La leggenda del violinista del castello

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il vociare di settembre ***
Capitolo 2: *** Invidie e gelosie ***
Capitolo 3: *** Note sugli spartiti. E gli altri ascoltano… ***
Capitolo 4: *** Perché una simile attrazione? ***
Capitolo 5: *** Il canto del paradiso e della perdizione ***
Capitolo 6: *** Il canto di natale ***
Capitolo 7: *** Astio a più non posso ***
Capitolo 8: *** Nel segno della gelosia più profonda – La danza del dolore ***
Capitolo 9: *** Ora che danzo e suono nel buio, è giunta l’ora che i mie nemici tremino ***
Capitolo 10: *** L’immaginario collettivo oltre i miei anni ***



Capitolo 1
*** Il vociare di settembre ***


Civitella Cesi
 
Entro all’interno di queste mura antica e sento il profumo di storia.
Una storia silenziosa che ha scandito decine di guerre per la supremazia. Per il potere.
Ma oggi non sono giunto in questo luogo dimenticato per parlare di passato, ma per conoscere il futuro musicale che renderebbe la mia vita diversa da quella di adesso.
Mi chiamo Alessandro e ho appena compiuto sedici anni e mi trovo in uno dei conservatori esclusivi di questo posto: il conservatorio Vivaldi.
Non voglio dilungarmi sulla storia di questi luogo, anche perché non la conosco pienamente.
Vorrei solo conoscere i miei nuovi compagni e le loro ambizioni che cercheranno di intaccare le mie.
Perché solo uno riuscirà a diplomarsi alla fine di questo anno scolastico e già adesso sento il calore tenebroso di tutti i miei stessi pericoli.
Persone che mi renderanno la vita impossibile ed io non potrò fare niente per contrastare questo potere.
Dovrò avere mille occhi e mille intenzioni diverse per riuscire nel mio intento di essere migliore degli altri.
perché nei loro piani si sconfiggeranno a vicenda, ma io sarò invisibile. E spietato.
Le mura di questo castello scandiranno il sangue invisibile e parole taglienti che scandirò a suon di musica.
Perché io e i miei nuovi compagni viviamo solo di questo.
Non pensiamo ai soldi e alla fama. Solo voglio essere i migliori nel nostro piccolo.
Le parole si perdono in questo luogo così silenzioso che quasi ti fa’ accapponare la pelle.
Ma non deve essere sempre così: il borgo rivivrà di musica e noi saremo testimoni nel farlo.
E nel mentre mi guardo intorno, non riesco a vedere nessuno. nemmeno un’anima viva.
Che io abbia sbagliato posto?


Addentrandomi all’interno del castello, mi limito a intravedere un inserviente e una specie di bidello che parlano tra di loro con fare schietto e silenzioso.
< Scusate > faccio io interrompendoli.
Loro, squadrandomi subito malamente, mi domandano che cosa ci facessi all’interno di questo castello.
< Ma come? Non è oggi che inizia l’anno scolastico all’interno di questo conservatorio? >
< Ragazzino, sai che giorno è oggi? >
< Certo. È lunedì 14 settembre. >
Ma mentre lo stavo dicendo, vidi l’inserviente che si mise a ridere con disprezzo.
< Va bene essere sempre avanti, ma oggi è domenica. >
< Che cosa? >
< Vuoi forse dirci che sei giunto fin qui di domenica pensando che fosse lunedì? Oppure volevi solo vedere la tua nuova scuola? > mi domandò il bidello con fare dirompente.
Non sapendo cosa dire e visibilmente imbarazzato, mi scusai con tutte e due dicendogli che sarei uscito immediatamente dal castello.
< Dove te ne vai ragazzo? >
< Cercò una sistemazione per questa notte. Ho camminato molto da qui alla stazione e sono molto stanco. >
< Sai dove andare? >
< Sinceramente no. lei o il bidello sapete consigliarmi qualche posto a poco prezzo? >
< Bidello? E chi sarebbe tra noi due? >
< Ecco, io… >
< E’ meglio se decidi di tacere prima di fare qualche altra brutta figura > mi rimbeccò l’uomo credendo davvero che potesse essere un bidello < Preferisco essere chiamato custode, se non ti dispiace. >
< D’accordo, signor custode. >
< Sai una cosa? Meriti di dormire al freddo e al gelo di questo posto. Anche se siamo a fine estate, qui le notti a Civitella Cesi sono molto fredde. Rischi davvero di prenderti un brutto raffreddore già il primo giorno. >
Non sapendo che cosa dire, fortunatamente l’inserviente o presunto professore, venne in mio aiuto.
> Gaetano, lasci perdere. Ci penso io al ragazzo. >
< Signor Tucci, non vorrà mica prendersi cura di questo ragazzo prima dell’inizio dell’anno scolastico. Ha visto con quale insolenza si è rivolto a noi? >
< Tu sei troppo severo, Gaetano. Ogni cosa a suo tempo. >
Sperando che quel custode si potesse dileguare, forse per fortuna o perché era andata così, potei scambiare qualche parola con quel misterioso uomo davvero molto colto e intelligente.
> Allora ragazzo, che strumento ti piacerebbe imparare a suonare? >
< Il sassofono è uno dei miei strumenti preferiti. Ma preferisco anche di gran lunga il violino. >
< Oh, ma davvero? Lo sai suonare a dovere? >
< Sinceramente non me la cavo male. >
< Mi piacerebbe davvero ascoltarti. >
< Che cosa? > domandai impietrito.
< Avanti, non avere paura. Hai detto che sapevi suonare. Fammi vedere di cosa sei capace. >
Fermandoci improvvisamente in mezzo ad un lungo corridoio, quel misterioso Signor Tucci mi fece prendere il mio strumento e senza spartito dovetti iniziare a suonare qualcosa.
Ed ecco che fu in quel momento che la mia paura più forte divenne la mia principale audacia.
Con coraggio suonai un pezzo delle quattro stagioni di Vivaldi, uno degli spartiti che mi riesce molto bene.
Non riuscii a scorgere il viso e lo sguardo di quell’uomo, ma seppi che con il suo sguardo mi controllava. Mi ascoltava.
Avevo un gran timore di aver fatto una brutta figura e i minuti sembravano non passare mai.
Il lieve suono della primavera mischiata al fragore di quei temporali e dai suoni forti che pizzicavano l’archetto, mutai la mia determinazione senza che io me ne accorgessi.
< Signore > feci con tono sibilante mentre vedevo l’uomo con gli occhi chiusi < Ho finito. >
< Di già? > mi domandò sorpreso < Scusami tanto, ragazzo. Ero concentrato sulle tue note. >
< Capisco… Le è piaciuto? >
A questo modo, il misterioso uomo decise di non sporgersi troppo con le parole, facendo solo alcuni gesti che io non riuscii a comprendere.
A dirla tutta, non disse nemmeno una parola, continuando la nostra camminata per il castello come se niente fosse successo.
Avevo molta curiosità dentro di me di sapere se davvero avevo suonato bene e se la mia scelta di musica era davvero piaciuta a quell’uomo, ma con fare riluttante mi rispose che me l’avrebbe detto a fine anno scolastico.
< Ma Signore, devo sapere se sono sulla strada giusta oppure no. >
< Domani conoscerai i tuoi compagni e tu insieme a loro, conoscerete le vostre reali possibilità. Ma con estrema cautela. >
Ma prima che l’uomo richiudesse la porta della mia piccola stanza, capii alla svelta che dovevo dividerla con qualcun altro.
< Signore, posso sapere quale è il suo nome? >
< Puoi chiamarmi Signor Tucci, Alessandro. >
< Come? Ma lei sa il mio nome. >
< L’hai scritto sul tuo zaino, ragazzo… Vedi di riposarti. Domani avrai delle belle sorprese. >
< Ad esempio? >
< Se te lo dico adesso, non saranno più sorprese > rispose l’uomo con sorriso compiaciuto < Riposati e non pensare ad altro.<
E una volta richiusa la mia nuova camera da letto, il silenzio di quelle mura che avevo provato a rimempire con la mia musica, fu la mia prima prova da superare per cercare di occupare la mia mente con la musica più profonda e con la voglia di essere io il migliore di tutti, senza dimenticarmi dei miei avversari.
“Sorprese… Ma quali genere di sorprese può pensare quel misterioso uomo?”

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Capitolo 2
*** Invidie e gelosie ***


Finalmente il giorno tanto atteso di conoscere i miei nuovi compagni era arrivato.
Mi svegliai di buon mattina e prima che venissi svegliato dal bussare della mia camera, quel gentile signore tanto enigmatico quanto misterioso, mi disse subito se volevo raggiungerlo nel grande salone del castello dove alcuni ragazzi accompagnati dai loro stessi genitori, avrebbero ricominciato una nuova vita che li avrebbe cambiati per sempre.
Quei ragazzi erano i miei nuovi compagni e il loro destino si legava al mio.
Ma davvero sarebbe stato così grandioso e tutto bello come potevo immaginarmi?
Il sole irradiava quelle mura ma l’oscurità imperversava invisibile e in maniera subdola.


< Signor Tucci? > gli domandai mentre stavamo percorrendo una delle stanze che costeggiavano il salone principale < Lei che strumento insegna? >
< Qualsiasi strumento a corda, giovane ragazzo. >
< Ho notato con interesse e perplessità che lei sa il mio nome. Com’è possibile? >
< Credo che in questo momento sia presto risponderti a questo. Ma nel corso dei mesi ci conosceremo meglio e potremmo scambiarci nuove idee diverse. Tu sei un ragazzo molto intelligente, Alessandro. Lo già capito. >
Il suo sguardo compiaciuto misto alla sua sicurezza mi lasciavano ancora interdetto.
Io volevo sapere tutto di lui. Perché attendere oltre? Perché non mettere le cose in chiaro già adesso? Che cosa mi dovevo aspettare da lui? Brutte sorprese?
Miriadi di domande che affollavano la mia mente prima di incrociare il primo sguardo che mi avrebbe cambiato per sempre.


Una giovane ragazza dai capelli corvini e dallo sguardo penetrante, incrociò il mio mentre il Signor Tucci stava facendo gli onori di casa dando il benvenuto a tutti i presenti.
Io non ero tipo da smancerie del genere, troppi attratto da quello che sarebbe successo dopo.
E poi c’era quella ragazza che non mi mollava gli occhi di dosso.
“Che cosa vuoi da me?”
Che si aspettasse qualcosa? Un segno? Un gesto?
Appena però l’uomo si accorse della mia distrazione, mi diede una pacca sulla spalla dicendomi che ero stato il primo fortunato ad aver visto il castello.
In fondo non era vero perché stanco della giornata di ieri, avevo visto solo qualche corridoio e il mio letto.
nemmeno la mia camera, troppo stanco per vederla arredata.
Dico soltanto che non potevo scegliere posto migliore e il momento per scambiarci nuove amicizie sarebbe stato il primo pretesto per conoscere le nostre rispettive mosse.
I miei nuovi compagni sembravano davvero agguerriti dal primo impatto, ma più su tutti era quella misteriosa ragazza che aveva l’aria da saputella.
Il Signor Tucci non riusciva nemmeno a continuare a parlare perché la ragazza non faceva altro che fargli un sacco di domande idiote come ad esempio con chi sarebbe stata in camera e se avesse avuto sennò una camera singola.
“ma sei venuta a dormire o sei qui per imparare, stupida?”
Avrei anche immaginato che prima o poi avrebbe messo di mezzo me perché giuro, non la smettevo di guardare.


Appena il Signor Tucci smise di parlare e ci stavamo preparando a fare colazione tutti assieme, quella ragazza dai capelli corvini si avvicinò a me con fare minaccioso e impertinente.
< Guarda che ho subito capito che cosa vuoi da me. >
< In che senso, scusa? >
< Non riesci a mollarmi gli occhi di dosso. Sono bella, vero? >
“Veramente… non è questo. Ma capisco molto da uno sguardo e so bene che mi darai un sacco di problemi, ragazzina.”
Parlavo come un ragazzo adulto e questo mi faceva sentire diverso dagli altri.
Sarei stato una guida per i miei compagni? O solo un totale problema?
Mi piaceva essere al centro dell’attenzione, ma sapevo anche che non era questo il posto adatto.
Dovevo solo impegnarmi. Nient’altro.
< Io non sono qui per futili motivi > replicai seccato < Io sono qui per imparare e mostrare il mio talento. Non ho bisogno di sentire queste sciocchezze. >
< Come ti permetti, scusa? Io non ti conosco nemmeno. >
< Mi chiamo Alessandro. Ti basta sapere questo. >
< Hai intenzione di fare l’asociale, Alessandro? Guarda che tutta questa gente è amica mia. Quindi se voglio, posso farti fuori molto prima che tu te ne accorga. >
< Fai pure quello che credi. Tanto mica mi fai paura. >
< Mi dai sui nervi, sai? >
< Sei tu che hai cominciato, ragazzina. >
< Preferisco essere chiamata Beatrice. È questo il mio nome. >
< Beatrice? La puttana di Dante. Buono a sapersi. >
< Che cosaaa?! >
Non so perché mi venne da dire quelle parole, ma sortirono fuori dalla mia bocca in maniera innaturale, quasi spontanea.
Mi stavo divertendo un mondo ad offenderla, perché è questo quello che Beatrice si meritava.
Il mio subconscio non si era mai sentito bene così prima d’ora e l’idea di finire nei guai era talmente remota che non ci pensavo nemmeno.
< Se osi ancora offendermi… >
< Andiamo Beatrice, hai parlato fin troppo. Mi puoi lasciare in pace? >
< Che succede qui? Sento aria di discussione > ci interruppe il Signor Tucci < Alessandro, non dirmi che stai importunando questa signorina. >
“Ebbene sì, sto dando il peggio di me. Che ragazzo pestifero che sono.”
< Non sta succedendo niente, professore. Questa ragazzina se ne stava andando. >
< Professore, non so con quali criteri avete scelto i miei nuovi compagni, ma esigo che mi si porti rispetto, altrimenti darò problemi a molte persone. >
Lo sguardo dell’uomo faceva presupporre che non avesse nessuna voglia di ricevere delle noie dai suoi alunni, soprattutto da una ragazza viziata come Beatrice.
“In fondo avevo ragione: è puttanella più del solito. Anche se ho sedici anni, ne ho viste di ragazzine come lei. Tirarsela non serve sempre nella vita. E presto o tardi lo capiranno. Spero per loro presto.”


Ritirandomi nella mia stanza dopo un’abbondante colazione, il Signor Tucci mi fermò dopo il salone principale domandandomi che cosa avessi intenzione di fare.
< Non capisco, professore. Che cosa vuole dirmi? >
< Se sei venuto qui per i tuoi fuochi d’amore pieni di gelosie, ti confesso che non è questo il posto per te. >
“Amore? Invidie? Ma professore, si è fumato le canne o cosa?”
< Ma io non la conosco nemmeno quella sciocca ragazzina.  >
< Eppure durante il mio discorso non facevi altro che fissarla. >
< La stavo solo psicanalizzando, cercando di capire con che razza di persona avrei avuto a che fare in questo periodo. >
< Da come mi stai parlando, sei un ragazzo da tenere d’occhio. >
< Usi pure la parola “malato”. Tanto non mi offendo. >
Ebbene sì, non mento quando dico che sono diverso da tutti i ragazzi della mia generazione.
Io non sono il tipo fatto di social oppure uno stupido nerd.
certo, mi piace molto rimanere a casa ma cercando di imparare qualcosa di nuovo ogni giorno.
Ed è per questo che non faccio altro che leggere libri di cultura: dalla storia fino alla moda del mio tempo.
Per non dimenticare la musica, la mia unica anima gemella.
Ero a Civitella Cesi per migliorarmi.
E quale posto adatto lontano dalle distrazioni della civiltà che un borgo sperduto nel mondo?
Secondo il mio punto di vista, molti dei miei compagni sarebbero impazziti da qui a poco.
Dovevo solo attendere il momento giusto prima di perdermi nei miei pensieri senza che me ne potessi accorgere.


< Alessandro? Sto parlando con te. >
“Ecco, appunto.”
< Mi scusi professore, ma parlare di quella ragazza mi destabilizza alquanto.
< Dovrai imparare a conviverci. Lo sai questo? >
< Cercherò di fare del mio meglio > risposi con una faccia scocciata e schifata.
< Gli altri professori ti stanno attendendo nella sala dei violini. A te ti piace molto suonarlo, non è così? Magari potrai dare sfogo al tuo talento facendoti intravedere dai tuoi compagni. Che ne dici? >
< Non ho bisogno di farlo grazie a lei > mormorai in maniera seria . Quando arriverà il mio momento di mostrare il mio talento, sarà il primo a saperlo. >
< Bene. Accadrà proprio ora, tra cinque minuti. >
< Professore, non scherzi. >
< Perché scusa? Hai forse paura di fare una bella figura? Oppure una pessima figura. A seconda di come suonerai quelle note sul tuo strumento. >
< Paura io? Lei professore sta scherzando con il fuoco. >
< E tu stai continuando a contraddirmi, Alessandro > rispose seccamente il Signor Tucci > E questa cosa non mi piace per niente. >
Mi sarei dovuto mettere in mostra, già il primo giorno.
Non sapevo se era davvero una buona idea, ma in fondo non potevo cercare di toccare il cielo con un dito per poi sprofondare.
Secondo me potevo davvero andare a genio al professore, ma non sarebbe stato quello il momento per farglielo notare.
Ogni cosa a suo tempo. Sempre.

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Capitolo 3
*** Note sugli spartiti. E gli altri ascoltano… ***


Avevo tutti gli sguardi addosso.
Mi sarei potuto sentire a disagio, ma in fondo i loro sguardi enigmatici mi caricavano a mille.
Non so perché tanto astio nei miei confronti, ma forse perché mi sentivo molto più bravo di loro e i miei compagni questo non lo accettavano.
La mia determinazione poteva essere la mia stessa rovina, ma per ora tutto andava bene. Tutto andava come doveva andare.
gli sguardi sibilanti di Beatrice e di tutti gli altri che ancora ignoravo il loro nome, gufavano nel vedermi sbagliare. Nel vedermi fallire miseramente.
Non gli avrei mai dato una simile soddisfazione perché anche adesso sentendomi con i piedi per terra, avrei dovuto impegnarmi di più.
Essere sempre avanti agli altri con moderazione e con quei sentimenti che mi contraddistinguevano.
Il Signor Tucci mi aveva dato una possibilità inimmaginabile e non avrei mai pensato di mettermi in gioco così presto.
prendendo il mio strumento, mi misi al centro della sala mentre la mia mano destra tremava.
L’emozione mi avrebbe potuto sopraffare in qualsiasi momento e non avrei sopportato che mi potesse bloccare proprio adesso.
L’archetto andava a poggiarsi sullo strumento tirando fuori quelle noti soave che presto avrebbero riempito tutti i corridoi del castello.
Ascoltavo a mo’ di tempo senza perdermi in sveltezze che avrebbero potuto rovinare la canzone che avevo scelto.
Come non scegliere “All’alba vincerò” di Giacomo Puccini tratta dalla sua Turandot.
Io sono l’alba. Io sono il vincitore. E il mio risveglio avrebbe colto tutti di sorpresa.


Un momento passeggiero che aveva portato alla conclusione di quel momento trasformatosi in magia.
Sembrava che i miei compagni fossero molto restii a farmi i complimenti, ma almeno ricevetti tutti gli applausi necessari di quel momento così mistico e così fuori da mondo.
Ancora la lezione si apprestava a non cominciare e forse capii che il Signor Tucci voleva mostrare a tutti i nostri talenti alla classe, confrontandosi e sbaragliando ogni mia sorpresa.
Dopo di me fu chiamata Beatrice e la sua forza di volontà era talmente insopportabile che non avrei retto molto il suo pavoneggiamento.
Due anime così distanti da essere uguali. Ed è per questo che non la sopportavo.
Non potevo credere che ci potesse essere qualcun altro più bravo o più brava di me.
La mia gelosia percuoteva il mio stato d’animo.
Ma io in quel momento dovevo ascoltare.
Ascoltare in silenzio.


Le nozze di figaro, uno spartito originale che Beatrice ha suonato alla perfezione senza la minima sfaccettatura.
Un grande applauso si levò da quella sala e la mia sorpresa fu ancora più grande e irriverente.
Non riuscivo ad essere contenta per lei, perché sapevo che era molto più brava.
Dovevo continuare a migliorarmi come avevo sempre detto, ma i miei pensieri erano offuscati dalla gelosia.
Ricevendo un’occhiata enigmatica dal mio professore, quell’uomo mi aveva fatto capire che non sarei stato il migliore se non avessi lavorato con umiltà.
Umiltà e devozione. La musica doveva essere questo. E non una stupida gara.
E nel mentre Beatrice si accomodava proprio vicino a me, sentii quel profumo di fresco invadermi le narici che prima non mi ero reso conto.
Il rumore dei suoi passi scossero il mio animo mentre Le nozze di Figaro risuonavano nella mia mente come una maledizione.
Attesi che anche gli altri miei compagni finissero di fare quella stupida prova diventata ormai il mio preludio alla fine.
Ma anche se ero sempre all’inizio del mio percorso, avrei dovuto cominciare subito a combattere.
Combattere o affossarmi. A me la scelta.


Appena concludemmo le nostre esibizioni, capii subito che il Signor Tucci si sarebbe avvicinato a me con fare guardingo.
< Alessandro? Posso parlarti un attimo? >
“Se proprio deve…”
< Che cosa succede, professore? Non sono stato abbastanza attento alla sua lezione? >
< Questo è il motivo principale che non andrò troppo a sottolineare… Però devi anche capire che tutti i tuoi compagni hanno suonato molto meglio di te. >
< E questo come fa’ a dirlo? >
< Chi è il professore tra noi due? >
< Questo non centra assolutamente niente > replicai adirato.
< So che puoi sentirti nervoso, ma vedi di non sprecare il tuo talento nella tua antipatia. I tuoi compagni ti  hanno già inquadrato e le amicizie potrebbero essere il tuo più grande ostacolo… Pensi che tu non abbia bisogno di loro? Invece ti sbagli. Tu e tutti gli altri dovete essere una bellissima orchestra che risuona il piacere dell’udito e delle note in una grandiosa musica come non ho mai sentito prima d’ora. Voi tutti siete stati designati ad una sfida che nessuno di voi può perdere. >
< Ed io non perderò, professore. Stia tranquillo. >
< Non ne sono davvero sicuro. E dovrai capirlo. >
< Ma professore… >
< Perché non vuoi chiedere scusa alla tua compagna? >
< Perché lei… non lo so… >
< Lei è migliore di te, caro Alessandro. Mettitelo bene in testa… La sua musica soave ha attratto tutti noi come un incantatore di serpenti. Non hai visto come tutti la stavano guardando? E poi devi convenirmi che la sua bellezza… >
< Ma quale bellezza e bellezza! Non posso distrarmi dai miei ormoni. Ho un pensiero fisso in mente. E lei lo sa bene. >
< Ti rovinerai, caro Alessandro. Dammi retta. >
Le parole del mio professore furono un primo pretesto nel riportarmi a pensare a tutt’altro e non a quello che mi stava rodendo dentro.
Il mio talento sarebbe stata la mia rovina se non avessi fatto altro per contrastare questo potere.
E mentre il silenzio stava riempiendo i miei pensieri, ecco che un’altra ragazza dallo sguardo di una venere rinata dalla sua primavera e la bellezza di una dea immortale, si avvicina a me con il suo sguardo caldo che avrebbe ancora scosso il mio animo.
< Ciao, Alessandro. Potrei scambiare qualche parola con te? >

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Capitolo 4
*** Perché una simile attrazione? ***


Perché una simile sconosciuta dovrebbe scambiare qualche parola con me? Che forse gli sia arrivata voce che il mio carattere dirompente sarebbe potuto essere un problema per gli altri?
< Chi sei tu? >
< Mi chiamo Amanda e anch’io suono il violino come te. >
“Bene a sapersi. Ma a me cosa dovrebbe fregare?”
< Posso fare qualcosa per te? >
Credevo che mi avrebbe domandato se gli avessi potuto fare qualche lezione per migliorarsi, ma tutti qui dentro si sentivano molto più bravi per me.
Il suo sguardo sedicente e ammiccativo mi rendeva inerme dinanzi a tale sguardo.
ma ciò non potevo credere che la mia carne e la mia indole sarebbe stata debole di fronte a tale bellezza.
Che il mio professore avesse ragione?
< Il modo in cui suoni e il modo in cui ci metti tutto il tuo talento è davvero strabiliante > cominciò a dire la ragazza < Vorrei tanto conoscerti meglio, se tu vuoi. >
< Magari dopo la lezione > risposi freddamente < Ho bisogno ancora di migliorarmi. Non mi sento il musicista che sono adesso. >
< So che vuoi tanto essere il migliore tra tutti noi, ma forse sarebbe meglio conoscerci un po’. Che ne dici? >
“Magari per spifferarti i miei segreti? Grazie, ma sto bene così.”
< Magari un’altra volta, ok? Davvero, ho bisogno di stare da solo. >
Quella ragazza sarebbe stato tutto per me.
Quella ragazza avrebbe recato non pochi problemi alla mia persona.
ma come sarei riuscita a fronteggiarla?
Mi fissava con occhi guardinghi e anche se mi sarei dovuto recare a lezione, capii che ormai era tardi.
< Ci ritroveremo presto, Alessandro. Ormai siamo diventati una grande famiglia qui. >
“Una famiglia? Certo, però vedi di stare nel tuo, ragazzina. Non mi piacciono tutti quegli sguardi addosso.”
Allontanandomi, presto capii che i miei problemi di rimanere inerme dinanzi a tale bellezza sarebbe stata davvero la mia rovina e che la sua insistenza sarebbe stato il primo pretesto per essere attratto davvero da lei.


Dopo la lezione, decisi che era meglio riposarmi un po’.
Le lezioni dei miei professori di musica erano veramente pesanti e snervanti., senza riuscire a capire quando sarebbe stato il momento di imparare davvero qualcosa che non so.
Eppure credevo di aver trovato la mia dimensione, ma essa sarebbe stata davvero una molto diversa da quello che credevo.
Tornando nella mia camera, vidi che il mio compagno di stanza, un certo Giulio, se ne stava andando per seguire alcuni dei nostri compagni durante una ricerca sulla storia musicale.
< Tu vuoi venire con noi, Alessandro? >
“Io? Ma stai scherzando? Nemmeno morto.”
Volevo fare il solitario perché non m’interessava imparare qualcosa di inutile.
Sapevo quasi tutto della storia della musica e non mi piaceva rileggere le solite cose se le sapevo di già.
Io ero fatto così. O mi si ama, o mi si odia.
< No, grazie > cercai di dire con tutta la calma e gentilezza del mondo < Ho bisogno di riposarmi. Oggi è stata una lunga giornata per me. >
< Come tutti noi, volevi dire. Sei già stanco? >
< Devo ancora recuperare dal lungo viaggio che ho fatto… Da quello che ho sentito, tu abiti qui vicino, giusto? >
“Ma cosa vuoi sapere di me, razza di secchione nullafacente? La tua famiglia è ricchissima e non sa davvero come ci si guadagna il pane in tavola. Io ho dovuto sudare e ancora oggi devo pagare pegno per il mio talento.”
< Sì è vero, ma… >
< Mi hai già detto tutto, Giulio. Non ho bisogno di sapere altro > dissi infine chiudendo la porta alle mie spalle senza ricevere risposta da quella nullità che chiamavo compagni di classe.


Mentre cercavo di prendere sonno e dimenticarmi di tale sguardo, ecco che qualcuno si apprestava a forzare la porta della mia camera e ad entrare.
Io l’avevo chiusa a chiave, ma qualcuno voleva cercare di farmi arrabbiare in tutti i modi.
Non ce la facevo a rimanere inerme e aspettare che qualcuno mi avrebbe distrutto la maniglia, e con mia grande sorpresa aprii quella dannata porta.
Non potevo crederci. Non poteva essere lei.
< Che cavolo vuoi da me?! Mi hai svegliato. >
< Scusami. ma io e la mia amica Beatrice non ce la facevamo più ad aspettare. >
“Anche quella dannata troia lì dinanzi a me? Ma che vuole?”
sentivo una strana melodia nell’aria, come se qualcosa di inaspettato potesse succedere ancora. E poi ancora.
Quelle due ragazze erano davvero pericolose ed io non riuscii a fare niente per tenerle alla larga.
le mani e le carinerie di quelle due mi lasciarono interdetto mentre Beatrice mi accarezzava il mio pacco.
Sentivo ancora il violino suonare una dolce melodia mentre l’aggressività si apprestava a prendere piede.
Era davvero incredibile.
Forse gli ormoni stavano prendendo il sopravvento in maniera inaspettata.
< Dovete uscire dalla mia stanza > cercai di avvertirle < Non potete fare questo. >
< Perché no? tu non fai altro che respingerci > replicò Beatrice con ghigno malefico < Poi sarei la stronza. >
“No, sei una troia. Il che è diverso.”
< Perché mi fate ciò? >
< Vogliamo davvero capire se hai altri talenti, giovane Alessandro. Noi sia due ragazzine annoiate che hanno bisogno di divertirci. E siccome questo conservatorio sembra una sorta di clausura, ci penseremo noi a dare vita a queste mura.
All’improvviso, la melodia che mi stavo immaginando, scomparve improvvisamente.
Cercai di chiudere gli occhi convincendomi che era tutto un sogno.
Ma quando sentii le continue carezze erotiche di quelle due, sapevo che tutto ciò era reale.
Tremendamente reale.
Non mi era mai capitato una cosa simile e la loro forza era in me la mia grande debolezza.
davvero un musicista doveva attraversare tutto ciò?
Ma perché proprio io?
Che cos’ho fatto di male?
< Ti faremo divertire noi, Alessandro. Tu chiudi gli occhi e non pensare a nulla > mormorò invece Amanda < Rilassati. >
Mi rilassai.
ma quando sobbalzai dallo spavento, i miei occhi e il mio viso pieno di sgomento capirono che il buio aveva offuscato tutto.


Mi svegliai di soprassalto senza capire dove potessi essere.
Ero ancora all’0interno dell’aula di violino e il Professor Tucci mi stava guardando malamente.
< Alessandro, sono passate poche lezioni e già ti addormenti? Che diavolo ci sei venuto a fare qui se dormi durante… >
< Mi scusi professore, ma io non… >
Non riuscivo a trovare nessuna scusa da poter obiettare, il che fu tutto un programma.
Non avevo idee di quello che stava accadendo e la voglia di scomparire si faceva davvero forte.
< Io… non volevo mancargli di rispetto > balbettai come uno sciocco < E’ solo che due donne… >
< Donne? Che cosa vuoi dirmi, Alessandro? > domandò curioso il mio professore.
< Niente. lasci perdere. Sono solo sciocchezze nei meandri dei miei incubi. >
< Ma come? Non credevo che le donne fossero un incubo per te. Sei forse dell’altra sponda. >
< Assolutamente no! > gridai straziato < Ma cosa le viene in mente? >
< Non sarebbe niente di male, Alessandro. Il tuo fuorviante talento non ne sentirebbe minimamente, sai? Ma con le donne… Non c’è da scherzare. >
“Perché quest’uomo ha ragione? Che vorrebbe dirmi?”
< Professore, per noi ragazzi giovani è difficile non pensare a ciò. Ma stranamente la mia mente mi sta giocando brutti scherzi. >
< Non voglio sapere a cosa pensi, ma smettila di dormire durante le mie lezioni, o la prossima professoressa che incontrerai ti darà filo da torcere. >
< Chi sarebbe, se posso chiedere? >
< Signor Tucci? >
una voce femminile attirò l’attenzione dell’uomo come se un fulmine squarciò il cielo sereno.
Quelle gambe e quelle labbra rosso carnose fremevano in me incubi troppo reali.
< Signora Baldi, stavo giusto spiegando al suo alunno… >
< E’ lui il grande suonatore di violino? > domandò la donna con tono curioso.
“Grande suonatore di violino? Ma che sta succedendo?”
< In carne ed ossa. Alessandro, ti presento Amanda Baldi. La tua professoressa di arpa. >
Un grande strumento per una bellissima donna, anche se preferivo di gran luna il violino.
Ma ciò per me non era importante.
IL Signor Tucci mi stava lusingando dinanzi a questa donna. Non potevo credere che fosse reale.
< Mi piacerebbe vedere le tue abilità con l’arpa, Alessandro > mormorò la donna con tono sensuale < Sono convinta che non mi deluderesti. >
“Nessun uomo, a parte quegli stupidi, possono deludere una simile donna.”
< Assolutamente no, Signorina. E non vedo l’ora che incomincino le sue lezioni. >
< Allora non dovrai attendere molto. Ti aspetto nell’aula accanto. I tuoi compagni stanno già prendendo posizione. >
Non era passata nemmeno una settimana e già le sorprese erano sempre più gradite.
Non so se per il Signor Trucci era una prova, ma quelle professoressa non mi avrebbe mollato gli occhi di dosso.
ma cosa stava succedendo? Che qualsiasi persona stesse facendo di tutto per tenermi lontano dal mio obiettivo di diventare un grande musicista?
I miei fatti provati che mi rendevano debole non potevano uccidermi dentro. Non l’avrei potuto sopportare.
E il mio talento sarebbe stato il mio biglietto da visita di fronte a quella magnifica donna così perfetta.
Così intelligente.
Così sensuale.
E mentre mi rodevo ancora le mani per cercare di non guardarla troppo, il Signor Tucci si stava rivelando un ottimo alleato per me. Che gli fossi simpatico?
< Signor Tucci, io non so dove vuole arrivare > cominciai a dire mentre la mia professoressa si stette allontanando.
< Vuoi rimanere concentrato sul tuo obiettivo? In questa scuola sarà molto difficile. Ma so che riuscirai a farlo. Ho fiducia in te. >
Non capii se l’uomo mi stava prendendo in giro oppure no.
Sapevo solo che la prossima ora stava incominciando.

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Capitolo 5
*** Il canto del paradiso e della perdizione ***


Amanda Baldi era senza dubbio la più bella professoressa che io avessi mai visto in tutta la mia vita.
Oltre ad essere così graziosa e sensuale, era davvero molto intelligente e tutti i miei compagni erano come attratti da lei.
ma d’altronde come dargli torto? Non si poteva non ascoltarla. Sembrava quasi ipnotizzarci.
Non mi era mai capitato prima d’ora e il modo in cui avrebbe suonato da lì a poco con le sue gracili e delicate manine, avrebbe ancora scioccato tutti noi.
Non riuscivo a sbattere le palpebre e il mio sguardo non era mai stato così attento prima d’ora.
Sembravo quasi impazzito, come se non mi riconoscessi.
E nel mentre lei suonava, sentivo quel legame toccarmi nel profondo, come se la professoressa Baldi mi stesse parlando con le sue note.
Credevo che avesse suonato ancora ad occhi chiusi, ma il suo sguardo andò ad incrociare il mio sguardo come se fossimo due calamite in cui non riuscissimo a staccarci l’un l’altro.
le sue canzoni erano collegate mediante uno spartito che sembrava quasi non finire mai.
Il suono della sua arpa durò quasi mezz’ora prima che un forte applauso si levò in tutta la sala.
< Mi raccomando ragazzi, non ditelo al Signor Tucci > replicò la giovane donna accogliendo quegli applausi < Se sarebbe geloso. >
Risate sommesse scandirono quella lezione che io non avrei mai dimenticato in nessun modo.
E quando la campanella sancì la fine dell’ira, tutti i miei compagni lasciarono l’aula.
Tutti tranne me.


Non sapevo cosa fare.
Non sapevo se congratularmi con lei o fare finta di nulla.
Ero davvero ammaliato e interdetto dalla sua musica e dalle sue spiegazioni.
Non mi ero mai sentito così e i miei ormoni ne avrebbero risentito molto.
Quando la giovane professoressa alzò lo sguardo nel vedermi imbambolato e immobile, si limitò a sorridermi con sguardo sincero e pieno d’amore.
Non avrei dovuto confondere il rapporto che si stava creando così velocemente, anche perché le insidie erano all’ordine del giorno.
Non potevo mostrarmi debole.
Ma chi avrebbe potuto resistere a quello sguardo seducente?
< Complimenti per la lezione, signorina Baldi. >
< Grazie, Alessandro > rispose ancora sorridente la donna < HO notato che mi ascoltavi con interesse. >
< Come tutti gli altri miei compagni, suppongo. >
< No, Alessandro. Tu eri il più attento. Non posso sbagliarmi. >
Che quella donna così innocente ma intelligente avesse capito i miei istinti nascosti che non aspettavano altro che venire fuori come un vulcano in eruzione?
“Oh, no. sarebbe stato davvero imbarazzante.”
< Voglio solo essere il migliore di tutti i miei compagni. Tutto qui > replicai semplicemente < Ma la ringrazio per i suoi complimenti. >
< E’ la pura verità, Alessandro. Tu hai del potenziale che non ha bisogno di rimanere nascosto e sono convinto che nel corso di questi mesi riuscirai a darmi grandi soddisfazioni. >
“La mia più grande soddisfazione sarebbe possederla, cara professoressa. Sono convinto che pizzicando l’archetto il fremito delle mie emozioni sarebbe scandito dal mio eroismo più profondo.”
Non capivo più nulla di fronte a quella giovane donna.
Più mi parlava più mi sentivo imbambolato.
Dovevo andarmene alla svelta altrimenti gli sarei potuto saltare addosso.
< Magari se sei disponibile potrei darti qualche lezione in privato con l’arpa. È uno strumento molto difficile da suonare, ma sono convinta che tu riusciresti a farlo senza problemi. Sempre che non ti pregiudichi la tua passione per il violino e tutte le altre lezioni. >
Il violino in quel momento era stato estromesso dai miei più recogniti pensieri.
Non avrei potuto dirgli di no, anche perché come avrei potuto fare.
> Ne sarei davvero lieto. >
< Ottimo. Possiamo anche iniziare la prossima settimana. Ti va bene? >
< La prossima settimana va benissimo. >
Ero come al settimo cielo.
Un fanciullo pieno di felicità che non si vergognava di quello che sarebbe potuto accadere.
Le nostre lezioni sarebbero state colmate da una sincerità che non poteva essere fraintesa.
E più sarebbe passato il tempo, più la mia perdizione sarebbe cresciuta in maniera esponenziale.

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Capitolo 6
*** Il canto di natale ***


La neve cadeva copiosamente sul borgo di Civitella Cesi.
Sembrava essere immersi in un borgo fatato dove il mondo viaggiava in una serenità così grande che il male non avrebbe mai interferito.
Eppure in quella mia scuola c’erano alcune cose che non andavano bene.
La professoressa di arpa, sogno proibito di tutti gli studenti maschi, se ne andava a zonzo mostrando le sue bellissime gambe sotto quelle calze che a me facevano davvero impazzire.
Per non parlare del modo in cui mi guardava con insistenza.
Mi parlava con gli occhi, ormai l’avevo capito.
E con mia grande difficoltà, cercavo di stargli alla larga.
ma lei mi9 cercava. Mi cercava con insistenza.
Fino a quando non ci ritrovammo da soli dinanzi alla porta della mia camera.
< Buongiorno, Alessandro. >
> Signorina Baldi > feci con tono sorpreso anche se non lo ero affatto < Che cosa ci fa lei qua? >
< Volevo farti gli auguri di buon natale. >
< La ringrazio. Lei è davvero gentile. >
“Che cosa vuoi adesso da me?”
< So che può essere difficile rimanere lontano da casa, ma con un po’ di forza di volontà, vedrai che tutto andrà bene. >
< Non si preoccupi. Ho già superato largamente questa fase. >
< E come ti senti? >
< Bene. Sento che posso imparare qualcosa qui… Le distrazioni sono molte e certe volte mi distraggo facilmente. >
Sembravo aver lanciato la palla al balzo a quella donna.
Mentre mi guardava, mi mangiava con avidità con i suoi occhi splendenti.
Non sapevo davvero cosa fare a parte essere visibilmente imbarazzato.
> Certe volte non pensi di aver bisogno di compagnia? > mi domandò la donna con tono sensuale.
< In che senso, scusi? >
< Insomma, non senti un po’ di solitudine dentro di te? >
< In verità i musicisti si sentono sempre da soli perché anche se alcuni fanno parte di un’orchestra che suona musica melodiosa e fantastica, molti si crogiolano in spartiti tristi per sottolineare il loro stato d’animo. >
< E tu vorresti dirmi che non hai mai fatto questo? >
< Sinceramente no. >
La professoressa Baldi sembrava quasi colpita dalle mie parole.
Mi ascoltava come se stessi venerando un Dio. Come se stessi dicendo chissà che cosa.
Ma in verità ero solo un umile ragazzo che studiava e naturalmente, con qualche vizio nella testa.
< Cerchiamo sempre di combattere la solitudine nelle menti dei miei alunni e natale è il giorno perfetto per essere tutti felici… E credo che sarai d’accordo con me se vorresti suonare in mia compagnia. Naturalmente non saremo soli. >
“Ah, davvero?”
Cogliendo tale occasione, la mia professoressa di arpa credeva fermamente di avermi imprigionato dentro di lei.
Ma io non ero così sciocco da poterci cascare.
Sì, la volevo a tutti i costi, ma se fossi stato scoperto? Se il mio compagno di stanza sarebbe tornato da un momento all’altro e avesse scoperto il fatto? Sicuramente la mia professoressa sarebbe stata licenziata e io avrei passato un sacco di guai.
Ma la mia indole e la mia forza di volontà incrollabile mi stavano urlando da dentro.
Sembravo imbambolato e molto confuso e solo il suo tocco lieve mi avrebbe risvegliato.
> Alessandro? Va tutto bene? >
< Certo, professoressa. Non c’è nessun problema. >
Guardando l’ora, la donna mi fece capire con sguardo sensuale che il tempo era dalla nostra parte.
Dalla parte di chi vuole davvero peccare.
< Abbiamo ancora tempo per raggiungere gli altri nel salone principale. Che ne dici se… >
< Direi che è un ottima idea. >
Senza nemmeno farla finire, mi avvinghiai a lei baciandola con passione e avidità.
Adesso mi sentivo libero come se il mio spirito erotico fosse stato incredibilmente potente.
Potevo possederla a mio piacimento e lei sarebbe stata solo mia. Per tutto il tempo che volevo.
Dopo averla trascinata nel mio letto, la mia professoressa si spogliò con grande velocità che me la trovai sopra mentre mi baciava e mi accarezzava.
Sembravo un animale impazzito che stava assaporando la sua libertà lontano dalla sua gabbia.
Era una sensazione davvero bellissima e le note che risuonavano nelle mie orecchie, riempivano quell’ardore e quel calore che per tanto tempo mi era davvero mancato.

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Capitolo 7
*** Astio a più non posso ***


Le distrazioni dovevano essere messe da parte in quel periodo chiamato marzo.
La fine dell’inverno sanciva l’inizio della primavera e la visione dei miei professori che aumentavano le difficoltà nel suonare pezzi difficili che sono un musicista professionista sarebbe riuscito in tale intento.
Ma tutto ciò era scandito dall’imprevedibile Signor Tucci che nelle ultime settimane, era molto più nervoso del solito.
Voleva la perfezione da me e da tutti i miei compagni, cosa che molti di loro non riuscivano a fare.
< Beatrice! Ti ho detto un sacco di volte che devi andare a tempo con gli altri, altrimenti si sente che sei in ritardo e scombini qualsiasi cosa. >
< Mi dispiace professore, è che non riesco a suonare questo pezzo. È molto difficile. >
< L’Ave Maria di Schubert non è difficile. Sei tu che non studi a dovere! > gridò spazientito l’uomo < Sì può sapere a che diavolo pensi ogni giorno? Perché è da molto tempo che non fai altro che essere distratta. >
< Ma non è vero, professore. >
L’errore più grande era rispondere in malo modo al Professor Tucci, soprattutto quando era in giornate terribili come questa.
< Sai che c’è? Meglio che tu ti accomodi fuori. Non voglio che la mia orchestra venga rovinata dalla tua ignoranza. >
“Ignoranza? Ma stiamo scherzando? Anche se io e Beatrice non avevamo mai legato, mi sembra molto esagerato parlare proprio di ignoranza. In fondo è una ragazza che si è sempre impegnata.”
Vedendo i suoi occhi lucidi mentre cercava di pentirsi di quello che aveva detto, fui subito richiamato all’attenzione.
< Alessandro, se vuoi seguire la tua compagnia Beatrice fai pure. Io non h bisogno di gente che non vuole impegnarsi. >
< No, professore. Non ce n’è bisogno. >
< Lo immaginavo… Perché tu vuoi essere il migliore musicista di tutta la scola, vero? >
< Certo, professore. >
< Allora dimostramelo! Ricominciate tutti e vi assicuro che non finiremo finché ognuno di voi non avrà suonato questo dannato pezzo a dovere! Mi sono spiegato?! >
Il Signor Tucci sembrava impazzito nello spiegarsi in quel modo.
Inviperito e inquieto era dir poco nel vedere come si stava comportando.
Che cosa lo poteva indurre ad essersi trasformato in un uomo saggio che avevo conosciuto solo qualche mese fa’?
Dovevo scoprirlo. Ma con tatto.


Finita la lezione, vidi che era quasi ora di cena.
Infatti avevo una gran fame che mi sarei mangiato anche il mio violino se non mi fossi trattenuto.
Una volta che furono però usciti tutti i miei compagni, trovai la povera Beatrice piangere con alcune sue amiche.
< Beatrice. >
Richiamandola all’attenzione, capii che era stata una attiva idea.
La sua irascibilità mi investì in pieno e non potei fare niente per contenerla.
< So minimamente che non ti dispiace per la sfuriata che ho ricevuto oggi > cominciò a dire senza nemmeno potermi far controbattere < Ma stai sicuro che sarò io la migliore. E sarò che ti affosserò irrimediabilmente. >
“Ed io che volevo dispiacermi per come il professore l’aveva trattata. Davvero molto carina e gentile, non c’è che dire. Causa mesi di astio nei nostri confronti, ma un po’ di amor proprio ce l’ho anch’io. Anche se non lo faccio vedere per niente.”
< Pensala pure come vuoi, Beatrice. Ma io volevo soltanto… >
< Risparmia la tua bontà e la tua pietà nei miei confronti. Non ne ho bisogno… Tanto so benissimo che ti sei comprata una delle nostre professoresse, caro il mio Alessandro. >
“Come? Comprata?”
< Non so di che razza di argomento vuoi tirar fuori. >
< Davvero non sai dove voglio andare a parare, razza di menefreghista senza cuore che non sei altro? Tra poco le voci che circoleranno in questa scuola ti condanneranno per sempre. Ormai è scritto tutto. Basterà vedere come ti rovinerai con le tue mani. È finita per te. >
Non volevo credere a quelle parole.
“Io rovinato? E quando mai? Solo perché mi sono scopato la mia professoressa di arpa per Natale, non vuol dire che mi possa sentire rovinato.  La mia parola contro quella di tutti voi sciocchi e invidiosi che non siete altro. E non riuscirete nell’intento di affossarmi. Io non posso essere in nessun modo affossato. Nemmeno se voglio.”
La mia superiorità non aveva nessun limite.
Dovevo combattere tutti quei pregiudizi e guardarmi dai miei nemici mentre il Signor Trucci ci interruppe bruscamente.
< Allora? Che cosa fate fuori dall’aula voi due? Dovete mangiare qualcosa se volete essere lucidi per studiare questa notte. O siete così bravi che non avete bisogno di farlo. >
< Signor Tucci, mi lasci spiegare una cosa. >
< Tu zitta, Beatrice. Mi hai molto deluso > lo interruppe l’uomo in maniera cattiva < Se continui di questo passo, non riuscirai mai a superare questo anno. E tutti i tuoi sforzi diverranno vani… E’ questo che vuoi? >
< Signor Tucci, lei sa che la mia determinazione è molto importante per me. >
< Allora dimostrami che puoi essere la più brava della classe. Che cosa diavolo aspetti? Vuoi vedere che sarai l’unica bocciata di questo corso? La tua musica e il tuo talento non varrà niente se una simile macchia si appiccicherà sulla tua pelle. Mi hai sentito. >
Non avevo mai visto il Signor Tucci parlare in questo modo.
La sua irascibilità non aveva limiti e vedevo Beatrice che stava facendo di tutto per trattenere le sue lacrime, ma con molta fatica.
< Adesso basta, professore. Lei sta davvero esagerando. >
< Non ora, Alessandro. Io e te parleremo in privato un’altra volta e le tue peccaminose avventure subiranno un truce arresto. >
< Di cosa state parlando tutti quanti? >
< Ebbene, come ti ha detto prima Beatrice, è impossibile che le voci vengano soffocate. Oppure non l’hai ancora capito? >
< Io non ho niente da nascondere, professore. >
< Davvero? E la tua professoressa di arpa sarà del tuo stesso avviso? >
Se quella donna avesse osato parlare, io la farei sparire… Ma non le sarebbe convenuto. So molto bene quanto il suo lavoro possa essere importante. Non lo getterebbe via per una scopata fatta con il suo alunno… Va bene cercare di non frenare il suo dannato senso erotico facendo riscoprire in me delle voglie che pensavo di non avere per il mio più grande desiderio, ma sarebbe davvero troppo. Almeno per me.”
E nel lasciare da sola quella ragazza che non aveva un minimo rispetto nei miei confronti, dovetti misurarmi con quell’uomo che sembrava essere il Dottor Jekyll e Mister Hyde.
< Professore, io non so quale dannate voci siano giunte fino a lei… >
< Vedi solo di impegnarti, caro ragazzo. Altrimenti affonderai come tutto il resto della tua classe. >
< Come dice? >
< Hai capito benissimo: nessuno di voi è davvero all’altezza di suonare nelle migliori orchestre del mondo. La vostra inettitudine è una vergogna per questo conservatorio. Molti di voi saranno bocciati e altri prenderanno dei voti minimi per riuscire in questa avventura che non ha cambiato minimamente i vostri istinti di adolescente. >
< Signor Tucci, a me non interesse sapere il destino degli altri > cominciai a dire < Voglio solo sapere se tra me e gli altri docenti, ci sono problemi di cui io sono all’oscuro. >
Avvicinandosi a me con fare guardingo e con sorrisetto compiaciuto, il Signor Tucci si limitò a darmi una pacca sulla mia spalla destra come segno di consapevole alleanza nei nostri confronti.
< La mia crudele irascibilità è+ data dal fatto che la vostra impreparazione mi imbestia alquanto… Non capisci che molti di voi hanno bittato via mesi di insegnamento? Solo perché inutili distrazioni e il vostro talento limitato vi hanno reso deboli di fronte a tale missione. Ed è per questo che a fine anno ci saranno molti che piangeranno… E chissà se tu sarai uno di questi, Alessandro. >
< Mi vuole dire che devo rigare diritto anche se non ho fatto niente di male in questo periodo? >
“Le mie bugie sono davvero incommensurabili e così facili da dire. Non posso davvero macchiarmi in questo modo.”
< Sempre rigare dritto. Non c’è bisogno che te lo dica. Oppure no? >
< Signor Tucci, c’è forse qualcosa che dovrei sapere? >
< Non lo so, Alessandro. Dimmi tu… I pettegoli di questo conservatori hanno orecchie e occhio bene attenti. Le migliori azioni si possono trasformare in una rovina incommensurabile. Potrai forse, con il senno di poi, dire questo? >
< Io non mi rovinerò, professore. È una promessa che manterrò fino alla fine. >
< Questo dipende da te. solo ed esclusivamente da te, Alessandro. Ti posso solo dire che ho molta fiducia in te. sappi questo. >
Ancora una pacca sulla spalla.
Ancora delle misteriose parole che non riuscivo a capire.
La verità era scritta su questi muri sotto il suono soave dei miei pensieri che circolavano indelebili dentro di me.
Il sangue dei miei desideri scorreva fluidi nei mie peccati.
Ma tutto ciò non mi toccava. Non mi preoccupava niente.
Una maledetta notte d’amore. E nient’altro con quella donna che non avevo il coraggio di poter nominare nei miei pensieri più precogniti.

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Capitolo 8
*** Nel segno della gelosia più profonda – La danza del dolore ***


La situazione nel conservatorio stava lentamente migliorando.
il Signor Tucci non era più quell’uomo pazzo che ha dovuto affrontare la crisi d’identità di noi alunni nel mese di marzo, e mentre si avvicinava il mese di aprile, la primavera aveva bussato alle porte della giovane professoressa di Arpa inchiodandomi alla porta della sala dei professori quasi come a farci scoprire.
< Professoressa, sa molto bene che io e lei… >
< Quando mi possedevi non eri così formale, caro Alessandro > mormorò la donna baciandomi i lobi delle orecchie facendomi provare un’eccitazione assurda < MI volevi. Quasi come a gridare il mio nome quella notte di natale. E adesso? Mi hai dimenticato? >
< Non può piombare come se niente fosse successo quasi quattro mesi dopo. Il nostro rapporto è stato come una stella cadente. E adesso che siamo quasi arrivati alla fine di questo ciclo, devo concentrarmi per essere il migliore. Solo e soltanto il migliore. >
< La tua grandezza non ha limiti. Per questo non posso fare a meno di te. >
< Professoressa, rischiamo di venire scoperti. >
< Un rischio che sono disposta a correre… >
< Ma non io! Ho gli occhi addosso di tutti! Anche del Professor Tucci! >
“Fosse il Professor Tucci il mio unico problema… Solo dopo scoprii che non era così.”
L’occhio guardingo di un a giovane ragazza in segno di rivalsa.
La voglia di dimostrare che era lei la migliore e soppiantarmi una volta per tutte.
Avrei dovuto difendermi contro il nulla mentre avevo le spalle al muro.
Come avrei potuto fare?


Ero innamorato follemente di quella professoressa.
Non mi ero mai sentito così prima d’ora.
In sua compagnia sentivo il dolce suono della mia rinascita e nel riuscire a fare quello che volevo.
Lei era lì, in attesa di venire presa e venire scopata come non gli era mai capitato.
Ma cosa sarebbe successo se un minorenne sarebbe stato abusato del suo amore più profondo?
una gelosia inesistente solo per distruggere quel leggendario legame che si sarebbe venuto a creare.
Io intanto ero lì, imbambolato ad assopire ogni suo singolo tocco rispondevo come meglio potevo.
facendogli provare sentimenti incredibili che non possono essere descritti in nessun modo.
Mentre uno scatto di flash intrappolava il nostro destino verso una maledizione che non sarebbe stata minimamente sciolta, se non per volere di entrambi.


Era una giornata come tutte le altre e dopo aver concluso una delle mie lezioni, fui richiamato a gran voce dal Preside del conservatorio e dal Professor Trucci che mi fissava in maniera rabbiosa e sconsolata allo stesso tempo.
Che cosa avrei potuto combinare in quel frangente?
Una risposta che non avrebbe atteso molto ad essere rivelata.
Il preside mi scrutava senza dire niente, mentre la rabbia esplodeva dentro di lui per la delusione che gli avevo recato.
< Alessandro, il motivo per cui sei qui è un fatto molto grave che ha scosso la nostra comunità… Hai minimamente idea di quello che hai corso in questo periodo? Confondere la musica con un amore perverso? >
Amore perverso.
In fondo come potevo dargli minimamente torto? Avevo fatto l’amore con una donna più grande di me per il semplice motivo di venire sedotto.
ma dopo la seduzione era nato qualcosa di molto più forte che non potevo minimamente contrastare e mentre le mie parole si rompevano in gola, il Signor Tucci ascoltava le mie paure invadermi nella mente.
Chiusi gli occhi per un momento immaginando me suonare come una fantasma bisognoso di ritrovare la sua pace una melodia che avrebbe distrutto qualsiasi cuore infranto.
Non c’era minimamente cura per il mio dolore e il rischio che i miei sogni venissero infranti in pochi minuti, incorrevano in me la paura di rimanere profondamente solo e disfatto di tutto.
Sentivo il grido di dolore fischiarmi nelle orecchie.
Il suono delle stagioni di Vivaldi mentre il mio violino suonava in maniera aggressiva mentre anche la mia anima cercava di scomparire in maniera indegna mentre la macchia della perdizione mi aveva intaccato precludendomi un amore malato.
Avrei dovuto finirla prima che tutto ciò potesse scoppiare in maniera incontrollata.
Perché ora mi sentivo come un agnellino indifeso e non come un leone in attesa di rispondere con il suo ruggito.
Fui sbattuto fuori dall’ufficio del preside mentre mi confessò che sarebbe stato quasi impossibile che io mi fossi diplomato a pieni voti.
Il mio curriculum parlava chiaro e il bisogno di fuggire era profondamente forte e indelebile dentro la mia povera mente.
Mi era stato detto che Amanda era stata licenziata e spedita il più lontano possibile da me in modo che io non l’avrei mai potuto rivedere.
Stavo male. Per me e per lei.
Non sarebbe dovuta finire così.
e una volta che il mio sguardo deluso e arrabbiato incrociò quello della mia acerrima nemica Beatrice e di tutta la gelosia che covava nei miei confronti, non potei dire niente per non peggiorare una situazione impossibile da rimediare.
Ma il mio cuore e la mia mente parlava con insistenza,
Gridava alla giustizia di un presente che mi stava succhiando la mia voglia di vivere e la mia forza di volontà che si sarebbe spenta.
Ma dovevo combattere per lei.
Per lei e per me stessa.
Dovevo diventare un musicista di talento e sorprendere tutti coloro che volevano distruggermi.
La mia luce andava spegnendosi dopo quel giorno spartiacque della mia vita.
Ma la mia rabbia sarebbe stata la mia rinascita.
E il sogno di molte notti avrebbero scatenato la paura di una vendetta che non sarebbe mai tardata ad arrivare.

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Capitolo 9
*** Ora che danzo e suono nel buio, è giunta l’ora che i mie nemici tremino ***


Non parlavo con nessuno.
Stavo alla larga da tutti senza guardarli negli occhi.
Sembravo la persona più irascibile del ondo, e in realtà lo ero davvero.
beatrice non si azzardava nemmeno a guardarmi e tutti gli altri.
Ce l’avevo con tutti, anche con i miei stessi professori.
Ogni giorno cercavano di mettermi alla prova ed io, da ragazzo modello, riuscivo sempre a zittirli e a ricevere qualsiasi complimento per la mia intelligenza, la mia bravura e la mia dedizione allo studio.
insomma, sembravo davvero un  nerd secchione con aspirazione maligne e pensieri che andavano al di là della virtù.
perché se fosse stato per me avrei fatto fuori tutti in quella scuola, ormai divenuta per me sinonimo di prigione e di ricordi indelebili.
Sì, perché non sapevo nemmeno che cosa fosse successo alla professoressa Baldi.
L’unica che sapeva capirmi davvero e non perché scopavamo come due innamorati persi, ma perché solo lei aveva capito che avevo un potenziale che cresceva ogni giorno che passava.
e la mia bravura non era data dall’insegnamento ma dal mio talento naturale.
Ero come un danzatore nel buio che seguiva la luce della musica che illuminava il mio stesso percorso.
Un percorso lungo e tortuoso con tutti i miei nemici pronti a farmi fuori in ogni occasione.
ma non gli avrei dato un simile piacere per rendermi l’uomo che non sarò e che non voglio essere.
In fondo ai loro occhi volevo essere un uomo tranquillo. Un uomo normale.


Quando la giornata si apprestava a concludersi ed io e i miei compagni ci saremmo dovuti ritirare nelle nostre stanze, ecco che quella troia di Beatrice si avvicina a me con tono avvilito per chiedermi scusa per quello che mi era accaduto.
< La tua gelosia non può intaccare il mio sapere che tu non puoi nemmeno capire > ribattei adirato < Hai distrutto l’amore che ai tuoi occhi poteva essere malato. In fondo non è assolutamente normale che una donna colta e intelligente come la Signorina Bladi si innamori di un talento inespresso come me… Ma solo lei poteva capirmi. E nessuno di voi può davvero capire come mi sento adesso. >
< Alessandro, se solo tu scendessi dal tuo piedistallo… >
< Perché non dovrei guardarvi dall’alto verso il basso? Tu e tutti gli altri ai miei occhi siete delle nullità. Delle nullità che non troveranno mai l’ispirazione della musica interiore. Solo io riesco a sentire ogni singola nota che risuona nella mia mente. Ed immagino qualsiasi spartito che io voglio suonare per sentirmi diverso da voi. Sentirmi capito. >
< Tu sei solo un povero pazzo, Alessandro. Ed è giunto il momento che tu te ne accorga, altrimenti… >
< Non sei nelle condizioni di minacciarmi, ragazzina ignorante. Io danzo e volteggio senza che tu possa vedermi. E la mia intelligenza e la mia stravaganza saranno la mia continua rinascita in un mondo in cui c’è posto ancora per quelli come me. E tu, che con l’dio e il disprezzo hai cercato e cercherai ancora di affossarmi, rimarrai delusa. E interdetta. >
< Sono già abbastanza interdetta adesso dalle tue parole senza senso. >
< Bene. Mi fa davvero piacere. >
Ridevo sommessamente come un povero pazzo.
Beatrice aveva assolutamente ragione, ma ciò non importava.
Volteggiavo dinanzi a lei mentre quelle mura così polverose e piene di storia mi aiutavano a sentirmi meglio.
E subito dopo averla offesa come solo io potevo fare, mi rinchiusi nella mia camera senza far entrare il mio compagno di stanza.
Lo obbligai a cercarsi un’altra camera lontano dal mio sapere e perché la sua presenza mi disturbava molto.
In fondo era l’unico in tutto il conservatorio che non aveva colpe.
Era solo un ragazzo innocente di cui non avevo bisogno di imparare il suo nome.
Ma alla fine dovevo arrivare alla perfezione.
Arrivare a tutto ciò che non potevo credere.
E solo quelle notti insonne mi avrebbero riconsegnato la voglia di vivere per qualcosa senza pensare a lei e senza pensare ai miei nemici che nell’ombra più precognita mi facevano soffrire mentre le lacrime non uscivano dai miei occhi corrosi dal tempo che ancora per me, era sinonimo di vivere.

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Capitolo 10
*** L’immaginario collettivo oltre i miei anni ***


La prova finale stava per giungere.
Io e tutti i miei compagni eravamo pronti per dimostrare ai nostri professori i nostri miglioramenti e tutto il nostro talento.
Sembravo un fiume che si accingeva ad esplodere.
Uno tsunami che non conosceva confini.
Avrei potuto distruggere tutto e tutti e sentirmi glorificato.
ma tutto ciò si stava affievolendo una volta che stavo per entrare.
Sentendo il mio nome, tutti i miei compagni si voltarono verso di me.
Essi non dissero nulla ma in fondo al loro cuore sapevo che volevano darmi la buona fortuna.
In fondo non avevo avuto un buon rapporto con loro, anzi ero continuamente puntiglioso e sgarbato, soprattutto con Beatrice.
Potevo benissimo dire che quella ragazza mi aveva rovinato la vita per sempre e che la sua gelosia sarebbe stata la mia rovina, ma prima di oltrepassare la porta della sala dove avrei fatto il mio esame, quella ragazza così sgarbata mi diede la buona fortuna con sincerità che non mi sarei mai immaginato.
< Sei il più bravo di tutti noi. Ti meriti di avere il massimo > mi disse con tono franco.
< Grazie, Beatrice. Significa molto per me. >
E anch’io, in quel momento, non ero mai stato così sincero prima d’ora.
Forse era la paura e il timore di non farcela che mi faceva sentire così buono.
O forse perché stavo davvero cambiando in meglio.
ma ora non potevo distrarmi per molto.
Svevo una missione sola da compiere: essere me stesso e il mio talento.


Entrando nel salone, tutti i miei professori che mi hanno accompagnato in questo anno si trovavano dinanzi a me.
Tranne la mia professoressa di arpa, assente per quello che era successo.
Non c’era stato tempo di trovare un sostituto o una sostituta degna della sua bravura, ma quando me la vidi dinanzi che stava entrando nel salone per assistere al mio esame, improvvisamente mi bloccai.
< Alessandro, ti vorremmo già premiare per la tua dedizione e il tuo lavoro nello studio che hai conseguito quest’anno > mi disse il Signor Tucci con tono deciso < Hai saputo superare tutti i tuoi limiti lasciando me e gli altri docenti senza parole. Anche il rettore del conservatorio è del nostro stesso avviso e visto che la professoressa Baldi è quella che ha creduto più di tutti in te, ti meriti che il suo sguardo giudizioso sia il preambolo per il tuo futuro. Sia in bene che in male. >
Volevo tanto ringraziare il Signor Tucci e gli altri docenti per questo regalo, ma mi limitai a fare un cenno d’assenso con la testa.
Ero fermamente convinto delle mie capacità e lo spartito che mi ero preparato era un inno alla musica classica.
< Ho scelto di rappresentare al meglio Le nozze di Figaro di Mozart. Spero che gradiate il suono melodioso di tale opera. >
< Procedi pure, Alessandro. >
E nel dire ciò, in quel momento esistevo solo io. E la mia musica.


Finita la prova, io e tutti i miei compagni ci congratulammo per la nostra riuscita all’esame.
Molti di loro avrebbero avuto una spiacevole sorpresa perché non ce l’avrebbero fatta e non toccava a me smorzare quegli animi così vivamente felici.
Dovevo cercare di mantenere i piedi per terra come poteva, senza pensare ad altro.
Intanto però, il Professor Tucci mi guardava dalla finestra del suo ufficio e come risposta a quello sguardo, mi inchinai come segno di rispetto.
Avrei voluto dirgli tante cose, ma alla fine fu lui a richiamarmi all’attenzione.
Ancora con grande sorpresa, fui chiamato nel suo ufficio.
non riuscivo a pensare a niente, troppo preso per quello che avevo conseguito.
La mia musica era perfetta e sentire l’applauso di tutti in quella sala mi riempiva il cuore di gioia.
< Voleva vedermi, Signor Tucci? >
< Siediti, Alessandro. >
< Preferisco stare in piedi, signore. >
< Quando ti limiterai a fare quello che ti dico? >
Per non cadere in discussioni inutili, obbedii alla sua richiesta.
E prima che potesse parlare, lo ringrazia per la sorpresa conseguita.
< Era solo un modo per vederla un’ultima volta, Alessandro. Magari un giorno la rivedrai con sommo piacere e la tua abilità nella musica sarà sicuramente cresciuta… Ma questo addio agrodolce è il primo passo per la tua prossima avventura nella musica. >
< Mi sta forse dicendo che sono stato promosso? >
< Aveva forse qualche dubbio? >
La mia contentezza era pacata, forse perché in fondo me l’aspettavo.
< Il giudizio di tutti noi +è stato unanime: sei stato il migliore tra tutti. La professoressa Baldi non ha avuto nessun dubbio su di te. È ancora follemente innamorata e vederti come suonavi il violino, l’hai ancora resa orgogliosa. Sarebbe caduta ai tuoi piedi se avesse voluto… Ma bando alle scenate: che cos’hai intenzione di fare dopo questo anno in conservatorio? È strano che uno come te non sia impazzito dietro queste mura. >
< Professor Tucci, intanto voglio ringraziarla per queste belle parole… E per quanto riguarda il mio futuro, non mi sono minimamente annoiato imprigionato in queste mura come dice lei. E non mi sto affatto riferendo a quello che è successo tra me e la professoressa Baldi.
Sta di fatto che il mio desiderio di un giorno futuro è poter insegnare in questo luogo. Sempre se ne avrò le possibilità. >
Il Signor Tucci sembrò davvero sorpreso dalle mie parole.
< Caro Alessandro, lo vuoi capire che le tue capacità vanno ben oltre l’insegnare? Tu potresti scrivere opere che solo gente come Puccini, Mozart e Vivaldi possono concepire. Tu hai l’stremo talento di essere uguale a loro. >
< Lo so bene, professore. Ma in fondo tutto questo non m’interessa. Voglio solo essere me stesso. Tutto qua. >
Non volendo dire altro, il Signor Tucci acconsentì alla mia decisione.
> Destino vuole che il professore di Violino vada in pensione tra un anno esatto. Magari ci potrebbe essere posto per te. >
< Mi sta dicendo che lei… >
> Non dirlo a nessuno, mi raccomando > mormorò il professor Tucci interrompendomi < Ho bisogno di cambiare aria. E tu potresti essere il mio degno successore. >
< Ma allora lei non va’ in pensione. >
< Voglio solo distrarmi come voglio. Lontano da queste mura, altrimenti credo di impazzire. >
< La sua saggezza e la sua fermezza non è affatto in discussione, professore. >
< Grazie, Alessandro. È bello sentirtelo dire. >
Dopo una stretta di mano seguito da un abbraccio, mi congedai da quell’uomo capendo di aver trovato un padre che mi ha saputo guidare nei momento difficili, anche se inizialmente non me ne ero reso conto.
La mia nuova vita sarebbe iniziata da lì a poco, mentre uno sguardo felice e spensierato andò ad incrociarsi ancora verso di me.
Non volevo amori tipici di chi non si ritrova da tanto tempo.
Solo un abbraccio seguito da stima reciproca. È quello che mi sentivo di manifestare dinanzi alla mia professoressa preferita che mi ha saputo davvero spingermi oltre l’erotismo più sfrenato e più sbagliato che potessi credere.
E tutto ciò me lo sarei ricordato negli anni avvenire, morendo insieme alla mia musica e divenendo una leggenda composta solo da note e dalla melodia più soave.

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