Perché se sei felice, ogni sorriso è oro

di nikidon92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova vita ***
Capitolo 2: *** Incontro inaspettato ***
Capitolo 3: *** Strana proposta ***
Capitolo 4: *** I Gallagher ***
Capitolo 5: *** Il settimo incomodo ***
Capitolo 6: *** Qualcosa di nuovo ***
Capitolo 7: *** Tutto ciò che c'è da sapere ***
Capitolo 8: *** Ad occhi chiusi ***
Capitolo 9: *** Col fiato sospeso ***
Capitolo 10: *** Come una Famiglia ***



Capitolo 1
*** Una nuova vita ***


Cap 1
Bea
Niente era  come immaginavo... Sapevo che sarebbe stato difficile per me, ma ero arrivata da dieci minuti e già non vedevo l'ora di tornarmene a casa. Niente contro Chicago, una bellissima città, ma troppo diversa da casa mia. Credevo di essermi persa... Avrei dovuto essere ad un paio di minuti dalla nuova università e invece mi ritrovavo in mezzo alla strada di un quartiere desolato e mal ridotto. Se solo ci fosse stato  un taxi nei paraggi, se avessi saputo il numero per chiamarne uno... Magari avrei potuto chiedere a qualcuno, ma per strada non c'era neanche un'anima viva, non mi restava che bussare a qualche porta. Tra tutte le case una mi sembrava meno messa peggio... Provai a bussare...
-La porta!- una voce giovane e maschile proveniva dall'interno. Aspettai alcuni secondi ma nessuno si presentò, perciò riprovai, bussando un po' più forte
-Debby! Ian! La porta!- la stessa voce, con un tono ancora più cazzuto, invocò qualcuno ad aprire; attesi ancora qualche secondo e finalmente la porta si aprì. Di fronte a me si presentò un ragazzo alto, con un fisico asciutto, notato dall'assenza di una maglietta, le lentiggini sul viso, due occhi verdi, il tutto coronato da una chioma di capelli rossi. La visione mi lasciò un attimo senza fiato. Il ragazzo mi guardava con aria infastidita, ma allo stesso tempo incuriosita
-Ehm... Ciao! Scusa il disturbo...- la sua faccia cambiò espressione, sembrava molto scocciato
-Non ci interessa cambiare religione, né vendere casa, né un'aspirapolvere nuova- fece per chiudere la porta, istintivamente lo bloccai
-NO! Eh... Cioè... Veramente io non volevo questo... Volevo solo sapere qual era il numero per chiamare un taxi, qui a Chicago- mi guardò meglio, abbassò lo sguardo e notò le mie due valigie
-Sei sola?- la domanda mi preoccupò un po', ma decisi di rispondere sinceramente
-Ehm, sì
-Beh, non dovresti, non è un bel quartiere. Dove sei diretta?
-Dovrei già essere all'università di Chicago, è il mio primo giorno qui e già mi sono incasinata- accennai ad un sorriso
-Università? Sai, mio fratello sta lì, potrei accompagnarti io, tanto sarei andato comunque da quelle parti. E' un bel po' di strada, risparmieresti i soldi del taxi... Che ne dici?- Sapevo perfettamente che era meglio evitare passaggi da estranei, ma ero già in ritardo, in più ero a corto di contanti, magari era il momento di cogliere la palla al balzo
-Certo!- dissi con convinzione -mi sembra un'idea fantastica!
-Se vuoi entrare due minuti, il tempo di mettermi qualcosa addosso- lui entrò e io lo seguii, lasciai le valigie nel piccolo ingresso e entrai nel salone, dove trovai un divano sul quale mi sedetti. Era una casa non molto grande e con tante cianfrusaglie sparse qua e là. Dopo due secondi, da quella che sembrava essere la cucina, apparve un piccolo bambino di colore. Poteva avere all'incirca tre anni, aveva un viso piccolo e allegro.
-Hey, piccolo! E tu chi sei?- lo presi in braccio e lui mi sorrise -Lo sai che sei proprio un bel bambino?- aveva in una mano uno strano peluche rovinato, nell'altra un leccalecca rosso che mi mostrò e subito mise in bocca. Era strano avere quella familiarità con persone che neanche conoscevo. Dopo qualche minuto sentii i passi di qualcuno che scendevano le scale. Era il ragazzo di prima, questa volta con addosso una t-shirt verde. Mi alzai in piedi. -Ah, vedo che hai conosciuto mio fratello Liam. A proposito io sono Ian- mi tese la mano, la strinsi con la mia
-Bea, piacere
-Okay, Bea: andiamo!- si voltò verso il piccolo che giocava per terra -Liam, torno presto- poi andando verso le scale urlò - Debbie! Tieni d'occhio Liam!- mi sorrise e mi fece cenno di uscire. La macchina con cui viaggiammo non era un granché ma era meglio di niente
-La macchina è del mio ragazzo, Mickey… Me la presta quando serve. Allora, da dove vieni?- avevo capito il suo tentativo di fare conversazione e in effetti aveva ragione, che senso aveva stare in silenzio?
-Io vivo a Sacramento, o sarebbe meglio dire vivevo.- sforzavo di essere di buon umore, ma la realtà era che facevo fatica a trattenere le lacrime.
-Va tutto bene?- a quanto pare il mio tentativo era miseramente fallito
-Sì, sono solo un po' in ansia
-Stiamo per arrivare, vedrai che non si accorgeranno del tuo ritardo
-Speriamo…- durante il viaggio ci scambiammo ancora qualche parola, ma il silenzio ebbe la meglio...


Quando arrivammo, scesi con tanta fretta dalla macchina che per poco non inciampai sul marciapiede
-Hey, stai attenta, non vorrai finire subito in ospedale?
-Ci manca anche questa
Mi consegnò le valigie e io lo ringraziai
-Senti, che ne dici di pranzare insieme più tardi? Recupero mio fratello così te lo presento, almeno puoi avere un punto di riferimento
-Ti ringrazio, ma ho molto da fare, devo sistemare tutte le mie cose- non avevo molta voglia di stare in compagnia, avrei preferito rintanarmi in camera e dormire fino all'indomani
-Dai non fare la guastafeste! Ti piacerà Lip, è simpatico, puo' darti un sacco di dritte
-Davvero, io..
-Me lo devi, ti ho accompagnata, non puoi dire di no- mi aveva incastrata
-Ehm.. Allora okay. Ci ritroviamo qui tra un paio d'ore?
-Perfetto! A dopo!
Mi allontanai cercando un edificio che potesse avere l'aspetto del dormitorio. Dopo vari tentativi falliti, decisi di chiedere a qualcuno
-Scusami sai dirmi dove si trovano i dormitori?- due occhi azzurri mi guardarono senza interesse
-Da quelle parti, non sono di qui- mi guardò meglio, alzò il sopracciglio destro e fece un sorriso, come per dire "hai proprio la faccia di una nuova" -ci dovrebbe essere il responsabile da qualche parte…
-Lip, giusto?- lo interruppi e lui restò due secondi in silenzio con gli occhi sospetti
-Sì! Lui!
-Okay, ti ringrazio- gli sorrisi e mi diressi nella direzione che mi aveva indicato. Ci misi una buona mezz'ora per riuscire a trovare la stanza da sola, dato che del responsabile non si avevano tracce. Quando aprii la porta mi accorsi subito che aveva due letti, entrambi vuoti… Ancora la mia coinquilina non era arrivata. Mi stesi due minuti, il vocio al di fuori della stanza non mi permetteva di pensare e forse era un bene: non era il momento di pensare a cosa mi ero lasciata alle spalle. Mi alzai, e incominciai a sistemare le mie cose. Finii giusto in tempo per incontrare Ian e suo fratello. Presi di corsa le chiavi e tornai alla piazza centrale. Aspettai una decina di minuti, pensando che Ian avesse dimenticato l'impegno, quando qualcuno bussò alle mie spalle. Voltandomi vidi con sorpresa una figura familiare accanto ad Ian.


{ciao a tutti! spero che l'inizio di questa storia vi sia piaciuto e non vedo l'ora di pubblicare gli altri capitoli!! vi ringrazio per aver letto e scrivetemi pure se avete consigli da darmi! vi mando un bacio e al prossimo capitolo!}

 

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Capitolo 2
*** Incontro inaspettato ***


Cap 2

Lip

Vedere Ian mi sorprese. Era molto tempo che non mi faceva visita. Da quando era tornato con Mickey aveva trovato un equilibrio e una quotidianità che difficilmente rompeva. Rimasi quindi stranito quando mi disse che aveva portato una ragazza con sé. Mi raccontò chi era e come l'aveva conosciuta: una storia bizzarra e incominciai ad immaginarmela. Dalla descrizione di Ian doveva avere la mia stessa età, mora non molto alta e da quello che mi aveva detto neanche troppo carina. Vedere la stessa ragazza che avevo raggirato poche ore prima davanti al dormitorio non mi stupì più di tanto, aveva proprio l'aria da imbranata! Lei al contrario sembrava leggermente incredula, ma voleva nessuno lo notasse. Ian ci presentò e noi ci stringemmo le mani
-Piacere Lip, io sono Bea- sottolineò il mio nome con una certa enfasi, io le sorrisi. Aveva un'aria strana quella ragazza… Come se nascondesse qualcosa. Mangiammo alla mensa dell'università, parlando del più e del meno e alla fine Ian andò via. Dopo la presa in giro, mi sembrò il minimo accompagnare Bea alla sua stanza
-Guarda che ormai l'ho trovata, non ho bisogno della guida
-Lo so, ma volevo farmi perdonare
-E pensi che basterà così poco?- le sue labbra si aprirono in un sorriso. Guardandola meglio, non era così male: non era la solita ragazza perfetta, aveva una bella scollatura, mentre i jeans fasciavano le sue cosce un po' pienotte. La cosa che mi metteva in leggero imbarazzo erano i suoi occhi: profondi, castani, scrutavano i miei come a voler scoprire qualcosa.
-Allora, Bea… che segreto nascondi?- Neanche l'avessi insultata mi guardò seria, con aria preoccupata senza dire una parola -Hey, guarda che scherzavo, rilassati-  abbassò lo sguardo
-Grazie per avermi accompagnata, vado a stendermi
-Hai… hai bisogno di qualcosa?
-No, grazie
-Senti…- la fermai di nuovo sulla soglia -Stasera c'è una festa per i nuovi arrivati, non puoi restare chiusa in camera
-Non credo di farcela
-Hai qualcosa di più interessante da fare?
-Puo' darsi
-Non fare la preziosa… Sappiamo entrambi che starai davanti il pc a guardare qualche stupido film romantico- mi guardò offesa
-Possiedi una gentilezza sopraffina…
-Non volevo essere gentile
-Direi che ti viene naturale
-Allora, vieni o no?
-Senti, lasciami in pace, addio- entrò sbattendomi la porta in faccia.
 

Bea

Okay… Respiro profondo, dovevo resistere. Quel ragazzo aveva la capacità di imbarazzarmi, non che ci volesse molto… Nello stesso istante in cui mi aveva proposto di andare alla festa io sapevo già che sarei andata, ma non volevo dargli soddisfazione. Erano le tre passate, avevo il tempo esatto di darmi una restaurata… Non ricordavo più quando fosse stata l'ultima volta che partecipai ad una festa, dovevo rimettermi in sesto. Optai per un vestito blu, appena sopra il ginocchio con uno stivaletto comodo.
 Mentre ero sotto la doccia squillò il telefono, uscii, evitando di scivolare,  e mi affrettai a rispondere
-Pronto?- ci furono alcuni istanti di silenzio -Pronto?
-Beatrice- la sua voce era ancora un ricordo vivo nella mia mente
-Che cosa vuoi?
-Vorrei sapere come stai
-Come vuoi che stia? Io… Io cerco di ricominciare da zero. Devi lasciarmi in pace Jane.
-So come ti senti
-TU! Tu non sai un cazzo!
-Dove sei? Voglio parlarti
-Non voglio né vederti, né sentirti, né parlarti. Cancella il mio numero e sparisci dalla mia vita!- riagganciai, le mani mi tremavano e le lacrime stavano per rigarmi il viso. Mancava poco alla festa, non avevo tempo per piangermi addosso, quindi finii di prepararmi e uscii dalla stanza, chiudendo a chiave. Quello che mi ritrovavo davanti era un campo di battaglia in cui le armi erano alcool, canne, musica a palla e corpi struscianti.

 

Lip

L'avevo già vista. Era appena uscita dalla camera e stava andando nel corridoio opposto a dov'ero io. La ragazza bionda che mi ritrovavo addosso improvvisamente non mi fece più alcun effetto: me la scollai di dosso e seguii Bea. Dire che mi piaceva era una grossa parola, più che altro mi incuriosiva. Presi una birra al volo, ma la persi di vista, la cercai per i corridoi ma era come scomparsa. Mi girai attorno: niente, svanita!
-Non mi piacciono gli stalker- mi girai di scatto e lei era lì, proprio davanti ai miei occhi
-Non lo sono, ti stavo solo portando da bere- le offrii la birra
-No, non bevo
-Ma da te avrò solo risposte negative?
-Probabilmente- ci fissammo per qualche istante, poi lei abbassò lo sguardo. Istintivamente, senza farci caso le sollevai il mento, in modo che i nostri occhi si ritrovassero
-Di cosa ti vergogni?
-Non capiresti
-Ne sei proprio sicura? Prova almeno a fare un tentativo, dicono tutti che sono un buon ascoltatore- restò in silenzio, valutando la mia proposta, non lasciava cadere lo sguardo e io
cercai di fare la faccia più convincente che avessi
-Non posso farlo- mi girò le spalle e fece per andarsene. La presi per un braccio e la tirai verso di me
-Oh, andiamo!! "non posso, non bevo, non capiresti" no, no, no! Per una volta potresti lasciarti andare… Sei al college, cazzo! Devi festeggiare! Guardati attorno: nessuno pensa a ieri, 
né a domani, esiste solo il divertimento, solo il momento. Puoi farlo qui. Nessuno ti dirà qualcosa o ti giudicherà- prese improvvisamene il bicchiere e bevve la birra in un solo sorso
-Va bene così?

-Hey, hey, hey- le tolsi il bicchiere dalle mani -non credi che possa bastare?- era passata un'intera notte e per una che non beveva, Bea ci era andata pesante
-Chi sei tu, mia madre?- sì, era totalmente sbronza, dovevo convincerla a tornare in camera
-Bea, vieni con me?
-Dove?
-Vuoi un'altra birra?- non se lo fece ripetere due volte e appoggiata al mio braccio incominciò a fare qualche passo…
Arrivati alla sua stanza era praticamente in catalessi, provai ad aprire ma era chiusa -Bea, Bea dove hai le chiavi?- la sua risposta, neanche a dirlo fu un biascicamento di parole senza senso. La cosa più semplice era portarla in camera mia. Salimmo le scale con una certa difficoltà ma alla fine arrivammo in camera. Si sdraiò sul letto, io le tolsi le scarpe e mi spogliai. Ero ancora in bagno quando sentii urlare in camera
-No! Non dirlo a nessuno, ti prego- tornai di corsa per vedere che stesse succedendo: lei era ancora stirata, con i capelli in disordine, gli occhi chiusi. Continuò a parlare -Devi lasciarmi in pace. John non esiste. Lui non c'è- mi sdraiai accanto a lei, incuriosito dai suoi discorsi notturni e in poco tempo mi addormentai anche io.

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Capitolo 3
*** Strana proposta ***


Bea

Aprii gli occhi svegliata da una fioca luce proveniente dalla finestra semiaperta. Ripensai improvvisamente a dove mi trovavo e a cosa era successo la sera precedente. Avevo dei ricordi molto vaghi e la testa che martellava pesantemente ma una cosa la ricordavo: Lip. Mi voltai e lui era lì che dormiva. Era davvero bello con quei ricci scombinati e l'aria da angioletto, istintivamente gli feci una carezza, poi cercando di non fare rumore uscii dalla stanza. Il dormitorio era ancora silenzioso ma sapevo che nel giro di un'ora si sarebbe scatenato l'inferno in quei corridoi. Mi affrettai: andai in camera mia, dopo una doccia veloce mi vestii al volo, andai a prendere due caffè e tornai alla stanza di Lip. Appoggiai il caffè sul tavolo e gli lasciai un biglietto,  sicuramente ci saremmo visti più tardi. Passai il tempo che rimaneva all'inizio delle lezioni sul prato davanti la biblioteca, rivedendo i programmi e gli orari delle lezioni che avevo deciso di frequentare. Mi sembrava così strano stare così lontano da Sacramento, non ero abituata ad uscire con due magliette e un maglione addosso nello stesso momento, mi sentivo ingombrante, più di quanto non mi ritenessi normalmente. Pensare a quella casa vuota, le finestre chiuse, la tv spenta… la mia vita senza lui chissà che piega avrebbe preso. Ero a chilometri di distanza, convinta che proprio la distanza mi avrebbe aiutato a dimenticare, a ricominciare e invece me ne stavo impalata sotto un albero a piangere per tutto quello che era successo, per tutto quello in cui mi ero ritrovata pur non avendolo chiesto. D'altronde chi avrebbe chiesto quello che mi era capitato? Nel giro di un anno  mi ero ritrovata catapultata in un orribile film. Una voce interruppe i miei pensieri
-E questo cosa è?- alzai lo sguardo sulla figura in piedi davanti a me
-Un biglietto per ringraziarti, non volevo svegliarti- Lip si sedette di fianco a me continuando a guardarmi
-E pensi che basterà così poco?- lo guardai non sapendo se stesse scherzando oppure no -che ne dici di offrirmi il pranzo?-
-Scusa, ma tu che vuoi da me?- mi alzai e presi lo zaino
-Niente, solo pranzare con te. Pensavo volessi compagnia
-Non ho bisogno della tua compagnia, so cavarmela benissimo da sola
-Non lo metto in dubbio, ma…
-Lasciami stare, okay?- non ero abituata a così tante attenzioni da parte di ragazzi e di solito quando ero al centro della loro attenzione era perché si prendevano gioco di me. Incomincia a dirigermi verso l'aula della prima lezione
-Ma che ti prende? Sei sempre così strana? Volevo solo essere gentile- mi aveva raggiunta io continuavo a camminare il più velocemente possibile -Ti vuoi fermare? Smettila di scappare!-


Lip

Mi trovai di nuovo costretto a fermarla. Non volevo comportarmi così, ma non mi lasciava altra scelta.
-E da cosa starei scappando? Da te? Dilla la verità! Hai trovato quella a cui rifilare i tuoi stupidi giochetti, quella da prendere in giro durante l'anno insieme ai tuoi amichetti. E pensi che io ci caschi? Ne ho conosciuto tanti come te e non ho voglia di ripetere l'esperienza- la vidi andare via senza riuscire a dire una parola. Pensava che fossi davvero quel tipo di persona? Sì, okay, magari in alcuni momenti e con certe persone avrei potuto esserlo, ma non con lei. Lei più mi evitava più mi andava di conoscerla, di sapere la sua storia. Entrai nell'aula di fisica e trovai posto nelle ultime file. Una lezione più noiosa di quella non poteva esistere. Scappai alla fine della prima ora e mi accesi una sigaretta. Possibile che la mia mente non pensasse altro se non lei? Stavo diventando ridicolo! Passò davanti a me la ragazza che mi ero lasciato scappare la scorsa notte e avevo deciso che avrei recuperato il tempo perduto-Hey! Ti va di venire nella mia stanza?- la ragazza mi squadrò e poi mi seguì.  Amavo il college!

Mezz'ora dopo ero di nuovo in giro per i corridoi, ero riuscito a rilassarmi e avevo messo a fuoco cosa mi stesse succedendo negli ultimi giorni e avevo capito che era assurdoprendersela per una che nemmeno conoscevo, era meglio lasciar perdere. La giornata proseguì in una noia mortale tra studio, lavoro e sigarette. Telefonai a casa: Fiona era a lavoro, almeno così diceva Debbs, Liam dormiva e Carl guardava la tv… per fortuna tutto nella normalità.

Bea

Erano passate tre settimane dal mio arrivo a Chicago e ancora non avevo stretto amicizia con nessuno, a parte la mia compagna di stanza: una ragazza strana, molto estroversa; ascoltava musica praticamente tutto il giorno e in qualsiasi momento la incontrassi aveva sempre il sorriso stampato sulla faccia… A volte era irritante con tutta quella felicità, o magari la mia era solo invidia. Lip lo vedevo di rado, quando potevo evitarlo lo facevo, quando era inevitabile cambiare strada ci scambiavamo un semplice "ciao" per educazione. Il mio cellulare non smetteva di squillare e io puntualmente facevo finta di non sentire, tanto sapevo già che dall'altra parte del telefono c'era sempre la stessa persona.
Erano quasi le due di notte e io non ero riuscita a prendere sonno: il materasso scomodo e i vicini di stanza con la musica a tutto volume non aiutavano. Il cellulare aveva squillato tutto il pomeriggio e non avevo studiato nulla… Mi alzai e andai a fare un giro per prendere una boccata d'aria. Mi stirai sul prato, respirai profondamente cercando di svuotare la mente
-Sei viva?- quella dannatissima voce. Avevo cercato di evitarla per tutto il tempo, da quando ero partita da Sacramento -Sai che non puoi evitarmi-  non volevo discuterne adesso, non avevo voglia di affrontarlo
-Vaffanculo Jane- mi alzai in piedi. Volevo andarmene, ma lui me lo impedì piazzandosi davanti a me. Aveva sempre la stessa aria da sbruffone
-Devi affrontarmi
-Ma cosa dovrei dirti! In che modo dovrei affrontarti? Dovrei picchiarti? Urlarti contro? Come dovrei affrontare l'uomo che ha ucciso mio padre?- avevo alzato il tono della voce
-Tuo padre era un assassino, Bea. Ha ucciso tante di quelle persone che abbiamo perso il conto!
-Non ti dava il diritto di ucciderlo! Non hai niente di diverso da lui!
-Non paragonarmi a quel mostro!
-Sei peggio!
-Stai attenta a quello che dici
-Perché? Mi ucciderai?
-Se fossi stato tuo padre avrei potuto farlo… Era pazzo- non riuscivo più a trattenermi gli saltai addosso e incominciai a dargli pugni sul viso. Urlavo e piangevo e tiravo pugni e urlavo.
-Mio padre mi amava! Era un ottimo padre!- Cercava di proteggersi, di bloccarmi, invano; non mi riconoscevo, non avevo mai fatto qualcosa del genere ma più mi accorgevo di quanto fosse assurda quella situazione più non riuscivo a fermarmi. Lui aveva ucciso mio padre ed era l'unica cosa su cui non riuscivo a darmi pace. Qualcuno da dietro mi bloccò le braccia
-Hey, calmati Tyson!- riconobbi la voce, l'unica familiare in quel posto lontano da casa
-Lasciami! Lasciami andare!- finii seduta per terra, con le sue braccia che cercavano di trattenermi. Dopo alcuni minuti la rabbia passò, le urla se ne andarono e rimasero solo le lacrime. Patrick si alzò e andò via dicendo che sarebbe tornato quando mi fossi calmata. Restammo io e lui, seduti sul prato: io in lacrime e lui in imbarazzo.
-Scusami.. Io… io non so che mi è preso
-Beh… quel tizio ti ha fatto incazzare
-Ti prego, lasciami sola
-Sei sicura che è quello che vuoi?- mi girai per guardarlo, sembrava preoccupato… Forse avevo sbagliato a trattarlo male, a stargli lontano
-No…- senza pensarci mi appoggiai alla sua spalla e continuai a piangere. Essere così fragile davanti a qualcuno che non conoscevo mi infastidiva ma allo stesso tempo era liberatorio, era passato troppo tempo dall'ultima volta che mi ero lasciata andare in quel modo.
Non sapevo quanto tempo fosse passato, mi accorsi solo di essere esausta e mi addormentai senza volerlo.

Mi svegliai avvolta in una coperta e con l'odore di erba bagnata sotto il naso. Avevo la schiena a pezzi e gli occhi mi bruciavano
-Ben svegliata- un bicchiere di caffè fumante ciondolava davanti i miei occhi. Mi sedetti e lo presi
-Grazie
-Figurati…Non sapevo facessi pugilato- lo guardai malissimo -Scusa, pessima battuta
-Mi dispiace per ciò che hai visto ieri, non è un buon periodo per me- mi fissava con i suoi occhi azzurri e per la prima volta mi accorsi di quanto fosse bello, nonostante il carattere da stronzetto.
-Credo che tu abbia bisogno di una serata diversa, una pausa da questo posto
-Cosa hai in mente?
-Una festa in stile Gallagher! Stasera torni a casa con me- mi tese la mano, io la afferrai e mi alzai dal prato umido
-Intendi casa tua?
-Sì. Ti divertirai!- disse euforico, io ero incredula di fronte ad una proposta che non mi sarei mai immaginata
-Sei sicuro che sia una buona idea?
-Tranquilla! Fidati! Sarà una serata indimenticabile!- il suo sorriso mi convinse definitivamente
-Okay, se lo dici tu, va bene! 

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Capitolo 4
*** I Gallagher ***


Lip

Ero sicuro si sarebbe divertita e allo stesso tempo vedendo in quanti casini hanno l'abitudine di cacciarsi i Gallagher, magari a fine serata si sarebbe sentita più sollevata. La aspettai davanti l'ingresso del college e insieme prendemmo la metro.
-Com'è andata la giornata?- aveva gli occhi stanchi, nonostante cercasse di nasconderlo con il trucco
-Bene, sociologia è molto interessante. Credo di aver scelto bene- accennò un debole sorriso -A te invece?
-Al solito… Ho dato un paio di ripetizioni, un panino al volo e poi lezioni… sono stanco
-Puoi riposare se vuoi
-No, preferisco restare sveglio. Mi chiedevo se ti andasse di raccontarmi quello che è successo l'altra sera
-Veramente è un episodio che vorrei lasciarmi alle spalle
-Deve esserci stato un motivo per prendere a pugni quell'uomo
-Sì, c'era il motivo ma non voglio parlarne
-Perché?
-Perché è una cosa troppo personale e non mi va di raccontarla
-Io credo che faresti bene a raccontarmela, non dovresti portare tutto il peso da sola- mi guardò sorridendo
-Vuoi condividere il mio peso?
-Perché no… In fondo stiamo diventando amici
-Direi che "amici" è una parola grossa
-Ti sto portando a casa mia
-Ma ci sono già stata
-Per puro caso
-Non cambia il fatto che non ti conosco abbastanza
-E tu vai a casa di un ragazzo che non conosci abbastanza?
-Lo faccio per rivedere Liam, quel bambino mi ha fatto innamorare
-Ma se lo hai visto due secondi!
-Colpo di fulmine! E poi c'è anche Ian
-E' gay…
 -Lo so, stupido!
-Magari non c'è nessuno- stavolta mi guardava male sul serio -forse ti sto attirando in una trappola, lontano dall'università, in un posto isolato dove poterti uccidere- quello che dicevo sembrava sconvolgerla, tanto che diventò pallida
-Che cazzo stai dicendo?
-Dico che non mi conosci e questo è un tuo grosso svantaggio- era come se stesse pensando che avrei davvero potuto ucciderla, ma dopo la mia risposta parve rilassarsi leggermente
-In realtà neanche tu conosci me
-Ti conosco più di quanto tu possa pensare
-Ne sei così sicuro?
-Assolutamente sì- mi guardò con aria di sfida
-Allora dimmi chi sono- feci finta di pensarci su due secondi
-Sei una ragazza che difficilmente si espone agli altri, con una sensibilità fuori dal normale, abituata a prendersi cura delle persone a cui tiene. Pensi che gli altri vogliano sempre ferirti e che nessuno possa darti quello che cerchi. Più o meno è tutto.- la mancanza di una sua risposta mi dette ragione…
-Cosa ho vinto?
-Un bel niente… non abbiamo scommesso
-Ma come… ho fatto tutta questa fatica per entrare nel tuo inconscio e alla fine nessuna ricompensa? Sei ingiusta- tra una risata e l'altra arrivammo a casa.


Bea

Quando entrammo non sembrava nemmeno la stessa casa, forse perché era strapiena di gente. Riconobbi subito Ian dai capelli e anche perché era tra i più alti lì dentro.
-Ciao gente!
-Hey Lip!- ad un tratto tutti gli occhi erano puntati su noi due, o forse solo su di me
-Ragazzi, lei è Bea una mia amica
-Ciao a tutti, è un piacere conoscervi
-Lo sarà ancora per poco!- disse un signore alto e con i capelli rasati che venne colpito alla testa da una ragazza di colore a mo' di rimprovero
-Kev, finiscila! Scusalo… è un po' stupido, io sono Veronica- le strinsi la mano, subito dopo Ian si avvicinò mentre Lip scomparve in cucina. Non ne ero sicura ma i due si erano scambiati un cenno, come a dire "teniamola d'occhio e speriamo bene"
-Allora… loro sono i nostri vicini di casa- disse indicando la coppia che si era già presentata -poi ci sono Debby, Carl, Mickey, Svetlana con il piccolo Yev ed infine Fiona che dovrebbe arrivare da un momento all'altro- indicò man mano le persone che nominava. Lip tornò con una birra in mano
-Tieni, comincia la festa- disse togliendomi dalle mani la busta con le due bottiglie di vino prese prima di partire -le metto in frigo, la giacca puoi appoggiarla dove vuoi, mentre lo zaino lo porto di sopra- mi guardò per due secondi, probabilmente vide il mio imbarazzo -guarda che puoi muoverti da lì, rilassati- si avvicinò al mio orecchio -Qui nessuno ti giudica- e salì al piano di sopra. Bevvi un lungo sorso di birra e mi avvicinai ai vicini di casa
-Allora… che lavoro fate?
-Abbiamo un bar, qui vicino: l'Alibi. Con tutti gli ubriaconi che ci sono qui attorno è come il miele per le api- disse Kev -tu studi le stesse cose che studia Lip?
-Ehm… veramente no. Io studio sociologia, non è una facoltà scientifica. Io in matematica sono negata
-Anche io, Lip mi ha salvato il culo un sacco di volte. È un genio
-Sì, lo penso anche io
-Mi sei simpatica, sono contento che ha trovato una ragazza come te
-Oh, noi non stiamo insieme, siamo solo amici
-Davvero?- intervenne Veronica nel discorso
-Sì
-Questa è bella: Lip ha un'amica!- sentii la porta della cucina aprirsi
-Ciao famiglia!- una voce femminile precedette l'arrivo in salotto di una ragazza bellissima che sospettai essere Fiona.  Veronica le andò subito incontro
-Devo raccontarti cosa è successo oggi! Non ci crederai mai- così scomparirono in cucina
-E' sempre così. Sono come due sorelle ormai, a volte mi sento il terzo incomodo
-Hey! Guarda chi ti ho portato!- Lip spuntò dalle scale con in braccio il piccolo Liam e me lo piazzò sulle gambe -il tuo principe azzurro- mi guardò per un secondo. Le nostre facce erano vicine, troppo vicine e il cuore accelerò i battiti. Il silenzio calò in casa. Mi voltai e notai che di nuovo tutti ci stavano fissando.
-E tu chi saresti?- Fiona mi guardava con aria sospetta -sei la nuova che si sbatte mio fratello?- due occhi severi mi guardavano e se avessero potuto, mi avrebbero incenerito
-No, io…Sono Bea
-E chi cazzo se ne frega- mi si gelò il sangue, non sapevo cosa fare, ero pietrificata. Ci furono parecchi secondi di silenzio poi Lip scoppiò a ridere e tutti gli altri lo seguirono, io li osservavo stordita, senza capire che mi stavano tutti prendendo in giro. Lip mi accarezzò il braccio
-Stava scherzando… stai bene?- feci cenno di sì con la testa e sorrisi mentre notavo che Fiona si avvicinava. Dovevo riprendermi dallo shock prima che mi facessero qualche altra domanda
-Scusa per lo scherzo, ma a volte è più forte di me, non resisto- aveva un sorriso bellissimo, in effetti non aveva un difetto
-Tranquilla
-Come fai a conoscere Liam?
-Quando sono arrivata a Chicago ho bussato a questa porta per chiamare un taxi e mi ha aperto Ian che si è offerto di accompagnarmi. Nel frattempo che lui si sistemava sono rimasta qui e dalla cucina è arrivato lui- stava giocando con le mie mani e non smetteva di ridere. Fiona lo guardava come se fosse l'unica gioia della sua vita. Poggiai la mano sulla gamba di Lip che subito si girò a guardarmi
-Puoi dirmi dov'è il bagno?
-Ti accompagno subito
-Dallo pure a me- posai Liam tra le braccia della sorella maggiore. Il piano di sopra era diviso in diverse stanze e caotico come mi aspettavo
-Ti stai divertendo?
-Abbastanza
-Ti sei rilassata un po'?
-Assolutamente- risposi da dentro il bagno
-Vedi che adesso siamo passati a sole risposte positive?
-La tua famiglia mi fa questo effetto
La serata continuò tranquillamente, ad un certo punto qualcuno alzò la musica e incominciarono tutti a ballare, Lip mi prese per mano e mi trascinò al centro della stanza. Ero imbarazzata non avevo mai fatto nulla del genere, ma i bicchieri di vino e le birre bevute mi aiutarono a sciogliermi e mi ritrovai a ballare fra le sue braccia. Mi strinse a sé e io gli misi le mani attorno al collo, le mie dita danzavano tra i suoi capelli, le sue mi cingevano i fianchi. Ero tranquilla come non mi capitava da molto tempo e sapevo che, in gran parte, era merito suo. Quando i bambini andarono a letto restammo noi "adulti" e mi raccontarono un po' la loro vita. Non avrei mai immaginato che quella famiglia ne avesse passate così tante e nonostante tutto fossero ancora così uniti. Quando Fiona parlava dei suoi fratelli, specialmente di Lip le brillavano gli occhi, si era presa cura di tutti lì dentro, mi chiesi quando il destino le avrebbe sorriso.

Credo fossero le tre di notte quando io, Lip, Ian e Mickey uscimmo di casa per andare a ballare. Ci ritrovammo in una discoteca strapiena di gente e subito ci buttammo nella mischia, ero abbastanza brilla ma ancora lucida da rendermi conto di quello che avevo attorno, in confronto l'ambiente delle feste del college era nulla! Non ero abituata a posti come quello, né tanto meno ad essere guardata come mi guardava Lip in quel momento. Si avvicinò al mio orecchio
-Sei bellissima- lo guardai sbalordita
-MI sa che sei ubriaco
-Mi ci vuole molto di più per essere ubriaco. Tu, piuttosto… te la stai cavando abbastanza bene, hai fatto una buona impressione a tutti. Kev ti adora!- i nostri sguardi si fecero più intensi. Sapevo quello che sarebbe successo da lì a pochi secondi, una parte di me avrebbe voluto darlo quel bacio; l'altra parte, quella prudente, quella insicura, sapeva che baciarlo sarebbe stato un grande, anzi grandissimo errore, prima o poi ne avrei sofferto. L'importanza, il valore che per me aveva un bacio non era lo stesso che gli dava lui. Chissà quante ne aveva baciate di cui magari non conosceva neanche il nome, il pensiero mi dava alquanto fastidio. -A cosa pensi?
-A tutte le ragazze che hai baciato fino ad ora
-Seriamente? Sto per baciarti e tu pensi alle altre?
-Sì e comunque tra noi non ci sarà alcun bacio
-Ne sei davvero sicura?
-Smettila di guardarmi in quel modo
-Non posso farne a meno, sei magnetica
-Finiscila, non cambia nulla.- gli dissi ridendo, si rassegnò all'idea che le nostre bocche non si sarebbero toccate e continuammo a ballare come se non ci fosse stato nessuno intorno a noi.
Tornammo a casa all'alba e mi accompagnò in quella che doveva essere la sua stanza. C'era un letto matrimoniale e subito ci si buttò sopra, esausto
-Ehm… io dove dormo?- mi guardò stranito
-Se non l'avessi notato qui ci stanno due persone
-Okay, io dormo sul lato del muro- mi spogliai restando in intimo e mi infilai sotto le lenzuola -Buonanotte
-Così in fretta?
-Ho sonno…
-Dai, resta sveglia un paio di minuti. Per domani: devo sbrigare due commissioni e poi possiamo tornare al college
-Per me va bene, non ci sono problemi- mi sentivo osservata, sapevo che mi stava fissando -Lip, che vuoi?-
-Volevo chiederti…- la frase rimase sospesa nel vuoto. Mi voltai e lui era lì a pochi centimetri dal mio viso, dalle mie labbra. Si avvicinò a me
-Lip…- mi accarezzò la guancia, la sua mano calda stranamente mi fece venire i brividi, il suo pollice sfiorò le mie labbra. Il mio cervello stava andando in tilt, l'unica cosa che riuscivo a fare era guardare i suoi occhi che sembravano più scuri. Era così vicino e sapevo che era troppo tardi per tirarmi indietro. E forse non volevo neanche. La sua mano adesso premeva contro la mia nuca per fare in modo che mi avvicinassi a lui, non ebbe bisogno di sforzarsi più di tanto... Eravamo talmente vicini che potevo sentire il suo respiro sulle mie labbra. Il mio cuore aveva accelerato i battiti e mi girava la testa. Mi baciò. Le sue labbra erano così morbide, molto meglio di come immaginavo. Adesso dovevo fare io la mia parte, così le nostre labbra incominciarono una danza perfetta, unica; man mano che acquistavamo sicurezza aumentavamo il ritmo, le nostre lingue si intrecciavano, si cercavano e non accennavano a staccarsi l'una dall'altra fino a quando non restammo senza fiato.

 

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Capitolo 5
*** Il settimo incomodo ***


Lip

Era tutto così diverso. Niente che avesse a che fare con Mandy o con Karen. Lei era diversa, c'era qualcosa di unico. Anche il bacio che si era appena concluso era diverso da qualsiasi altro bacio che avessi dato. I suoi occhi fissi su di me mi rendevano vulnerabile, sentivo il suo respiro affannato e, se ci fosse stato più silenzio, avrei anche potuto sentire i battiti del suo cuore.
-A cosa pensi?
-Pensavo quanto pagherò caro questo bacio, un giorno più o meno lontano
-D'altronde sei una persona positiva- il suo sorriso comparì per qualche secondo -Quindi non ce ne saranno altri?
-Devo pensarci…- mi sfiorò i capelli -Tu mi farai impazzire
Restammo così, l'uno di fronte all'altra, senza chiedere di più, solo guardandoci fino a che i nostri occhi non si chiusero.Quando mi svegliai lei non era più a letto.
La trovai seduta in cucina con Liam in braccio
-Hey- si girò a guardarmi. Aveva un fantastico sorriso e sembrava finalmente serena
-Ben svegliato- mi avvicinai le accarezzai una spalla e le diedi un bacio tra i capelli, aspirandone tutto il profumo
-Hey, piccoletto!- salutai Liam che sembrava stare bene insieme a lei -Tra un po' vado a fare quelle commissioni che ti avevo detto ieri, poi sono tutto tuo- nonostante fossi di spalle, la sentii ridere
-Invece potrei venire con te, che ne dici?
-Non penso sia una buona idea
-Perché?
-Perché devo vedere dei tizi che cercano mio padre e devo mettere le cose a posto, non voglio che ti vedano con me- cercai di essere abbastanza convincente
-Pensi che non sarei capace di gestire la situazione?
-Guarda che non c'è nessuna situazione da gestire
-Sai quello che voglio dire: pensi che non sia abbastanza "dura" o che non possa sopportare quello che sopporti tu?- la guardai scioccato
-Bea, ma che cazzo stai dicendo! Voglio solo che resti a casa con Liam
-Ti caccerai nei guai?
-Non penso, ma nel caso succedesse saprò come uscirne
-Potrei esserti d'aiuto
-Oppure essere un peso- dissi scocciato. Mi fulminò con lo sguardo
-Pensi che io sia un peso?- si alzò, posando Liam nel seggiolino -Allora sai che ti dico? Il peso si toglie dal cazzo e se ne torna da dove è venuto!- stava andando via e io non potevo fermarla, non in quel momento, altrimenti avrebbe insistito per venire con me e saremmo tornati al punto di partenza. Era meglio che stesse lontano da me per le ore successive.
L'uomo che dovevo incontrare era un energumeno di 130 chili che da un paio di mesi era alla ricerca di Frank perché gli aveva fregato della coca durante un affare, come facesse a mettersi in certi guai lo sapeva solo lui; fatto sta che ancora una volta qualcuno della famiglia doveva intervenire per salvargli il culo e quella volta era toccato a me.
Girato l'angolo vidi lui e altri due che mi aspettavano. Sperai che quello che avevo messo da parte sarebbe bastato, altrimenti era la volta buona per finire in ospedale.
-Hey, gente! Come va?
-Dove cazzo è Frank?- il capo fece un passo avanti
-Lo conosci… Se non vuole essere trovato scompare dalla circolazione. Però sono venuto io al suo posto. Allora, quanto vi deve?
-Cinque mila… - cazzo, ne avevo solo tre, le cose non si mettevano per niente bene
-Che ne dite di due?
-Non sono trattabili. Quel pezzo di merda mi ha fregato e nessuno puo' fregarmi!- il bestione incominciava ad innervosirsi
-Okay, okay… io ho solo tre mila. Non puoi aspettare un paio di settimane?
-No.- la risposta non lasciava spazio ad altre suppliche -se non hai il resto, rimediamo subito- disse con l'aria sempre più minacciosa. Si avvicinavano sempre di più e avevo capito perfettamente che le avrei prese se non mi fossi inventato qualcosa all'istante…
-Ragazzi, ascoltate: intanto prende i soldi, il resto vi arriverà
-E chi ce lo garantisce? Facciamo che invece prendiamo i soldi, ti diamo una lezione e siamo pari, così Frank si ricorderà di non mettere più naso nei nostri affari.- certo, come se a Frank importasse qualcosa di me, o dei suoi figli in generale! Ma sapevo che era inutile provare a dissuaderli, ormai avevano in mente di massacrarmi, quindi mi preparai a ricevere la dose di pugni e calci, cercando di salvare il salvabile…

Bea

Ero arrabbiata.

Mi considerava una senza palle, mica sapeva quello che avevo passato! Non lo sapeva e neanche potevo dirglielo e questo mi faceva sentire peggio. Avevo incominciato a camminare senza rendermi conto di dove stessi andando realmente, avevo solo voglia di sbollire la rabbia. Dovevo davvero tornarmene al college? In realtà non volevo andare via senza di lui e senza aver chiarito come stavano le cose tra noi. Non sapevo come comportarmi con lui, ero sempre sotto pressione, il bacio della scorsa notte mi aveva fatto capire quanto Lip in realtà mi piacesse: avevo cercato di evitarlo, di stare lontana da lui, ma più le settimane passavano più facevo fatica a non incrociare il suo sguardo nei corridoi dell'università. Il prossimo passo era capire quanto io fossi disposta a rischiare per stare con lui… Sempre che lui volesse stare con me.
Mi ero ritrovata in un parco, non sapevo come ci fossi arrivata, ero talmente immersa nei mie pensieri che non ricordavo più la strada per tornare dai Gallagher. Tornai indietro e provai a prendere la strada sulla destra; non vedevo nulla di familiare, la strada era trafficata ma non volevo fermare nessuno per chiedere informazioni. Quando stavo per arrendermi di fronte a me vidi l'insegna dell'Alibi; attraversai di fretta ed entrai nel bar: la prima cosa che mi colpì di quel posto fu l'odore, o meglio la puzza di alcol mista a sudore che si respirava lì dentro; gli occhi fecero fatica ad abituarsi al buio che c'era, ma appena misi a fuoco riuscii a notare le figure che mi guardavano incuriosite
-Bea! Che ci fai qui?- mi voltai verso il bancone dove Kev mi aspettava sorridente -Come sei arrivata da queste parti? C'è Lip con te?
-Ciao Kev, no sono sola, anzi mi chiedevo se tu l'avessi visto
-No, è raro vederlo da queste parti
-Chi è che cerca Lip?- sentii la voce di un uomo che proveniva dalla fine del bancone, ma non riuscivo a vedere la persona che parlava
-Hey Frank, lascia stare la ragazza- il tizio che sembrava chiamarsi Frank si avvicinò a me. Era un uomo non troppo alto e ridotto abbastanza male, aveva tutta l'aria di essere un barbone -Frank, torna a sederti
-Perché cerchi Lip?- lo guardai meglio, chissà perché mi chiedeva di Lip, poi pensai che la sera prima, mentre eravamo seduti in soggiorno, Fiona aveva più volte nominato un certo Frank, ma non sapevo chi fosse
-Beh, io e Lip abbiamo litigato stamattina e volevo chiedergli scusa
-Frank, lascia stare la ragazza- guardai Kev, non capivo perché insistesse così tanto per non farmi parlare con quell'uomo
-Lei conosce Lip?
-Se lo conosco? Pff! Direi di sì dato che è uscito dalle mie palle!
-Lei è suo padre?- ero scioccata, non avrei mai immaginato che il padre di quei sei ragazzi così in gamba fosse un nullafacente come quello che avevo di fronte.
-E tu chi sei?
-Lo sa che suo figlio stamattina è andato a salvargli il culo? Che razza di padre è uno che lascia che il figlio lo tolga dai casini?
-Hey mocciosa, chi sei tu per giudicare il mio lavoro di padre!- era visibilmente ubriaco e si avvicinò più del dovuto
-Bea, che ne dici se vai a casa mia? Dovrebbe esserci Vi, io torno appena posso
-Non so come tornarci, mi sono persa
-Ah! Non sai neanche dove sei e punti il dito contro di me? Ecco dov'è finito il rispetto dei giovani d'oggi per noi adulti!- pensai che quel termine non gli si addiceva per nulla
-Sì, Frank, piantala… senti ti accompagno io. Svetlana, io esco, torno tra qualche minuto- non mi ero accorta che ci fosse anche lei, la salutai e poi seguii Kev fuori dal locale. Il vento freddo mi pizzicò il viso e finalmente potevo respirare aria pulita -Stai alla larga da quell'uomo. Dico sul serio, porta guai a chiunque- per la prima volta vidi Kev serio
-I ragazzi ci sono abituati, lui scompare e ricompare quando vuole, ormai loro vanno meglio avanti senza di lui
-Lip doveva vedere delle persone per risolvere dei problemi in cui Frank si era trovato. Pensi sia qualcosa di pericoloso?- mi guardò senza rispondere -Sarà vivo, giusto?- al pensiero di Lip morto sul ciglio della strada mi mancò il fiato
-Hey, è tutto okay? Lip se la sa cavare, è un tipo tosto. Stai tranquilla.

Arrivati a casa, quando aprii la porta mi trovai davanti ad un piano terra vuoto, deserto. La tv era spenta e non c'era traccia dei ragazzi
-Devi stare fermo! Come credi che possa darti dei punti se ti muovi ad ogni tentativo?- la voce di Veronica proveniva dal piano di sopra, quindi salii le scale e ispezionai tutte le stanze fino a quando non trovai Lip stirato sul suo letto e tutti i Gallagher attorno. Veronica aveva un ago in una mano e con l'altra teneva fermo il braccio di Lip, mi accorsi in un secondo momento del taglio sul braccio e alla vista del sangue mi girò la testa. Ricordo solo che da un secondo all'altro vidi nero.

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Capitolo 6
*** Qualcosa di nuovo ***


Lip

Solo lei poteva svenire alla vista del sangue! Era così ingenua che qualsiasi cosa non fosse legale, a partire dal furto di una caramella, avrebbe smosso la sua dolce anima, figuriamoci se l'avessi portata con me. Veronica continuava il suo lavoro e io cercavo di stare fermo il più possibile e ci riuscii anche grazie al tranquillante preso poco prima che arrivasse Bea. La mia situazione non era delle migliori: un paio di costole incrinate, cinque punti in fronte, tredici sul braccio e altre escoriazioni un po' ovunque. Con questa scusa speravo che Bea sarebbe rimasta e avremmo potuto parlare un po'.
-Lip, ho conosciuto Frank- disse dopo che restammo soli. Ci furono due secondi di silenzio -l'ho visto all'Alibi e forse ho accennato al fatto che oggi avresti incontrato quei tipi
-Bea devi imparare a farti gli affari tuoi
-Scusa, ma ero arrabbiata e ho detto la prima cosa che avevo in mente
-Speriamo solo che non si ripresenti qui, eravamo riusciti a togliercelo dai piedi. Si domanderà sicuramente come ho fatto a restituire i soldi a quel gigante e quando Frank sente odore di soldi niente puo' fermarlo- non avevo voglia di dare i miei risparmi a Frank, sarebbero serviti per i periodi di buio in casa, che non sarebbero tardati ad arrivare. Si avvicinò a me
-Mi dispiace, davvero. Posso farmi perdonare in qualche modo?- il suo tono era diverso, e anche i suoi occhi mi dicevano qualcosa di più profondo
-Bea, che vuoi dire?- si stese accanto a me e mi baciò. Di nuovo le sue labbra a contatto con le mie mi facevano perdere ogni contatto con la realtà, nel frattempo si mise a cavalcioni su di me, mentre io esploravo la sua schiena sotto la maglietta. La sua pelle era bollente e di tanto in tanto aveva dei brividi dovuti, credo all'eccitazione del momento. Si staccò dalla mia bocca per passare al mio collo, di certo la prima volta che la vidi non avevo pensato che sarebbe finita così. Il mio respiro, sempre più affannato, provocava un leggero dolore alle due costole, mi perdevo nel suo profumo, nelle sue carezze e nei suoi baci. Cercavo di resistere ma lei me lo rendeva alquanto impossibile: mi stavo eccitando e lei lo sapeva bene, dato che mi stava seduta sopra
-Mi fa piacere sapere che riesco a suscitarti qualcosa- la sua voce calda non fece altro che peggiorare la cosa, se fosse stato per me le sarei già stato sopra,  ma non potevo muovermi.
-Bea, mi stai provocando, sai che finirà male…- in tutta risposta lei mi morse il lobo di un orecchio e mi tolse la maglia, continuando a baciarmi ovunque. Non provavo da molto tempo quella sensazione. Feci lo stesso, rimasi piacevolmente sorpreso quando vidi i suoi seni già liberi, così cominciai a stuzzicarla un po', giocando con i suoi capezzoli che in qualche secondo si inturgidirono; sentivo il suo respiro diventare sempre più corto, cominciai a succhiarli più forte e a mordicchiarli, prima l'uno e poi l'altro mandandola fuori di testa.
-I pantaloni
-Cosa?
-Slacciami i pantaloni- fece come le chiesi e mi tolse anche i boxer, liberando la mia erezione. Mi guardò con gli occhi pieni di desiderio e si tolse il resto dei vestiti che aveva addosso -Sei sicura di volerlo fare?
-Sì- mi baciò, prima in bocca poi sul collo, scendendo fino alla vita -Non ho mai desiderato nessuno come desidero te. Mi fai perdere la testa- rimasi sorpreso nel sentire una dichiarazione così aperta, da lei che di solito non si esprimeva molto volentieri. La tirai su per le braccia, le presi il viso tra le mani e la baciai mettendoci tutta la passione che potevo. Lentamente la feci scivolare sotto di me, anche se questo significava soffrire un po', lo avrei fatto volentieri. Era intrappolata fra le mie braccia e io mi sentivo così potente e allo stesso tempo fragile. Le spostai alcune ciocche di capelli dal viso, la sua espressione era un misto tra eccitazione e preoccupazione. Infilai il preservativo e incominciai a muovermi dentro di lei, con delicatezza, sentii un leggero sobbalzo da parte sua accompagnato da un urlo soffocato. Entrai e uscii più volte da lei per darle il tempo di abituarsi, vedevo il suo viso cambiare espressione: dal dolore, all'incertezza fino a quando capii che era arrivata a sentire il piacere. In quel momento iniziai a muovermi seriamente, con spinte sempre più decise, dentro di lei, che ansimava e allo stesso tempo le sue dita stringevano i miei capelli, le sue labbra baciavano le mie sempre più vogliose e eccitate. Rallentai quando capii che stava per raggiungere l'orgasmo, per farle godere ogni singolo momento, e qualche istante dopo venne urlando il mio nome. Dopo un paio di spinte venni anche io e mi accasciai sul suo seno. Piano uscii da lei e mi stesi sul letto, mentre lei si alzò e andò verso il bagno.
Le costole mi facevano male, ma ne era valsa la pena; sicuramente non sarei rimasto a letto tutto il tempo , quindi mi alzai e iniziai a rivestirmi ma mi accorsi che sul letto c'erano tracce di sangue, mi controllai, pensando che si fosse aperto qualche punto ma non trovai niente. Pensandoci bene l'unica soluzione possibile era che Bea fosse vergine, cosa assurda, me lo avrebbe detto…
-Mi spieghi cosa significa questa?- le dissi quando rientrò in camera, lei guardò in direzione del dito e sbaraccò gli occhi alla vista del sangue
-Ti si sono aperti i punti?- si avvicinò per controllare il mio braccio
-No, Bea. Non è sangue mio quello- la fulminai con lo sguardò e dopo un secondo abbassò gli occhi in terra -Perché cazzo non me lo hai detto?!?- ero infuriato -Bea! Stiamo parlando della tua verginità!
-E allora? Sarebbe cambiato qualcosa se l'avessi saputo prima? Non lo avresti fatto?
-NO!- mi guardò delusa -Almeno, non così. Avrei trovato un'occasione migliore, avrei fatto con più calma
-Ma io non ti volevo più calmo, non volevo niente in più o in meno di quello che c'è stato! È stato bello così, non capisco il perché della tua agitazione…
-Cazzo… Possibile che tu non capisca? La prima volta è importante, non puoi farlo con chiunque ti capiti a tiro!-  la situazione si era invertita rispetto a stamattina, adesso ero io che alzavo la voce
-Tu pensi che io sia una che la da al primo che passa?
-No, per questo ti sto chiedendo perché tu non me lo abbia detto prima
-Perché mi piaci, stupido! Mi piaci davvero, non mi ero mai sentita così e…- aveva gli occhi lucidi. Davvero non mi ero accorto di ciò che provava? O avevo solo ignorato i suoi e i miei sentimenti? - e, per quanto risulti assurdo io voglio provare davvero a stare con te, a vivere qualcosa di serio. So che ci conosciamo così poco eppure quel poco a me basta…- mi sentii un peso di cento chili sulle spalle, non sapevo cosa rispondere, lei mi guardava speranzosa aspettando la mia risposta. Dovevo dirle qualcosa
-Ascolta, io ho voglia di conoscerti. Ma non voglio che tu finga di essere qualcuno che non sei, dobbiamo essere soltanto noi stessi, senza bugie e sotterfugi, okay?- fece un cenno con la testa, ma era ancora con gli occhi piantati a terra, le presi il viso tra le mani e la baciai -va meglio adesso?
-Sì, sto bene, scusami
-Non pensiamoci più, sto morendo di fame! Ti va di mangiare qualcosa?- mi guardò due secondi prima di sorridermi
-Certo! A patto che cucini io- disse avviandosi verso il piano di sotto

Bea

Nel frigo non c'era molto ma riuscii lo stesso a inventarmi qualcosa per sfamare Lip, Carl e Debby. Misi tutta la mia concentrazione nel preparare il pranzo in modo da non pensare al fatto che quella mattina avevo perso la mia verginità, al solo pensiero mi tremavano le mani. Era stato tutto così perfetto, non avevo detto la verità a Lip solo perché avevo paura che mi rifiutasse, ero stata stupida ma alla fine ero contenta per come stavano andando le cose tra noi due. Apprezzavo molto il riguardo che aveva nei miei confronti, sembrava attento ad ogni passo che facevo. Passammo il resto della giornata a casa, così avevo avuto il tempo di capire chi erano più o meno i Gallagher… Lip mi raccontò di come loro madre li abbandonò quando Liam aveva solo pochi mesi e di come lui e Fiona avevano preso in mano le redini della famiglia, dato che su Frank non si poteva fare affidamento. Mentre parlava la sua voce assumeva sfumature differenti: passava dalla delusione alla rabbia, alla rassegnazione e in fine, guardandomi negli occhi, mi disse
-Sei la cosa più bella che mi sia capitata da molto tempo a questa parte- non potei che sorridere a quell'affermazione, ma allo stesso tempo mi sentivo così in pena per loro. Il piccolo Liam aveva in qualche modo preso una certa confidenza con me e sembravo davvero stargli simpatica, tanto che mi dispiaceva andarmene proprio in quel momento
-Se vuoi possiamo restare anche stasera, però domani dobbiamo per forza rientrare- Lip non ebbe neanche il tempo di finire la frase che lo trascinai fuori diretta al primo supermercato, per comprare qualcosa da mangiare
-Ma cosa devi farci con quella?- mi chiese quando misi nel carrello un pacco di farina
-Lascia fare a me! Stasera penso io a tutto, rimarrai a bocca aperta- gli sorrisi soddisfatta

Tornati  a casa incomincia a mettermi a lavoro: liberai il piano lavoro, lo pulii e incominciai a preparare l'impasto
-Vuoi dirmi che diavoleria stai preparando?- disse sporcandomi il naso di farina
-Non ti ho mai detto di avere origini italiane?
-Veramente no
-Mia mamma ha vissuto fino a 12 anni a Napoli, poi si è trasferita qui con i miei nonni e a 24 anni a conosciuto mio padre. Solo dopo 4 mesi si sono sposati e poi sono arrivata io…  Io e lei abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto…- lasciai la frase incompleta, un magone alla gola mi impediva di parlare… come ero arrivata a quel discorso? Perché li avevo nominati? Dovevo cambiare argomento, era difficile spiegare e soprattutto non era il momento -tutto questo per dirti che mangeremo pizza!-
-La farai tu?- chiese Debby che subito si avvicinò
-Se volete potete aiutarmi, non è difficile, ci vuole solo un po' di pazienza perché la pasta deve lievitare- accettarono tutti molto volentieri l'idea e, con un po' di disastri e nel doppio del tempo che ci avrei messo da sola, riuscimmo ad avere un ottimo risultato. Ognuno aveva deciso come fare la propria pizza e tutti furono soddisfatti. Mi sentivo felice come non ero da tanto, avevo dimenticato tutto quello che mi aveva perseguitato per anni e tutto mi sembrava perfetto... Fino a quando Frank si presentò alla porta. Ian aveva provato a non farlo entrare ma aveva più forza di quanto non sembrasse
-Ma che profumino… vedo che ve la passate bene!- disse guardando la tavola e cercando di prendere un pezzo di pizza
-Hey!- Carl scacciò via la sua mano- questa è nostra!
-Che vuoi Frank?- Fiona prese la situazione in mano
-Sapere come avete fatto a togliervi dai piedi Paul e i suoi amichetti- disse guardando Lip
-Li ho incontrati e ho detto semplicemente che eri scomparso e che dovevano lasciarci in pace perché noi non abbiamo nulla a che fare con i tuoi casini
-Bella storia, peccato che ho parlato con loro questo pomeriggio e mi hanno raccontato che tu hai pagato fino all'ultimo centesimo. Allora, dove posso prendere quello che mi spetta?- incominciò a frugare in giro per la casa con i suoi sei figli che gli andavano dietro per impedire che quella sottospecie di padre potesse fare ulteriori danni.
Rimasi seduta in cucina, sentivo i rumori dal piano di sopra. Non potevo fare a meno di pensare a quell'uomo: lui non era un padre, un padre non poteva comportarsi in quel modo! Mio padre era stato un padre esemplare: non aveva mai perso una mia gara di spelling, era stato sempre attento a non dimenticare nessuna occasione importante. L'unica cosa che mi rendeva triste erano i lunghi periodi passati fuori casa per lavoro: a volte stava via mesi e mesi; diceva di dover sbrigare degli affari importanti per la compagnia d'assicurazioni per cui lavorava… Diceva…

-Devi andartene! Abbiamo deciso che tu qua non ci puoi stare!- la voce di Debby riportò la mia attenzione in quella casa. Assistere a quella scena mi fece tornare il buon umore: i sei fratelli tiravano Frank per i piedi giù dalle scale e lo sbattevano fuori. Se lo meritava. Subito dopo Ian corse in cucina per chiudere a chiave l'altra porta mentre Fiona si occupava delle finestre al primo piano, gli altri tornavano a tavola e dopo pochi minuti sembrava che non fosse successo nulla, nonostante da fuori si sentivano ancora le imprecazioni di Frank.

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Capitolo 7
*** Tutto ciò che c'è da sapere ***


Lip

La cena era stata fantastica, nonostante la breve interruzione di Frank. Ma quello era un problema che non si sarebbe mai risolto. Salimmo in camera, avevamo deciso di andare da qualche parte a divertirci un po' ma avevamo farina ovunque e avevamo optato per una doccia veloce, almeno a parole… a fatti la doccia durò più del previsto. Non era passato momento della giornata nel quale non avessi desiderato riaverla, possederla di nuovo era una sensazione esilarante. Lei era più sciolta rispetto alla mattina, e sentivo che era più propensa a godersi il momento.
Mezz'ora dopo eravamo diretti in un locale non molto distante da casa per passare delle ore senza pensare.

-Non ti da fastidio che si comporti in questo modo?- aveva chiesto all'improvviso, non ci voleva un genio per capire di chi stesse parlando

-Sì, ma cosa posso farci? È sempre stato così e dopo tutto è sempre mio padre

-Io non sarei riuscita a viverci con un padre così

-Perché, il tuo si è sempre comportato in modo impeccabile?- non mi rispose, era come se stesse trattenendosi dal dire qualcosa

-Con me sì

-Con gli altri?

-Credo che sia il caso di muoverci oppure dovremmo fare la fila- aveva decisamente cambiato argomento e accelerato il passo

-Bea?

-Che c'è?- non accennava a rallentare

-Perché ti sei innervosita?- si bloccò di colpo, mi si piazzò davanti e senza dire parola incominciò a baciarmi. Mi sorprese questa sua reazione. Le sue braccia intorno al
mio collo stringevano la presa, io la presi per i fianchi e la strinsi ancora di più a me, finché i nostri corpi non furono del tutto appiccicati; il bacio si faceva sempre più intenso, le nostre lingue giocavano a rincorrersi, un gioco estremamente piacevole che non volevamo interrompere. Le strinsi il viso tra le mani, sentii le sue guance umide, aprii gli occhi e mi accorsi che piangeva

-Hey hey, che succede? Ho fatto qualcosa di sbagliato?- appoggiò la testa sul mio petto, il suo leggero singhiozzare mi preoccupava sempre di più -Bea, cosa è successo? Parlami! Mi stai facendo preoccupare- mi stringeva forte -Non ti lascio, con me sei al sicuro. Non ti farò del male, puoi dirmi quello che ti sta succedendo, io sarò comunque qui- scoppiò in un pianto ancora più forte, sentivo di aver peggiorato la situazione. -Okay, okay… - la allontanai da me per guardarla negli occhi -devi calmarti un attimo e spiegarmi che diavolo sta succedendo- mi fissava come per scrutare qualcosa, vedevo la sua indecisione nel parlare, stava decidendo se raccontarmi il suo segreto, se poteva fidarsi di me. Dopo qualche secondo prese un bel respiro profondo e cominciò a parlare

-Non mi fido delle persone. Non mi fido neanche di me stessa a volte. Ma… ma io non riesco più a mentirti. Sono la persona più onesta del mondo ma questa cosa mi sta uccidendo! Non riesco a farci i conti, pensavo che sarebbe scomparsa andando via da Sacramento e invece mi perseguita e io non posso, non posso stare con te. Non posso affrontare tutto questo e allo stesso tempo far finta di niente vivendo tutta questa cosa meravigliosa che tu mi stai facendo vivere. Scusami, davvero.
Non ebbi neanche il tempo di pensare, di capire quello che cercava di dirmi, di rispondere a quel macigno che mi aveva appena lanciato addosso. Lei stava già andando via e io non sapevo cosa fare perché mi sembrava tutto troppo strano, assurdo.
-Brava! Ottima scusa per farla finita! Non potevi essere più originale!- furono le uniche parole che riuscii a gridarle dietro, senza pensarci, senza che passassero dal cervello. Mi sentii stupido due secondi dopo averle dette.
Tirai fuori il pacchetto di sigarette e ne presi una e dopo averla fumata ne presi un'altra e feci lo stesso. Il nervosismo non passava. Non riuscivo a credere a quello che avevo appena ascoltato, pensai alle sue parole: aveva qualcosa che la perseguitava… e ovviamente Sacramento ne era la chiave. Pensando, la mia mente andò subito a tre giorni fa, quando la trovai nel pieno della notte intenta a riempire di botte quel tizio. Non aveva mai voluto dirmi chi fosse e che diamine volesse da lei. Doveva per forza c'entrare qualcosa! Dovevo chiederle che cosa mi nascondeva, non poteva mollare tutto così! Mi alzai e andai verso casa, potevo ancora raggiungerla, iniziai a correre e per poco un taxi non mi mise sotto. Quando arrivai Ian mi disse che lei aveva preso le sue cose ed era andata via con un taxi. Probabilmente lo stesso che mi stava per investire. Ma l'avrei rivista, non sarebbe finita così!

Passai la notte in bianco pensando a cosa avrei potuto dirle l'indomani all'università. Ripensai a come aveva capovolto la mia vita negli ultimi giorni e mi sentivo ancora peggio al pensiero che tutto era durato così poco, avevo pensato che questa volta sarebbe stato diverso, che le cose non sarebbero andate a puttane come sempre e invece la vita mi aveva fatto ricordare che non ero altro che un fottuto Gallagher e che le cose per me non potevano finire bene. Presi la metro alle prime luci del mattino e fui all'università molto prima che cominciassero le lezioni. Mi sedetti di fronte alla sua porta: non mi sarei spostato di lì fino a quando tutto non mi fosse stato chiaro.

-Hey! Hey!- una voce squillante mi riportò al mondo reale - Si puo' sapere che ci fai qui davanti?- una ragazza dai capelli viola continuava a punzecchiarmi col piede -Sai che sembri uno stalker? Devo chiamare la sicurez…

-Oh! Piantala.. Ho capito, mi alzo! Che ora è?

-Sono le nove e mezza e io sono in ritardo!

-Cazzo…Bea è già uscita?

-Veramente non è mai rientrata, sono quattro giorni che non si fa viva.- mi allontanai, magari era in biblioteca, lei amava leggere, sì: l'avrei trovata lì sicuramente. E invece
niente; a quel punto non mi restava che setacciare l'intera università e vedere se si fosse almeno presentata alle lezioni che frequentava di solito.

Passai l'intera giornata a cercarla ma non era da nessuna parte. Feci lo stesso nei due giorni successivi ma il risultato non cambiò, perciò dedussi che sicuramente aveva fatto ritorno a Sacramento. Dopo una settimana decisi anche di smetterla con le inutili chiamate e i patetici messaggi lasciati in segreteria, se non voleva parlarmi era inutile insistere. Passai i giorni concentrandomi sullo studio e su quello che potevo fare del mio futuro. A casa le cose non andavano molto male, anzi Fiona aveva preso un buon ritmo con il nuovo lavoro e tutti avevamo trovato l'equilibrio giusto per non mandare tutto a puttane, nonostante l'intromissione nelle nostre vite di Frank. Quando potevo davo ancora ripetizioni, ovviamente, essendo in università, mi facevo pagare molto di più rispetto al liceo, questo mi permise qualche svago in più.

Stavo passando una bella serata in ottima compagnia che si sarebbe conclusa nel migliore dei modi se non fosse apparso dal nulla il tipo che Bea aveva pestato: un uomo in completo grigio, sulla quarantina, capelli tra il biondo e il rossiccio, linea slanciata, camminava avanti e indietro di fronte l'università

-Hey!- lasciai perdere le due bionde e mi avvicinai a lui -hey tu!- l'uomo si fermò e si voltò verso di me

-Dici a me?- disse puntando il suo indice contro se stesso

-Sì! Che cazzo di fine le hai fatto fare?- lo presi per la giacca trascinandolo fino al muro

-Di chi stai parlando?

-Lo sai benissimo! Dov'è Bea?

-È la stessa domanda che mi sto facendo da una settimana circa, tu non sai dirmi niente?- non sapeva dove fosse? Oppure mi stava prendendo in giro?

-Ero lì la notte che stavate litigando, dimmi dov'è!

-Sei il suo ragazzo?

-Adesso ti spacco la faccia

-Tu pensi che le abbia fatto del male?- quel tizio mi stava facendo perdere la pazienza ma era l'unico che poteva sapere qualcosa di Bea e questa era la cosa che mi interessava

-Io la sto cercando proprio come te e se devo essere sincero sono seriamente preoccupato. Sono abituato a non sentirla rispondere alle mie chiamate ma non vederla qui mi fa capire che c'è qualcosa che non va, non salterebbe mai le lezioni, quando è stata l'ultima volta che l'hai vista?

-Cosa sei, uno sbirro?

-Una specie… devi aiutarmi a trovarla, è una cosa molto importante e tu puoi essermi di grande aiuto- dovevo fidarmi? Potevo fidarmi? Non potevo saperlo per certo, ma era l'unica cosa possibile da fare. Gli raccontai tutto quello che sapevo su Bea, tutto quello che era successo da quando l'avevo conosciuta, compresi i suoi atteggiamenti strani che mi lasciavano con l'amaro in bocca

-Quindi non ti ha raccontato cosa le è successo?

-No, tu lo sai, dimmelo tu!

-Non credo sarebbe la cosa giusta da fare, mi odierebbe più di quanto già non faccia, ma potresti scoprirlo da solo, nessuno te lo impedirebbe

-Non puo' semplicemente essere tornata a Sacramento?- mi sorrise scettico

-Sacramento è l'unico posto dove Bea non metterebbe più piede, morirebbe soffocata da tutto ciò che ha lasciato lì, anche se un giorno dovrà farci comunque i conti

-Di che diavolo stai parlando??

-Bea è una ragazza molto sensibile e ultimamente non ha passato proprio dei bei momenti, ha preferito lasciare la sua città perché ormai tutti la conoscevano e non
poteva neanche fare una passeggiata tranquillamente- gli squillò il cellulare -scusami… Pronto. No, non ancora. Non penso sia stato lui, però non è qui di questo ne sono sicuro. Dovete venire

-Direi che siamo già qui- una donna mora, magra e bassa si avvicinò a noi insieme ad altri due signori: uno alto con l'aria da deficiente e l'altro più basso che doveva avere origini orientali.

-Lisbon, che piacere rivederti

-Jane, se non sei riuscito a trovarla allora abbiamo un problema!

-In che senso?- mi intromisi nel discorso senza neanche pensarci

-Abbiamo indagato e pensiamo che possa trattarsi di vendetta. Qualcuno vuole vendicarsi su Bea per quello che ha fatto suo padre-

Ero stufo del fatto che nessuno mi dicesse cosa stesse succedendo, presi il cellulare e cercai su Google "Bea Sacramento", mi accorsi solo in quel momento di non conoscere il suo cognome.

I risultati della ricerca mi dissero ciò che volevo tanto sapere…

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Capitolo 8
*** Ad occhi chiusi ***


Bea Sentivo l'aria umida e l'odore di muffa, speravo che lui non tornasse ma sapevo che era una speranza vana. Mi aveva colto di sorpresa quando rientrai in camera mia dopo essermene andata da casa di Lip… vorrei tanto non averlo fatto. Ricordavo tutto in modo sfocato: l'aggressione alle spalle, la breve lotta che non vinsi e poi un dolore alla testa. Dal livido che mi era rimasto mi aveva colpito con qualcosa di grosso. Mi sembrava di stare dentro un film thriller, qualcosa di surreale. Sentii lo scricchiolio delle deboli scale in legno. Non so quanto tempo fosse passato, so che era la quarta volta che scendeva quelle dannate scale e sempre, solo per un motivo -Bevi- mi tolse lo scotch di bocca e mi passò la cannuccia, come le tre volte precedenti -Cosa vuoi da me? Perché mi tieni qui? Ti prego…- non mi dette il tempo di finire che mi avvicinò un panino -Mangia- cercai di scansarmi -Devi mangiare -Non ho fame! Voglio andare a casa! -Davvero vuoi tornare a Sacramento?- mi conosceva… -Come fai a saperlo? -So tutto di te. Ho avuto il tempo di seguirti, conoscerti, capire i tuoi gusti: il tuo piatto preferito, la musica che ascolti volentieri, se preferisci caffè o the. Beatrice… tu non hai idea di quanto tempo io abbia resistito per avere quello che mi spetta -Di che stai parlando? -Non riavrò di certo indietro ciò che mi è stato tolto ma almeno avrò avuto la mia vendetta- Quelle parole mi colpirono in pieno, adesso sapevo benissimo perché mi trovavo lì e a che cosa sarei andata incontro… non era nulla di piacevole. -Quanto tempo dovrei aspettare ancora?- passarono alcuni secondi prima di ricevere una risposta, evidentemente pensava di avermi messa a tacere -Per cosa? -Sappiamo benissimo che hai intenzione di uccidermi- dei brividi percorsero la mia schiena, non volevo nemmeno pensare che quelli avrebbero potuto essere i miei ultimi giorni- quindi perché non farlo subito? Perché tenermi ancora chiusa qui? -Tranquilla, presto avrai quello che meriti, e anche tuo padre -Mio padre è morto! -Anche mia figlia! Per colpa sua! Tuo padre era un mostro! E tu, tu! Tu sei la figlia di John il rosso e non meriti di vivere una vita che mia figlia non puo' più vivere!- mi sollevò per le braccia, sentivo il suo respiro sulla faccia -Non puoi passarla liscia! Lui non puo' avere una figlia ancora VIVA!- mi rispinse a terra e mi lasciò sola. Lip -Quindi potrebbe trattarsi di vendetta?- guardai l'agente Lisbon -Direi che sicuramente si tratta di vendetta: il parente di una vittima starà cercando disperatamente consolazione, un modo per farsi giustizia da solo. Il problema è cercare di capire chi…- ci fu una frazione di secondo in cui mi si fermò il cuore, nessuno osava parlare… perché nessuno sapeva cosa dire, o meglio: nessuno voleva ammettere che era impossibile riuscire a trovare Bea prima che diventasse cadavere -per vostra fortuna io so già chi è stato- tutti gli occhi si ritrovarono fissi su quello strano personaggio dai capelli rossicci. Patrick Jane l'avrebbe salvata. -Non sto qui a spiegarvi quanto tempo abbia impiegato a leggere ogni singolo caso… no, non è vero: so tutti i casi di omicidio compiuti dal padre di Bea a memoria e questo mi ha facilitato di gran lunga il lavoro. Adesso però senza molti giri di parole, escludendo gli uomini che non sono padri, quelli che lo sono ma a cui non batte più il cuore… -JANE! Arriva al punto! -Giusto, giusto Lisbon… il nome che rimane è uno solo: Paul Anderson, 53 anni, divorziato. La figlia, Lizzie, è stata uccisa il 19 ottobre del 2008 da John, il cadavere fu ritrovato nel garage di casa Anderson. Inutile dire che anche in questo caso le caratteristiche dell'omicidio rientravano perfettamente in quelle tradizionali di John -Non rimane altro che scoprire dove abita questo Anderson, mettiamoci al lavoro!- tutti iniziarono le ricerche: sui loro computer comparvero presto tutte le proprietà di Paul Anderson e tra quelle una era nei paraggi dell'università. Ovviamente partirono tutti verso le macchine -Hey hey!! Non avrete intenzione di lasciarmi qui? -Non possiamo portarti con noi, potrebbe essere pericoloso- l'agente Lisbon si voltò a guardarmi -E allora lui?- indicai il signor Jane- lui non è un poliziotto, non porta nemmeno una pistola!- sembrò pensarci un paio di secondi -Okay, vieni ma resti in macchina, d'accordo?- non le diedi neanche il tempo di finire la frase che mi precipitai dentro uno di quei SUV neri parcheggiati a qualche metro da noi Bea -Svegliati! Nessuno ti ha detto di dormire!- mi risvegliai dal mio dormiveglia, ero esausta: i giorni passati in quella cantina fracida mi avevano esaurita -dai, è l'ora di andare -Dove?- la mia voce risultò più allarmata di quanto volessi, senza rispondere mi sollevò e mi portò al piano di sopra. Mi tolse la benda dagli occhi e, dopo giorni di buio, rividi la luce del sole, anche se mi risultava difficile vedere chiaramente cosa mi stava attorno: dovevo darmi il tempo di riabituarmi alla luce -cosa vuoi farmi?- ancora non mi era chiaro chi fosse l'uomo di fronte a me, riuscivo a vedere la sagoma ma non i dettagli -Ancora hai bisogno di spiegazioni? Morirai, Bea e molto presto- la mia vista, col passare dei minuti migliorava sempre di più fino a quando tutto mi apparve chiaro: era una casa molto luminosa, con le pareti bianche ricoperte da foto, articoli di giornali e post-it che riguardavano John il rosso e una certa Lizzie Anderson. Quando mi voltai notai un'altra parete piena di mie foto e di appunti riguardo i miei hobbies, i miei studi, le mie amicizie, c'era tutta la mia vita. Mi sentii rabbrividire… -Come vuoi…- mi afferrò per i capelli, mi tappò la bocca con uno straccio e mi trascinò fino al garage della casa -L'ho trovata qui, era bellissima, ma immobile e fredda come il ghiaccio e lui è stato così brutale, guarda cosa ha disegnato!- mi strattonò mettendomi faccia a faccia con quello che era la firma di mio padre: lo smile. Senza che me ne accorgessi stavo piangendo come una bambina. Mi buttò a terra e mi puntò una pistola contro. Okay, ero alla fine… tutto sommato non avevo vissuto male, rimpiangevo solo non aver potuto dire a Lip quanto mi avesse dato in così poco tempo, che era stato il primo a darmi la felicità dopo tanto tempo. Chiusi gli occhi forte Poi due spari

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Capitolo 9
*** Col fiato sospeso ***


Cap 9
Lip:
La vecchia casa era lontana dal resto degli appartamenti, sembrava non ci fosse nessuno in casa… Se avessimo toppato, se avessimo sbagliato casa, sarebbe stata la fine. Non avrei più rivisto quelle guance colorite, quegli occhi accesi, che avevano riacceso anche me. Per quanto avessi provato attrazione per le altre con cui ero stato, con lei avevo provato qualcosa mai provato prima, che fosse lei quella giusta? Quella che tutti cercano, quella per cui metti la testa a posto, smetti di fumare, di fare il cazzone… in quei giorni mi era davvero mancata, come neanche mia madre mi è mai mancata.
Senza aspettare che gli sbirri fossero distanti dalle auto, mi precipitai fuori dal SUV e mi avvicinai lentamente alla casa. Il cuore non riusciva a stare calmo, avevo una paura fottuta di quello che avrei trovato lì dentro.  Avevo una paura fottuta di trovarla… morta.
Successe tutto molto velocemente: in un paio di minuti Jane e gli altri avevano fatto irruzione nella casa fatiscente e perlustrato tutta la zona. Io mi ero avvicinato sempre di più alla casa…
Due colpi di pistola, uno di seguito all'altro, quasi sincroni. Accelerai il passo e sperai con tutto il cuore che fossero arrivati in tempo. Scendendo le scale che portavano al garage sentii qualcuno chiamare il 911 per un'ambulanza... E per il medico legale.
C'era un cadavere.

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Capitolo 10
*** Come una Famiglia ***


Lip
-Capirti a volte mi è impossibile... Ti lasci aiutare??- alle prese con una t-shirt arancione che non riusciva a mettere per via della fasciatura alla spalla, Bea era ostinata a non farsi dare una mano
-Riesco da sola- dopo l'intervento per l'estrazione del proiettile sembrava ancora più testarda di prima
-Si vede perfettamente...- mi guardò di sottecchi e mi fece una linguaccia - vieni qui, lascia perdere la maglietta, stai meglio senza- la trascinai sul letto, tra le mie braccia. Averla quasi persa era stato come uno schiaffo in piena faccia e adesso non sarebbe stato possibile separarci
-Morirò congelata se non metto qualcosa- riuscivo a vedere la sua espressione divertita anche se mi dava le spalle
-A questo posso rimediare io- la scavalcai e in un attimo le ero sopra, inizia a riempirla di baci: il collo, le spalle, il seno - che ne dici di togliere questa trappola?- feci per sganciarle il reggiseno ma...
-Liam! Tesoro, cosa c'è?- il piccoletto saltò sul letto e, facendosi spazio, si piazzò direttamente tra le braccia della mia ragazza - che ne dici di una bella tazza di cioccolata calda? Dai, andiamo...- Bea si alzò dal letto e uscì dalla stanza mentre metteva la t-shirt arancione
-Hey! E io??- ricomparve con il suo meraviglioso sorriso da dietro la porta
-Tu chiama gli altri... Ti aspetto in cucina- fece per andarsene
-Bea!
-Dimmi- si bloccò improvvisamente guardandomi
-Ti amo.





Avevo dimenticato questa storia... Rileggerla mi ha fatto piacere e spero di averle dato una degna conclusione e... Scusate l'attesa :)

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