The Oracle of Death - Nekromanteion

di Faust
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Evening Talk ***
Capitolo 2: *** Genesis ***
Capitolo 3: *** Quietness ***
Capitolo 4: *** Caos ***
Capitolo 5: *** Hecate Ctonia ***
Capitolo 6: *** Catabasis ***
Capitolo 7: *** Akemi ***
Capitolo 8: *** The Ivory Door ***
Capitolo 9: *** The Herald ***
Capitolo 10: *** Tales ***
Capitolo 11: *** Lethe ***
Capitolo 12: *** The Legacy ***



Capitolo 1
*** Evening Talk ***


Tavern Talk


1.




-Vi racconterò della morte di Xena, e della disperazione di Gabrielle. Del Dio della Guerra che provò a separarle e della Dea dell'Amore che provò a riunirle.-
Il silenzio cadde nella taverna.
I clienti e anche i bambini si raccolsero attorno all'anziana aedo, consapevoli che avrebbero sentito una storia incredibile, mentre una giovane donna dai lunghi capelli scuri cominciò a scrivere, ad un tavolo nell'angolo.
-Molti Dei e molti Demoni si intrecciano in questa storia, ma anche molti eroi. Ascoltate quindi con attenzione, perché sarà l'unica volta che sentirete questo racconto. Il racconto di due guerriere con una sola anima e dell'eroina più nobile fra gli eroi, che un'anima non l'aveva affatto.- Si fermò, aspettando che la mora le facesse cenno di proseguire.
-Ricordo come se fosse appena ieri l'arrivo al porto di Alessandria. Era notte, lo sciabordio delle onde risuonava contro la chiglia ormeggiata, mentre i miei passi calpestavano la terra dei Faraoni. Il porto sembrava un luogo onirico, sospeso tra le polle d'esistenza pullulanti di vita che i bracieri e le fiaccole strappavano alle tenebre.- Sollevò gli occhi cerulei, guardando oltre la sua platea.
Non vedeva gli avventori della locanda, attenti nella penombra, o gli arazzi che adornavano le pareti, né i giochi di luce fatti dal crepitare del fuoco nel caminetto accanto a lei, né i bambini seduti a terra.
I suoi occhi vagavano, verso ricordi lontani...


Gabrielle stava sbarcando dalla galea con poco bagaglio, ma un fardello enorme in mano.
L'urna con le sue ceneri.
Il porto di Alessandria, nella notte, era sospeso tra le luci aranciate dei fuochi di mendicanti e portuali. Chiasso, movimento, vita.
Quella che sembrava non appartenerle più, da quando non apparteneva più a lei.
Sfiorò la lama del Chakram con le dita, non si era ancora abituata, raccolse la sua bisaccia e passò il pollice sul coperchio dell'urna. Una piccola carezza.
L'ultima volta che era stata lì, era assieme a lei.
Strana ironia quella della sorte, essere ancora insieme, ma in modo così differente...
Lo stridore che la lacerava dentro, come vetro contro vetro, l'avrebbe spezzata, se non fosse stato per le parole al suo orecchio.
"Stai tranquilla, sono qui".
Una goccia d'acqua nel deserto, un istante di ristoro da quel dolore che ormai l'accompagnava da settimane e a cui non riusciva a fare l'abitudine.
Ricordi, parole, sensazioni. L'illusione del suo tocco la manteneva a galla, ma bastava un fremito, un pensiero, o un silenzio troppo lungo per ripresentarle l'ingresso del baratro che tanto rifuggiva.
Vagava nel porto come morto tra i vivi, alla ricerca di un luogo isolato in cui riposare e parlare nuovamente con lei.
Aveva visto, sulla galea che l'aveva portata fin lì, che non era saggio rivolgersele mentre altri potevano vederla. Assurdo, per loro che erano abituate ad avere un mondo tutto loro, doversi preoccupare ora di questo.
La volta precedente era giorno e ora faticava ad orientarsi, complice anche la stanchezza. Passò una mano tra i capelli e sul volto, per ridestarsi almeno in parte dal torpore pesante che l'era crollato addosso.
Si fermò brevemente accanto a un falò per riscaldarsi e cercare di ricordare com'era fatto il porto, per potersene allontanare.
Tra la vociante folla, vide il lembo di un mantello nero nel buio.
L'impressione di un istante, eppure, familiare.
Riprese a camminare, dirigendosi dove la folla le sembrava più rada, il vociare più tenue e la sua mente più calma. Spostò l'urna nell'altra mano e impugnò il Chakram, lasciandolo appeso alla cintura.
"Qualcuno ci sta seguendo"
-Lo so.- Rispose a bassa voce. 
-Ares!- Invocò, appena raggiunta una zona deserta del porto, accanto a una galea buia.
Quale natura avrebbe mostrato questa volta la divinità? Benevola o maligna?
L'immortale si mostrò, cupo in volto come la notte -Ti sembra questo il modo di ripresentarti?!-
"Cose che succedono" Disse Xena, strafottente.
-Soprattutto se ci si affianca a dei buoni a nulla- Passò lo sguardo sulla più giovane -Non dovevi lasciarla morire!- Tuonò, colmo d'ira.
-Ares è stata lei a...- L'uomo la raggiunse così rapidamente che non ebbe modo di difendersi, quando la colpì al volto con il bracciale di ferro.-Non ti ha insegnato niente Eli?!-
Quelle parole per lei furono più dolorose dello schiaffo.
"Ares fermati!" La guerriera fremeva di volontà assassina, impotente in quella forma.
-E io che per un attimo ho pensato a te come erede...- Sputò a terra ai piedi di Gabrielle -Dammi l'urna- Le ordinò.
-No, mai.- La strinse al petto e sollevò il cerchio d'acciaio a difesa, pronta a scappare.
-Dammela Gabrielle, o la prenderò dal tuo cadavere...-
-Provaci- La morte non la spaventava più, ormai.
"Fuggi Gabrielle!" Gridò la mora un istante prima che un fulmine scagliato dal Dio della guerra la colpisse, lanciandola contro la paratia della nave, che esplose in mille pezzi.
Silenzio.
Ares si avvicinò ed entrò nel varco che aveva aperto, soddisfatto. Spostò qualche pezzo di legno con il piede e recuperò l'urna che la ragazza aveva continuato a proteggere con il proprio corpo.
-Almeno una cosa l'hai saputa fare, alla fine- Le disse, guardandola perdere conoscenza, poi svanì, portando con sé il piccolo vaso.


Si svegliò di colpo portando la mano allo stivale, per afferrare il sai, ma non trovò nulla. Era nuda.
Cercò di alzarsi, l'intero corpo le doleva e le numerose fasciature che la ricoprivano le rendevano difficile il movimento.
Non sapeva come fosse arrivata lì, su quel letto di morbidi cuscini, piume e pelli di leopardo, ma riconobbe lo stile di una delle sue più care amiche. Era al sicuro.
Si lasciò ricadere nuovamente, mentre cercava di riordinare le idee, sfinita.
Doveva recuperare Xena, ma Ares non l'avrebbe certamente ceduta facilmente.
Come poteva fare? Era pur sempre una divinità e poi, cosa aveva spinto il Dio della Guerra a rubarle l'urna?
Un bagliore accanto al suo giaciglio le annunciò l'arrivo della sua protettrice.
-Finalmente ti sei svegliata! Temevo che avresti dormito per sempre...- Aphrodite si sedette accanto a lei e posò una mano su quella della bionda. -Come ti senti?-
-Meglio. Ti ringrazio per avermi curata.- Sorrise riconoscente, ma la tristezza traspariva dal suo sguardo.
-Mi dispiace per...Xena.- Aggiunse contrita la Dea.
Gli occhi di Gabrielle si riempirono di lacrime, era la prima volta dalla sua morte che ne parlava con qualcuno.
-Mi manca- Singhiozzò disperata raggomitolandosi su sé stessa, stringendo la mano dell' immortale.
-Mi dispiace...- 
-Perché mi ha fatto questo, Aphrodite?- La rabbia che aveva nel cuore trovò finalmente voce. Oltre alla mancanza, alla disperazione e al dolore, l'ira per un gesto così egoista nei suoi confronti bruciava e strideva contro ogni frammento di ragione. Era la cosa giusta da fare, ma mai quanto in quell'istante avrebbe voluto che Xena sbagliasse, per non perderla.
Perché non aveva lasciato cadere l'urna nella fontana, ignorando la sua volontà? Avrebbe preferito mille volte incorrere nella sua ira che non affrontare la sua assenza.
Aveva ragione Ares.
Come per Eli, lei aveva sbagliato.
Ancora una volta.
I singhiozzi le squassavano il petto, facendo sobbalzare le spalle. Aveva mantenuto dentro di sé ogni briciola di quel dolore, per non mostrarlo al fantasma di Xena e questo l'aveva devastata in un modo che nemmeno lei poteva immaginare. Solo ora si era accorta di quel peso, ora che lei non era più al suo fianco.
Aphrodite si limitava ad accarezzarle i capelli, affranta nel vedere quanto soffrisse la giovane guerriera e sentendosi in colpa, per quanto dolore poteva provocare la perdita dell'Amore.
Non avrebbe mai voluto che questo accadesse alla sua migliore amica.
-Posso darti sollievo, se vuoi- Sussurrò lievemente.
-Ti prego aiutami- Il suo dolore era reale, lo sentiva trapassargli il petto come un ferro incandescente. Aveva provato qualcosa di simile per Perdicca, il suo defunto sposo, ma questa volta era molto più forte e non sapeva come gestirlo. Temeva veramente che il cuore le scoppiasse.
La Dea posò una mano sulla fronte della bionda. Le sue membra irrigidite subito si rilassarono e cadde istantaneamente in un sonno profondo.
-Che tu abbia almeno tregua, Gabrielle- Auspicò la Dea, prima di svanire.


Stese nell'erba, finito il pasto, si rilassavano guardando le nuvole. Serene e tranquille.
Il fiume scorreva placido poco distante e la guerriera le accarezzava i capelli lunghi, mentre lei aveva la testa posata sul suo ventre.
Una bella giornata.
-A chi sto pensando?- Esordì la mora, iniziando il loro solito gioco.
-Uomo o donna?- Chiese la bionda continuando a guardare il cielo.
-Donna-
-Viva o morta?-
-Viva-
-Mh...Questo complica un po' le cose...- Si corrucciò appena, ragionando.
-Fammi delle domande e avrai gli indizi- La punzecchiò sollevando il sopracciglio, divertita.
-E' di Anfipoli?- Nonostante Xena negasse, pensava spesso alla madre.
-No- Continuò ad accarezzarle i capelli, lasciandoli scorrere tra le dita.
-E' una guerriera?-
-Anche- Sorrise. Per fortuna la giovane non poteva vederla in volto, altrimenti avrebbe indovinato subito.
-E' un'Amazzone?-
-Sì.- Forse l'aveva scelta troppo facile.
-Hippolyta.-
-No-
-Ephiny-
-No-
-Se è Velsinea stai barando!- Esclamò Gabrielle, sollevandosi e appoggiandosi sul fianco, sicura di aver colto la guerriera in fallo.
-Non è Velsinea- Ridacchiò la mora, soddisfatta di averla messa in difficoltà.
-Chi, allora? Ne conosciamo troppe...-
-Non vuoi farmi altre domande?- Chiese Xena, sollevandosi sui gomiti e guardandola negli occhi.
-Ci sono troppe amazzoni, interi villaggi! Magari è una con cui non ho mai neanche parlato, come faccio a farti le domande giuste?-
-Eppure questa dovresti conoscerla bene.- Si divertiva, non voleva che il gioco finisse subito.
La bionda restò ancora qualche secondo in silenzio, poi scosse il capo non trovando altre idee -Dai, dimmelo. Questa volta vinci tu.-
-Pensavo a te- Le disse dolcemente, guardandola negli occhi.
Gabrielle sorrise, poi posò le labbra sulle sue, iniziando un tenero bacio.


Si risvegliò. Lacrime quiete le bagnavano il volto, e nonostante il dolore del lutto fosse ancora presente, un vago tepore lo avvolgeva, rendendolo più docile.
Si sedette sul letto, lentamente, le girava un po' la testa.
Si guardò attorno, alla ricerca dei suoi vestiti, e vide che erano stati riposti con cura, sopra un baule ai piedi del giaciglio, assieme ai sai e al Chakram.
Si alzò e si rivestì.
Aveva molte meno bende sul corpo di quanto non ricordasse la volta precedente. Per quanto aveva dormito?
Un bagliore alle sue spalle l'avvertì della comparsa della Dea -Ben svegliata, stai un po' meglio?-
-Sì, decisamente. Grazie Aphrodite.- Disse, asciugandosi gli occhi con le mani.
-Non c'è di che cara, ho chiamato le mie sacerdotesse migliori per curare le tue ferite senza lasciare cicatrici...Non ho potuto fare nulla per quel terribile tatuaggio sulla schiena però!- Sottolineò il suo disgusto con un gesto non curante della mano.
-Per quanto ho dormito?- La guerriera cambiò argomento.
-Quattro giorni, sei qui da una settimana-
La bionda sbiancò, già sarebbe stata un'impresa seguire Ares immediatamente, ma dopo tutto quel tempo, come avrebbe potuto fare? Certamente ogni traccia era ormai scomparsa.
-Devo cercare Xena. Ti ringrazio Aphrodite, per la tua ospitalità e il tuo aiuto, ma devo partire il prima possibile-
-Non lo troveresti mai.- Replicò, un po' infastidita, l'immortale -Ti ricordo che mio fratello è un Dio, non avresti alcuna possibilità di rintracciarlo- Sorrise sibillina.
-Cosa vorresti dire?- Captò un sottinteso nel tono della Dea.
-Che non lo troveresti mai, senza il mio aiuto.- 
-Sai dove si trova?-
-Esattamente. L'ho seguito dopo che ha fatto del male a una mia amica. In realtà lo tenevo d'occhio già da prima, per questo ti ho trovata subito, in quel porto gigantesco.-
-Dove l'ha portata?- Sapeva che la Dea avrebbe gradito una maggiore riconoscenza, ma non ci riusciva. Doveva ritrovarla al più presto e già si stava sforzando di essere cortese.
-E' in quella pidocchiosa fattoria. Non ne esce più da quando ha saputo...-
Gabrielle annuì pensierosa. Da Alessandria al paese natale di Xena ci sarebbero voluti giorni di navigazione... -Aphrodite, potrei chiederti un altro favore?- Chiese con cautela.
-Lo sapevo, vi do un'unghia e vi prendete tutto il braccio! Cosa vuoi ancora?-
-Potresti portarmi ad Anfipoli?- Ares una volta l'aveva portata in Oriente, sarebbe stato molto più pratico così.
-Cara, siamo a Eidon! Al massimo ti concedo un cavallo!- Rispose indispettita e divertita. Si aspettava che la guerriera le facesse quella richiesta, quindi, l'aveva portata da subito al suo tempio più vicino.
-Oh, Dei dell'Olimpo! Grazie! Grazie mille davvero!- Gabrielle non riuscì a trattenersi e l'abbracciò, sollevata e profondamente riconoscente.
-Ripensandoci ti ci porto, non mi fido di mio fratello e detesto dover rifare le cose- Chiosò la Dea, arricciando il naso.


****

Note dell'autrice:
Buon giorno e ben ritrovati all'appuntamento del sabato!
Come promesso, eccomi a sottoporvi il mio finale alternativo, post "A Friend In Need". Spero di riuscire ad appianare un po' di cose lasciate in sospeso da AFIN, almeno.
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!



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Capitolo 2
*** Genesis ***


2 Farm
2.



Gli occorreva della terra vergine, mai toccata da mano mortale o immortale.
Non era così facile.
L'umanità aveva il vizio di esplorare e di raggiungere ogni angolo più remoto del mondo conosciuto.
Gli venne mente solo un luogo dove poteva essere certo di trovare quella rara merce, ma era distante, avrebbe perso altro tempo... Certo, nessuno più lo stava seguendo, ormai, ed il rituale era talmente complesso che era decisamente meglio fare le cose attentamente o ne sarebbe rimasto ucciso.
Si recò sull'Etna.
Sulle pareti del vulcano, vicino alla cima, avvolta da fumo e vapori tossici, certamente nessun mortale era mai arrivato. E agli immortali quel luogo non interessava.
Con un colpo secco frantumò una grossa lastra di lava fredda. Gli occorreva il terreno sottostante, la sabbia nera protetta dalla colata. Nessuno prima di lui l'aveva toccata, ne era certo.
Ne prese il più possibile e tornò ad Anfipoli.
Mischiò attentamente la terra vergine e l'argilla con acqua pura.
La consistenza tiepida del materiale, che scivolava pastoso tra le dita, era la prova che aveva ottenuto la giusta mistura e cominciò a plasmare il corpo di un essere umano a grandezza naturale.
Iniziò dalla testa, per poi proseguire con il busto, i fianchi, le braccia e infine le gambe.
Non occorreva essere precisi, abbozzò solamente le forme.
La parte complessa risiedeva nel pronunciare le giuste formule, nel modo corretto, per ogni parte del corpo.
Se avesse sbagliato in quella fase se ne sarebbe accorto solo a fine rituale e avrebbe rischiato la vita per niente.
Uscì in cortile, il sole stava tramontando, ormai, e scavò una buca profonda nel terreno. Vi sistemò la sua creazione, anche se con qualche difficoltà visto l'elevato peso, e stava per cominciare a ricoprirla di terra, quando si accorse di aver saltato un passaggio.
Tornò al tavolo da lavoro sul quale aveva plasmato quel corpo e prese un frammento di pergamena. Un banale frammento di pergamena. Da quello dipendeva tutto.
Sguainò la propria spada e si punse la cima dell'indice, poi, con il proprio sangue, tracciò dei simboli arcaici.
Li rilesse più volte, per essere certo di aver scritto correttamente -Vita...- Un sorriso sarcastico gli si dipinse sul volto. Un'altra banalità.
Tornò alla fossa e si chinò sulla sua creazione, fece un'incisione col pugnale sul petto della statua e vi pose dentro il cartiglio, ricoprendo il tutto con altra argilla. Ne avrebbe sistemato l'aspetto in seguito.
Riempì la fossa col terreno apena smosso e tracciò un cerchio di sale tutto attorno alla buca, prese il libro su cui era trascritto il rituale e cominciò ad enunciarne le 231 parole.
Ognuna aveva un significato preciso e andava declinata in cinque modi differenti, rendendo lunga ed estenuante la pronuncia dell'incantesimo.
Ordine, cadenza e ritmo dovevano poi essere perfette e sincronizzate con i suoi passi. Se avesse sbagliato anche solo una lettera, la sua stessa esistenza sarebbe stata annullata immediatamente.
Proprio per la sua pericolosità quel rituale non veniva utilizzato da millenni e considerato proibito e il suo frutto, un abominio.
Trascorse tutta la notte a leggere, ripetere e camminare in cerchio...Quando finì di declinare l'ultima parola, si fermò.
La terra smossa cominciò a tremare, la superficie sembrava quasi respirare, finchè una mano, grigia come l'argilla, uscì dal terreno, seguita poi dal resto del corpo.
Davanti a lui ora si ergeva un essere a malapena umanoide, dalle fattezze deformi e rocciose.
Ce l'aveva fatta, era riuscito ad animare un Golem.
La creatura se ne stava ferma e immobile davanti a lui. Si capiva che non era un'essere vivente. Non si avvertiva alcuna presenza, non respirava, non si muoveva.
Stava fermo, fissandolo con orbite vuote, in attesa di un ordine.
La parte difficile era completa, ora toccava alla parte importante.
Il vero motivo che lo aveva spinto a fare tutto questo.
Ordinò al Golem di stendersi a terra, fuori dal cerchio e questi ubbidì, sprofondando per qualche centimentro nel terreno soffice, per via della sua mole.
Il creatore tornò al tavolo, prese un altro pezzetto di pergamena e feritosi di nuovo, scrisse ancora con il proprio sangue.
Qualcosa tutt'altro che banale questa volta, il suo obiettivo: "Xena".
Prese una manciata di argilla avanzata e tornò sui suoi passi, chinandosi accanto alla testa della creatura e incidendone la fronte con il pugnale. Nascose anche questo cartiglio nella cavità creata e la ricoprì con l'argilla fresca, poi, prelevò un pizzico di ceneri dall'urna e la mischiò in un vaso, con la stessa acqua pura utilizzata per sciogliere l'argilla, cospargendone quel corpo grezzo e deforme, ma facendo attenzione a non usare tutto il liquido.
L'aspetto della creatura iniziò a mutare. Mani e piedi ottenero le dita, le gambe divennero affusolate e toniche, la pelle bronzea, il volto armonioso e i capelli corvini e setosi.
Era perfetta, in ogni dettaglio.
-Alzati.- Gli ordinò.
La creatura eseguì il suo ordine, rigidamente, poi lo seguì in casa, in obbidienza ad un suo cenno.
La fece stendere sul letto, che scricchiolò sonoramente e si mise al suo fianco, ammirando la sua opera.
Ora toccava all'anima. Niente di più facile con i suoi poteri.
Bevve dal vaso la mistura rimanente e si chinò su di lei, baciandola con passione.
Sentì la lingua della creatura, dura come roccia, diventare soffice. La pelle scaldarsi e il suo petto sollevarsi ritmicamente con il respiro.
Perfetto, c'era riuscito, aveva legato l'anima della sua prediletta a quel nuovo corpo.
Xena era tornata finalmete in vita.
Terminò il bacio, soddisfatto. Lui, il grande Ares, si era spinto dove nessuno aveva mai osato.
Non solo aveva creato un Golem, ma gli aveva pure dato un'anima, creato la perfezione ed una nuova vita.
Era pari suo Padre, anche lui era un Creatore, ora.
Rimase fermo per qualche secondo, aspettando che iniziasse a muoversi.
Le articolazioni erano ancora innaturalmente rigide e tese, forse ci sarebbe voluto del tempo.
Sfinito, nonostante fosse un Dio, si coricò accanto a lei e si addormentò, cercando di recuperare le forze.


Si materializzarono davanti alla fattoria, dietro a dei cespugli e restarono in osservazione, nel silenzio più assoluto.
Tutto era sospeso, non un uccello che cantasse o una foglia che si muovesse. Tutto innaturalmente immobile.
Gabrielle impugnava un sai nella mano sinistra e il Chakram nella destra. Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma le sarebbe bastato recuperare l'urna e fuggire, con l'aiuto di Aphrodite.
All'improvviso Ares uscì, fermandosi sul portico della casa.
-Le erbacce non muoiono mai. Vero, Gabrielle?- Disse iracondo.
La guerriera uscì dal suo rifugio, mentre la Dea restò nascosta -Lasciala andare, Ares.- Teneva la guardia alta, non si sarebbe fatta cogliere ancora di sorpresa.
-Prenditela, non me ne faccio più nulla.- Disse seccamente.
-Cosa vuoi dire?- Chiese confusa. Perchè fare tutto quello per niente?
-Quella cosa non è Xena.- Si avvertiva del disgusto nella sua voce.
-Cosa hai fatto?!-
-Vieni a vedere. Anche tu, Aphrodite- Disse l'uomo, rientrando.


L'interno della fattoria era stato risistemato dall'ultima volta che era stata lì con Xena e Ares.
Probabilmente, dopo aver recuperato i suoi poteri, il Dio li aveva utilizzati per velocizzare i lavori, ma tutto era rimasto semplice e spartano, come quando c'erano loro.
Le risultava difficile non ricordare i momenti trascorsi assieme. Le sembrava anche di aver legato un pochino con Ares in quel periodo, ma la sua imboscata ad Alessandria l'aveva fatta ricredere.
-Certo che i tuoi gusti non li capirò mai, fratello- La Dea dell'Amore si guardava attorno, sopraffatta da tutto quello sfoggio di mediocrità plebea.
L'uomo le scortò fino alla camera da letto e si fermò accanto alla soglia chiusa, facendo loro segno di procedere.
Gabrielle si mise di lato alla porta e aprì con cautela, senza entrare, non sapendo se aspettarsi un altro tiro mancino, mentre il Dio sbuffava spazientito.
Al centro della stanza, silenziosa e in penombra, c'era ancora il letto che avevano condiviso e, coperta da pelli di lupo, una donna che dormiva prona, con lunghi capelli corvini adagiati sulla schiena nuda.
Gabrielle sussultò e si volse a guardare Aphrodite, che ricambiò il suo sguardo, stupita.
-Non può essere- Si rifiutava di crederci, non era possibile. Certamente i suoi occhi la stavano ingannando.
-Invece sì. Quasi.- Rispose infastidito l'uomo. -Ho usato le ceneri di Xena e un antico rituale.-
-Hai creato un Golem?! Fratello non ti facevo così perverso...- Lo redarguì la Dea, tra il disgustato e l'allibito.
-Aphrodite, solo perchè sei mia sorella...Non pensare di poter restare sempre impunita.- La minacciò.
-Cos'è un Golem?- Chiese spazientita Gabrielle.
-In pratica è un simulacro. Un fantoccio animato tramite cartigli incantati e con le fattezze della persona di cui si usa il sangue o le ossa. In questo caso le ceneri.- Spiegò la Dea. -Ma è una pratica pericolosa e non si usa più da millenni.-
-E se tu avessi riportato con te il suo spirito, ora sarebbe lei. Viva e vegeta. Invece è una pallida imitazione, priva di autonomia.- Aggiunse Ares.
-Non capisco...- La voce dell'aedo si incrinò di sospetto.
-Non era il suo fantasma quello che ti seguiva. Solo una patetica condensazione del tuo ricordo di  lei.-
Si sentì sprofondare. Lo spirito della compagna che l'aveva sostenuta per tutte quelle settimane alla fine era solo un'illusione?
-Ne sei sicuro fratello? Mi sembra proprio lei a guardarla...-
-Ne sono certo. Da quando l'ho creata è rimasta immobile, finchè non siete entrate nel mio giardino. La vicinanza con Gabrielle è ciò che le dà vita, altrimenti è solo una statua tiepida.- Disse amaramente.
La bionda restò in silenzio, non sapeva come reagire. Forse era meglio per lei non capire appieno la situazione o avrebbe rischiato di impazzire per il dolore.
La sua compagna era effettivamente persa.
Per sempre.
Ignorò le due divinità che continuavano a discutere tra loro e si sedette al tavolo, vicino al focolare spento.
Il vuoto della morte l'aveva raggiunta, infine.
-Hai usato tutte le sue ceneri?- Li interruppe all'improvviso, alzando la voce.
L'uomo la guardò infastidita -No, il minimo indispensabile-
-Devo riportarle alla tomba di famiglia.- Solo una lacrima le scivolò sul volto. Aveva rimandato quel compito nella convinzione di star viaggiando ancora assieme a lei, ma stando così le cose non aveva più senso procrastinare -Gliel'ho promesso- Aggiunse.
-Tu non hai idea della situazione, vero?!- La investì a parole il Dio della Guerra, ma Aphrodite lo interruppe toccandogli la spalla e facendogli cenno, con decisione, di non aggiungere altro. Poi fu lei a rivolgersi alla donna -Gabrielle, vuoi che ti aiuti ancora?-
La guerriera non ci mise neanche un secondo a decidere. Scosse il capo rifiutando la proposta della Dea -No, ti ringrazio. Credo che sia meglio fare da sola, questa volta.-
-Noi dobbiamo parlare di un paio di cose, ritorneremo appena finito. Tu aspettaci qui, intesi? Potremmo metterci qualche giorno, ma resta qui.- La voce dolce di Aphrodite quasi la supplicò, rendendole impossibile rifiutare.
Una volta ottenuta la sua parola, le divinità sparirono.
Non era ancora rimasta da sola da quando era successo. Aveva sempre con sè Xena, o quella che credeva che lo fosse, o i marinai della galea, poi, Aphrodite. Ma adesso non c'era più nessuno sguardo da cui nascondersi.
Posò la fronte sulle braccia conserte sul tavolo e cominciò a piangere disperatamente, scossa da violenti tremiti.
Quella volta era davvero finita.


Dopo un tempo che parve eterno, una mano dolce, nel silenzio della stanza, si posò sulla sua testa. Riscuotendola dai suoi pensieri.
-Non piangere, Gabrielle- La voce calda, profonda e triste, costrinse la bionda a sollevare di scatto il capo, incrociando i suoi occhi azzurri.
Sentì il cuore spezzarsi nel petto.
-Non posso vederti così- Aggiunse la donna mora, avvolta nella pelle di lupo, inginocchiandosele accanto.
-Xena...- Scosse la testa, costringendosi a pensare che quella che aveva davanti non era che una copia. -Devo. E' ciò che è giusto.- Trattenere ancora il dolore dentro di sè avrebbe finito col distruggerla.
La mora la abbracciò con trasporto -Lo so, ma l'amore che provi per lei mi spinge a fare tutto ciò che posso, per non farti soffrire.-
-Tu sai cosa sei?- Chiese, asciugandosi le lacrime col palmo della mano.
La mora annuì, nel suo sguardo c'era dolore -So tutto quello che sai tu e provo tutto quello che provi tu, ma il mio modo di agire ed esprimermi è dato dal tuo ricordo di Xena dentro di me.-
Le braccia forti della copia della guerriera erano calde, la pelle morbida e bronzea e poteva sentirla respirare. Solo il suo profumo era diverso "Sembra un essere umano vero, non un fantoccio." pensò.
-Ti ringrazio- Sorrise amaramente la mora.
-Puoi leggermi nel pensiero?-
-Sì. Te l'ho detto, provo tutto quello che provi tu.-
La bionda si sciolse dall'abbraccio, rimettendosi in piedi e allontanadosi di qualche passo, turbata. Non si aspettava che quel legame fosse così profondo.
-Posso evitare di fartelo notare, se preferisci.-
La bionda annuì, la situazione era troppo strana.
-Posso anche evitare di farmi vedere da te, se pensi che sia meglio...- Aggiunse con timore, distogliendo lo sguardo.
La guerriera rimase in silenzio, riflettendo -No, sarebbe ingiusto. Tutto questo non è colpa tua.- Non voleva ferirla, nonostante vederla le straziasse il cuore.
-Gabrielle, ascolta bene.- Le si avvicinò -Sono felice solo se tu sei felice...E farei qualsiasi cosa per aiutarti- La mora posò una mano sulla sua spalla e si chinò leggermente in avanti, per guardarla negli occhi. La somiglianza con Xena era terribile, il loro linguaggio del corpo...Identico.
La bionda portò istintivamente la mano su quella dell'altra, riflettendo. Doveva tenere a mente che non aveva davanti lei.-Mi abituerò-
-Ti ringrazio- Sorrise mestamente. -Vado a cercare qualcosa di più adatto da indossare di questa pelliccia- Si congedò e tornò verso la camera da cui era uscita.
Gabrielle tornò a sedersi. Tutto era molto bizzarro, addirittura pazzesco, ma la situazione era quella e aveva promesso di restare fino al ritorno di Aphrodite. Doveva cercare di reagire.
-Dovremmo cercarti un altro nome- Non chiamarla Xena l'avrebbe aiutata a separare i ricordi dalla realtà.
-Mel?- Si sentì rispondere dalla camera.
-No, meglio qualcosa di completamente nuovo.-
Poco dopo la copia tornò nella stanza -Posso andare bene così?- Indossava dei pantaloni di cuoio intrecciato, infilati dentro ai calzari e una casacca lisa, scura e senza maniche -Sono gli unici vestiti non suoi che ho trovato.- Aveva anche legato i capelli in un lunga treccia.
-Grazie per averci pensato-
-Di niente. Allora? Il mio nome?- Sentiva che la bionda stava girando attorno a una buona idea.
-Einai.
Significa "E' "- Spiegò la bionda.
-Mi piace.-
Sorrise, come se non ne avesse già conosciuto il significato.
Se
mplice, diretto, racchiudeva in una sillaba tutto ciò che era, non avrebbe potuto pensare ad un nome migliore. Le altre ipotesi che aveva sentito formarsi nella mente di Gabrielle giravano tutte attorno a quel concetto, ma suonavano peggio.


Calò la notte. La ragazza cenò con i prodotti della fattoria, mentre Einai non ne aveva bisogno. L'avrebbe fatto se fosse stato necessario, ma sarebbe stato uno spreco e l'altra non insistè.
Si coricarono nell'unico letto disponibile, dopo aver indossato abiti più comodi per la notte e si coprirono con le pellicce.
-Vuoi... Che ti abbracci?- Aveva sentito il formarsi di un pensiero indefinito al riguardo.
-Meglio di no.- Doveva abituarsi.
-Capisco quello che provi, puoi confidarti o sfogarti con me. Io sono Einai, tua amica.- Era combattuta tra il desiderio di confortarla e la paura che l'altra aveva di non riuscire a staccarsi mai più dal ricordo di Xena.
-Non offenderti, non riesco ancora a separare del tutto te da lei- Erano troppo simili.
-Lo capisco...Buona notte- Si voltò sul fianco, dandole le spalle. Chissà come sarebbe stato. Avrebbe dormito ancora? Avrebbe fatto gli stessi sogni di Gabrielle o se lei non fosse riuscita ad addormentarsi avrebbe passato la notte e rincorrere i suoi pensieri? Non aveva idea di cosa sarebbe successo, chiuse gli occhi e aspettò.
-Buona notte- Rispose l'altra.


"Sboccia l'alba sulla tua pelle addormentata..." Si svegliò, sentendo questi versi nella sua mente. Non aveva sognato o avvertito nulla fino a quel momento, forse la notte era stata solo sua.
Si portò una mano al viso e sentì la voce nella sua testa zittirsi. -Buongiorno- Si stirò, allungando bene braccia e gambe, poi si mise a sedere.
-Buongiorno- Gabrielle stava finendo di vestirsi.
-Sei riuscita a dormire?-
-Sì. Mi sono svegliata poco fa.-
-Oh, quindi quando dormo non sento quello che pensi. Strano.- Anche lei si alzò e cominciò a indossare gli abiti scelti il giorno precedente.
Gabrielle provò sollievo nel sapere che almeno i suoi sogni sarebbero rimasti solo suoi.
-Prima stavi pensando a lei?- Chiese Einai.
-Sì...- Ammise timidamente.
-Sembrava molto bello. La tua capacità di tradurre ciò che stai guardando in versi è affascinante. Mi dispiace che gli altri non possano assistere a questo tuo processo mentale.-
-Grazie.- La bionda arrossì per l'imbarazzo. Non le era mai stato detto niente del genere. Per forza, nessuno prima d'ora le aveva letto la mente.
Avrebbe dovuto imparare a controllare anche quello.
-Scusa, farò più attenzione a fare finta di niente d'ora in poi.- Rispose la mora.
-Scusami tu, è complicato-


****

Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!

Grazie per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!


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Capitolo 3
*** Quietness ***


3b before the caos


3.





Einai rientrò in casa, portando delle uova e del latte di capra appena munto. Si guardò attorno, ma non vide Gabrielle.
Si concentrò e seguì il filo dei suoi pensieri, letteralmente. Era sul retro, in cortile.
Si affacciò all'uscio, la ragazza stava ignorando la sua stessa fame, annegando nei ricordi -Gaby?- Le sfuggì.
La bionda si voltò di scatto, mentre un pensiero indistinto le raggiungeva la mente "X...Ah."
-Scusami. Non volevo sorprenderti.- Sorvolò, per non peggiorare la situazione.
-Ero sovrappensiero...- Si asciugò rapidamente la guancia con il palmo della mano.
-E' ora di mangiare.- Le disse, indicando con lo sguardo il suo stomaco, vagamente preoccupata.
-Hai...Hai ragione.- Scosse il capo e la seguì, accorgendosi che il sole stava tramontando.
-Ho trovato lungo il sentiero le erbe che ti piacciono, ti faccio una frittata? -
-Grazie, posso fare io.- Le si avvicinò, per prendere il necessario.
-Riposati.- Le posò una mano sul braccio, guardandola negli occhi, apprensiva.
Poche volte Xena le aveva riservato quello sguardo, doveva apparire realmente distrutta. Si rassegnò e andò a sedersi al tavolo.
-Posso fare solo questo e lo faccio volentieri...- Cercò di far apparire la frase casuale e non come risposta ai suoi pensieri.
Avrebbe dovuto fare più attenzione, ma quei movimenti le scivolavano addosso naturalmente.
-Ti ringrazio.- Guardò l'altra, mentre metteva a riscaldare la padella sulla brace, nel focolare -Sai come si fa?- Chiese curiosa.
-Sì. Posso vedere i tuoi ricordi e seguire le indicazioni.- Stava riguardando, proprio in quel momento, l'ultima volta che Gabrielle aveva eseguito quella ricetta.
-Xena cucinava poche volte, mi sembra strano vederti farlo.- Sorrise malinconicamente. Vedere quelle differenze nel suo modo di fare, anche se piccole, la aiutava a scindere i ricordi dalla realtà.
Einai sorrise a sua volta, sentendo quel piccolo spiraglio di sollievo "So fare molte cose." Non poteva di certo dirlo. -Spero che il risultato sia simile alla tua.- Rovesciò le uova sbattute nella padella calda, assieme alle erbe e un po' di latte.
-Non preoccuparti.- Disse, leggermente più serena. 
Dopo poco fu pronto e, il pasto abbondante, assieme al latte, la aiutarono a riempire lo stomaco borbottante.
Mangiando, aveva guardato per tutto il tempo Einai, di sottecchi. La mora si era persa nei propri pensieri mentre lavava la padella, ormai vuota, in un piccolo tino.
"Chissà quando torneranno" Avrebbe aspettato, come promesso. Aphrodite glielo aveva chiesto accoratamente e, alle ceneri di Xena, non avrebbe cambiato nulla un giorno...Sperava però che non passasse troppo tempo.
Si alzò da tavola e sparecchiò, passando il piatto e le posate all'altra.
-Posso fare io, se vuoi.-
-No, tranquilla. Pensavo...Vuoi farti un bagno?-
-In effetti dovrei...- Ricordò che c'era un grosso tino nella stalla, non una vera e propria vasca. -Mi lavo alla fontana, si farebbe troppo tardi a scaldare l'acqua necessaria.-
-Sì...Vuoi una mano con le medicazioni sulla schiena?- Chiese il simulacro, asciugandosi le mani in un canovaccio grezzo.
-Mi faresti un favore.-
-Dove tieni le bende?- Sapeva già che la bionda aveva il necessario nel suo bagaglio.
-Nella mia bisaccia, Ares non ne avrà di certo in casa...- Era un peccato, quelle le teneva per le emergenze, in viaggio
-No, non credo.- Fece una smorfia vagamente rassegnata, sentendo i suoi pensieri. -Ti aspetto qui, allora.- Le sovvenne qualcosa -Vuoi della frutta? Non c'ho pensato prima.-
-No, sono a posto...Ce n'è? Il melo mi sembrava senza...- C'era un grosso albero, proprio accanto al portico della fattoria.
-Ne ha qualcuna in cima.-
Gabrielle scrollò le spalle, non ne valeva la pena, quella pianta era alta più della casa.
-Domani con la luce?-
-Vedremo. Vado, o farà buio del tutto.- Si congedò e uscì.
Einai continuò a sistemare la cucina, rilassandosi: in sua assenza poteva smettere di controllarsi, almeno per un po'.


Gabrielle tornò poco dopo. Nel frattempo Einai aveva acceso diverse candele e ravvivato il fuoco, per avere la luce sufficiente a medicarla, dato il tramonto ormai passato.
L'aria della sera era tiepida, appena fresca, e i grilli frinivano nei cespugli attorno alla fattoria.
La guerriera passò le bende alla mora, dopo averle recuperate dalla bisaccia, e si sedette su uno sgabello, abbassando la veste da notte fino a metà schiena. Le ferite che avevano bisogno di medicazione erano sulle spalle, le altre erano superficiali o praticamente guarite.
Einai prese un piccolo barattolo di unguento e cominciò a spalmarlo sulle ferite. La sfiorava appena, con il timore di farle male.
-Per favore fai più pressione, o mi fai il solletico...- Non riusciva a smettere di pensare a quando Akemi le aveva fatto il tatuaggio...Xena era rimasta accanto a lei, distraendola per alleviarle il dolore.
Avevano parlato per tutto il tempo e nei momenti più delicati le aveva preso la mano, incoraggiandola, dispiaciuta.
Il simulacro appesantì il tocco, andando incontro alle sue richieste. Temeva di esagerare e così era tesa a captare ogni suo pensiero, alla ricerca di un qualsiasi accenno di dolore.
Ben presto però, altro la distrasse.
Il ricordo di tutte le volte in cui Xena le aveva medicato una ferita sulla spalla.
L'unguento, il massaggio e la sensazione dei suoi baci sulla pelle. Difficile reprimere quell'abitudine che premeva per prendere il sopravvento.
Sospirò stancamente, cercando di scacciare quei ricordi -Va meglio così?-
-Sì, grazie. Tutto bene?- L'aveva sentita sbuffare.
-Sì, forse ho sonno. Finito qui andrei a dormire, se per te va bene.-
-Certo, non preoccuparti. Non me lo devi chiedere...- Per lei era ancora presto, avrebbe aspettato a coricarsi.


Si era svegliata in tarda mattinata ed Einai non c'era.
Aveva trovato delle mele e del latte fresco sul tavolo e le aveva mangiate per colazione, ma della mora nessuna traccia.
Nei giorni precedenti le aveva spesso lasciato del tempo da sola, cosa che la ragazza apprezzava, per poter elaborare il suo dolore senza preoccuparsi delle apparenze, ma le aveva sempre fatto compagnia durante i pasti e lo trovò un po' insolito.
Decise di cercarla per la fattoria.
Non era nell'orto sul retro e neanche nella stalla ma, le balle di fieno che giacevano ammucchiate disordinatamente fino al giorno prima, erano state allineate e impilate con cura.
L'ultima volta ci avevano messo l'intera giornata, lavorando in due, ed era stato molto faticoso, però erano riuscite ad ottenere un angolo appartato, al riparo dagli occhi indiscreti di Ares, per fare il bagno. "Chissà che fine ha fatto quel grosso tino..." Svoltò l'angolo della pila di fieno e lo vide, rimanendo perplessa. Era molto pesante e lo avevano sollevato assieme, lei e Xena... Einai doveva averlo visto nei suoi ricordi, ma come poteva aver fatto tutto quello da sola e in così poco tempo? Doveva essere straordinariamente forte...Non lo aveva notato fino a quel momento, che si trattenesse per non spaventarla?
Si accorse di non aver idea di quali potessero essere le potenzialità di un Golem. Le antiche leggende di cui aveva sentito parlare narravano di mostri enormi, niente a che vedere con il suo caso.
Uscì, tornando sui propri passi, e vide le sue impronte sulla polvere, molto marcate.
Sorrise. Quelle di Xena erano difficilmente individuabili anche quando camminava normalmente e nonostante l'armatura... Forse la ragazza stava trasportando qualcosa di pesante, per lasciare segni così evidenti.
Si incamminò verso la casa, seguendo le tracce, quando, ad un tratto, un movimento sulla cima del melo attirò la sua attenzione.
Alzò lo sguardo, riparandosi gli occhi dal sole con la mano, e vide Einai che, con un grosso segaccio, stava potando l'albero.
Da lì a poco, infatti, un ramo si schiantò al suolo e poi un altro e un altro ancora.
Aspettò silenziosamente che finisse, cercando di trattenere anche i pensieri, non voleva sorprenderla o distrarla. Poteva scivolare e da quell'altezza si sarebbe fatta molto male se fosse successo.
La mora terminò in fretta, senza fare alcuna pausa per riposare, e lasciò cadere la sega a terra. Poi raccolse le mele rimaste e sollevò un lembo della casacca per tenerle.
All'improvviso, il ramo su cui era appoggiata si ruppe sotto i suoi piedi e cadde. Gabrielle sbiancò e scattò verso di lei, spaventata, ma prima di raggiungere terra, Einai riuscì ad afferrarsi ad un ramo con la mano libera, frenando la caduta all'ultimo. Un paio di frutti rotolarono a terra.
-Tutto bene?!- Le gridò, correndo verso l'albero.
-Sì.- Si lasciò cadere, atterrando pesantemente accanto a lei e sollevando parecchia polvere.
-Ti sei fatta male?- 
-...Ho strisciato il braccio contro il tronco.- Disse con imbarazzo.
-Fammi vedere.- Chiese preoccupata, era evidente che non era esperta nell'arrampicarsi -Potevi chiamarmi, o prendere la scala.- Aggiunse, infastidita dalla sciocchezza che la mora aveva fatto.
-Ho provato, ma i pioli si sono spezzati...- Il simulacro posò le mele in un cesto vicino e recuperò quelle cadute. -Non è niente, non sanguina neanche...- Sminuì, avvicinandosi e mostrandole la parte interessata, con timore.
Crepe sottili si irradiavano per qualche centimetro, subito sopra al gomito. Gabrielle non aveva mai visto niente del genere su un essere umano, solo sui vecchi vasi di terracotta.
-Tu ce l'hai il sangue?- Chiese, dopo un paio di secondi, mentre la teneva per l'avambraccio.
-No...- Ammise vergognandosi, sentendo i pensieri dell'altra e il suo disagio alla risposta.
-Non so come aiutarti. Credo sia il caso di bendarla ma...- "Disinfettare?" Non ne aveva idea.
-Brucia appena. Molto meno del ginocchio che ti sei sbucciata al torrente, a Potidea.- Sorrise malinconica -Ares saprà come...Ripararmi.- Disse mortificata, quella parola non le piaceva affatto. Restò per qualche istante in silenzio, per poi alzare gli occhi dalla ferita e incrociare quelli di Gabrielle -Non è niente, non preoccuparti.- Distolse nuovamente lo sguardo.
-E se non si potesse?- Diede voce ai suoi pensieri, l'altra li aveva letti, ormai.
-Credo di poterci convivere...- Si sfilò lentamente dalla presa della bionda, riportando il braccio al fianco -Scusa.- Si addentò il labbro inferiore mentre le diventavano lucidi gli occhi. Stava sentendo quello che la guerriera aveva immaginato, vedendola cadere -Non volevo.-
-Scusa tu, non era il caso di ripensarci...-
-Farò più attenzione.-
Gabrielle rimase in silenzio per qualche secondo, prima di riprendere -Non puoi fare attenzione a tutto. Ho capito quanto ti sforzi. Fai caso a come parli, a come ti muovi...Respiri? O lo fai per me? Non puoi pensare sempre a tutto. Solo...Cerca di non rischiare la vita, va bene?- Addolcì il tono in quella domanda.
Einai annuì, sorpresa, e arretrò di un passo, quasi spaventata -V-vado a finire di sistemare la stalla.- Poi si voltò e correndo tornò verso l'albero, recuperò il segaccio da terra ed entrò nel basso edificio, a passo spedito.
"Ah, la benda..." Si ricordò la bionda.
-Faccio io!- Le gridò l'altra in risposta, da dentro la stalla.


Quando fu ora di pranzo, Einai si avviò verso casa. Gabrielle stava cucinando.
L'aveva lasciata fare, sentendo che mantenersi occupata la aiutava. Si distraeva dal suo dolore e anche per lei era così.
La sorvegliava continuamente ma, dopo il ricordo della sera precedente, aveva capito che forse era meglio non starle troppo vicino. Non voleva correre il rischio di infastidirla involontariamente.
Anche i pensieri che aveva percepito poco prima l'avevano confusa e le sue parole non l'avevano aiutata.
"Respiri...O lo fai per me?" Si era accorta di tutto. Lei voleva solo che la ragazza si sentisse a proprio agio e al sicuro, senza ricordarle continuamente la sua anima gemella, nonostante il suo aspetto.
Si guardò il gomito, fasciato con uno straccio pulito.
La preoccupazione della bionda era stata per lei, non per chi le ricordava...Ed era realmente preoccupazione e non più senso di colpa, come il primo giorno.
Il suo passato si poteva riassumere in poche righe e nemmeno lei aveva ancora capito chi fosse, ma Gabrielle si preoccupava per lei. Come se fosse sua amica.
Possibile? Nemmeno il suo creatore l'aveva degnata d' uno sguardo, lasciandola lì, deluso e disgustato.
C'era effettivamente una separazione tra sé e le emozioni di Gabrielle? Cosa provava davvero lei? Esisteva un: "Davvero lei"?
Riusciva a individuare i suoi pensieri come esterni, ma non succedeva lo stesso con i suoi ricordi e, nel giro di poco, tutto diventava un ricordo, vissuto in prima persona.
Lei stessa amava Xena e amava come Xena amava Gabrielle.
Entrò in casa e lo scricchiolio del pavimento la annunciò -Ciao.-
-Ciao. Finito con la stalla?- Non sapeva se sarebbe rientrata, ma sperava di avere compagnia.
-Continuo dopo...- Si asciugò la fronte, spettinandosi la frangetta, poi si guardò la mano umida, perplessa.
-Che c'è?- Chiese Gabrielle, vedendo la sua espressione.
-Ah, niente. Non preoccuparti.- Prese uno straccio e si asciugò ancora il viso, bloccandosi all'improvviso, sentendo i pensieri della donna -Davvero posso...?- Sgranò gli occhi. Non era certa di aver capito bene.
-Mi sembra ingiusto costringerti a fingere di essere chi non sei.-
-Non vorrei che tu ne soffrissi-
-...Dovrò abituarmi. Qualunque cosa potrebbe ricordarmela, in fondo.-
-Prenditi più tempo, posso continuare.-
-Inutile rimandare ulteriormente... A cosa stavi pensando poco fa?-
-Il sudore... E' una seccatura- Le disse scettica, evitando di guardarla e passandosi ancora lo straccio sulla fronte.
Rise sommessamente -Vero.-
-Anche il dolore...-
Gabrielle annuì -Era la prima volta...?-
-Sì.-
-Ares è rimasto sconvolto quando gli è successo.- Glielo aveva raccontato...Xena.
-E' stato strano sentirlo, ma sapevo cos'era. Dai tuoi ricordi.- Corrugò un po' la fronte, preoccupata.
-Spiegami meglio. Come funziona? Cosa puoi fare?-
-Oh, posso fare cose semplici...Seguire una ricetta, ad esempio, ma per le cose più difficili...Non basta.-
-Ovvero?-
-Arrampicarmi su un albero. L'hai fatto molte volte e l'hai visto fare ancora di più, ma c'è una grossa differenza tra teoria e pratica...- Aveva faticato parecchio a trovare i giusti appigli.
-Capisco.-
-Ho dei movimenti istintivi, ma non molto affidabili.- Si sedette al tavolo, facendo scricchiolare la sedia, mentre la guerriera si sedeva a sua volta, capendo che aveva accettato di restare con lei per pranzo.
-Einai...Hai mai mangiato qualcosa...?- Non ricordava se avesse assaggiato la frittata, almeno durante la preparazione.
-No. Non  mi serve.-
-Ma sentiresti i sapori?-
-Credo di sì...- Aveva familiarità con la sensazione tattile del cibo sulla lingua.
-Vuoi provare?-
La mora assunse un'espressione perplessa, osservando con sospetto le uova all'occhio di bue nel piatto dell'altra -Meglio di no. Sono mollicce e tremolano...-


****

Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!

Grazie per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
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Capitolo 4
*** Caos ***


4 Caos


4.




Era il mattino del quarto giorno e, degli Dei, nessuna traccia.
Le due donne si erano ormai abituate a quella consuetudine che si era instaurata tra loro.
Einai vegliava su Gabrielle, da lontano.
Il bisogno che sentiva di confortarla era quasi straziante, ma non voleva turbarla con il proprio aspetto.
Avvertiva che la ragazza si stava abituando, ma non voleva correre troppo. Non era necessario avere fretta, l'equilibrio della giovane le sembrava ancora precario.
D'altro canto, la guerriera apprezzava molto le sue premure. Sia quando le faceva compagnia, sia quando la lasciava sola.
Il sincronismo era certamente dettato dalla loro connessione, ma c'era qualcosa in lei che andava ben oltre al condividere la sua coscienza.
Le sembrava di parlare con un essere umano in tutto e per tutto e non con un oggetto.
Einai aveva opinioni proprie e una propria volontà, prendeva iniziative. Non era solo il suo riflesso.
Gabrielle si preoccupava per lei, non era mai successo.
Certo, forse era prematuro dire "mai", esisteva da pochi giorni appena, ma dai ricordi della guerriera aveva sentito che Ares e Aphrodite, gli unici con cui avrebbe potuto avere un'interazione dal momento della sua nascita, l'avevano considerata di valore inferiore a quello di un animale.
Forse perché non si era svegliata in tempo. Chissà se qualcosa sarebbe cambiato, se avesse avuto la possibilità di parlarci.
Temeva Ares, aveva visto la sua ira e avvertito il disprezzo nella sua voce, quando aveva detto a Gabrielle che lei era solo... Lei.
Probabilmente sarebbe stato più facile con Aphrodite, la bionda provava affetto per la Dea, non sembrava una persona cattiva.
Quando sarebbero tornati, Gabrielle sarebbe partita per riportare le ceneri di Xena ad Anfipoli e lei sarebbe sprofondata di nuovo in un sonno senza sogni... Forse poteva chiederle di andare con lei.
Aveva cominciato a studiare i rudimenti del combattimento tramite i ricordi dell'altra. Era forte, non si stancava, non l'avrebbe rallentata o infastidita e sapeva badare e sé stessa "Ho studiato le stelle...Parlato con i filosofi e ho il dono della preveggenza..." Sorrise tra sé e sé, ricordando quella frase detta da Gabrielle, al suo primo incontro con Xena.
La situazione era simile, solo invertita. Era lei la ragazzina inesperta, ora.
Forse Gabrielle glielo avrebbe concesso. Forse l'avrebbe capita.
Lei la vedeva, la teneva in considerazione, la trattava come sua pari...Certamente il suo aspetto non la aiutava e vedere quanto effettivamente fosse differente da un vero essere umano, ancora la inquietava un po'...Ma provava affetto e stava cercando di conoscerla e di instaurare un rapporto.
Quella sera, dopo essersi coricate,  glielo avrebbe chiesto.
Si vergognava un po', temeva un rifiuto, ma al buio sarebbe stato più facile mascherare l'imbarazzo e nascondere la delusione, se fosse servito.
Sperava che la guerriera le desse il permesso, non voleva passare l'eternità sospesa in un limbo, non dopo aver provato la vita.
Si alzò di scatto dallo sgabello, spaventando la capra che stava mungendo, e corse verso casa. Era arrivata Aphrodite.


-Gabrielle, ho bisogno di parlarti- Il suo tono era carico di preoccupazione e contrizione.
-Dimmi, Aphrodite- Prese le mani della Dea tra le sue, mentre Einai, appena arrivata dalla stalla, restava in disparte, qualche passo più indietro.
-C'è un problema con l'anima di Xena- La Dea guardò per un secondo il simulacro, con diffidenza, per poi tornare sulla guerriera.
La mora uscì in cortile, per non disturbare la nuova arrivata. Poteva comunque ascoltare tramite Gabrielle.
-Cosa è successo?- Chiese con terrore la guerriera.
-Vedi...Da quando avete ucciso Plutone, gli Inferi sono nel caos.-
-Ma...Lucifero?- Lei e Xena avevano tramato appositamente per farlo decadere e prendere la guida del Tartaro.
-Proprio lui è il problema. Sta cambiando tutto e le anime di coloro che erano negli Elisi sono in disputa, ora. Lui vuole tenerle all'Inferno.-
Rimase senza parole. Era sollevata dall'apprendere che la compagna fosse tra i giusti, ma saperla in pericolo la turbava profondamente.
-Quella battaglia è al di fuori delle nostre capacità. Non c'è niente che tu possa fare, Gabrielle.-
-Perché mi dici questo, allora?- La guerriera non capiva, Aphrodite non le avrebbe mai parlato a quel modo, se non ci fosse stata una soluzione.
-Non possiamo immischiarci in quella guerra, ma tu puoi tentare di recuperare la sua anima. Salvare almeno lei, capisci?-
-E tutti gli altri?-
-Abbiamo la possibilità solo per uno.-
La guerriera annuì -Cosa devo fare?- Chiese con fermezza.


Finito il colloquio con Aphrodite, la guerriera iniziò a prepararsi per il viaggio.
Einai entrò nella stanza -Sarà pericoloso- Sentiva la paura che l'altra provava.
-Sì, ma devo farlo assolutamente. Xena lo farebbe per me e non riuscirei a perdonarmi, se mi tirassi indietro.-
-Lo so.- Si sedette sul letto, alle sue spalle, facendolo scricchiolare sonoramente. In lei si agitavano altri sentimenti, oltre a quelli dell'amica -Gabrielle...-
-Dimmi.- Disse la bionda, continuando ad occuparsi della bisaccia.
-Guardami.-
Il tono di Einai era deciso, molto diverso dalla fonte di dolcezza che era stata in quei giorni. La guerriera non poté esimersi dal voltarsi.
-Sento dentro di te la felicità di poter finalmente fare qualcosa.- Il simulacro si alzò e si avvicinò a lei, guardandola negli occhi. -Le tue emozioni sono così contrastanti che quasi mi sembra di scoppiare. Provi dolore, rabbia, paura, preoccupazione, gioia, speranza, determinazione e amore...Fate sempre così, voi esseri umani?- Chiese, con una punta di amarezza.
-Non lo so...Io sì.-
-Se solo Xena potesse saperlo...- Gli occhi le divennero lucidi per la tristezza.
Gabrielle le accarezzò la guancia con la punta delle dita, dolcemente, in lei non rivedeva più la compagna. Si assomigliavano, ma erano molto diverse.
-Io credo che lei lo sappia e che per lei sia lo stesso-
Einai annuì -L'amore che provi per lei e quello che lei ti dimostrava sono tra i tuoi ricordi più fulgenti nella mia memoria, ma quello che traspariva dai tuoi gesti e dalle tue parole...Non era neanche la decima parte di quello che sento. Non è possibile trasmetterlo con metodi umani...- Provava una pietà immensa per quei sentimenti impossibili da comunicare, se i mortali avessero conosciuto la vastità delle emozioni che li circondava, il mondo sarebbe stato completamente diverso e non più come quello che aveva percorso Gabrielle, in quegli anni.
-Mi dispiace che tu sia così turbata.-
-Non importa- Sorrise amaramente -Saranno le ultime cose che sento, in ogni modo- Una lacrima le scivolò sul viso.
-In che senso?- Le asciugò la guancia con il pollice.
-Quando sarai fuori dal giardino il nostro legame si interromperà, sarai troppo distante, e io sarò nell'oblio fino al tuo ritorno. Se tu fallissi non mi risveglierei più. Se tu avessi successo, lo spirito di Xena prenderà il mio posto, ciò per cui sono stata creata dal principio...- Non poteva più chiederle di accompagnarla, sarebbe stata solamente d'impiccio in una battaglia del genere.
Gabrielle non ci aveva ancora pensato, nella fretta dei preparativi non si era soffermata minimamente su questo aspetto.
Si sentì in colpa, avrebbe causato la scomparsa di una persona che le aveva voluto bene incondizionatamente e a cui anche lei voleva bene.
-Non sentirti colpevole. Non...Non credo di essere una persona vera.- Si asciugò una nuova lacrima -E l'amore che provo per te è dato dal tuo sentire. Non darti colpe... Mi dispiacerà solo non poter più fare parte di tutto questo.-
-Posso fare qualcosa?- La voce le tremava di tristezza, non avrebbe saputo come risolvere. Sperava di avere tempo al ritorno.
-Vorrei quello che ti è mancato così tanto.- Evitò il suo sguardo, non aveva il coraggio di chiederlo, ma stava per morire, che senso avrebbe avuto provare vergogna?
-Cosa?-
-Un bacio d'addio.-
La bionda la guardò negli occhi per un'istante, incredula e sconcertata. Stava per rifiutare, ma poi si fermò.
L'ultimo bacio tra lei e Xena era stato quando le aveva passato l'acqua della Forza, non un vero bacio, e quanto avrebbe voluto le sue labbra ancora una volta, prima che quel tramonto sparisse...
La situazione era poi così diversa? Era lei quella che se ne stava andando per sempre, ora.
-Vorrei sapere com'è esprimere tutto l'amore che provo per te.-
Gabrielle abbassò lo sguardo tristemente, per qualche secondo, poi le sfiorò il gomito, tornando a guardarla negli occhi. Einai l'abbracciò e si abbassò leggermente, posando la bocca sulla sua.
Dopo pochi istanti la guerriera socchiuse le labbra, permettendole l'accesso, ma il bacio rimase intriso di puro sentimento e dolcezza, scevro da ogni eccitazione.
Amore, affetto e attaccamento erano così intensi da provocare in entrambe un dolore straziante e struggente, ma al tempo stesso perfetto.
Quando si separarono, le lacrime scorrevano copiosamente sui loro volti.
La mora la strinse al petto e la baciò sulla fronte, prima di sciogliere l'abbraccio. Si guardarono per un istante negli occhi, poi la guerriera si asciugò il viso con il dorso della mano, subito prima di prendere la sua bisaccia e uscire dalla stanza.
-Addio- Rispose Einai al suo pensiero.


La notte calava sulle rovine dell'antica città di Efira.
Già da molte ore attendevano Ares sulla sommità di un'altura brulla, circondata da una valle solcata da tre fiumi, eppure desertica, arida. Non un filo d'erba cresceva sulle loro sponde.
Il bagliore della comparsa del Dio le riscosse dai loro lugubri pensieri.
-Ce l'hai?- Chiese Aphrodite, preoccupata.
-Sì, ma non è stato facile.- Rispose il fratello -Dovremo ripagare il debito per molto tempo.- Prese un involto dall'interno della casacca e lo aprì, rivelando una pietra nera, conica, grande poco meno di un pugno.
La luna si rifletteva sulla sua superficie come in uno specchio.
-E' l'ago di Cibele?- Chiese Gabrielle, meravigliata da quella liscia perfezione divina.
-Non toccarlo, o la tua anima ne verrà assorbita- Disse Ares, allontanandolo dalla donna. -Non toccarlo mai direttamente-
Le avevano spiegato l'importanza di quella pietra. Le sarebbe servita per riportare Xena nel mondo dei vivi, priva di un corpo, finché non l'avessero reimpiantata nel simulacro.
Esattamente come aveva fatto la Dea Cibele con il suo amato Attis.
Ora, dovevano ottenere l'accesso al mondo degli Inferi. Quello era suo esclusivo compito, una divinità non avrebbe mai potuto varcarne la soglia, inosservata.
L'intercessione di Hecate, madre di Zeus, unico Titano risparmiato e venerato dal Padre degli Dei, era indispensabile.
Il Nekromanteion, il tempio dell' "Oracolo della Morte", posto all'incrocio di tre dei cinque fiumi infernali, era il punto di accesso più sicuro per l'Ade, ora che gli Inferi erano squassati dalla guerra.
Scesero dalla collina e, dopo un gesto di Aphrodite, l'ingresso si mostrò ai loro occhi.
Una lunga scalinata, scolpita nella roccia, sprofondava nel sottosuolo. Tra il buio della notte e la profondità, non ne era visibile la fine.
Ares schioccò le dita, creando una piccola sfera di fuoco che avanzò fluttuando, rischiarandogli il cammino.
Gli Dei stessi erano profondamente tesi e il loro passo incerto. Gabrielle non poteva fare a meno di interrogarsi sul suo Destino, mentre li seguiva preoccupata.
-Fermi!- L'eco di una voce di donna risuonò possente tra le pareti. Restarono immediatamente immobili.
-Vorremmo parlare con la Somma Hecate, Madre di nostro Padre, protettrice degli Inferi.- Annunciò Ares, in un tono insolitamente ufficiale.
-A voi non è concesso il passo. Guerra e Passione non possono profanare il Tempio.-
-E' una necessità. Non vorremmo mai dissacrare questo luogo, concedeteci un'eccezione- Aggiunse Aphrodite.
-Purificare voi equivarrebbe al vostro annullamento. La mortale invece potrà sopravvivere, se abbastanza forte.- Una donna comparve dal buio, innanzi a loro. Vestita di una tunica bianca e con numerosi ornamenti dorati, portava una corona turrita sul capo -Lasciatele la pietra di Cibele, sappiamo cosa vi ha condotti qui.-
Ares e Aphrodite si guardarono, preoccupati, poi l'uomo estrasse l'involto da sotto la casacca e lo consegnò a Gabrielle -Fallisci e ti ucciderò veramente-
-Risparmia le tue vane parole, Guerra- Lo apostrofò infastidita la sacerdotessa -Sappiamo tutti che questa giovane ti è cara e necessaria.- La donna fece cenno alla guerriera di seguirla, cominciando ad arretrare nel buio.
-Buona fortuna, Gabrielle- La voce di Aphrodite era colma di preoccupazione, non pensava che si sarebbero separate così presto. -Torna, ti prego. Nonostante l'esito.- Supplicò, mentre una lacrima le scivolava sulla guancia.
Il Dio della battaglia, invece, si limitò a guardarla allontanarsi, torvo.


L'oscurità la inghiottì. Non riusciva a vedere nulla davanti a sé, solo il rumore dei passi e il frusciare della veste della sacerdotessa la guidavano nel buio.
-Gravoso il compito che ti è stato assegnato. Sei il fulcro di numerosi desideri.- Esordì.
-Farò del mio meglio.- Non sapeva cos'altro dire.
-Sento la tua volontà ferma e sincera. Peccato che i tuoi Patroni siano i peggiori auspicabili...- La donna si fermò e, schioccando le dita, accese numerose fiaccole alle pareti, splendenti di fiamme azzurre, che illuminarono una volta di pietra grezza, priva di abbellimenti o iscrizioni.
-Dovrai subire una purificazione, prima di giungere al cospetto di Hecate, o la sua presenza consumerà ogni fibra del tuo essere. Sarà dolorosa, sei pronta?-
La guerriera annuì, silenziosamente.
La sacerdotessa si avvicinò e le posò una mano sulla spalla -Vedo che il tuo spirito è già lontano dalla contaminazione di Passione, ma Guerra arde profondamente. La tua anima sarebbe un lauto banchetto per il Tartaro.- Restò in silenzio qualche secondo -Ora vedo il tuo desiderio.- La guardò negli occhi e la scrutò ulteriormente, sembrava volesse trapassarla con lo sguardo. -Molti più interessi di quanto immaginassi perfino io, ruotano attorno alla tua impresa. Non solo l'amore che nutri per lei.-
Gabrielle non capiva a cosa si riferisse, lei desiderava solamente recuperare lo spirito della persona che amava, probabilmente anche Ares, e Aphrodite forse lo faceva perché le era affezionata...Chi altri?
-Lascia qui le tue armi, non ti serviranno-
-Chi altri è interessato al mio viaggio?- Chiese infine.
-Non ti è dato sapere, al momento-
La bionda non indagò oltre e si sbarazzò dei sai, del pugnale che teneva nascosto e, infine, del Chakram.
Ogni volta che lo aveva visto riverso a terra era segnale di cattivo presagio. Rabbrividì, cercando di sistemare le sue cose al meglio, per togliere quell'impressione d'abbandono.
-Lo ritroverai, se tornerai.- Quelle parole non la rassicurarono. -Vieni, se hai lasciato tutto- La esortò la sacerdotessa.
Gabrielle avanzò, ma una forza invisibile la respinse, gettandola a terra.
Dopo un secondo di sconcerto, rispose alla domanda muta che leggeva sul volto della sua accompagnatrice -Non ho più nessuna arma con me...-
La donna, con un rapido gesto della mano, spense ogni torcia nella stanza. Eppure, non divenne buio.
Un fioco bagliore proveniva dalla schiena della guerriera, il dragone tatuato in Oriente brillava sinistramente nell'oscurità.
-Perché hai permesso che il tuo corpo venisse profanato così in profondità?!- La sacerdotessa sembrava stizzita, al limite della rabbia -Alzati e seguimi.- Tornarono indietro, rapidamente.


Raggiunsero un' altra stanza, buia. Capì di essere davanti ad un muro quando l'eco sulle pareti le rimandò un suono differente e i passi della sacerdotessa si fermarono.
La donna schioccò nuovamente le dita e un braciere al centro della stanza cominciò a brillare fioco, di un fuoco rosso, morente.
Vide stagliarsi, nera, contro le fiamme, la sagoma di una croce decussata.
Il terrore l'attanagliò, le tornarono in mente gli ultimi istanti prima di morire, quando la inchiodarono per mani e piedi. 
-Hai già capito cosa ti attende- La sacerdotessa si avvicinò alla croce -Vieni. E' necessario.-
Il suo corpo non si mosse, salire consapevolmente i gradini che l'avrebbero portata al patibolo le richiedeva uno sforzo enorme. L'istinto si rifiutava di piegarsi alla ragione.
Dovette farsi violenza per avanzare, lentamente, usando ogni briciola di coraggio, dando fondo a una forza che non sapeva di avere. 
Appena fu a pochi passi dalla croce, altre sacerdotesse, comparse dal buio, la afferrarono e sollevarono. Si dibatté, cercando di opporre resistenza, ma la loro presa era ferrea e in pochi istanti la legarono al legno, solo per i polsi, con l'addome appoggiato sull'incrocio dei pali e lo sguardo costretto verso il fuoco. Le tolsero le vesti, scoprendole completamente la schiena.
La donna che l'aveva scortata fino a lì le si avvicinò, guardando il suo volto, indurito e pieno di rabbia, alla luce tremula del fuoco, mentre strattonava le corde per liberarsi -Come hai potuto lasciare che questo marchio ti venisse imposto?!-
-Era per proteggermi da uno spirito maligno.- Ringhiò la guerriera.
La sacerdotessa scosse il capo, lentamente -Sei stata ingannata. Questo sancisce la tua appartenenza a un demone.-
-No, non è possibile.- Lo stupore sovrastò la rabbia -Mi è stato fatto da un altro spirito, forse ti stai sbagliando!-
La sacerdotessa posò una mano sul tatuaggio e rimase in silenzio qualche secondo -No, non sbaglio. Una parricida, manipolatrice, che ha costretto la donna che diceva di amare a macchiarsi col suo sangue e che perfino dopo la morte ha continuato a manipolare e mentire...Siete state ingenue. E' questo ciò che succede, quando i mortali si immischiano con forze che non conoscono.-
-No!- Non poteva accettare quella realtà. -Ti sbagli!- Si agitava, cercando di slegarsi, ma più si accaniva, più le corde si stringevano attorno ai suoi polsi e il peso del proprio corpo, che la trascinava verso il terreno, cominciava a farle mancare il fiato.
-Io non sbaglio. Deciditi, stupida mortale. Vuoi ancora avanzare nei tuoi propositi?-
Gabrielle si rassegnò, se anche avesse trovato un altro modo per raggiungere gli Inferi avrebbe perso troppo tempo. Doveva sottostare alla volontà di quell'odiosa sacerdotessa. -Sì.-
Immediatamente fu travolta da un dolore lancinante, che le spezzò il fiato.
Decine di colpi le raggiunsero la schiena, rapidi, continui, privi di esitazione.
Sentiva qualcosa di liquido e freddo bruciarla sulla pelle, spaccata, grondando sulle sue gambe e poi sul pavimento, assieme al suo sangue, denso e caldo.
Perse i sensi.


Rinvenne, mentre mani forti la slegavano dalle corde e la sorreggevano, facendola scendere dalla croce, portandola in spalla.
La stanza era quasi illuminata a giorno, adesso, e sul terreno poteva vedere un'ampia pozza del suo sangue, ancora rosso vivo, attraversata da rivoli verdi.
-Ti abbiamo concesso di svenire, per non gravare troppo sul tuo corpo mortale- La sacerdotessa entrò nel suo campo visivo.
Il forte dolore che provava le impediva di ragionare con lucidità e ogni tentativo di muoversi veniva ricompensato da un bruciore dilaniante -Portatela da lei-
Trascinata fuori dalla stanza riuscì appena a vedere, in fila contro le pareti, decine di donne vestite di bianco, tutte uguali tra loro, con in mano rami d'alloro ricoperti di sangue.  
Dopo diversi minuti, nonostante il dolore non si fosse ancora attenuato, la mente cominciava ad essere meno annebbiata.
L'avevano fatta stendere, prona, su un tavolo ricoperto da un lenzuolo, al centro di una sala.
Era molto diversa da dov'era stata fin'ora. La luce del giorno filtrava dalle alte finestre, illuminando scaffali pieni di pergamene, testi e ampolle. Molti vasi con piante verdi e fiori occupavano ogni spazio disponibile. Non sembrava più di essere nel sottosuolo. Cercò di volgere il capo, per guardarsi attorno, ma subito sentì male e la pelle della schiena tirare. Rinunciò.
-Non muoverti.- Non vide la donna che pronunciò quelle parole, ma il suo tono era gentile. -Devo pulirti le ferite, sentirai dolore-
La guerriera si sentiva spossata, emise solo un verso di consenso.
-Maledetta...E' arrivata quasi all'osso.- La donna parlava tra sé e sé, a bassa voce. Poi intinse una pezza di stoffa in acqua e cominciò a eliminare il sangue e il sale che incrostavano le ferite.
Gabrielle trasalì a quel tocco, sentiva bruciare intensamente.
-Mi dispiace. Questo fa parte della purificazione, non posso aiutarti col dolore.- La bionda fece solo un cenno col capo, afferrando la stoffa su cui era stesa e stringendola nel pugno, per aiutarsi a sopportare.
-Avevi un brutto marchio-
La guerriera iniziò a piangere lacrime di rabbia, mentre la guaritrice continuava a occuparsi di lei.
Purtroppo, le parole della sacerdotessa sembravano aver senso.
Xena si era fidata ciecamente di Akemi e lei di Xena.
La credevano amica, ma ciò che aveva detto la donna era vero. Come avevano potuto cadere così facilmente in quel tranello?
-Non angustiarti. I demoni sono scaltri, talvolta più degli Dei.-
Fino a qualche giorno prima si sarebbe sorpresa, se qualcuno avesse letto i suoi pensieri, ma stava diventando una fastidiosa abitudine, ormai.
-Questo non elimina il mio rancore e il mio rimorso, guaritrice.- Non sapeva come rivolgersi a lei.
-Non elimina neanche il tuo dolore, ma voi mortali siete così...Respira, come facevi un tempo, ti aiuterà.-
-Voi mortali?!- Trasecolò e si sforzò di voltarsi, per guardarla.
Mancare di rispetto a una divinità poteva essere estremamente pericoloso -Perdonami!-
Le morirono le parole in gola, per il dolore e la sorpresa, quando vide che era identica alla sacerdotessa che l'aveva torturata. Stesso viso, stessa veste e stessa corona turrita. Solo l'espressione e la voce erano differenti, più dolci.
La donna fece qualche passo verso di lei, per poterla guardare in viso senza che la guerriera si muovesse troppo -Hai conosciuto mia sorella, ora me. Lasciami finire velocemente, o il tatuaggio tornerà.-
-Mi dispiace, non volevo interromperti né mancarti di rispetto.- Rispose costernata e preoccupata, per quello che le aveva appena detto.
-Lo so.- La donna tornò al suo posto e ricominciò a medicarla.
Restarono in silenzio a lungo. La pulizia delle ferite era estremamente dolorosa, ma Gabrielle si sforzava di non proferire parola. Mordeva il lenzuolo, quando necessario, per non rischiare di infastidire la divinità che si stava occupando di lei.
Non sapeva come comportarsi, ma Ares e Aphrodite erano stati estremamente ossequiosi e cauti. Altrettanto avrebbe dovuto fare lei.
-Quanto sei disposta a sacrificare?-
-Per lei?-
-Sì.-
-Tutto.-
-Questo perché credi di averlo già perso. Non puoi sacrificare qualcosa che non è tuo.-
-Posso sacrificare tutto quello che ho.-
-Sacrificheresti te stessa?-
-Non è quello che sto già facendo, mia Dea?-
La guaritrice fece una breve pausa -Non essere frettolosa nel rispondere-
Gabrielle restò in silenzio. Desiderava solo rivederla, riaverla, riabbracciarla. Colmare nuovamente il vuoto che sentiva nel petto, al limite del dolore. Un dolore differente, da quello che stava provando nel fisico.
Stava per rispondere, ma nuovamente si fermò, sentendo la mano della divinità sulla sua spalla.
Chiuse gli occhi e le tornarono alla mente le Idi di Marzo, aveva dato tutta sé stessa per proteggere Xena.
L'idea di morire l'aveva spaventata, ma non l'avrebbe mai lasciata sola, aveva superato la paura. Perché ora doveva essere diverso?
Ricordò cosa successe dopo, quando con Michele e le sue schiere era scesa agli Inferi per contrastare le armate demoniache e il suo scontro con lei.
Altruismo contro egoismo.
Mentre Xena la trascinava all'Inferno, riusciva solo a pensare che non avrebbe voluto che succedesse.
La sofferenza eterna senza alcuna speranza, l'annullamento di ogni suo sforzo in vita. L'annullamento degli sforzi di entrambe.
Quante volte Xena l'aveva protetta, salvata e sostenuta? Innumerevoli.
Il suo sacrificio estremo non rientrava nella reale volontà dell'amata.
-No.- Riaprì le palpebre.
-Ricorda che chi vive è più prezioso al Destino, di chi è morto.- Sussurrò dolcemente la Dea  -Ora rispondi. Quanto sei disposta a sacrificare?-
-Molto.-
-La tua bellezza?-
-Sì.- Rispose senza indugio.
-Occorrerebbero tre giorni per guarirti con le mie arti. Un'ora, se non curiamo l'aspetto.-
-Voglio arrivare da lei il prima possibile.-
-Preparati, farà ancora più male.-
Gabrielle restò in silenzio, il dolore che aveva provato fino a quel momento era già eccessivamente terribile. Avrebbe resistito? Il suo fisico, già provato, avrebbe ceduto?
-Cosa mi aspetta?-
-Bagnerò le tue ferite con il kykeón, un fluido magico, e digiunerai fino al compimento del rituale. Al termine, sapremo se sarai degna, o meno, della presenza di Hecate Ctonia.-
-Sono pronta.-
Urlò di dolore, quando il liquido sfiorò la sua pelle. Sembrava che la stessero torturando con ferri roventi.

****

Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!

Grazie per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

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Capitolo 5
*** Hecate Ctonia ***


5 Hecate Ctonia


5.




Avrebbe dovuto digiunare, fino alla fine del rituale, potendo ingerire esclusivamente kykeón, un alimento a base di vino, segale e altri ingredienti a lei sconosciuti.
Si sentiva debole e fiacca, le girava la testa, e già dopo quello che le sembrò un solo giorno, aveva cominciato a vedere cose che non c'erano.
Aveva costantemente l'impressione di essere seguita e, al limite del suo campo visivo, ombre scure, umane, si agitavano ingannandola. Appena volgeva il capo per guardarle, scomparivano.
Non sapeva se stava impazzendo, se fosse la debolezza per la fame e i rituali, il vino, o qualche erba disciolta nella bevanda.
Trovava vago sollievo solo nella stanza che le avevano dato, poco più di una nicchia scavata nella roccia, senza finestre e con un pagliericcio all'angolo.
Una volta chiusa la porta poteva restare al buio, con gli occhi chiusi, e non vedere più quelle ombre.
Solo la sensazione di essere osservata persisteva e si sforzava di ignorarla. In fondo, era all'interno del tempio di una divinità straordinariamente potente, non c'era da stupirsi se continuava a sentirne la presenza.
Seduta sul pagliericcio, con la schiena appoggiata alla parete, continuava a sorseggiare il vino dall'otre che le sostituivano periodicamente, appena lo svuotava.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, né di quanto avrebbe dovuto ancora trascorrerne.
Bevve un altro sorso e appoggiò la testa al muro, sospirando.
Combattere in quelle condizioni sarebbe stato estremamente complicato, barcollava anche solo per fare i pochi passi che la separavano dalla porta.
Forse non sarebbe riuscita nemmeno a portare a termine la purificazione, forse sarebbe morta lì.
Quella stanza sembrava già una tomba, avrebbero solo dovuto murare la porta e le sue spoglie sarebbero rimaste nell'oblio del tempo.
A parte gli Dei, nessuno sapeva dove si trovasse. Non aveva stretto alcun legame, in vita, che avrebbe spinto qualcuno a reclamare le sue spoglie, non era stata nemmeno una buona madre...
Hope, la sua speranza nel futuro.
Aveva riflettuto più volte sul suo agire con lei ed era riuscita a perdonarsi: aveva fatto l'unica cosa possibile.
Hope era malvagia già appena nata, non c'era altro che potesse fare, ma Solan... Lui era innocente ed era morto per la sua testardaggine, solo per la sua stupida ingenuità.
Xena l'aveva perdonata, c'era voluto tempo, ma ci era riuscita. Lei, invece, non si era mai assolta del tutto.
Spalancò gli occhi di colpo, anche Solan si trovava negli Elisi! Anche lui era in pericolo!
Come fare? La Pietra di Cibele era utilizzabile da un sola anima per volta...
Era più giusto salvare Xena o Solan...? Lui era innocente, ed era morto a causa sua...
La scelta che le si poneva davanti era straziante e non era abbastanza presente da riuscire a ragionare lucidamente.
Serrò le palpebre, sforzandosi di pensare, quando all'improvviso avvertì chiaramente una presenza nella stanza. Riaprì gli occhi e cercò di capire chi ci fosse, ma non vedeva nessuno nel buio.
Le pareti stesse sembravano vive, sentì la pietra a cui era appoggiata respirare e si alzò di scatto. Era circondata.
Si guardò attorno più e più volte, avrebbe impugnato i sai, ma aveva unicamente l'oltre con sé
La porta si spalancò e la luce delle torce le ferì gli occhi, facendola sobbalzare all'indietro.
-Vieni.- Le ordinò duramente una voce femminile, quella della prima divinità che aveva incontrato, la stessa che l'aveva torturata.
Si schermò gli occhi con la mano e cominciò a seguirla.
Uscita dalla stanza si ritrovò nel basso corridoio, sorprendentemente affollato. Gente che camminava in ogni direzione le ostacolava il passo, creando una vera e propria calca.
Li osservò. Erano tutti vestiti normalmente, come se si trovassero nel centro del mercato cittadino, e nessuno faceva caso a lei.
Cercava di seguire la Dea senza perderla di vista, cosa non facile in mezzo a tutta quella folla.
All'improvviso le tagliò la strada un uomo, che attraversò il corridoio e sparì nella parete, come se niente fosse.
La guerriera si fermò per non sbattergli addosso e rimase terrorizzata alla vista di quella scena, incapace di proseguire.
Toccò la parete: solida roccia.
-Perché ti sei fermata?- La redarguì la Dea.
-Cosa sta succedendo?- Chiese, incredula e preoccupata.
-Sei sufficientemente pura da percepire altri piani di esistenza. Le persone che ora vedi erano qui da principio.-
-Perché? Sono morte qui dentro?- Si allarmò.
-No, stanno solo svolgendo i propri affari. Loro non sono qui e noi non siamo qui, per loro. Posso interagire, se voglio, ma per voi mortali non è così. Occupiamo solo lo stesso spazio, ma in dimensioni e tempi differenti.-
Gabrielle non era certa di aver capito tutto e continuava a guardarsi attorno, allibita, mentre la divinità aveva ricominciato ad avanzare.
Dopo aver percorso lunghissimi corridoi, la folla improvvisamente sparì e la luce delle torce cominciò ad affievolirsi, come se l'oscurità in cui avevano iniziato ad addentrarsi fosse materiale e densa.
Il bagliore delle fiamme si rifletteva solo debolmente sulle decorazioni dorate dell'enorme portone che si ergeva ora davanti a loro, mentre tutto il resto era avvolto in un buio così fitto da rendere impossibile vedere perfino le pareti.
Dall'eco dei loro passi, che le ritornava all'orecchio, la guerriera ebbe l'impressione che neanche esistessero e che quel varco, in realtà, fosse sospeso nel nulla.
I battenti si spalancarono, in un silenzio innaturale, ed entrarono.
La stanza era illuminata da pochissime torce, ma la luce si rifletteva su ogni singola superficie della stanza, riccamente decorata in avorio e oro.
Il pavimento era lastricato in pietra finemente levigata e le pareti, adornate con archi e colonne, sembravano estendersi all'infinito. Il soffitto era poi altissimo, più dell'immenso portone che avevano appena oltrepassato.
Si guardò attorno, incapace di trattenere lo stupore, era la reggia più sontuosa che avesse mai visto.
Al centro dell'enorme stanza, c'era anche un gigantesco trono, crisoelefantino, con sopra un' immensa statua, raffigurante il corpo di una donna seduta, avvolta nella stessa veste candida e dorata delle due Dee gemelle che aveva incontrato e con la medesima corona turrita.
La particolarità che la inquietò, però, fu che la scultura aveva tre volti, tutti perfettamente identici e ad immagine e somiglianza delle sue ospiti.
Al loro avvicinarsi, due leoni neri, enormi, alti tre volte lei, si affacciarono da dietro il trono. Uno dei due teneva tra le fauci un capro, nero anch'esso, ancora vivo.
Gabrielle si spaventò, se le bestie avessero voluto le sarebbero saltate addosso in meno di una frazione di secondo, ma la sicurezza con cui l'altra procedeva, la spinse a continuare.
Raggiunsero i piedi del trono e incontrarono anche l'altra immortale, la guaritrice, che le attendeva accanto a un grosso recipiente in bronzo, finemente cesellato, e ad un altare in marmo bianco.
-Finalmente, lieta di vederti ancora presente.- Le sorrise.
Si sentiva spossata. Il lungo cammino fino a quella sala era stato quasi troppo per il suo fisico, ma rispose al suo sorriso, cortesemente.
-Sbrighiamoci a procedere, s'è già perso fin troppo tempo.- Intervenne la sua accompagnatrice.
A quelle prole il leone lasciò cadere il capro sull'altare e il rumore dello schianto riecheggiò assordante nella sala.
La prima divinità le porse un pugnale, materializzandolo dal nulla, mentre la seconda un mantello scuro.
Gabrielle prese entrambi gli oggetti e indossò la cappa, confusa.
-Sgozza il capro nero e versane il sangue.- Ordinò la prima, indicando il recipiente con lo sguardo.
Aveva già eseguito un rituale simile, per entrare nell'oltretomba amazzone. Non le era piaciuto, ma era stato necessario.
-Non separarti mai da questo mantello, nasconderà il tuo essere ancora in vita ai demoni e agli spiriti negli Inferi.- Si raccomandò la guaritrice.
La ragazza impugnò il coltello, dalla lunga lama ondulata, e si avvicinò al capro, ferito gravemente dalle zanne del leone, che quasi non si muoveva.
Gli tagliò la gola, non senza un moto di disgusto e dispiacere, e ne raccolse il sangue nel recipiente, come indicatole.
La prima divinità lo raccolse e lo alzò sopra la testa, mostrandolo alla gigantesca statua. -Hecate! Il sacrificio di sangue è stato compiuto!-
E qualcosa che Gabrielle non si sarebbe mai aspettata avvenne: la statua annuì.
La ragazza cercò di nascondere il proprio terrore, mentre tutto diventava sempre più pazzesco. Riuscì a stento a non svenire, tra la debolezza e lo spavento.
-Atalanta!- Tuonò la guaritrice al secondo leone, che si avvicinò e, spalancando la bocca, depose delle forme di pane accanto alla carcassa del caprone, prima di arretrare nuovamente, con deferenza.
-Intingilo nel kykeón e dallo a Cerbero, si assopirà. Non ucciderlo, lui ci è molto caro.- Spiegò la Dea a Gabrielle. -Ricorda che non puoi mangiare o bere nulla agli Inferi. Dovrai sostentarti con il solo contenuto di questo otre, ma non preoccuparti, non si esaurirà mai.- Le passò un piccolo recipiente in pelle e la guerriera lo legò alla cintura.
-E non dimenticare la cosa più importante, l'Ago di Cibele.- L'altra immortale le porse una scarsella, presa dall'altare sui cui aveva appoggiato il contenitore con il sangue, e con all'interno lo stesso involto che le aveva mostrato Ares, in un tempo che le sembrava già remoto.
Fermò anche quello alla cintura. Era pronta, aveva tutto ciò che le poteva servire...A parte delle armi. Forse le avrebbero concesso il pugnale? Si domandò.
-Non ti occorreranno armi, non potresti utilizzarle senza condannarti agli Inferi.-Esordì la prima Dea, leggendole la mente.
-Chi ti attaccherà sarà certamente un demone e versarne il sangue, per un'anima ancora in vita come la tua, comporterebbe la corruzione eterna.- Spiegò la guaritrice -Per questo ti ho dato il mantello, per passare inosservata. Ma bada bene, non ti rende invisibile. Se te li troverai davanti, ti vedranno. Agisci con circospezione.-
La situazione si complicava sempre di più, ad ogni secondo che passava.
-Ora sei pronta!- Le interruppe la divinità titanica, con voce a malapena comprensibile nel frastuono che ne derivava. Sentì quasi scoppiarle i timpani.
La prima immortale prese un calice dall'altare e lo riempì di sangue, con fare solenne. La guerriera aspettò che glielo porgesse, probabilmente avrebbe dovuto berlo.
All'improvviso la divinità le svuotò la coppa in faccia e i leoni si avventarono su di lei.

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Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!

Grazie per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
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Capitolo 6
*** Catabasis ***


6 L'araldo


6.




Si svegliò di scatto, in una stanza piccolissima. Sarebbe stato completamente buio se non ci fosse stata una torcia, dalla flebile luce blu, agganciata alla parete.
Si alzò dal pavimento di pietra e si guardò attorno, era evidente che era un'altra stanza del tempio, c'era la stessa roccia grezza alle pareti e alla volta del soffitto.
Nessuna finestra, solo la traccia di una porta, murata, alle sue spalle. Non c'era via d'uscita.
Il panico la prese e cominciò a cercare una fessura o uno spiraglio per aprirsi un varco, chiamava aiuto e batteva i pugni, nella speranza che qualcuno la sentisse, ma sapeva già che era inutile.
Cercò di calmarsi e di ragionare, doveva esserci un motivo se era lì. Non potevano averla ingannata a quel modo.
Si passò una mano sul volto, ricordando la sensazione calda e viscida del sangue sulla pelle del viso e quello che era successo immediatamente dopo.
Controllò il palmo, pulito. Tra le dita non aveva sentito nessun residuo, né fresco né secco. Guardò il mantello che ancora indossava e anche quello era pulito, controllò anche le proprie vesti, pulite anch'esse.
Che avesse sognato? Che fosse un'allucinazione?
Ricordava il dolore che le zanne le avevano procurato, eppure sulla sua pelle non c'era nemmeno un segno.
Non c'era proprio nessun segno. Nessuno, nemmeno le cicatrici ottenute durante gli anni di viaggio...E anche la spossatezza era sparita.
-Cosa diamine sta succedendo...?- Mormorò tra sé e sé.
-Sei morta.- Disse una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto e riconobbe immediatamente il suo interlocutore, l'Arcangelo Michele.
-Cosa ci fai qui? E cosa vuol dire? Non posso essere morta! Io...-
-Sei stata divorata dai leoni di Hecate...Assurde le vostre divinità pagane.- Disse con sufficienza. -Tuttavia...Non sei realmente morta, tranquilla. Ha mantenuto la sua parola, avrai possibilità di ritorno.-
-Perché sono qui dentro? Non dovrei essere sulle sponde dello Stige?-
-Dovevo parlarti. Gli Elisi sono caduti, mentre i tuoi Dei perdevano tempo...Avrai bisogno di difenderti.-
-Caduti? E Xena?!- "E Solan, e Joxer...?" Avevano perso tanti amici.
-E' stata portata nel Tartaro, strettamente sorvegliata. E' solo questione di tempo prima che mangi o beva qualcosa.- Disse duramente l'angelo -Sferreremo un attacco simultaneamente al tuo ingresso, in modo da impegnare le truppe infernali e recuperare le anime degli Elisi non ancora deportate. Tu, dovrai recuperare Xena. Sai bene quanto sia pericolosa tra le loro fila- Era pericolosa anche tra le truppe angeliche, impossibile da gestire. Se non fosse stato per la guerra scatenata da Lucifero, l'avrebbero subito rispedita tra i mortali.
-Michele- Si ricordò all'improvviso di una cosa importante, per Xena -Se la riporto in questo mondo, cosa ne sarà delle 40.000 anime di Higuchi?-
-Quando lei è diventata Arcangelo tutti i suoi peccati sono stati purificati. La loro pace non è mai stata collegata alla sua sorte.- Rispose, infastidito dalla banalità della domanda.
Gabrielle annuì, dispiaciuta, ma stando così le cose Xena non avrebbe avuto alcun motivo per rifiutarsi di seguirla. Per quanto fosse tragica la situazione, provò sollievo.
Dei sai si materializzarono legati ai suoi calzari -Ma se colpissi un demone, la mia anima si corromperebbe.- Obiettò la bionda.
-Sì, ma ci sono molti spiriti inferiori che lottano per diventare demoni e ucciderti o consegnarti andrebbe a loro favore. Contro questi puoi combattere.-
Esaminò le nuove armi, erano simili in tutto e per tutto ai suoi pugnali, ma poteva sentire una sorta di energia vibrante percorrerli.
-Tuttavia...- Riprese l'angelo -Avrai bisogno anche di questo.-
Un guerriero, in un' armatura femminile completa, di metallo nero, si materializzò nella stanza e cadde a peso morto sul pavimento, facendo un fragore orrendo.
Gabrielle non sapeva come reagire, mentre la guerriera cominciava a muoversi e ad alzarsi, lentamente e con goffaggine.
La bionda la aiutò a rimettersi in piedi e, quando ne incrociò gli occhi, unica parte riconoscibile del volto, nascosto nell'elmo corinzio dal lungo cimiero rosso, capì -Einai?!-
-E' un abominio, ma non ha un'anima e può combattere i demoni. Inoltre, saprà guidarti da Xena, visto che ne contiene le ceneri.- Il disprezzo era ben visibile sul volto dell'Arcangelo. Era una blasfemia.
-Stai bene?!- Anche se indossava l'armatura, aveva preso un brutto colpo.
-Sì...Dove siamo?!- Ricordava di essersi coricata alla fattoria, prima che il legame con Gabrielle si spezzasse e lei sprofondasse nel nulla.
-Michele, non può venire con me. Non sa combattere, e non è qui per sua volontà!-
-Sa ciò che sai tu. Ed è solo un'aberrazione, non ha diritto di scelta. Deve ringraziare il fatto che ti serva, o l'avrei già distrutta.- L'odio traspariva potente nella sua voce.
Einai si strinse nelle spalle, come se avesse ricevuto un colpo sull'elmo, sentendo quelle parole.
-Fate presto, o tutto sarà stato inutile!- L'Arcangelo si smaterializzò, sparendo in un bagliore di luce che si trasformò nel passaggio per gli Inferi.
Si avvicinarono titubanti. Potevano vedere le sponde dello Stige, attraverso il varco.
-Einai aspettami qui, non occorre che tu venga.-
-Ma Michele ha detto...-
-Non importa cosa ha detto. Questo viaggio è una mia scelta, non è necessario che sia anche la tua.-
-Voglio venire.-
-Non sentirti obbligata...-
-Le alternative non sono allettanti, Gabrielle.- Aveva paura, ma poteva solo finire distrutta, o tornare all'oblio.
La guerriera la guardò per qualche secondo, incapace di ribattere. -Cerchiamo di fare presto.- Si inoltrarono nel passaggio.


Le sponde dello Stige, tra nebbia e penombra, erano affollate.
Centinaia di persone si accalcavano sulla riva e schiamazzavano, lamentandosi dell'attesa.
Non era come al tempio, la folla non era serena. Qui le persone sbraitavano, adirate o disperate. Avevano le vesti macchiate di sangue, ferite evidenti o chiari segni di malattia.
Si fecero largo nella calca, cercando di capire quale fosse il problema. Raggiunta la riva videro la barca di Caronte, vuota, ormeggiata ad un palo nel terreno.
-Nessuno ci porta!-
-Ho le monete!-
-Sono stanco!-
Queste erano le voci che la bionda riusciva a distinguere, tra il brusio generale. Si strinse di più nel mantello, per non farsi notare.
Sembrava bastasse salire sulla barca e attraversare il fiume. Era ampio e le acque nere e melmose, ma le correnti non sembravano particolarmente forti. Non vedeva il problema.
Si avvicinò all'imbarcazione, seguita rapidamente da Einai. Non pareva più muoversi con difficoltà, doveva essere stato solo il brusco risveglio.
Guardò dentro al piccolo natante e afferrò la situazione.
Oltre al traghettatore pusillanime, mancava anche il remo e, su quella sponda desolata, non c'era niente che potesse essere usato per sostituirlo.
Se fosse stato un normale fiume avrebbe provato ad attraversarlo a nuoto, ma per un mortale, toccare le sue acque equivaleva ad una tortura eterna.
Lo Stige, detto "il fiume dell'odio", intrappolava i malcapitati nelle sue acque scure e fangose, costringendoli a rivivere ogni episodio d'ira avvenuto in vita, trascinandoli nel suo corso perpetuo, senza via d'uscita.
-Ho un'idea.- Esordì Einai, portandola in un angolo meno affollato.
-Quale?-
-Saliamo e io remo con le mani. Se è vero che non ho un'anima, non mi succederà nulla.- Si sarebbero mosse lentamente, ma meglio di niente.
-Hai detto "se". "Se non ho un'anima..."- Ripetè preoccupata.
-Non c'è tempo per questi discorsi adesso.- Faceva così, Xena, quando voleva evitare una discussione. Le dispiaceva sfruttare i suoi ricordi a quel modo, ma non voleva proprio affrontare l'argomento.
Nonostante i suoi dubbi, sia il suo creatore che quell'angelo avevano detto la stessa cosa. Sicuramente ne sapevano più di lei, o a breve avrebbe scoperto che si sbagliavano.
Tornarono accanto alla barca ed Einai salì per prima, ma il legno scricchiolò sinistramente e quasi tutto lo scafo sprofondò sotto al pelo dell'acqua. Scese rapidamente, prima che l'imbarcazione cedesse.
-Sono troppo pesante...- Disse, scuotendo il capo e cominciando a togliersi l'armatura.
-Che fai?-
-Nuoto e trascino la barca. Non c'è altra soluzione.-
-No, è troppo pericoloso. Cerchiamo qualcosa da utilizzare...-
-Credo che l'avrebbero già trovato, se ci fosse qualcosa.- Tagliò corto, sapendo che anche l'altra pensava lo stesso, ma comunque apprezzando il suo tentativo.
Sfilò gli alti cosciali, i bracciali e l'elmo e li depose dentro al pettorale, restando solo con la corta veste di cotone bianco che portava sotto.
Gabrielle notò che aveva ancora la benda al braccio destro, poco sopra il gomito.
-Non ho avuto modo di chiedere.- Le rispose la mora, sfilandola e consegnandogliela -Pronta? Meglio sbrigarsi.-
Einai aiutò Gabrielle a salire sulla barca, poi le passò l'armatura e la spada e tolse l'ormeggio, legandosi la corda strettamente attorno all'avambraccio destro, mentre la bionda la annodava saldamente alla prua.
Ad un passo dall'acqua la mora esitò per un istante, poi, chiuse gli occhi e sfiorò il nero liquido con la punta del piede, sentendo lo sguardo preoccupato di Gabrielle su di sé.
Non successe niente.
Prese coraggio e avanzò di un altro passo, e un altro ancora. L'acqua ormai le arrivava alla vita e non stava subendo alcun effetto. Oltrepassò la prua della barca e si tuffò, sparendo immediatamente alla vista dell'altra guerriera.
Sott'acqua, riaprì gli occhi. Migliaia di volti dai lineamenti distorti, contratti in grida acute, si pararono difronte a lei.
Presa dal panico cercò di nuotare, ma sprofondò sul fondo, come un blocco di granito.
Si guardò attorno, cercando un via di scampo da quei volti che continuavano ad assediarla, ma ovunque posasse gli occhi trovava solo anime urlanti.
Iniziò ad avanzare lentamente, con fatica, nell'acqua densa. Li scacciava con le braccia ma, ad ogni passo, nuovi spettri la raggiungevano, come polvere di ferro attratta da un magnete.
Le urla le perforavano i timpani, il frastuono assordante la confondeva. Le grida dei dannati penetravano nella sua mente, come un coltello rovente nel burro.
Stava per impazzire.
Chiuse gli occhi accovacciandosi su sé stessa e portando le mani a coprire le orecchie, mentre le anime si accalcavano attorno a lei e sulle sue spalle, come avvoltoi famelici.
Fu il lampo di un secondo.
"Dov'è...?" Il pensiero di Gabrielle la raggiunse. La stava cercando, preoccupata, in superficie. Lì c'era silenzio e la vista poteva spaziare fino alla riva opposta. Nessuno le sbarrava la strada.
Si aggrappò con ogni fibra del suo essere a quel filo d'Arianna e ricominciò ad avanzare, ad occhi chiusi, concentrandosi su colei che era la sua anima, concentrandosi sulla salvezza sempre più vicina, cercando di ignorare il frastuono.
Incespicava sui massi che ricoprivano il fondale, ma si trattenne sempre dal riaprire gli occhi. Cercando di mantenere il più saldo possibile quel legame luminoso che le dava sollievo, come il primo respiro dopo una lunga apnea.
Sentì sotto i piedi il terreno risalire e accelerò il passo, al limite della sopportazione, iniziando a tirare la corda con entrambe le braccia. Poi, finalmente, sentì il pelo dell'acqua accarezzarle il volto e le spalle. Riaprì gli occhi, era a pochi passi dalla riva.
Diede un ultimo strattone alla cima e fece avvicinare la barca alla sponda. La legò all'ormeggio e si stese a terra, sfinita, nonostante non potesse quasi provare fatica fisica.
Gabrielle sbarcò e corse da lei, portando con sé l'armatura. -Einai, stai bene?- Chiese, inginocchiandosele accanto.
-Credo.- Ansimava, nonostante non avesse bisogno di respirare -E' stato orrendo-
-Cos'è successo?- Chiese, mentre cominciava a ripulirle il viso dalla melma nera che la ricopriva, con un lembo del proprio mantello.
-Non è acqua...Sono anime urlanti.- 
-Oh Dei...-Si volse inorridita a guardare il fiume, per un istante.
-Ho dovuto camminare sul fondale- Disse, mettendosi a sedere -Per fortuna la corda era abbastanza lunga...- Si passò le mani tra i capelli, togliendo quanta più melma possibile.
-Il braccio?- Chiese preoccupata.
-Brucia, ma non sembra peggiorato.-
Gabrielle le pulì il gomito col mantello e rimise la benda, avvolgendola più volte sullo stesso punto, in modo che potesse attutire meglio eventuali colpi. -Se ce la fai dobbiamo spostarci da qui, siamo troppo esposte.-
Einai si rialzò e la seguì al riparo di alcune rocce, prima di cominciare a rimettersi l'armatura, mentre l'altra controllava che nessuno si avvicinasse all'improvviso.
-Non riesco a chiudere le fibbie.- Non l'aveva mai indossata prima, di sua volontà.
-Faccio io, tu tieni gli occhi aperti.- La bionda cominciò a stringere le cinghie rapidamente, con mani esperte.
Quell'armatura era splendida. Fatta evidentemente su misura, aderiva perfettamente al corpo della proprietaria.
Gambali e ginocchiere erano riccamente decorati con incisioni, mentre i cosciali, forgiati a forma di ali, avvolgevano la gamba quasi fino all'inguine, senza limitarne il movimento. Spianò alcune pieghe della veste che ancora sgocciolava fanghiglia nera, e passò a stringere le chiusure del pettorale e a sistemare gli spallacci, anch'essi decorati. Non aveva mai visto un'armatura così bella, senz'altro opera divina.
-Ti ringrazio.- Disse la mora, rimettendosi l'elmo e sistemando le chiusure dei bracciali.
Si guardarono attorno, sporgendosi dalle rocce. Potevano vedere il gigantesco portone dell'Antinferno spalancato, ma di Cerbero, che avrebbe dovuto presidiarne i battenti, non c'era traccia.
Si avvicinarono rapidamente, armi in pugno, ma con circospezione. La bestia a tre teste poteva saltare fuori da un momento all'altro e tra i massi e gli alberi scheletrici che ricoprivano quella sponda, non avevano molta visuale.
Si fermarono dietro a dei cespugli irti di rovi, controllando nuovamente prima di attraversare il portale. Di Cerbero restavano solamente i tre grossi collari, spezzati. Doveva aver approfittato del caos per liberarsi. Ora, poteva essere ovunque.
Scivolarono dentro, silenziosamente, e cercarono un altro riparo.
Se le sponde dello Stige erano avvolte nella penombra, nettamente diversa era l'atmosfera, in quella zona.
Non c'era nessun sole nel cielo rosso, ma c'era decisamente più luce. Il vento vorticava furioso, sollevando sabbia bruna, bruciata, e frustando ogni cosa si parasse sul suo  il cammino. Alberi morenti, rocce e rovine. Quella distesa desolata si estendeva a perdita d'occhio e le loro tracce sparivano rapidamente.
Sarebbe anche stato difficile muoversi senza farsi notare, ma potevano provare.
-Einai, sai dov'è Xena?- Chiese la bionda.
-No.- Michele aveva detto che l'avrebbe guidata fino a lei, ma non aveva idea di dove potesse essere -Proviamo ad avvicinarci al Tartaro. Forse sentirò qualcosa, come con te.-
Studiarono rapidamente il percorso, per trovare quanti più ripari possibili dietro cui nascondersi, e cominciarono ad avanzare, costeggiando il sentiero che le avrebbe portate fino agli Elisi.
Dovettero discostarsi molto dalla strada, allungando il cammino. Delle sentinelle potevano essere in agguato, nei nascondigli più prossimi al passaggio.
Camminarono a lungo, correndo tra un riparo e l'altro, costantemente col cuore in gola.
Non incrociarono nessuno. Forse, l'attacco angelico stava sortendo gli effetti sperati.
Si fermarono dietro a delle rovine, due monconi di parete che delineavano ancora un angolo.
Gabrielle doveva riprendere fiato, avevano corso parecchio -Sono morta, non dovrei stancarmi.- Esordì, con il fiatone, una volta sedutasi a terra.
-Non credo...- Einai, accanto a lei, si tolse l'elmo e lo passò a Gabrielle. Si asciugò il sudore e cominciò a sbirciare oltre le mura che le riparavano, per evitare sorprese.
-Non eri sicura, vero?- 
Capì che si riferiva alla sua anima -Tutti mi hanno sempre detto così...Ma speravo si sbagliassero.- Un campanello di allarme suonò nella mente di Gabrielle, aveva usato delle parole fuorvianti -No, non speravo di morire. Speravo di avere un'anima.- Si corresse.
-Saresti morta se fosse stato così!- Non poteva credere alla sua imprudenza.
-Ares e Michele devono avermi studiata per bene mentre non c' er...Mentre dormivo.- Aggiunse mestamente -Difficile che si sbagliassero entrambi.- Evitò di dare voce alla successiva domanda di Gabrielle, che non poté fare a meno di chiedersi se Ares le avesse messo le mani addosso.
-Ora abbiamo la risposta, sono solo un oggetto. Niente per cui valga la pena angustiarsi.-
-Non dire così...- Le sembrava impossibile.
-Ti ringrazio.- Sentì le lacrime salirle agli occhi e distolse lo sguardo, costringendosi a pensare ad altro -Se sei pronta ci conviene andare.-
-Sì.- Prese l'otre e bevve qualche sorso, per ristorare la gola asciutta, prima di alzarsi e rimetterlo nella sacca. Il pane non era ancora servito, ma avrebbero potuto incontrare Cerbero all'improvviso, meglio continuare a portarlo con sé
Sollevò di nuovo il cappuccio del mantello, pronta a partire.
-Dammi la bisaccia, ti muoverai più facilmente.- Aggiunse la mora, reindossando l'elmo dal lungo cimiero rosso.


***

Note dell'autrice:
Buon giorno, buon sabato e...Buon Natale!

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!









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Capitolo 7
*** Akemi ***


Najara


7.




-Ehi Spartano! Sei lontano dagli Elisi, ti sei perso? O sei un codardo e scappi dal Tartaro?!-
Le due si voltarono, sentendo la voce alle loro spalle. Quattro guerrieri le stavano raggiungendo, mentre un quinto, aggirandole, chiudeva loro ogni via di fuga.
-Siamo solo di passaggio.- Rispose Einai.
-Ah! Sei una donna! Ancora più interessante...Prendetele!-
Si scagliarono su di loro. Gabrielle sguainò i sai e cominciò a lottare, ingaggiandone due contemporaneamente, mentre Einai incrociava la spada con gli altri.
La mora era titubante, conosceva la teoria, ma non aveva mai avuto modo di combattere effettivamente contro qualcun altro.
Cercava di rispondere alle loro mosse il più rapidamente che poteva, ma aveva paura ed era nervosa, e non riusciva ad isolare i pensieri di Gabrielle, che la confondevano.
Più di una volta aveva attuato gli stessi movimenti istintivi della bionda, andando a vuoto, contro i nemici che stava affrontando.
Incassò diversi colpi, ma fortunatamente l'armatura si scalfì appena.
Gabrielle trafisse con i pugnali i suoi oppositori e sentì le armi diventare roventi, mentre quest'ultimi si accasciavano al suolo. Dovette lasciar cadere i sai sulla sabbia, per non ustionarsi i palmi.
-Einai!- Si volse verso la compagna di ventura e la vide in difficoltà. Disarmata non poteva fare più di tanto per aiutarla.
-Aiutami!.- Urlò la mora, subito prima di cadere a terra sulla schiena, sbilanciata da un calcio allo stomaco. Il suo nemico stava per trafiggerla e chiuse gli occhi, spaventata. Era finita.
Scansò il colpo rotolando sul fianco. Nel momento in cui aveva serrato le palpebre aveva visto la scena dal punto di vista di Gabrielle e capito cosa fare.
Si rialzò, mantenendo gli occhi chiusi -Continua Gab! Fammi vedere!- Urlò, tornando a incrociare la spada con i suoi nemici, ora del tutto priva di esitazione.
La guerriera capì e si concentrò sullo scontro. Alle spalle di Einai pensava alle contromosse e si stupiva nel vedere la mora attuarle istantaneamente.
Era la prima volta che combattevano a quel modo e c'erano delle imprecisioni, ma in poco tempo ebbero la meglio, uccidendone due e costringendo alla fuga il loro capo.
Anche l'arma di Einai si surriscaldò, ma non abbastanza da causarle dolore, attraverso i guanti dell'armatura. La rinfoderò rapidamente dietro la schiena e si voltò verso Gabrielle.
Si vide, attraverso lo sguardo dell'altra.
Alta, forte e orgogliosa, si stagliava contro il paesaggio desolato, nella sua splendente armatura nera, mentre il cimiero rosso sangue ondeggiava al vento, poi, aprì gli occhi e vide che la bionda le stava sorridendo.
Non aveva parole per esprimere cosa stava provando.
L'entusiasmo la travolgeva, aveva vinto la sua prima battaglia e, da quando aveva chiuso gli occhi, una determinazione ed una sicurezza inaudita si erano impossessate di lei. Era stato quasi divertente, quando era riuscita ad affidarsi totalmente ai pensieri di Gabrielle.
Corse verso di lei e l'abbracciò, sollevandola da terra come fosse una piuma. Riuscì a stento a controllarsi dallo stringerla troppo, mentre non riusciva a smettere di ridere.
Nemmeno la bionda aveva parole. Non aveva neanche capito del tutto come poteva essere possibile ciò che aveva appena visto con i propri occhi. Se glielo avessero raccontato, non ci avrebbe creduto.
Non credeva che il loro legame potesse essere così profondo. Sarebbe stata perplessa, se Einai non l'avesse travolta con tutto il suo entusiasmo, rendendole impossibile non condividerlo.


Dopo aver  recuperato le armi della guerriera, ripresero il cammino.
In lontananza, le sponde di un altro fiume indicarono loro che erano sulla giusta via, ma quella vista portava con sé un' inquietante consapevolezza.
Quello che avevano davanti era il Lete, "il fiume dell'Oblio", che permetteva agli spiriti dei Campi Elisi di reincarnarsi in un nuovo corpo, quando giungeva il momento.
Poterlo vedere, non circondato dalle alte mura insormontabili che donavano quiete ai Giusti, dava loro la reale percezione della guerra che ne aveva sancito la caduta.
Si avvicinarono.
Stando ai racconti e alle leggende che avevano sentito narrare negli anni, avrebbero dovuto costeggiare i Campi Elisi, per raggiungere l'ingresso dell'orrido riservato ai dannati.
La sabbia in alcuni tratti aveva nascosto la strada e il fiume era un punto di riferimento prezioso, sebbene inquietante.
Si fermarono per qualche secondo dietro a una grossa colonna abbattuta, a riordinare le idee e a riprendere fiato, quando si accorsero che il vento di era fermato.
Si guardarono attorno, allarmate da quel cambiamento improvviso.
All'orizzonte, quando la sabbia finì di depositarsi, lasciando libera la visuale, apparve una profonda depressione.
L'ingresso del Tartaro e, al di sopra di esso, del fumo nero si stagliava denso, contro il cielo rosso.
Schiere alate si scontravano sia a terra che in volo e le spade che si incrociavano riempivano l'aria di fragorosi fulmini.
Non avrebbero dovuto essere lì. Michele aveva detto che li avrebbe condotti lontani dal Tartaro, per permettere loro di entrare senza essere viste.
La situazione era decisamente più complicata del previsto. L'unica speranza era che nel caos generale nessuno facesse caso a loro. Non avevano comunque alternative, dovevano tentare.
-Einai, resta qui. Vado avanti da sola.- Le propose, non voleva che l'amica morisse.
-No.-
Si voltò a guardarla e lei fece lo stesso. I loro occhi si incrociarono per qualche secondo, poi il simulacro rispose -E' proprio adesso che posso esserti più utile.- Anche se aveva il volto nascosto dall'elmo, la determinazione nella sua voce e nelle sue iridi era netta e categorica. -E' una mia scelta, ora. Non sentirti in colpa.- Sarebbe stato controproducente e complesso spiegarle che anche lei teneva alla persona che dovevano salvare.
Gabrielle non l'avrebbe accettato come un suo sentimento e avrebbe ribattuto, perdendo altro tempo prezioso.
Non le piaceva mentirle, o omettere parte della verità, detestava quando era Xena a farlo...Ma tutto sarebbe diventato ancora più complicato.
La bionda tirò su il cappuccio, poco convinta, ma consapevole che discutendo non avrebbe ottenuto un' altra risposta. -Dobbiamo muoverci velocemente. Abbiamo già perso troppo tempo.-
Prive di ogni ulteriore indugio, corsero allo scoperto, avvicinandosi il più rapidamente possibile e con le armi in pugno, pronte a tutto.
Einai sprofondava nella sabbia fino alle caviglie, ma era comunque più veloce di Gabrielle. Le gambe lunghe e la sua forza sovrumana le davano un enorme vantaggio.
Controllava costantemente che la bionda non fosse troppo distante, ma l'agilità dell'altra le permetteva di mantenere quasi il suo stesso ritmo. Se non fosse stata così stanca, sarebbe stata accanto a lei.
Avvicinandosi, poterono vedere sempre maggiori dettagli della guerra in corso.
Arcangeli e Demoni si scontravano in cielo senza esclusione di colpi. Entrambi gli schieramenti erano enormi e attorno al campo di battaglia giacevano già innumerevoli corpi. A terra, altre truppe, vestite con leggere tuniche bianche, combattevano contro altri guerrieri, ma nessuno di loro aveva ali.
Poco distanti dall'ingresso del Tartaro, iniziarono a strisciare tra i cadaveri, cercando di non farsi notare.
Ormai vicine, Gabrielle riconobbe Ulisse nel volto di uno dei guerrieri. Stava usando una specie di sciabola, evidentemente recuperata da qualcuno dei morti. Poi riconobbe Paride e accanto a lui un altro uomo, forse il fratello, Ettore. E, davanti a tutti, trafitto da numerose frecce ma incurante delle ferite, Achille.
Ricordò i racconti di guerra che aveva sentito dagli aedo, di lui e Patroclo e delle gesta dei valorosi Mirmidoni.
Le innumerevoli anime degli eroi degli Elisi stavano combattendo affianco alle schiere angeliche.
-Non vedo bambini.- Disse Einai interrompendo il filo dei suoi pensieri. -Probabilmente li hanno già messi in salvo.-
"Ottimo" Sentì il sollievo di Gabrielle, Solan era al sicuro.
Raggiunsero il bordo dell'orrido, ricoperto di cadaveri, e guardarono giù. Non si vedeva la fine di quell'abisso "Senti niente?"
La mora annuì.
Gabrielle iniziò a scendere, calandosi nel baratro, mentre Einai, sistemato il piccolo otre sotto l'armatura, nascose la bisaccia, prima di seguirla.
La pietra di Cibele era nella scarsella, saldamente fissata alla cintura della bionda.
Einai non era molto pratica di arrampicata, ma la scura roccia grezza forniva numerosi appigli e, nei momenti di difficoltà, le bastava concentrarsi per vedere quali appoggi aveva usato Gabrielle, poco prima di lei.
Scesero rapidamente fino a metà strapiombo. Il luogo non sembrava sorvegliato. Nonostante la vicinanza, le truppe di Michele stavano riuscendo nel loro intento.
Si fermarono su un ampio spuntone di roccia. Da quel punto una delle numerose scale, scolpite nella pietra, era facilmente raggiungibile. Avrebbero fatto prima e, in caso di attacco, sarebbe stato più facile difendersi.
-Ho un'idea Gab.- Esordì la mora, mentre continuava a guardare in giù -Se mi sali sulle spalle posso saltare fino a quel masso sporgente.- Era diversi metri più in basso, una ventina -Guadagneremmo tempo.-
-Non credo tu possa reggere l'urto.- Era forte, ma fragile.
-Ho l'armatura.- Già durante il combattimento avrebbe subito diversi danni, con i colpi ricevuti, ma non le era successo niente.
-Metà salto?- Indicò un'altra roccia.
-Va bene.-
La bionda le salì sulla schiena e si strinse a lei, sia con le braccia che con le gambe, cercando di non impedirle i movimenti.
Einai saltò e atterrò bruscamente sulla roccia concordata, indenne, e subito saltò sulla successiva. Si fermava appena qualche secondo, il tempo per Gabrielle di rinsaldare la presa, e individuare un'altra roccia su cui saltare.
In breve raggiunsero il fondo, ma numerosi corridoi, scavati nella roccia, si aprivano davanti a loro.
Senza dare il tempo alla bionda di scendere dalle sue spalle, Einai ne imboccò uno con sicurezza.
Era guidata da una strana sensazione. Forse era proprio quello a cui si riferiva l'Arcangelo, quando diceva che sarebbe riuscita a portarla da Xena.
Non aveva mai provato niente di simile, una sorta di formicolio diffuso le correva sottopelle e le bastava concentrarsi, per capire quali bivi prendere e quali grotte percorrere.
Gabrielle, vigile e attenta, controllava che nessuno le seguisse. Aveva capito che qualcosa stava guidando l'amica e non fece domande.
Le sue gambe, veloci e instancabili, erano senza dubbio il mezzo più rapido per arrivare.
Giunsero a delle nuove scale, che scendevano ancora, e le presero senza indugio, fino ad arrivare all'ingresso delle segrete.
Non si aspettavano di trovare carceri, all'Inferno.
Einai si fermò, guardandosi attorno, cercando di capire quale corridoio prendere, mentre Gabrielle scendeva dalle sue spalle, sguainando le armi, subito imitata dall'altra.
Non doveva più mancare tanto e probabilmente avrebbero incontrato delle guardie.
Sentirono una voce femminile provenire dalla loro sinistra e si diressero da quella parte. Non capivano cosa stesse dicendo, ma anche la sensazione di Einai confermava la direzione.
Si mossero silenziosamente lungo il corridoio, avvicinandosi rapidamente e fermandosi subito prima di entrare in quella che sembrava una sala delle torture.
Molte armi erano appese alle numerose rastrelliere allineate lungo il muro. Diversi tavolacci di legno e di pietra, macchiati di sangue secco e altro, non riconoscibile, erano disposti lungo le pareti, lasciando un ampio spazio libero al centro della sala, dal cui soffitto pendevano stalattiti scure.
La voce proveniva da una donna, in una armatura da samurai verde, che dava loro le spalle. Parlava con qualcuno, disteso sul tavolo davanti a lei. Potevano vederne i piedi, incatenati con dei grossi ceppi, ma non altro.
La bionda ebbe un fremito ed Einai la fermò con la mano.
-Vieni pure, ti stavo aspettando!- Disse ridendo la donna, voltandosi. Gabrielle avrebbe riconosciuto quel volto odioso tra mille, era Akemi.
La guerriera si fece avanti, pronta a combattere, subito seguita dalla mora.
Einai digrignava i denti, per la collera che l'aveva invasa, e chiuse gli occhi, già pronta allo scontro.
-Ti sei portata un'amica, vedo. Cos'è?! Ho sentito arrivare solo te!- Sembrava estremamente divertita dalla situazione.
-Maledetta...- La sua ira traspariva dal volto, tutto quello era l'ennesima conferma alle parole di Hecate e la prova inconfutabile del suo inganno.
-Sei ancora in tempo per unirti a noi. Vuoi una mela?- Le lanciò il frutto che Gabrielle scagliò contro il muro, con un rapido gesto del pugnale. -Oh, che spreco!- Commentò il demone, portando lentamente la mano sull'elsa della katana appesa al suo fianco.
-Lasciala andare!-
-Certo! Aspettavo solo che tu me lo chiedessi!- Ironizzò Akemi, sprezzante.
Il demone sguainò la spada, mentre la bionda partiva all'attacco, ma Einai la atterrò con una spallata, mandandola a sbattere contro un tavolo dall'altro lato della sala.
-Se tu la toccassi verresti dannata!- Le gridò, riaprendo le palpebre, mentre Gabrielle si rialzava, un po' stordita.
-Ah! Qualcuno ha studiato...La tua amichetta sembra più astuta di te.- Sorrise soddisfatta.
-Taci, maledetta!- Einai richiuse gli occhi e si scagliò contro di lei. Il clangore delle loro spade riecheggiò nella sala.
Rimasero in stallo per diversi secondi, ognuna cercando di sbilanciare l'altra, poi, si scostarono entrambe, saltando all'indietro.
Sul tavolo da tortura, ora completamente visibile, c'era Xena.
Il cuore di Gabrielle mancò un battito, vedendola. Il volto era tumefatto e la tunica bianca intrisa di sangue.
Restava ferma, immobile, con gli occhi serrati e i denti piantati nel labbro inferiore, fino a farlo sanguinare -Xena!- Urlò, non potendo avvicinarsi.
Solo in quel momento la vide sussultare e riaprire gli occhi, cercandola con lo sguardo. Si guardarono per un solo istante, prima che l'altra tornasse a chiudere le palpebre e a serrare le labbra.
-Gabrielle! Resta con me!- La richiamò Einai, subito prima di parare un poderoso fendente.
Akemi, con un cenno del capo, sganciò le armi dalle rastrelliere e le scagliò contro la bionda. La guerriera le parava con  i pugnali e le schivava agilmente, ma queste tornavano ad attaccarla.
Solo distruggendole riusciva a sbarazzarsene, ma non poteva concentrarsi completamente su quello, doveva continuare ad aiutare Einai.
Distratta, venne colpita di striscio più volte mentre guidava l'amica contro il demone, che però non sembrava minimamente affaticato da quel doppio scontro, al contrario di loro.
Akemi ruotò su sé stessa e accelerò il ritmo improvvisamente, colpendo Einai al fianco sinistro.
La katana oltrepassò l'armatura come fosse fatta di carta, conficcandosi fin quasi a metà del busto.
La mora urlò di dolore, cadendo in ginocchio e trascinando con sé la spada dell'avversaria, incastrata nel suo corpo.
-Quando avrò finito con la tua amica mi assicurerò di farti a pezzi, per capire cosa diavolo sei...- Disse, sputando con disprezzo accanto alle sue ginocchia.
La guerriera in armatura ansimava, incapace di muoversi per il dolore. Non ne aveva mai provato tanto in vita sua.
Tossì e inorridì, vedendo della sabbia scura riversarsi sul pavimento, dalle sue labbra.
Non poteva finire a quel modo.
Gabrielle era ancora impegnata contro le decine di armi che la tenevano sotto assedio, mentre Akemi recuperava un'ascia dalla parete vicina e si apprestava a darle il colpo finale.
Fu un lampo. Con la forza della disperazione scattò in piedi, travolgendo Akemi un istante prima che calasse la scure sul suo collo.
Colta di sorpresa, il demone venne sbalzato all'indietro, nell'istante preciso in cui un giavellotto, deviato da Gabrielle, stava per schiantarsi contro la parete.
Le trapassò il collo, bloccandola contro il muro.
Akemi sputò sangue e sgranò gli occhi, sorpresa, emettendo a stento dei versi gutturali, mentre le sue membra si muovevano spasmodicamente.
Einai si alzò lentamente, aiutandosi con la spada e sorreggendosi al tavolo su cui giaceva Xena, e raggiunse il demone, continuando ad ansimare e lasciando una scia di sabbia dietro di sé
Alzò la spada e, appoggiandosi con tutto il suo peso, trafisse Akemi, passandola da parte a parte.
Il demone sputò sangue nero sull'armatura del simulacro, che sentì la vita abbandonare la propria vittima, mentre si accasciava sulla sua lama.
Si rilassò, lasciando la spada in quel corpo esanime, e si appoggiò di peso al tavolo, accanto ai piedi di Xena, cercando di non cadere.
Guardò Gabrielle, libera dall'attacco delle armi manovrate da Akemi, che ora giacevano a terra. Avrebbe solo dovuto usare la Pietra e scappare. Ce la poteva fare se non avesse perso tempo...
Improvvisamente, Akemi la ferrò per il collo e, spalancando una bocca mostruosa, enorme e irta di zanne, morse con tutte le sue forze Einai, che urlò a squarciagola.
I sai della guerriera la raggiunsero, precisi e letali, trapassandole un occhio e la tempia.
Gabrielle le raggiunse di corsa, aiutò Einai ad allontanarsi almeno di qualche passo, sorreggendola e facendola appoggiare contro un altro tavolo, e si dedicò Xena, liberandola.
Non era certa che Akemi fosse morta e voleva andarsene il prima possibile.
Prese un grosso mazzo di chiavi, appoggiate su un tavolo assieme a degli strumenti di tortura sporchi, e provò ad aprire le catene che bloccavano la compagna.
La chiamò diverse volte, ottenendo solo dei gesti di diniego con la testa, da parte della mora.
-Xena, sono io!- Disse esasperata e le prese il volto tra le mani, facendo attenzione a non farle male. Chissà a quali torture era stata sottoposta.
-Non mi inganni...- Socchiuse gli occhi, in un sguardo pieno di ira e dolore.
-Akemi è morta, dobbiamo scappare da qui.- Lasciò il suo viso e cercò la chiave giusta, trovandola rapidamente e liberandola.
-Hai già usato questo trucco.- Disse con un filo di voce.
-Xena, questa volta non è una trucco.- Affermò con le lacrime agli occhi -Sono io, sono io davvero.- La aiutò a mettersi a sedere -Come stai? Riesci a camminare?-
-Smettila...- La allontanò bruscamente con la mano -Gabrielle è viva!- Disse ad alta voce, per convincere sé stessa.
-Sì, sono viva. Ares e Aphrodite mi hanno mandata qui con l'aiuto di Hecate, per recuperare la tua anima.- Spiegò in fretta -All'uscita del Tartaro, Michele sta combattendo per impedire ai demoni di seguirci.-
Guardò Einai, preoccupata, stava sempre peggio e si era seduta a terra, con la schiena contro la gamba del tavolo a cui si era appoggiata -Dobbiamo sbrigarci.-
-Bella storia...- Rantolò Xena, tenendosi una mano sulle costole doloranti.
Non sapeva se crederle o meno, quel racconto però aveva già molti più dettagli delle visioni precedenti...Ma Akemi sapeva tutto quello che sapeva lei ed era terribilmente astuta.
-Gabrielle...Usa la Pietra e scappa...- Disse debolmente Einai.
-Non ti lascio qui.- Le rispose. -Aiutami Xena, dobbiamo portarla con noi, è mia amica.- Si allontanò da lei e raggiunse l'altra, aiutandola a stendersi a terra e, facendo attenzione a non peggiorare i danni, estrasse la katana dal suo fianco -Senti molto dolore?-
Einai annuì, restando in silenzio. Sudava copiosamente.
La bionda guardò alla base dell'elmo e vide che delle crepe si erano estese dal fianco sinistro fino al collo. Probabilmente, ciò che la teneva ancora insieme, era l'armatura.
La ferita alla spalla, invece, sembrava meno grave.
-Gabrielle...Dimmi qualcosa che non so.- Le disse Xena, alle sue spalle. Vedere l'altra così preoccupata, mentre cercava di aiutare quella sconosciuta, le fece venire il dubbio. Akemi non era in grado di fingere quelle emozioni, o mostrare interesse per qualcun' altro.
La bionda si alzò e si scostò il mantello dalla schiena, mostrando le cicatrici che la deturpavano, al posto del tatuaggio. Pochi secondi appena, e poi le coprì di nuovo.
-Hecate mi ha liberata dal suo incantesimo.- Tornò a prendersi cura di Einai -Lei è stata creata da Ares, per accogliere la tua anima al ritorno dal regno dei morti.- Non riuscì più a trattenere le lacrime, spaventata per la sorte del simulacro, ed iniziò a piangere, coprendosi la mano con la bocca, mentre la guerriera in armatura cominciava a piangere a sua volta, travolta dalle sue emozioni e incapace di consolarla. -Aiutami ti prego, non posso portarla da sola.- Singhiozzò -Non importa se non mi credi.-
-Lasciami qui, Gabrielle. Scappate, Ares può farne un'altra...-
-No.-
-Che io sia dannata.- Xena si chinò su Einai e cominciò a liberarle le gambe dall'armatura, lasciandole solo i calzari. Vedendola, Gabrielle iniziò a fare altrettanto con le braccia e le spalle, lasciandole solo pettorale e elmo.
-Toglile anche quello, respirerà meglio.- Le disse la compagna.
Gabrielle eseguì, con riluttanza. Quello sì che sarebbe stato complesso da farle credere.
Quando vide il volto dell'altra, Xena trasalì.
-Ares l'ha creata per essere te.- 
-Quel maniaco...- Come visione per ingannarla, non aveva più senso. Sarebbe rimasta all'erta, ma non poteva correre il rischio di sbagliare.
-Non perdete altro tempo...-
-Aiutami ad alzarla. Dobbiamo fare attenzione che non si sbricioli ulteriormente...- Gabrielle ignorò le parole di Einai e passò le braccia sotto le sue ascelle, per sollevarla.
-Sbricioli?!-
-E' d'argilla.-
Xena si accorse solo in quel momento che non c'era sangue, nonostante la grave ferita. Scosse il capo, incredula, e prese Einai per i fianchi, aiutando l'altra a rimetterla in piedi.-Le gambe funzionano ancora?- Chiese, rivolgendosi a lei per la prima volta.
-U-Un po'- Rispose, prima che un nuovo fiotto di sabbia le uscisse dalla bocca.
Preoccupate, le due donne si passarono le braccia del simulacro sopra le spalle e cominciarono a dirigersi verso l'uscita. Gabrielle ricordava la strada percorsa.
Einai era straordinariamente pesante e Xena molto indebolita e dolorante, erano costrette a procedere lentamente.
Uscirono dal dedalo di corridoi e si ritrovarono sul fondo dello strapiombo. La luce rossa arrivava ancora più smorzata dal denso fumo nero che vedevano sopra le loro teste.
Presero una delle scale e iniziarono a salire.
Anche Gabrielle cominciava a risentire della fatica e Einai aveva sempre meno forze. Facevano numerose pause, brevi, ma senza mai posare il simulacro. Farla sedere o alzare comportava sinistri scricchioli e non poco dolore.
-Ho l'otre nell'armatura...- Le disse, sentendo che l'altra aveva bisogno di bere.
-Grazie...- Titubante, Gabrielle infilò lentamente la mano sotto al braccio di Einai e, sentita la sacca di cuoio con la punta delle dita, la estrasse con molta attenzione.
Bevve a lungo, ingoiando a grandi sorsate il liquido acre, poi lo porse anche a Xena.
-No, grazie.- Non era ancora del tutto certa che non fosse uno stratagemma, meglio non bere o mangiare nulla, finché non fosse stata sicura di essere fuori dagli Inferi.
La compagna fermò l'otre alla cintura e ripresero a salire. Il fragore della battaglia si faceva via via più forte, mentre cadaveri alati cadevano dall'alto e si schiantavano sul fondo dell'orrido, facendole trasalire ogni volta.

***

Note dell'autrice:
Buon giorno, buon sabato e...Buon Anno!

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!

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Capitolo 8
*** The Ivory Door ***


Naraja pe davvero


8.




Raggiunsero finalmente l'orlo del Tartaro.
La battaglia infuriava caotica tutto attorno a loro, perfino sopra le loro teste. Impossibile prevederne l'esito.
Ormai erano costrette a trascinare Einai, che non riusciva quasi più a muovere le gambe, e questo le rallentava ulteriormente, costringendole a camminare allo scoperto, non potendo più nascondersi.
All'improvviso, anime dannate le attaccarono.
Xena impugnò la spada di Einai e se ne sbarazzò rapidamente ma, subito, un altro manipolo le bloccò. Cominciarono a combattere, quando un' altra anima, dalla tunica elisiaca, le affiancò.
Era Joxer.
-Non ci posso credere...Gabrielle, sei proprio tu?- Disse con voce affranta, rendendosi conto che la donna doveva essere morta, per trovarsi lì.
-Sì, sono io, ma sono ancora viva.- Sorrise malinconicamente.
-Grazie agli Dei.- Sollevato, passò la propria spada alla guerriera, sapendo che lei era molto più capace di lui, e prese il suo posto a sorreggere Einai -Dovete andare dall'altra parte! Gli Arcangeli stanno radunando là quelli da portare in Paradiso.- Disse l'uomo.
-Noi...- Incrociò la spada con uno degli avversari -Stiamo cercando di uscire, Joxer. Dobbiamo tornare allo Stige...-
-E' troppo distante! Non ce la farete mai! Soprattutto con questo colosso dietro!- Si riferiva al simulacro ed al suo straordinario peso.
-Dobbiamo tentare!- Sconfisse il proprio nemico e ne ingaggiò un altro. Non c'era respiro.
-C'è un'altra uscita! Più vicina.-
-Dove?!- Chiese Gabrielle, incredula.
-Oltre le mura, la Porta d'Avorio. Dovete seguire il fiume.- Virgilio l'aveva descritta accuratamente nei suoi poemi e dagli Elisi la vedeva quasi ogni giorno.
-Grazie Joxer! Sei meraviglioso.- Urlò la bionda, sbarazzandosi dei suoi avversari.
Il guerriero arrossì e farfugliò per qualche istante, prima di riprendersi -Coraggio, allora! Sbrigatevi, noi cercheremo di coprirvi.- Anche alcuni demoni si era accorti di loro e cominciavano ad avvicinarsi.
Xena e Gabrielle, liberatesi degli ultimi spiriti, ripresero a camminare nella direzione opposta, seguendo le indicazioni di Joxer, mentre quest'ultimo attirava l'attenzione dei suoi compagni d'armi e gli spiegava la situazione.
Ulisse e Paride, saputo che si trattava di Xena e Gabrielle, radunarono diversi uomini e ordinarono di coprir loro le spalle, bloccando anche gli attacchi infernali dall'alto.
Le tre donne avanzarono il più rapidamente possibile, al centro del passaggio che gli altri eroi mantenevano sgombero.
Un'anima dannata irruppe all'improvviso, come una Furia, sbarrando loro il cammino a pochi passi dalla Porta.
Avvolta in un mantello bruno, che le copriva il volto, un solo dettaglio la rese riconoscibile alle due guerriere. Un pugnale dalle grinfie scheletriche che le spuntava dal fianco.
-Najara!- Esclamò sorpresa Xena, liberandosi dalla debole presa di Einai e sguainando nuovamente la sua spada.
-Non vorrai mica andartene, sporca vigliacca.- Proruppe la condottiera nemica.
-Cosa ci fai qui?!- Avrebbe dovuto essere viva.
-Non avete neanche avuto la decenza di darmi il colpo di grazia... Il mio corpo è ancora tra i vivi, mentre la mia anima giace tra gli Insepolti!- Con estrema violenza attaccò Xena e la disarmò rapidamente, mettendola alle strette. La guerriera era stata estremamente indebolita dalle torture e dagli scontri precedenti.
La bionda, posata rapidamente Einai a terra, si scagliò contro di lei e ingaggiò un combattimento serrato. Le loro armi stridevano, incrociandosi sopra le loro teste.
-Vedo che la tua sorte non è stata diversa dalla mia.- Esordì la condottiera.
-Non sai quanto ti stai sbagliando.-
-Non ti vergogni per quello che mi avete fatto?-
-Sei stata tu ad attaccarci. Non sarebbe mai accaduto, altrimenti.- Combattendo, la condottiera l'aveva costretta con le spalle al fiume, la separavano dalla sponda solo pochi passi. Se vi fosse caduta dentro, e con lei la Pietra, tutto sarebbe stato inutile.
Prese il coraggio a due mani e cominciò a incalzare la guerriera rivale, riguadagnando qualche passo.
-Sei cambiata, Gabrielle! Hai visto a quale vita di orrori ti ha costretta? Se tu fossi venuta con me, non sarebbe mai successo. Io ti avrei protetta!-
-Taci! Tu mi avresti condannata ad una vita da prigioniera!-
Najara la respinse, tornando a farla arretrare con un colpo secco della lama -Miserabile! Tu non meriti il mio perdono!- Partì all'attacco, caricando un potente fendente.
-Non lo voglio!- Ringhiò la poetessa guerriera, preparandosi a parare il colpo, ma cedendo immediatamente prima che le loro lame si schiantassero nuovamente, lasciandosi cadere sulla schiena e sorprendendo la condottiera con un calcio al ventre, scagliandola alle sue spalle.
Si rialzò immediatamente, pronta ad un nuovo attacco, ma fece appena in tempo a vedere la sua nemica sparire tra i flutti, dissolvendosi.
Rimase immobile, come impietrita, fissando il punto in cui l'aveva vista sparire. Aveva rimandato un'anima degli Inferi tra i mortali. Quali conseguenze avrebbero potuto esserci?
-Gabrielle! Dobbiamo fare presto.- Xena la raggiunse e la prese per le spalle, riscuotendola dalle sue preoccupazioni. La battaglia attorno a loro stava degenerando.
-Sì.- Ripresero Einai, quasi del tutto priva di forze, ormai, e raggiunsero la Porta d'Avorio.
Xena ruppe i sigilli, tolse le grosse travi che ne impedivano l'apertura e dischiuse appena i pesanti battenti, mentre Gabrielle, preso l'Ago di Cibele ancora avvolto nel suo sudario, si avvicinava a lei.
Il momento per cui aveva viaggiato e sofferto tanto era finalmente giunto.
-Toccala Xena...- La sua anima ne sarebbe stata assorbita e avrebbe potuto lasciare gli Inferi senza ulteriori indugi e senza trasformarsi in uno spirito errante.
La guerriera esitò un istante, chiedendosi se avrebbe provato dolore. Chiedendosi quanto avrebbe potuto fidarsi di Ares e di un artefatto degli Dei...
Incrociò lo sguardo con quello di Gabrielle -...Ti amo.- Poi afferrò la Pietra a mani nude, di slancio, senza staccare gli occhi da quelli della compagna.
Un immenso bagliore le avvolse, accecandole per un istante e, quando la giovane riacquistò la vista, la guerriera non c'era più.
Guardò la Pietra e vide che non era più lucida e nera, come una scaglia di ossidiana levigata, ma opaca e bianca, come la cenere. La riavvolse rapidamente nel tessuto che l'aveva custodita e la rimise nella scarsella, prima di fare i pochi passi che la separavano dal regno dei vivi, trascinando con sé Einai.


Si ritrovarono nella piccola stanza murata in cui avevano incontrato Michele, all'inizio del loro viaggio.
Gabrielle iniziò ad urlare, cercando di richiamare l'attenzione. Einai versava in pessime condizioni e aveva bisogno di soccorso immediato, sperando che la Dea potesse fare qualcosa.
Si inginocchiò accanto a lei, mentre continuava a chiamare aiuto. Il simulacro riusciva a stento a tenere gli occhi socchiusi, mentre fine sabbia scura continuava a riversarsi sul pavimento dalle numerose ferite.
-Einai non mi lasciare.- La implorò la guerriera, con la voce rotta dal pianto.
-Mi dispiace...- Sentiva le emozioni della giovane e non avrebbe voluto che soffrisse, ma non c'era niente che potesse fare.
-Einai...- Singhiozzò. Non era giusto che morisse così. Smise di trattenere i suoi pensieri e i suoi sentimenti, voleva che la donna tra le sue braccia sentisse tutto quello che provava per lei. Non voleva perderla.
-Grazie...Per avermi vista...- Un sorriso sofferente le increspò le labbra, mentre le lacrime si tramutavano in sabbia appena lasciati i suoi occhi. Il rituale che l'aveva animata si stava esaurendo.
Gabrielle la baciò, disperatamente. Voleva che sentisse quanto le aveva voluto bene e desiderava che l' ultimo ricordo, di quel mondo così crudele con lei, fosse bello.


L'anziana aedo interruppe il suo racconto, non riuscendo a trattenere una silenziosa lacrima che scivolò lieve sulla pelle pallida del volto, prima di asciugarla con la punta delle dita.
La donna dai lunghi capelli scuri smise di scrivere e le si avvicinò, preoccupata. -Vuoi riposarti, Gabrielle?- Le chiese sottovoce, dopo essersi abbassata accanto a lei.
-No...Vorrei finire.-
-Sicura? Possiamo farlo domani.- Le accarezzò la guancia dolcemente, non voleva che si stancasse troppo.
-Sì, sicura.-
-Nonna, com'è finita la storia poi?- Una bambina dai lunghi capelli biondi le interruppe.
-Dopo pochi istanti arrivarono la Sacerdotessa e la Guaritrice, stupite di trovarci lì. L' intervento dell'Arcangelo aveva in qualche modo distorto i loro i piani...- Riprese a raccontare, mentre la mora tornava a scrivere.
-Hecate mi restituì il corpo e subito dopo mi cacciò dal tempio. Ritrovai Aphrodite ed Ares, che mi attendevano, e incastonammo la Pietra di Cibele in un nuovo simulacro, così la mia anima gemella tornò finalmente tra i vivi.- Sorrise brevemente alla mora, che ricambiò.
-Ah! E' per questo che zia Xena non invecchia?- Chiese un altro bambino dai capelli scuri.
-Esattamente.- Rispose l'aedo non riuscendo ad esimersi dal sorridere nuovamente, mentre sentiva la compagna sbuffare lievemente. Detestava l'appellativo di "zia", in realtà era più anziana di lei.
-E poi cos'è successo?-
-Poi riprendemmo a girare il mondo e a vivere tante altre avventure. Molte ve le ho giù raccontate.-
-E...Einai?- Azzardò Sophia, una donna dai capelli color del grano, pronipote di Gabrielle.
L'anziana scosse il capo, abbassando lo sguardo -Si salvò, ma ad un costo. Dovrà servire Hecate per l'eternità.- La Dea aveva sviluppato curiosità ed interesse per la sua anomalia. -La rivedrò solo il giorno della mia...- Alzò lo sguardo e si interruppe, memore dei bambini presenti. -La rivedrò, un giorno.- Sorrise tristemente.
Sophia annuì, in silenzio, aveva capito cosa intendeva la sua prozia.
-Direi che è ora di andare a dormire.- Intervenne Xena, interrompendo il silenzio pesante che si era creato.
-No! Nonna, raccontaci un'altra storia!- Chiese nuovamente il bambino dai capelli scuri, mentre gli avventori della taverna riprendevano i loro affari.
-Ehi, è tardi, dovresti essere già a letto.- Lo redarguì la guerriera -Forse domani, quando Gabrielle si sarà riposata.-
L'aedo annuì, in risposta, poi la compagna la cinse con le braccia e la sollevò dalla sedia accanto al camino, come se pesasse meno di un fuscello, e, una volta salutati i parenti, si ritirarono nella casa accanto alla taverna.


Chiuse la porta e la fece distendere sul letto, poi cominciò a massaggiarle le gambe, come ogni sera.
-Sei riuscita a scrivere tutto?-
-Sì, ogni parola.- Le sorrise la mora.
-Benissimo.- Sospirò, era molto stanca.
-Domani dovrebbe piovere, come vanno le ossa?-
-Doloranti.- Sbuffò.
-Ti prendo la medicina.- La mora interruppe il massaggio e uscì dalla stanza, facendo scricchiolare terribilmente il pavimento, e tornando poco dopo, con un piccolo barattolo -Ecco...- Prese un pizzico di polvere bianca dal contenitore e lo posò tra le labbra di Gabrielle, che la inghiottì, con la solita smorfia di disgusto.
-Xena...Davvero non ti pesa restare qui?-
-No.- Le sorrise teneramente. Quella domanda era ricorrente da quando l'età di Gabrielle le aveva costrette a smettere di viaggiare -Passare la vecchiaia assieme a te era un sogno che non osavo sognare.- Ripeté. Lo sperava, ma non credeva che avrebbero vissuto abbastanza da potersi ritirare in un posto tranquillo, soddisfatte.
Ritrovare Sophia poi, figlia di Sarah, aveva anche dato loro la gioia di essere circondati da una famiglia e di crescere i nipotini.
La guerriera quasi si sorprese nel realizzare di non avere alcun rimpianto. Sì, certo, qualcosa legato alla sua scellerata giovinezza c'era, ma da quando aveva riottenuto il corpo era sempre andata fiera delle sue scelte e anche quando aveva avuto qualche dubbio, seguire Gabrielle si era sempre rivelata la cosa più giusta.
Nonostante tutti gli anni passati, le battaglie e le sofferenze, il primo istinto della compagna era ancora l'altruismo. Quella parte di lei che l'aveva catturata dal principio e che l'aveva guidata fino alla salvezza.
-Ma tu non sei vecchia.- La risposta della bionda riscosse la guerriera dai suoi pensieri.
-Non lo sarò fuori, ma ho l'animo di un' anziana scorbutica.- Sdrammatizzò. In realtà cominciava a sentirsi stanca, insofferente. Sempre più spesso le capitava di desiderare di passare tutta la giornata con Gabrielle, senza vedere nessuno. Al massimo il gatto.
La compagna sorrise -Lo sei sempre stata.-
-Ah. Beh, se la metti in questo modo, domani il bagno te lo prepari da sola.- Minacciò, prima di chinarsi su di lei e baciarla sulla fronte. 
-Resta, stanotte.- Le sussurrò l'aedo. Di solito Xena faceva lavori di manutenzione alla taverna o andava pescare, non aveva il suo stesso bisogno di dormire.
-Stai così male?- Glielo chiedeva a quel modo solo quando era malata.
Gabrielle negò -Voglio passare quanto più tempo possibile con te ed imprimere nella mia mente ogni più piccolo dettaglio.-
-Non dire così...- La baciò improvvisamente sulle labbra, interrompendola.

****

Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato! Come avrete intuito ci stiamo avvicinando alla fine, mancano solo 4 capitoli. 

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
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A sabato prossimo!

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Capitolo 9
*** The Herald ***


the arrival 2

9.




Al mattino pioveva, come previsto.
Xena rientrò dalla taverna con una ciotola di latte e lo portò a Gabrielle, ancora addormentata.
Si sedette al suo fianco e posò la scodella sul comodino, accanto al letto, prima di svegliarla dolcemente -Come ti senti?-
-Bene.- Le sorrise, vedendola, ma il suo tono non era molto convincente.
-Ti ho portato del latte, è ancora caldo.-
-Grazie...Mi aiuti?-
-Sì.- La guerriera la aiutò con cautela a mettersi a sedere. La compagna era dimagrita molto in quell'ultimo periodo e aveva sempre timore di stringerla troppo forte -Dopo vuoi la medicina?-
-No. Voglio restare sveglia, oggi.- 
-Se però peggiorerà me lo dirai, vero? Non serve fare i testardi...- Le porse la scodella e guardò l'altra annuire, prima che cominciasse a bere.
-Dopo vuoi andare da Lyceus e Lila?- I pronipoti portavano lo stesso nome dei loro rispettivi fratelli.
-Più tardi, forse.- Era nervosa, non sapeva decidere cosa fosse meglio fare -Stanotte ti sei annoiata molto?-
-No, ho dormito quasi tutto il tempo.- Le sorrise. In realtà l'aveva osservata, preoccupata. Si era agitata parecchio nel sonno. -Tu hai riposato bene?-
-Credo di sì.-
-Riempio la vasca?-
La bionda annuì, continuando a bere.


Terminato il bagno, rimasero in casa.
Gabrielle, invece di tornare a letto come suo solito, si sistemò accanto al camino acceso, con il gatto in grembo, sbirciando fuori dalla finestra di quando in quando.
Xena la osservava, preoccupata e nervosa, seduta al tavolo poco distante.
Non sapeva se chiedere o meno la motivazione di quel comportamento anomalo da parte della compagna. Temeva di aver capito, il suo sesto senso vibrava ansiosamente.
Forse era per quello che aveva deciso di raccontare ad altri la sua storia, per la prima volta in quarant'anni.
Non ricordava neanche che Gabrielle avesse mai scritto una pergamena in cui fosse lei la protagonista e rendersene conto la inquietò ancora di più.
Sentì un'onda irrefrenabile di determinazione e rabbia farsi largo dentro di lei, inarrestabile. Se l'arrivo di Einai avrebbe sancito la sua morte, avrebbe potuto ancora evitarla.
Come a confermare i suoi propositi, un improvviso formicolio diffuso si fece largo rapidamente, sotto la sua pelle. Non aveva mai provato niente di simile, ma dai racconti di Gabrielle sapeva che era il segnale che tanto temeva.
Il simulacro con le sue ceneri si stava avvicinando.
Si alzò di scatto, spaventando la compagna -Vado a prendere altra legna.- Disse e uscì immediatamente, senza aspettare la replica della bionda che la seguì con lo sguardo, stupita da quel modo di fare.


Xena recuperò la spada, nascosta nella stalla per non farla trovare ai bambini, e corse a perdifiato sotto la pioggia, nella direzione che il suo corpo le indicava. Inoltrandosi nel fitto del bosco fino alle sponde del fiume su cui andava sempre a pescare.
La vide, in lontananza, guadare il corso d'acqua a piedi, evitando il piccolo ponte di legno che non avrebbe retto il suo peso.
Indossava ancora l'armatura nera con cui l'aveva conosciuta, ma portava l'elmo al fianco, legato con una lunga stringa di cuoio allo spallaccio.
Quando il simulacro la vide, si fermò.
 Xena le si avvicinò, con la spada sguainata.
-Ciao.- Esordì Einai mostrandole entrambi i palmi, sorpresa dal suo comportamento.
-Non può essere già ora. Ti stai sbagliando!- La pioggia battente le inzuppava i capelli e rivoli d'acqua le scorrevano lungo il volto -Tu non me la porterai via!- Impugnò la spada con entrambe le mani, pronta allo scontro.
L'altra guerriera rimase in silenzio, si sentiva solamente il picchiettare della pioggia sull'armatura -Non voglio portartela via.-
-Non fare un altro passo.- Le intimò Xena, estremamente determinata.
-Succederà comunque, con o senza di me.- Aggiunse Einai, prima di abbassare la voce -Io posso solo non farle sentire dolore.-
Xena sentì il suolo mancarle da sotto i piedi. Se le cose stavano realmente così, se non sarebbe stata Einai a provocarne la morte...Non c'era più niente che potesse fare.
Il simulacro non avrebbe avuto motivo di mentire. Era sempre stato leale, le aveva salvato la vita e non aveva mai chiesto nulla in cambio...E Gabrielle si fidava ciecamente di lei.
Non la conosceva, ma in realtà le doveva molto. Tutto ciò che era stata la sua vita, in quegli ultimi quarant'anni.
Abbassò la spada, cercando di non mostrare la paura e lo smarrimento che provava. Non poteva immaginare la morte di Gabrielle, rifuggiva quel pensiero con ogni fibra del suo essere.
-Non voglio che muoia.- Ammise la guerriera.
-Nemmeno io lo vorrei...-
-Non c'è niente da fare? Possiamo convincere Hecate a darle altro tempo?!- Era la Dea della Morte, era l'unica a poter fare qualcosa.
-Sarà il fisico di Gabrielle a non reggere oltre.-
-Quanto, ancora?-
-Quattro giorni, da domani.-
-C'è tempo! Possiamo darle un altro corpo.- Se Ares si fosse rifiutato, Aphrodite certamente non si sarebbe tirata indietro.
-Senza Ago non avrebbe un'anima, non sarebbe lei.- Vide che la guerriera stava per replicare, ma non occorreva saper leggere la mente per intuire cosa stava per dire -Gabrielle non vorrebbe mai che tu ti sacrificassi per lei.-
Xena risollevò la spada, con aria di sfida.
-No.- Intimò Einai, arretrando di un passo.
La mora partì alla carica urlando, mirando al busto con un fendente diagonale dall'alto verso il basso. Il simulacro lo parò col bracciale dell'armatura e il clangore dell'acciaio risuonò nel bosco.
Xena ruotò su sé stessa velocemente e mirò al fianco opposto. Einai arretrò, schivandola, e roteando su sé stessa la colpì a mano aperta sulla schiena, allontanandola da sé -Non incrocerò la mia spada con la tua!-
-E allora muori!- Caricò fulminea un fendente al collo di Einai, che non fece in tempo a spostarsi.
Fermò la lama contro la sua pelle, mentre i capelli del simulacro cadevano sul terreno, ricoperto di foglie.
-Non sarò io a darti la morte.- Sancì il Golem. Sapeva che Xena non sarebbe andata fino in fondo. Se l'avesse uccisa, Gabrielle avrebbe sofferto e la guerriera non avrebbe fatto un errore simile.
-Tu non puoi capire.- Sibilò la guerriera con disprezzo, prima di travolgerla con tutto il peso del suo corpo e costringerla con la schiena contro il tronco di un albero -Tu non sai cosa vuol dire veder morire la persona che ami!- Continuava a puntarle la lama alla gola.
-Sì, invece...-
-Probabilmente non sai neanche cos'è l'amore, provi solo imitazioni!-
Einai abbassò lo sguardo, distogliendolo da quello della guerriera che la squadrò, cercando un appiglio per provocarla -Sei stata il giocattolino di Ares e ora sei quello di Hecate. Ho ragione?!-
-Smettila Xena...- La supplicò a mezza voce. Sapeva che era sconvolta dal dolore, ma le sue parole facevano comunque male.
-Forse non sai neanche cos'è la rabbia...Né tanto meno l'orgoglio!- Sputò sul tronco, mancandole il viso di poco -Sei solo un vaso vuoto.-
Einai la colpì al volto con una testata, fulminea. Liberatasi dalla sua presa l'afferrò per le spalle e la sbatté contro lo stesso albero, invertendo le posizioni e facendo cadere la spada di mano alla guerriera, nell'urto.
Appoggiò l'avambraccio contro la gola dell'avversaria e iniziò a premere con tutto il proprio peso -So benissimo cos'è la rabbia!- Tuonò il simulacro -Sei tu che non capisci! Hai vissuto con lei per una vita intera! Non capisci che fortuna?!- Gli occhi le si riempirono di lacrime -Non sai quanto vorrei ucciderti e averla per me!- Gridò, al culmine del furore.
-Fallo!-
Einai sorrise amaramente, prima di lasciare la presa e arretrare d'un passo -Pensi davvero che sarebbe felice, sapendo di non rivederti mai più?...Perché vuoi farle di nuovo questo?!- Urlò. -Tu non sai cosa vuol dire vivere senza la persona che ami!- Si asciugò gli occhi con il palmo della mano -Non hai idea di quanto io ti invidi...E non riesco nemmeno a odiarti.- Sospirò, restando in silenzio diversi secondi, cercando di riprendere la calma -Per una volta, Xena...Ascolta Gabrielle- Sussurrò -Lei è pronta.-  
La guerriera restò in silenzio, sorpresa, non aveva idea di cosa stesse provando l'altra -La ami?-
Non aveva più senso negarlo -Sì.-
-Non è un riflesso?-
-No. Il sentimento che provo per te è un riflesso, quello che provo per lei è mio. Sarei la prima a cercare un'alternativa, se lei non volesse, credimi.-
Xena rimase in silenzio, cercando di riordinare le idee.
-Posso aiutarvi a restare assieme però, se tu vorrai andare con lei.- Aggiunse il simulacro.
-Come?-
-L'acqua del Lete. Se la berrete passerete subito alla prossima vita, senza venire coinvolte di nuovo nella guerra tra Paradiso e Inferno.-
Xena abbassò il capo, la rabbia la stava abbandonando.
-Hai reso veramente felice Gabrielle. Perfino adesso è più felice di quanto immagini.- Anche se Hecate aveva spezzato il vincolo che la condannava all'oblio, in assenza della ragazza, il loro legame era rimasto, forte e profondo, e riusciva a sentire i suoi pensieri e le sue emozioni ogni volta che lo desiderava.
Le sarebbe mancata enormemente. Aveva vissuto tutta la sua vita assieme a lei, in ogni istante, e non riusciva ad immaginare il vuoto che sarebbe rimasto dopo la sua morte, sempre ammesso che fosse rimasto qualcosa di lei. Sarebbe riuscita a sopportarlo? Sarebbe rimasta in vita? Avrebbe continuato comunque a provare emozioni proprie?  Nemmeno la sua Divinità Protettrice era riuscita a darle una risposta.
-Sono io che non sono pronta per la fine.- Ammise la guerriera.
-Nessuno lo è mai del tutto.- Lo aveva visto accadere innumerevoli volte, durante i suoi viaggi. -E' la vita, purtroppo. Tu puoi scegliere, ma per Gabrielle non si può fare altro, se non renderglielo il più dolce possibile.-


Tornarono verso casa, camminando spedite sotto la pioggia, in un silenzio carico di tensione.
-Sta dormendo.- La avvisò Einai, prima che l'altra mettesse piede nel portico.
Xena rallentò il passo, per non far scricchiolare troppo forte il legno, posò la mano sulla maniglia della porta e si fermò -Forse è meglio se entri prima tu, ti stava aspettando.-
Einai sorrise tristemente, negando con il capo -Aspetterò qui fuori, prenditi il tempo che vuoi.- Aveva visto tante volte il risveglio, con gli occhi di Gabrielle, e aveva sentito il sollievo che provava incrociando le iridi della sua anima gemella. Lo stesso sollievo che poteva intravvedere in quelle di Xena.
Oramai tutto aveva un'importanza maggiore. Oramai, tutto, poteva essere "l'ultimo" e lei non voleva derubarle di un solo istante.
La guerriera entrò in casa e richiuse la porta, mentre il simulacro attendeva nel portico, al riparo dalla pioggia.
Guardandosi attorno riconobbe i luoghi che aveva letto nella memoria di Gabrielle, chissà se avrebbe avuto modo di incontrare i suoi nipoti. Sorrise malinconicamente, vedendo le tacche sulla trave del portico dove i bambini segnavano la loro altezza.
Si sforzava di pensare ad altro, per essere certa di non seguire i ragionamenti di Gabrielle e di lasciarle veramente da sole.


Xena entrò in casa lentamente, non voleva svegliarla di colpo. La raggiunse e si inginocchiò accanto a lei, disturbando il gatto sulle sue gambe, che si allontanò indispettito, poi le sfiorò il dorso della mano.
-Gabrielle?- La chiamò.
-Mh?- L'aedo si svegliò quasi subito -Oh...Ti sei inzuppata, piove così forte?- Chiese sbadigliando.
-Sì.- Non sapeva come dirglielo -Gaby...-
Vide che sul volto della compagna c'era preoccupazione -Che c'è?-
-E'...- Sospirò -E' arrivata.- Non riusciva a rassegnarsi, non voleva arrendersi.
-Einai?- Le tremò la voce.
L'aspettava, quasi con impazienza, ma ebbe un fremito di paura mentre la mora annuiva, senza il coraggio di guardarla negli occhi.
-Prendi tu l'Ago di Cibele, Gabrielle...- Non voleva perderla, ma non le importava di morire, se la compagna fosse stata al sicuro -Non...Non posso vederti mor...- Le si strozzò la voce, non riuscendo a terminare la frase.
Gabrielle la strinse forte a sé -Non voglio, Xena...- Sussurrò, mentre calde lacrime cominciarono a solcarle il viso, sentendo la schiena della guerriera sussultare debolmente tra le sue braccia, in un pianto silenzioso.
Erano entrambe spaventate, ma nel profondo del loro animo sapevano che era giusto.
Avevano rifuggito in innumerevoli occasioni la morte, ma quella volta non c'erano trucchi, non c'erano inganni. La vita di Gabrielle stava volgendo alla naturale fine, era veramente la cosa giusta da fare.
Xena realizzò che stava sprecando tempo prezioso e si alzò, prendendola in braccio e sedendosi sulla sedia, al suo posto.
L'aedo rimase sorpresa da quel movimento repentino, ma le braccia della guerriera la sostenevano saldamente, mentre i loro sguardi, lucidi di lacrime, si incontravano nuovamente.
Restarono a lungo in silenzio, occhi negli occhi, mentre la guerriera le accarezzava il volto con la punta delle dita, delicatamente.
-Vuoi ancora andare ad Anfipoli?- Esordì sussurrando, per non spezzare quel caldo silenzio che le avvolgeva.
La bionda annuì, silenziosamente -Cosa farai dopo?- Chiese timidamente.
-Verrò con te.-
-No...- Gli occhi tornarono a velarsi di pianto.
-Sì. La mia vita è già stata innaturalmente lunga.-
-Il mondo ha bisogno di eroi.-
-Ce ne saranno altri. Migliori e più giusti.-
Un fulmine illuminò la stanza e cominciò a piovere più forte.
-Ti amo, Gabrielle.- Nonostante tutto il tempo che avevano trascorso assieme e la vita piena che avevano vissuto, non era pronta a separarsi da lei.
I particolari del suo volto, le screziature delle sue iridi...Le sembrava quasi di vederli per la prima volta e cercava di riempirsi il cuore e la mente di quei dettagli, per non dimenticarla mai, nemmeno dopo la morte.
Si pentiva di non averlo fatto prima. Di aver considerato, talvolta, il tempo assieme eterno e di non averne goduto appieno, come se fosse stato l'ultimo istante.
-Ti amo Xena.-

****

Note dell'autrice: 

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo.

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!


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Capitolo 10
*** Tales ***


10 racconti 2


10.




-Vieni.- Xena la colse di sorpresa, aprendo la porta e rientrando in casa.
-Sì.- Sospirò, erano quarant'anni che non si vedevano. Lei sapeva tutto dell'aedo, ma chissà cosa avrebbe pensato o provato l'altra, vedendola.
Pregò di non spaventarla.
Varcò la soglia e alzò lo sguardo a cercare quello di Gabrielle, fermandosi sull'uscio, dubbiosa.
-Einai!- La chiamò la bionda sorridendole e alzando le braccia verso di lei, mentre la donna in armatura la raggiungeva rapidamente, inginocchiandosi e rispondendo all'invito di quell'abbraccio.
-Mi sei mancata tantissimo Gabrielle.- La strinse a sé, cercando di non ferirla con la corazza.
Non pensava che avrebbe provato tutto quel dolore, rivedendola. Le tremavano le mani e tratteneva a stento le lacrime, non si era resa conto di quanto le fosse effettivamente mancata.
-Anche tu.- Le rispose la bionda, accarezzandole i capelli umidi.
Avvertiva la sua tristezza e la sua paura, ma sentiva anche la sua felicità e la consapevolezza che avrebbe smesso di soffrire.
-Non succederà oggi.- Le sussurrò per rassicurarla, baciandole la fronte, mentre l'aedo annuiva.
-Farà male?- Chiese la bionda
-No.- Le sorrise tristemente -Non sentirai nulla.-
-Devi raccontarmi un sacco di cose...- Sorrise di rimando, cominciando a piangere -Ma prima togliti l'armatura, sei fradicia di pioggia.-


Xena le prestò una veste e Einai poté posare la corta tunica bianca, che portava sotto l'armatura, accanto al caminetto, prendendo poi posto di fronte a Gabrielle, sulla sedia che la donna aveva fatto preparare per lei, mentre la compagna si cambiava nella stanza accanto.
La bionda la guardava, senza parlare.
-Sì, funziona ancora.- Le rispose Einai -Hecate non ha potuto fare di più.- Era a disagio con quegli abiti, non ne aveva mai indossati di simili.
-Ti ho pensata tanto in questi anni.-
Il simulacro annuì, sorridendo -Anche io.- Ogni mattino, appena i suoi pensieri si riversavano nella sua mente e finché non ne perdeva il filo, ogni notte.
-Mi sarebbe piaciuto poterti incontrare...Prima.-
-Anche a me.-
-Perché Hecate ha preso questa decisione?-
-...Non...- Non sapeva come dirlo senza provare imbarazzo -Non avevo altro per ripagare il mio debito con lei.- Poi aggiunse -Mi ha permesso di vivere, e di vivere anche in tua assenza, ma ha un umorismo molto perverso... Non potendo eliminarti dalla mia mente, perché non sa cosa mi permetta di essere così, ha deciso di eliminarti dalla mia vita.- Fece una pausa -Essere qui, oggi, è una sua concessione. Se avessi trasgredito le regole e ti avessi incontrata prima non avrei avuto questa possibilità.-
-Stai dicendo che dopo la mia...- Si schiarì la voce -C'è la possibilità che sia il nostro legame a renderti...Te?-
-C'è la possibilità- Ripeté -Hecate non ne è mai venuta a capo.-
-Ma è crudele costringerti a venire qui sapendo questo!-
-No, no, io...L'ho chiesto io.- Distolse lo sguardo -E non me ne pento...Non voglio che tu soffra e non voglio tornare a recuperarti agli Inferi perché Michele ha sbagliato qualcosa...Così è più sicuro.-
-Ma cosa ti accadrà dopo?-
-Non lo so.- 
-A noi non è più successo, Ares ha usato sempre lo stesso metodo per creare altri corpi per Xena e...-
-Anche Hecate ha fatto molti esperimenti, utilizzando lo stesso rituale, ma ha ottenuto solamente i risultati previsti. L'unica differenza è che Ares ha usato un condensato dei tuoi ricordi di Xena per creare me, pensando che fossi la sua anima- Si strinse nelle spalle, sorpresa di essersi rivolta a sé stessa in quel modo.
Lesse la domanda nella mente della donna e le rispose -Non morirei comunque, credo. Penso che nella peggiore delle ipotesi perderei la mia coscienza e tornerei ad essere un Golem come gli altri.-
Gabrielle la guardò dubbiosa, preoccupata, tutt'altro che sollevata da quella risposta. Non era molto differente dal morire.
-Se rimandassimo? Forse ci sarebbe tempo per trovare una soluzione.- Disse di getto l'aedo.
-Non è possibile. Succederebbe comunque.- Si aspettava quella reazione -Ma sarebbe impossibile evitarvi l'aldilà e i rischi di una eventuale nuova disputa.-
Il bardo annuì, ma il simulacro poteva sentire che stava ancora cercando un' alternativa, una soluzione per non metterla in pericolo. -Gabrielle, non serve.- La ammonì vagamente, tornando a guardarla negli occhi.
-Come puoi arrenderti così facilmente?! Deve esserci un modo, almeno per te.-
-Non c'è. Sono quarant'anni che cerchiamo una soluzione e Hecate è la massima autorità in materia. La Dea della Morte sa tutto su anime e spiriti, quattro giorni non...- S' interruppe, sentendo la sorpresa in Gabrielle.
-Scusa, non volevo dirtelo così...- Abbassò nuovamente lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, arrabbiata con sé stessa per essere stata così brusca.
-Quattro giorni...?-
-Sì.-
L'aedo restò in silenzio per qualche secondo -Temevo meno.- Avrebbe avuto modo di sistemare le proprie cose, giocare con i nipoti, passare molto tempo con Xena e magari ricontrollare le ultime pergamene.
Il simulacro si sentì vagamente sollevato, Gabrielle sembrava stesse prendendo la questione meglio del previsto.
-Dimmi una sola parola Einai e faremo di tutto per trovare un altro modo. Se non io, Xena.-
-Ti ringrazio veramente molto, ma va bene così.-
-Quando comincerai a notare il tuo valore?- La rimproverò l'aedo.
-Lo farò, se avrò un seguito.-
-Possiamo veramente fidarci di Hecate?- Non aveva una grande opinione degli Dei. Anche se voleva bene ad Aphrodite non poteva negare che avesse una spiccata nota egoistica.
-E' sempre stata premurosa nei miei confronti.- Tornò a distogliere lo sguardo e a posarlo sul pavimento -Le devo molto.- Credeva che la divinità la considerasse poco più di un animale domestico, ma aveva sempre avuto un occhio di riguardo e tanta pazienza con lei.
-Davvero?-
-Sì, si è presa cura di me molte volte.- Lo sguardo dell'aedo cadde sulla spalla del simulacro, segnata da sottili crepe più chiare, prima che quest'ultima la coprisse rapidamente con la mano, in imbarazzo -Mi dispiace che ti abbiano turbata, coi miei soliti vestiti non si vedono, mi dispiace.- Ripeté, quasi mortificata.
-Scusami, non avrei dovuto...Hai mai cambiato corpo?- A Xena era servito tre volte, con enorme disappunto suo e di Ares.
-No. O meglio, anche se era il caso ha sempre preferito non rischiare e...Aggiustarmi.- Abbassò lo sguardo prima di cercare un argomento di conversazione per lei meno umiliante. Non le piaceva utilizzare termini riservati agli oggetti, ma non sapeva come altro rivolgersi a sé stessa. -Ho imparato a combattere.- Accennò un timido sorriso -Ho viaggiato molto, sono stata anche nella terra di Jappa per qualche anno.- La guardò, non era un ricordo felice e cambiò immediatamente discorso -Sono stata anche in India...Ho assaggiato il cibo.- Ricordò, perplessa.
-E com'è stato?- Si risollevò l'aedo, vedendo quell'espressione inaspettata sul volto dell'altra.
-Strano!- Rise -No, davvero, buono...Ma è più la fatica del beneficio!- Il problema era sbarazzarsi di quanto ingoiato, una volta perso sapore.
-Immagino di sì.- Ridacchiò con lei.
Xena era sempre stata golosa e non aveva perso l'abitudine di mangiare nemmeno dopo. Continuava a pensare che ne valesse la pena.
-Hecate ogni tanto mi dà degli incarichi...Di là.- Sollevò gli occhi e inclinò il capo -Ma niente di troppo pericoloso.-
-Com'è...?- 
-E' molto diverso, ora.- Si distrasse a guardare il fuoco. -E' separato in tre...Piani. Netti. Non è più così facile che i dannati rubino le anime. In mezzo c'è il Purgatorio, uno spazio dove chi si è macchiato di colpe non esageratamente gravi passa un periodo di pentimento e purificazione, prima di poter entrare in Paradiso. Ho incontrato Solan, parecchio tempo fa.- Sorrise -Stava bene.-
-Xena sarà felice di saperlo- Sorrise anche lei.
-Ti ha detto cosa succederà...?-
-No.-
-Voi non andrete nell'aldilà...Passerete direttamente alla prossima vita.- Non sapeva esattamente come la pensasse la guerriera, ma non l'aveva contraddetta quando gliene aveva parlato.
Gabrielle annuì.
-Hecate mi ha dato il permesso di portare con me l'acqua del Lete...- Evitò di spiegarle il resto, l'aedo aveva già capito, conoscendo molto bene le leggende.
-E senza il tuo intervento...Come dovrebbe essere?-
Aveva sperato fino all'ultimo di evitare quella domanda -Mi hanno detto che il tuo cuore si fermerà.- Le salirono le lacrime agli occhi, non voleva che succedesse.
Altre volte si era ritrovata nella stessa situazione, in quegli anni, adempiendo i compiti affidatele da Hecate, ma non erano mai persone che conosceva, se non da qualche giorno appena -Se per voi va bene, mi occuperei delle vostre esequie...E di portarvi ad Anfipoli.-  
-Credo che dovremmo parlarne anche con Sophia...-
-Sì, certamente.- Si prese un secondo -Mi hanno detto anche che Aphrodite vorrebbe vederti...-
-Io...è da molto che non viaggio, Einai.- Le dispiaceva non poter salutare la Dea, ma non sapeva come fare.
-Sarebbe solo fino al tempio più vicino. Io e Xena potremmo portarti, se sei d'accordo- Sarebbero state poche ore di viaggio, con i loro ritmi.


Si erano incamminate di buon mattino, prima del sorgere del sole, dirette al tempio di Aphrodite.
Gabrielle si era riaddormentata tra le braccia di Xena e Einai la guardava con un sorriso dolce impresso sul viso.
-Sta sognando?- Chiese sottovoce la guerriera.
-Sì.- Rispose il simulacro.
-Cosa?-
-Un fabbro che batte dei ferri da cavallo. Probabilmente sente i tuoi passi.-
Xena alzò un sopracciglio, sorridendo divertita.
-Cosa pensi di fare?- Le chiese il Golem.
Si voltò verso di lei, tentennando per un secondo non capendo a cosa si riferisse, prima di intuirlo -Vado con lei.-
-Sicura?-
-Sì. Credo che non ci sarà mai un momento migliore, considerando che non morirei diversamente...- Non sarebbe morta di vecchiaia né di malattia e se avesse fatto attenzione a preservare la Pietra di Cibele, celata nel suo torace, avrebbe sempre potuto ottenere un nuovo corpo, almeno fino all'esaurirsi delle proprie ceneri, ma si sentiva incredibilmente stanca.
Tra le altre cose, di cui aveva già parlato con Gabrielle, la facilità degli scontri la annoiava e l'uso continuo della violenza era diventato irritante. Ogni volta sempre gli stessi pretesti, gli stessi sbagli e la stessa ignoranza e la sua pazienza si stava esaurendo. Forse era questo che comportava il "vivere troppo".
-Non sarà doloroso.- Intervenne Einai, cercando di interpretare il suo silenzio.
-L' hai già fatto altre volte?- Il simulacro le sembrava estremamente sicuro di quello che stava dicendo.
-Sì.-
-Quante?-
-Non lo so più.- Aveva perso il conto.
-Erano casi come il nostro?-
-Alcuni sì. Non siete le uniche anime..."Problematiche"- Sogghignò.
-Cosa fai per Hecate?- Voleva cercare di capirla. Dai racconti di Gabrielle le era sempre sembrata innocente come una bambina, eppure, durante il loro scontro nel bosco si era dovuta ricredere.
Cosa aveva vissuto in quei quarant'anni?
-Mh... Evito che chi non deve vada nell'aldilà, ogni tanto risolvo qualche problemino agli Inferi...Ma principalmente recupero oggetti.-
-Oggetti?-
-Artefatti. Simili alla Pietra di Cibele, ma con poteri magici propri. Tenerli sotto controllo evita una marea di problemi.-
-A proposito...Che fine farà?-
-L'Ago, intendi?-
Xena annuì.
-Se confermerai la tua scelta, e solamente in quel caso, lo riporterò a Roma. Ares ha contratto un debito con Cibele e la restituzione dell'oggetto è parte del loro patto.-
Si zittirono vedendo entrambe Gabrielle muoversi, cominciava a svegliarsi ed era il caso di fare una breve sosta, per colazione.
Mentre Xena accendeva il fuoco e riscaldava del latte per la compagna, la bionda parlava con Einai.
-Mi hai raccontato poco della tua vita in questi anni...Ti va?-
-Non so cosa dire, sei tu che ti occupi dei racconti.- Non era abituata a parlare tanto di sé
-Mi sembri così diversa dall'ultima volta che ti ho vista...- Non le ricordava praticamente più Xena. Ogni tanto, il modo di muoversi, ma niente di particolare.
-In effetti...Pur sapendo tutto quello che sapevi tu, non avevo la benché minima esperienza. Di niente...-
-Mi dicevi che viaggi.-
-Sì. Quando Hecate non ha richieste sono libera di andare dove voglio.- Le sorrise, sentendo il suo sollievo nell'apprendere che non fosse prigioniera.
-E che fai?-
-Sistemo i torti che vedo in giro, un po' come facevate voi due. Niente di così...Grandioso, però. Ogni tanto qualche villaggio mi assume per affrontare il signore della guerra locale, o qualche banda di briganti.- Sminuì -Per il resto, vedo posti nuovi e conosco culture differenti...- Aveva imparato molto nella terra di Jappa, ma voleva evitare di parlarne ancora, dopo aver visto la reazione della bionda il giorno prima. -Spesso sento la gente ripetere i tuoi racconti.- Sorrise orgogliosa.
-Davvero?- Non viaggiando da molto non sapeva che si parlasse ancora di loro.
-Sì! La settimana scorsa ero in Gallia e ho sentito raccontare la storia dell'oro del Reno!-
Continuarono a parlare per diverso tempo, anche dopo essere ripartite. Einai si era offerta di portarla per un po', dando il cambio a Xena. Per quanto resistenti, non erano immuni alla fatica.
La guerriera non riusciva a non provare un pizzico di gelosia, nel vederle assieme. Per quanto si fidasse di Gabrielle, sentirle bisbigliare e ridere tra loro era una cosa a cui non era abituata. Senza contare la simbiosi che le univa.


Raggiunsero il tempio in tarda mattinata.
Non era molto grande e decisamente non uno dei principali e sfarzosi, ma la Dea avrebbe dovuto accontentarsi. Non potevano rischiare di affaticare troppo Gabrielle.
Appena varcata la soglia, le sacerdotesse indicarono loro subito il Sancta Sanctorum, la stanza più interna e importante del tempio.
Aphrodite le stava attendendo, avvolta nella sua solita veste rosa e trasparente. Splendente come sempre.
Gabrielle fece appena in tempo a liberarsi dalla presa di Einai e a mettersi in piedi che subito la Dea la travolse, abbracciandola.
-Quanto tempo ragazze...- Salutò entrambe e lanciò di sfuggita un'occhiata diffidente al simulacro, che arretrò immediatamente di un paio di passi. Era un momento privato.
-Mi dispiace così tanto Gabrielle, potessi ti farei vivere per sempre.- La divinità iniziò a piangere, perdere la sua migliore amica era un dolore terribile.
-Ti ringrazio Aphrodite, è un pensiero dolcissimo.- Sorrise l'aedo, anche lei commuovendosi.
-Dovrai trovare qualcun altro da far impazzire, d'ora in poi.- Aggiunse Xena.
-Nah, so bene che ti farai pregare, ma poi cederai come sempre.- Sorrise l'immortale.
-Aphrodite...Vedi...Anche Xena...- Intervenne l'aedo, titubante.
La Dea rimase in silenzio per qualche secondo -Stai scherzando? Lei non può morire.-
-Ares una volta mi ha spiegato che se un mortale ricevesse i poteri di una divinità...Non sarebbe capace di gestirli. Io non sono nata per vivere in eterno, Aphrodite.-
-Oh, voi e la vostra fissazione di fare la cosa giusta!- Sbottò la Dea, voltandosi e dando loro le spalle -Spero che almeno ci abbiate riflettuto a dovere.- Tornò a guardarle, supplicando con lo sguardo Gabrielle, che si volse a guardare a Xena.
-Decisione presa.- L' idea di potersi reincarnare assieme alla sua compagna, come dettole da Einai, aveva sciolto ogni riserva. Sarebbe stato solo come cambiare corpo. Nuovamente.
La Dea sospirò -Allora il mio regalo d'addio sarà per entrambe.- Mosse rapidamente le mani davanti ai loro visi -Con queste parole vi voglio donare, la perfezione, fino al giorno finale.- Un lieve bagliore dorato le avvolse e subito le due donne si sentirono più tranquille e felici.
-Grazie mille Aphrodite.- L'aedo l'abbracciò con trasporto e, volente o nolente, la Dea non poté sottrarsi.
-Mi mancherai Gabrielle.- Sciolse l'abbraccio e poi strinse a sé Xena -Anche tu mi mancherai.-
-Anche tu, Aphrodite.- La guerriera sorrise e poi si liberò dalla presa della divinità -Chissà, magari ci rincontreremo.-
-Magari.- Sorrise la Dea. -Ora sparite o mi si scioglierà tutto il trucco! Via da qui! Andate a divertirvi!-


Uscirono tutte e tre, rapidamente, dal tempio.
Gabrielle non sentiva più dolore alle articolazioni e camminare fino all'uscita non era stato un problema, con enorme piacere da parte di Xena, contenta di vederla stare bene.
Il sole splendeva limpido e l'aria pungente dell'autunno era stata sostituita da una tiepida brezza primaverile di cui l'aedo si riempì i polmoni, respirando il più profondamente possibile. Si sentiva felice e leggera, come non le succedeva da molto.
-Torniamo a casa, ho voglia di pescare!- La guerriera prese in braccio la compagna, improvvisamente, e, dopo essersela messa sulle spalle, partì di corsa, mentre Gabrielle gridava: -Galoppa Argo!-
Einai rimase ferma per qualche secondo allibita dal comportamento così diverso delle due donne, prima di cominciare a rincorrerle per non farsi distanziare troppo, divertita a sua volta.


****

Note dell'autrice: 

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo.

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!






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Capitolo 11
*** Lethe ***


11 Ends
11.



Raggiunsero casa quasi in metà tempo rispetto all'andata e, vista la bella giornata, i pronipoti delle due guerriere giocavano nell'aia, inseguendo i polli.
-Mettimi giù.- Le chiese l'aedo e Xena eseguì immediatamente -Vai a pescare, io gioco con loro.- Le disse sorridendo.
La guerriera la baciò con passione e gratitudine, per la prima volta incurante dei possibili sguardi degli avventori della taverna -Dì a Sophia che ci sarà molto pesce da pulire, questo pomeriggio- Sorrise raggiante -Starò via solo un paio d'ore.- Aggiunse, prima di correre in casa a recuperare la sua attrezzatura e uscirne poco dopo -Einai! Vieni.-
-Cos...?- Il simulacro restò interdetto. Non si aspettava quella richiesta da parte della guerriera.
-Hai mai pescato?- Le chiese Xena, avvicinandosele.
-No, non m'è mai servito.-
-Ti insegno. Voglio prendere pesce sufficiente a fargli superare l'inverno. Mi servi.-
-Va bene...- Guardò Gabrielle, la donna era felice di vederle andare d'accordo e il suo sorriso contagioso le si stampò in volto. -Vado a cambiarmi, non voglio rovinarti la veste.-
-Sbrigati.- La guerriera non le stava già più prestando attenzione, presa dal baciare nuovamente la compagna.
Einai smise di seguire i pensieri della bionda, mentre entrava in casa. Era troppo imbarazzante quando avevano dei momenti di intimità.
Temeva che la richiesta di Xena fosse anche un pretesto per parlarle e il loro ultimo incontro privato non era stato molto amichevole. Chissà cosa sarebbe successo.


-Allora, i pesci sono furbi.- Esordì Xena fermando il carretto vuoto, preso dalla stalla, vicino alla sponda del lago -E io vengo qui a pescare spesso, ormai mi conoscono. Questo complica le cose.-
-Mh.- Einai annuì, ascoltando attentamente.
-Ma oggi non voglio sprecare troppo tempo e voglio riempire la dispensa. Quindi ti insegnerò il metodo più rapido.- Le lanciò in mano una rete -Fissala laggiù, dove ricomincia il torrente.-
-Va bene.-
-Io intanto cerco delle esche.-
Sistemata la rete tornò rapidamente da Xena, che stava già sbrogliando le lenze, e si mise ad aiutarla.
-Guarda...Si prende l'amo e si posiziona l'esca...- Sistemò un grosso lombrico molliccio sul piccolo gancio metallico -Si controlla che sia infilato bene, o l'urto con la superficie dell'acqua lo sbalzerà via. E poi, si lancia.- Eseguì il gesto fluidamente, facendo quanto detto -Il pezzo di sughero serve a capire se qualche pesce abbocca. Lo dovresti vedere beccheggiare più decisamente, quando succede.-
-Capito.-
-Prova, dai.-
Il simulacro cercò di ripetere quanto insegnatole, attingendo anche dai ricordi di quelle poche volte in cui Gabrielle aveva tentato -Così...?-
-Infilzalo meglio, o lo perderai.-
Einai ricontrollò l'esca e poi lanciò, cercando di imitare Xena. Il suo galleggiante arrivò accanto a quello della guerriera.
-Bene così.- Le disse la mora.
-E adesso?-
-Aspettiamo.-
Rimasero in silenzio per diversi minuti. Xena sembrava tranquilla e serena, mentre Einai era tesa e la guardava di sottecchi, ogni tanto. Non sopportando l'attesa, il simulacro decise di rompere gli indugi -Scusa per ieri.-
-Me la sono cercata, ti ho provocata io.-
-Non cercherei mai di ucciderti...O di farti del male.- Si sentì stupida, aveva senso dirlo dopo la decisione che la guerriera aveva preso?!
-Buono a sapersi.- La guerriera diede uno strattone alla canna e il pesce che era agganciato all'amo finì direttamente nel carro alle loro spalle, poi prese un'altra esca e lanciò di nuovo -Così...Non sai che fine farai, giusto?- Le aveva sentite parlare, il giorno prima. Sapeva che era una domanda sfacciata, ma avrebbe ottenuto una risposta in qualunque caso, dopo l'incantesimo di Aphrodite.
-Eh no.- Sospirò il simulacro, sedendosi a terra senza staccare gli occhi dal proprio galleggiante.
-E ti va bene?-
-Non posso farci niente. Abbiamo cercato una soluzione per tutto il tempo, ma sembra che non sia mai successo nulla di simile prima.-
-Sei incredibilmente calma.-
-Cerco di non pensarci.-
-Perché hai rifiutato la mia proposta di prendere la Pietra? Se Gabrielle non morisse, nemmeno tu rischieresti.-
Il simulacro sospirò -Lo ammetto, è estremamente allettante.-
-E allora perché rifiuti?- Lanciò un altro pesce nel carro.
Einai rifletté a lungo -Gabrielle soffrirebbe troppo senza di te.-
-Lascia stare Gabrielle. Sii egoista. Cosa ti spinge a rifiutare?-
-Non lo so. Non è la cosa giusta.-
-Cosa vorresti?- Insisté la mora.
-Vorrei continuare a esistere e che Gabrielle fosse felice.-
-Con te.- Aggiunse la guerriera, mentre un altro pesce raggiungeva gli altri.
-Egoisticamente parlando, sì.-
-Hai la realizzazione dei tuoi desideri a portata di mano...-
-Non funzionerebbe.-
-Perché?- Non si aspettava quella risposta.
-Gabrielle all'inizio soffrirebbe, poi accetterebbe la nuova realtà, ma non è detto che mi perdoni per aver agito alle sue spalle, anche se in accordo con te.-
-Gabrielle perdona tutti.-
Einai fece dondolare il capo più volte, soppesando le parole di Xena -Anche se fosse, non funzionerebbe a lungo.-
-Dici?-
-Io e lei ragioniamo allo stesso modo e abbiamo gli stessi punti di vista. Forse non ci scontreremmo, ma nel giro di un decennio non sarebbe più una situazione stimolante, per lei.-
-Le faresti di sicuro meno male di quello che le ho fatto io.-
-Ma è anche grazie a questo che è cresciuta. Venire a contatto con la tua realtà le ha aperto mondi nuovi, le ha dato sfide che non avrebbe mai affrontato diversamente. Io...Finirei col diventare la piccola Potidea dal quale è fuggita.-
-Capisco.-
Einai si strinse nelle spalle brevemente, prima di restare in silenzio.
-Ti serve un altro verme, l'hanno mangiato- Le disse Xena. Si era distratta parlando e non si era accorta del movimento del galleggiante
-Figli d'una Baccante!- Esclamò il simulacro scattando in piedi, provocando nella guerriera una grassa risata.


Dopo più di un'ora, Einai non era riuscita a prendere nessun pesce, mentre Xena ne aveva pescati parecchi. La guerriera però voleva riempire il carro e decisero di abbandonare i metodi tradizionali.
Si tuffarono nel lago e, dopo una breve spiegazione, cominciarono a catturare i pesci a mani nude. Non aver bisogno di tornare in superficie le agevolava enormemente e, con gli infallibili riflessi di entrambe, era un gioco da ragazzi.
Rientrarono a casa nel tempo previsto, con il carro pieno di pesce più che fresco.
Quando Sophia uscì dalla taverna, vedendo tutto quel ben di Dio quasi svenne, ma vacillò realmente quando vide chi stava aiutando Xena a spingere il carro fino alla porta sul retro.
Una donna mai vista prima, in tutto e per tutto simile alla moglie della sua prozia. Collegò immediatamente quell'immagine al racconto che aveva sentito pochi giorni prima e fu questo, in realtà, a farle quasi perdere i sensi.
-Tu...- Riuscì solo a dire, mentre Xena la prendeva al volo per non farla cadere.
-Va tutto bene, Sophia.- Cercò di rassicurarla la guerriera.
-Come..?- Il mancamento era lieve e la donna si stava già riprendendo -Non va bene! Non va bene affatto!- Tornò a reggersi con le proprie gambe. -Zia Gaby sta...- Le salirono le lacrime agli occhi.
-Einai, scusaci un momento. Ho bisogno di parlarle in privato.-
-Sì, certo. Raggiungo Gaby.- Si congedò e si allontanò rapidamente, mentre le due donne rientravano in cucina.
Terminato di spiegare la situazione a Sophia, la guerriera andò a cercarle e le trovò sul retro di casa, intente a chiacchierare tranquillamente, mentre Einai faceva il bagno.
-Tutto sistemato.- Le aggiornò Xena -Ci vorrà un po' perché entrambi se ne facciano una ragione, ma hanno capito.-
-Bene.- Disse Gabrielle -Più tardi parlerò anche io con loro.-
-Grazie.- Aggiunse Einai.
-I bambini?- Chiese la guerriera, sedendosi accanto alla compagna.
-Stanno dando da mangiare ai cavalli.-
-Stai bene? Ti sei stancata troppo?-
-No. Tutto a posto, tranquilla.- La sfiorò le labbra con le proprie, prima di arricciare il naso, avvertendo odore di pesce -Devi farti il bagno anche tu!-


I giorni seguenti trascorsero nella più totale serenità e tranquillità delle due guerriere.
Passarono quanto più tempo possibile assieme e con i loro cari.
Xena insegnò a Lyceus e a Lila come prendersi cura al meglio dei cavalli, quali erbe dare loro per curarli, come controllare i ferri e tante altre piccole cose, mentre Gabrielle rileggeva e correggeva le sue ultime pergamene.
Anche Einai si diede da fare, offrendosi di svolgere tutti i lavori pesanti che poteva, come la manutenzione delle stalle, la riparazione del tetto e la potatura degli alberi. Come Xena, nemmeno lei aveva bisogno di dormire tanto e voleva che la guerriera fosse libera di passare il proprio tempo con Gabrielle, senza preoccuparsi del futuro della taverna.
Infine, arrivò il giorno atteso. Erano sedute al tavolo, una accanto all'altra, quando l'aedo esordì -Quando, Einai?-
-Tra poche ore, all'imbrunire.-
Gabrielle sospirò -Non riesco a non avere un po' di timore. Che sciocca che sono...- Disse tristemente, scuotendo lievemente il capo.
-Non sei affatto sciocca, è normale.-
-Tu hai paura?-
-Sì.-
-Come sarà?-
-Berrete e vi addormenterete. Nessun dolore, assolutamente.- Cercò di rassicurarla.
L'aedo annuì -Ti voglio bene, Einai.- Non glielo aveva mai detto.
-Anche io.-
-Ti vuole bene anche Xena, ma non so se te lo dirà mai, sai com'è fatta lei.- Sorrise, mentre gli occhi le diventavano lucidi.
-Non importa.- La abbracciò teneramente per qualche secondo. -Nella prossima vita sarete ancora assieme, come vi ha detto Naiyima. Questo non cambierà. Le acque del Lete possono solo velocizzare la reincarnazione, ma non possono influire assolutamente sul vostro destino.-
-Grazie.- Le sorrise, sentirselo dire nuovamente la rincuorò.
-Avete pensato a come fare?- Aveva aiutato la guerriera a costruire la pira, il giorno prima, ma Xena aveva insistito per occuparsi da sola degli ultimi preparativi. Era il suo modo per affrontare quanto stava per accadere.
-Se possiamo vorremmo restare qui, in privato, mentre Sophia e Nestor vorrebbero essere presenti all'accensione.-
-E poi... Anfipoli?- Chiese conferma.
-Sì.-
-Se riuscirò me ne occuperò io. Potete chiedere a Nestor di prendere il mio posto, qualora io non potessi?-
Sul volto di Gabrielle apparve apprensione, mentre annuiva. -Digli anche cosa vorresti tu, nel caso...-
In quel momento Xena rientrò e si sedette al tavolo con loro, per riprendere fiato.
Einai la guardò e non seppe che dire. Lesse i pensieri di Gabrielle e non trovò nessun appiglio nemmeno lì. Rimase in silenzio.
Aveva sempre trovato qualche parola di conforto da dire negli ultimi istanti di vita degli altri, ma, quella volta, niente sembrava adeguato.
Lei stessa, invece, sentiva il bisogno di riceverne -Vado a pulire le stalle.- Disse, alzandosi di scatto.
Senza dubbio era meglio lasciarle sole, avrebbero trovato il modo di farsi forza a vicenda, come sempre.


Uscì di casa e prese il forcone, diretta al retro della taverna, turbata.
Non aveva mai riflettuto su cosa desiderasse, ma alla fine era giunto il momento e lei non sapeva che fare.
Avrebbe voluto che qualcuno portasse anche le sue ceneri ad Anfipoli, ma non era decisamente il caso. Erano amiche, ma non faceva parte della famiglia. Non poteva intromettersi.
Mai come in quel momento, avvertiva la mancanza di un'appartenenza.
Aveva conosciuto migliaia di persone in quegli anni, ma quasi sempre quando erano giunte al termine della loro vita, mentre le altre avevano continuato poi per il loro cammino.
D'altronde non poteva certo dire loro cosa fosse in realtà, o pretendere che qualcuno potesse viaggiare con lei.
Non aveva ritmi umani, non sarebbe stato possibile.
Aveva avuto speranza, per un periodo, negli esperimenti di Hecate, quando avevano tentato la creazione di altri Golem, ma nessuno di loro era come lei ed erano infine impazziti, uno dopo l'altro, come descritto negli antichi testi.
Era sola.
-E' la prima volta che ti leggo così triste.-
Si voltò di scatto, non aveva sentito arrivare nessuno.
Una donna vestita di bianco, con monili dorati, lunghi capelli castani e mossi che le ricadevano morbidamente su una spalla, teneva lo sguardo fiero puntato su di lei.
-Hecate...- Distolse lo sguardo sorpreso e sorrise, sarcastica -Coraggio, deridimi. - Aveva sempre evitato di mostrarsi alla Dea in quel modo, non voleva esporre all'immortale le proprie debolezze.
-Sei così diversa, quando sei con lei...-
-Non mi pare.-
-Invece sì. Tutta la tua amarezza scompare. Sembra quasi che tu abbia...Speranza. Ti illumini come se fossi davanti ad Apollo in persona.- Il suo tono sembrò vagamente infastidito.
-Ho atteso quattro decenni per rivederla...-
-Eppure, quando te l'ho detto, non volevi che accadesse.- Non le erano ancora del tutto chiare quelle che chiamava "contraddizioni umane".
Il simulacro cambiò argomento -Da quanto mi leggi?-
-Dal tuo arrivo qui.-
-Non è una cosa carina.-
-Come non lo è quando lo fai tu con quella donna. Ammettilo, ti piace saper sempre cosa dirle...-
Einai rispose, colpevole -Spesso lo faccio senza accorgermene.-
-Lei non potrà mai amarti. Non come vorresti.- Disse la Dea.
-Lo so, non occorre che tu me lo dica nuovamente.- Posò il forcone contro una trave di sostegno e si appoggiò con entrambe le mani alla bassa staccionata di legno della stalla, dandole le spalle.
-Perché sei così attaccata a lei?- Riprese l'immortale.
-E' stata la prima a volermi bene e a trattarmi come un essere umano. Sa tutto di me e mi accetta completamente. Xena, ad esempio, molto meno.-
-Anche io so tutto di te.-
-E ti devo tutto, mia Dea.-
-Smettila di ossequiarmi. Sai che mi da fastidio quando ti prostri.-
Il simulacro non rispose. Le aveva salvato la vita molte volte e sentiva sincera gratitudine, ma Hecate provava interesse e divertimento per tutto ciò che era strano, o particolare. Come per Cerbero, il cane a tre teste, come Atalanta e Ippomene, trasformati in leoni e costretti a servirla eternamente solo perché avevano attirato la sua attenzione, e il suo caso, di certo, non era diverso.
Cosa c'era di più bizzarro di un oggetto che si comportava come se fosse una persona?
-Perché sei qui?-
-C'è bisogno di chiederlo?-
Einai annuì, guardandola confusa.
-Sei la persona meno perspicace che io abbia mai conosciuto...- Disse la Dea, avvicinandosele -Pensavi davvero che ti avrei lasciata morire da sola?-
Il simulacro si sciolse in lacrime, colta alla sprovvista da quelle parole. Non si aspettava quel comportamento da parte di Hecate.
-Nemmeno questo lo avevi più fatto, da quando Gabrielle ha lasciato il nostro tempio...- Sussurrò dolcemente l'immortale, asciugandole una guancia con il pollice.
-Non mi capita spesso di rischiare la vita...- Rispose, sottraendosi a quel tocco e allontanandosi, riprendendo contegno.
-Eppure, Morte è stata la tua compagna di viaggio per tutto il tempo, si può dire. Ancora la temi?-
-Non voglio morire.-
-Ma non vuoi neanche provare ad evitarlo.-
-Non sarebbe giusto.-
-Perché Gabrielle non sarebbe felice.- Ripeté la Dea con fastidio -Sei fissata con quella donna.-
-Lei lo farebbe, per me.-
-Purtroppo hai ragione.- L'immortale sospirò -Cosa vorresti che ne fosse, di te?-
Einai restò in silenzio, riprendendo il forcone e cominciando a raccogliere la paglia sporca , mentre Hecate la guardava.
-Non ho un'anima da liberare. Sarebbe ridicolo cremarmi.-
La Dea annuì, anche se essendo alle sue spalle non poteva vederla.
-Vorrei essere sepolta.-
-Sull'Etna? Parte di te viene da lì.-
Smise di lavorare e si appoggiò con entrambe le mani al manico del forcone, riflettendo, continuando a darle la schiena -No...Vorrei che fosse un bel posto. Con alberi e animali e un terriccio soffice e ricco. Niente bara.- Quando avevano posto fine all'esistenza degli altri Golem, questi erano tornati di grezza pietra. Sarebbe accaduto lo stesso anche a lei.
-Alla sorgente del Lete?-
Rifletté un secondo -Perché no? E' sempre stato un posto pacifico.- Disse, riprendendo a lavorare.
-Sia.-
-Grazie- Si voltò a guardarla, ma della divinità non c'era più traccia.


A metà pomeriggio tornò verso casa.
Mancava poco all'ora stabilita ed era il momento di iniziare, se volevano fare le cose con calma e non farsi cogliere di sorpresa dalla...Fine.
Anche le due donne stavano rientrando, portando in mano alcune ghirlande di fiori, fatte assieme ai bambini.
Si incontrarono sotto al portico e rimasero in silenzio, guardandosi appena. Fu Xena a rompere gli indugi e ad entrare in casa, seguita dalle altre. La guerriera non sopportava più l'attesa, la tensione era troppa.
Si cambiarono e indossarono delle vesti semplici ma dignitose, nere.
Einai non le aveva mai viste così. La gravità del momento era scolpita sui loro volti.
-Vorrei lasciarti questa...- L'aedo le porse la sua piuma -Le pergamene le ho lasciate a Sophia, ma questa piuma è stata l'ultima che ho usato in viaggio. Vorrei che l'avessi tu.-
-Grazie.- Prese il delicato oggetto dalle sue mani -La porterò con me. In ogni caso.-
-Hai...Deciso qualcosa?-
Il simulacro annuì -Hecate si occuperà di me.-
Gabrielle sorrise tristemente, eppure vi traspariva sollievo, dato dal sapere che l'amica non sarebbe stata sola.
Einai recuperò dalla propria bisaccia un otre e lo porse alle due -Sarà sufficiente un sorso.-
Xena lo prese tra le mani -Vorrei ringraziarti. Ci hai salvato la vita, ed ora ci dai un'occasione unica. Gabrielle è quella brava con le parole, ma non credo di aver mai potuto sperare in qualcosa di migliore.- Andarsene quando voleva, alle proprie condizioni, era qualcosa che rasentava l'ideale.
-Io vorrei ringraziare voi. Non sarei mai esistita altrimenti.- Anche se l'aveva creata Ares, non si sentiva in debito con lui. La sua presenza la metteva sempre profondamente a disagio e nelle numerose volte che si erano incontrati, in quegli anni, il Dio della Guerra non aveva mai mostrato un minimo di considerazione per lei. Soltanto disprezzo e diffidenza.
-Ora o mai più.- Intervenne l'aedo, sentendo il proprio animo vacillare nuovamente. -Spero di ritrovare anche te, un giorno.-
-Lo spero anche io.- Mentì. Alla sua morte non ci sarebbe stata alcuna anima da reincarnare. Sarebbe solamente svanita, come se non fosse mai esistita.
Strinse al petto la piuma e le salutò nuovamente, prima che le due donne si dirigessero nella stanza accanto, la loro camera da letto.
Einai si sedette al tavolo e si mise ad attendere, smettendo di seguire i pensieri di Gabrielle e stringendo la piuma tra le mani. Voleva che restasse tra le sue dita, quando sarebbe diventata pietra.


Si chiusero la porta alle spalle e restarono in silenzio.
-Xena, non sei obbligata.-
-Lo so, ma è ciò che voglio.-
-Ho paura.-
-Andrà tutto bene.- La abbracciò. -Einai l'ha fatto molte volte, sa di cosa sta parlando.-
Gabrielle annuì.
-E c'è anche l'incantesimo di Aphrodite. Andrà tutto per il meglio.- La baciò sulla sommità della testa.
-Sì. Hai ragione.-
-Ti amo, Gabrielle.-
-Anche io ti amo, Xena. Ti amerò per sempre.-
La guerriera sorrise e la baciò sulle labbra, con tenerezza e malinconia. Poi si coricarono, come avevano deciso.
Si strinsero forte e a lungo, guardandosi negli occhi. Non c'erano parole per descrivere la gratitudine, l'amore, il rispetto, l'attaccamento e la profonda stima che l'una provava per l'altra.
Dopo un tempo indefinito, la mora prese l'otre e lo stappò.
-A presto, Gabrielle.- Continuando a tenerla tra le braccia bevve due sorsi, senza deglutire, poi, si volse verso la compagna e richiuse la fiasca.
-A presto, Xena.- Le rispose, prima di catturare le labbra dell'altra con le proprie, baciandola per l'ultima volta.

****

Note dell'autrice: 

Grazie per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni. Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.
Sabato prossimo, l'ultimo capitolo.

Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo.

P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate


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Capitolo 12
*** The Legacy ***


12 epilogo

12.


Seduta al tavolo, con la piuma tra le mani, il simulacro si allontanò dai pensieri di Gabrielle e attese.
Aveva paura.
Sarebbe stato doloroso per lei? Se avesse avuto un cuore in petto avrebbe potuto sentirlo battere all'impazzata.
Chiuse gli occhi e rimase immobile, con il capo chino sulle mani intrecciate.
In un istante il vuoto s'impadronì di lei, poi, il freddo calò sulla sua mente.
Era tutto finito.


Dopo un tempo che parve eterno, una mano dolce, nel silenzio della stanza, si posò sulla sua testa.
-Sei ancora tu?- Le chiese Hecate.
Il simulacro non rispose, abbassando lo sguardo, confuso e spaventato -Non...Sento niente.-
La Dea si chinò accanto a lei e le prese il volto tra le mani. -E' normale, Einai.-
-No...- Le salirono le lacrime agli occhi, sbarrati. -No...-
-Sei confusa e scioccata, ma non sei morta e non sei nemmeno diventata come gli altri, o non piangeresti.-
Einai annuì, afferrando appena quelle parole.
Un orribile silenzio si era violentemente imposto dentro di lei, qualcosa si era irrimediabilmente spezzato, andando in frantumi -Non c'è più.-
-Lo so, Einai.- Hecate la abbracciò e la baciò sui capelli, prima di stringerla ancora. -Ma dobbiamo finire, purtroppo.-
La mora annuì e si alzò, meccanicamente, diretta alla camera delle due donne. Dovevano recuperare la Pietra di Cibele, prima di occuparsi delle esequie.
Entrarono nella stanza.
Sul letto, Gabrielle giaceva serena, quasi sorridente, addormentata tra le braccia di una bellissima statua ammantata di nero.
Hecate stava per elogiare i progressi della tecnica scultorea di Ares, ma si trattenne. Non era il momento -Posso farlo io, tu dovrai solo prenderla.- Leggeva il terribile dolore e smarrimento nella mente del simulacro.
Einai annuì, mentre la Dea creava delicatamente una fenditura nella schiena della guerriera, all'altezza del cuore, per poi allontanarsi lasciando spazio all'altra, che si avvicinò e infilò delicatamente la punta delle dita nell'incavo, recuperando l'artefatto -Chiudi, per favore.- Disse il simulacro, con voce spezzata, prima di allontanarsi.
La Pietra non era più grigia e opaca, come quando aveva accolto l'anima di Xena, ma era tornata lucida e nera.
Tutto era avvenuto come speravano, i loro spiriti erano liberi.


Einai prese le guerriere in braccio e le portò sul retro della casa, dove avevano approntato la pira.
Una, per entrambe.
Vedendola uscire, Sophia e Nestor la raggiunsero assieme ai bambini, agli abitanti del villaggio e ai loro conoscenti.
Si radunò una piccola folla, silenziosa e composta, mentre Einai posava delicatamente le loro spoglie sulla sommità della pira e sistemava le ghirlande di fiori sui loro capi.
Diede un ultimo sguardo ai loro volti, sereni, e baciò entrambe sulla fronte, prima di tornare a terra.
Hecate si era confusa tra la folla, avvolgendosi in un anonimo mantello nero e affiancandosi ad un uomo e a una donna, con cappe simili alla sua, resi irriconoscibili dai cappucci calati sul volto.
Nestor e Sophia avanzarono, con le torce accese in mano, e raggiunsero i piedi della catasta di legno, silenziosi e dignitosi, mentre i presenti li guardavano commossi.
L'uomo passò la propria fiaccola ad Einai che, sorpresa, accettò l'invito con un cenno del capo.
Un mormorio diffuso si sollevò dalla folla, quando videro che quella misteriosa donna somigliava enormemente a Xena. Presto, però, tutto tornò a tacere, quando Sophia intonò un inno e le due donne abbassarono le torce sulla pira, che prese fuoco rapidamente.
Alcuni rimasero per breve tempo, altri per ore, fino a notte inoltrata. Infine, alle prime luci dell'alba, incurante del freddo che era tornato inclemente a mordere la valle, al termine dell'incantesimo di Aphrodite, rimase solo lei.
Raccolse le ceneri ancora tiepide e le mise nella grossa urna che le donne avevano scelto, poi rientrò in casa e aggiunse ciò che restava delle ceneri di Xena, conservate ancora nel piccolo vaso sopra il caminetto.
Radunò le sue cose e indossò l'armatura, arrivare fino ad Anfipoli avrebbe richiesto numerosi giorni di cammino.
Salutò rapidamente Sophia e Nestor che la ringraziarono e la invitarono a tornare, qualora avesse voluto, e poi, partì.


Cercava ancora, inconsciamente, quella voce nella sua testa che l'aveva accompagnata per tutta la sua esistenza, incapace di rassegnarsi all'idea.
Perfino la sua stessa mente, ora, le sembrava un posto freddo e tetro. Un luogo troppo grande per lei sola, quasi sconfinato.
-Posso portarti rapidamente.- Hecate si materializzò accanto a lei.
-Lo farò come lo avrebbero fatto loro.- Rallentò il passo, adeguandosi a quello di un comune umano. Le sarebbe sembrato di prendere scorciatoie, di svilire l'importanza di ciò che era successo e, non essendo morta con loro, le sembrava di poter espiare almeno in piccola parte, con il sacrificio del proprio tempo e della propria fatica, le colpe che sentiva di avere.
-Vuoi separarti da loro il più tardi possibile, vero?-
-Sì.-
-Non sei felice di essere ancora viva?-
-Sono viva, Hecate?- Evitò di incrociare il suo sguardo, tenendolo fisso sul terreno innanzi ai suoi piedi.
-Stai provando emozioni tue, nonostante lei non ci sia più...-
Il simulacro sentì gli occhi diventarle lucidi, ma trattenne le lacrime, sbattendo rapidamente le palpebre.
-Questa tristezza, questa sensazione di vuoto che senti...- Sospirò la Dea, scuotendo il capo -Einai, sono umani.-
-Perché?!- Sbottò -Perché adesso che non vorrei sentire, sento?! Perché sta succedendo, visto che non ho un'anima? Chi mi ha maledetta a questo modo?!- Sentì la rabbia montare dentro di lei -Cosa ho fatto di male? Io non dovevo neanche esistere...- Le si spezzò la voce e si fermò, non riuscendo più a trattenere il pianto.
L'immortale la guardò, preoccupata -Il dolore passerà, il vuoto si attenuerà e pian piano riconquisterai spazio a quel silenzio che ora ti terrorizza. Fidati di me, non soffrirai in eterno.- Disse, stringendola al suo petto.
-Ho paura, Hecate- Non aveva idea di come sarebbe stata la sua esistenza da sola.
-Tutti ne abbiamo, ma senza paura non esisterebbe il coraggio e quello, credimi, non ti è mai stato in difetto.- Ricordava i primi passi dopo la sua guarigione, con quale fermezza aveva accettato di vivere lontana dalla donna che amava pur di permetterle una vita normale. Quanta determinazione le aveva richiesto portare a termine ogni missione affidatale e quanto coraggio e fatica le erano costati decidere di non cercare di salvarsi, andando contro alla morte, pur di terminare quell'ultimo, gravoso, compito.
Forse aveva preteso troppo da lei. Forse, era stata troppo crudele. L'immortale avvertì improvvisamente un senso di fastidio allo stomaco che riconobbe, tra i pensieri di Einai, come senso di colpa.
Non lo aveva mai provato prima.
-Mi dispiace.- Sussurrò Hecate all'orecchio della mora.


Dopo diversi giorni di cammino in solitudine, con solo qualche breve visita della Dea, Einai raggiunse Anfipoli.
Trovò la piccola cripta della famiglia di Xena ed entrò.
Sapeva, dai ricordi di Gabrielle, che la guerriera ci andava ogni anno, per commemorare i propri cari, e trovò tutto abbastanza in ordine. C'era solo un sottile strato di polvere e qualche ragnatela.
Posò l'urna sul piccolo altare presente ed uscì.
Voleva comprare il necessario per costruire un'ara votiva a loro dedicata, visto che Lyceus, Cyrene e Toris, riposavano all'interno di bare.
Avrebbe voluto scolpirla lei stessa, ma se si fosse rivolta ad un esperto avrebbe certamente ottenuto un risultato migliore.
Chiese informazioni e raggiunse la bottega di un marmista. Lo pagò il doppio di quanto pattuito, pur di averla pronta per l'indomani, poi tornò alla cripta, dove passò l'attesa risistemando e pulendo.
Aggiunse olio alle lanterne, spazzò il pavimento, spolverò e tolse le ragnatele. Si guardò attorno, cercando di capire cosa avrebbe potuto fare, per sistemare tutto al meglio.
Controllò il tetto e si assicurò che gli alberi vicini non mettessero a rischio la struttura e aggiustò anche qualche pietra un po' traballante degli scalini d'ingresso.
Accese le candele e pregò, per ognuno dei presenti, bruciando erbe e incensi comprati al vicino mercato.
Quando non ci fu più nulla da fare, il sole era nuovamente alto nel cielo e andò a ritirare il lavoro commissionato.
Tornò nel giro di poco e posizionò il pesante blocco di marmo bianco nel posto riservato a Xena, accanto alla tomba di Toris.
Finamente scolpite nella candida roccia, c'erano due figure femminili. Una con dei pugnali legati ai calzari, l'altra con la spada infoderata sulla schiena, mentre camminavano mano nella mano assieme alla loro cavalla.
Aveva voluto rappresentarle in un momento spensierato, mentre facevano quello che più piaceva loro e ricordarne la natura di guerriere e compagne.
Non era stato facile spiegarlo al marmista e farne il disegno, ma il risultato era perfino migliore di quanto si aspettasse.
Controllò la sommità del blocco con le dita e sorrise, vedendo che anche quell'ultima sua richiesta era stata esaudita.
Prese la spada di Xena e la infilò per tre quarti nella pietra, sfruttando la scanalatura che aveva ordinato al marmista. Se l'avesse inserita con la forza avrebbe rischiato di rovinare la lama, o di spezzare il marmo. Incastrò poi i sai di Gabrielle, incrociandoli contro l'elsa e, infine, posizionò il Chakram, agganciandolo frontalmente alla guardia della spada.
-Sicura di non volerlo tenere?- Einai in quei giorni aveva fatto l'abitudine alle improvvise apparizioni della sua Dea protettrice.
-Sì. Non è per me.- Si voltò a guardarla, ferma sulla porta della piccola cripta.
-Sei un'eroina e forse la cosa più simile ad un'erede che abbiano mai avuto. Senza dubbio porteresti avanti le loro idee.-
-Forse, ma loro volevano eroi nuovi, figli dei tempi in cui vivono. Io non sono niente di tutto questo.-
-Se vuoi vederla così...- Rispose scettica l'immortale.
-Sì, è così. Ma se un giorno troverò qualcuno di adatto, lo consegnerò.-
-Farai quindi la custode...?- Chiese perplessa Hecate.
-Chi meglio di un essere senza tempo, per farlo?- Prese l'urna con le ceneri delle guerriere dall'altare e la posizionò sull'ara.
-Sei pronta a finire questo viaggio?-
Il simulacro scosse il capo, negando -Ho bisogno ancora di qualche minuto.-
-Ti aspetto fuori.- Disse la Dea, scomparendo.
Rimasta sola si guardò ancora attorno, cercando qualcosa da sistemare che le fosse sfuggito, ma non trovò nulla. Non aveva più scuse per attardarsi.
Accarezzò il coperchio dell'urna con la punta della dita e la tristezza tornò ad invaderla.
Era tutto finito.
-Statemi bene, vi prego.- Sentì le lacrime salirle agli occhi, ma non voleva piangere nuovamente. -Ci vediamo l'anno prossimo, forse prima.- Cercò di sorridere.
Poi si allontanò lentamente dall'ara, spense candele e lanterne e recuperò la bisaccia.
Infine, diede un ultimo sguardo, colmo d'affetto, a ciò che aveva avuto di più simile ad una famiglia, prima di risistemare la pesante pietra davanti all'ingresso e chiudere la cripta, risalendo poi alla luce del giorno.



****

Note dell'autrice: 

Con questo capitolo si conclude questa avventura e ciò che tra me e me ho chiamato più di una volta "Rimedio ad AFIN".
Vi ringrazio di aver letto fin qui anche se è stato un racconto dall'epilogo triste, spero che come a me vi abbia lasciato almeno la soddisfazione di un addio sereno e pacifico. (E con altri quarant'anni di avventure tutte da scrivere! XD)

Vi ringrazio molto anche per le recensioni. Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.

Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!


P.S. Se tutto dovesse continuare a filare come previsto, sabato prossimo inizierò a pubblicare un'altra AU/Uber sempre su Xena e Gaby che sto scrivendo proprio in questi giorni.
Spero di ritrovarvi lì!
Quindi...A SABATO PROSSIMO! Tenete d'occhio il mio profilo facebook per tutti gli aggiornamenti (trovate il link nella mia autore, qui su EFP)














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