Kamui Show e il suo Cuore

di onelux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Fino ad adesso era rimasto solo.
Solo a guidare il Getter.
Non che fosse un problema.
Era sempre stato solo.
Solo in quanto esemplare quasi unico di una serie di esperimenti falliti.
Solo un figlio mezzo rettile e mezzo umano del defunto imperatore Gore.
Solo fratello dell’attuale Imperatore del regno dei Sauri.
Allontanato per evitare che potesse essere eliminato.
Solo senza madre da cui fu isolato.
Senza un padre perché era morto.
Solo perché non era sauro e non era umano.
Solo.
Solo anche quando fu preso in custodia da Jin Hayato.
Solo.
Adesso improvvisamente arrivano due. Per togliere la sua solitudine nel guidare il Getter.
Ma non basta per smettere di sentirsi così.
Sentirsi senza radici.
Senza affetti.
Senza una madre e un padre.
Senza un gruppo di simili a cui appartenere.
Solo con la propria rabbia.
Solo con le proprie paure.
Solo come quel bambino che era e che è rimasto dentro di lui.
Il lavoro per smettere di sentirsi solo era grande.
E lui era poco più che un ragazzino.
Con troppe responsabilità sulle spalle.
Senza un abbraccio senza calore.
Solo.

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Capitolo 2
*** capitolo primo ***


Ormai non contava più le notti in cui si svegliava sudato spaventato e piangente.
Il respiro affannato e gli occhi spalancati nel buio.
Le mani tremanti.
Aspettava qualche minuto.
Per riprendere il controllo e rimettere una maschera sul viso. E fingere che non fosse successo nulla.
Alcune volte gli sembrava di ricordare qualche cosa dei sogni e degli incubi che faceva ma non voleva soffermarsi e li lasciava andare via.
Sapeva che al mattino qualsiasi vago ricordo sarebbe scomparso.
La paura no.
Quella continuava a ricordarla.
E ogni volta era sempre più difficile dormire.
Chiudere gli occhi e ritornare in quel mondo onirico che lo portava nel profondo del suo inconscio.
Si sarebbe alzato come sempre appena ripreso il controllo e si sarebbe recato al bagno a rinfrescarsi.

Nel suo bagno dove non c’era uno specchio.
Non voleva vedere il suo viso. Viso che non sentiva di riconoscere.
La confusione che sentiva dentro mal si accordava con il suo volto e i suoi tratti.
Che erano un miscuglio gradevole di due mondi di due realtà che fino a pochi lustri prima si erano massacrate senza pietà.
Non riusciva a guardarsi e riconoscersi.
E quando capitava si sentiva strano.
Vedeva un mostro e sentiva negli sguardi degli altri il suo stesso fastidio.
Era difficile per lui reggere qualsiasi occhiata. Anche casuale.
Quando era più piccolo provò a chiedere al comandante Hayato cosa fosse quello che provava dentro di se …ma Hayato era la persona meno indicata a rispondere e a gestire un bambino.
E questo aggravava la situazione interiore del piccolo.
Crescendo il turbamento legato anche al cambiamento fisico che portava la pubertà e poi all’adolescenza non fece che aggravare il suo stato.
Le poche cose stabili che aveva cambiavano.
E invece di riconoscere il suo corpo come quello di un giovane che cresceva e si sviluppava lo trovo come un allontanarsi dalle uniche certezze che aveva di essere.
Anche nelle poche presenze femminili del centro non riusciva a riconoscere un interesse sincero convinto com’era di essere un mostro senza appartenenza.
La strada per amare se stesso si presentava ardua.

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


- Kamui devo parlarti, dopo le esercitazioni in volo vieni nel mio studio.

-Va bene comandante jin

Dopo aver risposto alla richiesta si avviò verso il suo kirik già pronto per partire.
Anche oggi si era alzato presto. Ultimamente pareva non esserci mai un giorno libero…neppure mezza giornata libera. Ne sentiva il bisogno. E come se non bastasse Hayato continuava a convocarlo nel suo studio. Ogni volta doveva sentirsi dire che essendo l’unico militare e con esperienza nel guidare l’arc doveva mantenere un comportamento più consono rispetto a Takuma e Baku.

Rispetto agli altri membri della base e altre cose che riguardavano il rispetto il codice e via dicendo.
Chissà qual’era stavolta il motivo della convocazione.
Andò ad esercitarsi con il cuore pesante.

3 ore dopo

 

- Avanti. Siediti. Come mai ci hai messo così tanto? Siete rientrati più di 30 minuti fa.
- Sono stato trattenuto dai tecnici e ho scambiato alcuni pareri con baku. Sono anche andato a cambiarmi. Per cosa sono qui?

-Sei ancora in piedi. Siediti.  Come stai?

-…
- Come stai Kamui?

 Non capisco. Mi hai chiamato qui per chiedermi come sto? Sto bene.
- Kamui. Ti rifaccio la domanda. Stai bene?
- E io ripeto quello che ho appena detto. Sto bene.

Hayato guardò Kamui. Seduto sulla sedia.

Le braccia incrociate all’altezza del cuore. Il collo rigido le gambe strette e i piedi fermi sul pavimento. Il corpo immobile le sopracciglia aggrottate. La bocca con un percettibile broncio. Jin si chiese da quanto tempo aveva smesso di prestare attenzione a Kamui. Da quanto tempo aveva smesso di stargli accanto per vederlo solo come un elemento, per quanto fondamentale.
Da quanto tempo aveva scordato che Kamui aveva bisogno di una figura affettiva accanto? E che questa figura era lui e lo aveva trascurato.
Era da mesi ormai che aveva notato che il ragazzo dormiva poco e quel poco di sonno era anche di pessima qualità. Alle volte lo aveva anche colto con gli occhi lucidi quando tornava dalle lunghe passeggiate che faceva solo, nei boschi vicino alla base.
Gli ultimi controlli medici lo davano formalmente perfetto. Ma sapeva che non era lo stato fisico il problema. Allo stesso tempo sapeva che se non avesse corretto il suo stato emotivo questo avrebbe avuto  ripercussioni anche sul fisico. E non poteva permetterselo. Non poteva permettersi di perdere o rendere inabile uno dei 3 piloti del getter arc. Non poteva permettersi di avere problemi con quello che era sia un esperimento dei sauri che un membro reale dei sauri. Non poteva permetterselo perché gli voleva bene dopotutto. Dalla prima volta che lo vide bambino riconobbe una parte di se in lui. E si sentì una sorta di figura paterna. Discutibile, ne era cosciente. Ma aveva finito per ricoprire quel ruolo per quel bambino prima e questo ragazzo adesso. Sentiva che doveva fare qualcosa.


- Va bene kamui. Se dici che stai bene vuol dire che è così. Domani mattina ti voglio qui alle 4. Nel mio studio. Salvo attacchi.

- Alle 4? Lo sai che abbiamo una routine diversa e che spesso prima di mezzanotte non siamo a dormire!?
- Lo so. Domani mattina qui alle 4.
- MA COME …
- DOMANI ALLE 4! SEI CONGEDATO!

Kamui si alzo dalla sedia con violenza, facendola quasi cadere. Uscì d’impeto dallo studio sbattendo al porta dietro se.

Lo guardò uscire.

Hayato si chiese se stava facendo la cosa giusta. Poi si avviò al computer e cominciò a stilare una email il più formale possibile verso due persone che era molto che non vedeva.


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Capitolo 4
*** capitolo terzo ***


Kamui stava davanti alla porta di Hayato.
Mancavano 5 minuti alle 4 del mattino. E lui non aveva praticamente dormito. Quei momenti che aveva provato a chiudere gli occhi duravano meno di 10 minuti la stanchezza lo faceva cadere immediatamente nel dormiveglia con immagini angoscianti e la sensazione di un peso sul petto e di qualcuno accanto che lo derideva.

Era stravolto. Non dormiva da più di 24 ore e l’ultimo sonno era durato meno di 5 ore.
Sebbene fosse fermo si sentiva tremare internamente. Prese un respiro profondo chiuse gli occhi. Emise l’aria lentamente e bussò.

Da dentro rispose qualcuno dicendo avanti. Mise la mano sulla maniglia, aprì la porta ed entrò. Hayato stava di spalle faceva qualcosa al computer e non si girò quando entrò dentro. Sentì che lo invitava a sedersi indicando la sedia vicino a lui.

Fece come indicato.

Era vestito con la tuta di ordinanza. Gli sembrava troppo stretta addosso. Gli faceva mancare l’aria.

- Vedo che sei arrivato puntuale. Vuoi bere qualcosa?
Hayato disse questo e si volto verso di lui.

- Per quale motivo mi hai chiesto di venire qui a quest’ora?
Hayato lo guardò porgendogli un bicchiere appena riempito di acqua.

- Volevo parlarti di alcune cose senza portare via tempo ai compiti di questo periodo.

- Non vuoi portare via tempo ai compiti ma porti via quel poco di riposo di cui ho diritto? Strane logiche.

Prese il bicchiere in mano. Rimase fermo a guardare come la sua mano tremava nel tenerlo, tanto che l’acqua usciva un poco dai bordi. Alzò gli occhi e si accorse che anche Hayato stava guardando la sua mano. Jin lo guardò strano e gli chiese.

 - Come stai Kamui?

Fu un attimo.
Kamui si alzò immediatamente gettò il bicchiere a terra frantumandolo. Tremava.

- COSA VUOI!! MI FAI ALZARE ALLE 3 PER ESSERE QUI DA TE ALLE 4!SAI BENISSIMO CHE IN QUESTE SETTIMANE, DOPO GLI ULTIMI ATTACCHI SIAMO CONTINUAMENTE CON RITMI ALTISSIMI PER PREPARARCI AL MEGLIO. POTEVO DORMIRE INVECE SONO QUA COSA VUOIII! STO BENE!

Uscì dallo studio di corsa, Hayato gli corse dietro. Lo vide sparire dietro l’angolo del corridoio e senti un tonfo. Lo raggiunse e lo trovò a terra. Svenuto.
Si chinò. Lo prese per le spalle e lo girò sulla schiena. Tenendolo si accorse di quanto fosse diventato piccolo rispetto alla tuta.
Aveva perso peso nelle ultime 4 settimane nessuno se ne era accorto. Neppure lui.
Chiamò la squadra sanitaria di emergenza.

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Capitolo 5
*** capitolo quarto ***


- La pressione è 100 su 60. La frequenza cardiaca 45 battiti al minuto apiretico.gli altri parametri sono sovrapponibili a quelli della scorsa settimana sebbene tendenti verso il basso quelli relativi all’emocromo. Il peso rispetto a 4 settimane fa è calato di 9 chili e 700 grammi. Troppo per sole 4 settimane e troppo per un ragazzo con la massa muscolare che dovrebbe avere. Tecnicamente sarebbe ancora nel range corretto ma per come è lui risulta sotto peso. Siamo in attesa dei risultati dei markers tumorali e degli esami radiodiagnostici per escludere masse o danni derivanti da qualsivoglia scontro. O eventuali infezioni. Per adesso è sotto sedativi.

- Come sarebbe a dire sotto sedativi?

- Non so che dirti Jin. Appena ha ripreso i sensi ha cominciato ad agitarsi, voleva alzarsi a tutti i costi ed era confuso. Non voleva sentire ragione di rimanere sdraiato e di collaborare per gli esami. Quindi lo abbiamo sedato. Nulla di particolare semplici benzodiazepine, che hanno agito subito.

Hayato era perplesso oltre che preoccupato. guardava il ragazzo steso nel letto dell’ospedale interno alla base.
Pallido, le occhiaie sotto gli occhi, una flebo che gocciolava lentamente nel deflussore collegato all’agocannula nel suo braccio.
Gli elettrodi dell’ecg che si intravedevano da sotto il camice.
Le clavicole più evidenti di quello che erano alcuni mesi fa.
I muscoli definiti, alcune cicatrici.
Il respiro lento e superficiale.
Immobile mentre veniva controllato e monitorato dal personale sanitario.
Silenzioso e incapace di rispondere indispettito e a tono come era sua abitudine a chi adesso lo fissava per cercare in lui quale fosse il problema che lo tormentava.
Si avvicinò al letto appena il personale fini i propri compiti.
Lo guardò preoccupato e con la mano gli scostò i capelli che gli coprivano gli occhi.
Notò che le pupille stavano cominciando a muoversi velocemente sotto le palpebre e al contempo sentì il ritmo dell’ecg variare.
Era a conoscenza che quando si sogna variano il respiro il battito e spesso ci si muove. Ma senti qualcosa che non andava in questo improvvisa variazione.
Si girò verso la dottoressa responsabile del laboratorio

-Credo che ci sia qualcosa che non va.

- Tranquillo nulla di che preoccuparsi. Avrà già metabolizzato i sedativi e starà solo sognando.

In quel momento si sentì la voce del paziente che gridava qualcosa di confuso.
Una voce acuta e spaventata.
E cominciò ad agitarsi.
Si girò sul fianco rapidamente.
Hayato fece appena in tempo a prenderlo prima che cadesse a terra, la dottoressa gridava qualcosa verso gli infermieri.
Altri si avvicinarono per aiutare il comandante Jin a trattenere Kamui che ad occhi chiusi pareva cercare riparo e fuga da un aggressore che solo lui stava affrontando. improvvisamente aprì gli occhi.

-NO!NOOOOO! LASCIATEMI! DEVO ANDARE VIA!

-Fermo siamo qui per aiutarti. Non c’è nessuno. Stavi sognando.

Non c’era verso ad un certo punto divenne quasi una colluttazione tra il giovane che voleva fuggire, Hayato che lo abbracciava con forza per evitare che cadesse, le infermiere che cercavano di afferrargli gli arti per immobilizzarlo.
Poi arrivò la dottoressa che con una siringa iniettò qualcosa nel deflussore.
Meno di un minuto che parve eterno e tutto, come era nato, cessò.
Hayato aveva tra le braccia un corpo immobile che gli veniva portato via dagli operatori per rimetterlo correttamente nel letto. Velocemente furono alzate le sbarre e messe delle fascette agli arti.
In meno di 10 minuti tutto è cominciato e finito.
Hayato respirava forte gli occhi sbarrati.
Guardò la dottoressa.

- Che cosa è appena successo!?

- Non lo so. Ma credo sia il caso di sentire uno specialista.

- MI PARE OVVIO! Non lascio andare un mio ragazzo, che non so cosa abbia, in battaglia. Entro 2 ore voglio qui il migliore.

- Dammi almeno 4 ore non è così facil…

- 2 ore mi paiono anche troppe per una situazione che non avrebbe dovuto sfuggirle visto che viene controllato tutte le settimane e nessuno si è accorto che ha perso 10 chili e che probabilmente non riesce ad avere un sonno normale da mesi! Entro 2 ore voglio il migliore entro 20 minuti voglio una relazione dettagliata dello stato attuale di Kamui. Entro mezzogiorno voglio un piano di azione!

Se ne usci.
Era arrabbiato.
Arrabbiato con se stesso.
Avrebbe dovuto agire appena aveva avuto la senzazione che Kamui cominciava a stare male.
Era arrabbiato soprattutto con se stesso.
E spaventato.
Cosa stava succedendo a quel ragazzo?

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


La dottoressa responsabile dell’ospedale interno, della salute e delle eventuali emergenze della base. Era al telefono.
Stava cercando di rintracciare un esperto neuropsichiatra che aveva incontrato qualche mese prima ad un convegno e di cui aveva saputo essere uno dei migliori in circolazione per la gestione di casi come questo che le si era presentato.
O per lo meno che lei riteneva fosse tale.

Una sorta di sindrome post-traumatica da stress, così aveva stilato una probabile diagnosi della situazione del suo paziente.
Sapeva che era molto temporanea come diagnosi visto il soggetto, un ibrido umano-rettile, era difficile essere certi.
In una situazione normale avrebbe fatto sospendere il pilota e lo avrebbe inviato da uno psicologo e valutato successivamente l’idoneità o meno a continuare a pilotare un getter.
Nella situazione attuale con Kamui non voleva esporsi.

Aveva imparato molto sui sauri ma Kamui era appunto un ibrido e non era detto che quello che poteva valere per un individuo appartenente ad uno solo dei gruppi etnici di partenza potesse valere anche per il giovane.
Anche lei sentiva il peso di quello che era quel ragazzo. Un individuo unico nel suo genere.
Per nascita, per rango, per la vita che si era ritrovato a vivere e per quello che rappresentava.
Troppe cose per prendersi una simile responsabilità da sola.


- Oh buongiorno, dottor Lewis? Mi scusi se la disturbo. Spero si ricordi di me, sono la responsabile medica del centro Saotome. AH sisisi! Vedo che si ricorda…appunto la chiamavo proprio per lui. Abbiamo appena avuto un problema. È stato male. Il massimo della mia esperienza riguarda solo e prevalentemente PTSD. In questo caso vorrei un parere di un professore come lei…ah…guardi. Avrei urgenza… Se potesse essere qui entro 2 ore al massimo. Ci occuperemo noi di venirla a prendere e ovviamente riportarla. ..le sarei grata. Si? …D’accordo grazie infinite mando subito qualcuno a prenderla. A presto!


Posò il telefono soddisfatta di aver trovato quello che al momento pareva il miglior medico per poter capire cosa stava succedendo e come risolvere la situazione. Avvisò immediatamente la sala coordinamento per organizzare il viaggio per portare il professor Lewis alla base.
Bevve un po' di acqua e cominciò a scrivere la relazione medica su quello che era successo e sull’attuale stato di Kamui Show.
Sperava di stare nei pochi minuti rimanenti prima che Hayato tornasse a vedere se la relazione fosse pronta.

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


- Buongiorno professor Lewis. La ringrazio infinitamente per la sua disponibilità immediata.

-  Si figuri. Appena mi ha detto chi è il paziente ha immediatamente avuto la mia disponibilità. Ho solo bisogno di una toilette e un posto dove posare i miei bagagli.

-  Certamente il signor Tanaka è a sua completa disposizione la accompagnerà nella camera e l’aspetterà per accompagnarla al mio studio. Grazie nuovamente di essere venuto!

La dottoressa si avviò presso l’ospedale interno sapendo che vi avrebbe trovato anche il comandante Jin. sperava si fosse tranquillizzato.
Non aveva certo bisogno di un comandante che gli fiatava sul collo mentre aveva uno dei tre piloti getter sedato e forse allucinato nel suo reparto, senza una spiegazione del perchè fosse in quello stato.

-  Comandante già qui? È da poco arrivato il professor Lewis …

-  Lo so. Come mai non è ancora qui?

-  Buongiorno. Sono il professor Jonathan Lewis. E immagino lei sia il responsabile del centro …signor…?

- Comandante Jin Hayato. Buongiorno. immagino che la dottoressa l’abbia già informata sulla situazione?

-  Buongiorno comandante Hayato. Mi spiace non ho avuto modo di avere informazioni aggiornate sulla situazione ma visto che sono qui … potrei vedere per “chi” sono qui? Vorrei vederlo prima di farmi qualche idea solo sulla base di relazioni sterili.

- Mi chiami pure Jin. E si. Credo sia una ottima idea mi segua.

Camminarono verso il letto dove giaceva Kamui. Hayato e il professor Lewis dietro la dottoressa.
Appena arrivati al cospetto del giovane il professor Lewis si fermò.

- “I figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle, e presero per loro mogli tutte quelle che essi scelsero”

-  Cosa scusi?

La dottoressa rimase interdetta da questa frase.
Il professor Lewis era rimasto incantato appena visto Kamui. Sul letto. Non ancora sveglio.

-  Genesi, capitolo 6 versetto 2.

-  Esatto comandante Hayato, mi scusi. Jin. Avevo sentito parlare di questi giovani fatti nascere come esperimenti. Letto su alcuni testi specialmente di medicina genetica. Ma vederne uno. È tutta un’altra cosa. mi faceva ribrezzo leggere su quei trattati la definizione “ibrido” come se si trattasse di mescolare piselli con carote. Dimenticando che da questi esperimenti nascono figli. Con un peso enorme sulle loro spalle prima ancora di venire alla luce. Ma ditemi. Cosa è successo a questo ragazzo e cosa posso fare io qui per lui?

La dottoressa prese la parola e sintetizzo a voce la relazione che aveva mandato a Jin.

-  Circa 4 ore fa è stato portato qui in stato di incoscienza.  Abbiamo cercato di risvegliarlo senza affetto, dopo circa 15 minuti ha ripreso spontaneamente conoscenza, ma appariva confuso e agitato, tanto da non permetterci di fargli alcun esame ulteriore. Voleva alzarsi e andare via. Gli abbiamo somministrato in bolo 1 mg di delorazepam, si è subito calmato e abbiamo potuto proseguire. è stata rilevata  una notevale perdita di peso rispetto all’ultimo controllo di 4 settimane prima. Pressione bassa abbiamo fatto esami radiodiagnostici da cui non è emerso nessun eventuale danno traumatico o presenza di masse o alterazioni evidenti. E verso le 5 e 30, mentre era presente il comandante Jin, si è improvvisamente risvegliato, molto più agitato dell’episodio precedente assolutamente confuso spaventato e appariva terrorizzato. Abbiamo dovuto trattenerlo con la forza e gli ho personalmente somministrato in bolo una fiala di diazepam. Con beneficio. Lo abbiamo anche contenuto per evitare che possa farsi male dovesse nuovamente risvegliarsi agitato. Da allora continua a dormire.

-  4 Ore fa? Alle 4 del mattino un ragazzo viene trovato incosciente e quello che abbiamo è una somma di dati? Chi lo ha trovato?

- IO. Stava con me.

Jin Hayato sapeva che prima o poi avrebbe dovuto confrontarsi su questo fatto. E in un certo senso era felice di farlo con una persona che non facesse parte del suo gruppo di lavoro.

- …Non riesco a pensare cosa possa fare un ragazzo alle 4 del mattino con un suo superiore, tanto da poi svenire?

Hayato chinò il capo. Sorrise sbilenco. Prese un respiro.

-  So che potrà sembrare strano. Ma speravo in una reazione da parte di Kamui. Non pensavo così estrema.

-  Una reazione?? A cosa avrebbe dovuto reagire.

-  Kamui. È uno dei miei migliori piloti. Come vede è anche un elemento particolare per se stesso. Per come è lui. Ed era un po' di tempo che avevo la sensazione che qualcosa non andasse. Non è mai stato un ragazzo espansivo e ultimamente questo suo aspetto è peggiorato. Avevo provato il giorno prima a chiedergli come stava ma non ho avuto risposta. Quindi ho cercato in un modo diverso.

-  Ha cercato un modo diverso? Direi che il suo modo ha avuto una potente risposta immediata. Aggiungerei che è il caso di decifrare la risposta. Avrò bisogno di parlare con lei, scusa, con te Jin. Mi sembri la persona più informata sulla storia di questo ragazzo.

- Immaginavo questa richiesta. qui alla base sono sicuramente la persona che più conosce la storia di Kamui e sono anche la persona a lui più vicina . Ma non sono il solo. Ieri ho convocato qui le altre due persone che sanno la sua storia. Dovrebbero arrivare a breve.

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Takuma e Baku erano preoccupati. Ormai erano le 8 passate e Kamui non era apparso.

Neppure i tecnici sapevano al momento qualcosa di questa assenza.
Decisero quindi di cercare il comandante Jin pensando che dietro a questa assenza ci fosse lui.

Takuma non amava molto Kamui. Era un rapporto elettrico il loro.
Non era solo che era un mezzo sauro. È che lo trovava proprio irritante sfuggente.
Quanto lui era dirompente nelle sue emozioni quanto sentiva Kamui trattenuto ma sentiva che qualcosa lo legava alla personalità dell'altro giovane.

Gli riconosceva implicitamente forza d’animo e temperamento ma non riusciva ad afferrrarlo completamente.
Una sorta di destino comune li legava e non era solo il fatto che fosserò “figli del getter”, sentiva una forza potente in Kamui che eguagliava la sua, sebbene tenuta rinchiusa.

- Hayato!!Hayato!! aspetta, dov’è Kamui ? stamattina non è arrivato alle esercitazioni…

- Takuma! Lui non sarà alle esercitazioni ma vista l’ora dovreste esserci voi!

-  Non cambiare discorso. È il nostro compagno di squadra è un mio diritto sapere perché manca!

Hayato li guardò entrambe. Guardò Baku.

- Baku. Immagino che tu sappia in qualche modo come sta Kamui?

- …Comandante Jin ad essere sincero…

- Baku! Sai qualcosa e non mi dici nulla!? 

-  Takuma calmati. Sai che quello che so lo so per percezioni. E non mi sembrava il caso di preoccuparti…

In quel momento Baku si sentì in colpa per non aver detto nulla delle sue percezioni a Takuma, ma quello che aveva sentito era molto doloroso e non voleva caricare il suo amico di questo fardello rischiando una reazione esagerata .
Fu Hayato e riprendere l’attenzione.

- Takuma. Baku. Venite con me. Devo chiedervi alcune cose.

Entrambe seguirono il comandante nel suo studio. Entrati nello studio Jin si rese conto che nella concitazione degli avvenimenti si era scordato di dare indicazioni per far sistemare il suo studio.
La sedia era ancora a terra e vetro e un po' di acqua erano su parte del pavimento della stanza.

Baku guardò con tristezza come si presentava il posto mentre Takuma si fermò di colpo. Rimase senza fiato. Si rivolse ad Hayato.

- Cosa è successo a Kamui? Sta bene?!

Jin si sedette. Chiamò qualcuno al telefono, avvisando che Baku, Takuma e Kamui oggi erano esentati dalle esercitazioni poi avvicinò le mani al suo volto e appoggiò gli indici alle labbra. Per qualche secondo sembrò pensare ad altro…

- Sedetevi. Devo farvi delle domande.

Baku e Takuma si sedetterò. Baku prese la sedia che era rimasta a terra e la mise accanto a quella di Takuma.

-  Cosa mi dite di Kamui?

-  A parte che è uno stronzo mezzo rettile che si crede chissà chi e che ultimamente appena può ci evita?

Takuma partì a razzo nel rispondere ma Hayato sentiva una vena di preoccupazione nella sua voce. Ormai era quasi un anno che facevano squadra. Per quanto avesserò degli attriti erano riusciti a creare un notevole affiatamento in battaglia. E sarebberò stati disposti a dare la vita l’uno per l’altro.

Jin guardò l’altro giovane che aveva davanti.

- Cosa sai dirmi Baku invece?

- Beh…è sempre stato riservato su certe cose ma tutto sommato abbiamo un buon affiatamente sebbene nelle ultime settimane sia diventato più ritirato e teso e…Stamattina mi sono svegliato con la visione di Kamui che cadeva a terra.

- Perché non me lo hai detto! 

- Takuma per favore cerca di capire. Cosa potevo dirti.

Takuma rimase immobile. Chinò il capo. Poi guardò Jin.

- È un po' di settimane che lo vedevo strano. Meno disposto a fare schermaglie a reagire alle mie provocazioni o a reagire come faceva di solito. Anche in battaglia ho avuto la sensazione che fosse poco pronto. Non ha mai mancato il punto. Ma ...era una sensazione…come se qualcosa lo distraesse. E poi ha smesso di mangiare con noi. Mi sembra che sia dimagrito ma su questo non sono certo. Perché saranno due settimane che neppure si cambia in spogliatoio insieme a noi. Jin che cosa è successo, dove sta adesso? Possiamo vederlo?

- Adesso sta riposando. E per oggi ritengo sia meglio continui a riposare e rimanere tranquillo. Al momento si trova nell’ospedale della base e appena si sveglierà avrò modo di valutare eventuali visite. Gradirei che evitaste di parlare di questo con chiunque. In caso di attacco uscirete solo voi e vedremo cosa e come fare. Intanto ritenetevi liberi per oggi. Appena avrò novità vi chiamerò. Potete andare.

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


Erano anni che il professor Han non metteva piede sulla terra.
Ogni volta gli dava una sensazione di immensità.
Poter vedere il cielo senza limiti la luce del sole, l’aria con i suoi odori…il colore dei boschi… Trovava immenso questo pianeta blu.
Si chiedeva quando mai ci sarebbe stata una pace solida e dei rapporti tali da poter davvero condividere i territori di questo pianeta e dare anche a tutti quelli della sua gente un posto dove stare sulla superficie. Tutti in pace.

Mentre il veivolo che lo aveva portato in al laboratorio Saotome si preparava ad atterrare vide nello spazio di atterraggio accanto un altro mezzo arrivare in contemporanea al suo. Si chiedeva chi fosse. Ed ebbe la sensazione che entrambe fossero stati convocati per la stessa ragione. Jin Hayato aveva delle comunicazioni importanti da fare su Kamui Show.

Sho Tachibana aveva dovuto disdire molti impegni. Non lo avrebbe fatto se non fosse stato Hayato a chiederglielo. E ancor di più lo ha fatto sapendo che il motivo della convocazione era Kamui.
Camminava lungo i corridoi della base finchè non incrociò davanti a sé, proveniente dall’altro lato, il professor Han.

- Professor Han. immagino anche lei convocato dal comandante Hayato? E immagino per Kamui?

- Oh che piacere rivederla. Si mi è arrivata una email. Chiedendomi di venire entro breve perché ha delle comunicazioni sul giovane Kamui. Ma vedere qui anche lei mi preoccupa.

Camminarono uno accanto all’altra finchè non furono raggiunti dal comandante Hayato avvisato del loro arrivo.

- Benvenuto professor Han e benvenuta Sho. Vi ringrazio per essere venuti qui così rapidamente. Se non è un problema vorrei che mi seguiste, lasciate pure che si occupino gli operatori dei vostri bagagli.

Le tre figure proseguivano velocemente in silenzio, seguendo Jin e dirigendosi verso la clinica interna. Nessuno profferiva parola. Hayato perché non voleva parlare in quel momento per evitare orecchie indiscrete, le altre due figure perché prese da pensieri identici su quello che poteva essere successo a Kamui.
Una simile rapida convocazione difficilmente era indice di qualcosa di buono.
In pochi minuti furono all’ingresso dell’ospedale interno.

- Come mai siamo qui all’ospedale? Non sarà successo qualche incidente a Kamui?

Il professor Han sbiancò prima di dire ciò.

- Preferirei che entraste prima di rispondere.

Pochi locali dopo in una stanza singola si trovava il letto su cui era disteso Kamui.
Ancora stava dormendo.
Aveva un visò più rilassato. Notò Jin. Probabilmente il sedativo dato gli aveva tolto gli incubi.
Vicino al letto seduto su una poltroncina stava un uomo. Con in mano una cartelletta cospicua. Di cui leggeva alcuni fogli.
Si alzò appena vide le due nuove figure avvicinarsi.

- Buongiorno. Il mio nome è Jonathan Lewis. Sono stato chiamato dal Comandante Hayato per occuparmi del caso. E immagino che lei sia il Professor Han. Ho appena visto la sua foto sulla cartella personale di Kamui Show. Per me è un grande piacere conoscerla personalmente. …mentre lei è la famosa Sho Tachibana? Un immenso piacere anche conoscere lei. Vedo che il comandante Hayato è stato rapido a convocarvi? Ma spostiamoci da qui.

-Si siamo stati convocati anche noi ma vedo che lei sa cosa è successo mentre noi non siamo al corrente di nulla.

Sho Tachibana aveva un tono risentito mentre rispondeva al professor Lewis.

Sia lei che il Professor Han non riuscivano a staccare gli occhi dal ragazzo che giaceva nel letto.
Silenzioso e immobile. Il monitor dell’ecg che scandiva un ritmo lento e costante. La tentazione che aveva avuto Sho era di avvicinarsi e toccare il giovane. Svegliarlo. Si trattenne.
Il Professor Han al contrario non si trattenne. Sembrava quasi non aver sentito le parore del professor Lewis.

Han si avvicinò al letto. E accarezzò il volto di Kamui. Una lacrima sembrò nascerli negli occhi si trattenne.
Si ricordava il piccolo bambino che era stato kamui. E nella grande mano del professore sembrava ancora un bambino.

- Cosa gli è successo?!

- Andiamo nello studio medico qui accanto e vi aggiornerò.

Disse Hayato.
Tutti lo seguirono.

Per ultimo il professor Han. Che fece fatica a staccarsi dal letto.

Lo studio medico sembrava già pronto ad accogliere tutti i presenti.
Hayato si sedette dietro la scrivania presente nella stanza su di essa c’erano svariati fogli, oltre alla relazione appena appoggiata dal dottor Lewis.

Era da tempo che non vedeva Tachibana. Le loro strade si erano sviluppate su altri percorsi. Ma si tenevano regolarmente in contatto soprattutto per tenersi aggiornati su Kamui e il nuovo trio di piloti dell’ultima generazione getter.
Si sentiva quindi in imbarazzo a dover dire quello che era successo a giovane quando fino ad ora non aveva segnalato nulla di particolare sulla sua salute.

- Per prima cosa vorrei tranquillizzarvi che non ha avuto alcun incidente con il getter o alcun trauma legato a scontri o esercitazioni. Questo non rende la situazione meno grave. Anzi. Vi ho convocato proprio perché quello che gli è successo ha probabilmente altre origini. Volevo quindi avervi qui perché ritengo che insieme possiamo aiutarlo. Avete avuto modo di incontrare il professor Lewis. È un neuro psichiatra di fama internazionale. Il malessere di cui soffre credo, stando anche alla relazione della dottoressa Ross, medico del nostro centro sanitario, sia infatti di natura emotiva e non fisica. Credo che sia presente da tempo e abbia cominciato a riflettersi anche sul suo corpo. Ieri già avevo cercato di capire come stesse senza riuscirci. Quindi stamane ho riprovato, cercando di …provocare una sorta di reazione. Che è andata oltre ogni mia previsione, tanto che Kamui è svenuto dopo essere fuggito dal mio studio ed è per questo che è stato ricoverato, appena dopo il ricovero ha ripreso conoscenza e per potergli fare ulteriori controlli lo hanno dovuto sedare perché si opponeva ad essi. Circa un ora dopo , in mia presenza, si è svegliato in modo violento agitato e confuso. Tanto che gli è stata fatta una ulteriore iniezione di sedativo. Ed è da allora che dorme. E questo è in sintesi ciò che ha portato alla vostra presenza qui. Mi scuso con tutti voi per questa situazione. Kamui è di fatto sotto la mia responsabilità e nonostante mi sia stato sempre sotto gli occhi non ho colto i segni di questa sofferenza.

Hayato tacque. Tutti erano in silenzio. Un silenzio freddo. Pesante. Lungo. Nessuno guardava intorno a se.
Tranne il dottor Lewis che guardava tutti.
Gli altri erano presi nei loro sensi di colpa. Improvvisamente chi in un modo e chi in un altro, si resero conto che avevano lasciato per la sua strada il giovane Kamui.
Dopo lunghi secondi una voce si fece sentire.

- Probabilmente avrei dovuto prestare più attenzione a quello che mi diceva nelle sue lettere Kamui. Anzi , a ciò che evitava di dire. Alla luce del motivo di questa convocazione riconosco che anche io non ho prestato attenzione a quella che era diventata una formalità. Il nostro scambio di corrispondenza. Mi rendo conto adesso che è da molto che mancano delle cose nelle sue comunicazioni. Che mancava il come stava realmente. Mi scriveva che stava bene e io ho accettato queste risposte automatiche. Avrei dovuto capire che con tutto quello che stava succedendo non poteva affatto andare così bene come scriveva. Comandante Hayato. Non sei l’unico che deve scusarsi!

Il professor Han stava quasi piangendo. Amava quel ragazzo che adesso stava disteso in un letto. Lo amava come quel figlio che non aveva mai avuto.

- La ringrazio delle sue parole. Questo non mi esime dalle mie responsabilità. Io ero qui con lui. Voi eravate altrove. Adesso sono le 10 e10. Vi lascio quindi a vedere le vostre camere a rinfrescarvi e se ne avete necessità a fare uno spuntino. Ma per le 11 vi vorrei qui di nuovo. Vi ringrazio.

Così dicendo Hayato prese commiato dagli altri.

Aveva anche lui bisogno di riflettere su tutto quello che era successo in poco più di 6 ore.
Si alzo. Evitò lo sguardo di Sho. Sapeva che avrebbe dovuto fare i conti anche con lei. Ma adesso voleva solo farsi una doccia e bere un tea.
Aveva tanto tempo per giustificare a lei come mai non avesse condiviso quello che stava succedendo a Kamui. C’era anche lei quando andarono a prendere quel bambino biondo nelle profondità dell’oceano, c’era anche lei quando il professor Han affidò a loro la vita di quel bambino.

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Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


Mancavano 20 minuti alle 11 e il Dottor Lewis e il professor Han erano già pronti nello studio.

Han si era portato una enorme tazza di tea mentre Lewis una più discreta tazza di caffè lungo.

- Vedo che apprezza il tea?

- Oh si. Mi piace molto. 

- …Mi tolga una curiosità. Da quando conosce il tea?

Il vecchio professor Han sorrise.

- Intende dire da quanto tempo lo conosco e lo uso io o da quanto tempo lo conosce il mio popolo?

- Mi fa piacere che abbia colto quello che che volevo veramente chiedere. Sa, da una parte la vostra invasione ci ha portato davanti alla terribile tragedia che è la guerra. Dall’altra ha cambiato completamente la storia di questo pianeta come la conoscevamo. Completamente stravolta! Tutta. Una cosa deve ammettere stupefacente ed affascinante allo stesso tempo!

- Comprendo quello che mi sta dicendo. Nonostante quello che può pensare di noi la maggioranza del mio popolo, parlo soprattutto di scienziati filosofi medici persone di cultura e anche di spiritualità, eravamo contrari ad una invasione armata. Addirittura qualcuno aveva proposto una sorta di programma di “ingresso” sulla superfice lento e graduale. Purtroppo l’imperatore Gore era di altro parere e si è trovato accanto militari ambiziosi che lo hanno sostenuto in questa scelta nefasta. Tornando alla sua affermazione la maggioranza di noi sauri è rimasta stupita nello scoprire che nella vostra storia ufficiale avete messo voi umani al centro di tutto. Per la precisione la “storia” recente. Fino alla metà del vostro diaciannovesimo secolo eravate più propensi a credere ad altro. Persino genti dei secoli passati delle vostre culture teorizzavano altre società formate da sauriani.

- Ha ragione professor Han devo dire che dopo la vostra comparsa qualche voce cominciò ad emergere con il classico “lo avevo detto”! Ahahaha! Personalmente sono stato sempre molto …come dire… possibilista. Sono sempre stato considerato uno dei migliori in assoluto tra i neuropsichiatra e uno dei migliori cattedratici e forse è per questo che l’ambiente universitario mi ha sempre perdonato certe mie teorie, diciamo così. Teorie che mi guardai bene dal manifestare completamente. Fino alla vostra comparsa. Passati gli anni della guerra tutto il sistema è stato completamente stravolto. La medicina stessa grazie alla vostra tecnologia ha fatto un balzo in avanti notevole. E la stessa psichiatria e psicologia hanno dovuto rivedere certe posizioni. Come puoi bollare come delirio o allucinazione una persona che ti diceva di aver parlato con un sauriano quando scopri che esistono? Come puoi bollare come idiozia o ignoranza i casi dei bambini verdi di Woolpit e di Banjos? Dopo che adesso sappiamo che esistete, che siete reali. E che Agarti non è mito ma realtà. E la stessa Atlantide, considerata una leggenda, fu invece un civiltà dove rettili e umani vivevano insieme! Il primo re di Atene era considerato leggendario per la sua nascita metà umana e metà sauriana, adesso scopriamo che potrebbe essere proprio vero invece. I naga indiani, gli uomini sauro degli indiani del nord america. Tutta la storia del pianeta terra è stata stravolta con la vostra invasione. Probabilmente la vostra impronta più forte è la vostra reale esistenza che non la guerra in se. Quando ho visto Kamui ho subito pensato ad una frase di un nostro testo religioso, gli angeli di Dio che videro le donne umane belle e le presero come mogli e con esse generarono figli. Che secondo questo testo erano i grandi eroi del passato…

Il professor Han ascoltò tutto sorseggiando il suo tea, felice di aver trovato un umano, anzi una persona, che vedeva questo incontro di culture diverse come una rivoluzione positiva per entrambe i popoli.

- Mi fa piacere incontrare una persona come lei. E devo dirle che nella nostra storia non è la prima volta che umani e sauriani provano ad incontrarsi su un terreno comune. Ma sia noi che voi abbiamo nelle nostre storie capi che non la vedono così e che vogliono lo scontro violento o nella migliore delle ipotesi fingono che l’altro non esista. Per quanto riguarda Kamui…si. Sua madre è una donna molto bella. Una donna scelta dallo stesso imperatore Gore. Scelta per portare il suo seme…questo fa di Kamui il fratello dell’attuale imperatore. Kamui è un principe.

- Questo lo vengo a sapere da lei adesso. Ammetto che il fascicolo personale del ragazzo è piuttosto corposo, quindi può essere che non sia ancora arrivato a questo. Devo dire che questa notizia è decisamente importante. Il ragazzo lo sa? 

Il professor Han chinò gli occhi. E guardò quel poco di tea rimasto nella sua tazza e vi si vide riflesso.

-Si. Lo sa. ma sono in pochi coloro che sono a conoscenza di questa sua discendenza glielo dico perchè immagino sia importante per lei saperlo. Ho usato Kamui in quanto mezzo umano e mezzo sauriano per instaurare un rapporto con voi e al contempo l’ho allontanato dal suo fratellastro perché temevo che lui, o chi per lui,lo uccidesse. È un ragazzo molto intelligente, lo è sempre stato. Riflessivo. Chiuso. Ed era consapevole già da piccolo della situazione in cui viveva.

- Grazie per avermi fatto parte di questa informazione. Necessaria per l'anamnesi. eviterò di menzionarla. Mentre sua madre che fine ha fatto? È morta?

Un silenzio imbarazzante scese tra i due

- Sua madre è viva. È stato allontanato da essa quando aveva due anni. E fu affidato a Jin quando aveva quasi 10 anni. E da allora non gli è più stato permesso di avvicinarvisi. È il suo più grande desiderio stare insieme a lei.

Detto questo il professor Han chinò il capo ancor di più e sebbene fosse imponente si fece piccolo piccolo.

- Mi sta dicendo che questo ragazzo è un esperimento, cresciuto senza un padre; con un fratello che voleva e forse vuole ancora  ammazzarlo; tolto a due anni dalla madre; cresciuto da un anziano professore, senza offesa professor Han, fino ai 10 anni…poi mollato a degli sconosciuti in un mondo di adulti a lui ignoto. Mandato a fare il pilota di un robot molto particolare e attualmente rischia la vita ogni volta che esce in combattimento. Il tutto in un ambiente dove essendo mezzo sangue ne viene vista il più delle volte la metà che ha dichiarato guerra agli umani? Ci si aspetta molto da un ragazzo così giovane e già così colpito dalla vita. Direi che abbiamo un bel lavoro davanti a noi.

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


Hayato Jin entro nello studio proprio quando il Dottor Lewis, rispondendo al Professor Han, fece una sintesi estrema della vita di Kamui Show.
Considerò le parole ascoltate e si rese conto che lui, più di tutti, si aspettava molto più di “molto” dal ragazzo.

- Si. Ci si aspetta molto da Kamui. E ci si aspetta molto proprio perché chi lo conosce sa che può dare molto di più di quel che da.

- Ha sentito quello che stavamo dicendo?

- Ho sentito solo quello che ha detto lei Jonathan. Riconosco le difficoltà con cui ha dovuto confrontarsi crescendo e l’ho visto superarle tutte. Da vero uomo.

- Il fatto che fuori appaia “l’uomo” perfetto non significa che quelle difficoltà quelle tragedie non lo abbiano segnato. Sta proprio li quello su cui dobbiamo lavorare. E soprattutto. A 19 anni non si è ancora adulti e tanto meno “uomini” o “sauri” o un insieme migliore delle due nature. Si è un ragazzo. In questo caso un ragazzo con un background pesante da gestire. Solo. In situazioni di criticità. E' proprio questo che probabilmente è stato quello che lo ha fatto saltare dal precario equilibrio in cui viveva. Quando ha cominciato a sentire le sue fragilità emergere non ha trovato nessuno che lo accogliesse e gli desse spazio dove far vedere quello che è. Un ragazzo spaventato con il suo bambino interiore devastato. Anzi, proprio in una serie di momenti di guerra dura gli veniva chiesto di essere più forte, più grande, tutto d’un pezzo ad affrontare la realtà. Ma spero sia chiaro Jin che Kamui è ancora un ragazzo, dentro probabilmente è a pezzi e deve impiegare tutto se stesso per tenersi insieme, e l’unica forza su cui può contare è quella fisica. Che da quello che è successo stamane direi che comincia a vacillare anche lei.

Hayato. Rimase immobile. Interdetto. Era vero. Era tutto vero. Aveva chiesto implicitamente a Kamui di essere un uomo. Anzi un adulto. E lui ha assecondato quella richiesta. È sempre stato meglio di quanto ci si potesse aspettare.

- Quando ho cominciato a pilotare il getter contro i sauri avevo la sua età, ma riconosco di avere avuto una infanzia sicuramente migliore della sua.

Il professor Han non diceva nulla. Continuava a tenere in mano la sua tazza di tea ormai fredda. Anche lui sentiva di avere le sue responsabilità e mancanze. Alzo il capo e vide l’ispettore Sho Tachibana entrare insieme alla dottoressa del centro. La salutò.

- Buongiorno. Mi presento, io sono il professor Han lei è?

- Buongiorno a lei Professor Han so chi è lei. Io sono la dottoressa Ross, responsabile del centro clinico della base.

Rivolgendosi a tutti i presenti.

- Mi ha detto il comandante Hayato poco fa che ci sarebbe stato l’incontro per discutere della situazione di Kamui Show. E vedo il professor Han e l’ispettrice Tachibana. sono le persone di cui aveva parlato il comandante Hayato quando ha detto che aveva convocato altre due persone?

- Si sono loro. Li ho convocati io ieri con urgenza. Prima che accadesse quello che è accaduto stamane. Ho ritenuto opportuno chiamare qui chi più conosce Kamui prima ancora di parlarne con con il dottor Lewis.

Il dottor Lewis guardò Sho Tachibana e Jin.
Guardò in volto quest’ultimo.

- Hayato lei in che relazione è con l'ispettore Tachibana?

- ...
-…

Uno sguardo veloce passò veloce tra Jin e Sho. Rispose prima Sho.

- Ci conosciamo da molto tempo. Siamo stati nella stessa squadra Getter anni fa. Poi…le nostre strade si sono divise. Ci siamo riavvicinati quando fu deciso di prendere in custodia, presso di noi, Kamui quando il professor Han decise di affidarcelo.

-Quanto rimase con Jin dopo che vi fu affidato il bambino?

- Credo quasi tre mesi. Sono sempre rimasta informata sulla sua situazione però.

- Ma di fatto il piccolo si trovò solo con Jin. Qui in questa base o dove?

- Qui.
Rispose Hayato

- Di fatto è sempre stato con me ed è cresciuto qui.

Prese una pausa di silenzio il dottor Lewis. Poi continuò.

- Professor Han lei da quanto tempo non vede Kamui?

- Hmmm …lo sento sempre. Sono sempre informato su cosa fa…

- E' sempre informato e lo sente sempre ottimo. Ma da quanto non lo vede …non lo abbraccia…?

- Da quando l’ho affidato al comandante Hayato…
Il dottor Lewis rimase silenzioso. poi guardò la sua tazza di caffè dimenticata in un angolo. La prese.

- Freddo non è più buono. Prenso che ne prenderò un altro. E penso che il lavoro sarà tanto. Prima di tutto fra di voi. Poter aiutare Kamui passa inevitabilmente a lavorare su tutti noi. Mi ci metto anche io. Erano anni che non affrontavo un caso così e ho voglia di farlo personalmente. Spero non vi dispiaccia se convoco io un incontro domani mattina alle …9? Va bene a tutti?

Hayato parve sorpreso.

- Io mi aspettavo una risposta efficacie entro oggi alle 12. Domani per me è già tardi se capita qualcosa io sono responsabile di tutti…

- Appunto lei è responsabile di tutti e della base. Sia responsabile ma senza uno dei suoi piloti. Non si aspetterà di sicuro che esista una bacchetta magica per riportare ad integrum Kamui. La sua situazione è complessa nella sua tragica semplicità. Se si aspetta un recupero fisico si può anche fare…se si aspetta un recupero psichico ed emotivo …il lavoro è più complesso. Quindi , se non vi dispiace, domani alle 9 tutti qui. Intanto io vado con la dottoressa Ross a vedere il ragazzo. Da qui a stasera penso che avrò modo di fare qualche chiacchiera ancora con voi. Senza impegno. A domani.

E se ne uscì portandosi dietro la dottoressa del centro. Lei solo felice di non doversi confrontare con il comandante Hayato, e lui con la cartelletta personale di Kamui sottobraccio.
Lasciando un Hayato allibito.
Un professor Han sconcertato.
Sho Tachibana che aspettava solo di poter rimanere sola con Jin.

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


- Non possiamo andare in ospedale!

- Certo che possiamo Baku! Lo stiamo facendo. Insieme!

- Jin ci ha detto di aspettare...

- Tu puoi anche aspettare se vuoi! In fin dei conti “sai“ già cosa è successo e non me lo hai detto!

- Come potevo? È qualcosa che va oltre noi.
- Non dire così! Siamo una squadra. Dobbiamo sapere tutto tra noi! La mia vita in volo e in combattimento dipende da come stanno i miei compagni di squadra non solo da me! E anche se è uno stronzo di dimensioni gigantesche è un mio diritto sapere cosa è successo. E perché! Non ti pare?!

- Il tuo ragionamento è giusto. Il problema è che adesso stiamo disubbidendo ad un ordine.

-  Se tu mi avessi detto prima quello che stava succedendo a Kamui forse non saremmo qui. Perché son sicuro che qualche sensazione su come stava ce l’avevi già da tempo o no? Aspetta. Nasconditi. passa qualcuno!

Takuma e Baku camminavano evitando di farsi vedere dal personale mentre si dirigevano verso il centro clinico.
Takuma stava escogitando un piano per distrarre il personale e poter vedere dove stava Kamui.
Ad un certo punto erano davanti alle porte dell’ingresso di servizio dell’ospedale interno.

Come entrare senza farsi vedere? Dietro di loro sentirono delle voci poco lontano, si spostarono nel primo angolo vicino disponibile.

Takuma fece cenno a Baku di fare attenzione al codice che veniva digitato per entrare.

135581

- Mi sembra sia 135581 Takuma?

-  Anche a me è sembrato lo stesso.

- Andiamo.

Controllando nuovamente che nessuno apparisse li vicino, e cercando di sentire se ci fosserò suoni dietro la porta. Digitarono il codice.

Le porte scorrevoli si aprirono.
Velocemente entrarono.
Le porte si chiusero dietro di loro.

Rapidamente Takuma si guardò intorno, Baku lo prese per la spalla.

- Di qui svelto!

Si trovarono in un piccolo studio.
Un pc sulla scrivania.
Un sacco di note di richieste di materiali.

- Accidenti un pc. Baku prova a vedere se da accesso ai ricoveri. Magari troviamo il nome di Kamui e dove sta.

Baku si sedette alla scrivania. Il pc era stato lasciato acceso su un programma di ordini di materiali. Probabilmente chi lo aveva lasciato li sarebbe tornato a breve.
Baku sperò solo che il terminale a cui era avesse l’accesso anche alla gestione sanitaria e non solo economica dell’ospedale. Ridusse ad icona l’applicazione in uso e guardò sul descktop se c’era qualcosa che poteva permettergli di controllare.
Provò a cliccare su un paio di icone senza esito.
Vide una cartella “cartella condivisioni” … “non può essere così sciocco” pensò.
Aprì la cartella.
Apparverò un sacco di sottocartelle. Le scorse brevemente. “relazioni” L’aprì.

Erano moltissime. “ricerca” “Kamui Show”

- Ecco l’ho trovata.

- Hai trovato dove stà Kamui?

- No. Ho però trovato la sua relazione datata oggi. La mando in stampa.

- Ma io voglio sapere dove sta non come! Cioè anche come sta ma voglio vederlo!

- Intanto stampo la relazione poi vediamo di uscire che credo che a breve arriverà chi stava occupando questo studio.

La stampante sputò i fogli. Nel frattempo Baku chiuse quello che doveva chiudere e ripristinò l’applicazione delle richieste di magazzino.

Takuma prese i fogli e insieme a Baku uscì dallo studio.

Viderò poco avanti una porta. “Guardaroba” si infilarono dentro.
Non c’era nessuno. Entrambi si misero nell’angolo più lontano e nascosto.

Dietro ad uno scaffale pieno di camici e pantaloni verdi di tutte le misure. Takuma cominciò a leggere i fogli.

- Kamui Show. ..blablabla…”ricoverato dopo perdita di conoscenza”!!…somministrazione benzodiazepine”…”crisi di agitazione psicomotoria” …” contezione a tutti e quattro gli arti”!?“sospetta PTSD”…cosa è una ptsd?

- Significa post-traumatic stress disorder. Ma non capisco qui praticamente tutti hanno una sindrome post traumatica da stress?!

- Accidenti qui dice che ha perso quasi 10 chili in un mese! Ma cosa gli è successo?!

- Non è questo il momento per discutere. Se vuoi vederlo proviamo a cercarlo a questo punto. Dentro siamo dentro. Quindi…proviamo a fare finta di nulla e a vedere dove sia.

Uscirono dal guardaroba e si spostarono verso la parte sanitaria del servizio.
Cominciò ad esserci un via vai di infermieri tecnici e medici.
Quasi nessuno fece caso a loro.

- Accidenti Baku se era così facile entravamo dalla porta principale.

- Non esserne così sicuro. All’ingresso c’è sicuramente più controllo. Qui quasi nessuno si preoccupa proprio perché pensano che avendo passato l’ingresso hai i requisiti per entrare. Seguimi sento che è in questa direzione.

-  Ma voi siete gli amici di Kamui Show. pensavo che non avessero autorizzato visite.

- …

- …  

Takuma dopo un momento di esitazione rispose all’infermiera che li aveva fermati.

-…Hmmm si all’inizio. Ma abbiamo insistito molto per vederlo e ci hanno dato il permesso.ehehehe.

- Allora seguitemi. Di qua. Potete rimanere solo pochi minuti sta ancora riposando. Cercate di non svegliarlo.

Entrarono in una camera dove c’era solo lui. Rimasero attoniti nel vederlo bianco, pallido.
Gli unici rumori erano le apparecchiature in funzione intorno a lui. La pompa per il deflussore e l’ecg. Che seguiva regolare il lento battito del cuore del giovane addormentato.

- Kamui.

Bisbiglio Takuma all’orecchio del giovane.

- Kamui?!

- Takuma hai sentito cosa ha detto l’infermiera. Lasciamolo dormire.

- Dormire?! Gli hanno dato dei sonniferi, non è un sonno normale! Kamui! Svegliati sono Takuma.

Un lieve suono usci dalle labbra socchiuse.

- Kamui!

Le palpebre cominciarono a sfarfallegiare

- Lascialo riposare Takuma!

- No ! voglio che mi risponda !Kamui svegliati!

Piano piano Takuma cominciò a vedere le pupille rosse di Kamui.
Si rendeva conto che non lo aveva ancora individuato.
Gli prese la mano.
Si accorse che una fascetta la teneva ferma alle sbarre.

- Kamui sono qui. …

Kamui girò faticosamente la testa per capire dove fosse.

- Dove sono? Mi viene da vomitare…

- Non adesso per favore! Guardami mi riconosci?

- Stronzo. Dimmi dove sono.

- Si. Direi che mi hai riconosciuto. Comunque sei in ospedale.

- Come sono arrivato qui …non mi ricordo…

- Diciamo che pare che tu sia svenuto stamane alle 4.

- Alle 4…? Hayato. Alle 4 ero da Hayato. Che ore sono adesso ci sono gli allenamenti.

- Oggi non ci sono allenamenti li ha annullati Jin. Cosa ci facevi alle 4 da Ji…

Non fece in tempo a finire la frase. Una voce sulla porta. Un uomo altò accanto alla dottoressa Ross.

 - Chi siete voi?

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


- Chi siete voi?

L’uomo che aveva posto questa domanda non pareva arrabbiato.
Al contrario della dottoressa del servizio che stava al suo fianco.

-  Sono i compagni di squadra di Kamui e non dovrebbero essere qui!

In quel momento il paziente attorno a cui stavano tutti loro cercò di alzarsi ma sentì qualcosa che gli fermava i movimenti.

Alzò il capo con fatica, i movimenti erano lenti.
La voce un po’ impastata.
Guardò la dottoressa Ross.

- Perché sono legato?

La dottoressa si avvicinò a lui. Lo guardò negli occhi. nel frattempo con la mano schiacciò il pulsante per chiamare gli infermieri.

-  Qualche istante e te lo dirò. Ho bisogno intanto però che tu mi dica cosa ricordi di quello che è successo? Le ultime cose che rammenti.

Entravano in quel momento un’infermiera e due infermieri. Furono subito fermati con un gesto della mano dalla dottoressa.

Kamui li vide entrare, si guardò intorno.

Vide Takuma accanto a lui e Baku appena dietro.
Con i volti preoccupati.
La dottoressa Ross incombente su di lui.
I tre operatori fermi a 2 metri di distanza in attesa che accadesse qualcosa di cui lui non era a conoscenza e non capiva.
E soprattutto quell’uomo.
Alto.
Che lo guardava e al contempo si girava a vedere questo schieramento intorno al suo letto.
E quest’uomo alto cominciò a parlare. Rivolgendosi alle 3 persone appena entrate.

- Scusate, potreste uscire qualche istante? Siamo un po’ troppi in questa stanza e credo che questo ragazzo abbia bisogno di un po’ di spazio e meno affollamento. Vero?

Le ultime parole le disse con un sorriso calmo sul volto e guardando Kamui.
Kamui lo fissò per un attimo in modo riflessivo.
Con gli occhi ancora assonnati a causa dei farmaci, lentamente, sposto il suo sguardo, verso la dottoressa Ross.

- Stamane ero dal comandante Hayato. Ricordo che mi sono…sono uscito contrariato dal suo studio …poi non ricordo nulla. Cosa mi avete dato? Mi sento impastato, mi gira la testa e mi viene da vomitare. E perché mi avete legato?

- Kamui. La squadra d’emergenza ti ha trovato in corridoio, poco lontano dallo studio del comandante Hayato. Svenuto. Ti abbiamo portato qui. Mentre stavamo facendo delle analisi ti sei svegliato agitato e ti abbiamo dato qualcosa per calmarti. Successivamente ti sei nuovamente risvegliato ed eri molto più agitato. Confuso ed urlavi. Abbiamo cercato di calmarti. C’era anche Jin in quel momento a trattenerti per evitare che potessi farti del male, o farne a qualcuno per sbaglio. Ti ho io stessa somministrato del diazepam per tranquillizarti. Da allora hai dormito.

- ...Che ore sono?

-  Sono da poco passate le 13 e trenta.

- Voglio essere slegato.

- Va bene. Adesso ti slego le fascette. Rimarrai a letto lo stesso per smaltire i farmaci…

La dottoressa cominciò a slegare le fascette ai polsi e alle caviglie.

- Cosa c’è in questa flebo?

-  Nessun sedativo se è questo che ti preoccupa. Soluzione salina e basta. Quando ho parlato di farmaci da smaltire mi riferivo al sedativo di stamane. Non sei abituato e per un po’ ti sentirai rallentato e offuscato nei pensieri e anche instabile nello stare in piedi.

- Avrei necessità di andare in bagno e…preferirei farlo da solo.

-  Kamui non ritengo tu sia in grado, darò indicazioni che sia un infermiere maschio ad aiutarti se proprio lo ritieni fastidioso…

- Preferirei recarmi da solo in bagno, poi torno a letto.

Il dottor Lewis intervenne cogliendo l’imbarazzo del giovane ad una assistenza sanitaria al letto.

-  Vedo che i tuoi amici mi paiono forti e disponibili. Credo che saranno disposti ad aiutarti ad accompagnarti al bagno e ad aspettare fuori dalla toilette. Ti consiglio di sederti per qualsiasi necessità tu abbia. Così avrai meno problemi di equilibrio.

Baku non disse nulla..mentre Takuma sparò un sorriso smagliante verso Kamui

- Oh piccolino vieni vieni che ti aiutiamo a fare la pipì…Ancora seduto adesso …Ma quando sarai più grande imparerai a farla in piedi come tutti! AHAHAHAHAHAHAHAH

- Fanculo Takuma.

La dottoressa guardò i parametri e li ritenne adeguati per provare a lasciare andare in bagno il giovane.
Abbassò le sbarre del letto.

Baku e Takuma si misero ognuno ad un lato di Kamui che lentamente, aiutato dalla dottoressa Ross, si era messo seduto sul letto con le gambe a penzoloni.
Baku con un braccio sosteneva il compagno e con l’altro prendeva flebo che era stata spostata su un’asta mobile.
Takuma dall’altro lato.
La dottoressa si spostò.
Takuma lo prese anche lui sotto braccio.
Lentamente si alzò dal letto.
Chiuse gli occhi.sbandò leggermente.

- Va bene. Possiamo andare ce la faccio.

Takuma girò la testa dietro al compagno.

- Ehi! Hai il camice aperto dietro…ti si vede tutto il sedere!

Cominciò a ridere.

-  Aspetta che cambio posizione così preservo il tuo onere.

Cambiò la mano con cui teneva Kamui, potendo così usare l’altra per tenergli chiuso il camice.
I tre giovani si avviarono al bagno della stanza. Finchè furono dentro e chiusero la porta dietro di loro.

La dottoressa Ross si rivolse agli infermieri che erano rimasti nella stanza. Dando l’indicazione di preparare un pasto leggero, di controllare che assumesse tutto il cibo e di continuare il monitoraggio.

Poi guardò il Dottor Lewis?

- Che ne pensa?

- Non avevate menzionato che nel suo gruppo di lavoro ci fossero altri due giovani come lui. Mi sembra un elemento importante di lavoro. Per noi, per loro come squadra e per lui. Penso che appena usciranno dalla visita con il loro amico, che reputo sarà abbastanza lunga, scambierò qualche parola anche con loro due. Mentre con Kamui parlerò dopo le 14 e trenta. Dopo pranzo suo. E mio.

La dottoressa Ross usci chiamata da una infermiera.
Rimase solo il dottor Lewis ad aspettare i ragazzi.

Nel frattempo in bagno la situazione si stava facendo imbarazzante.

- Capisco che mi dobbiate stare vicino ma vi garantisco che se uscite 5 minuti mentre piscio non mi succede nulla!

- Non ci penso neanche! Al massimo mi giro. Ma non esco. Non ti è bastato schiantarti stamattina? E poi hai avuto una sindrome…

Baku lo guardo sconcertato e con gli occhi spalancati!!

- Takuma!!

Takuma si accorse di aver detto qualcosa di troppo.

- Una sindrome? Di cosa stai parlando?! Sono solo svenuto. Cosa stai dicendo.

- Hmmm beh…scusa. Nessuno ci ha detto cosa avevi e Jin non ci ha permesso di venire a trovarti. Così abbiamo...ho…ho convinto Baku a venire con me per cercarti. E nel farlo abbiamo trovato una relazione del tuo ricovero. Beh…non dice nulla di che, tranne di una sindrome da stress e che avevano contattato un consulente…

- Io non ho alcuna sindrome da stress, ero e sono solo stanco. Di che consulente parlano.

-  Deve essere il tipo che era con la dottoressa Ross. Insomma possiamo discuterne dopo o dobbiamo stare qua a tenerti finchè non invecchiamo!?

-  Spostati un momento che mi giro ..accidenti…tienimi mi gira la testa…cosa cavolo mi hanno dato…

Kamui si appoggio per qualche istante nell’abbraccio di Takuma. Il quale rimase impressionato da quello che sentiva. Anzi da quello che non sentiva.
Ricordava il primo incontro con Kamui e la rissa che ne seguì.
Ricordava la forza e la massa muscolare che aveva.
E adesso si accorgeva che era notevolmente diminuita.
Poteva sentire alcune ossa sporgere da sotto la sottile stoffa del camice.

- Kamui? perché sei così magro?

-  Ho solo saltato qualche pasto. Nulla di che. Mancanza di tempo. Adesso lasciami che sto meglio.

Il giovane si girò per sedersi sul gabinetto. Baku lo aiutò e sposto l’asta della flebo perché non lo intralciasse dopo essersi girato.
I due amici si girarono lasciando una parvenza di intimità mentre era seduto a liberarsi. sentirono i normali suoni dello svolgersi dei suoi bisogni.
E sentirono anche che era riuscito in qualche modo ad usare lo sciacquone.

- Ho finito.

- Sicuro? Non vorremmo arrivare alla porta e dover tornare indietro perché hai dimenticato qualcosa??

Un rotolo di carta igienica colpi la testa di Takuma.
Che rise.
In silenzio aiutarono il loro amico a rialzarsi.
E uscirono dal bagno.
Questa volta le braccia dei due ragazzi non solo sostenevano il loro amico. Ma quasi lo abbracciavano.
Permettendo a Kamui di appoggiarsi maggiormente a loro.
Voleva piangere. Voleva rimanere li in quel piccolo bagno con loro e non uscire mai più fuori.

Improvvisamente dentro di se si sentì stanco di tutto.

- Mi gira la testa…aiutami…

- Kamui!?! aspetta. Ancora qualche passo!!

- Fermo Takuma!! Lo tengo io, tieni la flebo!

Dal bagno usci Takuma con in mano l’asta della flebo.
Dietro di lui il più alto e grosso Baku teneva in braccio il loro amico.

Fuori, un non per nulla sorpreso dottor Lewis li osservava.

- Siete stati bravi ragazzi. Mettetelo nel suo letto. Adesso chiamo un infermiere e vedo di rintracciare la dottoressa Ross. Ah io mi chiamo Jonathan Lewis. E sono qui per aiutare il vostro amico.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***



Hayato era nervoso.
Era appena stato avvisato dalla dottoressa Ross che Takuma e Baku erano rusciti ad entrare nell’ospedale, a trovare Kamui e a svegliarlo!
Dovendosi pure sorbire la polemica che lei e i suoi collaboratori e tutto il personale dell’ospedale si occupavano di salute e non era loro compito fare pure i guardiani di chi entra ed esce… e che si occupasse lui dei suoi uomini… e che non aveva solo Kamui come paziente… e che c’era pure Koichi che stava male e che pure lui era un pilota o se ne era dimenticato…!
Una tirata di pura polemica. Avrebbe avuto voglia di mandarla a quel paese ma aveva altro a cui pensare.

L’ultimo attacco intensivo era stato poco meno di 72 ore prima. Sperava che gli insettoidi ci avrebbero messo almeno un paio di settimane prima di rifarsi sentire direttamente al laboratorio Saotome.
Ed era un fatto su cui contava.
Gli avrebbe dato un margine di tempo per poter recuperare un minimo la salute di Kamui e dall’altra di poter pianificare una eventuale difesa alternativa.
Si diresse verso la mensa erano le 14 passate ma dovrebbe esserci stata ancora un po’ di scelta nei piatti.
Il suo ultimo pasto completo risaliva al giorno prima.
Per la precisione ad un’ora prima del colloquio con Kamui e dalle 4 del mattino aveva preso solo 2 caffè.

Strada facendo sperava di non incontrare nessuno.
Voleva mangiare da solo.
Nessuna discussione.
Nessuna richiesta.
Nessuna polemica.

Aveva altro su cui riflettere e ormai solo la notte, la pausa pasto e l’intimità del gabinetto gli garantivano momenti di sola riflessione.

Si chiese se non fosse stata anche questa la strada che aveva portato Kamui all’esaurimento. No. Scacciò subito il pensiero. Si rendeva conto che le basi della sua personalità erano indubbiamente più solide sicure e sane che non quelle del ragazzo che attualmente stava ricoverato. Sapeva di essere catafratto in abbondanza.

La porta doppia della sala mensa si aprì al suo arrivo.
Dentro non c’era nessuno.
Meglio.
Prese il suo vassoio e cominciò a servirsi. Ramen. Pesce. Frutta. Anzi no. Torta al cioccolato. Acqua gasata.

Scelse un posto defilato. Vicino alle finestre. La giornata era luminosa. Nonostante fosse quasi dicembre.
Si chiese se dovesse cominciare a pensare a qualche regalo per il prossimo Natale.
Guardò nella scodella del ramen. Era caldo.
Si accorse come istintivamente continuava a preferire le bacchette alle posate occidentali per mangiare. Le trovava calde.
Gli ricordavano la sua infanzia e giovinezza.

Da quando era diventato nostalgico?

Qualche tavolo oltre il suo si stava accomodando una coppia. Erano due piloti di una formazione getter. Li conosceva. Conosceva tutti i suoi piloti della base. E mai come in questi mesi ne vedeva di nuovi arrivare. Per sostituire quelli che…se ne andavano. Un periodo difficile per tutti. Eppure vedeva questi due guardarsi.
Seduti uno davanti all’altra.
E nonostante la fragilità di questa tregua. Si guardavano e si sorridevano.
Trovavano nel loro essere insieme in questa tempesta. Una luce. Una serenità.

Anche lui l’aveva avuta, questa serenità.
E l’aveva persa. Improvvisamente.

Pensò ai suoi tre piloti dell’arc. Baku, Takuma e Kamui. così giovani e così sferzati dagli eventi dellla vita. Si chiese come sarebbe vederli con qualcuno. Forse Baku no. O almeno non così giovane. Era un monaco e al momento aveva altre priorità. Gli piaceva. Stabile. Solido nonostante la giovane età. Un ottimo amico e riferimento per Takuma.
Rise tra sé.
Come somigliava a suo padre Takuma. Glielo ricordava in tante cose. Era incredibile come pur essendo morto prima della sua nascita Ryoma avesse lasciato così tanto di se in suo figlio Takuma.
Chissà che ragazza avrebbe mai trovato. Se lo immaginava al posto dellla coppietta seduta qualche tavolo oltre. Mentre si ingozzava e parlava di battaglie alla sua ragazza. Gli occhi che brillavano nell’avere finalmente una ragazza e smettere così di entrare di notte nella sua camera da letto di nascosto a rubargli libri erotici.
Gli venne da ridere.
Quasi si strozzò mentre sorseggiava il brodo con il cucchiaio.

E Kamui? chi avrebbe avuto accanto Kamui? una dei sauri o una ragazza umana? sicuramente una ragazza che avrebbe finto di aver bisogno di lui sapendo benissimo che era lui che aveva bisogno di lei. Di chi lo accogliesse senza domande. Se lo immaginava con sua faccia con le espressioni ridotte al minimo. Poche parole. E sotto quella spessa corazza un bisogno di amore immenso.
Quanto si amava Kamui? che domanda.

Non puoi non amarti. Probabilmente si tratta di amarsi di più e meglio.

Quel ragazzo aveva tanti bisogni.

Spostò la scodella del ramen ormai vuota. Guardò il pesce. Non gli sembrava così buono. Avrebbe preferito ancora del ramen.
Bollente.
Si chiese se ne era rimasto.

Si alzò e con nonchalance passò accanto alla coppietta. Che parlava e rideva molto e sembrava dimenticare il cibo.
Colse parole riguardanti ad una serata di vecchi film insieme sul letto.

Arrivò al selfservice .
C’era ancora il ramen, caldo. Prese un’altra tazza. Torno facendo un giro diverso.

Fuori dalla finestra colse delle nuvole cominciare a coprire il sole. Chissà come sarebbe stato il tempo il giorno di Natale.

Si sedette.
Amava il ramen.

Prima di sera passerò a trovare Kamui.

E prima di passare da lui dovrò fare i conti con Sho.

Oh Sho. Ne era passato di tempo da quando guidavano insieme il getter.
Ed erano passati …quanto? 10? 11 anni da quando erano scesi nell’impero dei sauri a prendere in affido Kamui?

Come vola il tempo.

Un bambino così bello. Quando lo vide gli sembrò mille volte meglio delle immagini e dei video che gli erano arrivati.
Era bello. Educato. Gentile.
Molto intelligente e troppo sensibile.

Mentre noi come istituto Saotome vedavamo una possibilità per creare un legame e una possibile pace con i sauri. Il professor Han cercava lo stesso e al contempo di salvare la vita al piccolo.
Ma il piccolo Kamui si aspettava qualcosa?
Credo che nessuno abbia si sia mai chiesto cosa voleva Kamui.
Ci ha seguiti docile.
E docilemente si è fatto guidare ed educare.

Non ha mai detto cosa si aspettava da noi.
Pensandoci credo di non avergli mai chiesto cosa volesse. Chissà se sono in tempo per recuperare qualcosa.

Aveva finito anche questa scodella di ramen. Prese il piatto della torta al cioccolato. Si accorse di essere ancora solo. La coppia era andata via lasciando li quasi tutto. Si erano cibati di amore.

Sentì dei passi. Era Sho Tachibana. Nooo. Fa che non venga qui.

La guardò cercando di non farsi notare. Prese anche lei del ramem. Verdura. Frutta. Acqua naturale. Le posate al posto dellle bacchette.
Si incamminò lontano da lui. Lo aveva visto ma sembrò evitarlo anche lei.
Si sarebbero visti alle 17.
Per un tea e per fare qualche chiacchiera.

Sapeva che era una scusa.
Già nella mail di risposta alla convocazione si capiva che era incazzata come una jena. Lo accusava che di sicuro aveva trascurato Kamui, che alla fine dava tutto e tutti per scontati.
Che era crudele.
Che era sotto la sua responsabilità e chissà che cosa era successo e doveva avvisarla prima, che sicuramente avrebbe trovato il modo di essere li e di evitare quello che è successo. E blablabla

Era da quando era arrivata che lo guardava con una aggressività fastidiosa.
Ci fosse stata lei qui.
A occuparsi di quella cosa che sta sotto il laboratorio, un’altra invasione.
Del mondo che sta per esplodere.
Della situazione internazionale e mille altre cose!

E dovrebbe occuparsi pure delle crisi adolescenziali di un ragazzo che a quest’ora sarebbe sottoterra se lui!
LUI!
Non se ne fosse fatto carico!
Gli ha dato una casa una educazione un ruolo!..

Lasciò cadere il cucchiaino con sopra un pezzo di dolce.
Esagerava.
Sapeva che non aveva scelto di venire lui al laboratorio Saotome.
Kamui. Praticamente non ha avuto alcuna scelta.

Hanno sempre scelto gli altri per lui e sopra la sua testa.
Chissà quanto è manipolabile.
Quanto seguirebbe qualcuno che ha un po' più di appeal di me.
Qualcuno che sa trovare i tasti giusti e le parole giuste per farselo su intorno al dito.

La mia rabbia non è una sua colpa. Ma talvolta la mia rabbia credo sia la responsabilità di qualcuno.
Di sicuro non di un ragazzo che in questo momento è in un letto di ospedale.

Bevve l’acqua. Lasciò il dolce a metà. Guardo verso Sho. Era di spalle. Se ne andò lasciando il vassoio sul tavolo. Aveva bisogno di riposare un po'. Alle 17 avrebbe avuto un incontro, forse più scontro, con la donna.
E prima doveva rivedere il programma di difesa in vista di una presunta assenza di Kamui per almeno una settimana.
Sperava meno ma voleva essere prudente.
E dopo l'incontro con Sho voleva andare dal ragazzo.
E voleva andarci avendo riposato almeno 30 minuti.

Uscì dalla mensa. Dalle finestre il sole era sparito. Solo le nuvole.

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


Aveva sistemato le proprie cose nella sua camera.
Si era premunito di contattare la sua base di ricerca per sapere se andasse tutto bene e se le istruzioni che aveva lasciato erano chiare. Si era rinfrescato ed era andato anche a pranzo.
Tutto sommato non disdegnava il cibo degli umani.
Era saporito per i suoi gusti ma gli piaceva.
Guardò fuori dalla finestra della sua camera.
Le nuvole.
Dove stava lui, nelle profondità oceaniche. Non c’era un cielo da guardare.
Si chiese come potevano gli uomini vivere senza rendersi conto delle meraviglie che li circondavano.
Sorrise mentre vedeva il mondo sotto un inizio di pioggia.

Decise di andare a trovare Kamui.

Usci dalla sua stanza. Si diresse verso quella che ricordava essere la strada da cui era venuto dopo l’incontro delle 11.
Nello studio della clinica.
Ogni tanto incrociava qualcuno che appariva spaventato nel trovarselo d’improvviso davanti.
Per l’altezza degli umani lui era decisamente un gigante.

Attraversava svariati corridoi seguendo le indicazioni che erano apparse, e ne fu contento visto che cominciava ad avere timore di essersi perso.
Arrivò all’ingresso.

- Buongiorno, sono il professor Han. sono qui per Kamui Sho. È possibile visitarlo?

- Buongiorno a lei professor Han. certamente, è già stato qui con il comandante Hayato stamane e lui ci ha lasciato indicazione che può entrare quando vuole. Si ricorda la strada o ha bisogno che l’accompagni?

- Oh, grazie ma da qui dovrei saper arrivare grazie.

Camminò guardandosi attorno.
Gli ospedali avevano ovunque lo stesso aspetto e gli stessi odori e gli stessi suoni.
Dolore e speranza.
Il suo dolore in questo momento era aver saputo quello che era successo a Kamui. La sua speranza che si riprendesse in fretta.

Arrivò fuori dalla stanza dove era ricoverato il giovane. La porta socchiusa. La vetrata con le tende tirate. Delle voci.

- Buongiorno professor Han.

Disse la voce del dottor Lewis appena entrò.
E non era solo.
Due giovani erano con lui.
Una infermiera accanto a Kamui che era steso nel letto con gli occhi socchiusi.

- Professor Han le presento gli altri due piloti che fanno squadra con Kamui. sono Takuma e Baku.

I due ragazzi guardarono stupefatti questo sauro alto, quasi calvo e con i pochi capelli a corona lunghi fin oltre le spalle.
Una lunga barba bianca e un aspetto apparentemente gentile ed innocuo.

- Mentre noi siamo qui a presentarci l’infermiera controlla come sta Kamui. Il quale è riuscito, poco fa, ad andare e quasi tornare dal bagno con l’aiuto dei suoi compagni. Vero?

Baku sorrise e Takuma fece finta di nulla a questa affermazione. Tutti si girarono verso il letto.

- Professor Han!? cosa ci fa qui?

Un sorriso stanco attraversò il volto del giovane Kamui.
L’infermiera se ne stava andando portando con se alcuni oggetti su di un vassoio. Guardò il ragazzo.

- In bagno sei appena stato, quindi per un po’ non dovresti aver bisogno di tornarci. Le sbarre le ho alzate per tua sicurezza. Se hai bisogno di qualcosa schiaccià questo pulsante. E per quanto riguarda voi non state qui più di 20 minuti. Ha bisogno ancora di riposo. Se volete potrete ritornare tra almeno un paio di ore. Sempre se è sveglio.

Uscì dalla stanza con lo sguardo di tutti che la seguirono.

Il professor Han si avvicinò subito al letto. Una mano enorme accarezzo e scompiglio i capelli.
Kamui lasciò fare.

- Sono arrivato appena ho saputo dal comandante Hayato che sei stato male.

- Hayato esagera. Sono solo stanco. Mi dispiace che si sia disturbato nel venire fin qua.

Lo sguardo del pilota del kirik sembrava dire altro. Sembrava gridare la gioia di vedere finalmente una persona che non sapeva che gli mancasse così tanto.

- Oh. Ti sei fatto grande. E bello. Sono solo felice di essere venuto. Avrei dovuto farlo già da tempo e non aspettare che tu fossi ..solo stanco.

Le mani si posarono entrambe sulle spalle del biondo pilota, e la fronte e il naso dell’anziano professor Han si posarono sulla testa del giovane.
Stette così per molto tempo.
Poi si staccò da lui.
Tenendo solo una mano a contatto.
Lo guardò amorevolmente.

- Starò qui un po’. Avremo modo di parlare con calma anche domani. Quando mi vuoi fammi chiamare. E io verrò.

Il professor Han aveva gli occhi lucidi di gioia. Guardava negli occhi quello che era stato per anni il bambino di cui si era preso cura.

Kamui mise la sue mani su quella del professore, ancora ferma sulla sua spalla.
Ne sentiva il calore. Era felice si sentire fisicamente la sua presenza.

Han continuando a guardare negli occhi il giovane sfilò lentamente la mano. Lo guardò ancora.

Uscì.

Salutando il dottor Lewis e i due giovani presenti.

Il ritorno presso la propria camera fu strano.
Il tempo pareva dilatarsi mentre pensava a tutto quello che avrebbe voluto dire e fare e non ha fatto.
E allo stesso tempo era gioioso di aver visto il giovane sveglio.
Di aver sentito che nonostante il tempo li avesse tenuti distante l’affetto che li legava era rimasto immutato.
Era sollevato.
Nonostante la riunione dellla mattina aveva la sensazione che tutto sarebbe andato bene.
Che Kamui avrebbe serenamente e rapidamente superato tutti i problemi che aveva.

Entrò in camera. Si tolse le scarpe e mise le ciabatte.
Si avvicinò al tavolo. Scelse una miscela di tea e accese il bollitore.
Mise la poltrona davanti alla finestra della stanza, in realtà un altro letto con lo schienale alzato vista la difficoltà di trovarne una per le sue dimensioni.
Quandò l’acqua cominciò a bollire prese il tea lo mise nella tazza e ci versò sopra l’acqua. Aggiunse lo zuccherò.
Si mise seduto. Solo con la tazza calda in mano.

Guardò la pioggià scendere mentre il cielo cominciava a farsi scuro, si sentiva commuovere.
Domani sarebbe stata una giornata intensa. Ma adesso voleva solo godersi il ricordo dell’odore dei capelli di Kamui quando vi si era immerso in ospedale.
Il profumo era un poco cambiato ma era sempre simile a quando era bambino.

Se lo ricordava quell’odore perché gli ricordava i primi profumi che sentì quando lo vide la prima volta. Minuscolo. Infante. Tra le braccia di sua madre. Latte caldo dolce e neve.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo ***



Camminava lungo il corridoio che portava a dove era ricoverato Kamui. Camminava piano.
Come era cambiato l’istituto da quando era anche lei nella squadra getter.
Mentre si guardava attorno scorse il professor Han uscire dalle porte dellla clinica, non l’aveva vista.
Era assorto nei suoi pensieri e in qualche modo le parve sereno.

Lei era meno serena.
Voleva vedere personalmente il ragazzo.

Vedere come stava.

Se possibile parlarci insieme.
I suoi passi man mano che si avvicinava parevano rallentare.
Era un tuffo nel passato.

Un dejavu.

Lei che andava a vedere come stava il bambino da poco arrivato dalle profondità del mare.
Lui era stato male quasi subito. L’aria diversa la luce. La sua pelle delicata rispetto ad un sauro.
I suoi incubi.
E lei che appena poteva andava a trovarlo e le stava accanto. Lui diffidente e silenzioso.
Lei che avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo forte ma si sentiva in soggezione davanti a questo bambino così serio e allo stesso tempo spaventato.
Un bimbo che chiedeva aiuto ed era incapace di chiederlo.
Una donna adulta che avrebbe voluto dare aiuto ma aveva paura di darlo.
Perché avrebbe dovuto prendersi carico di tutta quella paura.
Di tutto il bagaglio che Kamui si portava dietro.
E lei.
Non se l’era sentita.
Adesso. Dopo tanti anni era nuovamente a quel punto di allora.
Solo che non c’era più un bambino.
Ma un ragazzo.
E se allora gli era parso gravoso farsi carico delle problematiche di quel bimbo adesso che era grande le trovava quasi insormontabili. Si chiese se non fosse parte del suo karma.
Quello che avrebbe dovuto avere il coraggio allora di affrontare, e non lo fece. Se lo trovava nuovamente adesso ancora davanti.
Chissà se questa volta ce l’avrebbe fatta.

- Buongiorno ispettore Sho Tachibana.

- Buongiorno a lei. Sono qui per Kamui è possibile visitarlo?

- Ma certo è sveglio e non è solo. Credo che gli abbiano appena portato il pranzo.

- Oh. Grazie. Non si alzi conosco la strada.

Così dicendo salutò l’infermiera all’ingresso e si diresse dove ricordava che era la camera.
Arrivando sentì parlare.
Riconobbe la voce del dottor Lewis e poi altre a cui non sapeva dare un volto.
Entrò

- Buongiorno. Spero di non disturbare.

Kamui era seduto dentro il letto.
Lo schienale alzato e davanti a se, su un tavolino, un vassoio con del cibo.
Cibo era una parola eccessiva.
Riconobbe dall’odore del brodo in una scodella.
Una gelatina verde in un piatto e un brick con della bevanda iperproteica e calorica al sapore di cioccolato.
Una bottiglia d’acqua.
E una flebo ancora al braccio che scendeva goccia a goccia.

- Oh non disturba affatto ispettrice Tachibana.
Salutò il Dottor Lewis.

- Buongiorno Kamui. come stai?

- Buongiorno. Sto Bene. Se avessi altro da mangiare potrei stare meglio. Le presento i miei compagni di squadra. Takuma Nagare e Baku Yamagishi

Indicò i suoi compagni con lo sguardo mentre teneva in mano il cucchiaino con la gelatina.

- Takuma Nagare? Il figlio di Ryoma? Mi ha parlato molto Jin di te e del tuo amico Baku.

Li guardò per un po'. Con il pensiero di rivederli in un secondo momento. Adesso aveva Show Kamui a cui rivolgere l’attenzione.
E voleva farlo da sola.

- Scusate avrei bisogno di stare un po’ con Kamui potreste uscire qualche minuto. Sarà una cosa breve.

Baku e Takuma si risentirono ma non disserò nulla.
Neppure il dottor Lewis disse nulla. Guardò i ragazzi e uscì con loro.

- Dai venite con me. Volete qualcosa da bere? Da mangiare? Ho visto un distributore nella saletta all’ingresso vi offro quello che volete. Così mi raccontate un po’ di voi.

Uscirono.

Tachibana li guardò uscire e allontanarsi.
Si girò verso il giovane che pasticciava con il cucchiaio nella gelatina.

- Come mai anche lei qui? Una improvvisa rimpatriata proprio quando svengo? O altro?

- Sai benissimo che non si tratta di una rimpatriata. Siamo stati convocati qui da Hayato per quello che ti è successo.

- E cosa mi sarebbe successo? Non è la prima volta che vengo ricoverato. La primavera dello scorso anno mi ero rotto delle costole e avevo avuto un emopneumotorace ma non ho visto tutto questo interesse per la mia persona. E mi ricordo di essere stato ben peggio di adesso.

Se lo ricordava.
Se lo ricordava eccome.
Come si ricordava tutte le volte che Hayato la informava sui morti e i feriti di combattimenti, esercitazioni e incidenti vari che capitavano. E si ricordava di tutte le volte che questi traumi avevano come soggetto Kamui.
Aveva ragione il ragazzo.
Non si era mai mossa.
A dire il vero forse si era limitata nelle situazioni più gravi a contattare direttamente Kamui per sapere come stava.
Ovviamente dopo che il peggio era passato.
E sentirsi dire che “Ormai sto bene. Grazie”.

- È proprio perché non si sa cosa ti è successo che siamo qui.

Alzò gli occhi dalla gelatina. La guardò.
- Pensate che sia pazzo?

- Di cosa stai parlando?

- Della relazione. Della sindrome da stress che avrei. Pensate che sia diventando matto per troppo lavoro? Del consulente che avete chiamato.

- Io e il professor Han siamo stati chiamati prima che tu stessi male stamane. Prima di qualsiasi tua presunta pazzia, come la chiami. Sono qui perché Jin era così preoccupato da averci convocato senza replica. E se lo ha fatto credo che lo abbia fatto a ragion veduta visto che stamane sei stato male. Poi se è stress o altro non lo so. Ma se vuoi il mio parere i pazzi sono ben diversi da te. Del consulente posso dirti che l’ho incontrato stamane per la prima volta.

- Quindi Hayato non muove un dito se rischio di rimanere in coma o altro ma se io svengo perché obbliga a ritmi assurdi diventa un problema in quanto gli ritardo i programmi o rischio di farglieli saltare?

- Anche. Ma non solo. E lo sai. Jin tiene a te. Come tutti noi. Non saremmo qui altrimenti.

- Difficile crederlo. Visto che non siete mai stati qui prima di oggi.

Si sentì in una battaglia navale. Colpita e affondata.

Guardò Kamui. rimpiangeva il bambino che era stato. Sarebbe stato più facile gestirlo pensando a come era adesso.
Carico di rabbia e risentimento.
Fece per allungare la mano ed accarezzarlo.
Lo sguardo che ricevette la gelò.
Lui poi abbassò gli occhi sul vassoio.
Ormai anche il brodo era freddo.
Abbandonò il cucchiaino con la gelatina dentro il brodo.
Spostò il vassoio.
Girò il viso e chiuse gli occhi.
Sho Tachibana pensò che aveva sbagliato tutto ancora una volta.
Si scostò dal letto e usci.
Mentre usciva non si accorse di una lacrima che correva sul viso del giovane. Scese veloce dagli occchi alle guance. Finendo sulle labbra.
Era salata.

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Capitolo 17
*** Capitolo sedicesimo ***



Il dottor Jonathan Lewis era incuriosito dai due ragazzi che lo avevano seguito.

Da una parte erano feroci combattenti, si era informato su cosa e come pilotavano e perché, dall’altra si rendeva conto che erano così giovani da avere ancora molto dei bambini che erano stati.

Gli piacevano.
Amava lavorare sui giovani.

Amava poter dare una speranza di una nuova vita a tutti quei ragazzi che avevano per qualche ragione sofferto così tanto da faticare ad avere un equilibrio.
E costretti a crescere troppo in fretta.
Si rendeva conto che questi ragazzi meritavano un sostegno enorme.
Per quello che facevano per tutti.
Sacrificando la loro giovinezza e rischiando la loro vita.

Era una scelta consapevole la sua professione.

Si ricordava ancora adesso a distanza di anni la tragedia che colpì la sua famiglia.

Quando suo fratello maggiore James scelse di andare volontario in guerra.
Contro il volere del padre.
E si ricordava come sempre suo fratello avesse lottato contro questa figura paterna autoritaria, che sebbene non avesse mai alzato le mani imponeva il suo volere a tutti.
Si ricordava di sua madre che si nascondeva dietro al presunto bene dei figli per non lasciare di fatto una vita agiata.
E ricordava benissimo quando arrivò la notizia della morte in guerra di James.
In quel momento cambio completamente la sua vita e quella della sua famiglia.
Quella facciata di normalità saltò.
La sua famiglia si mostro a tutti per quello che era.

Distrutta. E distruttiva.

Fu quello il terreno di cultura nel quale crebbe la sua voglia di aiutare chi aveva sofferto e soffriva.
Specialmente i giovani.
In ogni ragazzo e ragazza che che aiutava vedeva il suo fratello appena diciottenne con il suo carico di dolore e rabbia.
Un ragazzo rimasto per sempre diciottenne.

- Io prendo la cioccolata…i mochi…la coca…le patatine al sesamo…

- Non ti sembra di esagerare Takuma?

- Senti Baku ha detto che offre lui?! Non l’ho mica obbligato

Baku lasciò perdere e cominciò a scegliere anche lui qualcosa.
Il dottor Lewis mise la chiavetta con il chip che gli avevavo fornito quelli della base all’arrivo per accreditare qualsiasi bene preso.
E guardava divertito i due giovani che prendevano quello che avevano selezionato.
Prese anche lui qualcosa, uno snack salato e un caffè lungo.

Poi si rivolse ai due.

- Sentite che ne dite se ci sediamo al tavolo e mi raccontate di voi del vostro amico e di come siete finiti qui?

- Per me va bene.

Rispose Takuma tenendo in precario equilibrio tutto quello che era riuscito a prendere.
Baku si sedette.
Guardò l’uomo davanti a se.
Rimase fisso a guardarlo.
Takuma se ne accorse.

- Cosa vedi?

- Vedo che ha tra le braccia Kamui e vedo anche del sangue!

I due giovani guardarono il dottore
Il dottor Lewis guardò entrambe di rimando.

Allibito.

Di cosa state parlando? Che sangue? Cosa vedi?

- Vede dottore, Baku ha delle premonizioni e vede le cose prima che succedano. Suo fratello era molto più bravo e preciso ma è bravo anche lui.

- Si mio fratello è il messia Tahir era dotato molto più di me e anche lui era nella squadra getter. Ma anche le mie percezioni mi portano agli stessi risultati, anche se talvolta non sono ben definite.

- Cosa hai visto su di me di preciso? Potrebbe essermi di aiuto.

- In genere più una cosa è vicina nel tempo più la vedo precisa. Ho visto che ha tra le braccia Kamui vestito con il camice dell’ospedale e che c’è del sangue sia su di lei che su di lui, gli sta parlando per calmarlo. E credo sia una cosa che capiterà a breve.

- Mi stai dicendo che in questo momento ha bisogno di aiuto? Lo trovo improbabile visto che sta con l’ispettore Tachibana…sta con l’ispettore Tachibana vero?

Si alzò subito dal tavolo e lasciò i ragazzi al volo.
Corse rapido verso la camera dove stava Kamui e senti dietro di se i passi di corsa dei due giovani con cui era.
La porta della stanza era socchiusa entrò dentro e …l’ispettrice Tachibana non c’era più.

Nel letto vide Kamui Show che cercava di scavalcare le sbarre con il sangue che gli correva lungo il braccio dove si era strappato l’agocannula.
Gli allarmi dell’elettrocardiogramma suonavano.
Corse veloce per prenderlo.

-Lasciami andare, voglio andare via. Voglio andare nella mia camera!

- Intanto lascia che ti aiuti. Scavalcando puoi farti male.

Cercava di trattenere il giovane e si rendeva conto di quanto fosse forte nonostante la situazione.
E si accorse che piangeva.
Lo avvolse tra le braccia.

- Aspetta aspetta…come mai stai piangendo.

- Lasciamiiii!

- Finchè non di dirai cosa ti fa piangere non ti lascio.

Lo sentì rilasciare i muscoli. Riportare la gamba, che stava già quasi fuori la sbarra, dentro il letto…
Senti entrare le infermiere e le sentì dire qualcosa.

- Fuori. Uscite per favore. Spegnete l’allarme dell’ecg e uscite. Ci penso io.

Dentro rimasero solo lui con Kamui tra le braccia, Takuma e Baku in un angolo della camera in silenzio.

Baku vide la sua premonizione diventare realtà.
Il dottor Lewis aveva tra le braccia Kamui e il sangue che continuava ad uscire dal braccio sporcava copiosamente entrambe.

Lentamente il medico accompagnò il movimento di Kamui verso lo schienale del letto.
Sempre mantenendo il contatto fisico.
La sua testa era appoggiata al lato della testa del giovane.
Sentiva che il respiro rallentava e lo sentiva singhiozzare.
Si accorse che mentre lui gli abbracciava il corpo il giovane si era aggrappato alle sue braccia.

- Va bene. Adesso va meglio. Adesso ti lascio. Così potrò parlarti guardandoti. Va bene.

- No. Cioè… si va bene. Ma preferisco …non voglio essere visto…

- Va bene. Ti parlerò senza guardarti …troppo. Va meglio?

Lo lasciò piano piano. E si allontano dal suo corpo.

Si rese conto in quel momento di avere le mani tutte sporche di sangue e anche l’abito.
Vide che continuava ad uscire sangue dove aveva l’agocannula che forse aveva strappato con troppa energia.
Si guardò in giro e non trovò nulla… fece pressione con la mano poco sopra la ferita per rallentare il sangue che usciva.
Si voltò versò Baku
- Per favore. Chiedi ad una infermiera del disinfettante cerotto e garze. …e anche un camice pulito. Che questo è sporco.

Guardò Kamui che si rese conto in quel momento del pasticcio sanguinolento che aveva fatto
- Mi dispiace. Non volevo causare questo.

- È passato. Adesso cerchiamo di sistemare un po’. Ehi. Ma mi stai guardando? Se tu mi guardi io posso guardarti?

Show fece un sorriso piccolo piccolo.
Ma bastò al dottor Lewis per sentirsi autorizzato a guardarlo in viso.
Aveva ancora gli occhi gonfi di lacrime e il viso congestionato.
Il sangue pasticciato un po’ dappertutto.
Il camice da cambiare.
Lo sguardo basso.

- Cosa è successo?
- Niente.
- Niente?
- …Pensieri.
- Dei pensieri ti hanno fatto piangere? Vuoi parlarne?
- Preferisco di no. Grazie.
- Va bene così. Se ti sentirai di parlarne io sarò qui.

In quel momento entrò Baku seguito da una infermiera.

- Ha voluto venire a tutti i costi.
- Va bene così. Grazie. Infermiera. Cortesemente lasci il materiale qui sul comodino accanto ci penso io.

- Mi scusi ma è mio compito occuparm…

- GRAZIE! Me ne occuperò io. Ho una laurea anche in medicina e chirurgia e penso di sapere come si medica una ferita da agocannula strappata.

Così dicendo accompagnò con una sguardo eloquente l’infermiera che uscì.

- Per favore Baku. Aiutami. Scartami le garze e dammele. Prendi del nastro adesivo e staccamene 3 grossi pezzi. E tienili finchè non te li chiedo.

Baku fece come gli fu detto.
Le garze furono prese e messe sulla piccola ferita dove c’era l’agocannula. Fermate con tre strisce di seta adesiva.

- Adesso con le garze premute il sangue si dovrebbe fermare. Baku versami del disinfettante sulle altre garze. E dalle a Kamui che si comincia a togliere il sangue che ha addosso. Intanto io vado in bagno e mi lavo al lavandino.

Baku fece come gli era stato detto.

- Tieni Kamui. ti dovrebbero bastare.
- Grazie.

Kamui prese le garze e cominciò a pulirsi le mani imbrattate. Poi con altre si puli le braccia e le parti del corpo che vedeva sporche.

- Anche sul sul viso hai del sangue…

- Dove?

E Baku gli indicò la mascella sinistra e il collo.
Intanto il dottor Lewis era tornato dal bagno. Andando verso il letto si fermò a guardare Takuma?

- E tu? Vuoi aiutare?
- Eh? Cosa ?!
- Dai vieni. Prendi il camice che l’infermiera ha messo ai piedi di kamui sul copriletto.
- E cosa dovrei farci???
- Lo tieni aperto sul tuo amico mentre si toglie quello sporco. Così evita di mostrarsi al mondo come quando è nato.
- Cioè?
- Cioè …nudo. Non vorrai che rimanga con il camice sporco?
- Con il camice sporco no. Ma con il culo in vista c’è già stato con noi. Anche prima!

Takuma rise sornione guardando Kamui e avvicinandosi al letto cercò dove era stato posato il camice.
Lewis era curioso di vedere come interagivano i tre giovani.
Notava come Kamui, sebbene fosse esteriormente diverso dagli altri due, ne condivideva parte della sorte.
E tutti e tre gli sembravano abbastanza solidali tra loro. Nonostante ciò il giovane continuava a mantenere le distanze da tutti.
Aveva creato una barriera tra lui e il mondo.
E Jonathan era interessato a vedere dietro quella barriera chi ci stava veramente.

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