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di Ciarax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


CAPITOLO 1
 
            Immense nuvole grigie incombevano sulla capitale del Giappone preannunciando un imminente temporale. Nonostante fosse primavera inoltrata, quelle solari giornate di fine maggio erano state scosse da oramai qualche giorno da un'ondata di maltempo che aveva fatto calare di parecchio le temperature.
Due ragazzi, che oramai camminavano da molto tempo sotto quel cielo carico di pioggia, si fermarono sul bordo del marciapiede nei pressi di uno degli enormi incroci tipici delle grandi metropoli; chiusa per bene al riparo dal vento grazie ad una enorme sciarpa, una ragazza dai tratti spiccatamente occidentali vagava con lo sguardo in attesa del segnale che le avrebbe permesso di raggiungere la propria destinazione mettendo temporaneamente fine a quell'infinito via vai di veicoli. Gli enormi grattacieli, che raggiungevano e superavano quasi sempre i quaranta piani, contribuivano a renderle ancor più accentuato il grigiore dell'intero complesso urbano.
Una leggera vibrazione l'avvertì di aver ricevuto un messaggio, mise una mano in tasca ed estraendone un BlackBerry ne lesse velocemente il contenuto; aggrottò per un attimo le sopracciglia chiare rimanendo qualche secondo sovrappensiero quando un secondo messaggio le fece venire un accenno di sorriso. Il secondo messaggio aveva per lei un significato abbastanza esplicito.
Il numero sconosciuto e con molta probabilità irrintracciabile non le dava modo di capire da dove li avessero inviati quei messaggi anche se, in quel caso, non ne aveva bisogno.
Chiuse per un attimo gli occhi immersa nei propri pensieri fin quando non avvertì alcune gocce bagnarle il viso.

            «Yana, ti vuoi muovere? Non ci tengo a beccarmi una polmonite a causa tua!» la rimbeccò il ragazzo vicino a lei agitandole una mano di fronte al viso.
Yana annuì sistemandosi meglio la sciarpa di lana e avviandosi con l'amico oltre l'incrocio divenuto oramai verde.

            Raggiunto finalmente il terzo piano dell'edificio in cui si trovavano, Ioann finalmente rilassò i tratti del viso prima di passarsi una mano tra i capelli chiari, «Per fortuna siamo ancora in tempo» rivolse per un secondo un'occhiata di rimprovero alla ragazza vicino a lui.
La risposta di lei fu un lieve sbuffo prima di scartare un lecca lecca all'arancia, entrarono poi entrambi nella stanza delle riunioni di fronte loro.
Un grande tavolo ovale posto al centro era quasi interamente occupato e i cinque uomini presenti, dei quali ben pochi raggiungevano la trentina d'età, rivolsero solo un fugace sguardo agli ultimi arrivati tornando poi alle conversazioni nelle quali erano impregnati, come se nulla fosse.
Yana avanzò e si sedette sul primo posto libero avvistato e, con suo disappunto, vicino uno dei suoi compagni di squadra.

            «Bene, scusate il ritardo. Ora possiamo cominciare la riunione» esclamò a voce alta Ioann dopo aver preso posto a capo del tavolo, dietro il quale era posizionato un proiettore che provvede subito ad accendere, «Come sapete è da quasi cinque mesi che ci troviamo di fronte ad un criminale senza precedenti. Kira, così come lo hanno definito in Giappone, è diventato a tempo di record uno dei serial killer più pericolosi e ricercati della storia, con un numero di omicidi a carico senza precedenti. Mesi fa è stato organizzato un incontro dell'Interpol alla quale hanno preso parte i maggiori esponenti della giustizia dei vari paesi, tra mille congetture non è ancora sicuro se si tratta di una organizzazione altamente efficiente o se è opera di un singolo individuo» fece una breve pausa ben conscio che l'attenzione di tutti i presenti era rivolta nella sua direzione, continuò poi grave, «Persino Elle è intervenuto durante l'incontro confermando che Kira si trova qui in Giappone. Penso che il suo teatrale gesto sia noto a tutti...»
            «Quell'uomo è un pazzo. Si definisce tanto il detective migliore del mondo ma non ha esitato un attimo ad abbassarsi allo stesso livello di quell'omicida seriale» lo interruppe inviperito uno dei presenti.
Un brusio di dissenso iniziò a sentirsi da parte dei ragazzi più giovani, ancora inesperti e con poche settimane di esperienza sul campo, non conoscevano ancora il corretto svolgimento di quelle operazioni ma buona parte della squadra era impegnata in un'altra missione all'estero e Ioann fu costretto a scendere a compromessi con dei novizi.
Con un violento colpo sul tavolo il biondo riportò l'attenzione su di sé, lasciando momentaneamente ammutoliti i tre giovani, sospirò e poi riprese il discorso. «Non mi interessa quali siano le vostre opinioni personali su Elle, non siamo qui per questo e nel caso ve lo foste dimenticato ci hanno assegnato questa missione con lo scopo preciso di catturare Kira. Quel detective ha esplicitamente chiesto la collaborazione di tutte le organizzazioni del mondo quindi, prima o poi, ci ritroveremo a lavorare con quell'uomo» Ioann proseguì poi mostrando la lista delle morti accertati sino ad allora sulla parete alle sue spalle tramite il proiettore, continuò a parlare con i vari dettagli riguardo la missione per parecchi minuti. Per tutto il tempo nella quale aveva parlato non smise un attimo di camminare avanti e indietro, solo dopo un po' decise di fermarsi abbassando il capo pensieroso.
La lista alle sue spalle non accennava a diminuire.

            «Si può sapere dove eravate finiti voi due? Vi abbiamo aspettato per oltre mezz'ora, non hai neanche risposto alle mie telefonate» sussurrò piccato il ragazzo dinanzi Yana, voltandosi quel tanto che bastava per poterla osservare con la coda dell'occhio.
            «Ho il telefono scarico» lo liquidò lapidaria, poggiando poi il telefono sopra il tavolo davanti a lei e ignorando l'espressione contrariata del ragazzo.
Mentre la riunione proseguì per quasi un'ora, Yana si ritrovò ad osservare i tre giovani di fronte a lei che da poco avevano assunto un'espressione che definire terrorizzata era una rassicurazione; non le facevano alcuna compassione a dire la verità, anche se provò per qualche attimo una sensazione di noia poiché per una missione della massima importanza come quella in cui si trovavano erano stati scelti agenti freschi di addestramento e con zero esperienza.
Scartò l'ennesima caramella agli agrumi quando uno dei novellini prese la parola.

            «Finiremo solo con il farci uccidere tutti. Noi non c'entriamo nulla, che se ne occupi la polizia giapponese...»
            «Kira è ricercato in quasi tutti i paesi del mondo, anche da noi in Russia ed è nostro compito mandarlo sulla forca per ciò che sta facendo» lo rimbeccò Ioann severamente, distendendo poi le labbra in un accenno di sorriso, «So bene che alcuni di voi sono nuovi in questa faccenda, siete sotto la mia diretta responsabilità quindi farò il possibile per prepararvi al meglio. Kira ha le ore contate, Alex»
Il ragazzo non parve molto rincuorato ma annuì esitante e riprese a sedere rigidamente, rivolse un'occhiata dubbiosa sia a Yana che il bruno accanto a lei, entrambi abbastanza annoiati a prima vista.
Infine passò una decina di minuti nell'organizzare le due squadre fin quando non raggiunse gli ultimi tre membri.

            «E per finire, Yana, Ivan e Nikolaj si occuperanno della raccolta dei dati. Sperando di trovare informazioni utili, Yana e Nikolaj poi avrò bisogno di parlarvi in modo più approfondito di cosa siamo alla ricerca esattamente» concluse Ioann abbandonandosi scomposto sulla sedia dietro di lui, Nikolaj annuì un attimo prima di rivolgere un sorriso sincero nella direzione dell'unica donna presente nella stanza.
            «Non penso di poter prendere attivamente parte alle ricerche qui Ioann, la mia presenza sembra essere richiesta altrove» lo informò quest'ultima prendendo finalmente la parola e lasciando la prima squadra in uno stato di confusione, fece poi scivolare il proprio telefono nella sua direzione; Ioann lo prese e osservò confuso le poche righe di testo, passò poi il dispositivo a Nikolaj che si illuminò alla sola vista di ciò che mostrava lo schermo.
            «È linguaggio binario, ma davvero Elle vuole collaborare con te? Incredibile» spiegò poi Nikolaj sistemandosi la montatura degli occhiali.
            «Elle ha chiesto la tua collaborazione diretta al caso?» domandò incredulo Ioann continuando ad osservare quelle poche righe di testo. Yana annuì impercettibilmente un attimo prima che la rabbia del suo compagno di squadra le trapanasse le orecchie.
            «Come sarebbe a dire che vuole lavorare con te? Tu non ti muovi da qui, quel pazzo se la caverà da solo» le sbraitò stizzito guardandola con astio, alzandosi di scatto e facendo cadere con un tonfo la sedia sulla quale si trovava fino a pochi attimi prima.
Yana gli rivolse un'occhiata annoiata. Era alto, forse una decina di centimetri in più alla ragazza; i tratti spigolosi del viso non lo rendevano certo più rassicurante quando finiva col farsi dominare dalle emozioni e lasciarsi guidare dalla rabbia.
Quegli occhi di ghiaccio non la scalfivano minimamente.
La ragazza ridusse gli occhi a due fessure, «Non alzare mai più la voce con me» lo intimò minacciosa.

            «Datti una calmata, Ivan» tentò inutilmente Ioann, «Yana mi potresti spiegare come ha fatto Elle ad avere il tuo numero, perché in questo caso la decisione spetta al capo» spiegò poi pacato rivolgendole uno sguardo preoccupato, toccandosi il ponte del naso con il pollice e l'indice, sobbalzò in avanti al repentino cambiamento dello sfondo del proiettore alle sue spalle.
Lo schermo ora mostrava uno sfondo bianco con una L di grandi dimensioni.
La ragazza scartò tranquillamente un altro dei propri lecca lecca e guardò con un accenno di sorriso il volto sempre più livido di Ivan, che serrò le labbra al tal punto da farle diventare violacee.

            «Elle ha sentito tutta la riunione, quindi non credo ci siano problemi nel risolvere celermente questa faccenda» gli disse poi quest'ultima monocorde come se stesse parlando del meteo, «La prossima volta, tuttavia, evita di consumarmi tutta la rete dati. Mi hai scaricato completamente il telefono» esclamò a voce più alta, diretta verso quella L gotica impressa sul muro bianco.
            «Gentili signori del KGB, sono Elle» si presentò allora la voce metallica e palesemente camuffata, in un perfetto russo e senza l'accenno di una cadenza straniera; quella voce ebbe il potere di far impallidire i tre novellini che, con occhi sgranati, fissavano ammutoliti lo schermo del proiettore.
            «Te hai seriamente lasciato a quel pazzo di sentire una riunione strettamente privata?» quasi urlò Ivan mentre stringeva i pugni dal nervosismo.
            «Me ne sono accorta solo un'ora fa di questa intrusione, ho ritenuto inutile bloccarla. Avrai avuto i tuoi buoni motivi vero, Elle?» chiese Yana con l'accenno di un sorriso divertito, con la coda dell'occhio vide il moro contrarre la mascella livido di rabbia, girarsi e rimettersi a sedere con uno scatto sulla sedia rimessa al proprio posto in un secondo nel vano tentativo di controllarsi.
            «Si, gradirei molto parlare con chiunque sia a capo della squadra Vympel dislocata qui in Giappone per contrastare Kira e, se possibile, con chi coordina le vostre operazioni qui» spiegò brevemente il detective ignorando deliberatamente la sfuriata avvenuta qualche minuto prima.
            Ioann rimase per qualche secondo interdetto, non si aspettava che quella riunione nel tardo pomeriggio avesse potuto portare a tali risvolti; si girò ed osservò pensieroso la ragazza seduta a pochi posti di distanza da lui, Yana non sembrava minimamente turbata dalla situazione anzi, aveva quasi un’aria compiaciuta nel modo in cui sollevava in modo impercettibile un angolo della bocca. Aveva imparato a riconoscere i piccoli segni che dimostravano il reale stato d’animo della bionda in quei tre anni nella quale si erano ritrovati nella stessa squadra, i suoi occhi tuttavia che sembravano occupati ad analizzare una serie infinita di pensieri, in quel momento erano fissi su quella enorme L gotica posta sul muro dietro di lui.
Non si poteva dire invece che quella apparente calma e serenità fosse una caratteristica di Ivan, l’uomo sulla trentina che sedeva vicino la donna; i corti capelli scuri e il viso dai tratti spigolosi non lo rendevano amichevole in un primo momento e la rabbia di cui era preda in quell’istante andava in qualche modo ridotta, Ioann aveva già in mente una seria ramanzina da fargli nella speranza di fargli tornare il buon senso.
            Il ragazzo riportò poi l’attenzione al detective che attendeva in religioso silenzio una qualunque risposta da parte dei presenti in quella stanza, soppesò per qualche attimo le probabilità per cui il grande Elle avrebbe richiesto la collaborazione di una dei migliori hacker in circolazione per la cattura di un omicida.
Qualcosa non gli tornava, così come non gli tornavano molte cose sul conto di Yana la quale aveva parecchi strati di nebbia ad avvolgere il suo passato, su di lei non aveva mai indagato più di tanto poiché era stata in più di un’occasione una persona degna di fiducia perciò si era semplicemente accontentato di ciò che lei gli aveva raccontato di sua spontanea volontà. Scartò quasi immediatamente l’idea di una possibile conoscenza tra i due visto che Yana non aveva mai mostrato più di un vago interesse nei confronti del detective, a dire il vero, poche cose rientravano negli interessi e nelle attenzioni della giovane agente speciale e di certo tra questi non vi erano esseri umani.
            «Elle, sono io a capo della squadra Vympel e in particolare del gruppo che si trova qui in Giappone per catturare Kira. La persona a capo delle nostre operazioni non si trova qui e non è possibile contattarla nel breve tempo, suppongo noi dovremmo sentirci onorati per una chiamata del grande investigatore ma questo non penso sia decisamente il momento, inoltre vorrei sapere perché hai bisogno di Yana per lavorare al caso Kira» gli rispose cordiale Ioann anche se non nascondeva una certa nota di fastidio, c’era qualcosa che non gli tornava.
            «Sono al corrente di chi sia, agente Shilov. Ad ogni modo, ho solo motivo di informarla che l’agente Sokolova collaborerà alle indagini per la cattura di Kira assieme alla polizia giapponese, il vostro superiore non ha avuto proteste in merito a questa disposizione» controbatté monocorde il detective.
            «Si può sapere per quale motivo ti sei intromesso in questa riunione se già avevi le risposte che cercavi? Potevi anche dirlo subito che avevi già parlato con chi di dovere e avevi ottenuto ciò che volevi senza parlarne con i diretti interessati» esclamò irritato Ivan alzandosi di scatto e rimettendosi poi sedere, borbottando.
            «Semplice formalità»
Yana accennò un leggero sorriso mentre si rigirava tra i denti un bastoncino oramai privo della caramella e consapevole che il suo collega non avrebbe potuto vincerla quella discussione, rimase ad osservare il trio di novizi di fronte a lei che, passato lo stupore iniziale, la fissavano di sottecchi increduli su ciò che stavano sentendo.
Roman, Daniil e Aleksey non le erano mai sembrati tipi poi cosi sprovveduti anche se alle prime armi in un mestiere non molto ambito di certo. Due di loro erano amici fin da prima di finire in quella squadra, probabilmente compagni di college o simili; nessuno di loro aveva tratti particolare o così distintivi da non farlo passare inosservati. La ragazza di certo era consapevole dei loro punti di forza poiché li aveva visti un paio di volte in azione in alcune operazioni di addestramento, sapevano fare gioco di squadra e seguivano le sue indicazioni come bravi ed obbedienti cuccioli freschi di addestramento; ammetteva a sé stessa che la cosa la compiaceva e non nascondeva il divertimento che provava nel mettere alla prova il trio.
            Voltando per un attimo lo sguardo vide come Ivan rimaneva rigido su quella sedia che non accennava a muoversi di un millimetro, mostrava visibilmente segni di rabbia e impazienza eppure sembrava fare di tutto per non lasciarsi andare ad uno scoppio d’ira; gli occhi fissi sullo schermo sembravano voler scovare il volto del detective che si celava dietro quella L, occhi chiari, schegge di ghiaccio in grado di trapassarti in un battito di ciglia se non si prestava la dovuta attenzione, le labbra sottili serrate quasi da farle diventare violacee e i muscoli delle braccia che tremavano dallo sforzo di mantenere i pugni chiusi in una morsa ferrea.

            La chiamata con il detective, conclusasi abbastanza in fretta, aveva finito con il lasciare il giovane trio scombussolato mentre lasciavano la sala fissando di sottecchi la bionda, pigramente poggiata al muro mentre attendeva che Ioann le restituisse il telefono. Nikolaj non parlò molto ma il sorrisetto che spuntava dalla barba leggermente incolta lasciava intendere quanto in realtà fosse divertito dalla situazione, poco prima di congedarsi diede una leggera pacca sulla spalla di Yana complimentandosi sottovoce per poi portare con lui, di viva forza, Ivan che non accennava a fare sbollire la propria rabbia.
            «Più tardi facciamo i conti» esclamò irritato prima di chiudere la porta a vetri con violenza.
Dopo che tutti ebbero lasciato la sala ad eccezione di Yana, Ioann si abbandonò scompostamente sulla sedia dietro di lui, emise un lungo sospiro e si piegò in avanti fino a reggersi la testa tra le mani con i gomiti poggiati sopra il tavolo.

            «E così hai veramente fatto colpo su Elle, dovrei sentirmi geloso?» esordì senza muoversi, accennando un piccolo sorriso. La smorfia che ebbe in risposta dalla ragazza lo fece ridere.
            «Onestamente non avrei mai pensato che avresti attirato l’attenzione di un pezzo grosso come quel detective, anche se continuo a non capire cosa mai possa volere da te» fece una piccola pausa, «oppure hai una laurea in criminologia e non me l’hai mai detto? Non mi sorprenderei vederti tirare fuori abilità sovrumane dal tuo passato di nebbia» chiese fintamente accusatorio.
            «Ciò che dovevi sapere te lo dissi tempo fa, non c’è motivo di tornare su questo discorso. Elle ha bisogno di supporto informatico» rispose Yana lapidaria, deviando il discorso sul nascere. Ioann non insistette anche se notò un certo fastidio ogni qualvolta i discorsi finivano col diventare personali, la bionda finiva per guardare alla sua sinistra prima di chiudersi totalmente a riccio.
            «Vorrà dire che dovrò fidarmi anche questa volta come tutte le altre negli ultimi tre anni» sospirò sconfitto prima di alzare lo sguardo ed incrociare quegli occhi grigi che lo avevano sempre inquietato, «ad ogni modo, non volevo parlarti di questo. Suppongo tu conosca Elle solo di fama e non personalmente anche se non ho modo di confermare ciò, volevo solo avvertirti che hai il permesso di poter collaborare con il detective e, se ne hai la possibilità, di continuare a lavorare con Nikolaj. Sai bene quanto le tue abilità informatiche siano indispensabili in questa squadra, specialmente in un momento del genere.
Non so personalmente quanto sia prudente quell’uomo, perciò ti chiedo di salvaguardare la tua incolumità ad ogni costo. Non voglio che ti succeda nulla, Julia non me lo perdonerebbe» finì in un sussurro.
            Yana rimase pazientemente in ascolto, con la coda dell’occhio notò lo schermo del proprio telefono ancora poggiato sopra la scrivania illuminarsi a causa di vari messaggi ricevuti. Annuì brevemente prima di gettare ciò che rimaneva della caramella che aveva in bocca nel cestino, si avvicinò a Ioann e si sedette sul bordo del tavolo accanto a lui incrociando le braccia.
            «Sono in grado di cavarmela ma suppongo di doverti ringraziare per la preoccupazione, in ogni caso, vedrò di aiutare non appena ne avrò l’occasione anche se Nikolaj non ha bisogno certo del mio aiuto» replicò schietta, fece per afferrare il proprio telefono ma l’uomo davanti a lei la anticipò portandoselo dietro la schiena.
Ioann fece un sorriso sghembo prima di invitarla a continuare il proprio discorso, Yana lo fulminò con lo sguardo prima di arricciare il naso infastidita ed aggiungere, «Tuttavia continuerò a prestare attenzione, con Kira nei paraggi non si può mai sapere. Tu, piuttosto, vedi di tenere Ivan al suo posto prima che gli faccia esplodere il telefono durante una chiamata» minacciò lei con un filo di voce.
            «Tu finisci col cacciarti nei guai e poi tocca a me rimediare..»

            «Se dovessi contare su di te per rimediare ai miei problemi sarei finita all’aldilà da parecchio» lo interruppe lei con un sorrisetto.
            «Come dicevo» proseguì Ioann come se nulla fosse, «Stai attenta, non ho voglia di avere quel tuo sacco di pulci in casa di Julia ogni volta che vado a trovarla» esclamò piccato.
            «Mishka è addestrato, è stata Julia ad offrirsi per prendersene cura. Non vedo perché dovresti prendertela con me, è lei quella con cui dovresti arrabbiarti se hai paura di un semplice cane»
            «Quelli sono 40 chili di forza bruta, non ci tengo a rischiare l’osso del collo più del dovuto» disse prima di girarsi e ridarle il BlackBerry che nel frattempo non aveva smesso un attimo di vibrare a causa dei messaggi in arrivo, «questo coso mi sta facendo impazzire, non la smette più di vibrare. È ancora Elle?» Yana annuì dando una scrollata ai messaggi criptati anche più del dovuto.
            «Continuo ad avere la sensazione che voi due già vi conosciate ma probabilmente ho solo bisogno di dormire…» venne interrotto dalla suoneria del suo telefono, «parlando del diavolo. Tu vai, ma sta attenta» le liquidò Ioann prima di rispondere alla propria ragazza con tono dolce.
            Yana si congedò dalla sala delle riunioni e, una volta infilata la pesante giacca da aviatore e la grande sciarpa, si diresse verso l’uscita dell’edificio.
L’aria all’esterno era umida e molto più fredda rispetto a quanto si sarebbe aspettata, il cielo quasi completamente scuro ed il Sole oramai tramontato da un pezzo. Tokyo era interamente illuminata dalle mille luci dei grattacieli e dei ristoranti ancora aperti per l’orario di cena, i passanti in giro per quelle strade erano per la maggior parte impiegati d’ufficio che avevano appena concluso l’orario di lavoro e si accingevano a tornare a casa.
La bionda si diresse a passo sostenuto verso la stazione di Nakai a meno di un chilometro da lì per prendere la metropolitana diretta nella casa che aveva affittato. Per qualche attimo valutò l’idea di prendere qualcosa da mangiare lungo la strada e finì per fermarsi di fronte ad un piccolo supermercato, uscì dopo qualche minuto con una confezione di surgelati e due vaschette di gelato alla vaniglia in una busta termica.
A pochi passi dall’entrata della metropolitana, Yana si sentì strattonare violentemente per un braccio in un vicolo cieco mal illuminato; con un gesto istintivo lasciò cadere la busta che aveva in mano e afferrò con entrambe il braccio che le bloccava la gola, inchiodandola al muro.
            «Vogliamo riprendere il discorso, Yana?» sputò acidamente l’uomo davanti a lei calcando volontariamente il suo nome. Lei alzò lo sguardo fino ad incrociare gli occhi chiari di Ivan che la guardavano con disprezzo ed odio.
            «Ti ho già ribadito la questione mesi fa, Ivan. Non siamo mai stati insieme, non hai alcuna possibilità di pretendere che io possa sottostare a ciò che tu pensi che io debba fare della mia vita» replicò lei schiettamente senza alcuna particolare inflessione nella voce, lo fissò per qualche secondo negli occhi prima di abbassare il proprio tono di voce fino a renderlo un sussurro appena udibile, «quindi vedi di togliermi le mani di dosso. Ora»
            Di risposta Ivan intensificò di poco la stretta sul suo collo fino a farla tossire un paio di volte, il respiro iniziava ad esserle difficoltoso. Doveva trovare un modo per liberarsi di lui ma non avrebbe mai accettato di abbassarsi al suo livello pur di avere salva la pelle, il suo orgoglio e la sua testardaggine glielo impedivamo e al contempo la frenavano dal fare gesti avventati.
La sua mente era alla frenetica ricerca di una soluzione mentre lavorava a velocità sovrumana, mille pensieri e piani di riserva erano già stati scartati e sostituiti da altrettanti pensieri. Non temeva seriamente per la propria vita ma era conscia di quanto la situazione potesse facilmente degenerare.
Un’idea all’improvviso le illuminò la mente, aveva una possibilità.
Lentamente, infilò di soppiatto la mano sinistra nella tasca della giacca dove teneva il proprio cellulare mentre la destra rimaneva arpionata al braccio di Ivan che non cedeva di un millimetro.

            «Cosa c’è? Sei triste perché non hai nessuna da tormentare con il tuo inutile chiacchiericcio?» mormorò Yana con voce rauca provocandolo un po’, lo sguardo acceso dal divertimento di aver vinto una sfida.
            Ivan, spiazzato per un attimo da quel totale cambio di atteggiamento, contrasse la mascella nel tentativo di non esplodere di rabbia e commettere qualche atto sconsiderato ma non si fermò dal risponderle a tono, «Tu invece?» sibilò avvicinandosi al suo orecchio, «già ti penti di essere la puttana di quel detective da strapazzo? Com’è che si fa chiamare, Elle? È ridicolo» finì col ridere sguaiatamente mentre fece scorrere in modo sinistramente delicato la mano libera sopra la guancia della bionda.
Più per ribrezzo che vero e proprio timore, Yana fu percorsa da dei brividi poco piacevoli nel momento esatto in cui le arrivarono delle vibrazioni intermittenti dalla tasca in cui teneva il proprio telefono.
Sorrise vittoriosa.

            «Non mi sono mai pentita di una singola decisione in tutta la mia vita» esclamò sicura di sé.
Nell’arco di pochi secondi in lontananza di sentirono alcune sirene della polizia dirette nella loro direzione, il moro si scurì in volto mentre imprecando scagliò malamente l’hacker da una parte che finì col cadere a terra su un fianco; per puro istinto di conservazione si rialzò con uno scatto mentre osservava Ivan rivolgerle uno sguardo ostile.

            «Non finirà bene, principessa» esclamò prima di andarsene come se nulla fosse.
Un ghigno vittorioso le sfuggì dalle labbra mentre si toccava delicatamente il collo dolorante, le aveva lasciato evidenti lividi sulla pelle chiara, coprì i segni con la sciarpa e si diresse a raccogliere la busta abbandonata a terra poco tempo prima.
Sospirò.
Il gelato si era sicuramente sciolto.
Si diresse a passo veloce verso l’entrata della metro, sperando che almeno un po’ ne fosse stato risparmiato da quella furia.



---Note---
Solita storia, fatemi sapere cosa ne pensate visto che sono stata appena costretta da una rompiscatole di amica a pubblicare questo primo capitolo in fretta e furia.
Storia in cantiere da quasi tre anni oramai e visti i parecchi capitoli già pronti, buttiamoci in quest'altra avventura.
Ammetto che il capitolo è un po' lento forse, ma necessario per l'introduzione dei nuovi personaggi, almeno parzialmente. Per tutto il resto ci sarà tempo ancora, o forse no... questo dipende da loro.
Ci si sente!!


 

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


CAPITOLO 2
 
Oramai era sera inoltrata e il sole era tramontato da un paio d’ore, la stanza d’albergo era illuminata solo dalla fioca luce di un enorme schermo posto di fronte una poltrona vuota prontamente occupata da un ragazzo che con urgenza aveva fatto irruzione nella stanza seguito da altri tre uomini.
Il giovane si sedette sull’enorme poltrona in modo alquanto insolito, portando i piedi nudi sotto di sé e le ginocchia strette al petto appollaiandovisi sopra incurante di tutto il resto.
Spinse un tasto sulla tastiera che aveva di fronte e parlò.
            «Watari –, disse pacato mentre osservava con occhi vacui ma fissi di fronte a sé l’enorme schermo che mostrava solo la iniziale del nome a caratteri gotici, - allora, la ragazza ha parlato?» domandò.
            «No, non ha detto ancora nulla» gli rispose la voce all’altro capo della connessione.
            «Mandaci l’immagine sul monitor, sbrigati» neanche il tempo di poter ribattere che Watari percepì l’urgenza del giovane detective, provvide quindi a mettere in collegamento il circuito interno di telecamere con la stanza d’albergo a malapena illuminata.
Non appena le immagini raggiunsero lo schermo un’ondata di sgomento generale coinvolse gli uomini dietro il detective, erano sconvolti e non capivano, quello che avevano davanti gli occhi era uno spettacolo orribile. La ragazza, poco più che maggiorenne, era legata e costretta in piedi in modo da non avere alcun tipo di libertà nei movimenti, una pesante benda metallica a coprirle gli occhi e impedendole così di vedere alcunché. Tremava impercettibilmente e un moto di pietà si mosse dentro alcuni dei presenti, considerando eccessiva una precauzione così pesante e restrittiva nei confronti di una ragazza che agli occhi di molti era del tutto innocente.
            «Ryuzaki, ma che cosa…» esclamò sgomento il più anziano fra i presenti mentre fissava ad occhi sgranati quella scena impietosa.
            «L’ho arrestata con l’accusa di essere il secondo Kira» il detective non si scompose e rispose come se fosse la cosa più naturale ed ovvia del mondo suscitando l’incredulità del sovrintendente Yagami, cui aveva appena risposto e degli altri due giovani agenti di polizia che ancora non avevano proferito parola rimanendo ad osservare impietriti la scena.
Neanche il tempo da parte del vecchio Yagami di poter rispondere che una voce alle loro spalle li interruppe facendo venire un brivido di paura negli agenti di polizia ancora in piedi.
            «Arrivare anche a violare la libertà personale delle persone» disse una voce femminile mentre i tre agenti sobbalzarono dallo spavento senza accorgersi di non aver compreso nulla data la diversa lingua.
L’unico a non risentirne minimamente fu il detective che impassibile rivolse un’ultima volta l’attenzione al suo collaboratore, «Watari, prendi le dovute precauzioni ma mi raccomando non andare per il sottile, falla parlare» chiuse la comunicazione e rivolse il proprio sguardo alle sue spalle, facendo ondeggiare i capelli corvini mentre osservava la donna avvicinarsi senza curarsi degli sguardi allucinati dei tre poveri agenti che non sapevano cosa stesse accadendo. Si avvicinò alla poltrona per poi posare a terra la pesante borsa a tracolla nella quale teneva il proprio portatile, guardò corrucciata per un attimo lo schermo che ancora per qualche secondo aveva trasmesso le immagini della giovane Amane bloccata e legata come una preda prima che il collegamento video venisse interrotto.
            Uno dei tre dietro la poltrona urlo lei qualcosa in giapponese a cui non diede la minima attenzione, concentrata com’era ad osservare il corvino di fronte a sé, Ryuzaki la guardava senza una particolare espressione in volto anche se lei capì come quell’impercettibile tremore alla mano sinistra che teneva posata sulle ginocchia non fosse certo un segno di buon umore.
            «Questo caso sembra averti messo in difficoltà, Elle» sussurrò in russo, sapeva come la propria apparizione improvvisa non rientrasse nei piani del detective anche se lui si era probabilmente già reso conto della sua presenza.
La ragazza assottigliò lo sguardo e inchiodò al suo posto il detective dai capelli ricci quando sentì il rumore metallico di una pistola alle proprie spalle, l’agente aveva tirato fuori la propria arma d’ordinanza ed ora gliela puntava dritta nel petto.
            «Adesso basta! Si può sapere chi diamine sei e come hai fatto ad entrare qui?» urlò in preda alla rabbia mentre ignorava sordamente i richiami del vecchio sovrintendente al suo fianco che continuava ad ordinargli di riporre la pistola.
Gli occhi grigi della ragazza non si mossero da quelli scuri dell’uomo che sembrava sul punto di esplodere, tremando visibilmente forse a causa dello spavento o a causa di una qualche sua azione che doveva averlo turbato in tal modo.
            «Si calmi Aizawa, non è necessario andare in escandescenza né tantomeno alzare il tono di voce in quel modo in sua presenza» lo richiamò svogliatamente Elle che nel frattempo non aveva distolto lo sguardo dalla figura accanto a lui anche se ora ne osservava solo i capelli biondo scuro raccolti in una morbida treccia laterale.
Quest’ultima non si mosse e quello sguardo magnetico sembrò irrigidire sul posto Aizawa che avvertì uno spiacevole brivido lungo la spina dorsale, dopo qualche attimo di esitazione tuttavia decise di riporre la propria pistola nel fodero posto al fianco destro mentre continuava ad avvertire quello sguardo indagatore e affilato sulla propria persona.
            «Ma chi si crede di essere…» mormorò a sé stesso certo che nessuno l’avesse sentito.
            «Agente del KGB Yana Sokolova, prenderà parte attiva alle indagini su mia personale richiesta» gli rispose indirettamente Elle mentre la ragazza si mise comoda sul bracciolo della poltrona, incrociando le braccia sotto il seno e rivolgendo loro uno sguardo attento.
A quell’affermazione Soichiro Yagami aggrottò la fronte confuso mentre il più giovane tra i tre poliziotti aveva assunto un’espressione confusa mentre tentava di capire qualcosa.
            «E di cosa ti occuperesti scusa?» chiese Aizawa guardandola torvo in volto, indeciso se fidarsi o meno.
            «KGB? Perché dovremmo collaborare con i servizi segreti russi, Ryuzaki?» domandò invece alquanto confuso l’uomo sulla cinquantina. Non era mai stata una persona frettolosa nel giudicare qualcuno né tantomeno era una sua consuetudine, eppure non riusciva sinceramente a capire quale vantaggio avrebbero potuto ottenere da un agente di un paese straniero, per di più senza addestramento sul campo come gli sembrava di intendere osservando il corpo longilineo di lei che non dava affatto l’impressione di essere una persona di azione nonostante le apparenze potessero ingannare.
Yana rimase ferma nella propria posizione sentendo su di sé lo sguardo indagatore dei tre agenti di polizia che aveva di fronte, non gradendo ulteriormente tutta quella attenzione decise di mettere fine il prima possibile a quel siparietto che iniziava a risultarle parecchio noioso.
Storse lievemente la bocca infastidita prima di parlare, «È da più di tre mesi che lavoriamo al caso Kira, oltretutto su territorio giapponese. Il mio gruppo sta collaborando con la polizia da tempo e non ho ancora sentito lamentele da nessuno dei due fronti, - disse seccamente scoccando uno sguardo serio e ammonitore al trio di poliziotti, i quali erano rimasti sorpresi dal notare come il suo giapponese non presentasse alcuna inflessione nell’accento nonostante l’aspetto e i tratti spiccatamente occidentali smentivano una sua possibile origine giapponese, - a questo punto non vedo perché dovrei badare a ridicole insinuazioni solamente per la mia provenienza o il mio lavoro. Kira deve essere mandato al patibolo e questo è quanto» esclamò poi prima di distogliere lo sguardo dai tre e accovacciarsi per terra a gambe incrociate e tirare fuori il proprio portatile come se per lei la questione fosse risolta e non ammettesse repliche.
Dei tre agenti rimasti per qualche secondo attoniti, il più anziano fece un passo avanti tendendo la mano.
            «Soichiro Yagami, sovrintendente di polizia» si presentò ricevendo in cambio solo una fugace occhiata e un veloce cenno del capo da parte della ragazza che ritornò presto a rivolgere la propria attenzione al portatile che aveva di fronte.
In breve anche Aizawa e Matsuda si presentarono ricevendo pressoché lo stesso trattamento, Elle invece aveva continuato a fissare il vuoto mentre la sua mente elaborava frenetica una linea di pensiero da poter seguire lungo queste indagini, cercando un modo rapido per provare la colpevolezza di Kira in modo schiacciante.
            «Yagami, credo che convocherò Light in veste di testimone di primo grado nel caso Kira. La prego di prepararsi all’eventualità» Soichiro assottigliò lo sguardo a quella affermazione, evidentemente contrariato dal coinvolgere ulteriormente il figlio maggiore in un caso di rilevanza internazionale come era quello, nonostante fosse già sospettato di essere il primo Kira.
Il detective fu l’ultimo a parlare fino a che non si fece tardo pomeriggio, l’atmosfera in quella suite d’albergo si era fatta parecchio pesante da sostenere per i due giovani poliziotti che continuavano a lanciare occhiate furtive alla figura china sul proprio portatile vicino la poltrona dove era raggomitolato il detective. Yana non aveva più proferito parola assorbita com’era dal controllare tutte le prove raccolte dalla squadra anti-Kira fino a quel momento e confrontandole simultaneamente con quelle in possesso dal suo gruppo, le informazioni erano pressoché simili vista la possibilità da parte di entrambi di poter accedere anche a dati sensibili senza alcun problema, in modo lecito chi più chi meno.
Mordicchiava distrattamente il bastoncino di un lecca lecca all’arancia che aveva finito da una buona mezz’ora e che non si era ancora scomodata a prenderne un’altra, gli occhi grigi fissi sulla lista infinita di morti mietuti da Kira che scorrevano sullo schermo del portatile mentre avvertita l’insistente ondata di sguardi da parte dei due giovani poliziotti che non volevano saperne di concentrarsi sul proprio lavoro, come stava invece facendo il loro sovrintendente.
Annoiata, chiuse la maggior parte dei file che aveva sul caso e si girò ad osservare il ragazzo che sedeva sulla poltrona accanto a lei, raggomitolato mentre sembrava fissare lo schermo davanti a sé senza guardarlo effettivamente.
            «Sono le stesse informazioni di cui eravamo già in possesso, suppongo siamo entrambi ad un punto morto» mormorò seccata Yana mentre afferrava un’altra caramella, allungandone una verso il detective che era a corto della sua dose di dolci già da qualche ora a causa di Watari impegnato com’era nel far parlare la idol.
            «Cederà» fu l’unica parola pronunciata da Elle mentre accettava di buon grado quel piccolo ammasso di zuccheri.
 
La giornata finì velocemente e i tre poliziotti se ne andarono a tarda serata dopo dei veloci saluti e i tentativi falliti di Matsuda di riuscire a parlare un poco con Yana che lo ignorava come un rumore di sottofondo. Rimasti soli, Elle e Yana continuarono a lavorare fino a notte inoltrata lasciando qualche pausa per mangiare qualcosa e per permettere alla ragazza il tempo di cambiarsi.
            «Non dormi?» domandò Ryuzaki sedendosi nuovamente sulla piccola poltrona.
            «Non ho molto sonno, ho una tale quantità di caffeina nel sangue da non dormire per altri tre giorni» rispose Yana rigirandosi distrattamente una caramella tra le dita.
Uno squillo interruppe quel breve scambio di battute, la bionda girò lo sguardo dando una breve occhiata al Blackberry poggiato sul tavolino al suo fianco, lo fissò e silenziandolo tornò rapidamente a concentrarsi sui file che aveva di fronte a sé.
Sentì lo sguardo del detective alle proprie spalle ma continuò ad ignorarlo consapevole di come avrebbe dato voce ai suoi pensieri di lì a poco.
            «Non dovresti incorrere in problemi con il lavoro solo per occuparti del caso qui con noi» disse con aria ingenua.
            «Non era importante, - rispose Yana arricciando il naso infastidita, -sprecare tempo e fiato con una persona la cui utilità è discutibile non rientra nei miei piani al momento»
Neanche il tempo di considerare chiusa la vicenda che una leggera ed insistente vibrazione prese a smuovere il tavolino su cui era poggiato il telefono, Yana emise un piccolo sbuffo irritata dall’insistenza.
Vide come Elle prese il cellulare tra l’indice e il pollice, osservandolo con vorace curiosità.
            «Vuoi che risponda io?» domandò poi senza lasciare il tempo alla ragazza di poter aprire bocca, si portò il telefono all’orecchio dopo aver accettato la chiamata.
Yana schioccò la lingua infastidita, alle volte davvero non sopportava il comportamento infantile di Elle anche se erano anni che ci aveva fatto l’abitudine, questa volta però gli dava davvero a nervi come si stesse impicciando nella sua vita lavorativa mentre gli porgeva il suo Blackberry con uno sguardo allucinato, l’ombra del divertimento in quelle iridi nere.
            «No» fu la risposta perentoria dell’agente non appena avvicinò il telefono, ricevendo in risposta la fastidiosa voce dall’altro capo del telefono che non voleva saperne di lasciarla in pace.
            «Non mi dai neanche il tempo di spiegare, cazzo- gracchiò l’uomo infastidito, -E poi, chi era prima al telefono? Dove sei?»
            «Non sono af…»
            «Yana, lo sai benissimo che mi basta una chiamata e sei fuori dal caso! Sono il tuo fidanzato, devo sapere dove sei. Dimmelo o giuro che…» neanche il tempo di finire la frase che il povero cellulare venne buttato di malo modo sopra il tavolino di fronte i due giovani.
Elle lo raccolse e finì quella strana conversazione, rispondendo con tono ingenuo mentre guardava Yana tornare al proprio lavoro riportando la propria attenzione al portatile di fronte a lei.
            «Hai un fidanzato piuttosto geloso» fu la semplice constatazione del detective dopo aver riattaccato la chiamata e aver passato qualche attimo in completo silenzio.
Il rumore di una caramella rotta fu l’unico indice di irritazione proveniente dalla bionda che aveva serrato la mascella senza proferire parola, continuava stoicamente a guardare quella serie infinita di documenti sul caso Kira nonostante li avesse imparati a memoria la prima settimana di indagine sul caso da quado aveva messo piede in Giappone.
            «Vuoi fare una partita a scacchi?» domandò allora innocentemente Elle attirando così l’attenzione dell’hacker che gli rivolse un’occhiata di sbieco.
Non rispose, la sua attenzione nuovamente rivolta al portatile che mostrava una serie di foto risalenti al periodo nel quale Kira dava libero sfogo agli esperimenti nelle carceri uccidendo un criminale dopo l’altro.
Quelle scritte lasciate sui muri, un testamento o una richiesta di aiuto, preghiere rivolte a presunti dei della morte e poi lamentele sul cibo della mensa.
Qualcosa non le quadrava, nonostante quelle frasi sembrassero una palese presa in giro e una mutua sfida nei confronti dell’autorità incarnata dal detective che le sedeva a fianco.
            «Siete molto simili» si lasciò sfuggire Yana scartando l’ennesimo lecca lecca e portandoselo lentamente tra le labbra.
            «Cosa te lo fa pensare?» domandò allora Elle mentre aspettava paziente che la ragazza iniziasse a snocciolare tutti i ragionamenti che aveva tenuto per sé sino a quel momento. Nonostante entrambi sapessero quanto quelle spiegazioni fossero inutili tra di loro, passare quelle ore notturne in solitudine mostrando i propri ragionamenti e deduzioni era un modo tranquillo per confrontarsi e semplicemente confermare quanto già pensassero tutti e due.
            «Entrambi detestate perdere, e a quanto pare Kira ha un senso della giustizia particolarmente spiccato seppur irrimediabilmente distorto. Ha risposto alle tue provocazioni senza batter ciglio, anzi, quasi non sembrava vedere l’ora di dimostrarti chi fosse al comando in questo gioco- esclamò indicando poi le due immagini con le frasi incise sui muri, -infine, si è preso ulteriormente gioco di te e dell’autorità della polizia dimostrando a tutti come sia in grado di arrivare a chiunque. La frase di scherno lasciata nei tuoi confronti mi pare più che palese, “L lo sai che gli Dei della morte mangiano solo mele?”» commentò atona evidenziato la prima riga di ciascun messaggio.
            «Ti sei fatta un’idea del suo modus operandi?» un leggero sorrisetto lasciò le labbra di lei mentre alzò un sopracciglio nella sua direzione assottigliando lo sguardo.
            «Anche un bambino ci sarebbe arrivato, può decidere l’orario della morte. Con il tempo infatti si sono registrate morti in orari mai pervenuti prima, anche la tipologia della morte sembra rientrare nel suo modus operandi fino a manipolare, inverosimilmente, le azioni precedenti il decesso come annullando totalmente la volontà degli individui. All’inizio non doveva esserne a conoscenza neanche lui, deve aver sperimentato anche se alcuni non hanno dato buon esito» lasciò la frase in sospeso mentre si passava una mano fra i capelli ancora raccolti in una morbida treccia laterale che le ricadeva scomposta sulla spalla sinistra.
Elle si sporse un poco dalla poltrona sulla quale era appollaiato e si avvicinò alla figura della ragazza notando come fosse assorta nei propri pensieri lasciando saettare lo sguardo da una parte all’altra su quello schermo alla ricerca di una qualunque risposta celata.
            «Di quali azioni parli?» domandò nuovamente il detective lasciando che fosse lei al momento a spiegare tutto ciò che avevano finora raccolto, non per un futile motivo di sfiducia o di sottovalutamento delle sue capacità di ragionamento, al contrario. Era da tanto che non c’era qualcuno in grado di stare al passo con la sua mente frenetica e calcolatrice e per una volta iniziava a sentire nuovamente la sensazione di appagamento derivante da un buon confronto di idee.
Nonostante i leggeri aloni sotto i suoi occhi, coperti a malapena da un tenue strato di correttore, gli facessero ben comprendere la stanchezza che pervadeva il suo corpo, Elle stava semplicemente assecondando quella necessità di confrontarsi con le opinioni di lei ogni qual volta un rebus interessante attirava la sua attenzione.
Yana indicò con il bastoncino della caramella appena finita una delle foto che primeggiava sulle altre aperte sul computer posto sulle proprie gambe, «Quell’uomo. È morto nei bagni poco dopo essere evaso, non ha senso. Forse doveva fare qualcosa ma non ci è riuscito…»
            «Oppure non ha potuto» finì la frase il detective interrompendola.
Yana annuì.
            «Al momento non trovo di alcuna utilità fare ipotesi campate in aria ma sembra palese che riesca a controllare ed annullare quasi totalmente la volontà delle vittime. Alcuni prigionieri hanno compiuto delle azioni prima di morire, altri semplicemente sono morti di arresto cardiaco dopo aver fatto un paio di metri e senza compiere alcunché- disse, -dubito abbia deciso solo di giustiziarli, o almeno non in quel momento. No, le sue capacità di uccisione non sarebbero quindi infallibili. Ha dei limiti. Ciò spiegherebbe i comportamenti insoliti di alcuni detenuti prima della loro morte, come bloccati a metà dell’opera»
Elle rimase in silenzio elaborando quella ipotesi con fredda e millimetrica precisione, la luce dello schermo del portatile ne illuminava freddamente i lineamenti incavati del viso mentre gli occhi, sgranati come suo solito, fissavano quelle foto alla febbrile ricerca di qualcosa che sentiva gli stava sfuggendo. Qualcosa non gli tornava e la sua mente razionale faticava a raggiungere quella tanto agognata risposta.
            «Il potere omicida di Kira…- disse lentamente mentre lasciava che il suo cervello formulasse una frase in grado di dare voce ai propri ragionamenti, -mi rifiuto di ammettere sia dovuto a forze soprannaturali»
Un altro punto di vista, ecco ciò di cui aveva bisogno. Non delle semplici supposizioni come quelle dei giovani agenti di polizia che sembravano ragionare come bambini delle medie, no, Elle aveva bisogno di una mente al suo stesso livello in grado di dargli un’altra visione della faccenda.
            «Il video mandato dal primo Kira in tv è stato ideato da un membro della squadra, vero?» chiese Yana qualche secondo dopo interrompendo così il ragionamento del detective, aprendo poi il video dall’elegante scritta in evidenza.
            «Hai già incontrato tutti i membri della squadra e sai già che non sono stato io l’artefice di quel discorso» Elle accennò un impercettibile sorriso mentre portava alle labbra la tazza di tè ancora tiepido.
La sua non era una risposta né una domanda, sapeva già che la ragazza aveva tratto le sue conclusioni da tempo e perciò si permise di provocarla ancora un po’.
            «Bella partita, le nostre giocate notturne sono sempre rilassanti ma sai bene che le mie facoltà non sono poi così efficienti dopo quasi 72 ore di veglia. Farò finta di non aver notato come tu mi abbia messo alla prova stasera, in modo così spudorato e palese dopotutto sono solo un paio d’anni che non ci si vede- rispose lei rivolgendogli uno sguardo divertito nonostante il tono leggermente piccato, -te, in ogni caso, hai omesso di dirmi che il giovane Yagami potrebbe ed ha effettivamente contribuito a creare quel video nei panni del rimo Kira. Anche se non fa ufficialmente parte della squadra ti stai già servendo di lui e, per tenerlo sott’occhio, ne farà parte a breve» concluse quando anche il detective ricambiò il suo sguardo.
            «Vogliamo iniziare quella partita a scacchi?» domandò ora Elle con un atteggiamento palesemente soddisfatto.
 


---Note---
Buon primo dell'anno e nel pieno di una mezza crisi di panico per tutte le cose da studiare in vista della prima sessione di esami... vi auguro che questo anno sia migliore di quello scorso.
Il dodicesimo livello di Jumanji sembra che lo abbiamo superato per lo più incolumi e spero vivamente che qualcuno si sia deciso a bruciare quel gioco.
Detto questo e tornando alla storia, qui si torna nel vivo -più o meno- dell'azione.
Ammetto che è una faticaccia capire come far muovere un personaggio così labirintico in una situazione già delicata di per sé ma penso di aver fatto un lavoro decente... insomma, sufficiente dai...
Non avendo mai scritto di un personaggio bilingue ho avuto qualche difficoltà del decidere come impostare la cosa ma penso che sia abbastanza comprensibile, quindi torniamo a ciò che sta succendendo -con Misa appena arrestata e la stupenda entrata in scena di Yana, rischiando un infarto al povero Aizawa- sperando che i metodi di Elle non peggiorino, anche se non posso promettervi nulla.
Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate che sono davvero curiosa!
Ancora Buon anno e alla prossima.

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


CAPITOLO 3
 
            I giorni successivi al primo incontro fra la giovane agente del KGB e il gruppo anti Kira furono pressoché tutti uguali, monotoni e con poche notizie riguardanti il caso che potesse anche solo alzare il livello di attenzione dei presenti. I primi ad arrivare il giorno dopo l’arrivo di Yana furono il sovrintendente Yagami e il giovane Matsuda che teneva saldamente una piccola busta di carta ripiena di ogni brioche che aveva trovato, il giorno prima aveva fatto particolare attenzione alla ragazza spuntata dal nulla che sembrava avere un particolare palato per i dolci. Un po’ come Ryuzaki, si ritrovò a pensare aspettando con il capo che l’ascensore dell’hotel li portasse all’ultimo piano dove li attendeva un’altra pesante giornata di lavoro e ricerca.
Il silenzio li accolse non appena misero piede all’interno della suite e Matsuda pensò ingenuamente che a quell’ora del mattino avrebbero potuto trovare il detective addormentato, anche se la visione era molto rara capitava che Elle si appisolasse senza che gli altri se ne accorgessero, seppur per pochi minuti. Come ci si sarebbe aspettato invece i due trovarono Elle e Yana impegnati rispettivamente di fronte i propri portatili, nessuna parola tra i due e il solo rumore dei tasti premuti delle tastiere che ogni tanto riempivano il silenzio della stanza.
Yagami salutò brevemente togliendosi la giacca e preparandosi al lavoro imminente, un breve scambio di sguardi fu tutto ciò che ricevette in risposta dai due che spostarono solo di pochi attimi la loro attenzione senza emettere un fiato. L’uomo rivolse poi un cenno al giovane agente che sembrava imbambolato sullo stipite della porta, ancora assonnato visto che erano da poco passate le sei di mattina e la singola tazza di caffè presa poco tempo prima, si riscosse dal torpore nel quale era caduto e con tono allegro seppur ancora vagamente assonnato salutò i due che sembravano non aver chiuso occhio dal giorno precedente.
            «Buongiorno Yana! Ryuzaki» disse poggiando la busta di cornetti davanti i portatili dei due ragazzi sul basso tavolino posto in mezzo al soggiorno.
Yana interruppe per qualche attimo il proprio laborioso lavoro al pc quando il suo naso catturò un preciso odore, la pesante quanto dolce nota di burro e cioccolato che sembrava provenire dal sacchetto che il giovane poliziotto aveva portato con sé. Senza degnare di una degna risposta Matsuda, si limitò ad allungare la mano per afferrare con sicurezza un dolce che da quando aveva messo piede in Giappone non mangiava decentemente, una dolce brioche russa dalla tipica forma intrecciata che emanava un profumo di burro e cioccolato in grado di far venire l’acquolina al solo pensiero.
Ryuzaki spostò di poco il piccolo piatto che aveva accanto a sé permettendo cosi a Yana di poggiarci sopra un cornetto ripieno di marmellata mentre lei era intenta a gustarsi quella brioche a piccoli morsi. Prima di prestare attenzione al suo ennesimo dolce tuttavia spostò con la mano destra il cavallo nero presente sulla scacchiera tra i due, solamente tre pezzi a testa ed entrambi non sembravano affatto intenzionati a mollare quella partita che durava ormai da quasi cinque ore.
            «Duecentotrentacinque mosse… penso siamo ben oltre il limite consentito per dichiarare la partita un pareggio» disse Elle monocorde rivolgendo una veloce occhiata contrariata alla propria tazza oramai vuota da tempo, con Misa rinchiusa Watari non aveva tempo da dedicare a occuparsi di tenere occupato lo stomaco del corvino ed anche se non lo dava molto a vedere, persino Yana iniziava a soffrire della mancanza del suo caffè mattutino.
            «Se dichiari pareggio rimarrò in vantaggio di una partita» esclamò semplicemente Yana osservando distrattamente la scacchiera completamente sguarnita se non di tre pezzi ciascuno, disposti strategicamente rendendo impossibile qualsiasi ulteriore strategia. Le ultime due ore spese a ripetere meccanicamente le stesse mosse ne erano una prova lampante.
            «Scusate- si intromise timidamente Matsuda, osservando sbalordito i due giovani, -ma da quanto tempo state giocando? Sono a malapena le sei del mattino»
Yana rivolse un’occhiata veloce all’ora segnata sul suo computer prima di dare un ulteriore morso alla sua brioche.
            «Cinque ore e sette minuti»
Matsuda sgranò gli occhi, allora aveva ragione, quei due non avevano minimamente chiuso occhio dal giorno prima. Una cosa del genere non era inusuale da Ryuzaki visto che da quando il caso Kira era iniziato l’aveva colto appisolato solamente un paio di volte e mai per più di una decina di minuti, ma che anche quella strana ragazza condividesse quell’improbabile ciclo di sonno-veglia di certo non se l’era aspettato, notò un leggero alone cerchiare quegli occhi grigi e nonostante tutto Yana sembrava attenta e concentrata come non mai.
La sua attenzione venne attirata poi dal sovrintendente Yagami che gli consegnò una pila di documenti non ancora analizzati e dunque da controllare con estrema cura, li afferrò controvoglia e con uno sbadiglio si sistemò sul divano accanto al proprio collega iniziando in silenzio quella giornata che non si prospettava affatto interessante.
            La giornata trascorse in modo lento e noioso tanto che quasi tutti dimenticarono la presenza di Yana in quella suite d’albergo, concentrata com’era sul proprio portatile non aveva mosso un muscolo da quella mattina presto fermandosi qualche volta solo per recuperare distrattamente una delle sue solite caramelle all’arancia. Persino Aizawa iniziò ad abituarsi alla sua presenza benché fosse ancora leggermente irritato dal comportamento che la ragazza aveva avuto nei loro confronti il giorno precedente, quella arroganza che sembrava trasparire in ogni suo gesto e soprattutto nello sguardo magnetico ora sembravano dissolti come neve al sole, Aizawa quasi si arrischiò a pensare che fossero due persone totalmente diverse; tutti lavoravano incessantemente soprattutto impegnati nel catalogare tutte le vittime di Kira che non accennavano a fermarsi.
            «Hey Matsuda, vuoi darti una svegliata?» lo rimproverò il sovrintendente Yagami sotto lo sguardo sospetto di Aizawa che seguendo lo sguardo dell’amico capì all’istante il motivo della sua distrazione.
Il giovane Matsuda fissava con aria assente la bionda da oramai un paio di minuti e nonostante non sembrasse, si accorse che qualcosa la stava irritando ed anche parecchio vista la fronte corrugata e la bocca che torturava incessantemente il bastoncino di plastica che teneva tra i denti.
Yana in effetti non poteva definirsi tranquilla ed era quantomeno sicura che ciò non fosse dovuto all’effetto della caffeina, si sentiva inquieta da quando aveva finito di controllare tutti i documenti in possesso di Elle e della sua squadra, la teoria che ne aveva ricavato non sembrava potersi reggere in piedi su una base prettamente realistica e logica eppure non sembrava trovare altra soluzione. La sola idea che Kira potesse controllare in qualche modo le azioni antecedenti la morte, cosi come annullare la volontà e il libero arbitrio delle vittime era un qualcosa di inconcepibile ma d’altronde lo era anche il suo assurdo modo di uccidere, nonostante la remota ipotesi dell’intromissione di enti soprannaturali di certo non poteva perdersi nell’esplorazione di qualcosa che suonava tanto assurdo specialmente con la lista dei decessi che continuava a crescere senza freno.
La luce lampeggiante emessa dal suo portatile la fece tornare alla realtà, continuò a mordicchiare distrattamente il bastoncino che teneva tra i denti mentre scorreva contrariata tra i risultati che aveva ricavato in quell’esatto momento, vi erano i chiari segni di un’intrusione eppure questo non bastava ad incastrarlo.
            «Dannazione» mormorò seccata tornando così a ragionare nella sua lingua natia.
Elle le rivolse una breve occhiata sporgendosi un poco dalla propria postazione per leggere i dati che erano stampati a chiare lettere sullo schermo del portatile della ragazza.
I dati riportavano chiaramente le tracce informatiche lasciate dal computer di Light Yagami dopo ogni sua intrusione nel computer del padre, anche se il ragazzo pensava di aver eliminato le tracce non era stato così difficile ritrovare le impronte originali. Questo però non era sufficiente ad incastrarlo.
            «L’ha ammesso lui stesso più volte di starsi interessando al caso Kira tanto quanto noi, trovo naturale che se il sovrintendente Yagami non condivida con lui le notizie dei decessi abbia trovato il modo di procurarseli» dichiarò semplicemente il detective notando lo sguardo assottigliato della ragazza che continuava a fissare stoicamente quelle righe di parole.
Il sovrintendente Yagami sentendosi chiamato alzò la testa in direzione dei due giovani e si avvicinò lentamente chiedendo se avessero trovato qualcosa che avrebbe potuto dare una svolta a quella tediosa giornata che aveva da poco superato le due del pomeriggio.
            «Suo figlio è entrato ripetutamente di nascosto nel suo computer da quando sono iniziate le indagini, ha inoltre tentato invano di eliminare le tracce della sua intrusione senza riuscirci però. Per quanto sia un ragazzo in gamba non è molto ferrato in informatica e non è stato difficile ritrovare le sue intrusioni da terminale»
            «Non ho mai condiviso nulla sulle indagini con Light ma so che stava iniziando a lavorare al caso anche per conto suo, anche se non è un comportamento corretto sta solo cercando di lavorare come può. Farebbe di tutto per spedire Kira sulla forca» Soichiro Yagami era convinto dell’innocenza del figlio e ci avrebbe scommesso la propria vita, quel ragazzo era il suo orgoglio e vi riponeva una fiducia immensa. Per lui quelle intrusioni nel suo computer altro non erano che la dimostrazione della volontà di Light di voler risolvere il caso a tutti i costi, e chissà che non ci riuscisse prima del famoso detective Elle che al momento sembrava alquanto in difficoltà.
            «Chissà che queste incursioni non siano solo per avere una risposta immediata ai propri esperimenti… Yagami… pragmatico studente modello che prova questa ossessione di risolvere il caso Kira prima di Elle? Il gusto della sfida sembra aver acceso una miccia pronta ad esplodere, Yagami rientra nel perfetto profiling di Kira eppure… sembra venire scagionato ogni volta che qualcosa sembra sul punto di incastrarlo. Voler avere le notizie redatte dalla polizia di certo è un vantaggio ma non deve essere l’unica ragione… no. C’è altro sotto… c’è altro…- mormorò tra sé e sé la giovane agente del KGB finendo la propria tazza di caffè e ricevendo occhiate confuse dai tre poliziotti presenti che non capivano nulla di quanto stava dicendo, - le morti nelle carceri erano tutti esperimenti, non sono notizie che sono state divulgate dai media e se il sovrintendente non ne ha mai fatto parola col figlio non c’erano ragioni per crackare il computer del padre…. A meno che non era sicuro di potervi trovare qualcosa» quel ragionamento sembrava viaggiare su un binario leggermente diverso da quello sul quale Elle aveva ragionato sinora. Il corvino infatti con un piccolo accenno di sorriso allungò un marshmallow, dalla sua busta piena, nella direzione di Yana che la accettò prontamente.
            Il detective aveva seguito attentamente lo sproloquio di Yana consapevole di come questo l’aiutasse spesso a ragionare e a mettere insieme le idee, non era infatti stato deluso. Quelle incursioni, per quanto potessero sembrare innocenti, non erano del tutto giustificabili e questo lo sapevano entrambi. Sarebbe servito molto di più per poter incastrare ufficialmente Light Yagami ma questo dava loro una piccola conferma di come quella teoria non fosse del tutto da scartare.
Nonostante quel piccolo traguardo, la stanchezza accumulata da quella giornata passata immobile di fronte il computer iniziò a farsi sentire, specialmente nello stomaco che brontolò rumorosamente. Era dal pomeriggio prima che Yana non metteva nulla nello stomaco se non la sua scorta di caramelle all’arancia e quella piccola brioche russa che, come prevedibile, non avevano sortito molto effetto sulla sua fame. Con lentezza si alzò dalla propria postazione chiudendo e poggiando il proprio portatile sul basso tavolino che le era di fronte, si sistemò i jeans neri che le fasciavano le gambe come una seconda pelle e silenziosamente si infilò la giacca da aviatore a causa delle temperature ancora abbastanza rigide nonostante fosse primavera inoltrata. La cosa non passò inosservata ai presenti, soprattutto i tre poliziotti che le rivolsero un’occhiata confusa ma rimasero religiosamente in silenzio o perlomeno due di loro, Matsuda, che invece non sembrava affatto intenzionato a concentrarsi quel giorno, si alzò di riflesso.
            «Yana aspetta, esco con te! Ho alcune commissioni da fare» si giustificò frettolosamente il poliziotto prima che la ragazza gli chiudesse la porta in faccia, si limitò dunque a lasciare socchiusa la porta d’ingresso della suite senza degnarlo di uno sguardo.
Matsuda si affrettò a raggiungere l’ascensore e insieme i due si diressero verso l’uscita dell’hotel.



---Note---
Ed eccomi finalmente col terzo capitolo, ed anche stavolta inizia ad esaurirsi la lista dei capitoli già pronti.
Spero vivamente che questa storia vi stia incuriosendo e spero che nonostante l'università riesca ad aggiornare in modo più o meno costante, anche se quando ho del tempo per scrivere continuo a dedicarmi ad altre storie che non so neanche se pubblicherò mai.
Detto questo aspetto con ansia qualsiasi commento a riguardo, anche due paroline.

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


CAPITOLO 4
 
               «Ryuzaki, Misa sta parlando» la voce di Watari interruppe il silenzio denso di concentrazione che aleggiava nell’ennesima suite d’hotel, presa come quartier generale provvisorio della squadra anti-Kira.
            Elle alzò la testa e si fiondò con un salto verso la poltrona posta di fronte ad uno schermo e un microfono, ordinando con una certa urgenza di far arrivare ai dispositivi sia immagine che sonoro. I tre poliziotti lo seguirono a ruota seppur con la dovuta calma, avevano trascorso la notte precedente in quella stanza ed erano rimasti svegli fino all’ultimo, la stanchezza ora era decisamente evidente su tutti e tre.
            «Era ora, sono passati tre giorni» si lamentò Aizawa passandosi una mano tra i capelli ricci e scoccando un’occhiata verso Yana che sembrava non avere intenzione di scomodarsi dalla sua posizione.
La bionda infatti non aveva lasciato il proprio portatile per dirigersi verso lo schermo assieme agli altri, i capelli scalati che aveva lasciato per una volta sciolti le ricadevano scompostamente di fronte il viso nascondendo così gli occhi socchiusi. Stava sonnecchiando da poco più di un paio di minuti quando una mano poggiata sulla spalla non la scosse dolcemente, Yana aprì di scatto gli occhi girandosi verso il sovrintendente Yagami che l’aveva appena svegliata e la guardava con espressione gentile accortosi della sua stanchezza.
            «Mi spiace doverti svegliare ma forse abbiamo qualcosa su Misa Amane» aggiunse poi alzandosi dopo aver ricevuto un cenno del capo da parte di lei. Yagami si era reso conto di come la stanchezza avesse preso tutti ma in particolar modo la ragazza che a dispetto degli altri non sembrava aver dormito affatto da giorni, gli occhi solcati da leggere occhiaie e lo sguardo spesso assente glielo avevano confermato più di una volta.
Yana scosse leggermente la testa tentando di scrollarsi di dosso la stanchezza, chiuse il portatile e sistemando la felpa grigia che indossava si alzò raggiungendo i quattro che osservavano concentrati lo schermo di fronte il detective.
            «Non ce la faccio più…- mormorò in un sussurro appena udibile la bionda che ancora una volta come giorni fa era legata da testa a piedi, la pesante maschera metallica a coprirgli gli occhi, -uccidimi»
I tre poliziotti sussultarono al solo sentire quella richiesta, Yana ed Elle al contrario non mossero un muscolo, attenti per lo più alle espressioni facciali della Amane o perlomeno quel poco che potevano percepire vista la maschera sugli occhi. La ragazza sembrava distrutta, si reggeva in piedi ma non sembrava minimamente intenzionata a lottare, era esausta e sconfitta.
            «Uccidimi, fa presto» ripeté, questa volta con tono più forte.
Aizawa si mosse nervosamente sul posto, chiaramente contrario e in disappunto con quello che stava vedendo. Non sopportava che una persona venisse privata in tal modo della libertà e dei propri diritti solo sulla base di una supposizione, a maggior ragione una ragazza così giovane e all’apparenza innocente, la sua irritazione poi non fece che crescere notando come Ryuzaki non sembrava minimamente turbato dalla situazione, al contrario, sembrava quasi esservi del fastidio e della noia per la lentezza richiesta per ottenere quella che rasentava l’estorsione di una confessione.
            «Ryuzaki questo è davvero troppo per una ragazza di vent’anni» esclamò Aizawa con una nota di disappunto nella voce.
            «Ormai avrà raggiunto il limite» gli diede manforte Matsuda.
Elle li ignorò troppa era la concentrazione rivolta allo schermo di fronte a sé, allungò la mano e premette il pulsante di attivazione del microfono, «Misa Amane, mi senti?» domandò.
Misa sobbalzò impercettibilmente al sentire quella voce uscita dal nulla, pesantemente alterata.
            «Si. Ti prego, uccidimi subito» supplicò nuovamente.
            «Adesso rispondi alla mia domanda. Ammetti di essere tu il secondo Kira?» domandò nuovamente Ryuzaki ignorando la continua richiesta della Amane che sembrava avere un’espressione sempre più insofferente e sull’orlo di una crisi di nervi.
            «No…- biascicò per poi riprendere a parlare con tono più acuto, presa dal nervosismo, -Io non conosco nessun secondo Kira. Non ce la faccio più… preferisco morire. Avanti, sbrigati, uccidimi! Tu puoi farlo, no? Uccidimi, che aspetti?»
            «Ma con chi va blaterando?» domandò confuso Aizawa, percependo come la ragazza stesse lentamente iniziando a delirare senza lasciare neanche il tempo a Ryuzaki di poter rispondere.
            «Si, uccidimi» ripeté un paio di volte come caduta in trance.
Yana assottigliò lo sguardo concentrando ora tutta la sua attenzione sulla ragazza che continuava a supplicare di venire uccisa, l’impressione tuttavia non era quella che si stesse rivolgendo a Ryuzaki, il quale smise di risponderle, ma ad un terzo interlocutore. Si domandò se potesse trattarsi di Watari ma la cosa non aveva senso sapendo come l’anziano non aveva quasi mai rivolto la parola alla Amane e di certo i suoi metodi non erano così pesanti da far suscitare il desiderio di morte.
C’era qualcosa sotto, qualcosa che sfuggiva anche a due delle menti più geniali al servizio della giustizia.
Misa dava l’impressione di essere palesemente sotto shock e di star delirando con la sua nenia ma alla ragazza non importava, quei giorni erano stati troppo duri per lei e aveva raggiunto il limite. Non avrebbe mai tradito Light e preferiva morire piuttosto che lasciarsi sfuggire qualcosa di bocca, non chiedeva altro a Rem.
Scrivere il suo nome e farla finita in meno di un minuto.
            «Non ce la faccio più, uccidimi…- mormorò per l’ennesima volta, negando nuovamente alla proposta di Rem per salvarla da quel supplizio, -No, no, uccidi me. Uccidi me» non voleva che ci andasse di mezzo anche Light, avrebbe rispettato la sua promessa.
All’ennesimo momento di silenzio i membri della squadra anti-Kira videro Misa esplodere di frustrazione, «Ne ho abbastanza, se non vuoi uccidermi tu…!»
            «Dannazione, Watari! Impediscile di mordersi la lingua» Esclamò imperativo Elle, troncando sul nascere quel gesto di follia mentre Watari le chiuse la bocca con una striscia di tessuto.
Tutti i presenti rimasero in silenzio, la pesante consapevolezza di non aver avuto i risultati sperati che gravava in modo insistente su di loro.
Elle sospirò impercettibilmente e fissando con i suoi soliti occhi sgranati lo schermo pensò allo strano comportamento della giovane modella, anche se era al corrente di come Watari fosse in grado di esortare pressoché qualunque persona a confessare, dubitava che avesse potuto esagerare talmente tanto da indurla a desiderare la morte con così tanta insistenza.
C’era qualcosa che la frenava dal parlare, ed era talmente radicata nelle sue convinzioni che avrebbe preferito la morte al tradire i suoi ideali.
            «Possibile che questo faccia parte delle azioni controllate da Kira prima delle morte?» si domandò sovrappensiero notando con la coda dell’occhio come Yana l’avesse raggiunto e stava lentamente prendendo posto sul bracciolo della poltrona, le braccia dei due ragazzi a sfiorarsi timidamente.
            «Se questa fosse opera di Kira, la Amane sarebbe morta da tempo e ci avrebbe risparmiato tre inutili giorni di attesa» gli rispose Yana puntando i suoi occhi grigio mercurio in direzione dello schermo che riportava freddamente la scena della ragazza che continuava a negare con la testa e nel tentativo di articolare qualche parola, il bavaglio le permetteva di produrre solo suoni ovattati.
            «Ma che diamine vai dicendo, Sokolova! Sei impazzita? Pensi sia uno scherzo quello che sta passando quella ragazza?» quasi gli urlò contro Aizawa, sul punto di esplodere.
Yana non gli era andata a genio sin dall’inizio ma in quei giorni di attesa si era quasi dimenticato della sua presenza tanto era una figura silenziosa nella stanza, ma ora… ecco di nuovo quello sguardo penetrante che non lasciava trasparire alcun pensiero, il volto dai tratti delicati della giovane agente del KGB induriti in una espressione severa mentre incatenava il proprio sguardo in quello furioso del poliziotto giapponese. Quell’aria di superiorità che sembrava trasparire dalla sua intera figura ogni volta che aveva quello sguardo era una cosa che non sopportava, sembrava mettere qualunque altra persona in secondo piano come se fosse di poca importanza o mere comparse.

            «Perdere giorni di indagini mentre Kira continua ad uccidere centinaia di persone indisturbato per stare dietro ad una ragazzina che si dimena dalla paura... sinceramente, per essere una sospettata del caso Kira è stata trattata persino con troppo riguardo, Aizawa» disse con tono calmo Yana riportando il proprio sguardo glaciale in direzione dello schermo che continuava a trasmettere la figura immobilizzata della Amane.
Aizawa era sul punto di sbottare dalla rabbia ma venne ripreso in tempo dalla mano poggiata sulla sua spalla e dallo sguardo ammonitore del sovrintendente Yagami che lo guardava con accondiscendenza. Per quanto potesse essere d’accordo con il suo collega anche Yagami sapeva che le parole dure di Yana avevano un fondo di verità, la faccenda di Misa Amane li aveva tenuto fermi per parecchi giorni oramai e con il tasso di morti dei criminali questo non era un lusso che potevano permettersi.

            Un silenzio pesante era calato nella stanza, Yana tornò a rivolgere la propria attenzione allo schermo dove Misa era con il capo reclinato di lato come sconfitta, di tanto in tanto sembrava annuire o scuotere la testa ma al di là di quello non sembrava affatto decisa a parlare. La cosa iniziava a snervare sia la bionda che Ryuzaki, entrambi restii a dimostrarlo apertamente ma era palese quanto quella situazione stesse facendo perdere tempo a tutti.
Un dettaglio attirò l’attenzione dell’hacker.
Una frazione di secondo ma fu sufficiente per farle aggrottare leggermente la fronte, confusa.
Per una frazione di secondo lo schermo aveva mostrato una delle ciocche bionde della idol spostarsi di poco e ricadere nuovamente di fronte la maschera di metallo che le oscurava gli occhi, il movimento di quella singola ciocca sembrava essere passato inosservato ai tre agenti di polizia ma anche Elle aveva di poco allungato il collo, incuriosito da quello strano fenomeno.
I due non dissero nulla ma quel dubbio rimase soprattutto nella mente di Yana che era rimasta ad osservare assorta lo schermo del proprio portatile una volta ripresa la posizione da lavoro vicino la poltrona del detective.
            Misa non accennò una parola per un paio d’ore, probabilmente addormentatasi dopo le ore infinite di interrogatorio pesante a cui era stata sottoposta, sotto la segreta compassione di Matsuda che sembrava non accettare proprio l’idea che una ragazza così giovane potesse incarnare le veci del secondo Kira.
Nonostante tutte le prove a suo carico, Misa si ostinava a non parlare. Quella testardaggine stava mettendo a dura prova la pazienza già limitata di Yana che non avrebbe esitato ad appesantire i metodi di interrogatorio pur di mettere fine a quelle ore così vuote, e sotto lo sguardo curioso del più giovane dei tre agenti, venne sorpresa a sonnecchiare.
            «Guarda Aizawa, si è addormentata. Così non fa più tanta paura, eh?» commentò scherzoso il giovane dando una leggera gomitata all’amico che sbuffò con un broncio molto eloquente.
Quella ragazza di certo non le andava a genio, nonostante sembrasse avere un’intelligenza fuori dal comune, il suo atteggiamento a tratti strafottente proprio non lo digeriva.
            «Pensa piuttosto a finire di controllare questi documenti, più tardi puoi chiederle di uscire se proprio ci tieni» sbuffò di risposta notando come Matsuda avesse di colpo sgranato gli occhi dall’imbarazzo, balbettando frasi sconnesse.
Soichiro Yagami riprese rapidamente i due che ritornarono subito a lavoro, e nella tranquillità snervante di quel pomeriggio di fine maggio non c’era molto da fare se non continuare ad aggiornare la lista delle morti di Kira.
            Dopo qualche ora passate in completo silenzio Yana schioccò la lingua socchiudendo gli occhi e puntando lo sguardo sul computer di fronte a sé, seccata dalla lentezza con la quale procedevano le indagini sembrava totalmente immersa nei propri pensieri.
Aveva più di una volta avvertito lo sguardo dei due agenti di polizia su di sé ma non ci aveva prestato la benché minima attenzione, tagliando fuori qualunque fonte di disturbo si era isolata nella sua testa e, invece di approfittare di un paio d’ore di sonno prezioso in quel momento, aveva passato in rassegna tutte le informazioni che ricordava riguardo il caso Kira.
Nomi, date, eventi, dettagli, immagini.
Tutto.
Qualsiasi minimo particolare poteva essere d’aiuto e giocare un ruolo determinante nella risoluzione di quel caso internazionale, eppure non riusciva a togliersi dalla testa quel dettaglio. Quella stupida ciocca di capelli mossa da chissà quale folata o spiraglio di vento inesistente, poco prima che la Amane perdesse i sensi.
            «Non ci siamo… mi sta sfuggendo qualcosa… pensa» si redarguì sottovoce.
Elle d’altro canto non era in una situazione migliore, a corto di zuccheri da quella mattina vista l’assenza di Watari e quello che sembrava essere un vicolo cieco tra le mani.
La situazione non poteva mettersi peggio.
            Senza dire una parola il corvino allungò la mano lungo uno dei pezzi della scacchiera posta sopra il piccolo tavolino di fronte a lui, mosse il pedone avanti di due caselle senza distogliere lo sguardo dallo schermo che continuava a trasmettere la statica immagine della giovane Amane crollata per la stanchezza.
Yana spostò lo sguardo alla sua sinistra dove si trovava la scacchiera rimessa a posto quella mattina da uno dei presenti, osservò con interesse il pedone bianco che svettava fieramente davanti agli altri pedoni e con un gesto fluido mosse in risposta il pedone nero in avanti.
            «Certo che ti sei proprio affezionato alla Difesa Siciliana» commentò Yana con un leggero sogghigno ad incurvarle le labbra mentre Elle non attese un attimo rispondendo alla mossa con l’avanzamento di un secondo pedone.
Sotto lo sguardo allucinato e incredulo di Matsuda e Aizawa e quello sorpreso del sovrintendente Yagami, la partita giunse di nuovo e con rapidità ad uno stato di impasse che lasciò i due con quattro pezzi ciascuno.
Lo stato di concentrazione e totale alienazione dei due venne interrotta da un leggero gemito proveniente dalla video schermata che continuava a mostrare la snella figura legata della Amane, ora scossa da leggeri movimenti mentre alzava di poco la testa e la muoveva come a constatare di essere ancora bendata.
            «Signor maniaco? Ehi, signor maniaco. Dimmi, dove sei?» domandò improvvisamente più vigile prima di accennare un piccolo sorriso, «ora basta con questo gioco, dai»
Ryuzaki congela la mano con la quale aveva afferrato un cioccolatino, ora fermo a mezzaria davanti a sé, puntando come una saetta quegli occhi sgranati sullo schermo con acuto interesse.
«Non lo sai che questo è un reato, signor maniaco?» supplica nuovamente, alzando di poco la voce.
Yana assottiglia lo sguardo in direzione della Amane, quel tono così deciso di certo era strano considerando come fino a qualche ora prima continuava a chiedere di venire uccisa e che non avrebbe detto nulla. Si percepiva come stesse evitando di dire qualcosa, eppure ora… non aveva la minima esitazione, non aveva paura.
L’hacker vide come Elle si portò il pollice sopra il labbro, fattosi improvvisamente più pensieroso di prima probabilmente a causa del comportamento anomalo della Amane che non sembrava rientrare nelle ipotesi del detective.
            «Maniaco?» esclamò dubbioso Aizawa alle spalle dei due giovani, «è da quando ha ripreso conoscenza che va avanti con questa storia»
Matsuda commentò dando man forte al collega, entrambi stupiti da quell’atteggiamento così insolito se comparato a qualche ora prima.
            «È sincera. Non sta mentendo, nonostante prima sembrava ostinarsi a non voler rivelare qualcosa… ora quel segreto è semplicemente svanito nel nulla» quel commento atono di Yana cadde nel silenzio, una volta distaccatasi dal proprio portatile ora abbandonato e inutilizzato sopra le proprie gambe incrociate.
            «Almeno toglimi questa benda dai, vorrei vederti in faccia» continuò a lamentarsi Misa decisa a non mollare la presa.
Elle sgranò gli occhi a quel commento, improvvisamente vigile e con un dubbio nella sua mente che doveva venire immediatamente messo a tacere o essere confermato; allungò una mano dietro di sé ordinando che venisse chiamato Mogi.
Chiedere di venire liberati all’improvviso dopo tre giorni come se niente fosse, per di più dopo la pensante accusa di essere il secondo Kira che può essere in grado di uccidere semplicemente conoscendo il volto della vittima. In tutto quella storia, qualcosa non quadrava.
            «Mogi, quando ha arrestato Misa amane le ha detto di essere sospettata di essere il secondo Kira?» domandò prontamente Ryuzaki una volta essere entrato in possesso del telefono di Matsuda.
La risposta che ricevette dall’altro capo del telefono contribuì ad aumentare quel dubbio che ora si faceva sempre più insistente.
            «Ti faccio un autografo e ti stringo la mano se vuoi, e poi ti do anche un bacio sulla guancia, va bene? Ti giuro che non scappo»
Elle continuò a rimuginare cosa potesse aver scatenato quel cambio repentino nel suo comportamento dopo tre giorni di interrogatorio che l’avevano portata allo sfinimento, senza tra l’altro ottenere molte informazioni; ora invece, sembrava gioviale e fin troppo energica, forse era tutta una farsa per trarli in inganno.
            Il detective allungò una mano attivando così il microfono di fronte a se, «Misa Amane, prima di addormentarti non hai aperto bocca e hai chiesto addirittura di venire uccisa, è un po’ tardi per fare la finta tonta»
Il broncio che sorse sul viso della giovane giapponese fu piuttosto eloquente.
            «Ma che stai dicendo? Sei stato tu ad addormentarmi e a rinchiudermi qua dentro. Che c’è? Ti diverte così tanto giocare con una modella famosa come me, vero?»
            «Conosci il motivo per cui sei stata portata qui e legata?»
            «Il motivo?» Misa esitò qualche attimo, «perché sono famosa, no? Anche se tu sei veramente fuori di testa»
Matsuda preso dal nervosismo afferrò in fretta il microfono e rimproverò la Amane che, sentendo quel repentino cambio di atteggiamento, sobbalzò dallo spavento e riprese a lamentarsi con maggiore foga.
            «Smettila» la silenziò Elle con tono calmo all’ennesima richiesta di poter andare al bagno, «ci sei andata quattro minuti fa»
            «Ma come sarebbe? Vuoi che resti tutto il tempo legata così? Brutto pervertito!»
Yana sogghignò a quel commento così spudorato alzandosi e mettendosi sopra il suo posto sul bracciolo della poltrona, ricevette nel mentre un’occhiata da parte di Ryuzaki accanto a lei che non emise un fiato, portando di nuovo il solito pollice sul labbro inferiore, pensieroso.
            «Amane, adesso riprendiamo seriamente il discorso prima che tu ti addormentassi. Dimmi se conosci Light e per quale motivo ti sei avvicinata a lui»
            «Ma Light è il mio ragazzo ci mancherebbe che non lo conoscessi» ammise confusa la ragazza non capendo il motivo di quella domanda così ovvia, domandandosi perché mai avrebbe dovuto avere un chissà quale secondo fine oscuro per stare accanto al ragazzo che ama.
La confusione a quell’improvvisa ondata di sincerità attraverso come una saetta la mente dei due geni che sedevano l’uno accanto all’altra, mentre dietro di loro il più giovane dei tre agenti di polizia esternava a voce alta il proprio dubbio.
            Neanche il tempo di replicare che il telefono del detective prese a squillare facendo interrompere il collegamento audio e video con la Amane giusto prima di rispondere, Ryuzaki lesse il chiamante ad alta voce ottenendo così uno sguardo scioccato dal sovrintendente Yagami che non aveva aperto la bocca fino ad allora.
Elle concluse velocemente la chiamata indicando poi anche la locazione in cui si trovavano da a malapena un giorno, Soichiro si alzò lentamente con sguardo grave poco prima di sospirare, «e così, mio figlio sta venendo qua»
            Quella rapida piega degli eventi iniziava a non essere più una semplice sequela di incredibili quanto fortuite coincidenze, tanto che Yana non credette alle proprie orecchie quando capì che il primo sospettato del caso sarebbe stato lì con loro nell’arco di una mezz’ora.
Dopo tre giorni passati con un pugno di polvere, all’improvviso tutto sembrava smuoversi e a riprendere lentamente il cammino, una marcia che, almeno apparentemente, non sembrava giocare a favore della squadra anti-kira.



---Note---
Ed eccomi un po' in ritardo, -ma come al solito d'altronde.
Nuovo capitolo fresco fresco, più o meno, e qui penso che si inizi a complicare la faccenda con Misa che sembra sempre intenzionata a salvaguardare quell'amore malato di cui solo lei è convinta esista un lietofine e Yana che continua a rimuginare sul caso.
Dite che scoprirà qualcosa che sta sfuggendo al caro, ma a volte alquanto distratto, L?
Eh eh, di certo non ve lo dico ora.
Detto questo, sono a poche settimane dal periodo esami dunque non ho molto tempo libero per anticiparmi qualche capitolo e quelli che ho stanno finendo drasticamente, dunque credo che la pubblicazione rallenterà ad un capitolo ogni due settimane circa. (Sperando sempre di rimettere mano anche alla storia abbandonata di Hika di Naruto che è da parecchi mesi che non aggiorno)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e se vi va lasciate anche qualche parolina, magari qualche bella speculazione su come andrà la stori.
Sono davvero curiosa.


Ciara

 

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


CAPITOLO 5
 
            «Ryuzaki, come ti ho già detto al telefono, purtroppo temo di essere io Kira» disse quelle parole con tono lento, rassegnato, scandendo bene quasi voler mettere in chiaro l’evidenza.
Soichiro Yagami sbiancò, congelato sul posto accanto al figlio a quelle parole e afferrandolo per le spalle, prese a scuoterlo leggermente, «ma che ti salta in mente, Light? Che storia assurda è mai questa, eh?» esclamò con agitazione l’uomo.
A quella affermazione Elle si girò un poco, scoccando un’occhiata da sopra le spalle in direzione del giovane Yagami che non sembrava minimamente a disagio anche se sballottato qua e là dal padre in agitazione, lo scrutò con un leggero disappunto forse aspettandosi una mossa meno avventata da parte del ragazzo.
Nessuna prova tangibile a suo carico, l’improvviso e strano comportamento di Misa Amane e Light Yagami che confessa come potrebbe essere Kira mentre rimane con lo sguardo puntato sul pavimento. Una coincidenza così palese iniziava ad avere dell’assurdo nella mente di Yana che, poggiata al muro in disparte, osservava scrupolosamente il brillante studente universitario in un atteggiamento fin troppo composto.
            Yana continuò a pensare come fosse quasi stomachevole tutta quella messinscena, la voce salda e controllata di Light tradivano quel suo pallido tentativo di inscenare la parte della vittima degli eventi; anche se in stato di inconsapevolezza, chiunque, col dubbio di poter essere stato l’artefice di un tale numero di vittime sarebbe impazzito, sia esso per il senso di colpa o per l’euforia del potere.
            «Ascoltami papà, se Ryuzaki è davvero Elle ci troviamo di fronte al più grande detective del mondo. Se lui sostiene che io sia Kira, allora è probabile che sia la verità»
            «Ma che cosa stai dicendo, Light?» lo riprese nuovamente Soichiro che stentava a credere alle proprie orecchie, restio ad accettare quelle parole.
            «Sono stato pedinato dall’agente Ray Pember dell’FBI, sono stato ad Aoyama il 22 maggio e… sono la persona di cui Misa Amane si è innamorata appena trasferitasi nel Kanto» sembrò parlare del meteo mattutino anziché di tutte le prove che potevano potenzialmente condurlo nel braccio della morte, «tutti gli indizi portano a me, se fossi Elle anche io arriverei alla conclusione di essere Kira… dunque, potrei essere Kira senza saperlo?»
            «Kira che “improvvisamente” si risveglia dall’incoscienza e decide di immolarsi per il bene della propria sanità mentale, proprio quando sembrano non esserci prove a suo carico» commentò non così velatamente Yana aprendo bocca per la prima volta da quando il giovane Yagami aveva messo piede nella stanza con quell’assurda storia preparata a tavolino.
Light saettò lo sguardo nella sua direzione incrociando due iridi mercurio che lo scrutavano con attenzione, il volto dell’hacker disteso anche se concentrato sul giovane che di rimando si irrigidì impercettibilmente.
Yana notò come sembrò tendere le labbra in una linea sottile mentre continuava a scrutarla, forse alla ricerca di una risposta alla sua presenza lì; anche se l’aveva notata dal momento in cui aveva messo piede nella stanza, Light non sembrò prestargli particolare attenzione invece ora, i muscoli gli si erano irrigiditi in una frazione di secondo non appena aveva incrociato il suo sguardo.
Quella donna sarebbe stata un problema, fu l’unica cosa che pensò prima di riportare l’attenzione verso Ryuzaki.
            «Orami non riesco più a riconoscermi… forse, forse quando non sono cosciente o magari mentre dormo un altro me stesso compie i delitti. Purtroppo sto iniziando a dubitare di me stesso»
            «No, questo lo escludo del tutto» lo interruppe bruscamente Elle, «ho fatto mettere delle telecamere nella tua stanza e ti abbiamo sorvegliato per cinque giorni di fila. Ti assicuro che di notte dormivi normalmente… sono giunto alla conclusione che tu non ti lasceresti mai sorprendere in atteggiamenti sospetti»
            «Credi che non mi lascerei mai sorprendere?» disse abbassando la voce, improvvisamente serio, «ad essere sincero anch’io ho pensato che sarebbe meglio se i criminali più pericolosi morissero tutti e credo che chiunque la pensi in questo modo sia sospettato di essere Kira» la voce nuovamente velata da un tono sommesso e nel tentativo di risultare bisognoso di una consolazione.
            «Ma che dici? Anche a me è capitato di pensare che sarebbe meglio se quella gente morisse, ma non mi viene certo in mente di ucciderla… e poi le telecamere hanno dimostrato che i criminali continuavano a morire anche quando non avevi accesso ai notiziari» esclamò un Matsuda alquanto irritato dal comportamento di Light.
Aizawa invece rimase il più obbiettivo, «Tuttavia, essendo a corto di agenti abbiamo potuto sorvegliarlo solamente quando era in casa, quindi, non abbiamo potuto tenerlo sotto controllo tutto il tempo. Potrebbe aver trovato un altro modo di avere informazioni e uccidere»
Yana alzò di poco la testa quando vide la postura di Light rilassarsi impercettibilmente non appena Aizawa espresse quella velata accusa indiretta come se fosse soddisfatto dall’andamento della conversazione anziché irrigidirsi vedendo i frutti del teatrino che aveva messo in scena da una decina di minuti.
            Elle prese la sua tazza di tè senza dire una parola, sfregando le dita dei piedi tra loro mentre pensava, «La piega che ha preso questo discorso non mi piace… ma va bene, legheremo Light mani e piedi e lo terremo in una cella per un lungo periodo di tempo» si pronunciò infine il detective, curioso di sapere come si sarebbe evoluta quella faccenda che iniziava ad avere dell’assurdo.
            «Stai dicendo sul serio? Vuoi davvero imprigionare Light?» Matsuda era esterrefatto.
            «Se dobbiamo farlo, procederemo da subito» ordinò perentorio il detective, «d’ora in poi Light non dovrà più allontanarsi dalla mia vista»
            «Ma è assurdo! Mio figlio non può essere Kira, non ne sarebbe mai capace»
            «Tranquillo papà. Però Ryuzaki deve promettermi che non dovrà liberarmi per nessun motivo qualunque cosa io dica o faccia, finché non si sarà tolto ogni dubbio»
            «E va bene, come vuoi» acconsentì finalmente Elle, «Yagami, le chiedo di trovare una scusa per giustificare l’assenza di Light alla sua famiglia»
Soichiro era sull’orlo di una crisi, si passò una mano fra i capelli leggermente in disordine tentando di mantenere la calma, «E come potrei da un momento all’altro? Come potrebbe mio figlio finire dietro le sbarre?»
            Light a quell’ennesima scenata lo riprese prima di affermare come fosse una cosa necessaria per tornare a non dubitare più di sé stesso, il ragazzo venne poi condotto nella stanza accanto; Yana solo allora decise di rimettersi in piedi scostandosi dal supporto del muro dietro di lei e si avvicinò ad Elle che le dava le spalle ravvivandosi i capelli biondo scuro che seguivano morbidamente i suoi movimenti.
            «Quando avresti intenzione di chiedermelo?» domandò atono il corvino senza scomporsi minimamente dalla sua posizione appollaiata sopra la poltrona, oramai di sua proprietà.
Yana accennò un sorrisetto divertito, «Non pensavo ce ne sarebbe stato bisogno» si abbassò di poco per riuscire ad affiancarlo all’altezza del volto, «questo teatrino non andrà avanti ancora per molto»
            «Finora mi sembra palese che sia in vantaggio»
            «È stata una mossa avventata» commentò la bionda poco prima che la porta della camera da letto si aprisse mostrando così Light completamente isolato dalle manette, la benda e delle cuffie antirumore e Matsuda che lo stava lentamente accompagnando fuori dalla stanza dell’hotel.
            «Prima o poi la troppa sicurezza lo ucciderà» la voce tagliente una volta che la porta si richiuse dietro i due lasciando così i quattro membri della squadra anti-Kira nuovamente nel silenzio.
Una volta che Matsuda e Light lasciarono la stanza, Yana si diresse nella stanza accanto dove ne uscì con in mano gli effetti personali del ragazzo sotto lo sguardo torvo di Aizawa che non la perdeva d’occhio un secondo, scostò la scacchiera quasi vuota e riprese il suo posto ai piedi del tavolino.
            Passarono un paio d’ore nel silenzio del lavoro dove quasi nessuno alzò la testa dalla propria postazione, un paio di volte tuttavia il Sovrintendente Yagami si congedò dalla stanza d’hotel per ritornare dopo un paio di minuti, ancora incredulo a quello che stava succedendo e si rifiutava di rivolgere anche la minima occhiata allo schermo di fronte il detective che osservava con attenzione sia Misa Amane che Light, ancora legato mani e piedi.
Lo squillo insistente di un telefono interruppe dopo parecchio quell’alone di concentrazione in cui versavano tutti, Elle allungò una mano fino a sfiorare la spalla dell’hacker che non sembrava minimamente disturbata da quel rumore improvviso.
            Yana lo guardò di sbieco appena percepì quelle dita fantasma sulla sua spalla, leggermente infastidita dall’interruzione del suo lavoro.
            «Sono già tre volte che suona, inizia ad essere fastidioso» commentò Ryuzaki senza rivolgerle mezza occhiata, l’agente del KGB socchiuse gli occhi come accortasi in quel momento del suono del suo Blackberry.
Si alzò con un gesto fluido e si diresse verso il proprio telefono che non aveva intenzione di smettere di suonare, aggrottò la fronte leggendo il mittente e la quantità esorbitante di notifiche ancora da leggere.
            «Yana, stai bene? Sono ore che cerco di contattarti» la voce dall’altro capo del telefono era chiaramente preoccupata e la cosa fece inarcare un sopracciglio alla ragazza.
            «Perché non dovrei?» domandò allora abbastanza confusa, non capendo il motivo di tutta quella agitazione ed ignorando le occhiate dubbiose che Aizawa le lanciava di tanto in tanto.
            «Sono un paio di giorni che non avevo tue notizie e dovevo accertarmi che stessi bene. Ivan continua ad avere un pessimo carattere dall’ultima volta che ti ha chiamato e avevo un brutto presentimento» avvertì un leggero sospiro di sollievo, presumibilmente.
            «Mi hai chiamata solo per questo?»
            «No, in realtà c’è altro. Nikolaj ha avuto alcuni problemi nell’accedere a delle informazioni classificate, e vista la collaborazione non propriamente volontaria della polizia giapponese la cosa ci sta rallentando e non poco, specialmente se ci manca un membro della squadra del tuo livello»
            «Lo sai che non posso lavorare…»
            «Non puoi lavorare col tuo gruppo, lo so» la interruppe bruscamente Ioann facendola irritare leggermente, «piuttosto, hai incontrato Elle?»
            «Dipende chi lo chiede»
            «Yana…» supplicò il collega sull’orlo dell’impazienza, «non serve che tu mi dia i dettagli, voglio solo sapere se sei al sicuro»
            «Si» fu la sua risposta lapidaria.
            «A quale delle due domande avresti risposto, scusa?»
            «Si» ripeté nuovamente spostando il peso da una gamba all’altra, quasi annoiata da quella chiamata totalmente inutile ai suoi occhi.
Aizawa, che da quando aveva risposto alla chiamata continuava a guardare di sottecchi Yana, si avvicinò silenziosamente al detective, affiancandolo.
            «Scusami Ryuzaki, ma ci si può fidare? Non parlo russo e non ho modo di riuscire a capire se stia diffondendo i dettagli del caso a quelli con cui lavora, ma quel suo atteggiamento di certo non mi aiuta a darle fiducia» commentò con tono basso, ben attento a non farsi sentire dalla ventiquattrenne in questione che era immersa nella discussione al telefono, «sinceramente non riesco a capire cosa ti ha spinto a chiedere il suo aiuto»
Elle bevve lentamente un sorso di tè ancora caldo e posò delicatamente la tazza sul tavolino di fronte a sé, «Il motivo che mi ha spinto a chiedere la sua collaborazione non dovrebbe riguardarvi, se l’ho fatto è perché l’ha ritengo una persona di fiducia»
            «Si, ma…»
            «E per quanto riguarda il suo lavoro, stia pur tranquillo che non sta condividendo con nessuno le informazioni che abbiamo qui al quartier generale. Ritengo sia un’inutile distrazione il dubbio e la sua mancanza di fiducia nei confronti di Yana» lo interruppe il detective con voce bassa e controllata, mettendo fine a quella discussione; rivolse uno sguardo fugace verso Yana notando come quella chiamata fosse inaspettata e probabilmente neanche molto ben accetta; la bionda continuava a spostare il peso da una gamba all’altra impaziente di chiudere la conversazione.
Ad un tratto si fermò e corrugò la fronte confusa, mormorò ancora un paio di parole ma venne interrotta a metà del discorso, sospirò e chiuse con un gesto secco la chiamata.
Yana mise il BlackBerry nella tasca della felpa e arricciando impercettibilmente il naso si diresse verso il tavolino al centro della stanza dove giaceva il suo portatile ancora in funzione, lo chiuse e lo mise nella borsa che aveva portato con sé. Girò la testa incrociando lo sguardo con quello sgranato di Elle che non emise un fiato, gli occhi carbone che seguivano minuziosamente ogni suo movimento senza tuttavia metterla in soggezione come spesso accadeva quando si sentiva osservata.
«La mia presenza è necessaria nei prossimi due giorni?» domandò ad una certa Yana mentre si sistemava la giacca leggera e la borsa del portatile che teneva salda su una spalla.
Elle riportò lo sguardo sopra lo schermo di fronte a sé, «No, ma anche se le indagini proseguono a rilento gradirei la tua presenza qui il più possibile»
«Ho… delle faccende da sistemare. Finirò il prima possibile» rispose l’hacker con un certo astio nella voce prima di congedarsi con un saluto sussurrato frettolosamente ai presenti.
Nonostante la poca propensione nell’uscire all’aria aperta, una volta messo piede fuori da quella suite d’hotel, Yana inspirò e rimase qualche attimo sotto i raggi del sole del tardo pomeriggio. Si incamminò con tranquillità verso la prima stazione della metro in vista, era oramai da parecchio che non passava del tempo da sola e decise di prolungare quel tragitto tanto quanto gli era possibile anche se l’incombenza di quell’incontro che avrebbe avuto a breve non le permetteva di rilassarsi appieno.
Sperò di poter essere in grado di risolvere nell’arco di quel paio di giorni la faccenda che più di tutti continuava a darle fastidio, Ivan.
            Con un gesto secco strinse la tracolla che portava sicura sulla spalla destra mentre l’altra mano rimaneva nascosta nella tasca dei jeans aderenti, gli occhi di un grigio freddo che vagano assenti guardando ora la strada trafficata ora gli scolari che tornavano a casa da scuola.
Una leggera vibrazione nella tasca della giacca attirò la sua attenzione e, aspettandosi il peggio, prese con stizza il telefono e invece rimase sorpresa dal mittente: una foto e un messaggio da parte della compagna di Ioann, Julia. Non aveva passato molto tempo con quella giovane oramai quasi trentenne, eppure si era ritrovata a passare più di un pomeriggio in sua compagnia, finendo poi per occuparsi del cane di Yana che ora vedeva contento nella foto che Julia le aveva mandato assieme ad un messaggio che la fece sorridere un poco.
            Dopo una ventina di minuti di tragitto finalmente giunse nei pressi dell’ambasciata russa dove al momento si trovava il centro di controllo per le operazioni del suo gruppo, entrò senza tante cerimonie e salì fino al terzo piano dove vi era la sala riunioni quasi totalmente deserta.
Una testa bionda ciondolava ritmicamente col battere del suo piede mentre si guardava intorno con fare annoiato, all’improvviso si alzò con uno scatto sentendo la porta a vetri scostarsi leggermente e la figura longilinea della collega mettere piede nella sala.
            «Yana! Finalmente ti si rivede» esclamò gioviale Ioann con gli occhi illuminati di felicità non appena videro la ragazza.
Yana schioccò la lingua infastidita da tutta quell’espansione di affetto, per nulla insolita di Ioann; attraversò rapidamente la stanza e si mise di fronte al collega senza dire una parola, incrociò le braccia sotto al seno e gli scoccò un’occhiata dubbiosa dopo essersi guardata velocemente intorno.
            «Oh, avanti, ti avevo detto che non c’era nessuno oltre a me» rispose fintamente offeso il ragazzo che aveva capito subito a cosa fosse dovuta tutta quell’ostilità, «lo sai che non ti disturbo mai quando lavori, soprattutto in casi di questa importanza»
            «E allora a cosa devo la mia presenza qui?» Yana inarcò un sopracciglio senza avere la minima intenzione di rimanere più del necessario in quell’edificio.
Ioann rimase qualche secondo in silenzio abbassando lo sguardo, si passò una mano fra i corti capelli chiari e si alzò.
            «Questa faccenda sta degenerando, è diventato più intrattabile del solito e anche Nickolaj inizia ad avere problemi nel lavorarci insieme» sospirò facendo il giro e poggiandosi sopra l’enorme tavolo al centro della sala.
            «E cosa ti aspetti che faccia, scusa? Sei tu a capo della squadra e sei sempre stato tu che ha deciso i membri che sarebbero venuti qui in Giappone, conoscendo i problemi tra me e Ivan avresti potuto pensarci prima di mettere uno di noi due in squadra. Se non hai deciso di fare qualcosa a riguardo non ho la minima intenzione di mettere di nuovo a rischio la vita…»
            «Cosa?» domandò immediatamente sull’attenti Ioann, «come, mettere di nuovo a rischio? Che cosa ti ha fatto?» la squadrò con attenzione da capo a piedi prima di puntare lo sguardo sul collo coperto dalle ciocche biondo scuro di Yana che sfuggivano dalla crocchia improvvisata.
Ioann ridusse rapidamente le distanze e senza chiedere il permesso le scostò delicatamente i capelli, notando con disappunto qualche livido in via di guarigione e quasi del tutto scomparso. Percependo l’improvvisa tensione della ragazza si sbrigò a ritrarsi e a rimettere quei pochi passi di distanza tra loro, sapendo quanto poco amasse il contatto fisico e non volendo irritarla ulteriormente nonostante lo sguardo che gli rivolgeva era tutto tranne che ostile.
Forse una delle poche volte nella quale Ioann vide in quegli occhi così simili al mercurio liquido una qualche emozione che non fosse la noia o l’irritazione, non capiva bene cosa gli passasse per la testa ma per una volta quasi sentì l’impulso di abbracciarla.
            «Quando?»
            «L’incontro della settimana scorsa» fu la risposta lapidaria di lei che dimostrava chiaramente l’intenzione di non voler raccontare altro, non per la paura certo ma per evitare di riprovare il nodo di rabbia nello stomaco ogni volta che ci ripensava.
Ioann la assecondo e chiuse rapidamente la faccenda, ben deciso a prendere provvedimenti immediati.
            «Non posso rispedirlo a casa altrimenti rimarremmo a corto di agenti visto che tutti gli altri sono stati già dislocati altrove. Sarà fuori dal tuo gruppo con effetto immediato, non volevo capitasse una cosa del genere» mormorò poi con voce accorata ricevendo un’occhiata di silenzioso ringraziamento che l’uomo accetto ben volentieri.
            «Dovevi parlarmi d’altro?»
La discussione tra i due prosegui per un paio d’ore e rimase perlopiù sui problemi e le difficoltà che Nickolaj stava avendo nel reperire le informazioni necessarie per continuare quanto più rapidamente possibile quelle indagini. L’uomo era un’abile hacker e programmatore anche se non ai livelli di abilità di Yana cui spesso finiva per chiedere una mano ed in quel momento il rifiuto di collaborazione da parte della polizia giapponese e le indagini parallele di Elle stavano iniziando a dare problemi.
Ioann continuò a porle domande su domande ed entrambi riuscirono più o meno rapidamente a trovare una soluzione per aiutare il collega anche se Yana non avrebbe potuto essere lì, si trattenne poi dal chiederle come procedevano le indagini ricordando le vaghe quanto eloquenti risposte che aveva ricevuto nel primo pomeriggio.
            Il sole oramai iniziava a scomparire lentamente dietro i grattacieli di Tokyo, illuminati delicatamente dai tenui raggi che ancora per poco filtravano dalle finestre di quell’enorme sala silenziosa.
Yana aspettava con una certa impazienza che Ioann finisse di trascrivere tutto prima di poter finalmente andarsene da quell’edificio che iniziava a detestare. Il desiderio di poter mettere finalmente piede nell’appartamento che aveva affittato da quando era arrivata in Giappone si faceva più forte ogni secondo che passava, peggiorata dal forte bisogno di staccare da tutte quelle interazioni umane che l’avevano completamente prosciugata.
            «Allora» iniziò Ioann, affiancandola con passo deciso e lasciando che fosse la prima a mettere piede fuori dalla sala riunioni, «so che non hai intenzione di dirmi nulla quindi non ti farò ulteriori domande. Ho solo una richiesta, fai attenzione»
Yana annuì per l’ennesima volta schioccando la lingua con un gesto secco, sentendosi come una bambina che veniva lasciata per la prima volta sola da dei genitori fin troppo apprensivi.
            «Pensi che avranno in giro dello Šašlyk? Ne ho una voglia matta da quando ho messo piede qui» esclamò storcendo la bocca con fare infantile prima di ridere sommessamente sentendo lo stomaco di Yana brontolare contrariato, «immagino che anche tu abbia fame, eh? Quand’è l’ultima volta che hai messo qualcosa nello stomaco? E no, non conta la quantità immane di caffè che bevi da quando siamo qui» la interruppe bruscamente il biondo vedendo come Yana sbuffò in risposta voltando lo sguardo dall’altra parte.
            «Non avrei molte aspettative fossi in te, sarà già tanto se troviamo dei Pel’mèni congelati» commentò con un po’ di stizza nella voce la ragazza, sistemandosi per bene nella giacca una volta messo piede fuori dal consolato.
            «Uffa, non me lo ricordare per favore. Mi viene la gelosia al solo pensiero che quel tuo sacco di pulci stia passando più tempo con la mia ragazza e la sua cucina che il sottoscritto, questa veramente me la paghi… e ora andiamo che ho davvero bisogno di mettere fine a questa giornata e di assicurarmi che tu metta qualcosa nello stomaco, finirai col mangiare anche me se non ci diamo una mossa» disse con un sorriso divertito Ioann prima di dirigersi con Yana in un piccolo locale che l’uomo aveva adocchiato da qualche giorno, pronto per ordinare qualcosa di caldo e andarsene entrambi filati nell’appartamento dell’hacker per concludere in tranquillità quella settimana rocambolesca.

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


CAPITOLO 6
 
Uno sbadiglio interruppe quel lungo quanto pregno silenzio che durava oramai da quasi sei ore, le tende aperte quel tanto che bastava da far passare un filo di luce pomeridiana all’interno dell’ennesima suite d’hotel dove Elle aveva stabilito il nuovo e temporaneo quartier generale.
Quei continui cambi iniziavano a pesare alla maggior parte dei membri della squadra anti-Kira che continuava a lavorare a testa bassa per raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sul caso, seppur con evidenti problemi di mancanza di aiuto.
            Soichiro Yagami aveva insistito per farsi rinchiudere allo stesso modo del figlio poco tempo dopo la sua reclusione, conscio dell’impossibilità di poter aiutare nelle indagini con la dovuta lucidità e obbiettività, qualità che Yana apprezzò particolarmente del sovrintendente di polizia.
Ed ora, sia lui che i due giovani e principali sospettati di essere Kira erano sotto il vigile sguardo di Elle che non perdeva un attimo del suo tempo in altro se non tenerli d’occhio alla ricerca di una qualsiasi soluzione; un dettaglio, una parola, un sospiro, qualunque minuscolo indizio che avrebbe potuto mettere fine a quella messinscena che durava oramai da quasi una settimana.
            I due agenti di polizia rimasti spesso si assentavano per svolgere qualche indagine esterna o più semplicemente per staccare un po’ la spina da quella situazione che per loro, digiuni da un tale modus operandi di condurre un caso sotto le direttive del miglior detective al mondo, iniziava ad essere davvero insostenibile.
Sia, Matsuda che Aizawa tuttavia, notarono come quegli strani ritmi di veglia quasi costante oppure gli orari improponibili passati davanti uno schermo, non inficiassero particolarmente il loro ultimo membro aggiuntosi alla squadra; Yana, infatti, raramente lasciava la sua postazione di lavoro, spesso di fianco la poltrona di Elle oppure in un angolo discreto della stanza dove da giorni stava ispezionando con cura tutti gli effetti personali del giovane Yagami.
            «Avanti signor maniaco, quando ti deciderai a lasciarmi andare? Come puoi divertirti se mi lasci sempre legata così?» la voce stridula e altisonante della Amane risuonava come un fastidioso rumore di sottofondo alla quale tutti avevano fatto più o meno l’abitudine.
Dello stesso avviso invece non erano i due Yagami: Light ancora legato per tutti e quattro gli arti non sembrava soffrire particolarmente la situazione, non aveva parlato molto da quando era stato rinchiuso e neanche aveva protestato in modo rumoroso, se ne stava tranquillo e talvolta veniva sorpreso da Yana a parlare come sottovoce anche se i microfoni non erano in grado di captare le parole di quei monologhi; Soichiro invece era il più provato da quella situazione irreale, sedendo scomposto su una sedia e osservando assorto di fronte a sé, non era stato particolarmente reattivo negli ultimi giorni e rifiutava i saltuari tentativi di Elle di farlo uscire da lì, ostinato nel soffrire la stessa sorte del figlio.
            «Io sono davvero preoccupato per il sovrintendente» mormorò sconsolato Matsuda mentre guardava con pietà la figura del suo capo reclinata in avanti sulla sedia pieghevole all’interno di quella cella angusta.
Light alzò la testa lentamente rivolgendo il proprio sguardo dritto verso la telecamera di videosorveglianza, «Ryuzaki, in questi giorni sono state trasmesse informazioni sui criminali che potrebbero essere nel mirino di Kira? E in tal caso, li ha uccisi?»
Il detective non attese a rispondere e premette con rapidità uno dei microfoni di fronte a lui prima di parlare.
            «I giornali hanno continuato a diffondere notizie di criminali ma da quando sei stato rinchiuso non ne è ancora morto nessuno»
            «Davvero non è morto nessuno?»
            «Si» fu la risposta lapidaria di Elle.
Light abbassò la testa continuando a mormorare qualcosa che Yana, dando un’occhiata alla sua schermata, pur non comprendendo le parole ebbe l’impressione di come il ragazzo stesse parlando con qualcun altro; annotata mentalmente la stranezza riprese il proprio lavoro meticoloso, scoccando di tanto in tanto un’occhiata curiosa nei suoi confronti.
            Ryuzaki, nel frattempo, continuò a rimuginare su tutta quella faccenda e le indagini che sembravano arrivate ad un punto morto, nonostante quella strana svolta e quel gesto avventato di Light stessero quasi confermando le sue ipotesi iniziali sulla sua colpevolezza.
Si portò il pollice sul labbro nel suo gesto abituale, rimuginando mentre la sua mente continuava frenetica a tentare di decifrare il comportamento criptico del giovane Yagami; da quando era stato rinchiuso, di sua spontanea volontà e proprio nel momento in cui Misa aveva cambiato radicalmente atteggiamento, le vittime si erano di colpo arrestate dando ancora più credibilità e conferma alla sua teoria principale.
Ma la cosa non aveva senso.
Vagliò per un istante la reale ipotesi che effettivamente Light potesse essere vittima di una qualche sorta di disturbo dissociativo e dunque era virtualmente inconsapevole di quello che il suo alter ego Kira facesse a sua insaputa, ma la cosa non stava in piedi poiché un tale livello di ingegno e astuzia dovevano provenire da qualcuno con il pieno possesso delle proprie facoltà intellettuali e di persone così dotate ve n’erano ben poche.
            Nel mentre che Elle continuava il suo ragionamento e la sua sorveglianza, Yana continuò ad osservare con attenzione il portafogli di Light nonostante l’iniziale protesta di Aizawa e Matsuda che la consideravano una grave invasione della privacy, ma con la minaccia mondiale di un cataclisma questo era decisamente un fatto irrilevante la ragazza poté così notare come una parte del portadocumenti fosse stato ricucito con molta perizia e precisione; non sembrava esserci nulla fuori posto se non appunto una rammendatura molto ben fatta, di tutt’altro avviso era l’orologio da polso che era un particolare modello e sembrava presentare un corpo in metallo piuttosto ingombrante rispetto alla media, seppur di poco.
Smanettandoci con attenzione l’orologio si aprì, rivelando quello che sembrava essere una sorta di piccolo scomparto dove c’erano custoditi uno stralcio di carta di un quaderno e quello che sembrava essere un ago, Yana socchiuse gli occhi confusa e squadrando con attenzione l’orologio prese con delicatezza il piccolo pezzo di carta, alzandolo all’altezza degli occhi.
            Un brivido la pervase quando la sua mente registrò qualcosa di insolito nella visione periferica della sua vista ancora concentrata sul piccolo foglio, inclinò di poco la testa infastidita da quella sensazione che le stringeva la bocca dello stomaco e non le rendeva facile la concentrazione.
Il respiro le si mozzò in gola, i polmoni rimasero senza aria e non volevano saperne di riprendere a funzionare normalmente; le pupille dilatate dalla scarica di adrenalina che continuavano ad alternare lo sguardo fra lo schermo e il pezzo di carta che teneva tra le dita ora tremanti.
I muscoli le si irrigidirono per una frazione di secondo prima che anche il suo petto tornasse a muoversi con una vaga sorta di normalità, con movimenti lievi appena accennati e che dolevano ad ogni respiro.
La sua mente la riportò bruscamente alla realtà ricordandole della primaria necessità di riempire i polmoni di prezioso ossigeno, necessità che Yana assecondò ben volentieri nel tentativo di razionalizzare la figura che aveva appena visto di fianco a Light.
Se di un umano si poteva parlare.
            «Il diavolo… è un cataclisma» mormorò con un filo di voce senza prestare particolare attenzione a cosa stesse dicendo, lo sguardo e la mente rapiti da quello che faticava a percepire come reale.
Un essere dalle fattezze mostruose che era in piedi vicino Light, dai tratti riconducibili solo in piccolissima percentuale a quelle di un essere umano che sembrava guardare con interesse il ragazzo seduto accanto a lui che nel frattempo continuava a parlare come se niente fosse.
Devo stare impazzendo anche io, pensò inconsciamente Yana mentre l’unica spiegazione plausibile che riuscì a trovare fu la mancanza di sonno dei giorni precedenti che doveva aver avuto una qualche sorta di effetto collaterale sul suo cervello e sui suoi sensi.
Non poteva essere altrimenti, si rifiutava di credere altrimenti.
Quasi meccanicamente riportò lo sguardo davanti a sé fissando ancora sgomenta il foglietto che giaceva vicino l’orologio, scoccando occhiate sempre più frequenti alla cella di Light sperando quasi di avere una prova della sua teoria, ignara che Elle la teneva sott’occhio già da qualche minuto; avendo notato come Yana vicino a sé si era improvvisamente tesa, Ryuzaki pensò a cosa potesse aver causato quel cambiamento repentino e inusuale della sua persona, era distratta e dava la netta impressione di temere per la propria vita.
Senza aprire bocca si limitò a passargli uno dei piattini dove c’era abbandonata l’ultima panna cotta prima di essere costretti a fare di nuovo rifornimento di dolci.
            Yana si accorse di quel movimento alla sua sinistra e fece alternare per un attimo lo sguardo tra il dolce e la mano diafana di Elle che spingeva il piattino con a malapena due dita tenendo la testa rivolta allo schermo che aveva di fronte.
Storse leggermente il naso riconoscendo la consistenza della panna cotta ma non disse nulla, spostò il piatto davanti il suo portatile e prese a mangiarlo con esasperante lentezza. Fissava ostinatamente lo schermo del proprio portatile dove aveva nuovamente sottomano l’immensa lista degli omicidi e altri file pieni di dati che voleva rivedere accuratamente, ancora una volta.
Era passati a malapena il primo pomeriggio e la giornata si prospettava ancora lenta come lo era stata dall’inizio della reclusione di Light. Yana aveva a malapena finito di controllare il resto degli effetti personali di Yagami, con la pesante consapevolezza che nulla sarebbe di certo stato pari a quella scoperta nel suo orologio.
Rapidamente aveva sostituito il pezzo di carta con un altro delle stesse dimensioni, tenendo l’altro al sicuro nella borsa del suo computer. Più tardi ci avrebbe fatto i conti.
            Elle non sembrava particolarmente disturbato da quell’assenza di azione anche se l’unghia del pollice poteva essere testimone del contrario, aveva finito con il mangiare l’intera unghia mentre era assorto nei suoi pensieri.
Continuava a rimuginare sul comportamento di Yagami che, nonostante qualcuna delle sue teorie, aveva agito decisamente fuori dagli schemi e ora era lì, testimone di come si fosse incastrato da solo.
Qualcosa non quadrava. Non poteva essere stato talmente stupido da buttarsi nella tana del lupo senza un piano di riserva, o era tanto disperato da provare la sua innocenza o era altrettanto stupido.
            Lo sguardo di Elle cadde sull’altro lato del tavolino dove Yana era seduta a terra, piegata sul proprio portatile mentre torturava l’ennesimo bastoncino di una caramella finita un’ora prima.
Era da quella mattina che era silenziosa ma anche se non aveva più la stessa aria terrorizzata che gli aveva colto prima, adesso continuava ad avere un’espressione tesa e poco concentrata. Fissava lo schermo ma non sembrava minimamente interessata a quello che c’era scritto sopra e si rifiutava di gettare anche solo per un secondo lo sguardo sulle telecamere che inquadravano i due Yagami e la Amane.
Quasi due interi giorni li aveva spesi a fare ricerche sugli Shinigami, assecondando quella maledetta voce nella testa che le diceva che stava impazzendo e in un tentativo di provare il contrario Yana si era chiusa in quel circolo vizioso.
Aveva a malapena mangiato, soffocata com’era dal bisogno di provare che era ancora lucida e in grado di ragionare con freddezza. Rivolgeva periodiche occhiate allo schermo che proiettava il video delle tre stanze dov’erano stati messi i due principali sospettati del caso e quella del sovrintendente Yagami, anche se quell’essere mostruoso era ancora lì.
            Yana lo sorprese diverse volte ad agitarsi come un ossesso, alzando le braccia e gesticolando teatralmente oppure mentre si ribaltava a testa in giù senza apparente motivo. Light aveva quasi sempre la testa bassa e questo impediva di capire se stesse rivolgendo la parola a quel presunto dio della morte e, anche in quel caso, i microfoni non erano abbastanza sensibili da coglierne le parole.
Nonostante il suo scarso interesse sulla mitologia, Yana rimase affascinata da quelle leggende sugli dèi della morte che ne erano attirati come falene da una luce: più o meno in modo unitario era palese come non venissero descritti di bell’aspetto e il loro comportamento bizzarro variava da zona a zona del Giappone, non c’era dunque una fonte abbastanza affidabile su cui fare riferimento.
Anche se fosse poi, si trattava pur sempre di una creatura di fantasia. Era normale non avere fonti concordanti, e non ve n’era motivo, no?
            Serrando la mascella a quel pensiero Yana ruppe l’ennesimo bastoncino di una caramella all’arancia che continuava a mangiucchiare da quasi due ore, nonostante gli zuccheri fosse spariti da parecchio prima.
Buttò via il bastoncino rotto e allungò una mano nella propria borsa per prenderne un altro ma quando sentì che la tasca era vuota si fermò, voltò lo sguardo e rovistando ancora un po’ aggrottò la fronte in disappunto. Sospirò, ritraendo la mano e notando come anche Elle era senza spuntini dolci da quasi tutto il giorno, chiuso nella sua bolla di concentrazione osservava con vivo interesse lo schermo del televisore, torturando distrattamente il pollice della mano destra.
Una settimana da quando il primo sospettato era stato rinchiuso e ancora non aveva trovato nulla: la Amane che continuava di tanto in tanto a lamentarsi, continuando a credere tra l’altro che quella fosse tutta opera di un suo fan impazzito; il sovrintendente Yagami che, stoicamente, era convinto dell’innocenza del figlio e il suddetto primo sospettato che era il ritratto della tranquillità.
Mai Elle lo aveva visto perdere la calma o mostrare un accenno di paura o rimorso per il casino in cui si era volontariamente cacciato. Sembrava in attesa, aspettava paziente come se tutto stesse andando secondo le sue previsioni.
            Di tanto in tanto anche il detective lo aveva colto in flagrante mentre sembrava parlare da solo, ma non ci badò molto poiché i microfoni non erano abbastanza vicini per intercettare le sue parole.
Yana al contrario sembrava sempre più sul filo del rasoio, i segni scuri sotto gli occhi grandi ancora più accentuati e una maschera di disappunto sul volto che non la mollava da giorni. Più di una volta l’aveva beccata a fissare di sottecchi la videocamera di sicurezza di Light anche per interi minuti, prima di irrigidirsi impercettibilmente e tornare a fissare ostinatamente il proprio portatile, lavorando ancora più di prima.
            Con la coda dell’occhio Elle aveva notato già da un paio d’ore che c’era un lecca-lecca abbandonato per terra vicino il tavolino davanti a sé, evidentemente dimenticato o caduto per sbaglio. Con un gesto rapido lo raccolse e lo posò vicino al portatile di Yana che, alternando lo sguardo da quella caramella ad Elle, vide come il detective non l’aveva degnata di uno sguardo, continuando a fissare lo schermo davanti a sé.
Yana lo prese senza troppi complimenti e finalmente poté rilasciare un flebile sospiro di sollievo prima di alzare di nuovo lo sguardo quando Elle si decise finalmente a rompere la monotonia di quei giorni.
            «Light, è passata soltanto una settimana ma ti vedo piuttosto sciupato. Tutto bene?» la voce di Elle era risuonata tramite il microfono, piatta e monotona come sempre.
Passò qualche secondo di silenzio in cui dalle immagini della videocamera non si mosse nulla, Light col capo chino non aveva ancora fiatato e questo colse l’attenzione di Yana ancora più di prima.
            Light alzò la testa e mormorò qualcosa prima che, come un lampo, l’essere mostruoso che era aggrovigliato in un angolo della cella si rizzò in piedi, mostrando ancora di più le imponenti dimensioni.
Con un gesto della mano poi quella creatura sembrò salutare la figura rannicchiata di Yagami e scomparì attraverso il muro.
            «Ryuzaki, lo so che sono stato io a volere tutto questo ma è tutto inutile. Non serve assolutamente a niente, ti prego lasciami andare!» Yana per poco non rischiò di mandare di traverso la caramella che stava tenendo in bocca nel sentire quelle parole.
Tossì un paio di volte e si sporse un poco per osservare meglio il volto di Light che adesso stava fronteggiando apertamente la videocamera di sicurezza.
            Gli occhi nocciola erano spalancati e il suo volto, prima impassibile, era stato attraversato da un lampo di paura mentre chiedeva a gran voce anche lui di venire liberato.
O quella era tutta una messinscena o, di nuovo, anche lui era sincero.
            «No, -lo interruppe bruscamente Elle, -mi hai fatto promettere che qualunque cosa tu avessi detto o fatto io non ti avrei liberato»
            «Credi che un pazzo come Kira avrebbe potuto agire senza essere nel pieno delle sue facoltà mentali? Non sono stato io, Ryuzaki!»
Elle si prese qualche secondo prima di replicare.
            «Anch’io sono d’accordo ma tutto torna, visto che da quando sei tenuto sotto sorveglianza gli omicidi sono improvvisamente cessati»
Light alzò la voce continuando ad implorarlo di venire liberato e alla sua ennesima richiesta Yana alzò la testa per scrutarlo attentamente. Quella scena era un’esatta replica di quello che era successo con Misa Amane qualche giorno prima.
Nessuno dei due ammetteva le proprie colpe ma di lì a poco tempo dopo l’inizio dell’interrogatorio erano come completamente diversi. Sostenendo con più foga la propria innocenza ed estraneità al caso.
Lì qualcosa non quadrava.
            «Una qualche sorta di disturbo dissociativo» mormorò Yana, spostatasi al fianco della poltrona di Elle e poggiandovisi sul bracciolo.
Il detective mosse appena gli occhi per inquadrarla nella sua visione periferica prima di riportare il pollice sul labbro, ripensando a quelle parole.
            «Due serial killer che uccidono preda di un qualche delirio di onnipotenza e che poi si dichiarano completamente innocenti? Messa così sembra quasi che siano stati manovrati da qualche entità superiore» commentò con una punta di ironia Elle all’assurdità di quella ipotesi, riportando la concentrazione sul giovane Yagami che era tornato in silenzio.
            Yana al contrario meditò parecchio su quelle parole, improvvisamente non più così assurde ripensando a quell’entità mostruosa che aveva visto al fianco di Light per tutto quel tempo. In quell’esatto momento poi, non appena era scomparso attraverso il muro Light aveva cambiato radicalmente atteggiamento, quasi si fosse svegliato da una trance.
Il disturbo dissociativo in quel momento era stata l’ipotesi razionale più vicina a quella strana concatenazione di eventi ma di certo, adesso, quella componente in più si era aggiunta a quel labirintico puzzle.
            La giornata si stava concludendo senza che Light avesse nuovamente chiesto di venire liberato, chiuso in un mutismo diverso da quello della settimana precedente. Non era più in attesa di un qualche evento, ora sperava solo che Elle gli desse il via libera per poter tornare a casa completamente sollevato dalle accuse.
            Yana notò come il proprio portatile stesse iniziando a dare segni di cedimento dopo ore di lavoro ininterrotto, con la batteria sul punto di morire. Gettò un’occhiata sull’ora e vide come fossero da poco passate le dieci di sera e oramai i due poliziotti si erano congedati da parecchie ore.
I pezzi degli scacchi erano disordinatamente abbandonati sul tavolino di fronte a lei, dopo l’ennesima partita inconcludente e che si era chiusa con un altro pareggio. Le cartacce delle caramelle erano sparse intorno a lei come relitti e con un gesto stizzito li buttò in fretta all’interno della propria borsa dove ripose anche il computer spento.
            Elle si girò giusto quanto bastava per vedere Yana stiracchiarsi pigramente e mal celare uno sbadiglio di stanchezza che in quel momento la stava consumando. Ad essere onesto con sé stesso non ricordava da quante ore i due erano vigili e non si concedevano almeno un paio di ore filate di sonno.
Yana si era finalmente alzata, costretta com’era stata sul pavimento di fronte al basso tavolino del soggiorno, indolenzita per l’inattività. Tirò fuori dalla tasca il Blackberry e corrucciò la fronte quando notò che era spento, forse perché l’ultima volta che l’aveva messo in carica erano stati giorni prima.
            Sospirò e sostituì la batteria, prendendone una di riserva dalla tasca anteriore della borsa del computer e richiudendo il retro del telefono con uno schiocco secco. Il suono di una notifica arrivò immediatamente alle orecchie di entrambi e Yana serrò la mascella aprendo il messaggio, sentendo i denti cozzare tra di loro per quanto si era irrigidita dal fastidio.
 
“Credimi, non vuoi sapere cosa succede se superi la linea.”

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