Delitto e Passione

di eddiefrancesco
(/viewuser.php?uid=931820)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 26 Capitolo ***
Capitolo 27: *** 27 Capitolo ***
Capitolo 28: *** 28 Capitolo ***
Capitolo 29: *** 29 Capitolo ***
Capitolo 30: *** 30 Capitolo ***
Capitolo 31: *** 31 Capitolo ***
Capitolo 32: *** 32 Capitolo ***
Capitolo 33: *** 33 Capitolo ***
Capitolo 34: *** 34 Capitolo ***
Capitolo 35: *** 35 Capitolo ***
Capitolo 36: *** 36 Capitolo ***
Capitolo 37: *** 37 Capitolo ***
Capitolo 38: *** 38 Capitolo ***
Capitolo 39: *** 39 Capitolo ***
Capitolo 40: *** 40 Capitolo ***
Capitolo 41: *** 41 Capitolo ***
Capitolo 42: *** 42 Capitolo ***
Capitolo 43: *** 43 Capitolo ***
Capitolo 44: *** 44 Capitolo ***
Capitolo 45: *** 45 Capitolo ***
Capitolo 46: *** 46 Capitolo ***
Capitolo 47: *** 47 Capitolo ***
Capitolo 48: *** 48 Capitolo ***
Capitolo 49: *** 49 Capitolo ***
Capitolo 50: *** 50 Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


Londra, giugno 1824 Juliana non si aspettava di rivederlo. Apprendere che Nicholas aveva ereditato il titolo ed era tornato in Inghilterra era stata una sorpresa, perché aveva sempre pensato che il legittimo erede fosse lo zio di Nicholas, non lui. Di certo nessuno l'aveva mai trattato come il futuro conte. Era convinta che le loro strade non si sarebbero più incrociate. Dopo tutto, adesso lui era un conte e lei solo la dama di compagnia di una donna che viveva ai margini della cerchia ristretta cui ora apparteneva Nicholas. C'era stato un momento, quando aveva sentito parlare del suo ritorno dall'America e della sua improvvisa ascesa in società, in cui aveva provato un'eccitazione quasi dolorosa all'idea di rivederlo. Ma il tempo e la ragione le avevano fatto capire che si trattava di un'eventualita' assai remota. Benché durante l'infanzia fossero stati molto vicini, erano trascorsi ormai molti anni da allora, e ammesso che ancora serbasse memoria dell'amica di un tempo, il suo sarebbe stato solo un ricordo sbiadito, legato a un luogo e a un'epoca che senza dubbio non rimpiangeva. Juliana non era stata felice a Lychwood Hall, ma per Nicholas era stato persino peggio. Probabilmente aveva fatto del suo meglio per lasciarsi alle spalle il passato. Non sarebbe venuto a cercarla. Solo una sciocca fanciullina sentimentale poteva sperare che l'avrebbe fatto. E c'erano scarse probabilità che si imbattessero casualmente l'uno nell'altro. Per quanto le piacesse pensare di appartenere ai livelli più alti della società londinese, la sua datrice di lavoro, Mrs. Thrall, era in realtà solo un piccolo pesce che nuotava ai bordi di quella pozza vorticosa. Veniva da una famiglia della piccola nobiltà di campagna che solo di recente si era trasferita nella capitale, ed era solo grazie all'innegabile bellezza di Clementine, sua figlia, se ricevevano qualche attenzione. Quella sera avrebbero partecipato al ballo di Lady Sherbourne, un ricevimento così imponente da includere anche i membri meno importanti della società. Mrs. Thrall, tuttavia, sembrava non volersi rendere conto che era solo grazie al grande numero di ospiti che sarebbero stati presenti se erano state invitate anche loro, e si pavoneggiava affermando che Lady Sherbourne le aveva prese sotto la sua ala. Date le dimensioni del ricevimento, Juliana aveva sperato che avrebbe fatto la sua comparsa anche Lord Barre, ma in cuor suo non ci aveva creduto veramente. Dopo tutto, dai pettegolezzi che aveva raccolto mentre sedeva tranquilla ad ascoltare Clementine e le sue amiche, Nicholas frequentava raramente i ritrovi mondani. La sua riservatezza, naturalmente, contribuiva ad accrescere il suo fascino misterioso. Invece eccolo lì. Juliana aveva distolto per un istante lo sguardo da Clementine che volteggiava tra le braccia di uno dei numerosi ammiratori, ed ecco che in cima all'ampia scalinata che conduceva nella sala da ballo aveva visto Nicholas Barre. Il cuore le mancò un colpo e per un istante le parve di non riuscire a respirare. Era bellissimo, molto più bello di quanto ricordasse. Era un uomo maturo, ora, con spalle ampie e lunghe gambe muscolose. Guardava con distacco la folla ai suoi piedi, con un'aria di sicurezza e una traccia di arroganza dipinta sul volto. I capelli corvini, folti e leggermente scompigliati, gli ricadevano con noncuranza ai lati del viso. Gli occhi brillavano scuri come i capelli, resi più intensi dalla linea decisa delle sopracciglia. Era diverso dagli altri uomini. Nemmeno l'elegante abito da sera nero e la camicia candida erano in grado di nascondere l'aria un po' selvaggia che lo caratterizzava. Ovunque andasse si sarebbe trovato al centro dell'attenzione, pensò Juliana, chiedendosi se lui ne fosse consapevole. Forse si era ormai abituato. Era sempre stato un tipo solitario. L'avevano definito pericoloso e dissoluto, e Juliana sospettava che quella fama l'avesse seguito. Rendendosi conto di essere rimasta a fissarlo più di quanto fosse ritenuto accettabile, distolse rapidamente lo sguardo. Degluti' e strinse le mani In grembo. Ricordava fin troppo bene l'ultima volta che l'aveva visto: le linee del suo volto si stagliavano alla luce della luna e i suoi occhi sembravano grandi pozze scure. Nicholas aveva solo sedici anni a quell'epoca, e aveva un fisico asciutto e muscoloso che lasciava intuire l'uomo forte e virile che sarebbe diventato. I capelli erano lunghi e incolti, arruffati dal vento e dalle dita impazienti. C'era una certa durezza nel suo viso persino allora, una diffidenza che la diceva lunga su ciò che aveva passato. Juliana si era aggrappata a lui, con il cuore infranto, e gli aveva stretto le braccia come se potesse impedirgli di andare. «Ti prego» l'aveva implorato. «Non andare via...» «Non posso, Jules» le aveva risposto Nicholas, cupo in volto. «Non posso più restare qui.» «Ma io che cosa farò? Sarà terribile senza di te. Sola con 'loro'...» concluse pronunciando l'ultima parola con disgusto. «Andrà tutto bene. Ce la farai. Non ti faranno del male.» «Lo so» aveva mormorato lei con le lacrime agli occhi. Sapeva che nessuno avrebbe potuto ferirla quanto avevano ferito lui. Non ci sarebbero state bacchettate o giorni interi senza cibo né compagnia, confinata nella stanza, com'era stato per Nicholas, tuttavia il pensiero di una vita senza di lui le era quasi intollerabile. Da quando Juliana era arrivata a Lychwood Hall con la madre, all'età di otto anni, Nicholas era stato il suo unico amico, il suo compagno inseparabile. Si erano trovati spontaneamente, due estranei nella tenuta dei Barre, disprezzati da tutta la famiglia, accolti solo per carità, come veniva spesso ricordato a entrambi. Avevano formato subito una solida alleanza, più stretta di quella che sarebbe esistita in circostanze normali tra un ragazzo di dodici anni e una bambina di otto. E anche in seguito, quando Nicholas era ormai quasi un adulto e i suoi interessi si erano giocoforza allontanati da quelli di Juliana, tra loro era rimasto sempre quel legame speciale. «Posso venire con te?» gli aveva chiesto, pur sapendo che le avrebbe risposto con un rifiuto. Lui aveva scosso il capo. «Se ti portassi con me, mi inseguirebbero di sicuro. Così, forse, ho una possibilità di fuggire da loro.» «Tornerai? Ti prego...» Allora le aveva rivolto uno dei suoi rari, meravigliosi sorrisi. «Ma certo. Farò un sacco di soldi e poi tornerò a prenderti. Sarai ricca e tutti ti chiameranno 'signora'. E Seraphina dovrà farti la riverenza. Così va meglio?» «Perfetto.» Si era sentita il cuore gonfio d'amore per lui, anche se dentro di sé sapeva che probabilmente non sarebbe tornato mai più, che sarebbe sparito dalla sua vita come aveva fatto suo padre. «Non dimenticarmi» gli aveva detto, inghiottendo le lacrime e cercando disperatamente di non comportarsi da bambina di fronte a lui. Si era tolta il cordoncino di cuoio che portava al collo e glielo aveva dato. Vi era appeso un anello d'oro con un sigillo. Nicholas l'aveva guardata, sorpreso. «No, Jules... questo era di tuo padre. Non posso prenderlo. So quanto significhi per te.» «Voglio che lo tenga tu» aveva replicato lei in tono deciso. «Ti porterà fortuna. Accettalo, ti prego.» Alla fine l'aveva preso dalla sua mano; poi, con un ultimo sorriso, era svanito nella notte, lasciandola sola nel giardino al buio. Da allora erano trascorsi quindici anni.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


Juliana lanciò un'altra occhiata alle scale. Nicholas non era più lì. Perlustro' con lo sguardo il salone, cercando di non dare nell'occhio, ma non riuscì a individuarlo in mezzo alla folla. Allora tornò a fissare le proprie mani intrecciate nel grembo, chiedendosi come poteva uscire di lì senza che lui la vedesse. Aveva lo stomaco stretto in un nodo, in parte per l'eccitazione, in parte per la paura. Non voleva che Nicholas la vedesse, non sopportava l'idea che avrebbe potuto snobbarla... o addirittura non riconoscerla. Nicholas Barre era stato troppo importante per lei, l'aveva amato come solo una bambina può amare. Dopo che era fuggito dalla tenuta, lei non aveva permesso al suo ricordo di sbiadire. Per molto tempo aveva custodito nel cuore la promessa che le aveva fatto, sperando che tornasse e la portasse con sé, lontano dalle critiche acide di zia Lilith, dalla crudeltà di suo figlio Crandall e dall'assurda convinzione di Seraphina che lei fosse lì solo per servirla. Quando era cresciuta, era stata l'immagine di Nicholas a riempire i suoi sogni di adolescente; era diventato l'eroe che arrivava a Lychwood Hall in sella a un cavallo bianco per portarla via da quella vita insopportabile; le avrebbe dato il suo nome, insieme a vestiti alla moda e a favolosi gioielli. Naturalmente non era stata così ingenua da coltivare a lungo quei sogni. Era cresciuta e aveva vissuto la sua vita. Da molto tempo aveva smesso di credere, e finalmente anche di desiderare, che Nicholas sarebbe tornato e avrebbe cercato la vecchia amica d'infanzia. Anche quando aveva saputo che era a Londra, non aveva pensato che fosse venuto per lei... o per lo meno aveva soffocato sul nascere quell'idea prima che attecchisse nella sua mente. Dopo tutto, quando le aveva promesso di tornare erano quasi uguali, parenti poveri che vivevano della carità dei Barre, o almeno così aveva pensato. Ma adesso lui era diventato conte, e stando a ciò che si diceva in giro era piuttosto ricco di suo, oltre ad aver ereditato le proprietà del nonno. Sarebbe stata una follia anche solo sperare che la degnasse di uno sguardo. Le promesse fatte a sedici anni valevano ben poco. La realtà le aveva dato ragione. Erano già due mesi che Nicholas era a Londra, e non era venuto a cercarla. Juliana aveva troppo buonsenso per pensare che se si fosse imbattuto in lei quella sera l'avrebbe salutata con grida di gioia. Probabilmente non avrebbe nemmeno riconosciuto la bambina con cui aveva giocato tanto tempo prima. Peggio ancora, avrebbe potuto riconoscerla e non degnarla di uno sguardo. Sarebbe stato altrettanto terribile vederlo conversare con la freddezza di un estraneo o lo sguardo leggermente imbarazzato di chi si trova in una situazione che avrebbe preferito evitare. Doveva lasciare la festa, pensò, ma era più facile a dirsi che a farsi, dato che Mrs. Thrall l'aveva assunta come dama di compagnia soprattutto perché la aiutasse a sorvegliare la figlia troppo vivace e caparbia. Clementine era molto bella e viziata, abituata a ottenere tutto quello che voleva. Ed era anche abbastanza sciocca da pensare di poter ignorare le regole della buona società. Quando nessuno la sorvegliava, tendeva a civettare più di quanto fosse considerato opportuno o a ballare con lo stesso scapolo più di due volte. Una sera Juliana l'aveva sorpresa perfino a scivolare attraverso una portafinestra per incontrarsi nei giardini con uno spasimante troppo ardito. E dato che Mrs. Thrall era di natura piuttosto indolente, si serviva di Juliana come chaperon. Le piaceva considerarlo un dono che le faceva, sottolineando come questo le desse la possibilità di partecipare a tutti quei balli e ricevimenti. Lei però avrebbe preferito passare la serata a leggere un bel libro o a giocare con Fiona, la figlia più giovane e molto più simpatica dei Thrall. Non era piacevole starsene come uno scricciolo in mezzo ai pavoni, a fare da tappezzeria insieme alle gentildonne più anziane guardando gli altri che ballavano e si divertivano. Mrs. Thrall sarebbe stata senz'altro molto contrariata se Juliana avesse lasciato la festa adducendo come scusa un'emicrania o un qualunque altro malessere. E lei non aveva alcuna voglia di sentirla lamentarsi perché aveva rovinato la migliore occasione di sua figlia. Del resto, c'erano ben poche speranze che Mrs. Thrall l'avrebbe rimandata a casa. Più probabilmente le avrebbe detto di comportarsi come una gentildonna inglese e le avrebbe consigliato di bere un bicchiere di punch. Il meglio che poteva fare, decise, era tenere gli occhi incollati su Clementine. In questo modo non avrebbe rischiato di incontrare lo sguardo di Nicholas e non avrebbe visto l'espressione del suo volto qualora l'avesse riconosciuta. Era molto improbabile che Lord Barre degnasse di uno sguardo le accompagnatrici e, anche ammesso che lo facesse, se non l'avesse guardato non si sarebbe accorta che si era voltato senza pronunciare una parola. «Juliana?» Una profonda voce maschile la raggiunse all'improvviso, colmandola di stupore e anche, innegabilmente, di gioia. Sollevò lo sguardo. Benché fossero passati tanti anni, aveva riconosciuto immediatamente quella voce. Nicholas Barre stava avanzando rapidamente verso di lei, con un sorriso che gli illuminava il bel viso. «Nicholas!» Senza rendersene conto, Juliana si era alzata in piedi. «Juliana! Sei davvero tu?» Si fermò di fronte a lei, così alto che doveva quasi rovesciare il capo all'indietro per guardarlo in viso. «Non riesco a crederci! Quando penso a tutto il tempo che ho passato a cercarti...» Le tese la mano, e lei la prese con una certa esitazione. «Io... mi spiace, Nick... Voglio dire... Lord Barre.» «Oh, no, ti prego. Penserei che non mi consideri più un amico.» Juliana arrossi'. Si sentiva stranamente timida e non sapeva che cosa dire. Nicholas era così familiare e così diverso dal giovane di un tempo. «Mi stupisce che tu mi abbia riconosciuto» disse infine. «Sono passati tanti anni.» Le lanciò una rapida occhiata. «Sei cresciuta. Tuttavia il viso è sempre lo stesso. Non potrei mai dimenticarlo.» Un eloquente raspare di gola dalla sedia accanto fece sussultare Juliana. «Oh, mi dispiace. Lord Barre, permettete che vi presenti Mrs. Thrall.» Poi si voltò verso la sua datrice di lavoro. «Mrs. Thrall, Lord Barre.» La donna gli rivolse un sorriso affettato, tendendogli la mano. «Lord Barre, che piacere. Senza dubbio vorrete conoscere mia figlia Clementine, ma temo che in questo momento stia ballando. Il suo carnet è già pieno, sapete.» «Mrs. Thrall.» Nicholas le rivolse un educato inchino e la guardò brevemente prima di riportare l'attenzione su Juliana. «Spero che mi concederai l'onore di questo valzer.» Juliana sapeva che Mrs. Thrall sarebbe stata contrariata vedendo che si sottraeva al suo compito, ma desiderava con tutta se stessa accettare l'invito. Non ballava quasi mai ai ricevimenti cui partecipava; in genere rimaneva a sedere, battendo il piede al tempo della musica, guardando con invidia le coppie che volteggiavano nel salone. «Mi piacerebbe molto» disse istintivamente, poi, voltandosi verso la sua datrice di lavoro, aggiunse: «Se volete scusarmi, Mrs. Thrall.» Si aspettava un'occhiataccia, ma sperava che Mrs. Thrall non avrebbe avuto il coraggio di rifiutare davanti a un conte. Invece, con sua grande sorpresa, la donna le rivolse un benevolo sorriso. «Ma certo. Mi sembra un'idea eccellente. Senza dubbio Clementine sarà qui al vostro ritorno.» Nicholas si inchino' e tese la mano a Juliana. Lei si lasciò condurre sulla pista da ballo, trattenendo a fatica l'eccitazione. «Chi diavolo è Clementine?» le sussurro' all'orecchio Nicholas. Juliana non riuscì a trattenere una risatina. «È la figlia di Mrs. Thrall. Ha debuttato in società questa primavera.» «Santo cielo, un'altra» commento' Nicholas. Abituata alle smancerie degli spasimanti di Clementine, Juliana non poté fare a meno di sentirsi divertita.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


Juliana aveva i nervi tesi quando la musica attaccò e Nicholas la guidò al centro del salone. Aveva ballato poche volte il valzer, dato che non c'erano stati debutti in società per lei e le accompagnatrici venivano raramente invitate a danzare. All'inizio era così concentrata sui passi per timore di commettere un errore che non prestò attenzione ad altro, ma gradualmente si lasciò andare al ritmo della musica e si trovò a volteggiare con scioltezza. Solo allora osò sollevare lo sguardo sul suo partner. Sembrava un sogno essere insieme a lui dopo tanti anni. Come se le avesse letto nel pensiero, Nicholas disse: «Sai, riuscire a trovarti è stata un'impresa.» «Mi dispiace. Non sapevo che mi stessi cercando. Sono passati tanti anni e in fondo io ero solo una bambina quando partisti.» «Tu eri la mia unica amica. Non è cosa che si dimentichi facilmente.» Era vero, naturalmente. Quando l'aveva incontrato, aveva pensato che fosse la persona più sola del mondo. A dodici anni aveva già fama di essere un ribelle e la sua espressione aveva una certa durezza che allontanava gli altri. Ma Juliana, che si sentiva smarrita dopo la morte dell'amato padre, aveva provato subito una forte affinità con quel ragazzo introverso e solitario e aveva intravisto nei suoi occhi neri come il giaietto una vulnerabilità che l'aveva colpita dritta al cuore. «Noi eravamo gli esclusi a Lychwood Hall» disse in tono leggero. «Te l'avevo detto che sarei tornato» le ricordò. «Sì.» E lei aveva vissuto per anni di quella promessa, finché non era diventata più adulta e più saggia. «Ma non ho mai avuto tue notizie.» «Scrivere non è mai stato il mio forte» ammise Nicholas. Juliana sorrise. «Questa, signore, è una ben misera scusa.» «Non volevo che loro sapessero dov'ero.» «Capisco.» Anche da bambina, sapeva che era così. «Non mi aspettavo che scrivessi» lo rassicuro'. «Credevo che ti avrei trovata ancora lì.» «A Lychwood Hall?» chiese Juliana, sorpresa. «È sciocco, me ne rendo conto. Era ovvio che anche tu non vedessi l'ora di andartene.» «Mia madre morì mentre ero lontana, a scuola, con Seraphina» gli disse. «Quel giorno, insieme a lei, venne a mancare l'unico motivo che avevo per rimanere lì.» «Ho chiesto informazioni su di te. Mio zio è morto, ma zia Lilith mi rispose. Disse che eri andata a vivere all'estero e che non conosceva il tuo recapito.» Juliana inarco' un sopracciglio. «Deve avere qualche problema di memoria, allora. Sono tornata in Inghilterra da diversi anni, ormai. E ogni Natale le mando un biglietto d'auguri.» «Sospettavo che la sua reticenza fosse intenzionale, così incaricai un uomo di cercarti. Naturalmente gli dissi che eri in Europa, per cui no c'è da stupirsi che non ti abbia trovata.» Le lanciò un'occhiata interrogativa. «Se eri a Londra, come mai non ti ho mai incontrata?» Juliana sorrise. «Le dame di compagnia non si fanno vedere molto in società.» «Dama di compagnia?» Nicholas si fece scuro in volto. «Tu? Juliana, no...» «Che cosa avrei dovuto fare?» replicò con un'improvvisa impennata d'orgoglio. «Dovevo trovare il mio posto nel mondo e non mi piaceva l'idea di fare la governante. Non sono abbastanza abile nel cucito per guadagnarmi da vivere come ricamatrice ed ero troppo orgogliosa per accettare un impiego come domestica.» «Non essere assurda. Nessuna di queste posizioni era adatta a te.» «Non potevo continuare a vivere della carità di Trenton Barre, tu dovresti capirlo meglio di chiunque altro. Così me ne andai come avevi fatto tu.» «Per una donna è diverso» osservò lui. «Oh, lo so bene. Ci sono pochi modi in cui una donna può mantenersi e ancor meno sono quelli considerati rispettabili» replicò con amarezza Juliana. «Credimi, avrei preferito una vita più eccitante, o anche solo più interessante. Ma le donne non hanno molte possibilità di scelta.» Nicholas sorrise. «Avevo dimenticato quanto sei determinata nel perorare le tue cause. Ti prego, non offenderti per ciò che ho detto. La mia non voleva essere una critica. Ammiro molto la tua passione e la tua dedizione. In fondo, un tempo io stesso ero una delle tue cause.» Juliana si rilasso'. «No, sono io che dovrei scusarmi. Tu hai espresso solo la tua preoccupazione per me e io ho reagito chiudendomi a riccio. So bene che non posso cambiare il mondo e so anche che tu non hai alcuna colpa.» Replicò lei con un sorriso. «Vorrei averlo saputo. Avrei dovuto capirlo.» «E che cosa avresti potuto fare?» gli chiese in tono scherzoso. «Ti avrei aiutata. Io... » Si interruppe, stranamente a corto di parole. «Vedi? Non potevi farci nulla. Se mi avessi mandato del denaro, non sarebbe stato considerato appropriato e io avrei dovuto fingere di ignorare gli appellativi che vengono dati a una donna che si fa mantenere da un uomo.» «Nessuno penserebbe una cosa simile di te» ribatte' in tono deciso. Juliana sorrise. «Mi fa piacere che lo pensi. In ogni caso, non hai motivo di dispiacerti per me. Tutto sommato, la mia vita è abbastanza piacevole. Sono stata per anni la dama di compagnia di una donna molto intelligente e generosa, Mrs. Simmons. Sono rimasta con lei finché non è diventata troppo fragile per vivere da sola e si è trasferita presso la famiglia del figlio. Mi trattava più come una nipote o una pupilla che come un'impiegata. Cenavo con lei e avevo una bella stanza; in cambio non dovevo fare altro che passare qualche ora conversando piacevolmente con lei e aiutarla a evadere la corrispondenza. Abbiamo viaggiato in lungo e in largo per il continente e ti assicuro che è stato molto più piacevole di quando ho accompagnato in Europa Seraphina e zia Lilith dopo che nostra cugina aveva finito la scuola.» «Non ne dubito. Sarà stata una tortura piuttosto che un viaggio.» «Si, è il peggio era che zia Lilith non si stancava di ricordarmi quanto fossi fortunata ad avere l'opportunità di allargare i miei orizzonti.» «Non perdevano occasione per farci sentire in debito per ogni boccone di cibo e ogni capo di vestiario che ricevevamo» commento' Nicholas. «È così bello parlare con te!» esclamò Juliana. «Nessun altro potrebbe capire esattamente quale tortura fosse.» «Già, e ci consideravano degli ingrati perché non apprezzavamo la meravigliosa opportunità che ci offrivano permettendoci di frequentare il loro ambiente» aggiunse. «Proprio così.» Juliana gli sorrise. Era strano, pensò, trovarsi così a proprio agio con lui, come se tutti quegli anni non significassero niente. Era di nuovo Nicky, il suo paladino, il suo confidente e amico. Eppure, al tempo stesso, era consapevole di quanto tutto fosse diverso. Non erano più bambini. Lui era un uomo, adesso, alto, robusto e terribilmente virile. Volteggiare tra le sue braccia era molto diverso dallo starsene seduti l'uno accanto all'altro in riva a un torrente, facendo dondolare i piedi nell'acqua. Era eccitante sentirlo così vicino, avvertire la delicata pressione della sua mano intorno alla vita. Non poteva fare a meno di pensare che era praticamente un estraneo per lei e che gli ultimi quindici anni della sua vita erano un mistero. La musica finì e loro si separarono. Juliana lo guardò in viso. Aveva il respiro affrettato, e non solo per il ballo. Lui le offrì il braccio e la riportò da Mrs. Thrall, che li stava aspettando. Con una punta di irritazione, Juliana vide che Clementine era accanto alla madre, fresca e aggraziata nell'abito bianco da debuttante. Era il ritratto della perfetta bellezza inglese, con gli occhi azzurri, i capelli biondi, due fossette ai lati della bocca e una carnagione chiara, spruzzata di rosa sulle guance. Il suo aspetto da bambola di porcellana piaceva agli uomini, ma Clementine non aveva ancora attirato gli sguardi di un gentiluomo titolato e Juliana sospettava che lei e sua madre volessero rimediare alla cosa seduta stante. Mrs. Thrall era evidentemente felice di aver conosciuto Lord Barre e senza dubbio aveva costretto la figlia ad abbandonare le danze per incontrarlo quando avesse riaccompagnato Juliana al suo posto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 Capitolo ***


Uno sguardo al giovane che aspettava con loro confermò i sospetti di Juliana. «Juliana!» la accolse Mrs. Thrall come se fosse una cara amica che non vedeva da secoli. «E Lord Barre. Permettete che vi presenti mia figlia Clementine.» La giovane alzò lo sguardo con timidezza virginale e gli rivolse un sorriso incantevole. «Signore, è un piacere conoscervi.» Juliana strinse i denti, sorpresa dalla fitta di antipatia che provava per lei. «Miss Thrall.» Nicholas sorrise e si inchino' a Clementine, salutando con un cenno del capo il gentiluomo che stava alle sue spalle. Clementine aprì il ventaglio e lo piegò con grazia, guardando Nicholas da sopra l'orlo. Lui si rivolse a Juliana. «Spero che mi permetterete di farvi visita, Miss Holcott.» «Ma certo» gli rispose con un sorriso. «Cioè... volevo dire... Se voi lo permettete, signora» disse, rivolgendosi a Mrs. Thrall. «Ma certo, certo» rispose la donna, scoprendo i denti in un sorriso esagerato. «Saremo onorati di ricevere una vostra visita.» Gli diede l'indirizzo, aggiungendo in tono di deprecazione: «Temo che non sia una delle zone migliori di Londra. È la prima stagione mondana di Clementine, sapete, e non mi ero resa conto di quanto bisognasse prenotare in anticipo per trovare una sistemazione adeguata in città.» «La presenza di tante graziose signore renderebbe gradevole qualunque posto» rispose con ammirevole diplomazia Nicholas. Clementine e sua madre accolsero il complimento con sorrisi affettati, mentre Juliana provò una fitta di gelosia. Benché fosse senza ombra di dubbio molto infantile, avrebbe voluto gridare che Nicholas era suo. Ma naturalmente era assurdo. Lui non avrebbe mai potuto essere suo. Nicholas si congedo' con un inchino e un sorriso imparziale a tutte e se ne andò. Non appena si fu allontanato, Clementine e sua madre tempestarono di domande Juliana. «Non mi avevate detto di conoscere Lord Barre!» esclamò Mrs. Thrall, in tono di velata accusa. «Non ero sicura che si ricordasse di me» rispose lei. «Sono molti anni che non ci vediamo.» «E come mai lo conoscete?» volle sapere Clementine, avvicinandosi a Juliana e voltando le spalle al giovane che l'accompagnava. «Da bambini eravamo vicini di casa» spiegò. Era troppo complicato spiegare la relazione che c'era tra loro e soprattutto non aveva alcun desiderio di esporre la propria vita alla loro curiosità. «È stato generoso da parte sua venire a cercarvi» commento' Mrs. Thrall, senza rendersi conto, come al solito, della propria mancanza di tatto. Juliana, ormai abituata al suo ruolo di accompagnatrice stipendiata, ignoro' la frecciata. «Si, è un uomo molto generoso.» «Naturalmente voleva conoscere Clementine» riprese l'altra imperterrita, come se solo così potesse spiegarsi perché mai un nobile si fosse degnato di rivolgere la parola a una persona di rango inferiore come Juliana. «È stato un caso fortunato che conoscesse voi e si sia potuto presentare.» Juliana distolse lo sguardo, ingoiando la collera. Ricordò a se stessa che Mrs. Thrall era una donna poco intelligente e priva di un'educazione adeguata. Non aveva intenzione di essere scortese o di ferirla; semplicemente non prendeva nemmeno in considerazione i suoi sentimenti e non sapeva di che cosa stava parlando. Nicholas si era avvicinato perché era felice di rivederla e non perché volesse conoscere Clementine. Ma con il trascorrere della serata, mentre guardava la fanciulla civettare con i suoi numerosi corteggiatori e accettare un ballo dopo l'altro, Juliana sentì che la propria sicurezza iniziava a venire meno. Era evidente che Clementine esercitava una forte attrattiva sugli uomini, mentre lei... Guardò l'abito scuro e dimesso che indossava e sospirò. Era vestita come una governante e i suoi capelli erano raccolti in un semplice chignon. Le accompagnatrici non erano pagate per attirare l'attenzione, specie in un caso come il suo. Mrs. Thrall sarebbe stata disposta a tutto pur di sbarazzarsi di qualsiasi bellezza in grado di competere con la figlia. Perché mai un uomo avrebbe dovuto guardare Juliana anziché Clementine? Juliana si trovò a rimuginare su quella domanda per il resto della serata. Non credeva che Nicholas si fosse servito di lei solo per conoscere Clementine, ma era abbastanza realistica da pensare che avesse notato la sua bellezza. Né poteva fare a meno di chiedersi se il suo desiderio di farle visita fosse dovuto alle grazie di Clementine o alla loro vecchia amicizia. Non pensava certo che Nicholas provasse per lei qualcosa di più della semplice amicizia. Aveva rinunciato da tempo a quei sogni infantili. Era una donna adulta ed era consapevole di non conoscere l'uomo che era diventato. Tuttavia la feriva pensare che il motivo per cui desiderava rivederla fosse il suo interesse per la bella e superficiale Clementine. Per tutto il tragitto fino a casa, Mrs. Thrall e la figlia la bombardarono di domande sull'affascinante Lord Barre. Quanti anni aveva? Possedeva una casa a Londra? Era davvero ricco come si diceva? «Ha trentun anni, ma quanto al resto non ne ho la minima idea» rispose controvoglia Juliana. «Non abbiamo parlato di queste cose mentre stavamo ballando e non lo vedo da molti anni.» «Dicono che sia straordinariamente ricco» osservò Clementine, con gli occhi che brillavano. «Ho sentito dire che ha fatto fortuna commerciando con la Cina. Non è un'occupazione adatto a un gentiluomo, naturalmente, ma le sue ascendenze sono impeccabile.» Disse Mrs. Thrall. «Corre voce che si sia arricchito con il contrabbando durante la guerra. Sarah Thurgood mi ha confidato di aver saputo da sua zia che ha fatto anche la spia.» Aggiunse Clementine. «Vi ha detto per chi?» domandò Juliana. «Nessuno lo sa» rispose Clementine, sgranando gli occhi. «Ha fama di essere un uomo molto pericoloso.» «Con un passato turbolento» sottolineò Mrs. Thrall, come se la sapesse lunga. «Sono solo malignità.» Juliana cominciava ad accalorarsi. Quello era il tipo di chiacchiere che udiva sul conto di Nicholas da quando lo conosceva. «Tutti dicono...» riprese Clementine. «Tutti quelli che non lo conoscono!» replicò Juliana. «Vi prego, Juliana...» la riprese Mrs. Thrall. Lei cercò di controllarsi. La sua lingua lunga l'aveva messa spesso nei guai come accompagnatrice. Era stata una dura lezione, ma con gli anni aveva imparato a non discutere mai con un datore di lavoro. «Mi dispiace, signora. Non volevo contraddirvi. Ma so che Lord Barre è stato spesso giudicato più pericoloso di quanto non sia.» Mrs. Thrall sorrise con un'aria condiscendente che indusse Juliana a stringere i pugni in grembo. «Dovete fidarvi di me, mia cara, dato che conosco il mondo un po' meglio di voi. Non c'è fumo senza arrosto, credetemi.» Per fortuna il senso dell'umorismo le venne in aiuto, smorzando la collera. Quella donna recitava vecchi adagi come se dispensasse perle di saggezza. «Si, certo» disse, serrando le labbra per trattenersi dal ridere. Che cosa importava, in fondo, quello che una stupida come Elspeth Thrall pensava di Nicholas Barre? Si sistemo' in un angolo della carrozza, ascoltando distrattamente le chiacchiere di Clementine su quale abito avrebbe dovuto indossare l'indomani e quale acconciatura le stesse meglio. Quando arrivarono a casa, salì in camera sua, un piccolo locale sobriamente arredato alla fine del corridoio che conduceva alle scale di servizio. Come dame di compagnia, non era confinata nelle mansarde con la servitù, ma la sua stanza non poteva certo definirsi confortevole. Juliana pensò con un certo rimpianto alla sistemazione che aveva presso Mrs. Simmons. Eppure, anche una stanza piccola come quella e perfino la compagnia di Mrs. Thrall erano preferibili a vivere della carità di Lilith e Trenton Barre. Mentre si spogliava, ritornò con la mente alla sua vita nella tenuta dei Barre. Forse era stato l'incontro con Nicholas a far riaffiorare quei ricordi, perché era riuscita a seppellirli da tempo e di solito non pensava più al passato.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


Juliana aveva otto anni quando suo padre, figlio minore di un barone, era morto dopo una vita dedicata agli studi. Ricordava il pianto sommesso della madre nella stanza accanto, mentre lei giaceva sveglia nel letto, troppo spaventata per piangere. In una sola notte, la sua vita era stata letteralmente ribaltata: non solo aveva perso il padre, ma anche la madre non era più la stessa donna dolce e sorridente che conosceva; si era trasformata in un pallido fantasma tormentato dall'angoscia, che si aggirava per la stanza stringendo in mano il fazzoletto oppure crollava in lacrime sul divano o sul letto. Prima se ne erano andate le cameriere, poi anche la governante. I creditori bussavano alla porta a tutte le ore e le loro visite lasciavano invariabilmente sua madre in lacrime. Alla fine avevano lasciato la piccola casa in cui Juliana era nata, portando con sé solo i vestiti e i gioielli della madre, e si erano trasferite in una casa dove vivevano altre persone. Sua madre, Diana, passava il tempo a guardare dalla finestra con sguardo vacuo o a scrivere lettere. Periodicamente prendeva il cofanetto dei gioielli e, dopo averne esaminato il contenuto, sceglieva un paio di orecchini o un braccialetto. Dopodiché usciva, dicendo alla figlia di stare tranquilla, e tornava poche ore dopo, con gli occhi rossi e un sacchetto di dolci per lei. Solo anni dopo Juliana aveva capito il terrore che aveva dovuto affrontare quella donna fragile e bella, rimasta senza un soldo con una figlia ancora piccola. L'unico modo che aveva per procurarsi da vivere era vendere i suoi preziosi gioielli, sapendo che quella riserva di denaro si sarebbe esaurita presto e che sarebbero rimaste senza un penny. Le uniche fonti di reddito della famiglia erano state una piccola rendita lasciata a suo padre dalla nonna e le modiche somme che lui guadagnava con i suoi articoli di studioso. Entrambe erano venute meno con la morte del padre. Un giorno era andato a trovarle un uomo alto, dai capelli scuri e aveva parlato brevemente con sua madre, che era scoppiata a piangere. Juliana era corsa da lei, infuriata con quell'uomo. Ma Diana l'aveva presa tra le braccia e l'aveva stretta a sé. «No, no, tesoro. Questo è il marito della cugina Lilith ed è venuto per aiutarci. Sono stati così generosi da invitarci a vivere con loro.» Il giorno dopo si erano trasferite a Lychwood Hall, viaggiando in una carrozza presa a nolo mentre Trenton Barre le seguiva a cavallo. Lychwood Hall era un edificio imponente, di pietra grigia alternata a strisce sottili di ardesia nera, ma lei e sua madre non avrebbero abitato lì, bensì in una casetta poco distante. Juliana l'aveva trovata fredda e poco accogliente, anche se sua madre continuava a ripeterle quanto fossero fortunate ad avere un posto in cui vivere. Le aveva spiegato che la cugina Lilith e suo marito Trenton Barre non solo avrebbero dato loro una casa, ma avrebbero permesso che Juliana venisse educata insieme ai loro figli, Crandall e Seraphina. Poi le aveva dato istruzioni su come comportarsi con la famiglia: avrebbe dovuto mostrarsi educata e rispettosa, non contraddirli mai né essere di disturbo. Non doveva dimenticare che erano lì per carità dei Barre. Poteva giocare con i loro figli, ma solo se veniva invitata a farlo e doveva lasciare che facessero a modo loro, sia nel gioco che nei compiti di scuola. Quelle ammonizioni irritavano Juliana, che aveva sempre avuto un carattere indipendente. Le dava fastidio essere un 'caso pietoso' e l'idea di doversi sempre piegare ai desideri degli altri la nauseava. Tuttavia, per far piacere alla madre e alleggerire la sua ansia, aveva promesso di obbedire. Poi aveva finalmente incontrato i Barre, che avevano assunto proporzioni leggendarie nella sua mente di bambina. Lilith Barre era una donna dai capelli biondo platino, alta e slanciata, a differenza della madre di Juliana che era piccola di statura e con un corpo sinuoso. Non dava l'idea di una madre cui si potesse sedere in grembo per appoggiare il capo sulla sua spalla. E non dimostrava alcun affetto né per Juliana né per sua madre. Era difficile credere che fossero imparentate in qualche modo. Lilith aveva esaminato Juliana in modo freddo e distaccato, poi aveva dato ordine a una cameriera di accompagnarla nella nursery per conoscere l'istitutrice e gli altri tutori. L'istitutrice era una donna che sembrava fatta in varie gradazioni di grigio, dai capelli color ferro all'abito quasi nero. Si chiamava Miss Emerson, aveva detto a Juliana, dopodiché le aveva presentato Crandall e Seraphina. Crandall era un ragazzino robusto, di un anno o due maggiore di Juliana, con freddi occhi scuri e un espressione arrogante. «Tu sei un'altra parente povera» aveva annunciato, mostrando la lingua. Juliana, che non era abituata a stare con altri bambini, ci era rimasta male, tuttavia aveva fatto una riverenza come le aveva insegnato la madre e si era voltata verso sua sorella. Seraphina aveva più o meno la sua età ed era alta e sottili come la madre, con lunghi capelli biondi raccolti in due trecce puntate alla sommità del capo. «Ciao» l'aveva salutata in tono più amichevole del fratello. «La mamma dice che giocherai con me.» «Si, se ti fa piacere» aveva risposto Juliana, sollevata all'idea che almeno lei non fosse ostile come il fratello. Poi aveva visto un altro ragazzino, appoggiato a una libreria con le mani in tasca e l'aria imbronciata. Aveva pochi anni più di lei, folti capelli neri che gli ricadevano spettinati sul viso e intensi occhi scuri. «Ciao» lo aveva salutato, incuriosita da quel ragazzo che sembrava più interessante degli altri due. «Io sono Juliana Holcott. E tu chi sei?» «Che cosa te ne importa?» «Nicholas!» l'aveva rimproverato l'istitutrice. «Lui vive con noi» aveva spiegato Seraphina. «È un orfano» aveva aggiunto Crandall con una smorfia. Il ragazzo gli aveva lanciato un'occhiata torva, ma non aveva detto nulla. «Si chiama Nicholas Barre» aveva spiegato a Juliana l'istitutrice. «È cugino dei ragazzi e il signor Trenton è il suo tutore. Come saprai, Mr. Barre è un uomo molto generoso e l'ha preso con sé dopo che i suoi genitori hanno perso la vita in un incidente in mare. Comunque la tua domanda era troppo diretta. Devi imparare a moderare il linguaggio.» Juliana le aveva lanciato un'occhiata stupita ma, memore delle raccomandazioni della madre, non aveva replicato. Poi erano incominciate le lezioni. Juliana, che era stata educata dal padre, le trovava facili e piuttosto noiose. Quando Miss Emerson aveva iniziato a leggere un libro che lei conosceva già, aveva fatto una fatica terribile a tenere gli occhi aperti. Guardando Nicholas, che teneva la testa posata sul banco, senza fingere di stare attento, aveva desiderato segretamente di avere lo stesso coraggio. Più tardi, quello stesso pomeriggio, Miss Emerson aveva scritto i dati di un problema di matematica alla lavagna. Crandall si agitava sulla sedia, evidentemente annoiato. Dopo qualche istante, aveva rovesciato sul banco il contenuto delle tasche e aveva preso in mano una piccola pietra liscia. Guardandosi intorno, aveva notato che Juliana lo stava guardando e le aveva sorriso, ammiccando, quindi aveva tirato la pietra contro l'istitutrice. L'aveva mancata e la pietra aveva colpito la lavagna, facendo sobbalzare Miss Emerson, che si era girata con gli occhi fiammeggianti. «Nicholas! Quello che hai fatto è una cosa pericolosa. Fuori le mani» aveva gridato la donna, marciando attraverso la stanza e afferrando il ragazzo per un braccio. «Non sono stato io!» aveva protestato Nicholas. «È stato Crandall.» «E adesso aggiungi anche le bugie ai tuoi peccati?» aveva replicato l'istitutrice. «Metti le mani sul banco, immediatamente» gli aveva intimato, alzando la bacchetta. «Non sono stato io!» aveva ripetuto Nicholas, alzandosi e affrontandola con aria combattiva. «Come osi sfidarmi?» aveva gridato Miss Emerson con voce leggermente stridula. «Vai nella tua stanza!»

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 Capitolo ***


Juliana era intervenuta in difesa di Nicholas. «Ma sta dicendo la verità. È stato Crandall. L'ho visto anch'io.» Nicholas aveva posato su di lei i suoi occhi scuri. Anche l'istitutrice si era voltata a guardarla, con il volto acceso di collera. «Non mentire, signorina» le aveva detto in tono severo. «Non sto mentendo!» aveva esclamato Juliana. «È stato Crandall. Nick non ha fatto niente.» Le sue parole avevano fatto infuriare ancora di più l'istitutrice. «Ti sei già fatta corrompere da lui? O sei anche tu della stessa genia? Non c'è da stupirsi che tu sia un'emarginata, costretta a vivere della carità altrui...» Juliana, con gli occhi colmi di lacrime, aveva provato un forte desiderio di scagliarsi su quella donna prendendola a pugni e a calci. «Per fortuna non dobbiamo dipendere dalla 'vostra' generosità» aveva ribattuto Nicholas, stringendo le mani a pugno. «Perché è chiaro che non ne avete.» «Vai nella tua stanza, maleducato. Subito! Vedremo se sarai ancora così arrogante domani, dopo aver saltato la cena.» «Non è giusto!» aveva protestato Juliana. «E tu, signorina, vai nell'angolo finché non te lo dirò io. Ti consiglio di riflettere sul tuo comportamento e di chiederti se una gentildonna direbbe le cose che hai appena detto.» Nicholas era uscito dalla stanza sbattendo la porta. Juliana era andata nell'angolo, come le era stato ordinato, e quando Miss Emerson, le aveva permesso di tornare al suo posto aveva tenuto la bocca chiusa sforzandosi di ignorare i sorrisi sarcastici di Crandall. Durante il pranzo, aveva nascosto in tasca qualche boccone di cibo e più tardi, durante l'ora di lettura, non appena Miss Emerson si era appisolata e gli altri due ne avevano approfittato per posare la testa sul banco e fare un sonnellino, era scivolata fuori dalla stanza ed era andata da Nicholas. Lui era seduto su una sedia e guardava fuori dalla finestra. Si era voltato, udendola entrare, e le era andata incontro. «Che cosa ci fai qui?» le aveva chiesto in un sussurro. «Il Dragone ti punira' se ti scopre.» «Sta dormendo» aveva sussurrato Juliana, tirando fuori dalla tasca il tovagliolo e passandolo a Nick. Lui aveva guardato il pane e il prosciutto che gli aveva portato. «Perché l'hai fatto?» «Perché ho pensato che avessi fame.» L'aveva fissata per qualche istante, poi aveva cominciato a mangiare. «Non dovresti contraddire il Dragone. Crandall ha sempre ragione e io sempre torto. È così che vanno le cose a Lychwood Hall.» Le aveva detto. «Non capisco. Non è giusto.» Lui si era stretto nelle spalle e l'aveva guardata con un'espressione molto matura per la sua età. «Non importa. Così stanno le cose. È meglio che tu te ne vada, adesso» aveva aggiunto, indicando la porta. Juliana aveva annuito, attraversando la stanza in silenzio. Quando aveva già la mano sulla maniglia, Nicholas le aveva detto:«Grazie.» Lei si era voltata sorridendo e per la prima volta aveva visto quel raro, dolcissimo sorriso che trasformava il suo volto. In quel momento era nato il loro legame. La lezione che Juliana aveva imparato il primo giorno aveva trovato conferma in quelli successivi. Crandall e Seraphina avevano sempre ragione e non venivano mai puniti. Nicholas veniva sempre incolpato di qualsiasi marachella. Juliana si era lamentata con la madre dell'ingiusto comportamento dell'istitutrice, ma lei si era limitata a scuotere il capo con quell'espressione ansiosa che le era diventata cosi familiare. «Non discutere con lei» l'aveva messa in guardia. «Obbedisci e fai la brava bambina. Credi che si comporti così perché lo voglia? È stata assunta da Mr. Barre e non farebbe nulla che possa contrariarlo. Nessuno lo farebbe.» In primo momento Juliana non aveva capito esattamente che cosa volesse dire, ma il solo nome di Mr. Barre era stato sufficiente a mettere a tacere ogni protesta. Quell'uomo le incuteva paura; era sempre calmo e non alzava mai la voce, ma aveva uno sguardo freddo e severo che avrebbe domato chiunque. Perfino Crandall taceva e chinava il capo e una semplice occhiata del padre. Nicholas era l'unico che riusciva a sostenere a testa alta lo sguardo dello zio anche quando sapeva che la sua impertinenza gli avrebbe procurato qualche bacchettata. Juliana non aveva mai capito dove trovasse il coraggio. Per quanto lei riuscisse a tener testa a Crandall o a rispondere alle critiche di Miss Emerson, si sentiva intimidita di fronte a Trenton. Anche se chiamava Mrs. Barre 'zia Lilith', come faceva Nick, non riusciva a rivolgersi allo zio se non chiamandolo 'signore'. Lui andava a trovarle di tanto in tanto e Juliana temeva quelle visite. Sua madre la chiamava a salutare Mr. Barre e lei doveva raggiungerli in salotto e fare la riverenza. Raramente riusciva a guardarlo negli occhi e, appena lui la congedava con un cenno, correva a rifugiarsi nella sua stanza. Sapeva che sua madre si preoccupava per quelle visite; poteva vedere la tensione sul suo volto appena sentiva la voce di Trenton alla porta. Allora Diana lisciava l'abito di Juliana e le sistemava le trecce, guardandola con ansia, come se temesse che potesse metterla in imbarazzo davanti a Mr. Barre. Quando Juliana si lamentava di dover fare la sua educata comparsa, lei la rimproverava dicendo: «Non fare così. I Barre sono stati molto generosi con noi. Non sapremmo dove andare se non ci avessero permesso di stare qui. Non devi offendere Mr. Barre. E ti prego, non parlargli di quel ragazzaccio.» «Nick non è un ragazzaccio! È Crandall che è cattivo» ribatteva lei. Ma il volto pallido della madre e la sua espressione ansiosa la inducevano a promettere di comportarsi in modo educato e di sopportare i dispetti di Crandall e Seraphina. A quel tempo Juliana non si era chiesta perché i Barre fossero stati così generosi da accoglierle in casa propria. L'aveva semplicemente accettato come un fatto della vita. Crescendo, tuttavia, si era posta delle domande sulla generosità di Trenton e Lilith. Non erano persone di buon cuore e anche se a loro non costava quasi nulla permettere che Juliana e sua madre occupassero quella casetta vuota, anche un gesto così piccolo sembrava in contrasto con il loro carattere. Una volta aveva interrogato la madre in proposito, ma lei era parsa in pena e un po' spaventata, come tutte le volte che si parlava della loro posizione precaria nella tenuta dei Barre. Non doveva mettere in discussione la loro fortuna, le aveva detto. Anni dopo, ripensando a quel periodo, Juliana era giunta alla conclusione che probabilmente Lilith e Trenton le avevano invitate a vivere nella proprietà solo perché sarebbe parso brutto agli occhi della buona società se avessero lasciato due parenti nell'indigenza. Era sicura che il loro gesto non era dovuto a un improvviso slancio di generosità. E quando aveva scoperto che il vero proprietario della tenuta era Nicholas e che lo zio era soltanto il suo tutore legale, si era resa conto che anche quel poco di generosità non pesava sulle loro tasche ma su quelle del ragazzo. In quei primi anni a Lychwood Hall era stata solo la sua amicizia con Nicholas a renderle la vita tollerabile. Anche se lui aveva quattro anni più di lei, le permetteva di seguirlo e più di una volta l'aveva difesa dalle battute velenose e dai dispetti del cugino. Pur sapendo che Nicholas sarebbe stato punito al suo posto, Crandall aveva paura di lui. C'era qualcosa nel suo sguardo freddo e implacabile che lo spingeva a ritirarsi. Con Nick come alleato, Juliana poteva ignorare Miss Emerson e i figli dei Barre, e anche il fatto che sua madre non avesse più ritrovato la serenità di un tempo le era parso più sopportabile. Quando Nicholas era partito, si era sentita devastata. Naturalmente aveva capito perché avesse preso quella decisione. A Lychwood Hall conduceva una vita miserabile, e voleva tornare in Cornovaglia, dove aveva vissuto con i genitori da bambino. Ma la sua partenza l'aveva lasciata molto sola e infelice.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 Capitolo ***


Ora, dopo tutti quegli anni, Nicholas era tornato, e lei non poteva fare a meno di chiedersi quale impatto questo avrebbe avuto sulla sua vita. Sedette sul bordo del letto e cominciò a spazzolarsi i capelli, riflettendo. Mrs. Thrall era sicuramente convinta di poter sfruttare la sua amicizia con Nicholas per accalappiare il miglior partito in circolazione per la figlia, ma Juliana si augurava che lui non fosse così sciocco da lasciarsi affascinare dalla bellezza di Clementine. Tuttavia, non era nemmeno tanto ingenua da sognare che potesse sposare lei. In realtà non sapeva bene che cosa sperare. Sapeva solo che era stato delizioso danzare con lui. Il suo sorriso le aveva riscaldato il cuore e, per la prima volta da lungo tempo, aspettava con ansia l'indomani. Il pomeriggio seguente Juliana era seduta nel suo salottino, intenta a ricamare le proprie iniziali su un fazzoletto, quando la cameriera annunciò una visita per lei. Juliana prese il biglietto da visita e si alzò, con il cuore che batteva forte, mentre la cameriera faceva entrare l'ospite nella stanza. «Nicholas!» lo salutò con un sorriso. «Juliana.» Lui le andò incontro e prese la mano che gli tendeva. «Sembri sorpresa. Credevi che non sarei venuto?» «No, certo, è solo che...» Nemmeno lei sapeva spiegarsi la sorpresa e il piacere che aveva provato scoprendo che era venuto a cercarla così presto dopo il loro incontro della sera prima. «Prego, accomodati.» Tornò a sedersi sul sofà e Nicholas prese posto sulla poltrona di fronte. La sua presenza faceva sembrare ancor più piccola la stanza. Juliana lo guardò con un nodo di tensione allo stomaco: a un tratto non sapeva più che cosa dire. Quando lui si sfilò i guanti, notò l'anello con il sigillo che portava alla mano destra. Era piccolo e semplice; non ci aveva fatto caso la sera prima ma ora, fissandolo, riconobbe la H che vi era incisa. «L'anello di mio padre!» Esclamò, sorpresa. «Come?» Nicholas seguì la direzione del suo sguardo. «Oh, sì, è l'anello che mi desti quando partii.» «L'hai conservato per tutto questo tempo!» «Certo. È stato il mio portafortuna.» Le sorrise. Juliana sentì un nodo chiuderle la gola. Il fatto che avesse tenuto con sé il suo ricordo l'aveva piacevolmente sorpresa, ma allo stesso tempo provava una strana sensazione di disagio. «È... È passato tanto tempo che non so da dove cominciare» disse con una breve risata. «Dove sei stato? Che cosa hai fatto? In città circolano parecchie chiacchiere sul tuo conto, sai?» Lui la guardò con espressione impassibile. «E che cosa si dice?» «Oh, che hai fatto di tutto, al contrabbandiere al pirata... perfino la spia. Io sospetto che la verità sia più prosaica... forse un mercante?» I suoi occhi scuri brillarono divertiti. «Forse in tutte queste voci c'è qualcosa di vero. Anche se non ho mai sequestrato una nave per appropriarmi di forzieri pieni d'oro e di gemme.» «Che peccato» commento' Juliana. «Non lo dirò in giro; potrebbe rovinare l'immagine che si sono fatte di te molte giovani donne.» «Vorrei che lo facessi, invece» replicò in tono sincero. «Vorrei potermi muovere senza trovare in continuazione qualche giovinetta dalla testa vuota e la sua odiosa madre che cercano di prendermi al laccio.» «Hai poche speranze di sfuggire alle loro mire. Si dice che tu sia piuttosto ricco. E con un titolo... temo che troverai la tua strada disseminata di debuttanti, finché non ti deciderai a sposarne una.» «Mai» dichiarò con una smorfia. «In questo caso devo consigliarti di non attardarti troppo qui.» Nicholas inarco' un sopracciglio, poi il suo sguardo si illumino' di comprensione. «La ragazzina bionda?» Juliana annuì. «Clementine.» Lui aprì la bocca per parlare, ma proprio in quel momento, come evocati dalla loro conversazioni, si udirono dei passi affrettati in corridoio e qualche istante dopo Mrs. Thrall irruppe nella stanza. «Lord Barre! Che deliziosa sorpresa! Sono così spiacente di non essere stata qui ad accogliervi.» Dopo aver lanciato una mesta occhiata a Juliana, Nicholas si alzò e le fece un compito inchino. «Mrs. Thrall. Stavamo giusto parlando di voi.» Lei ridacchio', nervosa, guardandolo da sotto le ciglia. «Adulatore! Credo di sapere chi siete interessato a vedere, e non sono certo io. Non preoccupatevi. Clementine sarà qui tra un momento.» Poi si rivolse a Juliana. «Mia cara, perché non fate portare il tè? Possiamo prenderlo nel soggiorno.» E voltandosi di nuovo verso Nicholas con un sorriso aggiunse: «È molto più accogliente. Non riesco a immaginare come a Juliana sia potuto venire in mente di ricevervi qui.» Nicholas lanciò un'occhiata indifferente intorno a sé. «Ero più interessato a parlare con lei che alla stanza.» «Siete gentile, signore, ma credo che troveremo più piacevole conversare in soggiorno.» Ci fu poco da discutere, perché Mrs. Thrall guidò Nicholas fuori dalla stanza e lungo il corridoio, fino al soggiorno, arredato in modo più formale. Juliana suonò per il tè e prese posto su una sedia, rassegnata a veder interrotto il suo colloquio con Nicholas. Clementine scese qualche minuto dopo, ansimante e con le guance lievemente arrossate. Juliana notò che si era cambiata d'abito e che aveva un nuovo nastro blu tra i capelli. «Lord Barre!» La fanciulla si esibì in una graziosa riverenza e gli tese la mano con un sorriso. «Sono rimasta così sorpresa quando la mamma mi ha detto che eravate venuto a trovarmi.» Nicholas inarco' un sopracciglio a quelle parole. «Veramente sono venuto a trovare Miss Holcott.» Clementine sgrano' gli occhi a quell'inaspettato rimprovero, ma sua madre intervenne prontamente per toglierla dall'imbarazzo. «Oh, si, che straordinaria coincidenza che conosciate Juliana» disse. E puntando un dito scherzoso verso la sua impiegata aggiunse: «Siete stata cattiva a tenercelo nascosto.» Juliana era tentata di replicare che non erano affari suoi, ma Nicholas intervenne in tono pacato. «Senza dubbio Miss Holcott non pensava che un reprobo come me meritasse la vostra attenzione, signora.» Mrs. Thrall rispose con una risata stridula. «Oh, voi...» Aprì il ventaglio con un colpo secco e nascose la metà inferiore del viso in un atteggiamento vezzoso che strideva con la sua età. Clementine era un po' contrariata all'idea di non essere al centro dell'attenzione. «La vostra vita deve essere stata affascinante» disse a Nicholas, guardandolo con i limpidi occhi azzurri. «Avete visitato cosi tanti posti. Non riesco a immaginare tutto quello che avrete fatto.» «Oh, si. Dovete assolutamente raccontarci tutto dei vostri viaggi, Lord Barre.» Convenne Mrs. Thrall. A Juliana parve di vederla archiviare nella mente i frammenti di quella conversazione, così da poterli usare in futuro: "Come mi diceva l'altro giorno Lord Barre..."oppure"Lord Barre mi ha detto che ha trovato l'India piuttosto..." L'espressione di Nicholas indicava che aveva ben poco desiderio di lanciarsi in un racconto di viaggi per Mrs. Thrall e sua figlia. «Dovete perdonarmi, signore. Ma temo di non aveva il tempo di restare qui a chiacchierare. Sono venuto solo per invitare Miss Holcott a fare una passeggiata con il mio calesse, domani.» Si voltò verso di lei.«Se per voi va bene, potrei passare a prendervi in mattinata.» «Con molto piacere» si affretto' a rispondergli, senza nemmeno chiedere il permesso di Mrs. Thrall. Non voleva che le rovinasse un altro incontro con Nicholas imponendole la presenza di Clementine. «Benissimo.» Nicholas si alzò. «E ora, se volete scusarmi, devo congedarmi da voi, gentili signore. Mrs. Thrall. Miss Thrall.» Fece un breve inchino a entrambe.«Miss Holcott.» «Signore.» Clementine rimase a fissare Nicholas che lasciava la stanza, momentaneamente troppo sbalordita per dire qualcosa. Poi si voltò verso Juliana con espressione stravolta dalla collera. «No!» esclamò con foga. «Voi non andrete. Non lo permetto!» Juliana si irrigidi'. «Scusate?» «Mamma!» Clementine si girò di scatto verso la madre. «Non puoi permettere che Juliana esca con Lord Barre. Dovrei essere io a salire sul suo calesse.» Juliana dovette fare ricorso a tutta la propria forza di volontà per non replicare che era stata lei a essere invitata. «Oh, no, mia cara» la rassicuro' Mrs. Thrall. «Non devi preoccuparti. È naturale che si sentisse in obbligo di invitare Juliana. Non è decoroso che una giovane di buona famiglia esca con un uomo solo. Juliana deve farti da chaperon.» «Non è vero. È perfettamente decoroso che una gentildonna salga su un veicolo in compagnia di un gentiluomo, specie se si tratta di un calesse, dove tutti la possono vedere.» Sua madre parve tentennare. «Be', so che è accettabile per le signore di una certa età, ma per una giovane donna come te, appena arrivata in città, non sono sicura...» Lanciò un'occhiata a Juliana. «Voi che cosa ne pensate?» «Penso che in questo caso non abbia molta importanza, visto che Lord Barre ha già invitato me ad accompagnarlo.» «Questo è vero. E tu puoi stare sicura, Clemmy, che se un gentiluomo altolocato come Lord Barre ha proposto a Juliana di accompagnarlo, la cosa è del tutto decorosa.» Concluse Mrs. Thrall. Juliana dovette mordersi la lingua per non sottolineare che Clementine in realtà non era mai stata invitata a unirsi a loro. Non sopportava l'idea che quell'oca petulante si mettesse tra lei e Nicholas. Avrebbe continuato a chiacchierare con lui, senza lasciarle l'opportunità di parlargli in privato, proprio come aveva fatto poco prima. Ma non poteva dire a Mrs. Thrall che sua figlia non era la benvenuta, altrimenti avrebbe potuto impedire anche a lei di andare. Clementine fece il broncio per qualche minuto, lanciando occhiate velenose in direzione di Juliana, finché Mrs. Thrall suggerì loro di andare dalla modista ad acquistare un cappellino nuovo per Clementine, da indossare l'indomani durante la passeggiata. Juliana avrebbe potuto anche accompagnare Fiona in libreria, aggiunse, dato che la figlia minore continuava a implorarla di permetterle di andarci. Sarebbe stata sorpresa di scoprire che la sua dama di compagnia preferiva di gran lunga stare con la minore delle sue figlie anziché con Clementine.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 Capitolo ***


A tredici anni, Fiona aveva una mente sveglia e una personalità molto più interessante della sorella e della madre. Juliana trascorreva diverso tempo con lei, dato che Mrs. Thrall trovava noiose le continue domande della figlia minore e gliela affidava più che volentieri. Q giorno risultò che anche Fiona, come Juliana, trovava insopportabile Clementine. «Se sento ancora una parola su Lord Barre, mi metto a gridare» le confidò mentre camminavano insieme, dirette verso la biblioteca. Juliana sorrise. Fiona aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri della sorella, ma la somiglianza finiva lì. Era già alta quanto Clementine e non accennava a smettere di crescere. Il suo viso era più squadrato, con un mento volitivo, e non possedeva quelle graziose fossette per cui era conosciuta la sorella. In compenso, i suoi occhi erano animati da un'intelligenza vivace. «Non ha fatto altro che parlare di lui per l'intera giornata» riprese, irritata, la fanciulla.«Quant'è affascinante, quant'è ricco, quanto è rispettato il suo nome...» «Lord Barre è... un gentiluomo notevole» disse Juliana. Fiona fece una smorfia. «Nessuno potrebbe essere il fenomeno che ha descritto Clementine.» Juliana rise.«Be', probabilmente hai ragione. Ma lo conosco bene. Siamo cresciuti insieme, e molto tempo fa era il mio migliore amico.» «Davvero?» Fiona la guardò sorpresa. «Voi siete amica dell'uomo che Clementine sta per sposare?» Juliana inarco' un sopracciglio con aria scettica. «Ti ha detto così?» «Oh, sì. Dice che sarà pazzo di lei in pochi giorni. E di solito ha ragione riguardo agli uomini, anche se è di un'ignoranza abissale in qualsiasi altro campo. Gli uomini sembrano perdere la testa per lei.» Juliana stava per dirle che non doveva parlare male della sorella ma, ripensandoci, decise che non era giusto rimproverarla perché aveva detto la verità, così si limitò a osservare: «Non sono sicura che avrà il consueto successo con Lord Barre.» La sera prima si era chiesta anche lei se Nicholas si sarebbe lasciato incantare dal fascino di Clementine. Dopo tutto le aveva sorriso e aveva parlato con lei. Ma il suo comportamento di quel giorno non lasciava dubbi: aveva trovato un pretesto per andarsene poco dopo che Clementine era entrata nella stanza, monopolizzando la conversazione e, nonostante quello che potevano pensare Mrs. Thrall e sua figlia, non l'aveva inclusa nel suo invito. Anche ammesso il giorno dopo fossero riuscite a fare in modo che Clementine li accompagnasse, Juliana era sicura che non erano quelle le intenzioni di Nicholas. Lei stessa aveva visto numerosi corteggiatori cadere ai piedi di Clementine e non poteva affermare con certezza che non ci sarebbe riuscita anche con Nicholas, ma era fermamente convinta che non sarebbe stato altrettanto facile. «In questo caso dev'essere più intelligente della maggior parte degli uomini che frequenta Clementine» osservò Fiona con un sorriso. «Sì, direi che lo è. Nicholas è sempre stato molto perspicace.» «Come mai lo conoscete?» «Lui era orfano e viveva con suo zio. Mia madre era una cugina della moglie di sui zio e noi abitavamo in una casa all'interno della proprietà. Nicholas e io formavamo una specie di... alleanza degli esclusi.» «Perché era un escluso? Voglio dire, adesso è un conte.» «Si, è strano» convenne Juliana. «Non veniva trattato come un futuro lord. Non mi ero mai resa conto che sarebbe stato lui il nuovo conte, finché non ho saputo che aveva ereditato il titolo. Suo nonno, che viveva a Bath, era malato, e lo zio diventò il suo tutore. Dal modo in cui si comportavano... be', non feci mai domande, ma pensavo che sarebbe stato suo zio Trenton a ereditare titolo e proprietà e, dopo di lui, suo figlio Crandall. Trenton Barre amministrava la tenuta per conto del padre e tutti lo trattavano come se fosse il padrone.» «Perché?» chiese Fiona. «Be', era un tiranno. Probabilmente avevano troppa paura di lui per contraddirlo. Alcuni dei domestici e dei fattori che vivevano nei dintorni erano gentili con Nicholas, ma lo facevano di nascosto, non di fronte a suo zio. Allora non capivo perché mai Trenton lo detestasse tanto, ma ora so che dipendeva dal fatto che sarebbe stato lui a ereditare ogni cosa. Doveva costargli molto sapere che un giorno avrebbe dovuto passare a Nicholas la tenuta e il capitale che amministrava e che avrebbe dovuto chiamarlo "signore".» «Non doveva essere particolarmente intelligente. Voglio dire, non sarebbe stato meglio se fosse stato gentile con lui? Forse non avrebbe perso tutto, una volta che Lord Barre avesse ereditato.» «Non credo che zio Trenton la pensasse così. Voleva tutto o niente e doveva essere lui a comandare. Credo che considerasse sua la tenuta e che odiasse Nicholas perché gli ricordava continuamente che non era così.» Juliana si strinse nelle spalle. «In ogni caso non vide Nicholas ereditare il titolo. Morì diversi anni fa.» «Ne parlate come se fosse un uomo terribile.» «Lo era. Fui felice di essere in Europa con Mrs. Simmons all'epoca della sua morte, così non dovetti partecipare al funerale. Mi sarebbe stato difficile rendergli omaggio.» Camminarono in silenzio per qualche minuto, poi Fiona disse: «Bene... se Lord Barre è vostro amico, credo che mi piacerà. A meno che non si innamori di Clementine, naturalmente.» «Si, credo che non piacerebbe nemmeno a me se così fosse.» Poi Fiona cominciò a parlare del libro che aveva appena finito di leggere e Juliana la ascoltò con la mente solo parzialmente attenta. L'altra parte stava esaminando il suo scarso guardaroba, cercando di trovare un abito che non fosse troppo triste da indossare per la passeggiata del giorno dopo. Era un compito impossibile, si rese conto. Tutti i suoi vestiti erano semplici, confezionati con tessuti resistenti, in tonalità scure, scelti per la loro praticità oltre per l'aspetto anonimo e affidabile che le persone pretendevano da un'accompagnatrice stipendiata. Da lei non ci si aspettava che intrattenesse ospiti illustri, solo che fornisse un'apparenza di rispettabilità alla donna che accompagnava e che fingesse interesse per le conversazioni noiose. Non sopportando l'idea di avere un aspetto così dimesso il mattino dopo, quella sera tirò fuori il suo cappellino più elegante e vi attaccò di nuovo il piccolo grappolo di ciliegie che aveva tolto per renderlo meno appariscente. Tutto quello che poté fare per migliorare il vestito fu aggiungere un piccolo bordo di pizzo alla scollatura severa e alle maniche lunghe. Si immaginava già seduta accanto a Clementine, che avrebbe indossato un cappello nuovo, e non poté fare a meno di provare una fitta di gelosia. Aveva trascorso tutta la vita tra persone più ricche di lei e aveva fatto del suo meglio per non essere invidiosa. Aveva sempre cercato di pensare ai doni che aveva ricevuto dalla vita: buona salute, un aspetto discretamente attraente e la capacità di mantenersi da sola senza essere alla mercé degli altri come lo era stata sua madre. Era una donna libera, aveva messo da parte un po' di denaro e aveva trovato alcuni amici sinceri. Tutto questo era molto più di quanto avessero avuto altre persone, e di solito si sentiva grata per quei doni e non desiderava ciò che possedevano gli altri. Ma in quella particolare occasione non poté mettere a tacere il risentimento pensando a Clementine che si intrufolava in un momento che apparteneva a lei sola. Tuttavia non vi era rimedio, e poteva solo augurarsi che si presentasse come al solito in ritardo in modo da partire senza di lei. Sfortunatamente, il mattino seguente Clementine si fece trovare in soggiorno, pronta per uscire, solo pochi minuti dopo Juliana. Con gli occhi che brillavano e le guance rosate per l'eccitazione, bisognava ammettere che era molto bella, e il cappellino che aveva comprato il giorno prima le stava d'incanto. Era di paglia, con la tesa non troppo larga così che si vedesse il viso, ed era fermato sotto la gola da un nastro di raso blu che si intonava con i suoi occhi.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


Pochi minuti dopo un domestico annunciò l'arrivo di Lord Barre. Nicholas entrò nella stanza guardando brevemente Clementine e sua madre. «Mrs. Thrall. Miss Thrall.» Poi posò lo sguardo su Juliana e un tenue sorriso illumino' il suo volto scuro. «Juliana. Siete pronta?» «Sì.» Lei si alzò e lanciò un'occhiata a Clementine. La fanciulla l'aveva imitata, e avvicinandosi a Nicholas gli mise una mano sul braccio. «Signore» disse con un grazioso sorriso, «Sono così emozionata. Il vostro calesse è molto alto? Temo di avere un po' di paura.» Fece una risatina, invitandolo a sorridere con lei di uno sciocco timore femminile. Nicholas la guardò con volto impassibile e non si mosse. Disse solo: «Temo che ci sia un equivoco, Miss Thrall. Il mio invito per stamani era rivolto a Miss Holcott.» Clementine rimase a bocca aperta e Juliana dovette trattenersi per non sorridere. Anche Mrs. Thrall era stata colta di sorpresa, ma si riprese più velocemente della figlia. «Io... ho immaginato che fosse un invito generale. Dopo tutto, non è decoroso che un gentiluomo e una signora girino per la città da soli in carrozza.» Nicholas rivolse il suo sguardo freddo alla donna più anziana. «Mi fa piacere che vi preoccupiate per il buon nome di Miss Holcott, signora, ma vi assicuro che è del tutto decoroso. È un calesse aperto ed è piuttosto piccolo. Temo che possa portare solo due persone alla volta ed è per questo che il mio invito era rivolto esclusivamente a Juliana.» Mrs. Thrall non riuscì a formulare una risposta, e rimase a fissarlo in silenzio. Nicholas colse l'opportunità per voltarsi e offrire il braccio a Juliana, che si affretto' a rispondere all'invito, non volendo dare a Mrs. Thrall il tempo di riprendersi e magari proibirle di andare. Probabilmente Nicholas la pensava come lei, perché la condusse fuori velocemente, lasciandole appena il tempo di apprezzare il nuovo phaeton giallo prima di aiutarla a salire. Prendendo le redini dalle mani di uno scudiero che aveva fatto camminare i cavalli per tenerli caldi, prese posto sul sedile accanto al suo. «Che donna insopportabile!» esclamò, facendo schioccare le redini per far partire i cavalli. Juliana scoppiò a ridere per la gioia di aver mandato a monte i piani di Mrs. Thrall. Senza dubbio gliela avrebbe fatta pagare quando fosse rincasata, ma per il momento non le importava: era troppo bello essere a spasso con Nicholas, su una vettura all'ultima moda da cui poteva godere una magnifica vista della città. Si sistemo' il cappello, legò il nastro sotto il mento e si voltò a guardare l'amico con un sorriso. «Come diavolo sei finita con quelle due arpie?» le domandò lui con un sorriso. Lei si strinse nelle spalle. «Non è facile trovare un posto come accompagnatrice. La gente di solito vuole una donna più vecchia di me e più... be'... » «Insignificante?» suggerì Nicholas. «Be', grazie, signore» replicò Juliana con un sorriso civettuolo. «Ma intendevo dire ossequiosa.» lui rise. «Vedo che non sei cambiata. Non riesco a immaginarti mentre scatti agli ordini di qualcuno. Come ti è venuta l'idea di fare la dama di compagnia?» «Mi è sembrata una scelta naturale. Dopo aver vissuto per tanti anni a Lychwood Hall, mi mandarono a terminare gli studi con Seraphina.» Ricordava la felicità della madre al pensiero che sarebbe stata educata in una buona scuola per signorine, cosa che loro non si sarebbero mai potute permettere. Ma Juliana conosceva il vero motivo che si nascondeva dietro l'apparente generosità di Trenton e Lilith. «Avevano bisogno che qualcuno tenesse d'occhio Seraphina per essere sicuri che non si mettesse nei guai. Ti assicuro che non è stato un compito facile, perché crescendo Seraphina è rimasta sciocca e superficiale come quando era bambina. Poi, dopo gli studi, le fecero fare un viaggio in Europa. Così la seguii anche quella volta e, al ritorno, scoprii di essere ampiamente preparata per fare la dama di compagnia e lo chaperon. Sapevo come rendermi utile, ero in grado di ascoltare conversazioni noiose e persino di adulare le persone.» «Zia Lilith ti mandò via?» le domandò Nicholas. «Oh, no. Sarei potuta restare a Lychwood Hall. Probabilmente a zia Lilith sarebbe piaciuto che dessi una mano a preparare il debutto di Seraphina e non voleva correre il rischio che qualcuno insinuasse che mi aveva gettato sulla strada. Ma io non sopportavo più di vivere in quella prigione e dopo la morte di mia madre non avevo alcun motivo per restare. Credo che alla fine zia Lilith ne sia stata felice. Se fossi rimasta, avrebbe dovuto presentare anche me in società, seppure in modo meno sfarzoso, e la cosa le seccava.» Non aggiunse che Crandall aveva cambiato tattica quando lei era cresciuta e che invece di tirarle le trecce e farle dispetti cercava di bloccarla in un angolo della biblioteca per strapparle un bacio e metterle le mani addosso. Le sue attenzioni erano state il motivo principale per cui aveva deciso di lasciare Lychwood Hall. Probabilmente zia Lilith sospettava qualcosa, ma era convinta che fosse lei a dare la caccia a suo figlio, e in un'occasione l'aveva perfino accusata apertamente di avere delle mire su Crandall. «Così zia Lilith scrisse una lettura di raccomandazioni per me. Ci volle un po' di tempo, ma alla fine un gentiluomo mi assunse perché mi prendessi cura dell'anziana madre. Dopo un po' di tempo, incontrai Mrs. Simmons e con lei trascorsi un periodo davvero piacere.» Nicholas si incupi'. «Non mi piace saperti agli ordini di quelle due donne.» «Nemmeno a me» ammise Juliana. «Ma è il prezzo che pago volentieri per la mia libertà. Se non altro non sono costretta a dipendere dalla carità di nessuno.» Mentre parlavano avevano raggiunto Hyde Park, dove c'era meno traffico, e Nicholas poté rilassarsi e distogliere lo sguardo dalla strada. Si voltò a guardare Juliana. Ogni volta provava una certa sorpresa. Naturalmente si era aspettato di trovarla cambiata, anche se non aveva avuto difficoltà a riconoscerla. Ma era in un certo senso sconcertante vedere che la bambina dei suoi ricordi d'infanzia su era trasformata in una donna affascinante. La sua non era l'insipida bellezza di Clementine Thrall, che Nicholas trovava banale. Il fascino di Juliana non era tanto nei lucenti capelli castani, raccolti in un chignon piuttosto severo alla base della nuca, anche se erano il genere di capelli che spingeva un uomo a sfilare le forcine dall'acconciatura e a farli ricadere in una morbida cascata sulle spalle. Non era nemmeno nei lineamenti ben modellati. La sua bellezza scaturiva dai vivaci occhi grigi, sbocciava dal sorriso che le curvava le labbra, dalla sua forza di carattere, dalla personalità decisa e da una quantità di piccole cose che la rendevano unica. La conosceva eppure non la conosceva, una combinazione che trovava eccitante. Guardandola, fu colto dall'improvviso desiderio di baciare quelle morbide labbra e di assaporare la dolcezza piccante che promettevano. I suoi occhi si incupirono e fu solo con un enorme sforzo che riuscì a distogliere lo sguardo. Guardò per qualche istante davanti a sé, riflettendo su quel desiderio che l'aveva colpito. Non era il tipo di sentimento che avrebbe dovuto nutrire per Juliana, si disse. Lei era l'amata compagna della sua infanzia, la bambina che gli aveva dato l'unico calore che avesse conosciuto dopo la morte dei suoi genitori. Era ansioso di trovarla quando era tornato in Inghilterra, ma era l'impazienza di un vecchio amico... quasi di un fratello. Le voleva bene, ma il suo era un amore puro e senza complicazioni, un affetto profondo legato a un ricordo d'infanzia. E invece adesso Juliana era lì con lui, non più una immagine nella memoria bensì una donna desiderabile, e il sentimento che aveva appena provato non era semplice affetto, quanto piuttosto l'attrazione che un uomo prova per una donna. Quella scoperta lo spavento'. Gli sembrava sbagliato provare qualcosa del genere per una persona che aveva sempre considerato quasi una sorella. Juliana si fidava di lui e Nicholas non avrebbe mai approfittato di lei, in alcun modo. Molti lo consideravano un uomo senza scrupoli, perfino spietato, e lui stesso ammetteva di non essere tenero di cuore, ma non avrebbe mai fatto una cosa ignobile come approfittare dei sentimenti di Juliana. E poi, al di là della fiducia che riponeva in lui, bisognava rispettare le convenienze. Juliana era una signora, e la sua reputazione doveva essere impeccabile, tanto più che era costretta a guadagnarsi da vivere lavorando. Era fin troppo facile che qualche sospetto infangasse il nome di una donna che non aveva la protezione di una famiglia o di un titolo. Naturalmente lui avrebbe sempre difeso il suo buon nome, ma doveva rassegnarsi al fatto che se a prendere le sue parti fosse stato lui, con la reputazione che aveva probabilmente l'avrebbe solo danneggiata ulteriormente. Nicholas sapeva di non poterle prestare attenzioni particolari senza sollevare pettegolezzi sul suo conto, e che di conseguenza non doveva farle visita troppo spesso né invitarla a ballare più di una volta ogni tanto. Sarebbe stato più diplomatico portare con loro Miss Thrall in un veicolo più grande, così avrebbe spostato l'attenzione da Juliana a Clementine, e francamente non gli importava quello che avrebbero detto di lei le male lingue. Invece era stato tanto egoista da volere Juliana tutta per sé, almeno una volta. Nicholas aveva intercettato parecchi sguardi incuriositi da parte delle persone che avevano incrociato in carrozza o a cavallo, e sapeva che presto avrebbero cominciato a circolare pettegolezzi e scommesse sulla donna con cui Lord Barre era stato visto a Hyde Park. Avrebbe dovuto evitare di uscire con Juliana per una settimana o due, si disse, e sarebbe stato saggio non andare a trovarla per qualche giorno. Detestava l'idea di doversi assoggettare a quelle restrizioni sociali, ma non poteva certo mettere a repentaglio la reputazione di Juliana. Guardandolo, Juliana notò il sottile cambiamento che era avvenuto sul suo volto e il modo in cui aveva posato lo sguardo sulle sue labbra. Con il cuore in gola e lo stomaco stretto in una morsa, aveva pensato per un attimo che stesse per baciarla. Poi lui aveva distolto improvvisamente lo sguardo e lei si era rilassata, non sapendo se provare sollievo o delusione. In realtà non era nemmeno sicura che fosse successo davvero. Forse aveva frainteso l'espressione dei suoi occhi. No, non si sbagliava. C'era stato un lampo, una minima contrazione del suo volto, e qualcosa dentro di lei aveva risposto. Era stato un guizzo di calore che aveva attraversato il suo corpo con la rapidità di un fulmine, più veloce e più sottile di un pensiero. Sbircio' Nicholas con la coda dell'occhio. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, la mascella serrata. Si chiese che cosa stesse pensando, che cosa provasse. Si era forse pentito di quell'impulso momentaneo? Dispiaciuta, si rese conto che probabilmente era così. Perché, altrimenti, si sarebbe voltato così bruscamente? Se aveva sentito un lampo di interesse per lei, l'aveva immediatamente respinto. Aveva ragione, naturalmente. Anche se una volta erano stati amici, lei non era una donna che potesse pensare di corteggiare e sposare. La differenza sociale tra loro era troppo grande. Tutto quello che poteva sperare da lui era una sincera amicizia, e il desiderio l'avrebbe soltanto rovinata. Juliana era troppo pratica e matura per dar peso ai sogni romantici che aveva nutrito un tempo. Non era nemmeno sicura che quello che aveva provato poco prima fosse desiderio o timore. E in ogni caso, qualsiasi cosa fosse, era padrona di sé e delle proprie emozioni. Un bacio sarebbe stato inopportuno e lei era felice che Nicholas non avesse ceduto all'impulso. Tuttavia non poté fare a meno di avvertire più intensamente la sua presenza, il suo calore, la sua prestanza fisica.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 Capitolo ***


Juliana guardò il profilo di Nicholas, lo sguardo impenetrabile e la linea decisa della mascella; l'unico particolare che lo addolciva erano le lunghe ciglia scure. Come se avesse sentito i suoi occhi su di sé, Nicholas si voltò e lei arrossi', distogliendo lo sguardo e posandolo sulle mani, avvolte in morbidi guanti di capretto, che tenevano le redini. Le tornò alla mente la sensazione che aveva provato quando avevano danzato insieme e l'aveva tenuta tra le braccia. Una brezza leggera le sfiorò le guance accaldate e le sollevò qualche ciocca di capelli. Le sembrava che la sua pelle fosse più sensibili del solito, al calore del sole e alla carezza del vento. Posò le mani in grembo e rimase a fissarle. Così non andava, si disse. Nicholas avrebbe pensato che era una sciocca se continuava a stargli seduta accanto senza dire nulla. Superarono un lando' aperto con una coppia di gentildonne di mezza età e Juliana colse il loro sguardo penetrante. Era sicura che la sera stessa sarebbe girata la voce che Lord Barre era stato visto al parco con una donna sconosciuta, dall'aspetto dimesso. «Ci saranno pettegolezzi su di noi, lo sai. Susciterà grande curiosità il fatto che tu fossi in compagnia di una donna che nessuno di loro conosce.» Nicholas scrollo' le spalle. «Ci sono sempre pettegolezzi su di me. O almeno, questo è quello che mi riferiscono. La cosa positiva è che io non li ascolto mai.» Le lanciò un'occhiata.«Ti preoccupa?» Juliana gli sorrise. «Oh, no. Come ho detto, non sanno chi sono. E anche se lo sapessero... non lo ascolterei nemmeno io. Quello che mi preoccupa è quello che dirà Mrs. Thrall al mio ritorno.» «Forse dovrei entrare in casa con te. Se mi trattenessi qualche minuto con quella noiosa debuttante forse le cose migliorerebbero.» «No, non posso chiederti un simile sacrificio» gli rispose con un sorriso. «Sono sicura che dovrai sopportarla più di quanto vorresti, se hai intenzione di venire ancora a farmi visita.» Si interruppe di colpo, rendendosi conto che senza volerlo aveva suggerito che volesse rivederla. «Mi spiace. Ti ho messo in una situazione imbarazzante. Zia Lilith mi diceva sempre che parlo con troppa franchezza.» «Sciocchezze. A me piace come parli. Certo che ho intenzione di venire ancora a trovarti... anche se questo significa sopportare quelle due donne.» «Non venire troppo spesso» lo mise in guardia Juliana. Lui inarco' un sopracciglio con espressione divertita. «Trovi così noiosa la mia compagnia?» «No!» Juliana rise. «Certo che no. Ma Mrs. Thrall si convincerà che sei perdutamente innamorato di Clementine se ti vedranno spesso.» «Che Dio me ne scampi e liberi. Anche se a dire il vero... forse potrei usarla come paravento. In questo modo non danneggerei la tua reputazione venendo a trovarti.» Juliana provò una fitta di gelosia all'idea che Nicholas fingesse di corteggiare Clementine. «Si, ma poi si aspetterebbero una proposta di matrimonio, e se non arrivasse saresti considerato un mascalzone.» «Sono stato giudicato anche peggio» rispose in tono incurante Nicholas. «E ho fatto cose ben peggiori.» «Se è così, non hai bisogno di sopportare Clementine giorno dopo giorno.» Nicholas rise. «Ah, Juliana. Non so dirti quanto sia sollevato di vedere che non sei cambiata, crescendo.» «E io sono felice di parlare con qualcuno con cui non devo tenere a freno la lingua» gli rispose con un sorriso. «Sospetto che in casa Thrall la maggior parte di quello che dici non venga nemmeno capito.» «No, Clementine ha una sorella più giovane che è molto sveglia. Si chiama Fiona e non riesco a immaginare come sia potuta nascere in quella famiglia.» «C'è un Mr. Thrall?» «Oh, si, ma ha avuto il buonsenso di restare nello Yorkshire durante il debutto di Clementine.» «Forse è da lui che Fiona ha ereditato la sua intelligenza.» «Probabilmente hai ragione.» Continuarono a chiacchierare in tono leggero mentre attraversarono il parco. Incrociarono diverse persone, a cavallo o in carrozza. Era considerato alla moda passeggiare nel parco al mattino, anche se Juliana si chiedeva come facessero ad alzarsi così presto dopo aver passato la notte ai tanti ricevimenti che si tenevano durante la Stagione. Qualcuno rivolte un saluto a Nicholas o si fermò a scambiare due parole, altri cercavano evidentemente di ricevere uno sguardo o un cenno di saluto. «Sembra che siano in tanti a volerti conoscere» osservò Juliana. «È sorprendente quanto ti renda popolare un titolo» replicò Nicholas. «Oh, ci vuole ben di più di un titolo. Anche il denaro aiuta.» Un altro sorriso addolci' il viso di Nicholas. Nessuno dei due si rese conto che l'interesse generale nei confronti di Juliana era improvvisamente cresciuto dopo che la gente aveva notato l'espressione con cui lui la guardava. «Cinica. Avresti dovuto dire che sono le innumerevoli qualità che gli altri ammirano in me a rendermi popolare.» ribatte' lui. «L'esperienza mi dice che la maggior parte delle persone non tiene in nessun conto le tue innumerevoli qualità. Sono sicura che nessuno di loro le conosce.» gli rispose con sincerità. «In effetti credo che tu sia stata la mia unica paladina.» «Non un granché, temo. Se ben ricordo, non sono mai riuscita a evitarti una punizione.» Nicholas si strinse nelle spalle. «Nessuno ci sarebbe riuscito, tanto meno una bambina di nove anni. Il mio destino fu segnato il giorno in cui morirono i miei genitori.» «Tuo nonno avrebbe potuto prenderti con sé. Avrebbe almeno potuto mostrare un po' di interesse per te.» osservò Juliana. «Le uniche cose che gli interessavano erano i suoi malanni, reali o immaginari che fossero. Credo che ci fosse della ruggine tra lui e mio padre. Non ricordo di essere mai andato a trovarlo né che lui sia venuto in visita da noi prima che i miei genitori morissero. Lo vidi per la prima volta ai loro funerali, e subito dopo mi affidò a zio Trenton. Dalle relazioni che gli faceva sul mio conto, dubito che provasse il desiderio di conoscermi.» «Questa non è una buona scusa» protesto' lei. Nicholas la guardò con quei suoi occhi impenetrabili. «Forse non ricordi com'ero. Tu sei stata più buona con me di quanto meritassi.» «Sciocchezze. Sapevo che non eri un santo. Eri ostinato, rispondevi male all'istitutrice e facevi sanguinare spesso il naso a Crandall.» replicò Juliana. «Ah, allora ricordi.» «Si. E rammento anche che poche persone meritavano di essere prese a pugni quanto Crandall. Era un vigliacco fin da bambino, e non è cambiato crescendo. Quanto a Miss Emerson, non solo era severa, ma anche ingiusta. Forse avresti dovuto essere meno duro con Seraphina. Non credo che fosse veramente cattiva, solo un po' sciocca ed egoista. Ma come non odiare tuo zio? Era un uomo terribile. Devo confessare che quando seppi della sua morte, non provai il minimo dispiacere.» «Nemmeno io. Siamo entrambi senza cuore, allora?» le chiese con un sorriso. «Non credo. Solo umani.» «Tu non sai tutto quello che ho fatto. Sono passati molti anni da quando me ne sono andato.» riprese Nicholas, facendosi serio in volto. Juliana lo guardò negli occhi, e vi vide la stessa solitudine che c'era un tempo. Impulsivamente, gli posò una mano sul braccio. «Io credo che qualsiasi cosa tu abbia fatto, Nicholas, non avessi altra scelta.» «E questo lo rende giusto?» «Non lo so. Ma significa che non hai un cuore malvagio.» Lui la guardò a lungo senza parlare e il suo volto si distese leggermente. Passò le redini in una mano e posò l'altra su quella che Juliana gli teneva sul braccio. Rimasero così per un istante, senza parlare, poi Nicholas lasciò ricadere la mano, spezzando l'incantesimo. «E tu hai un cuore generoso» mormorò. «Ma adesso è meglio che rientriamo, prima che Mrs. Thrall cominci a sputare fuoco e fiamme.» Juliana aveva il viso accaldato e si sentiva pizzicare la mano dove lui l'aveva toccata. Dovette fare uno sforzo per non sfiorarla e tradire così i propri sentimenti. Per un istante desidero' che non avesse tolto la mano, e che l'avesse baciata.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 Capitolo ***


Quanto Juliana rientrò in casa, trovò Fiona nell'ingresso. Era evidente che la stava aspettando, perché non appena la vide le andò incontro con un sorriso e, prendendola per mano, la condusse nel soggiorno, che a quell'ora era vuoto. Juliana stava per chiederle che cosa volesse fare, ma la ragazzina si mise un dito sulle labbra, alzando gli occhi verso il piano superiore con espressione drammatica. Poi chiuse la porta della stanza e si voltò verso Juliana. «È meglio che stiate alla larga da Clementine. Ha avuto una crisi di nervi ed è un'ora che impreca contro di voi.» «Oh, mio Dio» sospirò Juliana. Aveva apprezzato moltissimo la passeggiata da sola con Nicholas ma, come si era aspettata, ora avrebbe dovuto subirne le conseguenze. «Che cosa è successo? Dice che le avete rovinato la vita. È molto peggio di quando ha perso il suo pettine preferito, il mese scorso.» riferì Fiona. «Temo che Lord Barre mi abbia portata a fare un giro sul suo phaeton senza invitarla a venire con noi.» Fiona scoppiò a ridere. «Davvero? Mi chiedevo di che cosa parlasse. Continuava a dire che le avevate rubato qualcosa, ma io sapevo che non avreste mai fatto niente del genere.» Juliana le rivolse un mesto sorriso. «Immagino che sia meglio che affronti la situazione.» «Non lo farei, se fossi in voi. Lasciate che si calmi un po'. Sarà ancora infuriata, ma almeno non cercherà di prendervi a schiaffi. Perché, invece, non andiamo a fare due passi?» Juliana era seriamente tentata, ma preferì rinunciare. «No. È meglio che non ti metta nei guai anche tu. Ma grazie per l'avvertimento.» Lasciò Fiona e si diresse verso il salotto sul retro. La ragazzina aveva ragione a consigliarle di lasciare alla sorella il tempo di calmarsi, pensò. Lei non aveva intenzione di nascondersi, ma non aveva senso nemmeno provocare Clementine. Tuttavia Miss Thrall doveva aver sentito il rumore dei suoi passi, perché apparve in cima alle scale. «Bene, eccovi qui, finalmente!» «Buongiorno, Clementine» la salutò Juliana in tono gentile. «Come avete potuto?» la assali' la fanciulla. «Temo di non sapere a che cosa vi riferiate. Perché non scendete in salotto e ne parliamo?» replicò con calma Juliana. «Parlarne? Con voi?» La voce di Clementine trasudava disgusto. «Credete di potermi rubare Lord Barre e poi mettere a posto ogni cosa con due parole?» Juliana si sforzo' di tenere a freno la collera. «Clementine, vi assicuro che non ho cercato di rubarvi nulla, tanto meno Lord Barre» replicò. «E come definireste, allora, ciò che avete fatto? Mi avete tagliata fuori! Voi...» replicò l'altra, rossa in viso. «Non ho fatto niente del genere, ve lo assicuro. Lord Barre vi ha spiegato che c'era posto solo per due persone sul calesse e...» «E avrei dovuto essere io ad andare con lui.» Clementine scese di corsa le scale e si fermò sull'ultimo gradino, probabilmente per poterla guardare dall'alto in basso, dato che era più piccola di statura di Juliana. «Lord Barre aveva invitato me. Non potevo certo dirgli di portare voi al mio posto.» «Voi avete cospirato contro di me. L'avete indotto con l'inganno a invitarvi!» «Clementine, vi prego, calmatevi. Quello che dite non ha senso» cercò di farla ragionare Juliana. La madre di Clementine scese dalle scale come una nave ammiraglia a vele spiegate e Juliana si rivolse a lei. «Mrs. Thrall, io...» La donna la bloccò sollevando una mano con aria perentoria. «Non crediate di potermi prendere in giro, Miss Holcott. È chiaro che avete oltrepassato i limiti!» «Scusate?» Juliana non si aspettava che fosse contenta, ma quella accusa irragionevole le fece raddrizzare la schiena. «Non lascerò che adeschiate gli uomini nella vostra rete finché sarete sotto questo tetto.» «Come dite?» Juliana la fissò, troppo sbalordita per replicare. «Oh, non crediate che non sappia che cosa avete in mente» continuò Mrs. Thrall. «Clementine è troppo giovane e innocente per rendersi conto di quello che state tramando, ma io no. So quello che avete fatto, come avete indotto Lord Barre a portarvi fuori da sola, che cosa gli avete promesso. Dove siete andati?» «Come osate?» replicò Juliana, pallida in viso. «Non avete motivo di dire una cosa del genere! Io non farei mai...» Mrs. Thrall la mise a tacere con un gesto. «Oh, lo so bene, invece. Perché mai un uomo avrebbe scelto di invitare voi e non la mia Clementine? Non ci vuole un genio per immaginare come lo avete abbindolato... Ma io non permettero' che certe cose succedano in casa mia, con due giovani innocenti.» «Mamma! No!» Fiona era comparsa sulla porta del soggiorno e guardava la scena con espressione incredula. Juliana avanzò nella sala, ergendosi di fronte a Mrs. Thrall in tutta la sua statura. Nel corso degli anni aveva imparato a tenere a bada la collera e a non reagire alle provocazioni, ma quelle accuse erano più di quanto potesse sopportare. «Non c'è mai stata la più piccola macchia sul mio nome. La mia reputazione è impeccabile.» dichiarò con voce tremante di sdegno. «Hah! La mamma ha ragione. Sapevate che gli piacevo e l'avete adescato perché vi portasse fuori.» esclamò Clementine. «Non dimostratevi più stupida di quanto siete, Clementine. Nicholas non vi ammira. Non sa nemmeno chi siete. Siamo amici da molto tempo e mi ha chiesto di uscire con lui perché voleva parlare con me. E non vi ha invitato perché non vi voleva. Non tutti gli uomini del mondo cadono ai vostri piedi, sapete?» sbotto' Juliana. Prima che Clementine potesse ribattere, Juliana si rivolse a sua madre. «Quanto ad abbindolare e rovinare la preziosa reputazione di vostra figlia, vi consiglio di guardare come si comporta ai balli. Non posso perderla d'occhio un istante per evitare che scivoli in terrazza con il primo uomo che glielo chiede. Se non la terrete a freno, si rovinerà con le sue stesse mani. Vi posso assicurare che la buona società non le perdonerà un passo falso. Per quanto affascinante possa essere, basta conoscerla meglio per capire quanto sia viziata, egoista, superficiale e stupida. Con il passare del tempo, tutte le sue conquiste se ne andranno una dopo l'altra. Se davvero volete farle fare un matrimonio adeguato, vi consiglio di fare in modo che diventi il tipo di donna che una gentildonna accetterebbe come nuora, qualcosa di più di una bellezza che attira i giovani inesperti.» Juliana si fermò per riprendere fiato e si sentì pervadere da un profondo senso di calma. Sapeva di essersi giocata il lavoro, ma in quel momento non lo rimpiangeva. Era troppo soddisfatta per aver espresso finalmente i suoi veri sentimenti. «Fuori da questa casa! Andatevene e non fatevi rivedere mai più! Mi avete sentita?» gridò Mrs. Thrall con il volto acceso di collera. «Con vero piacere.» Juliana passò davanti alle due donne e salì le scale. «E non aspettatevi referenze da me!» «Non mi sognerei nemmeno di chiedervele.» Juliana continuò a salire senza voltarsi. Dietro di sé sentì i passi di Fiona che oltrepassava la madre e la sorella per seguirla. «Miss Holcott! Aspettate!» la chiamò. Giunta davanti alla porta della sua stanza Juliana si voltò, e provò una punta di rimorso vedendo il volto triste di Fiona. «Vi prego, non andatevene, Miss Holcott» la supplico' la ragazzina, avvicinandosi. «Mi spiace, ma non ho scelta. Temo che tua madre mi abbia licenziata.» Juliana entrò nella sua stanza e Fiona la seguì. «È solo arrabbiata. Quando si sarà calmata, sono sicura che se ne pentirà.» «Io non ne sarei altrettanto certa, dopo quello che ho detto... Mi dispiace, Fiona, davvero. Non avrei dovuto dire quelle cose di tua sorella.» Juliana sospirò. «Forse no.» La ragazzina rimase a guardarla mentre apriva il piccolo baule ai piedi del letto e cominciava a riporvi i vestiti. «Ma temo che abbiate ragione. Clementine è sciocca ed egoista e non avrebbe dovuto accusare voi solo perché Lord Barre non è caduto ai suoi piedi. Mi dispiace che ve ne andiate.» «Anch'io sentirò la tua mancanza. Forse tua madre ti permetterà di venirmi a trovare di tanto in tanto.»

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12 Capitolo ***


«Forse» le rispose Fiona in tono dubbioso. «Dove andrete?» Juliana si rese conto che fino a quel momento non aveva nemmeno pensato a quello che avrebbe fatto. Aveva agito impulsivamente, ma non era pentita. «Credo che andrò dalla mia amica Eleanor Townsend... cioè, Lady Scarbrough, adesso che è sposata.» Prese una matita e un pezzo di carta. «Ti scriverò il suo indirizzo, così potrai venire a trovarmi. Andavamo a scuola insieme e mi ha invitata più volte a stare da lei.» Juliana non ci mise molto a fare i bagagli e poco dopo era pronta a partire. Chiamò un valletto perché portasse giù il baule, poi si voltò ad abbracciare Fiona. La ragazzina aveva gli occhi pieni di lacrime e lei provò una stretta al cuore. Anche se viveva in quella casa solo da pochi mesi, aveva sviluppo un affetto profondo per lei. «Verrò a trovarvi» le promise Fiona, nascondendo il viso contro la sua spalla. «Anche se dovessi fuggire di nascosto.» Juliana la ammoni'. «Non metterti nei guai.» Sapeva che avrebbe dovuto dirle di obbedire alla madre, ma sapeva anche che Fiona era molto più intelligente di Mrs. Thrall e che era in grado di giudicare da sé quello che andava fatto. Prese la borsa e scese a salutare i domestici. Quando raggiunge l'ingresso, scoprì che il valletto aveva portato di sotto il baule, aveva chiamato una carrozza e aveva già caricato a bordo i bagagli. Poco dopo, la vettura si allontanò lungo la strada. E così, eccomi ancora una volta senza lavoro e senza prospettive, pensò Juliana, voltandosi a guardare la casa con un sospiro e riflettendo per la prima volta sulla situazione in cui si trovava. Solo in quel momento si rese conto che Nicholas non avrebbe saputo dove trovarla. La casa di Lady Scarbrough era un'elegante costruzione bianca in stile Regina Anna che occupava circa un terzo di uno degli isolati più eleganti di Maufair. Mentre scendeva dalla carrozza, Juliana udì il vetturino emettere un fischio sommesso, e notò che quando balzo' a terra per prendere il suo compenso, l'uomo si tolse il cappello e la trattò con maggior riguardo di quando era salita. Mentre l'uomo scaricava il baule dal retro della carrozza, Juliana busso' al portone d'ingresso con il grande battente in ottone. La porta fu aperta poco dopo da un uomo tozzo e robusto. Non era il tipo di persona che ci si aspettava di trovare in una casa signorile come cameriere e tanto meno come maggiordomo, ma lei sapeva che era quella la sua posizione. Come molti dei domestici di Eleanor, era forse un po' bizzarro e decisamente inconsueto, ma anche molto competente e leale. «Miss Holcott!» la salutò con un caloroso sorriso. «Miss Eleanor sarà felice di vedervi. Entrate, prego.» «Salve, Bartwell» rispose Juliana, seguendolo all'interno e tendendogli la piccola borsa che portava con sé. «Mi dispiace presentarmi così all'improvviso, ma non ho avuto il tempo di inviare un messaggio a Lady Scarbrough.» «Non preoccupatevi, signorina. C'è sempre una stanza pronta per voi» le assicurò, quindi si voltò per dare ordini a un giovane che li aveva raggiunti arrivando dal retro della casa. «Fletcher, prendete il baule della signorina e portatelo nella camera blu.» Ma le stranezze non si limitavano soltanto ai domestici. Eleanor aveva sempre avuto una spiccata propensione a correre in aiuto del prossimo, pensò Juliana sorridendo tra sé, tanto che alcune malelingue la consideravano un'inveterata ficcanaso. Negli ultimi anni aveva accolto in casa due orfanelli, una vivacissima bambina francese di nome Claire e un ragazzo americano di nome Seth, nonché una giovane donna indiana che aveva salvato prima che venisse gettata sulla pira insieme al marito defunto e che era diventata la sua bambinaia. L'amministratore della proprietà era un nero che suo padre aveva riscattato dalla schiavitù e fatto studiare. Nell'insieme era una comunità vivace e a volte chiassosa, ma tutti erano molto devoti alla padrona di casa. «Miss Eleanor è nel suo studio» la informò il maggiordomo. Nonostante avesse sposato Sir Edmund, Eleanor non sarebbe mai stata Lady Scarbrough per Bartwell; sarebbe rimasta per sempre la Miss Eleanor di quando lui era al sevizio di suo padre e che conosceva sin da bambina. «Volete che vi accompagni da lei o preferite che vi mostri la vostra stanza per rinfrescarvi?» Juliana rispose che avrebbe visto prima Eleanor. Desiderava togliersi subito il pensiero e chiederle se poteva trattenersi da lei per qualche tempo, anche se si trattava soltanto di una formalità perché l'amica non avrebbe mai pensato di rifiutarle un favore. La loro amicizia risaliva a dodici anni prima e, anche se le loro strade si erano divise, era rimasta solida come ai vecchi tempi. Si erano conosciute alla Scuola per signorine di Miss Blanton che Juliana aveva frequentato insieme a Seraphina Barre. I suoi genitori volevano che la tenesse d'occhio perché non si mettesse nei guai e che la aiutasse negli studi, ma Seraphina, pur accettando la presenza di Juliana e il suo aiuto, non l'aveva mai considerata un'amica, riservando quel privilegio esclusivamente alle giovani della sua stessa estrazione sociale. Così Juliana si era trovata spesso sola, emarginata dalla maggior parte delle studentesse, ma ben presto aveva stretto amicizia con un'altra esclusa. Benché provenisse da una famiglia facoltosa, Eleanor Townsend era americana e questo la rendeva diversa agli occhi delle allieve di Miss Blanton. A Juliana era piaciuta immediatamente. Mentre Bartwell la accompagnava nello studio di Eleanor, udì qualcuno che suonava il piano; la musica si interruppe bruscamente, poi riprese con una lieve esitazione e infine si fermò di nuovo. «Sir Edmund è nella sala della musica» le spiegò il maggiordomo. «Sta componendo.» Juliana annuì. Non conosceva bene Lord Scarbrough. Eleanor l'aveva sposato solo due mesi prima, con una cerimonia molto semplice alla quale era stata invitata anche lei. Edmund era un uomo snello e dall'aria tranquilla, che sembrava vivere ai margini della vita frenetica della moglie. Tutte le volte che era stata invitata da loro, lui era chiuso nella stanza della musica, o costretto a letto dalla tosse o febbre. Era un genio della musica, le aveva assicurato Eleanor, e Juliana si era chiesta se non l'avesse sposato proprio per organizzargli la vita, lasciandogli il tempo di dedicarsi alla musica senza doversi preoccupare dei problemi quotidiani. Bartwell busso' alla porta dello studio e la aprì. «Miss Holcott desidera vedervi, signora» annunciò. Eleanor, che stava controllando delle colonne di cifre, alzò lo sguardo sorpresa, ma non appena vide Juliana, scattò in piedi con un grido di gioia e le corse incontro, prendendole le mani nelle proprie. Era una donna alta, più di Juliana, e possedeva una figura statuaria. Aveva cappelli scuri, la carnagione chiara e gli occhi di un azzurro intenso; il suo portamento maestoso attirava gli sguardi e Juliana l'aveva sempre trovata bella, anche se i suoi detrattori dicevano che il suo viso era troppo spigoloso e i lineamenti troppo marcati. Vestiva con uno stile personale, preferendo le linee semplici e i colori vivaci anche prima di sposarsi, quando la maggior parte delle giovani donne indossava abiti bianchi o color pastello che lei trovava insipidi. «Juliana! Che magnifica sorpresa!» esclamò con affetto sincero. «Volete portarci del tè, Bartwell?» «Ma certo, Miss Eleanor.» Bacio' Juliana sulla guancia, poi si fece indietro, sempre tenendola per mano, per scrutarla in viso. «C'è qualcosa che non và?» domandò, increspando la fronte. «Che cosa ti porta qui a quest'ora in un giorno lavorativo?» «Temo di dovermi mettere nelle tue mani, Eleanor. Sono stata licenziata.» «Licenziata? Da quel rospo della Thrall?» disse, guardandola con espressione indignata. «Già, proprio lei.» «Santo cielo. Sapevo che era una stupida, ma non immaginavo che lo fosse fino a questo punto... Vieni, siediti e raccontami tutto.»

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 Capitolo ***


Juliana riferì alla sua amica Eleanor dell'incontro con Nicholas dopo tanti anni e di quello che ne era seguito. Eleanor ascoltò attentamente, interrompendola solo una volta per chiederle, incuriosita: «Nicholas... il cugino di Seraphina? Quello di cui mi parlavi sempre?» Al suo cenno di assenso, assume un'espressione pensosa e la invitò a proseguire. Juliana terminò il suo racconto proprio mentre Bartwell entrava con il carrello del tè. «Che donna stupida» commento' Eleanor, versando la bevanda nelle tazze. «Aveva l'opportunità di frequentare il bel mondo e di sistemare sua figlia, e l'ha gettata al vento. Se ti avesse tenuta con sé e ti avesse trattato bene, sua figlia sarebbe stata invitata nelle migliori case di Londra grazie alla tua conoscenza con Lord Barre.» «Lo conosci?» le chiese Juliana. Sapeva che Eleanor frequentava i più esclusivi salotti londinesi e che teneva regolarmente un salotto letterario al quale partecipavano artisti ed esperti d'arte oltre che i membri dell'aristocrazia sensibili agli stimoli culturali. «No, non l'ho mai incontrato. Ho sentito dire che era tornato, ma non mi ero resa conto che si trattasse del tuo Nicholas. Avrei fatto in modo di conoscerlo, se l'avessi saputo.» Sorrise a Juliana. «Ma ora lo farò senz'altro.» «Non sa nemmeno quello che è successo né dove trovarmi. Non posso mandargli un biglietto dicendogli dove sono; suonerebbe troppo audace» le confidò Juliana. Eleanor si strinse nelle spalle. Conosceva anche lei le restrizioni imposte dalla società e, anche se poteva permettersi di burlarsene, sapeva che la posizione dell'amica era più precaria della sua. «Non avere fretta. Penseremo a qualcosa per risolvere anche questo problema.» Juliana scosse il capo. «Non importa. Non posso coltivare la sua amicizia. Una accompagnatrice stipendiata non può permettersi di ricevere visite da un uomo, men che meno se si tratta di uno scapolo. E anche se posso venire a trovare te o Mrs. Simmons nel mio giorno libero, non potrei mai andare da lui.» «Allora rimani con me. Non hai bisogno di trovare un altro impiego. Sai che sei la benvenuta qui. Te l'ho chiesto molte volte. Non ci saranno problemi se Lord Barre vuole venire a farti visita. Sono sicura che riuscirò a trovare il modo per fargli sapere che ti sei trasferita da me. Edmund e io andremo in Italia fra tre settimane; gioverà alla sua salute cagionevole e alla musica. Ma io potrei ritardare un po' la partenza...» le propose Eleanor. «No, non devi farlo per me. Sei molto gentile, ma non posso accettare» replicò Juliana. Era una questione che aveva dibattuto altre volte con l'amica, l'unica su cui si trovavano in disaccordo. Eleanor sorrise. «Tu e il tuo stupido orgoglio! Faresti lo stesso per me se mi trovassi nella tua situazione.» «Se così fosse, sai che proveresti quello che provo io» le rispose con un sorriso. «Non posso vivere della tua carità.» «Allora ti assumero'. Ho bisogno di una dama di compagnia. Molte cose sono più divertenti quando si ha un'amica con cui condividere. Ti pagherò quanto ti dava Mrs. Thrall, così potrai essere indipendente.» «Tu non hai bisogno di una dama di compagnia e lo sappiamo bene entrambe. Sarebbe sempre un atto di carità, aggravato dal fatto che mi pagheresti.» Juliana prese la mano dell'amica e gliela strinse con affetto. Eleanor sorrise. «Non è vero. Anche se ammetto che mi piace riparare alle ingiustizie.» le lanciò un'occhiata ironica e aggiunse: «Tutto quello che voglio è renderti più semplice la vita. Meriti più felicità di quanta tu ne abbia avuta finora.» «Non so che cosa merito. Ma so che ovunque mi conduca il destino, devo farcela da sola. Lo capisci anche tu, vero?» «Certo che lo capisco. Hai sempre avuto un carattere indipendente.» «Devo cercare un altro impiego. E devo essere realistica riguardo a Lord Barre.» Juliana rivolse un mesto sorriso all'amica. «Ci ho riflettuto molto mentre venivo qui. Negli ultimi due giorni ho vissuto in una specie di follia, ma questa situazione è insostenibile. Non posso continuare a vedere Nicholas.» Nicholas salì gli scalini che conducevano alla casa presa in affitto dai Thrall canticchiando fra sé. Aveva aspettato due giorni, che gli erano sembrati interminabili, prima di andare a trovare nuovamente Juliana. Più di una volta aveva pensato che era un'assurdità dover aspettare dei giorni prima di poter vedere la persona con cui desiderava parlare, solo perché era una donna. Tuttavia era ormai abituato a trovare prive di senso le regole della società e non era per il proprio interesse, bensì per quello di Juliana, che le rispettava. Aveva trascorso quei due giorni facendo il tipo di cose che ci si aspettava da un gentiluomo e francamente le aveva trovate noiose. Aveva liquidato la maggior parte dei suoi affari quando aveva deciso di lasciare l'America e accettare il titolo, sapendo che avrebbe dovuto stabilirsi in Inghilterra. Quello che restava delle sue attività era gestito da agenti capaci, in modo che lui non dovesse controllare di persona più di una volta ogni tanto. Il grosso del patrimonio legato al titolo proveniva dalla tenuta di Lychwood Hall ed era affidato a un amministratore, sotto l'occhio attento di Crandall Barre. Nicholas non si era ancora recato nella tenuta di famiglia, cercando di rimandare il più possibile l'incontro con i parenti. Quando busso' alla porta, gli aprì una cameriera, che gli sorrise introducendolo in soggiorno, dove lui chiese di vedere Miss Holcott. Pochi minuti dopo, Mrs. Thrall entrò nella stanza, tutta sorrisi e moine. «Lord Barre! Quale piacere. Clementine sarà qui tra un momento. Sapete come sono le giovani donne. Gradite una tazza di tè?» «Grazie.» Nicholas si rassegno' a vedere Juliana in presenza delle due Thrall. Era una seccatura, ma non voleva metterla nei guai con la sua datrice di lavoro... anche se gli dava un po' fastidio che desse importanza all'opinione di quella donna. Si chiese dove fosse Juliana, probabilmente stava aiutando quell'oca vanitosa della figlia a vestirsi. Mrs. Thrall lo intrattiene con futili chiacchiere per qualche minuto e Nicholas divenne sempre più impaziente. Poi Clementine entrò nella stanza e lui si alzò per salutarla, cercando invano Juliana dietro di lei. «E Miss Holcott?» domandò, mentre Clementine si accomodava sulla poltrona accanto a lui. «Dov'è? Spero che non sia indisposta?» «Oh, no. Temo che dovreste accontentarvi di me e Clementine questo pomeriggio» rispose Mrs. Thrall. «Miss Holcott non è in casa.» «Capisco» replicò, benché non fosse vero. Era una sfortuna essere capitato lì proprio mentre Juliana era fuori per sbrigare qualche commissione. «Tornerà presto?» Domandò, chiedendosi se dovesse fermarsi qualche minuto nella speranza di vederla o se fosse meglio andarsene e tornare un altro giorno. «No, non credo proprio. Gradite dell'altro tè, signore?» «No.» Nicholas stava perdendo la pazienza. «Dov'è Miss Holcott?» Mrs. Thrall si guardò intorno come se fosse in cerca di ispirazione, poi riprese con una certa riluttanza. «Mi spiace, ma Miss Holcott non lavora più qui.» «Chiedo scusa?» Nicholas aggrotto' la fronte. «Volete dire che ha lasciato l'impiego?» «Sì, e così» annuì Mrs. Thrall. «Dov'è andata?» «Temo di non saperlo.» «Non ha lasciato un recapito?» domandò Nicholas, incredulo. «No, non l'ha fatto. Francamente, sono rimasta stupita dal suo comportamento. Non me lo sarei mai aspettato da lei» dichiarò Mrs. Thrall. «Perché se n'è andata?» volle sapere Nicholas, inchiodandola con lo sguardo. La donna si agito' a disagio sulla poltrona. «Ehm... veramente, non ne sono sicura, ma... abbiamo scoperto che rubava. E l'ho mandata via.» Nicholas fissò la donna con i suoi intensi occhi scuri. «Rubare? Juliana? Vi suggerisco di ripensare a quello che avete detto. Se dovessi venire a sapere che avete messo in giro una simile maldicenza, vi riterro' personalmente responsabili.» Clementine arrossi' e strinse le mani umide di sudore. «Come... come osate minacciarci?» mormorò.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14 Capitolo ***


Nicholas portò lo sguardo su Clementine. «Io non minaccio nessuno, Miss Thrall. Vi dico semplicemente che se sentirò delle calunnie sul conto di Miss Holcott, saprò da dove provengono, e vi posso assicurare che qualsiasi speranza nutriate di contrarre un buon matrimonio andrà in fumo.» Lasciò Clementine a bocca aperta e si voltò verso la madre. «Sono stato chiaro, signora?» Mrs.Thrall annuì, incapace di parlare. «Ora ve lo chiedo per l'ultima volta. Dov'è andata Juliana?» «Non ne ho idea. È la verità. Ha fatto i bagagli e se n'è andata. Non so dove sia.» gemette Mrs.Thrall. «Che il diavolo vi porti!» Nicholas scattò in piedi. Era inutile chiedere perché se ne fosse andata. Era sicuro che la colpa fosse di Mrs.Thrall e di sua figlia, ma era anche certo che non avrebbe avuto una risposta sincera da loro. Non che importasse; era convinto che dicessero la verità quando affermavano di non sapere dove fosse Juliana, ed era questo che contava. L'aveva persa un'altra volta. Uscì dalla stanza e attraverso' il corridoio, diretto verso l'ingresso, senza badare alle proteste di Mrs.Thrall e Clementine. «Lord Barre!... Milord, aspettate!» Nicholas uscì, trattenendosi a stento dallo sbattere la porta dietro di sé. Era ancora più furioso sapendo di essere stato la causa del licenziamento. Aveva praticamente ignorato la giovane Miss Thrall ed era stato addirittura sgarbato con lei quando aveva invitato Juliana a uscire con lui in calesse. Era stato un egoista. Clementine era irritante e lui voleva restare da solo con Juliana, così l'aveva messa al suo posto, senza pensare che il suo comportamento avrebbe potuto danneggiare l'amica. Juliana era stata cacciata di casa ed era sola al mondo, priva di mezzi di sostegno, a causa del suo malaccorto comportamento. E non aveva la più pallida idea di dove potesse essere. Rimase per qualche istante sulla soglia, rimuginando quei tetri pensieri. Infine, con un sospiro di disgusto, scese gli scalini e raggiunse il marciapiede. Aveva fatto pochi passi quando si sentì chiamare. «Lord Barre! Lord Barre! Aspettate!» Era una voce giovanile, leggermente ansimante, e veniva dal lato della casa. Nicholas si voltò e vide una ragazzina che correva verso di lui, percorrendo lo stretto marciapiede che conduceva all'ingresso laterale. Era l'entrata di servizio, ma la ragazzina non sembrava una domestica. Era ancora un'adolescente, a giudicare dalle trecce, ma il suo vestito di mussola era di buona qualità. Ricordando che Juliana aveva menzionato una sorella di Clementine a cui si era affezionata, sentì rinascere un filo di speranza. «Miss Thrall?» chiese. Lei si fermò, senza fiato. «Si. Mi chiamo Fiona Thrall. So che cosa è successo.» «A Miss Holcott intendete dire?» Fiona annuì. «Si, non è andata come dice mia madre. Miss Juliana non se ne sarebbe mai andata così, se fosse dipeso da lei.» «Non avevo dubbi. È stata Mrs.Thrall a mandarla via?» «Si, c'è stata un'accesa discussione... Mia madre e Clementine erano infuriate. Clemmy diceva che Miss Juliana aveva cercato di rubarvi a lei e la mamma...» La ragazzina si interruppe, arrossendo di imbarazzo. «Be', ha accusato Juliana di... avervi sedotto con l'inganno.» «Posso immaginare quello che ha detto. Non è necessario che aggiungiate altro. Ditemi solo se sapete dov'è andata.» «Lo so. Miss Juliana mi ha lasciato l'indirizzo perché potessi farle visita. È andata dalla sua amica, Lady Scarbrough. Mi ha detto che si conoscono dai tempi della scuola.» Fiona gli tese un foglio di carta. «Ecco, potete copiare l'indirizzo se volete.» Nicholas prese il foglio. C'era solo un indirizzo, che memorizzo' rapidamente prima di restituirlo a Fiona. «Grazie, Miss Thrall. Sono in debito con voi. E se volete andare a trovarla...» Infilò una mano in tasca e le tese uno dei suoi biglietti da visita. «Non avete che da farmelo sapere e vi manderò una carrozza.» «Davvero?» Fiona prese il biglietto e gli rivolse un sorriso così luminoso che a Nicholas pensò che un giorno quella ragazzina avrebbe oscurato la bellezza della sorella. Portandosi la mano al cappello, si allontanò per dirigersi verso Mayfair. Mentre camminava, riflette' sulla parte che aveva avuto nei problemi di Juliana e su come avrebbe potuto aiutarla a risolverli. Quando raggiunse il quartiere elegante dove viveva Lady Scarbrough, era approdato a una conclusione soddisfacente. Gli aprì un domestico che non indossava la livrea bensì un semplice abito scuro. L'uomo lo fece accomodare in un salotto spazioso al primo piano, arredato in modo accogliente e insieme elegante. Juliana sedeva in compagnia di un'altra donna, una brunetta statuaria con notevoli occhi azzurri, ed entrambe stavano ridendo con la confidenza e l'affetto di due vecchie amiche. La donna bruna alzò lo sguardo quando lui entrò, e Nicholas rimase colpito dalla sua espressione vivace e intelligente. Juliana stava guardando il ricamo che aveva in grembo e non sollevò il capo finché il maggiordomo non annunciò il nome del visitatore. Quando vide Nicholas, rimase a bocca aperta per la sorpresa. «Nicholas!» esclamò. «Come hai fatto a trovarmi?» «Volevi nasconderti da me?» replicò in tono scherzoso lui. «Se è così, non sei stata molto abile. La tua amica, Miss Fiona Thrall, ti ha tradita.» Juliana arrossi'. «No, certo che non volevo nascondermi. Solo... non sapevo come informarti. È stato... piuttosto improvviso.» «Così ho saputo.» «Lord Barre.» L'altra donna si alzò e gli andò incontro, tendendogli la mano con gesto sicuro. «Sono Eleanor Scarbrough.» «Scusate» si affretto' Juliana, alzandosi. «Lord Barre, permettete che vi presenti la mia amica, Lady Scarbrough. Lady Scarbrough, questo è Lord Nicholas Barre.» Si sentiva immensamente lusingata dalla presenza di Nicholas. Appena era entrato nella stanza, la gioia era scoppiata in lei, mettendo in dubbio tutte le sue certezze. Solo due giorni prima si era convinta di dover rinunciare alla sua amicizia, eppure, nel momento stesso in cui l'aveva visto, si era sentita emozionata e palpitante. «Molto lieta di conoscervi, Lord Barre» disse Eleanor. Poi, dopo aver lanciato una rapida occhiata a Juliana, rispose: «Mi spiace, ma temo di avere delle questioni urgenti che mi aspettano nel mio studio. Sono sicura che Miss Holcott sarà felice di intrattenervi. Se volete scusarmi...» Juliana si rese conto che l'amica le stava offrendo discretamente la possibilità di parlare con Nicholas in privato ma, dato il tumulto che sentiva dentro di sé, avrebbe preferito che non fosse così accomodante. Non sapeva bene che cosa dire. Doveva fargli capire che non potevano continuare a frequentarsi, ma temeva che la voce le uscisse strozzata dalle lacrime non appena avesse incominciato a parlargli. La preoccupava anche la possibilità che lui intuisse dalla sua voce il piacere che suscitava in lei la sua visita. Non era appropriato dimostrare simili emozioni, tanto più che il volto di Nicholas era chiuso in un'espressione tetra, come se fosse in collera. «Devo farti le mie scuse per quello che è successo» le disse inaspettatamente non appena Eleanor ebbe lasciato la stanza. «Per che cosa?» domandò Juliana, colta di sorpresa. «Per il comportamento di quella stupida donna.» «Mrs.Thrall? Non è certo sotto la tua responsabilità» replicò Juliana. «No, ma tu sì. E non ti avrebbe trattata così se io non fossi stato sgarbato con lei e con sua figlia. Avrei dovuto prestare maggiore attenzione a ciò che facevo. Non ho pensato a quali avrebbero potuto essere le conseguenze per te.» «Va tutto bene» rispose Juliana, irrigidendosi. Non le garbava l'idea che lui la considerasse una responsabilità, specie se era gravosa come indicava la sua espressione. «Non è stata colpa tua e presto troverò un altro impiego.» Nicholas si fece ancor più scuro in viso. «No.» Poi parve rendersi conto di quanto suonasse autoritaria quell'unica parola e si affretto' ad aggiungere: «Non dovresti fare l'accompagnatrice.»

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15 Capitolo ***


Juliana stava per replicare ma, prima che potesse aprir bocca, lui riprese: «Credo di aver trovato la soluzione al tuo dilemma.» Juliana lo fissò. «Davvero?» lei si chiese di che cosa stesse parlando. «Sì, ed è piuttosto semplice: devi sposarmi.» Ci fu un lungo momento di silenzio. Juliana lo fissò, troppo stupita per parlare. Era stata colta di sorpresa dall'improvviso desiderio che era scaturito dentro di lei. Si rendeva conto che voleva disperatamente accettare la sua proposta, ma subito dopo quell'emozione si sentì sopraffare dal dolore della collera e dell'umiliazione. Era fin troppo chiaro che lui non aveva alcun desiderio di sposarla, e che glielo aveva chiesto, anzi, più che chiederlo gliel'aveva ordinato, solo perché provava un distorto senso di responsabilità nei suoi confronti. «Vogliate scusarmi, signore» disse, alzando il mento con aria di sfida. «Voi potete anche avere un titolo, ma questo non vi dà il diritto di darmi ordini. Non sono uno dei vostri servi.» «Certo che no» replicò con una certa impazienza lui. «Non sto cercando di darti ordini, ma questa è la risposta giusta.» «Risposta? Non mi pare di aver fatto domande. È della mia vita che stiamo parlando, non di un problema qualsiasi.» Nicholas parve leggermente confuso. «Lo so che stiamo parlando della tua vita e ti sto chiedendo di sposarmi.» «Chiedendo? Non ho sentito nessuna domanda. Ti sei limitato ad affermare che dovrei diventare tua moglie. Sei diventato così arrogante in questi ultimi anni? Ti aspetti che cada ai tuoi piedi solo perché ti degni di dire che mi sposerai?» «Arrogante?» Nicholas aggrotto' la fronte e la fissò con occhi fiammeggianti. «Ti sembra forse arrogante il fatto che voglia offrirti il mio nome?» «Mi sembra arrogante che tu abbia deciso che il matrimonio è l'unica cosa che mi può salvare. Che la mia vita sia... un problema solo perché sono una donna nubile. È vero, sono costretta a guadagnarmi da vivere, ma se non altro sono indipendente e scelgo io che cosa fare.» «Chiami indipendenza essere agli ordini di qualcuno?» ribatte' Nicholas. «Almeno sono pagata per obbedire, ho un giorno libero la settimana, e se il lavoro mi pesa troppo posso sempre andarmene. Non sono agli ordini di un uomo ventiquattr'ore su ventiquattro, tutti i giorni della settimana, senza denaro mio e senza alcuna possibilità di andarmene!» «E credi che questo sarebbe il matrimonio con me?» tuonò lui. «Pensi che cercherei di controllare la tua vita? Di obbligarti a obbedirmi? Ti offro la possibilità di sfuggire a una vita di frustrazioni e lavoro ingrato e tu me la getti in faccia come se cercassi di farti del male.» «Non ho chiesto il tuo aiuto!» esclamò Juliana, stringendo le mani a pugno. «Vieni qui a dirmi che devo sposarmi, che la mia vita è un tormento e che tu vi porrai rimedio.» Si avvicinò finché non furono a pochi passi e lo fissò con aria combattiva. «Bene, ti ringrazio molto, ma la vita è mia e ti sarò grata se non ci metterai il naso!» «Di tutte le persone ingrate e sospettose...» sbotto' Nicholas, fremente di collera. Rimasero a guardarsi per un lungo istante, troppo infuriati per parlare. Lui la fronteggiava con le mani sui fianchi e lei in una posa simile, fremente di sdegno. Poi, all'improvviso, gli occhi di Nicholas brillarono divertiti e lui si rilasso', lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, mentre scoppiava a ridere. «Sei sempre stata un vulcano.» Juliana cercò di aggrapparsi alla propria collera, ma dopo qualche istante non riuscì a trattenere una risata. «Non sono la sola» replicò. «Ah, Juliana, ti prego, non essere adirata con me. Non volevo insultarti. Se sono stato arrogante, ti chiedo perdono. Non è colpa del titolo, temo, ma del fatto che sono abituato a dare ordini. Volevo solo aiutarti. Ma, come ben sai, non sono mai riuscito a imparare le buone maniere.» «Forse ci saresti riuscito se non avessero cercato di inculcartele con la forza» rispose lei, allontanandosi con un sospiro. «So che hai a cuore il mio interesse, Nicholas, ma...» «Ma cosa? Ti prego, Juliana, ascoltami. Non sto cercando di obbligarti a fare qualcosa. Non ho intenzione di prendere il controllo della tua vita e non voglio mancarti di rispetto. Ti sto solo offrendo... una vita più facile. Pensa ai vantaggi. Avresti denaro, abiti, gioielli... e la libertà di fare ciò che vuoi. Sarebbe un matrimonio solo di nome. Non mi aspetto che tu sia una moglie in tutti i sensi.» «Nicholas, questa è pura follia. Perché dovresti offrirmi una cosa del genere?» «Sarebbe vantaggioso anche per me. Ho bisogno di una moglie. Ho un titolo, ora, e questo comporta degli obblighi sociali. Tu mi conosci, sai bene che non sono capace di stare in società. L'hai appena constatato. Mi comporterei goffamente e finirei con l'inimicarmi tutti.» «E la cosa per te ha importanza?» gli domando' lei con aria scettica. Lui rise. «Forse non molto. Ma con il passare del tempo potrei pentirmi di essermi procurato l'ostilità dei Pari del Regno.» Si interruppe e si fece più serio in viso. «So che cosa pensa di me la gente. Che sono selvaggio e pericoloso. Per lo più non ci faccio caso, ma a volte... Non sono completamente insensibile. A volte mi piacerebbe non essere considerato... una creatura al di là di ogni speranza.» Qualcosa brillo' nel suo sguardo e subito scomparve. «Tu potresti fare di me un uomo rispettabile. Tu sapresti che cosa dire e che cosa fare, come dare un ricevimento, quali persone invitare in modo che non mi venga voglia di ululare alla luna piuttosto che ascoltare.» Juliana sorrise. «Non sono sicura che ci sia qualcuno che corrisponda a questa descrizione. Inoltre, io sono ancora più emarginata di te.» «Può darsi. Ma tu, se non altro, sei una persona buona. Tu sai quello che è giusto e quello che è sbagliato.» «Lo sai anche tu, Nicholas. Se non fossi buono, non mi offriresti tutto questo.» «Non sono 'così' buono. Sappiamo entrambi che ho bisogno di una moglie. Ho due case da mandare avanti e ho bisogno di qualcuno che smussi i miei spigoli, per così dire.» «Ma per te sarebbe meglio una donna della tua stessa estrazione sociale, una giovane aristocratica di buona famiglia.» «Non c'è niente che non vada nella tua famiglia. Tuo padre era pur sempre il figlio cadetto di un barone.» «Si, il nostro nome è rispettato, ma non possediamo ricchezze né influenza sociale.» «Non farti sentire da zia Lilith a denigrare così la sua famiglia.» «Siamo solo lontane cugine.» «Però tu vali cento volte più di lei. E questo per me è importante. Non mi interessano le ricchezze; ne ho abbastanza. Chi dovrei sposare, Juliana? Una di quelle oche giulive che mi danno la caccia? Forse una bellezza come Clementine Thrall?» «Nicholas! Certo che no. Ma ci sono altre ragazze in età da marito che...» «Chi? Non mi interessano le debuttanti tutte sorrisi e moine. Io ti conosco e so che saresti perfetta come moglie di un nobile. E se mi sposerai, non sarò più inseguito da tutte le donne nubili della città. Ti assicuro che sarebbe un bel sollievo per me.» «Nicholas... tutto questo è ridicolo.» «Per niente. Riflettici. Presto dovrò recarmi a Lychwood Hall per incontrare i miei parenti. Non sarai così crudele da lasciare che incontri zia Lilith e Crandall da solo?» Juliana lo osservò a lungo. Nonostante i suoi modi scherzosi, avvertiva che c'erano dei motivi seri dietro la sua proposta. Nicholas riprese con un sorriso malizioso: «Andiamo, dimmi la verità, adesso. Non ti piacerebbe affrontare zia Lilith come nuova signora della tenuta?» «E che cosa mi dici dell'amore?» sbotto' Juliana, che fino a quel momento non aveva voluto tirare in ballo i sentimenti. Nicholas le lanciò un'occhiata sarcastica. «Che cosa vuoi dire?» «Non vuoi sposare la donna che ami? Non è questo lo scopo del matrimonio?» Lui si allontanò, riprendendo l'espressione impassibile di sempre. «Non credo nell'amore.»

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16 Capitolo ***


Juliana lo osservò con sguardo critico. «Non dire così!» «Perché no? È la verità. L'amore è tutta una favola e il suo vero scopo è quello di migliorare la posizione delle persone. Non ne ho mai visto molto nei matrimoni.» «Ma i tuoi genitori...» «Rammento a malapena i loro visi.» Il suo volto era indecifrabile e per la prima volta le parve uno sconosciuto. «Ma ricordo bene zio Trenton e zia Lilith; tra loro non c'era altro che orgoglio e disprezzo.» «Non puoi basare il tuo giudizio solo su di loro!» esclamò Juliana. «Non sono certo un buon esempio di marito e moglie, né di genitori. Mio padre e mia madre si amavano; erano felici insieme.» «Tua madre è stata poco più di un fantasma per tutti gli anni in cui l'ho conosciuta» rispose Nicholas. Juliana sapeva che era la verità. Sua madre aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita in una specie di nebbia e nulla di quello che faceva Juliana poteva ridarle la felicità perduta. «Be', almeno ha conosciuto l'amore» replicò, ostinata. «Juliana...» Nicholas attraversò la stanza e le andò vicino. «Tu sei l'unica persona al mondo di cui mi fidi. Sei quanto di più vicino a una famiglia abbia mai avuto. Voglio vederti sistemata. Ho i mezzi per farlo e lo desidero, ma non c'è altro modo di aiutarti senza disonorare il tuo nome. Il matrimonio è l'unico mezzo con cui posso darti quello che meriti. Inoltre non nutro sentimenti per nessun'altra donna. Non ho mai provato che un fugace desiderio carnale, che spariva una volta soddisfatto.» Juliana sgrano' gli occhi a quelle parole brutali e si sentì avvampare. «So che non dovrei dire queste cose a una signora» riprese con impazienza lui. «Ma voglio essere onesto con te. Voglio farti capire che non mi interessa l'amore. Non rimpiangero' di averti sposata; mi abituero' a una relazione senza passione. Il desiderio carnale può essere soddisfatto al di fuori del matrimonio. Con discrezione, naturalmente. Non vorrei mai metterti in imbarazzo.» «E io?» replicò Juliana, decisa a essere diretta quanto lui, benché quell'argomento la facesse sentire a disagio. «Dovrei trovarmi anch'io degli amanti... con discrezione, si intende?» Una luce fredda lampeggio' negli occhi di Nicholas e per un istante parve davvero un pirata. Poi, con uno sforzo visibile, si rilasso'. «Lascerò questo al tuo giudizio.» Le lanciò uno sguardo di sfida e Juliana capì che sapeva benissimo che non avrebbe mai avuto una relazione illecita, nemmeno per consolarsi di un matrimonio senza amore. Irritata perché lui aveva scoperto il suo bluff, sbotto'. «Qualsiasi cosa tu provi al riguardo, forse io spero ancora di sposare un uomo che amo!» «E come pensi di trovarlo? le domandò in tono sarcastico Nicholas. «Sii pratica, Juliana. Chi potresti incontrare mentre lavori per una stupida debuttante o per una ricca gentildonna?» Quelle parole le fecero venire le lacrime agli occhi. Nicholas aveva ragione. In tutti quegli anni non aveva mai avuto occasione di incontrare un uomo che potesse anche solo pensare di sposarla. Ed era abbastanza smaliziata da sapere che negli anni a venire sarebbe invecchiata e che sarebbe stato sempre più difficile ricevere una proposta di matrimonio. Era una prospettiva triste, che più di una volta le aveva fatto versare lacrime amare sul cuscino. Distolse lo sguardo, lottando per mantenere ferma la voce. «So di non avere prospettive. Eppure...» Raddrizzo' le spalle e si voltò a guardarlo con il mento sollevato. «Se non altro ho il controllo della mia vita.» Il volto di Nicholas si addolci'. «Mi spiace di averti ferita. Sono stato troppo brutale.» «Hai detto la verità» replicò Juliana. Nicholas le prese le mani nelle proprie, guardandola intensamente negli occhi. «Sei una donna meravigliosa, piena di coraggio. Se ci fosse un po' di giustizia al mondo, saresti un duchessa e tutte le Mrs. Thrall del mondo dovrebbero inchinarsi davanti a te. Io non posso cambiare il passato, ma ti sto offrendo tutto quello che possiedo. Potrai fare tutto quello che vorrai; avrai dei domestici e non ci sarà nessuno che potrà darti ordini. Non sarò un marito esigente o autoritario, te lo prometto. Saremo amici, come siamo sempre stati. E tu sarai libera e indipendente. Non cercherò mai di imbrigliarti.» Juliana lottò contro la fitta che sentiva al cuore. Era sopraffatta dal desiderio che suscitavano in lei le sue mani che la toccavano, dall'aroma virile che le giungeva alle narici, dal calore che emanava il suo corpo. Se solo le avesse offerto il suo cuore insieme alla sua mano... Se solo fosse stato amore quello che vedeva nei suoi occhi, e non semplice affetto. «E che cosa mi dici dei figli?» gli chiese, sorpresa lei stessa dalla domanda che le era salita spontanea alle labbra. «Come?» Seppur imbarazzata, Juliana proseguì. «Se un giorno volessi avere dei figli? È naturale per una donna desiderare una famiglia.» Nicholas la fissò a lungo senza parlare e lei rimase in attesa, mentre l'imbarazzo si mescolava a una strana sensazione di calore. «Quando verrà il momento, non avrai che da dirmelo» rispose finalmente. Si avvicinò e la guardò intensamente negli occhi. «Se dovessi decidere che vuoi un altro tipo di matrimonio, si può fare.» Juliana era rimasta senza fiato, incantata dalle sue labbra. Chiuse gli occhi e lui le sfiorò la bocca con un bacio, attirandola a sé. Le accarezzo' le braccia, comunicandole il calore del suo corpo, e fu come se tutti i suoi sensi si risvegliassero improvvisamente. Rovescio' il capo all'indietro e dischiuse le labbra. La sua bocca sapeva di miele, era inebriante. Juliana non riusciva a riprendere fiato né a protestare; si sentiva sull'orlo di un precipizio e tutto quello che voleva era sprofondare per sempre in quell'oscuro abisso di desiderio. Nicholas si staccò da lei e la guardò. Nei suoi occhi ardeva una fiamma scura. «Pensaci. È tutto quello che ti chiedo.» Disse con voce roca. Con quelle parole, si voltò bruscamente e uscì dalla stanza, lasciando Juliana a fissarlo, in preda a una sorta di vertigine. Juliana non riflette' sulla proposta di Nicholas, ma per il resto della giornata non fece altro che ripensare al bacio che si erano scambiati e che l'aveva lasciata confusa e disorientata. Che cosa significava quel bacio? Una parte di lei voleva credere che Nicholas provasse per lei qualcosa di più profondo e che nonostante la sua dichiarazione di non credere nell'amore, in fondo provasse qualcosa per lei. Ma la sua parte razionale rifiutò recisamente quell'idea. Sapeva che c'era una profonda differenza tra amore e desiderio e che gli uomini desideravano spesso una donna senza che questo comportasse un coinvolgimento sentimentale. Sarebbe stata una follia credere che la proposta di Nicholas fosse qualcosa di più di quello che aveva detto: un matrimonio solo di nome, senza amore. Tuttavia, non poteva negare che fosse ugualmente una proposta allettante. Molte donne sarebbero state felici di diventare Lady Barre, di disporre di due tenute e di uno stuolo di domestici, e di essere rispettate nell'alta società. Per una donna di ventisette anni, senza famiglia né mezzi economici, costretta a guadagnarsi da vivere, era una fortuna inimmaginabile. Juliana aveva sempre vissuto ai margini di quel mondo privilegiato, senza mai potervi accedere. Avevo aiutato Seraphina e Clementine Thrall a vestirsi ed acconciare i capelli ed era rimasta a guardare mentre loro uscivano per andare all'opera o a una serata danzante. Il matrimonio con Nicholas avrebbe cambiato tutto questo. Avrebbe avuto bei vestiti e gioielli, avrebbe dato eleganti ricevimenti e sarebbe stata invitata ovunque. E non avrebbe mai più dovuto preoccuparsi di trovare un altro lavoro. Come diceva Nicholas, avrebbe avuto un'immensa libertà. Eppure non riusciva ad accettare l'idea di un matrimonio di facciata. Aveva sempre pensato che si sarebbe sposata per amore. Ricordava ancora il profondo legame che avevano condiviso i suoi genitori; non erano mai stati molto ricchi, ma ciò che provavano l'uno per l'altro aveva compensato tutto il resto. Ed era quello che anche lei voleva dalla vita. Nicholas era stato l'uomo dei suoi sogni durante tutta l'adolescenza. Naturalmente, crescendo si era resa conto di quanto fossero assurdi quei sogni, e tuttavia era rimasta aggrappata alla speranza che un giorno avrebbe incontrato un uomo che l'avrebbe amata, che anche lei avrebbe provato per qualcuno il sentimento che avevano condiviso i suoi genitori. Sembrava una beffa del desiderio che l'unica proposta di matrimonio che avesse ricevuto fosse l'opposto di quello che desiderava e che provenisse proprio dall'uomo che aveva alimentato le sue fantasie quando era una ragazzina. Come poteva accettare una simile sistemazione, così vicina ai suoi sogni eppure al tempo stesso così crudelmente lontana? D'altro canto, sapeva bene che sarebbe stato assurdo rifiutare una simile opportunità. C'erano ben poche probabilità che potesse sposarsi per amore nella sua situazione attuale. Nicholas aveva ragione nell'affermare che aveva poche possibilità di incontrare l'uomo giusto e che difficilmente qualcuno avrebbe fatto una proposta a una donna nella sua posizione. Se non aveva la possibilità di sposarsi per amore, sarebbe stato così terribile farlo dove c'era almeno un affetto sincero? A modo suo, Nicholas teneva a lei. Le aveva detto che era quanto di più vicino a una famiglia avesse avuto e voleva sposarla per darle una vita migliore anziché scegliere una delle giovani bellezza che avrebbe potuto avere in moglie. Anche se quel sentimento era ben lontano dall'amore, forse avrebbe potuto essere una base per un matrimonio duraturo. Avevano un passato in comune; erano amici. E lui era un uomo buono, qualsiasi cosa pensassero gli altri e lui stesso sulla sua natura perversa. Solo un'autentica gentilezza d'animo poteva spingerlo a legarsi a lei per tutta la vita. Oh, probabilmente c'era anche il desiderio di sputare in faccia ai parenti che l'avevano maltrattato. Era già abbastanza irritante per loro vederlo ereditare il titolo e la proprietà, ma quanto più lo sarebbe stato se lei, un'altra creatura che ritenevano indegna, fosse diventata la signora della tenuta? E Nicholas, quanto avrebbe riso della costernazione di tutte le debuttanti e delle loro madri che gli avevano dato la caccia quando avessero appreso che aveva preferito a loro una giovane squattrinata! Ma tutto questo non bastava a spingerlo a sposarsi, Juliana ne era sicura. Al cuore della sua proposta doveva esserci la sua natura generosa. E un uomo del genere sarebbe stato certamente un marito gentile e premuroso. Se un'altra donna le avesse chiesto consiglio in una situazione simile, Juliana l'avrebbe spinta ad accettare la proposta. Anche Eleanor le disse la stessa cosa quando le parlò dell'offerta di Nicholas. «Certo che devi accettare. Ti meriti la vita che vuole darti e lui dimostra di essere un uomo intelligente scegliendoti in moglie.» Juliana sospettava che l'amica non condividesse le sue convinzioni a proposito del sacro vincolo del matrimonio. Eleanor e suo marito sembravano avere una relazione piuttosto strana, più simile a quella tra fratello e sorella che tra coniugi; tra loro c'era sicuramente dell'affetto, ma non la passione. Tuttavia, Eleanor aveva a cuore soltanto il suo interesse, e forse aveva ragione. Quella notte Juliana andò a dormire senza aver preso una decisione e il mattino dopo, quando si sveglio' da un sonno inquieto, non era ancora sicura di quello che sarebbe stato il corso delle sue azioni. Dopo colazione, Eleanor si ritirò a lavorare nel suo studio, come faceva quasi tutti i giorni. Juliana uscì a fare una passeggiata con i bambini e la loro balia, una giovane donna indiana dalla pelle scura che era intimidita dalla sua presenza. Al ritorno, i bambini salirono al piano di sopra per le loro lezioni e lei rimase da sola con i propri pensieri. Avrebbe dovuto andare all'agenzia di collocamento e chiedere se fosse arrivata qualche nuova richiesta, ma non riusciva a decidersi a farlo. Voleva essere in casa quando fosse arrivato Nicholas. Provò a ricamare, ma non riusciva a concentrarsi e, dopo aver disfatto diversi punti, decise di rinunciare. Era ora di prendere una decisione, si disse. Nicholas sarebbe arrivato entro breve e lei doveva dargli una risposta. Doveva ammettere che al momento le sue prospettive non erano buone. Era improbabile che avrebbe incontrato il grande amore della sua vita, e se avesse insistito ad aspettarlo, molto probabilmente non si sarebbe mai sposata e avrebbe trascorso il resto della sua vita alle dipendenze di qualcuno. Non sarebbe stata meglio sposare Nicholas e avere la sicurezza e i vantaggi che il matrimonio comportava? La ragione le diceva di sì, eppure lei non riusciva a rassegnarsi all'idea di un marito che non l'amava e che avrebbe avuto delle relazioni discrete con altre donne. Udì bussare alla porta d'ingresso. Con le mani strette in grembo e l'ansia che le chiudeva lo stomaco, Juliana ascoltò il rumore dei passi che attraversavano il corridoio e pochi istanti dopo Nicholas entrò nella stanza. Si alzò, improvvisamente senza fiato, e gli andò incontro. Lui si chino' a baciarle la mano e quando si rialzo' la guardò dritto negli occhi. «Ebbene?» le domandò, serio in viso. «Hai deciso?» Non poteva farlo, si disse Juliana. Non poteva accettare una vita del genere. Aprì la bocca per dirlo ma, con sua sorpresa, le parole che uscirono furono: «Si, ti sposerò.» Nicholas parve sorpreso quanto lei, poi un sorriso si allargò sul suo volto mentre la prendeva tra le braccia, stringendola a sé. Per un istante Juliana si lasciò andare contro il suo petto. Sarebbe stato facile, in quel momento, credere che il loro fosse un fidanzamento normale e che lui fosse felice perché la donna che amava accettava di sposarlo. Ma non era vero, si disse, e prima si fosse abituata a convivere con quella idea, meglio sarebbe stato. Si scuso', sorridendo un po' imbarazzata. «Ero certo che avrei dovuto darmi da fare per convincerti. Così hai reso tutto più facile» le disse. «Io... era la cosa più sensata da fare» mormorò Juliana. «Presto dovrò recarmi a Lychwood Hall. Che cosa ne diresti se ci sposassimo lì? Per quanto non mi piacciono, sono gli unici parenti che abbiamo.» Juliana annuì. Aveva ben poco desiderio di rivedere i cugini, ma quello sarebbe stato uno dei suoi primi doveri come moglie di Nicholas. Per quanto forte e rispettato fosse diventato, aveva ancora bisogno del suo aiuto per affrontare la famiglia Barre. «Mi procurero' una licenza speciale, così potremo evitare le pubblicazioni. E dobbiamo trovare il tempo per acquistare un nuovo guardaroba per te.» proseguì lui. «Non ce n'è bisogno...» protesto' debolmente lei. «Sciocchezze. Una sposa deve avere un corredo.» «Ma è troppo. Non siamo ancora sposati.» «Devo aspettare dopo la cerimonia, dunque?» le chiese, ammiccando. «Preferisci che ci sposiamo qui e acquistiamo i vestiti prima di recarci alla tenuta?» Juliana sorrise. «Non essere assurdo. Non c'è bisogno di...» «Certo che ce n'è bisogno. Ti sei guardata allo specchio? Non voglio che mia moglie vada in giro vestita come una governante. Voglio che tutto il mondo veda quanto sei bella. Non vorrai che tutti dicano che sono uno spilorcio e che faccio indossare abiti vecchi e tristi a mia moglie, no?» «No, certo che no» mormorò Juliana, a disagio. Le sembrava venale accettare tutti quei doni, come se avesse accettato di sposarlo solo per le sue ricchezze. «Va bene. Compreremo un guardaroba nuovo.» capitolo' infine con un sorriso. Eleanor fu la prima a cui comunicarono la notizia e ne fu deliziata. «Meraviglioso!» esclamò quando seppe che Juliana avrebbe dovuto acquistare degli abiti nuovi. «Cominceremo da Madame Fourcey; i suoi modelli sono di gran moda quest'anno. Si dice che sia la figlia di un aristocratico francese emigrato durante la Rivoluzione.» «Sul serio?» «Non ne ho idea. In realtà, sospetto che sia piuttosto una consumata attrice che viene da Ipswich. Ma quello di cui sono certa è che è una vera artista nel creare modelli. «Bene, allora ci affideremo alla vostra esperienza, signora» le assicurò Nicholas. I tre visitarono il negozio della modista il mattino seguente e Juliana rimase immediatamente affascinata da un vestito esposto su un manichino. Era un abito da ballo di raso color crema, con l'orlo e un piccolo strascico ricamato a motivi floreali in oro. Lo stesso disegno era ripreso intorno alla scollatura. «Vi piace, mademoiselle?» le chiese Madame Fourcey con un marcato accento francese. Sorrise a Juliana. «Sarà perfetto con i vostri occhi e i vostri capelli. Volete provarlo?»

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17 Capitolo ***


Madame Fourcey stava già facendo cenno a un'aiutante di togliere l'abito dal manichino. «Oh, no, io...» mormorò Juliana. «Si, certo» rispose Nicholas; poi si voltò verso di lei e aggiunse ammiccando: «È per questo che siamo venuti.» «Si, certo» ripeté Juliana, arrossendo. Sapeva che si stava comportando da sciocca, ma per tutta la vita aveva dovuto badare a ogni singolo centesimo che spendeva, e non era un'abitudine che si perdeva in pochi giorni. Lasciò che la modista la conducesse nel salottino per le prove sul retro mentre Eleanor si accomodava su un divano di velluto verde, sfogliando una rivista di moda. Madame Fourcey e la sua assistente aiutarono Juliana a togliere l'abito scuro che indossava. La modista lo esamino' e lo mise da parte, scuotendo il capo. «No, no, no, questo colore non fa per voi.» E inclinando il capo aggiunse con un lampo divertito negli occhi: «In effetti, credo che non starebbe bene proprio a nessuno.» Sollevarono l'abito color crema e glielo infilarono delicatamente dal capo, dopodiché Madame Fourcey affretto' a sistemare ogni piega finché non fu soddisfatta del risultato. «Oh, si. È perfetto. Forse un po' corto, ma provvederemo con una piccola balza cucita sotto l'orlo.» Juliana si guardò allo specchio e fu presa da un intenso desiderio di possedere quell'abito. Anche con i capelli raccolti nel solito chignon, non era mai stata cosi bella. I colori crema e oro del vestito mettevano in risalto la sua carnagione e creavano un contrasto perfetto con i capelli scuri. Non si era mai considerata vanitosa, ma non poteva fare a meno di ammirare quello che vedeva riflesso. La modista sorrise. «Vedete? Adesso mostriamolo al vostro...?» «Fidanzato» le venne in aiuto Juliana in un impeto d'orgoglio. Madame Fourcey la condusse nel negozio dove aspettavano Nicholas e Eleanor. Nicholas si alzò vedendola entrare e i suoi occhi scuri brillarono. «Ah. Ecco come devi vestire.» esclamò, soddisfatto. Juliana si sentì scaldare sotto il suo sguardo. Era una sensazione che ormai provava spesso in sua presenza e si chiese se anche lui avvertisse qualcosa di simile quando erano insieme. «È molto costoso» mormorò, anche se ormai non avrebbe rinunciato a dell'abito per nulla al mondo. «Non pensare a queste cose» la rassicuro' Nicholas, avvicinandosi. «Voglio che tu lo prenda. Dopo tutto, sarai mia moglie.» La guardò negli occhi e all'improvviso Juliana capì quanto fosse importante per lui fornirle un corredo di abiti eleganti. Era più di una gentilezza da parte sua, gli faceva piacere, e questo la convinse ad accettare. «Grazie» disse semplicemente. Juliana trascorse la settimana seguente a fare acquisti. Dopo il primo giorno, Nicholas lasciò la faccenda nelle abili mani di Eleanor. Dato che aveva un gusto squisito ed era abituata a maneggiare il denaro, Lady Scarbrough conosceva le migliori modiste, così la condusse di negozio in negozio, dove Juliana provò così tanti abiti che si sentiva girare la testa. Comprarono abiti da giorno in semplice mussola; abiti da sera in preziosi tessuti di seta e batista decorati con fasce di raso o ricami; abiti da passeggio da indossare quando andava in visita e abiti da viaggio di tessuto più resistente per andare in carrozza. Davanti a un abito da cavallerizza in velluto blu, Juliana protesto' dicendo: «Ma non possiedo nemmeno un cavallo!» «Lo avrai presto» le rispose Eleanor. Nel suo guardaroba nuovo c'erano numerosi abiti da ballo, ma per Juliana nessuno era paragonabile al primo che aveva indossato nell'atelier di Madame Fourcey. Alcuni erano in shantung e taffettà di seta, a volte con un piccolo strascico, e tutti avevano ampie scollature che lasciavano intravedere una buona porzione di seno. Ma aveva bisogno anche di biancheria nuova, dalle camicie in morbido cotone alle sottogonne, dalle camice da notte con pizzi e ricami alle vestaglie da camera in broccato e velluto. Poi c'erano i mantelli da indossare sopra gli abiti da sera, le giacche bordate di pelliccia e le redingote. Naturalmente era necessario anche un adeguato numero di calzature, alle quali si aggiunsero una quantità di accessori che si convenivano a una nobildonna, dai graziosi parasole colorati, alle borsette e ai guanti di tutte le lunghezze. La lista degli articoli necessari sembrava non finire mai. Nessun guardaroba, inoltre, poteva definirsi completo senza un assortimento di cappelli. Molti erano abbelliti da piume di struzzo, da grappoli di frutta o da mazzolini di fiori finti. Era un eccesso di ricchezza, e benché fosse divertente, ben presto Juliana cominciò ad averne abbastanza. Dopo tutto, nessuno aveva bisogno di così tanti cappelli, scarpe e accessori. Così, sul finire della settimana, decise di porre fine a quell'orgia di acquisti. Naturalmente molti degli articoli che aveva ordinato dovevano essere fatti a mano. Alcuni vestiti, come l'elegante abito da sera che aveva provato per primo, erano già pronti e richiedevano solo qualche piccola modifica, ma per il resto le modiste presero le misure e promisero che avrebbero spedito gli abiti direttamente a Lychwood Hall una volta pronti. Data l'attività frenetica di quei giorni, Juliana vide raramente Nicholas finché non partirono per Lychwood Hall, una decina di giorni dopo. Riusciva a stento a credere che fosse arrivato il momento quando diede a Eleanor un bacio d'addio prima di salire sulla carrozza in attesa. Lanciò un'occhiata alla vettura, accanto alla quale Nicholas la aspettava per aiutarla a salire, poi tornò a guardare l'amica, assalita da un improvviso attacco di panico. «Oh, Eleanor. Sto facendo la cosa giusta?» mormorò. «Ma certo. È naturale che tu sia emozionata prima delle nozze. È capitato anche a me, e sai che generalmente non sono un tipo emotivo.» le rispose con un sorriso. «Ma lo conosco appena. Non ci siamo mai visti per quindici anni e siamo praticamente degli estranei...» riprese Juliana. Eleanor le strinse la mano. «Sai bene che sei sempre la benvenuta in casa mia. Se ti sembra di affrettare troppo le cose, prenditi un po' di tempo. Sono sicura che Nicholas ti aspetterà. Potresti venire in Italia con Edmund e me, e potrai sposarlo quando torneremo, se te la senti.» Le parole dell'amica furono il perfetto antidoto a tutte le sue paure. Davanti alla possibilità di rimandare le nozze, si tirò indietro, rendendosi conto che nonostante tutte le sue insicurezze, quello che voleva davvero era sposare Nicholas. Sorrise e strinse la mano di Eleanor. «No, preferisco non rimandare. Hai ragione tu; è solo l'emozione di iniziare una nuova vita. Vorrei solo che ci fossi anche tu alla cerimonia.» «Lo vorrei anch'io. Se non avessimo già i biglietti per la nave...» «Lo so. Non dovete rimandare il vostro viaggio» disse, senza accennare al fatto che la tosse di Sir Edmund peggiorava di giorno in giorno. Con un ultimo abbraccio, Juliana si separò dall'amica e si avviò verso la carrozza. Nicholas la prese per mano e la aiutò a salire, poi si voltò a fare un inchino a Eleanor prima di prendere posto all'interno della vettura. Si accomodo' sul sedile di fronte a Juliana, visto che sarebbe stato considerato sconveniente che un gentiluomo sedesse accanto a lei se non era il marito o un parente stretto. La carrozza partì e Juliana si sistemo' sui soffici sedili imbottiti. «È una carrozza molto bella» disse, un po' a disagio nel trovarsi da sola con lui. «Sono contento che ti piaccia. È tua» le rispose Nicholas. «Mia?» Juliana lo guardò, stupita. Lui si strinse nelle spalle. «Un calesse va bene per uno scapolo, ma una signora ha bisogno di una carrozza chiusa.» Juliana esploro' con lo sguardo l'elegante abitacolo, ancora sorpresa. Nicholas aveva ragione. Lady Barre non poteva recarsi in visita con un calesse. Eppure non poteva fare a meno di pensare che tutti quegli acquisti indicavano qualcosa di più di una semplice attenzione a quello che si addiceva alla loro posizione sociale.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18 Capitolo ***


Il gusto con cui Nicholas aveva scelto la sua carrozza denotava una certa cura per i particolari. Passò una mano sui sedili di pelle, squisitamente morbidi. Si stava solo illudendo che Nicholas tenesse a lei più di quanto si rendesse conto?,si domando'. Lo guardò. Le linee decise del suo volto sembravano più dolci del solito e i suoi occhi erano pieni di calore. Posò lo sguardo sulle sue labbra e ricordò il bacio che si erano scambiati pochi giorni prima. Al solo pensiero, sentì un brivido caldo scorrerle lungo la schiena. Si affretto' a guardare altrove, augurandosi che lui non avesse intuito quello che le passava per la mente. «Grazie. Sei molto generoso con me.» mormorò. «Mi fa piacere. C'è un limite alle cose che un uomo può comprare per se stesso.» replicò lui con semplicità. «Ci sono molte persone che non se ne rendono conto, sai?» replicò in tono scherzoso Juliana. «L'ho notato.» La carrozza procedeva lentamente attraverso le strade di Londra, ma per fortuna il traffico diminuì a mano a mano che si allontanavano dalla città. Lychwood Hall si trovava tra le colline del Kent e il viaggio non era lunghissimo. A qualcuno sarebbe potuto sembrare strano che Nicholas non avesse ancora visitato la casa dei suoi antenati, pensò Juliana, ma lei capiva benissimo la sua riluttanza. La loro comprensione reciproca era forse il motivo principale per cui desiderava sposarla. Lei era la sola persona al mondo che sapeva perché gli fosse così difficile rimettere piede in quella vecchia tenuta. Aveva assistito di persona a tutti gli sforzi che gli zii avevano fatto per spezzare la volontà del piccolo Nicholas: tutte le volte che era stato spedito in camera sua senza cena, le bacchettate somministrate nello studio di Trenton Barre e, forse peggio di tutto il resto, la mancanza di amore per un piccolo orfano. Da bambina, Juliana era confusa dal modo in cui i Barre trattavano Nicholas. Ora capiva che era stata la gelosia a guidare le azioni di zio Trenton, l'invidia che provava all'idea che quel ragazzino avrebbe ereditato un giorno la tenuta e il titolo che lui agognava. Non riusciva a perdonarlo per questo. Invece dell'amore che avrebbe dovuto dare al figlio del fratello, gli aveva offerto solo solitudine e disprezzo. Nicholas aveva avuto soltanto lei e l'amicizia segreta dei domestici e dei fittavoli. La rattristava pensare che forse era l'unica persona con cui lui poteva condividere parte della sua fortuna. Lo guardò e vide che fissava la campagna con espressione impenetrabile. Si chiese a che cosa stesse pensando mentre tornava alla sua vecchia casa. «Sarà strano rivedere la tenuta. Sono più di otto anni che non vengo qui.» osservò. Nicholas si voltò a guardarla. «Io credo che la troverò fin troppo familiare.» «Forse hai ragione» convenne Juliana. «Che cosa hai intenzione di fare?» gli chiese dopo una pausa. «Darò un'occhiata ai libri e alle terre, immagino, valutando qualsiasi problema possa esserci. Crandall ha preso in mano l'amministrazione dopo la morte di suo padre, ma devo ammettere che ho qualche dubbio sulle sue capacità.» «Forse è cambiato.» «Forse.» «Lascerai che continuino a vivere lì?» Le rispose con un sorriso malizioso. «Ti confesso che mi darebbe una bella soddisfazione mandarli via. Comunque, non ho intenzione di trasferirmi lì. Quella casa è troppo triste e severa. Credo che passeremo la maggior parte del nostro tempo a Londra o nella casa dei miei genitori in Cornovaglia. Sarebbe meschino sfrattare zia Lilith e Crandall, non credi?» Juliana gli sorrise. «È vero, sarebbe meschino, e io sono felice che tu non lo sia. Lilith e Crandall non piacciono nemmeno a me, pero...» «Però hai un cuore tenero» concluse Nicholas. «Come te.» «No. È solo che non vedo motivo di creare inutili frizioni.» Si fece scuro in volto. «Non posso dire che mi comporterei nello stesso modo se zio Trenton fosse ancora vivo.» «Era un uomo malvagio. Ho sempre avuto paura di lui. Aveva degli occhi gelidi; non ho mai avuto il coraggio di sostenere il suo sguardo come facevi tu.» «Ti assicuro che spesso mi tremavano le ginocchia» le confidò Nicholas. «Ma non volevo dargli la soddisfazione di fargli vedere che avevo paura. La mia era pura testardaggine, non coraggio.» «Bene, in questo caso spero di essere abbastanza testarda da tornare in quella casa.» Nicholas la guardò con sguardo ansioso. «Ti preoccupa così tanto? Non ci ho pensato... non era necessario che venissimo.» «No, io credo che sia necessario invece... per te. Non è così?» Lui non rispose subito. «Sì, in un certo senso, ma tu avresti potuto rimanere a Londra. Non siamo costretti a sposarci lì.» «Probabilmente è importante per me quanto per te, solo che ancora non me ne rendo conto. E in ogni caso i miei ricordi non sono terribili come i tuoi. Comunque sono contenta che tu non abbia intenzione di vivere lì. Credo che la casa in Cornovaglia sia preferibile.» Nicholas si illumino'. «Vedrai, è una casa bellissima... o almeno lo era. È caduta in rovina in mia assenza, ma ho dato inizio ai lavori di restauro. Dovrebbe essere pronta tra pochi mesi. Fino a quel momento resteremo a Lychwood Hall.» «Da bambino vivevi in Cornovaglia, vero?» Lui annuì. «La casa si trova su una scogliera di fronte all'oceano. Dai piani alti si gode una vista stupenda.» «Ricordo che ne avevi nostalgia» mormorò Juliana. «Credo che più di tutto mi mancasse l'oceano. Avevamo una barca e mio padre mi aveva insegnato a navigare. Era la mia attività preferita.» «Fu lì che andasti quando lasciasti Lychwood Hall?» Lui annuì. «Non nella casa. Era il primo posto dove Trenton mi avrebbe cercato. Ma andai in Cornovaglia; conoscevo delle persone che potevano ospitarmi e potevo lavorare sulle barche.» «Come pescatore?» «Tra le altre cose» rispose Nicholas. Guardò fuori dal finestrino, poi riportò lo sguardo su di lei. «Anche come contrabbandiere. A questo proposito le storie che girano sul mio conto sono vere. Si guadagnava bene ed era un buon modo per nascondermi dallo zio. Le persone che avrebbero potuto tradirmi avevano paura dei contrabbandieri.» «Quindi importavi merce dalla Francia?» «Si, soprattutto brandy e vino.» «E hai fatto anche la spia?» gli chiese. »Si. Quando arrivai ad avere un'imbarcazione mia, trasportavo spie avanti e indietro dalla Francia, altre volte riportavo solo informazioni. Di solito non ero io a spiare. Mi sarebbe stato difficile assentarmi per mesi.» Aggiunse con un'alzata di spalle. «Di solito? Vuoi dire che qualche volta sei rimasto in Francia per raccogliere informazioni?» «In un paio di occasioni. Una volta quando le comunicazioni si interruppero e avevano bisogno di sapere che cosa era successo. Mi pagarono bene per il tempo perso. E più tardi, quando avevo già deciso di chiudere la mia attività.» Le sorrise. «Cosi, come puoi vedere, anche queste storie sono vere. Non sono un tipo raccomandabile; forse dovresti ripensarci prima di sposarmi.» «Hai fatto la spia per conto dell'Inghilterra.» «Sì, non ero abbastanza privo di scrupoli per farlo per il nemico.» «Allora sei un patriota. E il contrabbando ti serviva come copertura.» «L'avrei fatto comunque» replicò in tono piatto. «E mi pagavano bene; l'ho fatto per denaro, non per patriottismo.» «Di' pure quello che vuoi, ma non mi convincerai di essere privo di scrupoli» gli rispose con un sorriso. Nicholas la guardò ammiccando. «A volte credo che tu sia testarda quanto me.» «Forse è proprio così.» «Solo non aspettarti troppo» riprese in tono più serio. «Non vorrei che rimanessi delusa.» «No.» Juliana non si soffermo' a pensare se la sua risposta si riferisse alle sue aspettative o alla possibilità di restare delusa, e lui non glielo chiese. Il resto del viaggio trascorse piacevolmente. A volte chiacchieravano, ma erano ugualmente a loro agio quando stavano in silenzio.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 19 Capitolo ***


Era strano quanto fosse facile stare insieme e Nicholas anche dopo tanti anni, pensò Juliana. Eppure c'erano dei momenti in cui, all'improvviso, guardando il suo profilo o il modo in cui il sole faceva scintillare i suoi capelli corvini, quello che provava era qualcosa di completamento diverso. Una sorta di eccitazione che la lasciava senza fiato, un desiderio profondo che la spingeva a distogliere lo sguardo e la faceva arrossire. Era in quei momenti che ripensava al suo bacio e che si chiedeva se sarebbe successo ancora. Si fermarono a mangiare in una locanda lungo la strada e nel pomeriggio, quando ripresero il viaggio, Juliana si appisolo', cullata dal dondolio monotono della carrozza. Quando si sveglio', era già tramonto. «Siamo quasi arrivati» le disse Nicholas. Juliana si raddrizzo' e guardò fuori dal finestrino. La campagna aveva un aspetto familiare e si rese conto che si stavano avvicinando al villaggio. Lychwood Hall si trovava all'altra estremità dell'abitato. Si liscio' le gonne con gesti nervosi, quindi rimise i guanti e il cappello che aveva tolto per il viaggio. Guardò Nicholas e lui le rivolse un lieve sorriso. «Non essere nervosa. Se ti offendono li caccero' via» Lei ricambio' il sorriso. «Non è di loro che ho paura. È... non lo so. Mi sembra di cominciare una nuova vita.» «È così.» Superato il villaggio, imboccarono una strada fiancheggiata da siepi, che dopo un po' cedettero il passo a due filari di platani. In fondo si intravedeva la casa, con la facciata perfettamente simmetrica, alleggerita da quattro timpani e grandi finestre separate da colonnine divisorie; una terrazza coperta faceva il giro della casa, e al centro della facciata c'era un gigantesco portale in cima al quale spiccava lo stemma dei Barre. Lychwood Hall era una casa elegante, eppure c'era qualcosa di freddo nella sua perfezione classica, pensò Juliana quando la carrozza si fermò. Li accolse il maggiordomo, Rundell, un uomo imponente, con una corona di capelli che gli correva da un orecchio all'altro e la sommità del capo completamente calva. Dirigeva il personale di quella casa sin da quando Juliana era arrivata a Lychwood Hall, vent'anni prima. Il suo portamento era rimasto immutato, solo i capelli erano diventati più bianchi e radi. Si inchino' a Nicholas dicendo: «Bentornato a casa, signore. Miss Holcott. Vi prego di accettare le mie felicitazioni.» «Grazie, Rundell.» Nicholas gli porse i guanti e il cappello e il maggiordomo li passò a un valletto. «Immagino che vorrete vedere subito Mrs. Barre, signore. Poi, se permettete, mi piacerebbe presentarvi la servitù.» «Ma certo.» Juliana era sicura che sarebbe stato più piacevole l'incontro con i domestici che non quello con la famiglia, ma non poteva fare a meno di chiedersi se l'atteggiamento dei Barre nei confronti di Nicholas sarebbe cambiato, date le circostanze. Prendendo sottobraccio Nicholas, si avviò al suo fianco lungo il corridoio, sulla scia del maggiordomo. Rundell aprì la porta del soggiorno più elegante, che veniva usato di rado, e li introdusse nella stanza. C'erano quattro persone. Uno era un uomo che Juliana non aveva mai visto, un individuo di corporatura media, con lunghi capelli castani scompigliati come voleva la moda resa popolare qualche anno prima da Lord Byron. Aveva un volto gradevole, anche se difficilmente classificabile, e occhi leggermente più chiari dei capelli. Stava in piedi accanto alla finestra con aria annoiata e quando li vide entrare si voltò a guardarli con interesse. Le altre tre persone erano donne, due sedute sul sofà e una sulla poltrona di fronte. La più anziana era Lilith Barre. A una prima impressione non sembrava cambiata molto dall'ultima volta che Juliana l'aveva vista, nove anni prima. I suoi capelli biondo chiaro, acconciati con eleganza, erano striato di grigio, ma il viso e le mani erano stati risparmiati dalle rughe grazie alle assidue applicazioni di lozioni e creme e alla sua abitudine di indossare sempre guanti e cappelli a tesa larga ogni volta che usciva. Era in buona forma fisica e questo era dovuto probabilmente alla sua passione per l'equitazione. Adorava i cavalli, le uniche creature per cui provava qualcosa di simile all'affetto, e possedeva sia un cavallo da caccia che una giumenta per cavalcare nella tenuta. «Mrs. Barre.» Il maggiordomo si inchino' a Lilith. «Lord Barre e Miss Holcott sono arrivati.» «Sì, lo vedo. Accomodatevi, prego.» Lilith si alzò e cammino' verso di loro con portamento regale, senza mostrare traccia di calore né di disagio. «Lord Barre. Miss Holcott.» Avrebbero potuto essere due persone che non aveva mai visto in vita sua, pensò Juliana. «Prego, sedete. Sarete stanchi per il viaggio. Rundell, portate il tè per favore.» Si voltò verso le altre due donne. «Naturalmente conoscete Lady Seraphina Lowell-Smythe, e permettete che vi presenti Mrs. Winifred Barre, la moglie di mio figlio Crandall. Purtroppo Crandall non ha potuto essere qui ad accogliervi perché è fuori casa per affari che riguardano la tenuta.» Seraphina era cambiata più di sua madre, pensò Juliana mentre la cugina si alzava per salutarli. Con gli anni la sua figura si era appesantita in un modo che nemmeno gli abiti ricercati erano in grado di nascondere. I capelli erano acconciati in un'elaborata corona di riccioli, trattenuta da un nastro blu uguale a quelli che adornavano l'abito bianco. L'orlo e le maniche, come pure la scollatura, erano ricamati a fiorellini gialli e blu e uno scialle di garza trasparente le copriva braccia e spalle. Sul corpetto era appuntata una spilla con un cammeo, e un paio di orecchini di corallo le pendevano dai lobi delle orecchie. Una collana e diversi braccialetti d'oro completavano l'insieme. «Juliana! Nicholas!» esclamò sorridendo. Bacio' su entrambe le guance la cugina come se fosse la sua migliore amica, nonostante il fatto che non si vedevano da nove anni e che non era stata particolarmente legata a loro nemmeno quando erano bambini. «Come sei elegante!» Valuto' con una punta d'invidia la figura alta e slanciata di Juliana, avvolta nell'abito da viaggio blu, poi si voltò verso la donna che stava qualche passo dietro di lei. «Winnie, non essere timida.» L'altra sorrise e fece la riverenza a Juliana e a Nicholas. «Signore. Miss Holcott.» Bionda con gli occhi azzurri, come Seraphina, era completamente diversa da lei per quanto riguardava l'atteggiamento e il modo di vestire. Indossava un semplice abito a pois e gli unici ornamenti erano un filo di perle al collo e la fede nuziale. Giovane, con un sorriso dolce e l'aria timida, non sembrava il tipo di donna che avrebbe potuto sposare Crandall, pensò Juliana. O forse solo una donna come lei sarebbe stata capace di stare al suo fianco, si corresse. «E questo è il marito di Seraphina» concluse zia Lilith, facendo un cenno verso l'uomo alla finestra, che solo allora si fece avanti per stringere la mano ai nuovi arrivati. «Sir Herbert Lowell-Smythe. Seraphina e Sir Herbert si fermeranno in visita per l'estate.» A Juliana parve strano che scegliessero quel periodo per far visita alla famiglia, dato che la stagione mondana londinese era in pieno svolgimento. Stando a quanto ricordava, Seraphina aveva sempre trovato monotona la vita a Lychwood Hall e sognava il giorno in cui avrebbe potuto partecipare a tutti i ricevimenti e i balli della capitale. Dato che ora era una donna sposata, la sua vita non era più legata alla tenuta come lo era quella di sua madre. L'unica spiegazione, pensò, era che fosse stata la curiosità di vedere il nuovo Lord Barre a spingerla a lasciare Londra. Sir Herbert salutò Juliana e Nicholas in modo amichevole, informandosi del viaggio. Tutti fecero qualche commento sul tempo e sull'aspetto immutato del villaggio, dopo di che la conversazione si esauri'.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 20 Capitolo ***


«Bene» disse zia Lilith dopo un lungo momento di silenzio. «Immagino che vorrete rinfrescarvi prima di cena.» «Sì, grazie» rispose Juliana, cogliendo prontamente la scusa. «Molto bene. Chiamerò Rundell.» Il maggiordomo rispose così in fretta che Juliana sospetto' che stesse origliando. Accompagnò lei e Nicholas ai piedi delle scale, dove trovarono ad attenderli una fila di domestici in uniforme. Juliana ricordò che Rundell aveva proposto a Nicholas di presentargli la servitù e gemette dentro di sé davanti a quel nuovo impegno prima di potersi sdraiare su un letto. Mrs. Pettibone, la governante» annunciò il maggiordomo, partendo dall'inizio della fila, dove stava impettita una donna di mezza età, vestita severamente di nero, con un grembiule bianco e una cuffia inamidati; alla vita le pendeva un enorme mazzo di chiavi, simbolo della sua funzione. Mrs. Pettibone fece una compassata riverenza e il maggiordomo proseguì con gli altri domestici, presentando prima il cuoco, poi i valletti e le cameriere e così via, fino all'ultima sguattera. Era un vero esercito di domestici. Per la prima volta Juliana pensò che presto sarebbe stata lei a comandare quella schiera e che non aveva alcuna esperienza. Sperava solo che la fiducia di Nicholas nelle sue capacità fosse ben riposta. Non voleva fare brutta figura, con Lilith che la osservava, e si rendeva conto che probabilmente la servitù sarebbe stata fedele alla vecchia padrona dopo tanti anni di servizio. Non era mai facile quando la gestione di una casa passava da una mano all'altra, e quella non era certo la situazione migliore. Dopo le presentazioni, furono condotti finalmente nelle loro stanze. Una volta sola, Juliana si lasciò cadere sul letto e rimase a lungo a fissare le tende di broccato del baldacchino. Il letto era di legno di noce intagliato e la testiera, sospesa tra le colonne, era rivestita di un tessuto verde scuro e oro che si accordava con i pesanti tendaggi. Data la magnificenza di quella camera, pensò, chissà com'era spaziosa ed elaborata quella padronale. Si chiese se quello fosse stato il letto di Lady Barre, o se Lilith glielo avesse assegnato allo scopo di impressionarla. Bene, ci voleva ben altro per intimidirla, si disse. Si mise a sedere e si guardò intorno, osservando i particolari che sulle prime non aveva notato. La stanza, grande e arredata con lusso eccessivo, aveva una serie di finestre che si affacciavano a sud. I cuscini di una chaise longue che sembrava molto comoda riprendevano i colori del letto e anche le tende ai lati delle finestre erano di velluto verde. Un enorme armadio e una cassettiera per la biancheria, oltre a un comò in legno di noce, fornivano sufficiente spazio per i vestiti. C'erano anche un tavolino da toilette con specchio e una sedia, un piccolo scrittoio e un tavolino rotondo accanto al letto. Era una camera decisamente lussuosa per una donna abituata a risparmiare ogni penny e di nuovo Juliana si chiese se fosse proprio quella la reazione che voleva provocare in lei zia Lilith. Su una delle pareti si apriva una porta e Juliana si avvicinò, incuriosita. La chiave era nella serratura e quando la girò si ritrovò in un'altra stanza. Udendo dei passi, richiuse rapidamente la porta. Evidentemente la sua stanza comunicava con l'altra, probabilmente quella di Nicholas. Era abbastanza comune negli ambienti dell'aristocrazia che i coniugi disponessero di camere adiacenti. Si allontanò, imbarazzata, evitando di pensare a quali possibilità apriva quella sistemazione. Pochi minuti dopo udì bussare alla porta e due valletti entrarono con i suoi bagagli. Erano seguiti dalla sua nuova cameriera, una giovane di nome Celia che era stata la cameriera personale di Eleanor. Vedendo che tentennava di fronte alla prospettiva di accompagnarla in Italia, Eleanor aveva suggerito a Juliana di assumerla e lei ne era stata ben contenta. Celia era molto brava nell'acconciare i capelli e con tutti gli abiti nuovi che aveva acquistato, Juliana aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse a tenere in ordine il guardaroba. Anche Celia e il valletto di Nicholas, Roberts, erano partiti da Londra quel mattino, ma erano arrivati più tardi perché viaggiavano con la carrozza che trasportava i bagagli. Subito la giovane donna si diede da fare a sistemare i vestiti di Juliana, aiutata da una delle cameriere della casa, e in poco tempo ogni cosa fu accuratamente riposta negli armadi. Juliana scelse con cura il vestito da indossare quella sera. Dato che era la prima cena con la famiglia di Nicholas, voleva essere impeccabile. Una giovane non sposata doveva vestire di bianco e anche se lei non si sentiva più così giovane, decise che in quell'occasione sarebbe stato meglio seguire le regole. Così indossò un abito di seta bianco, dal disegno semplice ma elegante, con appena un accenno di strascico che metteva in risalto la sua figura slanciata. L'unica decorazione era un largo nastro blu scuro che correva sotto il seno e Celia ne usò un altro dello stesso colore per acconciarle i capelli. Nonostante la semplicità, chiunque si intendesse di moda avrebbe riconosciuto immediatamente il lavoro di un'abile modista. Quando Celia ebbe finito di acconciarle i capelli e le porse il ventaglio, Juliana si sentì sicura di apparire al meglio. Uscì in corridoio e guardò involontariamente la porta della stanza accanto. In quello stesso istante Nicholas uscì con una scatoletta in mano. Sollevò lo sguardo e quando vide Juliana, il suo volto si illumino' di un sorriso. «Juliana. Stavo venendo da te.» Si fermò a guardarla. «Sei incantevole.» Il suo sguardo era pieno di calore e lei si sentì lusingata dal suo apprezzamento. «Grazie» mormorò. «Volevo mostrarmi all'altezza di essere... tua moglie.» «Sono io che non ti merito, te l'assicuro le rispose lui. «E nemmeno quegli avvoltoi che ci aspettano di sotto.» Juliana fece una breve risata. «Non è gentile da parte tua.» «È la verità e lo sai anche tu. E spero che tu sappia anche quanto sei bella.» La sua voce bassa e un po' roca le trasmise un brivido, come se l'avesse sfiorata. Juliana non sapeva dove posare lo sguardo e si chiese se Nicholas fosse consapevole dell'effetto che aveva su di lei. «Ho un pensiero per te» disse lui, porgendole la scatoletta che aveva in mano. «Che cos'è?» Juliana la prese, guardandolo con aria interrogativa. «Aprila e lo saprai.» Sollevò il coperchio e rimase senza fiato. Dentro c'era un filo di perle dalla luce perfetta. «Nicholas! Sono stupende!» «Allora sono fatte apposta per te. Vieni, provale.» Prese la collana dall'astuccio di velluto e aprì il fermaglio. «Ma un dono così prezioso... non posso accettarlo.» «Certo che puoi. Sei la mia fidanzata. È perfettamente naturale ed Eleanor mi ha assicurato che le perle sono il regalo appropriato finché non saremo sposati. Poi credo che andrebbero bene... ehm... degli zaffiri, che ne dici? Almeno con questo vestito.» «Nicholas...» Juliana lo guardò in viso. Aveva ragione, naturalmente. Le perle erano adatte a una donna non sposata ed era consuetudine che un fidanzato facesse un regalo di nozze alla promessa sposa. Si era forse illusa che quel dono avesse qualche altro significato? Nicholas si avvicinò, con la collana in mano. Juliana era acutamente consapevole della sua presenza; il respiro le si fermò in gola. Sentì le sue dita che le sfioravano il collo mentre le allacciava la collana e avvertì un brivido correrle lungo la spina dorsale a quel contatto. Il fermaglio si chiuse con uno scatto; Nicholas allontanò la mano e gliela posò sulla spalla, fissandola con sguardo intenso. Juliana avrebbe potuto perdersi in quelle pozze scure, doveva solo lasciarsi andare e... Ondeggio' leggermente e lui chino' il capo. Il suo viso era sempre più vicino. Con un brivido di anticipazione, Juliana chiuse gli occhi. Li riapri' di scatto al rumore di una porta che si apriva sul corridoio.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 21 Capitolo ***


Nicholas indietreggio' nello stesso istante, voltandosi con lei verso la fonte del rumore. Sir Herbert uscì dalla sua camera, diretto verso le scale. Sorrise e fece un cenno di saluto. «Salve. Pronti per la cena?» disse in tono gioviale, fermandosi un istante. «Seraphina ci metterà ancora un po', temo.» Rivolse a Nicholas un sorriso di complicità e aggiunse: «Scoprirete presto quanto tempo impiegano le donne a farsi belle, amico mio.» Juliana si sforzo' di sorridere, anche se in quel momento i suoi sentimenti per Sir Herbert non erano proprio amichevoli. Ma a quel punto non c'era altro da fare che seguirlo in sala da pranzo. Gli altri erano riuniti in una piccola saletta, separata da porta scorrevoli dalla sala da pranzo. I pannelli in legno di noce potevano essere aperti per rendere più ampia la stanza in occasione di cene importanti, ma normalmente la saletta veniva usata per gli aperitivi. Lilith sedeva impettita, sorseggiando un bicchiere di sherry. Winifred aveva preso posto su una poltrona accanto; anche lei teneva in mano un bicchiere di sherry, ma dal modo in cui lo stringeva sembrava che il fragile stelo potesse spezzarsi da un momento all'altro. Lanciava occhiate nervose al marito, che stava in piedi accanto al mobiletto dei liquori; a giudicare dal suo aspetto, doveva essere già al secondo o terzo bicchiere. Quando i tre entrarono nella stanza, Crandall si voltò verso di loro con uno sguardo così bellicoso che Juliana istintivamente si strinse a Nicholas. «Bene, bene. «Ecco il figliol prodigo.» disse in tono sarcastico. «Crandall» rispose Nicholas in tono incolore. Il cugino lo fissò un istante con aria arrogante, poi posò lo sguardo su Juliana. «E la piccola Juliana» disse con un inchino formale, che fu rovinato in parte dal fatto che barcollava e che dovette appoggiarsi al mobile dei liquori. «A quanto pare hai trovato quello che cercavi.» «Vedo che non sei cambiato affatto, Crandall» osservò Juliana in tono asciutto. La sua affermazione era vera per quanto riguardava la personalità, ma l'aspetto di Crandall aveva subito un notevole declino in quei nove anni. Per quanto lo detestava, Juliana sapeva che un tempo molte delle amiche di Seraphina l'avevano trovato attraente. Aveva gli occhi e i capelli nocciola ed era alto quanto Nicholas e suo padre, con lo stesso viso dagli zigomi scolpiti e folte sopracciglia scure. Tuttavia gli anni avevano appesantito la sua figura e reso flaccide le guance. Indossava una giacca da sera con pantaloni al ginocchio e il suo viso spuntava gonfio come quello di un rospo dal fazzoletto da collo. Solo a guardarlo, Juliana si sentì accapponare la pelle. Non poteva fare a meno di ripensare all'ultima volta che era stata a Lychwood Hall: Crandall l'aveva intrappolata contro la libreria, tenendola ferma con il peso del proprio corpo e stringendole i polsi; ricordava ancora gli spigoli degli scaffali contro la schiena mentre cercava di tenerlo a distanza. Aveva bevuto troppo anche quel giorno e il suo fiato puzzava di whisky. Rammento' con soddisfazione la ginocchiata molto poco signorile che gli aveva dato all'inguine, un gesto che l'aveva fatto allontanare, stringendosi le mani sulla parte colpita e imprecando contro di lei. Il giorno dopo Juliana aveva fatto pressione su Lilith perché le scrivesse una lettera di raccomandazioni ed era partita per Londra. «Non posso dire lo stesso di te, mia cara. Sei sempre più bella.» Replicò Crandall, scrutandola con sguardo lascivo. Juliana sentì Nicholas irrigidirsi al suo fianco e gli strinse le dita sul braccio, lanciando un'occhiata a Lilith in cerca di aiuto. Fu sorpresa nel vedere lo sguardo glaciale che lanciava al figlio e si chiese se avesse cominciato finalmente a vedere Crandall per quello che era. Vedendo che la suocera non si muoveva, Winifred si alzò e si avvicinò al marito, posandogli una mano sul braccio. «Crandall, caro, perché non vieni a sederti accanto a me?» Lui la guardò con malcelato disprezzo. «Per annoiarmi a morte?» Winifred chino' il capo, arrossendo, e Juliana provò un moto di simpatia nei suoi confronti. Fu Sir Herbert a spezzare quel momento di imbarazzo. «Non essere scortese, Crandall» disse avvicinandosi a Crandall e a sua moglie. «Perché non mi versi un Whisky? Lord Barre?» Poi si voltò verso Nicholas e Juliana. «Sherry, Miss Holcott?» «Sì, grazie» rispose Juliana, avvicinandosi a Winifred. «Venite a sedervi con me, Mrs. Barre, così potremo fare conoscenza.» La donna le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. «Vi prego, chiamatemi Winnie. Mrs. Barre mi fa sentire così vecchia...» Arrossi' nuovamente e lanciò uno sguardo a Lilith, rendendosi conto che le sue parole erano offensive nei confronti della suocera. «Volevo dire...» «È così formale, in effetti. So quello che volete dire» mormorò Juliana. «Raccontatemi come avete conosciuto Crandall. Non siete di queste parti, vero?» «Oh, no. Vengo dallo Yorkshire. Crandall, che era amico di uno dei figli del conte, era venuto in visita a Brackenmore. Io non avevo ancora debuttato in società, ma mia madre mi lasciò partecipare al ballo dei Brackenmore.» Sorrise e i suoi occhi brillarono di emozione al ricordo. «Ebbene, Crandall mi invitò a ballare e...» Juliana poteva immaginare il resto. Winifred, giovane e ingenua, era rimasta affascinata dal ballo e dalle attenzioni di quello che doveva apparirle come un giovane londinese alla moda. E si era innamorata perdutamente di Crandall. Ora, a distanza di anni, Juliana sospettava che il marito avesse perso molto del suo fascino agli occhi della poverina. Provava pena per lei, una giovane donna venuta a vivere in quella casa fredda, con un marito come Crandall e una suocera altezzosa come Lilith. Mentre Winifred le parlava della sua vita nello Yorkshire, si fece l'idea di una giovane di buona famiglia ma non particolarmente ricca. Di certo i suoi genitori erano rimasti affascinati dalla possibilità di imparentarsi con i Barre e probabilmente Lilith li considerava socialmente inferiori. Non le era ancora chiaro perché Crandall avesse voluto sposare una donna così timida e dolce. Indubbiamente doveva essere stata piuttosto graziosa e forse più vivace prima di andare a vivere a Lychwood Hall, ma le era comunque difficile immaginare Crandall innamorato. Forse aveva intravisto l'opportunità di avere una moglie da vessare senza correre il rischio di ritorsioni. O più probabilmente, conoscendo le sue inclinazioni, era stato scoperto a sedurre la giovane e costretto a sposarla dalla famiglia di lei. «Oh, Dio!» La voce di Seraphina attirò tutti gli sguardi verso di lei. Entrò nella stanza con un sorriso smagliante. «Sono di nuovo l'ultima?» «Come sempre» commentò Crandall. «Ma come sempre, l'attesa valeva la pena» disse Sir Herbert in tono galante, facendosi avanti per prendere la mano della moglie e portarsela alle labbra. «Sì, hai un bell'aspetto» convenne Lilith. «Posso dire a Rundell che siamo pronti per la cena?» Si alzò per suonare. Crandall ingoio' in un sorso il resto del suo whisky prima di seguire gli altri in sala da pranzo. Lilith gli lanciò un'occhiata di fuoco. Crandall si avvicinò alla sorella. «Begli orecchini, Sera» disse, sfiorando i pendenti di rubini. «Sono nuovi?» Aveva un tono scherzoso e i suoi occhi ammiccavano come se fosse un gioco che solo loro potevano capire. Seraphina gli lanciò un'occhiata fulminante. «Certo che no, Crandall, non dire sciocchezze. Appartengono alla famiglia di Sir Herbert da anni.» In quel momento Rundell comparve sulla soglia per annunciare che la cena era servita. Juliana si auguro' che il cibo facesse passare la sbronza di Crandall, ma ben presto si rese conto che era una vana speranza. Immediatamente lui fece cenno a uno dei camerieri di riempirgli il bicchiere di vino e continuò a bere per tutto il pasto. Continuò anche a comportarsi in modo odioso, facendo commenti sarcastici su tutti i presenti e imprecando contro il cameriere che non era abbastanza sollecito nel riempirgli il bicchiere. Persino sua madre lo rimprovero' con una certa asprezza per ricordargli le buone maniere, ma ricevette in risposta solo un'occhiata sprezzante. «Le buone maniere? Oh, sì, questo è tutto quello che conta per te, non è così? Dobbiamo fingere di essere educati e civili anche se siamo immersi nel fango fino al collo, vero?» Fece un sorriso sarcastico. «Crandall, davvero...» «Dobbiamo starcene seduti qui come se fossimo felici che Nicholas sia venuto a portarci via tutto.» Crandall abbraccio' con un gesto tutti i presenti. Juliana si guardò intorno. Winifred, seduta accanto al marito, teneva lo sguardo chino sul piatto. Sir Herbert osservava Crandall con un'espressione colma di disgusto e Seraphina faceva del suo meglio per evitare di guardare il fratello. La bocca di Lilith era stretta in una linea sottile e anche lei evitava lo sguardo del figlio. Nicholas invece sembrava rassegnato. «Crandall... Ti consiglio di smettere, prima di dire qualcosa che potresti rimpiangere domani.» disse con tono pacato. «Rimpiangere?» replicò l'altro con voce impastata dall'alcol e dalla collera. «L'unica cosa che rimpiango è che tu sia qui a prendere il posto che avrebbe dovuto essere mio.» «Tuo?» Nicholas inarco' un sopracciglio. «Sì, mio!» Crandall sporse il capo in avanti con aria minacciosa. «Chi è rimasto qui a prendersi cura della terra in tutti questi anni? Non certo tu, né tuo padre, che se n'è andato in Cornovaglia per poter passare la vita navigando. No, è stato mio padre che è rimasto e si è preso cura della proprietà. E dopo di lui io; è a me che insegnò ad amministrarla. Io avrei dovuto ereditare Lychwood Hall, non un avventuriero come te!» L'espressione di Nicholas non cambiò mentre ribatteva con calma: «È chiaro che tuo padre ha sbagliato ad allevarti come se fossi l'erede, quando non potrai mai esserlo, fintanto che io sono vivo.» «È un vero peccato che tu lo sia ancora!» «Ti sbagli» replicò Nicholas con un sorriso gelido. «Non è stata la fortuna a salvarmi, bensì i miei riflessi pronti.» Crandall contorse il viso in una smorfia e scattò in piedi, facendo cadere la sedia con un tonfo. «Maledizione a te! Avresti dovuto essere morto anni fa!» Dopodiché si voltò e uscì dalla sala sbattendo la porta. Tutti rimasero congelati sulle proprie sedie, fissando Nicholas. Infine Sir Herbert si schiari' la voce e disse: «Davvero deprecabile.» Juliana nascose un sorriso e guardò Nicholas, notando che anche lui aveva apprezzato il commento di Sir Herbert. «Temo che Crandall abbia bevuto un po' troppo» disse con la stessa nonchalance. Uno dei camerieri sollevò da terra la sedia di Crandall e tutti riportarono l'attenzione sul cibo; tuttavia, dopo l'incidente, la conversazione stento' a riprendere. Winifred era rossa in viso e il volto di Lilith era congelato in un'espressione distante. Per colmare il silenzio, Sir Herbert commentò più volte la qualità eccellente del cibo. «Devi raccontarci tutti i pettegolezzi di Londra, Juliana» disse a un tratto Seraphina. «Abbiamo passato gran parte della Stagione qui e mi sono persa una quantità di cose.» «Temo di non conoscerne» rispose Juliana, rimpiangendo di non avere qualcosa da raccontare per alleggerire l'atmosfera. «Negli ultimi anni non ho frequentato molto la società.» Risultò che Seraphina conosceva abbastanza pettegolezzi da compensare la sua mancanza. «Ti ricordi di Anne Blaisebury? Eravamo a scuola insieme da Miss Blanton» cominciò, proseguendo poi ad aggiornarla su tutte le compagne di scuola. Juliana aveva dimenticato molte di loro, ma fu lieta di lasciarla parlare per coprire l'imbarazzo generale, anche se la ascoltava solo a metà, perché stava ancora pensando alle parole che si erano scambiati Crandall e Nicholas. Non fu una sorpresa che al termine della cena nessuno proponesse di proseguire la serata in salotto. Mentre gli altri lasciavano la sala da pranzo, Nicholas si rivolse a Juliana. «Lascia che ti accompagni in camera tua.» «Prima vorrei parlarti, se non ti dispiace.» «D'accordo.» Lui si guardò intorno. «Dato che ho una certa avversione per lo studio di zio Trenton... perché non torniamo di là?» propose, indicando il salottino dove si erano riuniti prima di cena. Juliana annuì e insieme entrarono nella piccola stanza, chiudendo la porta. Juliana si lasciò cadere su una poltrona con un sospiro. «È stato orribile.» «Si. Crandall ha dato il peggio di sé.» Nicholas si strinse nelle spalle. «Avevo quasi dimenticare quanto è odioso.» Si avvicinò all'armadietto dei liquori. «Dopo questa scenata, ho bisogno anch'io di qualcosa di forte... anche se vedere Crandall in quelle condizioni farebbe passare a chiunque la voglia di bere.» «Lui è così anche quando non ha bevuto.» «Vuoi uno sherry?» Juliana scosse il capo. Nicholas si versò un Whisky e sedette nella poltrona accanto alla sua. Bevve un sorso e sospirò. «Mi verrebbe da dire che la serata non poteva andare peggio, ma temo che la capacità di Crandall di creare problemi superi la mia immaginazione. Spero solo che non ti lascerai mettere in crisi da lui.» Lei lo rassicuro'. «Sono abituata ai suoi modi. Ma devo ammettere che sembra peggiorato.» Nicholas annuì. «Nessuno lo sopportava, hai notato? Sua sorella continuava a lanciargli occhiatacce e sua moglie era evidentemente umiliata dal suo comportamento. Perfino zia Lilith sembrava disgustata.» «Non dev'essere facile sopportarlo.» «Non so come comportarmi con lui. Sembrerei senza cuore se lo cacciassi dall'unica casa che abbia mai avuto. E ne soffrirebbe anche sua moglie, che non ha alcuna colpa. Ma mi rifiuto di permettere che continui a distruggere tutto.» Concluse Nicholas. «Che cosa voleva dire, prima?» gli chiese Juliana. «A che proposito?» Lo sai. Di che cosa stavate parlando voi due quando hai detto che se sei ancora vivo non è grazie alla fortuna ma alla tua prontezza di riflessi?» Nicholas fissò il bicchiere per qualche istante, rigirandolo pigramente fra le dita. Poi sospirò e sollevò il capo per guardarla negli occhi. «La mia decisione di fuggire, a sedici anni, non fu dettata dall'impulso. Lo feci perché zio Trenton aveva cercato di uccidermi.» Juliana lo fissò, sbalordita. Si era aspettata qualcosa del genere dopo quello che aveva sentito a tavola, ma ancora non riusciva a crederci. «Come? Che cosa accadde? Sei sicuro che volesse ucciderti?» «Non posso sbagliarmi. Mi spinse dalle scale e io rotolai in avanti. Fortunatamente, fui abbastanza veloce da aggrapparmi alla ringhiera e me la cavai con qualche livido e uno strappo alla spalla. Ma eravamo in cima alle scale e avrei potuto rompermi l'osso del collo sul marmo dell'ingresso. Lui disse che ero inciampato, ma io avevo sentito chiaramente una mano che mi spingeva. Quel giorno capii che se fossi rimasto, non sarei vissuto abbastanza a lungo da ereditare. Così me ne andai.» «Oh, Nicholas! È terribile!» Impulsivamente Juliana posò una mano sulla sua, e subito il cuore prese a batterle forte. Ritirò la mano e la posò in grembo. «Perché non ne parlasti con nessuno?» Lui si strinse nelle spalle. «Chi mi avrebbe creduto? Tutti mi consideravano un ribelle. Mio zio era l'uomo più importante dei dintorni; chi avrebbe creduto alla mia parola contro la sua? Eravamo da soli, a eccezione di Crandall, e sapevo che lui avrebbe giurato che suo padre non mi aveva fatto nulla. Come potevo provare che mi aveva spinto?» «Perché non lo dicesti a me? Non ti fidavi?» domandò lei. «Certo che mi fidavo, ma a cosa sarebbe servito dirtelo? Eri solo una bambina e dovevi continuare a vivere qui. Non potevo metterti un simile peso sulle spalle. Finché non sapevi nulla, zio Trenton non aveva motivo di farti del male. In realtà pensavo che ti avrebbero trattata meglio dopo la mia partenza, dato che di solito ti mettevi nei guai per aiutarmi. Temevo che se avessi saputo quello che era successo avresti parlato e lui avrebbe potuto decidere di metterti a tacere. Non potevo permetterlo.» Juliana si sentiva il cuore gonfio di emozione al pensiero del fardello che Nicholas aveva dovuto sopportare da solo quando era poco più di un bambino. Doveva essere stato orribile sapere che suo zio aveva cercato di ucciderlo e ancor peggio non poterlo dire nemmeno alla sua unica amica per paura di mettere in pericolo anche lei. «Nicholas... mi dispiace tanto.» Juliana lo guardò con le lacrime agli occhi e si alzò, tendendogli le braccia. «Juliana...» Nicholas la strinse in un abbraccio e le loro labbra si incontrarono. Si aggrappo' a lui. Le sue labbra erano calde, invitanti, ed esigevano una risposta. Juliana si sentì tremare, in preda a un bisogno mai provato prima. Lui le accarezzo' la schiena, scendendo lungo i fianchi per poi risalire fino a posare le mani sul seno. Juliana non aveva mai provato niente di simile, non sapeva nemmeno che si potessero provare delle sensazioni del genere. Istintivamente gli affondò le mani nei capelli e se li attorciglio' intorno alle dita. Quando Nicholas si staccò dalle sue labbra e scese a tracciarle una scia di baci lungo la gola, rovescio' il capo all'indietro. Sentiva su di sé il suo respiro tiepido e le sue labbra erano come velluto mentre esplorava la pelle esposta dalla profonda scollatura. Quando raggiunse il morbido rilievo del seno, trattenne il fiato e sentì un'ondata di calore fluirle nel ventre. Lui seguì con il pollice in contorno del suo seno, risvegliandolo alla vita come boccioli di rosa. Sussurro' il suo nome mentre vi posava le labbra, accendendo un fuoco dentro di lei. Il tessuto dell'abito gli impediva il contatto con la pelle, e allora infilò una mano nella scollatura e sollevò il seno nel palmo, portandolo alla bocca. Il desiderio divenne lancinante mentre le accarezzava la morbida carne succhiandola avidamente. Juliana gemette e si agito' tra le sue braccia, impotente di fronte all'intensità della passione. Lui emise un suono roco e le posò le mani sui fianchi, facendola aderire a sé in modo da farle sentire l'urgenza del proprio desiderio. Juliana si lasciò sfuggire un piccolo grido di sorpresa, che raggiunse la sua mente offuscata dalla passione. Nicholas rialzo' il capo e la guardò un istante, prima di rendersi conto di quello che stava facendo e del luogo in cui si trovavano. Impreco' tra sé e la lasciò andare, voltandosi dall'altra parte. Lei lo fissò senza capire, ancora sbalordita dal desiderio che pulsava dentro di lei. «Nicholas?» mormorò in tono esitante. La sua voce lo colpì come una pugnalata. Juliana, l'unica persona a cui veramente tenesse, aveva avuto un gesto di comprensione nei suoi confronti e lui aveva reagito come un animale, pensò, disgustato da se stesso. Nonostante le sue promesse, si era lasciato trascinare dal puro istinto. In pochi minuti sapeva che avrebbe perso del tutto la ragione e l'avrebbe fatta sdraiare sul tappeto per possederla. «Mi spiace» disse senza avere il coraggio di guardarla negli occhi. «Non avrei dovuto... non accadrà più, te lo giuro.»

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 22 Capitolo ***


Un brivido, non di desiderio, questa volta, bensì di sgomento, la scosse. Juliana si sentì morire. Lui non la voleva. Improvvisamente si sentì nuda e piena di vergogna. Con il volto in fiamme, si sistemo' il vestito coprendo il seno e lisciando le pieghe. Non voleva soffermarsi a considerare quello che avrebbe pensato di lei, ora. «No, ti prego, non scusarti» replicò, voltandogli le spalle. «È stato solo un attimo di follia. Nient'altro.» Sentiva le lacrime bruciarle la gola e le degluti' a fatica, decisa a non piangere. «È tutto dimenticato. Buonanotte, Nicholas.» disse velocemente. Si voltò e uscì di corsa dalla stanza. Fu un sollievo scoprire che la cameriera non la stava aspettando. L'ultima cosa che voleva era che qualcuno la vedesse in quelle condizioni. Il quadro idilliaco che si era figurata era ben diverso dalla realtà. Non prevedeva quel desiderio che scoppiava a ogni sguardo di Nicholas o a ogni suo tocco. Non c'erano baci e carezze che la lasciavano scossa e ansimante, nessun fuoco che scorreva nelle sue vene. Si posò una mano sul petto, come se potesse contenere le emozioni che vi si agitavano. La passione che aveva provato quella sera era così intensa, così primitiva, e lei la preferiva all'amore dolce e un po' insipido che immaginava da adolescente. Sarebbe stato facile soccombere ai sentimenti e cadere tra le sue braccia, pensò. Sarebbe stato facile innamorarsi di lui. Ma sapeva che sarebbe stato una follia. Nicholas non credeva nell'amore. Anche se lei era convinta che fosse una persona sensibile e d'animo gentile, sapeva anche quanto fosse chiuso in se stesso e quanto si tenesse lontano da simili emozioni. Temeva che non si sarebbe mai abbandonato alla forza dell'amore. Poteva provare dell'affetto per lei e comportarsi con gentilezza, ma avrebbe tenuto chiuso il suo cuore, al riparo dal dolore e dalla solitudine che aveva provato da bambino. Era chiaro anche dal tipo di matrimonio che aveva scelto. Non si era innamorato, non aveva donato il suo cuore a una donna. No, aveva cercato una moglie di cui potesse essere amico, una donna con cui non dovesse temere di perdere il proprio cuore. Le aveva proposto di sposarlo per gentilezza nei suoi confronti, ma anche per proteggere se stesso. Non voleva l'amore e non si sarebbe mai arreso a quel sentimento. Se si fosse innamorata di lui, sarebbe stato un sentimento unilaterale e tale sarebbe rimasto. Nicholas non avrebbe mai nutrito altro che affetto nei suoi confronti, e lei avrebbe sofferto le pene di un amore non ricambiato. Oh, era sicura che avesse sentito della passione, non c'erano dubbi sul fuoco che bruciava in lui mentre la baciava e la accarezzava. Ma aveva respinto anche quella, si era allontanato da lei ricordando a entrambi che il desiderio non doveva far parte del loro matrimonio. Era meglio accettare quello che le offriva anziché cercare di trasformarlo in qualcosa di diverso, si disse. Anche lei avrebbe dovuto chiudere il proprio cuore ed evitare situazione come quella di poco prima. Potevano dividere un legame di amicizia, di affetto, persino di amore platonico, ma niente di più. Non doveva lasciare che il suo desiderio si trasformasse in un amore romantico e appassionato. Juliana si sentiva dolorosamente svuotata, e non poté fare a meno di chiedersi se non avesse fatto un errore accettando di sposare Nicholas Barre. Le cose sembravano sempre migliori alla luce del mattino, pensava Juliana, e il giorno seguente le diede ragione. Quando la cameriera tirò le tende per lasciar entrare la luce del sole, si sentiva meglio, più sollevata, e sorrise mentre sorseggiava il tè e si vestiva, prima di scendere a colazione. Lilith e Nicholas erano già seduti a tavola e mangiavano in silenzio quando lei entrò nella stanza. Vedendo Nicholas, non poté fare a meno di pensare a quello che era successo la sera prima e si sentì arrossire di imbarazzo. Distolse lo sguardo, irritata con se stessa per la sua incapacità di controllare le emozioni. Non appena Nicholas la vide, tuttavia, il suo volto espresse un tale sollievo che Juliana dimentico' il proprio disagio. Era evidente che gli pesava essere solo con la zia. «Buongiorno, mia cara» la salutò, alzandosi per baciarle la mano e accompagnarla al suo posto. Un valletto le scosto' prontamente la sedia. Juliana salutò Lilith e la donna rispose con un cenno del capo. Era il tipo di saluto che si aspettava da lei; non ricordava di averla mai vista esprimere il piacere di vedere qualcuno, a eccezione dei suoi cavalli. Juliana si era spesso chiesta come potesse una donna essere così fredda con gli esseri umani e così dolce con gli animali. «Sono di nuovo in ritardo?» trillo' Seraphina, entrando nella stanza. Di nuovo ci fu un giro di saluti. Lilith auguro' il buongiorno alla figlia ma non si spinse fino a sorridere. «Sir Herbert e Crandall non sono ancora scesi» osservò Nicholas. «Oh, Sir Herbert non fa mai colazione. Gli piace indugiare a letto a leggere.» Li informò Seraphina. Dal tono era chiaro che trovava decisamente bizzarro un simile comportamento e Juliana non poté trattenere un sorriso. Non ricordava di aver mai visto la cugina aprire un libro spontaneamente. Notò che Seraphina non aveva detto niente del fratello. Da parte sua sospettava che Crandall si fosse svegliato con un terribile mal di testa, dopo tutto quello che aveva bevuto la sera prima, e dubitava che avrebbero dovuto sopportare la sua presenza a colazione. Si chiese se per lui ubriacarsi fosse un'abitudine quotidiana o un'eccezione causata dall'arrivo di Nicholas. Juliana e Seraphina si servirono dai vassoi disposti sulla credenza. «Se continuo a mangiare come faccio qui, temo che diventerò una balena» le confidò Seraphina. «C'è una tale quantità di cibo. Quando sono a Londra prendo solo una tazza di tè con una fetta di pane tostato. Ma qui non c'è molto altro da fare, se non mangiare.» «Potresti venire a cavalcare con me. Io sono già uscita. Non c'è niente di meglio di una bella cavalcata per iniziare la giornata.» Intervenne sua madre. Seraphina fece una smorfia. «Non ho alcun desiderio di saltare steccati alla prime luci dell'alba.» «Sono le nove passate» puntualizzo' Lilith. «Se fossi a casa, sarei rimasta a letto altre due ore» replicò la figlia, sedendo e iniziando a mangiare. «Sono sorpresa di trovarti qui mentre la Stagione è in pieno svolgimento» osservò Juliana. Seraphina infilzo' una fetta di prosciutto con la forchetta e rispose senza alzare lo sguardo: «Sir Herbert desidera la quiete della campagna per un po'» Juliana capì che era meglio lasciar cadere l'argomento e cercò di pensare a qualcosa d'altro da dire. «Che programmi hai per oggi?» le domandò Nicholas, venendole in aiuto. «In realtà non ne ho. Non saprei da che parte cominciare. Naturalmente devo vedere il vicario e mettermi d'accordo con lui per la cerimonia. Poi ci saranno i preparativi... » rispose Juliana, poi si voltò verso Lilith. «Spero di poter contare sul tuo aiuto, zia Lilith.» «Ma certo» le rispose la donna senza alcun entusiasmo. E ne mostrò ancor meno quando Nicholas disse: «Sono sicuro che zia Lilith vorrà mostrarti la casa, Juliana, dato che presto sarai tu a prenderne le redini.» Lilith si voltò verso di lei. «Naturalmente ci vorrà un po' di tempo prima che impari a mandare avanti una casa così grande, visto che non l'hai mai fatto.» «Ci proverò» replicò Juliana. «Sono sicuro che sarai perfettamente all'altezza» dichiarò Nicholas. «Sarai molto più brava di me, ne sono sicura» osservò Seraphina con una risata che disperse la tensione. «Ho una certa soggezione della mia governante e non oso cambiare nulla di quello che fa. E quando si lamenta della quantità di libri, del costo di questo e del prezzo di quello, le do sempre ragione purché la smetta.» Juliana sorrise alla cugina. Seraphina era un po' superficiale, ma se non altro stava cercando di mostrarsi amichevole.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 23 Capitolo ***


Juliana si rivolse poi a Seraphina chiedendole: «Vorresti aiutarmi con i preparativi per le nozze? La cerimonia sarà breve, ma immagino che avremo parecchi invitati. Vorremmo fare qualcosa anche per i fittavoli e la gente del paese, oltre al banchetto per parenti e amici.» Seraphina si illumino' alla prospettiva di una festa. «Oh, si. Dobbiamo dare un ballo, non credi? E naturalmente la cena. Forse potremmo sistemare qualche tavolo da gioco per chi non ama ballare.» L'idea dei tavoli da gioco a una cerimonia nuziale sembrò piuttosto stravagante a Juliana, ma lei non era aggiornata sulle ultime mode dell'aristocrazia. «Non essere sciocca. Non si gioca a carte a una festa di nozze. Un ballo andrà benissimo.» Intervenne Lilith, lanciando un'occhiata di disapprovazione alla figlia. Dopo il suo commento conciso, cadde di nuovo il silenzio per qualche minuto, finché Juliana non tentò di riprendere la conversazione. «Che cosa farai tu, Nicholas, mentre zia Lilith mi mostra la casa?» «Rivedrò i libri contabili insieme all'amministratore e a Crandall.» Juliana sospettava che il cugino non se la sentisse di riguardare i libri contabili quel mattino, ma non disse nulla. Si chiedeva che cosa avrebbe trovato Nicholas. Non sarebbe stata sorpresa di sapere che Crandall aveva falsificato i conti dopo la morte del padre, ma era altrettanto probabile che non avesse fatto niente del tutto, lasciando la proprietà nelle mani dell'amministratore. Del resto, non si era mai mostrato particolarmente industrioso e anche ai tempi della scuola non si sforzava più dello stretto necessario. Come se avesse seguito il filo dei suoi pensieri, Lilith disse: «Crandall ha fatto un ottimo lavoro amministrando la tenuta. È sempre stato molto legato alla terra.» C'era un certo risentimento nel suo tono e Juliana sospettò che anche lei, come il figlio, fosse convinta che le terre avrebbero dovuto andare a suo figlio anziché al nipote. «Sono sicuro che troverò tutto in ordine» replicò Nicholas in tono conciliante, anche se Juliana sospettava che nutrisse i suoi stessi dubbi. La conversazione proseguì in modo stentato e fu un sollievo quando tutti si alzarono da tavola. Lilith si rivolse a Juliana. «Se vuoi, posso accompagnarti dalla governante» disse educatamente. Juliana sospettava che sperasse di intimidirla con il suo atteggiamento da gran signora, ricordandole che era solo una parente povera e un'orfana. Forse sperava anche che le avrebbe permesso di continuare a supervisionare l'andamento della casa, e a dire il vero lei non avrebbe avuto nulla in contrario, dato che gestire il personale non era una prospettiva che la riempisse di gioia. Comunque sarebbe diventata la moglie di Nicholas e quello sarebbe stato uno dei suoi compiti. «Grazie» rispose con uguale cortesia. Lilith serro' le labbra, ma non aggiunse altro. Si limitò a incamminarsi lungo il corridoio, lasciando che Juliana la seguisse. Quando raggiunsero le cucine, i domestici interruppero il loro lavoro per fare la riverenza. Juliana ebbe l'impressione che le visite di Lilith non fossero molto frequenti. Un istante dopo Rundell uscì dal suo ufficio e si affretto' a salutare. «Mrs. Barre. Miss Holcott. Posso esservi utile?» «Stavo mostrando la casa a Miss Holcott. C'è Mrs. Pettibone?» gli chiese Lilith. «Ma certo.» Si voltò per andare a cercare la donna, ma lei stava già accorrendo. Salutò con un sorriso e lanciò un'occhiata agli altri domestici perché tornassero al lavoro. «Forse gradite accomodarvi nel mio salottino. Dorri, per favore, portaci del tè.» propose in tono vivace. Juliana avrebbe preferito rifiutare, dato che aveva appena fatto colazione, ma sapeva che la governante si sarebbe offesa, così sorrise e si rassegno' a bere un'altra tazza di tè. Quando furono sedute nel salottino di Mrs. Pettibone, in attesa dei rinfreschi, Lilith esordì: «Come sapete, Miss Holcott prenderà in mano la casa dopo che avrà sposato Lord Barre. Sono certa che vorrà cambiare il menù e rivedere i vostri programmi.» La governante parve allarmata, ma reagì con prontezza. «Ma certo, signora. Vado subito a prendere il menù.» «Oh, no, Mrs. Pettibone. Non ho intenzione di cambiare né il menù né i vostri programmi. Sono sicura che vanno benissimo» le assicurò Juliana, lanciando un'occhiata a Lilith. «Senza dubbio Mrs. Barre mi ha frainteso. Gradirei comunque vederlo e forse in futuro potremo aggiungere qualcuno dei piatti preferiti di Lord Barre.» «Come desiderate, signora, certamente.» «Non vorrei disturbare il vostro lavoro, ma vi sarei grata se voleste mostrarmi la casa e aiutarmi a familiarizzare con i membri della servitù. Se volete farmi sapere qual è il momento migliore per voi... » «Ma certo. Quando volete, signora. Oggi stesso, in tarda mattinata, andrebbe benissimo per me. Datemi solo il tempo di controllare che tutto proceda come deve, poi vi accompagnero' in giro.» «Mi sembra perfetto. Diciamo... intorno alle undici?» «Benissimo, signora. Benissimo.» Sorseggiarono una tazza di tè e scambiarono ancora qualche parola di cortesia con la governante, dopodiché lasciarono la cucina. Quando si accorse che la zia si dirigeva verso le scale, Juliana si mise davanti a lei, indicandole la porta del soggiorno. «Vorrei scambiare due parole con te, zia Lilith, se non ti dispiace.» Per un istante pensò che avrebbe rifiutato, ma poi, senza dire una parola, la donna la superò ed entrò nel soggiorno. Sedette in poltrona e guardò Juliana con le sopracciglia leggermente inarcate. «Immagino che vorrai che Rundell e Mrs. Pettibone riferiscano a te d'ora in poi» disse. «Zia Lilith, non ho alcun desiderio di sminuire la tua autorità in questa casa» replicò con calma Juliana. «Sono sicura che con l'avvicinarsi delle nozze ci saranno così tante cose da fare che entrambe saremo molto occupate. Sarebbe bello lavorare insieme anziché opporci l'una all'altra. Tu conosci la casa, i domestici e tutto il resto molto meglio di me. Sto chiedendo solo il tuo aiuto. Vorrei che mi mostrassi come mandi avanti la casa e che mi aiutassi a prenderla in mano. Tu sei l'esperta e ti sarei grata se volessi insegnarmi.» «In modo che tu possa togliermi ogni autorità?» ribatte' Lilith con un mezzo sorriso sulle labbra. «Né io né tu possiamo cambiare il fatto che Nicholas è Lord Barre. Per quanto tu possa pensare che il destino ti abbia giocato un brutto scherzo, è così che stanno le cose. E presto io diventerò Lady Barre. In ogni caso non ho intenzione di metterti da parte.» «Però lo stai facendo. Credi che non sappia quanto ti fa piacere prendere il mio posto? Sono sicura che anche per tua madre sarebbe stata una bella soddisfazione.» replicò Lilith. Juliana rimase a bocca aperta, colpita dal suo tono velenoso. Sapeva che a Lilith non erano mai piaciute né lei né sua madre, ma non si era mai resa conto di quanto fosse profondo il suo disprezzo. Né riusciva a immaginarne il motivo. Lilith approfittò del suo sconcerto per alzarsi. «Se hai finito di umiliarmi, vorrei ritirarmi nella mia stanza» disse, uscendo a testa alta. Juliana la seguì, confusa. In corridoio incontrò Crandall, appoggiato alla parete di fronte, che le sorrise non appena la vide. «Non è facile parlare con lei, vero?» le chiese. «Origli sempre le conversazioni altrui?» replicò lei, esasperata dalla sua presenza. «Si imparano cose interessanti.» «Il tuo concetto di interessante è molto diverso dal mio. Non dovevi rivedere i libri contabili insieme a Nicholas?» Ribatte' lei in tono glaciale. «Sono sicuro che ce la farà benissimo anche senza la mia presenza. Sarà felice di raccogliere i frutti del mio lavoro. Sono stato uno stupido a darmi tanto da fare per tutti questi anni, solo perché quel bastardo, potesse ereditare ogni cosa.» Juliana si irrigidi'. «Ti prego di usare un linguaggio civile.» «Oh, mi dispiace. Ho forse offeso la tua sensibilità femminile? No... non devi avere un grande orgoglio se sei disposta a sposare quel serpente solo per mettere le mani su un titolo.» «Sai benissimo quanto me che il serpente non è Nicholas in questa situazione.» «Io ero qui a lavorare mentre lui andava in giro per il mondo. Conosco tutti i fittavoli e i nomi dei loro figli. So come sono andati i raccolti anno per anno, quanto abbiamo guadagnato e quanto possiamo aspettarci di guadagnare l'anno prossimo. Ma niente di tutto questo mi appartiene. Mi porterà via tutto, così» concluse facendo schioccare le dita con enfasi. Juliana poteva leggere il suo dolore sul suo volto e provò quasi pena per lui... Se solo non fosse stato così pieno di un odio irragionevole nei confronti del cugino... «Hai sempre saputo che un giorno Nicholas avrebbe ereditato la tenuta. Eppure sei rimasto qui. Perché?» «Che cos'altro potevo fare?» le chiese, sporgendo il mento con aria di sfida. «Questa è la mia terra! È tutto quello che conosco! Dove potrei andare? Che cos'altro potrei fare?» Si staccò dalla parete e riprese: «La verità è che speravo che non sarebbe mai tornato. Ci sono molte opportunità di incontrare la morte in giro per il mondo. Con un po' di fortuna, lui non sarebbe tornato vivo.» La guardò con occhi così gelido che Juliana si sentì tremare. Ripenso' a quello che le aveva detto Nicholas la sera prima, che suo zio aveva cercato di ucciderlo, e non poté fare a meno di chiedersi se Crandall avrebbe deciso di seguire l'esempio del padre. Se Nicholas fosse morto, la terra e il titolo sarebbero andati al primo parente maschio in linea di successione, cioè a lui. Che avesse intenzione di impadronirsi con la forza di tutto ciò per cui aveva lavorato una vita intera e che considerava suo di diritto? Juliana trascorse il resto della mattinata con Mrs. Pettibone, che sembrava decisa a mostrarle ogni angolo della casa, dalle cantine agli alloggi della servitù. Portò con sé anche il menù della settimana e glielo illustro' dettagliatamente. Juliana, sconcertata, si interrogo' sul motivo di tanta meticolosità; forse Lilith aveva presentato la nuova Lady Barre come una padrona molto esigente, oppure era stata la stessa Lilith a tenere sotto stretto controllo la governante.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 24 Capitolo ***


Quale che fosse la ragione, Juliana, all'ora di pranzo aveva in testa più informazioni di quante fosse in grado di assimilarne. «Temo che mi ci vorrà un po' di tempo prima di ricordare tutto, Mrs. Pettibone. Ma so di poter contare su di voi perché tutto proceda regolarmente. È evidente che la casa è ben tenuta.» disse con un sorriso. Mrs. Pettibone si gonfio' di orgoglio. «Grazie, signorina. Potete contare su di me.» «Non preoccupatevi per il menù. Sono certa che va bene così e non vorrei darvi del lavoro in più, con tutta la confusione che creeranno le nozze.» «Non dovete preoccuparvi per questo, signorina. Tutta la servitù aspetta con ansia il vostro matrimonio. E se posso permettermi... bentornata a casa! Siamo felici di avervi di nuovo con noi.» «Grazie, Mrs. Pettibone. Anch'io ne sono felice.» Juliana decise che una passeggiata l'avrebbe aiutata a chiarirsi le idee dopo tutte le informazioni che aveva raccolto, così dopo pranzo decise di recarsi al villaggio. Era appena uscita di casa quando udì qualcuno che la chiamava. Si fermò e si voltò nella direzione da cui era giunta la voce, schermandosi gli occhi contro il sole. Era Nicholas, e lei si rese conto che doveva averla vista dalle finestre dell'ufficio dell'amministratore. «Nicholas!» esclamò, provando l'ormai abituale tuffo al cuore mentre lo guardava attraversare a grandi passi il cortile. «Stai già fuggendo?» le chiese con un sorriso. «In effetti sono stata tentata di farlo. Mrs. Pettibone mi ha mostrato la casa, stamani, e temo di non averle fatto una buona impressione.» rispose Juliana. «Sono sicuro che non è così» replicò Nicholas, fermandosi davanti a lei. «Dove stai andando?» «Pensavo di fare un salto a trovare Mrs. Cooper. Era la nostra governante quando ero bambina, ricordi? Si offendera' se non vado a salutarla. Era molto affezionata a mia madre.» Lui annuì. «Posso venire con te?» Juliana sorrise. «Ne sarei felice. Ma non avevi del lavoro da sbrigare?» «Ho finito per oggi. Blandings vuole accompagnarmi a conoscere i fittavoli, ma ci vorrà un'intera giornata, ragion per cui abbiamo rimandato la nostra gita a domani. Forse Crandall si degnera' di accompagnarci.» «Non si è fatto vedere oggi?» Nicholas scosse il capo. «No. Il povero Blandings era agitato, come se pensasse che avrei incolpato lui delle cattive maniere di Crandall.» «Io l'ho visto stamani.» «Chi? Crandall?» Juliana annuì. «Si, stava origliando in corridoio mentre io parlavo con zia Lilith. È pieno di rancore.» «Lo so. In fondo è comprensibile. Ha gestito la tenuta per tutti questi anni e stando ai libri contabili e alla mia conversazione con Blandings, ha fatto un buon lavoro.» «Devo ammettere che la cosa mi sorprende.» «Ha sorpreso anche me. Credo che ami davvero questo posto... di certo più di me. Tuttavia non c'è nulla che possiamo fare riguardo all'eredità. Non posso cambiare il fatto che è legata al titolo e che io sono l'erede. Non ho intenzione di cacciarlo di casa...» Si interruppe e aggiunse in tono esasperato: «Se solo non fosse così indisponente!» «Crandall non fa nulla per farsi voler bene.» «Lo so. Pensavo che avrei potuto accantonare i nostri antichi dissapori tornando qui. Dopo tutto, lui era solo un ragazzino e aveva davanti il cattivo esempio di suo padre. Mi sono illuso che crescendo fosse cambiato e che avremmo potuto dimenticare il passato.» Nicholas scosse il capo. «Ma faccio fatica a stare nella stessa stanza con lui. Ed è evidente che lui prova lo stesso nei miei confronti.» «Temo che provi anche di peggio.» Nicholas le rivolse uno sguardo incuriosito. «Che cosa vuoi dire?» Juliana esitò, ma poi si decise. «Crandall mi preoccupa» gli confidò. «Perché?» «Ho paura di quello che potrebbe farti.» Nicholas scoppiò a ridere. «Crandall? Se credi che possa battermi, devi avere una ben scarsa opinione della mia abilità nella lotta.» Juliana replicò in tono serio. «Non è questo che mi preoccupa. Non ho dubbi che lo batteresti in combattimento, tuttavia ho ragione di credere che lui non si comporterebbe lealmente. Non ti sfiderà a uno scontro fisico, ma potrebbe tenderti un'imboscata oppure spararti a distanza. Potrebbe fingere un incidente mentre sei fuori a cavallo, o...» «Credi che voglia addirittura uccidermi?» domandò Nicholas, sorpreso. «Ti sembra così improbabile? Suo padre ci provò, dopo tutto. E Crandall non ha fatto mistero del fatto che sperava di liberarsi di te. Se tu morissi, erediterebbe la tenuta, vero? Diventerebbe Lord Barre?» «Be', sì... è il prossimo in linea di successione. Ma è tutto quello che erediterebbe. La mia fortunata personale andrebbe a te, come mia moglie.» «Non credo che a Crandall importi della tua fortuna. Lui vuole la terra e il titolo.» «Crandall non avrebbe mai il coraggio di farlo. È sempre stato un debole, il tipo che se la prendeva con i più piccoli o con quelli che erano meno importanti di lui. In fondo all'anima è soltanto un codardo.» «Quanto coraggio ci vuole a spingere un uomo dalle scale, come fece suo padre?» replicò Juliana. «Tu non hai visto la sua espressione, oggi. Crandall è pieno di rancore e ti odia profondamente.» Spinta dalla preoccupazione, gli afferrò il braccio con entrambe le mani e lo fissò intensamente. Lui posò una mano su quelle di lei. «D'accordo. Starò in guardia da lui.» E vedendo che lo guardava ancora con apprensione, sorrise e aggiunse: «Te lo prometto. Non preoccuparti. Non gli permettero' di farmi del male... Ma adesso parliamo di qualcosa di più piacevole. Di quanto sei bella con quel vestito, per esempio.» Juliana rise, con il cuore più leggero, e accantono' le proprie preoccupazioni in un angolo della mente. «Fare un complimento al mio vestito è farlo al vostro buon gusto, signore. Questo è uno dei abiti che hai scelto tu.» replicò lei in tono scherzoso. «Non era al vestito che era rivolto il complimento, bensì al tuo aspetto. L'abito è ben poco in sé, non fa che mettere in risalto la tua bellezza.» le rispose lui, ammiccando. «Adulatore.» Juliana lo prese a braccetto e insieme si avviarono lungo il sentiero. Sembrava così giusto, così perfetto, stare con Nicholas, pensò. Non avrebbe permesso che le sensazioni che la assalivano ogni volta che lo vedeva rovinassero il rapporto meraviglioso che potevano avere. Erano amici, prima di ogni altra cosa, e lei avrebbe fatto in modo che le cose restassero così. Mrs. Cooper viveva in una casetta ai limiti del villaggio. Era molto piccola, quasi completamente ricoperta di edera, con un giardino traboccante di fiori che crescevano disordinatamente. L'ex governante, una donna piccola e rotondetta, aprì personalmente la porta quando Nicholas busso' e fissò qualche istante Juliana prima che il suo volto si illuminasse di un sorriso. «Miss Juliana! E Mr. Nicholas... ma forse ora dovrei chiamarvi Lord Barre. Avevo sentito dire che sareste venuti a Lychwood e speravo proprio di rivedervi.» «Come avremmo potuto non venire a trovarvi?» replicò Juliana, abbracciando la donna. Mrs. Cooper li invitò ad entrare in casa, portandosi la mano alla crocchia di capelli bianchi come se temesse che ci fosse una ciocca fuori posto. «Accomodatevi, prego. Lasciate che prepari il tè. Avrete sete se siete venuti a piedi dalla tenuta.» Si diede da fare nella piccola cucina e pochi minuti dopo tornò nella stanza con un vassoio su cui c'erano non solo la teiera e le tazze di porcellana, ma anche un piatto di dolcetti. «È bello rivedervi, Miss Julie. È passato tanto tempo.» posando una mano su quella di Juliana. «Lo so. Mi siete mancata molto.» Juliana le aveva scritto spesso nel corso degli anni, tenendola aggiornata su quello che faceva, anche se si sentiva un po' in colpa per non essere mai andata a trovarla. «Ma dopo che me ne sono andata...» «Non c'è bisogno che mi spieghiate, mia cara» le assicurò l'anziana governante mentre versava il tè.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 25 Capitolo ***


Mrs. Cooper proseguì dicendole: «Sapevo che non sareste tornata volentieri qui. Ma ora siete qui come signora di Lychwood Hall. Vostra madre sarebbe orgogliosa di voi.» sorrise, porgendole la tazza. Juliana ricambio' il sorriso, senza sapere bene che cosa dire. Mrs. Cooper tuttavia non sembrava aspettarsi una risposta e riprese a parlare della madre di Juliana. Era chiaro che Mrs. Holcott aveva un posto particolare nel suo cuore. «Era una santa, vostra madre, una santa. Sempre triste, ma avete mai sentito un lamento uscire dalle sue labbra?» Scosse il capo in risposta alla sua stessa domanda. «No. Mai. Ha avuto ben poco dalla vita, eppure l'ha accettato ed è andata avanti.» «Sentiva terribilmente la mancanza di mio padre» disse Juliana. Ricordava la madre, pallida e triste, che si aggirava come uno spettro per la casa, con gli abiti neri che la facevano apparire ancora più esangue e minuta di quanto non fosse. «Il suo cuore era morto con lui» commento' Mrs. Cooper. «Piansi molto quando vostra madre se ne andò, ma sapevo che lei era felice di aver ritrovato Mr. Holcott. Era finalmente in pace. E non soffrì molto. Il cuore semplicemente cedette.» Juliana annuì. «Sì, il medico mi disse che sarebbe stato rapido e indolore.» «Non come 'lui'» proseguì Mrs. Cooper, indicando vagamente la parete. Juliana non era sicura di aver capito a chi si riferisse, ma la governante aggiunse con voce velata di disprezzo: «Trenton Barre, voglio dire.» Non c'era bisogno di chiederle che cosa provasse per lo zio di Nicholas, pensò Juliana, perché la sua espressione era fin troppo eloquente. «Non so come morì. Non vivevo più qui a quel tempo. Edema. Molto doloroso. Si era gonfiato come un rospo. Dissero che era il fegato, e non c'è da stupirsi con tutto quello che beveva. Rimase a letto per mesi.» Scrollo' le spalle. «Un piccolo assaggio di quello che avrebbe trovato dopo, immagino.» Juliana fu sorpresa dal tono duro della donna. Sospettava che avesse ragione su quello che avrebbe meritato Trenton nell'aldilà, ma era insolito che qualcuno parlasse male di un morto, anche se quello che diceva era la verità. Per fortuna anche questa volta non ebbe bisogno di rispondere perché Mrs. Cooper riprese a parlare di Mrs. Holcott e degli anni in cui aveva lavorato per lei. Non era difficile portare avanti la conversazione: Juliana non doveva fare altro che annuire o scuotere il capo e fare qualche commento appropriato quando la donna si fermava a riprendere fiato o le rivolgeva uno sguardo interrogativo. Qualche tempo dopo, quando ebbero finito il tè e Juliana ripercorso con Mrs. Cooper i ricordi del periodo in cui era vissuta con la madre nella proprietà dei Barre, lei e Nicholas si congedarono e ripresero la strada di casa. Mentre camminavano insieme, godendo dell'aria fresca e della quiete del pomeriggio dopo essere rimasti chiusi nella piccola stanza di Mrs. Cooper, a un certo punto Juliana si rese conto che Nicholas l'aveva presa per mano e sentì un intenso calore diffondersi in tutto il corpo. Lo guardò con la coda dell'occhio, chiedendosi se il suo fosse stato un gesto istintivo, inconsapevole. Tutto a un tratto si sentiva acutamente consapevole della sua presenza, delle sue dita che le stringevano la mano accarezzandole il palmo. Guardò il suo profilo ben disegnato, le lunghe ciglia scure, e si chiese che sensazione avrebbe provato sfiorandogli la guancia, se la pelle sarebbe stata liscia o già un po' ispida. Arrossi' quando lui si voltò a guardarla e cercò rapidamente un argomento di conversazione che la distogliesse da quei pensieri. Erano emersi da una macchia d'alberi e si trovavano sul limite di un crinale. Al di là di un pianoro, si vedeva Lychwood Hall, appollaiata sul cocuzzolo di un'altra collina. Il sole era ormai basso nel cielo e la costruzione di pietra era immersa in una luce dorata. «Guarda» disse indicando la casa. «Non è bellissima vista da qui?» «Mmm. Se uno non la conoscesse...» riprese Nicholas. Sospirarono entrambi e lui la guardò con un sorriso. «Sei pronta per un'altra cena?» «No, se sarà come quella di ieri sera. Ma forse oggi Crandall non si farà vedere.» «Temo che sia una vana speranza.» Nicola riportò lo sguardo sulla casa. «È un vero peccato che non si possano scegliere i propri parenti.» «Che cosa hai intenzione di fare?» gli chiese lei. «Con Crandall?» Nicholas scosse il capo. «Vorrei saperlo. Ho la sensazione che stia cercando di forzarmi la mano, come se in qualche modo volesse spingermi a mandarlo via. Solo che non riesco a immaginare che cosa ci guadagnerebbe.» «Forse vuole solo la conferma di quello che ha sempre pensato di te. Per giustificare il modo in cui ti ha trattato. Forse questo gli darebbe l'ultima spinta di cui ha bisogno per trovare il coraggio di eliminarti.» mormorò Juliana. «Non riesci a non pensarci, vero?» Nicholas scosse il capo. «Non posso. Crandall è un uomo pericoloso.» «È troppo meschino per prenderlo sul serio» replicò Nicholas; poi, vedendo la sua espressione, aggiunse: «Ma ti prometto che sarò prudente.» «Non voglio che ti succeda nulla di male.» «Lo so.» Nicholas la fissò per un lungo istante e Juliana vide i suoi occhi farsi più scuri e luminosi. Sta per baciarmi, pensò. Invece lui si rilasso', arretrando impercettibilmente. «Allora?» chiese con un sorriso sardonico. «Vogliamo andare ad affrontare il drago?» Juliana annuì e insieme ripresero il cammino. I giorni seguenti trascorsero in fretta. C'era poco tempo per preparare le nozze e i domestici rallentavano il ritmo di lavoro consultando di continuo Juliana riguardo a mille piccole questioni di poco conto, situazione che sospettava fosse manovrata da Lilith. Altre volte era la stessa Mrs. Barre a creare confusione dando alla servitù ordini contraddittori. Juliana era determinata a far sì che tutto filasse liscio, così tenne a bada l'irritazione e cercò di affrontare i problemi come meglio poteva. Seraphina si mostrava amichevole e non fece nulla per metterle i bastoni tra le ruote, ma fu di scarso aiuto perché era inguaribilmente pigra e sprecava la maggior parte delle energie pensando a come avrebbe potuto evitare ogni fatica. In compenso la moglie di Crandall si mostrò più disponibile e chiese timidamente a Juliana se poteva aiutarla in qualche modo. Lei le assegnò il compito di scrivere gli inviti, dato che Winifred aveva una bella calligrafia, al contrario della sua. Via via che Winifred scriveva i biglietti, Juliana li piegava e li sigillava, spuntando i nomi dalla lista. A un certo punto lo sguardo le cadde sul braccio della giovane donna: la manica del vestito si era sollevata, mettendo in evidenza una corona di lividi bluastri che spiccavano sul bianco della pelle. Stava per chiederle come se li fosse procurati, quando si rese conto che doveva essere il segno di una mano che l'aveva afferrata e stretta con forza. Notando la direzione del suo sguardo, Winifred arrossi' e rimise velocemente a posto la manica, nascondendo i lividi prima di tornare al lavoro. Juliana distolse lo sguardo e sentì montare dentro di sé una collera terribile. Era sicura che quei lividi glieli avesse procurati Crandall e avrebbe voluto aiutare la giovane donna, proteggerla dalla violenza del marito. Ma che cosa poteva fare? Si trattava di una faccenda tra marito e moglie e Juliana sapeva che in quelle circostanze l'uomo aveva sempre ragione. Winifred era chiaramente imbarazzata che lei avesse visto i lividi e non voleva umiliarla ulteriormente facendole delle domande al riguardo. Ma non poteva nemmeno restare in disparte. «Winnie» disse dolcemente, «va tutto bene? Posso fare qualcosa per voi?» La giovane sollevò lo sguardo, le guance in fiamme.«Perché? Va tutto bene, certo.» «Ma quei segni...» «Oh, quelli... » Winifred fece una risatina forzata. «Non è nulla. A volte sono terribilmente goffa e inciampo in qualsiasi cosa...» «Ma sembrano...» «Oh, si! Stavo per cadere e Crandall mi ha afferrato per il braccio.»

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** 26 Capitolo ***


Winifred proseguì col giustificarsi: «Ho la pelle molto dedicata e basta poco perché spuntino dei lividi... non è molto bello da vedere, vero?» Juliana annuì. Era certa che Winifred stesse mentendo, ma non sapeva che cosa fare, visto che lei sosteneva che Crandall l'aveva aiutata anziché farle del male. «Voglio che sappiate che... se aveste bisogno di aiuto, potete parlarne con me. Nicholas potrebbe...» «Oh, no!» Winifred parve improvvisamente allarmata. «Vi prego di non dire nulla a Lord Barre. Non c'è ragione di disturbarlo.» Juliana rinunciò a insistere. Era chiaro che la giovane non era disposta ad ammettere che il marito le avesse fatto del male intenzionalmente e anche se lei era certa che nemmeno Nicholas le avrebbe creduto, non aveva modo di provare che non si fosse procurata quei lividi come lei aveva raccontato. Nicholas, d'altra parte, si sarebbe sentito in obbligo di parlarne a Crandall e, considerato che tra i due non correva buon sangue, Juliana non voleva aggiungere altri motivi alla loro animosita'. Inoltre, se Nicholas avesse accusato Crandall di maltrattare la moglie, questi avrebbe scatenato la propria collera proprio sulla donna che lei stava cercando di proteggere; e se Crandall avesse provocato Nicholas al punto di farsi cacciare di casa, Winifred si sarebbe trovata senza un tetto, alla mercé di un uomo che sicuramente avrebbe attribuito a lei ogni responsabilità. «Va bene» capitolo' con un sospiro, rendendosi conto che non poteva fare alcunché. «Non dirò nulla a Nicholas... per il momento.» Da quel giorno, tuttavia, tenne costantemente d'occhio Winifred, attenta a cogliere qualunque segno le permettesse di capire se Crandall le aveva fatto del male. Il cugino continuava a comportarsi in modo disgustoso. Era sgarbato con tutti, inclusa sua madre, e più di una volta Juliana vide Lilith serrare le labbra, disgustata dal suo comportamento, cosa cui non era abituata quando viveva a Lychwood Hall. Era chiaro che c'era una certa tensione anche fra Crandall e la sorella. Lui le rivolgeva spesso delle frecciate sarcastiche di cui Juliana non coglieva il significato, alle quali Seraphina rispondeva lanciandogli un'occhiata sprezzante o voltandogli le spalle senza dire nulla. I suoi rapporti non erano migliori con il cognato. Sir Herbert sembrava evitare il più possibile Crandall e quando era costretto a sopportare la sua presenza, come accadeva durante i pasti, gli rivolgeva a stento la parola. Stranamente, invece, Sir Herbert era l'unica persona con cui Crandall si comportasse in modo quasi civile. Juliana comprese meglio il comportamento dei due quando ebbe modo di ascoltare una loro conversazioni. Era riuscita a ritagliarsi qualche minuto tutto per sé ed era andata a rannicchiarsi in una alcova del lungo corridoio, in compagnia di un libro e di una mela. Lì si era sistemata sul sedile imbottito sotto la finestra, e aveva raccolto le gambe sotto di sé, invisibile a chiunque sopraggiungesse dal corridoio. Dopo qualche minuto udì delle voci e, temendo che qualcuno la stesse cercando, si nascose dietro i tendaggi. A mano a mano che le voci si avvicinavano, si rese conto che appartenevano a due uomini che discutevano in tono sommesso ma concitato. «Ve lo renderò, lo giuro» furono le prime parole che colse, seguite da una voce più profonda che disse qualcosa di incomprensibile. «Ma non capite» riprese il primo dei due uomini, che Juliana riconobbe come Crandall. «Sir Herbert, ho bisogno di quel denaro. Sono in una situazione disperata.» «No, siete voi che non capite. Non mi importa quanto siate disperato. Non vi prestero' dell'altro denaro.» Fu la risposta. «Ve lo renderò con gli interessi che vorrete.» «Non sono un usuraio. Non voglio i vostri interessi.» Protesto' Sir Herbert. I due si erano fermati a pochi passi da Juliana e lei si rannicchio' dietro le tende sperando che non la vedessero. Non poteva tradire la propria presenza in quel momento, perché avrebbero capito che aveva ascoltato almeno una parte dei loro discorsi e la situazione sarebbe stata estremamente imbarazzante. Ma sarebbe stato ancor peggio se avessero visto che si nascondeva. Chiudendo gli occhi, pregò silenziosamente che si allontanassero. «Ho talmente tanti debiti che non posso coprirne nemmeno un terzo» stava dicendo Crandall. «Non sareste in questa situazione se non aveste sprecato il vostro denaro al gioco» replicò Sir Herbert. «Vi ho prestato il denaro che vi serviva più di una volta e sempre mi avete assicurato le stesse cose: che me lo renderete, che non giocherete più, che cambierete. Ma non lo fate mai.» «Lo farò, questa volta, ve lo giuro.» La voce di Crandall si era fatta piagnucolosa. «Vedrete. Ma dovete darmi un'altra possibilità. Ho dato la mia parola a diversi gentiluomini. Se non onorero' i debiti, il mio nome ne uscirà distrutto.» «Il vostro nome è già distrutto, per quello che mi riguarda» rispose il cognato. «Ma facciamo parte della stessa famiglia! Come potete permettere che il fratello di vostra moglie venga escluso dalla buona società? Sarà così, lo sapete, quando correrà voce che non sono in grado di far fronte ai debiti. Ho dato la mia parola di gentiluomo!» «Voi non conoscete nemmeno il significato della parola gentiluomo. Santo cielo, con che coraggio vi appellate alla parentela con mia moglie per convincermi che dovrei aiutarvi? Siete voi la causa di tutti i suoi problemi. Perché credete che ci siamo segregati qui nel bel mezzo della Stagione? Perché Seraphina ha accumulato tanti debiti in tutta la città che io ho dovuto intaccare il capitale della famiglia per ripagarli! Ha dato fondo alla sua rendita personale e ha contratto debiti con usurai e biscazzieri. Non mi sono mai sentito così in imbarazzo come quando Lord Carlton mi ha preso in disparte, una sera, per dirmi che Seraphina gli doveva duecento sterline.» «Ma avete pagato i suoi debiti, non è così? Perché dunque non siete rimasti in città? Seraphina non ha alcun motivo di evitare i salotti mondani.» «Ce l'ha eccome! Non posso permettere che vada in giro per Londra se non è in grado di controllarsi. Non voglio che rovini la sua vita come voi avete rovinato la vostra. E come se questo per voi non fosse abbastanza, avete condotto alla rovina anche Seraphina!» «Non è vero!» «Come potete negarlo? Siete stato voi a introdurla nella discutibile cerchia di personaggi che frequentate. Voi l'avete portata a casa di quella Tomlinson a giocare a carte e l'avete incoraggiata a tornare, dicendole che la fortuna sarebbe girata. Le avete inculcato la vostra assurda convinzione che l'unico modo per pagare i suoi debiti era quello di giocare ancora e alzare la posta nella speranza di rifarsi. Se non sapessi che siete stato così folle da rovinarvi nello stesso modo, penserei che avete preso del denaro da quello sciacallo!» Ci fu un momento di silenzio e Juliana rimase in attesa, chiedendosi che cosa stesse succedendo. Apparentemente Sir Herbert aveva visto qualcosa sul volto di Crandall, perché esclamò: «Santo cielo! È cosi, vero? Vi dava del denaro affinché gli portaste delle vittime inconsapevoli. Voi avete condotto gli agnelli al macello.» «Non volevo fare niente di male» protesto' debolmente Crandall. «Loro volevano giocare a carte e io mi sono limitato a presentarli alle persone giuste. Fu Seraphina a chiedermi di condurla in una casa da gioco.» «Siete suo fratello! Avreste dovuto proteggerla, non metterla nelle mani di quei farabutti!» Sir Herbert aveva alzato la voce, comprensibilmente indignato. «Siete un traditore. Dovrei darvi un sacco di legnate.» «Provateci» replicò Crandall in tono minaccioso. A quel punto Juliana sentì un tonfo, come di qualcosa che sbatteva contro la parete, e subito dopo un rumore di passi che si allontanavano. «State lontano da me, Barre!» gridò Sir Herbert, a pochi passi di distanza da dove si trovava Juliana, dal che lei intuì che Crandall l'aveva sbattuto contro il muro prima di andarsene.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** 27 Capitolo ***


Dopo qualche istante, Sir Herbert sospirò e si allontanò lungo il corridoio. Juliana tirò un sospiro di sollievo. Dunque Crandall aveva introdotto la sorella al gioco d'azzardo, riflette'. Adesso le era chiaro perché Sir Herbert disprezzasse così tanto il cognato, e senza dubbio era per quello che Seraphina evitava il fratello. Le sue frecciate sarcastiche erano probabilmente accenni ai loro problemi di gioco. Juliana era sbalordita dalla meschinità di Crandall: prima rovinava la sorella e poi aggiungeva il danno alla beffa prendendosi gioco di lei. Quella sera Crandall non si fece vedere a cena, con gran sollievo non solo di Juliana ma anche di tutti i presenti. La conversazione intorno al tavolo fu quasi normale. Lilith era controllata e glaciale come sempre, tuttavia Winifred, Seraphina e Sir Herbert conversarono con Juliana e Nicholas senza che nessuno si comportasse come se stesse camminando sulle uova. Crandall non si fece vedere per tutta la serata e nemmeno il giorno dopo a colazione, il che era normale. Juliana non lo incontro' per tutta la mattinata, così l'atmosfera fu relativamente pacifica fino all'ora di pranzo. La famiglia si era riunita come al solito in sala da pranzo e i domestici avevano incominciato a servire in tavola, quando Crandall fece il suo ingresso nella stanza. Juliana sollevò lo sguardo e vedendolo rimase a bocca aperta. Winifred, al suo fianco, emise un gemito. Crandall aveva il viso coperto di lividi e il labbro inferiore gonfio; la pelle intorno alla bocca era rossa e screpolata; l'occhio destro era nero e praticamente chiuso. Involontariamente, Juliana si voltò a guardare Nicholas. Lilith si alzò, portandosi le mani alla gola. «Crandall! Che cosa ti è successo? Stai bene?» Lui la ignoro' e si lasciò cadere sulla sedia. Quando Winifred si sporse a posargli una mano sul braccio, la respinse sgarbatamente. «Lasciami in pace!» Lilith si voltò verso di Nicholas. «Che cosa significa tutto ciò?» «Non credo che tu debba chiederlo a me. Chiedi a tuo figlio.» Le rispose lui, sostenendo il suo sguardo. «Crandall...» La voce dell'anziana gentildonna suonò autoritaria. Lui alzò le spalle. «Non è niente, mamma. Lascia perdere.» «Niente? Il tuo viso è gonfio e livido, e ti aspetti che lasci cadere così la cosa? È stato Nicholas a farti questo?» Crandall fece una smorfia. «Un tizio del villaggio mi ha aggredito, ecco tutto. E adesso, possiamo mangiare, per favore?» Lilith sbotto'. «No che non possiamo. Hai appena detto di essere stato aggredito e pretendi che facciamo finta di nulla? Chi è quell'uomo? È stato arrestato?» «Zia Lilith, credo sia meglio non fare troppo chiasso intorno a questa faccenda» intervenne Nicholas dopo aver rivolto un'occhiata significativa a Crandall. «Chiasso?» Lilith lo guardò con espressione gelida. «Mio figlio è stato aggredito e tu dici che non dobbiamo fare chiasso? Io voglio sapere se chi ha fatto questo a Crandall si trova in carcere.» «No. Ma non è un argomento di cui si possa conversare a tavola. Propongo di rimandare questa discussione dopo pranzo.» Rispose Nicholas. Lilith lo fissò, furiosa. «Puoi anche venire qui a prendere possesso della tenuta, Lord Barre, ma non mi dirai quello che posso o non posso fare riguardo a una questione del genere. Voglio sapere che cosa è successo. Voglio sapere perché quell'uomo non è in carcere.» Con un sospiro, Nicholas posò la forchetta e si rivolse al maggiordomo. «Rundell...» «Sì, signore.» L'uomo fece un cenno agli altri domestici, che uscirono dalla stanza. Rundell uscì per ultimo, chiudendo la porta dietro di sé. «E va bene, parliamone.» Poi Nicholas si rivolse a Winifred, dicendo: «Mi spiace che dobbiate ascoltare tutto questo.» Lei fissò il marito, pallida e disorientata. «Crandall?» Crandall la ignoro', incrociò le braccia sul petto e si appoggiò allo schienale della sedia. «Vai avanti, Nick. Sono certo che non vedi l'ora di raccontare a tutti quello che è successo.» «Credimi, non mi fa affatto piacere parlare delle tue indiscrezioni e ancor meno delle conseguenze.» Nicholas si rivolse a zia Lilith. «Ho incontrato l'uomo in questione stamani, zia. Era venuto a dirmi che avrei fatto meglio a tenere sotto controllo Crandall. Pare che tuo figlio abbia fatto delle proposte indesiderate a sua moglie e che si sia spinto un po' troppo oltre. Il marito è intervenuto ed è questo il motivo per cui Crandall è in queste condizioni.» «Che assurdità! È chiaro che quella sgualdrina avrà mentito al marito. Sarà stata lei a sedurre Crandall, e quando il marito l'ha scoperto, ha dato la colpa a lui per evitare la sua collera.» Esclamò Lilith. Evidentemente, anche se non stravedeva più per il figlio come un tempo, Lilith non sospettava nemmeno lontanamente come si comportava con le donne, pensò Juliana. «Quell'uomo li ha colti sul fatto, zia Lilith. Sua moglie stava lottando con Crandall cercando di respingerlo. Credo che ci siano poche possibilità che abbia cercato di sedurlo o che Farrow abbia frainteso quello che vedeva.» Replicò Nicholas. «Mente» protesto' Crandall, voltandosi verso sua madre. «Mentono entrambi.» «Ma certo. Chi è questo Farrow? Sono sicura che spera solo di ottenere del denaro.» convenne Lilith. Seraphina alzò gli occhi al cielo, chiaramente poco convinta dalle parole del fratello. Winifred fissava il tavolo con le guance in fiamme per l'imbarazzo. Juliana provò un moto di simpatia per lei. Doveva essere umiliante starsene seduta lì a sentire che il marito aveva cercato di sedurre un'altra donna. Non c'era da stupirsi che Nicholas avesse cercato di evitare quella discussione a tavola. «Credo che il denaro non abbia niente a che vedere con il motivo della sua visita. Farrow era infuriato, e a ragione. È il fabbro del villaggio e, vista la sua corporatura, direi che Crandall è stato fortunato a cavarsela solo con un occhio nero e qualche livido.» riprese Nicholas. «Mi ha assalito alle spalle. Non sapevo nemmeno che fosse lì.» esclamò Crandall. «Evidentemente eri troppo occupato per notarlo» replicò Nicholas in tono asciutto. «Ho una mezza idea di tornare là e...» «Non dire assurdità. Non avresti mai il coraggio di affrontarlo in uno scontro leale. In fondo sei sempre stato un codardo, Crandall. Ti limiti a intimorire le donne e le persone più deboli di te. Non affronteresti mai un uovo come Farrow. Mi stupisce che tu sia stato tanto stupido da pensare che avresti potuto fare i tuoi comodi con sua moglie senza che ti facesse a pezzi. Se pensavi che il tuo nome ti avrebbe salvato, ti sei sbagliato. Farrow non è interessato al denaro e, anche se tu volessi comprarlo, non ne avresti la possibilità. E ti assicuro che io non sono disposto a pagare un penny per tirarti fuori da una situazione del genere.» sbotto' Nicholas. «Non mi sono mai aspettato che tu prendessi le mie parti» sibilo' Crandall. «Hai fatto bene. Credo di aver placato Farrow. Gli ho assicurato che un incidente del genere non si verificherà più.» Nicholas posò entrambe le mani sul tavolo e si sollevò leggermente. I suoi occhi erano freddi e duri mentre fissava il cugino. «D'ora in poi la smetterai di comportarti in questo modo. Sono stato chiaro? Se dovessi venire a sapere da Mrs. Farrow, o da qualsiasi altra donna, che è stata importunata da te, dovrai risponderne a me.» Crandall gli lanciò un'occhiata risentita prima di riportare lo sguardo sul tavolo, irrigidendo la mascella in un atteggiamento ribelle. «Fai pure il broncio, Crandall, ma starai alle mie regole se vuoi continuare a vivere qui» concluse Nicholas. «Come osi!» esclamò Lilith, con gli occhi lampeggianti di collera. «Credi di poter dare degli ordini a mio figlio?» «Se vuole continuare a vivere nella mia tenuta, sì, mi aspetto che si comporti in un certo modo» replicò Nicholas con calma.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** 28 Capitolo ***


Lilith Barre era indignata, infierendo contro Nicholas. «Sai bene che niente di quello che hai detto è vero. Hai aiutato quell'uomo a costruire una montagna di bugie sul conto di Crandall. Metti in giro delle voci maligne su di lui perché lo odi. Sei sempre stato geloso di lui. È molto migliore di te, più sveglio e intelligente, e tu non l'hai mai sopportato. L'hai attaccato fin da quando eri bambino. Non potevi sopportare che avesse successo. Eri malvagio allora e lo sei...» «Basta!» intervenne Juliana, scattando in piedi. La voce le tremava di collera mentre si rivolgeva alla donna anziana. «Taci!» Lilith batte' le palpebre, colta di sorpresa dalla veemenza con cui aveva parlato. «Sei tu che sei malvagia» continuò Juliana, mettendo da parte ogni diplomazia e gentilezza. «Sei stata una pessima madre e ti sei comportata ancor peggio come zia. Sei fredda ed egoista, e il modo in cui tu e tuo marito avete trattato Nicholas è a dir poco criminale. Era venuto da voi come orfano, un bambino che aveva perso tragicamente i genitori, eppure non avete fatto niente per dimostrargli il vostro affetto e prendervi cura di lui. Lo trattavate con disprezzo e crudeltà. Crandall non valeva la metà di Nicholas, ma voi eravate ciechi. Avete rovinato vostro figlio viziandolo e perdonandogli qualsiasi cosa. E avete cercato di rovinare Nicholas, ma non ci siete riusciti. Lui è scappato dalle vostre grinfie e ha resistito a tutti i vostri tentativi di annientarlo.» Lilith si alzò per fronteggiare Juliana, gli occhi chiari che brillavano di collera. «Come osi parlarmi in questo modo, piccola arrivista presuntuosa! Sei uguale a tua madre!» «Mia madre non c'entra con tutto questo. Sto parlando di te e del modo in cui hai abusato di un bambino che ti era stato affidato. Ascoltami bene: il tuo regno qui è finito. Se sei ancora in questa casa, è solo perché quel bambino tollera la tua presenza e ti concede un tetto. Se fossi in te, farei più attenzione a quello che dico. Forse Nicholas è riluttante a cacciare di casa sua zia, ma ti assicuro che io non lo sono. Manderò via te e il resto della tua famiglia se tratterai ancora Nicholas senza il rispetto che merita.» Lilith la fissò, pallida in volto, con le labbra contratte in una linea sottile. «E inoltre» incalzo' Juliana, «ti suggerisco di riflettere su questo. Tra pochi giorni io sarò Lady Barre e come tale avrò il potere non solo di cacciarti di qui, ma anche di rovinati in società. Posso fare in modo che da qui a Londra tutti sappiano che tipo di donna sei. Racconterò come hai trattato Nicholas da bambino. Che cosa credi che penseranno di te, allora?» Lilith serro' la mascella e i suoi occhi lampeggiarono di odio. Per un istante, Juliana pensò che si sarebbe scagliata contro di lei. Invece si limitò a rispondere a denti stretti: «Non ho intenzione di mancare di rispetto a Lord Barre». E senza guardarlo negli occhi aggiunse: «Ti prego di perdonarmi, Nicholas, se ti ho offeso in qualche modo.» «Ma certo, zia Lilith.» «E ora, se volete scusarmi, non ho più appetito.» Con queste parole, Lilith lasciò la stanza. Juliana la guardò allontanarsi, poi tornò a sedersi al suo posto. Temeva che le ginocchia non l'avrebbero retta e le mani le tremavano tanto che dovette stringerle in grembo. Sentiva su di sé gli sguardi di tutti i presenti. Senza dubbio erano scandalizzati dal suo sfogo, pensò. Forse avrebbe dovuto sentirsi in imbarazzo per aver perso il controllo, ma non era così. Sollevò il mento con aria di sfida e guardò prima Crandall e poi Seraphina. «E voi sapete bene che è vero» disse. Crandall fece una smorfia sarcastica, mentre Seraphina arrossi' e si limitò a un cenno del capo mentre si portava una mano alla bocca. Winifred sembrava completamente allibita. Juliana lanciò un'occhiata titubante a Nicholas, che la stava guardando con aria divertita. «Sir Herbert, sareste così gentile da suonare per Rundell? Credo che possiamo terminare il pranzo, ora.» disse con calma. Il maggiordomo e i camerieri tornarono prontamente con la portata successiva, nascondendo dietro una facciata impassibile la curiosità. Tutti si concentrarono sul cibo, senza sforzarsi di fare conversazione, e alla prima opportunità si alzarono da tavola, lasciando Nicholas e Juliana da soli. Lei attese che i camerieri fossero usciti prima di parlare. «Mi spiace di aver fatto quella scenata. Di solito sono più calma.» Fece un sorriso esitante. «Immagino che avrai difficoltà a credermi, adesso.» Nicholas sorrise e posò una mano su quella di lei. «Non credevo che potessi trasformarti in una simile virago. Dovrò stare attento a come mi comporto con te.» «Oh, non credo che tu abbia motivo di preoccuparti» gli rispose con una breve risata. Nicholas si portò la sua mano alle labbra. «Grazie per avermi difeso.» Quel contatto la riempì di calore. Lui girò la sedia e la tirò per la mano, invitandola ad alzarsi per sedere sulle sue ginocchia. Juliana rise, senza fiato, mentre lui le cingeva la vita con un braccio. Le sembrava così naturale starsene rannicchiata contro il suo petto, così... giusto. Nicholas chino' il capo e posò le labbra sul suo collo, poi risali' a sfiorarle i capelli e stuzzicarle il lobo dell'orecchio con un tocco leggero. Un brivido la percorse, innescando un fuoco dentro di lei. Quando lui le posò l'altra mano sul seno, il desiderio arse più violento che mai. Voleva abbandonarsi tra le sue braccia e invitarlo a esplorare il suo corpo, accarezzandola ed eccitandola. Si mosse leggermente e udì un gemito sfuggirgli dalle labbra. «Vuoi farmi impazzire?» le sussurro'. Facendosi più audace, Juliana si voltò completamente verso di lui e gli allaccio' le braccia intorno al busto. Quando lo guardò in viso, vide che i suoi occhi fiammeggiavano. Nicholas le accarezzo' il seno attraverso il sottile tessuto dell'abito e lei chiuse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore per trattenere un gemito a quel piacere squisito. Nicholas spostò la mano sulle sue cosce, come se fosse in cerca di quella sorgente e, pur attraverso lo strato di vestiti e sottogonne, Juliana sentì esplodere il piacere. Si aggrappo' alla sua camicia e posò il capo contro il suo petto, abbandonandosi a quelle sensazioni. Poteva sentire il battito del suo cuore, e il suo respiro farsi più pesante. Aveva la sensazione che avrebbe potuto affogare in lui, consumarlo ed essere consumata. Si udì un rumore di passi davanti alla porta, poi un sussulto soffocato. Juliana aprì gli occhi in tempo per cogliere le spalle di un cameriere che usciva precipitosamente dalla stanza. Nicholas impreco' a bassa voce, lasciandola andare, e lei scattò in piedi. Lo fissò un istante, con le guance paonazze per l'imbarazzo, poi si voltò e fuggi' dalla stanza. Nicholas appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani, maledicendosi. Si stava comportando come un adolescente selvaggio. Aveva fatto una promessa a Juliana e sembrava infrangerla ogni volta che restava solo con lei. Aveva tutto il diritto di essere infuriata. Sapeva di non essersi comportato da gentiluomo. Anche se non aveva mai preteso di essere un santo, aveva creduto che non si sarebbe mai comportato in modo disonorevole con Juliana. Invece aveva lasciato che il desiderio per lei lo inducesse a rompere la promessa che le aveva fatto. Le aveva giurato che il loro sarebbe stato un matrimonio di facciata ed era su quelle basi che lei aveva accettato. Ma dopo il suo comportamento degni ultimi giorni, probabilmente si stava chiedendo se sarebbe stato capace di tener fede all'accordo. Forse sospettava perfino che l'avesse ingannata intenzionalmente, pensò Nicholas. Normalmente non si lasciava bloccare dalla paura. Si era fatto strada da solo e aveva avuto più successo di molti attenendosi al principio che la fortuna aiuta gli audaci. Ma in quel preciso frangente, scoprì, aveva paura. Paura di perdere la fiducia di Juliana.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** 29 Capitolo ***


Juliana era per Nicholas, l'unica persona al mondo che gli fosse cara. Era stata la sua compagna, la sua unica amica, quando si era sentito solo al mondo. Si fidava di lei e non credeva ci fosse un'altra persona di cui avrebbe potuto dire la stessa cosa. Per questo motivo, non poteva permettere che qualcosa rovinasse il legame che c'era tra loro... indipendentemente da quanto la desiderasse. L'intensità di ciò che provava l'aveva colto di sorpresa. Nei suoi ricordi, Juliana era una bambina e lui le aveva voluto bene come tale. Era come una sorella. E anche se si era reso conto che era cresciuta e che era diventata una donna molto attraente, non aveva immaginato che il suo fascino l'avrebbe colpito tanto da far vacillare la sua capacità di controllarsi. Le aveva proposto di sposarlo senza ulteriori motivi, si disse. Voleva solo aiutarla. Non sopportava di vederla correre agli ordini di persone che le erano nettamente inferiori. Avrebbe dovuto avere il meglio dalla vita, e lui aveva voluto offrirglielo. Eppure, dopo quelle ultime settimane, non riusciva più a vederla solo come la cara amica di un tempo, e la trovava sempre più desiderabile. Il matrimonio non era più quello che aveva avuto in mente. Voleva conquistarla, averla nel suo letto. Si scoprì ad aspettare la prima notte di nozze con l'impazienza di un ardente innamorato. Ma sapeva che non era giusto nei confronti di Juliana. In fondo aveva accettato di essere sua moglie convinta che il loro sarebbe stato un matrimonio solo di nome. Probabilmente l'aveva fatto soprattutto per un senso di lealtà nei confronti del ragazzo che era stato il suo amico d'infanzia. Non lo amava; in un primo tempo era stata riluttante a sposarlo proprio perché non nutriva un sentimento d'amore per lui. E Nicholas sapeva che per una donna come Juliana, amore e desiderio erano strettamente legati. Non era incapace di nutrire sentimenti profondi come lo era lui. Lei era convinta che anche Nicholas potesse amare, ma la verità era che vedeva in lui solo il riflesso di se stessa. Era la sua bontà d'animo che le permetteva di interpretare ogni sua azione sotto la luce migliore, perdonandogli i peccati e scusando gli errori. Ai suoi occhi Nicholas era quello che desiderava che fosse, e quando si trovava con lei, lui non poteva fare altro che recitare quella parte. Ma sapeva bene che non era altro che una finzione. Conosceva la collera che si agitava dentro di lui, sapeva di essere l'uomo duro di cuore che aveva appreso la notizia della morte dello zio senza il minimo accenno di simpatia o di rimpianto. Ed era ancora aggrappato a quell'odio che era lievitato a ogni colpo di frusta che gli aveva inferto. Sapeva di aver infranto o aggirato la legge in più di un'occasione e di aver tradito le regole della fiducia e persino dell'onore pur di arricchirsi. Non era un uomo buono. Solo Juliana era convinta del contrario. Tuttavia non voleva guastare l'immagine che aveva di lui. Anche se non gli importava nulla di ciò che pensavano gli altri, teneva molto alla sua opinione. A tormentarlo non era il timore che avrebbe potuto respingerlo la prima notte di nozze. Sapeva che avrebbe ceduto al suo desiderio, considerandolo uno dei suoi doveri di moglie. Quanto meno, avrebbe sentito un obbligo di gratitudine nei suoi confronti per averle dato una vita migliore come Lady Barre. Né temeva di non riuscire a suscitare in lei il desiderio. L'aveva sentita cedevole tra le sue braccia, aveva colto il suo respiro ansimante e il battito affrettato del suo cuore. I suoi baci e le sue carezze la eccitavano. Ma anche se lo desiderava, non lo amava veramente e questo l'avrebbe lacerata. Non voleva costringerla a cedere ai propri desideri. Non voleva che si sentisse divisa interiormente, schiava della passione senza poter provare l'amore. Soprattutto, non sopportava l'idea che scoprisse che lui non era l'uomo che credeva. Sarebbe stato un dolore insopportabile vedere la disillusione nei suoi occhi, sapere che lo conosceva per quello che era: un uomo capace di infrangere una promessa per soddisfare un istinto bestiale. Non avrebbe permesso che accadesse. Avrebbe mantenuto a tutti i costi il suo voto di celibato. Non sarebbe stato poi così difficile, si disse. Dopo un primo periodo a Lychwood Hall, avrebbe potuto avvalersi dei servigi di qualche donna di piacere a Londra. Doveva ammettere, tuttavia, che la prospettiva non lo allettava molto. L'immagine di ogni altra donna impallidiva davanti a quella di Juliana. Anche le sue amanti del passato gli sembravano scialbe e indesiderabili in confronto. Non aveva la minima voglia di cercare un'altra donna per dare sfogo ai propri istinti, e questo faceva apparire ancora più cupa la sua vita matrimoniale. Giurò a se stesso che non avrebbe posseduto Juliana dopo le nozze. L'unico problema era che non aveva idea di come fare a mantenere quell'impegno. Il giorno delle nozze era sereno e luminoso, e dato che aveva piovuto per due giorni, il sole parve di buon auspicio a Juliana. Troppo nervosa per fare una vera colazione, si limitò a bere una tazza di tè con una fetta di pane tostato. Avrebbe voluto che Eleanor fosse lì a darle il suo appoggio. Winifred aveva aiutato la cameriera a sistemarle l'abito e l'acconciatura, ma anche se era molto gentile, non era come avere di fianco qualcuno che la conosceva fin dai tempi della scuola. Eleanor avrebbe preso in mano la situazione con la consueta efficienza, eliminando qualsiasi problema e dando ordini a tutti. La sua presenza l'avrebbe fatta sentire più calma e sicura. Cosi, invece, Juliana alterno' per tutta la mattinata momenti di terrore al pensiero che stava per fare un terribile sbaglio, a momenti di trepidazione in cui non vedeva l'ora di recarsi in chiesa. Era certa di fare quello che desiderava, ma molto meno sicura che fosse la cosa giusta per lei. Ad aggravare l'incertezza, c'era il fatto che si chiedeva che cosa avrebbe fatto Nicholas la prima notte di nozze. Le aveva detto che il loro sarebbe stato un matrimonio solo di nome, ma forse, a giudicare dal modo in cui l'aveva baciata solo pochi giorni prima, aveva cambiato idea. Che cosa avrebbe fatto se lui si fosse presentato nella sua camera da letto, quella notte? Da come aveva risposto ai suoi baci, Nicholas aveva tutto il diritto di pensare che non l'avrebbe respinto. E in effetti lo desiderava veramente, ma temeva che, se avessero fatto l'amore, si sarebbe illusa ancor più. Si sarebbe sentita una moglie nel vero senso della parola, tuttavia sospettava che Nicholas non la pensasse nello stesso modo. Aveva dichiarato di essere refrattario all'amore e, anche se Juliana non ci credeva, quella affermazione dimostrava che non era innamorato di lei. Innamorarsi di un uomo che non l'amava e continuare ad amarlo anche quando si fosse stancato di lei... sarebbe stato un disastro. Avrebbe finito per sentirsi sola, con il cuore infranto. Molto meglio restare amici, si disse, ed evitare di addentrarsi in acque più profonde. Se l'avesse respinto una prima volta, era sicura che lui non avrebbe insistito per far valere i suoi diritti coniugali. Ma non era altrettanto sicura di riuscire a resistere al desiderio che provava per lui. Avrebbe avuto il coraggio di respingerlo? Tormentata da quei pensieri, Juliana ascoltò distrattamente le chiacchiere di Winifred, e fu un sollievo quando infine arrivò il momento della cerimonia. Ormai doveva soltanto mettere da parte i dubbi e andare avanti. Si sposarono quel pomeriggio nella chiesa del villaggio, un antico edificio con un campanile normanno. Gli ospiti non erano numerosi, giusto qualche gentiluomo del posto e pochi parenti lontani. Né Nicholas né Juliana conoscevano molte persone, dato che avevano vissuto a lungo ai margini dell'alta società, e nessuno dei Barre aveva espresso il desiderio di invitare qualche amico.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** 30 Capitolo ***


Juliana era rimasta quindi piuttosto sorpresa quando uno degli amici di Crandall, il giovane Peter Hakebourne, era arrivato da Londra il giorno prima. Anche Crandall era parso stupito quando l'aveva visto entrare in soggiorno e subito i due erano usciti a parlare. Juliana si era chiesta se non fosse uno dei gentiluomini a cui suo cugino doveva del denaro. Nonostante i pochi invitati, la semplice cerimonia commosse Juliana e quando si voltò a guardare Nicholas per pronunciare i voti nuziali, si sentì il cuore traboccare di gioia. Gli sorrise con gli occhi umidi di lacrime e in quel momento capì che, qualsiasi cosa le riservasse il futuro, aveva fatto la scelta giusta. La sua vita era legata a quella Nicholas ed era giusto che il loro futuro fosse insieme. Dopo la cerimonia tornarono a Lychwood Hall, dove ricevettero le felicitazioni degli invitati e del personale. Più tardi ci sarebbero stati il banchetto e il ballo per gli amici e i parenti, ma prima gli sposi dovevano incontrare i fittavoli e la gente del paese, invitati tutti a una allegra festa all'aperto. Juliana sorrideva e salutava tutti, sia coloro che ricordava dai tempi in cui era bambina sia quelli che le erano estranei. C'era anche Mrs. Cooper, arrivata con il calesse che le aveva mandato Juliana. Le prese entrambe le mani e le assicurò che avrebbe avuto una vita felice. Poi i fittavoli e le loro mogli sfilarono uno dopo l'altro per porgere le loro felicitazioni agli sposi. Era venuto anche il fabbro del villaggio, un gigante biondo più alto di Nicholas, con spalle ampie e braccia muscolose. Disse poche parole, chinando il capo in un modo che dimostrava rispetto ma non servilismo, e presentò la giovane donna al suo fianco come la moglie. Mentre si avviavano verso il tavolo dei rinfreschi, Juliana si avvicinò a Nicholas per sussurrargli: «Non è lui quello che ha fatto un occhio nero a Crandall? Mi stupisce che sia venuto.» Nicholas annuì. «Si, ma è un brav'uomo e sa che io sono diverso da Crandall. Mi piace.» Juliana guardò la coppia che si allontanava; la donna aveva il braccio infilato in quello del marito e lui si chinava verso di lei con aria protettiva, come se stesse ascoltando con attenzione quello che diceva. «Lei è molto bella» disse. «Sì. È facile capire perché Crandall abbia perso la testa.» «A proposito, conosci il suo amico?» domandò Juliana. «Quello che è venuto da Londra? Come si chiama?» «Hakebourne. Peter Hakebourne.» «Ah, già. No, non lo conosco. Comunque mi è parso alquanto strano che una persona che non abbiamo mai incontrato e che non abbiamo invitato si sia presentato alle nozze» commentò Nicholas. «Credo che nemmeno Crandall sapesse del suo arrivo» aggiunse Juliana. Nicholas si fece scuro in volto. «Conoscendo Crandall, non posso fare a meno di chiedermi quale sia il motivo della sua presenza. Farò qualche domanda in giro per vedere se riesco a scoprire qualcosa.» Guardò Juliana con un tenue sorriso sulle labbra. «Credi che sia ingiusto da parte mia dubitare che qualcuno possa venire a trovare Crandall per pura amicizia?» «Direi che è sensato, invece.» Dopo il banchetto, Nicholas condusse Juliana al centro dello spazio riservato alle danze e la prese tra le braccia. Volteggiarono a passo di valzer, lei non poté fare a meno di ripensare alla sera in cui l'aveva rivisto per la prima volta dopo quindici anni. Era passato solo un mese, eppure sembrava una vita. All'epoca non avrebbe mai sognato che un giorno sarebbe stata sua moglie. E quella notte lo sarebbe diventata veramente, non solo di nome? Era una domanda a cui non sapeva ancora rispondere. Dopo il primo ballo, furono costretti a danzare con gli altri ospiti, come richiedeva la consuetudine, e la cosa non fu altrettanto piacevole. Juliana ballo' con Sir Herbert e poi con Peter Hakebourne. Il primo sembrava che si sforzasse di ricordare le lezioni di danza prese anni prima e a lei parve quasi di sentirlo contare mentre la faceva volteggiare. Alla fine del brano, il sorriso che le rivolse esprimeva più sollievo che soddisfazione. Hakebourne, d'altro canto, era un discreto ballerino, ma la sua conversazione era molto povera. Alla fine del ballo, nonostante le sue domande discrete, Juliana non aveva appreso sul suo conto nulla di più di quanto sapesse all'inizio, e non riusciva a capire se lui avesse evitato di proposito le sue domande o se fosse semplicemente timido. Dopo che l'ebbe lasciata con un inchino, Juliana rimase ad osservarlo e notò che attraversava la sala per raggiungere Crandall, che se ne stava in disparte, con un bicchiere in mano, osservando i festeggiamenti di cattivo umore. Non ci voleva una grande immaginazione per intuire che non era particolarmente felice di vedere l'amico. Aggrotto' la fronte quando Hakebourne si avvicinò, e si guardò rapidamente intorno come se cercasse una via di fuga. L'altro si fermò davanti a lui e incominciò a parlare con una loquacita' di cui non aveva dato prova mentre ballava con Juliana. In quel momento Mr. Bolton, un gentiluomo del posto, la invitò per una quadriglia e lei fu troppo impegnata a richiamare alla mente i passi di quella complicata danza per dedicare ulteriore attenzione a Crandall e al suo amico. Mr. Bolton, uno scapolo di mezza età, si rivelò un abile ballerino e, quando la riaccompagno' al suo posto, Juliana vide che Crandall e Hakebourne stavano ancora parlando. O meglio, erano impegnati in un'animata discussione, perché avevano alzato la voce. Sorpresi, gli altri invitati si erano voltati verso la fonte del rumore, ma a un cenno di Lilith il quartetto riprese a suonare, coprendo le voci dei due uomini. Un istante dopo Mrs. Barre si avvicinò al figlio, si fermò di fronte a lui e gli disse qualche parola. Hakebourne parve imbarazzato e si limitò ad annuire in silenzio, poi, con un ultima occhiata a Crandall, tornò a mescolarsi agli invitati. Crandall guardò la madre con espressione imbronciata e vuoto' il bicchiere con aria di sfida, poi si voltò e attraverso' la sala, diretto verso Juliana. Si scontrò con una coppia di ballerini, inciampo' e riprese la sua strada senza nemmeno chiedere scusa. Juliana avrebbe voluto fuggire, ma sarebbe stato troppo evidente che cercava di evitare Crandall, e non voleva creare situazioni imbarazzanti. Solo Dio sapeva che cosa avrebbe potuto fare quell'uomo nelle condizioni in cui era. Dato che l'ultima cosa che desiderava era una scenata il giorno delle sue nozze, rimase ferma dov'era e attese con un falso sorriso stampato sul volto. «Ju... Juliana» balbetto' Crandall, esibendosi in un inchino stravagante che per poco non gli fece perdere l'equilibrio. «Crandall, ti prego...» mormorò Juliana. «Sei ubriaco. Vai in camera tua e sdraiati.» Lui le rivolse un sorriso lascivo. «È... un invito, mia cara?» Juliana strinse i denti. «Non renderti più ridicolo di quanto tu non abbia già fatto. Pensa alla tua famiglia, a tua moglie. Pensa a te stesso, per l'amor del cielo. Vuoi umiliarti davanti a tutte queste persone?» «Voglio solo ballare con la sposa» replicò lui, strascicando le parole in modo che suonarono quasi incomprensibili. «Non ho diritto a un ballo con la sposa il giorno delle sue nozze?» Aveva alzato la voce pronunciando l'ultima frase, e vedendo che molti si erano voltati verso di loro, Juliana si affretto' a dire: «Va bene, Crandall, ballero' con te. Ma solo se mi prometti che dopo te ne andrai.» «Ma certo. Un ballo con la bellissima sposa e la mia giornata sarà completa» disse prendendola per un polso e conducendola verso la pista da ballo. Juliana si sforzo' di tenere a freno l'irritazione mentre si voltava verso di lui. Ballare con Crandall sarebbe stato un supplizio comunque, ma lo era ancora di più date le sue condizioni. Lui le prese una mano e le posò l'altra intorno alla vita. Anche se cercava di restare a una certa distanza, Juliana avvertì l'odore dell'alcol nel suo alito. L'orchestrina iniziò a suonare e lei fece del suo meglio per seguire Crandall. La mano di lui le pesava sul fianco e aveva la sensazione che lui le premesse le dita nella carne con più forza del necessario. «Una bellissima sposa» ripeté Crandall. «Grazie» rispose brevemente lei. Le rivolse uno sguardo lascivo. «Ti ho sempre desiderata, sai?» lei era nauseata. «Crandall... questa non è una conversazione appropriata.» Quell'uomo era incorreggibile. «Ma è la verità» insistette lui, imperterrito. «Ogni volta che tornavo a casa da scuola c'eri tu... a stuzzicarmi.» «Non dire assurdità» replicò Juliana, indignata. Sapeva che era inutile discutere con un ubriaco, ma non poteva ascoltare quelle bugie senza ribattere. «Io non ti ho mai...» «Oh, forse non pensavi di farlo» la interruppe Crandall, ammiccando. «Ma io ti vedevo. Lo so.» «Tu non sai proprio niente.» Juliana lo fulmino' con lo sguardo. «Ma potresti almeno evitare di mostrare così apertamente la tua ignoranza.» Lui rise e la strinse così forte da farla barcollare; solo per un soffio Juliana riuscì a evitare di finire contro il suo petto. «Crandall! Smettila prima di creare un altro scandalo.» In quel momento una mano si abbatte' sulla spalla di Crandall. «Scusa, cugino» disse la voce di Nicholas, «Sono certo che non ti dispiace se ti rubo la sposa.» «Nicholas!» Juliana lo guardò sollevata. Lui notò che aveva il volto arrossato e gli occhi accesi da lampi di collera, quindi si voltò verso il cugino. «Non credi di aver bevuto abbastanza per oggi? È ora che tu te ne vada a letto.» «Non mi importa un fico secco di quello che pensi» replicò Crandall.«Stiamo ballando. Spostati. Mi blocchi la strada.» «Farò ben più che bloccarti la strada se non lasci andare subito mia moglie.» La voce di Nicholas era calma e gelida e il suo tono minaccioso era rinforzato dalla mascella serrata e dal bagliore degli occhi scuri. Crandall fece un sogghigno beffardo. «Tua moglie... Aspetti con ansia la prima notte di nozze, vero? Credi davvero di essere il primo? Io sono venuto molto prima di te...»

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** 31 Capitolo ***


Qualsiasi altra cosa, Crandall stesse per dire, non ne ebbe il tempo perché il pugno di Nicholas lo colpì alla mascella, mandandolo a cadere al suolo. Una donna gridò. Crandall si rimise in piedi e si lasciò contro Nicholas, ma questi si fece rapidamente da parte, facendolo barcollare, poi lo afferrò per un braccio e lo fece voltare verso di sé. Quando Crandall cercò nuovamente di colpirlo, mancandolo anche per la seconda volta, gli diede un pugno nello stomaco e lo colpì con un altro gancio al mento fino a farlo cadere a terra con un tonfo. «Nick!» Juliana si aggrappo' al suo braccio. «Ti prego, basta!» Nicholas aveva il volto acceso di collera e stringeva le mani a pugno, pronto a colpire, mentre fissava Crandall che giaceva ancora al suolo. Il cugino rotolo' su un fianco e si rimise in piedi imprecando. «Nick» lo pregò Juliana. «Non farlo. Per favore, non rovinare il giorno delle nostre nozze.» Lui la guardò e i suoi muscoli si rilassarono visibilmente. «Mi spiace, mia cara.» Poi si rivolse a Crandall. «Vai a letto e fatti passare la sbronza.» L'altro rispose con un ghigno, ma la sua espressione di sfida era rovinata dal segno rosso sulla guancia e dal filo di sangue che gli colava dal labbro. «Dovrei ucciderti» sibilo'. «Non ci proverei, se fossi in te» replicò Nicholas con calma. «Non fare lo stupido, Crandall» intervenne Peter Hakebourne, infiltrandosi tra gli spettatori e prendendo l'amico per un gomito. «Vieni.» Lo tirò per il braccio e, dopo un istante di esitazione, Crandall lo seguì fuori dalla sala. Gli invitati si divisero per lasciarli passare, poi presero a commentare tra loro la scena a cui avevano appena assistito. Juliana pensò con amarezza che il suo matrimonio avrebbe fornito pettegolezzi per settimane. Nicholas si voltò verso di lei, dicendo:« Mi dispiace. Temo di aver rovinato la festa.» «Non importa» gli assicurò lei. Lo osservò. Sembrava improvvisamente distante e si chiese con una fitta di paura se avesse creduto alle parole di Crandall. «Nicholas!» esclamò. «Non crederai che Crandall...» «Come? No, certo.» Se possibile, il suo volto si era fatto ancor più impenetrabile. «È sempre stato un bugiardo. Ma... mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a una scena simile.» Erano anni, pensava tra se, che non si faceva coinvolgere in una zuffa. Fino ad alcuni anni prima era successo regolarmente: la violenza scaturiva da lui a ogni insulto o sguardo di sfida. In realtà era l'unico modo che conosceva per sopravvivere. Stare in guardia e imparare a difendersi erano state le parole che l'avevano guidato per tutta la vita. Aveva impiegato anni a conquistare il controllo di quel lato del suo carattere. Si era convinto di aver domato il proprio istinto e ora lo stupiva e lo sconcertava vedere che aveva preso di nuovo il sopravvento con tanta forza. Non voleva che Juliana lo vedesse in quel modo, che sapesse che razza di selvaggio stava ancora in agguato dentro di lui, pronto a tornare erano in vita alla prima provocazione. Gli riusciva difficile persino guardarla negli occhi per timore di leggere l'orrore sul suo volto. Fu un sollievo quando Seraphina si avvicinò, posando una mano sul braccio di Nicholas e l'altra su quello di Juliana, sorridendo come se non fosse successo nulla. «È ora, non credete? So che siete impazienti e non vedete l'ora che tutti noi ce ne andiamo al diavolo.» Le sue parole suscitarono qualche risata di complicità e Juliana fu grata alla cugina per aver cercato di distrarre l'attenzione generale invitando gli sposi a ritirarsi nella loro stanza. «Non mi attarderei qui ancora a lungo se fossi in voi, giovanotto» scherzo' uno degli ospiti anziani, un generale a riposo che viveva nei dintorni. «Oh, no. Tu guideresti la carica, generale!» replicò sua moglie, una donna alta, dalla mascella squadrata, che era una delle compagne di cavalcate di Lilith. Era difficile immaginare che un tipo così schietto potesse essere amica di una donna tanto preoccupata delle apparenze come Lilith, ma Juliana sapeva da tempo che la passione per la caccia e per i cavalli creavano a volte associazioni improbabili. Arrossi' leggermente al commento della donna e Seraphina disse: «Suvvia, Mrs. Cargill, avete fatto arrossire Lady Barre. Venite, voi due, è ora che vi cacciamo fuori di qui.» Juliana fu felice di abbandonare la sala da ballo e gli altri invitati, anche se si sentiva non poco agitata al pensiero di quello che la aspettava. Con l'incoraggiamento di Seraphina, lei e Nicholas salutarono tutti e ricevettero gli ultimi auguri, dopodiché entrarono in casa, lasciando gli ospiti ai piedi della scalinata. Juliana teneva la mano infilata nell'incavo del braccio del marito; i suoi muscoli sembravano solidi come acciaio sotto il tessuto dell'abito, notò. Le sembrava di essere un fascio di nervi: ansia ed eccitazione si alternavano dentro di lei e non sapeva che cosa sperava che accadesse. Il momento della verità era arrivato. Nicholas aprì la porta della sua stanza e, dopo che fu entrata, la seguì. Juliana non riusciva a guardarlo in viso per paura che vi leggesse ciò che provava. Lo desiderava intensamente. Voleva che la prendesse tra le braccia e la coprisse di baci. Voleva essere sua moglie in tutti i sensi della parola. Ma non sapeva che cosa volesse lui, e questo la faceva sentire insicura. Lanciò un'occhiata al letto e subito distolse lo sguardo. Sembrava che ovunque guardasse ci fosse qualcosa a ricordarle le possibilità che aveva davanti. Alle sue spalle, Nicholas si schiari' la gola. Juliana si voltò, guardandolo finalmente in viso. Quello che vide fece ben poco per mettere a tacere i suoi timori. Sembrava un perfetto estraneo. Aveva la mascella rigida e i suoi occhi scuri, che sapevano essere così pieni di calore, di umorismo o di malizia, erano come due pozze profonde che non rivelavano nulla di ciò che gli passava per la testa. Nicholas si guardò intorno con le mani intrecciate dietro la schiena. Sembrava un maestro di scuola che doveva decidere quale punizione dare a un allievo, pensò Juliana. Si sforzo' di cercare qualcosa da dire per alleggerire la tensione e recuperare il loro abituale rapporto d'amicizia. La prima cosa che le venne in mente fu la scena che era appena accaduta di sotto, ma un argomento del genere non li avrebbe aiutati a superare il disagio. «È stata una bella cerimonia» disse infine. «Si. E anche il banchetto era... ehm... eccellente.» Nicholas si sentiva goffo e impacciato. Juliana era così bella e lui la desiderava con un'intensità quasi dolorosa. Aveva cercato ripetutamente di pensare a un modo in cui avrebbe potuto prenderla tra le braccia e fare l'amore con lei senza infrangere la sua promessa, ma, naturalmente, non ce n'erano. Sedurla sarebbe stato un modo più gentile che non reclamare i suoi diritti coniugali, ma era comunque una cosa che aveva promesso di non fare. E quella sera aveva già rovinato tutto comportandosi come il bruto che era. Anche se sapeva che Juliana nutriva ben poca simpatia per Crandall, non era stata certo felice di vedere la sua festa di nozze rovinata da una zuffa, tanto più che suo marito era uno degli uomini coinvolti. Il suo comportamento doveva averla scandalizzata. Non poteva darle un'altra dimostrazione della sua natura animale rompendo la promessa che le aveva fatto e portandola a letto. Non sopportava l'idea di darle una delusione. «Bene... ehm... » Fece un gesto in direzione della porta che metteva in comunicazione le due camere da letto. «Mi ritirero' nella mia stanza. Ti auguro una buona notte.» Juliana annuì. In un certo senso era un sollievo non essere obbligata a decidere se dormire o meno con Nicholas, eppure la sua prima reazione era stata di delusione. Si era dunque sbagliata nel pensare che la desiderasse? Era davvero possibile che lui non avesse nemmeno pensato alla possibilità di fare l'amore con lei? Era stata dunque soltanto un'inutile perdita di tempo preoccuparsi della propria reazione ai suoi baci?

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** 32 Capitolo ***


«Si, certo. Buona notte anche a te» rispose Juliana con un nodo alla gola. Rimase a guardarlo mentre attraversava la stanza e apriva la porta. Con un cenno del capo, Nicholas entrò nell'altra stanza e richiudeva la porta dietro di sé. Solo allora Juliana si lasciò cadere di peso su una sedia, con gli occhi colmi di lacrime: Nicholas sarebbe sempre rimasto lontano da lei, in tutti i sensi, e lei avrebbe dovuto rassegnarsi a non avere l'amore e l'intimità di un vero matrimonio. Aveva detto di essere disposto a darle dei figli se lo avesse desiderato, ma lei sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederglielo. Non sopportava l'idea che facesse l'amore con lei in un modo così freddo e privo di sentimento. Presto avrebbe cercato io piacere altrove, lasciandola a invecchiare da sola, senza figli, senza aver mai conosciuto la passione nel letto coniugale. Tutto a un tratto le parve di aver fatto un ben magro affare, al di là della sicurezza e del benessere economico che aveva guadagnato. Si alzò con aria assente e tirò il cordone del campanello per chiamare la cameriera. L'elegante abito di raso che aveva indossato per la cerimonia era chiuso sulla schiena da una fila di bottoncini e non sarebbe mai riuscita a toglierlo da sola. Se fosse stata come altre spose, senza dubbio suo marito le avrebbe slacciato quei bottoncini di persona... Celia entro' nella stanza pochi minuti dopo, le sorrise e preparò la camicia da notte, un indumento delicato in pizzo e seta, adatto alla prima notte di nozze. Continuò a chiacchierare animatamente mentre aiutava Juliana a spogliarsi, lanciando occhiate eloquenti alla porta che divideva le due stanze. «Oh, signori... voglio dire, signora, non siete emozionata? Il conte è un uomo molto attraente, così alto e forte.» Juliana le lanciò un'occhiata distratta. Le sue chiacchiere la rendevano nervosa. Era consapevole di ogni rumore che proveniva dalla stanza di Nicholas e si chiedeva che cosa stesse facendo in quel momento. Immagino' le sue mani dalle dita lunghe e agili che slacciavano i bottoni della camicia e forse scostavano una ciocca di capelli che gli era ricaduta sul viso. Moriva dal desiderio di toccare i suoi capelli; sapeva che sarebbero stati come seta tra le sue dita e che lui le avrebbe rivolto uno sguardo divertito con la coda dell'occhio. Doveva smetterla di pensarci, si disse, stringendo le mani a pugno. Doveva accettare la sua vita per quello che era. Ma era tutto lì quello che le riservava il futuro? Si chiese. Il pensiero era troppo deprimente. Sedette davanti alla toilette e lasciò che Celia le sciogliesse i capelli e li spazzolasse. Chiuse la mente alle chiacchiere della giovane donna e fissò l'immagine che la guardava dallo specchio. Forse non era abbastanza bella, considerò. I suoi capelli castani erano troppo lisci, troppo spessi, troppo ordinari? O era il suo viso a essere anonimo, con le sopracciglia diritte, il naso e la bocca regolari ma non vistosi? Se avesse avuto gli zigomi alti e gli occhi grandi, la bocca generosa e la mascella scolpita di Eleanor, Nicholas l'avrebbe trovata più attraente? Sarebbe rimasto con lei in quel caso? Ancora una volta si costrinse ad abbandonare quei pensieri. Nicholas le aveva promesso che il loro matrimonio sarebbe stato platonico perché voleva solo aiutarla. Era stato premuroso nei suoi confronti e aveva voluto facilitarle le cose. Non era giusto interpretare la sua generosità e la sua gentilezza come un rifiuto o una mancanza di interesse. Ciononostante qualche dubbio insidioso rimaneva nella sua mente. Se Nicholas le aveva offerto quel tipo di accordo solo per riguardo nei suoi confronti mentre in realtà la desiderava, non gli sarebbe stato così facile andarsene. Celia fece un passo indietro e la guardò con un sorriso. «Siete incantevole, milady. Sua signoria sarà un uomo felice stanotte» commento' con una breve risata, e si affretto' a uscire dalla stanza. Juliana si guardò intorno, chiedendosi che cosa avrebbe fatto di se stessa ora che era rimasta sola. Di certo non se la sentiva di dormire. Stringendo la cintura della veste da camera, si avvicinò al tavolino dove aveva posato il libro che stava leggendo. Lo prese e sedette su una poltrona, ma il libro rimase chiuso in grembo mentre appoggiava il capo allo schienale e fissava la parete di fronte. Dalla stanza di Nicholas proveniva un rumore di passi e per un istante il suo cuore si gonfio' di speranza al pensiero che stesse tornando da lei. Ma poi i passi si allontanarono e qualche istante dopo sentì la porta sul corridoio che si chiudeva. Nicholas era uscito dalla stanza. Juliana rimase ad ascoltare i suoi passi attutiti dal tappeto mentre percorreva il corridoio, battendo le palpebre per ricacciare indietro le lacrime che le erano salite agli occhi. Raddrizzando il busto, si costrinse a concentrarsi sulla lettura, ma dopo pochi minuti rinunciò. Di tanto in tanto sentiva dei passi nel corridoio e tendeva l'orecchio aspettando di udire il rumore della porta di Nicholas che si apriva e si richiudeva. Solo parecchio tempo dopo sentì finalmente il rumore che aspettava. Allora rimase in ascolto, cercando di identificare i suoni che provenivano dalla stanza accanto. Era una completa follia, si disse con un sospiro. Si alzò e andò verso il letto, slacciando la vestaglia da camera. La sfilò e la gettò ai piedi del letto. Stava per infilarsi sotto le lenzuola, quando la porta comunicante si aprì con un cigolio che la fece sussultare. Si voltò e vide la figura di Nicholas che si stagliava sulla soglia. Il cuore prese a batterle all'impazzata nel petto e la bocca le divenne arida mentre lo guardava. Il desiderio che traspariva dalla sua espressione era inequivocabile; poteva vederlo dalla piega sensuale delle labbra, dalle palpebre semichiuse e dall'espressione dei suoi occhi, velati dalle lunghe ciglia. Attraverso' la stanza e, quando fu accanto a lei, le prese entrambe le braccia e la attirò a sé. Juliana riconobbe l'odore del brandy nel suo alito e immagino' che fosse sceso al piano di sotto, forse nello studio, a bere il bicchiere della staffa. I suoi occhi brillavano quando incontrarono quelli di Juliana e le sue dita le strinsero il braccio in una morsa che le trasmise un brivido di paura e di eccitazione. «Non riesco a smettere di pensare a te» mormorò. «Continuo a immaginarti nel tuo letto, così vicina. Non riesco a dormire. Non riesco a pensare ad altro.» «Nicholas...» sussurro' Juliana senza fiato. «Non voglio un matrimonio senza passione. Ti voglio nel mio letto.» La attirò a sé e chino' il capo per impadronirsi della sua bocca. Le affondò le mani nei capelli, attorcigliandoli intorno ai polsi e tenendole ferma la testa mentre la baciava avidamente. Juliana gli allaccio' le braccia intorno al collo e si sollevò in punta di piedi aderendo con tutta se stessa al suo corpo. Il desiderio si risvegliò dentro di lei con forza selvaggia, spingendola a ricambiare ogni bacio. I seni erano turgidi e pieni, ansiosi di sentire il suo tocco, mentre li premeva contro il suo petto. Solo il sottile tessuto della camicia da notte li separava e quando ricordò la sensazione delle dita di lui sulla pelle, una nuova, rovente ondata di desiderio le flui' nelle vene. Con dita tremanti gli slaccio' i bottoni della camicia. Nicholas la lasciò per sollevarle l'orlo della camicia da notte e sfilargliela dalla testa. Quando si ritrovò nuda davanti a lui, Juliana si rese conto di non provare l'imbarazzo che si era aspettata, bensì una sensazione di intenso calore. Era un piacere sentire lo sguardo di Nicholas su di sé e vedere il bagliore che brillava nei suoi occhi. Lui si tolse la camicia, imprecando contro i gemelli che gli bloccavano le maniche, la prese per la vita e la attirò di nuovo a sé, affondando il viso nel soffice solco del seno. Le sue labbra erano come velluto sulla pelle sensibile di Juliana e le trasmettevano brividi deliziosi.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** 33 Capitolo ***


Niente aveva preparato Juliana a quel calore, a quella fame crescente che la divorava e che esigeva di essere saziata, anche se una parte di lei voleva che quella sensazione durasse per sempre. Nicholas la sollevò, premendola contro di sé mentre continuava a baciarla. Juliana gemette, persa nelle sensazioni, e affondò le mani nei suoi capelli, sussurrando il suo nome, avvertendo l'onda del desiderio, ormai lancinante, salire dal ventre e dalla giuntura delle cosce, pulsante come il ritmo stesso della vita. Poi, da qualche parte nella casa, una donna lanciò un grido. Nicholas e Juliana si immobilizzarono di colpo. Il grido si ripeté ancora e ancora. Lui sollevò il capo e la guardò con espressione smarrita, poi la lasciò bruscamente e si affretto' a raggiungere la porta sul corridoio, infilando la camicia sulle spalle e abbottonandola rapidamente. Juliana raccolse la camicia da notte che giaceva sul suolo e la infilò, troppo agitata per accorgersi di averla messa al rovescio. Dopo di che afferrò la vestaglia e seguì Nicholas in corridoio. Altre persone stavano uscendo dalle camere, guardandosi intorno e facendo domande concitate. Nicholas scese le scale di corsa, seguito da Juliana, e gli altri li imitarono. Nell'atrio trovarono un manipolo di domestici mentre altri accorrevano dal retro della casa. Il maggiordomo teneva per le braccia una delle cameriere, in preda a una crisi isterica, e altre due li fissavano con gli occhi sbarrati. «Che cosa è successo?» chiese Nicholas. Rundell si voltò verso di lui con un espressione di sollievo. «Signore, grazie al cielo siete qui! Mary Louise ha trovato... è successa una terribile disgrazia.» «Che cosa?» Per tutta risposta, il maggiordomo lo condusse all'estremità del corridoio e lo fece entrare in uno dei salotti più piccoli sul retro della casa. Juliana li seguì, con il corteo degli altri ospiti alle calcagna. La stanza aveva le pareti ricoperte di pannelli di legno scuro e solo una lampada di cherosene al centro del tavolo illuminava l'ambiente. Davanti al camino c'era un sofà e alle sue spalle si aprivano le finestre che davano sul giardino laterale. Lì, tra le finestre e il divano, c'era un uomo riverso per terra, a faccia in giù, con i capelli sporchi di sangue. Era Crandall. Juliana ansimo', portandosi una mano alla bocca, e Nicholas si lasciò sfuggire un'imprecazione. Si voltò di scatto, nel tentativo di fermare gli altri, ma ormai era troppo tardi. Lilith fissò la sagoma inerte, pallida come un lenzuolo. «Crandall...» ansimo'. Poi, sollevando lo sguardo su Nicholas, domandò: «Che cosa è successo? È...?». «Juliana...» disse Nicholas. Lei si affretto' ad accorrere al fianco di Lilith e la prese sottobraccio per condurla fuori dalla stanza. La donna era così sconvolta che la seguì senza opporre resistenza. Seraphina era rimasta sulla soglia, alle spalle del marito, e Winifred era dietro di loro. Juliana condusse Lilith dalle due donne, dicendo: «Seraphina, perché tu e Winifred non portate tua madre in soggiorno e restate con lei?» «Che cosa è successo?» chiese Seraphina con sguardo spaventato. «Che cosa c'è lì dentro?» domandò Winifred, che sembrava completamente smarrita. «Ha pronunciato il nome di Crandall...» «Crandall è ferito.» «Come?» Winifred fece per lanciarsi in avanti, ma Juliana la trattenne. «No, non entrare. Non è un bello spettacolo.» Winifred sembrava sempre più in preda al panico. «Ma che cosa gli è successo?» continuò a chiedere. «Non lo so. Nicholas lo scoprirà. Per ora non sappiamo nulla.» le rispose Juliana. Si guardò intorno, e vedendo il drappello di domestici, fece un cenno a Celia. Benché fosse con lei solo da poco tempo, era sicura che la cameriera di Eleanor fosse una giovane con la testa sulle spalle, che non si sarebbe fatta prendere da una crisi isterica. «Celia, vuoi occuparti tu delle signore, per favore? Un bicchiere di brandy potrebbe essere utile.» La giovane annuì e si mostrò all'altezza della fiducia che la sua padrona riponeva in lei, facendo semplicemente come le era stato detto, senza porre domande. Dopo che le donne furono uscite dalla stanza, Juliana superò Peter Hakebourne e Sir Herbert per tornare a fianco di Nicholas, che era ancora inginocchiato accanto a Crandall. Vedendola rientrare, lui si rialzo'. «È morto» annunciò. «Che cosa è successo?» chiese Sir Herbert. «Sembra che qualcuno l'abbia colpito alla nuca. Ho trovato accanto a lui l'attizzatoio sporco di sangue.» spiegò. «Santo cielo!» esclamò Sir Herbert, sconvolto. Mr. Hakebourne batte' le palpebre e lanciò un'occhiata nervosa al corpo riverso sul pavimento. «Che cosa avete intenzione di fare?» «Mandare a chiamare il magistrato, direi. Il giudice Carstairs era tra gli invitati.» Si rivolse al maggiordomo, che era rimasto lì accanto, in attesa di ordini. «Rundell, mandate uno dei valletti a chiamarlo.» «Si, signore.» «Ma prima, riferitemi tutto quello che sapete al riguardo.» «È molto poco, temo» rispose il maggiordomo. Anche se parlava in tono tranquillo, Juliana notò che era molto più pallido del solito.«Avevamo appena finito di pulire e stavamo per ritirarci, quando una delle cameriere ha notato la luce accesa in questa stanza ed è venuta a spegnerla. È stato allora che ha visto il signor Crandall...» «È lei che ha gridato?» chiese ancora Nicholas. «Si, signore.» «Non avete visto nessuno entrare o uscire da questa stanza?» Rundell scosse il capo. «No. In realtà non era stata usata, stasera. Tutti gli ospiti erano nel salone principale e poche persone erano uscite in giardino. In ogni caso chiunque avrebbe potuto venire qui, ma io non ho visto nessuno.» «Incluso Crandall?» «No. Sì. Voglio dire, non ho visto nemmeno lui.» «Quando è stata l'ultima volta che l'avete visto?» «Non ne sono sicuro, signore. Eravamo piuttosto indaffarati.» concluse il maggiordomo. Nicholas si voltò verso i due uomini. «Sir Herbert? Mr. Hakebourne?» Il marito di Seraphina parve a disagio. «Be', immagino che sia stato quando ci fu... quell'alterco tra voi due. Subito dopo Crandall ha lasciato la stanza.» «L'ho accompagnato io. Siamo saliti insieme fino alla sua camera. Crandall stava per lavarsi il viso e io gli ho suggerito di stendersi, ma...» Hakebourne si strinse nelle spalle. «Non sono sicuro che l'abbia fatto. Poco dopo sono tornato alla festa e non l'ho più rivisto.» Nicholas si rivolse nuovamente al maggiordomo. «Voglio parlare con tutti i domestici. Radunateli in cucina dopo che avrete mandato a chiamare il magistrato.» «Molto bene, signore.» Rundell si inchino' e lasciò la stanza. Tutti si guardarono l'un l'altro. Juliana poteva quasi vedere i pensieri che attraversavano la mente di Mr. Hakebourne e di Sir Herbert. Crandall e Nicholas si disprezzavano a vicenda, si erano scontrati verbalmente e fisicamente davanti a tutti solo poche ore prima. Se qualcuno aveva colpito Crandall con un attizzatoio, l'indiziato più probabile era proprio Lord Barre. Juliana si sentì prendere dall'ansia. Sapeva che non poteva essere stato Nicholas, perché era salito con lei e si trovavano insieme quando avevano sentito il grido. Ma chi poteva dire da quando tempo Crandall si trovasse lì prima che la cameriera entrasse nella stanza? L'omicidio poteva essere accaduto molto tempo prima... forse proprio nell'intervallo di tempo in cui Nicholas aveva lasciato la sua camera. Anche se non aveva dubbi che Nicholas non avrebbe mai ucciso il cugino, non aveva prove che lo dimostrassero. Gli uomini guardarono nuovamente Crandall. Juliana seguì la direzione dei loro sguardi e sentì un brivido correrle lungo la spina dorsale. Aveva odiato quell'uomo e onestamente non riusciva a ricordare un solo momento della sua vita in cui avesse pensato bene di lui, ma era terribile vederlo così, privo di vita, in una pozza di sangue. La sua era stata una fine orribile. Nicholas si avvicinò a un tavolino e prese la lampada a cherosene per esaminare meglio il cadavere, dopodiché i tre uomini si chinarono sul cadavere.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** 34 Capitolo ***


Il sangue che inzuppava i capelli sulla nuca di Crandall era scuro e ancora umido. Juliana si sentì rivoltare lo stomaco a quella vista e distolse subito lo sguardo. Così facendo intravide qualcosa che luccicava. Si avvicinò alla parete e scruto' il pavimento davanti a una fila di scaffali. In un primo tempo non vide nulla, poi Nicholas spostò la lampada e la luce illumino' un piccolo oggetto lucente. Si chino' a raccoglierlo e vide che era un frammento di vetro. Lo rigiro' tra le dita. Era rosso e si rese conto che non si trattava di vetro, come aveva pensato inizialmente, ma di una gemma. Un rubino. Stava per comunicare agli altri la sua scoperta, ma all'ultimo minuto ci ripenso'. Si voltò verso gli uomini e vide che nessuno di loro la stava guardando. Senza dire una parola, infilò in tasca la gemma. Sapeva che poteva essersi staccata in qualsiasi momento da un gioiello, ma poteva anche appartenere all'assassino. Se era così, sarebbe stato un indizio chiaro su chi aveva ucciso Crandall e lei non voleva che gli altri ne fossero a conoscenza. Finché l'assassino, o l'assassina, non sapeva di aver perso la gemma, non si sarebbe liberato del gioiello a cui apparteneva. Era possibile che il colpevole fosse Sir Herbert, o anche Hakebourne. Juliana sapeva quanto il primo disprezzasse Crandall e aveva visto Hakebourne discutere animatamente con lui proprio quella sera. Anche se nessuno dei due fosse stato l'omicida, avrebbero potuto dire ad altri del ritrovamento del rubino e presto ne sarebbe stata al corrente tutta la casa. Nicholas posò la lampada sul tavolino e i tre uomini si allontanarono dal cadavere. Juliana notò che Hakebourne guardava Nicholas con la fronte aggrottata, ma il giovane non disse nulla. Lasciarono la stanza e richiusero la porta, quindi Nicholas mise di guardia uno dei valletti, dicendogli di non fare entrare nessuno fino all'arrivo del magistrato. Poi andò in cucina a parlare con la servitù e Juliana andò a cercare le altre donne. Le trovò nel soggiorno principale. Celia aveva acceso il fuoco nel camino e la stanza era eccessivamente calda. Ciononostante, Lilith sedeva accanto al fuoco, con uno scialle avvolto intorno alle spalle. Aveva un aspetto orribile, con il volto cinereo gli occhi che sembravano due pozze di disperazione. Juliana provò pena per lei. Di tutti i presenti, Lilith era la sola che avrebbe pianto la morte di Crandall. Anche se era infastidita dai suoi atteggiamenti, si era rifiutata di vederlo per ciò che era realmente, e l'aveva sempre considerato il figlio modello che aveva voluto che fosse. Era responsabile di molti tratti sgradevoli del suo carattere perché l'aveva viziato fin da piccolo e l'aveva convinto di essere importante, ignorando tutto quello che sentiva dire su di lui e accettando solo la sua versione dei fatti. Ma non si poteva negare che Lilith avesse amato il figlio e Juliana sapeva che doveva essere devastata dalla sua morte. Seraphina sedeva su un divano accanto a Winifred, agitando un ventaglio; quando vide entrare Juliana sollevò lo sguardo e le rivolse un vago sorriso, poi guardò la madre, che fissava le fiamme con aria smarrita. Juliana seguì la direzione del suo sguardo. Non aveva mai pensato che un giorno avrebbe dovuto confortare Lilith e non sapeva bene che cosa fare. Si avvicinò e sedette su una sedia davanti alla donna, cercando di ignorare il calore intenso delle fiamme. «Zia Lilith...» Lei la guardò come se non sapesse bene chi fosse. «Mi spiace tanto» mormorò Juliana. Lilith continuò a fissarla senza pronunciare una parola. «Forse dovresti andare nella tua stanza e sdraiarti.» «Non posso dormire» replicò Lilith. «Posso chiedere al cuoco di prepararti una tazza di latte caldo» si offrì Juliana. «Non voglio dormire.» Juliana non riuscì a pensare a nient'altro da offrirle, ma non se la sentiva di lasciarla sola. Così sedette insieme a Seraphina e a Winifred e aspetto' con loro in silenzio. Dopo qualche tempo, Sir Herbert e Mr. Hakebourne entrarono nella stanza. Nessuno di loro poteva andare a dormire, ma non c'era nemmeno nulla da dire. Trascorse così una mezz'ora circa, prima che si udisse un certo trambusto nell'ingresso. Juliana pensò che fosse arrivato il magistrato e la sua supposizione venne confermata quando il giudice Carstairs entrò nella stanza. Il magistrato si inchino' gravemente a Lilith e poi agli altri. «Un fatto molto triste» commento'. «Giudice Carstairs.» Lilith si alzò e si avvicinò al nuovo venuto. «Che cosa avete scoperto?» Lui parve turbato di fronte alla madre dell'uomo assassinato. «Dunque... ehm... Dovreste riposare, Mrs. Barre. Non sono discorsi adatti alle orecchie di una signora.» La nobildonna lo guardò. «È mio figlio. Ho il diritto di sapere.» replicò Lilith con dignità. «Ehm... Si, certamente. Sembra che si tratti di omicidio. Naturalmente non possiamo esserne certi prima del referto del coroner, ma non credo che ci riserverà delle sorprese.» disse il magistrato. «Sì, ma chi è stato?» domandò Seraphina, stringendo le mani in grembo. «Avete idea di chi possa essere stato?» Il giudice cominciò a scuotere il capo, ma Lilith si intromise prima che parlasse. «È ovvio, mi sembra. Chi odiava a tal punto mio figlio? Chi ha fatto a pugni con lui questa sera stessa?» Il giudice sembrava a disagio. Era uno degli invitati al ricevimento di nozze e, come tutti, aveva assistito allo scontro tra Nicholas e Crandall. «Be', al momento non c'è alcun motivo di pensare che Lord Barre possa avere qualcosa a che fare con...» «Non avrebbe potuto» intervenne Juliana. «È stato con me per tutta la sera dopo l'incidente.» «Ecco, vedete.» Carstairs parve sollevato. «Lord Barre ha un alibi. Tutta la sera, dite?» «Era la nostra prima notte di nozze» gli ricordò Juliana. «Ah, già, certo, naturalmente.» Il giudice parve più imbarazzato che mai. Si voltò verso Lilith. «L'ufficio del coroner condurrà un'inchiesta minuziosa, Mrs. Barre. L'assassino di vostro figlio non resterà impunito, ve lo assicuro.» Lilith lo osservò a lungo, poi spostò lo sguardo su Juliana. «Credo che andrò a letto, ora. Signore, suggerisco di lasciare i gentiluomini al loro lavoro.» Juliana non avrebbe voluto andarsene, ma quando Lilith le tese la mano per cercare il suo braccio, non poté rifiutarsi. Le donne salirono al piano di sopra, scambiando solo poche parole. Juliana immaginava che, come lei, fossero tutte troppo sconvolte dagli avvenimenti della serata per pensare lucidamente. Una volta nella sua stanza, infilò la mano nella tasca della vestaglia e si avvicinò alla lampada della toilette per esaminare da vicino la pietra preziosa. Non le diceva nulla, e alla fine la ripose nel cofanetto dei gioielli. Si tolse la vestaglia e l'appoggio' sulla poltrona, guardando il letto. Non poteva fare a meno di pensare a quello che stavano facendo lei e Nicholas quando erano stati interrotti dalle grida. Si guardò e solo allora si rese conto di aver indossato la camicia da notte a rovescio. Arrossi' al pensiero che tutti avevano potuto vederlo attraverso l'apertura a scialle della vestaglia. Era chiaro che si era rivestita di fretta, il che faceva pensare esattamente a quello che stava facendo. Se non altro, cercò di consolarsi mentre si infilava sotto le lenzuola, quel particolare avrebbe aggiunto credibilità alla sua dichiarazione che Nicholas era rimasto con lei per tutta la serata. Girandosi su un fianco, cercò di raccogliere i pensieri, ma la sua mente era troppo agitata e confusa per potersi soffermare più di un istante su un singolo elemento. Finalmente udì un rumore di passi che salivano le scale. Dovevano essere Sir Herbert o Mr. Hakebourne, pensò, perché nessuno entro' nella camera accanto alla sua. Continuò ad aspettare, pensando che non sarebbe mai riuscita a dormire. Invece, quando riapri' gli occhi, era già mattina. Il sole filtrava da una fessura tra i tendaggi e la luce negli occhi l'aveva sempre svegliata. Si mise a sedere, con la mente ancora annebbiata.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** 35 Capitolo ***


Juliana non aveva dormito abbastanza, ma sapeva che non sarebbe riuscita a riprendere sonno. Raccolse le ginocchia contro il petto e vi posò il capo con un sospiro. Le sarebbe piaciuto credere che gli avvenimenti della sera prima erano stati solo un sogno, ma sapeva che non era così. Crandall era morto e qualcuno l'aveva ucciso. Chiaramente Lilith credeva, o voleva credere, che fosse stato Nicholas. Juliana sapeva che il fatto che lui e Crandall si fossero scontrati davanti a tutti solo la sera prima non giocava a suo favore. E anche se lei gli aveva fornito un alibi, la testimonianza della moglie non era considerata attendibile. Era quindi di fondamentale importanza che lei e Nicholas scoprissero il vero assassino. Si alzò e si lavo' il viso nel catino, poi indossò un abito da mattina che non richiedeva aiuto per non svegliare così presto la povera Celia. Dopo aver infilato le scarpe, istintivamente mise in tasca il rubino e si preparò a scendere al piano di sotto. Nicholas era l'unica persona presente al tavolo della colazione. Alzò lo sguardo e le rivolse un sorriso un po' stanco mentre si alzava per scostarle la sedia. «Hai fatto fatica anche tu a dormire?» le chiese. «Mi sono svegliata presto» rispose Juliana. «Io... ho avuto un sonno un po' agitato.» «Non c'è da stupirsene.» Mentre Nicholas tornava a sedersi, una delle cameriere, una giovane di nome Annie versò il tè a Juliana. Lei notò che le mani le tremavano tanto da far tintinnare la tazza. La guardò e si accorse che era pallida e aveva gli occhi gonfi. «Annie, vi sentite bene?» Le domandò. La giovane degluti' e spostò lo sguardo verso un cameriere che stava portando le uova a Nicholas. «Sì, signora... sto bene» mormorò. Sembrava così turbata che Juliana non volle insistere. In fondo non destava alcuna meraviglia che qualcuno fosse spaventato in una casa dove era stato appena commesso un omicidio. La cameriera riempì anche la tazza di Nicholas e riportò la teiera al suo posto sulla credenza. Poi prese il piatto della carne, e stava per portarlo in tavola quando il maggiordomo entrò nella stanza, silenzioso come sempre. Annie, che gli voltava le spalle, si girò di scatto e per poco non si scontrò con lui. Lanciò un grido e lasciò cadere il piatto di portata, che andò in mille pezzi. «Sbadata!» la rimprovero' Rundell. «Torna subito in cucina!» «Io... mi dispiace, signore» balbetto' Annie, prima di scoppiare in lacrime e fuggire dalla stanza. Uno dei camerieri si affretto' a pulire e Rundell si rivolse a Nicholas e Juliana. «Vi chiedo perdono, signore, milady. Temo che la paura le abbia fatto perdere anche il poco buonsenso che possiede.» «È comprensibile» si affretto' a rassicurarlo Nicholas. «Non preoccupatevi.» «Provvederò subito.» La sala fu prontamente ripulita e Rundell uscì dalla stanza per tornare poco dopo con un altro piatto di carne. Congedo' il cameriere e finì di servire la colazione lui stesso. Nicholas lo lasciò libero ben presto, dicendogli che la servitù doveva essere comprensibilmente agitata e che era necessaria la sua presenza per rassicurarla. Rundell annuì e fece un inchino prima di uscire, quindi richiuse la porta dietro di sé. Nicholas sospirò, mettendo da parte coltello e forchetta. «Non ho molto appetito stamani.» «Sei stato alzato fino a tardi per...?» domandò Juliana, senza trovare un modo delicato per affrontare l'argomento. Lui annuì. «Sì, sono rimasto finché non se ne sono andati e ho chiuso io stesso a chiave la porta della stanza perché nessun altro vi entrasse.» Fece una smorfia. «Naturalmente, il principale sospettato sono io.» «Nicholas... no.» La guardò con espressione pensosa. «Ieri sera non hai detto esattamente la verità al magistrato. Hai affermato che sono rimasto con te per tutta la serata, dopo che abbiamo lasciato la sala da ballo. Eppure per più di un'ora non siamo stati insieme...» «Lo so» ribatte' Juliana. «Ho sentito che uscivi dalla tua stanza.» lui la guardò più intensamente. «Perché non glielo hai detto?» «So che non sei stato tu a uccidere Crandall e non ho voluto che Lilith potesse pensarlo.» «Hai troppa fiducia in me. Ho commesso molte azioni riprovevoli nella mia vita. E odiavo Crandall. Come puoi essere così sicura che non sia stato io a colpirlo alla testa?» «Ti conosco» rispose semplicemente Juliana. «Mi rendo conto che forse non hai vissuto una vita esemplare. Forse hai fatto persino delle cose che non erano... propriamente legali, ma so che non sei malvagio. Per uccidere Crandall avresti dovuto avere una valida ragione e in ogni caso l'avresti affrontato a viso aperto, come hai fatto ieri sera. Non l'avresti mai colpito alle spalle.» Impulsivamente gli prese una mano nelle sue e lo guardò negli occhi. «Non è forse vero?» Nicholas la fissò a lungo, poi ci fu un sottile cambiamento nel suo volto che lo fece apparire più rilassato mentre le copriva una mano con la propria, se la portava alle labbra e vi posava un bacio delicato. «Sono così felice che tu mi abbia fatto l'onore di diventare mia moglie» disse. Juliana gli sorrise. «Mai più di me.» Nicholas lasciò andare la sua mano e si appoggiò allo schienale della sedia. «Hai ragione, naturalmente. Non sono stato io a uccidere Crandall. E non sono nemmeno il maggior indiziato. Credo che il magistrato sia incline a pensare che sia stato Farrow.» «Il fabbro?» Nicholas annuì. «È chiaro che c'era della ruggine tra lui e Crandall. La settimana scorsa l'ha picchiato e aveva l'occasione giusta per ucciderlo. Era presente anche lui ieri sera.» «Ma perché avrebbe dovuto ucciderlo una settimana dopo? Perché non farlo quando scoprì che Crandall insidiava sua moglie?» insiste' Juliana. «Non lo so. Non sono convinto che sia stato lui, ma è possibile che Crandall abbia avvicinato di nuovo Mrs. Farrow ieri sera. Sai bene che sarebbe stato capace di fare una sciocchezza del genere. Quando ho parlato con i domestici, ho saputo che un paio di valletti l'hanno visto uscire e mescolarsi al gruppo dei fittavoli.» «Però è stato ucciso dentro casa.» «Chiunque avrebbe potuto seguirlo all'interno. Quella stanza non è lontana dall'ingresso laterale. Non credo che possiamo escludere Farrow a priori.» Fece una pausa e aggiunse dopo qualche istante: «In ogni caso non credo che sia lui l'assassino. Mi è parso un uomo onesto e leale, non certo il tipo da colpire un avversario alle spalle. Ma temo che la squadra del coroner punterà l'attenzione su di lui. Per loro è più facile incriminare un uomo del popolo che un gentiluomo con una certa influenza.» «O una gentildonna.» «Hai ragione» convenne Nicholas. «Sono certo che c'è un certo numero di donne che si sarebbe liberata volentieri di Crandall.» «Non possiamo lasciare che diano la colpa a Farrow se non è stato lui. E io non posso fare a meno di temere che Lilith farà del suo meglio per convincere le autorità che il responsabile sei tu. Dobbiamo trovare il colpevole.» «Non ho certo intenzione di starmene con le mani in mano» dichiarò con fermezza Nicholas. «Indaghero' io stesso, ma...» Juliana lo interruppe. «Il problema è che sono molto poche le persone che possiamo escludere.» Aveva il sospetto che Nicholas volesse ordinarle di stare fuori da quella faccenda e non aveva intenzione di farsi escludere. «Crandall si era fatto nemici ovunque.» «Questo è vero.» Juliana proseguì. «Prendi il suo amico Hakebourne, per esempio. L'ho visto discutere con Crandall proprio ieri sera, durante il ballo. Non credo che sia venuto qui per pura amicizia. Crandall era sorpreso di vederlo e non mi è parso particolarmente felice. Forse gli doveva del denaro. Un giorno l'ho sentito mentre parlava con Sir Herbert. Crandall cercava di ottenere un prestito da lui e Sir Herbert disse che era già indebitato con diversi gentiluomini.» «Se Crandall doveva del denaro a Hakebourne, non ha molto senso pensare che sia stato lui a ucciderlo. In questo modo non riavra' mai il suo denaro.» «È vero, ma ieri sera era chiaramente furioso con Crandall. La collera potrebbe aver avuto la meglio sul buonsenso. E poi c'è Sir Herbert.» osservò Juliana. «Suo cognato?» Nicholas inarco' un sopracciglio. «Forse non correva buon sangue tra loro, ma credi che Sir Herbert sarebbe arrivato al punto di ucciderlo?» Juliana si strinse nelle spalle. «Non lo so. Quando li ho sentiti discutere, Sir Herbert sembrava piuttosto alterato. A quanto pare, Crandall gli doveva già una somma considerevole.» «Non mi sembra un buon motivo per uccidere una persona.» «Credo che ci fosse dell'altro. Sir Herbert lo accusò di aver coinvolto Seraphina in un giro di gioco d'azzardo. Pare che abbia perso parecchio denaro a carte. È per questo che sono venuti qui anziché restare a Londra per la Stagione.» «Ah.» Nicholas annuì. «In effetti mi ero chiesto come mai fossero qui. Seraphina non sembra il tipo da rinchiudersi in campagna quando può andare a un ballo ogni sera.» «No. Giurerei che non è affatto contenta di essere qui e probabilmente ne incolpava Crandall.» «I loro rapporti erano piuttosto tesi» aggiunse Nicholas. «Crandall non perdeva occasione di lanciarle qualche frecciata che sembrava irritarla.» «Sì, l'ho notato anch'io. Quello che diceva era apparentemente innocuo, ma lei gli lanciava delle occhiate furenti.» «Naturalmente, la persona che aveva più motivi per liberarsi di Crandall era sua moglie» riflette' Nicholas. «Winifred? Ma è così timida e fragile.» Juliana parve sorpresa. «Sir Herbert e Seraphina non erano obbligati a sopportare Crandall. Se era un tal peso, avrebbero potuto semplicemente andarsene. Ma Winifred era legata a lui. Sono sicuro che ha capito da tempo quale tremendo errore abbia fatto accettando di sposarlo.» Juliana si morse il labbro, pensosa. «Si, aveva tutte le ragioni per desiderare la sua morte. Dev'essere stato un inferno vivere con Crandall.» Si interruppe, ripensando ai lividi che aveva visto sul braccio di Winifred il giorno in cui l'aveva aiutata a scrivere gli inviti. «Credo la maltrattasse anche fisicamente. Un giorno aveva dei lividi sul braccio, come se qualcuno l'avesse strattonata con violenza. E in più doveva sopportare i suoi continui tradimenti. Solo l'altro giorno, a pranzo...»

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** 36 Capitolo ***


Nicholas proseguì la sua congettura sul delitto. «Si, è chiaro che Crandall aveva intenzione di tradire Winifred con la sua moglie del fabbro. Lei non poteva fare finta di niente. Quanto a essere timida e fragile di corporatura... be', Crandall è stato colpito alla nuca con un attizzatoio, il che avrebbe compensato la disparità fisica tra loro.» «Non possiamo scartare la possibilità che sia stata una donna» convenne Juliana. «Guarda che cosa ho trovato sul pavimento della stanza ieri sera, solo a pochi passi dal corpo di Crandall.» Infilò la mano in tasca e ne estrasse il rubino, che mostrò a Nicholas sul palmo della mano. Lui aggrotto' la fronte. «Che cos'è?» Prese la gemma e la esamino' alla luce che proveniva dalla finestra. «Un rubino?» Juliana annuì. «Si. L'ho visto brillare alla luce mentre tenevi la lampada sul corpo di Crandall. Era ai piedi degli scaffali lì accanto. E se appartenesse all'assassino?» Nicholas studiò la gemma, pensoso. «È possibile» disse. «Quella stanza viene usata raramente e se fosse caduto a qualcun altro in passato, è probabile che uno dei domestici l'avrebbe notato facendo le pulizie.» «Già. Purtroppo è molto piccolo e sarebbe potuto passare inosservato. Io l'ho notato solo perché tu hai mosso la lampada e la luce l'ha colpito.» Nicholas la guardò negli occhi. «Ne hai parlato a qualcuno?» le domandò. «No. Temevo che se l'avessi detto, l'assassino...» «Avrebbe avuto la possibilità di liberarsi del gioiello a cui apparteneva» concluse per lei Nicholas. «Hai ragione. Bene. Naturalmente non è una prova, ma potrebbe aiutare a capire chi è stato.» Fece una pausa e riprese: «Anche se appartiene all'assassino, non significa necessariamente che sia una donna. Il rubino potrebbe venire da una spilla per cravatta, o da un paio di gemelli.» Juliana annuì. «Vorrei poter ricordare che cosa indossava ognuno dei presenti ieri sera.» «Da parte mia sarebbe uno sforzo inutile. Ricordo solo come eri vestita tu.» Nicholas si interruppe e Juliana notò che era arrossito. Si alzò e andò a versarsi un'altra tazza di tè. Rimase per qualche istante accanto al buffet, fissando la tazza, prima di voltarsi e tornare verso di lei. «Devo farti le mie scuse per come mi sono comportato ieri sera. Io... non ho altre giustificazioni se non che avevo bevuto.» Disse senza guardarla in viso. Juliana ci mise qualche istante a capire di che cosa stesse parlando; quando si rese conto che si riferiva al fatto di averla presa tra le braccia e averla baciata, si sentì sprofondare. Quello che per lei era stato così piacevole, era solo fonte di imbarazzo per Nicholas. «Capisco» mormorò. Rimpiangeva di essere andato da lei e di aver ceduto alla passione. Non aveva provato davvero nulla? Si chiese. Era stato solo l'alcol a spingerlo ad agire cosi? La sola idea le faceva venire le lacrime agli occhi. «Non avrei dovuto impormi in quel modo» continuò lui. «Io non...» «No» la interruppe, scuotendo violentemente il capo. «Non cercare di giustificarmi. Avevamo stabilito dei limiti al nostro matrimonio e io li ho oltrepassati. Ho agito in modo avventato. Spero che mi perdonerai. Ti prometto che non accadrà mai più.» Juliana fissò il piatto, imbarazzata. Si chiese se lui giudicasse avventato anche il suo comportamento, dato che aveva risposto con ardore ai suoi baci. Forse non era così che desiderava si comportasse sua moglie. «Accetto le tue scuse» disse, trattenendo le proprie emozioni. «È molto generoso da parte tua.» Nicholas rimase ancora per un po' accanto al tavolo della colazione, ma Juliana non ebbe il coraggio di voltarsi verso di lui per paura di quello che avrebbe visto sul suo viso. Quando lui si diresse verso la porta, in un primo tempo pensò che volesse andarsene. Invece, dopo averla riaperta, tornò a sedersi. Con lo stomaco chiuso per l'agitazione, Juliana smise di mangiare e sollevò lo sguardo, cercando di mantenere un'espressione impassibile. Nicholas la stava guardando e sembrava a disagio. Gli sorrise, e stava per scusarsi e alzarsi da tavola quando si udirono dei passi nel corridoio. Pochi istanti dopo Peter Hakebourne entrò nella stanza. Nicholas guardò Juliana e, intuendo quello che stava pensando, lei rinunciò ad andarsene. Il primo dei loro sospettati era lì e voleva raccogliere su di lui tutte le informazioni che poteva. Forse non poteva essere una moglie in tutti i sensi della parola per Nicholas, ma almeno in questo sarebbe rimasta al suo fianco. Voleva aiutarlo a scoprire l'assassino di Crandall. «Buongiorno, Mr. Hakebourne» lo salutò Nicholas, alzandosi e prendendo la teiera per versare una tazza di tè al nuovo arrivato. «Stamani ci serviamo da soli. Spero che non sia un problema per voi.» «No, certo» rispose cordialmente Hakebourne. «Avete dormito bene, Mr. Hakebourne?» si informò Juliana. «Per quanto possibile, date le circostanze.» Il giovane prese posto a tavola, bevve un sorso di tè e dopo aver posato la tazza, disse: «Ehm... sapete se sospettano di qualcuno?» «Non proprio» rispose Nicholas. «Lady Barre e io ne stavamo giusto discutendo. Avete qualche idea di chi possa essere l'assassino?» Hakebourne si strinse nelle spalle. «Non credo che sia difficile trovare qualcuno che desiderava la morte di Crandall.» Guardò Nicholas dritto negli occhi e concluse: «Il problema, semmai, è restringere le ipotesi a una sola persona.» Dopo l'affermazione provocatoria di Hakebourne, il silenzio calo' nella stanza. Poi Nicholas chiese con simulata ingenuità: «Crandall aveva così tanti nemici, dunque?» Il giovane si strinse nelle spalle. «Lo conoscevate. Voi che ne dite?» «Crandall sapeva essere molto indisponente, in effetti, ma abbastanza da spingere qualcuno a ucciderlo?» «Forse ci sono persone a cui basta poco.» «Che cosa ci dite di voi, Mr. Hakebourne?» domandò Juliana con calma. Lui si voltò a guardarla con gli occhi sgranati. «Volete dire se sono stato io?» Ma prima che lei potesse rispondere, riprese: «La risposta è no. Tuttavia, se volete sapere se ero ai ferri corti con lui, sì. Crandall mi ha truffato.» «Truffato? Come?» volle sapere Nicholas. «Mi ha venduto un cavallo che non vale niente. Oh, so bene come si dice: Caveat emptor, è il compratore che deve stare in guardia, ma dannazione, quell'uomo affermava di essere mio amico! E invece mi ha venduto un cavallo pur sapendo che era stato ferito a una zampa. Bell'amicizia!» «Vi ha venduto un cavallo zoppo?» volle sapere Nicholas. «Non lo era la prima volta che lo vidi. Ero andato a trovare Crandall e avevo ammirato l'animale; mi ero offerto di comprarlo, ma lui non ne volle sapere. Pochi mesi dopo, a Londra, mi disse che aveva deciso di venderlo perché era a corto di denaro. Naturalmente accettai di comprarlo, era una splendida bestia. Ma la prima volta che lo montai mi accorsi che gli era successo qualcosa. Naturalmente Crandall negò ogni cosa, dicendo che il cavallo era in perfette condizioni, ma è palesemente falso.» «È di questo che stavate discutendo ieri sera?» «Discutendo?» Hakebourne parve sorpreso. «Ho notato che voi e Crandall stavate parlando insieme durante il ballo. Non sembrava una discussione amichevole.» Intervenne Juliana. «Non lo era. Lui sosteneva che era colpa mia!» Hakebourne li guardò con espressione indignata. «Come se fossi un sempliciotto. È per questo che sono venuto qui, non per le nozze.» Fece un sorriso di scusa. «Non volevo imporvi la mia presenza. Pensavo che se avessi parlato con Crandall, lui avrebbe ammesso di aver sbagliato. Insomma, non si imbroglia un amico!» «Presumo che Crandall abbia rifiutato di restituirvi il denaro che avevate pagato» osservò Nicholas. «Già, e più di una volta.» «Immagino che foste infuriato» disse Juliana. «Lo ero. Non è che possa permettermi di gettare il denaro al vento. Ma tutto quello che mi disse Crandall fu che non aveva più un soldo, che aveva usato quella somma per pagare dei debiti.» Spiegò Hakebourne.

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** 37 Capitolo ***


Hakebourne fece una smorfia. «Più probabilmente aveva usato il denaro per scommettere ancora. Non riusciva a smettere. Era ossessionato dal gioco.» Era un vizio piuttosto diffuso nell'alta società. Più di una fortuna era sparita nelle tasche di qualche giocatore d'azzardo. «A che cosa giocava?» chiese Nicholas. «Oh, scommetteva su qualsiasi cosa» rispose Hakebourne. «Cavalli, carte, incontri di boxe... tutto quello che gli capitava. Una volta puntò su una corsa di topi con Everard Hornbaugh. Naturalmente alla fine perse tutto. E aveva debiti con una quantità di persone, non solo usurai, ma anche gentiluomini. Chiedeva prestiti a tutti.» «A chi per esempio?» chiese ancora Nicholas. «A chiunque fosse abbastanza folle da prestargli del denaro. Il marito della sorella, per esempio. Sir Herbert era sempre il primo cui si rivolgeva, per via dei legami di famiglia. Nel corso degli anni gli ha prestato centinaia e centinaia di ghinee e Crandall non gli ha restituito mai un centesimo. Ma credo che alla fine Sir Herbert si sia rifiutato di prestargli altro denaro. Era infuriato per via di Lady Seraphina, capite?» «Perché Crandall l'aveva introdotta nel giro del gioco d'azzardo?» chiese Juliana. Hakebourne annuì. «Come lo sapete? All'inizio lo fece per tener buoni i creditori. Portava dei principianti da spennare e gli altri giocatori gli abbonavano qualcosa o gli concedevano altro credito.» «Quindi tradiva gli amici anche in questo caso.» «Be', la maggior parte erano persone appena arrivate in città, ma non credo che Lady Seraphina si aspettasse un tiro del genere dal fratello. O forse era così ingenua perché aveva condotto una vita troppo protetta. All'inizio vinceva... È così che funziona, vedete. Ma poi le cose hanno iniziato ad andare male. Ho sentito dire che ha perso una fortuna. È per questo che si sono ritirati in campagna. O per lo meno, questo è quello che si dice.» Juliana e Nicholas si scambiarono un'occhiata. Le parole di Hakebourne confermavano quello che lei aveva dedotto dalla conversazione tra Crandall e Sir Herbert. Hakebourne rimase in silenzio per un po', masticando il prosciutto con aria pensosa. Dopo qualche tempo disse: «Credo che Crandall abbia ottenuto del denaro anche da Seraphina. Anche se non so dove lei l'abbia trovato, con tutto quello che aveva perso.» «Che cosa volete dire?» chiese ancora Nicholas. «L'ultima volta che vidi Crandall, quando acquistai il cavallo, mi fece capire che Seraphina gli avrebbe dato del denaro. Ne fui sorpreso... capirete, dopo quello che le aveva fatto... ma lui mi disse che la sorella preferiva pagarlo purché non raccontasse tutti i suoi segreti a Sir Herbert.» «A quali segreti si riferiva?» proseguì col chiedere Nicholas. «Non ne ho idea, Crandall non me lo disse. Ma era nel suo stile: si procurava delle informazioni che avrebbero potuto mettere in imbarazzo qualcuno e lo ricattava. Di solito per ottenere del denaro.» «Che comportamento spregevole!» esclamò Juliana. Hakebourne la scruto' con interesse. «L'ha fatto anche con voi, signora?» «No. Sono sicura che non avrebbe esitato, ma non aveva niente che potesse usare contro di me. Non mi è mai piaciuto, tuttavia non avrei mai immaginato che si sarebbe abbassato a tanto.» «Crandall si sarebbe abbassato a qualsiasi cosa» commento' Hakebourne. «E negli ultimi tempi era peggiorato. Credo che avesse un disperato bisogno di soldi?» «Come mai?» domandò Nicholas, facendosi più attento. «Veramente pensavo che fosse a causa vostra.» «Mia?» Nicholas parve sorpreso. «Pensava che l'avrei cacciato di casa?» «Non ne sono sicuro. Forse. Ma credo che il motivo principale fosse che i creditori cominciavano a fargli pressione. Finché non siete comparso voi, un certo numero di persone pensava che Crandall avrebbe ereditato la fortuna di famiglia alla morte di Lord Barre. Non tutti, naturalmente. La gente ben informata sapeva che la linea ereditaria passava per vostro padre, signore» fece una pausa e aggiunse: «Io no.» «Mi sorprendete» mormorò Juliana. «Oh, non sono mai stato un appassionato di alberi genealogici e cose del genere.» «Crandall andava in giro dicendo che avrebbe ereditato?» Chiese Nicholas. «Non proprio. Più che altro era il modo in cui parlava di Lychwood Hall e il fatto che tornava sempre qui a prendersi cura della proprietà. Si comportava come se fosse sicuro che un giorno sarebbe diventata sua. Ma poi, quando il vecchio Lord Barre morì e si seppe che non sarebbe stato Crandall a ereditare, bensì un uomo che nessuno conosceva... ebbene, in molti cominciarono a preoccuparsi per il denaro che avevano prestato a Crandall e iniziarono ad assillarlo perché pagasse i debiti.» spiegò Hakebourne. «Capisco...» Hakebourne finì di mangiare e bevve qualche sorso di tè. «Bene...» disse, posandosi una mano sullo stomaco con aria soddisfatta. «Il vostro cuoco è davvero eccellente, signore.» Nicholas abbozzo' un sorriso. «Grazie, Mr. Hakebourne. Spero che continuerete ad approfittare della nostra ospitalità per un po'.» «Davvero?» Hakebourne parve sorpreso ma compiaciuto. «Pensavo... be', dato che non mi conoscete e che ero amico di Crandall... insomma, credevo che fosse il caso di togliere il disturbo.» «Sciocchezze» replicò Nicholas con un sorriso. «Sarei onorato se vi tratteneste con noi a Lychwood Hall.» «Bene.» Hakebourne ricambio' il sorriso. «È molto gentile da parte vostra, signore. Vi confesso che non mi dispiace fermarmi ancora qualche giorno. Dopo tutto, ci saranno i funerali di Crandall. E poi tira un'aria un po' difficile per me a Londra in questo momento. Faccio fatica a tenere a bada i creditori... specie ora che Crandall non può restituirmi quanto mi deve.» Dopo che Nicholas gli ebbe assicurato ancora una volta che la sua presenza era benaccetta a Lychwood Hall, Mr. Hakebourne se ne andò soddisfatto. «Non mi pare che la morte di Crandall l'abbia particolarmente addolorato» commento' Nicholas quando rimane solo con Juliana. «Già. A quanto pare la disonestà di Crandall lo indigna solo quando è diretta contro di lui.» «Credo che siamo d'accordo sul fatto che Mr. Hakebourne non è un uomo di grande fibra morale» continuò Nicholas, «ma dubito che sia stato lui a ucciderlo, tanto più che non trae alcun beneficio dalla sua morte.» «In effetti sembra il tipo di persona che agisce solo se ha un tornaconto.» «Naturalmente potrebbe averci mentito sul motivo per cui era venuto a cercare Crandall, o non averci detto tutta la verità.» «È vero. E trovo che la facilità con cui ci ha parlato di tutte le persone che avevano motivo di nutrire rancore nei suoi confronti sia piuttosto sospetta. Non ha l'aria dell'assassino, tuttavia non credo che possiamo escluderlo dalla lista dei sospetti.» Juliana si alzò con un sospiro. «Benché sia un compito che preferirei evitare, devo occuparmi dei funerali. Ci saranno una quantità di cose da fare. Devo andare a trovare Lilith e Winifred e vedere che cosa posso fare per alleviare la loro pena. E naturalmente dobbiamo scoprire chi ha ucciso Crandall.» «Juliana...» Nicholas si era alzato con lei e ora la guardava con aria preoccupata. «Non dimenticare che l'assassino è qualcuno che si trova in questa casa e che potrebbe non gradire che tu faccia troppe domande in giro. Ti prego, non interrogare nessuno senza che io sia presente.» «Devo comunque parlare con gli altri» replicò Juliana. «Ma ti prometto che sarò molto prudente e non dirò nulla che possa allarmare l'assassino.» A giudicare dall'espressione di Nicholas, lui nutriva qualche dubbio sulla sua discrezione, così si affretto' a uscire prima che sollevasse altre obiezioni. Passò il resto della giornata a preoccuparsi che in casa tutto procedesse senza problemi. Anche i domestici risentivano dell'atmosfera tesa e Juliana notò che le cameriere lavoravano in coppia; non ci voleva molto a intuire che avevano paura di avventurarsi da sole in quella grande casa. Inoltre non fu certo di aiuto che il magistrato si trattenesse per quasi tutto il giorno a Lychwood Hall e interrogasse uno per uno tutti i presenti. Fu molto rispettoso quando fu il turno di Juliana e non mise in discussione la sua dichiarazione che Nicholas era rimasto con lei per l'intera serata dopo lasciato la festa. Ma il suo atteggiamento deferente desto' in lei una certa preoccupazione, perché temeva che non avrebbe preso in considerazione nessuno dei membri della famiglia Barre o dei loro ospiti, per concentrarsi unicamente sul fabbro, senza fare alcuno sforzo per scoprire il colpevole. Dato il tipo di persona che era stato Crandall, le sembrava probabile che l'assassino odiasse solo lui e che nessun altro fosse in pericolo, tuttavia capiva perfettamente il senso di disagio che regnava nella casa. Quello che sembrava un luogo sicuro, al riparo dalla malvagità del mondo esterno, era stato violato, ed era comprensibile che tutti fossero impauriti. La responsabilità di organizzare il funerale ricadde quasi completamente sulle spalle di Juliana, come pure il compito di ricevere i vicini che venivano a fare le condoglianze, dato che la madre e la moglie di Crandall si erano ritirate nelle rispettive stanze.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** 38 Capitolo ***


Quando Juliana salì da Winifred, la trovò ancora in vestaglia, che guardava fuori dalla finestra con sguardo vacuo. La donna si voltò quando la sentì entrare e si sforzo' di sorridere. «Sono venuta a vedere se avete bisogno di qualcosa» le disse Juliana, avvicinandosi e sedendo accanto a lei su uno sgabello imbottito. Winifred scosse il capo. «Mi hanno portato qualcosa da mangiare, ma non ho appetito.» Guardò Juliana, pallida in viso. Dimostrava dieci anni più di quanti ne aveva in realtà, quel mattino. «Sono una persona orribile.» Juliana si chiese se stesse per confessarle di aver ucciso il marito, ma replicò semplicemente: «Sono sicura che non è così.» «Si, invece. Non ho versato una lacrima per Crandall. Ho cercato di farlo, ma non ci riesco.» Si sporse verso di lei, guardandola con espressione tormentata. «Mio marito è morto e tutto quello che provo è... un enorme sollievo» concluse portandosi una mano alla bocca, come se volesse impedirsi di esprimere i propri sentimenti. Juliana non sapeva che cosa dire. Non le era difficile comprendere che qualunque donna si sarebbe sentita come lei dopo essere stata sposata con Crandall. «Sua madre è prostrata dal dolore» riprese Winifred con un filo di voce. «So che quando viene la cameriera si aspetta di trovarmi in lacrime. Voi stessa siete venuta per confortarmi, e invece io... » Sospirò e tornò a guardare fuori dalla finestra. «Quando incontrai Crandall, pensavo che fosse l'uomo più attraente che avessi mai visto, con quegli splendidi occhi e capelli castani. Era così raffinato, così brillante, aveva viaggiato molto e aveva fatto tante cose...» I suoi occhi si illuminarono al ricordo, mentre continuava in tono quasi vivace: «Non potevo credere che avesse scelto proprio me tra tutte le giovani donne presenti. Avevo appena finito la scuola e non ero stata da nessuna parte, non avevo fatto nulla. Lui era così assiduo nelle sue attenzioni che mia madre mi mise in guardia. Quella sera avrebbe ballato tre valzer con me se mia madre non l'avesse espressamente proibito.» «Sembra molto romantico» commento' Juliana, facendo attenzione a non far trapelare dalla voce la sua antipatia nei confronti di Crandall. «Lo era.» Winifred piegò le labbra in un mesto sorriso. «Quando chiese la mia mano, ero la donna più felice d'Inghilterra.» Il sorriso si spense. «Ma in seguito si pentì di avermi sposata.» «No, Winifred...» Juliana non sapeva se quello che stava dicendo fosse la verità, tuttavia non poteva sopportare di vederla in preda ai sensi di colpa e al rimpianto. Winifred scosse il capo e le rivolse uno sguardo di gratitudine. «Voi siete molto gentile, ma è la verità. Lo so. L'altro giorno, quando Lord Barre raccontò della moglie del fabbro...» si interruppe. «Mi spiace che abbiate dovuto sentirlo.» Juliana le prese una mano nelle proprie. «Non era la prima volta. Sentivo i pettegolezzi dei domestici... Sapevo che mi tradiva. E sapevo che era perché non avrebbe mai dovuto sposarmi, come mi ha detto più di una volta Mrs. Barre.» «Non dovete dare ascolto a quello che dice Lilith. È una donna meschina ed egoista. Il suo atteggiamento non ha niente a che vedere con voi, è fatta così. E non avrebbe ritenuto nessuna donna all'altezza del suo adorato figliolo. Quando eravamo giovani, aveva una vera e propria venerazione per lui.» «Lo so. Ancora adesso, credo, anche se Crandall non era molto gentile con lei. Le chiedeva continuamente del denaro. So che molte volte si rifiutava di darglielo e lui diventava decisamente sgradevole. Faceva leva sulla sua preoccupazione per le apparenze, sapendo che non avrebbe voluto che suo figlio finisse in prigione per debiti, macchiando il nome della famiglia. E la guardava in un modo così sfrontato che mi sarei aspettata che lei lo prendesse a schiaffi. Invece non l'ha mai fatto. Alla fine gli dava sempre il denaro o qualche gioiello da vendere.» «Quindi vedete che non potete prendere per vero quello che dice Lilith.» «Ma anche Crandall la pensava così. Diceva che non ero abbastanza intelligente per lui. Non conoscevo nessuno e non sapevo come comportarmi in società. Non mi portò mai a Londra con sé e una volta che glielo chiesi...» Ora le lacrime che Winifred non era riuscita a versare le riempivano gli occhi. «Mi disse che l'avrei messo in imbarazzo. Che i suoi amici mi avrebbero giudicata una sempliciotta di campagna.» Juliana provò un moto di simpatia nei suoi confronti. Era sicura che Winifred sarebbe stata molto meglio senza un marito come Crandall, ma il suo futuro non prometteva di essere roseo. Da quanto aveva saputo, Crandall era rimasto praticamente senza un penny e non le avrebbe lasciato nulla. Naturalmente Nicholas avrebbe provveduto a lei senza farle pesare la cosa, ma anche così, Winifred si sarebbe sentita una parente povera che viveva della sua carità. Juliana si alzò e si inginocchio' di fronte a Winifred per guardarla in viso. «Conoscevo Crandall fin da quando era bambino» disse, coprendole una mano con la propria, «e so che sapeva essere crudele e ostinato come sua madre. Non è bello parlare male dei morti, tuttavia Crandall distorceva spesso la verità a suo favore. Non dovete dare troppa importanza a quello che vi diceva. Probabilmente era solo che non voleva una moglie a Londra.» Le rivolse uno sguardo eloquente e riprese: «Non è colpa vostra e mi sembra comprensibile che troviate difficile piangere la sua morte. Credo che nessuno in questa casa sia particolarmente addolorato per lui, se non sua madre.» Winifred la guardò mestamente. «Lo so. È molto triste, ma grazie per quello che avete detto, Juliana. Mi fa sentire... un po' meglio.» Le strinse la mano e si sforzo' di sorridere. «Adesso perché non provate a mangiare qualcosa?» suggerì Juliana, rialzandosi. «Posso mandare una delle cameriere con uno spuntino freddo, se volete.» «Si, grazie.» Winifred le sorrise nuovamente. Juliana lasciò la stanza, pensando che faceva fatica a immaginare la moglie di Crandall nei panni dell'assassino. Anche se aveva più di una ragione per odiare il marito, sembrava che rimpiangesse la perdita del suo amore giovanile e che incolpasse se stessa piuttosto che sfogare il proprio risentimento sul defunto marito. Naturalmente era possibile che fosse tutta una finzione, ma se era così, perché non fingere di piangere la morte del marito anziché parlarle candidamente di quanto fosse stato triste il suo matrimonio? Juliana suonò per chiamare una cameriera e le ordinò di portare un pranzo leggero a Winifred. Dopo che la cameriera se ne fu andata, Juliana andò da Lilith. Nonostante non fossero in buoni rapporti, non poteva fare a meno di sentirsi dispiaciuta per lei. Probabilmente era l'unica persona in tutta la casa che piangesse la morte di Crandall. Busso' sommessamente alla porta, quasi aspettandosi che Lilith le dicesse di andarsene, invece poco dopo udì la sua voce che la invitava a entrare. Come Winifred, Lilith era seduta accanto alla finestra, con lo sguardo perso nel vuoto. Nemmeno il lutto, tuttavia, le aveva impedito di prendersi cura della propria persona. Era vestita in modo impeccabile, con un severo abito nero dal collo alto e le maniche lunghe. I capelli erano raccolti nella solita acconciatura elegante, trattenuta da un pettine nero. Si voltò a guardare Juliana con sguardo afflitto. «Immagino che sarai contenta» disse. «Zia Lilith!» esclamò Juliana, colpita dall'acredine del suo tono. «Certo che no. Come puoi dire una cosa del genere?» «Perché no? Non sono stupida, Juliana, e so quanto mi detesti.» Juliana le si avvicinò. «Nel corso degli anni non mi hai dato molti motivi per volerti bene, ma nemmeno tu puoi pensare seriamente che sia felice di vederti soffrire. Mi dispiace molto per la tua perdita.» replicò con calma, lei. «Non ti aspettare che creda che provi dolore per la morte di Crandall.» Juliana scosse il capo. «No. Non sono un'ipocrita. Ma so che tu...» Ma Lilith la interruppe con voce sommessa.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** 39 Capitolo ***


Lilith interruppe Juliana con voce sommessa. «Tu non sai niente. Non puoi sapere come mi sento. L'ho tenuto in braccio quando era bambino e sapevo che nessuno mi avrebbe fatta sentire così. Lo amavo.» Juliana provò un moto di comprensione per lei, nonostante il tono duro con cui l'aveva accolta. «Lo so» mormorò. La gentildonna si voltò a guardare il ritratto del marito appeso alla parete. «Naturalmente ho amato anche suo padre per tutto quello che ha fatto per me.» aggiunse con una certa amarezza. «Quando lo sposai, credevo che fosse il padrone della luna e delle stelle. Eravamo una coppia perfetta... o almeno lo credevo.» Aggrotto' la fronte, persa nei ricordi, poi contrasse la bocca in una smorfia, voltandosi verso Juliana. «È stata tutta colpa di tua madre!» sibilo'. Juliana la fissò, smarrita, colta di sorpresa dal suo sfogo. «Non... capisco.» chiese. «Sempre così bella e delicata. Diana, la cacciatrice. Un nome appropriato, anche se nessuno l'avrebbe detto guardando quel viso da santarellina. Sempre così dolce, così calma, così innamorata del marito morto.» «Mia madre amava davvero mio padre» si sentì in dovere di difenderla Juliana. «Non capisco di che cosa tu stia parlando. Che cosa era colpa di mia madre? Sono sicura che non ha mai fatto niente contro di te. Ti era molto grata per averla accolta in questa casa.» «Grata! È così che si esprime la gratitudine, rubando il marito di un'altra donna?» «Come?» Juliana la fissò a bocca aperta, chiedendosi se la morte del figlio le avesse fatto perdere la ragione. «Era una cacciatrice, anche se lo faceva in modo insidioso. Nessuno se ne accorgeva mentre avvolgeva le sue spire intorno alla vittima. Era sempre così mesta e abbattuta. Non c'è da stupirsi che lui le abbia offerto la sua spalla per piangere. Veniva sempre a chiedergli consiglio su una questione o l'altra e intanto cercava di sedurlo con le arti...» «No! Zia Lilith, non so perché pensi una cosa simile, ma ti sbagli!» esclamò Juliana. «Mi sbaglio? Non credo proprio.» Lilith si alzò e la fissò con gli occhi che mandavano bagliori di collera. «Non mi sbaglio affatto. Perché credi che ti abbiamo permesso di vivere qui così a lungo? Perché credi che ti abbiamo allevata ed educata come i miei figli?» «Ti sbagli. Era solo perché mia madre era tua cugina.» Ripeté debolmente Juliana. «Credi che io la volessi qui? Ti posso assicurare che se fosse dipeso da me, voi due vi sareste trovate in mezzo alla strada poche settimane dopo il vostro arrivo. Era mio marito che aveva voluto accogliervi in quella casa. Era mio marito che doveva ringraziare tua madre, e l'ha fatto a modo suo.» «No.» Juliana era sconvolta; non voleva restare un attimo di più in compagnia di quella donna orribile. «Ti prego di scusarmi» disse, voltandosi verso la porta. Si precipitò in corridoio e non smise di correre finché non ebbe raggiunto la propria stanza. Lì si lasciò cadere su una sedia e si prese il volto tra le mani. Non poteva essere vero, continuava a ripetersi. Sua madre non poteva aver avuto una relazione con Trenton Barre. Non si sarebbe mai concessa a quell'uomo freddo e malvagio. Non poteva essere innamorata di lui. Un gemito le sfuggì dalle labbra mentre ripensava all'infanzia. Tornando con la memoria a quei giorni, si rendeva conto che, anche se le era mancato l'affetto di una famiglia, la sua vita avrebbe potuto essere ben peggiore. La loro casa era sufficientemente grande e ben arredata. E anche se gran parte dei suoi vestiti erano quelli smessi da Seraphina, se non altro erano di buona qualità. Era strano che i Barre l'avessero fatta studiare, anche se Seraphina aveva bisogno di essere tenuta d'occhio. In fondo non era più sventata di molte delle sue amiche, fanciulle di buona famiglia come lei che erano state mandate a scuola senza una parente al seguito. Soprattutto, come aveva sottolineato Lilith, tutto quello che avevano ricevuto lei e sua madre non veniva dalle mani della cugina. Lilith le aveva fatto capire chiaramente che disprezzava sua madre e che si sarebbe liberata volentieri di lei. Era stato Trenton a darle una casa, a provvedere al loro sostentamento e a mandare a scuola Juliana. E lei sapeva che Trenton Barre non avrebbe mai fatto una cosa del genere per pura bontà d'animo, visto come aveva trattato Nicholas, che era suo nipote. Non era uomo da avere inclinazioni caritatevoli; non aveva mai provato pietà per nessuno. Si chiese come mai non ci avesse pensato prima. Ricordò le visite di Trenton Barre in casa loro, quando era bambina, e per la prima volta trovò strano che fosse sempre lui a bussare alla porta e non la cugina di sua madre. Poteva contare sulle dita delle mani le volte che Lilith aveva varcato la soglia della loro casa, ma Trenton era andato a trovarle tutte le settimane. Juliana ricordò l'agitazione della madre, che andava continuamente alla finestra quando si avvicinava il momento del suo arrivo. Insisteva sempre perché Juliana si presentasse in ordine, con un nastro nuovo tra i capelli e il suo abito migliore. Anche lei si sforzava di apparire al meglio: si vestiva bene, raccoglieva i capelli in una cascata di riccioli e si passava un filo di colore sulle labbra e sulle guance. Allora non ci aveva visto nulla di strano; aveva pensato che fosse normale per una donna farsi bella per ricevere il suo benefattore. Eppure ora Juliana vedeva tutti quegli elementi sotto un'altra luce e non poteva fare a meno di chiedersi se tutti quei preparativi non fossero stati invece per accogliere un amante. Ogni volta che Trenton andava da loro, Diana chiamava Juliana in salotto, dove doveva salutare con un sorriso e fare la riverenza. Ricordava bene quelle visite, perché le odiava. Aveva sempre temuto Trenton ed era un'agonia stare davanti a lui e rispondere educatamente alle sue domande. Ed era sempre un sollievo quando, dopo pochi minuti, sua madre le dava il permesso di ritirarsi nella sua stanza. Allora Juliana correva di sopra e chiudeva la porta, felice di essere lontana da quell'uomo. Non si era mai chiesta perché Trenton si fermasse così a lungo da loro. E nemmeno perché sua madre le dicesse di restare in camera sua finché Mr. Barre non se n'era andato. Era troppo contenta di non doverlo rivedere. Si portò una mano allo stomaco, in preda a un attacco di nausea. Le pareva che la sua vita in un istante fosse precipitata nel caos. Quello che aveva sempre pensato di sua madre erano tutte bugie? Non aveva passato il resto della sua vita a piangere il padre di Juliana, ma era stata l'amante di un uomo spregevole come Trenton Barre? L'aveva amato? Era stata un'adultera e aveva rubato il marito alla cugina? Sembrava troppo orribile per essere vero. Sicuramente zia Lilith le aveva mentito. Era evidente che era stata gelosa di Diana, e non c'era da stupirsene, dato che il carattere dolce e gentile di sua madre era l'opposto dell'atteggiamento glaciale che aveva lui. Forse Lilith era semplicemente invidiosa e aveva espresso i propri sospetti liberamente, benché fossero privi di fondamento. Forse era convinta di ciò che aveva detto sul conto di Diana e Trenton, il che tuttavia non significava per forza che fosse vero. C'era una sola persona che poteva sapere la verità, si rese conto Juliana, aggrappandosi a quel pensiero come a un'ancora di salvataggio. Mrs. Cooper, la donna che era stata la governante di sua madre fin dal primo giorno che si erano trasferite a Lychwood Hall. Lei sapeva quello che era realmente successo tanti anni prima. Una bambina poteva non rendersi conto di che cosa significavano le visite di Trenton Barre, ma una donna che era stata così vicina a sua madre non poteva ignorare se lei e il suo visitatore erano stati amanti. Sarebbe tornata da Mrs. Cooper, decise. Sapeva che quello che le avrebbe rivelato l'anziana signora avrebbe potuto sconvolgerla, ma non poteva sopportare di rimanere all'oscuro. Doveva scoprire la verità, per quanto terribile potesse essere.

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** 40 Capitolo ***


Il giorno dopo furono celebrate le esequie di Crandall. Era una giornata troppo bella per un funerale, pensò Juliana. Il cimitero era un luogo sereno, quasi piacevole, immerso nella luce del sole, e le rose si arrampicavano sulla cancellata di ferro che circondava il cortile della chiesa, diffondendo il loro profumo. Juliana osservò le persone raccolte attorno alla fossa appena scavata. Le donne erano tutte vestite di nero e gli uomini portavano una fascia nera al braccio in segno di lutto. Negli ultimi due giorni si era data da fare per controllare i gioielli che ognuno di loro indossava. Il problema, si era resa conto ben presto, era che nessuno avrebbe portato dei rubini a così breve distanza dalla morte di un parente. Gli orecchini delle signore erano in giaietto o onice e i gemelli e le spille degli uomini erano della stessa tonalità scura, o semplicemente in oro e in argento. Ma come avrebbe fatto a ispezionare i cofanetti dei gioielli di tutti? Non sarebbe stato facile, pensò. A fianco di Juliana, con le mani intrecciate, Winifred fissava il feretro del marito. Di fronte a loro, Lilith era rigida come un fuso e, nonostante l'abito e il cappello neri accentuassero il pallore del viso, aveva un'espressione composta. Juliana sapeva che non si sarebbe mai lasciata sopraffare dalle emozioni, nemmeno per piangere il figlio. Il vicario terminò il breve discorso con una preghiera, dopodiché la bara venne calata nella fossa. A uno a uno i membri della famiglia sfilarono davanti al tumulo, a cominciare da Lilith, per poi proseguire verso le carrozze in attesa. Juliana sapeva che avrebbe dovuto andare con lei per offrirle il suo conforto, ma quel giorno proprio non se la sentiva. Aveva dormito poco la notte prima; da quando Lilith le aveva gettato in faccia il fatto che sua madre aveva avuto una relazione con Trenton Barre, la sua mente continuava a inseguire gli stessi pensieri. Si voltò e, anziché dirigersi verso le carrozze, si avvicinò alle altre tombe di famiglia. Quella di Trenton Barre era accanto a quella del figlio e dopo di loro venivano gli altri parenti defunti. All'estremità del terreno riservato alla famiglia, leggermente separata dalle altre, c'era la tomba della madre di Juliana. Si fermò davanti alla semplice lapide e rimase a fissarla per qualche istante. Poco dopo Nicholas si avvicinò e le prese una mano nella propria. Juliana sollevò lo sguardo e gli rivolse un tenue sorriso. In qualche modo, il tocco della sua mano le dava forza. «Sei turbata» disse Nicholas. Lo guardò, sorpresa, e si accorse che sorrideva. «Te lo leggo in viso. C'è qualcos'altro che ti preoccupa, oltre alla morte di Crandall.» Juliana annuì. «Io... Ieri zia Lilith ha accusato mia madre di averle rubato il marito. Mi ha detto che avevano una relazione.» Nicholas la guardò. «Come? E tu le hai creduto?» «Non vedo perché avrebbe dovuto mentirmi su una cosa del genere. Amava Trenton e non infrangerebbe il suo nome solo per sconvolgermi. Penso che lei ne sia davvero convinta. Se poi sia vero... non lo so. Non voglio pensare una cosa simile di mia madre.» Lo guardò in viso, con gli occhi traboccanti di angoscia, e Nicholas le strinse la mano. «Zia Lilith è una donna a cui piace credere il peggio di tutti. È piena di odio e di rancore. Il fatto che ne sia convinta non significa che sia vero.» le disse lui. «Lo so, continuo a ripetermelo, ma ci sono certi particolari...» lui la fissò, chiedendole. «Quali particolari?» «Stranezze... come la nostra situazione qui a Lychwood Hall. Mia madre era cugina di Lilith, non aveva alcun legame di parentela con Trenton. Eppure è chiaro che non fu la zia a permetterci di restare qui, quindi dev'essere stato Trenton. E quando mai l'hai visto agire in modo disinteressato?» «Be', mi prese con sé anche se mi odiava.» «Sì, ma era costretto a farlo. Tuo nonno ti affidò a lui, nominandolo tuo tutore. E probabilmente sperava che tu morissi prima di suo padre, così avrebbe ereditato la proprietà.» «In ogni caso, sia Lilith che Trenton erano troppo preoccupati di salvare le apparenze e non avrebbero voluto essere giudicati avari o egoisti dai loro pari. Se avessero lasciato nella miseria la cugina di Lilith e sua figlia, la cosa avrebbe avuto su di loro delle ripercussioni negative.» «Vorrei solo poterne avere la certezza. Io... ho pensato che Mrs. Cooper potrebbe essere in grado di confermare se Lilith mi ha detto la verità.» «Può darsi. In effetti, sarebbe saggio che parlassi con lei prima di prendere per buono quello che ha detto Lilith. Verrò con te domani pomeriggio.» Juliana gli sorrise. Si sentiva già meglio; tutto sarebbe stato più facile se Nicholas era con lei. Quella sera Juliana stava scendendo per la cena quando notò che la porta di Seraphina era aperta. Guardò dentro e vide che la cugina era davanti alla toilette e stava scegliendo dei gioielli da un cofanetto. Con il cuore che batteva forte, Juliana entrò nella stanza e disse: «Sei pronta per la cena? Possiamo scendere insieme?» Seraphina si voltò verso di lei. «Come?...Oh, si. Scusami, ma mi sento così strana... È come se tutto fosse più veloce di me.» Scosse il capo. «Che sciocca. Stavo cercando un paio di orecchini da indossare, ma a quanto pare non possiedo niente di adatto.» Juliana si portò al suo fianco e guardò dentro il cofanetto. «Hai dei magnifici gioielli.» Intravide qualcosa di rosso brillare sul fondo e lo prese tra le dita. Era un orecchino con il pendente di rubini, ma non mancava nessuno pietra. Cercando di non farti notare, rovisto' nel cofanetto in cerca dell'altro pendente o magari di una collana che accompagnasse gli orecchini. Seraphina glielo strappò praticamente di mano. Juliana la guardò, incuriosita dalla sua reazione. C'era un'espressione quasi di paura nei suoi occhi. Possibile che fosse stata Seraphina a uccidere il fratello? Si chiese. Stava forse frugando tra i gioielli in cerca del rubino mancante? «Questi rubini sono molto belli» disse, osservando il volto di Seraphina mentre parlava. «C'è anche una collana uguale?» le domandò. «Si, certo.» Lo sguardo di Seraphina era sempre più allarmato. «Mi piacerebbe vederla.» Juliana fece del proprio meglio per mantenere un tono casuale, nonostante la tensione che stava salendo in lei. «Perché? Oh, Dio, tu lo sai, vero?» Seraphina si portò entrambe le mani alla bocca e spalanco' gli occhi. «Come hai fatto a scoprirlo? Oh, ti prego, non dire nulla a Herbert...» «Seraphina... sono sicura che dev'esserci un motivo per quello che hai fatto» disse Juliana, sforzandosi di parlare con calma mentre posava una mano sul braccio della cugina. «Sarà tutto più facile se confessi.» «No!» Seraphina ritirò il braccio, facendosi indietro di scatto. «Non posso dirglielo. Non posso! Tu non capisci.» Le lacrime le riempirono gli occhi. «Come hai fatto a scoprirlo? Te l'ha detto Crandall?» «Come?» Juliana la fissò a bocca aperta. «Aveva promesso di non dirlo a nessuno. È per questo che lo pagavo!» esclamò Seraphina. «Ma... di che cosa stai parlando?» chiese Juliana, rendendosi conto dell'equivoco. «Che cosa ti aveva promesso Crandall? Perché lo pagavi?» «Vuoi dire che non lo sai?» Seraphina la fissò. «Ma tu... forse sto diventando pazza. Credevo ti fossi accorta che quei rubini sono dei pezzi di vetro.» Seraphina fece una breve risata isterica. «Come? Vuoi dire che non sono veri?» «No. Questo è il problema! Sir Herbert si infurierebbe se lo venisse a sapere. Ho sempre paura che un giorno li guardi da vicino e che scopra...» «Non sa che sono falsi?» «Certo che no! Oh, che pasticcio!» Seraphina si lasciò cadere sulla sedia davanti al tavolino e si prese la testa fra le mani. «Perché mi sono lasciata trascinare dal gioco fino a perdere tanto denaro?» «Al gioco?» domandò Juliana, che cominciava a capire. L'altra annuì. «Sì. All'inizio vincevo, e tutto era così eccitante!» Guardò Juliana con gli occhi che brillavano al ricordo. «Crandall li conosceva, fu lui a presentarmi. Pensai che fossero delle persone per bene, anche se non le avevo mai viste. Voglio dire, erano solo delle partite a carte in casa di Mrs. Battle. Non è che frequentassi le casa da gioco.» Spiegò Seraphina. «Ma poi cominciasti a perdere.» Seraphina sospirò. «Si. Una montagna di denaro. Non capivo come potessi perdere tanto dopo che ero andata così bene all'inizio. Sir Herbert sostiene che mi hanno imbrogliata, che mi lasciano vincere solo per prendermi nella loro rete.» Le lacrime le brillavano sulle ciglia mentre la guardava e a Juliana fece venire in mente una bambina che scopre la verità su Babbo Natale. «Credi... credi che abbia ragione?» Juliana provò un moto di compassione per lei. «Temo di sì. Mr. Hakebourne ci ha detto che Crandall faceva questo tipo di cose, che introduceva delle persone nel giro del gioco d'azzardo perché i suoi 'amici' potessero truffarli.» Seraphina annuì con espressione triste. «Non avrei mai pensato che potesse fare una cosa del genere a sua sorella. Noi... non siamo mai stati molto vicini e so che Crandall non si comportava sempre in modo corretto, ma...» «È stato spregevole da parte sua» convenne Juliana. «Credo che avesse un disperato bisogno di denaro.» L'espressione di Seraphina si fece più dura. «Lo so. Mi costrinse a pagarlo per mantenere il silenzio.» «Il silenzio su che cosa? Sir Herbert sa delle tue perdite al gioco, non è così?» chiese Juliana. «Ma non sa dei gioielli. Li ho venduti. Non ero in grado di far fronte ai debiti e non mi avrebbero permesso di continuare a giocare se non avessi pagato. Questo successe prima che Herbert mi scoprisse. Non sapevo che cosa fare, avevo dato fondo alla mia rendita e a tutto quello che aveva. Non pagavo la sarta né la modista perché avevo perso tutto. Ero disperata. Dovevo continuare a giocare. Era l'unico modo per poter recuperare il denaro, capisci? Fu allora che Crandall mi propose...» «Di vedere i tuoi gioielli?» Seraphina annuì. «Sì. Disse che potevo darli in pegno e usare il denaro per giocare. Io credevo che avrei vinto e che avrei potuto riscattarli. Nel frattempo, disse, avrebbe fatto fare delle copie. Sembrava una soluzione così facile, che gli diedi i gioielli, l'intera parure di rubini, le perle, i miei orecchini. Il braccialetto di zaffiri che Herbert mi aveva regalato come dono di fidanzamento.» «Impegnasti tutto?» chiese Juliana, allibita. «Non tutto insieme. Un poco per volta. Mi diedero una miseria!» esclamò, indignata. «Continuai a perdere. Poi Herbert scoprì ogni cosa e si infurio' con me. Disse...» Si interruppe con un sospiro e riprese: «Disse che si vergognava di me. Credo che rimpiangesse di avermi sposata. Non so che cosa avrebbe fatto se l'avesse saputo.» «Capisco.» «E poi... » Seraphina increspo' la fronte. «Poi Crandall cominciò a minacciarmi, sostenendo che avrebbe rivelato tutto a Herbert se non gli avessi dato del denaro. È stato ancora più vile da parte sua, dopo che era stato lui a suggerirmi di impegnare i gioielli!»

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** 41 Capitolo ***


Juliana era senza parole. C'era qualcosa davanti a cui si sarebbe fermato Crandall? Sembrava che ogni giorno scoprissero cose peggiori sul suo conto. «Continuava a lanciarmi delle frecciate, anche dopo che l'avevo pagato. Mi faceva i complimenti per una collana e io sapevo che stava ridendo di me, che era il suo modo di ricordarmi che mi teneva in pugno. Non avevo più molto da dargli. Herbert mi misurava il denaro e io dovevo darlo tutto a Crandall. È terribile, lo so, ma quando l'ho visto riverso sul pavimento, privo di vita, ho pensato... mi sono sentita felice! Ero così sollevata che non potesse più estorcermi del denaro.» Juliana lasciò uscire un lungo sospiro, chiedendosi se Seraphina si rendesse conto della gravità di tutto quello che le aveva rivelato. Era chiaro che aveva un buon motivo per desiderare la morte del fratello. Finché fosse stato vivo, lei sarebbe vissuta nel terrore che rivelasse tutto al marito. La sua morte l'aveva liberata di un peso enorme e questo faceva di lei uno dei potenziali sospetti. Eppure Juliana non poteva fare a meno di sentirsi dispiaciuta per la cugina. Anche se Crandall non poteva più estorcerle del denaro, Seraphina temeva che un giorno Sir Herbert avrebbe scoperto che i gioielli erano delle semplici copie di vetro. «Seraphina... forse sarebbe meglio se tu dicessi a Sir Herbert quello che hai fatto. Sa che avevi un disperato bisogno di soldi.» «No!» esclamò la giovane donna, sgranando gli occhi. «Non posso. Herbert non deve sapere. I rubini erano un'eredità di famiglia e anche gli anelli. Molti erano regali che mi aveva fatto lui. Andrebbe su tutte le furie.» «So che si infurierebbe, ma non credi che a lungo andare sarebbe meglio confessargli tutto? Così come stanno le cose, tu vivi nel terrore che possa scoprire la verità. Forse, se lo sapesse, potrebbe cercare di riscattare almeno qualcuno dei gioielli.» «Ma dovrebbe pagare per riaverli!» «Questo è vero, ma se non altro rientrerebbe in possesso dei beni di famiglia. Sarebbe molto peggio se venisse a scoprirlo tra qualche anno e non potesse più fare niente per riscattarli, non credi?» Seraphina continuò a insistere che non poteva dire la verità al marito, così alla fine Juliana le assicurò che non gli avrebbe rivelato nulla. Non aggiunse che aveva intenzione di mettere al corrente Nicholas di quanto aveva scoperto. In ogni caso, se fosse risultato che era stata Seraphina a uccidere Crandall, tutto avrebbero saputo dei suoi problemi. Doveva essere orribile vivere nel terrore, pensò, giacere accanto al marito temendo che da un momento all'altro potesse scoprire ogni cosa. Come poteva quello di Seraphina essere un matrimonio felice se lei doveva continuare a fingere? I due non potevano certo riavvicinarsi con un segreto così terribile a dividerli. Ma quella sera, mentre giaceva nel letto da sola, sperando di sentire Nicholas aprire la porta che comunicava con la sua stanza, Juliana si chiese se anche lei non stesse vivendo nella menzogna. Fingeva di essere una donna sposata eppure passava le notti da sola. Non avrebbe mai dovuto accettare un matrimonio a quelle condizioni. E non poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto ad andare avanti in quel modo per il resto della sua vita. Le lacrime le riempirono gli occhi, scivolando dagli angoli lungo le guance. Juliana nascose il volto nel cuscino. Aveva mentito non solo a suo marito, ma anche a se stessa, fingendo che l'amicizia fosse tutto quello che desiderava. La verità era che amava Nicholas. L'aveva amato fin da quando era una bambina; in tutti quegli anni di assenza, quell'amore era rimasto sopito dentro di lei ed era bastato che Nick tornasse per riportarlo in vita. Aveva cercato di negarlo, di fingere che quello che provava per lui fosse l'affetto di una amica, ma ogni giorno che passava si rendeva conto che era invece il tipo di amore che lega un uomo e una donna per tutta la vita, affondando le radici nel passato e sbocciando in un sentimento profondo e vibrante. In cuor suo era sua moglie; Nicholas era l'unico uomo che avrebbe mai amato. Ma voleva di più. Voleva essere il centro della sua vita come lui lo era per lei. Voleva conoscere i suoi baci, le sue carezze, la passione che era certa sarebbe scoppiata tra loro. Al tempo stesso, come una nuvola scura che incombeva sul loro matrimonio, c'era la consapevolezza che lui non provava gli stessi sentimenti. Nutriva per lei l'affetto di un amico, le aveva parlato di gratitudine e del desiderio di migliorare la sua vita, ma non le aveva mai parlato di amore e di passione. Il problema era che era convinto di non essere capace di amare. Juliana non lo credeva. Quello che la faceva gelare in fondo al cuore era il dubbio insidioso che non fosse capace di amare lei. Il mattino seguente Juliana e Nicholas cavalcarono fino al villaggio per far visita a Mrs. Cooper. Era una bellissima giornata, tiepida e dolce, uno di quei giorni di fine estate in cui sembrava che l'autunno non sarebbe mai arrivato. Juliana si era svegliata con un mal di testa tremendo, perché la sera prima aveva pianto fino ad addormentarsi. Ma ora, grazie al sole, alla brezza leggera e alla vicinanza di Nicholas, il dolore stava svanendo insieme alle sue preoccupazioni. Mentre cavalcavano fianco a fianco, si chiese come fosse possibile sentirsi così a proprio agio con lui e nello stesso tempo in un continuo stato di eccitazione. La risata di Nicholas la colmava di felicità e la spingeva a pensare qualcosa di spiritoso da dire per sentirla ancora. E quando le posò le mani sulla vita per aiutarla a smontare da cavallo, si sentì percorrere da un brivido. Mrs. Cooper si precipitò ad accoglierli sulla soglia e li invitò a entrare, offrendo loro una tazza di tè. «Oh, no, vi prego, non ci tratterremo molto oggi» le disse Juliana. «Volevo solo farvi qualche domanda su mia madre.» la donna le sorrise. «Ma certo, mia cara. Venite, venite pure.» L'anziana governante li condusse nel piccolo salotto e li fece accomodare. «Che cosa volete sapere?» Juliana esitò, senza sapere bene da dove cominciare ora che si trovava di fronte alla donna. Mrs. Cooper la guardava con cortese curiosità. Juliana aveva la sensazione che quello che stava per chiederle avrebbe turbato la sua calma. «Ieri Mrs. Barre, Lilith Barre, mi ha detto... be', mi ha detto che mia madre e Trenton Barre avevano... ehm...» Non dovette finire la frase perché gli occhi di Mrs. Cooper lampeggiarono di collera mentre esclamava: «Mrs. Barre! Che persona orribile! Vostra madre è sempre stata gentile con lei, anche se quella donna la trattava malissimo». Si asciugo' le lacrime che le erano salite agli occhi e riprese: «La snobbava e la accusava in continuazione, ma Mrs. Holcott non ha mai reagito nello stesso modo.» «Quindi Lilith parlò con mia madre dei sospetti che nutriva sul conto del marito?» chiese Juliana. «Non lo definirei esattamente parlare. Fece fuoco e fiamme, come se fosse tutta colpa di Mrs. Holcott. Come se fosse lei da incolpare per il modo abominevole in cui la trattava quell'uomo.» «Trenton?» domandò Nicholas, prendendo la parola per la prima volta. «Mio zio?» la donna annuì. «Sì!» Mrs. Cooper pronunciò quell'unica parola con disprezzo. «Era malvagio. Quando penso a come si servì di Mrs. Holcott, e come approfittò della sua dolcezza...» «Mrs. Cooper» la interruppe Juliana, chinandosi verso di lei e prendendole una mano nella sua. «State dicendo che Trenton... forzo' mia madre?» Il volto della governante si induri' e il suo sguardo si fece gelido. «Non fisicamente, forse, ma la forzo' comunque. Vostra madre non voleva avere niente a che fare con lui, ma sapeva che doveva... accontentarlo se voleva continuare a vivere qui. Doveva farlo per salvarvi da una vita di miseria.» «Ebbe una relazione con Trenton Barre?» domandò Juliana. Mrs. Cooper annuì.

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** 42 Capitolo ***


Mrs. Cooper subito dopo le strinse la mano, rivolgendo a Juliana uno sguardo implorante. «Non condannate vostra madre, bambina mia. Era una brava donna. Ha fatto solo quello che doveva. Aveva paura di quell'uomo, temeva le sue visite. Per lei non c'era mai stato un altro al di fuori di vostro padre. Ma se non avesse ceduto a Barre, si sarebbe trovata su una strada, senza i mezzi per mantenere voi e se stessa. Ed era terrorizzata all'idea di quello che avrebbe potuto succedervi.» Juliana sapeva che quello che diceva era vero. Una vedova con una figlia aveva ben poche prospettive. Non avrebbe potuto lavorare nemmeno come governante o come dama di compagnia, con una bambina a carico. Juliana ricordava ancora come le fosse parsa disperata la madre nelle settimane che erano seguite alla morte del padre e il sollievo che aveva provato all'arrivo di Trenton Barre. Aveva pianto, stringendola a sé, e le aveva detto: «Siamo salve, tesoro». Si chiese se in quel momento avesse saputo quale sarebbe stato il prezzo da pagare, o se l'avesse scoperto solo in seguito, dopo che si erano trasferite nella casa di Trenton Barre. «Oh, mio Dio!» ansimo', portandosi le mani al volto. «Tutto quello che ha fatto l'ha fatto per voi» riprese Mrs. Cooper. «Non pensate male di lei, bambina mia.» «No, certo. La colpa era di mio zio, lo sappiamo bene.» le assicurò Nicholas, posando il braccio attorno alle spalle di Juliana. «Grazie per avercelo detto, Mrs. Cooper. Juliana aveva bisogno di sapere. Dobbiamo andare, adesso.» La governante aveva un'espressione preoccupata quando Nicholas si alzò e condusse Juliana fuori dalla stanza. Lei non reagì, limitandosi a seguirlo in silenzio. Nicholas la aiutò a salire a cavallo prima di montare in sella a sua volta e insieme si avviarono verso Lychwood Hall. A Juliana sembrava che quel mattino così luminoso si fosse trasformato in una giornata tetra. Si sentiva in preda a una specie di vertigine e faceva fatica a concentrarsi. Avrebbe voluto piangere, ma trattenne le proprie emozioni, giurando a se stessa che non avrebbe dato sfogo alle lacrime fino a quando non fosse stata sola. Quando furono nei pressi della casa, Nicholas fece rallentare il cavallo e Juliana si adeguo' distrattamente alla sua andatura, la mente che ancora cercava di assimilare ciò che era venuta a sapere sul conto della madre. Le ci volle qualche istante per rendersi conto che Nicholas si stava dirigendo verso la casa dove aveva vissuto da bambina. Si irrigidi', e stava per dire che non voleva andarci, quando all'improvviso, sbucando da una macchia di alberi, si trovò di fronte alla piccola casa della sua infanzia. Tutto era dolorosamente familiare: l'albero dai rami bassi dove sedeva a leggere i suoi libri; il giardino in cui giocava con le bambole, e la finestra della sua stanza, al primo piano dell'edificio, affacciata alla quale aveva passato ore intere. Si rese conto che quello era esattamente il luogo dove voleva essere in quel momento. Rimasero seduti a cavallo per qualche istante, guardandosi intorno. Gli alberi e gli arbusti erano cresciuti a dismisura e le imposte erano chiuse. La casa sembrava abbandonata, e anche se Juliana non aveva mai pensato di essere affezionata a quel luogo, provò una sensazione di tristezza vedendola così. «Avrebbero dovuto mandare qualcuno a occuparsene» disse Nicholas. «Farò tagliare l'erba nel prato e pulire l'interno.» Juliana gli rivolse un tenue sorriso. «Grazie. Immagino che questo posto non sia molto utile.» «Non importa, non voglio vederlo in uno stato di abbandono. Ci sono affezionato.» Juliana lo guardò, leggermente sorpresa. «È qui che mi rifugiavo quando scappavo da quella casa fredda e tetra» le spiegò. «Qui c'eri tu e io venivo per vederti. Mrs. Cooper aveva sempre dei biscotti pronti e me ne dava un piatto. Tua madre era gentile con me. Mi sorrideva e diceva che diventavo ogni giorno più alto. Anche mia madre diceva così.» «Oh, Nicholas!» Impulsivamente Juliana gli prese una mano e la strinse. «Non avevo idea...» Lui le tenne la mano nella propria e riprese: «Immagino che sembra sciocco, ma per me era una specie di rifugio, un luogo dove mi sentivo felice.» «Vorrei che lo fosse stato anche per mia madre» mormorò Juliana. Si voltò a guardarla. «Mi dispiace.» Lei scosse il capo. «Non è colpa tua. È stato Trenton a rovinare le nostre vite. Sono sicura che persino Crandall sarebbe stato una persona migliore se non l'avesse avuto per padre.» Scesero da cavallo e Nicholas legò gli animali al ramo di un albero. La porta della casa si era gonfiata con l'umidità e dovette darle una spallata per aprirla. Dentro si avvertiva un vago odore di stantio. I mobili erano stati coperti con teli di stoffa e formavano delle sagome gibbose nella penombra della stanza. Nicholas spalanco' le finestre e le imposte per lasciar entrare l'aria e la luce, poi fecero un giro per la casa e aprirono anche le altre stanze. Juliana passò le dita sulla tappezzeria del corridoio, pensando alla propria infanzia. «Ho sempre pensato che la mamma fosse triste per la morte di mio padre...che lo piangesse anche dopo tutti quegli anni...» «Era sicuramente così.» volle rassicurarla Nicholas. «Sì, ma solo ora mi rendo conto di quanto deve essere stata infelice la sua vita qui. Sapevo che Trenton non le piaceva, anche se mi diceva di sorridergli e di essere gentile. Sentivo le sue dita che mi stringevano la spalla quando mi conduceva davanti a lui per fare la riverenza. Dev'essere stato terribile... e io me la prendevo con lei perché era sempre triste!» Le lacrime le salirono agli occhi e Juliana non poté trattenerle. Si coprì il viso con le mani, cercando di soffocare i singhiozzi. «Ha fatto tutto questo per me! Si è resa schiava di un uomo che detestava solo perché io potessi avere una casa decente in cui vivere, bei vestiti e un'educazione. E io mi lamentavo perché non rideva e non giocava con me!» «Tua madre ti voleva bene.» Nicholas si avvicinò e la prese tra le braccia, cullandola contro il suo petto. «Ha fatto quello che poteva per te. Voleva renderti felice e so che non vorrebbe che ti sentissi in colpa.» Le accarezzo' la schiena, cercando di confortarla, e Juliana nascose il volto contro la sua spalla, dando sfogo alle lacrime. Piangeva per la madre e per i sacrifici che aveva fatto, ma piangeva anche per la bambina che era stata. Si era sempre sentita sola e aveva rimpianto la madre che Diana era stata prima della morte del padre. A poco a poco i singhiozzi si affievolirono fino a cessare del tutto, ma rimase tra le braccia di Nicholas, assorbendo il calore e il senso di sicurezza che le trasmetteva. Sentiva le sue labbra che le sfioravano i capelli e la sua mano che le accarezzava la schiena. E qualcosa si risvegliò dentro di lei. Un languore sensuale che saliva dal profondo, un desiderio tanto intenso da essere doloroso. Si sentì arrossire di imbarazzo nel provare quelle emozioni, soprattutto perché Nicholas stava solo cercando di confortarla. Ma non poteva negare né mettere a tacere quel desiderio tenero e pulsante che le vibrava dentro. E sapeva che il dolore non era solo fisico, che veniva anche dal vuoto che sentiva nel cuore. Senza riflettere, gli sfiorò il petto con la guancia e il movimento della sua mano si interruppe. Per qualche istante rimasero entrambi immobili, sospesi nell'incertezza. Juliana sentì il respiro di Nicholas farsi più roco e il battito del suo cuore contro la guancia. Poi, lentamente, si scosto' da lui per guardarlo in viso. Il desiderio che vide ardere nei suoi occhi la lasciò senza fiato. Sarebbe stato sbagliato negare quello che provavano entrambi, si disse, e alzandosi in punta di piedi, gli sfiorò le labbra con un bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** 43 Capitolo ***


Nicholas la strinse a sé con forza, e quando si impadroni' della sua bocca, Juliana si sentì scivolare in un oscuro abisso di piacere al quale si abbandonò senza paura, avvolta dal calore della sua reazione. Lui le infilò le mani tra i capelli e tolse le forcine per lasciarli ricadere sulle spalle in una massa lucente, poi avvolse le dita intorno a quelle ciocche seriche, senza mai abbandonare la sua bocca. Juliana gli intreccio' le mani sulla nuca, ricambiandolo con ardore. I loro corpi aderivano l'uno all'altro, ansiosi di raggiungere l'appagamento che entrambi desideravano. Continuando ad accarezzarsi e a baciarsi, volteggiarono in una danza appassionata, liberandosi a uno a uno degli indumenti. La giacca da cavallerizza di Juliana cadde sulla spalliera di una sedia, quella di Nicholas per terra. Lui le sfilò la camicetta dalla gonna, ma i minuscoli bottoni resistettero alle sue dita, finché lei non gli venne in aiuto slacciandoli. Nicholas rimase a guardarla con gli occhi velati di desiderio mentre lei si sfilava la camicia dalle spalle con deliberata, sensuale lentezza e la lasciava cadere sul pavimento. Sotto l'impalpabile cotone della sottoveste si intravedeva il suo seno a stento trattenuto dal nastro che la chiudeva. Nicholas lo sciolse e i due lembi dell'indumento si aprirono. Uno per uno sciolse gli altri lacci, seguendo con lo sguardo il movimento delle dita. Finalmente la guardò negli occhi e Juliana vi vide la forza del desiderio brillare nel buio. «Sono stato sveglio ogni notte sognando tutto questo. Mi sono dato mille volte dello stupido per aver suggerito questa messinscena del matrimonio casto.» sussurro' lui con voce roca. Juliana scoppiò in una breve risata. «Anch'io.» Nicholas si chino' a baciarla con passione, poi si allontanò di un passo e le sfilò la sottoveste, mandandola a raggiungere gli altri indumenti per terra. Il suo sguardo indugio' carezzevole sui seni prima che li accarezzasse con le dita; poi prese le morbide rotondità nelle mani, finché tutto il suo corpo non vibro' per l'intensità del piacere che provava. Juliana emise un sommesso gemito. Voleva di più, voleva sentire tutto quello che era possibile sentire, preda di un desiderio che pulsava nel profondo di lei. Juliana pensò che non sarebbe riuscita a rimanere in piedi a lungo, ma proprio in quel momento lui la sollevò da terra, baciandola avidamente. Un piacere così intenso da essere quasi doloroso vibro' dentro di lei mentre si aggrappava alle sue spalle con un profondo gemito sensuale. Voleva tutto e subito, in un groviglio di emozioni confuse. Con dita tremanti gli slaccio' i bottoni della camicia e infilò le mani sotto il tessuto per esplorare la distesa muscolosa del petto, e sorrise al sommesso mugolio di piacere che gli scaturì dalla gola. Quando lui si sfilò la camicia, Juliana colse l'opportunità di posare le labbra sulla sua pelle. Nicholas rimase immobile per un istante, quasi trattenendo il fiato, poi, mormorando il suo nome le affondò le mani fra i capelli mentre la bocca di lei lo esplorava. Quando fu sul punto di esplodere, si staccò per togliersi gli stivali e i pantaloni. Anche Juliana finì rapidamente di spogliarsi, troppo eccitata per sentirsi timida e imbarazzata. Guardò il corpo slanciato e muscoloso del marito e si sentì percorrere da un fremito di desiderio. Non aveva mai visto un uomo nudo prima, e in quel momento apprezzo' la rude bellezza dei muscoli e delle ossa. «Sei bellissima» mormorò Nicholas, prendendola nuovamente tra le braccia e baciandola come se non potesse saziarsi di lei. Juliana aderì al suo corpo, abbandonandosi alla deliziosa sensazione delle sue mani che la esploravano nei punti più intimi e segreti. Nicholas prese uno dei teli che ricoprivano i mobili e lo stese a terra, poi la invitò ad adagiarsi sopra e si distese al suo fianco. Con calma riprese a baciarla e ad accarezzarla, protraendo il piacere finché Juliana non pensò che sarebbe esplosa. Poi, finalmente, si posiziono' sopra di lei; si fermò quando la sentì trattenere il fiato alla prima sensazione di dolore e la guardò negli occhi. Juliana gli sorrise e gli prese il volto tra le mani per baciarlo mentre si rilassava per accoglierlo. Lo abbraccio' aggrappandosi alle sue spalle e affondando le dita nella schiena, assecondando il ritmo delle sue spinte, sempre più forti e rapide, mentre insieme cavalcavano verso qualcosa di elusivo che sembrava balenare appena fuori dalla loro portata. Juliana aveva la sensazione che ogni fibra del suo corpo tendesse a quella meta sconosciuta. Poi, finalmente, si sentì scuotere da un brivido e il piacere esplose in lunghe ondate che pulsavano nel suo corpo. Con un gemito soffocato, Nicholas si abbandonò sopra di lei, svuotato e ansante. Juliana chiuse gli occhi, assaporando quell'istante delizioso. Gli accarezzo' la schiena e i capelli umidi di sudore. Era consapevole che quello che era appena successo tra loro nasceva dal desiderio ma non dall'amore, e una parte di lei temeva che Nicholas non sarebbe mai riuscito ad amarla. Ma mentre lo teneva stretto a sé, si disse che si sarebbe accontentata... per il momento. Trascorse il resto della giornata come sospesa in una nuvola di felicità, una felicità che fu ancor più completa quella notte, quando Nick aprì la porta che divideva le loro stanze e la prese tra le braccia. Dopo aver fatto l'amore non se ne andò, ma la tenne stretta per tutta la notte e il mattino dopo, quando si svegliarono, fecero nuovamente l'amore. Nicholas la lasciò che lei dormiva ancora e quando si sveglio', Juliana scoprì con un certo imbarazzo che era trascorsa da tempo l'ora della colazione. Arrossi' quando la cameriera entrò nella stanza con un vassoio di tè e del pane tostato e le sorrise. Ma era troppo felice per lasciarsi turbare da quella punta di imbarazzo e canticchio' mentre faceva il bagno e indossava l'abito che Celia aveva preparato per lei. Più tardi, vestita e pettinata, scese in soggiorno, dove trovò Seraphina e Lilith. Quest'ultima stava lavorando a un ricamo che teneva in grembo mentre la figlia guardava fuori dalla finestra con aria annoiata. Seraphina sollevò lo sguardo e sorrise quando vide entrare Juliana. «Oh, bene. Speravo in una distrazione. Winnie è uscita a fare una passeggiata e mi ha lasciata qui senza niente da fare.» Lilith lanciò un'occhiata severa alla figlia, guardò di sfuggita Juliana e tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Era chiaro che non le interessava minimamente alleviare lo stato d'animo della figlia. «Che cosa ti piacerebbe fare?» domandò Juliana. Stava per suggerire una partita a carte, ma si rese conto che non sarebbe stata la cosa più adatta, data la predisposizione di Seraphina al gioco d'azzardo. «Qualsiasi cosa. Ero quasi tentata di raggiungere Winnie in giardino.» le rispose la cugina. Juliana sapeva che erano arrivate diverse lettere di condoglianze che richiedevano una risposta, ma era altrettanto sicura che Seraphina non avesse alcun desiderio di dedicarsi a quel compito. «Forse potremmo raccogliere un po' di fiori per riempire i vasi» propose. Seraphina arriccio' il naso all'idea. «Lo lascerò fare a te e a Winnie. La vita di campagna è così noiosa.» «Seraphina!» la rimprovero' bruscamente Lilith, fissandola con i gelidi occhi azzurri. «Non mi aspetto che Juliana pianga per tuo fratello e non mi sorprende che ritenga appropriato riempire la casa di fiori anche se sono solo due giorni che l'abbiamo sepolto. Ma vorrei che almeno tu mostrassi un po' di rispetto.» «Mi spiace, mamma» mormorò Seraphina. «Dispiace anche a me, Lilith. Non ci avevo pensato. Non raccoglieremo nessun fiore.» si affretto' a dire Juliana. «Fai come ti pare. Dopo tutto è casa tua, adesso.» replicò Lilith. Juliana sospirò. Era chiaro che il lutto non aveva fatto dimenticare a Lilith il risentimento.

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** 44 Capitolo ***


In quel momento dal corridoio giunse il rumore di qualcosa che cadeva e Juliana balzo' in piedi, precipitandosi verso la porta: appena fuori dalla stanza trovò una giovane donna in ginocchio, che stava raccogliendo i cocci di un vaso. Alzò lo sguardo quando vide Juliana e lei notò che aveva le lacrime agli occhi. «Mi spiace, signorina... Non volevo» mormorò. «È stato un incidente.» «Stai parlando con Lady Barre» intervenne Lilith, alle spalle di Juliana. «Non rivolgerti a lei chiamandola signorina.» La cameriera avvampo' per l'imbarazzo e si affretto' ad alzarsi in piedi per fare una riverenza a entrambe. «Sono mortificata, signora. Non volevo mancarvi di rispetto. Sono nuova di qui. Puliro' subito» mormorò, guardando Juliana con espressione spaventata e implorante. Pensando che temesse di perdere il lavoro, lei si affretto' a rassicurarla. «Non è successo nulla di grave, non preoccuparti. Prendi una scopa e raccogli i cocci.» le disse in tono gentile. Lilith guardò Juliana inarcando un sopracciglio con aria di disapprovazione. «Hai assunto del nuovo personale, Juliana?» le chiese. «No. Immagino che sia stata la governante. Non mi ha detto niente.» Il silenzio di Lilith era fin troppo eloquente. Era chiaro che giudicava carente la sua autorità sulla servitù. La cameriera, che si stava allontanando, si voltò per dire: «Mrs. Pettibone mi ha assunta stamani. Aveva bisogno urgente di una cameriera per sostituire quella che se n'è andata.» Juliana la guardò, sorpresa. «Chi?» le domandò. «Non ne sono sicura, signora. Ma dev'essere successo all'improvviso.» «Invece di perdere tempo in corridoio a scambiare pettegolezzi con la servitù, faresti meglio a dirle di fare il suo lavoro, Juliana» sbotto' Lilith. A quelle parole, la giovane donna si affretto' ad andarsene. Juliana sentì il rossore affluire alle guance e strinse i pugni. Avrebbe voluto rispondere a Lilith che non erano affari suoi, ma trattenne la propria irritazione pensando che dopo tutto aveva perso il figlio da appena due giorni. «Se vuoi scusarmi, andrò a parlare con Mrs. Pettibone.» disse con la poca pazienza che le rimaneva. «Perché no?» replicò Lilith, voltandole le spalle per rientrare in soggiorno. Seraphina, che era rimasta in disparte fino a quel momento, le rivolse un sorriso imbarazzato e si strinse nelle spalle prima di seguire la madre. Juliana si diresse verso le cucine. Si fidava della competenza di Mrs. Pettibone e non considerava particolarmente preoccupante che avesse assunto una nuova domestica senza informarla, ma non se la sentiva di tornare in soggiorno e sforzarsi di fare conversazione con Lilith, così approfittò dell'occasione per andarsene. Nel corridoio che conduceva alle cucine trovò la governante che stava sgridando la cameriera per aver rotto il vaso. Quando vide Juliana, Mrs. Pettibone congedo' rapidamente la giovane. «Signora, vi prego di perdonarmi se non vi ho consultata riguardo all'assunzione della nuova cameriera» disse, lanciando un'occhiata di disapprovazione alla giovane che si allontanava. «Temo che non abbia molta esperienza, ma non avevo molto tempo.» «Che cosa è successo?» domandò Juliana. «La cameriera nuova mi ha detto che una delle domeniche se ne è andata senza preavviso.» Mrs. Pettibone annuì mentre invitava Juliana a seguirla nel suo salottino personale. «Posso offrirvi un tè, signora?» «Si, grazie.» Juliana scoprì che la prospettiva di una tazza di tè insieme alla governante era più allettante di una conversazione con Lilith. Mrs. Pettibone aprì la porta e diede ordine a una delle cameriere di preparare il tè, quindi tornò da Juliana e sedette di fronte a lei. «Devo farvi le mie scuse, signora. C'è stata parecchia confusione in questi giorni, con i poliziotti che andavano e venivano, interrogando tutti i domestici. E poi Annie Sawyer se n'è andata. Quella sciocchina ha detto di aver paura a restare in questa casa ed è tornata dai suoi.» «Oh, capisco.» Juliana rammento' che la giovane donna che aveva servito la colazione la mattina dopo la morte di Crandall le era parsa particolarmente spaventata. «Mi sembra normale, chiunque sarebbe sconvolto da un omicidio.» rispose Juliana. «Non so di che cosa ci sia da aver paura» replicò Mrs. Pettibone in tono sprezzante. «Non è come se ci fosse un maniaco che si aggira per la campagna massacrando tutti quelli che incontra.» «No» convenne Juliana. «Anch'io sono convinta che l'assassino volesse eliminare solo Crandall.» «È Dio sa se c'erano molte persone che lo odiavano.» La governante si interruppe, come se fosse sconvolta lei stessa per aver espresso ad alta voce quello che pensava. «Mi spiace, signora, non avrei dovuto dirlo...» «Perché no? Non avete detto altro che la verità. È inutile fingere che Crandall fosse un uomo molto popolare.» replicò Juliana. Mrs. Pettibone sospirò. «Triste ma vero. La polizia ha fatto una quantità di domande sul fabbro.» La sua smorfia di disprezzo diceva chiaramente come la pensava al riguardo. «Come se Farrow fosse il tipo da assalire un uomo alle spalle. Ho detto loro che erano in parecchi a volere la morte del signor Crandall e che avrebbero fatto meglio a cercare altrove.» Si strinse nelle spalle. «Ah, ma sono sicura che non è per questo che siete venuta. È a causa del vaso che Cora ha rotto stamani, vero? Vi assicuro che verrà punita e che non accadrà più. L'ho mandata a lavare i pavimenti, dove non può fare altri danni.» «Sono sicura che è soltanto un po' nervosa. Migliorerà quando si sarà abituata alla casa.» disse Juliana in tono conciliante. «Si, certo» convenne Mrs. Pettibone, anche se la sua espressione prometteva ben poche speranze per la povera Cora. Juliana si trattenne ancora qualche minuto davanti a una tazza di tè, discutendo di alcune faccende domestiche. Quando fu certa che la governante si fosse tranquillizzata riguardo all'assunzione della nuova cameriera, la salutò e si diresse con una certa riluttanza verso il soggiorno. Sapeva che, in qualità di padrona di casa, spettava a lei occuparsi di Lilith e Seraphina, ma la cosa non la allettava affatto. C'erano ben poche speranze di sollevare il morale di Mrs. Barre ma se non altro avrebbe potuto aiutare Seraphina a combattere la noia. Tuttavia, mentre girava l'angolo del corridoio, incontrò Nicholas che veniva verso di lei e dimentico' il compito che si era ripromessa. Si sentì sollevare il cuore appena le sorrise. «Nick.» «Juliana.» Le prese entrambe le mani nelle proprie, sorridendo in quel modo che la riempiva di felicità. «Ti stavo cercando.» «Stavo parlando con Mrs. Pettibone a proposito di una nuova domestica.» «Volevo proporti di fare una cavalcata con me.» La attirò più vicina e abbassò la voce mentre aggiungeva: «Voglio restare un po' da solo con te.» Juliana ricambio' il suo sorriso con gli occhi che brillavano di gioia. «Davvero?» «Sì. Ho già dato ordine di sellare i cavalli e il cuoco ha preparato un cestino per il picnic.» L'idea era allettante, pensò Juliana, accettando con gioia. «Vado subito a cambiarmi.» «D'accordo.» Anziché lasciarla andare, Nicholas si avvicinò ancor di più e le sussurro' all'orecchio: «Forse potrei venire con te». Juliana lo guardò e vide il desiderio ardere nei suoi occhi. «Temo che ci metteremmo troppo tempo» rispose in tono scherzoso. «Forse hai ragione» rispose lui con un sorriso. «Potremmo decidere di non uscire del tutto.» Le premette le labbra sulla sommità del capo, sulla fronte e sulle labbra. Juliana sentì il cuore accelerare i battiti e avrebbe voluto gettargli le braccia al collo e baciarlo con passione lì in mezzo al corridoio; ma in quel momento lui si ritrasse, posandole un bacio sul dorso della mano, e la lasciò andare. «È meglio che tu vada» disse, indicando le scale, «altrimenti non partiremo mai.» Juliana si lasciò limitò ad annuire, non fidandosi della propria voce, e salì rapidamente le scale.

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** 45 Capitolo ***


Mezz'ora più tardi, Juliana e Nicholas stavano cavalcando nella tenuta; questa volta non erano diretti verso il villaggio, ma attraversavano i campi che si stendevano oltre i giardini e gli orti. L'aria profumava di fieno appena tagliato e il sole li avvolgeva in un piacevole tepore. «Dove stiamo andando?» domandò Juliana. Non che le importasse particolarmente di conoscere la loro destinazione: le bastava essere con Nick. «C'è un mulino abbandonato non lontano da qui. È in rovina ma il panorama è molto bello. Ho pensato che fosse il posto adatto per sederci a guardare il fiume.» le rispose. Juliana sorrise. Sembrava perfetto. «Ora rammento! Da bambini andavamo spesso a esplorare i dintorni, e quel posto ci sembrava così esotico e affascinante.» Non ci era più tornata dopo che Nicholas se n'era andato e a poco a poco lo aveva dimenticato, ma quando lui ne aveva parlato le erano tornati in mente i muri di pietra ricoperti di muschio e la grande ruota del vecchio mulino. Oltrepassarono diverse fattorie e i bambini corsero sull'aia per salutarli, talvolta accompagnati anche dalle madri. Nicholas era preparato a quella accoglienza perché ogni volta metteva una mano in tasca e ne estraeva pacchetti di caramelle che distribuiva ai bambini. Si fermarono a parlare con gli adulti e Nicholas presentò Juliana alle donne, che sorrisero e le fecero la riverenza. «Mi ricordo di voi quando eravate alta così» le disse una di loro, una donna robusta con i capelli striati di grigio, portando la mano a livello della vita. «Anzi, mi ricordo di tutti e due: andavate sempre al fiume a pescare.» Juliana sorrise. Anche allora non le importava molto di quello che pescavano, le bastava stare con Nick per sentirsi felice. «Si, ricordo.» Oltre le fattorie, la strada diventava un sentiero che si addentrava nei boschi. Quando emersero dal folto degli alberi, si fermarono a contemplare la scena che si apriva davanti ai loro occhi. Sotto di loro scorreva il fiume, più stretto e profondo in quel punto, e le acque grigio verdastre che scorrevano pigramente a monte rimbalzavano più veloci sulle rocce. Il vecchio mulino era quasi soffocato dalla vegetazione che cresceva incolta. Juliana guardò la grande ruota di legno e poi spostò lo sguardo verso i muri di pietra grigia. Nicholas smonto' da cavallo e si avvicinò per aiutarla a scendere. Il sentiero che portava al mulino era impervio e tortuoso ed era meglio condurre i cavalli per le briglie. Mentre si avviavano, Juliana colse un movimento vicino alla porta della vecchia costruzione e si fermò, cercando la mano di Nicholas. Lui si voltò per seguire la direzione del suo sguardo. Una figura stava uscendo dal mulino e si voltò per parlare con qualcuno all'interno. Era una donna che indossava un abito da cavallerizza scuro e teneva un cappello in mano. Anche all'ombra del mulino, i suoi capelli erano di un biondo dorato. Juliana riconobbe Winifred. Vide che si allontanava dalla porta e che la persona con cui stava parlando usciva a sua volta. Si trattava di un uomo, con i capelli biondo scuro. Juliana trattenne il fiato per la sorpresa e Nicholas si irrigidi'. Rapidamente si ritirò all'ombra degli alberi, trascinando con sé Juliana e i cavalli. Rimasero lì, nascosti tra il fogliame, a guardare la scena che si svolgeva davanti ai loro occhi. Winifred e l'uomo si fermarono l'uno di fronte all'altra, poi si scambiarono un lungo bacio che non lasciava dubbi sul tipo di relazione che c'era tra loro. Quando si separarono, girando l'angolo dell'edificio e si diressero verso gli alberi sul retro. Juliana guardò Nicholas, sconcertata. «Credo che sarà meglio cercare un altro posto per il picnic» disse lui, prendendola per mano e avviandosi lungo il sentiero che costeggiava il fiume. Camminarono per un po' in silenzio, finché non sbucarono in una radura erbosa. In quel punto il fiume descriveva un'ampia curva e le sponde erano coperte di vegetazione, cosicché il mulino era nascosto alla vista. Nicholas trovò un angolino riparato dagli arbusti, tra due grandi massi. Stese la coperta al suolo ed entrambi sedettero con il cesto del picnic. Per qualche istante rimasero a contemplare il fiume che scorreva tranquillo. Poi Juliana si voltò verso Nicholas. «Conosci quell'uomo?» gli chiese. Lui annuì. «Mi è parso che fosse Sam Morely. È uno dei miei fattori, un uomo onesto e gran lavoratore, stando a quanto ho sentito.» «Non credo ci siano dubbi sul fatto che quello che abbiamo visto era un...» «Un appuntamento galante» terminò per lei Nicholas. «No, in effetti è lampante il motivo per cui si trovavano lì.» «So che è sbagliato, ma mi riesce difficile biasimare Winifred. Crandall era un pessimo marito e l'ha resa infelice.» osservò Juliana. «A quanto pare era il suo unico talento. Ma non possiamo ignorare le possibilità che apre questo nuovo fatto.» commento' Nicholas. «Winifred avrebbe avuto un motivo in più per liberarsi di Crandall.» «E noi abbiamo un altro sospettato. Per quanto odiasse il marito, faccio fatica a immaginare Winifred che lo colpisce alle spalle con un attizzatoio...» «Ma un uomo innamorato della moglie di Crandall, che volesse liberarla da un marito crudele e violento e forse addirittura sposarla, potrebbe averlo fatto» osservò Juliana, concludendo il suo ragionamento. «Sì, hai ragione. C'era anche lui quella sera? L'hai visto?» «Si, mi ha stretto la mano e mi ha fatto le congratulazioni. L'hai visto anche tu, ma forse non lo ricordi.» «C'era molta gente» ammise Juliana. «Se era in giardino, non avrebbe avuto difficoltà a entrare in quella stanza. Forse ha addirittura seguito Crandall.» Juliana tirò fuori il cibo e mentre mangiavano continuarono a parlare, prestando scarsa attenzione al pranzo squisito che il cuoco aveva preparato per loro. «Stavo pensando un'altra cosa» disse Juliana quando ebbero esaurito l'argomento di Winifred e del sua amante. «Una delle cameriere, Annie, se n'è andata all'improvviso. Mrs Pettibone ha dovuto assumere un'altra.» Nicholas la guardò, inarcando un sopracciglio. «Era terrorizzata» spiegò Juliana, «e ha detto a Mrs. Pettibone che preferiva tornare dalla sua famiglia. È la giovane donna che ha rovesciato il vassoio della colazione, il giorno dopo che è stato trovato il corpo di Crandall.» «Che cosa vuoi dire? Credi che possa avere qualcosa a che fare con l'omicidio?» «Non lo so. In quel momento non ho dato molto peso alla cosa, perché mi sembrava normale che i domestici fossero agitati dopo che era stato commesso un omicidio nella casa. Io stessa ero più nervosa del solito. Ma poi ho avuto l'impressione che tutti si fossero tranquillizzati. Come ha sottolineato Mrs. Pettibone, non si tratta certo di un maniaco omicida. L'assassino non dovrebbe aver motivo di uccidere ancora.» «A meno che qualcuno non abbia visto qualcosa» suggerì Nicholas. «È a questo che stavi pensando?» «Non ho prove» ammise Juliana. «Forse significa solo che Annie è più impressionabile degli altri. Ma se avesse visto qualcuno entrare in quella stanza insieme a Crandall? O se avesse visto qualcosa che potrebbe identificare l'assassino, come la gemma che ho trovato?» «In questo caso avrebbe un valido motivo per temere che anche l'assassino l'abbia vista e che possa decidere di eliminarla.» Juliana annuì. «Forse dovremmo fare un salto in paese domani» propose Nicholas. «Andremo a trovare Annie e cercheremo di scoprire perché è così spaventata.» «Credo che sia una buona idea.» Nicholas mise da parte il piatto e allungò le gambe, appoggiandosi su un gomito. «Ma adesso sono stanco di parlare di omicidi. Sono venuto qui per stare con mia moglie.» Disse. Tese una mano a Juliana e la fece sdraiare accanto a sé, con la testa posata nell'incavo del braccio. «È tutta la mattina che non vedo l'ora di averti solo per me. Mentre parlavo con l'amministratore, non riuscivo a pensare ad altro. Non ho idea di che cosa mi abbia detto.» Nicholas le sorrise mentre scrutava il suo viso con sguardo pieno di calore.

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** 46 Capitolo ***


Nicholas le teneva una mano sul ventre e, mentre parlava, risali' fino alle morbide rotondità del seno. Juliana sentì un intenso piacere scaldarla e chiuse gli occhi, godendo le sensazioni deliziose che suscitava il tocco del marito. Nicholas sorrise e si chino' a sfiorarle le labbra con un bacio. «Sei bellissima» mormorò. La bacio' ancora sulla bocca e le accarezzo' la guancia con le labbra per poi mordicchiarle l'orecchio. Juliana sentì un brivido incresparle la pelle, consapevole del desiderio che pulsava nel suo intimo e che sarebbe cresciuto fino ad avvolgerla completamente. «È per questo che mi hai portata qui?» chiese in tono scherzoso, aprendo gli occhi per guardarlo in viso. I suoi capelli neri brillavano come giaietto alla luce del sole e i suoi occhi erano incandescenti. «Precisamente» le rispose, chinandosi a stuzzicarle il collo. «Volevo rapirti e sedurti.» Juliana fece una breve risata. «Oh... ma è scandaloso, milord!» «Mia signora, sono un uomo disperato» replicò Nick facendo scivolare una mano tra le cosce e la accarezzo' attraverso i vestiti, facendo divampare il fuoco che già ardeva in lei. Si chino' a baciarla e le sollevò gli strati di gonne fino a scoprirle le gambe, poi le accarezzo' i polpacci rivestiti dalle calze di seta e risali' lentamente alla sorgente del desiderio. Juliana si inarco' istintivamente contro di lui. «Nick...» mormorò, travolta da ondate di intenso piacere. Eccitato dalla sua risposta, lui la libero' della biancheria per esplorare la sua femminilità. Juliana ansimo'. «E... se qualcuno ci vedesse?» mormorò. «Non verrà nessuno» le assicurò. «Ma se vuoi che smetta...» provò a chiederle. «No.» Gli sorrise con gli occhi carichi di promesse e facendogli scivolare una mano sulla nuca lo attirò a sé per baciarlo sulle labbra. Il bacio fu lento e profondo e li lasciò tremanti di desiderio. Con gesti frenetici, Nicholas si liberò dei propri indumenti e lei si aprì per accoglierlo. Si abbandonarono alla passione con un senso di completezza, librandosi insieme verso l'appagamento finale. Il pomeriggio seguente Nicholas e Juliana si recarono al villaggio per parlare con Annie Sawyer ma, una volta arrivati a casa dei suoi genitori, scoprirono stupiti che la ragazza non era più lì. In un primo tempo la madre, emozionata per l'arrivo di quegli ospiti illustri, fece fatica a mettere insieme due parole coerenti. Si diede da fare per togliere della polvere inesistente dalle sedie e li fece accomodare prima di precipitarsi a preparare tè e biscotti. Infine, una volta esauriti i convenevoli e dopo che Juliana si fu complimentata con lei per la casa e per i biscotti, la donna si calmo' e fu in grado di raccontare loro che erano arrivati in ritardo di un giorno. «È partita ieri» li informò, guardando la figlia minore come se cercasse il suo appoggio. «È andata da sua cugina a Bridgewater.» «Bridgewater?» chiese Juliana, voltandosi verso Nicholas. Lui annuì. «Si trova più o meno a due ore di cavallo da qui, verso est.» «Sì» confermò Mrs. Sawyer. «Ha tanto insistito per andare. A dire la verità, non è stata più la stessa da quando è morto Mr. Barre. Era sempre nervosa e sussultava per un nonnulla.» spiegò. «Vi ha spiegato come mai?» volle sapere Nicholas. «Mi disse che aveva paura perché Mr. Barre era stato ucciso. Ho cercato di rassicurarla sostenendo che non c'era motivo di pensare che potesse succederle qualcosa di male, ma lei non ha voluto saperne di tornare a Lychwood Hall. Poi, quando è arrivato quel denaro, ieri, è partita all'improvviso.» Juliana si fece improvvisamente attenta. «Ha ricevuto del denaro?» Mrs. Sawyer annuì con enfasi. «Oh, si, signora. Era una somma notevole.» «Chi glielo ha dato?» chiese ancora Juliana. «Non lo so. Era in un pacchetto davanti alla porta di casa e sopra c'era scritto il nome di Annie. Lei è diventata bianca come un lenzuolo quando lo ha visto e ho dovuto sollecitarla ad aprirlo, ma poi lo ha fatto, e dentro c'erano ben cinquanta sterline!» «C'era una lettera di accompagnamento?» domandò Nicholas. «No, niente, signore. Non sapevo che cosa fare. Ho chiesto a mia figlia chi aveva potuto mandarle una tale somma di denaro, ma lei non mi ha risposto. Ha detto soltanto che era meglio che non sapessi nulla, poi ha preso le sue cose ed è saltata sulla prima diligenza postale. Non sono riuscita a sapere altro.» Guardò con ansia Nicholas e Juliana. «Non si è messa nei guai, vero? La mia Annie è una brava figliola...» la donna ora era molto preoccupata. «Non credo che abbia fatto nulla di male» la rassicuro' Nicholas. «Tuttavia è possibile che sappia qualcosa a proposito dell'omicidio di mio cugino.» «Annie? Come è possibile?» La madre sembrava genuinamente confusa. «Non ne ho idea. Ma dobbiamo assolutamente parlare con lei. Se sa qualcosa sul conto dell'assassino, potrebbe essere in pericolo.» Mrs. Sawyer ansimo'. «Mia figlia? In pericolo? La troverete da Bertram Gorton, il macellaio di Bridgewater. Mia nipote Ellen l'ha sposato due anni fa. Annie è andata da loro» disse in fretta. «Andrete da lei, signore? La aiuterete?» chiese in ansia la donna. «Sì» promise Nicholas, «farò il possibile.» «Credi che Annie sappia chi ha ucciso Crandall?» Chiese Juliana a suo marito pochi minuti dopo, mentre tornavano a Lychwood Hall. «Non lo so, ma è evidente che sa qualcosa che le fa paura» rispose Nicholas. «E di qualunque cosa si tratti, l'assassino teme che possa parlare. Dev'essere stato lui a mandarle il denaro.» ipotizzò Nicholas. «Come può essere sicuro che Annie non dirà quello che sa? Che tra qualche mese, o persino tra qualche anno, spinta dalla paura o dal rimorso, non rivelerà il nome dell'assassino?» chiese Juliana. «Non può. Ecco perché Annie è in pericolo. E lo sarà finché non rivela quello che sa. Finché continua a tacere, l'assassino non potrà mai sentirsi al sicuro e potrebbe decidere di eliminarla.» «In questo caso propongo di andare da lei domani stesso.» Nicholas annuì, pensoso. «Ma credo che sia meglio non dire a nessuno dove andiamo e perché.» «Credi che il colpevole sia qualcuno della casa?» Nicholas scosse il capo. «Non ne ho la certezza, e potrebbe essere stato qualcun altro. Ma Annie aveva paura di restare a Lychwood Hall, e questo mi fa pensare che ritenesse l'assassino una persona che vive lì. In caso contrario non sarebbe andata dai suoi genitori.» «E poi c'è il denaro.» aggiunse Juliana. «Già. Dev'essere qualcuno che dispone di una certa quantità di denaro. Il fabbro e Sam Morely stanno abbastanza bene, ma credo che nessuno dei due riuscirebbe a mettere insieme cinquanta sterline in così poco tempo.» «Forse sarebbe meglio dire a tutti che Annie è partita. In questo modo, chiunque le abbia dato i soldi, penserà di essere riuscito a comprare il suo silenzio» suggerì Juliana. Nicholas annuì. «Mi piacerebbe vedere le espressioni di ognuno di loro sentendo che è sparita.» Così quella sera, dopo che era stata servita la zuppa, Juliana annunciò in tono casuale: «Siamo andati a trovare Annie Sawyer questo pomeriggio.» Si guardò intorno, cercando di cogliere la reazione dei presenti. La maggior parte di loro la guardò con aria perplessa. «Chi?» chiese Seraphina. «Una delle cameriere. Quella che se n'è andata l'altro giorno.» le spiegò Winifred. «Oh.» Seraphina tornò a dedicarsi alla zuppa, evidentemente poco interessata alla questione. Juliana non avrebbe saputo dire se l'espressione di Winifred fosse ansiosa o semplicemente sorpresa. «Tornerà a lavorare qui?» chiese la giovane vedova. «Forse era soltanto sconvolta per quello che è successo.» «Sciocchezze. Non la riprenderei di certo. È chiaro che non è affidabile.» Intervenne Lilith in tono sprezzante. «No, non credo che tornerà. Ha lasciato definitivamente il paese.» replicò Nicholas. «Addirittura? Dov'è scappata?» commentò Sir Herbert. «Non ne ho idea. Sua madre non lo sa. Ci ha detto solo che ha preso la diligenza postale ieri mattina e che sembrava molto spaventata.» mentì Juliana.

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** 47 Capitolo ***


Juliana proseguì col dire: «Mi chiedo di che cosa Annie Sawyer avesse paura, per scappare via in tutta fretta.» «State ancora parlando di quella cameriera?» domandò Seraphina, annoiata. «Quella ragazza è un'oca. Ha paura perfino della sua ombra. Una bella bastonata le toglierebbe quelle fantasie dalla testa.» intervenne Lilith. «So bene quanto ti piacciono soluzioni del genere» commento' Nicholas in tono freddo e duro. Lilith sollevò leggermente le sopracciglia prima di dedicarsi alla zuppa. «Io credo che sappia qualcosa» riprese Juliana. «Che cosa volete dire?» chiese Winifred, sconcertata. «Intendete qualcosa sull'omicidio?» domandò Sir Herbert. «Come? Credete che sia stata Annie a uccidere Crandall?» Lilith parve sorpresa. «Be'...» Sir Herbert lanciò un'occhiata a Winifred e subito distolse lo sguardo. Sembrava a disagio. «Direi che non è così assurdo. Crandall aveva una certa reputazione e...» «Annie è molto graziosa» disse Seraphina, che aveva finalmente capito di che cosa si stava parlando. «Volete dire che Crandall potrebbe averla infastidita?» intervenne Peter Hakebourne. «E che lei l'avrebbe ucciso per difendersi?» «Che assurdità!» sbotto' Lilith, con gli occhi fiammeggianti. «Come potete pensare una cosa simile? Credete di poter infangare il nome di Crandall solo perché non è qui a difendersi? Non ve lo permettero'!» «Non vogliamo gettare discredito su di lui, te l'assicuro, zia Lilith. Non credo che sia stata Annie a uccidere Crandall, ma potrebbe aver visto o trovato qualcosa.» si affretto' a dire Juliana. Si guardò intorno rapidamente, sperando che qualcuno si tradisse udendo quelle parole. Se aveva ragione nel credere che il rubino apparteneva all'assassino, probabilmente questi si era accorto di averlo perso. Ma non notò alcuna reazione sospetta nei presenti. «Se fosse così, perché mai non avrebbe parlato?» domandò Sir Herbert. «Non lo so. Forse temeva che l'assassino se la sarebbe presa con lei se avesse detto quello che aveva visto. O forse non era sicura della sua identità» ipotizzò Nicholas. «Ma adesso che se ne è andata, come faremo a scoprire cosa sapeva?» chiese Seraphina. «Temo che sia impossibile» replicò Juliana, facendosi scura in volto. Non le era difficile mostrarsi frustrata, perché era proprio così che si sentiva, non essendo riuscita a cogliere nulla nelle espressioni degli altri. «Questo non è un argomento adatto a una cena» dichiarò Lilith con fermezza. Juliana decise di non insistere e prese il cucchiaio, lasciando cadere la conversazione. Il mattino seguente lei e Nicholas non rivelarono a nessuno che intendevano recarsi a Bridgewater. Quando scesero a colazione, trovarono Lilith e Peter Hakebourne insieme a Sir Herbert. Conversarono del più e del meno, concentrandosi prevalentemente sul tempo e sulla pariglia di cavalli che Sir Herbert voleva acquistare per la sua carrozza. Lilith si informò educatamente sui progetti di Juliana per la giornata. «Pensavo di andare a trovare Mrs. Cooper» mentì. Era l'unica scusa che le era venuta in mente per giustificare la sua assenza. Lilith annuì. «Dell'altro tè?» «Sì, grazie.» Juliana le tese la tazza. Lilith sembrava essersi leggermente ripresa quel giorno, notò. Aveva le guance un po' più colorite e aveva preso parte alla conversazione. Il discorso si spostò sulla campagna e sull'imminente raccolto e Sir Herbert mostrò di essere interessato all'argomento, mentre il giovane Peter Hakebourne seguiva la conversazione distrattamente. Juliana si chiese fino a quando il peso delle difficoltà economiche in cui versava avrebbe superato la sua evidente riluttanza a essere confinato in campagna. Mise da parte le uova che aveva nel piatto, troppo agitata per mangiarne ancora. Sorseggio' il tè e sbocconcello' una fetta di pane tostato, lanciando uno sguardo ai piatti degli altri, nella speranza che finissero in fretta. Non vedeva l'ora di mettersi in viaggio, perché temeva che Annie Sawyer potesse fare un colpo di testa e andare da qualche parte prima del loro arrivo. Finalmente, quando gli altri ebbero finito di mangiare, disse: «Se volete scusarmi...» «Ma certo, mia cara.» Nicholas si affretto' a scostarle la sedia. Juliana si alzò troppo in fretta e il movimento repentino le diede le vertigini. Barcollo' e Nicholas la sostenne con prontezza afferrandole il braccio. «Ti senti bene?» le domandò, preoccupato. «È solo... un leggero capogiro...» mormorò Juliana, sorpresa lei stessa. Si portò una mano allo stomaco, sentendo salire la nausea. «Forse è meglio che tu vada a sdraiarti» suggerì Lilith. «Sì, solo per un po'» disse Juliana. Mentre lasciavano la stanza, si appoggiò al braccio di Nicholas più di quanto facesse di solito. Il pavimento sembrava ondeggiare sotto i suoi piedi... Si fermò, portandosi una mano alla bocca, e degluti' per cercare di trattenere il cibo. Sarebbe stato troppo umiliante vomitare la colazione davanti a tutti. «Mi dispiace» mormorò. «Non c'è nulla di cui tu debba scusarti. Sei terribilmente pallida. Ti porterò io su per le scale.» le rispose Nicholas. «No, posso camminare» gli assicurò, ma lui non le diede ascolto e, dopo averla presa in braccio, salì al piano di sopra. Juliana chiuse gli occhi e posò il capo sulla sua spalla, concentrandosi nel tentativo di controllare la nausea. Si chiese se avesse mangiato qualcosa di avariato... A meno che... No, di certo non era possibile... Se anche fosse stata incinta, era improbabile che le nausee mattutine incominciassero così presto. Tuttavia avvertì un guizzo di piacere all'idea di aspettare un bambino... il figlio di Nicholas. Lui l'aveva appena deposta sul letto, quando Celia si precipitò nella stanza. «Mrs. Barre mi ha detto che non vi sentite bene» esclamò, accorrendo accanto al letto e posando la mano sulla fronte di Juliana. La stanza vorticava intorno a lei. «Ho la nausea...» mormorò, stringendo i denti per resistere. «Vado subito a prendere un catino» disse Celia, allontanandosi. Juliana si sforzo' di raccogliere le forze. Sapeva che di lì a poco avrebbe dato di stomaco e non voleva farsi vedere in quelle condizioni da Nicholas. «È meglio che tu vada da solo» gli disse, sforzandosi di parlare con voce normale. «No, ci andremo un altro giorno» si affretto' a rispondere lui. Anche Nicholas era insolitamente pallido. «Preferisco restare qui con te.» lei scosse il capo. «No, no, ti prego. È solo un po' di nausea, passerà subito. Probabilmente ho mangiato qualcosa che mi ha dato fastidio. Celia si prenderà cura di me.» «Ma...» provò col replicare Nicholas. «No, davvero.» Juliana tese una mano e gli rivolse uno sguardo implorante. «Voglio che tu vada. Devi parlare con Annie. Non dobbiamo lasciarcela sfuggire. Io mi sarò ristabilita del tutto per il tuo ritorno. Non possiamo rimandare.» Nicholas era evidentemente combattuto. «No, non posso lasciarti in questo stato.» «Non è niente di grave, signore» lo rassicuro' Celia, che era tornata con un catino che posò accanto al letto. «Vedrete che si rivelerà una bella notizia» aggiunse con un sorriso. «Come?» Nicholas fissò la giovane donna senza capire. «Di che cosa state parlando?» «Be', siete sposati da poco... non ci sarebbe niente di strano.» Nick guardò Juliana e un sorriso gli spunto' sulle labbra. «Credi che sia possibile?» «Non lo so.» Dentro di sé sperava che non fosse così, perché non era sicura di sopportare di stare tanto male ogni giorno per mesi. Nicholas si chino' a baciarla sulla fronte. «Va bene, vado, ma forse sarebbe meglio mandare a chiamare un medico.» suggerì. «È ancora troppo pesto per sapere se sono incinta» mormorò Juliana. Strinse i denti per contrastare un'altra ondata di nausea e affondò le unghie nel cuscino. Stranamente, aveva anche un'abbondante secrezione di saliva. Nicholas andò alla porta, promettendole che sarebbe tornato il più presto possibile. Lei borbotto' qualcosa in risposta e, non appena fu uscito, si voltò verso Celia che le reggeva previdentemente il catino, e vomito' anche l'anima

Ritorna all'indice


Capitolo 48
*** 48 Capitolo ***


Nicholas preferì andare a cavallo anziché prendere la carrozza, ansioso di andare a Bridgewater e tornare nel minor tempo possibile. Si sentiva diviso tra l'eccitazione al pensiero che Juliana potesse essere incinta e il timore che stesse male. Aveva notato il pallore e il sudore che le imperlava la fronte e aveva il sospetto che le nausee mattutine non potessero essere così violente. Avrebbe voluto restare al suo fianco e fare tutto quello che poteva per aiutarla, fosse anche limitarsi a tenerle la mano. Ma aveva capito dal suo sguardo che preferiva che se ne andasse. Stava cercando di comportarsi come se non fosse nulla di grave, di sminuire il malessere davanti ai suoi occhi. Era comprensibile, infondo: Juliana era una donna indipendente e orgogliosa, e per lei sarebbe stata un'umiliazione sentirsi male in sua presenza. Era soprattutto per quel motivo che aveva acconsentito a partire perché, in tutta franchezza, il suo desiderio di scoprire l'assassino di Crandall non era così forte come la sua preoccupazione per Juliana. Doveva ammettere, comunque, che era contento di avere qualcosa su cui concentrarsi per allontanare la preoccupazione nel vedere il viso stravolto della moglie. Non poteva essere niente di grave, si ripete', cercando di tenere a bada il terrore che minacciava di assalirlo al pensiero che Juliana potesse essere seriamente malata. Doveva essere stato qualcosa che aveva mangiato, come sosteneva lei, o forse aveva ragione Celia a pensare a una gravidanza. Juliana era giovane e sana; era una follia pensare che potesse cadere vittima di una grave malattia. Spronato da quei pensieri, raggiunse Bridgewater in pochissimo tempo. Non gli ci volle molto per individuare la casa dei cugini di Annie Sawyer e poco dopo busso' alla porta di una vecchia casa con i muri a cannicciata, ricoperti di argilla. Gli aprì una giovane donna, che fissò Nicholas con espressione sorpresa. «Buongiorno. Sto cercando Miss Annie Sawyer.» disse subito Nicholas. «Annie?» La donna parve ancora più sconcertata. «Sì. È qui?» chiese lui. «Oh, si, certo! Perdonatemi, ma non siamo abituati a ricevere visite da gentiluomini raffinati come voi.» Fece una riverenza e lo invitò a entrare. «Vado subito a chiamarla. Volete...?» Si guardò intorno e fece un cenno in direzione della stanza principale, dove c'erano alcune sedie e sgabelli. «Vi prego, accomodatevi, signore... tornerò subito con Annie.» Nicholas entrò nella stanza e rimase in piedi in attesa, guardandosi intorno. Poco dopo, Annie comparve sulla soglia; sembrava sconcertata dalla sua presenza come la donna che era venuta ad aprire e a Nicholas parve di cogliere in lei una certa trepidazione. «Buongiorno, Annie.» «Milord! Che cosa ci fate qui?» E come se si rendesse conto di essere stata troppo rude, si affretto' ad aggiungere: «Mi dispiace, signore, ma mi avete colta di sorpresa.» volle scusarsi la ragazza. «Sono venuto per rivolgerti qualche domanda» spiegò Nicholas. A quel punto l'espressione della giovane era decisamente allarmata. «Domanda?» ripeté, guardandolo con aria interrogativa. «Sì. Ieri sono andato a trovare vostra madre ed è stata lei a dirmi che vi avrei trovata qui.» spiegò Nicholas. «Mia madre! Ma perché... voglio dire...» Annie spalanco' gli occhi. «Vorrei farvi qualche domanda a proposito della morte di Mr. Barre.» Nicholas la stava osservando attentamente e notò che si era irrigidita sentendo nominare Crandal. «Io non so nulla, signore.» Annie distolse rapidamente lo sguardo. «Forse sapete più di quanto crediate. Certamente più di quanto abbiate rivelato.» «Non capisco che cosa volete dire, signore» replicò con voce incrinata dalla paura. «Io credo di sì. È piuttosto strano che abbiate lasciato la casa così all'improvviso, non credete?» «Strano? In che senso?» chiese ancora Annie. «Be', quando viene ucciso qualcuno e una delle persone presenti nella casa al momento dell'omicidio se ne va di punto in bianco e senza alcuna spiegazione plausibile... be', è piuttosto sospetto.» Annie si irrigidi' e lo guardò con espressione indignata. «State insinuando che potrei essere stata io a uccidere Mr. Crandall?» Nicholas si affretto' a chiarire. «Non sto dicendo nulla del genere, solo che la vostra partenza improvvisa ha sollevato delle domande.» «Io non ho niente a che fare con la morte di Mr. Barre. Né con lui» dichiarò Annie. «Però sapete qualcosa.» «Non è vero!» protesto' con foga la ragazza. «Perché allora qualcuno vi avrebbe mandato cinquanta sterline? E perché siete venuta qui?» «Non volevo lavorare in una casa dove è stato commesso un omicidio, ecco tutto. Avevo paura.» si giustifico'. «È una cosa spaventosa» ammise Nicholas. «Tuttavia penso che siamo tutti d'accordo nel ritenere che c'erano diverse persone che potevano desiderare la morte di Crandall. Sembra probabile che chiunque l'abbia assassinato, non abbia motivo di uccidere qualcun altro.» Si interruppe, con espressione pensosa, prima di aggiungere: «A meno che, naturalmente, non tema che qualcuno all'interno della casa possa tradirlo.» Annie trasali'. «No! Io non so nulla!» «Io credo di sì, Annie. Basta guardarvi in faccia per capirlo. Avete visto Crandall quella sera? Sapete chi l'ha ucciso?» «No!» «L'unico modo per proteggere voi stessa e la vostra vita è dire quello che sapete» insiste' Nicholas. «Una volta che avrete rivelato il vostro segreto, nessuno potrà più farvi del male per impedirvi di parlare.» «Non ho visto niente. Solo...» Sospirò, poi aggiunse con voce incolore: «Stavo uscendo in giardino con un pesante vassoio quando Mr. Crandall mi afferrò alle spalle. Per poco non lasciai cadere il vassoio. Lui me lo prese di mano e lo posò su un tavolo, dicendo che avrei potuto fare qualcosa di più divertente che portare vassoi così pesanti. Gli risposi che era il mio lavoro. Lui rise, mi teneva così stretta che facevo fatica a respirare e poi... cercò di baciarmi.» Abbassò lo sguardo, arrossendo al ricordo. «Faceva sempre cose del genere... mi dava un pizzicotto o mi abbracciava di sorpresa. Nessuna delle cameriere voleva entrare in una stanza se c'era solo lui.» Nicholas le chiese gentilmente: «Avete cercato di reagire, Annie? Avete preso l'attizzatoio per tenerlo a distanza?» «No!» la giovane lo guardò allarmata. «Non l'avrei mai fatto! Gli diedi una spinta e gli dissi che dovevo andare, ma lui aveva bevuto, signore, e continuava a tenermi bloccata. Sembrava che avesse sei mani quella sera. Poi arrivò Mrs. Barre e ci vide...» «Sua moglie?» chiese Nicholas. «Oh, no, signore. Sua madre.» «Lilith?» Annie annuì. «Sì. Gli gridò di smetterla. Be', non gridò veramente, non alzava mai la voce, ma la fece risuonare come una frustata come solo lei sa fare.» «Lo so.» convenne Nicholas. «Lui mi lasciò andare, così presi il vassoio e scappai dalla stanza più in fretta che potevo. E questo è tutto quello che so, lo giuro. Non ho visto altro. Ma non può essere stata lei a ucciderlo! Non sua madre!» Nicholas la fissò a lungo, con crescente disagio. Lilith! Non era mai venuto in mente né a lui né a Juliana che potesse essere lei l'assassina. Perfino in quel momento, dopo aver ascoltato la storia di Annie, l'idea sembrava assurda. Nonostante fosse chiaramente esasperata dal comportamento del figlio, Lilith lo adorava. Nicholas pensava che, oltre ai suoi cavalli, non amasse nessuno tranne che Crandall. Non poteva essere stata lei a ucciderlo. «Ho fatto bene a non dire niente, vero? Non può essere stata Mrs. Barre.» chiese Annie. «No, avete ragione» la rassicuro'. Ma dentro di sé, mentre usciva dalla casa e saliva a cavallo, Nicholas non ne era più così sicuro. Dopo tutto, qualcuno aveva mandato del denaro ad Annie. Chiunque fosse stato, doveva essere convinto che la ragazza sapesse qualcosa che poteva incriminarlo. Chi altri avrebbe potuto mandare il denaro se non Lilith? E perché l'avrebbe fatto se non per impedirle di dire quanto sapeva? Mentre tornava verso casa, i dubbi di Nicholas si moltiplicarono. Perché Lilith non aveva detto a nessuno di aver visto Crandall in quella stanza poco prima che venisse ucciso? Perché una madre avrebbe tenuto nascosto un fatto che avrebbe potuto essere utile per scoprire l'assassino? Non aveva senso... a meno che non volesse nascondere il colpevole. Pensò a Juliana, costretta a letto in quella casa, completamente indifesa. Non avrebbe mai sospettato di Lilith. Sarebbe stata in guardia nei confronti degli altri, ma non con lei, pensò, spronando il cavallo.

Ritorna all'indice


Capitolo 49
*** 49 Capitolo ***


Juliana si lasciò ricadere contro i cuscini con un sospiro. Non aveva più niente nello stomaco, ma i conati di vomito non accennavano a diminuire. Per fortuna erano meno intensi e passava più tempo tra uno e l'altro; anche quella strana secrezione di saliva stava diminuendo. Non se la sentiva ancora di controllare se il senso di vertigine era scomparso, così rimase sdraiata con gli occhi chiusi. Si chiese che ore fossero. Le pareva che fosse trascorsa un'eternità, ma forse il malessere aveva alterato la sua percezione del tempo, si disse. Rimpianse, non per la prima volta, di aver mandato via Nicholas. Anche se non voleva che la vedesse in quello stato, c'erano stati momenti in cui si era sentita così spaventata da desiderare che fosse lì al suo fianco. Con lui tutto le sembrava meno spaventoso, più facilmente sopportabile. Per la prima volta, si chiese che cosa fosse venuto a sapere da Annie. Forse questo significativa che cominciava a stare meglio, considerò. Celia sembrava pensare che il peggio fosse passato, perché era scesa a prendere un po' di brodo caldo per lei, sperando che riuscisse a tenere nello stomaco almeno un po' di liquidi. La porta si aprì e qualcuno entro' nella stanza, una donna a giudicare dal fruscio dei vestiti. Juliana non fece lo sforzo di aprire gli occhi, immaginando che fosse la cameriera che era tornata. Ma quando la donna parlò, riconobbe la voce. «Zia Lilith?» Sorpresa, Juliana aprì gli occhi e guardò la donna che si avvicinava al letto con un piccolo vassoio. «Sì, sono venuta a vedere come stai.» disse. «Meglio, direi.» Avvertendo la sorpresa nella voce di Juliana, Lilith fece una breve risata e disse: «Sono molto brava ad accudire i malati, sai? Dopo tutto ho allevato due figli e mi sono presa cura di Trenton durante tutta la sua malattia». Juliana si trattenne dal dire che non era la sua abilità ad accudire i malati a sorprenderla, bensì la sua improvvisa gentilezza. «Ti ho portato uno sciroppo» riprese Lilith, posando il vassoio sul tavolino accanto al letto. C'erano un bicchiere con un po' d'acqua e un flacone con un liquido marrone. Juliana lo guardò con disgusto. Non aveva voglia di bere nulla e tanto meno quella roba dall'aspetto nauseabondo. «Non credo di farcela» disse. «Sciocchezze» replicò Lilith con il suo tono perentorio. «Ti farà stare meglio, vedrai. È un vecchio rimedio che preparava mia madre quando avevamo mal di stomaco.» «Sto meglio, adesso, davvero» protesto' debolmente Juliana, guardando con la coda dell'occhio Lilith che stappava il flacone e versava qualche goccia di liquido scuro nell'acqua, mescolando lo sciopero nel bicchiere. «Non essere infantile, Juliana. È un po' amaro, ma ti sentirai molto meglio dopo averlo preso.» Vedendo che si avvicinava al letto col bicchiere, Juliana si allontanò lievemente dal bordo. La sola vista di quel preparato le ribaltava lo stomaco. Si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse distrarre Lilith, sperando che Celia sarebbe tornata e l'avrebbe convinta a non insistere. Lo sguardo le cadde sulla spilla che Lilith portava al collo: era composta da una piccola treccia di capelli scuri, legati in un nodo elaborato in modo da renderli un ornamento. Vedendo che stava osservando il gioiello, Lilith la sfiorò con le dita. «È una spilla da lutto. È fatta con i capelli di Crandall.» disse. I suoi occhi brillarono di lacrime e Juliana provò pena per lei. «Mi dispiace» mormorò. Lilith scosse mestamente il capo. «Era un figlio meraviglioso. Mi voleva bene. Non era quello che tutti cercano di farlo apparire. E io non voglio che il suo ricordo venga infangato da coloro che erano invidiosi di lui.» Il suo volto si era fatto più duro mentre parlava e il suo sguardo sembrava perso nel passato. Juliana stava per dire qualcosa che potesse esserle di conforto, quando all'improvviso le tornò alla mente com'era vestita Lilith il giorno delle nozze. Indossava un abito grigio perla e al collo era appuntata una spilla, non come quella che portava ora, bensì un grosso monile di diamanti e rubini. Tutto ad un tratto Juliana si sentì assalire dal panico. Continuò a fissare la spilla, poi guardò Lilith e rimase congelata. Gli occhi della donna splendevano di una luce selvaggia mentre si protendeva verso di lei, posandole una mano sulla spalla e avvicinandole il bicchiere alle labbra. «Bevi. Avanti, bevi.» le ordinò. «No!» Juliana cercò di rotolare sul letto, ma Lilith la trattenne per un braccio. Posò il bicchiere sul tavolino e afferrò entrambe le spalle di Juliana, bloccandola contro il materasso. Poi salì sul letto, inchiodandola con le gambe per impedirle di muoversi. «Bevi!» sibilo'. I suoi occhi erano accesi dalla follia e il suo volto era una maschera di odio mentre le premeva le spalle con tutto il peso del suo corpo. Era incredibile quanta forza avesse, mentre Juliana si sentiva indebolita da tutte quelle ore di malessere. «Lasciami andare!» gridò con tutta la forza che aveva, maledicendo in cuor suo la malattia che l'aveva resa così debole. Poi, a un tratto, capì. «Tu! Sei stata tu a darmi qualcosa per farmi stare male. Nel tè, certo. Sei stata tu a versarmi il tè.» «Radici di giaggiolo» spiegò Lilith con una smorfia sprezzante. «Non uccide, provoca soltanto un lieve malessere. Ma era l'unica cosa che avessi a portata di mano, capisci? Avevo bisogno di un altro po' di tempo per procurarmi dei semi di tasso. Mi è sembrato... appropriato che tu morissi come tua madre.» Juliana rimase immobile mentre quelle parole penetravano nella sua mente. «Mia madre! Hai ucciso anche lei?» «Ma certo. Sapevo che nessuno avrebbe sospettato di me. I semi di tasso sono molto velenosi. Lì ho pestati e ho fatto un decotto che ho messo nella medicina che tua madre prendeva per l'emicrania. Così, la prima volta che ha avuto uno dei suoi mal di testa...» Gli occhi di Juliana si riempirono di lacrime. «L'hai uccisa?» chiese ancora incredula. «Mi aveva rubato il marito» replicò Lilith. «Pensavo che una volta morta Diana, Trenton sarebbe tornato da me.» Il suo sguardo si fece più duro. «Ma lui continuò a tradirmi con ogni genere di sgualdrina, umiliandomi e trattandomi con disprezzo. Mise persino incinta una delle cameriere nella mia stessa casa! » Aveva le guance arrossate e i suoi occhi fissavano nel vuoto mentre continuava a parlare, quasi si stesse rivolgendo a sé stessa. «Gli avevo offerto tutte le possibilità di essere un buon marito, ma senza ottenere alcun risultato.» «Allora hai ucciso anche lui?» ipotizzò Juliana. Doveva continuare a farla parlare. Forse, se Lilith avesse allentato la presa, sarebbe riuscita a radunare le forze per liberarsi. «Certo che l'ho fatto. Naturalmente ho scelto un sistema diverso. Sarebbe sembrato sospetto che un'altra persona morisse di quello che sembrava un attacco di cuore.» Lilith incurvo' le labbra in una smorfia. «Nessuno sospetto' nulla. Del resto, perché avrebbero dovuto sapere che conosco i veleni? Stupidi! Come se non avessi imparato sulle ginocchia di mio padre a conoscere tutte le piante che possono uccidere un cavallo. So quali evitare e che cosa usare per simulare una morte naturale... un attacco di cuore o un'altra malattia. A Trenton diedi un estratto di erba di San Giacomo, poche gocce al giorno per settimane e settimane. Distrugge il fegato, sai? Tutti pensarono che l'edema fosse una conseguenza dell'abuso di alcol. Comunque sia, fece la fine che meritava. Fui contenta di vederlo soffrire.» Il suo odio e la sua amarezza facevano gelare il sangue. «Ma perché hai ucciso anche Crandall? Gli volevi bene.» «Era uguale a suo padre! Per tutti questi anni mi ero rifiutata di crederlo. Trovavo sempre una scusante per tutto quello che faceva. Mi ripetevo che non era facile vivere all'altezza dell'immagine di suo padre. Mi dicevo che era amareggiato perché quell'avventuriero di tuo marito avrebbe ereditato le terre che avrebbero dovuto essere sue.

Ritorna all'indice


Capitolo 50
*** 50 Capitolo ***


Dopo una breve pausa, Lilith proseguì col suo agghiacciante racconto. «Davo la colpa a quel oca di sua moglie perché non era capace di tenersi il marito. Anche quando mentiva e imbrogliava, e perfino quando rubò i miei gioielli per pagare i debiti di gioco, lo amavo troppo per ammetterlo. E poi...» I suoi occhi si riempirono di lacrime al ricordo e la voce si fece roca. «Poi lo vidi con quella domestica; la stava afferrando e lei cercava di respingerlo, supplicandolo di lasciarla andare. Allora capii che era come suo padre, vile e lascivo... un depravato. E non potevo sopportarlo!» Lilith allento' leggermente la presa sulle spalle di Juliana e lei approfittò dell'occasione. Raccogliendo tutte le proprie forze, alzò violentemente le braccia e colpì Lilith allo stomaco, facendola cadere di lato. Cercò di rotolare all'altra estremità del letto, ma prima che potesse allontanarsi a sufficienza, Lilith le fu addosso. Juliana lottò per liberarsi, ma la follia aveva decuplicato le forze della sua avversaria. Rotolarono avvinghiate sul letto. Lilith colpì Juliana con un pugno alla guancia, facendole venire le lacrime agli occhi. Lei si divincolo' e scalcio', poi rotolo' lontano. Lilith però la colpì alla schiena, e approfittò del suo momentaneo stordimento per sedersi sulla sua schiena facendola affondare nel materasso. Le afferrò il capo con entrambe le mani e le spinse il viso contro il cuscino di piume. Juliana scalcio' e si divincolo', ma tutto fu inutile perché il soffice materiale le impediva di respirare. Udì in lontananza il rumore attutito di qualcuno che bussava alla porta e la voce di Nicholas che la chiamava. Poi ci fu un tremendo colpo contro la porta. Doveva essere chiusa a chiave, pensò mentre grandi macchie nere prendevano forma davanti ai suoi occhi. Non l'avrebbe rivisto mai più... fu il suo ultimo pensiero cosciente. Non avrebbe mai avuto la possibilità di dirgli che lo amava... La porta si spalanco' con uno schianto e un istante dopo Juliana sentì il peso che le premeva sulla schiena sollevarsi. Rotolo' sul dorso, annaspando in cerca d'aria, mentre Nicholas e Lilith cadevano per terra dall'altra parte del letto. Celia fu subito al fianco di Juliana per aiutarla ad alzarsi e il resto della famiglia e dei domestici, attirati dal trambusto, accorsero affollandosi alle sue spalle. Il maggiordomo e Sir Herbert si precipitarono ad aiutare Nicholas con Lilith, che continuava a lottare come una furia gridando frasi incoerenti. Nicholas consegnò la donna agli altri due e si avvicinò al letto. «Juliana!» gridò, prendendola tra le braccia. «Amore mio, grazie al cielo! Stai bene?» «Sì» mormorò, stringendosi a lui. «Va tutto bene, adesso.» «Che ne sarà di lei?» domandò Juliana. Era seduta sul letto, con la schiena appoggiata contro i cuscini, e si era ormai ripresa completamente dal malessere del giorno prima. Lilith non le aveva mentito sull'effetto della radice di giaggiolo. Dopo che l'aveva assalita, Juliana si era sentita gradualmente meglio e aveva dormito per gran parte del pomeriggio tra le braccia del marito. Nicholas non l'aveva lasciata per tutta la notte e solo un'ora prima era sceso per discutere con il magistrato del futuro di Lilith. Nel frattempo aveva raccomandato a Winifred di vegliare su sua moglie finché non fosse tornato. «Pare che sia completamente uscita di senno» disse Nicholas, sedendo sul bordo del letto. «Ha confessato di aver ucciso Crandall, come pure Trenton e tua madre molti anni fa. Poi, mentre la conducevano in carcere, ha avuto una crisi isterica e ha incominciato a delirare, gridando e scalciando. Secondo quanto mi ha riferito il giudice, da allora è rimasta seduta a fissare la parete della sua cella, senza muoversi. Non sapeva che cosa fare di lei e mi ha chiamato per conoscere la mia opinione.» «Che cosa gli hai detto?» Nicholas si fece scuro in volto. «Vorrei vederla morta solo per quello che ti ha fatto.» «Non era in sé. Immagino quale inferno sarà la sua vita adesso che ha ucciso l'unica persona che abbia mai amato.» mormorò Juliana. «Non merita alcuna compassione.» replicò Nicholas in tono duro. «Ma non posso fare a meno di pensare che il processo sarà una dura prova per te. Ci sarà un terribile scandalo.» «E la povera Seraphina! Non basta che suo fratello sia stato ucciso solo pochi giorni fa, per quanto spregevole fosse. Ha dovuto scoprire anche che è stata sua madre a ucciderlo, e che ha assassinato anche suo padre. Non possiamo farle questo! Anche se è un po' superficiale, non è cattiva. E ne soffrirebbe anche Winifred. Poco fa mi ha raccontato di Sam Morely e di quanto si amino. Mi ha detto che hanno progettato di sposarsi appena finito il periodo di lutto. Sembrava così felice. Ma se ci sarà un processo e verrà fuori tutto quello che hanno fatto Crandall, Lilith e Trenton, la sua felicità sarà rovinata e verrà infangato anche il suo nome. Potrebbe decidere di non sposare Mr. Morely dopo essere stata coinvolta in uno scandalo di queste proporzioni. Non mi sembra giusto che la malvagità di Lilith debba causarle altro dolore. Non si può proprio evitare il processo?» chiese Juliana. «Sapevo che avresti detto così» replicò Nicholas con un tenue sorriso. «Il magistrato ha proposto di rinchiuderla in un manicomio. È un destino terribile, ma è sempre meglio dell'impiccagione.» «Quasi mi dispiace per lei.» «Dispiacerebbe anche a me, se non avesse tentato di ucciderti. Questo non glielo perdonero' mai.» Nicholas si chino' su di lei e la strinse tra le braccia. «Prego Dio di non dover mai rivivere quello che ho provato ieri. Mentre cavalcavo, mi convincevo sempre di più che era stata zia Lilith a uccidere Crandall e pensavo a te che giacevi qui, sola e vulnerabile. Poi ho cominciato a pormi delle domande sul tuo malessere e mi è venuto in mente che era stata Lilith a versarti il tè a colazione.» Le diede un bacio in fronte e mormorò: «Non ho mai avuto tanta paura in vita mia. Non so che cosa avrei fatto se ti avessi persa.» Juliana lo abbraccio' e lo strinse forte a sé. «Ti amo» mormorò. Poi si allontanò per guardarlo in viso. «So che non volevi un matrimonio d'amore. Però ieri, quando ho pensato di essere sul punto di morire, ho rimpianto di non avertelo mai detto. Ti amo, Nick. Non ti sto chiedendo di ricambiare i miei sentimenti, ma non posso continuare a fingere che quello che provo per te non sia amore. Ti amo fin da quando ero una bambina.» Nicholas sorrise. «Anch'io ti amo fin da allora. Sono stato un idiota. Credevo che non sarei mai riuscito ad amare qualcuno, e invece era solo perché il mio cuore era già tuo. Dentro di me sapevo che un giorno sarei tornato da te. Non lo chiamavo amore, ma solo perché era molto di più di quello che si intende comunemente con quella parola. Tu eri la mia vita, la mia casa, il centro del mio universo.» La strinse tra le braccia coprendo il suo viso di baci dolcissimi. «Ti amo Juliana.» Lei si sentì sciogliere nel suo abbraccio e gli occhi le si riempirono di lacrime. Questo era ciò che aveva aspettato per tutta la vita. «Ti amo anch'io Nick.» -------------------------------------FINE---------------------------------------------

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3993928