Il pranzo della domenica di Sophie Ondine (/viewuser.php?uid=32491)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sabato sera ***
Capitolo 2: *** Domenica mattina, parte I ***
Capitolo 3: *** Domenica, parte II ***
Capitolo 4: *** Domenica, -2 ore al pranzo ***
Capitolo 5: *** Domenica, il pranzo ***
Capitolo 6: *** Stato di emergenza ***
Capitolo 1 *** Sabato sera ***
Sabato
sera
Il
taxi si fermò con un leggero stridio di gomme.
Il tassista annunciò la fine della corsa e il
passeggero sul sedile posteriore, più veloce di qualsiasi
umano, scese dal
veicolo. Sembrava quasi fosse grato della fine di quella tortura: stare
su un
mezzo che puzzava terribilmente di un umano dedito all’alcool
era troppo per il
suo olfatto iper sviluppato.
Con la mano artigliata, allungò la tariffa della
corsa, gonfiata da una leggere mancia che sarebbe dovuta essere il
resto.
-Grazie
signore- disse l’uomo alla guida prima di
ripartire.
Sesshomaru
non ci fece nemmeno caso. Respirò a pieni
polmoni l’aria umida della sera. Nella mano sinistra teneva
una piccola
valigia.
Sebbene
fosse un demone, quel viaggio di ritorno era
stato particolarmente stressante: volo in ritardo, confusione al gate,
mocciosi
piagnucoloni. Mai come in quel momento aveva desiderato essere a casa
sua.
Guardò
la villetta davanti i suoi occhi: le luci all’interno
era accese. Rin e le ragazze dovevano essere
impazienti di
rivederlo.
Quel
viaggio di lavoro si era rivelato più lungo del
previsto. Quando al telefono aveva detto a Rin che si sarebbe
trattenuto un
giorno in più, lei aveva nascosto la delusione con la voce
migliore che potesse
fare.
Lui, dall’altro capo del telefono, aveva leggermente
sorriso a quella reazione: sapeva che Rin non voleva appesantirlo in
alcun
modo, anche se questo significava fare buon viso a cattivo gioco.
-Occuparsi
dei rapporti tra clan di umani e demoni
non è di certo facile. Io e le ragazze passeremo
un’altra serata tra donne e
quando tornerai saremo ancora più felici!- aveva trillato
lei, stringendo il
cellulare con veemenza, come per sfogare la delusione.
Il
demone oltre alla valigia aveva anche una grossa
busta: all’interno c’erano dei regali. Era
un’abitudine portare qualcosa dopo
un periodo di lontananza.
Si avviò a lunghe falcate verso la porta, superò
il
cancello del giardino, cercò le chiavi e le
inserì nella toppa.
La prima cosa che investì il viso di Sesshomaru,
oltre al calore, fu una raffica di urla indistinte.
-NO,
FERME!-
Quella
era la voce di Rin preoccupata.
Ancora sulla soglia di casa, Sesshomaru vide tre
figure correre impazzite per casa.
-Maledetta,
ridammi il mio telefono!- ringhiò senza
ammissione di replica Setsuna.
-Non
c’è bisogno di arrabbiarsi- cercava di dire
Towa.
-Tanto
non riesci a starmi dietro- canzonava Moroha.
Ne
aveva avvertito l’odore fuori, ma Sesshomaru
sperava che sua nipote fosse passata solo nel pomeriggio e poi fosse
tornata a
casa. Avere la copia di Inuyasha per casa era l’ultimo dei
suoi desideri.
-Ragazze,
per favore, non correte… oh, bentornato,
Sesshomaru!-
Questa
volta a parlare fu Rin, comparsa all’ingresso.
Il viso leggermente accaldato, la voce preoccupata ma gli occhi
illuminati alla
vista del marito.
Indossava un dolcevita chiaro, i capelli erano
arruffati, probabilmente perché cercava di contenere quelle
tre cose che, molto probabilmente,
gli
avrebbero distrutto casa.
Anche le ragazze si fermarono. Non avevano notato l’ingresso
di Sesshomaru, prese com’erano dalla litigata.
Towa fu la prima a prendere parola.
-Bentornato,
papà!- urlò con lo stesso entusiasmo di
Rin.
Setsuna,
ancora irritata con la cugina, si limitò ad
un’alzata di mano.
-Zio
Sesshomaru, qual buon vento!- disse Moroha con
quell’espressione che al demone ricordava tanto il
fratellastro. Pensava impossibile
che ci fosse qualcuno al mondo in grado di superare Inuyasha in
qualità di
essere molesto, ma si sbagliava: sua figlia era anche peggio.
-Tu
non hai una casa?- fu la sola cosa che riuscì a
dire, ignorando i saluti precedenti.
Moroha
non sembrò per niente infastidita da quella
domanda, anzi, più lo zio sembrava irritato, più
lei ci trovava gusto. Dopotutto
suo padre l’aveva istruita a dovere. Sfoderò un
largo sorriso e disse:- Se vuoi
posso chiamare papà e farmi venire a prendere, se la mia
presenza non è gradita…-
Quelle
parole in realtà nascondevano una velata
minaccia: se Inuyasha fosse andato davvero a prenderla, si sarebbe
alleato con
la figlia per portare Sesshomaru al limite della sopportazione, il che
voleva
dire scatenare una lotta.
Alla sola idea Rin impallidì e, veloce come non mai,
si fiondò accanto al marito. Gli prese la valigia e,
chiudendo la porta, disse
rivolta a Moroha:- Ma no cara, tuo zio prova sempre a scherzare, ma con
scarsi
risultati-
Ricordava
fin troppo bene l’ultima volta in cui
Inuyasha e Sesshomaru avevano dato il via ad una lotta in casa, con
Moroha e
Setsuna schierate da una parte, mentre lei, Kagome e Towa cercavano di
sedare
gli animi dall’altra. Purtroppo non era stato per niente
facile: la percentuale
di sangue demoniaco nella fazione lottatrice era troppo elevata per
essere
sostenuta della loro e la povera Rin si era ritrovata il giorno dopo a
chiamare
una ditta specializzata in riparazioni dei tetti.
Setsuna, nel frattempo, decise di sfruttare quel
momento di distrazione per riappropriarsi del cellulare e fuggire lesta
in
camera.
-Tanto
lo so che hai una tresca con Hisui!- urlò
Moroha, rincorrendola.
-Aspettatemi!-
le implorò Towa seguendole.
Rin
tirò un sospiro profondo.
Subito sentì le spalle avvolte in un abbraccio:
Sesshomaru, silenzioso come sempre, l’aveva abbracciata. Poi
le sussurrò all’orecchio,
dolcemente:- Ti hanno fatta disperare?-
Lei sorrise, felice del ritorno del suo demone. Poggiò
una mano sul braccio possente di Sesshomaru e disse:- Un po’,
ma almeno non mi
annoio in tua assenza-
-Ti
ho portato una cosa- disse subito lui.
E
tirò fuori dalla busta una scatolina di velluto
blu. Rin l’afferrò emozionata. Il fatto che lui si
ricordasse sempre di lei in
ogni suo viaggio era quello che la rendeva più felice. Ormai
per loro era una
piccola abitudine: quando dovevano partire per i rispettivi viaggi di
lavoro,
tornavano a casa sempre con qualcosa.
Lo
ringraziò ancora prima di aprire la scatola.
-Ma
non hai visto cosa c’è dentro- disse lui.
Rin
scosse la testa.
-Non
hai mai sbagliato un regalo in tanti anni, non
credo che oggi sia giunto quel giorno-
E
infatti quando aprì la scatola, rimase a bocca
aperta. All’interno c’erano due orecchini, piccoli
e discreti come piacevano a
lei. Quello che a Rin piacque di più fu la forma, che
ricordava quella di una
farfalla. Le ali erano formate da piccoli rubini e la parte centrale da
brillanti.
Luccicavano così tanto che la loro forma discreta passava in
secondo piano.
Si girò verso Sesshomaru, guardandolo negli occhi.
-Te
l’avevo detto che mi sarebbero piaciuti- e poi
gli depositò un bacio sulle labbra.
Sesshomaru,
sentendo l’odore di Rin, l’attirò subito
a se e sentì che il nervoso per la presenza di Moroha stava
lasciando il posto
all’eccitazione. Ricambiò il bacio con passione
tanto da dimenticarsi di non
essersi ancora tolto il cappotto.
-Mamma,
papà! Per favore! Che
impressione!!!- urlò Towa, coprendosi il viso con le mani.
I
due si staccarono subito, o meglio,
Rin si staccò da Sesshomaru in preda ad un imbarazzo
maggiore di quello della
figlia.
Sesshomaru guardò Rin in preda all’agitazione.
Apriva la bocca cercando di dire qualcosa di convincente ma senza alcun
risultato. Si chiese perché si agitasse così
tanto: le gemelle avevano 14 anni
e non era più un mistero per loro il modo in cui venivano al
mondo i bambini.
Purtroppo Rin sembrava in preda al
panico più assoluto, quindi decise di salvare lui la
situazione.
-Cosa
c’è, Towa?- domandò come se non
fosse successo niente mentre si sfilava il cappotto.
La
mezzo demone si tolse le mani del
viso e, vedendo il padre così impassibile, si riprese
dall’imbarazzo.
Rin invece tirò un sospiro di sollievo,
grata al marito per averla tirata fuori da quella situazione. Era
davvero
difficile per lei gestire l’imbarazzo delle figlie davanti
agli scambi d’affetto
tra lei e Sesshomaru. Anche se alla fine quella che le dava
più pensieri era
proprio Towa, sua sorella Setsuna si limitava ad andarsene
silenziosamente.
-Ecco,
visto che sei tornato, volevo
chiedere alla mamma se potevamo ordinare delle pizze visto che Moroha
si
fermerà a dormire da noi-
-Oh
tesoro, ma certo. Mentre tuo padre
disfa la valigia, andrò di sotto in taverna a prepararvi la
stanza per la
notte- si affrettò a dire Rin, guidando la figlia per un
braccio verso la
cucina.
Prima
di sparire, si girò verso
Sesshomaru e disse:- Quando hai finito, vieni in cucina. Per noi
c’è altro da
mangiare-
L’occhiolino
finale fece capire al
demone che Rin aveva in mente di passare un po’ di tempo loro
due da soli e che
la presenza di Moroha era stata calcolata per tenere impegnate le
figlie.
-Va
bene- disse lui.
***
Nonostante
le camere si trovassero al
piano superiore, le tre cugine quella notte avrebbero dormito al piano
inferiore.
Towa e Setsuna avevano due camere
separate, ma quando Moroha si fermava da loro, Rin preparava sempre la
stanza
al piano di sotto, nella taverna. Lì c’era una
stanza con un grande letto
matrimoniale, che avrebbe ospitato tutte e tre per la notte, e un
grande
televisore per guardare un bel film in santa pace. Le ragazze avrebbero
avuto
tutto a loro completa disposizione senza disturbare i genitori e senza
essere
disturbate.
-Mi
raccomando, ragazze, non fate troppo
tardi e, soprattutto, non cominciate alcun tipo di lotta- si
raccomandò Rin.
Non
ricevendo risposta dall’unica
persona a cui era rivolta tale raccomandazione, decise di essere
più esplicita.
-Setsuna,
mi hai capito bene?- chiese.
Sua
figlia la guardò come se non fosse
colpevole di nulla.
-Non
è colpa mia, Moroha mi provoca-
-Io??
Zia Rin, spero che tu non le
creda- piagnucolò l’altra.
-Tranquilla,
mamma. Le controllo io- si
offrì subito volontaria Towa, tentando di alleggerire le
preoccupazioni della
madre.
Rin
fece finta di crederci e sorrise.
Mentre saliva le scale per andare in
cucina, però, sentì chiaramente
l’inizio di una litigata.
-Allora,
cuginetta, non hai intenzione
di dirci niente su Hisui?- aveva iniziato a punzecchiarla Moroha.
-Adesso
smettila, sei molesta!-
Dentro
di sé si augurò che la promessa
fatta da Towa potesse essere mantenuta.
Quando entrò in cucina, Rin vide
Sesshomaru seduto ad aspettarla.
-Invitare
Moroha è stato un tentativo
per ritagliarci un momento di pace?- le domandò subito.
Rin
si avvicinò, prendendo posto vicino
a lui.
-Sì
e no. In effetti domani mi
serviranno più mani possibili-
Sesshomaru
non capì.
-Ecco,
vedi… in effetti il fatto che tu
sia dovuto rimanere fuori più tempo del previsto non aiuta-
disse Rin
grattandosi la tempia visibilmente in difficoltà- ma ho
organizzato un pranzo
tutti insieme domani e…-
Sesshomaru
sperava di aver capito male.
-Tutti
insieme?- domandò
interrompendola.
Lo
sguardo del marito era troppo per
Rin. Si alzò con la scusa di mettere in tavola quello che
aveva preparato per
loro due. Mentre si muoveva, cercava di trovare il più
presto possibile le
parole adatte a spiegarli la situazione senza farlo infuriare.
-Beh,
mentre eri via… un giorno mentre
eravamo di turno io e Kagome in ospedale, abbiamo pensato che sarebbe
stato
bello fare un pranzo tutti insieme. Ormai tu e Inuyasha riuscite a
stare nella
stessa stanza senza cercare di uccidervi per più ore di
seguito, tua madre e
Izayoi sembrano amiche di vecchia data e le ragazze vanno
d’accordo-
Non
fece in tempo a finire la frase che
subito dal piano di sotto arrivò un tonfo, seguito dalla
voce infuriata di
Setsuna che urlava “MOROHA”.
-In
effetti è proprio quello che direi
io ora- disse sarcastico Sesshomaru.
-Normali
litigi tra adolescenti- cercò
di giustificarsi Rin mentre disponeva sul tavolo la loro cena.
Sesshomaru
osservò i piatti. C’era un
pasticcio di carne, probabilmente piccante come piaceva a lui, delle
verdure al
forno ben arrostite, pane fresco comprato quella stessa mattina e della
frutta
già lavata e tagliata all’interno di una grande
ciotola. Erano le cose che lui
preferiva mangiare in assoluto.
Molte volte aveva disprezzato gli essere
umani, ma Rin riusciva ancora a stupirlo.
-Hai
preparato apposta questi piatti per
rabbonirmi?- chiese sospettoso.
Lei
sorrise, come se avesse un asso
nella manica. E in effetti ce l’aveva. Si alzò di
nuovo e si diresse verso il
frigorifero, ne tirò fuori una piccola teglia a forma di
cuore, regalo delle
figlie per il compleanno, con all’interno quello che sembrava
essere un dolce.
-Ho
preparato una mini cheesecake all’arancia.
Leggermente aspra, come piace a te- disse lei trionfante.
I
vecchi detti di sua nonna si erano
sempre rivelati veritieri: per quanto davanti a lei ci fosse un demone
maggiore
potente, temuto e rispettato, Sesshomaru era pur sempre un uomo. E si
sa, la
via per il cuore di un uomo passa sempre per il suo stomaco.
Il
demone alzò le mani al cielo in segno
di resa.
-Hai
vinto. Umana 1- demone 0-
Rin
sorrise radiosa. Tornò al tavolo per
mangiare insieme, ma prima che potesse dire
“Itadakimasu”, Sesshomaru
l’anticipò
con una frase che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.
-Domani
casa nostra si trasformerà in un
circo e va bene, ma questa- disse indicando la torta per lui- la
finiamo a modo
mio… di sopra!-
Forse
Moroha sarebbe potuta diventare
ospite fissa nei weekend.
Salve a tutti, lettori. So che
dovrei aggiornare le altre storie ( e i capitoli nuovi sono in fase di
preparazione), ma ho volevo assolutamente scrivere questa breve fic
visto il nuovo sequel che mi sta tanto ispirando.
Spero vi piaccia questo
capitolo.
Un saluto a tutti!
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Capitolo 2 *** Domenica mattina, parte I ***
Domenica mattina, parte I
La suoneria delicata del cellulare
arrivò alle orecchie di Rin, destandola dal sonno.
Nonostante gli occhi non
fossero ancora completamente aperti, allungò la mano per
disattivare la
sveglia: non voleva svegliare suo marito. Raramente era stanco, anzi di
solito
era lui il primo a svegliarsi, anche la domenica, ma
quell’ultimo viaggio di
lavoro doveva essere stato particolarmente stressante.
Delicatamente si tirò su
a sedere sul
letto, si stropicciò gli occhi e cercò le
pantofole.
Prima di uscire dalla camera da
letto,
diede un’ultima occhiata al marito: la testa completamente
abbandonata sul
cuscino, i capelli sparsi e la camicia del pigiama leggermente
sbottonata,
testimone della nottata intima tra i due. Rin arrossì
leggermente al solo
pensiero e sperava con tutto il cuore che le ragazze fossero crollate
dal sonno
e non avessero captato nulla. Ci provavano, ma a volte era inevitabile
essere
leggermente rumorosi. Quasi rimpiangeva i primi anni di matrimonio,
quando le gemelle
non erano ancora nate e avevano la casa a loro completa disposizione.
Arrivata in bagno, si diede una
rinfrescata al viso. Si ispezionò anche il collo e il petto
per paura di
trovare qualche segno, ma non ne trovò.
Meno male, pensò tra
sé e sé.
Rin si diresse verso la cucina. Una
volta scese le scale, capì che qualcun altro si era alzato
prima di lei dal
rumore di tazze armeggiate, tipico di chi stava preparando la colazione.
Non si stupì minimamente
di trovare
Setsuna in cucina.
-Buongiorno, tesoro- disse lei
avvicinandosi.
La ragazza non parve affatto
sorpresa e
rispose al saluto.
-Già in piedi?-
domandò la madre mentre
metteva a bollire l’acqua per il tè.
Setsuna si prese il suo tempo per
rispondere: si sedette su una delle sedie alte dell’isola
della cucina, prese
un biscotto e lo intinse nel latte. Poi, finalmente, parlò:-
Towa e Moroha si
sono buttate su di me svegliandomi-
Rin rise immaginandosi la scena,
soprattutto la faccia infastidita di Setsuna. Assomigliava in maniera
così
impressionante a Sesshomaru in quei momenti.
-In più, è
una di quelle notti- aggiunse
Setsuna.
Si riferiva alla sua
difficoltà di
riuscire ad addormentarsi. Fin da quando era piccola aveva manifestato
questo
tipo di problema.
Rin si era consultata con molti
suoi
colleghi pediatri, sperando di trovare un modo per aiutare la figlia,
eppure
sembrava che nulla potesse arginare la situazione.
I primi anni della loro vita, le
gemelle
avevano diviso la stessa camera e Towa, da brava sorella premurosa,
andava
spesso vicino a Setsuna per calmarla e rassicurarla.
“Non preoccuparti,
sorellina, ci sono io
con te” diceva abbracciandola e sistemandosi nel suo lettino.
Delle volte
quelle parole bastavano a calmarla, ma c’erano delle notti in
cui quello non
bastava più. Con delicatezza si scioglieva
dall’abbraccio della sorella e
sgattaiolava nella stanza dei genitori per infilarsi sotto le coperte
con la
sua mamma. In quei momenti si sentiva davvero al sicuro e dormiva
profondamente.
La mattina successiva Sesshomaru la
trovava avvinghiata a Rin e non faceva molto per nascondere il suo
disappunto.
“Smettila di fare il
bambino” lo
rimproverava successivamente Rin.
Con il passare degli anni
l’orgoglio di
Setsuna era cresciuto con lei e quando finalmente avevano ricevuto
stanze
separate, aveva preferito trovare metodi alternativi per dormire e non
causare
fastidio a sua madre. Spesso e volentieri cercava su Youtube concerti
di
violini e, armata di cuffie, si stendeva nel letto in attesa del sonno.
Towa delle volte faceva il suo
ingresso
in camera e, come se fossero tornate piccole, si metteva nel letto con
lei.
Non glielo diceva mai, ma a Setsuna
piaceva averla accanto.
-Tesoro, ancora problemi?- le
chiese Rin
accarezzandole i capelli dolcemente.
-A volte- disse la figlia facendo
spallucce, come se la cosa non la toccasse più di tanto.
Rin si chiese se da piccola non
l’avesse
lasciata troppo tempo sola con il padre: le reazioni, le espressioni,
il modo
di parlare stavano diventando troppo simili. La sua stessa figlia
riusciva a
metterle i brividi.
L’abbracciò
d’istinto, poi le sussurrò:-
Sai che puoi sempre venire dalla tua mamma, vero?-
Setsuna incurvò le
labbra in un leggero
sorriso. Poteva fingere di mal sopportare gli abbracci di Towa, di
Moroha ma di
sua madre no.
Ricambiò
l’abbraccio.
-Lo so-
***
Kagome infilò le chiavi
nella toppa.
Smontare dal turno di notte era il momento più bello della
giornata.
In fondo non le dispiaceva
rincasare a
casa con le prime luci dell’alba: trovava piacevole pensare
che lei tornava per
rintanarsi a letto quando tutti gli altri uscivano per andare al
lavoro.
Anche se quello non era il suo
caso, in
quanto era domenica, era lo stesso felice. La notte in ospedale era
stata
quieta ed era riuscita a riposare qualche ora.
Lungo il tragitto le era venuto in
mente
di fermarsi in un bar a prendere un dolce per colazione da dividere con
Inuyasha. Quella notte Moroha l’aveva passata da Rin e Kagome
sperava di
godersi un momento con il marito.
Quando aprì la porta,
come sospettava,
la casa era avvolta nel più totale silenzio. Non che la cosa
l’avesse stupita:
Inuyasha dormiva come un sasso 365 giorni all’anno.
Una volta chiusa la porta alle sue
spalle, gli occhi di Kagome caddero sul tavolino
all’ingresso, dove
troneggiavano ben quattro bottiglie di birra vuote. Ne prese una tra le
mani
per ispezionarla e con suo orrore notò che era stata
poggiata sul legno di quel
tavolino senza alcun sottobicchiere e ormai l’alone opaco
aveva fatto la sua
comparsa.
La rabbia montò dentro
Kagome in meno di
un battito di ciglia. Quel tavolino era stato il suo primo acquisto
quando era
andata a vivere da sola, in più lo aveva preso con il suo
primo stipendio da
specializzanda. Ci teneva tantissimo e se la stessa Moroha, pasticciona
per
natura, era riuscita a non procurargli neanche un graffio, si chiese
come
avesse fatto quel bruto di suo marito a scordarsi
un’informazione così
fondamentale.
Come in preda ad un istinto
omicida,
andò in cerca di Inuyasha.
Arrivata alla camera da letto, le
si
parò davanti agli occhi un’immagine che avrebbe
volentieri fatto a meno di
vedere: Inuyasha, Miroku, Koga, Jakotsu e anche Kohaku, stesi su una
qualsiasi
superficie morbida disponibile, in un intreccio di gambe
raccapricciante.
Inuyasha dormiva abbracciato a
Jakotsu e
Miroku era aggrovigliato alle gambe di Koga. L’unico che
manteneva un briciolo
di dignità anche sotto uno stato di pesante ubriacatura era
Kohaku,
rannicchiato in un angolo della stanza.
La goccia che fece traboccare il
vaso fu
la vista delle scarpe sul suo piumino nuovo.
-OSUWARI!!!- urlò con
tutto il fiato che
aveva in gola.
Il mezzodemone, ancora
addormentato, si
ritrovò subito faccia a terra.
Gli altri si svegliarono di
soprassalto.
-Ka…Kago…me-
farfugliò Inuyasha,
sollevando il viso da terra e rivelando un rivolo di sangue che gli
usciva dal
naso rosso.
-Oh Kagome, buongiorno-
cinguettò Jakotsu,
tirandosi su dal letto. Nonostante avesse bevuto tanto anche lui,
riusciva a
sostenere l’alcool in maniera encomiabile.
Kagome lo ignorò.
Anche gli altri si alzarono pian
piano.
-Kagome, possiamo spiegare-
cercò di
dire Miroku.
-Faresti bene a tornare a casa da
tua
moglie. E anche voi!!!- tuonò lei paonazza.
E tutti seguirono
l’ordine di Kagome,
andandosene il più velocemente possibile: Jakotsu ridendo e
lanciando baci a
Inuyasha, Koga lamentandosi per il mal di testa post sbornia, Kohaku
visibilmente
imbarazzato per quella figura barbina e Miroku in ansia per la
ramanzina che
sarebbe toccata anche a lui al rientro a casa da parte di Sango.
-Non mi lasciate qui- li
implorò
Inuyasha ancora riverso a terra. Ma il rumore secco della porta che
veniva chiusa,
bruciò le ultime speranze del mezzo demone.
Portò gli occhi ambrati
verso sua
moglie. Kagome faceva più paura di qualsiasi altro demone.
Se fosse stata un drago avrebbe
volentieri sputato fuoco dalle narici.
Eppure in tanti anni insieme
sperava
fosse maturato un pochino. Se serviva una sera senza moglie e figlia a
farlo
ridurre in quello stato…
Non ci vide più dalla
rabbia.
-MA SEI SCEMO?-
Inuyasha, spaventato e dolorante,
guardò
la moglie cercando di darle una spiegazione convincente. Ma la
verità era che
c’era ben poco di cui convincerla: la casa e il suo stato
parlavano per lui.
-Io credo che se avessi lasciato
Moroha
a casa da sola sarebbe stata molto più morigerata di te!-
continuò lei.
Il mezzo demone raccolse le poche
forze
che aveva per rialzarsi in piedi e affrontare Kagome.
-Kagome, mi dispiace. Lo sai come
va a
finire a volte…-
-A volte? Inuyasha questa
è la sesta
volta che ti becco così. Devo lasciare Moroha a farti da
guardia?-
Inuyasha non proferì
parola. In effetti
non gli faceva molto onore farsi ritrovare in quello stato.
-Perdonami…-
-Pulisci tutto, immediatamente.
Anche il
mio tavolino all’ingresso. E quando mi sarò
svegliata voglio che tu sia pulito
e profumato- disse lei, togliendo le lenzuola sporche per sostituirle
con
quelle pulite.
-E perché?-
Kagome si voltò per
incenerirlo con lo
sguardo.
-Andiamo a pranzo da Rin e
Sesshomaru. E
ci saranno anche tua madre, tuo padre e la madre di Sesshomaru. Ah, e
nel caso
te lo fossi scordato, tua figlia stanotte è rimasta a
dormire dagli zii, quindi
in ogni caso dovremmo andare a riprenderla- e dopo aver detto quelle
parole si
piombò sotto le coperte. Allungò poi la mano
verso l’interruttore vicino al
comodino per azionare le tapparelle elettriche.
Mentre l’ombra invadeva
la stanza
matrimoniale, Inuyasha continuava a non capire.
-Ehm… perché
ti metti a dormire ora?- le
chiese confuso.
Kagome fece un profondo respiro.
-PERCHè HO FATTO IL
TURNO DI NOTTE,
SCEMO! OSUWARI!!!-
Un altro tonfo.
-Ma…ledetta!-
***
-Towa, Moroha è ora di
alzarsi- disse
Setsuna entrando nella camera della taverna.
Guardò sua sorella con
il viso ancora
affondato tra i cuscini e sua cugina non era da meno.
Le guardò con un misto
d’invidia: beate
loro che riuscivano a dormire così tanto.
La mamma si era raccomandata di
svegliarle il prima possibile perché avrebbe avuto bisogno
del loro aiuto se
voleva ricevere gli ospiti in maniera impeccabile.
Se aveva ereditato una cosa da sua
padre, quella era di sicuro la mancanza di pazienza. Con un gesto secco
privò
le due ragazze del calore della coperta, alzò le tapparelle
e spalancò le
finestre, facendo entrare nella camera l’aria fredda di
quella mattina di
dicembre.
Le reazioni non tardarono ad
arrivare:
Towa spalancò gli occhi, mentre Moroha schizzò
fuori dal letto.
-Che freddo, che freddo, che
freddo! Ma
sei impazzita?- le urlò contro.
Setsuna non si scompose neanche un
po’.
-Muovetevi. Andate a fare colazione
e
poi lavatevi. Mamma ha bisogno del nostro aiuto- ordinò.
Moroha brontolò qualcosa
tra i denti, ma
fece lo stesso quello che le era stato richiesto. Towa tentò
un approccio più
dolce rispetto a quello della cugina e disse:-Buongiorno, sorellina-
Setsuna la ignorò come
al solito. Si
voltò e andò al piano di sopra per cambiarsi.
Towa sorrise,
perché sapeva che quello
era il modo di fare tipico di sua sorella gemella. Cercò le
pantofole e poi
andò in cucina.
Veloce
come il vento! Eccomi con un nuovo aggiornamento. Credo che questa
velcoità sia data dall'ansia di vedere il nuovo episodio di
Yashahime!
Questa fic, come ho detto, non sarà molto lunga, ma vorrei
mostrare tutti i personaggi e le loro diverse interazioni.
Piccola precisazione: sia Rin che Kagome sono due medici, Rin
è una pediatra neonatologa mentre Kagome una ginecologa. Per
quanto riguarda il lavoro di Sesshomaru, ho pensato che potesse
esistere una sorta di Ministero per i rapporti tra demoni e umani e
quindi che lui potesse lavorarci in qualità di funzionario.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere.
Ovviamente ringrazio anche chi ha commentato il capitolo precedente:
vedere com'è stata accolta questa nuova creazione mi ha
messo davvero una carica pazzesca!
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Capitolo 3 *** Domenica, parte II ***
Domenica, parte II
Moroha si era tappata il naso
ficcandosi
due fili di carta igienica su per le narici. Le mani erano impregnate
dell’odore di quel prodotto per lucidare
l’argenteria.
-Mi chiedo perché il
lavoro sporco
tocchi sempre a noi- chiese alle cugine, intente a svolgere la stessa
mansione.
La zia le aveva affidato il compito
di
pulire le posate d’argento, non prima di aver lucidato i
bicchieri. E l’odore
di quel prodotto era davvero nauseante per le sue narici sensibili.
-Aaaaah, non riesco a sopportarlo!-
si
lamentò ancora Moroha.
Towa la guardò incredula.
-Quante storie fai. Se ti sbrighi
facciamo prima-
Moroha sperava di trovare un
appoggio in
sua cugina, ma dopo quella risposta dovette ricredersi. Inutile pure
era fare
affidamento su Setsuna, la quale continuava a lucidare
l’argenteria in
religioso silenzio.
Non era quello il suo piano per quella
mattina: obiettivo primario era quello di scoprire qualcosa riguardo la
situazione sentimentale tra Setsuna e Hisui, se poi avanzava un
po’ di tempo
non avrebbe disdegnato dare una soddisfazione a suo padre punzecchiando
lo zio
per farlo infuriare. Sicuramente Inuyasha sarebbe arrivato con qualche
frase
studiata appositamente per innescare un litigio con il fratello
maggiore.
La testa di Rin sbucò
dalla cucina,
affacciandosi nel salotto dove le ragazze stavano lavorando.
-Tutto bene?- chiese.
Se Towa e Setsuna si limitarono ad
annuire, Moroha prese parola.
-Alla grande, zia Rin, tra poco
abbiamo
finito. Anche perché non ce la faccio più a
sostenere questa puzza- esclamò
strappando un sorriso alla donna.
Si avvicinò al tavolo
per osservare il
lavoro.
Sesshomaru comparve, vestito e con
indosso il cappotto.
-Io vado- disse.
-Dove vai, papà?- chiese
Towa senza
capire.
-Ho chiesto a tuo padre di uscire a
prendere qualche bottiglia di vino per oggi- rispose Rin per il marito.
Gli occhi di Moroha si
illuminarono: era
come se le fosse stata servita su un vassoio d’argento la
battuta
punzecchiatrice. Suo padre avrebbe trovato una situazione fantastica al
suo
arrivo.
-Che cane obbediente che sei,
zietto!- e
rimarcò con enfasi le parole “cane” e
“zietto”.
Le narici di Sesshomaru divennero
più
piccole, stava inspirando profondamente per evitare di scattare contro
la sosia
femminile di suo fratello e staccarle la testa.
Da quando aveva conosciuto Rin, si era
impegnato, senza darlo a vedere, di contenere i suoi istinti omicidi di
demone
nei confronti di quel fratellastro misto.
Inuyasha era una palestra costante,
perché non perdeva occasione per fargli notare come alla
fine si fosse
ritrovato ad avere quello che, anni prima, sosteneva di disprezzare
più di ogni
altra cosa al mondo: una moglie umana e due figlie mezzodemoni.
Buttò fuori
l’aria rumorosamente e per
Moroha fu il segnale che aveva fatto centro.
-Noi puro sangue siamo in grado di
controllarci… al contrario di voi meticci-
-SESSHOMARU!- urlò Rin
furiosa.
-PAPà!- la
seguì Towa.
Setsuna invece continuò
a lucidare la
forchetta che aveva tra le mani. Senza distogliere gli occhi dalla
posata,
sussurrò alla cugina:- Soddisfatta?-
Moroha sogghignò.
-Non ancora!-
***
Izayoi era in bagno intenta a
sistemare
i lunghi capelli neri. Non lo aveva detto al marito, ma ogni mattina
controllava in maniera ossessiva che non fosse spuntato qualche capello
bianco.
Era cosa nota che gli umani
invecchiassero in maniera più veloce rispetto ai demoni, ma
la vanità di una
donna non si accontenta di certe spiegazioni e Izayoi voleva piacere al
marito
il più possibile.
Toga, invece, si godeva la tiepida
domenica mattina seduto sul divano della sua casa e leggeva il giornale
con un
sorrisetto compiaciuto sul viso. Anni ed anni di domande, dubbi e
congetture
sul perché suo figlio maggiore provasse un così
odio profondo nei confronti degli umani, finalmente
avevano trovato il loro riscatto nella figura di suo nuora.
Inuyasha non gli aveva dato grandi
preoccupazioni da quel punto di vista e Kagome era perfetta per lui.
Ma Sesshomaru era sempre stato il
suo
cruccio. Aveva preso malissimo la sua relazione con Izayoi, non tanto
per la
fine del matrimonio con Kimi, sua madre, ma per il fatto che avesse
scelto una
compagna umana. Per non parlare dell’arrivo del suo
secondogenito.
Con il
passare degli anni, per i continui litigi tra i fratelli e
l’ostinazione di
Sesshomaru, Toga aveva perso ogni speranza. Eppure nemmeno Kimi,
nonostante
l’atteggiamento altezzoso che le piaceva assumere, non era
una donna che provasse particolare disprezzo per gli umani.
E
pensare che da bambino era così innocente, aveva pensato spesso.
Per questo l’arrivo di
Rin l’aveva
accolta come una benedizione degli dei, un vero e autentico miracolo.
Un essere
così piccolo e fragile capace di domare il caratteraccio di
suo figlio: cosa
poteva desiderare di più?
E
poi l’arrivo di Towa e Setsuna, due nipoti mezzodemoni. Gli
piangeva il cuore
ogni volta che ritornava con la mente al giorno della loro nascita. Poi
era stata
la volta di Moroha. Tre nipotine nel giro di due anni.
Quando aveva ricevuto qualche
giorno
prima la chiamata di Rin, non riusciva a credere alle sue orecchie: un
pranzo
tutti insieme, un sogno che diventava realtà.
Cullato da quei pensieri, Toga continuava
a sorridere sereno e positivo alla vita. Non pretendeva che Sesshomaru
e
Inuyasha potessero andare d’amore e d’accordo, ma
era grato del fatto che ormai
fossero in grado di trovarsi nella stessa stanza senza tentare di
ammazzarsi.
Il suono dei tacchi di Izayoi sul
pavimento lo ridestarono dai pensieri.
-Ancora in panciolle?- lo
rimbeccò la
moglie.
Toga consultò
l’orologio appeso alla
parete.
-Abbiamo ancora tempo. Siediti qui
con
me-
Izayoi fece come le era stato detto
e
prese posto accanto al marito, infilando la testa nell’incavo
dove il collo e
la spalla di suo marito creavano uno spazio. Si accoccolò
beata.
Poi però prese parola.
-Pensi che faremo bene?-
Il demone non capì.
-Intendo, dirlo proprio oggi. Non
so,
forse avremmo dovuto organizzare noi un pranzo…-
-Forse, ma ormai è
andata così- tagliò
corto lui senza alcuna voglia di incagliarsi in un inutile ragionamento
basato
su quello che gli esseri umani chiamavano buon senso.
Izayoi non andò oltre.
Anche se ancora
titubante, decise di fidarsi del marito.
Rimasero ancora qualche minuto in
silenzio, poi la donna, guardando il grande orologio a pendolo del
salotto,
disse:- Vai a cambiarti. Tra poco dobbiamo andare-
Toga non potè fare altro
che eseguire
gli ordini. Non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma in quella casa il
vero
“generale” era proprio Izayoi.
Che fama usurpata!
***
Rin continuava a maledirsi in
qualsiasi
lingua possibile, cercando anche di parafrasare le frasi in maniera
fantasiosa.
China sul lavandino del bagno, sfregava
con energia le mani sulla camicia bianca dove, ormai, troneggiava una
macchia
di salsa marrone. E non accennava ad andare via.
-Ma perché mi sono
vestita quando ancora
non avevo finito di cucinare?- si chiese singhiozzando per
l’ennesima volta.
Aveva spedito anche le ragazze
fuori per
comprare le ultime cose fresche da disporre sulla tavola, come il pane.
Towa si era lamentata: perché non
chiederlo a suo padre, dal momento che era già fuori?
Bella domanda. Ma Rin non aveva coraggio
di dire alle sue figlie che voleva assolutamente un momento di silenzio
per
lei… sarebbe stato troppo crudele.
Con un sorriso in faccia, aveva
snocciolato una scusa non del tutto plausibile. E se ne accorse dalle
facce
perplesse delle tre ragazze.
-Dì la
verità, zia, vuoi che ci leviamo
di torno?- l’aveva canzonata Moroha.
Per sua fortuna Setsuna aveva
provveduto
a dare un pugno in testa alla cugina, per poi afferrarla per il collo
del
maglione che indossava per trascinarla verso l’uscio di casa.
Oltre a quello, Rin si domandò più e
più
volte perché mai le fosse venuto in mente di cucinare un
menù occidentale,
invece del tanto amato cibo giapponese? Colpa di
quel corso serale di cucina che
aveva seguito con Kagome, Sango e Ayame sulle basi della cucina
occidentale.
Forse sperava che servendo un
arrosto
ben cotto e succulento, sarebbe riuscita ad accaparrarsi
l’ammirazione di tutti…
o forse lo aveva fatto per il semplice fatto di tenere la mente
occupata ed
evitare di fare pensieri strani.
L’acqua scorreva ancora forte dal
lavandino, ma Rin per un momento sembrava non darci peso. Il suo
sguardo si era
perso in un qualche punto nel vuoto e con la mente era tornata a
qualche sera
prima: Towa si era affacciata in cucina e l’aveva vista
intenta a montare una
meringa a mano.
-Perché non usi lo
sbattitore
elettrico?- le aveva chiesto avvicinandosi con una faccia perplessa.
Setsuna, seduta al tavolo della cucina e
impegnata nel pelare le patate, aveva lanciato uno sguardo di fuoco
alla
sorella gemella.
Rin scosse il capo: non era il
momento
di pensare a quello adesso. I suoi ospiti sarebbe arrivati a breve e
avrebbe
fatto meglio a preoccuparsi del fatto che le ragazze e Sesshomaru non
erano
ancora rientrati.
Decise di lasciar perdere la camicia, l’avrebbe
portata in lavanderia il giorno successivo, e risoluta si diresse in
camera da
letto per trovare un’altra cosa da mettere.
Dopo aver meditato a lungo, la scelta
ricadde su un dolcevita verde smeraldo. Lo afferrò e
tornò in bagno per potersi
sistemare il trucco nel caso si fosse rovinato nell’infilare
il dolcevita.
Davanti allo specchio sopra al
lavandino, Rin infilò la testa nel collo alto e
trovò una certa resistenza:
ricordava che era molto aderente e bisognava fare un po’ di
forza per riuscire
ad infilarlo.
Sperò con tutta sé stessa che il mascara
non si sbavasse lungo le guance: non avrebbe retto anche ad una cosa
del
genere.
Ma il Karma per lei quel giorno
aveva in
serbo un bel po’ di sorprese: se infatti riuscì a
riemergere da quell’intreccio
di maglie color verdi, Rin si accorse troppo tardi che lo sforzo che
aveva
fatto per riuscire nell’impresa aveva allentato gli orecchini
che suo marito le
aveva regalato la sera prima. Fu anche troppo tardi quando vide la
forma
piccola di una farfalla cadere nel lavandino.
-NO!- urlò lei cercando
di fermarlo.
Ma fu troppo tardi:
l’orecchino cadde senza
esitazione nel tubo.
Rin rimase imbambolata lì a fissare quel
buco nero con la braccia a penzoloni.
Poi il campanello
suonò.
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Capitolo 4 *** Domenica, -2 ore al pranzo ***
Domenica, -2 ore al pranzo
Moroha camminava
di fianco a Towa con
le braccia incrociate dietro alla testa: una posa che aveva ereditato
da suo padre. Delle volte sua madre non mancava di farglielo notare,
accompagnata da un sorrisetto divertito. Moroha gonfiava
le guance sempre in segno di indignazione: fin da piccola non aveva
fatto mistero del fatto che volesse assomigliare in tutto e per tutto a
sua mamma. Inuyasha si
aggiungeva al discorso recitando la parte del finto offeso.
Che lo volesse o no, Moroha nel
carattere era la copia sputata di suo padre.
-Perché non
poteva andarci vostro padre a comprare il pane? - si
lamentò con voce lagnosa.
Setsuna, che camminava dietro la
sorella e la cugina, sospirò in un modo così
forte che chiunque avrebbe capito che era stato fatto intenzionalmente.
-Perché devi
sempre lamentarti? -
Towa le
guardò divertita. Era bello vederle interagire in quel modo.
Come sua madre Rin, lei aveva ereditato un
carattere docile e buono: le piaceva vedere la sua famiglia tutta
riunita. Il fatto che fosse simile a sua mamma sotto certi aspetti, non
voleva dire che in passato non avesse avuto problemi: molte volte i
suoi genitori erano stati chiamati a scuola a causa delle risse a cui Towa partecipava
contro i bulli. Contrariamente a Setsuna, lei non rifletteva mai
prima di agire. Ma se Rin si
dimostrava abbattuta e infastidita da quel modo di fare, più
di una volta Sesshomaru, senza essere visto
dalla moglie, le aveva dato due leggere pacche sulla spalla in segno di
approvazione.
Arrivarono al
supermercato più vicino.
Mentre Moroha e Setsuna erano
ancora prese dal loro piccolo battibecco, Towa fu
attirata dalla presenza di una persona.
Un ragazzo, per
l’esattezza.
-Towa-sama!- aveva urlato il
misterioso ragazzo, interrompendo il litigio delle altre due.
Tutte e tre si erano
girate in direzione della voce. Le facce tutte diverse: Towa era
sorpresa ma anche felice, Moroha aveva
la sua tipica espressione curiosa, mentre Setsuna una
statua di sale.
In cuor suo, Towa sentì
il cuore riscaldarsi e un sorriso si dipinse sulla sia faccia, cosa che
non sfuggì alla cugina.
-Riku!- rispose lei, alzando
la mano in segno di saluto.
Setsuna continuava
ad essere scettica circa quella figura. Sorrideva troppo, per i suoi
gusti.
Il ragazzo si
avvicinò al gruppetto, ignorando le altre due e riservando
le sue attenzioni a Towa.
-Non credo di vederti
qui. Che piacevole sorpresa- disse lui, prendendole le mani.
A quel contatto, Towa arrossì
violentemente.
Moroha, più che
concentrarsi sulla reazione della cugina, rimase scioccata dal fatto
che lui avesse intenzionalmente ignorato lei e Setsuna, la quale nel frattempo
stava emettendo un ringhio sordo.
-Ahem!- tossì
fintamente Moroha per
attirare la loro attenzione.
Nello stesso istante in
cui Towa si
girò, si rese conto della posizoone delle
sue mani e divenne ancora più rossa di prima. Era convinta
che Moroha avrebbe
spostato tutte le sue attenzioni su quel rapporto di confidenza che
avevano lei e Riku e
sapeva che per tutto il resto del pranzo non si sarebbe parlato di
altro. Di scatto, liberò le sue mani da quelle ben salde di Riku e,
farfugliando per l’agitazione, disse cercando di minimizzare:
- Voi entrate pure... io vi raggiungo subito!-
Moroha era
quasi pronta a ribattere, ma la mano forte di Setsuna la
trascinò dentro al supermercato.
Non mancarono le
lamentele, che svanirono quasi subito man mano che si allontanavano
dalla vista di Towa.
Scampato il pericolo, la
ragazza si voltò verso la figura del ragazzo in piedi di
fronte a lei. Il viso sorridente, come se non fosse successo
niente.
-Riku, perché sei qui? - chiese
subito sospetta Towa.
-Guarda che è
davvero una casualità- si giustificò lui alzando
le braccia al cielo.
Towa dentro
di sé sentì l’ansia crescerle: ora che
era stata vista con Riku da
sua sorella e sua cugina, aveva paura che mantenere il segreto sarebbe
stato uno sforzo vano.
Riku fece
un piccolo passo verso di lei, sempre con il sorriso sulle labbra. Le
poggiò una mano sulla guancia e la guardò fissa
negli occhi.
-Ancora non hai detto nulla?- domandò
il ragazzo con tono serio ma senza alcuna vena di rabbia.
E anche a quella domanda Towa non
aveva la minima idea di come rispondere: se gli avesse detto la
verità, probabilmente Riku si
sarebbe offeso, ma se gli avesse detto una bugia non sarebbe stato
corretto.
Già la vedeva
la scena stampata nella sua testa: Riku che
varcava la soglia di casa ottimista come al suo solito, lei prenderlo
sotto braccio e dire “Mamma, papà, Setsuna, vi presento il mio
ragazzo!”.
Il delirio sarebbe stato
assicurato: sua mamma pronta ad accogliere Riku come
un figlio e armata di qualche manicaretto per rimpinzarlo, suo padre
impassibile come sempre, affiancato da Setsuna, ma che segretamente
avrebbe escogitato un piano per eliminare Riku, facendo passare il
tutto come un incidente.
Ovviamente, il quadro
sarebbe stato completo con una telefonata eccitata di sua madre agli zii Kagome e Inuyasha, i quali si sarebbero
precipitati a casa: la zia che le avrebbe chiesto con sua madre tutti i
dettagli del loro primo incontro, Moroha pronta
a fare battutine e suo zio cogliere la palla al balzo e andare a infastidire suo
padre sul fatto che la sua famiglia era piena di umani.
No, non era la scelta
più saggia da fare in quel momento.
-Ci vuole un
po’ di tempo...- temporeggiò lei con la speranza
di apparire convincente.
Il ragazzo
sembrò crederle, perché le sorrise.
Nel frattempo, quattro
occhi, nascosti tra gli scaffali dei sottaceti, cercavano di capire
cosa quei due si stessero dicendo. Moroha e Setsuna non
li avevano persi di vista neanche un secondo.
-Scusa, ma voi gemelli
non avete un legame particolare? Del tipo che sentite le stesse cose?- chiese Moroha, riducendo gli occhi a
due piccole fessure nella speranza di riuscire a leggere per lo meno il labbiale.
Setsuna non
sapeva se fosse più infastidita dai troppi sorrisi di quel
ragazzo o dal fatto che sua sorella non le avesse detto nulla. Almeno
lei le aveva accennato di Hisui.
Ignorò le
domande dell’altra.
Poi disse:- Andiamo,
ci stanno guardando tutti e sembriamo alquanto sospette-
L'afferrò
ancora una volta per un braccio e la trascinò con
sé.
Il campanello era suonato
e Rin si
era precipitata ad aprire con il cuore in gola.
Fu sollevata quando vide
lo sguardo di Kagome.
-Oh, meno male sei tu!
Credevo fosse Sesshomaru!-
-Stai pensando di divorziare? - la
canzonò la voce di Inuyasha, che comparve dalle
spalle della moglie.
Rin notò
subito il naso rosso del cognato.
-Che ti è successo? - chiese,
ignorando la presa in giro.
Ci pensò Kagome a rispondere: - Quando
hai un marito che si comporta come un bambino, il minimo che tu possa
fare è stenderlo per terra con una parolina magica! -
-Fossi in te, Inuyasha, mi preoccuperei della
tua di moglie, anziché della mia. Kagome la
vedo molto stressata- si intromise una quarta voce e stavolta il cuore
di Rin si
fermò davvero per un attimo.
La figura alta di Sesshomaru era
apparsa all’inizio del vialetto di casa loro. E con il suo
udito sviluppato da demone era sicuro al centro per centro che lui
avesse sentito cosa aveva detto poco prima.
Afferrò la
mano di Kagome e
la trascinò su per le scale.
-È inutile che
io faccia gli onori di casa. Pensaci tu, Sesshomaru- e sparì con
una Kagome totalmente
spaesata.
In realtà
anche i due fratelli erano sorpresi da quel comportamento.
-Che le hai fatto?- chiese Inuyasha.
La risposta che ricevette
fu solo un’occhiata fredda da parte del fratello maggiore.
Non gli avrebbe dato la risposta che il mezzodemone voleva.
Si girò dall’altra parte e poi disse:- A
giudicare dalla tua faccia, è inutile che io ti faccia la
stessa domanda-
-Siamo tornate!!!-
urlò alle loro spalle Towa, frizzante
più del solito.
Le ragazze stavano
tornando con la commissione che Rin aveva
dato loro. Durante il tragitto di ritorno, Towa non
aveva fatto altro che schivare le domande inopportune di Moroha. La vista del padre e
dello zio sulla soglia della porta di casa le aveva dato un appiglio a
cui lei non aveva esitato ad aggrapparsi con tutte le sue forze.
Setsuna dal
canto suo, come suo solito, non proferiva parola. Non più
del necessario almeno.
Nella sua testa
continuava a turbinare una parola: perché?
Perché sua
sorella le aveva nascosto un ragazzo?
-Hey, papà! Ti
vedo conciato male...- constatò Moroha avvicinandosi
ad Inuyasha con
sguardo investigativo.
-Dov’è
la mamma?- continuò Towa.
Sesshomaru sperò
quasi in una domanda di riserva. Non lo voleva ammetterlo, ma vedere Rin in
preda a reazioni imprevedibili lo rendeva nervoso.
-È sparita con Kagome in
bagno. Le solite cose di voi femmine- rispose per lui il fratello.
Forse per una volta non
era così inutile come gli diceva sempre.
Nel frattempo, al piano
superiore la tragedia si stava consumando. Tirata dalla forza di Rin, Kagome si
era ritrovata nel bagno patronale senza avere la minima idea di cosa
fosse accaduto e nella sua mente avevano iniziato a prendere forma le
catastrofi peggiori.
Guardò la sua
amica visibilmente preoccupata.
Rin era
davvero disperata.
-È... è
una... tragedia!- sentenziò Rin in
preda al panico.
-Ma
cos’è successo?- chiese
spazientita l’altra. Ora iniziava davvero a innervosirsi.
-Ieri sera Sesshomaru è
tornato dal suo viaggio di lavoro e mi ha portato un regalo...
-E sarebbe questa la
tragedia? Beata te, Inuyasha da
questo punto di vista non cambierà mai...- sospirò Kagome rassegnata.
-No! Il fatto
è che mi ha regalato un paio di orecchini, bellissimi! A
forma di farfalla...
-Continuo a non vedere la
tragedia- e stavolta le parole le uscirono con una punta
d’invidia: lei da Inuyasha aveva
ricevuto il giorno del loro anniversario un ombrello...
-Aspetta, non ho finito!- urlò
esasperata Rin- Prima che arrivaste mi
sono dovuta cambiare perché avevo macchiato la camicia.
Insomma mi sono infilata il maglione e l’orecchino
è finito nel lavandino!-
E pensare che lei si era
prefigurata uno scenario apocalittico.
Sua cognata doveva
rivedere il suo concetto di tragedia.
La risposta
però non piacque per niente a Rin, la quale rimase, se
possibile, anche più scioccata di Kagome.
-Kagome, come puoi non capire...-
-Fidati che sto pensando
la stessa cosa- la canzonò l’altra.
-Dopo l’altra
sera...- suggerì Rin.
Gli occhi di Kagome furono
attraversati da un lampo. Capì subito a cosa si riferiva Rin. Ora, con quella nuova
consapevolezza, la tragedia assumeva un certo peso.
-Se vede che non ho a
cuore i suoi regali...-
Ma non fu necessario
aggiungere altro. Kagome non
la fece finire: le mise una mano davanti alla bocca e disse:- Ho
capito. Abbiamo una sola soluzione-
-Farci aiutare da Inuyasha per
recuperare il tuo orecchino. Oggi stesso. Così Sesshomaru non
si accorgerà di nulla- asserì trionfante.
Rin però
non era per niente sicura di quella proposta.
-Rin, sai perfettamente che
quei due non sono di certo due fratelli affiatati. Basta solo che tu
non faccia menzione a Inuyasha dell’altra
sera-
La donna annuì
a quella richiesta.
-E per il momento, puoi
sempre tenere i capelli davanti alle orecchie. Vedrai che non se ne
accorgerà-
Rin dentro
di sé sperò che la cosa potesse concludersi senza
grandi tragedie.
-Vado io!- urlò Towa correndo
verso la porta d’ingresso.
Non appena
aprì, vide davanti a lei la figura imponente di suo nonno e
di Izayoi.
-Benvenuti!- disse
accogliendoli con un generoso sorriso.
Ah, quanto era felice di
vedere suo nonno!
Contrariamente a suo
padre, nonostante fosse un daiyokai, non aveva un
atteggiamento altezzoso, anzi era sempre sorridente e gioviale.
-Nonno, nonna!- fece
poi Moroha, correndo loro incontro
per gettarsi tra le braccia di Izayoi.
-Sbaglio o manca una
delle mie nipoti all’appello?- domandò
Toga.
La testa di Setsuna spuntò
lentamente dalla cucina, allungò una mano in segno di saluto
e disse:- Buongiorno-
Inuyasha alla
scena venne percorso da un brivido.
-Accidenti. È
come vedere una piccola Rin ma
con il carattere di tuo figlio maggiore- disse rivolto al padre.
Dopo il piano escogitato
da Kagome per
poter recuperare l’orecchino perduto di Rin, le due erano scese per
ultimare i preparativi. Inuyasha e Sesshomaru si
erano seduti sui divani del salotto, stando ben attenti a non
spiccicare parola, mentre le ragazze finivano di apparecchiare la
tavola.
Nonostante quella
battutina, Toga sentì il cuore riempirsi di gioia: era un
miracolo vedere Inuyasha e Sesshomaru riuscire
a stare nella stessa stanza senza tentare di uccidersi. In
più, benchè mantenesse
un atteggiamento distaccato con Izayoi, suo figlio maggiore
diventava ogni giorno più cordiale con lei.
Rin e Kagome riemersero
dalla cucina.
Toga si
avvicinò loro, prese le mani di entrambe e disse:- Non
vi sarò mai abbastanza grato per il miracolo che avete
compiuto-
E il campanello
suonò per una seconda volta. Questa volta fu Setsuna ad
andare ad aprire.
-Beh, direi che siamo al
completo- disse Rin.
La figura di Inu Kimi
fece il suo ingresso in un modo che solo lei era in grado di fare:
regale e maestosa.
-Eccola la mia nipotina
preferita-
Anche se come il figlio,
continuava ad asserire di non essere interessata ai mezzidemoni o
agli umani, Kimi aveva un vero e proprio amore per Setsuna. Rivedeva in lei una
degna erede: silenziosa, elegante e algida.
-Ciao, nonna. Sono tua
nipote anche io. Ricordi?- domandò
da lontano Towa, agitando la mano.
All'inzio era
davvero infastidita dall’atteggiamento della nonna, ma con il
tempo aveva imparato a riderci sopra. Merito anche di sua madre e di
tutte le volte che l’aveva consolata.
-Ancora con quei capelli
corti? Ah, ma vedo che c’è anche la piccola
selvaggia- disse riferita a Moroha.
Kagome avrebbe
voluto ribattere, ma era vero: sua figlia era una piccola selvaggia. La
copia sputata di suo padre.
-Che gioia rivederti,
Kimi- le disse Izayoi, girandosi verso di lei.
Per quanto potesse
sembrare bizzarra la situazione, le due donne erano stranamente
affiatate. Izayoi e
Kimi avrebbero potuto essere scambiate per due amiche di vecchia data
tanto andavano d’accordo. E anche se Izayoi era
una donna umana, Kimi con lei era estremamente gentile.
In realtà lo
era anche con Rin, ma forse il suo affetto nei
confronti della nuora era una costola del sentimento filiale che
provava per il figlio. Nonostante tra madre e figlio sembrasse non
esserci alcun tipo di rapporto.
-Ora che ci siamo tutti,
direi che possiamo metterci a tavola- annunciò poi Rin battendo
le mani.
E fu così che il pranzo ebbe inizio.
ANGOLO
AUTRICE:
Ed eccomi tornata con
il capitolo nuovo. Dopo una lunghissima assenza. Lo so, sono pessima!
Avevo concluso diversi
capitoli delle mie fic, ma purtroppo sono andati perduti e rimettermi a
riscriverli non mi entusiasmava affatto. In più la vita
privata ci si è messa di mezzo. Ma ora sono tornata e spero
di concludere il prima possibile questa storia breve.
Fatemi sapere se vi
è piaciuta!
Alla prossima!
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Capitolo 5 *** Domenica, il pranzo ***
Domenica,
il pranzo
I
tre uomini della famiglia Taisho erano seduti docili sul divano in
attesa della disposizione dei piatti in tavola.
Toga
troneggiava al centro, tra i suoi figli. Sesshomaru aveva poggiato il
gomito sul bracciolo, mentre Inuyasha era letteralmente sprofondato
nello schienale.
Davanti
a loro avevano preso posto Kimi e Izayoi, in piedi di fronte ad un
mobile con sopra una foto del Generale Cane con le tre nipoti ancora
bambine. La foto era stata scattata almeno dieci anni prima e ognuno di
loro ne aveva una copia a casa. Nella fotografia Toga era diventato una
sorta di albero umanoide con le tre bambine aggrappate: Towa che,
tenuta nel braccio sinistro, stava avvicicando la sua bocca a quella
del nonno per mettere a confronti i suoi canini con quelli del
daiyokai; Setsuna, appollaiata sul braccio destro, osservava la scena
con espressione curiosa e attenta; infine Moroha sbucava da dietro la
spalla destra di Toga, afferrandogli il collo con le manine paffute.
-Ho
sempre trovato questa foto buffa- disse Izayoi, portandosi una mano
sulla bocca per soffocare una risatina.
-E
pensare che ha una fama di grande demone cane- rincarò la
dose Kimi, scatenando altre risatine.
Dal
divano, i tre continuavano a guardare la scena.
-Non
hai paura di quelle due?- chiese Inuyasha sottovoce rivolto al padre.
Il
Generale sospirò rasseganto.
-Ascoltate
le mie parole: non divorziate mai dalle vostre mogli. Rischierete
sicuramente di fare la mia fine- e quella risposta rivelava in maniera
inequivocabile la situazione in cui si trovava da qualche anno a quella
parte.
-Dillo
a tuo figlio maggiore! Oggi Rin ha avuto il coraggio di dire...-
Ma
Inuyasha non fece in tempo a finire la frase perchè
Sesshomaru aveva fatto un balzo verso di lui per atterrarlo.
Il
mezzodemone si ritrovò in un secondo ad ammirare il parquet
di casa di suo fratello.
-Maledetto!
Cos'è che non vuoi che dica?- cominciò ad urlare
agitando i pugni per terra.
Toga,
Kimi e Izayoi assistevano alla scena esterrefatti.
Dalla
cucina emersero anche altre teste.
Non
era uno spettacolo inusuale: tante volte quei due avevano iniziato una
lotta tra di loro, però nessuno osava mettersi in mezzo.
Fu
Kimi a stemperare la tensione.
-Che
carini. Mi ricordano i tempi in cui giocavano così da
bambini-
-Oggi
sono di pessimo umore. Prova a dire qualcosa di sbagliato e non
esiterò a piantarti i miei artigli in gola-
ringhiò Sesshomaru.
Rin
alle parole "pessimo umore" sudò freddo. Temeva da morire
che quello fosse dovuto al fatto che si fosse accorto degli orecchini.
Con la mano destra si lisciò la ciocca di capelli che aveva
portato davanti alle orecchie per coprirle ancora di più.
Eppure ogni gesto le sembrava così futile.
Kagome
si portò una mano sulla tempia, tanto era stufa di quei
litigi.
-Papà!
Non puoi farti mettere al tappeto così- esordì
Moroha incoraggiando Inuyasha.
-Oh,
Izayoi, mi dispiace ammetterlo ma tua nipote non ha ereditato la tua
eleganza- aggiunse Kimi sorridendo
Toga,
ancora immobile di fronte a quella scena, fu l'unico che si decise ad
intervenire. Si alzò deciso, prese il braccio di Sesshomaru
e con l'altro alzò Inuyasha.
Con
tono perentorio da padre autoritario disse:- Cerchiamo di comportarci
da esseri civili. Andiamo a tavola-
In
quel momento il temibile Generale era uscito fuori.
Poche
parole ma che bastarono a riportare ordine tra i presenti. Anche
Inuyasha e Sesshomaru misero da parte i loro propositi bellici, tanto
era il rispetto che nutrivano verso il genitore.
E
in maniera più o meno ordinata presero posto a tavola.
Quasi tutti si sedettero. Tutti tranne una persona.
-MOROHA!- urlò Inuyasha, spaccando un timpano a Kagome,
seduta di fianco a lui.
-Ora capisco da chi ha preso la piccola selvaggia- considerò
ad alta voce Kimi.
La ragazzina, nascosta in un angola della cucina, rispose dicendo che
sarebbe arrivata subito. Inginocchiata in un punto nascosto vicino al
frigorifero, armeggiava con un telefono in mano. Digitò
velocemente un messaggio e premette il tasto "invio" con un sorriso
trionfante sul volto.
Quando arrivò la seconda sollecitazione di suo padre, rimise
il cellulare al suo posto, dove lo aveva trovato, afferrò
una bottiglia di vino a caso e si diresse nella sala da pranzo.
-Pensavo mancasse il vino- mentì lei sfoggiando la sua scusa
innocentemente.
A capotavola troneggiava la figura di Toga: nonostante il padrone di
casa fosse Sesshomaru, il rispetto dei ruoli era faccenda seria e lui
non si ribellava a tale manifestazione. Izayoi e Kimi sedevano
rispettivamente alla destra e alla sinistra del demone, l'una di fronte
all'altra.
La yasha, ovviamente, aveva richiesto la vicinanza di Setsuna, la quale
aveva obbedito senza battere ciglio. Towa, capace ormai di non dare
più peso alle manifestazioni di sua nonna, si era seduta di
fianco alla sorella, seguita da sua madre e la zia Kagome.
Naturalmente Sesshomaru non gradì il fatto di dover sedere
tra Inuyasha e il posto vuoto che, ormai era palese, sarebbe stato
occupato da Moroha. Inoltre Rin non era perfettamente di fronte a lui e
questo non lo tranquillizzava perchè aveva notato come si
fosse irrigidita quando aveva steso Iuyasha a terra.
-Oh, vicino allo zietto!- trillò Moroha con tono
canzonatorio mentre spostava la sedia.
Suo padre le lanciò uno sguardo di approvazione. Era fiero
di quella marmocchia. L'aveva educata davvero bene.
Izayoi le poggiò una mano sulla spalla e le
sussurrò all'orecchio:- Per favoro, Moroha, non fare come
tuo padre, altrimenti non arriviamo vivi alla fine del pranzo-
***
Una volta serviti gli antipasti e superato il silenzio iniziale, gli
argomenti di conversazione erano nati da soli.
Toga aveva chiesto ai figli come fosse andato il viaggio di lavoro.
Infatti anche Inuyasha lavorava nello stesso ambito di suo fratello, ma
fortunatamente in due uffici diversi: se Sesshomaru si occupava della
gestione della comunicazione tra umani e demoni, Inuyasha era impiegato
nel reparto che si occupava del controllo delle armi demoniache sul
mercato umano.
-Il problema è quel lurido di Naraku. Lo stiamo tenendo
d'occhio anche noi- disse Inuyasha tra un boccone e l'altro.
-Se non ricordo male avete tentato un dialogo con una delle sue
assistenti... come si chiamava? Kagura, forse?- domandò Toga.
A sentire quel nome, Rin si irrigidì ancora di
più e, quasi come se fosse sotto l'effetto di una crisi
isterica, si lisciò ancora di più la ciocca di
capelli che le copriva l'orecchio destro, cosa che all'occhio attento e
sempre vigile di Sesshomaru non sfuggì.
Nel frattempo, entrambe le povere ginocchia di Toga incassarono due
sonori calci da parte di Kimi e Izayoi. Tante volte gli avevano
ricordato di non nominare le ex dei loro figli davanti alle mogli.
Kimi pensò fosse il caso di intervenire.
Allungò una mano verso il suo calice di vino e disse:- Fossi
in te, Sesshomaru, non mi fiderei a trattare con le assistenti. Credo
che ce lo ricordiamo tutti il disastro diplomatico che ha creato Zero,
la sorella di Kirinmaru nonchè sua assistente. Inoltre il
suo dolore per il tuo amore non ricambiato- e si rivolse verso l'ex
marito, il quale arrossì leggermente- non ha fatto altro che
portare altri problemi-
Bevve un sorso di vino e aggiunse:- Mia cara nuora, devo complimentarmi
con te. Questo pranzo è delizioso, degno di una perfetta
padrona di casa. A volte possedere sangue demoniaco non è
indice di compostezza ed eleganza.-
Towa si sporse sulla tavola.
-Caspita, nonna. Che gran complimento per te-
Kimi bevve ancora un sorso di vino, poi rispose:- Che vuoi farci, anche
io devo aggiornarmi e pensare in maniera più... moderna-
Rin ringraziò con un generoso sorriso.
Sua suocera era sempre stata così distante per lei, una
sorta di modello irraggiungibile che aveva tentato in tutti modi di
ingraziarsi. Aveva sempre temuto il suo giudizio, in particolare per la
sua condizione di umana.
Con il tempo quella distanza sembrava essersi accorciata anche grazie
alla nascita delle gemelle.
Il tempo trascorse abbastanza velocemente tra una portata e l'altra e
una risata generale.
Anche Rin aveva ritrovato la serenità e si era rilassata
godendosi i siparietti delle ragazze. Era intenta a ridere di un
battibecco tra Setsuna e Moroha, quando senza pensarci si
portò la ciocca di capelli dietro l'orecchio, scoprendolo
totalmente.
Lo sguardo di Sesshomaru catturò subito quel dettaglio.
Fu questione di un attimo: Rin si rese subito conto di quello che aveva
fatto e, ancor di più, capì che suo marito
l'aveva vista. Subito si ricoprì l'orecchio.
Poi, meccanicamente, arpionò il polso di Kagome e la fece
alzare. La cognata la guardava spaesata e anche dolorante: la presa di
Rin non aveva niente da invidiare ad uno youkai.
-Scusate... noi due andiamo ad ultimare i preparativi per i dessert.
Ragazze, aiutateci a togliere i piatti- ordinò con voce
leggermente rotta.
Le tre cugine obbedirono senza battere ciglio.
Rin, invece, anzichè dirigersi in cucina, si
precipitò su per le scale, sempre tenendo ben salda Kagome,
e si fiondò nel bagno patronale.
-Si può sapere che ti prende?- le chiese Kagome irritata
mentre si massaggiava il polso.
L'altra la guardava con occhi piene di ansia.
-Sesshomaru... ha visto il mio orecchio e che non indosso il suo
regalo!- ansimò Rin in preda al panico.
Kagome capì all'istante e decise di prendere in mano la
situazione.
Si affacciò sulle scale e poi urlò:- INUYASHA!
VIENI SU UN MOMENTO!-
***
Nel frattempo, mentre le ragazze ancora sparecchiavano e Rin e Kagome
erano chiuse in bagno, qualcuno suonò al campanello.
-Vado io- disse Inuyasha alzandosi. Il vero motivo di tanta solerzia
era dovuto al semplice fatto che suo padre e suo fratello lo avevano
inglobato in una conversazione di lavoro alla quale lui non aveva
alcuna voglia di partecipare.
Si diresse verso la porta e l'aprì, trovandosi di fronte la
figura tremante di Hisui, il figlio di Sango e Miroku.
-E tu che ci fai qui?- gli chiese.
Il ragazzino, che se nell'aspetto assomigliava a suo padre di certo non
lo rispecchiava nel carattere sfacciato, tremante come una foglia
salutò Inuyasha con un cenno della mano.
Il mezzodemone gli fece segno di entrare, non lo avrebbe certo mandato
via. Notò che portava in mano un mazzo di fiori.
-Ecco... ero venuto qui per Setsuna-
-Aaaaah, ho capito! Allora alla fine non sei poi tanto diverso da tuo
padre- disse Inuyasha divertito e scortandolo verso la sala da pranzo
con una mano poggiata sulla spalla in segno di amicizia.
-Guardate chi è arrivato!- annunciò con Hisui di
fianco a lui.
Paonazzo in faccia, intimorito e tremante, Hisui vide una serie di
occhi che lo scrutavano con curiosità.
Toga non ricordava chi fosse, Izayoi lo salutò con un cenno
di mano mentre Sesshomaru lo guardava fisso in faccia, soprattutto dopo
aver visto il mazzo di fiori in mano.
Kimi decise di rompere il silenzio a modo suo:- Sarebbe lui il nostro
dessert?-
A quelle parole Hisui si spaventò sul serio. Inuyasha
avrebbe voluto rassicurarlo su quella battuta ma non fece in tempo
perchè il rumore di piatti rotti per terra attirarono
l'attenzione: Setsuna, sulla soglia della porta e con gli occhi
spalancati, guardava con terrore la figura di Hisui.
-INUYASHA! VIENI SU!- urlò poi Kagome.
Il mezzodemone, non sapendo cosa fare, si limitò a
rispondere a Kagome che forse era meglio se lei e Rin fossero scese in
quel momento. Se lo sentiva che si sarebbe scatenata una scena epica.
Sarebbe andato ad aiutarle di sopra in un secondo momento.
Non del tutto convinte, le due donne fecero quello che Inuyasha aveva
detto. Anche loro avevano sentito il campanello suonare ed erano
curiose di sapere chi fosse il nuovo ospite.
Proprio nel momento in cui le due fecero il loro ingresso in sala,
Moroha esordì riemergendo dalla cucina con un fintissimo:-
Hisui, che sorpresa!-
La scena era di quanto più imbarazzante potesse esserci:
Hisui con il mazzo di fiori in mano tutto tremante e Setsuna che, se
avesse potuto, lo avrebbe strozzato in quel preciso istante.
-Cosa ci fai qui, Hisui?- chiese la ragazza, ponendo particolare enfasi
per fargli capire quanto fosse inopportuna quella visita con tutta la
sua famiglia presente.
-Ecco... mi hai detto tu... di venire- confessò Hisui
guardandosi la punta dei piedi.
Setsuna non ci mise molto a capire che dietro a quello c'era lo zampino
di Moroha, la quale sghignazzava sotto i baffi.
-Sai, Setsuna, dovresti stare più attenta al tuo telefono-
la punzecchiò.
Non ci vide più.
-TU SEI MORTA!- urlò prima di scattare feroce verso la
cugina.
***
Ci era voluto un po' per calmare le acque.
Dopo il suo scatto in avanti, tra Moroha e Setsuna era seguita una
battaglia nel bel mezzo della casa. E se Rin cercava di calmare la
figlia, Sesshomaru la incitò dicendole "Staccale la testa
con un colpo netto".
Inuyasha non la smetteva più di ridere: sua figlia era
davvero simile a lui e quei teatrini gli ricordavano tantissimo quelli
che avevano allestito lui e suo fratello anni addietro.
Kimi era rimasta inorridita dalla perdita di controllo della nipotina
preferita. Si era portata una mano alla bocca e aveva detto:- Setsuna,
questo tuo lato avrei preferito non vederlo-
Furono Kagome e Towa che posero fine a quella scena: Towa
afferrò la sorella da dietro le spalle e la
bloccò; Kagome invece si limitò a raggiungere la
figlia e fermarla con un sonoro pugno sulla testa.
Era davvero furiosa. Possibile che dimostrasse la stessa
immaturità di suo padre?
-Hisui, scusale. Grazie mille dei fiori- disse subito Rin per cambiare
argomento e per evitare altri imbarazzi a quel povero ragazzo che
guardava tutto quello che stava succedendo come se fosse dentro ad una
bolla.
Sapeva perfettamente che il mazzo di fiori era per la figlia, ma dopo
quella litigata non era il caso di dare a Moroha un altro motivo per
provocare Setsuna. Li prese e scomparve in cucina per metterli dentro
ad un vaso.
Quando tornò dagli invitati disse:- Siediti con noi, stavamo
per mangiare il dolce-
Dall'alto del suo posto, Sesshomaru non approvò la proposta
della moglie a quel piccolo umano.
Hisui prese posto e si ritrovò vicino a Setsuna, la quale
ormai aveva ripreso la sua forma da mezzodemone, ma non la smetteva di
lanciare occhiate cariche di odio verso Moroha che, invece, continuava
di massaggiarsi la testa.
-Dimmi, Sesshomaru, come ci si sente a conoscere il fidanzato di tua
figlia?- lo incalzò Inuyasha.
Il demone si irrigidì completamente e Hisui si chiese se
quella sera sarebbe tornato a casa sua tutto intero.
-Invece di fare lo scemo, vieni con noi!- disse stavolta Kagome
prendendolo per un orecchio e trascinandolo di sopra con lei e Rin.
-Torniamo subito- disse Rin.
Hisui supplicò con lo sguardo l'unica persona che in quel
momento poteva aiutarlo: Towa.
Solo che lei era in preda ai suoi pensieri. Aveva ben chiaro cosa
sarebbe successo se avesse portato Riku a casa.
***
-Insomma, cos'è tutto questo mistero?- domandò
scocciato il mezzodemone liberandosi dalla presa della moglie.
E la mattina lo aveva massacrato con tutti gli OSUWARI possibili, ora
gli stava tirando le orecchie. Cosa gli avrebbe fatto a cena?
Le due cognate si scambiarono un'occhiata complice.
-Devi promettere di non dire nulla- lo riprese la moglie con le mani
poggiare sui fianchi in un atto intimidatorio.
-Prometto- disse senza troppa convinzione. Se la sentiva che il motivo
sarebbe stato futile.
-Ecco- prese parola Rin tutta imbarazzata- stamattina ho perso un
orecchino che Sesshomaru mi ha regalato. Mi è
caduto nel lavandino. Kagome ha detto che tu potresti aiutarci-
E infatti era davvero sciocco il motivo di tanta riservatezza.
Ma in qualche modo si inorgoglì del fatto che lo avessero
coinvolto in quella azione segreta. Inoltre capiva il timore di Rin:
Sesshomaru era davvero inquietante quando si arrabbiava e non voleva
che lei finisse nei guai.
Con il petto gonfio disse:- Lasciate fare a me! Lo recupero io il tuo
orecchino-
E, scioccandosi le dita, sfoderò dal suo fianco la sua amata
Tessaiga, che portava sempre dietro, e con un balzo in avanti
colpì il tubo del lavandino.
L'azione fu così rapida che nemmeno Kagome ebbe il tempo di
rimetterlo al suo posto con un OSUWARI.
-INUYASHA, NO!- fu solo capace di urlare Rin, ma invano
perchè subito dopo si ritrovò sotto il getto
costante dell'acqua che fuoriusciva dal tubo ormai spezzato in due.
Il bagno, il suo bagno completamente allagato.
Con i capelli gocciolanti vide la scena che le si presentava davanti
agli occhi: tutti gli altri invitati sulla soglia della porta,
allarmati per il suo urlo di poco prima.
Sesshomaru era quello più irritato di tutti.
Rin si portò le manu sul viso e si maledì per
aver organizzato quel pranzo.
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Capitolo 6 *** Stato di emergenza ***
CAPITOLO
6- Stato di
emergenza
Con
il viso nascosto
tra le mani, Rin cercava di non far vedere le piccole lacrime che le
colavano giù
dagli occhi. Sapeva che difficilmente avrebbe potuto nascondere gli
occhi rossi
davanti ai presenti, i quali fissavano la scena in una esibizione di
emozioni
diverse: Sesshomaru avrebbe voluto spezzare il collo al fratello; Toga,
consapevole della possibile rissa che sarebbe scoppiata di
lì a breve, aveva
dipinta sul volto un’espressione confusa; Inu Kimi
ridacchiava dando delle
leggere gomitate a Izayoi, la quale avrebbe voluto sotterrarsi per le
maniere
rozze del figlio; infine le ragazze completavano il quadro con Moroha
che
canzonava Sesshomaru e Towa e Setsuna in completo silenzio.
-INUYASHA,
OSUWARI! -
urlò Kagome esasperata tanto quanto Rin.
-Fai
pure, tanto
ormai il bagno è già rovinato-
piagnucolò Rin con il viso sempre affondato tra
le mani.
La
voce dura di
Sesshomaru la fece tremare.
-Si
può sapere perché
hai dovuto usare Tessaiga qui? – domandò facendo
un passo avanti e, sebbene non
potesse vederlo, Rin avvertì tutta l’altezza di
suo marito sovrastarla.
Capì che non si stava
riferendo a lei, perché sentì la mano del demone
posarsi sulla spalla come a
volerla proteggere e rassicurare. Era con Inuyasha che ce
l’aveva.
-Hey,
stavo solo
aiutando- farfugliò il mezzo demone ancora riverso a terra.
-E
come al solito non
pensi alle conseguenze- aggiunse Kagome irritata.
Le
spalle di Rin
iniziarono a muoversi in maniera convulsa e lei non riusciva a
controllarsi.
Ormai era un fiume in piena e le lacrime scorrevano incontrollate.
Ci teneva così tanto
a quel pranzo e per colpa delle sue paranoie aveva rovinato tutto. Se
sperava
di poter recitare la parte della sofisticata padrona di casa,
l’unico risultato
che aveva ottenuto era una figura barbina davanti ai suoi ospiti.
Si
fece coraggio e
poi disse: - Uscite tutti… per favore-
-Sì,
abbiamo lasciato
solo il povero Hisui! – urlò Towa in aiuto della
madre per toglierla
dall’imbarazzo.
Pian
piano tutti
tornarono al piano di sotto, tranne Sesshomaru che rimase fermo di
fronte a
lei. Rin alzò il viso per guardarlo negli occhi. Anche se ad
un occhio normale
sembrava la solita espressione neutra, Rin conosceva bene il marito e
sapeva
che era in realtà in ansia perché non aveva la
minima idea di cosa stesse
succedendo.
Fece
un respiro
profondo e disse: - Per favore, Sesshomaru, vai anche tu. Ho bisogno di
ricompormi e stare da sola-
Seppur
a malincuore,
il demone non potè fare altro che obbedire e se ne
andò.
Chiuse la porta e
rimase per un attimo fermo. Fu la voce di sua figlia a richiamarlo alla
realtà.
-Papà…-
lo chiamò
Towa.
La
testa argentata
spuntava dalla cima delle scale. Le sopracciglia erano leggermente
aggrottate,
come se fosse combattuta per qualcosa.
-Sì?
– la incoraggiò
lui.
Setsuna
era una tipa
taciturna come lui e se proprio avesse dovuto confidarsi con qualcuno,
avrebbe
preferito correre da sua madre. Al contrario, Towa, nonostante fosse
caratterialmente identica a Rin, era riuscita fin da piccola a renderlo
stranamente loquace. Era una situazione equa e a lui non dispiaceva
affatto.
-Penso
che devo dirti
una cosa… sulla mamma- bisbigliò lei indicando la
porta della sua camera e
facendogli cenno di seguirlo.
Towa
gli ricordava
tantissimo Rin negli anni in cui erano fidanzati: prendevano ogni cosa
sul
serio e creavano tanto mistero per le cose più semplici. Un
lato buffo, a pensarci bene.
Entrò nella cameretta
e Towa chiuse la porta.
Sesshomaru si sedette
un attimo sul letto. Finalmente con sua figlia poteva gettare la
maschera e lasciare andare la tensione che avvertiva da quella mattina.
-Io
penso di sapere
perché la mamma è così strana oggi-
esordì guardinga.
Davvero
pensava che
Rin potesse sentirli attraverso i muri?
Towa gli si avvicinò.
-L’altra
sera, quando
la zia Kagome è venuta a portare Moroha qui da noi, tu avevi
da poco telefonato
per dire che ti saresti fermato un giorno in più. La mamma
ha fatto finta di
nulla al telefono, ma quando la zia è entrata in casa
è diventata un fiume in
piena-
-Cosa?
– la
interruppe ansioso
-Fammi
finire! – gli
ordinò – La mamma ha dato di matto ieri pomeriggio
perché era gelosa! –
Sesshomaru
era sempre
più confuso.
-Gelosa?
– era
qualcosa che non riusciva a comprendere.
Towa
si portò una
mano sul viso. Era visibilmente esasperata.
-Papà,
mi sembri lo
zio quando non afferri al volo le cose- se non si fosse trattato di sua
figlia avrebbe eliminato
qualsiasi altra persone che si fosse permessa di associarlo ad
Inuyasha- La
mamma era gelosa della tua ex. Anzi direi che è ancora molto
gelosa-
Non
aveva senso. Non
aveva nessun senso una gelosia del genere. La storia con Kagura era
finita anni
fa e loro due si erano sposati e avevano due figlie, per di
più adolescenti.
Quanto ancora doveva passare per farle sparire quella stupida gelosia?
Sentì il corpo minuto
di Towa sedersi di fianco a lui.
-Anche
se sei un
grande demone cane, sei come tutti gli uomini: non capisci niente delle
questioni amorose- disse dandogli delle amichevoli pacche sulle spalle.
-Perché,
tu ne sai
già qualcosa? - ringhiò alla sola idea che
qualsiasi essere potesse anche solo
avvicinarsi a sua figlia. Già si chiedeva perché
non aveva ancora rotto le ossa
al figlio del monaco.
Con
tutti i ragazzi
in circolazione, Setsuna doveva proprio prendersi lui?
Poggiò la mano sulla fronte, esasperato.
Un maschio, ecco
perché aveva sempre desiderato un maschio.
Towa, vedendo quella
reazione, pensò di aver fatto più che bene a
tenere la sua relazione con Riku
segreta. Forse tra cinquant’anni suo padre si sarebbe
ammorbidito.
-Non
stiamo parlando
di me ora. E se vuoi saperlo…-
-C’è
dell’altro? –
-Sì!
Per caso- e
Sesshomaru sapeva che non era assolutamente vero- ho sentito la mamma
che
parlava con la zia Kagome prima del pranzo: le ha detto che per sbaglio
le era
caduto un orecchino nel lavandino. Penso si riferisse a quello che le
hai
regalato tu-
Sesshomaru
provava
un’altalena di emozioni, ma non poteva crederci che casa sua
fosse stata
demolita per colpa di uno stupido orecchino caduto nel lavandino.
-Penso
che non
volesse offenderti. In più, se pensi che l'altra sera era in
preda ad una crisi di
gelosia credo che avesse paura che tu potessi pensare che non tiene
alle cose che tu le
regali- finì Towa il suo discorso con un leggero battito di
mani.
-Perché
gli umani
sono così contorti? – chiese il demone.
-Non
è una questione di
esseri umani. È solo che la mamma è una donna e
tu resi pur sempre un essere che
appartiene al genere maschile. Questa distinzione non risparmia
né umani né
demoni… e neanche i mezzi demoni-
L’uomo
si voltò verso
la figlia, che lo guardava con un sorriso stampato in faccia, convinta
di aver
fatto una buona azione ma non sapeva che la sua mente era nella
confusione più
totale.
Come avrebbe potuto
far stare tranquilla Rin? Non che ce ne fosse bisogno secondo il suo
giudizio. Però se lei
si sentiva così insicura forse era in parte dipeso da lui.
Che non fosse un
asso nelle questioni di cuore non era un gran mistero, ma non voleva
assolutamente
che Rin si facesse prendere da pensieri privi di fondamento.
-Ho
capito- disse
mentre si rialzava – Ora devo pensare come intimidire il
nuovo amico di
tua sorella-
Sottolineò
la parola
amico con un certo astio. Già era impensabile pensare che le
sue figlie
potessero avere una qualche relazione amorosa, figurarsi vederselo
materializzato davanti agli occhi senza alcun preavviso.
Sua moglie sicuramente
doveva esserne al corrente e aveva deciso di tenere il segreto di
Setsuna. E
aveva fatto bene!
Towa guardò il padre
con una punta di ansia. Il pensiero volò di nuovo a Riku.
Pensò al povero Hisui
al piano sotto, preda delle prese in giro di Moroha e agli sguardi
glaciali di
Setsuna che lo rimproverava silenziosamente per essere cascato nella
trappola
della cugina.
Hisui
era un ragazzo
docile e gentile mentre Riku era uno sbruffone e non sapeva cosa
volesse dire
la parola vergogna.
Se suo padre era
infastidito dalla presenza di Hisui, figurarsi come avrebbe potuto
prendere l’esistenza
del suo di fidanzato. Meglio non pensarci.
Si
alzò anche lei e
si avviò con padre al piano di sotto.
Nel
frattempo, Rin
era ancora barricata nella camera patronale alla ricerca di qualcosa da
indossare al posto degli indumenti fradici. Pescò un
maglione caldo e poi andò
ad asciugarsi i capelli. Mentre il getto di aria calda eliminava
qualsiasi tracci
di acqua dalla lunga chioma di Rin, pensò subito a come
stesse prendendo una pessima
piega quel pranzo: l’orecchino perso, il bagno completamente
distrutto e
Setsuna di pessimo umore.
Conosceva
troppo bene
sua figlia e sapeva che in realtà quello era solo imbarazzo:
aveva confessato a
lei e Towa la sua relazione con il figlio di Sango e Miroku. Alla
notizia Rin reagì
euforica: le piaceva Hisui, era un ragazzo responsabile e gentile,
perfetto
secondo lei per il carattere granitico di Setsuna. Ma aveva anche
promesso di
non farne parola con Sesshomaru, anzi l’aveva rassicurata
dicendole che avrebbe
introdotto l’argomento con molta calma.
Ma
ora che Moroha si
era messa in mezzo, tutti i suoi piani erano andati in fumo.
Sospirò.
Quando constatò che i
capelli erano finalmente asciutti prese coraggio e scese.
-Mamma,
ti stavamo
aspettando- urlò Towa quando intercettò la sua
figura.
Gli
occhi rossi tradivano
l’umore nero che cercava di nascondere dietro ad un
tiratissimo sorriso.
Rin preferì non
guardare suo marito: ci avrebbe pensato dopo a lui, quando tutti se ne
sarebbero andati.
Inu
Kimi sentì di
dover fare qualcosa: si avvicinò a Rin e le
poggiò le mani sulle spalle.
-Nuora,
sappi che ammiro
molto la tua pazienza dopo questa giornata-
Non
proprio le parole
più calorose del mondo, ma al momento era stata
l’unica a mostrarsi comprensiva
così apertamente.
Nel
frattempo,
Inuyasha si massaggiava il naso, probabilmente Kagome lo aveva steso
ancora con
un OSUWARI bello deciso. Seduto di fianco alla figlia, osservava di
sottecchi Sesshomaru,
il quale non staccava gli occhi dal povero Hisui.
Per una volta non se
la sentì di stuzzicare il fratellastro con le sue
frecciatine. Si sporse verso
l’orecchio della figlia e le disse: - Promettimi che
aspetterai almeno i vent’anni
prima di portarmi a casa qualcuno-
-Papà,
tranquillo! Tu
sei sempre il numero uno! – e gli buttò le braccia
al collo.
Il dolce venne
servito.
In qualche modo
l’atmosfera
si ridistese.
Ad un certo punto,
Toga guardò prima Izayoi e poi Inukimi e disse: - bene,
credo sia arrivato il
momento di farvi un annuncio! –
Era ufficiale:
Sesshomaru odiava i pranzi in famiglia!
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