L'inizio del sogno

di AlysSilver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


L’idea di aver lasciato il Paradiso delle Signore mi dava una sensazione di amarezza e nostalgia, ma allo stesso tempo non vedevo l’ora di raggiungere Cosimo a Parigi, soprattutto viste le ultime novità. La villa sembrava così vuota da quando era partito due settimane fa con Delfina, proprio qualche giorno prima che potessi dirgli quello che avevo scoperto. Ricordavo in modo molto scandito quella mattina. Volevo riuscire a completare la collezione al più presto ed ero perciò in atelier da alcune ore con la signora Agnese e Maria. Mi girava la testa, però cercavo di non darlo a vedere, sfortunatamente se ne resero inevitabilmente conto nel momento in cui per poco non caddi a terra. Vittorio arrivò di corsa chiamato dalla sarta e insistette, nonostante le mie lamentele, per chiamare un medico. Il responso che mi diede mi lasciò sconcertata e confusa. Non avevamo mai trattato l’argomento con mio marito, per lo meno non per quanto riguardava l’immediato. Avevo riflettuto a lungo su come dirglielo, se farlo subito o aspettare di rivederci e alla fine aveva vinto la seconda opzione. L’unica persona che ne era già a conoscenza era il dottor Conti, agli altri avevamo detto che il malore era dovuto ad un calo di zuccheri. Guardavo fuori dal finestrino del treno, in attesa di giungere nella capitale francese. Mi domandavo come sarebbe stato vivere lì definitivamente, una cosa erano un paio di mesi, un’altra passarci anni e forse tutta la vita. Morivo dalla voglia di rivedere Nicoletta e Riccardo, che si erano trasferiti lì già da tempo, ma soprattutto la piccola Margherita che a soli due anni già urlava in giro parole in francese. Entrammo alla Gare de Paris Lyon nel primo pomeriggio. Scesi a passo svelto, cercando intorno a me un viso familiare. La stazione era gremita di gente alla ricerca dei propri cari e sperai vivamente di riuscire anch’io nell’impresa. Stavo quasi per perdere le speranze quando lo vidi, come se fosse un raggio di sole in una giornata di pioggia, in piedi in mezzo alla folla con un mazzo di rose rosse in mano. L’unica cosa che era cambiata in lui in un così breve periodo era l’accenno di una leggera barbetta, che piano piano stava diventando sempre più folta. Corsi immediatamente nella sua direzione, per fortuna avevo deciso di indossare i pantaloni, e con tanto di valigia gli saltai al collo. Non sapevo per quanto fossimo rimasti racchiusi in quella stretta, però per me era sempre troppo poco.

-Amore mio, che bello averti qui.- Disse con quella sua voce bassa ma melodiosa.

-Mi sei mancato moltissimo.- Mi consegnò i fiori e sorridendogli accettai allegra, anche se finalmente avevo la consapevolezza in me stessa che non avrei più dovuto temere che mancassero al mio risveglio, in quanto sarebbe stato lui presente a ricordarmi che fossimo insieme.

-Vieni dammi la valigia. Il resto delle cose sono arrivate ieri senza nessun intoppo.- Allegramente ci dirigemmo verso la sua auto, parcheggiata a poca distanza dalla ferrovia. Mi si incresparono le labbra nel rivedere la sua ben amata decapottabile bianca, a volte scherzosamente pensavo fosse quella la sua vera anima gemella. Potevano toccargli quasi tutto, bastava che nel pacchetto non rientrasse una delle sue macchine. Il vento che mi sfiorava il viso e i capelli che volteggiavano a causa dello spostamento d’aria, resero ancora più magico quel momento e nella mente l’euforia per la notizia che gli avrei dato da lì a breve mi rendeva persino maggiormente felice. Mi riportò alla realtà Cosimo quando incominciò a parlare. D’un tratto, un senso di curiosità mi pervase e mi portò a domandargli una cosa:

-A proposito, ma la villa com’è?

-Giusto, tu non ci sei mai stata. Be’ a questo punto ti toccherà aspettare, mancano solo pochi minuti e ci siamo.- A nulla servirono i miei tentativi di corruzione, anzi poco prima di giungere alla nostra meta gli venne la brillante idea di accostare per bendarmi gli occhi, cosicché la sorpresa riuscisse meglio. Quando sentii il veicolo arrestarsi e mio marito aprirmi la portiera mi alzai leggermente preoccupata. -Benvenuta nella nostra nuova casa.- Non appena ero stata di nuovo in grado di vedere, avevo emesso un gridolino di gioia. Era persino più grande di quella a Milano, estremamente vicina al centro, ma comunque con un delizioso giardino, come aveva fatto a rintracciare un gioiellino simile? L’edificio era in stile Art Nouveau, dai toni chiari e dalle grandi vetrate, mentre a terra era circondata da aiuole fiorite, qualche statua e panchine per godersi il verde.
 
-Non so cosa dire, è meravigliosa!- Esclamai dandogli un piccolo bacio.

-Sono contento che ti piaccia. Su entriamo, sono sicuro che l’interno ti piacerà persino di più.

-Perché esiste qualcosa di meglio di tutto questo?- Come una bambina il giorno di Natale, avanzai a passo svelto lungo la scala in pietra che conduceva al portone d’ingresso. Mi prese un piccolo infarto, però, quando esso si aprii senza che io avessi nemmeno il tempo materiale di suonare o afferrare delle ipotetiche chiavi. Mi trovai davanti un uomo dalla corporatura robusta e i capelli grigiastri perfettamente sistemati di lato. Indossava un completo, mentre le mani erano coperte da dei guanti bianchi. Impiegai pochi istanti per capire di chi si trattasse. Prima che potessi solo fiatare venni anticipata dal milanese.

-Ti presento Bernard, il maggiordomo di casa.

-Signora Bergamini è un onore conoscerla di persona finalmente.- Aveva un tono sincero quanto serio e severo, esattamente quello che mi ero immaginata prima ancora che aprisse bocca. Speravo di trovarmi bene con lui. Ero abituata ad Assunta e alla cuoca, cosa all’inizio complicata da ricordarmi, speravo perciò vivamente di riuscire a gestire persino un terzo membro dello staff.

-Anche per me è un piacere.- Finalmente ci cedette l’entrata, permettendomi di ammirare lo splendore che mi avrebbe circondata per i successivi anni a venire.

-Allora è di tuo gradimento?

–Come hai fatto a trovare un posto del genere?- L’androne era stato modellato con un pavimento in marmo nero e decorazioni bianche ed oro; motivo che era riportato sulle alte colonne. Di fronte a me si ergeva una gigantesca scala, la quale riprendeva nuovamente il tema centrale, che andava a biforcarsi per condurre al piano superiore. Osservai infine due porte, rispettivamente ai lati opposti della stanza.

-A sinistra c’è lo studio, mentre quella a destra conduce al salotto e alla sala da pranzo.- Ero pronta a buttarmi nuovamente a capofitto nell’esplorazione, quando una voce familiare non mi attirò dalla cima delle scale.

-Gabriella cara, finalmente sei arrivata. Non vedevo l’ora che fossi qui.

-Delfina ti trovo raggiante.-* Immediatamente mi abbracciò, proprio come una madre faceva con sua figlia.


-Mai quanto te mia cara, emani persino più luce dell’ultima volta che ci siamo viste. Non sarà successo qual …

-Mamma lascia che si vada a riposare un attimo, è praticamente scesa un minuto fa dal treno. Dopo potrete spettegolare quanto vorrete.

-Mi duole ammetterlo, ma Cosimo ha ragione. Sono un po’ stanca.- Ci congedammo velocemente dalla donna, mentre lui cominciò immediatamente il suo tour guidato fino alla camera da letto. -Questa non è una stanza, è uno stadio. Sarà il doppio di quella in Italia.

-Pensa positivo la tua cabina-armadio avrà maggiore spazio per ospitare tutti i tuoi nuovi abiti parigini.- Mi accostai alla grande vetrata che dava sul giardino della casa. -Una cosa però è rimasta uguale come puoi notare.- Scoppiai a ridere, lui e la sua benedetta passione per quella finestra. Al secondo posto nella classifica d’importanza, quella di camera nostra si piazzava subito sotto alle prima nominate autovetture, anche dovevo ammettere che non ne avevo mai colto il motivo.

-A proposito c’è una cosa che devo dirti.

-Niente di brutto spero.

-No, assolutamente. È che …- Proprio in quell’istante Bernard bussò alla porta. Pessimo tempismo, davvero.

-I signori Guarnieri e la piccola Margherita sono qui.
 
-Giusto, mi ero dimenticato. Fateli accomodare in salotto e riferitegli che li raggiungeremo immediatamente.- Quando il maggiordomo sparì dalla nostra visuale, mi diede un bacio sulla fronte. -Riprenderemo l’argomento più tardi. Ora andiamo.- Forse con un leggero amaro in bocca per le parole non pronunciate, gli sorrisi. Infondo però era da tanto che non aspettavo altro che rivedere Nicoletta e Riccardo.
 
*Nel corso della serie Gabriella alterna il lei al tu quando parla con Delfina, perciò in questa raccolta ho deciso di prendere quello meno formale

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Raggiunsi il salotto solo una decina di minuti più tardi. Avevo bisogno di darmi una sistemata e cambiarmi d’abito per sentirmi presentabile dopo il viaggio. Infondo ero una stilista, non poteva certo sembrare che mi fossi appena svegliata. Avevo indossato un vestito verde, in tinta con i miei occhi, che arrivava di qualche centimetro sopra al ginocchio per entrare al meglio nello stile parigino. Nicoletta era raggiante, come se brillasse di luce propria. La piccola Margherita era seduta sulle sue gambe e giocherellava con una ciocca di capelli della madre, i quali le ricadevano poco più giù delle spalle. Riccardo invece era in piedi a chiacchierare con Cosimo di qualche argomento probabilmente noioso. Non era cambiato molto nell’ultimo anno, però una cosa era certa, non lo avevo mai visto così felice.

-Gabriella!- Disse la donna prendendo la bambina e passandola al padre, prima di venirmi incontro e abbracciarmi. -Sono contenta che tu sia finalmente qui. Non credo avrei sopportato questi due da sola ancora per molto.

-Hai tutta la mia comprensione e ammirazione per aver resistito così tanto. -Risposi aggiungendomi alla sua risata. Gli uomini sentendosi chiamati in causa emisero un verso di dissenso, che noi prontamente ignorammo. -Allora come va la vita qui in Francia. Non vedo l’ora di sapere tutto.- Ci accomodammo sul divano.

-Inizialmente è stato complicato, soprattutto ricordarsi di parlare francese e non italiano. Lo avevo studiato a scuola, ma avevo qualche vuoto di memoria per il tempo trascorso. Con il passare dei mesi però ci siamo abituati e non cambierei tutto questo con nulla al mondo.- D’un tratto nei suoi occhi comparve una specie di luccichio. -A proposito è finalmente arrivato l’annullamento, finalmente potremmo diventare veramente marito e moglie e non solo di nome.

-È una notizia meravigliosa, a quando le nozze?

-Il prima possibile, forse metà ottobre o i primi di novembre, dobbiamo ancora parlare con il vescovo.

-E avvisare il resto delle famiglie naturalmente.- S’intromise Guarnieri. -Attualmente l’unica a saperlo è Silvia che sta da noi, poi dovremmo contattare i fratelli oltre oceano e i parenti nel bel paese.

-Non ti facevo così attaccato ai tuoi congiunti.- Disse il barbuto.

-Forse un tempo no, ma ora, dopo aver scoperto la perdita e il dolore, lo sono.

-Filosofico, complimenti.- Nell’aria si levò una ventata di allegria, alla quale si aggiunse, forse per attirare un po’ di attenzione su di se, la più piccola del gruppo.

-Maman.

-Mio Dio, quanto è cresciuta. L’ultima volta che l’ho vista parlava a malapena. Sta diventando proprio una donnina.- Riccardo me la avvicinò, permettendomi di prenderla. Per un’istante mi domandai se ne fossi capace, se sarei mai stata una madre brava come la mia amica. La mia lo era stata. Aveva cresciuto quattro figli, però io, essendo la terzultima e avendo poca differenza d’età con il mio fratellino, non avevo mai dovuto occuparmi di loro. Certo, io avrei potuto avvalermi di molte cose, come tate e balie, perché la mia condizione economica me lo permetteva, ma non volevo che fosse qualcun altro ad allevarli. Molte donne nell’ambiente in cui Cosimo era cresciuto si rivelavano essere più delle sconosciute che delle mamme. Non avrei commesso lo stesso errore e non lo avrei nemmeno concesso a lui. Arturo si era rivelato un buon padre solo negli ultimi istanti, mentre io volevo qualcuno di presente, che potesse consigliarli e aiutarli nel momento del bisogno.

-Sai amore mio, questa è tua zia Gabriella. Noi due ci conosciamo da tanto tempo.- Il suono della voce della donna risultò dolce e cristallino.

-Tante Ella.- Passammo il tempo in attesa del pranzo tra storie milanesi e parigine. Era strano ripensare a come fossero le nostre vite solo pochi anni fa. I due baldi giovani erano due dongiovanni, il cui unico interesse era andare alle feste migliori, possibilmente tornando a casa con la più bella della serata. Noi ragazze invece avevamo appena iniziato a lavorare al Paradiso, cominciavamo appena la nostra vita indipendente e sognavamo il principe azzurro, che non aveva certo l’aspetto dei rispettivi consorti. Di mio marito avevo per la maggior parte solo racconti da parte dei Cattaneo e non erano di certo lusinghieri. Se qualcuno mi avesse detto che lo avrei sposato, lo avrei certamente preso per pazzo. Eppure, eccomi lì, felice come mai prima d’ora, con le persone che amavo e un radioso futuro alle porte. Avevo tutto ciò che avevo sognato, probabilmente anche di più.

Se ne andarono solo nel tardo pomeriggio, dopo che lei riuscì a farsi promettere che durante la mia settimana di pausa saremmo andate insieme in giro per la città. Mi lasciai cadere sul letto, stremata per la giornata e con una forte nausea, che stavo sopportando da diverse ore. Avevo apprezzato molto quell’incontro inaspettato, ma la stanchezza dopo un lungo viaggio era decisamente più forte, soprattutto vista la situazione. Senza rendermene conto mi appisolai ben presto, infatti venni svegliata dall’imprenditore solo ad un’ora dalla cena. Non esisteva miglior modo di riprendere coscienza, se non con un bacio a fior di labbra dall’uomo migliore che conoscessi.

-Mi dispiace se ho interrotto il tuo sonnellino, però stanno per servire la cena.

-Tranquillo, anzi grazie.- Fece per alzarsi e raggiungere l’uscita, ma, mettendomi a sedere, gli afferrai il polso. -Vorrei finire il discorso di quando sono arrivata, prima che fossimo costretti a scendere.- Si sistemò pacato vicino a me.

-Va bene, dimmi pure.

-Poco dopo la vostra partenza ero oberata di lavoro per la nuova collezione e facevo orari folli, insomma sai come faccio in quei casi.

-Sì, mi è stato detto che mia moglie viene considerata un tipo molto ansioso.- Il tono era ironico, certo che lo sapeva.

-Morale della favola una mattina ho avuto diversi capogiri e sono quasi svenuta. La signora Agnese si è fatta prendere dal panico e Maria l’ha seguita ruota, poi per fortuna è arrivato Vittorio che ha insistito per chiamare un medico.- Il suo sguardo era un misto di confusione e preoccupazione, forse avrei dovuto evitare troppi giri di parole. Gli uomini tendevano a perdersi facilmente se c’erano di mezzo delle chiacchiere, ovviamente la situazione peggiorava drasticamente se esse venivano da una donna.

-E cosa ti ha detto il dottore? Nulla di grave, vero?

-Oddio, se vuoi definirlo così. In ogni caso si risolverà da solo in circa sette mesi e mezzo da ora.- Trattenni una risata, era rimasto congelato sul posto, come se qualcuno lo avesse chiuso in una cella frigorifera. La notizia che aspettassi un bambino lo aveva letteralmente rotto, era davvero possibile? Ottenni la mia risposta pochi secondi dopo, quando un sorriso apparve sul suo volto e mi abbracciò in una forte stretta.

-Non ti, anzi vi, ho fatto male spero. È la più bella notizia che potessi darmi. A quanto pare sarà un nuovo inizio nel senso più reale del termine.

-Delfina sarà felicissima di diventare nonna, anche quando non è lucida tira fuori l’argomento. Penso però sia saggio aspettare fino al terzo mese prima di dare un annuncio ufficiale, questo è ancora un periodo molto delicato. Sai a chi mi riferisco con questo discorso.

-Sì, acqua in bocca con Riccardo, lo so.- D’istinto, senza darmi il benché minimo preavviso, mi baciò. -Grazie per rendere la mia vita speciale sin da quando ti ho conosciuta. Non so come sarei sopravvissuto senza averti al mio fianco.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Erano passate alcune settimane dal mio arrivo in città e oramai stavo riprendendo il ritmo della metropoli francese. Il lavoro da Defois stava andando bene e a volte mi domandavo come avessi potuto metterci tanto ad accettare la sua offerta. Sorrisi al solo pensiero, tornare a collaborare con lui era davvero magnifico, anche se un po’ forse mancava l’autonomia che il Paradiso mi garantiva. Stavamo già preparando un nuovo progetto, che sarebbe stato presentato poco prima delle feste invernali. Anche la gravidanza procedeva; stavo per raggiungere il terzo mese e infatti quello stesso pomeriggio avrei svolto l’ultimo controllo del primo trimestre da un’ostetrica di fiducia della nostra famiglia. A volte mi stupivo ancora di quanta gente potesse conoscere Cosimo in giro per il mondo, infondo io ero pur sempre cresciuta in un’ambiente ristretto, fatto più che altro dei vicini di casa. Il resto del mio tempo era invece dedicato ad aiutare Nicoletta nella preparazione del famigerato matrimonio, il quale si sarebbe svolto da lì a pochi giorni. Per fortuna era riuscita a far desistere la contessa da una cerimonia troppo sfarzosa, preferendo qualcosa di più semplice. Solo la chiesa di Saint-Eustache alla fine era stata imposta, ma grazie allo spazio verde intorno garantiva il pranzo all’aperto che gli sposi desideravano. Dal nostro era passato così poco tempo, eppure avevo già dimenticato quanto lavoro ci fosse dietro. Per la seconda volta mi ero trovata a disegnarle l’abito da sposa. Avevo optato per un modello più leggero rispetto al precedente, il quale potesse esaltare il suo fisico esile e slanciato. La gonna era in chiffon, mentre il corpetto restava più rigido per sostenere la figura. Ero stranamente fiera del mio lavoro e non avevo dovuto rifare il bozzetto come al solito. Forse il piccolo Bregamini che avevo nella pancia mi stava infondendo un po’ della sua sicurezza. Osservai le bomboniere che la futura signora Guarnieri mi aveva lasciato il giorno precedente e sospirai sconsolata.

-Pensa positivo sabato è il grande giorno.- Mi disse una voce alle mie spalle.

-Grazie al cielo. Sono contenta di aiutarla in tutto questo, però sta davvero esaurendo le mie energie. Abbiamo organizzato l’evento in pochissimo tempo.- L’uomo si sedette accanto a me e diede un’occhiata al materiale sul tavolino.

-Se le avessi detto della gravidanza ti avrebbe tolto la metà degli incarichi. Dovresti riposarti.

-No. Stiamo parlando dei nostri migliori amici, non posso non aiutarli.- Mi poggiò una mano sul ventre avvicinandosi.

-Secondo te cosa sarà? Per me una femminuccia.

-Arturo si rivolterebbe nella tomba se fosse così. La vostra famiglia ha solo maschi da quante generazioni?

-Quattro. In ogni caso mia madre ne sarebbe felice invece. Ha sempre desiderato una bambina, o comunque un secondo figlio, però mio padre non era d’accordo e in più non c’era mai. Quindi lei si è dovuta accontentare di me.

-Direi che in ogni caso ha fatto un ottimo lavoro.- Ridacchiai  alzandomi in piedi. -Sai che ti dico? Sono sicura che sarà un enfant. Me lo sento.

-Si può sapere dove stai andando?

-Secondo te?

-In chiesa. Ci vediamo più tardi dal dottore o preferisci che ti venga a prendere?

-Ho visto la tua agenda e so che hai una giornata molto impegnativa. Non preoccuparti andrò da sola.- Ridacchiai notando come cercasse di ribattere alla mia più che mai vera argomentazione, capendo però solo dopo diversi minuti che sarebbe stato inutile.

-D’accordo, ma per qualunque cosa non esitare a chiamarmi. Non farti il minimo scrupolo, promettimelo.

-Va bene.- Gli diedi un leggero bacio sulle labbra per congedarmi, dirigendomi poi verso l’uscita.

Il luogo dell’appuntamento distava una ventina di minuti a piedi e, nonostante le numerose lamentele di mio marito, il quale mi consigliava di andare con un’auto, decisi di proseguire lo stesso. Mi ero davvero innamorata della zona in cui abitavamo, anche se era molto differente da quella precedente. Inizialmente pensavo che ritrovarsi nel cuore della città ci avrebbe dato diversi problemi e soprattutto ci avrebbe privati della tranquillità necessaria, eppure mi ero ricreduta. Avere la possibilità di ammirare dalle finestre della casa i giardini delle Tuileries, era semplicemente un sogno. In pochi giorni avevo già sviluppato l’abitudine di averli nel mio campo visivo ogni volta che avevo un bozzetto da preparare o persino di farlo direttamente al suo interno. A poca distanza c’era inoltre un altro grande patrimonio culturale, ovvero il museo del Louvre. Luogo che sarebbe stato a breve meta di una mia visita. Volevo creare una prima collezione sbalorditiva e quale posto migliore da cui trarre ispirazione se non Parigi stessa? Incontrai la mia amica poco tempo dopo, ancora completamente avvolta nel mio mondo fatto d’idee e creatività. Radiosa più che mai in un abito e cappottino azzurri venne verso di me. Sorrisi involontariamente, non mi ero resa veramente conto di quanto mi fosse mancata in quegli anni, finché non l’avevo riabbracciata. Questi preparativi last minute, per quanto tremendamente stancanti, ci avevano dato la giusta occasione per incontrarci almeno ogni due giorni. Trovammo difronte al portone d’entrata Monsignore Lagrange Chancel, parente da parte dei Sant’Erasmo e officiante delle nozze. Era un uomo estremamente cordiale al contrario della Contessa e questo mi aveva piacevolmente sorpresa, pensavo che Marta e Riccardo fossero un caso di cordialità anomalo in quella famiglia. Ripassammo insieme ogni singolo dettaglio della cerimonia, la quale dava l’impressione di essere stata studiata in tutti i suoi particolari. Quando finalmente venimmo congedate, solamente ad un’ora e mezza di distanza, domandai alla futura signora Guarnieri:

-Ma lo sposo com’è mai non è venuto?

-Oggi stanno arrivando tutti e lui ha deciso di andarli a prendere uno per uno. È da questa mattina che fa avanti e indietro tra la villa e la stazione.

-Attualmente oltre a tua madre chi c’è?

-Mio padre, Clelia, Carletto e la piccola Vittoria, mentre in questo momento starà di certo aspettando il commendatore e Tu sai chi.- Scoppiai a ridere.

-Si può sapere perché la chiami così?

-Ha ostacolato il nostro matrimonio la prima volta e vivo nella paura che possa riprovarci.

-Non ti preoccupare, andrà tutto a meraviglia. I vostri fratelli ci saranno spero.

-Certo, il loro aereo dovrebbe atterrare questa sera.

-Il ragionier Cattaneo sarà felice di rivedere suo figlio. A quel che so sono passati tanti mesi dall’ultima volta.- Notai comparire sul viso di Nicoletta un espressione strana, come se volesse aggiungere qualcosa ma si stesse trattenendo. Decisi di non indagare, non volevo che si sentisse a disagio. Se avesse voluto parlarmi di qualcosa lo avrebbe fatto con i suoi tempi. Per rompere quel silenzio imbarazzante avevo bisogno di trovare un argomento più interessante con cui coinvolgerla. Mi morsi la lingua, avevo fatto un discorsetto apposta a Cosimo sul non farne parola, però a mali estremi; infondo oramai avevo praticamente superato il primo trimestre. -Ti andrebbe di accompagnarmi dalla dottoressa St. Mor? Ho una visita di controllo tra pochi minuti.- Immediatamente mi guardò preoccupata, visto che molto probabilmente non aveva mai sentito parlare di quella donna.

-Medico? Perché stai male?- Il suo tono era allarmato, proprio come se il suo spirito da mamma avesse preso il sopravvento sulla ragazza.

-Tranquilla, è solo un’ostetrica. Il bambino raggiungerà il terzo mese entro pochi giorni e lei vuole visitarmi per sicurezza.- Notai i suoi occhi illuminarsi di una gioia che non vedevo dalla nascita della piccola Margherita.

-Sei incinta? Si può sapere perché non me lo hai detto prima? Sono così felice per voi.

-Volevamo prima essere certi di non perderlo.

-Aspetta che lo sappia Ric, sarà entusiasta di diventare zio.

-A tal proposito, credo Cosimo ci tenga molto a dirglielo lui, perciò acqua in bocca con tutti. Sei la prima che lo viene a sapere, oltre a Vittorio che era con me quando l’ho scoperto, non lo sa nemmeno Delfina ancora.

-Certo, sarò muta come un pesce. Ora muoviamoci non possiamo fare tardi al tuo appuntamento.

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