Third Hand Gear

di Akainatsuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** HEAD - And The Party Started ***
Capitolo 2: *** ARMS - Not A Charity ***
Capitolo 3: *** HANDS -Simple As (A) F***K ***
Capitolo 4: *** LEGS - Third Floor With a View ***



Capitolo 1
*** HEAD - And The Party Started ***


La sala da ballo era gremita, e la musica rimbombava a volumi di parecchie migliaia di decibel oltre qualsiasi regolamento fosse mai stato messo in atto a Night City su quisquilie quali il disturbo della quiete pubblica e simili amenità.

Seduta dritta sul suo divanetto di synthopelle scivolosa in un angolo piuttosto buio dell’enorme stanza, il bicchiere di qualcosa di decisamente troppo annacquato nonostante il sentore di alcol sintetico che emanava, qui Helene Arobase si stava annoiando a morte. 

Sollevò la pesante frangia che le cadeva sugli occhi con un sospiro, rigirando per l’ennesima volta la cannuccia mangiucchiata tra le dita mentre ragionava su un unico e singolo pensiero.

Dove cazzo era finito Ced.

Cedric Tombstone era il figlio del suo capo, quello che le pagava qualche centinaio di Eddie ogni fine del mese per farle aggiustare tutto quello che si rompeva e passava dalle loro mani. Che ci pensassero tutti gli altri a mettere sul mercato armi, sistemi di sicurezza e quant’altro: alla fine, tutto avrebbe avuto bisogno di una buona rimessa a nuovo e con buona probabilità - almeno in quella parte di Night City - sarebbe arrivata al suo tavolo di lavoro.

Forse un pochino si stava facendo sfruttare per non troppi Eddie che per una buona metà finivano nella colletta di famiglia. Suo padre aveva detto - espressamente - che finchè avesse vissuto sotto il suo stesso tetto avrebbe dovuto contribuire alle spese, all’affitto, al vitto e una lunga sequela di altre postille che non era rimasta ad ascoltare. O meglio, aveva protestato come il cinquanta per cento fosse esagerato, ma fu allora che sua sorella era intervenuta con il commento più ovvio.

Ricordati i vestiti. E l’Agent. E pure il Techtool. Chi te li ha dati?

Helene lasciò andare un nuovo sonoro sbuffo, mordendosi le labbra mentre dava un’occhiata veloce al completino di nylon in cui si era infilata, il meno peggio tra quelli che aveva avuto in gentile concessione da sua sorella, che lo aveva ricevuto da un’amica.

Terza mano, di almeno un paio di anni prima, fuori moda, fuori forma, fuori colore, fuori da ogni minimo dettame di stile che nemmeno le sue capacità di armeggiare con qualsiasi genere di cacciavite poteva rimediare. Nemmeno il suo Agent aveva trovato nei database a disposizione un’idea geniale per sistemare filo per filo quel reperto preistorico.

Mosse nervosa le dita dei piedi fasciati dalle scarpe recuperate da una staffetta di passamano solo qualche ora prima, quando quelle di sua sorella - comprate a un mercato dell’usato - si erano rivelate di parecchi numeri più grandi del suo.

Storse le labbra in una smorfia: da quando ne aveva memoria, non aveva mai avuto mai niente che non fosse già stato di qualcun’altro. Ci aveva provato a mettere da parte un gruzzoletto di Eddie, ma quel lavoro che aveva trovato grazie ai soliti amici degli amici di conoscenti non era abbastanza per stare al passo con le continue novità che i cartelloni pubblicitari riversavano sulla strada, sugli schermi, sulle retine ottiche di ultima generazione. Era sempre tutto troppo nuovo e costoso per qualche centinaio di chip con cui arrivare al mese successivo.

Pensò a come probabilmente era stata mollata da Ced su quel divanetto proprio per non farsi vedere in compagnia di una tizia vestita con qualcosa di talmente fuori tempo da imbarazzare un manichino dei quartieri a luci rosse. 

Si guardò attorno nell’oscurità della sala illuminata dai neon e dalle stroboscopiche, sfarfallando distrattamente sull’Agent che aveva sapientemente riassemblato più volte nel tentativo di farlo durare abbastanza da vedere l’alba e abbastanza da sembrare quei modelli falsamente vintage che erano tanto tornati di moda.

Proprio mentre stava considerando la possibilità di andarsene qualcuno entrò nel cono di luce dello schermo, facendola sobbalzare sulla synthopelle su cui si era appiccicata.

“Ced” lo salutò, spostando lo sguardo immediatamente alle sue spalle dove - ben due - Toy, o Dolls o Venus ridacchiavano alla luce dei laser. Non che sinceramente le importasse di quale scala dell’Heaven o di pessimo bordello di quarta categoria facessero parte, a Helene l’idea di sapere come qualcuno avesse trascorso parecchio tempo in loro compagnia faceva venire il voltastomaco.

Cedric si abbassò su di lei, coprendole la visuale, mentre la musica assordante le risparmiava qualsiasi commento diretto nella sua direzione. 

“Andiamo a un’altra festa” la strattonò per un braccio, facendole temere che il nylon si rompesse sotto la presa degli impianti rinforzati che aveva installato di recente. “Qui han finito tutta la roba buona e gli altri vogliono cambiare aria.”

In quel momento si rese conto di come, oltre alle due che non avevano smesso di fissarla con quelle cyberottiche modificate al primo Mall di bassa lega, c’erano altre persone con loro: tutta gente che non si sarebbe limitata a commentare a bassa voce come sembrasse uscita dalla discarica di quartiere. 

Mentre si rizzava in piedi e controllava lo stato dei suoi vestiti, pensò a come avrebbe dovuto assolutamente aggiungere alla sua personalissima lista cyberware una suite audio con miglioramento sonoro. La maggior parte di quelli che incontrava adorava fare battutine coperti dal frastuono della strada o dei locali, e la cosa le dava sui nervi.

A volte, però, c’erano anche personaggi talmente pessimi da non pensare nemmeno come uno di quei commenti andassero fatti a bassa voce, magari approfittando del riff introduttivo del pezzo successivo.

Helene trotterellava accanto a Ced, salendo con tutta la scarsa velocità delle sue scarpette di fortuna le scale metalliche che portavano dalla strada a quel garage sotterraneo. Continuava a rimuginare sul suo essersi aggregata al gruppo verso l’ennesima festa assordante, quando all’uscita del locale quelle parole le arrivarono direttamente alle orecchie, costringendo tutti a fermarsi non appena l’ultima sillaba si spense nell’aria della notte soffocante.

Se Tombstone paga una input del genere per conciarsi così, stasera la vedo magra.

Era stata una delle due ragazze a fare quel commento, forse credendo che il trambusto dietro alla porta appena chiusasi alle loro spalle coprisse quell’uscita - o forse pensando che nessuno ci facesse troppo caso. In fondo, quella input l’avevano recuperata da un divanetto nascosto nel buio della sala e non c’era stato abbastanza tempo per approfondire alcuni piccoli retroscena, tra cui una regola fondamentale per uscire vivi da quelle serate a NC. O meglio, la regola per la quale era meglio non toccare un particolare argomento in presenza del rampollo della Paraline.

Mentre tutti i Poser, Booster o Corpo che fossero andavano a sciorinare al bancone del bar i crediti scialacquati nell’ultima avventura notturna, c’era qualcuno che ne era l’eccezione perchè - a detta sua - era da maiali pezzenti sprecare quei guadagni per comprarsi della carne da macello qualsiasi.

Cedric Tombstone non pagava nessuno, nè Toy, nè Doll, nè Venus. C’era sempre qualcuno che gli doveva un favore, un lavoro non riscosso o qualsiasi altra postilla per cui avrebbe ottenuto quello che voleva - per tutto il tempo che voleva - senza sborsare un Eddie. Cadeau, così li considerava, e niente era più bello di un regalo infiocchettato a fine giornata.

Ma soprattutto, Cedric Tombstone da qualche tempo era innamorato pazzo; quel livello di pazzia al limite della cyberpsicosi per cui non si sarebbe fatto troppi problemi a piazzare un dritto in faccia a qualunque essere più o meno di carne si fosse trovato davanti a corredo di qualche squallida battuta sull’oggetto delle sue attenzioni.

Fu proprio un gancio corazzato al titanio a sfondare il cranio della Toy che aveva appena chiuso bocca e rivolto un’occhiata un poco vergognosa al resto del gruppo. Lo schioccare delle ossa riempì l’aria attorno, mentre frantumi di innesti metallici e carne bollente esplodevano in un risucchio umido contro la porta d’ingresso del locale.

Il corpo cadde sul cemento con un tonfo sordo, accompagnato dagli strilli terrorizzati della sua compagna lercia di sangue e interiora sul completino cangiante all’ultima moda. Rimase per un lungo attimo a spostare lo sguardo ora sul cadavere a terra ora sull’energumeno che la fissava dietro al pugno gocciolante di rosso.

Helene la guardò scappare a gambe levate dall’altra parte della strada, singhiozzando e maledicendoli nelle lingue più disparate mentre si allontanava alla luce dei neon. Restò in quella posizione fino a quando non sentì il peso del braccio di Cedric posarsi sulle sue spalle, intento a toglierle qualcosa dalla guancia: storse il naso al sentore viscido, alzando il capo verso di lui.

“L’hai ammazzata” commentò piatta mentre la stringeva. 

Annuì sbuffando dalle narici dilatate, per poi fare un cenno agli altri che iniziarono a dileguarsi silenziosamente a loro volta nella notte, fino a lasciarli soli accanto al corpo ancora caldo. 

“Vieni da me? Così domattina non arriverai col tuo solito ritardo e il mio vecchio non avrà da ridire” propose Cedric dal nulla, mettendosi a camminare sul marciapiede vuoto, tenendola a sè. “Cercherò di non farti fare troppo tardi stasera - anche se avevo avuto un’ideuzza-”

Lo lasciò parlare, rivolgendo un’occhiata veloce al cadavere a terra senza riuscire a trattenere una smorfia: avrebbe voluto prendere quei vestiti all’ultimo grido e farci qualche aggiustatina, ma di sicuro non sarebbero resistiti sulla strada fino al mattino successivo. 

Che peccato. Sarebbero stati solo di seconda mano.

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Capitolo 2
*** ARMS - Not A Charity ***


La mattina a Night City poteva iniziare con una sparatoria davanti al corridoio di casa o con un cantiere in piena attività solo a pochi cubicoli di distanza. 

Quell’inizio di giornata fu sancito dal rumore assordante dei martelli pneumatici e le urla sguaiate di chiunque avrebbe trascorso il tempo fino al tramonto a cercare di ricostruire l’ultimo edificio esploso per motivi poco chiari.

Helene si rotolò nel lenzuolo cercando di ignorare la cacofonia che arrivava dall’esterno: invidiava gli impianti acustici di Ced, ancora addormentato accanto a lei e per nulla disturbato da ciò che stava praticamente scuotendo le mura del suo appartamento.

Incapace di trovare pace e poco intenzionata ad alzarsi tanto presto, si ritrovò a tratteggiare pigramente con la punta delle dita le giunture metalliche e i filamenti EMP che contornavano la pelle scura della massa di muscoli e acciaio accanto a lei, risalendo verso il viso duro per poi tuffarsi tra i suoi lunghi capelli crespi. 

Sentì Cedric rispondere lentamente ai suoi gesti, mentre schudeva le labbra sulle sue, avvolgendola: “Ti voglio ancora, cherie” sospirò assonnato, le mani che scorrevano su di lei, saldandola in una morsa di carne e metallo.

Le piaceva sentirsi così, tra le sua braccia e senza altre intruse in quella stanza: desiderata, amata e coccolata dalla stessa persona che solo una manciata di ore prima aveva aperto la testa di qualcuno esattamente come lei. Finchè faceva la parte della petit cherie dell’erede della Paraline, non avrebbe avuto di che preoccuparsi di trovarsi il cranio sfondato da un capriccio.

Quel pensiero le fece tornare alla mente come di piccole cosucce frivole ne aveva tuttavia bisogno. Un Agent di ultima generazione, dei vestiti decenti, magari delle cyberottiche alla moda e un impianto acustico finalmente in grado di farla dormire. Ci avrebbe volentieri aggiunto anche qualche gingillo per il lavoro, magari un Techtool nuovo di zecca-

“A cosa stai pensando?”

Cedric le sfiorò il collo in un bacio, scendendo lungo lo sterno fino a contornare i suoi seni - a cui lei stessa doveva ammettere che un po’ di bioscultura non avrebbe che giovato. Schioccò la lingua al suo tocco, arruffando le ciocche ribelli e abbracciandogli la schiena nuda: sentì i muscoli irrigidirsi e tendersi mentre risaliva alla sua bocca schiusa, facendosi spazio in lei.

C’era un problema nell’essere l’oggetto delle attenzioni di un personaggio abbastanza pieno di Eddie con il pallino per la cavalleria spicciola, il sesso sfrenato e la violenza gratuita. 

Portarselo - ripetutamente - a letto non sarebbe risultato in un bel gruzzoletto.

Energie sprecate, doloretti in posti indicibili e tutto per zero Eddie. Insomma, quella storia era forse alla pari dei contratti a vita delle peggiori Corpo della città ed uscirne era impossibile, a meno di non volersi vedere la testa spiaccicata in un vicolo qualsiasi.

Helene lasciò andare un sospiro dalla sua postazione, gettando un’occhiata al tavolo di lavoro dove fino a qualche mese prima si trovava Dot. Era lei, l’amica del conoscente dello zio del cugino di chissà-chi che aveva raccontato a sua sorella di un’occasione alla Paraline per qualcuno capace di aggiustare e riparare i tanti pezzi che giravano tra le mani indaffarate dei Fixer di Night City.

Tornò a concentrarsi sulla pila di BD Viewer ammaccati e distrutti dagli incauti avventori di più di un locale, connettendo e sistemando interfaccia e sensori, aggiungendo quel piccolo upgrade di favore che il vecchio Tombstone le aveva comunicato via Agent. 

Allungò istintivamente la mano verso il suo gingillo, tenuto assieme dalle preghiere e dalla cocciutaggine: proprio in quel momento, il megaschermo dalla luce azzurrina che le teneva compagnia nelle lunghe ore di riparazioni le ricordò dell’uscita dell’ultimo modello di lì a breve, capace di tutta una serie di funzionalità che un certo aggeggio non poteva nemmeno immaginare nella sua AI più fantasiosa.

Ne aveva parlato con Cedric di come sarebbe stato carino se glielo avesse regalato, o le avesse elargito qualche Eddie sonante per fare qualche miglioramento al suo, ma questo aveva ignorato la sua vocina lamentosa con una scrollata di spalle e un commento piuttosto scontato che era suonato più o meno come non puoi fartelo da sola un Agent nuovo? 

Scosse il capo al ricordo di quella conversazione: per fare qualcosa del genere le servivano i pezzi. Rubare dall’organizzatissimo laboratorio della Paraline era fuori discussione, avvicinarsi al mercato nero era al di fuori dei suoi mezzi, conoscenze e capacità. 

Controllò le sue magre finanze mentre era impegnata a sostituire il plug per il chip di memoria: un veloce calcolo sulle entrate e le uscite del mese, la colletta di famiglia e un debituccio che aveva con Dot per una scommessa persa non fece che sconfortarla ancora di più.

“Abbiamo finito lo Smash.”

La voce di Cedric le arrivò improvvisa alle orecchie, facendola sobbalzare dal lavoro che aveva concluso a metà. Entrò nella stanza a larghe falcate, gli attrezzi di lavoro legati alla cintura, marciando in direzione della piccola Vendit in un angolo: lo sentiva borbottare alle sue spalle, scrollando con forza il parallelepipedo di metallo - fortunatamente avevano disattivato tutti i sistemi di sicurezza anti-sabotaggio.

“In questo posto abbiamo ricambi per ogni stronzata che giri in città, ma non abbiamo nemmeno una lattina. Ho girato tutto il quartiere e fatto pure delle chiamate: c’è l’ennesima carestia in corso o semplicemente qualcuno ha battuto la fiacca con gli ordini?”

Helene cercò di farsi piccola sul tavolo, digitando febbrilmente sull’Agent alla ricerca di qualsiasi buona notizia a quella crisi che molti avrebbero bollato come sciocca o del tutto inadeguata davanti alle sue notevoli difficoltà ad arrivare a fine mese, ora per gli Eddie ora per l’ennesima sparatoria di inizio giornata. 

Riprendendo il discorso che le si era avviato nella testa come una BD improvvisata, recuperó il suo elenco di cose che Ced amava alla cyberfollia. Oltre a lei, naturalmente. 

La cavalleria spicciola - o quello che poteva definirsi tale.

Il sesso sfrenato - con lei o chiunque altra fosse il suo cadeau della serata. Magari pure assieme.

La violenza gratuita - e non serviva aggiungere altro.

Infine, c'era una minuscola postilla. Proprio in fondo all'elenco: Cedric Tombstone era drogato di Smash, in ogni sua variante - e non ammetteva mancanze.

“Perchè non ci sono lattine, cherie?” incalzò, avvicinandosi a lei e sbattendo una mano sul piano. “Gli ordini li fai tu, e mi sembra che qualcosa sia andato storto-”

“Non è partita la richiesta” soffocò, alzando in sua difesa l’Agent maltrattato e indicando tremante l’ordine fallito senza che se ne fosse accorta. Avevano modificato la Vendit non solo per poterla scuotere a piacimento, ma anche per avere un rifornimento personalizzato: ecco perché non era stata in grado di rimpinguarsi da sola.

Helene sentì le budella contorcersi dalla paura, mentre il fiato le si mozzava: un nuovo modello avrebbe ritentato l’invio, l’avrebbe avvisata più volte, insomma sarebbe riuscita a evitare di trovarsi troppo vicina alla faccia livida di chi fino a poche ore prima aveva fatto esplodere teste (altrui) ed ormoni (suoi). 

“Fino a ieri ce ne erano almeno tre, stamattina avevo delle cose da finire, non ho controllato e-” cercò di ripararsi, la vocina lamentosa e nasale che le saliva alla gola. 

Cedric non la lasciò finire, voltandosi di scatto verso la porta dell’unico ufficio per poi lanciare un’occhiata attorno: “Non siete in due qui di solito? Dov’è finita l’altra che lavora con te - Sonya?”

Colse quel diversivo per cercare di mettere distanza tra loro, mentre il cervello rielaborava la giornata trascorsa nel laboratorio: il messaggio del vecchio Tombstone, la pila BD Viewer, le chiacchiere di circostanza proprio con Sonya… e il pomeriggio, da sola.

“Il magazzino. O l’ufficio. Deve essere andata un attimo di là, ma in effetti è un po’ che non la vedo alla postazione” recitò in un soffio, continuando a muoversi in quello spazio ristretto. “Aveva una questione di soldi con monsieur, o almeno mi pare.”

Quelle parole lo fecero scattare in direzione della porta, che si spalancò con un sibilo per poi chiudersi alle sue spalle.

Non appena lo vide scomparire, Helene tornò a respirare, mentre sentiva il cuore batterle all'impazzata nel petto: rimase a fissare la porta senza riuscire a muoversi per qualche lungo minuto fino a trovare il coraggio di allungarsi sull'Agent abbandonato. 

Recuperó l'ordine fallito, reinserì le credenziali e attese pazientemente che la connessione rispondesse, elaborasse e infine il pop up confermato la mettesse al riparo dal ripetersi della serata precedente. 

Il nuovo sibilare degli scorrevoli le provocó un sobbalzo che dissimulò con una scrollata quando si rese conto di come si trattasse di Sonya: zampettó oltre la porta rivolgendole un occhiolino mentre faceva ondeggiare una lattina colorata in una mano.

"Mi hai quasi fatto scoprire, Hel" sussurrò sistemandosi i Tecnocapelli platinati e dando un sorso. "E hai fatto un casino con gli ordini a quanto pare."

Helene sbatté lentamente le palpebre a quelle parole, cercando di metterle in fila dopo lo spavento, mentre Sonya continuava a parlare e sventolare una maledetta lattina di Smash a pochi passi da lei.

"Lo devi cambiare quell'Agent" sentenziò, arricciando il nasino bioscolpito. "Anche il vecchio Tombstone ha detto che é innammissibile che tu abbia un dinosauro del genere - e gestisci gli ordini, Smash compreso."

"Compramene uno tu" bofonchiò tra i denti.

"Ti sei lavorata il figlio del capo, fattelo regalare per tutte le volte che ti-"

Si tappó le orecchie con un gesto infantile, scuotendo la testa: "Hai finito?"

Sonya le rivolse uno sguardo di sufficienza per poi spostarlo sull'Agent che teneva ancora in mano. La squadrò a lungo nonostante le lunghe ore assieme trascorse in quei pochi metri del laboratorio.

"Ragionaci, Hel. Facciamo le stesse cose tu ed io, viviamo in stanze con parecchia altra gente e le vedi le differenze?" incalzó, indicando se stessa e la sequela di chip, EMP e via discorrendo che le adornavano le tempie. "Parecchie non trovi? E lo sai perché?"

Incrociò le braccia al petto, sollevando interrogativa un sopracciglio. La invitò a continuare, mordendosi la lingua nel dichiarare ciò in cui pensava stesse la differenza. 

Sonya le si avvicinò con un sorrisetto sghembo: "Ti sei fatta fottere dal Tombstone sbagliato."

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Capitolo 3
*** HANDS -Simple As (A) F***K ***


“Se ti servono Eddie, hai due strade.”

Dot si puntellò una guancia con il bordo delle unghie affilate, alzando un sopracciglio in direzione di Helene, seduta a spalle strette sul pouf oltre il tavolino, intenta a mangiucchiarsi le labbra.

“Ti fai dare delle gig extra a quelle che ti offre la baracca dei Tombstone o vendi il culo.”

Beta lasciò cadere la testa oltre lo schienale del divanetto dove stavano sedute, lasciandosi scivolare sconfortata verso il basso: “Santo cielo, potevi evitare l’opzione numero due. Non vogliamo che Hel vada in una Dollhouse, vero?”

L’altra scoppiò in una risata, mettendo in bella mostra la dentatura argentata: “Eppure tra le due alternative per lei hai già pensato alla seconda. Io mi riterrei offesa, Hel, che invece di cercarti qualche marchingegno da riparare, la nostra dottoressa ha subito proposto di metterti nel tritacarne.”

Un sbuffo scocciato si alzò da Beta, che le lanciò un’occhiata storta mentre si rimetteva a sedere aggiustandosi i capelli.

“Se ci tiene tanto a farsi carina e tenersi il lavoro, a meno che non voglia farsi il culo solo teoricamente, deve lavorare di fantasia - e a volte quelle degli altri pagano meglio” continuò, ignorando lo sguardo che le era stato rivolto.

“Ced non vuole darmi un Eddie per andare a letto con lui. E il vecchio Tombstone non ha nessuna intenzione di aumentarmi lo stipendio anche se lavorassi il doppio” sospirò per poi schioccare la lingua, frustrata. “Ovviamente i miei monitorano tutto quello che entra, se anche avessi qualcosa di extra dovrei darlo in colletta.”

Trascorse qualche breve secondo mentre quelle informazioni venivano elaborate dai tre cervelli raccolti nell’appartamento di Dot, la notte di Night City a illuminare la stanza con i suoi neon.

L’intuizione colpì Beta facendola sobbalzare sul divanetto, spostando lo sguardo prima sulla donna seduta accanto a lei, poi sulla ragazzina che si era impossessata del pouf.

Aspetta. Credevo che tra te e il giovane Tombstone il sentimento fosse - quasi - reciproco” commentò lentamente, sbattendo interrogativa le palpebre. “O ci fossero di mezzo dei soldi.”

Helene si appoggiò su un ginocchio, tamburellando nervosa sulle calze cangianti che sua sorella le aveva lasciato sul letto qualche settimana prima. Storse il naso alle parole che le erano state rivolte, cercando di mettere sulla lingua qualcosa che non risultasse troppo cinico o troppo melenso.

“Mi fa dei regali.”

“In cambio del tuo culo” incalzò Dot evitando la gomitata che le venne indirizzata. “Il padre ha le stesse passioni, ma almeno qualche Eddie lo sgancia - come Sonya ti ha gentilmente informata.”

Annuì di rimando, ripensando alla conversazione avuta solo qualche ora prima. 

Ti stai facendo fottere dal Tombstone sbagliato.

In quel momento sentiva come stesse facendosi invece esattamente fregare da entrambi: uno non le avrebbe dato un Eddie ma avrebbe continuato a spassarsela fino a un nuovo capriccio, l’altro non le avrebbe dato un Eddie in più e molto probabilmente l’avrebbe licenziata al prossimo errore. 

“Potresti aprire un secondo conto nascosto da quelle sanguisughe della tua famiglia: conosco un Corpo - o meglio, un ex-Corpo - che saprebbe come fare” azzardò Beta scorrendo con fare indifferente la lista contatti del suo Agent. “Nulla viene senza un prezzo, ma lo aggiungiamo al debito di una certa scommessa e sei a posto.”

Ridacchiò nervosa dalla sua posizione: “Mancano ancora i crediti da depositare. Anche se avessi un conto del genere, non avrei nulla da metterci sopra senza che i miei si accorgano come il mio stipendio sia misteriosamente evaporato.”

Dot si aggiustò una ciocca di capelli fluorescenti dietro l’orecchio, schiarendosi la voce e richiamando l’attenzione delle due.

“Il vecchio paga e il tuo fidanzatino se ne andrà per una settimana fuori città per chissà quali affari, corretto?”

Helene annuì riassemblando le chiacchiere della notte precedente, tra una testa esplosa e un letto sfatto. Cedric stava lavorando a un nuovo prototipo - di cosa non ne aveva idea e non c’era stata moina in grado di farlo parlare: sarebbe uscito da Night City per qualche giorno e sarebbe rimasta da sola. 

“Eddie in cambio di carne da rigirarsi come gli pare. L’unico problema è ritrovarti nelle peggiori BD porno in circolazione” riprese, schioccando le dita. “L’ho beccato a registrarmi, gli ho spaccato lo shard e resettato tutto. Ce ne siamo menate finchè non è intervenuta la NCPD di pattuglia: stavo per ficcargli un proiettile in fronte.”

Beta chinò il capo di lato, incontrando lo sguardo interrogativo della ragazzina davanti a lei: “Ecco spiegato perchè qui qualcuno non lavora più per i Tombstone.”

Dot le mostrò la lingua.

“È pericoloso scendere a questi patti, specie se il giovane Tombstone è convinto che tu sia la sua colombella” continuò l’altra. “Sonya te lo ha detto, tra le righe.”

“Eppure Ced non se ne è mai accorto - o almeno questo è quello che sembra” mormorò giocherellando con una ciocca. “Non ne ha fatto parola, il suo unico interesse era la consegna dello Smash.”

“Stai davvero pensando di farti il padre?” incalzò Dot scrocchiando il collo. “Quello è un pervertito di merda, una cosina come te resisterebbe solo con un Doll ben impiantato. E ricordati, finiresti nella BD più sozza che tu possa immaginare: quello che fate tu e il ragazzino, a confronto, sono contenute effusioni.”

Beta si appoggiò allo schienale, incrociando le braccia e osservando Helene con quello che lei aveva soprannominato il suo occhio clinico: “Un Doll te lo posso trovare, ma ti resta un problema: se il tuo Tombstone lo viene a sapere, quello ti rovina IRL.”

Sobbalzò sul pouf, mentre un miscuglio di chip neurali e cellule celebrali elaborava quello che sembrava a tutti gli effetti un piano per smettere di essere la tizia abbandonata sui divanetti delle feste, e al tempo stesso smettere di rischiare il suo misero lavoro - e testa - per una lattina non consegnata.

“Basta non farmi registrare” abbozzò indicando Dot con un cenno del capo. 

“Non abbiamo nemmeno sfiorato l’opzione uno: lavoretti extra. Ci sono migliaia di persone a Night City a cui servirebbe una riparazione a prezzi modici” azzardò Beta senza distogliere lo sguardo. “Niente chip, niente rischi.”

Una sonora risata si levò dalle labbra di Dot: “Errato. I Tombstone vogliono l’esclusiva sui lavori. Se scoprissero che Hel si è messa a riparare il frigorifero rotto della vecchina del 23esimo piano, farebbero prima fuori la nonnetta e poi le taglierebbero una gamba - a Hel, ovviamente. Le voci di prezzi modici e signorinelle carine girerebbero più velocemente di una BD a luci rosse sul mercato nero.”

“Non sono nemmeno mezzi Corpo e si comportano nella stessa maniera” commentò l’altra, storcendo la bocca. 

Helene annuì appena alle sue parole, facendo spallucce. I Tombstone erano invischiati con un po’ tutto quello che stava sopra, sotto e in mezzo a Night City: aveva imparato a non fare troppe domande su da dove e per chi fossero i suoi lavori e fino ad allora era sopravvissuta senza troppi problemi oltre a un Agent rattoppato.

“Mi serve un conto e un Doll - da mettere sul mio debito” mormorò, toccandosi il naso pensierosa. 

Le due le rivolsero un’occhiata eloquente, mancando l’ultimo pezzo di quel piano.

“Parlerò al vecchio monsieur non appena Ced sarà fuori città. Sonya mi aveva accennato come volesse ‘farmi un discorsetto’-” imitò le virgolette sopra la sua testa, dissimulando un risolino nervoso. “Gli uomini adorano parlare a vanvera e c’è un solo modo per chiudergli la bocca.”

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Capitolo 4
*** LEGS - Third Floor With a View ***


Era stato davvero così facile? 

Helene si ritrovò a ricambiare lo sguardo del suo riflesso sulla vetrata scura, per poi guardare verso l’orizzonte, dove la notte di Night City si stagliava con i suoi grattacieli illuminati. E oltre quelle sagome, a una distanza non precisata da lei, si trovava anche Ced, probabilmente impegnato a fare lo stesso.

Ma quello era tutt’altro che un romantico discorso di stelle, separazioni e via discorrendo. 

A essere davvero sincera, non era mai stata davvero innamorata del rampollo dei Tombstone. Se lo era trovato a gironzolarle attorno al laboratorio e perché non approfittare dell'occasione? Quella storia era un'assicurazione sulla vita a Night City e un passatempo che le occupava le notti e i weekend: messe le sue poche cose in una sacca, poteva trascorrere quelle ore a rotolarsi in un appartamento quasi da Corpo e a bere drink in qualche locale dalla musica pessima - ma almeno era fuori dalla sua famiglia di sanguisughe sfruttatrici. 

Cedric aveva preso quel loro spassarsela forse troppo sul personale, ma non sarebbe stata certamente lei a chiarire la realtà dei fatti. A meno di non volersi trovare la testa esplosa in uno squallido vicolo.

Tornò a guardarsi attorno in quella stanza da letto schiarita solo dallo specchio retroilluminato sul soffitto: un tocco di classe da love hotel di pessimo gusto. Le luci basse e bluastre rendevano i contorni sfumati, la notte illuminata al neon che filtrava senza davvero metterla a suo agio. Pensò a come la vita della Doll non avrebbe mai fatto per lei.

"É di tuo gradimento?"

La voce dietro alle sue spalle arrivò accompagnata dal sibilare delle porte scorrevoli, mentre i passi pesanti di monsieur Tombstone annunciavano la sua entrata. Si sistemò i tondi occhialini scuri sul naso, rivolgendole un ampio sorriso dai riverberi dorati, sovrastandola.

Helene si passò d’istinto una mano tra i capelli fini, accertandosi che il chip fosse inserito e controllando per un breve attimo il collegamento neurale: quel pezzo di metallo sarebbe stato meglio dell’alcool per dimenticare il giorno dopo qualsiasi cosa fosse potuta succedere tra quelle mura.

Fece le spallucce, mordicchiandosi nervosa il labbro inferiore: “Cedric non lo deve venire a sapere.”

L’uomo sorrise sghembo alle sue parole, saggiandole i fianchi con le dita guantate mentre la faceva ruotare su di sè: “Certamente. Resterà un segretuccio tra me e te.”

Si ritrovò a fissarlo tanto vicino da sentire il suo alito caldo sul viso, cercando di trovare qualsiasi piccolo indizio che le potesse indicare di star facendo lo stesso sporco gioco già provato con Dot. Alzò gli occhi al soffitto dove lo specchio retroilluminato le restituì il suo riflesso, pelle nuda e nylon liscio infilati l’una nell’altro, pronti a essere dati in pasto al miglior offerente.

In fondo, non era quello che il sistema voleva per tutti? Vendersi al prezzo più alto per puntare al rilancio, quella era la sopravvivenza a Night City.

“Hai un soprannome? Di quelli che si danno i fidanzatini? O il mio ragazzo ha così poca creanza per una petite fille come te?” sussurrò all’improvviso al suo orecchio, interrompendo la canzoncina che aveva iniziato a canticchiare accompagnando la sua esplorazione.

Ricacciò il nodo di imbarazzo che le si era formato in gola, annuendo e lasciando andare un sospiro profondo. 

Cherie” mormorò, attivando il chip rosa nascosto dietro alla tempia. Il baratto stava per iniziare e voleva non ricordare proprio nulla. “Mi può chiamare così se vuole.”

Ridacchiò, togliendosi gli occhiali scuri e appoggiandoli sul tavolino accanto a loro. Helene tornò a scrutare per un attimo la possibilità di qualsiasi registrazione, senza successo: sperò come le botte di Dot avessero sortito il loro effetto.

Claude Tombstone attivò silenzioso lo shard di memoria che rispose al suo comando, mostrandogli di ritorno la ragazzina dal naso arricciato che teneva tra le mani: suo figlio si era innamorato di una sciaquetta nevrotica pronta a farsi ripassare dal primo pappone danaroso e in cerca di sesso facile? 

Sorrise tra sè e sè: beh, lui era esattamente quello.

Cherie” ripetè abbassandosi su di lei, divorando le sue labbra in uno schiocco umido. “Puoi chiamarmi monsieur Tombstone.”

***

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***

Il tocco sulla scapola nuda la risvegliò dal sonno profondo in cui era capitolata. Helene sussultò alla vista del vecchio Tombstone accanto a lei, la pelle scura dove gli innesti argentei tracciavano tatuaggi tecnologici - che aveva imparato a conoscere suo malgrado, in quelle ore precedenti.

Cercò di raccogliere da un angolo della sua memoria qualsiasi informazione da quando il chip si era attivato, senza risultato: a quella certezza, lasciò andare un sospiro di sollievo mentre cercava di guadagnare la sponda del letto e tornare su due piedi, mormorando un bonjour tra i denti.

“Alla luce del sole diventi timida?” ridacchiò l’uomo, afferrandola per la spalla ossuta e facendola cadere rovinosamente all’indietro. Strinse la mascella, mordendosi la lingua impastata: si sedette con fare offeso sul materasso, rivolgendogli un’occhiata indagatoria, mentre controllava come sul conto fantasma che Beta le aveva fatto aprire gli Eddie fossero ancora depositati e al sicuro.

“Ha avuto la sua notte, monsieur Tombstone” trillò, allungando le dita sulla tempia per rendersi conto come uno slot era vuoto. Deglutì rumorosamente, spostando lo sguardo sugli occhialini che la riflettevano, mentre un sogghigno rispondeva alla sua domanda muta.

“Mi piacciono le timide. Specie se autentiche” continuò basso, afferrandole le guance tra le dita e costringendolo a seguire i suoi gesti. Nell’altra mano teneva il chip rosa, muovendolo pigramente sotto il suo naso. “Se volevo scoparmi una Doll, sarei andato da una professionista.”

Cercò di replicare, soffocando un gemito quando lo vide gettarlo oltre il letto, torreggiando su di lei: “Hai barato, cherie. E per quanto mi piaccia giocare, non mi piacciono i bari.”

Si divincolò, scuotendo la testa e fissandolo di rimando: “Niente di tutto questo.”

“Il mio ragazzo lo sa che la sua fidanzatina se ne va in giro con un giocattolino del genere nel cervello? A lui non piacciono troppo chippate: come io preferisco le timide, lui le vuole più - naturali. Con qualche miglioramento, ovviamente” la interruppe, acchiappandola per un polso fino a farle crocchiare le ossa. Ignorò il lamento che si lasciò sfuggire, strattonandola verso di sè.

“Ti sei fatta pagare e sei stata pagata, corretto? Non offendere la mia gentilezza: sei venuta tu a proporre questo scambio per il tuo Agent, tradendolo. Oltre a un certo chip, immagino ti sia uppata un po’ di intelligenza in quelle rotelline o ne hai fatto un download esterno?” le respirò addosso, sbattendo i denti dorati a ogni parola mentre tornava a canzonarla con una smorfia sghemba. 

In effetti, il suo piano aveva sempre avuto quella piccola e minuscola falla - il vecchio Tombstone era il padre di quello che spaccava teste nei vicoli senza farsi troppe domande - ma non ci aveva mai dato troppo peso. Tutti sapevano di come tra quei due non corresse buon sangue, e cosa c’era di meglio che offrirsi a chi avrebbe usato quel segretuccio per guadagnare parecchi punti sull’altro? Magari più volte, accompagnando il tutto da qualche Eddie sonante extra?

Probabilmente c’erano piani migliori a disposizione, ma non per chi non aveva tempo da perdere.

“Quindi dirà tutto a Ced?” sbottò, cercando di dissimulare il pensiero. “Non gli piacerà per niente-”

Le rivolse un’occhiata confusa, alzando un sopracciglio indagatorio. La ragazzina davanti a lui non stava nè piangendo, nè implorando - anzi. 

Non ha mai saputo delle altre, se scoprisse di questo vorrebbe andare a fondo e capirebbe perché alcune sono scomparse, o se ne sono andate o semplicemente battono alla fiacca al lavoro. Per Ced la Paraline è importante, me lo ha raccontato parecchie volte: vorrebbe far colpo su qualche Corpo” prese fiato, facendo arrivare le parole alla lingua il più velocemente possibile. Aveva un’idea e non voleva lasciarsela sfuggire. 

A differenza di quello che diceva Sonya, non si era esattamente fatta fottere dal Tombstone sbagliato, specie se dei due era quello a cui piaceva chiacchierare tra una scopata e l'altra - ed ecco perché le era strano quel viaggio senza spiegazione fuori Night City.

“Se abbiamo perso alcune delle nostre teste migliori è per questo, corretto?” si allungò verso di lui, sfiorandogli la bocca, ignorando la stretta ancora salda.

Dot glielo aveva detto che un giorno sarebbe arrivato il suo turno, come per le tante altre ragazze che erano passate dalla Paraline. Ti chiama nel suo ufficio con una scusa (o ci finisci per un tuo guaio) e non sai quando - e se - ne uscirai: devi barare con le sue stesse carte, poi l’alcool per dimenticare lo offre la casa.

“Vedo che ti hanno fatto un bell’upgrade di intelligenza, cherie” ringhiò, senza lasciare la presa. “Cosa proponi?”

Ricominciamo daccapo. Senza trucchetti” increspó le labbra, premendosi a lui, i seni che grattarono contro la sua pelle dura. "E Ced non lo verrà mai a sapere."

Trascorse qualche lungo secondo in cui Helene rimase così, in attesa di una risposta a quell'offerta forse nemmeno troppo allettante: quando sentì la morsa liberarle il polso e le dita del vecchio Tombstone scendere lentamente lungo i suoi fianchi, tornó a respirare prima che la inghiottisse di nuovo.

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