Una porta socchiusa ai confini del sole

di Little Firestar84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno o son desta... ***
Capitolo 2: *** Lo zoo ***
Capitolo 3: *** Caro amico... ***
Capitolo 4: *** Better than a dream ***



Capitolo 1
*** Sogno o son desta... ***


Salve a tutti e tutte! Vi presento questa storiella, un po' così, nata da una domanda che mi sono posta rileggendo gli ultimi volumi del manga, dopo la lotta con Shin Kaibara- ma onde evitare spoiler, quela sia la doamnda lo scoprirete solo alla fine! per adesso, buona lettura di questa cosuccia, che vi terrà compagnia con i suoi 4 capitoli!
 

Il tocco delicato di una mano ruvida. 

Un bacio sulla fronte. 

Un sospiro. 

Un’imprecazione pronunciata a denti stretti.

Un pugno contro il muro. 

 

Appena sentì quel rumore sordo, Kaori si obbligò a svegliarsi ed abbandonare il regno di Morfeo; la donna si stiracchiò, sbadigliando e spalancando la bocca in quella maniera così poco femminile che era certa Ryo, l’avesse vista, l’avrebbe presa in giro a vita. 

Si sentiva… languida. Ma forse non era quella la parola che cercava. Non sapeva dare un nome a quella sensazione, le sembrava di essersi appena svegliata dopo un lunghissimo sonno, eppure….

Eppure, non è così, la donna rifletté, portandosi la mano sinistra alla fronte, gli occhi ancora chiusi. Cercò di riflettere su cosa fosse accaduto, cosa ricordasse, e le venne in mente solo un nome, che la fece rabbrividire. 

Kaibara. 

Lei e Ryo avevano passato la notte abbracciati, a parlare, confidarsi, dopo che lui le aveva tolto l’anello che lei portava al dito; scoprendosi per davvero forse per la prima volta, avevano abbattuto quei muri che avevano entrambi eretto intorno ai loro cuori - lui per proteggere sé stesso e gli altri, lei per timidezza, inesperienza, ed anche un po’ paura del rifiuto.

E poi…. poi, caos e frammenti…. fiamme, esplosioni, cadere in mare e…. e un bacio? Possibile che fosse accaduto davvero, che Ryo… e lei…

Strinse gli occhi con forza, mordendosi le labbra, come se quella semplice azione avesse potuto aiutarla a ricordare meglio, ma nulla: il caos continuava a regnare supremo nella sua mente.

Kaori rabbrividì: sotto le sottili lenzuola, si portò istintivamente le mani alle braccia per scaldarsi, trovando però pelle nuda. Sul corpo, avvertiva la delicata carezza di sottilissima seta, impalpabile al tocco, e corrugò la fronte: non ricordava di aver indossato uno dei capi regalatole da Eriko nella speranza che l’amica tentasse un approccio romanticamente erotico verso il socio…

Stentava a riconoscere anche le lenzuola, e si chiese come mai sentisse così prepotente il suo profumo, quel mix unico ed inimitabile che aveva conquistato anche la piccola Shiori, ma Kaori dette la colpa allo stress e alla stanchezza… e alla sua mente, che probabilmente le stava giocando dei brutti scherzi.

Sospirando rammaricata, ormai certa che si fosse trattato di un sogno - ogni cosa, magari anche quel bacio che Ryo le aveva dato tempo prima sulla fronte - Kaori si stiracchiò nuovamente, preparandosi psicologicamente alla nuova giornata che l’avrebbe attesa, quando però qualcosa la disturbò.

Una risata allegra, felice, e qualcosa che le saltava addosso...anzi, qualcuno, un peso leggero, che le scaldava il cuore e la rassicurava; le sembrava quasi che il suo corpo e la sua anima risonassero, come se conoscessero qualcosa che la sua mente ancora rifiutava o a cui era cieca.

“Ehi!” la donna squittì, aprendo gli occhi quasi con furia cieca, prima di paralizzarsi per ciò che stava vedendo proprio davanti a lei. 

Anzi, per chi: un bambino. Un maschietto, forse di quattro anni al massimo; Kaori non aveva la più pallida idea di chi fosse, eppure era come se l'avesse conosciuto da sempre. 

Ma più che tutto, riconosceva quei lineamenti, erano a dir poco inconfondibili… brillanti occhi scuri, pieni di vita, di divertimento, che nascondevano dentro di sé il mondo intero; una zazzera ribelle scura, e quel sorriso sornione, malandrino, ma che faceva capitolare tutte le donne, nonostante le idiozie che uscivano da quella bellissima bocca. 

Tre anni, forse quattro, eppure era tutto lui…. dalla punta dei capelli fino alla forma delle dita. Era Ryo, ma… in miniatura. 

“Ry…. Ryo?!” Approfittando del suo momentaneo smarrimento,  il piccolo le si gettò tra le braccia, accomodandosi bellamente contro il suo seno e abbracciandola come poteva con quelle sue braccine. Kaori abbassò il volto verso la creatura, boccheggiando quasi fosse stata un pesce, arrossendo, mentre tuttavia sentiva forte il desiderio di dare anche solamente una piccola martellata in testa a quell’impertinente, che a quanto sembrava, oltre all'aspetto, aveva anche i modi di Ryo. 

Stranita, Kaori si guardò intorno, mentre il bimbo si accoccolava contro di lei e si appisolava, beatamente, a suo agio quasi l’avesse conosciuta da sempre. La luce che filtrava dalle veneziane bagnava ogni superficie in modo quasi sovrannaturale, e mentre sfiorava le morbide lenzuola con dita esitanti, la sweeper riconobbe finalmente l’ambiente famigliare, e capì perché avesse sentito quel profumo così peculiare appena sveglia. 

La camera da letto di Ryo – esattamente dove si era trovata la notte precedente. Eppure…. Eppure sembrava tutto diverso. Erano quadri quelli ai muri? Allungò leggermente la mano verso la lampada da comodino ed accese la luce, cercando di non disturbare il mini-Ryo con i suoi movimenti, e strizzò gli occhi per abituarsi a quella forte luminosità improvvisa, e quando li riaprì e si guardò intorno, rimase quasi sconvolta.

Niente poster, stampe o statuine al limite del porno: avevano lasciato spazio a ninnoli, giornali, manifesti di film e riproduzioni di quadri. I comodini adesso erano due, e tutto in quella stanza sembrava parlare non di uno scapolo solitario ma… ma di vita di coppia. Possibile che fosse cambiato tutto così tanto, e così velocemente? E chi era quel bambino, così simile a Ryo, così a suo agio appollaiato sul suo ventre? E perché lei era nel letto di Ryo, con indosso un neglige di seta?

La confusione era tale che un senso di panico si fece strada in Kaori, con sempre maggiore prepotenza; la donna cercò sollievo nella calma di quella creatura che sembrava fidarsi di lei, ma non sembrava bastare, era troppo confusa, e poi, quei ricordi, Kaibara, la nave, il bacio…. 

Tante domande… e nessuna risposta. Solo dubbi. Ed una sola consapevolezza: amava accarezzare il capo di quel bambino. La rendeva felice. La rasserenava – nello stesso modo in cui, la notte che Ryo le si era addormentato in grembo, si era sentita esplodere il cuore in gola, mentre passava le dita tra quei soffici capelli scuri.

“Porca miseria, avevo detto a quella piccola peste di Satomi di lasciarti riposare!” Kaori alzò lo sguardo verso la porta, e rimase un attimo a bocca aperta a guardare Ryo, che, grattandosi  il capo, si avvicinava al letto, tranquillo, pacato, vestito solamente di un paio di boxer neri. La raggiunse, squadrando Kaori da capo a piedi, corrucciando la fronte, anche se sembrava più stupito dal fatto che lei avesse distolto lo sguardo e fosse arrossita non appena notato quanto poco vestito fosse. 

Si sedette su di un lato del letto, sopra le coperte, e spettinò leggermente i capelli scuri del bimbo, sorridendogli come se quella creatura fosse il centro del suo mondo, gli occhi colmi di amore – Ryo guardava quella creatura nello stesso modo in cui aveva guardato lei, quando le aveva domandato di essere la sua famiglia, per sempre. Quel bambino era la famiglia di Ryo… possibile?

“Dopo telefoniamo a Doc, stamattina ti comporti in maniera strana.” Ryo le disse, alzando un sopracciglio, mentre sollevava la frangia di Kaori e massaggiava con il pollice ruvido un bernoccolo che lei nemmeno si era accorta di avere fino ad un attimo prima. Arrossendo, Kaori si spostò di lato, scansando quel gesto, lasciando la mano di Ryo a mezz’aria. “Già, sei decisamente strana… di solito vai in brodo di giuggiole quando faccio il carino!”

“Strana? Non sono io quella che gira per casa solo in mutande!” Gli sibilò contro, leggermente innervosita. Ryo ridacchiò, in quella sua maniera da dongiovanni stupido ed un po’ pervertito, e quasi mise la bava alla bocca mentre si avvicinava, pericolosamente, alle labbra della socia. 

“Beh, non vedo come potresti farlo, considerando che non so nemmeno io dove ho tirato le tue di mutandine mentre facevamo i bagordi…” La sua risata standard - da maiale allupato – venne interrotta da una martellata in pieno capo, mentre Kaori gli sibilava rabbiosa ed inferocita di smettere di fare il pervertito davanti a un bambino. 

Tuttavia, il risultato non fu esattamente quello che la donna sperava: Ryo non venne piantato nel pavimento, perché, stranamente, quello che lei aveva in mano era solo un piccolo martelletto di plastica, simile a quelli usati nei set da gioco… niente a che vedere con le mazze che di solito gli tirava dietro quando faceva il cretino con tutte le altre o la scherniva.

“Eh? Ma, ma, ma…” la donna si domandò, mentre Ryo si massaggiava il capo leggermente indolenzito e la sua versione in miniatura si stropicciava gli occhietti, svegliandosi.

“Il martello Kaori, davvero?” Le domandò, seccato. “Porca miseria, dopo un giro da Doc lo facciamo sul serio, non stai bene. Sembra la prima volta che mi vedi in mutande o che ti voglio coccolare… già con la peste che di starsene nella sua cameretta non ne vuole sentire ci tocca fare piano, e fare i salti mortali, e nasconderci, lui ci piomba nel letto quando vuole quindi abbiamo pure dovuto dire addio al Mokkori mattutino, e adesso non posso nemmeno coccolarti? Perché fai la cattiva col tuo dolce Ryo, mia bellissima Sugar?”

“Mo…. Mo…” Arrossendo, le gote dello stesso colore dei suoi capelli, fumando imbarazzata nemmeno fosse stata Falcon, Kaori fece uno scatto in avanti, coprendo con la mano la bocca di Ryo, che le sorrise conto la pelle, lasciando un delicato bacio contro il palmo della sua mano.  “Ryo, ma si può sapere cosa ti prende? E poi c’è un bambino, non dovresti parlare di certe cose!”

“cosa prende a me?” Le domandò, dopo aver preso la mano di Kaori nella sua ed aver iniziato a giocherellare con le dita della socia. “Sei tu quella strana! Forse il colpo che hai preso da Silver Fox è stato più grave di quello che sembrava… davvero Kaori, torniamo da Doc dopo. Non vorrei che il vecchio non si fosse accorto di qualcosa..”

Silver Fox? Cosa c’entrava adesso Silver Fox? Erano anni che quell’assassino senza arte né parte aveva sfidato Ryo, lei stessa, sua preda, si era rivelata centrale nel fermarlo.

“Papà, andiamo allo zoo?” Le parole uscirono all’improvviso dalla bocca del piccolo, ancora semi-addormentato. Ryo gli sorrise, stropicciandogli ancora i capelli, e gli lasciò un bacio sulla fronte – proprio come aveva fatto tempo prima con lei. 

Papà. Quel piccolo era davvero figlio di Ryo, ma com’era possibile? E chi era la madre? Quando l’aveva scoperto Ryo? E perché quella creatura si sentiva così a suo agio con lei?

“Lo zoo non apre per altre due ore, peste, e poi prima devi fare colazione e prepararti… e guarda di mangiare tanto,” Ryo gli fece l’occhiolino, la voce allegra e solare. “Perché lo sai che la zia Miki si arrabbia, dice sempre che ti faccio fare la fame! Tu, un Saeba… non lo sa che noi uomini di questa famiglia viviamo per due tre cose, il cibo, le donne e le nostre armi? Dire una cosa del genere della carne della mia carne, come osa!”

Kaori prese a boccheggiare occhi sgranati. Ryo aveva parlato di una zia Miki: poteva essere una sola persona, la “loro” Miki… a Kaori parve di ricevere una coltellata al cuore, non riusciva a capire come i loro amici sapessero e nessuno avesse sentito il bisogno di raccontarla la verità. Soprattutto Miki, lei che sapeva quali sentimenti Kaori nutrisse per Ryo, come aveva potuto nasconderle il fatto che lui fosse divenuto padre, lui, l’uomo che rifuggiva i rapporti, che aveva giurato che non avrebbe avuto mai una famiglia – che aveva detto di non poterla avere?

“Avevi detto che potevamo andare quando mamma si svegliava!” Il bimbo borbottò, mettendo il broncio, con un tono ed un’espressione che era Ryo spiccicato. 

“Sì, perché avevo messo la sveglia per la mamma alle sette e mezza… ti ho detto che mamma deve riposare o no, pestilenza?” Ryo prese a solleticargli il pancino attraverso la maglietta grigia, ed entrambi caddero sul letto, ridendo e sorridendo, felici, mentre invece dentro Kaori si sentiva morire,  desiderava piangere, gridare.

Quindi…. La mamma del piccolo era nella storia? E cos’era questa donna per Ryo? E gli altri, lo sapevano? Kaori buttò l’occhio sulla mano di Ryo, quella con cui prima aveva tentato di “accarezzarla”… qualcosa catturò la luce riflettendola: un anello all’anulare sinistro.

 Una fede.

 “Mamma, hai bisogno di dormire perché il cattivo ti ha fatto male alla testa?” Il bambino le domandò, praticamente arrampicandosi su di lei e gettandole le braccia al collo, guardandola negli occhi con i lacrimoni, preoccupato. “Oppure è per la bambina?”

“Mamma?” Kaori gli domandò, sbattendo gli occhi, boccheggiando nuovamente, neanche quella fosse l’unica cosa che sapesse più fare. Si voltò verso Ryo, cercando una risposta, ma negli occhi aveva non tanto paura, quanto dubbio ed incertezza – perché se la sua mente rifiutava di essere a conoscenza di quella realtà, così non era per il suo corpo, che bramava il contatto, sia con il figlio che con Ryo.

“Satomi, te l’ho detto, mamma deve riposare. Adesso vai, su!” Ryo gli diede una piccola sculacciata, scherzosa, che risuonò a vuoto sul sederino quasi a spingerlo ad andare; Satomi si alzò sulle ginocchia diede un bacio a Kaori, prima di scendere dal letto neanche fosse stato una molla, e correre, braccia aperte stile aeroplano, verso il bagno, lasciando soli i genitori. Ryo si avvicinò nuovamente alla socia, e la guardò, carico di preoccupazione ed affetto che si mescolavano in quegli occhi profondi ed espressivi che sempre avevano tolto il fiato a Kaori, e strinse la mano sinistra di lei nella sua: solo allora la donna si rese conto, con un tonfo al cuore,  che lei stessa indossava una fede al dito. 

“Kaori, dico davvero. Andiamo da Doc. Non voglio che capiti qualcosa a te o alla piccolina… Lo so che ti è capitato di peggio di essere presa a randellate con il calcio della pistola, ma forse dovremmo essere prudenti.”

“Sto bene, Ryo, davvero. Deve essere solo per…. Per il sogno che ho fatto. Ma va tutto bene.”  Si accoccolò contro di lui, appoggiando il capo contro la spalla di Ryo, che la abbracciò. Premuta contro quel solido torace, Kaori respirò ad occhi chiusi il profumo del socio, godette appieno di quella sensazione e cercò di imprimersela nella memoria per quando si fosse svegliata – perché era tutto troppo bello, troppo strano per essere vero, e doveva essere un sogno.

Per forza.  

Allungò una mano, sfiorò il viso di Ryo, che chiuse gli occhi ed iniziò a fare le fusa come un gattone soddisfatto. Scivolarono entrambi sul letto, intrecciando le gambe in maniera quasi automatica, mentre Ryo poggiava il capo nell’incavo tra i seni della donna, nella stessa posizione in cui era stato fino ad un attimo prima Satomi, e accarezzava languido il ventre di Kaori attraverso la sottilissima seta rosa.

“Peccato che Sato ci abbia già prenotati, non mi sarebbe per nulla dispiaciuto rimanere a farti le coccole tutto il giorno…” Ryo sospirò, prendendo a tamburellare con le dita sulla gabbia toracica, mentre le parole gli uscivano dalla bocca in tono scherzoso. “Ma d’altronde, quattro anni si compiono una volta sola, e non possiamo certo deluderlo nel giorno del suo compleanno….”

“Già…” Kaori si limitò ad annuire, occhi chiusi, inspirando a fondo, mentre continuava ad accarezzare Ryo: farlo le dava una sensazione inebriante, quasi di potere, come se avesse avuto tra le dita il cuore di quell’uomo così speciale.

“Il tempo è davvero volato, eppure sono già quasi cinque anni da quando mi hai detto di essere incinta, e adesso Sato ha già quattro anni, e stiamo per avere una bimba!” Ryo si voltò, fissando col sorriso il soffitto, lo sguardo sognante, gli occhi colmi di felicità e trasporto; a Kaori vennero le lacrime agli occhi, non riusciva a ricordare un giorno in cui lui fosse stato così felice, così sereno... così, era ancora più bello ed affascinante. “Scommetto che quando ti sei presa quella sbandata per me quando eri una liceale non avresti mai immaginato che un giorno ci saremmo sposati e avremmo avuto dei figli! Ammettilo! ”

“Di sicuro non lo pensavo quando sono entrata in società con te…” Kaori sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Ho perso il conto delle volte che mi hai chiamata travestito o mezzo uomo…”

“Ma se all’inizio ci provavo di continuo con te!” Ryo ridacchiò; spostò lo sguardo verso di lei, e si guardarono, occhi negli occhi, avendo una di quelle loro conversazioni uniche, in cui il resto del mondo non contava nulla e c’erano solo loro- e nessun’altro poteva comprendere cosa si stessero dicendo. “Poi tu ti sei innamorata di me, io mi sono innamorato di te, e sono andato leggermente in crisi. Te l’ho detto tante volte, non sapevo come comportarmi, cosa avrebbe voluto Maki per te… e per noi due. Ma dopo Kaibara, non potevo più raccontarti frottole… e poi volevo un bacio per bene, mica solo attraverso il vetro, e dopo il primo non ne ho più avuto abbastanza, la tua bocca crea dipendenza, Sugar!”

Il cuore prese a palpitare nel petto al ritmo del battito d'ali di una farfalla impazzita, e Kaori si lasciò andare; vincendo la sua ritrosia, permise all’istinto di guidarla, e si chinò, appoggiando le labbra su quelle  di Ryo, un bacio rapido, una carezza che però le fece anelare di più. 

Molto di più. 

E Kaori voleva prendersi tutto: chissà se nella realtà avrebbe mai avuto l’occasione di avere Ryo tutto per sé- un Ryo innamorato, devoto….

“Dai tesoruccio, non fare così, lo sai che non mi piace lasciare le cose a metà…” lui si lamentò non appena si staccarono l’uno dall’altra. Sospirando deluso, l’uomo si alzò in piedi, mollamente: era chiaro dove avrebbe preferito essere, e la cosa fece sorridere Kaori- anzi, ridere, perché nonostante quella non fosse la prima volta che lo vedeva in quello stato….  Era la prima volta che lei ne era la causa, o che comunque lei ne era pienamente consapevole. “Io vado in bagno, ti conviene darti una mossa se non vuoi che la peste arrivi di nuovo a dirtene quattro perché vuoi farlo arrivare tardi all’apertura dei portoni dello zoo!”

Seduta, abbracciandosi le ginocchia, Kaori poggiò il capo sulla spalla, guardando Ryo che lasciava la stanza; poi, finalmente, grugnendo si lasciò cadere all’indietro, e prese a fissare il soffitto, domandandosi se fosse possibile che un sogno apparisse così reale. 

Ma c’era davvero un’altra possibilità? Poteva aver dimenticato almeno cinque anni della sua vita? O era successo qualcosa di più pazzo – viaggi nel tempo, esperienze extra-corporee, dimensioni parallele… il solo pensiero la faceva rabbrividire, ma avevano avuto una vita abbastanza pazza, tra telepati, cartomanti e fantasmi,  da non escludere niente a priori.

Intanto, in quel presente – a chiunque appartenesse- Kaori Makimura era diventata Kaori Saeba… e stava aspettando il loro secondo figlio. Si portò la mano al ventre, accarezzandolo, avvertendo sotto alla pelle solamente un leggerissimo rigonfiamento: doveva essere all’inizio della gravidanza.

Così reale. 

Così bello. 

Troppo bello per essere vero. 

Eppure…

Scosse leggera il capo, e si alzò, di scatto, camminando spedita verso il bagno, in punta di piedi. Sentiva che l’aspettava una lunga ed intensa giornata, e Kaori si ripromise di viverla al cento per cento, nonostante non avesse la più pallida idea di come fosse finita in quell’assurda situazione o se fosse tutto vero: si sarebbe goduta la loro felicità fino a che avesse potuto, e poi… e poi, al resto ci avrebbe pensato. 

Dopo.

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Capitolo 2
*** Lo zoo ***


Il tempo passato alla zoo assunse per Kaori una qualità che aveva a dir poco del surreale: mentre Satomi correva a braccia spalancate da un’attrazione all’altra, rimanendo sbalordito alla vista di ogni singolo animale, la giovane donna si ritrovò a meravigliarsi incredula di quella che sembrava essere, apparentemente, la sua nuova quotidianità – un mondo che aveva a lungo segretamente sognato, ma di cui non aveva mai parlato con nessuno, temendo prese in giro, o peggio ancora… pietà.

Eppure… eppure, quello che aveva desiderato troppo a lungo, quel sogno che l’aveva sfiorata per un attimo quando era ragazzina, e che lei aveva subito messo da parte ritenendolo ridicolo, adesso era vero. 

Sorridendo pensierosa, si sfiorò il ventre, mentre guardava da lontano Ryo che teneva in spalle Satomi ed insieme guardavano delle scimmiette giocare, rincorrersi e corteggiarsi. Il loro bambino – era così strano pensare  a lui come a loro figlio! – aveva preso un cono gelato, che aveva lasciato sciogliere, colando sul naso di Ryo, che invece di arrabbiarsi stava invece ridendo come un ragazzino.

Satomi era il tipo di bambino che Ryo non era mai potuto essere, e Ryo… Ryo era il tipo di padre che ogni bambino avrebbe meritato, il tipo d’uomo che, sotto sotto, Kaori aveva sempre saputo che lui fosse. Anche con lei era un compagno… 

Beh, Ryo era peculiare. Ci provava con lei, faceva le sue battutine a senso unico, le faceva delle avances anche parecchio spinte, ma non scorrazzava dietro a tutte le gonnelle che gli capitavano a tiro e quando era certo di non avere occhi addossi... arrossendo leggermente intrecciava le dita a quelle di lei, e le dava delicati baci, sulla punta del naso, sulla guancia, sulla fronte, o sulle  loro mani intrecciate, proprio come un ragazzo che corteggiava una compagna di scuola.

“Sai, era da un po’ che non ti vedevo con quello sguardo sognante da sposina novella…” Miki la prese in giro, dandole una leggera gomitata nel fianco.

 L’una di fianco all’altra, scrollando il capo e sospirando, le due donne guardavano i loro uomini; Ryo stava prendendo in giro Umi, che reagiva nella sua solita maniera esagerata, ed entrambi non avevano notato che le piccole pesti – Satomi e la figlia di Miki e Umi, Ami, che era poco più grande del baby Saeba – stavano cercando di scavalcare il recinto per andare a vedere mamma Babbuino che allattava il suo cucciolo. I bambini stavano già cadendo dietro lo spiazzo erboso quando i padri li afferrarono al volo, mettendosi poi a litigare di brutto, dandosi la colpa reciproca di quello che sarebbe potuto succedere. 

Le due donne scoppiarono a ridere nell’assistere a quello spettacolo a cui, nonostante le innumerevoli repliche di cui erano state  testimoni nel corso degli anni, non sembravano abituarsi mai; Kaori ne fu rinfrancata: c’erano verità nella vita così ineluttabili che non sarebbero cambiate mai, in ogni luogo, tempo o dimensione. 

“Non lo so, Miki, oggi mi sento un po’ così…” scrollò le spalle, mentre sorrideva e si incamminava verso i loro uomini,  sentendo il desiderio di camminare a braccetto di Ryo, conscia che stavolta aveva tutto il diritto di farlo perché non avrebbero giocato alla famiglia – lo sarebbero stati davvero. “Mi sembra quasi di... non so. Vedere Ryo per la prima volta. O con occhi nuovi.”

“Tsk, sono gli ormoni, hanno annebbiato la capacità di giudizio di quella santa donna di tua moglie.”  Falcon commentò secco, dietro ai sempre presenti occhiali scuri, ghignando a braccia incrociate.  

“Sei solo geloso perché tutti sanno che io sono un marito decisamente migliore di te, brutto scimmione, e soprattutto più bello, più giovane, più aitante, più dotato!” Ryo, in tutta risposta, da uomo adulto quale era, mise il broncio, e si avvicinò a Kaori; un braccio intorno alle spalle, la tirò a sé, cosicché presero a camminare dietro ai bambini praticamente attaccati.

Il cuore prese a batterle forte, e Kaori arrossì, mentre tuttavia vinceva la sua innata timidezza e si lasciava andare a quel tocco, poggiando il capo contro il solido torace di Ryo e sospirando, desiderando imprimersi tutte quelle sensazioni, quei suoni e quei profumi nella mente per quando si fosse svegliata. 

“Io comunque resto dell’idea che un giro da Doc non sarebbe poi così male come idea. Sei strana, Sugar…” Ryo buttò lì, apparentemente con totale nonchalance. Kaori alzò gli occhi su di lui, e comprese che, nonostante tentasse di non darlo a vedere,  era preoccupato per lei e per la loro bambina. Kaori coprì la mano di lui con la sua, e chiuse gli occhi, lasciandogli un bacio delicato sulla giugulare, come a rendere quell’attimo e quella realtà più tangibile ad entrambi. Il cuore di Ryo prese a battere all’impazzata, e la guardò felice, con un sorriso da ragazzino – era davvero tenero, come un adolescente alla prima cotta.

“Sai, quando Satomi è venuto a svegliarti, mi sono un po’ preoccupato…” Ryo ammise, giocherellando con le dita di Kaori e guardandosi i piedi. “Sembravi stupita da tutto. Sembrava che non… beh, che ti fossi dimenticata che, che adesso stiamo insieme, che siamo una famiglia, ecco.”

“Io…. Mi spiace Ryo. Non volevo preoccuparti.” Ammise. Quello, era vero: nonostante fosse ben consapevole di essere stata a lungo fonte di preoccupazione per Ryo, non aveva mai desiderato quello status. Tuttavia, Kaori non poteva evitare di sentirsi anche in colpa, dato che gli stava effettivamente mentendo e lui- da ottimo sweeper e bravo compagno – aveva avvertito la fonte di quel disagio. Kaori nuovamente si interrogò sulla natura di quella bizzarra esperienza che stava vivendo: era un sogno, o una solida realtà? 

La donna aprì la bocca, nemmeno lei certa di cosa volesse dire al suo amato – perché comunque questo era Ryo per lei – ma tuttavia non ne ebbe la possibilità; Satomi e Ami corsero loro incontro, con sorrisi grandi come il cielo stellato, e suo figlio le abbracciò le gambe, eccitato, guardandola negli occhi con quel sorriso che adesso lei riconosceva un po’ come suo. La cosa la rincuorava e le dava come una sorta di sciocca speranza per il futuro: in quel bambino c’era tanto Ryo, dagli occhi ai capelli e anche gli atteggiamenti, ma Kaori poteva vedere anche un po’ di sé stessa. Erano le piccole cose, come la fossetta all’angolo delle labbra, il modo in cui sorrideva…

Sì, pensò: chiunque avrebbe potuto dire che quel bambino era loro, che faceva parte della loro famiglia. 

Se avessi una famiglia da accudire… no, non potrei mai difendere due persone da tutti i pericoli e da quelli che mi odiano.. ormai non posso più lasciare questo lavoro… non posso avere una famiglia come una persona normale, ma…. ma se potessi averla, una famiglia… vorrei proprio che divenissi tu, la mia famiglia.

Allo stesso tempo allarmata e stupefatta, guardò in lontananza, quasi nel vuoto, mentre si sentiva rabbuiare: cosa era successo, cosa era cambiato? Perché Ryo aveva deciso che poteva averla, quella famiglia – che lei era ben più della sorella di cui aveva scherzato quel giorno?

“Mamma, mamma, la guida dice che possiamo dire quale nome vogliamo per il piccolo panda! Vieni a scrivere il nome per me? Per favore!” Il bimbo prese a piagnucolare, in un modo che invece era decisamente tutto Ryo, e riportò Kaori se non alla realtà, almeno al presente che stava vivendo. 

“Ma certo Satomi, arrivo subito! Tu intanto vai a prendere un foglio e una penna insieme a Ami, va bene? Io vi raggiungo subito!” Gli diede un bacio sulla fronte, spettinandogli la zazzera scura, e lo guardò allontanarsi tenendo per mano l’amichetta, mentre la sua mente continuava ad essere assalita dai dubbi. 

Fu un attimo, ma fu abbastanza: Ryo percepì nuovamente quel turbamento, ma stavolta più prepotentemente. Mentre Kaori si stava incamminando verso il figlio, lui la afferrò per il polso, stringendolo quasi con forza bruta, obbligandola a voltarsi ed affrontarlo. 

“Kaori, per favore, cosa diavolo sta succedendo?” La affrontò, con voce bassa ma deciso; nel tono della sua voce, negli occhi scuri, Kaori vedeva non solo la paura, ma un terrore quasi primordiale, primitivo, e ne fu contagiata; senza che lui la lasciasse andare, cercò di fare un passo indietro, ma Ryo la tratteneva con troppa forza, quella della disperazione. “Ci guardi come se non ci conoscessi!”

“Io… te l’ho detto, ho solo dormito male!” provò a mentire; volse il viso altrove, nella speranza che il suo sguardo non la tradisse, che Ryo non capisse di avere ragione, ma sapeva che era del tutto inutile: se quel Ryo era come il suo… allora, nessuno la conosceva come lui. “Sto bene!”

“Kaori, l’ultima volta che mi hai detto che stavi bene, dopo che avevamo fermato Kaibara, poi mi sei svenuta tra le braccia e sei stata in coma per giorni!” La accusò lui; il tocco della mano si fece più delicato, la presa si trasformò in una carezza, e Ryo le si avvicinò, spronandola ad appoggiare la fronte contro il suo possente torace. “Non voglio che ti accada qualcosa a causa mia…. Né a te, né alla nostra bambina!”

Quasi paralizzata, Kaori chiuse gli occhi, e strinse forte Ryo, mentre sentiva qualcosa rimbombarle nella mente, nella testa.

Il tocco delicato di una mano ruvida. Un bacio sulla fronte.  Un sospiro, un’imprecazione pronunciata a denti stretti…. Un pugno contro il muro. 

“Sto bene, Ryo, te l’ho detto,” provò a rincuorarlo, cercando di convincere in primis se stessa che andava tutto bene e che non era né pazza, né soffriva di amnesia. “Te l’ho detto. Sono solo stanca.”

“Forse Miki ha ragione, deve essere una cosa di ormoni... Sato ed io dobbiamo smetterla di trascinarti a destra e manca, devi riposare!” Le disse, sorridendole. “Sei pure quasi svenuta il giorno del nostro matrimonio, quando eri incinta di quella piccola peste! Ad Okutama se lo ricordano ancora il nostro matrimonio… mica è cosa di tutti i giorni che la sposa scappi nel bel mezzo della cerimonia perché ha le nausee mattutine e lo sposo la rincorra disperato perché ha il terrore che lei lo molli all’altare! Eh, eh, eh!”

Kaori sentì forte il desiderio di cadere a terra, mentre le si abbassavo le spalle:  come era prevedibile, nessun matrimonio in cui fosse presente Ryo Saeba poteva definirsi normale. 

Io non posso proprio sposarmi, io non esisto, sono come morto!

Arrossendo, si portò le mani alle labbra, mentre camminava sotto allo sguardo curioso  e perplesso di Ryo; era accaduto tutto il contrario di quello che lui le aveva sempre affermato: aveva sempre detto di non essere attratto da lei, eppure adesso le stava attaccato peggio di una cozza; aveva detto di non volere una famiglia, ma aspettavano il loro secondo figlio, diceva di non potersi sposare, ma lo avevano fatto (mentre lei era incinta, per giunta).

Doveva essere sincera? Le sembrava quasi che il mondo avesse preso a girare al contrario mentre dormiva.

“Mamma, Ami vuole rubarmi il nome per la tigre!”  Satomi prese a piagnucolare, con grossi lacrimoni. 

“Non è vero! Lui vuole rubarlo a me!” La bambina lo contraddisse, seccata, braccia incrociate, sguardo fermo e deciso. Kaori scoppiò a ridere, inginocchiata a consolare il suo ometto: quella bambina era, fisicamente, la copia sputata di Miki – avevano perfino lo stesso neo nello stesso punto – ma nel modo di fare, e nel modo in cui si relazionava ai Saeba, amichevole prima, viperetta poi,  era tutta suo padre. 

“Oh, Ami, assomigli ogni giorno di più al tuo papà!” La sweeper le disse, spettinandole i capelli ma facendole l’occhiolino. “Ma stai tranquilla, sei e sarai sempre bella come la tua mamma!” 

“Voglio chiamare la piccola Julia!” Ami affermò con risolutezza, cercando di non far vedere come la imbarazzasse ricevere tutti quei complimenti, nonostante Kaori fosse la sua zia preferita e sotto sotto le piacesse sentirsi dire che era bella come la sua mamma, che, ai suoi occhi, era come una principessa delle favole,  proprio come la zia Kaori.

“Anche io la voglio chiamare così!” Satomi prese a sbattere i piedi, mentre lui e Ami presero a fronteggiarsi, a suon di “no, l’ho detto io, “no, io”, e così via. 

Kaori sospirò, portandosi una mano alla fronte: quelli erano decisamente figli di Ryo e Falcon…

Mentre i due marmocchi continuavano a litigare, con Ryo e Falcon che prendevano ognuno le difese del proprio pargolo e Miki che, come suo solito, cercava di placare gli animi, Kaori si gustò la scena: era tutto nuovo, eppure aveva come la sensazione di aver già vissuto quei momenti. 

Un déjà-vu? Possibile che potesse mettere un’altra voce a quella pazza lista di strampalate idee? Di certo non era peggio delle altre – ed intanto, lei continuava a non sapere cosa le fosse accaduto, cosa ci facesse lì, e perché….

Le parole di Ryo di poco prima le tornarono alla mente come una sorta di avvertimento sinistro… l’ultima volta che mi hai detto che stavi bene, dopo che avevamo fermato Kaibara, poi mi sei svenuta tra le braccia e sei stata in coma per giorni.

Si voltò a guardarlo, approfittando di un momento di distrazione del compagno, impegnato in quella sciocca lotta con il suo migliore amico. Era dunque un sogno? O forse…. Il paradiso? Ryo aveva parlato dello scontro con Kaibara, che lei aveva perso i sensi…. Era in coma e stava sognando tutto? Oppure, come in un film di fantascienza di serie C, era finita in una dimensione alternativa?

Aveva un buco di quasi sei anni: questa era l’unica cosa che sapeva – quello, e che riempire quel buco era forse l’unico modo per capire cosa le stesse accanendo… e cosa le era successo in passato.

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Capitolo 3
*** Caro amico... ***


C’era qualcosa di estremamente strano nel rifare il letto, riordinare la camera di Ryo, sapendo che quella, adesso, era anche la sua camera. Prima di andare a dormire, il cuore palpitante ed emozionato, e forse anche un po’ impaurito, all’idea di cosa sarebbe potuto accadere, Kaori aprì il loro armadio, e sfiorò con tocco delicato i vari capi… da una parte i suoi - più femminili e delicati di quelli che era solita indossare, dall’altra quelli di lui, non propriamente divisi, un mix eterogeneo che rappresentava ciò che erano sempre stati e che ancora dopo anni erano. 

Afferrò una camicia bianca leggermente sgualcita dalla sua gruccia, e sedendosi sul letto se la portò al naso, assorbendo il profumo unico che era Ryo che era rimasto addosso al capo, nonostante lei l’avesse molto probabilmente lasciato fuori… quel mix così unico e peculiare che gli era entrato sotto alla pelle, in ogni cellula del corpo, che quella piccola bambina meravigliosa come Shiori aveva associato a casa e alla sua famiglia di origine, preferendo lui alla più materna Kaori.

La fede alla sinistra, l’anello lasciatole dal fratello alla destra: fissando la piccola pietra rossa, l’anellino da bambina di poco valore, Kaori tornò ancora una volta con la mente all’ultima cosa che ricordava con assoluta certezza e lucidità, quando si erano apprestati ad andare ad affrontare Kaibara. 

L’anello che ti ha dato Makimura… sciocca, volevi portarlo con te? Non penserai mica di non poterlo mettere mai più, vero? Non scherzare! Sembra quasi che andiamo a morire! Lascialo a casa! Lo rimetterai quanto torniamo. Hai capito, Kaori?

Alzò la mano e studiò la piccola gemma tondeggiante, splendente alla luce artificiale del lampadario, e sorrise, immaginandosi che magari fosse stato proprio Ryo a rimetterglielo al dito… se lo vide far scorrere la fedina come fosse stata un anello di fidanzamento, ed il pensiero la fece scoppiare a ridere: conosceva Ryo da ormai oltre dieci anni, e nonostante una parte di lei avesse sempre pensato che Ryo avesse il potenziale per essere un bravo padre di famiglia, Kaori si era convinta che non sarebbe mai e poi mai successo, non con lei, almeno.  Ryo era abituato ad essere corteggiato ed amato da donne belle, ricche, potenti…

Perché scegliere lei, povera in canna, quando poteva avere benissimo Yuki e divenire re? 

Perché scegliere lei, maschiaccio senza forme, quando c’erano a disposizione Reika o Saeko o Kasumi?

Eppure, è successo. Ha scelto me… 

Sospirò, pensierosa, maledicendo ancora una volta il fatto di non capire cosa stesse accadendo e di non conoscere gli ultimi anni della vita di quella Kaori, tenendo ancora in grembo la camicia di Ryo. A volte in passato si era concessa questo piccolo lusso, rubargli un  capo, assaporare il suo profumo ed immaginato di essere avvolta dal forte e caldo abbraccio del socio, ma lo aveva fatto solo quando era certa che lui non ci fosse o fosse troppo addormentato o troppo sbronzo per vederla. Ma i sogni erano sempre stati solo quello, e Kaori li aveva sempre ricacciati via con decisione, maledicendosi per la sua stupidità infantile.

Eppure, è successo. Ha scelto me.

“Disturbo, regina del mio cuore?” Persa nei suoi pensieri e nelle sue elucubrazioni interiori, Kaori non si era accorta dell’arrivo di un ospite; occhi colmi di lacrime, si alzò in piedi di scatto, lasciando cadere a terra in un mucchietto di stoffa la camicia del marito, e travolse impetuosa, con la furia di un uragano, il nuovo venuto, gettandogli le braccia al collo e singhiozzando in maniera quasi isterica. “Ma, ma, Kaori, nemmeno fossi tornato dalla guerra…. Ci siamo visti ieri mattina l’ultima volta!”

Avvertendo una leggera nota di imbarazzo nella voce, Kaori si scostò; imbarazzata lei stessa, stette davanti all’uomo, mani giunte davanti a sé mentre tirava su con il naso come una bimbetta, ed occhi sfuggenti.

Si permise però di dare un’occhiata a quell’uomo che, nonostante l’amore per Ryo, l’aveva attratta- forse perché così simile a lui nel carattere, ed allo stesso tempo, così diverso. 

Entrambi micidiali sweeper, entrambi farfalloni un po’ (tanto) maniaci, entrambi affascinanti, e ritrosi ad iniziare un vero rapporto sentimentale basato sull’onestà e sul reciproco affetto. 

Lui però era più elegante e raffinato di Ryo, e aveva dimostrato di essere aperto alla possibilità di amarla: forse per questo ne era stata così fortemente attratta. 

“Scusa, Mick, è che mi hai presa un po’ alla sprovvista….” Ammise, guardandolo di sottecchi, cercando di mascherare la sorpresa di averlo davanti a sé in vita; ancora una volta Kaori si domandò cosa fosse quell’esperienza - sogno o realtà?- e se davvero Mick si fosse salvato, o se fosse tutto il frutto della sua mente, anche se aveva un ricordo, o forse un’impressione...

Sfiorò il collo, dove fino al giorno prima – o una vita prima - c’era stato quel ciondolo che lui le aveva donato, quel curioso portafortuna, il primo proiettile che l’americano avesse mai sparato, e sperò con tutto il cuore che quella fosse la realtà – non solo perché Ryo era in pace come non lo aveva mai visto prima, o perché il suo sogno si era realizzato, ma perché il loro amico era vivo, con loro. 

Kaibara non aveva avuto questa vittoria.

Sorridendo dolce, pensierosa, Kaori scrollò il capo lieve, e andò a sedersi su una poltroncina rossa; a casa loro non c’era ancora quell’articolo, ma tempo prima le era capitato di vederla mentre andava a fare acquisti in un grande magazzino con Miki ed Eriko, e aveva immaginato che sarebbe stata perfetta in camera, l’ideale per sedersi e leggere un buon libro mentre sorseggiava un bicchiere di vino o una tazza di the, magari una cioccolata calda, oppure appoggiare i suoi capi alla sera.

Accarezzò pensierosa il tessuto soffice proprio come l'aveva immaginato, lanciò un’occhiata all’anello nuziale, una all’amico, e si accarezzò il ventre…. la casa dei suoi sogni, i suoi amici, la sua famiglia: cercò di convincersi che non era troppo bello per essere vero, ma ormai era abituata alle delusioni, ad avere solo qualche contentino. 

“Kaori…” Mick le si avvicinò; inginocchiatosi davanti a lei, le pose una mano sulla spalla, e sospirò triste vedendola che si asciugava, con il pugno chiuso, le lacrime, fingendo di essere più forte di quello che era - e per il loro bene, come aveva fatto fin dalla primo giorno in cui era entrata nella loro sgangherata famiglia di sweeper e mercenari. “Kaori, cosa succede? Ci stai facendo preoccupare…”

“Sono solo una sciocca, Mick, tutto qui.” Si limitò a dire, dissimulando il suo miglior sorriso. “Brutti pensieri, sogni, i ricordi, belli e brutti… lo sai come sono. A volte mi faccio prendere dalla malinconia.”

“In realtà, ti capisco, sai?” Mick si sedette sul letto, accanto a lei, e gettò a terra i guanti bianchi che indossava. Kaori quasi urlò per lo spavento, quando vide cosa la pelle conciata bianca nascondeva… cicatrici, alcune chiaramente di ustioni, altre di tagli. La donna si sforzò di uccidere sul nascere un singhiozzo, sapendo fin troppo bene che Mick non avrebbe accettato alcuna pietà, da nessuno, nemmeno da lei che era stata il suo primo amore e che era divenuta la sua migliore amica. 

“Anche io mi sento così quando si avvicina l’anniversario della morte di Kaibara, capisco che possa essere lo stesso anche per te e Ryo, soprattutto per lui, ancora adesso che è padre. Per quanto ami il professore e rifiuti il passato, Kaibara è e sempre sarà la cosa più simile ad un genitore che lui abbia mai avuto. Che si interroghi sul suo ruolo di padre in questi frangenti non è solo naturale, ma salutare - vuole dire che ha un’anima, e per questo deve ringraziare solo te. L’hai davvero cambiato, sai? Lo dicevano sempre anche Sonia e Mary… avevi preso un demonio trasformandolo in un brav’uomo.”

Mick prese a far scorrere il pollice sulla pelle violacea, tesa e in rilievo; sembra perso in un mondo tutto suo, la mascella squadrata tesa in una linea dura, Kaori giurò perfino di poter vedere il pulsare del sangue all’altezza delle tempie. 

Rabbia, dolore, odio - ecco cosa le trasmetteva il volto di Mick, che poi però si voltava verso di lei e le comunicava tutto l’affetto che nutriva per lei. Non avvertiva più l’amore strabordante e totalizzante dei primi tempi in cui si conoscevano: Mick era ora cresciuto, e le voleva bene, lei era più di una sorella e meno di un’amante. 

Per quanto immaginasse che fosse così, nonostante a volte il suo Ryo le sembrasse identico a quello che aveva incontrato quando aveva solo sedici anni, a volte Kaori faceva fatica a crederci… e soprattutto faticava a credere che quella Kaori, quella di cui abitava il corpo, quella del sogno, qualunque cosa fosse – avesse un Ryo così… così perfetto. Così suo.

Ryo poteva davvero cambiare così tanto? Lo avrebbe mai fatto? Per lei, per giunta?

Forse. O forse no. 

“Ah, ma allora non è solo Kaibara a turbare quella tua bella testolina…” Mick la prese in giro, facendo schioccare la lingua contro il palato; si distese sul letto, puntellandosi con i gomiti per poter continuare a guardare Kaori, ed incrociò le caviglie. Prese a fissare il soffitto, con un sorrisetto stampato sul viso, fingendo di essere perso nei suoi pensieri e nelle ipotesi più strambe.

“Allora, cos’è che ti fa stare tanto male, Kaori? Conoscendoti, non può che trattarsi di una questione di cuore… forse ti interroghi ancora su cosa tuo fratello avrebbe voluto per te e Ryo o forse…fammi indovinare, si tratta di una cosa più maliziosa… il caso che Ryo ed io abbiamo seguito con Saeko mica ti avrà fatto preoccupare, vero? O semplicemente ti ha ricordato come quel bastardello del mio migliore amico si è comportato al matrimonio di Miki e Umi, quando ci ha provato con Saeko e poi faceva tanto il santerellino perché non la smettevi di essere arrabbiata, ih, ih, ih!”

“Figuriamoci se io mi preoccupo per quella!” Kaori rispose, risentita, belligerante, mettendosi immediatamente sulla difensiva, come pure ogni suo atteggiamento fisico dimostrava; mento sollevato, si era raddrizzata, tendendo i muscoli fino a quasi star male, la mano sinistra appoggiata al ventre con fare protettivo. La sua postura però metteva in evidenza il ventre leggermente e dolcemente arrotondato, quasi a voler dimostrare che era nel suo grembo che stava crescendo la figlia di Ryo, e non in quello di una di quelle svenevoli manipolatrici con cui lui aveva amato passare il suo tempo in passato.

Sospirò, un po’ rattristata: un altro tassello da aggiungere a ciò che non conosceva, o non ricordava: Miki aveva finalmente coronato il suo sogno d’amore- e Kaori, la sua migliore amica, non lo ricordava. 

“E fai bene!” Mick la punzecchiò, risvegliandola da quei pensieri tristi. “Anche se non vi foste messi insieme, Ryo non sarebbe mai andato fino in fondo con Saeko. Gli piaceva stuzzicarla, ma tutte quelle battutacce che le faceva, le avances… guarda caso  gliele propinava sempre quando tu eri presente, perché gli è sempre piaciuto farti ingelosire!”

“Sì, però…” Kaori si morse le labbra, un po’ petulante. “Mica era obbligato a… insomma, ad essermi fedele quando non stavamo insieme. Me lo ripeteva sempre…. Kaori, smettila di dirmi che ho l’amante, mica stiamo insieme noi, non siamo sposati!” 

“Forse,” l’amico scrollò le spalle. “Ma tu sei sempre stata la cosa più simile ad una famiglia che Ryo abbia avuto dopo Kaibara. E comunque, con Saeko non ci sarebbe mai stato perché era pur sempre la donna del suo migliore amico, Reika è un po’ troppo dominante e pretende di essere solo lei quella con i pantaloni in famiglia, Kasumi ha la famiglia che si ritrova, Miki è la donna di Falcon, e la bella Kazue…. Eh, beh, lì non c’era gara. Perché prendere Ryo quando ha potuto avere me?”

La donna sgranò gli occhi, cercando di mascherare la sorpresa… Mick e Kazue? Le sembrava quasi impossibile… certo, una parte di lei era un po’ ferita all’idea di essere stata rimpiazzata – chissà quanto velocemente poi - ma si disse che doveva essere felice, e che forse, se Mick si era aperto alla possibilità di amare davvero qualcuno, il merito era anche un po’ suo. 

“A parte, mia bellissima amica, che non capisco perché ti fai tutti questi problemi adesso…” L’amico la  prese leggermente in giro, dandole un leggero pizzicotto alla guancia – un segno che indicava la familiarità che li legava, il loro legame, il fatto che per lui ormai Kaori fosse come una sorellina. “Vuoi sapere cosa ne penso io? Goditi questo momento. Godetevelo tutti e due… e ricordati che Ryo ti ama. Ti ha amata più a lungo di quanto tu possa credere… sei l’unica donna che abbia mai visto o trattato come moglie, e questo ben prima che vi sposaste. Cosa credi? Guarda che anche lui è stato parecchio geloso di te… e contrariamente a quanto ti ha fatto sempre credere, tu lo eccitavi e pure parecchio!”

L’uomo scoppiò in una fragorosa risata, mentre Kaori lo guardava a bocca aperta, incredula…. Ryo, geloso di lei? Certo, lo aveva capito che questo Ryo era innamorato della sua Kaori, ma vederlo geloso le sembrava così… così strano… “Ryo…. Geloso? Di me?”

“Che razza di domande…. Certo! Non lo sai? Tutte le volte che c’era un uomo che ti girava intorno Ryo se ne stava a farti la posta, e nemmeno te ne accorgevi, ih, ih!” Mick continuò, facendo schioccare la lingua contro il palato mentre gli si accendeva una luce sinistra negli occhi azzurri come il mare. “Keichi, Kitao, Uragami… IO!  Eh, se ripenso alla notte in cui ti ho quasi rubato il tuo primo vero bacio, ed invece lui ha fatto scattare gli allarmi. Che iella, ma ci pensi? Magari se la mia visita notturna fosse andata a buon fine saresti la mia di mogliettina, adesso!

A Kaori si abbassarono le spalle, e sbuffò, tentata di prendere l’amico a martellate… era inutile, Mick non sarebbe cambiato, mai – per fortuna, forse. Era bello sapere che, dopotutto, nonostante ciò che era accaduto, nonostante il loro amico avesse rischiato la morte – e chissà, fosse stato forse prigioniero di Kaibara – non fosse cambiato nel profondo, ed il suo rapporto con Ryo fosse rimasto immutato.

Anche se, a quanto sembrava, avevano lottato per il suo cuore - anche se a modo loro...

“Che fai, dici stronzate a mia moglie, brutto cretino?”  La coppia di amici alzò lo sguardo in direzione della porta; vestito con il suo solito look, che negli anni Kaori aveva imparato ad accettare (nonostante per lei fosse inconcepibile come un uomo potesse comprare dieci mise tutte identiche per risparmiare tempo… certo, con i jeans neri aderenti che facevano risaltare i muscoli guizzanti Ryo stava molto più che bene, ma quelle giacchette azzurrognole e le magliette perennemente stropicciate gli davano un po’ l’aspetto del vagabondo senza fissa dimora, e poi, un po’ di fantasia non sarebbe certo guastata), Ryo li guardava con l’espressione da cane feroce. 

Mick scoppiò a ridere e, fu più forte di lei, lo stesso fece Kaori. “Ma bene, sono felice, io sto a sbolognarmi quella peste che non vuole addormentarsi e voi due scoppiate a ridere alle mie spalle! Mia moglie ed il mio migliore amico…. Tsk, siete proprio anime gemelle!”

“Dai, dai, che stavo decantando le tue lodi, old brother!” Mick si alzò, e diede una pacca sulle spalle di Ryo mentre usciva dalla stanza, facendogli l’occhiolino. “Io taglio la corda, ma tu, Stallone, guarda di darti da fare e rendi onore al tuo soprannome, che la mogliettina si sente trascurata. Mica vorrai che venga a provare la mercanzia della concorrenza!" 

Ryo si voltò a guardare Mick, che da solo si accomodava fuori, alzando un sopracciglio con fare interrogativo; poi, si voltò verso Kaori, che era intanto arrossita come un peperone e si era fiondata, nonostante fosse ancora vestita di tutto punto, sotto alle lenzuola, coprendosi fino alla punta del naso, rendendo ancora più perplesso Ryo, che la guardava quasi fosse una pazza. 

“Kaori, cosa stai facendo?” Le domandò, afferrando il lenzuolo con una mano e gettandolo a terra, lasciando la sua compagna seduta in mezzo al letto matrimoniale, inginocchiata. Ryo la guardò con sguardo malandrino, a malapena celando una risata; poi, a carponi, la raggiunse, e le lasciò un delicato bacio sulla punta del naso prima di leccarsi le labbra ed assumere quell’espressione assatanata che, purtroppo per lei, negli anni Kaori aveva imparato a conoscere fin troppo bene.

Anche se, a dirla tutta, quella era la prima volta che lei gliela vedeva addosso diretta a lei. 

“Dì un po’, ti ricordi quando eri tu a buttarmi giù dal letto così? Eh, quanto tempo è passato... però, io, mica ero tutto vestito…”

La donna arrossì, il suo incarnato ormai dello stesso colore dei suoi capelli; Kaori abbassò lo sguardo, timida, ma tuttavia la sua mente non poté esimersi dall’andare lì, dal ricordare le tante, troppe mattine in cui aveva svegliato Ryo, gettandogli le coperte a terra, trovandolo nudo ed eccitato… un’eccitazione che adesso scopriva essere dovuta anche a lei!

Lui la guardò, dolce, una dolcezza così intensa che il cuore di Kaori le scoppiò nel petto, e lei si sentì mancare. Quello di lui era uno sguardo pieno d’amore, che raccontava senza una sola parola tutto il loro rapporto… e se Kaori faticava a credere alle parole, era impossibile rifuggire a quegli occhi. Ryo poteva mentire con la bocca, ma non con gli occhi. A quelli, Kaori avrebbe sempre creduto, qualsiasi cosa fosse mai accaduta, qualunque fosse stato il loro rapporto.

Con le lacrime agli occhi, la donna accarezzò la guancia dell’uomo, che lasciò un bacio sul palmo della mano di Kaori, mantenendo saldo in contatto visivo, lasciandosi andare a quel tocco delicato arrivando ad emettere un suono che non era dissimile da quello delle fusa di un gatto.

Fulmineo come era arrivato, Ryo si staccò da lei. Rimase però sul letto, seduto sui talloni, e con un movimento sensuale e lento, degno di uno spogliarellista, si tolse la maglietta, e a Kaori mancò il fiato, mentre, tentata,  allungava una mano verso quel torace muscoloso, possente, cesellato neanche fosse stato una statua di marmo – Ryo, bellissimo e suo… ma lo era davvero?

L’uomo prese a guardarla, curioso, intrigato, il capo inclinato verso la spalla. A vederlo così, il cuore di Kaori prese a battere all’impazzata, con la potenza del battito d’ali di una creatura imprigionata in gabbia… era così potente che la donna temette che Ryo potesse scorgere il movimento attraverso la delicata mussola bianca dell’abito che indossava. 

Conosceva quello sguardo, dolce eppure potente; Ryo guardava così le donne quando voleva farle capitolare, voleva provarci un po’ più seriamente… era un’espressione che di rado gli aveva visto addosso, eppure ricordò con sconcerto le poche volte che quello sguardo era stato rivolto a lei, e si chiese se, sotto, sotto, quel giorno, quando Silver Fox aveva attentato alla sua vita, una parte di Ryo non l’avesse desiderata davvero, o se la sua fosse stata davvero una finta, uno scherzo. Ryo sembrò percepire i tumultuosi pensieri della donna, ed abbassò gli occhi, un po’ imbarazzato, un po’ colpevole, tanto triste.

Sulle labbra di Kaori spuntò un sorriso da ragazzina: Ryo era davvero tenero, si era sempre dato tante arie da uomo di mondo, ma con lei si comportava come un ragazzino innamorato alle prese con i primi batticuori!

“Non… non mi vuoi, Kaori?” le domandò, impacciato. “Se… se non hai voglia… posso… posso… ehm… posso almeno coccolarti un po’?”

Kaori si morse le labbra: già, Ryo si comportava davvero come un ragazzino alla prima cotta, anche se…. Dopo tutto, cosa ne sapeva lei, che poteva contare sulle dita di una mano gli appuntamenti che aveva avuto nel corso della sua vita, che fino a ventisette anni non era mai stata baciata- e anzi, tecnicamente lei, quel primo vero bacio, non lo aveva ancora ricevuto… o lo aveva forse dimenticato? Il fatto era che in testa aveva una tale confusione, ma soprattutto tanta paura e tanti dubbi. Non si sentiva davvero a casa, in quel corpo un po’ più adulto del suo, e non voleva essere baciata da… da un altro, anche se quell’uomo era, in un certo senso, Ryo. 

Ma non era il suo Ryo… e se quel primo vero bacio doveva accadere, voleva che fosse con lui, con quel debosciato del suo socio, e non con il premuroso marito e padre di famiglia di un’altra Kaori!

“No, no, non è questo, è solo che…” Kaori prese a giocherellare con le dita, cercando di capire quale scusa inventarsi, immaginando che, nonostante la piccola Sara potesse leggere nel pensiero, nonostante Mami fosse stata uno spettro in grado di possedere i corpi altrui, il viaggio nel tempo potesse essere perfino un po’ troppo pazzo per gli standard di Ryo.

Cosa dire? Cosa inventarsi?

Kaori lo guardò, sentendosi quasi una ladra, e colpevole…. E avvertì di non potergli mentire. Decise quindi di girare intorno alla verità, senza però mai giungere al vero nocciolo della faccenda, quel curioso transfer di corpi attraverso lo spazio ed il tempo – se di questo si trattava, perché la donna continuava ad avere i suoi dubbi, ma d’altronde, un sogno poteva essere così realistico? Ne dubitava.

“Solo che, l’avere di nuovo a che fare con Silver Fox, mi ha fatto tornare in mente il passato. L’ultima volta che l’abbiamo incrociato.” Si corresse, facendo una linguaccia sbarazzina. “Beh, la penultima volta che l’abbiamo incrociato.”

“Oh?” Ryo la guardò, cambiando improvvisamente espressione; interessato, sembrava a dir poco deliziato, ed il suo volto assunse quell’aria da pervertito che lei, purtroppo, conosceva fin troppo bene. “Quindi… quindi vuoi dire che sotto a quel bel vestitino hai la tua tutina? Dimmi Kaori, è quella sgambata o quella a fuseaux? A me va bene tutto, adoro scartarti lo sai, ih, ih, ih! Scommetto che con il pancino da gravidanza adesso sei pure più sexy con quella cosuccia rossa…. Ih, ih, ih!”

“Brutto maiale!” Stavolta, la martellata fu vera, una di quelle che lo piantarono senza troppi problemi nel pavimento. Kaori gli stette davanti, mani ai fianchi, inferocita, eppure le gote arrossate, caratteristica imprescindibile di quella donna dall’animo così puro ed innocente. Quella dualità tutta sua era un connubio che, segretamente, aveva sempre attizzato Ryo, che a vederla così si sentiva ancora più spronato nel suo bisogno, quasi fisiologico, di compiere uno dei suoi sensuali attacchi. “Sono seria, Ryo! Io stavo davvero pensando alla volta in cui Silver Fox ha tentato di uccidermi, e a come tu ti sei comportato con me!”

“Ti riferisci al fatto che volevo tanto, tanto, tanto fare l’amore con te con la scusa di farti diventare veramente la mia donna? Ma, Sugar, lo sai che dicevo sul serio… solo che poi mi sono fatto prendere dal panico quando ho visto quanto anche tu lo volevi, e allora ti ho lasciato credere che era uno scherzo!” Ryo le domandò, portandosi un dito al mento. Come suo solito, si era già ripreso dalla sonora martellata che la socia gli aveva rifilato come punizione divina per il suo comportamento lascivo. “Kaori, sei sicura di non soffrire di nuovo di amnesia? Sembra che ti sia dimenticata certe cose…”

“Non lo so, Ryo, è solo che… con quello che è successo, e… e i miei sogni, ho ripensato molto al passato, e…” La donna si chiuse nelle spalle, quasi a creare un bozzolo protettivo intorno a sé; incapace di incontrare gli occhi del compagno, si portò la mano sinistra al grembo. “Mi chiedo come si possa essere così felici. Mi sembra quasi, non lo so, irreale. Tutto questo… è più di quanto io abbia mai osato sperare.”

“E cosa mi dici di questo, Kaori?” Ryo la studiò, comprensivo. Afferrò delicatamente la mano che Kaori aveva posato sul grembo, e se la posò sul petto, intrecciando le dita delle loro mani sinistre. Sotto alla pelle, la donna sentiva battere il cuore di lui, che continuava a studiarla neppure fosse stata la cosa più bella e preziosa nell’intero mondo. “Questo ti sembra abbastanza reale? Questo cuore batte per te Kaori- e con te. Perché, come mi aveva detto una volta una ragazzina molto più saggia di quello che sembrava, i nostri cuori sono sempre stati uniti.”

Kaori fece cenno di sì col capo, senza tuttavia dire una sola parola; si strinse a Ryo, che la prese tra le braccia e la cullò dolcemente, lasciando che il battito del suo cuore la calmasse. Occhi socchiusi, la donna si godette quel momento, mentre lui prese ad accarezzarle le ciocche morbide.

“Sai, questo cuore, batte col mio, eppure sembra quasi che oggi rallenti, perda i colpi.”  Le sussurrò. “Quasi come se non fossimo in completa sintonia. Quasi come se tu avessi scordato cosa ci aveva fatto diventare una cosa sola… o fossi così turbata dai tuoi incubi da mettere in dubbio tutto quello che abbiamo costruito insieme in questi anni.”

Tra le sue braccia, Kaori si paralizzò: Ryo sapeva – aveva capito. Ma cosa? Che lei non era la sua Kaori? Che aveva scordato cosa fosse accaduto dopo lo scontro con Kaibara? Come poteva lui avere una soluzione a quell’enigma, se non l’aveva lei stessa?

Le baciò la fronte, come quel giorno sulla cima del loro palazzo, e prese a sussurrare, a narrare, rievocare il loro passato, la loro storia d’amore, così a bassa voce che pareva quasi che ogni singola parola andasse persa nel vento – ma lei sentiva tutto, ogni parola, con la mente e con il cuore gonfio di amore percepiva ogni sacrosanta parola, come se lui le avesse urlate. 

Ryo ricordò tutti gli uomini che l’avevano corteggiata, le disse che aveva davvero temuto che Uragami avrebbe potuto innamorarsi di lei e portarla via, o che Mick avesse potuto vincere il suo cuore, dividendoli per sempre. Le raccontò di quanto era stato difficile lavorare per  e con Sayuri, intimorito che Kaori avrebbe potuto scegliere la sorella… e poi rise mentre ammetteva di come lei l’avesse letteralmente steso, la prima volta che gli si era parata davanti in costume da bagno, bellissima, perfetta, meravigliosa, di come, la volta in cui Silver Fox le aveva sparato, lui aveva perso tempo a guardarle il fondoschiena… E poi, le raccontò anche della prima volta in cui era stato tentato di baciarla, un po’ per sfida verso sé stesso, un po’ verso quel moccioso irriverente di Takuya… ed invece di baciare Kaori, per capire come sarebbe potuto essere tra loro, era tra le braccia di Atsuko, la bella maestra, che era finito!

Kaori, scherzosamente, gli diede un leggero pugno sul petto, a cui Ryo reagì piagnucolando in modo sfrontato ed esagerato; poi, entrambi scoppiarono a ridere. Le loro risate riempirono la camera, fino a perdersi una volta che il silenzio prese di nuovo il sopravvento: un silenzio confortevole, che sapeva di intimità, rispetto, conoscenza reciproca, pace, tranquillità, fiducia... e di casa.

“Sai, non è da te aprirsi così… lo hai fatto così raramente in passato…” Kaori sospirò ad occhi chiusi, mentre disegnava con un dito ghirigori immaginifici sul petto di Ryo, facendolo tremare di desiderio, il pomo di Adamo che si alzava ed abbassava al ritmo del suo pazzo cuore. 

“Lo so che sono un farfallone, ma due o tre discorsi seri li ho fatti, e credo che fossero quasi tutti con te.” Ryo scrollò le spalle con nonchalance, mentre continuava, quasi ossessivo, a far scorrere la mano nei soffici capelli di Kaori.  “E poi, ti capisco. A volte anche io mi sono svegliato nel cuore della notte, capita che mi chieda se tu sia davvero con me o… o ancora in coma, e io stia solo sognando tutta questa nostra vita.”

Kaori strinse i denti, gli occhi, sempre più certa che Ryo potesse avvertire quel suo turbamento; diceva di capirla: ma quella di lui era una paura infondata, data dai loro trascorsi, o come quella di lei, una disarmante consapevolezza, la certezza che tutto quello fosse un sogno, una vita appartenuta ad altri, e che se si fosse addormentata di nuovo avrebbe potuto svegliarsi e ritrovarsi di   nuovo prigioniera della sua vita, della suo routine?

Paura, insulti, battutacce, i maltrattamenti di Ryo, che troppo spesso la trattava alla stregua di una cameriera… Kaori stava provando il paradiso in quella immaginifica realtà, ma sapeva che  una volta svegliata l’avrebbe attesa l’inferno.

Un cuore spezzato. 

Ma adesso, desiderava solo godere di quegli attimi, bearsi di essi come se le appartenessero davvero. Fingere di essere un’altra persona, che quella fosse la realtà. Il suo mondo. 

Che la bella donna dai capelli ramati che le arrivavano alle spalle, dal pancione che diveniva ogni giorno più prominente, fosse lei.

“Certi incubi sono una brutta bestia, Kaori, te lo dice uno che lo sa.” Ryo le diede un bacio delicato sulla fronte, sistemandole una ciocca di capelli ribelli, e proprio come la prima volta che lo aveva fatto, quando lei aveva deciso la data del suo compleanno, lei si accaldò immediatamente. “Anche io spesso sognavo di perderti… e poi quando venivi a svegliarmi in questo letto, ti trattavo male e ti tenevo a distanza, perché, non lo so… forse credevo di proteggerti. O di proteggere me stesso. Ma tu non devi fare così con me, Kaori. Io sono disposto a darti i tuoi spazi - ma a patto che tu non lasci mai il mio fianco. Solo così potrò mantenere le mie promesse.”

“Le… le tue promesse…” Kaori sollevò gli occhi, che brillavano, colmi di speranza, incontrando quelli luminosi di Ryo; lui, sorridendo un po’ tronfio e pacioccone, fece segno di sì con il capo. 

“Già… quella che ti ho fatto sulla nave, prima che ci baciassimo, di non farti piangere con la mia morte… e quella che ti ho fatto al matrimonio di Miki e Umi, di vivere per te… la donna che amavo. Che amo.” le fece l’occhiolino, facendo schioccare la lingua contro il palato. Poi, prese la mano destra di Kaori, e baciò l’anello che per anni Hideyuki aveva tenuto per lei, l’unico ricordo tangibile che la ragazza avesse della sua famiglia d’origine. “Te l’ho ripetuto quando ti ho chiesto di sposarmi e ti ho messo questo anello al dito, e ti ho fatto vedere il passaporto che Saeko mi aveva procurato… davvero non lo ricordi, Sugar? Sei così turbata?”

Kaori sorrise, dolce; si appoggiò contro di Ryo, stringendolo forte, con sicurezza – sentendosi forse per la prima volta veramente parte di qualcosa, emozionata – come lo era ogni volta che sentiva quel nome lasciare le labbra di Ryo, ricordandole da quanto tempo lo amava. 

Posò due dita sulle labbra dell’uomo, per zittirlo; non sapeva ancora, non capiva cosa fosse successo, ma se quello era il futuro, non voleva sapere nulla, le bastava la consapevolezza che c’era la possibilità di un domani, di un futuro, per loro- e non solo come City Hunter, ma come Ryo e Kaori. Kaori però era certa di una cosa: quel domani, lei lo voleva vivere, attimo per attimo, giorno per giorno.

Voleva essere sorpresa – proprio come Ryo l’aveva sorpresa con l’ammissione che quel bacio per cui lo aveva castigato anni prima era stato diretto a lei.

Che il giorno in cui era entrato nel backstage della sfilata di Eriko era stato non con la segreta speranza di vedere  le altre modelle nude, ma lei.

La voleva. L’aveva sempre voluta. E adesso, non aveva paura ad ammetterlo, a mostrarlo. Sarebbe stato lo stesso per il suo Ryo? Non lo sapeva, ma doveva ammettere che adesso iniziava ad essere curiosa…

Allungandosi verso di lui, gli lasciò un bacio, casto eppure colmo di sensualità e desiderio, sulla guancia, proprio all’angolo delle labbra. Ryo nemmeno fosse stato al suo primo approccio con l’altro sesso, arrossì, emozionandosi. Si strinsero l’uno nelle braccia dell’altra, e si coricarono, intrecciando le loro gambe, cullandosi a vicenda al ritmo dei rispettivi respiri. Kaori non avvertì tuttavia il desiderio di piangere: anzi, il calore che Ryo le dava, tanto fisico che emotivo, la rincuorava, le dava speranza, e quelle parole, quelle confessioni… prese a ripensare al passato, a tutte quelle cose che Ryo, Mick e gli altri avevano raccontato, e vide tutti quei fatti con occhi nuovi.

Possibile che…

Ridacchiò, di una delicata risata gentile, che soffocò nel petto del suo uomo: forse, del domani non poteva avere certezza, ma di una cosa era certa, non avrebbe permesso che il ricordo di quella giornata finisse nel dimenticatoio, vi si sarebbe aggrappata con le unghie e con i denti e avrebbe lottato… se Ryo l’amava, come lei amava lui, allora avrebbe fatto di tutto per farlo capitolare, e convincerlo a dare loro una possibilità.

Un giorno, si disse, avrebbe rivissuto quella giornata con i loro amici, con la loro famiglia. E lo avrebbe fatto per davvero- come la Kaori “giusta”.

Mentre Ryo le lasciava dolci baci, leggieri come soffici carezze, sul capo, Kaori decise di arrendersi, e finalmente permise a sé stessa di cadere tra le braccia di Morfeo… non sapeva cosa sarebbe accaduto, se si sarebbe svegliata nel proprio letto, nel loro oppure altrove, ma di certo, avrebbe fatto di tutto e di più per guadagnarsi la sua fetta di Paradiso.

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Capitolo 4
*** Better than a dream ***


A/N: ed eccoci all'ultimo capitolo! grazie mille a chi ha recebsito, letto, lascaito un pensiero... e a presto, con cose meno mielose! ;)


Un pugno contro il muro. 
Un’imprecazione pronunciata a denti stretti.
Il tocco delicato di una mano ruvida. 
Un bacio sulla fronte. 
Un sospiro. 
Una preghiera, indirizzata a qualcuno in cui non si sa se credere veramente – ma forse è l’unica possibilità.
Una mano stretta intorno alla sua.
Calore. E soprattutto…. Amore.
Appena sentì quel rumore sordo, seguito da quella voce rauca colma di disperazione, Kaori si obbligò a svegliarsi ed abbandonare il regno di Morfeo; la donna si stiracchiò, sbadigliando e spalancando la bocca in quella maniera così poco femminile che era certa Ryo, l’avesse vista, l’avrebbe presa in giro a vita, additandola come un maschiaccio, una virago, un mezzo uomo… tutta quella sequela di insulti che aveva però capito erano serviti per nascondere ciò che lui davvero provava: un folle amore.
Kaori, col cuore che le batteva a mille, e lo sguardo ricolmo di emozione, aprì gli occhi, spalancandoli verso Ryo; rammentava la sera prima, quando avevano parlato, si erano confessati, proprio come era accaduto alla vigilia di quella lotta, e Ryo le aveva ricordato cosa era successo con Kaibara, quanto quei giorni di coma lo avessero terrorizzato, quando lei non aveva dato segni di miglioramento per giorni, e anche Doc era stato scettico, nonostante a parole cercasse di rinfrancare quello che per lui era stato come un figlio.
Cosa era successo stavolta? Perché non ricordava come era finita in quel letto freddo, scomodo e sconosciuto, che nulla aveva a che fare con il loro talamo nuziale? Forse un altro attacco di Silver Fox… o qualcun altro?
Kaori non ne aveva la più pallida idea: ciò che sapeva, e fin troppo bene, era che l’odore di disinfettante nell’aria, tipico degli ospedali, era nauseante, che la testa le scoppiava e che non c’era un solo muscolo o nervo nel corpo che non le facesse tremendamente male.
“Ryo…” sospirò il suo nome, stringendogli con quanta più forza aveva in corpo la mano. Occhi languidi, lucidi, eppure entrambi sapevano cosa lui vi poteva vedere: felicità.
La stessa che Kaori intravedeva riflessa nello sguardo di lui.
“Come ti senti, bella addormentata nel bosco?” Le domandò; Kaori lo vide cercare di mascherare gli occhi lucidi, sorriderle scanzonato, ma percepiva nella sua voce una nota di preoccupazione. “Ci hai fatto preoccupare tutti quanti…. Sei stata in coma per tre giorni, iniziavamo a preoccuparci, sai?!”
“Ma… Perché sono qui…? Ho la testa ancora confusa, non capisco…” La donna si portò la mano alle labbra, domandandosi ancora cosa fosse accaduto, proprio come aveva fatto nei giorni precedenti; incerta, si portò una mano sul ventre, che avvertì piatto, ed il cuore le balzò in gola mentre iniziava a piangere, singhiozzando quasi istericamente, stringendo con una mano la coperta ruvida, con l’altra la mano di Ryo. “Ryo… Ryo, cosa è successo? Dov’è… cosa è successo  a Minato? E Satomi?”
“Satomi? Minato?” Ryo sbattè le palpebre, guardandola con la faccia da pesce lesso; un dito al mento, cercò di ricordare se ci fossero stati dei clienti con quei nomi, o persone che loro conoscevano – o che perlomeno conoscesse Kaori – ma non gli venne in mente nulla. “Kaori, forse faresti meglio a riposarti… mi sa che sei ancora un po’ confusa!”
“Sì, Ryo, i nostri…” Kaori sollevò leggermente la mano sinistra, al livello degli occhi, e la trovò vuota; allo stesso modo, cercò indizi di una loro vita comune- una vita sentimentale, di coppia- su Ryo, ma nemmeno lui indossava la fede… e soprattutto, non conosceva quei due nomi, così importanti per loro.
Con le lacrime agli occhi ed il cuore disperato, Kaori si lasciò cadere mollemente all’indietro, sugli scomodi cuscini. Era stato solo un sogno, e per quanto bello… adesso lei si ritrovava ad avere a che fare con la realtà.
Aveva vissuto il paradiso: adesso, avrebbe conosciuto l’inferno, o sarebbe riuscita a mantenersi salda nel suo proposito di lottare per avere un domani con l’uomo che aveva sempre amato? Le cose sarebbero tornate a com’erano state prima di Kaibara? Avrebbero ricominciato da capo in quello sciocco gioco sentimentale dell’oca che si ostinavano a mettere in scena da anni, o sarebbero stati veramente onesti l’un con l’altra, finalmente, per una volta?
“Ryo….” Gli domandò, con voce incerta, mentre si portava una mano al capo, avvertendo la protuberanza di un leggero bernoccolo, nello stesso punto in cui lo aveva trovato quella mattina, quando si era svegliata nel letto di Ryo con Satomi tra le braccia.
Forse il colpo che hai preso da Silver Fox è stato più grave di quello che sembrava…
Sgranò gli occhi, ingoiando a vuoto con la bocca arsa dalla sete, mentre sentiva gli occhi inondarsi di lacrime, e la testa le pulsava, dolorante.
Strinse gli occhi, prese un profondo respiro, e quasi timorosa, eppure certa del destino che al attendeva, Kaori guardò Ryo negli occhi.
“Ryo, io so ancora un po’ confusa. Ricordo che tuo padre è venuto da noi, a casa nostra, e…. e stavamo andando ad affrontarlo. Tu non volevi che mettessi l’anello di mio fratello perché non volevi che sembrasse che andavamo a morire… e…. e poi o ti ho detto perché volevo venire con te e tu… tu mi hai detto…. Mi hai chiamata…”
Senza sapere esattamente il perché, Kaori arrossì, portandosi il lenzuola a coprirle il naso, lasciando scoperti solo gli occhi. Dopo un silenzio che le parve lunghissimo, osò finalmente guardare Ryo, che la fissava enigmatico. “Tu hai detto che mi avresti portata con te perché, perché noi siamo City Hunter e sono la tua socia.”
Ryo chinò leggermente il capo; la guardò, in silenzio, facendosi tante, troppe, molte domande. Quelli erano gli avvenimenti di quasi cinque giorni prima… ed era l’ultima cosa che Kaori ricordava.
Aveva dimenticato la fine di Kaibara, che Mick fosse sopravvissuto e che lei l'aveva riportato da loro, con il suo grande cuore, ma soprattutto aveva scordato ciò che era avvenuto tra di loro.
Le promesse, gli abbracci, gli sguardi… e quel bacio.
C’era stata una lastra di vetro tra di loro, il loro era stato solamente un leggero contatto, nemmeno diretto, veloce… eppure gli aveva scatenato il fuoco dentro. Non si erano sfiorati con i loro corpi, ma solo con i loro cuori, e gli era piaciuto più di certi baci bollenti che aveva avuto in passato, di più del più spinto gioco erotico che gli fosse mai capitato di sperimentare.
“Eh…” sorrise leggermente, un po’ malinconico; ai tempi in cui Maki e Saeko facevano il loro tira e molla, lui li aveva presi in giro spesso e volentieri, e ogni volta Maki lo guardava come un genitore un po’ scocciato e gli diceva che un giorno una ragazza gli avrebbe fatto battere il cuore, e lui avrebbe desiderato amarla in primis con la testa. Ryo aveva giurato e spergiurato che a lui non sarebbe mai successo, aveva riso, sfottuto a più non posso il suo caro amico, eppure…. eppure adesso era innamorato pazzo, e proprio della sorella del suo migliore amico.
Makimura, perché mi hai affidato la tua cara sorellina? Cosa vuoi che faccia? Sai, io è da tanto che ci penso… dovrei dirle la verità, dirle quanto tengo a lei e farla rimanere con me, o mentirle, rischiando farla soffrire, che se ne vada via, ma permettendole così di vivere una vita normale come tutte le altre ragazze? Adesso devo prendere una decisione…. Qui, ora, senza altri rinvii!
Guardò Kaori, che lo studiava con le labbra leggermente aperte, meravigliata, incredula, ma soprattutto… speranzosa, come se la sua anima sapesse ciò che il suo cervello si rifiutava di ricordare. Si trovava davanti due possibilità ora: poteva essere onesto, smetterla si fare il play-boy e correre dietro a tutte, abbracciando la monogamia e l’amore che lui e Kaori nutrivano l’uno per l’altra, oppure poteva approfittare di questa amnesia della donna, prendere tempo per sondare i sentimenti di lei ma soprattutto i propri, capire se le aveva detto quelle cose perché convinto di morire o perché le pensava davvero, rischiando però di perderla se avesse mai ricordato da sola ciò che era successo.
Chinò il capo di lato, guardandola, vedendola forse per la prima volta: non solo la bellezza, maturata e sbocciata nel corso degli anni che era stata con lui, trasformandola da ragazzina in donna - e che donna! - ma il coraggio, la determinazione, la fedeltà… l’amore.
Sapeva esattamente cosa fare… basta fare il playboy, basta nascondersi, era giunto il momento di capire se quello che un suo amico una volta gli aveva detto fosse vero…
“Sai, Ryo, dovresti mettere davvero la testa a posto e sposarti con quella santa della tua socia, invece di continuare a girare per localacci e farti strusciare addosso dalle spogliarelliste… guarda che da quando mi sono sposato le cose che da scapolo ritenevo importanti sono svanite una dopo l’altra…”
Si voltò verso gli amici, che erano arrivati nel frattempo, e facendo l’occhiolino chiese silenziosamente loro di allontanarsi: doveva discutere con la sua socia, e doveva farlo da solo, in privato. Si sedette nuovamente sulla sedia che aveva occupato al capezzale della donna fino ad un attimo prima, e poggiò i gomiti sul materasso, guardandola enigmatico, in silenzio, studiandola….. e cercando di imprimere quel momento nella sua mente, certo che stesse per accadere qualcosa di epocale, che avrebbe segnato per sempre le esistenze di entrambi.
“Sei stata in coma per quasi quattro giorni, Kaori,” Ryo le disse, guardandola con così tanta dolcezza che le faceva quasi male al cuore. “Sei rimasta ferita mentre fuggivamo dalla nave di Kaibara, un colpo alla testa….”
Lei lo guardò, emozionata e grata, felice che lui avesse mantenuto la promessa di portarla con sè; Ryo prese a raccontarle ciò che era successo, di Mary che si era infiltrata, che avevano raggiunto la nave con l’aiuto di Miki e Falcon, di come Kaibara gli avesse messo contro Mick, a cui aveva somministrato la polvere degli Angeli, trasformandolo nel suo burattino omicida. Parlò di come lei avesse salvato con le sue parole il loro amico, riportandolo a loro, dello scontro con Kaibara, di come erano riusciti a fuggire… lei si portò le dita alle labbra, tremante, ed ebbe come un flashback: vide Ryo poggiare le labbra su una lastra che li divideva, e lei che faceva altrettanto…. Dita che si sfioravano senza tuttavia poter entrare in contatto, promesse sussurrate… e….
“Tu… ti sei salvato...” Gli disse con infinita dolcezza, infinitamente sollevata che le cose fossero andate come in quell’altro mondo, che tutto ciò che quel Ryo le aveva detto corrispondesse alle parole del suo amato socio.
“Andiamo, Kaori, te l’avevo detto che avrei rispettato la promessa, no?” Le rispose con tono gioioso, un po’ scherzoso, leggero, facendole l’occhiolino. “E poi, ho riflettuto su una cosa… ho pensato che sarebbe decisamente meglio sopravvivere per la donna che amo e starle accanto proteggendola, farla divenire la mia famiglia a tutti gli effetti, piuttosto che morire e lasciarla sola…”
“Ryo, io credevo che tu… insomma…” Ryo allungò la mano, afferrò tra due dita una ciocca di capelli, spenti dalle giornate passate a letto, e prese a giocherellarci, senza mai smettere di guardare con quell’aria enigmatica la giovane donna. Kaori si morse le labbra, e poi, con sguardo birichino, alzò il viso, e si perse in quei bellissimi occhi scuri, in cui poteva vedere tutto, che solo lei capiva appieno. “Avevi detto che al massimo sarei potuta essere la tua sorellina…”
“Sugar, a volte sei davvero una sciocchina!” le scompigliò i capelli, e le diede un bacio sulla fronte; nulla di più casto, eppure, nel momento in cui le sue labbra si posarono sulla pelle di Kaori, lei fu percorsa da brividi, e le tornò alla mente, perfettamente, i loro altri due baci… il primo che le aveva dato in fronte, al tempo in cui Mary era entrata nelle loro vite, e quello, quasi vero, sulla nave. Ryo ridacchiò, nel vederla così emozionata, per così poco, e la guardò, chinando il capo di lato, sornione e sbruffone allo stesso tempo. “Ma se ti fai venire la febbre per un bacetto, cosa farai quando faremo l’amore e diverrai a tutti gli effetti la mia donna?”
“Ry… Ryo!” Kaori si imbarazzò, arrossendo ancora di più, senza tuttavia dimenticare quell’altro Ryo, il suo tocco, i suoi baci… guardò il suo socio, malandrina, e gli si avvicinò, così tanto che poteva vedere le pagliuzze dorate degli occhi di lui, poteva vedere il suo stesso riflesso. Timida nel suo essere donna, ma certa dei sentimenti di entrambi, si puntellò sui gomiti e protendendosi verso di lui; il viso della donna sfiorò quello di lui, e Kaori premette con delicata decisione le labbra contro quelle di lui, tenendo gli occhi aperti per saggiarne la risposta e la veridicità di quel momento.
Ryo non rispose al bacio, e lei si scostò, guardandolo un po’ timorosa, ma le mancò il fiato quando vide il sorriso non tanto sulla bocca, ma negli occhi di Ryo: non la stava rifiutando, anzi… voleva gustarsi quell’attimo, quel loro primo bacio. “Quando ci si bacia, bisogna chiudere gli occhi…”
Kaori sgranò gli occhi: Eriko, Miki, Falcon, lo stesso Ryo avevano provato a farle capire più e più volte che Ryo avesse compreso che era lei la misteriosa Cenerentola che aveva quasi baciato, ma  si era rifiutata di crederci. Eppure, Ryo stava usando le stesse identiche parole che aveva pronunciato quella fatidica serata, prima che, ormai passata la mezzanotte, avesse rinunciato a quel bacio.
“Ma… ma allora…” Le parole non le uscivano dalla bocca, ma tuttavia non c’era alcun bisogno che comunicassero a parole; occhi lucidi, le sue erano lacrime di felicità: in quel mondo dei sogni, aveva conosciuto il paradiso… e adesso, non aveva ritrovato l’inferno come temeva, ma una gioia immensa, così grande che Kaori temeva il cuore le sarebbe scoppiato nel petto.
“Se sapevo che eri tu la bella Cenerentola della città con cui avevo passato quella bellissima serata? Certo che lo avevo capito… cosa credi, uno sweeper ed un grande amante come me non potrebbe mai scambiare una donna per un'altra!” Esplose in una calorosa risata, prima di gettare una mano nei capelli corti di Kaori, saggiandone la morbidezza, la sensazione di velluto che gli scorreva tra le dita. Le si avvicinò nuovamente, sfiorando il naso di Kaori con il suo, occhi negli occhi, anima nell’anima, fuoco nel fuoco. “E adesso, Sugar, fatti baciare per bene….”
Col sorriso sulle labbra, serrando i pugni intorno alla stoffa della maglia di Ryo, fece cenno di sì col capo. Ryo premette la bocca contro quella di lei, approfondendo sempre di più la carezza fino a farla diventare un vero bacio. Spingevano, assaggiavano, mordicchiavano, fino a che Ryo non le abbassò il labbro inferiore con un tocco delicato dei denti, pretendendo spazio. Kaori gemette per la sorpresa, e lui ne approfittò per farsi spazio con la lingua nel piccolo varco aperto, e con sua grande sorpresa, e somma gioia, dopo un attimo di forse esitazione, forse sorpresa,  la punta della lingua di Kaori accarezzò la sua.
Gemente ed ansimante, felice e smanioso, Ryo gettò a terra la sedia, e raggiunse la sua compagna sul letto, sedendosi accanto a lei, attirandola contro il suo possente torace; le mani di lei andarono a scompigliargli i capelli, mentre quelle di lui vagavano per la schiena di Kaori, percorsa da mille e mille brividi di piacere.
Era un bacio perfetto, che sapeva di fusione di corpi e animi, di amore e di passione, di oggi, domani e per sempre.
Si staccarono l’una dall’altra, e Kaori si accoccolò contro il petto di Ryo, occhi chiusi, e stordita dagli eventi, il corpo dolorante, si lasciò cadere in un sonno profondo… quel sogno, quell’assaggio del loro futuro, le aveva fatta capire e vedere ed immaginare tante cose, ma c’era un mondo intero di possibilità da scoprire, cose che avrebbe vissuto con il tempo…
Il loro primo appuntamento, una riproduzione di ciò che avevano vissuto come Cenerentola ed il suo Principe Azzurro, ma stavolta ognuno interpretando i loro veri, rispettivi ruoli.
Imbiancare le pareti della camera di Ryo, mentre il letto di lui diveniva il loro, e si aggiungeva un comodino, il suo.
Ryo che le faceva scivolare, mentre erano seduti sotto ai ciliegi in fiore, l’anello di suo fratello all’anulare sinistro, senza che nessuno dei due avesse bisogno di dire alcunché.
E poi… e poi, ci sarebbe stata una vita intera di piccole cose, anni in cui Ryo si sarebbe chiesto se Kaori fosse una streghetta come quella di quel vecchio telefilm americano, e potesse prevedere il futuro… come quando aveva fatto il primo test di gravidanza, eppure lo aveva guardato negli occhi ancora prima di avere il risultato, assicurandogli che non solo era incinta, ma che sarebbe stato un maschietto, Satomi; e poi di nuovo, anni dopo, aveva fatto la stessa cosa, questa volta preannunciando la nascita però di una femminuccia. E anche il giorno del loro matrimonio… sembrava che Kaori sapesse tutto. Ogni cosa.
Ma a Ryo non importava. E nemmeno a lei: le sarebbe andato bene tutto, anche se le cose non fossero andate come in quel pazzo sogno, in quell’assaggio del loro futuro… le bastava avere la speranza che le cose potessero andare anche un decimo bene di come erano andate a finire, per lei sarebbero state comunque perfette.

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