Solitary

di Juliet8198
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guida ai legami ***
Capitolo 2: *** Prologo: You will be found ***
Capitolo 3: *** 1. Don’t rain on my parade ***
Capitolo 4: *** 2. The day before you came ***
Capitolo 5: *** 3. Hey, little Songbird ***
Capitolo 6: *** 4. I can hear the bells ***
Capitolo 7: *** 5. Anybody have a map? ***
Capitolo 8: *** 6. Lay all your love on me ***
Capitolo 9: *** 7. Waving through a window ***
Capitolo 10: *** 8. Immortal ***
Capitolo 11: *** 9. A heart full of love ***
Capitolo 12: *** 10. Chant ***
Capitolo 13: *** 11. One of us ***
Capitolo 14: *** 12. Yours forever ***
Capitolo 15: *** 13. Almost there ***
Capitolo 16: *** 14. Doubt comes in ***
Capitolo 17: *** 15. Satisfied ***
Capitolo 18: *** 16. On my own ***
Capitolo 19: *** 17. I dreamed a dream ***
Capitolo 20: *** 18. Any way the wind blows ***
Capitolo 21: *** 19. If only ***
Capitolo 22: *** 20. Freeze your brain ***
Capitolo 23: *** Epic I ***
Capitolo 24: *** 22. Waiting on a miracle ***
Capitolo 25: *** 23. Disappear ***
Capitolo 26: *** 24. She used to be mine ***
Capitolo 27: *** 25. I’ve been waiting for you ***
Capitolo 28: *** 26. Words fail ***
Capitolo 29: *** 27. Without love ***
Capitolo 30: *** 28. Summer nights ***
Capitolo 31: *** 29. A little fall of rain ***
Capitolo 32: *** 30. If I could tell her ***
Capitolo 33: *** 31. Come home with me ***
Capitolo 34: *** 32. Dead girl walking ***
Capitolo 35: *** 33. Reflection ***
Capitolo 36: *** 34. Say no to this ***
Capitolo 37: *** 35. I’m here ***
Capitolo 38: *** 36. Start of something new ***
Capitolo 39: *** 37. All I ask of you ***
Capitolo 40: *** 38. A whole new world ***
Capitolo 41: *** 39. If it’s true ***
Capitolo 42: *** 40. All I’ve ever known ***
Capitolo 43: *** 41. Burn for you ***
Capitolo 44: *** 42. Alone together ***
Capitolo 45: *** 43. Who lives, who dies, who tells your story ***
Capitolo 46: *** 43. Big blonde and beautiful ***
Capitolo 47: *** 44. So big / so small ***
Capitolo 48: *** 45. Epic Ii ***
Capitolo 49: *** 46. No good deed ***
Capitolo 50: *** 47. Wait for me ***
Capitolo 51: *** 48. Ocean away ***
Capitolo 52: *** 49. Good for you ***
Capitolo 53: *** 50. Everything changes ***
Capitolo 54: *** 51. A soft place to land ***
Capitolo 55: *** La nuova insegnante di inglese ***
Capitolo 56: *** Ringraziamenti ***
Capitolo 57: *** Il filo turchino ***



Capitolo 1
*** Guida ai legami ***


(La guida potrebbe subire degli aggiornamenti in futuro)

 

L'età di maturità del legame corrisponde indicativamente a 17-18 anni. Il legame può iniziare a manifestarsi solo nei soggetti che hanno raggiunto la maturità. Se una delle due anime gemelle è più giovane, il legame si manifesterà solo quando entrambe le metà avranno raggiunto l'età della maturità. È possibile, nonostante ciò, determinare la tipologia di legame già in età infantile tramite analisi del sangue, poiché è parte del patrimonio genetico di un individuo. 

 

Esiste una categoria di farmaci chiamata "soppressori di legame" che può essere usata solo in casi di emergenza e solo con legami ad alto rischio per la salute delle anime gemelle (come empatia corporale e tocco di Zeus) per affievolire gli effetti del legame sugli individui. In alcuni stati, tali farmici sono illegali, ma nella maggior parte il loro uso è esclusivo a strutture ospedaliere. 

 

Il legame viene definito completo se le due anime gemelle si sono incontrate e hanno stabilito un contatto fisico frequente. È definito incompleto se le anime gemelle non si sono ancora incontrate e non hanno stabilito un contatto fisico frequente. 

 

 

 

Empatia corporale: a partire dall'età di maturità del legame, le anime gemelle condivideranno lo stesso dolore fisico, le stesse malattie e le stesse ferite. È frequente che anime gemelle con questo tipo di legame (se completo) muoiano insieme. 

 

 

 

Tocco di Zeus: al primo contatto fisico (pelle con pelle) dalla maturità del legame, i corpi delle anime gemelle vengono attraversati da una potente scarica elettrica, che cessa solo qualora venga stabilito un contatto prolungato. Durante il completamento del legame, è severamente proibito toccare le anime gemelle per evitare l'interruzione del processo (eccezion fatta per soccorritori addestrati muniti di apposite protezioni isolanti).

 

 

 

Orecchio di Ulisse: dalla maturità del legame, le anime gemelle sono in grado di sentire il canto della propria metà come se si trovassero nella stessa stanza. Non possono sentire la voce della propria metà se essa sta semplicemente parlando. 

 

 

 

Bussola dell'anima: le anime gemelle hanno una chiara percezione di dove si trova la loro metà all'interno di un raggio di venti kilometri e riescono istintivamente a trovare la strada per raggiungersi. Al di fuori di tale raggio di distanza, hanno una vaga percezione dell'area geografica in cui la loro metà si trova. 

 

 

 

Bacio del sole: allo scambio del primo bacio dalla maturità del legame, i corpi delle anime gemelle iniziano a emanare la stessa quantità di luce di cinque lampade al neon. Il fenomeno può durare mediamente dai cinque ai dieci minuti.

 

 

 

Scambio di corpo: le anime gemelle si ritrovano nel corpo della propria metà per un periodo che può variare da una a dodici ore (non si hanno informazioni sul fattore scatenante dello scambio, che può avvenire in qualsiasi momento dalla maturazione del legame). Per aiutare le anime gemelle a mettersi in contatto ed evitare incidenti a causa di scambi improvvisi, sono disponibili dispositivi come lo SwitchSwatch, un orologio in grado di percepire l'avvenimento dello scambio e contattare i numeri di emergenza della persona che lo possiede, collegabile con automobili fornite di frenata automatica in caso di emergenza. 

 

 

 

Impronte di Persefone: al primo contatto fisico (pelle con pelle) delle anime gemelle dalla maturità del legame, nelle aree toccate dai loro piedi nasceranno immediatamente dei fiori. Il fenomeno può durare da trenta minuti a cinque ore. Non si hanno informazioni sul processo di nascita velocizzata dei fiori.

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Capitolo 2
*** Prologo: You will be found ***


Dolore. 

 

Assoluto, accecante dolore. 

 

Jin non aveva mai provato nulla di simile. Nessun dolore era paragonabile a quello. Quel bruciore stordente, quegli spasmi che gli tiravano i muscoli fino a fargli pensare che si sarebbero strappati, quel cigolare delle ossa che parevano essere sul punto di sbriciolarsi.

 

La testa compressa in una morsa. Pronta a esplodere, come un palloncino pieno d'acqua. 

 

Il petto schiacciato, le costole richiuse sui suoi polmoni come artigli conficcati nella carne, avidi di perforare e far sanguinare. 

 

-Hyung!

 

-Che cosa succede? Qualcuno riesce a capire che diavolo gli sta succedendo? 

 

-Hyung, dove ti fa male? Hyung! 

 

Delle grida risuonavano nell'aria. Sembrava la voce di qualcuno a cui stessero strappando le interiora. Era acuta, rauca e rumorosa. Come in quei film horror che Jungkook lo costringeva a vedere.

 

Jin non si rese immediatamente conto di essere lui il padrone di quella voce.

 

-Oh mio Dio... oh mio Dio, sta vomitando sangue!

 

-Qualcuno faccia qualcosa! 

 

-Seokjin, guardami. Ho bisogno che mi dici dove hai male.

 

Jin non vedeva chi gli stesse parlando. Sentiva delle mani prendergli il viso, ma l'istinto lo portò a divincolarsi e sporgersi in avanti, oltre il bordo della superficie su cui era sdraiato, per rimettere quell'acido dal sapore ferroso che gli  stava corrodendo la gola. La puzza di vomito lo colpì immediatamente alle narici, forzandolo a soccombere a una nuova ondata di conati che non fecero altro se non alimentare ancora di più il dolore. 

 

Era tutto bianco. Tutto. Dov'erano i ragazzi? Sentiva le loro voci intorno a sé, ma non riusciva a capire chi diceva cosa né dove si trovassero. 

 

C'era qualcuno accanto a lui? 

 

-Non riusciamo a farlo rispondere. 

 

-È sotto shock. Preparate una flebo di calmanti. 

 

-Che cosa sta succedendo? Stava bene fino a cinque minuti fa! 

 

-Non aveva mostrato segni di malessere? 

 

-No! Stava benissimo! All'improvviso si è accasciato e ha iniziato a urlare! 

 

-Per caso il suo legame è l'empatia corporale?

 

Legame... anima gemella... le parole volarono vagamente nella mente di Jin, prima che una scarica di dolore lo portasse ad accartocciarsi su se stesso, le braccia avvolte attorno allo stomaco mentre tutto il suo corpo tremava violentemente. Sentiva i denti sbattere così forte da scuotergli il cranio e amplificare le scosse che già lo comprimevano. 

 

Dolore. 

 

Dolore ovunque. 

 

-Sì. Che cosa significa? È... è la sua... 

 

-È molto probabile. Il legame è completo?

 

-No, non l'ha mai incontrata. 

 

La sua anima gemella... 

 

La sua anima gemella stava male? Jin provò a sbattere le palpebre ma la lucidità gli sfuggiva dalle dita come granelli di sabbia. Continuava a vedere solo bianco e dolore. Voleva parlare, fare domande, chiamare i suoi amici, ma la sua bocca  era ancora maledettamente impastata di vomito e di grida. 

 

-Allora c'è la possibilità che possa salvarsi. 

 

-C'è la possibilità... aspetti, intende dire che la sua anima gemella- 

 

Il silenzio che seguì, fu riempito da una nuova ondata di conati che portarono Jin a piegarsi in avanti ma lo lasciarono a sputare il nulla. La testa rimbombava come una stanza dalla pessima acustica piena di persone che parlavano ad alta voce le une sulle altre.

 

Non capiva nulla. 

 

Cosa era successo alla sua anima gemella?

 

-Temo di sì. 

 

Il trambusto attorno a lui aumentò. Qualcuno lo stava sollevando, forse. La superficie sotto di sé era più morbida del divanetto di pelle appiccicaticcio della green room su cui ricordava di essersi seduto, ma odorava di quel sterilizzante fastidioso che usavano solo gli ospedali, cosa che lo portò a sentire nuovamente la nausea sulla punta della lingua. Riuscì a catturare un riflesso argentato nella sua visione appannata e confusa, un piccolo sprazzo nel bianco assoluto. La coperta termica che gli avevano posato addosso, però, non fece cessare i violenti brividi che ancora gli scuotevano il corpo. 

 

-Veloci con la flebo. Preparate anche una soluzione salina e dei soppressori di legame. 

 

-Perché ha bisogno di soppressori? 

 

-È l'unico modo per far cessare il dolore e impedirgli di seguire la sua anima gemella. Una sola persona nell'ambulanza, non di più. 

 

Namjoon dov'era? Era lui che faceva tutte quelle domande, con quella voce preoccupata? Dov'era il manager? E Jungkook? Jimin? 

 

Dov'erano tutti? 

 

-Vai tu, noi vi raggiungiamo in ospedale. 

 

Jin iniziò a sentire parte del dolore ritrarsi, lasciando che uno strascico di lucidità si facesse spazio nella sua mente. Il costante, assoluto bruciore non se ne andò e sentiva il suo corpo tremare ancora, ma fu almeno in grado di sbattere le palpebre e scacciare via la nebbia bianca che gli popolava la vista. Sopra di lui, il viso di Namjoon lo scrutava con le sopracciglia contorte e il mento sporto in avanti in quella smorfia che, Jin sapeva bene, indicava rabbia o un profondo turbamento. 

 

-Hyung, ci sei? Mi senti? 

 

Provò a staccare la lingua dal palato per rispondere un misero "Sì", ma non ci riusciva. L'unico suono che fu in grado di emettere fu un vago mugolio dalla gola. 

 

-Ok hyung, stiamo andando in ospedale. Ti hanno dato un calmante perciò dovresti stare meglio. Vedrai che starai meglio, ok?

 

Se fosse stato più lucido, si sarebbe stupito delle lacrime che avevano iniziato a solcare il viso del suo amico. L'aveva visto piangere in così poche occasioni e mai, mai nella sua vita lo aveva scoperto a singhiozzare come in quel momento. Si accorse della mano che stringeva la sua, si accorse del paramedico al suo fianco che manovrava dei fili, forse per cambiare il liquido della flebo, e si accorse del dondolio dell'abitacolo e della barella su cui era sdraiato. 

 

-Nam... a... mia... 

 

Le labbra di Seokjin tremavano ancora. Fermandosi, cercò di ricacciare indietro l'acido che tentava di risalire nella sua gola e con respiri lenti riuscì a dissipare i conati alla nascita. Socchiudendo gli occhi, si sforzò di deglutire il deserto che si ritrovava in bocca.

 

-La... ia... ani... anima gemel...

 

Cosa le stava succedendo? Stava male? Voleva chiedere a Namjoon di spiegargli la situazione, ma ne la sua mente ne la sua lingua sembrarono collaborare in quel momento. 

 

Nonostante ciò, sentì la mano che circondava la sua stringere. Debolmente, timidamente. 

 

Una stretta di pietà. 

 

Quando guardò gli occhi del suo amico, infatti, trovò ancora più lacrime a bagnargli le ciglia. 

 

-Hyung... mi dispiace. 

 

 

 

La prima volta che Yona fece una di "quelle" visite mediche aveva dieci anni.  

 

Aveva iniziato a odiarle. Era una routine che si ripeteva ogni volta. E ogni volta finiva alla stessa maniera. 

 

-Dev'esserci un errore! 

 

Sua madre che inveiva contro il medico di turno era parte della routine. Fastidiose punture per prelevarle il sangue, kilometri di strada per raggiungere una nuova clinica, un dottore dall'espressione gentile ma dispiaciuta e sua madre che urlava.

 

Non cambiava mai. 

 

-Signora, è la quarta volta che rifacciamo le analisi alla bambina. Purtroppo, non è un errore.

 

A quel punto, gli occhi di sua madre si assottigliavano in linee scure e rabbiose. Si alzava dalla sedia, puntava il dito contro il povero dottore e iniziava a ringhiare bassamente. 

 

-Non è possibile che di miliardi di persone proprio mia figlia sia- 

 

-Signora, per favore, si calmi. 

 

Il medico alzava le mani in segno di resa, mostrava un'espressione calma e accondiscendente e piegava il capo con un sospiro. 

 

-Purtroppo sua figlia rientra in quella parte di popolazione che è affetta da questo problema. Ma questo non vuol dire che non potrà mai-

 

-Molto bene. Se non ci vuole aiutare, arrivederci! 

 

Sua madre faceva strisciare rumorosamente la sedia sul pavimento, prendeva la mano di Yona portandola ad alzarsi e si precipitava fuori dallo studio medico. La bambina da piccola immaginava che in quei momenti la donna si trasformasse in un drago dalle cui narici uscivano nuvole di fumo, da quanto era tangibile la sua rabbia. 

 

Lei continuava a marciare furiosamente fino alla macchina, cercava le chiavi perdute nei meandri della sua borsa prima di ritrovarle finalmente con il supporto di una parolaccia, infilzarle nella fessura metallica e strappare la maniglia della cigolante Suzuki Vitara per fiondarsi sul sedile. Yona, in silenzio, si sedeva accanto a lei, osservando di traverso la figura che si accartocciava in avanti e abbracciava il volante appoggiandovi la fronte. E scoppiava a piangere. 

 

-Ma'? 

 

La bambina si guardò le unghie, strappando nervosamente le pellicine mentre sentiva la donna mugugnare al suo fianco. 

 

-Possiamo smettere di andare dal dottore?

 

Yona, tirando la bocca tremante in un broncio, vide la madre cessare di singhiozzare e sollevare gli occhi intrisi di lacrime su di lei. 

 

-Ma tesoro... no, no tesoro, questi dottori non sanno quello che dicono, vedrai che- 

 

-Ma'.

 

Yona guardò la donna arricciando le labbra e deglutendo. 

 

-A me non importa. Mi sta bene anche se sono così. 

 

La bambina aspettò. Era la prima volta che vedeva sua madre senza parole. Sembrava rimasta pietrificata, la bocca dischiusa sulla frase inconclusa e gli occhi spalancati dallo shock. 

 

La donna, allora, si fiondò su di lei. La strinse tra le braccia e prese a singhiozzare nei suoi capelli. 

 

-No tesoro non voglio che rimani sola... non rimarrai sola tesoro, vedrai che la mamma risolverà questa cosa, vedrai- 

 

-Ma', davvero. Va bene così. 

 

La donna prese a singhiozzare ancora più forte e Yona poté sentire le lacrime salire anche sui suoi, di occhi. Appoggiando le mani sulla schiena di lei, immerse il mento nella sua spalla. 

 

-Ma'...- iniziò, la voce flebile e tremolante. 

 

-... mi vuoi bene lo stesso anche se sono così?-

 

Le braccia attorno al suo piccolo busto si fecero ancora più strette. 

 

-Oh mio Dio, sì tesoro! Ma certo che ti voglio bene, ti vorrò sempre bene, sempre! Tesoro io... 

 

La donna si interruppe. I singhiozzi, per un momento, cessarono e lei sollevò la testa per guardare la figlia negli occhi. Poi, appoggiò una mano sulla sua guancia. 

 

-Yona... mi dispiace.

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Capitolo 3
*** 1. Don’t rain on my parade ***


-Dunque... signorina Park Yona, giusto?

 

La donna sorrise, appoggiando la schiena alla sedia imbottita e sistemandosi in una posa rilassata, le braccia incrociate sotto al seno e una gamba accavallata sull'altra. 

 

-Esatto- replicò, sollevando un angolo della bocca mentre l'uomo annuiva con un sorriso cordiale. 

 

Era intrigata. Erano passati almeno due minuti da che aveva messo piede nell'ufficio e ancora non aveva ricevuto il check up di circostanza. Solitamente, il suo ingresso a un qualsiasi colloquio di lavoro era puntualmente accompagnato da un'occhiata scettica che partiva dalla punta decolorata dei suoi capelli all'estremità dei suoi stivaletti a stiletto ricoperti di borchie. Uno sguardo contrariato, un sopracciglio alzato e una smorfia malcelata sulla bocca seguivano come prassi. La questione veniva temporaneamente accantonata per lasciar spazio ai convenevoli di routine, per poi essere recuperata più avanti nella conversazione con un classico "È richiesto un abbigliamento formale adeguato al luogo di lavoro". Yona, a quel punto, sorrideva ampiamente piegando il capo e rispondendo che quello era il suo miglior "abbigliamento formale". Faceva perfino lo sforzo di indossare una triste, insipida camicetta nera invece che il classico top sfilacciato con il logo dei Pink Floyd. 

 

Curiosamente, il responsabile delle risorse umane del giorno non aveva ancora ceduto al seguire le abitudini dei suoi predecessori, ignorando completamente il resto del suo corpo e concentrandosi invece sul suo viso. 

 

-Bene, signorina Park. La ringrazio per essere venuta qui oggi, spero che il nostro incontro risulterà proficuo. 

 

La donna, sorridendo, piegò il capo studiando con discrezione il volto cordiale dell'uomo che ancora non sembrava in procinto di giudicare il suo stile di abbigliamento. Scorrendo con gli occhi, ne analizzò la mandibola volitiva e la barba curata, le labbra sottili ma eleganti e il naso sporgente. Poi, scivolò sulle braccia adeguatamente muscolose e le grandi mani che stringevano il suo curriculum. Fino a raggiungere l'anello dorato nell'anulare sinistro. 

 

Yona si trattenne dallo schioccare la lingua contro i denti. 

 

"Peccato."

 

-Le sue referenze sono ottime e la sua agenzia ci ha caldamente consigliato di rivolgerci a lei date le nostre necessità. Le hanno già comunicato con chi dovrà lavorare? 

 

La donna aprì, con un sorriso saccente, la borsa di denim sdrucito ed estrasse il dossier accuratamente organizzato in una cartella di plastica, prima di appoggiarlo con un gesto fluido sulla scrivania. 

 

-Sì e ho già preparato una bozza di programma che potrete studiare. Nell'ultima pagina troverete anche la lista di materiali di cui avremo bisogno. 

 

L'uomo delle risorse umane, stendendo la bocca in un'espressione colpita, prese prontamente a sfogliare il plico di fogli, scorrendo con le dita pagina dopo pagina. 

 

-La ringrazio per la sua efficienza ma... tre gruppi da due persone l'uno? Noi avevamo in mente lezioni collettive, tutti e sei insieme. Ci avevano detto che era questo il suo metodo. 

 

Yona, sollevando appena le sopracciglia, sporse il mento con uno sguardo fiero. 

 

-Ed è vero, ma le circostanze erano diverse. Avevo classi di minimo venti studenti costituite da persone che facevano un lavoro d'ufficio fino alle cinque. Ero piuttosto limitata.

 

Senza distogliere lo sguardo dall'uomo, sciolse le braccia e sollevò la mano con le lunghe unghie laccate di nero.

 

-Mi avete chiesto risultati tangibili nel giro di pochi mesi perciò questa è la mia soluzione. Dal momento che loro non hanno un classico lavoro, credo proprio che potrete riuscire a modificare le loro schedule in modo che si incastrino con le lezioni. 

 

L'uomo, insoddisfatto, piegò la bocca all'ingiù tornando a studiare i fogli fra le sue mani. 

 

-Capisco cosa intende dire, ma due volte a settimana per ogni gruppo... non penso che potrebbe sposarsi bene coi loro impegni. E se facesse lezioni individuali? Se mancasse un solo membro alla volta, le prove delle coreografie non ne risentirebbero troppo e sarebbe più facile orchestrare i loro programmi personali. 

 

Yona scosse il capo con determinazione.

 

-Se volete i risultati, queste sono le mie condizioni- rispose perentoriamente, indicando con il mento il dossier ancora in mano all'uomo. Quest'ultimo, sospirando, rimase per qualche istante in silenzio. 

 

-Posso almeno... chiederle qual è la ragione dietro a questa scelta? 

 

La donna riprese a sorridere come se nulla fosse successo, rilassandosi nuovamente contro lo schienale. 

 

-Sa qual è il metodo d'insegnamento più efficace?- chiese, lanciando uno sguardo di sfida contro il responsabile, che la fissava con un'espressione confusa. Quando l'uomo negò, lei riprese a parlare con un sorriso saccente. 

 

-Quello che sfrutta la relazione tra studente e studente. 

 

Mentre il suo interlocutore la guardava con aria dubbiosa, Yona tacque.

 

-Cosa intende dire?- chiese infine lui. 

 

-Vuol dire che il confronto è sinonimo di crescita. Non c'è nulla di più stimolante ed educativo che essere alla pari con un'altra persona. E quando arriveranno a momenti di stallo in cui penseranno di non riuscire a migliorare, potranno darsi una mano a vicenda. L'aiuto che può dare un altro studente può a tratti essere migliore di quello che potrei fornirgli io con teorie e spiegazioni. 

 

L'uomo rimase per qualche istante a fissarla, una piega pensosa dipinta sulla fronte ampia. Gli occhi di Yona, inavvertitamente, caddero ancora una volta sulla fede nuziale che catturava la luce bianca della lampada. 

 

"Davvero un peccato." 

 

Quando il suo interlocutore, finalmente, annuì, lei tornò a guardarlo negli occhi e incontrò uno sguardo più comprensivo.

 

-Sembra sapere quello di cui parla perciò vedrò di riferire il vostro ragionamento ai piani alti quando dovranno valutare quanto possono modificare i programmi dei ragazzi. Mentre, per quanto riguarda i materiali... 

 

Le dita dell'uomo presero a piegare gli angoli dei fogli, passando velocemente alla pagina conclusiva. 

 

Yona aspettava questo momento. Soffocando una smorfia divertita, osservò le sopracciglia dell'uomo raggiungere l'attaccatura dei suoi capelli. 

 

-Fumetti? Una macchina per il karaoke e... una cucina? E cosa dovrebbe essere la serata musical? 

 

La donna dovette sforzarsi di ingoiare la risata che le stava nascendo in gola. Appoggiando il gomito sul bracciolo della sedia, pose il mento sul palmo della mano per poter fissare meglio il suo interlocutore.

 

-Molti miei colleghi danno agli studenti dei libri da leggere come compito, ma trovo che i fumetti siano strumenti molto più efficienti, sopratutto per iniziare. Contengono più dialoghi e sono anche più facili da leggere, in questo modo non si ritroveranno ad abbandonare la lettura dopo poco a causa della fatica mentale. Per quanto riguarda la cucina... beh, quello è un aspetto che potremo definire più avanti. 

 

Yona si affrettò a concludere la frase, pregando che l'uomo soprassedesse. In effetti, non sarebbe stato facile da spiegare, perciò cercò di deragliare velocemente l'attenzione altrove. 

 

-Dunque, la serata musical. Sono piuttosto sicura che vi sia già stato comunicato, dato che fa parte del mio programma regolare, ma una volta a settimana faccio sempre in modo di raccogliere i miei studenti e mostrargli un musical coi sottotitoli. La serata karaoke invece si tiene una volta al mese- concluse lei, piegando il capo di lato con un sorriso innocente. L'uomo, contraendo le sopracciglia, prese a massaggiarsi al fronte. 

 

-E... posso chiedere a cosa servono queste... serate?- chiese con tono via via più scettico. Yona si aprì in un sorrisetto soddisfatto, incrociando le dita sopra il suo ginocchio.

 

"Oh, sono felice che tu me l'abbia chiesto, mio caro affascinante ma sposato responsabile delle risorse umane."

 

-Non c'è nulla di meglio di un film per allenare l'orecchio all'ascolto e non c'è nulla di meglio della musica per memorizzare i vocaboli ed entrare nella mentalità della pronuncia. I musical sono la perfetta via di mezzo tra queste due cose- replicò, sollevando le braccia come a sottolineare l'ovvietà della sua affermazione. L'uomo sfoggiava ancora uno sguardo scettico nei suoi occhi, ma non sembrava completamente prevenuto all'idea come molti altri che aveva incontrato in passato, perciò decise di continuare. 

 

-La serata musical e la serata karaoke sono quindi fondamentali. Impareranno a comprendere e ascoltare, mettendo in pratica ciò che apprenderanno nelle lezioni, e saranno spinti a superare quel blocco mentale che gli impedisce di parlare per paura di sbagliare. E, d'altronde, sono cantanti perciò non penso che ci sia metodo di apprendimento migliore se non tramite la musica.

 

Il responsabile la fissò per qualche istante con un'espressione indecifrabile in volto. Poi, annuendo, chiuse il plico di fogli e lo ripose nella cartellina. 

 

-Grazie per la spiegazione, signorina. Questo, se non le dispiace, lo terrò io da mostrare ai manager del gruppo. Manca solo un'ultima questione... 

 

L'uomo sollevò la testa, guardandola con una vaga aria di circospezione. Yona si irrigidì appena, ma cercò di mantenere il corpo  rilassato.

 

-La posizione richiede che lei sia in grado di seguire i ragazzi sia in interviste e programmi televisivi che in tour. Ora, mi è stato detto che, quando le era stata avanzata la proposta al telefono, aveva affermato che non fosse un problema, ma ci tengo a rendere chiaro che bisognerà stare lontano dal paese per diversi mesi e- 

 

Yona assottigliò la bocca, forzando un sorriso di circostanza e interrompendo seccamente l'uomo.

 

-Come ho detto al telefono, non sarà un problema.

 

Il responsabile si zittì, prima di riprendere cautamente a parlare. 

 

-Vede, devo ribadire questo aspetto perché molti giovani che non hanno ancora incontrato la propria anima gemella pensano che non sarà un problema ma poi si ritrovano a dover abbandonare il lavoro per poter stare con- 

 

Yona, che aveva estratto la sua carta d'identità dal portafogli di pelle nero, appoggiò l'oggetto sotto agli occhi del suo interlocutore, facendolo scivolare sull'ordinata scrivania di legno scuro. L'uomo, zittitosi all'istante, prese a scrutare attentamente ogni informazione e lei sapeva che il suo sguardo si era bloccato alla linea che leggeva "Tipo di legame". Era facile ormai prevedere le persone e le loro reazioni. 

 

Difatti, lui si schiarì la gola senza riportare lo sguardo sul suo viso. 

 

-Ah, capisco. Dunque, non dovremo preoccuparci di questo aspetto- borbottò a voce troppo bassa. 

 

La donna, rivestendosi del sorriso di circostanza, rimise la carta d'identità nel portafogli come se stesse infilando un coltello in una fondina. Portandosi in spalla la borsa di denim, iniziò a spostare il peso in avanti. 

 

Perché, come ormai sapeva bene, il colloquio era giunto al termine. 

 

-Molto bene. Entro una settimana le faremo sapere. Intanto, la ringrazio per la sua disponibilità. 

 

Yona, senza esitazione, si alzò e rispose all'inchino rigido dell'uomo. Con un saluto di convenienza, la donna si girò e chiuse la porta dell'ufficio dietro di sé. 

 

 

 

-Yona, mi stai ascoltando?

 

La donna prese l'asciugamano di un azzurro sbiadito e iniziò a tamponarsi il viso, pregando che nessuna traccia di mascara fosse sfuggita al potere del balsamo struccante e macchiasse il tessuto. 

 

-Sì, ma'.

 

-Ti sento male! Cosa stai facendo? 

 

Lanciando un'occhiata al telefono riposto sul portaoggetti dello specchio del bagno, prese la crema idratante e, appoggiandovi appena le dita, ne lasciò delle tracce bianche su fronte, guance e mento.

 

-Sei in viva voce, mi sto struccando. 

 

Yona strinse le labbra mentre si massaggiava il viso per far assorbire la crema, le orecchie pronte a ricevere la piccata replica di sua madre. 

 

-Ti prego, dimmi almeno che non hai messo il rossetto nero! 

 

La donna sollevò gli occhi al soffitto, afferrando il toner e spruzzandolo appena sulla pelle dopo aver chiuso le palpebre. 

 

-Ho messo quello rosso. 

 

Yona aveva cessato di sperare che sua madre la smettesse di rimproverarla per le sue scelte di stile ai colloqui di lavoro. Sapeva che era più forte di lei e che lo faceva solo perché ci teneva che trovasse un impiego, ma aveva sempre interpretato come stupida ottusità e spirito di ribellione quello che la donna considerava espressione personale e desiderio di non sottostare a stupide regole antiquate. Perché avrebbe dovuto lavorare in un posto dove non accettavano persone che non erano vestite in tailleur e gonna? Non doveva neppure servire dei clienti o indossare un'uniforme! Doveva insegnare inglese, per la miseria! Che importanza poteva avere cosa si metteva addosso? 

 

Dall'altoparlante del telefono, si udì un sonoro sospiro. 

 

-Non sei stanca di venire rifiutata? 

 

Yona arricciò la bocca, passando un sottile strato di balsamo sulle labbra. 

 

-Ho già trovato lavoro in passato, mamma. E comunque penso che il colloquio sia andato bene, grazie. 

 

Sua madre sospirò nuovamente, mentre lei riprendeva il telefono in mano e spegneva la luce sul bagno dalle mattonelle di ardesia, dirigendosi verso in soggiorno, i piedi scalzi che lasciavano lievi tonfi sulla moquette grigia. 

 

-Hai ricevuto la foto che ti ho mandato? Quella del figlio della signora Cho? 

 

La donna si passò la lingua sui denti, sorridendo con fare canzonatorio. 

 

-Ma certo che l'ho ricevuta. Sarebbe un ottimo beagle da appartamento. 

 

-Yona! 

 

Si trattenne dallo scoppiare a ridere in faccia a sua madre, sapendo che questo non avrebbe fatto che aumentare ancora di più la sua già grondante irritazione. Era sincera, però. Quel trentatreenne panciuto e con gli occhi cadenti sembrava davvero un beagle. 

 

-Yona, ti prego, almeno provaci! Iscriviti a uno di quei siti d'incontri che si vedono in pubblicità! 

 

La donna dovette mordersi la lingua, perché non sarebbe stato esattamente vantaggioso dire a sua madre che aveva già testato Tinder e che ogni volta che prendeva appuntamento tramite l'applicazione la serata si concludeva sempre nella stessa maniera. D'altronde, non è che non ci avesse provato. 

 

Lo aveva fatto. Eccome se lo aveva fatto. 

 

"Non cerco storie serie." 

 

"Sto aspettando la mia anima gemella." 

 

"Non posso accollarmi il tuo problema e il tuo bagaglio emotivo." 

 

"Non riesco a dimenticarla."

 

Le aveva sentite tutte, probabilmente. Da anime separate che non erano in grado di sostenere una conversazione senza scoppiare a piangere, a quelli che non riuscivano a credere che cercasse qualcosa di più di un'avventura passeggera. 

 

Ormai, aveva raggiunto un punto di completa estraniazione emotiva. Se non fosse stato per quella richiesta di lavoro improvvisa, avrebbe venduto tutto e si sarebbe rinchiusa in un monastero in India a purificare la sua anima di tutte le stupidaggini che aveva dovuto sorbirsi nel corso degli anni. Un po' come una sorta di dieta detox, solo succhi di frutta e acqua per espellere in dissenteria tutto il fast food accumulato nella vita. 

 

-Va bene, mamma. Stasera dopo cena ci guardo. 

 

Non si sentiva in colpa per mentirle. Ormai lo sapeva anche lei che non stava dicendo sul serio. Il suo tono eccessivamente accondiscendente era fin troppo evidente. 

 

-Yona, per amor del cielo... 

 

La donna si sedette sul divano di tessuto nero, il suo migliore amico in quel piccolo appartamento di periferia, e incrociò le gambe appoggiando la testa allo schienale. La benedetta cervicale che le facevano venire quelle conversazioni era come una vecchia amica che si presentava puntualmente senza essere invitata ma che finiva sempre per scroccare almeno un caffè e due ore di chiacchiere inutili. 

 

-Tesoro, lo sai perché lo faccio- 

 

-Sì, mamma. Non ti preoccupare. 

 

"Perché non vuoi che rimanga sola come te." 

 

Sua madre ancora non capiva che lei, da sola, aveva trovato un equilibrio tanto sublime da non farle rimpiangere minimamente la sua condizione. 

 

All'altro capo del telefono, si udì il silenzio che seguiva le parole inespresse di entrambe. Non la vedeva da settimane e le mancava stare con lei, ma aveva la pressante spinta a lanciare uno sbrigativo saluto e cessare quella telefonata per potersi godere un po' di sana, beata, spassionata... solitudine. Quando un sospiro raggiunse le sue orecchie, però, capì che la donna l'avrebbe preceduta. 

 

-Fammi sapere come va con il lavoro. 

 

La ragazza sollevò appena gli angoli della bocca. 

 

-Lo farò. Notte. 

 

Quando sua madre rispose con un basso "Notte" a sua volta, Yona chiuse la chiamata e si spaparanzò completamente sul divano, agganciando una gamba allo schienale e lasciando l'altra a penzoloni. Il suo police prese a scorrere sullo schermo fino a fermarsi, per un istante, fluttuò sull'icona di Tinder. Poi, tirando le labbra in una smorfia, premette il dito con forza e toccò il tasto "Disinstalla". 

 

Forse era ancora in tempo per quella fuga in India, dopotutto.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

DUNQUE DUNQUE DUNQUE. Cosa mi dite? Vi sfagiola? Yona è una protagonista bella frizzantella e spero davvero che vi piacerà. Ovviamente vi dovevo già distruggere l'anima con il prologo ma che ci volete fare... mi conoscete ormai. E per chi non mi conosce... povere anime ingenue che siete cadute nei meandri di questa storia. Una descrizione più completa di Yona la avremo più avanti attraverso gli occhi di Seokjin, per ora sarà una surprise. 

 

Un appunto, i titoli dei capitoli sono titoli di canzoni tratte da musical, per stare in tema, e riprenderanno un po' il sentimento generale del capitolo. 

 

Bene, per ora è tutto, alla prossima settimana in cui vedremo come sta Seokjin (spoiler.... sta male).

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Capitolo 4
*** 2. The day before you came ***


Il soffitto bianco pareva, agli occhi stanchi di Seokjin, un minestrone di toni scuri e pensieri cupi. Una zuppa disgustosa, maleodorante; un nauseabondo intruglio congegnato dalla sua mente con il preciso scopo di impedirgli di godersi una sana notte di riposo. 

 

Non ricordava neppure quanto tempo fosse passato da che era riuscito a dormire per almeno cinque ore di fila senza svegliarsi all'improvviso, le palpebre spalancate, il petto ansante e il fantasma di uno spasmo nei suoi muscoli. Non ricordava una notte in cui non era ricaduto sul materasso con uno sbuffo stremato, non si era passato una mano sul viso stropicciato e non aveva digrignato i denti nel tentativo di scacciare dal suo corpo quel pizzicorio, quella lieve tensione nei nervi che gli dava l'impressione di essere sul punto di accartocciarsi in preda al bruciore. 

 

Si sentiva stupido, così dannatamente stupido, quando si ritrovava a fissare il soffitto, incapace di riaddormentarsi, e si lasciava trasportare dagli oscuri pensieri della sua mente, da quel mostro di rabbia e gelosia e solitudine che aveva la sua tana nei recessi più reconditi del suo cuore. Jin lo odiava. Sopratutto quando gli faceva allungare il braccio al suo fianco e gli faceva sfiorare le coperte fredde e vuote al suo fianco. 

 

In quel letto troppo grande per una persona. Troppo grande per lui. Troppo grande per qualcuno che non avrebbe potuto condividerlo con nessuno. 

 

Jin allora si odiava. 

 

Quella era decisamente la parola giusta. Odio era la vile parola che aveva iniziato a definirlo un anno prima. 

 

Odio verso se stesso, una tale debole creatura così facilmente schiacciata dalla sua tristezza al punto da trasformarsi in un essere distante, schivo e depresso. Odio verso il suo destino, che lo aveva crudelmente sbeffeggiato, lasciandolo in vita solo per ricordargli ogni singolo giorno che tale vita non valeva niente. Solo per lasciarlo solo, a stringere il vuoto fra le sue braccia e a svegliarsi con gli occhi impiastricciati di lacrime. 

 

Odio verso i suoi amici. Gli amici che lui amava. Gli amici per cui avrebbe dato l'anima, che erano diventati importanti quanto la sua stessa famiglia. 

 

Era così disgustoso. Lui era disgustoso. Il mostro dentro di sé era disgustoso. Quello in cui si era trasformato era disgustoso. Ma non riusciva a combatterlo perciò ogni mattina, quando apriva gli occhi stanchi e appesantiti dall''insonnia, finiva immancabilmente per considerare il peso della sua esistenza e se esso valesse veramente la pena di tale sofferenza. 

 

-Hyung? 

 

Un lieve bussare alla porta lo costrinse a stropicciarsi le palpebre e guardare lo schermo del telefono. 

 

Le sette. 

 

Jin sospirò, ritraendosi dalla striscia di luce che tagliò l'oscurità della stanza non appena Jimin sporse il viso dietro alla porta. 

 

-Yoongi-hyung ha preparato la colazione. 

 

L'uomo sfuggì velocemente dallo sguardo cauto e pietoso del ragazzo, afferrando le coperte più saldamente e voltandosi dal lato opposto con un grugnito. Come se avesse avuto voglia di sedersi a tavola con i suoi amici per guardarli flirtare con le loro anime gemelle. Come se avesse voluto vederli felici, a godersi quello che lui non poteva più avere. 

 

Era stupido, dannatamente stupido, ma Jin si sentiva preso in giro. Come se gli avessero voluto sbattere in faccia la sua condizione. Quello che lui aveva sempre desiderato. 

 

E Jin sapeva di essere stupido ed egoista e cieco. 

 

Eppure non riusciva a farne a meno. 

 

-Voglio dormire ancora un po'. Voi mangiate, io prenderò qualcosa al volo in caffetteria. 

 

L'uomo sapeva, anche senza vederlo, che il viso di Jimin si era raggrinzito in un'espressione delusa. Cercò di scacciare il senso di colpa dalla sua testa e dal suo stomaco, che gorgogliava di rabbia per la maniera in cui ogni singola mattina trattava il povero ragazzo, e cercò di essere indifferente. Indifferente ai suoi pensieri e alla flebile risposta che giunse alle sue spalle. 

 

-Ok. 

 

 

 

-Good morning Baltimore! 

 

Yona fece scorrere drammaticamente le ante del suo grande armadio nero, mentre la sua voce riecheggiava la canzone che si diffondeva a tutto volume per l'appartamento. Arricciando le labbra, la donna iniziò a passare in rassegna la sua collezione di pantaloni e leggings con una piega indecisa sulla fronte. Poi, con un sorriso impertinente, estrasse i suoi jeans di pelle preferiti, quelli che aveva ribattezzato "solleva-chiappe" in quanto, benché le stringessero anche le tonsille, conferivano una certa regale importanza al suo posteriore. 

 

"Go big or go home, girl" pensò fra sé e sé.

 

D'altronde, il primo giorno di lavoro era quello delle buone impressioni. Sarebbe stato un peccato capitale sprecarlo. Mentre continuava a selezionare gli abiti per la giornata, la sua voce riprese a seguire il ritornello della canzone con rinnovato entusiasmo.

 

-I love you Baltimore! Every day's like an open door, every night is a fantasy, every sound's like a symphony...

 

Mentre ondeggiava per la sua camera da letto e appoggiava i vestiti sulle lenzuola blu nevi, scostò le tende scure per lasciare che la luce inondasse la stanza, un piccolo ambiente dalle pareti noiosamente bianche ma che lei era riuscita a salvare con una collezione di poster di Broadway e un'intrigante cassettiera laccata di nero dalle forme vagamente gotiche che aveva scovato in un mercatino dell'usato. 

 

Yona, in effetti, amava il suo appartamento. Era un buco che superava di poco i quaranta metri quadri e, in quanto in affitto, doveva mantenere i suoi muri rigorosamente illibati per ordine del padrone di casa, ma era una sorta di tana che aveva adattato a sé e alla sua personalità nel corso degli anni che aveva vissuto a Seoul. I toni scuri, i mobili bizzarri e gli inutili ma onnipresenti soprammobili di ranocchie, gufetti e altri animali adorabili lo rendevano così suo, così caratterialmente individuale che le davano un senso di conforto ogni volta che vi metteva piede. 

 

-Baltimore and me... 

 

Yona volteggiò verso il salotto, dove il televisore trasmetteva la canzone, e si mosse verso il telecomando. 

 

-Baltimore and me!- concluse, trascinando in un imbarazzante gorgheggio l'ultima lettera mentre sconnetteva YouTube e digitava il canale dove avrebbero trasmesso il telegiornale. 

 

Dirigendosi verso il bagno, accese la luce dello specchio appoggiando sul lavandino la sua pochette per il trucco ed estraendo il fondotinta.

 

-Trovata morta un'altra donna nel suo appartamento dopo un litigio con la sua anima gemella. L'uomo, indagato dalla polizia, è sotto custodia cautelare in attesa che le indagini facciano luce sull'esatta successione degli eventi.

 

La donna terminò di stendere il fondotinta e prese la cipria, iniziando a spolverarla con leggerezza sulle guance e diffondendo una candida nuvola bianca attorno a sé. 

 

-... e continuano le proteste per i diritti delle anime separate e dei solitari e la legalizzazione delle procedure chirurgiche per la creazione di legami surrogati. I protestanti, che hanno precedentemente manifestato davanti alla sede del governatore dello stato di New York, hanno dato origine a nuovi nuclei in California, Florida e Washington. 

 

La mano di Yona si bloccò a mezz'aria, il pennello sospeso nel vuoto a pochi centimetri dalla sua pelle. Stringendo le labbra in una linea, si ritrovò ad appoggiare gli occhi sullo schermo, dove immagini di uomini e donne e sopratutto ragazzi e ragazze che esibivano cartelli con grandi scritte in stampatello si susseguivano.

 

"Diritto di scegliere chi amare" dicevano diversi. "Diritto di una seconda possibilità" e anche "Diritto al proprio corpo" sembravano essere altrettanto popolari. Poi, il video mostrò una giovane donna con un megafono, in piedi su dei gradini mentre attirava l'attenzione della folla. 

 

-Per tutti coloro che vengono giudicati per aver lasciato la propria anima gemella, che meritano di poter creare un nuovo legame con la persona che scelgono! Per i solitari, che mer-

 

Yona sbatté la porta del bagno, richiudendo all'esterno la voce della televisione e spostando lo sguardo sul suo viso riflesso nello specchio. Passandosi la lingua sul labbro superiore, trasse un lungo respiro. Poi, nella beatitudine del silenzio, riprese in mano il pennello imporporato dal blush. 

 

 

 

Era presto. 

 

Oppure era troppo tardi. 

 

Forse era per quello che la caffetteria era praticamente vuota quando Jin vi si affacciò, eccezion fatta per qualche dipendente seduto per conto proprio con un bicchiere di caffè fumante e lo sguardo attaccato al proprio portatile. Dirigendosi verso la zona bar, l'uomo iniziò a studiare la sfilza di dolci in esposizione con una smorfia sulla bocca. 

 

Lui amava mangiare. Diamine, lui era il cuoco del gruppo! Eppure con suo grande disappunto, insieme alla sua personalità, pareva aver perso pure l'appetito in quell'anno. 

 

Dopo aver ordinato un americano, tornò a contemplare la vetrinetta con una sorta di nostalgia nel cuore. Gli mancava godere di quelle piccole cose che lo caratterizzavano così profondamente in passato. Gli mancava vivere la sua vita semplicemente, gustandosi qualcosa che amava o gioendo di un po' di tempo libero quando gli veniva concesso. 

 

Che fine aveva fatto la sua esistenza? Che fine aveva fatto Kim Seokjin? 

 

-Vuole altro? 

 

Jin alzò brevemente lo sguardo sulla barista, che aveva appoggiato il bicchiere di cartone davanti a lui e lo osservava con un sorriso. L'uomo abbassò la testa, lasciando che la visiera del suo cappello nero nascondesse le occhiaie che gli solcavano il viso. 

 

-Un donut, per favore. 

 

Benché non avesse neppure il senso della fame, sapeva che avrebbe dovuto mettere qualcosa sotto i denti. I ragazzi gli avrebbero chiesto se aveva mangiato e non aveva voglia di dover convivere con il senso di colpa che sarebbe seguito all'ennesima bugia. In più, avrebbero avuto le prove per le coreografie del concerto perciò sarebbe stato auspicabile avere un po' di energia in corpo. 

 

Dopo aver pagato e afferrato la sua colazione, contemplò per un istante se rimanere lì e sedersi a un tavolo. Avrebbe potuto godere della privacy che in dormitorio gli mancava in maniera così prepotente ma avrebbe dovuto stare in mezzo a dipendenti che conoscevano la sua faccia e che si sarebbero chiesti cosa ci faceva lì, tutto solo, senza il suo gruppo. 

 

Jin, perciò, decise di uscire dall'ambiente e dirigersi verso la piccola sala conferenze dove i loro manager gli avevano indicato di radunarsi quella mattina. A quanto pareva, avrebbero conosciuto la loro nuova insegnante di inglese, o così gli sembrava di ricordare. Non aveva mai prestato molto ascolto alle loro parole. 

 

Aprendo la porta sulla stanza dalle pareti bianche tappezzate delle cover dei loro album passati, i suoi occhi caddero sui suoi amici che erano già seduti al tavolo rettangolare intenti a conversare sommessamente. L'uomo, in silenzio, si avvicinò e si accomodò accanto a Jimin, all'estremità destra. Iniziando a masticare la sua colazione, sentì lo sguardo del ragazzo calamitare su di sé, ma sapeva che non avrebbe detto niente. 

 

Di tutti, lui era diventato la persona più tollerabile. Benché le sue morbose attenzioni lo infastidissero di tanto in tanto, apprezzava grandemente lo spazio che gli concedeva, senza pressarlo a condividere i suoi problemi nonostante il suo carattere scontroso. Namjoon era probabilmente molto vicino a essere a parimerito, se non fosse stato per le paternali che gli rifilava quando iniziava ad aprirsi sui suoi sentimenti. Non aveva voglia di sentirsi dire che doveva cercare aiuto. Lo sapeva. Nessuno meglio di lui lo sapeva. Ma, molto semplicemente, non voleva. 

 

Hoseok era troppo distante da lui per capire davvero i suoi sbalzi d'umore e cosa li originasse. 

 

Jungkook... Jin adorava quel ragazzino e sapeva che era ormai un adulto maturo e in grado di comprenderlo, ma aveva sempre la sensazione di guardare il piccolo quindicenne che aveva allevato per gli ultimi dieci anni, invece che un amico con cui confidarsi. 

 

Taehyung e Yoongi erano, per ovvie ragioni, fuori discussione. Sentiva che i ragazzi volevano avvicinarsi a lui, ma il baratro che si era creato fra di loro lo portava ad allontanarsi di cinque passi ogni volta che uno dei due faceva una mossa nella sua direzione. 

 

-Sapete nulla della nuova insegnante? 

 

Jin incollò lo sguardo agli zuccherini colorati incastonati nella glassa rosa del donut che stringeva in mano, continuando a masticare silenziosamente mentre la voce di Hoseok rompeva quel poco di conversazione che ronzava nella stanza. 

 

-A parte il fatto che è donna? Nada. 

 

La risata leggera del ragazzo si diffuse nell'aria, stridendo alle orecchie di Seokjin. 

 

-Yoongi-hyung, perché tu non riesci a buttare qua e là qualche parola di inglese allo stesso modo in cui Taehyung fa con lo spagnolo?- chiese con tono derisorio il suo amico. 

 

Jin strinse i denti e cercò di non arpionare il cartone del bicchiere sotto le dita. 

 

-Vai al diavolo- fu la risposta secca di Yoongi, che grugnì infastidito come faceva ogni mattina prima delle undici e del suo secondo caffè. 

 

Al rumore della porta che si apriva, però, la conversazione immediatamente cessò. 

 

Giusto, la nuova insegnante. 

 

Francamente, a Jin non poteva importare di meno. In quel momento, ciò che importava era la caffeina e lo zucchero che sperava gli avrebbe intasato le vene.

 

Un suono di tacchi riecheggiò nelle pareti, martellante e imperterrito. Poté percepire il saluto mormorato dei suoi compagni e i suoi occhi caddero su un paio di stivaletti neri interamente ricoperti di borchie argentate, tanto da sembrare quasi delle armi più che delle calzature. 

 

Jin non sapeva cosa aspettarsi. Anzi, Jin non si aspettava nulla. 

 

Di certo, non si aspettava...

 

Lei. 

 

-Well, well, well. Look at my new little lambs. (Bene, bene, bene. Guarda un po' i miei nuovi agnellini.)

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ebbene no, Seokjin non si aspettava lei e tutto il caos che porterà nella sua vita XD Cosa dite? Il poveretto è messo malaccio. Più avanti elaborerò ulteriormente il problema, anche perché Yoongi e Tae sono dei tasti particolarmente dolenti, ma già da questo capitolo immagino che vi siate fatti un’idea. E poi arriva Yona con i suoi stivaletti borchiati pronta divorare qualcuno XD 

 

Ebbene, con questo vi salutò e vi rivediamo la prossima settimana con una piacevole sorpresa 👀

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Capitolo 5
*** 3. Hey, little Songbird ***


Il suo donut, ancora intatto per metà, perse immediatamente la sua attenzione.

 

Jin sollevò lo sguardo e, inavvertitamente, schiuse le labbra. Non si aspettava lei. I passati insegnanti che aveva conosciuto erano solitamente almeno sulla quarantina, rigorosamente rinchiusi in cardigan sbiaditi o completi formali. Molto spesso occhialuti e con i capelli racchiusi in ordinate code o in gabbie di gel. Sapeva di avere un'idea un po' stereotipata della categoria. Un'idea scorretta, apparentemente.

 

Ma lei... lei era qualcosa di completamente nuovo. 

 

-Grazie per esservi radunati qui. Anche tu Namjoon-ssi. Io sono Park Yona, la vostra nuova insegnante di inglese. 

 

Jin osservò il modo in cui la donna, che non poteva essere sopra la trentina, condivideva un sorriso ampio e sicuro di sé con tutta la stanza. Un sorriso evidenziato dal rossetto bordeaux che le dipingeva elegantemente le labbra, accompagnato da marcati segni di eye-liner sulle palpebre che accentuavano il suo sguardo attento rendendolo simile a quello di un gatto. Il viso allungato, dal naso leggermente schiacciato e la carnagione dai toni caldi, era contornato da ciocche scure che andavano via via a sfumarsi in un blu elettrico nelle punte, che le raggiugnevano il petto. Esso era avvolto in un giubbotto nero da motociclista i cui risvolti erano ricoperti di borchie appuntite, similmente agli stivaletti che indossava, e sormontava una t-shirt corredante il disegno di un teschio nero su sfondo bianco. Il tutto era completato da dei pantaloni di pelle, che aderivano alle gambe longilinee della donna in maniera assai evidente. 

 

Seokjin era un gentiluomo. Lo era davvero, perciò, deglutendo, chiuse la bocca e riportò gli occhi sul viso della donna che, con sua grande sfortuna, aveva lo sguardo appoggiato su di lui. L'uomo, lavorando arduamente affinché il suo corpo non sussultasse per l'imbarazzo, sollevò il bicchiere di caffè davanti alla sua bocca mentre sentiva già la punta delle orecchie scaldarsi.

 

-Buongiorno sunbaenim- mormorò prima di immergere le labbra nel bordo di plastica e abbassare il capo. Seokjin percepì una breve pausa di silenzio e sperò che la donna non avesse ancora gli occhi su di lui mentre cercava di affogare la sua frustrazione nel caffè. 

 

-È un piacere conoscervi. Non so se per voi sarà lo stesso ma, alas, ormai siete miei prigionieri. Sfortunatamente per voi, non sarà considerato sequestro di persona se vi chiudo a chiave in questa stanza fino a che le lezioni non saranno finite perciò... buona fortuna- concluse lei, un sorriso canzonatorio dipinto sulle labbra.

 

E Jin sentì gli angoli della bocca sollevarsi verso l'alto. 

 

E quando se ne rese conto, abbassò lo sguardo al tavolo di legno con le sopracciglia corrugate. Negli ultimi tempi, non succedeva spesso che si ritrovasse a sorridere. Anzi, probabilmente poteva affermare che non succedeva mai. Non contavano quelle false risate che elargiva davanti alle telecamere perché lui stava bene e tutti dovevano pensare che fosse così. Non contavano quei mezzi sorrisi che riusciva a indossare per placare l'animo dei suoi amici, per convincerli che sì, per Dio, lui stava bene e no, non aveva bisogno di terapia o di psicofarmaci o di una seduta confessionale di gruppo.

 

Jin, deglutendo con difficoltà, riprese a sorseggiare il suo caffè mentre, con discrezione, riportava gli occhi sulla figura ancora in piedi davanti a lui.

 

-Dunque, per iniziare, vi risparmio di chiamarmi per cognome così non ci confonderemo con l'altro Park nella stanza- pronunciò la donna, lanciando un'occhiata a Jimin seduto accanto a lui che, con un sorriso timido, annuì.

 

-Per i più giovani, vi do il permesso di chiamarmi noona. Se non siete a vostro agio con questo onorifico, potrete chiamarmi semplicemente Yona o sunbaenim. Domande?- chiese la donna, sollevando le sopracciglia con le mani giunte. Quando Taehyung sollevò la mano, innocente come un bambino delle elementari, lei spostò prontamente i suoi occhi felini su di lui. 

 

-Sì? 

 

-Quanti anni hai, noona?

 

Seokjin dovette trattenersi con tutte le sue forze dallo sputare il caffè che aveva in bocca. Come il resto del gruppo, si voltò verso il ragazzo ignaro, fulminandolo con lo sguardo. Lui, guardandosi in giro con quegli occhi spalancati che lo facevano sembrare un cucciolo indifeso, piegò il capo in segno interrogativo. Prontamente, però, una mano atterrò sulla sua nuca dandogli un leggero schiaffo. 

 

-Sii rispettoso, Kim Taehyung- lo rimproverò Yoongi, il tono leggero ma allo stesso tempo ammonitore.

 

E Jin non ebbe neppure l'istinto di distogliere lo sguardo. Non ebbe l'istinto di ritrarsi e tornare a bere il suo caffè, ignorando il mondo intorno a sé. Non ebbe l'istinto di chiudere le orecchie per non sentire le voci dei suoi amici. Invece, rimase lì a fissare il suo dongsaeng, una piccata ramanzina pronta sulla punta della lingua. Come era solito fare un anno prima. 

 

-Ma ha detto di chiamarla noona! Volevo capire chi di noi può farlo, tutto qua!- replicò con voce lamentosa Taehyung, portandosi una mano dove era stato colpito e allungando le labbra in un broncio. La diretta interessata, per contro, scoppiò in una risata generosa. 

 

-È giusto, hai ragione. Ho ventotto anni, sono nata un paio di mesi prima di Yoongi-ssi perciò potrete chiamarmi tutti noona tranne...

 

L'uomo drizzò involontariamente la schiena quando lo sguardo felino della donna ricadde su di lui, un sorriso irriverente dipinto sul volto allungato. 

 

-... Seokjin-ssi. Potrai chiamarmi come ti pare- concluse lei, un sopracciglio sollevato e un'espressione giocosa sul viso. 

 

"Posso chiamarla come..." 

 

Jin annuì velocemente mentre sentiva la punta delle orecchie scaldarsi ancora di più sotto al peso del suo imbarazzo. Ma a cosa diavolo stava pensando? Sembrava che il suo cervello fosse stato temporaneamente chiuso per ferie e si stesse ritrovando a ragionare con qualsiasi altra parte del corpo. 

 

La donna fece per aprire nuovamente la bocca, quando un bussare lieve la bloccò. Voltandosi, invitò l'intruso a farsi avanti. 

 

E quando la porta si aprì per rivelare delle ciocche bionde, Jin ricacciò la testa in basso, contemplando la metà intatta di quel donut che non avrebbe terminato ma che avrebbe spiluccato solo per tenere le mani occupate, e sprofondò nuovamente in quel mondo di isolamento che era tanto crudele quanto confortante.

 

 

 

 

Gli occhi di Yona si appoggiarono sulla figura di una giovane donna occidentale, il viso rotondo e la pelle chiara accentuati dal verde dei suoi occhi. Lunghe onde dorate ricadevano su un corpo formoso ma avvolto in una salopette color terra di Siena e un maglione beige a collo alto. Con un sorriso lieve, la donna salutò la sconosciuta piegando leggermente il capo. 

 

-Chiedo scusa per aver interrotto- mormorò timidamente la ragazza, piegando il capo. 

 

Yona scosse la testa per indicarle che non c'era problema mentre contemplava il marcato accento che evidenziava il suo coreano. Un accento che le suonava piuttosto famigliare. Spostandosi per fare entrare la nuova arrivata, la vide sollevare la mano stringendo un cellulare e indossando una smorfia saccente sul viso, catturando l'attenzione di Yoongi. Il giovane dallo sguardo assonnato e il viso arrotondato in una forma che lo faceva buffamente sembrare un raviolo al vapore, si raddrizzò sulla sedia. 

 

-Ah... ecco cosa mi mancava stamattina- esclamò corrugando le sopracciglia mentre allungava il braccio per afferrare l'oggetto. Proprio quando le sue dita erano sul punto di sfiorarlo, però, la ragazza lo fece sparire nella larga tasca della sua salopette, infilando invece nella mano di lui un bicchiere fumante. Yoongi avvicinò la tazza al suo viso con una piega nelle sopracciglia che Yona avrebbe definito contrariata, se non fosse stato per la smorfia di esagerata commozione che si era dipinta sulla sua bocca. 

 

-Donna... ti hanno mai detto che dovrebbero farti santa? 

 

Yona studiò con crescente ilarità l'indifferenza nel viso della ragazza, che contemplò il giovane prendere il primo sorso di caffè prima di porgergli anche il cellulare. 

 

-Sì, sì, come dici tu. Vedi piuttosto di ricordarti dove lasci i tuoi dispositivi elettronici... o di accorgerti almeno di averli dimenticati- rispose piccatamente lei, prima di lasciarsi sfuggire un sorrisetto divertito. Poi, la ragazza si voltò verso Yona, ogni traccia di scherno completamente rimossa dal suo viso. 

 

-Chiedo scusa, non mi sono neanche presentata. Mi chiamo Diana e sono l'anima gemella di quel disgraziato laggiù- affermò poi indicando con il capo Yoongi, intento a gustarsi il suo caffè con un'espressione beata.

 

-Ehi!- 

 

La donna, ignorando la debole protesta del giovane, mantenne la sua attenzione sulla ragazza allungando la mano con un sorriso caloroso. 

 

-You can call me Yona. (Puoi chiamarmi Yona) 

 

Diana, con un sorriso maggiormente accentuato annuì, rispondendo alla sua stretta di mano. 

 

-British?- (Sei inglese?) aggiunse poi la donna, piegando il capo con genuina curiosità in attesa della risposta. 

 

-I am. My dad comes from Italy, but I was born in London- (Lo sono. Mio padre viene dall'Italia ma io sono nata a Londra)  

 

Alla replica della giovane, Yona scosse il capo con soddisfazione. Non era difficile da riconoscere, d'altronde. L'accento inglese era solitamente assai marcato e arrotondava le parole coreane nella bocca di Diana in maniera buffa e piuttosto evidente. 

 

-That's very nice to hear. I will need your help in the future, if you don't mind- (Mi fa molto piacere saperlo. Avrò bisogno del tuo aiuto in futuro, se non ti dispiace) pronunciò allora la donna, risvegliando un cipiglio sorpreso negli occhi della più giovane. 

 

-Ok, it will be a- (Ok, sarà un-) 

 

La frase rimase sospesa a metà nell'aria. Tutti i presenti, infatti, voltarono la loro attenzione verso la porta, da cui si udiva provenire un lungo e lamentoso richiamo.

 

-Diiiiiiiiiiiiiiidiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! 

 

Yona sollevò un sopracciglio incuriosita, quando improvvisamente nella stanza fece il suo ingresso un fulmine che si scaraventò contro Diana, appendendosi alla sua salopette e facendola oscillare per la forza dell'impatto. Quando la donna, con gli occhi spalancati, abbassò lo sguardo sul nuovo oggetto di disturbo, vide una ragazza con una folta chioma di capelli ricci e la carnagione scura come il cioccolato. Il suo piccolo corpo, che arrivava a raggiungere appena la spalla della giovane bionda, era addolcito da un abito bordeaux ricoperto di piccoli pois, sormontato da una largo cardigan color panna che si accumulava ai palmi delle mani e la copriva fino a metà coscia. 

 

-Didiiiiiii non mi lasciare indietro!- proruppe l'intrusa con un broncio contrariato sulle labbra, mentre con le braccia stritolava la vita della ragazza. Questa, sopprimendo una risata divertita, accarezzò la testa riccioluta della giovane. 

 

-Scusa, hai ragione. 

 

La più piccola sollevò il viso per guardare Diana con quello che doveva essere un cipiglio di rimprovero ma che  risultò solo una versione ancora più adorabile del broncio che già indossava. 

 

-Hai le gambe troppo lunghe- replicò risentita. 

 

-E per me niente caffè?

 

Yona si voltò verso Taehyung, il secondo più giovane nel suo gruppo di studenti in base a quello che aveva scoperto, che fissava la nuova arrivata come un cucciolo che implora il padrone in cerca di cibo. Lei, però, non parve cadere vittima del suo stratagemma, arrovellando le sopracciglia mentre lo guardava. 

 

-No. Per te niente- borbottò lei prima di cacciare fuori la lingua e rivolgersi al ragazzo, il quale si ritrasse con un'espressione eccessivamente drammatica. 

 

-Perché?- chiese lui, la voce baritonale che lo contraddistingueva così distintamente sollevata in un acuto infantile. 

 

-Perché hai finito i miei cereali preferiti a colazione! 

 

-Bambini, per favore, non litigate. 

 

I due interessati si voltarono con una smorfia contrariata verso Yoongi che, dopo aver lanciato la frase carica di ironia, aveva ripreso a sorseggiare soddisfatto la sua bevanda. Per un istante, lo sguardo di Yona scivolò lungo il resto del tavolo in una silenziosa contemplazione dei presenti. Mentre la maggior parte osservavano la scena con sguardi divertiti, la sua attenzione fu attirata dall'unico viso rivolto verso il basso, concentrato su un donut che faceva finta di mangiare e adombrato dal ciuffo scuro che vi cadeva davanti, coprendolo e isolandolo dal mondo come una cortina. 

 

-Ah giusto! 

 

La donna, distogliendo velocemente lo sguardo, riportò i suoi occhi sulla piccola ragazza ancora appesa a Diana. 

 

-Scusa per l'interruzione, sunbaenim. Io suo Estella- pronunciò, piegandosi in un inchino nella sua direzione. La donna poté notare come l'accento presente nella sua pronuncia fosse assai diverso da quello di Diana. A tratti ingentiliva le s, mentre talvolta le evidenziava maggiormente, ma sopratutto cavalcava le erre con la determinazione tipica delle lingue latine. 

 

-Yona, piacere- rispose semplicemente, rivolgendo un lieve sorriso verso la giovane dalla pelle scura. Poi, voltandosi verso il tavolo dove i ragazzi sedevano, indicò con il capo Taehyung prima di aggiungere: 

 

-E immagino che tu sia...

 

Estella, annuendo, sospirò con fin troppo vigore. 

 

-La sua anima gemella. 

 

Un verso di protesta si udì provenire dal ragazzo.

 

-Come sei cattiva...

 

Sorridendo tra sé e sé, Yona non poté che constatare che effettivamente sembravano fatti l'una per l'altra, quei due. In un modo diametralmente speculare, parevano essere due immagini identiche. 

 

-Bene, adesso direi che è giunto il momento di togliere il disturbo. Scusa ancora sunbaenim e... good luck. I hope you can succeed where I have failed- (... buona fortuna. Spero che tu possa avere successo dove io ho fallito) 

 

Rivolgendo un sorriso sornione alla giovane bionda, la donna sollevò un sopracciglio. 

 

-I am determined I can do it. And if I can't... I'll use the whip (Sono determinata nel riuscire. E se non ce la farò... userò la frusta) 

 

Strappando una risata alle due giovani, le salutò con un gesto della mano prima di voltarsi al suono della porta che si chiudeva. Sospirando appena, riportò la sua attenzione ai sette ragazzi che la fissavano con un misto di aspettazione e timore. Allora, estraendo dalla sua borsa un mazzo di fogli e sollevandolo in aria, si diresse verso il tavolo. 

 

-Bene, che inizi la tortura.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Che dire.... il nostro Jin è già cotto a puntino (per chi ascolta anche la canzone, ovviamente la parte maschile è Yona e quella femminile è Jin XD perché la nostra marpiona lo ha già sedotto con il suo fare suadente 👀😏). E come precedentemente annunciato (diciamocelo, ve lo aspettavate già immagino) incontriamo di nuovo la nostra piccola Diana che qui finalmente la vita di coppia con Yoongi 🥺 sinceramente ero già emozionata solo a scrivere questa scena, che ancora non è nulla. Ma sono semplicemente così felice di scriverli felici e insieme 😭 e non temete che avrete modo di vedere molto di più in futuro, anche il loro primo incontro in questo mondo. Saranno la seconda coppia più importante di questa storia quindi lo screen time non mancherà! E per quanto riguarda Estella.... eh, dovrete scoprirla da capo 🤪 vi avverto già però che è la mia piccola scricciola perciò chi me la tocca dovrà vedersela con me. 

 

E per ora questo è tutto! Alla prossima con altre scoperte! E come al solito vi lascio le tradizioni delle parole coreane usate. 

 

Sunbaenim: onorifico del linguaggio formale usato per riferirsi a insegnanti o a persone superiori a noi nel nostro stesso ambiente lavorativo.

 

Dongsaeng: onorifico del linguaggio informale usato per riferirsi a persone più giovani con cui si ha uno stretto rapporto.

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Capitolo 6
*** 4. I can hear the bells ***


-Dunque, mie piccole e inconsapevoli cavie, iniziamo facendo un'introduzione al programma delle lezioni che andremo a svolgere. 

 

Seokjin, mantenendo lo sguardo basso, vide scivolare un plico di fogli sotto al suo naso. Appoggiando il bicchiere ormai vuoto sul tavolo, prese distrattamente a sfogliare le pagine, passando gli occhi sulle righe di parole senza lasciare che il suo cervello si soffermasse sul loro significato. 

 

-Come immagino i vostri manager vi avranno già comunicato, sarete divisi in tre gruppi da due componenti ognuno. Ogni gruppo avrà due lezioni settimanali: nella prima approfondiremo la scrittura e faremo un ripasso della grammatica, mentre nella seconda ci concentreremo sul dialogo e simuleremo delle interviste. 

 

La voce della donna era un canto affascinante per le sue orecchie, un tono caldo e avvolgente benché animato da una sorta di irriverenza che gli donava una nota stuzzicante, ma non era sufficiente a perforare la barriera che era calata sulla coscienza di Seokjin. Gli succedeva spesso che, quando la sua mente cadeva in quel vortice di pensieri negativi e autocommiserazione, si chiudesse dentro se stessa, in una stanza sterile e magnificamente isolata dal mondo esterno. 

 

-Sì, Hoseok-ssi? 

 

-Perché la terza lezione ha solo come titolo CW? 

 

Jin udì un verso divertito provenire dalla donna ed ebbe la tentazione di sollevare la sguardo per osservarne l'espressione. Il suo corpo, però, sembrava sconnesso dal suo cervello, tanto che ogni comando proveniente dal suo sistema pareva spegnersi a metà strada. Era insensibile. Insofferente. E così maledettamente disinteressato. 

 

-Questo perché la seconda lezione sarà incentrata sulle parolacce. 

 

La testa dell'uomo scattò in alto, un sopracciglio sollevato fino all'attaccatura dei capelli. 

 

Doveva aver sentito male. Giusto?

 

-Hai detto... parolacce?- ripeté con incertezza Hoseok. Questa volta gli occhi di Jin erano incollati sulla donna, il cui viso era attraversato da una smorfia divertita. 

 

-Precisamente. Non vi voglio trasformare in pescivendoli, non temete, ma ho studiato un po' le vostre interviste in America e...- l'insegnante, a quel punto, si afferrò il ponte del naso corrugando le sopracciglia -... diciamo solo che ho sentito un paio di scivoloni da brivido. Il mio obbiettivo è rendervi coscienti di queste parole in modo che sappiate cosa significano se qualcuno le usa con voi e, sopratutto, che voi non le pronunciate inavvertitamente perché non le conoscete. Ma ovviamente non potevo inserire tutto ciò nel programma che ho dovuto consegnare ai vostri manager, non credete?

 

La donna incrociò le braccia sotto al seno, guardandoli con un sorriso saccente. Davanti al silenzio dei presenti, lei riprese a parlare. 

 

-Dunque ho usato semplicemente le iniziali di Curse Words, ovvero il corrispettivo inglese di “parolacce”.

 

Jin, sbattendo le palpebre, riportò lo sguardo sulle scritte scure mentre la nebbia di apatia prendeva ad alzarsi dalla sua mente, lasciandolo più lucido e avvolto in un interesse inspiegabile. 

 

Da dove era uscita fuori quella donna? 

 

-Namjoon-ssi, un paio di cose così ti posso lasciare andare. 

 

Il suo amico raddrizzò la schiena nel momento in cui l'attenzione della stanza prese a gravitare su di lui, rivolgendosi alla donna in piedi. Questa, piegando il capo, sollevò la bocca in un sorriso che poteva apparire quasi malefico. 

 

-So che sei quello più esperto nella lingua e che quindi hai la responsabilità di tradurre durante le interviste e prendere la parola quando uno dei ragazzi è in difficoltà. 

 

Namjoon, con lo sguardo concentrato su di lei, annuì affermativamente. L'insegnante, sorridendo più ampiamente, continuò.

 

-Molto bene, ecco la mia richiesta: da ora in poi, niente più aiuti.

 

La stanza, in un istante, si riempì di voci in protesta ed esclamazioni interrogative, che cessarono immediatamente non appena Yona sollevò una mano in aria. 

 

-Niente più aiuti. A parte la prima intervista che avrete dall'inizio delle lezioni, non tradurrai più per loro e non interverrai se i membri sono in difficoltà. Lascia che risolvano da soli. Se non riescono a trovare le parole per rispondere, la persona che potrà aiutarli sarà il partner con cui faranno le lezioni. Questo vale anche per gli esercizi che gli affiderò da fare a casa. Non potranno venire da te a chiedere una correzione o una traduzione. Potranno solo rivolgersi al loro partner. 

 

Jin, con le palpebre spalancate, si voltò verso Namjoon, che fissava la donna con preoccupazione dipinta sulle sopracciglia. Poi, l'uomo vide il suo amico voltare la testa verso la fila di ragazzi che lo affiancava al tavolo, scrutandoli per qualche istante. 

 

-Beh, che dire... buona fortuna?- ebbe il coraggio di dire, sollevando le spalle in un gesto di impotenza. Al sollevarsi di nuove proteste da parte dei presenti, unite a minacce di ritorsione e inviti a lasciare il gruppo con un piccato "Traditore!" lanciato nell'aria, il ragazzo si alzò con un sorriso contrito e lasciò la stanza a seguito del gesto dell'insegnante. Le proteste cessarono quando la donna estrasse un nuovo mazzo di fogli dalla sua borsa di jeans e lo schiantò rumorosamente sul tavolo. Con diffidenza, ognuno dei ragazzi fissò l'oggetto di interesse con sguardi di sbieco. 

 

-E ora, per iniziare il nostro primo giorno insieme come si deve, test a sorpresa! 

 

I ragazzi si gettarono all'indietro, allontanandosi fisicamente dalla montagna di fogli come se potesse in qualche modo attaccarli, mentre suppliche si alzavano con disperazione. 

 

-Ma sunbaenim- 

 

-Sunbaenim come facciamo a- 

 

-Non sappiamo un accidente! 

 

La donna, aspettando che le voci si placassero osservandoli placidamente, prese a distribuire i plichi a ogni membro. 

 

-Non fatevi prendere dal panico, è solo un test attitudinale. Mi servirà a giudicare il vostro livello di inglese e a identificare dove risiedono le vostre difficoltà, oltre che ad aiutarmi a creare le coppie per le lezioni. 

 

Jin osservò l'ultimo mazzo di fogli volteggiare davanti al suo naso ma, quando fece per afferrarlo, questo fu velocemente sfilato dalle sue dita. Sollevando la testa, cercò di non sussultare quando incontrò lo sguardo della donna insistentemente fisso su di lui. 

 

-Non. Si. Copia. È chiaro? 

 

L'uomo, in quell'istante, sentì una bizzarra sensazione allo stomaco. Era come una sorta di borbottare, una minestra di sentimenti vivi, intensi, quasi nostalgici che premevano per tornare a galla. La voglia di ribattere. La voglia di replicare con una battuta, di far scoppiare a ridere la stanza con un'espressione esagerata e una risposta stupida. Quelle cose che facevano parte di lui e che tutti adoravano. 

 

-Io non- 

 

Seokjin serrò le labbra, una smorfia risentita sul volto mentre osservava gli occhi indagatori dell'insegnante che non sembravano intenzionati a lasciarlo. 

 

-Ho fatto le mie ricerche. So che alcuni di voi hanno la tendenza a... fare i furbi- pronunciò la donna stringendo le palpebre e avvicinando la testa a lui, nella posa di un predatore che tiene sotto scacco la sua cena. 

 

-Tenete soltanto a mente che non vi servirà a nulla copiare in questo test, se non a rendermi più difficile il lavoro. Se non so con certezza il vostro livello, non posso insegnarvi quello che non sapete e non posso aiutarvi a migliorare dove siete carenti. Ci siamo capiti? 

 

Seokjin, con un verso stizzito, afferrò il plico di fogli che era tornato sotto al suo naso, abbassando lo sguardo nel momento in cui sentì il calore tornare alla punta delle sue orecchie e sperando che l'attenzione della stanza non calamitasse sul rossore che doveva esservisi ormai diffuso.

 

 

 

 

Yona, osservando con attenzione ogni ragazzo afferrare il proprio test e iniziare a imbracciare la penna con la stessa gravità di un soldato con un mitra, si sedette al lato opposto del tavolo e incrociò una gamba sopra all'altra, rilassandosi contro la sedia. 

 

Per la prima volta da che aveva messo piede in quella stanza, si prese il tempo per studiare con attenzione i suoi sei nuovi studenti. Non c'era nulla da dire: ogni membro del famoso gruppo musicale Bangtan Sonyeondan era ampiamente all'altezza della fama che si portava dietro. Perfino di persona, senza make up, photoshop o outfit appariscenti, i sei uomini non erano altro che straordinari esempi di umanità. 

 

Beh... sette, contando Kim Namjoon, che aveva già lasciato la stanza. Il leader colpiva per la sua statura notevole, oltre che per il suo corpo massiccio e il suo sguardo affilato ma gentile. Min Yoongi, il secondo più anziano del gruppo, non brillava per contro in altezza e la sua carnagione pallida unita all'onnipresente espressione sonnolenta potevano trarre in inganno, ma l'aura che emanava trasmetteva al mondo esterno che il ragazzo non era da prendere alla leggera. Un accenno di fredda calcolazione era una scintilla minacciosa nascosta dietro all'indifferenza nel suo sguardo, che lo rendeva una presenza silenziosa ma attenta. 

 

Kim Taehyung, seduto accanto a Yoongi, era un grande e grosso cucciolo. Un cucciolo con occhi supplichevoli e uno sguardo innocente che avrebbe potuto sciogliere anche il più freddo dei bastardi sulla faccia della terra. La sua elegante fisionomia, i suoi grandi occhi e la sua bocca generosa che lo avevano fatto annoverare nel podio degli uomini più belli del mondo, in quel momento non parevano altro che i tratti di un bambino concentrato sul proprio compito in classe, con un broncio contrariato e la fronte buffamente corrugata nella confusione più innocente. 

 

Yona fece tamburellare le unghie laccate sul tavolo di legno, rompendo il silenzio della stanza con un ritmo lento ma vagamente minaccioso mentre osservava l'attenzione di uno dei presenti oscillare pericolosamente verso il suo fianco invece che sul foglio sotto di sé. 

 

-Jungkook-ssi, hai mai giocato a Mortal Kombat? 

 

Il più giovane del gruppo scattò sull'attenti, sollevando gli occhi scuri e circondati da folte ciglia su di lei con uno sguardo prudente. I capelli neri gli ricadevano sulla fronte in ciuffi lucidi che ne incorniciavano il viso tondeggiante e, se non fosse stato per la fila di piercing che coronava entrambe le sue orecchie insieme ai tatuaggi che adornavano le sue mani, le sue labbra arricciate lo avrebbero fatto assomigliare a un coniglietto di peluche. 

 

-Sì, noona- rispose il ragazzo esitante. La donna, sollevando un angolo della bocca, piegò appena il capo. 

 

-Molto bene. Perché se sollevi gli occhi dal test scoprirai la mia personale versione della Fatality.

 

Il ventiquattrenne spalancò le palpebre annuendo con veemenza prima di abbassare la testa con un gesto secco e rivolgere tutta la sua attenzione al plico. Jung Hoseok, seduto accanto a lui, pareva aver recepito il messaggio ancora più chiaramente, tanto che il suo intero corpo si irrigidì e la sua mano prese a scrivere freneticamente sul foglio. Anche con una smorfia concentrata sul viso però, il rapper era una visione pacifica da contemplare. I suoi zigomi alti e la piega voluttuosa dei suoi occhi rendevano ogni sua espressione adorabile e quando le sue labbra a cuore si sollevavano in un sorriso le fossette che apparivano ai lati della sua bocca potevano illuminare l'intera stanza. 

 

Park Jimin, il penultimo seduto al tavolo, sembrava la personificazione di quella perfezione giovanile che gli scultori classici avevano cercato di catturare con così tanta veemenza. Era un insieme elegante e coeso di forme morbide e linee gentili, scolpite con grazia su una pelle diafana e priva di imperfezioni. Le sue guance paffute e i suoi occhi sottili non lo rendevano meno sensuale di quanto apparisse in quanto la generale armonia del suo viso, coronata da labbra straordinariamente piene e rosee, gli donava quel genere di bellezza androgena che conquistava uomini e donne alla stessa maniera. 

 

E infine c'era lui. Impudentemente, Yona si ritrovò a fissare Kim Seokjin molto più degli altri ragazzi ma non se ne pentiva affatto. Non se ne pentì neppure quando il giovane uomo parve accorgersene e sollevare la testa, rispondendo al suo sguardo insistente con un'espressione interrogativa e una piega contrariata delle labbra. La donna, però, non abbandonò il sorriso che le dipingeva la bocca, limitandosi a mimare con la bocca un "Fatality" prima di indicare con il mento il foglio e riprendere a fissare il giovane che, sollevando le sopracciglia con circospezione, tornò a concentrarsi sul suo compito. 

 

Kim Seokjin non era quello che Yona avrebbe definito il suo ideale di uomo. Lei, solitamente, si sentiva maggiormente attratta dai tipi, come dire, più... machi. Le piacevano uomini dall'aspetto forte, con visi più squadrati e definiti da contorni netti e spigolosi. Kim Seokjin era ben lontano da tutto ciò. Il suo volto era piccolo e disegnato da una mano morbida e gentile lungo i bordi, che aveva creato una perfetta proporzione tra gli occhi brillanti, il naso piccolo e le labbra carnose. 

 

E Yona non pensava che si sarebbe ritrovata fisicamente attratta dall'uomo. 

 

Davvero, prima di quel giorno, ne era piuttosto convinta. 

 

Il suo sguardo, però, scivolò sul lungo collo sottile, che sormontava un petto ampio e, per sua grande gioia, un bel paio di larghe spalle dall'aspetto solido e rassicurante. Diamine, avrebbe potuto piazzare l'uomo in camera sua e usarlo come armadio per i vestiti. Quarantotto centimetri di pure virilità, a detta di internet. E lei lo sapeva perché, nell'istante in cui aveva preso a percorrere il corpo del giovane aveva sbloccato il telefono incuriosita, digitando istintivamente su Naver "Ampiezza delle spalle di Kim Seokjin".

 

Boy. La donna non riusciva a levargli gli occhi di dosso. Non che solitamente fosse più pudica, ma almeno normalmente nelle situazioni in cui si ritrovava ad apprezzare un essere umano di sesso maschile nella sua mente scattava istintivamente l'allarme "Anima gemella". Perché, come Yona aveva ormai imparato ad aspettarsi, l'ottanta percento degli individui su cui posava la sua attenzione era già impegnato o attendeva la sua metà, mentre il restante venti percento era composto da idioti o da sons of a biscuit eater.

 

Eppure in quel momento il suo allarme sembrava essere fuori uso. Il che era preoccupante, perché la donna non dimenticava mai che molto probabilmente si ritrovava davanti nient'altro che l'ennesima delusione. Mai. E se la sua testa non era in grado di metterla in guardia... c'erano guai in vista. 

 

Quando tutti i ragazzi ebbero finalmente appoggiato le penne sul tavolo e presero a guardarla con un misto di timore e accettazione del proprio misero destino, la donna decise finalmente di staccare il suo sguardo dal viso fastidiosamente invitante di Kim Seokjin. 

 

-Molto bene, scrivete il vostro nome da bravi scolaretti e riconsegnate i test. È il momento della parte orale.

 

Ignorando i grugniti lamentevoli che si levarono in aria, Yona riprese in mano i sei compiti, raddrizzandoli in una pila ordinata con le mani mentre il sorriso non abbandonava per un istante il suo volto.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Din din, Yona è in pericolo people. Sta per cadere nel vortice di charm di Wolrdwide Handsome. E sappiamo che non c’è uscita da quel baratro lì. Ebbene, oggi non ho molto da aggiungere, a parte che preparatevi perché questa giornata (narrativamente parlando) sarà bella lunga, abbiamo ancora un paio di capitoli davanti in cui vedremo introdurremo altre situazioni e conflitti minori che si svilupperanno nel corso della storia. 

 

Side note, alla fine non sono riuscita a finire nella shortlist dei Wattys 😅 va beh dai, ho visto che alcune scrittrici che seguo ce l’hanno fatta e sono felice per loro. Non so bene quali criteri valgano di più nella valutazione dell’opera ma va bene così, vuol dire che ho ancora da lavorare per migliorarmi come scrittrice.

 

Ps: dedico il titolo di questo capitolo alla grandissima zacra, mia compared amante di Hairspray e ovviamente puntualizzo che Seokjin corrisponde a Tracy e Yona a quel marpione di Link XD

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Capitolo 7
*** 5. Anybody have a map? ***


-Didi, oppa ci odia, non è vero? 

 

La testa di Diana scattò all'indietro e le sue ciocche bionde frustarono l'aria per la rapidità del gesto. I suoi occhi si concentrarono sull'espressione tenebrosa sul viso di Estella, che aveva lo sguardo incollato al pavimento e le mani nervosamente agganciate davanti a sé. Lasciando che gli angoli della sua bocca si piegassero appena all'ingiù, la giovane allungò un braccio e circondò le strette spalle della più piccola. 

 

-Ti riferisci a Jin, non è vero? 

 

La ragazza non emise un suono, ma la sua testa annuì e i suoi vorticosi ricci ricaddero in avanti sul broncio malinconico che si era dipinto sulle sue labbra.

 

-No Tella, non ci odia. Però lo sai, oppa sta provando dei sentimenti molto... complicati, in questo periodo. 

 

Estella annuì nuovamente, ma quell'espressione malinconica non si cancellò dal suo viso e neppure l'aria delusa e vagamente colpevole che sembrava aleggiare nel suo cuore. Diana non poteva capire, ovviamente. Lei era arrivata da soli pochi mesi quando avvenne l'incidente e fino ad allora non aveva avuto molte occasioni per legare con Jin. Era diverso con lei allora, questo era indubitabile. Le lanciava battute, si faceva aiutare da lei a cucinare per i ragazzi e talvolta le chiedeva di insegnargli qualche ricetta inglese. Ma la ragazza non aveva avuto il tempo di sperimentare per davvero in prima persona chi era veramente Kim Seokjin. 

 

Per Estella era differente. Prima dell'incidente, era stata quasi ufficialmente adottata dall'uomo come sua sorellina minore. La trattava con la stessa cura con cui trattava Jungkook, con quella affettuosa famigliarità che li rendeva uniti in una maniera esclusiva. La ragazza le aveva raccontato che, dopo aver incontrato Taehyung quattro anni prima, trasferirsi non era stato facile. Il cambio di cultura era stato uno shock non indifferente per lei che veniva da un paese espansivo e conviviale, cresciuta in una famiglia numerosa e molto affiatata. E se non fosse stato per Jin, che aveva praticamente riempito quel posto di fratello maggiore di cui sentiva così tanto la mancanza, la ragazza aveva ammesso che non sapeva come sarebbe riuscita ad ambientarsi. 

 

Poi, era successo l'incidente. 

 

-Non ci guarda neppure negli occhi, Didi. Non ricordo neanche quando è stata l'ultima volta che ha mangiato a tavola quando eravamo presenti noi. 

 

Diana strinse le labbra, rendendo la presa sulle spalle della ragazza ancora più ferma. Avrebbe voluto arrabbiarsi, ma con chi? Non poteva dare la colpa a Seokjin. Non era colpa sua. Lei non poteva neanche immaginare il dolore e la sofferenza che dovevano attraversarlo ogni giorno e capiva, razionalmente, che la loro presenza non era altro che un costante rammemoratore di tale dolore. Lo capiva. E non poteva dare la colpa al legame o alla sua anima gemella. Non poteva dare la colpa a nessuno, se non alle circostanze avverse. Eppure, sentiva una morsa impietosa allo stomaco ogni volta che vedeva quelli che amava soffrire per quelle infauste conseguenze. 

 

Estella. I ragazzi. Yoongi. 

 

Perfino lui, con il suo atteggiamento da asociale che pareva essere disinteressato nei confronti di tutto e di tutti. Diana sapeva che, anche se non aveva il coraggio di dirlo ad alta voce, gli mancava il suo hyung come era un tempo. 

 

-Vedrai che le cose miglioreranno. Oppa dovrà solo imparare a lasciare che gli altri entrino nella sua barriera e lo aiutino a guarire. Noi forse non ne siamo in grado in questo momento, ma sono convinta che qualcuno che ci riuscirà esiste- disse, accarezzando la spalla della sua amica. Questa, con lo sguardo ancora abbassato a terra, sospirò. 

 

-Adesso andrai a casa dato che hai le prove al pomeriggio?

 

Diana fece per replicare, quando una breve vibrazione la interruppe portandola a sfilare il cellulare, sepolto nell'ampia tasca della sua salopette. La smorfia di tristezza, lentamente, si sollevò in un sorriso accennato mentre le sue dita scivolavano sullo schermo. 

 

Da: Yoongi ♥️ 

A che ora hai le prove?

 

Tu: 

Alle 3. 

 

Da: Yoongi♥️

Ok. 

Quindi cosa fai? Vai a casa? 

 

La giovane sbuffò, scuotendo la testa. 

 

"Se me lo vuoi chiedere, fallo, stupido."

 

Estella allungò il collo con un'espressione interrogativa. Diana, sollevando un sopracciglio come a dire "Nulla di nuovo", porse il telefono alla sua amica. Questa fece immediatamente schioccare la lingua contro i denti emettendo un verso di esasperazione. 

 

-Ay, este burro! Se vuoi chiederglielo, fallo, estúpido!

 

La bionda, scoppiando a ridere, gettò la testa all'indietro. 

 

-È esattamente quello che ho pensato. Sicura di non essere tu la mia anima gemella?- chiese con un sorrisetto scherzoso che danzava sulle labbra. La ragazza riccia, con l'espressione più seria che potesse dipingere su quel piccolo viso così adorabile, le prese la mano. 

 

-No temas, se lui non si prende cura di te, ti rapisco e ti porto alle Hawaii.

 

La frase, pronunciata da una scricciola che sfiorava appena il metro e cinquantacinque, con un nido di ricci che era più grande del suo viso e avvolta in un abitino cottage core, non fece che far ridere Diana ancora più rumorosamente mentre riportava la sua attenzione allo schermo. 

 

Tu: 

Potrei restare un po' in laboratorio con Estella dato che c'è tempo. Pranziamo insieme? 

 

La ragazza, sollevando gli occhi con saccenza, attese qualche minuto che i puntini di sospensione scomparissero dalla chat della sua anima gemella e che la risposta finalmente comparisse. 

 

Da: Yoongi♥️

Ok. 

 

La bionda, emettendo un lungo sospiro dal naso, ripose il telefono nella salopette. Non poteva farci niente, quello era il pacchetto "Min Yoongi": difficoltà di comunicazione, frasi inespresse e mancanza di iniziativa, all inclusive senza clausole o possibilità di negoziazione. 

 

Voleva Min Yoongi? Doveva guadagnarsi un pranzo insieme a lui. E guadagnarsi un "Ti amo" o un abbraccio in pubblico. 

 

"Sei fortunato che sono una donna paziente, mister." 

 

 

 

Seokjin avrebbe potuto disegnare a memoria ogni centimetro della piccola sala conferenze. D'altronde, ne aveva scrutato ogni angolo così attentamente che la stanza non aveva più segreti per lui. I suoi occhi difatti non avevano fatto che scattare da una parete all'altra per tutto il tempo, appoggiandosi su qualsiasi decorazione, piega dei divanetti o piccolo alone nella superficie del tavolo. Ovunque, pur di non guardare dritto davanti a sé. 

 

-Well, Jin, how did you become a singer in BTS? (Bene, Jin, come sei diventato un cantante nei BTS?) 

 

L'uomo strinse i denti, incollando lo sguardo al bicchiere vuoto davanti a lui e in particolare alla riga lasciata da una goccia di caffè che doveva essere colata precedentemente. Gli aveva chiesto come era diventato un cantante... giusto? 

 

-Uhm... I was-eu... cas- casted on the... street.- (Sono stato arruolato per strada) rispose, incespicando a ogni parola. 

 

Non che i suoi amici avessero fatto di meglio. Da che era iniziata quella "prova orale", l'insegnante aveva sottoposto a ognuno una serie di domande che dovevano simulare un'intervista, costringendoli a rispondere estensivamente in inglese. Non era che lei fosse poco chiara o che le domande fossero difficili, tutt'altro. La donna sembrava aver percepito velocemente le loro capacità e si era adattata in fretta in modo che quando parlava potessero capire. Sarebbe stato facile, se loro fossero stati in grado di spiccicare due parole di senso compiuto e se lei non sembrasse prendere appunti di ogni singola sillaba che usciva dalla loro bocca, scrutandoli con occhi ferrei e così inaspettatamente seri. 

 

Niente battute, niente risate, niente sorrisi irriverenti. 

 

Così, prima di Jin, Jungkook aveva praticamente fatto scena muta insieme a Yoongi, Hoseok e Taehyung non avevano fatto che chiedere di ripetere ogni domanda almeno una decina di volte e Jimin era riuscito a piazzare due parole di fila che avrebbero anche potuto comporre una frase... se ci fossero stati in mezzo almeno verbo, soggetto e contesto. 

 

Perciò eccolo lì, l'ultimo della serie di casi persi. C'era un motivo se alla suonata età di ventinove anni ancora non era riuscito a imparare quella maledetta lingua. Beh, lui e tutti i suoi compagni. Non che lo conoscesse, il motivo, ma ci doveva essere. O erano profondamente stupidi oppure Jin davvero non sapeva a cosa dare il merito. 

 

-Oh really? And what happened then? Did you get accepted immediately?- (Oh davvero? E cosa successe poi? Ti accettarono subito?) 

 

Jin spalancò gli occhi. Troppo veloce. Troppe parole. Cosa aveva detto? Se aveva accettato? Cavolo, la sua testa pareva un agglomerato confuso e caotico, come un bandolo di elastici talmente tanto aggrovigliati tra di loro da rendere impossibile trovare il capo della matassa. O come quando il filo delle sue cuffiette si arrotolava su se stesso creando quei nodi impossibili che erano dei grattacapi di prima categoria, tanto da portare Seokjin a ringraziare ogni divinità esistente e non per l'invenzione delle wireless. 

 

Qual era il punto? Giusto, la domanda. Doveva rispondere. 

 

-Ehm... I acce-accept and then... start-eu sing-eu wiz rappers- (Io accetto e poi inizio cantare con rapper)

 

Gli occhi dell'uomo saettarono verso la penna stretta fra le mani della donna, che scivolava velocemente sul foglio a ogni sua parola. La sue dita, poté notare, erano un po' tozze, ma l'abbronzatura più marcata e la serie di anelli che le adornavano in diverse forme e dimensioni le rendevano comunque eleganti e affascinanti da osservare. Nell'indice della mano destra, ad esempio, portava una sorta di corona appuntita alla base mentre un piccolo cerchietto era fissato poco sotto l'estremità. Nel medio portava una semplice fascia a forma di piuma ferma a metà del dito, mentre nell'anulare un anello a forma di teschio si avviluppava lungo tutta la falange. Quando, però, quelle dita si mossero per chiudere con un tonfo il quaderno degli appunti su cui stavano scrivendo, i suoi occhi si allontanarono, scattando verso l'alto. 

 

-Bene, questo mi basta- pronunciò la donna, sciogliendo l'espressione impenetrabile che indossava sul viso e lasciando che il sorriso divertito ricomparisse sulla sua bocca, portando i presenti a trarre rumorosi sospiri di sollievo. Inavvertitamente, Jin si ritrovò a contemplare come il rossetto bordeaux evidenziava la piega deliziata delle sue labbra e il modo in cui il naso schiacciato diventava particolarmente adorabile quando sorrideva. 

 

Sbattendo le palpebre, si portò a guardare gli occhi felini. 

 

-Oggi pomeriggio sarete in sala prove, giusto?- chiese lei allora, rivolgendosi a tutti i presenti in generale. Quando il suo sguardo scuro e scintillante di impertinenza cadde su di lui, Seokjin abbassò il capo, contemplando un graffio chiaro nel materiale del tavolo, mentre versi di assenso riempivano la stanza. 

 

-Molto bene. I vostri manager mi hanno detto che potrò restare qui a correggere i vostri test dato che nessuno dovrà usare la stanza. In questo modo, nel pomeriggio ve li riconsegnerò e vi comunicherò come sarete divisi. Domande?

 

Alla quieta negazione dei presenti, la donna rispose con un sorriso più ampio, alzando poi una mano verso la porta. 

 

-Allora siete liberi, piccoli fringuelli in trappola. Per ora...- aggiunse con una risata appena accennata. Nessuno dei suoi compagni, lui compreso, rispose, osservando invece Yona con orrore crescente. Cos'altro aveva in serbo quel demonio per loro? Altri test a sorpresa? 

 

-Andate in pace, miei diletti, e godetevi questa libertà. Ci rivedremo oggi pomeriggio- aggiunse con tono sdolcinato e davvero poco rassicurante mentre riprendeva il suo posto a sedere, afferrando immediatamente i compiti che avevano appena terminato. Senza farselo ripetere due volte, i ragazzi lasciarono la stanza, traendo sospiri di sollievo ed emettendo risate imbarazzate non appena la porta fu chiusa alle loro spalle. Jin si accorse solo dopo qualche secondo di avere un sorriso rassegnato sulla bocca.

 

-Ragazzi... siamo fregati. 

 

-Io credevo di morire! 

 

-Qualcuno ponga fine alla nostra sofferenza, in fretta- borbottò Yoongi a fior di labbra e con uno sguardo omicida negli occhi. Doveva essere la giornata in cui Seokjin sorprendeva se stesso, perché si ritrovò a rilasciare uno sbuffo divertito dal naso. Non si voltò a guardare il suo amico, ma sapeva che la sua attenzione era precipitata immediatamente su di lui a quel semplice gesto. 

 

-Rimpiango le lezioni di Namjoon-hyung. Lui almeno aveva pietà di noi- disse lamentosamente Taehyung, stropicciandosi il viso con le mani. E Jin fu sul punto di allungare un braccio e dare un colpetto al ragazzo, prima di dilungarsi in una predica sul fatto che non doveva toccarsi il viso così tanto perché gli avrebbe danneggiato la pelle e perché non era igienico e... 

 

Seokjin distolse lo sguardo, corrugando le sopracciglia. Quando aveva smesso di vedere il suo amico come un fratello minore? Quando aveva smesso di trattarlo come una persona di cui doveva prendersi cura e considerarlo invece...

 

... un estraneo? No, non un estraneo. Un nemico. Qualcuno da temere, da odiare, da incolpare per la sua infelicità e le disgrazie che lo avevano colpito.

 

Era davvero caduto così in basso? 

 

-Su col morale, almeno sembra brava. Penso che sia quello che ci vuole per farci entrare nella testa questa maledetta lingua. Anche se...

 

Jimin, con un sorrisetto saccente, si voltò vero di lui, piegando il capo. 

 

-... penso che siano già in corso dei favoritismi- concluse, fissandolo con una scintilla scherzosa a illuminargli gli occhi. 

 

Quanto tempo era che non vedeva il ragazzo rivolgergli quell'espressione?

 

-Perché mi guardi?- replicò Jin, sollevando un sopracciglio mentre fissava il suo amico. Questo, trattenendo una risata, sollevò le spalle con finta innocenza. 

 

-Non saprei... forse perché la nostra insegnante di inglese ti ha fatto una radiografia completa. 

 

Jin stava per replicare, quando un verso divertito lo fece voltare verso Hoseok. 

 

-Lo fissava come una tigre davanti a una bistecca. Temevo che entro la fine della lezione si facesse avanti e gli desse un morso. 

 

Lo scoppio di risate intorno a lui fu improvviso e così spontaneo che, per un attimo, fu come se un ago avesse fatto scoppiare la bolla di solitudine e isolamento che lo circondava. La bolla che lui aveva creato, si ricordò. 

 

Ma durò poco. 

 

-Evidentemente non ha ancora trovato la sua anima gemella- sputò, ficcando le mani nelle tasche della sua felpa e allungando il passo per staccarsi dal resto del gruppo. Seppellendo dietro di sé il silenzio irrequieto, attraversò i corridoi deserti dell'edificio, marciando senza sosta finché non ebbe raggiunto la sala prove.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Buonsalve a tutti. Come la va? Io sono all’ospedale perché mi devo ancora riprendere dalle foto del 2022 Memories (send help, Park Jimin non aveva alcun diritto di guardare la telecamera a quel modo, e vogliamo parlare del pirata J? No, non vogliamo parlarne, grazie ciao) insieme alle teorie sul nuovo album. Ok, momenti cospirazionisti, io pensavo che l’album arrivasse a gennaio dato che a fine novembre sono impegnati coi concerti e a dicembre devono preparare le performance di fine anno MA... vi immaginate che fanno la flexata più grande del secolo e fanno il comeback stage ai MAMA?????? Cioè, non succederà, ma se fosse sarebbe come dire “Sì, siamo ufficialmente i re dell’Asia”. Like.... I mean... lo desidererei tanto, dato che secondo le teorie il prossimo album riprenderà la serie di Map of the Soul con le restanti parti di Animus/Anima e Self. I’m ready. 

 

Chiusa parentesi (e datemi le vostre teorie, sono curiosa), nel prossimo capitolo concluderemo questa lunga giornata del primo incontro. I know, è stata infinita ma penso che fosse molto importante descrivere bene le prime impressioni dei protagonisti e introdurre anche le questioni che andranno approfondite nel corso della storia. E vedremo un momento Diana/Yoongi 😏 domanda per voi: quale pensate sia il tipo di legame tra loro due e tra Tae e Estella? Si aprano le scommesse!

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Capitolo 8
*** 6. Lay all your love on me ***


Gli occhi di Diana non lasciarono per un attimo la figura seduta davanti a sé, che era piegata in avanti sulla sua ciotola fumante di jjappaghetti e intenta a ingoiare rumorosamente i noodles. Aveva emesso appena una parola da che aveva messo piede nel suo studio personale e si era seduto al tavolo ingombrato da una tastiera elettronica e da altri strumenti per la registrazione, ripiegando poi a comunicare con semplici grugniti per il resto del pranzo. La ragazza giochicchiò distrattamente con il suo cibo, spostando i pezzi di carne con le bacchette nel piatto mezzo pieno. La carenza di sonno, a quanto pareva, le stava provocando anche un'inappetenza sempre più marcata. 

 

-Com'è andata stamattina?- chiese allora, rompendo il silenzio interrotto solo dal succhiare occasionale della sua anima gemella. Yoongi rispose nuovamente con un grugnito basso e particolarmente irritato, uno che Diana sapeva equivalere a una colorita imprecazione. 

 

-Quella donna è il demonio. Ha aperto la giornata con un test a sorpresa. Un test a sorpresa! Alla prima lezione! 

 

La giovane osservò divertita l'irritazione che cresceva nel volto di lui, contorcendogli le sopracciglia scure e arricciandogli il piccolo naso in una buffa espressione. 

 

-E non è finita! Ci ha pure "interrogato"! 

 

Diana sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso. 

 

-"Interrogato"? 

 

Un nuovo grugnito le rispose, più breve e brusco, che significava "Ebbene sì, porca di quella vacca!". La ragazza ingoiò una risata, appoggiando invece le bacchette nella ciotola e unendo le mani sotto al suo mento. 

 

-Beh, non la puoi biasimare, deve pur capire il vostro livello per potervi valutare e insegnare a dovere. 

 

Il grugnito che emise questa volta fu contrariato, corrispondente al suo forte disaccordo con le sue parole. La giovane piegò appena il capo contemplando gli occhi gonfi di sonno della sua anima gemella, che lo rendevano così adorabile eppure così attraente. Per lei, almeno. Poi, il suo sguardo scivolò sulle sue labbra rosee sporche di salsa e ancora intente a succhiare i noodles in un gesto che, dopo quasi due anni dall'inizio della loro relazione, non avrebbe dovuto farla ancora arrossire. Infine, si fermò a contemplare le linee del suo collo latteo e delle sue clavicole esposte appena dalla maglia, evidenziate dalla luce che rimbalzava sul leggero strato di sudore che permeava la pelle. 

 

Era ridicolo quanto fosse attratta da quel ragazzo. All'inizio, ricordava di essere spaventata dalla forte reazione che la sua vista provocava in lei ogni volta, ma aveva raggiunto una serena accettazione del fatto che sì, lei moriva ogni volta che Min Yoongi era sotto ai suoi occhi. La ragazza, allora, trattenne un sospiro mentre abbassava lo sguardo sul cibo che aveva lasciato. 

 

"Yoongi, possiamo parlare? No, non così."

 

"Yoongi, ti devo parlare. No, no, troppo drammatico."

 

"Possiamo prenderci un momento da soli? C'è una questione che vorrei risolvessimo." 

 

-Estella era molto preoccupata per Seokjin oggi. 

 

No, non era quello che voleva dire. La sua anima gemella sollevò finalmente gli occhi su di lei, contemplando il suo viso per qualche istante prima di riportare la sua attenzione ai noodles rimanenti nella propria ciotola. 

 

-Oggi è successo qualcosa di strano- replicò inaspettatamente lui, portando Diana a protendersi in avanti in attesa che continuasse. Il giovane, spostando le pupille di lato, allungò le braccia sul tavolo. 

 

-Per un istante... mi è sembrato di vederlo di nuovo. Il vecchio Jin-hyung. 

 

La ragazza, silenziosamente, fece scivolare la mano fino a poggiarsi sopra le lunghe e nodose dita di lui, come a comunicargli che lo stava ascoltando, che aveva tutta la sua attenzione. Lui, allora, strinse le labbra in una linea sottile. 

 

-Ma è durato così poco che penso sia stata solo una mia impressione. Non so neanche se riusciremo più a raggiungere un livello di civiltà dopo la voragine che ha scavato fra di noi. 

 

Diana contorse le sopracciglia, stringendo le labbra a sua volta nel tentativo di trattenere una smorfia. La fitta al petto tornò, proprio come quella mattina. Perché vedere la sua anima gemella incastrata in una mezza felicità non era sufficiente per lei. Mentre cercava le parole giuste da rivolgergli, però, lui grugnì ancora prima di prendere un sorso d'acqua. Una distrazione, per dissipare la nuvola di malessere che era improvvisamente calata su di loro. 

 

-Oggi pomeriggio dovete finire di preparare il concerto? 

 

Diana annuì forzando un sorriso, notando con piacere che il ragazzo non aveva ritratto la mano dalla sua, lasciando invece che lei la stringesse appena e prendesse ad accarezzarne il dorso con il pollice. 

 

-E quando vai a fare shopping a prendere il mio regalo? 

 

La giovane sollevò di scatto la testa con un'espressione interrogativa dipinta sul viso. 

 

-Quale regalo? 

 

Il piccolo maledetto, che fino a quel momento non aveva fatto altro che comportarsi da indifferente, la guardava con una smorfia maliziosa sul volto, gli occhi stretti in due fessure divertite e le labbra tirate in un sorriso sornione. 

 

-Come quale regalo? Il regalo che mi avevi promesso da quel famoso negozio che dovevi visitare già un mese fa. 

 

Diana rimase qualche istante in silenzio a contemplare il ragazzo. Poi, quando la realizzazione finalmente la colpì, fu il suo turno di grugnire rumorosamente. 

 

-Io non ho promesso un bel niente, hai fatto tutto da solo. E poi, davvero pensi di esserti guadagnato una lingerie di Victoria Secret?- chiese lei con sguardo inquisitorio. Yoongi, per quanto freddo e distaccato potesse apparire al mondo esterno, sapeva davvero fare l'idiota quando voleva. Infatti, senza rimuovere l'espressione maliziosa dal suo viso, le rispose con un determinato:

 

-Sì. 

 

Al che Diana sollevò la mano e lo colpì sul bicipite. 

 

-Cretino!- esclamò, mentre iniziava a ridacchiare sempre più forte. 

 

-Ehi, io dicevo seriamente!- lamentò lui, prendendo a massaggiare il punto in cui aveva ricevuto la sberla con un broncio bambinesco. Diana, allora, incrociò le braccia sotto al seno. 

 

-Anche io dicevo seriamente. E tu sei seriamente un cretino! 

 

Le labbra di Yoongi si sollevarono in quella risata silenziosa che lei adorava, mostrando un sorriso ampio che metteva in mostra le sue gengive e lo rendeva assolutamente irresistibile. Quando il suo telefono, però, vibrò sul tavolo attirando l'attenzione di entrambi, le loro risate si spensero lentamente. 

 

-Devi andare? 

 

Il ragazzo annuì in silenzio, sollevandosi dalla sedia girevole e afferrando i rimasugli del suo pranzo da asporto. Quando la raggiunse al suo fianco, la ragazza notò come gli occhi di lui caddero sul cibo rimasto nella sua ciotola, perciò chiuse velocemente il coperchio di plastica alzandosi a sua volta. 

 

"Possiamo parlare?" 

 

"Abbiamo bisogno di più di quindici minuti insieme." 

 

-Stasera resto nello studio a lavorare.

 

Diana si morse il labbro inferiore mentre sentiva la mano di lui avvolgersi timidamente attorno alla sua vita prima di scivolare via, la sua silenziosa forma di saluto. 

 

"Ora o mai più." 

 

-Yoongi...

 

La sua anima gemella si voltò verso di lei dopo aver buttato i resti nel bidone, aspettando che lei raggiungesse il suo fianco. La ragazza lo guardò negli occhi e sapeva di indossare un'espressione pensierosa sul viso. Lo sapeva dallo sguardo indagatore di lui. 

 

-Non fare tardi stanotte, ok?- concluse, tirando le labbra in un sorriso e allungandosi per lasciargli un bacio sulla guancia. 

 

-Per favore- aggiunse, guardando il ragazzo annuire appena prima di chiudere dietro di sé la porta del suo studio personale, il posto in cui si richiudevano quando volevano passare un po' di tempo insieme. E Diana, udendo il click sottile della serratura, emise il sospiro che desiderava rilasciare da che aveva messo piede in quella stanza. 

 

 

 

Yona accostò l'orecchio alla porta. Era la sala giusta? Ce n'erano un'infinità in quell'edificio decisamente troppo grande. La melodia che sentiva sommessamente provenire dall'interno le era sconosciuta, ma sapeva anche che il gruppo si stava preparando per un comeback perciò molto probabilmente si trattava di una nuova canzone ancora non rilasciata al pubblico. Come faceva a sapere se era la sala giusta? 

 

"Aah... al diavolo!" 

 

Non appena la musica cessò, la donna bussò con tre colpi decisi per essere sicura di venire udita all'interno. Senza attendere, aprì la porta e si affacciò su una larga sala che puzzava di sudore e in cui era racchiusa una fastidiosa cappa di calore ristagnante. Nella stanza, ricoperta di parquet chiaro sia nel pavimento che nelle pareti, poté vedere un manipolo di cadaveri abbandonati a terra con il fiato corto e i corpi grondanti di sudore. E si dava il caso che tali putrefacenti cadaveri fossero proprio i suoi studenti. 

 

-Benritrovati, mie piccole vittime sacrificali. 

 

Una serie di versi e grugniti di disapprovazione si levò dal gruppo di ragazzi, alcuni dei quali si portarono le mani davanti al viso in un gesto di disperazione mentre Namjoon, l'unico ignaro delle circostanze, li guardava confuso. Yona entrò con larghe falcate nella stanza, storcendo appena il naso alla puzza di chiuso e stantio che era rinchiusa al suo interno, e raggiunse velocemente i giovani. Estraendo con un movimento fluido i mazzi di fogli dalla sua borsa di jeans, prese a sventolarli in aria, incitando i presenti a mettersi a sedere. 

 

-Non temete, giovani padawan, non è andata così male come pensate- disse con un ampio sorriso sul volto mentre restituiva i test ai proprietari, che presero ad analizzarli immediatamente con sguardi ansiosi. 

 

-Ma...- Jungkook prese a sfogliare le pagine freneticamente, passando dalla prima all'ultima per diverse volte con uno sguardo confuso -... non c'è il punteggio!

 

Yona piegò il capo, lasciando che il sorriso canzonatorio si trasformasse in un'espressione più indulgente sul suo viso. 

 

-Come vi avevo detto, lo scopo del test era valutare le vostre competenze, non assegnarvi un voto. Non mi interessa mettervi in competizione o incastrarvi all'interno di un numero. 

 

La donna percorse i volti dei suoi studenti abbandonando per un istante l'ironia di cui si era rivestita fino a quel momento, osservando con piacere la sorpresa farsi spazio nelle loro espressioni. 

 

-Ho comunque corretto i vostri errori in modo che possiate riguardare il compito e vedere dove avete sbagliato. Ma per il momento non dovrete preoccuparvene troppo: questo è solo il punto di partenza, perciò alla fine del nostro percorso sarete sicuramente in grado di completare di nuovo questo compito senza particolari difficoltà. 

 

I sei ragazzi sollevarono gli occhi spalancati su di lei, una traccia di ammirazione buffamente dipinta sui loro volti. Si trattenne dallo scoppiare a ridere davanti alla scena. Aveva letto in tabloid e fanblog che i famosi cantanti erano molto genuini nella loro vita di tutti i giorni e che erano straordinariamente in grado di godere della vita con la stessa innocenza di un bambino. Yona non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in quella situazione a convenire con tale opinione. 

 

-Quindi non avremo più test a sorpresa?- chiese speranzoso Hoseok, sollevando le sopracciglia sottili e spalancando gli occhi espressivi su di lei. Al suo cenno di assenso, la stanza eruppe in grida di entusiasmo. 

 

-Buoni, buoni, giovani padawan, anche perché è arrivato il momento di comunicarvi le mie impressioni su di voi e con quale partner sarete accoppiati. 

 

In un istante, la sala tacque e l'attenzione dei sei giovani ritornò su di lei, portandola a indossare nuovamente il suo sorriso irriverente. 

 

-Hoseok, hai una buona conoscenza dei vocaboli nello scritto, ma ho il sentore che entri in confusione quando è il momento di associarli insieme per creare delle frasi nel parlato. D'altro canto, non hai paura di buttarti e provare a usare le tue conoscenze al meglio. La pronuncia è buona, ma può essere migliorata. 

 

L'interpellato, con sguardo attento, assorbì ogni sua singola parola come una spugna, prima di annuire con veemenza. 

 

-Sarai in coppia con Yoongi, che ha un'ottima conoscenza grammaticale e affinate capacità di comprensione orale, ma non azzarda abbastanza. Tu potrai aiutarlo a lasciarsi andare senza preoccuparsi di sbagliare, lui ti aiuterà a riempire le lacune nella grammatica. 

 

Yoongi, la cui espressione assonnata si era convertita in una smorfia sorpresa, si girò verso il suo migliore amico che, come se gli avesse letto nel pensiero, gli batté il pugno con un verso entusiastico. 

 

-Jimin. 

 

Il ragazzo dai lineamenti eleganti arricciò le labbra non appena l'attenzione cadde su di lui. 

 

-Sento che hai una buona capacità di comprensione e che conosci molti vocaboli ma penso che ti manchino i fondamenti per capire come costruire una frase, per questo nel momento in cui devi parlare fatichi in questo modo. Non è un problema, è perfettamente normale e ci potremo lavorare su. Per questo, Taehyung sarà il tuo partner. 

 

L'interpellato si voltò con un grande sorriso sul volto, dando una pacca al suo amico, che per contro non pareva ricambiare il suo entusiasmo. 

 

-Ma Tae è messo peggio di me!- esclamò il ragazzo, guardandola con un accenno di panico nella voce. Yona, allora, rise brevemente. 

 

-Ecco perché sarete insieme. Avete esattamente la stessa problematica e la affrontate alla stessa identica maniera. Avete bisogno di mettere ordine nella vostra testa e di esercitarvi fino a che non sarete in grado di interiorizzare come costruire una frase. 

 

I due, come in sincrono, spalancarono le bocche con ovazioni sorprese, prima di annuire e battersi il cinque. A quel punto, la donna posò lo sguardo sui due componenti rimasti, che si scambiarono un'occhiata circospetta prima di riportare gli occhi su di lei. 

 

-Il che lascia voi due insieme. Jungkook, si vede che hai recentemente passato del tempo a studiare perché hai avuto ottimi risultati nella prova scritta. Hai anche una pronuncia molto pulita, con un accenno di accento americano che non guasta- disse l'insegnante, provocando un luccichio fiero negli occhi del giovane, che la osservava attentamente e con un leggero rossore sulle guance. 

 

-Hai solo un blocco nel parlare, che può essere provocato dal tuo carattere o dalla paura di sbagliare. Per questo ci sarà Seokjin-ssi con te, che invece non ha il timore di buttarsi. Tu potrai aiutarlo a migliorare la pronuncia e ad affinare la grammatica, anche se è già piuttosto buona. 

 

Yona concluse posando lo sguardo sull'uomo dalle larghe spalle, che la guardò di sfuggita prima di abbassare il volto e annuire. Alla donna, però, non era passato inosservato il rossore che si diffondeva sulla punta delle sue orecchie ogni qualvolta l'attenzione ricadeva su di lui. 

 

"Cute. Mi fa venir voglia di stuzzicarlo."

 

Un'altro aspetto, però, non le era passato inosservato: al contrario delle altre coppie, non ci fu nessuna esultazione, nessun gesto di intesa o sorriso di soddisfazione. I due, invece, mantennero lo sguardo al pavimento, come a volersi mentalmente e fisicamente isolare l'uno dall'altro. Yona osservò attentamente la maniera in cui il maggiore del gruppo  si richiudeva in sé, in una solitudine e un silenzio assordante che le puzzava di sospetto e di fastidiosa famigliarità. 

 

Risvegliandosi dal suo filone di pensieri, batté le mani con un'espressione soddisfatta. 

 

-Questo è quanto! Ci vediamo lunedì con la prima coppia, Taehyung e Jimin. Tutti insieme, ci rivedremo sabato per la serata musical. Fate i bravi nel frattempo, little lambs- concluse con un ampio sorriso, mentre si apprestava a uscire dalla porta della sala prove. Quando la superficie su fu finalmente chiusa dietro di sé, i suoi stivaletti indugiarono per un istante, fermi vicino alla soglia, una domanda che rimbalzava curiosamente nella sua testa a bloccare i suoi passi. 

 

Che cosa era successo a Kim Seokjin?

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Well well well... ma quanto sono tenerseli Diana e Yoongi insieme? Anche se Yoongi😈👀... e forse sembrano esserci guai in paradiso? Chi lo sa. 

Yona, nel frattempo, è più percettiva che mai. Chissà quanto ci metterà a risolvere il mistero dietro a Seokjin (vi avviso, ci vorrà un po'). E questa giornata narrativa è finalmente finita! Alla prossima vedremo la prima lezione con la temibile insegnante 👩‍🏫 

 

Sidenote, mentre ero al lavoro stamattina ho visualizzato finalmente il finale di tuta la saga. Fino a questo momento, sapevo in che direzione stavo andando e sapevo cosa volevo che succedesse, ma non ero anche riuscita a capire quale conclusione raggiungere. Cosa succedeva ai ragazzi, come avrebbero risolto il grande mistero ecc. Ma finalmente ce l'ho. E preparatevi, perché vi farò piangere anche le mutande. Ma, almeno, consolatevi, ci vorrà un po' prima di arrivarci XD

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Capitolo 9
*** 7. Waving through a window ***


Da che avevano fatto il loro ingresso nella piccola sala conferenze, ne Jin ne Jungkook avevano emesso una parola. Il silenzio era come una corda che li tenenza legati alla sedia, come un muro invisibile che li separava impietosamente e che rendeva un'impresa immane emettere la prima parola. Sfondare quella barriera di imbarazzo e disagio richiedeva coraggio e la volontà di affrontare l'elefante nella stanza: il burrone che Jin aveva scavato intorno a sé era talmente profondo che ogni minima interazione con i suoi amici pareva una scalata. 

 

L'uomo si morse il labbro inferiore, contemplando il tavolo chiaro. Schiuse la bocca, emise un respiro ma... nulla uscì. Immediatamente la richiuse, pregando ogni divinità che Jungkook non avesse notato il suo patetico tentativo di iniziare una conversazione. 

 

"Andiamo. Di' qualcosa, qualsiasi cosa!" 

 

Nulla. La sua lingua era incollata al palato, la sua saliva gli inondava la bocca a causa del nervosismo che aveva preso possesso del suo corpo e gli tramavano le labbra. Ridicolo. Disgustoso. 

 

Seokjin non era così. 

 

Un anno prima, se si fosse ritrovato da solo con il più giovane del gruppo, avrebbe già iniziato a battibeccare allegramente con lui, punzecchiandolo, scherzando e prendendolo in giro. Sarebbero sembrati come due scolaretti delle elementari. Anche se l'uomo era più grande di cinque anni, il suo livello di maturità talvolta regrediva drasticamente, portandolo a essere considerato il maknae ufficioso dei BTS. Forse era per quel motivo che si trovava così bene in compagnia di Jungkook, che riusciva a ricambiare la sua energia e il suo humor. 

 

E invece eccoli lì, incapaci di sostenere una singola banale conversazione. Jin avrebbe voluto prendere un martello e sfondarlo, quel muro fra di loro. Voleva distruggerlo mattone dopo mattone e rivedere quella frazione del se stesso passato che aveva sempre un sorriso sul volto, che amava ridere e che amava far ridere gli altri. 

 

Ma il solo pensiero lo faceva soffocare. 

 

Schiuse nuovamente le labbra, il fantasma di un suono intrappolato nella sua gola. E fu allora che la porta si aprì. 

 

-Good morning, young lads. Vi sono mancata?(Buongiorno, giovanotti)

 

L'insegnante fece il suo ingresso nella stanza con un ampio sorriso dipinto sul volto che, come la volta precedente, era esaltato da un make up elaborato che ne metteva in evidenza i lineamenti. Sotto alla giacca di pelle nera con i risvolti ricoperti di borchie, sfoggiava una t-shirt con il logo dei Pink Floyd, infilata in un paio di jeans costellati di strappi. Infine, la sua statura era leggermente accentuata da un paio di anfibi con una spessa platform, che la alzavano di almeno dieci centimetri. E Seokjin si accorse troppo tardi di aver percorso avidamente il corpo della donna in una maniera fin troppo palese a un occhio esterno. 

 

-Buongiorno sunbaenim- risposero in coro i due studenti, il più giovane con timida insicurezza mentre il più grande con malcelato imbarazzo. L'uomo abbassò lo sguardo alle sue grandi mani, prendendo a giochicchiare distrattamente con la manica della sua felpa lilla e percependo la presenza della donna che aveva preso posto davanti a lui. 

 

-Dunque, come penso saprete a questo punto, la lezione di oggi si concentrerà sulla pronuncia. Vogliamo iniziare a stabilire delle basi, in modo che quello che imparerete da ora in poi possa essere utilizzato in maniera corretta. 

 

Seokjin annuì appena, mantenendo lo sguardo basso e gli occhi incollati alle sue dita. Le sue interessantissime, importantissime dita che avevano bisogno di tutta la sua attenzione e, forse, di una manicure. I ragazzi avevano già detto a lui e Jungkook che la prima lezione non era stata terribile. Jimin e Taehyung, che avevano iniziato quel lunedì, erano piuttosto entusiasti dei loro risultati, mentre Hoseok e Yoongi, che avevano seguito il martedì, avevano trovato l'insegnante non così dispotica come pensavano. 

 

E finalmente era arrivato il mercoledì, la mattina dedicata a loro. E Jin non poteva distinguere se il nervoso solletico che gli aveva rivoltato lo stomaco fosse dovuto a paura, ansia o a qualcos'altro. 

 

"Anima gemella" continuava a ripetersi. 

 

"Non ha ancora trovato la sua anima gemella". 

 

Era diventato il suo nuovo mantra.

 

-Seokjin-ssi, iniziamo da te. Lavoriamo sulla cosa che necessita più attenzione: la distinzione fra la F e la P. 

 

L'uomo, torturandosi le labbra fino a sentire l'inizio di un sapore ferroso sulla lingua, sollevò cautamente lo sguardo, incontrando l'oscurità di due occhi felini che lo scrutavano con attenzione. 

 

-Iniziamo con delle parole semplici: people, paradise, parade (persone, paradiso, parata). 

 

La bocca della donna accentuò ogni suono labiale della consonante con lenta sensualità, evidenziata ancora di più dal rossetto nero che la ricopriva. Jin deglutì, ripetendo lentamente le parole. 

 

-Molto bene- replicò lei con un sorriso sincero -dunque quando la P è all'inizio di una parola non è un grosso problema. Jungkook?

 

Il minore, raddrizzandosi immediatamente sulla sedia dopo essere stato interpellato, ripetè velocemente le parole a sua volta. 

 

-Bene. Adesso aumentiamo un po' la difficoltà- disse l'insegnante, puntando gli occhi su Jin con un sorriso sornione. 

 

-Paprika, puppet, puppy (paprika, pupazzo, cucciolo). 

 

Le labbra di Seokjin sembravano legate con lo spago. Schiarendosi la gola, ripetè ancora le parole date dalla donna. 

 

"Anima gemella, anima gemella, anima gemella..." 

 

-Molto bene. Attento a non perderti nelle doppie. Immagina di pronunciare ppoppo, è lo stesso concetto.

 

L'uomo annuì con la testa fra le nuvole. Perché lei aveva un modo così intrigante di pronunciare delle semplici parole? Ogni P sulla sua bocca era come uno scoppiettio, come un palloncino che esplodeva delicatamente e metteva in evidenza un movimento nelle sue labbra che... lo agitava. 

 

Era sempre stata così calda quella sala? Stava sudando. Anzi, stava grondando. 

 

-Grazie Jungkook. Ora Seokjin-ssi, cambiamo un po'. Family, faith, fiancée (famiglia, fede, fidanzato).

 

Jin sentì un brivido camminargli lungo la schiena. Ah, iniziavano i problemi.

 

-Pfamily... pfais ... e pfiancée- balbettò con indecisione, scrutando in attesa della riprensione. Lei, annuendo, non smise di sorridere.

 

-Non c'è bisogno che la spingi così tanto. È un suono molto delicato, come il vento. Immagina di soffiare sulle candeline della tua torta di compleanno. 

 

Quando Jin notò che la donna aveva cessato di parlare, la fissò in attesa che continuasse. 

 

-Prova, forza! Hai davanti una torta di compleanno. Spegni le candeline- replicò lei sollevando le spalle, come se avesse appena detto la cosa più semplice del mondo. L'uomo sollevò un sopracciglio osservandola con circospezione. Certo, doveva soffiare su delle candeline invisibili, su una torta inesistente. Come un matto. 

 

Ma lo fece. Soffiò delicatamente davanti a sé, figurando nella sua testa una torta ricoperta di panna, con una buffa foto di sé stesso infilzata sopra e riccioli di cioccolato a decorarla allegramente.

 

-Tanti auguri Jin-hyung! 

 

-Non senti il peso della vecchiaia? 

 

-Ti dobbiamo mettere in ricovero o pensi di riuscire ancora a ballare? 

 

Jin sbatté le palpebre. Chissà se in quel momento anche Jungkook aveva avuto lo stesso ricordo. Il ricordo delle risate dei suoi amici e della panna con cui gli avevano dipinto la faccia. Le pacche sulla schiena, i regali che avevano promesso non gli avrebbero fatto e le battute canzonatorie. Jin sentiva un bruciore agli occhi che gli fece vacillare lo sguardo. 

 

-Molto bene! Adesso immagina di soffiare di nuovo sulla torta ma stavolta trasforma il suono in ffffffamily. Prova. 

 

L'uomo strizzò gli occhi. Trasse un respiro e soffiò. 

 

-Ffffffamily. 

 

-Kim Taehyung, lavati le mani prima di toccare il mio cibo! 

 

-Ok, mamma...

 

-Ehi, marmocchio! Porta rispetto! 

 

-Aspettate, ma se Jin-hyung è la mamma... il papà chi è? Namjoon-hyung? 

 

-Si salvi chi può. Inizio a temere per la mia incolumità. 

 

-Guarda che io sarei un padre fantastico! 

 

-Un padre che potrebbe rompere i suoi stessi figli. 

 

-La smettete?

 

Il bruciore non passava. Sulla sua fronte si stava pure diffondendo un fastidioso pulsare, come un allarme ripetitivo e martellante che annunciava che stavano per aprirsi le cateratte.

 

-Esatto! Ora prova di nuovo con fffffaith.

 

"Concentrati, Seokjin." 

 

L'uomo, distrattamente, si accorse di aver abbassato lo sguardo al tavolo. Le sue palpebre sfarfallarono, ma il bruciore e il pulsare non cessarono. 

 

-Ffffffais. 

 

-Faith. 

 

-Fais. 

 

All'ennesimo sbattere delle sue palpebre sulle pupille lucide, una mano gli afferrò il mento con delicatezza, costringendolo a sollevare la testa. I suoi occhi si spalancarono quando si ritrovò davanti il sorriso indulgente di Yona e il bruciore fu velocemente sostituito da un calore imperante alla punta delle sue orecchie. 

 

-Guarda me. La Th si pronuncia con la lingua in mezzo ai denti. Faitttthhhh. Non è una S, non è una Z, è soffiare le candeline con la lingua fra i denti. Prova. 

 

Seokjin con il viso in fiamme deglutì rumorosamente, a causa dell'estensione del suo collo, e sentì il suo pomo d'Adamo andare su e giù.

 

-Faith. 

 

La donna sorrise. Gli sorrise con uno sguardo fiero, privo di ironia, ma non pietoso delle sue pessime capacità. E la sua mano inanellata avvolgeva ancora il suo mento, facendogli irrigidire la mandibola. 

 

-Ottimo. Ancora. 

 

-Faittttthhh. 

 

-Esatto! Visto che non era così difficile? 

 

Jin non avrebbe saputo dire che cosa fu, se l'imbarazzo o il mix di confuse emozioni che passavano per la sua testa in quel momento. Forse, fu un meccanismo di difesa per sciogliere la situazione, esattamente come usava fare un tempo. La sua risposta di default. Ma le parole uscirono dalla sua bocca ancora prima che potesse anche solo concepire cosa stava per dire. 

 

-Beh, è ovvio. D'altronde io sono le-Jin-dary. 

 

Il silenzio che seguì lo rese nervoso. Poi, però, la risata che esplose improvvisamente sulle labbra di Jungkook suonava tanto sorpresa quanto trasognata, come un fuoco d'artificio che scoppia nel cielo senza preavviso, lasciando tutti di stucco. L'uomo, con incertezza, sollevò gli angoli della bocca mentre scrutava lo sguardo della donna rimanere indifferente. Nonostante ciò, poté notare il modo in cui le sue labbra scure saettarono nervosamente nel tentativo di sopprimere un sorriso. 

 

-Jungkook, alza il termostato. Mi sono venuti i brividi dopo questa freddura. 

 

Jin sapeva che quando il minore scoppiava, la cosa non faceva altro che peggiorare. Infatti, alle parole dell'insegnante, si piegò in due e prese a ridere ancora più sguaiatamente mentre anche sulle labbra dell'uomo iniziava a spumeggiare una risata appena accennata. Non era come un tempo, quando era talmente gioviale che ancora prima di lanciare una delle sue temibili battute da boomer iniziava già a singhiozzare. Ma era un passo avanti. 

 

Almeno, lo sperava. 

 

-Non fatemi rimpiangere di insegnarvi l'inglese per dire fesserie, per favore. Jungkook, prima di farti venire un attacco di cuore, ripeti. 

 

La donna, scuotendo la testa, rilasciò il mento di Jin e posò la sua attenzione sul suo dongsaeng, scrutandolo mentre cercava di cessare di ridere con un sorriso divertito dipinto sulle labbra. 

 

"Anima gemella, Jin. Anima gemella." 

 

 

 

Dopo aver passato un'ora di lezione a ripetere parole e suoni partendo da bizzarre associazioni che l'insegnante pareva tirare fuori dal nulla come la "Z della zanzara che vi ronza dentro all'orecchio alla notte" o la "Sh del fiume che scorre", pareva finalmente giunta la fine di quella strana esperienza educativa. Questo fino a che la donna non emise una fatidica, temibile frase. 

 

-Bene, e ora per i compiti da fare a casa...

 

Con un sorriso diabolico, Yona ignorò palesemente le proteste dei due studenti e immerse la mano nella sua capiente borsa di jeans estraendo... qualcosa che Jin non si aspettava. 

 

-Manga! 

 

Jungkook alzò il pugno in aria con un grido di vittoria mentre il maggiore contemplava con curiosità i due piccoli volumi stretti nella presa della donna. 

 

-Esatto, manga. Questo è per te...- disse la donna consegnando al minore un piccolo libro con la copertina al contrario -... perché ho sentito dire che ti piace. 

 

Il suo dongsaeng ricominciò la sua danza della vittoria quando il primo volume di Haikyuu fu consegnato nelle sue mani. Jin, allora, si voltò ansiosamente verso la donna, abbassando lo sguardo sul manga rimasto. 

 

-Yona of the dawn? Non ne ho mai sentito parlare. 

 

La donna distolse lo sguardo, un'espressione pericolosamente giocosa piazzata sul suo viso. 

 

-Non mi sorprende. 

 

Seokjin prese a guardarla con circospezione, ma accettò il piccolo libro che gli venne porto. Sulla copertina era disegnata una ragazza dai capelli rossi vestita con sfarzo e circondata da spade. Per qualche ragione, forse per i fiori generosamente distribuiti attorno a lei o per la raffinatezza del suo abbigliamento, l'uomo ebbe il dubbio che il manga non fosse esattamente indirizzato a esseri di sesso maschile. 

 

-Per quale motivo questo? 

 

La donna, riportando lo sguardo su di lui, lo fissò dritto negli occhi con una scintilla divertita nelle pupille. 

 

-Perché è fra i miei preferiti. Inoltre, la protagonista si chiama come me e questo basta a renderlo il migliore- rispose, sollevando le spalle con fare lievemente narcisista sotto alla smorfia contrariata di Seokjin. 

 

Bene. Quindi Jungkook si beccava il suo fumetto preferito, mentre lui qualcosa che piaceva a lei. Grandioso. 

 

-Il vostro compito sarà leggere l'intero volume, che ovviamente è in inglese, entro il prossimo mercoledì. Il sabato non vi darò compiti, perciò non preoccupatevi e concentratevi unicamente su questo. Leggete senza usare il traduttore e sottolineate con una matita tutte le parole che non comprendete. Poi, nell'ultima pagina scrivete il numero di parole sottolineate. Semplice. 

 

I due studenti si guardarono per un momento, un silenzioso segnale che sì, sembrava molto semplice, e proprio per questo erano già sulla difensiva in attesa della fregatura. D'altronde, per leggere quei piccoli volumi gli sarebbe bastata un'ora al massimo. Era davvero tutto lì? 

 

-Questo è quanto. Ci vediamo, fate i bravi e non dimenticate: Namjoon non può aiutarvi. 

 

Detto ciò, la donna si alzò dalla sedia e si voltò, salutandoli con un breve cenno della mano e lanciandogli un sorriso sornione, prima di marciare verso la porta e uscire dalla stanza. Marciare in un paio di jeans molto attillati e ondeggiando abbondantemente i fianchi a ogni passo. 

 

-Hyung, vuoi un fazzoletto? 

 

Jin, distogliendo lo sguardo non appena la porta si chiuse, si voltò con una smorfia interrogativa verso il suo amico seduto al suo fianco. 

 

-Per la bava- concluse infine il piccolo demonio, sfoggiando un sorrisetto canzonatorio che metteva in mostra i suoi generosi incisivi. 

 

Ah, quello era Jungkook... il Jungkook che conosceva. 

 

La mano di Jin, allora, si alzò d'istinto, colpendo il ragazzo alla nuca mentre una pioggia di risa si scatenava sulle labbra del più giovane. E Jin, davanti al calore del sorriso del suo dongsaeng e alla luce che riempì il suo buio angolo di isolamento, sentì un pizzicore al petto che lo fece deglutire.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Eccoci! Scusate il ritardo, oggi giornata un po’ piena e sono caduta in un sonno letargico per sublimare lo stress. Oggi capitolino Jinkook per voi, momentino dolcioso e forse un segno di progresso??? Cosa dite? 

Alla prossima puntata, inizieremo a conoscere meglio Tae ed Estella (e forse faremo anche un tuffo nel passato, chi lo sa?) 

Ps: odio fare colloqui di lavoro, la mia terapia non basta per prepararmi a tutto ciò, qualcuno mi dia un Park Jimin per coccolarmi e farmi sentire amata T_T

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Capitolo 10
*** 8. Immortal ***


Taehyung si stravaccò per terra, aprendo le braccia come una stella marina sul mare di parquet che gli faceva da letto. Il sudore gli colava sul collo e si intrappolava sulle sue sopracciglia e sul suo labbro superiore, dandogli una fastidiosa sensazione di solletico. Con ampi respiri, cercò di fermare il bruciore al petto e di incamerare sufficiente aria per calmare i suoi polmoni assetati di ossigeno. Voltando pigramente la testa, vide accanto a sé il corpo abbandonato di Jimin che sembrava trovarsi nel suo stesso stato, così come gli altri quattro ragazzi presenti nella stanza. 

 

La nuova coreografia li avrebbe uccisi. Era un dato di fatto: sarebbero morti. Non c'era cardio che potesse prepararli a tutto il saltare e il correre e il cambiare posizione e la maledetta dance break che sembrava durare un'eternità... 

 

Chiudendo le palpebre, tentò di cancellare dalla sua visuale le tracce chiare lasciate dalla luce delle lampade sul soffitto. 

 

-Come pensate stia andando per Jungkookie?- mormorò con voce roca. Era preoccupato? Sì. Era curioso di vedere che cosa sarebbe riuscita a ottenere la nuova insegnante? Eccome. Ma iniziava a perdere la fiducia. Vedere Seokjin ritirarsi sempre di più in se stesso, tagliare fuori tutti i ragazzi ma sopratutto lui, per il semplice motivo che aveva ciò che lui non poteva avere... Taehyung aveva sentito una ferita crearsi nel suo cuore. Lo faceva sibilare ogni volta che vedeva il suo hyung isolarsi, rifiutarsi di mangiare, rifiutarsi di accettare l'aiuto di cui aveva bisogno. 

 

Loro erano una famiglia. Tutti i problemi che avevano affrontato fino a quel momento li avevano condivisi insieme ed erano sempre riusciti a trovare una soluzione. Erano sempre stati presenti l'uno per l'altro, anche quando non potevano materialmente eliminare la sofferenza, almeno per mostrare la loro presenza, il loro supporto. Ma Jin li aveva chiusi fuori. Aveva serrato la porta e vi si era rintanato dentro, impendendo a chiunque di entrare nel suo mondo e offrirgli una mano o anche solo un orecchio. Una spalla per piangere. Un abbraccio per lenire il dolore. 

 

Nulla. E Taehyung si sentiva impotente. Così maledettamente impotente. 

 

-Mi ha scritto adesso. Sembra che stia andando... bene?- rispose Jimin, con un sopracciglio sollevato in un'espressione dubbiosa. 

 

-Wow, ti ha risposto in meno di ventiquattr'ore? Incredibile- sbuffò Hoseok con ironia. Taehyung, socchiudendo gli occhi, si voltò a guardare il suo amico. 

 

-In che senso è andata bene? Gli ha parlato o sono semplicemente riusciti a mantenere un rapporto pacifico? 

 

Jimin arricciò le sopracciglia con lo sguardo incollato allo schermo del cellulare. 

 

-Ha detto che sembra migliorare. Ha lanciato una battuta delle sue e...

 

Il ragazzo si bloccò, le labbra carnose che si aprirono gradualmente. 

 

-... ha riso. Sembra essere di buon umore. 

 

L'attenzione della stanza gravitò improvvisamente intorno al giovane. Quello era un passo avanti. Un enorme passo avanti! Quanto tempo era passato da che avevano visto Seokjin ridere sinceramente quando non si trovavano davanti alle telecamere? 

 

Era davvero...

 

Era davvero possibile sperare? 

 

"Sometimes when I look in the mirror

I still see your face resting on my shoulder" 

 

Taehyung sorrise, accantonando i pensieri che gli affollavano così rumorosamente la testa.

 

-Jimin, che ore sono? 

 

Il suo amico ripose di nuovo lo sguardo sul cellulare. 

 

-Le dodici. Tella ti chiama?- replicò allora con un tono canzonatorio.

 

"And my heart beats so fast

That I start to fell alive again" 

 

Taehyung sorrise, annuendo mentre si sollevava a sedere e mormorando il motivetto a labbra serrate. Non c'era nulla che distendeva la sua mente quanto la sua anima gemella che cantava la loro canzone. La sua voce sottile, un po' timida, ma così melodiosa, lo aveva catturato dal primo istante. 

 

-Scusate ragazzi, il dovere chiama- disse una volta che fu in piedi, afferrando il telefono e dirigendosi verso la porta. Mentre i suoi amici gli auguravano buon pranzo, la melodia andava spegnendosi ma Taehyung, come un marinaio ammaliato dal canto di una sirena, seguì la sua traccia evanescente fino a che non ne raggiunse la fonte. 

 

 

 

Aveva diciannove anni quando iniziò a sentirla. La sua voce. 

 

La prima volta era nel suo letto, nel vecchio dormitorio in cui vivevano tutti ammassati in un'unica claustrofobia stanza dove erano ammonticchiati tre letti a castello e un piccolo letto singolo per il più giovane. Nel silenzio della notte, silenzio che per Taehyung era sinonimo di un Namjoon che russava come un trattore, un Jungkook che guardava il cellulare fino a tardi e un Hoseok che si contorceva rumorosamente nel letto, una voce riecheggiò nelle sue orecchie. 

 

Doveva essere la suoneria di qualcuno. Avrebbe ucciso chiunque dei ragazzi si fosse dimenticato di mettere il silenzioso. 

 

Quando aprì gli occhi, però, nessuno sembrava essersi svegliato. La voce continuava. Canticchiava allegramente in una lingua che non conosceva, ma non c'era musica nel sottofondo. Era dolce, un suono che lo attirava a sé come un carezza e lo invitava a calarsi fra le braccia di qualcuno che non conosceva. 

 

Bizzarro.

 

Grugnendo, si rigirò fino a fronteggiare il letto al suo fianco.

 

-Ragazzi, qualcuno spenga il telefono- borbottò con la voce roca. Non che avrebbe voluto interrompere la canzone. Ma quella cosa andava avanti da minuti ormai. 

 

-Quale telefono?- brontolò Seokjin con un cipiglio infastidito. Taehyung sollevò la testa dal cuscino, osservando il viso accartocciato del suo hyung con un broncio. 

 

-Il telefono che sta suonando, ovviamente!- replicò piccato. Il maggiore doveva davvero essere intontito dal sonno per non sentire la canzone che continuava ad aleggiare nell'ambiente. 

 

"El rio que yo mas quiero

No se quiere detener

Con el ruido de sus aguas

No escucha que tengo sed" 

 

-Taehyung... ma di che diavolo stai parlando?

 

Perché Seokjin lo fissava come se fosse stato pazzo? La musica era lì, chiara come la luce del... 

 

-Taehyung, non c'è nessun telefono che suona. 

 

Namjoon, con i capelli sparati in diverse direzioni, si era seduto sul letto e lo guardava con le sopracciglia contratte. 

 

Il ragazzino si diede dello stupido. 

 

Ma certo. Era così ovvio... Perché non ci aveva pensato prima? 

 

-Non è per caso la tua anima gemella? 

 

 

 

L'orecchio di Ulisse. 

 

Sin da quando era bambino sapeva che cosa significava. Quando sia lui che la sua anima gemella avrebbero raggiunto la maturità del legame, avrebbero iniziato a sentire il canto l'uno dell'altra. E Taehyung, da quella notte in poi, la sentì ogni giorno. 

 

Lei amava cantare. Non sempre era intonata e a volte si lasciava andare a gorgheggi divertiti che la facevano scoppiare a ridere. Sentiva anche la sua risata. Era cristallina quanto la sua voce, come una campanella di vetro che tintinnava delicatamente. Non era rumorosa come quella dei suoi amici e per questo lo ammaliava. 

 

Dopo un po' di tempo, Taehyung si accorse che lei doveva aver capito chi era lui. Aveva iniziato a cantare le sue canzoni, imparando a pronunciare in particolare i suoi versi in un coreano via via più sicuro. Forse avevano una chance. Se lei era una sua fan, c'era la possibilità che lo venisse a cercare. 

 

Ma lui sarebbe stato in grado di trovarla? 

 

Erano passati mesi e poi anni e, ogni giorno che passava, agognava. Agognava sempre di più lei. Era il legame, lo sapeva. Lo spingeva verso di lei con la stessa avidità di un uomo in un deserto verso una fonte d'acqua. E sapeva di essere ridicolo e forse, talvolta, un po' melodrammatico, ma non poteva farci niente. Ogni singolo istante lontano da lei era come essere privato di qualcosa. Qualcuno gliela stava rubando. Qualcuno stava sottraendo del tempo che avrebbero potuto passare insieme e questo lo faceva impazzire. 

 

I ragazzi, che avevano legami molto diversi dal suo, non potevano capire. Lo prendevano in giro, lo chiamavano "romanticone" perché si sentiva già morire all'idea di essere lontano da lei e non l'aveva ancora neppure incontrata. 

 

Poi, lei aveva iniziato a cantare una canzone che non aveva mai sentito. Non sapeva perché, ma gli dava uno strano senso di déjà-vu, come se l'avesse conosciuta assai bene ma l'avesse per qualche motivo dimenticata. E anche provando a cercarla, non aveva ottenuto risultati. Ma la adorava. Aveva una melodia dolce, confortante e un po' malinconica, che gli faceva desiderare ancora di più di vederla. Si era perfino impegnato per cercare di imparare le parole e per farsi aiutare da Namjoon a tradurla, dal momento che era in inglese. A quanto pareva, parlava di un'anima immortale che continuava a innamorarsi della stessa persona ancora e ancora, nonostante passasse il tempo e si ritrovassero sempre in nuove vite, costretti a separarsi ogni volta. 

 

Taehyung non ne capiva il motivo, ma era come se parlasse a una parte di lui. Forse era davvero un romantico, un sognatore incallito. Un alieno con la testa fra le nuvole, come lo definivano i suoi amici. Nonostante ciò, prese a cantare per lei quella canzone ogni sera prima di andare a dormire.

 

Fino a quando non arrivò quel fatidico nove marzo del duemiladiciassette. 

 

Santiago del Cile. 

 

L'inizio del Wings tour, la prima tappa della nuova serie di concerti che li aspettava in quell'anno così intenso.

 

-È qui. 

 

Taehyung non aveva fatto che fare errori sul palco. Aveva scombinato la coreografia più di una volta, aveva ripetutamente dimenticato il testo delle canzoni e non aveva attaccato quando era il suo turno. Appena scesi nel backstage per il primo cambio d'abito, perciò, i ragazzi si erano immediatamente girati verso di lui per chiedergli cosa non andasse. 

 

-Chi è qui?

 

Namjoon era stato il primo ad avvicinarsi a lui con sguardo preoccupato e in quel momento lo fissava con evidente confusione. Taehyung, dal canto suo, non riusciva a stare fermo a causa dell'energia nervosa che gli percorreva il corpo. Strappandosi gli auricolari, si tolse la giacca e si sfilò la maglietta con la mandibola tesa. 

 

-Lei è qui. È nel pubblico. 

 

I ragazzi, in un attimo, si bloccarono con le bocche spalancate. Passò qualche istante di scioccato silenzio prima che il leader riprendesse la parola. 

 

-La tua anima gemella? Sei sicuro? 

 

Il ragazzo si voltò con un'espressione dura in viso, fissando negli occhi il maggiore che lo guardava dubbioso. 

 

-Ne sono sicuro come il fatto che tu sei qui davanti a me. La sento- esclamò forzando la voce affinché tutti capissero la serietà della situazione. 

 

-La sento più chiaramente di qualsiasi altra volta. È qui. E la devo trovare. 

 

I ragazzi, allora, spalancarono le palpebre, mentre un coro di voci si sollevava animatamente. 

 

-Non dire sciocchezze! Che cosa pensi di fare?

 

-Taehyung, parliamone un attimo...

 

-Siamo all'inizio della scaletta, cosa vuoi...

 

-Ragazzi. 

 

La voce del loro leader riuscì a far tacere efficacemente tutti i membri, che chiusero le bocche e presero a fissare il giovane in attesa. Nessuno di loro interveniva quando Namjoon prendeva il comando. 

 

-Finiamo il concerto. Quando avremo chiuso, troveremo una soluzione. 

 

Taehyung, mordendosi le labbra, sentì lo sguardo insistente del suo hyung. 

 

Lei era lì fuori. Era venuta lì per lui. Non poteva lasciare che se ne andasse senza trovarla. 

 

Annuendo con il capo, infilò i vestiti sul suo corpo sudato. Avrebbe pazientato. Ma sarebbe riuscito a incontrarla. 

 

 

 

Non appena ebbero finito di salutare i fan, si fiondò nel backstage. Rifiutò ostinatamente la mascherina per l'ossigeno che gli venne porta dai manager e rifiutò anche gli asciugamani per tamponarsi la fronte che le stylist gli misero in mano. 

 

Doveva correre.

 

Doveva sbrigarsi, prima che se ne andasse.

 

-Taehyung, dove pensi di andare? 

 

Il ragazzo non si voltò. Afferrò la sua felpa scura e un capellino con visiera, calandoselo sui capelli fastidiosamente fradici di sudore. 

 

-Taehyung? 

 

-Vado a cercarla. 

 

"Sometimes when I look in the mirror 

I still see your face resting on my shoulder" 

 

La voce di lei, in un istante, sovrastò le proteste dei suoi hyung. Sovrastò persino il ruggire della folla e il caotico traffico che attraversava i camerini. 

 

Lo stava chiamando. Stava usando la loro canzone per condurlo da lei.

 

-Tae, non essere avventato. Se uscissi di lì ti riconoscerebbero immediatamente e ti aggredirebbero.

 

Non ascoltò. Nulla aveva importanza. Lei lo stava chiamando. Doveva andare. 

 

-Taehyung, guardami! 

 

Seokjin gli prese una spalla e lo fece voltare, costringendolo a fissare il suo viso furente. 

 

-Non posso aspettare, hyung! Devo andare da lei!

 

"And my heart beats so fast

That I start to fell alive again"

 

-Almeno asciugati il sudore, stupido! E cambiati i vestiti in modo che non ti riconoscano. Se lei è qua, ti aspetterà, non se ne andrà immediatamente. Attendi che la folla inizi a lasciare il palazzetto. 

 

"And the rain, it washes away all the pain

'Cause it feels like the sound of your voice" 

 

Taehyung si morse il labbro. Alla fine, scosse la testa, prendendo a strapparsi i vestiti di dosso e strofinandosi la faccia fino a farsela diventare rossa. 

 

-Stay- mormorò a corto di fiato. Non sapeva come dirle che sarebbe venuta a prenderla. Non sapeva come spiegarle che sarebbe venuto da lei, perciò cercò nella sua testa le prime parole che riuscì a pensare e le intonò in modo che lei le potesse ricevere. 

 

-Wait for me.

 

Ci fu un istante di esitazione. Poi, la sentì riprendere a cantare. Aveva capito? 

 

"And I'm comforted by the sweet smells of dew

Because the sunrise reminds me of you" 

 

Una volta che si fu cambiato in pantaloni di una tuta scura e una larga felpa, Taehyung si calò di nuovo il cappello sulla testa, indossando infine una mascherina sulla bocca. 

 

Non poteva più aspettare. 

 

-Taehyung, aspetta! Porta almeno un bodyguard con te! 

 

Non ascoltò. Non ascoltava più. 

 

-Stay- pronunciò dietro alla mascherina. 

 

"And I'll always find you again and again

And I'll love every version of you" 

 

"Aspettami. Sto venendo da te!" 

 

Taehyung avrebbe dovuto sentire la stanchezza delle quasi tre ore di concerto. Avrebbe dovuto sentire i muscoli bruciare e il petto faticare a respirare, ma così non fu. Correva a perdifiato tra la folla di gente, scansando persone mentre manteneva la testa bassa. 

 

-Wait for me. I'm coming.

 

La sua voce era più vicina. A ogni passo si faceva più chiara e quando prese le scale per salire sul primo anello, sapeva di essere nella direzione giusta. 

 

"And you're never truly gone 

As long as a part of you in me lives on" 

 

Salì i gradini a due a due, ignorando le persone che gli passavano di fianco e lo fissavano in confusione. 

 

Era lì, lo sentiva. Era a poca distanza da lui. Mancava così poco! 

 

"'Cause I'll always find you again and again

And I'll lose you every time" 

 

Il primo anello era una fila di volti identici, intenti a raccogliere le proprie cose e prepararsi ad andarsene. Il suo sguardo percorse avidamente le corsie, saltando da un posto all'altro con scatti frenetici. 

 

"Dove sei?" 

 

-But my love I will hold you close to me

'Til you fade from my arms peacefully

 

L'unica che non si era alzata. 

 

L'unica seduta al suo posto, in attesa. Gli occhi scuri intenti a scrutare il palco ormai vuoto e la bocca dischiusa. Intonava una melodia che fece muovere i piedi di Taehyung prima che la sua testa potesse capire ciò che stava succedendo. 

 

Le sue mani afferrarono quelle di lei, appoggiate al seggiolino davanti a sé. 

 

E gli occhi scuri si voltarono verso di lui, prima di spalancarsi. 

 

-Ti ho trovata.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Buonritrovati, miei cari. Come state? Avete fatto i bravi? Sarà meglio altrimenti mamma Juliet vi sgrida. Ecco. 

Dunque, scemenze a parte, che ne dite? Finalmente scopriamo il tipo di legame di Estella e Tae, ovvero l’orecchio di Ulisse. Il titolo del capitolo questa volta è il titolo della canzone che ho usato per essere “la loro canzone”, fatta da una YouTuber con una voce fantastica. Per chi non riesce a vedere il link e la vuole ascoltare: https://youtu.be/n8g-LdDf-pA

Il testo non vi pare un po’ sospetto? 👀 ci torneremo su questa questione, ma non dimenticatevela. Mi conoscete ormai, nulla è causale nelle mie storie. È tutto un complotto verso qualcosa! 

 

Dunque, adesso che abbiamo scoperto che Estella e Tae hanno l’orecchio di Ulisse, che cosa avranno secondo Diana e Yoongi? 😏 si aprono scommesse, non accetto cash, solo fanart dei BTS (non sto scherzando, sono la mia droga, ormai seguirò un centinaio di artisti sui social e sto riempiendo il muro di stampe). Intanto, do il benvenuto a tutto i nuovi che si sono uniti alla ciurma e che hanno salavano la storia o hanno deciso di commentare e recensire. Vi voglio già bene ♥️ sentitevi liberi di andare e venire a vostro piacimento, non sentitevi obbligati a commentare e a leggere le altre mie storie. A me basta che vi divertiate e che passiate una quindicina di minuti di stacco mentale *hug*

 

Un bacino e ci vediamo alla prossima settimana 😘

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Capitolo 11
*** 9. A heart full of love ***


Era così piccola. 

 

Seduta sullo striminzito seggiolino, sembrava venire sovrastata dall'ambiente circostante. L'aureola di stretti ricci le circondava il viso delicato in maniera buffa, ma metteva in evidenza i suoi grandi occhi scuri, che lo scrutavano con stupore e una punta di esitazione. 

 

Taehyung, probabilmente, stava sorridendo come uno stupido sotto alla mascherina. Non ebbe modo di riflettere sulla cosa, perché tutta la sua attenzione gravitava sulla figura minuta davanti a lui e sulla minuscola mano che stringeva nella propria. Era così buffo: mai avrebbe creduto di trovare qualcuno con una mano più piccola di quella di Jimin. Eppure, quella della ragazza era completamente avvolta dalla sua, assai più grande e dalle lunghe dita, che la nascondeva come un tesoro da custodire. 

 

Il ragazzo, immerso in uno stato di euforia che lo portò a ignorare le persone che li circondavano, si inginocchiò per portare lo sguardo al suo stesso livello. 

 

-What's your name?- chiese, gli occhi incollati ai lineamenti della ragazza la cui pelle color cioccolato rifletteva le luci colorate del palco. 

 

Lei parve esitare, passando lunghi istanti in silenzio mentre le sue pupille saettavano da una parte all'altra del suo volto come a volersi assicurare della sua autenticità. 

 

-Estella- rispose infine. 

 

Quella voce sottile e cristallina... 

 

Quella voce era la sua. La voce che aveva sentito per tre anni ogni singolo giorno. 

 

Era lei. Lei era lì, davanti a lui. 

 

-Come...- con il cervello in confusione, Taehyung faticò a trovare le parole -... with me? 

 

La sua piccola anima gemella spalancò gli occhi, trasformando il suo viso in una maschera di puro stupore e innocenza. Nondimeno, non le ci volle molto per iniziare ad annuire freneticamente con il capo, alzandosi in piedi. Il ragazzo perse solo un momento a osservare come lei gli arrivasse appena alla spalla, nonostante la sua voluminosa chioma. Lasciandosi sfuggire un sorriso divertito, con la mano ancora intrecciata alla sua la trascinò verso le scale, tagliando la folla di gente che spingeva per uscire dal palazzetto. 

 

Nonostante il cappello e la mascherina, sapeva di essere esposto a migliaia di persone che conoscevano il suo viso alla perfezione, perciò abbassò il capo nella speranza che la visiera adombrasse i suoi lineamenti il più possibile. Quando la folla iniziò a farsi più compatta, però, sentì uno strattone al braccio che gli fece voltare la testa. La sua anima gemella sembrava venire inglobata dal mare di persone, divorata dalle sue acque irrequiete che la trascinavano all'indietro e lontano da lui. 

 

Taehyung, allora, non ebbe esitazione. Si avvicinò a lei e, circondandole le strette spalle, fece aderire i loro corpi in modo da farle da scudo. L'entusiasmo iniziale gli aveva impedito di percepire qualcosa che, in quel momento, gli apparve improvvisamente lampante: un tepore confortante attraversava le sue membra, diffondendosi dai punti in cui la loro pelle si toccava. Era come timide scintille che gli scoppiettavano sull'epidermide, trasformandosi in un piacevole calore nella parte più profonda del suo organismo. Non imperante come un fuoco e neppure incerto come una candela. Era come una coperta in una notte d'inverno, che cancellava i brividi e scioglieva i muscoli, riscaldando il cuore e trasformando i pensieri più frenetici in miele. 

 

Dunque era quello il legame. 

 

Qualcuno parlava di un'ineluttabile attrazione fisica, che attirava le due anime gemelle come un magnete. Altri lo descrivevano come fuochi d'artificio e una consumante lussuria che bruciava sotto la pelle. Taehyung si rese conto che nessuna delle due descrizioni riusciva a dare giustizia all'energia che pareva unire lui e la piccola ragazza stretta dalle sue braccia. 

 

Era... casa. 

 

Come essere a casa. 

 

Quando finalmente raggiunsero le porte antipanico che conducevano al backstage, Taehyung sollevò velocemente la testa per farsi vedere dalle guardie che, dopo avergli lanciato uno sguardo indagatore, annuirono liberando il passaggio. Non appena ebbero lasciato la folla di gente dietro di sé, il ragazzo prese la mano di lei lasciando che le sue braccia scivolassero dalle sue spalle e ricominciò a camminare al suo fianco.

 

Un brivido gli attraversò immediatamente la schiena. 

 

Era freddo. 

 

Il piccolo contatto delle loro dita non era sufficiente. Il tepore era improvvisamente calato, lasciandolo scoperto e tremante. Mordendosi le labbra con incertezza, lanciò un timido sguardo verso la piccola figura che non aveva ancora emesso una parola. Camminava al suo fianco con la testa bassa e lo sguardo incollato al pavimento ma, quando Taehyung fece scendere i suoi occhi, vide che il suo braccio scoperto aveva la pelle d'oca. 

 

Lentamente e fingendo indifferenza, il ragazzo si sollevò la manica della felpa scura e si accostò a lei, creando una maggiore area di contatto fra le loro epidermidi. Lei sollevò lo sguardo sorpresa, mentre lui si abbassava la mascherina con un sorriso innocente. 

 

-I... can? 

 

La sua anima gemella deglutì, prima di annuire con il capo e abbassare nuovamente gli occhi al pavimento. Il calore aveva ripreso a scorrere attraverso i loro corpi come energia, come un fiume che fluiva nel suo letto senza impedimenti. Mordendosi nuovamente il labbro, Taehyung contemplò le loro mani intrecciate mentre anche le sue guance iniziavano a scaldarsi. 

 

-You are... very pretty- mormorò timidamente, un sorriso imbarazzato che andava a dipingersi sulla sua bocca. 

 

Lei sollevò gli occhi scuri su di lui. Poi, dopo un attimo di esitazione, attorcigliò il braccio sottile intorno al suo, creando nuova superficie di contatto da cui prese a diffondersi un'altra ondata di tepore. 

 

-Anche tu- rispose lei in un coreano addolcito da un accento adorabile. 

 

Taehyung, come uno stupido, emise una risata infantile che doveva suonare bizzarra a causa della sua voce baritonale. Ma lei non parve farci caso. Invece, sollevò gli angoli della bocca in un sorriso che andava crescendo man mano che la sicurezza illuminava sempre più i suoi occhi. 

 

-Mi hai trovata. 

 

Il ragazzo dondolò le loro mani intrecciate avanti e indietro, senza staccare lo sguardo da lei. 

 

-Ti ho trovata- ripetè, mentre il calore si diffondeva nel suo corpo fino a raggiungere il suo petto. 

 

Casa. Un posto a cui appartenere e da proteggere, da custodire. 

 

-La mia anima gemella.

 

 

 

Quando Taehyung incontrò finalmente la porta della sartoria, si appoggiò mollemente alla parete e abbassò la maniglia, sporgendosi appena oltre la soglia. 

 

-Toc toc- disse, scatenando le risa delle stylist sedute alle macchine da cucire. Il suo momento di gloria, però, durò poco. Una mano infatti aveva afferrato il suo orecchio, iniziando a tirare fino a che tutto il suo corpo non fu all'interno della stanza e portandolo a emettere un lamento di dolore. 

 

-Entra, scemo. 

 

Estella, ignorando i suoi versi contrariati, lo trascinò fino a che non ebbero raggiunto la sala progettazione. I larghi tavoli bianchi erano deserti eccezion fatta per le squadre e le matite abbandonate sopra ai cartamodelli incompleti, mentre le scrivanie che circondavano il perimetro erano arredate semplicemente da una serie di computer e qualche tavoletta grafica che le stylist utilizzavano per disegnare i figurini. 

 

Tutta quella sala, però, era solo per loro all'ora di pranzo. Mentre le altre donne scendevano in caffetteria, lui ed Estella si rintanavano sempre lì per poter mangiare insieme senza interruzioni e, soprattutto, perché la sua anima gemella non sapeva stare lontana dal suo lavoro neppure per un'ora. Le sue piccole mani, infatti, abbandonarono velocemente il suo corpo per tornare al cartamodello abbandonato sul tavolo, mentre le folte sopracciglia si univano in una linea di concentrazione e il naso si arricciava all'insù. 

 

Taehyung, scivolando silenziosamente dietro di lei, appoggiò le braccia sopra alle sue incollando i loro corpi insieme e afferrando la matita consumata prima che potesse tornare a segnare la sottile carta intonsa. 

 

-Io dico bibimbap. 

 

-E io dico quesadillas- replicò lei in quel tono che non lasciava spazio a repliche. 

 

Il ragazzo, appoggiando il mento sulla sua testa riccioluta, sentì la stanchezza muscolare venire sciolta lentamente dal tepore che emanava dai loro corpi. L'emicrania, silenziosamente come era apparsa, scomparve senza lasciare traccia. Il dolore al gomito, dovuto al brusco incontro che aveva fatto col pavimento in precedenza, iniziò a placarsi e a scemare man mano che i minuti passavano. 

 

-Ce la giochiamo? 

 

La sua anima gemella non ebbe un istante di esitazione. Sollevando la mano in un lampo, strinse il pugno con la tensione competitiva che la animava ogni volta. 

 

-Sasso, carta, forbi... - rallentando il movimento del suo braccio, si preparò scrutando ogni piccola flessione delle dita di Taehyung -... ci! 

 

Non appena il ragazzo vide l'indice e il medio di Estella agitarsi in aria sospirò, lasciando che il suo palmo aperto venisse tagliuzzato via dalle piccole dita di lei. 

 

-Quesadillas- ripetè la ragazza scuotendo la testa a destra e a sinistra con un tono carico di soddisfazione. 

 

-Quesadillas- borbottò lui in risposta, prima di seppellire la faccia nella spalla di lei e prendere il cellulare per ordinare il pranzo. Una volta che ebbe digitato l'ordine, ripose il telefono nella tasca dei suoi pantaloni e circondò la vita della sua anima gemella, avvolta da un abito color panna a fiori bordato da un pizzo retrò, che le raggiungeva le ginocchia. 

 

-Com'è andata la mattina?- chiese lui, inalando il profumo di iris che emanava dalla sua pelle scura. Era il profumo che le aveva regalato qualche mese prima. Aveva notato che aveva preso a indossarlo tutti i giorni, forse perché lui inevitabilmente si beava della sua dolcezza ogni volta che la abbracciava. 

 

-Nulla di nuovo. Un sacco da fare, il comeback che non è ancora lontanamente pronto e le scadenze si fanno più vicine. Ci mancano ancora la maggior parte degli outfit per Black Swan e non abbiamo la più pallida idea di come rimediare in tempo per la prima performance. 

 

Taehyung si voltò a osservare il viso stanco della ragazza, che teneva gli occhi appesantiti sulle linee che stava tracciando con l'aiuto della squadra. 

 

-Sei triste- eruppe allora, lasciandole un bacio sulla guancia. Estella arricciò appena le labbra ma non replicò. Non era brava a mentire e sapeva che non aveva senso farlo con lui, che aveva imparato a leggere ogni sua espressione. Tale aspetto, poi, era esaltato dal fatto che lei fosse incapace di trattenere le emozioni dal suo volto. Perciò, anche se provò a nasconderlo, Taehyung poté notare immediatamente che aveva fatto centro. 

 

-Ha chiamato mamá. 

 

Il ragazzo diede un altro bacio sulla guancia della ragazza, percependo il velo di malinconia nella sua voce. 

 

-Come sta?- chiese con aria leggera, nel tentativo di distrarre la sua anima gemella. 

 

-Sta bene- replicò in un sussurro lei. Taehyung sapeva che stava cercando di lasciare la nostalgia lontana dalla sua voce, ma sapeva anche che era uno sforzo immane per lei non mostrare quanto le mancasse la sua famiglia. 

 

-Vicente e Martina? 

 

-Stanno bene. Sofía ha già iniziato a camminare, ha detto- un breve sorriso sollevò gli angoli della bocca di Estella, prima di prendere una piega amara che non riuscì a tenere lontana dalla sua espressione. Avrebbe voluto vedere la figlia di suo fratello maggiore crescere, Tae lo sapeva bene. Doveva sentirsi in colpa per non essere lì, per non partecipare a quei momenti importanti della sua vita. 

 

-Diego ha trovato un nuovo lavoro perciò mamá adesso è più tranquilla e sembra che Rocío abbia iniziato a manifestare il legame. 

 

Il ragazzo strofinò i fianchi morbidi della sua anima gemella, tentando di aumentare la quantità di calore. Forse, avrebbe sciolto anche la tristezza dal suo cuore. 

 

-È una bella notizia. Che tipo di legame ha? 

 

Ci fu un momento di silenzio che rese irrequieto Taehyung, portandolo a bloccare il movimento delle sue mani. Poi, Estella parlò. 

 

-Empatia corporale.

 

Il ragazzo strinse i denti, prima di seppellire nuovamente il piccolo corpo di lei sotto al suo, circondandola ed entrando in contatto con la sua pelle più che poteva. 

 

-Andrà tutto bene. Starà bene, vedrai. È raro che succeda... quello che è successo a Jin-hyung- si affrettò a rispondere, avvertendo la tensione negli arti della ragazza. Il suo silenzio, però, gli fece comprendere che non sarebbe stato così facile scacciare l'aria di disagio che aleggiava su di lei. 

 

-Sono preoccupata, Tae. Anche per oppa.

 

Il giovane appiattì le labbra in una linea. 

 

-Lo so, anche io lo sono. Namjoon-hyung ha proposto di offrirgli di andare da un terapeuta.

 

Estella, in un turbine di ricci, si girò con le palpebre spalancate portandosi di fronte a lui.

 

-Fatelo! Ha bisogno dell'aiuto di un esperto! 

 

Taehyung non trattenne il sorriso amaro che andò a dipingersi sulla sua bocca. 

 

-Non è così facile. Come ha detto Yoongi-hyung, potrebbe offendersi come ha fatto in passato ogni volta che abbiamo provato a sollevare l'argomento. Potrebbe perfino allontanarsi ancora di più. 

 

-E allora costringetelo! Non può andare avanti così! Non da solo!- esclamò la sua anima gemella, un'espressione disperata sul piccolo viso e le mani arpionate alla sua felpa sudata. Taehyung, sospirando, le prese le mani massaggiandone il dorso con i pollici. 

 

-Non possiamo, Tella. Non possiamo costringerlo ad accettare il nostro aiuto se non lo vuole. È depresso, ma deve essere lui a volere guarire. 

 

Davanti al broncio bambinesco della ragazza, Taehyung rise appena, strofinandole il naso con il suo mentre lei si ritraeva contrariata. 

 

-Da quando sei diventato così maturo e responsabile?- brontolò lei allora, evitando i baci che cercava di darle tra un risolino e l'altro.

 

-Succede prima di un comeback. Forse è perché passo troppo tempo con Namjoon-hyung a preparare le tracce. Magari la sua saggezza mi si attacca addosso- replicò, riuscendo finalmente a sfiorare le labbra di lei con le proprie.

 

-Però ci sono buone notizie. Sembra che la nuova insegnante lo stia facendo un po' uscire dal guscio e... pare che lui abbia una cotta per lei. 

 

Al suono di quelle parole, la ragazza si aprì in un'espressione sorpresa, sollevando la bocca in un sorriso incredulo. 

 

-Davvero? Dici sul serio? 

 

Taehyung annuì tronfio di soddisfazione con il capo abbassato sulla testolina della sua anima gemella, che aveva preso a saltellare sul posto carica di eccitazione. 

 

-Crediamo che anche lei sia interessata a lui. Il problema è che non la conosciamo per niente, perciò non sappiamo com'è la sua situazione. 

 

Il saltellare eccitato di Estella si fermò in un istante, portando i suoi lineamenti a contrarsi in una smorfia determinata. 

 

-Ci posso pensare io! Con Didi avevamo deciso di andare a fare shopping, possiamo cercare di invitare anche lei! Fra ragazze sarà più facile conoscerla meglio e magari indagare un po' sul suo interesse per Jin-oppa!- esclamò lei con un sorriso complice sulle labbra. Tae, sorridendo davanti alla scala di espressioni della sua anima gemella, avvolse il piccolo viso fra le sue mani. 

 

-Allora affido a voi due questo importantissimo compito. Ma non fare la ficcanaso, chiaro? 

 

Estella, senza perdere la scintilla di determinazione che brillava nei suoi occhi, annuì con un gesto secco e un'espressione buffamente solenne, proprio nel momento in cui il telefono di Taehyung prese a suonare. 

 

-Quesadillas! 

 

Osservando la sua anima gemella correre con agitazione verso la porta, Taehyung sospirò e sorrise tra sé e sé, scuotendo la testa.

 

 

ANGOLO AUTRICE

E con questo capitolo tenerello, vi do il buongiorno. Io da brava lavativa mi sono svegliata tipo adesso quindi sto alla grande. Nel frattempo, mi sto domandando se mostrarvi anche il primo incontro di Yoongi e Diana a breve 🤔 ad essere sincera, il piano originale era di aspettare un po’ per non darvi troppe informazioni tutte nei primi capitoli, ma considerando che nel prossimo vi espongo già il “problema” di Diana, avrebbe senso. Voi immagino che lo vorrete sapere, ma non vorrei rischiare di distogliere troppo l’attenzione da Jin e Yona. C’è un piccolo angolo dedicato a lei nel prossimo capitolo ma non saprei 😐 questo giro, ho iniziato la storia senza scrivermi un progetto dei capitoli prima perché non aveva necessità di seguire un ritmo specifico come Il principe del calmo mattino, ma in questo modo potrei distribuire male il peso di avvenimenti nel corso della storia, perciò sono un po’ combattuta. 

 

Detto ciò, parliamo di cose belle. I Tannies si sono fatti gli account individuali e noi non eravamo pronti (ho visto i profili di fanart rifugiarsi dietro i bunker alla velocità della luce XD) ma lo accettiamo. E adesso si passano finalmente le feste con le famiglie dopo secoli, cuccioli T_T ma io sto già tremando. Perché quando torneranno, sarà la fine. Cioè, questo “new chapter”.... Hybe, capisci a me, se tu mi metti un’espressione del genere tra virgolette io mi preoccupo. Già che è da st’estate che avi avanti con “new era” e “new sound” cioè. Io sono qua che me la faccio addosso. Che cosa ci tirerete fuori sto comeback? Penso che l’era di MOTS sia chiusa a sto punto, perciò non riesco proprio a immaginare quale nuova serie inizieranno. E se il nuovo capitolo riguardi anche il BU???? 🤐 

 

Ok, scusate lo sclero, ho finito. Un bacione e ci vediamo alla prossima

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Capitolo 12
*** 10. Chant ***


(ATTENZIONE: questo capitolo conterrà una descrizione dettagliata di un attacco di panico. Se pensate che possa turbarvi, la scena sarà delimitata da *** in modo che possiate saltarla) 

 

Yona si abbandonò sul divano scuro con uno sbuffo. I suoi occhi vagarono pigramente per il salotto, che costituiva un ambiente unico con la cucina, e constatarono cinicamente il disordine che regnava per la stanza sotto forma di fumetti appoggiati su varie superfici estranee alle mensole, stoviglie sporche in attesa nel lavello e indumenti non meglio identificati disseminati sulle sedie o sul divano stesso. 

 

"Domani" pensò. Esattamente la stessa cosa che aveva pensato il giorno prima, ma non aveva davvero voglia di combattere con la stanchezza e il mal di schiena per sollevarsi dal morbido abbraccio del suo amico più fidato. Perciò, dopo aver afferrato un cuscino, prese in mano i suoi appunti e il portamine, sfogliando le pagine e scorrendo con lo sguardo le sezioni dedicate a ogni studente. Ricominciando da capo, prese a scrivere qualche frase da aggiungere alle valutazioni iniziali che aveva segnato per ognuno, arricchendole con le considerazioni che aveva partorito durante quel primo giro di lezioni. 

 

Lavorare ancora sulla pronuncia. Tende a incespicare sulle parole con la R. Scioglilingua ed esercizi di sillabazione. Fare ripetere più volte lentamente. 

 

Sfogliando la pagina di Kim Taehyung per concentrarsi su quella di Park Jimin, la sua mano si fermò quando la vibrazione del telefono attirò la sua attenzione. 

 

Chiamata in arrivo da: 

Pa'

 

Yona rimase qualche istante immobile, il portamine fermo a mezz'aria e le labbra strette in una linea. Poi, fece scorrere il dito sullo schermo.

 

-Ehi pa'. 

 

Dall'altra parte della linea giunse una voce calda e che iniziava appena ad arrochire a causa dello scorrere degli anni.

 

-Ehi scricciolo. Che mi racconti? 

 

La donna sollevò gli occhi al soffitto perché, a quanto pareva, alla suonata età di ventotto anni era ancora uno "scricciolo". Comunque, poco importava la sua opinione. Suo padre non sembrava intenzionato ad abbondare le vecchie abitudini nonostante, come Yona gli aveva più volte rinfacciato nelle sue varie scariche di rabbia, lui non fosse stato presente quando aveva l'età per essere chiamata con nomignoli affettuosi. 

 

-Ho un nuovo lavoro. Seguo un gruppo di idol piuttosto famoso. 

 

Delle chiacchiere allegre iniziarono ad animare il sottofondo, creando una sorta di melodia sopra alla quale la voce di suo padre emerse. 

 

-È una grande notizia! Come ti trovi? Si comportano bene? 

 

Yona poté percepire dal tono dell'uomo che il suo entusiasmo era genuino e che sulla sua bocca si doveva essere dipinto un sorriso. Passandosi la lingua sulla superficie liscia dei denti, iniziò a ripetere nella propria testa che era meglio tardi che mai. 

 

Meglio tardi che mai. 

 

Meglio tardi che mai. 

 

Il suo interesse, la sua dolcezza e le sue attenzioni erano meglio del nulla, anche se erano apparse troppo tempo dopo il momento in cui ne aveva avuto realmente bisogno. 

 

-Sono dei bravi ragazzi. Hanno molto da lavorare ma almeno sono umili. Ricevono molto bene i consigli e si impegnano al massimo durante le lezioni. 

 

Mentre suo padre replicava con un verso di approvazione e parole incoraggianti, la sua testa iniziava a vagare per quei lidi che l'avevano incastrata in meccanismi pericolosi durante la sua adolescenza. Doveva tornare indietro. 

 

Meglio tardi che mai. 

 

Meglio tardi che mai. 

 

-E invece come stanno Savannah e Jewel?- chiese, un lieve sorriso stampato sulle labbra. 

 

-Stanno bene. Girls, Yona is asking about you (Ragazze, Yona sta chiedendo di voi).

 

In sottofondo, si udirono le due voci animate che rispondevano entusiasticamente avvicinandosi il più possibile al microfono. 

 

-Salutale da parte mia. Jewel dovrebbe ormai essere al liceo, giusto?

 

La donna piegò il capo all'indietro, lasciando che i suoi occhi si piantassero sul soffitto chiaro. Non aveva alcun tipo di risentimento verso la ragazzina. Non era colpa sua se suo padre se n'era andato. Non era colpa sua se lui e sua madre, pur essendo anime gemelle, non funzionavano insieme come esseri umani e avevano preso a consumarsi a vicenda. Perché, seppur separatamente fossero persone fantastiche, quando erano insieme tiravano fuori il peggio l'uno dall'altra. Yona, questo, lo capì solo molto dopo con gli anni, ma quando lo fece ebbe modo di ammettere finalmente a se stessa che allontanarsi era stata la migliore decisione per il bene di entrambi. 

 

Non era colpa di Jewel neppure che suo padre aveva ritrovato l'amore in un'altra donna e che l'aveva messa incinta dopo essersi trasferito negli USA e aver conseguentemente trascurato la figlia che già aveva. E, sulla stessa linea, non era colpa neppure di Savannah. Mentre, negli anni dell'adolescenza, Yona aveva odiato la donna con ogni cellula del suo corpo, quando era venuta in America per frequentare il college e aveva avuto modo di incontrarla di persona, di apporre un volto alla vipera che nella sua testa aveva rubato suo padre, non aveva più potuto trattenere nel suo cuore il risentimento. Savannah era una donna adorabile. Era dolce e generosa e l'aveva trattata con riguardo ogni volta che aveva visitato casa sua. Aveva perfino deciso di dedicare una stanza della loro casa a farne una camera da letto per lei, per le occasioni in cui li andava a trovare e rimaneva per qualche giorno. 

 

Yona lo aveva capito. Dopo anni di odio, rancore e sofferenza aveva raggiunto la fine del viaggio in cui aveva finalmente fatto pace con il fatto che non era colpa loro. Non era colpa di nessuno. 

 

E non era colpa sua. 

 

Suo padre non l'aveva abbandonata perché, secondo il mondo, lei era difettosa. Non se n'era andato per quello che lei era, per la condizione nella quale era nata. 

 

Non era colpa sua se sua madre aveva sofferto per anni. 

 

Non era colpa sua. 

 

-Ha già sedici anni. Cielo, tra poco prenderà la patente...- borbottò l'uomo, probabilmente passandosi una mano davanti al viso in un gesto di apprensione. Yona sorrise appena. 

 

-Stai tranquillo, è una ragazza affidabile. Sono sicura che non diventerà un pirata della strada come me. 

 

L'uomo ridacchiò appena e la donna percepì una pausa nella sua voce. Una pausa incerta e inquieta. 

 

-Tua madre? 

 

Yona, emettendo uno sbuffo ironico dal naso, chiuse le palpebre. Lo sapeva che sarebbe arrivata. 

 

La fatidica domanda. 

 

-La mamma è la mamma. Sai come funziona. "Perché non conosci qualcuno", "Perché non vai a lavorare in America" eccetera. 

 

Suo padre non replicò, limitandosi a far schioccare la lingua in un verso che, anche se non voleva, esprimeva il suo disappunto. Rimasero a chiacchierare per una buona mezz'ora raccontandosi le varie novità, saltando da un argomento all'altro come erano soliti fare fino a che non si stabiliva un silenzio che determinava la fine della conversazione. 

 

-Va bene, scricciolo. Tienimi aggiornato sul nuovo lavoro e vedi di venirci a trovare se dovrai seguirli in America, chiaro? 

 

-Ricevuto- rispose con tono lievemente divertito. 

 

-Ciao pa', saluta ancora le ragazze. 

 

La voce dell'uomo si fece più calda mentre si scambiavano i saluti finali e, quando Yona chiuse la telefonata, ogni traccia di sentimenti amari si era sciolta dalla sua mente. Scorrendo distrattamente sulla schermata, abbassò la tendina delle notifiche mentre contemplava la possibilità di passare da Houston quando avrebbe dovuto accompagnare il gruppo di idol per il giro di promozione per il nuovo album. I suoi occhi, per un istante, si soffermarono sul titolo dell'articolo di Google news che era comparso sullo schermo, sottraendola ai suoi pensieri. 

 

Aumento nella percentuale di solitari nella popolazione mondiale. Le statistiche riportano un...

 

Premendo il dito sulla croce, la notifica venne cancellata immediatamente, lasciando lo schermo libero. La donna abbandonò il telefono sul divano e riprese in mano i suoi appunti mentre la grafite ricominciava a scribacchiare sulle pagine. 

 

 

 

 

Yoongi non l'aveva ascoltata. 

 

Non l'aveva fatto la sera che gli aveva avanzato la richiesta e non l'aveva fatto neppure quelle seguenti. Diana strinse le labbra tremanti e deglutì, forzando la bile a ritornare nel suo stomaco. Per la ventesima volta, toccò il cellulare per guardare l'orario. 

 

Le tre mattino. Le stupidissime tre del mattino e ancora non era tornato. 

 

Ogni notte era la stessa storia. Ogni notte rimaneva rintanato nello studio e non tornava a casa fino alle quattro, come minimo. Era per il suo mixtape, lo sapeva. Dovendo lavorare contemporaneamente al comeback del gruppo, era costretto a fare tardi per finire il suo progetto personale. 

 

Lo capiva.

 

E sapeva che lui ci teneva molto, che continuava a posticiparne la pubblicazione perché continuava a incontrare ostacoli e a sentirsi insoddisfatto del risultato. Sapeva che la sua anima gemella, perfezionista come era nei confronti del suo lavoro, non riusciva a convivere con il pensiero di rilasciare qualcosa che non fosse della massima qualità. 

 

Lo capiva. 

 

Ma la sua mente non capiva. La sua mente era irrazionale e paranoica. Girava in tondo su un unico pensiero, attaccandosi a congiure spropositate e assurdità. La costringeva a vivere visioni di cose non successe, a convincersi di realtà che non esistevano. 

 

-Prenditi cura di lui, mmh? 

 

Ogni volta che serrava le palpebre nel buio della camera da letto, Yoongi era una figura pallida e sudata, con lo sguardo vitreo e le labbra bianche. La guardava e le rivolgeva quella domanda, ancora e ancora e ancora. 

 

Non era reale. 

 

-Hyung, perché hai smesso di trattare la sua ferita? 

 

Taehyung aveva grandi occhi carichi di lacrime. Guardavano qualcosa. Sangue. 

 

L'addome di Yoongi sanguinava. 

***

Diana lo sentì arrivare. Aprendo le palpebre sfarfallanti, prese a frugare nel cassetto del suo comodino. La sua mano si scontrò con penne, bigliettini e segnalibri ma sembrava non riuscire a incontrare l'oggetto della sua ricerca. 

 

E i respiri si facevano più corti. 

 

Più corti. 

 

La testa leggera, priva di ossigeno, andava in paranoia. 

 

Finalmente, la sua mano incontrò la boccetta di vetro e la estrasse dal cassetto. Quando Diana fece per mettersi a sedere, però, il suo corpo protestò. 

 

-Seokjin-hyung? 

 

-Perché non sta sbattendo più gli occhi? 

 

Le dita arpionarono il petto ansimante della ragazza. I respiri era corti, sempre più corti, più corti, più corti. Non aveva aria. La mano tremante tentò di aprire la boccetta, ma i suoi occhi erano offuscati dalle lacrime. 

 

E vedevano sangue. 

 

Diana strizzò le palpebre. Si forzò a compiere respiri più profondi ma senza successo. 

 

"Non è reale, non è reale, non è reale, non è reale..." 

 

-Non è successo... non è successo davvero... non può essere successo! 

 

Hoseok piangeva. Perché Hoseok piangeva? Diana non voleva che Hoseok piangesse. Non era reale. Yoongi stava bene, era nel suo studio, stava lavorando, sarebbe tornato a casa da lì a poco e sarebbe entrato appoggiando lentamente la porta per non svegliarla, si sarebbe cambiato velocemente al buio e si sarebbe infilato nel letto e avrebbe allungato le mani verso di lei e l'avrebbe abbracciata molto lentamente credendo che stesse dormendo e... 

 

Diana respirò ma i respiri erano così corti. 

 

Così corti. 

 

Le pareva di morire. 

 

Era come essere sott'acqua e sentire l'aria uscirle dai polmoni e la vita scivolare via dal suo corpo e la mente perdere sempre più lucidità. 

 

Era come soffocare. Come se qualcuno le stesse premendo la trachea tagliandole le vie respiratorie. 

 

Si sentiva morire e morire e morire e morire e morire e la boccetta era nella sua mano ma la sua mano tremava e il suo petto ansimava e le sue dita persero la presa sulla boccetta e la boccetta affondò sulla moquette senza emettere un suono mentre la stanza era piena dei singhiozzi della ragazza. 

 

Yoongi era morto. 

 

Ecco perché non era lì con lei. 

 

Yoongi era morto. 

 

Era morto. 

 

Non c'era più. 

 

E lei era sola. 

 

I ragazzi era soli. 

 

Lei doveva fargli forza. 

 

Yoongi non c'era più. 

 

Diana allungò una mano al pavimento, le dita distese fino a fare male e sentì le unghie tintinnare contro il vetro della boccetta. Tremante e trattenendo i conati di vomito, si sedette sul letto e accese l'abat-jour. 

 

Yoongi non era morto. 

 

Le gocce iniziarono a scendere nel bicchiere che teneva sul comodino, alcune mancando di entrare nel recipiente a causa del tremolio della sua mano. 

 

Yoongi stava bene. 

 

Una, due, tre, quattro gocce. 

 

Yoongi non era morto. 

 

Cinque, sei, sette... forse troppe. 

 

Diana afferrò il bicchiere e inghiottì. I respiri, lentamente, si placarono. Il tremore rimase a farle compagnia, ma gli ansimi cessarono e le permisero di asciugarsi le lacrime incrostate negli occhi.

***

La sua mano si mosse verso il telefono. Nonostante ciò, una volta afferrato l'oggetto, si bloccò. 

 

A che scopo chiamarlo?

 

"Yoongi, ho avuto un attacco di panico. Porta le tue stupide chiappe qua perché ho bisogno di te."

 

Semplice. Eppure erano quattro mesi che ne soffriva. Quattro mesi che non riusciva a confrontarlo e dirgli la verità.

 

Se a lui fosse importato qualcosa, però, sarebbe stato lì. Sarebbe stato al suo fianco. E invece non c'era. Aveva scelto il lavoro. Anche quando gli aveva chiesto di tornare a casa presto, non l'aveva ascoltata. 

 

A lui non importava di lei.

 

A lui non importava.

 

La amava, almeno? 

 

E se, quando aveva detto di amarla, stava mentendo? 

 

E se lo aveva fatto solo per dovere nei suoi confronti, perché era la sua anima gemella? 

 

A Yoongi non importava... 

 

Diana si morse violentemente il labbro inferiore, percependo rapidamente il sapore ferroso diffondersi nella sua bocca. Un'atto drastico ma che almeno le aveva dato l'opportunità di interrompere il pericoloso treno di pensieri che stava iniziando a ripartire nella sua mente. Con le dita rigide, sollevò il telefono e toccò il suo nome. 

 

Uno squillo. 

 

Due squilli. 

 

Tre squilli. 

 

Dieci squilli. 

 

Nessuna risposta.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ed ecco finalmente svelato il segreto di Diana. In base alle teorie che mi avete esposto, pare che nessuno si aspettasse che fosse questo il segreto che nascondeva a Yoongi (sorry a tutti quelli che si aspettavano una pagnotta nel forno 🤷🏻‍♀️ niente baby Suga per ora). Cosa ne dite? Non è un segreto così eclatante, però è sicuramente una cosa che la fa soffrire molto e per cui avrebbe bisogno dell’aiuto e del supporto di quelli che le stanno intorno. Purtroppo, molto spesso quando si tratta della nostra salute mentale tendiamo a sottovalutare il problema o pensare che possiamo superarlo da soli, se non addirittura credere di essere un peso per i nostri cari. Diana perciò ha il terrore di essere rigettata e Yoongi, dal canto suo, è troppo distratto dal lavoro per accorgersi del problema. 

 

Inoltre, abbiamo iniziato a vedere un po’ del background di Yona e i suoi problemi famigliari. Penso che la sua storia possa riecheggiare abbastanza anche nella realtà e che le sue reazioni e i suoi problemi siano in conformità con l’esperienza di molti, perciò mi piace molto rivelare sempre di più di lei e il suo passato. 

 

ANNUNCIO IMPORTANTE: la prossima settimana non sarò in grado di pubblicare il capitolo. Purtroppo è un periodo un po’ pieno e non faccio in tempo a scriverlo. Inoltre, sto andando in burn out perciò forse avrò bisogno di una pausa in modo che la qualità dei capitoli non ne risenta. Voi vi meritate il meglio della mia scrittura e sto iniziando a sentire la fatica creativa, anche perché pure nel mese di pausa precedente alla pubblicazione di Solitary invece che riposare ho passato il tempo a revisionare la vecchia storia e preparare i dettagli di questa perciò non ho avuto veramente modo di staccare. Spero che potrete capire. Per il momento, rimarremo a una settimana di pausa, nel caso decida di estendere il periodo pubblicherò un capitolo in cui ve lo comunicherò. 

 

Grazie mille per il vostro supporto ♥️

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Capitolo 13
*** 11. One of us ***


Quando la sveglia suonò, Yoongi grugnì con quello che, probabilmente, fu il verso più infastidito che avesse mai emesso in tutta la sua vita. Quanto aveva dormito? Tre ore? Al diavolo, come poteva un essere umano funzionare correttamente con sole tre stupidissime ore di sonno? Non poteva, ecco la risposta. E Yoongi non avrebbe potuto incolpare nessun altro a parte se stesso. 

 

Era vero che se non fosse stato così sotto pressione per il comeback imminente durante il giorno, non avrebbe dovuto lavorare sul mixtape fino a tardi la notte. Ed era vero che i vari intoppi che avevano spostato la pubblicazione di quest'ultimo non dipendevano da lui. Nonostante ciò, era anche colpa sua per averci messo quattro anni per creare il suo secondo progetto individuale ed era sempre colpa sua per essere sempre così insoddisfatto del suo lavoro, così ansiosamente insicuro perché l'eventuale fallimento questa volta sarebbe ricaduto interamente su di lui. 

 

Quindi sì, era anche colpa sua se aveva dormito solo tre ore quella notte, come anche le precedenti, pur sapendo che il giorno dopo la sveglia sarebbe suonata alle sette, immancabile come ogni mattina. Yoongi, perciò, grugnì ancora una volta prima di stropicciarsi il viso e allungare le braccia per affondare nel confortante calore della sua anima gemella prima di essere fiondato nel gelido ambiente che lo attendeva fuori dalle coperte. Le sue mani, però, non trovarono la vita della giovane. Il suo viso non affondò nel suo collo candido, seppellito da onde di oro. Il suo petto non aderì alla sua schiena, permettendo ai loro corpi di scambiarsi il tepore del legame in un momento di estasi dell'anima. 

 

Lei non c'era. 

 

Yoongi, con un broncio dipinto sulle labbra, passò distrattamente le mani sulle lenzuola ma nessun calore residuo sembrava essere rimasto intrappolato nel tessuto. Si doveva essere alzata da un po'. Rotolando sulla schiena e fermandosi a contemplare il soffitto mentre faceva tacere il prurito insoddisfatto delle sue dita e del suo petto, afferrò il telefono. 

 

Chiamata persa da: Di

H 03:06

 

Quando si era accorto della chiamata persa stava ormai già uscendo dallo studio, perciò decise di non richiamarla. Ogni notte in cui Yoongi tornava a casa la trovava sempre addormentata, perciò dava per scontato che non si accorgesse a che ora tornasse. Credeva che avvisarla l'avrebbe svegliata e lei ultimamente appariva sempre così stanca che, pensò, non avrebbe voluto disturbarla per nulla al mondo.

 

Sollevandosi con uno sbuffo, si stropicciò il viso dirigendosi nella sala da pranzo al suono di voci assonnate e sbadigli fin troppo rumorosi. Passò davanti al tavolo contemplando le uova strapazzate, il kimchi e il pane e marmellata di qualcuno, constatando assenti e presenti alla colazione: come al solito, mancava Jungkook, che doveva ancora essere nel regno dei sogni o incastrato in una doccia lunga un'eternità. E, ovviamente, mancava Seokjin.

 

Fino a un anno prima, Yoongi avrebbe trovato la figura dell'uomo immancabilmente installata davanti al fornello, intenta a prepare il pasto per tutta la ciurma di affamati con borbottii contrariati e una frangia spampanata su occhi assonnati. Era strano, non averlo lì. Era sbagliato non alzarsi alla mattina al suono delle sue lamentele e i suoi rimproveri acuti, per quanto fastidiosi potessero essere. Era sbagliato non doversi sorbire le sue pessime battute e non replicargli con un'imprecazione colorita. Jin era quella figura così ingombrante, così rumorosa e così maledettamente importante che la sua assenza era assordante. 

 

Infatti, quando Yoongi si affacciò sulla porta della cucina, vide solo la sua anima gemella piegata sui fornelli, i lunghi capelli dorati sollevati da un fermaglio e il busto divorato da un maglione oversize color ocra. E lui, finalmente, poté allungare le mani per inglobare quel calore che il suo corpo e la sua mente desideravano con così tanta smania, circondando la vita della ragazza. 

 

-Buongiorno- borbottò con voce altalenante a causa del sonno. 

 

Diana non si voltò verso di lui. 

 

Non piroettò nel suo abbraccio per intrecciare le mani dietro al suo collo e giocare con i suoi capelli scompigliati, prima di stampargli sulle labbra il bacio del bensvegliato.

 

-Buongiorno- replicò invece, la voce atona e priva di emozione. Yoongi, contraendo le labbra, strinse ancora di più le braccia attorno alla ragazza. 

 

"È arrabbiata."

 

-Ho visto che mi avevi chiamato ieri not... voglio dire, stamattina. Avevo le cuffie e me ne sono accorto solo quando me ne stavo andando.

 

Era quello il problema, giusto? Sperava di averci azzeccato perché Dio solo sa quanto trovava impossibile decifrare la sua anima gemella. 

 

-Non era importante. Mi ero solo svegliata all'improvviso e avevo visto che non eri ancora tornato perciò ti volevo semplicemente chiedere a che punto eri- rispose lei, gli occhi sfuggenti e le dita freneticamente occupate a tagliare le verdure per la sua colazione. Yoongi contrasse le sopracciglia. Quindi non era quello il problema, dal momento che lei pareva ancora contrariata. Oppure sì? Accidenti, era così difficile capire quali parole usare e cosa chiedere! 

 

-Mi dispiace aver fatto tardi. Quando inizio a lavorare perdo il senso del tempo e prima che me ne accorga si fanno le quattro- si affrettò a replicare allora. 

 

-Non ti preoccupare, lo capisco. 

 

Dal tono privo di sincerità e dal viso sfuggente di lei, doveva aver fatto un altro buco nell'acqua. Yoongi, allora, prese a strofinare il naso contro il suo collo, uno dei rari gesti di intimità che si permetteva di compiere in un ambiente dove vagavano indisturbati anche i suoi stupidi amici, beandosi del calore che irradiò ancora più generosamente nelle sue membra. Tale sublime sensazione, però, fu inacidita dalla contrazione involontaria che percepì sotto alle sue dita. 

 

Lei... voleva allontanarsi.

 

Il suo corpo si stava ritraendo da lui. 

 

Il giovane si morse il labbro, cercando freneticamente nella sua testa le parole giuste per capire dove nasceva il turbamento della sua anima gemella, quando un'imbarazzato raspare di gola li fece voltare entrambi. E dovevano possedere delle espressioni seriamente scioccate, dato che Seokjin abbassò lo sguardo, prima di toccarsi il collo in un gesto di distrazione. 

 

-Scusate, non vi volevo interrompere. Volevo solo... vedere se era rimasto qualc-

 

-Sì! Prendi quello che vuoi!

 

La risposta della sua anima gemella forse arrivò troppo in fretta e risultò troppo entusiastica ma, d'altronde, Yoongi avrebbe agito alla stessa maniera. Erano mesi che Jin non compariva più in cucina e non si avvicinava anche solo minimamente a Diana. Vederlo lì, sulla soglia della stanza, seppur imbarazzato e apparentemente fuori posto, era una visione surreale. Dopo un impacciato gesto di assenso, il maggiore si avvicinò al fornello e iniziò silenziosamente a prepararsi una ciotola di riso con qualche fetta di carne e verdure. 

 

Mentre lasciava la stanza velocemente, gli occhi di Yoongi non lasciarono per un istante la sua figura. 

 

Seokjin-hyung era uscito dalla sua stanza.

 

Seokjin-hyung avrebbe fatto colazione con loro, al loro stesso tavolo. 

 

Sembrava una cosa così stupida eppure... perché sembrava un sogno? 

 

-Io vado. Voglio essere lì un po' prima dell'inizio delle prove per riscaldarmi. 

 

In un istante, la sua attenzione tornò a calamitare sulla sua anima gemella, che portò lo sguardo lontano da lui mentre prendeva la piccola borsa a tracolla a cui non rinunciava neanche per un giorno. 

 

Maledizione, doveva dire qualcosa. Qualsiasi cosa! 

 

"Va tutto bene?"

 

"Sei arrabbiata?" 

 

"Ti ho ferita in qualche modo?"

 

Ma lei sparì ancora prima che potesse aprire la bocca, un semplice saluto mormorato di fretta mentre lasciava la stanza per andare ad afferrare il suo violoncello e neppure uno sguardo fugace prima di andarsene. E Yoongi si ritrovò stupidamente a sentire la mancanza del bacio che gli lasciava sempre a fior di labbra prima di salutarlo. Era quasi ironico come era cambiato dalla prima volta che l'aveva incontrata. 

 

 

 

Fu dal primo istante in cui i suoi occhi si posarono su di lei che Yoongi capì che c'era qualcosa di diverso.

 

Quella mattina in cui caracollava per i corridoi del vecchio edificio della Big Hit con un caffè stretto in mano e le palpebre semichiuse prima di scontrarsi con Pdogg, uno dei loro produttori discografici, e rischiare quasi di versargli la bevanda addosso. 

 

-Yoongi-ah, che cosa ci fai ancora qua? Dobbiamo incontrare quella violoncellista inglese per registrare! 

 

L'interessato, seppellendo uno sbadiglio dietro alla mascherina scura che gli copriva la bocca, posò placidamente lo sguardo sull'uomo mentre prendevano a camminare insieme verso la sala registrazione. 

 

-Ah sì? 

 

-Te n'eri dimenticato?- lo punzecchiò ironicamente il produttore, guardandolo con espressione di sfida. Yoongi sollevò gli occhi al cielo. 

 

-Mi era passato di mente. Sapevo a che posto e a che ora presentarmi e sapevo che c'era qualcosa d'importante, questo mi bastava. Tu che scusa hai per essere in ritardo?- replicò con fare canzonatorio a sua volta, lanciando uno sguardo divertito verso l'uomo. Questo, sbottando irritato, incrociò le braccia al petto. 

 

-Ehi, ti hanno mai detto di mostrare rispetto ai tuoi subaenim? 

 

Yoongi si aprì in un ghigno divertito, abbassando la mascherina per sorseggiare il caffè ghiacciato. 

 

-Chiedo umilmente perdono, sunbaenim. 

 

Mentre voltava l'angolo del corridoio affiancato da un contrariato Pdogg che mormorava fra sé un "Piccolo impertinente", gli occhi del ragazzo si concentrarono sui cubetti di ghiaccio che fluttuavano nella sua bevanda scura. La loro lucida superficie rifletteva perfettamente le luci del soffitto, creando curiosi pattern e ipnotizzando la sua mente ancora addormentata fino a distoglierlo dall'ambiente circostante. 

 

-Ah, hello! Sorry to... make you... ehm, wait!

 

Yoongi sollevò un sopracciglio mentre puntava lo sguardo sul viso imbarazzato di Pdogg, intento a spiaccicare qualche parola in un impacciato inglese. L'uomo stava salutando una figura davanti a loro. Una figura che Yoongi poté davvero contemplare solo dopo aver voltato il capo. 

 

E... lei era lì. 

 

Il braccio del giovane si fermò a mezz'aria non appena i suoi occhi si appoggiarono su di lei. Perché qualcosa stava spingendo le sue mani a protendersi in avanti e... e cosa? 

 

Quella ragazza in piedi di fronte a lui, con lunghi capelli dorati contorti in morbide onde e occhi più splendenti dell'acquamarina, un viso tondeggiante e pallido, appena arrossato sulle guance, e un corpo dalle curve gentili... 

 

Perché sentiva l'irrefrenabile tentazione di... toccarla? Allungare la mano, sfiorare con le dita le gote purpuree e accarezzare il naso delicato? 

 

Qualcosa non andava. 

 

Yoongi non era un tipo istintivo. E sopratutto non era un tipo fisico. Non amava il contatto con gli estranei. Diamine, a malapena lo sopportava con le persone a cui voleva bene! Ma Yoongi non era neppure uno da colpo di fulmine. Non credeva nell'immediata attrazione fisica, nella scintilla di passione che faceva scoccare l'amore. Stupidaggini. L'amore era frutto di fiducia e intimità, aspetti che si guadagnano solo con tempo e conoscenza. 

 

Il tutto, però, parve perdere di significato quando vide Pdogg allungare la mano per stringere quella di lei mentre scambiavano i convenevoli di rito con l'aiuto di un traduttore. E nel momento in cui la ragazza si voltò verso di lui, la sua mente si svuotò. 

 

Cavolo. 

 

Cosa doveva dire? 

 

-Yoongi-ssi, questa è Diana. Diana, this is one of the rappers of the group that you will work for (Diana, questo è uno dei rapper del gruppo per cui lavorerai)- pronunciò il traduttore. 

 

Si chiamava Diana.

 

Il nome prese a rotolare nella testa vuota di Yoongi come una biglia di vetro, che percorreva placidamente il pavimento catturando a tratti la luce del sole. 

 

Diana. Era un bel nome. Un nome che le donava, per qualche motivo. 

 

E Yoongi ebbe appena la fermezza mentale di fare un cenno col capo e allungare la mano a imitazione di Pdogg, pronto a stringere quella di lei. 

 

La mano pallida della ragazza sconosciuta che lo attirava a sé come una falena verso la luce. 

 

E quando le loro pelli si toccarono, Yoongi si diede dello stupido.

 

Perché era ironico che non credesse nel colpo di fulmine, quando il legame che condivideva con la sua anima gemella era il tocco di Zeus.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

BAM! Come state? Vi sono mancata? Voi sì. Stare lontana da voi per una settimana mi ha ricordato perché non vedo mai l'ora che sia mercoledì per poter vedere le vostre reazioni e per poter sclerare insieme a voi. Perciò eccomi tornata in gran stile! Che ne dite? Come lo vediamo adesso Yoongi? Ovviamente non possiamo scusare il fatto che abbia trascurato Diana, ma forse adesso lo capiamo un po' meglio. E la prossima volta vedremo ancora la formazione del loro legame che, se devo essere sincera, è quello che mi ha divertito di più inventare! Fra tutti i legami utilizzati, questo è infatti uno dei pochi che ho inventato io di sana pianta (gli altri erano legami che già esistono nell'ambito dei soulmate au e che sono già stati ampiamente usati da altri autori). Che dite? Siete curiosi?

 

Ps: ho un'idea per una one shot che mi rotola in testa da qualche settimana e dato che sarò in ferie dal 3 forse potrei mettermici e scriverla. Non è nata per essere collegata al JU ma penso che potrei creare un collegamento comunque. Sarebbe una sorta di rivisitazione di Alice nel paese delle meraviglie ma senza i classici personaggi e le stesse dinamiche. In questo caso, mostrerei la storia dei quattro re delle carte: il re di picche, il re di cuori, il re di quadri e il re di fiori. Che dite? Vi piacerebbe vederla?

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Capitolo 14
*** 12. Yours forever ***


Quando riprese conoscenza, si trovava già sul pavimento con il corpo in preda alle convulsioni. 

 

Doveva avere avuto un momento di blackout, perché non ricordava di essere caduto né ricordava il momento esatto in cui le scintille avevano iniziato a camminare lungo la sua pelle. Nell'istante in cui riaprì gli occhi, infatti, i lampi azzurri avevano già divorato tutto il suo corpo e la sua testa stava sbattendo contro il pavimento. 

 

Dannazione. 

 

Forse avrebbe dovuto prestare attenzione a quei depliant che gli aveva consegnato il dottore quando aveva fatto gli esami del sangue per scoprire il suo legame. Avrebbe dovuto prestare attenzione anche a quei video del ministero della salute a cui la scuola lo sottoponeva regolarmente sul primo soccorso e le manovre di sicurezza per legami ad alto rischio come il suo. Invece che addormentarsi sul banco o scribacchiare bars sul quaderno di matematica, forse avrebbe dovuto ascoltare. 

 

Cosa diavolo dicevano quegli stupidi video? 

 

La sua testa non riusciva a pensare. Era difficile attraversare la coltre di bruciore che gli faceva contrarre i muscoli strappandogli grida di dolore e togliendoli ogni traccia di lucidità. Sentiva i denti sbattere violentemente a causa delle convulsioni e la testa continuava a scontrarsi pericolosamente con il pavimento. Il problema era che anche solo muovere un dito sembrava un'impresa immane. 

 

-Yoongi, devi andare da lei! Vai da lei! 

 

La voce di Pdogg penetrò per un momento la barriera di assoluto dolore che aveva annebbiato il suo cervello, facendogli riaprire gli occhi per guardare le figura sdraiata davanti a sé. Il corpo avvolto in una larga salopette era accartocciato su se stesso mentre sulla sua superficie scintille azzurre correvano impietosamente, ma sembrava riuscire a contenere al minimo le convulsioni grazie al fatto che aveva fermato la testa con le mani e si era incastrata in una posizione fetale. Giusto, assicurare il capo con gli arti. Era il punto uno di quei video di primo soccorso... almeno credeva. Yoongi non ebbe modo di meditarci su. Forzando le sue braccia a sollevarsi con un grugnito sofferente, riuscì a chiudere le mani sulle sue orecchie e a bloccare lo sbattere del suo cranio contro il pavimento. Senza il costante martellare nella testa, iniziava a vedere un po' più lucidamente attorno a sé. Bene, qual era il secondo punto? Impedire di mordersi la lingua... per... non soffocare? 

 

Accidenti. Avrebbe davvero dovuto prestare attenzione. 

 

Yoongi strinse la mandibola, serrando i denti in una morsa e fermando così lo sbattere frenetico che gli stava shakerando il cervello. 

 

-Yoongi, devi andare da lei! Sta arrivando l'ambulanza ma vi dovete avvicinare! 

 

Il giovane fu appena in grado di schiudere le palpebre. Anche se le convulsioni erano contenute grazie alla presa ferrea delle sue mani, il bruciore continuava a percorrergli ogni fibra del corpo in ondate che lo seppellivano sull'orlo dell'incoscienza, rendendo ogni pensiero sensato infinitamente difficile da formulare. Quando i suoi occhi si posarono sul corpo di lei, però, un lampo di lucidità attraversò la sua mente. 

 

Lei aveva mollato la presa sulla sua testa e aveva iniziato ad allungare le braccia sul pavimento nella sua direzione. Il suo volto era contorto dallo sforzo e dai grugniti di dolore ma non sembrava spegnere la sua determinazione. Facendo aderire i palmi al parquet chiaro, si trascinò in avanti di qualche centimetro mentre un grido sfuggiva dalle sue labbra schiuse. 

 

"Fai qualcosa, stupido!" 

 

Yoongi, mantenendo la mandibola serrata, sibilò mentre abbassava le mani. Quella era la sua anima gemella. La sua anima gemella che aveva bisogno di lui. La sua anima gemella stava soffrendo. Doveva raggiungerla. Doveva toccarla. Doveva stringerla per proteggerla dal dolore. 

 

Fu allora che la razionalità si fece da parte per lasciar posto all'istinto. Istinto che lo spinse ad allungare gli arti ignorando il bruciore ancora più pressante, portandolo a trascinarsi in avanti usando il sudore dei suoi palmi per incollarsi al pavimento e usarlo come appiglio per strisciare, centimetro dopo centimetro. Lo portò a flettere i muscoli nonostante il dolore si facesse accecante, perché ogni movimento amplificava gli spasmi. E quando piegò le gambe per spingersi ancora più in avanti e fu in grado di avvicinarsi a lei fino a esserle a un palmo dal viso, le scintille divennero più furiose sui loro corpi, strappando a entrambi grida violente. E man mano che si avvicinavano, la sua visione non faceva che accecarsi di bianco e di quei puntini che gli ricordavano gli schermi dei vecchi televisori quando si bloccavano su un canale non funzionante. 

 

Ma erano così vicini che non poteva rinunciare. 

 

Lei era a un soffio dal suo corpo. Allungando la mano, l'avrebbe finalmente potuta toccare. Avrebbe potuto avvolgerla nel suo abbraccio e cancellare il dolore. Perciò, digrignando rabbiosamente i denti, fece l'ultimo sforzo. Estese il braccio davanti a sé, verso il volto arrossato dalle lacrime di dolore seppellito da ciocche scompigliate. Le labbra delicate di lei si aprirono in un grido silente, perché il dolore era così acuto che la voce non riusciva più neppure a uscire dalla loro gola. 

 

E, infine, la toccò. 

 

Doveva avere avuto un altro blackout perché, quando riaprì gli occhi, le sue braccia avvolgevano il busto della ragazza e la sua mano aveva assicurato il capo di lei sulla sua spalla. Il suo intero corpo sembrava essersi mosso per creare un bozzolo attorno alla sua anima gemella, seppellendola nella sua stretta protettiva che culminava con il proprio mento appoggiato alla sua testa di onde dorate. 

 

E mentre respiri affannosi sibilavano fuori dalle sue labbra e il fantasma del dolore gli faceva ancora contrarre involontariamente i muscoli stremati, le sue pupille appannate videro le strisce catarifrangenti della divisa isolante dei soccorritori. 

 

-Yoongi, non le faranno del male, sono qui solo per mettervi sulla barella. 

 

Le parole di Pdogg non avevano senso nella sua testa, finché non si accorse di aver stretto ancora di più le braccia attorno alla ragazza, nascondendola allo sguardo dei due uomini che si stavano avvicinando cautamente a loro, e ringhiando come un animale sulla difensiva. 

 

Si forzò a distendere appena i muscoli in modo da allentare la presa su di lei, ma non appena gli uomini si inginocchiarono al loro fianco mormorando con gentilezza quello che avrebbero fatto, sentì il suo corpo tendersi di nuovo istintivamente. 

 

-Non ti preoccupare, non vi separeremo. Tu tienila stretta per tutto il punto, noi faremo in modo di mettervi sulla barella insieme. Può andare? 

 

Yoongi percepì la metà delle parole del soccorritore più anziano, ma annuì comunque trattenendo il senso di nausea che conseguì. Quello che aveva capito era: "tienila stretta". E quello avrebbe fatto. Lasciando che le sue palpebre si chiudessero sotto alla pressione del suo corpo esausto, strinse le braccia attorno al corpo della ragazza, percependo il viso di lei incastrarsi nell'incavo del proprio collo e le sue mani allacciarsi dietro alla propria schiena. 

 

E, per la prima volta, lo sentì. Sentì il tepore del legame distendergli la mente e navigare fra di loro come un mare, circondandoli in un abbraccio suadente e cullarli fino a che la sua coscienza non scivolò via in un dolce sonno. 

 

 

 

Quando Yoongi aprì gli occhi, gli parve di aver dormito per una giornata intera avvolto in un morbido piumone. Non ricordava quanto tempo fosse passato da che non si era svegliato con il corpo così riposato. Erano secoli che non si faceva una dormita così soddisfacente, che lo faceva alzare carico di energie e con la voglia di fare qualcosa della sua giornata. Eppure, nel momento in cui il suo sguardo si focalizzò sulla visione davanti a lui, constatò che non si trovava nella sua stanza nel dormitorio. Non era neppure in quella che sembrava una camera d'hotel. 

 

Le pareti azzurrine potevano ancora dargli l'illusione di essere in un ambiente qualsiasi, ma la sacca appesa al braccio metallico e connessa a un tubicino trasparente gli diede la conferma che, effettivamente, si trovava in ospedale. Sentiva a malapena il fastidio della flebo incastrata nel suo braccio e fissata con un cerotto, ma l'odore di sterilizzante delle coperte gli colpì le narici al punto da trasmettergli un'ondata di nausea. Sotto a quelle coperte, però, non era solo. Quando abbassò gli occhi, notò l'ultimo dettaglio piuttosto importante: la ragazza addormentata stretta fra le sue braccia. La ragazza dalle onde dorate e il viso pallido. La ragazza che voleva toccare con così tanta smania. 

 

La sua anima gemella. 

 

Yoongi deglutì rumorosamente. La sua anima gemella. Non sapeva se era pronto ad aprire quel capitolo della sua vita. Tutto quel concetto del "la persona destinata a essere la tua metà" non gli era mai andato particolarmente a genio. Lui amava scegliere per se stesso. Non apprezzava quando altri assumevano il controllo sulla sua vita. Non sopportava particolarmente quando la decisione gli veniva tolta dalle mani, sopratutto una di questa entità. 

 

La persona che sei destinato ad amare. 

 

Perché qualcun altro avrebbe dovuto fare una scelta simile al posto suo? Non si può predestinare qualcuno a sviluppare dei sentimenti, non era così che funzionavano gli esseri umani. E, in effetti, non era così che funzionava neppure il legame. Secondo la scienza moderna, amplificava semplicemente l'attrazione fisica, creava un piacevole collegamento fra i due corpi grazie alla compatibilità delle cariche elettriche delle due metà. Ma una società erede di secoli di indottrinamento non la vedeva alla stessa maniera. Il legame delle anime gemelle era sacro. Era indissolubile e doveva necessariamente funzionare. Doveva creare un'unione perfetta e nessuno poteva contrastare la sua avanzata. Poco importava se univa un'uomo violento a una donna succube. Poco importava se associava assassini, sociopatici, pedofili e stupratori a gente normale, che meritava una vita normale e un'amore sano. 

 

Il giovane, quindi, non era mai stato smanioso di trovare la sua metà. Non quanto Jin, che ambiva a trovare la persona su cui avrebbe potuto riversare tutto il suo generoso amore e non quanto Jimin, che pensava al momento in cui avrebbe potuto condividere le sue attenzioni e il suo tenero affetto con la sua metà ogni singolo giorno. Yoongi era dell'idea che, quando sarebbe successo, ci avrebbe pensato. Non voleva scartare la possibilità di avere una relazione con la sua anima gemella, ma non era neppure fissato con l'idea di trovarla e avere la perfetta storia d'amore che sarebbe durata per il resto della loro vita. Ma in quel momento, con la ragazza che secondo la società era già la sua amata, si pose una questione che non aveva considerato fino ad allora.

 

Lei cosa ne pensava? 

 

Cosa si aspettava da lui? 

 

Era una di quelle bambine che aveva speso tutta la sua infanzia a sognare a occhi aperti il giorno in cui avrebbe incontrato finalmente la sua metà e avrebbe cavalcato insieme a lui su un cavallo bianco fino al tramonto? Si aspettava una relazione? Si aspettava disponibilità emotiva? Perché, se era così, era davvero in un mare di guai. E i suoi pensieri si fecero ancora più ansiosi quando due occhi chiari come la giada si aprirono sotto a ciglia sfarfallanti. Deglutendo nervosamente, contemplò il viso impiastricciato dal sonno in cerca del coraggio per iniziare a parlare.

 

-Hello- mormorò. Lei sollevò lo sguardo confuso, spendendo qualche istante per studiare il suo volto con le sopracciglia contratte, prima di abbassare la testa in imbarazzo. 

 

-Hi- replicò lei a fior di labbra. Yoongi si morse la lingua. Di certo non poteva iniziare la conversazione con "Senti, mettiamo le cose in chiaro: non è che tu non mi piaci ma... potremmo prendercela con calma?". Cavolo, non avrebbe potuto neanche esprimersi come voleva a causa della barriera linguistica!

 

-How... are you?- chiese allora, gli occhi che percorrevano il viso arrossato sulle guance e timidamente nascosto da lui. Era meglio iniziare su una nota positiva. Anche se non impazziva all'idea di trovare la sua anima gemella, dal momento che l'aveva avuta lì, fra le sue braccia, aveva almeno la voglia di metterci un minimo di impegno. Almeno per mostrarle un po' di gentilezza prima che lei si accorgesse di quanto fastidiosamente riservato e poco disposto verso gli estranei lui fosse. 

 

-I'm fine now, I guess. It was worse than I thought, but it's gone at least (Sto meglio ora, credo. È stato peggio di quanto pensassi, ma se n'è andato almeno). 

 

Yoongi spalancò le palpebre, in preda al panico. Mayday, troppo veloce, troppe parole sconosciute! Maledetto ragazzino che non aveva studiato abbastanza l'inglese a scuola! Lei doveva aver colto la confusione nel suo sguardo, perché si aprì in un piccolo sorriso indulgente. 

 

-Sorry. Ehm... I'm fine. You?- aggiunse allora. Alla domanda, il giovane cercò di disseppellire quel poco di conoscenza della lingua che aveva, sollevando gli occhi alla parete. 

 

-I'm fine. I'm... yes- balbettò maldestramente. Stringendo le labbra in una linea frustrata, abbassò gli occhi sulla ragazza che sorrideva più ampiamente, una scintilla di dolcezza che lampeggiava nei suoi occhi. Yoongi, allora, si lasciò andare. Solo per un attimo. Giusto quel poco da permettere alla sua personalità più sincera di venire in superficie. Si sarebbe preoccupato dopo delle aspettative di lei. Si sarebbe preoccupato dopo del loro futuro e della loro eventuale relazione. In quel momento, aveva davanti una bellissima ragazza con uno splendido sorriso e si trovava avvolto in un calore che lo faceva sentire al sicuro e confortato come mai nella sua vita. 

 

Per una volta, si sarebbe goduto quella passeggera serenità senza preoccuparsi delle conseguenze.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Buongiornissimo! È la mia settimana di ferie e mi sento alla grande! Come stiamo? Tutti bene? E come lo vediamo Yoongi? In questa puntata vediamo il legame in atto, una roba piuttosto tosta, e tramite il nostro Min Suga iniziamo anche ad affrontare un tema che sara centrale in questa storia: la legittimità del legame e del concetto stesso di anima gemella. Yoongi ci introduce una visione di questo ma l’argomento sarà ripreso e affrontato da vari personaggi in prospettive diverse. Come se ne pensate? Siete d’accordo con Lil meow? Non temete che il prossimo capitolo non vi abbandonerà, ma continuerà su questa scena!

 

On a side note, sto facendo un writing boot camp che mai nella vita! Sono riuscita a iniziare quella Oneshot di cui vi parlavo ma, prolissa come sono, penso verrà quanto cinque capitoli normali. Insomma, non sarà una sleppa, sarà tre sleppe e mezzo! Sono super gasata, scrivo ogni giorno per quasi tre ore perché continua a fluire liscia come l’olio. Forse per la prossima settimana sarà bella che pronta! Spero davvero vi piacerà! (Ps: sarà sempre collegata al JU perciò conoscerete dettagli nuovi sull’universo 👀

 

Also guardate Emcanto, è bellissimo, io ho pianto ciao.

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Capitolo 15
*** 13. Almost there ***


-Taehyung, aspetta! 

 

-Shhh, non disturbateli se stanno riposando!

 

-Hyung, la tua voce è troppo acuta anche quando bisbìgli.

 

-Senti un po', piccolo moccioso...- 

 

-Ragazzi, per favore, smettetela di litigare! 

 

Yoongi serrò gli occhi grugnendo rumorosamente, portando il caotico insieme di sussurri concitati a tacere in un istante. Quando li riaprì, la sua anima gemella lo fissava con un sorriso divertito, mentre lui scuoteva la testa rassegnato. Ovviamente quel branco di deficienti si faceva riconoscere ovunque. 

 

-Hyung? 

 

Il giovane sollevò gli occhi al cielo, rimanendo però sdraiato sotto le coperte. 

 

-Non è qui. Provate nel reparto di psichiatria- replicò con voce graffiante, sollecitando le risate dei più giovani. 

 

-Yoongi-ah! Che bella sorpresa! Sei ancora vivo? 

 

L'interpellato, grugnendo ancora una volta, forzò il suo corpo a sollevarsi dal confortevole abbraccio delle coperte per mettersi in posizione seduta e, finalmente, fissare i suoi amici con sguardo omicida. 

 

-Non ti illudere, hyung. Non avrai la stanza tutta per te tanto facilmente- brontolò, assottigliando le palpebre mentre fissava Seokjin con circospezione. Quello, con un sorriso sornione, sollevò le spalle. 

 

-Posso sempre sognare ogni tanto. 

 

Yoongi, trattenendo una risata, puntò l'indice contro il suo compagno di stanza. 

 

-Senti un po', dei due sarei io a dover cercare di cacciarti da lì! Tu e i tuoi roditori che russano tutta la notte e girano sulla loro cigolante e stramaledetta ruota! 

 

Seokjin si mise una mano sul petto, un'espressione drammaticamente offesa a contorcere i suoi lineamenti delicati. 

 

-Non ti permettere di parlare dei miei piccoli in quel-

 

Yoongi contemplò confuso il maggiore che si bloccava sulla sua frase, concentrandosi invece su qualcosa che aveva velocemente catturato l'attenzione dell'intera stanza. Quel qualcosa, si accorse allora, era la sua anima gemella che si era alzata a sua volta, osservando i presenti con un sorriso timido ma un luccichio divertito negli occhi. E le dita del giovane, immediatamente, si flessero sul nulla. 

 

"Toccala", gli gridava il suo corpo. 

 

"Proteggila."

 

"Stalle vicino." 

 

L'assenza del tepore, in effetti, era come ritrovarsi in mezzo a una bufera con solo una t-shirt indosso. Ogni istante che passava, Yoongi si ritrovava sempre più spasmodicamente irrequieto mentre contemplava come la distanza che si era creata fra lui e la ragazza lo rendesse infastidito. Non poteva, però, semplicemente afferrarla e abbracciarla come se nulla fosse. Primo, sarebbe morto dall'imbarazzo, sopratutto a causa degli sguardi avidi di curiosità dei suoi amici. Secondo, aveva appena scambiato cinque parole con lei. Non erano esattamente nel livello di confidenza per potersi permettere certe libertà. Perciò, cercando di risultare il più naturale possibile, si appoggiò alla testiera del letto avvicinandosi impercettibilmente al corpo di lei. La sua anima gemella doveva aver capito, perché a sua volta si distese all'indietro, facendo aderire i loro avambracci in maniera appena sufficiente a far ripartire lo scambio di calore fra le loro pelli. 

 

-Hi, nice to meet you. You must be Diana (Ciao, piacere di conoscerti. Tu devi essere Diana).

 

Namjoon, con un sorriso cordiale, fece un passo avanti verso il letto dispiegando il suo perfetto inglese, che portò Diana a sorridere a sua volta con un'aria vagamente sollevata. 

 

-Nice to meet you too (Piacere mio)- replicò lei.

 

Mentre ognuno dei suoi amici si presentava con entusiasmo alla ragazza, Yoongi abbassò il capo, mordendosi nervosamente il labbro. Quando, infine, un silenzio calò sulla stanza, sollevò appena gli occhi su Namjoon, che provò a rianimare la conversazione pronunciando qualche domanda di circostanza. Giochicchiando imbarazzato con le sue mani, provò a cogliere qualche parola ma, come temeva, l'inglese sembrava scivolargli addosso senza penetrare minimamente la barriera del suo cervello. Lanciando nuovamente uno sguardo al suo dongsaeng, prese a rasparsi l'interno della guancia. 

 

-Namjoon-ah. 

 

Il ragazzo si voltò verso di lui mentre Yoongi concentrò i suoi occhi sul biancore delle lenzuola sterilizzate. 

 

-Potresti, uhm...- piegando impercettibilmente il capo verso la sua anima gemella, sollevò infine lo sguardo sul viso confuso del suo amico-... darmi una mano? 

 

Dopo qualche istante di apparente confusione, il leader del gruppo spalancò gli occhi annuendo in segno di comprensione, portando Yoongi a ringraziarlo silenziosamente.

 

-Va bene, allora, direi che è ora per noi di toglierci dalle scatole. 

 

Hoseok, congiungendo le mani davanti a sé, gli rivolse un sorriso incoraggiante mentre radunava il resto dei membri del gruppo come fossero stati un branco di pecorelle. 

 

-Ora bambini salutate, così possono parlare in pace. Forza, forza! 

 

Sotto alle incitazioni del suo amico, i ragazzi gli rivolsero sorrisi sornioni prima di uscire dalla stanza, lasciando per ultimo Taehyung. 

 

-Anche Estella voleva dare il benvenuto alla tua anima gemella, ma doveva lavorare. Vi saluta entrambi, comunque- disse lui, sollevando le spalle con un sorriso dispiaciuto. Yoongi lo congedò chiedendogli di ringraziare la ragazza, prima di guardarlo sparire dietro la porta. 

 

L'anima gemella di Taehyung era stata la prima a unirsi al loro gruppo. Era ancora scioccato dal fatto che, non appena i due si erano incontrati, lei fosse stata subito disposta a lasciare tutto per seguirlo in Corea. Era vero che lei fosse già consapevole dell'identità di Taehyung e che avesse già fatto i dovuti preparativi nel caso lo avesse incontrato, ma Yoongi non poteva immaginare di lasciare il proprio paese e la propria famiglia così, su due piedi, per seguire uno sconosciuto. Eppure, dal momento in cui avevano completato il legame, quei due erano diventati inseparabili. Lei aveva iniziato immediatamente a vivere con loro nel dormitorio per poter stare più vicina a Tae e aveva ricevuto anche un lavoro alla BigHit nel team di stylist, grazie alla sua tanto sudata laurea professionale. 

 

E meditando su ciò, Yoongi sentì un'altra ondata di ansia farsi strada nel suo petto, mentre percepiva la presenza della ragazza accanto a lui più pressante che mai. 

 

Sì, lei gli piaceva. 

 

Sì, lo faceva sentire nervoso anche solo stare seduto vicino a lei.

 

Ma era pronto a modificare la sua vita per poter far spazio per un'altra persona? 

 

Era pronto a fare entrare una sconosciuta nella sua routine, nella sua intimità? A lasciarla invadere la sua bolla di sicurezza in cui si richiudeva per isolarsi dal mondo? 

 

Cosa avrebbe fatto se avesse preteso di venire immediatamente a vivere insieme a lui, nella sua stanza? Come avrebbe gestito la situazione se si fosse presentata nel suo studio, interrompendo il suo lavoro e richiedendo attenzione? 

 

-If you don't mind, I will act as a translator for the two of you so that you can get to know each other a little bit. Is that okay? (Se non ti dispiace, farò da traduttore per voi due in modo che possiate conoscervi un po'. Va bene?)

 

Yoongi percepì la sua anima gemella annuire a qualsiasi cosa Namjoon le avesse detto, prima di voltarsi verso di lui che, per contro, teneva lo sguardo codardamente incollato alle lenzuola. 

 

-Then, on this account... can we talk about something?

 

Il giovane, percependo l'incertezza nella voce di lei, decise finalmente di fissare gli occhi di giada. Il suo viso era contratto in una smorfia incerta, che voleva apparire rassicurante ma nascondeva una nota inquieta nelle sopracciglia contratte. Lei, però, al contrario di lui, era il tipo da ricercare il contatto visivo anche nella sua irrequietezza. Forse amava assicurarsi di avere l'attenzione dell'interlocutore. O forse cercava di leggere la risposta nello sguardo dell'altra persona prima che le sue labbra la pronunciassero. 

 

-Dice che vuole parlare di qualcosa. 

 

Yoongi, lanciando uno sguardo veloce verso il suo dongsaeng, annuì prima di riportare gli occhi sulla ragazza. Questa schiuse le labbra, ma la voce parve abbandonarla prima che potesse emettere una sola parola, portandola ad abbassare il capo, imbarazzata. Il giovane notò il modo nervoso in cui le dita si strinsero e la piega all'ingiù della sua bocca si evidenziò.

 

-I... 

 

Yoongi inclinò il capo, confuso. Cosa la metteva così tanto in soggezione? Cosa la rendeva così nervosa? Forse voleva confessargli che era una sua grande fan e che aveva una gigantesca cotta per lui, il che lo avrebbe messo sicuramente in una posizione ancora più imbarazzante e lo avrebbe costretto a... 

 

-I... can't... stay here. I... need to go back to London, at least for now- pronunciò infine, portandosi a guardarlo con occhi ansiosi e quello che Yoongi interpretò come rimorso. 

 

-Dice che non può restare, che deve tornare a Londra almeno per il momento. 

 

Il giovane si voltò di scatto verso Namjoon, che lo fissava con un'espressione dispiaciuta sul volto. 

 

Come? 

 

-I... I'm really sorry but... you see... 

 

Yoongi tornò a fissare la ragazza che emise un sospiro, guardandosi attorno per la stanza rinunciando al contatto visivo, forse per cercare un appiglio che la aiutasse a continuare il suo discorso, mentre il ragazzo avvicinava impercettibilmente il volto al suo. 

 

-I studied music for most of my life. And in three months I'll have the opportunity to play at the Royal Albert Hall. It's... the greatest honour for a musician and I just can't... 

 

La ragazza scosse la testa, mordendosi il labbro roseo portando l'attenzione di Yoongi ad abbassarsi dai suoi occhi. 

 

-I'm sorry but I can't give it all up. Not now. I'm not... ready for that. 

 

Il giovane fissò ansiosamente lo sguardo sul suo amico, che lo guardò con un'espressione imbarazzata prima di sospirare appena. 

 

-Dice che ha studiato musica per la maggior della sua vita e adesso ha una grande opportunità. Fra tre mesi suonerà alla Royal Albert Hall e non può andarsene proprio adesso. È il più grande onore per un musicista e lei non può rinunciarvi. Non si sente pronta adesso. 

 

Yoongi sollevò gli occhi al soffitto, trattenendo con tutte le sue forze un sospiro di sollievo. Non era mai stato un tipo particolarmente religioso ma in quel preciso istante credette davvero che un Dio esistesse e che avesse messo la sua mano su di lui nonostante il suo menefreghismo nei ventisei anni della sua misera vita. Doveva per forza essere così, per ricevere una tale fortuna. 

 

O era Dio, oppure in fondo i fanatici del legame avevano ragione ad affermare che unisse davvero due metà perfette. 

 

Lei la pensava come lui. 

 

Quanto poteva essere graziato dal cielo? 

 

Riportando gli occhi su quelli adombrati da una smorfia ansiosa della ragazza, Yoongi annuì. 

 

-It's okay. 

 

Lei doveva evidentemente credere che lui stesse fingendo di essere sereno, perciò le prese impacciatamente le mani nelle proprie umettandosi le labbra. 

 

-Io... neppure io sono pronto. 

 

Mentre aspettava che Namjoon traducesse per lui, osservò l'espressione della ragazza vertere verso la sorpresa prima di guardarlo con aspettazione.

 

-Non è che... non ti voglio nella mia vita. Ma ho bisogno di tempo e... dei miei spazi. Capisci? 

 

Diana, dopo aver ascoltato le parole del suo amico, annuì freneticamente spalancando gli occhi come a volergli trasmettere il suo assenso. Yoongi, allora, abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate, si passò la lingua sui denti lisci. 

 

-Che ne dici se... ci prendiamo questo tempo per conoscerci? E poi... vediamo come va?- concluse, sollevando le spalle. Lei attese la traduzione delle sue parole, poi puntò lo sguardo nel suo. Sorridendo timidamente, annuì, prima di abbassare la testa per nascondere il rossore delle sue guance. 

 

-Affare fatto, allora- mormorò infine lui, trattenendo il sorriso dalle sue labbra. 

 

 

 

Sei mesi di videochiamate e conversazioni impacciate con google traduttore e finalmente lei era riuscita a tornare a Seoul. Aveva perfino studiato il coreano al punto da riuscire a comunicare con lui, il che aveva permesso alla loro relazione di fare un salto in avanti. 

 

Yoongi si era reso conto che averla lì, accanto a sé, lo faceva sentire al posto giusto. Era vero, quando era lontana il suo corpo sentiva la mancanza del tepore del legame e lo spingeva disperatamente a ricercare la sua anima gemella per ritrovare quella sensazione così sublime per il suo corpo. Ma non era solo quello. 

 

Si era chiesto tante volte dove finisse l'attrazione del legame e dove iniziassero i suoi sentimenti personali. E, dopo quei sei mesi, la risposta era arrivata. Lui, la sua parte cosciente e consapevole, la voleva nella sua vita. Voleva la sua dolcezza e la sua generosità. Voleva quella delicata personalità che lo stimolava pur rispettando i suoi limiti. In lei, aveva trovato una persona che riusciva a comprenderlo anche quando non riusciva a esprimersi, qualcuno che capiva il suo equilibrio tra la necessità di affetto e quella di privacy. 

 

Yoongi voleva lei. 

 

Voleva la persona che era, non solo il piacere del legame. 

 

Perciò la invitò a restare. 

 

E lei accettò. 

 

Riuscì a entrare in un'orchestra di Seoul e lasciò l'Inghilterra per lui. E lui era lì, da solo, in quella cucina disordinata, fermo come uno stoccafisso, con la consapevolezza che la sua anima gemella non era felice. Massaggiandosi le tempie, si morse il labbro. 

 

"Non troverai mai una ragazza che ti sopporta come lei. Datti una regolata e cerca di risolvere questa cosa prima che sia troppo tardi." 

 

Affacciandosi sulla sala da pranzo, il giovane passò al vaglio il tavolo con un cipiglio determinato. 

 

-Estella, possiamo parlare?- chiese, fissando la ragazza che lo guardava circospetta prima di alzarsi sotto allo sguardo confuso di Taehyung. Dopo averla condotta in cucina, si appoggiò al piano cottura, incrociando le braccia al petto. 

 

-È successo qualcosa a Di? Ti ha parlato? 

 

Con sua grande sorpresa, la piccola anima gemella del suo amico si chiuse in una postura difensiva, arricciando le sopracciglia folte in un'espressione contrariata. 

 

-Se anche fosse? Perché lo chiedi a me? 

 

Yoongi sbuffò, passandosi la mano dietro al collo. 

 

-Puoi aiutarmi a capire di cosa si tratta? Penso che non voglia parlare con me. 

 

Estella parve sul punto di sbottare e iniziare a vuotare il sacco, ma si bloccò con le labbra schiuse, prima di brontolare e chiudersi in un broncio. Diana doveva averle detto di non rivelare niente, perché normalmente la ragazza era un libro aperto. 

 

-Non posso dirtelo. 

 

Il giovane sollevò gli occhi al soffitto, mordendosi l'interno della guancia. 

 

-Per favore Estella. 

 

La ragazza sembrò nuovamente in procinto di lasciarsi andare, quando serrò un'ultima volta le labbra, sbattendo il piede a terra come se fosse frustrata con qualcuno. 

 

-Ah, puta madre! Se vuoi saperlo, parla con lei! Se non te lo vuole dire, è perché pensa che tu non la ascolterai! 

 

Mentre Yoongi osservava Estella marciare fuori dalla cucina, abbassò lo sguardo al pavimento, corrugando le sopracciglia. 

 

Doveva fare qualcosa.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Eccomi qua! Con qualche ora di ritardo rispetto al solito, sorry guys. Avevo bisogno di un pisolino XD prima di immergermi nella scrittura del nuovo capitolo, vi piazzo questa risoluzione conclusiva di Yoongi e... chissà a cosa porterà 🤷🏻‍♀️ Ma, detto ciò. 

 

ANNUNCIO! Sono lieta di dirvi che sabato la nuova one-shot verrà finalmente pubblicata! Sono riuscita a tirare fino a finirla tutta la settimana scorsa e vi avviso già che sono 15000 parole, quindi good luck. Spero seriamente che vi piacerà perché io la adoro. Ci ho messo molta passione ed é venuta anche meglio di quanto l'avessi immaginata. Sarà sempre connessa al JU perciò OCCHIO AI DETTAGLI e ai riferimenti. Poi ne parleremo alla fine. Ci sarà anche qualche spoiler riguardo un futuro personaggio che incontreremo più avanti nella serie 😏

 

Il titolo è House of Cards - La strage dei fiori. Ecco come regalino per voi la sinossi in anteprima.

 

Chi ha distrutto il giardino del Re di fiori? 

Chi ha causato la morte della Regina di picche? 

Chi ha rotto il fragile ordine del mondo, rischiando la vita di non uno, ma ben due sovrani? 

 

In una situazione in cui ognuno potrebbe essere il colpevole, l'unico che potrebbe giudicare è troppo accecato dal dolore per essere razionale. La sola soluzione rimasta, allora, sembra invocare l'aiuto di un agente esterno. Qualcuno che possa determinare definitivamente il vero responsabile.

 

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Capitolo 16
*** 14. Doubt comes in ***


Diana appoggiò l'archetto sul suo ventre, passandosi poi distrattamente il pollice sui calli presenti sui suoi polpastrelli. La pelle indurita e insensibile non le dava fastidio. La considerava una medaglia d'onore ai suoi sforzi e alle sue ore e ore di prove giornaliere. Era un motivo di vanto. Quando era soprappensiero, però, per qualche motivo si trovava grattare le zone scolorite, testandone la durezza con gesti via via più incisivi. 

 

Cessò solo quando una vibrazione attirò la sua attenzione sulla tasca dei suoi pantaloni. Sollevando lo sguardo, vide il direttore d'orchestra parlare con il primo violino, probabilmente per definire i dettagli del secondo attacco della melodia principale, mentre il resto della sezione degli archi si sollevava già dalle sedie per riporre gli strumenti nella propria custodia. Vedendo ciò, estrasse il cellulare e guardò il mittente del messaggio che le era arrivato. 

 

Da: Yoongi ♥️

Sei libera oggi pom... 

 

La giovane strinse le labbra. Aprirlo o non aprirlo? I suoi occhi ripassarono almeno una decina di volte sull'inizio della frase. Era raro che i suoi messaggi iniziassero in modo così diretto. Di solito trovava un modo molto più contorto per chiederle se era libera e se voleva fare qualcosa. Traendo un sospiro, toccò l'icona della chat. 

 

Da: Yoongi♥️

Sei libera oggi pomeriggio? 

 

Normalmente, Diana lo avrebbe facilitato rispondendogli in maniera chiara e concisa in modo che capisse che era disponibile a qualsiasi cosa lui volesse proporre. Era il suo modo per incoraggiarlo a farsi più avanti con lei, a prendere maggiormente l'iniziativa. Quella mattina, però, non era in vena di essere accondiscendente. 

 

Tu:

Avevo le prove solo alla mattina. 

 

Arricciando le labbra, inviò il messaggio, iniziando ad alzarsi in piedi per riporre il violoncello all'interno della custodia. 

 

"Beccati questo, Min Yoongi."

 

Non gli avrebbe chiesto perché le faceva quella domanda e non avrebbe risposto direttamente di sì. Era arrivato il momento che la sua anima gemella iniziasse a muovere un po' le sue gambe. 

 

Da: Yoongi ♥️

Ti andrebbe di venire in studio? 

 

Diana, dopo aver letto il messaggio, si bloccò. Quella sì che era una novità. Una richiesta diretta? Sollevando un sopracciglio, rimase immobile con il dito sospeso sulla tastiera. Ok, forse ci stava iniziando a mettere un briciolo di impegno. Oppure aveva percepito il suo pessimo umore e voleva cercare di arginare la tempesta prima che si trasformasse in tragedia. Riponendo il telefono nella tasca, riprese a sistemare i suoi spartiti e a infilarli nella borsa. Dirigendosi verso l'uscita della sala prove, trasse un profondo respiro e indossò la mascherina scura nascondendo le sue onde dorate sotto un cappello. Piccoli accorgimenti per girare per Seoul senza essere notata dalle fan di passaggio. 

 

Tu:

Ok. 

 

 

 

Fermandosi davanti alla porta di vetro del Genius Lab, rimase con il dito sospeso sul tastierino dove avrebbe dovuto digitare la password d'ingresso. Poi, stringendo la bocca, spostò la mano fino a raggiungere il citofono accanto a esso. Premendo dolcemente, sentì il tintinnio del campanello risuonare all'interno della stanza e scorse una vaga ombra che si muoveva, avvicinandosi velocemente a lei. Quando il volto di Yoongi emerse dallo spiraglio sulla soglia e la vide, un'espressione confusa prese possesso del suo volto. 

 

-Potevi entrare direttamente. 

 

Diana distolse gli occhi, poggiandoli sulla sua borsa a tracolla. 

 

-Non volevo disturbare- disse con tono piatto. Dal silenzio di lui, era evidente che avesse percepito il suo grado di insoddisfazione perché, in effetti, lei non rispondeva mai a quel modo. Mentre la sua anima gemella si allontanava per farla entrare, lo sentì infatti borbottare a fior di labbra.

 

-Lo sai che puoi entrare quando vuoi. Il citofono non è lì per te... 

 

Diana, voltandosi per chiudere la porta, sollevò un sopracciglio. Lo sapeva? Lui di certo non l'aveva mai detto chiaramente. Un giorno, poco dopo che lei si era trasferita a Seoul, le aveva semplicemente lasciato in mano un pezzo di carta con la combinazione numerica della password dicendo "Usala per entrare". Non le aveva mai detto che gli faceva piacere averla lì. Glielo aveva fatto intendere, a modo suo. Ma non aveva mai fatto lo sforzo di guardarla e dirle chiaro e tondo: "Vorrei che venissi qui a passare del tempo insieme ogni tanto". 

 

Traendo un altro lieve sospiro, si girò e lo trovò già seduto alla sua seduta ergonomica. Invece di avere gli occhi piantati al computer, però, aveva il viso rivolto verso di lei e le sopracciglia appena contratte, come se stesse pensando con intensità a qualcosa. Diana, cercando di ignorare il suo sguardo attento, abbassò gli occhi al pavimento e si diresse verso la sedia pieghevole riposta al lato della gigantesca scrivania, aprendola con un colpo secco per sistemarla accanto a lui. 

 

Yoongi, però, rimase in silenzio. 

 

-Mi volevi far sentire qualcosa di nuovo? Come stanno procedendo le tracce per il mixtape?- chiese allora lei, concentrandosi sui due schermi di computer che riportavano il programma di composizione perennemente aperto e le strisce di onde sonore impilate l'una sopra l'altra. Lui, allora, sibilò leggermente a labbra schiuse, come aveva l'abitudine di fare prima di iniziare una frase. 

 

-Ho rimasto Honsool e Set me free che non mi convincono. Sto continuando a cambiare i versi e a registrare le armonie ma... ancora non riesco a trovare cosa non va.

 

Diana annuì distrattamente, mantenendo lo sguardo sugli schermi mentre osservava il cursore viaggiare sulle strisce blu senza una meta. Poi, però, la piccola freccia si fermò. La ragazza si aspettava che avrebbe cliccato il tasto play per farle sentire la traccia, ma il mouse non emise alcun rumore. Fu solo il giovane a rompere il silenzio, traendo un respiro profondo. 

 

-Ti ricordi il nostro primo bacio? 

 

La ragazza sollevò le sopracciglia. 

 

E quella da dove gli veniva? 

 

Nonostante la frase completamente casuale, la giovane si ritrovò a sollevare gli angoli della bocca, mentre la sua mente disseppelliva il ricordo dai recessi della sua memoria. 

 

-Intendi dire quando hai usato quella assurda scusa per cui la mia sedia era troppo scomoda per farmi sedere sulle tue gambe? 

 

Sul momento, Diana ricordava di essere arrossita violentemente e di aver guardato il ragazzo con occhi spalancati. Poi, spostandosi con estrema prudenza, si era appoggiata delicatamente su di lui, cercando di trattenere il suo peso il più possibile. Lui, però, le aveva circondato prontamente la vita con il braccio, portandola a incollare la schiena al suo petto asciutto e facendo sparire tutta l'aria dai suoi polmoni. E mentre lei cercava di riportare la sua temperatura corporea a un livello normale concentrandosi sullo schermo davanti a sé, lui, con una stupida battuta, la fece voltare all'indietro. E in quel momento catturò le labbra di lei nelle sue, portandola direttamente all'autocombustione. 

 

-Quella sedia è troppo scomoda. 

 

Diana sbatté le palpebre numerose volte quando la sua testa iniziò a sovrapporre la realtà con il ricordo, prima di accorgersi che Yoongi si era allontanato leggermente dalla scrivania, creando uno spazio sufficiente a farla passare e guardandola con un sorrisetto accennato sulle labbra sottili. Lei, piegando il capo, lo scrutò per un istante. Poi, distogliendo lo sguardo, si alzò e andò a sedersi sulle gambe della sua anima gemella, accomodandosi senza cerimonie e appoggiando direttamente la schiena al suo corpo. 

 

Il tepore del legame le era mancato. 

 

Non appena si avvicinò a lui, il piacevole calore ricominciò a scorrere abbondantemente tra di loro, in maniera così generosa da poter quasi essere interpretato come una sorta di rimprovero del legame per aver passato così tanto tempo separati. Sospirando per via della sensazione di immediato sollievo, socchiuse gli occhi, tornando a concentrare lo sguardo davanti a sé. 

 

"Quale sarà la tua prossima mossa, Min?" 

 

-Di. 

 

La ragazza emise un mormorio per indicare che ascoltava, in attesa delle parole di lui. 

 

-Cosa c'è che non va? 

 

Diana si voltò di scatto verso il giovane, che aveva lo sguardo focalizzato su di lei e gli occhi concentrati in un'espressione di pura serietà. E lei seppe, in quel momento, di avere la sua più totale e assoluta attenzione. 

 

-Di cosa parli?- chiese con tono fin troppo evidente, deglutendo. Lui tese le labbra, ma non distolse lo sguardo dal suo e mantenne un'espressione conciliante sul resto del suo viso, forse a indicare che voleva solo capire e non dare inizio a  una guerra. 

 

-Parlo di stamattina. E di ieri notte. E di tutte le settimane precedenti, in cui sembravi ogni giorno più stanca e più distante.

 

La ragazza non fuggì dai suoi occhi scuri. Non avrebbe avuto senso. La guardavano con un misto di apprensione e confusione, unite a una sorta di determinazione che gli animava il volto intero. Forse per qualcun altro quei dettagli sarebbero stati impossibili da carpire dal volto enigmatico di Min Yoongi, ma non per lei. Lei aveva imparato a leggerne le sfumature alla perfezione.

 

-E del fatto che stai scappando da me. 

 

Diana, allora, abbassò il capo, concentrandosi sui calli nelle sue dita e ricominciando a raspare sulla pelle indurita, mentre radunava le parole nel suo cervello, prima di scomporle e radunarle in nuove combinazioni. 

 

-Di. 

 

La ragazza vide le braccia della sua anima gemella stringersi attorno alla sua vita, avvicinandola ulteriormente a lui, portandola a deglutire ancora una volta.

 

-Sai che sono stupido. Sai che per me gli esseri umani sono più difficili da interpretare dell'algebra. Perciò, se non mi dici cosa c'è che non va, io non sono abbastanza intelligente da capirlo da solo. Ma riesco a vedere che non stai bene e voglio capire il perché. 

 

Diana socchiuse le palpebre. Era arrivato il momento. Doveva dirglielo. Lui si era preso il tempo di mettere da parte il lavoro e di chiederle direttamente qual era il problema perciò era evidente che fosse pronto ad ascoltarla. 

 

Poteva farcela. 

 

Era semplice, in fondo. 

 

Bastava dirlo. 

 

-Non riesco a dormire quando tu non ci sei. 

 

La ragazza strinse le labbra mentre sentiva le lacrime di frustrazione salirle agli occhi e portarla a sbattere le palpebre per cancellare il fastidioso bruciore. Quando la sua lingua era stata in procinto di pronunciare tutta la verità, era come se qualcuno ne avesse preso il possesso, sostituendo invece le parole con quella mezza versione dell'intero problema. 

 

Perché era così difficile? 

 

"Soffro di attacchi di panico." 

 

Semplice. Eppure c'era quella paura così trincerata in lei. Quella paura che non riusciva a sradicare neanche tirando con tutte le sue forze per farla andare via. Non del giudizio di lui. Ma di essere un peso per lui. Di aggiungere stress e preoccupazione su di lui, che già combatteva con la sua di salute mentale. Non era giusto che lei abbandonasse il peso della sua problematica su di lui. Non era giusto che gli gettasse addosso le sue stupide, assurde paranoie. 

 

Non poteva. 

 

-Ho provato anche a prendere dei sonniferi ma... come acqua- continuò con una piega amara sulla bocca. Lo sentì appoggiare il mento sulla sua spalla, avvicinando ancora di più il viso per guardarla. 

 

-Ti hanno prescritto dei sonniferi? Sei andata dal medico?

 

Il lieve tono di allarme nella sua voce la portò a bloccare la replica che si era spinta fino alla punta della sua lingua. 

 

"Sì, certo, insieme allo Xanax..." 

 

-Succede solo quando io non ci sono?

 

Diana annuì silenziosamente, intrecciando le mani in una morsa nervosa e incastrandole in mezzo alle sue cosce. Poi, con labbra tremanti, si forzò a ricominciare a parlare. 

 

-Non riesco a chiudere occhio fino a che non rientri a casa, qualsiasi orario sia. Non importa quanto sono stremata. Continuo a guardare l'orologio ogni dieci minuti, per poi ritrovarmi a fissare il soffitto con le palpebre spalancate. 

 

Yoongi emise un secco sbuffo dal naso. Poi, appoggiò le labbra sul breve tratto di pelle della sua spalla lasciato libero dal maglione. 

 

-Ero sempre stato convinto che fossi addormentata quando tornavo dato che non ti muovevi... 

 

La ragazza chiuse gli occhi, stringendo ancora di più la bocca. 

 

-Fingevo. Ogni volta- replicò con voce incerta e vagamente altalenante nel tono. La sua anima gemella sciolse un braccio dalla presa nella sua vita e lo sollevò per scostarle i capelli dietro all'orecchio, in modo da rendere il suo profilo più accessibile alla sua vista. 

 

-Scusami. 

 

Diana si voltò verso di lui, nonostante il terrore che le arpionava il cuore al pensiero di incontrare la sua espressione e trovare anche solo una minima traccia di rifiuto o di ribrezzo nei confronti delle sue stupide problematiche. Invece, quello che vi trovò fu rimorso e una traccia di autocommiserazione. 

 

-Per colpa del mixtape non ho fatto altro che trascurarti senza considerare le tue necessità. Ero talmente distratto dal lavoro da non accorgermi nemmeno che il problema era di questo genere. 

 

Poi, concentrando lo sguardo ancora più intensamente su di lei, appoggiò delicatamente le labbra sulle sue. 

 

-Dimmi cosa posso fare- mormorò, rimanendo a un soffio dal suo viso e sfiorando il suo naso, prima di lasciarle un altro breve bacio. Non un bacio di passione e lussuria ma uno che indicava la sua vicinanza e disponibilità. Racchiudeva in modo semplice ma genuino la sua cura e la sua attenzione, il suo timido affetto. Diana, allora, emise un lungo, tremante sospiro prima di appoggiare la fronte alla sua e chiudere gli occhi. 

 

-Mezzanotte. 

 

La ragazza riaprì gli occhi, guardandolo con una traccia di implorazione dipinta sul viso.

 

-Non fare più tardi di mezzanotte. È tutto ciò che ti chiedo. 

 

Yoongi, prontamente, annuì sospirando, mentre si avvicinava per un nuovo bacio che indugiò maggiormente sulle sue labbra. 

 

-Affare fatto. A mezzanotte sarò a letto accanto a te. Promesso. 

 

Diana annuì a sua volta, chiudendo le palpebre mentre il sollievo la investiva come uno tsunami e prendeva il sopravvento sulla sua emotività, portandola a nascondere il volto nell'incavo del collo di lui e a incastrare le braccia dietro alla sua nuca, stringendolo a sé.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Buongiornino. Ecco la risoluzione che tutti stavamo aspettando... o forse no? Il problema sembra ancora essere rimasto in parte insoluto ma, ehi, cosa vi aspettavate? Siamo ancora all’inizio della storia, babes 😝 ne abbiamo di acqua da far passare sotto i ponti. È ora che torniamo a vedere come sono messi i nostri cari protagonisti, sopratutto contando che Jin è finalmente uscito dalla sua caverna. E si sta avvicinando velocemente la prima serata musical.... 👀 previsioni su come andranno le cose?

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Capitolo 17
*** 15. Satisfied ***


Una cosa tanto semplice come uscire dalla sua tana e sedersi al tavolo per fare colazione non doveva sembrargli una così grande impresa. Quella mattina, però, aprendo gli occhi, curiosamente non si ritrovò a contemplare il soffitto in preda a quella venerea apatia che, come un gas letale, aveva sterminato ogni traccia di vita in se stesso, sterilizzando dove prima c'era gioia e allegria, uccidendo la voglia di fare cose, le cose che gli piacevano, o anche solo... la voglia di vivere. 

 

Ogni tanto, quel pericoloso sussurro bussava nei recessi della sua mente. 

 

Le prime volte, quando il dolore era così acuto e il senso di vuoto così nauseante, rimaneva a contemplarlo per qualche secondo, assaggiandone il sapore sulla punta della lingua. Quel "E se..." che gli rigirava nella testa come lo zucchero che ricopre una medicina amara prima che il suo contenuto possa entrare nell'organismo. 

 

"E se... non esistessi più?" 

 

Poi, era arrivato a ignorare quel sussurro come si fa con una mosca che ti ronza attorno all'orecchio. Dopo le prime volte che provi a scacciarla senza successo, ti ritrovi a sdraiarti nel letto cercando di ritrovare il sonno e convivere con la sua presenza. Lo sentiva ogni tanto toccare la sua mente con dita timide, insinuarsi nei suoi pensieri subdolamente, nei momenti in cui era talmente anestetizzato da non vedere altro che grigio attorno a sé. 

 

Ma non quella mattina. 

 

Quella mattina, la sua mente era bizzarramente vuota. Non che avesse voglia di alzarsi. Forse aveva appena voglia di giocare ai videogiochi. Però, quella mattina l'apatia non era così imperante come al solito. E quando i rumori sommessi dei piatti che si appoggiavano sul tavolo, i bicchieri tintinnanti e le voci assonnate dei suoi compagni scivolarono sotto alla sua porta per stuzzicargli le orecchie, Seokjin si alzò. Per istinto, forse. Non lo sapeva. Tuttavia, quando si sedette al tavolo già popolato da tutti gli altri suoi amici e da Estella, il silenzio che accolse il suo arrivo lo fece indugiare. Abbassando lo sguardo sul suo piatto, si morse il labbro mentre percepiva la conversazione ricominciare timidamente, con quella forzatura che ne ricercava la spontaneità per non fargli percepire la sorpresa del gruppo. Ma non ci voleva un genio per capire che erano tutti stupiti dalla sua presenza. 

 

Quanto tempo era che non si sedeva al tavolo con loro per fare colazione? Il fatto che non ricordasse neppure quando era stata l'ultima volta che non si era rintanato nella sua stanza alla mattina, lo mise a disagio. E tutto per quale motivo? Perché il suo corpo e la sua mente lavoravano contro di lui? Perché lo incatenavano al letto, convincendolo che uscire e vivere erano azioni che richiedevano da lui troppa energia, troppo impegno, troppo sacrificio? E perché avrebbe dovuto vedere i suoi amici e le loro anime gemelle?

 

Ma quella mattina si sedette accanto a Jimin, che gli lanciava occhiate fin troppo evidenti tra un boccone e l'altro mentre fingeva di ascoltare Namjoon. Quella mattina, prendendo a mangiare in silenzio, sollevò lo sguardo su Estella, catturando la piccola ragazza intenta a guardarlo con ansia e nervosa aspettativa. 

 

-Buongiorno, Jin-hyung- sussurrò allora Jimin con un sorriso, prima di tornare a fingere di ascoltare il loro leader. 

 

Quella mattina, seppur agitato, seppur nervoso e trainato dai pesi che non riusciva a scrollarsi di dosso, pensò che forse non doveva essere così difficile. Non doveva essere così difficile essere felice per i suoi amici e tornare a gioire con loro. Non doveva essere così difficile tornare a sorridere alle loro anime gemelle e avere un rapporto normale con quelle ragazze che non avevano fatto nulla di male se non ricercare la propria felicità. 

 

Mangiando lentamente la sua colazione, Seokjin, per la prima volta dopo tanto tempo, si sforzò di combattere contro il grigio nella sua mente e guardare davanti a sé. Guardare davvero i volti dei suoi amici e ancorarsi alla realtà.

 

 

 

-Seokjin-ssi, c'è qualche problema? 

 

Jin sbattè le palpebre un paio di volte. La visione dei suoi amici riuniti attorno al tavolo a chiacchierare serenamente si dissolse in un istante, lasciandolo confuso e disorientato. Al suo posto, invece, comparve il volto della donna che lo scrutava con un sopracciglio sollevato sugli occhi felini e l'uomo sentì, per l'ennesima volta, il calore tornare alla punta delle sue orecchie a causa della vicinanza.

 

-Ah, io... chiedo scusa. Mi ero distratto- mormorò in risposta, abbassando il capo in imbarazzo. Lanciando un'occhiata verso la donna che continuava studiarlo curiosamente, si soffermò sul colore che quel sabato mattina ne dipingeva in maniera così precisa le labbra: un rosso mattone dall'aspetto opaco, che complementava così bene le note calde della sua carnagione. 

 

"Concentrato. Resta concentrato.”

 

-Dunque, come dicevo, quando vi ritrovate senza sapere cosa dire durante un'intervista, usate degli intercalari o delle espressioni di circostanza che vi facciano prendere tempo mentre pensate. Per esempio, potete usare "I think" oppure "I believe" o ancora "Well" e "In regards to this" o "Regarding this". Sono tutte espressioni utili a introdurvi in una frase e che vi danno qualche secondo in più. 

 

Jungkook annuì con veemenza, scrivendo nel suo notebook man mano che l'insegnante parlava. Seokjin, sporgendosi oltre la sua spalla, scrutò le scritte del ragazzo, prima di prendere in mano la penna e ricopiare parola per parola quello che leggeva. Quando il suo dongsaeng se ne accorse, però, si voltò verso di lui con un verso di protesta, allungando le labbra in un muso infantile.

 

-Hyung! 

 

Jin, dal canto suo, sollevò un dito e se lo portò davanti alle labbra. 

 

-Ssh... Jungkookie, sii rispettoso verso chi è più grande di te... e lasciami copiare. 

 

Davanti all'espressione buffamente contrariata del più giovane, l'uomo si aprì in un sorriso spontaneo e divertito mentre finiva di copiare i contenuti del suo quaderno, prima di sollevare il capo. E il suo sorriso, allora, si estinse in un istante, spento dalla piega della bocca della donna di fronte a lui. 

 

-Quando avete finito- disse lei in tono piatto, osservandoli con occhi animati da una luce minacciosa. I due si affrettarono a scusarsi, piegando il capo e allontanando gli sguardi imbarazzati dall'insegnante. 

 

-Stavo dicendo...- scandì seccamente la donna prima di lanciare un'occhiata a Seokjin. 

 

-Cercate di trascinare le lettere il più possibile. Parlate lentamente, un gruppo di parole alla volta. Questo vi permetterà di guadagnare ulteriore tempo e farà credere all'intervistatore che state pensando seriamente alla vostra risposta. Capito? 

 

I due annuirono prontamente rimanendo in silenzio sotto agli occhi attenti della donna. Questa, allora, abbassò lo sguardo sullo schermo del telefono, dove i numeri dell'orologio segnavano le dodici in punto su uno sfondo dorato, tagliato dalla sagoma nera di una stella sormontata un uomo con i il braccio puntato verso l'alto. 

 

-Bene, per oggi è tutto. Anzi, che dico, non è vero!- si interruppe la donna, scuotendo il capo e sollevando gli occhi al cielo. 

 

Non era tutto? Quali altre torture aveva in serbo per loro? Jin la contemplò nervosamente, mentre Yona si apriva in un sorriso sempre più allegro, trasmettendogli un senso di nervosismo. 

 

-Oggi è sabato! Finalmente avremo la prima serata musical, perciò mi dovrete ancora sopportare per un po’!- esclamò sollevando le sopracciglia, tirando la bocca in un ghigno. 

 

Ah... era vero. Jin se ne'era completamente dimenticato. Quindi... l'avrebbe vista ancora? 

 

-Dove la faremo?- chiese Jungkook con gli occhi spalancati. Yona piegò il capo, sollevando le spalle. 

 

-I vostri manager hanno detto che sarebbe stato meglio tenerla di sera nel vostro dormitorio, così non dovrete restare qua più del necessario e non andrà a intralciare con le vostre schedule. 

 

Oh... sarebbe venuta nel loro dormitorio? A casa sua? 

 

Un fiotto di agitazione salì lungo gli arti di Seokjin, portandolo a dimenarsi nervosamente sul posto. Avrebbe dovuto riordinare la sua camera e costringere i ragazzi a rimettere a posto le cose sparse in salotto e avrebbe dovuto pulire la cucina e forse avrebbe anche dovuto cucinare o comunque far trovare qualcosa di... 

 

Jin si morse il labbro. Forse stava esagerando un po'. Ma quanto tempo era che non sentiva quella voglia di... fare? Di fare cose, di ordinare, di essere operoso? Gli trasmetteva un piacevole pizzicore ai nervi, come a prepararli alla mole di lavoro che lo aspettava ma gli dava un obiettivo. Qualcosa verso cui lavorare e di cui si sarebbe poi gustato i risultati in seguito.

 

E gli piaceva. Gli era mancato. 

 

-Allora, a stasera, poor unfortunate souls. Ah, quasi dimenticavo! 

 

La donna, che si era già alzata e si stava dirigendo verso la porta, tornò sui suoi passi con ticchettio concitato dei suoi stivali di pelle nera. E Jin si concentrò sul sorriso genuinamente impaziente che si dipinse sul volto di lei mentre tornava verso di loro. 

 

-Lèggete la trama di Hairspray su Wikipedia. Vi permetterà di avere un'idea di quello che succede dato che sarà tutto in inglese. Ok, adesso è davvero tutto. Me ne vado sul serio. 

 

Con un gesto secco della mano, la donna si voltò e marciò fuori dalla stanza. E Seokjin lasciò che il piacevole pizzicorio dei suoi nervi si facesse più pressante al pensiero del tempo che scorreva e dell'avvicinarsi della sera. 

 

 

 

 

Con make-up o senza. 

 

Cambiare outfit oppure no. 

 

Comodo o elegante. 

 

Sbarazzino o provocante. 

 

Yona, dopo aver fatto esplodere l'armadio ed essersi compressa il cervello fino allo sfinimento, rimase con gli abiti della mattina, cambiando semplicemente la maglia in una camicetta scura un po' più carina del solito. Perché era così complicato? Non doveva esserlo. Doveva semplicemente fare una serata musical con i suoi studenti. Nulla di nuovo. Nulla che non avesse già fatto. Non c'era bisogno di tutta quella agitazione da primo appuntamento. Non c'era nessun appuntamento. Non c'era nessun "lui" dall'altra parte, comunque. 

 

Il viso piccolo e maledettamente elegante di un certo uomo comparve nella sua mente, sbattendo le scure ciglia mentre la guardava con le punte delle orecchie adorabilmente arrossate. Ma Yona, infilando con violenza il dvd nella sua borsa di jeans, strinse le labbra. 

 

Non c'era nessun "lui". Chiusa la questione. 

 

Non poteva ricominciare il circo di aspettative e delusioni. Sopratutto, non con una persona con cui lavorava. Un idol, per giunta. E chissà, forse uno che aveva già trovato la sua anima gemella.

 

Non appena entrò in macchina, perciò, la donna alzò la musica fino a far rimbombare l'abitacolo, sperando che le onde sonore potessero soffocare i suoi pensieri fino a ridurli a meri sussurri. Così non fu. Le immagini rimanevano, talvolta perfino amplificate dalla voce melodiosa di Lea Salonga o di Eva Noblezada che cantavano dei loro amori perduti o ritrovati. 

 

Staccando con un gesto secco il telefono dal cavo che lo connetteva alla macchina, la donna uscì dall'abitacolo con la forte tentazione di sbattere la portiera. Trattenendo un ringhio di frustrazione, si appoggiò alla carrozzeria dell'automobile, traendo un respiro profondo. 

 

"È solo una serata musical. Smettila di comportarti come una quindicenne." 

 

Yona emise un altro respiro. E poi un altro ancora. Quando le sue dita si flessero istintivamente alla ricerca del nocivo conforto della nicotina, strinse le labbra. Infine, alzò lo sguardo e studiò il parcheggio sotterraneo in cui aveva sistemato la macchina a seguito delle istruzioni dei manager. L'ambiente circondato di cemento e macchine di lusso era completamente deserto, ma per lo meno era ben illuminato da forti lampade bianche, oltre che monitorato dalle numerose telecamere che poteva vedere impiantate nel soffitto. Dirigendosi verso la porta di metallo che poteva vedere poco distante da sé, spinse il maniglie anti-panico, ritrovandosi in un androne stretto ma dalle linee pulite nella loro modernità. Un semplice ascensore la aspettava già con le porte aperte, facendola entrare nel suo cubicolo ricoperto di specchi. Una volta giunta al piano che le era stato indicato, infine, si ritrovò davanti a una porta affiancata da un tastierino numerico. 

 

Quando Yona inserì il codice che le era stato dato, sentì un gracchiare elettronico, prima che il sommesso abbassarsi della maniglia attirasse il suo sguardo. La prima cosa che la accolse, con sua piacevole sorpresa, fu il sorriso allegro di una testa riccioluta, sormontato da un altro sorriso impaziente. 

 

-Benvenuta! 

 

Taehyung insieme alla sua piccola anima gemella si fece da parte per farla entrare in casa, chiedendole se voleva lasciargli la giacca. Alla richiesta, la donna accettò con un sorriso, sfilandosi il giubbotto di pelle nera e posandolo sulle braccia del ragazzo, che sparì nella direzione opposta in cui Estella la stava trascinando.

 

-Yona, è un piacere averti qua stasera! Spero che siano stati bravi nel corso di questa settimana. 

 

Quando la donna fece il suo ingresso in quello che doveva essere il salotto, a giudicare dal gigantesco divano a U che si dispiegava al centro e dall'ampia televisione a LED che vi si trovava di fronte, poté incontrare il viso cordiale della giovane dai capelli dorati. 

 

-Ehi! Guarda che siamo stati eccellenti! 

 

Yoongi, con le labbra tese in un muso contrariato, si avvicinò alla sua anima gemella, circondandole la vita con un braccio e tirandola a sé mentre la fissava con occhi minacciosi. 

 

-Ma certo, non ho dubbi...- replicò la ragazza, sollevando gli occhi al cielo. Lui, allora, si aprì in un verso di protesta, prima di prendere a trascinare la giovane verso quella che doveva essere la cucina, strappandole dalle labbra un gridolino sorpreso. 

 

-Stavo per dire che si sono comportati decentemente ma lascerò che se la risolvano fra di loro- disse Yona con un sorriso divertito, provocando una risata da Estella che osservava la scena accanto a lei. 

 

-Sei divertente unnie. Dovremmo passare un po' più di tempo insieme!

 

Voltandosi sorpresa verso la piccola ragazza, la donna la guardò per un istante. Sul volto di lei sembrava essere dipinta la più genuina delle espressioni, definita da un traboccante entusiasmo. C'era poco da fare: quella ragazza era semplicemente adorabile. 

 

Come si poteva dirle di no? 

 

-Mi farebbe molto piacere. 

 

Estella prese a saltellare sul posto, iniziando a correrle attorno come un cagnolino emozionato e prendendole le mani. 

 

-Davvero? Allora che ne dici di venire a fare shopping con noi la settimana prossima? 

 

Yona, trattenendo una risata, iniziò ad annuire. 

 

-Non rifiuto mai un'offerta di shopping. 

 

Uno a uno, l'insegnante notò i membri del gruppo radunarsi con chiacchiere sommesse nella sala, salutandola con gesti del capo per i più timidi o con espressioni allegre per i più spontanei. Aggiustandosi in una conformazione che sembrava quasi perfetta, ogni presente si incastrò come pezzi di Tetris, infilandosi sotto il braccio di uno o appoggiandosi sulle gambe di un altro, fino a che i sei membri e le due ragazze non furono completamente stravaccati sul grande divano, dove avevano lasciato un angolo completamente libero per farla accomodare. 

 

Con un sorriso soddisfatto, Yona contemplò i presenti, passando al vaglio ogni volto. E fu allora che corrugò le sopracciglia. 

 

-Seokjin-ssi? 

 

I giovani si guardarono attorno ma il maggiore non era presente nel bandolo di arti e teste. Non era presente neppure nel resto della sala o nelle stanze che da essa si potevano intravedere. 

 

-Era in camera sua poco fa. Aveva detto che arrivava subito- rispose allora Jimin, sollevandosi dalla spalla di Hoseok per guardare nervosamente verso un corridoio costellato di porte nere. Yona, scrutando lo spazio scuro e silenzioso, contrasse appena le labbra. 

 

-Ok, aspettiamo un attimo che arrivi così posso spiegare per-

 

La voce le morì in gola. Un suono agonizzante si era levato in aria, tagliandole il respiro e portandola a fare saettare gli occhi verso il corridoio nascosto dall'oscurità. Sembrava il grido di una persona sotto tortura, gravida di tutta la sofferenza fisica nella sua raucedine e nella sua pura, semplice disperazione. 

 

In un istante, Jimin scattò in piedi dirigendosi verso la cucina. 

 

-Dobbiamo... chiamare un'ambulanza?- ebbe appena il coraggio di chiedere Yona, mantenendo gli occhi attenti sulla figura del ragazzo che correva verso il corridoio stringendo una scatola di medicinali in mano.

 

-No... purtroppo, è uno degli attacchi di Jin-hyung. A volte capitano. 

 

La donna abbassò lo sguardo stralunato sul volto di Namjoon che, nonostante il suo tono controllato, faceva saettare gli occhi nella direzione in cui il suo dongsaeng era appena sparito. Quando un altro grido straziante si levò nell'aria, Yona sollevò nuovamente la testa, mordendosi nervosamente il labbro. 

 

-Siete sicuri che stia bene? 

 

Il pressante silenzio che seguì la sua domanda le trasmise un fiotto di disagio alla bocca dello stomaco.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Perché con me non si può mai stare tranquilli XD olé, fine della serenità e si ricomincia con la sofferenza 😏 I know, mi odiate, è lecito. Però almeno vedetela in questo modo: si avvicina il momento in cui scopriremo che cosa è successo davvero a Jin e Yona 😄 e con questo non intendo che lo scopriremo nel prossimo capitolo, abbiate ancora un po’ di pazienza. Detto ciò, come state? State seguendo anche voi 7 fates chakho e volete una full animation dei nostri cacciatori preferiti? Perché io sì. Ne ho bisogno. E adoro Haru. Ok, bye.

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Capitolo 18
*** 16. On my own ***


Perché? 

 

Perché doveva essere così difficile? 

 

Perché non poteva fingere di avere una vita normale, in cui non aveva nessun tipo di problema e non era diventato un oggetto difettoso che si rompeva ogni qualvolta veniva usato per un periodo di tempo troppo lungo? Perché non poteva fingere che l'incidente non fosse mai successo senza essere rispedito nel baratro della sua oscurità dai dolorosi strascichi che esso gli aveva lasciato? 

 

Disperato era un termine che non riusciva a definire il suo stato in quei momenti. Il dolore diventava talmente acuto da portarlo a perdere letteralmente la testa. I pensieri si azzeravano, il cervello diventava una lavagna bianca su cui un pennarello continuava a scrivere con fastidiosi e penetranti squittii senza lasciare alcun segno. 

 

Dolore. Solo dolore esisteva. 

 

Come un cane selvaggio, stringeva la coperta nei pugni prima di morderla violentemente fra i denti, cercando disperatamente di soffocare le grida nella stoffa e sperando che la tensione diminuisse la ferocia del bruciore. Non funzionava. La sua gola si apriva involontariamente in versi gorgoglianti e le sue gambe si contraevano e contraevano e contraevano a ogni fitta. A quel punto, il suo stomaco iniziava a rattrappirsi su se stesso, chiudendosi in convulsioni spasmodiche e portandolo a tossire in preda ai conati, invitandolo a svuotarsi ancora e ancora. Ma Seokjin non aveva mangiato nulla perciò non usciva altro che dolore e la sua saliva acida e altri colpi di tosse convulsa. 

 

Non udì la voce di Jimin chiamarlo, inizialmente. Le sue orecchie erano piene di un fischio lontano che annullava ogni suono che lo circondava. Perfino le sue stesse grida. Non notò subito neppure la cicatrice di luce generata dalla porta che si apriva, spinta con veemenza dal suo amico che si stava precipitando al suo fianco. Percepì la sua presenza solo quando gli posò una mano gentile e così meravigliosamente fredda sulla spalla, scrollandolo dolcemente per fargli aprire gli occhi bagnati di lacrime. 

 

-Hyung, ti ho portato l'antidolorifico, mi senti?

 

Jin, deglutendo debolmente, annuì con un gesto confuso e perso, cercando a tentoni nella nebbia che aveva preso possesso della sua vista. Quando la mano di Jimin mise la pillola nel suo palmo, l'uomo fece per rimettersi a sedere prima che la stanza iniziasse a girare intorno a lui, portandolo ad afferrarsi la testa fra le mani e abbandonarsi nuovamente contro il materasso. 

 

-Piano hyung, non avere fretta... 

 

Delle dita gelide si appoggiarono sulla sua fronte bollente, facendolo rabbrividire ma spegnendo, per un dolce istante, l'inferno nella sua testa. Dopo qualche secondo, Seokjin strinse i denti e si mise a sedere con un lamento tremante. Sbattendo le palpebre per dissipare la coltre nei suoi occhi, scrutò la pillola bianca nel suo palmo mentre prendeva con

dita incerte il bicchiere d'acqua che Jimin gli stava consegnando. Più scrutava la pillola lunga quanto una sua falange, più sentiva i conati risalire come una marea, facendolo ripiegare su se stesso al solo pensiero di introdurre qualcosa nel suo stomaco. 

 

-Ce la fai, hyung? Possiamo chiamare il dottore per- 

 

Jin prese a scuotere il capo con gesti che, a suo parere, dovevano risultare risoluti ma che in verità, uniti al dondolio del suo corpo, dovevano apparire solo patetici. 

 

-Ce... la... posso fare... 

 

Niente dottore. Il dottore gli avrebbe fatto una flebo e quello voleva dire aghi. Avrebbe preferito mille volte rischiare di rimettere piuttosto che farsi perforare. Tremando, si portò la mano alla bocca appoggiando la pillola sulla lingua, prima di avvicinare alle sue labbra aride il bicchiere oscillante. Ingoiare era un'impresa, perché sentiva la gola pronta a stringersi attorno a qualsiasi cosa vi passasse attraverso oltre che protestare a causa dell'irritazione che già la rendeva sensibile. 

 

Distrattamente, sentì il peso del bicchiere venirgli sottratto mentre stringeva le palpebre, concentrandosi con tutte le sue forze per evitare di sputare quel poco che era riuscito a introdurre nel suo organismo. 

 

-Hyung, di cosa hai bisogno? Vuoi che sto un po' qui con te? 

 

Jin scosse il capo, mantenendo gli occhi chiusi. Silenzio. Voleva solo silenzio e un po' di stramaledetta pace. Voleva che il suo corpo, per una volta, si quietasse. Ma quel flebile desiderio venne spazzato via in breve tempo. Una nuova ondata di fitte era già all'orizzonte, facendogli flettere le gambe stanche e brucianti. 

 

-Hai bisogno di qualcosa? Dimmi, hyung. 

 

Seokjin tornò a scivolare sotto il calore delle coperte, rispedito nell'inferno che incendiava la sua testa ma beandosi del conforto dai brividi che esse gli fornivano. Le fitte si stavano alzando. Lo stomaco ricominciava ad accartocciarsi e lui non desiderò altro che poter essere in grado di ripiegarsi su se stesso, per trattenere ogni lampo di dolore il più possibile. Come un futon. O come un origami. 

 

Come sarebbe stato essere un oggetto inanimato? Non provare niente? Essere semplicemente lì... per esistere? 

 

Un Seokjin nel pieno delle sue facoltà non avrebbe mai desiderato una cosa simile. Ma Seokjin in quel momento non era che il residuo dei brandelli di se stesso, strappati come un pezzo di carta il giorno dell'incidente. 

 

Il dolore non era reale. 

 

Non era reale. 

 

Eppure lo era. 

 

Perché? 

 

Perché doveva soffrire pur se non c'era nulla? 

 

Perché non poteva godersi un giorno della sua vita illudendosi di poter essere normale, essendo operoso, agitandosi per la persona che avrebbe visitato la sua casa e per il tempo che finalmente avrebbe potuto passare insieme ai suoi amici? Perché non poteva liberarsi di quel peso che continuava a trascinarlo verso il fondo? 

 

-Sei sicuro di non aver bisogno di niente, hyung?

 

Forse era meglio lasciarsi andare. Forse doveva lasciare che quel peso lo tirasse giù, nelle profondità del nulla. E stare lì, senza lottare. Senza provare a tornare in superficie. Semplicemente... accettando il proprio destino. Che senso aveva provare a vivere se la vita non gli prospettava altro che sofferenza? 

 

-Ok, come vuoi hyung. Ma se hai bisogno chiamami, verrò immediatamente da te, chiaro? 

 

"Vattene Jimin." 

 

"Non perdere tempo con un cadavere che cammina." 

 

Ma tutto ciò che Jin fece prima di richiudere gli occhi fu annuire. 

 

 

 

Gli occhi di Yona non fecero altro che saettare verso il corridoio in cui Jimin era sparito, prima di tornare a studiare i volti tirati e nervosi dei giovani seduti sul divano. Nessuno pareva avere il coraggio di spezzare quel silenzio irrequieto che era andato a stabilirsi nella stanza, sedendosi in mezzo a loro come un ospite sgradito e trasmettendo disagio a ognuno dei presenti, che avevano gli sguardi incollati al pavimento o alle proprie mani congiunte. 

 

La donna, a quel punto, strinse le labbra in una linea ferrea. 

 

-Siete davvero sicuri che non dobbiamo chiamare un dottore? Sembra piuttosto grave- eruppe, contraendo le sopracciglia in una smorfia preoccupata. Cosa diavolo poteva portare un essere umano a lamentarsi a quel modo? Non poteva neppure immaginare che tipo di dolore doveva provare in quel momento e, al solo pensiero, un brivido freddo le percorse la schiena. 

 

-Jimin gli ha portato l'antidolorifico, quello dovrebbe permettergli di stare meglio. Nel caso non funzioni, chiameremo il dottore, ma di solito nel giro di mezz'ora si calma- rispose allora Namjoon, mantenendo gli occhi lontani da lei. E Yona, a quel punto, non poté frenare la domanda che nacque sulla punta della sua lingua. 

 

-Da cosa è generato? 

 

La donna, all'istante, maledì la sua stupida lingua impulsiva. Non erano affari suoi. Li conosceva da appena una settimana ed era solo la loro insegnante, non poteva pretendere di ficcare il naso in questioni così private come i loro problemi di salute. E non aveva importanza l'attrazione che sentiva per quell'uomo. Erano ancora pur sempre estranei. 

 

-È tutto iniziato per- 

 

-Tella.

 

Gli occhi della donna caddero immediatamente sulla ragazza dai capelli riccioluti, che aveva la bocca spalancata nel trasporto della frase che non aveva potuto terminare. Accanto a lei, Diana le lanciava un'occhiata ammonitoria, benché gentile nella sua fermezza. 

 

-È una questione un po' delicata. Si tratta di una faccenda molto personale per Jin- terminò allora la giovane dai capelli biondi, rivolgendo finalmente la sua attenzione all'insegnante. Questa annuì, abbassando in imbarazzo il capo. 

 

-Chiedo scusa, non dovevo impicciarmi- replicò allora, trattenendo una smorfia dal suo viso. 

 

Eppure...

 

Eppure doveva ammettere che la curiosità non se ne andava da lei. 

 

Cosa era successo a quell'uomo timido, dall'aspetto così innocente e giocoso? 

 

Quella fu solo la prima di una serie di domande che iniziarono a girarle vorticosamente in testa senza darle tregua. Era evidente che la sua anima gemella non era presente. Solo Yoongi e Taehyung erano stati in grado di incontrare la loro metà? Perché l'uomo non l'aveva ancora trovata pur essendo il maggiore del gruppo? Che tipo di legame aveva? E sopratutto... potevano questi aspetti essere legati al suo malessere? 

 

Jimin fece il suo ingresso nel salotto indossando un'espressione cupa sul viso etereo, portandola a estraniarsi dai suoi pensieri e concentrare la sua attenzione sulle persone sedute di fronte a lei. La donna abbassò lo sguardo alle sue mani, che stringevano nervosamente la custodia del dvd di Hairspray. Era davvero il caso di continuare la serata guardando un allegro musical e facendo come se nulla fosse successo, mentre a poca distanza si trovava una persona sola e in preda al dolore? Storcendo la bocca, Yona sollevò gli occhi. 

 

-Se lo desiderate, possiamo rimandare alla prossima settimana- pronunciò, catturando immediatamente l'attenzione dei presenti. Questi, alle sue parole, si voltarono all'unisono verso Namjoon. Anche in situazioni come queste, pensò Yona, sembravano ricercare istintivamente la guida del loro leader che, in quel momento, abbassò il capo strofinandosi il collo. 

 

-Forse sarebbe il caso- rispose dopo qualche attimo di meditazione, provocando gesti di assenso da tutti gli altri. 

 

-Sono d'accordo. Sarebbe molto insensibile stare qua a passare del tempo assieme mentre lui sta male. E poi, con la televisione accesa potremmo rischiare di non sentire se ha bisogno- aggiunse Hoseok con uno sguardo meditabondo. Yona, allora, annuì accennando un sorriso a indicare che non era problema. Mentre Taehyung si alzava prontamente per andare a recuperare la sua giacca, lei afferrò la borsa di jeans, infilandoci il dvd. Non appena il ragazzo tornò, la donna si vestì con un gesto fluido, sfilando contemporaneamente il cellulare dalla tasca e lasciandolo in mano a Estella, che sollevò grandi occhi confusi su di lei. 

 

-Non dimenticarti l'appuntamento di shopping. Io non scherzo quando si parla di fare spese- disse allora, sollevando debolmente gli angoli della bocca. La ragazza, a quel punto, aprì la bocca in una O che rispecchiava la sua realizzazione, prima di annuire con veemenza e prendere a digitare sullo schermo del cellulare. 

 

-Non mi dimenticherò. Grazie- replicò lei, aprendosi in un sorriso timido. La donna le fece un gesto del capo, prima di riportare la sua attenzione ai ragazzi in piedi di fronte a lei con espressioni apologetiche, dipinte da sfumature ansiose che riflettevano la loro preoccupazione.

 

-Salutate Seokjin-ssi da parte mia... quando starà meglio. E ditegli che spero si riprenda in fretta.

 

La donna pronunciò le frasi di circostanza concentrandosi su tutti e su nessuno. Era difficile, in effetti, guardare anche solo uno dei ragazzi senza venire sommersa dalla pressante ansia che si vedeva riflessa nei loro occhi. Ma, in fondo, Yona voleva veramente pronunciare quelle parole. Sperava davvero che lui potesse stare bene. 

 

-Ci vediamo lunedì allora. 

 

Con un gesto della mano, salutò i presenti spostandosi verso la porta prima di fare un cenno del capo e uscire dall'abitazione. In un batter d'occhio, si ritrovò seduta al volante della sua vettura con il capo abbandonato sul poggiatesta e le mani strette sul cerchio di cuoio. Serrando le labbra, flesse nuovamente le dita. 

 

Come mai quel giorno continuava ad avere l'istinto di riprendere in mano la sigaretta? 

 

Dopo qualche istante di immobilità, prese il telefono e lo appoggiò nello stand attaccato al parabrezza con una ventosa, accendendo poi lo schermo e prendendo a navigare nelle ultime chiamate. Prima ancora di pensare, dagli altoparlanti si udiva già uno squillo basso e ripetitivo. 

 

-Ehi. 

 

Il suono gracchiante riempì l'abitacolo, riverberando la voce stanca che usciva dal cellulare. 

 

-Ehi- replicò flebilmente Yona, ingranando la retromarcia con un gesto fin troppo brusco per il già fragile cambio della vettura.

 

-Fammi indovinare... problemi di uomini? 

 

La donna alzò gli occhi al cielo.

 

-No.

 

-Bugiarda- ribatté prontamente la voce, facendola sibilare bassamente mentre usciva dal parcheggio sotterraneo. 

 

"Stupida strizza cervelli." 

 

-Quando chiami alla mattina è perché hai voglia di trascinarmi a mangiare qualche porcheria. Quando chiami al pomeriggio è perché non stai lavorando e ti senti sola. Quando chiami alla sera c'entra sempre un uomo. Hai bucato un appuntamento?

 

Yona sbuffò sonoramente, scuotendo il capo. 

 

-Non è vero, non sono così prevedibile. 

 

-Mi dispiace contraddirti... anzi, a dire la verità no, non mi dispiace... ma tu sei prevedibile. E ora dimmi: come si chiama? 

 

Yona arricciò le labbra. 

 

"Stupida strizza cervelli che non doveva diventare mia amica. Avrei dovuto eliminarla tanto tempo fa per tutti i segreti che conosce." 

 

-Non si tratta di un uomo. Cioè... no. O almeno, non esattamente. 

 

Quando la voce esitante della donna si spense, seguì un breve silenzio turbato solo dal basso ronzio del motore della macchina. 

 

-Spiega. 

 

Yona, appoggiando il gomito alla portiera, trasse un lungo sospiro.

 

-È stata una settimana strana. Ho iniziato il nuovo lavoro, mio padre ha chiamato, mia madre... beh, è mia madre e poi c'è questo tizio che però è un idol e sembra avere una serie di circostanze strane e non voglio invischiarmi in nulla di complicato, cioè, non voglio ricominciare a mettermi in gioco se poi- 

 

-Buona buona buona! Piano. Con calma, inizia a raccontarmi con ordine quello che è successo. 

 

Yona bloccò la sua lingua mordendosi le labbra. Mantenendo lo sguardo sulla strada costellata di macchine in fila, aprì la bocca un paio di volte prima di riuscire a trovare le parole.

 

-Ho un gran mal di testa. Oggi mi sarei fumata volentieri un pacchetto. 

 

Un'aspra ispirazione si udì all'altro capo del telefono. 

 

-Siamo messi così male? 

 

La donna rimase per qualche istante in silenzio. 

 

-Cho... ne vale ancora la pena provarci?

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Eeeeeeeee si torna alla depressione 😬 e nel prossimo capitolo conosceremo ancora meglio il passato di Yona e il tipo di difficoltà che ha affrontato. Inoltre, vedremo anche un nuovo POV di un personaggio che finora non abbiamo ancora sentito 👀 ci siete? Siamo pronti? 

 

A parte ciò, il male al cuoricino al pensiero che Jimin non stia bene 😭💔 speriamo che si riprenda in fretta, altrimenti il fandom potrebbe impazzire senza un Jimin a portata di mano

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Capitolo 19
*** 17. I dreamed a dream ***


Yona strinse le labbra nervosamente mentre solo un silenzio tombale le rispondeva dall'altoparlante del telefono. Ma si rese conto che la domanda le era rigirata in testa più volte di quanto avrebbe voluto ammettere. A ogni appuntamento fallito, a ogni relazione terminata, la domanda si faceva sempre più pressante. 

 

Ne valeva ancora la pena? 

 

E lei? Lei ne valeva la pena? 

 

-Yona, che cosa ti frulla nel cervello?

 

La donna non riuscì a rispondere. Si morse il labbro inferiore mentre un circolo vizioso ricominciava a vorticare nella sua testa, incatenandola in un percorso senza fine che tornava sugli stessi soliti punti che aveva cercato di combattere nel corso degli anni. 

 

Il fallimento. 

 

La paura. 

 

La rabbia. 

 

I comportamenti autodistruttivi che ne conseguivano, sempre. 

 

-Yona, ascoltami bene. Hai avuto una settimana stressante, con un grosso cambio di routine. È normale che tu ti senta spaesata e che, insieme alle altre cose che si sono susseguite, tutto ciò ti abbia mandato in crisi. Ma questo non vuol dire che hai perso. 

 

La donna ispirò aspramente con il naso, stringendo le dita sul volante fino a che la pelle non perse il suo tipico tono caldo per sbiancare in maniera disturbante. Inserendo la freccia con un gesto secco, fece accostare la macchina lungo il ciglio della strada, attivando le quattro frecce mentre abbandonava il capo sulle sue mani. 

 

-Yona? Yona, parlami, ti prego. 

 

Le dita passarono sul suo volto accartocciato, ignorando il trucco che ne decorava gli occhi per stropicciarsi le palpebre. 

 

-Cho... io... non voglio tornare al punto di partenza. 

 

La donna sentì le labbra tremare debolmente nonostante la presa dei suoi denti. Nella sua visuale oscura, apparve il riflesso di una ragazza incastrata in un'espressione annoiata, intrappolata in un corpo che odiava e che seppelliva sotto felpe extralarge e un cipiglio iracondo. Quella ragazza amava la compagnia ma non poteva fare a meno di odiare la sensazione di estraneità dal mondo che la circondava. La ragazza nella sua visione era seduta fra i suoi amici intenti a scambiarsi la sigaretta accesa, l'unica distrazione che riusciva a seppellire la rabbia e l'odio dentro di lei.

 

Auto sabotaggio. 

 

Questo era il suo metodo preferito quando sentiva che qualcosa non funzionava. Allontanava gli amici che si avvicinavano troppo, allontanava i genitori che le avevano causato solo sofferenze e allontanava anche la terapista che cercava di penetrare attraverso la sua barriera di rabbia. Allontanava quegli uomini che sembravano promettenti con scuse e cavilli. 

 

Quanto tempo c'era voluto per imparare a non boicottare la sua stessa vita? 

 

E in quel momento... stava crollando di nuovo. 

 

-No, tesoro, non stai tornando al punto di partenza. Sei stanca e forse un po' scoraggiata e hai un momento di debolezza, che è perfettamente normale per ogni essere umano. Non possiamo sempre essere al cento per cento, a volte il nostro umore prende una piega negativa e va bene così. Dobbiamo imparare ad accettare questi momenti quando arrivano e non viverli come una sconfitta. Dobbiamo viverli semplicemente per quello che sono: momenti. Come sono venuti, così se ne andranno. 

 

Yona deglutì debolmente, emettendo un mugolio che doveva indicare la sua comprensione. Le dita, però, erano ancora pressate sul suo viso. 

 

-Ora, però, voglio che torniamo alla domanda iniziale: che cosa ne vale ancora la pena?

 

La donna sollevò finalmente il capo, scrutando lo schermo del suo telefono che indicava la chiamata in corso. Incrociando le braccia sul volante, appoggiò la guancia su di esse cercando di rilassare il busto. 

 

-Provarci ancora?- chiese con voce flebile.

 

-Mettersi in gioco?- aggiunse in un sussurro quasi inaudibile. 

 

-Oppure quello che intendi è se tu ne vali ancora la pena- replicò dolcemente la voce di Cho. Yona, a quelle parole, strinse nuovamente gli occhi.

 

-Yona, hai ancora quel quaderno per l'esercizio che ti avevo assegnato? 

 

La donna allungò le labbra in un broncio, mugolando un assenso mentre i suoi occhi cadevano sulla sua borsa. Anche se la imbarazzava, se lo portava sempre dietro. 

 

-Bene, allora voglio che tu adesso vai a casa, prendi il quaderno e scrivi almeno cinque punti. E quando hai fatto e ti sei calmata, mi richiami così puoi raccontarmi per filo e per segno i dettagli del nuovo maschione su cui hai messo gli occhi. 

 

Yona riuscì a distendere le labbra in un sorriso accennato. Allontanandosi dal volante, si abbandonò contro il sedile e spense le quattro frecce. Ingranando la marcia, diresse la vettura verso il centro della strada mentre sospirava. 

 

-È un mio studente, Cho. Non posso uscire con uno studente. 

 

Uno sbuffo incredulo esplose dall'altoparlante del telefono. 

 

-Balle. Lo hai già fatto in passato, perciò non vedo come mai dovresti iniziare a farti il problema ora. 

 

Yona strinse le labbra. 

 

-È un idol- disse seccamente allora. Giusto, era un idol. Una vita troppa complicata in cui immischiarsi. Giusto. Un'altra ragione per cui questa cosa non poteva iniziare. 

 

-Bene, vuol dire che sarà un gran bel pezzo di umanità. 

 

La donna riuscì a trattenere la risata dalla sua bocca, ma non riuscì a contenere lo sbuffo che uscì dal suo naso. 

 

-Beh... su questo non posso controbattere. È un gran bel pezzo di umanità. Il migliore di quelli che mi sono passati sotto mano finora.

 

Cho emise un verso soddisfatto. 

 

-Bene, è fatta quindi.

 

La donna, però, scosse il capo seppur nella solitudine della sua vettura. 

 

-Penso che... penso che abbia dei problemi di qualche tipo. Non ne sono sicura, ma ho l'impressione che abbiano a che fare con il legame o con la sua anima gemella. Sembra... una cosa complicata. 

 

Giusto. Era complicato. Troppo complicato. Andarsi a infilare in una situazione simile poteva richiedere una notevole dose di energie emotive da parte sua, energie che già aveva esaurito tre relazioni prima. Perciò, non poteva funzionare. Non poteva. 

 

-Yona, come ti sentiresti se qualcuno decidesse di non darti neppure una chance perché la tua situazione è "complicata"? 

 

La donna corrugò le sopracciglia. Ok, il ragionamento aveva senso. 

 

-Io... 

 

-Tu stai cercando di convincerti a rinunciare ancora prima di avere provato. Ti stai sabotando, tesoro. 

 

Yona non disse niente. Osservando le luci del semaforo riflesse sull'asfalto umido, cercò di annullarsi in quelle righe confuse di rosso e verde mentre la sua mente la portava lontana. 

 

Era vero che si stava auto sabotando. Di nuovo. 

 

Eppure... scappare appariva così facile rispetto a provarci che la tentazione era troppo forte. 

 

-Dai a questo tipo una chance. Se ti ha portato a farti certe domande, è perché probabilmente ti piace molto e la cosa ti spaventa. E puoi anche pensarla in questo modo: forse, i suoi problemi gli permetteranno di comprenderti e di accettarti meglio di chiunque altro tu abbia incontrato. Vuoi davvero rischiare di perderti un'opportunità simile? 

 

Yona distolse lo sguardo dalle luci riflesse sull'asfalto, premendo l'acceleratore e concentrandosi sulla macchina di fronte a lei. Voleva rischiare di perdersi un'opportunità simile? Oppure voleva rischiare di esporsi per l'ennesima volta, per poi venire rifiutata? Voleva rischiare di farsi dire ancora una volta che lei non era abbastanza o che era troppo o che semplicemente era... complicato? 

 

La donna, dopo aver fatto virare la chiamata verso altri argomenti, giunse a casa in un vortice confuso di immagini e strade che le parvero tutte uguali. E, una volta che finalmente riuscì a rifugiarsi nel suo appartamento, estrasse il piccolo quaderno nascosto nella sua borsa. Le sue dita incerte accarezzarono la copertina nera per qualche istante, estraendo lentamente la penna dal suo dorso ma continuando a trovare delle scuse dentro se stessa per non sfogliare le pagine.

 

Scuse. 

 

Sempre e solo scuse. 

 

Alla fine, lo aprì. 

 

Motivi per cui mi piaccio 

 

1. Non mi piaccio.

 

2. Odio fare questa cosa. 

 

3. Cho, ti odio. 

 

4. La terapia è uno spreco di tempo. 

 

Con un debole sorriso, Yona osservò le frasi che aveva lasciato anni prima, quando aveva appena iniziato il suo percorso con la psicologa. All'inizio, le era risultato così ridicolo quell'esercizio che non faceva altro che scrivere stupidaggini. La psicologa, però, non controllava mai se Yona avesse completato l'esercizio. 

 

-Le ragioni che hai scritto sono tue e tue soltanto. Io so già perché tu vali, perciò lo devi solo dire a te stessa. 

 

Yona voltò le pagine con un sospiro fino a raggiungere il primo spazio bianco. La penna rimase sospesa sulla carta per qualche istante, prima di prendere a scivolare con crescente fluidità. 

 

Ragioni per cui valgo ancora la pena. 

 

1. Sono riuscita a smettere di fumare, quindi sono una tosta.

 

2. Ho un sedere da paura. 

 

3. Ho un rapporto buono (decente) con mio padre. 

 

4. Ho un rapporto decente (civile) con mia madre, che è già un'impresa di per sé.

 

La penna si fermò. Cinque punti. Doveva farne almeno cinque. Deglutendo, prese a scrivere l'ultima frase, combattendo con la nebbia che stava prendendo a offuscare la sua visione. 

 

5. Ho ancora un valore, a prescindere dal fatto che gli altri lo riconoscano o meno. 

 

 

 

Stropicciandosi gli occhi, Jimin si rigirò nel letto con un grugnito. Prese il telefono e accese lo schermo, sbattendo le palpebre all'eccessiva luminosità mentre tentava di leggere l'orario. Era già mezzogiorno? 

 

"Cavolo." 

 

Con un altro grugnito, tornò a sdraiarsi a pancia in su, poggiando un braccio sulla sua fronte. Dire che aveva dormito da schifo era un eufemismo. Aveva passato praticamente tre ore a fare avanti e indietro dalla stanza di Jin solo per controllare che stesse bene. La prima mezz'ora, le grida erano continuate, risuonando angosciosamente per tutto il dormitorio e portando i ragazzi a guardarsi negli occhi con timore e apprensione. Poi, come previsto, la voce del suo hyung si era placata. 

 

Jimin, allora, si era infilato silenziosamente nella camera del maggiore, osservando la sua figura immobile. Era un bene che almeno fosse in grado di dormire, per lo meno voleva dire che il dolore era sufficientemente calato da permettergli di riposare. Nonostante ciò, il ragazzo non poté evitare di ingoiare un nodo di incertezza fino a seppellirlo nel suo stomaco.

 

Jin non stava bene. 

 

Tutti avevano sperato che con il passare del tempo i dolori sparissero, che la sua depressione se ne andasse e lui tornasse a essere il loro amato Jin-hyung di sempre. Ma era passato un anno e la situazione non era cambiata di una virgola. 

 

A Jimin mancava il suo amico. 

 

Gli mancava così tanto che sentiva un pezzo del suo cuore morire ogni volta che l'uomo lo allontanava. E sapeva di essere in una posizione migliore rispetto a Taehyung e Yoongi, che erano stati quasi del tutto tagliati via a causa delle loro circostanze, ma comunque non era lo stesso. Non era lo stesso senza il suo allegro, sorridente, scherzoso hyung. E quella settimana pensava di averlo intravisto di nuovo, uno sprazzo del Seokjin che esisteva prima dell'incidente. 

 

Ma Jimin doveva essere stato troppo ottimista, come al solito. Non faceva altro che sperare il meglio, cercare il meglio. E questo lo portava a rendersi fin troppo vulnerabile, talvolta. Namjoon gli diceva spesso che ammirava il suo modo di mettere davanti a sé il suo cuore, di presentarlo completamente e sinceramente alle persone che voleva avvicinare, ma non poteva capire. A volte era una maledizione. Perché quando si mette il proprio cuore in prima linea, si rischia che esso sia il primo obbiettivo a venire attaccato. Jimin, per questo, era forse troppo fragile. Troppo suscettibile. Lo sapeva. Eppure non poteva farne a meno. Avrebbe fatto di tutto per i suoi amici. Se fosse stato necessario, avrebbe dato la sua stessa vita. 

 

Il senso di colpa, perciò, lo trafisse come una sferzata violenta quando, voltando il capo, appoggiò lo sguardo sull'orologio legato al suo polso. Mordendosi le labbra, si portò la mano al petto, puntando gli occhi sullo schermo digitale. 

 

Voleva bene a Jin. 

 

Si stava disperando nel tentativo di aiutarlo, nella speranza di rivedere il suo hyung com'era un tempo. Però, il suo sguardo finiva sempre sull'orologio. Ogni mattina, non faceva che fissarne lo schermo, in attesa. E come sempre, non trovava altro che i grossi numeri bianchi indicanti l'orario. E allora pregava, pregava così intensamente che il momento arrivasse. E quando lo faceva, il senso di colpa si trasformava in nausea che lo portava sull'orlo delle lacrime.

 

Perché, quando sarebbe finalmente arrivato il momento in cui il suo orologio si sarebbe attivato, era sicuro che avrebbe perso Jin-hyung una volta per tutte. 

 

Quando finalmente avrebbe incontrato la sua anima gemella, raggiugnendo quella felicità a cui anelava così disperatamente ogni giorno, avrebbe aggiunto l'ultima coltellata al suo amico e lui lo avrebbe chiuso fuori completamente, come aveva fatto con Tae e Yoongi. 

 

Jimin sentì una lacrima silenziosa solcargli lo guancia mentre afferrava il cuscino e lo stringeva, seppellendo il volto nel tessuto. Non poteva farne a meno. Non poteva fare a meno di immaginare il momento in cui stretta fra le sue braccia ci sarebbe stata la sua metà. Il momento in cui avrebbe potuto affondare il viso nei suoi capelli, beandosi del suo calore e del tepore del legame. Non poteva fare a meno di attendere ansiosamente di ricoprirla di attenzioni, riversando su di lei tutto il suo amore. Avrebbe voluto abbracciarla, accarezzarla o anche solo... sentirla accanto a sé quando andava dormire. Sentire quel conforto di averla lì e sapere che, quando si sarebbe svegliato, lei sarebbe stata ancora lì. 

 

Tutto ciò che a Jin era stato sottratto. 

 

E allora Jimin soffocò i suoi singhiozzi nel cuscino, stringendo il tessuto inanimato che nella sua mente prese piano piano la forma di un corpo, una mano poggiata sul suo viso, una bocca vicina al suo orecchio e una voce che gli sussurrava parole confortanti. 

 

"Perdonami hyung."

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Eeeeee un altro capitolo angst qui per voi 💖😄 don't kill me please, arriveranno tempi più sereni, per ora però vi dovrete subire la sofferenza psicologica T.T e per la prima volta vediamo il mondo dagli occhi di Jimin, che povero cucciolo non vede l'ora di incontrare la nostra Jei- ehm, volevo dire, la su anima gemella- ma allo stesso tempo non vuole ferire Jin. Io intanto mi sono distrutta psicologicamente con una storia bellissima ma straziante. Se siete curiosi di leggerla, è un Hybrid AU su AO3 (ed è in inglese, sorry) ve la consiglio caldamente per chi ama le storie famigliari di adozioni e famiglie allargate, si chiama Gentle Silence di TwoBlueTails. Vi avviso però che tratta di temi MOLTO sensibili come l'abuso e la violenza su minori, bestialità, sfruttamento sessuale e stupro in scene piuttosto grafiche e descritte nel dettaglio perciò NON è una storia per tutti! Io ne sono uscita un po' traumatizzata a dirla tutta, ma il build up è talmente buono che non potevo fermarmi (e poi i maknae sono dei cuccioli teneteli che amano la protagonista e ci sono tanti momenti cute che sanano il cuore). Peccato che è in corso 😅 

 

Btw, vi piacerebbe se ogni tanto facessi questi "angoli raccomandazioni"? Vi può interessare? Sarebbe bello se si creasse uno scambio di consigli e commenti su storie che ci piacciono e io sono ben disposta a ricevere le vostre proposte! Vi avviso che le mie raccomandazioni saranno principalmente in inglese, molto probabilmente su AO3 e spesso monotematiche (vado molto a periodi, mi sfondo praticamente tutto l'archivio di una determinata categoria finché non mi viene il mal di lettura e cambio, perciò 🤷🏻‍♀️).

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Capitolo 20
*** 18. Any way the wind blows ***


Yona sollevò gli occhi sul grande edificio che si dispiegava davanti a lei, prima di lanciare uno sguardo al cellulare. Le tre in punto. Era in perfetto orario. Guardandosi attorno, prese a scrutare le persone che camminavano attorno a lei, entrando o uscendo dal centro commerciale con marce imperterrite e mani occupate dagli smartphone. Nessuna di loro, però, assomigliava a chi stava attendendo. I suoi occhi, perciò, continuarono a cercare tra la folla, prima che una voce allegra la portasse a girarsi verso la strada, lungo la quale un van nero dai finestrini oscurati era accostato. E, intente a uscire dal sedile posteriore della vettura, le due persone che stava cercando. 

 

-Unnie! 

 

Estella, avvolta in un cappotto elegante e leggermente svasato a partire dalla vita, sventolò energicamente una mano nella sua direzione, probabilmente sfoggiando un sorriso allegro dietro alla mascherina scura che ne nascondeva la bocca. Dietro di lei, Diana uscì con più calma dalla macchina, con la figura seppellita da un bomber collegiale bianco e bordeaux, decorato da una grande lettera T in giallo ocra sul petto e delle scritte che ne attraversavano il dorso. I suoi capelli biondi erano incastrati in una lunga treccia che le ricadeva sulla spalla, mentre i suoi brillanti occhi verdi erano nascosti da degli occhiali da sole dall'aspetto anonimo. Yona, sorridendo, salutò le due ragazze, attendendo che si avvicinassero a lei dopo aver fatto cenno  all'autista del van. 

 

-Scusa unnie, è molto che aspetti?- chiese Estella con il fiato corto dopo aver saltellato fino a raggiungerla, lasciando Diana a camminare placidamente con un'espressione rassegnata. La donna, trattenendo una risata, scosse il capo. 

 

-No, affatto. Sono appena arrivata- replicò, salutando anche la ragazza bionda che aveva raggiunto il suo fianco a sua volta. 

 

-Grazie per aver accettato il nostro invito, unnie. E scusa per...-

 

Yona osservò la ragazza più alta mentre gesticolava in direzione dei suoi occhiali e della mascherina di Estella. 

 

-Misure preventive per non attirare troppa attenzione, anche se non sono particolarmente efficaci- continuò la giovane con un sospiro e una scrollata di spalle, portando la donna a fare un gesto del capo in segno di comprensione. 

 

-Immagino che due straniere che camminano insieme attraggano facilmente l'occhio, sopratutto delle fan- replicò lei, lanciando un'occhiata pietosa verso le due giovani. Purtroppo, seppur Seoul fosse una grande città dove il numero di immigrati da Occidente stava gradualmente aumentando, continuava a essere raro individuare due ragazze con tratti somatici talmente evidenti. In particolare, i capelli biondi dell'una e la pelle color cioccolato dell'altra. Diana annuì con un sorriso tirato, scrollando ancora una volta le spalle. 

 

-Abbiamo imparato a conviverci. Comunque, essendo lunedì non dovrebbe esserci troppa gente perciò dovremmo stare più tranquille.

 

Yona annuì, ma prima che potesse aggiungere altro sentì il suo braccio venire agganciato da una piccola forza che la trascinò in avanti, per poi notare che quella forza era Estella. La piccola ragazza aveva preso a braccetto lei e Diana ai due lati, trainandole con eccitata veemenza. 

 

-Andiamo, forza! Shoppiiiiiiiiiiing!- esclamò la giovane, avvicinandosi sempre più alla porta girevole che costituiva l'ingresso del centro commerciale. L'edificio non era particolarmente grande e non era neppure il più rinomato della capitale, ma con i suoi sei piani di negozi era comunque un modesto punto di attrazione per la parte ovest di Seoul, stagliandosi in maniera abbastanza evidente nel quartiere commerciale. Yona non era solita frequentare quel lato della città, perciò non aveva mai messo piede in quella particolare struttura, ma guardandosi attorno constatò già con piacere la presenza di due cafe dall'aspetto intimo e accogliente e uno dei suoi negozi di abbigliamento preferiti. 

 

-Tu hai qualcosa in particolare da prendere, unnie?- chiese Estella, sollevando i grandi occhi scuri su di lei e fissandola con tutta la sua attenzione. 

 

-No, penso che farò un giro dietro a voi per vedere se qualcosa mi attira, anche se il mio armadio mi sgriderà non appena torno a casa. Insieme al mio portafogli- disse la donna, tendendo le labbra in una smorfia sofferente all'ultima parola. Diana si lasciò sfuggire dalle labbra una lieve risata, che spumeggiò nell'aria con un suono cristallino.

 

-Non può andarti peggio che a Tella. Se porta a casa altri abiti, è la volta che la loro stanza esplode. L'unica occasione in cui ho visto lei e Taehyung litigare, è stato per dividere gli spazi nell'armadio. 

 

Yona contemplò la giovane con una piega divertita ma interrogativa nelle labbra, prima che Diana continuasse. 

 

-Entrambi sono grandi appassionati di moda. E, purtroppo, entrambi hanno un leggero problema di accumulamento di cose inutili che non indosseranno mai ma che trovano troppo belle per non essere acquistate. 

 

Mentre le due scoppiavano in una risata, la piccola ragazza in questione allungò le labbra in un broncio, evidente nonostante la mascherina grazie alla piega contrariata delle sue sopracciglia folte. 

 

-Didiiiiiii! Non è vero!- brontolò, incrociando le labbra davanti al petto e corrugando la fronte. Il gesto, però, non fece che sollecitare ancora di più le risate delle due. 

 

-Ti devo ricordare la vostra discussione sul portacravatte?- chiese allora la giovane dai capelli chiari, lanciandole uno sguardo falsamente accusatorio. Estella sollevò un dito in aria, in procinto di ribattere, ma poi lo riabbassò, sbuffando sonoramente. Yona scosse la testa con una smorfia divertita sulle labbra, prima di posare nuovamente gli occhi sui cafe che si dispiegavano ai due lati dell'atrio del centro commerciale. 

 

-Che ne dite se ci prendiamo qualcosa di caldo per iniziare? Vi va?- eruppe a quel punto, riportando lo sguardo sulle due giovani per osservarne la risposta. Entrambe annuirono prontamente, osservando a loro volta i due locali ai loro lati. La donna, allora, indicò con il capo quello di destra con un gesto noncurante. 

 

-Questo sembra abbastanza tranquillo, che dite? 

 

Le ragazze posarono gli occhi sul piccolo cafe da cui si poteva vedere uno spazio ristretto, ma dove non mancavano posti a sedere. Sembrava essere decorato in uno stile vintage, quasi anni sessanta, ma rielaborato in chiave moderna grazie agli arredi dissonanti e allo stesso tempo così buffamente armoniosi tra loro. Non esisteva un unico stile, infatti, per i tavoli, i quali recavano sedie di forme e colori diversi, come se i proprietari fossero andati a un mercatino dell'usato afferrando singoli pezzi di arredamento che avevano trovato e mettendoli poi tutti insieme in un unico, caotico insieme. Era adorabile, a dir poco.

 

Entrando nel locale, le tre giovani furono salutate con un inchino da una cameriera dal sorriso sincero nella sua cordialità, che le condusse a un tavolo incastrato nel punto più lontano dall'ingresso, nascosto dietro un separatore che ricordava vagamente quelle tavole calde americane dal sapore un po' tradizionale in cui Yona si ritrovava a gravitare durante i suoi anni all'università. Mentre lei si accomodava con la schiena contro il separatore su un divanetto di pelle sbiadita color turchese, Diana ed Estella si sistemavano di fronte a lei in una panca di legno bianco, resa più accogliente dall'imbottitura nuova e dai cuscini color tortora. Il tavolo, infine, era anch'esso di legno ma la vernice grigia era venuta via a tratti dalla sua struttura, lasciandogli un'aria vissuta ma quasi elegante. 

 

Quando la cameriera dal sorriso cordiale portò loro i menu, la donna seppellì immediatamente il naso nella lista di torte, osservando con crescente interesse le foto che ne corredavano i nomi. 

 

-Unnie, dicci qualcosa di te! Come sei diventata un'insegnate di inglese? Lo parli molto bene! 

 

La voce di Estella fece distogliere lo sguardo di Yona dai dolci, portandola a concentrare la sua attenzione sulle due ragazze dai visi incuriositi. Lei piegò appena il capo, sollevando gli occhi sulla parete dietro di loro e puntandoli sulle targhe di automobili che portavano le iniziali di diversi stati americani. Sembrava che i padroni del cafe fossero davvero appassionati di cianfrusaglia vintage. 

 

-Ah, beh... diciamo che a scuola me la cavavo con poco sforzo e per una... serie di circostanze, ho deciso di andare a studiare negli Stati Uniti dopo aver vinto una borsa di studio. 

 

A essere precisi, le circostanze includevano scappare da sua madre e dalla sua psicoterapeuta. E perseguitare la donna che aveva rubato suo padre. Ma non c'era bisogno di condividere così tanto, in quel momento. 

 

-Wow, davvero? Avevi un accento particolare in effetti. Adesso che me lo dici riesco a sentire la cadenza americana- replicò a quel punto Diana, guardandola affascinata. Yona, a quelle parole, tirò le labbra in un sorriso.

 

-Sono stata là per tutto il periodo del college, più un anno in cui ho iniziato a lavorare con immigrati che cercavano di imparare la lingua, perciò mi è rimasto molto il loro modo di parlare. E per finire la mia coinquilina era di Brooklyn, perciò mi ha dato il colpo di grazia- concluse allora, emettendo una breve risata mentre la sua mente tornava a un piccolo appartamento dove la caldaia funzionava a giorni alterni e in cui in estate si sentiva entrare dalla finestra il soave odore di fritto del ristorante sopra il quale si trovavano. In tutto ciò, il viso solare di una ragazza dalla carnagione scura e una lunga parrucca fatta da trecce strette e mescolate a ciocche blu splendeva più vivida che mai nella sua memoria. Yona, allora, scosse il capo sollevando lo sguardo sulle sue interlocutrici. 

 

-Voi invece? Da quanto siete qui?

 

Diana si aprì in un sorriso gentile, enfatizzato dalle sue labbra delicate e dagli occhi chiari che finalmente erano stati liberati dagli occhiali da sole. 

 

-Tella ha incontrato Tae nel duemiladiciassette, mentre io mi sono trasferita qui due anni dopo. 

 

Yona sollevò le sopracciglia con stupore. 

 

-Quindi non è molto che sei qui! Sei molto fluida nella lingua, complimenti. 

 

La giovane dai capelli biondi scosse il capo con un sorriso imbarazzato. 

 

-Ho fatto di necessità virtù. Yoongi sembrava negato per parlare in inglese, perciò mi sono dovuta mettere sotto e imparare. Con ogni chiamata Skype, le cose miglioravano sempre più, perciò alla fine ho avuto un buon incentivo per mettercela tutta. 

 

Yona annuì, riportando il capo sul menu mentre allungava le labbra in una piega indecisa. 

 

-E... scusate la curiosità ma... ci siete solo voi?- chiese, cercando di sembrare particolarmente noncurante mentre lanciava la domanda che la assillava dal weekend precedente.

 

-Al momento sì. Gli altri ragazzi hanno tutti legami che richiedono pazienza perciò non sono ancora riusciti a trovare la loro metà. 

 

Yona sollevò il capo, non riuscendo a nascondere la curiosità dalla sua espressione.

 

-Ah, davvero?

 

Diana, se se ne accorse, non lo diede a vedere, annuendo semplicemente. 

 

-Io e Yoongi siamo stati fortunati. Ci siamo incontrati in occasione del mio primo viaggio qua per un concorso per violoncello, a cui poi si è aggiunta una collaborazione con il famoso gruppo BTS...- pronunciò la giovane, mimando le virgolette nell'aria con un'espressione ironica -... e da lì è bastata una stretta di mano per attivare il tocco di Zeus. 

 

La donna tese il viso una smorfia di compassione mentre ascoltava la ragazza. Quel tipo di legame era notoriamente fra i più dolorosi da affrontare, dopo l'empatia corporale. Aveva sentito parecchi racconti di primi incontri che erano finiti con contusioni di una certa gravità.

 

-Io e Tae invece abbiamo l'orecchio di Ulisse, perciò è stato facile incontrarci- intervenne allora Estella, sollevando con enfasi le spalle per sottolineare le sue parole, mentre appoggiava il viso sulle sue mani intrecciate sorrette dai gomiti. 

 

-Jimin-oppa, poi, ha lo scambio di corpo perciò non può fare altro che aspettare. Namjoon-oppa è ancora più sfortunato dato che ha il bacio del Sole e non ha il tempo di uscire con così tante ragazze da riuscire a scoprire quale è la sua anima gemella. E poi c'è Jungkook con le impronte di Persefone e Hobi-oppa con la bussola dell'anima. Ah, e poi c'è Jin-oppa con- 

 

Diana spalancò gli occhi, schiarendosi rapidamente la gola nel tentativo di fermare il treno di parole che stava uscendo freneticamente dalla bocca della minore. Fece saettare nervosamente gli occhi sulle varie suppellettili del locale, senza apparentemente avere il coraggio di posarli sul viso attento di Yona. 

 

-Ma... dicci di te, unnie. Hai già trovato la tua anima gemella? 

 

La donna sorrise. Non con amarezza né con risentimento, ma con la semplice accettazione del fatto che quella domanda sarebbe arrivata, prima o poi. Per Diana, forse, era semplicemente la prima forma di diversivo che aveva trovato per deviare il discorso da quell'argomento che sembrava così delicato. Per Yona, invece, riecheggiava di tutti quegli anni e quelle conversazioni passate che finivano sempre alla stessa, identica maniera. 

 

Non era insolito fare quel genere di domanda. Non era considerato indelicato, né invadente. Per molti, era una semplice forma di circostanza che seguiva il "Cosa fai nella vita?" o "Da dove vieni?". Nelle aule di scuola, era quel quesito invidioso che veniva sussurrato tra le ragazze che avevano iniziato a manifestare il legame, lanciato con sguardi avidi e orecchie attente. Nulla di nuovo. Insieme a "Che tipo di legame hai?", era solita seguire le prime chiacchiere di uno scambio. E Yona, quando era piccola, rispondeva con semplice innocenza. Quando la pura e incontaminata verità lasciava le sue labbra, i suoi compagni la guardavano in confusione. Ancora non sapevano che cosa volessero dire le sue parole veramente e chi ne era a conoscenza usava il suo cervello sottosviluppato per sfruttarle come scherno nei suoi confronti. Non l'aveva mai toccata particolarmente. Davanti a quelle prese in giro, fissava i bambini con sguardo vacuo, incapace di capire perché trovassero la cosa così divertente, prima di proseguire con la sua vita come se nulla fosse successo. 

 

Alle superiori, aveva iniziato a mentire o a fingere di non sentire la domanda, infilandosi gli auricolari nelle orecchie quando percepiva sollevarsi l'argomento. Non che si vergognasse della sua condizione, ma non amava dover convivere con gli sguardi pietosi e le domande inopportune che seguivano la sua rivelazione. Neppure i suoi amici sapevano la verità e a lei stava bene così. Al college, aveva iniziato a fregarsene completamente delle reazioni altrui. I suoi coetanei, inoltre, non sembravano più così interessati alla sua vita privata perciò non c'era più motivo di fingere. 

 

Quindi Yona non era sorpresa. Non colpevolizzò la ragazza per la semplice domanda e non avrebbe risposto con una mezza verità. Sorridendo, pronunciò quelle parole che fecero spalancare gli occhi delle sue ascoltatrici. E in un attimo, si ritrovò a confrontarsi con la sorpresa nei visi delle ragazze con serenità.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

EH EH EH. Perché ci piace un bel cliffhanger 😝 vero che ci piace? Ormai non vi chiedo neanche più di non uccidermi, penso che a quest’ora abbiate già complottato 101 modi per farmi fuori in maniera lenta e dolorosa XD detto ciò, che ne pensate di Stay Alive? Io tipo 👁👄👁 la voce di Jungkook è 💋👌🏻 ma quello che mi ammazza del tutto è la base che utilizza le percussioni tradizionali coreane e le riadatta nel beat (come solo il nostro Min Suga sa fare, il nostro maledetto genio). Voi che dite?

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Capitolo 21
*** 19. If only ***


Diana, con gli occhi spalancati e la bocca dischiusa prese a muovere le labbra in preda allo stupore, ma nessun suono vi uscì. Poi, abbassando lo sguardo con un'espressione imbarazzata, prese a parlare. 

 

-I... io... scusami, u-unnie, non lo sapevo, è stato indelicato da parte mia- 

 

Yona fermò il suo fiume di parole poggiando una mano sulla sua e scuotendo il capo con un ampio sorriso. 

 

-Ehi, tranquilla, non hai fatto nulla di male. Ci sono abituata. Non ti devi scusare.

 

Piegando il capo, la donna cercò gli occhi colpevoli della giovane e le rivolse un'espressione che, sperò, doveva risultare rassicurante. Lo sguardo di Diana, però, continuava a saettare febbrilmente dal suo viso a qualsiasi altro oggetto a portata di mano, mentre Estella non aveva ancora smesso di fissarla con la bocca spalancata. 

 

-No, io... anche se non immaginavo che... non avrei dovuto. Sono i tuoi affari personali. Perdonami. 

 

Yona, corrugando le sopracciglia in una smorfia contrariata, afferrò definitivamente la mano della ragazza, stringendola fra le sue con determinazione. 

 

-Diana, va tutto bene. Dico sul serio. Prima o poi, comunque, ne sareste venute a conoscenza, non è un segreto- replicò la donna, sollevando le spalle nel tentativo di dissipare l'aria solenne che sembrava essere calata sul tavolo dal momento della sua rivelazione. 

 

Non era nulla di straordinario. 

 

Non era nulla che richiedeva la pietà di nessuno. 

 

Era semplicemente... una parte di lei. Così voleva che le persone la vedessero. 

 

-Unnie, tu...- 

 

La voce di Estella portò Yona a rivolgere lo sguardo verso la piccola ragazza, che la fissava ancora con le folte sopracciglia sollevate in un'espressione stralunata, ma con uno sguardo privo della colpevolezza di Diana. Sembrava quasi, curiosamente, estatico. 

 

-Tu sei come Jin-oppa...- continuò allora, mentre la sua voce si assottigliava sempre più fino all'ultima vocale. Un silenzio perplesso cadde su di loro, portando Yona a piegare il lato di lato con uno sguardo interrogativo. Che cosa voleva dire? 

 

-Tella...- replicò infine Diana con un tono debolmente ammonitorio, rivolgendo finalmente i suoi occhi chiari su di lei. 

 

-Didi, lei lo può aiutare! Dobbiamo fare qualcosa!- esclamò Estella con tono implorante, volgendosi verso la maggiore con occhi spalancati in una piega disperata. La ragazza dai capelli biondi, però, scosse il capo con un sospiro. 

 

-Tella, le circostanze non sono le stesse, lo sai. E, poi, non possiamo violare la privacy di Jin-oppa. È un suo diritto parlare di quello che è successo quando e con chi vuole. Sopratutto considerato...- la voce di Diana si spense velocemente, mentre la giovane abbassava lo sguardo sul tavolo dalla vernice rovinata -... il suo stato emotivo. 

 

Estella, però, prese a scuotere il capo a sua volta, con più veemenza e quasi con una cocciuta disperazione. 

 

-Al diavolo la privacy! Questa cosa può aiutarlo! Se si parlano forse... non lo so... lei può capirlo!

 

La piccola ragazza afferrò il braccio della sua amica, stringendolo in un morsa ferrea mentre i suoi occhi scuri diventavano più lucidi e il suo tono ancora più acuto del normale. 

 

-Lo hai detto tu! Hai detto che anche se non potevamo aiutarlo, qualcuno un giorno forse ci sarebbe riuscito! Non possiamo lasciare che le cose continuino così! Io voglio solo- 

 

La voce della ragazza si estinse con un'aspra ispirazione, accompagnata dalla fronte di lei che si fiondò sulla spalla della maggiore, nascondendo così il suo viso al resto del mondo. 

 

-Voglio solo che i ragazzi tornino a essere felici... voglio che oppa stia bene e torni a essere quello di un tempo... 

 

La voce sottile di Estella arrivò come un suono soffocato dal giaccone collegiale, ma le due ascoltatrici furono comunque in grado di percepire le parole della minore. Diana, infatti, sollevò la mano per poggiarla sulla schiena dell'amica, piegando il capo fino a farlo posare su quello di lei con un sorriso malinconico. 

 

-Lo so, Tella. So che vuoi solo il loro bene, ma... queste cose non possono essere forzate. Non possiamo violare la fiducia di Jin-oppa e non possiamo costringerlo ad accettare un aiuto esterno. E non possiamo forzare neanche unnie a dargli questo aiuto. Se le cose devono succedere, succederanno. Noi, nel frattempo, dovremo avere pazienza e sperare. 

 

Accarezzando debolmente la schiena della ragazza, Diana rivolse un'occhiata apologetica in direzione della donna che, con un sorriso, annuì, indicandole che non c'era problema. Anche se moriva dalla curiosità di scoprire di più, iniziava a capire che le misteriose circostanze che seguivano Seokjin dovevano essere più complicate di quanto avesse preventivato. E, come credeva, sembravano proprio essere legate alla sua anima gemella o, per lo meno, al suo legame. 

 

Perché lui era come lei? 

 

Che cosa volevano dire quelle parole? 

 

E per quale motivo avrebbe avuto bisogno di aiuto? Di quale aiuto necessitava? 

 

Yona, cercando di silenziare le domande nella sua testa, riportò la sua attenzione alle ragazze che iniziavano ad allontanarsi l'una dall'altra. Era evidente che loro non avrebbero risposto. Eppure, la donna sentì accendersi dentro di sé una bizzarra scintilla di determinazione. Anche se quell'uomo sembrava più complicato di quanto avesse previsto... voleva risolvere questo mistero. 

 

-Posso prendere i vostri ordini?

 

La cameriera dal sorriso gentile era ricomparsa al loro tavolo, rompendo l'atmosfera tesa che era andata a crearsi da quando le due ragazze avevano smesso di parlare. Yona, infatti, cercando di dissipare l'aria irrequieta, si aprì in un sorriso a sua volta e ordinò una fetta di red velvet con un caramel latte. Dopo di lei, le due ragazze ordinarono un dessert  da dividere, un tè e una cioccolata calda. 

 

-Unnie... mi dispiace per... 

 

Diana catturò lo sguardo della donna, abbassando poi il capo con un'espressione colpevole. Estella, accanto a lei, era accartocciata su se stessa, con le mani incastrate in mezzo alle cosce e il labbro inferiore stretto fra i denti mentre teneva lo sguardo sul bordo del tavolo. La maggiore, dopo averle lanciato un'occhiata apprensiva, trasse un respiro tremante. 

 

-Vedi... un anno fa è successa... una cosa, a Seokjin. Una cosa molto brutta.

 

Estella si raddrizzò, tendendo la schiena mentre puntava gli occhi spalancati sulla ragazza. Yona, dal canto suo, la osservò senza pronunciare una parola. 

 

-Da quel momento, beh... come hai potuto vedere anche tu, non sta bene. E noi siamo solo... preoccupati per lui. Per questo ci comportiamo in questo modo. 

 

La donna annuì con un sorriso comprensivo. L'istinto di parlare era forte, ma si morse la lingua. Non era suo diritto ficcare il naso nelle faccende private di qualcun altro. Le domande, però, continuavano a invadere la sua mente. 

 

Che cosa era successo un anno prima? 

 

In che modo quell'evento lo aveva portato in uno stato di salute simile? 

 

Domande, domande e ancora domande a cui non poteva dare risposta. 

 

Quando la cameriera tornò al tavolo con le loro ordinazioni, infine, la conversazione ritornò su argomenti più facili, come gli studi da violoncellista di Diana e la passione di Estella per la moda.

 

E, da quel momento, nessuno osò più pronunciare il nome di Seokjin. 

 

 

 

Diana era pietrificata davanti all'ingresso del negozio con gli occhi sollevati sul nome bianco su sfondo nero e una piega inquieta a dipingerle la bocca. Deglutendo nervosamente, scrutò le sbarre anti taccheggio che stavano ai lati della vetrina come portali che conducevano il cliente all'interno dell'ambiente, in quel luogo che la portava in una frenesia di pensieri che le fece accartocciare le mani in una morsa nervosa. 

 

D'altronde, glielo aveva promesso... 

 

Doveva farlo... giusto? 

 

-Didi? 

 

Estella, notando il modo in cui si era bloccata davanti al negozio, si voltò a guardarla con lo sguardo in preda alla confusione, portando anche Yona a bloccarsi e a distogliere gli occhi dal contenuto della sua borsa. Diana, deglutendo ancora una volta, riportò l'attenzione sull'ingresso del negozio. 

 

-Ah no! Non ti azzardare! So cosa vuoi fare, ma non te lo permetterò! 

 

Estella, in un istante, era al suo fianco e le stringeva il braccio con una piega furiosa sulla fronte, allontanandola dalla vetrina che mostrava i corpi perfetti di manichini impossibilmente magri, sfoggianti preziose lingerie di pizzo. 

 

-Non se lo merita! Hai capito? Quel testone non si merita un regalo del genere!- continuò a sbottare la piccola ragazza, voltandosi verso di lei per puntarle un indice minaccioso vicino al naso solo una volta che si ritrovarono a una buona decina di passi dal negozio. Diana fece per parlare, ma la minore la bloccò con un altro gesto furioso del dito. 

 

-No! Ti conosco, Didi! Lo so che lo vuoi fare per lui, ma non se lo merita, chiusa la questione! 

 

-L'altro giorno mi ha fatto venire in studio e ha parlato con me. Ha cercato di capire cosa non andava e mi ha ascoltata- riuscì a ribattere con tono docile, abbassando il piccolo indice di Estella. La ragazza, però, non abbandonò la sua espressione corrucciata. 

 

-E tu cosa gli hai detto?- chiese con tono interrogatorio. Diana, a quella domanda, abbassò il capo pavimento di marmo chiaro. 

 

-Didi- reiterò seccamente la ragazza, prendendo a tamburellare il piede sul pavimento. Lei, dopo aver deglutito, inspirò profondamente. 

 

-Che... faccio fatica a dormire quando lui fa tardi. 

 

Un silenzio tombale seguì la sua risposta. Un silenzio più minaccioso del tamburellare del piede sul pavimento, che era cessato all'improvviso. 

 

-Fai fatica a dormire. Questo gli hai detto?- chiese infine Estella, il tono più simile a un accusa che a una domanda vera e propria, portandola ad abbassare ancora di più il capo. 

 

-... sì. 

 

-Didi! 

 

-Lo so, lo so! Ma... è difficile, ok? Però... lui ha fatto un passo avanti! Mi ha promesso che sarà a casa per mezzanotte e quindi, ecco... magari, se ci riavviciniamo un po', riuscirò anche a dirgli tutto il resto... 

 

Diana strinse ancora di più le mani fra di loro. Doveva essere quella la soluzione. Doveva! Aveva bisogno di qualcosa che la aiutasse a lasciarsi andare, che le permettesse di avere abbastanza fiducia nel loro rapporto da dirgli tutta la verità. 

 

Perciò doveva essere quella la risposta!

 

Il rumore di una gola che si schiariva fece saettare i suoi occhi sulla donna che stava in piedi alle spalle di Estella e la osservava con uno sguardo indulgente. 

 

-Posso... permettermi una parola? 

 

La ragazza, osservandola nervosamente, annuì. Yona, allora, si avvicinò a lei con passi lenti e sereni, fino a esserle perfettamente di fronte. 

 

-Non so quale sia il problema, ma permettimi di usare la mia esperienza per darti un consiglio. Non sono una campionessa di relazioni a lungo termine, ma so cosa vuol dire ritrovarsi in una situazione di disagio con il proprio compagno. Ora, se c'è una questione insoluta tra voi due, ti posso assicurare di una cosa: il sesso non è la soluzione. 

 

Diana spalancò gli occhi, guardandosi attorno nella speranza che nessuno avesse percepito le parole della donna, nonostante il suo tono pacato. 

 

-I-io... 

 

-Tu pensi che risolverai tutti i vostri problemi in questo modo. Ma quello che succederà sarà che lui si convincerà che va tutto bene, perché gli uomini sono un po' ottusi e non capiscono quando non ci mettiamo il cuore. E tu, d'altro canto, ti sentirai ancora peggio perché saprai di avergli concesso qualcosa che non ti sentivi di dargli, sperando che zittisse tutte le voci preoccupate nella tua testa, mentre così non è stato. E non solo ti sentirai incapace per non essere riuscita a risolvere il problema, non solo ti arrabbierai con lui per non aver percepito che non ti sentivi a tuo agio, ma ti sentirai anche violata.

 

Diana, con il petto privo di aria, abbassò lo sguardo in preda alla vergogna. 

 

Perché? 

 

Perché non poteva fare finta di nulla e... dimenticare tutto? 

 

Ma sapeva che Yona aveva ragione. Lo sentiva già sulla sua pelle, la sensazione di disagio a entrare in intimità con Yoongi con la consapevolezza che esisteva ancora una barriera tra di loro. Che lo stesso atto avrebbe avuto significati così diversi per entrambi. 

 

Eppure... perché non poteva essere più semplice? 

 

Che cosa doveva fare? 

 

-Con questo non sto dicendo di privarti del tutto della possibilità, né di usare il sesso come arma contro di lui. O ancora peggio come merce di scambio. Non farai altro che togliere ancora di più valore al vostro rapporto, sentendoti ancora peggio di conseguenza. 

 

Diana, stringendo le labbra al punto da sentire il sapore ferroso del sangue sulla lingua, sentì una mano poggiarsi sul suo braccio, un gesto cauto ma gentile. Sollevando finalmente gli occhi, incontrò il viso accogliente della donna. 

 

-Sai cosa faremo quindi adesso? 

 

La ragazza scosse il capo, con la testa ancora avvolta nelle parole della maggiore e nelle sue preoccupazioni. 

 

-Entreremo da Victoria's Secret e ti prenderemo un bel completino. 

 

Diana spalancò la bocca, fissando Yona con lo sguardo più confuso che avesse mai sfoggiato. 

 

"Aspetta... cosa?" 

 

-Ma... ma tu hai appena... 

 

La donna infilò in braccio nel suo, incoraggiando Estella a seguirle mentre si dirigeva con determinazione al negozio da cui si erano appena allontanate. 

 

-Lo prenderai per te. Non per lui. Voglio che entri lì dentro e prendi la cosa che ti piace di più, quella che ti farà sentire bella senza la necessità di essere approvata da qualcuno se non te stessa. Chiaro? 

 

Diana, a quelle parole, abbassò gli occhi sulle sue cosce strette dai jeans a vita alta. Le sue cosce carnose, sormontate da fianchi troppo larghi per lo standard e da una pancia che soffriva la sua pigrizia nell'attività fisica. Indossare della biancheria intima che metteva in mostra tutto ciò non era esattamente quello che avrebbe potuto aumentare la sua autostima, secondo la sua opinione. 

 

Yona, forse percependo la sua esitazione, si bloccò e voltò il viso per fissarla dritto negli occhi.

 

-Ehi. Sarai bellissima. Voglio che ti senta bellissima, perché lo sei. E ora, andiamo. 

 

La ragazza, lanciando un'ultima occhiata scettica alla donna, si lasciò trascinare all'interno del negozio. 

 

 

 

Diana afferrò il cellulare in una stretta angosciata, mentre si mordeva le labbra per sopprimere un singhiozzo. 

 

"Va tutto bene, va tutto bene, manca un minuto a mezzanotte, sarà semplicemente in ritardo..." 

 

Nonostante il mantra che continuava a cantilenare nella sua testa, però, la stretta al suo petto sembrava farsi sempre più oppressiva, portandola preventivamente a emettere lunghi e profondi respiri per cercare di scacciare il mostro che stava per artigliarle la gola. 

 

Sarebbe arrivato in tempo. 

 

Avrebbe mantenuto la sua promessa. 

 

Continuava a ripeterselo, ancora e ancora. E così si fecero le dodici in punto. E un cappio invisibile iniziò a far sentire la sua presenza intorno al suo collo, alleggerendole già la testa nonostante i profondi respiri che continuava a forzare fuori dal suo petto. Sebbene Estella le avesse ribadito quel pomeriggio che doveva venire a svegliarla se avesse avuto altri attacchi, non poteva farlo. Lei aveva già i suoi problemi e, inoltre, non voleva invadere l'intimità sua e di Taehyung. Non era giusto nei confronti di entrambi. 

 

Doveva farcela da sola. 

 

Doveva arginare il problema prima che diventasse impossibile da gestire. 

 

Dirigendo la mano verso il comodino, tastò fino a trovare il pomello del cassetto. Quando le sue dita, però, furono in procinto di aprirlo, il pesante suono della porta d'ingresso che si apriva e si chiudeva, seguito poi dal basso cigolio delle serrature automatiche che si attivavano, la fece bloccare a mezz'aria. Un passo strascicato ma solerte percorse il corridoio dopo aver abbandonato le scarpe con un tonfo frettoloso, avvicinandosi sempre di più alla sua stanza. 

 

Trattenendo il fiato, spostò gli occhi sulla porta, in attesa. 

 

Passò un istante e poi... si aprì. 

 

Yoongi, con i capelli nascosti da un berretto e gli occhi stanchi illuminati dalla luce del cellulare stretto nella sua mano, si infilò nella camera come se stesse scappando da un incendio. Sollevando lo sguardo su di lei, chiuse la porta alle sue spalle, scaraventando la felpa e i jeans sulla sedia della sua scrivania. 

 

-Un minuto di ritardo- pronunciò lui con voce bassa e roca, ma fissandola mentre si infilava la t-shirt e i pantaloni della tuta che usava come pigiama. Diana fece appena in tempo a sbattere le palpebre, che si ritrovò il corpo della sua anima gemella già sotto le coperte, la testa rivolta verso di lei con uno sguardo implorante e il petto in preda a respiri corti e affilati come se avesse appena corso una maratona. Sollevando un'ultima volta il cellulare davanti ai suoi occhi, illuminò lo schermo prima di riporlo sul suo comodino. 

 

-Mezzanotte e due minuti. Passo comunque?- chiese con tono ironico, seppur una vena di nervosismo poteva essere percepita nella sua voce. Diana, ancora immobile, non disse una parola. Invece, si voltò semplicemente verso di lui, infilando nuovamente il suo braccio sotto le coperte e avvicinandosi al suo corpo che odorava di notte e di umidità ed emanava lievemente il freddo dell'esterno. Avvolse le braccia intorno alla sua vita e seppellì il volto nell'incavo del suo collo, lasciando un bacio sulla pelle gelida. 

 

-Grazie. 

 

Yoongi circondò il suo busto con un braccio, avvicinandola ancora di più a lui prima di appoggiare il mento sulla sua testa ed emettere un lungo, soddisfatto sospiro.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Ebbene sì, Zacra, avevi ragione. Era una trappola XD se pensate che mi sia dimenticata di mettere la rivelazione di Yona, beh, mi dispiace ma vi sbagliate 😝 vi tengo ancora un po’ sulle spine, giusto per tenervi svegli XD non temete, prometto che non vi farò ancora attendere molto. E poi almeno vi ho dato una piccola soddisfazione con Yoongi e Diana, dai 🥺 

 

Detto ciò, io nel frattempo sono a ballare la rumba perché sono riuscita a prendere i biglietti per andare a vedere PTD al cinema a Bologna T.T temevo che andassero sold out prima di potercela fare ma il potere del crederci ha vinto. Ho già richiesto l’estrema unzione però perché nn penso che riuscirò a sopravvivere agli addominali di Jungkook in 4K scala 3:1. Voi ci sarete? Qualcuno andrà a Bologna? 

 

Per concludere, angolo raccomandazioni della settimana: Concetric di gingerpeachtae è un ottimo fantasy vagamente a tema elfico (non proprio ma quasi) molto ben sviluppato e con una bella costruzione della tensione (ho dovuto prendere note durante la battaglia finale perché era davvero molto ben descritta). E grazie al cielo è completa! Ok, detto ciò, ho terminato. Un bacione e alla prossima!

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Capitolo 22
*** 20. Freeze your brain ***


Jungkook si morse il labbro, ingoiando l'ennesimo groppo di nervosismo alla gola. Il silenzio nella stanza era talmente pesante da premergli il petto fino al punto da farlo soffocare e costringerlo ad abbassare gli occhi imbarazzati sulle sue mani artigliate alle ginocchia, mentre le sue gambe saltellavano febbrilmente su e giù. In situazioni normali, lui amava il silenzio. Non sopportava le chiacchiere senza scopo e con il tempo aveva a malapena imparato a superare la sua timidezza quel tanto che gli bastava per condurre una normale conversazione. Parlare non era mai stato il suo forte. Jungkook era un tipo fisico, comunicava con le azioni piuttosto che con le parole. Solo con i suoi compagni riusciva a essere se stesso e apprezzare anche quel borbottare senza senso o il battibeccare privo di malizia. Era merito loro se era riuscito a crescere fino a diventare un adulto sicuro di sé. Sopratutto, era merito della persona seduta al suo fianco. 

 

Jungkook amava il silenzio, ma aveva iniziato a odiare quello in cui era caduto Jin. Il suo rumoroso, fastidioso, eccessivamente apprensivo, infantile hyung. Quella stessa persona che stava seduta al suo fianco con il capo nascosto dal cappuccio della felpa e un bicchiere di caffè abbandonato sul tavolo. La stessa persona che fissava il vuoto per minuti interi senza dare il minimo segno di vita, come se la sua anima fosse sparita dal suo involucro. Il suo stupido hyung, che era diventato irriconoscibile. 

 

Gli ultimi tre giorni in particolare erano stati uno strazio per l'intero gruppo. Avevano tutti iniziato a illudersi che finalmente un miglioramento fosse alle porte quando lo avevano visto emergere dalla sua stanza e unirsi a loro per la colazione. Jungkook non aveva fatto che alimentare nel suo cuore quella speranza grazie alle interazioni che era riuscito a strappare all'uomo nei momenti in cui erano rimasti da soli. Speranza. Futile speranza. 

 

Quel piccolo passo avanti si era in un istante trasformato in cinque passi indietro. 

 

Dopo quel sabato notte, era come se Jin fosse tornato alle settimane seguenti l'incidente: pallido, inerte e muto. Completamente muto. Jungkook aveva provato a convincersi che era solo una fase. Era solo scoraggiato a causa del dolore fisico che aveva dovuto subire, ma presto si sarebbe ripreso. Sarebbe tornato a scherzare con lui e tutto sarebbe tornato normale. Ma man mano che i giorni passavano, l'illusione si faceva più labile. Si frantumava, pezzo dopo pezzo, e prendeva la forma degli occhi vacui dell'uomo e di quel silenzio che li avvolgeva in quel momento. 

 

Per l'ennesima volta, il ragazzo si morse il labbro. Bloccò il movimento frenetico delle gambe, prima di farlo ripartire. Inspirò, ma non riuscì a schiudere le labbra. Doveva rompere il silenzio. Doveva parlare. Doveva! E, in quel momento, odiò se stesso con tutto il suo essere. Perché era incapace di rompere quella barriera di angoscia e disagio che gli premeva il petto e gli serrava le labbra. 

 

Alla fine, fu la porta della stanza ad abbatterla al posto suo. 

 

-Buongiorno, giovani padawan, scusate il ritardo ma il mio letto stamattina aveva voglia di pomiciare.

 

Yona fece il suo ingresso nella stanza marciando più freneticamente del solito mentre rivolgeva uno sguardo apologetico verso i due presenti. Quando esso si posò su Seokjin, però, il ragazzo notò la maschera di ironia onnipresente sul viso della donna abbassarsi impercettibilmente, lasciando spazio a un'espressione più indulgente, quasi dispiaciuta. Ma quel lampo parve svanire in un istante quando la donna si concentrò sulla sua borsa per estrarre delle schede che poi distribuì a entrambi. 

 

-Comunque, gioite. Oggi ci divertiamo- aggiunse allora, strofinandosi le mani con un sorriso malizioso. Jungkook, irrigidendosi impercettibilmente, studiò la donna con attenzione in attesa della sua prossima mossa. Forse la sua circospezione era un po' eccessiva, ma sapeva per certo che la sua definizione di "divertimento" era assai diversa da quella dell'insegnante. 

 

-Non mi guardare così, Jungkook. Non vi voglio fregare, oggi sarà davvero una lezione divertente. 

 

Il diretto interessato spalancò gli occhi, borbottando un verso di assenso mentre l'imbarazzo si trasformava in un calore fastidioso su tutto il suo viso. Abbassando lo sguardo sulla scheda che gli era stata posta dinnanzi, cercò di concentrare l'attenzione sul suo contenuto. 

 

-Oggi sarà la nostra famosa lezione sulle parolacce! 

 

Jungkook, a quelle parole, strabuzzò gli occhi, iniziando a studiare per davvero le scritte davanti a sé. Mentre l'insegnante iniziava a esporre la prima spiegazione, però, la sua attenzione scivolò involontariamente sulla persona al suo fianco. Era immobile. Non aveva mosso un muscolo da che si era seduto su quella sedia e ancora nulla era cambiato. Dalla posizione rannicchiata in avanti, sembrava intento come lui a leggere il foglio sotto ai suoi occhi, ma era la stessa posa in cui aveva passato gli ultimi dieci minuti perciò non aveva alcun significato. 

 

E Jungkook sentì ancora, fastidiosamente, il peso tornare sul suo petto. Aveva bisogno di una distrazione. Qualcosa che lo tirasse fuori dal circolo di oppressiva negatività in cui rimaneva incastrato ogni volta che pensava al suo hyung. 

 

Un sorriso fece capolino nella sua mente. 

 

Una risata sonora, che riverberava per tutto l'ambiente in maniera quasi sgraziata ma così dannatamente buffa. 

 

Degli occhi scuri, ma vivi. Sprizzanti di luce e di energia. Come le stelle. 

 

Forse... avrebbe fatto un giro una volta uscito di lì.

 

 

 

Seokjin non sentiva. 

 

O, meglio, non ascoltava. 

 

Le parole entravano in un orecchio e uscivano dall'altro senza lasciare la minima traccia nella sua mente. Essa, d'altro canto, sembrava l'interno di una grande campana. Vuoto, ridondante di un fastidioso rumore che penetrava le meningi e dava la nausea, seppellita da un'eco ripetitiva e troppo vicina, troppo martellante per lasciargli un po' di pace. 

 

-Per continuare la categoria "corpo umano", spostandoci sul retro abbiamo ass, whackass, jackass e asshole, per poi avere di conseguenza shit, piece of shit e shit-eating come aggettivo per i più fantasiosi. 

 

Seokjin aveva lo sguardo incollato al foglio bianco, ma le scritte nere erano solo nuvole offuscate e confuse. Non vedeva. Non sentiva. Era semplicemente... lì. Un accumulo di spazio senza scopo. 

 

-Ora, nell'area prevalentemente femminile a causa del nostro bene amato patriarcato, abbiamo bitch, che non sempre possiede una connotazione negativa, e le sue varianti più volgari, slut e whore. Ora, se osate usare queste due parole con una donna, a meno che abbia uno shaming kink, vi troverò ovunque siate e vi prenderò a schiaffi fino a farvi finire all'ospedale. 

 

-Che cos'è uno shaming kink?

 

-Questa... è una lezione di un altro tipo.

 

Il tempo scorreva veloce nell'apatia di Seokjin. Con la mente sospesa nel nulla, non c'era una vera concezione di secondi, minuti e ore. Era come essere rinchiusi in una bolla immortale, esente dalle regole della realtà, dove nulla aveva importanza. E Seokjin era lì, seduto in quella bolla al silenzio, a contemplare il vuoto. Da solo. 

 

-Seokjin-ssi? 

 

Fu solo al suono del suo nome che l'uomo riuscì a sbattere le palpebre, prima di fare un minimo sforzo per concentrare le sue pupille sul viso della donna davanti a lui. Forse, in un altro momento, si sarebbe ritratto dal suo sguardo attento in preda alla vergogna, ansioso di nascondere il suo debole essere così assorbito nella sua autocommiserazione. Ma quel giorno l'apatia gli impedì anche quello. La donna mantenne gli occhi su di lui per un istante, mentre il silenzio echeggiava fastidiosamente nella stanza. 

 

-Possiamo... concludere qui per oggi. Ci vediamo sabato mattina, Jungkook. Seokjin-ssi, puoi restare un momento? 

 

L'uomo, in un secondo di lucidità, riconobbe che gli era stata rivolta una domanda, perciò annuì flebilmente senza riconoscere davvero quello che gli era stato chiesto. Il suo dongsaeng, d'altro canto, si bloccò, facendo cadere gli occhi ansiosi su di lui. Jin allora abbassò lo sguardo mentre afferrava i fogli che aveva fissato per un'ora e li infilava nella sua borsa, dando la schiena al giovane. 

 

-Allora... ci vediamo... sabato- pronunciò con incertezza il ragazzo, che raggiunse la porta con falcate ansiose ed esitò per un ultimo istante prima di uscire definitivamente dalla stanza. 

 

-Seokjin-ssi? 

 

L'uomo fece un gesto del capo per indicare che stava ascoltando, ma mantenne l'attenzione sulla sua borsa, lasciando che le sue mani aprissero le varie tasche interne, una dopo l'altra. Non aveva senso, perché non doveva cercare nulla. Sapeva esattamente cosa vi aveva riposto dentro. Le sue mani, però, erano distratte e confuse quanto la sua mente e presero a navigare quello spazio come esploratrici senza meta. 

 

-Ecco... volevo solo chiederti se stavi meglio. 

 

Le sue mani si bloccarono. La zip di un taschino portapenne rimase ferma a metà, semiaperta. Poi, il suo suono acuto riprese a scorrere insieme all'oggetto, mentre l'uomo faceva un altro muto cenno di assenso. 

 

Stava meglio. 

 

Certo. 

 

Stava benissimo. 

 

Il dolore fisico, d'altronde, se n'era andato. 

 

-Mi fa piacere. Mi dispiace molto che tu sia stato poco bene. Spero che questo sabato riusciremo a recuperare e a passare una bella serata. 

 

Le parole suonarono cave e prive di significato al suo orecchio, ma l'uomo annuì comunque. Tanto valeva fare finta che tutto andasse bene. Non aveva importanza che non fosse la verità. Sarebbe stato ridicolo, da parte sua, dire ad alta voce di non stare bene. Era tutto nella sua testa. Tutto. Non c'era nulla, di tutta quella sua sofferenza, che fosse reale. Quindi sì, tutto andava bene. 

 

E lui probabilmente non avrebbe mai più capito cosa "stare bene" significasse per davvero. 

 

-Ok, allora... 

 

Il giro di tutte le tasche della sua borsa era finito, ma non era abbastanza. Le sue mani ricominciarono da capo, riaprendo le stesse zip e riesumando le stesse cuffie abbandonate e mal funzionanti. 

 

-E... Seokjin-ssi? Se mai avrai... bisogno di parlare... di qualsiasi cosa, sappi che ho un buon orecchio. 

 

L'uomo, allora, sollevò lo sguardo. Yona aveva le labbra dipinte da un rossetto nero, ma invece di indossare il solito sorriso sornione, erano distese in una smorfia timida e flebile. Senza aspettare una sua risposta, la donna lo salutò e marciò verso la porta. 

 

In un batter di ciglia, era sparita e Seokjin era solo con se stesso. 

 

 

 

Il cafe The Rose era immerso in una strada secondaria, inglobato in una bolla di tranquillità che lo separava dalla caotica frenesia della capitale. 

 

Era semplicemente perfetto.

 

Incastrato fra due alti edifici, sembrava un piccolo topolino in una città di giganti. L'insegna sbiadita era difficile da notare, per questo la prima volta che Jungkook vi era entrato non aveva potuto riconoscere il nome del locale. Lo aveva trovato per caso, in una delle sue passeggiate solitarie alla ricerca di ispirazione per una canzone o di un po' di silenzio e pace mentale. Quella che ricercava anche in quel momento. 

 

Non sapeva perché era entrato al The rose. Passando davanti alla porta di vetro, ancora non capiva cosa lo avesse attirato nel locale dipinto a tinte pastello e ricoperto di fiori finti. Di certo, però, doveva ammettere a se stesso che sapeva il perché era tornato. Facendo il suo ingresso, la campanella sulla porta tintinnò dolcemente, strappando l'automatico benvenuto dalla cameriera alla cassa, benché non avesse neppure sollevato lo sguardo dal registratore. Jungkook, comunque, abbassò il capo in segno di saluto. Passando sotto alla volta di fiori bianchi e rosa che ricopriva il soffitto, avanzò fino al tavolo più vicino al bagno, nella parete di fondo. Un tavolo a cui nessuno si sedeva mai e che era leggermente riparato alla vista grazie al separè verde menta dipinto da rami di fiori di ciliegio che creava un falso corridoio verso la toilette. 

 

Jungkook si sedette sulla sedia rosa pastello, abbassando il capo affinché la visiera del suo bucket hat nascondesse il più possibile i suoi occhi, ma non si scomodò a sfogliare il menù. Aspettò. Tamburellando nervosamente sul legno  azzurro cielo, contemplò gli altri due tavoli occupati del locale, animati da due gruppi di giovani amici intenti a ridere per qualcosa. 

 

E aspettò. 

 

Abbassando lo sguardo sul telefono, controllò l'orario. Non doveva essersi sbagliato. Era sempre lo stesso, dello stesso giorno della settimana. Mordendosi il labbro, il ragazzo lanciò una maledizione nella sua testa. 

 

Si stava comportamento come un cavolo di stalker. 

 

Ogni pensiero di rimprovero a se stesso sparì nell'istante in cui il suono di mocassini dal tacco rigido iniziò a ticchettare allegramente sul pavimento di marmo del locale. E, a ogni istante, si faceva più vicino. Sempre più vicino. Fino a che nel campo visivo del ragazzo non comparvero le plissettature di una gonna bianca e nera che ricordava i tasti di un pianoforte e sormontava le rumorose scarpette color panna strette attorno a dei piedi adorabilmente piccoli. 

 

-Buongiorno, cosa posso portarle? 

 

Jungkook si azzardò a sollevare lo sguardo nonostante la sua necessità di mantenere l'anonimato. Voleva incontrare quel sorriso. Quel timido, allegro sorriso. I suoi occhi percorsero il grembiule bordato di arricciature che costituiva la divisa delle cameriere e ricopriva una camicetta dallo stile retrò, quasi ottocentesco per via della fila di bottoni che arrivava fino alla base del collo della ragazza e terminava con un colletto alto. Le punte dei capelli corvini sfioravano la mandibola delicata, circondando il piccolo viso grazie al suo taglio a caschetto, mentre i suoi occhi brillanti come le stelle erano enfatizzati dai grandi occhiali rotondi che le davano un'aria ancora più adorabile. 

 

Jungkook, allora, sbatté le palpebre. 

 

-Un americano e... un donut al cioccolato, per favore.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Eeeeeeh lo so lo so, angst e ancora angst. Lo so! Ma ehi, almeno adesso abbiamo ufficialmente incontrato tutte le ragazze Bangtan! Che ne dite della nostra nuova arrivata? È pucciosina, vero? In questa storia non vedremo moltissimo di lei, ma prometto che in futuro si presenterà ancora. 

 

Now, ho una domanda. A quanto pare, in qualche modo, I don’t know, siamo quasi arrivati a 10k su Il principe del calmo mattino 😐 io non... non so che dire. Pensavo che non ci saremmo mai neanche avvicinati e invece nel giro di un mese mi sono andate su almeno mille letture. Comunque, volevo sapere se volevate un qualche progetto per commemorare la cosa, se vi interessava qualcosa in particolare. Non so, un QeA, un edit, o qualcosa. Avevo idealmente pensato a un trailer ma non sono pratica di ste cose. Non saprei nemmeno dove prendere le clip da usare 🤨 quindi sono aperte proposte!

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Capitolo 23
*** Epic I ***


Non conosceva il suo nome. 

 

Anche se tornava in quel locale ormai con cadenza settimanale e si sedeva allo stesso tavolo, con la spudorata motivazione che era uno di quelli che lei serviva costantemente, non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo. Si era domandato tante volte quale le donasse di più, ma non riusciva davvero a immaginarlo. Era come se idealizzarla con un nome qualsiasi e abituarsi a chiamarla a quel modo nella sua mente gli avrebbe rovinato poi la rivelazione vera e propria. Rivelazione che, con la sua spigliatezza, sarebbe arrivata quando Namjoon sarebbe diventato il main vocalist del gruppo. 

 

-Dunque, un americano e un... accidenti... 

 

La ragazza, con il blocco per le ordinazioni stretto in mano, prese a tastarsi il grembiule freneticamente, facendo vagare gli occhi confusi lungo tutta la stoffa mentre la sua bocca si arricciava in una smorfia di disappunto. 

 

-Chiedo scusa, solo un piccolo intoppo!- si affrettò a dire la cameriera, sollevando lo sguardo ansioso su di lui, mentre continuava a percorrere ogni tasca del grembiule prima di girarsi verso il bancone del bar. 

 

-Ji, hai visto la mia penna?- chiese allora, strappando un grugnito alla donna ferma alla cassa. 

 

-Ancora, Deiji? È la terza solo in questa settimana! E poi ce l'hai letteralmente infilata dietro l'orecchio! 

 

Deiji. 

 

Come le margherite. 

 

Jungkook osservò le piccole mani della ragazza mentre sfilavano freneticamente la penna dal suo orecchio, facendola poi cadere a terra e portandola a piegarsi per raccoglierla mentre sciorinava una sequela di scuse. Raddrizzandosi, infine, riprese a sorridere come se nulla fosse successo, portando le sue guance tondeggianti ad assottigliare i suoi occhi luminosi. 

 

-Dicevamo, un americano e un... donut al cioccolato! Arrivano subito!- esclamò la cameriera prima di allontanarsi con un volteggio che fece svolazzare le pieghe della sua gonna in un ipnotico susseguirsi di bianco e nero. 

 

Deiji. 

 

Il suo nome era Deiji. 

 

Gli piaceva. In qualche modo, era maledettamente accurato per lei. La sua piccola, timida figura, semplice ma elegante, adornata di una bellezza poco appariscente sembrava davvero essere in sintonia con il suo nome. 

 

Jungkook abbassò il capo, fissando il tavolo con le mani giunte sul suo grembo. Quella sensazione che aveva bussato alle porte della sua coscienza ogni volta che aveva interagito con la ragazza tornò a rendere nota la sua presenza, richiamando la sua attenzione con sempre maggiore insistenza. 

 

Anima gemella. 

 

Quello che all'inizio era solo un sussurro, un pensiero vagabondante e labile, si era ormai trasformato in un grido martellante. 

 

Anima gemella. 

 

È lei. 

 

Jungkook non avrebbe saputo dire dove nasceva quella voce, se era il suo legame a spingerlo verso la soluzione o semplicemente il suo istinto. Il ragazzo temeva che fosse solo un pensiero speranzoso. Un'illusione che lui stava creando nella sua testa solo perché aveva l'impressione di sentire un elastico che lo attirava a quella ragazza ogni volta che metteva piede in quel locale. Un elastico che gli stringeva lo stomaco man mano che si allontanava da lei, ogni volta che se ne andava senza dare peso alla voce. 

 

Se fosse stato vero, la sua anima gemella era a portata di mano. 

 

Era lì, così vicina a lui. 

 

Ma, se si fosse sbagliato... sarebbe stato solo un illuso. Avrebbe alimentato una speranza sempre più avida nel suo cuore, una speranza che vedeva l'infinita ricerca a cui i suoi amici erano sottoposti avere una soluzione almeno per lui, e poi l'avrebbe distrutta. L'avrebbe rispedito alla casella di partenza, costringendolo a ricominciare il gioco da capo: trovare la metà della sua anima in un oceano di esseri umani. 

 

Gli sarebbe bastato solo un tocco per scoprire la verità. 

 

Avrebbe solo dovuto sfiorarle la pelle per vedere se i passi che si sarebbero allontanati da lui avrebbero generato aiuole colorate anche sul marmo sterile. Eppure era troppo codardo.

 

-Ecco qua il tuo americano e il tuo donut! Spero che sia tutto di tuo gradimento! 

 

La ragazza poggiò il bicchiere di cartone recante il suo caffè sul tavolo mentre con l'altra mano reggeva un piattino di ceramica con il suo dessert. Se avesse allungato le dita, avrebbe potuto fingere di afferrare il piatto. Avrebbe potuto scontrare il suo indice con la sua mano, un contatto impercettibile che a malapena avrebbe attirato l'attenzione della ragazza. 

 

Un tocco e avrebbe scoperto la verità. 

 

Il piatto emise un timido tonfo sul legno del tavolo, portando il ragazzo a incollare gli occhi sulle strisce bianche che decoravano la glassa scura del suo donut. Non guardò la cameriera che si piegava in un inchino e si allontanava dal suo tavolo, portando l'elastico a tendersi a ogni passo che compiva. 

 

Strinse semplicemente le mani in due pugni indecisi, prima di scioglierle e afferrare placidamente il suo spuntino. 

 

 

 

Da: Tu

Com'è andata stamattina? 

 

Da: Jungkook

Peggio della settimana scorsa. 

 

Da: Tu

Sei riuscito a parlare con lui? 

 

Da: Jungkook

No. Non ha detto una parola neanche durante la lezione. 

 

Namjoon emise un lungo, sonoro sbuffo. Passandosi le mani davanti al viso, strinse le palpebre fino a iniziare a vedere un formicaio di puntini nella sua visuale.

 

-Namjoon-ah? 

 

La voce di Hoseok lo spinse a chiudere e riaprire gli occhi fino a che il biancore dello schermo del computer non aveva finalmente lasciato le sue retine asciutte. 

 

-Scusa, era Jungkook. Volevo sapere come era andata la mattina. 

 

Il suo amico lo osservò in silenzio per un lungo istante, studiando la sua espressione stanca. Il volto del suo hyung, che normalmente era dominato da un sorriso accogliente e una risata allegra, era chiuso in una smorfia austera e rigida. 

 

-Immagino che la risposta non sia stata quella che speravi. 

 

Namjoon emise uno sbuffo dal naso, distogliendo lo sguardo dal maggiore e portandolo sulla parete scura del suo studio personale. 

 

-Sinceramente, non so neanche più cosa spero- mormorò scuotendo il capo e appoggiando la fronte sulle sue mani intrecciate. Che grande leader che era. La sua squadra aveva perso l'elemento che li teneva insieme come un collante e lui non aveva la minima idea di cosa fare. Un anno era passato in cui non aveva trovato una soluzione e i suoi amici avevano continuato a guardarlo in attesa della sua direttiva. In attesa che prendesse la situazione in mano e, come ogni volta, li tranquillizzasse esponendo come avrebbero agito da lì in poi. 

 

E invece era lì ad autocommiserarsi, quando loro continuavano a soffrire e a sentirsi smarriti.

 

-Namjoon-ah. 

 

Il giovane emise un altro sonoro sbuffo per distendere il tremore nelle sue mani e sollevò la testa, voltandosi placidamente verso Hoseok. 

 

Lui sarebbe stato un leader migliore. 

 

Lo aveva sempre pensato e continuava a convincersi ogni giorno di più di quel pensiero. Il suo hyung, però, prese a fissarlo con occhi stretti in due fessure. 

 

-So bene quali pensieri ti frullano per la testa. Devi smetterla di incolparti per ogni problema che si presenta. 

 

"Colpito e affondato" pensò Namjoon, tirando le labbra in un sorriso colpevole. Accettare quelle parole, però, pareva un'impresa immane. 

 

-So che senti la responsabilità sulle tue spalle, ma devi ammettere a te stesso di non avere il potere per proteggerci da tutto. E devi ammettere di non avere sempre la risposta a ogni questione. 

 

Il ragazzo abbassò il capo, mordendosi il labbro. Come poteva ammettere una cosa del genere? Sarebbe stato come dire che non riusciva a reggere il peso della sua posizione. Aveva lavorato troppo duramente per convincere se stesso di riuscire a gestirne la responsabilità, per essere all'altezza delle aspettative che richiedeva. Non poteva ammettere la sconfitta così. 

 

-Ti prego, ricordati che i pesi si condividono insieme. Più spalle usi come supporto e più leggero diventa il carico. Non è colpa tua se Jin-hyung è in questa situazione. Ripetitelo fino a che non ti entra in testa. 

 

Namjoon scosse il capo con veemenza per assicurare il maggiore che stava ascoltando e per convincerlo che le sue parole lo stavano raggiungendo. Ma sapevano entrambi che esse scivolavano sulla sua mente come gocce di pioggia sul vetro di una finestra. Il leader, purtroppo, era terribilmente testardo su quel punto. 

 

-Vatti a fare un giro e schiarisciti un po' le idee. Usa quel cervellone che ti ritrovi per analizzare la situazione da un'altra prospettiva. Ci penseremo dopo a sistemare questa traccia. 

 

Il giovane sollevò lo sguardo dubbioso sul suo hyung, che lo guardava con un sorriso rassegnato. Quando non si mosse per diversi istanti, il suo amico scosse il capo spingendo infine la sua sedia girevole lontano dalla scrivania. 

 

-Forza, vai! 

 

Namjoon, sorridendo timidamente, ringraziò Hoseok e afferrò il suo telefono, lasciando il suo studio in un paio di falcate. In effetti, erano settimane che non riusciva ad avere un po' di tempo per fare quello che amava: prendere la sua amata bicicletta e pedalare lungo le sponde del fiume Han, passando davanti a panchine di ferro abbandonate a se stesse mentre lasciava che la sua mente vagasse. Erano i momenti che custodiva con più cura perché gli regalavano una lucidità mentale che difficilmente riusciva a sperimentare all'interno delle quattro mura del suo studio. 

 

Con un sorriso stampato sul viso, allungò il passo per arrivare all'ascensore il prima possibile. 

 

 

 

Il bambino. 

 

Il bambino era in pericolo. 

 

Non riusciva a raggiungerlo. 

 

Perché? 

 

Continuava a gridare senza sapere il motivo. Gridava e gridava e piangeva. 

 

Faceva male. 

 

Ma cosa faceva male? 

 

Non riusciva a capirlo.

 

Il suo cuore? Sì, il suo cuore faceva male ma non era un dolore fisico. Era una sofferenza che le toglieva il fiato. Un senso di mancanza, di profondo struggimento per qualcosa che la sconvolgeva dal nucleo del suo essere. 

 

Ma che cos'era? 

 

-Tella... 

 

Di chi era la voce? 

 

Chi la chiamava? 

 

Era troppo persa nel sogno per riconoscere cosa era realtà e cosa finzione. 

 

Il dolore era reale? La voce lo era? E il bambino?

 

-Mijo...

 

-Tella, amore, svegliati. 

 

-Mi mijo... 

 

Cosa succedeva al bambino? 

 

Perché non riusciva a vederlo più? 

 

Dov'era? 

 

Il bambino... il bambino era così piccolo. Chi poteva fargli del male? 

 

-Tella, tesoro, svegliati, è solo un sogno.

 

No, non lo era. Anche se assomigliava a un sogno, aveva lo strano retrogusto di una memoria. Ma quella memoria non apparteneva a lei. Oppure sì? 

 

-Ti prego... digli che lo amo. Lo amerò sempre, ovunque saremo.

 

A chi apparteneva a quella voce? Sembrava meno reale di quella che la chiamava eppure aveva un che di famigliare. Non vedeva. Era tutto buio prima che il viso di una donna apparisse davanti ai suoi occhi. Sulla sua fronte, un dettaglio attirò particolarmente la sua attenzione: un tatuaggio a forma di sole. 

 

-Tu e Taehyung siete destinati a trovarvi di nuovo nei prossimi mondi, ma per me e Namjoon... 

 

La voce della donna si estinse. Aveva detto qualcos'altro ma perché non riusciva a ricordare? Era come se più cercava di afferrare i dettagli, più essi diventavano evanescenti nella sua mente. 

 

-Tella, sono qui, va tutto bene. Respira. 

 

Taehyung. Lo vedeva nel suo sogno, ma in qualche modo appariva... diverso. Non riusciva a capire. Cos'era che la confondeva così tanto? Cosa c'era di sbagliato nel suo aspetto? 

 

Stava cantando per lei. Cantava la loro canzone. 

 

-Parla di un essere immortale che ritrova il suo amore in ogni vita e ricomincia ogni volta la loro storia, anche se sa che la perderà, ancora e ancora. Penso che sia bellissima. 

 

-Ma non è triste? Perché soffrire a questo modo se sa che la loro felicità sarà solo temporanea? 

 

-Forse perché ne valeva veramente la pena. 

 

La canzone le riecheggiava nelle orecchie, intonata dalle note famigliari della calda voce della sua anima gemella. Ma lei lo guardava confusa, come se non riuscisse a comprenderne le parole. 

 

Perché? 

 

-Tella, svegliati. 

 

Il suo corpo fu scosso appena, ma fu come se una scarica elettrica le avesse attraversato le membra. In un istante, si ritrovò con gli occhi spalancati a fissare il soffitto ansimante, mentre una mano arpionava il suo petto come se si fosse voluta strappare il cuore per fermare la sofferenza. 

 

-Tella... Tella... ehi, sono qua. 

 

La ragazza si girò di scatto. Al suo fianco, Taehyung la guardava con le sopracciglia corrugate in un'espressione preoccupata, mentre con il dorso delle dita accarezzava lentamente la sua guancia.

 

-Era solo un sogno, amore. 

 

Solo un sogno. 

 

Un altro dei suoi sogni che le toglievano il riposo e la facevano svegliare nello stesso, sconvolto stato. 

 

-Che cos'era questa volta? 

 

Tella, con uno scatto, si voltò verso il suo comodino e afferrò il cellulare, aprendo le note con dita tremanti ma risolute. 

 

-Di nuovo il bambino. E c'era una donna che diceva qualcosa riguardo a noi due e poi riguardo a Namjoon. E c'eri anche tu e cantavi la nostra canzone- spiegò con tono febbricitante mentre faceva scivolare le dita sullo schermo. Doveva segnare tutti i dettagli che ricordava prima che svanissero ineluttabilmente dalla sua memoria. Sentiva già la maggior parte delle sfumature del sogno svanire, secondo dopo secondo, man mano che veniva strappata sempre di più dal suo stato di incoscienza. Ma doveva almeno provare a conservare quel poco che la sua mente ancora tratteneva. 

 

Il bambino in pericolo. 

 

La donna con il tatuaggio del sole sulla fronte. 

 

Taehyung che cantava la loro canzone. 

 

-Pensi che significhino qualcosa?

 

La sua anima gemella si era avvicinata ancora di più a lei circondando la sua vita con un braccio e appoggiando il mento sulla sua spalla mentre contemplava le scritte scure che comparivano sullo schermo del cellulare. 

 

-Mamá e abuela dicevano sempre che i sogni sono il modo dei nostri antenati per comunicare con noi. Non so perché, ma so che devono significare qualcosa. Altrimenti non ricorrerebbero le stesse scene e le stesse persone. Non può essere una coincidenza. 

 

Taehyung non ribatté. Estella conosceva la sua anima gemella e sapeva che anche lui, in fondo, credeva a cose come quella. Non aveva mai provato a screditare le sue credenze o a convincerla della loro assurdità. L'aveva sempre ascoltata, in silenzio. 

 

E, di questo, gli sarebbe sempre stata grata.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

OOOOOOOH MA CHE COS'È??? Non sarà mica.... UNO SPOILER SULLA PROSSIMA STORIA??? Eh eh eh eh eh e he. Chi lo sa. Chi sarà mai la misteriosa donna del sogno 😜 forse MiTiCaMaRtY91 ha avuto quello che voleva prima del previsto 😏 comunque ormai ci siamo. Il prossimo capitolo sarà il turning point che porterà al confronto che tutti stavamo aspettando. Però vi avverto, sarà una pugnalata. Vi farà molto, molto male. Preparate i cerotti e poi non dite che non vi avevo avvisato! 

 

Also... forse realizzerò la richiesta per una oneshot per celebrare i 10k de Il principe del calmo mattino. All'inizio non avevo idee ma poi... qualcosa mi è venuto. Uhm... chi lo sa😛

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Capitolo 24
*** 22. Waiting on a miracle ***


I giorni avevano iniziato a mescolarsi come tessere di un puzzle completamente bianco. Prove, soundcheck, photoshoot, fitting per gli abiti delle esibizioni. Un susseguirsi di attività diverse che rendevano le ore veloci come libellule. Quella settimana era stato talmente assorbito da se stesso che continuava a svegliarsi senza avere la minima idea se fosse martedì o venerdì. Perciò, quando il sabato arrivò, fu Jungkook a dovergli ricordare che avevano lezione insieme quella mattina. 

 

E, seduti in quella stessa piccola sala riunioni a ripetere esercizi per migliorare la pronuncia, Jin non poté fare a meno di lasciare che la sua mente si dissociasse dal suo corpo ancora e ancora. La sua attenzione era talmente labile da riuscire a rimanere concentrata appena per una frase prima di distaccarsi e portarlo al pensiero della serata che lo attendeva. 

 

Se doveva essere sincero con se stesso, avrebbe preferito essere investito da un tram piuttosto che essere costretto a stare in mezzo a un gruppo di persone felici e fingere di divertirsi. Forse, avrebbe dovuto trovare il modo di passare. Dire che non si sentiva bene avrebbe funzionato. Non appena i suoi amici sentivano quelle fatidiche parole, si allontanavano immediatamente con un'espressione colpevole e contrita. 

 

A quel pensiero, però, Jin sentì una fitta di rimorso chiudergli lo stomaco. Aveva già fatto quel ragionamento. Aveva già deciso dentro di sé che doveva almeno fare un piccolo sforzo. Smetterla di mentirgli, smetterla di allontanarli e provare, almeno, a fare un passo verso di loro. Se non poteva stare bene fisicamente, poteva quanto meno cercare di migliore emotivamente. I suoi occhi, inavvertitamente, si sollevarono sulla donna davanti a lui. I capelli corvini dalle punte blu erano sollevati in una coda alta che metteva in evidenza il lungo collo e il profilo della donna. I suoi occhi felini erano accentuati da una linea di eye-liner più artistica del solito, che terminava in una punta alta e ritornava indietro con una curva sopra alla piega della palpebra. Le sue labbra erano dipinte da un rossetto bordeaux che le aveva già visto un'altra volta e che sottolineava il suo sorriso divertito.

 

Non sapeva se considerare la donna una motivazione per darsi una scossa o tutto il contrario. Una parte di lui voleva pensare di poter finalmente scrollarsi di dosso il suo trauma e provare a sperare di nuovo in una vita normale, nella possibilità di trovare qualcuno da amare e forse ottenere quell'immagine nella sua testa che aveva sempre agognato realizzare. Avere una famiglia. Ma l'altra parte di lui non faceva che ricordargli quanto flebile e ridicola quella speranza era. Che lei aveva sicuramente un'anima gemella a cui tornare, che non avrebbe mai voluto un essere così imperfetto e distrutto come lui, che lui non sarebbe mai riuscito a superare i suoi ostacoli mentali e fisici e ricominciare a vivere per davvero. 

 

E, inevitabilmente, finiva sempre per dare ragione a quella seconda parte di sé. 

 

-Seokjin-ssi, tu hai per caso svolto il compito che vi avevo assegnato? 

 

Solo allora Jin si accorse del fumetto che Jungkook teneva in mano e delle due paia di occhi che lo fissavano con circospezione. 

 

Giusto, il compito. Poteva dire che lo aveva svolto a metà? Aveva iniziato a leggere il volume che la donna gli aveva dato la settimana scorsa, ma lo aveva completamente abbandonato dopo il tracollo che aveva avuto. 

 

-Ehm... sì. Ma... non l'ho portato dietro- rispose con voce bassa ed esitante. L'insegnante, per contro, sorrise con benevolenza. 

 

-Non c'è problema. Ricordi per caso quante parole avevi sottolineato? Sei riuscito a capire quello che lèggevi senza troppe difficoltà? 

 

Jin ricordava di avere iniziato senza grossi problemi. Non era particolarmente difficile come lettura, anche se davvero non capiva perché Yona l'avesse scelta per lui. La principessa che era la protagonista della storia era una spocchiosa ragazzina viziata che non sapeva fare altro se non preoccuparsi del suo aspetto e morire dietro a suo cugino. Anche quando quello stesso cugino aveva ucciso suo padre davanti ai suoi occhi e aveva minacciato di uccidere anche lei non era riuscita a fare altro che farsi salvare dalla sua guardia del corpo. Jin ricordava che, per l'irritazione, aveva chiuso il volume e lo aveva abbandonato sul comodino, per poi non riaprirlo più. 

 

-Ah... sì, l'ho capito abbastanza bene, anche se non ricordo il numero di parole che ho sottolineato...- replicò abbassando lo sguardo. A dirla tutta, non ricordava neppure se si era messo a farlo del tutto, ma non c'era bisogno di dirlo ad alta voce. L'insegnante, a quel punto, sospirò, ma la sua espressione rimase serena sul suo viso. 

 

-Va bene, la prossima volta magari portalo a lezione così posso farmi un'idea di come stai andando. Intanto, eccovi qua i nuovi numeri.

 

Il secondo volume del fumetto comparve sul tavolo sotto al suo sguardo e lui si affrettò a infilarlo nella sua borsa, appoggiata al pavimento vicino ai suoi piedi. Prima che la donna potesse riprendere la parola, però, un lieve bussare alla porta fece voltare i presenti. Dopo un istante, la testolina riccia di Estella comparve timidamente oltre la soglia, sfoggiando un sorriso. 

 

-Scusa per l'interruzione unnie, ma volevo solo fare una proposta per stasera. 

 

La donna sorrise calorosamente alla ragazza, lanciandole uno sguardo accogliente e divertito. 

 

-Non ti preoccupare, spara. 

 

-Ecco... pensavamo di invitarti a cenare con noi prima di guardare il dvd. Che ne dici? 

 

Jin si trattenne dallo spalancare gli occhi, ma sentì un moto di fastidio inacidirgli la bocca. Perché non ne sapeva niente? Perché nessuno si era degnato di comunicarglielo? Così com'era venuta, però, la sensazione fu altrettanto veloce a sparire. Forse l'avrebbe saputo se avesse trascorso la colazione insieme agli altri. E forse gliel'avrebbero detto se non lui non li avesse evitati o non li avesse estraniati. Mordendosi il labbro inferiore, abbassò gli occhi sulle sue mani giunte. Era davvero patetico. 

 

-Grazie, accetto molto volentieri. Sarà divertente. 

 

Estella emise un verso entusiastico a celebrare la sua vittoria, prima di lasciare la stanza canticchiando allegramente e strappando una risata a Yona. La donna, allora, riportò la sua attenzione sul tavolo, ma Seokjin mantenne lo sguardo incollato alle sue mani. 

 

-Dunque, dove eravamo rimasti? 

 

 

 

L'ora di cena arrivò prima che Jin avesse voluto. Quando sentì il suono del campanello diffondersi con la sua cantilenante melodia, era ancora seduto sul suo letto con la mani conserte e la mente in subbuglio. Aveva passato il pomeriggio a dibattere su cosa fare e l'unico risultato che aveva ottenuto era un mal di testa e un crescente senso di ansia nello stomaco. 

 

I suoi occhi continuavano a saettare in direzione della porta mentre le sue orecchie cercavano di captare ogni singolo suono della casa. Taehyung che veniva trascinato da Estella in salotto, Yoongi che finiva di preparare la cena in cucina, Namjoon che si affrettava ad aprire la porta e Jungkook che usciva dalla sua stanza con passi strascicati. In breve tempo, sentì anche il timbro di una voce famigliare fare il suo ingresso e salutare i presenti, strappando inviti ad accomodarsi da ognuno dei ragazzi. E quando sentì dei passi leggeri avvicinarsi in direzione della sua stanza, strinse le mani in una morsa. 

 

Era il momento. 

 

Andare o restare? 

 

Isolarsi o buttarsi? 

 

Che cosa doveva fare? 

 

-Jin-hyung? 

 

La testa di Jimin si infilò fra lo stipite e la porta, facendo capolino nella sua stanza come se avesse avuto il timore di invadere il suo spazio anche solo di un centimetro. 

 

-Yona-sunbaenim è qui. Vuoi venire? 

 

Davanti al tono flebile e cauto ma così timidamente speranzoso del suo amico, Seokjin abbassò nuovamente lo sguardo. Si sentiva terribilmente in colpa a considerare di mentirgli per poter continuare a confortarsi nella sua solitudine ma il pensiero di uscire da quella stanza diventava sempre più soffocante a ogni istante che passava. E il suo silenzio, nel frattempo, si protraeva. 

 

-Jin-hyung? 

 

L'uomo, esitante, sollevò lo sguardo sul suo amico. Quello che vi trovò fu tristezza, malinconia e una punta di disperata implorazione. 

 

-Per favore...

 

La debole voce del suo amico si estinse come se non avesse avuto il coraggio di continuare. Poi, stringendo le palpebre, riprese a parlare. 

 

-... non è lo stesso senza di te.

 

Seokjin sentì una fitta al cuore che gli tolse il respiro. Loro... sentivano la sua mancanza. Jimin non si era mai azzardato a dirgli nulla di simile, forse per non farlo sentire in colpa della sua distanza, ma era evidente quanto stesse soffrendo per il divario che lui aveva creato tra di loro. Era sempre, sempre stato lì per lui ogni volta che era stato male eppure... Jin lo aveva abbandonato.

 

E, allora, annuì. 

 

Si sollevò dal letto che lo voleva stringere a sé con le sue dita avide e le promesse di un confortante oblio e lasciò la stanza. 

 

Il suo ingresso nel salotto attirò numerose occhiate da parte dei suoi amici, ma poté notare come ognuno di loro cercava di far scorrere la conversazione che già intrattenevano per non mettere in evidenza il suo arrivo. Silenziosamente, si avvicinò alla donna che era intenta ad ascoltare una saltellante Estella e attese di avere la sua attenzione. 

 

-Oh, Seokjin-ssi! Scusa, non ti avevo sentito arrivare- eruppe finalmente lei, voltandosi per rivolgergli un sorriso canzonatorio. Lui abbassò lo sguardo mentre sentiva già la punta delle orecchie scaldarsi fastidiosamente. 

 

-Non c'è problema. Benvenuta. 

 

Quando tutti migrarono al lungo tavolo rettangolare, Yoongi e Diana emersero prontamente dalla cucina con due pentole cariche di zuppa di pesce, diffondendo nell'aria un profumo che fece gorgogliare lo stomaco di Seokjin. In un batter d'occhio, mani e posate si fiondarono sul cibo mentre la conversazione continuava rimbalzare fra i presenti, saltellando fra vari argomenti e strappando risate occasionali da ogni parte del tavolo. E, anche se l'uomo rimase per lo più in silenzio, sentì il ronzio delle voci dei suoi amici entrargli nel cervello e lenire una parte della sua mente che, benché silente, aveva sentito la mancanza della compagnia. Gli era mancato quell'onnipresente chiacchiericcio, quel casuale punzecchiarsi che era tanto caratteristico del loro gruppo. 

 

Forse... non doveva essere così terribile. 

 

-Dico solo che sono rimasto sorpreso nel vedere che le proteste per la legalizzazione dei legami surrogati avessero preso piede anche in Corea. Siamo ancora talmente indietro sul fronte dei diritti umani che non pensavo mai che la comunità delle anime sperate potesse ricevere così tanta attenzione. 

 

La voce di Namjoon, che aveva iniziato una conversazione secondaria con Hoseok, in breve attirò l'attenzione dell'intero tavolo. E mentre Seokjin sentiva una fastidiosa sensazione di disagio farsi strada nei suoi nervi, Yoongi prese la parola. 

 

-Almeno qualcosa di buono, no? Finalmente la società sta riconoscendo quanto siano sopravvalutati i legami naturali e che la gente può avere il diritto di scegliere il proprio partner. 

 

Un silenzio attento prese possesso dell'ambiente, prima che un sonoro schiarimento di gola non fece voltare gli occhi su Yona, seduta a capotavola con un'espressione maliziosa sul volto. 

 

-Io, se fossi in te, starei attenta a come formulo le mie parole. 

 

A quell'esclamazione, Yoongi la guardò confuso, prima di spalancare le palpebre. Lentamente, voltò lo sguardo verso la sua anima gemella seduta accanto a lui, che lo fissava con le braccia incrociate e un cipiglio sul volto. 

 

-Aspetta, non è quello che intendevo dire! Volevo solo dire che la società crede troppo ciecamente nel potere del legame quando il vero collante tra le anime gemelle è il rapporto che loro stesse costruiscono insieme!- si affrettò a replicare, sollevando le mani come a difendersi dagli occhi indagatori di Diana. Questa, piegando il capo, fece schioccare sonoramente la lingua. 

 

-Ti sei salvato per un pelo, Min. 

 

Mentre un paio di risolini canzonatori prendevano a diffondersi, Namjoon ricominciò a parlare con un'espressione pensosa sul viso. 

 

-Sono d'accordo. È ora che la smettiamo di vedere i legami come questa autorità assoluta. Anche perché questo esclude automaticamente tutti quelli che per varie circostanze non hanno- 

 

La voce del leader si interruppe improvvisamente prima che quelle parole potessero uscire dalla sua bocca. Con gli occhi spalancati e infusi di panico, lanciò uno sguardo timoroso verso Seokjin. L'uomo, all'improvviso, sentì l'attenzione dell'intera stanza calamitare su di sé. Premeva su di lui, colpendo come una pioggia di frecce proprio su quel punto dolente, fragile come il vetro. E Seokjin, in effetti, fu vicino a spezzarsi. 

 

-Unnie! Tu cosa ne pensi? 

 

La voce carica di tensione di Estella cercò di suonare naturale ma riuscì per lo meno a spostare gli sguardi sulla donna all'altro capo del tavolo. Seokjin, esitante, sollevò a sua volta gli occhi su di lei. Yona era abbandonata contro lo schienale della sedia con le braccia conserte e un'espressione divertita, come se qualcuno avesse appena fatto una battuta che solo lei poteva capire, e sollevò le spalle in un gesto noncurante prima di iniziare a parlare. 

 

-Sono d'accordo, ovviamente. Sono uscita con molti uomini che avevano lasciato la loro anima gemella perché sentivano che il legame non sopperiva alle loro divergenze di carattere. Sono uscita perfino con uomini che non volevano neanche trovarla, la loro metà, per non sentirsi ancorati a una persona solo per decisione di qualcun altro. Sono dell'idea che se le cose devono funzionare, funzioneranno, legame o no. 

 

Seokjin, senza volerlo, si ritrovò a corrugare la fronte. 

 

Era uscita con tanti uomini? 

 

Il pensiero, in un qualche modo, lo infastidiva. Non perché provasse una sorta di gelosia. No. Era il pensiero martellante che nessuno dei presenti poteva capire cosa voleva dire vivere con la consapevolezza di non avere quel legame che loro stavano così tanto disprezzando. Ne parlavano come se non avesse nessuna importanza, senza sapere quanto poteva essere prezioso per qualcuno. 

 

Se lui avesse avuto quell'opportunità... 

 

Se lui avesse potuto avere la sua anima gemella... 

 

E invece doveva stare lì a sentire persone che sputavano su un privilegio che non realizzavano neanche di avere. 

 

-E alla tua anima gemella ci hai mai pensato? 

 

La voce di Seokjin, così tagliente e carica di furore, suonò estranea perfino alle sue orecchie. Il silenzio attonito che seguì la sua domanda gli fece capire che il resto dei presenti stava vivendo la stessa sensazione. Ma gli occhi dell'uomo erano concentrati sulla donna dallo sguardo divertito. 

 

-Come prego?- chiese lei con tono mellifluo, quasi eccessivamente zuccheroso se messo in contrasto con quello affilato di Seokjin. L'uomo, a quel punto, si sarebbe dovuto fermare. Ma il furore gli rombava nelle orecchie e lo rendeva sordo al buon senso che di solito lo teneva sotto controllo. 

 

-Che tu l'abbia incontrata o che la debba ancora trovare, hai mai pensato ai sentimenti della tua anima gemella? A come potrebbe sentirsi al pensiero che esci con tutti questi uomini senza lo scopo di trovarla? 

 

Jin sapeva, in quel momento, di avere superato un limite. Le parole accusatorie che aveva lanciato alla donna erano stupide e insensate. Non era affar suo con chi lei uscisse. Nel duemila e venti, le persone erano ormai libere di fare della loro vita quello che desideravano. 

 

Ma quel tarlo non lo lasciava. 

 

Quel pensiero che se lui fosse stato al suo posto, non avrebbe sprecato quell'opportunità che gli veniva offerta. E il pensiero che qualcuno potesse accantonare quello che lui desiderava tanto ardentemente non faceva che renderlo sempre più irrazionale. 

 

La donna, però, scoppiò a ridere. Scoppiò a ridere così impudentemente da portarlo a tendere la mandibola in una morsa ferrea.

 

-Chiedo scusa, ma... per prima cosa, non penso tu abbia il diritto di dirmi come condurre la mia vita.

 

Jin sentì gli occhi di Yona diventare braci rabbiose e bruciargli la pelle, seppur il sorriso non abbandonò per un istante la sua bocca. Il resto del tavolo, per contro, sembrava essere rimasto senz'aria. 

 

-E secondo... tu non mi conosci. Non sai nulla di me o delle mie circostanze e nonostante ciò... mi giudichi per le mie scelte?

 

Aveva ragione e Jin lo sapeva. 

 

Ma l'imbarazzo e la furia residua gli impedirono di fare quel necessario passo indietro che gli avrebbe permesso di tamponare il danno che aveva creato. Il tono carico di sarcasmo e infastidita incredulità della donna non aveva fatto che punzecchiare ancora di più il suo misero ego, fino a fargli aprire la bocca per sputare una frase che doveva rimanere nella sua mente. 

 

-Se la mia anima gemella fosse come te- 

 

Ma Jin fu bloccato dalla donna prima che potesse concludere la sua rabbiosa accusa. 

 

"Se la mia anima gemella fosse come te, mi sentirei ferito dal suo comportamento." 

 

-Fortuna che non sono la tua anima gemella, allora. 

 

Jin si sentì mancare il respiro. 

 

La frase sibilata a denti stretti fu l'ultima freccia che lo colpì proprio lì, in quel punto fragile come il vetro. E con un sonoro "crack", lo portò a frantumarsi. 

 

Doveva andarsene. 

 

Doveva subito lasciare quella stanza e tornare nel conforto dell'apatia. Non sentire nulla era molto meglio di quell'acuta sofferenza che gli stava pugnalando il cuore, ancora e ancora e ancora. 

 

Lo uccideva e lo svegliava per poi ucciderlo di nuovo. 

 

Lei non era la sua anima gemella. 

 

E anche se avesse ancora avuto la sua anima gemella, lui non sarebbe stato meritevole di lei. 

 

Ora capiva. 

 

Lui meritava tutto quello che gli era successo. 

 

Ma fu proprio nel momento in cui la sua sedia grattò contro il pavimento che un "bip" metallico e ripetitivo ruppe il silenzio scioccato della stanza. 

 

-Welcome, soulmate. You are inside the body of... Park Jimin. Please, select your language.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Ehi, vi avevo avvisato. Lo so, lo so, mi odiate. Ma questo è un punto fondamentale: Jin è stato sul punto di spezzarsi per tutto il tempo ed è stato risucchiato dai suoi sentimenti personali al punto da non ragionare più in maniera obbiettiva e Yona si è sentita punta nel vivo, giudicata proprio come da sua madre. Entrambi sono feriti e per questo hanno come primo istinto quello di attaccare per difendersi. E infine per culminare il tutto... Jein entered the chat XD 

 

Che ne dite? A me è piaciuto molto scrivere questo capitolo e non vedevo l’ora di pubblicarlo. Il prossimo, lo giuro, sarà risolutivo, finalmente! By the way, ho scritto la one shot sul Principe ma è un po’ schifina quindi prima di pubblicarla dovrò rivederla almeno un paio di volte 😤 entro la prossima settimana però dovrebbe essere out. 

 

Sidenote, non ci ho mai pensato ma se mi volete seguire su Twitter ho messo come nome Juliet with a caramel macchiato. Penso che lo userò come profilo anche per pubblicare fanart e a breve dovrei iniziare a vendere anche delle stampe, se riesco. Venite pure, ho messo anche qualche video del concerto di sabato (piccolo episodio che ho adorato: compare Namjoon sullo schermo, silenzio totale e poi.... “SEI FREGNO” emerge dal fondo della sala. Io morta ☠️

 

 

 

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Capitolo 25
*** 23. Disappear ***


L'attenzione della stanza, che fino a un attimo prima era stata completamente concentrata su Seokjin e Yona, si spostò immediatamente sul ragazzo che si guardava attorno con occhi confusi. Jimin sbatté le palpebre numerose volte, passando lo sguardo su ogni volto e percorrendo tutta la lunghezza del tavolo. E, a ogni istante che passava, aggrottava sempre di più le sopracciglia. 

 

Il silenzio attonito fu rotto da una bassa vibrazione, che portò gli occhi dei presenti a calamitare sul telefono appoggiato sul tavolo accanto al piatto di Namjoon. Il leader abbassò lo sguardo, immobile per qualche istante. Deglutendo, afferrò l'oggetto e sbloccò lo schermo. I suoi occhi scuri percorsero le scritte dell'sms che aveva appena ricevuto, portando le sue sopracciglia ad avvicinarsi sempre di più alla linea dei capelli. I presenti studiarono in assoluto silenzio il volto del giovane sollevarsi per incollare lo sguardo su Jimin, prima di riportarlo sullo schermo del cellulare. E, dopo aver inspirato profondamente, iniziò a parlare. 

 

-"Comunicazione dallo SwitchSwatch di Park Jimin al numero indicato come contatto di emergenza. Il possessore di questo SwitchSwatch ha appena subìto uno scambio di corpo. Chiamare questo numero per mettersi in contatto con lo SwitchSwatch e accertarsi che l'anima gemella sia in sicurezza." 

 

Gli sguardi della stanza tornarono ad appoggiarsi sul diretto interessato. Jimin aveva preso a guardare in basso, verso il suo petto. Con le labbra arricciate e uno sguardo confuso, si appoggiò una mano sul pettorale destro, prima di allontanarla. Allungando il braccio davanti a sé, studiò con attenzione tutta la lunghezza dell'arto, muovendo lentamente le dita come a testare la loro funzionalità. Poi, il "bip" metallico tornò a riecheggiare nella stanza. 

 

-Welcome soulmate. You are in the body of... Park Jimin. Please, select you language. 

 

Jimin sobbalzò leggermente al suono della voce metallica che ripetè il messaggio. Con la fronte aggrottata, posò gli occhi sul grosso orologio legato al suo polso sinistro, toccando timidamente lo schermo digitale. Namjoon, a quel punto, si schiarì la gola con un verso impacciato. 

 

-Ehm... Hello? Do you speak English? 

 

Il ragazzo sollevò lo sguardo sul leader, fissandolo con uno sguardo confuso prima di assottigliare gli occhi, come a volerne studiare bene i lineamenti. Dopo qualche instante, però, le sue palpebre si spalancarono. 

 

-Ma cosa... 

 

-Welcome soulmate. You are in the body of

 

-Ok, ho capito, ho capito!- replicò spazientito il giovane, riportando lo sguardo esasperato sull'orologio prima di far scorrere il dito sullo schermo fino a toccare una riga di testo in particolare. 

 

-Oh... parli coreano? 

 

Jimin sollevò nuovamente gli occhi sul leader, ma prima che potesse rispondere la voce metallica riprese a parlare. 

 

-Benvenuta anima gemella. Ti trovi nel corpo di... Park Jimin. Per favore, pronuncia il tuo nome lentamente. 

 

Il ragazzo fissò per qualche istante l'oggetto con circospezione. Poi, esitante, avvicinò il polso al suo viso.

 

-Chang... Jein. 

 

-Chang Jein. Premi "Ok" se il tuo nome è corretto. 

 

Il ragazzo toccò leggermente lo schermo. 

 

-Tu... ehm... Piacere di conoscerti, Jein-ssi. 

 

Jimin, o per lo meno il viso di Jimin, si sollevò ancora una volta sul leader. Arricciando le labbra, allontanò velocemente lo sguardo come se fosse stato in imbarazzo. 

 

-Ehm... piacere. Quando... quando dice che sono nel corpo di Park Jimin... intende proprio... "quel" Park Jimin?- chiese, guardandosi le mani come se avesse potuto trovare in esse la risposta alla sua domanda. Namjoon si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. 

 

-Se intendi il Park Jimin dei Bangtan Sonyeondan- 

 

-Chang Jein, per favore, pronuncia lentamente il tuo contatto telefonico in modo che la tua anima gemella possa reperirti una volta terminato lo scambio. 

 

Il corpo di Jimin lanciò le braccia all'aria con un'espressione esasperata sul volto. 

 

-Come si spegne questo coso?- borbottò irritato, iniziando a premere furiosamente il dito sullo schermo sotto alle risa dei presenti, che si erano sciolti dalla loro immobilità come se la pressione avesse all'improvviso lasciato la stanza. 

 

Seokjin, nel frattempo, non aveva fatto altro che osservare la scena in silenzio. I primi istanti, era stato come guardare un film. La sua mente non aveva associato ciò che stava succedendo davanti a lui con la vita reale. Ma più passavano i minuti e più il suo cervello usciva dal torpore della sorpresa. Jimin, il suo amico, la persona che lo aveva guardato con tanta tristezza e che gli era stato accanto, la persona in cui più aveva confidato da quando era avvenuto l'incidente... 

 

Aveva trovato la sua anima gemella. 

 

Il punto spezzato, già sanguinante a causa della conversazione che era appena avvenuta, divenne freddo e intorpidito, come un cadavere. Una parte di sé che era come morta. 

 

Il suo amico aveva trovato la sua anima gemella, perciò non avrebbe più avuto più il tempo per lui. 

 

Era solo. 

 

Mai come in quel momento la realizzazione gli era sembrata più concreta. 

 

Era davvero, completamente solo. 

 

Privo di anima gemella. 

 

Privo di amici che si prendevano cura di lui. 

 

Privo dell’affascinante insegnante di inglese a dargli la speranza di un'opportunità. 

 

Jin, allora, si alzò. 

 

Con gli occhi arrossati, attraversò la stanza in silenzio sotto agli sguardi attoniti dei suoi amici e imboccò il corridoio. Raggiunse la sua porta, dove lo attendeva la rassicurante solitudine che non avrebbe mai dovuto abbandonare. E, una volta dentro la sua stanza, girò la chiave e si accartocciò a terra, in preda alle lacrime.

 

 

 

Yona osservò l'uomo che lasciava la sala da pranzo con le labbra tremanti e gli occhi vistosamente arrossati. Mordendosi l'interno della guancia, abbassò lo sguardo sul suo grembo. 

 

Aveva esagerato. 

 

Aveva decisamente superato il limite. 

 

Anche se lui le aveva mancato di rispetto, non aveva il diritto di ferirlo nella maniera in cui aveva fatto. Perché sapeva che lo avrebbe ferito. Poteva mentire a se stessa quanto voleva, ma sapeva che, date le sue circostanze, la sua frase lo avrebbe pugnalato esattamente dove faceva male. E, lì per lì, lo aveva voluto. Era stato uno stupido momento di infantile vendetta, uno che rimpiangeva già. 

 

Lui era fragile tanto quanto lei. Non ci voleva un genio per vederlo. E, come lei sapeva bene, un essere fragile è sempre sulla difensiva, pronto ad attaccare chiunque si avvicini. Esattamente come aveva fatto lei. 

 

-Chang Jein, per favore, pronuncia lentamente il tuo

 

-Giuro che ti lancio contro il muro- pronunciò con irritazione la voce di Jimin, osservando l'orologio al suo polso come se avesse potuto incenerirlo con gli occhi. Namjoon si aprì in un leggero sorriso, avvicinandosi per toccare lo schermo digitale. 

 

-Ecco qua, dovrebbe essere silenziato adesso. Che ne dici di prendere il telefono di Jimin per mandarti un messaggio? Così potrete avere entrambi il vostro contatto. 

 

L'anima gemella del giovane guardò il leader per qualche istante, prima di annuire e con gesti impacciati cercare l'oggetto nelle tasche dei pantaloni. 

 

-Cavolo, ehm... non voglio toccare niente che non dovrei, ma... non... uff!- esclamò la voce del ragazzo, prima di pescare il cellulare dalla tasca posteriore e sollevarlo in aria trattenendolo tra la punta di indice e pollice. 

 

-Da dove vieni, Jein-ssi?- chiese allora Hoseok, attirando lo sguardo dell'interessata. Nonostante il sorriso cordiale che lanciò, però, a Yona non sfuggì l'occhiata nervosa che percorse il corridoio dove Seokjin era sparito, né lo sguardo dubbioso che scambiò con il leader. La donna, allora, si morse il labbro inferiore. Abbassando gli occhi, cercò di soffocare il senso di colpa che aveva preso a camminarle lungo il petto fino a raggiungerle la gola, studiando distrattamente gli anelli argentati che decoravano le sue dita. Poi, trasse un lento, profondo respiro. Alzandosi rumorosamente dalla sedia, i volti di tutti i presenti scattarono nella sua direzione. 

 

-Qual è la porta di Seokjin-ssi?- chiese, mantenendo lo sguardo basso. La stanza rimase in silenzio, anche se poteva sentire gli occhi pressanti su di lei. Alla fine, fu Yoongi a rispondere. 

 

-La terza sulla destra. 

 

Yona lo ringraziò con un cenno del capo senza neppure guardarlo e si diresse con passi martellanti verso il corridoio. Ignorando le attenzioni che le performavano la schiena, sentì il cuore battere sempre più rumorosamente a ogni falcata che compiva. E più si avvicinava al suo obbiettivo, più la sua marcia si faceva incerta. Quando, infine, si ritrovò davanti alla porta, il suo pugno di sollevò in aria, bloccato. Immobile a pochi centimetri dal legno, la donna non riusciva a radunare il coraggio di portarlo a compiere il suo dovere. 

 

Poteva farcela. 

 

Non era così difficile. 

 

Entrava, gli chiedeva scusa e se ne andava. 

 

Semplice. 

 

E allora bussò. Aspettò per qualche istante, ma solo il silenzio rispose. 

 

-Seokjin-ssi? 

 

Di nuovo, nessuna risposta. Yona contrasse le sopracciglia. 

 

-Seokjin-ssi, sono Yona. Sono venuta per scusarmi. 

 

Quando il silenzio continuò a protrarsi, la donna iniziò a temere di avere sbagliato porta. Allontanandosi di qualche passo, contemplò il lato del corridoio e prese a contare attentamente. Quando giunse alla conclusione di non essersi sbagliata, la maniglia improvvisamente si abbassò. Uno spiraglio di oscurità emerse dal piccolo spazio che si aprì e in mezzo a esso una frazione dell'attraente volto di Jin, deturpato da solchi bagnati che ne dipingevano le guance. Yona, sentendo il senso di colpa raggiungerle la gola e attorcigliarsi attorno a essa, tirò le labbra in un debole sorriso. 

 

-Vengo in pace. 

 

L'uomo non la guardava negli occhi, forse per nascondere il rossore dei suoi, e non replicò. L'unico suono che si udì fu il lieve inalare del suo piccolo naso che cercava di trattenere i singhiozzi. 

 

-Ecco... perdonami per quello che ho detto. Non lo pensavo veramente ed è stato meschino da parte mia usare quelle parole. È stata solo una reazione del momento- continuò allora. La donna osservò quell'uomo alto, dalle spalle ampie e dall'apparenza così solida e rassicurante, ritirarsi in se stesso con l'espressione di un bambino ferito. Annuendo debolmente, Jin prese a torturarsi le labbra con i denti. 

 

-An... anche io, ti chiedo scusa. Avevi ragione, non dovevo giudicarti e non erano affari miei. Tu sei libera di condurre la tua vita come credi. Perdonami. 

 

Yona, deglutendo, annuì a sua volta per fargli comprendere che accettava le sue scuse. Un silenzio imbarazzato calò su di loro, portandola ad abbassare lo sguardo sulle sue mani mentre cercava le sue prossime parole. Quando vide il volto dell'uomo sparire lentamente divorato dall'oscurità della sua stanza, però, la sua mano si posò istintivamente sullo stipite. 

 

-Seokjin. 

 

La porta si bloccò e il viso dell'uomo cessò di allontanarsi da lei. Anche se non la guardava, sapeva di avere la sua attenzione. 

 

-Ricordi che ti ho detto che potevi parlare con me se mai avessi avuto bisogno di aiuto? Beh... l'offerta è ancora valida. 

 

Il profilo di Seokjin era ancora in parte divorato dal buio, perciò Yona non fu in grado di decifrare quale espressione lo attraversò in quel momento. La sua esitazione, però, fu evidente nel movimento incerto della maniglia stretta nella sua mano. 

 

-Non... potresti capire. 

 

La donna, a quelle parole, distese le labbra. 

 

-Mettimi alla prova. 

 

Dopo attimi di immobilità, la porta, alla fine, si aprì. 

 

 

 

Da quando si era seduto sul bordo del largo letto matrimoniale, Seokjin non aveva emesso una parola. Yona si era silenziosamente accomodata accanto a lui, lasciando qualche spanna di distanza in modo che l'uomo potesse continuare a sentirsi a suo agio mentre quietava i singhiozzi e asciugava i residui delle lacrime con il fazzoletto accartocciato che stringeva fra le dita. E attese. Attese pazientemente mentre lui appoggiava i gomiti sulle ginocchia giungendo le mani e fissando il pavimento come se le parole che cercava fossero cadute nella moquette e si nascondessero nelle sue fibre. 

 

-Un anno fa, dopo un’esibizione, improvvisamente mi sentii male. 

 

Yona annuì, osservando con attenzione l'uomo che traeva lunghi respiri. 

 

-Era come... come se qualcuno mi stesse aprendo in due. Come se fossi stato su un tavolo operatorio, sveglio, e qualcuno mi stesse togliendo le interiora. È stato... il dolore peggiore che io abbia mai potuto immaginare. 

 

Jin fece un pausa, deglutendo, come se stesse cercando di ricacciare fisicamente il ricordo insieme alla bile nel suo stomaco. 

 

-I dottori capirono in fretta che la causa doveva essere legata alla mia anima gemella dal momento che il nostro legame era l'empatia corporale. Un dolore simile... poteva solo essere dovuto alla sua... 

 

Seokjin chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Yona, corrugando le sopracciglia, sentì l'istinto di allungare la mano e accarezzare la schiena dell'uomo. 

 

-Era morta. I dottori non avevano dubbi. Il motivo per cui non l'avevo immediatamente seguita era perché il legame non era completo perciò mi bombardarono di soppressori. Fecero assottigliare il legame fino a che la mia vita non fu più in pericolo e così... sopravvissi. 

 

La donna deglutì. Aveva immaginato che qualcosa di simile fosse avvenuto, ma non pensava che lei fosse morta. Non poteva neanche immaginare che dolore doveva aver provato l'uomo. L’empatia corporale era nota per essere il legame più meschino: non solo era difficile identificare la propria metà tramite esso, ma trasferiva anche ogni ferita, contusione e ogni male fisico da un’anima gemella all’altra, risultando spesso in esiti disastrosi. 

 

-Sopravvissi e nonostante ciò, continuavo ad avere episodi in cui mi svegliavo in preda al dolore esattamente come il giorno... dell'incidente. I dottori dissero che soffrivo della sindrome dell’arto fantasma, come quando si sente male a un braccio anche dopo che questo viene amputato. Il mio corpo... 

 

Seokjin si piegò ancora di più in avanti, seppellendo il volto nelle mani mentre proseguiva con voce tremante. 

 

-... il mio corpo sente ancora il suo dolore anche se lei non c'è più. Anche se non c'è niente, mi fa credere che ci sia, ed è... 

 

Un singhiozzo scosse la scena dell'uomo e Yona non poté trattenere la sua mano questa volta. Il suo palmo si posò gentilmente sulla maglia di lui, rendendogli nota la propria vicinanza per dargli quel poco conforto che poteva. 

 

-Voi non potete capire... non potete capire cosa significa svegliarsi alla mattina con la consapevolezza che lei... lei ha sofferto in questo modo e ora non c'è più... e io... dovrò continuare a soffrire con lei e... ed essere solo... 

 

La mano di Yona prese a massaggiare la schiena dell'uomo, che sobbalzava a causa dei singhiozzi che avevano ripreso a sconvolgerlo. Traendo un respiro profondo, la donna chiuse gli occhi. 

 

-Non posso neanche immaginare la sofferenza che stai attraversando e non posso immaginare quanto sia difficile essere costantemente rammentati di quel lutto in questo modo. Una cosa, però, la posso capire. 

 

Jin, esitante, allontanò il viso dai palmi delle mani, sollevando gli occhi bagnati di lacrime sulla donna che lo guardava con un sorriso comprensivo. 

 

-So cosa vuol dire il pensiero di essere soli, di non avere nessuno creato apposta per amarti e per essere la perfetta metà della tua anima. So cosa vuol dire credere di non avere speranza di avere quella cosa speciale che tutti sembrano possedere. 

 

Jin aggrottò le sopracciglia, guardandola in silenzio come se non riuscisse a capire. Yona, allora, piegò il capo allargando il sorriso sul suo volto. 

 

-Io sono nata senza un'anima gemella. Sono una solitaria.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

DAN DAN DAAAAN! Ecco the big revelation! Che, a dire la verità, avevate già intuito ma va bene XD E dunque l’anima gemella di Jin è morta mentre Yona è nata completamente senza (diciamo che in questo universo è come nascere senza un organo, è un’informazione nel DNA che per un difetto genetico viene a mancare). E nel prossimo capitolo vedremo la parte 2 di “Jin vede le cose in prospettiva e inizia a guarire”. Sidenote, mi ha fatto tanto strano tornare a descrivere Jein ma mi ci sono anche divertita parecchio XD 

 

Eeeeeeee una novità. Alla fine ho aperto una pagina Instagram dedicata ai miei disegni dove vendo stampe, photocard, segnalibri ecc. Ho aperto anche un profilo TikTok (dopo secoli che ho cercato di evitarlo perché sapevo di non poter reggere la tossicità ma, purtroppo, il business lo richiede 😪). Se vi va di darci un’occhiata entrambi i profili si chiamano juliet_caramelmacchiato. Se avrete voglia di prendere qualcosa, scrivetemi pure che siete miei lettori così vi faccio anche uno sconticino sul primo acquisto 🤫 troverete pochi post perché ho appena aperto ma ho diversi disegni che devo ancora caricare perciò se mi chiederete di vedere altri lavori ve li condividerò in DM senza problemi.

 

Ps: probably domani pubblicherò lo speciale su Il principe del calmo mattino. Credo.

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Capitolo 26
*** 24. She used to be mine ***


Jin rimase immobile con la bocca spalancata per quelli che dovevano essere minuti. Mentre il sorriso sul volto della donna continuava ad allargarsi col passare del tempo, la mente di lui non faceva che diventare un caos sempre più ingarbugliato. 

 

-Tu... tu sei...- riuscì finalmente a balbettare, seppur le sue labbra si bloccarono a causa della sua incredulità e della frenesia dei suoi pensieri. Yona, però, non sembrò offendersi. Invece, si aprì in una lieve risata. 

 

-Non è niente di così scioccante. È vero che i solitari sono rari ma non ho una malattia terminale o chissà cosa. È solo... così. Il modo in cui sono nata- spiegò lei, sollevando le spalle con noncuranza. Seokjin, però, non riuscì a smettere di fissarla come uno stupido pesce lesso, nonostante le sue parole. Sapeva che i solitari esistevano ma erano un fenomeno talmente raro che i più scettici mettevano in dubbio che fosse reale del tutto. I fanatici dei legami gridavano alla cospirazione, affermando che non potessero esistere esseri umani senza anime gemelle. 

 

Nascere senza anima gemella. Prima dell'incidente, Jin non si sarebbe mai ritrovato a considerare cosa questo avrebbe voluto significare, a provare a immergersi nei sentimenti di qualcuno in quella condizione. Nonostante a lui fosse stata tolta l'opportunità di essere insieme alla sua metà, aveva almeno vissuto ventisette anni della sua vita con il pensiero che esisteva qualcuno per lui. Qualcuno che prima o poi lui avrebbe incontrato e avrebbe potuto amare con tutto se stesso. Ma sottoporsi agli esami per scoprire il proprio legame per poi venire a conoscenza del fatto che non c'è niente, che non esiste nessuno per te... quanto poteva essere difficile da accettare? 

 

-Io... non so davvero come scusarmi. Le parole che ti ho rivolto a tavola... sono ancora più gravi alla luce di...-

 

Jin abbassò gli occhi scuotendo il capo e scrutando le sue mani, stupidamente. In quel momento, non avrebbe voluto altro che cancellare quell'intera conversazione, bloccarsi ancora prima di emettere la prima parola e creare un tale danno. L'aveva giudicata, criticata per il suo comportamento... quando lei non aveva un anima gemella. Lei, che stava solo cercando qualcuno, come aveva sperato di fare lui. 

 

-Ehi, Seokjin...- la donna gli prese le mani, portandolo a sollevare gli occhi colpevoli su di lei -... ascoltami bene- continuò, sollevando un dito davanti a lui come a volergli impartire una lezione. 

 

-Non ce l'ho con te per quello che hai detto. Ti ho già perdonato. Ma voglio che capisci chiaramente una cosa: le tue parole erano sbagliate a prescindere dalla mia condizione. E sai perché? 

 

Jin si morse nervosamente il labbro, rimanendo immobile per qualche istante mentre scrutava il volto della donna in cerca di quella risposta che sembrava sfuggirgli. Alla fine, scosse il capo.

 

-Diamo troppa rilevanza a ciò che la società ci dice essere importante per noi. Ma la nostra individualità è altrettanto importante, se non di più. Secondo la società, persone come te e me... non hanno valore. Secondo la società noi non contiamo niente se non in rapporto al nostro legame. 

 

Seokjin corrugò la fronte mordendosi le labbra, ma non distolse lo sguardo dalla donna. Aveva ragione, coscientemente lo sapeva, ma non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero di quello che non aveva, che la sua condizione lo rendesse difettoso, seppure questo avrebbe significato che anche Yona lo sarebbe stata. Ma lei non lo era. Lei andava bene così. E allora perché anche per lui non poteva essere lo stesso? 

 

-Ti svelo un segreto che ho imparato nel corso di tanti anni di terapia. Noi valiamo a prescindere dalle nostre circostanze. Il nostro valore si misura nelle nostra qualità, nel tipo di persone che scegliamo di essere, piuttosto che in quello che abbiamo o non abbiamo o nella persona che ci sta accanto. 

 

Seokjin sentì le lacrime che era riuscito a fermare tornare ad accumularsi nei suoi occhi, sospese sul ciglio, come una cascata in procinto di lasciarsi precipitare. 

 

-Lo capisco... ma... è davvero così sbagliato desiderare di essere amati da qualcuno?- chiese allora, con la voce assottigliata a un sussurro. La donna si aprì in un sorriso indulgente che le fece brillare gli occhi di una misteriosa luce. 

 

-No, non lo è. E non nego che anche io lo desidero. Ma la mia condizione non mi preclude l'opportunità di trovare qualcuno che possa diventare speciale per me. Anzi, penso che io e te abbiamo un vantaggio sotto questo aspetto. 

 

Quando il viso della donna assunse un'espressione saccente, Seokjin sollevò un sopracciglio. 

 

-Io... ne dubito fortemente. 

 

Yona, però, scosse il capo come se avesse appena detto una fesseria. 

 

-Una volta una persona mi disse questo: "Tu sei come un foglio bianco. Sta a te se considerarti come uno scarto privo di scopo o se invece vederti come un punto di partenza dalle infinite possibilità. Puoi essere una persona senza anima gemella o puoi essere la persona più libera su questa terra". 

 

Quando la donna fece una pausa e lasciò che le sue parole si assorbissero nella mente di Jin, l'uomo abbassò il capo, riprendendo a contemplarsi le mani. 

 

E lui cos'era? 

 

Fino a qualche ora prima la sua mente non avrebbe avuto dubbi nel dare la prima risposta. Eppure doveva davvero essere tutto lì per lui? 

 

-Immagina questo: quanto ha più valore il rapporto che puoi creare con una persona che scegli tu personalmente, non perché il legame ti dice che è la persona per te ma perché ti piacciono le sue qualità e non vuoi smettere di trascorrere del tempo con lei, ed essere scelto da quella persona per le stesse ragioni? Due persone che decidono coscientemente di stare insieme perché non c'è niente di più bello che essere al fianco l'uno dell'altro? Io penso che non ci sia nulla di più straordinario di questo.

 

Man mano che le parole penetravano i pensieri dell'uomo la sua mente si rimescolava in un subbuglio di idee e sentimenti contrastanti. Pensava che non ci fosse nulla di peggio che essere nella sua condizione. Pensava di non avere speranza, di non poter neanche intrattenere l'idea di amore che aveva sempre desiderato. Pensava che il suo valore era nullo a causa di tutto ciò. Messa sotto quella prospettiva però... non sembrava così terribile. Anche se non avrebbe smesso di soffrire per la sua anima gemella, forse... forse aveva una possibilità di essere qualcosa di migliore. Anche senza di lei. 

 

-Non è facile. Credimi. La ricerca di una persona del genere, sopratutto nelle sistema in cui viviamo, è lunga e a volte sconfortante. Ma c'è una cosa che devi ricordare. 

 

Jin incontrò gli occhi della donna, cercando di assorbire la solennità del suo sguardo limpido e privo di ogni malizia, al contrario di come era abituato a vederla. 

 

-Che tu riesca a trovare questa persona o meno, non perdi valore. E devi mettertelo in testa per bene perché, a prescindere da tutto, l'unico con cui vivrai veramente per il resto della vita... 

 

La donna allungò l'indice destro verso di lui, catturando lo sguardo di Jin, fino a che il polpastrello non si appoggiò sul suo petto. 

 

-... sei tu.

 

L'uomo, senza volerlo, lasciò che una risata priva di ironia sfuggisse dalle sue labbra. Aveva un retrogusto carico di amarezza, come quel tipo di caffè da cui Namjoon era tanto ossessionato e che gli aveva lasciato un saporaccio in bocca per giorni. 

 

-E se... "me" non fosse una persona fantastica? Se fosse lamentosa, egoista e troppo assorbita dai suoi problemi al punto da allontanare quelli a cui più teneva? 

 

Jin non aveva il coraggio di riportare lo sguardo sulla donna. Con gli occhi concertati sulla moquette, contemplò tutta la lunga lista di difetti che lo rendevano l'essere umano più insopportabile con cui convivere. Avrebbe davvero voluto essere... qualcun altro. Chiunque altro, tranne se stesso. Yona, accanto a lui, tacque per un istante. Poi, dopo aver tratto un lungo sospiro, prese la parola. 

 

-Allora dovrai imparare ad amarla. Come amiamo i nostri amici nonostante più ci avviciniamo a loro e più vediamo le loro debolezze, possiamo amare anche noi stessi benché ci sembri di essere la persona peggiore sulla faccia della terra. E possiamo lavorare per migliorare il migliorabile, senza sconvolgere la nostra essenza. 

 

Amare se stesso? Avevano dedicato un'intera serie di album a quell'argomento eppure doveva essere il più grande ipocrita sulla faccia della terra perché davvero non sapeva come fare. Migliorare il migliorabile... gli sarebbe piaciuto. Ma da dove iniziare? 

 

-Come posso fare?- chiese con voce incerta, senza sollevare gli occhi dalla moquette. 

 

-Puoi iniziare identificando quelle qualità che non ti piacciono e che pensi facciano male al tuo rapporto con gli altri. 

 

Seokjin strinse i denti. La sua mente saltò al tavolo di persone radunate nell'altra stanza. Si concentrò sul volto di ognuno di loro, sui numerosi modi in cui li aveva feriti uno a uno. Aveva molto da rimediare. Forse troppo. 

 

-Sai, potrei passarti il numero della mia psicoterapeuta. Alle superiori mia madre mi ci ha portata a forza per costringermi ad abbandonare i miei comportamenti autodistruttivi e perché pensava che il problema fosse il mio essere solitaria, portandomi di conseguenza a odiare la terapia. Ma quando sono cresciuta e vi sono tornata di mia spontanea volontà ho scoperto che poteva aiutarmi in modi che da sola avrebbero richiesto molto più tempo e molti più errori. Non ti garantisco che starai subito meglio, ma è un inizio. Anche solo per capire come lavorare su te stesso e comprendere come gestire i tuoi sentimenti.

 

Jin, lì per lì, tacque. Non era la prima volta che gli veniva proposta l'idea. Subito dopo l'incidente, sia i manager che i suoi compagni gli avevano consigliato di farsi seguire da uno specialista. Al tempo, però, l'idea di condividere con un estraneo i suoi pensieri più oscuri gli dava la nausea. Inoltre, voleva convincere il mondo che lui non aveva bisogno di aiuto. E ce l'aveva. Eccome se ce l'aveva. Eppure non aveva fatto altro che rifiutare un'ancora che avrebbe potuto evitargli di arrivare fino a quel punto. 

 

Forse era ora che le cose cambiassero. 

 

-Come... funziona? Lei ti fa delle domande su... di te e tu devi rispondere? 

 

Yona emise uno sbuffo divertito. 

 

-Più o meno. Puoi dire quello che vuoi. Non devi per forza iniziare parlando di quello che ti è successo. Puoi incominciare anche con le cose più frivole e andare al tuo ritmo. Le puoi raccontare dei tuoi amici, la tua famiglia, il tuo lavoro... cose così. E poi, quando te la sentirai, potrai arrivare al nocciolo del problema. Ma lei non ti forzerà mai ad affrontare l'argomento finché non sei pronto.

 

Seokjin annuì. Non sembrava così terribile. Magari avrebbe potuto provarci. 

 

Migliorare.

 

Migliorare per i suoi amici. E per se stesso. Poteva farlo. 

 

-E... per quanto riguarda l'altra questione? 

 

Yona parve non capire, perché emise un verso interrogativo. Jin, sentendo già la punta delle orecchie scaldarsi, abbassò ulteriormente il capo per mascherare l'imbarazzo. 

 

-Trovare... quella persona speciale. Da dove... inizio? 

 

La donna, a quel punto, espirò con un'esclamazione alla realizzazione di quello che intendeva. L'uomo, stringendo impercettibilmente le mani, sentiva la sua insicurezza aumentare a ogni istante che passava. 

 

-Beh, quello sarà un percorso a prove ed errori. Tedioso, purtroppo. Ma è così che funziona. 

 

Jin deglutì, mordendosi la lingua mentre delle parole puntavano contro il suo palato nella smania di uscire dalla sua bocca. 

 

"E se iniziassi da te?" 

 

Ma non riusciva. Non riusciva a trovare il coraggio di pronunciarle. E prima che potesse trovarlo, fu lei a riprendere la parola. 

 

-Ma se vuoi potremmo stringere un patto. 

 

Jin, allora, sollevò gli occhi sulla donna. Il suo solito sorriso malizioso era tornato a illuminare il suo volto e l'uomo sperò che il calore sulle sue guance fosse ben mascherato dalla semioscurità della stanza. 

 

-Se quando avremo compiuto quaranta... no, forse quaranta é troppo presto...- disse sollevando lo sguardo al soffitto, prendendosi il mento fra le dita -... cinquanta? No, allora è troppo tardi. Facciamo quarantacinque!- esclamò infine con tono risoluto. Seokjin, senza capire, la fissò in silenzio. 

 

-Se quando avremo compiuto quarantacinque anni ancora non avremo trovato quella persona, possiamo promettere di ritrovarci e diventare vicini di casa. Che ne dici? Così avremo qualcuno che ci fa compagnia in quelle serate solitarie, passate sul divano a desiderare qualcuno che cui dividere i popcorn. Ti concederò l'onore di prepararmi la colazione quando sentirai la necessità di prenderti cura di qualcuno e io potrò lamentarmi con te perché lasci i piatti sporchi nel lavello o perché spremi il dentifricio dal centro invece che dal fondo quando avrò bisogno di sfogarmi su qualcuno. 

 

Jin spalancò gli occhi. Le parole incastrate nella sua bocca erano diventate molte di più, ma allo stesso modo la barriera delle sue labbra pareva essersi fatta più forte. Non un suono riuscì a uscire da lui mentre fissava la donna dal sorriso ampio. 

 

-Allora? Affare fatto?

 

Jin abbassò lo sguardo sulla mano allungata verso di lui, in attesa di una stretta che avrebbe siglato il loro accordo. L'uomo sbatté le palpebre. Deglutì. E, alla fine, allungò la sua mano fino a intrecciarla con quella di lei. 

 

-Affare fatto.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ed ecco l’attesissimo seguito di “Jin vede le cose in prospettiva e inizia a guarire”! Che dite del discorso di Yona? Lei conosce bene i sentimenti di Jin perché ci è passata a sua volta e ha già affrontato tutte le fasi della negazione e della rabbia che la sua condizione le ha portato. Possiamo dire che in questo mondo nascere senza anima gemella equivale più o meno a una donna che scopre di essere sterile. Anche se non è una condizione debilitante fisicamente, ha un grosso peso emotivo e sociale a prescindere che una donna voglia figli o meno e anche sotto la prospettiva di una possibile adozione. È come se in quel momento la società dicesse a quella donna “Ti manca una parte fondamentale per essere riconosciuta come essere umano e quindi sei indelebilmente imperfetta”. Il discorso è trasferibile alla situazione di Yona e lei lo ha capito. Siete d’accordo con il suo punto di vista? 

 

Also, la prossima settimana pubblicherò il capitolo più lungo che abbia mai scritto finora, una sleppa di ben 3000 parole che vi farà frignare (avviso in anticipo così poi non vi lamentate). Niente traumi psicologici, solo momenti di guarigione, giuro! 

 

PS: permettetemi un piccolo momento cattivello, non amo lo shade di solito ma non posso trattenermi. Lo scrivo qua e non su Twitter perché mi fido dei miei lettori e perché l’audience è potenzialmente molto più trattenuta. Quando ho visto lo spoiler sulla collaborazione dei ragazzi con Snoop Dogg ho pensato al piccolo B-free e alle sue grandi parole sulla comunità hip-hop. Man, vuoi un fazzoletto? Perché penso di vederti piangere in un angolo, mister “vi vestite come ragazze quindi non siete hip” che non ha collaborato con uno dei rapper più importanti della storia. Peace.

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Capitolo 27
*** 25. I’ve been waiting for you ***


-Jein? Jein, mi stai ascoltando o fingi disinteresse per evitare la conversazione come tuo solito? 

 

Jimin aggrottò la fronte. Strizzò le palpebre, cercando di spremere via il mal di testa che gli martellava le meningi ma senza successo. Perché c'era la voce di una donna che non conosceva? Dov'erano i suoi amici? Massaggiandosi le tempie, il giovane aprì e richiuse gli occhi un paio di volte, lasciando che la sua visione si schiarisse sempre più. 

 

-Hyung?- chiese, forzando la sua gola a pronunciare la parola. Eppure, era... bizzarra. Sbagliata. La sua voce era naturalmente più acuta della media maschile ma non era mai stata così. Da quando suonava a quel modo? 

 

-Jein? Ti senti bene? 

 

Jimin, sbattendo ancora una volta le palpebre, riuscì dopo numerosi tentativi a focalizzare gli occhi su una giovane donna che lo guardava con un'espressione apprensiva. Chi era? E dove erano finiti i suoi hyung? Guardandosi attorno, notò che non si trovava nella sala da pranzo del loro dormitorio ma in una piccola camera da letto, caratterizzata da una modesta libreria densa di libri dalle copertine perfettamente ordinate. 

 

-Jein? Jein, è tutto a posto? Vedi, è esattamente questo quello di cui sto parlando! Non stai bene e non puoi continuare a... 

 

Jimin non riuscì a mantenere la sua attenzione sulla voce ammonitrice della donna. Aveva abbassato lo sguardo e lo aveva appoggiato su quelle che dovevano essere le sue mani. Ma non lo erano. Le conosceva bene, le sue mani. Conosceva fin troppo bene quella forma tozza che le faceva apparire così piccole e che lo irritava così tanto. Ma quelle mani era lunghe e affusolate, dalla linea tanto elegante che non potevano essere... maschili. Abbassando ancora di più la testa, fece cadere gli occhi sul suo petto. E, dove doveva esserci una semplice maglia bianca a coprire il suo sterno, trovò invece una camicetta scura che scendeva morbidamente su quelli che decisamente non erano pettorali. 

 

Aveva... il seno. Quello era sicuro che non poteva appartenergli. 

 

-Jein? Ti devo portare in ospedale?

 

Jimin si sentì afferrare le mani e finalmente sollevò lo sguardo sulla giovane inginocchiata davanti a lui, che lo fissava con occhi ansiosi e la fronte corrugata. E, in quel momento, quando la realizzazione lo colpì come una raffica di vento che lo schiaffeggiava in faccia, un nodo salì dal suo stomaco fino ad assicurarsi attorno alla sua gola. Schiudendo lentamente le labbra, sentì quella voce estranea pronunciare un rauco: 

 

-Jein? 

 

Jein...

 

Quel nome prese a rimbalzargli nella testa come un mantra mentre i suoi occhi si appoggiavano su uno specchio verticale che occupava un angolo della stanza. Estraendo le mani dalla presa della donna, si sollevò dal letto su cui era seduto e fece qualche timido passo in avanti. Nonostante la sua esitazione, si ritrovò davanti allo specchio in un batter d'occhio. Il suo sguardo, però, rimase incollato sulla camicetta scura per tutto il tempo. Quando finalmente i suoi passi si bloccarono, deglutì rumorosamente. 

 

E sollevò il capo.

 

Jimin sentì le lacrime sulle sue guance prima che potesse anche solo concepire quello che stava guardando. Il viso di una giovane donna lo fissava nella superficie riflettente. Aveva occhi scuri ed espressivi e zigomi alti che davano al suo viso un'aria elegante e quasi sofisticata. Le sue labbra apparivano così delicate sotto al suo piccolo naso e Jimin si ritrovò a sfiorare la superficie dello specchio, tracciando con le dita i contorni di quel volto sconosciuto. Con un singhiozzo, arpionò la cornice sotto alla sua mano, portando l'altra a coprire la bocca mentre i suoi occhi increduli studiavano quel riflesso ancora e ancora. 

 

-Oh mio Dio, Jein! Cos'hai? Parlami! 

 

La donna inginocchiata aveva le palpebre spalancate e si era precipitata al suo fianco in un soffio, toccandogli la spalla per incoraggiarlo a girarsi verso di lei. Ma lui non voleva girarsi. Voleva solo continuare a studiare i preziosi lineamenti di quel bellissimo volto. Voleva sollevare la mano per accarezzarne le guance, sfiorarne le labbra e passare le dita fra le ciocche scure dei suoi capelli, ma si trattenne. 

 

-Jein, ti prego dimmi che succede! Cosa c'è che non va? 

 

Questa volta, la giovane gli afferrò entrambe le spalle, forzandolo a voltarsi fino a che il suo sguardo non incontrò quello di lei. Traendo un profondo respiro, Jimin si asciugò le guance. 

 

-Io...- 

 

La voce che gli era sembrata troppo acuta per essere sua gli appariva molto diversa alla luce della sua rivelazione. Per appartenere a un donna, era profonda e dal tono caldo, quasi ricercato nella sua lieve raucedine.

 

-... io non sono lei. Sono la sua...

 

La sua gola si strinse attorno alle parole che stava per pronunciare. Era come se il solo pensiero fosse talmente grande da portarlo quai a soffocare dall'emozione. 

 

-... anima gemella. Sono la sua anima gemella. Lei... è la mia anima gemella. 

 

Lo aveva detto. 

 

Quelle parole che aspettava da così tanto erano uscite dalla sua bocca. No, non dalla sua. Da quella di lei. 

 

Jein. 

 

La preziosa metà della sua anima. 

 

-Oh... oh!- esclamò la giovane davanti a lui, la cui espressione era lentamente mutata da apprensione a completo stupore. 

 

-Tu sei... vi siete scambiati di corpo? Oh... wow!- continuò lei con crescente incredulità senza lasciare la sua presa sulle sue spalle, ma prendendo a studiarlo come se avesse potuto determinare il cambiamento anche dal suo aspetto fisico. 

 

-In effetti, dovevo capirlo. Jein non piange mai. E quando dico mai, intendo letteralmente mai. E di certo non scoppia  così di punto in bianco- borbottò la giovane, scuotendo il capo come a volersi riprendere per la sua stupidità. Jimin, a quelle parole, abbassò il capo in imbarazzo. 

 

-Ah... io... ecco, aspettavo ansiosamente di conoscerla perciò quando ho capito che... sì, insomma... non sono riuscito a trattenermi- balbettò in risposta, portandosi una mano a strofinare nervosamente il retro del collo. Per un attimo, si paralizzò alla sensazione delle lunghe ciocche che gli ostruirono il passaggio, prima di scostarle delicatamente su un fianco. La giovane donna, alla sua risposta, si aprì in un verso di tenerezza. 

 

-Oh mio Dio, quanto sei dolce! Sarai perfetto per compensare il piccante sarcasmo di Jein! 

 

Jimin si aprì in un sorriso timido, abbassando lo sguardo sulle mani giunte sul suo grembo. 

 

-Davvero?- mormorò con un filo di voce. 

 

-Davvero! Ma, dimmi, come ti chiami? Oh, perdonami, io sono Kippeum!

 

La giovane si piegò in avanti in un profondo inchino mentre il ragazzo sollevava le mani per indicare che non era necessario. Quando Kippeum si fu raddrizzata e prese a guardarlo con aspettazione, lui si schiarì nervosamente la gola. 

 

-Uhm... io sono... Park... Jimin.

 

La ragazza si lasciò sfuggire una risata divertita. 

 

-Come il cantante dei BTS. Devono farti parecchi la battuta!- replicò lei lanciandogli un occhiolino. Jimin, allora, prese a studiare le dita affusolate intrecciate davanti a sé. 

 

-Ehm... a dir la verità... io sono il Park Jimin... dei BTS. 

 

Il sorriso di Kippeum si congelò sul suo volto. I suoi occhi si bloccarono su di lui, mentre le sue sopracciglia assumevano un'aria scettica. 

 

-Tu... come scusa? 

 

Jimin prese a guardare attorno alla stanza, contemplando ogni dettaglio pur di evitare lo sguardo della giovane. 

 

-Ecco... io sono il cantante dei BTS. 

 

Il ragazzo sentì un suono strozzato provenire dalla gola di Kippeum e riportò gli occhi su di lei per vedere se stava bene. Lei, dal canto suo, lo fissava come se avesse avuto davanti un fantasma. 

 

-Quindi tu saresti... "quel" Park Jimin?- chiese con la voce di qualche tono più acuta. Il ragazzo annuì timidamente. Lei però non parve essere soddisfatta della sua risposta. 

 

-Un attimo, un attimo...- scuotendo il capo, si voltò verso la libreria, facendo scorrere lo sguardo sulle diverse sezioni finché non ebbe raggiunto un'area che non sembrava contenere semplici libri. Quando la giovane ebbe sfilato un oggetto dalla famigliare copertina rosa, Jimin riconobbe il loro precedente EP, "Map of the soul: Persona". La giovane aprì l'album e prese a scorrere le pagine del photoshoot fino a fermarsi su una in particolare. Voltando il libretto verso di lui, indicò una foto che lo ritraeva con un'espressione sorpresa e metà dei capelli rosa confetto sollevati a causa dell'energia statica del palloncino che stringeva in mano. 

 

-Tu vorresti dire che... sei lui? Tu sei questo Park Jimin?- chiese nuovamente Kippeum, sottolineando ogni parola con crescente enfasi e un tono che punteggiava ogni sillaba. Il ragazzo, sollevando appena le spalle, annuì ancora una volta tirando le labbra in un sorriso esitante. Se quella era la stanza della sua anima gemella e c'era un loro album... voleva dire che era una loro fan, giusto? Quindi... era una buona notizia? La ragazza, però, a quel punto lasciò che il libretto si chiudesse fra le sue mani con la bocca bloccata in una forma a O. 

 

-Oh... ok. Beh... congratulazioni, hai appena vinto dei punti Merendina, dato che non c'è nulla che faccia smuovere Jein come la vostra musica.

 

Jimin, a quelle parole, sentì il suo cuore alleggerirsi appena. Quindi lei lo conosceva già e forse... le piaceva. Voleva dire che aveva un vantaggio? I suoi pensieri furono distratti dalla vibrazione del telefono abbandonato sul letto, che risuonò rumorosamente nella stanza dominata dal silenzio. Sia i suoi occhi che quelli di Kippeum si appoggiarono sull'oggetto nello stesso istante. 

 

-Quello è il cellulare di Jein- disse la ragazza, prendendo a marciare verso il materasso per poi piegarsi su di esso e studiarne il display. 

 

-Numero sconosciuto. Oh... penso che sia lei!- esclamò allora, afferrando l'oggetto e digitando il codice per sbloccare lo schermo senza un attimo di esitazione. Poi, lo posò nelle mani di Jimin, che sollevò uno sguardo stralunato su di lei. 

 

-Credo sia per te- aggiunse la giovane con un sorriso saccente. Il ragazzo, a quel punto, abbassò gli occhi spalancati e contemplò lo schermo, dove era aperta la sezione dei messaggi. 

 

Da: Sconosciuto 

Ciao, sono Jein. È stata un'idea di Namjoon di scrivere un sms per avere il nostro numero. Spero non ti dispiaccia. 

 

Jimin, in un istante, sentì le sue guance andare a fuoco. Portandosi una mano davanti alla bocca, usò tutto il suo autocontrollo per evitare di iniziare a strillare. 

 

Gli aveva scritto. 

 

Aveva il suo numero. 

 

Stava succedendo davvero!

 

Era un sogno? Se lo era, sarebbe stato assai crudele svegliarsi. 

 

-Beh, sei fortunato. Di solito non prende l'iniziativa, ma immagino che abbia già capito chi tu sia. Comunque, permettimi di impartirti una masterclass veloce su Chang Jein. Credimi, ti servirà. 

 

Jimin sollevò lo sguardo su Kippeum, che lo osservava con un sorriso divertito, anche se vi poteva intravedere una punta di malinconia. 

 

-Vedi, purtroppo le persone tendono a fraintenderla per via della sua facciata dura, ma la verità è che semplicemente non sa come... 

 

Le parole della giovane, però, si fecero sempre più fumose. Jimin contrasse le sopracciglia, ma per quanto provasse, non riusciva davvero a concentrarsi su quello che Kippeum stava dicendo. Vedeva la sua bocca muoversi, ma nessun suono lo raggiunse. E, dopo qualche istante, anche la figura della ragazza prese a confondersi in una nebbia di puntini bianchi. Il ragazzo sbatté gli occhi, ma la sua visuale non faceva che riempirsi sempre più di quei puntini fastidiosi, fino a che non ebbero divorato completamente il suo campo visivo. 

 

E poi, il buio.

 

 

 

Jimin aprì gli occhi e quello che trovò davanti a sé non fu Kippeum. 

 

Davanti a lui c'era Hoseok con un'espressione preoccupata che lo fissava con insistenza. 

 

-Jimin? Sei tu? 

 

Gli ci volle qualche istante. 

 

I suoi sensi tornarono a lui molto lentamente, riportandogli l'odore del cibo che avevano da poco finito di consumare e il famigliare ticchettio dell'orologio che era fissato sulla parete di fondo della sala da pranzo. La sua visione, infine, gli mostrò il tavolo rettangolare a cui i suoi compagni erano seduti, con gli sguardi attenti posati su di lui. 

 

-Jimin? 

 

Il ragazzo si girò. Namjoon lo guardava come se fosse stato certo della persona con cui stava parlando. Ma quando Jimin abbassò gli occhi sulle sue mani, quelle mani che lui conosceva bene, gli parvero estranee. Era davvero successo? Non era stato solo un sogno?

 

-La... la mia... 

 

-Jein. 

 

Jimin sollevò gli occhi umidi sul suo leader, che si era aperto in un sorriso. 

 

-Si chiama Jein, la tua anima gemella. 

 

La sua anima gemella. 

 

Era vera. 

 

Jimin sentì le lacrime tornare a inumidirgli le ciglia prima che il suo sguardo cadesse inavvertitamente al suo fianco. Alla sedia vuota che si trovava lì. E, in un soffio, tutta la felicità che gli aveva fatto esplodere il cuore venne risucchiata via, come se si fosse all'improvviso aperto un buco nero nel suo petto. Una voragine che gli dava il senso di vertigine, di essere sul punto di cadere. Ma sembrava non esistere appiglio a cui aggrapparsi. 

 

-Jin-hyung... 

 

Non c'era.

 

Lui aveva trovato la sua anima gemella, proprio davanti al suo hyung. 

 

Lo aveva perso, questa volta... per davvero. 

 

-È nella sua stanza. 

 

Jimin sentì lo stomaco stringersi. Ovviamente era nella sua stanza. E probabilmente non vi sarebbe più uscito dopo quello che era successo.

 

-Con Yona-ssi. 

 

Il ragazzo sollevò la testa di scatto, spalancando gli occhi. Non era possibile. Jin faceva a malapena avvicinare loro, era fuori discussione che avesse fatto entrare qualcuno che conosceva così poco, soprattutto dopo la scena avvenuta prima.

 

-Non so cosa stia succedendo, ma... l'ha fatta entrare. Sono lì da quando è arrivata Jein-ssi. 

 

Jimin portò gli occhi stralunati sul corridoio buio dove si intravedevano le porte alle loro stanze. Alzandosi in piedi con uno scatto, si diresse verso di esso con passi frenetici. Non aveva importanza, doveva almeno provare a salvare quel minimo di rapporto che gli era rimasto con Jin. Non poteva lasciare che chiudesse fuori anche lui. Non poteva. Se lo avesse fatto, lui probabilmente si sarebbe lasciato affondare definitivamente e loro avrebbero perso ogni speranza di rivedere il Seokjin di una volta. E sapeva che probabilmente le sue speranze erano vane. Sapeva che, dopo aver bussato a quella porta, il suo hyung lo avrebbe guardato con nient'altro che risentimento, ma doveva provare. 

 

Non poteva rinunciare al suo amico. 

 

Jimin si ritrovò davanti alla porta con il petto scosso da respiri ansiosi. Fece per scaraventarsi contro il legno per implorare Jin di aprire, quando il suo viso gli comparve davanti ancora prima che potesse toccare la superficie. Jimin si congelò. Yona stava rivolgendo un sorriso ampio verso il suo hyung, che la guardava con una sorta di timida dolcezza che appariva così estranea nei suoi occhi. 

 

Quando i due posarono lo sguardo su di lui, però, si bloccarono. Solo allora si accorse di essere rimasto immobile con la bocca spalancata e il pugno sollevato. 

 

-Jin... hyung...- mormorò, concentrando il suo sguardo sull'uomo che aveva gli occhi scuri su di lui. Il suo tono esitante suonava già pericolosamente vicino alle lacrime, ma si sforzò per non lasciarsi andare. Scrutò il volto di Seokjin in cerca di qualsiasi segnale. Quello che cercava, però, risentimento, rabbia, rassegnazione... nulla di ciò sembrava esservi. Le sue iridi, invece, guardarono per un istante Yona, che rispose con un sorriso e un occhiolino, prima di superare il corpo di Jimin. 

 

-Vi lascio parlare- disse, lanciando uno sguardo eloquente a Jin. Lui abbassò il volto al pavimento e Jimin ebbe l'impressione di vedere un famigliare rossore dipingere la punta delle sue orecchie come era solito succedere quando era imbarazzato. E quando il corridoio fu finalmente deserto, il maggiore riportò gli occhi su di lui. Jimin, in quel momento, avrebbe dovuto inginocchiarsi e implorarlo di non escluderlo, chiedergli perdono, pregarlo di concedergli... non sapeva cosa. Ma aveva la gola bloccata. E aspettava la bomba che sarebbe stata sganciata da lì a momenti. Una porta sbattuta in faccia, un'occhiata fredda, una frase risentita. Perciò, Jimin deglutì nervosamente mentre l'ansia gli attanagliava la gola e abbassò lo sguardo a terra. 

 

Fino a che due braccia non si strinsero timidamente attorno al suo busto. Jimin portò gli occhi spalancati sulle ampie spalle del suo hyung, coperte dalla maglietta che gli solleticava la guancia perché si trovavano proprio sotto al suo naso. Sentiva le mani che si appoggiarono con qualche esitazione sulla sua schiena prima di stringere sempre di più e sentiva il capo di Jin appoggiarsi sulla sua spalla. 

 

-L'hai finalmente trovata. Sono felice per te.

 

Jimin era immobile come una statua. Le sue mani congelate lungo i suoi fianchi, le sue dita irrigidite in linee dritte e immobili. La sua testa non faceva che cercare i segnali di menzogna nel tono dell'amico. La voce più acuta oppure eccessivamente entusiasta, uno sguardo distante o un gesto atto a porre distanza fisica fra di loro. Ma non ve ne trovò. Jimin sbatté le palpebre. E lo fece ancora. E ancora. 

 

Non stava... recitando? 

 

Non stava fingendo per lui?

 

-Sono davvero contento per te. So quanto aspettavi questo momento e se c'è una persona che merita questa felicità... sei tu. 

 

Jimin si morse il labbro tremante. 

 

Non stava mentendo. 

 

Lo conosceva, sapeva com'era quando mentiva. 

 

Ma non stava mentendo. Jimin soffocò un singhiozzo nella maglia di Jin, affondando il viso sulla sua spalla mentre le sue mani si sollevavano velocemente per stringere la schiena del maggiore. Si attaccò al suo corpo come un'ancora, usandolo come supporto man mano che i singhiozzi lo sconvolgevano sempre di più, con la stessa ansiosa morsa di qualcuno che stringe un tesoro fra le mani con il terrore che questo possa dissolversi da un momento all'altro. Non voleva che si dissolvesse. Era un sogno troppo bello per lasciarlo andare così. 

 

-Sono davvero... davvero felice, Jimin.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Oh, visto che quando zia Juliet vi dice di fidarvi la dovete stare a sentire? Vedete che vi faccio soffrire tanto non perché vi voglio male ma solo perché poi il payback è molto più soddisfacente? 😁 allora? Che dite dei nostri due piccoli cucciolini che si riappacificano? Aspettavate questo momento anche voi? 

 

Comunque, non farò commenti sui Grammy (o, chiedo scusa, gli scammy). Dirò solo che quella performance se la sogneranno alla notte per il resto della loro vita, quando piangeranno in angolo per aver capito troppo tardi la stupidaggine che hanno fatto. Punto. Congratulazioni a Doja, che sicuramente se lo merita, ma apriamo una categoria in più per le collaborazioni please.

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Capitolo 28
*** 26. Words fail ***


La voce di Seokjin suonò più altalenante quando ribadì quella frase per il suo amico. Affondando il viso nella sua maglia bianca, lasciò che le poche lacrime rimastegli prendessero a scorrere sulle sue guance, soffocando i leggeri singhiozzi nel cotone. Sì, era davvero felice per Jimin. E poteva accettare la sua felicità senza ritenerla un attacco personale e senza provare quella venerea invidia che non aveva fatto altro che inacidirgli il cuore da un anno. Se Jimin, invece che preoccuparsi di contattare la sua anima gemella come prima cosa aveva avuto l'urgenza di parlare con lui, voleva dire che neanche le diverse circostanze avrebbe cambiato le cose fra di loro. Con o senza anima gemella, Jimin era quel tipo di persona che metteva i suoi amici al primo posto. E Jin avrebbe fatto lo stesso. 

 

Traendo un lungo respiro, il maggiore diede una pacca sulla spalla del ragazzo, allontanandosi appena dal suo corpo. 

 

-Forza, dobbiamo festeggiare. Festeggiamo sempre quando uno di noi trova la sua metà. 

 

Jimin sollevò appena il capo quel tanto che bastava per permettergli di guardarlo negli occhi. Le sue pupille scure lo scrutavano come se ancora stesse cercando di distinguere se quella che aveva davanti era la realtà o meno, con le sopracciglia contorte in un'espressione incerta e la bocca appena arricciata a indicare la sua esitazione. Jin, allora, cercò di aprirsi nel sorriso più convincente che potesse indossare. 

 

-Andiamo.

 

Dandogli un'altra pacca gentile, si sciolse dall'abbraccio che li aveva tenuti intrecciati per quelli che ormai dovevano essere minuti, facendo poi un cenno con il capo verso la sala da pranzo e avviandosi in modo che il minore lo seguisse. Quando finalmente emersero dal corridoio buio, Jin si accorse degli sguardi ansiosi che si appoggiarono prontamente su di loro senza alcuna pretesa di noncuranza. L'attenzione dell'intera stanza calamitava avidamente attorno ai corpi dei due, lasciando che il loro ingresso fosse accompagnato da un silenzio carico di aspettativa. Nessuno emise un fiato, ma ogni presente sembrava attendere il minimo cenno, la più piccola parola. Persino Yona, convenne Jin, li osservava con una sorta di disinvolta apprensione. Non sembrava tanto inquieta quanto il resto del tavolo, ma dietro ai suoi occhi felini pareva comunque nascondersi una docile preoccupazione concentrata su di lui. 

 

Seokjin sapeva che doveva fare qualcosa. Doveva rompere quell'aria di tensione che li circondava e, in qualche modo, dissipare l'angoscia dei suoi amici. Certo, non aveva il coraggio di erompere in un allegro "Sto bene adesso! Spero che mi perdonerete per essere stato una persona orribile nell'ultimo anno e per aver reso le vostre vite un inferno oltre che a essere diventato un peso per l'intero gruppo, ma adesso andrò in terapia quindi tutto si risolverà e io non sarò più depresso!". 

 

Non era così facile. 

 

Lui non era mai stato il tipo da discorsi solenni, sopratutto quando era con tutti e sei i suoi compagni. Gli avrebbe chiesto scusa e avrebbe parlato con ognuno di loro, ma lo avrebbe fatto separatamente e quando avrebbe sentito che l'atmosfera lo avrebbe permesso. Per il momento, però, doveva accontentarsi di piccoli passi e sperare che i suoi compagni cogliessero le sue intenzioni. Deglutendo, perciò, portò una mano sulla schiena di Jimin, spingendolo dolcemente in avanti per porlo al centro dell'attenzione della stanza, mentre con estrema cautela portava lo sguardo su una persona che lo fissava con enigmatici occhi scuri, intenti a scrutarlo in cerca di discernere i suoi pensieri. 

 

Piccoli passi. 

 

Poteva farcela. 

 

-Yoongi, abbiamo ancora quel soju stupidamente costoso che ci avevano regalato gli sponsor? Dobbiamo brindare. 

 

Il giovane rimase immobile con le palpebre spalancate a fissarlo come se avesse avuto davanti un fantasma. Accidenti... era davvero caduto così in basso che una semplice domanda risultava già scioccante? Dopo qualche istante di immobilità, però, il minore finalmente si sciolse dal suo stato di shock grazie al lieve colpetto con il gomito che Diana gli aveva dato. E mentre Yoongi annuiva distrattamente e si alzava dal tavolo, la sua metà lo osservava con un sorriso gioioso che andava sempre più a distenderle le labbra. Seokjin, schiarendosi la gola per dissipare l'imbarazzo che doveva avergli già colorato le orecchie, si voltò di nuovo verso il suo amico in piedi accanto a sé, che non aveva allontanato gli occhi da lui neanche per un istante, fissandolo con una sorta di disperazione che sembrava aggrapparsi al maggiore come se avesse avuto paura che sarebbe sparito da un momento all'altro. 

 

E Jin ebbe la tentazione di dirgli che non sarebbe successo. Non sarebbe successo mai più. Non li avrebbe più lasciati da soli, non li avrebbe più tagliati fuori dalla sua vita. Ma, nuovamente, le parole si bloccarono nella sua gola e l'unica cosa che riuscì a fare fu distogliere lo sguardo con un sorriso nervoso. 

 

-Allora... hai almeno il suo numero?- chiese con un tono che tentò leggerezza, sperando che potesse sollevare l'ansiosa attenzione da lui. Jimin, dopo qualche istante di silenzio durante il quale non sembrava aver colto la sua domanda, annuì con secchi cenni del capo. Con sua grande sorpresa e sollievo, Namjoon si raddrizzò sulla sedia, spostando lo sguardo da lui al minore. 

 

-E non la chiami?- chiese il leader con un leggero velo di ironia nella voce. Jimin, a quelle parole, spalancò le palpebre, prendendo immediatamente a tastarsi i pantaloni in cerca del cellulare prima che Namjoon potesse porgerglielo dopo averlo raccolto dal tavolo. Il giovane afferrò l'oggetto con estrema attenzione, come se fosse stato una fragile ceramica che avrebbe potuto rompersi da un momento all'altro, e lo fissò per qualche secondo prima di bloccarsi. I suoi occhi ansiosi, a quel punto, si sollevarono su Seokjin. Lo guardarono con aspettazione, immobili, come se attendessero un suo segnale. Come se aspettassero il suo benestare per poter concedere il suo tempo e le sue attenzioni alla sua anima gemella. 

 

Jin avrebbe scosso il capo in disappunto se non avesse avuto il timore di dare un messaggio sbagliato al minore. Lo aveva spinto al punto da temere anche solo di contattare la sua metà per paura di non ferire i suoi sentimenti. Quanto poteva essere stupido? 

 

Tirando le labbra in un sorriso, passò un braccio attorno al collo dell'amico, stringendolo appena nella sua presa. 

 

-Prima brindiamo tutti assieme e poi potrai andare a consumare tutta la batteria del tuo telefono per parlare con lei fino all'alba. Va bene?- chiese, addolcendo la sua voce con un leggero tono canzonatorio che non usava da tanto, tanto tempo. Suonava un po' forzato una volta uscito dalla sua bocca e non si mescolava armoniosamente alle sue parole come una volta, quando era solito usarlo quotidianamente. Purtroppo, si poteva sentire quanto fosse arrugginito a causa del disuso. Jimin, però, non parve farvi caso. Invece, sorrise timidamente, annuendo mentre abbassava lo sguardo in imbarazzo e riponeva l'oggetto nella sua tasca. E quando un silenzio indeciso si stabilì sull'ambiente, una voce eruppe allegramente, facendo scattare il volto di Seokjin come se non avesse aspettato altro che sentirla parlare. 

 

-Quando si tratta di bere sono sempre on board, ma vedete di non smandraparvi troppo che vi attende ancora una lezione di inglese molto importante- disse Yona, lanciando un sorriso malizioso verso Jin. Lui, dal canto suo, borbottò qualche frase sbrigativa mentre allontanava lo sguardo dalla donna, sperando che il calore che sentiva salire lungo il collo non si riflettesse in un rossore troppo evidente. Taehyung, a quel punto, puntò sull'insegnante uno sguardo confuso, arricciando le sopracciglia. 

 

-Smandraparvi? 

 

Yona scoppiò a ridere buttando la testa all'indietro, ma prima che potesse replicare Yoongi fece il suo ingresso nella stanza, catturando l'attenzione dei presenti grazie alla bottiglia scura che teneva in mano. 

 

-Ho trovato questo che sembra abbastanza costoso, ma non ho la più pallida idea di dove siano i bicchieri da soju perciò... 

 

Il giovane sollevò un pacco mezzo aperto di bicchieri di plastica bianchi, tirando il viso in un'espressione rassegnata. Dopo qualche istante di silenzio, Yona attirò nuovamente l'attenzione dei presenti scoppiando a ridere ancora una volta. 

 

-E chi se lo aspettava che la più grande band della Corea del Sud bevesse uno soju che costerà quanto una macchina nei bicchieri di plastica...- disse fra le risate, trascinando con sé lentamente anche il resto del tavolo che, dopo aver timidamente iniziato a lasciarsi sfuggire qualche risolino incerto, non fece altro che diventare più rumoroso man mano che prendevano il proprio bicchiere. L'euforia generale riuscì a calmarsi solo quando anche Jin e Jimin ebbero finalmente in mano il proprio drink. Il maggiore, sentendo l'ambiente quietarsi, abbassò lo sguardo sull'amico che aveva circondato con un braccio sulle spalle. Sollevò in aria il bicchiere senza staccare gli occhi da lui, che lo fissava con una sorta di incredula felicità, e inspirò. 

 

-A Jimin e al suo nuovo inizio con la sua metà- disse, abbassando il tono con tutta la solennità che riusciva a racimolare. Quando la stanza riecheggiò delle sue parole, si morse le labbra per impedire che tremassero e strinse appena il braccio intorno al suo amico, distogliendo infine lo sguardo da lui quando iniziò a sentire le ciglia inumidirsi ancora. E mentre mascherava la sua espressione dietro al bicchiere che portò alla bocca, sentì un flebile sussurro raggiugnere le sue orecchie. 

 

-Grazie... hyung. 

 

 

 

-... pronto? 

 

Jimin, con gli occhi spalancati e le mani arpionate attorno al cellulare, deglutì. Un leggero strato di sudore gli rendeva la presa scivolosa, perciò iniziò ad asciugarsi un palmo alla volta sui pantaloni della tuta che indossava, strofinando nervosamente il tessuto fino a che non si sentiva la pelle asciutta e tornando a stringere l'oggetto come se avesse potuto cadere da un momento all'altro. 

 

-Pronto? Jein...? 

 

La sua lingua si intrecciò sull'ultima parola, arrotolando le lettere in modo maldestro. Avrebbe dovuto usare l'onorifico oppure no? Se fosse stato per lui, avrebbe già iniziato a chiamarla con soprannomi ridicoli o un più romantico ma anche imbarazzante aegi. D'altronde, aveva sognato così tante volte di voltarsi verso la sua metà, accarezzarle il viso con le dita e chiamarla "amore" mentre la osservava svegliarsi accanto a lui. Da quel poco che aveva capito dalla conversazione con Kippeum, però, la sua anima gemella pareva un tipo abbastanza riservato. Era probabile, quindi, che essere diretto e impulsivo nelle sue dimostrazioni di affetto come suo solito non sarebbe stato l'approccio migliore con cui iniziare il loro rapporto. 

 

-Jimin? 

 

Il ragazzo sospirò. Non aveva usato l'onorifico quindi forse, Jimin sperava, stava silenziosamente acconsentendo a tenere le cose informali tra di loro. 

 

-Sì... ciao...- mormorò in un sussurro. Sdraiato sul suo letto a contemplare il soffitto mentre il suo petto si alzava e abbassava in lenti respiri che dovevano aiutarlo a mantenere la calma, era come se qualcuno gli avesse rubato il fiato nel momento in cui le parole uscirono dalla sua bocca. Parlare con lei sembrava così... surreale. Il suo cervello pareva non riuscire a funzionare, tanto che anche solo comporre una frase di senso compiuto era un'impresa impossibile. 

 

-Ciao...- mormorò lei in risposta. Quella voce, che gli era parsa già affascinante quando era all'interno del suo corpo, suonava in un qualche modo diversa attraverso il telefono. Pareva meno rauca di quanto ricordasse e anche un po' più acuta. Nonostante ciò, alle orecchie di Jimin era ancora come seta che lo accarezzava dolcemente. Probabilmente era solo l'entusiasmo del legame, ma in quel momento era convinto che non ci fosse suono più sublime di quello. 

 

-Kippeum... mi ha... raccontato un po' di come è andata. Ha detto che eri... ecco... felice dello scambio.

 

Jimin si schiaffeggiò una mano davanti agli occhi, stringendo le labbra per impedire a un grugnito di fuoriuscire. L'imbarazzo doveva avergli già colorato le guance, ma cercò di calmare il suo cuore il più possibile nella speranza che lei non potesse sentire l'incertezza nella sua voce. 

 

-Ah, ecco... sì, io... 

 

Come glielo diceva? 

 

"Ho sognato questo momento per anni e adesso che è qua e che i miei amici mi sostengono come speravo accadesse, è come se potessi esplodere dalla gioia?" 

 

Non voleva spaventarla con la sua esuberanza. 

 

-Io... sono, ecco... sì, sono felice di averti trovato.

 

Quando dall'altra parte della linea non emerse altro che silenzio, Jimin strinse gli occhi iniziando a cantilenare imprecazioni nella sua testa. 

 

-Ecco, nel senso, sì... però, nessuna pressione, nel senso... se tu non sei... cioè, possiamo far procedere le cose come preferisci... cioè, no, voglio dire... 

 

Jimin si girò su un fianco, accartocciandosi su se stesso mentre l'imbarazzo non faceva che divorargli sempre più avidamente lo stomaco. A ogni parola che pronunciava, sembrava cadere in un baratro di stupidità ancora più profondo. La cosa migliore era chiudersi finalmente la bocca e smetterla di scavarsi ulteriormente la fossa, ma il suo cervello non pareva in grado di fare neppure quello. Probabilmente, aveva ormai messo il pilota automatico, che non sembrava essere capace di fare altro che sparare una fesseria dietro l'altra. 

 

-Anche... anche io sono... felice. Anche se, devo ammettere, è stato inaspettato ritrovarmi proprio... te, come anima gemella. 

 

Il ragazzo si morse le labbra, stringendo nervosamente le dita attorno al cellulare. 

 

-È una cosa brutta? 

 

-No, no, assolutamente!- si affrettò a replicare lei, permettendo al giovane di fare un respiro profondo. 

 

-È solo... ho, diciamo... una vita... complicata. 

 

Jimin si aprì in un timido sorriso. 

 

-Sì, "complicata" è un buon aggettivo anche per la mia vita... 

 

-È... vero...- aggiunse allora lei. Jimin strinse le labbra, sentendo un crampo chiudergli lo stomaco. A cosa stava portando quella conversazione? Che cosa voleva lei? Se era troppo complicato... non aveva intenzione di provarci neppure? 

 

-Però, ecco... con un po' di organizzazione, ce la potremmo fare. 

 

Il ragazzo spalancò gli occhi, stringendo il pugno che non reggeva il cellulare. 

 

-Un po' di organizzazione non sarà un problema. Quando vorrai, potrai dirmi le tue necessità e io farò in modo di incontrarle. 

 

Jimin contemplò ansiosamente il suo comodino di legno mentre l'unica risposta che ricevette non fu altro che silenzio. Poi, dopo lunghi secondi di immobilità, un timido suono giunse al suo orecchio. 

 

-Ok. 

 

Il ragazzo sentì il petto sgonfiarsi, lasciandolo leggero e tremante. 

 

-Ok.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ed eccoci qua! In leggero ritardo rispetto al solito, scusatemi. Ero alle terme fino a stamattina XD ma non potevo lasciare i miei amati lettori senza il capitolo perciò appena arrivata a casa mi sono affrettata a pubblicare 😘 che ne dite? Continuano i momenti gioiosi e no, per il momento non vi fregherò traumatizzandovi XD forse... ecco... ero intenzionata a lasciarvi almeno una decina di capitoli di tregua ma... in questi giorni potrebbero essermi venute delle idee... e so già che mi odierete ma... non posso resistere 🤣 però giuro che il prossimo sarà ancora tranquillo e sereno! Quando arriverà il trauma vi avviserò, prometto! 

 

Comunque, piccolo angolo annuncio. Nella mia pagina Instagram dove vendo le stampe dei miei disegni ho dato il via a un giveaway che dura fino alla fine del mese, se per caso siete interessati 👌🏻 si vincono una stampa A5 e una A6 a vostra scelta più tre photocard e un segnalibro a sorpresa. Ok, ho finito. Alla prossima, baci 💋

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Capitolo 29
*** 27. Without love ***


Il silenzio della stanza era, in un qualche modo, bizzarramente solenne. L'ammasso di persone incastrate sul largo divano fissava con aspettativa la donna in piedi davanti a loro, osservando attentamente non appena sollevò un dvd dalla copertina rosa acceso come se stesse ricreando la scena iniziale del Re Leone. 

 

-Siete pronti?- chiese con un'espressione buffamente formale Yona. I presenti, osservandola con circospezione, annuirono confusi. Fu allora che la donna si aprì in un sorriso entusiastico. 

 

-Molto bene, ecco poche semplici regole: il film sarà in inglese con sottotitoli in inglese, in modo che possiate riconoscere le parole che sentite e come sono scritte; io, all'occorrenza, fermerò la visione per farvi qualche domanda relativa a cosa significa una determinata frase o il concetto di un discorso appena avvenuto. Non mi aspetto che capiate tutto quello che verrà detto, ma cercate di cogliere almeno il succo delle scene. Concentratevi su quello che conoscete e usatelo per mettere insieme il senso delle parole che riconoscete. 

 

Scrutando gli studenti uno a uno, l'insegnante infine annuì soddisfatta, voltandosi per inserire il dvd. Mentre navigava con il telecomando per il menu, indietreggiò lentamente verso il divano, sedendosi nel poggiapiedi all'estrema destra con lo sguardo ancora incollato allo schermo. Quello, in effetti, era l'unico angolo rimasto libero dal groviglio di braccia e gambe e, curiosamente, il più vicino alla persona che la fissava con sguardo ansioso e la punta delle orecchie in fiamme. Seokjin deglutì, distogliendo velocemente lo sguardo dalla donna non appena ebbe premuto "play" e si fu sistemata sul poggiapiedi con le gambe incrociate e appoggiandosi in avanti sulle sue mani. Purtroppo, infatti, lo schienale era troppo distante e l'uomo era l'ultimo abitante del divano che era riuscito a spremersi abbastanza per riuscire ad appoggiarsi. Contemplando la donna accartocciata in una posizione che doveva decisamente essere scomoda, strinse le labbra quando uno stupido invito vi fece capolino. Come se avrebbe avuto il coraggio di proporle di appoggiarsi al suo petto, giusto per "fare il cavaliere". 

 

Stupido. 

 

Seokjin dovette cancellare quel pensiero e far saettare lo sguardo lontano da lei nel momento in cui Yona si girò verso i presenti. 

 

-Ah, ovviamente dovrete imparare le canzoni perché faranno parte della serata karaoke. E spero che non vi dia fastidio la mia voce, perché se non vi piace sentirmi cantare potete anche alzare il sedere- aggiunse la donna con un sorriso malevolo, condito da un'occhiolino divertito prima di riportare lo sguardo sullo schermo. 

 

E, in effetti, Seokjin poté constatare che non stava esagerando. Non c'era stata una singola canzone del film che l'insegnante non aveva cantato a squarcia gola, fermandosi solo occasionalmente per permettergli di sentire l'audio originale. All'orecchio allenato da anni di concerti e lezioni canore dell'uomo, era evidente che Yona non fosse esattamente dotata di un grande talento musicale, ma non poteva negare che il sorriso che si dipingeva sulle sue labbra ogni volta che una nuova canzone iniziava a diffondersi era contagioso. Non era forse la cantante più talentosa che avesse mai sentito, ma la sua passione e il suo genuino entusiasmo erano qualcosa di affascinante, che Jin avrebbe volentieri osservato per ore. 

 

-Without love

Life is like the seasons with 

no summer 

Without love

Life is rock and roll

Without a drummer 

 

L'uomo tenne gli occhi incollati sull'espressione drammatica dell'insegnante mentre la sua voce intonava il ritornello con tono altalenante, sollecitando le risate delle due ragazze sedute al centro del divano nell'abbraccio delle loro anime gemelle. E Seokjin percepì un sorriso farsi strada sulle sue labbra. 

 

-Tracy I'll be yours forever

Cause I never wanna be

Without love 

Tracy, never set me free 

Seokjin-ssi! 

 

L'uomo sobbalzò, spalancando gli occhi e raddrizzando la schiena non appena notò che Yona si era voltata e aveva un dito puntato nella sua direzione. E lui la stava fissando. Invece che guardare lo schermo come avrebbe dovuto. 

 

-Di cosa parla questa canzone?- chiese allora la donna, sollevando un sopracciglio mentre continuava a ondeggiare sulla superficie morbida del divano a ritmo di musica. Jin, sbattendo le palpebre, cercò di cancellare l'imbarazzo e la mortificazione dal suo volto mentre si concentrava. La canzone. Di cosa parlava la canzone? Forse lo avrebbe saputo se vi avesse prestato attenzione invece che fissare lei. 

 

-Ehm... parla di...- schiarendosi la gola, fece saettare lo sguardo allo schermo per cogliere dai sottotitoli il testo che veniva cantato dagli attori -... parla del fatto che senza amore, in pratica, non riescono a essere veramente felici. 

 

Deglutendo ancora, Jin sospirò non appena l'insegnante fece schioccare i pollici per culminare in un gesto affermativo, prima di spostare lo sguardo sul più giovane del gruppo, che prese a fissarla con occhi terrorizzati. 

 

-Jungkook, without è il contrario di...

 

La donna lasciò la frase sospesa nell'aria con un lieve tono interrogativo, muovendo poi le mani per segnalare al ragazzo di continuare. Questo, dopo qualche istante in cui il panico sembrò attraversare il suo volto, schiuse le labbra. 

 

-Ehm... wi... with? 

 

La donna, ancora una volta, sollevò i pollici e lanciò un occhiolino al giovane, che sembrò sgonfiarsi in un istante come un palloncino, accasciandosi contro lo schienale del divano come se tutta la tensione lo avesse improvvisamente abbandonato. 

 

-With e without, con e senza, sono opposti. Altri opposti da ricordare sono, ad esempio, less e more, never e always, in e out e molti altri che vedremo durante la prossima lezione. 

 

Jin si rilassò nella sua seduta non appena vide la donna riportare la sua attenzione allo schermo segnalando che la breve interrogazione era finita. Per i primi minuti che seguirono, provò seriamente rimanere concentrato sul film. Ci provò davvero. A cadenza regolare, però, notava il suo sguardo scivolare furtivamente sullo stesso obbiettivo. E per quanti tentativi facesse di riportarlo sull'oggetto originale, era come se ogni volta sfuggisse al suo controllo non appena la sua attenzione si abbassava. Alla fine, rassegnandosi, cercò di passare inosservato ogni qualvolta si ritrovava a contemplare la figura illuminata dalla luce bluastra della televisione, che creava una sagoma chiara sul volto sereno della donna. 

 

Mentre la sua mente chiudeva fuori i suoni che lo circondavano, prese a vagare per un futuro che non sembrava più così irrealizzabile come aveva pensato. Forse, pensò, si stava comportando in maniera ridicola, a fantasticare a quel modo su una persona che a malapena conosceva e che non sapeva neanche se avrebbe potuto maturare sentimenti nei suoi confronti. Eppure, non si sentì senza speranza. Non si sentiva un pazzo delirante. 

 

Allora, lasciò che la sua mente lo portasse a un futuro in cui si sarebbe seduto sul divano accanto a una donna, avrebbe poggiato una coperta su entrambi mentre lei si sarebbe avvicinata a lui appoggiandosi al suo petto e avrebbero passato un'altra noiosa serata semplicemente così, abbracciati in vecchi pigiama davanti alla televisione e addormentandosi troppo presto. 

 

Per la prima volta, credette. Credette davvero che poteva diventare reale. 

 

 

 

Non appena Yona ebbe lasciato la casa, Jin temette che la gioviale positività che aveva portato sarebbe uscita dalla porta insieme a lei. Aveva tremato al pensiero che, una volta sparita, anche la voglia di cambiamento e quel coraggio surreale che lo avevano animato dalla loro conversazione lo avrebbero abbandonato, lasciando solo il vecchio Seokjin. Lui, però, non voleva il vecchio sé. Quella persona aveva già fatto abbastanza danni e finalmente che aveva iniziato a vederne davvero la portata non gli avrebbe permesso di tornare e annullare quel poco che era riuscito a risolvere. Quando la donna lasciò la casa, però, fra i presenti si stabilì un pacifico silenzio, interrotto solo dagli sbadigli occasionali dei più giovani e da qualche annuncio di ritirata. Uno a uno, i suoi amici presero a ronzare assonnati per l'ambiente, preparandosi ad andare a dormire o, nel caso di Jungkook, a iniziare una campagna su Overwatch. 

 

Il maggiore era ancora seduto sul divano. Contemplando le persone che volteggiavano attorno a lui senza la solita cautela, quella fastidiosa serie di gesti in punta di piedi che sembravano serbare il terrore di svegliare una bestia addormentata. Come se qualsiasi cosa potesse rischiare di innescare una bomba. Quella bomba, si rese conto, era lui. 

 

L'unico che, passandogli davanti, si fermò piegando il capo in una silenziosa richiesta di cosa aveva intenzione di fare fu Jimin. Era come se il ragazzo non riuscisse a mantenere la sua ansiosa attenzione lontano da lui per più di qualche minuto. L'uomo, allora, scosse il capo con un sorriso assonnato, prima di tirare giù il ragazzo fino a che non fu seduto accanto a lui. 

 

-Allora? Come è andata con lei? 

 

Jimin, dopo aver ascoltato attentamente la sua domanda, esitò. Mordendosi il labbro, abbassò lo sguardo per un istante, studiando le sue mani conserte. 

 

-Ecco, da quello che ho capito è molto impegnata fra il suo lavoro e la sua famiglia. Non so bene quale sia la situazione, ma credo che ci sia qualcosa che non va con i suoi genitori. Però per lo meno abita a Seoul, perciò non avremo il problema della lunga distanza. Sarà più facile iniziare a incontrarci. 

 

Jin annuì con un lieve sorriso anche se gli occhi del minore erano ancora concentrati sulle sue mani. L'uomo poté notare la piega che dipingeva lo spazio fra le sopracciglia del ragazzo ogni volta che qualcosa lo preoccupava farsi evidente sul viso del suo amico, perciò allungò la mano e gli strinse la spalla. 

 

-Vedrai che andrà tutto bene. Tu riesci ad andare d'accordo praticamente con chiunque, sono sicuro che conquisterai anche lei in un batter d'occhio. 

 

Jimin sollevò timidamente la testa tirando le labbra in un sorriso incerto. Erano in momenti come questi che, Jin sapeva bene, le insicurezze del suo amico tornavano a tormentargli la mente. Sapeva che, per quanto poteva sembrare sicuro di sé, il suo ego era fragile quanto un castello di sabbia.

 

-Facciamo così: poniamoci un obbiettivo da raggiungere entrambi. 

 

Il suo amico portò lo sguardo su di lui, con una leggera nota di curiosità a dipingere il nero delle sue iridi. Seokjin, allora, ispirò. 

 

-Promettiamo di preoccuparci di un problema solo quando lo incontriamo per davvero. Non restiamo in ansia per quello che potrebbe succedere fino a che non dobbiamo affrontare per davvero una situazione negativa. Che ne dici? 

 

Il sorriso che sollevò le labbra del minore pareva ancora debole, ma non sembrava così tanto sospeso sul baratro dell'angoscia come lo era stato in precedenza. Annuendo debolmente, Jimin sospirò. 

 

-Va bene. 

 

Jin, con un sorriso, diede una pacca sulla spalla dell'amico, sollevandosi dal divano e tirando il ragazzo con sé verso il corridoio di porte che li avrebbe condotti alle loro stanze. Prima di voltare verso il suo obbiettivo, però, nell'angolo della visione di Jin una figura lo fece voltare. La persona che stava uscendo con passi strascicati dalla cucina catturò completamente la sua attenzione, portandolo a bloccarsi sui suoi passi. Quando Jimin si voltò verso di lui con uno sguardo interrogativo, il maggiore scosse il capo e indicò il corridoio buio. 

 

-Tu vai. È tutto a posto. 

 

Quando il minore fece saettare lo sguardo sull'oggetto della sua attenzione, un sorriso prese posto sul suo viso e annuì prima di abbandonare la stanza. La figura assonnata che caracollava dalla cucina si accorse della presenza di Jin solo quando vi sbatté contro nel tentativo di raggiungere a sua volta la propria stanza. A quel punto, quindi, sollevò lo sguardo confuso, prima di spalancare gli occhi una volta che incontrò il viso di Seokjin. 

 

-Scusa, Tae. Volevo solo... chiederti una cosa- disse lui, toccandosi il collo con un sorriso imbarazzato. Il giovane non rispose, limitandosi a fissarlo con occhi stupiti e la bocca dischiusa. Jin, a quel punto, distolse lo sguardo. 

 

Poteva farcela. 

 

Doveva farcela. 

 

Aveva coraggio prima, poteva avercelo ancora!

 

-Ecco...- l'uomo deglutì, contemplando il pavimento -... ti va se un giorno di questi andiamo a bere insieme? Solo io e te, come ai vecchi tempi? 

 

Lentamente, il maggiore sollevò lo sguardo su Taehyung. Il ragazzo lo fissava immobile, spalancando infine la bocca, prima di richiuderla senza emettere un suono. Sembrava boccheggiare come un pesce, pensò divertito Seokjin. Alla fine, il minore emise un mugolio di assenso, con lo sguardo stralunato ancora incollato su di lui. L'uomo, a quel punto, annuì con gesti impacciati. 

 

-Ok, allora... fammi sapere quando, ecco... ti va di andare... 

 

Jin si girò nuovamente verso il corridoio, quando la voce baritonale del suo amico lo fece bloccare sui suoi passi. 

 

-Anche domani. Se va bene per te.

 

Seokjin, senza voltarsi, trattenne un sorriso. 

 

Infine, annuì. 

 

 

 

-Come sta andando il nuovo lavoro quindi?

 

Yona lasciò che un timido sorriso le dipingesse le labbra mentre passava un panno umido sul bancone della cucina per fingere una parvenza di pulizia. 

 

-Alla grande, a dire la verità. Gli studenti sono... promettenti- rispose distenendo ancora di più la bocca. Certo, non poteva dire a sua madre che uno degli studenti era particolarmente promettente e neppure in quale senso lo fosse ma non ce n'era bisogno. Era il suo piccolo segreto. Un piccolo segreto per se stessa e per l'affascinante uomo dalle spalle larghe e dal viso etereo che viveva nella sua mente. 

 

-Mi fa piacere ma è mai possibile che devo sempre essere io a chiamarti per sapere come vanno le cose? Ti ucciderebbe farmi una telefonata? Non mi hai contattato neppure per dirmi che avevi passato il colloquio! 

 

La donna sollevò gli occhi al soffitto, inspirando profondamente ma serrando poi la bocca per impedire al lungo sospiro che tratteneva nel petto di essere rilasciato troppo rumorosamente.

 

"Magari se tu non avessi messo in dubbio la mia capacità di passare quello stesso colloquio te ne avrei parlato". 

 

"Magari se non dovessi cercare di preservare la mia pace mentale da te ti telefonerei più spesso". 

 

Yona serrò le palpebre e si prese qualche istante in silenzio per impedire alla sua lingua di viaggiare più velocemente del suo cervello. Doveva ricordare le parole della sua terapeuta. Combattere con lei non era che una perdita di tempo e salute. Alimentava solo le paranoie nel suo cervello e non avrebbe fatto altro che complicare la situazione. Non doveva fare altro che fingere noncuranza, come al solito, e scegliersi le giuste battaglie da combattere. 

 

-Hai perfettamente ragione, mamma. Anzi, a questo proposito...- la donna si interruppe per un istante mentre si piegava per riporre il panno bagnato nella lavatrice e chiudere lo sportello con un calcio del piede -... martedì partiremo per Los Angeles. 

 

-Cosa? E me lo dici adesso?

 

Yona allontanò brevemente il telefono dall'orecchio con una smorfia prima di appoggiarlo nuovamente sulla spalla.

 

-L'ho saputo anche io questa settimana. Devo seguirli nel giro di promozione che faranno negli Stati Uniti, perciò staremo via, credo... almeno un mese- replicò, arricciando le labbra mentre cercava di ricordare l'eccessivamente dettagliato piano di impegni che le era stato presentato dal manager qualche giorno prima. 

 

-Starai in America per almeno un mese? E cosa farai? Incontrerai tuo padre? 

 

Il viso di Yona si chiuse all'istante, bloccandosi in un'espressione tesa. Quella era decisamente una battaglia che non doveva neppure iniziare. 

 

-Buonanotte mamma. 

 

-Yona, aspetta- 

 

-Buonanotte- ripetè seccamente la donna, riagganciando bruscamente il telefono. Traendo finalmente quel lungo sospiro che ancora attendeva di essere rilasciato, lanciò il telefono sul divano prima di dirigersi verso la camera da letto.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ed eccoci con un capitolo leggero leggero come promesso! Un po’ di passaggio, lo so, but you know… vi lascio respirare prima di uccidervi XD no dai, anche il prossimo è tranquillo tranquillo, sereno sereno 😝 i ragazzi (e Yona) stanno per volare in America e… chissà. Vedremo che succederà 🤷🏻‍♀️ 

 

Detto ciò. Dieci giugno 2022. Non dico altro a parte tachicardia e le sete settimane più estenuanti del mio 2022. Ansia is in the air. 

 

(PPS: comunque scherzi a parte secondo il titolo dell’album avrà a che fare con Bulletproof perché quella frase lanciata lì così non può essere casuale perché tanto nulla che loro fanno è mai casuale, cioè, questi maledetti avevano nascosto la data del comeback nel retro copertina del giornale che si vede in PTD con quasi un anno di anticipo e poi si lamentano che abbiamo trust issues ma quando succedono cose del genere come fai non ti puoi fidare di nulla devi mettere in discussione tutto ciò che i tuoi occhi vedono e quindi…. Ok, ora la smetto, bye)

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Capitolo 30
*** 28. Summer nights ***


Quando Seokjin raggiunse la porta del piccolo studio che il manager gli aveva indicato, bussò con tanta timidezza da dubitare di aver emesso anche un minimo suono all'interno della stanza. Nonostante ciò, affacciò timidamente la testa oltre il sottile spiraglio che aveva creato. Una donna vestita con giacca e pantaloni abbinati in un grigio gessato, con corti capelli che le circondavano appena il viso in un taglio maschile e un sorriso cordiale, si voltò verso di lui e gli fece un cenno con la mano. 

 

-Seokjin-ssi, immagino? 

 

L'uomo annuì impacciato, chiudendo velocemente la porta dietro di sé prima di prostrarsi in un inchino e stringere la mano che la donna gli offriva. Con gesti secchi e febbrili, si sedette sulla sedia girevole che era posta di fronte a quella di lei, sistemata a una buona distanza di due metri da essa. Jin riconobbe distrattamente lo studio come uno di quelli che i più giovani usavano occasionalmente nelle Vlive, con le sue pareti di parquet chiaro e la scrivania fornita di uno schermo di computer, due casse per l'audio e qualche semplice strumento per la registrazione come il microfono sulla destra della tastiera. Per il resto, la stanza era priva di ogni segno di individualità. I muri erano spogli, il divanetto che occupava il lato opposto alla porta intonso e in generale nessuna mensola, figure o cianfrusaglia a indicare un minimo di personalità, come invece accadeva negli studi personali dei rapper. 

 

-La ringrazio infinitamente per la sua disponibilità a stabilire un appuntamento con così poco preavviso e a venire fino a qui- disse Seokjin, piegando ancora una volta il capo in direzione della donna. Questa, sorridendo, scosse la testa. 

 

-Non è assolutamente un problema. Il lunedì mattina è solitamente vuoto per me perciò è stato facile organizzarmi, inoltre capisco che per le sue circostanze non sia facile visitare uno studio all'esterno sia per mancanza di tempo che di privacy. 

 

L'uomo, con un sorriso dolente, annuì. La donna, che si accorse doveva avvicinarsi alla quarantina, si sistemò contro lo schienale della sedia, afferrando un'agenda richiusa in una copertina spessa di pelle e aprendo le pagine prima di sfilare dal centro una penna argentata. 

 

-Dunque, come penso saprà già, io sono la dottoressa Gwan Cho e pratico come psicoterapeuta da poco più di una decina di anni. Potrà riferirsi a me come le aggrada, formale o informale non farà differenza. Faccia come si sente a suo agio. Io, se possibile, le chiedo il permesso di darle del tu. 

 

Seokjin, deglutendo, annuì nuovamente mentre, occasionalmente, faceva scattare gli occhi sulla penna argentata che rifletteva aspri sprazzi di luce nella mano della donna. 

 

-Molto bene. Ora, non ti spaventare se quando inizierai a parlare mi vedrai scrivere. Mi segnerò solo degli appunti che mi permetteranno di tenere un resoconto di quello che ci diciamo volta per volta perché la mia memoria non è perfetta- aggiunse allora la dottoressa con un sorriso canzonatorio, permettendo a parte della tensione nelle spalle di Seokjin di svanire. 

 

-Ma voglio che tu sia assicurato del fatto che nessuno legge questa agenda a parte me. È sempre con me nella mia borsa, nessuno vi ha accesso e nessuno viene a sapere quello che vi è scritto, ne tantomeno quello che diciamo durante le nostre sedute. Ok? 

 

Seokjin emise un verso di assenso, abbassando poi lo sguardo sulle sue mani intrecciate. Non si tornava più indietro. Aveva fatto quel passo ed era ora di portarlo avanti. Traendo un lungo respiro, tornò a contemplare la donna. 

 

-Dunque, solitamente faccio compilare un questionario a chi viene da me per la prima volta per inquadrare un po' la situazione generale e capire qual è il motivo per cui si sono rivolti a me, ma dal momento che non vi è stato il tempo in questo caso ti dispiace se ti faccio qualche domanda? 

 

Al cenno negativo dell'uomo, la dottoressa riprese a parlare. 

 

-Allora, Seokjin, quale pensi sia il problema? Puoi dirmi tutto quello che vuoi, se non sei a tuo agio a entrare nei dettagli va bene lo stesso. 

 

L'uomo si morse il labbro, incollando lo sguardo al pavimento. 

 

-È successo un evento... che mi ha segnato in modo molto negativo. Da quel momento, ho iniziato a tagliare ogni connessione con i miei amici, in particolare con quelli che mi ricordavano il mio... problema. 

 

Seokjin sentì il petto stringersi su se stesso, come se le costole stessero cercando di comprimere i polmoni per spremere ogni traccia di aria residua in essi ma... nulla. Con la testa leggera, cercò di trarre un profondo respiro. Perché doveva fare così paura parlare? Con Yona ci era riuscito. Perché non poteva riuscirci ancora? 

 

-Ogni giorno era come... senza scopo. Mi svegliavo e vivevo la mia vita per inerzia ma... non... sentivo niente. Non riuscivo a scuotermi da questa specie di torpore in cui ero caduto. E all'inizio pensavo che fosse questione di qualche giorno... e poi di qualche settimana... e poi di qualche mese... 

 

Seokjin trasse un altro profondo respiro, emettendo un basso sibilo dal naso. 

 

-Ma ogni giorno la storia si ripeteva fino a che un anno è passato e la situazione continuava a non... cambiare. Non facevo altro che isolarmi sempre di più e sprofondare sempre di più. E, inoltre, ho questi episodi di... non so come dire... 

 

Jin si morse il labbro inferiore, sperando di fermarne il tremore seppur sapeva che non aveva modo di cancellare quello nella sua voce. 

 

-Rivivo... il dolore fisico che ho provato quel giorno e... i dottori hanno detto che nasce nella mia testa perché non c'è una ragione... anatomica che possa causarlo. 

 

Quando ebbe finito di parlare, le mani dell'uomo erano intrecciate in una morsa nervosa e la sua intera postura era chiusa in avanti, con il busto e il collo incassati nelle spalle e la testa ripiegata sul suo petto. Anche solo deglutire, in quel momento, gli pareva un'impresa. Non riusciva a spingere la saliva oltre il nodo che gli ostruiva la gola e gli bloccava il respiro. Dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre, si accorse del bicchiere d'acqua che era comparso nella sua visuale. Con un cenno del capo, ringraziò la donna che glielo stava porgendo e trangugiò il liquido con ben poca grazia, prima di abbandonarsi contro lo schienale della sedia. 

 

-Va bene così Seokjin, grazie. Allora...- iniziò la dottoressa, sospirando mentre faceva scorrere gli occhi sulle scritte sulla sua agenda -... non ho ancora elementi sufficienti per emettere una diagnosi ma, in base a quello che mi hai detto, pare che tu soffra di una forma di depressione post-traumatica. Come ho detto, non è una diagnosi, è solo una mia considerazione iniziale. Ora, il punto positivo è che non sembra un problema cronico, a meno che tu non abbia una storia famigliare di depressione. 

 

Quando la donna sollevò lo sguardo su di lui in cerca di conferma, Seokjin scosse il capo. 

 

-Bene, questo vuol dire che possiamo fare qualcosa. La cosa che sicuramente faremo sarà lavorare sulla ragione che ha scatenato tutto questo in primo piano e cercare di risolvere questo conflitto che è nato un anno fa. In aggiunta, se effettivamente riscontrerò che soffri di depressione post-traumatica, è possibile che ti prescriva dei farmaci specifici. La depressione, d'altronde, è uno scompenso di sostanze nel cervello che non lavorano più nella misura in cui dovrebbero. Sarà una tua scelta se assumere questi farmaci oppure no. Nel tuo caso, non ritengo obbligatorio ricorrervi, però se deciderai di provare ti farò una prescrizione. A ogni modo, continueremo con le sedute, che saranno la nostra forma primaria di terapia. È tutto chiaro? 

 

L'uomo si accorse appena di stare annuendo. Era strano. Non sapeva perché, ma avere un nome per quel mostro che gli aveva divorato la testa per un anno era, in qualche modo, liberatorio. Aveva, a tutti gli effetti, un problema. Un problema che aveva un nome e una cura. Non era solo lui. Non era solo la sua stupidaggine o la sua debolezza. Stava combattendo contro qualcosa di cui non conosceva neppure il nome ed era convinto di combattere contro se stesso. 

 

Jin sentì gli occhi bruciare lievemente, ma cercò di scacciare ogni traccia di lacrima da essi. 

 

-Allora, adesso facciamo così, cambiamo completamente argomento, ok? Quando avrai voglia, mi potrai interrompere e parlare di quello che vorrai. Potrai dirmi quello che ti passa per la testa o qualcosa che ti è successo di particolare che ti ha segnato, in positivo o in negativo. Anche le cose più stupide. Adesso, perché non parliamo un po' dei tuoi amici? Ne hai accennato all'inizio perciò immagino che siano figure importanti per te. Raccontami un po' di loro, come si chiamano, come sono di carattere, con chi hai legato particolarmente... dimmi tutto quello che vuoi. 

 

Seokjin, umettandosi le labbra, si rilassò visibilmente contro la sedia. I suoi amici. Quello era un argomento di cui avrebbe potuto parlare per ore. 

 

 

 

Erano le dieci e trenta del mattino quando, il giorno seguente, Jin si ritrovò nella zona VIP di Incheon con il collo esteso al massimo e lo sguardo che vagava per i gruppi di impiegati della BigHit. 

 

-Chi stai cercando, hyung? 

 

Hoseok apparve al suo fianco come se si fosse materializzato dal nulla, aprendosi in un sorrisetto malevolo nonostante il salto indietro che il maggiore aveva fatto mentre si afferrava il cuore in preda allo spavento. 

 

-Vuoi farmi prendere un infarto? 

 

Davanti all'esclamazione risentita di Jin, però, il suo amico non fece altro che ridere maliziosamente. 

 

-Perdonami hyung, non volevo distrarti dalla tua ricerca. 

 

Seokjin schiuse la bocca, prima di richiuderla in una smorfia e incrociare drammaticamente le braccia al petto. 

 

-Non ho idea di cosa stai parlando. 

 

Hoseok, nonostante la risposta, rise ancora più sonoramente dandogli pacche sulla spalla. 

 

-Non c'è bisogno di essere timido, hyung. Yona-ssi arriverà con il team di traduttori, non temere. 

 

Jin spalancò gli occhi e la bocca, abbassando il livello della voce a un sussurro irritato. 

 

-Io... io non... 

 

Davanti a un altro scoppio di risa di Hoseok, però, il maggiore iniziò a colpirlo debolmente sulle braccia e sulla schiena. 

 

-Porta rispetto ai più anziani di te!- strillò, cercando di impedire alla sua stessa bocca di scoppiare in una risata per mantenere un'espressione iraconda. E rimase così assorbito nello scherzoso litigio che non si accorse neppure che era arrivata l'ora di imbarcarsi sull'aereo. Con i visi ancora contagiati da sorrisi, i due furono trascinati verso il gate da Jungkook, che borbottava bassamente sul fatto che volevano andare a dormire. Jin, scuotendo il capo, volse distrattamente lo sguardo alle sue spalle, alla folla di membri dello staff che si stava radunando dietro di loro e che si preparava a porgere il biglietto alle hostess. Il viso che cercava, però, non era fra di essi. 

 

Quando fu dentro l'aereo, sistemato nel suo posto in prima classe con la comoda sedia reclinabile che si trasformava in un piccolo letto, porta bicchieri e attacchi per la corrente nei braccioli e uno schermo di televisore nello schienale davanti a lui, Jin tentò di distrarsi con il menu che si trovava nel tavolino pieghevole. Una colazione tardiva, o un pranzo anticipato... a ogni modo, doveva trovare qualcosa che gli occupasse la testa. Quando l'aereo fu finalmente stabilizzato in aria, richiamò l'attenzione di una donna in uniforme, attendendo che si avvicinasse a lui con un'espressione servizievole prima di esporre la sua ordinazione.

 

La prima ora passò troppo lentamente. Nonostante avesse fatto partire un film, non riusciva davvero a concentrarsi su quello che gli attori stavano dicendo e anche il suo brunch sparì dal suo piatto senza che lui se ne accorgesse. I suoi occhi vagavano per il corridoio ampio, ascoltando distrattamente l'audio nelle sue cuffie con un'apatia che gli rallentava il cervello. Questo, fino a che un lampo blu elettrico non catturò il suo sguardo. 

 

-Yona-ssi? 

 

La donna, che stava percorrendo il corridoio in direzione della business class, al suono del suo nome si voltò nella sua direzione e gli lanciò un gesto di saluto con un sorriso allegro.

 

-Seokjin-ssi! Hai finito la colazione? Io sono riuscita a infilarmi qua grazie a Jimin e Taehyung che hanno chiesto di fare comunque la loro lezione di inglese, quindi ho potuto godere almeno per un po' dei privilegi della prima classe- disse la donna, avvicinandosi appena alla sua poltrona mentre Jin concentrava tutta la sua attenzione su di lei. 

 

-E tu che fai?- aggiunse, piegando il capo con un'aria di genuina curiosità. Jin, in quel momento, sentì la bocca asciugarsi come il deserto. La lingua era adesa al palato come fosse stata incollata, il cervello bloccato come se qualcuno gli avesse staccato la spina e la punta delle orecchie in fiamme. 

 

-Ah... io... 

 

L'uomo deglutì. Stava per fare, probabilmente, la cosa più stupida di tutta sua vita. 

 

-Io... mi stavo annoiando, a dire la verità. Ti va... di... farmi compagnia? 

 

"Oh cavolo." 

 

"Oh cavolo!" 

 

L'aveva detto. E mentre cercava di arginare l'implosione che stava cercando di disintegrargli il corpo, notò la donna contemplare il posto libero accanto a lui con un'espressione meditabonda. 

 

-Ma sì... perché no! 

 

"Oh cavolo!" 

 

Lui l'aveva invitata. E lei aveva accettato. Ed era lì che iniziava il problema... che cosa avrebbe dovuto fare? 

 

-Cosa guardi?- chiese lei, rompendo il suo silenzio stupito e costringendolo a riportare lo sguardo sullo schermo davanti a sé. Per qualche motivo, però, il nome del film che stava mostrando continuava a sfuggirgli dalla punta della lingua. 

 

-Ah... ehm... niente di interessante. Se vuoi puoi scegliere te qualcosa. Comunque non lo stavo seguendo- borbottò allora lui, fermando freneticamente lo schermo e porgendo una cuffia alla donna, che sorrise con fare saccente. 

 

-Uuh, mi lasci il potere? Pessima scelta. 

 

Yona fece scorrere il dito numerose volte prima di bloccarsi su un titolo in particolare. Con un sorriso, premette play e afferrò la cuffietta dalla mano di Seokjin. L'uomo, dal canto suo, non sapeva neppure che cosa avesse scelto. I suoi occhi non avevano lasciato il volto di lei neppure per un istante. 

 

-Ah... Grease. Quanti ricordi. Anche se non riesco a sopportare il messaggio di fondo, non posso fare a meno della mia dose di Summer nights... e There are worst things I could do è praticamente il mio motto di vita. 

 

Jin, annuendo distrattamente, portò gli occhi sullo schermo per qualche istante quando sentì la musica della scena iniziale diffondersi dall'unica cuffietta infilata nel suo orecchio. Inesorabilmente, però, il suo sguardo tornò a scivolare sul viso della donna, la cui l'attenzione era completamente concentrata sul film. Le labbra dipinte di un profondo nero opaco erano appena arricciate mentre gli occhi felini erano sollevati in una piega deliziata, quasi eccitata, mentre contemplava il film. Il suo mento era appoggiato sulla sua mano abbronzata, i cui numerosi anelli catturavano la luce del piccolo oblò al fianco di Seokjin rendendola più simile a un'installazione artistica. La donna, dopo qualche minuto, riprese a parlare senza distogliere lo sguardo. 

 

-Allora, com'è andata con con Cho ie... 

 

Seokjin si accorse troppo tardi che Yona  aveva voltato il viso verso di lui. I loro occhi si incontrarono e rimasero bloccati in un momento sospeso nel vuoto. La sensazione, in effetti, era simile a quell'istante in cui ti trovi su una montagna russa, dopo essere stato portato in cima a una salita che raggiungeva il cielo e rimanere bloccato lì, sull'orlo del precipizio. E, infine, cadere. Sentire l'adrenalina diventare fuoco liquido nel sangue e lo stomaco diventare leggero, la testa avvolta in una strana nuvola di assuefazione e gli arti sensibili a ogni minima sensazione. 

 

Senza respiro, l'uomo cercò di distogliere lo sguardo in preda all'imbarazzo. Ma non ce la fece. Era come se il suo corpo stesse lavorando contro di lui. E sulla bocca dipinta di nero della donna iniziò a dispiegarsi un lieve sorriso. 

 

-Perché mi guardi in questo modo?

 

Nella domanda, la voce di lei assunse una nota profonda, quasi cavernosa nella sua oscurità. Era sussurrata, tanto che lui a malapena riuscì a sentirla. Ma la sentì. E, all'istante, il suo viso andò in fiamme. Deglutendo, si schiarì la voce e riportò gli occhi sullo schermo. Quando dal suo fianco non giunse altra parola, trasse un respiro stentato e prese a cercare di abbassare la sua temperatura corporea mentre il film continuava a scorrere davanti ai suoi occhi.

 

 

ANGOLO AUTRICE

UUUH LAAAA LAAAAAAAAA! 😏🤭 qualcuno è stato beccato… e adesso? Eh eh. Adesso la nave inizia a salpare XD cosa dite? Quali teorie avete? Ditemi ditemi! E nella prossima puntata… 😛 niente spoiler questo giro. Vi lascerò nell’ombra perché era un po’ che non esercitavo il mio sadismo su di voi XD alla prossima settimana 😘

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Capitolo 31
*** 29. A little fall of rain ***


La mente di Namjoon era talmente assorbita nel libro fra le sue mani che gli ci volle qualche secondo per notare i colpetti che stava ricevendo nell'avambraccio. Aggrottando la fronte, si tolse l'airpod dall'orecchio e girò il viso in direzione di Hoseok, sistemato nel posto accanto a lui. Il maggiore lo fissava con pupille attente e impazienti, le sopracciglia sollevate in un'espressione di puro entusiasmo e la bocca distesa in un sorriso complice ai cui lati erano già evidenti due piccole fossette. 

 

-Che...

 

Hoseok, sollevando il dito davanti alla bocca, gli toccò il braccio prima di indicare un punto alla loro destra, verso la fila di posti che percorreva il fianco dell'aereo. Namjoon, in preda alla confusione, voltò il viso scrutando i sedili uno dopo l'altro, fino a che non incontrò il bersaglio che il suo amico aveva puntato. E fu allora che il giovane sentì la bocca arrotondarsi in un O sorpresa, sollevando a sua volta le sopracciglia mentre si girava verso Hoseok, serrando infine le labbra per impedire al più piccolo suono di uscire. 

 

-Hyung!- sussurrò, mettendosi una mano davanti alla bocca mentre continuava a far rimbalzare lo sguardo sulla scena accanto a loro. L'amico, dal canto suo, era caduto vittima di un attacco di risa silenziose, che cercava di ammortizzare coprendosi la bocca a sua volta. 

 

-Riesci a crederci?- gli chiese allora il maggiore, scatenando delle risate anche in Namjoon, che si morse il labbro inferiore nel tentativo di fare meno rumore possibile. In effetti, non riusciva davvero a crederci. Jin, addormentato contro il corpo della loro insegnante di inglese, che si era assopita con la testa appoggiata sulla spalla di lui. Sembrava una scena surreale. Sembrava quasi che, nel giro di pochi giorni, l'ultimo anno fosse stato cancellato via con una spugna. Ogni traccia di oscurità, dolore e tristezza rimossi, sciacquati e strofinati al punto che non rimaneva che la splendida immagine del loro hyung com'era un tempo. Ma non poteva essere così facile, pensò Namjoon. 

 

-Credi sia solo una fase?- mormorò con lo sguardo incollato sulla scena. Si accorse solo allora che la risata era morta dalla sua bocca, mentre Hoseok continuava a mostrare un sorriso canzonatorio scattando una foto alle due persone addormentate. Dopo aver abbassato il telefono, il suo amico trasse un lungo respiro. 

 

-Ho sentito da Sejin che ieri ha fatto una seduta con una psicoterapeuta e che si sono organizzati per continuare in videochiamata anche mentre siamo in America. 

 

Namjoon spalancò gli occhi, voltandosi verso il maggiore per cercare conferma che le sue parole fossero vere. Avevano provato così tante volte a convincerlo a rivolgersi a un esperto... aveva davvero finalmente deciso di provarci? C'era davvero la possibilità che questo cambiamento sarebbe diventato permanente? 

 

-Tae ha detto che sono andati a bere insieme domenica. Ha raccontato che gli ha chiesto scusa per il modo in cui ha trattato lui ed Estella dall'incidente e che cercherà di fare del suo meglio per rimediare. 

 

Namjoon riportò gli occhi sull'uomo addormentato. Era finito? Il loro periodo di separazione, sofferenza e incertezza era davvero finito? E lui, come leader, quale ruolo aveva avuto in tutto ciò? Nessuno. Non era stato in grado di aiutare Jin nella maniera in cui necessitava. Forse, però, andava bene così. Forse ci voleva qualcuno di diverso, qualcuno di speciale per trovare la chiave per schiudere il loro hyung. 

 

Namjoon non aveva tutte le risposte del mondo. 

 

Avrebbe voluto avercele. Ma sapeva che esistevano problemi che non poteva risolvere, sentimenti che non poteva comprendere e situazioni in cui non poteva intervenire. Forse questo non lo rendeva il leader perfetto, ma doveva accettare quella realtà. Il risultato era quello che contava. Se il Seokjin che amavano sarebbe tornato da loro, allora non aveva importanza di chi fosse il merito. L'importante era che fossero insieme, come una volta. 

 

-Facciamo di tutto per stargli vicino- disse distrattamente, contemplando il suo amico con sguardo assente. 

 

-Non sarà un viaggio facile, facciamogli sentire che potrà contare su di noi sempre, anche quando avrà delle ricadute. 

 

Accanto a sé, sentì Hoseok emettere un mormorio di assenso. Namjoon, allora, si abbandonò contro lo schienale del suo sedile sollevando gli occhi al soffitto basso. Le luci bianche lo accecavano in maniera fastidiosa perciò serrò le palpebre, rimettendosi l'airpod nell'orecchio mentre sospirava. Il libro socchiuso sul suo grembo, fermato da un dito che ne faceva da segnalibro, rimase dimenticato a se stesso mentre il giovane si faceva trascinare dalla musica in un sonno leggero. Poi, quando le parole delle canzoni iniziarono a farsi sempre più distanti e confuse, l'oblio prese il sopravvento. 

 

Namjoon ricordò il buio, prima che le immagini iniziassero a dominare i suoi sogni. 

 

 

 

-Ehm... chiedo scusa, posso... sedermi qui? 

 

-Prego. 

 

-Grazie. Mi piace in modo particolare questa sezione del fiume e non ci sono altre panchine a parte questa. 

 

-Non si preoccupi. Sono della stessa opinione. Vengo sempre qua nella pausa pranzo. 

 

-Davvero? Allora dobbiamo esserci incrociati qualche volta. Passo spesso qui in bicicletta, anche se ultimamente non ho molto tempo per venire. 

 

-Capisco. Voi spie internazionali dovete essere molto impegnate. 

 

-Spie internazionali? 

 

-Beh, la mascherina, gli occhiali, il cappello ben calato... per essere così ben coperto deve essere una spia. 

 

-Ah... diciamo di sì. Spia internazionale si avvicina abbastanza. Ha uno spiccato senso dell'osservazione. 

 

-Così dicono. 

 

-E... lei invece? Uhm... scrittrice? 

 

-No, ma immagino che il notebook inganni. In realtà infrango le regole della mia ora d'aria per ripassare per il prossimo esame. Posso portarmi solo i miei appunti altrimenti il professor Lee lo noterebbe e mi metterebbe in castigo. 

 

-Quindi... universitaria? 

 

-Sì e no. Ricercatrice presso l'università di Seoul nel mentre di conseguire un master in astrofisica e fisica computazionale. 

 

-Oh, wow! 

 

-Suona peggio di quello che è. In realtà è molto interessante. 

 

-Lo immagino! Ma... come mai sgattaiolare via per studiare?

 

-Il professor Lee, che sarebbe il coordinatore del laboratorio in cui lavoro in questo momento, non vuole che vada in burnout quindi mi ha praticamente costretta a uscire almeno durante la pausa pranzo per "prendere una boccata d'aria" e non stare incollata ai libri. 

 

-Ah, capisco! Beh, una boccata d'aria non fa male. Anche io a volte mi ritrovo troppo assorbito dal mio lavoro al punto da non ricordarmi più come mi chiamo e allora capisco che è il momento di staccare un po'. E immagino che dover conseguire un master mentre si lavora tutto il giorno come ricercatore sia ancora più difficile da giostrare. 

 

-Non così tanto... se la gente mi lasciasse studiare! 

 

-...non ha tutti i torti.

 

 

 

-Ci incontriamo di nuovo. Come procedono gli affari da spia internazionale? 

 

-Molto... internazionali. 

 

-Immagino abbia senso. 

 

-E come procede invece il master dal nome altisonante? 

 

-Ho iniziato a preparare la tesi... 

 

-Dall'espressione del volto, immagino non stia andando alla grande. 

 

-Ehm... no. Diciamo che... è un argomento piuttosto difficile da affrontare in maniera... scientifica. E nessun professore vuole seguirlo. 

 

-Di che si tratta? 

 

-Non ridere. 

 

-Giuro. 

 

-Ha detto così anche l'ultimo professore a cui l'ho presentata. 

 

-Giuro sul mio onore da spia internazionale. 

 

-... ok, potrei crederti.

 

-Quindi? 

 

-Non ridere. 

 

-Ho giurato! 

 

-Ok, ok... mondi paralleli. 

 

-Sembra un argomento interessante. Perché nessuno vuole seguirlo? 

 

-Non è l'argomento in sé il problema. Non sono la prima a volerne parlare. Già diversi studiosi hanno scritto trattati sulla possibilità della loro esistenza, ma in maniera prettamente teorica. 

 

-Ok? 

 

-Io... voglio poter dimostrare che è realisticamente possibile che esistano mondi paralleli al nostro. Identici al nostro, forse. Oppure con leggere differenze. Ma devo trovare il modo di dimostrare attraverso formule fisiche che è possibile. 

 

-Sembra complicato. 

 

-Lo è. Inoltre, ecco... 

 

-Cosa? 

 

-Volevo... poter collegare la presenza di altri fenomeni con un effetto causale all'esistenza dei mondi paralleli. 

 

-Ad esempio? 

 

-Non ridere. 

 

-Siamo ancora su questo argomento? Non riderei mai del lavoro di qualcuno.

 

-Ok. Ehm... i déjà vu. 

 

-I déjà vu? 

 

-Sì. 

 

-Come... potrebbero essere collegati ai mondi paralleli? 

 

-Non trovi strana l'esistenza dei déjà vu? Tutti li considerano fenomeni psicologici ma, se ci pensi, com'è possibile che noi troviamo famigliarità in situazioni che non abbiamo mai vissuto prima? A volte, con estrema precisione? Come fa la nostra testa a inventare una scena dal nulla, con dialoghi e avvenimenti che accadranno davvero nella realtà, esattamente in quel modo? Non è assurdo? 

 

-In effetti è molto strano. 

 

-Tutti continuano a dirmi che le due cose non possono essere collegate, che c'è sicuramente una ragione psicologica dietro, che ogni tipo di relazione con la mia teoria è puramente fantascientifica ma... immaginiamo, per un istante, che esistano davvero dei mondi paralleli. Che, in essi, ci sono delle versioni di noi e che accadono avvenimenti simili a quelli nel nostro mondo. E ora... immaginiamo che i déjà vu siano una sorta di traccia residua o una connessione tra un mondo e l'altro. 

 

-Quindi... diverse versioni di noi comunicano tramite i déjà vu? 

 

-Non è una forma di comunicazione. Credo sia più una sorta di memoria primordiale. Perché vediamo scene che ancora non abbiamo vissuto? Perché un'altra versione di noi l'ha già sperimentato. 

 

-È un concetto affascinante. 

 

-Per un romanzo, moltissimo. Per una tesi, non esattamente. 

 

-Beh... farò il tifo per te. Devi solo trovare una persona che creda in te abbastanza da darti una chance. E, se non la trovi, fallo comunque. Al diavolo di quello che dicono gli altri. 

 

-Io... grazie. 

 

 

 

-Continuiamo a incontrarci. 

 

-Possiamo davvero considerarle casualità, ormai? 

 

-Ero convinta che voi spie internazionali foste molto più impegnate. 

 

-Lo siamo, ma... ultimamente cerco di ricavare un po' più tempo per me stesso. 

 

-E in qualche modo finisci sempre qui. 

 

-Già. 

 

-È un caso? 

 

-Dipende. Qual è la sua teoria in merito, professoressa? Esiste il caso? 

 

-In base alla mia personale visione, sì e no. A volte le nostre azioni sono indipendenti e completamente casuali, a volte sono predeterminate. 

 

-Dalle nostre controparti nei mondi paralleli? 

 

-Forse. O forse da qualcosa di più grande. O da qualcuno. 

 

-È una visione molto spirituale per una scienziata. 

 

-Ti sorprenderà forse sapere che sono una persona molto spirituale.

 

-Davvero? 

 

-Davvero. 

 

-Quindi... per caso o per predeterminazione... saresti libera stasera? 

 

 

 

-È stata una bellissima serata. 

 

-Lo è stata. Era davvero tanto tempo che non mi rilassavo così. 

 

-Già... e pensare che stavo morendo oggi pomeriggio al pensiero di stasera. 

 

-Ma davvero? 

 

-Ah, ecco... sì. Io... 

 

-Che cosa?

 

-Posso... dire una cosa? 

 

-Non hai bisogno del mio permesso. Forza, spara. 

 

-Dal... primo momento che ci siamo incontrati ho avuto questa sensazione. E, non so... potrebbe solo essere la mia testa, la mia infatuazione-

 

-La tua infatuazione? 

 

-Ehm, cioè, quello che voglio dire è... non so se è un caso che ci siamo incontrati o se... in un qualche modo... dovessimo incontrarci... 

 

-Chiedi quello che devi chiedere. 

 

-Ho come l'impressione che noi siamo... qualcosa di più. 

 

-E allora perché non mi baci e lo scopri, Kim Namjoon? 

 

 

 

-La tua luce... è la cosa più bella che io abbia mai visto. Tu sei la cosa più bella che io abbia mai visto. 

 

-La nostra luce. Questo siamo noi. 

 

-Nari... 

 

-Joon. 

 

-Se lo vorrai, sarai la preziosa metà della mia anima. Sarai nel mio cuore, per sempre. 

 

-Tu lo sei già. 

 

 

 

-Abbiamo fatto troppo rumore, credi che i ragazzi si siano svegliati? 

 

-Ne dubito. Jungkook dorme come un sasso e Tae probabilmente ha le cuffie anche se fosse sveglio a giocare... oppure sarà impegnato anche lui. 

 

-Joon! 

 

-Dico solo la verità! Non siamo l'unica coppia nella casa. E poi abbiamo fatto insonorizzare le pareti. 

 

-Credo che non conti molto se facciamo sbattere la testiera del letto contro il muro. Cerchi di essere più aggraziato, signor Kim. 

 

-Non posso garantire. 

 

-Pervertito. 

 

-Sei tu che mi sei saltata addosso. 

 

-Bugiardo! 

 

-... Nari. 

 

-Cosa c'è? Pensi di eludere la mia ira? 

 

-Ti amo. 

 

-... ti amo anch'io.

 

 

 

-Amore, è tutto a posto? Di cosa volevi parlare? 

 

-... siediti.

 

-Nari? Amore, cosa è successo? 

 

-Nari? 

 

-... leggi. 

 

-Cosa... che cos'è? Un referto... sei andata in ospedale? Per quale motivo? Non sapevo niente! 

 

-Leggi. 

 

-Cosa... cosa? No, aspetta... non capisco...

 

-Da ora in poi... dovrai avere un po' di pazienza con me. 

 

-Cosa vuol dire? Cosa intendi con "un po' di pazienza"?

 

-Inizierò i cicli della chemio la prossima settimana. Il dottore ha detto che subentreranno... nausea, basse difese immunitarie, perdita dei- 

 

-Nari, di cosa diavolo... non è... non... 

 

-I dottori non hanno dubbi, Joon. Ed è... abbastanza esteso. 

 

-Cosa... perché non me l'hai detto? 

 

-Ho fatto un controllo per scrupolo e... mi hanno mandato con urgenza a fare una risonanza. È stato tutto improvviso anche per me. Non pensavo fosse nulla di particolare. Il risultato è arrivato stamattina. 

 

-Nari... 

 

-Andrà tutto bene. Te la senti di starmi accanto mentre attraverso questa cosa? 

 

-... sì. Sarò vicino a te tutto il tempo e ne usciremo insieme. 

 

-... grazie. Grazie, Joon. 

 

 

 

-Non puoi smettere! 

 

-La terapia non sta funzionando, Namjoon! Hai sentito i medici! Sono piena! Non c'è modo di rimuovere tutte le metastasi! 

 

-Ma non puoi smettere! Se smetti... ti distruggerà! 

 

-Lo farà comunque, non capisci? Non è questione di sopravvivere, è questione di quanto ci metterà a uccidermi! Un anno o qualche mese, il risultato sarà lo stesso! 

 

-Ma non lo possiamo sapere! Non puoi arrenderti così! 

 

-Namjoon, io sono... non c'è speranza. Non c'è. 

 

-No, finché non sei-

 

-Non cambierà le cose, Joon. Non supererò il prossimo anno, in un modo o nell'altro. Lo so. 

 

-Non puoi saperlo! 

 

-E invece lo so. Non posso dirti il perché, ma lo so. Non servirà a nulla continuare la terapia. Servirà solo a prolungare di poco il nostro tempo. 

 

-E allora fallo! Abbiamo bisogno di più tempo! Ho bisogno di ogni singolo istante in più che posso vivere con te! 

 

-In questo stato? A malapena in grado di mangiare? Chiusa in casa per paura di un raffreddore? Sono stanca di tutto questo, Joon. Se devo scegliere tra un altro anno come questo e un paio di mesi in cui tornerò a vivere almeno un poco, voglio poter vivere. Voglio poter passare il nostro tempo come la persona che ero. 

 

-Io... Nari... io... 

 

-Lo so, amore. Mi dispiace. Se ne avessi il potere, cancellerei tutto quello che è successo dalla tua memoria una volta che me ne sono andata. So che per te sarà più difficile. Perciò, ti prego, affidati ai ragazzi. Lascia che loro ti aiutino e si prendano cura di te. E, ti scongiuro, non lasciarti andare. Fallo per me. 

 

-Io... non so se ne sarò in grado... 

 

-Prometti che ci proverai. 

 

-... prometto. 

 

 

 

-Piangi, Namjoon. Piangi quanto vuoi, hyung resterà qui per tutto il tempo di cui avrai bisogno. 

 

-Io...non posso... non posso immaginare una vita senza di lei... è... 

 

-Va tutto bene, ti ascolto. 

 

-Pensavo... che più passasse il tempo e che meglio... fosse... ma... non fa che peggiorare. È come se... all'inizio non mi rendessi davvero conto che fosse successo ma ora... la sua assenza si sta sedimentando dentro di me. Ogni volta che mi alzo... ogni azione che faccio... lei non c'è. Dove prima c'era, ora non c'è. E non tornerà più!

 

-Lo so. Non posso dirti che passerà. Non so se passerà, ne quando succederà. Ma ti prometto che noi saremo lì ogni giorno. Quando sentirai la sua mancanza, potrai attaccarti a uno di noi. Non faremo domande, staremo solo lì per te. 

 

-... grazie. 

 

-Ehi, che ne dici di fare cambio stanza con noi? Magari andrà un po' meglio invece che rivedere tutti i giorni l'ambiente che ti ricorda il passato. 

 

-... sei sicuro? 

 

-Ma certo, non sarà un problema per Yona. 

 

-... grazie, Jin-hyung. 

 

 

 

-... Namjoon? 

 

-Namjoon? 

 

-Namjoon! 

 

Il giovane spalancò gli occhi con il cuore in gola, sbattendo le palpebre quando la luce accecante sul soffitto gli fece bruciare le pupille. Assopendosi, aveva lasciato cadere il libro nelle sue mani, che giaceva abbandonato sul pavimento. Si accorse, inoltre, che piegando il capo verso la sua spalla aveva fatto scivolare un'airpod dal suo orecchio. Raddrizzando il collo intorpidito, si girò verso Hoseok. Il suo volto era curiosamente contorto da un misto di preoccupazione e stupore. 

 

-Namjoon, stai bene? 

 

Il diretto interessato aggrottò la fronte, prima di passarsi una mano sul viso per spazzare via il torpore del sonno. Fu in quel momento che notò le lacrime che gli inumidirono il palmo al suo passaggio. 

 

-Cosa... 

 

Namjoon si stropicciò frettolosamente gli occhi, notando con crescente preoccupazione quanto fossero ancora bagnati, sfregandosi poi le guance solcate da scie umide. Insieme a ciò, il giovane dovette riconoscere anche la presenza di un inaspettato vuoto nel petto che gli rendeva i respiri difficili e laboriosi. 

 

-Hai iniziato a piangere mentre dormivi e ti prendevi la maglietta come se non riuscissi a respirare. Va tutto bene? 

 

Mentre Namjoon cercava di liberarsi di ogni minima traccia di lacrima residua, riportò lo sguardo sul maggiore, annuendo poi con il viso chiuso in un'espressione dubbiosa. 

 

Che cosa aveva sognato? 

 

E mentre quella domanda continuava a rimbalzargli nella testa, due parole presero ad aleggiare insistentemente. Come a voler attirare la sua attenzione, anche se non ne capiva il motivo. 

 

Déjà vu.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

LOL. Sento già l’eco delle grida di MiTiCaMaRtY91  che mi maledice XD non pensò che avrebbe voluto rivedere Nari in questo modo ma, ehi… you know me XD Immagino i veterani dietro le trincee che erano già pronti all’attacco di sofferenza dal momento che tutto stava andando troppo bene e quindi si aspettavano che Juliet drappasse una bomba da un momento all’altro e infatti eccomi qua, immancabile come sempre XD. Scherzi a parte, tenente a mente le parole di Nari, saranno fondamentali per capire il funzionamento del JU. 

 

PS: parliamo un attimo di quel tamarro di Yoongi con quella camicetta zebrata che YMCA spostatevi e che nonostante ciò spacca il mondo nel mentre in cui i Bangtan si sono dimenticati di noi o si sono dimenticati di avere un comeback oppure semplicemente era lo scherzone più ben orchestrato della storia. 

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Capitolo 32
*** 30. If I could tell her ***


Per l'ennesima volta, lo schermo del suo cellulare si accese. Il suo screenlock mostrava l'orario corrente di Seoul in grandi numeri bianchi, insieme a una foto di loro sette che Jimin amava. Non proveniva da nessuno dei loro photoshoot ufficiali, infatti  era piuttosto fuori fuoco, sopratutto perché l'aveva scattata allungando il braccio il più possibile sopra la sua testa nel tentativo di catturare tutti i loro volti incastrati in un puzzle sul pavimento e sfoggianti espressioni accartocciate dal sonno e dalla sbronza che si erano presi. Quella foto gli sorrideva dallo schermo, intonsa. Non una notifica, come trenta secondi prima. 

 

Jimin sospirò debolmente lasciando che il lockscreen si oscurasse, anche se sapeva che nel giro di un minuto il suo dito sarebbe tornato su di esso per accenderlo di nuovo. 

 

-Hyung, si può sapere che hai? È da quando siamo partiti che non fai che controllare il telefono. 

 

Jimin si voltò verso Jungkook che, seduto accanto a lui, lo fissava con le labbra allungate in un broncio interrogativo. Con una smorfia incerta, il giovane distolse lo sguardo, riportandolo sullo schermo del suo cellulare. 

 

-Non è niente- mormorò in risposta. Trattenendo l'istinto di tornare sulla chat di KakaoTalk, scosse la testa e appoggiò l'oggetto nello scomparto del bracciolo del suo sedile. Troppo ansioso per infilarlo nella tasca dei pantaloni, nonostante tutto. Jimin, però, dovette riportare gli occhi sull'amico quando ricevette un leggero colpetto di gomito nell'avambraccio. Jungkook non disse niente, ma sollevò un sopracciglio e continuò a fissarlo con insistenza. 

 

Il giovane si morse il labbro inferiore. Amava il suo dongsaeng. Lo amava davvero. Ma temeva che non avrebbe capito. Nessuno avrebbe capito, fra tutti i suoi amici. Nessuno era mai stato così ansioso di incontrare la sua anima gemella come lui, eccetto forse Taehyung. Lui, però, non si era ritrovato nella situazione in cui era incastrato Jimin. Era stato facile per Tae. Seokjin era l'unico altro membro che avrebbe potuto comprendere la sua apprensione, ma per ovvie ragioni non poteva rivolgersi a lui per un consiglio. Namjoon e Hoseok non avevano esperienza nel campo e Yoongi era esattamente l'opposto di lui. 

 

Prima che se ne accorgesse, il suo pollice aveva toccato il tasto di accensione ancora una volta, facendo apparire il suo lockscreen. Vuoto. 

 

-Hyung? 

 

Jimin, trattenendo una smorfia colpevole, riportò gli occhi sul minore. Davanti al suo sguardo interrogatorio, lasciò andare un lungo, sofferente sospiro. 

 

-È... non è niente. È solo... 

 

Jungkook, senza dire una parola, attese con sguardo curioso che continuasse. Jimin, abbassando la testa in imbarazzo, prese a giochicchiare con il bordo della sua t-shirt. 

 

-Jein... non mi ha scritto neanche una volta. È una cosa stupida, davvero!- si affrettò a dire Jimin, scuotendo il capo con gli occhi incollati alle sue mani. 

 

-È solo che... se non le scrivo io per primo lei non... 

 

Il ragazzo agitò una mano davanti a sé, come a voler intendere che non aveva importanza. Era solo maledettamente stupido. Si erano appena conosciuti, era ovvio che lei mantenesse ancora le distanze. Era lui il problema. Lui e la sua stupida testa che aveva già iniziato a progettare il loro futuro insieme dopo solo quarantotto ore da che si erano incontrati. La voce di Jungkook, all'improvviso, lo tirò fuori dalla sua spirale di pensieri. 

 

-Pensi che ci sia qualche problema? Non ci hai neanche raccontato del vostro primo incontro. 

 

Jimin, guardando il suo amico, deglutì. Abbassò il capo con aria colpevole, riportando alla mente il breve "Bene" con cui aveva risposto quando, tornando al dormitorio, i suoi amici gli avevano chiesto com'era andata. 

 

Il loro primo incontro. 

 

Non sapeva davvero cosa provare al riguardo. 

 

 

 

Avevano concordato entrambi sul fatto che Jimin non sarebbe potuto venire con la sua macchina. I paparazzi avrebbero identificato la targa e le voci si sarebbero immediatamente sollevate. Anche farsi accompagnare dal suv con cui di solito andava in agenzia avrebbe attirato troppo l'attenzione nel vicinato e di certo non avrebbe potuto rischiare di prendere un taxi e farsi riconoscere dall'autista. Sarebbe stato più facile se avessero potuto incontrarsi al dormitorio, ma i suoi amici avevano convenuto che Jimin e la sua anima gemella meritassero un po' più di privacy. Alla fine, perciò, uno dei manager si fece avanti con l'offerta di accompagnarlo personalmente usando la sua macchina. 

 

Per qualche motivo, non si sarebbero incontrati nell'appartamento di Jein. La ragazza era sembrata restia all'idea di invitarlo a casa sua e Jimin fu portato a pensare che fosse dovuto al fatto che non voleva fargli incontrare i suoi genitori per il momento. L'indirizzo che gli diede, alla fine, risultò essere l'abitazione dell'amica che lui aveva incontrato quando si erano scambiati di corpo. L'edificio che si stagliava davanti ai suoi occhi era alto e ben tenuto. Sorgeva in un vicinato silenzioso, leggermente in periferia, ma con un aspetto sufficientemente curato da indicare che i suoi abitanti dovevano essere benestanti. Contemplando il parco di fronte al condominio e i marciapiedi che camminavano lungo la strada, Jimin trasse un sospiro di sollievo nel vedere che erano deserti. 

 

-Mi farò un giro e tornerò qua fra un'ora circa, giusto? 

 

Mentre si calava il cappello sui capelli tinti di argento e si sistemava la mascherina nera sulla bocca, Jimin si voltò verso il manager annuendo e ringraziandolo sommessamente. Voltandosi verso la portiera, inspirò a fondo, prima di tirare la maniglia e uscire dall'auto. Con passi svelti, si diresse all'ingresso dell'edificio, ponendosi con piedi impazienti davanti al citofono e digitando il codice che Jein gli aveva dato. Il ragazzo sentì il basso gracchiare dell'interfono e della telecamera che si attivava e un istante dopo la porta di vetro oscurato emise un click metallico. Con mani tremanti, fece il suo ingresso nell'atrio, infilandosi velocemente nell'ascensore mentre il suo dito si fiondava sul tasto numero cinque. Non appena le porte metalliche si chiusero, rilasciò un respiro, abbandonandosi contro la parete di fondo e reclinando la testa all'indietro, in modo che i suoi occhi fissassero il soffitto. 

 

"Calmati, devi calmarti, calmo, respira..." 

 

Ma le sue mani avevano già preso a sudare copiosamente e il ragazzo si affrettò ad asciugarle contro il jeans scuri che aderivano alle sue cosce. Abbassando gli occhi sul riflesso che le porte gli mostravano, si chiese se non avesse un po' esagerato. Era vestito in maniera piuttosto semplice, con il suo giubbotto di pelle preferito e una t-shirt bianca con il logo di Gucci. Forse, però, quei jeans così stretti erano un po' troppo. Guardandosi nello specchio della sua stanza, gli era piaciuto il modo in cui slanciavano le sue gambe e si combinavano alla perfezione con i bassi stivaletti neri che indossava ai piedi. 

 

Ma chi voleva prendere in giro. 

 

Voleva fare colpo su di lei. Voleva essere attraente per lei, voleva che lei lo guardasse e fosse nervosa per la sua presenza quanto lo era stato lui per il solo suono della sua voce. E infatti aveva speso una buona mezz'ora nel bagno a sistemarsi i capelli e a stendere un leggero strato di make-up che accentuasse i suoi occhi quel tanto da fare una differenza ma non a sufficienza per essere notato. Aveva indossato i suoi anelli preferiti. Aveva tirato fuori gli orecchini che usava solitamente per i concerti. Per la miseria, aveva letteralmente passato il tempo corrispondente alla durata del loro incontro per prepararsi per quello stesso incontro!

 

Il campanello robotico dell'ascensore lo fece sobbalzare appena, portandolo a raddrizzarsi di colpo e a marciare rigidamente lungo il corridoio che si era aperto di fronte a lui. Con occhi febbrili, studiò ogni porta che incontrava all'ansiosa ricerca del suo obbiettivo, prima che il suo sguardo incontrasse uno stipite color panna che offriva un leggero spiraglio sull'appartamento oltre di esso e sul volto che aveva già visto il giorno dello scambio che lo invitava ad avvicinarsi. Con un sorriso teso, Jimin si incamminò in direzione della porta, piegando il capo in un breve inchino mentre Kippeum lo faceva entrare nell'ingresso dell'appartamento. 

 

-Prego, entra pure! È un piacere rivederti in... vesti ufficiali?- disse la ragazza, con un sorriso scherzoso. Lui, sfilandosi cappello e mascherina, sorrise a sua volta mentre la tensione lo abbandonava appena.

 

-Il piacere è mio. Grazie per aver offerto la tua casa per il nostro incontro. 

 

Kippeum, a quelle parole, mosse una mano davanti al suo viso in un gesto sbrigativo. 

 

-Non è niente. Anzi, sono onorata di ospitare il primo nido per i piccioncini! 

 

In un istante, una voce infastidita emerse da una porta sulla destra del salotto in cui si erano fermati, portando Jimin a drizzare involontariamente il collo. 

 

-Kiki! 

 

La ragazza iniziò a ghignare sommessamente, voltandosi verso di lui con sguardo complice. 

 

-Sta arrivando, non temere. Comunque, è stato mille volte meglio organizzare qua piuttosto che a casa sua. Non sarebbe stato un primo incontro... piacevole. 

 

Jimin contemplò con apprensione l'espressione sempre più amara che andava a inacidire il sorriso sul volto di Kippeum, prima che la ragazza potesse spazzarla via in un battito di ciglia. E il giovane dovette pensare a quello che poteva significare per lui. 

 

I genitori di Jein lo odiavano? 

 

Avevano problemi con il fatto che lui fosse un idol? 

 

Avrebbero ostacolato la loro relazione? 

 

-Spero che tu non abbia iniziato a esporre tutti i miei sporchi segreti in mia assenza, "migliore amica". 

 

Jimin sbatté le palpebre al suono di quella voce. L'aveva sentita da un punto di vista in prima persona e l'aveva ascoltata attentamente attraverso il telefono. E in quel momento aveva fatto il suo ingresso nella stanza, portandolo a chiudere nervosamente le mani dietro alla sua schiena mentre sollevava lo sguardo. In mezzo al salotto, sorgeva in una postura fiera ma rilassata la giovane che aveva visto nello specchio. Riconosceva i suoi lunghi capelli corvini, acconciati in morbide onde che le accarezzavano il petto. Gli alti zigomi che evidenziavano gli occhi scuri erano accentuati da un lieve strato di trucco, che spostava l'attenzione sul loro taglio affilato e sulla bocca delicata, appena colorata da un gloss. Il suo petto era ricoperto da una camicetta bianca dal tessuto semitrasparente con un fiocco sotto al collo, mentre le sue gambe erano avvolte in un semplice paio di jeans chiari, che ne abbracciavano le curve in maniera perfetta. 

 

Jimin deglutì, cercando di concentrare lo sguardo sul viso della sua anima gemella, che aveva ancora gli occhi indagatori posati sulla sua amica. 

 

-Chi? Io? Non potrei mai! È davvero così bassa la considerazione che hai di me?- pronunciò Kippeum con gesti drammatici delle mani, mentre Jein rimaneva a braccia incrociate a fissarla impassibile. 

 

-Ah, è questo il ringraziamento? Bene allora, me ne vado! Non posso restare se neppure la mia migliore amica è dalla mia parte! Adieu! 

 

La ragazza, chiudendo il volto in un'espressione tragica, si girò mentre Jein scuoteva il capo con un sopracciglio sollevato. Prima che l'amica potesse chiudere la porta dietro di sé, però, affacciò il viso sulla stanza. 

 

-Ricordate che tra un'ora sarò di nuovo qua, perciò se dovete fare qualcosa, vedete di farla in fretta in modo che non vi becchi. 

 

-Kiki! 

 

La voce furiosa di Jein strappò una risata alla ragazza, che si scostò velocemente quando vide arrivare un cuscino volante dritto sulla sua faccia. Non appena la porta si chiuse, non rimase che il silenzio dei due presenti, rotto solo dal sospiro irritato della giovane. Jimin, allora, sollevò gli occhi su di lei, trovandola con le dita che pizzicavano il ponte del suo naso mentre scuoteva la testa. 

 

-Scusa, lei è... fatta così. Le piace farmi impazzire- disse Jein, abbassando le mani. Per la prima volta da che aveva messo piede nella stanza, lasciò che i suoi occhi si incontrassero. Rimasero così, immobili, in silenzio. Con quegli sguardi che sapevano di conoscersi, ma che non si erano mai visti nella realtà. 

 

Dopo istanti di calma contemplazione, Jein abbassò il capo, voltandosi verso il centro del salotto. 

 

-Vieni, accomodati- pronunciò con voce distante, mentre indicava il divano beige che si stagliava contro la parete di fondo. Al suo fianco, una finestra alta fino al soffitto faceva entrare la luce del sole in tutta la sua potenza, riempiendo la stanza dei raggi del pomeriggio e riflettendosi sul grande televisore spento di fronte al divano. Il resto dell'arredamento consisteva in qualche mobile di legno chiaro, una pianta dalle lunghe foglie sottili e un paio di mensole dalla forma di un angolo di novanta gradi, che reggevano una manciata di libri. Jimin, continuando a studiare le pareti, mantenne lo sguardo più lontano possibile dalla ragazza man mano che si avvicinava al divano. Alla fine, si sedette lentamente a qualche spanna di distanza da lei, prendendo a studiare le cuciture della stoffa beige. 

 

-Spero che... non sia stato un problema venire fin qua. 

 

Il ragazzo sollevò il capo, scuotendolo con veemenza mentre portava gli occhi sul viso di lei. 

 

-Oh, assolutamente no! Sono contento che siamo riusciti a incontrarci prima che partissi per l'America, perciò davvero non è stato un problema. Il tempismo non è stato... fantastico- replicò, abbassando poi lo sguardo con una smorfia di sofferenza. L'aveva appena trovata e, invece che passare i suoi giorni con lei, a rafforzare il loro legame, a conoscersi, sarebbe dovuto partire per andare dall'altra parte del mondo per un mese. In quel momento, avrebbe davvero voluto scambiare la sua vita con chiunque altro. Amava il suo lavoro, ma non aveva mai maledetto così tanto gli oneri che esso portava. 

 

-Sì, immagino che... potevamo incontrarci in circostante più facili. Ma... ora siamo qui.

 

Jimin portò lo sguardo sulla ragazza, che aveva sollevato le spalle tirando le labbra in un sorriso forzato. Lui, a sua volta, annuì con il collo rigido. 

 

-Già.

 

Il silenzio che si stabilì era, a dir poco, imbarazzante. Sembrava che nessuno dei due riuscisse a prendere l'iniziativa per dire la prima parola e il risultato fu un lungo, pesante attendere e boccheggiare nel tentativo di dare il via alla conversazione. Come avevano fatto Tae e Yoongi? Era stato così difficile anche per loro? Era solo lui il problema? Perché non riusciva a essere spontaneo come suo solito? 

 

I suoi occhi, nel frattempo, erano scivolati sulla mano appoggiata sul grembo di lei. Se solo avesse allungato il braccio, avrebbe potuto toccarla. Non gli ci sarebbe voluto molto. Il legame lo chiamava. Lo sentiva, lo percepiva percorrergli le vene, camminargli lungo i nervi e sussurrargli all'orecchio. 

 

"Toccala, toccala, toccala..." 

 

Toccandola, tutto avrebbe avuto senso. Quel famigliare calore di cui aveva sentito parlare, quel senso di appartenenza e di conforto che lo avrebbe abbracciato al contatto con lei... lo desiderava così ardentemente. Ma se lo avesse fatto, sarebbe stato assai più difficile voltarsi e partire. 

 

E, nonostante ciò, i suoi occhi videro la mano di lei scivolare dal suo grembo e posarsi sul divano. Era ancora incollata alla sua coscia, ma pareva essere appoggiata in una posa rigida, come se non volesse fermarsi lì. Quando il ragazzo sollevò lo sguardo sul suo viso, Jein stava fissando il pavimento. E, allora, posò la sua mano sul divano a sua volta. Semplicemente appoggiata accanto a lui, come quella di lei. 

 

La mano di lei scivolò di lato. Un movimento quasi impercettibile, ma che la fece avvicinare di un soffio a lui. Dopo un istante di esitazione, la mano di Jimin fece lo stesso. Un centimetro alla volta, un soffio alla volta. Fino a che le loro pelli erano distanti quel tanto che bastava per non toccarsi, ma sul ciglio di sfiorarsi. 

 

Jimin sollevò nuovamente il capo. Lei fissava le loro mani, ma non rispose al suo sguardo. Alla fine, sollevò gli occhi nei suoi. Prima di abbassarli nuovamente sul minuscolo spazio che gli impediva di toccarsi. 

 

Il ragazzo, allora, trasse un debole respiro. Gli bastò spostare il peso verso di lei. E le loro pelli si incontrarono.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Come andiamo? Tutti continenti che questa settimana vi risparmio ulteriori sofferenze? XD also, non vi preoccupate che non mi sono dimenticata dei nostri piccioncini addormentati insieme. Nel prossimo capitolo torneremo a vedere Jin e Yona e… qualche piccola sfida che si metterà nel loro cammino. 

 

Comunque, non so se avete il look di Jimin a cui mi sono ispirata per questa descrizione. Avete presente qiell’outfit che indossava sempre durante Speak Yourself?

 

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Sì, questo è il mio look preferito e sì, ho bisogno di vederlo almeno una volta al giorno per ricordarmi perché vale la pena vivere. Grazie.

 

Ps: ma le tracce per il nuovo album???? T.T questi clown che ci dicono che c’è ne sono tre nuove e invece sono cinque T.T e Tony Montana con Jimin *seppellitemi qua*

 

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Capitolo 33
*** 31. Come home with me ***


Jimin poteva ancora sentirlo sulla punta delle dita, il calore che eruppe nel momento in cui le loro pelli si incontrarono. Avvolgente, confortante e così assuefacente. Gli aveva attorcigliato la mente in una nuvola fumosa, ammortizzando i suoi pensieri e cancellando ogni traccia di coscienza di ciò che succedeva al di fuori di loro due. Quelle mani che appena si erano sfiorate nel giro di pochi istanti si ritrovarono intrecciate, prima di fare aderire anche le loro braccia. 

 

Jimin non aveva idea di come avrebbe potuto prendere e andarsene da lì nel giro di cinquanta minuti. Come avrebbe fatto a sopravvivere senza quel tepore? Il suo cuore trepidava già in battiti ansiosi al solo pensiero. Con un sospiro, perciò, spostò ulteriormente il peso verso la ragazza in modo che le loro pelli fossero completamente adese fino all'estremità delle loro spalle. E mentre cercava di navigare quell'ammasso confuso che era diventato la sua testa, percepì il capo di Jein appoggiarsi su di lui. La guancia di lei contro la sua pelle, le sue ciglia a sfiorare delicatamente il suo collo. 

 

Jimin deglutì facendo sfarfallare freneticamente le palpebre, mentre la sua mente non faceva che riempirsi sempre più di fumo e di calore. Per un momento, gli parve di essere una macchina in surriscaldamento, con i motori in panne e il sistema in tilt. Mordendosi le labbra, appoggiò delicatamente il capo sopra a quello di lei, sospirando a fondo. 

 

-Forse... posso trovare un modo di non partire. Posso lasciare andare avanti i ragazzi e raggiungerli solo per gli impegni più improrogabili. Dobbiamo filmare due video musicali, ma a parte quello se la possono cavare senza di me per le interviste e-

 

-No, Jimin. È il tuo lavoro, è importante che tu vada. 

 

La voce di lei suonò meno distante che in precedenza. Sembrava quasi intorpidita dal sonno, impastata da quella sostanza che oscurava il cervello di entrambi. Jimin, allora, aprì la bocca. Le parole però si bloccarono a metà percorso dalla sua mente alla sua lingua. Che cosa avrebbe dovuto rispondere? Voleva insistere, convincerla che restare insieme era la soluzione migliore, implorarla di seguirlo o di permettergli di restare... ma nulla uscì. Richiuse le labbra, sospirando. 

 

-Non voglio andare. 

 

Ci fu qualche istante di silenzio in cui Jimin chiuse gli occhi, cercando di assorbire tutto il calore che riusciva a racimolare. Forse, se lo avesse degustato attentamente, sarebbe riuscito a conservarlo dentro di sé anche nei giorni avvenire. 

 

-Neanche io- replicò sommessamente Jein. Jimin, allora, strinse appena la mano incastrata nella sua. 

 

-Non potresti chiedere una settimana di ferie?- chiese lui con tono implorante, aggrottando le sopracciglia anche se lei non poteva vederlo in viso.

 

-Forse- si affrettò a rispondere la giovane -ma non posso lasciare il paese per una settimana. Non posso stare lontana da casa così tanto tempo. 

 

Il ragazzo contemplò la risposta con crescente confusione.

 

-Perché? 

 

Solo il silenzio seguì la sua domanda. Perché non poteva lasciare casa sua? Una settimana non era poi così tanto tempo. Voleva forse dire che non si era mai presa una vacanza vera e propria? Che non si era mai allontanata per più di qualche giorno? Era assurdo. Avrebbe voluto indagare di più, scoprire se era connesso con le difficoltà che sembrava avere con i suoi genitori e cercare di sciogliere quello spiacevole presentimento che sedeva nel suo petto e gli stuzzicava la coscienza, ma la sua evidente mancanza di interesse nel continuare il discorso lo fermarono. 

 

Alla fine, chiuse semplicemente gli occhi, inspirando a fondo e lasciando che il calore inondasse ogni sua cellula. E rimasero lì, così, fino alla fine del loro incontro. 

 

 

 

-Hyung? 

 

Jimin scosse debolmente il capo, mostrando a Jungkook un debole sorriso. 

 

-Non è stato... niente di particolare.

 

Non avevano neppure parlato per davvero, se non per qualche frase scambiata ogni tanto. La conosceva a malapena. Certo, avrebbe potuto conoscerla di più se non avesse avuto l'impressione che lei lo tenesse a distanza. 

 

-Beh, vedrai che con il tempo le cose miglioreranno. Anche a me non piace molto mandare messaggi o fare lunghe conversazioni, ma non è perché non mi importa dell'altra persona. Magari anche lei è così e devi solo avere pazienza. 

 

Jimin annuì, tirando le labbra in una smorfia che doveva risultare un sorriso. I suoi occhi caddero inavvertitamente sul cellulare, che si illuminò per un istante come quando arrivava una notifica. In un flash, le sue dita scivolarono sullo schermo e sbloccarono lo screenlock, mostrandogli l'applicazione di messaggistica già aperta. Accanto al secondo nome fissato in cima alle chat, comparve il simbolo che attendeva con ansia. Con il cuore in preda alle palpitazioni, toccò la scritta, aprendo la conversazione. 

 

Da: Jein 

Come sta andando il viaggio? 

 

 

 

"Accidenti." 

 

Jin strizzò gli occhi in preda al fastidio. Dopo questa, sapeva che sarebbe rimasto bloccato per una settimana come minimo. Come aveva fatto a essere così stupido da addormentarsi con il collo piegato di lato? Sapeva fin troppo bene che senza un cuscino per la cervicale si sarebbe svegliato in preda ai crampi e sarebbe dovuto andare avanti a creme e fastidiosi massaggi del fisioterapista. Grugnendo, si raddrizzò prima di piegare la testa all'indietro nel tentativo di sciogliere i muscoli contratti. 

 

Nulla da fare. 

 

Facendo schioccare la lingua in un verso infastidito, si accorse solo allora del basso mugolio che emerse al suo fianco. Molto, molto vicino al suo orecchio. Spalancando gli occhi, si congelò sul posto. Con ogni fibra del suo corpo irrigidita in una posizione immobile, fece scivolare le iridi di lato, dove incontrò la cima di una testa scura. Deglutendo, dovette riconoscere il delicato profumo di fiori primaverili che proveniva dai capelli a pochi centimetri da lui, prima che il capo a cui appartenevano si reclinasse all'indietro. Jin, con le orecchie in fiamme e il petto bloccato in apnea nel tentativo di impedire di farsi notare, fu troppo lento a reagire. Incontrò gli occhi socchiusi e assonnati della donna che fino a qualche attimo prima era stata addormentata contro di lui e non sapeva che diavolo fare. 

 

Lei sembrò metterci un po' per uscire dal torpore del sonno e realizzare la situazione. Distendendo la bocca in una smorfia, piegò il capo di lato, prima di abbassarlo e notare quanto i loro corpi fossero vicini. Alla fine, sollevò gli occhi spalancati su di lui. 

 

-Ah... ehm... io...

 

Era la prima volta che Jin la vedeva senza parole. La donna distolse lo sguardo, deglutendo mentre si allontanava lentamente da lui. 

 

-Io... scusa ti ho... usato come cuscino... che stupida...- prese a mormorare, forzando una piccola risata sulle sue labbra. Jin si affrettò a scuotere la testa, stringendo poi i denti quando un crampo prese a salirgli lungo il collo. 

 

-Non ti preoccupare, non... non è stato nulla di... grave... 

 

Lei, però, sembrava intenta a scappare dal suo sguardo mentre si sollevava dal posto e si stiracchiava rigidamente tirando la bocca in un sorriso.

 

-Ehm... forse... è meglio se torno nella classe dei poveri. Ci... ci vediamo. 

 

Jin spalancò gli occhi, osservandola marciare velocemente verso la coda dell'aereo. Abbandonandosi contro il sedile, deglutì sonoramente abbassando il capo mentre prendeva a stropicciarsi gli occhi. 

 

Con respiri profondi, cercò di rallentare il battito del suo cuore. 

 

Ma non ci fu nulla che riuscì a calmarlo. 

 

 

 

Il resto del viaggio, per Yona, volò via senza che se ne accorgesse. Intervallato solo da qualche breve conversazione con Estella e Diana nelle poche occasioni in cui le ragazze lasciarono la prima classe per venire a farle un saluto, si accorse che la sua mente era rimasta in trance fino a che non notò i passeggeri che la circondavano iniziare ad alzarsi dai loro posti e tirare giù le valigie. 

 

Era una cosa stupida. 

 

Insomma, si era solo addormentata sulla spalla di un uomo, aveva fatto ben altro nella sua vita che avrebbe dovuto suscitare reazioni molto più grandi. In preda all'irritazione, sfilò la sua valigia dallo scompartimento sopra alla sua testa con un gesto secco, rischiando di conseguenza che l'oggetto le si schiantasse in faccia. Trascinando se stessa e il trolley lungo il tunnel trasparente che collegava l'aereo alla sala arrivi dell'aeroporto, seguì gli altri membri del team di traduttori a cui era stata appioppata o, come avevano detto i manager, "affidata per la durata del viaggio". Insieme al resto dello staff, si misero in fila alle cabine dove le guardie controllavano i passaporti, passando uno a uno per presentare i propri documenti. 

 

Il suo sguardo scrutò distrattamente i suoi dintorni e la marea di volti che la circondavano, ma sapeva per certo che i suoi studenti non sarebbero stati lì. Senza dubbio erano stati diretti immediatamente verso le macchine che gli avrebbero portati in hotel, mentre una persona addetta avrebbe fatto controllare i documenti al loro posto. Oppure lo staff dell'aeroporto aveva già esplicato la tediosa procedura in una zona separata. Fatto stava che sicuramente non potevano trovarsi in mezzo a quell'ammasso di persone. 

 

Una volta passati i controlli, Yona seguì silenziosamente il suo gruppo, attraversando il corridoio di fan che erano rimaste dopo aver assistito all'arrivo della band, fino a raggiungere un van nero a sei posti. Un po' stretto, doveva ammettere, ma rispetto al calcio nel sedere dentro un taxi di passaggio che si sarebbe aspettata era sicuramente un ottimo trasporto. 

 

L'hotel in cui alloggiavano era lo stesso degli idol, fu assicurata. Ciò che questo implicava la colpì solo quando, arrivati davanti al mostruoso edificio a cinque stelle la cui entrata era tappezzata di oro, marmo e lampadari di cristallo, vide un valletto aprire la portiera e invitarla a lasciare la sua valigia. In quel momento, si chiese se non avesse dovuto cercare di infilarsi in quell'agenzia molto tempo prima. Se quello era il trattamento, non era per niente male.

 

Una volta ricevuta in mano la chiave magnetica per la sua stanza, salutò il resto del gruppo di traduttori e si diresse verso gli ascensori. A quanto pareva, dal momento che avrebbe continuato a tenere le sue lezioni con i ragazzi per tutta la durata del soggiorno, le era stato concesso di avere una camera tutta per sé invece che avere una coinquilina come ogni altro membro dello staff e la cosa, di certo, non le dispiaceva. Quando entrò nella stanza, incontrò una modesta suite dominata da un letto matrimoniale con lenzuola dai toni tortora e beige, una tenue stringa di luce che proveniva da  dietro alla testiera e un bagno ricoperto di eleganti mattonelle opache nello stesso tema. 

 

Dirigendosi verso la sua valigia, fece appena in tempo a far scorrere la cerniera fino in fondo prima che il telefono nella sua tasca iniziasse a vibrare. Senza guardare il nome dell'interlocutore, rispose sollevando il coperchio di tela nera.

 

-Scricciolo? Sei atterrata? 

 

Le mani di Yona si bloccarono per un istante. Stringendo le labbra, riprese ad aprire le tasche interne della valigia. 

 

-Ehi pa'. Sono arrivata adesso in hotel. 

 

-Grande. Come è andato il viaggio? 

 

Yona contrasse appena le sopracciglia, appoggiando il telefono contro la spalla mentre estraeva la sua biancheria intima da sistemare nei cassetti. 

 

-Bene- rispose semplicemente. Trasse un sospiro, analizzando il verso di assenso che sentì provenire dall'altro capo del telefono. 

 

-Mi fa piacere. 

 

Yona contrasse il petto. 

 

-Domani che fai? Devi lavorare?

 

La donna serrò gli occhi per un momento. Quando li riaprì, fece saettare le iridi per ogni centimetro della stanza. 

 

-Alla mattina, credo. O forse al pomeriggio. Non sono sicura, hanno un programma molto incasinato. 

 

Si ritrovò con le mani bloccate, inginocchiata davanti al cassetto, con una fastidiosa sensazione all'intestino. Era un freddo viscerale, quasi malsano, che talvolta la portava ad avere coliche per il resto della giornata. Stress somatizzato, aveva detto Cho. Qualsiasi cosa fosse, per Yona era il suo corpo che le diceva che qualcosa che non le sarebbe piaciuto sarebbe successo da lì a poco. 

 

-Riusciresti a trovare un'ora per il tuo vecchio? Mi sono preso un giorno dal lavoro per vederti. Pensavo di partire domattina presto con Jewel per venire lì e passare un po' di tempo insieme, se non sei troppo impegnata.

 

La donna trasse un respiro. Non voleva riflettere sulla ragione per cui Jewel sarebbe venuta con lui. La sua mente era pronta a trovare una soluzione, ma lei al momento non lo voleva sentire. Sollevandosi, si abbandonò sul letto con braccia e gambe aperte come un angelo sulla neve e gli occhi paralizzati sul soffitto. 

 

-Ok, un modo per organizzarmi lo trovo. 

 

-Ne sono felice. A domani scricciolo. 

 

Yona rimase lì sul letto. Da che la telefonata era cessata, non riuscì a muovere un muscolo e non riuscì a chiudere gli occhi per le ore successive. Il lento declino del sole la sfasò solo quando non poté più vedere il soffitto chiaramente a causa dell'oscurità che aveva preso possesso della stanza. Sospirando a fondo, voltò il capo indolenzito dall'immobilità e accese lo schermo del cellulare. 

 

Le otto e trenta. Non aveva cenato. Non aveva neppure finito di sistemare la valigia e, facendo scivolare pigramente lo sguardo su di essa, si accorse che non aveva alcuna intenzione di farlo. I suoi occhi allora caddero sul piccolo frigorifero metallico che si intravedeva sotto alla scrivania di legno chiaro posta davanti al letto. 

 

La tentava, certo, ma bere da soli era una strada ancora più veloce per spararsi un colpo in bocca prima del sorgere del sole di quanto non lo fosse già stata la sua lunga contemplazione depressiva del soffitto. Forse era perché aveva la mente offuscata dall'oblio e da quella spiacevole sensazione che le attanagliava il corpo. Ma si rese conto di quello che aveva fatto solo quando lo schermo del cellulare la guardò in viso, mostrandole il messaggio che aveva appena inviato sotto al suo naso. 

 

A: Hot man broad shoulders 

A quanto pare, ho un minibar nella stanza e non ho paura di usarlo. Per caso hai voglia di farmi compagnia?

 

 

ANGOLO AUTRICE

Lo so, vi ho uccisi tutti con quel nickname alla fine, dite la verità. Comunque non temete, anche se ho profetizzato tempesta sono stata abbastanza generosa con voi XD il prossimo capitolo racchiuderà più piacevoli sorprese di quanto previsto XD e nel mezzo di cammin di nostra vita… ho una sorpresina per voi 😚 

 

Siamo all’incirca a metà di questa storia (prevedo che verrà lunga quanto Il principe, più o meno) ma il materiale per la prossima è già abbondantemente in cantiere perciò… ho deciso di iniziare a condividere qualcosina con voi. 

 

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(Per il popolo di EFP, nell’ultimo capitolo credo che la foto fosse visibile perciò spero che abbiate fortuna anche questa volta)

 

 Come potete vedere, il prossimo sarà un progetto decisamente diverso dai precedenti. Sto creando un vero e proprio mondo attorno a questa storia che, benché trarrà ispirazione dal nostro, ha storia e conformazioni ben diverse. Non vedo l’ora di condividere di più con voi. Siete curiosi?

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Capitolo 34
*** 32. Dead girl walking ***


Seokjin ebbe l'impressione che fosse passato solo un battito di ciglia dal momento in cui il suo telefono si era illuminato con un messaggio a quel preciso istante, in cui si ritrovava davanti alla porta della camera della donna con i palmi sudati e un dito tremante sollevato sul campanello. Deglutendo, rivide confusi flash di se stesso che rispondeva al messaggio in uno sprazzo alieno di coraggio, prima di fiondarsi in bagno per rinfrescarsi dal sudore delle lunghe ore di volo, spruzzarsi la prima colonia che aveva trovato rischiando di bruciarsi gli occhi, sciacquarsi la bocca con il campione di collutorio dell'hotel ingurgitando metà del liquido e caracollare in camera alla ricerca di una maglia semplice ma sufficientemente lusinghiera.

 

Ed eccolo lì. Era davvero lui? Gli sembrava di guardare il suo corpo dall'esterno come se fosse un personaggio di un RPG. Chi era quell'uomo fermo come un allocco davanti alla porta di una donna sola che gli aveva offerto di bere? Prima che potesse trovare la risposta, lo vide premere il dito sul campanello della porta. 

 

"Che cosa cavolo hai fatto?", voleva urlargli. 

 

Ma l'uomo rimase paralizzato con le braccia tinche lungo i fianchi, anche quando la donna aprì la porta con un sorriso stanco salutandolo prima di farlo entrare. Non era il suo solito sorriso, notò. Non era né quel ghigno malizioso che precedeva una delle sue frasi canzonatorie e neppure uno di quei sorrisi genuini e indulgenti che talvolta gli rivolgeva quando faceva un errore durante una lezione. Seguendola all'interno della stanza, ebbe appena il tempo di riflettere su cosa potesse passarle per la testa, prima che il suo sguardo cadesse sulla valigia aperta sul pavimento, ancora carica di vestiti, e sulla totale assenza di oggetti personali sparsi in giro per la stanza. E fu solo allora, spalancando gli occhi, che notò l'accappatoio che avvolgeva il corpo della donna. 

 

Lei, come se nulla fosse, si diresse verso la valigia aperta, estraendo una t-shirt nera con il logo dei Nirvana e un paio di leggings, prima di prendere a scavare sotto i vestiti rimasti con le sopracciglia contratte. Quando, alla fine, estrasse quello che cercava con una smorfia vittoriosa, Jin si morse le labbra, voltando di scatto la testa nel tentativo di fingere un'assorta contemplazione dell'arredo della stanza. Ma per quanto cantilenasse nella sua testa, pareva non essere in grado di cancellare l'immagine della biancheria di pizzo nero nelle mani della donna e il calore che gli aveva incendiato le orecchie non sembrava di conseguenza intenzionato a dissiparsi. 

 

-Perdonami, ho fatto una doccia al volo mentre arrivavi. Vado un attimo a vestirmi e torno- disse allora Yona, sorridendogli mentre si dirigeva verso il bagno. Jin annuì distrattamente, voltandosi nella sua direzione ma evitando con accuratezza i suoi occhi fino a che non fu sparita dietro la porta. E, una volta solo, spalancò le palpebre, piegandosi in avanti con le mani sulle ginocchia e traendo un lungo respiro come se avesse appena corso una maratona. 

 

"Aspetta un attimo, se ha preso la... biancheria dalla valigia... allora vuol dire che... 

 

Jin spalancò ancora di più gli occhi, catapultando una mano davanti alla bocca mentre il pensiero che cercava di abortire tornava a riempirgli la testa. Era nuda. Era completamente nuda e lui era stato a un soffio da lei. L'uomo si schiaffeggiò le guance, afferrandosi il volto in fiamme. 

 

"Smettila di pensarci, smettila di pensarci, pensa a... pensa a... unicorni e prati verdi..." 

 

Nell'istante in cui il "click" della porta del bagno risuonò nella stanza, Seokjin si fiondò in piedi, incastrando le braccia dietro alla sua schiena e fingendo di ondeggiare per l'ambiente con noncuranza. La rigidità dei suoi passi di certo non lo aiutava ma non aveva scelta. Forse, se continuava a fare finta di niente sarebbe davvero riuscito a cavarsela. 

 

-Eccomi. Non stare lì in piedi, accomodati sul letto. Non sono una che si fa problemi. 

 

Jin deglutì, emettendo un verso di assenso che suonò fastidiosamente instabile. Appoggiando il suo peso con cautela sulle lenzuola ancora intonse, studiò la donna mentre si piegava davanti al piccolo frigorifero, studiandone il contenuto con versi contrariati. 

 

-Avrei preferito una vodka ma immagino che ci dovremo accontentare di questo... bianco frizzante?- disse la donna, sollevando la bottiglia scura con un'espressione interrogativa, prima di rivolgere uno sguardo divertito verso Seokjin sollevando l'altra mano -E bicchieri di plastica. 

 

L'uomo, dimenticando per un istante la tensione nel suo corpo, si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. 

 

-A quanto pare i bicchieri di plastica sono diventati un'istituzione. 

 

Yona abbandonò il capo all'indietro mentre una risata scrosciava dalle sue labbra. In quel momento, notò curiosamente Seokjin, la sua espressione assomigliava di più alla donna che conosceva.

 

-D'ora in poi, solo bicchieri di plastica per le occasioni speciali- replicò lei, sbucciando la copertura di alluminio del tappo. Poi, afferrando la cupola di sughero fra indice e pollice, abbracciò la bottiglia con un'espressione concentrata. Muovendo il tappo avanti e indietro con le dita, contrasse le sopracciglia prima di appoggiarsi sul tavolo e girare il polso verso l'alto con uno scatto secco, provocando un "pop" riecheggiante. Jin osservò con fascinazione mentre Yona sollevava la bottiglia aperta in segno di vittoria e prendeva a versare il liquido chiaro nei due bicchieri. 

 

-Come hai fatto?- chiese Seokjin con un sorriso stupito sulle labbra. La donna piegò il capo verso di lui, dispiegandosi nel suo classico ghigno canzonatorio. 

 

-Non posso rivelare i segreti delle mie mosse a effetto, non credi? 

 

Quando le iridi scure si concentrarono su di lui, l'uomo emise un risolino nervoso sfuggendo il più velocemente possibile dallo sguardo intenso che bruciava nella sua mente, concentrandosi invece sulle lievi pieghe delle lenzuola beige. Dopo qualche istante, però, si accorse dello sprofondare dello spazio accanto a sé, dove il corpo di Yona si era appena accomodato allungando una mano per porgergli un bicchiere. Jin, deglutendo, ringraziò con una frase tremante mentre contemplava le bollicine che nascevano dal fondo di plastica e si affrettavano a salire sulla superficie del liquido, prima di esplodere con piccoli scoppiettii. 

 

-Scusa dell'improvvisata, comunque. È solo che... 

 

Jin si forzò a sollevare lo sguardo. Il tono della donna aveva perso strascichi di ilarità, conservando solo una facciata di leggerezza davanti a un tono molto più cupo. La sua espressione era tirata in un debole sorriso, mentre il suo sguardo era concentrato di fronte a lei. 

 

-... non avevo... voglia di restare da sola stasera- aggiunse sollevando un angolo della bocca. Il ghigno doveva forse risultare scherzoso, ma la piega turbata degli occhi lo rendeva una smorfia quasi apprensiva. 

 

Seokjin contrasse le sopracciglia. Voleva chiedere, ma ne aveva il coraggio? Sopratutto, ne aveva il diritto? 

 

-C'è... qualcosa che ti preoccupa? 

 

Yona si voltò di scatto verso di lui. Il lampo di panico che passò davanti ai suoi occhi svanì prima ancora che Jin potesse riconoscerlo, ma doveva essere sintomo che la donna aveva realizzato di aver lasciato intendere più di quanto avesse voluto. Dopo un istante, infatti, il sorriso sornione tornò sul suo volto, questa volta più radioso di prima. 

 

-Come? Oh, no, no affatto. 

 

L'insegnante scosse una mano con un gesto sbrigativo, come a voler scacciare i fastidiosi dubbi di Jin, ma quando riportò il bicchiere alle labbra la sua fronte tornò a dipingersi di pieghe turbate. Quindi qualcosa che la preoccupava c'era. Di cosa mai poteva trattarsi? Anche se l'uomo non riusciva davvero a immaginare la risposta, la scrutò curiosamente nel tentativo di discernere almeno un briciolo dei suoi pensieri. 

 

-Ah, prima che mi dimentichi! Cosa dovete fare domani? Non ricordo se vi devo seguire da qualche parte per un'intervista o se facciamo la nostra solita lezione. 

 

Jin sollevò lo sguardo al soffitto, cercando di visualizzare il programma che il manager gli aveva lasciato in mano prima di consegnargli la chiave magnetica della sua stanza d'hotel. 

 

-Credo che... avremo un'intervista alla mattina- rispose con tono dubbioso, prima di annuire con maggiore convinzione -... sì, un'intervista con un paio di giornalisti. 

 

La donna scosse il capo a indicare che aveva capito, concentrandosi sul bicchiere fra le sue mani. In un gesto fluido, trangugiò il resto del vino al suo interno buttando la testa all'indietro, prima di girarsi verso il comodino e afferrare la bottiglia scura che vi aveva appoggiato sopra per versarsi un'altro giro. Voltandosi verso di lui, infine, si offrì di rimboccare anche il suo bicchiere. Jin, dopo qualche istante di esitazione, annuì con un ringraziamento sussurrato. L'alcol che iniziava a circolargli nelle vene non aveva dissipato il calore nel suo viso, ma aveva notevolmente disteso le tensione nel suo corpo e gli aveva permesso di incrociare le gambe lungo il letto in una posa rilassata che per lo meno non rivelava troppo loquacemente il suo nervosismo. Forse, perciò, con un altro bicchiere sarebbe riuscito a lasciarsi andare definitivamente. 

 

-Bene. Così dovrei fare in tempo a incontrare mio padre nel pomeriggio- replicò distrattamente Yona, facendo roteare il liquido in piccoli cerchi. Jin, studiando la sua espressione assorta, piegò il capo. 

 

-I tuoi vivono qua in America? 

 

Lei tirò le labbra all'insù. Fu solo una smorfia momentanea, quasi più simile a uno spasmo involontario che a un vero e proprio sorriso. 

 

-Solo mio padre. 

 

Jin sentì un'ondata di apprensione salirgli lungo il petto, ma rimase immobile, con le labbra serrate.

 

-Mi dispiace. 

 

Decisamente non quello. Odiava quando le persone lo dicevano a lui una volta che venivano a conoscenza della sua situazione. Odiava la pietà che trasudava da quelle stupide, disimpegnate parole. Eppure eccolo lì, stupidamente incapace di congiurare qualsiasi cosa meglio di quella frase di circostanza che non faceva nulla se non peggiorare la situazione. Yona, in risposta, sollevò le spalle in un gesto rigido e un sorriso amaro. 

 

-È successo tanto tempo fa. Avevo nove anni quando i miei hanno divorziato e mio padre se n'è... 

 

La donna deglutì, umettandosi le labbra prima di mordersi l'interno della guancia. Sollevando il bicchiere, trangugiò un'altra abbondante sorsata di vino. 

 

-La cosa più difficile è stata convivere con mia madre. Non riusciva ad abbandonare l'idea che un giorno sarebbe ritornato a casa e la nostra famiglia sarebbe tornata... normale. 

 

Un altro sorso. Il bicchiere della donna si avvicinava nuovamente a essere vuoto. Jin, però, tacque e la guardò concentrando tutta l'attenzione su di lei. 

 

-Si è rifiutata di assumere i soppressori di legame per anni, nonostante sapesse che lui li prendeva. Preferiva... sentire il dolore causato dalla mancanza di contatto, piuttosto che vivere senza e cercare di andare avanti. 

 

L'uomo abbassò gli occhi al suo grembo, facendo rotolare il bicchiere fra le sue dita mentre ne studiava il contenuto semivuoto. Fortunatamente non aveva dovuto mai assistere alla separazione di due anime gemelle, ma sapeva che molte ricorrevano ai soppressori per porre fine al desiderio fisico di ricongiungersi con la propria metà. Anche se erano stati creati come medicinali per calmare legami che mettevano a rischio la vita delle due metà come il suo, erano stati recentemente legalizzati anche per anime gemelle che intendevano divorziare. 

 

Seokjin non riusciva a concepirlo. Scegliere coscientemente di allontanarsi dalla persona amata, di uccidere quella connessione così unica che li teneva insieme... quando a lui erano stati somministrati senza la sua conoscenza. Lui aveva dovuto subire quella decisione che altri prendevano volontariamente. Eppure, pensò, doveva ricordare il discorso di Yona. La vita non girava attorno alla propria anima gemella. E quelle persone avevano tutto il diritto di decidere di porre fine alla loro relazione se non le rendeva felici. Ma quando quella decisione era così unilaterale... 

 

L'uomo scrutò il viso della donna. La maschera di indifferenza non riusciva a coprire il profondo turbamento che si nascondeva dietro ai suoi occhi. La piega marcata che ne solcava la fronte, la scintilla di delusione e amarezza nel suo sguardo e la smorfia acre sulle sue labbra. Seokjin le vedeva tutte e non poteva fare a meno di pensare alla sofferenza che doveva aver attraversato nel vedere due persone che amava farsi del male in questo modo. 

 

-Poi lui è ricomparso con una moglie e una figlia e... mia madre ha cominciato a prendere i soppressori su decisione del tribunale. 

 

L'uomo tirò la bocca in una curva mesta. Lei, a quel punto, ingollò l'ultimo residuo di vino rimasto prima di scuotere il capo. 

 

-Ma sono passati anni, è una storia vecchia ormai. Scusa, non volevo parlare di questo stasera. 

 

Yona sollevò le labbra in un sorriso sottile, appoggiando il bicchiere sul comodino e ignorando la bottiglia che vi si trovava accanto. Seokjin trasse un lungo respiro. Forse era l'alcol ad avergli alleggerito la testa. O forse era una fiamma di coraggio che aspettava la sua occasione per intervenire. Fatto sta che in qualche modo si ritrovò a stringere debolmente la mano della donna, attirando i suoi occhi sorpresi su di lui. 

 

-Ecco, io... non sono uno da discorsi seri. Non lo sono mai stato. Ma... tu sei la prima persona con cui sono riuscito a parlare del mio problema perciò... ecco, non sono bravo come te, ma se mai... avrai bisogno di parlare, ecco... 

 

Seokjin deglutì, arricciando il naso al sentire il suo stupido balbettio. 

 

-... puoi venire da me. 

 

La donna lo fissò con occhi spalancati per qualche istante. Il silenzio lo faceva soffocare e il suo sguardo su di lui era pesante quanto un macigno ma Jin si sforzò di non fuggire. Si costrinse a mantenere i suoi occhi in quelli di lei per solidificare la sua risoluzione e convincerla che le sue parole erano sincere. Tremante, strinse appena la sua mano per darle un'ulteriore prova della sua vicinanza. Lei, allora, schiuse le labbra. 

 

-Grazie.

 

Seokjin la contemplò nella sua genuina gratitudine. I suoi occhi maliziosi erano addolciti da un velo di incredulità e il suo viso sembrava incerto, timido quasi. Una sfumatura che non le aveva mai visto indossare prima di quel momento. E così assorto nella sua contemplazione, si accorse a malapena della prossimità che si era creata fra di loro. Erano ad appena una spanna l'uno dall'altro, non abbastanza vicini da sfiorarsi ma a sufficienza da permettere all'uomo di sentire il leggero odore di vino che proveniva dalla bocca dischiusa di lei. E non si fermarono. Anche quando Jin realizzò la loro posizione, non impedì al suo corpo di accostarsi ancora di più. E gli occhi attenti di lei non lo abbandonarono per un istante, facendosi vicini, sempre più vicini. 

 

I loro nasi si sfiorarono. E lei, abbassando lo sguardo sulla parte inferiore del suo viso, inspirò a fondo.

 

-È meglio che torni nella tua stanza prima che faccia qualcosa... di cui potremmo pentirci. 

 

La donna riportò gli occhi nei suoi, scrutandolo con le sue iridi scure mentre lui deglutiva tremante. 

 

-Voglio essere lucida per... questo- mormorò, prima di stringergli la mano e sollevare un angolo della bocca. 

 

-Vai a dormire, Seokjin.

 

Gli ci volle qualche istante per uscire dalla sua trance, sbattendo le palpebre numerose volte. Era come se fosse stato sotto una profonda ipnosi, risvegliandosi solo in quel momento e realizzando quello che stava per fare. Alzandosi di scatto dal letto, appoggiò il bicchiere ancora semivuoto sul comodino appena in tempo per evitare che finisse sul pavimento. Infine, mormorando un "Buonanotte" a corto di fiato si voltò e chiuse la porta alle sue spalle con un tonfo.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Un momento di preghiera per il povero Jin che non può sopravvivere a questo capitolo XD come avete visto,  i ho servito belle sorprese (un po’ teasing, lo so, prima o poi vi darò quello che volete ma voglio preparare un bel build up con i fiocchi che così quando succede dà molta più soddisfazione). Che dite? Volete dare una manina al nostro povero agnellino incauto? XD 

 

PS: sto considerando di fare delle famare ispirate a House of cards 👀 il problema è che come al solito ho paura di non riuscire a realizzare ciò che ho in mente e sarebbe un peccato perché ho il progetto in testa ed è abbastanza figo. Tipo fare ogni disegno con la doppia faccia come le carte vere e proprie e cercare di inserire anche gli Assi nelle illustrazioni. Però ho paura di sbaldraccare tutto e rimanere che un risultato che odio su un concetto che amo 🥲

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Capitolo 35
*** 33. Reflection ***


La mattina seguente, Yona fu svegliata da quelle famigliari coliche di cui aveva previsto l'arrivo. Arricciandosi su se stessa in posizione fetale sotto alle lenzuola, immerse la testa fra le braccia e strinse i denti in attesa che le fitte si calmassero e le permettessero di stare in piedi. Quei dolori acuti, simili a rapide e infime coltellate all'addome, continuarono per diversi minuti, mentre la donna chiudeva gli occhi e traeva respiri profondi. 

 

"Uno..." 

 

Concentrandosi sull'aria che entrava nel suo naso e riempiva il suo petto, abbassava il suo diaframma, allargava il suo sterno e si fermava nei suoi polmoni, iniziò a contare ogni respiro che emetteva. Quando sentiva che non poteva incamerare più, schiudeva le labbra e lasciava che un sibilo basso vi fuoriuscisse. Come un palloncino stretto fra le dita all'apertura, si lasciava sgonfiare lentamente, espellendo secondo dopo secondo sempre più aria. Sempre più aria finché non sentiva il petto cavo e completamente contratto, il diaframma sollevato al massimo e i polmoni prosciugati. 

 

"Due..." 

 

E anche se la sua testa diventava più leggera e iniziava a girare per il maggiore apporto di ossigeno, almeno stava zitta. Rimaneva intrappolata nella meccanica di quei lunghi respiri, nel conteggio ripetitivo, nella sensazione di ogni singolo organo che veniva influenzato dal suo esercizio.

 

Le fitte tacquero alla decima espirazione ma Yona rimase nella stessa posizione per almeno un altro paio di minuti. Con gli occhi socchiusi, scrutava l'angolo del comodino immerso nella semioscurità della stanza, vedendo, ma senza osservare. Ciò che i suoi occhi davvero le mostrarono fu la bocca rosea, piena e così deliziosamente carnosa che era stata a un soffio dalla sua e la sua stupida coscienza che aveva voluto ritirarsi invece che approfittare di quell'opportunità. Un'altra Yona, in un'altra occasione e dopo una giornata differente, se ne sarebbe fregata. Ma forse questa volta non voleva che finisse tutto lì. Un bacio, una notte di intimità e una mattina di sguardi sfuggenti e promesse vuote. Sarebbe stato facile, eppure... non con lui. Non voleva questo con lui e la cosa, in effetti, la spaventava. 

 

Che cosa voleva? 

 

Se lo desiderava solo fisicamente, perché non aveva colto l'occasione? E se voleva qualcosa di più... avrebbe potuto? Avrebbe rischiato, per lui? 

 

Quando le note di On my own iniziarono a risuonare melanconicamente nel suo orecchio, Yona si sciolse dalla sua posizione fetale e allungò la mano per afferrare il cellulare sul comodino. Strizzando gli occhi davanti alla luminosità, aprì KakaoTalk per visualizzare la notifica che le indicava un messaggio non letto. 

 

Da: Pa' 

Io e Jewel arriveremo in tarda mattinata, dove ti possiamo raggiungere? Possiamo venire anche dove lavori in modo da risparmiarti un po' di tempo. 

 

La donna deglutì i pensieri e le cospirazioni della sua testa, facendo scivolare le dita sullo schermo. Quando  una nuova colica prese ad aleggiarle nell'addome ancora una volta, trasse un altro profondo respiro. 

 

Da: Te

Ok, ti mando la posizione appena arrivo. 

 

 

 

-Hai cinque minuti. 

 

Yona annuì con un gesto secco in direzione del manager che le aveva appena parlato ed era scivolato via in un baleno. I suoi occhi distratti si fissarono sulla sua figura che si allontanava, prima di inciampare sull'oggetto che spuntava appena dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni, appena il giusto da essere notato solo da uno sguardo attento. Appena il giusto per sfilare sotto al suo naso come un diavolo tentatore, ipnotizzando la sua mente e facendole ricordare il suo assuefacente sapore sulla punta della lingua. Continuò a osservare il bordo rosso delle Marlboro che si allontanava fino a che il suo possessore non fu sparito dietro a una porta. 

 

La donna allora, sbattendo gli occhi, riportò lo sguardo davanti a sé. I suoi studenti erano disposti in due file in cui i tre davanti stavano su normali sedie mentre i quattro dietro si innalzavano su alti sgabelli che permettevano di osservare ognuno di loro senza difficoltà e rientrare nell'inquadratura della telecamera posta a qualche metro. Mentre con dita rapide ed esperte finivano di sistemarsi i microfoni sui bordi delle maglie e vi sussurravano vicino in attesa dell'approvazione del fonico, Yona si avvicinò, ponendosi perfettamente davanti a loro e attirando le sette paia di sguardi su di sé. 

 

-Bene bene, agnellini, è il momento della verità- iniziò fregandosi le mani con un sorriso sornione -ma non temete, sarò generosa per oggi dato che è la prima intervista da che abbiamo iniziato le nostre lezioni. Nonostante ciò, Namjoon-ssi, ti chiedo di intervenire il meno possibile quando sono in difficoltà. Se vedi che non riescono davvero a trovare le parole, potrai dargli una mano, ma preferirei che si affidassero il più possibile al loro partner di studio. 

 

Il leader del gruppo annuì con decisione, girandosi poi verso i suoi compagni per rivolgergli un sorriso colpevole. Yona, a quel punto, fece scattare la testa in direzione di Taehyung, che la osservava mordendosi nervosamente il labbro. 

 

-Facciamo un po' di riscaldamento. Better. 

 

Il giovane deglutì. 

 

-Better. 

 

Yona scosse il capo. 

 

-Non ti fissare su imitare l'accento, concentrati sull'arrotondare la "r" nella giusta maniera. Ancora. 

 

-Better. 

 

L'insegnante rivolse al giovane un occhiolino, facendo schioccare la lingua. 

 

-That's it. Jimin, our e your. 

 

-Ehm... our... your. 

 

La donna annuì facendo scorrere lo sguardo sul membro seguente. 

 

-Hoseok, family e hope. Questa è meglio che non la sbagli- pronunciò, aprendosi in un sorriso. A quelle parole, l'interpellato si alzò aprendo le braccia in una posa sicura di sé. 

 

-Fffamily e J-hope. 

 

La donna si lasciò sfuggire una breve risata, prima di spostare gli occhi sull'ultimo rapper. 

 

-Yoongi, inspired. 

 

L'uomo emise uno sbuffo indeciso tra il divertito e l'irritato. 

 

-Ins... pired. 

 

-Esatto. Jungkook, frustrated.

 

Il più giovane contrasse le sopracciglia in una smorfia concentrata, prendendo un bel respiro come a preparasi ad affrontare la parola. 

 

-Trus... frustrated! 

 

Yona annuì trattenendo un sorriso e, infine, posò gli occhi sul viso sfuggente dell'unico mancante. Contemplando le labbra leggermente arricciate e lo sguardo concentrato sulle sue mani intrecciate, la donna aprì ancora una volta la bocca. 

 

-Seokjin-ssi, handphone. 

 

L'uomo si morse il labbro inferiore, facendo arrossire ulteriormente quel già rubicondo petalo di rosa. 

 

-Handphone. 

 

-Dobbiamo procedere, fuori dall'inquadratura. 

 

Yona si girò verso l'operatore di camera che aveva parlato, annuendo con gesti frettolosi mentre lanciava un ultimo sguardo ai suoi studenti. 

 

-Ok, state calmi, non fatevi prendere dal panico e guardate il vostro partner se avete bisogno di aiuto. Io comunque resterò qui e cercherò di darvi una mano. Andrà tutto bene. 

 

Con un cenno affermativo, Yona osservò le espressioni dei giovani per vedere sorrisi nervosi ma maggiormente rassicurati, prima di allontanarsi velocemente dal set e posizionarsi accanto alla telecamera, in tempo per l'entrata dell'intervistatrice. La donna sulla trentina si sedette con fluida eleganza, sistemandosi la gonna a tubino mentre scostava i capelli biondi e aprendosi in un sorriso caloroso. 

 

-It's so nice to meet you guys! You look amazing, how have you been? (È un tale piacere incontrarvi, ragazzi! Avete un aspetto fantastico, come state?) 

 

Yona faceva saettare gli occhi dalla donna al gruppo di idol, che istintivamente tacque per dare spazio al loro leader. 

 

-We've been really busy but we're excited to be back and to show our fans our new project (Siamo stati molto impegnati ma siamo eccitati all'idea di tornare e mostrare ai nostri fan il nostro nuovo progetto)- rispose con fluidità Namjoon. 

 

-I'm sure it's the same for them, so please... tell us more! Why "Seven" as the title of the album? (Sono sicura che sia lo stesso per i vostri fan, perciò per favore... diteci di più! Perché "Seven" come titolo dell'album?)

 

Il leader si voltò verso i suoi compagni, scrutandone i volti in attesa che uno di loro si facesse avanti. I sei membri, però, poco dopo aver incontrato il suo sguardo tendevano a sfuggire velocemente prendendo a osservare l'ambiente circostante, un altro membro accanto a sé o concentrandosi su qualche filo immaginario nel bordo dei loro vestiti. Yona, a quel punto, scosse la mano cercando di attirare gli occhi dei sette giovani e, quando tutte le loro teste furono rivolte verso di lei, indicò Yoongi. L'uomo, mordendosi l'interno della guancia, trasse un respiro. 

 

-"Seven" is... a... lucky number...

 

Yona fissò il giovane annuendo con veemenza, prendendo a muovere la bocca in sillabe lente. 

 

-... for us. 

 

La donna sollevò il pollice con un'espressione soddisfatta, passando poi lo sguardo su Hoseok. Questo, spalancando gli occhi, si schiarì la gola. 

 

-Yeah, ehm... seven years... 

 

L'insegnante annuì, spingendo le mani verso il basso in gesti deliberati e mimando con la bocca "Esatto, vai con calma, prendi tempo".

 

-... seven members... 

 

Taehyung, senza che Yona dicesse niente, iniziò a parlare. 

 

-Lucky seven! 

 

La donna gli lanciò un sorriso vittorioso, osservando mentre il resto del gruppo si scioglieva in brevi commenti e piccole battute, accodandosi al giovane. 

 

-And what was the inspiration for this album? (E quale è stata l'ispirazione per questo album?) 

 

Yona sapeva che Namjoon avrebbe iniziato a rispondere alla domanda in modo più esteso, per poi lasciare spazio a uno dei suoi compagni per terminare con "Anche i nostri fan, loro sonno sempre un'ispirazione per noi". La donna, perciò, passò in rassegna i volti dei cantanti intenti a osservare il loro leader. E il suo sguardo si fermò sull'uomo dalle larghe spalle che sembrava deciso a evitare i suoi occhi. Quando Namjoon ebbe terminato la sua frase, però, tutti si rivolsero verso di lei, forse in attesa delle sue indicazioni. Perfino Seokjin la guardò, soppesando le sue mani e il suo viso con una leggera tensione nelle sopracciglia. E Yona, sollevando l'indice, indicò proprio lui. Segnalandogli con un gesto di stare tranquillo, si toccò il petto formando con la bocca "Our". L'uomo la fissò con occhi terrorizzati per qualche istante, prima di inspirare. 

 

-Ehm... our... 

 

Yona annuì poi, allungando le labbra, iniziò a soffiare aria mentre pronunciava "fans". 

 

-... ffans... also... 

 

L'insegnante si lasciò sfuggire un sorriso, prima di indicare un cerchio davanti a sé. 

 

-... they are... ehm... 

 

Yona annuì, incoraggiandolo a proseguire con occhi attenti. 

 

-... always our... inspiration.

 

La donna chiuse il pugno, lanciando la mano in aria con un sorriso vittorioso, prima di sollevare entrambi i pollici in direzione di Seokjin. L'uomo, che le lanciava sguardi di sfuggita per non far notare dove era appoggiata la sua attenzione, si portò una mano davanti alla bocca per coprire quello che la donna notò essere un risolino divertito. 

 

 

 

-Siete stati grandi! 

 

Non appena l'intervistatrice ebbe lasciato il set, la donna marciò davanti ai giovani, aprendosi in un sorriso ampio. 

 

-La pronuncia era davvero ottima e non avete fatto errori notevoli di sintassi. Siete andati bene, rilassatevi! 

 

I sei ragazzi si guardarono a vicenda, prima di riportare gli occhi sulla donna e rilasciare un lungo sospiro collettivo che li fece sgonfiare di tutte le tensioni che sembravano aver accumulato durante l'intervista. 

 

-Ha ragione, si vede già un miglioramento dall'ultima volta- aggiunse allora il leader, rivolgendo uno sguardo fiero di fianco a sé dal posto centrale in cui si trovava. 

 

-Pensavo di morire- mormorò in risposta Jungkook, seppellendosi il volto fra le mani e scatenando una risata nell'insegnante. 

 

-E invece è andato tutto bene. Non è così terribile, no? Avete le capacità, dovete solo mantenere la calma e la sicurezza in voi stessi per usarle al-

 

Una vibrazione nella tasca dei suoi pantaloni portò Yona ad abbassare lo sguardo. Sfilando il cellulare, tirò le labbra in una linea. 

 

-Scusate un attimo, ragazzi. 

 

Il gruppo annuì mentre Yona leggeva il messaggio e si voltava verso l'uscita del set, controllata da un paio di bodyguard vestiti in nero e con voluminosi walkie-talkie attaccati alle cinture. 

 

Da: Pa' 

Siamo qui fuori ma non ci fanno entrare. 

 

La donna percorse il lungo corridoio che portava a delle scale antincendio, tramite il quale si poteva raggiungere il retro dello studio televisivo in cui si trovavano. Affacciandosi oltre il bordo, vide la testa di capelli diradati di suo padre, insieme ai riflessi della chioma scura di Jewel. Scendendo le scale, Yona raggiunse il secondo paio di bodyguard che si frapponeva fra lei e le due persone che la attendevano. 

 

-Guys, they're with me, sorry (ragazzi, loro sono con me, scusate)- disse a corto di fiato, facendo voltare i due uomini americani verso di lei mentre sollevava il tesserino che portava al collo. I due annuirono, scostandosi velocemente per far passare suo padre e la sua sorellastra. Nell'istante in cui il passaggio fu libero, la donna si ritrovò intrappolata in una abbraccio che le tolse il respiro. Con un sorriso, abbassò lo sguardo sulla ragazzina avvinghiata al suo busto. 

 

-You've become quite as tall as me (Sei diventata quasi alta quanto me). 

 

La testolina mora si sollevò per mostrare il sorriso di Jewel, che la osservava con occhi adoranti. 

 

-Davvero?- replicò rapidamente, prima di tornare a stritolare la donna nel suo abbraccio. 

 

-Mi sei mancata un sacco! 

 

Yona sollevò la bocca in un sorriso. 

 

-Il tuo coreano è migliorato molto. 

 

Mentre la ragazzina scioglieva la sua morsa per attorcigliare le mani attorno al suo braccio, annuì con veemenza. 

 

-Papà mi ha aiutato. 

 

-Papà ha fatto ben poco- pronunciò la voce rauca alle loro spalle. Mentre Yona sollevava uno sguardo sull'uomo in piedi dietro di loro, prese a trascinare Jewel verso le scale antincendio. 

 

-È bello vederti, scricciolo. Ti abbiamo interrotto durante il lavoro? 

 

La donna scosse il capo distrattamente, notando come l'uomo aveva infilato in modo impacciato le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, seguendole mentre salivano le scale. 

 

-No, non vi preoccupate. Avevamo finito ormai. 

 

Abbassando lo sguardo sui gradini metallici, si concentrò su un passo dopo l'altro, cercando di coordinarsi con la ragazzina attaccata al suo fianco per evitare di dondolare instabilmente. 

 

-Bene, quindi... sei con il gruppo di idol, giusto? 

 

Yona gli lanciò uno sguardo, prima di riportare la sua attenzione ai gradini. 

 

-Sì, esatto, quel nuovo lavoro di cui ti parlavo. 

 

Suo padre annuì, contemplando a sua volta il pavimento. Yona, nel mentre, aveva abbassato la maniglia della porta di vetro che conduceva all'interno dello studio televisivo, facendo passare Jewel e mantenendola aperta per suo padre. 

 

-Non è che... per caso sono quei Bangtan Sonyeondan di cui si parla tanto? 

 

La donna si bloccò per un istante. Non aveva mai detto il nome del gruppo, neppure a sua madre. All'inizio, era per mantenere una sorta di privacy nei confronti degli idol, ma poi, pensò Yona, divenne quasi una consuetudine evitare di entrare troppo nei dettagli riguardanti i suoi studenti. 

 

-Sì, sono proprio loro.

 

Non era difficile trarre quella conclusione. Non erano molti i gruppi che facevano tour di promozione in America, men che meno in studi televisivi di una certa portata come quelli in cui si trovavano in quel momento. La donna, però, studiò con cautela suo padre, mentre conduceva la marcia lungo il corridoio che terminava in una green room per gli artisti e in diverse stanze addette a guardaroba, styling e attrezzature varie. 

 

-Che coincidenza. Hai visto, Jewel? Avevo ragione alla fine. 

 

Yona si forzò a continuare a camminare mentre un groppo le saliva in gola e il fantasma delle coliche mattutine tornava a solleticarle lo stomaco. La ragazzina al suo fianco abbassò lo sguardo al pavimento, stringendo maggiormente la presa attorno al suo braccio, mentre la donna deglutì pesantemente e prese a parlare con un tono leggermente forzato. 

 

-Cioè? 

 

Non si voltò verso suo padre. Si concentrò sul mostrare il tesserino alla seconda coppia di bodyguard e mirare a raggiungere la stanza del guardaroba che sapeva essere vuota e dove avrebbero potuto sistemarsi per conversare un po'. 

 

-Jewel è diventata ossessionata da quel gruppo perciò, anche se non ne avevo la certezza, ho capito che potevano essere i tuoi nuovi studenti. Ho pensato che... se non era un problema... potevi provare a fargliela conoscere? 

 

Yona sentì la stomaco stringersi su se stesso e la bile risalirle fino alla gola. Avrebbe voluto piegarsi in due, lì, nel mezzo del corridoio, perché le fitte erano tornate più violente di prima e le stavano lacerando l'intestino. Invece, con la mandibola tesa e gli addominali contratti al massimo per impedirsi di accartocciarsi a terra, si voltò verso l'uomo alle sue spalle, che la guardava con una smorfia incerta.

 

Yona respirò e tirò le labbra le sorriso più ampio che avesse mai indossato. 

 

-Ma certo.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Oh, preparatevi che al prossimo capitolo vi uccido XD ebbene, abbiamo teorie per il futuro? Mi sono resa conto che i conflitti dei miei personaggi femminili hanno quasi sempre a che fare con il loro rapporto con i genitori, non so che cosa dice di me questa cosa, ma Freud ci andrebbe a nozze XD 

 

E oggi, soprappesi a sorpresona, un altro sneak peak sulla nuova storia! Oggi, vi presento il mito d’origine dell’Impero di Taeyang, che sarà il luogo in cui si svolgeranno le principali. Ogni nazione che trovate nella mappa che ho creato infatti trae ispirazione da una nazione nella realtà anche se… c’è un leggero twist. Poi scoprirete di che si tratta 😛 per ora, sappiate che l’impero di Taeyang corrisponde ovviamente alla Corea. 

 

“Il Dio Sole e la Dea Luna esistevano dall’alba dei tempi. Nel loro rapporto erano perfetti, in quanto bilanciavano luce e oscurità, bene e male, giorno e notte. Ma non c’era nessun altro a godere della loro armonia. Fu così che diedero origine ai loro primogeniti, Alba e Tramonto, e in seguito ad Autunno, Primavera, Estate e Inverno. Ma Alba e Tramonto volevano condividere i loro splendidi colori con occhi innocenti, Primavera voleva rallegrare la vita di qualcuno con i suoi maestosi fiori ed Estate voleva prendersi cura di qualcuno nutrendolo con i suoi prodotti. Fu così che il Dio e la Dea crearono la Terra e gli esseri umani. Ma quando ebbero finalmente completato la loro creazione, si accorsero che per mantenere in equilibrio il nuovo mondo che avevano creato dovevano separarsi. Avrebbero dovuto camminare lungo la Terra costantemente, senza mai avere l’opportunità di incontrarsi. Si dice che solo durante le eclissi i due amanti abbiano modo di ricongiungersi, anche se solo per pochi istanti.” 

 

Ps: per caso conoscete qualche artista interessat* a partecipare a San Marino comics? 😅 perché sto cercando qualcuno con cui dividere il tavolo e abbassare quindi la cifra assurda di partecipazione. Se sapete qualcosa mi fareste un grande favore 😪

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Capitolo 36
*** 34. Say no to this ***


-Dove sei stato ieri sera, Jin-hyung? 

 

L'uomo si voltò di scatto verso Hoseok che, seduto accanto a lui nella green room, lo fissava con un ghigno maledettamente saccente sulle labbra. 

 

-Di cosa stai parlando? 

 

Il suo amico non parve notare la sua espressione corrucciata, perché la smorfia sul suo volto non fece che allargarsi ancora di più, attirando anche l'attenzione dei maknae seduti vicino a loro nel divano di pelle. 

 

-Volevo venire a trovarti ieri sera, ma quando ho bussato alla tua stanza non c'eri. 

 

Jin spalancò istintivamente le palpebre, sentendo un brivido freddo camminargli lungo la colonna vertebrale. Schiudendo le labbra, iniziò a balbettare impacciatamente. 

 

-Devi... Devi avermi preso in un momento in cui ero in bagno. 

 

Hoseok, però, scosse la testa assottigliando gli occhi. 

 

-Ho insistito per diversi minuti prima di gettare la spugna e il caso vuole che poco dopo ti ho visto tornare nella tua stanza veloce come una furia e con il viso in fiamme. Perciò... dov'eri, hyung? 

 

Seokjin strinse le labbra, percependo già il calore concentrarsi sulla punta delle orecchie mentre cercava di congiurare una scusa qualsiasi alla velocità della luce. Nulla, però, sembrava voler raggiungere il suo cervello, perciò si preparò per porre una mano sulla spalla del suo dongsaeng e cercare di distrarlo cambiando completamente argomento. Prima che potesse emettere una sola parola, però, la porta della stanza si aprì in uno spiraglio. Attraverso di esso, il viso che era la causa del suo presente imbarazzo si affacciò indossando un ampio sorriso. Quel sorriso, tuttavia, fece aggrottare le sopracciglia del giovane. Le sue labbra, infatti, erano tese in maniera innaturale, in una piega forzata e tremante. Ma erano i suoi occhi a confonderlo di più. Sembravano privi di ogni traccia di calore, vuoti e risonanti di un turbamento che stonava con il resto del suo viso. 

 

Seokjin aveva visto il suo sorriso canzonatorio, il suo sorriso sincero e il suo sorriso preoccupato. Ma l'espressione che indossava la donna in quel momento fece formare un groppo di preoccupazione nel suo petto e l'uomo non aveva la più pallida idea di cosa fare al riguardo. 

 

-Scusate, ragazzi, posso chiedervi un favore?- chiese Yona con un tono eccessivamente zuccheroso. Doveva forse imitare il tono che usava quando cercava giocosamente di addolcire una dura lezione o una notizia che non sarebbe loro piaciuta. Ma usato in quel modo pareva nascondere qualcosa che la donna non voleva mostrare. I membri, allora, si guardarono fra di loro e, dopo un istante di esitazione, annuirono con un velo di curiosità. Lei, se possibile, sorrise ancora di più. Seokjin, però, notò le nocche bianche che stritolavano il bordo della porta. 

 

-Posso presentarvi la mia... una persona? 

 

L'uomo studiò il lampo di incertezza che attraversò il viso di Yona a quella frase interrotta e il suo cervello, lentamente, iniziò a mettere insieme i pezzi del puzzle. E, quando il gruppo ebbe acconsentito, ne ebbe la conferma. Una ragazzina adolescente dai tratti asiatici, evidentemente ingentiliti da un'influenza occidentale, comparve timidamente alle spalle dell'insegnante non appena la porta si aprì completamente. Lo sguardo di Seokjin, però, fu catturato dall'uomo di mezz'età che stava in piedi dietro di loro con uno sguardo incerto che saettava dal pavimento alle due persone davanti a lui. 

 

-Questa è Jewel- presentò a quel punto la donna, indicando con la mano la ragazzina, che si piegò immediatamente in un profondo inchino. 

 

-È... un onore conoscervi...- balbettò la giovane, con il viso rosso e le mani tremanti. I ragazzi, aprendosi in sorrisi indulgenti, la salutarono ringraziandola e cercando di calmarla con parole d'incoraggiamento. Gli occhi di Seokjin, nel mentre, non facevano che continuare a saettare in direzione dell'uomo dalla statura nervosa fermo sulla soglia della porta e sul pugno serrato in una morsa appoggiato al fianco di Yona.

 

L'incontro durò poco, giusto il tempo di qualche frase di circostanza e di numerosi ringraziamenti da parte della ragazzina, prima che il trio attraversasse nuovamente la porta, lasciando solo il volto dell'insegnante oltre la soglia. 

 

-Grazie per il favore, ragazzi- sussurrò, aprendosi in un sorriso che sembrava più naturale del precedente. Questo, d'altro canto, significava che rispecchiava in modo più sincero anche il turbamento che si nascondeva dietro di esso, accentuando la piega sulla fronte, abbassando gli angoli della bocca e spegnendo ancora di più la luce dietro a quegli occhi scuri. Ma, in un batter d'occhio, Yona e il suo sorriso inquieto sparirono dalla sua vista e Jin non poté fare altro che rimanere a contemplare la porta chiusa con sopracciglia aggrottate. 

 

-Quindi... chi era quel tipo? Suo padre? Le assomigliava un po'. 

 

-Sì. 

 

La risposta lasciò le labbra del maggiore prima ancora che potesse capire la domanda. Le parole scambiate la sera precedente, però, continuavano a rimescolarsi nel suo cervello, dipingendo il ricordo del viso di quell'uomo con i colori della sofferenza di Yona. E Jin sapeva, con incrollabile certezza, che la donna non stava bene. Il trauma degli anni passati non se n'era andato da lei e la presenza di quell'uomo sembrava averla trascinata nelle sue grinfie con prepotenza. 

 

-E tu come fai a saperlo?

 

Jin mantenne lo sguardo sulla porta serrata, ignorando la domanda. 

 

-La ragazzina era la sua sorellastra- mormorò, forse più a se stesso che ai presenti. Jin percepì un silenzio attonito prendere piede nella stanza e riflettere i dubbi dei suoi amici, ma l'atmosfera fu interrotta dall'ingresso del loro manager, recante buste ricolme di cibo da asporto. 

 

-Il pranzo è arrivato!- esclamò, poggiando velocemente i carichi mentre i membri iniziavano ad accalcarsi attorno alle scatole di plastica per contemplare il contenuto. Il manager si piegò in avanti, schiaffeggiando mani impazienti per dividere le scatole per ogni membro e Jin, distrattamente, notò l'assenza del bordo rosso del pacchetto di sigarette che spuntava sempre immancabilmente dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni. Un vassoio atterrò allora sul suo grembo, facendogli abbassare lo sguardo sul piatto di pad Thai in salsa di arachidi che gli scaldava le gambe anche attraverso lo strato di plastica e tessuto, mentre iniziava a percepire il rumore dei suoi compagni intenti a divorare voracemente il loro pasto. Seokjin, però, sentiva lo stomaco chiuso. 

 

-Devo... andare un attimo in bagno.

 

Nessuno gli prestò attenzione quando poggiò il suo vassoio sul tavolino accanto al divano di pelle e si alzò, lasciando la stanza in un paio di falcate. 

 

 

 

Non appena la porta si chiuse alle sue spalle, Yona si voltò verso le due persone ferme di fronte a lei, aprendo le labbra in quel sorriso ampio che si era incollata sul viso con fin troppa veemenza. I suoi occhi, istintivamente, scivolarono sull'uomo che osservava con soddisfazione il viso eccitato della ragazzina. 

 

"Sei contento di aver reso felice la tua bambina?" 

 

La donna si morse il labbro inferiore, infilando la mano nella tasca dei jeans stracciati a vita alta che indossava quel giorno e pescando il telefono mentre ascoltava vagamente il concitato fiume di parole di Jewel. 

 

-Grazie grazie grazie! È il giorno più bello della mia vita! Oh mio Dio... li ho incontrati per davvero! 

 

Yona cercò di rilassare le dita attorno all'oggetto mentre faceva scorrere il suo pollice sullo schermo per aprire un messaggio che non esisteva. 

 

-Adesso per ringraziare Yona che ne dici se andiamo a- 

 

-Accidenti!- esclamò la donna, scuotendo la testa con fin troppa enfasi mentre fingeva di leggere un testo inesistente. Sollevando lo sguardo, plasmò il suo viso in un'espressione dispiaciuta. 

 

-A quanto pare è sorto un imprevisto. Devo rimanere ancora un po' qui per sistemare una faccenda. Ma voi andate a mangiare, non preoccupatevi per me! Vi raggiungerò appena mi è possibile. 

 

Yona sollevò le sopracciglia nell'espressione più convincente che riuscì a congiurare, mentre osservava con fredda ironia la delusione farsi spazio sul viso della ragazzina. Il volto di suo padre, invece, era illeggibile. Era deluso? Aveva capito il suo stato d'animo? O semplicemente era completamente indifferente alla sua presenza? 

 

"Che stupida", pensò.

 

"Anche adesso ti illudi che gliene importi qualcosa?" 

 

L'uomo annuì, studiando il suo viso con un velo di incertezza. 

 

-Ok, se proprio non riesci a liberarti... ti aspetteremo al ristorante. Ti mando il nome appena scegliamo dove andare. 

 

Yona sollevò gli angoli della bocca, ma sapeva dalla mancanza di rughe attorno ai suoi occhi che in essi si poteva leggere tutta la sua sterile indifferenza.

 

-Ma certo. 

 

E la donna a quel punto li salutò, indirizzandoli verso la porta di vetro da cui li aveva da poco fatti passare e voltandosi nella direzione opposta. Proprio in quel momento, incrociò il manager carico di buste diretto verso la green room dove il gruppo si trovava. E per Yona fu troppo facile. Troppo. E la sua mente era troppo tempestosa per fermarla. Troppo distratta. Fingendo di aiutarlo aprendo la porta per lui, fu stupidamente facile sfilare il pacchetto di Marlboro dalla tasca dei suoi pantaloni, facendolo scivolare poi dentro alla manica della sua giacca di pelle da motociclista. E salutando con un sorriso innocente l'uomo grato, scivolò verso l'unica stanza con la porta aperta e la luce spenta, una chiave inserita nella serratura interna e un accenno di attrezzatura e scenografia a fare capolino dall'interno. 

 

-Unnie? Dove vai? 

 

La voce di Estella, che si era affacciata dal guardaroba dove tutte le stylist erano riunite attorno a stand carichi di grucce, la fece girare di scatto, spingendo nervosamente il pacchetto nella sua manica con la punta delle unghie. 

 

-Il manager mi ha chiesto di prendere una cosa- replicò senza pensare, voltandosi velocemente e ignorando lo sguardo corrucciato della giovane. E quando raggiunse la stanza per le attrezzature serrò la porta alle sue spalle e girò la chiave nella toppa fino a raggiungere il limite di mandate che poteva dargli. 

 

Nella semioscurità della stanza, interrotta solo dalla piccola finestrella orizzontale posta vicino al soffitto, si accasciò contro la superficie fredda dietro di lei e si portò una mano all'addome, arpionando la t-shirt che lo ricopriva fino a raggiungere con le unghie perfino la pelle sottostante. Sbattendo la testa contro la porta, si lasciò scivolare fino a che non fu seduta sul pavimento gelido mentre respiri corti e superficiali uscivano dalle sue labbra. Le lacrime rabbiose arrivarono dopo un battito di ciglia, scorrendo violente come olio bollente sulla sua pelle mentre i singhiozzi le strappavano il respiro. 

 

"Maledetto bastardo..."

 

"Come ho potuto anche solo pensare che fosse cambiato qualcosa?" 

 

Il viso di suo padre tornava alla sua memoria ancora e ancora, insieme a quello sguardo fiero, quel piccolo sorriso di contentezza che inavvertitamente prendeva possesso della sua bocca quando guardava sua figlia. La sua unica figlia. La figlia che amava, che aveva cresciuto e che aveva seguito in ogni suo passo. L'unica figlia che contava nella sua testa. 

 

Aveva guidato per ore, probabilmente svegliandosi all'alba per raggiungere Los Angeles. Solo per rendere felice sua figlia. 

 

E lei? 

 

Lei era lo strumento per tale scopo. 

 

Lei era la persona a cui chiedere il favore. Non si vedevano da mesi, eppure la sua preoccupazione era sfruttarla per rendere felice sua figlia. 

 

Yona si portò una mano sulla fronte, lasciando che i singhiozzi risuonassero nella stanza deserta. Le luci di scena, le soft box e i rotoli di greenscreen erano gli unici testimoni del suo collasso.

 

"Ti odio." 

 

"Non ti darò mai più niente di me." 

 

"Puoi scordarti la fiducia... puoi scordarti affetto e perdono." 

 

"Non avrai mai più nulla da me!" 

 

Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma aveva avuto un minimo di lucidità per ricordare che si ritrovava nel suo posto di lavoro e che fare una scenata si sarebbe tradotto nel suo licenziamento. E poi c'era Jewel. Jewel non meritava di vedere. Non era colpa sua se era la figlia preferita. 

 

E allora Yona aveva trattenuto, trattenuto, trattenuto. E in quel momento le fitte tornarono a pugnalarle l'intestino più violente che mai, facendole soffocare un gemito mentre con dita tremanti estraeva il pacchetto dal bordo rosso che spuntava dalla sua manica. 

 

"Non farlo." 

 

La parte razionale di sé le ricordava insistentemente tutto il duro lavoro che ci era voluto per liberarsi dalla sua dipendenza, tutti i mesi di emicranie e malumori e l'accumulo di peso e l'aumento di appetito ma alla Yona accartocciata contro la porta non importava. Con gesti automatici che la riportarono indietro alla sua adolescenza, quando si nascondeva nel bagno della scuola per fare un tiro con le sue amiche, si avvicinò alla finestrella, arrampicandosi sopra a scatoloni polverosi fino a raggiungere la maniglia e aprirla. Scivolando giù fino a tornare rannicchiata nel suo angolo, afferrò il pacchetto trovando, come aveva sperato, un accendino infilato dentro. Estraendo una sigaretta, la appoggiò fra le labbra iniziando ad assaporare i primi accenni di tabacco sulla punta della lingua. 

 

"Chiama Cho. Fatti aiutare!" 

 

Ma il suo pollice era già sul tamburo dentellato dell'accendino e con gesti nervosi e tremanti cercava di spingerlo giù con forza sufficiente da fargli generare una fiamma. Le sue mani a coppa contro la sigaretta, però, erano incerte e rattrappite e l'accendino le scivolò dalle dita cadendo con un tonfo lieve sul pavimento. La donna lo afferrò ancora una volta, spingendo, spingendo, spingendo e il suono del tamburo che grattava si ripeteva ancora e ancora a vuoto, e nessuna fiamma usciva. E le mani di Yona erano sudate quando l'accendino scivolò ancora una volta da esse, viaggiando lontano da lei sul pavimento gelido, come a sbeffeggiarla. 

 

La donna, a quel punto, si sfilò la stupida sigaretta dalla bocca, lanciandola in un punto imprecisato davanti a lei, mentre i singhiozzi tornavano a rompere il suo petto in fiamme. Fino a che un lieve bussare non riverberò lungo la superficie della porta raggiungendo il suo corpo. 

 

-Yona? 

 

Il respiro le morì in gola e la saliva si prosciugò dalla sua bocca. 

 

-Estella ha detto di averti visto entrare qui dentro, perciò... sei qui? 

 

La voce di Seokjin aveva una nota di preoccupazione a dipingere il suo tono dolce e melodioso. Yona si attorcigliò le mani attorno all'addome, seppellendo un gemito fra i denti. 

 

-Volevo, ecco... stai bene? 

 

La donna si trattenne dallo scoppiare a ridere. Infilzando la pelle sotto alle unghie, si morse il labbro fino a sentire il sapore del sangue sulla punta della lingua.

 

-Ricordi... quello che ho detto ieri sera? Io posso... ascoltare. Anche da qui. Non c'è bisogno che apri. 

 

L'insegnante sollevò gli angoli della bocca in un sorriso amaro. In qualche modo la scena riecheggiava un ricordo inverso, in cui lei si trovava nella stessa posizione di Seokjin e faceva le stesse domande con la stessa cautela. Ironico come i loro ruoli si fossero invertiti. 

 

"Fallo entrare." 

 

Yona strizzò le palpebre. Quella voce che fino a poco prima la consigliava verso il percorso più giusto aveva iniziato ad assumere un tono sinistro, che puzzava di errori e perdizione. 

 

"Fattelo. E vattene. Fatti licenziare. Poni fine a questa storia. Scappa. Scappa. Scappa!" 

 

La donna contemplò quell'opzione. Togliersi quella soddisfazione. Distruggere quell'uomo e quel potere che aveva su di lei. E finire tutto, ricominciare da capo ancora una volta. E questa volta sarebbe andata meglio. Questa volta non avrebbe fatto più errori. 

 

Yona si sollevò contro la porta, strisciando fino a raggiungere una posizione eretta e sfregandosi con la manica il viso nello stupido tentativo di rimuovere le tracce di eye-liner che dovevano sicuramente aver dipinto la sua pelle. E la voce di Cho iniziò a riempire la sua testa, rimbombando nello spazio cavo e freddo. 

 

"La verità è che le tue relazioni terminano velocemente perché tu cerchi di sabotarle ogni volta".

 

Yona appoggiò la mano sulla maniglia, ispirando aspramente il muco che era colato dal suo naso. 

 

"Trovi un motivo per troncare i rapporti con ogni uomo, anche con i più promettenti, perché non fai altro che vedere tuo padre." 

 

Sì, era vero. 

 

Erano tutti come lui. 

 

Non valeva la pena investire sentimenti, mettersi alla prova. Prima o poi, se ne sarebbero andati e l'avrebbero lasciata da sola. Tutti. 

 

"Il tuo istinto ti dice 'scappa' e tu lo fai. Chiudi il rapporto prima che loro se ne possano andare." 

 

Era giusto così. 

 

Le dita di Yona abbracciarono la chiave, girando la prima mandata. 

 

"Ma non sono tutti come lui. Prima o poi, qualcuno vorrà restare e lotterà per te. Gli devi solo dare una chance." 

 

No, non poteva. Non poteva rischiare. 

 

La chiave girò ancora una volta e la donna accostò l'orecchio alla superficie per ascoltare il rumore dei meccanismi che si incastravano. E all'improvviso la maniglia si abbassò. Con un gesto rapido, spalancò la porta, scontrandosi con la vista dell'alto uomo dal piccolo viso innocente dipinto da un'espressione sorpresa, confusa e vagamente preoccupata. 

 

"Distruggilo." 

 

"Caccialo." 

 

"Prendilo." 

 

"Vattene via." 

 

"Vai via da me!"

 

"Sei come lui." 

 

Ma l'istinto di Yona doveva aver preso il sopravvento. Perché mentre la sua testa urlava, le sue braccia circondarono il busto di Seokjin, il suo volto affondò nel suo petto e i singhiozzi ricominciarono a farla soffocare. E prima che potesse capire cosa stava succedendo, l'uomo l'aveva spinta all'interno della stanza e si era poggiato contro la porta, stringendola a sé.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

So…. 😶🙃 How are we? You good? Benvenuti nella sezione “Jin ricambia il favore e aiuta Yona a guarire”. Non temete, l’angst non durerà molto e ne varrà la pena. Inizialmente, non avevo progettato di mettere un momento del genere per Yona perché lei doveva rappresentare la persona che ha compiuto il suo viaggio e ha superato i suoi traumi, avendo quindi la forza per sollevare altri. Ma mi sono resa conto che in questo il peso della narrazione era sbilanciato. La dinamica tra Yona e Jin sarebbe stata quella di terapeuta e paziente più che di due persone alla pari, confidando quasi su un istinto da crocerossina per lei e un transfer per lui. In questo modo, invece, il terreno è lo stesso per entrambi e non dà per scontato che un percorso di guarigione non abbia delle ricadute o che non lasci dietro di sé comunque delle cicatrici. 

 

Cosa ne dite? Siete d’accordo con questa scelta? 

 

Also, non c’entra ma ne voglio parlare, finalmente ho visto Arcane da mo’ che è uscito e… wow. Cioè… wow. Un prodotto così non esisteva da una vita. È quasi impossibile trovargli un difetto. Non sto facendo altro che studiarne ogni aspetto e personaggio per imparare come creare una storia che sia almeno il 10 per cento appassionante come quella, con personaggi tridimensionali, senza categorie mette tra buono e cattivo ma con diverse sfumature di carattere che li rendono davvero umani. Wow. Sono innamorata di Vi e Jinx, ma il lavoro che è stato fatto con Silko è semplicemente… non ho parole. È assurdo, ma penso sia il mio personaggio preferito (per come è stato scritto ovviamente, non per le azioni che compie). Il massimo di antagonista a cui potevamo aspirare negli ultimi tempi era Thanos e invece adesso… Silko è mille volte più convincente nel suo rapporto con Jinx. Ah… lacrime. Che dire, se lo avete visto ditemi che ne pensate, se non lo avete visto fatelo. È un imperativo morale, giuro che vi cambierà la vita.

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Capitolo 37
*** 35. I’m here ***


"Scappa." 

 

La sua testa non taceva. Anche se le sue dita stringevano di più la camicia dell'uomo, anche se i suoi singhiozzi venivano assorbiti uno dopo l'altro dalla sua spalla, anche se la donna poteva sentire una timida mano sui suoi capelli in segno di conforto, la sua mente urlava ancora. 

 

"Caccialo!" 

 

Yona provò a spingerlo debolmente lontano da sé, allontanandosi dal suo corpo appena di qualche centimetro mentre lui, dopo un istante di sorpresa, cercò di mantenerla vicina a sé stringendo maggiormente la presa sulla sua schiena. La donna prese a scuotere il capo con gesti confusi e la testa fra le nuvole. 

 

-No...- mormorò con la voce arrochita dalle lacrime. 

 

-Vattene... 

 

Le mani appoggiate alla sua schiena, però, la spinsero delicatamente verso il posto in cui si trovava, contro l'ampio petto dell'uomo, lavorando con la sua riluttanza ad allontanarsi e accalappiandola nel suo abbraccio accogliente. Yona prese la camicia fra le unghie. 

 

-No... vattene... 

 

Sentì qualcosa appoggiarsi sull'apice della sua testa e, quando percepì le vibrazioni di una voce nel suo cranio, capì che era il mento dell'uomo. 

 

-Vuoi davvero che me ne vada? 

 

La bocca della donna si prosciugò. Non riusciva a deglutire e il suo cervello iniziò a vorticare su se stesso come un giocattolo rotto. Cosa voleva davvero? 

 

"Vattene!" 

 

"Resta!" 

 

"Allontanati da me! Sei come lui!" 

 

-... non mi lasciare... 

 

Yona sentì una voce pronunciare quella frase ma le ci volle qualche istante per realizzare che appartenesse a lei. 

 

-Non... te ne andare... anche tu...

 

Il petto della donna si strinse su se stesso all'ultima parola, chiudendo ogni via aerea per un lungo, doloroso secondo. Fu allora che sentì le mani sulla sua schiena farsi un po' più pesanti, un po' più presenti. 

 

-Non vado da nessuna parte. 

 

-Qualcuno vorrà restare...

 

"Perché lo dovresti volere?"

 

"Chi mai vorrebbe restare?" 

 

"Nessuno vuole. Nessuno è disposto a sopportare... questo." 

 

Eppure lui era lì. Senza dire una parola, senza chiedere spiegazioni, senza pretendere nulla in cambio, la stringeva. Le impediva di cadere ancora più a fondo di quanto già non fosse. Anche se era sul punto di annegare, l'aveva attirata vicino alla superficie, lasciandole assaporare un accenno di aria. 

 

-Perché non te ne vai? 

 

La sua voce era debole e gracchiante, ma nella stanza vuota e immersa nel buio risuonava chiara e inequivocabile. 

 

-Tutti se ne vanno...- mormorò con sguardo assente, fissato sulla piega che stava rovinando la camicia sotto al suo naso. 

 

-Lui se ne va sempre... 

 

E quella fu la famosa goccia che fece traboccare il vaso. La crepa che lo fece finalmente cadere a pezzi. La piuma che fece crollare la sua torre di sofferenza. 

 

-Lui se ne va... e non gli importa... 

 

I singhiozzi ripresero a strapparle la voce, rompendole il petto in due. 

 

-Non gli importa niente di me... esiste solo la sua figlia perfetta... 

 

Yona strinse i pugni attorno alla camicia, percependo in lontananza un mormorio dalle labbra dell'uomo atto ad ammansirla. 

 

-Non gli importa di... ferirmi... non gli importa di... preoccuparsi per me... io non... sono sua figlia... 

 

La donna, per un attimo, soffocò nel suo stesso respiro, deglutendo pesantemente e lasciando la sua gola in fiamme. 

 

-Non sono sua figlia... 

 

Se possibile, la donna vide la camicia farsi ancora più vicina al suo naso e il suo petto incollarsi ancora di più a quello dell'uomo. Le sue mani la stringevano, impossibilmente vicina, ancora più vicina. 

 

-Non meriti niente di tutto ciò e mi fa male il pensiero che qualcuno possa considerare di farti questo. 

 

Yona si morse il labbro tremante, assaporando le parole di Seokjin con una nota di confusione nella testa. Non lo pensava davvero. Non era possibile che lo pensasse davvero. Era solo una frase di circostanza. Certo, solo quello. 

 

-Sei una persona straordinaria. Non capisco come qualcuno potrebbe allontanarsi da te. 

 

Solo frasi di circostanza. 

 

Non lo pensava davvero. 

 

Non era vero. 

 

Continuava a ripeterselo, perché in questo modo aveva senso nella sua testa. 

 

-Io di certo non lo farò.

 

Yona sentì il cuore fermarsi. Incastrato nella sua gola, l'organo pareva morto, per un istante. 

 

Solo una frase di circostanza. 

 

Era solo... una frase di circostanza. 

 

-Abbiamo fatto una promessa, no? Mi stavo già preparando ad affinare le mie doti culinarie per quando dovrò prepararti la colazione.

 

Il leggero sorriso che si percepiva nella voce dell'uomo la portò a immergersi nel mondo delle sue parole. Un mondo in cui non sarebbe stata sola, in cui qualcuno sarebbe stato seduto accanto a lei a parlare, ad ascoltarla, a essere felice di passare del tempo con lei. Anche se non come amante, almeno come amico. 

 

Qualcuno disposto a restare. 

 

E Yona si trovò ad annuire. Con gesti deboli, scuoteva il capo contro la camicia stropicciata dell'uomo mentre cercava di scacciare la nebbia dalla sua testa. Fino a che non sentì il suono di cartone stritolato sotto alla scarpa dell'uomo. E, abbassando gli occhi sul mocassino di pelle nera, intravide il bordo rosso emergere timidamente, insieme a qualche sigaretta che era esplosa fuori dal pacchetto a causa della pressione. Il suo primo istinto fu di nascondere la prova, ma in breve tempo si accorse che l'uomo aveva abbassato lo sguardo a sua volta, sollevando il piede dal pacchetto spappolato contro il pavimento. Fu allora il secondo istinto di Yona ad aprirle la bocca. 

 

-Non dirlo a Cho. 

 

Le parole scivolarono dalle sue labbra febbrili e leggermente spaventate. Quando il piede dell'uomo si appoggiò sul pavimento a qualche centimetro dalla sua vittima, Yona si preparò all'impatto della sua risposta stringendo la mandibola con lo sguardo incollato sul corpo del reato. 

 

-Io non dirò niente, ma... 

 

Yona trattenne il respiro. 

 

-... pensi che sia la scelta giusta? 

 

No, non lo era e lo sapeva bene. 

 

-Non posso deluderla. Non posso... non posso... ho già deluso me stessa...- mormorò, fissando il tabacco che fuoriusciva dalle sigarette ferite come sangue da un cadavere. Il cadavere della sua colpa. La sua debolezza. Ci era cascata di nuovo. Se non fosse stato per l'accendino fallace, sarebbe ritornata al punto di partenza, a dipendere da un fattore esterno e autodistruttivo per risolvere i suoi problemi e far tacere il suo mal di testa. 

 

Debole. 

 

Stupida e debole e inutile e... 

 

-Qualcuno mi ha insegnato che a volte chiedere aiuto è la cosa di cui abbiamo bisogno anche se è l'ultima cosa che vorremmo. E mi ha insegnato anche che devo imparare ad amare me stesso nonostante i miei errori e le mie colpe. 

 

Yona emise uno sbuffo sarcastico. 

 

-Come avrai notato, quella persona era un po' ipocrita. 

 

La donna, però, sentì Jin scuotere il capo. 

 

-Io credo invece che fosse ancora più sincera di quanto pensassi. Adesso ho davvero capito quanto lei poteva capire i miei sentimenti, molto più di quanto credessi. Quei... pensieri di inadeguatezza... quel senso di colpa che non fa che trascinarti sempre di più verso le tue vecchie abitudini e i tuoi vecchi errori... solo perché sono confortanti ed è più facile lasciare che ti dominino e prendano il sopravvento anche se ferisci te stesso e quelli attorno a te... 

 

Yona lasciò che una lacrima solitaria le solcasse la guancia. I singhiozzi erano cessati, perciò quella singola lacrima sembrava ricalcare una pioggerella primaverile dopo un temporale violento. 

 

-Ora davvero capisco. Quella persona era esattamente come me. Ora più che mai me ne rendo conto e mi fa sentire sollevato come non lo sono mai stato. Adesso so che posso migliorare e diventare forte come lei, quella persona che guardavo con così tanta ammirazione. 

 

La donna serrò gli occhi, traendo un respiro tremante. 

 

-Quella persona non è forte. Non la vedi? Ha parlato con tanta confidenza come se avesse superato tutti i suoi problemi e invece... eccola qua. Patetica e debole, esattamente come lo era dieci anni fa. 

 

-Ha avuto una ricaduta. Ma la prima cosa che ho imparato dalla terapia è che stiamo correndo una maratona. E il percorso è lungo e pieno di ostacoli e la nostra condizione fisica non sarà sempre la migliore. Perciò a volte inciamperemo e cadremo perché siamo stanchi. Ma finché ci rialziamo... abbiamo già vinto. 

 

Yona la ricordava, quella frase. Cho gliela ripeteva spesso ogni qualvolta le capitava di ricascare nei suoi vecchi errori. E forse faceva così male solo perché finalmente pensava di averla superata, di aver tagliato il traguardo ed essersi lasciata tutto alle spalle. Una volta raggiunta la vittoria, il passato sarebbe stato cancellato via con una spugna e lei sarebbe stata invincibile. Ma gli esseri umani non sono fatti così. Ciò che è scritto nelle loro vite, nelle loro esperienze, è indelebile. E la maratona finisce solo con il loro ultimo respiro. Fino a quell'istante, la corsa continua. 

 

-Devo... 

 

Yona piegò il capo verso il basso, strizzando gli occhi. 

 

-Devo raggiungerli al ristorante. Mi stanno aspettando. Non posso usare la stessa scusa una seconda volta. 

 

Il solo pensiero la fece accartocciare in avanti con la nausea alla bocca e una mano a proteggere il suo addome, mentre un velo di sudore andava ad accumularsi sulla sua fronte. 

 

-Allora chiamalo e digli la verità. 

 

La donna spalancò gli occhi, sollevando la testa di scatto. Per la prima volta da che si erano chiusi in quella stanza, osservò il volto dell'uomo. Normalmente, lo trovava timido, incerto, immerso nell'imbarazzo o nel rossore. Perciò... che cos'era quella sicurezza che dipingeva il suo sguardo? Quell'aria disinvolta, rilassata, come di qualcuno che sapeva esattamente cosa doveva fare? Il contrasto la confondeva, seppur sentiva il cuore battere un po' più velocemente sotto a quello sguardo.

 

-Digli che se continua a trattarti così, la tua salute mentale ne risentirà. 

 

Yona, prontamente, prese a scuotere la testa. Non poteva dargli quel potere. Non poteva dirgli quanto l'aveva ferita. 

 

-La decisione è tua ma la tua salute e il tuo benessere vengono prima. 

 

E il modo in cui assottigliò le palpebre, come se ci fosse interesse e cura dietro alle sue parole, destabilizzò la donna ancora di più, portandola ad abbassare lo sguardo in un atto di riservata timidezza a cui non era abituata. Allora, dopo aver allontanato gli occhi da lui, sentì la sua stessa mano pescare il telefono dalla tasca dei jeans, prima di sollevarlo sotto al suo sguardo e osservarlo tremare nella semioscurità della stanza. Un braccio la sospinse dolcemente contro il muro freddo, invitandola a sedersi sul pavimento e rimanendo accanto a lei per ogni centimetro che percorreva. Quando fu seduta, sollevò gli occhi verso di lui, che si aprì in un lieve sorriso che fece gonfiare in maniera adorabile le sue guance morbide, facendolo quasi assomigliare a un piccolo criceto. 

 

-Io sono qua. Se vuoi ci parlo io... in qualità... di tuo boss? 

 

Yona, finalmente, riuscì a rilasciare una smorfia che le sollevò gli angoli della bocca, prima di umettarsi le labbra aride e passare il pollice sul vetro sporco del cellulare. Traendo un lungo respiro, in cui il suo stomaco si sollevò fino a raggiungerle la gola, sbloccò lo schermo e toccò l'icona della cornetta. Il nome di suo padre era il primo nella lista, dal momento che l'aveva chiamata poco prima per annunciarle che stavano arrivando. 

 

Il suo dito indugiò. Sospeso sul vetro illuminato, non sembrava sapere cosa fare. Se ascoltare il suo istinto e scappare, insieme al resto del corpo a cui era attaccato, o ascoltare quella voce gentile e procedere. Sbatté gli occhi. E quando li riaprì, la chiamata era partita e il "bip" ripetitivo della linea aleggiava nell'ambiente. 

 

-Yona? Ti sei liberata? 

 

La donna fissò il telefono. La sua bocca era dischiusa, ma nessun suono vi fuoriusciva. Solo un basso rantolo riuscì a emergere dopo qualche secondo, ma lei fu abbastanza rapida da serrare le labbra prima che potesse essere percepito dall'interfono. Spalancando le palpebre, si voltò verso il suo fianco, dove Seokjin si trovava con un lieve sorriso rassicurante. La guardò con i suoi occhi gentili e le fece un cenno del capo, come a dire che andava tutto bene. 

 

Perché lui era lì. 

 

Non se n'era andato e non voleva farlo. 

 

Era lì per lei, per aiutarla. 

 

-Yona? 

 

La donna deglutì. Avrebbe dovuto prepararsi qualcosa da dire prima di imbarcarsi in quel suicidio. Avrebbe dovuto almeno fare un minimo di ordine nel casino che regnava nella sua testa, almeno quel tanto per... 

 

-Non ce la posso fare. 

 

La frase uscì in un fiato, mentre la donna teneva gli occhi puntati sul telo color verde prato arrotolato e riposto contro la parete di fondo della stanza. 

 

-Yona? Che cosa-

 

-Non... non ce la faccio.

 

Il respiro le si mozzò in gola, tagliando la frase a metà e la donna sentì un timido contatto con la sua mano. Abbassando lo sguardo, vide le dita dell'uomo vicine alle sue, abbastanza da fargli sentire la sua presenza senza essere invadenti. 

 

-Fino a che... le cose saranno così, non riesco a... 

 

La donna serrò le palpebre, mordendosi il labbro inferiore. Non aveva il minimo senso, tutto ciò che stava dicendo. 

 

-Non puoi trattarmi... come tua figlia solo quando ti pare- sputò all'improvviso, rilasciando la frase con un'espirazione che le svuotò i polmoni. 

 

-Yona, io... 

 

-Lo so. E non è solo colpa tua. Ma...

 

Yona strizzò gli occhi, impedendo ad altre lacrime di uscire. 

 

-Se le cose continuano così, io... la mia... 

 

Non poteva dire che la sua salute mentale ne avrebbe risentito. 

 

-Io... tornerò la persona che ero una volta e non voglio questo. Ho bisogno di ancora un po' di tempo... per guarire. 

 

La donna sollevò il petto tremante. Ce l'aveva fatta. 

 

-E tu... per imparare a trattarmi come merito. 

 

La donna sentì un'ultima lacrima solcarle il viso. Avrebbe lasciato che ponesse fine a quella Yona. Quella Yona che era rimasta incatenata nella sua testa per anni ma che non se n'era mai davvero andata.

 

A rispondere dall'altra parte della linea ci fu solo il silenzio per diversi secondi.

 

-Va bene, Yona. Se è questo che vuoi, ti darò tutto il tempo di cui hai bisogno. E quando sarai pronta, io sarò qua. 

 

La donna annuì nonostante sapeva che suo padre non poteva vederla. Annuì con se stessa, perché era la risposta che voleva sentire. 

 

-Ciao papà. 

 

-Ciao... scricciolo. 

 

Un altro momento di silenzio, come se nessuno dei due fosse sicuro se era davvero così che avrebbero chiuso quella conversazione. Alla fine, però, il tintinnio della chiamata che veniva terminata la raggiunse e abbassò la mano recante il telefono. Ispirando a fondo, lasciò che i suoi occhi venissero ipnotizzati dalla luce della finestrella vicino al soffitto. 

 

-Ti staranno cercando- mormorò con mente assente, senza però ritirarsi dal contatto con la pelle dell'uomo accanto a sé. 

 

-Se ne faranno una ragione. 

 

Yona sollevò un angolo della bocca e, seppure il sorriso non raggiunse i suoi occhi, sentì uno strato di ansia e disperazione venire grattato via dalla superficie del suo cuore. 

 

-Non ti facevo un piccolo ribelle.

 

-Oh, ti sorprenderà quanto lo possa essere. Ho fatto impazzire non poche volte il nostro manager. 

 

Il sorriso si fece più ampio. I suoi occhi presero una lieve piega all'insù. Le sue dita, involontariamente, si intrecciarono con quelle lunghe e nodose di lui. 

 

-Non vedo l'ora di scoprire di più.

 

ANGOLO AUTRICE 

Normalmente, avrei scritto questo angolo poco prima di pubblicare il capitolo,  iniziando con qualche battutina e stuzzicandovi per quello che avverrà. Oggi, però, scrivo il martedì sera, perché sento di dover imbottigliare i miei pensieri finché sono ancora freschi. Sarò probabilmente abbastanza lunga, perciò se non ve la sentite di leggere non c'è problema. Un bacione e ci vediamo tra due settimane (la prossima avrò un corso, perciò non avrò né il tempo di scrivere né di pubblicare, ma giuro che tutto tornerà alla normale schedule una volta passata, niente hiatus XD). Per chi ha intenzione di rimanere, non sarà un messaggio triste, ma uno di speranza. 

 

Quando ho visto la notifica della Bangtan dinner, stavo disegnando e ho pensato "Massí, ci guarderò stasera. Cosa vuoi che succederà? Diventeranno ubriachi, dichiareranno il loro instancabile amore ed esporranno aneddoti personali imbarazzanti". Poi apro Twitter. Per chi non sa di che parlo, i ragazzi hanno annunciato che si prenderanno una pausa nel pubblicare musica come gruppo per potersi concentrare su progetti personali. Ed è questo ciò che ho letto inizialmente. E, devo dire, semplicemente da questo mi sono sentita un po' male. Non mi vergogno ad ammetterlo perché so che qui nessuno mi prenderà per ridicola anche se sono una ventiquattrenne con un lavoro e mi ritrovo ad avere un attacco di ansia all'idea di una band. È stata una settimana difficile, già disseminata di brutte notizie, e lì per lì ho pensato "Quindi? Non dovevamo stare insieme? Pensavo che questo progetto fosse per solidificare proprio questo. Perché proprio ora che siete all'apice? Non ha senso. Quindi è come le tutte le altre boyband?". Questi sono stati i miei pensieri del momento, nati dalla notizia di per sé e senza il contesto da cui è nata. Sono uscita di casa, ho finto di essere una persona normale e non essere in breakdown e sono tornata a casa. E nel frattempo così tanti pensieri mi frullavano per la testa. Per tre anni, sopratutto dall'inizio della pandemia, tutti i media che ho consumato hanno girato attorno a questi sette ragazzi. La musica che ascoltavo. Le fan fiction che leggevo. I video che guardavo. Fino a che non si è evoluto  perfino in ciò che creavo. Le mie storie, i miei hobby, la mia arte. Per un momento, ho pensato che sarebbe finito tutto. Sarebbero ancora state create le storie che amo su di loro? La gente avrebbe ancora fatto video su di loro, avrebbe parlato di loro? E io? Avrei continuato ad avere la motivazione per creare contenuti su di loro? Poi sono tornata a casa, ho fatto un bel respiro e ho guardato quella cena. E, cavolo, quanto mi sono sentita stupida. Namjoon, l'essere umano più eloquente sulla faccia di questa terra, ha letteralmente inciampato sulle sue parole con i singhiozzi perché non sapeva come spiegarci le sue motivazioni. Perché le nostre alte aspettative hanno rimandato una decisione per DUE anni. Due anni a fare qualcosa che ami ma che odi perché sei costretto a farlo anche quando non sai cosa dire, non hai ispirazione ma devi continuare a correre e correre. Perché è così che funziona. Sei in un'industria fatta di arte ma anche di consumismo, quindi devi produrre arte alla velocità di una multinazionale che asseconda il cliente, non la tua vena artistica. Sei stanco? Non ha importanza. Se ti fermi la competizione ti supererà. E non puoi fermarti perché ogni prodotto continua ad avere più successo del precedente, perciò devi andare avanti. Devi soddisfare le aspettative. Altrimenti la gente inizierà a dire che siete come tutte le boyband, che alla fine il vostro obbiettivo era sempre una carriera individuale. E invece loro lo hanno fatto. Hanno detto "Al diavolo l'industria e il successo, non possiamo creare arte in queste condizioni". Perché loro CREANO, non ricevono il lavoro di altri e ci piazzano il loro nome sopra. E creare a quel ritmo ti logora. E mi sono ritrovata a pensare che non sono così triste. Poi ho aperto Twitter e ho avuto la rassicurazione di una cosa che temevo: non è finita. Non abbiamo intenzione di andarcene o di smettere di seguirli perché hanno fatto la cosa giusta. Non si sono sciolti, hanno fatto ciò che dovevano e hanno tenuto più duro che potevano per noi. E noi non ce ne vogliamo andare. Gli artisti non smetteranno di creare fanart, gli scrittori non smetteranno di produrre storie. Noi resteremo tutti qui, a fare ciò che amiamo e a lasciarci ispirare da loro. Anche perché, sottolineamo, non ci saranno comeback nel prossimo futuro come gruppo, ma hanno confermato che Run Bts tornerà (se ho capito bene, hanno già registrato degli episodi) e hanno già fissato le date per i loro album individuali. Loro non andranno da nessuna parte. Saranno ancora qui e li vedremo ancora insieme a divertirsi. Quindi non deve finire tutto. Io non smetterò di scrivere e di creare. 

 

That's it. Scusate il lungo sfogo ma ne avevo bisogno. Non so se ne avevate bisogno anche voi, ma quanto meno ha aiutato me. Spero che possa rassicurarvi e che vi aiuti a sentirvi meglio. Io mi sento già meglio, sorprendentemente. Pensavo che non sarei stata in grado di guardare o ascoltare niente relativo a loro ma ho già visto che non è così. E se voi ancora non ce la fate va bene così. Avete tutto il tempo di cui avete bisogno. Niente love bombing. Anche la vostra tristezza è giusta e non è sbagliato provarla. Ma sappiate che passerà e che io sarò sempre qui. Non andrò da nessuna parte. Un abbraccio grande grande grande.

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Capitolo 38
*** 36. Start of something new ***


Rimasero lì così, seduti uno accanto all'altra a chiacchierare di cose frivole per diversi minuti, prima che Seokjin iniziasse a convenire con il fatto che forse era ora di farsi vivi. Dicendole di aspettarlo nella stanza, si sollevò dal pavimento e sparì dietro alla porta senza spiegare dove sarebbe andato. Quando emerse nuovamente, la donna notò che stringeva una salvietta struccante in mano. 

 

-Ho chiesto a Estella se me ne poteva fornire una- disse timidamente l'uomo, allungando la mano per porgerle l'oggetto su cui aveva posato curiosamente gli occhi. Ringraziandolo debolmente, prese a strofinarsi le guance e le palpebre, immaginando il disastro che il mascara e l'eye-liner sciolto dovevano aver dipinto sul suo volto. Poco le importava che la gente l'avrebbe vista senza make-up e avrebbe capito quello che era successo. L'importante era che non vedessero le linee che esso aveva dipinto, la scia di lacrime versate che giaceva sul suo viso come un testimone oculare. 

 

E Seokjin aveva pensato a lei al punto da anticipare anche questo suo piccolo bisogno. In quel momento, strofinandosi il viso sotto allo sguardo indulgente dell'uomo, capì con inequivocabile certezza che era completamente andata. Quell'attrazione fisica che l'aveva attirata a lui per curiosità si era ufficialmente trasformata in infatuazione bella e buona e non poteva fare a meno di sentire i suoi pensieri riempirsi di lui. 

 

"Accidenti... siamo sotto per bene." 

 

-Penso sia meglio se usciamo separatamente dal momento che questo posto pullula di telecamere. Che ne dici se esco prima io così puoi restare ancora qua se hai bisogno di un po' di tempo da sola? 

 

Yona non era mai stata il tipo da farsi dirigere in quel modo. Era lei quella che prendeva il controllo. Era lei quella che diceva agli altri cosa fare, che usava quella voce sottile, quasi infantilizzando l'ascoltatore. Eppure perché era così pronta ad ascoltare lui? Perché si sentiva confortata dai suoi candidi suggerimenti? Perché sentiva la necessità di compiacerlo? 

 

La donna, alla fine, annuì, scrutando poi Seokjin sorridere e alzarsi per aprire la porta, voltandosi un'ultima volta nella sua direzione. 

 

-Ci vediamo dopo. 

 

E le sue guance si gonfiarono nuovamente in quel sorriso adorabile che gli ingentiliva il viso, prima di sparire dalla stanza lasciando Yona in un silenzio assordante. E in quel silenzio, la donna non fece che vedere le immagini dell'uomo che tappezzavano la sua mente, riproponendole le sue parole, le sue espressioni e la sua voce. E quando abbassò lo sguardo, vide le sue dita stringere ancora il cellulare. 

 

L'insegnante inspirò a fondo. Passandosi la lingua sulle labbra impiastricciate, sbloccò lo schermo e fece partire la chiamata prima che la sua testa potesse cambiare idea. Nel suo orecchio, gli squilli iniziarono a risuonare, vuoti e trascinati, uno dopo l'altro. Passarono diversi secondi prima che un suono dall'interfono rompesse la monotona ripetizione. 

 

-Yona? Hai idea di che ore sono? È notte fonda, che diavolo- 

 

-Cho. 

 

Un silenzio attonito si sollevò dalla linea. La donna si accorse che la sua voce doveva ancora essere impastata dalle lacrime versate, perché la sua terapeuta riprese a parlare con un'urgenza carica di apprensione.

 

-Che è successo? 

 

Yona strinse le palpebre. Non voleva vedere il pacchetto spappolato contro il pavimento e ricordarsi la sua vergogna. Se lo avesse fatto, le parole si sarebbero incastrate nella sua gola e non sarebbe riuscita a confessare. 

 

-Cho... ho bisogno del tuo aiuto. 

 

 

 

Quando Seokjin fece il suo ritorno nella green room e si sedette al suo posto, constatò che il suo pranzo si era raffreddato. Tastando con le bacchette l'ammasso colloso in cui si era trasformato il suo pad Thai, trasse un lieve sospiro prima di iniziare a separare i noodle e cercare di ingoiare almeno qualche boccone. Quando finalmente sollevò lo sguardo dal suo cibo sconfortante, notò che sei visi erano rivolti verso di lui con occhi indagatori. 

 

-Che c'è?- chiese con le bacchette sospese davanti alla sua bocca. Appoggiando il cibo sulla lingua, notò con piacere che le arachidi avevano mantenuto il piatto gustoso nonostante la consistenza fosse leggermente rovinata, perciò prese ad assaporare i bocconi seguenti con maggiore veemenza mentre il silenzio dei suoi compagni riempiva la stanza. 

 

-Che c'è? Diccelo tu. Sei sparito per mezz'ora! 

 

Le mani di Jin si bloccarono a mezz'aria mentre cercavano di sollevare i noodle incollati e l'uomo portò lo sguardo sul volto di Namjoon. Mordendosi il labbro, scappò velocemente dagli occhi attenti del leader. Era davvero passato così tanto tempo? 

 

-Come ho detto... ero in bagno. 

 

Il silenzio scettico che seguì la sua replica non lo sorprese, perciò cercò di fingere indifferenza continuando a mangiare come se tutto fosse perfettamente normale. 

 

-Stai bene?- chiese allora Jimin con tono lieve, dipinto da un accenno di apprensione. Ma prima che Seokjin potesse replicare, la voce di Hoseok eruppe con incredulità. 

 

-È mascara quello sulla tua camicia? 

 

Jin si congelò sul posto, abbassando lentamente le pupille fino raggiungere nell'angolo della sua visuale la sua spalla, dove chiazze nere macchiavano il tessuto chiaro. L'uomo si morse l'interno della guancia, cercando velocemente nella sua testa una scusa plausibile che potesse spegnere le domande dei suoi compagni. Nulla, però, sembrava essere in grado di fornirgli una spiegazione credibile. Nell'incapacità di trovare una via d'uscita, perciò, non fece altro che tacere e continuare a mangiare il suo pranzo. 

 

-Hyung?- insistette Taehyung, fissandolo in aspettativa di una risposta che Seokjin non aveva intenzione di dargli. A salvarlo fu nuovamente l'apertura della porta, che rivelò il loro manager con in mano un plico di fogli. Dietro di lui, con il volto insolitamente spoglio e gli occhi arrossati sollevati in una piega allegra, emerse la causa di tutto quel dilemma. 

 

-Programma per il resto della settimana. 

 

Mentre il manager prendeva a distribuire i fogli a ognuno di loro, Jin poté sentire gli sguardi insistenti dei suoi compagni rimbalzare tra lui e la donna ferma vicino alla porta. Dal mascara impiastricciato sulla sua camicia, al viso privo di trucco di lei. L'associazione dei due fattori non doveva essere affatto difficile. 

 

-Abbiamo due tv show e poi ci spostiamo nel luogo dove registreremo On. Per tutta la prossima settimana, alloggerete in una villa in affitto vicino al set e noi dello staff saremo in una residenza a poca distanza. Come al solito, scrivetemi quello di cui avete bisogno e faremo in modo che ci sia quando arrivate. Anche se non avete voglia di cucinare, faremo un po' di spesa per sicurezza. Domande? 

 

Seokjin, con la testa bassa e lontana dagli sguardi curiosi dei suoi compagni, scosse il capo per indicare all'uomo che lui era a posto. E, nonostante la pesante attenzione dei suoi amici, l'istinto gli fece sollevare gli occhi. La figura a braccia incrociate placidamente in attesa dietro al manager sembrava serena, ma Jin non poteva fare a meno di studiare il suo linguaggio del corpo per percepire anche solo il più minimo segno di disagio. Lei doveva aver sentito il suo sguardo insistente, perché spostò l'attenzione su di lui, sollevando appena il sopracciglio in segno interrogativo. E l'uomo non voleva farsi notare, ma fremeva dalla necessità di chiederle se stava bene. Sollevando a sua volta le sopracciglia in un'espressione che sperò essere sufficientemente eloquente, cercò di farle capire la sua domanda senza parole. Lei, dopo aver assottigliato gli occhi come a decifrare le sue intenzioni, sollevò un angolo della bocca scuotendo il capo verso il basso una sola volta, prima di tornare a fissare la schiena del manager. 

 

Stava bene. E sembrava davvero che fosse così. 

 

-Yona-ssi? Per quanto riguarda l'organizzazione del vostro lavoro lascio la parola a te. 

 

La donna annuì, facendo un passo avanti con la solita confidenza che la contraddistingueva. Era come se l'ultima mezz'ora non fosse mai esistita. Anche se la sua armatura era caduta, anche se il suo viso era spoglio e recava i segni della sua caduta, le sue spalle erano aperte e il suo mento alto, i suoi occhi brillavano di quella confidenza che la contraddistingueva dal momento in cui l'aveva conosciuta e il suo corpo era spontaneo e rilassato come se nulla fosse successo. 

 

-Dunque, questo fine settimana replicheremo la serata musical. Dovremmo starci tutti nella mia stanza perciò ci troveremo lì. La settimana prossima, invece, lo staff mi aiuterà a organizzare il karaoke nella vostra residenza. Quindi, preparatevi studiando le canzoni che avete sentito finora. Leggetene il testo e cercate di capire di cosa parla senza cercare la traduzione. Questo è tutto per ora. 

 

Seokjin aveva sentito poco delle parole della donna. Il suo sguardo era rimasto incollato sul suo viso e la sua attenzione era catturata dai suoi più minimi dettagli, oltre che dal ricordo di mani che lo stringevano e si aggrappavano a lui, di dita intrecciate alle sue e del batticuore che quella vicinanza gli aveva provocato. E mentre osservava le due figure lasciare la stanza, Jin contemplò le parole che si erano scambiati in quello sgabuzzino buio. La promessa che lui aveva accettato. 

 

Era davvero disposto ad aspettare per poter stare al suo fianco? 

 

E, sopratutto... voleva davvero solo compagnia? 

 

 

 

Quel sabato sera, si ritrovarono tutti accalcati davanti alla porta della stanza dell'insegnante, dopo che Hoseok aveva premuto il campanello sotto incitazione del gruppo. Questa volta, Namjoon, Estella e Diana erano rimasti nelle loro stanze per non prendere ancora più spazio di quanto già i sei uomini non occupassero e Jin poteva vedere il nervosismo scorrere fra i suoi amici. 

 

Quando la porta si schiuse, la donna indossava ancora il suo make-up della giornata mentre il suo corpo era avvolto da abiti più comodi dei pantaloni attillati che aveva indossato quella mattina alla loro lezione e il suo viso li accolse con un sorriso allegro. 

 

-Be my guests!- esclamò scostandosi per farli entrare. I giovani caracollarono impacciatamente dentro alla stanza, guardandosi attorno per capire come disporsi in modo da poter essere davanti al televisore ma non volendo invadere il suo spazio personale. 

 

-State pure sul letto, non abbiate paura! Forza, forza, abbiamo affari importanti che ci aspettano! 

 

La donna agitò le mani in gesti sbrigativi verso il letto matrimoniale e i ragazzi presero a sedersi con cautela sulle lenzuola piegate. Mentre Hoseok e Yoongi si erano accomodati contro la testiera, i tre più giovani si sdraiarono a pancia in giù vicino al bordo, appoggiando il mento sulle loro mani e spingendosi a vicenda per farsi largo come bambini. Seokjin, studiando lo spazio affollato dalle gambe dei suoi amici, contemplò dove avrebbe potuto sistemarsi, prima di vedere l'insegnante portarsi davanti allo schermo e sedersi sul pavimento con la schiena appoggiata al bordo del materasso. 

 

L'uomo scrutò lo spazio libero accanto a lei e fece un passo. La presenza dei suoi compagni rendeva la decisione più difficile, ma i suoi piedi furono più determinati di lui. In un batter d'occhio, si era ritrovato a sedersi accanto alla donna, sufficientemente distante da non toccarla ma abbastanza vicino da essere a portata se lei si fosse sporta leggermente. 

 

Yona sollevò per un istante gli occhi su di lui. Quegli occhi attenti, che lo scrutarono con una vena di curiosità, senza parole ma con una comprensione che non ne necessitava. Alla fine, riportò lo sguardo sul dvd che stringeva in mano, sorridendo appena fra sé e sé. 

 

-Stasera, gioite, miei accoliti. Vi presenterò un pezzo di storia del musical che ha plasmato ogni sorta di media moderno in maniera ineluttabile. Parliamo di un classico talmente importante che nessuno è più riuscito a replicare il genio dietro a questa creazione. 

 

La donna agitò platealmente le mani in aria, prima di sollevare il dvd e attirare gli sguardi confusi dei presenti. 

 

-High school musical? 

 

L'insegnante annuì solennemente davanti alla domanda incredula di Taehyung, prima di estrarre il disco dalla custodia e poggiarlo con un gesto estremamente lento nel lettore. 

 

-Preparatevi a essere ispirati da performance degne di un Tony e di assorbire tutta la profondità dei testi più poetici che abbiate mai sperimentato. 

 

Il silenzio attonito dei presenti non sembrò sfasare l'insegnante, che fece partire il dvd con un largo sorriso stampato sul volto, prima di risistemarsi nel suo posto, dimenandosi leggermente per trovare la posizione giusta. E come la volta precedente, Jin si ritrovò incapacitato a concentrarsi sulle immagini davanti a lui. La donna al suo fianco, che con gli occhi chiusi cantava agitando la testa e lasciandosi completamente trasportare dalla musica, era un'attrazione troppo interessante per non prestarle attenzione. Non si sentì neppure in colpa quando l'insegnante lo interrogò riguardo al significato di una frase che era appena stata pronunciata e lui non era stato in grado di rispondere. 

 

Con il passare del tempo, era come se la realizzazione si solidificasse sempre di più in lui. 

 

Sapeva cosa voleva. 

 

Forse, era quello che voleva anche lei, se non aveva interpretato male i segnali. 

 

Ma come poteva esserne sicuro? E se si fosse sbagliato e fosse tutto stato nella sua testa? Ma se non rischiava... come avrebbe potuto scoprirlo? 

 

Doveva buttarsi. E non aveva idea di come fare. Alla veneranda età di ventotto anni, aveva avuto una sola storia con una ragazza ed era stato al primo anno di università. Non si ricordava neppure come si faceva. 

 

Quando il film fu terminato e il gruppo assonnato si alzò stancamente dirigendosi verso la porta, Jin si ritrovò a camminare più lentamente degli altri. Voltandosi verso la donna, che li stava salutando con un fin troppa allegria per l'ora tarda, piegò il capo. Non era quello il momento. Anche se la determinazione gli scorreva nelle vene, i suoi amici erano lì e sarebbe stato troppo imbarazzante dirgli di andare senza di lui e sentire i loro sguardi mentre rimaneva nella stanza della donna. 

 

-Buona notte- mormorò allora semplicemente, sollevando gli angoli della bocca sotto allo sguardo di Yona prima di chiudersi la porta alle spalle. E studiando i suoi amici separarsi per dirigersi ognuno nelle proprie stanze, si ritrovò ad allungare la mano fino a che non afferrò il braccio di uno di loro. 

 

-Ehi, ti... ti andrebbe di berci qualcosa e fare due chiacchiere? 

 

Yoongi sollevò uno sguardo sorpreso su di lui, studiando il suo volto per qualche secondo prima di annuire con il capo. 

 

-Avviso Di che sono da te e ti raggiungo in stanza. 

 

Jin gli sorrise, mordendosi il labbro inferiore mentre la sua testa iniziava a riempirsi della conversazione che si sarebbe svolta da lì a pochi minuti.

 

ANGOLO AUTRICE

I'm back! Vi sono mancata? Lo so, questo capitolo è un po' gne, ma abbiate pazienza perché era necessario per arrivare al prossimo step 😏 vedrete, vedrete

 

Io intanto sono qui scioccobasita da Hobi che ci ha portato il dark concept che avevamo sempre anelato. E poi, parliamone: il titolo dell'album è Jack in the box. Hobi è il jack. E nelle foto di amore è vestito da giullare. RAGA. È HOUSE OF CARDS. House of cards canon confirmed XD Ne approfitto per dirvi che se volete testimoniare i miei breakdown in tempo reale per ogni cosa Bangtan potete seguirmi su Twitter al nome Juliet with a caramel macchiato. Anche su Instagram mi sfogo abbastanza, anche se la pagina è più dedicata alla mia arte. 

 

PS: Ho un po' il blocco del lettore, qualcuno ha qualche ff bella da consigliarmi? Magari su AO3? Per favore, qualcosa che non contenga il trope di tizio che ci prova con la prot e viene salvata dal sexy mysterious man e anche il torpore della tizia bitchy che è gelosa della prot perché si vuole fare il sexy mysterious man. Per favore, non ne posso più, ho la nausea ormai. Possibilmente un ABO. Grazie.

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Capitolo 39
*** 37. All I ask of you ***


La residenza in cui si trasferirono la settimana seguente era una spaziosa villa a due piani immersa in un quartiere di case vacanze. Le sue già ampie stanze erano rese ulteriormente spaziose dalle vetrate a parete che facevano entrare i raggi del sole con generosità, inondando così gli ambienti di luce naturale che si rifletteva sulle superfici bianche. I mobili avevano un taglio essenziale, quasi eccessivamente sperimentale per il gusto di Seokjin, ma per lo meno erano funzionali e non prendevano troppo posto. La sua stanza, infatti, recava solo un letto matrimoniale che condivideva con Jungkook, due comodini color legno pallido, un armadio a tre ante scorrevoli e una scrivania che il più giovane aveva già invaso con il suo computer e la sua console. Seokjin, per ripicca, aveva perciò prontamente usato il suddetto computer per giocare ai suoi RPG preferiti, istigando le ire dell'amico per non avergli chiesto il permesso. La disputa si trasformò presto in una lotta di cuscini, prima di quietarsi in un'inespressa tregua che vide entrambi a giocare insieme con la console. 

 

La settimana era stata a dir poco sfinente. Avevano registrato il primo video della performance di On nei primi due giorni e avevano poi immediatamente iniziato le registrazioni del video musicale vero e proprio nell'arco degli ultimi tre. La routine dei ragazzi era stato un susseguirsi di quatto ore di sonno a notte, interminabili sedute sul set e piccoli pisolini rubati durante i tempi morti su un divanetto, seduti su una striminzita sedia di plastica o addirittura sdraiati per terra su un asciugamano. Arrivati al sabato, il gruppo aveva mutualmente deciso di dormire per l'intera mattinata, presentando segni di vita solo all'alba delle dodici e mezza. 

 

Quella settimana non avevano fatto neppure in tempo a partecipare alle loro lezioni di inglese per via della loro schedule. E anche se Seokjin aveva intravisto l'insegnante apparire a tratti per dare una mano come traduttrice, non erano riusciti a scambiarsi altro che saluti da lontano. Era come se ogni volta che si incrociavano ci fosse puntualmente qualcosa che cercasse di separarli, che fosse la chiamata sul set di lui o la richiesta di aiuto per lei. Jin, contemplando il soffitto sconosciuto della stanza che aveva a malapena visitato in quella settimana, si morse il labbro deglutendo pesantemente. Quella sera. Quella sera l'avrebbe vista, sarebbe stato di nuovo in sua compagnia. Il solo pensiero gli fece accelerare il cuore, portandolo a stringersi il petto con una mano. 

 

Se solo l'idea di vederla lo riduceva in quello stato, come avrebbe fatto a... 

 

Jin sospirò. Lanciando un'occhiata distratta alla figura di Jungkook, accartocciata in avanti con le sue grosse cuffie calate sulle orecchie e gli occhi concentrati sullo schermo del computer, si voltò vero il comodino in cerca del suo cellulare. E in effetti era lì, appoggiato sopra al secondo volume del manga che Yona gli aveva dato. La sua mano si bloccò intorno al dispositivo, esitando per un istante. Alla fine, lo spostò e afferrò il fumetto, aprendolo alla prima pagina. Doveva ammettere di essere rimasto parecchio indietro sui suoi "compiti a casa". L'antipatia per la protagonista l'aveva bloccato dal proseguire la lettura e non aveva stimolato in lui alcun desiderio di conoscere come si sarebbe evoluta la storia. 

 

Una volta che ebbe iniziato il primo capitolo, però, si accorse di non riuscire più a smettere. Un'ora dopo, si ritrovò con gli occhi in fiamme e il volume completamente terminato appoggiato sul petto. La principessa nel manga, che gli era sembrata tanto spocchiosa e viziata all'inizio, aveva iniziato a combattere per se stessa, a superare i suoi limiti per sopravvivere e a mettersi sempre più in discussione. Questo suo percorso di crescita, infine, era culminato in una scena in cui, per liberarsi da un aggressore, afferra un coltello e si taglia i capelli. 

 

Jin, per qualche motivo, non faceva che pensarci. 

 

Per la protagonista quell'azione aveva simboleggiato il rimuovere una parte del suo passato, abbandonare la sua vecchia personalità legata alla sua esteriorità in favore di qualcosa di più grande. 

 

E lui? 

 

Lui si era liberato del suo passato? 

 

Con quei pensieri per la testa, Seokjin contemplò il soffitto fino a che i suoi occhi non si richiusero. 

 

 

 

La residenza in cui Yona aveva alloggiato per la settimana era molto simile a quella in cui era sistemato il gruppo. Si trovava, infatti, appena in fondo alla via rispetto alla villa dei ragazzi, anche se questa volta aveva dovuto condividere la stanza con una delle traduttrici. Mentre suonava il campanello, studiò il grande giardino che circondava la casa e che ospitava una lunga piscina, che i giovani sicuramente non avevano avuto modo di sfruttare data la loro fitta schedule. Quando la porta si aprì, Yona si voltò per salutare, incontrando il viso elegante dell'uomo che aveva cercato con lo sguardo per tutta la settimana. 

 

-Ciao- eruppe lui con un sorriso timido, abbassando gli occhi dopo qualche istante. Yona rimase per un lungo secondo in silenzio a fissare il volto di Seokjin, prima di rispondere. 

 

-Ciao. 

 

Non una delle sue repliche più brillanti, doveva ammettere, ma in quel momento non riuscì a congiurare nulla nella sua testa. L'uomo, dopo qualche momento di silenziosa contemplazione, sembrò uscire dalla sua trance scontandosi così dalla porta. 

 

-Entra pure. 

 

Yona lo ringraziò, prendendo a studiare l'arredo moderno della villa mentre si faceva spazio nel largo salotto che era già affollato dai suoi studenti. L'insegnante, bloccandosi sui suoi passi, contemplò con un sorriso divertito la scena davanti a sé. Taehyung e Hoseok reggevano gli unici due microfoni disponibili mentre cantavano a squarciagola, ondeggiando per la stanza, il primo con in groppa un Jimin intento a gorgheggiare versi incomprensibili e il secondo agitando una cintura per aria e improvvisando passi di danza. 

 

-Spero non ti sia offesa, i ragazzi erano impazienti di testare la macchina del karaoke- sentì dire alle sue spalle, voltandosi poi per incontrare il viso divertito di Seokjin. La donna scoppiò a ridere. 

 

-Ho notato. E come potrei mai interrompere il loro divertimento...- replicò lei, riportando gli occhi sulla scena davanti a sé. Fu solo a quel punto che Taehyung, voltandosi nella sua direzione, sembrò accorgersi di lei. 

 

-Oh, subaenim! 

 

Scuotendosi dalla schiena Jimin, che cadde a terra con un tonfo e un lamento, si affrettò a fermare la canzone, attirando l'attenzione dell'intera stanza. Diana ed Estella, semisdraiate sul divano con ciotole di popcorn appoggiate sulla pancia, la salutarono con sorrisi allegri, mentre Yoongi, Namjoon e Jungkook, seduti sul pavimento, le rivolsero cenni col capo. Yona, a quel punto, giunse le mani. 

 

-Bene bene bene, vedo che avete iniziato senza di me- iniziò con tono canzonatorio la donna, facendo lentamente il suo ingresso nella stanza, mentre fissava lo sguardo in quello sempre piu timoroso di Taehyung. 

 

-Dal momento che hai già il microfono, perché non dai inizio alle danze?

 

L'insegnante si avvicinò abbassando la voce in un tono vagamente minaccioso mentre puntava il dito contro il giovane che, spalancando gli occhi, deglutì. Poi, annuendo, si voltò verso la macchina del karaoke, prima di mordersi il labbro con un'espressione nervosa. 

 

-Forza, non aver paura. Hai studiato qualche canzone dai musical che abbiamo guardato... giusto?

 

Yona assottigliò gli occhi studiando le pupille sfuggenti del ragazzo, che si affrettò ad annuire con il capo. 

 

-L'ho fatto, è solo che... non mi vengono le parole... proprio... bene, diciamo... 

 

La donna si aprì in un sorriso ampio, dando una pacca sulla spalla del giovane. 

 

-Non temere, niente voto né interrogazioni questa sera. Cerca solo di pronunciare le parole come se fossero parte stessa della musica. Nello stesso modo in cui imiti le note del cantante, prova a replicare anche l'accento e la cadenza di come pronuncia le frasi. 

 

Yona, indicando con il capo la macchina e il microfono, si voltò per sistemarsi sul divano accanto alle due ragazze che la stavano invitando con gesti veementi, prima di scaricarle fra le braccia una ciotola di popcorn. Infilandosene in bocca una manciata, concentrò lo sguardo sullo schermo per vedere le parole che Taehyung stava copiando dal suo telefono, poco prima che le note di Ladies' choice si diffondessero per la stanza. Mentre il giovane stringeva il microfono intonando le prime strofe con incertezza a farlo inciampare nelle parole, la donna notò distrattamente la silenziosa presenza che si sistemò  sul bracciolo del divano al suo fianco. Sollevando con discrezione gli occhi, intravide il profilo di Jin, concentrato sul suo dongsaeng mentre un lieve sorriso gli dipingeva le labbra. 

 

-Hey little girl on a spr... ee

I don't come cheap but the kisses come free

Closer insf... I'm sure that... you'll agree 

I'm the ladies' choice

 

Quel piccolo volto dai tratti gentili si abbassò verso di lei, incontrando i suoi occhi prima che lei potesse fuggire. 

 

-I'm the ladies' choice, choice, choice 

 

Yona si accorse che la musica era terminata solo quando percepì il lieve battito di mani proveniente da Estella, portandola a sbattere gli occhi e rivolgere lo sguardo sul viso apprensivo di Taehyung. 

 

-Sei andato bene. Non ti preoccupare per la parole che non ti sono venute, la pronuncia è molto migliorata. 

 

Il giovane sembrò trarre un sospiro di sollievo, sollevando la bocca in un sorriso a stento trattenuto mentre abbandonava il microfono e si andava a sedere contro le gambe della sua anima gemella. 

 

-So, now, why doesn't the teacher show us how it's really done? (Quindi, ora, perché l'insegnante non ci mostra come si fa per davvero?) 

 

Yona si voltò verso Diana, che la osservava con una smorfia divertita, mentre percepiva il resto della stanza confrontarsi sommessamente sul significato delle sue parole. La donna, sollevando un angolo della bocca, piegò il capo. 

 

-Se è quello che volete...- pronunciò sollevandosi lentamente sul divano. 

 

-... ma sappiate che la mia performance potrebbe stendervi- terminò platealmente, prendendo in mano il microfono. Una serie di risolini prese piede nella sala, prima che Diana intervenisse nuovamente. 

 

-Penso che ne varrà la pena. 

 

L'insegnante scosse il capo mentre digitava il titolo della canzone, sistemandosi poi in una posa con il braccio alzato e il peso appoggiato su un fianco. Mentre le note alternanti della tastiera iniziavano a diffondersi, rimase immobile fino a che la chitarra elettrica non fece il suo primo arpeggio. 

 

-I was cheated by you 

and I think you know when

 

Prese a ondeggiare con i fianchi, facendo ampi gesti con la mano in quella coreografia del tutto improvvisata e sicuramente sconclusionata. 

 

-So I made up my mind

It must come to an end 

 

I suoi occhi traditori si sollevarono ancora una volta sul viso gentile che la fissava divertito, con un sorriso che sembrava voler trattenere una risata. E voleva farlo ridere. Voleva essere la causa della sua risata ancora e ancora. 

 

-Look at me now

Did I ever learn

I don't know how

But I finally lose control

There's a fire within my soul 

 

I suoi occhi non riuscivano a lasciarlo e improvvisamente si sentì così ridicola, a ballare come una spastica mentre emetteva suoni vagamente simili al canto umano. Eppure, allo stesso tempo, non le importava di essere ridicola. Lui stava ridendo e lei ne era la causa. 

 

-Mamma mia

Here I go again 

My, my, how can I resist you

Mamma mia

Does it show again

My, my, just how much I missed you 

 

"Che cosa mi hai fatto, Kim Seokjin?" pensò mentre cantava di un cuore perdutamente innamorato contro la propria stessa razionalità. Forse non era stata la scelta di canzone più appropriata. In quel momento, infatti, si ritrovava a cantare parole che suonavano fin troppo vicine alla realtà per un uomo che non ne comprendeva il significato. 

 

-Years I've been broken hearted 

Blue since the day we started 

Why, why did I have ever let you go 

Mamma mia 

Now I really know 

Why, why I should never let you go 

 

Yona chiuse gli occhi, rompendo il contatto visivo. Per un momento, era stata troppo. Troppo intimo. Troppo intenso. Troppo sincero. Gli applausi entusiasti la fecero concentrare sul resto della stanza, che la osservava con sorrisi divertiti e sguardi ignari dei suoi pensieri. Yona, perciò, indossò un'espressione pavoneggiante mentre abbassava il microfono e si inchinava per il piccolo pubblico. 

 

-Grazie, grazie, troppo gentili. Ma ora facciamo sul serio. Sotto a chi tocca. 

 

 

 

In qualche modo, avevano finito per fare l'una. Una canzone aveva tirato un'altra, membri si erano susseguiti nell'interrompersi a vicenda, cantando insieme, dirottando le melodie e le parole, inventando coreografie e correndo per la stanza per recuperare il microfono rubato. E Yona, nel frattempo, si era riempita lo stomaco con quasi l'intera ciotola di popcorn che le era stata offerta insieme a una birra che, in combinazione, stavano partorendo un bel mal di pancia insieme a un assopimento difficile da resistere. Strofinandosi gli occhi, si costrinse a sollevarsi dal divano, fallendo miseramente quando la gravità la sembrò attirare a sé con maggiore forza. 

 

-Resta a dormire qui. È tardi ormai e un posto per te lo troviamo sicuramente. 

 

Yona iniziò a protestare, facendo appena in tempo a emettere un borbottio basso, quando fu interrotta dalla voce impastata dal sonno di Hoseok. 

 

-Diana ha ragione, puoi restare qui stanotte. Tanto domani non abbiamo nulla di programmato. 

 

In breve tempo l'insegnante capì che rifiutare non l'avrebbe portata da nessuna parte, oltre al fatto che il sonno aveva già stretto la sua morsa attorno alla sua mente, impedendole di formulare scuse sensate per andarsene. Alla fine, perciò, accettò l'offerta e il gruppo convenne che avrebbe potuto dividere il letto con Diana mentre Yoongi avrebbe dormito sul divano.

 

La ragazza la prese per mano, conducendo la strada fino a raggiungere la camera da letto matrimoniale arredata in stile moderno come il resto della stanza, con l'unico particolare della custodia per violoncello appoggiata in un angolo ad attirare l'attenzione. Mentre la giovane iniziava a sfilare dai cassetti un pigiama azzurro con degli orsacchiotti stampati sopra, Yoongi fece il suo ingresso nella stanza. 

 

-Mi cambio un attimo in bagno e poi me ne vado. 

 

Yona annuì con le palpebre semichiuse. 

 

-Fai con calma, io vado in cucina a cercare qualcosa per il mal di stomaco. 

 

Strascicando i piedi sulla moquette, la donna si incamminò come uno zombie verso l'open space che univa la cucina con il grande salotto, dirigendosi istintivamente verso il frigorifero per cercare una bottiglia d'acqua. 

 

-Ancora in piedi? 

 

La donna sobbalzò leggermente, prima di voltare lo sguardo verso l'uomo seduto sul divano. Non aveva notato la presenza di Seokjin appena entrata nella stanza, ma lo spavento era riuscito a far sparire almeno in parte il pesante torpore che avvolgeva la sua mente. 

 

-Sono venuta a bere e magari trovare qualcosa che mi faccia passare il mal di stomaco- replicò distogliendo velocemente lo sguardo dall'uomo in pigiama, un pigiama abbottonato solo fino alle clavicole e che rivelava di conseguenza una certa dose di petto. Mentre lei si girava verso la credenza, però, un suono di pantofole che strisciavano contro il pavimento iniziò ad avvicinarsi a lei, portandola a spalancare gli occhi. 

 

-Ci dovrebbe essere qualche infuso alle erbe qui...- sentì pronunciare alle sue spalle da una voce sempre più vicina. Fu quando quella voce fu esattamente sopra di lei che il suo corpo si congelò completamente. Il petto dell'uomo doveva essere a un centimetro dalla sua schiena e lei poteva vedere il suo braccio allungarsi oltre di sé per sollevare il coperchio della credenza e cercare fra confezioni di cibo. E a ogni istante che passava, il sonno si faceva sempre più lontano mentre il respiro di Yona diventava sempre più veloce. 

 

-Ah, eccolo qua! 

 

Il lungo braccio avvolto dal pigiama si abbassò, posando davanti a lei una scatola di infuso di camomilla e melissa emettendo un tonfo sordo nel silenzio totale della stanza. Il braccio, però, non si ritirò una volta raggiunto il suo obbiettivo. Rimase posato sul ripiano della cucina a un soffio dal suo, raggiunto poco dopo dal suo compagno all'altro lato. E lui non si allontanò. Se possibile, lo percepì farsi ancora più vicino dal respiro profondo che le accarezzò il collo e dal calore corporeo che si faceva sempre più presente sulla sua schiena. 

 

-Posso... 

 

Una parola esitante che si bloccò immediatamente. Yona studiò i disegni del granito sotto alle sue dita mentre cercava di calmare il suo cuore in attesa che lui continuasse. 

 

-Posso farti una domanda? 

 

La donna, senza emettere una parola, annuì. Lo sentì deglutire vicino alle sue orecchie, come se avesse paura di ciò che stava per pronunciare. 

 

-Quella promessa che abbiamo stretto... riguardo al ritrovarci quando saremo più vecchi... 

 

Un altro silenzio in cui Yona sentì la gola prosciugarsi e i palmi sudare. 

 

-Dobbiamo davvero aspettare? 

 

La donna schiuse la bocca. Dopo poco la richiuse, incapace di formulare una risposta sensata. 

 

-Che cosa intendi? 

 

Seokjin trasse un respiro. 

 

-Dobbiamo aspettare per stare insieme? E... c'è una possibilità che... possiamo essere... 

 

Yona trattenne il fiato. 

 

-... qualcosa di più? 

 

- Qualcuno vorrà restare. 

 

La donna percepiva così chiaramente la presenza di lui. Anche se non ne vedeva il volto, ne conosceva a memoria i lineamenti dolci, le labbra voluttuose, le sopracciglia folte ed espressive, gli occhi grandi e dalla piega generosa. Nonostante la costrizione delle braccia che la intrappolavano contro il ripiano, riuscì a girare su se stessa, ritrovandosi a guardare il colletto semiaperto del pigiama che rivelava uno squarcio di pelle. La donna, allora, sollevò lo sguardo incontrando quei lineamenti che aveva già visto nella sua memoria. I suoi occhi la scrutavano attentamente, ansiosi, in attesa di una qualsiasi risposta. 

 

Yona si umettò le labbra. 

 

-Qualcuno vorrà restare. 

 

Afferrando il colletto del pigiama, fece abbassare la testa a quell'uomo così deliziosamente alto fino a che non ebbe raggiunto il suo livello. Fino a che le sue labbra non fossero a portata delle proprie. Fino a che non entrarono in contatto, strappando un sussulto sorpreso dalla bocca dischiusa di lui.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Lo avete aspettato. Lo avete sudato. Ve lo siete meritato. Ed eccolo finalmente qua. 

Contenti? Il build up è stato abbastanza soddisfacente? Insomma, 37 capitoli per un bacio direi che sono una decente attesa XD gioite, perché da ora in poi inizia la luna di miele e Yona non aspettava altro XD 

 

Intanto, dato che è Natale (ho ho ho) vi regalo anche un altro sneak peek dalla prossima storia. Il mito d’origine del Regno di Marina. Enjoy 

 

Un giorno, la Dea decise di scolpire una statua. Essa prese la forma di un uomo e la sua bellezza era tanto sublime da spingere la Dea a dargli la vita. Lei si era profondamente innamorata dell’uomo, ma realizzò che non avrebbe mai potuto sapere se lui ricambiava veramente il suo amore dal momento che era stata lei stessa a dargli la vita. La Dea decise quindi di donare all’uomo il libero arbitrio, in modo che fosse libero di scegliere se stare con lei o andarsene. L’uomo, davanti alla scelta, decise di rimanere con la Dea e s’innamorò di lei dal profondo del suo cuore. I due ebbero dei figli, che popolarono la terra sotto forma di esseri umani. 

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Capitolo 40
*** 38. A whole new world ***


Yoongi rilasciò uno sbadiglio talmente ampio che sentì per un istante le orecchie otturarsi e la mandibola schioccare in maniera sospetta. Grattandosi il cuoio capelluto con le corte unghie che si ritrovava, uscì dal bagno avvicinandosi al letto con passi incerti. 

 

-Vado, notte- brontolò con voce rauca, dopo aver catturato lo sguardo della sua anima gemella. Lei, contemplandolo come se avesse voluto dire qualcosa, si morse il labbro. Yoongi si bloccò con le dita strette attorno alla maniglia della porta. 

 

-Tutto bene? 

 

Lei strinse le labbra, distogliendo lo sguardo nonostante la lieve smorfia che stava facendo sollevare gli angoli della sua bocca. 

 

-Non mi dai il bacio della buonanotte prima di andare?- mormorò lei contro il cuscino, tanto che Yoongi inizialmente dubitò di aver sentito correttamente. Quando la frase raggiunse il suo cervello intorpidito, però, rimase un istante immobile, fermo in piedi come un allocco. Alla fine, si sporse in avanti, appoggiandosi sul letto e gattonando fino al corpo voltato di schiena della ragazza. Posando una mano vicino al suo ventre e intrappolandola così fra le sue braccia, si abbassò fino a che le sue labbra non toccarono la tempia coperta di riccioli d'oro. 

 

-Notte... 

 

Yoongi inspirò, abbassando la bocca fino al suo orecchio mentre manteneva lo sguardo lontano dagli occhi di lei. 

 

-... baby. 

 

Mentre Diana si voltava di scatto verso di lui con un squittio sorpreso, il giovane si sollevò velocemente, volgendole la schiena e abbandonando la stanza velocemente. Una volta chiusa la porta alle sue spalle, sentì un sorriso sollevargli la bocca, che cercò di seppellire strofinandosi il viso con una mano mentre ondeggiava in direzione del salotto. Il suo ondeggiare, però, si interruppe all'avvicinarsi della fine del corridoio che avrebbe rivelato il grande spazio condiviso con la cucina, appena prima che il lieve cono di luce proveniente dalla sala potesse investire i suoi piedi. 

 

-Quindi... 

 

-Quindi? 

 

-Quindi è un sì? 

 

Una risata bassa ma carica di gioia rimbalzò per le pareti. 

 

-Devo essere più esplicita? 

 

-No! Cioè... sì, no! Cioè, voglio dire... 

 

La risata riprese a scrosciare allegramente, prima di essere seppellita da rumori che Yoongi conosceva fin troppo bene. Non aveva bisogno di sporgersi per scoprire che cosa Seokjin e la loro insegnante di inglese erano intenti a fare, perciò si voltò e prese a ripercorrere in punta di piedi il tragitto verso la sua stanza, incapace di trattenere il ghigno soddisfatto dalle sue labbra. 

 

 

 

Mentre Yoongi osservava placidamente lo soju trasparente roteare nel piccolo bicchiere, con la coda dell'occhio intravide il maggiore stringere la ceramica con dita morbose e inquiete. 

 

-Grazie di essere venuto, spero non sia stato un problema per Diana- mormorò Seokjin, mantenendo lo sguardo basso e ben lontano da lui. Il più giovane scosse il capo debolmente. 

 

-Nessun problema, anzi, era felice di sapere che mi avevi invitato tu. 

 

Seokjin si morse il labbro inferiore, indossando quella che Yoongi interpretò come una smorfia colpevole. Rimase in silenzio per un lungo istante, assorbendo ogni forma di disinvoltura dalla stanza. 

 

-Non sono stato... lo hyung migliore del mondo negli ultimi tempi, non è vero? 

 

Il lieve sorriso sul viso di Jin doveva forse smorzare il tono amaro che si nascondeva dietro a quell'autoironia fin troppo vicina al cuore del problema. Yoongi ingoiò il contenuto del suo bicchierino, gettando il capo all'indietro prima di fare schioccare la lingua. 

 

-E io non sono stato il migliore dongsaeng nei primi due anni da che ci siamo conosciuti. 

 

Il maggiore sollevò gli occhi sorpresi, incapace di replicare mentre lui sospirava sonoramente. 

 

-Ci conosciamo da otto anni, hyung. Abbiamo avuto tutti i nostri momenti pessimi. Io ero depresso e, a dirla tutta, ero anche borioso e irritante come un pipistrello nelle mutande. Jungkook era incapace di condividere e di comunicare. Namjoon non aveva la più pallida idea di cosa voleva dire essere un leader. Taehyung e Jimin erano immaturi e si facevano trascinare dalle loro emozioni. Hoseok era fin troppo rigido e non riusciva ad adattarsi alla nostra nuova vita condivisa. E tu sei stato la nostra colonna portante fino a ora. Eri quello più maturo, quello che dava meno problemi e che riusciva a spegnere i conflitti più facilmente. Quando hai avuto bisogno, pensi che ci siamo tutti dimenticati di quello che hai fatto per noi nel corso di questi anni? 

 

Seokjin schiuse le labbra, boccheggiando per qualche istante prima di richiuderle e abbassare gli occhi sul tavolo. Yoongi, però, aveva fatto in tempo a notare il leggero rossore che gli colorava le cornee. 

 

-Non è stato un peso starti vicino. Ci siamo solo sentiti inutili perché non sapevamo come aiutarti. E adesso che questo... momento sembra essere passato, non possiamo che essere felici. 

 

Il minore vide il suo hyung deglutire vistosamente, prima di ingollare il contenuto del suo bicchiere. 

 

-Mi dispiace avervi fatto attendere così tanto. Se avessi cercato aiuto prima... avrei potuto... 

 

Yoongi sollevò la ceramica che teneva in mano, contemplando distrattamente il simbolo dell'artigiano che l'aveva fabbricata stampato con inchiostro blu sotto al fondo. 

 

-Ora sei qua. È questo che importa. 

 

Il maggiore emise un altro lungo sospiro. 

 

-Mi dispiace averti allontanato dopo che... insomma, dopo tutta la storia... 

 

-Non ha importanza- replicò Yoongi. Il suo tono risoluto era forse troppo secco, ma sfortunatamente era così che lui sapeva comunicare. Le parole erano più rilevanti della cornice. Gli importava più di dire la verità che di infiocchettarla in un custodia piacevole per l'ascoltatore e, anche se aveva provato ad addolcire il suo tono nel parlare con Seokjin, si rendeva conto di mantenere comunque quella ruvidezza che lo aveva spesso portato a essere frainteso. Dall'espressione del suo amico, però, sembrava che ormai avesse imparato a discernere le sue vere intenzioni. 

 

-Non era neppure... 

 

Jin sbuffò, passandosi una mano fra i capelli. 

 

-Non era neppure di questo che volevo parlare... 

 

-E di cosa allora?- chiese Yoongi con una punta di curiosità a sollevargli un sopracciglio. Seokjin, a quella domanda, seppellì il volto nel bicchierino pieno di soju. 

 

-È... cioè, volevo parlare anche di questo, però... principalmente... 

 

La punta delle orecchie del maggiore si stava colorando velocemente di quel rosso che indicava senza ombra di dubbio il suo imbarazzo per qualcosa, fatto che fece assottigliare gli occhi di Yoongi per scrutare attentamente il suo amico. 

 

-Si tratta, ecco... non so come dirlo. Dal momento che tu sei quello... con un'esperienza più recente... 

 

Yoongi corrugò la fronte. Esperienza recente? Di che cosa stava parlando? 

 

-Io sono... decisamente fuori forma e... non saprei davvero da dove iniziare a chiedere a una ragazza di... uscire? Stare insieme? Non lo so neppure io! Ma dal momento che tu... 

 

Yoongi iniziò a tossire, percependo lo soju scendere dal canale sbagliato e incendiargli la gola e i polmoni. 

 

-Aspetta... aspetta un attimo.

 

Il minore emise un altro paio di colpi di tosse, sentendo gli occhi lacrimare appena mentre agitava la mano davanti a sé. 

 

-... vuoi... che ti dia consigli su come flirtare? 

 

Quando Yoongi riuscì finalmente ad aprire le palpebre, trovò il suo hyung con le labbra serrate in una linea imbarazzata, prima di inspirare lentamente. 

 

-In pratica... sì. 

 

Il giovane rimase a contemplare il maggiore per qualche istante di scioccato silenzio, prima di sollevare leggermente la bocca all'insù. 

 

-E c'entra per caso una certa insegnante di inglese? 

 

Jin non rispose, ma afferrò la bottiglia di soju e ne rovesciò le ultime gocce nel bicchierino, prima di trangugiarle completamente in un solo sorso. Yoongi, a quel punto, sentì il sorriso farsi sempre più ampio sulle sue labbra. 

 

-Di che genere di consiglio hai bisogno? 

 

Il maggiore tenne gli occhi lontani da lui ma, il giovane notò, sollevò la mano per nascondere la bocca come faceva di solito quando voleva evitare di far notare il suo evidente imbarazzo. 

 

-Ecco... come... come si riesce a capire se una persona é interessata a te? E come fai a farle capire che tu sei interessato? 

 

Yoongi inspirò, toccandosi la fronte con le dita mentre cercava di ripescare le memorie dei suoi scambi con Diana. Poi, emise un sibilo basso. 

 

-Diciamo che io non sono esattamente un modello esemplare in materia. Però, in generale devi cercare di percepire se l'altra persona ti riserva particolari attenzioni, se dimostra una certa chimica nei tuoi confronti. Se condivide cose solo con te e se ti ricerca anche al di fuori di contesti necessari.

 

Seokjin si chiuse in un'espressione pensosa, strofinandosi il mento con le lunghe dita nodose. 

 

-Ok, quindi... mettiamo il caso che io creda che questa persona sia interessata... che faccio? 

 

Yoongi sollevò gli occhi al soffitto, meditando per un istante, prima di riportare lo sguardo sul maggiore e sollevare le spalle. 

 

-La limoni. 

 

-Cosa? No! Non è questo che...

 

Seokjin si prese il ponte del naso fra pollice e indice, seppellendo l'espressione scioccata con cui aveva risposto in una smorfia ansiosa. 

 

-Non c'è un... passo intermedio? Devo proprio andare dritto come un siluro e... 

 

Il maggiore emise un verso esasperato, sollevando le mani in aria. 

 

-È così che tu hai fatto con Diana? 

 

Yoongi, dopo un istante di silenzio, annuì. Seokjin seppellì il volto fra le mani, grugnendo rumorosamente. 

 

-Nel mio caso ha funzionato ma se vuoi essere meno diretto puoi prima chiederglielo. 

 

L'amico sollevò il capo. 

 

-Chiederglielo? 

 

Yoongi annuì con un'espressione neutra. 

 

-Sì. Chiedile se vorrebbe che il vostro rapporto si evolva e vedi come reagisce. 

 

Seokjin si morse le labbra, prima di rilasciare un lungo sospiro. 

 

-Quindi... glielo chiedo così? "Vorresti che il nostro rapporto si evolva?"

 

-Non proprio così, insomma... usa le tue parole. La conosci, sai che tipo di persona è, cerca le frasi più adatte in base al modo in cui avete comunicato fino a ora. 

 

Il maggiore annuì con veemenza. Yoongi vide il suo pugno stringersi sul tavolo, come se la sua determinazione andasse sempre più crescendo con il passare dei secondi. Nascondendo un sorriso dietro al bicchierino recante le ultime gocce di soju, lo vide raddrizzarsi sulla sedia con una nuova postura più fiera, più sicura di sé. 

 

-Lo terrò a mente. Grazie, Yoongi-ah. 

 

Questa volta, il minore non cercò di soffocare il sorriso che si andò a formare sulle sua bocca, ma abbassò gli occhi al tavolo con un velo di imbarazzo a scaldargli le guance. 

 

-Quando vuoi, hyung. 

 

 

 

-Che cosa ci fai qua? 

 

La voce sorpresa di Diana lo guidò nel buio della stanza verso il letto matrimoniale, permettendogli di raggiungere il materasso e infilarsi sotto al lenzuolo. Scivolando fino a raggiungere il corpo della sua anima gemella, circondò il suo busto con il braccio e appoggiò il mento nell'incavo della sua spalla, incollando il petto alla schiena di lei. 

 

-Il salotto è occupato al momento. E non penso che Yona-ssi se ne avrà a male. 

 

Diana voltò il capo verso di lui, corrugando le sopracciglia in una maniera che le faceva arricciare il naso in una smorfia adorabile. 

 

-In che senso occupato? Ovvio che è occupato, Yona ti aspettava per darle il cambio! 

 

Yoongi emise una bassa risata, lasciando un bacio sulla spalla della ragazza mentre la sua mano le accarezzava il ventre morbido e il fianco carnoso. 

 

-Si udivano suoni di gente che si stava risucchiando la faccia perciò penso decisamente che fosse occupata con qualcuno. Un qualcuno a caso. 

 

Diana rimase in un silenzio attonito per qualche secondo. 

 

-Oh. 

 

Yoongi cercò di soffocare la risata nel suo petto immergendo il naso fra i capelli biondi della ragazza. 

 

-Già. 

 

-Oh. Davvero? 

 

La voce della sua anima gemella era salita da un tono scioccato a uno eccitato, strappando un ghigno divertito al giovane. 

 

-Davvero. Penso che domani mattina ci troveremo una bella sorpresa. 

 

Anche Diana iniziò a ridere sommessamente, sistemandosi infine un po' più vicina al petto di lui e iniziando ad accarezzare con la punta delle dita il suo braccio. 

 

-Allora ti è concesso il permesso di rimanere a dormire qui. 

 

-Ehi! Questo il mio letto! 

 

Quando la risata di Diana scrosciò ancora una volta nelle sue orecchie, Yoongi tacque, stringendo appena il suo braccio attorno a lei.

 

-Ri-notte- mormorò infine il giovane con voce rauca. 

 

-Ri-notte... 

 

Yoongi percepì dell'incertezza nella voce di lei anche attraverso il torpore del sonno. 

 

-... love. 

 

 

 

Le mani di Yona avevano lentamente raggiunto il collo di Seokjin e si erano intrecciate fra i suoi capelli, tirando appena le ciocche e stimolando un mugugno di approvazione da parte dell'uomo, prima di spingerlo verso il basso, ancora più vicino a lei. 

 

Non sapeva da quanto fossero lì, fermi contro quel bancone a baciarsi e baciarsi fino a che non gli mancava il respiro, prima di ricominciare di nuovo. Lui era diventato avido. Nonostante la sua iniziale sorpresa e l'incertezza nei suoi movimenti, forse anche l'inesperienza, era diventato sempre più entusiasta, sempre più partecipe. Aveva fatto scivolare le mani attorno alla sua vita, stringendola per mantenerla più vicina. Aveva iniziato a esplorarla con crescente curiosità e sempre minore pudicizia. E non sembrava volerla lasciare andare. Più le girava la testa e più veniva privata di aria da lui. 

 

Quando le loro labbra si separarono, entrambi sospirarono con una sorta di serena rassicurazione. Lui, solo in quell’istante, sollevò gli occhi con sguardo dubbioso. 

 

-Yoongi dovrebbe arrivare da un momento all'altro- voltandosi verso il corridoio buio che portava alle camere da letto. Yona, però, afferrò il mento del giovane per riportare la sua attenzione su di lei. 

 

-Penso che sia già tornato a letto a questo punto. 

 

Quando l'uomo riportò le palpebre spalancate su di lei, la donna emise un risolino, sollevando poi le spalle. Seokjin, con un velo di incertezza ancora nello sguardo, lanciò un'ultima occhiata al corridoio prima di riportare gli occhi su di lei e osservarla per un lungo istante. Corrugando appena le sopracciglia, inspirò a fondo. 

 

-Quindi...- iniziò, abbassando il volto al pavimento. 

 

-Quindi?- ripetè lei, piegando il capo con curiosità. L'uomo si morse debolmente il labbro carnoso, arrossato e lucido a causa dei minuti precedenti. 

 

-Quindi... che cosa... siamo adesso? 

 

La donna si aprì in un sorriso. 

 

-Che cosa siamo? 

 

Jin mantenne lo sguardo sul pavimento, annuendo leggermente. 

 

-Siamo Park Yona e Kim Seokjin- replicò semplicemente lei, allargando il sorriso sul suo volto. L'uomo riportò gli occhi su di lei. 

 

-Intendo... 

 

-Lo so cosa intendi. 

 

L'uomo serrò le labbra davanti alla sua interruzione. Non fu secca, ma fu decisa e chiara nel tono in cui fu espressa. Yona, perciò, accarezzò le ciocche sotto alle sue dita, strofinando leggermente il cuoio capelluto con i polpastrelli. 

 

-Vuoi che siamo qualcosa in particolare? 

 

Seokjin deglutì visibilmente, incollando gli occhi sulle mani strette attorno a lei. 

 

-Ecco... abbiamo parlato di qualcosa di più ma... non abbiamo discusso cosa è quel qualcosa perciò... 

 

L'uomo si bloccò. Forse per l'incapacità di trovare le parole giuste o forse perché era troppo imbarazzato per continuare. La donna, perciò, fece scivolare le mani fino a che non raggiunsero la pelle del suo collo, che prese ad accarezzare lentamente. 

 

-Che ne dici di un primo appuntamento? 

 

L'uomo portò il viso sorpreso su di lei ma tacque. 

 

-Un primo appuntamento e poi vediamo. Non dobbiamo per forza avere un'etichetta sin dall'inizio. Prendiamocela con calma. Che ne dici? 

 

Yona piegò il capo per sottolineare l'interrogativo nella domanda e osservò il viso di lui chiudersi in una smorfia pensosa prima di illuminarsi nella determinazione della risposta che aveva trovato. 

 

-Va bene. Un primo appuntamento. 

 

La donna sorrise, mordendosi il labbro inferiore. Poi, sporgendosi oltre la spalla dell'uomo, lanciò un'occhiata al divano. 

 

-Quindi... ho un divano molto comodo che mi aspetta. Gradiresti farmi compagnia? 

 

Gli occhi di Seokjin si spalancarono talmente velocemente che Yona scoppiò a ridere. 

 

-In... in che senso? 

 

La donna lo guardò con una punta di maliziosità sul viso. 

 

-Per dormire, ovviamente. 

 

L'uomo si bloccò. Sbatté le palpebre, si voltò verso l'oggetto di arredamento e riportò lo sguardo su di lei con la stessa espressione congelata sul viso. 

 

-Giusto. Dormire. 

 

Yona emise un'altra risata divertita. 

 

-Esatto. Dormire. 

 

Seokjin annuì con la stessa espressione sul viso. 

 

-Sono bravo a... dormire. 

 

Yona si morse il labbro con violenza per impedirsi di scoppiare in uno scroscio di risa convulse. 

 

-Allora andiamo. 

 

Detto ciò, prese l'uomo per mano, lo condusse fino al divano e si accomodò accanto a lui, appoggiandosi al suo fianco e posando il capo sulla sua spalla serrando lentamente gli occhi, mentre con un sorriso lo sentiva irrigidirsi sotto di lei. 

 

-Buona notte.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Pensavate mi fossi dimenticata della conversazione in sospeso tra Yoongi e Jin? E invece no! E che dire, Yoongi non sarà sempre il sommo consigliere ma qualche cosa giusta l’ha detta XD e adesso Yona si divertirà… oh boy, come si divertirà 😁

 

Ps: ho iniziato a sketchare il Re di cuori da House of cards 🙃 sono nervosissima ma sembra stia venendo bene. Se volete rimanere aggiornati sul progresso potete visitare la mia pagina Instagram, sarà lì che pubblicherò i disegni completi. Per ogni disegno della serie ho deciso che avranno l’impostazione di una carta da gioco classica con i due lati specchiati che rifletteranno la dicotomia dei personaggi nella storia. Insieme ai disegni inoltre pubblicherò piccole parti della storia che introducono il personaggio (e se ho il coraggio proverò a narrarle quando farò il video per TikTok XD)

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Capitolo 41
*** 39. If it’s true ***


-Jein, aspetta, non è quello che intendevo- 

 

Il bagno era gelido. Immerso nella debole luce cerulea del principio dell'alba che entrava dalla finestrella sul fondo della stanza, riecheggiava del freddo catturato durante la notte dalle ceramiche pallide e dalle mattonelle nere. Un freddo che gli era entrato nelle ossa, costringendolo a rattrappirsi su se stesso per essere uscito dalla sua camera senza essersi portato una felpa. Un freddo aizzato dall'espressione nel viso della giovane nello schermo. Gli attenti occhi che immaginava così spesso animati da una rabbia distaccata, gli eleganti zigomi induriti dalla mandibola stretta in una morsa, le labbra che sognava di sfiorare serrate in una linea impietosa. 

 

-Jimin. 

 

La parola non conteneva alcuna traccia di affetto né di adorazione. Non sembrava il modo in cui una persona chiamava la sua anima gemella. Conteneva in sé una sorta di gelida formalità che fece suonare il suo stesso nome estraneo alle orecchie del ragazzo e lo spinse a stringere ancora di più le braccia percorse dalla pelle d'oca attorno al suo busto. 

 

-Siamo anime gemelle, è vero. Ma rimaniamo pur sempre degli estranei. Tu non sai niente di me, della mia situazione o della mia vita. 

 

Jimin sentì la gola inaridirsi e chiudersi su se stessa mentre il suo cuore perdeva un battito, incespicando sul suo ritmo perfetto e faticando a rimettersi al passo. Mordendosi le labbra tremanti, sentì distintamente le lacrime accumularsi ai suoi occhi. Non era così che doveva andare. Non era così. Doveva essere perfetto. Stavano andando bene. Lei gli mancava ogni giorno di più e aveva l'impressione che fosse lo stesso per la ragazza. Le loro conversazioni notturne su Skype, necessità del fuso orario e della schedule del ragazzo, si facevano ogni giorno più lunghe e ogni istante più intime. 

 

Progresso. Jimin iniziava a vederlo nel modo in cui scivolava sempre più in dettagli personali, in racconti del suo lavoro, di Kippeum e talvolta anche dei suoi genitori. Vedeva il lieve sorriso che dipingeva le sue labbra quando lui raccontava la sua giornata. Quando le confidava di sentire la sua mancanza, di stare contando i giorni che lo separavano dal ritorno in Corea. 

 

Andava tutto così bene. Come aveva fatto a disintegrare tutto ciò con una sola frase? 

 

-Io non- 

 

-Penso che per stasera è meglio se ci salutiamo qui. Buonanotte, Jimin.

 

Il ragazzo spalancò gli occhi, protendendosi verso il computer come se avesse potuto fisicamente trattenere dentro lo schermo la giovane, che in quel momento aveva lo sguardo voltato di lato, ostinatamente lontano da lui. 

 

-No, aspetta, Jein... 

 

Lo schermo si dipinse bruscamente di nero prima ancora che la sua frase potesse terminare. Jimin serrò le palpebre, strizzando fino a che ogni traccia di lacrima fu sparita dal bordo delle sue ciglia. Doveva smetterla di piangere. Era un uomo, non poteva continuare a essere un piagnucolone. Giusto? 

 

Non sapeva che cosa ci si aspettasse da lui. Che fosse emotivo o che non lo fosse. Che fosse fragile o che non lo fosse. Che dovesse amare la sua anima gemella. O che non dovesse. 

 

Non sapeva se la amava, ma sapeva che anelava alla sua compagnia. 

 

Il carattere di lei gli ricordava vagamente Yoongi, nel modo distaccato di approcciarsi agli estranei e nella riservatezza con cui manteneva la sua privacy. Forse era proprio per questo che era così affascinato da lei. Era una personalità talmente distante dalla propria che riuscire a sondarne le profondità sembrava una formidabile avventura ricca di scoperte. Aveva dimenticato quanto potesse essere difficile percorrere quel viaggio. 

 

Jimin era scosso dai brividi di freddo ma il computer sulle sue gambe gli aveva reso la pelle delle cosce bollente. Sollevando l'apparecchio, lo appoggiò sulle piastrelle nere prima di chiudersi in un gomitolo contro il water e sentire la gelida ceramica penetrargli le ossa. Era stato costretto a rintanarsi nel bagno perché non voleva svegliare Hoseok nella camera che condividevano insieme mentre il salotto, dove si era rifugiato nei giorni precedenti, era occupato da Yoongi. E quindi si ritrovava da solo in quel bagno gelido e tremendamente silenzioso, quasi nefasto nella morsa che aveva creato attorno al suo stomaco. 

 

-Perché non te ne vai di casa allora? 

 

Perché non era stato zitto? 

 

-Se hai difficoltà con l'affitto puoi sempre venire da noi. 

 

Jimin deglutì, affondando il capo nelle sue braccia incrociate. Non voleva dettarle cosa fare. Voleva solo aiutarla. Pensava che un consiglio non sarebbe stato nulla di male. A dire la verità, forse era anche ansioso di offrirle di trasferirsi nel dormitorio. Forse era un pizzico geloso di Taehyung e della velocità con cui era riuscito ad assicurare la sua anima gemella al suo fianco. Forse era impaziente di averla accanto a sé ogni giorno, come aveva visto per il suo amico. D'altronde, la madre di lei sembrava averla rinchiusa in una gabbia invisibile, trattenendola a sé e impedendole di portare avanti la sua vita a causa di una sorta di ricatto emotivo. Jein sembrava logorata dallo sfruttamento a cui la sottoponeva, anche se pareva incapace di distaccarsi da lei e pensare alla sua salute. Perciò Jimin emise solo il giudizio che gli sembrava più ovvio. 

 

A quanto pareva, era stata la mossa sbagliata. La situazione era forse più intricata di quanto pensasse. Se solo poche semplici parole la portavano a reagire in quel modo, doveva esserci molto più di quanto non avesse rivelato. Ed era vero: Jimin non sapeva quasi niente di lei. Forse era stato troppo affrettato nell'emettere il suo verdetto, perché non sapeva abbastanza. Ma come poteva, se lei non parlava di sé? Come poteva fare a conoscerla meglio se lei continuava a ritirarsi da lui a ogni occasione in cui provava ad andare più a fondo?

 

Jimin sbuffò, portandosi una mano fra i capelli e pettinandosi le ciocche all'indietro. Afferrando il computer abbandonato sul pavimento, si sollevò dal water e si diresse verso la porta del bagno, sentendo ogni traccia di sonno allontanarsi da lui a ogni passo che percorreva. Non sarebbe riuscito a dormire anche se fosse tornato a letto. Dirigendosi silenziosamente verso il salotto, sperò di riuscire a sgraffignare qualcosa dalla cucina senza svegliare Yoongi. Una volta giunto al termine del corridoio, perciò, trattenne il respiro, strinse il computer nel suo braccio e iniziò a camminare lentamente in punta di piedi. Quando ebbe raggiunto il suo obbiettivo, il frigorifero, si voltò per vedere se il suo hyung avesse aperto gli occhi. Non appena il suo sguardo si appoggiò sul divano, però, non trovò il ventisettenne addormentato. Avvicinandosi appena, strizzò le palpebre per distinguere le due figure sdraiate e strette in un abbraccio, con gambe e braccia intersecate in un Tetris confuso. 

 

I due volti, finalmente, presero definizione nella visuale di Jimin. E il ragazzo, trattenendo un sussulto, strinse le dita attorno al computer prima che scivolasse rovinosamente fino al pavimento. 

 

 

 

-Shhhh! 

 

-La volete smettere? In questo modo li sveglierete! 

 

-Hyung, vuoi darti una mossa? 

 

-Ok, ok, ho capito, non statemi addosso, avvoltoi! 

 

Seokjin corrugò le sopracciglia. Inizialmente la sua mente aveva pensato che i suoni che lo circondavano fossero insetti. Fastidiosi, ronzanti insetti che cercavano insistentemente di svegliarlo. Dopo qualche istante, riuscì a distinguere le voci dei suoi compagni battibeccare tra di loro come era loro abitudine. Sbattendo le palpebre, cercò di schiarirsi la visuale man mano che vedeva le sagome confuse comparire davanti a sé. Indistintamente, notò una presenza sopra di sé comprimergli leggermente il petto. Più pesante di una coperta, ma decisamente più leggera del corpo di uno dei suoi amici. Ciocche lisce, anche se leggermente stoppose all'estremità, erano strette sotto alle sue dita e sotto al suo naso sentiva salire un lieve profumo di gelsomino. 

 

Sbattendo ancora le palpebre, la sua visuale si schiarì fino a mostrargli un sorriso diabolico e la lente di un telefono piantata sulla sua faccia.

 

-Buongiorno hyung- sentì pronunciare a Hoseok con tono eccessivamente zuccheroso prima che abbassasse il cellulare e rivelasse il luccichio malizioso nei suoi occhi. Seokjin assottigliò le palpebre, combattendo contro il torpore del sonno per squadrare il minore con sospetto. 

 

-Mi hai scattato una foto mentre dormivo? 

 

Il suo dongsaeng schiuse la bocca, ma tacque prima che la risposta potesse uscire. Aprendosi in un ghigno, fece scattare gli occhi verso qualcosa che si ritrovava all'altezza del petto di Seokjin, riportando infine lo sguardo su di lui. 

 

-Forse.

 

Seokjin, allora, studiò il minore mentre si raddrizzava e si allontanava dal divano scatenando uno scroscio di risolini bassi. Qualcosa non quadrava. L'uomo non poteva distinguerlo con certezza, ma sapeva che c'era qualcosa che gli sfuggiva e che stava catturando l'improvvisa ilarità dei suoi compagni. Fu quando mosse la mano su una schiena leggermente arcuata, coperta da un tessuto sottile, che i suoi occhi si spalancarono. Abbassando finalmente lo sguardo, incontrò la figura sdraiata su di lui, con le braccia avvolte intorno al suo busto e le gambe intrecciate alle sue. Nel corso della notte, dovevano essersi entrambi sistemati lungo il divano, stringendosi istintivamente mentre erano immersi nel sonno. Quando la testolina scura si sollevò dal suo petto, però, Seokjin incontrò due occhi svegli e giocosi, che sembravano aver letto la rigidità nella sua postura e volergli comunicare che no, non era stato un errore avvinghiarsi a lui. 

 

-Buongiorno- mormorò Yona con voce deliziosamente rauca. 

 

-Dormito bene? 

 

Seokjin deglutì alla domanda, mentre altri risolini si sollevarono dal punto in cui doveva trovarsi la cucina. L'uomo serrò le palpebre, seppellendo il viso nei capelli della donna mentre le sue mani stringevano ancora la schiena di lei. 

 

-Dobbiamo proprio alzarci e affrontarli?- mormorò lui. 

 

La donna rise sommessamente nel suo orecchio, mentre lui sentì le sue dita accarezzargli delicatamente la pelle dei fianchi, esposta appena dal pigiama che si era sollevato fino all'ombelico durante la notte. 

 

-Andiamo, non sarà così terribile- replicò con leggerezza lei, prima di sollevarsi lentamente dal suo corpo e alzarsi in piedi, porgendogli poi una mano. Lui, serrando nuovamente le palpebre e sbuffando, la afferrò e si sollevò, incollando gli occhi al pavimento mentre si lasciava trascinare verso il tavolo a cui erano seduti i suoi amici. Due sedie vicine erano state lasciate libere nel lato che affacciava il divano, perciò i due si accomodarono silenziosamente sotto agli sguardi fintamente indifferenti della stanza. Seokjin contò. 

 

Tre secondi. Sarebbero bastati tre secondi. 

 

"Uno..."

 

"Due..."

 

-Quindi, Jin-hyung... hai dormito bene stanotte? 

 

Mentre una pioggia di risate animava il tavolo, il maggiore sollevò gli occhi minacciosi su Taehyung, che cercava di nascondersi dietro la schiena di Estella. 

 

-Piccolo impertinente, prova a chiedermi un'altra volta di cucinare per te e vedi cosa ti ritr- 

 

Seokjin si girò verso Namjoon, che si era schiarito rumorosamente la gola e che sembrava essere l'unico a cercare di trattenersi dallo scoppiargli a ridere in faccia. 

 

-Jin-hyung, c'è per caso... qualcosa che ci vuoi dire?- chiese il leader, abbassando la voce in un tono troppo baritonale per risultare davvero formale e scatenando invece altri risolini al tavolo. Jin strinse le labbra, in procinto di lanciare una risposta piccata, prima che i suoi occhi potessero scivolare su Yona. La donna gli lanciava occhiate divertite con disinvoltura mentre portava il cibo alla bocca, fingendo quasi di un non sentire la conversazione che la circondava. 

 

Doveva dire qualcosa? 

 

Non poteva dire che stavano insieme. Ufficialmente, ancora non era così. 

 

Avrebbe dovuto dire che uscivano, anche se non avevano neppure avuto il loro primo appuntamento? 

 

Seokjin spalancò gli occhi, portando tutta la sua attenzione su Namjoon. 

 

-In effetti sì. 

 

Il minore lo osservò con aspettativa, le pupille attente seppure leggermente divertite mentre attendeva la risposta del maggiore. Seokjin, allora, rivolse lo sguardo alla stanza intera. 

 

-Voi sarete tutti fuori casa stasera. 

 

Un coro di sussulti indignati e proteste lamentose si sollevò dal tavolo, ma Seokjin raddrizzò il collo, rendendo la sua postura un po' più presente. 

 

-Voi. Sarete. Fuori casa. Stasera. Sono stato chiaro? 

 

Distinguendo ogni parola, osservò un componente del gruppo alla volta negli occhi, fermando ogni replica sulla punta delle labbra con uno sguardo piccato, quello stesso sguardo che usava per disciplinarli quando erano più piccoli e combinavano un disastro nel dormitorio. Al suo fianco, poteva percepire anche il muto divertimento di Yona, perciò si avvicinò all'orecchio della donna, cercando di ignorare l'attenzione del resto della stanza. 

 

-Stasera può essere una buona opportunità per un primo appuntamento? 

 

La donna si aprì in un sorriso, avvicinandosi appena a lui ma mantenendo lo sguardo sul suo cibo. 

 

-Prima organizzi e poi chiedi? Che cavaliere sei? 

 

Seokjin sentì la punta delle orecchie riscaldarsi dall'imbarazzo, ma chiuse la bocca prima di cercare di difendersi quando intravide l'espressione canzonatoria sul viso di lei. Scuotendo il capo debolmente, si morse il labbro per impedire alla sua bocca di aprirsi in una smorfia impaziente, mentre riportava la sua attenzione al tavolo. I suoi componenti sembravano aver dimenticato in fretta il loro obbiettivo di stuzzicarlo ed erano fortunatamente tornati a rivolgere le loro attenzioni al cibo o alla propria anima gemella. 

 

Taehyung ed Estella condividevano una chimica che Seokjin aveva sempre invidiato. Stimolandosi a vicenda, non si prendevano molto sul serio ma non riuscivano a stare lontani neanche per un giorno. Diana e Yoongi, notò piacevolmente il maggiore, sembravano aver raggiunto un'intesa più profonda nelle ultime settimane. Il suo dongsaeng aveva perfino iniziato a mostrare più attenzioni alla ragazza anche davanti a loro, nonostante la sua riservatezza. Namjoon, Hoseok e Jungkook non sembravano turbati dall'intimità delle anime gemelle. E non sembravano turbati neppure da lui. Lui, che era solo come loro e adesso sembrava aver trovato qualcuno. Eppure non sembravano turbati neppure da quello, dalla sua improvvisa felicità. Parevano, per contro, più allegri del solito, come se la sua contentezza potesse contagiare anche il loro cuore. 

 

Lo sguardo di Seokjin infine scivolò sull'ultimo componente della tavola. E l'uomo corrugò la fronte, studiando il modo assente in cui il giovane giocava con il cibo nel suo piatto, spostandone pezzi con le bacchette mentre fingeva di portarsi qualcosa alla bocca quando erano solo infimi chicchi di riso abbandonati a se stessi.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Sorry sorryssimo, capitolo un po' breve e con pochi avvenimenti... MA! Prometto che il prossimo ne varrà la pena. Vedremo il primo appuntamento dei piccioncini e... Yona potrebbe avere in serbo una bella sorpresa per Jin 😏 oh, e le cose potrebbero anche diventare un po' 🔥🔥🔥 just wait and see!

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Capitolo 42
*** 40. All I’ve ever known ***


Il tenue bussare sulla porta aperta risuonò nella stanza silenziosa. Il suo proprietario sollevò lo sguardo sul nuovo arrivato, tornando ad abbassarlo poi sulla valigia che stava fingendo di sistemare. Seokjin contemplò le mani impacciate del ragazzo e il modo in cui cercava ostinatamente di evitare il suo sguardo. 

 

-Hyung? Hai bisogno di qualcosa?- chiese Jimin con un tono un po' più acuto del solito, troppo acuto per risultare naturale. Seokjin lo contemplò per un istante, mordendosi il labbro. 

 

-C'è qualcosa che non va, Jiminie? 

 

Il minore sollevò lo sguardo sorpreso su di lui. Persino i suoi occhi più sottili prendevano quella forma rotonda di quando erano in preda allo stupore e lo riportavano a un tempo in cui era solo un sedicenne scapestrato che non sapeva nulla della vita. Jin vide la bocca del ragazzo tremare mentre deglutiva e seppe, in quel momento, con quanta determinazione stesse cercando di trattenere le lacrime. Ma il minore sembrava ancora esitante. Con le labbra serrate, allontanò nuovamente lo sguardo da lui, portando il maggiore a socchiudere la porta alle sue spalle per sedersi accanto all'amico. 

 

-Jiminie, che cosa è successo? 

 

Il ragazzo schiuse le labbra, liberando un principio di singhiozzo che doveva aver seppellito in gola mentre le sue ciglia diventavano velocemente più umide. 

 

-Io... sono felice per te, hyung... non voglio- 

 

Seokjin afferrò le mani del suo amico, cercando di catturare il suo sguardo. Era fortunato che il ragazzo fosse fisico quanto lui nelle sue espressioni di affetto, perché sentì il suo corpo rilassarsi non appena si creò il contatto fra di loro. 

 

-Lo so che sei felice per me. Per questo voglio essere qui per te come lo sei stato tu. Sai che puoi parlare con hyung di qualsiasi cosa. 

 

Con quella frase, vide Jimin sollevare finalmente gli occhi arrossati su di lui. Lo guardava con esitazione, ma con una punta di speranza e ammirazione. Il ragazzo trasse un lungo sospiro, accasciandosi infine in avanti e appoggiando la fronte sulla spalla del maggiore. 

 

-Io... pensavo sarebbe stato tutto facile. 

 

Il ragazzo fece una pausa, tirando su il muco con il naso. 

 

-Pensavo che... trovata la mia anima gemella... tutto sarebbe stato perfetto. 

 

Seokjin corrugò le sopracciglia, osservando la testa di capelli argentati sotto il suo naso. 

 

-Saremmo stati fatti l'uno per l'altra... saremmo stati in sintonia... saremmo stati insieme. 

 

Il maggiore sentì l'amico fermarsi per deglutire. 

 

-Perché... è così difficile? Non riesco a capire! 

 

Il tono di Jimin era diventato ancora più acuto, esprimendo nel suo maggiore volume la vulnerabilità del ragazzo e portando Seokjin a stringergli le mani ancora di più. 

 

-Non cosa fare, hyung! Non so come comportarmi! Non riesco a capirla e lei non mi permette di farlo! Come posso conoscerla se lei non... 

 

Jimin sollevò il capo dalla sua spalla portando gli occhi al soffitto, un'abitudine che aveva quando cercava di far tornare le lacrime al loro luogo di origine. 

 

-Oggi... 

 

Il minore strizzò le palpebre con il capo ancora riverso all'indietro. 

 

-Oggi per la prima volta... mi sono chiesto come sarebbe stato se... 

 

Seokjin piegò la testa, ascoltando con attenzione ogni parola. 

 

-... se non avessi avuto un'anima gemella. 

 

Il maggiore spalancò gli occhi mentre Jimin deglutiva sonoramente. 

 

-Se avessi dovuto scegliere... avrei scelto lei? E lei? Lei avrebbe scelto me? 

 

Seokjin era immerso in un silenzio attonito. Fino a qualche settimana prima, si sarebbe sentito offeso all'idea che uno dei suoi amici avesse perfino azzardato a esprimere un pensiero simile. Si sarebbe sentito attaccato, si sarebbe convinto che fosse una presa in giro. In fondo, chi mai avrebbe potuto desiderare di non avere un'anima gemella? 

 

-Mi sono fatto la stessa domanda. 

 

Le teste dei due scattarono in direzione della porta, che mostrava un Taehyung dall'espressione solenne appoggiato allo stipite con le braccia incrociate. Facendo lentamente il suo ingresso nella stanza, il giovane si andò a sedere all'altro fianco di Jimin, facendo dondolare il letto sotto il nuovo peso aggiunto. 

 

-Come è possibile? Estella ti adora- replicò Jimin con sopracciglia corrugate, studiando il suo amico confusamente. Il minore piegò il capo, sollevando gli occhi. 

 

-E nonostante ciò mi sono chiesto quanto sia dovuto al legame e quanto sia dovuto a noi. Se esistesse un mondo in cui nessuno avesse un'anima gemella... se ognuno dovesse semplicemente... scegliere. Conoscere persone, innamorarsi e poi decidere di passare il resto della vita insieme... in un mondo del genere, avrei trovato Estella? E se lo avessi fatto, mi sarei innamorato di lei? 

 

Seokjin non allontanò lo sguardo da Taehyung per un secondo. Emettendo un profondo respiro, prese a contemplare le sue mani mentre la sua testa si arrovellava in un groviglio di riflessioni. Per la prima volta dall'incidente, un assurdo pensiero prese posto sul palcoscenico, attirando la completa attenzione della sua mente. 

 

Assurdo, sì, ma allo stesso tempo affascinante. 

 

"Sei fortunato." 

 

Fortunato lui? Fortunato per essere diverso, per costituire la più infelice percentuale di esseri umani sulla terra? Fortunato per non avere un'anima gemella? 

 

Eppure, guardando i suoi compagni, per la prima volta quel pensiero pulsò nella sua mente e non sembrava così assurdo. 

 

Forse, era fortunato. Yona glielo aveva detto, ma forse per la prima volta iniziava davvero a crederci. Aveva una scelta, una cosa che la maggior parte delle persone non avevano. E quella scelta gli aveva permesso di giungere a una persona speciale. 

 

Una persona che lui aveva scelto. 

 

Una persona che aveva scelto lui. 

 

Lui era speciale per lei. Non perché qualcosa li aveva uniti, ma perché loro avevano deciso di unirsi. Se non fosse stato inappropriato in quel momento, le labbra di Seokjin si sarebbero sollevate in un sorriso incredulo. 

 

-E nonostante mi chieda questo, non possiamo sapere come sarebbe stato- continuò infine Taehyung. 

 

-Non possiamo sapere se, avendo la possibilità di scegliere, ci saremmo trovati sempre qui. Perciò io ho deciso di trarre il massimo da quello che ho. Cercare di fare tesoro della persona che è al mio fianco fino a che il nostro rapporto me lo consentirà. 

 

Seokjin fece scorrere gli occhi da Taehyung a Jimin, che contemplava il suo amico con espressione pensosa, e gli appoggiò una mano sulla spalla. 

 

-Hai mai pensato di esprimere la tua difficoltà a lei? 

 

Jimin lo guardò leggermente sorpreso, prima di negare con il capo. Seokjin tirò le labbra in un lieve sorriso. 

 

-Magari è quello di cui avete bisogno. Scoprire le carte. Se lei ha un carattere così chiuso, potrebbe non rendersi neanche conto di non darti la possibilità di comprenderla. Dille sinceramente che vuoi provare a conoscerla e dille perché lo trovi difficile al momento. Magari questo la aiuterà a realizzare il suo comportamento. 

 

Jimin parve esitare. Mordendosi il labbro, abbassò lo sguardo. Infine, sospirando, annuì. Con incertezza, all'inizio, crescendo poi in gesti sempre più convinti. 

 

-Grazie hyung, Taehyungie. Ci proverò. 

 

I due consiglieri si guardarono. Con timidi sorrisi sulle labbra, riportarono lo sguardo sul ragazzo e avvolsero le braccia attorno a lui, seppellendo i versi di sorpresa e protesta nel loro bozzolo di arti. 

 

 

 

Yona aprì l'armadio che condivideva con la sua compagnia di stanza, passando al vaglio ogni capo presente. Era abbastanza sicura che... 

 

"Ah!" 

 

Estraendo il tubino nero, sollevò il pugno vittoriosa. Non sapeva neanche perché si era portata uno dei pochi vestiti presenti nel suo arsenale, ma in quel momento ringraziò il cielo per averlo fatto. Portandosi davanti allo specchio, studiò la linea sinuosa del tubino, che aveva delle spalline "off-shoulder", portando a una scollatura a cuore sul seno e a un'unica frappa a livello della vita a interrompere la curva del vestito. Anche se non rispecchiava esattamente il suo stile, il fatto che fosse interamente di pelle nera l'aveva spinta a comprarlo comunque, con l'obbiettivo di usarlo solo per appuntamenti molto promettenti. 

 

Ebbene, sembrava essere arrivato il momento di metterlo alla prova. Con un sorriso soddisfatto, appoggiò l'indumento sul letto, girandosi per cercare delle scarpe da abbinarvi e votandosi ai suoi classici stivaletti alla caviglia con tacco. Storcendo la bocca, però, si guardò alla specchio. Poteva sperimentare con un make-up leggermente diverso, per cambiare, ma... 

 

La donna afferrò le punte decolorate dei suoi capelli. Il blu elettrico aveva iniziato a sbiadire in un verde acquamarina, rivelando parte del biondo platino sottostante. Normalmente, avrebbe fatto una maschera colorata per riportare il pigmento al suo splendore originale. Eppure qualcosa la spinse verso un'altra direzione. Guardandosi allo specchio, passò le dita fra le ciocche scure con sguardo assente. Forse voleva vedere una scintilla negli occhi dell'uomo quella sera. Forse aveva semplicemente voglia di cambiare. 

 

Cambiare. 

 

Sì, un cambiamento ci voleva. Aveva bisogno di qualcosa che segnasse l'inizio della nuova Yona. Una Yona che si sarebbe impegnata affinché questa volta le cose funzionassero. Che si sarebbe impegnata a non sabotare questa relazione e a lasciarsi andare. 

 

Sollevando le labbra in un sorriso, afferrò il telefono e osservò la chiamata partire. 

 

-Unnie? 

 

Yona si morse il labbro con un velo di eccitazione. 

 

-Estella, dobbiamo trovare un parrucchiere. 

 

 

 

Jin deglutì rumorosamente. 

 

Gli occhi saettavano da un parte all'altra della stanza, studiando ogni particolare ed eliminando voci nella sua mente man mano che trovava ogni elemento al suo posto. 

 

Candele, accese. 

 

La cena, nel forno. 

 

Tavolo, apparecchiato. 

 

Musica... 

 

L'uomo spalancò le palpebre, affrettandosi a collegare il telefono alla televisione e cercando freneticamente una playlist da trasmettere. Le piacevano i musical ma non sapeva se fossero la scelta migliore per una cena romantica. Jazz? Le sarebbe piaciuto il jazz? A lui non piaceva ma forse lei lo avrebbe apprezzato. K-pop? Decisamente no! Quanto sarebbe stato imbarazzante se mentre parlavano fosse partita la sua voce in una delle loro canzoni? 

 

Alla fine, notando i minuti passare nell'orologio del telefono, selezionò una shuffle di brani al pianoforte e tornò verso la cucina a controllare la carne nel forno. 

 

"Ti scongiuro... di tutte le volte nella mia vita in cui avrei bisogno di avere successo con un piatto, questa è quella decisiva!" 

 

Contemplando nervosamente il timer e il cibo, si morse il labbro cercando di ripercorrere i suoi step e ricordare se aveva messo tutte le spezie nell'ordine giusto. E quando il campanello suonò, sobbalzò sul posto, posando gli occhi sull'orologio in preda al panico.

 

Era ora. 

 

Lei era arrivata. 

 

Abbassando lo sguardo sul completo che aveva indossato, sperò di non avere esagerato con la formalità. Aveva scelto un gessato grigio chiaro, a cui aveva perfino abbinato un fazzoletto blu nel taschino della giacca e dei gemelli argentati ai polsini della camicia bianca. Per spezzare un po' l'eccessiva eleganza, aveva deciso di scartare la cravatta e optare per aprire un bottone del colletto, lasciando aperto quel tanto da mostrare appena la pelle del collo. Correndo verso la porta, si fermò un'ultima volta davanti allo specchio per passare una mano sui capelli pettinati dal gel e portati all'indietro, rivelando la sua fronte. Alle fan piaceva quando faceva i capelli in quel modo, quindi forse sarebbe piaciuto anche a lei? 

 

Traendo un profondo respiro, portò la mano tremante sulla maniglia della porta, mordendosi il labbro prima di abbassarla e rivelare finalmente la donna in attesa davanti a essa. 

 

Seokjin si bloccò con gli occhi spalancati. 

 

La sua bocca si schiuse ma non riuscì a emettere alcun suono. La parola che stava per sputare intenta a rimbalzare nella sua testa come una trottola impazzita. 

 

Rosa. 

 

Era rosa. 

 

Capelli rosa. 

 

Lei era rosa. No, aveva i capelli rosa! 

 

-Rosa. 

 

La donna scoppiò a ridere davanti alla stupida espressione di lui. Guardandolo con divertimento e una punta di malizia, piegò il capo. 

 

-Sorpresa? Volevo cambiare un po'. Ti piacciono? 

 

Seokjin sbatté le palpebre. I morbidi boccoli erano del colore dei fiori di ciliegio, che esaltava in modo straordinario la carnagione dorata di lei. I suoi occhi felini non erano evidenziati dalla solita riga di eye-liner, ma erano invece contornati da un ombretto scuro che metteva in risalto le sue sopracciglia arcuate. Le labbra non erano dipinte dall’imperativo nero o bordeaux scuro, ma erano invece delineato da un rosso carminio, un colore carico e brillante che attirava spudoratamente l'attenzione. 

 

-È... il mio colore preferito- mormorò infine l'uomo, riportando velocemente lo sguardo sui capelli sconcertanti della donna. Questa sorrise, con un accenno di sorpresa negli occhi. 

 

-Davvero? Allora dev'essere per questo che Estella me lo ha suggerito- replicò con una lieve risata, scuotendo il capo. Riportando lo sguardo sull'uomo, assottigliò gli occhi con un velo di divertimento. 

 

-Posso entrare? 

 

Jin spalancò le palpebre, facendosi velocemente da parte per fare passare Yona prima di chiudere la porta. Quando riportò l'attenzione su di lei, la donna si era tolta la giacca di pelle, rivelando le spalle nude lasciate libere dal vestito, che delineava con precisione ogni curva del corpo della donna fino a qualche dito sopra il ginocchio. Seokjin si affrettò ad afferrare la giacca e a posarla sul divano, prima di correre in direzione del forno ed estrarre il galbi bollente. Alle sue spalle, sentì un verso deliziato. 

 

-Che profumo! 

 

L'uomo sentì le labbra sollevarsi in un sorriso fiero. 

 

-Grazie, spero sia anche buono. 

 

Una volta riempiti i due piatti di costine marinate, l'uomo si voltò, trovando Yona già sistemata al tavolo con il mento appoggiato sulle mani giunte e lo sguardo curioso posato su di lui. Abbassando gli occhi in preda all'imbarazzo, si affrettò a sistemare i piatti in tavola, controllando di aver già portato anche il riso, il kimchi e l'insalata di cavolo che aveva preparato in precedenza. Traendo un respiro, si rilassò sulla sedia una volta appurato che tutto fosse al suo posto e si concesse finalmente di guardare la donna, che era già intenta a fissarlo con una scintilla misteriosa negli occhi. Forse, però, era solo la luce della candela al centro del tavolo che si rifletteva nelle sue pupille a dargli quell'impressione. 

 

-Grazie per la cena, è la prima volta che un uomo cucina per me al primo appuntamento- eruppe lei, prima di tagliare un pezzo di costine e portarselo alla bocca, serrando poi le palpebre mentre emetteva un mugolio deliziato. 

 

-Oh mio Dio, è fantastico!- borbottò con la bocca ancora piena, affrettandosi a tagliare altri pezzi di carne dall'osso. Seokjin cercò di trattenere il sorriso timido dalle sue labbra mentre lanciava occhiate veloci dal suo cibo alla donna. 

 

-Sono contento che ti piaccia. Mi dispiace che il nostro primo appuntamento sia così semplice, è solo che... 

 

L'uomo fece una pausa, piegando il capo. 

 

-... uscire in un luogo pubblico avrebbe attirato un po' troppa attenzione. 

 

Yona scosse il capo con un'espressione indulgente. 

 

-È stata una buona idea. Mi piace anche qualcosa di semplice- affermò, riportando lo sguardo sul cibo con quella che Jin pensò essere un accenno di pudicizia. Quell'espressione, però, fu presto rimpiazzata dal sorriso canzonatorio che si dipinse sul suo viso. 

 

-Quindi... li hai davvero cacciati tutti? 

 

Seokjin rise sommessamente. 

 

-Ebbene sì. Penso che le due coppie ne abbiano approfittato per avere un appuntamento a loro volta e fermarsi in un hotel. Gli altri credo siano in giro a cenare insieme e gli ho fatto promettere di non tornare prima dell'una. 

 

L'uomo, intento a tagliare il suo cibo mentre esponeva il programma, fece scattare il capo verso l'alto non appena sentì un verso interrogativo. Quando incontrò i suoi occhi, però, vi vide una famigliare malizia che lo fissava come un felino davanti a un roditore. 

 

-Hai previsto che la cena si protrarrà a lungo, vedo. Oppure avevi altri programmi per il dopo, Seokjin-ssi?- 

 

Jin sentì la saliva andargli di traverso, facendolo tossire convulsamente mentre le sue orecchie prendevano fuoco e mentre sentiva la risata di lei incendiarle ancora di più. 

 

-Ah... pensavo... potevamo chiacchierare un po'... oppure... guardare la televisione... insomma, cose che si fanno... a un appuntamento... 

 

Jin serrò gli occhi. Come se avesse idea di cosa fa un ventottenne a un appuntamento. Dall'altra parte del tavolo, sentì un verso divertito proveniente dalla donna. 

 

-Certo, precisamente quello a cui stavo pensando. 

 

 

 

Alla fine si misero davvero a guardare la televisione. Si erano sistemati sul divano dopo che lei si era tolta gli stivaletti e lui aveva abbandonato la giacca per una maggiore comodità e avevano iniziato a scorrere fra le piattaforme di streaming fino a che non avevano incontrato un anime dal titolo "Violet Evergarden" e Yona non aveva imposto la necessità di guardarlo perché era "un capolavoro dell'animazione moderna" e non si poteva sopravvivere senza vederlo almeno una volta nella vita. 

 

E verso la fine del secondo episodio, mentre Jin iniziava a venire catturato dalla storia, sentì la presenza di lei farsi più vicina. Abbassando discretamente gli occhi sulla donna, notò che aveva appoggiato il peso su di lui, facendo scivolare la testa sulla sua spalla mentre la sua mano era caduta sulla sua coscia. L'uomo deglutì. E lei, sfortunatamente, doveva essersi accorta della rigidità assunta dal suo corpo, perché sollevò il capo per guardarlo con quei pericolosi occhi felini e sbattere le ciglia con un'innocenza che sapeva non appartenerle.

 

-Perdonami, ti do fastidio?- chiese lei con un lieve sorriso. Jin si affrettò a negare, incapace di rispondere a parole perché tutta la sua attenzione era concentrata sulla mano di lei che si faceva lentamente più presente sulla sua coscia. 

 

-Allora... posso avvicinarmi di più?- domandò Yona in un sussurro. L'uomo sbatté le palpebre, annuendo poi con gesti secchi e accorgendosi troppo tardi delle labbra di lei che avevano raggiunto le sue. A Jin sembrò tutto volare in un istante. Un attimo prima erano seduti uno accanto all'altra, l'attimo dopo lei era seduta a cavalcioni sul suo grembo e lo aveva trasformato in un disastro boccheggiante e percorso da brividi bollenti. 

 

-Io... io non... sono un esperto in queste cose. 

 

Non aveva le parole per dirle la verità, perciò quello fu tutto ciò che riuscì a dirle. Dall'espressione indulgente sul viso di lei, però, capì che aveva compreso il significato, allontanandosi appena per guardarlo negli occhi mentre gli prendeva il viso tra le mani. 

 

-Possiamo andare al tuo passo. Possiamo fermarci, prenderci il tempo che vogliamo. Tutto quello che vuoi. 

 

Seokjin però fu veloce a scuotere il capo. 

 

Al diavolo, sarebbe esploso se si fossero fermati. 

 

-Io voglio... 

 

L'uomo deglutì, ma non allontanò lo sguardo dagli splendidi occhi di lei. 

 

-... te. 

 

Lei sorrise. 

 

Abbassandosi e trattenendo ancora il suo volto fra le mani, gli lasciò un semplice, casto bacio sulle labbra. 

 

-Allora andiamo nella tua stanza.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Che dire… 🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥 stiamo tutti bene? Sopravvissuti? XD devo dire di amare come è venuto questa capitolo. Mi piace la parte iniziale e la realizzazione di Jin, oltre al cambio di look di Yona perché adoro le ragazze con la carnagione scura e i capelli chiari. Che dite voi?

 

Also, Ho appena scoperto dell’esistenza del unofficial musical di Bridgerton e I’m obsessed. Non ho neanche guardato la serie ma le canzoni spaccano troppo, aspettatevi sicuramente di trovarle nei prossimi titoli dei capitoli! 

 

PS: La prima fanart di House of cards è completa! Potrete vedere Jimin nei panni del Re di cuori nella mia pagina Instagram. Adesso ho iniziato a lavorare sul Re di picche e sono gasatissima!

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Capitolo 43
*** 41. Burn for you ***


All'inizio, Yona era convinta che il ronzio ripetitivo e altamente fastidioso fosse solo nei suoi sogni. Ma per quanto cercasse di spegnerlo concentrandosi su altro, continuava a interrompere il suo sacrosanto sonno. Faceva scuotere le fondamenta del suo mondo evanescente, facendo voltare le teste dei personaggi che lo abitavano alla ricerca della sua provenienza. 

 

E Yona non apprezzava per nulla. Il sogno, infatti, era talmente avvincente che non avrebbe voluto perdersi neanche un particolare. Le sembrava di guardare una soup opera in costume e non poteva fare a meno di osservare affascinata in attesa di scoprire il finale. Seokjin pareva esserne il protagonista. E la donna pregò che la sua mente trattenesse ogni singolo dettaglio dell'uomo, perché era la visione più accattivante su cui avesse mai posato gli occhi. Sembrava un principe. Avvolto in una giacca dal taglio rinascimentale, la stoffa brillante pareva costare un patrimonio per colpa dei suoi ricchi ricami dorati. Sotto di essa, un gilet riprendeva lo stesso motivo su una camicia che culminava con un delicato fazzoletto di pizzo. A slanciare ancora di più la sua già torreggiante figura, infine, vi erano delle scarpette dal tacco notevolmente alto per un uomo. 

 

-Perdonami, dèi, perdonami... ma dobbiamo affrettarci o ci scopriranno. 

 

L'uomo le aveva preso le mani, portandosele alla bocca per baciarle teneramente mentre le sue sopracciglia si corrugavano con un'espressione apprensiva. 

 

-Non chiedere scusa, Seokjin. Se ci scopriranno sarai tu a subire le conseguenze peggiori- sentì dire alla sua stessa voce, mentre accarezzava con delicatezza il viso ansioso di lui. L'uomo, abbandonandosi alla sua carezza, chiuse le palpebre e cercò di distendere il volto, come a volersi abbandonare alla marea delle sue passioni. 

 

-Quanto vorrei che le cose non fossero in questo modo. È così... sbagliato, ma... non posso farne a meno. 

 

La donna vide gli occhi scuri dell'uomo riaprirsi e fissarsi su di lei, imploranti come se lei fosse stata acqua in un deserto infinito, come se avesse potuto essere la sua unica fonte di sostentamento. 

 

"Uuh, un amore proibito!" pensò deliziata l'osservatrice. La trama era vagamente cringe, ma la donna non riusciva a staccarsi dalla scena, incollata alle labbra dei personaggi e ignorando con tutte le sue forze il ronzio insistente. 

 

-Non è colpa nostra. Le circostanze sono state avverse sin dall'inizio. Se solo ci fossimo incontrati prima, i nostri destini sarebbero stati assai diversi e non avremmo dovuto nasconderci come ratti. Se solo non ci avessero imposto le loro regole... 

 

La Yona del sogno scosse la testa. Anche lei sembrava una principessa, avvolta in un pomposo vestito dalla vita stretta e la gonna ampia e con maniche che terminavano ai gomiti contornate di pizzo. La donna afferrò la giacca dell'uomo, trascinandolo fino a che la sua schiena non ebbe toccato la parete e lui non torreggiasse su di lei, nascondendola sotto alla sua rassicurante ombra. 

 

-Ma non perdiamo tempo a pensare a ciò che sarebbe stato. Dobbiamo fare tesoro di quello che abbiamo- sussurrò, facendo abbassare l'uomo con il viso oscurato fino a raggiungere la sua bocca. Lui sospirò sulle sue labbra, avvolgendole la vita con le grandi mani. 

 

-Mia signora...

 

Il cigolio della pesante porta di legno fece scattare due paia di occhi spalancati verso la parete alla loro destra. Paralizzati dalla paura, i due non ebbero neppure la prontezza di spirito di allontanarsi mentre osservavano sgomenti la persona che faceva il suo ingresso nella stanza. 

 

Il sogno si spense, come se qualcuno avesse improvvisamente staccato la luce. Yona cercò di arrovellarsi la testa nel tentativo di rientrare in quel treno di fantasie che l'aveva accompagnata nel sonno, ma solo il pressante ronzio riuscì a penetrare nella periferia della sua coscienza. Sbuffando, sentì un mugolio acuto contro la sua spalla, portandola a schiudere lentamente le palpebre impiastricciate. Sbattendo le ciglia, cercò di scacciare il velo appannato che si era sedimentato davanti alla sua visuale, prima di abbassare lo sguardo sul viso sciolto contro la sua pelle. Trattenendo una risata, Yona osservò affascinata le labbra carnose di Seokjin leggermente schiuse e spiaccicate contro di lei, la sua guancia morbida deformata come un cuscinetto anti-stress e le sue sopracciglia folte contorte da una smorfia infastidita. 

 

-Spegni...- borbottò con voce rauca l'uomo, emettendo la parola in un suono confuso a causa delle labbra ancora avvolte attorno alla sua pelle. Yona, allora, voltò lo sguardo sul comodino al suo fianco, dove il suo cellulare ballava la Macarena grazie alle vibrazioni della chiamata in arrivo. Sbattendo ancora gli occhi, cercò di mettere a fuoco il nome del mittente. 

 

Mamma

 

La donna emise un lungo sbuffo esasperato, serrando le palpebre mentre allontanava lo sguardo dall'apparecchio. Quando le riaprì, la sua mano aveva già istintivamente afferrato l'oggetto e il suo dito era pronto a fare scorrere la cornetta verso il rosso. Il suo sguardo, però, fu catturato dalle lunghe ciglia scure che accarezzavano la sua pelle come piume, appartenenti all'uomo nudo addormentato con le braccia attorno a lei. In quel momento, un sorriso si fece spazio sulle sue labbra. 

 

-Pronto? 

 

-Ti vuoi decidere a chiamarmi? Da quando sei atterrata in America non ho più tue notizie! Sono già passate due settimane, Yona! Potevi essere morta per quanto ne sapevo! Devo sempre essere io a... 

 

Ascoltando passivamente lo sproloquiare di sua madre, la donna si morse un labbro, passando una mano fra i folti capelli scuri dell'uomo, che emise un altro mugolio contrariato man mano che la voce dal telefono si faceva più rumorosa. 

 

-Che cos'era? Sei con qualcuno, Yona? 

 

La donna sollevò un angolo delle labbra, passando delicatamente le unghie sul cuoio capelluto di Seokjin e strappandogli un sospiro deliziato. 

 

-In effetti sì, mamma, sono con il mio ragazzo. Perdonami, ma devo andare. 

 

Con un ampio sorriso, la donna chiuse la telefonata mentre la voce scioccata di sua madre iniziava a bombardare l'interfono con domande sparate a raffica dal "Hai un ragazzo?" al "Come si chiama? È di buona famiglia? È ricco? Ha un'anima gemella?". Fortunatamente, Yona non ebbe modo di scoprire quale altro insaziabile quesito la donna avesse per lei. Appoggiando il telefono sul comodino e impostandolo in modalità aereo per scansare le chiamate seguenti che l'avrebbero sicuramente tempestata, si riaccomodò sul cuscino con un'espressione soddisfatta sul viso mentre la sua mano continuava ad accarezzare le ciocche dell'uomo. La testa di lui, però, si sollevò dalla sua carezza, portandola ad abbassare lo sguardo sull'invitante viso di Seokjin, da cui il sonno sembrava essere sfuggito in fretta. Rimase per qualche istante a fissarla, schiudendo la bocca un paio di volte ma senza emettere alcun suono. 

 

-Quindi... 

 

L'uomo si umettò le labbra, deglutendo e distogliendo per attimo gli occhi. 

 

-... sei con il tuo ragazzo? 

 

Yona sollevò le labbra in un ghigno. 

 

-Non saprei. Lo sono? 

 

Seokjin sollevò lo sguardo su di lei. 

 

-Lo sei? 

 

Yona si morse le labbra trattenendosi dal ridere, piegando invece il capo e facendo rimbalzare l'interrogativo su di lui. L'uomo parve esitare, scrutando attentamente il suo viso. 

 

-Lo sei... sì, sì, lo sei. 

 

La donna annuì lasciandosi andare a un risolino, scivolando sopra all'uomo con un movimento fluido mentre lo faceva distendere sulla schiena, avvicinandosi poi al suo viso mentre le sue ciocche rosa scendevano su di lui come rami di un salice piangente. 

 

-Lo sono- mormorò, prima di congiungere la bocca con quella di lui.

 

 

 

 

Jimin fu più saggio quella mattina. Gennaio stava per giungere al termine, ma gli strascichi di gelo invernale sembravano aggrapparsi prepotentemente alle giornate, trascinandosi dietro di esse e rendendo tutto più lento, più pesante e più difficile. Ma questa volta Jimin non si era fatto cogliere impreparato. Dopo aver ceduto il suo posto nel letto a un Jungkook sonnambulo, che aveva dovuto accontentarsi del divano una volta che, tornati nella villa, avevano scoperto gli stivaletti di Yona ancora fermi davanti all'ingresso, Jimin si era sistemato nel salotto solo dopo essersi avvolto in una larga felpa nera che ne ingolfava il corpo e ne divorava le piccole mani. 

 

Tirando le maniche fino a che non arrivarono a coprirgli le nocche e a diventare quasi dei guanti, il ragazzo si morse il labbro contemplando nervosamente il logo di Skype rimbalzare in attesa che il ricevente rispondesse alla videochiamata. Non si erano detti niente nel corso di quella giornata, ma Jimin manteneva ancora la speranza nel suo cuore che lei non avrebbe mancato il loro appuntamento notturno. Non lo aveva mai fatto. Era sempre stata puntuale al secondo, scacciando ogni giorno il terrore nei nervi del ragazzo, pronti a confrontarsi con lo schermo nero e l'indifferenza di lei. Perciò quella mattina fece partire la chiamata ancora una volta. 

 

Aveva riflettuto molto nell'arco di quella giornata. Le parole dei suoi amici e le parole che voleva dirle avevano ronzato nella sua testa per ore e Jimin le sentiva pronte sulla punta della lingua, chiuse sotto chiave nella sua bocca nella semplice attesa che lei rispondesse, prima che la mancanza di coraggio le facesse sprofondare nel suo stomaco. Aveva preso una decisione. Se lei quella mattina si sarebbe presentata, avrebbe dato tutto se stesso per far funzionare quel rapporto. Avrebbe combattuto con le unghie e con i denti, si sarebbe lasciato ferire centinaia di volte fino a che non avrebbe potuto conquistarla. Ma se lei non avesse risposto, Jimin aveva deciso che avrebbero dovuto avere una conversazione decisamente diversa. 

 

Perciò attese. Erano passati solo due minuti dall'orario del loro solito appuntamento. Era ancora presto. Era ancora in tempo. Jimin continuava a ripeterselo, prendendo respiri profondi mentre torturava il tessuto consunto della felpa e si perforava le labbra con i denti. Un altro minuto passato e il tintinnio della chiamata in attesa di risposta iniziava a perforargli il cervello come un trapano. 

 

"Respira." 

 

Jimin chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Era ancora in tempo. Poteva ancora rispondere. Magari era terrorizzata quanto lui. Magari aveva avuto un imprevisto. Era ancora in tempo. 

 

Jimin non voleva avere quella conversazione, quella che nella sua testa avrebbe seguito la sua mancanza di risposta. Il solo pensiero gli faceva bruciare gli occhi e gli dava un senso di solitudine e malinconia che lo soffocavano. Il ragazzo, perciò, ispirò ancora una volta puntando lo sguardo verso il soffitto. Aveva sempre avuto quella tendenza, ad affidarsi alla forza di gravità per fare tornare le lacrime nel loro letto e nascondere il rossore delle cornee dalle persone attorno a lui, anche quando nessuno lo circondava. E Jimin abbassò lo sguardo, sobbalzando appena. 

 

Non aveva neppure notato il cessare del tintinnio di Skype, preoccupato com'era nel cercare di mantenere la calma. La ragazza nello schermo, d'altronde, non aveva detto una parola. Il suo sguardo incontrò quello di lui per soli pochi secondi prima di fuggire, giocando con le sue mani con le stessa veemenza con cui lui stava giocando con la felpa. 

 

Aveva risposto. 

 

Era lì. 

 

Voleva dire qualcosa, giusto? Doveva voler dire qualcosa! 

 

-Ciao- mormorò lei, mantenendo gli occhi sulle sue mani. Jimin deglutì pesantemente, seppellendo il nervosismo nella sua gola e cercando di scacciare la sorpresa dal suo viso. 

 

-Ciao. Sei... venuta. 

 

Jein annuì con la testa bassa. Sembrò esitare per un istante e il ragazzo, sfruttando l'occasione, sciolse la chiusura che teneva bloccate le parole nella sua bocca. 

 

-Scusami, sono stato- 

 

-Perdonami, non- 

 

I due si interruppero non appena le loro voci si mescolarono nello stesso momento, portandoli a guardarsi negli occhi stupiti. Schiudendo le bocche contemporaneamente, non riuscivano a decidere chi sarebbe dovuto andare per primo, perciò Jein si schiarì la gola.

 

-Io... volevo scusarmi. Il modo in cui ti ho risposto ieri è stato... 

 

La ragazza fece una smorfia contrariata, scuotendo il capo come a voler riprendere la sé stessa del passato. 

 

-Io...- la voce della ragazza si bloccò e lei sembrò respirare a fondo. Jimin la osservava con morbosa curiosità: era molto più espressiva di quanto l'avesse mai vista e la cosa lo affascinava grandemente.

 

-No, non voglio usare scuse per il mio comportamento. La giornata di ieri... è stata molto stressante ma questo non cancella il fatto che sono stata sgarbata e che ti ho... 

 

Il ragazzo osservò con gli occhi spalancati mentre lei si accasciava in avanti, abbandonando la posizione composta che manteneva sempre, anche quando si rilassava. Abbracciando un cuscino che doveva trovarsi accanto a lei, vi appoggiò il mento sopra con un sospiro. 

 

-Cristo, non so nemmeno perché sei ancora qui. Il mio comportamento con te è sempre stato... a dir poco scostante. L'unica che mi abbia mai sopportato è Kiki, non capisco come hai fatto a resistere fino a questo momento. 

 

Jimin sentì il gelo abbandonarlo lentamente. Mentre il giorno prima nel bagno lo aveva sentito penetrargli le ossa, in quel momento sembrava solo che un calore gentile e accogliente lo abbracciasse dolcemente, facendolo abituare piano piano alla sua presenza. 

 

-Anche io mi devo scusare. Ho parlato in maniera sconsiderata, senza comprendere davvero la situazione. Era evidente che l'argomento fosse molto delicato per te e le mie parole devono essere state- 

 

Ma Jimin si bloccò quando vide la ragazza scuotere il capo con veemenza. 

 

-No, Jimin, ti prego. Non... c'era nulla di sbagliato nelle tue parole. Ho capito le tue intenzioni, eppure io... 

 

Il ragazzo osservò con apprensione la mandibola di lei farsi sempre più tesa e i suoi occhi focalizzarsi in un punto fisso al di fuori dello schermo, prima di serrare le palpebre. 

 

-Non è... la prima volta... che mi viene detto. Kiki me lo ripete di continuo. Ma io non... 

 

Un leggero tremolio si poteva udire nella voce della ragazza, ma Jimin notò che nei suoi occhi non vi era neanche una traccia di rossore o di lacrime. Era come se qualcosa la bloccasse, come se non riuscisse davvero a lasciarsi andare. In compenso, il suo intero corpo tremava come una foglia, quasi a voler compensare la mancanza di sfogo di cui necessitava. 

 

-Io non posso. Se me ne vado, lei... 

 

Jein si morse violentemente le labbra, al punto che Jimin si preoccupò del fatto che avrebbe potuto ferirsi. La ragazza, poi, si passò una mano sul viso. 

 

-Eppure... sono così stanca... io... lavoro tutto il giorno e poi torno a casa e devo preparare la cena e rimanere alzata a fare i lavori di casa per poi dare a lei i soldi che io ho- 

 

Jimin aggrottò le sopracciglia. La ragazza fece dei respiri profondi, abbracciando il cuscino con più fervore mentre manteneva lo sguardo lontano da lui. 

 

-Grazie per avermene parlato. 

 

Jein sollevò timidamente gli occhi su di lui, studiandolo con circospezione come un animale terrorizzato. Jimin, allora, sollevò le labbra in un piccolo sorriso. 

 

-Non posso prendere una decisione per te, ma sappi che in qualsiasi momento potrai contare su di me. Che tu abbia bisogno di andartene o che abbiamo bisogno del sostegno emotivo per restare, io sarò lì. 

 

Finalmente, vide una traccia di rossore iniziare a dipingere gli occhi della ragazza, che lo osservavano ancora con insistenza, ma senza quel terrore paralizzante che sembravano possedere in precedenza. 

 

-Perché? 

 

Jimin piegò il capo, confuso. Jein abbassò lo sguardo. 

 

-Perché sei ancora qui nonostante io sia stata inavvicinabile? 

 

Il ragazzo, a quella domanda, sorrise. Avrebbe dovuto dirle della decisione che aveva preso? Che il fatto che lei era lì, in quel momento, significava che non si sarebbe più liberata di lui? Jimin si morse delicatamente il labbro. 

 

-Perché ci tengo a te. 

 

La ragazza spalancò gli occhi e lui poté forse intravedere nei pixel del computer un leggero rossore farsi spazio sulle sue guance. E, nel mentre, sentiva le parole di Taehyung risuonare nelle sue orecchie. 

 

-E voglio che le cose funzionino tra di noi. Perciò, ti prego, confida in me. Parla con me. Dimmi quello che ti preoccupa. Perché... se non riesco a sapere cosa ti preoccupa non posso neanche conoscerti e non posso starti vicino. Perciò, ti scongiuro, anche se capisco che è molto da chiedere... 

 

Jimin riuscì a catturare lo sguardo di lei, intenta a fissarlo con le sopracciglia sollevate. 

 

-... affidati a me. 

 

Lei rimase immobile per un lungo istante. Poi, con gesti timidi, iniziò ad annuire. 

 

-Ok.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Che dire, la madre di Yona avrà un bel po da rimuginare dopo questa XD ed è iniziato il redemption arc di Jein finalmente! So che è stata abbastanza irritante fino a ora ma, per chi ma conosce, sapete che manca quel percorso di Dreamland che le ha permesso di risolvere le sue questioni. Perciò adesso devono fare il doppio della fatica per costruire il loro rapporto, Jimin con la sua insicurezza e lei con i suoi problemi di fiducia. Ma piano piano ce la stanno facendo! 

 

Comunque, quanta gioia. Un po’ troppa, non dite? XD sarà il momento di movimentare un po’ la situazione? 😏

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Capitolo 44
*** 42. Alone together ***


Quel lunedì era scivolato via dalle sue mani prima che se ne potesse accorgere, anche se era stata una delle giornate migliori degli ultimi tempi. Dopo essersi svegliato fra le braccia della donna che poteva chiamare la sua "ragazza", erano rimasti semplicemente lì, a letto, a parlare e guardare placidamente la televisione, e... intrattenersi in altre attività che includevano un maggiore sforzo fisico. Seppellendo le loro voci con baci avidi, sussurrando cantilene all'orecchio l'uno dell'altra, scambiandosi sorrisi complici ogni volta che sentivano dei passi percorrere il corridoio per poi scoppiare a ridere quando il letto scricchiolava in maniera fin troppo evidente o a uno dei due sfuggiva un verso un po' troppo forte per passare inosservato. Erano usciti dalla loro piccola realtà solo quando il timido bussare di Jungkook aveva fatto seppellire la donna sotto le lenzuola, mentre il minore entrava con la testa bassa e le guance in fiamme borbottando di avere bisogno solo di cambiarsi i vestiti e abbandonando la stanza a velocità della luce con la promessa che non sarebbe più rientrato fino alla sera. 

 

E Seokjin ne approfittò fino all'ultimo. Scivolando via dalle coperte e dalle braccia di lei solo per andare a sgraffignare qualche snack, attese attentamente fino a che nessuno era in giro per la cucina prima di sgattaiolare nuovamente nel letto accanto a Yona. Sapeva che, nel momento in cui avrebbe incontrato i suoi amici, tutti avrebbero già intuito quello che era successo e lo avrebbero stuzzicato fino alla sua morte. Prima o poi, avrebbe affrontato anche quello ma non in quella giornata. Quella giornata, voleva continuare a vivere in quel sogno surreale in cui una splendida donna lo aspettava nel suo letto con occhi che parevano vedere solo lui, che lo studiavano con attenzione e che sembravano venerare ogni centimetro del suo corpo. 

 

Infatti, quando giunse il martedì mattina, il sogno era già finito. Paralizzato davanti al computer, non riusciva a guardare la dottoressa nello schermo e il suo sguardo confuso. 

 

-Cosa c'è che non va Seokjin? Riguarda il tuo rapporto con Yona? C'è qualcosa che ti lascia perplesso? 

 

L'uomo si affrettò a scuotere la testa. Mordendosi il labbro, non riusciva a sollevare ancora lo sguardo, concentrandosi invece sulle sue mani nervosamente intrecciate. La vergogna, un mostro che conosceva fin troppo bene, gli teneva il capo piegato e gli masticava lentamente lo stomaco, come a volersi godere il suo pasto prima di dargli il colpo di grazia. 

 

-Ho avuto un altro episodio stanotte. 

 

Seokjin si umettò le labbra, emettendo un lungo sospiro. 

 

-Io non... non capisco. Stavo bene. Stavo benissimo! Ero felice, più felice di quanto... di quanto lo sia stato in tanto, tantissimo tempo! Poi lei alla sera è tornata a casa e io stavo ancora bene. Sono andato a dormire e... 

 

Seokjin serrò gli occhi, cercando di impedire ai suoi muscoli di contrarsi al solo ricordo della sofferenza a cui erano stati sottoposti quella notte. 

 

Perché? 

 

Perché non l'aveva ancora superata? Se era nella sua testa, tutto doveva essere a posto! Aveva trovato la felicità, era sereno, non c'era motivo per cui la sua mente fosse ancora così ancorata al passato! 

 

Sentendo un respiro profondo provenire dalla persona nello schermo, l'uomo finalmente sollevò lo sguardo sulla dottoressa, che portava un'espressione concentrata. Dopo qualche istante di silenzio, la donna si portò una mano sul mento. 

 

-Sai, Seokijn, a volte chi soffre di depressione può avere degli episodi simili quando passa da un estremo all'altro. Sei stato talmente tanto in quello stato di, diciamo, apatia emotiva che adesso la tua mente è confusa da questa felicità così improvvisa. È come se chiedesse cosa stia succedendo e, per compensare, tenti di tornare ai meccanismi che le sono famigliari, anche se dannosi. 

 

Jin, corrugando le sopracciglia, annuì distrattamente. 

 

-Quindi... cosa si può fare?- chiese l'uomo, stringendo le mani ancora di più e osservando nervosamente la psicoterapeuta. La donna piegò leggermente il capo, sospirando. 

 

-Datti tempo. Per guarire, per imparare di nuovo a essere felice e a goderti questi momenti di serenità. E inoltre... 

 

La dottoressa fece una pausa, abbassando lo sguardo sulla penna che stringeva nella mano, attirando lo sguardo curioso di Seokjin. 

 

-Hai mai... cercato la tua anima gemella? 

 

L'uomo rimase per un istante in un silenzio attonito. Poi, facendo vagare gli occhi lontani dallo schermo, annuì. 

 

-Ho provato a usare tutte le app e i sistemi statali a disposizione per cercarla, al tempo. Poi, ho continuato nei forum per solitari che avevano... perso la loro metà come me, sperando che almeno i parenti mi stessero cercando e mi contattassero. Credo che fossi ossessionato dall'idea di conoscere almeno il suo nome. Vedere una foto, qualsiasi cosa. Forse capire cosa le era successo davvero. Pensavo di avere bisogno di questo per mettere fine a questo capitolo, ma non ho mai avuto alcuna risposta. 

 

Jin tirò le labbra in un sorriso amaro, ascoltando il silenzio che la terapeuta lasciò diffondersi nella stanza. Dopo qualche istante, lei riprese la parola. 

 

-E adesso? Sei riuscito a porre fine a quel capitolo? 

 

L'uomo sollevò gli occhi. La sua lingua era pronta a sputare un "Mi sembra ovvio!" ma le parole gli morirono in gola. Era davvero così? 

 

-Seokjin, hai mai davvero rinunciato a trovare la tua anima gemella? 

 

Nuovamente, l'uomo fu sul punto di dare la risposta più razionale, ma si bloccò. Se ne era così certo, perché non aveva ancora cancellato quelle app per solitari? Perché non aveva smesso di controllare quei forum a intervalli regolari, istintivamente forse, ma inevitabilmente alla ricerca di una risposta? 

 

Aveva davvero tagliato completamente il suo passato? 

 

-So che non è un passo facile da compiere. Avrai bisogno di tempo, questo è indubbio. Ma... penso ti puoi concedere di lasciarla andare, che ne dici? 

 

Jin sollevò lo sguardo su di lei, mentre un fastidioso bruciore iniziava a fargli pizzicare gli occhi. Era giusto? Era giusto dimenticarsi di lei? Si sarebbe dimostrato indelicato nei suoi confronti se avesse cercato di scacciarla via dalla sua testa per poter cercare la serenità? 

 

-Hai pianto per lei. Hai fatto lutto per lei. Hai portato il suo dolore. Le hai reso onore quanto un'anima gemella farebbe per la sua metà. Hai fatto tutto ciò che potevi per lei. Ora... puoi lasciarla andare. 

 

Jin si morse violentemente il labbro. Una lacrima solitaria gli solcò la guancia mentre la sua testa annuiva, abbassandosi poi in una sorta di preghiera silenziosa. 

 

Ne aveva il diritto? 

 

Poteva davvero... lasciarla andare? 

 

 

 

Yona aveva dormito da schifo quella notte. E la cosa la infastidiva perché non c'era una singola ragione valida a motivare il suo malessere. Non era sbronza, non era fatta e non aveva mangiato nulla di strano. Certo, aveva fatto più attività fisica nella giornata precedente che nell'intero ultimo anno, ma conosceva bene "quel" dolore muscolare. Non aveva nulla a che fare con il bruciore, l'affannoso pulsare e il profondo fastidio che il suo corpo aveva attraversato nella notte passata. Non aveva senso. 

 

Caracollando fino al bagno, si pose davanti allo specchio per incontrare il suo viso solcato da occhiaie verdi e gonfio dal sonno, gli occhi socchiusi e i capelli aggrovigliati in un disastro che neppure la miracolosa maschera del parrucchiere era riuscita a prevenire. Sciacquandosi il viso, sospirò, tornando a studiarsi mentre applicava un'abbondante dose di crema per gli occhi sul verde che le inacidiva la pelle. Spalmandosi poi la crema idratante sul resto del viso, iniziò a massaggiarsi gli zigomi verso l'alto, scendendo fino a raggiungere il collo. Le sue dita si fermarono. Con delicatezza, sfiorò i segni sbocciati sulla sua pelle come piccole rose selvatiche, mentre un sorriso iniziava a dipingerle le labbra. Uno nel lato destro, appena sotto l'orecchio. Uno più in basso, vicino alla clavicola. Un'altro sorgeva per metà oltre lo scollo del pigiama, avvicinandosi maggiormente al suo petto. 

 

Le sue dita si fermarono solo quando un lieve bussare alla porta del bagno le fece ricordare della sua compagnia di stanza. Socchiudendo gli occhi, cercò di ricordare che cosa era in programma quel pomeriggio mentre tentava di seppellire il suo sorriso, e i segni sulla pelle, e usciva dal bagno. 

 

 

 

Un'intervista radiofonica era il loro ultimo impegno prima di lasciare l'America per il loro giro di promozione. Il giorno seguente, sarebbero partiti all'alba per tornare finalmente in Corea e Seokjin non sapeva se attendere il ritorno con ansia o con apprensione. Quanto sarebbero cambiate le cose una volta tornati? Avrebbe avuto più libertà dalla sua schedule e dallo scrutinio dello staff che li circondava continuamente? Oppure la situazione sarebbe peggiorata, rendendo ancora più difficile passare dei momenti con Yona? 

 

Nel corso dell'intervista, mentre cercava di elargire sorrisi convincenti e fingere di capire cosa gli intervistatori stessero dicendo, non riusciva a fare a meno di far scivolare lo sguardo sulla ragazza dalla chioma rosa ferma al di fuori dell'inquadratura della telecamera, con gli occhi puntati su di loro in attesa di intervenire in loro aiuto. Fingeva, forse per gli intervistatori, di ricercare una traduzione per le loro parole, ma inevitabilmente si ritrovava a cercare di strappare un sorriso da lei, oppure osservava il modo distratto in cui si massaggiava il collo, la spalla, l'orecchio, i posti dove lui aveva lasciato il suo segno su di lei il giorno prima. E si costringeva a riportare il suo sguardo e una minima percentuale della sua attenzione sugli host, prima che gli arrivasse un calcio da Hoseok per costringerlo a fingere interesse. 

 

-Thank you so much for coming here, guys. It was so great meeting you (Grazie mille per essere venuti qua, ragazzi. È stato fantastico conoscervi). 

 

L’ultima frase rientrava fortunatamente nella sua sfera di comprensione e, grazie al cielo, sembrava finalmente finita. Salutando con un sorriso e una smorfia buffa, iniziò la sfilza di saluti finali e strette di mano prima che fossero liberati dal microfono e dall'occhio invadente della telecamera. 

 

Jin sbuffò non appena furono usciti dalla sala registrazione, seguendo i suoi compagni verso la green room dove li aspettava un buffet che avrebbe costituito la loro cena. 

 

-Hyung, capisco che tu e Yona adesso avete raggiunto la terza base-

 

-La quarta base. 

 

Hoseok si voltò verso Yoongi, sollevando le sopracciglia. 

 

-Ah, davvero? Si dice così? 

 

Yoongi sospirò stancamente, strofinandosi gli occhi. 

 

-La terza base è solo quando arrivi a- 

 

-Qual'era il punto, Hobi?- interruppe Jin, lanciando un'occhiata furente a Yoongi mentre sentiva le orecchie andare a fuoco. Fortunatamente, Hoseok sembrò distrarsi dal discorso del maggiore e riportò l'attenzione su di lui. 

 

-Cosa volevo dire? Ah, giusto! Vedi di non divorarla con gli occhi mentre facciamo le interviste e cerca di mantenere la concentrazione, per favore. 

 

Seokjin mugugnò un assenso facendo vagare lo sguardo lontano dal dongsaeng, quando vide una figura attraversare il corridoio perpendicolare e dirigersi verso destra, portando i suoi passi a deviare rispetto al resto del gruppo. 

 

-Hyung? 

 

-Voi andate avanti, io vi raggiungo tra poco- borbottò in risposta l'uomo, lanciando un gesto sbrigativo per indicare ai suoi amici di entrare nella green room mentre i suoi occhi percorrevano il nuovo corridoio che stava imboccando alla ricerca di una chioma rosa e, parallelamente, altre forme di vita che avrebbero potuto osservarli. Una volta seguita la strada che le aveva visto prendere però, trovò solo una serie di porte serrate e il silenzio più totale. Voltandosi, avanzò appena di qualche passo, studiando le porte per vedere se una di esse fosse socchiusa. Poi, si voltò per controllare dietro di sé, se per caso aveva sbagliato direzione o se lei aveva cambiato strada in un momento in cui era distratto. 

 

Nulla. 

 

Corrugando la fronte, fece per tornare nel corridoio principale, quando si sentì trascinare per il cappotto. Schiudendo le labbra per emettere un verso di sorpresa, sentì il suo corpo venire premuto contro una porta chiusa su una stanza scarsamente illuminata, mentre una mano si posava sulla sua bocca per fermare qualsiasi suono vi potesse uscire. Seokjin spalancò gli occhi, prima di incontrare uno sguardo felino che gli era assai famigliare e un sorriso sornione che fece sfarfallare il suo cuore. Yona si portò un dito davanti alla bocca, prima di allontanare la mano dalle sue labbra e scivolare contro di lui fino ad avvicinarsi al suo orecchio. 

 

-Dovremo essere veloci e non farci sentire.

 

Jin sentiva il pulsare frenetico del suo sangue nelle vene rimbombargli nelle orecchie, la scarica di adrenalina incendiargli il viso e accendere ogni fibra del suo corpo. Chiudendo gli occhi, la sua mente tornò a quella mattina, alle parole che erano rimaste torturarlo per ore dopo la fine della seduta. 

 

"Mi perdonerai se continuerò a vivere? Se finirò finalmente il mio lutto?" 

 

Seokjin inspirò a fondo mentre percepiva la mano di Yona scivolare sul suo collo e infilarsi sotto alla sua camicia. 

 

"Spero che tu abbia vissuto una vita felice. Nonostante tutto, ringrazio il destino che ti ha reso la mia anima gemella. Grazie." 

 

Abbandonandosi al controllo della donna, scivolò lunga la porta, seppellendo le labbra nella camicia di lei.

 

"Spero che tu sia felice anche adesso. Vorrei esserlo anche io."

 

Jin serrò le labbra e sollevò il capo lontano da Yona in modo che non potesse vedere il principio di lacrime incastrato sulle sue ciglia. 

 

"Addio."

 

 

 

 

Diana si morse il labbro, contemplando la scatola nera di Victoria's Secret. Sciogliendo il fiocco di raso che la teneva chiusa, sollevò con cautela il coperchio, rivelando il pizzo nero sottostante. Con le dita, accarezzò con cautela il tessuto straordinariamente liscio e confortevole nonostante fosse così ricco di ricami. Corredato da una guêpière che terminava in dei reggicalze e un tanga, la ragazza sollevò il completo, portandosi davanti allo specchio. Dondolando nervosamente sui talloni, cercò di ricordare il modo in cui il bustino semitrasparente le aveva formato il corpo, enfatizzando la vita grazie alle stringhe sul retro, e a come il reggiseno era riuscito a darle un aspetto più bilanciato, creando una forma a clessidra che si equilibrasse con i suoi fianchi larghi. 

 

Sdraiandosi sul letto, osservò il soffitto mentre la sua mente decideva quale strada prendere. Erano tornati da due giorni in Corea. Yoongi nelle settimane precedenti era stato ineccepibile, sopratutto perché non aveva il suo studio in cui rifugiarsi alla notte, perciò non appena la schedule lo lasciava libero era sempre stato al suo fianco. E ancora prima di partire non aveva mai tardato più di qualche minuto oltre la mezzanotte da che avevano avuto quella conversazione.

 

Diana fece un profondo respiro. Trattenendo un sorriso, si sollevò dal letto e lanciò un'occhiata all'orario. Non erano neppure le dieci. Sapeva che Yoongi avrebbe sfruttato fino all'ultimo secondo nel suo studio, perciò di sicuro il tempo non le mancava. Dirigendosi in bagno, iniziò a spogliarsi, intrattenendo per un istante l'idea di mettersi perfino un filo di trucco, per poi scacciarla con un sorriso. Afferrando il suo profumo preferito, lo allontanò leggermente dal suo corpo per lasciare un paio di spruzzi e bearsi dell'aroma di rosa selvatica. Osservandosi allo specchio, deglutì. 

 

Quella sera. 

 

Quella sera era pronta per lui.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Oh? Cosa starà succedendo? 🤭 teorie, mie piccole apine complottiste? Qualcuno ha per caso qualche strano presentimento? XD vediamo, intrattenetemi. 

 

Also, è uscita anche la fanart del Re di picche! Piano piano arriverò a disegnare tutti i personaggi, ma li intervallerò con altri lavori perché sono davvero dei disegni lunghi da eseguire 😭 and, sorpresa sorpresina…. Dal momento che ci stiamo approcciando anche alla fine di questa storia (assurdo, mi sembra di averla iniziata ieri) ho un regalino per voi. Riguarda la nuova storia che seguirà questa. 😏

 

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Ed ecco a voi un bel cover reveal! Che ne pensate? (Lettori di EFP, you know what to do)

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Capitolo 45
*** 43. Who lives, who dies, who tells your story ***


Yoongi si stropicciò gli occhi, mentre i suoi timpani emettevano un fastidioso "pop" a causa dell'ampio sbadiglio che era sfuggito dalla sua bocca. Accendendo lo schermo del cellulare, vide che erano le undici e mezza. 

 

"Ancora un quarto d'ora", si disse. Un quarto d'ora e poi se ne sarebbe tornato a casa. 

 

Quando riportò lo sguardo sul foglio di carta sotto le sue mani, però, le linee nere iniziarono a ballare davanti alla sua vista, offuscate e confuse. Le lettere si mescolavano fra di loro creando strani miscugli e le parole parevano scarabocchi incomprensibili che il suo cervello non riusciva a riconoscere. Sospirando, appoggiò il capo sulla sua mano, strizzando le palpebre per poi riaprirle e cercare di mettere a fuoco le scritte della penna a sfera. Non appena avevano messo piede fuori dall'aereo, erano stati catapultati in sala prove a prepararsi per Music Bank e M Countdown, senza un minuto di tregua. La sera prima, Yoongi non si era neppure fermato nello studio da quanto era esausto. Ancora a due giorni di distanza, infatti, sentiva gli effetti del jet lag che non era riuscito a smaltire perché non aveva fatto altro che correre dal momento che erano tornati in Corea. E la data d'uscita del mixtape si avvicinava. 

 

Yoongi si morse il labbro inferiore, tamburellando con ipnotica lentezza la penna sul foglio. Di questo passo, sarebbe stato costretto a posticipare l'uscita ancora una volta. L'agenzia avrebbe capito, certo. Non era come posticipare un progetto del gruppo e non era ancora stato fatto nessun annuncio ufficiale perciò non c'erano problemi con la schedule della promozione. Ma non avrebbero neppure apprezzato. E lui non si riteneva un buon soldatino ligio al dovere, ma se c'era un valore di cui poteva andare fiero era la sua serietà nel  lavoro e negli impegni che prendeva. Il fatto che dava il cento percento del suo tempo, della sua attenzione e del suo impegno nei progetti che intraprendeva. E tanto più quel progetto, uno che per lui era tanto personale. 

 

Yoongi cercò di raddrizzare la schiena per impedire alla sua testa di ciondolare in avanti, ma senza successo. Era come se il suo capo fosse diventato pesante tonnellate, come se i suoi muscoli improvvisamente avessero perso tutta la loro forza e non fossero più in grado di sorreggere neppure le palpebre. Ma lui sbatté gli occhi, almeno una decina di volte perché non sembrava funzionare, e seppellì un altro sbadiglio fra le labbra strette. 

 

Quando mi guardo allo specchio 

Vedo l'ombra di un uomo che non conosco 

Mi chiedo come qualcuno possa portare rispetto per lui 

 

Ma quando mi guardo nei tuoi occhi 

Inizio a vedere perché qualcuno potrebbe amare quell'uomo 

 

Per un istante, un sorriso timido comparve nella memoria di Yoongi. Lo stesso sorriso che aveva salvato come sfondo del telefono, e non come bloccoschermo perché i suoi amici lo avrebbero preso in giro fino alla fine dei suoi giorni se lo avessero visto. La data d'uscita del mixtape si faceva più vicina, la metà delle tracce era ancora incompleta eppure eccolo lì, a scrivere una nuova canzone che probabilmente non avrebbe mai neppure usato. Come avrebbe potuto? Praticamente ogni riga trasudava l'identità della persona che l'aveva ispirata, al punto che gli mancava solo di descrivere i capelli biondi che pettinava fra le dita e gli occhi verdi in cui si specchiava per renderla appena più ovvia. Sarebbe stato imbarazzante condividere quelle parole con il mondo. Non era mai stato riservato nel parlare delle sue emozioni e delle sue esperienze nella sua musica, ma in qualche modo quella situazione era diversa. Non era semplicemente un esporsi nella sua vulnerabilità, era un esporre la propria vulnerabilità nei confronti di un'altra persona. Ammettere quanto quella persona tenesse la sua sanità mentale e il suo cuore attorcigliati sulla punta delle dita, detenendo il potere di trasformarlo in un burattino inginocchiato al suo cospetto a un solo schiocco di indice e pollice. 

 

Quella canzone urlava "Ti amo" mentre la sua bocca raramente usava pronunciarlo. 

 

La penna scivolò dalle mani di Yoongi, emettendo un piccolo tonfo sul tavolo e portandolo a sbattere nuovamente gli occhi. Seppellendo un altro sbadiglio, osservò la sua mano riprendere l'oggetto e iniziare a scrivere parole tremolanti di cui non riusciva a comprendere il senso. 

 

La sua testa era pensante. Troppo pesante per essere sorretta. 

 

Sentiva le palpebre combattere tenacemente per rimanere aperte, ma pareva come se una forza magnetica le costringesse ad abbassarsi. Come se dei pesi vi fossero appesi. Come se qualcuno vi avesse attaccato delle corde invisibili e stesse tirando e tirando e tirando... 

 

... fino a vincere. 

 

 

 

Yoongi sobbalzò, emettendo un sussulto sorpreso. La sua testa scattò verso l'alto, portandolo a raddrizzare la sua schiena. Era ancora nel suo studio, realizzò. Sbattendo le palpebre, capì che doveva essersi assopito brevemente mentre stava scrivendo, tanto che poteva sentire il segno lasciato sulla sua guancia dalla penna incastrata nella sua mano. Yoongi scosse il capo, alzandosi dalla sedia girevole e afferrando il suo giubbotto. Non aveva senso continuare a rimanere nello studio se non sarebbe riuscito a rimanere sveglio. Tanto valeva che tornasse a casa e dormisse in un letto vero. Afferrando il suo cellulare, sbloccò lo schermo per controllare l'orario e quanto avrebbe dovuto correre per arrivare in tempo prima della mezzanotte. 

 

Non appena la luce azzurra gli illuminò il viso, però, i suoi occhi si spalancarono. 

 

Non era possibile. 

 

Era sicuro che fossero passati non più di cinque minuti. 

 

Non poteva davvero essere... 

 

Sentì il suo cuore battere sempre più velocemente mentre osservava insistentemente i numeri sei e quindici nel suo cellulare, seguiti dalla notifica di dieci chiamate perse. Deglutendo rumorosamente, aprì l'app per vedere a chi appartenevano.

 

6 chiamate perse da: Di

 

3 chiamate perse da: Taehyung

 

1 chiamata persa da: Estella 

 

"Cazzo". 

 

Prima ancora che il suo cervello potesse iniziare a ragionare, i suoi piedi erano già scattati in direzione della porta, sbattendo il vetro dietro di sé senza neppure inserire il codice di sicurezza. Poteva perfino aver lasciato le luci accese, per quanto riusciva a ricordare.

 

"Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo..." 

 

Il suo dito premeva insistentemente sul nome di Diana ma l'unico risultato che riceveva, volta dopo volta, era sempre lo squillo vuoto e ripetitivo della linea senza risposta. Con il rombo del suo sangue nelle orecchie, corse giù per le scale fino al sotterraneo dove era parcheggiata la sua macchina, tentando le chiamate fino a che il segnale non scomparve e ricominciando subito dopo non appena la vettura riemerse sulla strada. 

 

Premendo il piede sull'acceleratore, Yoongi studiò le strade silenziose che circondavano l'agenzia, immerse nella calma che precedeva l'ora di punta dei salary men che avrebbero raggiunto il loro luogo di lavoro. 

 

-Chiama Taehyung. 

 

Il telefono si collegò al Bluetooth della macchina, facendo partire la chiamata. Gli squilli ripetitivi ripresero a martellargli le orecchie, dettando il ritmo a cui anche il suo cuore aveva preso a battere contro la sua gabbia toracica. 

 

-Hyung. 

 

Yoongi si lasciò sfuggire un verso gutturale non appena sentì la voce del suo amico, spalancando gli occhi quando si accorse che stava per passare un semaforo rosso e inchiodando violentemente con un rumore di pneumatici stridenti. 

 

-Taehyung, mi sono addormentato mentre stavo lavorando, ho visto le chiamate quando mi sono svegliato, io- 

 

La voce frenetica del maggiore fu tagliata da quella baritonale del minore. Solitamente, il tono del ragazzo si alzava di qualche ottava quando era in preda al panico o quando era preoccupato, dipingendosi di quello smarrimento infantile che confondeva così tanto Yoongi. In quel momento, però, la sua intonazione era bassa, grave quanto una tomba. 

 

-Hyung, sbrigati. Se ne sta andando. 

 

L'uomo spalancò gli occhi e, per un momento, non riuscì più a vedere la strada davanti a sé. Sentiva le sue cornee iniziare a bruciare fastidiosamente e la sua bocca schiudersi per ansimare leggermente, perché sembrava all'improvviso che l'aria non fosse sufficiente nei suoi polmoni. 

 

"No. No, no, no, no, no..." 

 

-Sto arrivando. 

 

La chiamata si chiuse. Senza la voce di Taehyung, a tenerlo ancorato alla realtà rimase solo con il rombo del motore della sua macchina che superava i limiti di velocità attraverso le strade di Seoul. 

 

 

 

Quando Yoongi riuscì finalmente a digitare i numeri nel tastierino d'ingresso, aprì violentemente la porta fino a farla sbattere contro l'attaccapanni dietro di essa. I suoi occhi frenetici studiarono la fila di scarpe riposte più o meno ordinatamente all'ingresso, passando in rassegna ogni paio tre volte prima che il suo stomaco si chiudesse definitivamente. Mancavano i suoi stivaletti beige, quelli che ultimamente indossava quasi tutti i giorni perché le tenevano caldi i piedi nel gelo invernale. 

 

-Tella, aspetta-

 

Yoongi spalancò gli occhi quando sentì un oggetto colpirgli la gamba. Abbassando lo sguardo, vide una piccola ciabatta rosa giacere solitaria ai suoi piedi, scrutandolo quasi come a riconoscere senza pudore la propria colpa. Quando sollevò la testa di scatto, fece appena in tempo a porre le mani davanti al viso prima che la sua gemella lo colpisse nell'avambraccio, emettendo uno schiocco sonoro e provocandogli un lieve bruciore sulla pelle. Quando abbassò appena le mani, incontrò lo sguardo furibondo di Estella, che si contorceva nel tentativo di scivolare dalla stretta di Taehyung, il quale le teneva le braccia incollate al busto. Yoongi si congelò sul posto mentre le corte gambe della ragazza scalpitavano come le zampe di un cavallo. 

 

-Déjame! Tengo que quitarle la cabeza! 

 

Taehyung sospirò, acciuffando la mano della sua anima gemella che era riuscita a sfuggirgli e afferrare un vaso, pronta a lanciarglielo addosso. 

 

-Qualsiasi cosa tu abbia detto, se stai pensando di decapitarlo ti prego di cambiare idea. 

 

Yoongi abbassò le mani, studiando il salotto vuoto e il silenzio che abitava la stanza, interrotto solo dal sommesso strisciare delle ciabatte di Namjoon, la cui testa era timidamente spuntata dal bordo del corridoio che dava sulle loro stanze. Yoongi deglutì mentre sentiva il cuore pulsargli nella gola. 

 

-Dov'è? 

 

Estella si bloccò. I suoi arti smisero di lottare contro la presa del ragazzo e le sue gambe cessarono di scalpitare, tanto che Taehyung iniziò ad allentare la presa su di lei, molto lentamente. La piccola ragazza, allora, strizzò gli occhi accesi d'ira. 

 

-Dov'è? Vuoi sapere dov'è?- ripetè lei, con la voce permeata di veleno e ogni parola sputata come una dardo appuntito. Yoongi sussultò leggermente sul posto, deglutendo. 

 

-Se n'è andata. 

 

L'uomo lo sapeva. Lo aveva capito nel momento in cui aveva messo piede in casa e nonostante ciò sentì il panico attanagliargli lo stomaco, portandolo a stringere debolente i pugni. 

 

-Io...- mormorò, distogliendo lo sguardo dagli occhi infuocati di Estella e incontrando quello contrito di Namjoon. Non capiva. Aveva fatto un errore, certo, ma quello che non riusciva a capire era perché quella reazione? Cosa gli stava sfuggendo che nessuno gli stava dicendo? 

 

-Io... ho provato a chiamarla. Mi sono addormentato, io... 

 

I suoi occhi si appoggiarono sul capo chino di Taehyung, che rimaneva ostinatamente accanto alla sua anima gemella con la bocca tesa in una smorfia sofferente. Yoongi contrasse le sopracciglia, mentre una nuova ondata di malessere iniziava a salire sotto forma di brividi nella sua spina dorsale e di freddo nel suo stomaco. 

 

-Cos'è successo?- mormorò infine, contemplando ognuno dei presenti mentre cercava di ricacciare indietro quel sentore che gli stava oscurando il cervello. Estella fu l'unica a rispondere al suo sguardo. 

 

-Ha passato la notte in preda agli attacchi di panico e tu non c'eri. 

 

Il respiro abbandonò il petto dell'uomo. Le sue palpebre spalancate rivelavano i suoi occhi arrossati e confusi, saettanti nello sguardo di Estella. 

 

-Cosa? 

 

Incredula, la sua voce era appena sopra a un sussurro anche nella stanza priva di ogni fonte di suono. 

 

-Stavamo per chiamare un'ambulanza ma lei non ha voluto. Continuava a ripetere che saresti arrivato e tutto sarebbe passato. 

 

Yoongi sentì le ciglia inumidirsi, mentre le sue labbra tremavano incapaci di emettere una sola parola. 

 

No, no, lei glielo avrebbe detto, non lo avrebbe affrontato da sola se fosse stato vero, sapeva che anche lui era stato nella stessa situazione e avrebbe capito perciò sicuramente non poteva essere... 

 

-Non aveva avuto il coraggio di dirtelo. Sono mesi che prende tranquillanti quando tu non ci sei. 

 

Yoongi prese a scuotere la testa, mentre le ciglia febbrili sfarfallavano con movimenti confusi e la sua gola si chiudeva. 

 

Un ricordo. 

 

La conversazione nel suo studio. 

 

L'incertezza di lei. 

 

La promessa che gli aveva fatto fare. 

 

Iniziò ad accavallarsi con le scuse che lui stesso aveva pronunciato anni addietro. Quando si chiudeva nel bagno di un camerino in preda agli ansimi, quando sentiva l'aria mancargli fino al punto di pensare di morire e morire e morire ed essere solo, per poi tornare e giustificare la sua assenza e il suo trucco sciolto con un pisolino segreto e non dire mai a nessuno la verità perché nessuno avrebbe capito. Era il suo carico da portare. Era la sua testa da aggiustare e doveva in qualche modo farlo da solo. 

 

Yoongi sentì la nausea salirgli fino alla bocca. 

 

-Dove si trova? 

 

Estella lo guardò dritto negli occhi impassibile, incrociando le braccia davanti al petto con il fuoco del suo furore ostinatamente incastrato nello sguardo. L'uomo corrugò le sopracciglia, avvicinandosi a lunghe falcate fino a essere davanti alla ragazza. Yoongi non era di certo il più alto del gruppo, ma lei era talmente piccola che la sua ombra la divorava completamente. 

 

-Estella, dove si trova? 

 

La ragazza inspirò a fondo, prima di girarsi e afferrare un mazzo di chiavi. Il giovane vide troppo tardi il metallo volare in rotta con il suo stomaco, ritrovandosi improvvisamente a tenersi il punto colpito con una mano mentre si abbassava ad afferrare l'oggetto che era atterrato con un tintinnio sul pavimento. 

 

-Il nostro appartamento a Yangcheon. 

 

Yoongi si voltò rapidamente per infilarsi le scarpe che aveva da poco abbandonato all'ingresso, prima di bloccarsi quando la voce di Estella catturò nuovamente la sua attenzione. 

 

-Se vengo a sapere che hai messo piede nell'agenzia nell'intera giornata di oggi faccio pulire a fondo il tuo studio e butto tutta la tua attrezzatura nell'Han. 

 

 

 

Non appena Diana chiudeva gli occhi il sangue tornava a colorare la sua mente, perciò non fece altro che rimanere seduta sul divano dell'appartamento vuoto con le palpebre spalancate. Fissava la televisione con sguardo vitreo, senza sentire le parole che uscivano dallo stereo né vedere le immagini che vi passavano davanti. 

 

Quando le sue cornee ricominciarono a bruciare, abbassò appena le ciglia, ma i suoi occhi si serrarono contro la sua volontà per via del sonno che si era accumulato nella notte passata. 

 

Yoongi stava sanguinando. Yoongi era pallido, la guardava come se stesse cercando di dirle qualcosa di importante. 

 

Yoongi era morto.

 

Taehyung piangeva. 

 

Hosoek piangeva. 

 

Anche lei piangeva e piangeva e ansimava... 

 

Diana spalancò gli occhi, sussultando violentemente. Si accorse dopo qualche secondo del rumore della porta d'ingresso che si chiudeva con un tonfo. La ragazza sentì il cuore battere sempre più velocemente man mano che dei passi si facevano strada nell'appartamento e, istintivamente, strinse la coperta che la circondava fra le dita ansiose, ansimando. Con la mente ancora immersa nelle immagini che abitavano i suoi sogni, il limite tra realtà e immaginazione era diventato talmente labile che Diana non riusciva a fare a meno di sentire l'angoscia chiuderle la gola. Era stata una pessima idea lasciare il dormitorio per venire in un appartamento da sola, riflettendoci. Ma dopo una notte insonne in cui aveva tormentato Estella con i suoi stupidi attacchi dato che la ragazza aveva deciso di dormire insieme a lei, pensava che rimanere un po' da sola, a riflettere, l'avrebbe aiutata. 

 

Si sbagliava. 

 

Man mano che i passi si avvicinavano, la sua mente non faceva che congiurare scenari che finivano sempre, inevitabilmente con il sangue.

 

Alla fine, vide il piede dell' estraneo che aveva invaso l'appartamento emergere dalla soglia della porta, prima che una mano pallida si infiltrasse oltre lo stipite. Quella mano la conosceva bene. Dita lunghe e nodose, sottili eppure mascoline, dai palmi grandi. Perfette per tenere una palla da basket o per suonare il pianoforte. 

 

I suoi occhi si sollevarono sul viso della sua anima gemella, che si sporse oltre la porta chiuso in un'espressione illeggibile perfino per lei. E vederlo, per quanto fosse arrabbiata con lui, non fece che lavare via tutta l'angoscia che le era rimasta addosso dalla notte passata. Perché lui stava bene. Come sapeva, non era successo niente. Quello che pensava nella sua testa non era vero perché lui era lì, vivo e vegeto. 

 

Diana schiuse le labbra, ma non fece in tempo a pronunciare una singola parola perché Yoongi era già apparso sul divano, con le mani avvolte attorno al suo viso e i pollici intenti a raccogliere le lacrime che scendevano sulle sue guance. Lui trasse un lungo sospiro senza guardarla negli occhi, concertando invece lo sguardo sulle piste bagnate che le percorrevano la pelle e, per un istante, le parve di vedere un'ombra umida anche lungo le sue ciglia. 

 

-Perché non me l'hai detto? 

 

Diana abbassò il capo, mordendosi il labbro tremante. 

 

Quindi sapeva. 

 

-Io... non... non avevo il coraggio. È stupido. È tutto... 

 

La ragazza sollevò le mani per osservarle tremare e forse per cercare le parole con cui descrivere i suoi sogni assurdi. 

 

-Non è stupido. 

 

Diana scosse il capo. 

 

-Non... non ha senso. È come se... la mia testa iniziasse a tirare fuori ogni pensiero negativo che ho su me stessa e... ogni ansia... ogni paura... ogni assurda congettura... 

 

Diana ansimò mentre i singhiozzi le tagliavano la voce. 

 

-Quando non ti vedo arrivare mi dice che è perché te ne sei andato, o perché ti è successo qualcosa... o perché non mi ami e non ti importa di me. E da lì inizia... una catena... di pensieri che mi tira sempre più giù e... non riesco a fermarla... e così inizio ad affogare...

 

Diana sentì un singhiozzo morirle in gola quando il suo corpo si sollevò dal divano e si accorse che Yoongi l'aveva afferrata per poi appoggiarla sulle sue gambe e circondarla con le sua braccia, chiudendola in un bozzolo protettivo creato dal suo corpo. 

 

-So esattamente quello di cui stai parlando. Credimi quando ti dico che ne conosco ogni dettaglio e so quanto è straziante affrontarlo da soli. 

 

Le dita di Diana arpionarono il tessuto della maglietta di lui, affondando il viso nella sua spalla mentre sentiva lui fare lo stesso. Si accorse, allora, del tessuto bagnato che si stava incollando alla sua stessa pelle man mano che Yoongi parlava. 

 

-Per questo voglio essere accanto a te in ogni passo di questo percorso. Non ti lascerò mai più sola. Mai più. 

 

La ragazza non riuscì a trattenere i singhiozzi che le tempestarono il petto con maggiore violenza. 

 

Tutti quei mesi di sofferenza, e bastavano quelle poche semplici parole a sollevare il peso dalla sua testa. 

 

-Te lo giuro.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

E che storia sarebbe se vi lasciassi troppo tranquilli??? Finalmente vediamo il climax della trama di Yoongi e Diana, insieme alla sua felice risoluzione. E abbiamo anche visto il momento sclero di Estella che tutti aspettavamo con ansia XD so che qualcuno avrebbe voluto un bello schiaffo ma ho pensato che il nostro povero Yoongi non se lo meritasse dal momento che non conosceva tutte le circostanze. Ebbene adesso che capiterà? Abbiamo ancora diverse questioni insolute da risolvere, perciò tenetevi stretti perché le montagne russe sono solo appena iniziate! 

 

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Capitolo 46
*** 43. Big blonde and beautiful ***


(Sti capitoli diventano sempre più lunghi XD preparatevi perché questo è una sleppa) 

 

Seokjin soppresse uno sbadiglio, strofinandosi gli occhi mentre sorseggiava il suo caffè. Jungkook, seduto accanto a lui, non era messo meglio. Stravaccato in avanti sul tavolo, aveva seppellito la testa fra le braccia incrociate e il maggiore era piuttosto sicuro che fosse in procinto di approfittare di qualche minuto di sonno prima dell'inizio della lezione. 

 

La notte passata, in effetti, era stata provante per tutti. Jin non era a conoscenza del fatto che Diana soffrisse di attacchi di panico, forse perché era stato troppo assorbito dal suo stesso stato di salute, o forse perché lei era riuscita efficacemente a non farsi udire quando stava male. Ma quella notte era stato diverso. L'uomo poteva ancora sentire l'eco delle grida e dei pianti singhiozzanti rimbombargli nelle orecchie. Vedeva ancora i visi confusi e preoccupati dei suoi compagni e lo sguardo ansioso ma consapevole di Estella mentre si fiondava nella stanza della ragazza. La voce rotta dal pianto che li pregava di non andare in agenzia a recuperare Yoongi perché sarebbe tornato a casa da un momento all'altro mentre soffocava nel suo stesso respiro era impressa nella sua memoria come un'incisione.

 

Jin sospirò, prendendo un altro sorso del suo caffè prima che il suo telefono vibrasse sul tavolo. Guardando distrattamente lo schermo, lo afferrò con rapidità non appena notò il nome di Yoongi nella notifica. 

 

Da: Yoongi

Oggi non verrò alle prove. 

 

L'uomo sorrise, osservando i suoi compagni rispondere nella chat di gruppo uno dopo l'altro mentre digitava a sua volta una replica. 

 

Da: te 

Va bene così, Yoongi-ah. Prenditi tutto il tempo di cui avete bisogno. 

 

Quando vide che anche Hoseok stava scrivendo qualcosa, attese con curiosità fino a che il suo messaggio non comparve nella chat. Solitamente, in qualità di dance leader il minore era piuttosto severo con chi saltava gli allenamenti senza un motivo valido, perciò lèsse velocemente la risposta che lasciò, sorridendo. 

 

Da: Hob-ah

Sarà meglio. Non metterai più piede nella sala prove fino a che non avrete risolto. 

 

Da: Yoongi

È una promessa? 

 

Seokijn soffocò una risata, appoggiando il telefono sul tavolo e scuotendo il capo. Poi, i suoi occhi si fermarono sulla felpa scura che copriva le sue braccia, mordendosi il labbro. Le anime gemelle davvero non erano così perfette come pensava. Dubbi, contrasti, incomprensioni: nell'ultimo mese, non aveva fatto che sperimentare ostacolo dopo ostacolo che aveva rallentato i legami dei suoi amici. Come se un velo fosse stato finalmente sollevato dai suoi occhi, l'uomo si rese di quanto la sua visione delle anime gemelle fosse stata limitata e infantile. Non faceva che fantasticare su quanto tutto sarebbe stato perfetto una volta che due metà si univano e non aveva mai minimamente considerato che i regolari problemi della vita potessero in qualche modo influenzare anche loro. Anche due anime gemelle non riuscivano a comprendersi. Anche due anime gemelle fallivano nell'accorgersi del malessere dell'altro. Anche due anime gemelle cessavano di amarsi. 

 

Mentre Jin giochicchiava con il bordo della felpa, spostando il polsino all'indietro fino a rivalere uno sprazzo di pelle per poi riportarlo in avanti, contemplò nella sua testa quello che poteva significare. A quanto fosse sbagliata la visione con cui era cresciuto. A quanto fosse davvero limitata la sua conoscenza dei rapporti umani. E a quanta potenzialità avevano davvero due persone, a prescindere dal fatto che esistesse un legame o meno. 

 

La società crede troppo ciecamente nel potere delle anime gemelle. Ricordava che Yoongi aveva pronunciato quelle parole, anche se lì per lì non vi aveva prestato attenzione e non si era ritrovato d'accordo. Forse iniziava davvero a capire cosa intendeva. 

 

Jin continuò distrattamente a giochicchiare con la felpa fino a che le sue sopracciglia non si corrugarono. Scostando ulteriormente il polsino fino a scoprire tutto il suo avambraccio, studiò il livido verde grande poco più di una moneta che colorava la sua pelle. Lo sfiorò leggermente percependo un timido pulsare al contatto. Bizzarro. Non ricordava di aver sbattuto in quel punto di recente e non ricordava neppure il dolore che una botta come quella avrebbe dovuto portare. 

 

-Vi sono mancata? 

 

La sua testa si sollevò di scatto non appena la voce calda e famigliare gli entrò nelle orecchie subito dopo l'aprirsi frenetico della porta della stanza. Un sorriso, istintivamente, sollevò gli angoli della sua bocca. Yona fece il suo ingresso con il petto sollevato da profondi ma rapidi respiri che indicavano la fretta con cui era corsa nella stanza, ma nonostante ciò le sue labbra si sollevarono all'insù in una piega innocente. Seokjin ancora non si era abituato al contrasto che i capelli rosa creavano con la sua pelle caramellata, ma poteva studiare per ore il modo delizioso in cui il colore chiaro catturava ancora di più la sua attenzione sul suo viso e sul trucco elaborato, che in quella giornata la vedeva sfoggiare un'eyeliner spesso che creava un piccolo disegno sulla palpebra della donna e un rossetto nero, che si abbinava bene al giubbotto di pelle ricoperto di borchie argentate che indossava. 

 

-Gioite, perché oggi ho in serbo una sorpresa molto speciale per voi. 

 

Seokjin assottigliò le palpebre con crescente diffidenza man mano che vedeva il sorriso saccente farsi posto sulle labbra della donna mentre estraeva dalla sua ampia borsa di jeans un computer portatile, che attaccò prontamente alla corrente. Quando la donna sollevò lo sguardo e incontrò le espressioni dei due studenti, infatti, scoppiò a ridere. 

 

-Non mi guardate così! Sarà una fantastica esperienza per voi! Apprezzate i miei sforzi, ho fatto di tutto per fare accadere questa cosa e non farvi arrivare spoiler dagli altri gruppi. 

 

Il maggiore si voltò verso Jungkook, che ricambiò il suo sguardo calcolatore aggiungendo alla sua dose di ansia mentre la donna continuava a ridere, cliccando qualcosa nello schermo del computer. 

 

-Come siete malfidati...- borbottò a fior di labbra, scuotendo la testa prima di bloccarsi e studiare lo schermo in silenzio, con un'espressione bizzarramente concentrata dipinta sul viso. Quando una voce emerse dagli altoparlanti del computer, i due studenti sobbalzarono leggermente sulla sedia mentre la donna si apriva in un sorriso ancora più ampio. 

 

-Ehi baby! How are you doing? You look hot as a Cheetoh even more than I remembered! (Ehi baby! Come stai? Sei sexy quanto un Cheetoh ancora più di quanto ricordassi!)- pronunciò Yona ridacchiando allegramente. Dal computer, una voce ancora più profonda e con una cadenza americana ben marcata emerse. 

 

-Shut up, you look like the most eatable human cotton candy and I love it, but I still haven't forgiven you for not coming to see me. (Taci, tu sembri lo zucchero filato più divorabile e lo adoro, ma non ti ho ancora perdonata per non essere venuta a trovarmi). 

 

Le labbra della donna si piegarono in una smorfia colpevole. 

 

-Sorry, I was really busy with work and you were really far away. (Scusami, ero molto impegnata con il lavoro e tu eri davvero molto lontana). 

 

La voce nel computer emise un verso di scherno alla risposta di Yona. 

 

-Yeah, sure, sweetheart, should I remind you that I know all about what happened? You spell it work but I call it di-(Sì, certo, dolcezza, dovrei ricordarti che so tutto quello che è successo? Tu lo pronunci lavoro ma io lo chiamo ca-)

 

L'insegnante interruppe la frase della voce sconosciuta congiungendo le mani con uno schiocco sonoro e rivolgendo il suo sguardo ai due studenti fermi in attesa. 

 

-Ebbene, giovani padawan, lasciate che vi presenti la vostra insegnante per oggi. 

 

Yona voltò il portatile in modo che i due potessero vedere lo schermo e Jin incontrò il volto di una donna dalla carnagione scura quasi quanto i suoi capelli, acconciati in un mare di sottili treccine in cui emergeva anche uno sprazzo di blu elettrico e interrotte a tratti da perline incastonate magistralmente nel mezzo dell'intrecciatura. 

 

-Vi presento... Sienna- eruppe Yona, indicando con un sorriso la donna nello schermo, che prese a studiare attentamente entrambi i giovani con una smorfia interrogatoria dipinta sul viso dopo aver lanciato un breve saluto. 

 

-Sienna è stata la mia coinquilina per tutti gli anni del college quando ero in America ed è ancora una mia carissima amica- continuò l'insegnante, portando Seokjin a osservare la donna con maggiore attenzione. Se era una sua amica, allora doveva impegnarsi per fare una buona impressione, pensò rivolgendo un sorriso timido verso lo schermo. 

 

-Sienna, this is Jungkook and this is Seokjin (Sienna, questo è Jungkook e questo è Seokjin)- pronunciò Yona, indicandoli uno alla volta. La sua amica, a quelle parole, spalancò le palpebre per poi concentrare il suo sguardo intenso proprio su di lui. Seokjin deglutì, percependo il calore accumularsi sulla punta delle orecchie. 

 

-Oh, so this is the boyfriend (Oh, quindi questo è il ragazzo)- replicò, studiando insistentemente l'uomo, che sorrise con notevole nervosismo facendo saettare gli occhi su Yona. Non era sicuro di aver capito perché l'accento della donna era talmente marcato da rendere le parole molto più abbozzate rispetto allo standard a cui era abituato, ma aveva un vago sospetto. L'insegnante, con un sorriso carico di malizia, lo osservò a sua volta. 

 

-He is (lo è). 

 

Sienna, allora, prese ad annuire con il capo con un'espressione che pareva positivamente impressionata. 

 

-Damn, I should start doing your job than (Cavolo, dovrei iniziare a fare il tuo lavoro allora). 

 

Yona a quelle parole scoppiò a ridere, buttando la testa all'indietro e scuotendo il capo fra sé e sé mentre riprendeva in mano la sua borsa di jeans. Seokjin, corrugando le sopracciglia, studiò attentamente ogni sua azione mentre si voltava verso di loro con un sorriso che mostrava i suoi denti. 

 

-Bene, avete un'ora per farvi conoscere da Sienna e per conoscere un po' lei. Buona fortuna. 

 

L'uomo spalancò gli occhi non appena vide la donna girare i tacchi e ripercorrere la strada fino alla porta della stanza. 

 

-Cos... Yona? Aspetta, dove stai andando?- chiese con la voce resa più acuta dal panico. Yona però si voltò con un'espressione scherzosa sul viso, aprendo la porta. 

 

-Vado a prendermi un caffè. Ve lo avevo detto, no? Sienna oggi sarà la vostra insegnante. E ricordate che non parla una singola parola di coreano, perciò dovrete ingegnarvi per farvi capire- replicò semplicemente lei, sollevando le spalle come se non avesse appena seppellito i due poveri giovani in una montagna di panico e problemi. 

 

-Yona? Aspetta! Yona! 

 

Ma la porta si chiuse sull'espressione ansiosa di Seokjin che, insieme a Jungkook, si era sollevato dalla sedia per protendersi fisicamente verso l'insegnante. Quando il silenzio scioccato prese piede nella stanza, la realizzazione iniziò a sedimentarsi, portando i due presenti a guardarsi negli occhi terrorizzati. Tornando a sedersi con dei tonfi sconsolati, i due rivolsero gli sguardi alla donna nello schermo, che sorrise agitando la mano. 

 

-You're all mine now (Sei tutti miei ora). 

 

Seokjin deglutì nervosamente e spiaccicò il primo saluto che gli venne in mente, prima che la sua attenzione fosse catturata dal cellulare ancora appoggiato sul tavolo. 

 

Da: Yona 

Sei libero domani sera? 

 

Mentre Jungkook iniziava a balbettare qualche parola in inglese a cui non prestò attenzione, prese a digitare una risposta. 

 

Da: te 

Sì, sono libero. 

 

Da: Yona

Casa mia, alle otto, niente cena preparata in casa perché non ho le tue doti culinarie ma un bel takeaway che accontenta sempre tutti. Che dici? 

 

E, come se non se ne fosse mai andato, il sorriso tornò sulle labbra dell'uomo. 

 

Da: te

Mi sembra perfetto. 

 

 

 

Diana prese il peperoncino, iniziando a condire il riso che stava facendo saltare in padella. Prima che potesse avvicinare il cucchiaio alla bocca per assaggiare il risultato, però, l'arnese le fu strappato di mano da Estella, che si affrettò a ingoiare un'abbondante boccone con un'espressione concentrata prima di afferrare il peperoncino e ricominciare versarlo sul riso.

 

-Donna bianca, non ti hanno mai insegnato come si spezia il cibo a Cambridge? 

 

Diana scoppiò a ridere, sollevando le spalle.

 

-Non ho studiato a Cambridge. 

 

Estella fece un gesto sbrigativo senza staccare gli occhi dal riso. 

 

-Stessa cosa. 

 

Scuotendo il capo, la ragazza abbandonò la cucina portandosi nella sala da pranzo e iniziando ad apparecchiare il tavolo. Era sempre così, in quell'ora della sera. Solo lei ed Estella a battibeccare in quella grande casa silenziosa, fino a che un'orda di giovani sudati e affamati non faceva il suo ingresso dalla porta e si avventava sul cibo. E mentre Diana sistemava i cucchiai e le bacchette ai lati dei piatti, la sua mente tornò alla giornata precedente, dipingendole un sorriso sulle labbra. Erano stati insieme, lei e Yoongi,  tutto il giorno in quell'appartamento calmo, privo della calca e la completa mancanza di privacy che caratterizzavano il dormitorio. 

 

Lì, accoccolati sul divano l'uno accanto all'altra, non avevano fatto che parlare per ore. Non ricordava neanche quando era stata l'ultima volta che aveva passato il tempo in quel modo con la sua anima gemella. Non ricordava neppure quanto era che non parlavano così. Non del più e del meno, o delle loro giornate, o del lavoro. Onnipresente, immancabile lavoro. 

 

Solo di loro. 

 

Di lei e i suoi pensieri. 

 

Di lui e la sua esperienza. I suoi meccanismi di difesa e i modi in cui era riuscito a stare meglio. 

 

Del loro rapporto. 

 

Della necessità di prendersi un po' di tempo come quello più spesso. 

 

Forse, di avere uno spazio solo per loro. Perché, per quanto entrambi amassero vivere insieme ai loro amici, fu solo nel silenzio di quell'appartamento che si scoprirono davvero. Se alla sera, invece che ritrovarsi sul divano a guardare la televisione insieme agli altri, fossero stati solo loro due, forse avrebbero avuto occasione di parlare più spesso. Avrebbero dovuto fare uno sforzo, certo, perché nessuno dei due era abituato a quel genere di rapporto. Ma forse era quello di cui avevano bisogno. Avevano deciso di prendersi un po' di tempo per considerare l'idea prima di parlarne con gli altri, ma Diana aveva apprezzato anche solo il fatto che lui avesse preso l'iniziativa per fare qualcosa di concreto che potesse aiutarli. 

 

Quando il suono della porta che si apriva iniziò a riempire l'ambiente, la ragazza aveva appena finito di posare l'ultimo piatto, ascoltando divertita i famigliari grugniti stanchi dei ragazzi che si accalcavano all'ingresso e abbandonavano le loro scarpe, spintonandosi per entrare per primi in casa e fiondarsi nella doccia, un istinto che avevano conservato dai tempi in cui dovevano dividere un solo bagno in sette. Il primo a fare il suo ingresso fu Jungkook, come al solito, che salutandola velocemente corse verso la sua stanza seguito a ruota da Jimin e Taehyung, il quale urlò un saluto a Estella prima di seguire i suoi amici. Con un sorriso, Diana attese le tre teste che sarebbero arrivate con più calma, salutando Namjoon che le chiese cortesemente come stava, e scherzando con Hoseok sul fatto che la stanchezza dipingeva sempre sul suo viso un'espressione omicida. Infine, vide un Seokjin in preda al panico correre verso la sua stanza senza dire una parola. 

 

-Ha un appuntamento- replicò allora Hoseok alla sua espressione confusa, sollevando le sopracciglia con una smorfia maliziosa che le strappò una risata. Diana, allora, sospirò, voltandosi per entrare in cucina e vedere quanto mancava affinché la cena fosse pronta, quando i suoi piedi si bloccarono. Un grugnito basso emerse dal corridoio dell'ingresso, portandola a voltare il viso con le palpebre spalancate. Facendo saettare gli occhi sull'orologio appeso al muro, vide che erano le otto.

 

Non poteva essere. 

 

Non veniva mai a casa per cena. 

 

Prendeva sempre del cibo a domicilio e mangiava nel suo studio per poter continuare a lavorare dopo che aveva finito le prove. 

 

Ma i suoi pensieri andarono in frantumi quando vide la figura di Yoongi fare il suo ingresso nella stanza, con passi lenti e stanchi. Non appena la notò ferma vicino al tavolo, si avvicinò sfiorandole il braccio e lasciandole un bacio sulla tempia, allontanandosi poi velocemente. 

 

-Scusa, sono tutto sudato. Vado a farmi una doccia.

 

Diana rimase ancora per qualche secondo congelata anche dopo che il giovane ebbe lasciato la stanza. Poi, osservando il tavolo apparecchiato, saltò sul posto, affrettandosi ad aggiungere un altro piatto nello spazio che normalmente rimaneva inoccupato.

 

 

 

 

-Quindi... il mixtape? 

 

Diana si morse il labbro ma lasciò che le sue mani continuassero a sistemare la biancheria pulita nei cassetti dell'armadio mentre ascoltava il ticchettare dei tasti del computer appoggiato sulle gambe della sua anima gemella, seduta sul letto alle spalle di lei. 

 

-Ho detto alla direzione che sposteremo l'uscita. Hanno convenuto anche loro che fosse la decisione giusta e in questo modo potrò concentrarmi sul comeback del gruppo senza andare in burnout- rispose Yoongi e Diana lanciò una veloce occhiata per vedere che il suo sguardo era ancora interamente concentrato sullo schermo. Quando i suoi occhi tornarono al lavoro che stava svolgendo, però, le sue mani incontrarono una stoffa finemente ricamata, di un pizzo raffinato e morbido al tatto che attirò la sua attenzione. 

 

-E... come ti senti al riguardo? Ti è dispiaciuto?

 

Alle sue spalle, sentì il giovane sibilare sommessamente in quella maniera tipica di lui che indicava che stava riflettendo sulla sua risposta. 

 

-Pensavo che lo sarei stato, ma alla fine mi sono trovato sollevato. Nello stato in cui è il mixtape in questo momento, sarebbe arrivato probabilmente incompleto all'uscita e non mi sarei ritenuto soddisfatto dal risultato perché avrei dovuto ultimare tutti i dettagli mancanti in fretta e furia. Ora invece potrò prendermi il tempo per aggiustare quello che non mi soddisfa con tutta calma. 

 

Diana annuì debolmente, stringendo la stoffa sotto alle sue dita. Infine, la sollevò, portandosi la guêpière al petto ed emettendo un profondo respiro. 

 

-Se vuoi possiamo guardare quella serie di cui mi parlavi ieri, quella che volevi vedere da un po'. Che ne dici?- chiese allora Yoongi con tono rilassato, continuando a far saettare le sue dita sui tasti del computer. Diana, senza voltarsi, si alzò in piedi. 

 

-Certo, è una bella idea. Vado un attimo in bagno e poi possiamo iniziare. 

 

Al verso di assenso della sua anima gemella, la ragazza uscì dalla stanza con passi lenti. Quando vi rientrò, notò che il televisore era già pronto a far partire la prima puntata della serie, mentre Yoongi aveva ancora lo sguardo incollato al computer. Diana, umettandosi le labbra, emise un drammatico sospiro, appoggiandosi allo stipite della porta in modo che il suo fianco risaltasse ancora di più. 

 

-Certo che... è davvero un peccato- eruppe, infondendo la sua voce di eccessiva enfasi. La sua anima gemella emise un verso interrogativo ma non sollevò il capo. 

 

-Che cosa? 

 

Diana si morse il labbro, lasciando che il silenzio creasse una sospensione nella sua risposta per qualche secondo. 

 

-È un vero peccato che tu non sia arrivato in tempo l'altra sera- replicò allora, trasmettendo nella sua voce una falsa esclamazione più che delusione. A quelle parole, Yoongi sollevò finalmente lo sguardo su di lei. 

 

-Di, non so come- 

 

Le parole della sua anima gemella si bloccarono all'improvviso mentre la sua bocca rimaneva aperta in una O stupita e i suoi occhi si spalancavano. Diana, allora, piegò il capo, sollevando le labbra in un sorrisetto malizioso. 

 

-Avevo indossato questo completino di Victoria's Secret apposta per accoglierti a casa quella sera. Ma immagino che adesso dovrò restituirlo dato che l'occasione è passata- lamentò lei, sollevando platealmente le spalle. Trattenendo una risata, vide la mano di Yoongi saettare sul coperchio del computer e abbassarlo con un gesto secco che generò uno schiocco sonoro, prima di appoggiarlo sul pavimento senza togliere gli occhi per un attimo dal tessuto di pizzo che ricopriva il suo corpo. 

 

-E perché mai?- chiese lui con tono più sottile, un po' più rauco nonostante la sua bocca tornasse inevitabilmente aperta alla fine di ogni parola. 

 

-L'opportunità è passata. Non ho più motivo di tenerlo, non credi?

 

Diana assottigliò gli occhi, studiando la sua anima gemella con un sorriso sempre più ampio mentre lui aveva preso a gattonare sul letto fino a raggiungerne il bordo più vicino a lei. 

 

-Oh, non possiamo assolutamente permetterlo. Nessun oggetto in questa casa viene restituito prima di ricevere l'approvazione della compagnia assicurativa Min. 

 

La ragazza si morse il labbro per trattenersi dal ridere ma lasciò che le mani di Yoongi raggiungessero la sua vita e la spingessero dolcemente più vicina al letto. 

 

-La compagnia assicurativa Min?- chiese lei con un sopracciglio sollevato. Lui annuì con convinzione mentre faceva viaggiare le sue mani sul tessuto. 

 

-In affari dal millenovecentonovantatre. Dovrà passare al vaglio l'oggetto in questione e dare la sua approvazione prima che venga rimandato al venditore. 

 

Ridacchiando leggermente, la ragazza intrecciò le mani dietro al collo di Yoongi mentre le dita di lui tracciavano le stecche che si susseguivano sul bustino. 

 

-E in cosa consisterebbe questa esaminazione? 

 

La sua anima gemella sibilò nuovamente, questa volta a dare un'eccessiva enfasi alle parole che stava per pronunciare. 

 

-Dovremo testare elasticità...- 

 

Il suo indice sollevò la spallina del reggiseno, abbassandola prima di rilasciarla delicatamente. 

 

-... trasparenza... 

 

La sua bocca sfiorò il tessuto del bustino. 

 

-... e resistenza.

 

Diana sentì le sue unghie tracciare la chiusura sul retro, composta di una serie di piccoli ganci metallici. Sospirando debolmente, sorrise. 

 

-Allora direi che è essenziale eseguire questa esaminazione. 

 

A quelle parole, lasciò che le mani di Yoongi la tirassero a sé fino a farla inginocchiare sul letto, stretta fra le sue braccia mentre la sua bocca abbandonava il tessuto, iniziando a viaggiare sulla sua pelle. Salendo, più su, sempre più su, raggiunse finalmente il suo collo e Diana si aggrappò a lui, abbandonando il capo all'indietro. 

 

-Di...- lo sentì mormorare contro la sua pelle. Per un istante solo il rumore dei suoi baci continuò la sua frase. 

 

-Ti amo.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Uh La La accendiamo il condizionatore che qua le cose si scaldano XD non appena ho ritrovato la canzone Big blonde and beautiful Ho pensato che era troppo perfetta per questo capitolo e per Diana 😗 i miei appassionati di Hairspray mi confermino. Also, questi capitoli sono iniziati con essere 2000 parole e adesso siamo a 3500 XD apprezzate il mio schiavismo per darvi più ciccia da leggere 🙃

 

Next week vedremo l'appuntamento a casa di Yona e... forse un piccolo imprevisto.

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Capitolo 47
*** 44. So big / so small ***


-Oh cielo, scusami per il ritardo! 

 

Yona ridacchiò sommessamente mentre faceva entrare un Seokjin rosso in viso e con il petto percorso da rapidi respiri. 

 

-Tranquillo, anche il fattorino è arrivato da poco perciò il cibo è ancora caldo. 

 

L'uomo si lasciò andare a un sorriso sollevato, iniziando a calmare il suo corpo dalla frenesia che lo aveva fatto correre fino a lì e facendolo richiudere in un'innocente timidezza nel mettere piede per la prima volta nello spazio personale della donna. Togliendosi le scarpe e riponendole con cura nella scarpiera all'ingresso, iniziò a studiare il piccolo salotto in cui si stagliava un divano nero accompagnato da un morbido puff dell stesso colore e le locandine sbiadite di musical che erano appese alle pareti. 

 

-Accomodati pure, porto io la roba. 

 

Jin annuì in direzione di Yona, che si infilò nel microscopico cucinotto da cui iniziò a diffondersi il rumore di carta stagnola che veniva accartocciata mentre lui si sedeva con cauta lentezza. Ovunque faceva posare lo sguardo, anche solo in quella singola stanza che riusciva a esplorare, poteva notare sprazzi vividi della personalità della donna. Dai dvd di film musicali ammonticchiati disordinatamente accanto alla televisione, ai piccoli soprammobili di teschi impolverati che popolavano la libreria nella parete destra, alla presenza del nero in quasi ogni aspetto dell'arredamento. Tutto urlava il nome della sua proprietaria e Seokjin si ritrovò curiosamente a considerare con quanta facilità riuscisse a riconoscere tutti quei piccoli aspetti. 

 

-Jjajangmyeon per te... 

 

L'uomo si voltò in direzione della donna che era comparsa al suo fianco, allungandogli la vaschetta di alluminio e le bacchette, e la ringraziò brevemente. 

 

-... e tteokbokki per me- concluse infine Yona con un sorriso, muovendo leggermente il bacino che strisciare più vicina allo schienale e accomodarsi con le gambe incrociate sul divano. 

 

-Dunque, com'è andata oggi con Sienna? 

 

Seokjin abbassò le bacchette, grugnendo sonoramente mentre abbandonava il capo all'indietro. 

 

-È stato un incubo! 

 

Mentre la donna iniziava a ridere, lui raddrizzò il capo per fulminarla con uno sguardo offeso. 

 

-Oh, andiamo, non può essere stato così terribile! 

 

L'uomo arricciò le labbra in una smorfia infantile. 

 

-Lo è stato! È stata la conversazione più sofferta di tutta la mia vita! Penso che Jungkook stesse per esplodere dall'imbarazzo accanto a me! 

 

La donna scosse il capo, ridacchiando davanti alla sua drammaticità. 

 

-Sienna ha detto che non ve la siete cavata male, perciò non avete nulla di cui preoccuparvi. 

 

Seokjin non emise un altro commento, ma abbassò lo sguardo sul suo cibo, mangiando in silenzio e con gesti secchi delle bacchette che rischiavano di far schizzare l'olio dei noodle su tutto ciò che lo circondava. La sua attenzione, nonostante ciò, rimase su Yona che, continuando a ridere sommessamente, appoggiò la propria vaschetta sul bracciolo del divano prima di girarsi verso di lui. Jin, spalancando gli occhi, si accorse che delle dita avevano avvolto il suo mento in una debole presa, portandolo a voltare il viso vero la donna. Lei, con un sorriso, piegò il capo di lato. 

 

-Hai intenzione di tenermi il muso tutta la sera, bambinone? 

 

Seokjin si morse nervosamente le labbra, schiudendo la bocca senza riuscire a emettere un minimo suono. Dopo istanti passati a boccheggiare come un pesce, riuscì finalmente a costringere la sua voce a emergere. 

 

-Io... 

 

Il suono improvviso del campanello della porta fece voltare i due, prima che l'uomo riportasse la sua attenzione su Yona con uno sguardo interrogativo. 

 

-Aspettavi qualcuno? 

 

Lei, però, scosse il capo con un'espressione altrettanto confusa negli occhi. Alzandosi dal divano, si avvicinò alla porta scolorita, aprendo lo spioncino. 

 

 

 

Non appena Yona vide la figura ferma con uno sguardo irritato davanti alla sua porta, emise un grugnito e sbatté la testa contro la superficie. 

 

-Tutto... bene?- sentì chiedere all'uomo alle sue spalle. Lei però si voltò e sollevò un dito davanti alla bocca, intimandogli di fare silenzio, portando Jin ad annuire con occhi spalancati. 

 

Un secondo. Due secondi. 

 

E il campanello suonò di nuovo con un trillo stizzito. 

 

-Yona, lo so che sei in casa! Apri! 

 

La donna sciorinò una serie di imprecazioni a fior di labbra, sollevando lo sguardo al cielo per chiedere al Signore quale grande male aveva compiuto per meritarsi quella situazione. 

 

E il trillo del campanello la distolse nuovamente perfino dalle sue preghiere. 

 

-Yona! 

 

-Non c'è. Se n'è andata- urlò lei in risposta, incrociando le braccia davanti al petto mentre contemplava una via d'uscita. Era abbastanza sicura che sarebbe riuscita a calarsi giù dalla grondaia se si fosse impegnata e avesse richiamato il suo spirito giovanile di ribellione, ma non voleva rischiare l'osso del collo di Seokjin. O qualsiasi altra parte del suo corpo. L'uomo in questione, nel frattempo, la osservava con crescente confusione sul suo viso, portando Yona a sospirare. 

 

Non era un incontro che prevedeva sarebbe avvenuto così velocemente. Doveva prepararlo, istruirlo su cosa dire, e poi doveva ammansire la bestia prima che se lo divorasse.

 

-Yona, se non apri subito questa porta giuro che- 

 

La donna sulla sessantina si bloccò non appena la figura di sua figlia comparve davanti a lei, portandola ad approfondire il già marcato cipiglio sulla sua fronte. 

 

-Madre- eruppe Yona con un sorriso piatto. 

 

-Park Yona... 

 

La donna poteva vedere che sua madre era in procinto di partire in una delle sue lunghe sequele di lamentele, enfatizzato dal fatto che aveva sollevato le mani ai fianchi come faceva sin da quando era piccola, perciò la interruppe con un tono allegro. 

 

-Che sorpresa! Non sapevo che saresti venuta in città, non mi hai detto niente! Assolutamente niente! Nada! In che hotel stai? Ti accompagno prima che diventi troppo buio-

 

Ma la donna si fece spazio nell'ingresso irrompendo nella casa come una furia e ignorando la barriera che Yona aveva creato con le sue braccia. 

 

-Come se tu mi dicessi mai qualcosa! Sono venuta ad accertarmi di questo "ragazzo" di cui non so assolutamente nulla! E sappi che se non mi darai tu le risposte, me le troverò da sola. 

 

Sua madre, a quel punto, si voltò verso il salotto e Yona vide i suoi occhi spalancarsi non appena si posarono su Seokjin che, asciugandosi nervosamente i palmi delle mani sui pantaloni, si alzò rapidamente in piedi per estendersi in un profondo inchino. 

 

-Mamma, questo è Kim Seokjin. Jin, questa è mia madre- annunciò a quel punto Yona, con un sorriso tirato dopo aver raggiunto la donna nel salotto. 

 

-Come puoi vedere, eravamo nel bel mezzo di un appuntamento, perciò lascia che ti accompagni al tuo hotel-

 

-Bene, risparmieremo un po' di tempo e potrò sapere tutto quello che voglio dalla fonte originale. 

 

Yona si girò sollevando le braccia al cielo e imprecando nuovamente non appena vide che sua madre si era già accomodata nel suo posto accanto a Seokjin, il quale indossava il sorriso più nervoso che gli avesse mai visto sfoggiare. 

 

-È un piacere fare la sua conoscenza, signora...

 

Yona vide le labbra di Seokjin tremare e i suoi occhi saettare in preda al panico quando si rese conto di non sapere con che cognome rivolgersi a sua madre. Non era più Park, perciò sarebbe risultato inopportuno chiamarla in quel modo, ma non gli aveva mai detto il suo nome da nubile perciò lo vide chiudere velocemente la bocca per evitare di sbagliare. 

 

-Che lavoro fai, Seokjin?- lanciò sua madre imperterrita, guardando l'uomo con fredda determinazione. Lui deglutì, posando per un attimo gli occhi su Yona. 

 

-Sono... un idol. Del gruppo Bangtan Sonyeondan. 

 

-Oh, ma che disgrazia! Non abbiamo cibo per tre! Non posso lasciarti morire di fame, madre! Ti porto al ristorante, che ne dici? Sono convinta che troverai anche qualche gentile sconosciuto che ti accompagni in hotel senza dissacrare la tua virtù- esclamò Yona, afferrando prontamente le chiavi di casa e facendole tintinnare in aria. La donna, però, non le rivolse neanche uno sguardo. 

 

-Quanto guadagni all'anno? 

 

-Mamma...- grugnì Yona, afferrandosi il ponte del naso fra le dita. 

 

-Ehm... ecco...- balbettò Seokjin. 

 

-E quanto dura il tuo contratto con l'agenzia? Puoi garantire che avrai una rendita anche quando il tuo gruppo si scioglierà e smetterete di esibirvi? 

 

-Mamma!

 

Yona fece scattare la testa in direzione della donna con uno sguardo scandalizzato. 

 

-Ecco... diciamo che...

 

Di nuovo, gli occhi di Seokijn si posarono su di lei e Yona poté vedere quanto il povero uomo stesse sudando. 

 

-... l'aspetto economico... non è un problema- concluse lui, toccandosi il collo in imbarazzo mentre abbassava il capo per non far sembrare che si stesse vantando. Sua madre, per contro, lo osservava con scetticismo. 

 

-Dicono tutti così. 

 

-Mamma... 

 

La donna si voltò verso di lei con uno sguardo severo. 

 

-Voglio assicurarmi che sia in grado di prendersi cura di te, i soldi possono mandare in pezzi un matrimonio in un istante. 

 

-Abbiamo appena iniziato a uscire!- esclamò la figlia, sollevando le braccia con esasperazione. 

 

-Che mi dici della tua anima gemella invece? 

 

Yona sentì un brivido freddo fulminarla sul posto. Al tempo stesso, era come se le avesse sciolto le membra, trasformandole le gambe in gelatina. Guardando nervosamente Seokjin, deglutì. 

 

-Ora basta, ma'. 

 

La donna si voltò verso di lei giusto il tempo di lanciarle un'occhiata intransigente. 

 

-Se non è insieme alla sua anima gemella deve esserci un motivo. Se non è stato in grado di essere fedele neppure alla sua metà predestinata, mi chiedo quanta lealtà dimostrerà nei tuoi confronti. 

 

Yona sentì il sangue rombarle nelle orecchie, la sua visuale stringersi sulla donna seduta sul divano. 

 

-Lascia perdere questo argomento. Seokjin non ti deve nessuna risposta. 

 

La donna, però, era irremovibile nella sua severa calma. 

 

-Mi sto solo accertando che ti risparmi una delusione nel caso in cui- 

 

-Non sono tutti come papà! 

 

La voce di Yona aveva tagliato la stanza come una sciabola e, dopo che la sua frase fu terminata, il silenzio che seguì pareva gelido quanto l'inverno più impietoso. Il petto della donna si sollevava in profondi respiri che rispecchiavano l'adrenalina e la furia che ancora le correvano nelle vene ma i suoi occhi non lasciavano sua madre. Lei la guardava con le palpebre spalancate, paralizzata sul posto. 

 

Yona avrebbe voluto urlarlo ancora ma si trattenne quando sentì il pizzicore agli occhi farsi più prepotente e portarla ad abbassare lo sguardo. 

 

"Non sono tutti come lui". 

 

Non tutti se ne vanno. 

 

Alcuni restano, nonostante tutto. 

 

Sobbalzando appena, non si era accorta della figura che si era sollevata dal divano e si era avvicinata a lei, circondandola in un abbraccio che la nascondeva dalla vista di sua madre. Sollevando lo sguardo, gli occhi dolci di Jin conservavano quella determinata gentilezza che l'avevano consolata quel giorno nello sgabuzzino, e la accolsero con la stessa ritrovata serenità a cui si abbandonò. Uno  sguardo silente, ma espressivo, le chiese se stava bene. E quando lei annuì, l'uomo si voltò verso la donna seduta sul divano, mantenendo un braccio attorno alla sua vita. 

 

-Signora, mi perdoni se non so come rivolgermi a lei perciò mi permetta, la prego, di chiamarla madre. 

 

Yona spalancò gli occhi, sollevando il viso sul profilo sereno di Jin. Sua madre, d'altro canto, non replicò. 

 

-La mia anima gemella... è morta un anno fa. 

 

Yona strinse la mano di Seokijn, cercando di portarlo a guardare lei in modo che potesse comunicargli che non aveva bisogno di dare spiegazioni a nessuno, che non doveva ripetere la sua storia a un'estranea, ma lui riprese a parlare, imperterrito. 

 

-È morta prima che potessi completare il legame e, quindi, prima che potessi conoscerla. 

 

Yona pose finalmente lo sguardo su sua madre, che studiava con stupita attenzione Seokjin, per la prima volta nella sua vita completamente in silenzio. 

 

-Le posso assicurare che... sua figlia è già diventata una persona molto preziosa per me. Perciò, sarà molto difficile che si liberi di me- concluse Jin, abbassando gli occhi su di lei con un debole sorriso e stringendola appena. Yona, per un istante, si dimenticò della terza figura nella stanza. Lo sguardo di lui era talmente profondo, talmente carico di tutte le parole appena pronunciate insieme ad altre, molte altre inespresse, che si sentì quasi mancare il respiro. Era un po' spaventoso, quanto sentimento ci fosse dietro ai suoi occhi. 

 

Fu solo quando sentì il lieve passo di sua madre che la sua attenzione tornò sulla donna. Circondando a sua volta la vita di Seokjin, si preparò a frapporsi fra i due ad ogni falcata che compiva. Quando finalmente fu davanti all'uomo, attese pronta all'azione. La donna lo guardò per lunghi istanti di silenzio prima di schiudere la bocca. 

 

-Grazie della tua onestà, Seokjin. Hai il permesso di chiamarmi madre. 

 

Ci fu un momento di stasi, in cui Yona strinse i denti. 

 

-Ma se vengo a sapere che l'hai fatta soffrire, giuro che non importa chi tu sia o quanto risorse tu abbia...

 

Sua madre si avvicinò impercettibilmente con lo sguardo più fiero che le avesse mai visto sfoggiare, come se stesse guardando Seokjin dal basso all'alto nonostante la figura di lui torreggiasse su di lei. 

 

-... te la farò pagare. 

 

Yona osservò sua madre. Faceva saettare il suo sguardo su ogni centimetro del suo viso, quel viso rigido, severo, impietoso, pieno di regole e restrizioni e giudizi eppure così determinato in quel momento. Irremovibile. Si chiese se stesse vedendo sua madre per la prima volta. O forse, semplicemente, aveva sempre visto quella donna: quella donna che lottava con i suoi medici perché trovassero una soluzione, che prendeva permessi su permessi per viaggiare fino a Seoul nel migliore degli ospedali e non mollava. Non mollava mai. 

 

L'aveva sempre vista ma, per la prima volta, la guardava. 

 

-Vi lascio continuare il vostro appuntamento, ma! 

 

La donna puntò un dito contro di lei. 

 

-Non fate nulla di irresponsabile. 

 

Yona osservò sua madre rimettersi le scarpe, riprendere la borsa e salutare Seokijn con un breve inchino, prima di andarsene come se nulla fosse successo. Quando una voce le sussurrò all'orecchio e una mano prese ad accarezzarle il braccio, si accorse di essere rimasta immobile per secondi, forse addirittura minuti. 

 

-Stai bene? 

 

Yona annuì, ma fece saettare gli occhi per un'ultima volta in direzione della porta, prima di voltarsi per tornare seduta sul divano.

 

 

 

 

Il Dio Sole e la Dea Luna esistevano dall'alba dei tempi. Nel loro rapporto erano perfetti, in quanto bilanciavano luce e oscurità, bene e male, giorno e notte. Ma non c'era nessun altro a godere della loro armonia. Fu così che diedero origine ai loro primogeniti, Alba e Tramonto, e in seguito ad Autunno, Primavera, Estate e Inverno. Ma Alba e Tramonto volevano condividere i loro splendidi colori con occhi innocenti, Primavera voleva rallegrare la vita di qualcuno con i suoi maestosi fiori ed Estate voleva prendersi cura di qualcuno nutrendolo con i suoi prodotti. Fu così che il Dio e la Dea crearono la Terra e gli esseri umani. Ma quando ebbero finalmente completato la loro creazione, si accorsero che per mantenere in equilibrio il nuovo mondo che avevano creato dovevano separarsi. Avrebbero dovuto camminare lungo la Terra costantemente, senza mai avere l'opportunità di incontrarsi. Si dice che solo durante le eclissi i due amanti abbiano modo di ricongiungersi, anche se solo per pochi istanti.

 

Namjoon sentì il petto stringersi in una morsa e una goccia di sudore scivolargli lungo la tempia. Boccheggiando, si strappò le coperte di dosso ma i suoi occhi non si aprirono. 

 

Senza mai avere l'opportunità di incontrarsi... 

 

-A quando la prossima eclissi? 

 

-Namjoon, non possiamo. 

 

I suoi occhi non si aprivano. La sua bocca spalancata incamerava aria fredda, asciugando la saliva e lasciandogli il deserto sulla lingua ma non riusciva a svegliarsi. 

 

Sangue. Così tanto sangue. Il suo bellissimo viso era in un mare di sangue, i suoi capelli trasformati nel pennello che aveva dipinto il macabro dipinto che stava calpestando. 

 

-Nari! 

 

Urlava. 

 

Piangeva. 

 

La stringeva fra le braccia ma lei non apriva gli occhi e il suo sangue prendeva a colorare sempre di più le sue dita. 

 

Namjoon pensava di poter morire. Come poteva il cuore umano sopportare un'angoscia tanto opprimente? Pensava che il suo petto sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro eppure nulla sembrava riuscire a tirarlo fuori dalla miseria in cui stava affondando. 

 

-Vostra maestà. 

 

Namjoon si girò, distogliendo la sua attenzione dal fumo nero che vedeva salire oltre l'orizzonte. 

 

-Jungkook, per quale motivo il Regno di Fiori è in preda alle fiamme? 

 

Il suo servitore si bloccò, inginocchiato sotto al suo sguardo gelido. 

 

-È a questo riguardo che sono venuto da voi. Qualcuno ha appiccato un incendio nel giardino del re. Ma... 

 

Il sovrano assottigliò gli occhi quando il giovane si bloccò, deglutendo. 

 

-La regina, vostra maestà... 

 

Namjoon sentì il cuore sprofondare fino sotto ai suoi stivali. E poi ancora più giù, sfondando il pavimento e scendendo, piano dopo piano fino a raggiungere il terreno e continuare a scavare fino al centro della terra. 

 

-La regina era in visita alla corte dei Fiori.

 

Namjoon riuscì ad aprire gli occhi. Alzandosi dal letto in uno scatto, si fiondò in bagno e si aggrappò ai bordi del lavandino mentre conati gli chiudevano la gola, senza risultare in nulla se non colpi di tosse e schizzi di saliva. Quando finalmente il respiro tornò nel suo petto, aprì il rubinetto e prese a gettarsi acqua sul viso, continuando e continuando finché non fu certo che i suoi occhi non si sarebbero più chiusi. Rimanendo aggrappato alla ceramica, lasciò che la gravità lo trascinasse giù, accovacciandosi sulle sue gambe e abbandonando la testa in avanti.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Eh. Ehehehehehhehehe. Se per caso vi eravate dimenticati chi sono, ecco un peak di angst per farvi tornare la memoria XD fra rimandi a storie già pubblicate e spoiler per storie future, voglio vedervi arrovellarvi per capire che cosa ho in mente kekekekekeke. Buona fortuna che da ora in poi le cose non faranno che essere ancora più interessanti 😏

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Capitolo 48
*** 45. Epic Ii ***


-Jimin! 

 

Seokjin, insieme al resto del gruppo di ragazzi, si girò verso manager che stava correndo verso di loro mentre si stavano dirigendo in sala prove. L'uomo, col fiato corto, si fermò davanti al diretto interessato che lo guardava con aspettazione. 

 

-L'annuncio uscirà lunedì. Ti manderemo una copia per poter approvare cosa c'è scritto, ma sarà fondamentalmente uguale a quello rilasciato per Taehyung e Yoongi. 

 

Jimin, a quelle parole, sorrise e ringraziò il manager, che li lasciò andare dopo aver chiesto se il coreografo li attendeva già. Quando il ragazzo tornò al suo fianco, poi, Jin poté notare il modo in cui cercava di nascondere l'impazienza dal suo viso. 

 

-Sei contento?- gli chiese in tono vagamente canzonatorio, ma che nascondeva una punta di solennità. Jimin, abbassando lo sguardo, annuì. 

 

-Non mi aspettavo che fosse Jein a prendere l'iniziativa nel decidere di rilasciare l'annuncio che ho trovato la mia anima gemella. Pensavo che avrei dovuto aspettare ancora, anche se avrei già voluto urlarlo ai quattro venti non appena l'avevo incontrata.

 

Jin sorrise, conservando la felicità per il suo amico nel suo sguardo, anche se lui fissava ancora assorto il pavimento e non poteva vedere quella scintilla soddisfatta nei suoi occhi. 

 

-Com'è la sicurezza nel posto in cui andrà a stare? Non ci vorrà molto prima che i giornali vengano a scoprire la sua identità. 

 

Le teste dei due si voltarono di scatto verso Yoongi, che aveva lanciato un semplice sguardo furtivo in direzione del minore. 

 

-Per fortuna, i genitori dell'amica con cui andrà a vivere sono benestanti perciò le hanno preso un appartamento in un complesso tranquillo. Ma sentirò con i manager se possiamo renderlo un po' meno accessibile. 

 

Namjoon sollevò gli angoli della bocca, anche se Seokjin poté vedere un velo di malinconia dietro al suo sguardo. 

 

-È un periodo di grossi cambiamenti. Tu e Jein che diventate ufficiali, Yoongi e Diana che si trasferiscono... 

 

-Non ce ne andremo domani! Stiamo ancora cercando un posto che ci soddisfi- replicò  Yoongi, infondendo enfasi nelle sue parole. Il leader, però, annuì semplicemente. 

 

-Volevo solo dire che, qualsiasi cosa succeda, voglio che continuiamo ad avere momenti per noi, come gruppo. 

 

Yoongi, dopo averlo ascoltato, sollevò un angolo della bocca. 

 

-Ma certo. Dopo tutto, siamo un team, no? Nulla cambierà questo fatto.

 

Seokjin sorrise, osservando il suo leader abbassare lo sguardo imbarazzato mentre Yoongi continuava a camminare a testa alta, come se non avesse appena pronunciato una delle frasi più smielate che avesse mai detto nella sua vita. 

 

-Hyung? Stai bene? 

 

Alla domanda di Taehyung, i presenti si voltarono verso Hoseok, che aveva la fronte corrucciata e una mano intenta a massaggiarsi il petto in movimenti lenti. 

 

-Sì, è... è solo che...- si interruppe lui, approfondendo il cipiglio nel suo viso. 

 

-È da stamattina che sento una sorta di strano peso sul petto. Non capisco. È... come... 

 

-Come se avessi un rutto incastrato a metà? 

 

I membri si bloccarono fissando Taehyung, che aveva un'espressione impassibile. Guardandosi in giro, il ragazzo sollevò le spalle. 

 

-Che c'è? Che ho detto? 

 

Dopo un istante di silenzio, il gruppo scoppiò a ridere, compreso Hoseok, che scosse la testa e abbassò la mano dal suo petto. Jin continuò a ridacchiare fra sé e sé mentre prendeva a seguire i suoi amici, i quali erano scivolati in conversazioni più casuali, e voltò distrattamente lo sguardo prima di fermarsi. Yona, intenta a percorrere il corridoio perpendicolare con passo svelto, si bloccò e lanciò un saluto ai ragazzi prima di avvicinarsi a lui. 

 

-Torni a casa?- le chiese Seokjin, lasciando distrattamente che la sua mano scivolasse in quella di lei mentre il suo viso catturava tutta la sua attenzione. Era strano pensare che stavano insieme da un mese ormai. Eppure l'uomo aveva iniziato ad accorgersi della maniera spontanea in cui vertevano l'uno verso l'altra, in cui avevano iniziato a trovare un equilibrio tutto loro e in cui la loro comunicazione si era affinata a gesti e sguardi. 

 

-Sì, sonnecchio un po' prima di stasera- replicò lei con un sorriso, piegando il capo. 

 

-Resti a dormire?- chiese allora Jin, abbassando il tono di voce anche se sentiva che i suoi amici stavano continuando le loro conversazioni in attesa che lui li raggiungesse. La sua ragazza annuì. 

 

-Perché no. 

 

Facendo scivolare la mano dalla sua presa, gli lanciò un occhiolino iniziando ad allontanarsi lungo il corridoio. 

 

-A stasera- disse con un sorriso malizioso prima di scomparire. E Seokjin si accorse a malapena della stupida espressione che si dipingeva sul suo viso ogni volta che lei si comportava a quel modo, ma che i suoi amici non mancavano mai di fargli notare mentre lo stuzzicavano. 

 

 

 

-Siete pronti?

 

Yona si dimenò leggermente sul posto per sistemarsi meglio sul divano, mentre sentiva la testa di Seokjin, seduto sul pavimento, appoggiarsi sulle sue gambe e il resto dei presenti accomodarsi. 

 

-Quindi, che musical vedremo stasera?- chiese Taehyung con una smorfia curiosa. La donna si aprì in un sorriso ampio. 

 

-Hadestown- annunciò entusiasticamente, premendo "play" nel telecomando che teneva in mano. 

 

-Dovrete adattarvi alla qualità, non esistono registrazioni ufficiali perciò ho dovuto usare il video che qualcuno ha fatto illegalmente con la propria telecamera e a cui poi ho aggiunto i sottotitoli perciò... 

 

Sollevò le spalle.

 

-È un po' tremolante. E non sempre a fuoco. Ma l'audio almeno si sente bene! 

 

Catturando un paio di risate, Yona sollevò entusiasticamente le sopracciglia prima di sistemarsi contro Estella, che si era avviluppata al suo braccio e aveva appoggiato la testa sulla sua spalla. 

 

-Di che parla?- mormorò la ragazza con gli occhi concentrati sullo schermo.

 

-È un adattamento del mito greco di Orfeo ed Euridice in chiave post-apocalittica. Praticamente ci troviamo in un mondo sconvolto da agenti atmosferici estremi che rendono la vita quasi impossibile e costringe le persone a essere nomadi. Chi non riesce a sopportare questo stile di vita, va a lavorare nel sottosuolo per Ade, il dio dei morti, che ha una sorta di... multinazionale? Diciamo così. 

 

Alla spiegazione di Yona, i presenti emisero versi di comprensione, studiando gli attori che man mano facevano il loro ingresso in scena. L'insegnante attese pazientemente, lasciando che assimilassero la parte iniziale della storia. Quando la canzone di Orfeo iniziò, poi, sorrise. 

 

-King of shadows

King of shades

Hades was king of the Underworld

But he fell in love with a beautiful lady

Who walked up above in her mother's green field

 

Yona ondeggiò lentamente, sospinta dalla dolce melodia, prima di far scivolare il suo sguardo sul più giovane del gruppo. 

 

-Jungkook, in questa canzone si sta raccontando il mito di Ade e Persefone. Mi sai dire più o meno in cosa consiste la storia? 

 

L'insegnante osservò il ragazzo, che aveva gli occhi spalancati sullo schermo, la bocca dischiusa e un'espressione assorta sul viso. Quando non ricevette nessuna risposta, Yona corrugò la fronte. 

 

-Jungkook? 

 

-He fell in love with Persephone

Who was gathering flowers in the light of the sun

And he took her home to become his queen

Where the sun never shone

On anyone

 

Ma il ragazzo non si mosse. Era come se la sua voce non lo stesse raggiungendo e la donna lanciò un'occhiata confusa a Jin che, con la stessa espressione che indossava lei, diede una pacca sulla spalla del minore per attirare la sua attenzione. Questo, non appena sentì il contatto della mano del maggiore, trasalì, voltandosi con occhi confusi verso il resto del gruppo. 

 

-Co... cosa?- balbettò il ragazzo, facendo saettare lo sguardo fra i presenti. Jin sollevò le sopracciglia. 

 

-Yona ti ha chiamato un paio di volte. Non hai sentito? 

 

-The lady loved him and the kingdom they shared

But without her above, not one flower would grow

So King Hades agreed that for half of each year

She would stay with him there in his world down below

 

Jungkook iniziò a boccheggiare, borbottando delle scuse impacciate mentre si toccava il retro della testa in imbarazzo. Yona, tranquillizzandolo con un gesto di noncuranza, osservò Jin avvicinarsi impercettibilmente al ragazzo. 

 

-Tutto bene? 

 

-But the other half, she could walk in the sun

And the sun, in turn, burned twice as bright

Which is where the seasons come from

 

Il minore si affrettò ad annuire, chiedendo umilmente a Yona se poteva ripetere la domanda e tenendo lo sguardo il più lontano possibile da Jin. 

 

-And with them, the cycle

Of the seed and the sickle

And the lives of the people

And the birds in their flight

 

 

 

-I ragazzi erano strani oggi. 

 

Yona sollevò la testa dalla spalla di Seokjin, su cui era sdraiata sotto al conforto delle coperte, ma l'uomo fissava il soffitto con sguardo assente.

 

-In che senso? 

 

Lui, però, rimase qualche istante in silenzio prima di scuotere la testa. 

 

-Non ha importanza- mormorò alla fine, tornando ad accarezzare con le dita la pelle della donna. Abbassando lo sguardo, si concentrò sul viso semiaddormentato di lei. Sul modo in cui le lunghe ciglia sfioravano le sue guance. Sugli occhi privi di trucco che trovava ancora affascinanti. Sulle labbra rilassate, del loro colore naturale leggermente più scuro della sua pelle. Jin sentì due parole affiorare sulla punta della lingua, ma strinse i denti in una morsa. 

 

Troppo presto. 

 

Era solo un mese che stavano insieme, non poteva fare quel salto così. 

 

Era presto. 

 

Giusto? 

 

Jin serrò le palpebre. In quei momenti avrebbe davvero voluto un manuale che spiegasse passo per passo l'etichetta di una relazione. Quanto aspettare per la prima volta, quali nomignoli erano accettabili. A quanti mesi si potevano pronunciare le fatidiche parole. Invece doveva esplorare da solo, senza una guida. Tentare e sperare di non sbagliare, fare un passo nel vuoto con il rischio di precipitare. 

 

Non poteva rovinare tutto ora che andava così bene. 

 

-A cosa stai pensando così intensamente?- ridacchiò Yona, passando un dito sulle rughe che solcavano la fronte di Seokjin. L'uomo riaprì le palpebre, focalizzando lo sguardo sul sorriso della donna. Mordendosi le labbra, sentì il petto sollevarsi sempre più velocemente. 

 

-Vorrei... 

 

Deglutì, abbassando gli occhi per un istante. 

 

-Dire una cosa. Ma non so se è il momento e... non so se la vorresti sentire e... ho paura della tua reazione. 

 

La donna corrugò la fronte a sua volta, sollevandosi appena dal suo petto per guardarlo meglio. 

 

-Dimmela e basta. Non farti questi problemi. Di che si tratta?

 

Seokjin fissò la donna negli occhi cristallini e sicuri. Mordendosi ancora le labbra, tentò per un'ultima volta di trattenere le parole dentro la sua bocca. 

 

-Andiamo, non può essere così terribile...- lo incoraggiò lei, passando una mano sulla sua mandibola. L'uomo la guardò ancora una volta. Inspirò a fondo e sentì il cuore iniziare a battere come un tamburo. Un rumoroso, grande tamburo che attirava fin troppo l'attenzione. 

 

-Yona... 

 

Socchiuse gli occhi, concentrandosi sui lineamenti del viso di lei e non sulle sue pupille attente. 

 

-Ti amo. 

 

 

 

Yona spalancò le palpebre. Schiudendo la bocca, osservò l'uomo che diventava sempre più rosso, molto più rosso di quanto già non gli succedeva normalmente. 

 

-Non... non c'è bisogno che tu me lo dica. So che è presto e che... è una cosa grossa, perciò, ecco... va bene così. 

 

Yona si sentiva mancare il respiro e non riuscì a emettere un solo suono mentre le sue pupille tremavano sul viso di Jin. 

 

-Tu... prenditi il tuo tempo. E se non provi ancora questi sentimenti... va bene. 

 

La donna schiuse le labbra e, all'inizio, nulla uscì. Poi, un verso strozzato finalmente emerse. 

 

-Io... 

 

Lei non era mai arrivata a quel punto. Di solito tutte le sue relazioni si fermavano prima di quello stadio. Anche quelle che erano durate mesi non vi arrivavano mai. Nessuno degli uomini con cui era stata si era mai confessato a lei in quel modo. 

 

Era sempre game over prima che si potesse raggiungere quel livello così personale. 

 

Forse era quello che temeva. Il motivo per cui troncava le relazioni così presto, prima che quelle fatidiche parole potessero essere lanciate nell'aria. Perché quelle parole, alle sue orecchie, suonavano così ufficiali che una volta pronunciate le davano l'impressione che l'avrebbero incatenata a quella persona. Non sarebbe stato così facile terminare le cose dopo essersi scambiati un "ti amo". Due persone che si piacevano semplicemente potevano separarsi senza grande amarezza o prepotente sofferenza. Ma due persone che si amavano... 

 

Yona lo aveva visto, cosa succedeva. Non si riusciva ad andare avanti. Non si riusciva a seppellire quel sentimento neanche davanti all'abbandono, al tradimento, alla delusione. 

 

E a Yona faceva paura. No, ne era terrorizzata al punto da sentire le gambe tremare. "Ti amo" voleva dire che quell'uomo era importante. "Ti amo" voleva dire che non avrebbe potuto scappare quando sentiva che le cose si facevano serie. 

 

"Ti amo" l'avrebbe resa vulnerabile come non lo era mai stata in tutta la sua vita. 

 

-Yona, va bene così. Dico sul serio- ripetè Seokjin, prendendo il suo viso fra le mani e guardandola dritta negli occhi con una determinazione che dava ancora più enfasi alle sue parole. La donna deglutì, allontanando lo sguardo da lui. 

 

"Scappa." 

 

-Puoi... puoi darmi un po' di tempo?- mormorò alla fine, con la gola chiusa. Ma l'uomo annuì con veemenza, prendendo a baciarle teneramente il viso. 

 

-Tutto il tempo di cui avrai bisogno. Tutto. 

 

Yona annuì, baciandolo a sua volta prima di seppellire il volto nella sua spalla e stringere le braccia attorno al suo busto mentre sentiva il cuore di lui battere rumorosamente contro la sua pelle. 

 

Quella notte non chiuse occhio. Alle sette, infatti, decise di alzarsi perché stare semplicemente nel letto con le palpebre spalancate e la mente in preda alla frenesia la stava facendo impazzire. Dirigendosi verso la cucina, esplorò la credenza finché non trovò una confezione di ramen istantaneo, che posò sul ripiano per mettere a bollire l'acqua. 

 

Appoggiando le mani sul marmo, abbandonò il capo in avanti, fissando le piccole bollicine che salivano in superficie. Perché l'acqua sembrava non bollire mai quando la si fissava? Concentrando lo sguardo, immaginò di trasformare il liquido in vapore e che la sua superficie calma fosse agitata da grosse bolle scoppiettanti. Come temeva, però, non ebbe effetto. 

 

Udendo lo strisciare di ciabatte sul pavimento, si voltò per vedere una figura entrare nella cucina mentre il suo cuore si tuffava nel suo stomaco. 

 

-Ah, eri qua!- eruppe allegramente Jin, avvicinandosi a lei per sbirciare la pentola sul fuoco e la confezione di ramen sul ripiano. 

 

-Prendi un'altra busta che mi aggiungo. Ti va un po' di kimchi e qualche verdura da aggiungerci? 

 

La donna annuì in silenzio, riportando velocemente lo sguardo sulla credenza. 

 

"Scappa." 

 

No. Questa volta no. Si era ripromessa che si sarebbe impegnata a far funzionare quella relazione. Voleva che funzionasse.

 

La donna lanciò uno sguardo a Seokjin, che si era sistemato accanto a lei con un tagliere e un coltello, intento a tagliare dell'erba cipollina. 

 

Lui aveva detto che poteva aspettare. E lei si sarebbe forzata a dirgli quelle parole anche se non si sentiva pronta ma se lui era disposto ad aspettarla... forse poteva prendersi il tempo di superare il terrore che le faceva sprofondare il cuore e le legava la lingua. Sorridendo appena, inspirò a fondo. 

 

Pazienza. Avrebbe esercitato pazienza con se stessa. 

 

In questo modo, quando avrebbe risposto a quelle parole, lo avrebbe fatto con il petto pieno di gioia e non di angoscia.

 

-Hyung? Dove stai... 

 

Un rumore di passi concitati fece voltare i due, che fecero appena in tempo per vedere la figura di Hoseok sfrecciare davanti a loro con un'espressione frenetica. 

 

-Ora non posso spiegare, Namjoon-ah! Ci sentiamo più tardi! 

 

Il rumore della porta d'ingresso che veniva sbattuta con violenza lasciò i presenti in un silenzio scioccato, prima che i loro sguardi si concentrassero su un Namjoon dal volto assonnato e confuso. Il giovane, facendo saettare un paio di volte lo sguardo da Jin e Yona alla porta d'ingresso con la bocca dischiusa, alla fine sollevò una mano per indicare la direzione in cui era sparito Hoseok. 

 

-Ehm... potrei... avere un po' di ramen anche io?

 

Mentre Seokjin usciva lentamente dal suo stato di stupore per iniziare a borbottare le sue solite lamentele sull'essere sfruttato da tutti in quella casa fino a che Namjoon non sfuggì nel salotto, Yona trattenne una risata estraendo altri pacchi di ramen istantaneo e iniziando a separare i blocchi di noodle dalle bustine di condimento. Sorridendo, con il cuore leggero, fino a che il tintinnio del coltello che cadeva sul ripiano non interruppe il chiacchiericcio e due voci all'unisono non si levarono nell'aria. 

 

-Ouch! 

 

-Aish!

 

 

ANGOLO AUTRICE

ATTENZIONE ATTENZIONE COSA STA SUCCEDENDO. Allora, iniziamo facendo un po’ di ordine. C’è stato un time skip di un mese e le cose iniziano a muoversi un po’ per tutti. Vi ho lanciato molte cose in questo capitolo, ma vi assicuro che poi ci torneremo per assimilarle meglio, sia su Jein e Jimin, che che su Diana e Yoongi e anche su Jungkook e Namjoon. Per quanto riguarda Hobi…. Eh eh eh. 

 

E ora, attendete la prossima settimana per capire cosa sta per succedere! Adieu!

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Capitolo 49
*** 46. No good deed ***


Yona corrugò le sopracciglia. Il suo sguardo si concentrò sulla goccia carminia che era sbocciata sul dorso del suo indice destro, sormontando un piccolo taglio che attraversava appena la falange. 

 

Confusa, la donna fece scorrere gli occhi sulla carta argentata che la osservava dal bancone. Il bruciore che aveva sentito e la profondità del taglio non potevano provenire da quello. Pareva una ferita generata da qualcosa di più affilato, qualcosa come... 

 

Yona sentì il respiro abbandonare il suo petto. Le sue palpebre sfarfallarono, prima che le sue pupille prendessero a camminare lungo il ripiano, fino a raggiungere il coltello abbandonato accanto al tagliere. Mentre la donna si mordeva violentemente il labbro inferiore, fece scorrere il suo sguardo ancora, un centimetro alla volta, ponderando se ignorare l'innominabile dubbio che sovrastava la sua mente come una nube di tempesta. Alla fine, i suoi occhi raggiunsero una mano dalle dita lunghe e nodose, sospesa a qualche centimetro dal coltello. 

 

Una mano destra, il cui indice era sporcato da una goccia di sangue sbocciata da un piccolo taglio che attraversava appena il dorso della falange. 

 

La gola di Yona si serrò. 

 

No. 

 

No. Non era possibile. 

 

Era una coincidenza. 

 

Doveva essersi tagliata con la carta. Forse il bruciore era maggiore perché non se l'aspettava, forse il taglio non era così profondo come sembrava e... 

 

Yona fece scattare lo sguardo sul viso dell'uomo accanto a lei. Era immobile, con gli arti paralizzati e la bocca dischiusa, le palpebre spalancate e le pupille che, come le sue, saettavano da una mano all'altra. Sollevando lo sguardo su di lei, le labbra di Seokijn tremarono mentre pronunciava una parola sottile. 

 

-Yo-Yona? 

 

Una domanda o un'esclamazione, una richiesta di spiegazione o una supplica: non sapeva che cosa dovesse significare la sua espressione balbettante. Yona, senza curarsi di rispondere, prese a scuotere il capo. Prima con gesti lenti e confusi, poi con maggiore veemenza fino a che non si ritrovò a negare violentemente mentre si allontanava dall'uomo, con gli occhi ancora incollati all'indice della sua mano, percorso da una scia rubiconda. 

 

-Yona...- ripetè Seokjin e questa volta la sua voce era alterata da qualcosa incastrato nella sua gola, qualcosa che suonava pericolosamente di lacrime. Ma Yona continuò a scuotere il capo mentre sbatteva le palpebre, allontanandosi fino a che la sua schiena non incontrò il muro gelido. 

 

No, era un malinteso. 

 

Una coincidenza. 

 

Non era possibile. 

 

Non era fisicamente possibile! 

 

-Mi dispiace signora, ma sua figlia è una solitaria. 

 

Jin poteva avere l'empatia corporale e per puro caso una ferita poteva essere apparsa nello stesso momento e nello stesso posto su entrambi i loro corpi, ma lei non poteva essere... 

 

-Ci dev'essere un errore, dottore! 

 

-Mi dispiace davvero, signora. Gli esami non fanno che confermare la conclusione che era già stata tratta. Sua figlia non ha nessun legame. 

 

-Yona... 

 

La voce di Seokjin aveva assunto una tonalità ancora più acuta, rivelando inevitabilmente le lacrime che finalmente dovevano essersi liberate. Quando sollevò lo sguardo, infatti, la donna incontrò il bellissimo viso di lui percorso da solchi bagnati, il mento tremante e le pupille scure dilatate, interamente concentrate su di lei. 

 

-No. 

 

Fu la prima parola che lei bisbigliò non appena l'uomo fece un passo avanti.

 

-Yona... 

 

-No- ripetè lei, scuotendo ancora il capo mentre, suo malgrado, sentiva gli occhi bruciare violentemente. 

 

-È... è una coincidenza. È un errore- disse. La sua voce doveva suonare ferma e razionale, ma Yona si accorse troppo tardi che era alterata da un'oscillazione dovuta alla sua gola serrata. Jin, però, non smise di avvicinarsi a lei, passo dopo passo, con la bocca ancora dischiusa che liberava i suoi singhiozzi strozzati e le lacrime che scendevano copiosamente sul suo viso. 

 

-Hyung... tutto bene? 

 

Yona voltò la testa di scatto per vedere il viso confuso di Namjoon affacciarsi dall'ingresso della cucina, aggrottando le sopracciglia non appena vide la figura del maggiore. La donna, per qualche motivo, sentì l'istinto di difendere la sua causa con maggior vigore ora che un altro testimone aveva raggiunto la scena. 

 

-È... è una coincidenza. Non significa niente. Non-

 

Il suo sguardo si abbassò violentemente quando sentì delle mani afferrare gentilmente le sue. Delle grandi mani, dalla pelle più chiara della sua e più aggraziate delle sue, che in contrasto erano piene di anelli argentati. E Yona studiò la mano destra avvicinarsi alla propria, porsi accanto a essa e, infine, affiancare l'indice con il suo esattamente all'altezza del piccolo taglio sul dorso di entrambe le dita. 

 

Un singhiozzo più violento dei precedenti tagliò la stanza, portando Yona a sollevare gli occhi sul viso ansimante di Seokjin, che la guardò a sua volta. 

 

-Yona... 

 

La donna fu rapida a ritrarre la mano dalla sua morsa con un gesto secco, schiacciandosi contro il muro per potersi allontanare ancora di più nonostante l'ostacolo. E mentre continuava a scuotere il capo, sentì con irritazione le lacrime iniziare a bagnare anche i suoi occhi. 

 

-No, no, no, ti sbagli, non è quello che pensi, non è possibile, non è possibile... 

 

Ma nonostante il suo fiume convulso di parole, le sue mani furono afferrate nuovamente, strette in un invitante abbraccio e sollevate fino alle labbra carnose dell'uomo che, in preda a violenti singhiozzi, aveva preso a bagnarle con le sue lacrime tiepide. 

 

Nella periferia della sua percezione, la donna si accorse che altri avevano raggiunto la scena e si erano affacciati sulla stanza, ma la sua attenzione era troppo concentrata sull'uomo davanti a sé per cercare di capire chi fossero i nuovi testimoni. 

 

-Che sta succedendo?- sentì una voce assonnata mormorare. 

 

-Non ne ho idea- replicò Namjoon, l'unico di cui era certa dell'identità. Ma Yona, imperterrita, continuò a osservare l'uomo di fronte a lei pur attraverso la coltre delle proprie lacrime che le annebbiava la vista. 

 

-Jin, non è possibile, non lo capisci? È solo uno stupido fraintendimento! Non significa niente! 

 

La donna urlò, urlò perché doveva fargli capire che prima si sarebbero svegliati da questa sorta di allucinazione condivisa e prima sarebbero tornati alla normalità, una normalità in cui lei era una solitaria e lui era vedovo di un'anima gemella. L'uomo, però, piegò il capo di lato, osservandola come se fosse stata un bambino che non riusciva a capire una situazione da adulti. 

 

-Yona... guarda. 

 

E, nuovamente, pose i due indici uno accanto all'altro, i cui tagli erano diventati ancora più evidenti dal momento che il sangue che li ricopriva era ormai stato spazzato via e sciacquato dalle lacrime. La donna, però, scosse la testa ancora e ancora, digrignando i denti. 

 

-Io non sono la tua anima gemella! 

 

Il suo urlo violento strappò l'aria dalla stanza, lasciando un raggelato silenzio dietro di sé. Persino i singhiozzi di Seokjin erano morti nella sua gola. Ma gli occhi feroci di Yona guardarono quelli offuscati di lui con rigida determinazione. 

 

-Io- non sono- la tua anima gemella! Io non ho un'anima gemella! 

 

-Yona...- mormorò l'uomo, piegando ancora il capo mentre il suo mento riprendeva a tremare. Ma la donna lo ignorò, con le palpebre impossibilmente dilatate e gli occhi in fiamme e la gola serrata e il petto chiuso in una scatola ermetica. 

 

-Mi dispiace, signora, può continuare a far esaminare la bambina ma il risultato sarà sempre lo stesso. Lei non ha... 

 

-Io non ho un'anima gemella! 

 

Yona ansimò, accorgendosi appena delle lacrime che percorrevano il suo viso. E prima che l'uomo potesse emettere un'altra implorazione dalle labbra umide, la sua voce rombò ancora aggressivamente. 

 

-Ho visto almeno una decina di dottori! A Busan, a Seoul, persino in America quando ero al college! Non c'è la più minima possibilità che io abbia un'anima gemella! Tutti, ogni singolo specialista del cazzo ha detto la stessa identica cosa! Sono una solitaria! Non ho un legame! Non ho e non avrò mai un'anima gemella!

 

Mentre Yona si schiacciava ancora di più contro la parete, abbracciando il suo corpo come a creare una barriera protettiva attorno a esso, percepì dei passi avvicinarsi e, d'istinto, fece scattare il viso di lato con un ringhio pronto a sfuggirle dalle labbra. Yoongi si fermò a un metro da loro, sollevando le mani come a voler placare una bestia selvaggia. 

 

-Che ne dite se ci calmiamo un attimo e cerchiamo di risolvere la situazione insieme? Con una mente un po' più obbiettiva?- chiese pacatamente il giovane, portando Seokjin a rivolgere uno sguardo implorante verso di lei. Yona, però, continuò a respirare in ansimi brevi e superficiali, facendo saettare gli occhi su ognuno dei presenti. Quando l'uomo si mosse per toccarle la schiena con delicatezza e incoraggiarla a spostarsi dal muro, lei sussultò violentemente, evitando la sua mano e prendendo a marciare attraverso la cucina, tagliando la barriera di osservatori in silenzio e dirigendosi verso il divano senza voltarsi indietro neppure una volta. 

 

Abbandonandosi con un tonfo pesante sul cuscino, puntò lo sguardo sul pavimento con le braccia ancora avviluppate attorno al suo busto e i denti affondati nel suo labbro inferiore, mentre vedeva delle gambe passare davanti alla sua visuale e un peso appoggiarsi delicatamente al suo fianco.

 

-Yona... mi dispiace. 

 

-Quindi... qualcuno può spiegarmi nel dettaglio che cosa è successo?- sentì dire a Yoongi, che si era posto in piedi di fronte al divano mentre gli altri dovevano essersi sistemati alle spalle del divano. Davanti al suo silenzio, Yona sentì l'uomo accanto a lei schiarirsi la gola arrochita, prendendo un profondo respiro. 

 

-Io... avevo in mano il coltello e stavo tagliando le verdure quando... 

 

La voce di Seokjin incespicò e, durante la pausa che aleggiò nell'aria, la donna artigliò il tessuto della sua maglia sotto alle unghie. 

 

-... quando mi sono tagliato. E, contemporaneamente, Yona ha emesso un verso come se si fosse tagliata a sua volta. Allora, l'ho guardata per capire cosa era successo e ho visto... 

 

Un'altra pausa in cui la voce di Seokjin sembrava essere stata aspirata da una forza estranea. La donna, in quel momento, sentì la lingua saettare per la necessità di chiarificare. 

 

-Mi sono tagliata con la carta. Stavo aprendo le confezioni di ramen perciò è evidente che mi devo essere tagliata per quello. Il piazzamento della ferita è solo una fortunata coincidenza- sputò e solo quando giunse alla fine della frase si accorse di essere senza fiato. Inspirando lentamente, strinse i denti e voltò il viso nella direzione opposta all'uomo. Dopo qualche istante di silenzio, sentì Yoongi avvicinarsi appena e accovacciarsi. 

 

-Posso vedere? 

 

Nell'angolo della sua visione, Yona intravide la mano più chiara della sua farsi avanti prontamente, presentandosi allo sguardo dell'esaminatore senza alcuna sorta di indugio. La donna, però, non la raggiunse immediatamente. Le sue dita, inizialmente, si rattrappirono con scatti convulsi. Alla fine, lentamente, molto lentamente, rilasciarono la loro morsa sul tessuto torturato e si allontanarono dal suo corpo, allungandosi ma rimanendo a distanza di sicurezza dall'uomo.

 

Yoongi, allora, afferrò le due mani, isolando infine gli indici e accostandoli perfettamente, in modo che la punta di entrambi fosse alla stessa altezza. In questo modo, i due tagli che li attraversavano non sembravano più due ferite separate, ma un'unica, ininterrotta linea rossa e irritata. Yona deglutì, studiando il volto del giovane sollevarsi con la fronte corrugata e puntare lo sguardo su di lei. 

 

-Quindi tu avevi in mano solo della carta? 

 

La donna strinse le labbra, facendo scattare il suo sguardo sulla ferita, profonda abbastanza da poter intravedere la separazione tra i due lembi di pelle arrossati. In silenzio e con la testa leggera a causa della mancanza di ossigeno, annuì. Yoongi trasse un profondo respiro, umettandosi le labbra. 

 

-Magari possiamo fare una telefonata al nostro dottore e sentire cosa dice. Potremmo anche chiedergli di passare per dare un'occhiata- 

 

Yona si fece sfuggire una risata secca, scattando in piedi così velocemente che sentì un'ondata di nausea toglierle il fiato e portarla a serrare la bocca. 

 

-È ridicolo. 

 

La donna si girò, ignorando gli sguardi pietosi o preoccupati delle persone dietro di lei, e concentrandosi invece per ritrovare i suoi effetti personali. Il suo cellulare era sul tavolo della cucina, la sua borsa e la sua giacca appese all'ingresso. Anche se indossava i vestiti di Seokjin che aveva infilato alla cieca quando era scivolata fuori dal letto, avrebbe potuto resistere. L'importante era uscire da quella casa il più in fretta possibile. I suoi passi, però, furono bloccati da una mano che afferrò il suo braccio. 

 

-Yona, ti prego, aspetta! Sentiamo almeno quello che dice il dottore! 

 

La donna si paralizzò. Le parole di Jin si registrarono appena nella sua mente perché tutta la sua attenzione fu catturata dal calore estraneo che iniziò timidamente a espandersi lungo la superficie toccata dall'epidermide di lui e che aveva preso a sciogliere muscolo, osso, nervi, diventando simile al fuoco liquido nelle sue vene. Con gli occhi spalancati, si ritrasse dalla presa dell'uomo, afferrandosi il braccio mentre indietreggiava verso la porta di ingresso. Quando fece l'errore di sollevare lo sguardo, anche lui sembrava in preda allo stupore e faceva saettare gli occhi da lei alla mano che fino a qualche istante prima la stringeva. Ma Yona sbatté le palpebre ancora e ancora, dissipando quella memoria dalla sua mente. Era un gioco della sua testa. Un'allucinazione. Un effetto placebo. Solo perché aveva quel dubbio impiantato nella testa, il suo corpo reagiva con la convinzione che fosse vero. 

 

-Non- non ha senso chiamare il dottore. Sappiamo entrambi la risposta. Tutto questo è ridicolo! Ti sei dimenticato chi siamo? Che cosa ci è successo? Che cosa è successo a te?- urlò Yona, enfatizzando l'ultima parola e guardando l'uomo dritto negli occhi. In questo modo, poté vedere l'ombra ferita che vi passò attraverso non appena la sua voce tagliò l'aria. 

 

Era crudele? Sì. 

 

Era meschina? Lo era. 

 

Ma così era la realtà. E per qualche motivo tutti sembravano averlo dimenticato. 

 

-Io sono una solitaria. È scritto nel mio DNA! Non c'è nulla! Nulla! Non ho anatomicamente la possibilità di avere un'anima gemella! E la tua metà è morta! Io sono qui, viva e vegeta! Non capisci che tutto ciò non ha senso? 

 

Yona lo guardò in preda alla disperazione. Perché non capiva? Perché? Perché illudersi con una favola che non avrebbe fatto che spezzarli ancora di più? 

 

Da quando aveva dieci anni non aveva fatto altro che sentirsi dire la stessa cosa. 

 

"Non hai un'anima gemella."

 

Non esisteva un'altra realtà. Non c'era nessuna fata madrina che la ricompensava per i suoi anni di sofferenza e ricerca della persona giusta donandole, alla fine, il suo premio. 

 

"Dal momento che hai attraversato tante tribolazioni, ecco il tuo principe!" e in un turbinio di brillantini, sarebbe comparso un bellissimo idol pronto a dichiarare il suo amore per lei. 

 

Non era così. Non esisteva quell'opzione. Era tutto una stupida, insulsa illusione. 

 

Lei, a quel punto, vide Seokjin serrare gli occhi. Respirando lentamente, li riaprì e la guardò con uno sguardo calmo, fin troppo contando le parole che gli aveva lanciato contro. 

 

-Il tuo ragionamento... è giusto. 

 

L'uomo fece una pausa, schiarendosi la gola per togliere quel tremolio che rendeva il suo tono troppo indicativo della sofferenza che stava provando. 

 

-Ma questa coincidenza è piuttosto... surreale, non credi? 

 

Yona, però, testardamente incrociò le braccia e negò, allontanando lo sguardo da lui. A quel gesto, lo sentì sospirare. 

 

-Non ti chiedo di... accettare l'idea. So che è assurdo ma... ti chiedo solo di... 

 

Seokjin sospirò di nuovo e la donna poté sentire una vena disperata animarlo improvvisamente. 

 

-... solo di attendere un momento. Aspetta giusto il tempo che il dottore arrivi e ci dia la sua opinione. E poi potrai andare dove vuoi. Solo... ti prego... almeno... 

 

Yona abbassò gli occhi al pavimento perché li sentiva ancora una volta bruciare. 

 

-... sentiamo quello che ha da dire. 

 

La donna ispirò le lacrime nel naso, impedendo ostinatamente che riprendessero a scendere. Con le braccia ancora incrociate, rimase immobile in mezzo alla stanza, senza muovere un passo o dire una parola. Questo, finché la porta d'ingresso non si spalancò sotto alla forza dell'Hoseok più sorridente che avesse mai visto in tutta la sua vita. Con il petto percorso da ansimi, come se avesse corso a perdifiato, e il sorriso che animava il suo intero viso, il giovane schiuse le labbra per lasciare un'entusiastica esclamazione. 

 

-Ragazzi, ho una fantastica notizia!

 

 

ANGOLO AUTRICE

AND THE DRAMA IS HERE! Sapevate che la vostra Juliet vi avrebbe pullato una mossa come questa, dai! Volevo scrivere un angolo autrice un po’ più frizzantello ma sono a casa con il covid perciò non mi funziona molto bene la testa, perdonatemi 😅 e ora, a voi le teorie su ciò che succederà!

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Capitolo 50
*** 47. Wait for me ***


All'inizio, era solo un sussurro nel suo inconscio. 

 

Un fastidioso peso incastrato nel petto, come se fosse sulla vetta più alta di una montagna russa, sul punto di cadere in discesa, fermo in attesa che la giostra venisse lanciata. Bloccato in quel momento eterno, con il fiato sospeso e l'adrenalina pronta a venire rilasciata nel suo organismo, il momento non finiva. Era sempre lì, in cima a quel precipizio ma la discesa non arrivava. 

 

Quella mattina, quando aprì gli occhi, la sentì. La scarica di adrenalina che gli incendiò le vene, il pulsare frenetico del suo cuore impazzito, i polmoni in fiamme. Fecero scattare in piedi Hoseok come se il letto fosse stato fuoco liquido, facendo sparire ogni traccia di sonno dalla sua mente. Con gli occhi spalancati, il ragazzo si era guardato attorno nella stanza in penombra, aggrottando le sopracciglia. 

 

Inizialmente, non riusciva a capire. Quella sensazione bizzarra non aveva un nome né un volto, solo incomprensibile energia nervosa che lo incoraggiava a muoversi, muoversi, muoversi. Prima che il suo cervello potesse comprenderne la sua origine, si era già ritrovato a piegare il pigiama sul cuscino e indossare i primi vestiti che gli erano capitati sotto mano. Hoseok, allora, si bloccò, fermo al centro della stanza, cercando di zittire il tremore del suo corpo nella speranza che la sua testa riuscisse finalmente a fare ordine in ciò che stava succedendo. 

 

Perché si stava comportando a quel modo? 

 

E, finalmente, in quell'istante di immobilità, la vide. Chiara nella sua mente come la strada per tornare a casa, un'immagine famigliare come il parco nel suo quartiere o come la vernice blu che dipingeva l'ingresso del loro secondo dormitorio, vedeva la strada che avrebbe dovuto percorrere. 

 

Era lì. 

 

Lei era lì. 

 

Con il cuore incastrato in gola, il giovane afferrò una mascherina e si fiondò fuori dalla sua stanza, saettando davanti a un Namjoon assonnato e lanciando la prima frase che la sua mente riuscì a elaborare. In quel momento, era come se la sua lucidità fosse stata una lampadina rotta, capace di restare accesa solo per pochi secondi prima di sfarfallare debolmente e tornare spenta, dandogli giusto il tempo di accorgersi che stava correndo per le strade di Seoul come un forsennato e che stava attraversando blocco dopo blocco zone sempre più ignote della città. 

 

Per una volta, però, Hoseok non si lasciò frenare. Fece sedere la sua razionalità nel sedile posteriore e allontanò le mani dal volante, abbandonandosi all'indietro come se non avesse una preoccupazione al mondo. Per la prima volta nella sua vita, lasciò che il suo istinto si sedesse al posto del conducente e lo guidasse ciecamente ovunque esso avrebbe desiderato. 

 

"Portami da lei." 

 

E così si ritrovò a svoltare a destra e poi a sinistra e a destra ancora, imboccando vicoli che non sapeva neppure esistessero, attraversando strade e scansando persone mentre correva, correva senza sosta. 

 

La sentiva. Si stava avvicinando a lei, ma per qualche motivo aveva come il sentore che si stesse allontanando da lui. Hoseok continuava a correre ma non riusciva ad accorciare la distanza. 

 

Lei era troppo veloce. 

 

Era come se fosse stata su...

 

Hoseok voltò la testa, scrutando le macchine sfrecciare lungo le carreggiate. Facendo scattare lo sguardo sul fondo della strada, percepì qualcosa pizzicargli il petto. Un autobus proveniente da una traversa sulla destra svoltò, imboccando la via principale e dirigendosi proprio verso di lui. Il giovane spalancò gli occhi, correndo in direzione del mezzo, ricordandosi distrattamente di non abbandonare il marciapiede ma scontrandosi con una marea di sconosciuti irritati. Hoseok non si fermò neppure per chiedere scusa. 

 

Il suo sguardo non si staccò dall'autobus neppure per un istante, al punto che dubitava di aver perfino sbattuto le palpebre. Quando il mezzo passò davanti a lui, il giovane si bloccò sul posto, studiando con sguardo ansioso le finestre sporche e i visi indifferenti dei passeggeri all'interno. 

 

Poi, la vide. Avviluppata contro un palo di sostegno, con il dito violentemente premuto sul tasto di chiamata della fermata e gli occhi incollati sul marciapiede dove lui si trovava. Hoseok sentì il cuore salirgli in gola e tornare indietro, dondolare come un trapezista nel suo petto prima di tuffarsi nel suo stomaco. 

 

Quando l'autobus lo superò, le sue gambe ripresero a correre come se non avessero accumulato un minimo di stanchezza e come se il suo petto non fosse mai a corto di ossigeno. E lei era lì, con gli occhi incollati su di lui e una mano premuta contro il vetro, la bocca intenta a lasciare un'implorazione che non riuscì a distinguere e la fronte corrugata. 

 

Perciò Hoseok continuò a correre e correre. 

 

Corse fino a che, finalmente, il mezzo non si fermò e le porte automatiche non si aprirono, rilasciando la figura di una ragazza che si fiondò sul marciapiede come se fosse stata spinta da qualcuno. Lei, allora, si voltò e incontrò i suoi occhi. E iniziò a correre a sua volta. 

 

E Hoseok corse fino a che i loro corpi non si ritrovarono l'uno di fronte all'altro e gli occhi spalancati di lei non furono a un soffio dai suoi. 

 

Solo allora, il giovane sentì la morsa dell'adrenalina rilasciare il suo corpo, distendo i suoi muscoli e lasciando che il suo petto ansimasse e incamerasse avidamente aria. Deglutendo con il fiato corto, osservò in silenzio la ragazza di fronte a lui fare lo stesso, studiandolo con rapimento. 

 

-Sei qui...- mormorò lui senza neppure accorgersene, con la voce sepolta dal suo fastidioso ansimare. Lei, però, doveva averlo sentito comunque, perché sorrise timidamente. 

 

-Sono appena arrivata in Corea questa mattina- replicò debolmente lei. 

 

-Da dove...- la gola di Hoseok si chiuse mentre incamerava ossigeno maldestramente -... da dove vieni? 

 

La ragazza sorrise maggiormente. 

 

-Dall'altra parte del mondo- ridacchiò lei, assottigliando gli occhi. 

 

-Dall'Italia. Immagino che sia per questo che ci abbiamo messo così tanto a... 

 

La frase rimase sospesa nell'aria mentre lei indicò timidamente entrambi, prima di abbassare lo sguardo a terra. Hoseok, invece, sollevò gli occhi al cielo. Ma certo. Anche se erano stati in Europa, non avevano mai avuto neppure un concerto in Italia. Per questo non riusciva a sentire che un piccolo solletico quando erano nel continente, era comunque troppo distante per riuscire a determinare la sua posizione con certezza. In quel momento, maledisse Namjoon per essere stato l'unico a visitare il paese e se stesso per essere stato troppo pigro per accompagnarlo. Forse, se lo avesse fatto, avrebbe incontrato la sua anima gemella molto prima. 

 

La sua anima gemella. 

 

Faceva strano pensarlo. 

 

Era un termine che nella sua testa era sempre stato così astratto: un'idea priva di volto, di sostanza. Solo un concetto che aleggiava nell'aria, immateriale quanto le stelle che non riusciva a toccare o le galassie che non riusciva a vedere a occhio nudo. Oppure, prendeva la forma delle anime gemelle dei suoi amici, ma mancava quel senso di appartenenza determinava la "sua" anima gemella. La sua metà. 

 

E invece eccola lì. Un volto pieno, dalla carnagione chiara. Un mare di rosso infuocato nei capelli, come rame fuso incendiato dai raggi del sole che circondava il suo volto in un'aureola dorata. Occhi dal taglio occidentale verdi come il sottobosco, abbastanza scuri da poter essere confusi con un castano, ma rivelati dalla luce diretta che li colpiva e tirava fuori i toni più caldi. 

 

Hoseok si umettò nervosamente le labbra. 

 

-Quale... qual è il tuo nome? 

 

La ragazza si morse il labbro, giochicchiando con gli anelli nelle sue mani. 

 

-Beatrice. E... conosco già... il tuo- replicò, allontanando ancora di più lo sguardo da lui, forse per nascondere l'ombra rosea sulle sue guance. Hoseok piegò curiosamente la testa. 

 

-Sei un'army? 

 

Lei, dopo un istante di esitazione, annuì, osservandolo poi con circospezione da sotto le ciglia. Il giovane, però, rilasciò un sorriso e un sospiro. 

 

-Beh, questo rende le cose più facili. Non sapevo come avrei affrontato la questione del mio lavoro e del mio stile di vita nel caso la mia anima gemella non avesse saputo chi ero- replicò, sciogliendosi in una risata che sembrò rilassare anche lei, la quale dopo qualche istante lo seguì. Gli occhi del giovane, in quel momento, presero a saettare per il marciapiede. La razionalità, che lo aveva abbandonato da che aveva messo piede fuori casa, iniziò a ritornare in lui, pensiero dopo pensiero, prendendo a suonare campanelli di allarme sempre più rumorosi e numerosi e insistenti. 

 

Gente che passava accanto a loro. 

 

Sguardi incuriositi dalla loro interazione. 

 

Fotocamere. 

 

Paparazzi. 

 

Sarebbe bastato un attimo, una foto scattata mentre era distratto, una fan di passaggio, qualsiasi cosa. Il giorno seguente, no, quel pomeriggio stesso la faccia della sua metà sarebbe stata proiettata su tutti i tabloid, tutte le piattaforme, tutti i giornali. 

 

Hoseok, allora, si schiarì la gola. 

 

-Che ne dici se... andiamo in un posto più tranquillo per... parlare un po'?- offrì, piegando il capo ansiosamente. La ragazza parve, per un attimo, colta di sorpresa, ma poi iniziò ad annuire con sempre maggiore convinzione. 

 

-Certo, ovunque tu voglia. Qui, non è esattamente... il posto migliore per conoscerci immagino- ridacchiò lei, lanciando uno sguardo attorno a sé. Hoseok annuì, sollevato, prima di guardarsi attorno a sua volta e tirare la bocca in una smorfia. 

 

Niente macchina. Niente autista. Non aveva neppure idea di dove fosse o di quanto fosse distante dal dormitorio e l'unico che ricordava con certezza di aver incontrato dei ragazzi era Namjoon, a cui di certo non poteva chiedere di venirlo a prendere. 

 

"Benedetto uomo, a venticinque anni suonati senza patente." 

 

Stringendo i denti, sollevò la mano non appena vide avvicinarsi un taxi dal fondo della strada, che fortunatamente si fermò alla sua richiesta. Il giovane, allora, aprì prontamente la portiera, scostandosi per far entrare la ragazza che lo ringraziò con un sorriso timido. Fiondandosi all'interno della vettura subito dopo di lei, si rilassò contro il sedile, sentendo finalmente il peso degli occhi attorno a loro sparire dalle sue spalle. 

 

-Per dove? 

 

Il giovane fece scattare lo sguardo sull'autista, un uomo di mezza età con una calvizie crescente che aveva trasformato la sua testa in una rotonda liscia circondata da una chierica di capelli diradati. La sua voce, però, lo fece bloccare sul posto. 

 

Dove? 

 

Dove andare? 

 

La sua mente, in preda al panico, gli fece sputare il primo indirizzo che salì alla sua memoria. Girandosi, poi, verso la ragazza accanto a sé, la studiò nervosamente. 

 

-Ti va bene se andiamo al dormitorio? Perdonami, non ti ho neppure chiesto cosa preferivi... 

 

Un calore, timido ma molto diverso dal normale tepore emanato dalla pelle di un essere umano qualsiasi, prese a diffondersi sulla sua mano, portando Hoseok a chiudere la bocca e abbassare gli occhi sulla mano pallida che stringeva la sua. 

 

-Va benissimo. 

 

Il giovane deglutì, sollevando lo sguardo sul viso di lei, toccato da un accenno di timidezza anche in quella sua dimostrazione di iniziativa. Nervosamente, attese il momento in cui la mano di lei avrebbe abbandonato la sua, strappandolo a quel calore confortante e così maledettamente invitante. Ma non avvenne. Invece, lei sorrise debolmente, stringendo appena la presa. Hoseok, allora, emise un lungo respiro, avvicinandosi appena a lei in modo che anche i loro polsi potessero toccarsi, e girò la mano verso l'alto per poterla stringere a sua volta. 

 

E, nel silenzio della macchina, iniziò a parlare. Inizialmente, mosso da un'energia nervosa che lo costringeva a riempire il silenzio, blaterò tutto ciò che gli passava per la testa. Poi, iniziò lentamente a formulare domande, stimolando la ragazza a parlare per scoprire qualcosa di lei. Il microscopico appartamento in cui viveva, salvato dalla bellissima terrazza sul tetto su cui la ragazza pianificava di passare le sue serate con un tè caldo fra le mani. Il suo gatto nero, che aveva dovuto lasciare in Italia con i suoi genitori e che le mancava già. Il suo nuovo lavoro a Seoul come traduttrice per un piccolo giornale, che non era esattamente ciò a cui aspirava ma che considerava almeno un punto di inizio e un salto di qualità dallo scrostare l'olio delle patatine dal pavimento di un fast food. 

 

A Hoseok parve passare solo un battito di ciglia quando arrivarono al dormitorio. Nuovamente, non aveva prestato attenzione alla strada, perciò non aveva ancora idea di dove fosse finito nella sua ricerca della ragazza. Ma poco gli importava. Pagando velocemente il taxista, perché ringraziando il cielo almeno aveva avuto la prontezza di portarsi dietro cellulare e portafogli, lasciò la mano di Beatrice giusto il tempo necessario a uscire dalla macchina. Guidandola ansiosamente verso il complesso residenziale, la trascinò in ascensore sciorinando un fiume di parole in preda all'eccitazione. 

 

Stava portando la sua anima gemella a casa sua. 

 

Avrebbe presentato la sua anima gemella ai suoi amici. 

 

Sembrava tutto così assurdo. Era arrivato al punto di non aspettare più di sentire il suo legame attivarsi, anche quando atterravano in posti che non avevano mai visitato. Il primo tour di concerti era stato un susseguirsi di speranza e delusione a ogni nuova tappa che intraprendevano. Ogni città poteva essere quella giusta. Ogni nuovo chilometro di strada che compivano poteva avvicinarlo a lei. Ma in ogni paese in cui atterravano, il risultato era sempre lo stesso. 

 

Al secondo tour, l'eccitazione aveva già iniziato a spegnersi e ogni tappa inizia a mescolarsi con la precedente. Tornare nei posti in cui erano già stati risultava nel prepararsi per una delusione assicurata e anche esplorare nuove città aveva perso il suo fascino quando, volta dopo volta, non faceva che ottenere lo stesso risultato. 

 

Era frustrante, avere l'unico lavoro al mondo perfettamente compatibile con il suo legame, la bussola dell'anima, e comunque non riuscire a incontrare la propria metà. Hoseok aveva iniziato ad avere la sensazione che la vita gli stesse dicendo che non era destino per lui. Se neppure esplorando ogni angolo della terra non era stato in grado di trovarla, forse voleva dire che semplicemente non era scritto per lui. E, anche se non era mai stato ancorato all'idea di trovare la sua anima gemella tanto quanto Jimin o Seokjin, sentiva una lieve malinconia nel cuore all'idea che quello sarebbe stato il suo destino. 

 

E i suoi amici lo sapevano. Perciò, poteva solo immaginare le loro facce quando avrebbe dato loro la notizia. Li conosceva. Sarebbero stati genuinamente contenti per lui. Sarebbero stati forse perfino più eccitati di lui all'idea. Mordendosi il labbro, iniziò a intravedere la porta d'ingresso non appena l'ascensore rivelò il pianerottolo. Tirando Beatrice fin sotto l'entrata, si voltò verso di lei. 

 

-Puoi aspettare qui giusto il tempo che spiego ai ragazzi che cosa è successo e controllo che non ci sia nessuno mezzo nudo? 

 

La ragazza ridacchiò sommessamente, annuendo e spingendolo verso la porta dopo aver fatto un passo indietro, come a sottolineare che non era un problema. Hoseok, allora, inspirando a fondo iniziò a digitare il codice sul tastierino numerico e spalancò ansiosamente la porta non appena sentì il "bip" acuto che indicava che la serratura era aperta.

 

-Ragazzi, ho una fantastica notizia! 

 

Nel silenzio tombale della stanza, il giovane si accorse che, benché ogni componente della casa fosse radunato in salotto e avesse posto la propria attenzione su di lui, non avrebbe ricevuto il benvenuto che si aspettava. I visi che lo accolsero non erano curiosi o confusi nel loro stato di semiveglia, ma erano invece adombrati da un'angoscia che non riusciva a comprendere, concentrata in particolare nelle due persone in piedi al centro della stanza. 

 

Yona, ferma con le braccia incrociate e un'espressione fredda come il ferro incisa sul volto, e Seokjin, incatenato al pavimento dietro di lei, con gli occhi gonfi e arrossati. 

 

Hoseok sbatté le palpebre, aggrottando le sopracciglia. 

 

-È successo qualcosa?- mormorò, in preda alla confusione. Non appena la domanda lasciò le sue labbra, i due protagonisti della scena distolsero lo sguardo nello stesso momento, una in preda a disperata furia, l'altro percorso da una profonda tristezza. Yoongi, fermo in una posa imbarazzata in mezzo a loro, si schiarì la gola. 

 

-Che cosa ci volevi dire, Hob-ah? 

 

Il giovane spalancò le palpebre, voltandosi per un nanosecondo per lanciare uno sguardo alle sue spalle. Nessuno poteva intravederla perché aveva socchiuso la porta dietro di sé, ma lui poteva sentire la presenza della ragazza ferma nel pianerottolo, in attesa che lui la facesse entrare. Ma quando riportò gli occhi sulla stanza, deglutì nervosamente. Era davvero il caso di sganciare una bomba del genere in quel momento? Portare un'estranea nella loro casa quando era evidentemente in corso qualcosa di grosso? 

 

Ma non poteva neanche lasciare la ragazza lì, ad aspettare in piedi. Umettandosi le labbra, fece scattare nuovamente lo sguardo alle sue spalle con la mente in preda al panico. 

 

-Ehm...- balbettò. I suoi occhi atterrarono sullo sguardo di Yoongi, che non l'aveva abbandonato neanche per un istante, e l'uomo sospirò. 

 

-Yoongi, ti dispiace se... parliamo un attimo?- chiese con un sorriso nervoso, indicando la porta d'ingresso con un gesto verso le sue spalle e portando il giovane a lanciare un'occhiata alle due figure immobili, prima di annuire e seguirlo. Hoseok deglutì più rumorosamente, fermandosi nel corridoio vuoto e posando gli occhi nervosi su Beatrice, che lo osservava confusa, probabilmente a causa del turbamento che doveva essere dipinto sul suo viso. Quando Yoongi, però, si voltò per chiudere la porta dietro di sé, tutta l'attenzione del giovane fu catturata su di lui.

 

-Quindi, che è successo, Hos-

 

Il suo hyung spalancò le palpebre non appena voltò la testa e incontrò la figura della ragazza davanti a lui, la quale sollevò timidamente la mano in gesto di saluto con un sorriso nervoso sulle labbra. Yoongi, a quel punto, spostò lo sguardo scioccato su di lui, che sollevò le spalle con una smorfia. 

 

-Ehm... ho trovato... la mia anima gemella. 

 

Per un istante, il suo amico rimase in attonito silenzio, facendo saettare gli occhi tra le due metà, prima di fissarsi su Hoseok con la bocca dischiusa. Alla fine, si portò le mani davanti al viso. 

 

-Santissima... 

 

Il giovane seppellì un'imprecazione, aggrottando la fronte prima di riportare lo sguardo su di lui. 

 

-Perdonami Hoseok. Congratulazioni, sono davvero felice per te. 

 

E poteva sentire la sincerità nella sua voce anche se era inacidita dall'evidente impazienza nel suo tono. 

 

-È solo che... il tempismo non è dei migliori. È successa una cosa... tra noona e Jin-hyung. Una cosa grossa. E in questo momento rischiano di tirare fuori il peggio l'uno dall'altra. 

 

Hoseok aggrottò le sopracciglia, portando lo sguardo ansioso sulla porta d'ingresso, anche se non rivelava la scena che vi si nascondeva dietro. 

 

-Però non ti preoccupare. Tu vai con lei, noi gestiremo la situazione qua. Quando le acque si saranno calmate, ti farò un fischio così la potrai presentare a tutti- aggiunse Yoongi, tirando le labbra in un sorriso stanco e poggiando la mano sulla sua spalla. Hoseok, però, non annuì. Riportando lo sguardo sulla porta, posò poi gli occhi su Beatrice. 

 

Lei, con un sorriso, scosse il capo. 

 

Aveva già capito. 

 

Qual era il suo posto? Accanto a una ragazza che conosceva appena o accanto agli amici che erano praticamente diventati la sua famiglia? 

 

Non ci volle che un secondo per trarre la sua risposta e, quando riportò il suo sguardo sulla ragazza, lei doveva averla già intuita a sua volta.

 

-Ti mando l'indirizzo del mio appartamento per messaggio- gli disse semplicemente. 

 

Hosoek sospirò, sorridendo. Contrariamente a quanto aveva pensato in passato, il destino era stato molto generoso con lui. 

 

-Ti scriverò non appena sarà tutto risolto. 

 

Lei sorrise annuendo e ripercorrendo la strada fino all'ascensore, mentre il giovane, senza un momento di esitazione, si voltò verso Yoongi. 

 

-Spiegami nel dettaglio quello che è successo, hyung.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Aggiornamento dall'ancora quarantenante autrice XD come stiamo? Finalmente, il momento che stavate aspettando è arrivato! Beatrice è ufficialmente qui! Oggi abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo recuperato gli eventi che hanno preceduto l'improvviso arrivò di Hobi e il background di Yoongi che lancia una madonna alla notizia XD della serie, mesi senza che nulla accada e poi due anime gemelle che spuntano così nello stesso giorno, date una vodka a quest'uomo XD prossimo capitolo torneremo a Jin e Yona e avremo finalmente la risposta che stavamo aspettando. Siete pronti?

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Capitolo 51
*** 48. Ocean away ***


Era lei. 

 

Seokjin avrebbe voluto ridere e ridere e ridere fino a piangere. E poi piangere, piangere e piangere fino a che non gli restavano più energie.

 

Era lei. 

 

La sua metà. La sua preziosa metà era la donna che amava. 

 

Non riusciva razionalmente a concepire come fosse possibile, ma in quel momento ogni singola fibra del suo corpo non aveva il benché minimo dubbio. Lei era la sua anima gemella. 

 

Quando gli occhi di Seokjin si erano abbassati la prima volta, fu per osservare il piccolo taglio che si era inflitto con il coltello sul dito. Lì per lì, ricordando di aver sentito Yona lamentarsi a sua volta, aveva voltato distrattamente la testa per controllare che stesse bene. Gli ci volle qualche secondo per incontrare la vista del dito insanguinato di lei. Ricordava di essersi preoccupato per lei, di essere stato in procinto di voltarsi per andare a cercare il disinfettante e dei cerotti. Poi, i suoi occhi erano scivolati nuovamente sulla sua ferita. E il suo cervello si era bloccato. Saettando da una mano all'altra, non riusciva a computare l'informazione che la scena gli stava mostrando.

 

-Quindi, dottore... ci può dire il risultato dell'esame? 

 

-Ah, il piccolo Seokjin, vediamo un po'... "empatia corporale". 

 

Seokjin aveva sentito le lacrime scendere sulle sue guance senza neanche capire che appartenessero a lui. All'inizio, gli erano sembrate gocce di pioggia che scivolavano sul suo viso. 

 

-Ecco un depliant per te, Seokjin-ie. Leggilo molto attentamente, ti spiega come funziona il tuo legame e quali rischi potrebbe portare. 

 

Il bambino di dieci anni seduto nello studio del medico aveva sfogliato il depliant con grandi occhi attenti. Il primo disegno dai colori pastello mostrava la mano di un personaggio con un taglio sul dorso che incontrava un altro personaggio con un taglio identico nella stessa mano. I due sorridevano e, nella vignetta seguente, si abbracciavano. Voltando pagina, il bambino aveva visto un altro disegno in cui entrambi i personaggi piangevano tenendosi il braccio ingessato. 

 

"Fai attenzione!", diceva la didascalia. "Anche le ferite gravi si trasmetteranno alla tua anima gemella!"

 

Seokjin sentiva che le lacrime non si sarebbero fermate per un bel po' di tempo. Mentre il suo sguardo continuava a saettare sulle due dita percorse dallo stesso taglio, era come rivedere quella figura nel depliant che aveva letto da bambino. Se strizzava gli occhi, poteva perfino vedere le loro mani in colori pastello, contornate da uno spesso bordo nero, mentre i tagli sulle loro dita erano colorati da un rosso ingentilito dal tratto della matita. E Seokjin fece un passo avanti, perché quello era il momento in cui i due personaggi si abbracciavano ed erano felici insieme, finalmente completi. 

 

Ma lei stava scivolando via da lui. 

 

In piedi in mezzo al salotto, con le braccia incrociate e gli occhi felini rinchiusi in una tempesta, voleva scappare da lui. Non era così che doveva andare.

 

Lei era Yona. 

 

La sua Yona. 

 

A prescindere da tutto, era la donna di cui si era innamorato. Al diavolo il legame, non avrebbe potuto permettere che lei si allontanasse dalla sua vita perché era lei. Perciò Seokjin chiuse gli occhi, percependo una lacrima solitaria solcargli la guancia. 

 

-Yona... ti prego...

 

La donna rimase immobile anche davanti al tremore della sua voce. La vide stringere la mandibola, mordersi l'interno della guancia e abbassare lo sguardo al pavimento per contemplare qualcosa che lui non vedeva. Poi, si mosse. Jin trattenne il fiato, osservandola con il cuore in gola. La donna, silenziosamente, si voltò e tornò a sedersi sul divano. Non disse una parola, né sciolse le sue braccia incrociate e non gli rivolse uno sguardo. Ma non se n'era andata. Seokjin trasse un sospiro tremante, che sentì echeggiare alle sue spalle in tutti i presenti che li osservavano in silenzio, e si sedette a sua volta, mantenendo un po' di distanza tra i loro corpi in modo da lasciare a Yona lo spazio di cui necessitava in quel momento. 

 

Quando la porta d'ingresso si riaprì, sollevò gli occhi su Yoongi e Hoseok, che rientrarono nel salotto con espressioni serie ma maggiormente rilassate non appena videro la figura della donna ancora presente nella stanza. 

 

-Vado a chiamare il dottore- mormorò Yoongi, dando una pacca sul braccio dell'amico prima di imboccare il corridoio che conduceva alle camere. Hoseok rimase in piedi, portando lo sguardo su di loro e studiandoli in silenzio. 

 

-Dovete essere entrambi molto confusi. Penso che se mi trovassi nella vostra situazione farei fatica ad agire in maniera razionale. 

 

Seokjin tirò le labbra in un sorriso amaro, mancando del coraggio di osservare l'espressione di lei. Hoseok, dopo un istante di silenzio passato a osservarli, riprese a parlare. 

 

-L'importante, in questo momento, è che non dimentichiate chi siete o che cosa vi ha portato qua. A prescindere da ciò che dirà il dottore, voi siete due persone che si vogliono molto bene e che hanno formato una connessione spontaneamente. Questo non cambierà. 

 

L'uomo sollevò il capo per lanciare al suo amico uno sguardo grato, quando un verso di stizza accanto a lui lo fece irrigidire. Voltandosi, osservò la donna chiudersi in una smorfia sofferente. 

 

-Certo, nulla cambierà... 

 

Seokjin piegò il capo, osservandola con labbra tremanti. 

 

-Di che parli? 

 

Yona fece scattare il volto lontano da lui, ma Jin fece comunque in tempo a intravedere la lacrima che prese a scorrere sul suo zigomo. 

 

-Quando... riceveremo la risposta... quando il dottore inevitabilmente ci dirà che non siamo... 

 

La voce della donna si spense improvvisamente, come se fosse stata aspirata via da una forza superiore. Dopo qualche istante, si schiarì la gola e riprese. 

 

-Tutto girava attorno alla tua anima gemella. Tutte le tue speranze, i tuoi obbiettivi, le tue prospettive di vita... la tua sofferenza... Quando scoprirai che io non... che io non lo sono... tu... 

 

Seokjin ci mise qualche istante per capire qual era il punto a cui voleva arrivare. Quando il suo cervello arrivò alla soluzione, spalancò le palpebre, boccheggiando. 

 

-Mi... mi credi davvero capace di... Yona, per la miseria, tutto ciò che è successo fino a ora secondo te che cos'era? 

 

La donna sollevò il mento, mantenendo lo sguardo ostinatamente lontano da lui. Ma Jin strisciò sul divano fino a essere accanto a lei e costringerla a sentire la sua presenza al suo fianco. 

 

-Le parole che ti ho detto ieri notte non avevano nulla a che fare con quello che è successo oggi. Pensi forse che non proverei più quei sentimenti solo perché non sei la mia anima gemella? 

 

La voce di Seokijn era disperata, ma lei non voleva guardare nella sua direzione. Allora, l'uomo le afferrò le mani, risvegliando quel calore anomalo che incendiava le loro pelli nei punti in cui erano in contatto diretto e strappando un sussulto alla donna. 

 

-Yona... io non me ne vado- pronunciò lui, lentamente e scandendo ogni singola parola affinché lei ne assorbisse completamente il significato. In quel momento, la vide mordersi il labbro violentemente mentre il suo corpo iniziava a tremare, e si dovette trattenere dal circondarla con le sue braccia. 

 

-Non... non dirlo. Non puoi dirlo fino a che non sai la risposta. Potresti rimanerne deluso e- 

 

-Yona. 

 

La sua voce non aveva mai assunto una nota così secca, così ruvida. Ma Seokjin sentiva la frustrazione montare nella sua testa ed esondare in tutto il suo essere perciò lasciò che essa prendesse il controllo del suo corpo. 

 

-Io non me ne vado. Non vado da nessuna parte. 

 

Stringendo le mani della donna, Seokjin mantenne lo sguardo risoluto su di lei, mentre vide la sua schiena iniziare a sobbalzare a causa dei singhiozzi che stava tentando di reprimere. Ma prima che l'uomo potesse aggiungere altro, il campanello della porta fece voltare tutti i presenti.

 

Seokjin rimase in un silenzio ansioso, osservando Hoseok voltarsi e andare lentamente ad aprire. Il dottor Oh era sulla soglia e indossava un sorriso solcato dalle rughe, inasprite dalla sua brutta abitudine di consumare un pacchetto di sigarette al giorno. I suoi occhi, nonostante ciò, erano gentili. Seokjin aveva sempre pensato che assomigliassero a quelli di suo padre e la cosa lo aveva portato a essere facilmente a suo agio con lui. 

 

-Fortunatamente mi trovavo in zona quando Yoongi-ah ha chiamato. Seokjin-ah, da quanto tempo! 

 

Il dottore diresse il suo sorriso gioviale su di lui, portandolo a rilassare parte dei suoi arti e a fargli allentare la presa sulle mani della donna che stava ancora stringendo. L'uomo era presente il giorno dell'incidente, anche se erano stati i paramedici a prendere il controllo della situazione quando le cose avevano iniziato a degenerare. Da quel momento, aveva continuato a seguirlo individualmente e, benché Seokjin avesse sempre rifiutato ostinatamente l'aiuto del dottore, apprezzava l'attenzione che aveva dimostrato per lui nel corso dei mesi. 

 

-È passato un po' in effetti- il giovane uomo sorrise debolmente -È bello vedervi. 

 

Ipnotizzato dal sorriso rassicurante del dottore, Jin inizialmente fallì nel riconoscere la tensione che aveva preso ad agitare il corpo della donna al suo fianco. Quando se ne accorse, però, incollò lo sguardo sulla mandibola tremante di lei e le mani arpionate alle sue. L'uomo, allora, prese ad accarezzare distrattamente con i pollici la sua pelle scura, osservandola nella speranza che lei finalmente si girasse e lo guardasse. L'avrebbe rassicurata, le avrebbe mostrato con i suoi occhi che non aveva importanza quello che avrebbero scoperto. Lui sarebbe rimasto lì, accanto a lei. 

 

Ma Yona non si girò. 

 

-Dunque, Seokjin-ah, mi presenteresti la signorina? 

 

Lui si voltò di scatto verso l'uomo, spalancando le palpebre e annuendo. 

 

-Questa è Park Yona. 

 

Jin esitò per un istante, indeciso se continuare. Poi, dischiuse le labbra. 

 

-La mia ragazza. 

 

Il dottore sorrise, mettendo in mostra i denti ingialliti dal fumo e rilasciando nell'aria circostante un leggero odore di tabacco. 

 

-È un piacere fare la vostra conoscenza, Yona-ssi. 

 

La donna si voltò il tempo necessario per ricambiare il saluto e piegarsi in un breve inchino di cortesia. Il dottore, allora, chiuse le labbra, studiandoli per un attimo. 

 

-Yoongi-ah mi ha spiegato a grandi linee la situazione. Tu avevi un coltello in mano e ti sei tagliato e sul dito della signorina è comparso un taglio identico nello stesso posto, è giusto? 

 

-Avevo della carta in mano- si affrettò a borbottare Yona, catturando l'attenzione del dottore. Questo annuì, sorridendo. 

 

-Posso vedere? 

 

I due presentarono ancora una volta gli indici destri agli occhi attenti dell'uomo, che studiò per qualche istante i tagli. Lui annuì ancora, portando Seokjin a osservare ogni sua minima reazione con il fiato sospeso. 

 

-Potreste esporre gli anulari della mano sinistra, per favore? 

 

Jin deglutì, facendo come il dottore aveva chiesto. Yona, al suo fianco, lo raggiunse con esitazione. L'uomo dal viso solcato di rughe girò le loro dita in modo che i polpastrelli guardassero il soffitto e osservò la pelle con estrema attenzione, prima di estrarre un piccolo strumento dalla sua borsa. Sembrava una grossa penna bombata, di quelle che si potrebbero trovare in un gioco per bambini, anche se sul dorso era presente un piccolo display. 

 

-Questa è una penna per misurare l'insulina nei diabetici. Al suo interno c'è un ago che fa un piccolo foro nel dito, quel tanto che basta per generare una goccia di sangue da analizzare. Ovviamente, a noi non serve misurare i vostri livelli di insulina- spiegò il dottore, con tono pacato e voce calma. Seokjin deglutì, annuendo in senso di comprensione. Quando l'uomo avvicinò lo strumento al polpastrello di Yona, si accorse appena che le sue dita avevano iniziato a tremare perciò si costrinse a rilassarsi, respirando a fondo. 

 

La punta della penna bombata si appoggiò alla pelle caramellata della donna e la stanza attese in apnea mentre un click metallico risuonava nel silenzio. Seokjin, istintivamente, tirò la bocca in una smorfia e abbassò lo sguardo. Non appena vide una goccia rossa tingere la sua pelle, sentì gli occhi offuscarsi ancora una volta. Tentando di trattenersi, si morse il labbro, ascoltando il respiro della donna diventare irregolare non appena la penna si allontanò dal suo dito. 

 

I due anulari era colorati dalla stessa nota di rosso, esattamente al centro di entrambi i polpastrelli. Le piccole gocce di sangue sembravano fiorellini scarlatti, dal centro scuro e saturato e i bordi che sfumavano e si confondevano con lo sfondo. Seokjin, in quel momento, sentì di non riuscire a respirare. 

 

-Direi che abbiamo la conferma. Per sicurezza, vi farò anche un prelievo di sangue per fare un esame di compatibilità, ma sono abbastanza sicuro che la risposta non cambierà. 

 

Entrambi rimasero immobili, con gli sguardi abbassati sulle loro dita e i petti bloccati, incapaci di incamerare aria. Yona sembrò essere la prima a liberarsi dal ghiaccio che li aveva intrappolati. 

 

-Non... non... è possibile. Io sono...

 

-Una solitaria?- la interruppe il dottore. Lei, dopo un istante, prese ad annuire. 

 

-Lo so. E l'anima gemella di Seokjin è effettivamente morta. 

 

L'uomo sollevò finalmente lo sguardo, osservando il dottore con il viso in tempesta. Quelle parole non generavano più in lui la stessa viscerale sofferenza di un tempo, ma non poteva fare a meno che essere immerso nella confusione. Se la sua anima gemella era morta allora come...

 

Il dottore sospirò, ma sorrise. 

 

-Capisco la vostra confusione. Vedete, si tratta di qualcosa di estremamente raro, al punto che ancora molti non sono a conoscenza del fatto che una cosa del genere possa avvenire. Avete mai sentito parlare dei legami surrogati? 

 

Di primo impatto, nella testa di Seokjin emersero immagini che aveva visto al telegiornale. Persone con in mano cartelli, sedute davanti a sedi del governo e in piedi su un mare di folla in procinto di fare un discorso. Anime separate. Solitari. Protestanti. 

 

-Non si tratta di una procedura chirurgica per creare un legame fra due persone che non sono anime gemelle?- chiese Yona, aggrottando le sopracciglia. 

 

Sì, Jin aveva lo stesso ricordo. La legalizzazione di legami surrogati. Una chance di scegliere la propria anima gemella, di creare quel legame speciale anche con qualcuno che non era indicato dal destino. Il dottore, allora, annuì. 

 

-Questa è la definizione più famosa al momento. Ma molti non sanno che questa procedura trae ispirazione da un fenomeno naturale. 

 

Seokjin drizzò il collo, schiudendo le labbra. 

 

-In che senso? 

 

Il dottore tirò la bocca. 

 

-In casi molto, molto rari, può succedere che si crei spontaneamente un legame tra due persone che non sono nate come anime gemelle. È successo fra solitari ed è successo perfino fra anime separate le cui metà erano ancora in vita. 

 

I due rimasero con la bocca spalancata e lo sguardo incollato sul dottore, incapaci di emettere una parola.

 

-Non capiamo ancora esattamente come o perché avvenga questo fenomeno. Sappiamo per certo che le due nuove metà hanno creato una forte connessione emotiva prima della formazione del legame e che solitamente, in caso ci sia un'anima separata nella coppia, si tende ad assumere il tipo di legame della stessa. In questo caso, l'empatia corporale di Seokjin-ah. 

 

Jin abbassò gli occhi, studiando il pavimento fino a sentire la testa girare. Al suo fianco, Yona iniziò a balbettare. 

 

-M-ma... ma... come è possibile? Insomma, io non... non ho nessuna propensione naturale a... come... 

 

-Quello che determina un solitario è una mutazione genetica che porta alla mancanza dell'informazione sul legame nel DNA. Ma in caso di un legame surrogato, il tuo organismo impara a imitare i meccanismi di un legame normale. Anche se naturalmente quel gene non c'è, il tuo corpo sa come replicare gli effetti di un legame. E, in effetti, l'empatia corporale è la più diffusa in questo genere di casi perché è la più facile da replicare. Il tuo corpo impara a rompere i tessuti quando percepisce che sta succedendo lo stesso alla sua metà e viceversa. E immagino che presto inizierete anche a percepire la nuova termoregolazione al contatto delle epidermidi. 

 

Istintivamente, i due si voltarono l'uno verso l'altra, serrando le labbra. 

 

-Oppure... l'avete già iniziata a sperimentare.

 

Yona distolse velocemente lo sguardo affondando i denti nelle pareti della guancia. 

 

-Qui-quindi... è solo una sorta di... meccanismo del corpo. È un finto legame, giusto? 

 

Al suono della risata rauca del dottore, però, entrambi sollevarono la testa. 

 

-Oh no, no, perdonami, Yona-ssi. Mi sono espresso male. Anche se il tuo corpo sta imitando un meccanismo che non gli è naturale e che nulla può cambiare la composizione del tuo DNA, questa nuova informazione si sta comunque sedimentando nel tuo organismo e arriverà a modificare il tuo RNA. In pratica, il vostro è un legame a tutti gli effetti. Siete anime gemelle adesso.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ed ecco spiegato il mistero! Vi ricordavate dei legami surrogati? Ve li avevo sventolati sotto al naso dal primo capitolo senza darvi una spiegazione ed eccoli qua 😏 ora dovremo vedere come reagirà Yona alla notizia… 

 

A questo proposito, il prossimo capitolo sarà un po’ più corto rispetto agli ultimi perché è piuttosto tosto perciò non risultava soddisfacente aggiungere alla fine della scena che si svolgerà un altro pezzo. Comunque, non vi lascerò in sospeso giuro. Eeeeee inoltre… siamo quasi giunti alla fine. Manca davvero pochissimo alla conclusione della storia è quasi non riesco a crederci. Ricordo per chi non abbia letto le mie precedenti storie che alla fine ci sarà un capitolo bonus che si collegherà a quelli alla fine delle altre storie, perciò se volete capire cosa succede vi consiglio di andarci a leggere almeno quei capitoli prima. Alla prossima!

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Capitolo 52
*** 49. Good for you ***


Suoni e colori si susseguivano attorno a Yona, ma erano solo forme senza nome, voci senza volto. I suoi occhi vedevano immagini fumose attraverso un vetro appannato e le sue orecchie erano immerse nelle profondità del mare, da dove si potevano udire solo basse vibrazioni. 

 

Distrattamente, si rese conto di essere probabilmente rimasta immobile per secondi ormai, con lo sguardo fisso davanti a sé puntato oltre le spalle del dottore, sullo schermo nero della grande televisione, e la bocca dischiusa. La sua mente, però, era stata avvolta in una coperta isolante, inerme e congelata, incapace di emettere un solo pensiero razionale se non per la stessa identica frase. 

 

"Hai un'anima gemella". 

 

La frase non si registrava nel suo sistema. Era come se fosse stata una serie di parole vuote, un codice che non riusciva a decifrare. 

 

"Hai un'anima gemella". 

 

Non poteva avere un'anima gemella. Lei era una solitaria. Per ventotto anni si era svegliata ogni mattina con la consapevolezza che non aveva un legame. Non aveva una metà. Lei era libera. Non aveva il vincolo di una persona che la società voleva fosse il suo partner per il resto della sua vita. 

 

"Mi dispiace, Yona..." 

 

Sua madre aveva pianto nella macchina fuori dallo studio del dottore perché lei non aveva un'anima gemella. Ma sua madre aveva pianto anche molte altre volte. 

 

-Ora, se non è un problema, vi preleverò anche una fiala di sangue così che possiamo accertarci una volta per tutte della presenza del legame. Yona-ssi, posso? 

 

Yona non rispose. Non guardò neppure l'uomo. Rimase immobile, a fissare quello schermo nero come se la vita avesse abbandonato il suo corpo. 

 

-Yona-ssi? 

 

La donna sbatté le palpebre e il suo corpo tornò nel suo stato di immobilità. 

 

-Dottore, magari... sarebbe meglio che sbrigassimo questa faccenda in un altro momento. Penso che possa attendere fino a domani. 

 

Yona si concentrò sul suo respiro. Era regolare ma superficiale. Ispirava per qualche secondo, ma l'aria sembrava fermarsi nella sua gola invece che raggiungere il suo petto. 

 

-Ma certo. Non c'è nessuna fretta. 

 

La donna vide la figura del dottore allontanarsi mentre altri suoni vaghi si susseguivano lontano dalla sua attenzione. 

 

-Ragazzi, che ne dite se ci ritiriamo? Così possiamo lasciare che... 

 

La voce non terminò la frase. Per qualche motivo, sembrava esserci una nota di disagio in essa. Il resto dei presenti doveva averne capito il motivo, perché iniziarono a rilasciare vaghi versi di assenso e scivolare silenziosamente verso il corridoio delle camere da letto.

 

Il silenzio, presto, cominciò a echeggiare nella stanza come il suono del mare che riempie una conchiglia cava. 

 

-Yona, possiamo parlarne? 

 

La sua voce ruppe il silenzio. La voce della sua... 

 

-Ti lamentavi perché non guadagnavo abbastanza e adesso ti lamenti perché non sono mai a casa? Vado a lavorare così lontano per te e Yona! Era questo che volevi! 

 

-Non così! Sei mio marito! Il padre di tua figlia! Quando le amiche le chiedono di suo padre lei non sa neppure cosa rispondere! 

 

-E cosa diamine vuoi che faccia in merito?

 

-Yona, ti prego... dì qualcosa. 

 

-Quando hai intenzione di tornare? Sono mesi che non ti ripresenti a casa! 

 

La bambina di nove anni aveva visto in quella giornata soleggiata il volto di sua madre, la quale aveva arpionato il telefono con le unghie, plasmarsi da rabbia a confusione. E poi da confusione a terrore. 

 

-Che... che cosa stai dicendo? Che cosa vuol dire? 

 

Lo ricordava confusamente. Nel corso degli anni, si era accorta che la sua mente aveva sfumato la maggior parte dei dettagli per rendere il ricordo meno nitido, per allontanarlo dalla sua vista e renderlo meno affilato. 

 

-Cosa vuol dire che non intendi tornare? 

 

-Cosa... 

 

-Non puoi... non puoi farci questo... 

 

-Che ne sarà di Yona? 

 

-Sei la mia anima gemella! 

 

-Non puoi lasciarci... non puoi lasciarmi! 

 

-Yona, ti prego... 

 

La donna sbatté finalmente le palpebre ma questo non scacciò l'immagine di sua madre inginocchiata sul pavimento della cucina, piegata in avanti con il volto coperto di lacrime e il telefono premuto violentemente contro l'orecchio mentre implorava la sua anima gemella di non lasciarla. 

 

-Yona, capisco che dev'essere... molto difficile per te. Voglio solo che mi parli. Dimmi che cosa ti passa per la testa. 

 

Che cosa le passava per la testa? In quel momento, una semplice nozione che la vita le aveva insegnato. 

 

Due persone che si amano si feriscono. 

 

Due anime gemelle che si separano si feriscono. 

 

Due anime gemelle che si amano... sono una forza distruttiva. Un tornado pronto a disintegrare. Il fenomeno apocalittico che nessuno vorrebbe vedere avverarsi. 

 

Ma, invece che esprimere quel pensiero, la bocca di Yona si schiuse per liberare una frase differente. 

 

-Sarai contento adesso. 

 

Il suo tono era piatto, privo di ogni singola traccia di emozione, positiva o negativa che fosse. 

 

-Che cosa intendi dire? 

 

La voce di Seokjin era confusa, anche se nascondeva un'accenno di angoscia. Yona sbatté le palpebre. 

 

-Ora hai quello che hai sempre voluto. La tua preziosa anima gemella. 

 

La donna sentì un brivido freddo lungo la schiena. Due anime gemelle che si amano sono il fenomeno peggiore che possa accadere a qualcuno. Eppure, era accaduto a lei. 

 

-Yona, sono una persona molto diversa ora. 

 

-Rispetto a quando? Due mesi fa?- replicò con tono tagliente la donna. Al suo fianco, sentì l'uomo sibilare bassamente. 

 

-Ho avuto modo di riflettere a lungo su quale significato aveva per me il nostro rapporto rispetto a quelle che erano le mie aspettative sulla mia anima gemella.

 

Yona tirò le labbra in una smorfia. 

 

-Fammi indovinare. Non rispecchio esattamente il tuo ideale di mogliettina della domenica pronta a sfornare torte e figli fino alla fine dei suoi giorni mentre tu vai in giro per il mondo. 

 

Come suo padre. 

 

-Yona. 

 

La donna, finalmente, sembrò uscire dallo stato catatonico in cui il suo corpo era ancora immerso. Davanti al tono di rimprovero di Seokjin, sobbalzò leggermente, voltandosi appena di lato e incontrando timidamente lo sguardo furioso di lui. L'uomo, dopo un istante fermo con le sopracciglia corrugate, sospirò, abbandonando il capo in avanti.

 

-Ho capito molte cose nell'arco di questi mesi. Ho capito che il legame è solo... un fenomeno fisico. Un elastico che tiene legate due persone con la forza. Un elastico che può diventare un impedimento perché può limitare i movimenti se le due metà camminano in direzioni opposte. E, talvolta, per questo motivo può essere tagliato, in modo che ognuno possa andare per la sua strada. 

 

Yona abbassò gli occhi sulla moquette, tenendo le palpebre aperte fino a che non sentì le cornee bruciare. 

 

-Ma due persone possono anche imparare a camminare insieme. Dipende tutto da chi sono quelle due persone. Che siano legate da un elastico o meno.

 

La donna sentì un calore avvolgerle le mani. Non era come quando le metteva vicino a un fuoco, o come quando le copriva con i guanti. Era un calore che veniva dall'interno. Un calore che sembrava nascere dai suoi muscoli, dalle sue ossa, dal suo stesso midollo. 

 

-Yona, guardami. 

 

Lei deglutì con lo sguardo incollato sulla moquette. Lentamente, e con un leggero tremore nelle labbra, sollevò gli occhi fino a incontrare quelli arrossati di lui. Lui la osservò, piegando il capo di lato con un sorriso sofferente. 

 

-Io mi sono innamorato di te. 

 

La donna dovette costringersi a non distogliere gli occhi, ma prese a sbattere le palpebre per scacciare le lacrime. 

 

-Io ho detto addio alla mia gemella. L'ho lasciata andare dal mio cuore. Per te. 

 

Yona sentì gli angoli degli occhi bruciare, perciò respirò a fondo. La sua mente, per contro, era abitata solo da una bambina di nove anni sola nella sua camera, stretta fra le sue stesse braccia che dondolava avanti e indietro. 

 

"Ho paura". 

 

"Non voglio nessuno". 

 

"Non avrò qualcuno come papà". 

 

"Ho paura, paura, paura, paura..."

 

-Io... mi sono innamorato di te e... non posso fare a meno della tua presenza. Vorrei svegliarmi ogni giorno, aprire gli occhi e incontrare il tuo viso. Vorrei... lamentarmi perché lasci le tue cose in giro per casa, perché quando fai la lavatrice lavi sempre solo i tuoi panni, perché... mangi la pizza con l'ananas. 

 

Yona, inavvertitamente, lasciò che gli angoli della sua bocca si sollevassero. 

 

-Voglio che tu mi segua in tour se tu lo vorrai. Voglio scendere dal palco stremato e vedere il tuo viso come prima cosa. Ma voglio anche che tu sia a Seoul se vorrai trovare lavoro presso un'altra agenzia. Voglio che tu pensi alla tua carriera se è questo che desideri. E io prenderò uno stramaledetto volo ogni weekend per venirti a vedere, perché non riuscirò a stare lontano da te per più di pochi giorni.

 

La donna socchiuse gli occhi. Le gocce cristalline intrappolate nelle sue ciglia assomigliavano alla rugiada del mattino in bilico su una ragnatela. Le sue lacrime, questa volta, erano scese in silenzio, senza strappare singhiozzi o lamenti. Solo piccoli sospiri del naso. 

 

-Io pensavo a questo quando ti ho confessato quello che provo ieri notte. E voglio esattamente la stessa cosa anche adesso. 

 

Yona si morse il labbro inferiore. Abbassando lo sguardo, osservò due pollici pallidi accarezzare il dorso delle sue mani. 

 

-E tu? Tu che cosa vuoi? 

 

Lei inspirò a fondo. 

 

-Ho paura. 

 

La sua voce tremolante non aveva nulla della sua solita ricchezza, del tono basso e caldo che la contraddistingueva. 

 

-Perché hai paura? 

 

Yona strinse le labbra. Per un attimo, contemplò se mentire spudoratamente. 

 

-Ho paura, perché se ora ti dico la verità... ti do il potere di ferirmi. E io... non potrò più scappare. 

 

Le mani che avvolgevano le sue la strinsero. 

 

-Tu sarai sempre libera, Yona. Non ti incatenerò mai a me-

 

Ma la donna prese a scuotere il capo con sempre maggiore veemenza. 

 

-Non è questo. 

 

-E allora cos'è?- chiese delicatamente l'uomo. 

 

La bambina di nove anni intrappolata nella sua mente sciolse le braccia attorno a sé. Sollevò il capo con il mento tremante e guardò Seokjin. Poteva fidarsi di lui? 

 

-Se mi lascio andare adesso... non me ne potrò più andare... perché farà troppo male. 

 

A quella frase, solo il silenzio le rispose. Yona serrò le palpebre, abbassando il capo fino a toccarsi il petto con il mento. Per lunghi secondi, non si udì nulla, se non i leggeri sospiri che il suo naso emetteva. 

 

-Questo è un rischio che bisogna correre se si vuole lasciare entrare qualcuno nella nostra vita. È una scommessa. Un cinquanta percento di possibilità. Saremo felici e saremo in grado di superare gli ostacoli nel nostro rapporto, oppure arriveremo a essere infelici e dovremo allontanarci per non ferirci a vicenda. Ti lasci andare e corri il rischio, o ritorni alla tua vita ed eviti del tutto il pericolo. La scelta è tua. 

 

Yona sollevò lo sguardo, fissando gli occhi in quelli di Seokjin. Ma invece di trovarvi amarezza come pensava, vide solo una spiazzante serenità. 

 

-Io ti amo e per questo voglio che tu scelga in base a ciò che vuoi, anche se questo vorrà dire che dovrò rinunciare a te. Non c'è una scelta giusta o sbagliata. C'è solo la scelta che vuoi tu. 

 

La donna serrò gli occhi, sentendo altre lacrime scendere sulle sue guance. Come poteva fare una scelta del genere? Rinunciare a lui o rischiare di diventare sua madre? 

 

Per un attimo, due immagini comparvero nella sua mente, veloci come un flash. 

 

Lei stretta a Seokjin, nella loro casa, sul loro divano, davanti alla televisione mentre guardavano per la tredicesima volta il loro programma preferito solo perché erano troppo pigri per cercare qualcosa di nuovo che interessasse entrambi e avrebbero dovuto riguardare l'ultima puntata il giorno dopo perché uno dei due si sarebbe inguaribilmente addormentato a metà. 

 

E lei inginocchiata sul pavimento della cucina, con il corpo piegato in avanti e il viso percorso dalle lacrime mentre stringeva il telefono nelle mani. 

 

Due futuri. 

 

Una scelta. 

 

Yona aprì gli occhi. Sollevando il capo, incontrò lo sguardo paziente di Seokjin. 

 

-Ti prego...- mormorò con voce tremante. 

 

-... non ferirmi- concluse, richiudendo gli occhi e appoggiando la fronte sul petto dell'uomo. In questo modo lo poté sentire respirare profondamente. 

 

-Te lo giuro, non ti deluderò. 

 

Yona sentì delle labbra lasciarle un bacio fra i capelli e restare appoggiate lì, inspirando delle lacrime. 

 

-Grazie di avermi dato questa chance. 

 

Yona strizzò gli occhi e sollevò le braccia. Circondando il busto di lui, lo strinse incollando i loro petti insieme fino a che poteva sentire il ritmo dei loro cuori come un unico, incalzante allegro. La donna schiuse le labbra tremanti. 

 

-Ti amo, Seokjin.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

CE L’ABBIAMO FATTA. ABBIAMO SCIOLTO YONA. XD sorry. Comunque, come avevo detto precedentemente, questo capitolo è bello tosto, Yona attraversa probabilmente tutti gli stadi del lutto in sole 2000 parole XD spero che vi sia piaciuta la risoluzione del conflitto e in che modo Yona sia arrivata finalmente a fidarsi completamente di Jin. E con questo, mancano precisamente due capitoli alla fine della storia (più lo speciale, in cui incontreremo ancora qualche sorpresa 😏). Ma per dissipare la malinconia, ecco a voi un regalino! Spero davvero che vi intrighi! 

 

Estella aveva sedici anni quando il giovane cantastorie dalla voce calda e il sorriso fanciullesco arrivò per la prima volta nel suo villaggio. Parlava una lingua bizzarra, la lingua del grande impero che sorgeva a occidente, ma amava le canzoni che portava dalla sua terra natia. Anche se era rimasto per appena tre cicli di luna, la sua voce la accompagnò anche per gli anni seguenti alla sua partenza. Non poteva immaginare, nella sua ignoranza, che le circostanze che li avrebbero riavvicinati sarebbero state tanto nefaste. 

 

L’impero di Taeyang era il gioiello dell’Occidente. La culla della civiltà che aveva preso ormai piede in buona parte del continente, la sua influenza si estendeva per tutte le nazioni circostanti, rendendola la potenza assoluta fino a tutta la lunghezza della costa del Mare di Mezzo. L’unica disgrazia che piagava il fiorente impero era la mancanza di figlie femmine nella famiglia reale. Il primogenito della passata regina reggente era noto per il suo buon cuore e la sua indole mite, ma aveva ceduto il suo titolo di erede al trono per la sua mancata propensione al comando e alla politica. Il secondogenito era tutto ciò che un sovrano doveva essere: carismatico, accorto, intelligente e giusto. Ma il fardello che portava rendeva difficile la sua ascensione e lo rendeva impotente davanti alla corte reale. Una grande mancanza che non avrebbe potuto compensare neanche se lo avesse voluto: l’essere uomo.

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Capitolo 53
*** 50. Everything changes ***


La vibrazione del telefono fece sbattere le palpebre a Hoseok. E quando lo fece, fu come svegliarsi improvvisamente da un'ipnosi. Come se il suo corpo fino a quel momento si fosse mosso al di fuori del suo controllo mentre la sua coscienza chiudeva gli occhi. E quando li riaprì, iniziò la ramanzina più lunga della sua vita. 

 

Le sue labbra erano a un soffio da quelle della sua anima gemella. Seduti sul divano di lei, si fissavano come se il resto della stanza fosse solo un ammasso di colori sfocati e le uniche due figure visibili fossero loro. Erano così vicini che i loro nasi si sfioravano, così vicini che Hoseok poteva discernere i filamenti di verde più chiaro che circondavano le pupille degli occhi di lei. 

 

Che cosa stava facendo? 

 

Come era finito in quella situazione? 

 

Stava correndo troppo! Stava correndo troppo? La sua mente esitò. 

 

Certo che stava correndo troppo! Anche se era la sua anima gemella, si erano letteralmente appena conosciuti! E lui non era mai stato un tipo così facilmente condotto dal suo istinto! Schiarendosi la gola con imbarazzo, distolse finalmente lo sguardo allontanandosi da lei, la quale abbassò gli occhi sul suo grembo giochicchiando con gli anelli che adornavano le sue dita. Hoseok allora afferrò il cellulare, dove una notifica di un messaggio da Yoongi lo aspettava sullo schermo. 

 

-Sembra che la situazione si sia calmata. Dovrebbero aver chiarito adesso- disse il giovane, tenendo lo sguardo incollato sul dispositivo. Dopo aver accompagnato il dottore alla porta, Hoseok lo aveva seguito fuori dal dormitorio e si era diretto senza indugio all'appartamento di Beatrice per spiegarle la situazione, insieme al motivo per cui probabilmente avrebbero dovuto attendere forse qualche giorno per parlare al gruppo di loro due. Alla fine, si era ritrovato a passare lì l'intero pomeriggio dopo che lei l'aveva invitato a rimanere per pranzo e non avevano fatto che parlare per ore e ore seduti uno accanto all'altra sul suo piccolo divano. 

 

-Dice che possiamo provare a dare la notizia già stasera dal momento che sono tutti a casa. Così potresti rimanere per cena. Cosa ne pensi?- chiese, sollevando infine lo sguardo sulla figura di lei. Beatrice lo osservò timidamente attraverso le ciglia, mordendosi il labbro per qualche istante. 

 

-Ok- mormorò in risposta. Hoseok, trattenendo un sorriso, sentì il petto stringersi. 

 

-Ok- ripetè stupidamente il giovane. 

 

Mezz'ora dopo, si trovavano già nello stesso punto di quella mattina, fermi davanti alla porta con un nugolo di energia nervosa a farli agitare sul posto. Questa volta, però, le loro mani erano intrecciate in una stretta rassicurante, che sorreggeva entrambi nella loro impazienza. Hoseok, a quel punto, inspirò e si voltò verso di lei. 

 

-Do un'occhiata alla situazione. Giuro che non ti lascerò qua tutta la sera- eruppe, aprendosi in un sorriso canzonatorio. Lei ridacchiò leggermente, annuendo e lasciando la sua mano. Hoseok, deglutendo un boccone di aria, prese a digitare il codice di sicurezza fino a che non sentì la porta scattare. Entrando in punta di piedi, si tolse le scarpe il più silenziosamente possibile e voltò l'angolo dell'ingresso, fino a ritrovarsi a guardare il tavolo in cui erano radunati tutti i suoi amici. 

 

-Hobi-hyung? Dove sei stato tutto il giorno?

 

Il giovane si voltò verso Taehyung, non per rispondergli ma per lanciargli un sorriso nervoso, prima che i suoi occhi passassero in rassegna i presenti. Ognuno lo fissava con uno sguardo curioso ma sereno. Quando raggiunse il maggiore del gruppo, esitò, soffermandosi sulla postura rilassata con la quale si era abbandonato sulla sedia e sul braccio avvolto attorno alle spalle della donna seduta accanto a lui. Lei, a sua volta, aveva la serenità dipinta in volto, intento a osservare le loro mani giunte sotto al tavolo con il capo appoggiato sulla spalla di lui. A quel punto, il giovane fece scorrere lo sguardo fino a Yoongi. Il suo amico, l'unico che non era animato da curiosità, lo guardò per un istante. Infine, annuì con un sorriso appena accennato. 

 

Hoseok, sospirando, si morse il labbro. 

 

-Ecco... dovrei... presentarvi una persona. 

 

I giovani parvero raddrizzarsi appena a quella rivelazione, con rinnovato interesse ad animargli gli occhi. Davanti al suo silenzio, Taehyung prese la parola. 

 

-Dunque?- chiese con tono impaziente e palpebre spalancate. Hoseok ridacchiò nervosamente, indietreggiando verso la porta da cui era venuto. Quando rientrò, sentì l'attenzione di tutta la stanza vertere inevitabilmente sulla persona che teneva per mano. 

 

-Questa è.... Beatrice. 

 

Il giovane fece saettare lo sguardo per tutta la lunghezza del tavolo, cercando di sopprimere il tremore nella sua voce e la risata nervosa che stava sbocciando sulle sue labbra. 

 

-La mia... 

 

La sua bocca si serrò quando i suoi occhi caddero inconsciamente su Seokjin e Yona. Sui loro volti, però, vide solo dei sorrisi crescere con sempre maggiore trasporto. 

 

-L'hai trovata? Qui a Seoul?- chiese incredulo il maggiore. Hoseok annuì impacciatamente, incapace di vocalizzare la sua risposta. Dopo un battito di silenzio, sentì una sedia grattare sul pavimento. 

 

-Io prendo i bicchieri di plastica- annunciò Yona dirigendosi verso la cucina. Jin, a quelle parole, iniziò a ridere scuotendo il capo e alzandosi a sua volta. 

 

-E io vado a cercare lo soju- replicò, avvicinandosi a Hoseok ma posando il suo sguardo sulla ragazza accanto a lui. 

 

-È un piacere conoscerti. Benvenuta in questa casa di animali. 

 

Mentre un coro di proteste e versi offesi si sollevava alle sue spalle, Seokjin ridacchiò sommessamente allontanandosi verso la cucina. Come se fossero stati i ballerini che avevano aperto le danze, tutti i presenti seguirono a ruota nel venire a congratularsi con Hoseok e dare il benvenuto alla sua anima gemella. Jimin con un sorriso talmente ampio da socchiuderli gli occhi, Namjoon con una significativa pacca sulla spalla, Jungkook con una timida smorfia e una battuta per defilare il suo imbarazzo e Taehyung con una serie di domande indiscrete e uno sguardo innocente. 

 

Hoseok, allora, si voltò verso la sua anima gemella, lanciandole un'occhiata colpevole. 

 

-Vorrei dire che non sono sempre così ma mentirei. Ci vuole un po' ad abituarsi alla loro energia. 

 

La ragazza, però, scosse il capo, sorridendo e facendo scivolare la mano nella sua. 

 

-Non ti scusare. Mi piace. 

 

Hoseok, allora, osservò Beatrice andarsi a sedere in mezzo ai suoi amici e iniziare a conversare con loro come se fosse stata sempre parte di quel puzzle. Come se fosse già parte di quella loro bizzarra famiglia allargata. 

 

E sorrise. 

 

 

 

-Dove metto questa serie? The lunar... chronicles? 

 

Jimin si voltò verso la ragazza intenta ad aprire con un taglierino uno scatolone con la scritta "Libri" in pennarello blu. 

 

-Nella sezione fantascienza, in alto a destra. 

 

Il ragazzo annuì, infilando i quattro libri nelle sue mani nello spazio rimasto. Passandosi una mano sulla fronte, raddrizzò la schiena generando uno scricchiolio, prima di piegarsi nuovamente per appiattire il cartone che aveva appena svuotato. 

 

-Questo è l'ultimo perciò siediti se vuoi. Ci metterò un minuto- disse Jein, sfilando i primi libri dalla scatola ai suoi piedi. Jimin, però, scosse il capo con un sorriso e afferrò silenziosamente tre libri che appoggiò contro il suo petto. La ragazza infilò i tre che teneva in mano nella sezione storica, voltandosi poi verso di lui. 

 

-Grazie per avermi aiutato a sistemare le mie cose. Non dovevi, sarai così impegnato... 

 

Jimin scosse il capo. 

 

-Mi è piaciuto aiutarti. Avevo una scusa per passare del tempo con te- replicò lui, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso provocante. Le dita di lei si bloccarono, ferme sul dorso della copertina che stava spingendo sullo scaffale. 

 

-Non hai bisogno di una scusa per passare del tempo con me. 

 

Jimin abbassò lo sguardo sentendo un calore incendiargli le guance. 

 

-Davvero? 

 

Solo il silenzio, però, gli rispose. Quando risollevò lo sguardo sulla ragazza, la ritrovò con nuovi libri in mano, intenta a infilarli nella sezione fantasy. 

 

-Ti piacerebbe restare per cena?- gli chiese con nonchalance, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro. 

 

-Ti piacerebbe restare per sempre?- eruppe attraverso la porta chiusa una voce femminile.

 

-Kiki!- urlò di rimando Jein, strappando una risata al ragazzo che si accasciò contro la libreria. Non si era accorto di essersi avvicinato a lei, al punto che il suo petto era a qualche centimetro dalla spalla della ragazza. 

 

-Non mi dispiacerebbe accettare l'offerta. Entrambe le offerte- replicò con tono canzonatorio, piegando il capo in attesa della sua risposta. Lei, in silenzio, ripose l'ultimo libro che aveva in mano, fermandosi a osservare il suo lavoro per qualche istante. Il sorriso sul volto di Jimin si spense impercettibilmente. Aveva superato un limite? Aveva rovinato tutto, di nuovo? 

 

Jein inspirò a fondo. 

 

-Perché no. 

 

Jimin sollevò un sopracciglio, osservandola in confusione. Lei, allora, si voltò verso di lui. 

 

-Puoi restare. Mi fido di te. 

 

Il ragazzo sentì il respiro morirgli in gola. Con la bocca dischiusa, osservò la ragazza che con disinvoltura si avvicinò al suo corpo. 

 

-Vuoi restare? 

 

Lui, sbattendo le palpebre, sentì il cuore iniziare a battere all'impazzata. Dopo un istante, annuì. Due mani, allora, si appoggiarono sul suo petto. Scivolando lentamente, raggiunsero il suo collo e lo spinsero in avanti con dolcezza. 

 

-Allora resta. 

 

Furono le ultime parole che sentì. Non ebbe modo di replicare, perché le sue labbra erano state fermate da quelle di lei. 

 

Jimin, per un lungo istante, rimase in apnea. Lo stupore gli aveva congelato il corpo, lasciandogli le braccia rigide contro i fianchi e la bocca dischiusa in una O stupita. Quando la sensazione della pelle soffice e umida delle labbra di lei si registrò finalmente nel suo cervello, le sue mani saettarono in avanti e si posarono sulla sua schiena. Avvicinando i loro corpi ancora di più, fino a che il confine dove finiva lui e dove iniziava lei non fu che una linea confusa, prese a muovere le labbra contro le sue mentre sentiva la testa girare vorticosamente. 

 

Passarono istanti. Non sapeva quanti, ma gli parve un'eternità prima che si separassero con il fiato corto e le bocche ancora dischiuse. Jimin respirò a fondo, incamerando avidamente aria finché non sollevò lo sguardo sugli occhi di lei. Quegli occhi scuri, così affilati nella sua memoria. Eppure in quel momento sembravano sciolti da una coltre di desiderio. 

 

-Allora credo che accetterò l'invito. 

 

 

 

-Che ne dici? 

 

Yoongi si voltò verso Diana, osservandola mentre girava su se stessa con il mento puntato verso l'alto e gli occhi intenti a studiare ogni centimetro della stanza. Era un appartamento luminoso e spazioso, ma non troppo da fare pesare la mancanza di abitanti. Non eccessivamente moderno grazie al tocco neoclassico nelle decorazioni dell'intonaco, lo stile che lei preferiva. E anche se il salotto era ancora spoglio, la cucina era già arredata con mobili dai toni caldi, finiture dorate e un lampadario composto da cristalli che ne disperdevano la luce in piccoli arcobaleni. C'era una stanza per gli ospiti, come lei voleva, e uno studio che poteva essere insonorizzato, come lui voleva. 

 

-Direi che... l'abbiamo trovata- replicò finalmente la sua anima gemella, girandosi verso di lui. Yoongi sollevò gli angoli della bocca, avvicinandosi alla ragazza e stringendo le braccia attorno alla sua vita. 

 

-Sei convinta? 

 

Lei si morse il labbro, lanciando un'occhiata all'appartamento un'ultima volta. Poi, riportò gli occhi nei suoi con un ampio sorriso. 

 

-Sì. È lei. 

 

Yoongi annuì, sorridendo. Appoggiando il mento sul capo di lei, prese ad accarezzarle la schiena. 

 

-Ti spaventa? Il cambiamento?

 

Per un istante, fu solo silenzio. 

 

-Mi spaventava di più trasferirmi in una nuova nazione e allontanarmi da tutto ciò che conoscevo. Ora almeno so che sono vicina alla mia... famiglia. 

 

Yoongi seppellì il sorriso nei capelli di lei, inspirando. 

 

 

 

-Tella? 

 

La voce di Taehyung rimbalzò nelle pareti della camera silenziosa. Le sue mani erano nervosamente intrecciate, incapaci di dissipare l'impazienza che  animava il suo corpo da qualche giorno. 

 

-In bagno. 

 

Il ragazzo piegò il capo di lato. 

 

-Ti sei lavata i capelli? 

 

In tutta risposta, ricevette un grugnito irritato, strappandogli un sorriso. Il ragazzo allora aprì la porta del bagno connesso alla loro camera, trovando la piccola ragazza con un profondo broncio dipinto sulla bocca e un pettine a denti larghi incastrato fra i folti ricci. 

 

-Ti do una mano?- chiese ridacchiando Taehyung, avvicinandosi a lei. Estella annuì semplicemente, passandogli il pettine e il gel districante. Ormai era diventata una routine per loro. Lei odiava lavarsi i capelli perché ogni volta impiegava almeno un'ora solo per pettinarli. Per lui, invece, era un'abitudine rilassante. Per qualche motivo, amava accarezzare con le dita le ciocche nere e lucide, passando pazientemente il pettine sezione dopo sezione, fino a che i ricci nodosi non diventavano definiti e morbidi. Aveva perfino imparato qualche acconciatura intrecciata, in modo che potessero essere più comodi da portare per la ragazza. E lei, ogni volta, socchiudeva gli occhi avvicinandosi pericolosamente alla soglia del dormiveglia sotto al tocco delle sue mani. 

 

-Mi raso a zero. Stavolta lo faccio- mormorò infastidita lei, reclinando il capo in avanti. Taehyung ridacchiò. 

 

-Lo dici sempre. La verità è che ti piacciono troppo per dirgli addio. 

 

La ragazza sbuffò, ma non replicò. Avevano la stessa conversazione ogni volta e finiva sempre allo stesso modo. Taehyung amava quei momenti. Erano i momenti in cui pensava che la vita non era poi così male. Era stupido, forse, avere quel pensiero per qualcosa di così semplice. Eppure la mente lo portò inevitabilmente alla piccola scatola di velluto che teneva nascosta nel suo comodino e che non aveva avuto ancora il coraggio di estrarre. 

 

Da quando aveva assistito ai suoi hyung lanciarsi in così tanti cambiamenti, era come se qualcosa si fosse svegliato in lui. Amava la sua vita così com'era. L'amava davvero. E forse era per questo che voleva renderla definitiva. Guardando dentro di sé, aveva finalmente sentito che era il momento. Che non c'era nessun'altra cosa che voleva più di quello. Che si sentiva pronto per ciò che richiedeva, per i cambiamenti che avrebbe necessitato. Che non avrebbe voluto altra persona al suo fianco. 

 

-A che pensi? 

 

Alla domanda di Estella, si accorse finalmente di stare sorridendo fra sé e sé. Taehyung si morse il labbro, scuotendo il capo. 

 

-Che ne dici se ti faccio le due trecce a spina di pesce, come piacciono a te? 

 

La sua anima gemella annuì, richiudendo gli occhi e abbandonandosi al dolce tirare e massaggiare delle sue mani. 

 

 

 

Jungkook deglutì rumorosamente. Fermo davanti al cafe, doveva sembrare un allocco. Inspirando, sollevò finalmente la mano per aprire il portone e fare il suo ingresso. Senza aspettare l'arrivo di una cameriera, si diresse verso il suo tavolo. Il tavolo a cui sedeva sempre. 

 

Accasciandosi sulla sedia con un tonfo, espirò fino a che non sentì i polmoni bruciare. Non si sfilò né la giacca e neppure il cappello. Si tolse solo i guanti, ma mantenne comunque le mani sotto al tavolo per evitare che i suoi tatuaggi attirassero l'attenzione. 

 

-Benvenuto, cosa le posso portare? 

 

Il ragazzo spalancò gli occhi. Sollevando lo sguardo, incontrò il volto rotondo e circondato dall'adorabile caschetto che gli era così famigliare ormai osservarlo in attesa. Non era pronto. 

 

Non era pronto. Non era pronto. Non era pronto!

 

Pensava di avere almeno un minuto per raccogliere i suoi pensieri e quel briciolo di coraggio nascosto nella parte più recondita del suo essere. Non si aspettava che fosse già lì!

 

-Ah... ehm... 

 

La sua lingua incespicò su se stessa in maniera fastidiosamente impacciata, mandando solo la sua testa in un panico ancora più profondo. 

 

-Il solito americano magari?- suggerì lei con un sorriso timido. Lui, dopo un istante immobile, annuì, abbassando immediatamente il capo per seppellire l'imbarazzo all'ombra del berretto scuro. 

 

Doveva farcela. Poteva farcela! 

 

Era venuto lì apposta, non poteva andarsene ancora una volta senza provarci! 

 

Eppure, la paura e l'esitazione gli attanagliavano lo stomaco. Stringendolo in una morsa, lo fecero rattrappire su se stesso, convincendolo sempre di più a ogni istante che passava che era una pessima idea. La peggiore idea che avesse mai avuto. Si sarebbe solo ricoperto di ridicolo. Era stupido, stupido, stupido...

 

-Ecco l'americano. 

 

La voce acuta e famigliare era già accanto a lui. In preda al panico, sollevò lo sguardo. La mano di lei era a un soffio, intenta a portare il bicchiere dal vassoio che reggeva nell'altra mano al tavolo. Una volta posato, avrebbe perso la sua chance di nuovo. 

 

"Ora o mai più." 

 

-Grazie!- sputò la sua bocca. E la sua mano, veloce come un fulmine, incontrò quella di lei a metà strada, prendendo il bicchiere dalle sue dita e sfiorando la sua pelle. 

 

E lo sentì. Era un brivido lungo la schiena, un nervoso tremore nel suo intero corpo, un estraneo scoppiettio nei suoi arti. 

 

Lei si bloccò per un istante, sbattendo le palpebre. Poi, si piegò in un inchino impacciato. 

 

-Ah... spero che si goda... il suo caffè- mormorò, prima di allontanarsi. Ma gli occhi di Jungkook, a quel punto, si abbassarono. La figura della ragazza si allontanò verso la cucina velocemente, ma invece di lasciare dietro di sé solo la scia svolazzante della sua gonna, i suoi piedi diedero vita a zolle di verde disseminate per il pavimento. Era come se le piastrelle fossero state spaccate per lasciare posto alla terra o come se esse fossero diventate la terra stessa. Era così affascinante e così irrazionale. Da ogni zolla, piccoli fiori iniziarono a crescere rapidamente, veloci come una goccia d'inchiostro che tinge l'acqua in cui viene rilasciata. 

 

Margherite. 

 

Doveva immaginarlo. 

 

Jungkook, solo allora, sollevò lo sguardo nella direzione in cui le orme puntavano.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Ed eccoci qua! Abbiamo sistemato tutti i bambini adesso XD oppure… forse no? 😏 uhm, chissà… E con questo capitolo abbiamo chiuso gli archi narrativi delle nostre coppie secondarie e vediamo ognuno di loro pronto a fare grandi cambiamenti. E ora? Ora manca solo l’ultimo capitolo! Anzi… l’ultimo capitolo più l’extra! E per non farvi stare in attesa, l’extra lo pubblicherò due giorni dopo il capitolo finale. Ma non vi abituate a questo lusso XD

 

Also, per chi è in zona, questo sabato e domenica mi troverete al Betty B festival di Vignola con i miei disegni, se vorrete passare a fare un saluto 😁 mi troverete con il mio nickname di Instagram, juliet_caramelmacchiato.

 

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Capitolo 54
*** 51. A soft place to land ***


Jin inspirò a fondo, chiudendo gli occhi. Quando due mani accarezzarono la sua camicia per raggiungere il colletto e raddrizzarlo leggermente, li riaprì. Le iridi scure di Yona e il suo sorriso rassicurante sollevarono un quarto del peso che gravava ostinatamente sul suo cuore, permettendogli di respirare un po' più liberamente. 

 

-Sei pronto?- gli chiese con tono cauto, scrutando attentamente il suo volto. L'uomo rimase immobile per un istante. Guardandola, annuì. 

 

-Ora... finalmente lo sono. 

 

E seppe che Yona poteva sentire la determinazione nella sua voce nonostante il nervosismo che lo stava trasformando in una corda tesa. Lo seppe dal sorriso che gli mostrò, dall'espressione soddisfatta che si dipinse nei suoi occhi e dalle dita che lentamente si allontanarono dal suo colletto. Era il momento. 

 

-Io sono qui. Sarò qui tutto il tempo e non me ne andrò. 

 

Lei, per rafforzare le parole appena pronunciate, gli afferrò le mani, stringendole appena. Jin sorrise, annuendo. Sapeva che sarebbe rimasta al suo fianco. E l'idea di poter sollevare lo sguardo e trovarla lì, a incoraggiarlo e rasserenarlo, dissipava ogni sua preoccupazione di bloccarsi o dire le parole sbagliate. Allora, girandosi verso il manager e il resto del suo gruppo, piegò il capo. Era pronto. Potevano iniziare. 

 

Con il cuore in gola, si sedette al tavolo bianco, in quella stessa stanza dove l'aveva incontrata per la prima volta e che aveva visto così tanti cambiamenti da parte sua negli ultimi mesi, e si pose davanti al computer in attesa che sistemassero le luci puntate sul suo volto. Era strano, prepararsi a parlare di qualcosa di tanto importante senza avere accanto il resto dei ragazzi, ma il fatto che fossero lì comunque, per supportarlo nonostante non sarebbero neppure apparsi davanti alla telecamera non fece che rafforzare ancora di più la sua determinazione. 

 

Il manager fece zittire i pochi membri dello staff presenti nella stanza, voltandosi infine verso di lui con un cenno del capo. Poteva iniziare appena voleva. Seokjin, allora, deglutì. Infine, allungò il dito e premette il pulsante di inizio Live. Lo schermo, dopo un istante, prese a mostrargli il suo volto nervoso insieme al numero di partecipanti che stavano velocemente inondando la trasmissione.

 

-Ciao a tutti.

 

Jin tirò le labbra in un sorriso tremante. 

 

-Questa live... diciamo che sarà un po' diversa dalle altre- ridacchiò appena.

 

-Penso che per molti di voi risulterà sorprendente, ma ci tenevo a usare questa opportunità per parlare di alcune cose. Cose... molto importanti a dire la verità. 

 

L'uomo mascherò la notizia con un piccolo sorriso, toccandosi nervosamente il retro del collo. I commenti che iniziavano a scorrere per lo schermo manifestavano la reazione che si aspettava: sorpresa, preoccupazione, ansia, aspettativa. Schiarendosi la gola, riprese a parlare.

 

-Normalmente, avremmo fatto questo genere di annuncio attraverso Weverse ma... diciamo che le circostanze sono un po' diverse questa volta. Ci sono parecchie cose che non vi ho detto e so che molti di voi sono stati preoccupati per me nell'ultimo anno e questo mi dispiace molto. Mi dispiace sopratutto non essere stato in grado di spiegarvi prima la causa del mio comportamento e di avervi lasciati in ansia per questo motivo. Ma adesso posso finalmente dire che sono pronto per parlarvi di... tutto. 

 

Jin esitò per un istante. Mordendosi il labbro, sollevò lo sguardo. Gli occhi scuri erano su di lui, rassicuranti e calorosi, come l'abbraccio di casa dopo una giornata stancante o come un camino acceso in un rifugio in mezzo alla tempesta. Allora, riportò gli occhi sullo schermo. 

 

-Ho un annuncio da fare da parte mia e dell'intero gruppo. E abbiamo ritenuto che dovessi farlo in questo contesto perché è connesso al mio malessere e a diversi avvenimenti che si sono susseguiti nella mia vita negli ultimi mesi. Spero davvero che, alla fine di questa live, avrete capito quanto è importante per me la causa che sto per perorare. 

 

Jin, a quel punto, inspirò a fondo. 

 

-A nome dei Bangtan Sonyendan, esprimo il mio e il nostro supporto per le proteste a favore della legalizzazione dei legami surrogati, qui in Corea come anche in ogni altra parte del mondo. 

 

I commenti, in quell'istante, presero a schizzare lungo lo schermo a una velocità impossibile. Ma Jin tenne lo sguardo lontano da essi. 

 

-E ora... vi racconterò la storia di come ho trovato la mia anima gemella. 

 

 

 

Caro amore mio, 

so che non dovrei essere qui e so che scrivere questa lettera che non arriverà mai non mi aiuterà. In effetti, non fa che accrescere il mio desiderio di vederti contro il mio stesso giudizio. E restando qua, nella panchina in cui ci siamo incontrati per la prima volta, corro il rischio di incrociare il tuo cammino. Ne sono consapevole, ma queste piccole, stupide azioni mi fanno sentire un po' più vicina a te e leniscono, almeno per qualche momento, la mancanza. E so che tutto ciò è solo frutto della mia scelta. So che non dovrei lamentarmi per le conseguenze delle mie stesse decisioni. E so che, se sapessi la verità, ti arrabbieresti. Spero, un giorno, in un altro mondo, di poterti spiegare le mie motivazioni. 

 

So che avresti voluto la possibilità di scegliere. So che non avrei dovuto toglierti questo diritto. Ma il problema è proprio questo: io so anche cosa sceglierai. L'ho già visto accadere, volta dopo volta, e tu prenderai sempre la stessa decisione. Resterai al mio fianco, nonostante tutto. Ma, purtroppo, io ho visto, amore mio. Ho visto cosa accadrà, quando io non ci sarò più. Quello che tu diventerai. Attraverso gli occhi dei ragazzi, ho visto la solitudine in cui ti chiuderai e il modo in cui ti precluderai ogni possibilità di ricominciare la tua vita con qualcun altro fino alla fine dei tuoi giorni. E non posso farti questo. Ti amo troppo per farti questo. Perdonami, ma non posso vederti piangere ancora una volta. 

 

E, nonostante ciò, ogni notte sento l'assenza del tuo abbraccio sotto le coperte e ogni mattina desidero sentire il suono della tua voce addormentata, anche se in questo mondo non li ho mai sperimentati. Mi mancano, mi mancano così tanto da togliermi il respiro e farmi piangere per ore. E allora, in quei momenti, vengo qua per assaporare nella mia memoria il nostro primo incontro e mi ritrovo a cercare i tuoi occhi negli schermi pubblicitari. 

 

Forse se non ricordassi non farebbe così male. Vorrei non ricordare. Vorrei così tanto. C'è una tale confusione nella mia testa che non riesco ad avere un momento di pace. Ho paura di addormentarmi ogni singola notte e vedere di più. Altri mondi, altri futuri, altre versioni di noi che falliranno ancora e ancora. Ma so che, qualsiasi sia questa cosa che posseggo, ha uno scopo. Qualcuno me l'ha data, qualcuno che vuole che veda e agisca in una determinata maniera. Qualcuno sta manipolando le nostre vite, non solo di noi due ma anche dei ragazzi. Sta giocando con noi, ci sta spingendo vicini per poi allontanarci solo per vederci soffrire. Non so ancora chi o cosa sia e non potrò scoprirlo in questo mondo. Il mio tempo sta per scadere e non c'è nulla che possa fare per prolungarlo. Forse l'unica versione di me che potrebbe riuscirci è quella nel mondo di cui non riesco a vedere il futuro. 

 

Chissà se in quello riusciremo ad avere una vita insieme. In tutti gli altri, c'è sempre qualcosa che si frappone fra di noi. Nel mondo in cui Yoongi è un principe, nel mondo in cui tu sei erede di un impero e anche nel mondo in cui il giorno e la notte camminano lungo la superficie della terra. Non facciamo che incontrarci solo per venire violentemente separati ed essere lasciati a noi stessi, a piangere la mancanza dell'altro. 

 

Spero di poter risolvere questo mistero e trovare chi ci sta facendo questo. Spero di riuscire a costruire almeno una versione della realtà in cui potremo essere insieme fino a che non diventiamo vecchi. Me ne basta una, soltanto una. Giuro che, se riuscirò a costruirla, vi vivrò come se fosse la mia unica vita. Assaporerò ogni singolo istante e mi alzerò ogni giorno grata, perché saprò di averti al mio fianco. 

 

L'ultima parola lasciata sulla carta si trasformò in una pozzanghera melmosa non appena una lacrima vi cadde sopra. In questo modo, si poteva leggere solo "fian" grazie alla piccola goccia impertinente che aveva disperso l'inchiostro. La giovane, perciò, asciugò le lacrime rimaste sulle sue guance, per impedire che altre parole sparissero. 

 

Giuro, amore mio, che farò tutto ciò che è in mio potere per poter realizzare quel futuro. Allora mi farò perdonare per averti tolto questa scelta. Ora me ne andrò prima che arrivi l'orario della tua solita gita lungo l'Han. Tornerò a casa per seppellire questa lettera nel cassetto del mio comodino, come tutte le altre che ti ho scritto. 

 

Il mio cuore è tuo. Ora e mille altre volte. Ogni versione di me ti ama profondamente. 

 

Perdonami,

 

                         La tua anima gemella

 

Per un momento, la sua mano si congelò sull'ultima parola. Un brivido freddo le percorse la schiena non appena il suono delle ruote di una bicicletta che schiacciavano il selciato raggiunse le sue orecchie. Immobile, pregò con tutta sé stessa che fosse qualcun altro. 

 

Non era il suo orario. Lui non usciva mai a quell'ora. Non poteva essere lui. 

 

Quando udì i freni della bici stridere, sentì il sudore colarle lungo il collo. Veloce come un fulmine, infilò la sua agenda nella borsa e si alzò dalla panchina, prendendo a marciare con decisione in direzione della fermata dell'autobus. Con le labbra tremanti, dibatté se voltarsi o meno. 

 

Se lo avesse fatto, avrebbe rischiato di incrociare il suo sguardo o forse di incontrare la delusione di trovare un'altra persona al suo posto. Ma la tentazione era forte. Avrebbe potuto vederlo. Il vero lui, lì, fisico, reale. E la sua testa si voltò prima che potesse ragionare ulteriormente. Serrando i denti in una morsa, fece scattare il volto in avanti, sul suo obbiettivo. 

 

"Cammina. Continua a camminare!" 

 

Le lacrime offuscavano la sua vista e i suoi piedi erano sempre più pesanti a ogni passo che compiva, come se avesse avuto delle catene alle caviglie, ma non si fermò. 

 

Lui era lì, ma lei non si fermò.

 

 

 

FINE

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Ehm… sono davvero desolata che il tempismo di questo capitolo sia così pessimo 😅. Se avessi saputo prima della notizia che sarebbe stata rilasciata lunedì, avrei forse allungato le cose in modo da non darvi un’ulteriore mazzata ma purtroppo eccoci qua 🥲 sorry. Comunque venerdì uscirà il capitolo extra quindi non è ancora del tutto finita! E poi pensavate che sarebbe andato tutto bene e invece XD. Mai illudervi con me, dovevo lasciarvi almeno un minimo di angst per finire XD

 

Dunque, adesso parliamo un po’ della questione militare. Come ho espresso il mio pensiero a giugno, ci tengo a farlo anche in questa occasione. Devo dire che, da un certo punto di vista, sono quasi rasserenata. Ed ecco il motivo: il governo e i media ce l’hanno menata per tre anni con sta storia e ogni volta che un compleanno di Jin si avvicinava c’era sempre quella tensione del “quindi succederà? Se non ora quando? O riusciranno a scamparla?”. Era a dir poco stancante, almeno per come l’ho vissuta io. Il fatto che adesso sappiamo e che siano stati i ragazzi stessi a prendere l’iniziativa in merito ha finalmente tagliato la testa al toro. Questo non indica che io sia d’accordo o che penso che sia la situazione ideale perché non lo è, ma non mi voglio esprimere in merito alle politiche di un paese che conosco ancora relativamente poco. A dir la verità, ho sempre pensato che se i ragazzi avessero davvero voluto avere l’esenzione, avrebbero pressato il piede un po’ di più. La hybe si sarebbe fatta sentire in maniera più evidente. Penso che i ragazzi non vogliano essere trattati come dei privilegiati e che sanno che se avessero ottenuto l’esenzione avrebbero diviso il paese. Inoltre, credo (e queste sono tutte mie congetture che possono essere assolutamente errate) che sentano anche il bisogno di fare un’esperienza diversa che li faccia forse anche crescere come persone, che gli faccia conoscere un ambiente diverso dal palco dove sono stati da quando erano adolescenti. Detto ciò, sono rasserenata anche perché abbiamo una data. Mentre a giugno era tutto un mistero e sembrava così spaventoso perché non riuscivamo a capire quanto sarebbe stata lunga questa pausa, adesso abbiamo un obbiettivo. Ed è un obbiettivo assai vicino contando tutto. Apprezzo infinitamente il fatto che i ragazzi non siano stati forzati a tirarla per 7-8 anni solo per continuare a tenere in attività il gruppo con uno o due membri in meno e darsi il cambio per paura di perdere i fan. Invece hanno deciso di andare insieme, farci aspettare di meno e fidarsi di noi, del fatto che saremo ancora lì quando torneranno. E invece che vedere il gruppo mutilato avremo contenuti preregistrati ed episodi di Run BTS in cui sono tutti insieme. È davvero la soluzione che speravo di vedere, anche se sarà la più dolorosa da sopportare. 

 

Questo è quanto. Non aggiungerò altro. Spero che il mio pensiero vi sia stato utile in qualche modo. Intanto, un bacione e non temete che la vostra Juliet non va da nessuna parte 🤭

 

Ps: also, mi sto già muovendo per fare una seconda fiera 🤩 e sono anche in contatto con la pagina di kst.kpopshowtime perciò è possibile che mi troviate ai prossimi eventi nella zona di Bologna organizzati da loro 🔥

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Capitolo 55
*** La nuova insegnante di inglese ***


Questo capitolo continua la storia dal capitolo extra de Il principe del calmo mattino dal titolo "Not the end". Se non lo avete fatto, vi incoraggio di recuperarne la lettura in modo da poter seguire gli eventi.

 

[Il corsivo si riferirà all'inglese]

 

-Dunque, Diana, come ti sembra Seoul? 

 

Jein faceva girare il cucchiaino nel suo tè scuro con ipnotica lentezza. Senza staccare gli occhi dal liquido, incamerava ogni singola parola che le due giovani sedute insieme a lei in quel piccolo cafe si stavano scambiando. 

 

-Oh, mi piace davvero tanto! È così diversa da Londra che ogni giorno mi sembra di fare una nuova scoperta- rispose con un sorriso la ragazza dai lunghi capelli biondi, sorseggiando il suo pumpkin spice latte. Jein osservò la sua mano pallida afferrare un pasticcino dal piccolo piatto di ceramica al centro del tavolo rotondo, ma serrò i denti quando la bile le risalì lungo l'esofago. Riprendendo in mano la sua tazza, ingollò un'altra sorsata di tè nella speranza di seppellire l'acidità che aveva incendiato il suo organismo. 

 

Non aveva quasi spiccicato parola da che si era seduta assieme alle due giovani, lasciando che Beatrice gestisse la conversazione in inglese e intervenendo occasionalmente con piccoli commenti che la sua scarsa conoscenza permetteva. Voleva arrivare al punto, ma sapeva che di non poter semplicemente interrogare Diana come un detective. Dovevano farla sentire a suo agio prima di iniziare a lanciarle domande bizzarre e apparentemente incomprensibili.

 

Sospirò, poggiando la sua tazza sul tavolo quando una nuova ondata di nausea salì lungo il suo stomaco e le fece tremare le labbra. Era da quella mattina, in cui si era svegliata con la consapevolezza della conversazione che avrebbe dovuto affrontare, che la stava torturando. Isolando per un momento il suono sconosciuto delle parole delle due giovani, sollevò lo sguardo per contemplare i clienti che si susseguivano presso il bancone della pasticceria. Coppie, mamme con bambini, studentesse delle superiori in uniforme. Pareva un posto assai popolare e in effetti la maggior parte dei tavoli rimaneva libera per poco tempo. All’improvviso, i suoi occhi furono catturati da un fruscio corvino. Jein si soffermò per un istante sulla lunga chioma scura che raggiugneva la base della schiena di una ragazza di spalle e contemplò con invidia la lucentezza delle ciocche e il modo aggraziato in cui creavano un ventaglio dietro di lei. 

 

Jein, a quel punto, spalancò gli occhi. 

 

Era un ricordo vago e sfuggente, ma non l'aveva completamente cancellato dalla sua testa. Sollevandosi dal tavolo, si diresse verso l'uscita del cafe, ma non appena si affacciò dalla porta di vetro la ragazza era già sparita dalla sua vista. Ripercorrendo i suoi passi, tornò al tavolo con il volto chiuso in un'espressione pensosa sotto agli sguardi perplessi delle due giovani. 

 

-Jein? Tutto bene?- le chiese con tono cauto Beatrice. Lei, senza rispondere, si fiondò ad afferrare la borsa che aveva appeso allo schienale della sua sedia. La aprì, ma tutto ciò che vide furono i due misteriosi libri che già aveva letto insieme ai suoi effetti personali. Nulla di nuovo. Piegando il capo, Jein prese a mordersi l'interno della guancia. Poteva essere una coincidenza, il fatto che una ragazza dai capelli lunghi avesse incrociato il suo cammino anche nei corridoi della BigHit, proprio il giorno in cui il secondo fatidico libro era apparso nella sua tote bag. 

 

Alla fine, la giovane scosse il capo, tornando a sedersi. 

 

-Pensavo di aver visto... non importa. 

 

Appoggiando lo sguardo sulla giovane bionda che la guardava confusa, ritornò a parlare. 

 

-Che ne dici di farle qualche domanda? 

 

Beatrice si bloccò. Fissandola per lunghi istanti, rimase in silenzio prima di sospirare e tornare a indossare il suo caldo sorriso. 

 

-Sai, Diana, parlavo con Jein l'altro giorno del fatto che... sembri aver fatto colpo alla registrazione. 

 

La ragazza inglese corrugò le sopracciglia, mantenendo un piccolo sorriso smarrito sulle labbra. 

 

-In... che senso? 

 

Beatrice piegò il capo, addolcendo il tono della voce. 

 

-Yoongi sembrava non staccarti gli occhi di dosso. 

 

La ragazza, in risposta, scosse il capo, ridacchiando sommessamente. 

 

-Non credo davvero avesse chissà quale interesse nei miei confronti, ha solo... 

 

-... provato uno strano senso di famigliarità nel vederti?- 

 

La giovane dai capelli biondi spalancò gli occhi, fissando Beatrice come si fosse appena trasformata in una creatura mitologica. 

 

-È questo che è successo anche a te? 

 

-Non... non so di cosa tu stia- balbettò Diana, scuotendo il capo mentre prendeva a fissare il pavimento. 

 

-Hai per caso provato uno strano senso di déjà-vu quando lo hai visto? 

 

La ragazza rimase a fissare la giovane dai capelli rossi con gli occhi spalancati e la bocca dischiusa. Beatrice piegò il capo, scrutandola con un rassicurante sorriso sulle labbra. 

 

-Hai avuto degli strani sogni da quando lo hai incontrato? 

 

-Io... 

 

Le parole morirono sulle labbra della giovane. Beatrice, sospirando, abbassò il capo. 

 

-Devi perdonare le mie domande indiscrete. È solo che io e Jein... abbiamo una teoria riguardo a una cosa. E se avessi sperimentato quello di cui ti ho chiesto, la andrebbe a confermare.

 

Diana rimase a fissarla per lunghi istanti di attonito silenzio. Infine, deglutendo, schiuse le labbra. 

 

-Come... fate a saperlo? 

 

La testa di Beatrice si voltò di scatto verso Jein. Aveva capito. Questo lo aveva capito. Anche lei, quindi, ricordava qualcosa! Dovevano solo capire quanto e cosa ricordasse e cercare di spiegarle il più delicatamente possibile in che razza di situazione si era, potenzialmente, trovata. Il tavolo fu distratto dalle proprie meditazione quando un sonoro "Hobi" pronunciato con un tono infantile non si levò dalla borsa di Beatrice. 

 

-Oh, scusate, ehm... Hobi ha voluto impostare la sua voce come sua suoneria personale...- spiegò la giovane ridacchiando con un accenno di porpora a colorarle le guance. Le sue mani presero la borsa e iniziarono a frugare nel contenuto alla ricerca del telefono. All'improvviso, Jein notò la ragazza bloccarsi. Corrugando le sopracciglia, la vide scrutare con intensità qualcosa all'interno della sua borsa, prima di sollevare lo sguardo su di lei. Senza dire una parola, Beatrice estrasse un libro grande poco più di un palmo di mano, dalla copertina blu scritta in inchiostro argentato. 

 

-Questo non è mio- mormorò la ragazza dai capelli rossi, iniziando a leggere le scritte sulla copertina. 

 

-Jein. 

 

Senza aggiungere altro, Beatrice sollevò lo sguardo su di lei, porgendole infine il libro. Jein, stringendo i denti, abbassò gli occhi sulla copertina. 

 

-È una... tesi di laurea?- chiese confusamente. 

 

-Leggi l'argomento. 

 

Jein riportò lo sguardo sulla copertina. 

 

-"Analisi empirica del fenomeno degli universi paralleli". 

 

La ragazza sentì il respiro morirle il gola. 

 

-"Di Im Nari". 

 

Jein sollevò finalmente lo sguardo sull'amica. Lei la fissava con la stessa intensità. 

 

-Im Nari potrebbe centrare qualcosa. Dobbiamo parlare anche con lei. 

 

Jein annuì, aggrottando la fronte. Nari... non era un nome che le giungeva nuovo. Mentre estraeva il libro dalla copertina chiara nascosto nella sua borsa, la ragazza ignorò l'ennesima ondata di nausea che prese a camminarle lungo l'esofago, deglutendo ripetutamente. 

 

Una volta estratto il libro, osservò per un istante la parola "Solitary" stampata sulla copertina, prima di prendere a sfogliarlo. La saliva aveva preso ad accumularsi nella sua bocca, preludio di quel malessere che non sembrava andarsene, ma Jein strinse i denti, prendendo a scorrere le pagine. 

 

Dove si trovava quel nome? 

 

Era sicura di averlo letto da qualche parte... 

 

-Jein! 

 

La ragazza sollevò la testa e il movimento brusco fece iniziare a far vorticare la stanza. Serrando le palpebre per un istante, le riaprì nella speranza che i tavoli avessero smesso di girare e guardò la sua amica. Beatrice teneva in mano il suo cellulare e la guardava con un'espressione grave. 

 

-Mi ha scritto Hobi. Ha detto che oggi hanno incontrato per la prima volta la loro nuova insegnante d'inglese.

 

Jein si morse le labbra per impedire al vomito di uscire. Il sudore freddo le colava lungo la fronte ma lei lo ignorò. Lo ignorò e inghiottì, riprendendo a parlare. 

 

-Come si chiama? 

 

Beatrice la fissò con le palpebre spalancate. Prima che potesse replicare, però, Jein era già schizzata in piedi con una mano davanti alla bocca e le gambe dirette verso il bagno. 

 

 

 

-Ah! 

 

Jungkook si prese la mano con un broncio, accarezzandosi la pelle arrossata mentre lanciava un'occhiata offesa a Jin. 

 

-Hyung! 

 

Il maggiore si voltò, sollevando le sopracciglia. 

 

-Magari così imparerai a rispettare i più grandi e a non disturbare il tuo hyung mentre cerca di dormire!- rimbrottò, alzando il tono della voce di qualche ottava. Jungkook, nel giro di un secondo, abbandonò la sua espressione imbronciata per indossare nuovamente il suo ghigno malefico mentre riprendeva il mano la cannuccia di plastica con cui gli stava solleticando l'orecchio da minuti. Avvicinandola sempre di più al naso del maggiore, prese a rotearla fra le dita. 

 

-Oh, Jin-hyung si scompone per così poco. Pensavo che alla sua età fosse già troppo vecchio per muoversi abbastanza velocemente da prenderm- 

 

Un altro schiaffo incontrò la sua mano, scacciando la cannuccia dal naso di Seokjin e strappando un nuovo lamento dalle labbra di Jungkook. Il maggiore, allungando il collo, puntò un dito contro il più giovane. 

 

-Attento, ragazzino, questo vecchio hyung può ancora rubarti il computer e la console e metterti a lavare i piatti da qui alla fine del mese. 

 

A quelle parole, un mugolio lamentoso si sollevò dal ragazzo, che allontanò immediatamente la cannuccia dal maggiore per rifugiarsi da Taehyung, il quale era intento a ridere rumorosamente. Mentre il resto dei presenti taceva, Seokjin assaporò per un momento la pace, permettendo ai suoi occhi di riposare.

 

-Come pensate che sarà la nuova insegnante? 

 

Jin tacque, accasciandosi contro il tavolo per godersi qualche ultimo minuto di assopimento. Aveva fatto un sogno bizzarro quella notte. I dettagli era svaniti non appena aveva aperto gli occhi quella mattina, perciò non ricordava precisamente di cosa si trattasse. Sapeva solo che, quando si era svegliato quella mattina, era più esausto di quando era andato andato a dormire. 

 

-Immagino sarà come tutte le altre. Perché? 

 

La conversazione morì nel momento in cui un lieve bussare si udì per la stanza. Jin si raddrizzò, controllando velocemente sullo schermo del cellulare che non vi fosse alcun segno rimasto sulla sua faccia per essersi appoggiato sulle sue mani inanellate. Non appena il suono della maniglia che si abbassava raggiunse le sue orecchie, abbassò l'apparecchio, concentrandosi sulla figura che stava facendo il suo ingresso. 

 

Jin, in quel momento, si ritrovò con la mandibola spalancata, tanto da fargli credere che se non fosse attaccata alla testa avrebbe potuto toccare il pavimento. 

 

Non sapeva cosa aspettarsi. 

 

Ma di certo non si aspettava... lei. 

 

-Well, well, well. Look at my new little lambs.

 

 

 

 

-Amore? 

 

Jimin si affacciò sulla loro camera da letto, trovando solo un silenzio assoluto. Voltandosi di lato, vide allora la porta del bagno socchiusa. 

 

-Jein? Amore? Beatrice mi ha detto che sei stata poco bene. 

 

Avvicinandosi con cautela, il ragazzo scostò appena la porta. Quando sollevò gli occhi, trovò la ragazza seduta sul pavimento del bagno, con la schiena contro le mattonelle gelide e lo sguardo perso davanti a sé. 

 

-Amore, perché sei qua? C'è qualcosa che non va? 

 

Jimin si affrettò a raggiungere la ragazza e inginocchiarsi davanti a lei, afferrando le sue mani fredde e avvolgendole con le proprie. Lei, dopo qualche istante, sbatté le palpebre, portando lentamente lo sguardo su di lui. Poi, lo spostò sul lavandino di ceramica. Da quella posizione, Jimin non poteva vedere cosa lei stesse fissando, ma poté notare una confezione di plastica malamente abbondata sul pavimento. Il ragazzo fece per afferrarla e leggerne il retro, quando una voce lo bloccò. 

 

-Jimin. 

 

La sua testa si voltò di scatto in direzione di Jein. Il suo sguardo, in quel momento, era completamente concentrato su di lui. 

 

-Jein, ti prenderai un accidente se rimani sul pavimento. Andiamo in camera, così potrai stenderti nel lett-

 

-Sono incinta. 

 

Jimin sbatté le palpebre. Aveva udito delle parole, ma non era sicuro di averne compreso per davvero il significato. 

 

-Cosa?- chiese debolmente. La ragazza inspirò. 

 

-Sono incinta. 

 

E, dopo un istante, le lacrime iniziarono a correre lungo le guance di lei. Jimin si fiondò in avanti, stringendola fra le sue braccia e incastrando la sua faccia nella propria spalla. Sbattendo ancora le palpebre fissò le piastrelle lucide davanti al suo naso come se fossero parte di un ipnotico disegno che gli annebbiava la mente. 

 

-Aspetto un bambino.

 

Il ragazzo spalancò gli occhi. Stringendo sotto le dita la maglia di lei, sentiva le lacrime iniziare a scorrere anche dai suoi occhi. 

 

-Aspetto un bambino- ripetè ancora Jein con la voce rotta dai singhiozzi. Jimin sentì il cuore salirgli in gola e dovette mordersi il labbro per seppellire i gemiti che stavano per scivolare dalla sua bocca. 

 

-Aspetto... il nostro bambino. 

 

Non ce la fece più. Le labbra di lui si schiusero e il suo pianto iniziò a rimbombare per tutta la piccola stanza.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

E prima di chiudere del tutto, una gioia ve l’ho data XD per chi conosce bene i nostri Jein e Jimin, saprete di certo quanto è importante questo momento per loro (piccolo Minho nel forno, pronto a uscire!). Mi ha divertito anche immaginare uno scenario del primo incontro tra Jin e Yona in cui lui fosse il se stesso di sempre. A quanto diversamente sarebbero andate le cose. E… penso che lo scoprirete anche voi nei prossimi extra 😁 Ma non temete, non è l’ultima volta che incontreremo la nostra amata coppia! Chissà… potremmo già vederli nel prossimo universo… 

 

And now, it’s really over. Prossimamente pubblicherò i ringraziamenti come mia consuetudine e mi prenderò un mesetto di pausa per iniziare a lavorare alla nuova storia. Non temete, appena sarà online vi farò il capitolo dedicato in questa quindi stay tuned! E nel frattempo se vorrete venire a trovarmi, potete segnarvi le date del 3 e 4 dicembre dove mi troverete al Forlive comics sempre nello stand con i miei disegni! Un bacione e un abbraccione super!

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Capitolo 56
*** Ringraziamenti ***


Eccomi, scusate il ritardo ma ho avuto una settimana un po' assurda e alla fine ho aspettato a pubblicare questa parte a mercoledì per mantenere la tradizione XD comunque, sono qui! Non potevo dimenticarmi della parte più importante di tutte! 

 

Un grande grazie a tutti voi lettori che avete seguito questo viaggio, sia coloro che sono qui da un po', sia quelli che mi hanno appena scoperto. È così bello vedere nuovi lettori arrivare e poi lentamente riscoprire le vecchie storie e continuare la saga. Proprio per questo motivo, questa volta non riuscirò a elencare tutti quelli che hanno votato i capitoli perché c'è una gran confusione tra quelli che hanno votato altre storie, nuovi, vecchi, passanti... insomma, Wattpad datti una regolata e permettici di vedere l'elenco degli utenti che hanno votato per ogni capitolo invece che mandare semplicemente la notifica. But non possiamo farci niente, sappiate solo che riconosco ogni volta i nomi di quelli che votano ogni singolo capitolo e vi mando un cuoricino grandissimo 💖

 

Un ringraziamento speciale lo mando sopratutto ai miei cari e fedelissimi commentatori, MiTiCaMaRtY91  @maryitl, Ayachan_28 , IXIIIMCMXCIII  emi94irwin  che mi hanno fatto ridere, commuovere e a volte riflettere su che direzione fare prendere alla storia. I vostri commenti erano le cose che aspettavo con più ansia ogni mercoledì. 

 

Per EFP è molto più facile XD posso ringraziarvi per bene tutti. Grazie a quelli che hanno messo la storia tra le preferite: 

 

Alohomora_

Ayachan_28 (che ormai è uno stabilimento in questo franchise) 

book_addicted 

Cassandra4045

E mi

everlark98

MAYSOOD

Medea91h

Penty1q

starfragola

zacra 

 

Chi l'ha messa tra le ricordate:

 

Astral Della Rovere

Misplaced

The Core of the Abyss

 

E infine chi l'ha messa tra le seguite: 

 

Alohomora_

alooo

annapuff

atiredcat 

Cassandra4045

Gloria96

Lady_xX

S a p a i

zacra

 

È così bello vedere questi nomi ricorrenti, non solo nelle due piattaforme ma anche da una storia all'altra. Vedere che siete appassionati al punto da continuare a seguire questa saga mi riempie davvero il cuore. 

 

E per concludere, perché non ci dimentichiamo mica, un grazie alle mie fedeli recensitrici di EFP, zacra e starfragola (lo sappiamo che mi odi e mi ami, mi vorresti uccidere e adorare, I know, è tutto meritato e nonostante ciò non ti darò mai il mio indirizzo di casa XD). 

 

A presto, non dimenticatevi di me perché tornerò prima che ve ne possiate accorgere!

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Capitolo 57
*** Il filo turchino ***


I'm back! Sono tornata finalmente con la nuova storia, bella pronta e pubblicata con due capitoli! Vi attendo impaziente di sapere la vostra opinione, baci! 

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