Care You

di Naomy93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il giorno in cui Nicolas decise di lasciare Bologna per frequentare l'accademia di fotografia a Milano diede una grossa delusione ai suoi genitori.

Entrambi avevano immaginato per lui un futuro da medico, da architetto, o magari da avvocato.

Erano assolutamente conviti dell'idea che posizioni come quelle gli avrebbero garantito un posto nel mondo, e Nicolas lo capì, comprese il loro desiderio di saperlo al sicuro anche quando loro non ci sarebbero stati, ma non ne volva comunque sapere di studiare senza avere la passione a dargli la forza necessaria.

Non avrebbe mai retto, lo sapeva, si conosceva fin troppo bene.

Così prese con coraggio la sua decisione, mise da parte i risparmi per comprare il biglietto e l'iscrizione al primo anno accademico, e con solo uno zaino in spalla salutò la sua famiglia che lo guardava andare via con l'amaro in bocca.

Fu un momento abbastanza difficile quello, probabilmente per tutti.

Nicolas era cresciuto in un ambiente familiare composto da legami stretti. Buona parte della famiglia Paruolo abitava nello stesso condominio quindi, ai loro occhi, la sua fuga era stata alla pari di un affronto.

Sorrise pensando a come lo avrebbero accolto quando sarebbe tornato.

Se sarebbe mai tornato.

Per quanto amasse la sua famiglia, al giovane Nicolas quel nucleo stava stretto. E nessuno, in fondo, aveva il diritto di giudicare le sue scelte.

<< Prossima fermata: Milano centrale >> risuonò dagli altoparlanti della metro.

Era la sua fermata.

Avrebbe fatto meglio a smettere di pensare e a darsi una mossa, se non voleva arrivare tardi a lavoro.

Eh si, Nicolas lavorava oltre a frequentare le lezioni nella sua tanto agognata accademia, altrimenti come li avrebbe pagati i suoi studi e la camera in affitto in cui stava?

Nonostante sua madre gli passasse del denaro, di nascosto da suo padre, lui si era ostinato a cercare una sua indipendenza.

Quando aveva deciso di partire, si era ripromesso di non essere un peso per nessuno, tanto meno per Dario, il suo ragazzo, trasferitosi a Milano prima di lui, e che si era reso disponibile ad ospitarlo clandestinamente nella sua stanza, almeno fino a quando non si sarebbe potuto permettere un affitto.

Doveva ammetterlo quelle settimane da "clandestino" furono tra le più eccitanti delle loro vite.

Il vedersi tutti i giorni, finalmente, nascondersi agli occhi del padrone di casa, e anche dagli altri abitanti della casa, inizialmente, gli fece sembrare di vivere un'eccitante avventura.

Ancora rideva quando pensava al ragazzo che, rientrando a casa un'ora prima dalla lezione, lo aveva beccato sotto la doccia e di come gli avesse candidamente domandato chi lui fosse, senza scomporsi più del dovuto, intuendo l'assenza di pericolo.

Nicolas si vergognò come un ladro, anche se l'altro si affrettò a tranquillizzarlo dicendogli di non preoccuparsi.

Quello fu il momento, ed il modo, in cui conobbe Cesare Cantelli, coinquilino di Dario da quasi un anno e, come scoprì successivamente, loro concittadino bolognese.

Dario stesso gli ricordò di quando si "beccavano" all'uscita della loro scuola ai tempi delle superiori.

Beh, Nicolas non spiccava per l'efficienza della sua memoria, era già molto se ricordava cosa avesse mangiato la sera precedente.

Comunque sia, Cesare, assieme a Dario, era stato quello che più gli aveva retto il gioco quando il padrone di casa lo sorprese in pigiama a fare colazione con il resto degli abitanti della casa, ormai, abituatisi alla sua presenza.

La fortuna lo aiutò parecchio perché riuscirono a convincere l'uomo di averlo ospitato lì con l'intento di fargli affittare una delle camere vuote. Cosa che poi fece, in verità, anche grazie all'aiuto (non richiesto) di sua madre.

Certamente non poteva dire di essere il ragazzo di Dario, poco, ma sicuro.

<< Stazione: Milano Centrale >>

Sorrise ancora pensando a quelle settimane risalenti a fin troppo tempo addietro e scese dal mezzo per correre verso l'uscita della metro.

Si era fatto buio, il suo turno serale in pizzeria stava per iniziare. Ringraziando il cielo era un giovedì di fine gennaio quello, probabilmente, non ci sarebbe stata molta confusione in pizzeria dato il giorno e la glaciale temperatura.

Giunse in fretta alla meta salutando con un: << Ciao a tutti, corro a cambiarmi e arrivo! >> che i suoi colleghi ignorarono, presi com'erano dall'ascoltare la trasmissione in tv.

Quando tornò da loro, indossando i suoi abiti da cameriere, Nicolas li vide ancora lì fermi davanti allo schermo.

<< Ehi, che succede? >> domandò curioso, sapendo quanto rischiavano a farsi trovare dal capo a non fare nulla.

<< Ce un'edizione straordinaria del notiziario riguardo al virus cinese! >> rispose una collega, senza distogliere lo sguardo dallo schermo << Dicono sia arrivato in Italia! >>

<< Davvero? >>

<< Si, è stata ricoverata una coppia cinese a Roma! Non hai sentito? >>

Nicolas non ne sapeva molto, non guardava la televisione da giorni.

Ricordava distrattamente qualcosa sull'argomento, ma non aveva prestato abbastanza attezione.

In quello stesso istante la familiare sigla del Tg5 richiamò l'attenzione di tutti. Loro e clienti compresi.

<< Benvenuti a questa edizione straordinaria del Tg5, apriamo subito con la notizia della morte di almeno cinquecento persone, in Cina, a causa del un nuovo Coronavirus che sembra essersi diffuso a macchia d'olio, in queste settimane! >> disse la giornalista leggendo i suoi fogli << Confermati anche altri 2.300 nuovi casi di positività, che portano così a 30.100 il numero di persone infette nel paese! Non sono ancora chiare le dinamiche di come questo virus sia nato e di come abbia iniziato a circolare! Secondo gli esperti, c'è la possibilità che possa essere passato dall'animale all'uomo durante le mattanze nei mercati... >>

<< Oh, sono sempre i cinesi a portare le malattie! Non c'è nulla da fare! >> sbuffò il pizzaiolo venendo zittito da un'altra collega.

<< La coppia di turisti cinesi, ricoverati allo Spallanzani di Roma, sta bene e non presenta sintomi gravi, tuttavia, questo nuovo Coronavirus è praticamente sconosciuto! Ha un codice genetico simile alla SARS, diffusasi nel 2003 in Italia, ma è da verificare, e non è detto che sia distinguibile da una semplice influenza dati i sintomi in comune! >>

Parlò un virologo, ospite in studio assieme alla giornalista.

<< I medici cinesi riferiscono, comunque, di morti e malati gravi di età non inferiore agli ottant'anni, e con patologie pregresse! Le persone più giovani, invece, la vivono come una semplice influenza!>>

<< Quindi non è potenzialmente mortale? >>

<< Stando ai dati e contando la popolazione, si può dire che abbiamo un tasso di mortalità dello 0,2%, sicuramente meno di una banale influenza! >>

<< E ci dica dottore, adesso che il Coronavirus è in Italia, cosa succederà? >>

<< Come accadde ai tempi della SARS, dobbiamo aspettarci un contagio al livello globale, purtroppo, però posso rassicurarvi sul costante monitoraggio degli sviluppi! Faremo di tutto per tenere al sicuro la nostra Italia! >>

Cavolo, era proprio una brutta situazione, si ritrovò a pensare Nicolas cercando di capirci qualcosa in più mentre i suoi colleghi parlottavano tra loro.

<< Ragazzi, secondo me, è grave! >> stava dicendo uno di loro, preoccupato.

<< Ma dai, cos'hai da preoccuparti? >> rispose un altro con tono strafottente << Le persone più giovani la vivono come una semplice influenza, lo hai sentito! >>

<< Fa bene a preoccuparsi! Sai quanta gente arriva dalla Cina, specialmente qui a Milano? L'Italia è, per lo più popolata da anziani, potrebbe essere una strage! >>

<< Andiamo, non esagerare! >>

Con la conferma del blocco dei voli da e per la Cina per novanta giorni il gruppo si disperse velocemente evitando di farsi vedere all'arrivo del capo.

Nicolas si affrettò a fare il giro dei tavoli per ritirare i piatti o prendere le ordinazioni.

Come aveva immaginato, il locale rimase pressoché vuoto, e così, non appena il capo li lasciò lavorare in pace, il gruppo poté continuare a parlare di ciò che avevano ascoltato al notiziario esprimendo i loro pareri o le loro preoccupazioni.

<< Tu cosa ne pensi, Nic? >> gli domando una collega quando le passò vicino per andare a sparecchiare un tavolo.

Lui alzò le spalle, senza sapere cosa pensare.

<< Siamo ancora qui, vediamo cosa succede! >>

A dirla tutta era un po' preoccupato, essendo la sua stessa famiglia composta da persone anziane.

Da bravo ansioso quale lui era, ci pensò parecchio mentre rimetteva piede nella metro per tornare a casa.

Il giorno dopo avrebbe avuto lezione alle otto del mattino, doveva assolutamente cenare, fare una doccia, e andare a dormire. Non poteva permettersi di passare il tempo a rimuginare su quella questione, così lontana da lui.

Almeno, per il momento.

 

Tornò a casa tremendamente stanco e affamato, ma non rinunciò a bussare alla porta della camera di Dario.

Voleva stare un po' con lui, avrebbe avuto ancora del tempo per fare tutto quello che doveva fare.

<< Nic? >> sentì dall'altra parte.

<< Si, sono io! >>

Aprì, fiondandosi dentro e gettandosi con tutto il peso sulle ginocchia del fidanzato, seduto alla scrivania, senza curarsi di avergli fatto prendere un coccolone.

Dario era impegnato con la stesura di quello che sarebbe stato il suo primo libro, e Nicolas non vedeva l'ora di sapere cosa stesse tirando fuori quella sua mente tanto affascinate quanto complicata.

<< Sei stato seduto qui tutto il giorno? >> domandò imbronciandosi.

Strinse le braccia al collo del fidanzato avvicinando il volto e baciandolo sulle labbra.

Le sentì fin troppo screpolate quelle labbra, però.

Cattivo segno di disidratazione, dedusse, immaginandosi quanto tempo avesse effettivamente passato all'interno di quelle quattro mura, ignorando ogni bisogno fisiologico, soprattutto quello di bere.

<< Ho una consegna questo fine settimana, non posso perdere tempo! >> sospirò Dario circondandogli la vita con un braccio.

Fortunatamente Nicolas era abbastanza minuto, quindi tenerlo sulle ginocchia non gli costava alcuna fatica nonostante si agitasse come un gatto irrequieto.

<< Dà, perché non concedi un po' di pausa al tuo cervello? Faccio la doccia e preparo qualcosa da mangiare, eh? >>

Dario sorrise, lasciandogli un bacio sulla fronte.

<< Devo terminare la bozza e tu sei stanco, anche se cerchi di nasconderlo! >>

<< È merito mio se non sei ancora morto di stenti su questa scrivania, non rovinare tutto e prenditi una pausa, dai! >>

Detto ciò, Nicolas prese a stuzzicarlo catturandogli il labbro inferiore tra i denti e tirando leggermente.

Lo baciò ancora, nella speranza di ricevere una risposta che, nemmeno dopo diversi secondi, arrivò.

<< Dario, davvero? >> gli chiese serio, tirandosi indietro.

<< Te l'ho detto, ho una consegna questo fine settimana! >>

<< Andiamo, sei seduto qui da non si sa quanto, io sono stato fuori tutta la giornata e mi sei mancato da morire! >> insistette << Non ti costa nulla staccare e concedermi un po' del tuo tempo! >>

<< Non hai una lezione alle otto domani mattina? >>

A quella domanda rivoltagli con tono tanto scocciato, il più piccolo si offese.

Evidentemente, Dario, la sua mancanza non l'aveva sentita se considerava il suo lavoro più importante di lui... Di loro.

<< D'accordo, vado via! Ti lascio in pace! >> si scostò dall'abbraccio, alzandosi, per raggiugere la porta.

<< Nic, lo sai quanto è importante per me! >>

<< Certo, come no? >>

Uscì dalla camera accompagnato dal sospiro frustrato di Dario.

Sperava si stesse dando anche del deficiente nel frattempo.

Da quando aveva conseguito la laurea, precisamente, alla facoltà di scienze della comunicazione, la vita di Dario girava unicamente attorno al suo lavoro, anche perché era stato tanto fortunato da riuscire a farsi contattare da una casa editrice disposta a finanziarlo e a permettergli di dedicarsi in tutto e per tutto alla scrittura creativa, sua grande passione da anni.

Nicolas lo supportava in tutto, credendo da sempre in lui e nelle sue capacità. A volte passava intere notti a revisionare i suoi testi in modo da dargli un parere prima di spedire tutto a chi di dovere.

Ogni frase che parlava di amore, pensieri distratti, o momenti vissuti, lo facevano stare bene. Quelle frasi in cui, invece, vi riversava la sua negatività, lo innervosivano ed erano spesso in grado di tenerlo a lungo in uno stato di ansia.

Quando Dario scriveva le sue parole si percepivano sulla pelle. Era quella la sua più grande forza, quella che lo avrebbe portato lontano.

Come lo aveva già portato lontano da Bologna e come lo avrebbe, inevitabilmente, portato lontano anche da Nicolas.

Tutto quello era costato caro ad entrambi, ma lo avevano capito troppo tardi.

La figura di Nicolas rimase ferma al centro del corridoio per diversi minuti nella speranza di vedere la porta aprirsi e Dario uscire con l'intenzione di parlargli. Cosa che non accadde.

Anzi, una delle sue coinquiline si spaventò a morte quando, uscendo dalla sua stanza, se lo ritrovò davanti, inaspettatamente.

<< Ehi, hai fatto tardi questa sera! Pensavo fossi già a letto! >> disse questa superandolo.

Nello stesso istante, dal bagno, uscì Cesare con indosso il pigiama.

<< Non è ora di andare a letto? Cosa fate in giro voi due? >> scherzò, salutandoli << Sei tornato adesso, Nic? >>

Nicolas annuì con il suo solito sorriso mascherando la tristezza, ormai, impossessatasi di lui.

Non gli andava di farli preoccupare o, in generale, non gli andava di raccontare i fatti suoi.

Voleva rimanere da solo, ne aveva bisogno.

<< Faccio una doccia, mando giù qualcosa, e poi mi ritiro in stanza! Domani ho una lezione molto presto! >>

<< Lavori troppo per essere un semplice studente! >> sospirò la ragazza, dirigendosi al bagno riservato alle ragazze << Cerca di non crollare, un altro coinquilino al tuo posto non lo vogliamo! Vero, Cesi? >>

<< Sicuro! >> le diede manforte, sorridendo ad un Nicolas un po' imbarazzato.

Rimasti da soli, Cesare si fece da parte per permettergli di usare il bagno, però lo frenò prima che vi si chiudesse dentro.

<< Ti preparo qualcosa mentre sei sotto la doccia? >> domandò << Sto andando in cucina per uno spuntino! >>

<< Grazie, non ce bisogn... >>

<< Dai, preparo qualcosa anche allo Scrittore, chiuso in camera! A tal proposito, è ancora vivo? Non lo vedo da due giorni! >>

La stava buttando sul ridere, come faceva sempre, ma era veramente preoccupato per Dario, e pensava che lui, essendo il suo ragazzo, ne sapesse qualcosa.

Tuttavia, l'espressione turbata di Nicolas gli fece intuire di stare sbagliando argomento di conversazione.

<< Eh, è vivo, vero? >> si affrettò a chiedere, confuso, ricevendo in risposta un: << Si, non preoccupati! >> non proprio convincente.

Alla domanda se tutto andasse per il verso giusto, Nicolas, scosse la testa, come a dire che andava tutto bene, e si scusò, chiudendosi in bagno.

Cesare preferì non aspettarlo in cucina. Si limitò a preparare del riso, alcune fette di pollo alla piastra con foglie di insalata, e a coprire tutto con un piatto prima di tornare in camera.

Aveva intuito il malumore dell'altro e non voleva rischiare di infierire ulteriormente, anche senza volerlo.

<< Magari era soltanto stanco! >> sospirò, gettandosi sul letto ed accendendo la tv.

Fece zapping selvaggio, annoiato, ingerendo le sue fette di pane e marmellata.

Sarà stato a causa dell'ora tarda, però non trasmettevano altro se non svariate edizioni notturne dei notiziari a cui, per forza di cose, dovette assoggettarsi.

Odiava mangiare da solo, quanto meno, avere la tv in sottofondo sarebbe stato meglio di nulla.

<< ... con un'Ordinanza del ministro della Salute, l'Italia ha bloccato tutti i voli da e per la Cina per 90 giorni, oltre a quelli provenienti da Wuhan, già sospesi dalle autorità cinesi! >> stava dicendo il giornalista.

Erano giorni, ormai, che si parlava soltanto della storia del virus cinese, peggio ancora dopo il suo arrivo in Italia.

Non ne poteva già più, si disse Cesare, comunque, guardando con più attenzione lo schermo quando il giornalista comunicò l'arrivo di una nuova notizia sul momento.

<< Ci giunge in questo istante la comunicazione che il governo ha appena dichiarato lo Stato di emergenza! >> l'uomo guardò fisso in camera << Il Presidente Conte ha deciso di nominare Commissario straordinario il capo della protezione civile: Angelo Borrelli, e firmato lo sblocco dei primi fondi per far fronte all'emergenza! Con questa ultima notizia, vi diamo appuntamento alla prossima edizione! >>

C'era da dirlo, la Cina l'aveva combinata grossa. 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice.

Ciao, sono Noemi e dopo tanto tempo sono tornata con una nuova fanfiction. Questa volta in un contesto particolare. 

La verità è che questa è una storia su richiesta, ma ho deciso di pubblicarla, anche se mi rendo conto che non sarà facile sviluppare una storia del genere e ci metterò tutto l'impegno di cui sono capace. 

Spero vi piaccia. Ci risentiamo al prossimo capitolo :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Otto del mattino, un'ora che dovrebbe essere illegale per fare qualsiasi cosa.

Se Nicolas un giorno avesse intrapreso la carriera politica, e per chissà quale fortuna fosse diventato qualcuno, avrebbe reso illegale ogni attività svolta prima delle dieci del mattino e prima delle tredici nel fine settimana.

<< Signor Paruolo! >>

Cazzo, se si presentasse con tali proposte potrebbe assicurarsi la svolta nel giro di pochi anni.

Ma chi glielo stava facendo fare di star lì a studiare fotografia? Lui doveva fare politica, era là la sua fortuna.

<< Signor Paruolo? >>

Aveva deciso, avrebbe abbandonato tutto e si sarebbe dedicato alla carriera politica.

A quei tempi c'era speranza per chiunque. Si poteva diventare leader di un partito osannato dai più, anche per ragioni ignote, essere dei completi idioti e finire seduto alla destra del presidente del consiglio.

O aspirare a diventare il presidente del consiglio stesso.

<< Signor Paruolo, mi sente? >>

Gli bastava una licenza media, un paio di idee insensate, ma infarcite di sano populismo, il giusto carisma, ed il gioco era fatto.

Dio, doveva pensaci subito, invece di...

<< SIGNOR PARUOLO! >>

Nicolas sobbalzò sulla sedia, lanciando via la penna per lo spavento.

Si sarebbe volentieri gettato dalla finestra quando si accorse di avere addosso gli occhi del professore e di ogni collega presente in aula.

Doveva essersi perso nei suoi pensieri troppo a lungo. Come succedeva sempre, d'altronde.

<< Mi... mi dica! >> balbettò, imbarazzato.

<< Le ho fatto una domanda, circa cinque minuti fa! >> disse il professore irritato << Deduco che non abbia sentito! >>

"E perché l'ha fatta proprio a me la domanda tra tutta questa gente?" gli venne da domandare di rimando, ma Nicolas tacque per non peggiorare la situazione.

<< La invito a prendere qualcosa di forte al mattino e presentarsi sveglio alle lezioni! Potrebbe risentirne la sua media se dovessi coglierla ancora impreparato! >>

<< Mi scusi, non si ripeterà più! >>

Il professore sbuffò muovendo la mano come a scacciare un insetto fastidioso.

Quel bellissimo episodio spinse il morale di Nicolas più giù di quanto non lo fosse già.

Gli sarebbe piaciuto chiamare Dario e raccontargli tutto, mentre vagava per i corridoi dell'accademia, a lezione terminata, però, il ricordo della discussione avuta la sera precedente lo frenò.

In fondo, cosa gli poteva importare?

A stento quella mattina gli aveva dato il buongiorno ed era scappato fuori a consegnare le sue bozze alla sede della casa editrice.

Non sapeva se fosse peggio lui con la sua fissazione di consegnare materiale cartaceo piuttosto che in digitale o quelli che gli permettevano di farlo.

Chissà con quale gente si trovava a lavorare.

Nicolas non lo sapeva, non sapeva nemmeno cosa stesse andando a consegnare di preciso, perché Dario non gli aveva fatto leggere niente.

Non sapeva nulla del suo ragazzo, non più. L'immagine che aveva di lui si limitava a quella in cui lo vedeva seduto alla scrivania sempre concentrato su altro e mai su di loro.

Nemmeno se lo ricordava quando era stata la loro ultima volta. Il loro ultimo vero bacio, o soltanto l'ultimo sorriso sincero.

Perciò, cosa gliene poteva importare a Dario delle sue pessime giornate e dei suoi assurdi film mentali?

"Niente!" sospirò mentalmente tirando fuori il cellulare per guardare l'ora.

 

L'orologio segnava esattamente le 12:50. Gli studenti della facoltà di biologia si erano tutti radunati in mensa per consumare i loro pasti e Cesare, attorniato dai rumorosi colleghi, stava prendendo posto ad un tavolo libero.

Ne approfittò per scherzare con qualcuno su quanto ci avrebbero messo a laurearsi, se mai si fossero laureati.

Le solite cose, insomma, finché la sua attenzione non si spostò su una coppietta, seduta al loro tavolo, intenta a condividere il pranzo e a scambiarsi effusioni in pubblico come se nulla fosse.

Non che gli desse particolarmente fastidio, ma scene come quelle gli facevano ripensare a quando era lui, ogni tanto, a non sapersi trattenere dallo scambiarsi effusioni in pubblico con la sua, ormai, ex ragazza.

Ripensava anche a quanto a lei non piacesse "dare spettacolo", e a come lui lottasse contro se stesso per non cedere al bisogno di stringerla.

Quanto tempo era passato? Forse quattro o cinque mesi.

Poco, però, nemmeno tanto.

<< Raga, se cominciassimo ad infettarci potremmo dire addio ad ogni genere di contatto fisico! Ci pensate? Niente scopate per chissà quanto! >> stava dicendo uno dei ragazzi masticando malamente il suo kebab.

<< Ah, è quello il tuo problema? Non il possibile bilancio di perdite umane? >> sbuffò un'altra ragazza innervosendosi << Complimenti, davvero! >>

<< Ehi, non ce bisogno di prenderla così! So quanto possa essere pericoloso! >>

<< Per favore, non scherzateci su! La sorella della mia ragazza è in Erasmus a Pechino e le ha parlato di una situazione orribile! Ci sono un sacco di persone in terapia intensiva, stanno mettendo in quarantena l'intera popolazione! >>

<< Adesso è bloccata lì? >> domandò Cesare curioso.

Il ragazzo annuì convinto, girandosi a guardarlo.

<< Non la faranno tornare, se non prima di aprile! >> rispose << Probabilmente, tra non molto, dovremo prepararci anche in Italia alla quarantena! >>

<< MA SMETTILA! Qui non siamo come i cinesi, non mangiamo qualsiasi schifezza propinataci per strada! >> sbraitò il tipo fin troppo su di giri per i gusti dei presenti.

<< Disse quello che si sta sfondando di carne di dubbia provenienza! >> gli fece l'eco qualcuno.

<< Io so perfettamente da dove viene la fottuta carne del mio fottuto kebab! >>

<< Dai peggio scarti di Aziz su Corso Buenos Aires! >>

<< Quello vende tappeti persiani, deficiente! >>

<< Appunto... >>

Cesare scoppiò a ridere assieme agli altri, ma il tocco delicato di una mano, che si era poggiata alla sua spalla, lo fece voltare ed incontrare il sorriso di Nicolas.

<< Ehi, Nic! >> lo salutò << Come mai qui? >>

<< A casa non ce nessuno, pranziamo insieme? >> chiese lui mantenendo la sua espressione.

Lo si poteva percepire lontano un chilometro, Nicolas non era più quello di sempre. Non da quando Dario aveva iniziato ad intraprendere la sua carriera da scrittore.

Cesare li sentiva discutere spesso nelle ultime settimane e gli dispiaceva vederlo così giù. Cosa poco manifestata da Dario, a suo dire.

Beh, non erano affari suoi, però, pensò, se poteva tirare su di morale il più piccolo anche solo facendogli compagnia durante il pranzo, perché no?

<< Vieni, andiamo fuori! >> si alzò scusandosi con i colleghi.

Fuori dalla mensa decisero di sedersi su una delle panchine presenti nel giardino della facoltà.

Parlarono del più e del meno inizialmente, di come Nicolas avesse un pomeriggio libero ed inutile da trascorrere prima di recarsi al suo turno serale in pizzeria e dell'estenuante lezione di biologia molecolare a cui Cesare doveva assistere nell'ora successiva.

<< Tu non dovresti studiare per l'esame di storia della fotografia? >>

<< Figurati se mi metto a studiare in questo periodo di merda! >> si lasciò sfuggire Nicolas pentendosene subito.

Poco dopo scese un disagioso silenzio spezzato da Nicolas stesso che mandò al diavolo qualsiasi cosa e decise di sputare il rospo.

<< Io e Dario non siamo sulla stessa lunghezza d'onda ultimamente! >>

<< Me ne sono reso conto! >> disse Cesare comprensivo << È grave? >>

L'altro abbassò lo sguardo in risposta.

Si, era abbastanza grave.

<< È concentrato sul suo futuro, io non conto più nulla per lui! >>

<< Cosa? Non dire così! Dario è impegnato, ma non appena si libererà vi... >>

<< Non credo proprio! >> lo interruppe l'altro, alzando gli occhi.

Pochi secondi di silenzio accompagnarono nuovamente quella secca affermazione.

<< Mi dispiace, perché comunque gli voglio bene! >> sospirò Nicolas cercando di non far trapelare il suo stato d'animo e quanto la sua voce fosse sul punto di spezzarsi << Lo rivorrei con me, com'eravamo prima! >>

Ma lo sapeva che non sarebbe mai stato come prima, ed era quella consapevolezza a farlo stare male.

<< Ti capisco, Nic! Davvero, ti capisco! >>

A Cesare venne spontaneo scompigliargli la folta chioma, passandoci su una mano.

Gli faceva tenerezza, il "piccolo" Nic. Uno di quei ragazzi sempre allegri, in pace con se stessi, e in grado di emanare positività con la sua sola presenza.

Almeno, era così che lo aveva conosciuto prima di quelle settimane in cui sembrava essere diventato l'ombra di se stesso.

<< Hai pensato di... lasciarlo? >>

<< Non ho nessun altro, Cesare! >>

Quell'inaspettata risposta spiazzò Cesare tanto da lasciarlo basito per qualche secondo di troppo.

<< Scusami, non ti trattengo ancora! >> si alzò dalla panchina, Nicolas, pensando di aver detto abbastanza.

<< Eh? Aspetta, dove vai? >>

<< Vado via! Hai lezione tra poco, no? >>

<< Si, però... >>

<< Allora, ciao! Ci vediamo a casa! >>

Cesare guardò la figura di Nicolas avanzare verso l'uscita e qualcosa dentro di lui si mosse. Anche se non avrebbe saputo spiegare cosa fosse esattamente.

<< Nic! >> lo chiamò.

Il più piccolo, quasi al cancello, si voltò verso di lui.

<< Ehm, vuoi... vuoi seguire la lezione di biologia molecolare? Ti porto in aula con me! >>

Era una richiesta assurda quella. Chi avrebbe mai voluto assistere, di sua spontanea volontà, ad una lezione di biologia molecolare?

Anche Cesare si domandò perché glielo stesse proponendo e soprattutto con quali speranze?

Dall'altra parte, a Nicolas quella apparve come una richiesta dettata dalla pena che, probabilmente, gli aveva suscitato con le sue lagne su quanto stesse male per Dario.

<< No, ti ringrazio! Magari, se vado in biblioteca, riesco a studiare! >> rispose, infatti, cercando di sorridere nella maniera più naturale possibile.

<< Ah si, certo! >> si grattò la nuca, Cesare, imbarazzato << Allora, ci vediamo a casa! >>

Dopo avergli rivolto un ultimo sorriso, Nicolas uscì definitivamente dalla facoltà di biologia lasciandolo con l'irrefrenabile voglia di schiaffeggiarsi da solo. E lo avrebbe anche fatto se soltanto non avesse rischiato di fare la figura del pazzo in mezzo al giardino.

 

Ovviamente, Nicolas alla biblioteca non vi si recò nemmeno per sbaglio.

La sua intenzione era quella di tornare a casa, sprofondare all'interno del suo piumone, ed aspettare di dover uscire nuovamente per andare a lavorare.

Non aveva voglia di fare nulla. Convinto di aver dato tanto in giornata, sarebbe andato a riposare come si meritava.

Ne fu pienamente convinto fino al suo arrivo a casa, se non altro, prima di incrociare Dario in corridoio, stranamente volenteroso di parlare e chiarire le questioni sul loro rapporto.

<< Cosa ce? Ti sei liberato dalle tue scadenze e hai ricordato di avere un ragazzo? >> domandò Nicolas acidamente, mettendo giù il suo zaino.

<< Dove sei stato oggi? Di solito mi chiami quando non rientri a casa! >>

Una cosa che Dario odiava era non avere il controllo su tutto, infatti, anche il solo non sapere dove fosse stato l'altro lo faceva parecchio innervosire.

A quell'aspetto, Nicolas, non aveva mai fatto particolarmente caso, essendo da sempre abituato a fargli sapere dove si trovasse, ma quel momento per lui fu quasi una rivelazione.

Un "togliersi il prosciutto dagli occhi".

<< Se ho voglia di farti sapere dove sono, lo faccio! >> rispose << Non te lo faccio sapere per farmi controllare! >>

<< Va bene, lasciamo perdere! Non ho voglia di litigare, ok? >>

<< Bene, quindi posso andare in camera a riposare? Ho un turno in pizzeria tra poche ore! >>

Dario frenò il tentativo di sorpassarlo stendendo un braccio all'altezza del suo viso, con la mano che batté rumorosamente contro la parete, sbarrandogli la strada e facendolo sussultare per lo spavento.

<< Tu non vai da nessuna parte finché questa cosa non la risolviamo! >> quasi sussurrò.

Non c'era nulla da temere, si disse Nicolas, nonostante un brivido gli stesse ancora percorrendo la schiena.

<< Io ti amo, devi tenerlo a mente, Nic! Anche se posso sembrarti preso da altri impegni, questa è l'unica cosa che conta, lo capisci? >>

<< Lo capisco! >> annuì meccanicamente, congelato sul posto.

Si guardarono negli occhi e il più piccolo dovette deglutire a vuoto ripetendosi mentalmente che non c'era nulla da temere.

Si trattava di Dario.

Non il suo Dario, ma comunque lui.

Il suo Dario era, ormai, un lontano ricordo svanito nello scorrere del tempo. E lì... proprio lì, in mezzo a quel corridoio polveroso, mentre lo guardava negli occhi, privi della luce di cui si era innamorato, ne ebbe la prova definitiva.

<< Vieni qui, baciami! >> gli disse, attirando il corpo minuto a sé.

Fu Dario a doversi abbassare, comunque, perché Nicolas, in preda al pianto e ai singhiozzi maltrattenuti, non se la sentì di accontentarlo.

Non subito per lo meno.

E fecero sesso quel pomeriggio, nonostante Nicolas avesse chiesto di lasciarlo riposare, in modo da non essere troppo stanco quando si sarebbe recato in pizzeria.

Quella era stata la prima volta in cui fare sesso con Dario gli sembrò essere una forzatura. Poi, con il passare dei giorni, ne seguì una seconda, una terza e così via.

Non provava più nulla nel farsi toccare da lui, nel sentirlo dentro di sé. Nulla.

Nulla, se non dolore, ogni tanto, quando Dario ci andava giù pesante, e le normali risposte del suo corpo a quelle situazioni.

Nicolas divenne una lastra di ghiaccio, accettando passivamente ciò che l'altro gli dava o non gli dava.

Perché lo stava facendo?

Beh, chi altri c'era se non Dario? Chi aveva lì?

I suoi familiari stavano a Bologna e a parte un sostegno economico, ed un minimo di affetto, forse, non avevano nulla da dargli.

Lì, a Milano, non era stato in grado di farsi dei veri amici. Su chi avrebbe potuto contare?

Con quelle domande in testa, Nicolas riuscì a sostenere la sua relazione con Dario per settimane spegnendo sempre di più il sorriso che lo aveva sempre contraddistinto agli occhi di Cesare e di chiunque lo incontrasse.

Perfino agli occhi di Dario stesso, accortosi delle condizioni del suo ragazzo, ma di cui decise di non curarsi, per nulla desideroso di discutere.

<< Voi due, potreste fare meno casino quando scopate? >> stava sbraitando una delle coinquiline contro Nicolas e Dario, seduti al tavolo della cucina a fare colazione.

Gli altri ragazzi si misero a ridere, Nicolas un po' meno, e Dario si spostò vicino alla ragazza continuando a bere il suo caffè.

<< Se ci ascolti vuol dire che sei interessata! >>

<< Ma interessata di cosa? >> strepitò ancora lei << Ho la camera in mezzo alle vostre, maledetti bastardi! Io la notte la uso per studiare, non per scopare ogni ora come fate voi! >>

<< Secondo me, Dario non ha tutti i torti! >> rincarò la dose Cesare evitando una fetta volante di pane e marmellata lanciatagli con l'intento di centrarlo in pieno viso.

Scoppiarono altre risate a cui Nicolas non si unì, preferendo alzare il volume della tv e dare attenzione alla rassegna stampa in corso, al tg.

<< Primo tampone positivo in Italia, su un trentasettenne di Codogno! È stato accertato il primo caso di trasmissione secondaria nel comune della Lombardia, in provincia di Lodi!

Il paziente si trova in rianimazione con una grave polmonite; a fine Gennaio era stato a cena con dei colleghi tornati dalla Cina, risultati positivi a loro volta! Evacuato il pronto soccorso, a Codogno è scattato il piano di emergenza!

Vi aggiorneremo sugli sviluppi nelle prossime edizioni del telegiornale! >>

 

 

 

Angolo dell'autrice. 

Eccomi qua. Non ho nulla da dire in verità, spero soltanto di non star facendo casini. 

A presto, e fatemi sapere cosa ne pensate se volete :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


<< Ragazzi, stanno per chiudere tutte le scuole di ordine e grado in Lombardia! >>

<< Davvero? La situazione è così grave? >>

<< Parlano di contagi continui e sempre più persone ricoverate in terapia intensiva! >>

<< Mi state facendo salire l’ansia! Non era una semplice influenza? >>

<< Ci sarà la comunicazione a breve! É probabile che da Lunedì non potremo più entrare in accademia! >>

<< E come faremo? Abbiamo gli esami! >>

<< Dovremo fare lezione online, quindi anche gli esami! >>

<< Cosa? Io non posso parlare davanti ad un pc! >>

<< E io? Ho la laurea tra due settimane, sono nella merda! >>

Nel giro di poche ore il comunicato sulla chiusura di tutte le scuole di ordine e grado nella regione Lombardia fece il giro, dando conferma alle voci circolate fino a quel momento.
Nicolas si trovava all’entrata dell’accademia assieme ai tanti ragazzi preoccupati per le loro sorti e per gli esami.

Lui, in verità, non si preoccupava molto perché gli mancavano soltanto due esami prima di dare la tesi, però, se ci pensava, le persone disperate non avevano tutti i torti.

Laurearsi parlando ad un pc non era il massimo a cui aspirare.

<< Ehi, Nic! >>

La familiare voce scosse Nicolas dai suoi pensieri.

Sorrise quando vide Cesare avvicinarsi e quasi sospirò di sollievo. Pensava che Dario fosse già venuto a prenderlo.

In quei giorni il più grande era diventato parecchio oppressivo nei suoi confronti. Insisteva per accompagnarlo ovunque andasse, o per andare a prenderlo, anche quando si trovava a dieci minuti da casa.

Litigavano per questioni futili come quella di non essersi fatto trovare in pizzeria alla chiusura del turno, portando la discussione a dilungarsi per ore.

<< Hai sentito del comunicato sulla chiusura delle scuole? >> gli domandò Cesare scompigliandogli i capelli << Quanto siamo fregati da uno a “moriremo male”? >>

<< Non lo so, sono confuso! >> rispose senza smettere di sorridere.

<< Hai terminato le lezioni? >>

<< Si, devo andare a pranzare e poi a rinchiudermi in biblioteca! >> sbuffò Nicolas alzando gli occhi al cielo << Almeno, finché sarà ancora aperta! >>

A quelle parole il volto di Cesare si illuminò.

<< Pranziamo insieme? Anche io ho terminato per oggi! >>

Stava mentendo.

Le sue lezioni non erano terminate per quel giorno, ne avrebbe avuta una nel pomeriggio, ma il pensiero di parlare con Nicolas lo stava tormentando da giorni.

Non riusciva a vederlo così. Lo percepiva sempre più spento, silenzioso, in casa la sua presenza sembrava svanire anche quando si trovava in mezzo agli altri.

Lo guardava muoversi per inerzia e sorridere soltanto perché pensava di doverlo fare.

Si, Cesare era maledettamente preoccupato, nonostante una parte di sé gli suggerisse di farsi gli affari propri.

<< Mi piacerebbe, ma Dario sarà qui a momenti! >> si sentì rispondere con dispiacere.

Dario si stava comportando male con Nicolas, non era necessario vederci lungo per accorgersene.

Lo teneva sotto stretta sorveglianza senza lasciargli un minimo di respiro e sempre più spesso lo sentiva alzargli la voce contro.

Inizialmente Cesare si infastidì, non capendo perché Nicolas rimanesse lì a subire senza fare nulla.

In seguito, trovandosi steso sul letto a rimuginare sulla faccenda, la risposta arrivò al pari di una doccia fredda.

<< Non ho nessun altro, Cesare! >>

Non ho nessun altro.

Una persona come Nicolas che diceva di non avere nessuno su cui contare.

Pensava di conoscerlo.

Non lo conosceva affatto, invece.

“Come sei arrivato a questo punto, Nic?” si ritrovò a pensare, percependo una stretta cuore nel vederlo teso come una corda di violino a guardarsi attorno con ansia crescente.

La suoneria del cellulare di Nicolas attirò l’attenzione di entrambi. Dario era dall’altra parte della strada con un braccio alzato verso la loro direzione.

<< Ce Dario, devo andare! >> si affrettò << Ci vediamo a casa! >>

Non poteva lasciarlo andare così.

Cesare semplicemente non poteva.

<< Nic! >> lo chiamò, frenandolo prima di vederlo scendere in strada.

<< Mh? >>

<< Puoi farcela, tu sei forte! >> disse senza pensarci su più di tanto << Anche se non lo credi, sei abbastanza forte da riuscire a cavartela da solo! Non hai bisogno di nessuno, credimi! >>

Nicolas sembrò stupirsi in un primo momento, poi abbassò lo sguardo per pochi secondi pensando a cosa rispondere.

<< Evidentemente ti sei fatto un’idea sbagliata di me! >>

<< No, fidati! >> insistette << Comunque, per quanto possa valere, io ci sono! Non sei da solo, chiaro? >>

<< Grazie, Cesi! >>

E così Cesare lo guardò andare via. Con un sorriso a segnargli il volto, come al solito, ma, forse, condito da una nota di sincera gratitudine.

Le settimane successive furono un accadimento continuo.

Gli aggiornamenti sulle eventuali chiusure degli esercizi commerciali, e i continui bilanci in crescita dei morti e degli infetti, presero il monopolio di ogni trasmissione in Italia e nel mondo.

Tutti gli argomenti di conversazione erano diventanti secondari nei confronti del Coronavirus, perfino l’ appena conclusasi Milan Fashion Week sembrò cadere presto nel dimenticatoio.

Erano davvero tante le speculazioni a susseguirsi, giorno dopo giorno, e di sicuro non vi era nulla, se non il continuo aumentare delle vittime e l’ordine di chiusura delle scuole esteso all’intero territorio nazionale.

Si faceva di tutto per non cedere al panico generale, ma era veramente difficile. Tanto che l’umore di ogni singola persona ne risentì, nessuno escluso.

Quando si iniziò a vociferare di una “chiusura alle diciotto degli esercizi commerciali, bar, pizzerie, e ristoranti”, Nicolas iniziò a subirne davvero gli effetti.

Stare in pizzeria era l’unico modo per dare un minimo di pace al suo animo tormentato, dal momento che alla sola idea di stare in casa si sentiva mancare l’aria.

<< Io non ce la faccio più, Dario! >>

<< Devo lavorare, ho una scadenza urgente! Perché fai così ogni volta? >>

<< Mi soffochi quando non hai nulla da fare, però, non appena hai da lavorare, io non esisto più! Cosa sono diventato per te? Un passatempo? >>

<< Non capisci proprio un cazzo! >>

Si urlarono contro per l’ennesima volta finché Nicolas non uscì dalla camera sbattendo la porta.

Non avrebbe retto a lungo. Stava sprofondando, ogni giorno sempre più.

Perché non riusciva a riprendersi la sua vita in mano?

Perché stava lì? Perché se ne era andato da Bologna?

Per inseguire cosa? I suoi sogni? O per inseguire Dario, quando ancora credeva di poter contare su di lui?

Cosa lo aspettava dopo la laurea?

Nicolas aveva tanta, tanta, paura. E il non sapere come agire, senza ritrovarsi a pagarne le conseguenze, lo spaventava più di quel maledetto virus.

Anche se in Dario non trovava una spalla su cui poggiarsi, chi gli rimaneva? Da solo non sarebbe andato da nessuna parte, vigliacco com’era.

Incapace di affrontare con le sue forze la vita che lui si era scelto.

Meritava di vivere in quella maniera?

 

<< ...ed è proprio perché le vittime continuano ad aumentare il nuovo provvedimento estenderà la zona rossa chiudendo, di fatto, la Lombardia! Da lunedì gli spostamenti saranno bloccati e permessi solo in caso di emergenza; E' il provvedimento previsto all'articolo uno della bozza del nuovo decreto del governo che dovrebbe essere approvato questa sera! >>

Il forte rumore di un bicchiere infrantosi sul pavimento, scivolato dalle mani di una collega, fece sobbalzare Nicolas e distogliere a tutti l’attenzione dalla TV.

<< CARMEN, DOVE STAI ANDANDO? >> urlò un’altra collega inseguendo la ragazza fuori dal locale.

<< Me ne devo andare! Non posso rimanere bloccata a Milano, ho la mia famiglia al sud! >> strillò la giovane nel panico << Ci rinchiudono e chissà quando ci faranno uscire! Vogliono isolarci, farci morire tutti qui! >>

<< Ti prego, mantieni la calma! Se fai così non… EHI! >>

Altri colleghi stavano sorpassando le ragazze, scusandosi ed imbracciando i loro zaini.

In quella pizzeria non vi lavorava nessun milanese, erano tutti studenti fuori sede che arrotondavano al meglio delle loro possibilità, come faceva Nicolas.

E i suoi colleghi non erano gli unici, in quel momento, ad abbandonare le loro attività per correre a casa a fare i bagagli.

Ogni studente, ogni lavoratore, ogni singola persona fuori sede, trasferitasi a Milano, stava scendendo in strada. Chi correndo, chi piangendo, chi già trascinando la sua valigia senza guardarsi indietro.

Nicolas rimaneva lì, fermo, all’entrata della pizzeria, ormai deserta, non sapendo cosa provare alla vista di quella mandria in movimento senza alcun senso logico.

Ogni sforzo fatto nelle precedenti settimane per mantenere la calma si era vanificato nel giro di un istante.

La fredda, rigida, e razionale Milano stava avendo un attacco di panico.

<< Sto cercando di chiamarti da mezz’ora, accidenti a te! >>

Una mano si allungò ad afferrare il braccio di Nicolas, ancora rapito dalla scena davanti a sé, trascinandolo in strada con poca delicatezza.

<< Dario… ? >> quasi urlò dallo spavento.

L’altro non si voltò a guardarlo, troppo impegnato a farsi largo tra la folla. Non si curò nemmeno di dosare la forza con cui gli stringeva il polso, troppo sottile per una presa ferrea come quella.

<< Dario, per favore, mi stai facendo male! >> cercò di avvertirlo.

Non capiva perché lo stesse portando via così dal posto di lavoro, oltretutto, con il suo zaino da viaggio sulle spalle.

<< Dobbiamo andarcene, Nic! >>

<< Eh? >>

<< Se ci chiudono qui, siamo fregati! >> spiegò, girandosi << Non potremo tornare a casa nei prossimi mesi, lo capisci? >>

Tra tutte le persone, Dario era quello che meno si aspettava di veder cedere al panico generale.

Dario come Milano.

Ancora una volta gli sembrò di non riconoscerlo e si sentì profondamente turbato da ciò.

<< Dovrei avvisare il mio capo! La pizzeria è rimasta aperta senza nessuno a… >>

<< Non importa! Adesso andiamo in stazione e ce ne torniamo a Bologna! >>

<< Ma i miei bagagli…? >>

<< Li ho fatti io i tuoi bagagli! >> non lo lasciò terminare di nuovo.

Raggiunsero un bus in partenza, appena in tempo, e Dario addossò Nicolas ad un angolo libero, mettendoglisi di fronte, in attesa di partire.

<< Ho tutto nel mio zaino, non preoccuparti! >> disse ancora << Cesare è in stazione, farà i biglietti anche per noi, quindi non dimenticarti di restituirgli i soldi! >>

Nicolas non rispose, limitandosi ad annuire.

Nella sua mente si stava domandando come sarebbe stato avere la stessa forza decisionale di Dario, o la sua capacità di prendere immediatamente l’iniziativa senza starci a pensare su più di tanto.

Fosse dipeso da lui, sarebbe ancora in pizzeria a guardare la gente scappare.

Eppure, se avesse avuto lo stesso spirito di iniziativa, Nicolas avrebbe…

“No, non posso!” pensò tenendosi alla parete per non scivolare, in seguito alla frenata improvvisa del mezzo.

Ci misero circa quindici minuti ad arrivare alla stazione Garibaldi e quando vi entrarono i ragazzi si stupirono di vederla così gremita di gente.

Le persone correvano ovunque, scendevano le scale a perdifiato, le biglietterie erano prese d’assalto. Forse poco più avanti c’era anche un agente intento a sedare una rissa.

A caratterizzare il tutto si potevano udire le centinaia di voci sovrapposte e i rumori dei passi frenetici accompagnati dallo strisciare delle ruote dei trolley.

Surreale.

Tutto tremendamente surreale.

<< Ragazzi! >>

In lontananza la figura di Cesare, affiancato dalle loro coinquiline, attirò l’attenzione dei due.

Nicolas quasi si sentì rassicurato nel vederlo lì.

Una figura familiare in mezzo a quell’assurda confusione.

<< Com’è la situazione? >> gli domandò Dario << Possiamo partire? >>

<< Sono riuscito a fare i biglietti! Se ci sbrighiamo, siamo ancora in tempo! >>

Consegnati i biglietti a Nicolas e Dario, i ragazzi abbracciarono le loro coinquiline in partenza per la Sicilia, promettendo di rivedersi presto nonostante sapessero che non si sarebbero rivisti poi così tanto presto, o forse mai più, essendo tutti prossimi alla laurea.

Nessuno era pronto a quella situazione ed anche una promessa campata per aria bastava a dare un minimo di conforto.

Nicolas trattenne le lacrime a stento mentre le guardava andare via, ricordando il giorno in cui lo accolsero ufficialmente in casa organizzandogli una piccola festa di benvenuto.

<< Coraggio, Nic! >> sospirò Cesare, poggiandogli una mano sulla schiena per invitarlo ad andare.

Il binario da raggiungere per salire sul treno diretto a Bologna era il numero sei.

Per via della gente accalcata sulle scale, i tre ci misero davvero tanto a passare dai sotterranei, però, raggiungere il mezzo si rivelò essere la fatica più grande.

Cesare decise di tentare la fortuna ed andare a cercare posto in altri vagoni, dando appuntamento agli altri fuori da Bologna Centrale, se mai fossero riusciti a partire.

In giro vi erano già le guardie ad urlare che i posti sul treno erano esauriti, venendo, comunque, ignorate da chi continuava a salire.

<< Non sarebbe meglio aspettare il prossimo? >> domando Nicolas, a disagio tra tutta quella gente pronta a pestarlo da un momento all’altro.

<< Non ce nessun prossimo! Stanno bloccando tutto, lo vuoi capire? >> sbottò Dario di rimando, alzando la voce << Non capisci mai un cazzo, com’è possibile? Svegliati, una buona volta! >>

A quell’insulto rivoltogli ancora, Nicolas si morse il labbro inferiore distogliendo lo sguardo. Reazione a cui il più grande non diede peso, continuando a spingere per arrivare alle porte del treno.

L’unico desiderio di Dario era andare via da quella città infetta e tornare a vivere a Bologna, come aveva sempre desiderato.

Non gli importava quanto potesse costare, avrebbe ceduto volentieri un arto pur di salire su quel maledetto treno.

E ci riuscì. Riuscì a salire ad un secondo dalla chiusura delle porte, conquistando la sua vittoria personale.

Esultò voltandosi a guardare Nicolas alle sue spalle.

O meglio, alle sue spalle dove pensava Nicolas si trovasse.

<< Nic! >> lo chiamò girando su se stesso, per quanto possibile.

Stare all’interno di quel vagone o all’interno di una scatola di sardine era la stessa cosa. Magari Nicolas si trovava a due passi da lui e lo aveva soltanto perso di vista.

Lo chiamò ancora riuscendo nuovamente a voltarsi, questa volta in direzione delle porte, e là lo vide.

Fuori.

Dall’altra parte del vetro, tra la folla in movimento, spiccava la figura di Nicolas, immobile, che lo guardava da lontano.

Sorpresa, tristezza, delusione, angoscia, rabbia, rassegnazione. Tutte le sensazioni e le emozioni del mondo si concentrarono in quell’ultimo sguardo.

La partenza del treno mise fine ad un rapporto, ormai, logoro, lasciando Nicolas totalmente svuotato dall’interno.

Ogni cosa aveva perso importanza: Dove si trovasse o cosa stesse succedendo. Ricevette anche una serie di spinte da gente in corsa, ignorandole del tutto.

Non piangeva, nonostante lo desiderasse da morire. Sentiva soltanto… vuoto.

Perché stava reagendo così? Cosa gli era passato in mente prima di compiere quella cazzata?

Come avrebbe fatto da quel momento in poi senza Dario?

Cominciò a vagare per la stazione, sordo al panico attorno a lui, camminando in direzione opposta alla folla che correva per salire sul prossimo treno diretto chissà dove.

Testa bassa e occhi spenti.

Un fantasma. Così lo definì Cesare scorgendolo da lontano.

<< Nic! >> cercò di attirare la sua attenzione << Ehi, Nic! >>

Nicolas alzò lo sguardo.

<< Cazzo, non siete riusciti a salire anche voi? Io non ce l’ho fatta per un soffio! >> disse con il fiato corto raggiungendolo.

Cesare inarcò un sopracciglio, preoccupato nell’incrociare lo sguardo spento con cui l’altro lo stava guardando.

<< Nic! >> lo chiamò ancora, destandolo dal suo stato catatonico.

<< Che ce? Oh, Cesare! Non sei riuscito a partire? >>

Sembrava lo avesse visto davvero soltanto in quel momento.

<< Cosa diavolo ti è successo? Dov’è Dario? >>

<< È andato via! >>

<< Come, è andato via? >>

A quella domanda le labbra di Nicolas si strinsero in sorriso tirato.

<< Non farmi domande, per favore! >>

Lo stupore si dipinse sul volto di Cesare, ma per poco, perché capì che Nicolas aveva preso una vera decisione dopo mesi e mesi di incertezza.

<< Te l’ho detto, sei forte abbastanza! Non hai bisogno di nessuno! >>

Il più piccolo non rispose, tenendo la testa bassa e lasciandosi avvolgere da un abbraccio non richiesto, eppure di cui scoprì necessitare.

<< Cesi, andiamo a casa? >>

<< Si! >> continuò a stringerlo a se, passandogli un braccio sulle spalle << Si, andiamo a casa! >>

Bologna avrebbe aspettato.

Le figure a muoversi in direzione opposta alla folla erano diventate due.

 

<< Sono da poco passate le venti di sabato sera quando i giornali pubblicano la bozza del decreto con la “chiusura” della Lombardia e di altre quattordici province del NordL’ipotesi era nell’aria dalla sera prima […] e tanto è bastato per innescare il panico, prima sui social e poi nelle stazioni, dove in moltissimi si sono precipitati per salire sui treni in partenza da Milano verso il sud Italia, scappando dalla Lombardia prima che entrasse in vigore l’isolamento.

Il nuovo Dpcm #Iorestoacasa decreta: Le misure di contenimento sono estese all’intero territorio nazionale.

Vietata ogni forma di assembramento in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Bar, ristoranti, pizzerie, e pub potranno restare aperti soltanto dalle ore sei alle ore diciotto.

 

Sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati. 

Nove marzo, mezzanotte e quindici: Questo era l’ultimo aggiornamento, seguiremo gli sviluppi nel corso delle prossime edizioni del telegiornale! >> 

 

 

 

Continua...

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


<< Mi sta salendo il rifiuto per la vita umana! Ieri sera hanno detto che avrebbero chiuso le attività commerciali non di prima necessità e la gente stanotte ha preso d'assalto il supermercato sotto casa mia, facendo un casino assurdo fino all'alba! >>

<< Beh, la situazione sembra essere grave, a questo punto sei sicuro di non voler tornare a Bologna, Cesare? Guarda che se è un problema di trasporti possiamo venire a prenderti! Tonno si è appena offerto volontario per guidare fino a Milano! >>

<< NELSON, ho già le palle girate per conto mio! Smettila con questa storia! >>

Cesare sorrise nell'ascoltare i suoi migliori amici battibeccare come se si trovassero tutti nella stessa camera e non in una deprimente videochiamata su Skype.

<< Mi dispiace rega, non ho pianificato un ritorno! >>

<< Fossi in te, ci penserei! >> rispose Nelson << Probabilmente, tra poco non ci faranno uscire nemmeno per gettare l'immondizia! >>

<< REGA, ho appena letto un tweet; Conte ha ordinato di sparare a vista ai due fratelli di Codogno fuggiti al sud! >>

<< Ma cosa dici? >>

<< L'ho letto sulla pagina di TGcom24, giuro! >> insistette Tonno, convinto.

<< Testa di cazzo, è un account falso! >> scoppiò a ridere Cesare, ricordando di aver letto lo stesso tweet qualche ora addietro.

<< Ah! Oh, cosa ridi? La pagina ha lo stesso logo di TGcom24, chiunque ci sarebbe cascato a prima vista! >>

<< Tone, secondo te Conte potrebbe mai ordinare di sparare a vista a qualcuno? Dai! >>

Anche Nelson rideva, tanto da doversi togliere gli occhiali a causa delle lacrime.

<< Sei maledettamente stupido, come si fa a non ridere? >>

<< Andate a fanculo! >>

A quello sbuffo dettato dall'umiliazione i due ragazzi, in preda alle risate, dovettero procurarsi fazzoletti e acqua altrimenti sarebbe rimasto solo il povero Tonno in chiamata.

<< Il... il bello... il bello, Cesare, è che, sono sicuro, sarebbe stato d'accordo se Conte avesse davvero ordinato di sparare a vista! >>

<< Sicuro! Avevi già tirato fuori il moschetto, vero Tonno?>>

<< Se continuate a prendermi per il culo me ne vado! Vi sto avvisando, merde! >>

A Cesare mancavano da morire quei deficienti. Con loro aveva vissuto ogni momento della sua vita; dall'infanzia, all'adolescenza, alle prime sbronze, le notti bianche sui colli, le infinite corse per le strade rincorrendo un autobus o un pallone. Sempre protetti dai portici della loro bellissima Bologna.

Se si guardava indietro non poteva non vederli al suo fianco.

Nelson e Tonno c'erano stati sempre, anche quando quelli ad esserci non avrebbero dovuto essere loro, dimostrandosi più fedeli del suo stesso sangue.

E sentiva di stare male nel vederli continuamente cambiare in sua assenza.

Anche se veniva messo al corrente delle novità ed ogni tanto riuscivano a rivedersi, se c'era del tempo libero, non era come stare con loro a Bologna.

Si perdeva costantemente qualcosa, per quanto si sforzasse di esserci. Ad ogni rimpatriata, o ad ogni chiamata a distanza di pochi giorni, i due ragazzi gli sembravano sempre diversi da come li aveva lasciatati l'ultima volta. E la consapevolezza di non sapere il perché gli arrivava dritta in faccia come un potente schiaffo.

Tuttavia, era il prezzo da pagare per vivere lontano dalla sua città, lo sapeva fin dall'inizio. Come sapeva quanto sarebbe stata sofferta quella decisione.

Fosse stato per lui non sarebbe mai andato via, a chilometri di distanza dalle persone a cui più teneva. Si era ritrovato a dover fare una scelta, non c'erano molte via d'uscita.

La sua famiglia non gli permetteva di vivere, o meglio, di viversi come lui desiderava. Chiusi nella loro bolla di perfezione ed apparenze, non avrebbero accettato a lungo di avere una pecora nera nel branco.

Cesare non si adattava agli schemi, non li comprendeva e non si sforzava nemmeno comprenderli, soffriva ogni forma di costrizione, quindi perché avrebbe dovuto conformarsi? A quale fine?

Non gli importava di apparire adeguato, i giudizi della società fondavano su idee non sue. Lui voleva vivere senza dover rendere conto a nessuno o sentirsi in colpa per chi sentiva di essere.

Anche se ciò gli costava il dover rinunciare a qualcosa di importante.

<< Sei solo lì? >>

<< Mh? >> Cesare tornò a dare attenzione allo schermo, capendo di essersi perso nei suoi pensieri << Come, Nels? >>

<< Ti ho chiesto se sei rimasto da solo in casa! I tuoi coinquilini saranno andati tutti via sabato, immagino! >>

<< In verità, sono con Nicolas! >> rispose con aria preoccupata.

Al loro ritorno dall'ormai famoso Assalto ai treni, Nicolas era veramente provato dagli eventi. Gli aveva domandato se potesse fare qualcosa per lui e di essere disponibile nel caso volesse parlare, ma il più piccolo lo ringraziò e, senza dire altro, si diresse in cucina a preparare da mangiare.

Inizialmente, Cesare, preferì lasciarlo stare, per non essere invadente ed immaginando che volesse mettere in ordine le idee. Peccato non avesse tenuto conto di come il cervello di Nicolas andasse totalmente in blackout quando viveva momenti di tensione, e ciò costò ad entrambi uno spiacevolissimo incontro con il pavimento di ben tre piatti provenienti dal servizio prestatogli dal loro padrone di casa.

La stessa sorte sarebbe toccata ad un bicchiere e una tazza da colazione, il giorno dopo, se Cesare non fosse stato lì pronto ad afferrare qualsiasi stoviglia scivolasse dalle mani dell'altro.

Non poteva essere lasciato a sé. Nicolas stava facendo l'errore di tenersi tutto dentro senza rendersi conto di quanto la sua mente ne risentisse.

Quel ragazzo sembrava trovare sempre un modo per stare male, com'era possibile?

<< Ah, Nicolas! >> sorrise Tonno << Il famoso Nicolas! Quindi siete rimasti soli, finalmente! >>

<< Cosa vorresti dire? >>

Entrambi i ragazzi, all'interno dello schermo, risero complici, facendo intuire al loro amico di essere diventato il bersaglio della conversazione.

<< Ultimamente ci hai parlato spesso di questo Nicolas, quindi abbiamo fatto due più due! Ora siete da soli, quindi... >>

<< Credo abbiate frainteso, regaz! >> lo interruppe Cesare, imbarazzato dall'idea di aver dato un'impressione sbagliata.

Ok, ci teneva, però non fino a quel punto.

O no?

Le risate di Nelson e Tonno ebbero l'effetto di metterlo ulteriormente a disagio.

<< Ma se ci hai rotto le palle per giorni! "Nicolas di qua", "Nicolas di là", "Oggi Nicolas mi è sembrato particolarmente giù!" >>

<< Ero soltanto preoccupato, come lo sono adesso! Avete capito male, veramente! >> cercò di insistere il bersaglio, anche se le sue convinzioni sembravano vacillare.

In effetti, si era spesso dilungato su quanto fosse preoccupato per Nicolas, però non l'aveva mai vista come una forma di interesse nei suoi confronti.

Insomma, c'era Dario con Nicolas, per quanto le cose stessero andando a rotoli tra loro, non si sarebbe mai sognato di mettersi in mezzo. Lui non era quel tipo di persona.

<< Ehi,  lo sai che a noi importa soltanto di saperti sereno!  >> disse Nelson cercando di mantenere un tono rassicurante.

Tonno si stava preparando all'eventualità di tornare ad indossare i panni del bravo fratellino, prontissimo a sostenerlo come avevano sempre fatto, ma Cesare sorrise ed abbassò lo sguardo con un filo di rossore in volto.

<< Lo so, rega, ma... Possiamo lasciar perdere? >>

Stava iniziando a provare sentimenti contrastanti, doveva, anche lui, fare ordine nella sua mente. Non era assolutamente il momento giusto per parlarne.

<< D'accordo, ma facci sapere come va a finire! Lo sai quanto Nelson è pettegolo, a lui piacciono queste cose! >>

<< Io non sono pettegolo! Mi piace tenermi informato, è diverso! >> si indispettì il ragazzo preso in causa.

I tre decisero di chiudere la chiamata, ormai, a pomeriggio inoltrato, lamentandosi di aver dimenticato di pranzare, e non appena poté tirarsi su, Cesare si mise a girare per la stanza percorrendone ogni centimetro calpestabile.

Allo stesso modo delle tigri in gabbia.

E se gli altri avessero avuto ragione? Loro lo conoscevano meglio di quanto lui conoscesse se stesso, doveva tenere conto di ciò.

Eppure, non gli sembrava un fatto così scontato.

Avrebbe potuto domandare a Nicolas se gli avesse dato l'impressione di provarci con lui?

No, preso dalla storia con Dario, difficilmente se ne sarebbe accorto.

Frustrato, decise di non starci troppo su a pensare preferendo tornare al pc e controllare le email provenienti dalla sua università.

Il calendario delle lezioni era stato aggiornato per dare, finalmente, il via alle lezioni online.

L'idea di passare ore a fissare uno schermo non lo entusiasmava, peggio se doveva farlo stando seduto. Iperattivo com'era, si vedeva già ad avere tic nervosi ogni due per tre, ma non poteva perdere molte ore altrimenti non avrebbe potuto accedere agli esami.

<< Bella merda! >> borbottò rispondendo all'email di una collega << Ne usciremo molto male da questa quarantena, me lo sento! >>

In quello stesso istante il suo stomaco gli ricordò il pranzo abbandonato in frigo e le troppe ore trascorse dall'ultimo pasto.

Quando Cesare si convinse a mettere piede in cucina, la sua attenzione venne immediatamente catturata da Nicolas intento a riempire un bicchiere con acqua proveniente dal rubinetto.

<< Ehi, qui scaricano di tutto! Non ber... >> cercò fermarlo prima che bevesse quella merda senza riuscire, comunque, a terminare la frase perché l'altro trasalì per la sorpresa di ritrovarselo alle spalle e il bicchiere gli scivolò dalla mano, andando a frantumarsi sul pavimento.

Si guardarono in faccia per minuti interminabili; uno spaesato, l'altro sconvolto, concordi nel non sapere cosa dire o come agire.

Cesare si lasciò andare ad un lungo sospiro.

<< Cazzo, mi dispiace! >> disse Nicolas, nel panico, immaginando a quanto potesse ammontare il danno da ripagare al padrone di casa << Pagherò io, non preoccuparti! >>

Recuperò velocemente la scopa ed una paletta per raccogliere i cocci.

<< Sono un disastro! >>

E quello era nulla in confronto a cosa aveva fatto alla maggior parte degli oggetti nella sua camera, costose macchine fotografiche comprese.

Nicolas raccolse i frutti del suo disastro mantenendo lo sguardo e la testa bassa, vergognandosi tantissimo nel farsi vedere dall'altro in quelle condizioni assurde.

Dovette, però, lasciare ogni cosa nel momento in cui vide le mani di Cesare allungarsi verso di lui, afferrandolo saldamente per le spalle.

<< Cosa stai facend...? >>

<< Adesso ci dai un taglio, ok? >>

<< Cosa? >>

Con una spinta non troppo leggera, Cesare lo spinse contro al frigorifero, in modo da bloccargli ogni via di fuga.

<< Nic, non me ne frega un cazzo delle stoviglie del padrone di casa! >> disse guardandolo dritto negli occhi << Adesso tu mi parli di cosa è successo con Dario e di qualsiasi cosa ti stia passando per la testa! Non ci muoveremo di qui fino a quando non avrai vuotato il sacco, sono stato chiaro? >>

Dava davvero l'idea di non ammettere repliche, questo pensava Nicolas mentre lo guardava dritto negli occhi a sua volta.

Ma come avrebbe potuto spiegargli cosa stava succedendo se non era in grado nemmeno di fare ordine nella sua mente?

Dall'altra parte, Cesare fissava gli occhi scuri davanti a se, scorgervi di tutto.

Ogni emozione da lui conosciuta e non, si trovava lì dentro.

E cazzo, voleva sentirle venir fuori tutte. Sarebbe stato disposto a stare lì giorni interi ad ascoltarlo pur di rivedere la luce che animava gli occhi di Nicolas nei giorni in cui lo aveva conosciuto.

Dov'era finita la sua aria spensierata?

Dov'era finito il Nicolas entusiasta dei suoi progetti, tanto da emanare positività anche solo incrociandolo in corridoio?

Perché continuava a soffrire?

<< Nic, parlami, dannazione! Dimmi come stai, spiegami cosa ti è successo! >>

Sentire le mani di Nicolas cingergli i polsi gli provocò un inaspettato brivido lungo la schiena.

Allentò immediatamente la presa sulle sue spalle. Stava stringendo troppo.

<< Io non... Ah, lascia perdere! Ti importa soltanto perché sei costretto a passare la quarantena con me! >> disse Nicolas, cercando di allontanarlo da sé senza successo.

<< Non dire cazzate! Avanti, cosa c'è? Sono qui per ascoltarti! >>

<< Cosa vuoi? Lasciami stare!>> sbottò improvvisamente.

Il più piccolo sgusciò via dalla presa, approfittando di momento di distrazione, ma Cesare riuscì ad acciuffarlo nuovamente prima che si allontanasse e dovette lottare con lui qualche minuto per evitare di farlo scappare ancora.

Nicolas si dimenava come un gatto in trappola. Era dannatamente difficile riuscire a tenerlo fermo senza correre il rischio di fargli male.

<< AHIA! >> urlò, infatti, ritrovandosi la schiena sbattuta, con poca grazia, contro al frigorifero per la quarta (quinta?) volta.

<< Scusa! >>

Cesare sperò con tutto se stesso che si fosse calmato, altrimenti, non ne avrebbero cavato un ragno dal buco.

<< Stupido, mi importa di te perché ti voglio bene! >> disse dopo lunghi secondi di silenzio.

Dovette stringergli ancora le spalle per farsi dare la giusta attenzione, anche se la paura di fargli male lo tormentava dall'interno.

Mai, mai, avrebbe voluto fargli male. Nemmeno per sbaglio.

Sembrava essere così fragile da aspettarsi di vederlo andare in mille pezzi in qualsiasi momento, come il bicchiere rotto pochi minuti prima.

Specie quando quelle spalle, da lui strette con tanto timore, iniziarono a tremare.

<< Da dove dovrei iniziare? >> domandò, finalmente, Nicolas senza alzare lo sguardo << Non basterebbe un giorno per raccontarti un disastro dietro l'altro! >>

<< Abbiamo l'intera quarantena! >>

Gli occhi di Nicolas si alzarono, ricchi di stupore, incontrando un sorriso comprensivo che ebbe l'effetto di fargli provare più vergogna di quanta ne provasse già in precedenza.

Si domandò come gli fosse venuto in mente di reagire in quel modo? Tentando di scappare.

Beh, non aveva fatto altro da quando si trovava lì. I problemi non li affrontava, li aggirava ed aspettava di vedere qualcosa cambiare, quando quello a cambiare, o a fare qualcosa, doveva essere proprio lui.

La sua mente venne inevitabilmente sopraffatta dai ricordi di ogni singola cosa fatta e sbagliata nella sua vita, compresi i rimproveri dei suoi genitori che, ragionevolmente, non erano mai stati d'accordo con lui sotto ad ogni punto di vista, riguardo alle sue scelte.

E lì, incastrato tra un frigorifero risalente agli anni ottanta ed il corpo di Cesare ad ostacolare ogni suo tentativo di fuga, dagli occhi di Nicolas iniziarono a scendere lacrime cariche di quelle emozioni a lungo nascoste, seguite da singhiozzi sempre più profondi ed incontrollati.

<< Bravo, Nic! Sfogati! >>

<< Sono... sono un fallimento continuo! >> allungò le mani per afferrare Cesare e stringere la stoffa della sua felpa tra i pugni, all'altezza del petto << Ho deluso tutti: i miei genitori, la mia intera famiglia, anche Dario, e adesso sono diventato un peso anche per te! >>

Tirò quella felpa con tutte le sue forze, come se ne andasse della sua stessa vita.

<< Avrei dovuto dare ascolto ai miei genitori, non sarei mai dovuto venire qui, e inseguire qualcosa che ho perso di vista da tempo! Adesso ho lasciato Dario e sento di avere perso davvero ogni cosa, ogni punto di riferimento e... >>

Si fermò, incerto se dire altro o meno.

<< E...? >> lo incitò Cesare.

Nicolas continuò a fissarlo con la bocca mezza aperta e l'aria di chi stava per confessare il suo segreto più grande.

<< Ho paura! >> disse tra le lacrime << Ho paura, Cesi! >>

Un'unica frase a contenere un mondo.

Non servivano altre parole, era tutto lì. Cesare annuì, come a dirgli di aver recepito il messaggio, aspettando pochi secondi prima di far scendere lentamente le mani dalle spalle alla schiena di Nicolas, per tirarlo a sé ed avvolgerlo in un abbraccio.

<< Piangi, ti farà bene! >> disse, accarezzandogli la nuca.

<< Cosa piango a fare? Se piango non risolverò nulla! >>

Le braccia attorno al corpo di Nicolas si strinsero di più e man mano che la stretta si faceva più sicura lui nascondeva il volto sulla spalla dell'altro.

Per la prima volta si sentì lontano.

Lontano da tutto, lontano dal mondo, lontano da qualsiasi cosa potesse farlo stare male.

Lontano.

Cesare percepì le braccia, tremanti, posarsi sulla sua schiena e stringerlo, per quanto possibile.

<< Adesso piangi, al resto penserai dopo! >> sorrise, parlandogli all'orecchio << Ah, e non pensare neanche di essere un peso, chiaro? >>

<< Mh! >> fu l'unica risposta.

Nessuno dei due si prese la briga di contare il tempo trascorso l'uno stretto all'altro.

Anche se sembrava essere un abbraccio per rassicurare soltanto Nicolas, la verità era che anche Cesare ne aveva bisogno.

Non sentiva un corpo a contatto con il proprio da troppo tempo.

Lui, cresciuto a suon di carezze e abbracci fin da bambino, poi ritrovatosi, improvvisamente, a doversi tenere lontano da chi credeva fosse amato.

Soffriva parecchio la mancanza di contatto fisico, specie da quando non c'era la sua, ormai, ex ragazza con lui.

"Sei appiccicoso, smettila!" gli ripeteva continuamente, se cercava di tenerla stretta a sé in ogni momento possibile.

Cosa poteva farci?

Il contatto fisico lo rassicurava, lo faceva sentire vicino alla persona interessata, ma, evidentemente, non era lo stesso per lei che ad un tratto se n'era andata dicendogli di sentirsi soffocare dalla loro relazione.

In quel momento stava accadendo tutt'altro, però. In quel momento c'era Nicolas ad aver bisogno di abbracciarlo, toccarlo, e sentirlo vicino.

Dio, quanto gli mancava quella sensazione.

<< Ti... ti sto stringendo troppo? >> domandò, comunque, per sicurezza.

Nicolas farfugliò un: "No!" in risposta, con ancora il volto nascosto sulla sua spalla, senza dare alcun segnale di volersi allontanare.

Non piangeva già qualche minuto, voleva soltanto sentirsi lontano dallo schifo in cui stava ancora per un po'.

<< Solo un altro po'! >> disse voltandosi leggermente verso di lui, senza mollare la presa, e chiudendo gli occhi << Per favore! >>

<< Hai tutto il tempo del mondo, Nic! >>

Entrambi si domandarono quanto fosse passato dall'ultimo abbraccio sincero dato, o ricevuto, ed entrambi si diedero una risposta: Troppo.

<< ... E' evidente che senza un contenimento ed una diminuzione dei contagi la situazione è destinata solo a peggiorare! Proprio per scongiurare questo pericolo che il Governo ha emanato misure restrittive su tutto il suolo nazionale! >>

<< E ci dica, cosa intende quando parla di misure restrittive? >> domandò la giornalista interessata.

<<Gli esperti documentano l'efficacia delle misure di distanziamento sociale per ridurre l'impatto dell'epidemia! Per misure di distanziamento sociale si intendono altri tipi di intervento, che vanno ad aggiungersi al sollecitare le persone a lavarsi più spesso le mani o ad utilizzare di mascherine! >> rispose l'intervistato, guardando dritto in camera << Dovremo tenerci ad un metro gli uni dagli altri, niente strette di mano, niente baci o abbracci! >>

<< Quindi, il distanziamento sarà la regola! >>

<< Esatto! >>

<< Non le sembra esagerato tutto ciò? >> domandò ancora la donna << Noi italiani, come lei sa, siamo popolo caloroso, e difficilmente le autorità riusciranno a far rispettare queste nuove misure! >>

<< Oggi le vittime sono state più di ottocento e il bilancio continua a crescere vertiginosamente, perciò, queste misure sono necessarie se desideriamo che il numero si riduca! Come ha detto il nostro Premier, ci affidiamo al buon senso degli italiani! >>

<< La ringrazio, professore, per essere stato nostro ospite! >>

La giornalista fece per stringere la mano all'uomo, in segno di saluto, ma questo si tirò indietro con un sorriso.

<< Grazie a lei! >>

<< Mi scusi! >> sorrise anche la donna, in evidente imbarazzo, per poi rivolgersi alla camera << Sono le venti e cinquantanove, questa edizione del Tg2 termina qui! Ricordo, come sempre, che vi aggiorneremo sugli sviluppi nelle prossime edizioni del telegiornale!

Nel frattempo, buon proseguimento di serata e arrivederci! >>

 

 

 

Continua...

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