La Prigione del Mago Vendicativo.

di Mordekai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo Straniero. ***
Capitolo 2: *** Thym. ***
Capitolo 3: *** Arcana ***
Capitolo 4: *** Magia del Sangue. ***
Capitolo 5: *** Tradimento. ***



Capitolo 1
*** Lo Straniero. ***


Per quanti giri di clessidra sei disposto ad ascoltare questa storia? Cinque? Dieci? Fino a quando non è il tempo stesso a consumarla? Perfetto, giovane viandante. Prendi una sedia o uno sgabello o qualunque cosa dove il tuo fondoschiena possa poggiarsi e non distrarti. Non mi ripeterò una seconda volta. Molte leggende vengono cambiate per il puro piacere di intrattenere cittadini annoiati dalla propria vita, eccetto questa. Perché io l’ho vissuta giovane viandante e, ti assicuro, che nulla è inventato. Sei ancora qui? Bene.
La nostra storia ha inizio oltre le dune d’oro ed ambra, dove il vento soffia solo di notte e la Luna tramuta la sabbia in argento, ove l’acqua cristallina delle oasi scorre in spirali brillanti tanto da creare minuscoli arcobaleni, zampillando attraverso le vertebre di immensi scheletri appartenenti a creature ormai estinte da millenni. No, non sono draghi, quelli sono ancora vivi. A malincuore. Proseguendo oltre quelle ossa dal colore perlaceo, volando come una delle migliori aquile presenti nel magnifico firmamento, sotto di noi si ergono cinque maestosi borghi costruiti seguendo la conformazione delle stelle rappresentate in arte; non sanno che le stelle non hanno le punte, a loro poco importa l’istruzione. Finendo il mio tergiversare…dov’ero rimasto? Oh certo, perdonami la mia memoria non è più quella di una volta. Ognuno di questi cinque borghi è protetto da una grande torre sulla quale punta si erge una gigantesca pietra magica che, di notte, funge da faro per ognuno dei cittadini che abitano il borgo. Come dici? Il nome di ogni borgo e gemma? Fammi ricordare…Il primo borgo, quello che sorge a nord della prima punta: Obeah. Non aspettarti grandi cose da questo borgo, tutti maniscalchi, messaggeri e soldati. Alcuni sono addirittura agricoltori il che è ottimo per tutti. La gemma sulla torre è chiamata Dumesia, custodita da Vedytte. Il secondo borgo, ad ovest, è chiamato Yinuross abitato da artisti di vario genere come pittori, scultori o bardi. La gemma che risiede qui è conosciuta come Keiselite protetta da Ker, un guardiano orientale. Il terzo borgo, a sud-ovest non ha propriamente un nome, ma dato che molti studiosi di arti magiche o oscure risiedono lì, è chiamata Magius. La gemma sulla torre, invece, ha lo stesso nome del suo protettore: Baspar. Il quarto borgo, a sud-est, è abitato da diverse creature di ogni genere. Non temere sono innocui…eccetto i nani se infastiditi. O ubriachi. Per tutte le bisacce bucate, non li fermi nemmeno con il fuoco. Tihrian è chiamato il borgo, mentre la gemma della torre, di forma ovale si chiama Dawnsling, protetta da Hallvar custodi eccellenti. Come dici? Perché ‘custodi’ se mi rivolgo ad una sola persona? Beh, Hallvar non si identifica come un maschio o come femmina, e ho difficoltà nel comunicarci a volte. E adesso, ultimo ma non meno importante, il borgo che sorge ad est illuminato dal Sole: Ravaria. Oh. Oh questo borgo è uno dei migliori perché trasuda di storia. Risiede ogni genere di conoscenza, dalla più insulsa alla più complessa. Solo pochi possono accedervi in questo luogo, e non parlo di nobili dai grandi poteri, parlo di persone in grado di comprendere i segreti, le lingue, l’arcano celato in quelle pagine. Addirittura le parole custodite in quei tomi possono staccarsi dalle pagine e fluttuare a mezz’aria per facilitare la comprensione. Ed evitare che la tua schiena si spezzi. E questo doveva essere un segreto, ma tu non lo rivelerai a nessuno vero? Ottimo! Continuiamo? Perfetto. La gemma dell’ultima torre di questo borgo è un lucente quarzo con alcuni piccoli rubini in esso. La protettrice della gemma, Brina, la chiama Sabserite. Non credere che sia finito qui, eh! Ogni borgo è circondato da una muraglia di pietra e metallo, con poche fessure dalla quale filtra il vento. ‘Ma al centro della stella non vi è nulla?’’ Oh, c’è! Al centro di questa stella si innalza una sesta torre più grande, e del tutto diversa dalle sue sorelle. Nata nella prima notte d’autunno, cambia costantemente forma e colore, ma solo la punta e spesso dal suo interno si possono vedere fuochi fatui saettare e rimbalzare sulle sue pietre in un zigzagare ipnotico e nauseante che i viaggi in barca sono dei balocchi per dei saltimbanco…Stavo divagando vero? Maledizione. D’accordo, dicevo: questa torre, per via del suo aspetto, è inaccessibile a qualsiasi membro dei borghi. Arcani, soldati, nobili e persino visitatori di altri territori non possono accedervi. Tutti eccetto un singolo individuo: un mago. Nessuno conosce la sua storia, nessuno sa da dove provenga o a quale borgo appartenga. Sappiamo solo che un giorno questo potente mago è comparso tra i cittadini, dispensando le sue conoscenze e segreti per espandere la grandezza della Stella a Cinque Punte. Questo fino al fatidico giorno in cui venne imprigionato nella Torre senza nome, incolpato di un crimine non commesso da parte di coloro che si fidava. Maledetti traditori bastardi. Perdona la mia rabbia, ma io ero l’unico testimone presente quando è avvenuto e nessuno mi ha voluto ascoltare. Ma io direi di iniziare concretamente, che ne pensi? Ottimo!
Aberakazam!
 
Capitolo I.
 
Stella a Cinque Punte. Piazza centrale. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
‘’Gabràn? Gabràn, svegliati!’’- disse la voce di una donna, svegliando con noncuranza il compagno intento a ronfare nel grande letto matrimoniale di velluto. La donna dai capelli raccolti in una lunga treccia dorata tirò l’orecchio del suo compagno con forza tanto da farlo svegliare con un sussulto, e fastidio.

‘’Che diavolo ti prende Eyris?’’- chiese lui, massaggiandosi l’orecchio arrossato. La donna alzò due dita sul labbro e rimase in silenzio, ad ascoltare. Il povero compagno, un uomo dalla corporatura media e prossimo alla calvizie, sospirò frustrato all’assistere al medesimo comportamento bizzarro della donna:

‘’Eyris, non ho tempo per un altro dei tuoi giochi. Sono vent’anni ormai che il tuo presentimento ti pizzica.  Domani devo andare da Morant per quella commissione nel terzo borgo e…’’

‘’Zitto! Hai sentito?’’- domandò la donna alzandosi dal letto e avvicinandosi alla finestra della camera, in attesa di udire nuovamente quel fruscio. L’uomo si massaggiò le tempie, incredulo a quel che stava assistendo. Stava per replicare quando la casa venne scossa da un brusco terremoto che fece cascare piatti di ceramica, vetro e altri utensili sconquassando l’intera abitazione. Un fragoroso rombo infranse le finestre, facendo urlare la coppia e costringendoli ad uscire. Non si meravigliarono quando videro il loro vicinato fare la medesima cosa nel mentre alcune di quelle abitazioni, più grandi iniziarono a crollare in diversi punti innalzando polvere e bulloni; uno di questi bulloni, grosso come una noce, colpì la testa di un anziano ferendolo mortalmente. Il terremoto aumentò la sua intensità, il vento soffiò ruggente e dal cielo si aprì un gigantesco squarcio dalla quale caddero saette rosse come il rubino, cristallizzando la sabbia e da essa si materializzarono mattoni neri come la notte stessa. In mezza clessidra, ne comparvero centinaia e centinaia di quei mattoni superando l’altezza delle altre torri presenti nei cinque borghi. L’ultima saetta cremisi diede vita alla cima di quella torre d’ossidiana, sospesa magicamente di pochi centimetri dal resto la quale emanava una strana nebbia biancastra che discese sulla sabbia; dalle fessure di quei neri mattoni era possibile intravedere fuochi fatui passare di tanto in tanto in essa, o varcarne la materia per un breve giro di clessidra prima di svanire. Il terremoto, la tempesta e lo squarcio nel cielo così come si presentarono così cessarono l’assedio della Stella. I danni, però, furono evidenti fin da subito: molte case erano spaccate a metà, alcuni dei proprietari sepolti sotto le macerie o morti per l’immensa magia propagatasi dalla torre oscura.

‘’Che cosa ti dicevo Gabràn? Il mio istinto non mente mai.’’

‘’Ed è ritardo di qualche anno, anche.’’- replicò il compagno senza pensare due volte a quella frase. La sua compagna cercò di rifilargli un ceffone ma i diversi schiocchi di magia la costrinsero a fermarsi all’istante. I cinque custodi dei corrispettivi borghi si presentarono ai piedi di quella torre, restandone sia affascinati che intimoriti dalla sua presenza. Accorsero anche altri membri dei cinque borghi, con i loro governatori in camicia da notte o ancora indosso abiti formali e volti segnate da chissà quante albe.

‘’Qualcuno di voi maghi o incantatori sa cosa significa la comparsa di quest’inquietante torre?’’- domandò il governatore di Obeah, il primo borgo, Buccinide Levia un uomo piuttosto tarchiato dagli occhi simili a quelli di una talpa. Non sembrava affatto un governatore dato gli abiti comuni da lui indossati quella sera. ‘Non ho bisogno di vestiti di seta o di eccelsa manifattura per dimostrare il mio ruolo’ era sempre il suo motto. I vari cittadini si sorpresero di vederlo lì, in quanto a conoscenza dell’evento tragico accadutogli settimane addietro:

‘’Governatore Buccinide? Non dovrebbe essere qui, torni a casa…’’- tentò di intromettersi un maniscalco, ma venne scansato dall’uomo e redarguito. Lo sguardo di puro disappunto e rabbia lo fecero indietreggiare.

‘’Sette cittadini del mio borgo sono deceduti per le gravi ferite riportate in seguito a questo catastrofico evento e lei vuole rimandarmi indietro?! Si faccia da parte, maniscalco Imer.’’- rispose il governatore, avanzando per avere notizie da parte dei guardiani. Il maniscalco volle rispondere, ma gli bastò vedere un soldato estrarre parzialmente la spada per farlo tacere. Nessuno dei Guardiani riuscì a dare una risposta concreta alla comparsa della torre, e la presenza di tale struttura stava impedendo loro di poter usare i loro poteri. Un soldato, fin troppo curioso, si avvicinò all’oscuro obelisco cercando una possibile entrata:

‘’Allontanati da lì!’’- esclamò Ker, il guardiano del secondo borgo. Sfortunatamente il soldato udì quel richiamo in ritardo e la torre oscura, con una forza magica superiore a tutti i presenti, lo inghiottì smorzando il suo urlo di terrore e sputando l’armatura ammaccata, macchiata di sangue e con alcuni brandelli di carne ancora attaccati ad essa. Un altro soldato tentò di vendicare il compagno caduto, venendo immediatamente ostacolato da un colpo d’arma da fuoco che creò un foro fumante ai suoi piedi. Quello sparo provenne dal fucile del governatore del secondo borgo, Parnasso Cerulo, del tutto apatico in volto ma i suoi occhi saettarono sugli altri colleghi. Il fucile ancora fumante, teso a mezz’aria, venne abbassato dalla mano della governatrice Zea Ibis, l’unica a non temere i modi estremi di Parnasso nel far tornare l’ordine. E forse anche l’unica a provare qualcosa per lui:

‘’Per cortesia, calmiamoci tutti. La comparsa di questa misteriosa torre ha scosso la calma della Stella, lo comprendo, ma usare modi estremi per ritornare all’ordine è assurdo e illogico. Cerchiamo di comprendere come e da dove proviene la Torre Nera e, forse, distruggerla se costretti.’’- disse la governatrice posando prima gli occhi sui vari abitanti, poi sul governatore fuciliere e poi sulla terrificante torre. La donna, dai capelli bianchi a caschetto ed occhi chiari protetti da occhiali da vista distolse lo sguardo e recuperò un piccolo orologio da taschino dal suo abito nobiliare color borgogna, colore simile indossato dagli studiosi di magia del suo borgo, per placare il suo animo.

‘’Grazie per avermi fermato, Zea.’’- rispose Parnasso, riponendo il fucile dietro la schiena e notando l’arrivo degli altri due governatori a cavallo. Il quarto governatore, un uomo dalla corporatura esile, balzò immediatamente dalla sella e rotolò per un breve tratto prima di rimettersi in piedi e rendersi presentabile. L’ultimo governatore, anzi governatrice, un po’ avanti con l’età si fermò poco dopo e discese lentamente dalla groppa del cavallo:

‘’Ah! Questa schiena mi sta uccidendo!’’- asserì la donna, restando impigliata in una delle briglie e rischiò di cadere, ma l’intervento di uno degli incantatori lo impedì. La donna cadde con il fondoschiena su della soffice paglia evocato dal giovane che venne ringraziato ma poi redarguito da uno dei suoi maestri.

‘’Governatrice Markides, felice di rivederla. Come va la sciatica?’’- domandò con un risolino il governatore del quarto borgo, ridacchiando appena suscitando un lieve fastidio negli altri.

‘’Meglio del suo matrimonio, governatore Hays.’’- rispose a tono la donna, facendo scrocchiare la schiena con un secco schiocco, suscitando sia il disgusto di alcuni che le risate degli altri fin quando non fu Buccinide a prendere le redini dell’intero gruppo:

‘’Cortesemente, tacete! Non è né il momento né il luogo opportuno di fare battute sulla nostra vita privata. Sono morte delle persone stasera a causa di questa misteriosa torre e dobbiamo scoprire chi o cosa l’ha costruita e perché è stata mandata qui da noi. E, se costretti, distruggerla.’’
Non appena il governatore accennò al voler distruggere quella struttura, da essa si propagarono diverse lingue di fuoco che incenerirono alcuni soldati nel perimetro, ferendone altri ed innalzando cumuli di sabbia che si cristallizzarono creando mura di vetro. Ognuno cercò un riparo di fortuna, aiutando come possibile quelli che si trovavano vicino. Fu Brina a contenere con prontezza quell’inferno, impedendo alla torre di creare ulteriori danni alla Stella, ma sforzo fu abnorme tanto da farle sanguinare il naso e farle perdere i sensi poco dopo. La barriera magica da ella creata riuscì ad arrestare il potere devastante dell’oscura struttura, tanto da farla sembrare una clessidra di fuoco. Il secondo evento catastrofico costrinse tutti ad allontanarsi per prestare soccorso ai feriti:

‘’Gabràn, dobbiamo fare qualcosa. Gabràn?’’- domandò Eyris al compagno, in silenzio che osservava con sguardo vacuo i dintorni. Solo allora notò la lunga e profonda ustione sul ventre dell’uomo, intento a reggersi parzialmente quel che sembravano essere le sue interiora.

‘’Eyris…’’- replicò con un sospiro l’uomo prima di accasciarsi al suolo, facendola urlare dal terrore, allarmando i presenti che si piombarono su di lui per assistere alle gravi ferite riportate. Il governatore si voltò verso il maniscalco, ancora restio nel volerlo lì, freddandolo con uno sguardo colmo d’odio da fargli comprendere il motivo della sua presenza. Uno degli stregoni poggiò le mani sulla ferita di Gabràn, allontanandole immediatamente quando quella profonda ustione reagì al suo potere:

‘’Portiamolo subito nel nostro borgo, ha bisogno di arcani guaritori esperti. La mia magia è diversa. Ci serve subito una barella! Presto! Qualcuno cerchi di tenerlo in vita, vado ad avvertire i guaritori.’’- e così il mago svanì per tornare nel borgo dei Magius per informarli. Fortunatamente, il governatore Parnasso estrasse dalla sua sacca un barattolo di vetro scuro contenente qualcosa di oleoso e lo diede ad uno dei soldati ordinandogli di cospargere la ferita e premere con forza sull’emorragia. Eyris invece pianse incontrollata, nonostante la governatrice Zea tentasse di placare quel sentimento di terrore per la possibile dipartita del suo amato. Non appena un manipolo di soldati, insieme ad un carro trainato da un contadino, giunsero da Gabràn e lo trasportarono immediatamente nel borgo dei maghi per guarirlo. La barriera evocata da Brina si infranse con un rumore assordante, simile al vetro che si spacca, scagliando in tutte le direzioni i suoi frammenti ferendo altre persone nel perimetro. Sulla cima della punta si sprigionò una gigantesca fiamma rossa brillante, capace di eguagliare la lucentezza delle gemme nelle cinque torri dei borghi. Tutti attesero un altro attacco da parte dell’Obelisco Nero, ma ciò non avvenne permettendo ai vari abitanti di togliere detriti e far alloggiare gli sfollati in abitazioni sotterranee. Anche Brina, la Custode, venne medicata da uno degli Arcani guaritori per evitare che il suo corpo subisse gravi danni. Passarono poche ore dalla catastrofe, consentendo così ai vari lavoratori del primo borgo di comprendere quanti danni avessero subito e delle risorse da usare per ricostruire i vari edifici.

‘’Dobbiamo scoprire chi ha evocato questa torre!’’- disse il governatore Buccinide, ordinando a chi di dovere di consultare una delle biblioteche alla ricerca di informazioni sull’evocare strutture come ‘l’ospite indesiderato’. Uno dei Custodi, seguito a sua volta dalla Governatrice Zea, replicò al governatore di non focalizzarsi su di essa ma di badare ai cittadini di Obeah e assicurarsi della loro incolumità.

‘’Ci occuperemo di quest’entità domani mattina, calmi e ragionevoli. Adesso non è il momento, Signor Buccinide e lo sa bene.’’- furono le parole di Vydette, una donna che da anni era a servizio del borgo e della sua protezione, nonostante la sua istruzione nel Magius. I suoi occhi rubino, coperti parzialmente da ciocche color oro, bastarono per convincere Buccinide a fermarsi.

‘’Vydette ha ragione, non possiamo rischiare senza prima conoscere e aver contato i danni. Torna a casa, Bucci.’’- aggiunse Zea, avvicinandosi di più all’uomo e poggiandogli una mano sulla spalla.

‘’Che sia maledetto il vostro carisma, riuscite sempre a farmi demordere…Soldati, ripiegare.’’- corrispose Buccinide, ordinando anche ad alcuni soldati di rilasciare il maniscalco detenuto per precauzione. Hallvar si portò una mano alla fronte, digrignando i denti per l’improvviso dolore tanto da costringerlo ad allontanarsi nella propria torre. Anche gli altri riuscirono a congedarsi, percependo il medesimo malessere; il governatore Hays domandò il motivo di tale fretta e fu Barspar a rispondere:

‘’Qualcosa o qualcuno arriverà qui nella Stella. Questo malessere…deriva dall’immensa energia magica che pervade l’entità.’’

‘’Dunque è una divinità, perfetto sappiamo a chi chiedere…’’- e la bocca del governatore si sigillò, deformandosi come se avesse perso tutti i denti in un solo colpo.

‘’Taccia Signor Hays! Non è nessuna divinità! Sono due anni ormai che cerchiamo di comunicare con loro ma riceviamo solo deboli sbuffi di polvere cosmica. Quest’entità è diversa. Molto forte. Forse capace di superarci. Torni dai suoi cittadini! E anche voi altri.’’- aggiunse Barspar, battendo il suo scettro magico sulla terra brulla ed una bolla trasparente lo fece svanire nel nulla. La bocca di Hays tornò normale, causandogli non pochi fastidi. Il consiglio del mago Barspar venne preso alla lettera, tutti tornarono nei propri borghi eccetto gli sfollati che usufruirono del livello inferiore della Stella costruito appositamente per eventi del genere. Appeso tra la vita ed un limbo eterno vi era il povero Gabràn, trasportato nel borgo dei Magius per guarirlo dalla tremenda ferita riportata. Il suo corpo giaceva in una vasca sferica, con acqua bianca che lo lambiva fino al collo e dal suo corpo sporgevano diversi tubicini d’ottone collegati ad alcune macchine di grandezze e misure differenti, ognuna delle quali alimentata da grossi cristalli. Seduto a pochi metri da lui, intento a sorvegliarlo vi era uno degli arcani guaritori, anzi guaritrice, che reggeva uno di quei cristalli nella mano guantata. Avvicinandosi alla vasca lasciò fluttuare quel catalizzatore che prese a pulsare flebilmente sul corpo di Gabràn, tingendosi di rosso. Il comportamento dell’oggetto preoccupò enormemente la guaritrice. Strofinò le mani fino a renderle luminose, unì le prime due dita delle mani per poi allontanarle chiudendole. Da esse si materializzò un corda azzurra la quale vibrò non appena la guaritrice parlò:

‘’Xand, cortesemente vieni subito nella Sala della Linfa. Abbiamo un problema.’’- e il filamento, dopo un breve tremolio, svanì. La donna successivamente si avvicinò e mise l’indice ed il medio sulla fronte dell’uomo e le altre due dita sul petto tracciando delle linee invisibili fino al cuore che batteva lentamente, così come il cristallo sulla sua testa. La porta della sala si aprì, mostrando un uomo che reggeva tra le mani e sulle spalle diversi bendaggi sporchi ed uno strano oggetto oblungo dalla punta sottile.

‘’Cosa c’è di così importante da chiamarmi tramite l’Aeterius?’’- domandò Xand, abbassandosi la mascherina, rivelando delle labbra screpolate e arrossate. La donna indicò prima il cristallo e poi i segni magici che essa stessa aveva lasciato sul corpo dell’uomo. Il mago Xand non riuscì a comprendere, troppo stanco per aver guarito diversi soldati e civili.

‘’Non ti seguo Orchidea. I suoi segni vitali sono stabili.’’

‘’Osserva meglio Xand!’’- esclamò la guaritrice indicando con indice accusatorio il cristallo sulle loro teste. Xand fece quanto ordinato e non appena i suoi occhi grigi notarono il bagliore rosso la sua espressione divenne seria e costernata. Il guaritore andò a recuperare un libro di medicina e sfogliò fulmineo le pagine trovando finalmente la sezione riguardante il cristallo vitale.

‘’Merda. Merda, merda! Il nostro paziente è stato maledetto e se non troviamo immediatamente il responsabile…’’

‘’Vorresti chiedere ad una gigantesca torre oscura di guarirlo dalla maledizione? Buona fortuna!’’- replicò Orchidea, sistemandosi i capelli e allontanandosi dalla vasca. Xand rimase confuso dalla reazione della sua collega, ricordandosi successivamente che molti dei soldati e civili feriti accennarono alla torre e si colpì la fronte con il palmo della mano.

‘’Maledizione è vero! I miei pazienti non facevano altro che ripetere di questa torre. Cosa facciamo dunque?’’- domandò il medico richiudendo il libro e decidendo di osservare meglio il cristallo, toccando la superficie riuscendo a notare che l’anima del povero Gabràn si stava lentamente corrompendo, scuotendo il capo affranto.

‘’Dobbiamo solo augurarci un colpo di fortuna.’’- furono le parole di Orchidea, riponendo i guanti metallici che le consentivano di operare senza danni causati dagli oggetti magici nella sala. D’un tratto il cristallo usato per i segni vitali di Gabràn cadde sul pavimento, spaccandosi in mille pezzi simile ad una esplosione, distruggendo uno dei tubi che fortunatamente non era collegato al paziente. L’acqua che lambiva Gabràn si tinse di grigio e lui si risvegliò con un rantolo terrificante da risuonare nei loro petti. La vasca esplose successivamente e quel che ne rimase dell’umanità di Gabràn si tramutò in un incubo vivente, ricoperto di cicatrici e con l’ustione ormai aperta dalla quale penzolavano le sue interiora marcite.

‘’Orchidea…?’’- domandò Xand, come se aspettasse qualcosa da parte della collega che li tirasse fuori da quell’angosciante situazione. La guaritrice cercò di sfruttare altri guanti metallici che portava alla cintola, di cui uno munito di una piccola cerbottana ma Gabràn venne eliminato da colpo alla testa che ridusse in cenere la pelle per poi scioglierla in un liquame oleoso. Un terzo mago, anzi arcano guaritore, fu l’artefice dello sparo tramite una pistola dalla canna lunga quanto un pugnale da lancio. Il minuscolo cannocchiale da lui indossato si riposizionò poco dietro l’orecchio:

’E con lui fanno tre.’’- disse, avvicinandosi al cadavere e colpendolo una seconda volta. Per sicurezza.














































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E' con immenso piacere che vi mostro una nuova storia per festeggiare il mio 8° anniversario su EFP. Vero, non pubblico quasi mai se non quando ho tempo o si tratta di eventi come questi. Spero possa piacere. E preparatevi che nei prossimi capitolo (che verranno pubblicati quando avrò tempo e voglia) ci sarà da ''impazzire''.

 

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Capitolo 2
*** Thym. ***


Terzo Borgo, Magius. Stella a Cinque punte. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
‘’Maledizione, questa vasca di guarigione è costata centinaia di Leoni di Giada e adesso è andata in frantumi. Mi spiegate come ha fatto?’’- domandò il guaritore, restando ad osservare adirato i danni subiti nella Sali, tra cui uno dei cristalli completamente in frantumi.

‘’Non lo sappiamo, Maestro Etemek ma temiamo che sia la corruzione di quella Torre al centro della nostra Stella ad aver provocato il cambiamento di Gabràn. Mi piange il cuore nel dover avvertire la vedova adesso…’’- replicò Xand, poggiandosi la mano al cuore avvertendo una strana tristezza.

‘’Avvertire i familiari delle vittime non è nostra priorità, Xandrem! Chiamatemi subito Archimede per provare a sistemare questo macello. Tu, Orchidea, andrai ad avvertire Barspar di questo evento e di informare ogni nostro cittadino. Chiaro?’’

‘’Sì, Maestro Etemek.’’- risposero entrambi i guaritori, uscendo dalla Sala e ritrovandosi in un’altra stanza dove alcuni inservienti ripulivano il caos lasciato dal passaggio di altri due pazienti tramutati dall’energia malvagia, o quel che ne restava. Xand andò subito in uno dei palazzi del mago-architetto Archimede per informarlo del tragico incidente mentre Orchidea abbandonò la struttura dirigendosi frettolosamente dal Custode Barspar. E per la prima volta Orchidea vide il suo borgo nelle ore diurne, i magnifici metalli usati per costruire e decorare le abitazioni unite da diversi pontili, tetti a punta che ruotavano in base ai minuti passati e il loro movimento rotatorio generava energia ad altre abitazioni. Magia e tecnologia di regni distanti permisero a quel borgo e ai suoi abitanti grandi innovazioni. La guaritrice si rese conto di indossare ancora la cuffia e i guanti, decidendo di toglierli poco dopo rivelando le sue mani arrossate dal prolungato contatto con il materiale e i capelli color borgogna scompigliati e sudati. Appena resasi presentabile, il suo corpo trasmigrò nella torre del custode.

‘’Chiudi gli occhi e respira profondamente Orchidea!’’- ordinò il mago, ma la guaritrice cadde a terra e non riuscì a trattenere il vomito, imbrattando il pavimento d’onice. Il sospiro frustrato del custode non fu piacevole tanto da dover ricorrere alla sua magia ed eradicare dall’esistenza il maleodorante liquido espulso dalla donna:

‘’Farò finta che nulla di questo sia accaduto, Orchidea. Cosa devi dirmi?’’- domandò Barspar, avvicinandosi alla finestra ovoidale che si affacciava sugli altri borghi e sulla torre nera che incuteva timore con la sua mole arcana.

‘’Sapeva già del mio arrivo dunque?’’

‘’La tua mente è molto più limpida di tutti gli altri Arcani o stregoni di questo borgo, e non appena la tua mente si è focalizzata sul mio nome ti ho facilitato l’arrivo. Ora cosa devi dirmi?’’

‘’Gabràn, il cittadino della Piazza Centrale è deceduto! La ferita inferta dalla torre lo ha corrotto e tramutato in una aberrazione. Il Maestro Etemek ha usato una delle sue armi per ucciderlo, così per gli altri.’’- replicò Orchidea, trattenendo un secondo conato di vomito per l’eccessiva energia magica usata da Barspar. Il custode colpì con il pugno il vetro ovale, incrinandolo all’impatto mentre l’intera stanza reagì al suo umore: il pavimento d’onice venne solcato da forme geometriche azzurre prima di confluire nel palmo della mano tramutandosi in un fulmine globulare. Il mago custode colpì una seconda volta il vetro, incrinando maggiormente fino a rompersi con un terrificante suono.

‘’Tempus…’’- disse Baspar generando sull’intera superficie vitrea un gigantesco orologio che riavvolse il tempo, consentendo alla finestra di tornare alla sua forma; anche la ferita provocata dalle schegge si rimarginò. Andò a sedersi alla scrivania posta a qualche metro da lui, cercando di recuperare la calma e invitando alla guaritrice di sedersi ed illustrarle le potenziali idee. Nello stesso arco di tempo, Xand proseguì lesto tra i vari pontili per i soli studiosi di magia varcando diversi portali che conducevano in altre sezioni fino a giungere in una nuova: le pareti dipinte di nero mostravano segni di muffa ed umidità sparsa, l’odore di candele quasi spente colpì violentemente il naso. Oltre alla nera sala, Xand notò diversi alberi morti come decorazioni di discutibile gusto ai piedi delle colonne colme di ragnatele con ragni grandi quasi quanto una mano, dagli occhi rossi brillanti che si posarono sul povero Xand non appena entrò. In fondo la stanza, ricurvo sulla scrivania un uomo dalla lunga barba aggrovigliata, grigia e con una ragnatela che penzolava dalla sua punta, occhi infossati e rossi, pelle cadaverica e scheletrica come le sue dita. La lunga tunica consumata dal tempo e privata dei suoi colori, ricadeva sul suo corpo con pesantezza tale da far sembrare ogni suo movimento rallentato.

‘’Questa non è la sala di Archimede…Dove sono?’’- domandò Xand, intimorito da quello strano essere a fondo stanza.

’Se cerchi Maestro Archimede, devi oltrepassare quel portale magico.’’- rispose lo strano stregone, indicando il vortice rosso posto sulla parete opposta, con tremori innaturali in tutto il corpo. Xand lo ringraziò e si avviò verso tale uscita, ma lo scheletro vivente lo immobilizzò con un sortilegio.

‘’Non così in fretta, Xandrem! Sai benissimo che chiunque passi, per errore o meno, nella mia sala deve pagare un pegno.’’- aggiunse, aprendo la mano che emise un bagliore pallido in attesa del compenso.

‘’Aspetta hai detto pegno? Zalbas? Che diavolo ti è accaduto?’’- domandò il mago, cercando di scansare la mano cadaverica ma senza alcun successo. Il vortice rosso si espanse e dal suo interno comparve la testa dai capelli ispidi e biondi di un giovane con occhiali a mezzaluna su un naso sporco di fuliggine; Xand riconobbe la fascia che teneva fermi quei capelli selvaggi e sorrise.

‘’Zal, per l’amor del cosmo ne abbiamo già discusso: Xand e gli altri guaritori non pagano pegno passando per la tua stanza. Eccetto i maghi degli elementi, quelli devono pagare ma ad ogni modo tieni.’’- disse Archimede staccandosi un ciuffo di capelli e donandolo nel barlume della mano di Zalbas che sorrise come uno psicopatico ringraziando il mago e dirigendosi ad un calderone dove fece cadere quel ciuffo biondo. Xand, trascinato per un braccio da Archimede, si ritrovò nell’immenso studio dalle pareti metalliche con flussi energetici alla base e di tanto in tanto alcuni di essi attraversavano la stessa parete. Dal soffitto pendevano lucernai bizzarri e ciò destò la curiosità di Xand:

‘’E quelli da dove provengono?’’

‘’Un dono dai Mataur del Sistema Solare Boreas, avendoli aiutati con un problema del loro astro-porto. I loro vascelli militari venivano riconosciuti come navi turistiche o mercantili e quindi pagavano una tassa inutile…’’- si interruppe notando qualcosa giungere dal fondo della propria stanza a folle velocità.

‘’Oh, occhio alla testa!’’

‘’Prego?’’- e il guaritore venne strattonato verso il basso, evitando una gigantesca sfera meccanica gracchiante che andò a schiantarsi contro il muro.

‘’Quello è Dustie, il secondo dono dei Mataur. Un piccolo robottino alquanto paranoico che, come hai ben potuto notare, usa la sua mole per intimorire o far fuori invasori. Buono Dustie, buono. Lui è Xand ed è un amico.’’- aggiunge Archimede, rivolgendosi allo strano essere di metallo senziente dandogli dei leggeri colpi sul dorso per poi mandarlo via. Il guaritore si sentì completamente confuso, tale da restare in silenzio. Superati il laboratorio dove alcuni assistenti erano alle prese con la costruzione di cubi d’ottone alimentati da energia magica, i due maghi si ritrovarono in uno studio meno metallico e più sul naturale con grandi scaffali di libri di vario genere, dall’architettura all’arte fino alla magia primordiale. Archimede mosse ipnoticamente le dita e dal pavimento si mossero alcune radici che costruirono una sedia abbastanza confortevole per il guaritore:

‘’Ora se sei qui per chiedermi nuovamente della Torre, no: non ho scoperto ancora nulla.’’

‘’La tua vasca della Linfa è stata distrutta.’’- fu Xand questa volta ad interrompere il mago costruttore. Per un breve lasso di tempo vi fu silenzio, ma successivamente Archimede si alzò dalla sua poltrona e con un profondo respiro imprecò così furiosamente da far echeggiare la sua voce per tutta la sala e da far accorrere uno dei suoi assistenti:

‘’Padron Archimede, che accade?’’- domandò il giovane assistente dalle braccia robotiche. Archimede alzò la mano per dirgli di non preoccuparsi e di continuare con il suo operato.

‘’Oh, Eureka una volta concluso il sistema di levitazione, portalo qui che lo mettiamo in funzione. Mi raccomando, non fare di testa tua.’’

‘’Nessun problema, Padron Archimede.’’- e il giovane lasciò lo studio con un breve inchino. Xand si meravigliò di come Archimede cambiasse tono di voce rapidamente. Quando la porta si richiuse, il mago architetto recuperò da uno degli scaffali il piano di costruzione della vasca ormai andata distrutta, asserendo di averci impiegato quasi tre anni per costruirla e perfezionarla per impedire possibili perdite di linfa vitale o che i sistemi si danneggiassero. Si massaggiò gli occhi stanchi e la fronte, tentando di mantenere la calma e di non lasciarsi controllare dalla rabbia.

‘’Come è stato possibile? Quella vasca è stata costruita con materiali più resistenti del metallo e del titanio stesso! Se hai ben notato, le pareti della sala sono fatte interamente di Okrium, un materiale ricavato dai detriti di un meteorite caduto secoli fa nelle foreste di Redfolk e data le alte concentrazioni di materia prima al suo interno…’’

‘’Archimede, non sono qui per parlarti solo della vasca ma per dirti che la vittima della Torre in questione è stata l’artefice della sua distruzione. Abbiamo usato i cristalli per monitorare i suoi segnali vitali e abbiamo scoperto la corruzione spiritica e fisica del povero uomo, ma è stata così fulminea da impedirci ulteriori studi.’’

‘’Chi?’’- chiese Archimede, reggendosi sulle braccia poggiate sulla scrivania con il piano di costruzione della vasca ancora sul legno. Un progetto ormai conclusosi.

‘’Gabràn.’’

‘’Gabràn? Gabràn Pebra? Il cittadino del centro Stella? Oh. Questo cambia tutto.’’- ed Archimede si lasciò sprofondare nella poltrona, costernato e privo di qualsiasi spiegazione per l’evento accaduto poche ore prima. I due arcani piombarono in un lungo silenzio, incapaci di approcciarsi ad una nuova realtà finché l’intera Stella a Cinque Punte tremò ancora una volta annunciando una seconda catastrofe. La polvere accumulatasi sul soffitto dello studio cadde abbondantemente imbrattando le loro teste e la scrivania, nell’esatto momento in cui Xand notò uno strano alone di cenere contro la finestra:

‘’E quell’alone da dove proviene?’’

‘’Come? Oh, ti riferisci al fulmine scagliato dal Custode Baspar? Avrà ricevuto qualche spiacevole notizia e uno dei fulmini scagliati dalla sua torre è giunti fin dentro il mio studio. Nulla di irreparabile, ma adesso preoccupiamoci di questo sconquassamento!’’

Con fretta giunsero all’esterno della struttura, seguiti da altri evocatori e soldati diretti verso l’esterno del borgo e con Baspar già all’entrata delle mura di protezione di esso. Accorsero anche altri membri dei quattro borghi circostanti, con i loro governatori restando increduli nell’assistere alla presenza di uno strano figuro con una mano poggiata sulle pietre nere senza subire alcun danno da parte di essa.

‘’Chi diavolo è quello?’’- domandò un soldato al governatore Hays, preparandosi ad attaccare con una balestra tenendosi a distanza. Il governatore Hays scosse il capo non sapendo come rispondere. Lo sconosciuto continuò con il suo strano comportamento, venendo colpito da fulmini e fruste di fuoco che, magicamente e sotto gli occhi increduli dei presenti, non causarono alcuna ferita sul suo corpo.

‘’Haketa’ra ufhinshas tekrah uryabe!’’- esclamò l’uomo misterioso, ma la torre non reagì a quell’incantesimo anzi decise di respingere il mago con una forte sferzata di vento, distruggendo i suoi abiti. Solo allora i soldati poterono accerchiarlo impedendogli di suicidarsi o di provocare ulteriormente l’oscura struttura.

‘’Fermo lì, straniero! Identificati prima di compiere ulteriori passi.’’- intimò uno dei soldati, brandendo un pesante archibugio e puntandolo a pochi centimetri dall’incantatore. Quest’ultimo ignorò l’ordine e compì il primo passo, venendo investito da una polvere incandescente che arrestò prontamente. I soldati ammirarono le sfere di piombo vorticare su una barriera d’argento che circondava l’incantatore:

‘’Trattate così gli ospiti? Con la violenza?’’- domandò l’evocatore irritato dal gesto troppo impulsivo dell’uomo, estinguendo dall’esistenza le sfere di piombo e sparpagliando la polvere incandescente sui soldati. L’incantatore stava per avanzare nuovamente, ma il governatore Parnasso gli puntò il suo fucile magico a pochi centimetri dal volto riuscendo a superare quella barriera evocata dallo straniero.

‘’Non sei l’unico incantatore in questo luogo!’’

‘’Irk’hat Uferaa!’’- urlò il mago, in un tentativo di scansare il fuciliere. Con sua sorpresa, l’arma non subì alcun cambiamento o danno da quell’incantesimo e Parnasso replicò:

‘’Ur’çekat Igveraq! Conosco tale magia cambia elementi, e su di me non ha alcun effetto! Ora identificati o ti faccio saltare quella zucca che chiami testa.’’

‘’Parnasso, basta così!’’- latrò il governatore Buccinide, ostacolando i due con autorità, il che spronò i soldati ad accerchiare ulteriormente l’estraneo incrociando le spade sul suo collo impedendogli di muoversi. Un difensore, disarmato e con indosso un mantello, afferrò delle grosse manette che paralizzarono l’incantatore sul posto:

‘’Ora, cortesemente dicci chi sei e perché sei qui davanti questa torre senza subire attacchi da essa.’’- aggiunse Buccinide, avvicinandosi al mago che continuava a squadrare i presenti. Sopraggiunsero gli altri governatori, a loro volta seguiti dai Custodi delle Torri; fu proprio Barspar a ricordarsi dell’arrivo di qualcuno di estremamente potente avendone conferma percependo la sua aura magica.

‘’Mi chiamo Thymós, signore. La Torre in questione appartiene ad Abraxás, un temibile stregone del mio tempo. Il suo scopo è assoggettare chiunque e qualunque luogo al suo dominio, viaggiando di dimensioni e dimensioni finché non avrà il totale controllo dei mondi sia ultraterreni che materiali. E non subisco danni perché la torre è ancora debole, ma per poco.’’- e non appena annunciò tale rivelazione, la Torre proruppe in una devastante baraonda magica che fece indietreggiare i soldati, i governatori e in parte l’evocatore. Dalla cima della struttura si materializzarono diverse lucciole dorate che si tramutarono in dardi incantati per poi piombare in una devastante raffica magica. Thymós unì le sue mani in una sorta di preghiera prima di farle roteare e generare un contro incantesimo tramutando i dardi in petali di tulipano e ‘addormentando’ brevemente la struttura.

‘’Conducetemi al borgo più vicino e discuteremo con calma! Non abbiamo molto tempo.’’- riprese a parlare il giovane, cercando di convincere i presenti di non essere malvagio. Seppur restii alla richiesta non poterono fare altro che accettarla e condurlo nel borgo dei Magius, il più vicino nonostante il dissenso di alcuni membri.
‘’Come possiamo fidarci di te? Sei comparso dal nulla, hai toccato la Torre Nera, dici che è opera di uno stregone del tuo tempo, ma cosa intendi con questo? E poi chi ha deciso di condurlo nel mio borgo?’’- domandò la governatrice Zea, l’attuale governatrice del Borgo Magius, portando una mano guantata sull’impugnatura della spada questa volta intenta a difendersi da potenziali attacchi anche se non conosceva nulla di armi bianche o combattimento. Affidava tutto il suo valore alle arti arcane.

‘’I confini del tuo borgo sono maggiori rispetto a tutti gli altri della Stella, cara Zea. Non c’è altra scelta.’’- disse Parnasso, con un tono di voce innaturalmente pacato.

‘’Ma…Ma io…Bihgmaar!’’- imprecò a denti stretta, sbuffando e avanzando per prima, sibilando verso Thymós che se avrebbe fatto qualcosa di sciocco innanzi ai suoi occhi, le sue mani sarebbero diventate concime e la lingua come pietanza aggiuntava al brodo di pollo. L’evocatore rise sotto i baffi, divertito dal notare come quella donna perdesse facilmente la pazienza fin quando non passò Parnasso al suo fianco, livido in volto e con il fucile ancora in funzione. I due si scambiarono delle rapide occhiate prima che lo stesso soldato portatore delle manette lo strattono con forza.

‘’Posso camminare anche da solo, senza essere considerato uno schiavo.’’- disse Thymós, ribellandosi appena a quell’usanza barbara ma il soldato gli rispose che era per una sicurezza maggiore in quanto già tre dozzine di civili erano morti alle prime luci dell’alba. L’evocatore non sembrò essere minimamente interessato alla dipartita dei civili, tanto da restarne impassibile anche quando alcune famiglie nel borgo dei Magius piansero i loro amati. Venne condotto poi a Shaiarn, l’edificio governativo di Zea: l’intera struttura era una gigantesca colonna d’onice grigio e rosso Levanto, sormontata su un disco concentrico che ruotava con lentezza ipnotica. Ogni lato di tale cerchio disponeva di minuscole piattaforme a cuspide che discendevano e ascendevano costantemente per trasportare i vari membri del borgo, compreso i Gran Maestri e i Noracana, altri Gran Maestri delle arti ultraterrene. Il soldato si fermò a decine di metri dalla struttura e con un rapido movimento circolare evocò un portale magica già proiettato nello studio della governatrice:

‘’Occhio a dove metti i piedi.’’- disse l’uomo, scagliando la catena all’interno del vortice che risucchiò il mago misterioso, catapultandolo ai piedi della scrivania di Zea. La donna era già seduta al proprio posto, con un pendente tra le mani che saettava tra le dita. Rimise la piccola gemma in una fessura circolare della scrivania, generando una gabbia luminescente che ruppe le catene dell’evocatore ma gli impedì di muoversi liberamente.

‘’Il Custode Barspar mi ha informato della venuta di un qualcosa o qualcuno pregno di una grande energia magica e, a giudicare da quello che hai fatto prima, sei tu. Chi sei realmente e perché questa torre vuole distruggerci?’’- domandò la donna, prendendo un blocco di fogli ed una penna che incantò per scrivere tutte le informazioni del mago. Thymós toccò uno dei raggi luminosi della gabbia, assorbendone l’essenza sfruttandola per infrangere l’incantesimo terrorizzando Zea. La governatrice mosse le dita per ordinare al pugnale posto sotto la scrivania di fluttuare nella sua mano, tenendosi pronta ad un potenziale attacco.

‘’Mi chiamo Thymós Corwhan, dell’Impero Veladora, o almeno quel che ne è rimasto. Io, così come per Abraxás, non siamo di quest’epoca. Entrambi veniamo da un’altra epoca ed entrambi conosciamo le arti arcani, incantesimi ed evocazioni varie. La sua evocazione era fin troppo debole dato che è frustrata. La Torre non vuole distruggervi, vuole solo assorbire ogni fibra di magia presente all’interno di questo regno.’’- rispose Thymós, stringendo con forza i pugni iracondo per quel che stava facendo il suo compagno d’arti. Zea continuò a stringere saldamente il pugnale nel mentre la penna incantata trascriveva ogni singola parola. Solo allora un presentimento si insinuò nella sua mente, come se conoscesse già il luogo d’origine del mago:

‘’L’Impero che hai appena citato è situato nel continente di Uskal, giusto? Siete a mesi e mesi di cammino…’’
‘’No, l’Impero di Veladora era situato altrove, lei si confonde con l’Impero di Varleoda, che è quello situato ad Uskal. Altre domande oppure posso andare?’’- domandò il mago, attendendo impaziente una risposta da parte della governatrice.
‘’Come possiamo fidarci di te?’’- chiese la donna, tenendo ancora la mano sul pugnale che vibrò d’energia magica invisibile agli occhi degli altri ma non ai suoi. Thymós mosse la mano e il pugnale si materializzò in essa, sorprendendo ulteriormente Zea.

‘’Facciamo così: mettete da parte il vostro astio nei miei confronti ed io vi rivelerò segreti e conoscenze che nessun’altro luogo ha mai raggiunto. Così che voi possiate anche difendervi in futuro, specialmente dalla Torre Oscura. Accettate?’’- propose il mago, posando sulla scrivania della governatrice il pugnale decorato da minuscoli tasselli azzurri che anche loro si mossero al contatto con l’energia magica di Thy. Zea rimase a riflettere sull’accordo: fidarsi di un mago venuto dal nulla e farsi aiutare a liberarsi da quel flagello nella Stella oppure esiliarlo e trovare un’altra soluzione.

‘’Parlerò con gli altri governatori del tuo accordo. Nel mentre, non lasciare la Stella, intesi?’’
 
Primo Borgo, Obeah. Stella a Cinque punte. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
Il Governatore Buccinide restò interdetto dalla notizia di aver perso circa trenta cittadini, dieci dei quali provenienti dal suo borgo suddivisi tra uomini donne e bambini. Inoltre, tra i vari documenti che attestavano le perdite, vi era anche un altro foglio di colore verde provenire dal suo vivaio: nonostante la carica di governatore, il commercio di fiori esotici, piante medicinali e ad uso abitativo gli consentiva di guadagnare più di quanto ottenesse dal compenso dell’Impero limitrofo alla Stella.

Egregio Governatore Buccinide,
La informiamo che la coltura di tè appalachiano, ibisco, gerani, Gocce di luna e loti procede con grave lentezza a causa del problema di irrigazione persistente nonché l’assenza dell’inserviente Paha in congedo parentale. Stiamo cercando di contattare gli altri quattro addetti al vivaio, compreso Faun e di escogitare un sistema preventivo in caso di problemi all’impianto in futuro. Inoltre il Commodoro Mora, l’Arconte Ales Fox e la Contessa Lyra Brine ci informano di aver gradito i doni ricevuti e entro due giorni dalla ricevuta di tale documento, giungerà un messaggero con tre sacchi colmi di monete.
Fedelissimo,
Consigliere del Primo Borgo della Stella, Riffolk Damsaw.’


Buccinide mise da parte il documento e continuò a leggere i restanti, tra cui anche quello che accennava alla morte di Gabràn, causata dalla corruzione magica della torre. Frustrato, sia per le scartoffie che per la presenza del nuovo mago, gettò via tutto il caos di fogli e sprofondò nella sedia sentendosi anche sconfitto.

’Non solo Gabràn, anche Rithug e Wine tra le vittime della corruzione. Per tutti i diavoli degli inferi…’’- si disse tra sé e sé, massaggiandosi un viso marchiato dalla stanchezza fin quando qualcuno non bussò alla porta del suo studio con forza tale da far incrinare parzialmente le schegge di cedro. Buccinide ordinò a chiunque ci fosse dietro la porta di entrare. Una donna dai ricci mori con indosso una uniforme rossa con una mantella a girandola che le ricopriva le spalle con il Simbolo del Borgo: un grande ingranaggio costeggiato da due spade incrociate e sotto di esse una piuma d’oca immersa in una boccetta d’inchiostro.

‘’Senatrice Varaja, che piacevole visita. Cosa la porta qui, nella Stella a Cinque punte?’’- domandò con finto tono cortese Buccinide, invitandola con un gesto della mano a sedersi su una delle poltrone presenti. La donna si tolse la mantella a girandola e batté le mani sulla scrivania asserendo con voce tagliente:

‘’Bando alle finte cortesie, Buccinide e ditemi immediatamente perché vi è una gigantesca torre nel bel mezzo della Stella e perché la Città Comune presenta gravi danni alle abitazioni? Cos’è questa tiritera che sento da quando sono arrivata? Chi è questo Thymós?’’

Buccinide volle svanire in quel medesimo istante, già provato dalla catastrofe e dover spiegare la presenza della Torre Oscura, del nuovo mago e degli ingenti danni nella Città Comune furono la fatale pugnalata.

‘’Il motivo lo ha spiegato questo Thymós non appena si è presentato stamattina. Dice che quella Torre è opera di un suo collega d’arti arcane chiamato Abraxás, intento a voler dominare varie dimensioni con l’uso di tali torri.’’- si interruppe indicando un globo lucente che mostrava la Torre Oscura per poi proseguire: ‘’Questo mago ci ha spiegato anche come la torre non abbia alcun effetto su di lui, sia a livello fisico che spirituale ma non ha molto tempo. Gli ingenti danni che ha visto da quando è qui sono dovuti proprio al manifestarsi di quella torre.’’

La Senatrice rimase in silenzio, cercando di trovare un filo logico a quelle parole ignorando del tutto il disordine di fogli nello studio. Si tolse anche il basco, conscia solo allora di indossarlo ancora, e si sedette sulla poltrona, con lo sguardo fisso sulla Torre misteriosa. Si udirono delle trombe sopraggiungere da sopra le mura della Stella a Cinque Punte, una melodia molto familiare al Governatore e alla Senatrice che entrambi esclamarono un ‘No’ disperato. La melodia delle trombe divenne più forte, assordante e tramite anche il globo proiettato videro l’arrivo di dozzine di cavalli dal manto grigio perla con diverse protezioni di metallo sul loro corpo, identiche all’armatura dei gonfalonieri che reggevano lo stendardo di due imperi diversi. Buccinide riconobbe quei colori sgargianti, ma soprattutto i due uomini dal portamento di superiorità, le loro medaglie sul petto sfoggiate con onore e grandezza. Un altro gonfaloniere scese dalla groppa del suo cavallo e si diresse al portone principale, annunciando a gran voce:

‘’L’Illustre Sovrintendente Luccio Alvio dell’Impero di Cenzo e il nobile Cancelliere Ramni Avith del Califfato Suwidaha chiedono immediato dialogo con l’Egregio Governatore Buccinide del Primo Borgo!’’

Il povero Buccinide sospirò, accasciando la propria testa sulla scrivania emettendo un secco suono, lasciando interdetta la Senatrice. La porta del suo studio si aprì nuovamente, mostrando un soldato con il medesimo simbolo del borgo inciso sulla pettorina ma più stilizzato. Il soldato non disse nulla, limitandosi ad un cenno del capo per invogliare il suo governatore ad incontrare i due Signori alle porte della Stella. L’uomo si mise innanzi all’uscio in attesi che Buccinide e la Senatrice Varaja abbandonassero lo studio per dare il benvenuto ai mediatori dei rispettivi luoghi. Come spronati da una forza invisibile, i tre lasciarono il palazzo governativo, tra scale a chiocciola costruite sapientemente dai vari operai e con l’aiuto di alcuni nani. La struttura, di per sé, non aveva nulla di sgargiante fatta eccezione per i vetri istoriati che mostravano la creazione della Stella a Cinque punte e i vari eventi che contrassegnavano il suo splendore.

‘’Halko, qualche notizia da parte di Zea sul nostro ospite?’’- domandò Buccinide al soldato dai lineamenti contratti in una espressione concentrata e seria.

‘’Ha proposto un accordo con tutti voi governatori, e la Governatrice Zea vuole appunto parlarne in presenza.’’- rispose lui, recuperando una missiva dalla manica della divisa e consegnandola a Buccinide. Era un cartoncino semplice con il sigillo del terzo borgo, un sfera di vari elementi circondata da due mani di colore diverso.

‘’Che genere di accordo?’’- chiese la Senatrice al sottoposto. Uno sparo assordante ammutolì i presenti, costringendoli a muoversi rapidi verso l’uscita e il confine delle mura, dove si udirono urla di terrore e comandi e la voce di Parnasso rauca inveire contro qualcuno. Non appena raggiunsero il folto gruppo di soldati intenti a fronteggiare un loro compagno d’arme dall’aspetto cadaverico, gli occhi lattiginosi e il sangue catramoso che gli colava dalla bocca. Qualcuno dei presenti riconobbe il soldato come Luis Jabal, vice capitano di uno dei plotone del Primo Borgo. Sulla fronte e sul collo erano visibili strani simboli dai colori vibranti che, ad ogni movimento dei soldati o il suo, si illuminavano furiosamente.

‘’Torre…Distruggerla…’’- mugugnò Luis, sbracciandosi ed indicando la Torre Oscura sovrastare chiunque. Non appena il Sovrintendente Luccio e il Cancelliere Ramni furono nel suo campo visivo, dall’abisso della sua gola proruppe un terrificante grido che pietrificò i vari uomini eccetto Parnasso ormai pronto a far fuoco con la sua arma. Luis caricò le due figure politiche nel tentativo di aggredirle con i suoi artigli, venendo immediatamente fermato da un dardo magico proveniente dall’arma di Parnasso che mandò in frantumi il suo cranio già fracassato.

‘’Torre…Mago dentro…Uccidere! Lui ha…ha…’’- ma non proseguì perché i simboli dai colori accesi sulla pelle dell’uomo lo ricoprirono interamente prima di avvolgerlo in una cupa luce verde e far esplodere successivamente il povero malcapitato, sparpagliando le sue interiora marcite e arti mutilati ovunque. Un corazziere verso del catrame bollente sui resti dell’ormai defunto Luis, sfrigolando ed emanando un pestilente tanfo da far boccheggiare il Sovrintendente Luccio.
‘’Per tutti i fulmini, lasciamo la Stella a Cinque Punte nel suo immacolato splendore ed una settimana dopo abbiamo una Torre inquietante ed una aberrazione che cerca di ucciderci? Delle spiegazioni sarebbero gradite!’’- esordì Ramni, ripulendosi la spallina imbrattata dai residui gelatinosi del malcapitato, gettando il fazzoletto nelle mani di un gonfaloniere. I vari soldati chinarono il capo in segno di riverenza per la presenza dei due signori. Buccinide respirò profondamente facendo affidamento alle proprie capacità di non svenire, solo che fu Parnasso ad intervenire asserendo di avere problemi interni alla Stella di entità magica. Con la punta del fucile indicò la torre, ancora dormiente e ciò che restava del povero disgraziato:

‘’Dalle prime luci dell’alba, l’intera Stella è vittima di quella Torre Oscura che vedete stagliarsi nel cielo. Diverse dozzine di cittadini sono morti a causa del suo nefasto potere e abbiamo cose di estrema importanza da considerare piuttosto che i vostri trattati.’’- nella sua voce astiosa vi era una punta di veleno nei confronti di Luccio e Ramni, tenendo ancora il fucile stretto tra le dita.

‘’E dimmi, Parnasso: questa torre ha ucciso qualcuno? Io vedo solo una persona che avrà assunto qualche sostanza creata dai vostri maghetti nel borgo.’’- disse Luccio con stizza e scherno. Parnasso piantò la sua arma nella terra sabbiosa e avanzò lento contro il Sovrintendente, riconoscendo di sovrastarlo in altezza e grandezza tanto da dover tenere bassa la testa e incendiarlo con il suo sguardo. I gonfalonieri dei due politici, i soldati e maghi della Stella si allontanarono comprendendo l’errore commesso dall’illustre Luccio.

‘’Oh per le stelle, non di nuovo.’’- disse Vydette, la Guardiana del Primo Borgo comparsa da poco avendo udito il gran fragore. Notò il pugno del governatore fremere, pronto ad abbattersi con furia sul naso del Sovrintendente e senza esser vista, evocò degli strani filamenti bianchi che cinsero i polsi del governatore. Parnasso riconobbe il potere di Vydette e sorrise. Buccinide, udendo quelle parole colme di disgusto e disprezzo provenire dal Sovrintende si avvicinò livido in volto:

‘’La Torre Oscura ha ucciso quarantacinque persone, divise per membri dei Cinque Borghi e membri della Città Comune. Alcuni di questi erano bambini. Del mio borgo specialmente! Ribadisco: ci sono cose più importanti ora che discutere di trattati inutili!’’

‘’I Trattati delle Risorse sono importanti! Ne vale l’integrità economica di Imperi, sultanati, governi e molto altro! I sacrifici sono sempre dietro l’angolo, perché temere così tanto una torre che può essere distrutta con i vostri maghetti?’’- la domanda insolente di Ramni venne ripagata con un sonoro schiaffo da parte di Thymós; sulla sua mano erano evidenti minuscole spirali d’energia che scomparvero poco dopo.

‘’Perché quella Torre proviene da un’altra epoca, così come per il suo creatore e me!’’- ringhiò il mago, afferrando il colletto bianco dell’uomo, strappando alcuni bottoni e la catenina decorativa. Nessuno aveva percepito la sua presenza, neanche alcuni tra i Grandi Maestri, impallidendo alle grandi capacità arcane di quel giovane incantatore. Quel gesto fece sorridere di gusto Parnasso, annuendo al giovane e allontanandosi per recuperare la sua arma.

‘’Il vostro affrontò avrà conseguenze!’’- esclamò Luccio, mettendosi tra il collega e il mago insolente. Thymós, però, unì indice e medio di entrambe le mani e le poggiò sulle fronti dei due politici generando un mulinello d’aria tra loro.

‘’Conseguenze? Ve le mostro io le conseguenze se non ve ne andate!’- e dalle dita si sprigionarono diverse forme geometriche variopinte che resero inermi i due, ormai preda di terrificanti visioni come la distruzione di cittadine, persone venir massacrate da una magia che non potevano controllare, tempeste di poteri arcani che distrussero intere popolazioni tramutandole in aberrazioni come il povero Luis. Le fronti di entrambi gli uomini si colmarono di goccioline di sudore, i loro corpi attraversati da spasmi violenti e rivoli schiumosi scesero ai lati delle bocche. Uno dei gonfalonieri, un grosso energumeno scattò dal suo cavallo dalle retrovie e con brutale forza piantò il suo scudo di metallo nero per impedire che il mago uccidesse i due politici. Thymós indietreggiò, restando con gli occhi fissi su quelli color acciaio di quell’unico gonfaloniere armato di scudo.

’Basta così, mago! Lo hai detto tu stesso che possono esserci conseguenze.’’- la voce riverberò nell’elmo, distorcendone il suono e costringendo a far allontanare ulteriormente i soldati della Stella. Luccio e Ramni si ripresero dopo lunghi minuti, sporchi di sabbia e della loro saliva. Venne convocato un guaritore, inconfondibile dalla tunica ocra e dalla sciarpa bianca con il simbolo del Borgo: una ampolla di vetro e al suo interno una pianta di tarassaco. Un cerchio d’argento gli cingeva il capo calvo, fermandosi appena sul ponte nasale. Il mago guaritore inizialmente sembrò impassibile al doversi occupare di due nobili esterni alla Stella a Cinque Punte, ma quando vide i due politici in un grave stato di shock causato da magia di gran lunga superiore alle sue competenze, esclamò tra una imprecazione e l’altra:

‘’E io dovrei guarire loro due con la mia magia? Chiedete a Blackstone, è lui che è specializzato in pratiche del genere…’’

‘’Almeno puoi rendere stabili le loro condizioni, guaritore?’’- domandò il soldato con lo scudo, facendo riverberare ancora una volta la sua voce in quell’armatura argentata. Il guaritore annuì brevemente e, tramite l’Aeterius, contattò lo specialista nella sua dimora presente ai confini del borgo dei Magius. Inizialmente il guaritore non ricevette risposta da parte del collega, fin quando una voce roca rispose:

‘’Cosa vuoi Jarden? Sono occupato con l’asportazione di un tumore dal corpo di un cadavere, quindi sii rapido.’’

‘’Ho due nobili in grave stato di shock causato da magia quasi celestiale. Posso condurli nella tua dimora così che tu possa guarirli?’’- domandò Jarden, quasi imbarazzato nel dover sfruttare il suo collega per questioni del genere. Un sospiro irritato sopraggiunse dall’altro capo di quel filo incantato facendolo vibrare di un colore indefinito.

‘’C’entra quella maledetta torre di questa mattina, vero?’’- si limitò a chiedere ancora una volta Blackstone, grugnendo. Jarden confermò, guardandosi intorno alquanto imbarazzato mentre alcuni si accingevano a sistemare sui cavalli i due nobili politici. Blackstone sbuffò sonoramente quasi da voler interrompere il filo comunicativo. Dopo un breve silenzio, il curatore acconsentì a Jarden di condurli da lui, a patto di non contattarlo più attraverso l’Aeterius, ma tramite lettere o di persona. Il governatore Buccinide, ripresosi dallo strano stato di letargia, si avvicinò a al mago redarguendolo del suo comportamento fin troppo impulsivo, con il rischio di aver scatenato un dissidio tra la Stella e i due Imperi.

‘’Loro non conoscono la tua origine e, se dovessero far rapporto di quest’evento ai loro superiori, la Stella rischierebbe di entrare in guerra. Dalla sua nascita, cinque secoli fa, la Stella ha intrapreso rapporti commerciali con chiunque venisse al suo interno. Non puoi permetterti di aggredirli e passarla liscia.’’

‘’Lei è il Signor Buccinide giusto? La Signora Zea mi ha parlato di lei poco fa e suppongo sia a conoscenza dell’accordo che ho intenzione di stipulare con voi, non è così?’’- domandò Thymós allungando la mano in attesa che venisse stretta. Buccinide osservò prima il mago e poi la mano, preso alla sprovvista:

‘’Non è il momento! Tutti gli altri governatori non sono ancora al corrente della tua proposta e non sappiamo ancora se fidarci di te o meno.’’- rispose il Governatore poco dopo, scostando quella mano con aggressività; quel contatto provocò una scarica elettrica nel corpo del governatore ustionando i suoi polpastrelli ed imprecò furiosamente. Il mago si scusò in quanto i residui magici provocavano ciò a chi non avesse esperienze nelle arti arcane, ma nel tentativo di proseguire sbiascicò le parole, le pupille si dilatarono, la pelle assunse un colorito cinereo e cadde sul terreno con un pesante suono alzando sbuffi di polvere. Non appena il povero Thymós svenne, la Torre Oscura si risvegliò con irruenza investendo di magia antica tutti i presenti. Nessuno venne ucciso o subì ferite, però quella brusca esplosione eterea mise in allerta tutti compresi anche i Custodi dei Cinque Borghi costringendo ad evacuare la zona precauzionalmente. Con noncuranza, Parnasso trascinò come un sacco il mago verso il borgo dei Magius per ricevere le cure ma Brina, ancora pallida e spossata dalla magia usata in precedenza, lo fermò immediatamente:

‘’La Governatrice Markides vuole parlare con Thymós. Lei si occuperà del nostro ospite, e poi dell’accordo che ha intenzione di proporre.’’- si avvicinò al ragazzo, osservandone i capelli scuri ricadere sul volto, qualche goccia di sudore imperlargli la base del naso e le palpebre, le labbra secche e minuscoli graffi sulla pelle provenienti dalla caduta precedente. Brina evocò un nuovo vortice arcano, subendo gli effetti del grande sforzo compiuto e spinse al suo interno il mago, chiudendosi alle sue spalle e lasciando il governatore Buccinide lì come uno stoccafisso.

‘’Prima risolviamo queste sciagure, prima posso andarmene in vacanza. O in pensione.’’- si colpì le guance un paio di volte prima di tornare al suo studio, tenendo anche gli occhi fissi su quella Torre nemica e artefice della morte dei suoi abitanti. Anche tutti i restanti gonfalonieri si congedarono, dirigendosi nelle caserme della Città Comune nell’attesa che i nobili guarissero dallo shock inferto dall’arcano. Eppure il cavaliere con lo scudo decise di attendere lì, tra la sabbia e la povere, il ritorno dei due uomini. Immobile come una statua.
Quinto Borgo, Ravaria. Stella a Cinque punte. Primo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
Il corpo indebolito del povero mago Thymós giaceva sul freddo pavimento tessellato di forme geometriche che si univano tutte verso il centro della sala, formando il sigillo del quinto borgo: tre colonne ioniche con capitelli di tre forme diverse e alle loro spalle un grande sole rosso circondato da un cerchio dorato. Le stesse colonne raffigurate nel mosaico pavimentale erano presenti anche nella sala, dove da ogni capitello pendevano drappi di seta colorati che raffiguravano diversi stemmi araldici appartenenti a vecchie casate di Ravaria che segnarono la sua nascita. L’ultimo stendardo, una stella a cinque punte rappresentate rispettivamente dagli elementi dei cinque borghi, pendeva alle spalle della governatrice seduta nel proprio seggio elevato atto a dimostrare la sua potenza nel proprio borgo. Un uomo in livrea turchese accorse nella sala, trasportando una grande fiala colma di liquido incolore ma dall’odore acre che fece tossire dei soldati posti all’ingresso.

‘’Sono cinque ore che aspettiamo, Laride, cosa ti ha trattenuto tutto questo tempo?’’- domandò la governatrice visibilmente infastidita dall’attesa procurata dal medico. L’uomo aprì la bocca del mago e vi versò il liquido incolore evitando che morisse soffocato da esso e attese qualche secondo. La pelle di Thymós riprese colore e anche le pupille sembravano reagire alle luci e ombre della sala.

‘’Creare una pozione che possa stabilizzare un mago come questo…’’- si interruppe indicando il giovane per poi proseguire: ‘’Non è affatto semplice. Ho dovuto distillare un litro di estratto di rosmarino, tagliare cinque ramoscelli di cannella e ridurli in polvere, far evaporare un unguento alla valeriana…Perdonate se ho impiegato cinque ore, però creare qualcosa richiede tempo. E attenzione.’’

‘’Sì, come vuoi ma quanto ci vorrà prima che si riprenda?’’- chiese la donna, togliendosi i piccoli occhiali a mezzaluna e lasciandoli appesi al collo grazie ad una catenina. Laride si stupì dell’impazienza della governatrice e con lo stesso tono replicò:

‘’Quanto serve per guarire, governatrice.’’- e colpendosi il petto tre volte con la mano, lasciò la sala e il mago nel silenzio assordante di essa. Thymós si riprese con un sospiro strozzato da un colpo di tosse rauca che lo indusse a vomitare strano materiale filiforme, dissolvendosi a contatto con l’aria circostante. Due energumeni con abiti comuni parzialmente protetti da spallacci di metallo e pettorine alzarono di peso il mago, lo poggiarono su una passerella mobile legandogli mani e piedi con l’ausilio delle catene presenti su di essa. Un terzo uomo attivò il meccanismo della pedana, scattante verso l’alto per fronteggiare la governatrice. Thymós aprì gli occhi, incontrando quelli dell’anziana Markides:

‘’Finalmente! Sei un dormiglione, ma bando alle ciance. Voglio sapere le tue vere motivazioni di quest’accordo che vorresti stipulare, il materiale della Torre, che tipo di magia è quella che la circonda e molto altro. E se non mi riveli ciò che desidero…’’- parlò la donna spostando il suo sguardo su una pistola d’antica manifattura dalla canna dorata e dall’impugnatura in legno. Il mago notò poco dopo le catene ai suoi polsi e caviglie, facendole tintinnare rumorosamente suscitando ilarità nella governatrice che assicurò l’impossibilità a liberarsi da quelle manette senza una chiave adatta. Uno scatto metallico seguito da clangore assordante testimoniarono l’inefficacia dell’imprigionamento. I presenti rimasero sbigottiti ed impauriti, tanto da afferrare saldamente le loro armi e attendere gli ordini.

‘’Chiave adatta, ha detto?’’- domandò con sarcasmo Thymós massaggiandosi i polsi e guardando i soldati tremanti sottostanti. La governatrice, impulsivamente e comandata dalla paura, prese la sua pistola e fece fuoco verso il mago. Il proiettile, però, rimase sospeso a mezz’aria a pochi centimetri e il sospiro annoiato dell’incantatore non migliorò le cose; il proiettile a contatto con il sospiro si scompose in vari pezzi perdendo la sua efficacia offensiva.

‘’Come già detto alla sua collega, Zea donna incantevole devo ammettere, il mio accordo è incentrato sulla vostra salvezza. In queste poche ore ho constatato che le mura dei vostri borghi e dell’intera Stella non sono abbastanza forti da resistere ad determinati attacchi.’’

‘’Sciocchezze! Le mura della Stella a Cinque Punte possono resistere anche a colpi di catapulte incendiarie!’’- lo interruppe Markides, battendo il pugno sulla scrivania facendo tintinnare altri proiettili nascosti dal bordo ligneo. Thymós sorrise, come se si aspettasse tale interruzione e rispose a sua volta con una serie di domande:

‘’Se sono così resistenti, perché il muro a nord e quello a sud-ovest presentano gravi segni di usura nonché un foro abbastanza grande da far entrare una creatura famelica? Perché sui camminamenti di ronda di queste mura, sette delle dieci torri non dispongono di eccellenti meccanismi di difesa contro stregoni? Inoltre sa dirmi per quale motivo il muro ad est è meno ampio rispetto agli altri?’’

Quelle domande misero in grandi difficoltà la governatrice che non seppe rispondere, e fu ignara dello schiocco di una balestra provenire dal basso dritta al mago. Quest’ultimo la pietrificò come fatto per il proiettile, ma invece di scomporla, la riscagliò al suo proprietario conficcandogliela nella spalla fino all’osso. Altri balestrieri scoccarono i loro dardi, nonostante la governatrice ordinasse di cessare immediatamente il fuoco. Thymós saltò dalla pedana eseguendo una capriola, atterrando tra loro e respingerli con una barriera esagonale per poi bloccare il loro flusso sanguigno quel che bastasse per perdere loro i sensi. Il giovane mago, leggiadro, si librò in aria tornando ad altezza visiva della donna:

‘’Comprendo la vostra mancanza di fiducia, ma io voglio davvero aiutarvi. Così facendo non troveremo un accordo concreto. E, inoltre, risponda alle domande precedenti per cortesia.’’

La Governatrice Markides distolse lo sguardo, inorridita da come i suoi uomini furono sconfitti in pochi secondi. Condividendo il medesimo sentimento con loro, rispose:

‘’I segni di usura sono dovuti ad una pioggia temporalesca durata quasi cinque giorni ininterrotti avvenuta tre mesi fa. Abbiamo inviato una lettera ad alcuni maniscalchi capaci di modellare e lavorare quel tipo di materiale della quale le mura sono composte ma ancora nessuna risposta. Le torri prive di meccanismi difensivi sono causa di un eccessivo dispendio di fonti magiche e per tanto ci è stato consigliato di evitare. Il muro ad est è quello con il cancello d’entrata ed uscita, così da non appesantire l’intera planimetria.’’

Thymós annuì, fluttuando tra la pedana e la scrivania della donna ed infine sedendosi, divertitosi dal brevissimo se non quasi inesistente scontro. Il mago recuperò i vari pezzi che componevano il proiettile ridonandogli l’aspetto originale e reinserendolo nella pistola della governatrice:

‘’Le consiglio di indire una conferenza con tutti i suoi colleghi immediatamente, onde evitare che la Torre provochi ulteriori danni seri al vostro luogo. Io attenderò qui.’’- disse il mago, poggiando la guancia destra sulla mano quasi sonnecchiando e restando in quella scomoda posizione. La Governatrice balzò dalla sedia e corse giù a perdifiato, slacciandosi il colletto della divisa divenuto stranamente stretto, con il cuore in gola pronto a schizzarle dal petto e i piedi che battevano frenetici sulla pietra. Superato gli ostacoli umani, le porte dei vari corridoi e la sala di alcuni nobili intenti a discutere pratiche burocratiche, la Governatrice Markides giunse da un suo fidato messaggero Taka, un uomo dalle spalle grosse, carnagione bronzea con strani tatuaggi sul viso. Il messaggero era intento a trascrivere varie lettere intonando una ballata del suo popolo quando la donna entrò nel suo ufficio con irruenza:

‘’Governatrice Markides, tutto bene Signora?’’- chiese lui con la testa ancora abbassata sulla scrivania, per nulla preoccupato e fin troppo concentrato.

‘’Dobbiamo indire una conferenza con i restanti governatori e altre figure nobiliari per discutere concretamente con quel mago.’’

In un lampo Taka prese, da un porta pergamene, tre rotoli gialli di cui due indirizzati ai restanti governatori. L’odore emanata da essi sapeva, a tratti, di chiuso e acqua stagnante ma che lentamente si perse nel profumo di incenso presente nella stanza. La governatrice Markides le afferrò senza troppi fronzoli ma poi si voltò di scatto verso il messaggero:

‘’E tu come diavolo fai ad averle già pronte?’’

Il messaggero interruppe la trascrizione, corrugando la fronte e inclinando la testa da un lato confuso da quella domanda. L’uomo prese alti porta pergamene da sotto la scrivania dando concretezza a quella domanda:

‘’Io preparo in anticipo qualsiasi tipo di pergamena, lettera o comunicazione amministrativa, mia Signora. Vedo che la presenza del mago vi ha scosso molto, tanto da farvi dimenticare delle mie doti. Potete usare uno dei cilindri della posta pneumatica, se dovete inviare subito le convocazioni.’’- ed indicò gli appositi tubi sul muro; una lunga fila di sette tubi di rame con ganci d’ottone, cinque dei quali con i rispettivi sigilli dei borghi mentre gli altri due erano indirizzati a nobili e popolani della Città Comune. La governatrice stava per aggiungere qualcosa ma Taka la interruppe:

‘’Io non ho l’autorizzazione ad inviare lettere ai Governatori, ma solo riceverle e riconsegnarle a mano o tramite un mio sottoposto, mia Signora. Mi avete dato accesso solo ai restanti due tubi.’’

‘’Allora nuovo ordine: da oggi fino alla fine del tuo tempo, invierai e riceverai comunicazioni da ogni borgo. Ti farò avere un assistente che possa aiutarti a velocizzare tutto.’’- replicò affannosamente Markides, attivando le valvole della posta pneumatica e consegnando le due pergamene ai rispettivi colleghi. Taka emise un fischio silenzioso, apprezzando il nuovo incarico datogli dalla donna nonché ricevere anche un nuovo aiutante in quanto l’ultimo morì anni fa. Una volta inviate le lettere, la governatrice ritornò nella sala principale mentre Taka rimase nel suo studio a ricopiare altre scartoffie fin quando la sua mente non si offuscò improvvisamente costringendolo a cadere sulla poltrona.

‘’Oltre a Parnasso, noto con piacere che non mi temi..’’- esordì la voce di Thymós nella sua testa, facendo fischiare le sue orecchie con intensità. Taka afferrò una pietra, riconducibile ad uno zaffiro con un cordoncino di smeraldo, e la strinse tra la mano per cercare conforto.

‘’Ho controllo delle mie emozioni, giovane mago. Lasciarsi sopraffare da negatività rende impulsivi e poco ragionevoli. Credo che anche il signor Buccinide faccia lo stesso, nonostante la sua età.’’- rispose il messaggero stringendo di più la pietra, atto quasi a scacciare la voce dell’incantatore dalla sua testa. Thymós ridacchiò soddisfatto da quella risposta, congratulandosi per il sangue freddo del messaggero e per un breve lasso di tempo si materializzò innanzi a Taka:

‘’Non ho molto tempo, ma i miei ossequi messere Taka.’’- furono le sue parole, liberando la mente del messaggero dalla sua morsa magica. L’energia mistica dell’incantatore provocò nel messaggero un senso di smarrimento tanto da ammutolirlo, ma non così forte da consentirgli di replicare:

‘’ Thymós…Hai creato un bel po’ di scompiglio tra i borghi e tra i governatori, specialmente nell’animo della mia Signora. Non l’ho mai vista così agitata prima della comparsa di quella Torre e di te. Ti avverto: se in un qualche modo sei coinvolto con quella struttura, le mie mani saranno l’ultima cosa che vedrai.’’

Il mago sorrise, incrociando le braccia spiegando che non aveva alcuna intenzione di arrecare del male alla Stella o ai suoi abitanti ma desiderare solo di proteggerli dalla tirannia del suo compagno d’arti arcane e di impedire che tutto quel che è accaduto al suo mondo non si ripeta anche nella Stella. La sua forma variabile da incorporea a corporea si dissolse immediatamente quando percepì l’arrivo della governatrice e Taka si sentì finalmente sé stesso, calmo e ragionevole. La fronte e le tempie imperlate da goccioline di sudore caddero come un minuscola pioggerellina sulle sue gambe e mani. Prese un fazzoletto di velluto e si asciugò il sudore provocato dalla tensione avuta con il mago; il messaggero percepì la pesante, asfissiante e temibile energia mistica del giovane pervadergli ogni fibra del suo corpo.

’Per tutte le divinità, non mi sono mai sentito così scosso prima d’ora nonostante la mia calma…’’- pensò tra sé e sé, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso il balcone del suo studio per riprendere controllo del suo animo. Un fulmine cadde proprio a pochi metri da esso, cristallizzando la sabbia e distruggendo alcune pietre i quali frammenti volarono ovunque.

‘’Ma possiamo davvero fidarci di lui?’’
 
Città Comune, Sottosuolo. Stella a Cinque Punte. Palazzo Vega.. Primo giorno d’autunno. Anno: 719
 
Dopo molte ore, i cinque Governatori si riunirono nel Palazzo Vega per decidere le sorti del mago e se accettare o meno il suo accordo. Il palazzo era una struttura dalla forma di un prisma quadrangolare costruito sottoterra, inaccessibile a tutti i cittadini sia della Città Comune che dei Cinque Borghi fatta eccezione per i governatori. Forse era l’unico edificio a non aver sfarzose decorazioni, statue o dipinti, ma solo un grosso stendardo consunto raffigurante una mano protesa in avanti. Tutto questo era ben visibile dall’ascensore anch’essa costruita in un luogo accessibile solo a loro, scortati da un vecchio custode dalla schiena ricurva e le dita raggrinzite. Il viso rugoso nascondeva degli occhi piccoli e spenti, mentre la folta barba grigia e riccioluta impediva di vedere le labbra secche. Nella sua mano tremante stringeva una chiave di ferro che usò per aprire la porta dell’ascensore e si avviò verso il palazzo, muovendosi a piccoli passi scricchiolanti.

‘’Non dovrebbe sforzarsi così, caro Alber. Alla sua età dovrebbe essere già in pensione.’’- disse il governatore del quarto borgo, Hays. Non appena espresse quel pensiero, Alber gli poggiò le sue artritiche dita sulle labbra per farlo tacere immediatamente:

‘’Andrò in pensione quando il mio corpo non potrà più muoversi e avrà bisogno della sedia a rotelle. Per il momento, posso occuparmi del mio ruolo.’’- replicò lui con voce gracchiante, riprendendo il proprio cammino. Una volta fermatosi all’ingresso, tastò la superficie lignea trovando dopo qualche giro di clessidra il chiavistello per primo e poi la serratura; con movimenti fulminea, come se ormai conoscesse le forme di entrambi gli oggetti, aprì la porta mostrando gli interni impolverati, con ragnatele dalla grandezza di reti da pesca e sul tavolo nel centro sala uno scheletro riverso su di esso avvolto da stracci e un mantello.

‘’Per tutte le campane di Grica, quante volte ti ho detto di non dormire sul tavolo, eh?’’- asserì il vecchio Alber allo scheletro che si animò immediatamente. La mandibola cadde a penzoloni, mentre lo scheletro eseguì un inchino imbarazzato e rispose, non appena si rimise l’osso nella posizione corretta:

‘’Mi dispiace, signor Alber. Odiavo restare nella mia bara e questo tavolo era…Oh! I governatori sono qui!’’

‘’Sì, Mortimer. Per cortesia, illumina un po’ l’ambiente e sistema le poltrone. Io preparerò del tè. E per l’amor del cielo copri le tue ossa, sei al cospetto di illustri nobili e…’’

‘’Possiamo farla finita e occuparci di questioni importanti?’’- domandò Buccinide interrompendo i due strani amici da quella conversazione che, subito, si divisero per svolgere le loro mansioni. Solo in quell’istante notarono di non aver condotto con loro il mago e Zea imprecò massaggiandosi il ponte del naso, giurando di aver assegnato l’incarico ad un suo uomo di accompagnare Thymós nel palazzo Vega. Alber tornò poco dopo con un vassoio con delle tazzine di ceramica decorata e colme di tè fumante; fortunatamente non le appoggiò sul tavolo coperto dalla mappa della Stella a Cinque Punte, di pedine fluttuanti e luminose su ogni punta che evidenziavano i borghi. Uno squarcio magico si aprì in direzione opposta al loro tavolo, dalla quale comparvero un pallido soldato che stringeva, con delle cinghie, Thymós visibilmente preoccupato per le condizioni del povero uomo.

‘’Fammi indovinare: hai seguito le tracce magiche provenienti dal mio fucile?’’- domandò Parnasso, inarcando un sopracciglio e indicando con il pollice l’arma appoggiata alla sua sedia. Buccinide, invece, si affrettò ad accertarsi che il soldato non avesse ferite o fratture data la sua carnagione quasi cinerea mentre la governatrice Zea, la governatrice Markides e il governatore Hays fissarono trucidi il mago intento ad aiutare Buccinide.

‘’Mago, siediti immediatamente.’’- esordì Zea, indicando la sedia al capotavola opposto. Il mago fece spallucce e fece come richiesto. Non appena Buccinide concluse il suo dovere, consegnando nelle mani del vecchio Alber il povero soldato cinereo, si rimise a sedere al tavolo ed iniziò a dialogare con i vari presenti, indicando il centro della Stella a Cinque Punte ove si trovava il loro attuale nemico. Dalla tasca interna della sua giacca recuperò il rapporto dei danni, sia strutturali che magici nonché le perdite subite, e lo distribuì ai vari colleghi:

‘’Sono circa trecentomila Crone, una somma che attualmente non possediamo dato che il minerale con la quale le fabbrichiamo scarseggia di questi tempi.’’- e udendo la somma da dover pagare, i governatori emisero un grugnito soffocato da un colpo di tosse, eppur Parnasso non sembrò troppo impaurito da quell’ingente somma di danaro da adoperare. Il suo cruccio erano solo la Torre e il mago, specialmente quest’ultimo in quanto il suo accordo risultava troppo premeditato. Dopo le questioni burocratiche, fu lo stesso Buccinide a domandare al mago di cosa si trattasse. Thymós, però, restò ad osservare con rabbia il centro della mappa immaginando la presenza di una pedina raffigurante la diabolica torre sovrastare tutto il resto, pronta a consumare l’energia magica presente nella Stella. La governatrice Zea corrugò la fronte stranita e schioccò le dita per far rinsavire il mago, inutilmente. Hays, invece, cercò di avvicinarsi e non appena lo fece, l’incantatore si riprese:

‘’Perdonate. L’energia della Torre diventa sempre più forte e mette a dura prova anche la mia…’’- si massaggiò la testa, preda dell’emicrania scaturita dallo svenimento precedente. Dato che anche lui ricevette una tazzina di tè dallo scheletro vivente, decise di prenderne un sorso e proseguì:

‘’Avendone già discusso sia con le vostre governatrici, il mio accordo è il seguente: io vi darò una mano per liberarvi il prima possibile della Torre o di renderla inerme, ma voi dovete consentirmi di vivere tra voi come un comune cittadino. In più, data la mia provenienza da un’altra epoca potrò condividere le mie conoscenze, sia arcane che consigli su come migliorare la difesa e l’attacco.’’- puntando il dito verso la mappa generando una versione migliorata della Stella, con mura più resistenti e torri di vedetta migliori nonché qualche aggiunta magica in punti strategici.

‘’Pensate che migliorare questo insulso luogo possa fermarmi? E tu, maghetto, lo sai benissimo. Non puoi fare nulla! Ricordalo!’’- echeggiò una voce rancorosa e cavernosa nelle loro menti, con irruenza tale da scuotere gli animi di tutti i presenti. E non solo, anche la struttura, i cinque borghi e l’intera stella vennero scosse violentemente. Intuibile come quell’enorme energia mistica provenisse dalla Torre Oscura, ma meno intuibile la comparsa eterea di Abraxás, il nemico principale di tutti. Un uomo ricurvo, dagli occhi infossati e luminosi come tizzoni avvolto da fetidi stracci e bende che gli ricadevano dai polsi. Una mano stringeva un bastone di legno, o almeno così sembrava, e nell’altra mano un cristallo che cambiava forma geometrica ad ogni battito di ciglia. Senza indugi, il potente mago scaraventò lontani i presenti, facendo crepare le colonne, distruggendo il grande tavolo e la mappa che vi poggiava su di esso; anche il povero Mortimer finì nella baraonda:

‘’Ehi, io sono uno scheletro morto da secoli! Perché devo essere anch’io vittima della tua vendetta?’’

‘’Uno scheletro parlante? Uh, curioso, potresti tornarmi utile in futuro.’’- ma le parole del potente essere vennero interrotte da tre spari in successione che lo attraversarono da parte a parte creando dei fori larghi abbastanza da far passare una mano. Abraxás rise, avvertendo una grande aura magica provenire da quei colpi inferti e rivolse l’attenzione a Parnasso, l’unico ad essersi rialzato illeso e con il fucile fumante.

‘’Non sei un mago, né uno stregone né un incantatore. Eppure sei riuscito a colpirmi per tre volte. Cosa sei dunque?’’

‘’Un vecchio soldato, governatore del borgo degli artisti.’’

‘’Parli troppo!’’- sibilò Abraxás colpendo dalla distanza ravvicinata con un potente raggio ambrato che lo spinse oltre il tavolo infranto, le colonne, i gradini di un piccolo altare per terminare la sua corsa contro una vetrata istoriata che resse al fisico statuario di Parnasso. Abraxás fece scomparire i grossi fori, tornando al suo stato originale e si avventò sul povero Thymós sferrandogli un calcio contro lo sterno, scaraventandolo su una colonna che si infranse a metà. Il possente mago stava per attaccare nuovamente se non fosse stato per l’intervento dello scheletro che gli morse la caviglia:

‘’Sarò un semplice scheletro, ma nessuno osa distruggere la mia casa!’’- esclamò il teschio di Mortimer, riuscendo a ferire il mago tanto da meravigliarlo. Ripresosi dalla sorpresa, Abraxás mosse la gamba verso l’alto riuscendo a liberarsi dal morso del teschio che perse la presa e si ritrovò ben presto spaccato a metà dal bastone magico, rotolando ai piedi del povero Alber.

‘’Oh Mortimer, quante volte ti ho detto di non intrometterti in questioni come queste?’’

‘’Mi perdoni, Signor Alber ma vede benissimo quel che sta succedendo.’’- rispose il teschio, tentando di sorridere seppur senza fibre muscolari. Una nuova esplosione magica, questa volta proveniente dalle mani di Thymós, fu sufficiente a respingere l’avanzata del nemico. Il potente stregone rise, euforico per essere stato colpito nuovamente e diede sfogo alla sua essenza diabolica evocando una coltre oscura dalla quale si palesarono centinaia di occhi bianchi sopra le loro teste, sui loro corpi e nelle loro menti.

‘’Non riuscirete a fermare ciò che il destino ha in serbo per voi!’’- furono le ultime parole di Abraxás, lasciando dietro di sé quell’oscurità colma di occhi diabolici. Il mago ferito, ancora inghiottito dalla colonna, liberò la sua energia purpurea e rossiccia creando un cerchio magico con forme triangolari. Le sue mani si mossero frenetiche fin quando l’incantesimo non fu pronto:

‘’Luums!’’- e dalle mani del mago una accecante luce distrusse la coltre oscura di occhi demoniaci, riportando la calma nel Palazzo Vega, danneggiato irrimediabilmente. Il primo a riprendersi, seppur intontito, fu proprio Buccinide seguito poi da Zea che si reggeva un fianco dolorante; dal respiro corto e il viso contorto, la governatrice aveva riportato diverse costole rotte. Hays invece restò immobile tra i detriti, terrorizzato da quell’immisurabile potere dei due stregoni:

‘’Mio…mio dio cosa diavolo è appena successo?’’- domandò balbettando saettando lo sguardo da un lato e l’altro, assicurandosi che nessun’altro maleficio fosse presente. Con un grugnito rabbioso e cuoio che scricchiolava, Parnasso si rialzò in piedi frastornato con un lungo taglio sulla fronte che continuava a sanguinare. E dai suoi occhi era evidente la rabbia repressa per l’accaduto.

‘’Mago, parla! Cosa è accaduto?’’- ringhiò lo stesso Parnasso, avvicinandosi furiosamente al giovane mago per poi afferrandolo per il colletto degli abiti consunti. Thymós sospirò, sentendosi in dovere di spiegare l’ennesimo evento:

‘’Quello che avete appena visto è solo un frammento dell’immenso potere di Abraxás. Con così poca energia è stato in grado di distruggere una città di grandi dimensioni. All’apice del suo potere…Interi imperi furono spazzati con uno schiocco di dita. Ve lo chiederò per l’ultima volta: accettate tale accordo? Ne vale la vostra incolumità!’- allargò le braccia per indicare tutti, compreso Mortimer lo scheletro. Ma l’unica che non si fece notare fu la governatrice Markides, svenuta e sommersa da detriti di vario genere, di cui uno di quei pezzi le aveva forato il fianco. I restanti governatori, con l’aiuto di Alber, tolsero i vari detriti evitando solo di lasciare quell’unico frammento di acciaio nel fianco. Il mago provò a creare un incantesimo di guarigione, ma Buccinide glielo impedì dopo la forza distruttiva dimostrata da Abraxás.

‘’Signor Alber, per favore contatti immediatamente Orchidea del Borgo dei Magius e i costruttori del mio borgo per sistemare questo posto. Alla svelta!’’

‘’Come desidera, messere Buccinide.’’- replicò il matusa, con ancora il teschio di Mortimer nella mano. E quest’ultimo chiese se potesse fare qualcosa, in quanto si sentisse responsabile della tragedia. Così, silenziosamente, comandò alcune delle sue ossa di prendere una borsello colmo di erbe secche e consegnarle al mago, intento a frenare la perdita di sangue dal fianco con delle magie di cura. Thymós ne approfittò e le usò, pur non sapendo che tipo di erbe fossero e le sbriciolò sul foro che sfrigolò al contatto sia della magia che della pelle. Un gemito gutturale provenne dalla governatrice, susseguita da una bestemmia ed una imprecazione peggiore di scaricatori di porto. Aprì gli occhi e si vide circondata dai suoi amici, dal mago e dal signor Alber, chiedendo cosa fosse accaduto nell’intero Palazzo. Nessuno rispose in quanto la ferita continuava a sanguinare e le sue condizioni peggioravano di minuto in minuto, così Zea evocò un portale proiettato proprio nello studio di Archimede. Fu proprio costui a varcarne metà con il suo corpo, confuso:

‘’Uh? E questo portale da dove sbuca? Governatori?! Ma che diavolo è successo qui? E tu sei quel mago che…’’

‘’Bando alle domande Archimede! La governatrice Markides ha bisogno del tuo aiuto. Oh, e mago? Accettiamo il tuo accordo!’’- asserì Buccinide interrompendo e sorprendendo tutti i presenti.

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Capitolo 3
*** Arcana ***


Quarto Borgo, Tihrian. Stella a Cinque punte. Secondo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
‘’Governatore Hays? Governatore si svegli!’’- esclamò la voce di un nano robusto, armato di un pesante martello che poggiò violentemente sulla scrivania del governatore, incrinandola e facendo svegliare di soprassalto l’uomo. Hays fulminò con lo sguardo il nano dalla pelle color granitica, appollaiatosi sul legno infranto con un sorriso divertito e con un braccio sul manico dell’arma.
 
‘’Posso sapere cosa vuoi ora, Dastam? Sei stato pagato una settimana fa per i tuoi servigi.’’- disse muovendo la mano come se volesse scacciare una mosca. Il nano proruppe in una risata bella fragorosa, sbattendo le mani sui fianchi del governatore, complimentandosi per la battuta; i colpi furono abbastanza forti da provocare bruciore e spostarlo di qualche passo.

‘’No, signor Hays non si tratta di pagamenti. Sono qui per informarla che sia la governatrice Markides che i due nobili del giorno prima sono svegli.’’- iniziò a dire il nano, prima di essere interrotto dalla voce del governatore gioioso per la novella. Il nano, però, aggiunse qualcosa inerente ai due nobili che lo terrorizzò:

‘’Hanno intenzione di interrompere il patto d’alleanza con la Stella.’’- e con ciò diede una lettera chiusa al suo amico governatore, che la strinse tra le tremolanti dita. Hays la aprì e lesse rapidamente il contenuto, impallidendo ad ogni parola che i suoi occhi scorgevano.

‘’Alla luce dell’aggressione avvenuta il giorno del nostro arrivo, per proteggere la nostra incolumità e quella dei nostri luoghi di provenienza, ogni contratto d’alleanza stipulato con la Stella a Cinque Punte. I contratti commerciali resteranno invariati, come i Trattati delle Risorse, ma in caso di guerre che possano coinvolgere la Stella non interverremo. L’Illustre Sovrintendente Luccio Alvio dell’Impero di Cenzo e il nobile Cancelliere Ramni Avith del Califfato Suwidaha si rammaricano di questa scelta ponderata dopo ore di discussioni, ma per preservare l’incolumità dei loro luoghi d’origine la decisione è stata presa. La aspettano nel Borgo dei Magius, nello studio dell’illustre Archimede.
Cortesi saluti,
Wall.

’E adesso questo Wall chi sarebbe?’’- domandò Hays, asciugandosi la fronte sudata e gettando via la lettera, stropicciandola. Il nano però non rispose, impegnato a lisciarsi i baffi e la barba specchiandosi sulla testa del martello da guerra che portava con sé. Il governatore bisbigliò una minaccia rivolta alla folta peluria e il nano, furente, si voltò brandendo l’arma con astiosità:

‘’Che cos’ha appena detto della mia barba?’’- domandò Dastam, pronto a sferrare il primo colpo sulle ginocchia del governatore. L’uomo riformulò la domanda, cercando di scoprire chi fosse l’autore della lettera. Il nano, con il martello ancora alzato per attaccare, saettò gli occhi alla ricerca della risposta finché ricordò con un sorriso incredulo:

‘’Wall è la condottiera che ha protetto i due uomini dal potere del mago. Bontà di birra, quella donna è magnifica quanto temibile.’’- e le gote del nano si arrossarono, immaginando qualcosa di poco promettente. Il governatore inizialmente non fece caso alle parole del nano, ma successivamente arretrò confuso:

‘’Aspetta, hai detto condottiera? L’omaccione con lo scudo in realtà è una donna?! Dimmi che hai bevuto troppo, Dastam.’’- ma il nano continuò a sorridere e confermò quanto detto prima. Quella rivelazione fece svenire il povero uomo, lasciando al nano dalla pelle granitica il compito di sorvegliare su di lui.

‘’Seriamente io devo lavorare ancora per lui?’’- si chiese il nano, osservandolo con aria di sufficienza, massaggiandosi l’arcata nasale. Nel medesimo entrò qualcuno vestito di stracci, privo di pelle e solo ossa leggermente incrinate, diverse crepe sul teschio e sulla mandibola eppure si reggeva ancora in piedi. Il nano e Mortimer si scambiarono un breve sguardo, per poi concentrarsi sul povero governatore brevemente e poi tornare ad osservarsi:

‘’Perché svenuto?’’- chiese Mortimer sedendosi su una delle sedie presenti nello studio attendendo che il nano terminasse di ridere sotto la folta barba.

‘’Oh, ha scoperto che Wall, il cavaliere con lo scudo è una donna. Dovevi vedere la sua faccia! Pallida come un cencio! Ma perché sei qui tu, Ossicino?’’- domandò a sua volta il nano prendendo una fiaschetta di liquore dal cassetto della scrivania del governatore, bevendone un gran sorso condito da un rutto e poi si asciugò la folta barba ove alcune goccioline erano rimaste imprigionate. Mortimer si grattò la crepa sulla sua calotta cranica come se tentasse di ricordare. Schioccò le ossa riuscendoci:

‘’Ricordi del catastrofico evento del giorno prima? Bene, alcune di quelle vittime già defunte hanno presentato gli stessi segni di corruzione mostrati da Gabràn. Archimede ha analizzato quegli strani liquami rilasciati dai cadaveri ma i suoi strumenti si sono fusi nel tentativo di scoprirlo.’’

‘’Tento ad indovinare: gli serve un compenso monetario per le riparazioni?’’- domandò lui, posando l’arma sulla propria schiena coriacea. Lo scheletro vivente annuì, facendo schioccare le falangi per concretizzare il concetto. Il nano replicò che avrebbe riparato lui gli strumenti del giovane mago essendo in grado di riconoscere i vari oggetti di Archimede e di come maneggiarli e, inoltre, chiese allo scheletro vivente se avesse un frammento o qualcosa che potesse permettergli di vedere meglio cosa e quali materiali usare. Mortimer recuperò una scatola d’acciaio bianco e lo consegnò al nano. I piccoli occhi indagatori osservarono ogni dettaglio, il naso si schiacciò sulla superficie assorbendo gli odori emanati e, quasi come un pazzo, leccò un paio di volte la facciata.

‘’Oh, ma tu guarda! Un condensatore di energia magica! Roba che scotta, Ossicino. Non sarà facile riparare aggeggi del genere.’’- replicò il nano con uno strano barlume d’interesse negli occhi, prima di riconsegnare nelle falangi di Mortimer il condensatore. Dastam stava per andarsene ma si ricordò del governatore svenuto, così fece scricchiolare le dita e con un violento schiaffo sul viso di Hays lo risvegliò. La guancia sinistra si tinse di rosso e si gonfiò appena, lasciando intravedere controluce le cinque dita callose del nano che rideva di gusto:

‘’Sei impazzito? Nano bastardo!’’- esclamò Hays, rialzandosi massaggiandosi la guancia arrossata; notò anche il cassetto della sua scrivania aperto e la fiaschetta nelle mani di Dastam. Stava per aggiungere altri insulti, ma Mortirmer si intromise:

‘’Per favore, calmi tutti e due. Dastam, vai da Archimede e aiutalo con gli strumenti. Governatore dobbiamo parlare.’’

Non appena le acque si placarono, Hays e Mortimer discussero di ciò che disse in precedenza lo scheletro vivente al nano combattente, di come Archimede tentò di analizzare la materia melmose espulsa dalla corruzione sui corpi dei vari cadaveri e di come gli strumenti, per l’eccessiva energia presente all’interno dei sieri, esplosero creando non pochi danni e feriti. Mortimer estrasse anche un foglio che mostrava il costo: duecento drakirh, Eppure quella valuta non sembrò destargli molti problemi:

‘’Drakirh? Non equivalgono a poche monete d’oro dei popoli d’oltre dune, come quelle usate dai nani?’’

‘’Equivalgono a mille Leoni di Giada, gli stessi Leoni di Giada usati per finanziare le vasche vitali andate distrutte. Lo scambio di valuta è diverso, quindi se pensava che fossero pochi, in verità son molti. Io adesso mi son trattenuto troppo in chiacchiere. Non si dimentichi di raggiungere i due nobili nel borgo.’’- e così Mortimer si avviò verso l’uscita, lasciando nel tombale silenzio il povero Hays. In meno di ventiquattro ore l’intera Stella a Cinque Punte si ritrovò non solo ad affrontare una minaccia di un futuro lontano ma anche una minaccia economica che poteva condurli al baratro della povertà e carestia. Restò a grattarsi la nuca fino a scorticarla per poi alzarsi con uno scatto da far cadere la poltrona sulla quale era seduto, adirato per tutti gli eventi accaduti fino ad ora. Corse, tra varie passerelle e piattaforme, al borgo dei Magius non prima di finire nel bel mezzo di una discussione tra umanoidi dalla pelle bluastra e creature gelatinose su cesti colmi di oggetti; uno di questi traboccava dello stesso materiale gelatinoso proveniente dal corpo degli strani esseri melmosi. Destreggiandosi in quel trambusto, giunse alla porta per poi discendere una serie di scale a chiocciola che lo condussero finalmente all’esterno del palazzo. Ma qualcosa di innaturale era accaduto: una grossa fenditura che si allungava dall’entrata fino alla torre del Custode Hallvar, diramandosi poi in diverse altre direzioni con minore intensità e danni. Il povero governatore, frustrato, imprecò sonoramente e si avviò rapido all’uscita del proprio borgo. Continuò a camminare tra la polvere e la sabbia, accompagnato dal torpore autunnale per poi far echeggiare i suoi passi su della pietra scura. Si ritrovò in una stanza a lui familiare, non tanto per l’odore di chiuso e segatura e altri profumi, le colonne annerite dal fuoco di candele sempre accese ed uno strano velo di morte:

‘’Governatore Hays? Lei qui e senza alcun invito?’’- domandò una voce gracchiante, da far accapponare la pelle. Hays si voltò di scatto trovandosi faccia a faccia con un vecchio dalla schiena ricurva, dita ossute e affusolate sporche di cenere, occhi infossati e arrossati come se non dormisse da giorni.

‘’Oh, tu dovresti essere il mago che si occupa di magia oscura…Zargas, giusto?’’- e quella domanda ricevette come risposta un duro colpo di bastone sul suo ginocchio, provocando un secco suono di ossa rotte.

‘’Il mio nome è Zalbas, governatore! Si ritenga fortunato di avere ancora la rotula, altrimenti…Un secondo. Ora che ci penso: come ha fatto a giungere qui dal suo borgo? Di solito ci vuole un’oretta.’’

‘’E lo chiedi a me, dannazione? Prima evito una lunga voragine comparsa nel mio borgo e adesso mi trovo trasmigrato nel borgo dei Magius. Sono qui solo per parlare con Archimede. Nient’altro.’’- una lunga catena avvolse il corpo di Hays in quell’istante, issandolo come se fosse un salame stagionato impedendogli di parlare. Zalbas stava per aggiungere qualcosa se non fosse stato per l’intervento di Archimede, lesto nel far scomparire quella catena e trascinare il governatore nel suo studio sprofondando nel pavimento. Zalbas, ancora ignaro, afferrò un lungo coltello dalla lama seghettata sporco di sangue rappreso:

‘’Caro Hays, visto che lei è qui senza invito e solo per il vecchio Archimede, sa benissimo che richiedo sempre un compenso. Gradirei prendere un suo dito e studia…’’- e rimase in silenzio quando vide la catena tagliata a metà da qualcosa di incandescente.

‘’Accidenti a te Archimede!’’- esclamò a gran voce Zalbas, scaraventando il coltello lontano adirato per aver perso una potenziale cavia. Una volta nello studio, Hays si ritrovò al cospetto dei due nobili visibilmente scossi e anche adirati, e alle loro spalle capeggiava la condottiera dello scudo, con la visiera dell’elmo alzata così da poter mostrare i suoi occhi inespressivi e freddi come l’ardesia. Lo stesso gelo che si percepiva nello studio di Archimede:

‘’Allora, beneamati nobili ecco a voi il governatore Hays. Se avete bisogno del mio aiuto, mi troverete in uno dei laboratori.’’

‘’Cortesemente, Archimede, devi restare anche tu. Dobbiamo discutere anche con te.’’- rispose Luccio, con voce pacata ma a tratti imperiosa tanto da innervosire il ragazzo che prese a torturarsi le dita, costernato dalla situazione. Ramni Avith, invece, invitò i due a sedersi e prendere un foglio presente sul tavolino poco distante da un servizio da tè. Fu lui stesso a prender parola:

‘’Come potete leggere dal rapporto stilato poche ore fa, l’assalto procurato dal vostro ospite ci ha fatto rivalutare il desiderio di essere vostri alleati. Lei, governatore, sa che i rapporti commerciali resteranno invariati ma non quelli bellici e diplomatici. La presenza del mago che dice di provenire da un’altra linea temporale è assurdo quanto impossibile secondo le nostre conoscenze. I suoi poteri inoltre sono un pericolo per il benessere collettivo dei nostri luoghi. Quello che abbiamo visto è anche descritto lì.’’- ed indicò il foglio nelle mani del governatore. Le visioni descritte presagivano uno scenario apocalittico, peggiore di quello attuale, devastazioni in ogni dove, tempeste di fulmini e interi paesi demoliti da baraonde d’energia arcana. Il governatore sembrò estraniarsi sempre di più ma Archimede si intromise:

‘’E la ragione della mia presenza invece? Ho commesso qualche errore della quale sono all’oscuro?’’

‘’Sì, riguarda le armi che portavamo. Erano due daghe, uno stocco dall’elsa di platino di Ramni, due pistole e una cintura di pugnali, delle cartucce di polvere da sparo incantato e…’’- Luccio si fermò per riflettere su quali altri oggetti mancassero.

‘’Un dodecaedro di vetro opaco.’’- disse Ramni, accavallando la gamba ancora dolente. Archimede sbarrò gli occhi, facendo saettare le pupille a destra e manca alla ricerca dell’oggetto. Fortunatamente lo vide poggiato su uno sgabello e prontamente lo indicò imbarazzato.

‘’Perfetto, ma le armi?’’- domandò ulteriormente il cancelliere, impaziente di conoscere le sorti di quegli oggetti. Archimede tentennò e balbettò qualcosa di indecifrabile, suscitando un leggero riso d’ironia nel sovrintendente Luccio, quasi additando il ragazzo come un bugiardo ed un paranoico.

‘’Le Vostre armi, beneamati nobili, sono tornate nei rispettivi luoghi. A quanto pare, l’assistente meccanicizzato di Archimede ha ritenuto quelle armi importanti per la Vostra carica e non ha voluto distruggerle.’’- esordì la condottiera con lo scudo, salvando dall’infarto Archimede e che annuì frettolosamente.

‘’Oh sì! Dusty è un drone molto intelligente che riconosce quando qualcosa è importante o meno! Sì, sì! Un dono d’estrema utilità anche quando sono impegnato in altre faccende.’’

I due nobili si scambiarono uno sguardo perplesso e confuso, specialmente rivolto alla loro guardia del corpo, impassibile nonostante osservasse Archimede ancora imbarazzato. Luccio e Ramni, non avendo ulteriori domande si congedarono, ma ordinarono a Wall di restare nella Stella a Cinque Punte e sorvegliare il mago straniero così da poter fare rapporto a fine missione. Wall si sentì spiazzata da quell’ordine ma non rispose, limitandosi al saluto militare e alla benedizione per i due uomini che lasciarono la stanza scortati da un altro uomo che si trovava con loro. Wall si tolse l’elmo, rivelando il viso e la capigliatura quasi vichinga, con i lati della testa rasati e strani tatuaggi su di essa: da lontano assomigliavano a teschi di corvi, eppur avvicinandosi sembravano essere teschi umani. La donna, ormai in presenza di un governatore timoroso ed un mago imbarazzato, non si fece problemi a togliersi anche l’armatura mostrando la sua muscolatura ben definita.

‘’Wall è il tuo nome oppure è solo un…titolo che ti sei data?’’- domandò balbettando Archimede, cercando di distogliere lo sguardo dalla donna che lo aveva difeso.

‘’Il mio scudo.’’- replicò brevemente la condottiera, mostrandolo ai presenti. Simile ad uno scudo scapezzato, dai bordi taglienti e tendendo ad allungarsi verso il basso.

Lo stemma inciso sulla parte frontale era impossibile da vedere in quanto i segni d’usura, di guerre distanti e dure ammaccature furono i protagonisti di quella superficie metallica. Hays, venendo distratto dal bagliore emanato dallo scudo, si riprese dal suo stato catatonico e si sorprese di notare la condottiera senza più la sua armatura.

‘’Oh Sacripante, dove sono Luccio e Ramni? Cos’hanno detto?’’- domandò il governatore alzandosi frettolosamente dalla poltrona con il documento ancora tra le mani.
‘’Sono andati via, convinti dalle parole della prode condottiera qui di fianco!’’- rispose Archimede con un sorriso a tratti il nervoso e l’imbarazzato, per nulla intimorito dalla sua stazza. Il governatore sembrò confuso dall’inusuale comportamento di Archimede, temendo che avesse sbattuto la testa da qualche parte. Hays rivolse nuovamente lo sguardo al documento e rileggere quelle parole gli misero un forte malumore.

‘’Come li hai ingannati quei due? Hanno sempre la puzza sotto il naso.’’- borbottò il governatore massaggiandosi la fronte e il naso, tentando di rimuovere le ultime tracce di sonno e rabbia del giorno precedente. La condottiera replicò:

‘’Si fidano ciecamente di me. Ho detto loro che l’assistente meccanico di Archimede ha teletrasportato le loro armi nei luoghi d’origine, in modo da salvare ulteriori compensi economici. Che non potete permettervi, adesso. E hanno detto ciò che è scritto sul documento, ma mi hanno espressamente ordinato di restare a vigilare sul vostro ospite.’’

‘’Ospite? Oh, il mago. Già, comunque io ora devo incontrare la Governatrice Markides. Archimede conducimi da lei.’’- e con una pacca ricevuta sulla spalla il mago si riprese, tornando sé stesso e accompagnando il governatore verso una piattaforma esterna, la stessa piattaforma usata da Orchidea il giorno precedente. Nel tragitto, la piattaforma mobile venne scossa da un forte tremito che preoccupò sia il governatore che il mago. Dopo un po’ la piattaforma si mosse con velocità innaturale, catapultati ben presto nella sala medica dove Markides soggiornava per le cure e la piattaforma si guastò poco dopo, incendiandosi; l’enorme capitombolo spalancò la porta, rompendone i cardini e travolgendo anche un altro mago guaritore che si imbrattò di unguenti e garze insanguinate:

‘’Siete impazziti per caso? Ci vorranno ore per ripreparare questi unguenti, dannazione!’’- esclamò infuriato, cercando di sistemarsi la divisa e togliersi i liquidi appiccicosi da sopra, imbrattandosi ulteriormente le mani. Archimede lo afferrò per il colletto e gli mostrò la piattaforma danneggiata da chissà cosa e l’uomo si scusò per aver reagito in quel modo. Il destino sembrava odiarli al tal punto da rendere inutilizzabile uno dei mezzi di spostamento importanti per il borgo dei Magius:

‘’Ah, perdonami ma sai se Blackstone sa altro?’’- domandò Archimede all’uomo, ancora sporco e intento a raccattare le ultime cose.

‘’Inerente a?’’- chiese lui, perplesso dalla domanda e ancora innervosito per il pasticcio causato da eventi incontrollati.

‘’Ai due nobili Luccio e Ramni. Per caso, durante la loro guarigione, hanno rivelato dettagli non inseriti nei documenti lasciati? Non so, qualcos’altro inerente ad accordi o misure…’’- e terminò gesticolando in un tentativo di farsi comprendere dal collega. Il mago guaritore fece mente locale e con uno schiocco di lingua disse che i due nobili aveva intenzione di un plotone d’arresto nei confronti di Parnasso per il suo comportamento oltraggioso nonché astioso nei confronti dei due nobili.

‘’Un plotone d’arresto per Parnasso? Buona fortuna, il governatore ha l’immunità diplomatica a seguito del Patto dei Sei Principi stipulato sei anni fa. E pur volendo, non possono usare la forza contro di lui.’’- si intromise Hays, ridacchiando divertito dal gesto.

‘’Non se quel plotone d’arresto è l’Anello delle Catene!’’- corrispose il mago guaritore, andandosene verso i propri doveri, lasciando amareggiati e incupiti i due uomini. L’Anello delle Catene non era un comune plotone d’arresto, era uno dei più importanti tra i vari plotoni militari esistenti, riconoscibili da un anello di catene legato al polso sinistro mentre sul petto mostravano uno stemma più dettagliato e ancor più terrificante delle semplici catene legate al polso. Nessuno è stato in grado di vedere il loro volto da quando il plotone è stato creato, indossano sempre una maschera che li cela completamente da sguardi incuriositi concedendo loro libero passaggio tra villaggi o repubbliche. Archimede si passò le mani fra i capelli, inorridito dal dover incontrare nuovamente quegli uomini:

‘’Quanti sono in quel manipolo di norma?’’- domandò il governatore mentre proseguiva insieme ad Archimede verso la stanza ove alloggiava la governatrice Markides.
‘’Negli ultimi vent’anni sono diventati quasi mille, ma molti di loro si occupano di scartoffie o hanno altri doveri da svolgere per compito dei loro signori. Temo di più i Dieci dell’Anello, i fondatori dell’ordine militare. In fin dei conti, ‘plotone d’arresto’ è solo una formalità.’’- rispose Archimede evitando che il piccolo Dusty andasse nuovamente a schiantarsi da qualche parte dandogli una mano a superare degli scaffali. Una volta arrivata all’alloggio della governatrice, il mago e il governatore si fermarono a pochi metri da esso notando la presenza di due uomini intenti a parlare ed uno di questi indossava proprio una catena che avvolgeva l’intero braccio.

‘’Non promette nulla di buono. Specialmente se Blackstone li conosce…’’- bisbigliò Archimede, impedendo al governatore Hays di proseguire oltre, trattenendolo dalla spalla. I due continuarono a dialogare fin quando il soldato con la catena notò la loro presenza indesiderata, facendolo presente al suo interlocutore:

‘’Hai visite Blackstone. Rifletti sulle mie parole e pondera le tue decisioni. Ricorda: l’integrità della Stella è a rischio…’’- sentenziò il soldato, creando un portale dimensionale dalla quale si lasciò inghiottire e svanire alla loro vista. Blackstone si volse in direzione del governatore Hays e il suo collega Archimede con fare stanco e annoiato, ma con un gesto della mano invitò i due ad avvicinarsi per poter parlare. Archimede ed Hays titubarono inizialmente ma presero coraggio e si avvicinarono per ascoltare il richiamo di Blackstone, dato che non sopportava seccatori mentre era impegnato in questioni di suo interesse, specialmente se riguardavano i membri dell’Anello. Insospettito dall’insolito dialogo tra i mago e il soldato, il governatore volle immediatamente delle spiegazioni.

‘’Prima di essere un mago guaritore al servizio della governatrice Zea e del borgo Magius, facevo parte anche io dell’Anello delle Catene. Ho mantenuto i contatti con loro, dato che mi forniscono molte volte ‘cavie’ per i miei esperimenti. Se state per chiedermi informazioni sui vari membri, quelli non devono interessarvi, governatore Hays. Né a te, caro Archimede.’’- rispose Blackstone, sibilando per incutere timore aggiuntivo grazie anche alla sua statura robusta. Ignorando una possibile reazione da parte dei due, l’uomo aprì la porta dell’alloggio di Markides facendo fluire all’esterno dozzine di fragranze che pizzicarono il naso di Hays, oltre a rumori di ingranaggi e contrappesi e vociferare di altri guaritori presenti. Archimede ed Hays, successivamente varcata la soglia, si separarono ognuno intento a compiere i propri doveri. Il governatore, una volta chiesto ad uno dei curatori dove fosse la governatrice Markides, si fece scortare e la trovò immersa in una vasca di vetro opaco colma di acqua ambrata lucente e, di fianco ad essa, un mago concentrato sul tenere viva l’energia arcana per accelerare il processo di guarigione.

‘’Diagnosi?’’

‘’La governatrice ha subito uno shock dovuto all’eccessiva presenza di magia proveniente dal nostro…ospite indesiderato. Per quanto riguarda la forma materiale: frattura del malleolo peroneale, trauma toracico causato da detriti e lesioni di moderata entità alla mano destra. La governatrice Markides è una donna forte, tra un paio di settimane si riprenderà completamente, ma già da stasera potrà tornare a lavoro. Evitate solo che il mago dell’altro mondo possa infastidirla.’’- rispose il medico controllando il prisma che custodiva tutti i dati inerenti alla donna. Eppure Hays non era convinto dalle parole dell’uomo e domandò se ci fosse altro della quale preoccuparsi, qualcosa di più grave.

‘’Temiamo che lo shock arcano subito, seppur lieve, abbia danneggiato la sua psiche. Ha avuto episodi riconducibili a paranoia e allucinazioni e abbiamo usato un potente incantesimo di sonno per placarla. In caso manifesti altri sintomi, per favore datele queste.’’- bisbigliò il medico per poi porgere una scatola contenente strane erbe cristallizzate, ognuna tenuta saldamente da un piccolo ditale d’argento. Il guaritore di fianco la vasca terminò il suo incantamento, ormai sfinito e incapace di usare la sua magia in quanto esaurita:

‘’Per oggi ho concluso Janus…La mia magia ha bisogno di ricaricarsi. E le mie mani di riposarsi.’’- asserì lui, mostrando i palmi completamente arrossati quasi fossero ustionati.

‘’Nessun problema Varas, cerca di riposarti. Ti sei sforzato fin troppo oggi.’’- e con una pacca sulla spalla congedò il mago, ormai stanco in ogni fibra del proprio corpo e quei segni erano addirittura visibili. Il governatore domandò successivamente come dovesse usare quelle erbe e il mago, rapidamente, spiegò che quei cristalli potevano essere rotti con un semplice martello oppure svitare il ditale d’argento, inserire il cristallo nell’acqua calda e lasciare che le erbe agissero per conto loro.
‘’Se vi sono ulteriori problemi, governatore, sa dove trovarmi. Adesso mi scusi ma ho altri pazienti da visitare. E operare anche.’’- disse Janus, chinando il capo e avviandosi in altre aule della struttura. Hays, dunque, ormai da solo si mise a sedere vicino la vasca ove era immersa la governatrice semi cosciente fin quando non riprese conoscenza completamente e chiese:

‘’Cosa è accaduto? Dove sono?’’- il suo sguardo spaesato si tramutò in terrore e cercò di scattare dalla vasca, ma il governatore la fermò subito tenendola nell’acqua vitale.

‘’Piano Markid, sei ancora debole. Cosa è accaduto? Eh, è una lunga storia.’’
 
Secondo Borgo, Yinuross. Stella a Cinque punte. Secondo giorno d’autunno. Anno: 719.

‘’Dodici uomini dell’Anello delle Catene, nel mio borgo, per arrestarmi con l’accusa di atteggiamento ostile nei confronti dei due nobili venuti ieri? Davvero?’’- domandò con una punta d’ironia Parnasso, portando le mani sul grembo e accavallando le gambe. I dodici membri dell’Anello delle Catene che circondavano l’intera stanza, nonché la scrivania del governatore, brandivano già la catena che avrebbe imprigionato il governatore; solo uno di loro, forse il più giovane, tentennava nel recuperarla e infonderla di magia.

‘’Per il bene della Stella, Parnasso, non fare alcuna resistenza all’arresto. Già in passato eri stato avvertito di non rivolgerti in maniera bellicosa verso altri nobili, ma…’’

‘’Il mio atteggiamento nei confronti di Luccio e Ramni deriva dalla loro incoscienza e disinteresse nei confronti dei cittadini della Stella e di quello che sta accadendo da meno di due giorni. Non mi meraviglio delle conseguenza, ma di come la notizia sia giunta rapida alle vostre orecch…Oh, giusto. Blackstone.’’- asserì Parnasso, interrompendo l’uomo all’estrema destra della sua scrivania e colpì con forza il legno di essa scuotendola. Quell’improvviso gesto fece arretrare alcuni dei membri dell’Anello delle Catene, mentre altri cominciarono ad incantare i serpenti di metallo e a dirigerli verso il governatore. L’uomo sorrise a quell’affronto:

‘’Bene. Chi di voi vuole ballare?’’- domandò Parnasso, confondendo i presenti. E fu proprio quella confusione a far reagire il governatore che afferrò subito una delle catene, la strattonò con violenza trascinandosi oltre la finestra uno dei soldati, in una esplosione di vetro e polvere. Il governatore atterrò rotolando lateralmente, invece il soldato restò dolorante nella sabbia con una mano sulla schiena. Accorsero i restanti undici membri che ingaggiarono il primo scontro della giornata con qualcuno che eguagliava la loro forza. Un turbinare di catene si abbatté sul governatore, rapido nello scansarsi e usare le arti magiche apprese anni addietro per contrattaccare. Con un singolo respiro riempì i suoi polmoni d’aria che tramutò in una incandescente fiamma verde che li disorientò, consentendogli di sferrare un violento gancio sulla maschera del suo primo avversario spaccandogliela. Oltre al vetro, anche i pezzi della maschera si unirono ai frammenti e il soldato si trovò costretto a svanire per non farsi vedere il volto lasciando il resto del gruppo in balia di un governatore problematico. E pericoloso. Un paio di anelli cinsero le caviglie dell’uomo nel vano tentativo di fargli perdere l’equilibrio, e ben presto l’evocatore di tali anelli venne strattonato nella terra:

‘’Ci vuole ben altro per fermarmi!’’- esclamò con rabbia Parnasso, stringendo la catena nella mano per creare un fascio elettrico che costrinse al soldato di disfarsi della sua arma e recuperare un pugnale. Il governatore si sentì inebriato dallo scontro, dopo molto tempo poteva ‘divertirsi’. La metà del gruppo dell’Anello delle Catene si fiondò proprio su Parnasso per impedirgli di reagire ulteriormente, riuscendoci parzialmente bloccandolo sulle ginocchia; uno degli anelli che gli stringeva la gamba vibrò d’energia magica, e Parnasso iniziò a sentirsi debole ma non volle arrendersi così e in un’onda di pura forza bruta si divincolò dalla presa, scaraventandone alcuni al suolo e altri scagliandoli lontani, stordendoli. Batté le mani due volte e il suo fucile comparve nella sua tremenda bellezza, pronto a ruggire. Una singola catena uncinata, di colore nero ossidiana, si avvinghiò alla canna del fucile e cominciò a tirarla. Parnasso serrò la presa sull’impugnatura, sfidando in una gara di resistenza colui che stava osando disarmarlo. Il governatore sorrise ancora, per nulla intimorito né meravigliato da quella forza sprigionata da un singolo individuo. La divisa color notte, il simbolo in argento che fungeva da spilla per chiudere un mantello a girandola posto sulle spalle, la maschera che gli copriva solo la bocca lasciando scoperto solo degli occhi privi di pupilla e la catena uncinata appartenevano solo al membro più anziano. Uno dei Fondatori.

‘’Immaginavo fosse la tua catena, cara Gríma.’’- proferì parola il governatore, tenendo ben ferrea la presa sulla sua arma, mentre la catena uncinata continuava a fremere per la tensione.

‘’Non complicare le cose, Parnasso. Dovrai rispondere alle accuse dei due nobili, e noi abbiamo la nostra legge da far rispettare. Te lo chiedo per favore.’’- rispose la donna, ordinando alla catena di trascinare il governatore, ma quest’ultimo applicò ulteriore resistenza. Tutti conoscevano la testardaggine del governatore, ma se le questioni riguardavano il benessere del suo borgo quella testardaggine si tramutava in tenacia inamovibile. La fronte di entrambi si corrugò in una espressione di fatica fin quando non accorse in aiuto una seconda catena, completamente rossa, che strinse con forza il collo di Parnasso paralizzandolo definitivamente, suscitando però la sua ira che gli deformò il viso. Dalla sabbia dorata comparve un altro dei Fondatori dell’Anello delle Catene, l’unico a non indossare una maschera completa ma che gli copriva solo metà volto lasciando scoperto l’altro con una grossa cicatrice da ustione. La sua divisa, seppur identica a quella di Grima, mostrava il resto della catena bianca cinta in diverse spire sul petto tenuta ferma da un grande anello anch’esso acuminato. Sui fianchi del soldato, invece, pendeva un lungo pugnale dalla lama nera con intarsi in corallo. Elegante e raffinato ma appariscente per un Fondatore. E quello stile poteva appartenere ad una sola persona:

‘’Demiurgo. Vedo che non sei cambiato. Come sta la tua cicatrice?’’- chiese Parnasso, tentando di resistere a quella paralisi magica. Demiurgo, per tutta risposta, si limitò a farlo inginocchiare facendo pressione sull’interno del ginocchio.

‘Devi sempre complicare le cose, non è così Parnasso? Sei fortunato che non abbia infuso di veleno la catena o saresti già morto e sepolto. E adesso, desisti.’’- gli alzò leggermente le braccia e con la medesima catena gli immobilizzò mani e polsi. Altri membri dell’Anello delle Catene giunsero per rinforzare quella prigione e alzare il governatore, pronti a trasportarlo nella loro regione per rispondere alle accuse. Varcato il portale, però, il manipolo di uomini con il prigioniero si ritrovarono nello stesso luogo di prima. Inizialmente nessuno sembrò farci caso in quanto concentrati nel tenere a bada Parnasso fin quando non fu lo stesso Demiurgo a notare il medesimo ambiente e di Gríma intenta a scrivere il rapporto sull’arresto:

‘’D’accordo Parnasso, che razza di scherzo è mai questo? Perché siamo di nuovo qui?’’- chiese il Fondatore, stringendo le catene sul corpo ma non sul collo per consentirgli di respirare e parlare. Il governatore mosse appena la testa per indicare la presenza di qualcuno, dall’aura cosmica così densa da destare preoccupazione in Demiurgo. Uno dei membri percependo la minaccia attaccò per primo scagliando una surujin, che venne bloccata a mezz’aria dall’incantatore e rispedita indietro con forza tale da uccidere il soldato. Il mago sembrò visibilmente scosso dall’eccessiva forza:

‘’La vostra giurisdizione, in mia presenza, non è valida. Vi consiglio di andarvene, membri dell’Anello. O…’’- ed indicò il cadavere dell’uomo quasi decapitato dalla surujin. Demiurgo ordinò ai suoi uomini di restare indietro e di trasportare il cadavere altrove.

‘’Tu sei quel mago della quale Blackstone ci ha riferito? Perfetto, fatti da parte. Siamo qui per il governatore, non per te, marmocchio.’’- esclamò il Fondatore, dando vita alle sue catene bianche. L’incantatore si limitò a far roteare, con uno scatto, le catene poste sui polsi dei vari adepti imprigionandoli con la suddetta, impedendo loro di reagire per poi farli sprofondare nella sabbia fino all’addome. Successivamente, con un semplice balzo, si ritrovò faccia a faccia con Demiurgo ancora inamovibile ma visibilmente scosso dalla situazione nella quale si trovava:

‘’Ricominciamo: la vostra giurisdizione, in mia presenza, non è valida.’’- e con la mano afferrò le varie catene che stringevano il corpo di Parnasso e le tolse con estrema facilità, riuscendo anche a distruggerne una: quella di Demiurgo. Rimase con il malloppo di catene stretto nella mano senza subire alcuna conseguenza del loro potere e fu proprio quest’ultimo a riversarsi sul Fondatore con irruenza, respingendolo da Parnasso. Demiurgo, essendo adirato per l’affronto subito ma non desideroso di ulteriori scontri, evocò la sua catena bianca che sfruttò per far riemergere dalla sabbia i suoi uomini e condurli con sé altrove. Thymós si grattò la fronte, stranito dalla testardaggine del gruppo. Sbuffò e alzò le mani arresosi all’idea di non potersi ‘divertire’ un po’ con qualcuno che potesse resistere ai suoi poteri:

‘’E questi dovevano arrestarti? Bah.’’- disse Thymós, avvicinandosi a Parnasso e ripulendolo dalla polvere. Il governatore guardo il mago con circospezione, ma poi gli chiese come se avesse fatto a giungere nel suo borgo così in fretta di come sapesse l’esistenza del plotone.

‘’Zea. Mi ha informato del tuo arresto per la stupidità commessa dai due nobili. Ironico, non trovi? Due commettono degli errori e sono gli altri a doverne pagare le conseguenze. Ma pensa un po’…’’

‘’Ti ringrazio, anche se continuo a non fidarmi di te mago. Mi diresti perché Zea ti ha incaricato di ‘salvarmi’?’’- domandò il governatore massaggiandosi la pelle abrasa dalle catene. Thymós non prestò subito attenzione alla domanda, curioso di come delle semplici catene potessero avere proprietà magiche così forti da impedire anche alla magia di Parnasso di reagire. L’incantatore venne strattonato leggermente da un calcio del governatore che domandò nuovamente perché Zea avesse dato l’incarico di salvarlo. Il giovane si grattò nuovamente la fronte prima di rispondere di aver ottenuto la fiducia dalla governatrice del terzo borgo, riconoscendo anche l’immensa forza arcana da lui posseduta. Il governatore, però, sentì una strana sensazione avvolgergli il petto, simile a gratitudine. La sua gratitudine presto divenne preoccupazione in quanto l’affronto all’Anello delle Catene era condanna a morte.

‘’Pensi che io tema le conseguenze di un gruppo di insignificanti prestigiatori? Per chi diavolo mi hai preso? Per quel fifone del Governatore Hays? Suvvia Parnasso!’’- replicò Thymós spingendolo via con fare amichevole. Parnasso, tuttavia, gli parlò delle capacità di ogni individuo facente parte dell’Anello specialmente i Dieci Fondatori di tale ordine. Spiegò come Demiurgo, il Primo Fondatore, creò l’Anello delle Catene a causa dei continui crimini ed efferatezze nelle varie nazioni e bisognava di ristabilire l’ordine, e l’origine del nome derivava proprio da ogni singolo anello che formava una catena resistente. Solo alcuni di questo gruppo avevano l’onore di ricevere una catena spinata per infliggere maggior supplizio ai prigionieri.

‘’E perché Demiurgo ne possedeva una bianca? Qual è il senso se tutti i membri indossano divise scure?’’

‘’Perché la sua catena è una reliquia sacra donatagli da un vecchio vescovo flagellante. Ogni spina serve a purificare l’anima e il bianco serve a donare pace a chi compie questa penitenza.’’

‘’Sicuro che fosse un vescovo e non un semplice masochista?’’- domandò scherzosamente il mago, immaginando questo vescovo che donava una catena usata per chissà quali altri raccapriccianti pratiche. Anche Parnasso sorrise a quell’immagine, ma invitò al mago di guardarsi le spalle da potenziali membri dell’Ordine in agguato nell’ombra specialmente dopo averne ucciso uno. Il mago andò ad osservare il corpo dell’uomo, notando solo gli abiti ormai sporchi di sangue rappreso. Muovendo la mano sulle chiazze rapprese, percepì l’essena arcana usata per respingerlo e annuì. Tornò dal governatore spiegandogli di non preoccuparsi:

‘’Non è propriamente morto. Il suo corpo lo è, ma la sua anima a breve avrà forma e sarà senziente. L’unico problema è che soffrirà non poco durante la sua metamorfosi. Non sarà piacevole…’’- emise un sospiro, conoscendo bene come un’anima potesse soffrire distaccandosi dal piano astrale per avere vita in quello materiale. Poco dopo dagli abiti logori del soldato si materializzò qualcosa di traslucido, con flebili luccichii al suo interno che variavano dall’azzurro al bianco al porpora. Gli occhi, del tutto bianchi e privi di pupilla, sancivano la sua esistenza etera. Inizialmente non sembrò rendersi contro della sua forma, ma poi cadde in ginocchio preda di singhiozzi e gemiti di paura:

‘’Strano, di solito ci vogliono ore, addirittura giorni, prima che l’anima trovi la strada per il piano materiale. Qualcosa mi dice la Torre Nera sta accrescendo il suo potere ogni minuto che passa…’’- disse il mago, notando dei fulmini crearsi sulla cima della suddetta ma non dando segni d’ostilità. L’essere etero cercò di avventarsi con un grido agghiacciante sul mago, venendo imprigionato dalla sua stessa catena.

‘’Tu hai osato farmi questo? Hai osato tramutarmi in un fantasma? Maledetto, l’Ordine ti troverà e ti farà fuori non appena arresteranno il governatore.’’- asserì rabbioso l’entità spettrale. Parnasso volle mettere fine al suo tormento usando la sua arma e colpirlo alla testa se non fosse stato per l’incantatore che subito lo rispedì nel suo luogo d’origine tra i vari membri.

‘’Hai già avuto a che fare con entità vendicative?’’- domandò il governatore, ancora incredulo a quel che stava accadendo da meno di un giorno. Il mago con uno sbuffo che si tramutò in una pernacchia replicò:

‘’Più o meno. Molti accettano il loro destino, altri cercano di uccidere colui o coloro che lo hanno reso tale e altri si abbandonano alla disperazione isolandosi sulle montagne. Oh beh, meglio tornare ai nostri doveri non trovi?’’- chiese il mago, con un sorriso bonario. E il governatore accettò.
 
Primo Borgo, Obeah. Stella a Cinque Punte. Secondo giorno d’autunno. Anno: 719
 
Il Governatore Buccinide era, da alcune ore, in una riunione con il Congresso degli Shaildirn, una razza di creature discendenti di divinità astrali appartenenti al passato e ormai risedenti solo nelle leggende o nei tomi di storia. Ognuno dei membri degli Shaildirn indossava un velo che copriva il loro volto e, specialmente, i loro occhi per impedire che i loro potere cosmico risultasse nocivo ai mortali; in passato un soldato, sbadatamente, fece cadere il velo dalle mani di uno dei membri e con l’intento di restituirlo rimase ipnotizzato dalla bellezza degli occhi e venne sopraffatto dal grande potere, incenerendosi poco dopo. Il Governatore continuò a spiegare ai membri del Congresso, giunti attraverso un portale, il perché del patto sancito con un mago proveniente da un’altra epoca indicando paragrafo per paragrafo quanto scritto da lui. Solo uno dei presenti, dalla pelle olivastra con lunghe linee che partivano dal dorso delle mani per giungere al suo collo creando figure geometriche, non indossava il velo protettivo:

‘’E perché vi fidate di questo mago così ciecamente, governatore? Di solito siete un uomo saggio e preciso sulle scelte che fate. Mi sembra strano che in meno di due giorni, quest’ospite a noi sconosciuto sia giunto a seguito di un nefasto evento e vi abbia proposto subito un patto d’alleanza per proteggervi. Rettifico: più che strano, direi sospetto.’’- asserì l’essere celestiale, suscitando il medesimo sospetto anche negli altri membri che vollero immediatamente dei chiarimenti al riguardo. Buccinide rispose con pacatezza che, prima ancora di sancire l’accordo nel Palazzo Vega, furono attaccati dall’attuale minaccia che risiede nella Torre Nera ovvero Abraxás uno stregone ancora più potente dei maghi e altri maestri dell’arcano presenti nel Borgo Magius. L’essere celeste senza velo stava per aggiungere altro quando una mano gli si posò sulla spalla. Il velo finemente decorato consentiva di osservare i nobili lineamenti femminili della persona di fianco all’essere celeste, ma non erano i lineamenti aggraziati che impedirono all’uomo celeste di proseguire, bensì la voce melodiosa e la carnagione borgogna della donna, anch’ella con alcuni tatuaggi raffiguranti lune e stelle ornate da minuscole gemme.

‘’Aspetta, Elnath. Il governatore dice la verità.’’- disse la donna, stringendo la spalla del compagno con fare amorevole, quanto bastasse per inondare i suoi pensieri con quello che aveva visto il governatore. Elnath, dunque, consentì al governatore di proseguire nelle sue spiegazioni.

‘’La ringrazio, dama Vidnya. Ritornando al punto precedente, il mago in questione si è offerto di aiutarci a proteggere la Stella a Cinque punte da ulteriori assedi di qualsiasi natura. In cambio di tale aiuto, noi gli offriremo il nostro supporto strategico, arcano e materiale affinché possa liberarci dalla presenza di Abraxás e del suo nascondiglio. Il problema però è il seguente: la presenza dei due maghi ha generato vari malumori con i nostri alleati, specialmente Luccio e Ramni che hanno deciso di scindere il patto e restare solo per favori commerciali.’’

‘’E dunque lei ci sta chiedendo da fare da intermediari con altri della sua razza per convincerli a non allontanarsi da patti sanciti anni fa?’’- chiese una creatura dalle lunghe corna che difficilmente potevano essere contenute dal velo indossato. La pelle simile a roccia lavica tradivano il suo aspetto da celestiale, donandogli l’aspetto di creatura degli inferi che delle stelle e gli occhi violacei erano visibili dietro il fazzoletto di seta seppur di poco.

‘’Non da intermediari, consigliere Lerik. E per favore, non facciamo distinzioni razziali. Discendiamo tutti da un qualcosa, dunque non dobbiamo considerarci diversi. Vero, voi nefinren avete una diversa concezione di etnia ma nella Stella a Cinque Punte viviamo tutti in armonia. O almeno ci proviamo.’’- rispose Buccinide, con un risolino nervoso scacciando ulteriori pensieri negativi. Uno dei celestiali, dalla pelle alabastro con una raffinata maschera che copriva parzialmente il suo viso e il naso, prese con eleganza il trattato d’alleanza proposto dal mago e lo lesse in silenzio, nonostante gli altri membri continuassero a discutere assieme al governatore Buccinide. Una volta terminata la lettura, poggiò l’indice destro sul tavolo generando un suono simile ad una goccia d’acqua che cade in un ruscello; il suono fu assordante ed echeggiante così tanto da far tremare anche le finestre della stanza.

‘’Il vostro impegno per proteggere questa Stella è da ammirare, governatore Buccinide. Lei e i suoi colleghi state sacrificando molto e dubitare delle vostre parole è sinonimo di disonore tra noi Shaildirn. Ho letto il patto di questo mago e nelle sue parole c’è solo verità e desiderio di proteggervi. Io propongo di inviare un messaggio a tutti i vari alleati che sono venuti a conoscenza del mago e della Torre Oscura di rafforzare l’intesa, il loro sostengo e contribuire alla salvaguardia di tale gemma. Non tutti saranno d’accordo con le mie parole e con questa decisione, ma è sempre meglio che vivere all’ombra delle menzogne.’’- asserì la creatura celestiale, sorridendo al governatore che arrossì sia per l’imbarazzo che per quel sorriso raggiante.

‘’Contessa Lexandra, è sicura? Molti imperi…’’- tentò di controbattere uno di loro, dalla pelle d’onice e oro con indosso una benda di velluto rosso.

‘’Non sono stata abbastanza chiara, barone Weront? Gli Imperi, regni o sultanati non devono essere intimoriti dalla presenza di un povero incantatore che cerca di salvare la Stella a Cinque Punte in quanto nella sua epoca non esiste più nulla che egli possa definire casa. Intesi?’’- domandò la contessa, con la stessa calma di prima, una calma innaturale da far desistere gli altri membri dal controbattere ulteriormente. Il governatore si sentì sollevato dalla decisione unanime dei membri del congresso di dialogare con i restanti alleati; la tensione nervosa provocò brividi nel corpo di Buccinide che partirono dalla nuca e giunsero fino alle dita dei piedi. L’ultimo degli Shaildirn, conosciuto come Il Terzo Occhio della Luna, fu l’unico dei presenti a non aver discusso di quel patto o del dover dialogare con altri esseri mortali.

‘’Abbiamo compagnia, membri del Congresso.’’- esordì con voce profonda la creatura celestiale. I suoi occhi erano chiusi, mentre sulla sua fronte si manifestò proprio un terzo occhio, dalla pupilla argentea con cerchi concentrici dorati che si mosse frenetico prima di concentrarsi su un solo punto indecifrabile della stanza. Più si concentrava, più il terzo occhio si illuminava finché la silhouette di qualcuno avvolto da abiti leggermente logori. Con un balzo felino raggiunse l’ospite indesiderato bloccandolo alla parete, estraendo successivamente una daga ornamentale dal fianco puntandola alla gola.

‘’I miei complimenti, hai la capacità di vedere ciò che un semplice occhio umano non può vedere. Solo che quello è un fantoccio.’’- asserì il vero mago manifestandosi a metà corpo dalla parete evidentemente divertito e compiaciuto, facendo tornare allo stato originario quell’ombra: un fantoccio di paglia. Tutti gli Shaildirn rimasero meravigliati da quell’inganno così complesso che mise in discussione persino il loro potere da essere delle stelle.

‘’Lieto di conoscervi. Io sono Thymós e voi dovreste essere otto dei vari membri del congresso degli Shaildirn.’’- e si apprestò a chiamare i presenti con i loro nomi e luoghi d’origine per poi fermarsi sull’ultimo ancora fermo alla parete, ancora armato e con il terzo occhio illuminato fin quando non si chiuse e il celestiale aprì i suoi, rivelandosi essere di un verde intenso a tratti sfumato sul blu.

‘’E tu sei Daekon Vatarish, detto anche Terzo Occhio della Luna perché i tuoi poteri ti sono stati concessi dalla Terza Luna Piena di Nyrrnaz, che secondo il calendario umano si rifà a Settembre. Dato che la Luna illumina l’oscurità e in quel mese la sua aura arcana è maggiore, sei stato scelto come suo Erede per scoprire ciò che l’ombra nasconde. Però, bei tempi quelli di Nyrrnaz, tra giochi e ballate…Bei tempi.’’- aggiunse Thymós facendo svanire il fantoccio di paglia dalle mani del celestiale. Con nonchalance Thymós andò verso il documento posto sul tavolo centrale e rilesse ciò che aveva detto nel Palazzo Vega ore fa, sorridendo vago per poi posare il documento.

‘’Quindi siete tutti d’accordo a tenermi come ospite? Nulla da ridire?’’- domandò Thymós ai presenti, tralasciando il governatore in quanto fu lui stesso ad accettare in primis. Due celestiali, rispettivamente vestiti di azzurro e grigio, entrambi con un mantello di piume di grifone le stesse che coprivano anche i loro volti, alzarono la mano:

‘’D’accordo, prima tu Nekhbet.’’- disse il mago, indicando il giovane celestiale che si sentì imbarazzato nell’essere chiamato per nome. Il giovane, seppur titubante, chiese perché quest’altro mago così malvagio volesse sfruttare una singola torre per distruggere la Stella a Cinque punte e perché lui fosse l’unico in grado di fronteggiarlo. Thymós rise alla prima domanda:

‘’Oh, quella singola Torre contiene tanta se non addirittura infinita quantità d’energia arcana in grado di mandare in catastrofe epoche e realtà diverse dalla nostra. La Torre Nera, come hanno potuto testimoniare i vari membri di questo luogo, ha devastato molte abitazioni e reso quasi inutili i poteri degli altri maghi. E io ho perso molti amici ed una compagna…’’- si interruppe per un attimo, stringendo le dita con forza da attirare a sé dell’energia magica che sembrò distorcere i colori e la stanza. Buccinide volle intervenire per evitare ulteriori malumori, però fu la Contessa Lexandra a porsi tra lui e il mago. Posando la mano ornata da piccoli anelli sulla spalla dell’arcano, quest’ultimo si placò ma successivamente si scostò, tenendole la mano:

‘’Mi perdoni Contessa, ma non voglio che la mia magia la ferisca. Va ben oltre anche voi celestiali.’’- e con un gesto involontario le carezzò le dita. Nessuno si rese conto del tenue rossore, evidente sul suo viso bianco alabastro, e ritirò la mano asserendo di non preoccuparsi e chiedendo quanto potente fosse la sua magia.

‘’E qui ci colleghiamo alla domanda di Nekhbet: il mio potere eguaglia quello di Abraxás e della sua torre, come avete potuto assistere pochi secondi fa.’’- rispose l’arcano, facendo volteggiare delle saette tra le sue dita. Poco dopo indicò l’altro celestiale, alla quale fece presente di non nascondere la sua reale carnagione in quanto lui fosse in grado di vederla. E così fece mostrandosi nel suo reale colore ovvero l’arabescato rosso, il che gli fece emettere un sospiro di sollievo.

‘’Lorea Xyrem, celestiale dei Fiori di Biancalbero, nonché principessa e condottiera dello stesso luogo. Onorato di conoscerla.’’

‘’Mi lusinga, mago. Ho nascosto la mia carnagione per quasi tre secoli e nessuno lo ha mai notato. Sono affascinata, ma veniamo subito al dunque. Lei ha appena accennato di essere in grado di eguagliare la magia della torre e del suo proprietario. Quanto è potente questa magia?’’- chiese Lorea, incuriosita nonostante l’apprensione dei suoi altri pari razza. Thymós generò una folata di vento che alzò i veli di ogni celestiale, mettendo in mostra i loro occhi sempre nascosti. I membri del congresso tentarono invano di rimettere il velo al suo posto e il mago incrociò i loro occhi luminosi, ove era anche possibile assistere a costellazioni e stelle comete, a mondi nascosti agli umani.

‘’Se ciò non vi basta, possiamo dirigerci in un luogo ove nessuno potrà farsi male. Lei Governatore è d’accordo?’’- domandò l’arcano ad un Buccinide incredulo e prossimo a svenire per quel che stava accadendo. Tutti i Celestiali, non soddisfatti, acconsentirono e con un battito di mani, l’arcano li trasportò in una dimensione del tutto nuova priva di luci, colori ed odori. Vi era un unico suono simile ad acqua scrosciante, quello di una cascata. I membri del Congresso e il governatore Buccinide erano del tutto immersi in un profondo buio fin quando non ricomparve Thymós con altri suoi spettri identici. Ad ogni battito d’occhi, codesti esseri eterei aumentavano il loro numero all’infinito fino ad essere un tutt’uno con l’ambiente. Gli spettri iniziarono ad offuscarsi, a vorticare vertiginosamente tra i presenti e vennero investiti dal potere emanato da Thymós tanto da colpire anche il loro spirito. I celestiali e il governatore ammirarono epoche passate, costruzioni mai viste prima dalle più primitive alle più complesse e viventi, così per i loro popoli: uno di questi, un misto tra carne e macchina notò la loro presenza e li salutò contento. I celestiali e Buccinide vennero poi trasportati in altri piani dimensionali sconosciuti ai Grandi Maestri Arcani o religiosi; il tempo e lo spazio erano solo un concetto effimero in quelle dimensioni, tutto era mobile ed immobile. La materia si creava e si scomponeva a suo piacimento in forme intangibili. In quell’epifania di scoperta, l’ultima cosa che videro fu un grande impero costruito in mezzo ad una grande cascata d’acqua azzurra i cui pontili si estendevano verso il basso creando dei raggi luminosi. E al di sotto di quei raggi, imperversava una terrificante battaglia tra Thymós e Abraxás. La loro magia sufficiente a distorcere lo spettro dei colori e ciò che circondava loro due, l’acqua evaporava, la pietra si spaccava e la realtà veniva assorbita e deformata. Si ritrovarono nuovamente nella sala, frastornati ed euforici per quel che avevano assistito. La Contessa Lexandra, più di tutti, percepì uno stato di pura estasi che la costrinse a dover usare il suo potere per calmarsi. Il mago, però, non si sentì né euforico né contento di ciò che aveva appena fatto e andò a sedersi. I suoi occhi persi nel vuoto, colmi di tristezza, presagivano la sua malinconia e il suo risentimento.

‘’Avete compreso fin dove il mio potere si spinge? E io dovevo fermarlo quel giorno, ma la perdita della mia compagna ha indebolito i miei poteri…’’- e strinse rabbiosamente i pugni lasciando che l’odio si tramutasse in ulteriore magia cosmica prima che il governatore Buccinide non prese parola:

‘’Calmo Thymós, abbiamo compreso ma non vogliamo che il tuo risentimento renda vano i sacrifici per salvare la Stella a Cinque Punte. Hai concretizzato il tuo punto di vista, ma il Congresso degli Shaildirn dovrà informare gli altri membri. Non si possono prendere decisioni con solo otto membri, bisogna ascoltare anche i prelati, gli arciduca e altri signori e signore…E ci vorrà molto tempo conoscendoli.’’- e con una mano andò a scuoterlo allegramente per farlo riprendere dalla sua tristezza. I membri del Congresso, riacquistato controllo del loro spirito e del loro corpo, informarono il governatore e il mago che avrebbero informato i restanti membri della decisione presa nonostante Daekon Vatarish fosse ancora contrariato da ciò. Uno per uno lasciarono lo studio del governatore, mentre il Terzo Occhio della Luna intimò al mago di non lasciare in alcun modo il piano materiale o sarebbe stato decapitato dal suo pugnale. Fu l’ultimo ad abbandonare lo studio, lasciando dietro di sé un solco di fumo che infastidì il governatore:

‘’Avevo appena ripulito il pavimento, bontà divina. Perché tutti coloro che hanno un potere devo lasciare segni ovunque?!’’- si espresse infastidito recuperando un panno e del sapone per rimuovere le macchie.

‘’Governatore…lo scontro finale che ha assistito non è accaduto lì.’’

‘’Che intendi? Hai mentito ai Celestiali?’’- domandò intimorito l’uomo, mentre la mano si muoveva lenta nel pulire lo strano di fuliggine sul legno della stanza.

‘’Non proprio. Ho solo manipolato quello che hanno visto per evitare che la loro mente cedesse. Il vero scontro è stato sanguinoso, estenuante e distruttivo. Quella cascata è stata vaporizzata dopo pochi colpi, l’impero che vi sorgeva sopra è crollato assieme ai pontili e la terra ha inghiottito qualsiasi cosa. Volevo risparmiare loro un tragico finale…’’- replicò Thymós, incrociando le mani sul grembo, aspettandosi una ramanzina. Buccinide scattò in piedi, strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta:

‘’Sei in grado di alterare i ricordi ed influenzare creature celesti? Il tuo potere è inquietante.’’

‘’Il mio potere è frutto di tanti sforzi e sacrifici fatti con Abrax. E ora mi spieghi perché stai pulendo un pavimento splendente?’’- chiese di rimando il mago, ridacchiando. Buccinide si voltò e notò che la macchia era svanita. Buccinide assunse una strana espressione facciale, un misto tra stupore, stanchezza e frustrazione. Gettò via il panno umido e, sedendosi al tavolo dove anche il mago sedeva, gli chiese in cosa consistesse il suo aiuto e, soprattutto, con quali risorse avesse intenzione di usare per rinforzare i confini della Stella. Il mago spiegò, ancora una volta, di come la Stella presentasse zone vulnerabili in più punti, già a partire dalle mura di difesa alle torri dove risiedevano i guardiani. Ogni lato era indebolito o dalle intemperie o da scarsa mano d’opera e negligenza perpetrata nel corso degli anni. Con un piccolo incantesimo, ricreò la Stella a Cinque Punte ed iniziò ad indicare i vari punti indeboliti:

‘’Ieri, quando si sono presentati quei due nobili strampalati, sono caduti diversi ciottoli dalle mura ed un mattone è crollato sul carro di un maniscalco posto all’ingresso. Da dove veniva quel mattone? Dal camminamento di ronda. Io voglio che questo luogo risplenda e che l’energia corrotto della Torre possa essere nulla nei suoi confronti. Per le risorse posso fare da solo, ogni cosa intorno a noi è materia plasmabile.’’

‘’Uhm, d’accordo ma l’ultima domanda che mi sorge spontanea da farti: tu hai realmente perso una compagna a causa di Abrax o era una menzogna anche quella?’’- domandò il governatore, cercando di scovare una punta d’inganno tra quegli incantesimi del giovane. Quando venne nominata la sua compagna e paragonata ad una potenziale menzogna, gli occhi di Thymós divennero neri come l’inchiostro, le mani si ricoprirono di strane luci e fasci di polvere cosmica che investirono il governatore spingendolo via, ancora saldo alla sedia.

‘’Io ho manipolato solo quel momento che ha visto, ma la mia compagna è deceduta per colpa di quel bastardo! E lei vuole insinuare che l’unico ricordo felice della mia vita sia una menzogna? Lei ha mai perso una compagna? O qualcuno alla quale ha affidato il suo cuore, chiedendogli di proteggerlo, signor Buccinide? Risponda!’’- esclamò Thym, ormai furioso per ciò che aveva detto Buccinide.

‘’Sì.’’- rispose stoico, seppur le guance tese tradissero i suoi reali sentimenti. Thym sembrò desistere per un breve attimo, indebolendo i suoi poteri.

‘’Vent’anni fa. Ho perso mia moglie a seguito di un male incurabile. Avevamo provato di tutto. Pozioni, unguenti, incantesimi…Nulla ha funzionato. Mi dispiace se la mia domanda lecita ti abbia infastidito, ma dovevo sapere.’’- la voce del governatore sembrò farsi più seria ad ogni parola scandita, e più quelle parole assumevano un peso più Thym lasciò che i poteri scomparissero del tutto. I due restarono in silenzio seduti sulle rispettive sedie, a poca distanza l’uno dall’altro. Poco dopo fu proprio Buccinide a chiedere che donna avesse rapito il suo cuore tanto da giurare vendetta una volta persa. L’incantatore respirò profondamente, ponderando bene le parole da usare e disse:

‘’La mia compagna non era una donna qualunque, Buccinide. Lei era l’Ordine nel mio Caos. Non le importava di essere diversa da me, di non avere poteri di alcuni tipo. Voleva solo che stessi bene. Mi aveva del tutto stregato con quel suo sorriso, i suoi occhi splendenti, quel comportamento da volpe. Lei era un fiore nato dalla tempesta e poco le importava della mia. Ecco che donna era, signor Buccinide.’’- e non appena concluse il governatore gli tese la mano con fare amichevole. Il mago, tentennante, strinse quella mano.

‘’In questo momento tutti noi abbiamo perso qualcosa e ciò dovrebbe tenerci vicini, non lontani. Mi aspetto tu mantenga la tua promessa, Thym.’’- asserì il governatore sorridendo e invitando il mago a seguirlo nel proprio borgo per mostrargli le bellezze contenute in esso a partire dalle opere dei maniscalchi esposte nelle varie teche delle loro abitazioni, ed una di queste rappresentava un gigantesco ferro di cavallo ricoperto d’argento che apparteneva ad un’altra creatura simile agli equini. Gli mostrò quante unità militari Obeah possedesse e dei vari spettacoli che avvenivano tra loro per intrattenere stanchi popolani; Thym notò le spade prive di punta e lama usate da due cavalieri con lo scopo di dimostrare la loro forza in battaglia e ciò che l’addestramento aveva loro consentito. Uno di quei cavalieri salutò il governatore e sorrise alla presenza del mago:

‘’Ehi tu, mingherlino, tu sei quello che fa al caso mio! In te vedo il senso di sfida. Prendi una spada e affrontami o ti reputerò un vigliacco.’’- e cercò di coinvolgere i suoi compagni una risata forzata. Thym non fu sorpresa ed entrò nella minuscola arena costruita per le esibizioni. Il cavaliere, ancora una volta, gli ordinò di prendere una spada o qualsiasi arma tagliente ma il mago rifiutò sapendo di potercela fare senza armi. Quando un secondo condottiero colpì con uno scalpello una minuscola campana, il soldato si mise in posizione difensiva mentre Thym decise di sedersi, portandosi il ginocchio al petto e restando lì immobile. L’omaccione sporco di sudore e terra, dunque, caricò portando la lama ad altezza della testa di Thym per decapitarlo ma il mago prontamente innalzò un cumulo di terriccio distraendo il cavaliere. Fu sufficiente da consentirgli di sfiorare la lama e di infrangerla in centinaia di minuscoli pezzi. L’uomo si sentì ferito per aver perso la sua fedele arma ed ingaggiò un corpo a corpo con il mago, ancora una volta più agile di lui. Senza troppe difficoltà, Thymós si avvinghiò al collo del cavaliere e con un balzo lo scaraventò nel fango; l’impatto ne fece saltare alcune manciate che imbrattarono gli spettatori ed una di queste andò finire nella bocca di un maniscalco dormiglione. L’omaccione si rialzò, alquanto intontito per l’urto ma non demorse:

‘’Come diavolo hai fatto? Quella spada è stata forgiata nel ventre di un demone del fuoco e tu, con un misero tocco l’hai distrutta! Mi è costata un rubino di mezzo chilo per averla!’’- sbraitò il cavaliere, stringendosi le fasciature ai polsi e i bracciali di cuoio, apprestandosi ad attaccare nuovamente. Thym, all’udire di quelle parole, rise e lanciò un piccolo incantesimo a pochi passi dal cavaliere: il fango sotto i piedi dell’uomo cominciò a ribollire, divenendo una brodaglia calda e sanguinosa che eruttò poco dopo facendo ascendere una magnifica spada con l’elsa a cesto in rame lucido, simile ad una Schiavona veneta, ma la lama era completamente nera con al centro una singola scanalatura dove si scorgeva un nucleo di fiamme liquide muoversi in essa.

‘’Quella è una vera spada forgiata nel ventre di un demone del fuoco. E di al fabbro che ti ha venduto quella spada di restituirti il rubino.’’- aggiunse il mago, sgranchendosi le gambe e la schiena, con l’intenzione di volersene andare ma il cavaliere gli intimò di continuare la sfida con la nuova spada e venendo ancora una volta additato come vigliacco. Thym mosse rapidamente le mani creando un cerchio magico concentrico che andò a colpire il cavaliere facendolo sprofondare in un sonno profondo, tra lo stupore e lo sgomento di tutti. Il mago, dunque, chiese al governatore di continuare la loro passeggiata turistica attraverso i vicoli di Obeah continuando fino a giungere alla torre della Guardiana Vedytte. Tale torre era stata costruita con materiali semplici eppure agli occhi di Thym era magnifica, rispetto a quella lasciata dal suo collega di arti arcane. L’incantatore decise di entrare nella torre della Guardiana, nonostante il governatore sconsigliasse di interrompere i Guardiani dai loro doveri. Il mago fece finta di non sentire e bussò sui mattoni, facendo vibrare l’essenza magica posta in essa. Piccole onde azzurre si propagarono sui mattoni fino a giungere alla sommità, allertando la maga intenta nel suo studio per intensificare la barriera posta sulla Torre Nera. Attese qualche secondo prima di volgere lo sguardo ad uno strano specchio ovale che fluttuava al centro della stanza, anch’esso scosso da quegli strani battiti regolari. Quando i battiti regolari si ripresentarono, Vydette ordinò al suo specchio di mostrare chi fosse:

‘’Oh no! Cosa vuole adesso? E perché il governatore è con lui?’’- si chiese, stringendosi al libro degli incantesimi e recitandone uno che ricordava, un incantesimo di difesa per prevenire possibili attacchi. Talmente profonda fu la sua concentrazione, da non rendersi conto della presenza dell’incantatore e del governatore nella sua stanza. Solo quando lo specchio emise un raggio di luce turbinante contro i presenti, Vydette notò la loro presenza. Thym deviò la traiettoria di quell’incantesimo creando una copia del suddetto specchio per poi farlo scomparire.

‘’Uno Specchio Sorvegliante, ammirevole! Non se ne vedono molti nei paraggi.’’- asserì il mago, avvicinandosi all’oggetto per ispezionarlo da vicino, ammirandone la cornice in legno lunare e argilla lucente, oltre alle varie decorazioni di metallo viventi su di esso. Vydette si mise tra lo specchio e Thym, ordinandogli di allontanarsi e chiedendo spiegazioni a Buccinide. Il governatore, stanco sia fisicamente che mentalmente spiegò brevemente che il mago sarebbe diventato un membro della Stella a tutti gli effetti, avendo ricevuto anche l’approvazione del Congresso degli Shaildirn, non tutti però. Vydette rimase allibita da quelle parole e lanciò una minuscola saetta sulla fronte di Buccinide, scavando nella sua mente alla ricerca di una possibile menzogna. Attese che tale saetta tornasse, ma non avvenne. Ne lanciò una seconda e poi una terza, ed entrambe imitarono la prima.

‘’Saette della verità?’’- domandò Buccinide, riconoscendo l’incantesimo della donna, e il prurito fastidioso che provocava.

‘’Sì. E dite il vero, governatore. Non c’è alcuna menzogna nelle vostre parole…’’- rispose con aria sconfitta la guardiana della torre del primo borgo.

’Saette della verità? Che incantesimo sarebbe? Chiedo perché noi non abbiamo mai avuto incantesimi così.’’- si espresse Thymós incuriosito dal nome e volle saperne di più. La Guardiana, restia nei confronti del mago, incantò una pergamena dove era segnato. Thym lesse con interesse, considerandolo un incantesimo basilare e impiegò solo una manciata di secondi nel riprodurlo e lanciarlo contro Vydette. La saetta non tornò indietro:

‘’Lei non si fida di me giusto?’’- chiese affranto il mago, mordendosi una guancia e chiudendo la pergamena che riconsegnò nelle mani della donna.

‘’Non mi fido di qualcuno comparso poco dopo la Torre Nera nel Centro Stella. E non so come tu abbia fatto a convincere il Congresso ma sappi che ti terrò d’occhio, mascalzone. E adesso ditemi cosa volte e perché siete qui?’’- domandò a sua volta la donna infastidita dall’invadenza del mago. Buccinide rispose ancora una volta che la loro presenza era solo un caso, dato che aveva offerto a Thym un giro del borgo per mostrargli i suoi viali e abitazioni, raccontando anche della breve dimostrazione tra il mago ed uno dei cavalieri. Buccinide, però, poco dopo ritornò sul discorso del Congresso e sul motivo per la quale la presenza del mago fosse di vitale importanza:

‘’Credo tu sia stata in grado di avvertire quell’immensa energia magica proveniente dal Palazzo Vega, ieri pomeriggio, non è così? Bene, Thym ha dato una dimostrazione dei suoi poteri anche ai membri del Congresso e la sua energia cosmica è identica a quella di Abravas. Ed è stato capace di ingannare anche Vatarish.’’- e rise, scettico a quell’incredibile evento accaduto meno di un’ora fa. Uno sciocco paragonabile al suono di una frusta investì i loro timpani e, in men che non si dica, Buccinide e Thym si ritrovarono all’esterno della torre, scombussolati e disorientati dall’improvviso cambio di scena. Nessuno sembrò dar peso, eccetto una donna dal volto sconvolto dalla tristezza e gli occhi arrossati da un pianto ormai secco. Nella mano stringeva una bottiglia di vetro vuota e, considerando le guance rosso pomodoro, presagiva ubriachezza:

‘’Oh no. Non promette nulla di buono…’’- asserì il governatore cercando di far cambiare direzione al mago ma la donna li noto immediatamente ed urlò contro di loro parole sconnesse e biascicate dall’alcol.

‘’Tu sei l’assassino di mio marito! Bastardo, ti cavo gli occhi e ti sventro…’’- gracidò la donna, tra un singhiozzo d’ubriachezza e uno di tristezza, avvicinandosi con passo atassico brandendo la bottiglia coma una mazza. Giunse a pochi passi da Thym e lo colpì al volto con poca forza, lasciandogli solo un piccolo livido. La donna non contenta ruppe la bottiglia su un sasso e la sete di sangue prese il sopravvento, alimentato dall’alcol:

‘’Io ti uccido!’’- esclamò ancora rabbiosa la donna, menando fendenti che mancarono il mago per pochi centimetri. Il governatore, stanco di qualsiasi cosa proruppe in un sonoro richiamo, colpendole la mano con un calcio:

‘’Basta così Eyris! Non tollero comportamenti violenti nel mio borgo! La dipartita di suo marito è un grave evento ma il mago qui presente non ha alcuna colpa e suo marito si è sacrificato per proteggerla! E se oserà fare un’altra scenata del genere, la farò arrestare per tentato omicidio e tradimento, intesi?’’- e il governatore si mostrò in una maschera di serietà e rabbia nei confronti di una vedova divorata dalla tristezza. Thym, sentendosi in colpa per la vedova e decise di affidarsi alla sua magia. Cauto poggiò le mani sulla fronte della donna, alzandole lo sguardo così da potersi guardare l’un l’altro. I loro occhi si illuminarono di verde, venendo circondati da strani rami dello stesso colore per poi svanire. Eyris cadde sulle propria ginocchia, sporcandosi di terra:

‘’Che è accaduto?’’- chiese la donna, notando la bottiglia di vino rotta tra le mani, la sozzura sul suo corpo e il giovane incantatore con un livido sulla guancia. La donna si strinse la testa tra le mani per la forte emicrania, venendo aiutata dal mago.

‘’Ha passato una notte tra balli, fiumi di vino e canti. A causa di questi postumi, lei mi ha confuso con qualche aggressore e mi ha colpito involontariamente. Adesso la riaccompagno a casa.’’

‘’Oh, okay ma…ho questo nome che mi risuona. Gabràn…’’- replicò la donna, stringendo i denti e gli occhi per concentrarsi contro il dolore che provava. Buccinide provò a dire qualcosa, provò a dire la verità ma Thym glielo impedì costruendo una menzogna che potesse convincere la donna. L’effetto sperato avvenne e il mago chiese alla donna di aspettarlo per qualche secondo:

‘’Lei hai cancellato i ricordi?’’- domandò lui, irritato dal gesto del mago. Thym si avvicinò al governatore, bisbigliando per non farsi sentire dalla donna:

‘’No, solo alterati. Guardala Buccinide, è distrutta dal lutto e ha cercato di annegare la sua disperazione nel vino. Cancellarle i ricordi sarebbe stato riprovevole, ho fatto solo in modo che altro dolore non si annidasse in lei. Le ho detto che lei e Gabràn si sono detti addio anni fa, per inseguire le proprie ambizioni, ed è stato un addio senza rimpianti.’’- e con una pacca sulla spalla si congedò dal governatore, conducendo la povera donna alla sua dimora.

‘’Ho bisogno di bere anche io adesso.’’

‘’E se le venisse impedito, nobile Buccinide?’’- domandò una voce cupa manifestandosi attraverso un turbinio di catene rosse che si conficcarono nella terra a pochi metri dal governatore. La divisa nera, il cappuccio abbassato e la maschera, dalle fattezze demoniache, del medesimo colore delle catene non presagivano nulla di buono per il governatore.

‘’Certo che le notizie giungono fulminee un po’ ovunque. Suppongo tu sia qui per la vicenda del mago, vero Kaliban?’’

Le catene cremisi si staccarono dalla sabbia, venendo assorbite dalle mani dell’uomo conosciuto come Kaliban, mentre altre si avvinghiarono alle braccia creando una specie di cotta di maglia. Sul petto della sua divisa era visibile lo stemma dei Fondatori dell’Anello delle Catene, ma oltre ad esso vi era cucita una gemma rossa che testimoniava il ruolo da leader fondatore. Buccinide annuì e si complimentò con l’uomo per il successo, pur sapendo che il motivo della sua presenza fosse altra. Il governatore fece un passo verso il proprio obiettivo ma una della catene cremisi di Kaliban lo ostacolò, conficcandosi sul terreno tra le sue gambe minacciando i genitali.

‘’Possiamo parlarne davanti del buon sidro di mele o del vino?’’- chiese Buccinide cercando di evitare l’ostile catena che serpeggiava a mezz’aria. La catena si mosse nuovamente serpeggiando poi sul collo e puntando sulla gola con un grande uncino.

‘’Prima spiegami cosa sta accadendo qui Buccinide. I miei uomini sono disorientati, uno di loro è diventato una specie di spettro per giunta, l’energia magica che permea in questo luogo è fuori controllo, una torre nera capeggia nel centro Stella, il Congresso sembra impazzito e tu sei qui a desiderare di bere? Parla!’’- esclamò Kaliban, portando la catena più vicina al pomo d’Adamo e facendo pressione. Buccinide prese dal suo taschino il patto d’alleanza scritto dal mago e lo lanciò in sua direzione. L’uomo cominciò a leggere il foglio sgualcito, imprimendosi nella mente ogni singola parola letta.

‘’Ah, dimenticavo: otto membri del Congresso degli Shaildirn hanno dato il loro consenso al mago di restare.’’- aggiunse Buccinide, scostandosi appena dalla catena ancora puntata al suo collo. Kaliban strappò la pergamena con un singolo movimento.

‘’Loro cosa? Siete tutti impazziti per caso?’’- domandò incredulo l’uomo, ritraendo la catena che usò per stracciare ulteriormente la pergamena e poi bruciarla. Buccinide decise di invitare Kaliban a bere qualcosa per aiutarlo a metabolizzare il malloppo di informazioni. Il leader Fondatore dell’Ordine fece scomparire le catene ancora una volta e rispose che avrebbe bevuto, ma non in una taverna bensì nello studio del governatore e ciò fece sbuffare Buccinide, contrariato. I due tornarono nell’ufficio e intrapresero un dialogo piuttosto concitato sul fidarsi o meno di Thym, del perché un altro mago volesse assoggettare tutti al suo potere e perché Buccinide tenesse così tanto a quell’incantatore. Tra una spiegazione, un bicchiere di sidro e altre domande, i due restarono fino al tardo pomeriggio in uno studio semi illuminato dal sole e Kaliban si tolse brevemente la maschera per massaggiarsi il viso stanco; Buccinide cercò di sbirciare per vederne finalmente il volto di uno di loro, ma le catene uncinate crearono uno scudo impedendogli di guardare. In quel momento bussarono alla porta dello studio e il governatore, leggermente brillo andò ad aprire ritrovandosi davanti Blackstone:

‘’La governatrice Markides si è ripresa e desidera una riunione con tutti gli altri governatori, specialmente lei Signor Buccinide.’’- esordì l’uomo con le braccia conserte dietro la schiena, notando il leader Fondatore dell’Ordine scambiando anche con lui un saluto.

‘’E dove? Il Palazzo Vega è inagibile ora e non credo che lo studio di Markides sia opportuno dopo quel che è successo.’’

‘’Nel centro Stella vi è un vecchio edificio usato per le ambasciate imperiali, come quello degli Uxans o dei Gymmarxan. Vi aspetta tra un paio di ore proprio lì. Ed evitate che il mago Thymós venga ad infastidirla, non ha ancora superato il trauma del suo potere.’’- rispose l’uomo osservando poi il leader dell’Anello delle Catene e chiese a lui il motivo della sua presenza, dato che di rado si mostrava nei vari luoghi ove l’ordine aveva poteri. Kaliban si limitò a generare un simbolo conosciuto solo da Blackstone e quest’ultimo annuì:

‘’Comprendo. Vogliate scusarmi, ho da terminare alcune autopsie.’’- così chiuse la porta lasciando nella penombra il governatore Buccinide e il leader dell’Ordine dell’Anello, ripresosi rapidamente dall’euforia dell’alcol. I due si salutarono, non prima che il leader lo avvertisse di non fidarsi troppo di quel mago. Buccinide replicò di aver ricevuto quell’avvertimento almeno tre volte e si avviò verso la propria meta.
 
Ambasciata Hugmor Tohrant, Stella a Cinque Punte. Secondo giorno d’autunno. Anno: 719
 
L’Ambasciata Hugmor Tohrant, un tempo un grande edificio dodecaedrico che poteva ospitare migliaia di consiglieri, conti, ministri e altre cariche autoriali. Ogni lato del dodecaedro mostrava i sigilli degli alleati del passato, dal falco con le ali di ferro del Sultanato di Jabeer al Leone di Bronzo della Repubblica dei Nadalsti fino al Tridente di Garrone del Marchesato Garrone III. Un tempo le pareti colme di mosaici risplendevano sotto il sole, le statue di condottieri valorosi che torreggiavano anche su altri edifici, ed è stato proprio quel tempo a consumarne la bellezza e la grandezza rendendolo solo uno scheletro di marmo, ferro, mattoni e legno. Quel che ne restava delle statue erano reminiscenze deforme e scarne private delle armi che tanto rappresentavano la loro audacia, inghiottite dalla sabbia o dai detriti di alcune facciate dell’Ambasciata. Così come avvenne proprio per Hugmor, il suo creatore sepolto vivo dalla caduta di uno dei sigilli nobiliari e da allora l’edificio è stato abbandonato al suo nefasto decadimento.

‘’Chissà se il suo spirito infesti ancora questo luogo, mi fa agitare l’anima.’’- disse Hays tremante in voce. Parnasso lo spinse oltre l’ingresso grugnendo e intimandogli di non essere un pisciasotto, volgarmente parlando. Buccinide si occupò di portare sottobraccio la governatrice Markides, mentre a chiudere la fila vi erano Zea e Wall, intente a dialogare semplicemente sui loro ruoli e sul perché continuassero dopo anni di fatica e sangue versato. Wall si limitò a rispondere che era il loro dovere fino al giorno della pensione o della morte, una delle due. Una volta entrati in quel che ne restava dell’edificio, il tanfo di muffa che lo appestava fu in grado di provocare un disgustoso rigurgito nel governatore Hays, andando ad imbrattare un quadro ormai sbiadito e rovinato.

‘’Hays, dannazione un po’ di contegno, siamo pur sempre in luogo importante.’’- disse Parnasso, disgustato dal gesto del collega che si scusò pulendosi dei propri liquidi gastrici.

‘’Sono quarant’anni che questo edificio non viene aperto al pubblico e mi chiedi di darmi un contegno per il lordume presente? Al diavolo Parnasso…’’- rispose Hays, trattenendo a malapena un secondo conato di vomito che si fece spazio tra le sue labbra attraverso rivoli schiumosi. Nel mentre il governatore lottava contro il suo stomaco, i restanti membri della Stella scavalcarono grossi cumuli di detriti caduti dal tetto, danzando tra travi di legno e calcinacci arrugginiti arrivando nei pressi di un tavolo divorato dalla polvere e dai tarli, con alcune ragnatele penzolanti proprio dai pezzi mangiucchiati. Oltre al caotico disordine delle rovine, dal soffitto cadevano alcune gocce d’acqua che battevano ritmicamente sui resti di un qualcosa di indescrivibile, una specie di ammasso di ferro fuso e mattoni. Markides vide, nella penombra delle rovine, una leva quadrata semi abbassata e con uno scatto, causandosi dolori lancinanti, andò ad abbassarla completamente, facendo scuotere l’intera sala. Il tavolo rovinato dalla polvere e dai tarli venne inghiottito da un vuoto imperscrutabile e ne comparve una grande pedana al cui centro erano posti, in modo disordinato, dei cerchi d’ottone formati a loro volta da cubi con al centro delle gemme cibernetiche.

‘’E quest’oggetto cosa sarebbe?’’- chiese Buccinide osservando da vicino i vari pezzi costruiti egregiamente. E quello studio convinse che tale oggetto non appartenesse alla Stella, bensì ad altri luoghi.

‘’Il Sestante del Giudizio. Vi porrò delle domande e voi dovrete poggiare la vostra mano sulle sfere che vedete. Una volta fatto i tre cerchi si muoveranno in una direzione specifica che solo io posso comprendere. Ognuno di voi deve posizionarsi ai lati del Sestante e attendere che esso si attivi.’’- rispose la Governatrice Markides.

‘’E quanto tempo ci vorrà? Io non ne ho molto…’’- iniziò a lamentarsi Hays lievemente boccheggiante per via dei conati, eppur lo sguardo diabolico di Markides lo fermò dal proseguire con la sua lagna. Gli altri, eccetto Wall, furono sorpresi di vedere un singolare oggetto come quello sbucare dal nulla, nel ventre di un palazzo vecchio di quattro decadi, nuovo in contrasto con il vecchio. La governatrice Markides invitò nuovamente i suoi colleghi a posizionarsi sulla pedana e domandò, ad uno ad uno:

‘’Siete propensi ad accettare il mago come alleato della Stella a Cinque Punte?’’

Tutti e cinque poggiarono la mano sulle loro rispettive sfere, che si illuminarono di diverse sfumature e il Sestante prese a vorticare lentamente fermandosi con due dei suoi cerchi verso il basso e il più piccolo, quello centrale, restò fermo. Markides storse il naso, notando l’indecisione di uno di loro, due a favore di tenerlo e uno che concordava con la scelta di mandarlo via. La governatrice continuò con altre domande e il Sestante si mosse ancora una volta, prima in una direzione e poi nell’altra. Il movimento frenetico continuò fino a che tutti e tre i cerchi furono concentrici e si arrestarono con un singolo schiocco metallico. Tutti tolsero le mani dalle sfere una volta spente e Markides emise un sonoro sbuffo contrariato da una votazione così mediocre.

‘’Due a favore, due contrari ed uno indeciso. Per niente buono oserei dire.’’- asserì la governatrice massaggiandosi il collo. In quel momento, però, Buccinide ricordò di aver avuto il consenso da parte di otto membri del Congresso degli Shaildirn nel volere Thym come guardiano. Buccinide si colpì la fronte con il palmo della mano maledicendo sé stesso per non averci pensato prima. Tutti chiesero a cosa si riferisse e lui rispose con tono quasi trionfante:

‘’Due a favore ma ben dieci contrari a questa tua scelta, Markides! Questa mattina Otto Membri degli Shaildirn hanno acconsentito ad accettare Thym nella Stella a Cinque Punte.’’

‘’Cazzarola…’’- aggiunse il governatore Parnasso, condendo la sua espressione di stupore con un fischio flebile. Hays invece si sentì invidioso del proprio collega, mentre Zea ne fu perplessa e Markides divenne furiosa a quel trionfo del governatore, additandolo come menzognero. Buccinide continuò a dire che anche la beneamata Lexandra diede il suo consenso per accogliere Thym tra le mura del loro luogo dopo aver visto che il potere dell’incantatore eguaglia quello del loro nemico presente nella Torre Nera.

‘’E se la cosa non ti basta, anche Kaliban è al corrente di questa situazione e sembra favorevole a tenerlo con noi! Quindi, qualunque sia il tuo cruccio, mettilo da parte.’’- e ricevette un sono schiaffo sul viso da parte della donna che cercò di aggredirlo ulteriormente, venendo fermata da Zea che la bloccò in una presa al collo. Si udì un batter di mani lento e quasi ironico provenire dal fondo della stanza accompagnate da alcuni passi che si fermarono sopra qualcosa di pesante e metallico. Hays, tentando di essere un prode governatore, recuperò la sua daga e tremante ordinò allo sconosciuto di mostrarsi assumendo una finta posa da guerriero.
‘’Tutto questo baccano per scegliere il mio destino? Ma per cortesia, continuate pure a percuotervi l’un l’altro mentre la Torre Nera consuma l’essenza di questo posto.’’- asserì il mago Thym, evocando una sfera di luce sulla propria testa mentre continuava ad applaudire ironicamente ai governatori.

‘’Ti era stato chiesto di non intrometterti o sbaglio?’’- domandò Buccinide avvicinandosi preoccupato, ostacolando potenziali reazioni da parte degli altri.

‘’E tu speri vivamente che non mi intrometta innanzi ad un oggetto magico di queste dimensioni? Suvvia Buccinide, non essere sciocco.’’- replicò Thym, muovendo la mano come se volesse scacciare le sue fandonie. Come il vento, il mago si ritrovò innanzi al Sestante ad osservarlo con grande interesse notando il meccanismo d’azionamento, le gemme che ne alimentavano i cerchi concentrici e le sfere atte a dare un giudizio. Con un dito sfiorò i bordi frastagliati, la superficie di ogni gemma e poi toccò le sfere che si illuminarono fiocamente ad ogni tocco. Entusiasta, Thym si complimentò della creazione di un singolo oggetto tenuto nascosto ad occhi indiscreti, nonostante emanasse energia cosmica da ogni foro. Markides, preda di una strana rabbia repressa, tentò di aggredire anche il mago. Con le stesse movenze di prima, si avvicinò in un lampo davanti la governatrice:

‘’Calma.’’- disse lui e dandole un colpetto sulla fronte con due dita, la governatrice si arrestò di colpo. I suoi occhi divennero vacui per un breve istante per poi tornare chiari come prima. La governatrice si sentì frastornata dall’improvviso cambio, trovandosi anche tra le braccia del mago che la reggeva per evitare una rovinosa caduta sulla pedana ove si ergeva il Sestante ancora azionato. Markides si scostò bruscamente e domandò perché si trovasse con loro, ma Thym non sopportava più il dover dare spiegazioni e si limitò a dire che vi erano così tante entrate nell’edificio che non si fece problemi ad entrare. Il mago poi tornò ad osservare l’oggetto con interesse e poggiò la mano su una delle sfere; il Sestante tornò in un primo momento nella sua forma originale per poi esplodere in un vortice di vento e polvere, generando un grosso solco sotto la pedana. Il Sestante continuò la sua frenetica danza, i cerchi concentrici privi di controllo finché il mago bloccò con la mano l’intero meccanismo, provocando suoni fastidiosi e non poco promettenti.

‘’Stasi. Ritorna.’’- disse il mago con voce imperiosa. L’oggetto magico, dapprima rimase fermo per poi riavvolgersi con lentezza, aumentando di secondo in secondo il suo movimento e tornare finalmente a funzionare correttamente. La tempesta arcana cessò poco dopo e nello sguardo di Thym era leggibile il disappunto e la delusione; con i suoi poteri era riuscito di essere stato messo ai voti per rimanere nella Stella a Cinque punte e nonostante il favore del congresso, Zea e Markides non riuscivano a fidarsi di lui. Buccinide e Parnasso, d’altro canto, erano favorevoli alla sua presenza mentre Hays lo considerava l’eterno indeciso. Picchiettandosi il mento, si voltò e disse di sentirsi deluso da i tre nobili che avevano votato contro di lui. Prima che potesse dire qualcos’altro un filo luminescente si generò tra loro e cominciò ad emettere strane onde e suoni:

‘’Perdonate l’intrusione, beneamati governatori, ma abbiamo un problema. Un grave problema e gradirei parlarvene faccia a faccia.’’- disse una voce femminile, agitata e preoccupata e in sottofondo una seconda voce ancor più agitata che dava ordini a qualcosa o qualcuno.
‘’Problema? Ti riferisci alla Repubblica di Biensard e l’Istmo di Emssack che hanno intenzione di attaccare la Stella tra due giorni?’’- domandò Thym, con fare trionfante nell’essere un passo avanti costantemente.
‘’Sì, ma come…Ah! Sei quel mago che ha messo a soqquadro la calma delle nostra stella…Ebbene sì, è questo il grave problema. Archimede sta cercando di ricevere un segnale dal suo servitore robotico e comprendere l’esatta posizione dei due eserciti ma è nel panico..’’
‘’Non è assolutamente vero Orchidea! E mi spieghi come diavolo ha fatto quel mago a sapere di questi due eserciti in arrivo? Tutto questo è assurdo.’’- urlò il mago inventore, quasi da rompere quel filo di comunicazione tra loro e i presenti nell’ambasciata.

‘’No Archimede, son solo abbastanza potente da avere interazione con ogni fonte magica presente ovunque. In quei due eserciti ci sono due stregoni, un chierico e due negromanti, trai le tue conclusioni.’’

‘’Per cortesia, torniamo a noi. Dobbiamo avvisare i cittadini e i Guardiani della Stella affinché possano darci una mano o un consiglio su come comportarci con loro. Oltre a questo problema, ve ne è un secondo: le gemme delle torri si sono indebolite e due si sono incrinate.’’- interruppe la loro conversazione ammutolendo il mago mettendogli la mano sulla bocca che, in sottofondo, continuava a mugugnare qualcosa. Quella notizia suscitò il malumore dei presenti e preoccupazione in Thym:

‘’Allora Abrax è passato subito alla seconda fase…Maledizione. Orchidea, è possibile avere i nomi delle gemme e dei loro Custodi?’’- domandò il Mago, cercando tramite quel filo incantato di trovare altre stringhe di magia, ma non avvenne. Da sopra quella linea di comunicazione comparvero le cinque gemme, principalmente le due incrinate, con i rispettivi guardiani. Successivamente le immagini si spostarono sull’esatta posizione dei custodi e il mago notò che la torre più vicina era proprio quella del Primo Borgo. Thym, allora, chiese ad Orchidea se fosse possibile parlare con il custode di quella torre e la donna rispose che al momento non era possibile in quanto impegnata nel contenere l’energia arcana della gemma. Domandò ulteriormente se fosse possibile parlare con gli altri ed Orchidea replicò che l’unico ad essere volenteroso di parlare era Baspar, seppur fosse anche l’unico a non amare la sua presenza. Thym annuì e mosse la mano su quel filo magico di comunicazione facendolo scomparire, e al suo posto comparve una mela carnosa che il mago morse:

‘’Ti sembra il momento di mangiare?’’- domandò Parnasso, tentando di togliergli la mela ma quest’ultima fluttuò via, gli roteò sulla testa e poi lo colpì sulla fronte.

‘’Non intraprendo dialoghi o altro senza aver mangiato qualcosa, caro Parnasso. E poi se vuoi una mela, compratela.’’- replicò il mago, dando un secondo morso alla mela e dirigendosi proprio da Baspar attraverso un portale. Tutti volsero la loro attenzione verso Buccinide che rimase in silenzio e fece spallucce a ciò che era appena accaduto in quei brevi istanti.

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Capitolo 4
*** Magia del Sangue. ***


Terzo Borgo, Magius. Torre di Baspar. Stella a Cinque Punte. Terzo giorno d’autunno. Anno: 719.
 
La Stella a Cinque Punte dormiva; i suoi mercati erano chiusi, le abitazioni immerse nel buio, le fornaci dei fabbri spente con un filo di fumo grigio che danzava dai carboni. Nel borgo Magius, invece, alcuni Gran Maestri sorvegliavano la Torre di Baspar dove Thym era intento a ‘dialogare’ con il Guardiano. Da qualche minuto, infatti, sulla cima della Torre sia Baspar che Thym erano impegnati a scagliarsi l’un l’altro ogni tipo di magia conosciuta, che variava dal controllo temporale alla trasmigrazione da un piano materiale ad uno celestiale, fino a quella proibita e al prosciugamento dell’energie dell’incantatore. Fu proprio Baspar a perdere lo scontro, indebolendosi dopo una tempesta di fulmini contro Thymós che danneggiarono solo i suoi indumenti, infastidendolo.
 
‘’Odio dover ricucire i miei indumenti.’’- asserì Thym, guardandosi i vari punti strappati della sua tunica da mago. Baspar era ancora poggiato su un ginocchio, sguardo perso nel vuoto ed una mano sul petto che lo stringeva come se stesse avendo un mancamento. Il Guardiano del Terzo Borgo, pallido in volto, alzò lo sguardo nei confronti del giovane incantatore scorgendo, con il suo potere, il vasto ed infinito potere posseduto che si diramava in ogni direzione persino arrivandogli sotto la mano. Poteva vedere chiaramente ogni filamento di magia, ogni sua sfumatura dell’intero arcobaleno e altri colori mai visti prima. Eppure tra quei colori, qualcosa di gelido si celava dietro l’innocenza dell’incantatore.

‘’Come è possibile che le tue forze non si siano esaurite dopo un’ora di combattimento? Che razza di magia è la tua? Chi divinità ti ha concesso un tale potere da…’’

‘’Ma voi della Stella sapete solo fare domande? Ribadisco che provengo da un lontano futuro, i miei poteri sono diversi dai vostri e nessuna divinità mi ha donato capacità che possano eguagliare le sue. Anche se mi piacerebbe avere tale magia.’’- disse Thym, soffermandosi proprio sulle ultime parole e nessuno gli avrebbe dato torto; possedere un tale potere avrebbe costretto chiunque ad inchinarsi al suo proprietario.

‘’Ad ogni modo, lei è l’unico intento a parlare e se non erro è stato anche colui che ha percepito il mio arrivo tre giorni fa. Prego, prima lei.’’- aggiunse il mago, indicando l’entrata della torre per ritornare allo studio. Il Guardiano, impossibilitato a trovare altre soluzioni, si arrese all’idea di accogliere Thym nelle mura della sua torre. A passo lento, accompagnandosi con il suo scettro di legno, Baspar accompagnò l’incantatore all’entrata dell’ufficio venendo accolto anche da Wall, incaricata di sorvegliarlo ogni secondo e di metterlo fuori combattimento se costretta. Il Guardiano Baspar, dopo aver bevuto un lungo sorso di sidro di mele, andò a sedersi alla poltrona e con un movimento della mano gli mostrò la gemma della torre, dapprima non visibile a causa della tempesta derivante dalla loro magia. Il suo colore variopinto stava lasciando posto ad un grigio cinereo, cadaverico anche ed era un duro colpo per Baspar.

‘’Come vedi, questa gemma dalla quale ho preso il nome, funge da catalizzatore per i Gran Maestri. Da essa si possono sfruttare quantità enormi d’energia, ma bisogna essere pazienti in quanto tale magia richiede controllo. Bisogna essere pazienti e non avidi. Come puoi vedere, la gemma ha iniziato ad incrinarsi ed una parte è completamente esplosa.’’- cominciò a parlare il Guardiano, mostrandogli il punto esatto in cui mancava una parte grossa quanto un pugno. Aggiunse di aver usato più volte la sua magia per riavvolgere il tempo e ripristinare la gemma, fallendo in ogni occasione e di aver usato anche quella proibita.

‘’Quale tipo di magia proibita ha usato?’’- chiese Thym, portandosi le mani in grembo quasi annoiato mentre osservava ancora la gemma ripetere gli stessi movimenti.

‘’Magia della rinascita, magia della materia, trasmutazione materiale…Di tutto. Persino fondere il ferro e sfruttarlo come collante per la gemma, visto che ha particelle di metallo in essa.’’

‘’Ha dimenticato una sola magia, signor Baspar.’’- replicò Thym, facendo svanire la gemma e sorridendo, sapendo di far reagire in malo modo il Guardiano. La risposta non tardò ad arrivare non appena Baspar intuì a quale magia si riferisse.

‘’Assolutamente no! Quel tipo di magia è instabile, pericoloso e se non viene padroneggiato, risulta fatale. Ci hanno provato in molti e sono morti dopo poco perché il loro corpo non ha resistito allo sforzo. Solo una persona ci è riuscita, ma è stata esiliata.’’

‘’Teme la magia del sangue, dunque.’’- corrispose Thym, creando nella sua mano un piccolo turbine di sangue scuro, mutando costantemente forma: dapprima divenne un cubo, poi una sfera, una corona, un dardo e poi una riproduzione della gemma Baspar. Chiuse la mano, dissolvendo la magia che, però, lasciò rivoli di sangue denso in essa e che caddero sul pavimento. Il Guardiano che rimase affascinato ma allo stesso tempo terrorizzato, scosse il capo riprendendosi dallo stato catatonico:

‘’Io non credo ai miei occhi! Tu sei il secondo a padroneggiare una magia tanto potente quanto pericolosa. Il primo era un arci-mago chiamato Ogrum Solyn che decise di studiare questo tipo di magia. Ed è stato lui ad esser esiliato per questo, aveva perso il controllo e reso la Stella a Cinque Punte un luogo insicuro.’’
L’incantatore recuperò un fazzoletto per pulire le chiazze di sangue lasciate dall’uso breve di quel potere arcano temuto da Baspar.

‘’La magia del sangue non è propriamente pericolosa, ma esige molta concentrazione ed essenza vitale del suo incantatore. Se l’incantatore si distrae o le sue forze vengono meno sappiamo cosa accade. E dato che la sua gemma ha elementi ferrosi, userò questa magia per riparla. Solo che mi serviranno alcune cose.’’- e prese uno dei fogli presenti sulla scrivania del Guardiano, con un incantesimo scrisse gli oggetti, tra cui un pezzo di gesso rosso e poi lo riconsegnò a Baspar che lo lesse, annuendo ma domandò:

‘’Un coltello da cerimonia? Mi spieghi dove lo trovo un oggetto simile?’’

‘’Va bene anche uno dei coltelli che i governatori portano alla cintola. Lei mi fornisca gli oggetti della lista e al resto penserò io. Inoltre, gradirei che i Gran Maestri che circondano la Torre andassero via, non voglio che la loro essenza magica interferisca con il rituale. E anche qualcun altro…’’- rispose quasi infastidito il mago, non solo dalla presenza dei Gran Maestri ma anche dalla presenza di Wall; quest’ultima sorrise appena, portando una mano sul proprio scudo con fare di sfida nei confronti di Thym. Baspar alzò le spalle ed inviò un messaggio telepaticamente ai Gran Maestri Arcani di tornare alle loro mansioni e di allontanarsi dalla sua torre in quanto l’ospite avrebbe alterato il campo magico per ripristinare la Gemma e non desiderava ulteriori feriti.

‘’Mi perdoni, Signor Baspar, ma tutto questo è assurdo!’’- esclamò una Gran Maestra preoccupata dalla decisione del Guardiano. Una preoccupazione condivisa anche da altri che si fecero sentire poco dopo. Baspar batté le mani, facendo sobbalzare lievemente il mago che ne restò confuso ma poi notando l’estrema concentrazione da parte dell’uomo comprese.

‘’Nessuna obiezione Karnak! Sai benissimo che la Gemma della mia torre è estremamente potente e pericolosa quando il suo campo magico viene alterato, che sia per stabilizzarla o meno. Non voglio che qualcuno possa restarne gravemente ferito. E per amor del cielo avvertite anche la governatrice…’’- terminò il suo incantesimo telepatico, alzandosi e avviandosi a recuperare gli oggetti ordinando a Thym e Wall di restare nella torre. Il mago decise di seguirlo lo stesso per accertarsi che acquistasse o trovasse gli oggetti giusti per il rituale, assieme a Wall costretta a sorvegliarlo. L’incantatore fece per muovere il primo passo, ma una scarica d’elettricità invase il suo intero corpo facendolo cadere sulle ginocchia. L’oscurità della notte sembrò infittirsi ancor di più, inghiottendo le poche luci delle lanterne presenti nei vari borghi. Una secondo, nuova, potente scarica elettrica colpì il mago che, dolorante, esclamò:

‘’Qualcuno vuole accedere alla Torre! Dobbiamo fermarlo!’’- e Baspar, senza perdersi d’animo, evocò un portale che li condusse immediatamente nel Centro Stella. Lì osservarono con orrore grandi nubi purpuree addensarsi sulla cima, fulmini del medesimo colore abbattersi e frustare con violenza la sabbia tramutandola in vetro. All’ingresso della Torre vi era un uomo in divisa militare dalla cui schiena si estendevano sei catene dorate, avvinghiate ai mattoni della porta. Dalle sue mani comparivano e scomparivano cerchi magici d’evocazione che misero a dura prova la pazienza del soldato, notabile dalla fronte corrugata e le vene pulsanti sulle tempie; il sudore iniziava a scorrere lungo il suo collo e sulle ciglia, uno sforzo immenso. Una saetta purpurea si mosse come un serpente per colpire l’intruso, scontrandosi con un terzo cerchio magico posto sul corpo dell’uomo che gemette per lo sforzo, facendogli perdere parzialmente presa sul terreno. Thym si rialzò a malapena nel tentativo di correre verso il folle soldato, ma una terza scarica di magia gli fece perdere l’equilibrio, cadendo di peso nella sabbia. Contemporaneamente l’uomo cadde su un ginocchio ed una della catene venne spezzata dall’impetuosa energia della torre.

‘’Maledetta torre, pensi di contrastare i poteri di un Fondatore?’’- domandò lo strano uomo, ampliando il raggio dei cerchi d’evocazione e l’intensità dei suoi incantesimi, riversando tempeste di fuoco sul marmo assieme a spruzzi d’acido. Dai fumi dell’acido e del fuoco si materializzò una figura spettrale, dal sorriso perfido e dagli occhi iracondi:

‘’Lei no, ma io sì!’’- esclamò l’entità colpendolo allo sterno con un calcio per poi afferrare le sei catene d’oro e, senza spostarsi dalla sua posizione, lo scagliò per centinaia di metri lontano. L’uomo si dissolse in cenere, sorprendendo Thym, Baspar e Wall ma non l’entità malvagia che aveva già intuito il tranello. Con un singolo movimento rotante riuscì ad afferrare il collo del vero Fondatore, e quest’ultimo si divise dal suo corpo materiale divenendo per un breve attimo un corpo etero per poi venir strattonato con violenza nel suo stato fisico e venir investito da una magia di gran lunga superiore alla sua. L’incantatore malvagio stava per uccidere il Fondatore creando un minuscolo buco nero nella sua mano che aumentò le sue dimensioni fin quando la sabbia, i fulmini e ogni traccia magica cominciò ad essere inghiottita, tra cui anche le catene dorate. Thym, resistendo al dolore, posò la sua mano sulla spalla di Wall ed entrambi si materializzarono tra il Fondatore e Abraxás intralciando il suo operato. La condottiera alzò di peso il Fondatore con un braccio e con l’altro tenne alto lo scudo, parandosi da possibili dardi o esplosioni mentre Thym sferrò il primo colpo contro l’incantatore ed interrompendo anche la sua magia.

‘’Oh Thym, perché ti ostini a difenderli? Non comprendono il nostro vasto potere e potresti soggiogarli all’istante ma tu preferisci proteggerli!’’- ringhiò il malefico incantatore, muovendo le mani creando dei simboli che Thym riconobbe e, a sua volte, ne creò alcuni opposti sapendo cosa stava arrivando. Alle spalle di entrambi apparvero minuscoli portali dalla quale saettarono centinaia e centinaia di dardi vitrei si scontrarono tra loro, esplodendo in ulteriori frammenti che sventrarono alcune abitazioni già abbandonate. Abraxás, notando la distruzione circostante, richiamò a sé i vari detriti e li fece piombare duramente su Thym che dovette interrompere il suo incantesimo per evitare di esser travolto dai rottami. Prontamente creò una magia di protezione e tutti i sassi, pezzi di vetro e ferro rimbalzarono sullo scudo formatosi.
‘’Io li difendo dalla tua follia, Abrax! Loro sono innocenti!’’- replicò l’incantatore, afferrando uno dei detriti che tramutò in una sorta di bastone uncinato e colpì il fianco del mago, mandandolo al tappeto per un breve istante prima che costui alzasse un braccio verso il cielo rallentando il tempo circostante; dalle dita dell’incantatore si materializzarono strani filamenti, come se l’incantatore avesse conficcato le sue dita nel tessuto della realtà per poi lacerarla con un singolo movimento, facendo echeggiare la sua voce nella mente di Thym:

‘’Nessuno è innocente!’’- e tutto si distorse in una spirale confusa di colori, suoni, elementi, luoghi. Il tempo sembrò fermo e allo stesso tempo muoversi a velocità diverse, si strappava e ricuciva e Thym si ritrovò a volteggiare in una confusa e deformata realtà. Nella vuota esistenza di quel breve attimo, l’incantatore riuscì a ripristinare la realtà, ma di Abrax neanche l’ombra. Sapendo di eguagliarne il potere e di scovare anche il minimo tranello dietro una magia potente, creò uno strano simbolo d’interdizione e la distorsione svanì con un risucchio tra le sue dita mostrando la Torre Nera ancora viva, la sua perfida essenza accompagnata dalla profonda risata della sua nemesi. I segni di quella distorsione furono fin da subito visibili: la terra era divisa e rialzata in diversi punti attorno la torre, da sotto le fondamenta di essa alcuni fulmini erano sospesi nel tempo ed impedivano l’accesso all’ingresso e alcune pietre della struttura si erano staccate dall’arco fluttuando a mezz’aria. La cima della torre era circondata, invece, da dense nubi temporalesche che roteavano come se un tornado fosse pronto a nascere. Una mano si posò sul suo volto, facendolo sobbalzare:

‘’Ti senti bene mago?’’- domandò Wall, sporca di terra e con una guancia ferita. Thym si alzò a fatica, tenendosi il petto per l’enorme sforzo, aiutato dalla condottiera a tornare da Baspar e uno dei Fondatori dell’Ordine privo di conoscenza per lo scontro. Al Guardiano bastò un breve sguardo negli oggi del mago per dileguarsi subito alla ricerca degli oggetti della lista. Thym, ancora adirato per la follia compiuta dal Fondatore, ricoprì il suo palmo di minuscole saette azzurro che poi tramutò in una scarica elettrica facendola piombare sul Fondatore che tornò tra i vivi. Onde evitare altre follie da parte dell’uomo, Thym creò una barriera quadrata impedendogli di uscire:
‘’Per quale diavolo di ragione lei attacca inconsciamente una Torre Magica di gran lunga più potente di lei e, soprattutto, da solo?’’

‘’Non accetto prediche da un bastardo come te.’’- replicò con stizza il Fondatore, alzandosi e grugnendo per i dolori che le sue ossa e muscoli stavano patendo in quel momento.

‘’Intanto questo bastardo ti ha salvato le chiappe da morte certa.’’- e ben presto le catene dorate del Fondatore si mossero rapide ma incontrarono la resistenza della gabbia magica. Rabbiosamente l’uomo cercò di liberarsi ancora e Thym gli intimò di non fare ulteriori scelte azzardate e volle comunque sapere il suo nome, così da farlo presente agli altri membri dell’Ordine con la speranza di ottenere almeno un richiamo nei suoi confronti.

‘’Amaranti Tric, terzo Fondatore dell’Ordine. E adesso liberami, bastardo!’’- asserì Amaranti, sbattendo i pugni sulla superficie trasparente della barriera; la gabbia evocata da Thym reagì all’urto, restringendosi di qualche centimetro neutralizzando ulteriori movimenti del Fondatore. Il mago, frustrato dal comportamento altezzoso dell’individuo, mosse il braccio in una direzione indefinita e la prigione quadrata svanì con il Fondatore al suo interno lasciando dietro di sé l’eco di un urlo rabbioso.
‘’Ripeto: tu stai bene…Thym?’’- domandò di nuovo Wall, avvicinandosi cautamente al mago, poggiandogli una mano sulla spalla. Le dita di Thym ebbero un fremito dovuto a quell’improvviso tocco, costringendolo a scostarsi educatamente:

‘’Wall, starò bene quando tutto questo avrà fine, ma per cortesia non toccarmi quando sono distratto o preso da lotte con i miei demoni interiori. Stavo per carbonizzarti.’’- rispose Thym alzando la mano mostrando una sfera di fuoco che roteava lenta nel palmo. Wall sfidò la sorte e afferrò la sfera di fiamme, spegnendola come se fosse una semplice torcia; quel gesto così audace e sicuro lasciò a bocca aperta il mago, che provò sia interesse che fastidio nei confronti della condottiera. Poi, per pura sorte, Thym notò la mano guantata di Wall umida di qualche liquido:

‘’Oh, astuta! Ma la tua mano andrà a fuoco di nuovo in quanto magia e l’acqua non…’’- si rese conto solo allora che quella non era semplice acqua d’otre; il luccichio innaturale di ogni goccia, del suono che emettevano al contatto con la sabbia e dei minuscoli, quasi invisibili, obelischi ghiacciati farsi strada tra i granelli d’oro, bastarono a far intendere che si trattasse di magia anche quella. Wall ridacchiò appena, recuperando da una fessura del sua armatura un contenitore di vetro:

‘’Ho preso in prestito una pozione da Baspar, non se ne renderà conto. Sei tu l’esperto, vedi che cos’era, io l’ho presa solo perché mi piaceva il colore.’’- e gli gettò tra le mani il vetro con gli aloni azzurri lasciati dal liquido. Con l’indice recuperò una piccola goccia rimasta sul becco e assaggiandola la riconobbe:

‘’Acqua della Purezza? Oh, questa è una pozione magnifica che ti consente di non ustionarti in grandi incendi…E tu l’hai sprecata per una semplice palla di fuoco? Che inconsiderazione per oggetti così importanti.’’- rispose Thym, imbronciato per l’uso improprio. Wall gli mise una mano sulla spalla e sorrise maliziosamente:

‘’Qui l’unico oggetto importante che possa concedermi una paga maggiore sei tu, maghetto. Cerca di restare vivo fino alla fine, intesi?’’- domandò Wall per poi dargli un bacio sulla guancia, ma il sorriso di malizia e perfidia non svanirono dal volto della condottiera che si avviò verso la Torre del Guardiano. Thym si sentì confuso da quello strano atteggiamento della condottiera, ma la sua attenzione si spostò nuovamente sulla Torre e sull’energia proveniente dagli arcani dei due eserciti prossimi all’arrivo alla Stella. Eppure qualcosa lo fece sorridere di gusto osservando l’oscura torre, qualcosa che solo lui sapeva.

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Capitolo 5
*** Tradimento. ***


Esterno della Stella a Cinque Punte. Terzo giorno d’Autunno. Anno: 719
 
Il folto gruppo armato della Repubblica di Biensard e l’esercito di soldati umanoidi dell’Istmo di Emssack inviati per catturare il mago giunsero ai limiti della splendente Stella a Cinque Punte con un giorno d’anticipo. I possenti destrieri color notte al galoppo, in armatura scintillante con il rispettivo stemma dei due luoghi, si udirono chiaramente dall’interno delle mura. Gli stendardi delle due casate venivano portati da un manipolo di creature bizzarre, protette anche loro da scarti di armature e lamiere. Ad aprire le file vi erano i rispettivi sovrani: Johans Salathis, capo della quinta casata della Repubblica di Biensard, un uomo veterano di grandi guerre e ormai stanco di intraprenderne altre. Al suo fianco, un giovane aitante dalla capigliatura bionda e gli occhi vispi conosciuto come Sir Alcan Byron von Destre, ma tutti lo chiamavano Alce per far prima. Leona Franzaert, baronessa dell’Istmo di Emssack, si muoveva solitaria sul suo fidato cavallo da guerra. Così come Johans, anche Leona aveva affrontato guerre eppure per il suo fisico quelle guerre non l’avevano minimamente scalfita e per la sua età restava una bella donna. Tra le fila di soldati, armati di ogni possibile arma, vi erano i due stregoni, il chierico e i due negromanti che Thym aveva citato, ma nessuno di questi cinque indossava un simbolo che li affiliasse o alla Repubblica o all’Istmo.
 
‘’Mercenari.’’- affermò Buccinide, sfruttando il lungo cannocchiale inventato da Archimede e potenziato da Baspar.

‘’E da quando loro si affidano a mercenari?’’- domandò Zea sistemandosi il mantello per evidenziare il prestigioso ruolo da lei intrapreso.

‘’Da quel che so, cinque anni fa hanno avuto una sommossa da parte dei loro soldati e sono stati giustiziati tutti quelli coinvolti. Da allora si limitano ad addestrane pochi e ad assoldare maghi o affini per poco.’’- rispose Hays, con un leggero tremore nella voce. Parnasso, invece, restò con lo sguardo fisso sulla sua arma, attendendo di farla ruggire di nuovo sulle teste di quegli inetti della Repubblica mentre Markides osservò il cielo ove Thym, simile ad un gigantesco corvo grazie al colore nero dei nuovi abiti da lui indossati, attendeva di scendere in picchiata per cibarsi delle sue prede; la governatrice si sentì rabbrividire e si sentì anche presa per i fondelli nell’aver fallito la missione di cacciare il mago dalla Stella. I cavalli dell’intero esercito delle due fazioni si fermarono a meno di cento metri dalle mura, mandando avanti un loro messaggero, goffo e pallido, che grazie ad un cristallo nella mano riuscì a far sentire la sua voce:

‘’La Repubblica di Biensard, stimata per i suoi trattati d’alleanza, assieme all’Istmo di Emssack chiedono immediatamente dialogo con i cinque governatori della Stella e la consegna del mago straniero per essere arrestato e giustiziato! Dovrà rispondere dei seguenti crimini: uso di magia proibita dalla Legge dei Flussi Arcani; coinvolgimento con la comparsa di una Torre che intralcia l’equilibrio magico in tutto il mondo; coinvolgimento con la morte dei cittadini della Stella. Inoltre, i cinque governatori dovranno rispondere dell’accusa di aver protetto un mago proveniente da un’altra realtà senza aver informato il Congresso. Inoltre dovranno rispondere dell’accusa di aggressione nei confronti dei Fondatori e dei loro seguaci.’’
Quelle parole suonarono come una condanna a morte per tutti i cittadini che cercarono riparo nelle loro abitazioni. I Grandi Arcani, invece, si sentirono disorientati per quel che stava accadendo, così come per le altre figure presenti nei cinque borghi. Parnasso, sbuffando e avendo accumulato fin troppa frustrazione, sfruttò il medesimo cristallo e chiese:

‘’E se dovessimo rifiutarci di consegnarvi Thym e di rispondere alle accuse?’’

La risposta arrivò immediatamente sotto forma di gigantesca meteora azzurra che si infranse su una barriera magica violacea. E il messaggero aggiunse, sotto consiglio di Leona:

‘’Verrete giustiziati per alto tradimento e l’intera stella verrà distrutta.’’- e si sentì un leggero sospiro affranto da parte del messaggero che venne redarguito da Leona con un violento scappellotto sulla nuca. I Cinque Governatori risposero a quell’accusa definendola assurda e mendace ma Johans diede l’ordine ai negromanti di evocare altre armate.

‘’Non rendete difficili queste trattative, governatori e governatrici.’’- furono le parole dell’uomo attraverso il cristallo magico strappato dalle mani del messaggero che si sentì rammaricato. Parnasso brandì subito la sua arma e si diresse all’entrata, muovendosi come un serpente ed evitando i suoi compagni che cercarono di fermarlo. Arrivato al cancello delle mura, aprì appena uno spiraglio di porta per poter fare fuoco ma uno dei Gran Maestri arcani lo fermò subito facendo da scudo umano:

‘’Governatore, ci pensi: affrontare decine di non-morti assieme ad un intero esercito non gioverà alla nostra posizione ormai critica. L’esercito ha a disposizione essenza magica maggiore della nostra. Per favore!’’- ma le parole del Gran Maestro vennero ignorate dall’esplosione del dardo magico dell’archibugio di Parnasso. Il proiettile centrò la testa marcia di uno dei non-morti, che si piegò all’indietro per l’impatto ma dalla sua schiena nacquero quattro zampe di ragno che impedirono al corpo di cadere. I non-morti risero, una risata simile a centinaia di zampe scheletriche colpire la pietra. Sir Alcan Byron von Destre alzò la mano dando il segnale ai soldati di avanzare e iniziare a fare fuoco usando le loro armi, e Leona spronò le sue truppe armate per colpire dalla distanza sfruttando anche l’aiuto del chierico che donava loro capacità superiori ad un essere umano qualunque. I Gran Maestri Arcani tennero alta la barriera il tempo necessario per consentire alle unità armate di preparare baliste, cannoni e altre armi costruite anni prima grazie all’ausilio di Archimede.

‘’Maledizione Parnasso, sei stato troppo impulsivo!’’- lo redarguì Hays, strattonandolo dall’uscio del cancello e arretrò subito, terrorizzato dallo sguardo di pura perfidia del collega.

‘’La Repubblica e l’Istmo non avevano alcuna intenzione di dialogare con noi. Mentre il messaggero parlava, riuscivo a sentire Johans e Alcan discutere nel dialetto della Repubblica: è tutta una formalità, avrebbero lo stesso attaccato.’’- e parte della cupola evocata dai Gran Maestri Arcani cadde sotto i costanti colpi delle unità magiche nemiche. Le spade, i cannoni, fucili, dardi magici ed esplosioni furono l’orchestra di quella battaglia e il governatore Buccinide, tra un dardo di fuoco schivato e la decapitazione di alcuni non-morti riusciti ad invadere le mura, sentì un lungo brivido gelido percorrergli la schiena; quel brivido si tramutò in puro terrore e ansia non appena Thym dissolse la barriera e i Gran Maestri Arcani caddero in ginocchio, stremati e schiacciati da una forza invisibile. I non-morti comandati dai negromanti vennero alzati a mezz’aria e implosero su sé stessi, venendo ridotti in cenere e i loro incantatori si trovarono impossibilitati ad evocarne altri. I dardi magici degli assalitori furono distrutti e una forza invisibile impedì l’avanzata dei soldati.

‘’Che accade?’’- domandò Johans, cercando di domare il cavallo imbizzarrito dal tumulto. Uno dei Negromanti, dalla pelle cadaverica e parte del viso sfigurato, rispose che qualcosa li stava intralciando e non comprendevano cosa fosse. Thym, visibilmente adirato, discese sugli eserciti nemici camminando e lasciando dietro di sé delle scie infuocate mentre alle sua spalle il cielo si tinse sempre di più del colore della tempesta; uno dei soldati, trovandosi nella sua traiettoria, cercò di sferrare un colpo di lancia, venendo immediatamente disintegrato con un singolo pugno e lasciando dietro di sé l’armatura ammaccata.

‘’La stella è sotto la mia protezione e del Congresso degli Shaildirn. Andatevene immediatamente o il vostro assedio non resterò impunito.’’- asserì Thym, distorcendo appena la sua voce per incutere timore nell’esercito già disorientato. Quella minaccia, però, non subì l’effetto sperato e Leona ordinò alle sue truppe di circondarlo e catturarlo, chiedendo al chierico di usare ulteriori incantesimi. Il giovane, pallido, suonò una minuscola campana più volte avvolgendo di una raggiante aura azzurra i soldati che si sentirono rinvigoriti e accerchiarono il mago con lance e spade creando una sorta di collare affilato.
‘’Le tue frivole minacce sono inutili contro i nostri eserciti, giovane mago. Continuate con l’assedio.’’
‘’Io vi avevo avvertito.’’- replicò l’incantatore, muovendo le mani come se volesse afferrare qualcosa. I soldati che lo accerchiavano cominciarono a sanguinare da occhi, naso, orecchie e bocca, cadendo uno per uno nella sabbia mentre la loro linfa vitale veniva assorbita dalle mani del mago. Contemporaneamente a quel macabro spettacolo, i non-morti che aveva inizialmente incenerito tornarono ma questa volta sotto il suo controllo. Ed erano numerosi.

‘’Lui…non è un semplice mago…’’- disse uno dei Negromanti, indietreggiando e preparandosi ad un sanguinoso combattimento brandendo una spada di mediocre fattura. Sir Alcan, ridendo in barba al pericolo che gli parava davanti, ordinò alle truppe incantate di respingere l’unico nemico che vedevano. I cavalli galopparono, i soldati scattarono con le spade e altre armi nelle loro mani pronti a fronteggiare l’incantatore. Quest’ultimo alzò appena la gamba per poi colpire la sabbia sottostante con forza tale da sconquassare tutto l’ambiente circostante e le truppe cadaveriche risposero all’ordine di Thym contrastando con brutalità i nemici. Il sangue assorbito dai soldati che lo aveva accerchiato venne solidificato e tramutato in scimitarre che vennero scagliate in direzione dei due negromanti e decapitati senza troppi intoppi. Johans, notando il gravoso risvolto della battaglia, decise di battere in ritirata lasciando Leona e Sir Alcan in balia di quella violenta magia sconosciuta.

‘’E lei dove crede di scappare?’’- domandò Thym, comparendo come uno spettro davanti al cavallo di Johans che lo disarcionò, liberandosi della zavorra e fuggendo. In passato, Johans Salathis era un fenomenale guerriero della Repubblica, freddo calcolatore e impareggiabile in battaglia. Sapeva quando attaccare, quando difendersi e quando la battaglia volgeva a favore del nemico. Non ha mai mostrato segni della paura, anche di fronte alla creatura più sanguinosa della storia. Ma il passato è passato, non è così?

‘’Lei pensa di battere in ritirata dopo aver attaccato la Stella a Cinque Punte? Pensa che tutto questo agli occhi del Congresso e ai miei possa restare impunito, generale?’’- domandò il mago, avanzando lento e riconoscendo il grado del condottiero; Johans si sentì soffocare dalla presenza del mago e dalla sua magia che non conosceva alcun limite. Un briciolo di coraggio lo fece scattare in piedi:

‘’Battere in ritirata quando il nemico ha già vinto è sempre stata una saggia scelta, ma a quanto pare se la mia fine è questa…allora non mi resta che combattere.’’- rispose l’uomo, togliendosi il mantello con il simbolo della Repubblica e sfoderando due spade corte di eccellente fattura. Thym sorrise riconoscendone il valore e aggiunse:

‘’Sir Alcan è suo nipote, vero? La nobiltà e ardore cavalleresco di quel giovane sono davvero mediocri rispetto i suoi. E invece di menare fendenti in modo casuale, lei ha assunto una posa che non vedevo da molto: posta brevis. E vedo che è attento ad ogni singolo movimento del suo avversario. Ammirevole.’’- applaudì visibilmente contento nell’apprendere che vi era ancora un cavaliere disposto a dimostrare il suo onore. E, di fatti, Johans corrugò la fronte sorpreso che qualcuno conoscesse gli stili dell’arte della spada.

‘’Lusingato che qualcuno conosca ancora tale arte, ma credo che il tempo dei convenevoli sia concluso. In guardia, maledetto.’’- e con uno scatto frontale, Johans eseguì un fendente che si tramutò in una finta e successivamente in un montante. Thym, però, aveva previsto ogni sua mossa e gli sferrò una gomitata sul naso con forza tale da romperglielo e fargli perdere la presa su una delle spade. Sfruttando il momento di confusione procurato, creò dei segni di interdizione sul corpo dell’uomo partendo dal collo e giungendo ai piedi. Una forza invisibile costrinse Johans ad inginocchiarsi e assumere la posa di uomo messo alla gogna. Il sangue sparso dai soldati della Repubblica e dell’Istmo vennero attratti dai simboli magici e crearono una prigione d’aculei che impedirono qualsiasi movimento dell’uomo eccetto per la sua testa:
‘’Lei potrà tornarci utile, Sir Johans Salathis von Destre, o dovrei chiamarla con il suo vero nome?’’- chiese Thym, incrociando il suo sguardo con quello di uno sconfitto Johans, e per la prima volta in vita sua provò terrore. Un terrore indomabile.

‘’Come fai a conoscerlo? Ho impiegato anni per celare questo mio segreto a tutti. Dimmelo oppure io…’’- protestò il condottiero, inutilmente dato che la prigione d’aculei reagì a quello scossone, trafiggendogli il corpo e distruggendo anche l’armatura. Il mago si lasciò alle spalle il generale, dirigendosi a passo lento verso lo scontro prossimo a concludersi. Fu affascinato dalla tenacia di Leona, imbrattata di sangue viscoso dalla testa ai piedi intenta a respingere più nemici contemporaneamente mentre il poppante Sir Alcan, mutilato di un braccio e dal volto tumefatto, cercava di respingere gli aggressori con l’uso di un insignificante spadino dalla lama spezzata. Dietro le mura della Stella a Cinque Punte, invece, tutti restarono ad osservare immobili l’esito di uno scontro agghiacciante. Uno dei Gran Maestri Arcani ne rimase disgustato, tanto da rigurgitare tutto quel che il suo stomaco contenesse:

‘’Non può essere vero. Due dei migliori eserciti spazzati come se fossero semplici fuscelli in una tormenta.’’- disse Markides pallida in volto e alla ricerca di un dialogo con qualcuno. Hays volse lo sguardo altrove per non essere la vittima sacrificale.

‘’Ora comprendi il desiderio di tenerlo con noi, Marki? Stesso vale per te, cara Zea. Thym può aiutarci nelle difficoltà che la Stella sta affrontando da mesi e chiede solo di avere un luogo dove poter vivere.’’- rispose Buccinide, posando nuovamente il cannocchiale su un tavolino. L’unico, però, ad essere infastidito era Parnasso desideroso di sfogare la sua rabbia su alcuni cavalieri della Repubblica o dell’Istmo e appoggiò al muro di una delle abitazioni adiacenti alle mura con violenza, facendo presente la sua contrarietà nel non aver partecipato. I governatori restarono ad osservare quella brutalità tramite un globo magico messo all’esterno delle Stella. Thym continuava a divertirsi, usando ogni magia conosciuta a sua favore per uccidere i soldati rimasti in vita; uno di loro, membro dell’Istmo, venne sbalzato in aria e mutilato dei quattro arti da una tempesta di spade e il corpo usato come ariete contro i compagni d’arme riducendolo in poltiglia. L’esercito di non-morti divenne inarrestabile e divenendone un singolo elemento privo di simboli o sigilli di riconoscimento, solo cadaveri in armatura e desiderosi di uccidere ancora. Dal sangue sparso nella sabbia dorata, sorsero agghiaccianti spettri che si unirono ai non-morti accerchiando Leona e Sir Alcan, stremati e feriti gravemente.

‘’Impossibile! Non ti permetterò di vincere!’’

‘’Leona, fermati, ti prego! Abbiamo perso…’’- urlò Johans tra le fila di non-morti che lo tenevano ancora ostaggio della prigione d’aculei. Eppure quella supplica ottenne l’effetto opposto sperato dal veterano, consentendo a Thym di usare la magia del sangue per paralizzarla. Non contento, usando i suoi poteri si divertì a rompere le articolazioni della donna una per una finché non fu la stessa ad urlare pietà.

‘’Sapete, tutto questo mi fa divertire perché avreste fatto lo stesso con i membri della Stella a Cinque Punte. Li avreste torturati, fisicamente e mentalmente, condotti allo stremo delle loro forze e poi uccisi. Non è così? Che peccato aver rovinato i vostri piani.’’- disse ironico, mentre l’esercito di non-morti rise pregustando la carneficina.

‘’Visto che lei e il generale Johans mi servite, vediamo se la mente di Sir Alcan ha qualcosa da offrire.’’- aggiunse Thym, avvicinandosi al giovane mutilato e, ghermendo la sua testa con le dita di entrambe le mani, riuscì a scavare nei suoi pensieri scoprendo che altre fazioni avevano intenzione di scontrarsi con la Stella, ignorando completamente il Congresso e i loro ordini. Thym sorrise soddisfatto finché il suo sorriso non divenne una maschera di pura perfidia riconoscendo lo stemma di una delle più potenti nazioni che conosceva la Stella a Cinque Punte.

‘’Ah, anche loro dunque? Non mi sorprendo, hanno sempre tentato di assoggettare al loro dominio anche villaggi privi di magia solo per espandersi. Perfetto. Il pranzo è servito, ragazzi.’’- disse il mago, spingendo nella calca di carne putrida Sir Alcan che venne fatto a pezzi tra urla e implorazioni. Ordinò ad altri di portare i prigionieri nella Stella e fu in quel momento che la Torre Nera reagì a tutta la magia usata da Thym e sembrò ridere anch’essa innanzi a tutta quella morte provocata dal giovane, però non attaccò, stesso per Abrax. Quando Thym e il suo esercito furono all’ingresso della Stella, tutti erano restii a farlo entrare.

‘’Hai usato magie proibite, tra cui la negromanzia. Speri vivamente che ti faremo rientrare dopo questo massacro?’’- domandò una delle creature facente parte del quarto borgo e sotto il governo di Markides, sbarrandogli la strada con una trave di ferro. L’incantatore mosse la mano e l’esercito di non-morti si dissolse in una nube di fumo lasciandosi dietro solo il cadavere di Sir Alcan e centinaia di armature ormai inutili.

‘’La Repubblica e l’Istmo sono stati solo l’antipasto. Molte altre fazioni hanno intenzione di venire qui e fronteggiarvi, tra cui una molto potente.’’- e cercò i governatori, sicuri di conoscere a quale fazione si riferisse il mago. Telepaticamente, disse a Buccinide il nome della fazione, quando si diressero in un palazzo governativo vicino:

‘’Pyrevakre.’’- e Buccinide sbarrò gli occhi, portandosi la mano al petto come se avvertisse un mancamento arrivare da un momento all’altro. La fronte si imperlò di sudore, la pelle divenne pallida e il respiro corto tanto da attirare l’attenzione degli altri presenti. Parnasso gli chiese cosa stesse accadendo e non appena il mago si palesò innanzi a loro, sorrise calmo mostrando attraverso una semplice invocazione un simbolo familiare anche agli altri: una chiave nera formata da una testa che si restringeva verso lo stelo formando una goccia, mentre lo stelo presentava diverse incisioni, il pettine differiva completamente dal resto della chiave, infatti rappresentava un grande occhio demoniaco che reggeva tramite quattro minuscoli aculei quattro elementi sconosciuti ad esseri comuni, ma non a chi conosceva le arti arcane e proibite. Inizialmente nessuno riconobbe lo stemma, un po’ confusionario per via della magia usata dal mago ma quando Buccinide rivelò il nome, piombò il gelo sull’intero gruppo presente.

‘’La Ierocrazia di Pyrevakre vuole attaccarci? Perché una nostra alleata secolare dovrebbe infrangere il patto?’’

‘’Non hanno intenzione di attaccare, ma di assoggettarvi al loro dominio. Useranno la forza solo se costretti. E ringraziate Sir Alcan per l’informazione.’’- rispose Thym, seduto su una sedia distante e con i piedi poggiati su un tavolo, mentre tra le mani fece comparire il teschio della persona citata per poi lanciarla sul tavolo dove i governatori erano intenti a dialogare.

‘’E tu hai visto tutto questo tramite la mente di Alcan?’’- domandò Hays, spostando lo sguardo dal teschio di Sir Alcan al foglio dove erano segnati i nomi delle fazioni in procinto di attaccare la Stella.

‘’Esattamente. A quanto sembri, l’attacco era già stato pianificato dalle fazioni che vi ho elencato. Inizialmente ne erano dodici, ma sette hanno deciso di rendersi neutrali successivamente all’inserimento di Pyrevakre. Ma ho una domanda: la Gerontocrazia di Deqyt e la Demagogia di Waregus non erano entrate in guerra qualche anno fa per questioni territoriali?’’

Quella domanda suscitò una leggera perplessità nei presenti e fu Zea a rispondere che, riflettendoci, le risultava alquanto strano che due potenze militari già tediate da scontri territoriali si unissero per fronteggiarli. Ma quando la governatrice cercò di dirigersi ad uno degli scaffali, una figura in armatura pesante irruppe nella stanza distruggendo la porta con forza inumana. Il viso ancora sporco di sangue raggrumato e di ferite ancora intente a rimarginarsi fece indietreggiare Zea, ma nulla le impedì di portare la mano sul pugnale. Anche gli altri governatori, eccetto Hays vigliacco come sempre, brandirono armi di fortuna mentre Thym restava nella stessa posizione intento a sonnecchiare. Leona, in un qualche modo, era sfuggita alla sorveglianza delle varie guardie nella sua cella e in quel momento lei reclamava vendetta per lo smacco subito. Nella mano tremante stringeva la spada danneggiata dalla battaglia delle ore prima e, anch’essa, sporca di sangue.

‘’Tu, bastardo maledetto!’’- ruggì Leona scattando verso il mago, spada puntata alla sua testa e colpì con un fatale fendente che si conficcò nel cranio del mago. Il sangue prese a scorrere sulla lama e sul corpo, facendo gioire Leona che infierì spaccando in due la testa dell’uomo. Leona si allontanò dal cadavere, ma non appena lo fece, un violento pugno a martello le ruppe il naso e il labbro, mandandola a sbattere contro il tavolo.

‘’Certo che voi condottieri non imparate mai. E questa è la seconda volta che uso uno dei miei fantocci, non è cortese.’’- asserì la voce di Thym togliendo la spada dal cranio spaccato del fantoccio che prese vita e sbuffò percependo l’enorme spacco toccandolo:

‘’Oh, ma che ho fatto di male? Non ci si comporta così! Anche l’altro ieri mattina è successo!’’- esclamò il fantoccio che iniziò a mostrare la sua vera natura di paglia e legno, prima di dissolversi sotto gli occhi di tutti i presenti ormai abituati alle stramberie del mago, eccetto Leona che arretrò verso una colonna. Thym, per l’affronto subito, afferrò Leona per il collo stringendole la trachea.

‘’Johans è stato più saggio di lei. Stava battendo in ritirata, ma visto che ho bisogno di lui per altre informazioni, è prigioniero adesso. E il suo ruolo in questa guerra quale sarebbe, Lady Leona? Mi ha attaccato mentre ero indifeso e non è nobile da parte sua.’’- disse il mago, allontanando la mano e lasciando che una forza invisibile stringesse ancora la gola della condottiera.

‘’Liberami, figli di putt…’’- ma le imprecazioni di Leona vennero arrestate da una stretta più violenta che la fece boccheggiare e salivare con disgusto fin quando la mano invisibile non la spinse sul tavolo, spaccandolo e tenendola ferma sul pavimento. Hays sobbalzò nuovamente a quel fracasso, estraniatosi nuovamente per chissà quale ragione. Thym si avvicinò lento, torreggiando diabolicamente sulla donna e le disse nuovamente:

‘’Lady Leona, cerchi di calmarsi, le verranno le rughe così.’’

‘’Ho detto di liberarmi, cane bastardo! Puoi anche torturarmi ma io non ti rivelerò nulla!’’- replicò la donna, tra un respiro gravoso e l’altro cercando di liberarsi. L’incantatore scosse la testa e chiese cortesemente ai presenti, eccetto Buccinide, di uscire dalla stanza. Tutti uscirono anche se Parnasso protestò curioso di vedere fin dove Thym potesse spingersi e dunque restò sull’uscio ad osservare. La stanza cominciò a puzzare di rancido, le pareti a trasudare grumi di liquido viscoso, simile a liquami di cadaveri e i due governatori notarono la mutazione nell’aspetto di Thym a partire dagli occhi completamente neri abisso e ogni polpastrello del mago si tinsero di rosso. Delle mani artigliate strinsero le caviglie e i polsi della condottiera, bloccandola; una di queste mani artigliate le afferrò la gola stringendola con forza, mntre l’aggressore si palesò dalla pozza con le fattezze di Sir Alcan.

‘’Questa tecnica l’ho eseguita una sola volta contro un traditore. Non è stato per nulla piacevole, ma era l’unico metodo per farlo parlare.’’- disse Thym posando successivamente le dita sul capo di Leona, facendo pressione ed iniziando a scavare nella mente della condottiera. Ogni terminazione nervosa della donna venne sconvolta da quella scarica di magia, paralizzando il suo corpo rendendolo rigido come il legno, i capillari negli occhi si ruppero e dalla bocca iniziò a sgorgare schiuma verdastra. Parnasso fece un passo per vedere da vicino ma Buccinide lo fermò con un gesto della mano ed un movimento del capo, intimandogli di fermarsi.

‘’Uhrshat’va Memromia Kèquash!’’- le mani dell’incantatore divennero rosse e, con uno scatto, estrassero dal cranio di Leona centinaia di filamenti, una ragnatela scarlatta che andò a posarsi sulle pareti circostanti. Ogni filamento era colmo di ricordi, di guerre affrontate, di luoghi conquistati e molti altri privati. Quest’ultimi vennero dissolti e riposti nuovamente nella donna ancora privata della propria volontà, ridotta ad un guscio di carne, ossa e muscoli. Buccinide si avvicinò ipnotizzato dall’orrida visione e osservò i vari ricordi della donna, soffermandosi sulla gioventù di Leona e su come fosse stata una donna allegra. Thym, però, non si sentì ancora soddisfatto e sfiorò le tempie della condottiera e anche da loro estrasse lunghi filamenti rossi, più densi e nodosi. Il mago, con estrema cura, aprì quel tessuto magico alla ricerca di qualcosa di importante; ma l’odore emesso da quella ragnatela non era uno dei migliori, tanto da costringere Parnasso ad aprire un po’ la porta.

‘’Questa è l’odore che emanano i pensieri di una condottiera? Ma poi cosa stai cercando, il suo passato?’’- domandò Buccinide, tappandosi il naso e indietreggiando un po’.

‘’Non proprio, ognuno di noi emana un proprio odore e quello che sentite è solo l’olezzo cadaverico dei soldati uccisi ore fa. E per quando riguarda l’altra domanda: no. Non cerco il suo passato, bensì eventi recenti, eventi che abbiano a che fare con questa guerra…Ah! Eccolo.’’- rispose Thym, notando l’unica tela rosea di ricordi. Da essa recuperò un minuscolo frammento che lasciò cadere nel baratro oscuro e da esso si materializzò il ricordo recente.

‘’Sai cosa implica il nostro coinvolgimento in tutto questo?! Morte. Dobbiamo impedire che qualcuno lo venga a scoprire Leona. Possiamo contare su di te?’’- disse una voce maschile familiare ai due governatori. Il ricordo proseguì mostrando poi la condottiera ricevere due borsellini pieni di monete dai due uomini:


‘’Ma quelli sono…’’

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