasto immobile, ad osservare l’impotenza di Castiel, lo smarrimento di Sam e il corpo raggomitolato di Dean, è iniziata la “trasformazione”. Sarà miscela d’uranio e plutonio nelle mani di un folle dittatore che, purtroppo, non solo “si crede Dio”…lo è.

Per Chuck è iniziata la parte più interessante del film. Quella che merita di essere assaporata senza intervallo. Le luci, in sala, resteranno spente.

Fino alla fine.
 
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Spilli aguzzi s’intrufolano dalla nuca fino alla punta dell’alluce come spine sottopelle, pronte a conficcarsi in ogni nervo. Uno stimolo elettrico lo fa scuotere in modo incontrollabile, a “intermittenza”… seguendo il “ritmo” di lontani Natali, “festeggiati” nello squallore di un motel. Ma il regalo per Sam, impacchettato di nascosto, con carta di giornale e scotch da imballaggio, era abbastanza per fargli dire, allegro “Stanotte è la vigilia!”.

Gli viene in mente quel cadavere di rana tormentato durante un laboratorio di scienze quando, tra un caso e l’altro, papà si era fermato più del solito in una piccola cittadina di cui non ricorda il nome, concedendogli più di un mese di fila nella stessa scuola. La felpa con il cappuccio e i capelli “imbastiti” di gel…un ragazzino all’apparenza “normale”, che non poteva raccontare cosa si celasse dietro la maschera di strafottente superficialità. Vivisezionare una rana non era certo un problema, considerando ciò a cui era avvezzo! Dean andava oltre, “tormentando” con il ferro le zampette color verde militare. “L’esperimento” era sottolineato da una sadica risata di cui, oggi, si pente. Era solo un infimo mezzuccio per “far colpo” sulla compagna di turno.
Immagina che, da qualche parte, esista un “paradiso degli anfibi”… il “profanato” rospo di allora, “vedendo” la sorte toccata all’irriverente adolescente di un tempo, si farà grasse risate! Essere pungolato con galvanica perizia da vivo…è decisamente peggio. I tremori sono così intensi che, per evitare di mordersi la lingua, stringe tra i denti un lembo di lenzuolo…già umido. Sudore e saliva si confondono ma non può permettersi di fare lo schizzinoso.

La maglietta in cotone, che Sam gli cambia ogni ora, da una decina di minuti, è diventata corazza che soffoca. E’ riuscito a liberarsene, restando a dorso nudo ma… ancora va a fuoco. Potesse si scuoierebbe. E’ un fuoco che prosciuga ma non scalda, ogni fiamma è stalattite che colpisce e iberna. S’impone di restare lucido. Per quanto possibile.

Sopportare lo tsunami tropicale e il freddo polare…per ingannare il mietitore.
Almeno per un po’. Poi potrà lasciarsi andare.

Tenterà di mantenersi supino, con la schiena come baricentro. Non sarà poi così difficile, incollata com’è al coprimaterasso. La stanza è stiva di nave che affronta la burrasca. Tutto intorno a lui non ha più una posizione “fissa”, ogni cosa rotea, come i suoi occhi. Di un verde ormai scialbo. Come gli arti squamati di quel ranocchio che meritava di decomporsi tra fango e stagno. E invece era il macabro pretesto per “impressionare” una biondina tutta boccoli.

Dean ha chiesto a Sam di non misurargli più la febbre. A che gli serve l’incendio “tradotto” in numero?! Quel termometro è pugnale per Sammy e Dean non può tollerare che soffra così. Lo ha visto impallidire, all’ultimo controllo e, cogliendo l’espressione tormentata del minore, lo ha interrotto su quel straziante “Dean…”, impedendogli di comunicargli i gradi raggiunti.  “Sammy, lascia stare…e poi lo sanno tutti che questi dannati aggeggi sono poco attendibili!”. Gli ha strappato un sorriso, a labbra contratte.
La febbre salirà ancora, tanto da farlo cadere in un confortante delirio che, in fin dei conti, non lo preoccupa. Perdere coscienza di sé evolverà quell’agonia in più dignitoso coma.

Morirà. Ormai è certezza.
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Tutti i libri della biblioteca sono sparpagliati a terra. Un terremoto di magnitudo quattro. Di quelli che non ti aspetti. Che fa oscillare i lampadari e conferma la legge di gravità mentre i soprammobili sono proiettili che devi schivare e i testi “decollano” dagli scaffali, atterrando sul pavimento. Qualcuno resta aperto, qualcun altro, inspiegabilmente, chiuso. Come se fosse stato appena poggiato sul comodino. Il gesto consueto di un lettore sereno che, riponendo il romanzo munito di segnalibro, si appresta ad una notte tranquilla.
Ma Sam non legge per “prender sonno”.  Perde sonno per leggere.

Tutto intorno a lui non ha più una posizione “fissa”, ogni cosa rotea, come i suoi occhi. La pupilla è sempre più stretta e acquosa. Ma Sam non può sperare di essere anestetizzato da una febbre che divora e offusca.
Sa che sarà cosciente. Fino all’ultimo istante.
Di Dean.

All’improvviso Castiel si ferma sulla pagina di un libro dalla copertina bigia, quasi nera. Lo sguardo è di chi pare avere un guizzo di gioia. Ma dura poco. Riposiziona il volume sul ripiano, in un sospiro rassegnato. Sam si accorge dell’atteggiamento “incoerente” dell’angelo ed esige delucidazioni “Hai trovato qualcosa?!”
“No Sam…no…nulla d’importante…”
Ma Sam conosce troppo bene Castiel per accontentarsi di quella risposta a mezza bocca.
“Accidenti Castiel! Non ci provare! Si vede lontano un miglio che stai mentendo! Fammi vedere!” e allora Castiel, meditabondo, riprende il tomo in mano, aprendolo alla pagina…quella pagina.
“Qui…qui dice che, quando il veleno del Tricefalo diminuisce, arrestando la sua corsa nell’organismo infetto allora, solo allora, la grazia di un angelo diventa efficace, una sorta di terapia complementare…” mormora, con incomprensibile tono neutro.
“Grandioso! E in che modo possiamo arrestare il propagarsi del veleno?!’” esclama fiducioso Sam.
Castiel, porgendogli il testo, appare sempre più addolorato. Sam incolla gli occhi su quel paragrafo. Si mordicchia il labbro, leggendo più volte le righe che dovevano essere speranza e invece sono condanna.
“Maledizione!” impreca, lanciando il libro contro il mobile, contro la parete di un Sapere…che delude.
“Sam…mi dispiace…” mormora Castiel.
“Ok…ok…aspetteremo che lui…che lui muoia e poi farò un patto, cercherò un modo, invocherò Dio in persona!!Non me ne resterò qui, senza far nulla!” afferma Sam, le mani a coprire il volto e le spalle che si fanno curve.
E poi crolla. Perché sa che Castiel non lo giudicherà.

Castiel, mettendogli una mano sulla schiena, accompagna ogni singulto.  Accoglie. Non giudica. Ma Castiel sa che quegli “accordi” generano sempre pessimi effetti “domino”. E lo sa anche Sam. Vorrebbe dirgli che, dietro a quella caccia, così come al “risveglio” di Jack, c’è… Lui. Ormai ogni dubbio è dissipato. Per quanto “ribelle umanizzato” è pur sempre un angelo. Fa male scoprire una verità tanto abbietta.
Ma Sam è già sconvolto, rivelargli la “vera natura” di Dio gli pare decisamente inopportuno.
“Vado a vedere come sta” gli propone, cambiando discorso.
Sam annuisce. Dean ha bisogno di qualcuno capace di guardarlo negli occhi, fingendo che i propri siano asciutti. Castiel può farcela.

Lui no. Non più.
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Dean è sfigurato dalla fatica ma ancora cosciente. Purtroppo.
 “Come stai Dean?” e Castiel si rende conto di quanto suoni stupida la domanda.
“Be’, amico, non potrebbe andare meglio…sto facendo la sauna gratis, così tiro giù quel filo di pancetta accumulata tra un dolce e un doppio hamburger… ” risponde Dean, costante nella sua proverbiale ironia. Poi il tono, diventa un poco più serio “Stavolta il topo di biblioteca non ce l’ha fatta, eh? Sono fregato, vero…?”
“No…no…Sam sta facendo delle ricerche…stiamo ancora…” smentisce Castiel, preso alla sprovvista.
“Andiamo Cas… tolto il periodo in cui sembravi Voldemort e “partorivi” anime del Purgatorio, non sei mai stato granché nel mentire! Da quando sei “rinsavito” poi, sei una vera frana nel raccontare bugie!” lo schernisce Dean, boccheggiando.
“Mi dispiace tanto Dean …” ammette infine Castiel, sedendosi accanto a lui. Dean fa un cenno con il capo, deglutendo l’ultima goccia di saliva.
“Quanto tempo?”
“A giudicare da come sei messo…ore… poche…mi dispiace ma…ma non c’è soluzione…” e perfino Castiel trema nell’assumersi il peso di quell’affermazione.

Non c’è soluzione. O forse questa… “è la soluzione”. 

Sparire. Lasciare Sam. “Donarlo” a una vita nuova, diversa. Sam potrebbe “essere altro” senza quel fratello maggiore che lo ha “restituito” a un’esistenza che, probabilmente, mai gli è appartenuta davvero.
Sam sarebbe un avvocato. Jessica lo aspetterebbe a casa, una villetta fuori città, in uno di quei quartieri perbene. Avrebbe due marmocchi che gli correrebbero incontro, sporcandogli la giacca di appiccicosa marmellata. In quanto a lui… sarebbe uno dei tanti cacciatori che ha visto morire negli anni.
Se Sam non l’avesse seguito, tornando ad affiancarlo nella caccia, se non gli avesse “messo a disposizione” la sua intelligenza, la sua incrollabile  tenacia nel tirarlo fuori dai guai… non sarebbe sopravvissuto così a lungo.
Dean ne è convinto. D’altronde la morte, per Dean Winchester, è una “possibile soluzione”.

Pochi mesi fa era pronto a rinchiudersi con Michele in una scatola di latta. Una sardina sigillata insieme a uno squalo.
Se Jack non lo avesse voluto salvare con tale avventata ostinazione, se Sam non fosse stato “rullo compressore” sul suo sterno…
era pronto, disposto ad abbandonare questo Mondo.
Oggi però è diverso. Sa che morirà ma… non è pronto a morire. C’è una parte di lui aggrappata a quella vita rotta, sbagliata, rattoppata in più punti…che vorrebbe avere il tempo di “aggiustare”.

Mancano due giorni alla Festa del Ringraziamento. Gli sarebbe piaciuto sedersi a una tavola imbandita con tutti quelli che ama, che non gli sono stati “rubati” o che, inaspettatamente, gli sono stati resi.
Mary, la madre “ritrovata”. Sammy che, nonostante tutto, è riuscito a proteggere. Bobby “clone” sempre più simile a chi lo ha cresciuto, quando John “si scordava” di essere padre. Cas che, potendo scegliere il Paradiso, continua a scegliere i Winchester e Jack che…è Jack. Anche con il petto vuoto.

E poi…Ben e Lisa.

Un tacchino comprato in rosticceria perché, bisogna ammetterlo, la mamma non è una gran cuoca. Lisa invece…lei se la cava piuttosto bene ai fornelli. Ma non cucinerà più per lui. E aveva ricominciato. Un paio di eccellenti torte di mele e uno stufato che, se si concentra, sente ancora il profumo nelle narici!

Fallire al secondo tentativo è qualcosa che uccide piano piano. Come quel morso che avvelena, dandoti poco più di mezza giornata per far pace con rimpianti ed errori.
Ci si è messa pure quella dannata creatura a mietere vittime e lui non ha potuto tirarsi indietro quando… si era ripromesso di andare avanti.
Lisa è andata avanti. Di nuovo. Senza di lui.
Conoscere Mary, diventandone quasi complice, trascorrere più tempo al bunker, parlando con Sam di musica, di saghe letterarie e di originali tecniche di meditazione… sono stati gli “accorgimenti” per “far funzionare” quella seconda occasione. Ma non è bastato.
L’epilogo che, inconsciamente, già entrambi ipotizzavano, è arrivato.
E’ stato bello crederci. Per un po’.

Lisa ha stabilito che non può entrare in quella complessa diade. Per lei Sam sarà sempre un avversario. Un pericolo. Un ostacolo.
Hanno ricominciato a litigare. Per la caccia. Per il rapporto che lo lega a Sam. Per l’incapacità di Dean di fidarsi di lei. Di fidarsi davvero.
Tra le meningi che battono polverizzandogli il cervello e l’orecchio che è ronzio ininterrotto, s’insinua il ricordo della loro ultima “animata conversazione”.

“Insegnami a combattere!”
“Stai scherzando, vero?!”
“Dean! E’ l’unico modo che ho per restarti accanto! Non ti chiedo di rinunciare a…a questa tua “missione”…ti chiedo solo di darmi la possibilità di difendermi… Mary lo fa ogni giorno…”
“Ma lei è nata in una famiglia di cacciatori di antica tradizione, ce l’ha nel DNA, come noi! E’ completamente diverso! Tu come pensi di tenere a bada mostri o demoni?! Con la “mossa del saluto al sole”?!”
“Smettila Dean! Io non ti chiedo di venire a vivere qui…di entrare a far parte della “squadra”… posso trasferirmi a Lebanon e affittare qualcosa in città…avresti un posto dove riposare. Un posto “normale”, dove prenderti una pausa da tutto questo. E se avessi bisogno di me?! Se fossi ferito e Castiel “non disponibile”?! Devo poter entrare qui e rendermi utile! Devo essere in grado di smascherare un impostore o affrontare un nemico! Non voglio stravolgere la tua vita, Dean…desidero solo farne parte. Ma devo saperne di più. Non c’è solo Sam…puoi contare su di me…”
“Ma ti senti?! Continui a paragonarti a Sammy! Lui non c’entra nulla con noi! E poi quando le cose si mettono male…è proprio in quelle occasioni che devi restare lontana da me, starne fuori!”
“E aspettare una telefonata che mi annunci che non ci sei più?! La telefonata di Sam?!”
“Sì…perché per me è impensabile che avvenga il contrario…che sia io a dover chiamare Ben, comunicandogli che sua madre è morta perché si è trovata nel posto sbagliato, al momento sbagliato! Non riesco, non posso dimenticare, Lisa… ti ho raccolta tra le mie braccia in una pozza di sangue!”
“Credi che per me sia facile?! Da quando ti ho ritrovato perdo un battito ad ogni squillo! Ma oggi non commetterei lo stesso errore…non lascerei partire la segreteria…risponderei, Dean. Sai cosa significa?! Sono pronta a perderti! Ma voglio viverti! Fino alla fine!”
“Non posso, Lisa…”
“E allora non posso nemmeno io, Dean.” era stata la laconica chiosa di Lisa. Poi lo aveva inchiodato alle sue stesse parole, puntandogli addosso i due opali neri.
“Ti chiedo solo una cosa…non estromettere Ben dalla tua vita. Gli dirò che ci abbiamo provato ma che è trascorso troppo tempo. Credevamo di provare ancora qualcosa l’uno per l’altra ma era solo un’illusione. Capirà. Gli dirò che è stata una scelta mia. Solo mia. Non abbandonarlo di nuovo. Non farlo, Dean. Ha già sofferto troppo. Per colpa…nostra.
Quando siete in un periodo “tranquillo”, se non vuoi farlo venire qui, vai a trovarlo al campus o proponigli un paio di giorni in uno di quei motel a basso costo, a cui eri abituato…per lui ciò che conta è restare con te. Ma non coinvolgerlo nelle vostre assurde battaglie perché…come dici tu…bisogna “esserci nati” per queste cose. Averlo nel sangue. E in lui non scorre il sangue del cacciatore.”

Lisa aveva sferrato il colpo basso. Quello che faceva male. Sempre. Come allora. Come se il tempo non fosse trascorso. E lui fosse ancora lì, a contare i giorni che lo separavano dall’Inferno.

Lisa risponderà al telefono.
A cose fatte.
Dean ha deciso così.
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“Sammy…” biascica il maggiore.
“Dean, sono qui…”
 “Biglietto di sola andata, Sammy…non farti cazzate…ne abbiamo già fatte troppe…” e non è una richiesta. E’ un ordine. Da fratello maggiore.
“Dean…non chiedermelo…” sibila Sam. Sarebbe mentirgli. Mentire a se stesso.
“Sammy …no, devo chiedertelo…” ripete Dean “pensa alla mamma, a Jack…c’è ancora del buono in lui…io lo so…dategli una possibilità…”. Dean chiude gli occhi. Il respiro si fa sempre più lento, il battito impercettibile. E’ quello stato di coma che tanto desiderava. Non sa quanto durerà quella condizione di sospensione tra le due dimensioni. Non vuole che Sam faccia quella chiamata, anzitempo.

Consapevole di avere pochi minuti a disposizione Dean si sforza di dare istruzioni precise “Ben… non voglio che mi veda così…voglio che mi ricordi davanti a una birra, a scherzare e parlare di ragazze…chiamalo quando…quando sarò sulla pira…” e ormai la voce è strozzata, come se la laringe fosse impigliata in rete metallica.
“Va bene Dean…ma Lisa…voi due non vi sentite da settimane e…”
“Lei…lei risponderà…ma…a cose fatte, Sammy. Hai capito? Me lo prometti?!” sottolinea Dean senza riaprire le palpebre.
“Ho capito, te lo prometto, Dean.” risponde Sam, stringendogli la mano. Come se stesse siglando un atto notarile, con tanto di esecutore testamentario.
Le ultime volontà di suo fratello: niente patti per imbrogliare il destino e la puntuale richiesta di non avvisare Ben e Lisa. Non prima che sia avvolto di bende e disposto su un falò allestito con cura.

Le ultime volontà di un moribondo sono sacre. E’ una legge non scritta, di quelle che non vanno sovvertite se non vuoi essere maledetto e torturato. Per l’eternità.
Sam non teme le maledizioni. Dopo essere stato il giocattolo preferito di Lucifero… la Ruota non lo spaventa.

Comporrà un numero sulla tastiera…ben prima di andare nel bosco, impugnando un’ascia.
Anzi…a dirla tutta…la scure resterà al suo posto.
Si trova sempre un Demone dell’Incrocio disponibile.
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“Pronto?”
Sam resta un decimo di secondo in silenzio. Poi decide che perfino un “Ciao, Ben” è superfluo.
“Ben… lui…Dean…Dean sta morendo”. Senza preamboli. Perché la morte non necessità di grandi paroloni o di un cappello introduttivo.

Ben, per un attimo, avverte l’impulso di gettare il cellulare contro il muro. Non può semplicemente riagganciare. Non risolverebbe nulla. Resterebbe comunque “traccia” di quella “chiamata ricevuta"! Meno di un minuto per farlo precipitare nel vuoto. E allora, per la legge del contrappasso, meno di un minuto per “uccidere” il telefonino. Far finta che non sia mai esistito.

“Ben?!” e la voce di Sam lo dissuade da quell’insensato “piano” per “far tacere” la notizia che gli ha trafitto timpano e cuore.

“Cosa?! No! Non è possibile! Ci deve essere un modo!!” risponde, tentando di “tener testa” a quel dannato smartphone che continua a bucargli cervello e anima.
“Purtroppo no…Ben. E’ un veleno…un veleno che non ha cura… Ben…lui…è già incosciente…” e stavolta Sam, per far percepire a Ben la gravità della situazione, entra nei “dettagli”. Il fatto che Dean sia in quella sorta di limbo, nell’ “anticamera” di ciò che verrà, è un elemento fondamentale.

Ben comprende che non c’è modo per zittire quel telefonino. Non c’è modo. Un’unica via…iniziare a correre. Anche con il timpano perforato e il cuore ridotto in poltiglia.

“Farò in tempo!” e Ben riaggancia, senza salutare Sam, certo che non se ne avrà a male.
Sam non si aspetta di essere salutato. Sam vuole disperatamente che Ben “saluti” Dean.
 
Aveva già preparato il borsone. Era entusiasta.  Qualche giorno da Dean…per il Ringraziamento. Come una famiglia. Anche senza la mamma.
Ma gli accordi erano questi. Due persone adulte. Avrebbero scelto in modo indipendente. Lui ha deciso che, quel Dean ritrovato, non può non far parte del suo futuro. Lisa, pur provando a ricostruire un rapporto con Dean, ha preferito spazzar via un passato recuperato e un futuro che non se l'è sentita di scoprire.

Lisa, scendendo dal piano superiore, distingue l’affanno sul volto del figlio.
“Ben? Credevo partissi domani, per andare al bunker?” domanda perplessa, vedendolo agguantare il bagaglio, lasciato all’ingresso.
“Devo partire ora!” ribatte Ben, indossando la tracolla.
Lisa si ferma a metà scala. “Cosa è successo?!” chiede in ansia.
“Non c’è tempo per le spiegazioni! Sta morendo e io voglio essere lì quando se ne andrà!” risponde Ben, insofferente.

Per Lisa è come un pugno allo stomaco. Di quelli che ti troncano il respiro. Scende velocemente i gradini per poi lasciarsi cadere, sull’ultimo. “Vengo…vengo con te…” e la voce gli esce fuori rotta e tremula.
“Mamma, non far finta che te ne importi qualcosa! Hai preso la tua decisione…e adesso è troppo tardi!” l'aggredisce  lui, con tono di rimprovero.

Lisa rialzandosi a fatica, facendo leva sul corrimano, si dirige in lavanderia. Muovendosi come un automa prende tre maglie e un paio di jeans, dalla cesta della biancheria pulita. Li infila nel borsone di Ben, dandogli un chiaro segnale delle proprie intenzioni. E’ arrivata la telefonata.

“Sam ha detto che un veleno lo sta uccidendo! Gli restano poche ore! E’ già incosciente!”
Poche ore…le ultime.
Dean non è più cosciente. E lei è tragicamente cosciente di ciò che hanno fatto a se stessi. Di nuovo. “Ben…voglio rivederlo…prima che…” e Lisa sospira, confessando ciò che è in parte vero “…ho sbagliato Ben…ho sbagliato…”. Ma non è stata la sola a sbagliare.
Ben annuisce iroso, chiudendo la zip del borsone.
“Guido io!” esclama, prendendo le chiavi dell’auto. E Lisa sa che dovrà tacere quando supererà i limiti di velocità. Nessuna paternale.

Non oggi.
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Rowena sfiora le labbra di cartapesta di Dean. Diventano color prugna quando lei, con delicatezza, passa l’indice da destra a sinistra.
“Mi dispiace Samuel…quella del Tricefalo Ibrido è una magia antica potentissima. Avrei voluto combinare altri ingredienti per lui…”
“Lo so Rowena…lo so…lo avrei voluto anch’io…”
“Però, poche gocce di questo unguento e…se ne andrà più in fretta…” annuncia Rowena e il volto sembra più affilato e tirato del solito.
Sam sorride amaramente, ringraziando la strega.  Anche se questo vorrà dire che Ben non arriverà in tempo. Come Mary.

Mary.
Mary, dopo il suo “”, si è ripromessa di recuperare il rapporto con quei figli diventati uomini, senza di lei. Credeva che quell’amore fosse ormai “superato”, intrappolato in un’infanzia sottratta.
Ma non c’è un’età per “percepirsi” figlio. Un figlio amato. Oggi Mary ha una consapevolezza nuova.
Dean ha bisogno di quell’amore. E’ l’equa ricompensa per quell’esistenza di lacerante vuoto alla quale lei, ingenuamente, lo ha condannato. Ma può rimediare.
Dean ha bisogno di lei.

Dean.
Dean, in quel letto d’ospedale quando, con una costola fratturata, la ringrazia per essere lì, a porgergli il bicchiere con la cannuccia, a controllargli la flebo e Mary, con una punta d’orgoglio, si diverte a stuzzicare le infermiere, lusingate dagli apprezzamenti e dal modo di fare del “carpentiere”. Durante l’orario di visita, avanzando nel corridoio tra  quell’incrocio di sguardi e il brusio di risolini frivoli, esclama raggiante: “Si, sono la mamma del letto 33, camera 102…e dovreste vederlo quando è in piena forma!

Dean ha bisogno di lei.

Quando torna sfinito da una caccia e Mary stappa una birra per lui. E una per Sam.
Quando passa la notte a parlarle del suo rapporto con Lisa e Ben che ha ritrovato ma, ogni sera, s’interroga sull’opportunità di dovervi rinunciare… un’altra volta. O quando deglutisce, cercando di vedere “il bicchiere mezzo pieno” e l’anima di Jack…in quel “bicchiere”.

Dean è ancora il bambino che aspettava il bacio della buonanotte e andava matto per la crostata. Perché l’amore di una madre non si “svaluta” con il passare degli anni.
Sam non ha conosciuto quell’amore. Lo deve scoprire, giorno per giorno, da adulto.

Sam.
Sam ha bisogno di lei.

Sam che lavora al pc mentre Mary prende appunti con carta e penna, come una solerte reporter d’altri tempi.
Sam che le rivela i suoi dubbi sulla “percentuale” di anima rimasta a Jack.
Sam che le parla di Margaret, mostrandogli, con un lieve rossore, quel biglietto da visita che non è riuscito a stracciare… il contatto “diretto” di un medico, può sempre tornare utile. E Mary sorride augurandosi che, dietro la lungimiranza del cacciatore, ci sia qualcosa di più.

Sam che si addormenta su un libro e lei, mettendogli una coperta sulle spalle, gli accarezza i capelli, lievemente, per non rischiare di svegliarlo. E lui talvolta finge di dormire. Per ottenere quella carezza che gli è stata negata. Quando “era tempo” di carezze.
Ma le carezze non hanno “scadenza”.

Quanto può essere incredibilmente ingiusta e crudele la vita. Quando credi di aver la possibilità di “mettere le cose a posto”, quando sei finalmente pronta a perdonarti e farti perdonare… ti pone sul cammino un ordigno bellico inesploso che rivendica il suo “diritto” a brillare. Falciando ciò che stavi ricostruendo.
 
Doveva essere una caccia breve e invece Claire se l’è vista brutta, in quel covo di vampiri. Ha rischiato di diventare una di loro, con sommo orrore di Alex. Fortunatamente Jody è intervenuta, supportata da Mary. Distruggere il nido ha richiesto più impegno del previsto. Quando è arrivata “la telefonata” Mary era ancora sporca di sangue e con il machete in mano. Si è accasciata a terra. Sorretta da Jody.

“Dimmi che non è vero, Sam!!”
Sam, dall’altro capo, è rimasto in apnea. E lei, allora, serrando gli occhi, comprendendo di aver già perso un figlio, gli ha raccomandato “Sam…non fare nulla…ti prego…lui…lui non vorrebbe…io non voglio…”

Perché Mary non può perdere entrambi. Perchè Mary ha bisogno dei suoi figli.

Sam ha risposto con un poco convinto “Si mamma…va bene…niente patti…ti aspetto…”
“Sono già in viaggio…” ha ribadito Mary e Sam ha immaginato Jody alla guida, con il piede incollato sull’acceleratore.

Un’ ultima carezza.
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Castiel scruta Jack che ha continuato a restarsene in disparte, distaccato.
“Jack…Dean è…lui è peggiorato…” gli comunica, quasi a voler innescare una reazione. Una qualsiasi reazione…
“Oh…mi dispiace” risponde Jack come se stesse leggendo il gobbo in uno show televisivo.
“Tu…vuoi…vuoi vederlo? Stare con lui mentre…” propone Castiel.
Per quanto sappia che Jack non è più il Jack che amano…sa che per Dean sarà importante averlo accanto. Ma il nephilim non è dello stesso avviso “No…preferisco di no…aspetterò…in corridoio. Poi vi aiuterò a ergere la pira.”
“Pensi già alla pira, Jack?” risponde tristemente Castiel.
“Be’…qualcuno dovrà pur pensarci…e Sam sarà sconvolto. So che non rinuncerebbe mai ad occuparsene di persona ma lo accompagnerò io.” puntualizza, con una mimica indefinibile.
“Vedremo…ora è prematuro parlarne” taglia corto Castiel, avvertendo la nausea che sale. E’ un mostro che si porta in giro il corpo di Jack.
“Sei sicuro di non…” tenta ancora perché, rassegnarsi a quel Jack, è terribile.
“Sono sicuro. Dal corridoio andrà benissimo. E poi Dean lo dice sempre che detesta gli addii…perché contraddirlo?”
Castiel pensa che quel Jack ha un sarcasmo sconosciuto al…vero Jack che, spesso, fraintendeva la benevola goliardia di Dean. Invece ora riprende battute, distorcendole, riproponendole con nuovi “significati” che mettono i brividi. No, non lo lascerà andare con Sam. Ovunque Sam abbia intenzione di andare dopo che Dean…Castiel dubita che, il minore dei Winchester, voglia spaccare legna da accatastare.

“Ok…come desideri, Jack…” e Castiel si avvia sconsolato, per raggiungere Sam.
Jack lo segue. A distanza. Rimarrà di fronte alla porta semiaperta, assistendo a quella sorte di enfatizzata veglia. Quando, finalmente, Dean si spegnerà per diventare cenere, si occuperà di altri nemici. Un umano e un angelo. Da eliminare. “Robetta” per un nephilim, con i poteri quadruplicati da Dio. Quindi toccherà a Ben.

 Chuck ha grandi progetti per lui. In fondo aveva ragione Kelly.
Farà grandi cose.
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“Sam…stiamogli vicino… ed esaudiamo le sue volontà…” riafferma Castiel, ponendo una mano sulla spalla di Sam.
Già…le ultime volontà.
Sam è così assorto che non sente i colpi provenire dall’ingresso principale.
“Sam!” urla trafelato Ben, bussando violentemente alla porta del bunker.
Sam si scrolla. Ben…è Ben! Dean morirà con un sentimento di tenerezza in più. Forse, una parte di lui, “sentirà” quella presenza. Fa i gradini a due a due per correre ad aprirgli.
Sam saluta a malapena Lisa, anche se non è sorpreso di vederla. Li lascerà soli. Con lui. Si metterà da parte. Per una volta. Un momento tutto loro.
Di Lisa e di Ben.

Con Dean.

Ben, ad ampie falcate, attraversa il corridoio ed è troppo turbato per notare lo sguardo di ghiaccio di Jack che non si aspettava di rivederlo. Almeno non così presto. Ben è nella sua “personale lista nera” ma non è ancora “a quel punto della lista”.

Ben, alla vista di Dean, madido in quel letto, scoppia in un pianto dirotto. Lisa avverte una fitta al petto, lacerante come lama affilata. Qualcosa “grida” in Ben e si rinfrange sul cuore di Lisa, come un’eco difficilmente sostenibile.
Poi tocca a lei “salutarlo”.
Scorge l’alone scuro, bizzarra “aureola” su quel cuscino. Le torna alla mente un altro cuscino…
una febbre che non ha nulla di umano. Non è qualcosa che puoi controllare con gli antipiretici o gli antibiotici. Le labbra spaccate di chi si è perso nel Sahara, senza borraccia. Completamente disidratato. Ucciso dal dispetto di un mostro che dovrebbe esistere solo nei testi di mitologia, di quelli su cui studia Ben…qualcosa di abnorme che fugge ad ogni controllo. Perché non c’è cura.

Prende una ciocca di capelli tra le dita. Vorrebbe trattenerla, come quella notte, in cui si era ripromessa che Dean non sarebbe tornato ad essere…un fantasma. E invece lo diventerà.
Davvero.
Pollice e indice si inumidiscono attorno a quel ciuffo e la mano, posandosi sulla fronte di Dean, si fa attaccaticcia.
Dean non può avvertire la tenerezza di quel gesto. Non può ascoltare la sua voce. Non può rispondere a quel “Ti amo” che mormora, pentendosi di non averlo urlato, quando avrebbe dovuto.

Non hanno imparato nulla.

Nulla lei, dagli anni senza memoria e dai mesi in cui l’è stata restituita. Nulla lui, dagli anni in cui ricordarla era penitenza quotidiana e da quelle settimane in cui, Lisa, avrebbe potuto diventare presenza quotidiana. Ma Dean non glielo ha permesso. Ha vinto la paura.
Lisa lascia la camera…le sembra giusto che, quella mano, venga tenuta da lui.
                                                                                                                           
“Sam…credo…credo che sia arrivato…il momento”. Il suo “rivale” merita rispetto e compassione. “Resta…resta anche tu, Lisa…” farfuglia Sam, dirigendosi mesto verso la camera di Dean.
“No…tu e Ben”
Sam si ferma, sfregandosi gli occhi, incredibilmente arrossati “Ben…lui…lui lo ama…lo ha sempre amato come un figlio” e Sam si sorprende, terrorizzato, ad usare un verbo al “passato”
“Lo so…lo so” conferma lei.
“Se solo lo fosse stato davvero, avremmo potuto salvarlo” sibila Sam, vomitando quella lacerante verità.
 “Non capisco…”
“Il sangue di un figlio avrebbe potuto salvarlo…”
“In che modo?’”
“Trasfusioni…fino a raggiungere la quantità sufficiente a “purificarlo” …ma è inutile parlarne…non dirlo a Ben…lo faresti soffrire…per niente…”
Lisa sgrana gli occhi.
 Trasfusioni fino a raggiungere la quantità sufficiente che, ovviamente, è indefinita, “ignota” e “trascurabile”, come se si parlasse di un etto in più o in meno di bacon, da comprare al market più vicino, per la colazione del mattino. E invece è sangue, è energia, è vita…sa di sacrificio. Del resto, Dean “è sacrificio”. E’ vittima e carnefice di se stesso. Da sempre.

Ha ragione Ben. E’ troppo tardi.
Per tutti.

“Certo…certo…non gli dirò nulla…” concorda, Lisa e, quella frase, le pare grottescamente sarcastica.
 Sam, annuendo, raggiunge Ben.

Lisa li osserva, sull’uscio.
Sam, Castiel e Ben…manca Mary. Mary…arriverà tardi. Anche lei. Le ha confidato i suoi errori. Quel continuo fuggire dai ragazzi, la drammatica e perigliosa esperienza con gli Uomini di Lettere Inglesi, la confusione, il riappropriarsi di un ruolo materno che non è mai scontato.
Perché, essere genitori, non è mai facile.
E Lisa lo sa bene.
E’ un momento di…famiglia. Lisa non c’entra nulla con quei Winchester cacciatori di abomini.
Ha avuto solo la sfortuna di incontrarne uno. E di amarlo. Ma ora Dean tornerà ad essere un fantasma. E stavolta non ricomparirà. Non rivedrà il suo viso, aprendo la porta di casa. Non c’è cura per Dean, folle cacciatore di assurdità.

Sam e Dean…uniti in un modo per lei “patologico”, destinati a dividersi per sempre. Sam imparerà a vivere senza Dean e Dean morirà, consapevole di dover lasciare Sam.
Buffo…non è quello che voleva?! Che ha sempre voluto?! I due fratelli non più “dipendenti” l’uno dall’altro. Ecco la “terapia d’urto”, necessaria per tagliare quel “cordone ombelicale” fraterno, fondato sull’assenza di Mary e la presenza altalenante di John. Psicologia “spicciola” con effetto immediato.

Lisa sente la temperatura salire. Un caldo che l’avvampa. Le mani improvvisamente sudate. Lucide, come il volto di Dean.
Ricominciare. Stavolta senza ombrello. Affrontando la pioggia, anche quando è battente, ti rende pesanti le ciglia e sarebbe meglio rifugiarsi sotto il primo cornicione di cemento. E aspettare che smetta, che finisca. Che finisca così…in quel “non detto”.

 Una donna ha un potere enorme. Può invecchiare, può morire, portando con sé l’origine di chi ha custodito e protetto. Del resto… Dean è stato cancellato.
Cancellata la notte di passione con quel giovane “di passaggio”, che la sorprendeva con i suoi modi scherzosi e affascinanti, quando la pelle era ancora vellutata e senza rughe. Cancellati i giorni convulsi in cui lui ha giocato a carte scoperte, salvando Ben, rientrando nella sua vita e dandole l’illusione di potervi restare. Ma non è rimasto.
Cancellato l’anno in si è rifugiato da lei, a brandelli, quando le occhiaie erano già marcate e gli incubi lo facevano sobbalzare. Su quel cuscino.
Cancellato il Dean che ha deciso di…cancellarsi. Dimenticato. Resettato. Dato all’oblio.
Lisa ha trascorso gli ultimi anni senza portare il peso di quel segreto. Questo potrebbe ridurre la pena. Perché sa di meritarsi una pena. Ma lascare le cose come stanno sarebbe iniezione letale. Preferisce l’ergastolo a vita.

Un atto di coraggio. Contro la paura.
Paura per Ben. Paura di Sam. Paura per se stessa. Di soffrire.
Perchè lui non smetterà di cacciare. E allora perché riabbracciarlo?! Per lasciarlo andare…domani?!

Domani…non oggi.
Oggi la paura non vincerà.
 
Lisa irrompe nella camera.
Non è tardi
Non per lei, non per Ben. Non per Dean.
E nemmeno per Mary. Che ha appena imparato ad essere madre. E merita di esserlo. Fin quando le sarà concesso…donare carezze.
 
“Sam…devi…devi prelevare il sangue di Ben!”
Sam la guarda confuso… “No Lisa, non hai capito…non servirebbe…solo se fosse…”
“Lo è! E’ suo figlio!” grida concitata Lisa, scoprendo l’effetto “bomba” che, quella frase, ha sui presenti. Sam diventa improvvisamente più cereo di suo fratello e Ben si appoggia alla spalliera del letto in cui giace Dean.
“Mamma…cosa…cosa stai dicendo?!!”
“Ben…so che non mi perdonerai…ma non mi perdonerei…se continuassi a mentirti…”
“Tu sei…ne sei sicura Lisa?!” è la domanda pragmatica di Sam che sa quanto posso essere prezioso anche un minuto.
“Si, Sam! Nessun motociclista…Sam…so che è difficile da credere, da capire ma ti prego…non voglio perderlo…come non lo vuoi tu!” e Lisa riesce ad essere solidale. Disperatamente solidale con il suo “rivale”.
Sam lancia uno sguardo a Ben
“Per te…per te va bene?” e suona banalmente retorico ma per Sam la libertà di scelta è un bene inestimabile…ed è comunque rischioso, non sa quanto sangue sarà necessario per salvare Dean.  Sacrificio “indefinito”…come ha ipotizzato Lisa.
“E me lo chiedi?! Credo che questo sia il giorno più bello della mia vita, non trasformiamolo nel peggiore!!” e Ben gli offre il braccio scoperto in un gesto eloquente.

Sam sente il cuore balzargli in gola. C’è una possibilità.
Non è tardi.

Jack, assistendo a quella rivelazione, cambia l’ordine dei nomi…sulla sua lista nera.
---
 
Un attimo dopo Rowena amalgama quegli ingredienti che avrebbe utilizzato se ci fosse stato…un figlio “a disposizione”.
“Bevi ragazzo…questo renderà il tuo sangue speciale, compatibile con quello di Dean. Nessun gruppo sanguigno…solo il legame che vi unisce. Sangue purificato che va a purificare.”
“E’…è pericoloso?” indaga, un po’ allarmata, Lisa
“Non temere, cara. Su Ben non avrà alcun effetto. Può danneggiare solo Dean…se lui non è veramente il padre…be’ questo incantesimo non solo non funzionerà ma Dean avrà come un “rigetto”…il suo organismo non reggerà e il veleno si diffonderà in pochi secondi…ma direi che, a questo punto, ha poco da perdere…” conclude la strega con il senso pratico che la caratterizza.
Sam deglutisce. Ma Lisa, alle parole di Rowena, risponde con un sereno “Non ci saranno problemi".

Un attimo dopo la siringa è piantata nel braccio di Ben, seduto in poltrona…accanto a Dean.
“Cominciamo con due fiale non vorrei indebolirti troppo…” stabilisce Sam, apprensivo.
“Fai cosa devi fare, Sam!” replica il giovane ma cogliendo esitazione, lo incalza “Forza!”
Altro sangue riempie la siringa che viene diligentemente recuperata da Rowena e inoculata nel braccio di Dean.
 “Ok…ok…Ben, però dobbiamo andarci piano…io non voglio che tu…” ribadisce Sam.
“Sam…sto bene…pensiamo a lui, poi penseremo a me” lo rassicura Ben, fermo sulla sua posizione.
Sam procede, con il beneplacito di Lisa.
All’ottava fiala vede Ben impallidire, cominciare a socchiudere gli occhi.
“Basta così…proviamo a vedere come…come reagisce” e Ben, nella frase di Sam, coglie un sotteso “se reagisce” che fa male.
Ben oppone qualche resistenza ma poi accetta, poggiando la nuca sulla testiera della poltrona.

Dean è sempre più lontano. Nulla pare cambiare nelle sue condizioni. Sam corruga la fronte, stringendo il pugno. Lisa gli si avvicina prendendogli la mano, distendendogliela nelle proprie “Funzionerà Sam…funzionerà.”
Trascorrono minuti ammantati di eternità. Poi accade qualcosa che strazia Sam.

Dean digrigna i denti e il respiro si fa sostenuto. Molto più ravvicinato. Sam, d’istinto, per controllare i battiti, pone due dita sulla carotide ma le allontana all’istante, sconvolto. Sam si aspetta che, da un momento all’altro, il cuore di suo fratello balzi fuori dal petto!
“Che cosa…cosa succede?!” grida Sam, temendo il peggio.
Ma solo Castiel che, nel frattempo, non ha tolto la mano dal torace di Dean, può percepire il reale mutamento “Calma Sam. Calma! Sta lottando, sta lottando per contrastare il veleno…posso cominciare a curarlo…il siero c’è ma non si sta più diffondendo! ll sangue di Ben… ne avremo ancora bisogno ma credo che ora potremo usare la mia grazia come…terapia combinata!”
Sam osserva Lisa con occhi colpevoli come a confessare “Una parte di me non ne era sicuro…ho temuto che quel motociclista esistesse davvero…che neppure tu avessi la certezza che Dean fosse…” ma Lisa gli sorride comprensiva “Va tutto bene, Sam… Ben avrà il tempo di riprendersi tra una prelievo e l’altro e Dean, grazie a Castiel,  continuerà a guarire!”

Sam aiuta Ben a rialzarsi “Grazie Ben!” cercando di infondere coraggio al ragazzo che, quasi obbligato da Lisa, mangiucchia qualcosa e si disseta per reidratarsi. Poi Sam si rivolge a Lisa “Grazie…”
“Non avrei mai potuto…non sarei più riuscita a guardarlo negli occhi…non se gli avessi negato la possibilità di salvarlo…”
“Ce la faremo, vero? Sam dimmi che salveremo mio…mio…” ma Ben termina con un “Dean” appena sussurrato. Non riesce ancora a definire Dean come il cuore lo definisce da quando, “invitato a sorpresa” di quel compleanno della sua infanzia, è entrato nella sua esistenza. Adesso che conosce la verità gli sembra che, il solo pronunciare quel sogno realizzato, possa costringerlo a svegliarsi.

Sam sente gli occhi farsi umidi “Certo…è un Winchester!” e premendogli delicatamente sulla spalla aggiunge “Noi Winchester non molliamo mai!” E quel noi fa scintillare gli occhi di Ben.
Altri occhi saettano.

“Maledetta puttana! Una vita intera a tenersi ben stretto il suo segreto e proprio ora va a spiattellare tutto?!!”
Chuck, furibondo, lancia una sedia contro “lo schermo”, frantumando quella scena “di famiglia” che gli fa rinvenire il piccante delle patatine, lasciandogli un retrogusto acido in bocca.

Altri occhi, pronti ad agire, sfavillano come rubini incandescenti …in direzione di quella “riserva di liquido” che è Cura, Amore, Famiglia… Sangue.

Sangue.
Legami di sangue. Anche se Dean ha sempre detto che non contano.
E invece contano. Eccome. E’ il sangue di Ben a salvare Dean. E’ lui il suo “vero figlio”. Jack è stato solo un surrogato. Non potrà mai amarlo come amerà Ben.
Mai.

Sangue.
Versato a fiotti. Perché la rabbia non può più attendere.
Jack brama il suo tramonto perfetto, da non condividere.
Il rosa diventa sempre più intenso.

Rosso cremisi.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


 
Dean percepisce un calore nuovo. Diverso. Non più quella sensazione del corpo avvolto in sudario. Il lenzuolo sa di fresco e di pulito. Le palpebre collose si “schiudono” con cautela, come campanule notturne al sopraggiungere della sera. Poi, quel che l’occhio ancora non distingue nettamente, la guancia riconosce. Una carezza.
Quella carezza.
“Mamma…”
“Sono qui, Dean, sono qui…va tutto bene…”
“Mamma…in quale momento felice sono?” e Dean non sa se la “Mary del Paradiso” potrà rispondergli.
“Dean…non sei in Paradiso! Sei a casa, nel tuo letto!” chiarisce Mary, sorridendo.
“No…non è possibile…il veleno…” borbotta Dean, con la bocca impastata.
“C’è ancora Dean, c’è ancora ma Castiel ti sta guarendo…”
Dean deglutisce. Castiel… che lo ha salvato ancor prima di essergli amico. Castiel che subisce i suoi momenti “no”, sempre più frequenti e impetuosi. Castiel che potrebbe ambire al Cielo e invece sottostà alle regole della Terra. Castiel che ha deciso di sporcarsi di fango per restare con lui. E con Sam. Le ali, negli anni, si sono fatte pesanti e imbrattate ma, proprio per questo, quel soldato di Dio ormai disertore, ha imparato a volare…
Dean si domanda cosa si sia escogitato stavolta!

“Lui…aveva detto che…che non c’era soluzione…”
“Infatti Dean ma, a quanto pare, sei nato sotto una buona stella, amico mio!!” interviene Castiel, facendo il suo ingresso nella camera, apprestandosi a “somministrare” la “dose di terapia”.
Castiel, di fronte allo sguardo smarrito di Dean, si affretta a spiegare la situazione.
“Dean…non sono stato io…non solo, almeno…” lo informa, emozionato “In realtà, c’era una soluzione…Sam e io l’avevamo trovata ma pensavamo che…che non fosse realizzabile…” conclude, scrutandolo, con iridi acquose.
Mary, radiosa, preannuncia sibillina “Qualcuno di famiglia ti ha salvato, Dean…e stavolta non è stato tuo fratello…”

La porta, che Castiel ha lasciato semiaperta, si spalanca. Dean “mette a fuoco” quell’ombra un poco curva, a tratti malferma…è Ben. E’ pallido, con evidenti cerchi bluastri intorno agli occhi. Ha un passo stranamente fiacco. Mary si asciuga una lacrima silenziosa che non può imprigionare.
“Ben!” e Dean cerca di alzarsi, noncurante dell’affanno che lo coglie impreparato ma Castiel “è preparato”, conosce Dean come se stesso. Interviene prontamente, facendolo desistere dal muoversi. Lo “richiama all’ordine”, riposizionando la propria mano all’altezza del cuore. Le dita di Castiel sono raggi di luce benefica che si irradia, su quel torace irresponsabile e…ignaro.

 “Fermo Dean! O tutti gli sforzi di tuo figlio saranno stati vani!” e nella voce c’è la preoccupazione di chi ha appena aggiustato un vaso antico, delicato, che ancora mostra i margini dei cocci riuniti. La colla deve aderire. Ci vuole pazienza. Il vaso, appena ricomposto, è troppo fragile. Il “collante” usato è prezioso, estremamente caro. Non può essere sprecato.

Castiel avrebbe voluto che, la tenerezza di quella verità, venisse svelata a Dean in altro modo ma non può permettergli di prolungare “la cura”.
Ben è debilitato. Quasi al limite. Castiel lo sta supportando con la sua grazia ma, fin tanto che Dean non sarà fuori pericolo, dovrà centellinare il proprio potere, a scapito di Ben. E allora è necessario che Dean collabori…e Castiel sa quanto, il verbo collaborare, risulti “spinoso” per il maggiore dei Winchester!

“Ben?!!” ripete Dean e stavolta il tono racchiude una moltitudine di sentimenti contrastanti: incredulità, sgomento, angoscia, felicità, rabbia…facendo proprio lo sguardo perso nel “vuoto” di Dean, Ben prova a riempire quello “spazio”. Gli si pone davanti, con il volto provato ma sereno.

 “Sono tuo figlio, Dean, lo sono davvero…” e quel “davvero” ha significato, per Ben. Come lo ha per Dean.

La “rivelazione” di Lisa ha semplicemente avvalorato ciò che, entrambi, provano da quando si sono seduti l’uno accanto all’altro, sbocconcellando quella fettina di torta…un padre e un figlio… un figlio e un padre.

Non è mai stato scritto nero su bianco. Non è mai stato “suggellato” da un esame del DNA o da una pratica di “riconoscimento” o di “affido”.
Ben non ha mai dichiarato apertamente a sua madre che, il sapere di quel presunto genitore, motociclista di passaggio, non gli importava. Al contrario, essere “figlio” di quel… “cacciatore di passaggio” era desiderio inespresso, nascosto, forte. Quel pensiero che, pur non osando esser parola rimaneva autentica essenza di sogno, aumentava la speranza di poter diventare, un giorno…
come Dean.

Fin quando Dean gli ha permesso di dargli un nome, Ben, recitando le preghiere della sera, concludeva con “E proteggi Dean, ovunque lui sia”.
Ben lo immaginava a combattere, contro qualche creatura degna dei videogames fantasy. E ogni volta che, al TG, sentiva di uragani, inondazioni o di qualche altra calamità naturale, le preghiere diventavano più frequenti e intense. Perché Dean, per evitare l’Apocalisse, aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile. Dean era lontano, a lottare per il Mondo, a consentire al Mondo di resistere ed… esistere. E Ben era fiero di poter pronunciare quel nome. Ma oggi Dean…è altro e Ben può “definirlo” con l’orgoglio di chi, finalmente, sa di appartenergli.
Davvero.

“La mamma ti ha…ci ha mentito…ma a me…”  e Ben non si cura delle lacrime che solcano il viso emaciato “A me non importa, Dean. Non me ne frega niente! Il mio sangue ti sta guarendo e solo questo conta…solo questo. Ce la farai e non ti arrenderai. Perché hai una ragione in più per vivere. Dobbiamo recuperare gli anni persi, me lo devi, dannato cacciatore!” conclude, tra l’imperativo e lo scherzoso.
Dean strabuzza gli occhi, frastornato, tremante. Non è la febbre...non solo.

E’ un regalo. Uno di quei doni che non ti aspetti ma che avresti sempre voluto scartare.
Il rimpianto di essere stato “battuto sul tempo” da quel tatuato centauro, gli è rimasto dentro come un pacco “non recapitato”. Uno scatolone che si è “smarrito” perché ha “cambiato indirizzo” troppe volte… “giocandosi” la possibilità di riceverlo. E il contenuto era unico, inestimabile.
Ma Dean, in cuor suo, ha continuato a sperare…in una “ritardata consegna”.

Nella mente in subbuglio s’insinua il ricordo di giornate tranquille dove, la “scarica di adrenalina” più potente, non era data da un caso risolto ma da quella normalità, promessa a Sam. S’impegnava in piccole “lotte quotidiane” che lo allontanavano da ciò che conosceva, avvicinandolo a cosa credeva che mai avrebbe conosciuto.

Normalità.

Vincere la “sfida” della domenica mattina con il “ribelle” decespugliatore, seguendo le ridondanti indicazioni di Lisa, “maniaca” del prato all’inglese.

Tollerare la coda al supermercato, resistendo alla tentazione di mollare il carrello a metà quando, puntualmente, Lisa gli telefonava dicendo che aveva dimenticato qualcosa e lui, stizzito, accartocciava il post-it ma poi, pentendosi del gesto, “stirava” con cura il malcapitato foglietto. Dopo “latte e uova”, c’era scritto “Buona giornata, Dean. Ti amo!”. E Dean conservava ogni lista della spesa.

Indossare la visiera per proteggersi dalle scintille del saldatore. Ogni tanto si “perdeva” in quegli schizzi aranciati e immaginava Sam, ad arroventarsi nella Gabbia. Ma poi si obbligava a spegnere il cervello, “riponendolo” nell’armadietto del lavoro, insieme alla protezione e ai guanti da operaio. A casa c’era una famiglia ad aspettarlo. Una famiglia già completa ma che avrebbe potuto essere…perfetta.

Le si avvicinava, dopo cena, dicendole allegro “Dopo tutta una disquisizione sull’opportunità di concedergli mezz’ora di videogioco in più, finalmente è crollato!  Lo sai che il ragazzo ha davvero una parlantina invidiabile?!”… sperando che Lisa chiudesse il rubinetto, incurante della pila di piatti da sciacquare e, voltandosi, gli rispondesse con la voce rotta dall’emozione “Ha preso da suo padre…”.

 Invece Lisa si limitava a sorridergli, continuando a caricare la lavastoviglie, chiedendogli di darle una mano a riordinare.
Ma adesso non ci sono posate da asciugare e Lisa ha deciso di fargli “spacchettare” la gioia che, nonostante la sua vita raminga, gli è stata “consegnata”.

Dean si sente pronto ad affrontare un intero squadrone di Demoni e un numero imprecisato di Segugi Infernali!
Ben si protende verso di lui. Cerca le braccia di suo padre. Le ha sognate ogni notte. Ed erano esattamente quelle. Erano quelle di Dean. Anche quando Dean era “Nessuno”, rinchiuso in una sfera di vetro che ne aveva inghiottito il nome.
 Ogni tanto, “quell’abbraccio”, faceva capolino nel dormiveglia.
Dean, aiutato a sollevarsi da Castiel e Mary, accoglie Ben in quella stretta che gli riesce innegabilmente debole ma che, al contrario, Ben percepisce sicura e forte.

“Ben…sono così felice…io sono così fiero di…”e Dean vorrebbe superare quella insensata paralisi che lo “blocca” ogni volta che deve “svelarsi”. Ma, anche di fronte a suo figlio, il suo “sentire” rimane impigliato tra cuore e voce.  La “parlantina” lo aiuta a guadagnare tempo con un mostro che lo tiene sotto tiro o a incoraggiare Sam, quando le cose precipitano e lui cerca di convincerlo che se la caveranno. Ma, quando si tratta di “raccontarsi” in modo intimo e sincero, non riesce nemmeno a deglutire. E’ come se i sentimenti, aderendo alle pareti della laringe, si cristallizzassero, diventando pugnali silenti. Forse è quella parte di John che riaffiora, rammentandogli l'origine di ogni centimetro di "pelle" e non solo intesa come "tessuto epiteliale" ma come trama del "sè".

La genetica va oltre la semplice trasmissione di caratteri ereditari. Ci ritroviamo gli occhi scuri  o chiari, un certo colore di capelli, un tipo di postura e di camminata… ma c’è un “codice” ben più complesso che ci identifica. Dean sa che un sottile filo rosso unisce, si rincorre, si spezza e si riannoda. E’ la storia.

E’ la storia di suo nonno. Di suo padre.

John, duro, ruvido, di poche parole eppure li amava, in modo assoluto. Avrebbe preferito affrontare creature dai nomi impronunciabili piuttosto che dire “Ti voglio bene, Dean”. Ma era pronto a morire per loro. E’ morto per lui.

“Accidenti! Sono un disastro in queste cose!” conclude Dean, tradendo imbarazzo. Ben, avvertendo i battiti di suo padre accelerare, non ha bisogno di altro.

E’ la storia di Dean. E la sua. Ben sa che Dean morirebbe per lui. Ha preferito diventare un fantasma senza nome pur di saperlo al sicuro.
“Dean…è quello che provo io…non ti preoccupare…va bene così…siamo Winchester…” e lo sguardo di Ben diventa trasparente.

Dean chiude gli occhi e stavolta non è la stanchezza e il sudore che appiccica le ciglia a obbligarlo al buio. E’  buio voluto, anelato, per estraniarsi e godersi a pieno il momento. Quel momento.

Ascoltare il respiro di suo figlio, sull’incavo del collo nudo, percepire i polpastrelli che premono leggermente sulla sua spalla, facendogli intendere che è reale, sentire “l’odore” di Ben. E riconoscere che quell’odore gli appartiene. Un leone che, a colpo sicuro, distingue il proprio cucciolo, fra quelli del branco. Ben non è più un bambino ma non è troppo tardi per essere genitore. Mary insegna. Dean conosce la nobile tenerezza delle carezze “in differita”. Sfiora i capelli di Ben, glieli scompiglia. E’ il “suo ragazzo”.
Dean si percepisce improvvisamente “adeguato”. Deglutisce. Riesce a farlo.

“Ben…ti voglio bene!”

E immagina che, da qualche parte, John sorrida.

Sam li osserva sull’uscio. Si aspettava di dover andare a cercare un Demone dell’Incrocio, con una scure in mano come “alibi”. Perché non c’era nulla per cui…ringraziare Dio.
E invece, in questo giorno del Ringraziamento, non ci sarà tacchino ripieno o torta di mele ma mai, il significato profondo della festa, potrebbe essere più rispettato.

Dean scorge il fratello e, quasi contemporaneamente, nota i lividi sulle braccia di Ben che, lesto, abbassa la manica della felpa.
“Sammy…”
Sam entra in camera, consigliando a Ben di andare a riposare, per prepararsi alla nuova serie di prelievi.
Ben obbedisce, scambiando uno sguardo d’intesa con Dean.
“Certo…vado…allora…allora a dopo, Dean”
Non riesce ancora a chiamarlo “papà”. Si è ripromesso di farlo.

“A dopo…figliolo…” e, anche se non è certo la prima volta che Dean utilizza quell’appellativo con Ben, gli pare di usarlo…per la prima volta.
Vede suo figlio congedarsi, barcollante. E la rabbia cresce.

“Dean…come ti senti?!” e il maggiore recepisce tutta l’ansia di Sam, in quella domanda.
Sa cosa rispondergli.
“Sto meglio Sammy e, a proposito di questo…ti chiedo…ti chiedo di non far morire dissanguato il figlio che ho appena ritrovato…” afferma Dean, crucciato e con tono di biasimo.
Ma Sam non può cedere all’apprensione di Dean. Hanno ancora bisogno di Ben. Dean dovrà prenderne atto.
“Dean… Castiel non può guarirti, non da solo. Hai bisogno del sangue di Ben. E’ giovane. E’ forte. Il processo del veleno è rallentato ma dobbiamo continuare con le inoculazioni…poi, appena Castiel e Rowena ci diranno che il peggio è passato, potremmo farne a meno…” motiva, il minore comprensivo ma fermo sulle proprie posizioni.
“Sam ha ragione Dean…non possiamo permetterci errori…non ora…” conferma Castiel seguito da Mary che, conoscendo il temperamento di Dean, ribadisce pacata “Dean…è vero, è l’unico modo per…”
“Dean, è l’unico modo per salvarti!” taglia corto Sam, categorico e sulla difensiva.

Ma “quel modo”, “subìto” da un Dean “incosciente” non può essere condiviso da un Dean “vigile”.

“No! Non ti permetterò di usarlo come distributore di benzina! Ma lo hai visto?!Sembra uno zombie!” contesta Dean, alterato.
Sam si rende conto che, quelle “giustificazioni”, a Dean, non bastano. Ma devono bastargli.

“Dean! Non essere così ottuso! Ben ha scoperto ciò che, in cuor suo, ha sempre “sentito vero”, nel profondo di sè! Come ci hai sperato tu! Credi che non lo sappia? Che io non ricordi la tua delusione quando Lisa ti ha detto che non era tuo? Invece è tuo figlio, Dean! E nulla lo fermerà! Vuole fare la sua parte, vuole salvarti! Tu non avresti fatto lo stesso per papà?!” lo provoca Sam.
“Questo non c’entra nulla! Era diverso…io sapevo a cosa andavo incontro…cacciavo con papà e…”
“Dean, lui è consapevole!! Conosce i mostri con cui combattiamo ogni giorno! Sa che le cose possono mettersi molto male! Ma sa anche che, attraverso lo studio, la magia, la famiglia…se ne può uscire! Non sta facendo altro che questo, Dean! Aiutarti ad uscirne!” esplode Sam, paonazzo, trattenuto per un braccio da Mary che, dal canto suo, teme la reazione di Dean a quelle parole.
Mary non vuole che Dean si agiti, peggiorando le sue condizioni e sa bene che, quei litigi, fanno male ai suoi figli. A entrambi. “Sammy…forse è meglio che…” mormora ma il minore scuote il capo “No mamma, non possiamo far finta di niente…Ben è l’unica “arma” che abbiamo!” sottolinea, irritato.
“Ben non è un’arma! Ha già fatto più del dovuto! Sto bene. Sono praticamente ritornato dalla sala d’aspetto del mietitore! Ora tocca a me. Combatterò io! Mi conosco. Posso farcela. Cas farà il resto, magari ci metterò un po’ di più a guarire…ma me la caverò! Se dovesse succedergli qualcosa io…come potrei perdonarmi?! Dimmi, Sam, come potrei?!” continua Dean, alzando la voce.
“Lo stiamo monitorando, gli stiamo controllando la pressione, il cuore… sarei il primo a smettere se vedessi i parametri alterati…Dean fidati di me, non permetterei mai che gli accadesse qualcosa…” implora Sam, abbassando i toni, mentre Mary rafforza “Dean, devi stare tranquillo. Ancora pochi prelievi e…”
“Non entrerà un'altra goccia di sangue nel mio braccio…non rischierò la vita di Ben. Punto.” ribatte Dean, irremovibile.
“E’ per questo che non ti ho detto di lui” afferma Lisa, entrando nella stanza.
“Lisa…” balbetta Dean.

Sam osserva Lisa. Ha lo sguardo fiero e il piglio di chi non ha intenzione di lasciare “conti in sospeso”.
“Credo che abbiate bisogno di restare soli” propone timidamente Sam, alzandosi dal letto. Mary e Castiel concordano, unendosi a lui. Mary, uscendo, tocca la spalla di Lisa in un gesto affettuoso, sussurrandole all’orecchio “Sai com’è fatto…ma non demordere…fagli capire “chi comanda”!”
Lisa sorride, complice.

Lisa prende il posto di Sam, risistemando il lenzuolo spiegazzato. Gli bagna la fronte ancora imperlata e, con movimenti calmi e precisi, versa un po’ d’acqua su una pezza, per inumidire le labbra. “Ti darà sollievo …Castiel dice che è ancora presto per assumere liquidi e la sete, presto, si farà sentire… sei stato in coma per un giorno intero…i riflessi di deglutizione sono rallentati…ci vorrà del tempo per…” gli consiglia, premurosa. Ma Dean la interrompe “Lisa…posso guarire…basterà Cas…” annaspa.
“Dean, per favore…non decidere per Ben…” riafferma lei, continuando ad umettargli le labbra.

Questo è troppo per Dean. Lisa non è nelle condizioni di dargli lezioni di “libero arbitrio”.

“Perché?! Tu non lo hai fatto per tutti questi anni?! Non hai “deciso” per lui e anche per me?! Mi hai mentito Lisa! E ti avevo chiesto di essere sincera! Era un momento in cui, sapere di essere padre, mi avrebbe dato forza e coraggio per affrontare ciò che mi aspettava!” scoppia, Dean.

 Ma Lisa è preparata a quell’ ordigno “a tempo”… tiene in mano il detonatore da quando, poco più che ragazza, lesse l’esito del test di gravidanza. Avrebbe potuto disinnescare quel ricciolo di Vita, accoccolato in lei. Del resto, Dean era sparito. E sapeva ben poco di lui. Invece si convinse che, quello sbruffone, potesse essere, “geneticamente”, qualcosa di buono. Così decise di fare, del suo ventre, la “stanza dei pulsanti”. 

Sapeva che, far nascere “il ricciolo” di Vita, avrebbe attivato il conto alla rovescia. Le parole di Dean arrivano come attesa deflagrazione e lei sa cosa rispondere “Non ti ho detto di Ben perché tu scegli sempre per gli altri. Lo stai facendo anche adesso!”
“Andiamo, Lisa! Abbiamo vissuto insieme per un anno! Non cacciavo nemmeno, in quel periodo!” puntualizza Dean, furioso.
“Non cacciavi, è vero, ma non passava notte che non ti svegliassi in preda ad incubi orribili! Non ti rassegnavi all’idea di aver perso Sam e io avevo la netta sensazione di essere una “parentesi”! Potevo accettare la “precarietà” della nostra relazione ma non avrei mai potuto condannare Ben a quell’instabilità. Dovevi restare “il fidanzato della mamma” che era venuto a vivere con noi. L’amante della mamma poteva, senza preavviso, uscire dalla sua vita…un padre…no. E’ stata già dura così, per Ben…quando te ne sei andato!”
“Se io avessi saputo…se io…” mormora lui, abbassando la voce.
“Cosa sarebbe cambiato, Dean? Dimmi? Non saresti tornato a cacciare con Sam quando è ricomparso? O non avresti deciso di privarci dei nostri ricordi? Oppure, quando ci siamo ritrovati, mi avresti addestrato a combattere, per aiutarmi a capire più di te, per consentirmi di restare qui, a Lebanon? Dimmi Dean, quale di queste cose avresti e non avresti fatto, sapendo che Ben era davvero tuo?!” lo incalza Lisa, con fare palesemente ironico.

Castiel ha ragione…la sete comincia a farsi sentire. Con un movimento impercettibile del labbro inferiore Dean “cattura” qualche goccia d’acqua, appena “distribuita” da Lisa.

Non può rispondere. Deve risparmiare le forze…la lingua impaniata si appropria della saliva “superstite”, che fa lo slalom tra sconfitta e amarezza.
Non può rispondere.

“Appunto” sottolinea Lisa, vittoriosa. E torna ad inumidirgli le labbra, strizzando di meno la stoffa nella ciotola. Poi parla. Lei non ha la salivazione azzerata.

 “Tu proteggi Dean…sempre. Lo fai con Sam, con Ben, con me. Anch’ io ho voluto proteggere Ben e, probabilmente, ho voluto tutelare me stessa. Come avrei potuto raccontargli che suo padre ci lasciava per epiche battaglie, di cui non comprendevo le ragioni?! Come avrei potuto accettare di non vederti tornare?! Sono stata egoista? Sì…lo sono stata, ma lo sei stato anche tu, Dean. Ricordare mi ha concesso di scegliere. Di nuovo. Ben è cresciuto. E io ho capito che, il coraggio di averti, è più grande della paura di perderti!”

Dean deglutisce più volte il nulla. Lisa si sofferma con il panno sulle labbra arse. Dean aspira avido qualche goccia dalla spugna.

“Ben è adulto, Dean, non puoi decidere per lui come non posso io, negandogli la verità. Ora che la conosce “ti sceglierà”, sempre. Poche fiale…poi riposerà. Sam gli sta già propinando una poltiglia ricca di vitamine e sali minerali, una sorta di beverone da salutista…alla Sam! ” conclude Lisa, quasi ridendo.
Ma Dean non ha voglia di ridere. Il terrore di danneggiare suo figlio fa salire la febbre e aumentare i battiti. E si maledice per questo! Deve reagire o quella subdola “terapia” continuerà! Ben non può essere pozzo a cui attingere! Non ne vale la pena. Non per lui che, se anche dovesse cavarsela, ha comunque il “destino segnato” del cacciatore!
“Lisa…Ben…non deve sacrificarsi…per me, se anche la superassi…lo sai come funziona…la mia vita è questo, io non posso, io…” perché Dean sa che l’Apocalisse o un mostro a tre teste, sono sempre dietro l’angolo.

Lo sa anche Lisa.  Vivere oggi, “uscirne” insieme, oggi…per vederlo andare via… domani. E Ben soffrirà il triplo…ma Lisa ha deciso di ascoltare…
il coraggio di Ben. Lo stesso che aveva da bambino, quando le urlava contro, perché lei lasciava squillare il telefono. E lui chiamava Dean di nascosto. Lo stesso che ha avuto quando, ostinato, ha messo Dean alle strette, in quel magazzino. Le aveva promesso che glielo avrebbe riportato. E lo ha fatto. Lo stesso coraggio che mette oggi, in ogni vena trafitta perché l’ago ruba il suo sangue ma restituisce speranza. E non solo a Dean.

Ben ha coraggio. Ben è il figlio di Dean. E Lisa è felice di non aver “disinnescato” quel ricciolo di Vita. Non poteva scegliere “miccia” migliore.

“Non ascoltare la paura! Io l’ho messo a tacere! “Ascoltiamo” il coraggio di restare…insieme! Non importa per quanto tempo saremo una famiglia…ma lo saremo, Dean. Lo saremo!”
Dean solleva il torace con l’intenzione di incamerare più aria possibile “Giurami che…che se lui dovesse indebolirsi…se il suo cuore… smetterete all’istante!” afferma stridulo, ingoiando un colpo di tosse. Lisa sospira di fronte alla sua tenacia.
“Te lo giuro ma non succederà. Ha la tua tempra, Dean! Scorre il sangue del cacciatore nelle sue vene…” lo rasserena lei ottenendo un sorriso commosso.
Dean ritorna a “quella conversazione” e la tachicardia che lo sorprende è estranea al veleno  che ancora “girovaga”, complicandogli la respirazione.

Lisa gli si avvicina, accarezzandogli i capelli e Dean pare ricordarsi di quel tocco “Eri qui, vero? Quando…”
“Sì…quando eri a un passo dal mietitore ero qui…” Lisa si schiarisce la voce “Ti amo, Dean” e stavolta non è un sussurro. Il suono è acuto, concreto, fermo.
Dean risponde con un sorriso sghembo e gli occhi velati “Idem”
“Come il protagonista di Ghost?!” sottolinea lei.
“Del resto sono sempre in bilico tra la vita e la morte, giusto?!” tenta di scherzare Dean.
“Giusto…e io non ho più paura di amare…un fantasma!” rincara Lisa, baciandolo sulle labbra che sembrano meno incartapecorite.

Dean la vede allontanarsi, gli sorride socchiudendo la porta "Riposa, Dean...andrà bene". Lui annuisce ma sa che non riposerà.

Dean ha accettato il “piano di Sam” ma quel “Ti amo” gli pesa come macigno sullo sterno. Continuerà ad avere paura, anche se le ha promesso di far prevalere il coraggio.

Lisa, al di là della porta, socchiude gli occhi ed espira. Ha vinto una battaglia. Non la guerra. Lo sa. Dean continuerà a “tenerla fuori”. E’ solo una tregua.
Lisa non teme i demoni. La mancanza di fiducia dell’uomo che ha scelto. Questo è il “vero mostro”.

Da annientare.

---
Lisa raggiunge Sam nel salone. Sta passeggiando nervoso, come un accusato che attende il verdetto d’innocenza o la pena che dovrà scontare. Si volta verso di lei, senza dire una parola ma il viso tesissimo lo anticipa.

“E’ tutto a posto Sam. Lasciamo che Ben riposi ancora mezz’ora e poi ricominceremo con i prelievi.” lo tranquillizza Lisa.
Sam si passa una mano tra i capelli, sbigottito e felice. “Lo hai convinto! Grazie, Lisa…lo so che hai paura per Ben…lo so che anche per te non è facile vederlo in queste condizioni ma ti prometto che appena Dean…” ammette Sam, mortificato.
“Sst…va bene così Sam. Non devi giustificarti. E’ una decisione di Ben e io la condivido. Salverà suo padre, non posso che essere orgogliosa di lui. Andrà bene. L’affronteremo insieme…come una famiglia.”

Famiglia…riflette Sam. Dean ha un figlio. Ben è suo figlio. Lisa è la sua compagna. Dean ha la sua famiglia.
Improvvisamente Sam vorrebbe avere tra le mani il biglietto da visita di Margaret. Ma dura un attimo. Poi Sam ritorna alle priorità: guarire Dean, tenere sotto controllo Ben e “valutare” l’anima di Jack che gli pare sempre più cinico e assente.

“Senti, a proposito …quando Dean si riprenderà… riprovateci…se avrò qualche problema…lo chiamerò…” 
“Non lo faresti e comunque lui non ti lascerebbe mai! Io, non ho mai pensato che lui tornasse da me…” precisa Lisa, ridendo, senza rammarico nella voce.
Sam è spiazzato “Ma io…io credevo che tu…insomma che tu…”
“Amassi ancora Dean?!” esordisce lei, “annodando” i pensieri di Sam.
Sam resta in silenzio facendo una specie di smorfia di assenso. Lisa lo scruta con gli occhi scuri e profondi, sospirando “Non cambia le cose, Sam…Dean non resisterebbe senza di te. E tu faticheresti a vivere senza di lui.” Sam abbassa lo sguardo, “reo confesso” di quell’analisi così puntuale e corretta.
Poi Lisa lo meraviglia.
 
“Ti accetto, Sam…non sono più gelosa di te. Lo sono stata, lo ammetto, ma ora non posso che comprendere quanto vi completiate, quanto abbiate bisogno l’uno dell’altro per non sprofondare nell’abisso più nero! Tu sei la parte riflessiva, razionale che gli manca. Lui è quella avventata, ironica e protettiva che ti fa sentire “a casa”, al sicuro”.
Sam con gli occhi lucidi, annuisce. Lisa ha capito. E’ tornata per…capire.
 
“Volevo trasferirmi a Lebanon. Immaginavo un paio di serate ogni tanto, “conquistate” tra una caccia e l’altra. Qualche week-end con Ben…tra una sessione d’esame e l’altra…ma Dean non riesce a fidarsi di me. Teme di mettermi in pericolo…per questo ci siamo di nuovo allontanati. Sono disposta a combattere mostri e vampiri ma non posso affrontare questo. Non voglio essere l’ennesimo problema, un peso…” conclude Lisa, sconsolata.
 
“Tieni davvero a lui?” interviene Mary, portando con sé un paio di tazze di caffè nero fumante, che porge a Sam e Lisa.
“Moltissimo, Mary…ma lui…”
“Lo so…conosco bene la cocciutaggine di mio figlio!” conferma Mary, alzando gli occhi al cielo. Ma Mary non è tipa da tergiversare “Vuoi imparare a difenderti? Ne sei sicura?”
“Certo…” risponde Lisa, un po’ perplessa.
“E allora non hai bisogno di lui! Io posso insegnarti tutto ciò che c’è da sapere sul mestiere del cacciatore e Sam ti illustrerà la “teoria”. Vedrai che Dean non potrà più relegarti in un angolo!”
Sam sorride entusiasta dell’idea di Mary “Ma certo, Lisa! La mamma ha ragione! Non hai bisogno di lui!”
“Davvero…credi che sarà sufficiente a…”
“Gli farai vedere che sai combattere, che puoi difenderti. Non avrà più scuse!” afferma Mary con decisione.
“Quando si comincia?!” esclama Lisa, allegra.
“Anche subito se vuoi…” e Mary la invita a seguirla in palestra.
 
 “Dean non avrà più scuse!” si ripete Lisa.
 
Tra un calcio sferrato con decisione e un tomo da leggere con attenzione, s’intrufola la speranza di…
vincere “il vero mostro”!
 
 
---
Sam entra nella stanza con circospezione, per non svegliarlo di soprassalto “Ben…è ora…” mormora lieve e colpevole. Ben apre gli occhi, lentamente. Tira giù i piedi dal letto, prima il destro e poi il sinistro. Lentamente. Ogni muscolo è dolorante. Una stanchezza profonda lo invade. “Arrivo…” e la voce è lontana, bassa. Sam gli si avvicina per sorreggerlo e accompagnarlo da Dean ma Ben lo invita a portargli l’occorrente “No…facciamo qui…”
Sam deglutisce comprendendo l’attenzione di Ben per suo padre.
“Non deve vedermi…prima non era cosciente. Ora è diverso.” chiarisce il giovane.
“Ok Ben…ok…ridistenditi, allora…vado a prendere il necessario…” acconsente Sam.
“No…preferisco…preferisco rimanere seduto…se mi sdraio vedo tutto girare…dopo…dopo i prelievi mi aiuterai a tornare a letto, ok?”
“Si certo…come vuoi, Ben…” e Sam si augura che Ben non svenga…prima che lui torni con ago e provette.

Pochi minuti dopo Sam “scannerizza” quelle vene che sono livide e tumefatte, difficile trovare un punto non violaceo.
“Sam non perdere tempo…una vena vale l’altra…tranquillo. Lo stiamo facendo per… Dean.” lo incoraggia Ben. Sam, stringendo un poco gli occhi, infila l’ago. Ben si lascia fuggire un leggero lamento ma poi gli sorride. “E’ tutto ok, Sam.” ribadisce, percependo quella sensazione del liquido che lo abbandona…per andare dove c’è più bisogno. Il dolore, la stanchezza, la debolezza si attenuano.

Si focalizza sugli occhi verdi di suo padre. Questo gli basta per sentirsi invincibile.
 
Gli occhi di Jack non sono verdi. Sono purpurei, fiammeggianti.
Pronti ad attaccare.
---
“Saam!!”
Lisa urla con tutto il fiato che ha in gola.
Sam in un balzo è nella camera di Ben.
“Ben…lui…è collassato!”
Sam controlla il battito e quello che sente…che non sente…lo invade di angoscia.
“Castiel!”
Castiel compare al capezzale di Ben “Cosa…cosa è successo?!!”
“Non capisco…sono stato con lui mezz’ora fa…ho rilevato i parametri…nulla di allarmante…era debole, stanco ma…stava…stava bene…lui…Castiel, ti prego!” supplica Sam, concitato.
Castiel pone la mano sulla fronte di Ben e poi si volta verso gli altri con espressione distrutta “Mi dispiace Sam…lui…lui non c’è più…”
Lisa sposta lo sguardo da Sam a Castiel “No…non può…NO!…” e quel “no” gridato rimbalza sulle pareti del bunker.

Dean sente l’urlo di Lisa. Dean da qualche ora sta decisamente meglio. Anche se Castiel gli ha detto che ci vorranno ancora un paio di inoculazioni del sangue di Ben per potersi considerare "guaribile"…ma lui ha "trattato" con l'angelo, ottenendo un "Ok, mi arrendo Dean... ce ne faremo bastare una..."

Ben.

Dean si alza dal letto, noncurante della vertigine che avverte. Si appoggia alla parete per non cadere. La voce di Lisa è gutturale, stenta quasi a riconoscerla.  Quando gli occhi danno forma a ciò che l’orecchio ha anticipato Dean cade in ginocchio, restando sulla porta. Sul comodino il laccio emostatico e una fialetta con qualche goccia di sangue. Il sangue di suo figlio. Quello che gli corre in corpo facendo a gara con il veleno che lo avrebbe ucciso.

Invece non è toccato a lui morire. Il sangue di Ben ha vinto.
Ma Dean ha perso tutto. Gli rimane la vita…non sa che farsene.

Vede Lisa stringere Ben al petto. Piange. Ha smesso di urlare. Come anestetizzata. Con suo figlio tra le braccia. Una scena terribile, che mai vorresti vedere. Immortalata da Michelangelo.

“Dean…” e la voce di Sam è un soffio sull'orrore. 

Dean, come una furia, ritrovando una forza inattesa, si lancia su Sam, atterrandolo. “Tu! Tu avevi detto che non gli sarebbe successo nulla! Che lo avresti controllato! Lo hai ucciso!” e Dean colpisce Sam in pieno volto con un’ intensità che il minore ricorda. Quando Dean era sotto l’effetto del Marchio, quando stava per cedere a Morte, i pugni ricevuti avevano quella forza. Ma la perdita di un figlio marchia a fuoco e penetra la pelle, scarnificandola, arrivando all’osso…è molto peggio del Marchio di Caino. Dean colpisce Sam con una sola intenzione: uccidere.

Sam,sputando sangue, tenta di discolparsi “Dean…te lo giuro…stava bene…nulla faceva pens…” ma Dean non gli permette di continuare. Lo stringe al collo impedendogli di respirare. Ci vogliono Castiel e Mary per liberare Sam da quella stretta, Dean non cerca assurde spiegazioni, vuole solo zittire “la causa" dello tsunami che lo avvolge. Dean, esausto, si  lascia cadere, sotto il peso di Castiel mentre Sam, liberato da quella morsa, guadagna faticosamente un angolo della stanza. Mary gli corre accanto ma il suo intervento nulla può contro la fame d'aria prepotente che lo attanaglia. E non è solo la carenza d'ossigeno a torturarlo.  "E' colpa tua! Solo tua! Dean non ti perdonerà mai! Mai!" una voce non nota, convinta e drammaticamente persuasiva. Sam non combatte. Non vuole combattere.
Come potrebbe tornare a guardare Dean, negli occhi?! Come potrebbe vivere con il rimorso di avergli sottratto Ben, per un mero..."errore di valutazione"?!

Sam decide. S'impone di non respirare. 

Jack, con le mani dietro la schiena, schiocca pollice e indice. Sam va aiutato.

Pochi secondi dopo un'altra madre piange un figlio.

"Sam!! No...ti prego...no...Dean!" grida Mary. "Dean!" ripete subito dopo.

 Dean non si gira neppure.
 Per lui esiste un unico nome. Tre lettere, una vocale incastrata tra due consonanti. Ma non è "Sam"...non stavolta.

Dean si trascina, accanto al corpo raggomitolato di Lisa. Accanto a quello esanime di suo figlio.
“Lisa…”
Lisa non risponde. Resta in silenzio. Una parte di lei si maledice per aver violato un altro… silenzio.

Ha cresciuto Ben da sola. Oggi, a dirgli addio, non è sola. Uno strappo che ti squarta. Un cane infernale che ti divora. Come quelli che tenevano sveglio Dean. Lisa sa che, Dean, non dormirà più. Come lei.
Condannati all’Inferno in Vita.

Fin quando non raggiungeranno Ben.
 
Gli occhi di Jack guardano ma non vedono. Come un marziano di fronte alla Pietà di Michelangelo. E forse, un extraterrestre di un minuscolo pianeta sconosciuto, catapultato per sbaglio sulla Terra... piangerebbe.
Ma non Jack.

Chuck sorride compiaciuto, bisbigliandogli all’orecchio “Perfetto! Non avrei saputo fare di meglio! Farai grandi cose, Jack!”

Farà grandi cose.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Fermo. Immobile. Inerte. Non vivo.
Come suo figlio.

Dean non sente nulla. Anestetizzato. Non percepisce la voce rotta di Mary, la mano di Castiel che lo scuote con forza, il respiro corto di Lisa. Dean è immerso in un vortice senza ritorno, uno di quegli uragani rotanti che ti avviluppano, portandoti con sé, travolgendo ogni cosa. Come se non fosse mai esistita.
Dean è altrove. Dean è con Ben.

L’angelo si siede accanto a ciò che resta di Dean l’Uomo che, negli anni, gli ha fatto perdere divinità e acquistare un’umanità autentica, sincera, valorosa. Divina.
“Dean…"
Dean non muta espressione. E’ una diapositiva. Un drammatico fermo immagine. Dio solo sa quanto vorrebbe farsi video. Per riavvolgere il nastro. Per “riavvolgere” il tempo.
Tornare indietro.
Credeva di averlo fatto, avendo una seconda possibilità con Lisa, con Ben. Ma doveva saperlo, "sentirlo" dentro…a Dean Winchester non vengono date “seconde possibilità” se non a caro prezzo.
Mai avrebbe ipotizzato scotto più greve.
 
Sepolto in fondo all’oceano. Con Michele. Lì aveva scelto di essere, lì avrebbe dovuto restare.
Nessuna preghiera-incantesimo di Jack. Nessun “” a cui aggrapparsi come salvagente.

A quest’ora Ben sarebbe vivo. Non ricorderebbe il suo volto. Crederebbe di essere figlio di un tatuato metallaro, amante delle Harley Davidson.
Non si farebbe domande. Non cercherebbe risposte.

Sarebbe al campus, a scherzare con il suo compagno di stanza, a “smanettare” sui social per ottenere “l’amicizia” di quella rossa dagli occhi zaffiro, iscritta al terzo anno. Invece ha navigato in rete per ritrovare un maledetto fantasma.
Ben, dannatamente caparbio, lo ha scovato. Ed ora il fantasma è lui, freddo corpo su di un letto che odora di disinfettante e sangue.

C’è un altro corpo, ancora tiepido, che attende di essere “visto”. Ma per Dean esiste solo Ben.
Perché non esiste più.

Castiel non ha il coraggio di fronteggiare quella nebbia dell’anima che si aggira furtiva, impadronendosi della mente di Dean. Di ogni suo senso.
Ma Mary decide di farsi strada, a fatica, penetrando la coltre che intrappola come bava di arachne. Tocca a lei. Lo sa.
“Dean…Sammy…lui…lui è…” sussurra.

Dean non vuole scostare gli occhi da Ben. Determinati a restare incollati a quelle palpebre che, Castiel, ha chiuso con delicatezza. Fin quando dovrà seppellirlo. Perché in lui scorreva il sangue del cacciatore ma non lo era. Non gli toccherà un giaciglio di fuoco.
Guarda Mary con disprezzo, come se i secondi sottratti a Ben, gli pesassero infinitamente. Eppure deve guardarla…per farle capire che a nulla servirà la sua “difesa d’ufficio”. Dean lo ha già condannato.
Non sa quanto, quella condanna, sia stata tragicamente esecutiva.

“Basta mamma! Non dirmi che è innocente o che non c’entra nulla! Lui mi aveva assicurato che lo avrebbe protetto! Che non gli avrebbe permesso di sacrificarsi per me! Invece Sam, lui…”
“Lui è morto, Dean…Sammy è morto!” e Mary si fa schiaffo sulla guancia accaldata di Dean.
Dean trasalisce, indietreggiando “Cosa…cosa stai dicendo?!” balbetta, sbigottito.
“E’ così, Dean…è così…” conferma Castiel.

Il veleno riprende a fluire lento, non più contrastato da quella linfa di famiglia. Castiel aveva consigliato ancora un paio di “dosi”. Ma Ben non può più essere sorgente a cui attingere. Prosciugato e avvizzito come giovane ramo, spezzato da una gelata primaverile inattesa.
Quel veleno per Dean è benedetto. Ora più che mai. Sammy è morto. La voce di sua madre tuona nelle vene che, gradualmente, ricominciano a ostruirsi.
Dean si guarda le mani. Le immagina intorno al collo di Sam. Può quasi sentire la pressione che ha inferto sull’epiglottide del fratello. Rammenta quegli attimi concitati. Ricorda che voleva solo zittirlo…stringeva sempre più forte, perché Sam non poteva giustificarsi. Perché doveva tacere.

Lo ha zittito.

Dean si guarda le mani. Non riesce a tenerle ferme. Traballanti come le faville dell’Inferno a cui è già costretto. Insieme a Lisa.
“Cas…sono…sono stato io?!”
Castiel tentenna “Dean…non eri in te…eri sconvolto per Ben…”
“Cas…sono stato IO?!!” ripete Dean, in un rantolo disperato.
Il capo di Castiel si muove impercettibilmente, in un assenso reverenziale e sofferto.
Mary si scosta, mostrandogli Sam.
Ora Dean vede ciò che la furia ha schermato.

Uno spaventapasseri crocifisso alla parete. La testa inclinata, la bocca serrata. Non ha più ripreso a respirare. Non ci ha nemmeno provato. Dean gli si avvicina con passi cadenzati, increduli mentre gocce di sudore impregnano il cuoio capelluto.
“Sammy…Sammy!”
Il cuore ormai non regge più. Collassato, come quello di Ben. Soffocato, come quello di Sam. Dean boccheggia, perdendo l’equilibrio. Castiel lo sorregge impedendogli una rovinosa caduta. Ma Dean si è già sbriciolato come vaso di terracotta.

“Castiel…ti prego…” e quell’appello devasta Castiel. Dean non cerca soluzioni per sé. Non ne ha mai cercate. Ha sempre rivendicato la possibilità di salvare, non quella di essere salvato. Castiel sa di “tradirlo” ma decide comunque di “ingannarlo”. Un lieve tocco, mascherato dal gesto solidale di amico fraterno. Non sarà rapido e sicuro come il sangue di un figlio ma può essere l’ultimo atto di generosità di un angelo che, suo malgrado, ha compreso di appartenere a un Padre immondo. Dean è così affranto da non percepire il calore che si frappone tra lui è quel siero resiliente. “Castiel…tu devi fare qualcosa…Sammy deve…lui deve tornare…” singhiozza, Dean, appoggiando il viso alla spalla di Castiel.
“Dean ho tentato… non ho perso un solo secondo…ma…non funziona! E non so il motivo…” ribadisce Castiel, mortificato.
“Lo so io!” e la voce di Chuck irrompe nella stanza come sapiente colpo di scena.

“Chuck!” esclama Dean, felice nel constatare che, Dio in persona, può venirgli in soccorso. Castiel, al contrario, s’irrigidisce. Essere di fronte alla nefandezza che è ormai verità assodata è qualcosa di difficile da gestire per un Angelo che ha scelto di essere valoroso… come un Uomo.
“Ciao Dean…è un brutto momento?” esordisce Chuck, come se avesse sorpreso Dean tra lo studio di un caso da risolvere e un appuntamento galante. Un brutto momento…può definirsi così l’aver perso tutto ciò che ti teneva in vita?!
“Sam…e Ben…mio figlio…ti prego tu puoi aiutarmi, tu puoi!” implora Dean, con gli occhi pieni.
Anche gli occhi di Chuck sono ricolmi…di rabbia, odio, follia.
Ti prego Chuck…ti prego! Povero Dean…l’ateo che prega…devi proprio esser messo male!!” lo schernisce, con la voce in falsetto.
“Chuck…cosa…cosa significa?!” afferma Dean, sorpreso da quell’atteggiamento ambiguo.
“Io non posso far nulla per Sam. E’ il copione.” ribatte Dio, con finto rammarico.
“Quale…quale copione?!”
“Tu e tuo fratello siete segnati come Caino e Abele. In ogni mio Universo finisce sempre nell’identico modo. Un fratello uccide l’altro. Semplice, regolare, per certi versi potrei dire… “rassicurante”, come possono essere le abitudini consolidate.” spiega Chuck come se stesse tenendo una lezione di filosofia teoretica.
“Cosa…cosa stai dicendo?!” esclama Dean confuso. E il caos che disorienta è direttamente proporzionale all’ira che cresce.
“Quanto sei ingenuo Dean! Fai parte del mio show personale! Il mio “The Dean Show”, dovresti esserne lusingato!” precisa Chuck, sarcastico.

Dean riordina le idee. Chuck è uno scrittore…ha scritto le loro vite…a suo piacimento!

“Grandissimo figlio di puttana! La morte della mamma, la vendetta di papà, la caccia, tutta la merda che abbiamo dovuto combattere rischiando la nostra vita ogni volta…ogni dannata volta! E’ colpa tua! Solo tua!” e Dean sembra aver risolto uno di quei rebus che ti tengono sveglio la notte.
“No…non solo mia…voi Winchester siete bravissimi a cacciarvi nei guai, anche senza il mio intervento!”
Dean gli si avventa addosso ma presto Chuck lo mette a tappeto. E Dean comprende che deve restarci.
“Farò…farò qualsiasi cosa! Restituisci la vita a Ben e a Sam! Farò qualsiasi cosa!” supplica Dean, senza porre resistenza.
Mary e Lisa, attonite, si scambiano sguardi terrorizzati mentre Castiel, pronto a quel tiro mancino, si frappone tra Dio e Dean.
“No Dean! Non fidarti di lui! Non accettare nessun patto!” lo allerta, aiutando Dean a rialzarsi e respingendo Chuck con forza.
Chuck sbatte contro il muro di quella stanza che ha trasformato in catacombe. Ma un angelo rivoluzionario può resistere poco alla tirannia di un Dio indegno. Deve soccombere.
“Castiel Castiel…il mio angelo ribelle...quando perderai il brutto vizio di intrometterti in cose che non ti riguardano?!” lo richiama Dio, minaccioso, rimettendosi in piedi.
“La vita di Dean mi riguarda! E’ affar mio! E’ un uomo giusto! E mio amico!”
“L’uomo giusto…il prode, l’eroe della storia, quello che merita addirittura una mano angelica per essere strappato all’Inferno! E cosa ha combinato dopo? Di quale utilità è stata la sua vita, sentiamo?!” lo stuzzica Chuck, con sarcasmo.
“Tu lo hai usato! Hai usato tutti loro…come marionette. Quello che hanno vissuto, patito, dovuto superare…ci sei sempre stato tu dietro ad ogni prova, ad ogni dolore…e dire che ti hanno persino aiutato a sistemare le cose con Amara! Sei un miserabile!” esplode Castiel, come un figlio che disobbedisce a un padre violento e despota.
“Dopo che l’avevano liberata perché…il “povero” Sam non doveva morire, perché il “povero” Dean, schiavo della pelle tatuata che onorava Caino, non doveva finire in un’altra dimensione…come fai ad essere così cieco, Castiel?! Loro mettono gli altri all’ultimo posto, non al primo! Fingono di voler salvare il Mondo, di annullarsi per il Bene comune… in realtà continuano a salvarsi a vicenda, perché fuggono al mio finale, l’unico possibile!” ribatte, Chuck paonazzo in volto. “Mi hai stancato Castiel. E’ ora che tu torni al tuo posto. Non voglio più sentire le tue idiozie.” afferma sprezzante, roteando l’indice nel vuoto.

Ago e filo nero si materializzano, conficcandosi nel labbro di Castiel, cucendo i due lembi di bocca, sotto lo sguardo inorridito di Dean.
“No…cosa…cosa gli hai fatto?!”
“Ciò che avrei dovuto fare tempo fa. Punirlo. Per ora questo lo terrà buono. Poi deciderò cosa farne. Con calma. Non c’è fretta.” sghignazza, Chuck.

Castiel è bloccato. Non può muoversi. Non può parlare. Gli esce fuori un lamento strozzato mentre gli occhi azzurri diventano acqua, pozze di cielo rifratto. Un Cielo che non riconosce. Che abborrisce. A cui si vergogna di appartenere.
Dean parla per lui “Castiel…mi dispiace…è solo colpa mia…nostra…”
Le gambe di Castiel si flettono come spezzate da una mazza da baseball. Invece è lo schiocco di dita di Chuck. Castiel fa uno sforzo indicibile per contrastare il potere che lo vorrebbe con il volto sul pavimento. “No” riesce a “comunicare” con un cenno rapido ed estenuato del capo.
Poi è costretto a ritornare a terra. Perché un angelo, sottomesso da Dio, non può alzare la testa.

“Ti prego…fermati…lascialo andare…perdonalo…” supplica Dean.
Chuck lo scruta con attenzione. Un finale epocale. Imprevisto. Meravigliosamente imprevisto.
“Troppo facile Dean…non c’è il 2x1! E tantomeno il 3x1! Castiel è mio. A te posso lasciare il privilegio di scegliere chi riportare in vita.”
Dean deglutisce. Castiel è perso per sempre. Ma, per qualcuno, non tutto è perduto. Scegliere.

Chi.
Una punizione immane, atroce…scegliere.

“Dean…” sussurra Lisa e Mary, consapevolmente rassegnata, accarezza il volto di Sam. “Fallo, Dean…Sam vorrebbe questo. Lo sai che è così” e Mary è fiera di quel figlio che ha smesso di respirare. Che non ci ha neppure provato.
Dean si affloscia a terra.
Lisa, gli si avvicina “Dean…”ripete e, stavolta, non pare così “ovvia” la scelta.
“E’…è la cosa giusta…Sammy…lui vorrebbe così…” ribadisce Dean, a mozziconi. Poi raduna le forze perché la voce gli esca decisa, chiara.
“Cosa vuoi in cambio?”
“Semplice, non ci arrivi Dean? Tu sei l’attore che improvvisa. Sei l’operaio che si rifiuta di seguire la catena di montaggio. L’ingranaggio che si attarda per puro capriccio. Sei quella molla che si lascia andare come zig-zag impensato, inceppando l’orologio perfetto. Sono anni che mi resisti, che non ti pieghi al mio volere.”
“Lo farò. Lo farò. Restituisci Ben a Lisa.” risponde Dean, risoluto.
“Eccolo il Winchester impavido, arrogante, quello sempre pronto a diventare cenere…e per cosa, Dean?! Per cosa?! A cosa è servito proteggere Sam…anzi, il “tuo Sammy” se poi hai finito con l’ucciderlo con le tue stesse mani?!”
Battiti velocissimi pulsano nelle tempie di Dean, perforandole. Chuck ha ragione e quella verità annienta, ancor prima della punizione divina. Ancor prima del veleno che, seppur gli sembri rallentato, attraversa ogni capillare.
“Facciamola finita, Chuck…” mormora Dean mentre Mary acquisisce la lacerante coscienza che, le pire da erigere, saranno due. Anche per lei il castigo di Dio arriva come mannaia certa. Non più carezze su quelle rughe guadagnate sul campo, tra una caccia e l’altra.

Potrà sfiorare solo freddo marmo.

“Bene, come vuoi Dean Winchester. E sarai tu a farlo, non voglio sporcarmi le mani. Lo farai con il pugnale di Sam…aspetta, aspetta…” e Chuck, nell’ennesima pantomima orchestrata da un pazzo, si avvicina a Sam, profanando quel corpo. Frugando nelle tasche prende il pugnale di Sam “Lo sapevo! Sempre in allerta i Winchester!” e lo porge a Dean, sistemandoglielo nelle mani, come fosse un oggetto di scena “ecco, così...un pochino a sinistra, per far notare il tuo viso che si specchia nella lama…wow! Perfetto! Che tocco da maestro! Che superba, drammatica inquadratura! L’eroe annientato che, come nelle tragedie greche, si toglie la vita. La tua ultima scena, Dean…e non ammetto errori!”

Dean impugna l’arma con sicurezza. Osserva Jack. Il suo sguardo assente e cinico. Di fronte a quell’orrore.

Sam, mucchio di cenci, in un angolo. Mary che, fiera cacciatrice, soffoca i singhiozzi. Lisa in apnea, in attesa di un miracolo che crede irrealizzabile. Ben dissanguato in quelle lenzuola che odorano di morte. Castiel che, tra una tortura e l’altra, allunga il collo, fin quasi a spezzare il proprio tramite, per “restare” con Dean…
che sta per diventare trota sventrata.

E Jack è lì, con un sorriso enigmatico che potrebbe sfidare la Gioconda. E vincerebbe Jack.

Dean non farà errori. Non ci potrà essere un secondo ciak. Ha già detto troppe battute sbagliate. Ne ha in mente di altre, non recitate o interpretate “fuori tempo”, “dietro le quinte”.
Dean prende fiato. Dovrà essere “buona la prima”.

“Ho sbagliato Jack! Ti ho lasciato nelle mani di Chuck. Avrei dovuto rimanere al tuo fianco. Ti saresti svegliato. Saresti tornato da me. Da noi…” sottolinea Dean, con gli occhi lucidi “Perdonami, Jack!”
Jack non ha un’anima. E’ vuoto a perdere. Ma Dean è sorgiva che si spande nel torace deserto. E’ oasi che rinfresca. Che riporta pace e ombra dove c’è solo duna che seppellisce e sole che acceca.
Gli occhi di Chuck ora gli sembrano fessure, fosse chiare eppure buie e inquietanti. Gli occhi di Dean invece sono acquosi, confortanti, fili d’erba intrisi di rugiada.
Alla rugiada del Mattino puoi confidare l’incubo segreto della Notte.
“Io…io ho ucciso Ben…” ammette Jack, in un stertore stremato.

Lisa sussulta e Dean, guardandosi le mani, ha la triste conferma di ciò che, negli ultimi minuti, ha realizzato.
“Sam…lui non c’entra nulla…” prosegue, il ragazzo.
“Lo so Jack…lo so…ti perdono…” afferma Dean, con un coraggio che Lisa non ha. Non potrà mai perdonare. Con in mente i pochi rudimenti della lotta, appena appresi, sta per attaccare Jack ma Mary la ferma. “No Lisa…lui…Jack è l’unica possibilità che abbiamo…per uscirne…” gli intima a bassa voce.
Lisa si fida di Mary. E torna sui suoi passi. Anche se non riesce a capacitarsi di come, chi si è macchiato di un crimine tanto atroce, possa aiutarli.

“Basta! Smettiamola con questa buffonata! O vuoi che mi rimangi il nostro patto e Ben resti dov’è?!” interviene Chuck, rabbioso.
“No…io sono pronto ma dovevo dire a Jack la mia verità. Questo puoi concedermelo, bastardo! Almeno per aver allietato le tue serate da single psicopatico!” esclama Dean,  drammaticamente ironico. Poi, rivolgendosi a Jack aggiunge “Amavo Ben come un figlio, prima di sapere...ricordatelo sempre, Jack…”

Jack avverte la testa farsi pesante. Flashback veloci si rinfrangono sulla sua corteccia cerebrale. Sam che lo incoraggia, Dean che lo prende in giro per la sua ingenuità e poi…lo abbraccia come…come abbraccia Ben. Castiel che gli spiega il libero arbitrio e il privilegio di conoscere e di restare accanto a uomini “giusti” come Sam e Dean.
il video di sua madre in cui lei, sapendo che non potrà crescerlo, gli dice che, affidato ad altri, crescerà.
E sceglierà. Di fare grandi cose.

“Io rivoglio la mia anima!” esordisce Jack, sollevando Chuck da terra, prendendolo per il bavero della camicia.
“Cosa stai dicendo?! Tu sei un fantoccio nelle mie mani! Io ti governo. Tu non puoi fare nulla senza di me!!” sentenzia Chuck, dimenandosi.
Ma Chuck dimentica che ha incautamente donato a Jack un potere assoluto. Jack, al contrario, ricorda di avere quel potere. Gli pone la mano sul cuore e Chuck rimbalza, come manichino di gomma.
“Cosa…cosa stai facendo?! Cosa credi di fare piccolo parassita ingrato?!” e Chuck si stupisce che la voce gli esca così spezzata e affannata.
“Torno a casa!” è la risposta sicura di Jack che con il gesto della mano lo trattiene, emanando un cono di luce che si rinfrange sul petto di Dio.
“Bastardo! Sei un mezzosangue bastardo! La tua parte umana ha inquinato la purezza di Lucifero! Dean ti vuole usare! Non ti ama! Vuole riverti  dalla sua perché sei un ibrido, un moderno Superman che può fargli comodo!”

Jack confuso arretra, perdendo il contatto con Chuck. Osserva Dean, in cerca di conferme.
“Non ascoltarlo Jack…” ribatte Dean, guardandolo dritto negli occhi. Per dieci secondi.

Dieci secondi per lanciare un’occhiata a Mary e dirle addio.
Dieci secondi per spostare lo sguardo verso Lisa, pronunciando “Idem”,
Dieci secondi per conficcarsi il pugnale in pieno petto.
Perché Dean sa dove colpire per non cedere all’agonia che uccide poco a poco.
Il tempo di dire:
 “Io mi fido di te, Jack…”.
 
Jack vede scintillare l’arma che cade accanto al corpo riverso di Dean.
“Noo!” e Lisa e Mary sono, all’istante, fronde piegate che cingono una radice.
Jack non ha più dubbi di fronte quel fuoco d’artificio rosso.
“Io torno a casa!” e colpisce con tale forza Chuck da tramortirlo.

Jack vede. Vede di nuovo. Anche senza anima. Un campo di battaglia con troppi caduti.
“Dean!”
“Va…va tutto bene Jack…io…io sono fiero di te…”
“Dean…la mia anima…”
Dean sorride, ingoiando sangue “Non ne hai bisogno Jack…farai la cosa giusta…anche senz’anima…”
Sono le ultime parole di Dean. E non ha bisogno di un secondo ciak. L’attore che s’impappina che, solitamente, stravolge il copione stavolta non ha dimenticato una sola battuta.
Jack osserva il corpo esanime di Dean. Farà la cosa giusta. Si avvicina a Ben. Il “fratello" odiato. Un bagliore quasi accecante invade il giovane senza vita. E quella vita torna. Come Dean avrebbe voluto.
“Ben!”
“Mamma…”
Lisa abbraccia suo figlio e stavolta è la Gioia raccontata nelle opere di Renoir.

Mentre Chuck sta rinvenendo Mary urla a Jack di liberare Castiel. L’angelo fedele merita fedeltà.

Dio si rialza, per raggiungere Castiel e portarlo con sé ma sottovaluta Mary. “Dove credi di andare?! I Winchester hanno il destino “scritto” ma cosa dice il verbo di Dio sui Campbell?!” Mary lo atterra, aiutata da Lisa. Le due donne lo accerchiano, per consentire a Jack di portare a termine “la missione”.

Castiel, il volto incollato al freddo cotto. Jack lo solleva con garbo e, molto lentamente, lo mette in posizione supina. L’espressione vacua di chi ha subito un martirio acuto, deturpante, seppur breve.
Le labbra tumefatte, sanguinanti. Gli arti molli, scossi da lievi tremori. La grazia sottratta per metà. Chuck “ci avrebbe pensato più tardi” ma Jack non è arrivato…tardi.
“Castiel…mi dispiace…Castiel…”
Le bocca lacerata non può incresparsi in sorriso eppure Jack, tra quei solchi di porpora, intravede qualcosa di simile. Castiel, ad occhi chiusi, cerca la mano di Jack e il nephilim la stringe forte a sé. Un padre ritrovato.
Un altro.

Chuck riesce ad avere la meglio sugli affondi di Lisa e Mary ma Jack ha creato una sorta di barriera che gli impedisce di riprendersi Castiel “Ma che diavoleria è questa?! Io non ti ho dato un prodigio simile…cosa…cosa sei tu?!” e Chuck tradisce paura e smarrimento.
“Sono un Winchester!” esclama fiero, Jack, puntandogli il palmo della mano a pochi metri, facendolo piegare sulle ginocchia e costringendolo alla ritirata.
“Te ne pentirai! Ve ne pentirete! Non finisce qui! Sarà il mio finale, non il vostro!” ma le minacce di Chuck sono presto eco lontana.

Jack, esausto, si trascina verso Sam. Qualunque cosa “sia”…si sta consumando. Non sa se “l’essere diavoleria” basterà per “sistemare le cose”…un campo di battaglia dove non sai chi soccorrere per primo. Qualcuno resterà indietro. Senza cure.

“Ti prego…ti prego Sam…” mormora Jack, sconfitto. E la luce che traspare dalla sua mano è sempre più fioca.
Sam…prova, stavolta ci prova… “Cosa…cosa è…” e rammenta immediatamente la ragione che gli ha fatto accettare, con stoica benevolenza, quella stretta alla gola.
Sam, intravedendo suo nipote in piedi, tra Lisa e Mary, stavolta respira. A pieni polmoni.

Resta lui. Resta Dean, a terra, “esploso” come in un’opera di “Action Painting”, dove le linee si mescolano creando reti di forme e colori. Ma il dominante è uno solo. Quello del sigillo papale, dei cardinali, del palcoscenico quando si fa silenzio in sala e, quel drappo di velluto, si apre sullo lo spettacolo appena iniziato.
Ma qui siamo all’ultimo atto. Non al primo.

Jack non ha più energia a sufficienza. Non per lui.
“Sam…non riesco…non ce la faccio…” piange Jack, disperato e colpevole.
Sam sente il polso di Dean…poco più che un frullar di libellula. Quasi inudibile.
E gli balena l’idea “Jack…va tutto bene…non per riportarlo in vita ma solo per trasportarci…credi di poterlo fare?! Dean e me?!”
Mary scambiando un’occhiata d’intesa prima con Sam e poi con Lisa e Ben, si avvia a prendere le chiavi dell’Impala. Sa su cosa si "concentrerà" Sam. Sa dove Jack li porterà, evitando il traffico dei giorni di festa.
 
Un biglietto da visita torna utile.
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Le luci notturne si sono accese da poco e il reparto appare meno frenetico del solito. Alcuni specializzandi controllano i turni di dicembre, appena usciti. Qualcuno esulta per aver avuto un colpo di fortuna… il Capodanno a casa! Altri si propongono per allestire l’albero, la prossima settimana. Arriverà in fretta il Natale.
In ospedale arriva più in fretta ma scorre più lento. Per personale e pazienti.

Margaret ha ben presente la delusione di chi si aspetta una lettera di dimissione che, suo malgrado, si vede costretta a non firmare, all’ultimo minuto.  Conosce l’amarezza di chi, ricoverato la vigilia, dovrà festeggiare un Natale imprevisto, in una stanza a due letti. Vive, quasi ogni anno, il commovente coraggio di chi sa che sarà “l’ultimo Natale”,  tra camici bianchi e festoni colorati che rendono meno asettiche le porte scorrevoli. Quel comodino, con la complicità della caposala, si trasformerà in un variopinto "bazar", emblema dello shopping natalizio in pillole. La figlia che vuole ancora sperare, la moglie che non si rassegna, il padre che prega…convinti che, quel profumo, potrà essere indossato tutto l’anno.

Invece, il flacone, resterà semipieno.

Arriva in fretta il Natale.
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Margaret osserva la scena dal vetro. E’ riuscita a riservargli una camera da solo, un po’ in disparte. Dean è lì e a Margaret pare un condottiero  valoroso attorniato dai guerrieri della sua guarnigione. E un quadro così profondamente umano. Ha già visto quella scena centinaia di volte. Un uomo in un letto. Circondato da chi lo ama. Eppure…quella stanza ha qualcosa di diverso. Dean è qualcosa di diverso. Speciale.
Margaret non può fare a meno di notare ogni più insignificante movimento, ogni più piccolo gesto che pare raccontare una storia complicata, probabilmente molto più complicata di ciò che Sam vuole farle credere. Margaret “sfoglia” ognuno di quei…personaggi…”in cerca d’autore”…

 Ben ogni tanto tira su con il naso e sembra più giovane dei suoi anni, anche se ha delle occhiaie innaturali. Probabilmente è uno a cui piace tirar tardi la notte.
Lisa, con movimenti continui quasi rituali, gli accarezza i biondi capelli, sudaticci. Non ricorda di averla vista, durante il primo ricovero eppure comprende immediatamente ciò che la lega a Dean. E’ Penelope, accanto a uno sfiancato, ritrovato Ulisse.
Mary un poco più spostata, con le dita che sfiorano la mano di Dean, tra nastro adesivo e tubicini, “scova” centimetri di pelle. Come se fossero carezze a lungo negate e dovessero correre veloci. Contro il tempo.
E poi c’è quel ragazzo che, nonostante i colori che potrebbero ricordare Dean, non sembra “di famiglia” ma il suo sussultare a ogni respiro più grave del “carpentiere”, glielo fa percepire completamente… “in famiglia”…

Margaret riflette. E il suo viso si specchia in quel vetro. All’improvviso non è più sola. Un'altra immagine a fianco a lei si…riflette.
“Tu sai che non posso permettere questa sorta di “party familiare”, vero Sam?” dichiara Margaret non scostando lo sguardo da ciò che vuole analizzare, come se fosse una documentarista intenta a studiare le dinamiche relazionali dei primati, nel bel mezzo di un progetto finanziato dall’Ocean Geographic.
“Certo, lo capisco Margaret…solo che…sono stati giorni difficili…se potessi fare uno strappo alla regola…Ben è suo figlio e anche l’altro ragazzo…sono così legati…” e Sam si mordicchia il labbro, deglutendo.
Margaret abbassa lo sguardo. Ha visto abbastanza. “Seguimi” lo invita, con tono fermo. Sam acconsente, restando sulle spine.
Margaret raggiunge lo studiolo più vicino. Fa accomodare Sam e chiude la porta dietro di sé, con circospezione. Poi, scartabellando un plico di fogli, si rivolge a Sam con fare sospettoso ma comprensivo “Lo vedo dagli esami di tuo fratello che sono stati giorni difficili…è arrivato qui disidratato, molto provato. Posso dedurre che abbia sostenuto un febbrone da cavallo per più di 48 ore, prima dell’incidente… fra l’altro, in queste condizioni, che diavolo ci faceva al lavoro?! Puoi spiegarmi meglio, Sam?! Come ha fatto a cadere su un ferro appuntito e ridursi così?!”
“Te l’ho detto, era su una trave…ha perso l’equilibrio…è…è stato un attimo!”
“Febbricitante, debilitato…perché non lo hai fermato?! Perché lo hai lasciato andare?! Per giunta con la festa del Ringraziamento…quale cliente può essere stato tanto folle da non poter rimandare?! Rifiutandosi di aspettare che stesse meglio?!”
Sam immagina Chuck con gli occhiali, la cartelletta in mano da ingegnere, pronto a far salire Dean sul punto più alto di un grattacelo in ristrutturazione. Senza imbragatura. Senza elmetto. A mani nude. Sotto, al posto di una rete di sicurezza, coni d’acciaio che attendono una schiena o un petto in cui farsi strada.
“Un cliente…un cliente molto eccentrico e terribilmente esigente!” esclama Sam e quasi non si sente in colpa…in fondo non è “mentirle”, è vestire di “normalità” l’assurdo.

"Tuo fratello è davvero uno sfortunato carpentiere! Credo che dovrebbe cambiare mestiere!” ribatte Margaret, scuotendo la testa.

E Sam deglutisce “Lo credo anch’io…ne parleremo…” e, stavolta, sa di essere terribilmente sincero. “Cambiare mestiere”.
Ne parleranno.

“Comunque…tornando a Dean…anche stavolta lo rimetteremo in sesto. Ha perso molto sangue ma ce la farà. Conto che si riprenderà a breve. Ha…un cuore forte, il tuo Dean…”
Gli occhi di Sam si riempiono. “Non immagini quanto…Margaret…”
Margaret annuisce. “Anch’io avevo un fratello…”
E quel “avevo” per Sam è spada che trafigge.
“Mi…mi dispiace Margaret…”
“E’ successo molto tempo fa…ma diciamo che…che tutto ha un senso…forse non sarei un medico se lui fosse ancora con me. E invece…be’ sono qui…a salvare…un fratello dal cuore…speciale. Come il tuo, Sam…”e, quel “Sam” è poco più che un vibrato.

Sam deglutisce e gli esce fuori un imbarazzato “Grazie…grazie Margaret…”.
Lei si aggiusta gli occhiali e si risistema lo chignon spettinato, ritrovando autorevolezza.
“In quanto alla “festicciola” privata…fai in modo che almeno qualcuno torni a casa…o avrò un richiamo ufficiale!”

Sam alza la mano come a dire “parola di scout!”, facendo intendere che farà del suo meglio. Poi, prima di andare, si sofferma sulla porta.

Margaret…è speciale.
 
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Dean riapre gli occhi ma stavolta non è confuso. Riconosce esattamente dove si trova. Riconosce quel soffitto su cui aveva immaginato i volti di chi, incontrato nel passato, pronunciando quel “”, gli ha concesso il presente.
E una di quelle incaute “risposte affermative” è lì, in piedi, di fronte a lui.
“Ben!” e Dean sente che, dopo averlo rivisto vivo, non potrebbe chiedere null’altro all’esistenza.
“Ciao…ciao, Dean…”
“Sei…sei vivo!”
Ben sorride “Jack mi ha concesso di restarti ancora un po’ tra i piedi…altrimenti chi ci pensa a te?!” scherza Ben.
Dean distingue il viso di Jack, all’altro lato del guanciale. “Jack…grazie…grazie…”
“Hai creduto in me… Dean…” afferma il nephilim con la voce tremante
“Non ho mai smesso” risponde sicuro, Dean.

Lisa si fa largo tra i ragazzi e le sue labbra sfiorano l’orecchio di Dean “Idem…” ma Dean si scosta, preoccupato. Troppi eventi. Troppe situazioni salvate in extremis. Troppa paura. Di ricascarci.

“Lisa dovresti…dovresti tornare a casa…intendo…a casa tua…” sibila Dean, tossicchiando.
“Ci tornerà. Ho chiesto a Bobby di venirci a prendere. Abbiamo del lavoro da fare. Trovare un’abitazione in città, studiare il diario di John e occuparci di Castiel…” sciorina in modo volutamente svagato Mary, ben sapendo che Dean si concentrerà sull’ultima “faccenda” da sbrigare.
“Cas! Come sta?!” domanda ansioso.
“Ancora provato, debole ma si sta riprendendo. Quel bastardo non voleva lasciarlo libero ma gli ho impedito di portarlo con sé!”
“Tu che cosa?!”
E Mary prosegue trionfante “Quando hai perso i sensi, giocando a fare il samurai giapponese, Jack ha sistemato le cose ma non poteva farcela da solo. Chuck aveva bisogno di essere distratto alla “vecchia maniera”… un paio di calci ben assestati per disorientarlo, mentre Jack liberava Castiel!”
“Tu…mamma…tu hai attaccato Dio?! Quel Dio furioso e schizofrenico?!”
“E non ero sola!”
Dean smarrito, incrocia gli occhi di Lisa. “Mary mi ha insegnato un paio di mosse niente male, diciamo per…per difesa personale…potrei averne bisogno anche nel parcheggio sotterraneo del supermercato, quando vado a fare la spesa poco prima della chiusura! Non esistono solo mostri e demoni, Dean, il mondo reale è pieno di malintenzionati!” sottolinea Lisa, sotto lo sguardo divertito di Ben e Mary.
“Mamma…” mormora Dean, sconfitto.
E allora Mary si fa seria “E’ giusto così, Dean. Lisa ha fatto la sua scelta. Non stravolgerà la tua vita ma ne farà parte. E non potrai impedirglielo. Tu hai una famiglia, Dean. Lisa e Ben ti appartengono. E tu appartieni a loro.”
“Tu sei la mia casa, Dean…”
Dean comprende che mai, il significato di “casa” gli è suonato così meravigliosamente prezioso, semplice, significativo.
“…Idem…” e stavolta sa che la paura non vincerà.
Ma manca qualcosa…qualcuno.

Dean deglutisce. Chiude gli occhi e non osa chiedere. Non vuole sapere ciò che già sa.

Mary è forte. Mary è una cacciatrice. Mary è come lui…abituata a vedere il display di quel maledetto calcolatore mentale. I momenti felici… sulle dita di una mano. Il resto… un continuo report di un destino che si prende tutto, lasciandoti le briciole. Ma Mary sa che un figlio e un nipote salvi, un nephilim senz’anima rinsavito e un angelo sopravvissuto che continueranno a combattere al loro fianco…non sono briciole. E’ una grande vittoria.
Lo sarebbe stata anche per…lui.

Il cigolare della porta è stridula colonna sonora della lacrima che, silenziosa, scorre sulla guancia di Dean. Sam ha sentito abbastanza.

“Ciao bell’addormentato! Margaret ha detto che, se continui così, ti fa una scheda raccolta punti con “premio fedeltà” una flebo gratis ogni cinque ricoveri!”
“Sammy!!” e Dean si scopre a pensare che Dio è un figlio di puttana, sicuramente non è merito di Chuck ma, da qualche parte, ce ne deve essere uno vero…da ringraziare infinitamente.
 “Sono qui, Dean…” e anche Sam ringrazia il vero Dio. Perché Dean può ancora chiamarlo “Sammy”.

Mary invita Lisa a seguirla “Andiamo Lisa o sarai troppo stanca per una mezz’ora di palestra…”
Lisa si alza sfiorando le labbra di Dean “Vado a casa. Ma domani sarò qui…a casa…”
Poi stringe la spalla di Sam e Dean scorge un’affinità nuova, probabilmente maturata nei giorni in cui Lisa e Sam hanno combattuto fianco a fianco. Per salvarlo.

“Ragazzi…andate a prendervi un caffè…resto io con Dean…”
“Ma io non ho voglia di un caffè…” esclama Jack, perplesso.
Ben lo invita a seguirlo con modi spicci “Andiamo Jack…vorrà dire che sarà cioccolata calda!”
Dean, vedendoli uscire a braccetto, dalla stanza rincara “A quanto pare è tornato il vecchio Jack!”
“Così sembra ma non dovremo abbassare la guardia, Dean. Rowena medita, attraverso un complesso e antico incantesimo, di capire cosa gli è rimasto del potere assorbito da Chuck e poi...be' ha dimostrato di avere un potere proprio…inimmaginabile. Però la buona notizia è che non ha un’anima ma può controllarsi e…decidere di andare…verso il Bene.”
“E' davvero una buona notizia! Una notizia grandiosa! A proposito di…controllo…”
introduce Dean. “Dean…non vale la pena parlarne…”
“Invece sì…basta silenzi. Pesano più delle litigate, delle scazzottate, dei sacrifici che, a seconda di come gira il vento, facciamo l’uno per l’altro! Ti ho ucciso, Sam. Non mi sono controllato. Non mi sono fermato!”

Sam si arrende. Dean ha ragione. Ha bisogno di "parlarne". E anche lui.

“Dean si trattava di tuo figlio! E poi…e poi…quando mi hai lasciato andare respiravo ancora…”
“Allora?! Che è successo?!”
“Probabilmente Jack ci avrà messo del suo e io…be’…io non è che abbia fatto molto per riprendere fiato…”ammette Sam, abbassando lo sguardo.
“Cosa…cosa vuoi dire?!” e Dean deglutisce.
“Ero certo di aver monitorato attentamente le condizioni di Ben ma, a un certo punto, ho temuto davvero di aver sottovalutato qualcosa…la pressione che scendeva, un battito più lento…ho pensato che potesse essere stata colpa mia. Non avrei potuto Dean…” e Sam s’interrompe perché è difficile continuare.
“Sammy…mi dispiace…io non avrei mai dovuto pensarlo…io ti affiderei Ben oggi stesso! Avrei dovuto capire che non poteva essere colpa tua! Ero solo annebbiato, confuso dal dolore di averlo perso ma poi…mentre guardavo Jack…i suoi occhi che non erano i “suoi”…ho capito che sarei stato condannato in eterno per il crimine che avevo commesso!! Volevo riportarti in vita…riportare in vita Ben…ma Chuck mi ha detto di scegliere…e io sapevo che tu…”
Sam sospira come se stesse uscendo da un incubo. Dean si fidava di nuovo lui. Era già tornato a fidarsi di lui. Anche quando Sam non poteva più usare parole per discolparsi.
“Sapevi che, se avessi potuto, ti avrei chiesto di scegliere Ben…al mio posto…” e Sam piange ed è un pianto liberatorio perché lui era morto certo di esser bambolotto di pezza con cucita addosso la colpevolezza ma, per Dean, era già errore che annienta, era già fratello riabilitato.
Dean lo tira a sé incurante del sondino che si sposta e del dolore che sente al torace, “impacchettato”. Percepisce un tepore strano, minaccioso, mentre un alone più scuro fa capolino sul bendaggio. Un punto saltato. Forse due. Ci penserà dopo. Margaret, in fin dei conti, gli propone una “carta fedeltà”…perché non usufruirne?!
Anzi a dire il vero, prima di pensare alla fasciatura rosso pomodoro…pensa ad un altro…pomodoro.
“Che ne diresti di una pizza per festeggiare?” esordisce allegro, asciugandosi gli occhi e coprendo alla meglio “la prova” di quella graffetta vagabonda.
“Dean! Sei in un ospedale?! Un’ora fa eri morto!”
“Appunto! Un’ottima ragione per godersi la vita! Almeno fin quando Dio in persona non verrà a farcela pagare!”
Nel frattempo entra Ben con la mano sulla faccia e l’espressione di chi ha attraversato il corridoio vergognandosi terribilmente. “Ho detto di pulirti con il fazzoletto non di leccarti fino alla guancia!”
“Ma è buonissima! Perchè sprecarla?!
“Sei davvero imbarazzante!” replica Ben, con un mezzo sorriso.
“Be’ pensa che qui siamo appena resuscitati e ci è venuta voglia di pizza!” esclama Sam, solidale con il nipote. Anche lui si è spesso sentito in imbarazzo per le trovate di Dean.
Ma Ben non trova così strana quella richiesta. Ritrovarsi dopo che si è stati a un passo dal perdersi per sempre. Ritrovarsi grazie al coraggio, alla famiglia…i valori di suo padre. Quegli stessi valori che si intrufolano in una tavola apparecchiata con cura o in una semplice pizza nel cartone.
“E che male c’è?! Vado io a prenderti la pizza… papà!” esordisce Ben e i macchinari che monitorano Dean sembrano impazzire. Ma Sam non si preoccupa. Conosce il motivo di quell’impennata di pulsazioni.
“Vengo con te e guido io!” propone entusiasta Jack.
“Assolutamente no! Non hai la patente!” risponde Ben, coscienzioso.
“Ma Dean mi ha fatto guidare!”
“Che cosa?!”
E Dean fa spallucce “…è vero…ma…era una strada praticamente deserta e credevo che avesse poco tempo da vivere e…”si giustifica.
“Be’…papà ne fa di cazzate! Se vuoi vieni pure con me ma guido io!” chiosa Ben.
E Sam sorride vedendoli allontanarsi, litigando.

“Secondo te torneranno vivi o Jack incenerirà Ben?!” suggerisce Dean.
“Per come la vedo io, Ben potrebbe anche lasciarlo al primo incrocio!” ipotizza Sam.
“Giusto! Ma in fondo non sono male quei due insieme…” afferma Dean, orgoglioso.
“Chi?! Il Nephilim Terminator e l’impulsivo studente di Antropologia?!” ribatte Sam.
“Ti ricordano qualcuno?!” domanda Dean, sornione, ridendo.

E Sam si unisce a quella risata.
---
Dieci minuti dopo

“Allora la pizza me l’ha concessa?”
“Margaret ha detto che quasi sicuramente avrà un richiamo ufficiale dal direttore dell’ospedale…ma te l’ha concessa’! Ma non prima che venga a controllarti i punti…guarda che me ne sono accorto che la fasciatura è macchiata!”
“Wow…che acuto osservatore…non ti sfugge niente, amico!” ride Dean.
“Smettila di fare lo stronzo!”
“Sai che è la cosa che mi riesce meglio…oltre farmi uccidere, finire al Purgatorio o all’Inferno, immolarmi per salvare il Mondo…” rincara il maggiore.
“Dean!”
“Ok…ok…la smetto!” conclude Dean, bonario. “Tornando a cose serie…tu e Margaret...”
“Dean!”
“Dai Sammy…vedo come vi guardate…come ti parla…voi due potreste…” approfondisce Dean, incerto.
“Con Dio che ci vuole morti?!”
“Be…se aspetti il momento “ideale”…” minimizza Dean, strappando un sorriso al minore.

Sam lo scruta. In fondo Dean ha ragione. Perchè aspettare? E Sam stavolta non ha aspettato.

“Giovedì sera, a cena…ho già prenotato, in un posto come si deve!”
“Davvero?! Sei riuscito ad invitarla?! Lo sapevo! Lo sapevo! Ci avevo visto giusto fin dall’inizio! Margaret non è il mio tipo ma è il tuo, fratellino!” esclama Dean, entusiasta.
“Dean fermo, fermo o ti salteranno altri punti! E poi abbassa la voce potrebbe entrare da un momento all’altro!” mormora Sam, fingendosi stizzito. In realtà è felice.
Anche con Dio alle calcagna.

Dean è al settimo cielo.
Per una volta non vince il contatore. Vince la mano aperta.

Fuori ha cominciato a nevicare. Fiocchi di neve minuscoli. Come coriandoli di sogno. Spariranno presto. Resteranno acqua sull’asfalto ma, chi ne ha seguito il volo, da Cielo a Terra, non dimenticherà quella magia.

“Oggi ho capito che la vita è troppo breve per avere rimpianti, Dean…”
Dean annuisce.
Sam ha imparato.
Come lui.
---
Margaret ha appena “rivisto” la medicazione. Lo ha rimproverato con decisione, raccomandandogli di stare il più fermo possibile e poi ha dato tutta una serie di indicazioni a Sam, invitandolo a seguirla nel suo studio, per comunicargli come intende procedere con la terapia endovenosa. Dean vede il minore pendere letteralmente dalle sue labbra e sorride, convinto che non sia un puro interesse medico! Li segue ancora con lo sguardo. Attraverso il vetro.

Intanto immagina Ben e Jack che si azzuffano al primo semaforo. E si augura che la pizza arrivi calda! Potrebbe essere l'ultima pizza.
 
La battaglia è appena iniziata ed è la peggiore. Dio li punirà. Lo punirà.

Un’ ora fa era morto. Fra un’ora potrebbe esserlo di nuovo. Non crede che Chuck sia uno sfegatato del “lieto fine”! Ma Dean è abituato ai finali “strappalacrime”.

Era giovane, davanti a quella porta. Lisa aveva gli stessi occhi di velluto nero, appena più alteri mentre, il verde dei suoi, appariva già rassegnato. Forse troppo. Perché l’anno stava scadendo e i Segugi Infernali non avrebbero concesso proroghe.
Cosa resterà?”
Resterà una macchina, resterà questo”. L’agrodolce risposta che si era dato. Per quanto amasse infinitamente Baby…effettivamente un po’ poco, come “traccia” di sé, in quel mondo.

Stessa domanda poco tempo dopo quando, scampato all’Inferno, era pronto a tornarci, per tentare di salvare Sam e sventare l’Apocalisse. Aveva guidato tutta la notte per vederla un’ultima volta. E la risposta era stata la medesima…sarebbe rimasta lei… una datata e fedele Impala del ’67.

La stessa domanda di oggi.
Cosa resterà?”

 Ma oggi la risposta è diversa.

Resterà un figlio che ha fatto in tempo a chiamarlo “papà” e un nephilim che lo considera padre.
Resterà una madre che è riuscita a restituirgli carezze in sospeso  e un Angelo che ha scelto da che parte stare.
Non a fianco di un Dio ingiusto, ma a fianco di Uomini Giusti.
Resterà Sam con una giacca scura, di quelle usate per fingersi agente dell’FBI. Se lo vede, un po’ nervoso, aggiustarsi la cravatta, in un ristorante con le tovaglie bianche e impettiti camerieri, vestititi da pinguini.
Resterà Lisa che, superando i propri limiti, più ostinata di lui, è tornata a…cercare il verde dei suoi occhi.
 
Dean Winchester.
In molti ricorderanno il suo nome.
Continueranno a pronunciarlo. Con un luccichio negli occhi e un battito più accelerato nel cuore. Ma non di quelli che allarmano, di quelli benevoli che ti fanno sentire vivo. E grato. Come oggi si percepisce lui.
 
Cosa resterà?”
Ciò che è stato, ciò che ha scelto di essere, ciò che continuerà ad essere attraverso… chi resterà.
 
La stanchezza lo sovrasta. Dean si appisola, tra un antibiotico e un antidolorifico.
 
Sogna Ben, professore di antropologia, nel bel mezzo di una lezione sull’origine dei Nephilim.
Sogna Lisa, con i capelli sbiaditi e gli occhi ingrigiti che, chiacchierando di medicina alternativa per fronteggiare gli acciacchi dell’età, passeggia sotto braccio a un Sam “del futuro”, con gli occhiali e la fronte stempiata.
Sogna Jack che, in un’epica battaglia, sconfigge quel bastardo di Chuck…diventando il nuovo Dio. Un Dio che non giudica, non punisce ma accoglie e protegge...facendo grandi cose, insieme a Castiel, angelo fedele all’ Umanità che si fa Divina.
Sogna una villetta in periferia, con una staccionata bianca e uno di quei prati rasi, quasi perfetti che piacciono tanto a Lisa. Ci vede Sam e Margaret, nel bel mezzo di una festa di compleanno…un ragazzino dal caschetto scuro che soffia sulle candeline, circondato da palloncini.

Azzurri.

 
Quando Dean si sveglia, con il vociare delle infermiere impegnate nel passaggio di consegna, si trova a realizzare la propria “assenza”, in quel breve sogno così reale. Ma non se ne cura.
Sorride, immaginando il sapore di quella pizza “conquistata”, “raggirando” le rigide regole dell’ospedale.
 
Arriverà presto il Natale. Una tavola imbandita e un tacchino ripieno. E, alla faccia di Chuck, stavolta farà di tutto per tagliare quel tacchino.

Fuori nevica. Continua a nevicare. Coriandoli di sogno. Svaniranno presto. Ma hanno vissuto. Anche solo il tempo di una notte, provando il piacere di volteggiare tra Cielo e Terra.
Uno “sfortunato carpentiere”, potrebbe essere questo il suo finale, prima o poi. Perché non cambierà “mestiere”.
Ma in fondo, quel finale, è già cambiato.

Resterà di più. Molto di più di un’elegante e affidabile Impala del ’67.


Note dell'autore: grazie a chi mi ha seguito fin qui e..."Arriverà presto il Natale"...quindi non mi resta che farvi gli auguri di un Natale sereno e di un anno che ci porti la rinascita di chi crede...ai sogni, cogliendo l'incanto di un fiocco di neve.

Buon Natale

Eclissidiluna
 

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