Vomito di pensieri nati in momenti sbagliati

di Tracordelia
(/viewuser.php?uid=1170190)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Vivere la mia stessa vita da spettatrice, è così che mi sento.
Come se fossi una comparsa nella mia stessa storia, una di quelle che appare da lontano e nemmeno si vede il volto. 
Mi sento svuotata da passioni, sensazioni, situazioni, come se mi passasse tutto davanti e io sono paralizzata sulla poltrona del cinema, li vedo andare via mentre mangio popcorn scadenti da supermercato. Rimango io, la mia solitudine che fingo di apprezzare e vorrei sopprimere e la mia incoerenza verso tutto ciò che faccio.
Odio i complimenti e le attenzioni eppure mi offendo se nessuno mi guarda.
Odio sentirmi dire che sono intelligente eppure non perdo occasione per mettermi in mostra.
Odio i commenti sul mio aspetto, belli o brutti che siano, eppure passo le ore a cercare di farmi più bella per gli altri.
Odio dipendere dagli altri ma il loro giudizio mi tiene in vita, vivo per essere giudicata dagli altri. Li guardo da lontano, li reputo banali in tutto ciò che fanno e quella banalità mi sembra la cosa più bella del mondo, darei tutto per essere banale come loro.
Che poi magari nemmeno lo sono, e anche loro odiano, amano, soffrono, vomitano, svengono, piangono come faccio io.
Ma io sento solo il mio, e mi fa schifo.
E invidiare è tutto ciò che mi resta, pure se magari poi da invidiare c'è poco o nulla, ma senza quello non so cosa avrei.
Cosa mi farebbe alzare dal letto se non l'invidia verso le vite degli altri che mi stimolano a migliorare la mia? Niente.
Sì, lo so, dovrei farlo per me, per le cose belle che possono succedermi, per la vita che è simpatica e per tutte quelle cazzate lì che stiamo tutti bravi a dire a parole ma mai a fare davvero. Io non lo so fare davvero.
E quindi sto ferma, mangio i pop corn e invidio. Meglio di niente.
Magari poi imparo.
Magari.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


Cara amica, compagna di infanzia e adolescenza, sto pensando tanto a te in questi giorni. Che cosa ci è successo? Che cosa è cambiato?
Un giorno ci rincorrevamo per strada e quello dopo eravamo sue due strade diverse. Come si può perdersi così? E, soprattutto, di chi è la colpa? Io non lo so, i miei errori li riconosco, e anche i tuoi riconosco, ma gli errori non dovrebbero vincere sul bene. In teoria, quest'ultimo dovrebbe essere più forte.
A volte quando mi sento sola mi viene da scriverti, poi ci rifletto e penso che la delusione di una risposta mancata mi farebbe stare ancora peggio, e quindi non scrivo e faccio finta che questo dico non dico mi vada bene. Che sentirci solo per i compleanni e il natale mi vada bene. Che dire ''sì, siamo ancora amiche, ma siamo entrambe impegnate e per questo ci vediamo poco'', mi vada bene. Eppure non mi va bene, ma la paura che a te vada bene mi impedisce di dirtelo.
Paura di essere invadente, di pretendere troppo, di fare la figura sbagliata, la figura di quella sola, quella senza nessuno, quella sbagliata ma la verità è che non mi sento niente di tutto questo, e proprio perché mi sento migliore di questo io credo di meritare un trattamento migliore di questo.
Cara amica, io ti ringrazio per gli anni che mi hai dato, ma tu li ricordi almeno?
Ti manco, almeno?
Mi pensi, almeno?
Un giorno si è tutto l'una per l'altra, e il giorno dopo non sai nemmeno chi sia l'altra.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


Il tempo.
Continuano a dirci che c'è poco tempo, che non dobbiamo perdere tempo, che il tempo è denaro, che chi dorme non piglia pesci e che bisogna sbrigarsi, a fare tutto. A laurearsi, a fidanzarsi, a sposarsi, a fare carriera, a trovare lavoro, a prendere casa, a fare figli, per ogni cosa continuneranno a dirci che c'è poco tempo. Il tempo è il vero problema della nostra epoca, il problema di una generazione sempre troppo di fretta, terrorizzata dal tempo.
Io anche sono terrorizzata dal tempo, proprio letteralmente, ho paura del tempo che passa. Ho paura degli effetti del tempo su di me, come la vecchiaia, le rughe, anche la morte, ne ho il terrore... e ho paura della visione del tempo che ha il mondo e che vuole condizionarci la vita costantemente. Io arrivo a sera con gli attacchi di panico ogni volta che mi rendo conto che non posso dare quell'esame che mi manca perché non sono preparata abbastanza, inizio a farmi psicologicamente male e tutto per cosa? per il tempo. Perché ci hanno fatto credere che non si deve perdere il tempo. Però poi io mi chiedo sempre qual'è esattamente il tempo che non dobbiamo perdere, di cosa si tratta? cosa riguarda? il nostro benessere? perché io credo che continuiamo a correre col terrore di perdere tempo facendo cose che magari nemmeno ci vanno bene, ma le facciamo perché siamo di fretta e quindi pure male, e non ci rendiamo conto che il tempo che stiamo davvero perdendo è il nostro tempo. Se davvero c'è poco tempo, perché dobbiamo andare di fretta? Perché dobbiamo correre, invece di godercelo quel tempo? Se è poco, perché non viverlo vome vogliamo viverlo noi? Perché viverlo secondo gli schemi che qualcun altro ha deciso per noi? Siamo esattamente dove dobbiamo stare, nel nostro tempo, passo dopo passo, senza bruciarci nulla e godendoci il tempo che noi scegliamo di non perdere. A fare le cose di fretta, le si fa male. Prendiamoci il nostro tempo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3999213