Vite legate

di katyjolinar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Nel Regno dell'Ovest la società era rigorosamente divisa secondo tre categorie di persone.

Più in alto, ad occupare ruoli di comando, c'erano gli Alfa, uomini e donne dalla grande forza. La famiglia reale stessa era composta esclusivamente da Alfa e comandava a pugno duro tutto il Regno, spalleggiata dalle maggiori famiglie nobili.

Subito sotto di loro c'erano i Beta, che comprendevano circa un terzo della popolazione. Erano principalmente commercianti e persone comuni, ma facevano ogni tipo di lavoro, se necessario.

E poi c'erano gli Omega, lo scalino più basso della piramide sociale. Erano schiavi, uomini e donne senza libertà, di proprietà principalmente degli spietati Alfa.

Ciò che avevano di speciale gli Omega era la loro capacità riproduttiva: gli uomini, come le donne, erano in grado di portare avanti una gravidanza, e per questo venivano spesso usati come concubini dagli Alfa. Di contro, le donne Alfa erano in grado di ingravidare un omega, oltre ad essere esse stesse in grado di portare avanti una gravidanza.

Inoltre, a differenza delle donne Beta, avevano un periodo di ovulazione non nascosto, e gli Alfa reagivano, spesso violentemente, ai loro calori. L'unico modo per ridurre le reazioni violente era il rituale della "marchiatura": un Alfa reclamava la proprietà esclusiva di un Omega marchiandolo con un morso. Tale rituale faceva sì che nessun altro Alfa a parte il proprietario legittimo potesse più percepire i calori dell'Omega in questione.

In questa società rigidamente suddivisa esistevano anche delle strutture dove venivano cresciuti gli orfani e i trovatelli. Anche in questo caso i bambini erano rigidamente suddivisi. Le strutture riservate agli Omega avevano l'unico scopo di preparare la "carne da macello": una volta raggiunta la maggiore età i ragazzi e le ragazze venivano venduti al miglior offerente con l'unico destino di diventare partorienti di eredi per i facoltosi Alfa.

Al contrario, nelle strutture riservate agli orfani Alfa e Beta, i ragazzi venivano preparati a lavori di responsabilità e a una vita più libera. I ragazzi Alfa più fortunati potevano sperare nell'adozione in qualche facoltosa famiglia nobile, e i Beta potevano trovare un lavoro dignitoso o una famiglia ricca in cui integrarsi. I meno fortunati, comunque, riuscivano sempre a trovare un buon lavoro e avere una vita libera e senza problemi.

Era in uno di questi istituti che viveva Danhum, un ragazzotto Alfa di dodici anni, un bulletto attaccabrighe a capo di una piccola banda che prendeva di mira i Beta apparentemente più deboli di loro.

Per la sua età era molto alto, le spalle erano larghe e il fisico era adatto a lavori più duri, tanto che gli istitutori lo avevano indirizzato verso lo studio delle arti guerriere, così che, una volta uscito di lì, avesse potuto mirare a una brillante carriera militare.

I capelli neri erano sempre tenuti ribelli, e gli occhi, del colore del ghiaccio, incutevano terrore nei piccoli Beta che lui e i suoi gregari prendevano di mira.

Ma non tutti si facevano intimorire dai suoi modi e dal suo aspetto. C'era infatti una bambina, una biondina magra e minuta per i suoi dieci anni di età, che non aveva affatto paura di lui.

Erya, infatti, vendeva cara la pelle ogni volta che veniva presa di mira, tanto che, per Danhum, era diventata una questione di principio riuscire ad avere la meglio su di lei, così che aveva iniziato a prenderla di mira anche da solo, e le loro scazzottate erano ormai all'ordine del giorno, tanto che a un certo punto gli istitutori avevano smesso di dividerli, anzi, avevano indirizzato anche la bambina verso lo studio delle arti militari, nonostante il suo fisico minuto e per niente minaccioso.

I due crescevano, scandendo le giornate tra insulti reciproci e risse, che si calmavano solo quando uno dei due si prendeva qualche malanno e finiva in infermeria, tipo quando Danhum, a quindici anni, prese una forte influenza che lo costrinse a letto per due settimane, o quando Erya, a tredici anni, venne messa in isolamento per una settimana dal medico dell'istituto a causa di una non ben precisata malattia altamente infettiva.

Danhum divenne un giovane uomo imponente, un diciottenne pronto per intraprendere la carriera militare, una volta uscito dall'orfanotrofio, avvenimento che sarebbe successo da lì a pochi giorni, mentre la sedicenne Erya era rimasta minuta, non arrivava neanche all'altezza del petto del giovane, ma lui conosceva bene la potenza dei suoi piccoli pugni, che l'anno prima erano stati in grado di rompergli il setto nasale con un colpo solo.

E quella sera piovosa non era diversa dalle altre. Mentre gli altri ragazzi erano al chiuso a godere del caldo fuoco del camino, i due si stavano azzuffando nel fango.

Il giovane aveva appena ricevuto un pugno in pancia, e aveva reagito bloccando la ragazza a terra usando il peso del suo corpo.

"Avanti, racchia!" ringhiò Danhum "Domani me ne vado! Fammi contento, dillo! Di' che sono più forte di te! Ammettilo! Tanto sappiamo entrambi che è la verità!"

"Mai!" rispose lei, a denti stretti "Tu sei solo un bullo, e tale resterai! Ti odio! Spero che ti ammazzino lì fuori, così non rischierò di incontrarti quando uscirò anche io!"

Detto ciò gli sputò in faccia e, con un impeto di forza, gli tirò una ginocchiata tra le gambe abbastanza forte che lui dal dolore perse la presa, permettendole di liberarsi e restando accasciato al suolo mentre lei correva in casa, sotto la pioggia battente.

Fu questa la loro ultima conversazione. Il giorno dopo Danhum preparò le sue cose e lasciò l'orfanotrofio, iniziando la sua nuova vita fuori di lì.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Passarono tre anni.

Danhum, ormai ventunenne, girava il paese, venendo assunto dai vari nobili locali come guardia speciale, o con altre mansioni militari.

Era un mercenario e un avventuriero, si guadagnava da vivere combattendo al soldo di altri Alfa, spesso in posizione di comando, ed era particolarmente apprezzato per le sue doti di lotta sia armata che a mani nude.

Il suo fisico si era irrobustito, i capelli erano cresciuti e li teneva raccolti in una coda bassa, legata con un nastro di stoffa rossa, i cui capi spiccavano in quella chioma scura.

Lo sguardo era diventato ancora più glaciale, indurito dalle battaglie combattute e reso più cupo da una lunga cicatrice a forma di saetta che fiancheggiava l'occhio destro fino ad arrivare a tagliare il labbro superiore, sullo stesso lato.

Era alto, imponente, e in quel momento camminava, avvolto nel suo mantello scuro, che faticava a nascondere le armi, una grossa spada e un apparentemente pesante martello, lungo un sentiero poco frequentato, non troppo distante dal castello che costituiva una delle residenze della Famiglia Reale.

Girò un piccolo tornante che superava una grossa roccia e si addentrò in un boschetto, che era più che altro un gruppo di una decina di alberi circondati da massi e cespugli, popolato da qualche scoiattolo, delle lepri e, probabilmente, una famiglia di volpi.

Una di queste gli tagliò la strada poco prima di una curva, e Danhum fu costretto a fermarsi, osservando l'animale, che ricambiò lo sguardo prima di riprendere la sua marcia.

Finalmente girò la curva, ma dovette fermarsi nuovamente, poiché venne quasi travolto da un'altra persona. O meglio, questa gli andò addosso e venne bloccata dalla mole del giovane, che la fece cadere di schiena proprio ai suoi piedi.

Il ragazzo la scrutò, senza muoversi di un millimetro: indossava una casacca e un paio di pantaloni, entrambi rattoppati in più punti, aveva i piedi nudi e sulle spalle era adagiato un vecchio mantello sdrucito.

Alla cintura, che stringeva la casacca alla vita, teneva appesa una fodera da cui spuntava l'elsa di un piccolo e maneggevole pugnale, e da sotto il mantello, ben stretta nelle braccia, aveva una borsa tracolla in pelle di medie dimensioni.

Il fisico era minuto, sicuramente in piedi non avrebbe superato il petto di Danhum, e i lineamenti del viso, uniti ad alcune curve che si intravvedevano sotto i vestiti e alla forma delle piccole mani, indicavano che si trattava di una ragazza, e poteva affermare con certezza che non superava la sua stessa età.

I capelli, il cui biondo era parzialmente nascosto da uno strato di sporcizia, erano raccolti in una treccia che scendeva fino a metà schiena, e tutto il suo aspetto indicava che avesse bisogno di un lungo bagno.

"Ma che cazzo..." imprecò la nuova arrivata "Ma guarda dove vai, coglione!"

Nella mente di Danhum si accese una lampadina: quella voce l'aveva già sentita, ma non riusciva a ricordarsi in che occasione. Ma non si mosse, né proferì parola.

"Non hai nulla da dire?" continuò lei, rimettendosi in piedi "Levati dalle palle, coso! Mi blocchi la strada!"

La ragazza, finalmente, alzò lo sguardo, e quando i loro occhi si incrociarono restarono entrambi impietriti; Danhum, finalmente, la riconobbe, e dall'espressione che era dipinta nella sua faccia, anche lei lo aveva riconosciuto, nonostante la cicatrice che ne alterava i lineamenti del volto.

"Ma che... Danhum?!"

"Erya? Che cazzo..."

La bionda aprì bocca per parlare, ma si interruppe quando sentì rumore di passi e delle urla alle sue spalle. Fece per superare Danhum ma quasi inciampò, tanto che lui dovette afferrarla per non farla cadere.

"Lasciami!" protestò "Brutto scimmione troppo cresciuto, mollami! Devo andarmene da qui!"

I passi si stavano facendo più vicini, provenivano dalla strada che, poco più avanti, portava alla residenza reale, e dal rumore il ragazzo capì che si trattava di soldati. Li avrebbero raggiunti entro cinque minuti, Erya stava per venire assalita dal panico, non ci voleva molto per capire che stavano cercando lei.

Non ci pensò su molto e prese una decisione fulminea: con una mossa veloce la sollevò, passandole un braccio attorno ai fianchi, mentre l'altra mano si pressò sulla bocca della ragazza, per impedirle di emettere alcun suono, quindi con un balzo lasciò il sentiero, accucciandosi dietro a dei cespugli e continuando a tenerla stretta e in silenzio, nonostante lei cercasse di liberarsi.

"Zitta e non ti muovere!" intimò, a denti stretti "O ci troveranno!"

Erya smise improvvisamente di muoversi, ma Danhum sentiva che era agitata: il cuore le batteva all'impazzata e sentiva le unghie tagliargli la pelle dell'avambraccio destro, a cui si era aggrappata nel disperato tentativo di liberarsi dalla presa.

Sentirono arrivare il gruppo di soldati all'inseguimento, che si fermò una decina di metri più avanti rispetto alla loro posizione.

Il giovane li tenne d'occhio, pur mantenendosi nascosto, e allentò leggermente la presa sulla ragazza, spostando la mano sinistra sull'elsa della propria spada.

Enya, visibilmente impanicata, prese a cercare qualcosa nella sua tracolla, e Danhum non le prestò molta attenzione, continuando a tenere gli occhi sui propri inseguitori, finché...

Un odore dolce e inebriante raggiunse le sue narici, un odore che quasi lo stordì, e che identificò immediatamente: era il profumo di un Omega appena entrato nella fase di calore del suo ciclo mensile.

Lentamente si girò verso la ragazza, e notò che teneva tra le mani un sacchetto aperto, dentro il quale c'erano delle erbe; riconobbe anche quelle: erano un rimedio che gli Omega usavano per bloccare i calori, e una volta assunte nel giro di mezz'ora facevano sparire l'odore, evitando che gli Alfa potessero captarlo.

Era confuso. Erya non era una Beta?

Ma non aveva tempo di pensare... E non avevano mezz'ora, quell'odore era troppo forte, sarebbe arrivato a breve a quei soldati.

Avevano bisogno di qualcosa di più veloce.

A lei non sarebbe piaciuto affatto, conoscendola come era ancora tre anni prima, e nemmeno lui era così entusiasta di dover attuare quella soluzione, ma non c'era altro modo.

"Non abbiamo tutto questo tempo..." sussurrò.

Nell'attimo successivo le strappò il mantello, e affondò le zanne Alfa, emerse nel momento in cui aveva percepito quel profumo, nel muscolo in prossimità della clavicola.

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Capitolo 3
*** 3 ***


L'atto fu inaspettato.

Erya sentì le zanne perforarle la carne; cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, ma le grandi braccia del ragazzo la tennero bloccata.

Fu doloroso, molto. Talmente doloroso che, anche se avesse voluto urlare, non ne avrebbe avuto la forza. Si limitò ad aggrapparsi saldamente al braccio di Danhum, affondando ancora di più le unghie sulla pelle.

Percepiva ancora i soldati che la cercavano, a pochi metri dal loro nascondiglio, ma sembravano lontani, ovattati, coperti dal suono ritmico del cuore del giovane uomo, a cui il proprio si stava sincronizzando, rallentando i battiti dalla tachicardia dovuta allo spavento, ora stimolato dalla somministrazione del fluido Alpha attraverso il morso.

Finalmente sentì i denti uscire dalla sua carne, ma il ragazzo non la mollò.

Si voltò verso di lui, con le lacrime che le bagnavano gli occhi nocciola, e lo guardò in faccia.

Aveva ancora le zanne ben visibili, e due rivoli di sangue gli scendevano appena sotto di esse, dalle labbra verso il mento. Con un gesto della mano la intimò a fare silenzio, quindi si voltò in direzione degli inseguitori, per controllarli; nel farlo si passò la punta della lingua sulle labbra, pulendosi in parte del sangue che le sporcava. Appena un momento dopo i suoi occhi cambiarono espressione, diventando quelli di una belva feroce pronta ad affrontare un pericolo che minaccia la propria famiglia.

Erya restò impietrita, non aveva mai visto quello sguardo su di lui, neanche quando, da bambini, la bullizzava, facendole passare le pene dell'inferno; sembrava in procinto di essere colto da una follia omicida.

La mano sinistra dell'uomo si strinse sull'elsa della spada che portava alla cintura, poi, dopo aver intimato alla giovane di restare nascosta, scattò in piedi e in due balzi si avventò sui soldati, che erano numerosi e molto meglio armati di lui.

Erya cercò di seguire con lo sguardo i suoi movimenti, ma non ci riuscì, talmente era veloce, e nel giro di pochi minuti era rimasto solo lui, gli altri erano a terra morti.

Uscì finalmente allo scoperto e si avvicinò, restando a distanza. Danhum aveva il fiatone ed era coperto di sangue, ma rinfoderò la spada e la scrutò, dall'alto dei suoi 210 centimetri.

"Si può sapere che hai combinato?" chiese, quando riprese il controllo della respirazione "Perché le Guardie Reali ti inseguivano?"

"Non sono affari tuoi!" ringhiò la bionda, incrociando le braccia sotto il petto.

"Certo che lo sono, dal momento che per salvarti il culo ho dovuto farti diventare la mia Omega!" le puntò contro il dito, per poi allargare le braccia "Ah, a proposito... Tu sei Omega? Da quando?! Ricordo che all'orfanotrofio eri classificata come Beta!"

A quel punto, con un balzo, la giovane lo atterrò, mettendosi a cavalcioni su di lui e piantandogli un forte pugno in faccia. Fece per tirargliene un altro ma l'esperienza di soldato di Danhum la bloccò prima che potesse continuare, afferrandole i polsi.

"Sono sempre stata Omega!" confessò "Non so chi siano i miei genitori, so solo che il medico dell'orfanotrofio mi proteggeva, facendomi passare per Beta e passandomi una scorta delle erbe blocca-calore, una volta raggiunta la pubertà!" si asciugò le lacrime con la manica della casacca e tornò a guardarlo, irosa "E tu hai rovinato tutto! Io non voglio essere la schiava di un fottuto Alfa! Tantomeno voglio che sia tu quell'Alfa!"

"Credi davvero che io sia contento della situazione, racchia?!" rispose, mettendosi seduto per guardarla meglio in faccia "Non ho neanche una casa fissa, figurati se voglio avere una compagna Omega appresso, mi rallenterebbe! L'ho fatto solo perché sei in calore e non avevi il tempo di far agire le erbe! Era il modo più veloce per sopravvivere entrambi!"

Fece un respiro profondo, e alle narici gli arrivò il forte profumo del calore di Erya. Il suo corpo reagì immediatamente con delle azioni involontarie; chiuse gli occhi e cercò di mantenere la calma.

"E se non ti allontani subito di qualche passo potrei non rispondere delle mie azioni..." sussurrò.

Erya spalancò gli occhi e, con tutta la forza che aveva in corpo, gli assestò un pugno sullo zigomo, alzandosi in piedi e facendo un passo indietro.

"Tu sei solo un porco!" esclamò "Sei un porco esattamente come tutti i dannati Alfa!"

"Erya, calmati..." cercò di calmarla lui, portando le mani avanti "Non è così, cerca di calmarti, ti spiego tutto."

La giovane scosse la testa, ancora in lacrime, passandosi una mano sui segni del marchio sul collo; fece, quindi, alcuni passi indietro.

Si trovò qualcosa di strano sotto il piede, qualcosa di freddo, metallico. Non fece in tempo a togliere il peso, che quello che sembrava il ferro di una tagliola le avvolse la caviglia, provocandole un dolore anche più forte di quello del morso, che le fece quasi perdere i sensi.

Danhum scattò, afferrandola prima che potesse cadere a terra e strappando la catena che teneva ancorata la trappola al terreno.

La prese in braccio e iniziò a correre lungo il sentiero. L'ultima cosa che Erya capì, prima di svenire del tutto, fu la voce del giovane che diceva di tenere duro.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Quando si riprese, per prima cosa percepì di essere stesa su qualcosa di morbido. Un letto? Forse... era un sacco di tempo che non ne usava uno come si deve, praticamente da quando aveva lasciato l'orfanotrofio.

Aprì gli occhi, mettendo a fuoco quello che sembrava un grezzo soffitto in legno, del tipo delle povere case di campagna, con giusto il minimo indispensabile.

Si girò, trovandosi una porta chiusa a circa un metro dal letto. La stanza non aveva molto, giusto il letto e una sedia.

La porta si aprì, e Erya vide entrare un vassoio con un bicchiere di latte e una focaccia fumante, sotto di esso un bambino di non più di due anni.

Cercò di tirarsi su velocemente, ma sentì una fitta alla caviglia, così dovette rallentare e sedersi facendo più attenzione.

Il bambino finalmente arrivò e poggiò il vassoio sul letto, quindi la guardò, mostrando due luminosi occhi verde smeraldo e un grande sorriso da rubacuori.

"Tao." la salutò "Mangia."

La giovane prese, titubante, la focaccia, e ne addentò un angolo, continuando a osservare il piccolo, notando che indossava una semplice casacchina rattoppata e dei calzoncini corti, con ai piedi un paio di vecchie scarpine che avevano visto tempi migliori, ma nonostante tutto era pulito... e sembrava felice e in salute.

La focaccia aveva un ottimo sapore, tanto che senza accorgersene l'aveva finita e si era leccata le dita; non mangiava da due giorni, effettivamente, e avrebbe mangiato anche i sassi se fossero stati commestibili.

Bevve anche il latte e, finalmente, si rivolse al piccolo.

"Dove mi trovo?" chiese.

"Casa mia." rispose lui, facendo spallucce "Mama e papa aiutato zio Danhum."

Erya annuì, tastandosi i vestiti e accorgendosi che non erano i suoi. Dubbiosa si tastò il centro del petto, andando in panico poco dopo e cercando qualcosa attorno a lei.

"Stai cercando questo?" domandò la voce di Danhum, dalla porta.

La ragazza alzò gli occhi e lo squadrò. Anche lui si era cambiato, ora indossava vesti più leggere, e una fasciatura sull'avambraccio destro, ma non aveva ancora perso l'aria minacciosa, nonostante l'assenza di armi e protezioni, complici la corporatura muscolosa e massiccia e il viso indurito dalle battaglie e sfregiato dalla lunga cicatrice; nella mano sinistra, protesa verso di lei, tra il pollice e l'indice teneva una catenella in metallo prezioso con un ciondolo di forma rettangolare con una decorazione in oro e smeraldo.

"Dammelo!" esclamò, allungandosi il più possibile, poiché il dolore alla gamba le impediva di muoversi dal letto "Quello è mio!"

"Rilassati, nana!" la zittì lui "So quanto sia prezioso un ciondolo del genere, ne ho anche io uno. È l'unico ricordo che noi orfani abbiamo delle nostre famiglie d'origine, anche se non sappiamo chi siano. L'ho tenuto il tempo che ti dessero una lavata, mentre eri priva di sensi."

Detto ciò consegnò la collana al piccolo, che zompettò di nuovo verso il letto tenendo il gioiello come una reliquia e porgendolo a Erya, la quale lo prese e subito lo indossò, nascondendolo sotto le vesti.

"Bene, ora che sei sveglia faccio venire la padrona di casa ad aiutarti." concluse il ragazzo "Ti aiuterei io stesso, ma se mi avvicino troppo rischio di saltarti addosso." sogghignò, ma sembrava più rassegnazione che scherno "Sai, sei la mia Omega, e sei ancora in calore... e se ti strappo via i vestiti poi Clandys mi strappa le palle con le pinze che Jalehon usa per ferrare i cavalli, visto che è stata così gentile da darti qualche abito suo."

"Io non sono la tua omega!" ringhiò, riservandogli un'occhiataccia d'odio, proprio mentre lui lasciava passare una donna particolarmente somigliante al bambino.

Era alta, non quanto Danhum ma sicuramente più di Erya, aveva lunghi capelli neri raccolti in una treccia, le spalle larghe e le braccia muscolose abbastanza da incutere paura ma non tanto da contrastare con la femminilità che traspariva dallo sguardo, ed era visibilmente incinta.

Le sorrise, poi si voltò verso l'uomo, lanciandogli un'occhiataccia severa.

"Piantala di punzecchiarla, Danhum!" lo rimproverò "Si è appena ripresa!"

Il giovane uomo ricambiò l'occhiataccia, per poi fare un respiro profondo; questo lo fece sussultare e, con gli occhi sgranati, si portò una mano a coprirsi il naso, mentre con l'altra si aggrappò saldamente allo stipite della porta.

"Dan, amore..." intervenne la bruna, rivolta al bambino "Accompagni lo zio Danhum fuori mentre io aiuto la nostra ospite a finire di sistemarsi?"

"Sì mama!" squittì il piccolo, afferrando l'uomo per la manica e trascinandolo fuori.

Erya si sedette meglio, scoprendosi del lenzuolo per controllare la caviglia, che le faceva ancora terribilmente male; notò subito che le era stata steccata e immobilizzata, e le bende avevano visibili macchie di sangue.

"Dannazione..." imprecò a denti stretti.

"È stato Danhum a portarti qui." spiegò l'altra, mettendosi alle sue spalle per sistemarle i capelli "Abbiamo faticato a toglierti la tagliola dal piede, ma è un miracolo che la caviglia sia solo rotta. Ci vorrà un po', ma potrai riprendere a camminare. Dovresti ringraziarlo, ha corso per parecchio, casa nostra non è neanche tanto vicina al posto dove hai avuto l'incidente."

"Ringraziarlo un cazzo!" ringhiò Erya "È colpa sua se è successo! Se lui non mi avesse..."

"Ci ha raccontato cosa è successo." ammise la donna "Non ha avuto scelta, da quello che ha detto eravate in pericolo e il tuo calore avrebbe complicato le cose. Piuttosto dovresti gettare quelle erbe... a parte che ora non ti servono, ma quella robaccia alla lunga ti avrebbe avvelenato."

"Se prova solo a toccarmi giuro che lo uccido!"

"Non lo farà." la rassicurò "Da quando lo conosco, Danhum non ha mai toccato nessuna senza consenso, e infatti se vedi sta cercando in tutti i modi a resistere al richiamo del tuo odore."

Un secondo uomo, più o meno coetaneo di Danhum, ma sicuramente un po' più basso e meno massiccio, con i capelli biondi tenuti a spazzola e i vestiti impolverati, si affacciò, guardando le due donne.

"Clandys, sono tornato." la informò. 

"Jalehon, amore!" lo salutò l'altra, finendo di intrecciare i capelli all'ospite "Troveresti qualcosa da fare a Danhum, prima che decida di ammazzarsi di seghe da qualche parte? Ha bisogno di scaricare energia."

L'uomo annuì e, dopo essersi velocemente avvicinato per baciare teneramente la moglie, salutò e uscì a cercare l'amico.

Erya li osservò, notando la dolcezza tra i due e l'amore che traspariva dallo sguardo della giovane futura madre. Accennò un sorriso, ammettendo tra sé che erano una bella coppia.

"Sai, se non fosse stato per Danhum, mio marito sarebbe morto anni fa, e nostro figlio non sarebbe mai esistito." confessò Clandys, spostandosi sulla sedia per controllare la steccatura "Ci ha rimesso la sua paga mensile per salvarlo dal mercante di Omega che lo voleva vendere. Abbiamo cercato di salvarne altri ma non è stato possibile, inoltre il bastardo voleva fregarci... ho dovuto marchiarlo per evitare che lo riprendesse indietro."

"Tu sei un'Alpha?" domandò Erya, irrigidendosi.

"Sì, lo sono." ammise candidamente l'altra, sostituendo le bende macchiate "E mi sono trovata nella stessa situazione in cui si trova Danhum ora. Non volevo marchiare Jalehon, volevo solo che fosse libero, ma quello era l'unico modo per salvargli la vita. Ci sono voluti due mesi, e siamo quasi morti a causa delle reazioni ai primi calori di legame, perché ci innamorassimo..."

"I calori di legame?"

"Non te l'hanno spiegato? Dopo il marchio i legati devono unirsi entro tre calori, o si rischia di morire. Danhum sta facendo uno sforzo sovrumano, e tu al momento non ti stai rendendo conto, anche perché sei ferita, per cui il tuo corpo sta dando priorità ad altro, ma dovrete farlo. Quando è successo a me è stato orribile, dopo mi sono sentita uno straccio..."

"Col cazzo che l'idiota mi tocca!" ringhiò la giovane, stringendo i pugni "Preferisco morire!"

"Va bene." sospirò Clandys, afferrando da terra la borsa di Erya "Però dimmi una cosa... quei soldati ti cercavano perché hai rubato qualcosa dal castello, vero?"

"Beh, è così che campo, o almeno ci provo." ammise, prendendo la borsa e stringendola al petto "Speravo di riuscire a vendere qualche oggetto al mercato nero, ero entrata lì, ma le guardie mi hanno beccato subito. Sono riuscita a prendere solo una cosa, ma non so neanche se sia vendibile..."

Aprì la lingua di cuoio che chiudeva il sacco e, lentamente, ne tirò fuori un involto, quindi con cura spostò i lembi, rivelando il suo interno.

Era un volume in pelle scura, con decorazioni metalliche dorate e una fascia che lo chiudeva, agganciandosi a un pezzo di metallo robusto inglobato nella copertina con dei segni in traforo, che doveva essere il lucchetto, ma non c'era né il foro di una chiave né un meccanismo di apertura visibile.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Clandys sfiorò le dorature della copertina con attenzione, esaminando il bottino della ragazza, quindi scese con i polpastrelli fino alla placca di metallo.

"Non credo saresti riuscita a venderlo." ammise la donna, senza scomporsi "Sembra estremamente prezioso e unico"

Lo prese tra le mani, continuando a esaminarlo, quindi passò la mano su una decorazione posta vicino alla placca.

Era il disegno di un sole color rubino sovrapposto da una luna crescente color smeraldo. Era un colore insolito, ma a Clandys ricordava qualcosa.

Spalancò gli occhi, e quasi le cadde il libro dalle mani, ma subito lo afferrò e lo rimise nella borsa di Erya.

"Credo di sapere cosa sia!" ammise "Ma tienilo qui, non mostrarlo a nessuno finché non te lo dico io... dobbiamo aspettare qualche giorno che ti passi il calore, perché voglio parlarne anche con Danhum."

Erya obbedì e rimise il libro nella sua sacca, stringendola al petto.

Ci volle qualche giorno perché la ragazza potesse alzarsi, usando delle stampelle per non pesare sulla caviglia rotta.

Era il primo pomeriggio, il sole era caldo e Erya aveva deciso di spostarsi fuori, seduta a un vecchio tavolino insieme a Clandys, mentre i due uomini tagliavano la legna, facendo scorta per l'inverno che sarebbe arrivato entro un paio di mesi.

Il piccolo Dan correva nel giardino, ridendo e saltellando come facevano tutti i bambini alla sua età, senza alcun pensiero se non quello di crescere sereno e amato.

Danhum finì di tagliare l'ultimo ciocco, quindi posò l'ascia e si asciugò il sudore. Quando anche Jalehon ebbe fatto, entrambi andarono a rinfrescarsi al pozzo, togliendosi la casacca per potersi lavare meglio.

Le due donne li osservarono, bevendo un infuso fresco e chiacchierando tra loro.

"Quando viene a trovarci lavora sempre duro." commentò Clandys, sorridendo "Inoltre Dan lo adora, gli sta sempre intorno... grande e grosso, ma quando vede un bambino diventa un tenerone."

"Tenerone? Da quando?" la interruppe Erya "Ci sono cresciuta insieme, credimi, Danhum è un bullo fatto e finito."

"La guerra cambia le persone, racchia." si intromise il diretto interessato, che si era avvicinato, fermandosi alle sue spalle "Sono stato comandante dell'esercito del Re, insieme a Clandys. Abbiamo visto cose che non puoi neanche immaginare... siamo resistiti un anno lì dentro, poi ce ne siamo andati." si sedette accanto a lei, versandosi un bicchiere di infuso e, senza preavviso, la annusò, facendo scattare la ragazza, che gli piantò una manata in pieno volto.

Il giovane non fece una piega, si limitò a sorridere, penetrandola con i suoi occhi di ghiaccio.

"A quanto pare, finalmente, posso sedermi qui senza sentire l'impulso di scoparti."

Erya gli riservò un'occhiataccia d'odio e tornò a rivolgersi alla padrona di casa, restando per un momento sorpresa di quello che vide.

Jalehon, ancora a torso nudo, si era avvicinato, abbassandosi sulla compagna e coinvolgendola in un audace quanto profondo bacio sulle labbra, tenendo delicatamente una mano sul pancione.

La ragazza non era abituata a certi atteggiamenti, soprattutto tra persone Alfa e Omega, in quanto aveva visto solo omega trattati come schiavi, ed era uno dei motivi per cui aveva continuato a nascondersi, anche con la complicità del medico dell'orfanotrofio; vedere i padroni di casa in quel frangente fu strano per lei: Jalehon era l'omega, e aveva scoperto essere il partoriente del loro figlio, eppure non aveva nessuno degli atteggiamenti che ci si aspetterebbe a una persona del loro genere, almeno non in pubblico. Se qualcuno li avesse visti in quel momento avrebbe pensato sicuramente che lui fosse un altro Alfa o al massimo un Beta.

I due si allontanarono, fissandosi per un attimo negli occhi in un modo talmente dolce che a Erya si sciolse il cuore: erano davvero innamorati, di un amore puro e sincero che era difficile da vedere in giro.

Danhum, senza preavviso, la prese in braccio e si alzò, chiamando il bambino e incamminandosi verso un lago poco lontano dalla casa della famiglia.

"Lasciamo loro un po' di privacy." sussurrò "Ne hanno bisogno, diamo loro un paio d'ore per sé stessi, che quando nascerà il bambino non ne avranno più molto."

Erya non poté fare altro che acconsentire, per la prima volta da quando si erano rincontrati erano d'accordo: Clandys e Jalehon stavano davvero bene insieme, erano innamorati, e tiravano avanti nonostante le difficoltà.

Si sistemarono vicino alla riva, mentre Dan correva intorno a loro, dando ascolto all'avvertimento di non allontanarsi per nessun motivo.

Il giovane uomo sistemò la bionda sull'erba, sedendosi accanto a lei e guardando lo specchio d'acqua di fronte a loro. Restarono in silenzio per qualche minuto, osservando il bambino che si divertiva sentendo l'erba sotto i piedi nudi, finché non fu lo stesso Danhum a parlare.

"Che ci faceva un'omega in un orfanotrofio riservato a Alfa e Beta?" domandò.

"Io so solo che il dottore del nostro orfanotrofio era l'unico a sapere." rispose lei, passando le mani tra i fili d'erba.

"Uhm... va bene." taglio corto l'altro "Comunque Clandys mi ha riferito del bottino che hai sgraffignato alla Famiglia Reale... e dalla descrizione credo di sapere cosa sia. Ovviamente, prima, devo vederlo, ma una cosa è certa: non possiamo restare ancora qui o Clandys, Jalehon e Dan saranno in pericolo."

"E dove dovremmo andare?"

"Mi metterò in contatto con una delle squadre del Falco." rispose il giovane, e allo sguardo confuso di Erya sorrise "Sì, sono nella Resistenza, e anche Clandys e Jalehon lo sono, e anche il dottore dell'orfanotrofio, l'ho rivisto di recente."

"Il F... Falco?" chiese la ragazza, sconvolta "Il leggendario capo della Resistenza che nessuno è mai riuscito a trovare? Lo conosci?"

Danhum rise di nuovo, alzandosi in piedi e ripulendosi i pantaloni con le mani.

"Ragazza mia, l'identità del Falco è ignota perfino ai suoi stessi seguaci." confessò, prendendola in braccio e richiamando il bambino "Torniamo a casa, dobbiamo iniziare i preparativi per il viaggio."

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Capitolo 6
*** 6 ***


Ci volle qualche giorno per preparare tutto.

Venne allestito un carro piccolo e maneggevole, abbastanza grande per portare tutto l'occorrente e poterlo usare per dormire la notte ma abbastanza piccolo e maneggevole da poter essere lanciato a una buona velocità in strade sterrate. Vennero anche preparati due cavalli tra i più robusti di quelli che Jalehon e Clandys avevano nella loro fattoria.

Qualche giorno dopo, Erya si svegliò di buonora, alzandosi dal letto e raggiungendo gli altri fuori, saltellando con le sue stampelle.

Appena uscita nel giardino, vide Jalehon che preparava le ultime cose per il loro viaggio, mentre Dan saltellava attorno a lui, allegro. Poco lontano, Danhum e Clandys scrutavano il cielo, in cerca di qualcosa.

"Che stanno facendo?" domandò la ragazza, sedendosi vicino al carro.

"Stanno aspettando la risposta dal quartiere generale della Resistenza." spiegò l'altro, spostando una piccola cassa sul carro "Vi dirà quando partire e quale strada fare."

Si asciugò il sudore e si fermò, sedendosi accanto a Erya. Prese la borraccia e bevve un lungo sorso, riprendendo poi a parlare.

"E prima che partiate devo dirti alcune cose, ed è importante che tu ascolti, okay?"

"Di che si tratta?" lo incitò lei, voltandosi. Jalehon spostò lo sguardo sulla base del collo, dove le era stato fatto il marchio di legame, in quel momento nascosto sotto la maglia "Ah, questo... che c'è da dire? Il coglione mi ha marchiato senza chiedermi cosa ne pensassi."

"Sì, ha a che fare con il marchio." confermò "Ma la cosa non ti piacerà affatto... si tratta del rito del consolidamento del legame, che va fatto non oltre il terzo calore dopo il morso."

"Che?! Ma sei scemo?! Io col cazzo che consolido il legame con... con quello!" protestò, indicando Danhum, che ancora stava scrutando il cielo, tenendo teso un guanto per rapaci.

"Purtroppo non puoi sottrarti alla cosa... nemmeno io volevo farlo, ma ho dovuto, o sarei morto... e anche Clandys, forse, non sarebbe qui. È un requisito di sopravvivenza: l'Alpha e l'Omega devono unirsi entro il terzo calore dell'Omega, o quest'ultimo morirà, e anche per l'Alpha si rischia." fece un respiro profondo "Clandys si è sentita in colpa per un mese, pensava di avermi costretto, e invece ero più che consente, nonostante il dolore fisico che stavo provando poco prima... ci siamo salvati la vita a vicenda. Lo stesso dovrai fare tu: i prossimi calori saranno tra i più dolorosi che proverai, credimi, e so già che Danhum non vuole starti vicino per non fare nulla di sconveniente, ma se volete sopravvivere dovete completare il legame, è un passaggio indispensabile, poi dopo andrà tutto molto meglio. E non preoccuparti, non è detto che si concepisca al primo colpo: per avere Dan ci abbiamo provato tre mesi, non riuscivo a rimanere incinto, mentre questa volta, che ha voluto farlo Clandys, è successo al primo colpo." sorrise, pensieroso, e tornò a osservare gli altri due.

Pochi secondi dopo un enorme rapace, un falco dal piumaggio chiaro, planò sulle loro teste, andando a posarsi sul guanto di Danhum. Nel vederlo, Jalehon scattò in piedi.

"Cazzo! Quello è l'animale del Falco! Quel libro che hai prelevato è qualcosa di scottante per scomodare il comandante segreto della Resistenza in persona!"

Danhum diede un pezzo di carne secca al volatile e gli carezzò le piume della pancia, sorridendo, quindi prese il rotolo di carta annodato alla sua zampa, lo aprì e lesse il contenuto. Fatto ciò, disse qualche parola all'amica, si avvicinò agli altri due, prese un foglio da una delle sue borse e scrisse qualcosa, affidandolo nuovamente al maestoso animale, che spiccò il volo mentre lui bruciava il foglio con il messaggio dal quartiere generale.

"Come siamo messi con i preparativi del carro?" domandò.

"È tutto pronto." riferì l'altro, prendendo le briglie del cavallo che li avrebbe portati a destinazione "Quando deciderete di partire vi aggancio Zongal, è il più resistente tra i nostri cavalli."

"Perfetto. Partiamo subito!" rispose il giovane guerriero "Ci aspettano al quartiere generale, ma ci hanno chiesto di seguire una strada non diretta, per sicurezza; sanno che ci metteremo molto tempo a raggiungerli, ma non voglio prendermela troppo comoda."

Clandys annuì, prese la mano del figlio ed entrò in casa, uscendo dopo poco con un cesto piuttosto grande, trasportato sopra la testa dal piccolo, che sembrava essere ancora più piccolo in quel frangente.

"Sapevo che sareste dovuti partire a breve." ammise "Ho già fatto mettere delle cose a bordo, qui c'è un po' di cibo e dei miei vecchi vestiti di ricambio per Erya, più altre cose utili..."

"Grazie mille, amica mia." acconsentì Danhum, prendendo il cesto e scompigliando i capelli di Dan "Ci vediamo presto."

Mise via le ultime cose, mentre Erya salutava i padroni di casa, poi tornò da loro, strinse la mano e abbracciò amichevolmente Jalehon e si avvicinò a Clandys, le sorrise, per poi darle un bacio sulla guancia e abbassarsi per coccolarle il pancione, con una carezza e un altro bacio.

Questo gesto non scappò agli occhi della giovane, che restò perplessa, salendo sul carro e mettendo a posto la stampella; nessuno però disse nulla, quindi decise di tacere, facendo spazio a Danhum, che spronò il cavallo.

"Mi raccomando, non correte pericoli inutili!" si assicurò, mentre si allontanavano dalla fattoria "Se dovete mettervi in marcia aspettate di stare bene tutti quanti e di essere al sicuro!"

Non percepì la loro risposta, perché il cavallo aveva già preso velocità e loro avevano girato la curva, perdendosi alla vista della famiglia loro amica.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Viaggiarono per parecchi giorni, cambiando spesso direzione e passando il meno possibile vicino ai centri abitati.

Ad un certo punto Erya perse il conto dei giorni di viaggio, anche perché non lasciavano mai il carro, dormivano a bordo e si fermavano giusto la notte per riposare o quando trovavano uno specchio d'acqua per potersi dare una sciacquata e riempire le borracce, facendo scorta per sé e per il cavallo.

Non avevano neanche problemi per quanto riguarda il cibo, in quanto Clandys li aveva riforniti di provviste a lunga conservazione che sarebbero bastati due mesi abbondanti perfino a una famiglia con una marea di figli affamati, per cui raccoglievano giusto alcuni frutti selvatici quando riuscivano a trovarli.

Danhum stava sempre molto attento alla strada, sapeva perfettamente dove stessero andando e calcolava le deviazioni con attenzione, tanto che Erya lo disturbava giusto quando dovevano mangiare, ma il resto del tempo lo passava a piegare i vestiti che avevano messo ad asciugare nel carro dopo averli lavati nell'ennesimo torrente di passaggio, oppure a guardare il panorama, cercando di capire dove fossero diretti, oppure ancora sonnecchiava nel materasso, cullata dal movimento ritmico delle ruote sulla strada sterrata.

Quel pomeriggio si era alzata la nebbia e dovettero rallentare un po' l'andatura per non rischiare di perdersi.

La ragazza si sedette davanti, accanto al conducente, porgendogli delle gallette con della carne secca, che lui prese e mangiò piano, senza togliere gli occhi dal cavallo e da quel poco che vedeva della strada.

"Sicuro che non ci perdiamo?" domandò Erya, sgranocchiando il suo spuntino.

"Sono sicuro." ammise Danhum, spostando appena lo sguardo "Quello che mi preoccupa è che non abbiamo trovato neanche un posto di blocco della guardia reale, dopo quello che abbiamo fatto settimane fa. Dobbiamo fare attenzione."

"Che facciamo nel caso?" chiese lei, preoccupata.

"Tanto per cominciare... Nascondi il marchio." ordinò, spostandole lo scialle che le copriva le spalle proteggendola dalla frescura, in modo da coprire il segno del morso che le aveva fatto settimane prima "Un'Omega che viaggia libera con un Alpha desta sempre sospetti. Lascia parlare me, assecondami se racconto qualche balla, okay? E mantieni la calma."

"Ehi guarda che quello che è impazzito e ha ucciso dieci guardie sei tu, mica io!" protestò lei, guardandolo male.

"Perché eri in calore e ti avevo appena morso. Hai fatto scattare il mio istinto di protezione. Spero che non entri in calore nel momento meno opportuno o siamo nei guai... Non posso ammazzare altre guardie." concluse, cupo, scrutando l'orizzonte perso nella nebbia.

"Io sono regolarissima. Mancano ancora dei giorni!" esclamò Erya, ma venne zittita dal compagno di viaggio, che aveva rizzato le orecchie.

Poco lontano si sentiva il chiacchiericcio di alcuni uomini, proprio sulla strada che stavano percorrendo.

"Un posto di blocco." sussurrò Danhum "Erya, mi raccomando..."

La giovane annuì, sistemandosi meglio lo scialle sulle spalle e guardando fissa di fronte a sé. Aveva ragione, non potevano permettersi di lasciare altri cadaveri lungo la strada, o quel viaggio sarebbe stato vano.

Finalmente arrivarono al blocco. Un soldato afferrò le briglie del cavallo per farlo fermare, mentre un secondo affiancava il carro, avvicinandosi ai due; altri due soldati restarono a distanza, pronti ad ogni evenienza.

Danhum osservò l'uomo più vicino, e sul suo volto si aprì un gran sorriso.

"Garsen! Quanto tempo!" esclamò.

"Oh... Comandante Danhum!" lo riconobbe l'altro.

"Non sono più comandante, lo sai! Mi sono ritirato dall'Esercito Reale." lo corresse il moro, mantenendo il sorriso.

"Ah, già, è vero!" si ricordò Garsen, colpendosi la fronte con il palmo "Dopo che hai comprato quello schiavo! E dimmi, ce l'hai ancora?"

"A dire il vero l'ho ceduto. Ho ben altri gusti, sai..."

Si voltò per un attimo verso Erya, per assicurarsi che stesse bene, e finalmente l'altro notò anche lei.

"E lei chi è?" domandò.

"Lei... beh, lei è il motivo del mio viaggio." rispose, senza pensarci troppo.

Fece una pausa e tornò a guardare il soldato, incuriosito e forse un po' insospettito.

"Beh, vedi..." si affrettò ad aggiungere "Come ho detto poco fa, ho altri gusti. E per l'appunto... lei è mia moglie."

Passò un braccio attorno alle spalle della ragazza che, non vista, gli diede un pizzicotto punitivo sul fianco, sorridendo al soldato. Danhum non si scompose, limitandosi a stringerla e tornando a rivolgersi al suo interlocutore.

"Stiamo andando a Ribr." continuò, nominando un villaggio non vicino alla loro posizione, ma situato oltre il posto di blocco "Lì vivono i miei suoceri... sapete, sto per diventare padre, avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile."

Per enfatizzare il messaggio le posò una mano sulla pancia. Il sorriso di Erya si allargò, e alzò lo sguardo, incrociando il suo; per rendere la bugia più credibile si scambiarono un bacio, ma la ragazza non si lasciò sfuggire l'occasione per dargli un altro pizzicotto punitivo di nascosto.

Il soldato, a quel punto, si allontanò, facendo segno al collega che teneva fermo il cavallo di lasciarli passare, e loro poterono ripartire.

Danhum spronò il cavallo, continuando a tenere una mano attorno ai fianchi della compagna di viaggio, guardandosi alle spalle ripetutamente per gran parte del percorso; arrivati a un bivio si fermò, attendendo ancora. Si guardò per l'ultima volta indietro, poi lanciò un'occhiata alla strada di sinistra, sul fondo della quale si intravvedeva un borgo fortificato e, con una mossa veloce, spronò a tutta velocità l'animale sul sentiero di destra, in direzione delle montagne.

"Ma che..." si lamentò Erya, reggendosi al bordo della panca.

"Zitta! Ti dico dopo!" la zittì il giovane "Prima lasciamo un po' di distanza dal posto di blocco!"

E così fece. Una decina di kilometri più avanti, quando la bestia iniziò a dare segni di stanchezza, finalmente decise di fermarsi, addentrandosi in un piccolo boschetto vicino a un fiume, appena fuori dal sentiero principale.

"Okay, qui siamo al sicuro." riferì Danhum "Scusa, dovevo essere certo che non ci seguissero. Comunque qui dovremmo essere al sicuro, siamo quasi al confine del Granducato di Hae; la famiglia che possedeva queste terre è estinta, ma è rimasta zona franca e gli uomini del Re difficilmente entrano..."

Non riuscì a finire la frase che la ragazza lo colpì a tradimento con una raffica di ceffoni.

"Come cazzo ti è saltato in mente di farmi passare per tua moglie?!" ringhiò, continuando a colpirlo "Ma io ti uccido! Tu sei fuori di testa!"

Danhum dapprima si riparò, ma alla fine afferrò i polsi della giovane, bloccandola.

"Te l'avevo detto che avrei dovuto improvvisare, scema!" spiegò, guardandola negli occhi.

"Non puoi pretendere che non mi arrabbio! È tutta colpa tua che non sai tenere a posto i tuoi sudici canini Alpha se sono in questa situazione del cazzo!"

"Guarda che neanche a me fa piacere questa situazione." si giustificò il moro, più calmo "Con la vitaccia che faccio non voglio neanche trovarmi una compagna Alpha o Beta, figurati se volevo marchiare una Omega, tantomeno una palla al piede come sei tu!"

"Sarò anche una palla al piede, ma intanto mi hai baciato, prima." lo incalzò lei, alzando lo sguardo in segno di sfida.

"Guarda che sei stata tu a baciare me, io sono solo stato al gioco!"

"Beh, certo, se dovevo assecondare la tua balla che volevi che facessi?" fece un sospiro scocciato, distogliendo lo sguardo "Ma perché ho deciso di sprecare il mio primo bacio con un tale stronzo?"

"Quindi era il tuo primo bacio?" rincarò la dose Danhum, sorridendo in tono canzonatorio, ormai deciso a non dargliela vinta, come quando erano bambini "Magari sei pure vergine... la cosa non mi stupisce, sai? Una racchia come te chi vuoi che se la prenda?"

La provocazione riuscì, il volto di Erya si contrasse in un'espressione di odio misto a rabbia, si dimenò, cercando di liberarsi dalla presa, e i suoi occhi spalancati si riempirono di lacrime.

Il ragazzo non la lasciò andare, finché lei, improvvisamente, sembrò perdere le forze, impallidì e la sua espressione si tramutò in dolore, che pareva sopraggiunto all'improvviso e in maniera molto intensa.

Questo cambiamento lo destabilizzò, non capendo cosa stesse succedendo, mollò la presa e fissò la ragazza, confuso.

Poi un odore dolciastro e inebriante di calore Omega a lui noto raggiunse le sue narici, e con esso un forte dolore generalizzato di cui non seppe individuare l'origine colpì tutti i suoi muscoli.

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Capitolo 8
*** 8 ***


Danhum si portò una mano a coprirsi il naso, cercando di resistere, mentre allungava l'altra ad afferrare la sua sacca.

"Allontanati!" le ordinò, rovistando nel bagaglio.

Erya lo fissò, tenendo una mano sulla testa e l'altra ad avvolgersi il ventre, respirando affannosamente per il sopraggiunto calore. Non si mosse, confusa dallo shock e dai dolori che sentiva ovunque.

"Allontanati, Erya!" ringhiò il giovane, mostrando le zanne quasi del tutto visibili "Veloce, finché sono in grado di controllarmi! Stammi ad almeno dieci passi! Ti dico io quando puoi tornare qui!"

La ragazza sembrò ridestarsi, afferrò la stampella e scese dal carro, facendo come ordinato, seppur rallentata dalla caviglia ancora non completamente a posto.

Si stava facendo buio, anche se la nebbia si era diradata non poteva comunque allontanarsi troppo, o sarebbe stato più pericoloso che stare vicino al suo Alpha nel pieno della follia causata dal calore. Si fermò al primo albero e guardò verso il carro.

Sul cielo tinto di rosso spiccava la sagoma nera del ragazzo che armeggiava con qualcosa ai suoi piedi, sul seggiolino anteriore del mezzo di trasporto. Lo vide accucciarsi, sembrò tirare qualcosa con forza usando entrambe le braccia, infine si calmò, richiamandola a bordo.

Cauta si avvicinò, reggendosi alla stampella, e si arrampicò a bordo, sedendosi nuovamente al suo posto.

E lo vide.

Si era incatenato alla panca con robuste catene, bloccate da un grosso lucchetto, la cui chiave era poggiata di fronte a lui.

Dunham indicò l'oggetto.

"P... prendila..." balbettò, visibilmente sofferente "Tienila tu... m... mi libererai qu... quando sarà... sarà tutto finito..."

La bionda eseguì, tenendo la chiave tra le mani. Anche lei stava soffrendo parecchio, come non aveva mai sofferto prima durante i calori; evidentemente quelle voci erano vere.

In silenzio si alzò, spostandosi sul retro del carro, prese la sua coperta, avvolgendosela attorno alle spalle, e si accovacciò sul materassino che usava per dormire, cercando di riposarsi.

Sentiva Danhum a pochi metri da lei, sentiva che si dimenava, che cercava di spezzare le catene; evidentemente il suo odore lo stava facendo impazzire.

Non che lei fosse messa meglio: oltre al dolore generalizzato, ora sentiva bruciare, sentiva come se un fuoco la inondasse dall'interno, partendo dal ventre fino alle estremità; faceva male, stava sudando, e arrivò a desiderare che tutto quell'incubo finisse in fretta.

Scoppiò a piangere, abbracciandosi le ginocchia.

Se solo quell'idiota non l'avesse marchiata ora non si sarebbero trovati in quella situazione.

Se solo il calore non avesse anticipato non starebbero perdendo tempo lì, col rischio, magari, di essere sorpresi da qualche soldato.

Si portò le mani alla testa, cercando di trovare un po' di lucidità.

Cosa doveva fare?

Cosa voleva fare?

La soluzione arrivò, folgorandola.

Afferrò la chiave e si tirò su, zoppicando verso il compagno di viaggio.

Lo guardò negli occhi, notando subito l'angoscia che lo dilaniava, e si sedette di fronte a lui, più vicino di prima.

Fece per inserire la chiave nella serratura ma lui la bloccò, coprendo il lucchetto.

"NO!" esclamò, con tutta la forza che aveva in corpo "Non voglio farti del male!"

La giovane non si scompose, si asciugò le lacrime miste al sudore che le bagnavano le guance e si avvicinò ancora, poggiando la fronte su quella di lui, delicata, passandogli una mano sulla nuca, sotto la lunga coda, cercando di tranquillizzarlo con quel gesto.

"Io mi fido di te." sussurrò "Non mi farai del male. Tu ti fidi di me?"

Danhum esitò, tenendo lo sguardo basso e stringendo i denti, e alla fine inspirò a lungo e annuì.

La serratura del lucchetto scattò immediatamente, e il ragazzo si liberò in un istante, afferrando la bionda con un gesto veloce, tanto che si ritrovò stesa sul materasso dove si era sistemata poco prima, con il peso dell'altro che la bloccava, senza sapere come erano arrivati lì.

Il giovane restò immobile, col fiatone che cercava di far passare, le mani ben salde sul materasso e gli occhi fissi su quelli di Erya.

Lei non sembrava impaurita, anzi, il suo sguardo traspariva fiducia nei suoi confronti, anche se ogni tanto il suo volto si contorceva in una smorfia di dolore, forse lo stesso che provava lui a ogni respiro, ogni volta che il suo profumo gli riempiva le narici.

Aveva fiducia in lui, per questo non doveva cedere, non poteva farle del male.

Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Di nuovo quel profumo lo colpì, quasi facendolo impazzire; sentì la piccola mano della ragazza sfiorargli la guancia. Era calda, delicata, non sembrava la stessa che qualche anno prima gli aveva rotto il setto nasale.

"Mi fido di te, Danhum." sussurrò di nuovo, tranquilla, continuando a tenergli la mano sulla guancia.

Riaprì gli occhi, incrociando di nuovo quelli di lei. Notò le righe umide delle lacrime, e questo lo colpì come una pugnalata al cuore.

In passato l'aveva fatta piangere tante volte con il suo comportamento, non gli era mai importato più di tanto, ma quella volta ne rimase scosso, trovandosi a pensare di non volerla più vedere piangere a causa sua.

Passò i pollici sugli zigomi, cercando di asciugarglieli.

"Perdonami..." disse, con un filo di voce, abbassandosi per mettere in contatto le loro fronti "Perdonami..."

Senza pensarci troppo le posò un leggero bacio sulle labbra, poi un secondo e un terzo, e quando si rese conto che lei rispondeva approfondì.

Erya lo lasciò guidare, chiudendo gli occhi e ricambiando ogni bacio.

Erano i suoi primi baci, li stava ricevendo da un uomo che l'aveva tormentata fin dall'infanzia, eppure si stava sentendo bene, il dolore che sentiva si stava attenuando a ogni caldo tocco delle labbra, ogni volta che la lingua di lui trovava la sua.

Un piacevole calore le avvolse il cuore, quando Danhum si allontanò per prendere fiato, sorridendole debolmente.

La piccola mano si spostò, scendendo sul collo, fino al colletto della casacca, sfiorandogli i muscoli, lentamente. Si insinuò sotto la stoffa, fino a dove riuscì ad arrivare, toccando la catenina che teneva nascosta sotto i vestiti.

Un altro sguardo, e Danhum intuì le sue intenzioni; si sfilò la casacca, rendendo accessibili alle mani della ragazza i muscoli scolpiti dalle battaglie combattute negli ultimi tre anni.

Erya sfiorò i pettorali, e scese sugli addominali, seguendo ogni linea, ammirando le forme del corpo del giovane uomo.

Doveva ammetterlo: era davvero ben messo, già sapeva che era alto e possente, ma vederlo così da vicino era tutta un'altra cosa.

Danhum si abbassò ancora su di lei, riprendendo a baciarla, mentre la aiutava a liberarsi degli ingombranti abiti che lei aveva ancora addosso.

La baciò ancora, passandole la mano lungo i fianchi, ora liberi dalle stoffe.

Sentì che cercava di sganciare la fibbia della cintura e scoppiò a ridere, sollevandosi a reggersi con un braccio per correre in suo aiuto.

"Faccio io." sussurrò, liberandosi anche di calzoni e stivali, mentre lei si sfilò gli ultimi indumenti, arrossendo quando si accorse dello sguardo del giovane, fisso sulle sue curve.

Sì, perché Danhum restò colpito dalle forme di Erya: era minuta, apparentemente magra, ma sotto gli abiti nascondeva un corpo molto femminile, un corpo che, ne era certo, sarebbe riapparso nei suoi sogni più audaci, da quel momento in poi.

Si abbassò nuovamente su di lei, questa volta posando le labbra sul marchio, mente le mani si mossero da sole, guidate dall'istinto e dalle reazioni della partner, preparando entrambi all'ultimo passo, quello che avrebbe reso il legame del marchio indissolubile.

Erya non se l'aspettava.

Fin dal primo movimento del compagno sentì ogni cellula del suo corpo andare piacevolmente a fuoco, il cuore iniziò a battere freneticamente, all'unisono con quello di Danhum, ogni tocco accendeva i suoi sensi, tanto da desiderare che quel momento non finisse mai.

Danhum fu molto attento; era cosciente di essere più massiccio e forte di lei e che una mossa sbagliata avrebbe potuto farle male, ma bastò osservare l'espressione distesa di Erya per tranquillizzarlo, e allo stesso tempo indurlo a continuare.

Prese la situazione in mano, conducendo lui il gioco, regolandosi sulle reazioni di lei. Si sorprese a pensare quanto il volto della ragazza fosse bello, a volerlo vedere ancora, continuare a far l'amore con lei finché non avesse più forze, solo per vederla così: fragile e forte allo stesso tempo, completamente affidata a lui, persa tra le sue braccia, consapevoli entrambi che da quel momento in poi sarebbero stati uniti per sempre.

E insieme giunsero alla conclusione, scambiandosi un ultimo intenso bacio.

Danhum, finalmente, la liberò del suo peso e raccolse la coperta, coprendo entrambi, e lei poggiò la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi.

"Perdonami, Erya." ripeté il giovane, passando una mano tra i capelli della ragazza.

"Se lo ripeti ancora una volta ti stacco le palle e te le faccio ingoiare, idiota!" lo minacciò, riprendendo il suo solito tono acido "Tanto ora non ti servono più."

Il moro sorrise, fissando la luna piena appena sorta.

Nonostante ciò che era appena successo, certe cose non sarebbero cambiate.

Stranamente, trovò questa cosa confortante.

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Capitolo 9
*** 9 ***


Erya sentì i caldi raggi del sole colpirle il volto, e lentamente si svegliò.

Sentiva tutti i muscoli doloranti, ma non era lo stesso dolore che aveva sentito il giorno prima, a causa del calore, era più simile a quello che percepiva quando camminava per ore senza riposare.

Poco per volta prese coscienza di ciò che la circondava. Sentì la coperta, tirata fino al naso, che la riparava dalla frescura del mattino, il materasso sottile che aveva steso sul pavimento del carro, e, a farle da cuscino, il petto nudo di Danhum, che ancora dormiva profondamente, russando come un calabrone incazzato.

Alzò lo sguardo fino al suo volto. Era girato verso di lei, e la cosa che la colpì fu l'espressione serena, a tratti infantile, che aveva assunto, un'espressione che sembrava quasi stonare con la cicatrice che gli sfregiava la guancia destra, ora parzialmente nascosta sotto i lunghi capelli disordinati.

Clandys le aveva raccontato come se l'era fatta: quando avevano trovato Jalehon e avevano deciso di liberarlo, Danhum non solo ci aveva messo i propri soldi, ma aveva anche dovuto fare a pugni con un altro acquirente, che lo aveva sfidato in una lotta a mani nude per decidere a chi spettasse lo schiavo Omega. Però l'avversario non aveva tenuto fede ai patti e, quando si era sentito messo alle strette, aveva estratto un piccolo pugnale e aveva colpito il ragazzo in faccia. Questa mossa non gli aveva fatto guadagnare la vittoria, ma se avesse mirato poco più a sinistra Dunham avrebbe potuto perdere l'occhio.

Erya sospirò e mosse la mano che teneva poggiata sul busto del ragazzo, finché non si trovò qualcosa sotto il palmo; si trattava del ciondolo personale di Danhum, il ricordo di famiglia degli orfani senza passato.

Lo afferrò con attenzione, osservandolo. Non era tanto diverso da quello che aveva lei: stessa dimensione, una forma simile, allungata, con un disegno di pietre preziose.

Quello di Erya rappresentava una piuma, creata accostando delle piccole pietre di smeraldo e bordata in oro, con la parte sottile verso il basso e curvata nella forma di un mezzo cerchio con le due punte rivolte verso sinistra.

Anche il ciondolo di Danhum rappresentava una piuma, con la differenza che era composto di piccoli rubini con decorazioni argento e la parte sottile era rivolta verso l'altro. Inoltre la forma semicircolare aveva le due punte rivolte verso destra.

Presa dalla curiosità, affiancò i due oggetti. La dimensione era la stessa, e accostate formavano un cerchio perfetto. Inoltre entrambe avevano una decorazione tridimensionale del metallo prezioso corrispondente che, se messe a contatto, formavano una piccola piramide perfetta.

Danhum smise di russare, segno che si stava svegliando; la ragazza lasciò andare il gioiello e tornò a guardare il compagno di viaggio, che aprì gli occhi, ancora assonnato.

"Era ora!" borbottò lei, tiransosi su e guardandolo storto "Finalmente hai smesso di russare! Non ne potevo più!"

"Guarda che è colpa tua se russo." rispose lui, mettendosi seduto, con i gomiti sulle cosce, e strofinandosi gli occhi per svegliarsi "Sei stata tu a rompermi il setto nasale!"

"Vaffanculo, e intanto che ci vai lavati! Puzzi come un caprone!" lo insultò la ragazza, cercando i suoi vestiti.

A quel punto lui si avvicinò alle sue spalle, poggiandole il naso sul collo senza preavviso, facendola sussultare, e annusandola e passandole un braccio attorno alla vita.

"Mh... Bene, allora vieni con me!" esclamò "Hai addosso il mio odore, quindi puzzi anche tu!"

La sollevò con facilità e, dopo aver recuperato gli abiti di entrambi, la trasportò giù dal carro, fino al fiume poco lontano, che in quel punto faceva un'insenatura bassa e calma, fatta apposta per potersi immergere senza essere trasportati dalla corrente.

Sistemò i vestiti sulla riva ed entrò in acqua, a quel punto lasciò finalmente andare la giovane, che gli diede le spalle e iniziò a lavarsi, tenendo il broncio.

Danhum rise, sciogliendosi i capelli e passandoci le mani prima di immergersi completamente. Quando riemerse si avvicinò a Erya e le strofinò la schiena, dove lei non riusciva ad arrivare da sola.

"Rilassati!" le disse, appena percepì che si era irrigidita "Ti sto solo aiutando a lavarti. Non ho secondi fini."

"Sarà anche meglio." ringhiò lei, acida "Tanto non l'avresti vista comunque. E se non fosse stato perché mi hai morso, fosse stato per me non l'avresti vista neanche ieri sera!"

"Intanto guarda il lato positivo: al prossimo calore non sarà più così doloroso e sarà anche più semplice per me starti vicino senza sentire l'impulso di saltarti addosso."

Erya borbottò tra sé, mentre Danhum finì di lavarsi e uscì dall'acqua, prendendo i suoi pantaloni e infilandoseli.

La ragazza fece un po' più fatica, a causa della caviglia ancora messa male, ma lo seguì, rivestendosi e raccogliendo i capelli biondi in una treccia, a differenza di Dunham, che di fece una coda e la bloccò con un nastro rosso.

Erya lo osservò, vedendo in quel nastro qualcosa di famigliare, e finalmente le venne in mente cosa fosse.

"Brutto coglione di un deficente ladro!" esclamò, tirandogli una sberla sul braccio "Quello era il mio nastro per i capelli! Credevo di averlo perso quattro anni fa, invece me l'avevi rubato tu!"

Il giovane sorrise, prendendola in braccio per non farle affaticare la caviglia malconcia, ma alla vista del broncio della bionda dovette rispondere.

"Volevo un ricordo della mia vittima preferita." ammise candidamente, camminando verso il carro "Mi sono sempre divertito un sacco a tormentarti, eri piccoletta, ma eri una pulce fastidiosa, per cui volevo qualcosa che mi ricordasse che anche i più minuti sanno farsi valere."

La ragazza arrossì violentemente e nascose il volto, sistemandosi poi sulla panca del carro mentre lui sistemava il cavallo. Una volta attaccato l'animale, Danhum salì a bordo e prese le redini; a quel punto Erya si voltò verso di lui e, timidamente, gli aggiustò il nastro tra i capelli.

Il ragazzo la lasciò fare e, come ebbe finito, le afferrò delicatamente la mano e, incrociando le dita, le sorrise.

"Senti..." esordì, dopo qualche minuto di silenzio "Entro stasera arriveremo a destinazione, e lì ci saranno altre persone. Devo avvisarti... sentiranno il mio odore su di te, per ovvi motivi, e qualcuno potrebbe fare qualche battuta. Ti pregherei di non dare di matto."

"Vorrà dire che ti prenderò a calci nelle palle solo quando nessuno ci vedrà." rispose Erya, guardandolo male ma senza mollargli la mano.

Il moro scosse la testa, ridendo, e incitò il cavallo a camminare.

Poche ore dopo arrivarono a un canyon e, costeggiandolo, raggiunsero un massiccio, quanto vecchio, ponte di pietra. Danhum fermò il carro, indicando oltre il ponte, dove si vedeva una cresta di montagne non troppo lontane.

"Oltre questo ponte c'è il decaduto Granducato di Hae." spiegò "Una volta superato questo ponte saremo in zona franca."

"E la base operativa del Falco dove si trova?" domandò Erya, curiosa.

"Lo vedrai, non posso dirti tutto ora." concluse lui, riprendendo la marcia.

Superarono il vecchio ponte e avanzarono ancora per un po'.

Attorno a mezzogiorno le montagne si fecero più vicine, rivelando un crostone parecchio alto e apparentemente invalicabile in corrispondenza dell'inizio del canyon.

La giovane osservò la strada, in silenzio, smangiucchiando qualche galletta.

"Siamo diretti alle montagne, vero?" chiese, pensierosa.

"Sì, è così." ammise l'altro.

"Ma quelle montagne sono la Catena Demoniaca!" obiettò lei, dubbiosa "Nessuno è mai riuscito a superare neanche le prime creste!"

Il ragazzo le afferrò delicatamente il mento, avvicinandosi per guardarla negli occhi, con aria sicura e rassicurante.

"Ieri sera hai detto che ti fidavi di me." sussurrò "Ora fallo di nuovo e stai tranquilla."

La giovane arrossì di nuovo, alla vista di quelle iridi color ghiaccio così da vicino, e annuì; Danhum sorrise, dandole un buffetto affettuoso, e riprese a condurre il cavallo.

Costeggiarono ancora il canyon, finché non arrivarono alla base della prima cresta, che cadeva a strapiombo sopra di loro.

Il fiume, in quel punto, scendeva in una cascata, dalla sommità della cresta.

Il sentiero sembrava interrompersi proprio sulla riva del piccolo laghetto formato dalla cascata.

Erya si guardò intorno, restando a bocca aperta dalla bellezza del luogo, nonostante il nome che incuteva parecchio timore.

Danhum puntò direttamente verso l'acqua e lei gli afferrò il braccio.

"Ma che fai?!" esclamò, allarmata "Ci vuoi affogare?!"

"Fidati di me, pulce!" ripeté il ragazzo, spronando l'animale.

E non appena il cavallo posò lo zoccolo oltre il sentiero, Erya capì.

Un effetto ottico nascondeva il tratto finale del sentiero, che costeggiava il laghetto, fino a infilarsi dietro la cascata.

Pur senza mollare il braccio del ragazzo, riprese a guardarsi intorno a bocca aperta, anche quando si addentrarono nella grotta sul retro del getto d'acqua.

Non si trattava di una grotta, ma di un tunnel in leggera salita, illuminato da Rocce di Luce, un tipo di rocce molto rare che in condizione di estrema oscurità rilasciavano una luce intensa, capace di illuminare a giorno ciò che le circondava; erano rare, eppure quel tunnel ne era pieno.

"Questa è una vecchia miniera di Rocce di Luce." spiegò Danhum, alla meraviglia della compagna "I Signori del Granducato avevano un grosso commercio di questo minerale, ma si sono sempre rifiutati di comunicare al Re l'ubicazione delle loro cave. Credo che questo sia stato uno dei motivi dell'astio del regno verso di loro."

La giovane annuì, continuando a guardarsi intorno finché, girata una leggera curva, non vide, poco lontano, l'uscita della galleria.

E, non appena uscirono, si ritrovò in un ambiente nuovo.

Era una piccola vallata protetta dalle montagne, il fiume, in quel punto un piccolo torrente, scorreva al centro e sulle rive era stato eretto un piccolo villaggio con fortificazioni in legno, circondato da pascoli, piccoli campi coltivati e un grande bosco che si arrampicava sulla montagna che circondava la valle.

Delle pecore brucavano l'erba nei pascoli, e alcuni contadini si stavano curando dei campi e dei frutteti, ma, nonostante fossero impegnati, tutti alzarono la testa e salutarono appena riconobbero Danhum a bordo del carro.

E, superato il cancello della fortificazione, finalmente si fermarono; in tanti si avvicinarono per salutarli, uomini, donne e anche tanti bambini, i quali ricevettero tutti un saluto affettuoso dal ragazzo appena arrivato, e da questo Erya capì che Danhum doveva essere molto ben voluto in quel villaggio.

La prese per i fianchi e la aiutò a scendere, prendendo anche i bagagli di entrambi, e si incamminò tra la folla senza mollarla ma continuando a salutare tutti i presenti.

Infine, si fermarono di fronte a un uomo sui trent'anni, alto, castano, con addosso un abito da sacerdote senza fronzoli, segno che si trattava di un chierico di campagna, che viveva con poco e non gli importavano le ricchezze, a differenza dei chierici di città, che spesso erano più ricchi dei Signori locali.

"Padre Alfar!" lo salutò Danhum, abbracciandolo.

"Ragazzo!" rispose l'altro "Ho ricevuto le lettere del Falco. È vero che hai trovato qualcosa che potrebbe aiutare la causa?"

"Alfar, lasciali respirare!" lo ammonì un altro uomo, più anziano, avvicinandosi alle sue spalle. 

Aveva circa cinquanta anni e indossava abiti semplici, come tutti gli abitanti del villaggio. Si passò una mano tra i corti capelli rossi e posò i suoi occhi verdi su Erya, sorridendole.

"Ehi biondina!" la salutò "Da quanto tempo non ci vediamo? Tre anni? Avevo ragione a dire che saresti diventata una bella donna!"

La ragazza spalancò gli occhi, saltando al collo dell'uomo, in lacrime.

"Dottor Candal!" esclamò, riconoscendo il medico dell'orfanotrofio.

E, quando lui la abbracciò in modo paterno, si sentì di nuovo a casa.

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Capitolo 10
*** 10 ***


Danhum lasciò loro qualche minuto.

Per Erya quell'uomo era stato come un padre, l'aveva nascosta, le aveva dato un'istruzione e, per quanto non avesse potuto fare nulla una volta uscita dall'orfanotrofio, aveva fatto di tutto perché fuori potesse cavarsela con le sue sole forze.

La ragazza singhiozzò, stretta al petto dell'uomo, che continuò a stringerla lasciandola sfogare.

"Andiamo alla chiesa." suggerì il chierico, avvicinandosi "In canonica, davanti a un tè caldo, potremo parlare con calma."

"Forse sarebbe meglio se prima il dottore desse un'occhiata alla gamba di Erya." riferì il giovane "Un mese fa è finita con il piede in una tagliola, Clandys ha fatto quello che può per curargliela, ma vorrei essere sicuro che stia procedendo al meglio."

"Non c'è problema." acconsentì il rosso "Il mio ambulatorio è accanto alla canonica, quindi ci vediamo lì appena abbiamo fatto."

Erya annuì e seguì il dottor Candal all'ambulatorio, zoppicando, mentre Danhum andò alla canonica con il chierico.

Appena furono nello studio, la ragazza si sedette sulla barella al centro della stanza e si sfilò lo stivaletto, per dare accesso al medico sulla gamba malmessa. L'uomo subito la esaminò, facendo attenzione.

"Bene..." commentò lui "Sembra che sia stato fatto un buon lavoro, ma forse è meglio se te la immobilizzo ancora per qualche giorno, giusto per evitare che ti sforzi."

Le fasciò la caviglia e decise di farle un controllo completo, afferrandole il mento per controllare testa e collo. Subito notò il marchio seminascosto dallo scialle, lo scoprì e lo sfiorò.

"Oh... Quindi tu e Danhum siete..." chiese, allusivo "Non che ci sia bisogno di fare troppe domande... il suo odore addosso a te lo sento pure io che sono Beta."

"Primo: quell'idiota dovrebbe lavarsi più spesso, visto quanto puzza." borbottò la bionda, incrociando le braccia "Secondo: era una situazione d'emergenza e non mi ha lasciato scelta, ero inseguita da delle guardie ed è sopraggiunto il calore appena l'ho incontrato. Le erbe ci avrebbero messo troppo a far sparire l'odore e il coglione ha fatto di testa sua. E ieri sera abbiamo dovuto consolidare il legame, il calore faceva un male cane... Ora non sento niente."

"Beh... allora dovresti ringraziarlo." continuò Candal "Ti ha salvato la vita, mettendo in pericolo la propria. Dovresti provare a dargli una possibilità."

Nel frattempo, in canonica, Padre Alfar stava preparando un tè mentre parlava con Danhum.

"Mi stavi dicendo che l'hai legata a te..." disse, immergendo il filtro appena fatto nel bollitore.

"Era una situazione d'emergenza. Non ho avuto molta scelta... e credimi, quella ragazza è una vera spina nel fianco." si giustificò lui, fissando il tavolo al quale era seduto.

"Lo immagino... si vede già così che è un peperino con un volto da angelo."

"È una pulce fastidiosa... non fa altro che criticare e insultare... a volte me li tira fuori lei gli insulti..." borbottò tra sé, finché l'altro non si girò, guardandolo fisso negli occhi.

"Però in questi anni ti è mancata, vero?" domandò, ma non ricevette risposta perché fecero il loro ingresso la diretta interessata e il dottore.

Danhum fece spazio sulla panca alla ragazza e le passò un braccio intorno ai fianchi, in un gesto spontaneo e automatico, mentre il chierico serviva il tè in delle vecchie tazze di terracotta semplice.

Erya afferrò l'oggetto con entrambe le mani, bevendo piano il liquido caldo. Il giovane la fissò per qualche secondo, prima di bere dalla sua tazza a sua volta.

Sì, Alfar aveva ragione, lei era davvero un peperino con il volto angelico, ma gli era mancata davvero in quegli anni? La verità era che non ci aveva mai pensato sul serio, anche se le aveva rubato quel nastro e se lo teneva caro.

Venne richiamato alla realtà dal dottor Candal.

"La lettera del Falco parlava di un oggetto in vostro possesso che potrebbe essere utile alla Resistenza." enunciò.

"Eh? Ah, sì!" annuì il moro, rovistando nella sua sacca per poi tirarne fuori il libro trafugato da Erya "È questo. È stato rubato in uno dei castelli del Re."

I due uomini esaminarono l'oggetto attentamente, infine si guardarono e annuirono.

"Sì, hai ragione. Questo potrebbe davvero essere un libro che farà ribaltare le sorti di tutti quanti." ammise il rosso.

"Perché? che cosa ha questo libro di tanto speciale?" domandò la giovane, curiosa.

"Potrebbe contenere la profezia della fine della Famiglia Reale." spiegò Danhum, serio.

"Ma di questo ne parleremo domani." concluse Padre Alfar "Danhum, credo sia il caso che Erya venga alloggiata in casa tua, viste le circostanze. Farò preparare un letto per lei, così starete comodi."

"Perché? Danhum ha una casa qui?" Domandò Erya, stupita.

Il giovane si voltò verso di lei, sorridendo.

"Davvero credi che quando vengo qui dormo per terra e alle intemperie?" chiese, poi si avvicinò al suo orecchio, abbassando la voce "O magari pensavi che mi infilassi nel letto di qualche ragazza... magari più bella di te..." la squadrò, in un'espressione scherzosa "Oddio... non è che ci voglia molto..." 

Erya fu fulminea: gli storse la mano che teneva poggiata al suo fianco, contemporaneamente gli tirò una gomitata ai reni; stava per tirargli un pugno in faccia ma lui la bloccò prontamente, tenendole entrambi i polsi fermi con la sua grossa mano.

Gli altri due, nel frattempo, si erano allontanati discutendo tra loro del libro, che avevano portato con sé, e li avevano lasciati soli.

"Scherzavo, nanetta." sussurrò il giovane, calmo "Anche se effettivamente qui ci sono ragazze più belle di te."

La bloccò ancora, conscio di averla fatta arrabbiare, e la prese in braccio

"Andiamo a casa, ora, così potrai picchiarmi quanto ti pare, visto che ti piace così tanto."

"Sei tu che me le tiri, stronzo!" borbottò lei, lasciandosi trasportare fino a una capanna semplice nei pressi della barricata, in direzione della cava d'ingresso alla valle nascosta.

Si guardò intorno appena varcò la soglia.

Era un edificio molto semplice, con una stanza sola. Un camino occupava un angolo, e il fuoco al suo interno aveva già scaldato l'intero ambiente. Un grosso letto era posto contro una parete, e dalle dimensioni Erya capì che quello era il giaciglio del giovane; non era elaborato, era una tavola di legno poggiata su quattro gambe, con una testiera grezza. Il materasso era sottile e ai piedi erano disposti il cuscino e una coperta, ancora da sistemare.

In posizione centrale c'era un tavolino con una vecchia sedia, e all'altra parete due donne stavano finendo di preparare un letto più piccolo, quello per la ragazza.

Danhum sistemò la giovane sulla sedia e attese che le due donne finissero, quindi le salutò cordialmente mentre uscivano, infine andò a lavarsi la faccia al lavabo che teneva vicino al camino.

"Era ora che ti lavassi un po'!" lo sfotté lei, squadrandolo.

"Sbaglio o quando ti ho trovata avevi l'aspetto di una che aveva vissuto in un letamaio nell'ultimo anno?" rispose a tono lui, togliendosi la casacca per prepararsi per la notte "Ora vai a dormire, domani ci alziamo presto."

Erya borbottò e zoppicò verso il suo letto, cambiandosi velocemente per la notte e infilandosi sotto le coperte; Danhum finì di lavarsi e si mise a letto anche lui, spegnendo il lumino sul tavolo.

Ma circa mezz'ora dopo sentì il passo zoppicante della ragazza avvicinarsi.

Si tirò su e la guardò, nella penombra; lei si sedette, in silenzio, e si stese sotto le coperte, rannicchiandosi al suo fianco.

"Ho freddo." si giustificò.

Il moro sospirò, tirandole su la coperta fino al naso e avvolgendole un braccio attorno ai fianchi; certo, non erano il ritratto dell'amicizia forte, ma non era da lui lasciar soffrire il freddo a qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era la sua Omega.

Erya bisbigliò qualcosa nel dormiveglia, sistemandosi meglio tra le sue braccia, e strofinò il naso contro quello di lui.

"Buonanotte pulce." sussurrò lui, posandole un leggero bacio sulle labbra, mentre lei già scivolava nel mondo dei sogni.

E mentre la stringeva sé, finalmente poté rispondere alla domanda che gli aveva fatto il sacerdote.

Sì, quella piccola pulce fastidiosa gli era mancata da morire in quei tre anni.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Nota: questo capitolo partecipa alla #singastorychallenge del gruppo Facebook Better than Canon

Nota 2: eventuali ipotesi sull'identità di un personaggio riferitemele in privato o attendete il capitolo in cui verrà rivelato

What we doing? What we chasing? 

Why the bottom? Why the basement?

(Beggin' by Måneskin)

 

E ci sei adesso tu

Al centro dei pensieri miei

La parte interna dei respiri tu sarai

La volontà

Che non si limita

Tu che per me sei già

Una rivincita

(Adesso tu by Eros Ramazzotti)

 

Forever is a long time, but I wouldn’t mind spending it by your side

(Wouldn’t mind by He is We)

 

Era l'alba quando Danhum si svegliò, percependo un leggero peso sul petto.

Aprì gli occhi, ritrovandosi di fronte Erya ancora addormentata addosso a lui, con l'espressione serena e i capelli scompigliati che le cadevano sul viso.

La spostò senza svegliarla e si tirò su, coprendola meglio. Avevano dormito nello stesso letto, nonostante fosse stato preparato un giaciglio anche per lei; la sera prima si era alzata e si era sistemata accanto a lui, lamentandosi di aver freddo, e lui l'aveva lasciata fare.

Era metà settembre, e lì vicino alla Catena Demoniaca iniziava a far freddo la notte già da metà agosto, per cui poteva capirla, e l'aveva stretta a sé tutta la notte, scaldandola nel suo abbraccio, nonostante gli anni di odio reciproco.

Si abbassò su di lei, passandole una mano tra i capelli.

"Io devo andare, tu dormi ancora." sussurrò al suo orecchio "Quando ti alzi, se hai fame, vai nel grande edificio al centro del villaggio, lì ti daranno qualcosa."

La giovane mugugnò qualcosa di incomprensibile, raggomitolandosi nella coperta in posizione fetale, mentre lui si alzava e si preparava per la giornata.

Si diresse immediatamente alla canonica, dove il dottore e il chierico stavano già esaminando il tomo portato dai due giovani, discutendo tra loro.

"Avete scoperto qualcosa?" chiese, entrando nella sala.

"Ha un lucchetto. Bisogna trovare la chiave." spiegò Padre Alfar, passando le dita sulla placca metallica che chiudeva la copertina "Non c'è modo di forzare l'apertura, chi l'ha scritto sapeva il fatto suo."

"Questo documento è molto importante." continuò Candal "È l'unica speranza per la Resistenza per riuscire ad avere la meglio sul Re."

"Questo lo sappiamo, ma non si sa cosa dica la profezia?" insistette il giovane, indicando il libro.

"Si hanno solo pochissime informazioni." ammise il chierico, bevendo dalla tazza che gli porse il medico "Neanche la Famiglia Reale stessa sa tutto, e si dice che gli unici a sapere cosa contenesse questo libro fossero i Signori del Granducato di Hae."

"Grandioso!" esclamò Danhum, portandosi le mani alla testa, in preda alla frustrazione "Quindi gli unici a sapere cosa c'è scritto lì sono i membri di una casata estinta!"

I due uomini si scambiarono uno sguardo d'intesa, che non sfuggì al moro, il quale li incitò a parlare.

"Non è del tutto esatto quello che hai detto." spiegò Candal "È giusto dire che chi conosceva il segreto della Profezia è morto..."

"Ma non che tutti i membri del Granducato sono deceduti." continuò Alfar, facendo il giro del tavolo per avvicinarsi al giovane e guardarlo negli occhi. Fece un respiro profondo e riprese a parlare "Vedi, quando ho creato il Falco, cinque anni fa, il mio intento era raccogliere il maggior numero di sacche di Resistenza in una coalizione organizzata. Devi sapere che da bambino, prima di venire all'orfanotrofio dove sei cresciuto anche tu, vivevo al castello del Granduca, e ho imparato molte cose, tipo che l'erede della casata viene chiamato, per l'appunto, Falco, ed è da qui che ho preso il nome del fantomatico capo della Resistenza Organizzata. Quello che non sai è che, quando ho deciso di dare il ruolo del capo segreto a una persona reale, un anno e mezzo fa, perché questa potesse mantenere l'ordine e nel caso farsi carico di tutto, anche decidendo di uscire allo scoperto... beh, l'incarico è andato al vero Falco del Granducato. Per cui, di fatto, il capo segreto della Resistenza è il Signore di queste terre."

Danhum sgranò gli occhi, afferrando la sedia più vicina, e lentamente si sedette, facendo dei respiri profondi e portandosi le mani al volto, visibilmente sconvolto.

Fece un respiro profondo, passandosi le dita sugli occhi, e si alzò nuovamente una volta che si fu calmato.

"Ho bisogno d'aria." riferì, uscendo in strada.

Inspirò di nuovo, incamminandosi verso la piazza centrale, e si sedette su una panca di fronte al grande edificio che serviva da mensa, sala riunioni e, all'occorrenza, sala per feste.

Posò i gomiti sulle cosce e congiunse le mani, chiudendosi nei suoi pensieri per poter elaborare le notizie appena ricevute.

Era lì da un po', quando una leggera folata di vento portò alle sue narici un profumo famigliare, che lo ridestò.

Alzò gli occhi, vedendo Erya camminare nella sua direzione, reggendosi alla stampella.

Le fece spazio sulla panca e le indicò di sedersi, cosa che lei subito fece, continuando a guardarsi intorno.

"Sembri pensieroso…" osservò la bionda "Il che è strano, visto che di solito gli idioti non pensano."

"Devo elaborare alcune informazioni appena ricevute." rispose lui, non raccogliendo la provocazione "È una cosa abbastanza tosta."

"Di che si tratta?" chiese lei, facendosi seria "È qualcosa di brutto?"

"Sì… no…" sospirò, frustrato, il giovane, portandosi le mani dietro la testa "non lo so… ma è una cosa complicata, questo è sicuro."

"Vuoi parlarne?" insistette Erya.

Danhum la guardò, indeciso. Non sapeva esattamente che fare, non poteva ancora rivelarle troppe informazioni sensibili, ma effettivamente aveva bisogno di sfogarsi.

"Riesci a camminare?" domandò, dopo qualche secondo.

"Con l'aiuto della stampella sì, ma non a lungo…" rispose lei, indicando l'oggetto in questione.

"Non andiamo lontano." riferì il moro, tirandosi su e aggiustandosi i pantaloni "Al massimo ti aiuto, se non ce la fai."

Le porse la mano e lei l'afferrò, alzandosi in piedi e seguendolo.

La accompagnò fino alla palizzata, sotto una delle torri di guardia, in quel momento deserta; una volta lì, la afferrò per i fianchi e la fece salire, seguendola subito. Una volta che furono entrambi saliti, si avvicinò al parapetto esterno e guardò l'orizzonte, oltre le rocce che delimitavano la vallata nascosta.

"Sai, queste terre appartenevano a una famiglia molto influente." raccontò "Erano i fornitori delle Pietre di Luce, come ho già detto, e si dice che trattassero Alpha, Beta e Omega tutti come loro pari. Credo che sia stato questo l'inizio della loro rovina, perché li metteva in competizione con la Famiglia Reale, che professavano la supremazia degli Alpha sui Beta e, soprattutto, sugli Omega."

"Questo accanimento dei Reali sugli Omega è il motivo per cui il dottore mi ha fatto passare per Beta all'orfanotrofio." ammise Erya, scrutando il profilo del compagno.

"La cosa peggiore è che questa situazione li ha fatti cadere nel baratro." continuò il ragazzo, quasi senza aver sentito le parole della bionda "I Reali erano riusciti a mettere loro contro altre famiglie nobili, e gli ultimi anni hanno cercato di togliergli certi privilegi, finché, venti anni fa, uno strano incidente ha sterminato l'intera famiglia degli Hae." fece un respiro profondo, passandosi una mano tra i capelli "L'incendio al palazzo del Granducato. Ne hai mai sentito parlare?"

"Qualcosa… se non sbaglio, poco dopo la nascita del primogenito del Granduca e di sua moglie, delle candele accese nella stanza del bambino hanno innescato un incendio, in cui sono morti i Signori del castello, il piccolo erede e la nutrice stessa." spiegò lei, pensierosa.

"Questa è la storia ufficiale." annuì Danhum, facendo un respiro profondo e guardandosi intorno "Secondo questa versione, quindi, il territorio in cui sorge questo accampamento è attualmente terra di nessuno, seppur sotto la giurisdizione del Re. Però ho appena scoperto una cosa…" si avvicinò all'orecchio della ragazza, abbassando la voce "Il bambino si è salvato, ed ora guida la Resistenza."

"EH?! STAI DICENDO CHE…" esclamò, ma abbassò il tono quando lui le fece il gesto con la mano di non farsi sentire "Stai dicendo che il Falco è… ma come fai ad esserne certo?! Insomma, potrebbero essere dicerie messe in giro così, magari per screditarlo…"

"Diciamo che ho una fonte affidabile. Fatto sta che il Falco non è solo la speranza della Resistenza, ma è anche l'unico che può riabilitare gli Hae… e questo è un gran bel fardello… vorrei tanto non essere nei suoi panni, se questa informazione arrivasse alle orecchie della Corona saremmo in guai seri, perché si accanirebbero maggiormente su chiunque possa anche solo essere sospettato di far parte della Resistenza."

Abbassò la testa, massaggiandosi gli occhi con le dita; Erya restò in silenzio, pensierosa.

Non lo aveva mai visto così sconvolto, tanto che aveva avuto bisogno di parlarne con qualcuno, e gli stava andando bene perfino lei, con cui non è che andasse così d'accordo.

Gli afferrò la mano, sperando che quel gesto potesse rassicurarlo, e lui la strinse.

Danhum alzò di nuovo lo sguardo, incrociando quello di lei.

Nello stesso momento una leggera brezza scompigliò la sua chioma bionda, trasportando l'aroma della ragazza alle narici del giovane uomo.

Chiuse gli occhi e inspirò a lungo.

Gli vennero in mente gli anni dell'infanzia, l'orfanotrofio, e le loro continue liti, che sfociavano praticamente sempre in aggressioni fisiche, in cui nessuno dei due aveva mai la meglio, nonostante l'evidente superiorità fisica di lui.

Da bambino era un bullo, ma lo era principalmente con lei. Erya, quella piccola bimbetta dai lunghi capelli color oro, era la sua vittima preferita, ad una certa era la sua unica vittima.

E poi gli venne in mente quanto accaduto negli ultimi tempi, il marchio fatto per salvarle la pelle, il legame creato, e poi la notte passata a consolidarlo.

Gli venne in mente la sua espressione serena mentre facevano l'amore, il sapore delle sue labbra, lei che si abbandonava completamente a lui…

E si sentì un verme.

Come poteva, lui, meritarsi quei gesti dalla ragazza che aveva tormentato per tutta l'infanzia? Come poteva anche solo meritarsi la sua presenza accanto a lui, dopo averla trattata in quel modo?

Eppure era lì, nonostante tutto le stringeva la mano, e si era scoperto amare il suo profumo, un'essenza che si era fatta più dolce dopo che si erano uniti due giorni prima; lui, un mercenario senza casa, segretamente un militante della Resistenza, che aveva sempre detto di non volere una famiglia, adesso non poteva più farne a meno di tenersi accanto quello scricciolo apparentemente indifeso.

Non voleva più litigare con lei. Non sarebbe mai riuscito a cancellare il passato, non voleva farlo, voleva ricordarsi di quanto era stato stronzo con lei… ma almeno voleva andarci un po' più d'accordo, a prescindere dal legame che avevano creato.

Senza mollare la sua mano si sedette sulla panca contro il muretto, posandole la mano libera sul fianco, con attenzione.

"Erya…" sussurrò "Senti… so che questa storia del legame non ti va a genio, e credimi, per me è lo stesso… ma almeno possiamo mettere da parte i dissapori e provare ad essere amici? Lavoriamo entrambi nella Resistenza, ora, dobbiamo cercare di andare d'accordo."

La giovane, in tutta risposta, si sedette sulle sue gambe, passandogli le mani attorno al collo.

Danhum affondò il volto nell'incavo del collo, venendo di nuovo investito dal suo aroma.

Lei gli passò una mano sul volto, quasi a volerlo rassicurare, e in un gesto automatico le baciò i polpastrelli.

Si guardarono per qualche secondo, unendo le loro fronti.

"Se era vero che per i Signori di queste terre io dovrei avere diritti pari ai tuoi, allora combatterò per il Falco." enunciò lei, decisa "Combatterò al tuo fianco, non importa quanto ci vorrà, ma starò qui ad aiutarti e sostenerti, non importa cosa è successo prima, il futuro è più importante."

Il moro sorrise, passandole una mano tra i capelli biondi.

Averla con sé era già la cosa più bella, ma combattere con lei al suo fianco sarebbe stata la migliore delle rivincite, sia che la lotta fosse finita domani o che fosse durata per sempre.

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Capitolo 12
*** 12 ***


Restarono per un po' sulla torre a osservare il panorama, in silenzio.

Nel frattempo il sole si alzò e si fece l'ora di pranzo. A quel punto Danhum decise di tornare al campo e aiutò l'amica a scendere dalla torretta per dirigersi all'edificio centrale.

Mentre camminavano, affiancati, seguendo altri abitanti del campo che si apprestavano a terminare i lavori del mattino per pranzare, passarono accanto a un piccolo cantiere di una nuova casa, intercettando involontariamente una conversazione tra il capomastro e un paio di suoi operai.

"Certo che la Omega di Danhum è proprio gnocca!" osservò il capomastro "È piccoletta, ma avete visto che bel culo? Davvero da afferrare a piene mani mentre ci dai dentro!"

Danhum si bloccò in mezzo alla strada, stringendo i pugni e mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Erya, che aveva capito cosa gli era preso, gli posò una mano sul braccio, guardandolo seria negli occhi.

"Tu resta qui! Guai se ti muovi!" ordinò, camminando infine decisa verso il gruppo di operai e fermandosi alle spalle del capomastro.

Appena la videro, i muratori si dileguarono, e l'uomo si voltò, riservandole un sorriso imbarazzato.

"Ehi…" la salutò, tentando di sdrammatizzare "ehm… io…"

La giovane lo scrutò, a braccia incrociate, e gli afferrò la mano sinistra, sulla quale era ben visibile una fede.

"Moglie o marito?" chiese, ben sapendo che non era scontato.

"Ehm… marito… ci siamo sposati un mese fa… ma io non…"

La ragazza non lo fece finire e gli afferrò un orecchio, obbligandolo ad abbassarsi alla sua altezza.

"Ora fammi capire una cosa: sei sposato e vai a guardare i culi delle altre persone?! Ma non ti vergogni neanche un po'?!" ringhiò "Ti do un consiglio: afferra il culo di tuo marito e dacci dentro, stasera, invece di farti le seghe su quello di un'Omega legata già a uno che è due volte te… ma anche fossi stata senza legame non lo dovresti fare!" afferrò meglio la stampella e lo guardò rabbiosa "Ah, sì… sono piccoletta, ma non mi sottovalutare, idiota!"

Detto ciò, gli piantò un colpo ben piazzato sull'inguine con la stampella, tanto che lui si accasciò a terra, senza fiato.

"E comunque grazie del complimento." concluse, girando i tacchi e tornando da Danhum, che sembrava essersi calmato e la guardava con un sorrisetto sornione sulle labbra "E tu levati quel sorriso del cazzo dalla faccia!"

Il ragazzo, in tutta risposta, le passò un braccio attorno alla vita, abbassandosi un attimo per darle un pizzicotto sulla natica. Erya sussultò ma gli sorrise, abbracciandogli anche lei i fianchi e lasciandosi condurre dentro l'edificio centrale.

Entrati nell'edificio, lei si sedette a uno dei tavoli vuoti e lui andò a recuperare il pranzo, tornando con un vassoio con due piatti colmi di zuppa e del pane scuro per entrambi.

"Certo che non sei cambiata affatto." commentò, sistemandosi sulla panca, accanto a lei, e spezzando la sua pagnotta "Hai sempre un'ottima mira. Credo che a mastro Harold ci vorrà un bel po' prima di riprendersi."

"Vuoi provare anche tu? Non ho problemi a tirarti un calcio nelle palle, sai?" gli rispose, mangiando una grossa cucchiaiata di zuppa "Tanto ci sei abituato, per quante te ne ho tirate da bambini."

Il ragazzo rise, scompigliandole i capelli. Anni prima a una provocazione del genere non l'avrebbe fatta passare liscia, ma ora dovevano mostrarsi più maturi, non poteva reagire alle sue battute. Anzi, ora doveva cercare di fare funzionare la loro amicizia, per sé stessi ma anche per il bene della Resistenza.

"Comunque aveva ragione." sussurrò al suo orecchio "Il tuo fondoschiena non è niente male."

Le gote della ragazza arrossirono, ma non poté rispondere perché una bambina di non più di quattro anni si avvicinò e attirò la loro attenzione tirando le maniche dei vestiti.

"Sì, piccina? Hai bisogno?" domandò il ragazzo, gentile.

La piccola accennò un sorriso e, con aria timida, si rivolse a Erya.

"Tu sei la fidanzata di Danhum?" domandò, con la vocina bassa, ma non attese risposta "Perché sei bella, e lui è bello… se non sei la sua fidanzata, chiedigli di fidanzarti con lui, così siete belli insieme."

"Ehm… veramente noi…" tentò di spiegare il moro, ma non riusciva a trovare le parole giuste.

"Sì, piccola, sono la sua fidanzata." intervenne la giovane, sorridendo, ma contemporaneamente tirando un paio di pizzicotti all'amico, non vista dalla bambina.

"Che bello!" esclamò la bimba, saltellando allegra "Siete belli! Vi date tanti baci, vero?"

"Sì, ma soltanto quando siamo soli." rispose Danhum, stando al gioco.

"Dovete farlo anche quando non siete soli!" suggerì la piccola, muovendo il ditino con fare dotto "Così sanno che siete fidanzati e nessuno prova a rubartela, perché lei è bella, e anche gli altri si vorrebbero fidanzare con lei."

I due le sorrisero, e si scambiarono un veloce bacio, così che la piccola si allontanò contenta e loro poterono finire di pranzare.

Dopo pranzo Danhum fece fare una veloce visita del villaggio alla ragazza, e alla fine si fermarono verso una torretta in legno posta al limitare del bosco.

"Questo che edificio è?" domandò Erya, incuriosita.

"Questa è la torre della falconeria." spiegò l'altro "Qui teniamo i rapaci da comunicazione in ricovero, compreso l'animale personale del Falco."

Le prese la mano e la accompagnò dentro, dove erano stati allestiti dei trespoli, su cui sonnecchiavano alcuni rapaci di diverse specie.

Al centro troneggiava, come un re, il grosso falco chiaro identificato come il falco del grande capo segreto della Resistenza, che, tranquillo, si lisciava una per una le penne remiganti di un'ala, con meticolosa cura.

Danhum entrò dietro la ragazza, dopo aver preso un secchio e recuperato della carne secca da un ripostiglio posto fuori, accanto alla porta.

Con calma diede qualcosa da mangiare a ciascun animale, riservando loro anche un grattino sul petto, lasciando per ultimo il rapace più grande.

Prima di avvicinarsi, prese il grosso guanto da trasporto e lo fece indossare alla bionda, stringendolo bene e controllando tutte le cinghie.

"Che hai in mente?" domandò lei, perplessa.

"Farti fare amicizia con lui." rispose il ragazzo, mettendosi a sua volta un guanto e facendo salire sul suo braccio il grosso falco.

Gli diede subito un pezzo di carne, che l'animale accettò di buon grado, e si avvicinò alla ragazza.

"Tranquilla. Non ti farà nulla, ci sono qui io…" sussurrò, rivolto a Erya, mentre, con pazienza, spostava il volatile su di lei.

Ma Erya era tesa: quel rapace era davvero enorme, non sembrava così grosso sul braccio di Danhum, ma rispetto a lei era davvero immenso, e non sapeva come muoversi.

"Rilassati." la tranquillizzò il moro, carezzandole con delicatezza i capelli "Vedi, è tranquillo, ed è curioso."

Il falcone la fissò per qualche secondo, per poi alla fine abbassare la testa, esponendo la nuca. A quel punto Danhum afferrò il polso della bionda e la guidò, fino a farle sfiorare le piume della testa.

Erya accennò una risata, tra il teso e l'emozionato, e lanciò un'occhiata al giovane.

"Il Falco sarà felice di sapere che il suo animale ha fatto amicizia con il nuovo membro della squadra." commentò, passandole un braccio attorno ai fianchi.

La giovane arrossì, distogliendo un attimo lo sguardo mentre l'altro riportava il volatile al suo trespolo.

Poco dopo uscirono, camminando mano nella mano alla luce del tramonto, e tornarono verso casa.

Entrati nella piccola capanna, Danhum chiuse la spessa tenda che fungeva da porta d'ingresso; Erya si sedette, pensierosa, sul letto, attendendo che lui la raggiungesse.

Ci aveva pensato a lungo, durante il viaggio e in quei due giorni al campo, ma ancora non aveva avuto il coraggio di esternare i suoi pensieri.

"Senti, Danhum…" esordì, a seguito di alcuni sospiri profondi "ecco… io… io credo di doverti ringraziare per avermi salvato la vita… non… non fraintendere, mi girano ancora le palle per il marchio, ma… grazie, senza di te sarei morta."

"Di nulla, nanetta." rispose lui, passandole il braccio attorno alle spalle e stringendola a sé "L'importante è che ora sei viva, no?"

La ragazza annuì, alzando lo sguardo verso di lui.

Era incredibilmente vicini, e quegli occhi di ghiaccio parevano attraversarla, talmente erano profondi; le labbra erano curvate in un sorriso, contornato da un leggero velo di barba scura, interrotta dalla cicatrice, che spiccava, ricordandogli per sempre quanto il mondo fosse pericoloso.

Erya restò senza fiato. Lo sguardo era magnetico, stupendo, tanto che non riuscì a staccargli gli occhi di dosso.

"E comunque siamo amici." continuò il giovane "A prescindere dal legame, i miei amici li proteggo sempre."

La bionda annuì leggermente, mentre il suo corpo si mosse da solo.

Si tirò su, avvicinando ancora il volto al suo, e gli posò un leggero bacio sulle labbra; e quando lui ricambiò il suo cuore accelerò di colpo, mentre entrambi approfondivano il contatto.

A quel punto qualcosa scattò in entrambi, che poco dopo si ritrovarono stesi sul letto, completamente nudi, i corpi intrecciati in un intimo abbraccio.

Col fiatone si guardarono per qualche secondo.

"Amici…" sussurrò Danhum, carezzandole il viso, reggendosi sui gomiti per non gravare su di lei con il suo peso.

"Amici." ripeté Erya, come a conferma, prima di cercare di nuovo le sue labbra e lasciarsi trasportare in quelle sensazioni paradisiache che solo lui era in grado di darle.

 

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Capitolo 13
*** 13 ***


Erya si svegliò, ancora avvolta nel caldo abbraccio del compagno che, a giudicare dall'assenza di russare, era già sveglio da un po'.

Si guardarono, sorridendosi, e lui si abbassò per baciarle le labbra, un rito che si ripeteva ormai da due settimane, da quando avevano smesso del tutto le ostilità ed erano diventati amici.

Beh… a giudicare da quello che succedeva tutte le sere erano più che amici, ma per loro non era importante, stavano bene così, scherzavano, ridevano ogni giorno, e la sera, nella privacy della loro casupola, si lasciavano trasportare dalla passione, scoprendo ogni volta qualcosa di più l'uno dell'altra.

Per esempio, lei aveva scoperto che Danhum era un ottimo baciatore. Ogni volta, il tocco delle sue labbra la faceva impazzire, le veniva voglia di chiederne di più, e lui la accontentava, stringendola a sé per sentire le loro pelli a contatto intimo.

E quella mattina, come sempre, dovette costringersi a tirarsi su, poiché se il bacio fosse durato più a lungo avrebbe preteso di più da lui, gli avrebbe chiesto qualcosa che fino a due settimane prima da lui non avrebbe voluto neanche morta.

Non si erano dimenticati del legame ormonale, nessuno dei due in realtà aveva davvero accettato ciò, ma quei contatti frequenti avevano rafforzato la loro amicizia appena nata, cementandola ogni giorno.

Si scambiarono un ultimo bacio e, finalmente, decisero di scendere dal letto.

Danhum si passò una mano tra i capelli scompigliati, raccogliendo da terra i suoi pantaloni; prima di iniziare a vestirsi, però, stampò un ultimo bacio sulla spalla della compagna.

"Dai, smettila!" lo ammonì a bionda "Si farà tardi!"

"Tanto nessuno ci corre dietro." rispose l'altro, infilandosi i calzoni e la casacca e avvicinandosi a lei.

"Beh, nelle ultime settimane sono arrivati i capi delle varie cellule di Resistenza." spiegò Erya, litigando col proprio abito "Così ha detto il dottor Candal, almeno… Tu non sei uno dei comandanti? Che figura ci fai, nel caso si presentasse anche il Falco?"

"Non ti devi preoccupare di cosa possa pensare lui." commentò il moro, avvicinandosi per aiutarla a vestirsi, lisciandole la gonna e mettendole sulle spalle, a coprire la camicetta, il caldo scialle in flanella che qualche giorno prima era riuscito a recuperarle per far sì che potesse stare più calda, visto l'inoltrarsi dei mesi invernali.

"E comunque… siamo Alpha e Omega, nessuno, lui compreso, farebbe storie, visto che viviamo insieme e ti ho marchiato." completò.

Erya borbottò tra sé. Nonostante tutto le dava ancora un certo fastidio quando le veniva ricordato del legame.

Il giovane la prese per i fianchi, guardandola negli occhi, serio.

"Ehi, non ci pensare." sussurrò "So benissimo anche io che è stata una scocciatura, e che questo influirà sul lavoro di entrambi, visto che non potrò più andare in giro da solo, come prima… ma almeno tu non devi più nascondere il tuo genere e prendere periodicamente quelle dannate erbe che ti avrebbero ucciso nel giro di pochi anni.

"Ma siamo sicuri che al mio prossimo calore non succederà di nuovo quello che è successo l'ultima volta?" obiettò lei, lisciandogli le pieghe della casacca sul petto.

"Sinceramente ne so quanto te." ammise l'altro "Però chi ci è già passato ha detto che i calori successivi al legame non sono affatto dolorosi, e l'Alpha riesce meglio a gestire gli impulsi."

La giovane annuì, allontanandosi leggermente e prendendo la mano dell'amico, che la condusse fuori, immergendo entrambi nella vita mattutina del villaggio.

Le strade erano piene di gente indaffarata, c'erano anche molti nuovi volti, segno che durante la notte erano arrivati altri caposquadra e altri gregari, in vista dell'imminente riunione. Era un miracolo che i gendarmi del regno non avevano notato nulla di sospetto in questi spostamenti di massa, ma evidentemente se si chiamava "Resistenza Organizzata" c'era un motivo.

E mentre andavano all'edificio comunitario a fare colazione arrivò l'ennesimo carro.

Si fermarono per guardare e riconobbero gli occupanti, mentre questi scendevano a terra.

"Clandys! Jalehon!" li salutò la ragazza, andando ad abbracciare l'altra, che si avvicinò con un fagottino tra le braccia "Ma… oh… allora è nato?"

"Nata." la corresse l'altra, mostrando una neonata addormentata "Sono entrata in travaglio il giorno dopo la vostra partenza. Lei si chiama Erya."

"Oh… come… come me? Ma io…"

"Vuoi prenderla in braccio?" la invitò, avvicinandosi ancora e mettendogliela tra le braccia, senza aspettare risposta.

Erya la osservò, inizialmente un po' tesa, ma alla fine si rilassò e sorrise, cullandola.

Danhum, che aveva preso il bambino più grande sulle spalle, la osservò. C'era qualcosa in quella scena che lo attirava, ed era la dolcezza mostrata dalla giovane in quei gesti. Rimise a terra il piccolo e si avvicinò, fermandosi accanto a lei e passandole un braccio attorno alle spalle, guardando lei e la bambina.

"L'hanno chiamata come me…" riferì, commossa, tanto che il giovane si abbassò per baciarle affettuosamente la testa, intenerito.

"Complimenti, Clandys." si congratulò, aiutando la compagna a restituire la bambina alla legittima madre "Tu e Jalehon avete fatto un ottimo lavoro: questa bambina è perfetta."

La donna ringraziò, ma i due dovettero allontanarsi perché chiamati alla canonica da chierico e dottore.

"Che succede?" domandò il moro, entrando mano nella mano con Erya "C'è qualcosa che non va?"

"No." ammise il dottor Candal, chiudendo la porta e andando a sedersi accanto al religioso "Ma prima che si inizi la riunione dei capi è giusto che sappiate una cosa."

"Che cosa?" chiese la bionda, sistemandosi su una delle due sedie vuote, dal loro lato del tavolo.

"Riguarda la profezia, la parte conosciuta del testo." riferì il medico, storcendosi le mani "Senza volerlo sono stato io a iniziare ad attuarla, almeno credo."

"Spiegati, dottore." lo incitò il giovane, attento.

"Prima di tutto… sapete che nella Famiglia Reale non nascono mai Omega?" continuò Padre Alfar, dando una pacca d'incoraggiamento sulla spalla del vecchio amico. I due annuirono e il rosso riprese la parola.

"È credenza comune che nella Famiglia Reale non nascono persone di genere Omega. In realtà non è esattamente così." fece un respiro profondo, passandosi le mani nei capelli "In realtà chi lavora a Palazzo Reale è tenuto al silenzio, perché loro non vogliono che si sappia in giro cosa fanno… e perché. In pratica gli Omega appena nati vengono uccisi."

La ragazza si portò le mani a coprirsi la bocca, sconvolta, e il dottore la guardò.

"Io ho lavorato per la Famiglia Reale per un periodo, ed è da allora che ho deciso di entrare nella Resistenza: non volevo uccidere bambini. Secondo quello che si sa della profezia sarà proprio un bambino Omega nato dalla Regina a far crollare il potere assoluto che i Dal, la famiglia regnante, si è costruita nei secoli." fece un'altra pausa e si fissò le mani, giunte sul tavolo "Io ero un giovane medico assunto da circa due anni, avevo già fatto nascere la Principessa ereditaria, Alpha, e la Regina è rimasta di nuovo incinta subito dopo, per cui l'ho aiutata di nuovo a partorire; questa volta nacque una bambina Omega, e mi fu ordinato di ucciderla e di far sparire il suo corpicino… tanto più che il parto aveva avuto delle complicazioni e la Regina è morta. Io… io non me la sono sentita, così, quando fui solo nella stanza, frugai nel portagioie della madre e trovai un vecchio ciondolo, che misi attorno al collo della bimba, che portai via, fino all'orfanotrofio…"

Erya aveva capito, e scattò in piedi, fissando l'uomo, tra lo sconvolto e il confuso.

"Mi ricordo molto bene la notte in cui sei nata: era il 31 ottobre, mancava un'ora al primo novembre, la luna piena era enorme, ma nel momento in cui nascesti scomparve in un'eclissi." finalmente alzò lo sguardo, incrociando quello della bionda "Bambina, tu non sei un'orfana qualunque: tu sei una Principessa del Regno, e sei la speranza della Resistenza."

Padre Alfar rise debolmente.

"Sapete quale è la cosa buffa?" si intromise "Due anni prima, lo stesso giorno, un'ora prima di mezzogiorno, c'è stata un'eclisse totale di Sole."

"Io sono nato due anni prima di Erya." riferì Danhum "Esattamente lo stesso giorno."

"Proprio così." ammise l'uomo.

Un tonfo li distrasse, i tre si voltarono in direzione di Erya e la scoprirono svenuta a terra.

Il più giovane, allarmato, si inginocchiò accanto a lei, cercando di farla riprendere, mentre il dottore la controllava.

La ragazza riaprì gli occhi, fissandoli uno per uno.

"Sei svenuta." riferì Candal "Colpa mia, ti ho dato troppe informazioni, probabilmente non hai retto. Ce la fai a presenziare alla riunione? Visto come stanno le cose sarebbe il caso che vieni anche tu con noi."

Erya annuì, poggiando la testa sul petto del compagno e lasciandosi prendere in braccio.

Era stato uno shock ricevere quella notizia, ma aveva ragione, doveva esserci anche lei a quella riunione.

La accompagnarono fino all'edificio comune, Danhum la tenne stretta a sé finché non entrarono, poi la mise giù, facendola sedere a un tavolo rialzato rispetto agli altri, e più centrale.

Poco per volta la sala si riempì di uomini e donne da ogni angolo del Regno, uniti dallo scopo comune di abbattere la dittatura della Casa Regnante.

Il ragazzo posò il libro trafugato sul tavolo di fronte a loro, e insieme attesero che ci fossero tutti.

"Signori! Il libro della Profezia è nelle nostre mani!" esclamò, trascinandosi dietro delle urla esultanti "C'è un problema, però: ci manca la chiave per aprirlo!"

Qualcuno degli ospiti si avvicinò per esaminarlo, alcuni diedero dei suggerimenti per aprirlo, ma Erya non li ascoltò.

Era persa nei suoi pensieri, cercava di mettere ordine alle informazioni appena ricevute.

Fissò il libro, il tomo che conteneva il suo destino, e si portò una mano al petto, afferrando, da sopra la stoffa, il suo ciondolo.

E mentre stringeva l'oggetto nella mano, i suoi occhi misero a fuoco un particolare del tomo.

Senza dire nulla, lo avvicinò a sé, esaminando la placca che lo sigillava.

Aveva una forma strana, con delle fessure disposte secondo uno schema, ma non riusciva a capire quale fosse.

Passò le dita sul bordo, ignorando il gruppo, che si era raccolto attorno a lei, incuriosito da quello che stava facendo.

Ed ebbe una folgorazione.

Si sfilò la catenina dal collo e fissò il gioiello; il disegno delle pietre dell'oggetto rettangolare sembravano molto simili a metà delle punzonature del lucchetto, che aveva forma quadrata. Senza esitare lo inserì.

Il pezzo sembrò illuminarsi, non appena venne a contatto, evidentemente era stato trattato con qualche tipo di reagente derivante dalle Pietre di Luce.

Fissò il pezzo di lucchetto ancora vuoto, quindi si voltò verso Danhum, il quale avvicinò la mano e sfiorò anche lui la placca metallica.

E anche lui capì.

Si sfilò il ciondolo e lo inserì nello spazio vuoto, che si illuminò a sua volta.

Poi la serratura scattò.

Un urlo di esultanza riempì il locale, ma i due ragazzi non si unirono ai festeggiamenti; erano confusi.

Come era possibile? Se la profezia parlava di lei, come era possibile che la serratura scattasse unendo i ciondoli di entrambi?

Il giovane le passò un braccio attorno alle spalle, per farle forza, e lei, con le mani tremanti, aprì il libro alla prima pagina.

Un altro sigillo doppio bloccava i fogli.

Due strisce di pergamena, chiuse da due sigilli di cera, rappresentanti un sole rosso e una luna verde, erano ben fissati sul primo foglio.

Erya passò il dito sul sole, ma una leggera scossa elettrica la costrinse a ritirare la mano. Questo però non la fece desistere, e sfiorò la luna; questa volta non successe nulla.

"Danhum, credo che tu debba rompere il sigillo del Sole." suggerì "Io devo occuparmi del sigillo della Luna."

Il moro non se lo fece ripetere e, insieme, ruppero i sigilli.

Intorno a loro si creò il silenzio, quando di nuovo le pagine si illuminarono. La ragazza sfogliò lentamente il tomo, rivelando disegni elaborati che rappresentavano la storia della casata Reale.

Era un minuzioso racconto per immagini dei quattro secoli di vita della dinastia Dal, alternati da alcune pagine di racconto, che la ragazza lesse ad alta voce.

Era un linguaggio antico ma semplice, un lungo poema che cantava le gesta della casata.

Tutti la ascoltarono, in rispettoso silenzio, fino ad arrivare all'ultima pagina.

Un titolo in lettere infuocate preannunciava il contenuto dello scritto. A Erya mancò un battito, e dovette sedersi, sconvolta, così Danhum prese parola, leggendo al suo posto.

 

Profezia del nuovo regno

 

Come mosche periranno

al crudel Reame

con la venuta dell'ultima prole

venuta in invisa casta

dalla Luna di Sangue voluta

dal fato voluta

vedrà la vita

accanto al debol generale

Dal Sole Oscuro voluto

uniti dall'astral volere.

 

"Invisa casta? Noi Omega non siamo un' invisa casta!" esclamò uno dei presenti, mostrando con orgoglio il marchio del suo Alpha sul bicipite, impreziosito da un tatuaggio.

"Luna di sangue? Che significa?" domandò un altro.

"La luna di sangue è un'eclissi di luna… e il sole oscuro…" afferrò il braccio dell'amico, quasi a volersi sorreggere "Danhum… noi siamo nati durante delle eclissi… la profezia non parla solo di me, ma anche di te."

Un bisbiglio si propagò nella sala.

"La ragazza è un'Omega della Famiglia Reale!" disse qualcuno.

"È la nostra Salvatrice!" disse qualcun altro.

"LUNGA VITA ALLA VERA REGINA!" fu l'urlo che si levò quando tutti furono raggiunti dalla notizia.

Erya non si aspettava una reazione del genere, e si fece ancora più piccola di quello che era già.

Non era abituata a stare al centro dell'attenzione, e stava succedendo tutto così in fretta. La testa le girò e, per non cadere, si aggrappò più salda al compagno, nascondendo il volto contro il suo petto.

"Bisogna avvertire il Falco!" esclamarono, dalla folla.

Di nuovo esplose la confusione. Era girata la voce che il Falco avrebbe partecipato alla riunione, ma nessuno lo aveva visto in giro, o meglio, non si era palesato.

La confusione e il chiasso non permettevano alla ragazza di pensare, e si coprì le orecchie, stringendo forte gli occhi per cercare di estraniarsi, avvolta nell'abbraccio del moro.

Poi un lungo fischio sovrastò il vociare e il grosso falcone del Capo Supremo della Resistenza volò nell'edificio, andando infine a posarsi sulla spalla del legittimo proprietario.

 

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Capitolo 14
*** 14 ***


Il maestoso rapace troneggiava ad ali aperte, fissando la folla ammutolita.

Nessuno se lo aspettava, eppure era lì, era sempre stato in mezzo a loro, e nessuno se ne era accorto.

Danhum sorrise, stringendo Erya, mentre il falco sulla sua spalla chiuse le ali e si lisciò le piume sul petto, tranquillo e fiero.

"Cosa… Danhum?" domandò la giovane, confusa.

"Sì, sono io il Falco, almeno lo sono dall'ultimo anno e mezzo." ammise, rivolgendosi poi al resto della platea "Questo non cambia nulla! Bisogna proteggere la principessa!"

A quelle parole, si voltarono tutti verso la bionda e, uno per uno, si inginocchiarono.

L'ultimo a farlo fu il moro, che la lasciò andare, abbassandosi fino a genuflettersi a lei, a capo chino.

"Io, Danhum, ultimo discendente dei Granduchi di Hae, capo della Resistenza Organizzata, giuro fedeltà alla principessa Erya, e prometto di servirla nella battaglia contro la Corona Tiranna." scandì, solenne.

La ragazza non sapeva come muoversi, inoltre anche gli altri capi presenti ripeterono il giuramento. Non era abituata a stare al centro dell'attenzione, anzi ogni volta, fin da piccola, che era al centro dell'attenzione finiva male, come all'orfanotrofio, quando subiva bullismo.

Ma ora era lì, venerata da quella gente, il primo dei quali era lo stesso che le praticava bullismo da bambini.

"Io… cosa devo fare?" chiese, con un filo di voce.

"Solo stare al sicuro, per il momento." la rassicurò il giovane, rimettendosi in piedi "La profezia parla anche di me, quindi faremo cadere insieme il Regime… ma anche se non fosse stato così, beh… avresti comunque il mio appoggio."

Erya abbassò lo sguardo, scoppiando improvvisamente in singhiozzi. Evidentemente tutto quanto era troppo per lei, aveva bisogno di tempo per potersi abituare. Con calma le passò un braccio attorno alle spalle e la condusse fuori dalla sala, attraverso un corridoio creato dalla folla.

Andarono, insieme, verso il limitare del bosco, sedendosi sotto un albero, in una zona tranquilla, mentre il rapace tornava da solo alla torretta.

"Ehi, tranquilla…" la rassicurò, posandole una mano sulla testa "Va tutto bene."

"Come… come può andare tutto bene?" singhiozzò la ragazza "Io… io ero solo un'orfana senza futuro… non ho idea di come si governi una nazione…"

"Imparerai… impareremo insieme." sussurrò Danhum, stringendola "Io resterò sempre il tuo generale, principessa, a prescindere dalla profezia."

"Tu sei un militare." obiettò la bionda "Sai già come fare il tuo lavoro."

"Ma sono anche l'ultimo Granduca di Hae. Una volta che avremo deposto il vecchio sovrano anche io dovrò imparare a governare queste terre."

Erya annuì, alzando lo sguardo sul suo volto.

"Va bene, ma se mi chiami ancora principessa ti picchio." lo minacciò.

"Come desideri, racchia." scherzò, dandole un leggero buffetto affettuoso sul naso.

In tutta risposta, la bionda mise il broncio, incrociando le braccia e girandogli le spalle.

"Dai, stavo scherzando!" rise, circondandola con le braccia e trascinandola in braccio a lui.

"Io sarò racchia, ma tu sei un coglione!" borbottò Erya, puntandogli il dito contro.

A quel punto il ragazzo le afferrò il volto con entrambe le mani, delicato, e la coinvolse in un intenso bacio.

Aveva capito ormai da tempo che a lei piacevano molto i suoi baci, per cui spesso ne approfittava. Che fosse giù di morale o imbronciata, saveva che, con un bacio, l'avrebbe riportata in sé.

E poi a lui non dispiaceva, si consideravano amici, nonostante facessero l'amore tutte le sere e si scambiassero spesso baci appassionati anche in pubblico, quei momenti con lei erano, per lui, le parti migliori della giornata.

Si era scoperto innamorato di Erya, profondamente, l'avrebbe protetta da ogni pericolo, a prescindere dalla sua ascendenza, perché la amava, e le voleva stare accanto.

Si allontanarono per prendere fiato, stretti ancora l'una all'altro.

"Mi piace come baci." confessò Erya, arrossendo.

"Oh… il tuo primo complimento nei miei confronti!" esclamò Danhum, scherzoso.

"Idiota! Neanche tu me ne fai mai!" si imbronciò lei.

"Va bene." ammise lui, baciandola velocemente "Eccone uno: quando facciamo l'amore sei meravigliosa." lei arrossì ancora, ma si avvicinò per baciarlo, lui continuò "E adoro quando arrossisci così, mi fa venire voglia di prenderti e farlo ovunque siamo."

A quelle parole partirono una sequenza di schiaffi da parte della bionda. Non aveva intenzione di fargli del male, ma voleva contrastare l'ulteriore arrossamento delle sue guance.

Danhum rise, riparandosi dai colpi, infine la baciò di nuovo, facendola calmare.

Restarono stretti per un po', a godere della reciproca compagnia.

"Danhum, voglio combattere anche io." confessò la giovane, tenendo la testa poggiata sul petto del compagno.

"Tu non puoi correre rischi. Devi stare nelle retrovie e uscire allo scoperto quando sarà il momento. Sei troppo preziosa." spiegò il ragazzo, passandole le dita nei capelli "Anche io non parteciperò direttamente, c'è bisogno di un comandante che stia al sicuro."

Erya annuì, rimettendosi in piedi, imitata da lui.

"Comunque tu sei un po' stronzo!" esclamò lei, irritata "In tutto questo tempo non ti è saltato in mente di dirmi che il Falco eri tu?!"

"Scusa." sussurrò con un leggero sorriso "Ma finché non fosse giunto il momento di farsi avanti, meno persone sapevano meglio era. Prima lo sapevano solo il prete e il dottore, ed era giusto così." le circondò le spalle con un braccio, camminando verso casa "E comunque non ti è andata male: ora sanno tutti che non sei solo la principessa Omega, ma anche la compagna del Falco."

Erya sospirò e scosse la testa. La situazione si era fatta davvero complicata, ben presto non avrebbe saputo come muoversi, se continuava così.

 

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Capitolo 15
*** 15 ***


Nei giorni successivi ci furono molte riunioni dei capi nella grande sala. Erya non sempre vi partecipava; pur avendo una istruzione militare di base, acquisita all'orfanotrofio, non aveva continuato sulla stessa strada, quindi lasciava tutto nelle mani di Danhum, che era anche obbligato a presenziare, in quanto comandante di quell'esercito improvvisato.

Era passata la metà di ottobre, le giornate si stavano facendo sempre più brevi, e anche la vita al villaggio si faceva più lenta.

Quel pomeriggio la ragazza era andata a trovare Clandys che, con la famiglia, si era stabilita in una delle nuove capanne.

Andava spesso da lei, per aiutarla con i bambini mentre il marito era al lavoro o semplicemente per fare due chiacchiere con una persona amica.

Stavano bevendo un tè caldo, sedute al tavolo, e intanto la donna allattava la figlia. Erya le osservò, sorridendo intenerita.

"È bellissima. Somiglia tanto a tuo marito." commentò.

"Si, ha preso tanto da lui." ammise l'altra, baciando la manina della piccola "Tu e Danhum, piuttosto… mi sembra che ora andiate molto più d'accordo."

"Beh… abbiamo dovuto consolidare il legame, o saremmo morti…" si giustificò la giovane, arrossendo "Però non è come pensi…"

"E come starei pensando?" domandò Clandys, sorridendo dolcemente.

"Che io… noi…" balbettò la bionda, portandosi poi le mani dietro la nuca, frustrata "Ahhh! Insomma, non stiamo insieme!"

"Comunque stare con lui ti ha fatto bene." cambiò argomento la mora, facendo fare il ruttino alla figlia "Mi sembri ingrassata dall'ultima volta che ti ho vista."

"Beh mangio meglio, di sicuro…" ammise la giovane, rilassandosi "anche se negli ultimi giorni ho sempre lo stomaco un po' in subbuglio…"

Clandys la guardò perplessa, dopo aver sistemato la figlia nella culletta, e si sistemò meglio nella sedia, poggiando il mento su due dita, pensierosa.

"Uhm… tu sei entrata in calore quando Danhum ti ha portato da noi… poi hai detto che avete consolidato il legame, quindi hai avuto un altro calore…" si fissò le dita, contandole mentre parlava "Se sei regolare, quindi… dovresti essere vicina al nuovo calore, giusto?"

"A dire il vero è in ritardo." confessò la bionda, facendo spallucce "Non è mai accaduto, ma con tutto quello che è successo negli ultimi tempi magari…"

"Quello che è successo è nelle mutande di Danhum, amica mia!" la interruppe la mora "Fossi in te farei un controllo dal dottore, perché se ancora non sei andata in calore dopo aver legato con il tuo Alpha non è che ci siano tante spiegazioni."

Erya la fissò, confusa. Non era del tutto sicura di voler sapere quello che le stava succedendo, ma non poteva rimandare.

Si passò nervosamente le mani sulla treccia e si alzò in piedi, poi, dopo aver salutato, andò diretta dal dottor Candal.

Poco dopo, Danhum terminò l'ennesima riunione dei leader dei gruppi.

Era stanco morto, preferiva di gran lunga combattere, ma le guerre erano fatte anche di questi confronti tra generali e riunioni organizzative.

Si strinse nel mantello e si guardò intorno. Non c'era tanta gente in giro, d'altronde era metà ottobre, e in quella zona già le temperature iniziavano ad essere rigide in certi orari.

Il piccolo Dan, inseguendo per gioco un amichetto, cadde a terra proprio di fronte a lui, per cui si avvicinò e lo rimise in piedi, spolverandogli i calzoncini.

"Grazie zio Danhum!" lo ringraziò il bambino.

"Di nulla. Fai più attenzione, e torna da mamma e papà, si sta facendo buio!" si assicurò il moro, guardandolo tornare a correre dietro l'altro bambino.

Sorrise intenerito. Gli piaceva avere intorno i bambini, con la loro spensierata innocenza; erano una boccata d'aria fresca in un mondo pieno di difficoltà.

Senza smettere di sorridere tornò verso casa, e quando spostò la tenda dell'ingresso trovò Erya seduta sul letto, con lo sguardo basso sulle mani giunte sulle cosce.

"Erya, che succede?" domandò, percependo che qualcosa non andava.

La bionda si limitò a indicargli di sedersi accanto a lui, il quale eseguì, aggiustandole una ciocca di capelli con due dita.

"Dimmi, qualcosa non va?" insistette.

"Ti sei accorto che non sono ancora andata in calore?" parlò, finalmente lei, senza guardarlo negli occhi.

"Beh, ma è questione di giorni, no?"

La giovane scosse la testa e si alzò in piedi, facendo qualche passo per la stanzetta per poi fermarsi di fronte all'amico.

"Sono stata dal dottore." confessò "Non entrerò in calore per un po'... io… Danhum, io sono incinta."

Danhum rimase lì, fissandola a bocca aperta, apparentemente sotto shock, e lei gli afferrò una mano cercando di farlo riprendere.

"Danhum, di' qualcosa…"

A quel punto si riscosse, posando la mano libera sulla guancia della giovane.

"Tu stai bene?" chiese.

"Io… sì, a parte un po' di nausea, ma il dottore ha detto che è normale…"

Il ragazzo sembrò rilassarsi, la afferrò per i fianchi e la fece sedere nuovamente, in braccio a lui. Di certo non si aspettava una notizia del genere, non in quel momento; sperava che prima di compiere quel passo, magari, Erya, finalmente, avrebbe iniziato a provare qualcosa per lui, invece il destino aveva altri progetti.

La strinse, in silenzio, posandole un bacio sulla fronte, e la sua grossa mano, tremante, scese fino la ventre di lei, avvolgendolo con delicatezza.

Le annusò i capelli, percependo il suo profumo, e capì che era cambiato perché ora portava una seconda vita in grembo. Il suo istinto di protezione emerse quasi all'improvviso, fu talmente veloce che coinvolse la compagna in un bacio particolarmente passionale, forse anche possessivo, che lei ricambiò.

La giovane si tranquillizzò, sentendosi subito al sicuro tra le sue braccia, e quando si allontanarono incrociò il suo sguardo.

"Erya, sposiamoci." sussurrò il moro, con voce ferma e decisa.

 

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Capitolo 16
*** 16 ***


"Erya, sposiamoci."

Danhum aveva detto proprio quelle parole, Erya non poteva aver sentito male.

Aggrottò le sopracciglia, fissandolo, senza dire una parola.

"So che stai pensando." continuò il giovane "Ma, credimi, non sono impazzito." fece un respiro profondo e abbassò lo sguardo sulla pancia della compagna "Ascolta, se ci sposassimo lui avrebbe tutti i diritti ereditari di entrambi, per quanto ora non abbiamo nulla, ma in futuro, quando vinceremo questa guerra…"

"Sì, ma… scusa, tu mi hai morso, non basta questo?" domandò, finalmente, la ragazza.

"No, non basta. A parte che la legge salica della tua famiglia non prevede l'inserimento degli Omega, ma questo è un altro argomento… ma un legame semplice non sarebbe bastato comunque, un figlio nato fuori dal matrimonio non avrebbe diritti."

Danhum aveva ragione, finché la guerra non fosse finita era meglio seguire alcune vecchie regole, così da non sconvolgere tutto con troppi cambiamenti improvvisi.

Erya annuì, posando una mano su quella di lui, poggiata sulla sua pancia.

"Hai ragione." ammise "E forse questa cosa potrebbe servire la gente del campo a svagarsi: ultimamente ho visto tutti molto tesi." si portò due dita al mento, pensierosa "Il nostro compleanno è tra due settimane… e se lo facessimo quel giorno?"

Il giovane annuì, pensieroso. Non si aspettava che lei accettasse così, per cui era un po' sorpreso, ma aveva anche avuto una buona idea.

"Domani parlerò con Padre Alfar." riferì "Però forse è il caso se la notizia del bambino la teniamo per noi ancora per un po'..."

"Il dottor Candal lo sa. E anche Clandys l'ha capito… ma sicuramente non lo diranno a nessun altro… potremmo dirlo proprio al matrimonio, che dici?"

"È una buona idea anche questa." ammise il giovane, prendendola meglio in braccio per affondare il volto nell'incavo del collo della compagna "Cavolo che buon profumo hai!"

Erya arrossì, e il suo cuore accelerò al contatto ravvicinato con il moro. Sentì la mano di lui carezzarle la pancia, quel contatto le piaceva, la faceva sentire protetta.

Era strano, fino a poco tempo prima lo odiava, aveva anche ragione a farlo visto come la trattava in orfanotrofio, e ora aveva accettato di sposarlo, inoltre a breve gli avrebbe dato un figlio.

Sentì le labbra di lui posarsi sul marchio, e il suo cuore si scaldò.

"Danhum…" sussurrò "Il marchio…"

"Sì?"

"Non lo vorrei da nessun altro… tu sei il mio Alpha, e io ti darò un figlio."

"Noi avremo un figlio." la corresse "Sarà nostro figlio e sarà libero da tutti i pregiudizi che ora stiamo combattendo."

Erya annuì, avvicinandosi per baciarlo. Stavano insieme ora, si sarebbero sposati a breve, e lei si sentiva felice di questo, e di aspettare un figlio da quel giovane uomo.

Lo guardò in viso, scoprendosi a immaginare come sarebbe stato quel bambino, vedendo quegli occhi di ghiaccio e quei capelli corvini anche in lui. Sorrise, arrossendo; Danhum era proprio bello, faceva girare le ragazze lì al campo, e non solo loro, per questo si sentì fortunata nel poter diventare sua moglie.

"Voglio fare l'amore con te." gli sussurrò all'orecchio.

"Sei sicura che possiamo…" esitò l'altro, indeciso.

"Il dottore ha detto che possiamo, se facciamo attenzione e non ci facciamo prendere dalla foga." lo rassicurò la bionda, baciandolo lungo la cicatrice sul volto.

Il ragazzo si convinse e la trascinò sul letto, riprendendo a baciarla dolcemente, mentre lei gli sfilava la casacca.

Quella notte si sarebbero amati a lungo, non vollero pensare a nulla se non a loro.

Il giorno seguente si presentarono entrambi alla canonica, comunicando al prete la loro intenzione di unirsi in matrimonio.

L'uomo li guardò sconvolto, ignorando il saluto del dottore, sceso per la colazione.

"Qualcosa non va?" domandò il medico, preparandosi un tè e avvicinandosi al religioso, che balbettava qualcosa di incomprensibile, cercando di mettere ordine ai suoi pensieri dopo la comunicazione dei due ragazzi.

"Danhum e io ci sposiamo." riferì la bionda, senza mezzi termini "E vogliamo fare la cerimonia il giorno del nostro compleanno."

"Oh… e che c'è di tanto sconvolgente?" continuò il dottor Candal, dando un pizzicotto sotto l'orecchio al chierico, per farlo riprendere "La gente si sposa di continuo, anche io e te ci siamo sposati, Al!"

"Sì, ma loro… hanno fatto il legame da solo due mesi…" obiettò, finalmente, l'altro, indicando la coppia.

Il rosso li squadrò da capo a piedi, infine fece spallucce.

"Continuo a non vedere nulla di strano. Sono due ragazzi innamorati che vogliono sposarsi."

"Sì, ma loro…" cercò di ribattere ancora il prete, bloccandosi quando il compagno gli sussurrò qualcosa all'orecchio "Ohh… capisco… ma… da quando…"

"Suppongo sia successo quando hanno consolidato il legame, ma poi, da quello che sento tutte le sere dalla loro casa, ci hanno preso gusto, giustamente. Sono giovani, l'ho già detto, e sono innamorati, è normale che facciano certe esperienze."

Erya si portò una mano alla pancia, capendo di cosa stessero parlando, e sorrise dolcemente.

"Per favore, non dite nulla: vogliamo dare la notizia durante la festa per il matrimonio."

"Va bene." borbottò il prete "Ma vedete di darvi da fare, due settimane non sono poche per organizzare tutto, ma non sono neanche tantissime."

Danhum annuì, prendendo la mano della compagna e trascinandola fuori.

Una volta arrivati nel piazzale di fronte al grande edificio si fermò, le afferrò il volto con entrambe le mani e la baciò dolcemente.

Non poteva ancora crederci, stava per sposarsi.

Lui, che non aveva mai pensato di mettere su famiglia per via del lavoro che faceva, ora stava per farlo , e non era una qualunque: stava per sposare una Principessa Reale, la Speranza del Popolo, come era stata soprannominata.

Però non era importante chi fosse per gli altri, per lui era solo la donna che amava.

 

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Capitolo 17
*** 17 ***


Questo capitolo partecipa al #AStolenQuoteChallenge del gruppo Better than Canon

 

La notizia del matrimonio fece subito il giro del villaggio.

Tutti si offrirono di aiutare la coppia nei preparativi, con la scusa del poco tempo che mancava al giorno prefissato, e l'atmosfera si fece allegra e spensierata, nonostante la guerra che ancora veniva programmata alle riunioni dei capi, alle quali Danhum doveva continuare a partecipare nonostante fosse il futuro sposo.

Erya passava le giornate in giro con Clandys e con le altre donne che non fossero impegnate alle suddette riunioni, tutte entusiaste e felici di aiutare la Principessa Omega, come era stata chiamata la sposa, ma quando il compagno si liberava dagli impegni riusciva a ritagliare del tempo da sola con lui.

Quasi non ci credeva, ma non si era mai sentita così felice in vita sua.

In quei giorni aveva avuto molto tempo per pensare a quanto successo, sia cose recenti che passate. Le erano tornati in mente gli anni all'orfanotrofio, le azioni di lui, le sue reazioni a ciò che le faceva e i suoi sentimenti.

Se li ricordava anche troppo bene quegli anni, ma, da quando Danhum si era mostrato profondamente e sinceramente dispiaciuto per quanto le aveva fatto, lo aveva perdonato, e aveva iniziato a vedere il ragazzo in modo diverso: il giovane bullo dal bell'aspetto era diventato un uomo onorabile e rispettoso degli altri.

Un uomo le cui forti braccia la facevano sentire al sicuro, le cui labbra erano capaci di farla andare in estasi con un semplice bacio.

Un uomo di cui si era innamorata perdutamente, non sapeva bene da quando, ma sapeva di esserlo.

Per questo aveva accolto con tanta serenità la gravidanza inaspettata: aveva dentro di sé un esserino che era una parte di entrambi, un bambino che per lei era già tutta la sua vita.

Mancavano due giorni al matrimonio, era ormai quasi tutto pronto.

Poco prima dell'ora di pranzo, Erya entrò nella sala dove erano riuniti tutti i capi; essendo lei la Principessa, era l'unica che aveva libero accesso a questi incontri, anche se non avrebbe partecipato attivamente alle retate che stavano organizzando.

"Dobbiamo avvicinarci il più possibile al Palazzo Reale!" stava suggerendo uno, quando lei si intrufolò "Anzi, dobbiamo attaccarlo!"

"Non è una buona idea." obiettò Danhum, guardando la grande cartina del regno che era stata stesa sul tavolo "Il castello è fittamente protetto. Sono passati due anni, ma vi ricordo che ho lavorato per un certo periodo per il Re, conosco abbastanza bene le loro strategie di difesa. Anche con i nostri infiltrati all'interno è quasi impossibile abbattere le loro difese."

"Hai detto quasi." si intromise la bionda, affiancando il fidanzato "Un modo c'è, solo che non sappiamo ancora come fare."

Gli uomini e le donne intorno al tavolo si inchinarono alla sua presenza, e il comandante si abbassò per posarle un bacio sulle labbra, facendole spazio accanto a lui.

La giovane guardò la piantina, sfiorando la pergamena con le punte delle dita in corrispondenza della Capitale del Regno.

"Avete detto che ci sono degli infiltrati a palazzo, giusto?" chiese, pensierosa.

"È così, mia signora. Non molti, ma abbastanza per avere notizie fresche sul Re e sulla Principessa Ereditaria." confermò una donna vestita con abiti comodi, probabilmente una cacciatrice, viste le armi che teneva con sé, sicuramente una caposezione di un gruppo di resistenza che operava in una zona boschiva.

"Mio padre e la mia sorella maggiore…" annuì Erya "uhm… quei due forse dovrò affrontarli io di persona…"

"Erya, è pericoloso!" obiettò Danhum, afferrandole il polso "La Principessa Ereditaria al momento è il capo dell'Esercito Reale! Ti ucciderà!"

"Non ho mai detto che ci andrò da sola: tu verrai con me, e scegliti un gruppo di fidati, quanti ne bastano per introdursi di nascosto nel palazzo, eludendo la sorveglianza."

"Ho appena detto che il palazzo ha una difesa invalicabile…" ribatté il moro, duro, senza togliere gli occhi dal viso della fidanzata.

"Danhum, ti ricordo che qualche nozione di strategia militare ce l'ho anche io, grazie all'orfanotrofio." continuò la giovane, tranquilla "Inoltre mi sono già intrufolata in uno dei loro castelli, poco prima di legarmi con te, ricordi? Per quanto quello fosse solo una residenza estiva, era molto ben protetto, probabilmente proprio per la presenza di quel libro che ho rubato. Tutte le difese hanno una falla, basta trovarla e poi si fa tutto più semplice."

Danhum annuì, posandole affettuosamente una mano sulla schiena, e l'altra donna prese di nuovo parola.

"Principessa, perdonatemi, c'è una cosa che dovrete fare per noi." disse.

"Cosa?"

"Una volta che avremo sconfitto il Regime, voi sarete l'unica e legittima erede al trono, per questo diventerete Regina." fece una pausa reverenziale e, tenendo lo sguardo basso, indicò il Falco "È un'idea del vostro fidanzato. Prendetevela con lui se non vi va bene la cosa…"

Danhum sorrise sornione, attirando a sé la bionda al suo fianco.

"Lo sa già, ed ha accettato." ammise "Le ho fatto un'offerta che non poteva rifiutare, tipo… diventare mia moglie."

"Va bene, ora vedete di mettere via tutto!" ordinò Erya, rossa in viso "È quasi ora di pranzo, la gente vorrà usare la sala per mangiare!"

Il gruppo eseguì, finendo di riordinare poco prima dell'ingresso degli addetti delle cucine comuni con il pranzo.

Una volta presi i loro piatti si andarono a sedere al loro tavolo, osservando la gente che entrava per consumare il proprio pasto, stanca dei compiti della mattina.

Videro entrare il mastro gioielliere del campo, seguito dal suo compagno, il capomastro, addetto alla costruzione delle case dei nuovi residenti.

Il gioielliere sembrava particolarmente arrabbiato, e ignorava in tutti i modi il marito, il quale cercava di parlargli; evidentemente aveva combinato qualcosa e cercava di farsi perdonare.

"Oh, avanti Franz!" cercò di chiamarlo il mastro costruttore "Ascoltami! Ti prego!"

Franz lo ignorò, prendendo il pranzo e andando a sedersi al tavolo di Danhum e Erya, mentre l'altro si aggrappò al suo braccio, chiedendo perdono senza stare un attimo zitto.

"Che ha combinato Harold questa volta?" domandò il moro, dividendo il pane tra sé stesso e la compagna.

"Al solito… ha fatto un commento su un nuovo arrivato… e si è dimenticato che io ero accanto a lui."

"L'ha fatto anche con me." ammise Erya "Ma si è preso un bel calcio nelle palle dalla sottoscritta."

"E a casa ha preso anche il resto, principessa." riferì l'uomo, continuando a ignorare il marito, che cercava di attirare la sua attenzione.

"Ma quanto parla?!" chiese la bionda, fissandoli.

"Lui può anche parlare in continuazione, ma comunicare è un'altra cosa!" borbottò Franz "Io voglio fatti! Sono Omega, mica stupido!" si sporse verso la ragazza, abbassando la voce "Principessa, un consiglio: non fatevi mettere i piedi in testa, ricordatevi che siete voi a comandare, anche in casa."

"Credimi, a mettere i piedi in testa alla mia fidanzata ci rimetti caviglie, ginocchia e, se ti va male, pure le anche." intervenne il moro, abbracciando la compagna.

Franz rise e cercò nelle tasche, tirando fuori un sacchettino e porgendolo ai due.

"Prima che mi dimentichi… ho finito il lavoro." disse "E non preoccupatevi del compenso, alla principessa lo faccio volentieri."

Erya afferrò il sacchetto e lo aprì, tirandone fuori due fedi. Erano due anelli formati da tre strisce intrecciate, una color oro, una con incastonata della polvere di rubini e la terza con polvere di smeraldi.

La ragazza le rigirò, ammirandole.

"Sono… sono bellissime, grazie." sussurrò, commossa, rimettendo via gli anelli e lasciandosi stringere dal compagno.

"Ci ho messo tutta la mia arte." ammise Franz "Voi meritate la felicità, principessa."

Danhum sorrise, alzandosi. Per lui era ora di tornare al lavoro. Baciò teneramente la bionda e salutò gli altri due, prima di allontanarsi. Erya lo osservò alle spalle, sorridendo; sì, forse il mastro gioielliere aveva ragione, dopo tante sofferenze aveva finalmente trovato la felicità.

Finalmente arrivò il giorno tanto atteso.

Era l'alba, e i due ragazzi erano ancora profondamente addormentati nel loro letto.

Erano stretti l'una all'altro, in un tenero abbraccio che, probabilmente, continuava nei loro sogni, quando Clandys e Jalehon, con i rispettivi aiutanti per la preparazione degli sposi, entrarono nella casupola per svegliarli.

Erya era avvolta fino al naso dalla coperta, con la testa poggiata sul petto nudo del compagno, e fece un mugugno di protesta quando la donna la scosse leggermente per svegliarla.

"Mhh… voglio stare al caldo ancora un po'..." sussurrò, con la voce impastata dal sonno.

Danhum aprì gli occhi, guardandosi attorno assonnato da dietro i capelli arruffati.

"Mh… che ci fate qui?" domandò.

"Come sarebbe a dire 'che ci facciamo qui'?!" lo rimproverò Jalehon, puntandogli il dito contro "È il vostro matrimonio! Siamo venuti a prelevarvi per i preparativi!"

La bionda si mise seduta, avvolta da parte della coperta per nascondere le forme agli altri uomini, e si passò una mano sugli occhi per cercare di svegliarsi.

"Ma è l'alba… è davvero necessario alzarsi a quest'ora?"

"Certo che è necessario, principessa!" intervenne una delle altre donne, porgendole una vestaglia ricamata "È la tradizione."

"Che tradizione del cazzo…" borbottò, poggiando la testa contro il braccio del compagno e chiudendo gli occhi, con i capelli scompigliati che le cadevano sul viso.

Danhum sospirò, girandosi verso la fidanzata e baciandole le labbra.

"Dai, facciamo come dicono." suggerì "Per tradizione hanno l'obbligo di trascinare giù dal letto gli sposi se si rifiutano di alzarsi."

"Lo ripeto: è una tradizione del cazzo… e poi io voglio stare ancora qui al caldo con te…" ribadì, accoccolandosi contro di lui.

"Avrai tutta la vita per farlo." ripeté il moro, abbassandosi e sussurrandole all'orecchio "E comunque se ti strusci così ti prendo subito… ho qualcos'altro che si è svegliato, e poco importa se c'è gente che potrebbe assistere."

Erya spalancò gli occhi, facendosi completamente rossa. Questo però servì a svegliarla del tutto, indossò finalmente la vestaglia e seguì le altre donne fuori.

L'aria era frizzante, ma l'indumento era abbastanza caldo da non farle sentire il freddo durante il tragitto verso la periferia del villaggio, in direzione del torrente sul limitare dei costoni di roccia che proteggevano la vallata da incursioni esterne.

Si infilarono, infine, in una grotta con l'ingresso protetto da una costruzione in legno, il cui interno, illuminato da numerose Pietre di Luce, era parzialmente occupato da una vasca naturale piena d'acqua.

La bionda si guardò intorno, mentre le altre donne la aiutavano a immergersi e la seguivano per aiutarla a lavarsi.

L'acqua era piacevolmente calda e l'atmosfera rilassante. Mentre Clandys le lavava i capelli, le altre le massaggiavano braccia e gambe, usando unguenti piacevolmente profumati; sorrise, lasciandole fare e chiudendo gli occhi per poter godere meglio di quelle coccole.

"Che invidia!" esclamò una delle ancelle, massaggiandole la mano e il braccio "Non avete idea di quante avrebbero voluto essere al vostro posto, principessa! Danhum aveva un sacco di ammiratrici, sapete? Ma non ha mai considerato nessuna…"

"Si pensava addirittura che avesse altri gusti, ma non guardava neanche i ragazzi…" intervenne un'altra.

"Danhum era solo sposato col lavoro… e ora posso dire che era anche sposato con la causa della Resistenza." spiegò Clandys, finendo di massaggiarle la testa "Ma penso che non ti abbia mai dimenticata, Erya."

"Ma noi da bambini non andavamo d'accordo… se la prendeva sempre con me" protestò la giovane.

"Davvero? A vederlo ora non si direbbe: ogni volta che posa gli occhi su di voi si illumina." spiegò una terza donna "È innamorato perso, voi siete la sua luce, davvero."

La giovane arrossì, nascondendo il volto nelle mani. Non si aspettava un'affermazione del genere, voleva comunque conferma da lui, voleva essere certa che il suo amore appena nato era corrisposto.

Uscirono dall'acqua, sistemandosi attorno a un focolare acceso nella costruzione in legno per asciugarsi prima di iniziare con la vestizione della sposa.

E lì, al caldo del fuoco, le acconciarono i capelli in un'elaborata acconciatura, con due treccine che si incrociavano dietro e una coroncina di fiori autunnali adornati da un nastro verde, sotto i quali scendevano dei boccoli arricciati con un ferro caldo.

Intanto si era fatta tarda mattinata, e la cerimonia era prevista per l'ora di pranzo.

Con cura le fecero indossare la sottoveste, morbida e lunga fino alle caviglie, e sopra di essa un abito in tessuto caldo, color panna con ricami rossi e verdi, come i colori dei ciondoli degli sposi.

Quando Clandys fece per mettere a Erya un corpetto in pelle, la bionda si irrigidì, ben sapendo che quel capo andava stretto molto. La donna le posò una mano sulla spalla e le parlò all'orecchio.

"Tranquilla." sussurrò, senza farsi sentire dalle altre "Ho parlato con il dottore, so già tutto. Questo corsetto è solo decorativo, non stringe nulla."

Erya annuì e si lasciò finire di vestire, con un caldo mantello color cielo, che cadeva fino a metà gonna e il cui cappuccio le copriva parzialmente il volto.

Le donne la osservarono, sognanti, accompagnandola verso l'edificio centrale, dove attendevano tutti gli altri.

Appena fuori dalla porta c'erano il piccolo Dan e un'altra bambina sua coetanea, vestiti bene per l'occasione e istruiti dalle mamme per reggere lo strascico della gonna lungo il percorso che avrebbe dovuto fare la sposa per raggiungere il futuro marito.

La bionda era emozionata. Era una cosa strana, visto che in realtà fino a pochi mesi prima riusciva a malapena a trovare qualcosa da mangiare, mentre ora si era ritrovata Principessa Reale e sposa del capo dell'organizzazione che combatteva il regime.

Fece un respiro profondo e, non appena la porta si spalancò, iniziò la sua marcia.

Nella sala era stato creato un corridoio con un tappeto e dei fiori autunnali a incorniciare il percorso; sul fondo del corridoio la attendeva Padre Alfar, che avrebbe celebrato, e Danhum.

Il giovane sembrò illuminarsi quando la vide entrare. Anche lui era stato sistemato per l'occasione: i capelli erano stati lisciati in una treccia, chiusa dal nastro rosso che aveva sempre con sé. Indossava un paio di pantaloni in pelle, stivali bassi e una camicia bianca aperta sul petto, su cui spiccava il ciondolo di famiglia; sopra di essa aveva un gilet scuro che gli fasciava la figura, mettendo in risalto i muscoli scolpiti dalla vita militare .

Era bello da mozzare il fiato, o almeno questo pensò Erya, una volta che gli fu vicina, esitando nell'afferrargli la mano che le porgeva.

Le abbassò il cappuccio, sorridendole e guardandola negli occhi, dando inizio alla cerimonia.

"Benvenuti!" esordì il chierico, schiarendosi la voce "Siamo tutti qui per celebrare il matrimonio tra Danhum e Erya." fece una pausa e si rivolse agli ospiti "Sapete, io ho passato qualche anno, da bambino, nello stesso orfanotrofio dove sono cresciuti i nostri ragazzi… a dire il vero sono stato io a portare Danhum lì, quando era ancora in fasce. Ma mi ricordo un giorno, quando lui aveva due anni… il dottore aveva portato una nuova neonata, uno scricciolo, era minuscola e apparentemente debole, e avevano detto che era una Beta. Quello che era sicuro, però, era che aveva dei polmoni fenomenali: per due giorni ha urlato come un demonietto, la si sentiva ovunque fuori dalla nursery… questa bambina era la nostra Erya." tornò a guardare i due sposi "Dopo due giorni, ricordo, ero stato messo a guardare i bambini che giocavano, e a un certo punto non ne trovavo uno. Eravamo talmente abituati alle urla della bambina che ci misi un po' a rendermi conto che non stava più piangendo. Beh… sapete? L'ho trovato dopo quasi un'ora di ricerca dentro la culla della nuova arrivata con lei sul petto, entrambi dormivano come due angioletti." fece un'ultima pausa e unì le mani dei due sposi "Venti anni dopo, questi due bambini sono qui, in procinto di fare le loro promesse matrimoniali."

Fece un cenno a Danhum, che sorrise, stringendo la mano della compagna.

"Confesso di non ricordare nulla di quell'episodio." ammise "Ma una cosa che ricordo era che la bambina di cui parlava Padre Alfar, crescendo è diventata una pulce fastidiosa che non le mandava a dire a nessuno." alzò una mano, posandola sulla guancia della giovane "So di essermi comportato da stronzo, quando eravamo bambini… eri una bambina davvero bella, lo ammetto, ma io ero un cretino, non mi rendevo conto di quanto fossi speciale, e non sto parlando del fatto che sei una principessa del regno, ma perché sei tu, sei Erya, la piccola pulce che, nonostante fossi minuta, non era affatto debole. Tu sei una guerriera, questo lo avevo già capito quando eravamo all'orfanotrofio, ma c'è una cosa che ho capito in questi mesi: abbiamo gli stessi sogni, io Alpha, tu Omega, ma uguali." fece una pausa, stringendo un po' la mano della compagna "E in questi giorni ho scoperto che perché i nostri sogni si avverino devo proteggerti, perché tu sei importante per tutti, tu sei ciò che renderà questi sogni realtà, sei la ricchezza di questa comunità. Io sono povero, invece, ho solo i miei sogni, e tali ho steso sotto i tuoi piedi, sotto i piedi della donna che amo. Ti prego di non calpestarli, cammina leggera, per noi e per tutti quanti, per favore." fece un'ultima pausa, prendendo entrambe le mani della fidanzata "Erya, ti amo. Ti prego, accetta di condividere il futuro con me, nonostante il passato."

La giovane sorrise, facendo un passo avanti verso il compagno, e arrossì.

"Io…" esordì, a voce bassa, timida "Io spero di essere all'altezza. Quando eravamo all'orfanotrofio ti odiavo, davvero. Ti detestavo, perché non vacevi altro che darmi addosso, ma ora che ci penso, i miei ultimi due anni lì dentro è stato strano, mi sono sentita persa, perché tu, nonostante fossi un bullo, eri l'unico che mi dava qualche attenzione. Non giustifico quello che hai fatto, eri un gran stronzo, e quando ci siamo rivisti l'ho pensato ancora per un po', anche perché non mi avevi dato scelta sul legame." abbassò lo sguardo, riordinando le idee "Però dopo hai dimostrato di essere cambiato, non mi toccavi se non quando ero io a volerlo, e queste tue nuove attenzioni mi hanno fatto cambiare opinione su di te. Ho capito che sei una persona che tiene agli altri, ho capito che mi avresti protetta a prescindere dal mio status sociale, ho iniziato a pensare a noi come una famiglia, forse anche prima che il dottore mi desse la notizia, prima di sapere di aspettare un figlio da te, io prima di quello già ti amavo. Se prima odiavo il marchio che mi hai fatto, ora ne chiederei altri mille, perché sono la tua Omega, voglio essere la tua Omega." si posò una mano sul ventre, alzando lo sguardo sul volto del compagno "Nostro figlio per me non sarà importante perché è erede della Corona, ma perché l'ho avuto da te, che sei l'amore della mia vita, il mio Alpha, colui che è accorso per proteggermi quando mi sono trovata in pericolo di vita. Io ti amo, Danhum, e voglio essere tua moglie."

Nel frattempo nella sala si era alzato un brusio, ma i due giovani non sentirono, immersi nella loro bolla. Vennero riportati alla realtà dal piccolo Dan che portò loro le fedi per poter continuare nella cerimonia.

Il chierico afferrò i due anelli, quindi lo sposo afferrò quello della compagna, mettendoglielo al dito, stessa cosa fece lei.

"Con questi anelli sancisco l'unione di questi due giovani, che gli Dei hanno fatto incontrare. Che nessun uomo osi dividere ciò che gli Dei hanno unito per l'eternità." enunciò, solenne.

Un applauso riempì la sala, e Padre Alfar incitò Danhum a baciare Erya.

Il moro non se lo fece ripetere due volte, abbassandosi e coinvolgendola in un bacio intenso, come ancora non gliene aveva dati.

La amava da morire, ora era sicuro di essere ricambiato, non doveva fare altro che donarle il resto dei suoi giorni, in primis come Danhum verso Erya, e poi come Falco della Resistenza verso la Principessa Omega.

 

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Capitolo 18
*** 18 ***


Terminata la cerimonia iniziò finalmente il banchetto, preparato e servito nella stessa sala.

I due sposi vennero sistemati nel tavolo centrale, disposto in mezzo a un sistema a ferro di cavallo, e furono i primi ad essere serviti, come da tradizione.

Intorno a loro i bambini si rincorrevano, ridendo; qualcuno lanciava coriandoli verso i due ragazzi, incitato dagli adulti, altri si infilavano sotto i tavoli o sotto le gonne delle donne, compresa quella della sposa.

Erya sorrise, aiutando l'ennesimo bambino ad alzarsi, e da lui ricevette un dono un piccolo fiore; lo strinse al petto e si voltò verso il marito, il quale le fece una carezza, bevendo dalla sua coppa.

Lo guardò a lungo, chiedendosi tra sé perché non si fosse innamorata prima di quel ragazzo: era gentile, premuroso, rispettoso degli altri… ed era incredibilmente bello!

Abbassò gli occhi sul petto di Danhum e deglutì, pensando ai muscoli celati sotto la camicia, muscoli che da quel momento in poi solo lei avrebbe avuto il permesso di ammirare nella loro interezza, in tutta la loro prestanza.

Danhum si abbassò per baciarla per l'ennesima volta, poggiando una mano sulla sua pancia, delicato.

In quel momento un gruppo di bambini lanciò loro altri coriandoli, scatenando le risa degli adulti e l'ennesimo brindisi venne urlato dagli uomini verso gli sposi.

"Si stanno divertendo tutti." constatò la bionda, stringendo la mano del marito.

"Festeggeranno per una settimana." spiegò l'altro, baciandole la fede "Qui non si celebrano molti matrimoni, per cui quando si può ci si lascia andare… e poi si è sposata la loro Principessa, sono tutti euforici."

"Magari lo sono perché si è sposato il loro leader." lo corresse lei, sbadigliando.

Il moro si alzò in piedi, prendendola in braccio, a sorpresa.

"Sei stanca." sussurrò "Lasciamoli festeggiare, noi andiamo a casa."

"Ehi, dove credete di andare?!" lì fermò Jalehon "Vi dobbiamo scortare fino al talamo nuziale! È la tradizione!"

Danhum alzò gli occhi al cielo ma, senza mollare la compagna, seguì gli altri. Restò sorpreso quando, invece di portarlo alla sua vecchia capanna, lo scortarono fino a una delle case nuove, più precisamente la più grande e con la posizione migliore all'interno del campo.

"Ma… una nuova casa?" domandò Erya, guardando la costruzione "Non dovevate, e poi… avrà almeno quattro camere! È enorme!"

"Il capo e la principessa si meritano una reggia." spiegò uno degli uomini, aprendo la porta e porgendo la chiave agli sposi "Effettivamente ha quattro camere, siamo stati lungimiranti e previdenti, visto che oggi avete reso noto che la famiglia si allargherà. Avanti, entrate! Il letto vi aspetta per una notte di fuoco!"

Danhum sorrise e scosse la testa, superando la porta con la sua sposa in braccio, quindi chiuse la porta con un calcio, lasciando tutti fuori, e la portò verso una delle stanze, azzeccando subito quella patronale, con un massiccio letto in legno, due bauli colmi di nuovi vestiti per entrambi e un tavolo per toeletta, creato apposta per le esigenze di entrambi.

I ragazzi si guardarono intorno per un attimo, prima che il giovane sistemasse la compagna sul letto, la quale lo trascinò accanto a lei, coinvolgendolo in un focoso bacio.

"Buon compleanno, piccola." le sussurrò all'orecchio, dopo essersi allontanato leggermente, seppur con poca voglia.

"Buon compleanno, amore mio." rispose lei, usando quel nomignolo per la prima volta da quando si erano fidanzati. Lo guardò ammiccante e gli sbottonò la camicia "Sai, mi è passato il sonno…" gli riferì all'orecchio, allusiva.

Danhum sorrise sornione e riprese a baciarla, dando inizio alla loro nuova vita insieme.

I giorni seguenti la festa proseguì, ma contemporaneamente Danhum partecipò anche a riunioni con i capi, poiché il lavoro non poteva aspettare.

Erya era coccolata un po' da tutti, perché in quella comunità le donne e gli omega in dolce attesa avevano quasi una valenza sacra, poiché portavano nuove nascite, che incarnavano speranza per il futuro. E poi quella gravidanza fu doppiamente ben vista, perché si trattava del frutto dell'amore tra la Principessa Omega e il Falco della Resistenza, e questo rappresentava un ulteriore motivo per dare alla giovane donna più attenzioni del solito.

Era pomeriggio, il freddo e le giornate corte ormai erano la normalità, e quel giorno aveva anche iniziato a nevicare.

Era iniziato il nuovo anno, Danhum continuava a ricevere notizie dalle sacche di Resistenza sparse per il regno, compresa quella infiltrata a corte, per cui passava molto tempo a discutere con i suoi ufficiali sul da farsi; Erya, dal canto suo, cercava di aiutare con le cose da fare al villaggio, ma di fatto non riusciva mai a fare gran ché, essendo entrata nel quinto mese di gravidanza.

La pancia, superato il primo trimestre, era cresciuta velocemente, lei si stancava facilmente e non riusciva a fare molto.

Entrò nella grande sala, tenendo una brocca di vino sotto braccio, e si avvicinò al gruppo raccolto attorno al marito, il quale stava leggendo una missiva appena arrivata con uno dei falchi di comunicazione.

"Per favore, fate una pausa." disse, poggiando la brocca sul tavolo e prendendo dei bicchieri "Non dovete stancarvi, so bene che volete liberare al più presto il Regno, ma davvero… siamo in inverno, rischiate di morire assiderati prima di fare qualsiasi cosa se organizzate qualcosa adesso, aspettate ancora qualche settimana."

"Anche tu non dovresti stancarti." rispose il moro, avvicinandosi e togliendole i bicchieri dalle mani, prima di poggiarle una mano sul pancione, delicato "Stai tranquilla, qui ce la caviamo, ma ti prego di non fare sforzi, non voglio che ti succeda nulla."

Erya si alzò sulle punte per stampargli un bacio sulle labbra, sorridendo, mentre gli altri si servivano il vino.

"Sto bene." lo rassicurò "Ho solo pensato di passare di qui prima di andare dal dottore… sai, deve visitarmi per vedere come sta procedendo, è preoccupato perché sono minuta e ha paura che il bambino prenda da te."

Danhum sorrise, dandole un altro bacio un po' più profondo.

"Ti amo, Principessa." le sussurrò, beccandosi una gomitata.

"Sai che non sopporto che mi chiami così!" esclamò lei, guardandolo in cagnesco, ma cambiò subito espressione, in una più dolce, sfiorandogli le labbra con le proprie "Ti amo anche io, Falco."

"In realtà qui noi per ora abbiamo finito." riferì il giovane comandante, tenendole una mano sul fianco "Posso accompagnarti alla visita o sono di troppo?"

"Tu non sei mai di troppo, Danhum." lo rassicurò la bionda, trascinandolo fuori dopo aver salutato gli altri.

Arrivati dal dottore, l'uomo fece stendere Erya su un lettino, per poter procedere all'esame, mentre il moro attendeva in piedi in un angolo, per non intralciare.

"Uhm… molto bene." esordì Candal, sfiorandole il collo per controllare la frequenza cardiaca ed esaminando anche il marchio, ormai cicatrizzato ma sempre ben visibile "Tu fisicamente stai bene, ma vedo che la pancia è crescouta, mi sa che avevo ragione a dire che il bambino prenderà dal padre." sorrise, abbassandosi all'altezza del ventre per controllare il bambino, dall'esterno "Ora vediamo come sta lui… o lei. Avete già deciso il nome?"

"A dire il vero non ci abbiamo ancora pensato." ammise la bionda, voltandosi verso il compagno "Ma non è una scelta semplice… ho visto che spesso gli altri usano i nomi dei genitori, ma noi siamo orfani…"

"Mio padre si chiamava Dorhim e mia madre Mathea." riferì Danhum "Secondo Padre Alfar erano delle brave persone che rispettavano tutti a prescindere dal genere. Potremmo prendere in considerazione questi nomi."

"Tua madre si chiamava Yana." si intromise il dottore, continuando con l'esame "Era identica a te, sai? E mi sono sempre chiesto come abbia fatto a finire in quella famiglia: lei ha sempre trattato bene tutti, anche l'ultimo sguattero Omega. Credo che se fosse viva approverebbe quello che state facendo."

"Yana…" sussurrò la ragazza, pensierosa "così abbiamo due nomi femminili tra cui scegliere… ci manca anche un nome maschile… ne ho uno in mente. Danhum, che ne pensi di Candal?"

"Ne sarei lusingato, principessina." la interruppe il medico "Comunque ho una notizia da darvi: voi aspettate due gemelli. Ho percepito due bambini all'esame tattile, credo che abbiate fatto bene a tenere due scelte sia per il maschio che per la femmina."

"Due gemelli?! Sarà un casino per la successione!" esclamò Danhum, sconvolto ma felice.

"Chissenefrega della successione!" lo interruppe lei, sorridendo "Basta che stiano bene!"

"Hai ragione." ammise il ragazzo, riprendendosi e afferrandole la mano "L'importante è che siano sani, il resto viene dopo."

Erya annuì, rimettendosi in piedi. E carezzandosi la pancia.

La sua vita stava davvero prendendo una piega inaspettata, ma non era importante il dove l'avrebbe portata, era più importante con chi stava facendo quel viaggio.

E avere accanto Danhum, l'amore della sua vita, era la cosa più bella che ora potesse desiderare.

 

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Capitolo 19
*** 19 ***


L'inverno trascorse veloce, le giornate divennero mano a mano più lunghe e il freddo lentamente calò, nel villaggio della Resistenza nascosto tra le montagne del Granducato di Hae.

I preparativi continuarono, le riunioni dei capi si fecero sempre più frequenti e vennero allestiti dei piccoli campi di addestramento per preparare coloro che potevano combattere a lottare per la propria libertà.

Danhum si destreggiava tra le riunioni, l'addestramento e la vita matrimoniale, cercando di dedicare a ciascuno il giusto tempo e le giuste attenzioni.

Non credeva, ma avere una moglie che lo aspettava a casa gli aveva messo addosso una voglia di combattere per la causa anche maggiore di prima, e non rimpiangeva affatto la vecchia vita di soldato di ventura che aveva avuto fino a pochi mesi prima.

Si era abituato subito a pensare alla sua famiglia, prima di ogni altra cosa, non riusciva più a vedersi come combattente solitario ora che aveva al suo fianco Erya.

Era la metà di marzo, Danhum stava addestrando dei giovani all'uso dell'arma bianca, mentre la compagna li osservava dal bordo del campo di addestramento.

Clandys si avvicinò, tenendo la figlia in braccio, e si sedette accanto a lei.

"Danhum ci sa fare con i novellini." disse la donna "Era così anche nell'Esercito Reale, ha molta pazienza."

"Sarà un buon padre." continuò la bionda, carezzandosi il pancione "Solo che… spero non gli succeda nulla di grave."

"Stai tranquilla, ha la pelle dura, e in ogni caso tornerà da te e dai vostri bambini." la rassicurò Clandys, posandole una mano sulla spalla.

Erya sorrise, scuotendo la testa.

"No, sarò io a seguirlo." la corresse la bionda "Devo essere presente quando la Corona cadrà, anche a costo di partorire in mezzo alla battaglia."

"Tu non vai da nessuna parte finché sei in queste condizioni." si intromise il giovane uomo, avvicinandosi e massaggiandosi la spalla sinistra "È troppo pericoloso."

"Danhum, lo sai bene che devo essere presente quando il Re verrà deposto! È inutile che fai ora il marito e padre premuroso, dobbiamo andare insieme alla Capitale Reale." lo osservò in silenzio, preoccupata "Che hai alla spalla? Ti sei fatto male?"

"Non è nulla, solo uno strappo." la rassicurò il moro, cercando di muovere il braccio ma uscendone dolorante "Tra un po' passa."

"Non mi sembra che stia bene. Andiamo dal dottore!" ordinò lei, trascinandolo alla canonica.

Il medico lo visitò immediatamente, fasciandogli la spalla e immobilizzandogli il braccio, e dopo rispedì il giovane a casa, lasciandolo alle cure della moglie.

Appena furono soli, Danhum si sedette al tavolo della cucina, guardando la compagna che preparava un tè.

"Quando era fissata la partenza per la controffensiva?" domandò la bionda, sedendosi vicino alla stufa e carezzandosi il pancione.

"Tra un mese." riferì il ragazzo "Ci vuole un mese da qui per raggiungere la capitale, pensavo di fare irruzione nel Palazzo Reale per Maggio…"

"Nelle tue condizioni è meglio posticipare." ordinò Erya, decisa "Aspettiamo almeno un mese e mezzo, devi riprenderti del tutto, tu vai forte se combatti con la sinistra, ma ora che è immobilizzata non puoi fare molto."

"Ma i bambini nascono a giugno, no?" obiettò il moro "Voglio essere presente quando nasceranno…"

"E lo sarai, perché saremo entrambi al Palazzo e avremo vinto la guerra, non temere." lo rassicurò, prendendogli la mano destra e posandola sul pancione "Danhum, la Resistenza ha bisogno di un capo che sia nel pieno della forma… e io ho bisogno di un marito che corra meno rischi possibili, anche se fa un lavoro pericoloso…"

Danhum sorrise, carezzandole la guancia.

"Cavolo, sei davvero tu? Dove è finita la pulce fastidiosa che mi tirava calci negli stinchi quando si arrabbiava?" scherzò.

"Si è innamorata di te, scemo." rispose lei, addolcendosi e spostandosi più vicino a lui "Ti amo, Danhum, ma non pensare di cavartela così: sono ancora capace di tirare calci, anche se mi sono trasformata in un cinghiale obeso…"

Il ragazzo la strinse a sé col braccio libero e la baciò, rassicurante.

"Ti ricordi quando ti dissi che qui c'erano ragazze più belle di te? Beh, non è la verità… tu sei molto meglio, anche adesso, sei stupenda."

"Danhum, non prendermi in giro…" lo ammonì lei, un po' sconfortata "Davvero, non sono mai stata bella, lo so anche io, e ora sono anche peggio… la gente mi vede solamente come la loro Principessa Salvatrice."

"Ehi, non ti prendo in giro." la rassicurò il giovane "Tu per me sei sempre stata bellissima." la fermò, prima che lei potesse obiettare "Te l'ho detto, da bambino ero idiota, mi sono rapportato con te nel modo sbagliato, ma è la verità: eri bellissima da bambina, e ora sei ancora più bella, anche così come sei adesso, con i nostri figli in grembo. E no, nessuno vede in te solo la Principessa Salvatrice, vedono anche Erya, una normale ragazza come loro."

Erya accennò un sorriso, poggiando la testa sul petto del marito e chiudendo gli occhi.

"Danhum, pensi che riusciremo a deporre il Re? E se non riuscissimo nell'impresa cosa succederà?"

"Ce la faremo, fidati di me." rispose il moro, carezzandole i capelli.

Non osò rispondere alla seconda domanda. Doveva pensare al meglio, non voleva farla stare male.

Per questo doveva fare in modo da tenerla al sicuro, finché non fosse stato certo di essere riuscito a fare cadere il Regime.

 

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Capitolo 20
*** 20 ***


Passarono altre settimane, la primavera prese il posto dell'inverno.

Erano tutti pronti, nel campo della Resistenza, attendevano solo l'ordine del Falco per dare il via alla rivoluzione, ma nel frattempo continuavano la loro vita in quel villaggio nascosto in mezzo alle montagne.

Erya ormai era vicina al termine, avrebbe partorito entro poche settimane, per questo tendevano tutti a non lasciarla mai sola.

Quella mattina, insieme a Danhum, era andata a vedere gli animali della guferia, dove alcune coppie di rapaci avevano deposto le uova.

All'ingresso trovarono uno dei ragazzi che curavano normalmente i volatili, il quale teneva tra le mani quello che sembrava un batuffolo arruffato chiaro; la ragazza si avvicinò, incuriosita, e scoprì che il giovane stava curando un pullo.

"Principessa…" la salutò il falconiere "Arrivate giusto in tempo: sto sfamando un pullo di allocco."

"Oh… avete anche rapaci notturni?" domandò, osservando il piccolo, che mangiava voracemente una pappetta appositamente preparata per lui.

"Sì, anche se li usiamo poco." annuì l'altro "Difficilmente mandiamo messaggi di notte, e questi allocchi sono tranquilli, gli piace stare appisolati in casa."

"Ma non lasciate allevare i pulcini ai genitori?" domandò ancora la bionda, carezzando il piumaggio del falcone che Danhum era andato a prendere per fargli fare qualche volo.

"Di solito sì." rispose il moro, anticipando il falconiere "Il mio è stato allevato dai genitori, e non è stato facile addestrarlo, soprattutto perché nessuno doveva ricondurlo a me."

"È così, principessa." confermò l'altro, dando ancora un po' di pappa al pullo "Ma a volte vengono abbandonati, e dobbiamo occuparci noi della loro crescita."

"Come mai li abbandonano?"

"A volte perché li reputano deboli, e in questo caso riusciamo ad addestrarli a fare tutto, da adulti, altre volte perché hanno dei difetti fisici. Se le malformazioni non compromettono la sopravvivenza dell'animale li teniamo per compagnia." passò un dito sulla testolina del piccolo, che tentò di tirarsi su "Questo ad esempio è nato cieco. Dovrà essere completamente dipendente da noi, non può fare molto, anche se, essendo un animale notturno, un minimo di autonomia potrà averla, ma non riuscirà mai a volare come gli altri."

La ragazza osservò il pulcino, che pigolava cercando ancora cibo, nella mano dell'addestratore.

"È così piccolo…" commentò, intenerita.

"Questa specie non cresce tanto, signora." spiegò l'altro, afferrando un guanto di cuoio da una borsa e porgendoglielo "Volete provare a prenderlo in mano?"

"I… io? Non vorrei fargli del male…" balbettò Erya, ma non oppose resistenza quando Danhum la aiutò a indossare il guanto.

Il falconiere sorrise e adagiò il pullo sul palmo, il piccolo si sporse un po' verso di lei, che dovette poggiare il dorso della mano al pancione per non farlo cadere; a quel punto il gufetto poggiò la testolina sulla stoffa dell'abito, agitando le alucce spiumate, tranquillo e, contemporaneamente, la ragazza sentì i bambini muoversi leggermente verso il minuscolo volatile.

Sorrise, carezzandosi la pancia, e fece anche una leggera carezza sulla testa del pulcino, ormai completamente spalmato contro di lei.

"Gli piacete, principessa." ammise l'addestratore, sorridendo "Volete prenderlo voi, una volta svezzato?"

"Certo." acconsentì il moro, anticipando la moglie "Quando i bambini saranno un po' più grandi, in questo modo, impareranno più velocemente a gestire un rapace."

"Io…" sussurrò Erya, un po' imbarazzata "Grazie, ne sarei felice."

Restituì il piccolo volatile al falconiere, proprio quando un nibbio si intrufolò nella piccola costruzione, andando a posarsi su un trespolo accanto a Danhum.

"È uno dei rapaci di comunicazione delle nostre tappe a Corte!" esclamò il ragazzo, dandogli un pezzetto di carne per rifocillarlo e liberarlo con più facilità del messaggio che teneva legato alla zampa.

In silenzio lo lesse, serio, e poi afferrò la mano della compagna, trascinandola fuori.

"Danhum che succede?!" domandò la bionda, allarmata.

"Il re sta male, non gli danno più di un paio di mesi di vita." spiegò il giovane, fermando Clandys "Fai radunare tutti i combattenti! Si parte immediatamente, il piano di liberazione scatta adesso!"

"Vado a prepararmi anche io, allora!" intervenne Erya, determinata.

Il compagno la fermò, altrettanto serio.

"No, tu resti qui."

 

Nota: il termine "pullo" indica solo i piccoli dei volatili che alla nascita non sono autosufficienti (rapaci, pappagalli, piccioni, passeriformi...).

Il termine più conosciuto "pulcino" deve essere usato solo per i piccoli dei volatili che alla nascita sono in grado di camminare e procacciarsi il cibo autonomamente, seppur con la guida dei genitori (galline, anatre, cigni, struzzi...)

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Capitolo 21
*** 21 ***


Erya fissò il compagno, incredula

"Cosa?! Ma il piano…" obiettò.

"La Principessa deve stare al sicuro. È pericoloso per te venire con noi." spiegò il comandante della Resistenza.

"No! Io verrò con voi." si intestardì lei "Devo essere presente, lo dice la profezia, dobbiamo essere presenti entrambi!"

Danhum strinse i pugni, cercando le parole giuste per ribattere, quando la giovane donna si girò verso uno degli altri caposquadra.

"A quanto pare il tuo capo ha deciso di ragionare con le palle." borbottò "Ora… non accetto obiezioni! Preparate tutto anche per la mia partenza! Sapete già cosa fare, quindi siate veloci, il viaggio che dovremo affrontare non è breve!"

Il tono della bionda non ammetteva obiezioni, quindi tutti si misero al lavoro, mentre Danhum cercava ancora di trovare le parole giuste per convincerla a restare.

Il dottor Candal, sentita la confusione, si affacciò dall'ambulatorio, quindi si avvicinò alla coppia.

"Verrò anche io, per sicurezza." riferì "Erya va tenuta sotto controllo, e in caso di pericolo sono capace di combattere quanto gli altri."

"Ma… a Erya mancano poche settimane. È pericoloso per lei…" tentò ancora di obiettare Danhum, ormai rassegnato alla testardaggine della moglie.

"Per questo ci sarà il dottore, proprio perché non mi succeda nulla." concluse la giovane, prendendo la mano del marito e trascinandolo verso casa.

Una volta che si chiuse la porta alle spalle lo fece sedere e lo guardò seria, dall'alto in basso.

"Danhum, capisco che sei preoccupato per me e i bambini, ma non mi puoi escludere da questo piano, lo sai." lo rimproverò, ferma "Sai bene che devo essere presente per poter prendere il posto del re, quindi, ti prego… non fare cazzate."

"Non fare cazzate neanche tu, Erya." rispose lui, un po' più calmo, trascinandola a sé "Va bene, verrai, ma non ti esporre troppo, resta indietro finché sarà possibile… non voglio che ti fai del male, davvero… non sopporterei di perdere mia moglie…"

La bionda sorrise, intenerita, sfiorandogli il petto con le punte delle dita e sedendosi sulle sue gambe.

"Staremo bene." lo rassicurò ancora "Ora prepariamoci per partire, il viaggio sarà lungo."

Il giovane uomo annuì, stringendo la compagna e inspirando il suo profumo; dopo qualche minuto, finalmente, si alzarono e prepararono le loro cose.

"Erya, per sicurezza… vorrei che tenessi con te questo." le suggerì, porgendole un piccolo pugnale.

La ragazza lo afferrò, rigirandolo tra le mani.

"Ma… ne avevo uno identico quando mi hai fatto il marchio!" esclamò.

"È proprio quello." spiegò l'altro "Clandys me l'ha consegnato quando ha dovuto spogliarti per curarti, non avevo ancora avuto l'opportunità di restituirtelo." sorrise, posandole due dita sotto il mento "Comunque lo conosco anche io quel pugnale, l'avevo lasciato apposta all'orfanotrofio, sperando che lo prendessi tu, la mia piccola pulce fastidiosa, e a quanto pare è stato proprio così."

"Io… Danhum… quando ho trovato questo pugnale ho pianto, anche se non sapevo perché lo facevo… ero arrabbiata… tu eri sempre cattivo con me, però mi veniva da piangere perché non c'eri più…"

"Erya… se solo non fossi stato così idiota…" sussurrò in tono di scuse, poggiando la fronte contro quella di lei "Se solo mi fossi reso conto di quello che davvero provavo non ti avrei mai lasciata sola… avrei chiesto di diventare il tuo tutore, così avresti potuto uscire prima da lì, e ti avrei sposata quattro anni fa…"

"Va bene così. Ora siamo di nuovo insieme, no? Siamo una famiglia." lo rassicurò lei, sorridendo serena e carezzandosi il pancione.

Danhum le baciò la fronte, prese i pochi bagagli di entrambi, che comprendevano anche delle armi facilmente trasportabili e semplici da celare, e insieme si diressero verso l'ingresso del villaggio, dove si stavano lentamente radunando tutti coloro che avrebbero partecipato attivamente al golpe.

Il piano era di muoversi in gruppo finché non fossero usciti dal Granducato, disperdendosi per non destare sospetti una volta usciti.

Avevano analizzato diversi percorsi, scegliendo i migliori per poter arrivare alla Capitale Reale senza problemi e senza tardare troppo.

Erano circa un centinaio di persone, quasi tutti a cavallo, qualcuno a piedi, ed era presente anche un carro su cui avrebbero viaggiato la Principessa con il consorte e il medico; gli uomini scelti personalmente dal Falco avrebbero fatto loro da scorta in caso di pericolo.

Danhum aiutò la moglie a salire sul carro, quindi salì anche lui, aspettando che il dottor Candal avesse salutato a dovere il compagno, e quando finalmente furono tutti pronti diede l'ordine di partenza.

Le porte si aprirono, lasciando uscire la grande carovana, che attraversò i campi e imboccò il tunnel illuminato dalle Pietre di Luce, e poco per volta emersero nel territorio conosciuto del Granducato.

Erya si guardò intorno; erano passati mesi da quando era arrivata lì, ed era la prima volta che usciva dal covo della Resistenza. Si carezzò la pancia, sentendo i bambini muoversi, e scambiò uno sguardo fiducioso con il marito.

Danhum diede alcuni ordini e spronò i cavalli lungo la strada, imitato dal resto del gruppo.

Mentre erano ancora nei terreni del Granducato, alcune squadre si staccarono, prendendo percorsi alternativi, e quando, ore dopo, arrivarono al confine, accanto al Falco erano rimasti solo una decina di fidati, che però cavalcavano a debita distanza e in apparente disordine per sembrare semplici viandanti che stanno solo percorrendo lo stesso tratto di strada per caso.

La ragazza si spostò sul retro del mezzo di trasporto per scambiare due parole con il dottore; sapeva che ci avrebbero messo almeno un mese ad arrivare a destinazione, tanto valeva occupare il tempo in qualche modo.

I due uomini si sarebbero dati il cambio alla guida, fermandosi solo per far riposare i cavalli alla notte, mentre Erya avrebbe dovuto solo stare tranquilla ed evitare ulteriori stress per non rischiare un parto prematuro.

Il viaggio fu lungo ma senza particolari problemi.

Non trovarono posti di blocco, evidentemente i soldati erano tutti occupati a palazzo, viste le precarie condizioni di salute del sovrano.

Erya, quella mattina, si era appisolata sul suo giaciglio, cercando di riposare, visto che i gemelli da due giorni le davano il tormento, muovendosi in continuazione. Danhum, controvoglia, si avvicinò per svegliarla.

La principessa aprì lentamente gli occhi, strofinandoseli con la mano, e si alzò, con l'aiuto del marito, che le passò amorevolmente una mano tra i capelli, aggiustandoglieli un po'.

"Siamo in vista del castello." la informò "Tra poco devieremo, i miei contatti all'interno del palazzo ci aspettano."

La ragazza annuì, guardando nella direzione in cui si stavano dirigendo.

Un enorme castello si stagliava, imponente, nel paesaggio, e dopo un mese di viaggio, la bionda non riusciva a crederci che erano quasi arrivati a destinazione.

Si avvicinò alla panca del conducente, avvicinando a sé un piccolo cesto coperto, dal quale proveniva un debole pigolio: aveva deciso di portare con sé anche il pullo di allocco, anche se sapevano bene che avere un rapace con loro sarebbe stato rischioso.

Danhum la baciò, dopo aver preparato le armi, e quando il carro si fermò, non lontano dalle mura della fortezza, aiutò la consorte a scendere, tenendola per mano per tutto il tragitto verso un'entrata di servizio non sorvegliata.

Il dottore li seguì, tenendo tra le mani una piccola spada; non era un soldato, ma sapeva usare le armi, in caso di pericolo.

Dopo poco arrivarono a una porta, che il giovane aprì, con cautela.

E oltre quella porta si trovarono in un ambiente completamente diverso, un corridoio pieno di quadri dalle cornici d'oro, con costose suppellettili e lampade dalle forme elaborate.

"Vedo che anche qui non si sono sprecati in quanto a lusso…" commentò la bionda, a bassa voce, tenendosi una mano sulla pancia "Anche all'altro palazzo era pieno di questa roba."

Danhum le fece cenno di tacere; un rumore di passi in avvicinamento era arrivato alle sue orecchie, e infatti poco dopo una guardia girò l'angolo, a pochi metri da loro.

Era un uomo della loro stessa età, armato fino ai denti e con, ben visibili, i simboli del Regno cuciti sull'uniforme.

Fissò Danhum, sorpreso, poi spostò lo sguardo sulla ragazza; a quel punto la sua espressione si fece confusa.

"Cosa… quella donna… Comandante Danhum, datemi delle spiegazioni: perché quella donna somiglia alla principessa?" domandò, tenendo la mano ben salda sull'elsa della sua spada.

Il moro restò in silenzio, fissando il nuovo arrivato; fu un attimo e il suo corpo prese a tremare convulsamente. Nel tentativo di mantenere il controllo, strinse anche lui l'elsa della propria arma.

Questo non servì a nulla. Candal e Erya non riuscirono a fermarlo, talmente l'azione di fulminea, per cui non poterono far altro che osservare Danhum avventarsi contro il soldato, colpendolo più volte con tutta la sua forza, finché non fu coperto di sangue, con il corpo dell'uomo ai suoi piedi.

Erya si avvicinò cautamente, sfiorandogli il braccio; il ragazzo si voltò, così da farle notare le zanne alfa ancora ben visibili e gli ultimi sprazzi di follia che abbandonavano il suo sguardo: era evidente che, per qualche motivo, aveva ritenuto quel soldato un pericolo e l'istinto di protezione verso la sua omega era emerso, togliendogli del tutto la capacità di ragionare lucidamente per qualche secondo.

"Sto bene, Erya." la rassicurò, posandole una mano sul pancione "Tu devi stare al sicuro, Principessa."

"Chi sarebbe la Principessa?!" si intromise una voce femminile alle loro spalle.

 

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Capitolo 22
*** 22 ***


Si voltarono allarmati, a sentire quella voce.

Una donna li osservava con sguardo truce e una mano posata sull'elsa della spada che teneva ancora nella fodera sul suo fianco.

Era bionda, con lineamenti molto simili a quelli di Erya, ma era almeno una decina di centimetri più alta di lei, e indossava abiti da combattimento non tanto diversi da quelli di Danhum.

Il giovane uomo scattò nuovamente, sguainando la spada e attaccandola, ancora in preda alla follia dell'istinto di protezione Alfa; la nuova arrivata parò tutti i colpi, sotto gli occhi del dottore e della Principessa Omega.

"Dobbiamo fermarli!" sussurrò Candal, preoccupato "O Danhum ucciderà tua sorella. È meglio lasciarla in vita, per il momento, potrebbe esserci utile."

Erya spalancò gli occhi, stupita, focalizzandosi sulla donna che stava combattendo contro suo marito. Quindi quella era sua sorella maggiore? Effettivamente si somigliavano molto, non che ci potessero essere troppi dubbi.

Fece due passi verso di loro e, in un momento in cui si erano respinti a vicenda, si infilò in mezzo, a braccia tese e con gli occhi chiusi, sperando, con quel gesto, di fermare il combattimento.

Quando si rese conto che ci era riuscita, li riaprì, notando che i due si erano bloccati.

"F… fermatevi, vi prego…" sussurrò, cercando di non sussultare a un movimento anomalo dei gemelli "Danhum, ti prego… è mia sorella…"

A quella rivelazione i due avversari la fissarono sorpresi.

"Io non ho sorelle!" obiettò l'altra, ringhiando "L'unica che avevo è morta alla nascita, insieme a mia madre!"

"Non è del tutto esatto, Jelah." si fece avanti il dottore, mettendosi anche lui tra i due guerrieri e chiamando la giovane per nome "Sono stato io a far partorire tua madre, entrambe le volte, mi ricordo anche quando sei nata tu, sai? Ma il secondo parto è stato più problematico, tua madre non ce l'ha fatta, ma tua sorella…" inspirò a lungo prima di continuare "tuo padre mi aveva ordinato di ucciderla perché è una Omega."

"Nostro padre temeva la profezia…" continuò Erya, prendendo la mano del marito "Ha tentato di renderla vana, ma questo ha fatto sì che potesse avverarsi."

"Siamo qui per far cadere il Regno." spiegò Danhum, finalmente calmo "Erya deve salire al trono, ora sta a te decidere cosa fare: se ti fai da parte non ti succederà niente, in alternativa ti potrebbe accadere qualcosa di brutto, sai, abbiamo amici potenti…"

Detto ciò stese il braccio e, dal tunnel alle loro spalle, sbucò il falco che lo identificava come capo della Resistenza, che andò subito a posarsi sulla sua spalla, minaccioso.

Jelah spalancò gli occhi, facendo un passo indietro e, senza pensare troppo, stringendo nuovamente l'elsa della propria spada.

"Cosa? Il Falco?! Tu?!" farfugliò, guardando l'animale "Sei stato in mezzo a noi tutto questo tempo… come hai fatto…"

"Perché io sono solo l'ultimo Falco. Quando lavoravo per tuo padre non lo ero." si avvicinò nuovamente a lei e la prese per il bavero "Ora arrenditi. Sarai pure mia cognata, ma se opponi ancora resistenza non esiterò a ucciderti, come farò tra poco con tuo padre."

Di nuovo la mano di Erya si posò sul suo braccio, delicatamente, ma tanto bastò a fargli mollare la presa.

"Danhum, calma." sussurrò, mascherando una smorfia, poiché i gemelli non erano affatto tranquilli e non le stavano dando tregua.

La sorella se ne accorse e la squadrò, fermando lo sguardo sul suo pancione.

"Che razza di stupidi! Tentare un attacco nel palazzo del Re con una donna incinta appresso!" commentò.

"Io devo essere presente!" obiettò l'altra "Dobbiamo essere presenti entrambi perché la profezia si avveri."

Con una mossa veloce, Jelah estrasse il suo pugnale, puntandolo verso Erya, troppo veloce perché i suoi compagni potessero reagire, ma questo venne bloccato dalla ragazza stessa, che aveva repentinamente sfoderato il suo pugnale per difendersi, bloccando la lama prima che potesse colpirla.

"Non sottovalutarmi!" intimò la giovane Omega "Sono cresciuta tenendo testa a un bullo grosso due volte me, all'orfanotrofio, e sono vissuta di furti e furbizia una volta uscita di lì. Sono una Omega incinta, ma non sono debole!"

La guerriera del Regno rinfoderò il pugnale, accennando un sorriso.

"Niente male, per essere nel pieno del travaglio." commentò, facendo un passo indietro in segno di resa "Vi porterò da nostro padre, ormai credo che i vostri uomini abbiano preso il Palazzo, non sento più nessuno lottare negli altri corridoi."

Il dottore si avvicinò a Erya, mentre lei rassicurava il compagno.

"Sto bene." sussurrò "Posso resistere ancora un po'... è presto…"

La sorressero in silenzio, camminando dietro Jelah, che a tratti si voltava verso di loro, scrutandoli.

"Ora che mi ci fate pensare…" esordì, entrando in un corridoio, un po' più avanti "Danhum, tu una volta non avevi detto di essere cresciuto in orfanotrofio?"

“E' così.” ammise il giovane, reggendo la compagna “Ci sono stato portato dopo che tuo padre ha fatto sterminare la mia famiglia, i Granduchi di Hae. E lì ho conosciuto Erya.”

La guerriera annuì, entrando in un ultimo corridoio, dove dei membri della Resistenza la bloccarono a terra senza preavviso.

“Fermi, siamo noi!” li ammonì la giovane Omega, facendosi avanti prima che potessero attaccare anche loro “Cosa sta succedendo?”

“Principessa, queste sono le stanze del Re.” la informò uno dei sottoposti “Aspettavamo voi per procedere oltre.”

Jelah rise, rimanendo a terra, bloccata da un soldato della Resistenza.

"Mio padre sta morendo. Che volete fare?" chiese "È già inoffensivo."

Erya la scrutò dall'alto, seria, per poi fare un cenno ai suoi sottoposti; sua sorella venne liberata, ma Danhum, veloce, la privò di tutte le armi che aveva addosso.

“Danhum, vieni con me.” ordinò la giovane Omega, stringendo con una mano il ciondolo che ancora teneva al collo, mentre con l'altra si carezzava il pancione “E anche Jelah. Voglio vedere mio padre.”

Il ragazzo annuì, afferrando in malo modo il braccio della cognata e seguendo la moglie nella stanza, insieme al dottor Candal.

La stanza del Re era enorme e lussuosa, con un grande letto a baldacchino in centro. Il sovrano era steso sul materasso, coperto dalle candide lenzuola, e il suo affannoso respiro lasciava intendere che a breve non se ne sarebbero uditi altri.

Accanto al giaciglio, a protezione del regnante, erano di guardia due muscolosi soldati, mentre un dottore controllava i parametri vitali del vecchio.

Danhum mollò la donna, avvicinandosi ai due uomini armati e, senza mezzi termini, approfittando della stazza maggiore e della riverenza che i due ancora provavano verso il loro vecchio capo, senza contare il timore generato dal maestoso falco che ancora troneggiava fiero sulla sua spalla, li disarmò e li obbligò a inginocchiarsi, mentre la compagna si avvicinava al letto.

Il vecchio la fissò, squadrandola per qualche secondo, poi, quando i suoi occhi si posarono sul ciondolo che lei teneva al collo, il suo respiro si fece più affannoso, mentre con le mani cercava di richiamare l'attenzione delle guardie, ormai disarmate.

“U... uccidetela!” ordinò, con un filo di voce “E'... è un colpo di stato... la profezia non...”

Fu Jelah a zittirlo, bloccandolo sul letto e chiudendogli la bocca con la mano.

“Stai zitto, lurido bastardo!” ringhiò.

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Capitolo 23
*** 23 ***


Quel gesto lasciò tutti sorpresi.

Le due guardie, già disarmate da Danhum, restarono impietrite, fissando la loro principessa china sul letto del padre, con la rabbia che le animava gli occhi.
Il medico reale cercò di intervenire, e fu Caldal a bloccarlo.

Erya non si mosse, limitandosi ad afferrare la mano del marito, fissando il letto dove giaceva il suo padre biologico.

“Questo lurido bastardo...” sussurrò Jelah, spostando una mano sul collo del genitore “Lui credeva di potermi manipolare liberamente... io sapevo tutto, sapevo della profezia, e avevo in mente di attuarla... avrei rotto questa catena...” alzò gli occhi, incrociando quelli di Erya, lasciandosi sfuggire una lacrima “Lui ha fatto uccidere la persona che amavo. Era un Omega, il mio servo... e il mio migliore amico. Volevo marchiarlo, ma questo bastardo aveva altri piani... lo ha venduto a un suo amico, e lui... Connor è morto di parto...”

Singhiozzò forte, mollando la presa sul collo del padre, e si tirò su, avvicinandosi alla sorella.

“Mi era stato detto che eri morta alla nascita.” ammise “Mi ricordo poco di lei, ero piccola, ma sei uguale a nostra madre. Sono felice di vederti viva, e non temere, non opporrò alcuna resistenza verso il vostro colpo di stato, questo clima di odio deve finire.”

La giovane fece per rispondere, mentre il genitore ancora si lamentava dal suo letto di morte, blaterando di profezie e colpi di stato. Una contrazione più forte la piegò in due, nel momento in cui l'uomo esalò l'ultimo respiro; Dunham e Jelah la sorressero, poi quest'ultima si rivolse alle due guardie, ancora a terra disarmate.

“Tu!” indicò uno dei due “Accompagna la Nuova Regina alle mie stanze, assieme al suo dottore! E non far entrare nessuno finchè non arrivo io! Guai a te se osi fare loro qualcosa, chiaro? Ricordati che il palazzo è pieno dei loro fedelissimi, e se ti uccidono non farò nulla a riguardo!” si rivolse al secondo soldato “Tu vieni con me. Accompagnerai me e il Falco a fare un annuncio al Popolo! Fai radunare tutta la popolazione nella piazza delle Adunanze.” si incamminò verso la porta, prima di fermarsi e guardare il medico di corte “Quanto a te, occupati di mio padre. Fanne quello che vuoi del suo corpo, tanto non avrà nessun funerale.”

Detto ciò, uscirono dalla stanza. Danhum seguì la donna, in silenzio, ma in cuor suo avrebbe voluto essere con la moglie.

Avrebbe voluto vedere i figli nascere, ma non era possibile, vista la situazione. Passò una mano sul piumaggio del suo rapace, lungo la pancia, e l'animale, con incredibile delicatezza, gli toccò le dita con il becco, come a volerlo tranquillizzare.

“Quindi eri tu il Falco.” intervenne Jelah, rompendo il silenzio “Dovevo immaginarlo, hai sempre avuto idee rivoluzionarie.”

“Io sono solo l'ultimo Falco. Lo sono diventato dopo aver lasciato l'Esercito Reale.” ammise il giovane uomo, guardando fisso davanti a sé “E non mi sarei mai aspettato che tu fossi dalla nostra parte, sei sempre stata ligia alle regole e spesso eri un palo in culo, anche per noi parigrado.” rise, scuotendo la testa “Deve essere un difetto di famiglia: tua sorella non è da meno.”

La donna lo scrutò, dandogli una pacca sulla spalla.

“So che vorresti essere con lei. Ma è indispensabile che sia presente anche tu per il discorso che sto per fare al popolo, Falco.”

L'uomo annuì, passandosi una mano tra i capelli.

"So che con il dottor Candal è in buone mani… solo avrei preferito che fosse rimasta a casa." ammise "Ma lei è testona, si è impuntata e l'ha avuta vinta, nonostante fosse così avanti con la gravidanza."

La donna sorrise, dirigendosi verso la terrazza del palazzo che dava sulla piazza delle adunanze della città.

“E pensare che per tutto il tempo che sei stato ufficiale dell'Esercito Reale insieme a me ho sempre creduto che ti piacessero gli uomini... avevi pure comprato quello schiavo. Che fine ha fatto?” commentò, fermandosi sulla porta del balcone.

“E' libero. Si è sposato con Clandys, ti ricordi di lei? Fanno entrambi parte della Resistenza e hanno appena avuto la seconda figlia.” ammise l'uomo, dandosi una sistemata alla casacca prima di uscire dietro la cognata.

L'enorme piazzale era pieno di gente, nonostante fosse l'alba. Tutta la popolazione della capitale si era radunata, non appena i messaggeri mandati per le vie ebbero dato l'ordine di raccolta davanti al Palazzo Reale.

Danhum restò un passo indietro, ma la sua mole e l'enorme falco appollaiato sul suo guanto non lo facevano passare inosservato. Jelah fece un altro passo avanti e posò le mani sulla ringhiera.

“Ho una notizia da darvi!” esordì, tenendo gli occhi fissi sulla folla, dalla quale si levò un brusio, poiché avevano tutti intuito quale potesse essere “Il Re è morto!”

Attese che le sue parole raggiungessero gli spettatori più lontani e raddrizzò la schiena, respirando profondamente.

“So già cosa state pensando: dovete prepararvi alle tradizionali due settimane di lutto prima della mia incoronazione, ma devo deludervi: non ci sarà nessun periodo di lutto, e nessuna incoronazione, non la mia almeno!”

Un altro brusio si levò nuovamente dalla folla, confusa e sorpresa della notizia ricevuta dalla loro principessa.

“Sì, avete capito bene: non ci sarà alcun funerale! E per quanto riguarda l'incoronazione, no, non sono io la vostra regina.”

Fece un cenno a Danhum, che si avvicinò alla ringhiera. Il brusio della folla si fece più forte: il rapace che aveva con sé aveva fatto in modo che tutti capissero chi fosse, non solo i suoi uomini infiltrati tra la folla.

“Sì, ho avuto un colloquio con il Faco della Resistenza.” continuò la donna “E no, il nuovo regnante non sarà lui, ma la mia perduta sorella, quella che alcuni di voi, suoi seguaci, hanno sentito nominare come 'la Principessa Omega'!” fece un'altra pausa, posando la mano sulla spalla del cognato “Lei non è qui perchè sta dando alla luce i suoi eredi, la nuova speranza di questo Paese! Lo ripeto: io non sarò la vostra regina, ma mi adopererò perchè nessuno più debba soffrire, perchè nessuno si senta inferiore agli altri, come ha fatto il Falco in questi anni di lotte! E farò in modo che i miei nipoti, nonché suoi figli, vivano in un mondo migliore di quello in cui siamo nati noi!”

Un Hurrà rimbombò per la grande piazza, partendo dai membri della Resistenza e coinvolgendo l'intero popolo. Danhum si guardò intorno, liberando in volo il volatile, e rivolgendosi infine a Jelah.

“Torno dentro, ora la mia priorità sono mia moglie e i miei figli. I miei uomini ti staranno dietro e mi informeranno di tutto.”

Ciò detto, rientrò, raggiungendo di corsa la compagna, della quale riusciva a percepire le urla dovute ai dolori del parto, nonostante la stanza dove era stata portata non fosse vicina.

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