Cappuccetto Rosso

di John Spangler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Cappuccetto Rosso

I patti più vili nascono dai propositi più alti.
(Nicolás Gómez Dávila)

C’era una volta una dolce fanciulla a cui tutti volevano bene specialmente la nonna, la quale non sapeva più che cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso e poiché le stava molto bene e non voleva portare niente altro, fu chiamata solo Cappuccetto Rosso.
(Fratelli Grimm)

Capitolo 1

La donna giace a terra, il petto che si muove con fatica. Indossa un grembiule da cucina bianco e un vestito grigio, entrambi sporchi di rosso. Ha un paio di ferite all'altezza dello stomaco da cui sgorga copioso il sangue, che ormai è finito anche sul pavimento della stanza. I suoi occhi sono fissi sulla ragazza davanti a lei.

"P-perchè..." rantola, la voce indebolita dallo shock e dal dolore delle ferite. "Perchè...hai..."

La ragazza indossa un mantello rosso con cappuccio, degli abiti logori di un colore indefinito, e un paio di stivali pesanti che hanno decisamente visto tempi migliori. Impugna un grosso coltello e guarda con disprezzo la donna. "E me lo chiedi?" Sputa per terra e stringe l'impugnatura del coltello. "Ti sei già scordata di quello che volevi fare?"

La donna tossisce un fiotto di sangue. "Sono...tua...madre..."

"Non sei mai stata granchè. Praticamente è come se fossi cresciuta orfana." La ragazza si toglie il cappuccio e si ravvia i capelli, di un biondo grano uguale a quello della donna. Le somiglianze finiscono lì, però. La donna è alta e magra, e i suoi occhi sono verdi. La ragazza invece ha gli occhi blu, e un fisico già prosperoso per la sua età.

"Come puoi...dire..."

"Hai la memoria corta, mamma." Pronuncia l'ultima parola con palese disprezzo. "Oppure sei più stupida di quello che pensassi."

La donna cerca di alzarsi, finendo solo per ricadere a terra. Ci riprova. E' tutto inutile. Le forze l'hanno abbandonata.

"Ma ormai non ha più importanza. E' tutto finito." Si gira verso la porta alle sue spalle e sorride. "Lui è qui."

Gli occhi della donna si riempiono di terrore. Ha capito a chi si riferisce sua figlia. "No...non puoi..."

"E invece sì. Posso, e lo farò. Anzi, l'ho già fatto."

Da fuori la porta si sente un rumore simile al vento che soffia, accompagnato da un leggero calo della temperatura. La porta si spalanca all'improvviso, da sola.

La donna trova la forza di gridare. "NOOO!!!" Fa per coprirsi il volto con il braccio, ma una sagoma scura le salta addosso e la immobilizza. Sente un freddo gelido avvolgerla mentre degli artigli le lacerano gli abiti fino a lasciarle il petto e il ventre scoperti.

Una parte di lei pensa di tentare un'ultima resistenza, ma sa che non servirebbe a niente. E' finita. Fa appena in tempo a vedere il sorriso di sua figlia, così terrificante nella soddisfazione esibita.

Poi gli artigli la squartano selvaggiamente, e l'aria della stanza si riempie delle sue urla e di rumori di masticazione. Sembra passare un'eternità, in cui è in preda al dolore più atroce della sua vita.

E alla fine, misericordiosamente, la morte la accoglie.


NOTA: Salve a tutti! Era da un pò che non scrivevo qualcosa, e ho pensato di rifarmi vivo in occasione di Halloween. Inizialmente avevo pensato di scrivere un oneshot, poi ho optato per una multicapitolo. Tranquilli, non sarà molto lunga. In tutto dovrebbero essere due o tre capitoli. Non so ancora quando riuscirò a postare il prossimo, ma state tranquilli che arriverà. Nel frattempo, se voleste lasciarmi un commento, ve ne sarei infinitamente grato.

(E a questo proposito: di recente ho riscritto un mio vecchio racconto intitolato Marco e Laura, una tragica storia di zombi con l'aggiunta di qualche scena di sesso. Se poteste darci un'occhiata e magari anche farmi sapere che ne pensate...insomma, avete già capito)

A presto, cari lettori!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

La ragazza col mantello rosso cammina in mezzo agli alberi, in un silenzio rotto solo dai suoi passi o dal fruscio delle foglie. E' una bella giornata, tranquilla e con un bel sole che scalda la pelle. Almeno di questo può essere contenta.

In mano ha un cesto pieno di verdure da vendere al villaggio. Non è giorno di mercato, ma sa che troverà lo stesso qualcuno disposto a comprarle. Un contadino che deve nutrire le sue bestie, oppure una massaia che deve preparare il pranzo per la famiglia, o anche un ragazzotto con più pene che cervello. E' giovane, ma ha già imparato come sfruttare la sua bellezza per abbindolare gli uomini. Lo ha imparato da sua madre.

A quel pensiero, la sua mano si stringe con rabbia attorno al manico del cesto. L'idea di aver imparato qualcosa da sua madre, di essere in qualche in modo in debito con lei, non la entusiasma per niente.

Lei odia sua madre. Ci sono dei momenti in cui si ritrova a fantasticare di ucciderla. Sa che non dovrebbe pensare queste cose, eppure succede.

Del resto, sua madre ricambia il sentimento. La ragazza non ha idea del perchè. Da che ha memoria sua madre non le ha mai dato ciò che un genitore di solito riserva alla sua prole. Affetto, sostegno, protezione. Solo disprezzo, insulti urlati a squarciagola, e occasionalmente uno schiaffo o due.
 
A volte si chiede come faccia a sopportare tutto questo. E soprattutto perchè. Certo, potrebbe anche scappare di casa e andarsene a vivere per conto proprio. Ma dove? E con quali mezzi? Al mercato ha sentito spesso le anziane del villaggio parlare di ragazzi illusi scappati via con le migliori intenzioni, e che poi hanno fatto una brutta fine. Lei non è stupida, tutt'altro. Finchè non avrà almeno la prospettiva di un buon matrimonio, di un brav'uomo che possa darle una casa accogliente e un futuro migliore, dovrà continuare a sopportare quell'arpia di sua madre.

E chissà, magari un marito potrebbe trovarlo anche oggi stesso al villaggio. I giovani della sua età non mancano di certo.

Sul volto le compare la traccia di un sorriso. Sì, deve essere ottimista. Non può permettere a sua madre di rovinarle ancora di più l'esistenza.

Decide di fare una sosta sotto a una grossa quercia. Si siede a terra a gambe incrociate e si abbassa il cappuccio. Posa il cesto, estraendone un panino al formaggio e una fiaschetta di vino. Si gode quella pausa e poi chiude gli occhi, appoggiandosi al tronco dell'albero. Qualche minuto di riposo le farà bene.

All'improvviso sente un rumore di passi. Apre gli occhi di scatto e si guarda attorno. Da dove...

"Ma guarda, e tu da dove sbuchi?"

La voce, profonda e inequivocabilmente maschile, viene da un punto alla sua sinistra. Si gira e vede arrivare un omone grande e grosso. Ha una barba folta e nera, indossa un'orrenda camicia a quadri, dei pantaloni marroni, e ha un fucile a tracolla. Forse è un bracconiere. Che lei sappia, la stagione della caccia non è ancora iniziata. Deve stare attenta. Quel tipo potrebbe avere brutte intenzioni.

"Ehi, non avere paura." le dice l'omone avvicinandosi, notando il suo sguardo allarmato. "Sono un guardaboschi. Sto solo facendo il mio giro di pattuglia."

Lei rilassa un pochino le spalle, pur non abbassando la guardia. Si tiene pronta ad estrarre il coltello nascosto nel cesto. Finora non ha mai dovuto usarlo, e spera che non debba accadere mai.

"Mia madre mi ha insegnato a non fidarmi degli sconosciuti."

"Beh, direi che tua madre è una donna saggia. Io comunque mi chiamo Hans."

La ragazza gli dice il suo nome.

"Bene. Ora che abbiamo fatto conoscenza, ti va di dirmi cosa ci fa una ragazza giovane e carina come te tutta sola nel bosco?"

"Sto...sto andando al villaggio qua vicino. A trovare i miei zii." Meglio fargli credere che c'è qualcuno che la aspetta, e che potrebbe venire a cercarla se dovesse scomparire.

"Vuoi che ti accomagni? Non è sicuro attraversare i boschi da soli."

"No, grazie. Conosco la strada. E so difendermi bene."

"Come vuoi...ehi, e quello cos'è?" L'omone indica col mento qualcosa dietro di lei.

La ragazza si gira un secondo per controllare. Il guardaboschi ne approfitta per saltarle addosso. E' incredibilmente veloce per la sua stazza. Oltre che pesante. Quasi le manca il respiro.

"No...cosa..." Cerca di divincolarsi. Hans le dà uno schiaffo che le fa quasi perdere i sensi, mentre con l'altra mano armeggia con la cintura dei pantaloni. Non riesce a muoversi. Quell'uomo è troppo pesante. Non riesce ad alzare un braccio per colpirlo, o a raggiungere il coltello nel cesto.

Una paura mai provata prima la assale.

"Zitta...non muoverti. Finirà presto. Ti piacerà, vedrai...vi piace sempre..." L'alito dell'uomo è fetido e quasi le provoca un conato di vomito.

"Ti prego...non..." Viene zittita da un altro schiaffo. Del sangue le esce dalla bocca. Sente Hans sollevarle il vestito, e chiude gli occhi. Prega che finisca tutto presto.

Prega che lui la lasci viva.

Un attimo prima che Hans la penetri, un ringhio inquietante squarcia l'aria. La ragazza si accorge stranamente di provare freddo mentre Hans gira la testa e impreca. L'uomo si alza in tutta fretta e fa per prendere il fucile, ma prima che questo accada un'enorme figura, di un nero più nero della notte, gli piomba addosso con una rapidità sconvolgente.

La ragazza rimane impietrita a fissare Hans il guardaboschi che urla mentre viene squartato.


NOTA: E rieccomi qua. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e soprattutto che non sia risultato troppo truculento o affrettato. Cercherò di pubblicare il prossimo (che è anche l'ultimo) entro la fine del mese. Nel frattempo, leggete e commentate.

A presto, car* lettor*! (anzi, care forme di vita a base di carbonio. Così anche i fanatici del politicamente corretto sono contenti!)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Una volta, qualcuno di cui non ricorda il nome le aveva raccontato che, quando si è a un passo dalla morte, si rivede tutta la propria vita in un lampo. Ha sempre avuto dei dubbi al riguardo. Si chiedeva se era tutto vero, o se invece era solo un modo di dire.

Ora però sa con certezza che è un mucchio di idiozie.

L'unica cosa che vede in questo momento è la creatura che affonda il muso nel ventre di Hans il guardaboschi. E' uno spettacolo orrendo, ma per qualche motivo non riesce a distogliere lo sguardo. Hans ormai non grida più, deve essere morto. La strana creatura gli sta divorando gli intestini, i rumori di masticazione che riempiono l'aria. Il rosso del sangue dell'uomo si mischia al nero del corpo della creatura.

Ora che ci pensa, la creatura ha un aspetto abbastanza strano. Una sagoma che ricorda quella di un lupo, con tanto di zanne, artigli e coda. Eppure, il suo colore ha qualcosa che non va. E' troppo...troppo scuro, talmente tanto che sembra risucchiare la luce circostante. Non sembra neanche avere dei peli. E' come se la sua pelle fosse un'unica superficie liscia.

Non ha mai visto una creatura simile, nè ne ha sentito parlare. Si chiede da dove sia spuntata fuori. E se fosse uno dei demoni infernali di cui parla la Bibbia? Una creatura malvagia, il cui unico scopo è tormentare gli esseri umani?

E se...e se una volta finito di mangiare le interiora del guardaboschi, decidesse di dedicarsi a lei? Il cuore prende a batterle all'impazzata. Deve provare a scappare via mentre quell'essere è ancora intento a pasteggiare. Forse, se corre abbastanza veloce, potrebbe riuscire a mettersi in salvo.

Non fa neanche in tempo a finire quel pensiero che la creatura interrompe il suo pasto e solleva il muso, mettendo in mostra delle file di denti aguzzi. Tira fuori una lingua lunga e rossa con cui si pulisce il muso dal sangue dell'uomo, dopodichè emette un rutto fragoroso che la terrorizza ancora di più.

"Niente male. Non di prima scelta, ma comunque soddisfacente."

Come? Ha sentito bene? La creatura ha parlato? Forse è davvero un demone.

"Ti ringrazio, povero idiota. Sei stato un buon antipasto." L'essere si erge sulle due zampe posteriori, e si gira verso di lei.

La ragazza trema come una foglia. Ormai è troppo tardi per scappare. Se anche ci provasse, è sicura che non andrebbe molto lontano.

"Ti prego..." La voce le viene fuori in un pigolio strozzato. Non ha mai avuto così tanta paura, neanche quando sua madre la picchiava. "Ti prego...non voglio morire."

"E chi lo vuole?" Il mostro inizia ad avvicinarsi, e lei ora riesce a distinguere anche i suoi occhi. Sono due piccoli cerchi rossi, senza pupille. Non hanno niente di naturale.

Che razza di creatura è questa?

"Il maiale vuole forse morire? No, eppure la sua dipartita permette a un uomo di nutrire la sua famiglia. E allo stesso modo, tu ora nutrirai me. Sei pur sempre il mio sacrificio." La sua voce è come la lama di mille coltelli, le fanno male le orecchie a sentirla. Il freddo che aveva avvertito prima diventa più intenso.

"Sacrificio?"

"Non ti hanno detto di me, prima di mandarti qui?"

Fa cenno di no con la testa. La creatura emette un suono che sembra un grugnito.

"Non ha importanza. Ti basti sapere che mi sei stata offerta in cambio di due anni di raccolti abbondanti e un figlio maschio. Era una donna alta e magra, con capelli come i tuoi."

Una donna con...no! Il tempo sembra fermarsi per un attimo mentre la ragazza realizza ciò che l'essere ha appena detto.

"Era...mia madre." Non riesce a credere alle sue orecchie. Aveva sempre saputo che sua madre la odiava, ma che arrivasse a fare una cosa del genere...era davvero un mostro senza cuore. 

"Chi fosse non mi interessa." La creatura le è ormai davanti. "Ora, se prometti di non agitarti, sono disposto a ucciderti in modo rapido prima di iniziare a mangiarti."

Fa per muovere un braccio. L'essere la blocca in un secondo con una zampa più simile a una mano umana che a quella di un lupo.

"Se poi hai voglia di lottare, fà pure. Per me è lo stesso." Si piega verso di lei e scopre i denti aguzzi.

La sua mente è un vortice di pensieri mentre cerca rapidamente una soluzione. Non può lasciarsi mangiare così, come se niente fosse. Deve almeno fare un ultimo tentativo di difendersi. Sì, ma a che servirebbe? La sua parte pragmatica le suggerisce di arrendersi e accettare l'inevitabile. Lei però non ci sta. Non può morire in questo modo. Non ho nemmeno vent'anni, che diamine!

Poi, improvvisamente, le viene un'idea. E' un azzardo, ma vale la pena tentare.

"Aspetta! E se...se ti offrissi anche io qualcosa, in cambio della mia vita?"

L'essere inclina la testa da un lato.

"Si può fare. Ma cosa vorresti offrirmi?"

La ragazza trattiene un sorriso di sollievo mentre pensa a cosa dire. Le vengono in mente diverse soluzioni.

"Che ne dici del mio corpo? Sono vergine, sai." Quando va al villaggio, le capita a volte di appartarsi con qualche ragazzo per scambiarsi baci e carezze intime. Ma non si è mai spinta oltre. Spera che la creatura accetti. Forse, se ha bisogno di nutrirsi, ha anche altre necessità.

La creatura la fissa per un attimo, come se stesse riflettendo. Poi getta la testa all'indietro e...ride?

La risata del mostro è anche peggio della sua voce. Quando finisce la guarda di nuovo e scuote la testa.

"Senza offesa, ma della tua verginità non saprei che farmene."

Il panico la assale di nuovo. E adesso cosa...

"Se però ci tieni così tanto a fare un patto, potresti diventare il mio famiglio."

Famiglio? "Non conosco quella parola."

"Vuol dire servo." La creatura si mette a quattro zampe. "Per un motivo che mi è sconosciuto, non posso lasciare questo bosco. Tu però puoi. Se accetti di diventare il mio famiglio, sarai i miei occhi e le mie orecchie nel mondo esterno. Svolgerai le missioni che ti assegnerò, e di quando in quando, mi porterai di che nutrirmi." 

"Intendi...persone?" La creatura annuisce.

La ragazza si prende un attimo per riflettere sulla proposta. E' la sua unica possibilità di salvezza, non può lasciarsela scappare. Però...la creatura si nutre di esseri umani. Non sarebbe giusto condannare altre persone a una fine così orrenda. Poi però si ricorda che al mondo non ci sono solo persone buone. Esiste anche gente come Hans il guardaboschi. Gente come sua madre.

"Accetto." E' la soluzione migliore. Gli porterà solo persone orribili, che meritano di morire.

E sa già chi sarà la prima.

"Molto bene. Allora alzati."

La ragazza si alza in piedi. L'essere le prende una mano, e, prima che lei possa dire alcunchè, le pratica un piccolo taglio sul palmo.

"Serve il sangue per siglare un patto."

Lei annuisce, mentre l'essere le stringe la mano sanguinante. Non fa male, e il freddo di prima è sparito.

Prova solo una grande gioia.


NOTA: Ed eccoci alfine giunti al termine di quest'altra storia. Vi è piaciuta? Spero di sì. Come sempre, vi invito a lasciare un commento (e se vi va, anche a dare un'occhiata alle altre mie storie) e vi ringrazio per aver letto questa storia.

A presto, care forme di vita a base di carbonio!

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