Il pranzo della domenica

di Sophie Ondine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sabato sera ***
Capitolo 2: *** Domenica mattina, parte I ***
Capitolo 3: *** Domenica, parte II ***
Capitolo 4: *** Domenica, -2 ore al pranzo ***
Capitolo 5: *** Domenica, il pranzo ***
Capitolo 6: *** Stato di emergenza ***



Capitolo 1
*** Sabato sera ***


 Sabato sera

 

Il taxi si fermò con un leggero stridio di gomme.
Il tassista annunciò la fine della corsa e il passeggero sul sedile posteriore, più veloce di qualsiasi umano, scese dal veicolo. Sembrava quasi fosse grato della fine di quella tortura: stare su un mezzo che puzzava terribilmente di un umano dedito all’alcool era troppo per il suo olfatto iper sviluppato.
Con la mano artigliata, allungò la tariffa della corsa, gonfiata da una leggere mancia che sarebbe dovuta essere il resto.

-Grazie signore- disse l’uomo alla guida prima di ripartire.

Sesshomaru non ci fece nemmeno caso. Respirò a pieni polmoni l’aria umida della sera. Nella mano sinistra teneva una piccola valigia.

Sebbene fosse un demone, quel viaggio di ritorno era stato particolarmente stressante: volo in ritardo, confusione al gate, mocciosi piagnucoloni. Mai come in quel momento aveva desiderato essere a casa sua.

Guardò la villetta davanti i suoi occhi: le luci all’interno era accese. Rin e le ragazze dovevano essere impazienti di rivederlo.

Quel viaggio di lavoro si era rivelato più lungo del previsto. Quando al telefono aveva detto a Rin che si sarebbe trattenuto un giorno in più, lei aveva nascosto la delusione con la voce migliore che potesse fare.
Lui, dall’altro capo del telefono, aveva leggermente sorriso a quella reazione: sapeva che Rin non voleva appesantirlo in alcun modo, anche se questo significava fare buon viso a cattivo gioco.

-Occuparsi dei rapporti tra clan di umani e demoni non è di certo facile. Io e le ragazze passeremo un’altra serata tra donne e quando tornerai saremo ancora più felici!- aveva trillato lei, stringendo il cellulare con veemenza, come per sfogare la delusione.

Il demone oltre alla valigia aveva anche una grossa busta: all’interno c’erano dei regali. Era un’abitudine portare qualcosa dopo un periodo di lontananza.
Si avviò a lunghe falcate verso la porta, superò il cancello del giardino, cercò le chiavi e le inserì nella toppa.
La prima cosa che investì il viso di Sesshomaru, oltre al calore, fu una raffica di urla indistinte.

-NO, FERME!-

Quella era la voce di Rin preoccupata.
Ancora sulla soglia di casa, Sesshomaru vide tre figure correre impazzite per casa.

-Maledetta, ridammi il mio telefono!- ringhiò senza ammissione di replica Setsuna.

-Non c’è bisogno di arrabbiarsi- cercava di dire Towa.

-Tanto non riesci a starmi dietro- canzonava Moroha.

Ne aveva avvertito l’odore fuori, ma Sesshomaru sperava che sua nipote fosse passata solo nel pomeriggio e poi fosse tornata a casa. Avere la copia di Inuyasha per casa era l’ultimo dei suoi desideri.

-Ragazze, per favore, non correte… oh, bentornato, Sesshomaru!-

Questa volta a parlare fu Rin, comparsa all’ingresso. Il viso leggermente accaldato, la voce preoccupata ma gli occhi illuminati alla vista del marito.
Indossava un dolcevita chiaro, i capelli erano arruffati, probabilmente perché cercava di contenere quelle tre cose che, molto probabilmente, gli avrebbero distrutto casa.
Anche le ragazze si fermarono. Non avevano notato l’ingresso di Sesshomaru, prese com’erano dalla litigata.
Towa fu la prima a prendere parola.

-Bentornato, papà!- urlò con lo stesso entusiasmo di Rin.

Setsuna, ancora irritata con la cugina, si limitò ad un’alzata di mano.

-Zio Sesshomaru, qual buon vento!- disse Moroha con quell’espressione che al demone ricordava tanto il fratellastro. Pensava impossibile che ci fosse qualcuno al mondo in grado di superare Inuyasha in qualità di essere molesto, ma si sbagliava: sua figlia era anche peggio.

-Tu non hai una casa?- fu la sola cosa che riuscì a dire, ignorando i saluti precedenti.

Moroha non sembrò per niente infastidita da quella domanda, anzi, più lo zio sembrava irritato, più lei ci trovava gusto. Dopotutto suo padre l’aveva istruita a dovere. Sfoderò un largo sorriso e disse:- Se vuoi posso chiamare papà e farmi venire a prendere, se la mia presenza non è gradita…-

Quelle parole in realtà nascondevano una velata minaccia: se Inuyasha fosse andato davvero a prenderla, si sarebbe alleato con la figlia per portare Sesshomaru al limite della sopportazione, il che voleva dire scatenare una lotta.
Alla sola idea Rin impallidì e, veloce come non mai, si fiondò accanto al marito. Gli prese la valigia e, chiudendo la porta, disse rivolta a Moroha:- Ma no cara, tuo zio prova sempre a scherzare, ma con scarsi risultati-

Ricordava fin troppo bene l’ultima volta in cui Inuyasha e Sesshomaru avevano dato il via ad una lotta in casa, con Moroha e Setsuna schierate da una parte, mentre lei, Kagome e Towa cercavano di sedare gli animi dall’altra. Purtroppo non era stato per niente facile: la percentuale di sangue demoniaco nella fazione lottatrice era troppo elevata per essere sostenuta della loro e la povera Rin si era ritrovata il giorno dopo a chiamare una ditta specializzata in riparazioni dei tetti.
Setsuna, nel frattempo, decise di sfruttare quel momento di distrazione per riappropriarsi del cellulare e fuggire lesta in camera.

-Tanto lo so che hai una tresca con Hisui!- urlò Moroha, rincorrendola.

-Aspettatemi!- le implorò Towa seguendole.

Rin tirò un sospiro profondo.
Subito sentì le spalle avvolte in un abbraccio: Sesshomaru, silenzioso come sempre, l’aveva abbracciata. Poi le sussurrò all’orecchio, dolcemente:- Ti hanno fatta disperare?-
Lei sorrise, felice del ritorno del suo demone. Poggiò una mano sul braccio possente di Sesshomaru e disse:- Un po’, ma almeno non mi annoio in tua assenza-

-Ti ho portato una cosa- disse subito lui.

E tirò fuori dalla busta una scatolina di velluto blu. Rin l’afferrò emozionata. Il fatto che lui si ricordasse sempre di lei in ogni suo viaggio era quello che la rendeva più felice. Ormai per loro era una piccola abitudine: quando dovevano partire per i rispettivi viaggi di lavoro, tornavano a casa sempre con qualcosa.

Lo ringraziò ancora prima di aprire la scatola.

-Ma non hai visto cosa c’è dentro- disse lui.

Rin scosse la testa.

-Non hai mai sbagliato un regalo in tanti anni, non credo che oggi sia giunto quel giorno-

E infatti quando aprì la scatola, rimase a bocca aperta. All’interno c’erano due orecchini, piccoli e discreti come piacevano a lei. Quello che a Rin piacque di più fu la forma, che ricordava quella di una farfalla. Le ali erano formate da piccoli rubini e la parte centrale da brillanti. Luccicavano così tanto che la loro forma discreta passava in secondo piano.
Si girò verso Sesshomaru, guardandolo negli occhi.

-Te l’avevo detto che mi sarebbero piaciuti- e poi gli depositò un bacio sulle labbra.

Sesshomaru, sentendo l’odore di Rin, l’attirò subito a se e sentì che il nervoso per la presenza di Moroha stava lasciando il posto all’eccitazione. Ricambiò il bacio con passione tanto da dimenticarsi di non essersi ancora tolto il cappotto.

-Mamma, papà! Per favore! Che impressione!!!- urlò Towa, coprendosi il viso con le mani.

I due si staccarono subito, o meglio, Rin si staccò da Sesshomaru in preda ad un imbarazzo maggiore di quello della figlia.
Sesshomaru guardò Rin in preda all’agitazione. Apriva la bocca cercando di dire qualcosa di convincente ma senza alcun risultato. Si chiese perché si agitasse così tanto: le gemelle avevano 14 anni e non era più un mistero per loro il modo in cui venivano al mondo i bambini.
Purtroppo Rin sembrava in preda al panico più assoluto, quindi decise di salvare lui la situazione.

-Cosa c’è, Towa?- domandò come se non fosse successo niente mentre si sfilava il cappotto.

La mezzo demone si tolse le mani del viso e, vedendo il padre così impassibile, si riprese dall’imbarazzo.
Rin invece tirò un sospiro di sollievo, grata al marito per averla tirata fuori da quella situazione. Era davvero difficile per lei gestire l’imbarazzo delle figlie davanti agli scambi d’affetto tra lei e Sesshomaru. Anche se alla fine quella che le dava più pensieri era proprio Towa, sua sorella Setsuna si limitava ad andarsene silenziosamente.

-Ecco, visto che sei tornato, volevo chiedere alla mamma se potevamo ordinare delle pizze visto che Moroha si fermerà a dormire da noi-

-Oh tesoro, ma certo. Mentre tuo padre disfa la valigia, andrò di sotto in taverna a prepararvi la stanza per la notte- si affrettò a dire Rin, guidando la figlia per un braccio verso la cucina.

Prima di sparire, si girò verso Sesshomaru e disse:- Quando hai finito, vieni in cucina. Per noi c’è altro da mangiare-

L’occhiolino finale fece capire al demone che Rin aveva in mente di passare un po’ di tempo loro due da soli e che la presenza di Moroha era stata calcolata per tenere impegnate le figlie.

-Va bene- disse lui.

***

Nonostante le camere si trovassero al piano superiore, le tre cugine quella notte avrebbero dormito al piano inferiore.
Towa e Setsuna avevano due camere separate, ma quando Moroha si fermava da loro, Rin preparava sempre la stanza al piano di sotto, nella taverna. Lì c’era una stanza con un grande letto matrimoniale, che avrebbe ospitato tutte e tre per la notte, e un grande televisore per guardare un bel film in santa pace. Le ragazze avrebbero avuto tutto a loro completa disposizione senza disturbare i genitori e senza essere disturbate.

-Mi raccomando, ragazze, non fate troppo tardi e, soprattutto, non cominciate alcun tipo di lotta- si raccomandò Rin.

Non ricevendo risposta dall’unica persona a cui era rivolta tale raccomandazione, decise di essere più esplicita.

-Setsuna, mi hai capito bene?- chiese.

Sua figlia la guardò come se non fosse colpevole di nulla.

-Non è colpa mia, Moroha mi provoca-

-Io?? Zia Rin, spero che tu non le creda- piagnucolò l’altra.

-Tranquilla, mamma. Le controllo io- si offrì subito volontaria Towa, tentando di alleggerire le preoccupazioni della madre.

Rin fece finta di crederci e sorrise.
Mentre saliva le scale per andare in cucina, però, sentì chiaramente l’inizio di una litigata.

-Allora, cuginetta, non hai intenzione di dirci niente su Hisui?- aveva iniziato a punzecchiarla Moroha.

-Adesso smettila, sei molesta!-

Dentro di sé si augurò che la promessa fatta da Towa potesse essere mantenuta.
Quando entrò in cucina, Rin vide Sesshomaru seduto ad aspettarla.

-Invitare Moroha è stato un tentativo per ritagliarci un momento di pace?- le domandò subito.

Rin si avvicinò, prendendo posto vicino a lui.

-Sì e no. In effetti domani mi serviranno più mani possibili-

Sesshomaru non capì.

-Ecco, vedi… in effetti il fatto che tu sia dovuto rimanere fuori più tempo del previsto non aiuta- disse Rin grattandosi la tempia visibilmente in difficoltà- ma ho organizzato un pranzo tutti insieme domani e…-

Sesshomaru sperava di aver capito male.

-Tutti insieme?- domandò interrompendola.

Lo sguardo del marito era troppo per Rin. Si alzò con la scusa di mettere in tavola quello che aveva preparato per loro due. Mentre si muoveva, cercava di trovare il più presto possibile le parole adatte a spiegarli la situazione senza farlo infuriare.

-Beh, mentre eri via… un giorno mentre eravamo di turno io e Kagome in ospedale, abbiamo pensato che sarebbe stato bello fare un pranzo tutti insieme. Ormai tu e Inuyasha riuscite a stare nella stessa stanza senza cercare di uccidervi per più ore di seguito, tua madre e Izayoi sembrano amiche di vecchia data e le ragazze vanno d’accordo-

Non fece in tempo a finire la frase che subito dal piano di sotto arrivò un tonfo, seguito dalla voce infuriata di Setsuna che urlava “MOROHA”.

-In effetti è proprio quello che direi io ora- disse sarcastico Sesshomaru.

-Normali litigi tra adolescenti- cercò di giustificarsi Rin mentre disponeva sul tavolo la loro cena.

Sesshomaru osservò i piatti. C’era un pasticcio di carne, probabilmente piccante come piaceva a lui, delle verdure al forno ben arrostite, pane fresco comprato quella stessa mattina e della frutta già lavata e tagliata all’interno di una grande ciotola. Erano le cose che lui preferiva mangiare in assoluto.
Molte volte aveva disprezzato gli essere umani, ma Rin riusciva ancora a stupirlo.

-Hai preparato apposta questi piatti per rabbonirmi?- chiese sospettoso.

Lei sorrise, come se avesse un asso nella manica. E in effetti ce l’aveva. Si alzò di nuovo e si diresse verso il frigorifero, ne tirò fuori una piccola teglia a forma di cuore, regalo delle figlie per il compleanno, con all’interno quello che sembrava essere un dolce.

-Ho preparato una mini cheesecake all’arancia. Leggermente aspra, come piace a te- disse lei trionfante.

I vecchi detti di sua nonna si erano sempre rivelati veritieri: per quanto davanti a lei ci fosse un demone maggiore potente, temuto e rispettato, Sesshomaru era pur sempre un uomo. E si sa, la via per il cuore di un uomo passa sempre per il suo stomaco.

Il demone alzò le mani al cielo in segno di resa.

-Hai vinto. Umana 1- demone 0-

Rin sorrise radiosa. Tornò al tavolo per mangiare insieme, ma prima che potesse dire “Itadakimasu”, Sesshomaru l’anticipò con una frase che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.

-Domani casa nostra si trasformerà in un circo e va bene, ma questa- disse indicando la torta per lui- la finiamo a modo mio… di sopra!-

Forse Moroha sarebbe potuta diventare ospite fissa nei weekend.

Salve a tutti, lettori. So che dovrei aggiornare le altre storie ( e i capitoli nuovi sono in fase di preparazione), ma ho volevo assolutamente scrivere questa breve fic visto il nuovo sequel che mi sta tanto ispirando.
Spero vi piaccia questo capitolo.
Un saluto a tutti!

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Capitolo 2
*** Domenica mattina, parte I ***


Domenica mattina, parte I

 

La suoneria delicata del cellulare arrivò alle orecchie di Rin, destandola dal sonno. Nonostante gli occhi non fossero ancora completamente aperti, allungò la mano per disattivare la sveglia: non voleva svegliare suo marito. Raramente era stanco, anzi di solito era lui il primo a svegliarsi, anche la domenica, ma quell’ultimo viaggio di lavoro doveva essere stato particolarmente stressante.

Delicatamente si tirò su a sedere sul letto, si stropicciò gli occhi e cercò le pantofole.

Prima di uscire dalla camera da letto, diede un’ultima occhiata al marito: la testa completamente abbandonata sul cuscino, i capelli sparsi e la camicia del pigiama leggermente sbottonata, testimone della nottata intima tra i due. Rin arrossì leggermente al solo pensiero e sperava con tutto il cuore che le ragazze fossero crollate dal sonno e non avessero captato nulla. Ci provavano, ma a volte era inevitabile essere leggermente rumorosi. Quasi rimpiangeva i primi anni di matrimonio, quando le gemelle non erano ancora nate e avevano la casa a loro completa disposizione.

Arrivata in bagno, si diede una rinfrescata al viso. Si ispezionò anche il collo e il petto per paura di trovare qualche segno, ma non ne trovò.

Meno male, pensò tra sé e sé.

Rin si diresse verso la cucina. Una volta scese le scale, capì che qualcun altro si era alzato prima di lei dal rumore di tazze armeggiate, tipico di chi stava preparando la colazione.

Non si stupì minimamente di trovare Setsuna in cucina.

-Buongiorno, tesoro- disse lei avvicinandosi.

La ragazza non parve affatto sorpresa e rispose al saluto.

-Già in piedi?- domandò la madre mentre metteva a bollire l’acqua per il tè.

Setsuna si prese il suo tempo per rispondere: si sedette su una delle sedie alte dell’isola della cucina, prese un biscotto e lo intinse nel latte. Poi, finalmente, parlò:- Towa e Moroha si sono buttate su di me svegliandomi-

Rin rise immaginandosi la scena, soprattutto la faccia infastidita di Setsuna. Assomigliava in maniera così impressionante a Sesshomaru in quei momenti.

-In più, è una di quelle notti- aggiunse Setsuna.

Si riferiva alla sua difficoltà di riuscire ad addormentarsi. Fin da quando era piccola aveva manifestato questo tipo di problema.

Rin si era consultata con molti suoi colleghi pediatri, sperando di trovare un modo per aiutare la figlia, eppure sembrava che nulla potesse arginare la situazione.

I primi anni della loro vita, le gemelle avevano diviso la stessa camera e Towa, da brava sorella premurosa, andava spesso vicino a Setsuna per calmarla e rassicurarla.

“Non preoccuparti, sorellina, ci sono io con te” diceva abbracciandola e sistemandosi nel suo lettino. Delle volte quelle parole bastavano a calmarla, ma c’erano delle notti in cui quello non bastava più. Con delicatezza si scioglieva dall’abbraccio della sorella e sgattaiolava nella stanza dei genitori per infilarsi sotto le coperte con la sua mamma. In quei momenti si sentiva davvero al sicuro e dormiva profondamente.

La mattina successiva Sesshomaru la trovava avvinghiata a Rin e non faceva molto per nascondere il suo disappunto.

“Smettila di fare il bambino” lo rimproverava successivamente Rin.

Con il passare degli anni l’orgoglio di Setsuna era cresciuto con lei e quando finalmente avevano ricevuto stanze separate, aveva preferito trovare metodi alternativi per dormire e non causare fastidio a sua madre. Spesso e volentieri cercava su Youtube concerti di violini e, armata di cuffie, si stendeva nel letto in attesa del sonno.

Towa delle volte faceva il suo ingresso in camera e, come se fossero tornate piccole, si metteva nel letto con lei.

Non glielo diceva mai, ma a Setsuna piaceva averla accanto.

-Tesoro, ancora problemi?- le chiese Rin accarezzandole i capelli dolcemente.

-A volte- disse la figlia facendo spallucce, come se la cosa non la toccasse più di tanto.

Rin si chiese se da piccola non l’avesse lasciata troppo tempo sola con il padre: le reazioni, le espressioni, il modo di parlare stavano diventando troppo simili. La sua stessa figlia riusciva a metterle i brividi.

L’abbracciò d’istinto, poi le sussurrò:- Sai che puoi sempre venire dalla tua mamma, vero?-

Setsuna incurvò le labbra in un leggero sorriso. Poteva fingere di mal sopportare gli abbracci di Towa, di Moroha ma di sua madre no.

Ricambiò l’abbraccio.

-Lo so-

 

***

Kagome infilò le chiavi nella toppa. Smontare dal turno di notte era il momento più bello della giornata.

In fondo non le dispiaceva rincasare a casa con le prime luci dell’alba: trovava piacevole pensare che lei tornava per rintanarsi a letto quando tutti gli altri uscivano per andare al lavoro.

Anche se quello non era il suo caso, in quanto era domenica, era lo stesso felice. La notte in ospedale era stata quieta ed era riuscita a riposare qualche ora.

Lungo il tragitto le era venuto in mente di fermarsi in un bar a prendere un dolce per colazione da dividere con Inuyasha. Quella notte Moroha l’aveva passata da Rin e Kagome sperava di godersi un momento con il marito.

Quando aprì la porta, come sospettava, la casa era avvolta nel più totale silenzio. Non che la cosa l’avesse stupita: Inuyasha dormiva come un sasso 365 giorni all’anno.

Una volta chiusa la porta alle sue spalle, gli occhi di Kagome caddero sul tavolino all’ingresso, dove troneggiavano ben quattro bottiglie di birra vuote. Ne prese una tra le mani per ispezionarla e con suo orrore notò che era stata poggiata sul legno di quel tavolino senza alcun sottobicchiere e ormai l’alone opaco aveva fatto la sua comparsa.

La rabbia montò dentro Kagome in meno di un battito di ciglia. Quel tavolino era stato il suo primo acquisto quando era andata a vivere da sola, in più lo aveva preso con il suo primo stipendio da specializzanda. Ci teneva tantissimo e se la stessa Moroha, pasticciona per natura, era riuscita a non procurargli neanche un graffio, si chiese come avesse fatto quel bruto di suo marito a scordarsi un’informazione così fondamentale.

Come in preda ad un istinto omicida, andò in cerca di Inuyasha.

Arrivata alla camera da letto, le si parò davanti agli occhi un’immagine che avrebbe volentieri fatto a meno di vedere: Inuyasha, Miroku, Koga, Jakotsu e anche Kohaku, stesi su una qualsiasi superficie morbida disponibile, in un intreccio di gambe raccapricciante.

Inuyasha dormiva abbracciato a Jakotsu e Miroku era aggrovigliato alle gambe di Koga. L’unico che manteneva un briciolo di dignità anche sotto uno stato di pesante ubriacatura era Kohaku, rannicchiato in un angolo della stanza.

La goccia che fece traboccare il vaso fu la vista delle scarpe sul suo piumino nuovo.

-OSUWARI!!!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Il mezzodemone, ancora addormentato, si ritrovò subito faccia a terra.

Gli altri si svegliarono di soprassalto.

-Ka…Kago…me- farfugliò Inuyasha, sollevando il viso da terra e rivelando un rivolo di sangue che gli usciva dal naso rosso.

-Oh Kagome, buongiorno- cinguettò Jakotsu, tirandosi su dal letto. Nonostante avesse bevuto tanto anche lui, riusciva a sostenere l’alcool in maniera encomiabile.

Kagome lo ignorò.

Anche gli altri si alzarono pian piano.

-Kagome, possiamo spiegare- cercò di dire Miroku.

-Faresti bene a tornare a casa da tua moglie. E anche voi!!!- tuonò lei paonazza.

E tutti seguirono l’ordine di Kagome, andandosene il più velocemente possibile: Jakotsu ridendo e lanciando baci a Inuyasha, Koga lamentandosi per il mal di testa post sbornia, Kohaku visibilmente imbarazzato per quella figura barbina e Miroku in ansia per la ramanzina che sarebbe toccata anche a lui al rientro a casa da parte di Sango.

-Non mi lasciate qui- li implorò Inuyasha ancora riverso a terra. Ma il rumore secco della porta che veniva chiusa, bruciò le ultime speranze del mezzo demone.

Portò gli occhi ambrati verso sua moglie. Kagome faceva più paura di qualsiasi altro demone.

Se fosse stata un drago avrebbe volentieri sputato fuoco dalle narici.

Eppure in tanti anni insieme sperava fosse maturato un pochino. Se serviva una sera senza moglie e figlia a farlo ridurre in quello stato…

Non ci vide più dalla rabbia.

-MA SEI SCEMO?-

Inuyasha, spaventato e dolorante, guardò la moglie cercando di darle una spiegazione convincente. Ma la verità era che c’era ben poco di cui convincerla: la casa e il suo stato parlavano per lui.

-Io credo che se avessi lasciato Moroha a casa da sola sarebbe stata molto più morigerata di te!- continuò lei.

Il mezzo demone raccolse le poche forze che aveva per rialzarsi in piedi e affrontare Kagome.

-Kagome, mi dispiace. Lo sai come va a finire a volte…-

-A volte? Inuyasha questa è la sesta volta che ti becco così. Devo lasciare Moroha a farti da guardia?-

Inuyasha non proferì parola. In effetti non gli faceva molto onore farsi ritrovare in quello stato.

-Perdonami…-

-Pulisci tutto, immediatamente. Anche il mio tavolino all’ingresso. E quando mi sarò svegliata voglio che tu sia pulito e profumato- disse lei, togliendo le lenzuola sporche per sostituirle con quelle pulite.

-E perché?-

Kagome si voltò per incenerirlo con lo sguardo.

-Andiamo a pranzo da Rin e Sesshomaru. E ci saranno anche tua madre, tuo padre e la madre di Sesshomaru. Ah, e nel caso te lo fossi scordato, tua figlia stanotte è rimasta a dormire dagli zii, quindi in ogni caso dovremmo andare a riprenderla- e dopo aver detto quelle parole si piombò sotto le coperte. Allungò poi la mano verso l’interruttore vicino al comodino per azionare le tapparelle elettriche.

Mentre l’ombra invadeva la stanza matrimoniale, Inuyasha continuava a non capire.

-Ehm… perché ti metti a dormire ora?- le chiese confuso.

Kagome fece un profondo respiro.

-PERCHè HO FATTO IL TURNO DI NOTTE, SCEMO! OSUWARI!!!-

Un altro tonfo.

-Ma…ledetta!-

 

***

-Towa, Moroha è ora di alzarsi- disse Setsuna entrando nella camera della taverna.

Guardò sua sorella con il viso ancora affondato tra i cuscini e sua cugina non era da meno.

Le guardò con un misto d’invidia: beate loro che riuscivano a dormire così tanto.

La mamma si era raccomandata di svegliarle il prima possibile perché avrebbe avuto bisogno del loro aiuto se voleva ricevere gli ospiti in maniera impeccabile.

Se aveva ereditato una cosa da sua padre, quella era di sicuro la mancanza di pazienza. Con un gesto secco privò le due ragazze del calore della coperta, alzò le tapparelle e spalancò le finestre, facendo entrare nella camera l’aria fredda di quella mattina di dicembre.

Le reazioni non tardarono ad arrivare: Towa spalancò gli occhi, mentre Moroha schizzò fuori dal letto.

-Che freddo, che freddo, che freddo! Ma sei impazzita?- le urlò contro.

Setsuna non si scompose neanche un po’.

-Muovetevi. Andate a fare colazione e poi lavatevi. Mamma ha bisogno del nostro aiuto- ordinò.

Moroha brontolò qualcosa tra i denti, ma fece lo stesso quello che le era stato richiesto. Towa tentò un approccio più dolce rispetto a quello della cugina e disse:-Buongiorno, sorellina-

Setsuna la ignorò come al solito. Si voltò e andò al piano di sopra per cambiarsi.

Towa sorrise, perché sapeva che quello era il modo di fare tipico di sua sorella gemella. Cercò le pantofole e poi andò in cucina.



Veloce come il vento! Eccomi con un nuovo aggiornamento. Credo che questa velcoità sia data dall'ansia di vedere il nuovo episodio di Yashahime!
Questa fic, come ho detto, non sarà molto lunga, ma vorrei mostrare tutti i personaggi e le loro diverse interazioni.
Piccola precisazione: sia Rin che Kagome sono due medici, Rin è una pediatra neonatologa mentre Kagome una ginecologa. Per quanto riguarda il lavoro di Sesshomaru, ho pensato che potesse esistere una sorta di Ministero per i rapporti tra demoni e umani e quindi che lui potesse lavorarci in qualità di funzionario.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere.
Ovviamente ringrazio anche chi ha commentato il capitolo precedente: vedere com'è stata accolta questa nuova creazione mi ha messo davvero una carica pazzesca!

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Capitolo 3
*** Domenica, parte II ***


Domenica, parte II

 

Moroha si era tappata il naso ficcandosi due fili di carta igienica su per le narici. Le mani erano impregnate dell’odore di quel prodotto per lucidare l’argenteria.

-Mi chiedo perché il lavoro sporco tocchi sempre a noi- chiese alle cugine, intente a svolgere la stessa mansione.

La zia le aveva affidato il compito di pulire le posate d’argento, non prima di aver lucidato i bicchieri. E l’odore di quel prodotto era davvero nauseante per le sue narici sensibili.

-Aaaaah, non riesco a sopportarlo!- si lamentò ancora Moroha.

Towa la guardò incredula.

-Quante storie fai. Se ti sbrighi facciamo prima-

Moroha sperava di trovare un appoggio in sua cugina, ma dopo quella risposta dovette ricredersi. Inutile pure era fare affidamento su Setsuna, la quale continuava a lucidare l’argenteria in religioso silenzio.
Non era quello il suo piano per quella mattina: obiettivo primario era quello di scoprire qualcosa riguardo la situazione sentimentale tra Setsuna e Hisui, se poi avanzava un po’ di tempo non avrebbe disdegnato dare una soddisfazione a suo padre punzecchiando lo zio per farlo infuriare. Sicuramente Inuyasha sarebbe arrivato con qualche frase studiata appositamente per innescare un litigio con il fratello maggiore.

La testa di Rin sbucò dalla cucina, affacciandosi nel salotto dove le ragazze stavano lavorando.

-Tutto bene?- chiese.

Se Towa e Setsuna si limitarono ad annuire, Moroha prese parola.

-Alla grande, zia Rin, tra poco abbiamo finito. Anche perché non ce la faccio più a sostenere questa puzza- esclamò strappando un sorriso alla donna.

Si avvicinò al tavolo per osservare il lavoro.
Sesshomaru comparve, vestito e con indosso il cappotto.

-Io vado- disse.

-Dove vai, papà?- chiese Towa senza capire.

-Ho chiesto a tuo padre di uscire a prendere qualche bottiglia di vino per oggi- rispose Rin per il marito.

Gli occhi di Moroha si illuminarono: era come se le fosse stata servita su un vassoio d’argento la battuta punzecchiatrice. Suo padre avrebbe trovato una situazione fantastica al suo arrivo.

-Che cane obbediente che sei, zietto!- e rimarcò con enfasi le parole “cane” e “zietto”.

Le narici di Sesshomaru divennero più piccole, stava inspirando profondamente per evitare di scattare contro la sosia femminile di suo fratello e staccarle la testa.
Da quando aveva conosciuto Rin, si era impegnato, senza darlo a vedere, di contenere i suoi istinti omicidi di demone nei confronti di quel fratellastro misto.
Inuyasha era una palestra costante, perché non perdeva occasione per fargli notare come alla fine si fosse ritrovato ad avere quello che, anni prima, sosteneva di disprezzare più di ogni altra cosa al mondo: una moglie umana e due figlie mezzodemoni.

Buttò fuori l’aria rumorosamente e per Moroha fu il segnale che aveva fatto centro.

-Noi puro sangue siamo in grado di controllarci… al contrario di voi meticci-

-SESSHOMARU!- urlò Rin furiosa.

-PAPà!- la seguì Towa.

Setsuna invece continuò a lucidare la forchetta che aveva tra le mani. Senza distogliere gli occhi dalla posata, sussurrò alla cugina:- Soddisfatta?-

Moroha sogghignò.

-Non ancora!-

 

***

Izayoi era in bagno intenta a sistemare i lunghi capelli neri. Non lo aveva detto al marito, ma ogni mattina controllava in maniera ossessiva che non fosse spuntato qualche capello bianco.
Era cosa nota che gli umani invecchiassero in maniera più veloce rispetto ai demoni, ma la vanità di una donna non si accontenta di certe spiegazioni e Izayoi voleva piacere al marito il più possibile.

Toga, invece, si godeva la tiepida domenica mattina seduto sul divano della sua casa e leggeva il giornale con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Anni ed anni di domande, dubbi e congetture sul perché suo figlio maggiore provasse un così odio profondo nei confronti degli umani, finalmente avevano trovato il loro riscatto nella figura di suo nuora.

Inuyasha non gli aveva dato grandi preoccupazioni da quel punto di vista e Kagome era perfetta per lui.

Ma Sesshomaru era sempre stato il suo cruccio. Aveva preso malissimo la sua relazione con Izayoi, non tanto per la fine del matrimonio con Kimi, sua madre, ma per il fatto che avesse scelto una compagna umana. Per non parlare dell’arrivo del suo secondogenito.
Con il  passare degli anni, per i continui litigi tra i fratelli e l’ostinazione di Sesshomaru, Toga aveva perso ogni speranza. Eppure nemmeno Kimi, nonostante l’atteggiamento altezzoso che le piaceva assumere, non era una donna che provasse particolare disprezzo per gli umani.

E pensare che da bambino era così innocente, aveva pensato spesso.

Per questo l’arrivo di Rin l’aveva accolta come una benedizione degli dei, un vero e autentico miracolo. Un essere così piccolo e fragile capace di domare il caratteraccio di suo figlio: cosa poteva desiderare di più?
E poi l’arrivo di Towa e Setsuna, due nipoti mezzodemoni. Gli piangeva il cuore ogni volta che ritornava con la mente al giorno della loro nascita. Poi era stata la volta di Moroha. Tre nipotine nel giro di due anni.

Quando aveva ricevuto qualche giorno prima la chiamata di Rin, non riusciva a credere alle sue orecchie: un pranzo tutti insieme, un sogno che diventava realtà.
Cullato da quei pensieri, Toga continuava a sorridere sereno e positivo alla vita. Non pretendeva che Sesshomaru e Inuyasha potessero andare d’amore e d’accordo, ma era grato del fatto che ormai fossero in grado di trovarsi nella stessa stanza senza tentare di ammazzarsi.

Il suono dei tacchi di Izayoi sul pavimento lo ridestarono dai pensieri.

-Ancora in panciolle?- lo rimbeccò la moglie.

Toga consultò l’orologio appeso alla parete.

-Abbiamo ancora tempo. Siediti qui con me-

Izayoi fece come le era stato detto e prese posto accanto al marito, infilando la testa nell’incavo dove il collo e la spalla di suo marito creavano uno spazio. Si accoccolò beata.
Poi però prese parola.

-Pensi che faremo bene?-

Il demone non capì.

-Intendo, dirlo proprio oggi. Non so, forse avremmo dovuto organizzare noi un pranzo…-

-Forse, ma ormai è andata così- tagliò corto lui senza alcuna voglia di incagliarsi in un inutile ragionamento basato su quello che gli esseri umani chiamavano buon senso.

Izayoi non andò oltre. Anche se ancora titubante, decise di fidarsi del marito.
Rimasero ancora qualche minuto in silenzio, poi la donna, guardando il grande orologio a pendolo del salotto, disse:- Vai a cambiarti. Tra poco dobbiamo andare-

Toga non potè fare altro che eseguire gli ordini. Non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma in quella casa il vero “generale” era proprio Izayoi.

Che fama usurpata!

***

Rin continuava a maledirsi in qualsiasi lingua possibile, cercando anche di parafrasare le frasi in maniera fantasiosa.
China sul lavandino del bagno, sfregava con energia le mani sulla camicia bianca dove, ormai, troneggiava una macchia di salsa marrone. E non accennava ad andare via.

-Ma perché mi sono vestita quando ancora non avevo finito di cucinare?- si chiese singhiozzando per l’ennesima volta.

Aveva spedito anche le ragazze fuori per comprare le ultime cose fresche da disporre sulla tavola, come il pane.
Towa si era lamentata: perché non chiederlo a suo padre, dal momento che era già fuori?
Bella domanda. Ma Rin non aveva coraggio di dire alle sue figlie che voleva assolutamente un momento di silenzio per lei… sarebbe stato troppo crudele.
Con un sorriso in faccia, aveva snocciolato una scusa non del tutto plausibile. E se ne accorse dalle facce perplesse delle tre ragazze.

-Dì la verità, zia, vuoi che ci leviamo di torno?- l’aveva canzonata Moroha.

Per sua fortuna Setsuna aveva provveduto a dare un pugno in testa alla cugina, per poi afferrarla per il collo del maglione che indossava per trascinarla verso l’uscio di casa.
Oltre a quello, Rin si domandò più e più volte perché mai le fosse venuto in mente di cucinare un menù occidentale, invece del tanto amato cibo giapponese? Colpa di quel corso serale di cucina che aveva seguito con Kagome, Sango e Ayame sulle basi della cucina occidentale.

Forse sperava che servendo un arrosto ben cotto e succulento, sarebbe riuscita ad accaparrarsi l’ammirazione di tutti… o forse lo aveva fatto per il semplice fatto di tenere la mente occupata ed evitare di fare pensieri strani.
L’acqua scorreva ancora forte dal lavandino, ma Rin per un momento sembrava non darci peso. Il suo sguardo si era perso in un qualche punto nel vuoto e con la mente era tornata a qualche sera prima: Towa si era affacciata in cucina e l’aveva vista intenta a montare una meringa a mano.

-Perché non usi lo sbattitore elettrico?- le aveva chiesto avvicinandosi con una faccia perplessa.
Setsuna, seduta al tavolo della cucina e impegnata nel pelare le patate, aveva lanciato uno sguardo di fuoco alla sorella gemella.

Rin scosse il capo: non era il momento di pensare a quello adesso. I suoi ospiti sarebbe arrivati a breve e avrebbe fatto meglio a preoccuparsi del fatto che le ragazze e Sesshomaru non erano ancora rientrati.
Decise di lasciar perdere la camicia, l’avrebbe portata in lavanderia il giorno successivo, e risoluta si diresse in camera da letto per trovare un’altra cosa da mettere.
Dopo aver meditato a lungo, la scelta ricadde su un dolcevita verde smeraldo. Lo afferrò e tornò in bagno per potersi sistemare il trucco nel caso si fosse rovinato nell’infilare il dolcevita.
Davanti allo specchio sopra al lavandino, Rin infilò la testa nel collo alto e trovò una certa resistenza: ricordava che era molto aderente e bisognava fare un po’ di forza per riuscire ad infilarlo.
Sperò con tutta sé stessa che il mascara non si sbavasse lungo le guance: non avrebbe retto anche ad una cosa del genere.

Ma il Karma per lei quel giorno aveva in serbo un bel po’ di sorprese: se infatti riuscì a riemergere da quell’intreccio di maglie color verdi, Rin si accorse troppo tardi che lo sforzo che aveva fatto per riuscire nell’impresa aveva allentato gli orecchini che suo marito le aveva regalato la sera prima. Fu anche troppo tardi quando vide la forma piccola di una farfalla cadere nel lavandino.

-NO!- urlò lei cercando di fermarlo.

Ma fu troppo tardi: l’orecchino cadde senza esitazione nel tubo.
Rin rimase imbambolata lì a fissare quel buco nero con la braccia a penzoloni.

Poi il campanello suonò.

 

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Capitolo 4
*** Domenica, -2 ore al pranzo ***


Domenica, -2 ore al pranzo 

 

Moroha camminava di fianco a Towa con le braccia incrociate dietro alla testa: una posa che aveva ereditato da suo padre. Delle volte sua madre non mancava di farglielo notare, accompagnata da un sorrisetto divertito. Moroha gonfiava le guance sempre in segno di indignazione: fin da piccola non aveva fatto mistero del fatto che volesse assomigliare in tutto e per tutto a sua mamma. Inuyasha si aggiungeva al discorso recitando la parte del finto offeso. 

Che lo volesse o no, Moroha nel carattere era la copia sputata di suo padre. 

-Perché non poteva andarci vostro padre a comprare il pane? - si lamentò con voce lagnosa. 

Setsuna, che camminava dietro la sorella e la cugina, sospirò in un modo così forte che chiunque avrebbe capito che era stato fatto intenzionalmente. 

-Perché devi sempre lamentarti? - 

Towa le guardò divertita. Era bello vederle interagire in quel modo. Come sua madre Rin, lei aveva ereditato un carattere docile e buono: le piaceva vedere la sua famiglia tutta riunita. Il fatto che fosse simile a sua mamma sotto certi aspetti, non voleva dire che in passato non avesse avuto problemi: molte volte i suoi genitori erano stati chiamati a scuola a causa delle risse a cui Towa partecipava contro i bulli. Contrariamente a Setsuna, lei non rifletteva mai prima di agire. Ma se Rin si dimostrava abbattuta e infastidita da quel modo di fare, più di una volta Sesshomaru, senza essere visto dalla moglie, le aveva dato due leggere pacche sulla spalla in segno di approvazione. 

Arrivarono al supermercato più vicino. 

Mentre Moroha e Setsuna erano ancora prese dal loro piccolo battibecco, Towa fu attirata dalla presenza di una persona. 

Un ragazzo, per l’esattezza. 

-Towa-sama!- aveva urlato il misterioso ragazzo, interrompendo il litigio delle altre due. 

Tutte e tre si erano girate in direzione della voce. Le facce tutte diverse: Towa era sorpresa ma anche felice, Moroha aveva la sua tipica espressione curiosa, mentre Setsuna una statua di sale. 

In cuor suo, Towa sentì il cuore riscaldarsi e un sorriso si dipinse sulla sia faccia, cosa che non sfuggì alla cugina. 

-Riku!- rispose lei, alzando la mano in segno di saluto. 

Setsuna continuava ad essere scettica circa quella figura. Sorrideva troppo, per i suoi gusti. 

Il ragazzo si avvicinò al gruppetto, ignorando le altre due e riservando le sue attenzioni a Towa. 

-Non credo di vederti qui. Che piacevole sorpresa- disse lui, prendendole le mani. 

A quel contatto, Towa arrossì violentemente. 

Moroha, più che concentrarsi sulla reazione della cugina, rimase scioccata dal fatto che lui avesse intenzionalmente ignorato lei e Setsuna, la quale nel frattempo stava emettendo un ringhio sordo. 

-Ahem!- tossì fintamente Moroha per attirare la loro attenzione. 

Nello stesso istante in cui Towa si girò, si rese conto della posizoone delle sue mani e divenne ancora più rossa di prima. Era convinta che Moroha avrebbe spostato tutte le sue attenzioni su quel rapporto di confidenza che avevano lei e Riku e sapeva che per tutto il resto del pranzo non si sarebbe parlato di altro. Di scatto, liberò le sue mani da quelle ben salde di Riku e, farfugliando per l’agitazione, disse cercando di minimizzare: - Voi entrate pure... io vi raggiungo subito!- 

Moroha era quasi pronta a ribattere, ma la mano forte di Setsuna la trascinò dentro al supermercato. 

Non mancarono le lamentele, che svanirono quasi subito man mano che si allontanavano dalla vista di Towa. 

Scampato il pericolo, la ragazza si voltò verso la figura del ragazzo in piedi di fronte a lei. Il viso sorridente, come se non fosse successo niente.  

-Riku, perché sei qui? - chiese subito sospetta Towa. 

-Guarda che è davvero una casualità- si giustificò lui alzando le braccia al cielo. 

Towa dentro di sé sentì l’ansia crescerle: ora che era stata vista con Riku da sua sorella e sua cugina, aveva paura che mantenere il segreto sarebbe stato uno sforzo vano. 

Riku fece un piccolo passo verso di lei, sempre con il sorriso sulle labbra. Le poggiò una mano sulla guancia e la guardò fissa negli occhi. 

-Ancora non hai detto nulla?- domandò il ragazzo con tono serio ma senza alcuna vena di rabbia. 

E anche a quella domanda Towa non aveva la minima idea di come rispondere: se gli avesse detto la verità, probabilmente Riku si sarebbe offeso, ma se gli avesse detto una bugia non sarebbe stato corretto. 

Già la vedeva la scena stampata nella sua testa: Riku che varcava la soglia di casa ottimista come al suo solito, lei prenderlo sotto braccio e dire “Mamma, papà, Setsuna, vi presento il mio ragazzo!”. 

Il delirio sarebbe stato assicurato: sua mamma pronta ad accogliere Riku come un figlio e armata di qualche manicaretto per rimpinzarlo, suo padre impassibile come sempre, affiancato da Setsuna, ma che segretamente avrebbe escogitato un piano per eliminare Riku, facendo passare il tutto come un incidente.  

Ovviamente, il quadro sarebbe stato completo con una telefonata eccitata di sua madre agli zii Kagome e Inuyasha, i quali si sarebbero precipitati a casa: la zia che le avrebbe chiesto con sua madre tutti i dettagli del loro primo incontro, Moroha pronta a fare battutine e suo zio cogliere la palla al balzo e andare a infastidire suo padre sul fatto che la sua famiglia era piena di umani. 

No, non era la scelta più saggia da fare in quel momento. 

-Ci vuole un po’ di tempo...- temporeggiò lei con la speranza di apparire convincente. 

Il ragazzo sembrò crederle, perché le sorrise. 

Nel frattempo, quattro occhi, nascosti tra gli scaffali dei sottaceti, cercavano di capire cosa quei due si stessero dicendo. Moroha e Setsuna non li avevano persi di vista neanche un secondo. 

-Scusa, ma voi gemelli non avete un legame particolare? Del tipo che sentite le stesse cose?- chiese Moroha, riducendo gli occhi a due piccole fessure nella speranza di riuscire a leggere per lo meno il labbiale. 

Setsuna non sapeva se fosse più infastidita dai troppi sorrisi di quel ragazzo o dal fatto che sua sorella non le avesse detto nulla. Almeno lei le aveva accennato di Hisui. 

Ignorò le domande dell’altra. 

Poi disse:- Andiamo, ci stanno guardando tutti e sembriamo alquanto sospette- 

L'afferrò ancora una volta per un braccio e la trascinò con sé. 

 

*** 

Il campanello era suonato e Rin si era precipitata ad aprire con il cuore in gola. 

Fu sollevata quando vide lo sguardo di Kagome. 

-Oh, meno male sei tu! Credevo fosse Sesshomaru!- 

-Stai pensando di divorziare? - la canzonò la voce di Inuyasha, che comparve dalle spalle della moglie. 

Rin notò subito il naso rosso del cognato. 

-Che ti è successo? - chiese, ignorando la presa in giro. 

Ci pensò Kagome a rispondere: - Quando hai un marito che si comporta come un bambino, il minimo che tu possa fare è stenderlo per terra con una parolina magica! - 

-Fossi in te, Inuyasha, mi preoccuperei della tua di moglie, anziché della mia. Kagome la vedo molto stressata- si intromise una quarta voce e stavolta il cuore di Rin si fermò davvero per un attimo. 

La figura alta di Sesshomaru era apparsa all’inizio del vialetto di casa loro. E con il suo udito sviluppato da demone era sicuro al centro per centro che lui avesse sentito cosa aveva detto poco prima. 

Afferrò la mano di Kagome e la trascinò su per le scale. 

-È inutile che io faccia gli onori di casa. Pensaci tu, Sesshomaru- e sparì con una Kagome totalmente spaesata. 

In realtà anche i due fratelli erano sorpresi da quel comportamento. 

-Che le hai fatto?- chiese Inuyasha. 

La risposta che ricevette fu solo un’occhiata fredda da parte del fratello maggiore. Non gli avrebbe dato la risposta che il mezzodemone voleva. Si girò dall’altra parte e poi disse:- A giudicare dalla tua faccia, è inutile che io ti faccia la stessa domanda- 

-Siamo tornate!!!- urlò alle loro spalle Towa, frizzante più del solito. 

Le ragazze stavano tornando con la commissione che Rin aveva dato loro. Durante il tragitto di ritorno, Towa non aveva fatto altro che schivare le domande inopportune di Moroha. La vista del padre e dello zio sulla soglia della porta di casa le aveva dato un appiglio a cui lei non aveva esitato ad aggrapparsi con tutte le sue forze. 

Setsuna dal canto suo, come suo solito, non proferiva parola. Non più del necessario almeno. 

Nella sua testa continuava a turbinare una parola: perché? 

Perché sua sorella le aveva nascosto un ragazzo? 

-Hey, papà! Ti vedo conciato male...- constatò Moroha avvicinandosi ad Inuyasha con sguardo investigativo. 

-Dov’è la mamma?- continuò Towa. 

Sesshomaru sperò quasi in una domanda di riserva. Non lo voleva ammetterlo, ma vedere Rin in preda a reazioni imprevedibili lo rendeva nervoso.  

-È sparita con Kagome in bagno. Le solite cose di voi femmine- rispose per lui il fratello. 

Forse per una volta non era così inutile come gli diceva sempre. 

Nel frattempo, al piano superiore la tragedia si stava consumando. Tirata dalla forza di Rin, Kagome si era ritrovata nel bagno patronale senza avere la minima idea di cosa fosse accaduto e nella sua mente avevano iniziato a prendere forma le catastrofi peggiori. 

Guardò la sua amica visibilmente preoccupata. 

Rin era davvero disperata. 

-È... è una... tragedia!- sentenziò Rin in preda al panico. 

-Ma cos’è successo?- chiese spazientita l’altra. Ora iniziava davvero a innervosirsi. 

Rin deglutì ansiosa. 

-Ieri sera Sesshomaru è tornato dal suo viaggio di lavoro e mi ha portato un regalo... 

-E sarebbe questa la tragedia? Beata te, Inuyasha da questo punto di vista non cambierà mai...- sospirò Kagome rassegnata.  

-No! Il fatto è che mi ha regalato un paio di orecchini, bellissimi! A forma di farfalla... 

-Continuo a non vedere la tragedia- e stavolta le parole le uscirono con una punta d’invidia: lei da Inuyasha aveva ricevuto il giorno del loro anniversario un ombrello... 

-Aspetta, non ho finito!- urlò esasperata Rin- Prima che arrivaste mi sono dovuta cambiare perché avevo macchiato la camicia. Insomma mi sono infilata il maglione  e l’orecchino è finito nel lavandino!- 

Silenzio. 

-Tutto qui?-  

E pensare che lei si era prefigurata uno scenario apocalittico. 

Sua cognata doveva rivedere il suo concetto di tragedia. 

La risposta però non piacque per niente a Rin, la quale rimase, se possibile, anche più scioccata di Kagome. 

-Kagome, come puoi non capire...- 

-Fidati che sto pensando la stessa cosa- la canzonò l’altra. 

-Dopo l’altra sera...- suggerì Rin. 

Gli occhi di Kagome furono attraversati da un lampo. Capì subito a cosa si riferiva Rin. Ora, con quella nuova consapevolezza, la tragedia assumeva un certo peso. 

-Se vede che non ho a cuore i suoi regali...- 

Ma non fu necessario aggiungere altro. Kagome non la fece finire: le mise una mano davanti alla bocca e disse:- Ho capito. Abbiamo una sola soluzione- 

-E quale sarebbe?- 

-Farci aiutare da Inuyasha per recuperare il tuo orecchino. Oggi stesso. Così Sesshomaru non si accorgerà di nulla- asserì trionfante. 

Rin però non era per niente sicura di quella proposta. 

-Possiamo fidarci?- 

-Rin, sai perfettamente che quei due non sono di certo due fratelli affiatati. Basta solo che tu non faccia menzione a Inuyasha dell’altra sera- 

La donna annuì a quella richiesta. 

-E per il momento, puoi sempre tenere i capelli davanti alle orecchie. Vedrai che non se ne accorgerà- 

Rin dentro di sé sperò che la cosa potesse concludersi senza grandi tragedie. 

*** 

DLIN DLON! 

-Vado io!- urlò Towa correndo verso la porta d’ingresso. 

Non appena aprì, vide davanti a lei la figura imponente di suo nonno e di Izayoi. 

-Benvenuti!- disse accogliendoli con un generoso sorriso. 

Ah, quanto era felice di vedere suo nonno! 

Contrariamente a suo padre, nonostante fosse un daiyokai, non aveva un atteggiamento altezzoso, anzi era sempre sorridente e gioviale. 

-Nonno, nonna!- fece poi Moroha, correndo loro incontro per gettarsi tra le braccia di Izayoi. 

-Sbaglio o manca una delle mie nipoti all’appello?- domandò Toga. 

La testa di Setsuna spuntò lentamente dalla cucina, allungò una mano in segno di saluto e disse:- Buongiorno- 

Inuyasha alla scena venne percorso da un brivido. 

-Accidenti. È come vedere una piccola Rin ma con il carattere di tuo figlio maggiore- disse rivolto al padre. 

Dopo il piano escogitato da Kagome per poter recuperare l’orecchino perduto di Rin, le due erano scese per ultimare i preparativi. Inuyasha  Sesshomaru si erano seduti sui divani del salotto, stando ben attenti a non spiccicare parola, mentre le ragazze finivano di apparecchiare la tavola. 

Nonostante quella battutina, Toga sentì il cuore riempirsi di gioia: era un miracolo vedere Inuyasha e Sesshomaru riuscire a stare nella stessa stanza senza tentare di uccidersi. In più, benchè mantenesse un atteggiamento distaccato con Izayoi, suo figlio maggiore diventava ogni giorno più cordiale con lei. 

Rin e Kagome riemersero dalla cucina. 

Toga si avvicinò loro, prese le mani di entrambe e disse:- Non vi sarò mai abbastanza grato per il miracolo che avete compiuto- 

E il campanello suonò per una seconda volta. Questa volta fu Setsuna ad andare ad aprire. 

-Beh, direi che siamo al completo- disse Rin. 

La figura di Inu Kimi fece il suo ingresso in un modo che solo lei era in grado di fare: regale e maestosa. 

-Eccola la mia nipotina preferita- 

Anche se come il figlio, continuava ad asserire di non essere interessata ai mezzidemoni o agli umani, Kimi aveva un vero e proprio amore per Setsuna. Rivedeva in lei una degna erede: silenziosa, elegante e algida. 

-Ciao, nonna. Sono tua nipote anche io. Ricordi?- domandò da lontano Towa, agitando la mano. 

All'inzio era davvero infastidita dall’atteggiamento della nonna, ma con il tempo aveva imparato a riderci sopra. Merito anche di sua madre e di tutte le volte che l’aveva consolata. 

-Ancora con quei capelli corti? Ah, ma vedo che c’è anche la piccola selvaggia- disse riferita a Moroha. 

Kagome avrebbe voluto ribattere, ma era vero: sua figlia era una piccola selvaggia. La copia sputata di suo padre. 

-Che gioia rivederti, Kimi- le disse Izayoi, girandosi verso di lei. 

Per quanto potesse sembrare bizzarra la situazione, le due donne erano stranamente affiatate. Izayoi e Kimi avrebbero potuto essere scambiate per due amiche di vecchia data tanto andavano d’accordo. E anche se Izayoi era una donna umana, Kimi con lei era estremamente gentile. 

In realtà lo era anche con Rin, ma forse il suo affetto nei confronti della nuora era una costola del sentimento filiale che provava per il figlio. Nonostante tra madre e figlio sembrasse non esserci alcun tipo di rapporto. 

-Ora che ci siamo tutti, direi che possiamo metterci a tavola- annunciò poi Rin battendo le mani. 

E fu così che il pranzo ebbe inizio. 

ANGOLO AUTRICE:

Ed eccomi tornata con il capitolo nuovo. Dopo una lunghissima assenza. Lo so, sono pessima!

Avevo concluso diversi capitoli delle mie fic, ma purtroppo sono andati perduti e rimettermi a riscriverli non mi entusiasmava affatto. In più la vita privata ci si è messa di mezzo. Ma ora sono tornata e spero di concludere il prima possibile questa storia breve.

Fatemi sapere se vi è piaciuta!

Alla prossima
!

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Capitolo 5
*** Domenica, il pranzo ***


Domenica, il pranzo


I tre uomini della famiglia Taisho erano seduti docili sul divano in attesa della disposizione dei piatti in tavola.
Toga troneggiava al centro, tra i suoi figli. Sesshomaru aveva poggiato il gomito sul bracciolo, mentre Inuyasha era letteralmente sprofondato nello schienale.
Davanti a loro avevano preso posto Kimi e Izayoi, in piedi di fronte ad un mobile con sopra una foto del Generale Cane con le tre nipoti ancora bambine. La foto era stata scattata almeno dieci anni prima e ognuno di loro ne aveva una copia a casa. Nella fotografia Toga era diventato una sorta di albero umanoide con le tre bambine aggrappate: Towa che, tenuta nel braccio sinistro, stava avvicicando la sua bocca a quella del nonno per mettere a confronti i suoi canini con quelli del daiyokai; Setsuna, appollaiata sul braccio destro, osservava la scena con espressione curiosa e attenta; infine Moroha sbucava da dietro la spalla destra di Toga, afferrandogli il collo con le manine paffute.

-Ho sempre trovato questa foto buffa- disse Izayoi, portandosi una mano sulla bocca per soffocare una risatina.
-E pensare che ha una fama di grande demone cane- rincarò la dose Kimi, scatenando altre risatine.

Dal divano, i tre continuavano a guardare la scena.

-Non hai paura di quelle due?- chiese Inuyasha sottovoce rivolto al padre.
Il Generale sospirò rasseganto.
-Ascoltate le mie parole: non divorziate mai dalle vostre mogli. Rischierete sicuramente di fare la mia fine- e quella risposta rivelava in maniera inequivocabile la situazione in cui si trovava da qualche anno a quella parte.

-Dillo a tuo figlio maggiore! Oggi Rin ha avuto il coraggio di dire...-
Ma Inuyasha non fece in tempo a finire la frase perchè Sesshomaru aveva fatto un balzo verso di lui per atterrarlo.

Il mezzodemone si ritrovò in un secondo ad ammirare il parquet di casa di suo fratello.

-Maledetto! Cos'è che non vuoi che dica?- cominciò ad urlare agitando i pugni per terra.

Toga, Kimi e Izayoi assistevano alla scena esterrefatti.

Dalla cucina emersero anche altre teste.
Non era uno spettacolo inusuale: tante volte quei due avevano iniziato una lotta tra di loro, però nessuno osava mettersi in mezzo.

Fu Kimi a stemperare la tensione.
-Che carini. Mi ricordano i tempi in cui giocavano così da bambini-

-Oggi sono di pessimo umore. Prova a dire qualcosa di sbagliato e non esiterò a piantarti i miei artigli in gola- ringhiò Sesshomaru.

Rin alle parole "pessimo umore" sudò freddo. Temeva da morire che quello fosse dovuto al fatto che si fosse accorto degli orecchini. Con la mano destra si lisciò la ciocca di capelli che aveva portato davanti alle orecchie per coprirle ancora di più. Eppure ogni gesto le sembrava così futile.
Kagome si portò una mano sulla tempia, tanto era stufa di quei litigi.

-Papà! Non puoi farti mettere al tappeto così- esordì Moroha incoraggiando Inuyasha.
-Oh, Izayoi, mi dispiace ammetterlo ma tua nipote non ha ereditato la tua eleganza- aggiunse Kimi sorridendo

Toga, ancora immobile di fronte a quella scena, fu l'unico che si decise ad intervenire. Si alzò deciso, prese il braccio di Sesshomaru e con l'altro alzò Inuyasha.
Con tono perentorio da padre autoritario disse:- Cerchiamo di comportarci da esseri civili. Andiamo a tavola-

In quel momento il temibile Generale era uscito fuori.
Poche parole ma che bastarono a riportare ordine tra i presenti. Anche Inuyasha e Sesshomaru misero da parte i loro propositi bellici, tanto era il rispetto che nutrivano verso il genitore.

E in maniera più o meno ordinata presero posto a tavola.
Quasi tutti si sedettero. Tutti tranne una persona.

-MOROHA!- urlò Inuyasha, spaccando un timpano a Kagome, seduta di fianco a lui.

-Ora capisco da chi ha preso la piccola selvaggia- considerò ad alta voce Kimi.

La ragazzina, nascosta in un angola della cucina, rispose dicendo che sarebbe arrivata subito. Inginocchiata in un punto nascosto vicino al frigorifero, armeggiava con un telefono in mano. Digitò velocemente un messaggio e premette il tasto "invio" con un sorriso trionfante sul volto.
Quando arrivò la seconda sollecitazione di suo padre, rimise il cellulare al suo posto, dove lo aveva trovato, afferrò una bottiglia di vino a caso e si diresse nella sala da pranzo.

-Pensavo mancasse il vino- mentì lei sfoggiando la sua scusa innocentemente.

A capotavola troneggiava la figura di Toga: nonostante il padrone di casa fosse Sesshomaru, il rispetto dei ruoli era faccenda seria e lui non si ribellava a tale manifestazione. Izayoi e Kimi sedevano rispettivamente alla destra e alla sinistra del demone, l'una di fronte all'altra.
La yasha, ovviamente, aveva richiesto la vicinanza di Setsuna, la quale aveva obbedito senza battere ciglio. Towa, capace ormai di non dare più peso alle manifestazioni di sua nonna, si era seduta di fianco alla sorella, seguita da sua madre e la zia Kagome.
Naturalmente Sesshomaru non gradì il fatto di dover sedere tra Inuyasha e il posto vuoto che, ormai era palese, sarebbe stato occupato da Moroha. Inoltre Rin non era perfettamente di fronte a lui e questo non lo tranquillizzava perchè aveva notato come si fosse irrigidita quando aveva steso Iuyasha a terra.

-Oh, vicino allo zietto!- trillò Moroha con tono canzonatorio mentre spostava la sedia.
Suo padre le lanciò uno sguardo di approvazione. Era fiero di quella marmocchia. L'aveva educata davvero bene.
Izayoi le poggiò una mano sulla spalla e le sussurrò all'orecchio:- Per favoro, Moroha, non fare come tuo padre, altrimenti non arriviamo vivi alla fine del pranzo-

***

Una volta serviti gli antipasti e superato il silenzio iniziale, gli argomenti di conversazione erano nati da soli.
Toga aveva chiesto ai figli come fosse andato il viaggio di lavoro. Infatti anche Inuyasha lavorava nello stesso ambito di suo fratello, ma fortunatamente in due uffici diversi: se Sesshomaru si occupava della gestione della comunicazione tra umani e demoni, Inuyasha era impiegato nel reparto che si occupava del controllo delle armi demoniache sul mercato umano.

-Il problema è quel lurido di Naraku. Lo stiamo tenendo d'occhio anche noi- disse Inuyasha tra un boccone e l'altro.
-Se non ricordo male avete tentato un dialogo con una delle sue assistenti... come si chiamava? Kagura, forse?- domandò Toga.

A sentire quel nome, Rin si irrigidì ancora di più e, quasi come se fosse sotto l'effetto di una crisi isterica, si lisciò ancora di più la ciocca di capelli che le copriva l'orecchio destro, cosa che all'occhio attento e sempre vigile di Sesshomaru non sfuggì.
Nel frattempo, entrambe le povere ginocchia di Toga incassarono due sonori calci da parte di Kimi e Izayoi. Tante volte gli avevano ricordato di non nominare le ex dei loro figli davanti alle mogli.

Kimi pensò fosse il caso di intervenire.
Allungò una mano verso il suo calice di vino e disse:- Fossi in te, Sesshomaru, non mi fiderei a trattare con le assistenti. Credo che ce lo ricordiamo tutti il disastro diplomatico che ha creato Zero, la sorella di Kirinmaru nonchè sua assistente. Inoltre il suo dolore per il tuo amore non ricambiato- e si rivolse verso l'ex marito, il quale arrossì leggermente- non ha fatto altro che portare altri problemi-
Bevve un sorso di vino e aggiunse:- Mia cara nuora, devo complimentarmi con te. Questo pranzo è delizioso, degno di una perfetta padrona di casa. A volte possedere sangue demoniaco non è indice di compostezza ed eleganza.-

Towa si sporse sulla tavola.
-Caspita, nonna. Che gran complimento per te-

Kimi bevve ancora un sorso di vino, poi rispose:- Che vuoi farci, anche io devo aggiornarmi e pensare in maniera più... moderna-

Rin ringraziò con un generoso sorriso.
Sua suocera era sempre stata così distante per lei, una sorta di modello irraggiungibile che aveva tentato in tutti modi di ingraziarsi. Aveva sempre temuto il suo giudizio, in particolare per la sua condizione di umana.
Con il tempo quella distanza sembrava essersi accorciata anche grazie alla nascita delle gemelle.

Il tempo trascorse abbastanza velocemente tra una portata e l'altra e una risata generale.

Anche Rin aveva ritrovato la serenità e si era rilassata godendosi i siparietti delle ragazze. Era intenta a ridere di un battibecco tra Setsuna e Moroha, quando senza pensarci si portò la ciocca di capelli dietro l'orecchio, scoprendolo totalmente.
Lo sguardo di Sesshomaru catturò subito quel dettaglio.
Fu questione di un attimo: Rin si rese subito conto di quello che aveva fatto e, ancor di più, capì che suo marito l'aveva vista. Subito si ricoprì l'orecchio.
Poi, meccanicamente, arpionò il polso di Kagome e la fece alzare. La cognata la guardava spaesata e anche dolorante: la presa di Rin non aveva niente da invidiare ad uno youkai.

-Scusate... noi due andiamo ad ultimare i preparativi per i dessert. Ragazze, aiutateci a togliere i piatti- ordinò con voce leggermente rotta.

Le tre cugine obbedirono senza battere ciglio.
Rin, invece, anzichè dirigersi in cucina, si precipitò su per le scale, sempre tenendo ben salda Kagome, e si fiondò nel bagno patronale.

-Si può sapere che ti prende?- le chiese Kagome irritata mentre si massaggiava il polso.

L'altra la guardava con occhi piene di ansia.

-Sesshomaru... ha visto il mio orecchio e che non indosso il suo regalo!- ansimò Rin in preda al panico.
Kagome capì all'istante e decise di prendere in mano la situazione.
Si affacciò sulle scale e poi urlò:- INUYASHA! VIENI SU UN MOMENTO!-

***

Nel frattempo, mentre le ragazze ancora sparecchiavano e Rin e Kagome erano chiuse in bagno, qualcuno suonò al campanello.

-Vado io- disse Inuyasha alzandosi. Il vero motivo di tanta solerzia era dovuto al semplice fatto che suo padre e suo fratello lo avevano inglobato in una conversazione di lavoro alla quale lui non aveva alcuna voglia di partecipare.
Si diresse verso la porta e l'aprì, trovandosi di fronte la figura tremante di Hisui, il figlio di Sango e Miroku.

-E tu che ci fai qui?- gli chiese.

Il ragazzino, che se nell'aspetto assomigliava a suo padre di certo non lo rispecchiava nel carattere sfacciato, tremante come una foglia salutò Inuyasha con un cenno della mano.
Il mezzodemone gli fece segno di entrare, non lo avrebbe certo mandato via. Notò che portava in mano un mazzo di fiori.

-Ecco... ero venuto qui per Setsuna-

-Aaaaah, ho capito! Allora alla fine non sei poi tanto diverso da tuo padre- disse Inuyasha divertito e scortandolo verso la sala da pranzo con una mano poggiata sulla spalla in segno di amicizia.

-Guardate chi è arrivato!- annunciò con Hisui di fianco a lui.

Paonazzo in faccia, intimorito e tremante, Hisui vide una serie di occhi che lo scrutavano con curiosità.
Toga non ricordava chi fosse, Izayoi lo salutò con un cenno di mano mentre Sesshomaru lo guardava fisso in faccia, soprattutto dopo aver visto il mazzo di fiori in mano.
Kimi decise di rompere il silenzio a modo suo:- Sarebbe lui il nostro dessert?-

A quelle parole Hisui si spaventò sul serio. Inuyasha avrebbe voluto rassicurarlo su quella battuta ma non fece in tempo perchè il rumore di piatti rotti per terra attirarono l'attenzione: Setsuna, sulla soglia della porta e con gli occhi spalancati, guardava con terrore la figura di Hisui.

-INUYASHA! VIENI SU!- urlò poi Kagome.

Il mezzodemone, non sapendo cosa fare, si limitò a rispondere a Kagome che forse era meglio se lei e Rin fossero scese in quel momento. Se lo sentiva che si sarebbe scatenata una scena epica. Sarebbe andato ad aiutarle di sopra in un secondo momento.
Non del tutto convinte, le due donne fecero quello che Inuyasha aveva detto. Anche loro avevano sentito il campanello suonare ed erano curiose di sapere chi fosse il nuovo ospite.
Proprio nel momento in cui le due fecero il loro ingresso in sala, Moroha esordì riemergendo dalla cucina con un fintissimo:- Hisui, che sorpresa!-

La scena era di quanto più imbarazzante potesse esserci: Hisui con il mazzo di fiori in mano tutto tremante e Setsuna che, se avesse potuto, lo avrebbe strozzato in quel preciso istante.

-Cosa ci fai qui, Hisui?- chiese la ragazza, ponendo particolare enfasi per fargli capire quanto fosse inopportuna quella visita con tutta la sua famiglia presente.

-Ecco... mi hai detto tu... di venire- confessò Hisui guardandosi la punta dei piedi.

Setsuna non ci mise molto a capire che dietro a quello c'era lo zampino di Moroha, la quale sghignazzava sotto i baffi.
-Sai, Setsuna, dovresti stare più attenta al tuo telefono- la punzecchiò.

Non ci vide più.

-TU SEI MORTA!- urlò prima di scattare feroce verso la cugina.

***

Ci era voluto un po' per calmare le acque.
Dopo il suo scatto in avanti, tra Moroha e Setsuna era seguita una battaglia nel bel mezzo della casa. E se Rin cercava di calmare la figlia, Sesshomaru la incitò dicendole "Staccale la testa con un colpo netto".
Inuyasha non la smetteva più di ridere: sua figlia era davvero simile a lui e quei teatrini gli ricordavano tantissimo quelli che avevano allestito lui e suo fratello anni addietro.
Kimi era rimasta inorridita dalla perdita di controllo della nipotina preferita. Si era portata una mano alla bocca e aveva detto:- Setsuna, questo tuo lato avrei preferito non vederlo- 

Furono Kagome e Towa che posero fine a quella scena: Towa afferrò la sorella da dietro le spalle e la bloccò; Kagome invece si limitò a raggiungere la figlia e fermarla con un sonoro pugno sulla testa.
Era davvero furiosa. Possibile che dimostrasse la stessa immaturità di suo padre?

-Hisui, scusale. Grazie mille dei fiori- disse subito Rin per cambiare argomento e per evitare altri imbarazzi a quel povero ragazzo che guardava tutto quello che stava succedendo come se fosse dentro ad una bolla.
Sapeva perfettamente che il mazzo di fiori era per la figlia, ma dopo quella litigata non era il caso di dare a Moroha un altro motivo per provocare Setsuna. Li prese e scomparve in cucina per metterli dentro ad un vaso.
Quando tornò dagli invitati disse:- Siediti con noi, stavamo per mangiare il dolce-

Dall'alto del suo posto, Sesshomaru non approvò la proposta della moglie a quel piccolo umano.

Hisui prese posto e si ritrovò vicino a Setsuna, la quale ormai aveva ripreso la sua forma da mezzodemone, ma non la smetteva di lanciare occhiate cariche di odio verso Moroha che, invece, continuava di massaggiarsi la testa.

-Dimmi, Sesshomaru, come ci si sente a conoscere il fidanzato di tua figlia?- lo incalzò Inuyasha.

Il demone si irrigidì completamente e Hisui si chiese se quella sera sarebbe tornato a casa sua tutto intero.

-Invece di fare lo scemo, vieni con noi!- disse stavolta Kagome prendendolo per un orecchio e trascinandolo di sopra con lei e Rin.

-Torniamo subito- disse Rin.

Hisui supplicò con lo sguardo l'unica persona che in quel momento poteva aiutarlo: Towa.
Solo che lei era in preda ai suoi pensieri. Aveva ben chiaro cosa sarebbe successo se avesse portato Riku a casa.

***

-Insomma, cos'è tutto questo mistero?- domandò scocciato il mezzodemone liberandosi dalla presa della moglie.
E la mattina lo aveva massacrato con tutti gli OSUWARI possibili, ora gli stava tirando le orecchie. Cosa gli avrebbe fatto a cena?

Le due cognate si scambiarono un'occhiata complice.

-Devi promettere di non dire nulla- lo riprese la moglie con le mani poggiare sui fianchi in un atto intimidatorio.

-Prometto- disse senza troppa convinzione. Se la sentiva che il motivo sarebbe stato futile.

-Ecco- prese parola Rin tutta imbarazzata- stamattina ho perso un orecchino  che Sesshomaru mi ha regalato. Mi è caduto nel lavandino. Kagome ha detto che tu potresti aiutarci-

E infatti era davvero sciocco il motivo di tanta riservatezza.
Ma in qualche modo si inorgoglì del fatto che lo avessero coinvolto in quella azione segreta. Inoltre capiva il timore di Rin: Sesshomaru era davvero inquietante quando si arrabbiava e non voleva che lei finisse nei guai.
Con il petto gonfio disse:- Lasciate fare a me! Lo recupero io il tuo orecchino-

E, scioccandosi le dita, sfoderò dal suo fianco la sua amata Tessaiga, che portava sempre dietro, e con un balzo in avanti colpì il tubo del lavandino.

L'azione fu così rapida che nemmeno Kagome ebbe il tempo di rimetterlo al suo posto con un OSUWARI.

-INUYASHA, NO!- fu solo capace di urlare Rin, ma invano perchè subito dopo si ritrovò sotto il getto costante dell'acqua che fuoriusciva dal tubo ormai spezzato in due.

Il bagno, il suo bagno completamente allagato.
Con i capelli gocciolanti vide la scena che le si presentava davanti agli occhi: tutti gli altri invitati sulla soglia della porta, allarmati per il suo urlo di poco prima.
Sesshomaru era quello più irritato di tutti.

Rin si portò le manu sul viso e si maledì per aver organizzato quel pranzo.

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Capitolo 6
*** Stato di emergenza ***


CAPITOLO 6- Stato di emergenza

 Con il viso nascosto tra le mani, Rin cercava di non far vedere le piccole lacrime che le colavano giù dagli occhi. Sapeva che difficilmente avrebbe potuto nascondere gli occhi rossi davanti ai presenti, i quali fissavano la scena in una esibizione di emozioni diverse: Sesshomaru avrebbe voluto spezzare il collo al fratello; Toga, consapevole della possibile rissa che sarebbe scoppiata di lì a breve, aveva dipinta sul volto un’espressione confusa; Inu Kimi ridacchiava dando delle leggere gomitate a Izayoi, la quale avrebbe voluto sotterrarsi per le maniere rozze del figlio; infine le ragazze completavano il quadro con Moroha che canzonava Sesshomaru e Towa e Setsuna in completo silenzio.

-INUYASHA, OSUWARI! - urlò Kagome esasperata tanto quanto Rin.

-Fai pure, tanto ormai il bagno è già rovinato- piagnucolò Rin con il viso sempre affondato tra le mani.

La voce dura di Sesshomaru la fece tremare.

-Si può sapere perché hai dovuto usare Tessaiga qui? – domandò facendo un passo avanti e, sebbene non potesse vederlo, Rin avvertì tutta l’altezza di suo marito sovrastarla.
Capì che non si stava riferendo a lei, perché sentì la mano del demone posarsi sulla spalla come a volerla proteggere e rassicurare. Era con Inuyasha che ce l’aveva.

-Hey, stavo solo aiutando- farfugliò il mezzo demone ancora riverso a terra.

-E come al solito non pensi alle conseguenze- aggiunse Kagome irritata.

Le spalle di Rin iniziarono a muoversi in maniera convulsa e lei non riusciva a controllarsi. Ormai era un fiume in piena e le lacrime scorrevano incontrollate.
Ci teneva così tanto a quel pranzo e per colpa delle sue paranoie aveva rovinato tutto. Se sperava di poter recitare la parte della sofisticata padrona di casa, l’unico risultato che aveva ottenuto era una figura barbina davanti ai suoi ospiti.

Si fece coraggio e poi disse: - Uscite tutti… per favore-

-Sì, abbiamo lasciato solo il povero Hisui! – urlò Towa in aiuto della madre per toglierla dall’imbarazzo.

Pian piano tutti tornarono al piano di sotto, tranne Sesshomaru che rimase fermo di fronte a lei. Rin alzò il viso per guardarlo negli occhi. Anche se ad un occhio normale sembrava la solita espressione neutra, Rin conosceva bene il marito e sapeva che era in realtà in ansia perché non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo.

Fece un respiro profondo e disse: - Per favore, Sesshomaru, vai anche tu. Ho bisogno di ricompormi e stare da sola-

Seppur a malincuore, il demone non potè fare altro che obbedire e se ne andò.
Chiuse la porta e rimase per un attimo fermo. Fu la voce di sua figlia a richiamarlo alla realtà.

-Papà…- lo chiamò Towa.

La testa argentata spuntava dalla cima delle scale. Le sopracciglia erano leggermente aggrottate, come se fosse combattuta per qualcosa.

-Sì? – la incoraggiò lui.

Setsuna era una tipa taciturna come lui e se proprio avesse dovuto confidarsi con qualcuno, avrebbe preferito correre da sua madre. Al contrario, Towa, nonostante fosse caratterialmente identica a Rin, era riuscita fin da piccola a renderlo stranamente loquace. Era una situazione equa e a lui non dispiaceva affatto.

-Penso che devo dirti una cosa… sulla mamma- bisbigliò lei indicando la porta della sua camera e facendogli cenno di seguirlo.

Towa gli ricordava tantissimo Rin negli anni in cui erano fidanzati: prendevano ogni cosa sul serio e creavano tanto mistero per le cose più semplici. Un lato buffo, a pensarci bene.
Entrò nella cameretta e Towa chiuse la porta.
Sesshomaru si sedette un attimo sul letto. Finalmente con sua figlia poteva gettare la maschera e lasciare andare la tensione che avvertiva da quella mattina.

-Io penso di sapere perché la mamma è così strana oggi- esordì guardinga.

Davvero pensava che Rin potesse sentirli attraverso i muri?
Towa gli si avvicinò.

-L’altra sera, quando la zia Kagome è venuta a portare Moroha qui da noi, tu avevi da poco telefonato per dire che ti saresti fermato un giorno in più. La mamma ha fatto finta di nulla al telefono, ma quando la zia è entrata in casa è diventata un fiume in piena-

-Cosa? – la interruppe ansioso

-Fammi finire! – gli ordinò – La mamma ha dato di matto ieri pomeriggio perché era gelosa! –

Sesshomaru era sempre più confuso.

-Gelosa? – era qualcosa che non riusciva a comprendere.

Towa si portò una mano sul viso. Era visibilmente esasperata.

-Papà, mi sembri lo zio quando non afferri al volo le cose- se non si fosse trattato di sua figlia avrebbe eliminato qualsiasi altra persone che si fosse permessa di associarlo ad Inuyasha- La mamma era gelosa della tua ex. Anzi direi che è ancora molto gelosa-

Non aveva senso. Non aveva nessun senso una gelosia del genere. La storia con Kagura era finita anni fa e loro due si erano sposati e avevano due figlie, per di più adolescenti. Quanto ancora doveva passare per farle sparire quella stupida gelosia?
Sentì il corpo minuto di Towa sedersi di fianco a lui.

-Anche se sei un grande demone cane, sei come tutti gli uomini: non capisci niente delle questioni amorose- disse dandogli delle amichevoli pacche sulle spalle.

-Perché, tu ne sai già qualcosa? - ringhiò alla sola idea che qualsiasi essere potesse anche solo avvicinarsi a sua figlia. Già si chiedeva perché non aveva ancora rotto le ossa al figlio del monaco.

Con tutti i ragazzi in circolazione, Setsuna doveva proprio prendersi lui?
Poggiò la mano sulla fronte, esasperato.
Un maschio, ecco perché aveva sempre desiderato un maschio.
Towa, vedendo quella reazione, pensò di aver fatto più che bene a tenere la sua relazione con Riku segreta. Forse tra cinquant’anni suo padre si sarebbe ammorbidito.

-Non stiamo parlando di me ora. E se vuoi saperlo…-

-C’è dell’altro? –

-Sì! Per caso- e Sesshomaru sapeva che non era assolutamente vero- ho sentito la mamma che parlava con la zia Kagome prima del pranzo: le ha detto che per sbaglio le era caduto un orecchino nel lavandino. Penso si riferisse a quello che le hai regalato tu-

Sesshomaru provava un’altalena di emozioni, ma non poteva crederci che casa sua fosse stata demolita per colpa di uno stupido orecchino caduto nel lavandino.

-Penso che non volesse offenderti. In più, se pensi che l'altra sera era in preda ad una crisi di gelosia credo che avesse paura che tu potessi pensare che non tiene alle cose che tu le regali- finì Towa il suo discorso con un leggero battito di mani.

-Perché gli umani sono così contorti? – chiese il demone.

-Non è una questione di esseri umani. È solo che la mamma è una donna e tu resi pur sempre un essere che appartiene al genere maschile. Questa distinzione non risparmia né umani né demoni… e neanche i mezzi demoni-

L’uomo si voltò verso la figlia, che lo guardava con un sorriso stampato in faccia, convinta di aver fatto una buona azione ma non sapeva che la sua mente era nella confusione più totale.
Come avrebbe potuto far stare tranquilla Rin? Non che ce ne fosse bisogno secondo il suo giudizio. Però se lei si sentiva così insicura forse era in parte dipeso da lui. Che non fosse un asso nelle questioni di cuore non era un gran mistero, ma non voleva assolutamente che Rin si facesse prendere da pensieri privi di fondamento.

-Ho capito- disse mentre si rialzava – Ora devo pensare come intimidire il nuovo amico di tua sorella-

Sottolineò la parola amico con un certo astio. Già era impensabile pensare che le sue figlie potessero avere una qualche relazione amorosa, figurarsi vederselo materializzato davanti agli occhi senza alcun preavviso.
Sua moglie sicuramente doveva esserne al corrente e aveva deciso di tenere il segreto di Setsuna. E aveva fatto bene!
Towa guardò il padre con una punta di ansia. Il pensiero volò di nuovo a Riku. Pensò al povero Hisui al piano sotto, preda delle prese in giro di Moroha e agli sguardi glaciali di Setsuna che lo rimproverava silenziosamente per essere cascato nella trappola della cugina.

Hisui era un ragazzo docile e gentile mentre Riku era uno sbruffone e non sapeva cosa volesse dire la parola vergogna.
Se suo padre era infastidito dalla presenza di Hisui, figurarsi come avrebbe potuto prendere l’esistenza del suo di fidanzato. Meglio non pensarci.

Si alzò anche lei e si avviò con padre al piano di sotto.

Nel frattempo, Rin era ancora barricata nella camera patronale alla ricerca di qualcosa da indossare al posto degli indumenti fradici. Pescò un maglione caldo e poi andò ad asciugarsi i capelli. Mentre il getto di aria calda eliminava qualsiasi tracci di acqua dalla lunga chioma di Rin, pensò subito a come stesse prendendo una pessima piega quel pranzo: l’orecchino perso, il bagno completamente distrutto e Setsuna di pessimo umore.

Conosceva troppo bene sua figlia e sapeva che in realtà quello era solo imbarazzo: aveva confessato a lei e Towa la sua relazione con il figlio di Sango e Miroku. Alla notizia Rin reagì euforica: le piaceva Hisui, era un ragazzo responsabile e gentile, perfetto secondo lei per il carattere granitico di Setsuna. Ma aveva anche promesso di non farne parola con Sesshomaru, anzi l’aveva rassicurata dicendole che avrebbe introdotto l’argomento con molta calma.

Ma ora che Moroha si era messa in mezzo, tutti i suoi piani erano andati in fumo.
Sospirò.
Quando constatò che i capelli erano finalmente asciutti prese coraggio e scese.

-Mamma, ti stavamo aspettando- urlò Towa quando intercettò la sua figura.

Gli occhi rossi tradivano l’umore nero che cercava di nascondere dietro ad un tiratissimo sorriso.
Rin preferì non guardare suo marito: ci avrebbe pensato dopo a lui, quando tutti se ne sarebbero andati.

Inu Kimi sentì di dover fare qualcosa: si avvicinò a Rin e le poggiò le mani sulle spalle.

-Nuora, sappi che ammiro molto la tua pazienza dopo questa giornata-

Non proprio le parole più calorose del mondo, ma al momento era stata l’unica a mostrarsi comprensiva così apertamente.

Nel frattempo, Inuyasha si massaggiava il naso, probabilmente Kagome lo aveva steso ancora con un OSUWARI bello deciso. Seduto di fianco alla figlia, osservava di sottecchi Sesshomaru, il quale non staccava gli occhi dal povero Hisui.
Per una volta non se la sentì di stuzzicare il fratellastro con le sue frecciatine. Si sporse verso l’orecchio della figlia e le disse: - Promettimi che aspetterai almeno i vent’anni prima di portarmi a casa qualcuno-

-Papà, tranquillo! Tu sei sempre il numero uno! – e gli buttò le braccia al collo.

Il dolce venne servito.
In qualche modo l’atmosfera si ridistese.
Ad un certo punto, Toga guardò prima Izayoi e poi Inukimi e disse: - bene, credo sia arrivato il momento di farvi un annuncio! –
Era ufficiale: Sesshomaru odiava i pranzi in famiglia!

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