The Oracle of Death - Nekromanteion di Faust (/viewuser.php?uid=35582)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Evening Talk ***
Capitolo 2: *** Genesis ***
Capitolo 3: *** Quietness ***
Capitolo 4: *** Caos ***
Capitolo 5: *** Hecate Ctonia ***
Capitolo 6: *** Catabasis ***
Capitolo 7: *** Akemi ***
Capitolo 8: *** The Ivory Door ***
Capitolo 9: *** The Herald ***
Capitolo 10: *** Tales ***
Capitolo 11: *** Lethe ***
Capitolo 12: *** The Legacy ***
Capitolo 1 *** Evening Talk ***
Tavern Talk
1.
-Vi
racconterò della morte di Xena, e della disperazione di
Gabrielle. Del Dio della Guerra che provò a separarle e della
Dea dell'Amore che provò a riunirle.-
Il
silenzio cadde nella taverna.
I clienti e anche i bambini si
raccolsero attorno all'anziana aedo, consapevoli che avrebbero
sentito una storia incredibile, mentre una giovane donna dai lunghi
capelli scuri cominciò a scrivere, ad un tavolo
nell'angolo.
-Molti Dei e molti Demoni si intrecciano in questa
storia, ma anche molti eroi. Ascoltate quindi con attenzione, perché
sarà l'unica volta che sentirete questo racconto. Il racconto
di due guerriere con una sola anima e dell'eroina più nobile
fra gli eroi, che un'anima non l'aveva affatto.- Si fermò,
aspettando che la mora le facesse cenno di proseguire.
-Ricordo come
se fosse appena ieri l'arrivo al porto di Alessandria. Era notte, lo
sciabordio delle onde risuonava contro la chiglia ormeggiata, mentre
i miei passi calpestavano la terra dei Faraoni. Il porto sembrava un
luogo onirico, sospeso tra le polle d'esistenza pullulanti di vita
che i bracieri e le fiaccole strappavano alle tenebre.- Sollevò
gli occhi cerulei, guardando oltre la sua platea.
Non vedeva gli
avventori della locanda, attenti nella penombra, o gli arazzi che
adornavano le pareti, né i giochi di luce fatti dal crepitare
del fuoco nel caminetto accanto a lei, né i bambini seduti a
terra.
I suoi occhi vagavano, verso ricordi
lontani...
Gabrielle stava sbarcando dalla galea con poco
bagaglio, ma un fardello enorme in mano.
L'urna
con le sue ceneri.
Il
porto di Alessandria, nella notte, era sospeso tra le luci aranciate
dei fuochi di mendicanti e portuali. Chiasso, movimento, vita.
Quella
che sembrava non appartenerle più, da quando non apparteneva
più a lei.
Sfiorò
la lama del Chakram con le dita, non si era ancora abituata, raccolse
la sua bisaccia e passò il pollice sul coperchio dell'urna.
Una piccola carezza.
L'ultima
volta che era stata lì, era assieme a lei.
Strana ironia
quella della sorte, essere ancora insieme, ma in modo così
differente...
Lo
stridore che la lacerava dentro, come vetro contro vetro, l'avrebbe
spezzata, se non fosse stato per le parole al suo orecchio.
"Stai
tranquilla, sono qui".
Una
goccia d'acqua nel deserto, un istante di ristoro da quel dolore che
ormai l'accompagnava da settimane e a cui non riusciva a fare
l'abitudine.
Ricordi,
parole, sensazioni. L'illusione del suo tocco la manteneva a galla,
ma bastava un fremito, un pensiero, o un silenzio troppo lungo per
ripresentarle l'ingresso del baratro che tanto rifuggiva.
Vagava
nel porto come morto tra i vivi, alla ricerca di un luogo isolato in
cui riposare e parlare nuovamente con lei.
Aveva
visto, sulla galea che l'aveva portata fin lì, che non era
saggio rivolgersele mentre altri potevano vederla. Assurdo, per loro
che erano abituate ad avere un mondo tutto loro, doversi preoccupare
ora di questo.
La
volta precedente era giorno e ora faticava ad orientarsi, complice
anche la stanchezza. Passò una mano tra i capelli e sul volto,
per ridestarsi almeno in parte dal torpore pesante che l'era crollato
addosso.
Si
fermò brevemente accanto a un falò per riscaldarsi e
cercare di ricordare com'era fatto il porto, per potersene
allontanare.
Tra
la vociante folla, vide il lembo di un mantello nero nel
buio.
L'impressione
di un istante, eppure, familiare.
Riprese
a camminare, dirigendosi dove la folla le sembrava più rada,
il vociare più tenue e la sua mente più calma. Spostò
l'urna nell'altra mano e impugnò il Chakram, lasciandolo
appeso alla cintura.
"Qualcuno
ci sta seguendo"
-Lo
so.- Rispose a bassa voce.
-Ares!-
Invocò, appena raggiunta una zona deserta del porto, accanto a
una galea buia.
Quale
natura avrebbe mostrato questa volta la divinità? Benevola o
maligna?
L'immortale
si mostrò, cupo in volto come la notte -Ti sembra questo il
modo di ripresentarti?!-
"Cose
che succedono" Disse Xena, strafottente.
-Soprattutto
se ci si affianca a dei buoni a nulla- Passò lo sguardo sulla
più giovane -Non dovevi lasciarla morire!- Tuonò, colmo
d'ira.
-Ares
è stata lei a...- L'uomo la raggiunse così rapidamente
che non ebbe modo di difendersi, quando la colpì al volto con
il bracciale di ferro.-Non ti ha insegnato niente Eli?!-
Quelle
parole per lei furono più dolorose dello schiaffo.
"Ares
fermati!" La guerriera fremeva di volontà assassina,
impotente in quella forma.
-E
io che per un attimo ho pensato a te come erede...- Sputò a
terra ai piedi di Gabrielle -Dammi l'urna- Le ordinò.
-No,
mai.- La strinse al petto e sollevò il cerchio d'acciaio a
difesa, pronta a scappare.
-Dammela
Gabrielle, o la prenderò dal tuo cadavere...-
-Provaci-
La morte non la spaventava più, ormai.
"Fuggi
Gabrielle!" Gridò la mora un istante prima che un
fulmine scagliato dal Dio della guerra la colpisse, lanciandola
contro la paratia della nave, che esplose in mille
pezzi.
Silenzio.
Ares
si avvicinò ed entrò nel varco che aveva aperto,
soddisfatto. Spostò qualche pezzo di legno con il piede
e recuperò l'urna che la ragazza aveva continuato a
proteggere con il proprio corpo.
-Almeno
una cosa l'hai saputa fare, alla fine- Le disse, guardandola perdere
conoscenza, poi svanì, portando con sé il piccolo
vaso.
Si
svegliò di colpo portando la mano allo stivale, per afferrare
il sai, ma non trovò nulla. Era nuda.
Cercò
di alzarsi, l'intero corpo le doleva e le numerose fasciature che la
ricoprivano le rendevano difficile il movimento.
Non
sapeva come fosse arrivata lì, su quel letto di morbidi
cuscini, piume e pelli di leopardo, ma riconobbe lo stile di una
delle sue più care amiche. Era al sicuro.
Si
lasciò ricadere nuovamente, mentre cercava di riordinare le
idee, sfinita.
Doveva
recuperare Xena, ma Ares non l'avrebbe certamente ceduta
facilmente.
Come
poteva fare? Era pur sempre una divinità e poi, cosa aveva
spinto il Dio della Guerra a rubarle l'urna?
Un
bagliore accanto al suo giaciglio le annunciò l'arrivo della
sua protettrice.
-Finalmente
ti sei svegliata! Temevo che avresti dormito per sempre...- Aphrodite
si sedette accanto a lei e posò una mano su quella della
bionda. -Come ti senti?-
-Meglio.
Ti ringrazio per avermi curata.- Sorrise riconoscente, ma la
tristezza traspariva dal suo sguardo.
-Mi
dispiace per...Xena.- Aggiunse contrita la Dea.
Gli
occhi di Gabrielle si riempirono di lacrime, era la prima volta dalla
sua morte che ne parlava con qualcuno.
-Mi
manca- Singhiozzò disperata raggomitolandosi su sé
stessa, stringendo la mano dell' immortale.
-Mi
dispiace...-
-Perché
mi ha fatto questo, Aphrodite?- La rabbia che aveva nel cuore trovò
finalmente voce. Oltre alla mancanza, alla disperazione e al dolore,
l'ira per un gesto così egoista nei suoi confronti bruciava e
strideva contro ogni frammento di ragione. Era la cosa giusta da
fare, ma mai quanto in quell'istante avrebbe voluto che Xena
sbagliasse, per non perderla.
Perché
non aveva lasciato cadere l'urna nella fontana, ignorando la sua
volontà? Avrebbe preferito mille volte incorrere nella sua ira
che non affrontare la sua assenza.
Aveva
ragione Ares.
Come
per Eli, lei aveva sbagliato.
Ancora
una volta.
I
singhiozzi le squassavano il petto, facendo sobbalzare le spalle.
Aveva mantenuto dentro di sé ogni briciola di quel dolore, per
non mostrarlo al fantasma di Xena e questo l'aveva devastata in un
modo che nemmeno lei poteva immaginare. Solo ora si era accorta di
quel peso, ora che lei non era più al suo fianco.
Aphrodite si
limitava ad accarezzarle i capelli, affranta nel vedere quanto
soffrisse la giovane guerriera e sentendosi in colpa, per quanto
dolore poteva provocare la perdita dell'Amore.
Non
avrebbe mai voluto che questo accadesse alla sua migliore
amica.
-Posso
darti sollievo, se vuoi- Sussurrò lievemente.
-Ti
prego aiutami- Il suo dolore era reale, lo sentiva trapassargli il
petto come un ferro incandescente. Aveva provato qualcosa di simile
per Perdicca, il suo defunto sposo, ma questa volta era molto più
forte e non sapeva come gestirlo. Temeva veramente che il cuore le
scoppiasse.
La
Dea posò una mano sulla fronte della bionda. Le sue membra
irrigidite subito si rilassarono e cadde istantaneamente in un sonno
profondo.
-Che
tu abbia almeno tregua, Gabrielle- Auspicò la Dea, prima di
svanire.
Stese
nell'erba, finito il pasto, si rilassavano guardando le nuvole.
Serene e tranquille.
Il
fiume scorreva placido poco distante e la guerriera le accarezzava i
capelli lunghi, mentre lei aveva la testa posata sul suo ventre.
Una
bella giornata.
-A
chi sto pensando?- Esordì la mora, iniziando il loro solito
gioco.
-Uomo
o donna?- Chiese la bionda continuando a guardare il
cielo.
-Donna-
-Viva
o morta?-
-Viva-
-Mh...Questo
complica un po' le cose...- Si corrucciò appena,
ragionando.
-Fammi
delle domande e avrai gli indizi- La punzecchiò sollevando il
sopracciglio, divertita.
-E'
di Anfipoli?- Nonostante Xena negasse, pensava spesso alla
madre.
-No-
Continuò ad accarezzarle i capelli, lasciandoli scorrere tra
le dita.
-E'
una guerriera?-
-Anche-
Sorrise. Per fortuna la giovane non poteva vederla in volto,
altrimenti avrebbe indovinato subito.
-E'
un'Amazzone?-
-Sì.-
Forse l'aveva scelta troppo
facile.
-Hippolyta.-
-No-
-Ephiny-
-No-
-Se
è Velsinea stai barando!- Esclamò Gabrielle,
sollevandosi e appoggiandosi sul fianco, sicura di aver colto la
guerriera in fallo.
-Non
è Velsinea- Ridacchiò la mora, soddisfatta di averla
messa in difficoltà.
-Chi,
allora? Ne conosciamo troppe...-
-Non
vuoi farmi altre domande?- Chiese Xena, sollevandosi sui gomiti e
guardandola negli occhi.
-Ci
sono troppe amazzoni, interi villaggi! Magari è una con cui
non ho mai neanche parlato, come faccio a farti le domande
giuste?-
-Eppure
questa dovresti conoscerla bene.- Si divertiva, non voleva che il
gioco finisse subito.
La
bionda restò ancora qualche secondo in silenzio, poi scosse il
capo non trovando altre idee -Dai, dimmelo. Questa volta vinci
tu.-
-Pensavo
a te- Le disse dolcemente, guardandola negli occhi.
Gabrielle
sorrise, poi posò le labbra sulle sue, iniziando un tenero
bacio.
Si
risvegliò. Lacrime quiete le bagnavano il volto, e nonostante
il dolore del lutto fosse ancora presente, un vago tepore lo
avvolgeva, rendendolo più docile.
Si
sedette sul letto, lentamente, le girava un po' la testa.
Si
guardò attorno, alla ricerca dei suoi vestiti, e vide che
erano stati riposti con cura, sopra un baule ai piedi del giaciglio,
assieme ai sai e al Chakram.
Si
alzò e si rivestì.
Aveva
molte meno bende sul corpo di quanto non ricordasse la volta
precedente. Per quanto aveva dormito?
Un
bagliore alle sue spalle l'avvertì della comparsa della Dea
-Ben svegliata, stai un po' meglio?-
-Sì,
decisamente. Grazie Aphrodite.- Disse, asciugandosi gli occhi con le
mani.
-Non
c'è di che cara, ho chiamato le mie sacerdotesse migliori per
curare le tue ferite senza lasciare cicatrici...Non ho potuto fare
nulla per quel terribile tatuaggio sulla schiena però!-
Sottolineò il suo disgusto con un gesto non curante della
mano.
-Per
quanto ho dormito?- La guerriera cambiò argomento.
-Quattro
giorni, sei qui da una settimana-
La
bionda sbiancò, già sarebbe stata un'impresa seguire
Ares immediatamente, ma dopo tutto quel tempo, come avrebbe potuto
fare? Certamente ogni traccia era ormai scomparsa.
-Devo
cercare Xena. Ti ringrazio Aphrodite, per la tua ospitalità e
il tuo aiuto, ma devo partire il prima possibile-
-Non
lo troveresti mai.- Replicò, un po' infastidita, l'immortale
-Ti ricordo che mio fratello è un Dio, non avresti alcuna
possibilità di rintracciarlo- Sorrise sibillina.
-Cosa
vorresti dire?- Captò un sottinteso nel tono della Dea.
-Che
non lo troveresti mai, senza il mio aiuto.-
-Sai
dove si trova?-
-Esattamente.
L'ho seguito dopo che ha fatto del male a una mia amica. In realtà
lo tenevo d'occhio già da prima, per questo ti ho trovata
subito, in quel porto gigantesco.-
-Dove
l'ha portata?- Sapeva che la Dea avrebbe gradito una maggiore
riconoscenza, ma non ci riusciva. Doveva ritrovarla al più
presto e già si stava sforzando di essere cortese.
-E'
in quella pidocchiosa fattoria. Non ne esce più da quando ha
saputo...-
Gabrielle
annuì pensierosa. Da Alessandria al paese natale di Xena ci
sarebbero voluti giorni di navigazione... -Aphrodite, potrei
chiederti un altro favore?- Chiese con cautela.
-Lo
sapevo, vi do un'unghia e vi prendete tutto il braccio! Cosa vuoi
ancora?-
-Potresti
portarmi ad Anfipoli?- Ares una volta l'aveva portata in Oriente,
sarebbe stato molto più pratico così.
-Cara,
siamo a Eidon! Al massimo ti concedo un cavallo!- Rispose
indispettita e divertita. Si aspettava che la guerriera le facesse
quella richiesta, quindi, l'aveva portata da subito al suo tempio più
vicino.
-Oh,
Dei dell'Olimpo! Grazie! Grazie mille davvero!- Gabrielle non riuscì
a trattenersi e l'abbracciò, sollevata e profondamente
riconoscente.
-Ripensandoci
ti ci porto, non mi fido di mio fratello e detesto dover rifare le
cose- Chiosò la Dea,
arricciando il naso.
****
Note
dell'autrice:
Buon giorno e ben ritrovati all'appuntamento del
sabato!
Come promesso, eccomi a sottoporvi il mio finale
alternativo, post "A Friend In Need". Spero di riuscire ad
appianare un po' di cose lasciate in sospeso da AFIN, almeno.
Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille!
A
sabato prossimo!
P.S.
Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete
chiacchierare o fare domande, non esitate!
|
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Capitolo 2 *** Genesis ***
2 Farm
2.
Gli occorreva della terra vergine, mai toccata da mano mortale o immortale.
Non era così facile.
L'umanità aveva il vizio di esplorare e di raggiungere ogni angolo più remoto del mondo conosciuto.
Gli venne mente solo un luogo dove poteva essere certo di trovare
quella rara merce, ma era distante, avrebbe perso altro tempo... Certo,
nessuno più lo stava seguendo, ormai, ed il rituale era talmente
complesso che era decisamente meglio fare le cose attentamente o ne
sarebbe rimasto ucciso.
Si recò sull'Etna.
Sulle pareti del vulcano, vicino alla cima, avvolta da fumo e vapori
tossici, certamente nessun mortale era mai arrivato. E agli immortali
quel luogo non interessava.
Con un colpo secco frantumò una grossa lastra di lava fredda.
Gli occorreva il terreno sottostante, la sabbia nera protetta dalla
colata. Nessuno prima di lui l'aveva toccata, ne era certo.
Ne prese il più possibile e tornò ad Anfipoli.
Mischiò attentamente la terra vergine e l'argilla con acqua
pura.
La consistenza tiepida del materiale, che scivolava pastoso tra
le dita, era la prova che aveva ottenuto la giusta mistura e
cominciò a plasmare il corpo di un essere umano a grandezza
naturale.
Iniziò dalla testa, per poi proseguire con il busto, i fianchi, le braccia e infine le gambe.
Non occorreva essere precisi, abbozzò solamente le forme.
La parte complessa risiedeva nel pronunciare le giuste formule, nel modo corretto, per ogni parte del corpo.
Se avesse sbagliato in quella fase se ne sarebbe accorto solo a fine rituale e avrebbe rischiato la vita per niente.
Uscì in cortile, il sole stava tramontando, ormai, e
scavò una buca profonda nel terreno. Vi sistemò la sua
creazione, anche se con qualche difficoltà visto l'elevato
peso, e stava per cominciare a ricoprirla di terra, quando si accorse
di aver saltato un passaggio.
Tornò al tavolo da lavoro sul quale aveva plasmato quel corpo e
prese un frammento di pergamena. Un banale frammento di pergamena. Da
quello dipendeva tutto.
Sguainò la propria spada e si punse la cima dell'indice, poi,
con il proprio sangue, tracciò dei simboli arcaici.
Li rilesse più volte, per essere certo di aver scritto
correttamente -Vita...- Un sorriso sarcastico gli si dipinse sul volto.
Un'altra banalità.
Tornò alla fossa e si chinò sulla sua creazione, fece
un'incisione col pugnale sul petto della statua e vi pose dentro il
cartiglio, ricoprendo il tutto con altra argilla. Ne avrebbe sistemato
l'aspetto in seguito.
Riempì la fossa col terreno apena smosso e tracciò un
cerchio di sale tutto attorno alla buca, prese il libro su cui era
trascritto il rituale e cominciò ad enunciarne le 231 parole.
Ognuna aveva un significato preciso e andava declinata in cinque modi
differenti, rendendo lunga ed estenuante la pronuncia dell'incantesimo.
Ordine, cadenza e ritmo dovevano poi essere perfette e sincronizzate
con i suoi passi. Se avesse sbagliato anche solo una lettera, la sua
stessa esistenza sarebbe stata annullata immediatamente.
Proprio per la sua pericolosità quel rituale non veniva
utilizzato da millenni e considerato proibito e il suo frutto, un
abominio.
Trascorse tutta la notte a leggere, ripetere e camminare in
cerchio...Quando finì di declinare l'ultima parola, si
fermò.
La terra smossa cominciò a tremare, la superficie sembrava quasi
respirare, finchè una mano, grigia come l'argilla, uscì
dal terreno, seguita poi dal resto del corpo.
Davanti a lui ora si ergeva un essere a malapena umanoide, dalle fattezze deformi e rocciose.
Ce l'aveva fatta, era riuscito ad animare un Golem.
La creatura se ne stava ferma e immobile davanti a lui. Si capiva che
non era un'essere vivente. Non si avvertiva alcuna presenza, non
respirava, non si muoveva.
Stava fermo, fissandolo con orbite vuote, in
attesa di un ordine.
La parte difficile era completa, ora toccava alla parte importante.
Il vero motivo che lo aveva spinto a fare tutto questo.
Ordinò al Golem di stendersi a terra, fuori dal cerchio e
questi ubbidì, sprofondando per qualche centimentro nel terreno
soffice, per via della sua mole.
Il creatore tornò al tavolo, prese un altro pezzetto di
pergamena e feritosi di nuovo, scrisse ancora con il proprio sangue.
Qualcosa tutt'altro che banale questa volta, il suo obiettivo: "Xena".
Prese una manciata di argilla avanzata e tornò sui suoi passi,
chinandosi accanto alla testa della creatura e incidendone la fronte
con il pugnale. Nascose anche questo cartiglio nella cavità
creata e la ricoprì con l'argilla fresca, poi, prelevò un pizzico
di ceneri dall'urna e la mischiò in un vaso, con la stessa acqua
pura utilizzata per sciogliere l'argilla, cospargendone quel corpo
grezzo e deforme, ma facendo attenzione a non usare tutto il liquido.
L'aspetto della creatura iniziò a mutare. Mani e piedi ottenero
le dita, le gambe divennero affusolate e toniche, la pelle bronzea, il
volto armonioso e i capelli corvini e setosi.
Era perfetta, in ogni dettaglio.
-Alzati.- Gli ordinò.
La creatura eseguì il suo ordine, rigidamente, poi lo seguì in casa, in obbidienza ad un suo cenno.
La fece stendere sul letto, che scricchiolò sonoramente e si mise al suo fianco, ammirando la sua opera.
Ora toccava all'anima. Niente di più facile con i suoi poteri.
Bevve dal vaso la mistura rimanente e si chinò su di lei, baciandola con passione.
Sentì la lingua della creatura, dura come roccia, diventare
soffice. La pelle scaldarsi e il suo petto sollevarsi ritmicamente con
il respiro.
Perfetto, c'era riuscito, aveva legato l'anima della sua prediletta a quel nuovo corpo.
Xena era tornata finalmete in vita.
Terminò il bacio, soddisfatto. Lui, il grande Ares, si era spinto dove nessuno aveva mai osato.
Non solo aveva creato un Golem, ma gli aveva pure dato un'anima, creato la perfezione ed una nuova vita.
Era pari suo Padre, anche lui era un Creatore, ora.
Rimase fermo per qualche secondo, aspettando che iniziasse a muoversi.
Le articolazioni erano ancora innaturalmente rigide e tese, forse ci sarebbe voluto del tempo.
Sfinito, nonostante fosse un Dio, si coricò accanto a lei e si addormentò, cercando di recuperare le forze.
Si materializzarono davanti alla fattoria, dietro a dei cespugli e restarono in osservazione, nel silenzio più assoluto.
Tutto era sospeso, non un uccello che cantasse o una foglia che si muovesse. Tutto innaturalmente immobile.
Gabrielle impugnava un sai nella mano sinistra e il Chakram nella destra.
Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma le sarebbe bastato recuperare
l'urna e fuggire, con l'aiuto di Aphrodite.
All'improvviso Ares uscì, fermandosi sul portico della casa.
-Le erbacce non muoiono mai. Vero, Gabrielle?- Disse iracondo.
La guerriera uscì dal suo rifugio, mentre la Dea restò
nascosta -Lasciala andare, Ares.- Teneva la guardia alta, non si
sarebbe fatta cogliere ancora di sorpresa.
-Prenditela, non me ne faccio più nulla.- Disse seccamente.
-Cosa vuoi dire?- Chiese confusa. Perchè fare tutto quello per niente?
-Quella cosa non è Xena.- Si avvertiva del disgusto nella sua voce.
-Cosa hai fatto?!-
-Vieni a vedere. Anche tu, Aphrodite- Disse l'uomo, rientrando.
L'interno della fattoria era stato risistemato dall'ultima volta che
era stata lì con Xena e Ares.
Probabilmente, dopo aver
recuperato i suoi poteri, il Dio li aveva utilizzati per velocizzare i
lavori, ma tutto era rimasto semplice e spartano, come quando c'erano
loro.
Le risultava difficile non ricordare i momenti trascorsi assieme. Le
sembrava anche di aver legato un pochino con Ares in quel periodo, ma
la sua imboscata ad Alessandria l'aveva fatta ricredere.
-Certo che i tuoi gusti non li capirò mai, fratello- La Dea
dell'Amore si guardava attorno, sopraffatta da tutto quello sfoggio di
mediocrità plebea.
L'uomo le scortò fino alla camera da letto e si fermò accanto alla soglia chiusa, facendo loro segno di procedere.
Gabrielle si mise di lato alla porta e aprì con cautela, senza
entrare, non sapendo se aspettarsi un altro tiro mancino, mentre il Dio
sbuffava spazientito.
Al centro della stanza, silenziosa e in penombra, c'era ancora il letto
che avevano condiviso e, coperta da pelli di lupo, una donna che
dormiva prona, con lunghi capelli corvini adagiati sulla schiena nuda.
Gabrielle sussultò e si volse a guardare Aphrodite, che ricambiò il suo sguardo, stupita.
-Non può essere- Si rifiutava di crederci, non era possibile. Certamente i suoi occhi la stavano ingannando.
-Invece sì. Quasi.- Rispose infastidito l'uomo. -Ho usato le ceneri di Xena e un antico rituale.-
-Hai creato un Golem?! Fratello non ti facevo così
perverso...- Lo redarguì la Dea, tra il disgustato e l'allibito.
-Aphrodite, solo perchè sei mia sorella...Non pensare di poter restare sempre impunita.- La minacciò.
-Cos'è un Golem?- Chiese spazientita Gabrielle.
-In pratica è un simulacro. Un fantoccio animato tramite cartigli incantati e con le fattezze della persona
di cui si usa il sangue o le ossa. In questo caso le ceneri.-
Spiegò la Dea. -Ma è una pratica pericolosa e non si usa
più da millenni.-
-E se tu avessi riportato con te il suo spirito, ora sarebbe lei. Viva
e vegeta. Invece è una pallida imitazione, priva di autonomia.-
Aggiunse Ares.
-Non capisco...- La voce dell'aedo si incrinò di sospetto.
-Non era il suo fantasma quello che ti seguiva. Solo una patetica condensazione del tuo ricordo di lei.-
Si sentì sprofondare. Lo spirito della compagna che l'aveva
sostenuta per tutte quelle settimane alla fine era solo un'illusione?
-Ne sei sicuro fratello? Mi sembra proprio lei a guardarla...-
-Ne sono certo. Da quando l'ho creata è rimasta immobile,
finchè non siete entrate nel mio giardino. La vicinanza con
Gabrielle è ciò che le dà vita, altrimenti
è
solo una statua tiepida.- Disse amaramente.
La bionda restò in silenzio, non sapeva come reagire. Forse era
meglio per lei non capire appieno la situazione o avrebbe rischiato di impazzire per il dolore.
La sua compagna era effettivamente persa.
Per sempre.
Ignorò le due divinità che continuavano a discutere tra
loro e si sedette al tavolo, vicino al focolare spento.
Il vuoto della
morte l'aveva raggiunta, infine.
-Hai usato tutte le sue ceneri?- Li interruppe all'improvviso, alzando la voce.
L'uomo la guardò infastidita -No, il minimo indispensabile-
-Devo riportarle alla tomba di famiglia.- Solo una lacrima le
scivolò sul volto. Aveva rimandato quel compito nella
convinzione di star viaggiando ancora assieme a lei, ma stando
così le cose non aveva più senso procrastinare -Gliel'ho
promesso- Aggiunse.
-Tu non hai idea della situazione, vero?!- La investì a parole
il Dio della Guerra, ma Aphrodite lo interruppe toccandogli la spalla e
facendogli cenno, con decisione, di non aggiungere altro. Poi fu lei a
rivolgersi alla donna -Gabrielle, vuoi che ti aiuti ancora?-
La guerriera non ci mise neanche un secondo a decidere. Scosse il capo
rifiutando la proposta della Dea -No, ti ringrazio. Credo che sia
meglio fare da sola, questa volta.-
-Noi dobbiamo parlare di un paio di cose, ritorneremo appena finito. Tu
aspettaci qui, intesi? Potremmo metterci qualche giorno, ma resta qui.-
La voce dolce di Aphrodite quasi la supplicò, rendendole impossibile
rifiutare.
Una volta ottenuta la sua parola, le divinità
sparirono.
Non era ancora rimasta da sola da quando era successo. Aveva sempre con
sè Xena, o quella che credeva che lo fosse, o i marinai della
galea, poi, Aphrodite. Ma adesso non c'era più nessuno sguardo da cui
nascondersi.
Posò la fronte sulle braccia conserte sul tavolo e
cominciò a piangere disperatamente, scossa da violenti tremiti.
Quella volta era davvero finita.
Dopo un tempo che parve eterno, una mano dolce, nel silenzio della
stanza, si posò sulla sua testa. Riscuotendola dai suoi pensieri.
-Non piangere, Gabrielle- La voce calda, profonda e triste, costrinse la
bionda a sollevare di scatto il capo, incrociando i suoi occhi azzurri.
Sentì il cuore spezzarsi nel petto.
-Non posso vederti così- Aggiunse la donna mora, avvolta nella pelle di lupo, inginocchiandosele accanto.
-Xena...- Scosse la testa, costringendosi a pensare che quella che aveva
davanti non era che una copia. -Devo. E' ciò che è
giusto.- Trattenere ancora il dolore dentro di sè avrebbe finito
col distruggerla.
La mora la abbracciò con trasporto -Lo so, ma l'amore che provi
per lei mi spinge a fare tutto ciò che posso, per non farti
soffrire.-
-Tu sai cosa sei?- Chiese, asciugandosi le lacrime col palmo della mano.
La mora annuì, nel suo sguardo c'era dolore -So tutto quello che
sai tu e provo tutto quello che provi tu, ma il mio modo di agire ed
esprimermi è dato dal tuo ricordo di Xena dentro di me.-
Le braccia forti della copia della guerriera erano calde, la pelle
morbida e bronzea e poteva sentirla respirare. Solo il suo profumo era diverso "Sembra un essere umano
vero, non un fantoccio." pensò.
-Ti ringrazio- Sorrise amaramente la mora.
-Puoi leggermi nel pensiero?-
-Sì. Te l'ho detto, provo tutto quello che provi tu.-
La bionda si sciolse dall'abbraccio, rimettendosi in piedi e
allontanadosi di qualche passo, turbata. Non si aspettava che quel legame fosse così profondo.
-Posso evitare di fartelo notare, se preferisci.-
La bionda annuì, la situazione era troppo strana.
-Posso anche evitare di farmi vedere da te, se pensi che sia meglio...- Aggiunse con timore, distogliendo lo sguardo.
La guerriera rimase in silenzio, riflettendo -No, sarebbe ingiusto.
Tutto questo non è colpa tua.- Non voleva ferirla, nonostante
vederla le straziasse il cuore.
-Gabrielle,
ascolta bene.- Le si avvicinò -Sono felice solo se tu sei
felice...E farei qualsiasi cosa per aiutarti- La mora posò una
mano sulla sua spalla e si chinò leggermente in avanti, per
guardarla negli occhi. La somiglianza con Xena era terribile, il loro
linguaggio del corpo...Identico.
La bionda portò istintivamente la mano su quella dell'altra,
riflettendo. Doveva tenere a mente che non aveva davanti lei.-Mi
abituerò-
-Ti ringrazio- Sorrise mestamente. -Vado a cercare qualcosa di
più adatto da indossare di questa pelliccia- Si congedò e
tornò verso la camera da cui era uscita.
Gabrielle tornò a sedersi. Tutto era molto bizzarro, addirittura pazzesco, ma
la situazione era quella e aveva promesso di restare fino al ritorno di Aphrodite. Doveva cercare di reagire.
-Dovremmo cercarti un altro nome- Non
chiamarla Xena l'avrebbe aiutata a separare i ricordi dalla
realtà.
-Mel?- Si sentì rispondere dalla camera.
-No, meglio qualcosa di completamente nuovo.-
Poco dopo la copia tornò nella stanza -Posso andare bene
così?- Indossava dei pantaloni di cuoio intrecciato, infilati
dentro ai calzari e una casacca lisa, scura e senza maniche -Sono gli unici
vestiti non suoi che ho trovato.- Aveva anche legato i capelli in un lunga treccia.
-Grazie per averci pensato-
-Di niente. Allora? Il mio nome?- Sentiva che la bionda stava girando attorno a una buona idea.
-Einai. Significa "E' "- Spiegò la bionda.
-Mi piace.- Sorrise, come se non ne avesse già conosciuto il significato.
Semplice,
diretto, racchiudeva in una sillaba tutto ciò che era, non
avrebbe potuto pensare ad un nome migliore. Le altre ipotesi che
aveva sentito formarsi nella mente di Gabrielle giravano tutte attorno a
quel concetto, ma suonavano peggio.
Calò la notte. La ragazza cenò con i prodotti della
fattoria, mentre Einai non ne aveva bisogno. L'avrebbe fatto se fosse
stato necessario, ma sarebbe stato uno spreco e l'altra non
insistè.
Si coricarono nell'unico letto disponibile, dopo aver indossato abiti
più comodi per la notte e si coprirono con le pellicce.
-Vuoi... Che ti abbracci?- Aveva sentito il formarsi di un pensiero indefinito al riguardo.
-Meglio di no.- Doveva abituarsi.
-Capisco quello che provi, puoi confidarti o sfogarti con me. Io sono
Einai, tua amica.- Era combattuta tra il desiderio di confortarla e la
paura che l'altra aveva di non riuscire a staccarsi mai più dal ricordo di
Xena.
-Non offenderti, non riesco ancora a separare del tutto te da lei- Erano troppo simili.
-Lo capisco...Buona notte- Si voltò sul fianco, dandole le
spalle. Chissà come sarebbe stato. Avrebbe dormito ancora?
Avrebbe fatto gli stessi sogni di Gabrielle o se lei non fosse riuscita
ad addormentarsi avrebbe passato la notte e rincorrere i suoi pensieri?
Non aveva idea di cosa sarebbe successo, chiuse gli occhi e
aspettò.
-Buona notte- Rispose l'altra.
"Sboccia l'alba sulla tua pelle addormentata..." Si svegliò, sentendo questi
versi nella sua mente. Non aveva sognato o avvertito nulla fino a
quel momento, forse la notte era stata solo sua.
Si portò una mano al viso e sentì la voce nella sua testa
zittirsi. -Buongiorno- Si stirò, allungando bene braccia e gambe,
poi si mise a sedere.
-Buongiorno- Gabrielle stava finendo di vestirsi.
-Sei riuscita a dormire?-
-Sì. Mi sono svegliata poco fa.-
-Oh, quindi quando dormo non sento quello che pensi. Strano.- Anche lei
si alzò e cominciò a indossare gli abiti scelti il giorno
precedente.
Gabrielle provò sollievo nel sapere che almeno i suoi sogni sarebbero rimasti solo suoi.
-Prima stavi pensando a lei?- Chiese Einai.
-Sì...- Ammise timidamente.
-Sembrava molto bello. La tua capacità di tradurre ciò
che stai guardando in versi è affascinante. Mi dispiace che gli
altri non possano assistere a questo tuo processo mentale.-
-Grazie.- La bionda arrossì per l'imbarazzo. Non le era mai
stato detto niente del genere. Per forza, nessuno prima d'ora le aveva
letto la mente.
Avrebbe dovuto imparare a controllare anche quello.
-Scusa, farò più attenzione a fare finta di niente d'ora in poi.- Rispose la mora.
-Scusami tu, è complicato-
****
Note dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!
Grazie per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!
P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate!
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Capitolo 3 *** Quietness ***
3b before the caos
3.
Einai rientrò in casa, portando delle uova
e del latte di capra appena munto. Si guardò attorno, ma non
vide Gabrielle. Si concentrò e seguì il filo dei
suoi pensieri, letteralmente. Era sul retro, in cortile. Si
affacciò all'uscio, la ragazza stava ignorando la sua stessa
fame, annegando nei ricordi -Gaby?- Le sfuggì. La bionda si
voltò di scatto, mentre un pensiero indistinto le raggiungeva
la mente "X...Ah." -Scusami. Non volevo sorprenderti.-
Sorvolò, per non peggiorare la situazione. -Ero
sovrappensiero...- Si asciugò rapidamente la guancia con il
palmo della mano. -E' ora di mangiare.- Le disse, indicando con lo
sguardo il suo stomaco, vagamente preoccupata. -Hai...Hai
ragione.- Scosse il capo e la seguì, accorgendosi che il sole
stava tramontando. -Ho trovato lungo il sentiero le erbe che ti
piacciono, ti faccio una frittata? - -Grazie, posso fare io.- Le
si avvicinò, per prendere il necessario. -Riposati.- Le
posò una mano sul braccio, guardandola negli occhi,
apprensiva. Poche volte Xena le aveva riservato quello sguardo,
doveva apparire realmente distrutta. Si rassegnò e andò
a sedersi al tavolo. -Posso fare solo questo e lo faccio
volentieri...- Cercò di far apparire la frase casuale e non
come risposta ai suoi pensieri. Avrebbe dovuto fare più
attenzione, ma quei movimenti le scivolavano addosso
naturalmente. -Ti ringrazio.- Guardò l'altra, mentre
metteva a riscaldare la padella sulla brace, nel focolare -Sai come
si fa?- Chiese curiosa. -Sì. Posso vedere i tuoi ricordi e
seguire le indicazioni.- Stava riguardando, proprio in quel momento,
l'ultima volta che Gabrielle aveva eseguito quella ricetta. -Xena
cucinava poche volte, mi sembra strano vederti farlo.- Sorrise
malinconicamente. Vedere quelle differenze nel suo modo di fare,
anche se piccole, la aiutava a scindere i ricordi dalla
realtà. Einai sorrise a sua volta, sentendo quel piccolo
spiraglio di sollievo "So fare molte cose." Non poteva di
certo dirlo. -Spero che il risultato sia simile alla tua.- Rovesciò
le uova sbattute nella padella calda, assieme alle erbe e un po' di
latte. -Non preoccuparti.- Disse, leggermente più
serena. Dopo poco fu pronto e, il pasto abbondante, assieme
al latte, la aiutarono a riempire lo stomaco borbottante. Mangiando,
aveva guardato per tutto il tempo Einai, di sottecchi. La mora
si era persa nei propri pensieri mentre lavava la padella, ormai
vuota, in un piccolo tino. "Chissà quando torneranno"
Avrebbe aspettato, come promesso. Aphrodite glielo aveva chiesto
accoratamente e, alle ceneri di Xena, non avrebbe cambiato nulla un
giorno...Sperava però che non passasse troppo tempo. Si
alzò da tavola e sparecchiò, passando il piatto e le
posate all'altra. -Posso fare io, se vuoi.- -No, tranquilla.
Pensavo...Vuoi farti un bagno?- -In effetti dovrei...- Ricordò
che c'era un grosso tino nella stalla, non una vera e propria vasca.
-Mi lavo alla fontana, si farebbe troppo tardi a scaldare l'acqua
necessaria.- -Sì...Vuoi una mano con le medicazioni sulla
schiena?- Chiese il simulacro, asciugandosi le mani in un canovaccio
grezzo. -Mi faresti un favore.- -Dove tieni le bende?- Sapeva
già che la bionda aveva il necessario nel suo bagaglio. -Nella
mia bisaccia, Ares non ne avrà di certo in casa...- Era un
peccato, quelle le teneva per le emergenze, in viaggio -No, non
credo.- Fece una smorfia vagamente rassegnata, sentendo i suoi
pensieri. -Ti aspetto qui, allora.- Le sovvenne qualcosa -Vuoi della
frutta? Non c'ho pensato prima.- -No, sono a posto...Ce n'è?
Il melo mi sembrava senza...- C'era un grosso albero, proprio accanto
al portico della fattoria. -Ne ha qualcuna in cima.- Gabrielle
scrollò le spalle, non ne valeva la pena, quella pianta era
alta più della casa. -Domani con la luce?- -Vedremo.
Vado, o farà buio del tutto.- Si congedò e uscì.
Einai continuò a sistemare la cucina, rilassandosi: in sua
assenza poteva smettere di controllarsi, almeno per un
po'.
Gabrielle tornò poco dopo. Nel frattempo Einai
aveva acceso diverse candele e ravvivato il fuoco, per avere la luce
sufficiente a medicarla, dato il tramonto ormai passato. L'aria
della sera era tiepida, appena fresca, e i grilli frinivano nei
cespugli attorno alla fattoria. La guerriera passò le bende
alla mora, dopo averle recuperate dalla bisaccia, e si sedette su uno
sgabello, abbassando la veste da notte fino a metà
schiena. Le ferite che avevano bisogno di medicazione erano sulle
spalle, le altre erano superficiali o praticamente guarite. Einai
prese un piccolo barattolo di unguento e cominciò a spalmarlo
sulle ferite. La sfiorava appena, con il timore di farle male. -Per
favore fai più pressione, o mi fai il solletico...- Non
riusciva a smettere di pensare a quando Akemi le aveva fatto il
tatuaggio...Xena era rimasta accanto a lei, distraendola per
alleviarle il dolore. Avevano parlato per tutto il tempo e nei
momenti più delicati le aveva preso la mano, incoraggiandola,
dispiaciuta. Il simulacro appesantì il tocco, andando
incontro alle sue richieste. Temeva di esagerare e così era
tesa a captare ogni suo pensiero, alla ricerca di un qualsiasi
accenno di dolore. Ben presto però, altro la distrasse. Il
ricordo di tutte le volte in cui Xena le aveva medicato una ferita
sulla spalla. L'unguento, il massaggio e la sensazione dei suoi
baci sulla pelle. Difficile reprimere quell'abitudine che premeva per
prendere il sopravvento. Sospirò stancamente, cercando di
scacciare quei ricordi -Va meglio così?- -Sì,
grazie. Tutto bene?- L'aveva sentita sbuffare. -Sì, forse
ho sonno. Finito qui andrei a dormire, se per te va bene.- -Certo,
non preoccuparti. Non me lo devi chiedere...- Per lei era ancora
presto, avrebbe aspettato a coricarsi.
Si era svegliata in
tarda mattinata ed Einai non c'era. Aveva trovato delle mele e del
latte fresco sul tavolo e le aveva mangiate per colazione, ma della
mora nessuna traccia. Nei giorni precedenti le aveva spesso
lasciato del tempo da sola, cosa che la ragazza apprezzava, per poter
elaborare il suo dolore senza preoccuparsi delle apparenze, ma le
aveva sempre fatto compagnia durante i pasti e lo trovò
un po' insolito. Decise di cercarla per la fattoria. Non
era nell'orto sul retro e neanche nella stalla ma, le balle di
fieno che giacevano ammucchiate disordinatamente fino al giorno
prima, erano state allineate e impilate con cura. L'ultima volta
ci avevano messo l'intera giornata, lavorando in due, ed era stato
molto faticoso, però erano riuscite ad ottenere un angolo
appartato, al riparo dagli occhi indiscreti di Ares, per fare il
bagno. "Chissà che fine ha fatto quel grosso tino..."
Svoltò l'angolo della pila di fieno e lo vide, rimanendo
perplessa. Era molto pesante e lo avevano sollevato assieme, lei e
Xena... Einai doveva averlo visto nei suoi ricordi, ma come poteva
aver fatto tutto quello da sola e in così poco tempo? Doveva
essere straordinariamente forte...Non lo aveva notato fino a quel
momento, che si trattenesse per non spaventarla? Si accorse di non
aver idea di quali potessero essere le potenzialità di un
Golem. Le antiche leggende di cui aveva sentito parlare narravano di
mostri enormi, niente a che vedere con il suo caso. Uscì,
tornando sui propri passi, e vide le sue impronte sulla polvere,
molto marcate. Sorrise. Quelle di Xena erano difficilmente
individuabili anche quando camminava normalmente e nonostante
l'armatura... Forse la ragazza stava trasportando qualcosa di
pesante, per lasciare segni così evidenti. Si incamminò
verso la casa, seguendo le tracce, quando, ad un tratto, un movimento
sulla cima del melo attirò la sua attenzione. Alzò
lo sguardo, riparandosi gli occhi dal sole con la mano, e vide Einai
che, con un grosso segaccio, stava potando l'albero. Da lì
a poco, infatti, un ramo si schiantò al suolo e poi un altro e
un altro ancora. Aspettò silenziosamente che finisse,
cercando di trattenere anche i pensieri, non voleva sorprenderla o
distrarla. Poteva scivolare e da quell'altezza si sarebbe fatta molto
male se fosse successo. La mora terminò in fretta, senza
fare alcuna pausa per riposare, e lasciò cadere la sega a
terra. Poi raccolse le mele rimaste e sollevò un lembo della
casacca per tenerle. All'improvviso, il ramo su cui era
appoggiata si ruppe sotto i suoi piedi e cadde. Gabrielle sbiancò
e scattò verso di lei, spaventata, ma prima di raggiungere
terra, Einai riuscì ad afferrarsi ad un ramo con la mano
libera, frenando la caduta all'ultimo. Un paio di frutti rotolarono a
terra. -Tutto bene?!- Le gridò, correndo verso
l'albero. -Sì.- Si lasciò cadere, atterrando
pesantemente accanto a lei e sollevando parecchia polvere. -Ti sei
fatta male?- -...Ho strisciato il braccio contro il tronco.-
Disse con imbarazzo. -Fammi vedere.- Chiese preoccupata, era
evidente che non era esperta nell'arrampicarsi -Potevi chiamarmi, o
prendere la scala.- Aggiunse, infastidita dalla sciocchezza che la
mora aveva fatto. -Ho provato, ma i pioli si sono spezzati...- Il
simulacro posò le mele in un cesto vicino e recuperò
quelle cadute. -Non è niente, non sanguina neanche...- Sminuì,
avvicinandosi e mostrandole la parte interessata, con timore. Crepe
sottili si irradiavano per qualche centimetro, subito sopra al
gomito. Gabrielle non aveva mai visto niente del genere su un essere
umano, solo sui vecchi vasi di terracotta. -Tu ce l'hai il
sangue?- Chiese, dopo un paio di secondi, mentre la teneva per
l'avambraccio. -No...- Ammise vergognandosi, sentendo i pensieri
dell'altra e il suo disagio alla risposta. -Non so come aiutarti.
Credo sia il caso di bendarla ma...- "Disinfettare?" Non ne
aveva idea. -Brucia appena. Molto meno del ginocchio che ti sei
sbucciata al torrente, a Potidea.- Sorrise malinconica -Ares saprà
come...Ripararmi.- Disse mortificata, quella parola non le piaceva
affatto. Restò per qualche istante in silenzio, per poi alzare
gli occhi dalla ferita e incrociare quelli di Gabrielle -Non è
niente, non preoccuparti.- Distolse nuovamente lo sguardo. -E se
non si potesse?- Diede voce ai suoi pensieri, l'altra li aveva letti,
ormai. -Credo di poterci convivere...- Si sfilò lentamente
dalla presa della bionda, riportando il braccio al fianco -Scusa.- Si
addentò il labbro inferiore mentre le diventavano lucidi gli
occhi. Stava sentendo quello che la guerriera aveva immaginato,
vedendola cadere -Non volevo.- -Scusa tu, non era il caso di
ripensarci...- -Farò più attenzione.- Gabrielle
rimase in silenzio per qualche secondo, prima di riprendere -Non puoi
fare attenzione a tutto. Ho capito quanto ti sforzi. Fai caso a come
parli, a come ti muovi...Respiri? O lo fai per me? Non puoi pensare
sempre a tutto. Solo...Cerca di non rischiare la vita, va bene?-
Addolcì il tono in quella domanda. Einai annuì,
sorpresa, e arretrò di un passo, quasi spaventata -V-vado a
finire di sistemare la stalla.- Poi si voltò e correndo tornò
verso l'albero, recuperò il segaccio da terra ed entrò
nel basso edificio, a passo spedito. "Ah, la benda..."
Si ricordò la bionda. -Faccio io!- Le gridò l'altra
in risposta, da dentro la stalla.
Quando fu ora di pranzo,
Einai si avviò verso casa. Gabrielle stava cucinando.
L'aveva lasciata fare, sentendo che mantenersi occupata la
aiutava. Si distraeva dal suo dolore e anche per lei era così. La
sorvegliava continuamente ma, dopo il ricordo della sera precedente,
aveva capito che forse era meglio non starle troppo vicino. Non
voleva correre il rischio di infastidirla involontariamente. Anche
i pensieri che aveva percepito poco prima l'avevano confusa e le sue
parole non l'avevano aiutata. "Respiri...O lo fai per me?"
Si era accorta di tutto. Lei voleva solo che la ragazza si sentisse a
proprio agio e al sicuro, senza ricordarle continuamente la sua anima
gemella, nonostante il suo aspetto. Si guardò il gomito,
fasciato con uno straccio pulito. La preoccupazione della bionda
era stata per lei, non per chi le ricordava...Ed era realmente
preoccupazione e non più senso di colpa, come il primo
giorno. Il suo passato si poteva riassumere in poche righe e
nemmeno lei aveva ancora capito chi fosse, ma Gabrielle si
preoccupava per lei. Come se fosse sua amica. Possibile? Nemmeno
il suo creatore l'aveva degnata d' uno sguardo, lasciandola lì,
deluso e disgustato. C'era effettivamente una separazione tra sé
e le emozioni di Gabrielle? Cosa provava davvero lei? Esisteva un:
"Davvero lei"? Riusciva a individuare i suoi pensieri
come esterni, ma non succedeva lo stesso con i suoi ricordi e, nel
giro di poco, tutto diventava un ricordo, vissuto in prima
persona. Lei stessa amava Xena e amava come Xena amava Gabrielle.
Entrò in casa e lo scricchiolio del pavimento la annunciò
-Ciao.- -Ciao. Finito con la stalla?- Non sapeva se sarebbe
rientrata, ma sperava di avere compagnia. -Continuo dopo...- Si
asciugò la fronte, spettinandosi la frangetta, poi si guardò
la mano umida, perplessa. -Che c'è?- Chiese Gabrielle,
vedendo la sua espressione. -Ah, niente. Non preoccuparti.- Prese
uno straccio e si asciugò ancora il viso, bloccandosi
all'improvviso, sentendo i pensieri della donna -Davvero posso...?-
Sgranò gli occhi. Non era certa di aver capito bene. -Mi
sembra ingiusto costringerti a fingere di essere chi non sei.- -Non
vorrei che tu ne soffrissi- -...Dovrò abituarmi. Qualunque
cosa potrebbe ricordarmela, in fondo.- -Prenditi più tempo,
posso continuare.- -Inutile rimandare ulteriormente... A cosa
stavi pensando poco fa?- -Il sudore... E' una seccatura- Le disse
scettica, evitando di guardarla e passandosi ancora lo straccio sulla
fronte. Rise sommessamente -Vero.- -Anche il
dolore...- Gabrielle annuì -Era la prima
volta...?- -Sì.- -Ares è rimasto sconvolto quando
gli è successo.- Glielo aveva raccontato...Xena. -E' stato
strano sentirlo, ma sapevo cos'era. Dai tuoi ricordi.- Corrugò
un po' la fronte, preoccupata. -Spiegami meglio. Come funziona?
Cosa puoi fare?- -Oh, posso fare cose semplici...Seguire una
ricetta, ad esempio, ma per le cose più difficili...Non
basta.- -Ovvero?- -Arrampicarmi su un albero. L'hai fatto molte
volte e l'hai visto fare ancora di più, ma c'è una
grossa differenza tra teoria e pratica...- Aveva faticato parecchio a
trovare i giusti appigli. -Capisco.- -Ho dei movimenti
istintivi, ma non molto affidabili.- Si sedette al tavolo, facendo
scricchiolare la sedia, mentre la guerriera si sedeva a sua volta,
capendo che aveva accettato di restare con lei per
pranzo. -Einai...Hai mai mangiato qualcosa...?- Non ricordava se
avesse assaggiato la frittata, almeno durante la preparazione. -No.
Non mi serve.- -Ma sentiresti i sapori?- -Credo di sì...-
Aveva familiarità con la sensazione tattile del cibo sulla
lingua. -Vuoi provare?- La mora assunse un'espressione
perplessa, osservando con sospetto le uova all'occhio di bue nel
piatto dell'altra -Meglio di no. Sono mollicce e tremolano...-
****
Note
dell'autrice: Buon giorno e
buon sabato!
Grazie
per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con
poche parole <3 Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille! A
sabato prossimo!
P.S.
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Capitolo 4 *** Caos ***
4 Caos
4.
Era il mattino del quarto giorno e, degli Dei, nessuna
traccia. Le due donne si erano ormai abituate a quella
consuetudine che si era instaurata tra loro. Einai vegliava su
Gabrielle, da lontano. Il bisogno che sentiva di confortarla era
quasi straziante, ma non voleva turbarla con il proprio aspetto.
Avvertiva che la ragazza si stava abituando, ma non voleva
correre troppo. Non era necessario avere fretta, l'equilibrio della
giovane le sembrava ancora precario. D'altro canto, la guerriera
apprezzava molto le sue premure. Sia quando le faceva compagnia, sia
quando la lasciava sola. Il sincronismo era certamente dettato
dalla loro connessione, ma c'era qualcosa in lei che andava ben oltre
al condividere la sua coscienza. Le sembrava di parlare con un
essere umano in tutto e per tutto e non con un oggetto. Einai
aveva opinioni proprie e una propria volontà, prendeva
iniziative. Non era solo il suo riflesso. Gabrielle si
preoccupava per lei, non era mai successo. Certo, forse era
prematuro dire "mai", esisteva da pochi giorni appena, ma
dai ricordi della guerriera aveva sentito che Ares e Aphrodite, gli
unici con cui avrebbe potuto avere un'interazione dal momento della
sua nascita, l'avevano considerata di valore inferiore a quello di un
animale. Forse perché non si era svegliata in tempo.
Chissà se qualcosa sarebbe cambiato, se avesse avuto la
possibilità di parlarci. Temeva Ares, aveva visto la sua
ira e avvertito il disprezzo nella sua voce, quando aveva detto a
Gabrielle che lei era solo... Lei. Probabilmente sarebbe stato più
facile con Aphrodite, la bionda provava affetto per la Dea, non
sembrava una persona cattiva. Quando sarebbero tornati, Gabrielle
sarebbe partita per riportare le ceneri di Xena ad Anfipoli e lei
sarebbe sprofondata di nuovo in un sonno senza sogni... Forse poteva
chiederle di andare con lei. Aveva cominciato a studiare i
rudimenti del combattimento tramite i ricordi dell'altra. Era forte,
non si stancava, non l'avrebbe rallentata o infastidita e sapeva
badare e sé stessa "Ho studiato le stelle...Parlato con i
filosofi e ho il dono della preveggenza..." Sorrise tra sé
e sé, ricordando quella frase detta da Gabrielle, al suo primo
incontro con Xena. La situazione era simile, solo invertita. Era
lei la ragazzina inesperta, ora. Forse Gabrielle glielo avrebbe
concesso. Forse l'avrebbe capita. Lei la vedeva, la teneva in
considerazione, la trattava come sua pari...Certamente il suo aspetto
non la aiutava e vedere quanto effettivamente fosse differente da un
vero essere umano, ancora la inquietava un po'...Ma provava affetto e
stava cercando di conoscerla e di instaurare un rapporto. Quella
sera, dopo essersi coricate, glielo avrebbe chiesto. Si
vergognava un po', temeva un rifiuto, ma al buio sarebbe stato più
facile mascherare l'imbarazzo e nascondere la delusione, se fosse
servito. Sperava che la guerriera le desse il permesso, non voleva
passare l'eternità sospesa in un limbo, non dopo aver provato
la vita. Si alzò di scatto dallo sgabello, spaventando la
capra che stava mungendo, e corse verso casa. Era arrivata
Aphrodite.
-Gabrielle, ho bisogno di parlarti- Il suo tono
era carico di preoccupazione e contrizione. -Dimmi, Aphrodite-
Prese le mani della Dea tra le sue, mentre Einai, appena arrivata
dalla stalla, restava in disparte, qualche passo più
indietro. -C'è un problema con l'anima di Xena- La Dea
guardò per un secondo il simulacro, con diffidenza, per poi
tornare sulla guerriera. La mora uscì in cortile, per non
disturbare la nuova arrivata. Poteva comunque ascoltare tramite
Gabrielle. -Cosa è successo?- Chiese con terrore la
guerriera. -Vedi...Da quando avete ucciso Plutone, gli Inferi
sono nel caos.- -Ma...Lucifero?- Lei e Xena avevano tramato
appositamente per farlo decadere e prendere la guida del
Tartaro. -Proprio lui è il problema. Sta cambiando tutto e
le anime di coloro che erano negli Elisi sono in disputa, ora. Lui
vuole tenerle all'Inferno.- Rimase senza parole. Era sollevata
dall'apprendere che la compagna fosse tra i giusti, ma saperla in
pericolo la turbava profondamente. -Quella battaglia è al
di fuori delle nostre capacità. Non c'è niente che tu
possa fare, Gabrielle.- -Perché mi dici questo, allora?- La
guerriera non capiva, Aphrodite non le avrebbe mai parlato a quel
modo, se non ci fosse stata una soluzione. -Non possiamo
immischiarci in quella guerra, ma tu puoi tentare di recuperare la
sua anima. Salvare almeno lei, capisci?- -E tutti gli
altri?- -Abbiamo la possibilità solo per uno.- La
guerriera annuì -Cosa devo fare?- Chiese con
fermezza.
Finito il colloquio con Aphrodite, la guerriera
iniziò a prepararsi per il viaggio. Einai entrò
nella stanza -Sarà pericoloso- Sentiva la paura che l'altra
provava. -Sì, ma devo farlo assolutamente. Xena lo farebbe
per me e non riuscirei a perdonarmi, se mi tirassi indietro.- -Lo
so.- Si sedette sul letto, alle sue spalle, facendolo scricchiolare
sonoramente. In lei si agitavano altri sentimenti, oltre a quelli
dell'amica -Gabrielle...- -Dimmi.- Disse la bionda, continuando
ad occuparsi della bisaccia. -Guardami.- Il tono di Einai era
deciso, molto diverso dalla fonte di dolcezza che era stata in quei
giorni. La guerriera non poté esimersi dal voltarsi. -Sento
dentro di te la felicità di poter finalmente fare qualcosa.-
Il simulacro si alzò e si avvicinò a lei, guardandola
negli occhi. -Le tue emozioni sono così contrastanti che quasi
mi sembra di scoppiare. Provi dolore, rabbia, paura,
preoccupazione, gioia, speranza, determinazione e amore...Fate sempre
così, voi esseri umani?- Chiese, con una punta di
amarezza. -Non lo so...Io sì.- -Se solo Xena potesse
saperlo...- Gli occhi le divennero lucidi per la tristezza. Gabrielle
le accarezzò la guancia con la punta delle dita, dolcemente,
in lei non rivedeva più la compagna. Si assomigliavano, ma
erano molto diverse. -Io credo che lei lo sappia e che per lei sia
lo stesso- Einai annuì -L'amore che provi per lei e quello
che lei ti dimostrava sono tra i tuoi ricordi più fulgenti
nella mia memoria, ma quello che traspariva dai tuoi gesti e dalle
tue parole...Non era neanche la decima parte di quello che sento. Non
è possibile trasmetterlo con metodi umani...- Provava una
pietà immensa per quei sentimenti impossibili da comunicare,
se i mortali avessero conosciuto la vastità delle emozioni che
li circondava, il mondo sarebbe stato completamente diverso e non più
come quello che aveva percorso Gabrielle, in quegli anni. -Mi
dispiace che tu sia così turbata.- -Non importa- Sorrise
amaramente -Saranno le ultime cose che sento, in ogni modo- Una
lacrima le scivolò sul viso. -In che senso?- Le asciugò
la guancia con il pollice. -Quando sarai fuori dal giardino il
nostro legame si interromperà, sarai troppo distante, e io
sarò nell'oblio fino al tuo ritorno. Se tu fallissi non
mi risveglierei più. Se tu avessi successo, lo spirito di Xena
prenderà il mio posto, ciò per cui sono stata creata
dal principio...- Non poteva più chiederle di accompagnarla,
sarebbe stata solamente d'impiccio in una battaglia del genere.
Gabrielle non ci aveva ancora pensato, nella fretta dei
preparativi non si era soffermata minimamente su questo aspetto. Si
sentì in colpa, avrebbe causato la scomparsa di una persona
che le aveva voluto bene incondizionatamente e a cui anche lei voleva
bene. -Non sentirti colpevole. Non...Non credo di essere una
persona vera.- Si asciugò una nuova lacrima -E l'amore che
provo per te è dato dal tuo sentire. Non darti colpe... Mi
dispiacerà solo non poter più fare parte di tutto
questo.- -Posso fare qualcosa?- La voce le tremava di tristezza,
non avrebbe saputo come risolvere. Sperava di avere tempo al ritorno.
-Vorrei quello che ti è mancato così tanto.- Evitò
il suo sguardo, non aveva il coraggio di chiederlo, ma stava per
morire, che senso avrebbe avuto provare vergogna? -Cosa?- -Un
bacio d'addio.- La bionda la guardò negli occhi per
un'istante, incredula e sconcertata. Stava per rifiutare, ma poi si
fermò. L'ultimo bacio tra lei e Xena era stato quando le
aveva passato l'acqua della Forza, non un vero bacio, e quanto
avrebbe voluto le sue labbra ancora una volta, prima che quel
tramonto sparisse... La situazione era poi così diversa?
Era lei quella che se ne stava andando per sempre, ora. -Vorrei
sapere com'è esprimere tutto l'amore che provo per
te.- Gabrielle abbassò lo sguardo tristemente, per
qualche secondo, poi le sfiorò il gomito, tornando a guardarla
negli occhi. Einai l'abbracciò e si abbassò
leggermente, posando la bocca sulla sua. Dopo pochi istanti la
guerriera socchiuse le labbra, permettendole l'accesso, ma il bacio
rimase intriso di puro sentimento e dolcezza, scevro da ogni
eccitazione. Amore, affetto e attaccamento erano così
intensi da provocare in entrambe un dolore straziante e struggente,
ma al tempo stesso perfetto. Quando si separarono, le lacrime
scorrevano copiosamente sui loro volti. La mora la strinse al
petto e la baciò sulla fronte, prima di sciogliere
l'abbraccio. Si guardarono per un istante negli occhi, poi la
guerriera si asciugò il viso con il dorso della mano, subito
prima di prendere la sua bisaccia e uscire dalla stanza. -Addio-
Rispose Einai al suo pensiero.
La notte calava sulle
rovine dell'antica città di Efira. Già da molte ore
attendevano Ares sulla sommità di un'altura brulla,
circondata da una valle solcata da tre fiumi, eppure desertica,
arida. Non un filo d'erba cresceva sulle loro sponde. Il bagliore
della comparsa del Dio le riscosse dai loro lugubri pensieri. -Ce
l'hai?- Chiese Aphrodite, preoccupata. -Sì, ma non è
stato facile.- Rispose il fratello -Dovremo ripagare il debito per
molto tempo.- Prese un involto dall'interno della casacca e lo aprì,
rivelando una pietra nera, conica, grande poco meno di un pugno. La
luna si rifletteva sulla sua superficie come in uno specchio. -E'
l'ago di Cibele?- Chiese Gabrielle, meravigliata da quella liscia
perfezione divina. -Non toccarlo, o la tua anima ne verrà
assorbita- Disse Ares, allontanandolo dalla donna. -Non toccarlo mai
direttamente- Le avevano spiegato l'importanza di quella pietra.
Le sarebbe servita per riportare Xena nel mondo dei vivi, priva di un
corpo, finché non l'avessero reimpiantata nel
simulacro. Esattamente come aveva fatto la Dea Cibele con il suo
amato Attis. Ora, dovevano ottenere l'accesso al mondo degli
Inferi. Quello era suo esclusivo compito, una divinità non
avrebbe mai potuto varcarne la soglia, inosservata. L'intercessione
di Hecate, madre di Zeus, unico Titano risparmiato e venerato
dal Padre degli Dei, era indispensabile. Il Nekromanteion, il
tempio dell' "Oracolo della Morte", posto all'incrocio di
tre dei cinque fiumi infernali, era il punto di accesso più
sicuro per l'Ade, ora che gli Inferi erano squassati dalla
guerra. Scesero dalla collina e, dopo un gesto di
Aphrodite, l'ingresso si mostrò ai loro occhi. Una
lunga scalinata, scolpita nella roccia, sprofondava nel sottosuolo.
Tra il buio della notte e la profondità, non ne era visibile
la fine. Ares schioccò le dita, creando una piccola sfera
di fuoco che avanzò fluttuando, rischiarandogli il
cammino. Gli Dei stessi erano profondamente tesi e il loro passo
incerto. Gabrielle non poteva fare a meno di interrogarsi sul suo
Destino, mentre li seguiva preoccupata. -Fermi!- L'eco di una
voce di donna risuonò possente tra le pareti. Restarono
immediatamente immobili. -Vorremmo parlare con la Somma Hecate,
Madre di nostro Padre, protettrice degli Inferi.- Annunciò
Ares, in un tono insolitamente ufficiale. -A voi non è
concesso il passo. Guerra e Passione non possono profanare il
Tempio.- -E' una necessità. Non vorremmo mai dissacrare
questo luogo, concedeteci un'eccezione- Aggiunse
Aphrodite. -Purificare voi equivarrebbe al vostro annullamento. La
mortale invece potrà sopravvivere, se abbastanza forte.- Una
donna comparve dal buio, innanzi a loro. Vestita di una tunica bianca
e con numerosi ornamenti dorati, portava una corona turrita sul capo
-Lasciatele la pietra di Cibele, sappiamo cosa vi ha condotti
qui.- Ares e Aphrodite si guardarono, preoccupati, poi l'uomo
estrasse l'involto da sotto la casacca e lo consegnò a
Gabrielle -Fallisci e ti ucciderò veramente- -Risparmia le
tue vane parole, Guerra- Lo apostrofò infastidita la
sacerdotessa -Sappiamo tutti che questa giovane ti è cara e
necessaria.- La donna fece cenno alla guerriera di seguirla,
cominciando ad arretrare nel buio. -Buona fortuna, Gabrielle- La
voce di Aphrodite era colma di preoccupazione, non pensava che si
sarebbero separate così presto. -Torna, ti prego. Nonostante
l'esito.- Supplicò, mentre una lacrima le scivolava sulla
guancia. Il Dio della battaglia, invece, si limitò a
guardarla allontanarsi, torvo.
L'oscurità la
inghiottì. Non riusciva a vedere nulla davanti a sé,
solo il rumore dei passi e il frusciare della veste della
sacerdotessa la guidavano nel buio. -Gravoso il compito che ti è
stato assegnato. Sei il fulcro di numerosi desideri.- Esordì. -Farò
del mio meglio.- Non sapeva cos'altro dire. -Sento la tua volontà
ferma e sincera. Peccato che i tuoi Patroni siano i peggiori
auspicabili...- La donna si fermò e, schioccando le dita,
accese numerose fiaccole alle pareti, splendenti di fiamme azzurre,
che illuminarono una volta di pietra grezza, priva di abbellimenti o
iscrizioni. -Dovrai subire una purificazione, prima di giungere al
cospetto di Hecate, o la sua presenza consumerà ogni fibra del
tuo essere. Sarà dolorosa, sei pronta?- La guerriera
annuì, silenziosamente. La sacerdotessa si avvicinò
e le posò una mano sulla spalla -Vedo che il tuo spirito è
già lontano dalla contaminazione di Passione, ma Guerra arde
profondamente. La tua anima sarebbe un lauto banchetto per il
Tartaro.- Restò in silenzio qualche secondo -Ora vedo il tuo
desiderio.- La guardò negli occhi e la scrutò
ulteriormente, sembrava volesse trapassarla con lo sguardo. -Molti
più interessi di quanto immaginassi perfino io, ruotano
attorno alla tua impresa. Non solo l'amore che nutri per
lei.- Gabrielle non capiva a cosa si riferisse, lei desiderava
solamente recuperare lo spirito della persona che amava,
probabilmente anche Ares, e Aphrodite forse lo faceva perché
le era affezionata...Chi altri? -Lascia qui le tue armi, non ti
serviranno- -Chi altri è interessato al mio viaggio?-
Chiese infine. -Non ti è dato sapere, al momento- La
bionda non indagò oltre e si sbarazzò dei sai, del
pugnale che teneva nascosto e, infine, del Chakram. Ogni volta
che lo aveva visto riverso a terra era segnale di cattivo presagio.
Rabbrividì, cercando di sistemare le sue cose al meglio, per
togliere quell'impressione d'abbandono. -Lo ritroverai, se
tornerai.- Quelle parole non la rassicurarono. -Vieni, se hai
lasciato tutto- La esortò la sacerdotessa. Gabrielle
avanzò, ma una forza invisibile la respinse, gettandola a
terra. Dopo un secondo di sconcerto, rispose alla domanda muta che
leggeva sul volto della sua accompagnatrice -Non ho più
nessuna arma con me...- La donna, con un rapido gesto della mano,
spense ogni torcia nella stanza. Eppure, non divenne buio. Un
fioco bagliore proveniva dalla schiena della guerriera, il dragone
tatuato in Oriente brillava sinistramente nell'oscurità.
-Perché hai permesso che il tuo corpo venisse profanato
così in profondità?!- La sacerdotessa sembrava
stizzita, al limite della rabbia -Alzati e seguimi.- Tornarono
indietro, rapidamente.
Raggiunsero un' altra stanza, buia.
Capì di essere davanti ad un muro quando l'eco sulle pareti le
rimandò un suono differente e i passi della sacerdotessa si
fermarono. La donna schioccò nuovamente le dita e un
braciere al centro della stanza cominciò a brillare fioco, di
un fuoco rosso, morente. Vide stagliarsi, nera, contro le fiamme,
la sagoma di una croce decussata. Il terrore l'attanagliò,
le tornarono in mente gli ultimi istanti prima di morire, quando la
inchiodarono per mani e piedi. -Hai già capito cosa
ti attende- La sacerdotessa si avvicinò alla croce -Vieni. E'
necessario.- Il suo corpo non si mosse, salire consapevolmente i
gradini che l'avrebbero portata al patibolo le richiedeva uno sforzo
enorme. L'istinto si rifiutava di piegarsi alla ragione. Dovette
farsi violenza per avanzare, lentamente, usando ogni briciola di
coraggio, dando fondo a una forza che non sapeva di avere. Appena
fu a pochi passi dalla croce, altre sacerdotesse, comparse dal buio,
la afferrarono e sollevarono. Si dibatté, cercando di
opporre resistenza, ma la loro presa era ferrea e in pochi
istanti la legarono al legno, solo per i polsi, con l'addome
appoggiato sull'incrocio dei pali e lo sguardo costretto verso il
fuoco. Le tolsero le vesti, scoprendole completamente la schiena. La
donna che l'aveva scortata fino a lì le si avvicinò,
guardando il suo volto, indurito e pieno di rabbia, alla luce tremula
del fuoco, mentre strattonava le corde per liberarsi -Come hai potuto
lasciare che questo marchio ti venisse imposto?!- -Era per
proteggermi da uno spirito maligno.- Ringhiò la guerriera. La
sacerdotessa scosse il capo, lentamente -Sei stata ingannata. Questo
sancisce la tua appartenenza a un demone.- -No, non è
possibile.- Lo stupore sovrastò la rabbia -Mi è stato
fatto da un altro spirito, forse ti stai sbagliando!- La
sacerdotessa posò una mano sul tatuaggio e rimase in silenzio
qualche secondo -No, non sbaglio. Una parricida, manipolatrice, che
ha costretto la donna che diceva di amare a macchiarsi col suo sangue
e che perfino dopo la morte ha continuato a manipolare e
mentire...Siete state ingenue. E' questo ciò che succede,
quando i mortali si immischiano con forze che non conoscono.- -No!-
Non poteva accettare quella realtà. -Ti sbagli!- Si agitava,
cercando di slegarsi, ma più si accaniva, più le corde
si stringevano attorno ai suoi polsi e il peso del proprio corpo, che
la trascinava verso il terreno, cominciava a farle mancare il
fiato. -Io non sbaglio. Deciditi, stupida mortale. Vuoi ancora
avanzare nei tuoi propositi?- Gabrielle si rassegnò, se
anche avesse trovato un altro modo per raggiungere gli Inferi avrebbe
perso troppo tempo. Doveva sottostare alla volontà di
quell'odiosa sacerdotessa. -Sì.- Immediatamente fu travolta
da un dolore lancinante, che le spezzò il fiato. Decine
di colpi le raggiunsero la schiena, rapidi, continui, privi di
esitazione. Sentiva qualcosa di liquido e freddo bruciarla sulla
pelle, spaccata, grondando sulle sue gambe e poi sul pavimento,
assieme al suo sangue, denso e caldo. Perse i sensi.
Rinvenne,
mentre mani forti la slegavano dalle corde e la sorreggevano,
facendola scendere dalla croce, portandola in spalla. La stanza
era quasi illuminata a giorno, adesso, e sul terreno poteva vedere
un'ampia pozza del suo sangue, ancora rosso vivo, attraversata da
rivoli verdi. -Ti abbiamo concesso di svenire, per non gravare
troppo sul tuo corpo mortale- La sacerdotessa entrò nel suo
campo visivo. Il forte dolore che provava le impediva di
ragionare con lucidità e ogni tentativo di muoversi
veniva ricompensato da un bruciore dilaniante -Portatela da
lei- Trascinata fuori dalla stanza riuscì appena a vedere,
in fila contro le pareti, decine di donne vestite di bianco, tutte
uguali tra loro, con in mano rami d'alloro ricoperti di sangue.
Dopo diversi minuti, nonostante il dolore non si fosse
ancora attenuato, la mente cominciava ad essere meno
annebbiata. L'avevano fatta stendere, prona, su un tavolo
ricoperto da un lenzuolo, al centro di una sala. Era molto diversa
da dov'era stata fin'ora. La luce del giorno filtrava dalle alte
finestre, illuminando scaffali pieni di pergamene, testi e ampolle.
Molti vasi con piante verdi e fiori occupavano ogni spazio
disponibile. Non sembrava più di essere nel sottosuolo. Cercò
di volgere il capo, per guardarsi attorno, ma subito sentì
male e la pelle della schiena tirare. Rinunciò. -Non
muoverti.- Non vide la donna che pronunciò quelle parole, ma
il suo tono era gentile. -Devo pulirti le ferite, sentirai dolore- La
guerriera si sentiva spossata, emise solo un verso di consenso.
-Maledetta...E' arrivata quasi all'osso.- La donna parlava tra sé
e sé, a bassa voce. Poi intinse una pezza di stoffa in acqua e
cominciò a eliminare il sangue e il sale che incrostavano le
ferite. Gabrielle trasalì a quel tocco, sentiva bruciare
intensamente. -Mi dispiace. Questo fa parte della purificazione,
non posso aiutarti col dolore.- La bionda fece solo un cenno col
capo, afferrando la stoffa su cui era stesa e stringendola nel
pugno, per aiutarsi a sopportare. -Avevi un brutto marchio- La
guerriera iniziò a piangere lacrime di rabbia, mentre la
guaritrice continuava a occuparsi di lei. Purtroppo, le parole
della sacerdotessa sembravano aver senso. Xena si era fidata
ciecamente di Akemi e lei di Xena. La credevano amica, ma ciò
che aveva detto la donna era vero. Come avevano potuto cadere così
facilmente in quel tranello? -Non angustiarti. I demoni sono
scaltri, talvolta più degli Dei.- Fino a qualche giorno
prima si sarebbe sorpresa, se qualcuno avesse letto i suoi pensieri,
ma stava diventando una fastidiosa abitudine, ormai. -Questo non
elimina il mio rancore e il mio rimorso, guaritrice.- Non sapeva come
rivolgersi a lei. -Non elimina neanche il tuo dolore, ma voi
mortali siete così...Respira, come facevi un tempo, ti
aiuterà.- -Voi mortali?!- Trasecolò e si sforzò
di voltarsi, per guardarla. Mancare di rispetto a una divinità
poteva essere estremamente pericoloso -Perdonami!- Le morirono le
parole in gola, per il dolore e la sorpresa, quando vide che era
identica alla sacerdotessa che l'aveva torturata. Stesso viso, stessa
veste e stessa corona turrita. Solo l'espressione e la voce erano
differenti, più dolci. La donna fece qualche passo verso di
lei, per poterla guardare in viso senza che la guerriera si muovesse
troppo -Hai conosciuto mia sorella, ora me. Lasciami finire
velocemente, o il tatuaggio tornerà.- -Mi dispiace, non
volevo interromperti né mancarti di rispetto.- Rispose
costernata e preoccupata, per quello che le aveva appena detto. -Lo
so.- La donna tornò al suo posto e ricominciò a
medicarla. Restarono in silenzio a lungo. La pulizia delle ferite
era estremamente dolorosa, ma Gabrielle si sforzava di non proferire
parola. Mordeva il lenzuolo, quando necessario, per non rischiare di
infastidire la divinità che si stava occupando di lei. Non
sapeva come comportarsi, ma Ares e Aphrodite erano stati estremamente
ossequiosi e cauti. Altrettanto avrebbe dovuto fare lei. -Quanto
sei disposta a sacrificare?- -Per lei?- -Sì.- -Tutto.- -Questo
perché credi di averlo già perso. Non puoi sacrificare
qualcosa che non è tuo.- -Posso sacrificare tutto quello
che ho.- -Sacrificheresti te stessa?- -Non è quello che
sto già facendo, mia Dea?- La guaritrice fece una breve
pausa -Non essere frettolosa nel rispondere- Gabrielle restò
in silenzio. Desiderava solo rivederla, riaverla, riabbracciarla.
Colmare nuovamente il vuoto che sentiva nel petto, al limite del
dolore. Un dolore differente, da quello che stava provando nel
fisico. Stava per rispondere, ma nuovamente si fermò,
sentendo la mano della divinità sulla sua spalla. Chiuse
gli occhi e le tornarono alla mente le Idi di Marzo, aveva dato tutta
sé stessa per proteggere Xena. L'idea di morire l'aveva
spaventata, ma non l'avrebbe mai lasciata sola, aveva superato la
paura. Perché ora doveva essere diverso? Ricordò
cosa successe dopo, quando con Michele e le sue schiere era scesa
agli Inferi per contrastare le armate demoniache e il suo scontro con
lei. Altruismo contro egoismo. Mentre Xena la trascinava
all'Inferno, riusciva solo a pensare che non avrebbe voluto che
succedesse. La sofferenza eterna senza alcuna speranza,
l'annullamento di ogni suo sforzo in vita. L'annullamento degli
sforzi di entrambe. Quante volte Xena l'aveva protetta, salvata e
sostenuta? Innumerevoli. Il suo sacrificio estremo non rientrava
nella reale volontà dell'amata. -No.- Riaprì le
palpebre. -Ricorda che chi vive è più prezioso al
Destino, di chi è morto.- Sussurrò dolcemente la
Dea -Ora rispondi. Quanto sei disposta a
sacrificare?- -Molto.- -La tua bellezza?- -Sì.-
Rispose senza indugio. -Occorrerebbero tre giorni per guarirti con
le mie arti. Un'ora, se non curiamo l'aspetto.- -Voglio arrivare
da lei il prima possibile.- -Preparati, farà ancora più
male.- Gabrielle restò in silenzio, il dolore che aveva
provato fino a quel momento era già eccessivamente terribile.
Avrebbe resistito? Il suo fisico, già provato, avrebbe
ceduto? -Cosa mi aspetta?- -Bagnerò le tue ferite con il
kykeón, un fluido magico, e digiunerai fino al compimento del
rituale. Al termine, sapremo se sarai degna, o meno, della presenza
di Hecate Ctonia.- -Sono pronta.- Urlò di dolore, quando
il liquido sfiorò la sua pelle. Sembrava che la stessero
torturando con ferri roventi.
****
Note
dell'autrice: Buon giorno e buon sabato!
Grazie
per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con
poche parole <3 Colgo l'occasione per ringraziare
oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie
mille! A sabato prossimo!
P.S. Nella mia bio
trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare
domande, non esitate!
|
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Capitolo 5 *** Hecate Ctonia ***
5 Hecate Ctonia
5.
Avrebbe dovuto digiunare, fino alla fine del rituale,
potendo ingerire esclusivamente kykeón, un alimento a base
di
vino, segale e altri ingredienti a lei sconosciuti.
Si sentiva
debole e fiacca, le girava la testa, e già dopo quello che
le
sembrò un solo giorno, aveva cominciato a vedere cose che
non
c'erano.
Aveva costantemente l'impressione di essere seguita e, al
limite del suo campo visivo, ombre scure, umane, si agitavano
ingannandola. Appena volgeva il capo per guardarle, scomparivano.
Non
sapeva se stava impazzendo, se fosse la debolezza per la fame e i
rituali, il vino, o qualche erba disciolta nella bevanda.
Trovava
vago sollievo solo nella stanza che le avevano dato, poco
più
di una nicchia scavata nella roccia, senza finestre e con un
pagliericcio all'angolo.
Una volta chiusa la porta poteva restare
al buio, con gli occhi chiusi, e non vedere più quelle
ombre.
Solo la sensazione di essere osservata persisteva e si sforzava
di ignorarla. In fondo, era all'interno del tempio di una
divinità
straordinariamente potente, non c'era da stupirsi se continuava a
sentirne la presenza.
Seduta sul pagliericcio, con la schiena
appoggiata alla parete, continuava a sorseggiare il vino dall'otre
che le sostituivano periodicamente, appena lo svuotava.
Non aveva
idea di quanto tempo fosse passato, né di quanto avrebbe
dovuto ancora trascorrerne.
Bevve un altro sorso e appoggiò
la testa al muro, sospirando.
Combattere in quelle condizioni
sarebbe stato estremamente complicato, barcollava anche solo per fare
i pochi passi che la separavano dalla porta.
Forse non sarebbe
riuscita nemmeno a portare a termine la purificazione, forse sarebbe
morta lì.
Quella stanza sembrava già una tomba,
avrebbero solo dovuto murare la porta e le sue spoglie sarebbero
rimaste nell'oblio del tempo.
A parte gli Dei, nessuno sapeva dove
si trovasse. Non aveva stretto alcun legame, in vita, che avrebbe
spinto qualcuno a reclamare le sue spoglie, non era stata nemmeno una
buona madre...
Hope, la sua speranza nel futuro.
Aveva
riflettuto più volte sul suo agire con lei ed era
riuscita a perdonarsi: aveva fatto l'unica cosa possibile.
Hope
era malvagia già appena nata, non c'era altro che potesse
fare, ma Solan... Lui era innocente ed era morto per la sua
testardaggine, solo per la sua stupida ingenuità.
Xena
l'aveva perdonata, c'era voluto tempo, ma ci era riuscita. Lei,
invece, non si era mai assolta del tutto.
Spalancò gli
occhi di colpo, anche Solan si trovava negli Elisi! Anche lui era in
pericolo!
Come fare? La Pietra di Cibele era utilizzabile da un
sola anima per volta...
Era più giusto salvare Xena o
Solan...? Lui era innocente, ed era morto a causa sua...
La scelta
che le si poneva davanti era straziante e non era abbastanza presente
da riuscire a ragionare lucidamente.
Serrò le palpebre,
sforzandosi di pensare, quando all'improvviso avvertì
chiaramente una presenza nella stanza. Riaprì gli occhi e
cercò di capire chi ci fosse, ma non vedeva nessuno nel
buio.
Le pareti stesse sembravano vive, sentì la pietra a
cui era appoggiata respirare e si alzò di scatto. Era
circondata.
Si guardò attorno più e più
volte, avrebbe impugnato i sai, ma aveva unicamente l'oltre con
sé
La
porta si spalancò e la luce delle torce le ferì
gli
occhi, facendola sobbalzare all'indietro.
-Vieni.- Le ordinò
duramente una voce femminile, quella della prima divinità
che
aveva incontrato, la stessa che l'aveva torturata.
Si schermò
gli occhi con la mano e cominciò a seguirla.
Uscita dalla
stanza si ritrovò nel basso
corridoio, sorprendentemente
affollato. Gente che camminava in ogni direzione le ostacolava il
passo, creando una vera e propria calca.
Li osservò. Erano
tutti vestiti normalmente, come se si trovassero nel centro del
mercato cittadino, e nessuno faceva caso a lei.
Cercava di
seguire la Dea senza perderla di vista, cosa non facile in mezzo a
tutta quella folla.
All'improvviso le tagliò la strada un
uomo, che attraversò il corridoio e sparì nella
parete,
come se niente fosse.
La guerriera si fermò per non
sbattergli addosso e rimase terrorizzata alla vista di quella scena,
incapace di proseguire.
Toccò la parete: solida
roccia.
-Perché ti sei fermata?- La redarguì la
Dea.
-Cosa sta succedendo?- Chiese, incredula e preoccupata.
-Sei
sufficientemente pura da percepire altri piani di esistenza. Le
persone che ora vedi erano qui da principio.-
-Perché? Sono
morte qui dentro?- Si allarmò.
-No, stanno solo svolgendo i
propri affari. Loro non sono qui e noi non siamo qui, per loro. Posso
interagire, se voglio, ma per voi mortali non è
così.
Occupiamo solo lo stesso spazio, ma in dimensioni e tempi
differenti.-
Gabrielle non era certa di aver capito tutto e
continuava a guardarsi attorno, allibita, mentre la divinità
aveva ricominciato ad avanzare.
Dopo aver percorso lunghissimi
corridoi, la folla improvvisamente sparì e la luce delle
torce
cominciò ad affievolirsi, come se l'oscurità in
cui
avevano iniziato ad addentrarsi fosse materiale e densa.
Il
bagliore delle fiamme si rifletteva solo debolmente sulle decorazioni
dorate dell'enorme portone che si ergeva ora davanti a loro, mentre
tutto il resto era avvolto in un buio così fitto da rendere
impossibile vedere perfino le pareti.
Dall'eco dei loro
passi, che le ritornava all'orecchio, la guerriera ebbe l'impressione
che neanche esistessero e che quel varco, in realtà, fosse
sospeso nel nulla.
I battenti si spalancarono, in un silenzio
innaturale, ed entrarono.
La stanza era illuminata da pochissime
torce, ma la luce si rifletteva su ogni singola superficie della
stanza, riccamente decorata in avorio e oro.
Il pavimento era
lastricato in pietra finemente levigata e le pareti, adornate con
archi e colonne, sembravano estendersi all'infinito. Il soffitto era
poi altissimo, più dell'immenso portone che avevano appena
oltrepassato.
Si guardò attorno, incapace di trattenere lo
stupore, era la reggia più sontuosa che avesse mai visto.
Al
centro dell'enorme stanza, c'era anche un gigantesco trono,
crisoelefantino, con sopra un' immensa statua, raffigurante il corpo
di una donna seduta, avvolta nella stessa veste candida e dorata
delle due Dee gemelle che aveva incontrato e con la medesima corona
turrita.
La particolarità che la inquietò,
però,
fu che la scultura aveva tre volti, tutti perfettamente identici e ad
immagine e somiglianza delle sue ospiti.
Al loro avvicinarsi, due
leoni neri, enormi, alti tre volte lei, si affacciarono da dietro il
trono. Uno dei due teneva tra le fauci un capro, nero anch'esso,
ancora vivo.
Gabrielle si spaventò, se le bestie avessero
voluto le sarebbero saltate addosso in meno di una frazione di
secondo, ma la sicurezza con cui l'altra procedeva, la spinse a
continuare.
Raggiunsero i piedi del trono e incontrarono anche
l'altra immortale, la guaritrice, che le attendeva accanto a un
grosso recipiente in bronzo, finemente cesellato, e ad un altare in
marmo bianco.
-Finalmente, lieta di vederti ancora presente.- Le
sorrise.
Si sentiva spossata. Il lungo cammino fino a quella sala
era stato quasi troppo per il suo fisico, ma rispose al suo sorriso,
cortesemente.
-Sbrighiamoci a procedere, s'è già
perso fin troppo tempo.- Intervenne la sua accompagnatrice.
A
quelle prole il leone lasciò cadere il capro sull'altare e
il
rumore dello schianto riecheggiò assordante nella sala.
La
prima divinità le porse un pugnale, materializzandolo dal
nulla, mentre la seconda un mantello scuro.
Gabrielle prese
entrambi gli oggetti e indossò la cappa, confusa.
-Sgozza
il capro nero e versane il sangue.- Ordinò la prima,
indicando
il recipiente con lo sguardo.
Aveva già eseguito un rituale
simile, per entrare nell'oltretomba amazzone. Non le era piaciuto, ma
era stato necessario.
-Non separarti mai da questo mantello,
nasconderà il tuo essere ancora in vita ai demoni e agli
spiriti negli Inferi.- Si raccomandò la guaritrice.
La
ragazza impugnò il coltello, dalla lunga lama ondulata, e si
avvicinò al capro, ferito gravemente dalle zanne del leone,
che quasi non si muoveva.
Gli tagliò la gola, non senza un
moto di disgusto e dispiacere, e ne raccolse il sangue nel
recipiente, come indicatole.
La prima divinità lo raccolse
e lo alzò sopra la testa, mostrandolo alla gigantesca
statua.
-Hecate! Il sacrificio di sangue è stato compiuto!-
E
qualcosa che Gabrielle non si sarebbe mai aspettata avvenne: la
statua annuì.
La ragazza cercò di nascondere il
proprio terrore, mentre tutto diventava sempre più pazzesco.
Riuscì a stento a non svenire, tra la debolezza e lo
spavento.
-Atalanta!- Tuonò la guaritrice al secondo
leone, che si avvicinò e, spalancando la bocca, depose delle
forme di pane accanto alla carcassa del caprone, prima di arretrare
nuovamente, con deferenza.
-Intingilo nel kykeón e dallo a
Cerbero, si assopirà. Non ucciderlo, lui ci è
molto
caro.- Spiegò la Dea a Gabrielle. -Ricorda che non puoi
mangiare o bere nulla agli Inferi. Dovrai sostentarti con il solo
contenuto di questo otre, ma non preoccuparti, non si
esaurirà
mai.- Le passò un piccolo recipiente in pelle e
la guerriera
lo legò alla cintura.
-E non dimenticare la cosa più
importante, l'Ago di Cibele.- L'altra immortale le porse una
scarsella, presa dall'altare sui cui aveva appoggiato il contenitore
con il sangue, e con all'interno lo stesso involto che le aveva
mostrato Ares, in un tempo che le sembrava già remoto.
Fermò
anche quello alla cintura. Era pronta, aveva tutto ciò che
le
poteva servire...A parte delle armi. Forse le avrebbero concesso il
pugnale? Si domandò.
-Non ti occorreranno armi, non
potresti utilizzarle senza condannarti agli Inferi.-Esordì
la
prima Dea, leggendole la mente.
-Chi ti attaccherà sarà
certamente un demone e versarne il sangue, per un'anima ancora in
vita come la tua, comporterebbe la corruzione eterna.-
Spiegò
la guaritrice -Per questo ti ho dato il mantello, per passare
inosservata. Ma bada bene, non ti rende invisibile. Se te li troverai
davanti, ti vedranno. Agisci con circospezione.-
La situazione si
complicava sempre di più, ad ogni secondo che passava.
-Ora
sei pronta!- Le interruppe la divinità titanica, con voce a
malapena comprensibile nel frastuono che ne derivava. Sentì
quasi scoppiarle i timpani.
La prima immortale prese un calice
dall'altare e lo riempì di sangue, con fare solenne. La
guerriera aspettò che glielo porgesse, probabilmente avrebbe
dovuto berlo.
All'improvviso la divinità le svuotò
la coppa in faccia e i leoni si avventarono su di lei.
****
Note
dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!
Grazie
per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con
poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare
oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie
mille!
A sabato prossimo!
P.S. Nella mia bio
trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare
domande, non esitate!
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Capitolo 6 *** Catabasis ***
6 L'araldo
6.
Si svegliò di scatto, in una stanza
piccolissima. Sarebbe stato completamente buio se non ci fosse
stata una torcia, dalla flebile luce blu, agganciata alla parete.
Si
alzò dal pavimento di pietra e si guardò attorno, era
evidente che era un'altra stanza del tempio, c'era la stessa roccia
grezza alle pareti e alla volta del soffitto.
Nessuna finestra,
solo la traccia di una porta, murata, alle sue spalle. Non c'era via
d'uscita.
Il panico la prese e cominciò a cercare una
fessura o uno spiraglio per aprirsi un varco, chiamava aiuto e
batteva i pugni, nella speranza che qualcuno la sentisse, ma sapeva
già che era inutile.
Cercò di calmarsi e di
ragionare, doveva esserci un motivo se era lì. Non potevano
averla ingannata a quel modo.
Si passò una mano sul volto,
ricordando la sensazione calda e viscida del sangue sulla pelle del viso e
quello che era successo immediatamente dopo.
Controllò il
palmo, pulito. Tra le dita non aveva sentito nessun residuo, né
fresco né secco. Guardò il mantello che ancora
indossava e anche quello era pulito, controllò anche le
proprie vesti, pulite anch'esse.
Che avesse sognato? Che fosse
un'allucinazione?
Ricordava il dolore che le zanne le avevano
procurato, eppure sulla sua pelle non c'era nemmeno un segno.
Non
c'era proprio nessun segno. Nessuno, nemmeno le cicatrici ottenute
durante gli anni di viaggio...E anche la spossatezza era
sparita.
-Cosa diamine sta succedendo...?- Mormorò tra sé e sé.
-Sei morta.- Disse
una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto e riconobbe
immediatamente il suo interlocutore, l'Arcangelo Michele.
-Cosa
ci fai qui? E cosa vuol dire? Non posso essere morta! Io...-
-Sei
stata divorata dai leoni di Hecate...Assurde le vostre divinità
pagane.- Disse con sufficienza. -Tuttavia...Non sei realmente morta,
tranquilla. Ha mantenuto la sua parola, avrai possibilità di
ritorno.-
-Perché sono qui dentro? Non dovrei essere sulle
sponde dello Stige?-
-Dovevo parlarti. Gli Elisi sono caduti,
mentre i tuoi Dei perdevano tempo...Avrai bisogno di
difenderti.-
-Caduti? E Xena?!- "E Solan, e Joxer...?"
Avevano perso tanti amici.
-E' stata portata nel Tartaro,
strettamente sorvegliata. E' solo questione di tempo prima che mangi
o beva qualcosa.- Disse duramente l'angelo -Sferreremo un attacco
simultaneamente al tuo ingresso, in modo da impegnare le truppe
infernali e recuperare le anime degli Elisi non ancora deportate. Tu,
dovrai recuperare Xena. Sai bene quanto sia pericolosa tra le loro
fila- Era pericolosa anche tra le truppe angeliche, impossibile da
gestire. Se non fosse stato per la guerra scatenata da Lucifero,
l'avrebbero subito rispedita tra i mortali.
-Michele- Si ricordò
all'improvviso di una cosa importante, per Xena -Se la riporto in
questo mondo, cosa ne sarà delle 40.000 anime di Higuchi?-
-Quando lei è diventata Arcangelo tutti i suoi peccati
sono stati purificati. La loro pace non è mai stata collegata alla sua sorte.- Rispose, infastidito dalla banalità
della domanda.
Gabrielle annuì, dispiaciuta, ma stando così
le cose Xena non avrebbe avuto alcun motivo per rifiutarsi di
seguirla. Per quanto fosse tragica la situazione, provò
sollievo.
Dei sai si materializzarono legati ai suoi calzari -Ma
se colpissi un demone, la mia anima si corromperebbe.- Obiettò
la bionda.
-Sì, ma ci sono molti spiriti inferiori che
lottano per diventare demoni e ucciderti o consegnarti andrebbe a
loro favore. Contro questi puoi combattere.-
Esaminò le
nuove armi, erano simili in tutto e per tutto ai suoi pugnali, ma
poteva sentire una sorta di energia vibrante
percorrerli.
-Tuttavia...- Riprese l'angelo -Avrai bisogno anche
di questo.-
Un guerriero, in un' armatura femminile completa, di
metallo nero, si materializzò nella stanza e cadde a peso
morto sul pavimento, facendo un fragore orrendo.
Gabrielle non
sapeva come reagire, mentre la guerriera cominciava a muoversi e ad
alzarsi, lentamente e con goffaggine.
La bionda la aiutò a
rimettersi in piedi e, quando ne incrociò gli occhi, unica
parte riconoscibile del volto, nascosto nell'elmo corinzio dal lungo
cimiero rosso, capì -Einai?!-
-E' un abominio, ma non ha
un'anima e può combattere i demoni. Inoltre, saprà
guidarti da Xena, visto che ne contiene le ceneri.- Il disprezzo era
ben visibile sul volto dell'Arcangelo. Era una blasfemia.
-Stai
bene?!- Anche se indossava l'armatura, aveva preso un brutto
colpo.
-Sì...Dove siamo?!- Ricordava di essersi coricata
alla fattoria, prima che il legame con Gabrielle si spezzasse e lei
sprofondasse nel nulla.
-Michele, non può venire con
me. Non sa combattere, e non è qui per sua volontà!-
-Sa
ciò che sai tu. Ed è solo un'aberrazione, non ha
diritto di scelta. Deve ringraziare il fatto che ti serva, o l'avrei
già distrutta.- L'odio traspariva potente nella sua
voce.
Einai si strinse nelle spalle, come se avesse ricevuto un
colpo sull'elmo, sentendo quelle parole.
-Fate presto, o tutto
sarà stato inutile!- L'Arcangelo si smaterializzò,
sparendo in un bagliore di luce che si trasformò nel
passaggio per gli Inferi.
Si avvicinarono titubanti. Potevano
vedere le sponde dello Stige, attraverso il varco.
-Einai
aspettami qui, non occorre che tu venga.-
-Ma Michele ha
detto...-
-Non importa cosa ha detto. Questo viaggio è una
mia scelta, non è necessario che sia anche la tua.-
-Voglio
venire.-
-Non sentirti obbligata...-
-Le alternative non sono
allettanti, Gabrielle.- Aveva paura, ma poteva solo finire distrutta,
o tornare all'oblio.
La guerriera la guardò per qualche
secondo, incapace di ribattere. -Cerchiamo di fare presto.- Si
inoltrarono nel passaggio.
Le sponde dello Stige, tra
nebbia e penombra, erano affollate.
Centinaia di persone si
accalcavano sulla riva e schiamazzavano, lamentandosi
dell'attesa.
Non era come al tempio, la folla non era serena. Qui
le persone sbraitavano, adirate o disperate. Avevano le vesti
macchiate di sangue, ferite evidenti o chiari segni di malattia.
Si
fecero largo nella calca, cercando di capire quale fosse il problema.
Raggiunta la riva videro la barca di Caronte, vuota, ormeggiata
ad un palo nel terreno.
-Nessuno ci porta!-
-Ho le
monete!-
-Sono stanco!-
Queste erano le voci che la bionda
riusciva a distinguere, tra il brusio generale. Si strinse di più
nel mantello, per non farsi notare.
Sembrava bastasse salire sulla
barca e attraversare il fiume. Era ampio e le acque nere e melmose,
ma le correnti non sembravano particolarmente forti. Non vedeva il
problema.
Si avvicinò all'imbarcazione, seguita rapidamente
da Einai. Non pareva più muoversi con difficoltà,
doveva essere stato solo il brusco risveglio.
Guardò
dentro al piccolo natante e afferrò la situazione.
Oltre
al traghettatore pusillanime, mancava anche il remo e, su quella
sponda desolata, non c'era niente che potesse essere usato per
sostituirlo.
Se fosse stato un normale fiume avrebbe provato ad
attraversarlo a nuoto, ma per un mortale, toccare le sue acque
equivaleva ad una tortura eterna.
Lo Stige, detto "il fiume
dell'odio", intrappolava i malcapitati nelle sue acque scure e
fangose, costringendoli a rivivere ogni episodio d'ira avvenuto in
vita, trascinandoli nel suo corso perpetuo, senza via d'uscita.
-Ho
un'idea.- Esordì Einai, portandola in un angolo meno
affollato.
-Quale?-
-Saliamo e io remo con le mani. Se è
vero che non ho un'anima, non mi succederà nulla.- Si
sarebbero mosse lentamente, ma meglio di niente.
-Hai detto "se".
"Se non ho un'anima..."- Ripetè preoccupata.
-Non c'è tempo per
questi discorsi adesso.- Faceva così, Xena, quando voleva
evitare una discussione. Le dispiaceva sfruttare i suoi ricordi a
quel modo, ma non voleva proprio affrontare l'argomento.
Nonostante
i suoi dubbi, sia il suo creatore che quell'angelo avevano detto la
stessa cosa. Sicuramente ne sapevano più di lei, o a breve
avrebbe scoperto che si sbagliavano.
Tornarono accanto alla barca
ed Einai salì per prima, ma il legno scricchiolò
sinistramente e quasi tutto lo scafo sprofondò sotto al pelo
dell'acqua. Scese rapidamente, prima che l'imbarcazione cedesse.
-Sono troppo pesante...- Disse, scuotendo il capo e cominciando a
togliersi l'armatura.
-Che fai?-
-Nuoto e trascino la
barca. Non c'è altra soluzione.-
-No, è troppo
pericoloso. Cerchiamo qualcosa da utilizzare...-
-Credo che
l'avrebbero già trovato, se ci fosse qualcosa.- Tagliò
corto, sapendo che anche l'altra pensava lo stesso, ma comunque
apprezzando il suo tentativo.
Sfilò gli alti cosciali,
i bracciali e l'elmo e li depose dentro al pettorale, restando solo
con la corta veste di cotone bianco che portava sotto.
Gabrielle
notò che aveva ancora la benda al braccio destro, poco sopra
il gomito.
-Non ho avuto modo di chiedere.- Le rispose la mora,
sfilandola e consegnandogliela -Pronta? Meglio
sbrigarsi.-
Einai aiutò Gabrielle a salire sulla
barca, poi le passò l'armatura e la spada e tolse l'ormeggio,
legandosi la corda strettamente attorno all'avambraccio destro,
mentre la bionda la annodava saldamente alla prua.
Ad un passo dall'acqua la
mora esitò per un istante, poi, chiuse gli occhi e sfiorò
il nero liquido con la punta del piede, sentendo lo sguardo
preoccupato di Gabrielle su di sé.
Non successe
niente.
Prese coraggio e avanzò di un altro passo, e un
altro ancora. L'acqua ormai le arrivava alla vita e non stava subendo
alcun effetto. Oltrepassò la prua della barca e si tuffò,
sparendo immediatamente alla vista dell'altra guerriera.
Sott'acqua,
riaprì gli occhi. Migliaia di volti dai lineamenti distorti, contratti in grida acute, si
pararono difronte a lei.
Presa dal
panico cercò di nuotare, ma sprofondò sul fondo, come
un blocco di granito.
Si guardò attorno, cercando un via di
scampo da quei volti che continuavano ad assediarla, ma ovunque
posasse gli occhi trovava solo anime urlanti.
Iniziò ad
avanzare lentamente, con fatica, nell'acqua densa. Li scacciava con
le braccia ma, ad ogni passo, nuovi spettri la raggiungevano, come
polvere di ferro attratta da un magnete.
Le urla le perforavano i timpani,
il frastuono assordante la confondeva. Le grida dei dannati
penetravano nella sua mente, come un coltello rovente nel
burro.
Stava per impazzire.
Chiuse gli occhi accovacciandosi
su sé stessa e portando le mani a coprire le orecchie, mentre
le anime si accalcavano attorno a lei e sulle sue spalle, come avvoltoi famelici.
Fu
il lampo di un secondo.
"Dov'è...?" Il pensiero
di Gabrielle la raggiunse. La stava cercando, preoccupata, in
superficie. Lì c'era silenzio e la vista poteva spaziare fino
alla riva opposta. Nessuno le sbarrava la strada.
Si aggrappò
con ogni fibra del suo essere a quel filo d'Arianna e ricominciò
ad avanzare, ad occhi chiusi, concentrandosi su colei che era la sua
anima, concentrandosi sulla salvezza sempre più vicina,
cercando di ignorare il frastuono.
Incespicava sui massi che
ricoprivano il fondale, ma si trattenne sempre dal riaprire gli
occhi. Cercando di mantenere il più saldo possibile quel
legame luminoso che le dava sollievo, come il primo respiro dopo una
lunga apnea.
Sentì sotto i piedi il terreno risalire e
accelerò il passo, al limite della sopportazione, iniziando a
tirare la corda con entrambe le braccia. Poi, finalmente, sentì
il pelo dell'acqua accarezzarle il volto e le spalle. Riaprì
gli occhi, era a pochi passi dalla riva.
Diede un ultimo
strattone alla cima e fece avvicinare la barca alla sponda. La legò
all'ormeggio e si stese a terra, sfinita, nonostante non potesse
quasi provare fatica fisica.
Gabrielle sbarcò e corse da
lei, portando con sé l'armatura. -Einai, stai bene?- Chiese,
inginocchiandosele accanto.
-Credo.- Ansimava, nonostante non
avesse bisogno di respirare -E' stato orrendo-
-Cos'è
successo?- Chiese, mentre cominciava a ripulirle il viso dalla melma
nera che la ricopriva, con un lembo del proprio mantello.
-Non è
acqua...Sono anime urlanti.-
-Oh Dei...-Si volse
inorridita a guardare il fiume, per un istante.
-Ho dovuto
camminare sul fondale- Disse, mettendosi a sedere -Per fortuna la
corda era abbastanza lunga...- Si passò le mani tra i capelli,
togliendo quanta più melma possibile.
-Il braccio?- Chiese
preoccupata.
-Brucia, ma non sembra peggiorato.-
Gabrielle le
pulì il gomito col mantello e rimise la benda, avvolgendola
più volte sullo stesso punto, in modo che potesse attutire
meglio eventuali colpi. -Se ce la fai dobbiamo spostarci da qui,
siamo troppo esposte.-
Einai si rialzò e la seguì al
riparo di alcune rocce, prima di cominciare a rimettersi
l'armatura, mentre l'altra controllava che nessuno si avvicinasse
all'improvviso.
-Non riesco a chiudere le fibbie.- Non l'aveva mai indossata prima, di sua volontà.
-Faccio io,
tu tieni gli occhi aperti.- La bionda cominciò a stringere
le cinghie rapidamente, con mani esperte.
Quell'armatura era
splendida. Fatta evidentemente su misura, aderiva perfettamente al
corpo della proprietaria.
Gambali e ginocchiere erano riccamente
decorati con incisioni, mentre i cosciali, forgiati a forma di ali,
avvolgevano la gamba quasi fino all'inguine, senza limitarne il
movimento. Spianò alcune pieghe della veste che ancora
sgocciolava fanghiglia nera, e passò a stringere le chiusure
del pettorale e a sistemare gli spallacci, anch'essi decorati. Non
aveva mai visto un'armatura così bella, senz'altro opera
divina.
-Ti ringrazio.- Disse la mora, rimettendosi l'elmo e
sistemando le chiusure dei bracciali.
Si guardarono attorno,
sporgendosi dalle rocce. Potevano vedere il gigantesco portone
dell'Antinferno spalancato, ma di Cerbero, che avrebbe dovuto
presidiarne i battenti, non c'era traccia.
Si avvicinarono
rapidamente, armi in pugno, ma con circospezione. La bestia a tre
teste poteva saltare fuori da un momento all'altro e tra i massi e
gli alberi scheletrici che ricoprivano quella sponda, non avevano
molta visuale.
Si fermarono dietro a dei cespugli irti di rovi,
controllando nuovamente prima di attraversare il portale. Di Cerbero
restavano solamente i tre grossi collari, spezzati. Doveva aver
approfittato del caos per liberarsi. Ora, poteva essere ovunque.
Scivolarono dentro, silenziosamente, e cercarono un altro riparo.
Se le sponde dello Stige erano avvolte nella penombra, nettamente
diversa era l'atmosfera, in quella zona.
Non c'era nessun sole nel
cielo rosso, ma c'era decisamente più luce. Il vento vorticava
furioso, sollevando sabbia bruna, bruciata, e frustando ogni cosa si
parasse sul suo il cammino. Alberi morenti, rocce e rovine.
Quella distesa desolata si estendeva a perdita d'occhio e le loro
tracce sparivano rapidamente.
Sarebbe anche stato difficile
muoversi senza farsi notare, ma potevano provare.
-Einai, sai
dov'è Xena?- Chiese la bionda.
-No.- Michele aveva detto
che l'avrebbe guidata fino a lei, ma non aveva idea di dove potesse
essere -Proviamo ad avvicinarci al Tartaro. Forse sentirò
qualcosa, come con te.-
Studiarono rapidamente il percorso, per
trovare quanti più ripari possibili dietro cui nascondersi, e
cominciarono ad avanzare, costeggiando il sentiero che le avrebbe
portate fino agli Elisi.
Dovettero discostarsi molto dalla strada,
allungando il cammino. Delle sentinelle potevano essere in agguato,
nei nascondigli più prossimi al passaggio.
Camminarono a
lungo, correndo tra un riparo e l'altro, costantemente col cuore in
gola.
Non incrociarono nessuno. Forse, l'attacco angelico stava
sortendo gli effetti sperati.
Si fermarono dietro a delle rovine,
due monconi di parete che delineavano ancora un angolo.
Gabrielle
doveva riprendere fiato, avevano corso parecchio -Sono morta, non
dovrei stancarmi.- Esordì, con il fiatone, una volta sedutasi
a terra.
-Non credo...- Einai, accanto a lei, si tolse l'elmo e lo
passò a Gabrielle. Si asciugò il sudore e cominciò
a sbirciare oltre le mura che le riparavano, per evitare
sorprese.
-Non eri sicura, vero?-
Capì che si riferiva alla sua anima -Tutti mi hanno sempre detto
così...Ma speravo si sbagliassero.- Un campanello di allarme
suonò nella mente di Gabrielle, aveva usato delle parole
fuorvianti -No, non speravo di morire. Speravo di avere un'anima.- Si
corresse.
-Saresti morta se fosse stato così!- Non poteva
credere alla sua imprudenza.
-Ares e Michele devono avermi
studiata per bene mentre non c' er...Mentre dormivo.- Aggiunse
mestamente -Difficile che si sbagliassero entrambi.- Evitò di
dare voce alla successiva domanda di Gabrielle, che non poté
fare a meno di chiedersi se Ares le avesse messo le mani
addosso.
-Ora abbiamo la risposta, sono solo un oggetto. Niente
per cui valga la pena angustiarsi.-
-Non dire così...- Le
sembrava impossibile.
-Ti ringrazio.- Sentì le lacrime
salirle agli occhi e distolse lo sguardo, costringendosi a pensare ad
altro -Se sei pronta ci conviene andare.-
-Sì.- Prese
l'otre e bevve qualche sorso, per ristorare la gola asciutta, prima
di alzarsi e rimetterlo nella sacca. Il pane non era ancora servito,
ma avrebbero potuto incontrare Cerbero all'improvviso, meglio
continuare a portarlo con sé
Sollevò di nuovo il
cappuccio del mantello, pronta a partire.
-Dammi la bisaccia, ti
muoverai più facilmente.- Aggiunse la mora, reindossando
l'elmo dal lungo cimiero rosso.
***
Note
dell'autrice:
Buon giorno, buon sabato e...Buon Natale!
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!
P.S.
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Capitolo 7 *** Akemi ***
Najara
7.
-Ehi Spartano! Sei lontano dagli Elisi, ti sei perso?
O sei un codardo e scappi dal Tartaro?!- Le due si voltarono,
sentendo la voce alle loro spalle. Quattro guerrieri le stavano
raggiungendo, mentre un quinto, aggirandole, chiudeva loro ogni via
di fuga. -Siamo solo di passaggio.- Rispose Einai. -Ah! Sei una
donna! Ancora più interessante...Prendetele!- Si
scagliarono su di loro. Gabrielle sguainò i sai e
cominciò a lottare, ingaggiandone due contemporaneamente,
mentre Einai incrociava la spada con gli altri. La mora era
titubante, conosceva la teoria, ma non aveva mai avuto modo di
combattere effettivamente contro qualcun altro. Cercava di
rispondere alle loro mosse il più rapidamente che poteva, ma
aveva paura ed era nervosa, e non riusciva ad isolare i pensieri di
Gabrielle, che la confondevano. Più di una volta aveva
attuato gli stessi movimenti istintivi della bionda, andando a
vuoto, contro i nemici che stava affrontando. Incassò
diversi colpi, ma fortunatamente l'armatura si scalfì
appena. Gabrielle trafisse con i pugnali i suoi oppositori e sentì
le armi diventare roventi, mentre quest'ultimi si accasciavano al
suolo. Dovette lasciar cadere i sai sulla sabbia, per non ustionarsi
i palmi. -Einai!- Si volse verso la compagna di ventura e la vide
in difficoltà. Disarmata non poteva fare più di tanto
per aiutarla. -Aiutami!.- Urlò la mora, subito prima di
cadere a terra sulla schiena, sbilanciata da un calcio allo stomaco.
Il suo nemico stava per trafiggerla e chiuse gli occhi, spaventata.
Era finita. Scansò il colpo rotolando sul fianco. Nel
momento in cui aveva serrato le palpebre aveva visto la scena dal
punto di vista di Gabrielle e capito cosa fare. Si rialzò,
mantenendo gli occhi chiusi -Continua Gab! Fammi vedere!- Urlò,
tornando a incrociare la spada con i suoi nemici, ora del tutto priva
di esitazione. La guerriera capì e si concentrò
sullo scontro. Alle spalle di Einai pensava alle contromosse e si
stupiva nel vedere la mora attuarle istantaneamente. Era la
prima volta che combattevano a quel modo e c'erano delle
imprecisioni, ma in poco tempo ebbero la meglio, uccidendone due e
costringendo alla fuga il loro capo. Anche l'arma di Einai si
surriscaldò, ma non abbastanza da causarle dolore, attraverso
i guanti dell'armatura. La rinfoderò rapidamente dietro la
schiena e si voltò verso Gabrielle. Si vide, attraverso lo
sguardo dell'altra. Alta, forte e orgogliosa, si stagliava contro
il paesaggio desolato, nella sua splendente armatura nera, mentre il
cimiero rosso sangue ondeggiava al vento, poi, aprì gli occhi
e vide che la bionda le stava sorridendo. Non aveva parole per
esprimere cosa stava provando. L'entusiasmo la travolgeva, aveva
vinto la sua prima battaglia e, da quando aveva chiuso gli occhi, una
determinazione ed una sicurezza inaudita si erano impossessate di
lei. Era stato quasi divertente, quando era riuscita ad affidarsi
totalmente ai pensieri di Gabrielle. Corse verso di lei e
l'abbracciò, sollevandola da terra come fosse una piuma.
Riuscì a stento a controllarsi dallo stringerla troppo, mentre
non riusciva a smettere di ridere. Nemmeno la bionda aveva parole.
Non aveva neanche capito del tutto come poteva essere possibile ciò
che aveva appena visto con i propri occhi. Se glielo avessero
raccontato, non ci avrebbe creduto. Non credeva che il loro legame
potesse essere così profondo. Sarebbe stata perplessa, se
Einai non l'avesse travolta con tutto il suo entusiasmo, rendendole
impossibile non condividerlo.
Dopo aver recuperato
le armi della guerriera, ripresero il cammino. In lontananza, le
sponde di un altro fiume indicarono loro che erano sulla giusta via,
ma quella vista portava con sé un' inquietante
consapevolezza. Quello che avevano davanti era il Lete, "il
fiume dell'Oblio", che permetteva agli spiriti dei Campi Elisi
di reincarnarsi in un nuovo corpo, quando giungeva il
momento. Poterlo vedere, non circondato dalle alte mura
insormontabili che donavano quiete ai Giusti, dava loro la reale
percezione della guerra che ne aveva sancito la caduta. Si
avvicinarono. Stando ai racconti e alle leggende che avevano
sentito narrare negli anni, avrebbero dovuto costeggiare i Campi
Elisi, per raggiungere l'ingresso dell'orrido riservato ai
dannati. La sabbia in alcuni tratti aveva nascosto la strada e il
fiume era un punto di riferimento prezioso, sebbene
inquietante. Si fermarono per qualche secondo dietro a una grossa
colonna abbattuta, a riordinare le idee e a riprendere fiato, quando
si accorsero che il vento di era fermato. Si guardarono attorno,
allarmate da quel cambiamento improvviso. All'orizzonte, quando la
sabbia finì di depositarsi, lasciando libera la visuale,
apparve una profonda depressione. L'ingresso del Tartaro e, al di
sopra di esso, del fumo nero si stagliava denso, contro il cielo
rosso. Schiere alate si scontravano sia a terra che in volo e le
spade che si incrociavano riempivano l'aria di fragorosi fulmini. Non
avrebbero dovuto essere lì. Michele aveva detto che li
avrebbe condotti lontani dal Tartaro, per permettere loro di entrare
senza essere viste. La situazione era decisamente più
complicata del previsto. L'unica speranza era che nel caos generale
nessuno facesse caso a loro. Non avevano comunque alternative,
dovevano tentare. -Einai, resta qui. Vado avanti da sola.- Le
propose, non voleva che l'amica morisse. -No.- Si voltò
a guardarla e lei fece lo stesso. I loro occhi si incrociarono per
qualche secondo, poi il simulacro rispose -E' proprio adesso che
posso esserti più utile.- Anche se aveva il volto nascosto
dall'elmo, la determinazione nella sua voce e nelle sue iridi era
netta e categorica. -E' una mia scelta, ora. Non sentirti in colpa.-
Sarebbe stato controproducente e complesso spiegarle che anche lei
teneva alla persona che dovevano salvare. Gabrielle non l'avrebbe
accettato come un suo sentimento e avrebbe ribattuto, perdendo altro
tempo prezioso. Non le piaceva mentirle, o omettere parte della
verità, detestava quando era Xena a farlo...Ma tutto sarebbe
diventato ancora più complicato. La bionda tirò su
il cappuccio, poco convinta, ma consapevole che discutendo non
avrebbe ottenuto un' altra risposta. -Dobbiamo muoverci velocemente.
Abbiamo già perso troppo tempo.- Prive di ogni ulteriore
indugio, corsero allo scoperto, avvicinandosi il più
rapidamente possibile e con le armi in pugno, pronte a tutto. Einai
sprofondava nella sabbia fino alle caviglie, ma era comunque più
veloce di Gabrielle. Le gambe lunghe e la sua forza sovrumana le
davano un enorme vantaggio. Controllava costantemente che la
bionda non fosse troppo distante, ma l'agilità dell'altra le
permetteva di mantenere quasi il suo stesso ritmo. Se non fosse stata
così stanca, sarebbe stata accanto a lei. Avvicinandosi,
poterono vedere sempre maggiori dettagli della guerra in
corso. Arcangeli e Demoni si scontravano in cielo senza esclusione
di colpi. Entrambi gli schieramenti erano enormi e attorno al campo
di battaglia giacevano già innumerevoli corpi. A terra, altre
truppe, vestite con leggere tuniche bianche, combattevano contro
altri guerrieri, ma nessuno di loro aveva ali. Poco distanti
dall'ingresso del Tartaro, iniziarono a strisciare tra i cadaveri,
cercando di non farsi notare. Ormai vicine, Gabrielle riconobbe
Ulisse nel volto di uno dei guerrieri. Stava usando una specie di
sciabola, evidentemente recuperata da qualcuno dei morti. Poi
riconobbe Paride e accanto a lui un altro uomo, forse il fratello,
Ettore. E, davanti a tutti, trafitto da numerose frecce ma incurante
delle ferite, Achille. Ricordò i racconti di guerra che
aveva sentito dagli aedo, di lui e Patroclo e delle gesta dei
valorosi Mirmidoni. Le innumerevoli anime degli eroi degli Elisi
stavano combattendo affianco alle schiere angeliche. -Non vedo
bambini.- Disse Einai interrompendo il filo dei suoi pensieri.
-Probabilmente li hanno già messi in salvo.- "Ottimo"
Sentì il sollievo di Gabrielle, Solan era al
sicuro. Raggiunsero il bordo dell'orrido, ricoperto di cadaveri, e
guardarono giù. Non si vedeva la fine di quell'abisso "Senti
niente?" La mora annuì. Gabrielle iniziò a
scendere, calandosi nel baratro, mentre Einai, sistemato il piccolo
otre sotto l'armatura, nascose la bisaccia, prima di seguirla. La
pietra di Cibele era nella scarsella, saldamente fissata alla cintura
della bionda. Einai non era molto pratica di arrampicata, ma la
scura roccia grezza forniva numerosi appigli e, nei momenti di
difficoltà, le bastava concentrarsi per vedere quali appoggi
aveva usato Gabrielle, poco prima di lei. Scesero rapidamente fino
a metà strapiombo. Il luogo non sembrava sorvegliato.
Nonostante la vicinanza, le truppe di Michele stavano riuscendo nel
loro intento. Si fermarono su un ampio spuntone di roccia. Da
quel punto una delle numerose scale, scolpite nella pietra, era
facilmente raggiungibile. Avrebbero fatto prima e, in caso di
attacco, sarebbe stato più facile difendersi. -Ho un'idea
Gab.- Esordì la mora, mentre continuava a guardare in giù
-Se mi sali sulle spalle posso saltare fino a quel masso sporgente.-
Era diversi metri più in basso, una ventina -Guadagneremmo
tempo.- -Non credo tu possa reggere l'urto.- Era forte, ma
fragile. -Ho l'armatura.- Già durante il combattimento
avrebbe subito diversi danni, con i colpi ricevuti, ma non le era
successo niente. -Metà salto?- Indicò un'altra
roccia. -Va bene.- La bionda le salì sulla schiena e si
strinse a lei, sia con le braccia che con le gambe, cercando di non
impedirle i movimenti. Einai saltò e atterrò
bruscamente sulla roccia concordata, indenne, e subito saltò
sulla successiva. Si fermava appena qualche secondo, il tempo per
Gabrielle di rinsaldare la presa, e individuare un'altra roccia su
cui saltare. In breve raggiunsero il fondo, ma numerosi corridoi,
scavati nella roccia, si aprivano davanti a loro. Senza dare il
tempo alla bionda di scendere dalle sue spalle, Einai ne imboccò
uno con sicurezza. Era guidata da una strana sensazione. Forse era
proprio quello a cui si riferiva l'Arcangelo, quando diceva che
sarebbe riuscita a portarla da Xena. Non aveva mai provato niente
di simile, una sorta di formicolio diffuso le correva sottopelle e le
bastava concentrarsi, per capire quali bivi prendere e quali grotte
percorrere. Gabrielle, vigile e attenta, controllava che nessuno
le seguisse. Aveva capito che qualcosa stava guidando l'amica e non
fece domande. Le sue gambe, veloci e instancabili, erano senza
dubbio il mezzo più rapido per arrivare. Giunsero a delle
nuove scale, che scendevano ancora, e le presero senza indugio, fino
ad arrivare all'ingresso delle segrete. Non si aspettavano di
trovare carceri, all'Inferno. Einai si fermò, guardandosi
attorno, cercando di capire quale corridoio prendere, mentre
Gabrielle scendeva dalle sue spalle, sguainando le armi, subito
imitata dall'altra. Non doveva più mancare tanto e
probabilmente avrebbero incontrato delle guardie. Sentirono una
voce femminile provenire dalla loro sinistra e si diressero da quella
parte. Non capivano cosa stesse dicendo, ma anche la sensazione di
Einai confermava la direzione. Si mossero silenziosamente lungo il
corridoio, avvicinandosi rapidamente e fermandosi subito prima di
entrare in quella che sembrava una sala delle torture. Molte armi
erano appese alle numerose rastrelliere allineate lungo il muro.
Diversi tavolacci di legno e di pietra, macchiati di sangue secco e
altro, non riconoscibile, erano disposti lungo le pareti, lasciando
un ampio spazio libero al centro della sala, dal cui soffitto
pendevano stalattiti scure. La voce proveniva da una donna, in una
armatura da samurai verde, che dava loro le spalle. Parlava con
qualcuno, disteso sul tavolo davanti a lei. Potevano vederne i piedi,
incatenati con dei grossi ceppi, ma non altro. La bionda ebbe un
fremito ed Einai la fermò con la mano. -Vieni pure, ti
stavo aspettando!- Disse ridendo la donna, voltandosi. Gabrielle
avrebbe riconosciuto quel volto odioso tra mille, era Akemi. La
guerriera si fece avanti, pronta a combattere, subito seguita dalla
mora. Einai digrignava i denti, per la collera che l'aveva
invasa, e chiuse gli occhi, già pronta allo scontro. -Ti
sei portata un'amica, vedo. Cos'è?! Ho sentito arrivare solo
te!- Sembrava estremamente divertita dalla situazione. -Maledetta...-
La sua ira traspariva dal volto, tutto quello era l'ennesima conferma
alle parole di Hecate e la prova inconfutabile del suo inganno. -Sei
ancora in tempo per unirti a noi. Vuoi una mela?- Le lanciò il
frutto che Gabrielle scagliò contro il muro, con un rapido
gesto del pugnale. -Oh, che spreco!- Commentò il demone,
portando lentamente la mano sull'elsa della katana appesa al suo
fianco. -Lasciala andare!- -Certo! Aspettavo solo che tu me lo
chiedessi!- Ironizzò Akemi, sprezzante. Il demone sguainò
la spada, mentre la bionda partiva all'attacco, ma Einai la
atterrò con una spallata, mandandola a sbattere contro un
tavolo dall'altro lato della sala. -Se tu la toccassi verresti
dannata!- Le gridò, riaprendo le palpebre, mentre Gabrielle si
rialzava, un po' stordita. -Ah! Qualcuno ha studiato...La tua
amichetta sembra più astuta di te.- Sorrise
soddisfatta. -Taci, maledetta!- Einai richiuse gli occhi e si
scagliò contro di lei. Il clangore delle loro spade riecheggiò
nella sala. Rimasero in stallo per diversi secondi, ognuna
cercando di sbilanciare l'altra, poi, si scostarono entrambe,
saltando all'indietro. Sul tavolo da tortura, ora completamente
visibile, c'era Xena. Il cuore di Gabrielle mancò un
battito, vedendola. Il volto era tumefatto e la tunica bianca intrisa
di sangue. Restava ferma, immobile, con gli occhi serrati e i
denti piantati nel labbro inferiore, fino a farlo sanguinare -Xena!-
Urlò, non potendo avvicinarsi. Solo in quel momento la vide
sussultare e riaprire gli occhi, cercandola con lo sguardo. Si
guardarono per un solo istante, prima che l'altra tornasse a
chiudere le palpebre e a serrare le labbra. -Gabrielle! Resta con
me!- La richiamò Einai, subito prima di parare un poderoso
fendente. Akemi, con un cenno del capo, sganciò le armi
dalle rastrelliere e le scagliò contro la bionda. La guerriera
le parava con i pugnali e le schivava agilmente, ma queste
tornavano ad attaccarla. Solo distruggendole riusciva a
sbarazzarsene, ma non poteva concentrarsi completamente su quello,
doveva continuare ad aiutare Einai. Distratta, venne colpita di
striscio più volte mentre guidava l'amica contro il demone,
che però non sembrava minimamente affaticato da quel doppio
scontro, al contrario di loro. Akemi ruotò su sé
stessa e accelerò il ritmo improvvisamente, colpendo Einai al
fianco sinistro. La katana oltrepassò l'armatura come fosse
fatta di carta, conficcandosi fin quasi a metà del busto. La
mora urlò di dolore, cadendo in ginocchio e trascinando con sé
la spada dell'avversaria, incastrata nel suo corpo. -Quando avrò
finito con la tua amica mi assicurerò di farti a pezzi, per
capire cosa diavolo sei...- Disse, sputando con disprezzo accanto
alle sue ginocchia. La guerriera in armatura ansimava, incapace di
muoversi per il dolore. Non ne aveva mai provato tanto in vita sua.
Tossì e inorridì, vedendo della sabbia scura
riversarsi sul pavimento, dalle sue labbra. Non poteva finire a
quel modo. Gabrielle era ancora impegnata contro le decine di armi
che la tenevano sotto assedio, mentre Akemi recuperava un'ascia dalla
parete vicina e si apprestava a darle il colpo finale. Fu un
lampo. Con la forza della disperazione scattò in piedi,
travolgendo Akemi un istante prima che calasse la scure sul suo
collo. Colta di sorpresa, il demone venne sbalzato all'indietro,
nell'istante preciso in cui un giavellotto, deviato da Gabrielle,
stava per schiantarsi contro la parete. Le trapassò il
collo, bloccandola contro il muro. Akemi sputò sangue e
sgranò gli occhi, sorpresa, emettendo a stento dei versi
gutturali, mentre le sue membra si muovevano spasmodicamente. Einai
si alzò lentamente, aiutandosi con la spada e sorreggendosi al
tavolo su cui giaceva Xena, e raggiunse il demone, continuando ad
ansimare e lasciando una scia di sabbia dietro di sé Alzò
la spada e, appoggiandosi con tutto il suo peso, trafisse Akemi,
passandola da parte a parte. Il demone sputò sangue nero
sull'armatura del simulacro, che sentì la vita abbandonare la
propria vittima, mentre si accasciava sulla sua lama. Si rilassò,
lasciando la spada in quel corpo esanime, e si appoggiò di
peso al tavolo, accanto ai piedi di Xena, cercando di non
cadere. Guardò Gabrielle, libera dall'attacco delle armi
manovrate da Akemi, che ora giacevano a terra. Avrebbe solo dovuto
usare la Pietra e scappare. Ce la poteva fare se non avesse perso
tempo... Improvvisamente, Akemi la ferrò per il collo e,
spalancando una bocca mostruosa, enorme e irta di zanne, morse con
tutte le sue forze Einai, che urlò a squarciagola. I sai
della guerriera la raggiunsero, precisi e letali, trapassandole un
occhio e la tempia. Gabrielle le raggiunse di corsa, aiutò
Einai ad allontanarsi almeno di qualche passo, sorreggendola e
facendola appoggiare contro un altro tavolo, e si dedicò Xena,
liberandola. Non era certa che Akemi fosse morta e voleva
andarsene il prima possibile. Prese un grosso mazzo di chiavi,
appoggiate su un tavolo assieme a degli strumenti di tortura sporchi,
e provò ad aprire le catene che bloccavano la compagna. La
chiamò diverse volte, ottenendo solo dei gesti di diniego con
la testa, da parte della mora. -Xena, sono io!- Disse esasperata e
le prese il volto tra le mani, facendo attenzione a non farle male.
Chissà a quali torture era stata sottoposta. -Non mi
inganni...- Socchiuse gli occhi, in un sguardo pieno di ira e
dolore. -Akemi è morta, dobbiamo scappare da qui.- Lasciò
il suo viso e cercò la chiave giusta, trovandola rapidamente e
liberandola. -Hai già usato questo trucco.- Disse con un
filo di voce. -Xena, questa volta non è una trucco.-
Affermò con le lacrime agli occhi -Sono io, sono io davvero.-
La aiutò a mettersi a sedere -Come stai? Riesci a
camminare?- -Smettila...- La allontanò bruscamente con la
mano -Gabrielle è viva!- Disse ad alta voce, per convincere sé
stessa. -Sì, sono viva. Ares e Aphrodite mi hanno
mandata qui con l'aiuto di Hecate, per recuperare la tua anima.-
Spiegò in fretta -All'uscita del Tartaro, Michele sta
combattendo per impedire ai demoni di seguirci.- Guardò
Einai, preoccupata, stava sempre peggio e si era seduta a terra, con
la schiena contro la gamba del tavolo a cui si era appoggiata
-Dobbiamo sbrigarci.- -Bella storia...- Rantolò Xena,
tenendosi una mano sulle costole doloranti. Non sapeva se
crederle o meno, quel racconto però aveva già molti più
dettagli delle visioni precedenti...Ma Akemi sapeva tutto quello che
sapeva lei ed era terribilmente astuta. -Gabrielle...Usa la Pietra
e scappa...- Disse debolmente Einai. -Non ti lascio qui.- Le
rispose. -Aiutami Xena, dobbiamo portarla con noi, è mia
amica.- Si allontanò da lei e raggiunse l'altra, aiutandola a
stendersi a terra e, facendo attenzione a non peggiorare i danni,
estrasse la katana dal suo fianco -Senti molto dolore?- Einai
annuì, restando in silenzio. Sudava copiosamente. La
bionda guardò alla base dell'elmo e vide che delle crepe si
erano estese dal fianco sinistro fino al collo. Probabilmente,
ciò che la teneva ancora insieme, era l'armatura. La ferita
alla spalla, invece, sembrava meno grave. -Gabrielle...Dimmi
qualcosa che non so.- Le disse Xena, alle sue spalle. Vedere l'altra
così preoccupata, mentre cercava di aiutare quella
sconosciuta, le fece venire il dubbio. Akemi non era in grado di
fingere quelle emozioni, o mostrare interesse per qualcun' altro. La
bionda si alzò e si scostò il mantello dalla schiena,
mostrando le cicatrici che la deturpavano, al posto del tatuaggio.
Pochi secondi appena, e poi le coprì di nuovo. -Hecate mi
ha liberata dal suo incantesimo.- Tornò a prendersi cura di
Einai -Lei è stata creata da Ares, per accogliere la tua anima
al ritorno dal regno dei morti.- Non riuscì più a
trattenere le lacrime, spaventata per la sorte del simulacro, ed
iniziò a piangere, coprendosi la mano con la bocca, mentre la
guerriera in armatura cominciava a piangere a sua volta, travolta
dalle sue emozioni e incapace di consolarla. -Aiutami ti prego, non
posso portarla da sola.- Singhiozzò -Non importa se non mi
credi.- -Lasciami qui, Gabrielle. Scappate, Ares può farne
un'altra...- -No.- -Che io sia dannata.- Xena si chinò
su Einai e cominciò a liberarle le gambe dall'armatura,
lasciandole solo i calzari. Vedendola, Gabrielle iniziò a fare
altrettanto con le braccia e le spalle, lasciandole solo pettorale e
elmo. -Toglile anche quello, respirerà meglio.- Le disse la
compagna. Gabrielle eseguì, con riluttanza. Quello sì
che sarebbe stato complesso da farle credere. Quando vide il volto
dell'altra, Xena trasalì. -Ares l'ha creata per essere
te.- -Quel maniaco...- Come visione per ingannarla, non
aveva più senso. Sarebbe rimasta all'erta, ma non poteva
correre il rischio di sbagliare. -Non perdete altro
tempo...- -Aiutami ad alzarla. Dobbiamo fare attenzione che non si
sbricioli ulteriormente...- Gabrielle ignorò le parole di
Einai e passò le braccia sotto le sue ascelle, per
sollevarla. -Sbricioli?!- -E' d'argilla.- Xena si accorse
solo in quel momento che non c'era sangue, nonostante la grave
ferita. Scosse il capo, incredula, e prese Einai per i fianchi,
aiutando l'altra a rimetterla in piedi.-Le gambe funzionano ancora?-
Chiese, rivolgendosi a lei per la prima volta. -U-Un po'- Rispose,
prima che un nuovo fiotto di sabbia le uscisse dalla bocca.
Preoccupate, le due donne si passarono le braccia del simulacro
sopra le spalle e cominciarono a dirigersi verso l'uscita. Gabrielle
ricordava la strada percorsa. Einai era straordinariamente pesante
e Xena molto indebolita e dolorante, erano costrette a
procedere lentamente. Uscirono dal dedalo di corridoi e si
ritrovarono sul fondo dello strapiombo. La luce rossa arrivava ancora
più smorzata dal denso fumo nero che vedevano sopra le loro
teste. Presero una delle scale e iniziarono a salire. Anche
Gabrielle cominciava a risentire della fatica e Einai aveva sempre
meno forze. Facevano numerose pause, brevi, ma senza mai posare il
simulacro. Farla sedere o alzare comportava sinistri scricchioli e
non poco dolore. -Ho l'otre nell'armatura...- Le disse, sentendo
che l'altra aveva bisogno di bere. -Grazie...- Titubante,
Gabrielle infilò lentamente la mano sotto al braccio di
Einai e, sentita la sacca di cuoio con la punta delle dita, la
estrasse con molta attenzione. Bevve a lungo, ingoiando a grandi
sorsate il liquido acre, poi lo porse anche a Xena. -No, grazie.-
Non era ancora del tutto certa che non fosse uno stratagemma, meglio
non bere o mangiare nulla, finché non fosse stata sicura di
essere fuori dagli Inferi. La compagna fermò l'otre alla
cintura e ripresero a salire. Il fragore della battaglia si faceva
via via più forte, mentre cadaveri alati cadevano dall'alto e
si schiantavano sul fondo dell'orrido, facendole trasalire ogni
volta.
***
Note
dell'autrice: Buon giorno, buon sabato e...Buon Anno!
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3 Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille! A sabato prossimo!
P.S.
Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete
chiacchierare o fare domande, non esitate!
|
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Capitolo 8 *** The Ivory Door ***
Naraja pe davvero
8.
Raggiunsero finalmente l'orlo del Tartaro. La
battaglia infuriava caotica tutto attorno a loro, perfino sopra le
loro teste. Impossibile prevederne l'esito. Ormai erano costrette
a trascinare Einai, che non riusciva quasi più a muovere le
gambe, e questo le rallentava ulteriormente, costringendole a
camminare allo scoperto, non potendo più
nascondersi. All'improvviso, anime dannate le attaccarono. Xena
impugnò la spada di Einai e se ne sbarazzò rapidamente
ma, subito, un altro manipolo le bloccò. Cominciarono a
combattere, quando un' altra anima, dalla tunica elisiaca, le
affiancò. Era Joxer. -Non ci posso credere...Gabrielle,
sei proprio tu?- Disse con voce affranta, rendendosi conto che la
donna doveva essere morta, per trovarsi lì. -Sì,
sono io, ma sono ancora viva.- Sorrise malinconicamente. -Grazie
agli Dei.- Sollevato, passò la propria spada alla guerriera,
sapendo che lei era molto più capace di lui, e prese il suo
posto a sorreggere Einai -Dovete andare dall'altra parte! Gli
Arcangeli stanno radunando là quelli da portare in Paradiso.-
Disse l'uomo. -Noi...- Incrociò la spada con uno degli
avversari -Stiamo cercando di uscire, Joxer. Dobbiamo tornare allo
Stige...- -E' troppo distante! Non ce la farete mai! Soprattutto
con questo colosso dietro!- Si riferiva al simulacro ed al suo
straordinario peso. -Dobbiamo tentare!- Sconfisse il proprio
nemico e ne ingaggiò un altro. Non c'era respiro. -C'è
un'altra uscita! Più vicina.- -Dove?!- Chiese Gabrielle,
incredula. -Oltre le mura, la Porta d'Avorio. Dovete seguire il
fiume.- Virgilio l'aveva descritta accuratamente nei suoi poemi e
dagli Elisi la vedeva quasi ogni giorno. -Grazie Joxer! Sei
meraviglioso.- Urlò la bionda, sbarazzandosi dei suoi
avversari. Il guerriero arrossì e farfugliò per
qualche istante, prima di riprendersi -Coraggio, allora! Sbrigatevi,
noi cercheremo di coprirvi.- Anche alcuni demoni si era accorti di
loro e cominciavano ad avvicinarsi. Xena e Gabrielle, liberatesi
degli ultimi spiriti, ripresero a camminare nella direzione opposta,
seguendo le indicazioni di Joxer, mentre quest'ultimo attirava
l'attenzione dei suoi compagni d'armi e gli spiegava la
situazione. Ulisse e Paride, saputo che si trattava di Xena e
Gabrielle, radunarono diversi uomini e ordinarono di coprir loro
le spalle, bloccando anche gli attacchi infernali dall'alto. Le
tre donne avanzarono il più rapidamente possibile, al centro
del passaggio che gli altri eroi mantenevano sgombero. Un'anima
dannata irruppe all'improvviso, come una Furia, sbarrando loro il
cammino a pochi passi dalla Porta. Avvolta in un mantello bruno,
che le copriva il volto, un solo dettaglio la rese riconoscibile alle
due guerriere. Un pugnale dalle grinfie scheletriche che le spuntava
dal fianco. -Najara!- Esclamò sorpresa Xena, liberandosi
dalla debole presa di Einai e sguainando nuovamente la sua
spada. -Non vorrai mica andartene, sporca vigliacca.- Proruppe la
condottiera nemica. -Cosa ci fai qui?!- Avrebbe dovuto essere
viva. -Non avete neanche avuto la decenza di darmi il colpo di
grazia... Il mio corpo è ancora tra i vivi, mentre la mia
anima giace tra gli Insepolti!- Con estrema violenza attaccò
Xena e la disarmò rapidamente, mettendola alle strette. La
guerriera era stata estremamente indebolita dalle torture e
dagli scontri precedenti. La bionda, posata rapidamente Einai a
terra, si scagliò contro di lei e ingaggiò un
combattimento serrato. Le loro armi stridevano, incrociandosi sopra
le loro teste. -Vedo che la tua sorte non è stata diversa
dalla mia.- Esordì la condottiera. -Non sai quanto ti stai
sbagliando.- -Non ti vergogni per quello che mi avete
fatto?- -Sei stata tu ad attaccarci. Non sarebbe mai accaduto,
altrimenti.- Combattendo, la condottiera l'aveva costretta con le
spalle al fiume, la separavano dalla sponda solo pochi passi. Se vi
fosse caduta dentro, e con lei la Pietra, tutto sarebbe stato
inutile. Prese il coraggio a due mani e cominciò a
incalzare la guerriera rivale, riguadagnando qualche passo. -Sei
cambiata, Gabrielle! Hai visto a quale vita di orrori ti ha
costretta? Se tu fossi venuta con me, non sarebbe mai successo. Io ti
avrei protetta!- -Taci! Tu mi avresti condannata ad una vita da
prigioniera!- Najara la respinse, tornando a farla arretrare con
un colpo secco della lama -Miserabile! Tu non meriti il mio perdono!-
Partì all'attacco, caricando un potente fendente. -Non lo
voglio!- Ringhiò la poetessa guerriera, preparandosi a parare
il colpo, ma cedendo immediatamente prima che le loro lame si
schiantassero nuovamente, lasciandosi cadere sulla schiena e
sorprendendo la condottiera con un calcio al ventre, scagliandola
alle sue spalle. Si rialzò immediatamente, pronta ad un
nuovo attacco, ma fece appena in tempo a vedere la sua nemica sparire
tra i flutti, dissolvendosi. Rimase immobile, come impietrita,
fissando il punto in cui l'aveva vista sparire. Aveva rimandato
un'anima degli Inferi tra i mortali. Quali conseguenze avrebbero
potuto esserci? -Gabrielle! Dobbiamo fare presto.- Xena la
raggiunse e la prese per le spalle, riscuotendola dalle sue
preoccupazioni. La battaglia attorno a loro stava degenerando. -Sì.-
Ripresero Einai, quasi del tutto priva di forze, ormai, e raggiunsero
la Porta d'Avorio. Xena ruppe i sigilli, tolse le grosse travi
che ne impedivano l'apertura e dischiuse appena i pesanti battenti,
mentre Gabrielle, preso l'Ago di Cibele ancora avvolto nel suo
sudario, si avvicinava a lei. Il momento per cui aveva viaggiato
e sofferto tanto era finalmente giunto. -Toccala Xena...- La sua
anima ne sarebbe stata assorbita e avrebbe potuto lasciare gli Inferi
senza ulteriori indugi e senza trasformarsi in uno spirito
errante. La guerriera esitò un istante, chiedendosi se
avrebbe provato dolore. Chiedendosi quanto avrebbe potuto fidarsi di
Ares e di un artefatto degli Dei... Incrociò lo sguardo con
quello di Gabrielle -...Ti amo.- Poi afferrò la Pietra a mani
nude, di slancio, senza staccare gli occhi da quelli della compagna.
Un immenso bagliore le avvolse, accecandole per un istante e,
quando la giovane riacquistò la vista, la guerriera non c'era
più. Guardò la Pietra e vide che non era più
lucida e nera, come una scaglia di ossidiana levigata, ma opaca e
bianca, come la cenere. La riavvolse rapidamente nel tessuto che
l'aveva custodita e la rimise nella scarsella, prima di fare i pochi
passi che la separavano dal regno dei vivi, trascinando con sé
Einai.
Si ritrovarono nella piccola stanza murata in cui
avevano incontrato Michele, all'inizio del loro viaggio. Gabrielle
iniziò ad urlare, cercando di richiamare l'attenzione. Einai
versava in pessime condizioni e aveva bisogno di soccorso immediato,
sperando che la Dea potesse fare qualcosa. Si inginocchiò
accanto a lei, mentre continuava a chiamare aiuto. Il simulacro
riusciva a stento a tenere gli occhi socchiusi, mentre fine sabbia
scura continuava a riversarsi sul pavimento dalle numerose ferite.
-Einai non mi lasciare.- La implorò la guerriera, con la
voce rotta dal pianto. -Mi dispiace...- Sentiva le emozioni della
giovane e non avrebbe voluto che soffrisse, ma non c'era niente che
potesse fare. -Einai...- Singhiozzò. Non era giusto che
morisse così. Smise di trattenere i suoi pensieri e i suoi
sentimenti, voleva che la donna tra le sue braccia sentisse tutto
quello che provava per lei. Non voleva perderla. -Grazie...Per
avermi vista...- Un sorriso sofferente le increspò le labbra,
mentre le lacrime si tramutavano in sabbia appena lasciati i suoi
occhi. Il rituale che l'aveva animata si stava esaurendo. Gabrielle
la baciò, disperatamente. Voleva che sentisse quanto le aveva
voluto bene e desiderava che l' ultimo ricordo, di quel mondo così
crudele con lei, fosse bello.
L'anziana aedo interruppe il
suo racconto, non riuscendo a trattenere una silenziosa lacrima che
scivolò lieve sulla pelle pallida del volto, prima di
asciugarla con la punta delle dita. La donna dai lunghi capelli
scuri smise di scrivere e le si avvicinò, preoccupata. -Vuoi
riposarti, Gabrielle?- Le chiese sottovoce, dopo essersi abbassata
accanto a lei. -No...Vorrei finire.- -Sicura? Possiamo farlo
domani.- Le accarezzò la guancia dolcemente, non voleva che si
stancasse troppo. -Sì, sicura.- -Nonna, com'è
finita la storia poi?- Una bambina dai lunghi capelli biondi le
interruppe. -Dopo pochi istanti arrivarono la Sacerdotessa e la
Guaritrice, stupite di trovarci lì. L' intervento
dell'Arcangelo aveva in qualche modo distorto i loro i piani...-
Riprese a raccontare, mentre la mora tornava a scrivere. -Hecate
mi restituì il corpo e subito dopo mi cacciò dal
tempio. Ritrovai Aphrodite ed Ares, che mi attendevano, e
incastonammo la Pietra di Cibele in un nuovo simulacro, così
la mia anima gemella tornò finalmente tra i vivi.- Sorrise
brevemente alla mora, che ricambiò. -Ah! E' per questo che
zia Xena non invecchia?- Chiese un altro bambino dai capelli scuri.
-Esattamente.- Rispose l'aedo non riuscendo ad esimersi dal
sorridere nuovamente, mentre sentiva la compagna sbuffare lievemente.
Detestava l'appellativo di "zia", in realtà era più
anziana di lei. -E poi cos'è successo?- -Poi
riprendemmo a girare il mondo e a vivere tante altre avventure. Molte
ve le ho giù raccontate.- -E...Einai?- Azzardò
Sophia, una donna dai capelli color del grano, pronipote di
Gabrielle. L'anziana scosse il capo, abbassando lo sguardo -Si
salvò, ma ad un costo. Dovrà servire Hecate per
l'eternità.- La Dea aveva sviluppato curiosità ed
interesse per la sua anomalia. -La rivedrò solo il giorno
della mia...- Alzò lo sguardo e si interruppe, memore dei
bambini presenti. -La rivedrò, un giorno.- Sorrise
tristemente. Sophia annuì, in silenzio, aveva capito cosa
intendeva la sua prozia. -Direi che è ora di andare a
dormire.- Intervenne Xena, interrompendo il silenzio pesante che si
era creato. -No! Nonna, raccontaci un'altra storia!- Chiese
nuovamente il bambino dai capelli scuri, mentre gli avventori della
taverna riprendevano i loro affari. -Ehi, è tardi,
dovresti essere già a letto.- Lo redarguì la guerriera
-Forse domani, quando Gabrielle si sarà riposata.- L'aedo
annuì, in risposta, poi la compagna la cinse con le braccia e
la sollevò dalla sedia accanto al camino, come se pesasse meno
di un fuscello, e, una volta salutati i parenti, si ritirarono nella
casa accanto alla taverna.
Chiuse la porta e la fece
distendere sul letto, poi cominciò a massaggiarle le gambe,
come ogni sera. -Sei riuscita a scrivere tutto?- -Sì,
ogni parola.- Le sorrise la mora. -Benissimo.- Sospirò, era
molto stanca. -Domani dovrebbe piovere, come vanno le
ossa?- -Doloranti.- Sbuffò. -Ti prendo la medicina.- La
mora interruppe il massaggio e uscì dalla stanza, facendo
scricchiolare terribilmente il pavimento, e tornando poco dopo, con
un piccolo barattolo -Ecco...- Prese un pizzico di polvere bianca dal
contenitore e lo posò tra le labbra di Gabrielle, che la
inghiottì, con la solita smorfia di disgusto. -Xena...Davvero
non ti pesa restare qui?- -No.- Le sorrise teneramente. Quella
domanda era ricorrente da quando l'età di Gabrielle le aveva
costrette a smettere di viaggiare -Passare la vecchiaia assieme a te
era un sogno che non osavo sognare.- Ripeté. Lo sperava, ma
non credeva che avrebbero vissuto abbastanza da potersi ritirare in
un posto tranquillo, soddisfatte. Ritrovare Sophia poi, figlia di
Sarah, aveva anche dato loro la gioia di essere circondati da
una famiglia e di crescere i nipotini. La guerriera quasi si
sorprese nel realizzare di non avere alcun rimpianto. Sì,
certo, qualcosa legato alla sua scellerata giovinezza c'era, ma da
quando aveva riottenuto il corpo era sempre andata fiera delle sue
scelte e anche quando aveva avuto qualche dubbio, seguire Gabrielle
si era sempre rivelata la cosa più giusta. Nonostante
tutti gli anni passati, le battaglie e le sofferenze, il primo
istinto della compagna era ancora l'altruismo. Quella parte di lei
che l'aveva catturata dal principio e che l'aveva guidata fino alla
salvezza. -Ma tu non sei vecchia.- La risposta della bionda
riscosse la guerriera dai suoi pensieri. -Non lo sarò
fuori, ma ho l'animo di un' anziana scorbutica.- Sdrammatizzò.
In realtà cominciava a sentirsi stanca, insofferente. Sempre
più spesso le capitava di desiderare di passare tutta la
giornata con Gabrielle, senza vedere nessuno. Al massimo il gatto. La
compagna sorrise -Lo sei sempre stata.- -Ah. Beh, se la metti in
questo modo, domani il bagno te lo prepari da sola.- Minacciò,
prima di chinarsi su di lei e baciarla sulla fronte. -Resta,
stanotte.- Le sussurrò l'aedo. Di solito Xena faceva lavori di
manutenzione alla taverna o andava pescare, non aveva il suo stesso
bisogno di dormire. -Stai così male?- Glielo chiedeva a
quel modo solo quando era malata. Gabrielle negò -Voglio
passare quanto più tempo possibile con te ed imprimere nella
mia mente ogni più piccolo dettaglio.- -Non dire così...-
La baciò improvvisamente sulle labbra, interrompendola.
****
Note
dell'autrice: Buon giorno e buon sabato! Come avrete intuito
ci stiamo avvicinando alla fine, mancano solo 4 capitoli.
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3 Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille! A sabato prossimo!
P.S.
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Capitolo 9 *** The Herald ***
the arrival 2
9.
Al
mattino pioveva, come previsto.
Xena
rientrò dalla taverna con una ciotola di latte e lo portò
a Gabrielle, ancora addormentata.
Si
sedette al suo fianco e posò la scodella sul comodino, accanto
al letto, prima di svegliarla dolcemente -Come ti senti?-
-Bene.-
Le sorrise, vedendola, ma il suo tono non era molto convincente.
-Ti
ho portato del latte, è ancora caldo.-
-Grazie...Mi
aiuti?-
-Sì.-
La guerriera la aiutò con cautela a mettersi a sedere. La
compagna era dimagrita molto in quell'ultimo periodo e aveva sempre
timore di stringerla troppo forte -Dopo vuoi la medicina?-
-No.
Voglio restare sveglia, oggi.-
-Se
però peggiorerà me lo dirai, vero? Non serve fare i
testardi...- Le porse la scodella e guardò l'altra annuire,
prima che cominciasse a bere.
-Dopo
vuoi andare da Lyceus e Lila?- I pronipoti portavano lo stesso nome
dei loro rispettivi fratelli.
-Più
tardi, forse.- Era nervosa, non sapeva decidere cosa fosse meglio
fare -Stanotte ti sei annoiata molto?-
-No,
ho dormito quasi tutto il tempo.- Le sorrise. In realtà
l'aveva osservata, preoccupata. Si era agitata parecchio nel sonno.
-Tu hai riposato bene?-
-Credo
di sì.-
-Riempio
la vasca?-
La
bionda annuì, continuando a bere.
Terminato
il bagno, rimasero in casa.
Gabrielle, invece di tornare a letto
come suo solito, si sistemò accanto al camino acceso, con il
gatto in grembo, sbirciando fuori dalla finestra di quando in
quando.
Xena
la osservava, preoccupata e nervosa, seduta al tavolo poco distante.
Non sapeva se chiedere o meno la motivazione di quel
comportamento anomalo da parte della compagna. Temeva di aver capito,
il suo sesto senso vibrava ansiosamente.
Forse
era per quello che aveva deciso di raccontare ad altri la sua storia,
per la prima volta in quarant'anni.
Non ricordava neanche che
Gabrielle avesse mai scritto una pergamena in cui fosse lei la
protagonista e rendersene conto la inquietò ancora di più.
Sentì
un'onda irrefrenabile di determinazione e rabbia farsi largo
dentro di lei, inarrestabile. Se l'arrivo di Einai avrebbe sancito la
sua morte, avrebbe potuto ancora evitarla.
Come
a confermare i suoi propositi, un improvviso formicolio
diffuso si fece largo rapidamente, sotto la sua pelle. Non aveva mai
provato niente di simile, ma dai racconti di Gabrielle sapeva che era
il segnale che tanto temeva.
Il
simulacro con le sue ceneri si stava avvicinando.
Si
alzò di scatto, spaventando la compagna -Vado a prendere altra
legna.- Disse e uscì immediatamente, senza aspettare la
replica della bionda che la seguì con lo sguardo, stupita da
quel modo di fare.
Xena
recuperò la spada, nascosta nella stalla per non farla trovare
ai bambini, e corse a perdifiato sotto la pioggia, nella direzione
che il suo corpo le indicava. Inoltrandosi nel fitto del bosco fino
alle sponde del fiume su cui andava sempre a pescare.
La vide, in
lontananza, guadare il corso d'acqua a piedi, evitando il piccolo
ponte di legno che non avrebbe retto il suo peso.
Indossava ancora
l'armatura nera con cui l'aveva conosciuta, ma portava l'elmo al
fianco, legato con una lunga stringa di cuoio allo spallaccio.
Quando
il simulacro la vide, si fermò.
Xena le si avvicinò,
con la spada sguainata.
-Ciao.- Esordì Einai mostrandole
entrambi i palmi, sorpresa dal suo comportamento.
-Non può
essere già ora. Ti stai sbagliando!- La pioggia battente le
inzuppava i capelli e rivoli d'acqua le scorrevano lungo il volto
-Tu non me la porterai via!- Impugnò la spada con entrambe le
mani, pronta allo scontro.
L'altra guerriera rimase in silenzio,
si sentiva solamente il picchiettare della pioggia sull'armatura -Non
voglio portartela via.-
-Non fare un altro passo.- Le intimò
Xena, estremamente determinata.
-Succederà comunque, con o
senza di me.- Aggiunse Einai, prima di abbassare la voce -Io posso
solo non farle sentire dolore.-
Xena sentì il suolo
mancarle da sotto i piedi. Se le cose stavano realmente così,
se non sarebbe stata Einai a provocarne la morte...Non c'era più
niente che potesse fare.
Il simulacro non avrebbe avuto motivo di
mentire. Era sempre stato leale, le aveva salvato la vita e non aveva
mai chiesto nulla in cambio...E Gabrielle si fidava ciecamente di
lei.
Non la conosceva, ma in realtà le doveva molto. Tutto
ciò che era stata la sua vita, in quegli ultimi quarant'anni.
Abbassò la spada, cercando di non mostrare la paura e lo
smarrimento che provava. Non poteva immaginare la morte di Gabrielle,
rifuggiva quel pensiero con ogni fibra del suo essere.
-Non voglio
che muoia.- Ammise la guerriera.
-Nemmeno io lo vorrei...-
-Non
c'è niente da fare? Possiamo convincere Hecate a darle altro
tempo?!- Era la Dea della Morte, era l'unica a poter fare qualcosa.
-Sarà il fisico di Gabrielle a non reggere
oltre.-
-Quanto, ancora?-
-Quattro giorni, da domani.-
-C'è
tempo! Possiamo darle un altro corpo.- Se Ares si fosse rifiutato,
Aphrodite certamente non si sarebbe tirata indietro.
-Senza Ago
non avrebbe un'anima, non sarebbe lei.- Vide che la guerriera stava
per replicare, ma non occorreva saper leggere la mente per intuire
cosa stava per dire -Gabrielle non vorrebbe mai che tu ti
sacrificassi per lei.-
Xena risollevò la spada, con aria
di sfida.
-No.- Intimò Einai, arretrando di un passo.
La
mora partì alla carica urlando, mirando al busto con un
fendente diagonale dall'alto verso il basso. Il simulacro lo parò
col bracciale dell'armatura e il clangore dell'acciaio risuonò
nel bosco.
Xena
ruotò su sé stessa velocemente e mirò al fianco
opposto. Einai arretrò, schivandola, e roteando su sé
stessa la colpì a mano aperta sulla schiena, allontanandola da
sé -Non incrocerò la mia
spada con la tua!-
-E allora muori!- Caricò fulminea un
fendente al collo di Einai, che non fece in tempo a spostarsi.
Fermò
la lama contro la sua pelle, mentre i capelli del simulacro cadevano
sul terreno, ricoperto di foglie.
-Non sarò io a darti la
morte.- Sancì il Golem. Sapeva che Xena non sarebbe andata
fino in fondo. Se l'avesse uccisa, Gabrielle avrebbe sofferto e la
guerriera non avrebbe fatto un errore simile.
-Tu non puoi
capire.- Sibilò la guerriera con disprezzo, prima di
travolgerla con tutto il peso del suo corpo e costringerla con la
schiena contro il tronco di un albero -Tu non sai cosa vuol dire
veder morire la persona che ami!- Continuava a puntarle la lama alla
gola.
-Sì, invece...-
-Probabilmente non sai neanche
cos'è l'amore, provi solo imitazioni!-
Einai abbassò
lo sguardo, distogliendolo da quello della guerriera che la
squadrò, cercando un appiglio per provocarla -Sei stata
il giocattolino di Ares e ora sei quello di Hecate. Ho ragione?!-
-Smettila Xena...- La supplicò a mezza voce. Sapeva che
era sconvolta dal dolore, ma le sue parole facevano comunque
male.
-Forse non sai neanche cos'è la rabbia...Né
tanto meno l'orgoglio!- Sputò sul tronco, mancandole il viso
di poco -Sei solo un vaso vuoto.-
Einai la colpì al volto
con una testata, fulminea. Liberatasi dalla sua presa l'afferrò
per le spalle e la sbatté contro lo stesso albero, invertendo
le posizioni e facendo cadere la spada di mano alla guerriera,
nell'urto.
Appoggiò l'avambraccio contro la gola
dell'avversaria e iniziò a premere con tutto il proprio peso
-So benissimo cos'è la rabbia!- Tuonò il simulacro -Sei
tu che non capisci! Hai vissuto con lei per una vita intera! Non
capisci che fortuna?!- Gli occhi le si riempirono di lacrime -Non sai
quanto vorrei ucciderti e averla per me!- Gridò, al culmine
del furore.
-Fallo!-
Einai sorrise amaramente, prima di
lasciare la presa e arretrare d'un passo -Pensi davvero che sarebbe
felice, sapendo di non rivederti mai più?...Perché vuoi
farle di nuovo questo?!- Urlò. -Tu non sai cosa vuol dire
vivere senza la persona che ami!- Si asciugò gli occhi con il
palmo della mano -Non hai idea di quanto io ti invidi...E non riesco
nemmeno a odiarti.- Sospirò, restando in silenzio diversi
secondi, cercando di riprendere la calma -Per una volta,
Xena...Ascolta Gabrielle- Sussurrò -Lei è pronta.-
La
guerriera restò in silenzio, sorpresa, non aveva idea di cosa
stesse provando l'altra -La ami?-
Non aveva più senso
negarlo -Sì.-
-Non è un riflesso?-
-No. Il
sentimento che provo per te è un riflesso, quello che provo
per lei è mio. Sarei la prima a cercare un'alternativa, se lei
non volesse, credimi.-
Xena rimase in silenzio, cercando di
riordinare le idee.
-Posso aiutarvi a restare assieme però,
se tu vorrai andare con lei.- Aggiunse il simulacro.
-Come?-
-L'acqua del Lete. Se la berrete passerete subito alla prossima
vita, senza venire coinvolte di nuovo nella guerra tra Paradiso e
Inferno.-
Xena abbassò il capo, la rabbia la stava
abbandonando.
-Hai reso veramente felice Gabrielle. Perfino
adesso è più felice di quanto immagini.- Anche se
Hecate aveva spezzato il vincolo che la condannava all'oblio, in
assenza della ragazza, il loro legame era rimasto, forte e profondo,
e riusciva a sentire i suoi pensieri e le sue emozioni ogni volta che
lo desiderava.
Le sarebbe mancata enormemente. Aveva vissuto tutta
la sua vita assieme a lei, in ogni istante, e non riusciva ad
immaginare il vuoto che sarebbe rimasto dopo la sua morte, sempre
ammesso che fosse rimasto qualcosa di lei. Sarebbe riuscita a
sopportarlo? Sarebbe rimasta in vita? Avrebbe continuato
comunque a provare emozioni proprie? Nemmeno la sua Divinità
Protettrice era riuscita a darle una risposta.
-Sono io che non
sono pronta per la fine.- Ammise la guerriera.
-Nessuno lo è
mai del tutto.- Lo aveva visto accadere innumerevoli volte, durante i
suoi viaggi. -E' la vita, purtroppo. Tu puoi scegliere, ma per
Gabrielle non si può fare altro, se non renderglielo il più
dolce possibile.-
Tornarono
verso casa, camminando spedite sotto la pioggia, in un
silenzio carico di tensione.
-Sta
dormendo.- La avvisò Einai, prima che l'altra mettesse piede
nel portico.
Xena rallentò il passo, per non far
scricchiolare troppo forte il legno, posò la mano sulla
maniglia della porta e si fermò -Forse è meglio se
entri prima tu, ti stava aspettando.-
Einai
sorrise tristemente, negando con il capo -Aspetterò qui fuori,
prenditi il tempo che vuoi.- Aveva visto tante volte il risveglio,
con gli occhi di Gabrielle, e aveva sentito il sollievo che provava
incrociando le iridi della sua anima gemella. Lo stesso sollievo che
poteva intravvedere in quelle di Xena.
Oramai
tutto aveva un'importanza maggiore. Oramai, tutto, poteva essere
"l'ultimo" e lei non voleva derubarle di un solo
istante.
La
guerriera entrò in casa e richiuse la porta, mentre il
simulacro attendeva nel portico, al riparo dalla pioggia.
Guardandosi
attorno riconobbe i luoghi che aveva letto nella memoria di
Gabrielle, chissà se avrebbe avuto modo di incontrare i suoi
nipoti. Sorrise malinconicamente, vedendo le tacche sulla trave del
portico dove i bambini segnavano la loro altezza.
Si sforzava di
pensare ad altro, per essere certa di non seguire i ragionamenti di
Gabrielle e di lasciarle veramente da sole.
Xena
entrò in casa lentamente, non voleva svegliarla di colpo. La
raggiunse e si inginocchiò accanto a lei, disturbando il gatto
sulle sue gambe, che si allontanò indispettito, poi le
sfiorò il dorso della mano.
-Gabrielle?- La
chiamò.
-Mh?-
L'aedo si svegliò quasi subito -Oh...Ti sei inzuppata, piove
così forte?- Chiese sbadigliando.
-Sì.-
Non sapeva come dirglielo -Gaby...-
Vide
che sul volto della compagna c'era preoccupazione -Che c'è?-
-E'...-
Sospirò -E' arrivata.- Non riusciva a rassegnarsi, non voleva
arrendersi.
-Einai?-
Le tremò la voce.
L'aspettava, quasi con impazienza, ma
ebbe un fremito di paura mentre la mora annuiva, senza il coraggio di
guardarla negli occhi.
-Prendi
tu l'Ago di Cibele, Gabrielle...- Non voleva perderla, ma non le
importava di morire, se la compagna fosse stata al sicuro -Non...Non
posso vederti mor...- Le si strozzò la voce, non riuscendo a
terminare la frase.
Gabrielle
la strinse forte a sé -Non voglio, Xena...- Sussurrò,
mentre calde lacrime cominciarono a solcarle il viso, sentendo la
schiena della guerriera sussultare debolmente tra le sue braccia, in
un pianto silenzioso.
Erano entrambe spaventate, ma nel profondo
del loro animo sapevano che era giusto.
Avevano rifuggito in
innumerevoli occasioni la morte, ma quella volta non c'erano trucchi,
non c'erano inganni. La vita di Gabrielle stava volgendo alla
naturale fine, era veramente la cosa giusta da fare.
Xena
realizzò che stava sprecando tempo prezioso e si alzò,
prendendola in braccio e sedendosi sulla sedia, al suo posto.
L'aedo
rimase sorpresa da quel movimento repentino, ma le braccia della
guerriera la sostenevano saldamente, mentre i loro sguardi, lucidi di
lacrime, si incontravano nuovamente.
Restarono a lungo in
silenzio, occhi negli occhi, mentre la guerriera le accarezzava il
volto con la punta delle dita, delicatamente.
-Vuoi ancora andare
ad Anfipoli?- Esordì sussurrando, per non spezzare quel caldo
silenzio che le avvolgeva.
La
bionda annuì, silenziosamente -Cosa farai dopo?- Chiese
timidamente.
-Verrò
con te.-
-No...-
Gli occhi tornarono a velarsi di pianto.
-Sì.
La mia vita è già stata innaturalmente lunga.-
-Il
mondo ha bisogno di eroi.-
-Ce
ne saranno altri. Migliori e più giusti.-
Un
fulmine illuminò la stanza e cominciò a piovere più
forte.
-Ti
amo, Gabrielle.- Nonostante tutto il tempo che avevano trascorso
assieme e la vita piena che avevano vissuto, non era pronta a
separarsi da lei.
I
particolari del suo volto, le screziature delle sue iridi...Le
sembrava quasi di vederli per la prima volta e cercava di riempirsi
il cuore e la mente di quei dettagli, per non dimenticarla mai,
nemmeno dopo la morte.
Si
pentiva di non averlo fatto prima. Di aver considerato, talvolta, il
tempo assieme eterno e di non averne goduto appieno, come se fosse
stato l'ultimo istante.
-Ti
amo Xena.-
****
Note
dell'autrice:
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.
Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
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Capitolo 10 *** Tales ***
10 racconti 2
10.
-Vieni.-
Xena la colse di sorpresa, aprendo la porta e rientrando in
casa.
-Sì.-
Sospirò, erano quarant'anni che non si vedevano. Lei sapeva
tutto dell'aedo, ma chissà cosa avrebbe pensato o provato
l'altra, vedendola.
Pregò
di non spaventarla.
Varcò
la soglia e alzò lo sguardo a cercare quello di Gabrielle,
fermandosi sull'uscio, dubbiosa.
-Einai!-
La chiamò la bionda sorridendole e alzando le braccia verso di
lei, mentre la donna in armatura la raggiungeva rapidamente,
inginocchiandosi e rispondendo all'invito di quell'abbraccio.
-Mi
sei mancata tantissimo Gabrielle.- La strinse a sé, cercando
di non ferirla con la corazza.
Non pensava che avrebbe provato
tutto quel dolore, rivedendola. Le tremavano le mani e tratteneva a
stento le lacrime, non si era resa conto di quanto le fosse
effettivamente mancata.
-Anche
tu.- Le rispose la bionda, accarezzandole i capelli umidi.
Avvertiva
la
sua tristezza e la sua paura, ma sentiva anche la sua felicità
e la consapevolezza che avrebbe smesso di soffrire.
-Non
succederà oggi.- Le sussurrò per rassicurarla,
baciandole la fronte, mentre l'aedo annuiva.
-Farà
male?- Chiese la bionda
-No.- Le sorrise tristemente -Non sentirai
nulla.-
-Devi
raccontarmi un sacco di cose...- Sorrise di rimando, cominciando a
piangere -Ma prima togliti l'armatura, sei fradicia di
pioggia.-
Xena le prestò una veste e Einai poté
posare la corta tunica bianca, che portava sotto l'armatura, accanto
al caminetto, prendendo poi posto di fronte a Gabrielle, sulla sedia
che la donna aveva fatto preparare per lei, mentre la compagna si
cambiava nella stanza accanto.
La
bionda la guardava, senza parlare.
-Sì,
funziona ancora.- Le rispose Einai -Hecate non ha potuto fare di
più.- Era a disagio con quegli abiti, non ne aveva mai
indossati di simili.
-Ti
ho pensata tanto in questi anni.-
Il
simulacro annuì, sorridendo -Anche io.- Ogni mattino, appena i
suoi pensieri si riversavano nella sua mente e finché non ne
perdeva il filo, ogni notte.
-Mi sarebbe piaciuto poterti
incontrare...Prima.-
-Anche a me.-
-Perché Hecate ha
preso questa decisione?-
-...Non...- Non sapeva come dirlo senza
provare imbarazzo -Non avevo altro per ripagare il mio debito con
lei.- Poi aggiunse -Mi ha permesso di vivere, e di vivere anche in
tua assenza, ma ha un umorismo molto perverso... Non potendo
eliminarti dalla mia mente, perché non sa cosa mi permetta di
essere così, ha deciso di eliminarti dalla mia vita.- Fece una
pausa -Essere qui, oggi, è una sua concessione. Se avessi
trasgredito le regole e ti avessi incontrata prima non avrei avuto
questa possibilità.-
-Stai dicendo che dopo la mia...- Si
schiarì la voce -C'è la possibilità che sia il
nostro legame a renderti...Te?-
-C'è la possibilità-
Ripeté -Hecate non ne è mai venuta a capo.-
-Ma è
crudele costringerti a venire qui sapendo questo!-
-No, no,
io...L'ho chiesto io.- Distolse lo sguardo -E non me ne pento...Non
voglio che tu soffra e non voglio tornare a recuperarti agli Inferi
perché Michele ha sbagliato qualcosa...Così è
più sicuro.-
-Ma cosa ti accadrà dopo?-
-Non lo
so.-
-A noi non è più successo, Ares ha usato
sempre lo stesso metodo per creare altri corpi per Xena e...-
-Anche
Hecate ha fatto molti esperimenti, utilizzando lo stesso rituale, ma
ha ottenuto solamente i risultati previsti. L'unica differenza è
che Ares ha usato un condensato dei tuoi ricordi di Xena per creare
me, pensando che fossi la sua anima- Si strinse nelle spalle,
sorpresa di essersi rivolta a sé stessa in quel modo.
Lesse
la domanda nella mente della donna e le rispose -Non morirei
comunque, credo. Penso che nella peggiore delle ipotesi perderei la
mia coscienza e tornerei ad essere un Golem come gli
altri.-
Gabrielle la guardò dubbiosa, preoccupata,
tutt'altro che sollevata da quella risposta. Non era molto differente
dal morire.
-Se rimandassimo? Forse ci sarebbe tempo per trovare
una soluzione.- Disse di getto l'aedo.
-Non è possibile.
Succederebbe comunque.- Si aspettava quella reazione -Ma sarebbe
impossibile evitarvi l'aldilà e i rischi di una eventuale
nuova disputa.-
Il bardo annuì, ma il simulacro poteva
sentire che stava ancora cercando un' alternativa, una soluzione per
non metterla in pericolo. -Gabrielle, non serve.- La ammonì
vagamente, tornando a guardarla negli occhi.
-Come puoi
arrenderti così facilmente?! Deve esserci un modo, almeno per
te.-
-Non c'è. Sono quarant'anni che cerchiamo una
soluzione e Hecate è la massima autorità in materia. La
Dea della Morte sa tutto su anime e spiriti, quattro giorni non...-
S' interruppe, sentendo la sorpresa in Gabrielle.
-Scusa, non
volevo dirtelo così...- Abbassò nuovamente lo sguardo
mordendosi il labbro inferiore, arrabbiata con sé stessa per
essere stata così brusca.
-Quattro
giorni...?-
-Sì.-
L'aedo restò in silenzio per
qualche secondo -Temevo meno.- Avrebbe avuto modo di sistemare le
proprie cose, giocare con i nipoti, passare molto tempo con Xena e
magari ricontrollare le ultime pergamene.
Il simulacro si sentì
vagamente sollevato, Gabrielle sembrava stesse prendendo la questione
meglio del previsto.
-Dimmi una sola parola Einai e faremo di
tutto per trovare un altro modo. Se non io, Xena.-
-Ti ringrazio
veramente molto, ma va bene così.-
-Quando comincerai a
notare il tuo valore?- La rimproverò l'aedo.
-Lo farò,
se avrò un seguito.-
-Possiamo veramente fidarci di
Hecate?- Non aveva una grande opinione degli Dei. Anche se voleva
bene ad Aphrodite non poteva negare che avesse una spiccata nota
egoistica.
-E' sempre stata premurosa nei miei confronti.- Tornò
a distogliere lo sguardo e a posarlo sul pavimento -Le devo molto.-
Credeva che la divinità la considerasse poco più di un
animale domestico, ma aveva sempre avuto un occhio di riguardo e
tanta pazienza con lei.
-Davvero?-
-Sì,
si è presa cura di me molte volte.- Lo sguardo dell'aedo cadde
sulla spalla del simulacro, segnata da sottili crepe più
chiare, prima che quest'ultima la coprisse rapidamente con la mano,
in imbarazzo -Mi dispiace che ti abbiano turbata, coi miei soliti
vestiti non si vedono, mi dispiace.- Ripeté, quasi
mortificata.
-Scusami,
non avrei dovuto...Hai mai cambiato corpo?- A Xena era servito tre
volte, con enorme disappunto suo e di Ares.
-No.
O meglio, anche se era il caso ha sempre preferito non rischiare
e...Aggiustarmi.- Abbassò lo sguardo prima di cercare un
argomento di conversazione per lei meno umiliante. Non le piaceva
utilizzare termini riservati agli oggetti, ma non sapeva come altro
rivolgersi a sé stessa. -Ho imparato a combattere.- Accennò
un timido sorriso -Ho viaggiato molto, sono stata anche nella terra
di Jappa per qualche anno.- La guardò, non era un ricordo
felice e cambiò immediatamente discorso -Sono stata anche in
India...Ho assaggiato il cibo.- Ricordò, perplessa.
-E
com'è stato?- Si risollevò l'aedo, vedendo
quell'espressione inaspettata sul volto dell'altra.
-Strano!-
Rise -No, davvero, buono...Ma è più la fatica del
beneficio!- Il problema era sbarazzarsi di quanto ingoiato, una
volta perso sapore.
-Immagino
di sì.- Ridacchiò con lei.
Xena era sempre stata
golosa e non aveva perso l'abitudine di mangiare nemmeno dopo.
Continuava a pensare che ne valesse la pena.
-Hecate
ogni tanto mi dà degli incarichi...Di là.- Sollevò
gli occhi e inclinò il capo -Ma niente di troppo
pericoloso.-
-Com'è...?-
-E'
molto diverso, ora.- Si distrasse a guardare il fuoco. -E' separato
in tre...Piani. Netti. Non è più così facile che
i dannati rubino le anime. In mezzo c'è il Purgatorio, uno
spazio dove chi si è macchiato di colpe non esageratamente
gravi passa un periodo di pentimento e purificazione, prima di poter
entrare in Paradiso. Ho incontrato Solan, parecchio tempo fa.-
Sorrise -Stava bene.-
-Xena
sarà felice di saperlo- Sorrise anche lei.
-Ti ha detto
cosa succederà...?-
-No.-
-Voi
non andrete nell'aldilà...Passerete direttamente alla prossima
vita.- Non sapeva esattamente come la pensasse la guerriera, ma non
l'aveva contraddetta quando gliene aveva parlato.
Gabrielle
annuì.
-Hecate
mi ha dato il permesso di portare con me l'acqua del Lete...- Evitò
di spiegarle il resto, l'aedo aveva già capito, conoscendo
molto bene le leggende.
-E
senza il tuo intervento...Come dovrebbe essere?-
Aveva
sperato fino all'ultimo di evitare quella domanda -Mi hanno detto che
il tuo cuore si fermerà.- Le salirono le lacrime agli occhi,
non voleva che succedesse.
Altre
volte si era ritrovata nella stessa situazione, in quegli anni,
adempiendo i compiti affidatele da Hecate, ma non erano mai persone
che conosceva, se non da qualche giorno appena -Se per voi va
bene, mi occuperei delle vostre esequie...E di portarvi ad
Anfipoli.-
-Credo che dovremmo parlarne anche con
Sophia...-
-Sì, certamente.- Si prese un secondo -Mi hanno
detto anche che Aphrodite vorrebbe vederti...-
-Io...è
da molto che non viaggio, Einai.- Le dispiaceva non poter salutare la
Dea, ma non sapeva come fare.
-Sarebbe
solo fino al tempio più vicino. Io e Xena potremmo portarti,
se sei d'accordo- Sarebbero state poche ore di viaggio, con i loro
ritmi.
Si erano
incamminate di buon mattino, prima del sorgere del sole, dirette al
tempio di Aphrodite.
Gabrielle si era riaddormentata tra le
braccia di Xena e Einai la guardava con un sorriso dolce impresso sul
viso.
-Sta sognando?- Chiese sottovoce la guerriera.
-Sì.-
Rispose il simulacro.
-Cosa?-
-Un fabbro che batte dei ferri da
cavallo. Probabilmente sente i tuoi passi.-
Xena alzò un
sopracciglio, sorridendo divertita.
-Cosa pensi di fare?- Le
chiese il Golem.
Si voltò verso di lei, tentennando per un
secondo non capendo a cosa si riferisse, prima di intuirlo -Vado con
lei.-
-Sicura?-
-Sì. Credo che non ci sarà mai un
momento migliore, considerando che non morirei diversamente...- Non
sarebbe morta di vecchiaia né di malattia e se avesse fatto
attenzione a preservare la Pietra di Cibele, celata nel suo torace,
avrebbe sempre potuto ottenere un nuovo corpo, almeno fino
all'esaurirsi delle proprie ceneri, ma si sentiva incredibilmente
stanca.
Tra le altre cose, di cui aveva già parlato con
Gabrielle, la facilità degli scontri la annoiava e l'uso
continuo della violenza era diventato irritante. Ogni volta sempre
gli stessi pretesti, gli stessi sbagli e la stessa ignoranza e la sua
pazienza si stava esaurendo. Forse era questo che comportava il
"vivere troppo".
-Non sarà doloroso.- Intervenne
Einai, cercando di interpretare il suo silenzio.
-L' hai già
fatto altre volte?- Il simulacro le sembrava estremamente sicuro di
quello che stava dicendo.
-Sì.-
-Quante?-
-Non lo so
più.- Aveva perso il conto.
-Erano casi come il
nostro?-
-Alcuni sì. Non siete le uniche
anime..."Problematiche"- Sogghignò.
-Cosa fai per
Hecate?- Voleva cercare di capirla. Dai racconti di Gabrielle le era
sempre sembrata innocente come una bambina, eppure, durante il loro
scontro nel bosco si era dovuta ricredere.
Cosa aveva vissuto in
quei quarant'anni?
-Mh... Evito che chi non deve vada nell'aldilà,
ogni tanto risolvo qualche problemino agli Inferi...Ma principalmente
recupero oggetti.-
-Oggetti?-
-Artefatti. Simili alla Pietra
di Cibele, ma con poteri magici propri. Tenerli sotto controllo evita
una marea di problemi.-
-A proposito...Che fine farà?-
-L'Ago,
intendi?-
Xena annuì.
-Se confermerai la tua scelta, e
solamente in quel caso, lo riporterò a Roma. Ares ha contratto
un debito con Cibele e la restituzione dell'oggetto è parte
del loro patto.-
Si zittirono vedendo entrambe Gabrielle muoversi,
cominciava a svegliarsi ed era il caso di fare una breve sosta, per
colazione.
Mentre Xena accendeva il fuoco e riscaldava del latte
per la compagna, la bionda parlava con Einai.
-Mi hai raccontato
poco della tua vita in questi anni...Ti va?-
-Non so cosa dire,
sei tu che ti occupi dei racconti.- Non era abituata a parlare tanto
di sé
-Mi sembri così diversa dall'ultima volta che
ti ho vista...- Non le ricordava praticamente più Xena. Ogni
tanto, il modo di muoversi, ma niente di particolare.
-In
effetti...Pur sapendo tutto quello che sapevi tu, non avevo la benché
minima esperienza. Di niente...-
-Mi dicevi che viaggi.-
-Sì.
Quando Hecate non ha richieste sono libera di andare dove voglio.- Le
sorrise, sentendo il suo sollievo nell'apprendere che non fosse
prigioniera.
-E che fai?-
-Sistemo i torti che vedo in giro,
un po' come facevate voi due. Niente di così...Grandioso,
però. Ogni tanto qualche villaggio mi assume per affrontare il
signore della guerra locale, o qualche banda di briganti.- Sminuì
-Per il resto, vedo posti nuovi e conosco culture differenti...-
Aveva imparato molto nella terra di Jappa, ma voleva evitare di
parlarne ancora, dopo aver visto la reazione della bionda il giorno
prima. -Spesso sento la gente ripetere i tuoi racconti.- Sorrise
orgogliosa.
-Davvero?- Non viaggiando da molto non sapeva che si
parlasse ancora di loro.
-Sì! La settimana scorsa ero in
Gallia e ho sentito raccontare la storia dell'oro del Reno!-
Continuarono a parlare per diverso tempo, anche dopo essere
ripartite. Einai si era offerta di portarla per un po', dando il
cambio a Xena. Per quanto resistenti, non erano immuni alla fatica.
La guerriera non riusciva a non provare un pizzico di gelosia,
nel vederle assieme. Per quanto si fidasse di Gabrielle, sentirle
bisbigliare e ridere tra loro era una cosa a cui non era abituata.
Senza contare la simbiosi che le univa.
Raggiunsero il
tempio in tarda mattinata.
Non era molto grande e decisamente non
uno dei principali e sfarzosi, ma la Dea avrebbe dovuto
accontentarsi. Non potevano rischiare di affaticare troppo
Gabrielle.
Appena varcata la soglia, le sacerdotesse indicarono
loro subito il Sancta Sanctorum, la stanza più interna e
importante del tempio.
Aphrodite le stava attendendo, avvolta
nella sua solita veste rosa e trasparente. Splendente come sempre.
Gabrielle fece appena in tempo a liberarsi dalla presa di
Einai e a mettersi in piedi che subito la Dea la travolse,
abbracciandola.
-Quanto tempo ragazze...- Salutò entrambe e
lanciò di sfuggita un'occhiata diffidente al simulacro, che
arretrò immediatamente di un paio di passi. Era un momento
privato.
-Mi dispiace così tanto Gabrielle, potessi ti
farei vivere per sempre.- La divinità iniziò a
piangere, perdere la sua migliore amica era un dolore terribile.
-Ti
ringrazio Aphrodite, è un pensiero dolcissimo.- Sorrise
l'aedo, anche lei commuovendosi.
-Dovrai trovare qualcun altro da
far impazzire, d'ora in poi.- Aggiunse Xena.
-Nah, so bene che ti
farai pregare, ma poi cederai come sempre.- Sorrise
l'immortale.
-Aphrodite...Vedi...Anche Xena...- Intervenne l'aedo,
titubante.
La Dea rimase in silenzio per qualche secondo -Stai
scherzando? Lei non può morire.-
-Ares una volta mi ha
spiegato che se un mortale ricevesse i poteri di una divinità...Non
sarebbe capace di gestirli. Io non sono nata per vivere in eterno,
Aphrodite.-
-Oh, voi e la vostra fissazione di fare la cosa
giusta!- Sbottò la Dea, voltandosi e dando loro le spalle
-Spero che almeno ci abbiate riflettuto a dovere.- Tornò a
guardarle, supplicando con lo sguardo Gabrielle, che si volse a
guardare a Xena.
-Decisione presa.- L' idea di potersi reincarnare
assieme alla sua compagna, come dettole da Einai, aveva sciolto ogni
riserva. Sarebbe stato solo come cambiare corpo. Nuovamente.
La
Dea sospirò -Allora il mio regalo d'addio sarà per
entrambe.- Mosse rapidamente le mani davanti ai loro visi -Con queste
parole vi voglio donare, la perfezione, fino al giorno finale.- Un
lieve bagliore dorato le avvolse e subito le due donne si sentirono
più tranquille e felici.
-Grazie mille Aphrodite.- L'aedo
l'abbracciò con trasporto e, volente o nolente, la Dea non
poté sottrarsi.
-Mi mancherai Gabrielle.- Sciolse
l'abbraccio e poi strinse a sé Xena -Anche tu mi mancherai.-
-Anche tu, Aphrodite.- La guerriera sorrise e poi si liberò
dalla presa della divinità -Chissà, magari ci
rincontreremo.-
-Magari.- Sorrise la Dea. -Ora sparite o mi si
scioglierà tutto il trucco! Via da qui! Andate a
divertirvi!-
Uscirono tutte e tre, rapidamente, dal
tempio.
Gabrielle non sentiva più dolore alle articolazioni
e camminare fino all'uscita non era stato un problema, con enorme
piacere da parte di Xena, contenta di vederla stare bene.
Il sole
splendeva limpido e l'aria pungente dell'autunno era stata sostituita
da una tiepida brezza primaverile di cui l'aedo si riempì i
polmoni, respirando il più profondamente possibile. Si sentiva
felice e leggera, come non le succedeva da molto.
-Torniamo a
casa, ho voglia di pescare!- La guerriera prese in braccio la
compagna, improvvisamente, e, dopo essersela messa sulle spalle,
partì di corsa, mentre Gabrielle gridava: -Galoppa Argo!-
Einai rimase ferma per qualche secondo allibita dal comportamento
così diverso delle due donne, prima di cominciare a
rincorrerle per non farsi distanziare troppo, divertita a sua volta.
****
Note
dell'autrice:
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.
Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo.
P.S.
Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete
chiacchierare o fare domande, non esitate!
|
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Capitolo 11 *** Lethe ***
11 Ends
11.
Raggiunsero casa quasi in metà tempo rispetto all'andata e,
vista la bella giornata, i pronipoti delle due guerriere giocavano
nell'aia, inseguendo i polli.
-Mettimi giù.- Le chiese
l'aedo e Xena eseguì immediatamente -Vai a pescare, io gioco
con loro.- Le disse sorridendo.
La guerriera la baciò con
passione e gratitudine, per la prima volta incurante dei
possibili sguardi degli avventori della taverna -Dì
a Sophia che ci sarà molto pesce da pulire, questo pomeriggio-
Sorrise raggiante -Starò via solo un paio d'ore.- Aggiunse,
prima di correre in casa a recuperare la sua attrezzatura e uscirne
poco dopo -Einai! Vieni.-
-Cos...?- Il simulacro restò
interdetto. Non si aspettava quella richiesta da parte della
guerriera.
-Hai mai pescato?- Le chiese Xena, avvicinandosele.
-No, non m'è mai servito.-
-Ti insegno. Voglio
prendere pesce sufficiente a fargli superare l'inverno. Mi servi.-
-Va bene...- Guardò Gabrielle, la donna era felice di
vederle andare d'accordo e il suo sorriso contagioso le si stampò
in volto. -Vado a cambiarmi, non voglio rovinarti la
veste.-
-Sbrigati.- La guerriera non le stava già più
prestando attenzione, presa dal baciare nuovamente la compagna.
Einai smise di seguire i pensieri della bionda, mentre entrava in
casa. Era troppo imbarazzante quando avevano dei momenti di
intimità.
Temeva che la richiesta di Xena fosse anche un
pretesto per parlarle e il loro ultimo incontro privato non era stato
molto amichevole. Chissà cosa sarebbe successo.
-Allora,
i pesci sono furbi.- Esordì Xena fermando il carretto vuoto,
preso dalla stalla, vicino alla sponda del lago -E io vengo qui a
pescare spesso, ormai mi conoscono. Questo complica le cose.-
-Mh.-
Einai annuì, ascoltando attentamente.
-Ma oggi non voglio
sprecare troppo tempo e voglio riempire la dispensa. Quindi ti
insegnerò il metodo più rapido.- Le lanciò in
mano una rete -Fissala laggiù, dove ricomincia il torrente.-
-Va bene.-
-Io intanto cerco delle esche.-
Sistemata la
rete tornò rapidamente da Xena, che stava già
sbrogliando le lenze, e si mise ad aiutarla.
-Guarda...Si prende
l'amo e si posiziona l'esca...- Sistemò un grosso lombrico
molliccio sul piccolo gancio metallico -Si controlla che sia infilato
bene, o l'urto con la superficie dell'acqua lo sbalzerà via. E
poi, si lancia.- Eseguì il gesto fluidamente, facendo quanto
detto -Il pezzo di sughero serve a capire se qualche pesce abbocca.
Lo dovresti vedere beccheggiare più decisamente, quando
succede.-
-Capito.-
-Prova, dai.-
Il simulacro cercò
di ripetere quanto insegnatole, attingendo anche dai ricordi di
quelle poche volte in cui Gabrielle aveva tentato
-Così...?-
-Infilzalo meglio, o lo perderai.-
Einai
ricontrollò l'esca e poi lanciò, cercando di imitare
Xena. Il suo galleggiante arrivò accanto a quello della
guerriera.
-Bene così.- Le disse la mora.
-E
adesso?-
-Aspettiamo.-
Rimasero in silenzio per diversi minuti.
Xena sembrava tranquilla e serena, mentre Einai era tesa e la
guardava di sottecchi, ogni tanto. Non sopportando l'attesa, il
simulacro decise di rompere gli indugi -Scusa per ieri.-
-Me la
sono cercata, ti ho provocata io.-
-Non cercherei mai di
ucciderti...O di farti del male.- Si sentì stupida, aveva
senso dirlo dopo la decisione che la guerriera aveva preso?!
-Buono
a sapersi.- La guerriera diede uno strattone alla canna e il pesce
che era agganciato all'amo finì direttamente nel carro alle
loro spalle, poi prese un'altra esca e lanciò di nuovo
-Così...Non sai che fine farai, giusto?- Le aveva sentite
parlare, il giorno prima. Sapeva che era una domanda sfacciata,
ma avrebbe ottenuto una risposta in qualunque caso, dopo
l'incantesimo di Aphrodite.
-Eh no.- Sospirò il simulacro,
sedendosi a terra senza staccare gli occhi dal proprio
galleggiante.
-E ti va bene?-
-Non posso farci niente. Abbiamo
cercato una soluzione per tutto il tempo, ma sembra che non sia mai
successo nulla di simile prima.-
-Sei incredibilmente calma.-
-Cerco di non pensarci.-
-Perché hai rifiutato la mia
proposta di prendere la Pietra? Se Gabrielle non morisse, nemmeno tu
rischieresti.-
Il simulacro sospirò -Lo ammetto, è
estremamente allettante.-
-E allora perché rifiuti?- Lanciò
un altro pesce nel carro.
Einai rifletté a lungo -Gabrielle
soffrirebbe troppo senza di te.-
-Lascia stare Gabrielle. Sii
egoista. Cosa ti spinge a rifiutare?-
-Non lo so. Non è la
cosa giusta.-
-Cosa vorresti?- Insisté la mora.
-Vorrei
continuare a esistere e che Gabrielle fosse felice.-
-Con te.-
Aggiunse la guerriera, mentre un altro pesce raggiungeva gli
altri.
-Egoisticamente parlando, sì.-
-Hai la
realizzazione dei tuoi desideri a portata di mano...-
-Non
funzionerebbe.-
-Perché?- Non si aspettava quella
risposta.
-Gabrielle all'inizio soffrirebbe, poi accetterebbe la
nuova realtà, ma non è detto che mi perdoni per
aver agito alle sue spalle, anche se in accordo con te.-
-Gabrielle
perdona tutti.-
Einai fece dondolare il capo più volte,
soppesando le parole di Xena -Anche se fosse, non funzionerebbe a
lungo.-
-Dici?-
-Io e lei ragioniamo allo stesso modo e
abbiamo gli stessi punti di vista. Forse non ci scontreremmo, ma nel
giro di un decennio non sarebbe più una situazione stimolante,
per lei.-
-Le faresti di sicuro meno male di quello che le ho
fatto io.-
-Ma è anche grazie a questo che è
cresciuta. Venire a contatto con la tua realtà le ha aperto
mondi nuovi, le ha dato sfide che non avrebbe mai affrontato
diversamente. Io...Finirei col diventare la piccola Potidea dal quale
è fuggita.-
-Capisco.-
Einai si strinse nelle spalle
brevemente, prima di restare in silenzio.
-Ti serve un altro
verme, l'hanno mangiato- Le disse Xena. Si era distratta parlando e
non si era accorta del movimento del galleggiante
-Figli d'una
Baccante!- Esclamò il simulacro scattando in piedi, provocando
nella guerriera una grassa risata.
Dopo più di
un'ora, Einai non era riuscita a prendere nessun pesce, mentre Xena
ne aveva pescati parecchi. La guerriera però voleva riempire
il carro e decisero di abbandonare i metodi tradizionali.
Si
tuffarono nel lago e, dopo una breve spiegazione, cominciarono a
catturare i pesci a mani nude. Non aver bisogno di tornare in
superficie le agevolava enormemente e, con gli infallibili riflessi
di entrambe, era un gioco da ragazzi.
Rientrarono a casa nel
tempo previsto, con il carro pieno di pesce più che fresco.
Quando Sophia uscì dalla taverna, vedendo tutto quel ben
di Dio quasi svenne, ma vacillò realmente quando vide chi
stava aiutando Xena a spingere il carro fino alla porta sul
retro.
Una donna mai vista prima, in tutto e per tutto simile alla
moglie della sua prozia. Collegò immediatamente quell'immagine
al racconto che aveva sentito pochi giorni prima e fu questo, in
realtà, a farle quasi perdere i sensi.
-Tu...- Riuscì
solo a dire, mentre Xena la prendeva al volo per non farla cadere.
-Va tutto bene, Sophia.- Cercò di rassicurarla la
guerriera.
-Come..?- Il mancamento era lieve e la donna si stava
già riprendendo -Non va bene! Non va bene affatto!- Tornò
a reggersi con le proprie gambe. -Zia Gaby sta...- Le salirono le
lacrime agli occhi.
-Einai, scusaci un momento. Ho bisogno di
parlarle in privato.-
-Sì, certo. Raggiungo Gaby.- Si
congedò e si allontanò rapidamente, mentre le due donne
rientravano in cucina.
Terminato di spiegare la situazione a
Sophia, la guerriera andò a cercarle e le trovò sul
retro di casa, intente a chiacchierare tranquillamente, mentre Einai
faceva il bagno.
-Tutto sistemato.- Le aggiornò Xena -Ci
vorrà un po' perché entrambi se ne facciano una
ragione, ma hanno capito.-
-Bene.- Disse Gabrielle -Più
tardi parlerò anche io con loro.-
-Grazie.- Aggiunse
Einai.
-I bambini?- Chiese la guerriera, sedendosi accanto alla
compagna.
-Stanno dando da mangiare ai cavalli.-
-Stai bene?
Ti sei stancata troppo?-
-No. Tutto a posto, tranquilla.- La
sfiorò le labbra con le proprie, prima di arricciare il naso,
avvertendo odore di pesce -Devi farti il bagno anche tu!-
I
giorni seguenti trascorsero nella più totale serenità e
tranquillità delle due guerriere.
Passarono quanto più
tempo possibile assieme e con i loro cari.
Xena insegnò a
Lyceus e a Lila come prendersi cura al meglio dei cavalli, quali erbe
dare loro per curarli, come controllare i ferri e tante altre piccole
cose, mentre Gabrielle rileggeva e correggeva le sue ultime
pergamene.
Anche Einai si diede da fare, offrendosi di svolgere
tutti i lavori pesanti che poteva, come la manutenzione delle stalle,
la riparazione del tetto e la potatura degli alberi. Come Xena,
nemmeno lei aveva bisogno di dormire tanto e voleva che la guerriera
fosse libera di passare il proprio tempo con Gabrielle, senza
preoccuparsi del futuro della taverna.
Infine, arrivò il
giorno atteso. Erano sedute al tavolo, una accanto all'altra, quando
l'aedo esordì -Quando, Einai?-
-Tra poche ore,
all'imbrunire.-
Gabrielle sospirò -Non riesco a non avere
un po' di timore. Che sciocca che sono...- Disse tristemente,
scuotendo lievemente il capo.
-Non sei affatto sciocca, è
normale.-
-Tu hai paura?-
-Sì.-
-Come
sarà?-
-Berrete e vi addormenterete. Nessun dolore,
assolutamente.- Cercò di rassicurarla.
L'aedo annuì
-Ti voglio bene, Einai.- Non glielo aveva mai detto.
-Anche
io.-
-Ti vuole bene anche Xena, ma non so se te lo dirà
mai, sai com'è fatta lei.- Sorrise, mentre gli occhi le
diventavano lucidi.
-Non importa.- La abbracciò
teneramente per qualche secondo. -Nella prossima vita sarete ancora
assieme, come vi ha detto Naiyima. Questo non cambierà. Le
acque del Lete possono solo velocizzare la reincarnazione, ma non
possono influire assolutamente sul vostro destino.-
-Grazie.- Le
sorrise, sentirselo dire nuovamente la rincuorò.
-Avete
pensato a come fare?- Aveva aiutato la guerriera a costruire la pira,
il giorno prima, ma Xena aveva insistito per occuparsi da sola degli
ultimi preparativi. Era il suo modo per affrontare quanto stava per
accadere.
-Se possiamo vorremmo restare qui, in privato, mentre
Sophia e Nestor vorrebbero essere presenti all'accensione.-
-E
poi... Anfipoli?- Chiese conferma.
-Sì.-
-Se riuscirò
me ne occuperò io. Potete chiedere a Nestor di prendere il mio
posto, qualora io non potessi?-
Sul volto di Gabrielle apparve
apprensione, mentre annuiva. -Digli anche cosa vorresti tu, nel
caso...-
In quel momento Xena rientrò e si sedette al
tavolo con loro, per riprendere fiato.
Einai la guardò e
non seppe che dire. Lesse i pensieri di Gabrielle e non trovò
nessun appiglio nemmeno lì. Rimase in silenzio.
Aveva
sempre trovato qualche parola di conforto da dire negli ultimi
istanti di vita degli altri, ma, quella volta, niente sembrava
adeguato.
Lei stessa, invece, sentiva il bisogno di riceverne
-Vado a pulire le stalle.- Disse, alzandosi di scatto.
Senza
dubbio era meglio lasciarle sole, avrebbero trovato il modo di farsi
forza a vicenda, come sempre.
Uscì di casa e prese
il forcone, diretta al retro della taverna, turbata.
Non aveva mai
riflettuto su cosa desiderasse, ma alla fine era giunto il momento e
lei non sapeva che fare.
Avrebbe voluto che qualcuno portasse
anche le sue ceneri ad Anfipoli, ma non era decisamente il caso.
Erano amiche, ma non faceva parte della famiglia. Non poteva
intromettersi.
Mai come in quel momento, avvertiva la mancanza di
un'appartenenza.
Aveva conosciuto migliaia di persone in quegli
anni, ma quasi sempre quando erano giunte al termine della loro vita,
mentre le altre avevano continuato poi per il loro cammino.
D'altronde non poteva certo dire loro cosa fosse in realtà,
o pretendere che qualcuno potesse viaggiare con lei.
Non aveva
ritmi umani, non sarebbe stato possibile.
Aveva avuto speranza,
per un periodo, negli esperimenti di Hecate, quando avevano
tentato la creazione di altri Golem, ma nessuno di loro era come lei
ed erano infine impazziti, uno dopo l'altro, come descritto negli
antichi testi.
Era sola.
-E' la prima volta che ti leggo così
triste.-
Si voltò di scatto, non aveva sentito arrivare
nessuno.
Una donna vestita di bianco, con monili dorati, lunghi
capelli castani e mossi che le ricadevano morbidamente su una
spalla, teneva lo sguardo fiero puntato su di
lei.
-Hecate...- Distolse lo sguardo sorpreso e sorrise,
sarcastica -Coraggio, deridimi. - Aveva sempre evitato di mostrarsi
alla Dea in quel modo, non voleva esporre all'immortale le proprie
debolezze.
-Sei così diversa, quando sei con lei...-
-Non
mi pare.-
-Invece sì. Tutta la tua amarezza scompare.
Sembra quasi che tu abbia...Speranza. Ti illumini come se fossi
davanti ad Apollo in persona.- Il suo tono sembrò vagamente
infastidito.
-Ho atteso quattro decenni per rivederla...-
-Eppure, quando te l'ho detto, non volevi che accadesse.- Non le
erano ancora del tutto chiare quelle che chiamava "contraddizioni
umane".
Il simulacro cambiò argomento -Da quanto mi
leggi?-
-Dal tuo arrivo qui.-
-Non è una cosa carina.-
-Come non lo è quando lo fai tu con quella donna.
Ammettilo, ti piace saper sempre cosa dirle...-
Einai rispose,
colpevole -Spesso lo faccio senza accorgermene.-
-Lei non potrà
mai amarti. Non come vorresti.- Disse la Dea.
-Lo so, non occorre
che tu me lo dica nuovamente.- Posò il forcone contro una
trave di sostegno e si appoggiò con entrambe le mani alla
bassa staccionata di legno della stalla, dandole le spalle.
-Perché
sei così attaccata a lei?- Riprese l'immortale.
-E' stata
la prima a volermi bene e a trattarmi come un essere umano. Sa tutto
di me e mi accetta completamente. Xena, ad esempio, molto meno.-
-Anche io so tutto di te.-
-E ti devo tutto, mia Dea.-
-Smettila di ossequiarmi. Sai che mi da fastidio quando ti
prostri.-
Il simulacro non rispose. Le aveva salvato la vita
molte volte e sentiva sincera gratitudine, ma Hecate provava
interesse e divertimento per tutto ciò che era strano, o
particolare. Come per Cerbero, il cane a tre teste, come
Atalanta e Ippomene, trasformati in leoni e costretti a servirla
eternamente solo perché avevano attirato la sua attenzione, e
il suo caso, di certo, non era diverso.
Cosa c'era di più
bizzarro di un oggetto che si comportava come se fosse una
persona?
-Perché sei qui?-
-C'è bisogno di
chiederlo?-
Einai annuì, guardandola confusa.
-Sei la
persona meno perspicace che io abbia mai conosciuto...- Disse la Dea,
avvicinandosele -Pensavi davvero che ti avrei lasciata morire da
sola?-
Il simulacro si sciolse in lacrime, colta alla sprovvista
da quelle parole. Non si aspettava quel comportamento da parte di
Hecate.
-Nemmeno questo lo avevi più fatto, da quando
Gabrielle ha lasciato il nostro tempio...- Sussurrò dolcemente
l'immortale, asciugandole una guancia con il pollice.
-Non mi
capita spesso di rischiare la vita...- Rispose, sottraendosi a quel
tocco e allontanandosi, riprendendo contegno.
-Eppure, Morte è
stata la tua compagna di viaggio per tutto il tempo, si può
dire. Ancora la temi?-
-Non voglio morire.-
-Ma non vuoi
neanche provare ad evitarlo.-
-Non sarebbe giusto.-
-Perché
Gabrielle non sarebbe felice.- Ripeté la Dea con fastidio -Sei
fissata con quella donna.-
-Lei lo farebbe, per me.-
-Purtroppo
hai ragione.- L'immortale sospirò -Cosa vorresti che ne fosse,
di te?-
Einai restò in silenzio, riprendendo il forcone e
cominciando a raccogliere la paglia sporca , mentre Hecate la
guardava.
-Non ho un'anima da liberare. Sarebbe ridicolo
cremarmi.-
La Dea annuì, anche se essendo alle sue spalle
non poteva vederla.
-Vorrei essere sepolta.-
-Sull'Etna? Parte
di te viene da lì.-
Smise di lavorare e si appoggiò
con entrambe le mani al manico del forcone, riflettendo, continuando
a darle la schiena -No...Vorrei che fosse un bel posto. Con
alberi e animali e un terriccio soffice e ricco. Niente bara.- Quando
avevano posto fine all'esistenza degli altri Golem, questi erano
tornati di grezza pietra. Sarebbe accaduto lo stesso anche a
lei.
-Alla sorgente del Lete?-
Rifletté un secondo
-Perché no? E' sempre stato un posto pacifico.- Disse,
riprendendo a lavorare.
-Sia.-
-Grazie- Si voltò a
guardarla, ma della divinità non c'era più traccia.
A metà pomeriggio tornò verso casa.
Mancava poco all'ora stabilita ed era il momento di iniziare, se
volevano fare le cose con calma e non farsi cogliere di sorpresa
dalla...Fine.
Anche le due donne stavano rientrando, portando in
mano alcune ghirlande di fiori, fatte assieme ai bambini.
Si
incontrarono sotto al portico e rimasero in silenzio, guardandosi
appena. Fu Xena a rompere gli indugi e ad entrare in casa, seguita
dalle altre. La guerriera non sopportava più l'attesa, la
tensione era troppa.
Si cambiarono e indossarono delle vesti
semplici ma dignitose, nere.
Einai non le aveva mai viste così.
La gravità del momento era scolpita sui loro volti.
-Vorrei
lasciarti questa...- L'aedo le porse la sua piuma -Le pergamene le ho
lasciate a Sophia, ma questa piuma è stata l'ultima che ho
usato in viaggio. Vorrei che l'avessi tu.-
-Grazie.- Prese il
delicato oggetto dalle sue mani -La porterò con me. In ogni
caso.-
-Hai...Deciso qualcosa?-
Il simulacro annuì
-Hecate si occuperà di me.-
Gabrielle sorrise tristemente,
eppure vi traspariva sollievo, dato dal sapere che l'amica non
sarebbe stata sola.
Einai recuperò dalla propria bisaccia
un otre e lo porse alle due -Sarà sufficiente un sorso.-
Xena
lo prese tra le mani -Vorrei ringraziarti. Ci hai salvato la vita, ed
ora ci dai un'occasione unica. Gabrielle è quella brava con le
parole, ma non credo di aver mai potuto sperare in qualcosa di
migliore.- Andarsene quando voleva, alle proprie condizioni, era
qualcosa che rasentava l'ideale.
-Io vorrei ringraziare voi. Non
sarei mai esistita altrimenti.- Anche se l'aveva creata Ares, non si
sentiva in debito con lui. La sua presenza la metteva sempre
profondamente a disagio e nelle numerose volte che si erano
incontrati, in quegli anni, il Dio della Guerra non aveva mai
mostrato un minimo di considerazione per lei. Soltanto disprezzo e
diffidenza.
-Ora o mai più.- Intervenne l'aedo, sentendo il
proprio animo vacillare nuovamente. -Spero di ritrovare anche te, un
giorno.-
-Lo spero anche io.- Mentì. Alla sua morte non ci
sarebbe stata alcuna anima da reincarnare. Sarebbe solamente svanita,
come se non fosse mai esistita.
Strinse al petto la piuma e le
salutò nuovamente, prima che le due donne si dirigessero nella
stanza accanto, la loro camera da letto.
Einai si sedette al
tavolo e si mise ad attendere, smettendo di seguire i pensieri di
Gabrielle e stringendo la piuma tra le mani. Voleva che restasse tra
le sue dita, quando sarebbe diventata pietra.
Si chiusero
la porta alle spalle e restarono in silenzio.
-Xena, non sei
obbligata.-
-Lo so, ma è ciò che voglio.-
-Ho
paura.-
-Andrà tutto bene.- La abbracciò. -Einai
l'ha fatto molte volte, sa di cosa sta parlando.-
Gabrielle
annuì.
-E c'è anche l'incantesimo di Aphrodite.
Andrà tutto per il meglio.- La baciò sulla sommità
della testa.
-Sì. Hai ragione.-
-Ti amo,
Gabrielle.-
-Anche io ti amo, Xena. Ti amerò per sempre.-
La guerriera sorrise e la baciò sulle labbra, con
tenerezza e malinconia. Poi si coricarono, come avevano deciso.
Si
strinsero forte e a lungo, guardandosi negli occhi. Non c'erano
parole per descrivere la gratitudine, l'amore, il rispetto,
l'attaccamento e la profonda stima che l'una provava per l'altra.
Dopo un tempo indefinito, la mora prese l'otre e lo stappò.
-A
presto, Gabrielle.- Continuando a tenerla tra le braccia bevve due
sorsi, senza deglutire, poi, si volse verso la compagna e richiuse la
fiasca.
-A presto, Xena.- Le rispose, prima di catturare le labbra
dell'altra con le proprie, baciandola per l'ultima volta.
****
Note dell'autrice:
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni. Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole.
Sabato prossimo, l'ultimo capitolo.
Colgo l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo.
P.S. Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare domande, non esitate
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Capitolo 12 *** The Legacy ***
12 epilogo
12.
Seduta al tavolo, con la piuma tra
le mani, il simulacro si allontanò dai pensieri di Gabrielle e
attese.
Aveva paura.
Sarebbe stato doloroso per lei? Se avesse
avuto un cuore in petto avrebbe potuto sentirlo battere
all'impazzata.
Chiuse gli occhi e rimase immobile, con il capo
chino sulle mani intrecciate.
In un istante il vuoto s'impadronì
di lei, poi, il freddo calò sulla sua mente.
Era tutto
finito.
Dopo un tempo che parve eterno, una mano dolce,
nel silenzio della stanza, si posò sulla sua testa.
-Sei
ancora tu?- Le chiese Hecate.
Il simulacro non rispose, abbassando
lo sguardo, confuso e spaventato -Non...Sento niente.-
La Dea si
chinò accanto a lei e le prese il volto tra le mani. -E'
normale, Einai.-
-No...- Le salirono le lacrime agli occhi,
sbarrati. -No...-
-Sei confusa e scioccata, ma non sei morta e non
sei nemmeno diventata come gli altri, o non piangeresti.-
Einai
annuì, afferrando appena quelle parole.
Un orribile
silenzio si era violentemente imposto dentro di lei, qualcosa si era
irrimediabilmente spezzato, andando in frantumi -Non c'è più.-
-Lo so, Einai.- Hecate la abbracciò e la baciò sui
capelli, prima di stringerla ancora. -Ma dobbiamo finire,
purtroppo.-
La mora annuì e si alzò, meccanicamente,
diretta alla camera delle due donne. Dovevano recuperare la Pietra di
Cibele, prima di occuparsi delle esequie.
Entrarono nella stanza.
Sul letto, Gabrielle giaceva serena, quasi sorridente,
addormentata tra le braccia di una bellissima statua ammantata di
nero.
Hecate stava per elogiare i progressi della tecnica
scultorea di Ares, ma si trattenne. Non era il momento -Posso farlo
io, tu dovrai solo prenderla.- Leggeva il terribile dolore e
smarrimento nella mente del simulacro.
Einai annuì, mentre
la Dea creava delicatamente una fenditura nella schiena della
guerriera, all'altezza del cuore, per poi allontanarsi lasciando
spazio all'altra, che si avvicinò e infilò
delicatamente la punta delle dita nell'incavo, recuperando
l'artefatto -Chiudi, per favore.- Disse il simulacro, con voce
spezzata, prima di allontanarsi.
La Pietra non era più
grigia e opaca, come quando aveva accolto l'anima di Xena, ma era
tornata lucida e nera.
Tutto era avvenuto come speravano, i loro
spiriti erano liberi.
Einai prese le guerriere in braccio
e le portò sul retro della casa, dove avevano approntato la
pira.
Una, per entrambe.
Vedendola uscire, Sophia e Nestor la
raggiunsero assieme ai bambini, agli abitanti del villaggio e ai loro
conoscenti.
Si radunò una piccola folla, silenziosa e
composta, mentre Einai posava delicatamente le loro spoglie sulla
sommità della pira e sistemava le ghirlande di fiori sui loro
capi.
Diede un ultimo sguardo ai loro volti, sereni, e baciò
entrambe sulla fronte, prima di tornare a terra.
Hecate si era
confusa tra la folla, avvolgendosi in un anonimo mantello nero e
affiancandosi ad un uomo e a una donna, con cappe simili alla sua,
resi irriconoscibili dai cappucci calati sul volto.
Nestor e
Sophia avanzarono, con le torce accese in mano, e raggiunsero i piedi
della catasta di legno, silenziosi e dignitosi, mentre i presenti li
guardavano commossi.
L'uomo passò la propria fiaccola ad
Einai che, sorpresa, accettò l'invito con un cenno del capo.
Un mormorio diffuso si sollevò dalla folla, quando videro
che quella misteriosa donna somigliava enormemente a Xena. Presto,
però, tutto tornò a tacere, quando Sophia intonò
un inno e le due donne abbassarono le torce sulla pira, che prese
fuoco rapidamente.
Alcuni rimasero per breve tempo, altri per
ore, fino a notte inoltrata. Infine, alle prime luci dell'alba,
incurante del freddo che era tornato inclemente a mordere la valle,
al termine dell'incantesimo di Aphrodite, rimase solo lei.
Raccolse
le ceneri ancora tiepide e le mise nella grossa urna che le donne
avevano scelto, poi rientrò in casa e aggiunse ciò che
restava delle ceneri di Xena, conservate ancora nel piccolo vaso
sopra il caminetto.
Radunò le sue cose e indossò
l'armatura, arrivare fino ad Anfipoli avrebbe richiesto numerosi
giorni di cammino.
Salutò rapidamente Sophia e Nestor che
la ringraziarono e la invitarono a tornare, qualora avesse voluto, e
poi, partì.
Cercava ancora, inconsciamente, quella
voce nella sua testa che l'aveva accompagnata per tutta la sua
esistenza, incapace di rassegnarsi all'idea.
Perfino la sua
stessa mente, ora, le sembrava un posto freddo e tetro. Un luogo
troppo grande per lei sola, quasi sconfinato.
-Posso portarti
rapidamente.- Hecate si materializzò accanto a lei.
-Lo
farò come lo avrebbero fatto loro.- Rallentò il
passo, adeguandosi a quello di un comune umano. Le sarebbe sembrato
di prendere scorciatoie, di svilire l'importanza di ciò che
era successo e, non essendo morta con loro, le sembrava di poter
espiare almeno in piccola parte, con il sacrificio del proprio tempo
e della propria fatica, le colpe che sentiva di avere.
-Vuoi
separarti da loro il più tardi possibile, vero?-
-Sì.-
-Non sei felice di essere ancora viva?-
-Sono viva, Hecate?-
Evitò di incrociare il suo sguardo, tenendolo fisso sul
terreno innanzi ai suoi piedi.
-Stai provando emozioni tue,
nonostante lei non ci sia più...-
Il simulacro sentì
gli occhi diventarle lucidi, ma trattenne le lacrime, sbattendo
rapidamente le palpebre.
-Questa tristezza, questa sensazione di
vuoto che senti...- Sospirò la Dea, scuotendo il capo -Einai,
sono umani.-
-Perché?!- Sbottò -Perché
adesso che non vorrei sentire, sento?! Perché sta succedendo,
visto che non ho un'anima? Chi mi ha maledetta a questo modo?!- Sentì
la rabbia montare dentro di lei -Cosa ho fatto di male? Io non dovevo
neanche esistere...- Le si spezzò la voce e si fermò,
non riuscendo più a trattenere il pianto.
L'immortale la
guardò, preoccupata -Il dolore passerà, il vuoto si
attenuerà e pian piano riconquisterai spazio a quel
silenzio che ora ti terrorizza. Fidati di me, non soffrirai in
eterno.- Disse, stringendola al suo petto.
-Ho paura, Hecate- Non
aveva idea di come sarebbe stata la sua esistenza da sola.
-Tutti
ne abbiamo, ma senza paura non esisterebbe il coraggio e quello,
credimi, non ti è mai stato in difetto.- Ricordava i primi
passi dopo la sua guarigione, con quale fermezza aveva accettato di
vivere lontana dalla donna che amava pur di permetterle una vita
normale. Quanta determinazione le aveva richiesto portare a termine
ogni missione affidatale e quanto coraggio e fatica le erano costati
decidere di non cercare di salvarsi, andando contro alla morte,
pur di terminare quell'ultimo, gravoso, compito.
Forse aveva
preteso troppo da lei. Forse, era stata troppo crudele. L'immortale
avvertì improvvisamente un senso di fastidio allo stomaco che
riconobbe, tra i pensieri di Einai, come senso di colpa.
Non lo
aveva mai provato prima.
-Mi dispiace.- Sussurrò Hecate
all'orecchio della mora.
Dopo diversi giorni di cammino
in solitudine, con solo qualche breve visita della Dea, Einai
raggiunse Anfipoli.
Trovò la piccola cripta della famiglia
di Xena ed entrò.
Sapeva, dai ricordi di Gabrielle, che la
guerriera ci andava ogni anno, per commemorare i propri cari, e trovò
tutto abbastanza in ordine. C'era solo un sottile strato di polvere e
qualche ragnatela.
Posò l'urna sul piccolo altare presente
ed uscì.
Voleva comprare il necessario per costruire
un'ara votiva a loro dedicata, visto che Lyceus, Cyrene e Toris,
riposavano all'interno di bare.
Avrebbe voluto scolpirla lei
stessa, ma se si fosse rivolta ad un esperto avrebbe certamente
ottenuto un risultato migliore.
Chiese informazioni e raggiunse
la bottega di un marmista. Lo pagò il doppio di quanto
pattuito, pur di averla pronta per l'indomani, poi tornò alla
cripta, dove passò l'attesa risistemando e pulendo.
Aggiunse
olio alle lanterne, spazzò il pavimento, spolverò e
tolse le ragnatele. Si guardò attorno, cercando di capire cosa
avrebbe potuto fare, per sistemare tutto al meglio.
Controllò
il tetto e si assicurò che gli alberi vicini non mettessero a
rischio la struttura e aggiustò anche qualche pietra un po'
traballante degli scalini d'ingresso.
Accese le candele e pregò,
per ognuno dei presenti, bruciando erbe e incensi comprati al vicino
mercato.
Quando non ci fu più nulla da fare, il sole era
nuovamente alto nel cielo e andò a ritirare il lavoro
commissionato.
Tornò nel giro di poco e posizionò
il pesante blocco di marmo bianco nel posto riservato a Xena, accanto
alla tomba di Toris.
Finamente scolpite nella candida roccia,
c'erano due figure femminili. Una con dei pugnali legati ai calzari,
l'altra con la spada infoderata sulla schiena, mentre camminavano
mano nella mano assieme alla loro cavalla.
Aveva voluto
rappresentarle in un momento spensierato, mentre facevano quello che
più piaceva loro e ricordarne la natura di guerriere e
compagne.
Non era stato facile spiegarlo al marmista e farne il
disegno, ma il risultato era perfino migliore di quanto si
aspettasse.
Controllò la sommità del blocco con le
dita e sorrise, vedendo che anche quell'ultima sua richiesta era
stata esaudita.
Prese la spada di Xena e la infilò per tre
quarti nella pietra, sfruttando la scanalatura che aveva ordinato al
marmista. Se l'avesse inserita con la forza avrebbe rischiato di
rovinare la lama, o di spezzare il marmo. Incastrò poi i sai
di Gabrielle, incrociandoli contro l'elsa e, infine, posizionò
il Chakram, agganciandolo frontalmente alla guardia della spada.
-Sicura di non volerlo tenere?- Einai in quei giorni aveva fatto
l'abitudine alle improvvise apparizioni della sua Dea protettrice.
-Sì. Non è per me.- Si voltò a guardarla,
ferma sulla porta della piccola cripta.
-Sei un'eroina e forse la
cosa più simile ad un'erede che abbiano mai avuto. Senza
dubbio porteresti avanti le loro idee.-
-Forse, ma loro volevano
eroi nuovi, figli dei tempi in cui vivono. Io non sono niente di
tutto questo.-
-Se vuoi vederla così...- Rispose scettica
l'immortale.
-Sì, è così. Ma se un giorno
troverò qualcuno di adatto, lo consegnerò.-
-Farai
quindi la custode...?- Chiese perplessa Hecate.
-Chi meglio di un
essere senza tempo, per farlo?- Prese l'urna con le ceneri delle
guerriere dall'altare e la posizionò sull'ara.
-Sei pronta
a finire questo viaggio?-
Il simulacro scosse il capo, negando -Ho
bisogno ancora di qualche minuto.-
-Ti aspetto fuori.- Disse la
Dea, scomparendo.
Rimasta sola si guardò ancora attorno,
cercando qualcosa da sistemare che le fosse sfuggito, ma non trovò
nulla. Non aveva più scuse per attardarsi.
Accarezzò
il coperchio dell'urna con la punta della dita e la tristezza tornò
ad invaderla.
Era tutto finito.
-Statemi bene, vi prego.-
Sentì le lacrime salirle agli occhi, ma non voleva piangere
nuovamente. -Ci vediamo l'anno prossimo, forse prima.- Cercò
di sorridere.
Poi si allontanò lentamente dall'ara, spense
candele e lanterne e recuperò la bisaccia.
Infine, diede
un ultimo sguardo, colmo d'affetto, a ciò che aveva avuto di
più simile ad una famiglia, prima di risistemare la pesante
pietra davanti all'ingresso e chiudere la cripta, risalendo poi alla
luce del giorno.
****
Note
dell'autrice:
Con
questo capitolo si conclude questa avventura e ciò che tra me
e me ho chiamato più di una volta "Rimedio ad AFIN".
Vi
ringrazio di aver letto fin qui anche se è stato un racconto
dall'epilogo triste, spero che come a me vi abbia lasciato almeno la
soddisfazione di un addio sereno e pacifico. (E con altri
quarant'anni di avventure tutte da scrivere! XD)
Vi
ringrazio molto anche per le recensioni. Continuate a farmi sapere
cosa ne pensate, anche con poche parole.
Colgo l'occasione per
ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta
Reader. Grazie mille!
P.S. Se tutto dovesse
continuare a filare come previsto, sabato prossimo inizierò a
pubblicare un'altra AU/Uber sempre su Xena e Gaby che sto scrivendo
proprio in questi giorni.
Spero di ritrovarvi lì!
Quindi...A
SABATO PROSSIMO! Tenete d'occhio il mio profilo facebook per tutti gli aggiornamenti (trovate il link nella mia autore, qui su EFP)
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