Più prezioso di un diamante

di Hana S
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segreti svelati ***
Capitolo 2: *** Felicità interrotta ***
Capitolo 3: *** Separazione e riunione ***
Capitolo 4: *** Famiglia in pericolo ***
Capitolo 5: *** Tentativo ***
Capitolo 6: *** Spiraglio di luce e buio ***
Capitolo 7: *** Si delineano piani e si colpiscono poliziotti ***
Capitolo 8: *** Ladri alla villa ***
Capitolo 9: *** La donna misteriosa ***
Capitolo 10: *** Una ragazza ribelle ***
Capitolo 11: *** Gioia e dolore ***
Capitolo 12: *** Ricordi indelebili ***
Capitolo 13: *** Una nuova vita ***
Capitolo 14: *** La famiglia cresce ***
Capitolo 15: *** Verità ***
Capitolo 16: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 17: *** Amici che aiutano ***
Capitolo 18: *** A presto ***



Capitolo 1
*** Segreti svelati ***


Cap. 1 - Segreti svelati
 
«Io vado a fare un giro …» detto questo il cecchino si infilò la giacca e prese il cappello «Dai Jigen! Non rimani a festeggiare? Il colpo è stato un successo!» Lupin sbronzo e spaparanzato sul divano con una birra in mano, insisteva che l’amico restasse con loro. Jigen ormai aveva aperto la porta della stanza d’albergo «Ho bisogno di prendere aria … torno tra qualche giorno, ho una faccenda privata in sospeso» richiuse la porta dietro di sé e se ne andò. Goemon aveva osservato silenziosamente la scena che agli occhi di molti poteva sembrare una cosa normale: uscire a prendere una boccata d’aria dopo aver bevuto con gli amici; ma ogni volta che tornavano in quella città Lupin riempiva il bicchiere di Jigen, lui non beveva e con una scusa qualsiasi usciva e si rifaceva vivo solo dopo alcuni giorni se non settimane. Il ghiaccio nel bicchiere ancora pieno tintinnò, ma fu un suono impercettibile sovrastato dal russare del ladro gentiluomo.

Jigen prese l’auto e lasciò la città spostandosi in quella vicino, parcheggiò la macchina lontano dalla sua destinazione e con il cappello calato sugli occhi, camminava per le strade illuminate dal sole che tramontava sul mare. I riflessi arancioni sui vetri dei grattacieli abbagliavano i passanti, ma anche da cieco lui avrebbe riconosciuto la strada.
Salì le rampe dell’edificio dal tetto azzurro situato in periferia, si fermò davanti alla porta subito di fronte a sé. Che cosa poteva dire? Che faccia avrebbero fatto? Suonò deciso il campanello, ma dopo alcuni secondi capì che in casa non c’era ancora nessuno. Guardò l’orologio 18.45, ‘Dove sono?’ con questa domanda che gli frullava nella testa uscì sul pianerottolo delle scale antincendio e accese una sigaretta «Finalmente quello spilorcio ha fatto dei lavori» constatò guardandosi attorno.

Dopo alcuni minuti sentì dei passi veloci e si volse, rimase nascosto nella penombra per poter osservare la scena in tutta serenità. «Akemi, sono ancora primo!»  disse portandosi il pugno al petto un ragazzino di 7 anni, i capelli neri erano un po’ lunghi e scompigliati, tanto da farlo sembrare un piccolo istrice. «Non è giusto Ryugi! Sei partito prima del ‘via’!» la piccolina di 5 anni era rossa in viso e batté i piedini per terra in segno di protesta, i suoi occhioni verdi brillavano in contrasto con i capelli corvini raccolti in due codini sul capo; ma gli occhi che l’uomo voleva incrociare appartenevano a qualcun altro. Una donna arrivò dalle scale, aveva in mano una borsa della spesa e posatala a terra incrociò le braccia «Insomma! Lo sapete che all’interno del condominio non si può correre!».
«Scusa mamma …»  squittirono in coro come due topolini, ma Jigen sapeva bene che lei non rimaneva mai arrabbiata a lungo. «Promettete che non lo farete più?» chiese inginocchiandosi davanti ai due colpevoli. Dopo un cenno di assenso dei due si avvicinò alla porta ed iniziò a frugare nella borsa in cerca delle chiavi, i capelli erano raccolti in uno chignon non più in ordine e una ciocca di capelli le cadde sul viso, era bella e Jigen era certo che lo sarebbe stata per sempre. Fece due passi in avanti e i due piccoli furfanti si voltarono, di certo le loro espressioni di stupore lasciavano intendere che non si aspettavano di vedere proprio lui «Papà!» urlarono in coro ed iniziarono a correre.
La donna ebbe un sussulto.

Jigen si appoggiò su un ginocchio ed aprì le braccia aspettando l’impatto, che arrivò pieno di calore e lacrime. Strinse a sé i suoi bambini, li baciò e continuò a guardarli, come erano cresciuti. Scompigliò più volte i capelli di Ryu e baciò la fronte della piccola Akemi, poi alzò lo sguardo.
Quei meravigliosi occhi smeraldo lo guardavano pieni di lacrime, si era portata le mani davanti alla bocca e tremava per l’emozione, lui si alzò e si avvicinò a lei che allungò una mano sfiorandogli il viso, Jigen afferrò delicatamente quella mano aggraziata e la tenne stretta contro la sua guancia. «Sei tornato …» si abbracciarono, presto raggiunti dai bambini.
«Dovevo mia dolce Kyoko».

Sistemata la poca spesa, mentre Kyoko preparava la cena i due bambini inondarono di domande loro padre, volevano sapere tutto sulle sue ‘avventure’, così tenendo in braccio Akemi e con Ryu seduto vicino iniziò a raccontare di paesi lontani, tesori preziosissimi, inseguimenti, sparatorie e zuffe; questi ultimi dettagli erano spesso interrotti da Kyoko. Ben presto la cena fu pronta e mangiarono insieme e dopo ben due anni ridevano ed erano felici. Kyoko si voltò e per guardare le fotografie appese alla parete: lei vestita con un semplice abito bianco al ginocchio e un mazzo di fiorellini in mano e Jigen nel suo completo migliore che la teneva in braccio con il mare a far da sfondo alle loro figure; lei nel letto di ospedale con in braccio il piccolo Ryugi; un’altra foto con Akemi nella carrozzina e Ryu arrampicato sul muretto … una lacrima le rigò il viso. Sentì una mano poggiarsi sulla sua e voltandosi vide il volto sorridente di suo marito e la malinconia svanì subito.

Mentre lavava le stoviglie, la donna si fermava spesso ad osservare prima il quarto piatto, poi il quarto bicchiere e così via. Jigen le cinse la vita con le braccia ed appoggiò il mento sulla spalla di lei «Mi sei mancata» Sentì il suo singhiozzo distintamente e la strinse a sé ancora di più. «Non è passato giorno, senza che pensassi a te o che desiderassi rivederti» detto questo la donna si voltò e quando i loro occhi si incrociarono fu un attimo, le labbra dapprima si sfiorarono, ma poi si lasciarono andare ad un lungo ed appassionato bacio.

Jigen guardò ancora i suoi figli che dormivano e poi chiuse la porta della loro stanza, si incamminò verso l’altra camera, il cuore gli batteva più del solito, afferrò la maniglia, ma aprì la porta solo qualche secondo dopo. Kyoko si stava pettinando i lunghi capelli neri, indossava una camicia da notte rosa di cotone che arrivava a metà coscia, si voltò di scatto e arrossì. Rimasero fermi qualche secondo, guardandosi l’un l’altra fino a che Kyoko esordì sorridendo «Puoi entrare, se vuoi …» Jigen chiuse la porta e si avvicinò alla sedia su cui da sempre appoggiava i vestiti, quando si voltò la moglie era già nel letto, spense la luce e la raggiunse.
Stesi l’uno accanto all’altra si guardavano negli occhi, abituandosi pian piano alla flebile luce della luna che entrava da dietro le tende. Le loro mani si cercarono, si sfiorarono, si strinsero e in un istante la passione li pervase, Jigen era sopra di lei e i baci non finivano più. Sembrava che a parte loro non esistesse nessun altro.

Fortunatamente, la porta della camera faceva sempre rumore e cigolò mentre veniva aperta. La prima ad accorgersene fu Kyoko che con un colpo deciso si tolse Jigen di dosso e con il volto in fiamme si mise a sedere e guardò verso la porta, accese la luce e tirò un sospiro di sollievo constatando che era ancora semichiusa. Si affacciò un visino spaventato «Akemi, amore mio, cosa è successo?» chiese preoccupata la donna, sperando che la piccola non avesse visto nulla.
«Ha fatto un brutto sogno…»  fece capolino anche Ryu «… mi ha svegliato, anche me» l’incapacità del figlio di formulare una frase corretta tranquillizzò Kyoko, lui era mezzo addormentato e lei troppo spaventata dal suo incubo. In genere provava solo apprensione quando i suoi bambini stavano male, ma in quel caso era anche sollevata che il loro stato li distraesse da ciò che accadeva intorno a loro. «Forza andiamo» si alzò e riaccompagnò i bambini in camera, si voltò solo per sussurrare «Scusa» al marito imbronciato e uscì dalla stanza.

Dopo mezz’ora Kyoko non era ancora tornata, così Jigen decise di alzarsi e andare a controllare che la piccola stesse bene. Ma invece di trovare una bambina in lacrime e la mamma a consolarla, trovò una scena ancora più dolce. Avevano unito i letti e dormivano tutti insieme: Kyoko, Akemi abbracciata a lei, Ryugi e uno spazio libero, così si infilò sotto le coperte insieme a loro. «Papà» Ryu si voltò verso di lui «Sono contento che tu sia tornato da noi» detto questo si rimise a dormire. Il tempo si fermò in quell’istante e Jigen guardando la sua famiglia si addormentò con il cuore sereno e colmo di gioia.

Jigen fu destato dal suono di una sveglia, ma prima che potesse aprire gli occhi, un braccio gli piombò sul volto e il naso fu la parte più colpita. Riuscì a sollevarsi solo per constatare che nonostante il suono persistente della sveglia, suo figlio continuava a dormire placidamente, mentre Akemi e Kyoko si erano già alzate e andò a vestirsi anche lui. Passando davanti alla porta del bagno sentì le due donne di casa parlare «Allora piccola, codini o sciolti?» chiedeva Kyoko spazzolando i capelli della figlia «Oggi voglio mettere il cerchietto che mi ha regalato papà!» l’uomo era sorpreso, si ricordava di un regalo fatto due anni fa?
«Va bene» e il cerchietto con il coniglietto bianco fu posizionato, Akemi uscì dal bagno e visto suo padre fece una piroetta chiedendogli se stava bene così; Jigen la prese in braccio e la baciò «Sei bellissima piccola mia!»

Jigen e Akemi stavano facendo colazione, mentre Kyoko cercava di mettere fretta al ‘bradipo’ così come la piccola aveva ribattezzato il fratello. Jigen diede una mano riassettando la cucina e quando aprì il frigo rimase immobile davanti ad esso, era quasi completamente vuoto fatta eccezione per due bottiglie di latte e qualche uovo che era avanzato dalla colazione. Mille pensieri gli riempirono la mente, e il suo sguardo assente a Kyoko non era sfuggito. Usciti di casa, Ryugi si diresse correndo verso la scuola con ancora la fetta di pane dolce in bocca e Akemi fu accompagnata all’asilo dai genitori, Jigen si fermò in una strada secondaria mentre la moglie andava con la piccola. Quando furono di nuovo insieme, regnava un insolito silenzio.

«Qualcosa non va?» Jigen fu riportato alla realtà dalla domanda della moglie. «Kyoko, va tutto bene a casa?» i suoi occhi preoccupati incrociarono quelli della moglie che abbassò lo sguardo «Non navighiamo nell’oro, ma ce la caviamo» continuò a camminare «So che non posso dare tutto ai miei figli, ma sono fortunata che loro siano felici anche così» Kyoko guardò il marito e sorrise. «Avete da mangiare?» Jigen strinse la mano di Kyoko nella sua, amava troppo la sua famiglia e voleva che stessero sempre bene. Kyoko trovava sempre le parole giuste per dissipare le ombre sul volto di lui «Non ti devi preoccupare, fai già tanto per noi, e ti sono grata per questo … e poi oggi è giorno di paga, andrò a fare la spesa dopo il lavoro» lo guardò con un sorriso sereno che lo tranquillizzò, anche se non completamente «Se vi servono dei soldi, devi dirmelo» ogni volta la questione era sempre la stessa, Jigen cercava di convincerla ad accettare di più di quello che già dava alla sua famiglia, anche se conosceva Kyoko fin troppo bene. «Sai come la penso sul tuo ‘lavoro’, ne abbiamo già parlato, ma cambiamo discorso. Come giustificherai la tua assenza a Lupin e Goemon?». Jigen sorrise e la strinse a sé «Non devo dargli alcuna spiegazione» le sussurrò all’orecchio, solleticandola con la barba facendola ridere.

Arrivarono nei pressi di una zona piena di edifici commerciali, c’era gente che entrava nei vari ingressi che riportavano i nomi di questa o quell’azienda, Jigen si arrestò di colpo «Io mi fermo qui, non vorrei che i tuoi colleghi mi vedano» dopo un lungo bacio si lasciarono «A stasera dolce Kyoko».

Jigen andò a fare un giro in città. Dopo qualche ora si sedette su una panchina del parco dove spesso portavano i bambini a giocare, fra i vari pensieri di quel momento gli tornò alla mente quando si incontrava di nascosto con Kyoko …

«Jigen, ho poco tempo. Se mio padre mi trova posso considerarmi morta o eterna prigioniera in casa mia!». Il pistolero la strinse a sé, l’avrebbe volentieri spogliata lì fra gli alberi dove si erano nascosti, ma si limitò a baciarla «In tal caso verrò a salvarti io» dopo un ultimo bacio la giovane si scansò per poi allontanarsi velocemente …

«Allora, chi è la donna?» Jigen cadde dalla panchina, seduto vicino a lui Lupin ridacchiava «Scusami amico!» il pistolero era talmente immerso nei suoi ricordi da non essersi accorto di lui. «Che ci fai qui?» chiese incredulo Jigen mentre si rialzava. «Se mi avessi detto dove andavi, non avrei passato la notte e parte della mattinata a cercarti! Sono riuscito a dormire solo qualche ora. Fai sempre così ogni volta che torniamo da queste parti … poi questa mattina ho scoperto che eri in dolce compagnia» Jigen si ricompose ed accese una sigaretta.
«Avanti, chi è?» incalzò il ladro gentiluomo. Senza nemmeno degnare Lupin di uno sguardo Jigen sbottò «Non sono affari che ti riguardano!» espirò una nuvola di fumo si dissolvesse nell’aria.  «Va bene!» esordì Lupin alzandosi «A proposito, ho avuto una soffiata, la polizia è sulle nostre tracce, dobbiamo partire subito!» senza tradire emozioni Jigen sentenziò «Stasera». Lupin lo guardò in parte stupito e in parte incuriosito, aspettando la spiegazione di Jigen che arrivò subito, anche se evasiva «Ho una faccenda da sbrigare, cominciate pure a fare i bagagli» alzandosi Jigen spense la sigaretta sotto i piedi e si allontanò dando le spalle all’amico, Lupin incrociò le braccia dietro la testa e si allontanò sorridendo.

Tornando verso casa il cuore gli batteva a mille, Jigen non aveva idea di come spiegare che sarebbe dovuto partire subito, dopo così tanto tempo lontano da loro. Prese dalla tasca il pacchetto di Pall Mall e ne tirò fuori una portandola alla bocca «Papà!» la sigaretta gli cadde mentre Akemi si precipitava da lui per abbracciarlo, Ryu e Kyoko arrivarono poco dopo con le borse della spesa piene. Entrati in casa i bambini corsero a cambiarsi mentre i genitori sistemavano la spesa «Penso di cucinare il ramen, ai bambini piace e ho comprato tutto. Per te va bene?» Kyoko si voltò a guardarlo mentre raccoglieva i capelli sulla nuca con un mollettone, una ciocca cadde di lato. «Kyoko io …» Jigen si passò una mano tra i capelli visibilmente imbarazzato. «Eccoci!» urlarono in coro i piccoli «Ryu, hai indossato la maglietta al rovescio!» disse la madre rivolta al bambino e Akemi si mise a ridere, il ragazzino si sistemò senza alcuna variazione di umore. Lo sguardo di Jigen passava dalla moglie ai figli, fino a che capì di non poter attendere oltre «Possiamo sederci un attimo?Vi devo parlare».

Seduti sul divano attendevano che lui parlasse, Kyoko aveva un’espressione serena che tranquillizzò non poco il pistolero «Io devo …» sentirono bussare alla porta, ma ricevuta conferma dalla moglie che non aspettavano nessuno Jigen si avvicinò alla porta con lei che chiese «Chi è?». «Pizza a domicilio!» Kyoko guardò il marito e scosse la testa, lui fece segno di prendere i bambini e nascondersi in camera ed estrasse la pistola. Spalancando la porta Jigen e puntò la Magnum allo sconosciuto, ma la abbassò quando si trovò davanti Lupin e Goemon «Sorpresa!» il ladro gentiluomo mostrò i cartoni delle pizze ed entrò in casa, lasciando l’amico incredulo sull’uscio. «Permesso!» disse appoggiando la cena sul tavolo. «Perdonate il disturbo» esordì il samurai entrando.

«Lupin?» Kyoko fece capolino nel soggiorno. Il ladro la osservò stupito «Ma sei tu! Questa mattina non ti avevo riconosciuto!» mise le mani sulle spalle della vecchia amica «Sei cambiata tantissimo, ora sei una donna bell…» le parole gli morirono in gola quando vide i due bambini e visto che il ragazzino era la copia sputata di Jigen non servì molto per tirare le conclusioni. Si voltò verso l’amico «Voi state insieme?». «Più precisamente sono sposati» Goemon osservava le foto sulla parete facendo scorrere lo sguardo su ognuna di esse. Al contrario di Lupin lui riusciva a nascondere bene il suo stupore.
«Possiamo mangiarle?» tutti si voltarono verso i bambini che intanto si erano avvicinati al tavolo e stavano esaminando il cibo «Certo piccoli, lo zio Lupin le ha portate apposta! Se avessi saputo di voi ne avrei comprata qualcuna in più!» disse Lupin guardando Jigen con il suo solito sorrisetto canzonatorio stampato in volto. «Grazie! Buon appetito!» mentre i piccoli mangiavano Jigen si avvicinò al compare e lo afferrò per il collo della giacca «Lupin? La storia che la polizia era sulle nostre tracce, era una balla vero?»
«Non potevo semplicemente dirti ‘Mi faresti conoscere la ragazza di questa mattina?’; ma visto che è la piccola Ko-ko non mi devi presentare nessuno» Lupin sollevò le braccia come per dire ‘Non è mica colpa mia!’. «Ancora quel soprannome?» Kyoko si portò la mano sul volto, ma sorrise ricordando di come quello era uno dei pochi ricordi belli di quando era solo la ragazza di Jigen, non erano ancora sposati e si nascondevano dagli occhi di tutti.
«Posso chiamarti così d’ora in poi mamma?» chiese Ryu con la bocca sporca di pomodoro. «Ryugi, provaci e non mangi per un mese intero» questa minaccia bastò al bambino che silenziosamente continuò a divorare la sua pizza.

Separati Jigen e Lupin si sedettero tutti al tavolo, mentre il pistolero si accomodò sul divano. Lupin fece domande alla donna indaffarata a servire da bere agli ospiti e poi si rivolse ai bambini «Akemi e Ryugi siete proprio dei bei bambini, merito della mamma di sicuro!» e rispose a tutte le domande che i piccoli fecero su di lui. «Zio Lupin» esordì la piccolina guardandolo con quei meravigliosi occhi verdi che avrebbero sciolto il cuore di chiunque «Cosa c’è tesoro?» chiese Lupin prendendola in braccio «Puoi lasciare il papà con noi?» la domanda della piccola fece calare il gelo nella stanza. «Vedi Akemi» la mamma posò la mano fra i capelli della bambina «Lupin è come Ryu e papà è come te che devi sempre tenere d’occhio tuo fratello e impedirgli di combinare guai. Se papà rimane troppo con noi …» fu la piccola a finire la frase «Lo zio si caccia nei guai!» alla bimba parve una spiegazione più che logica. «Allora mamma diventerò anche io come lo zio Lupin?» Ryugi fu quasi carbonizzato dallo sguardo infuocato della madre “Tutto, ma non un ladro!” pensò la donna.

Messi a letto i piccoli e riordinata la cucina, anche Kyoko poté finalmente sedersi con Lupin e ricordare il passato. Jigen invece continuò ad avere il broncio per tutta la serata, così Lupin decise di stuzzicarlo un po’. «Sai Goemon, Kyoko aveva una cotta maledetta per me!» il pistolero trasalì «Ogni volta che passavo per casa sua si affacciava al cortile interno, mentre mi recavo da suo padre, l’uomo per cui allora lavoravo» continuava Lupin. «Io in verità speravo di vedere Jigen» la donna arrossì, ma voleva stare al gioco e il ladro simulò stupore «Ma come? Mi hai anche baciato dicendo che mi amavi!» questo fu troppo e Jigen raggiunse il compagno sollevandolo dalla sedia «Di ancora una di queste stronzate e ti trivello con la Magnum!» tirò fuori l’arma e la puntò contro la guancia di Lupin. «Jigen per favore» Kyoko era alquanto imbarazzata e chiese scusa al samurai per lo spettacolo che il marito e l’amico stavano offrendo. «Sono abituato, non preoccuparti» e con tutta calma, Goemon continuò a sorseggiare il suo tè, stupendosi di quanto fosse buono. «Anche tu, cosa sono tutte queste confidenze con mia moglie?» la pistola cambiò bersaglio puntando il samurai, Kyoko si porto nuovamente una mano al volto e scosse la testa.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti, è un bel po’ che non pubblico qualcosa su EFP, ultimamente ho ritrovato voglia di condividere una mia storia. Voglio fare una precisazione: userò la versione italiana del nome di Jigen quindi primo nome Jigen e cognome Daisuke, contrariamente all’opera originale di Monkey Punch. Semplicemente perché sono più affezionata a questo modo di identificare il pistolero della banda di Lupin III essendo cresciuta riferendomi a lui in questo modo.
 
Alla prossima.

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Capitolo 2
*** Felicità interrotta ***


Cap. 2 – Felicità interrotta
Dopo che Lupin e Goemon lasciarono l’appartamento, Jigen e Kyoko andarono a letto. Lui continuava a tenere il broncio e la moglie non diceva nulla, perché sapeva come sarebbe finita e fece un breve conto alla rovescia ‘3,2,1’. «Lupin doveva proprio seguirmi fino qui!» brontolò Jigen mentre si toglieva i vestiti e li gettava in malo modo sulla sedia. «Era qualcosa che poteva succedere» disse semplicemente Kyoko.
«Non ho mai detto nulla a loro perché volevo proteggervi e ora …» ma una voce dolce gli fece dimenticare ciò che stava dicendo «Jigen» si voltò appena in tempo per afferrare la moglie che gli si era buttata fra le braccia, si baciarono «Finché ci sarai tu a proteggerci, non ci accadrà nulla di male» ogni pensiero negativo svanì dalla mente dell’uomo e ne affiorarono altri poco pudici «Dove eravamo rimasti ieri sera?» domandò Jigen accarezzando il viso della moglie e sdraiandosi con lei nel letto.


Jigen entrò in cucina la mattina dopo, la moglie canticchiava e i bambini facevano colazione. Ryu guardò il padre «Papà la mamma oggi è felicissima! Invitiamoli più spesso i tuoi amici!» l’uomo scompigliò i capelli del figlio «No» esordì pacatamente.
Dopo aver accompagnato Akemi, Jigen e Kyoko passeggiarono lungo la via principale, oggi la donna aveva del tempo libero visto che lavorava nel pomeriggio. «Devi andartene?» Kyoko lo guardava sperando in una risposta negativa «Credo che adesso che lo ha scoperto, Lupin voglia fermarsi ancora un po’ da queste parti …» la moglie lo spinse in un vicolo, il suo volto era pallido e tremava «Kyoko?!» disse Jigen stringendola a sé. «Jigen, guarda l’uomo dall’altro lato della strada e dimmi che non è lui!» stringendo i pugni si aggrappava alla giacca di Jigen, come se in quel momento fosse l’unico riparo da una grave minaccia.

Jigen osservò nella direzione indicatagli dalla moglie, appoggiato ad un palo con le spalle alla carreggiata c’era un uomo alto e muscoloso, i capelli biondi erano legati in una codina bassa che ricadeva sul collo nerboruto; teneva le mani nelle tasche dei pantaloni e lo sguardo era fisso davanti a sé; aspettava qualcuno. Un uomo dai folti capelli castani smilzo e basso, ma dal volto sadico uscì da un negozio, si stava pulendo le mani con un fazzoletto, la camicia bianca era costellata da macchioline rosse. Jigen strinse ancora di più Kyoko che nascondeva il viso nel petto di lui, “Non può essere vero!” era il suo unico pensiero. I due uomini salirono su una macchina e partirono.

«Sono andati!» uscirono dal loro nascondiglio e Jigen sgranando gli occhi le indicò il negozio davanti al quale si trovavano prima i due uomini, a Kyoko saltò il cuore in gola e corsero in quella direzione. Attraversarono la strada ed entrarono nel negozio «Spiacente siamo chiusi …» una donna anziana stava cercando di medicare il volto di un uomo pieno di sangue «Dovresti andare in ospedale!» diceva preoccupata, ma il marito non ne voleva sapere «Mi chiederebbero come mi sono conciato così! Non posso, se dico qualcosa anche per sbaglio, e la polizia si mette sulle loro tracce la prossima volta non saranno così clementi! … Lo hanno giurato …»

«Clementi! Allora non ti rendi conto di …» i due non si resero conto che la coppia appena entrata nonostante la scena che si erano trovati di fronte, non era ancora andata via: il negozio era a soqquadro con tutti gli articoli sparpagliati sul pavimento, per non parlare dell’uomo sanguinante davanti a loro.  «Signori Hamada» i due si voltarono e videro la loro amica, che li osservava con il viso preoccupato «Oh Kyoko … Jigen … vi prego non vi spaventate e solo che …» cercava di giustificarsi la donna, ma non trovava le parole.

«Cosa volevano quelli?» esordì Jigen che conosceva bene i due usciti poco prima. La coppia rimase muta per qualche istante, ma poi spiegarono cosa era accaduto «Ho venduto della seta per kimono ad una donna che era venuta apposta fino alla nostra città su consiglio di un’amica» l’uomo sospirò «Ma quella donna è convita che l’abbia imbrogliata facendole pagare più del valore effettivo del tessuto e ha mandato quei due a ‘farsi rimborsare’».
«Rina …» sospirò Kyoko, rievocando con spiacere quel nome.
«Si! Era questo il suo nome! Rina Morimura!» esclamò la moglie del negoziante «Se la incontro …».
«Non ti conviene fare nulla … Spera solo che non capitino più qui, certa gente è meglio lasciarla a chilometri di distanza» Kyoko strinse i pugni e si guardò in giro, si rimboccò le maniche e cominciò a sistemare e Jigen seguì il suo esempio.

«Kyoko, non ti preoccupare» l’anziana cercò di far desistere la giovane amica prendendola per un braccio, ma in cambio ottenne solo un gran sorriso «Ve lo devo!» gli Hamada non poterono far altro che accettare l’aiuto che gli venne offerto. Erano amici da anni, non sarebbero mai riusciti a far desistere Kyoko e Jigen che si sentivano in grande debito con quella coppia sempre gentile e disponibile verso di loro. Finito di sistemare, raccomandarono al signor Hamada di farsi vedere da un medico e lasciarono il negozio.

Kyoko era turbata e Jigen le cinse la vita con il braccio «Ehi!? Non è colpa tua, non sei tu che gli dai ordini». Alla donna tremarono le labbra mentre parlava «Ma mio padre sì! Nella vecchia città la gente rabbrividiva solo sentendo il suo nome e nessuno lo pronunciava ad alta voce, venivo trattata con rispetto, ma negli occhi della gente leggevo solo paura. Temevano che un mal servizio o una scortesia portasse inevitabilmente gli scagnozzi di mio padre da loro …» sospirò.

«Sai, quando parlavano di te, tutti in città erano felici che Morimura avesse una figlia così gentile» Kyoko fisso il marito «Come!?» chiese incredula. «Una volta, mi trovai a parlare con delle persone. Si sentirono libere di disprezzare tuo padre, nonostante io fossi uno dei suoi uomini. Ed erano felici che il tuo temperamento fosse più pacato, la gente evitava molti guai grazie alla tua intercessione. Ma erano anche preoccupati per il tuo futuro, la tua vecchia insegnante per esempio!». «La signora Kobayashi» la donna pronunciò dolcemente quel nome, e la sua mente si tranquillizzò al dolce ricordo di quella donna, che fu la sua maestra privata quando era una bambina.

«Quando progettai di portarti via andai a parlarle» Kyoko era meravigliata di scoprire un particolare così «Questo non me lo hai mai detto!» spesso Jigen la accompagnava dalla sua vecchia insegnante, ma i due in sua presenza si scambiavano poche parole, per lo più per cortesia. «Ognuno ha i suoi segreti» fece l’occhiolino alla moglie «Era anche la tua confidente, anche se era in pensione andavi sempre a trovarla».
«Cosa ti disse?» chiese la donna incuriosita. «Salvala da suo padre» Kyoko si fermò «Come?» ora era ancora più curiosa di ascoltare questa storia «Aveva paura che un giorno ti avrebbe costretta a sposare qualcuno contro la tua volontà. Non voleva ti rendesse infelice come lo era stata tua madre».

Kyoko fissò il mare e si strinse al marito «Mia madre è sempre stata un esempio per me e mi è mancata nei momenti più importanti della vita» le lacrime le rigarono il viso «Non sono forte come lei, e non lo sarò mai!» nascose il volto nella camicia di Jigen che le accarezzò i capelli e disse «Sei più forte di qualsiasi altra donna: hai lasciato tutto per me, sapendo bene che se tuo padre ci scopriva anche tu ne avresti subito le conseguenze; stai crescendo i nostri figli da sola … affronti la vita a testa alta. Sono fiero di averti come moglie» Kyoko singhiozzava. «’Non permetterò a nessuno di rovinarle la vita’ lo dissi a quella donna e non ho intenzione di rimangiarmi la parola! E promisi a tua madre di prendermi cura di te, non verrò mai meno a questo impegno che mi sono preso».

Tornarono a casa e Kyoko si tranquillizzò, mentre si preparava continuò a parlare con Jigen cercando di dissipare le sue preoccupazioni. «Akemi come fa a tornare a casa?» chiese Jigen. «Quando lavoro il pomeriggio, Ryugi passa a prenderla e vengono a casa insieme» erano entrambi contenti dei loro bambini e di come si prendevano cura l’uno dell’altra, come loro avevano sempre sperato «Allora li aspetto qui! Magari poi andiamo insieme al parco» Kyoko sorrise «Per loro non ci sarebbe regalo più bello che tu possa fargli e questa sera potrei cucinare il ramen che è saltato ieri».
Si sentì di nuovo bussare alla porta «Jigen! Ko-ko! Ci siete piccioncini?» ora Jigen era veramente arrabbiato, si era già sognato una tranquilla serata in famiglia e la voce di Lupin aveva infranto quell’immagine nella mente del cecchino.


Una macchina correva veloce fuori città, i due avevano parecchia strada da fare, ma volevano tornare di corsa per poter passare la serata bevendo e in dolce compagnia «Allora ha chiesto scusa il pezzente?» domandò l’uomo biondo mentre con la macchina sfrecciava fra le altre auto «Si Josh, chiedeva anche pietà. È stato sublime! Il suo sangue che grondava e sporcava le mie mani!» sibilò l’altro uomo cercando di contenere l’euforia. «Snake, stavi guardando una foto uscendo dal negozio?» domandò Josh che fin da prima di salire in auto aspettava che fosse il suo compare a parlargliene. L’aveva messa in tasca prima di ripulirsi le mani dal sangue del gestore del negozio, aspettando il momento giusto per tirarla fuori «Volevo mostrarla prima a Morimura, ma credo che la troverai anche tu interessante» si frugò nelle tasche «Su una bacheca aveva appeso le foto dei clienti, guarda chi c’è qui!» gli porse la foto.

«E così la piccola Kyoko è mamma!» disse Josh osservando le tre persone catturate in quello scatto. «Adorabili vero? Morimura sarà contento di sapere che ha due nipoti, tra cui un maschio!» sibilò Snake al compare. «Sarà meno contenta Rina» l’uomo riconsegnò al compagno la foto «Attento … per noi è la signora Morimura» disse maliziosamente Snake. «Nell’intimità ci chiamiamo per nome» l’uomo si leccò le labbra. Snake esaminò attentamente la foto «Credo che non gradisca l’idea di dover dividere il patrimonio con dei mocciosi, era così felice che la figlia di Morimura fosse scappata e svanita nel nulla … Non è difficile capire chi sia il padre».
«Jigen e Lupin sono spariti insieme a lei …» constatò Josh, anche lui aveva capito abbastanza velocemente.
«E al ‘Diamante dell’oceano’» aggiunse Snake e osservò ancora la foto «Il moccioso è la copia del pistolero, non credo che questo particolare faccia piacere al capo!»

«Ne hanno avuti due. Beh, almeno Jigen si è divertito con la ragazza dagli occhi smeraldo!» osservò Josh e ripensava a quando Jigen lavorava con loro. «Quanti dei ragazzi facevano fantasie su Kyoko! … Tu per primo Josh, non le levavi gli occhi di dosso e se solo non fosse stata la figlia del capo l’avresti presa anche con la forza» disse Snake con una punta di malizia, sapendo bene che anche lui si sarebbe volentieri fatto un ‘giro in giostra’ con quella ragazza. «Mi sono dovuto accontentare della seconda moglie di Morimura, che ci vuoi fare. Ma con quella zoccola non ho dovuto fare fatica» alle parole di Josh, scoppiarono entrambi in una grossa risata. Snake continuava a guardare la fotografia e con il dito accarezzò i profili della famigliola felice «Sarà un piacere vedere la faccia di quel bastardo mentre portiamo via la sua donna ed i suoi figli» questo pensiero prevalse su qualunque altra fantasia Snake avesse mai fatto.

Alcune ore dopo erano davanti al sig. Morimura «Sapete dove abita?» domandò dopo aver tenuto un rigoroso silenzio per dissimulare la sorpresa alla notizia che i due gli avevano portato. «Siamo riusciti solo a recuperare quella foto dallo spaccio di quel pezzente» ammise Snake, sperando che l’uomo capisse che non potevano mettersi subito a cercarla senza avvertirlo “O forse dovevamo?” si domandò la serpe che iniziava a sudare, non sapendo come il capo potesse reagire.
«Spero che il lavoro sia stato fatto bene» lo sguardo dell’uomo gelò il sangue dei suoi sottoposti che sbiancarono; con il tempo e soprattutto da quando la figlia era scomparsa, Morimura era diventato ancora più diabolico. «Si, signore, come da lei richiesto» Josh aveva ritrovato la compostezza e riuscì a dire qualcosa.

«Bene!» l’uomo si alzò dalla sedia e si appoggiò alla scrivania, proprio di fronte ai due «Di recente Lupin e la sua banda hanno portato a termine un furto vicino alla città dove probabilmente si trovano mia figlia e i miei nipoti. Sono certo che quella banda di pezzenti ora è lì con loro» fece una lunga pausa «Trovateli e conciateli per le feste, voglio che soffrano. Soprattutto Jigen, fateli capire che non può impedirmi di riprendere ciò che mi appartiene!» indicò la fotografia sulla scrivania «Si, signore!» dissero in coro i due uomini.

Prima che potessero uscire Morimura aggiunse «Un’ultima cosa» si voltarono verso il loro capo «Se ve li fate scappare, considererò voi e la vostra squadra i diretti responsabili» con un nodo alla gola annuirono e uscirono dalla stanza. Morimura fissava il giardino della villa dall’enorme vetrata del suo studio ricordandosi di quando Kyoko passeggiava sotto lo sguardo vigile di Jigen che allora era stato incaricato di sorvegliarla e proteggerla. Diede un pugno al vetro che si crepò, ora capiva tutte quelle attenzioni dell’uomo e gli sguardi dolci e sfuggenti della figlia, che lui non era riuscito ad interpretare se non dopo che erano scomparsi, ma presto Jigen avrebbe ricevuto la giusta punizione. Guardò la foto sulla scrivania, Kyoko abbracciava i suoi bambini e sorridevano felici.


Quella sera Kyoko rientrò tardi, aveva dovuto fare degli straordinari e pensava alla cena ancora da preparare. Però arrivata a casa trovò la tavola apparecchiata ed il cibo pronto; Lupin e i bambini fecero scoppiare degli spara coriandoli all’ingresso di Kyoko che non capiva quanto stava succedendo, cercò il volto del marito e lo trovò stranamente disteso, nonostante la presenza di Lupin. «È merito dei bambini, volevano farti una sorpresa» le disse Jigen regalandole un dolce sorriso e baciandola sulla guancia «Per ringraziarti di tutto!» dissero i piccoli abbracciando la madre e poi si misero a mangiare tutti insieme, ridendo e raccontandosi come si era svolta la giornata.

E dopo cena Goemon intrattenne i bambini con racconti del folklore giapponese, visto che incuriositi dalla sua figura gli avevano chiesto se avesse mai combattuto contro un Oni(1). Quella sera, quando Lupin e Goemon si ritirarono ci fu un po’ di lavoro da fare, così mentre Jigen preparava i bambini per la notte Kyoko sistemava la cucina. Si voltò solo un attimo, in tempo per vedere qualcosa scivolare da sotto la porta, si immaginò uno scherzo di Lupin e decise di assecondarlo ancora, ma appena lesse le parole del biglietto rabbrividì e cadde a terra. Jigen la vide accasciarsi e corse da lei «Kyoko, cos’è successo?» gli porse il biglietto: era la foto che avevano i signori Hamada e sul retro c’era il disegno di un serpente ed una parola 'Trovata!'.
Jigen corse fuori dall’appartamento e si precipitò in strada giusto in tempo per vedere la stessa macchina di quella mattina allontanarsi a gran velocità. Ritornò dalla sua famiglia preoccupato per averli lasciati soli; la porta era aperta, ma Kyoko non c’era, corse nella camera dei figli e la trovò abbracciata a loro.

«Papà, cosa succede?» erano terrorizzati quanto la madre. «Nulla di importante Ryu» si avvicinò sedendosi sul letto «Ma per qualche giorno andiamo a stare da Lupin» mise una mano sulla spalla del figlio e con l’altra gli scompigliò la chioma corvina. «Una vacanza?» domandò Akemi «Esatto» le rispose Jigen accarezzandole il viso. «Niente scuola?» fu invece la domanda di Ryugi a cui già brillavano gli occhi. «Solo per alcuni giorni» a queste parole del padre i bambini scesero dl letto e saltarono per felicità, ma Kyoko era ancora turbata e scoppiò a piangere, non voleva che tutto ciò che aveva costruito si infrangesse all’improvviso. Jigen la strinse a sé e le sussurrò nell’orecchio «I bambini, sii forte per loro» allora Kyoko osservò gli sguardi dei suoi piccoli, preoccupati per lei «Mamma?» domandò Akemi, Kyoko si inginocchiò a terra ed abbracciò la figlia «Non preoccuparti Akemi, ora facciamo i bagagli!» i bambini corsero al loro armadio e tirarono fuori degli zaini.
«Grazie» disse Jigen e Kyoko si voltò verso il marito che la osservava «Non sarei riuscito mai a tranquillizzarli senza di te».


Lupin sentì bussare alla porta, era il codice che avevano stabilito: cosa ci faceva Jigen lì a quest’ora? Aprì la porta e spalancò la bocca alla vista della famiglia al completo, Jigen entrò senza troppe spiegazioni «Per un po’ staranno con noi». Sistemati i bambini nella camera da letto, Kyoko raggiunse il gruppo e insieme a Jigen spiegarono perché si trovavano lì, intanto Goemon controllava la strada dalle finestre.

«Ko-ko, non ti preoccupare, finché starete qui sarete al sicuro!» disse convinto Lupin, nessuno avrebbe fatto del male a lei o ai suoi bambini finché fossero stati sotto le sue ali. «Spero solo non facciano del male ad altri per scoprire dove siamo nascosti» Kyoko seduta accanto a Jigen, strinse i pugni pensando a cosa quelle persone erano in grado di fare «Pensi agli Hamada?» chiese Jigen accarezzandole i capelli, sapeva che era preoccupata e non solo per la sua famiglia, ma per tutte le persone che conosceva e a cui suo padre poteva arrivare. «Si Jigen, la foto ce l’avevano loro» strinse ancora di più i pugni premendo le unghie contro la pelle «Perché non mi lascia in pace?» disse e le lacrime cominciarono a rigarle il volto.
«Sei sua figlia, ma ha un concetto distorto di questa realtà» esordì Lupin «Come tutto ciò che è suo, gli appartieni» il ladro incrociò le braccia e alzò lo sguardo verso il soffitto, gli passarono per la mente tutti i ricordi di quando vedeva Morimura rivolgersi alla figlia, come se lei non contasse nulla. Kyoko era visibilmente provata e decise di andare a dormire.

Quando furono soli poterono esprimersi liberamente «Quel bastardo! Se torce anche solo un capello alla mia Ko-ko e ai piccoli non gliela faccio passare liscia!» Lupin era furibondo e tirava dritti e rovesci ad un immaginario avversario.
«Kyoko e i bambini non devono rimanere in questa città» si voltarono verso il samurai «Dobbiamo trovare un posto tranquillo per loro» erano alquanto stupiti che Goemon si fosse sciolto così. «Che c’è, hai anche tu un cuore tenero?» provò a stuzzicarlo Lupin. «Non sopporto che una brava donna e a dei cari bambini venga fatto del male» si meravigliò delle sue stesse parole, ma cercò di non darlo a vedere. Si era un po’ affezionato a quei piccoli che lo ascoltavano rapiti mentre narrava loro le leggende giapponesi.


Jigen si svegliò la mattina dopo felice di vedere che la sua famiglia stava bene, ma al tempo stesso avrebbe desiderato che quanto accaduto la notte precedente fosse solo un brutto sogno. Accarezzò i bambini che dormivano ancora e diede un bacio sulla guancia a Kyoko, la notte prima l’aveva provata molto e non si svegliò al tocco delle sue labbra come Jigen invece aveva pensato, ma continuò a riposare tranquilla.
Raggiunse i compagni nell’altra stanza, Lupin ronfava ancora sul divano mentre di Goemon non c’era traccia. Ne approfittò per usare il bagno, ma non fece in tempo ad entrare che il samurai fece capolino dalla finestra, istintivamente Jigen prese la pistola e sparò dei colpi, che Goemon parò abilmente con la sua katana. «Ma sei impazzito? Ho preso un colpo!» gli urlò il cecchino con l’arma ancora fumante in mano. «Questa è l’unica finestra che non dà sulla strada, mi sono arrampicato su tetto per avere una visuale maggiore» disse il samurai rinfoderando l’arma e seguendo il compagno fuori dal bagno.

Kyoko uscì di corsa dalla camera e si guardò intorno con gli occhi sgranati, fu Lupin che si era appena svegliato a rassicurarla «Ko-ko sono solo quei due che litigano, non c’è alcun pericolo» poi la guardò da capo a piedi, con un sorrisetto compiaciuto. Jigen trasalì e Goemon arrossendo distolse lo sguardo, la donna era talmente spaventata da non essersi resa conto di indossare solamente le mutandine ed una canotta e tutte le sue generose forme erano alla vista di tutti, si coprì la faccia per la vergogna e corse in camera.
«Jigen hai fatto un’ottima scelta, se avessi saputo che sarebbe diventata così bella non te l’avrei lasciata» disse Lupin indicando col pollice verso la stanza dove Kyoko tutta rossa in viso si era rifugiata. «Lupin …» le mani di Jigen tremavano «Togliti immediatamente quello sguardo arrapato dal viso!»


«Allora Snake?» domandò Josh impaziente mentre il complice saliva in macchina, le loro vittime a casa non c’erano e nemmeno i vicini si trovavano; poi erano andati ad interrogare i gestori del negozio che avevano messo a soqquadro il giorno prima, ma era chiuso e non avevano idea di dove trovarli. «Niente, i miei uomini hanno perso le loro tracce ieri notte. Una donna e due bambini come fanno a sparire così agli occhi dei miei ragazzi!» gli si accentuò una vena sulla fronte e diventò rosso di rabbia digrignando i denti.

«Calmati, se necessario setacceremo la città palmo per palmo! Ho un conto in sospeso con il pistolero e intendo risolverò» la cicatrice sul viso dell’uomo era la testimonianza che era stato inferiore a Jigen in un duello, e questo li rodeva il fegato da anni. «Ora non lavora più per Morimura, puoi fargli quello che vuoi, anche ucciderlo!» disse con una vena di piacere Snake «Se mi avesse ucciso lui in quel duello, non avrei dovuto sopportare la vergogna per tutti questi anni» Josh appoggiò violentemente la fronte sul volante. «Se non ti fossi vantato così tanto e non avessi fatto lo sbruffone durante il duello …» sibilò Snake voltandosi verso il finestrino «Cosa hai detto?!» tuonò Josh, ma il viscido serpente cambiò discorso. «Non vedo l’ora di affondare il mio tirapugni nella faccia di quel ladro da strapazzo!» una sadica risata uscì dalla sua bocca e si prolungò per alcuni secondi, poi si voltò verso il compagno che lo osservava sconcertato e gli domandò «Possibile eccitarsi così all’idea di fare a pugni?» Snake non fece in tempo a rispondere perché qualcuno bussò al finestrino, era uno dei loro tirapiedi.

Pochi minuti dopo parcheggiarono in un vicolo di una zona mezza disabitata di una città vicino, il palazzo doveva essere quello di fronte. «Sai cosa ti succede se l’informazione non è esatta?» l’uomo seduto sui sedili posteriori deglutì mentre Snake passava un lungo coltello sul suo volto. Avrà avuto circa cinquant’anni, pochi capelli coprivano lateralmente il cranio e aveva un riporto molto rado, due baffi poco curati e indossava una camicia bianca i cui bottoni tiravano sulla pancia e dei jeans consumati quanto le scarpe di tela «V-ve l’ho detto! La banda di Lupin è nascosta lì!» balbettò l’uomo. «Hai già venduto questa informazione alla polizia?» domandò Josh secco. «N-no, quando ho saputo che il signor Morimura cercava Lupin ho pensato di …»
«Guadagnare qualcosina in più e magari diventare un informatore ed ottenere protezione?» la punta del coltello ruotava sul torace dell’uomo che tremava terrorizzato. «Snake guarda» Josh indicò davanti a loro, videro Lupin e Goemon uscire con circospezione dalla stabile e allontanarsi «Allora è rimasto solo Jigen a fare la guardia, bene bene» disse Josh più a sé stesso che ai presenti, poi scese dalla vettura e aprì la portiera dietro, trascinò l’uomo lontano dalle grinfie di Snake e lo lanciò contro il muro «Levati dai piedi!» senza farselo ripetere l’uomo corse via. «Ci divertiamo adesso?» sibilò il serpente «Si, adesso è il nostro turno!» confermò l’uomo prendendo delle armi dal baule della macchina.

 
Note di Hana:
Ciao a tutti, con il secondo capitolo abbiamo mosso un po’ le acque; il passato pian piano ritorna e non ha buone intenzioni. Spero che la storia vi stia piacendo, fatemi sapere. Alla prossima!
A beneficio di chi non ha familiarità con i termini giapponesi che qualche volta utilizzerò, metterò le note con la loro spiegazione tra le note
(1) sono creature mitologiche del folklore giapponese, simili ai demoni e agli orchi occidentali. Sono personaggi popolari dell'arte, della letteratura e del teatro giapponesi.

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Capitolo 3
*** Separazione e riunione ***


Cap 3 - Separazione e riunione

I bambini si erano appena alzati, ma non essendoci nulla a parte birra e qualche confezione di snack aperta, Lupin si offrì volontario per andare a comprare qualcosa da mangiare per colazione, Goemon fu costretto ad accompagnarlo e i due lasciarono l’appartamento. Ryu annusò una bottiglia aperta e storse il naso, mentre Akemi era seduta in braccio alla mamma «Ho fame» le disse mentre Kyoko la coccolava.  «Adesso zio Lupin è andato a comprare qualcosa, presto tornerà e faremo colazione» udirono qualcuno salire le scale, Kyoko guardo Jigen «Possibile che siano già tornati?»

«Lupin avrà dimenticato qualcosa» cercò di tranquillizzarla Jigen, ma anche lui era dubbioso, infatti quando bussarono alla porta, non era il segnale stabilito. Jigen fece segno a Kyoko di nascondersi e caricò la Magnum, rovesciò il tavolo e vi si nascose dietro «Avanti la porta è aperta!» fu spalancata con un calcio e Josh entrò cominciando a sparare all’impazzata, Jigen riuscì a controbattere poche volte, sembrava che le risorse del nemico non finissero mai. «Tu va a cercare Kyoko!» Snake obbedì e si diresse in camera a quel punto Jigen cercò di colpirlo, ma la serpe si voltò di scatto sparando un colpo di pistola e il cecchino fu costretto a nascondersi di nuovo.

Nella camera non c’era nessuno e la finestra era aperta, sportosi fuori Snake poté solo osservare che c’era una scala antincendio, ‘Sono scappati?’ si domandò, ma l’edificio era circondato non potevano fuggire facilmente. Camminò avanti e indietro per la stanza a passi lenti e osservava in giro; guardò sotto il letto, ma non trovò nessuno e la sua attenzione fu attirata verso un armadio, aprì le ante e subito dopo il suo volto fu inondato a distanza ravvicinata da uno spray urticante e cadde a terra urlando. Kyoko gridò «Bambini correte!» Ryugi e Akemi andarono verso la finestra, ma dopo aver guardato fuori il bambino indietreggiò prese in braccio la sorella e corse verso la madre, un uomo vestito di nero entrò nella stanza «La prego, non complichi le cose signorina Morimura».

Intanto Jigen riversava tutti i colpi sull’uomo nascosto dietro la porta, caricando più volte la pistola, ma si fermò quando Kyoko ed i suoi figli uscirono dalla stanza con Snake e un altro uomo che disse «Josh ce li abbiamo!» il cecchino sbiancò, per la prima volta non sapeva come agire. Saltò fuori dal suo nascondiglio, ma prima di arrivare dalla sua famiglia Josh lo atterrò con un pugno e una volta steso il suo avversario continuò ad infierire con calci e pugni, a lui si unì Snake che preso dalla frenesia non badava al suo volto rosso e agli occhi che pizzicavano. I bambini piangevano e Kyoko, stringendoli a sé, implorava ai due uomini di smetterla, ma loro non la ascoltarono fino a che Jigen non fu ridotto ad uno straccio e Kyoko si lanciò su di lui ricevendo un calcio fra le costole, solo allora i due quietarono la loro ira. «Smettetela!» disse fra le lacrime abbracciando il marito «Kyoko …» Jigen era conciato male.

«Signorina Morimura la prego di seguirci con le buone» fu tutto quello che disse Snake in quel momento. «Sono otto anni che non sono più la signorina Morimura, verrò con voi ma lasciate in pace mio marito!» queste parole tuonarono come un ordine, e i due si allontanarono da Jigen steso a terra. Kyoko lo baciò sussurrandogli «Torneremo a casa, te lo prometto» alzatasi prese per mano i bambini e senza voltarsi uscì dalla stanza, l’ultima cosa che Jigen vide furono gli occhi gonfi di lacrime della sua Akemi che lo guardavano pieni di terrore; cercò di alzarsi, ma fu colpito alla testa e svenne.

«Jigen! … Jigen!» il pistolero si svegliò, era sdraiato sul divano ed era stato medicato, si alzò di scatto «Kyoko … ugh» sentiva dolore ovunque. «Amico sei uno straccio, riposati» disse Lupin mettendogli del ghiaccio sulla testa. «Li hanno portati via e io non ho fatto nulla per impedirlo!» si coprì gli occhi umidi con la mano. «Jigen … Riposa, poi penseremo a cosa fare» Lupin si limitò a dire questo, non trovando altre parole per confortare l’amico.

Il viaggio in macchina fu lunghissimo, Kyoko pensava a cosa la aspettava ed era agitata. Teneva stretti a sé i suoi bambini quando sentì una piccola mano posarsi sulla sua, Ryugi teneva la mano della mamma e solo allora la donna si accorse del volto scuro di suo figlio e gli diede un bacio sulla fronte «Va tutto bene Ryu, andiamo solo a conoscere tuo nonno» la donna sperava di tranquillizzarlo, ma non ci riuscì, il tono della sua voce tradiva quella falsa calma che cercava di dimostrare. Ryu pensava a suo padre e provava solo odio per quegli uomini seduti in macchina con loro. Rimasero in silenzio per tutto il viaggio ed infine arrivarono alla grande villa Morimura.

Josh si voltò verso i passeggeri «Le fa male signorina?» la donna alzò lo sguardo e fissò il suo interlocutore con rabbia «No, il calcio che mi hai dato non mi ha fatto male» quello che più a Kyoko faceva male era come la sua famiglia era stata trattata, l’uomo si voltò di nuovo aveva capito che il disprezzo della donna nei suoi confronti non era svanito con il tempo, ma ci avrebbe pensato suo padre a sistemarla a lui non restava che aspettare per godersi la scena.

Scesi dalla macchina furono accolti dal vecchio maggiordomo «Signorina, quanto tempo» l’uomo era invecchiato molto, i suoi folti capelli un tempo brizzolati ora erano completamente grigi, le rughe sul volto si erano accentuate, ma gli occhi brillavano ancora; indossava un completo nero, una camicia bianca e cravatta rossa con ricamato il simbolo della famiglia Morimura, il leone d’oro. «E questi sono i suoi figli?» guardò dolcemente i bambini che provarono subito simpatia per quell’uomo gentile. «Si, Ryugi e Akemi» Kyoko poi si rivolse ai figli «Salutatelo bambini, il signor Hirai è l’unico amico che abbiamo qui dentro » i piccoli accennarono un timido saluto. «Sono lusingato signorina, ma la prego … vostro padre vorrebbe vedervi» il volto dell’uomo era pieno di tenerezza verso la donna, aveva desiderato tanto rincontrarla o per lo meno sapere se stesse bene, ma mai nel suo cuore avrebbe voluto che lei tornasse in quella casa. «Sono la signora Daisuke ora». Kyoko prese la strada che conosceva bene e passando accanto all’uomo, questi le diede un consiglio «La prego … signora … non pronunci quel nome davanti a suo padre».

La proprietà aveva un giardino centrale, il corpo della villa tutto intorno e all’esterno un immenso giardino con varietà di fiori e piante circondato dalle alte mura con alcune porte di servizio per fornitori ed inservienti, le chiavi le avevano pochi uomini fidati tra cui il signor Hirai. Camminarono lungo l’engawa(1) che circonda l’enorme giardino interno, nella mente di Kyoko riaffiorarono tutti i ricordi legati alle passeggiate in quel luogo, era bellissimo, ma lei lo odiava. Ogni volta che passeggiava tanti occhi la osservavano, doveva sempre prendere mille scuse per lasciare quella casa: andare a trovare la sua vecchia insegnate; fingere un capriccio e comprare qualcosa di inutile solo per stare fuori fino a tardi; partecipare ad eventi mondani che perlomeno la distraevano e tanto altro. Si sentiva soffocare come allora, ma adesso era decisa a non rimanere in quella casa più del necessario. Sorrise pensando anche a quelle rare volte in cui era riuscita a scappare per assaggiare un po’ di libertà.

Arrivarono davanti ad una porta, quando questa si aprì Kyoko rivide dopo ben otto anni suo padre. Anche lui era cambiato: le rughe erano più marcate; i capelli grigi; non aveva più i baffi e i suoi occhi erano più cattivi. «Kyoko!» l’uomo andò incontro alla figlia e la abbracciò, lei ricambiò solo per gentilezza «Sono felice che tu sia qui!» il suo sguardo si posò sui bambini ancora fermi fuori dalla stanza e si rivolse a loro «E voi? Non salutate vostro nonno?» quando si avvicinò Ryu nascose la sorellina dietro di lui e l’uomo si fermò ad osservarli. Kyoko intervenne sapendo che il padre non gradiva la scena «Da bravi salutate il nonno» solo allora Ryu si avvicinò e lo salutò con una stretta di mano «Oh sei un piccolo ometto!» invece ad Akemi accarezzò il viso constatando come somigliasse alla madre.

Si sedettero intorno al tavolino e bevvero tè accompagnato d biscotti fatti in casa «Non conoscendo i gusti dei miei nipoti posso offrirvi solo questo» guardò Kyoko, lei sapeva cosa era nascosto nella sua affermazione, lo conosceva fin troppo bene: ‘Se ti fossi fatta viva, avrei potuto conoscerli meglio’, ma la donna sapeva che lui avrebbe semplicemente iniziato prima a rovinargli la vita. Ora era lì e doveva reggere la sua maschera, avrebbe voluto scappare con i suoi bambini, ma era proprio nella tana dei leoni e non sarebbe stato facile «Grazie papà, va bene così». Passarono l’ora seguente a chiacchierare, anche se con un po’ di remissività i bambini parlarono al nonno della loro vita: della scuola, degli amici, di quanto gli piaceva casa loro e di quanto volevano bene alla mamma.
«E vostro padre?» Kyoko si sentì morire dentro «Lui vi piace?».

Per fortuna la conversazione fu interrotta dall’ingresso di una donna. I lunghi capelli neri erano raccolti sul capo, era leggermente truccata a parte per il pesante rossetto cremisi; il lungo vestito rosso risaltava le sue forme prosperose, aveva una scollatura audace ed uno spacco vistoso fino a metà coscia; scarpe nere con il tacco alto e portava una pochette in tinta con esse. Si tolse gli occhiali da sole e guardò gli ospiti, rimanendo stupita di incrociare ancora gli occhi verdi di quella ragazzina che anni prima era stata felice di veder sparire dalla sua vita «Kyoko, quanto tempo!» la giovane si alzò e salutò cordialmente la donna che corse ad abbracciarla «E loro? Sono tuoi? Che teneri!» pizzicò le guance dei bambini e poi gli diede un bacio. Andò a sedersi accanto a Morimura e lo baciò «Sai caro, questa città mi delude sempre più, non c’è un negozio che abbia vestiti decenti; credo che andrò all’estero ancora a fare compere». Kyoko trasalì, ma cercò di controllarsi e chiese«Fai spesso viaggi fuori paese?»

«Certo cara, soprattutto in Italia! Li sì che sanno come vestire le donne!» Kyoko pensò a quante volte lei e la madre avevano fantasticato su un viaggio all’estero, ma suo padre glielo aveva sempre negato. Rina aveva sposato il padre pochi mesi dopo la morte della prima moglie di lui, quando Kyoko era ormai fuggita e sembrava che non sarebbero più riusciti a riportarla indietro; era una donna volgare, dedita ai piaceri e ai vizi, metteva spesso le corna a suo padre, ma a lui sembrava non importare o lei era così scaltra da non farsi mai scoprire. Sotto il tavolo, Kyoko strinse i pugni, sua madre sempre fedele nonostante gli abusi e le botte, aveva vissuto reclusa e non aveva più avuto contatti con i suoi parenti. Kyoko ricordava ancora lo zio, fratello maggiore della madre, che si presentava all’ingresso chiedendo, più volte in ginocchio, di poter vedere la sorella. La donna scacciò subito questi pensieri e finse di essere interessata ai discorsi.

«Permesso» una donna che Kyoko non aveva mai visto entrò nella stanza «Chiedo scusa per l’interruzione, signora Morimura, la attendono per l’inaugurazione della mostra al centro congressi» indossava un tailleur nero, una camicetta banca e scarpe nere molto sobrie; anche lei molto formosa e dai lunghi capelli castani «Caro, devi smetterla di dare soldi a questa città! Quelle inaugurazioni sono noiosissime» ma si alzò lo stesso e salutò i presenti chiedendo perdono, poiché si doveva accomiatare «Fujiko tu rimani, fai visitare ai bambini la casa».

«Come desidera signora» su invito della donna e sollecitudine della madre i bambini uscirono dalla stanza insieme a Fujiko e quando la porta si richiuse Kyoko fu sola con il padre.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti, a voi il nuovo capitolo, spero possiate apprezzarlo.
Alla prossima
(1)L’engawa è un pavimento rialzato di legno che percorre tutto il perimetro delle tradizionali abitazioni giapponesi, solitamente da sul giardino. Collega alcune stanze della casa dall’esterno e spesso i giapponesi si siedono sull’e. per passare il tempo.

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Capitolo 4
*** Famiglia in pericolo ***


Cap. 4 - Famiglia in pericolo
Kyoko sentiva la pressione del momento e non riusciva ad aprire bocca.
«Kyoko Daisuke …» la donna trasalì «Ryugi Daisuke e Akemi Daisuke» l’uomo si sporse sul tavolo verso la figlia «Non sarebbe meglio Ryugi ed Akemi Morimura?» Kyoko sentì la rabbia salirle in corpo e guardò il padre dritto negli occhi, come faceva quelle rare volte che aveva osato sfidarlo «Cosa vorresti dire?» chiese guardando quegli occhi malvagi. «Fai la segretaria part time; abiti in affitto e hai due bambini che stanno crescendo. E non credo che tu prenda molti soldi da Jigen, sapendo che sono frutto di rapine e furti» guardò la figlia dritto negli occhi «Come pensi di andare avanti?»
«Me la sono sempre cavata fino adesso» Kyoko cacciava indietro le lacrime.

«Sarà sempre così? Una donna bella ed intelligente come te può ambire a qualcosa di più»
«Ho due bambini a cui badare e voglio esserci nella loro vita»
«Vuoi vederli quando ti chiedono da mangiare, ma il frigo è vuoto?» Kyoko strinse i denti «Ryugi ha i pantaloni rammendati e conoscendo il tuo stile, posso dire con certezza che il vestito della bambina lo hai cucito tu … e con una stoffa scadente per giunta» l’uomo si sentiva trionfante «Io posso dare a quei bambini e a te tutto ciò che desiderate, torna qui con me» prese la mano della figlia nella sua «Saremo una famiglia».

Kyoko scattò in piedi «Potrai darci anche tutto materialmente: una bella casa; vestiti; cibo; istruzione. Ma l’amore fra queste mura non esiste; a casa mia ci sono spesso dei lavori da fare per via degli anni che ha l’edificio, il lavandino a volte perde e sono costretta a mettere un secchio per evitare che tutto si allaghi e la caldaia, nei giorni più freddi, non parte e siamo costretti ad andare dai vicini per farci solo una doccia, ma tutte le sere i miei figli mi danno il bacio della buona notte, sorridono tutti i giorni e sono felici di ciò che hanno. Non posso comprargli tutto quello che desiderano o che io vorrei dargli e a volte i soldi non ci bastano, ma sono loro stessi a darmi la forza dicendo che ‘tutto si aggiusterà’» il padre era furibondo «Hai ragione, non ho mai chiesto soldi a mio marito, ma e quello che è riuscito a fare per noi lo ha fatto di tutto cuore e solo per farci stare bene. Ma preferisco vivere con i suoi soldi rubati piuttosto che con i tuoi! Ora prendo i miei bambini e vado a casa» si girò e a grandi passi cercò di uscire da quella stanza, aveva paura perché sapeva ciò che aveva scatenato, lo conosceva bene.

«Tu non vai da nessuna parte» il padre richiuse la porta mentre la figlia cercava di aprirla. La afferrò per le braccia e la trascinò al centro della stanza «Te ne sei andata di casa senza dire nulla, hai sposato l’uomo che mi ha ingannato e che insieme al suo amico mi hanno sottratto il ‘Diamante dell’Oceano’ l’oggetto più prezioso che possedevo. Credo che tu e i tuoi figli possiate ripagarmi della perdita, se penso a quanto starà soffrendo adesso quel pezzo di merda!»

«Non meriti nemmeno di strisciare davanti a lui!» Kyoko capì di aver raggiunto il fondo quando il padre adirato la gettò a terra e cominciò a picchiarla, colpendola ripetute volte dove già le faceva male. Kyoko si proteggeva la testa e urlava, il maggiordomo corse nella stanza e afferrò l’uomo «La prego si calmi!» ma venne sbalzato via, corse a chiamare aiuto e Josh arrivò, in realtà voleva godersi la scena, ma mai avrebbe immaginato che Morimura attaccasse in maniera così animalesca la figlia. Lo fermò in tempo, l’uomo era molto più giovane e più muscoloso di Morimura, lo tenne stretto fino a che la rabbia non lo abbandonò. Kyoko riversa a terra ansimava, aveva il labbro tagliato e dolori ovunque, l’anello del padre le aveva strappato la carne in alcuni punti sul corpo ed un occhio si stava gonfiando.

Quando alzò lo sguardo vide i suoi bambini e quando Fujiko fece capolino non poté trattenere un urlo «Mi perdoni, hanno sentito urlare e son tornati indietro di corsa» la donna non aveva mai assistito ad una scena così brutale.
«Fujiko la prego, mi aiuti» la implorò il maggiordomo e insieme aiutarono Kyoko ad alzarsi e la portarono in un’altra stanza con i bambini che la seguivano da vicino, la adagiarono piano su un letto e chiamarono subito un dottore. Akemi si stringeva al fratello, non riusciva a guardare la mamma così conciata e singhiozzava «Ryu, v-voglio tornare … a-a c-asa» il bambino accarezzo la piccola appoggiata al suo petto «Non ti preoccupare Akemi, ci sono io con te e papà verrà a salvarci!»

Jigen si svegliò di soprassalto, ansimava ed era completamente sudato; riuscì a sedersi nonostante il gran dolore che provava al petto. «Jigen qualcosa non va?» domandò Lupin, appoggiando il bicchiere con la medicina pronta per l’amico. «Le hanno fatto qualcosa» prese la testa tra le mani, socchiudendo gli occhi per scacciare la brutta sensazione provata. «Come?» Lupin non capiva. «A Kyoko, le hanno fatto qualcosa!» urlò alzandosi e prendendo i suoi vestiti. Non aveva idea di come lo sapesse, ma sentiva che era in grave pericolo e che in quel preciso istante le era successo qualcosa e i bambini erano con lei, quindi minacciati anche loro.

«Dove vuoi andare?» disse il ladro balzando in piedi anche lui. «Morimura vuole solo una cosa che gli abbiamo rubato otto anni fa, Lupin a chi l’hai venuta?» Jigen sorvolò del tutto la domanda fattagli dall’amico. «Ma sei matto? Rubarla di nuovo sarà un’impresa! Ci abbiamo messo mesi prima di poter mettere le mani sul diamante e ora vorresti rubarlo in meno di un giorno?!»
«In meno di un’ora se necessario!» Lupin era ormai convinto che l’amico fosse impazzito.

«Ci siamo inimicati Morimura, vuoi aggiungere alla lista anche Sakashi?».  Jigen fissò Lupin «A chi l’hai venduto?!» chiese con un cenno di rabbia nelle sue parole. «Sakashi, eterno rivale di Morimura» deglutì Lupin e il viso di Jigen si illuminò, sapeva che Sakashi avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere affondare Morimura, e forse sarebbe riuscito a trovare un accordo, ma era proprio quel ‘Forse’ a preoccupare Lupin. «Non ho idea di cosa fare, ma c’è in gioco la mia famiglia» protestò Jigen.
«Per questo ci sono gli amici» Jigen guardò Lupin che aveva gli stessi occhi di quando un colpo riusciva «Ho un piano!».


Zenigata continuava a rileggere i documenti relativi all’ultimo colpo di Lupin; se il caso fosse stato affidato a lui sicuramente sarebbe già sulle sue tracce, ma un giovanotto inesperto era stato scelto al posto suo; e con quale motivazione?...

«Hai fallito già troppe volte, a quel ragazzo sono stati affidati solo due casi e li ha risolti con successo! Ha arrestato due pericolosi e astuti criminali che stavano seminando il terrore nella periferia di Osaka; siamo convinti che non ci sia uomo migliore per arrestare Lupin».
«Sono anni che do la caccia a Lupin! Conosco bene come agisce! Chi meglio di me può assumersi questo caso?!» Zaza sentiva il sangue ribollirgli nelle vene.

«Se vuoi, puoi dare qualche dritta al detective Tsubasa, ma il caso non possiamo affidartelo. E con questo chiudiamo il discorso» …

L’ispettore sentì bussare alla porta «Avanti!» entrò un giovane magrolino, capelli neri spettinati, occhiali rotondi dalla montatura fine, indossava una camicia bianca sbottonata al collo infilata nei jeans blu e scarpe sportive bianche «Ispettore ho pensato che potesse gradire un caffè».

«Grazie Tsubasa!» ma infondo Zaza si era ormai affezionato a quel goffo ragazzo; non aveva nulla da ridire su come svolgeva il suo lavoro: attento ai dettagli, acuto osservatore e spietato con i criminali; ma con un unico difetto: totale imbranato per tutto il resto. Infatti inciampò in un cavo del computer e cadde rovesciando il caffe bollente sull’ispettore che andò su tutte le furie, mentre il ragazzo cercava di scusarsi con inchini frenetici. Dopo qualche minuto la calma era tornata ed un gradevole odore di caffè si era sparso per tutta la stanza; Zaza continuava a leggere il rapporto della polizia, ora costellato di macchioline chiare e scure, sul furto al museo.

«Il famoso ladro Lupin III è riuscito ad intrufolarsi nei sotterranei del Museo travestendosi con la divisa del custode, dopo aver immobilizzato e derubato il cinquantenne dei suoi indumenti. È riuscito anche a sottrarre antichi gioielli …» poi iniziò a leggere con un tono talmente basso da sembrare dei borbottii.
«Saranno stati venduti» Tsubasa leggeva il rapporto seduto alla sua scrivania. «Come?» il flusso di pensieri di Zenigata era stato interrotto dal giovane detective «Gioielli così antichi e preziosi sono molto richiesti nel mercato nero, finiscono nelle mani di gente poco raccomandabile che le rivende a collezionisti … oppure Lupin potrebbe aver agito su commissione. In ogni caso ritrovare la refurtiva sarà ancora più arduo che rintracciare Lupin» Zaza rimase un po’ basito dalla serietà queste affermazioni, soprattutto dopo l’ultimo incidente del caffè e si schiarì la gola «Sicuramente ha già lasciato la città, spinto dal desiderio di mettere le mani su qualche altro tesoro …»

«Ho saputo da informatori che a Tokio si terrà un’importante asta di gioielli, ma solo gli esperti del settore lo sanno. Per ora mi sembra la cosa più appetibile per un ladro come Lupin»
Zaza batté i pugni sulla scrivania e guardò il ragazzo dritto negli occhi «Allora terremo d’occhio a situazione, se Lupin si farà vivo lo acciufferemo! E questa volta ne sono sicuro».


Lupin aveva ben altro a cui pensare, Jigen andava spedito verso un imponente edificio dalle vetrate lucenti che si stagliava sulla baia. L’enorme fontana all’esterno, una vasca di marmo quadrata, intratteneva i visitatori con giochi d’acqua sempre diversi, Lupin continuò ad ammirarli anche durante i minuti che passarono nella hall aspettando di essere ricevuti. La segretaria con cui avevano parlato al loro ingresso era andata ad annunciarli, qualche minuto dopo fece ritorno con due uomini e spiego che prima di incontrare Sakashi dovevano essere perquisiti.    

Note di Hana:
Ciao a tutti, eccovi l’altro capitolo. Uscito in ritardo non per mancanza di idee, ma di tempo (Che ormai scarseggia sempre più). È un capitolo di transizione, non succedono grandi cose, ma introduciamo una vecchia conoscenza e un nuovo personaggio al suo fianco e scopriamo il perché Kyoko è decisa a fuggire ancora da suo padre. Grazie a coloro che hanno recensito i precedenti capitoli.
Alla prossima

 

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Capitolo 5
*** Tentativo ***


Cap. 5 - Tentativo
Kyoko sentiva dolore ovunque, ma sorrise quando aprì gli occhi e rivide un volto amico «Dottor Kondo!» l’uomo le accarezzò il viso «Ciao piccolina» e i suoi occhi si inumidirono «Quando il signor Hirai mi ha chiamato, non volevo crederci … mai nella mia vita avrei voluto che tu tornassi in questa casa» l’uomo le raccontò che quando era scomparsa gli uomini di suo padre avevano perquisito la sua casa e anche quella della vecchia maestra di Kyoko, nessuno dei due si era opposto, e parlando con l’insegnante il dottore aveva anche scoperto l’identità del ‘rapitore’ della ragazza e aveva custodito questo segreto fino a quella sera.
«Per quanto stupidi dottore, penso che anche tutti gli uomini di mio padre ci siano arrivati alla fine, quindi non era un segreto. Anzi, voglio che tutti qui dentro conoscano l’identità di mio marito. La signora Kobayashi come sta?» il dolore che Kyoko provò nel cuore scoprendo che la sua maestra non c’era più fu immenso, se paragonato a quello che il suo corpo sentiva in quell’istante. Si avvicinarono Akemi e Ryu che volevano tanto stare con la mamma, ma lei aveva dolori ovunque ed anche solo abbracciare i suoi figli era in quel momento uno sforzo enorme per lei «Ryu, Akemi, non separatevi mai. Bambino mio, bada sempre a tua sorella e tu piccina non allontanarti mai da lui. Questa casa è un posto pericoloso e non so per quanto dovremo stare qui» Ryu prese la mano della mamma «Non ti preoccupare mamma, papà verrà a salvarci sicuramente!» Akemi annuì.
Entrò poi una cameriera che si spaventò un po’ nel vedere la donna conciata così, aveva sentito cosa era accaduto, ma non pensava che il signor Morimura avesse picchiato così selvaggiamente la figlia. Chiese a Kyoko se poteva accompagnare i bambini nelle loro stanze e anche se riluttanti i due obbedirono alla mamma e seguirono quella gentile ragazza, ma non ne vollero sapere di dormire in due stanze separate, così al letto preparato per Ryugi fu aggiunto un altro cuscino e i due andarono a dormire.
«Ryugi, quando arriva papà?»
«Presto sorellina» e i piccoli si addormentarono tenendosi la mano.


Passarono alcuni giorni e un mattino, si udì un gran trambusto nella villa, Ryugi e Akemi giocavano nel giardino, ma furono attirati dalla confusione generata. Si avvicinarono ad una porta ed ascoltarono la conversazione che si svolgeva all’interno di una stanza: le cameriere stavano riordinando e pulendo a fondo, ma si fermarono ad ascoltare il racconto di un uomo, probabilmente uno dei maggiordomi «… non ci credevo nemmeno io, ero con il signor Hirai mentre annunciava al signor Morimura che il marito della signorina Kyoko si trova all’ingresso insieme ad un altro uomo!» raccontò il maggiordomo sgranando gli occhi «Chi è l’altro uomo?» chiese una ragazza. «Che importa!» le rispose seccata l’altra «Spero vada tutto per il meglio, Morimura è un osso duro, ma quella donna ed i suoi bambini devono andarsene. Tu hai visto come ha conciato la sua stessa figlia?!» l’altra scosse la testa come per cacciare un brutto pensiero «Povera cara e poveri piccoli che hanno visto la madre in quello stato …».

I due bambini non ci pensarono due volte, Ryugi prese per mano Akemi e si misero a correre verso l’ingresso della villa. C’erano molti uomini appostati con le armi in pugno, Ryu guardò la sorella «Akemi non lasciare la mia mano!» e si fecero strada fra quelle persone che, troppo presi dalla scena che si stava svolgendo fuori, non fecero in tempo a bloccare i bambini che superando Snake e Josh e si trovarono alle spalle del nonno. Sui loro volti si dipinse un grande sorriso quando videro la scena davanti a loro: Lupin appoggiato ad una 500 gialla parcheggiata davanti alla villa mostrava un enorme diamante blu a Morimura, Jigen pochi passi più avanti parlava all’uomo difronte a lui «… riavrai il tuo prezioso tesoro se lasci subito la mia famiglia!».
«Dimmi cosa mi impedisce di riprendermi con la forza il Diamante dell’oceano e farti crivellare dai miei …» Morimura fu distratto da due piccole figure che sfrecciarono accanto a lui e rimase a bocca aperta seguendoli con lo sguardo «Ryugi! Akemi! Tornate subito qui!» urlò senza essere ascoltato dai due.

Jigen dapprima sicuro di sé e pronto ad ingaggiare battaglia, ora sudava e sentiva le gambe cedergli, i bambini correvano verso di lui urlando «Papà! Papà!» si inginocchiò per prenderli fra le sue braccia «State bene?» gli strinse forte a sé, sentiva il suo cuore battere forte ad ogni loro lacrima.
«Papà, io non voglio stare qui!» urlò Akemi tenendo stretta fra i pugni la giacca di Jigen «Andiamo a prendere la mamma e torniamo a casa, ti prego» vedere la figlia così disperata gli spezzò il cuore, le diede un bacio sulla fronte e poi si rivolse a Ryugi che cercava di non piangere ed era rosso in volto «Dov’è la mamma?» il bambino singhiozzava «L-lei è-è …» ma il discorso fu interrotto da Lupin che si piazzò davanti a loro puntando la pistola a due figure che si erano avvicinate. Snake e Josh avevano ricevuto l’ordine da Morimura di riportare i bambini indietro «Pivello spostati, i bambini tornano indietro adesso!» Josh puntò la pistola dritta alla testa di Lupin «Insieme al diamante» Snake si era spostato di lato, puntando la pistola a Jigen che era furibondo.
«Ryu, prendi tua sorella e torna nella villa» i due guardarono il padre scioccati. «No, no, no … papà, non voglio!» Akemi gli si gettò al collo, ora era tra lui e quel serpente infido che lo stava puntando «Akemi, devi stare con la mamma e tuo fratello, io tornerò da voi senz’altro, ma ora bambina mia devi andare» ma Akemi continuò a rifiutarsi.
«Non facciamo capricci!» Snake allungò la mano per strappare la bambina al padre, ma Ryu si mise di mezzo e scacciò quella viscida mano con un colpo, aveva un’espressione di sfida sul volto che all’uomo ricordò Jigen, e per un attimo dimenticò che era il nipote del suo capo e lo colpì facendolo cadere a terra. Jigen lasciò Akemi e alzatosi prese per il colletto Snake che pensando alle conseguenze del suo gesto, aveva abbassato la guardia «Brutto figlio di …»
Lupin distratto da quanto era appena accaduto era stato colpito in più punti da Josh ed atterrato. L’uomo che ora teneva un piede sulla mano di Lupin che prima impugnava la pistola, si rivolse al compare e a Jigen «Ora ascoltatemi bene, ho perso la pazienza …» Josh sentì dei colpi alla gamba, troppo deboli per venire da Lupin, ma lo irritavano: Ryugi con il volto pieno di lacrime lo stava colpendo con tutte le sue forze «Togli quel piede e lascialo andare!» la forza d’animo del piccolo lo fece sorridere «Che caratterino!» disse sollevandolo da terra, Ryu continuava a menare pugni e calci in aria «Come la madre … ahahahah … Snake, prendi la bambina ed andiamo via!» senza farselo ripetere l’uomo superò Jigen e afferrò la piccola che strillava e pregava il padre di non lasciarla, ma Jigen fu raggiunto da un calcio alla schiena da un terzo uomo mandato da Morimura e si accasciò, respirava a fatica e le braccia lo reggevano a malapena, i dolori del precedente pestaggio non erano spariti. Guardò davanti a sé, Akemi lo fissava spaventata e Snake le teneva saldo il polso, se avesse stretto ancora di più la presa avrebbe potuto spezzarglielo facilmente.
«Ho il diamante!» disse il terzo uomo trionfante dopo aver frugato nelle tasche di Lupin, ma Morimura glielo strappò di mano e parlò diretto a Jigen «Con questo siamo pari, ma in otto anni sono maturati anche parecchi interessi» gli si avvicinò e premette con il piede sulla sua schiena, facendolo accasciare sul lastricato. Jigen strinse i denti, ringraziò che il cappello fosse calato sul suo viso e quell’uomo non vedesse le sue lacrime «Kyoko e i bambini mi appartengono, sparisci e non farti più vedere altrimenti la prossima volta ti faccio saltare la testa personalmente» diede ordine ai suoi uomini di rientrare e tra le risate di soddisfazione di tutti loro, il portone fu chiuso.
Lupin si alzò a fatica «Bastardo!» disse tenendosi il volto, un rivolo di sangue scorreva sulla sua fronte; sia la mano che era stata schiacciata a terra che l’addome dove aveva ricevuto uno dei colpi gli dolevano. Si avvicinò a Jigen, ma l’uomo non riusciva ad alzarsi, non per il dolore fisico, ma per la consapevolezza che il loro piano era appena fallito e la sofferenza per la sua famiglia richiusa nella tana del mostro, era tutto troppo grande da sopportare. «Jigen, fatti forza, dobbiamo incontrare Goemon e pensare a cosa fare» ma anche il ladro gentiluomo non riusciva a trattenere le lacrime, aveva ancora in testa le urla di quei poveri bambini.
Poco dopo anche se feriti nel cuore oltre che nel corpo si allontanarono, seguendo una stradina che si inerpicava su di un colle non lontano dalla villa. Nascosti dalla boscaglia, spensero il motore e attesero. Goemon rientrò poco dopo dalla capote dell’auto, facendo inizialmente trasalire Jigen e Lupin che gli puntarono le loro pistole, ma furono subito presi da dolori lancinanti per la torsione del busto.
«Vedo che anche a voi non è andata bene, quando sono entrato nella villa non ho trovato i bambini, ma ho parlato con Kyoko-san»
«Sta bene?» chiese Jigen preoccupato e Goemon, scuro in volto, gli raccontò cosa aveva visto …

Qualche ora prima …
Goemon correva sopra le mura della villa, e nonostante il sole fosse alto nel cielo, nessuno lo vide; approfittando di un albero vicino, scese nel giardino e nascondendosi fra i cespugli, aspettò che gli uomini di Morimura si precipitassero all’ingresso per poi introdursi nella villa. Una porta si aprì davanti a lui e ne uscirono due ragazze seguite da un uomo che le stava aiutando a portare attrezzi da pulizia, Goemon si nascose per non farsi vedere aspettando che i tre passassero, ma la loro conversazione lo interessò.
«Ora devo andare dalla signorina Kyoko, pensavo che far prendere aria alla stanza potesse farle piacere, c’è un bellissimo clima e forse riuscirà anche ad alzarsi» la giovane che aveva pronunciato queste parole era raggiante «Mi impegnerò al massimo per farla stare meglio» disse convinta. Ma il maggiordomo smontò tutto il suo ardore «Vedi tu, il signor Morimura è stato una belva con lei, non credo si riprenderà tanto presto». «Guastafeste!» disse arrabbiata la ragazza al collega e si avviò nella direzione opposta alla loro.

Come aveva detto, andò da Kyoko e con la freschezza e l’allegria della sua giovane età, cercò di tirar su il morale della donna che la ringraziò per la premura mostratale «Lascia pure la finestra aperta, puoi tornare fra dieci minuti?» la gentilezza di Kyoko verso i domestici era leggenda in quella casa e la ragazza arrossendo acconsentì a lasciarla sola per un po’ «Ma stia sicura che torno, non voglio certo che prenda un malanno, a dopo» sorridendo la giovane chiuse la porta e quando si fu allontanata Goemon aprì la finestra della stanza accanto e saltò in quella di Kyoko.
La donna ebbe uno scatto per lo spavento, ma riconobbe l’amico «Goem …» si era messa a sedere velocemente e una fitta di dolore le si diffuse in tutto il corpo. Il samurai si avvicinò per osservare meglio e dare conferma ai suoi dubbi: Kyoko aveva un occhio nero e delle ferite sul volto, ma il suo sorriso non era sparito. «Lo so, non sono un bello spettacolo» e raccontò quanto le era accaduto, poi chiese a Goemon se avesse visto i suoi bambini. «Stavo per farle la stessa domanda» il piano era: mentre Lupin e Jigen tenevano impegnato Morimura, lui doveva trovare Kyoko e i bambini e portarli in salvo.
«Mio padre avrà pensato che Jigen non sarebbe stato con le mani in mano, ogni volta che chiedo di loro ai domestici, mi dicono che gli è stato ordinato di non portarmi i bambini perché devo riposare» Kyoko rise amaramente «Lo fa perché non vuole che stiamo insieme, questo renderebbe più semplice un salvataggio, ma …» cominciò a piangere  e distolse lo sguardo dal visitatore «Se fossero qui, avrei almeno potuto affidarteli e li avresti portati via, come vedi non riesco a muovermi senza provare dolore, ma sapendoli in salvo avrei sopportato di rimanere qui ancora un po’» Goemon, prendendo la mano della donna, giurò che sarebbe tornato e con Jigen e Lupin l’avrebbero tratta in salvo. «Ti prego Goemon, trova i miei figli e portali via» l’uomo annuì e riuscì a scappare dalla finestra poco prima che la cameriera tornasse. La ragazza vedendo le lacrime della donna, ebbe un tuffo al cuore e corse da Kyoko per confortarla. Ma anche la giovane non aveva ricevuto belle notizie, tradita dal suo viso preoccupato fu invitata da Kyoko a raccontarle cosa fosse successo, nella villa si era velocemente sparsa la voce di cosa era accaduto all’ingresso. Ad ogni parola Kyoko sbiancava, tremava sempre di più per i suoi bambini, per Jigen e Lupin e per Goemon che non poteva mantenere la sua promessa e sia lei che i suoi figli erano condannati.

Goemon infatti nel tornare sui suoi passi vide Morimura trascinare i bambini nella villa. «Ora basta! Ryugi Akemi, comportatevi bene!» urlò il nonno e lasciò la presa, Ryu prese sua sorella e si allontanò di qualche passo, l’uomo distolse per un attimo lo sguardo «Snake» disse con un tono basso e profondo che fece venire i brividi alla serpe che si stava silenziosamente dileguando «Si, si-signore» disse rimettendosi sull’attenti «Vai nel mio ufficio e aspettami lì» per quello che aveva fatto poco prima, avrebbe ricevuto un’adeguata punizione, la mano con cui aveva colpito il bambino sarebbe stata resa inabile per qualche tempo.

Poi rivolse lo sguardo ai nipoti «In quanto a voi due, non accetterò nessun tipo di capriccio e da ora in poi ubbidirete a ciò che vi dico!» la piccola si stringeva al fratello che guardava il nonno pieno di rabbia «Sei cattivo!» disse la bambina e a Ryu gelò il sangue vedendo l’espressione del nonno che si avvicinò a loro; prese il piccolo braccino di Akemi e la strattonò per toglierla al fratello, le aveva fatto male e il dolore era dipinto sul volto della piccola. Prima che la mano alzata ricadesse sulla bambina, il fratello si era messo fra loro e quella botta alla testa gli aveva fatto vedere tutto nero per un attimo «Ti prego nonno, non farle nulla …» disse prima di svenire, il colpo unito alla tensione del momento aveva dato il colpo di grazia al bambino, Akemi si gettò su di lui chiamandolo con quanto fiato aveva in quel piccolo corpo.

Goemon ne aveva abbastanza, ma prima che riuscisse ad intervenire dei colpi di pistola lo raggiunsero, Josh lo aveva scoperto; anche Morimura sparo non appena lo vide e altri uomini si unirono a loro. A Goemon non rimase che fuggire, ingaggiare una lotta con i bambini in mezzo si sarebbe rivelata fatale e lasciò velocemente la villa raggiungendo i due amici nel luogo stabilito.


Jigen piangeva disperato, avevano fatto del male alla sua famiglia e lui non poteva proteggerli conciato com’era, avrebbe voluto salvarli, ma non ci era riuscito. Al gruppo non restò che trovare un posto sicuro dove riprendersi e pensare a cosa fare.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti, grazie per aver letto anche questo capitolo. Le cose si fanno più complicate del previsto per Kyoko e la sua famiglia e il salvataggio non riuscito getta angoscia sui nostri tre ladri.
Al prossimo capitolo.

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Capitolo 6
*** Spiraglio di luce e buio ***


Cap. 6 – Spiraglio di luce e buio
 
Kyoko aveva udito degli spari e presa da una forza che non pensava di possedere, si alzò dal letto e corse fuori dalla stanza seguita dalla cameriera, che la implorava di tornare indietro. Aprì una delle porte scorrevoli che dava sul giardino interno, vide i suoi bambini sull’engawa dall’altro lato e il padre accanto a loro che puntava la pistola, ancora fumante, verso qualcuno. Saltò giù e corse dai suoi figli, Akemi nel vederla la chiamò, attirando l’attenzione di Morimura che voltandosi vide la figlia.
La donna abbracciò e baciò Akemi e prese fra le braccia Ryugi che piano si riprendeva e sorrideva alla madre; fu la bambina a riportarla alla realtà, nascondendosi velocemente dietro di lei, Morimura si era avvicinato con un sorriso trionfante «Bene Kyoko, hai giocato alla famiglia felice e ti sei divertita con Jigen abbastanza» le afferrò i capelli e la tirò verso di se «Mi hai fatto arrabbiare molto con la tua fuga …» Kyoko gemeva per il dolore e piangeva «…e sei stata brava a nasconderti per tutto questo tempo, ma io mi riprendo sempre ciò che mi viene sottratto in un modo o nell’altro» mostrò il diamante alla figlia.
«Ti prego, non fare del male ai miei figli» lo implorava fra le lacrime. «Oh, non ho intenzione di fargli nulla, se impareranno a fare ciò che dico io, e spero meglio di quanto tu abbia mai fatto» lasciò la presa e ordinò che fossero tutti accompagnati nelle loro stanze, Kyoko abbracciò i figli pregandoli di ubbidire al nonno e furono ancora separati.


Una donna era atterrata da poche ore in Giappone, e preso posto su di un treno vedeva sfrecciare paesaggi familiari fuori dal finestrino “Per un po’ di giorni non cercatemi, mi rifaccio viva io” aveva detto ai suoi superiori e senza aspettare risposta aveva spento il telefono. Guardava i pacchetti colorati nella borsa accanto a lei e pensava alle faccine sorridenti dei bambini quando l’avrebbero rivista e alla dolce Kyoko, sempre buona e gentile. Arrivata a destinazione scese dal treno e prese un taxi.
Il sole stava tramontando sul mare e la fresca brezza primaverile le dava nuovo vigore ‘Ryu avrà ormai sette anni e la mia cucciolina cinque, come crescono! Non vedo l’ora di riempirli di baci’ salì le scale saltellando dopo aver salutato i vicini del piano di sotto, ma la sua felicità non le lasciava sentire che i due la chiamavano. Suonò il campanello, ma nessuno rispose, eppure sapeva che dovevano già essere a casa. «Signora aspetti, deve sapere una cosa …» disse il signor Hamada raggiungendola.


Erano passate alcune settimane dal tentativo di liberare la sua famiglia, Jigen sdraiato nel letto fissava la flebo scendere lentamente, non pensava a nulla, era come in uno stato catatonico. Si erano spostati in un altro appartamento, non essendo certi che fosse sicuro tornare al vecchio rifugio o nella casa della famiglia di Jigen.
«Ehi amico?» Lupin appoggiò un vassoio con del cibo leggero accanto a Jigen, ma questi si voltò dall’altro lato «Lo so che stai male e non parlo solo del tuo corpo, ma se non ti rimetti in forze non riusciremo a riprendere Kyoko e i bambini e Morimura avrà vinto!» ‘Ha già vinto’ pensava Jigen ormai disperato. Si udì la porta dell’appartamento aprirsi «Devo ammetterlo, trovarvi questa volta non è stato facile!» disse Fujiko entrando dopo aver forzato la serratura con una forcina, Goemon rinfoderò la katana e la salutò. Lupin corse dalla donna, lasciando solo Jigen in camera con i suoi tormenti.

Sedutasi sul divano Fujiko chiese di Jigen, ma Lupin le disse che quel brontolone non ne voleva sapere di uscire dalla stanza. «Sei venuta a trovarmi perché sentivi la mia mancanza, vero chérie?» Lupin era molto contento ed anche eccitato nel vedere la donna, ma come sempre lei era lì solo per motivi di denaro. Fujiko raccontò che da qualche tempo era diventata la segretaria di Rina Morimura, sperando di mettere le mani su qualcosa di prezioso.

«Ieri la signora Morimura, mostrandomi le ricchezze che il marito possiede, ha parlato di un diamante conosciuto come il ‘Diamante dell’oceano’ ne ho sentito più volte parlare, ma non l’avevo mai visto prima. Poverina era convinta di mostrarmi qualcosa di valore, invece era solo un falso» Lupin si meravigliò, ma sapeva che Fujiko era intelligente e ormai del mestiere da tempo, era forse l’unica la dentro a potersene accorgere. «Beccati, bellezza … però devi ammettere che è quasi fedele all’originale. Il proprietario ce lo ha rifilato dicendo che ci dovevamo arrangiare con quello, l’originale non lo restituiva a nessuno»
«E chi sarebbe il proprietario?» chiese ammiccante Fujiko. «Il magnate Sakashi, eterno rivale di Morimura!» Goemon guardò Lupin un secondo prima di scuotere la testa, la facilità con cui rivelava sempre tutto a quella donna lo lasciava basito. Alla risposta di Lupin, Fujiko capì che forse l’idea di rubare il diamante non era poi così semplice, anzi si poteva rivelare piuttosto pericolosa.

«Fujiko, Kyoko e i bambini come stanno?» chiese Jigen, che tra lo stupore di tutti si era alzato dal letto e li aveva raggiunti reggendosi all’asta della porta flebo. «Morimura ha preso il controllo della vita di quella povera donna, sia lei che i bambini non escono mai dalla villa, Ryugi viene seguito da un insegnante privato e Akemi è sempre chiusa in camera sua, non vuole uscire a meno che non le permettano di vedere la mamma. Ryugi va qualche volta a trovare la sorella, ma appena suo nonno viene a saperlo lo fa chiamare per passare del tempo insieme, cerca di tenerli separati in tutti i modi. Credo voglia fare del bambino il suo erede e dargli il suo cognome, della piccola non gli importa molto» Fujiko sospirò «Almeno così mi ha detto la signora Morimura, è una chiacchierona implacabile ed ama vantarsi di ciò che possiede …» un’idea le balenò per la testa, poteva liberare la donna e i bambini, ma allo stesso tempo avrebbe racimolato qualcosa anche per se stessa. «Hai qualcosa in mente?» domandò Lupin, capendo al volo l’espressione della donna. «Forse sì …».

Nelle sue innumerevoli chiacchere, Rina le aveva parlato di un tesoro che Morimura custodiva nei sotterranei della villa, in una specie di santuario si trovava una statua antica raffigurante un leone, simbolo della famiglia: tutta d’oro e rivestita di pietre preziose. «Se cercassimo di rubarla, Morimura non avrebbe attenzioni per altro, cercherebbe in tutti i modi di salvare quell’antico cimelio appartenente alla sua famiglia da generazioni e di certo non baderebbe ai nipoti ed alla figlia» ascoltando le parole di Fujiko, Lupin stava già elaborando un piano e gli altri due ascoltarono attentamente l’idea del ladro.


Morimura accompagnò il nipote nei sotterranei e continuava a raccontargli dei numerosi tesori che la loro famiglia possedeva, del loro prestigio e del loro potere; senza che il bambino ci prestasse grande attenzione, ma temendo per la mamma e la sorella faceva tutto ciò che il nonno gli diceva «… Ryugi, la nostra famiglia ha origini antiche, siamo sempre stati commercianti e un tempo anche guerrieri …» l’uomo indicò una serie di spade sulla parete del grande corridoio che pareva un museo «… ma per celebrare il valore di un nostro antenato, uno straniero fece dono di una statua che sarebbe diventata il simbolo della nostra famiglia» due guardie attendevano fuori da una porta di ferro, al cenno di Morimura inserirono un codice e i battenti si spalancarono Ryu e suo nonno entrarono in una piccola stanza col pavimento di legno, davanti a loro una porta scorrevole era decorata con figure di samurai che combattevano, si tolsero le scarpe ed indossarono le pantofole preparate per loro, aprendo la porta scorrevole entrarono in una gigantesca sala.

Il pavimento era fatto in stile tipicamente giapponese con il tatami(1) ben tenuto, le pareti bianche tutte intorno erano illuminate dai raggi del sole che filtrava da un lucernario sul soffitto, Ryu capì alzando gli occhi il perché dello strano effetto della luce: entrava dal laghetto del giardino interno; non si era mai accorto che la parte centrale della vasca fosse di vetro e vide passare le carpe sopra la sua testa. Davanti a loro una gigantesca alcova ospitava una statua imponente raffigurante un leone dorato, gli occhi erano fatti di smeraldo, nella criniera erano incastonati rubini tagliati in modo da sembrare riflessi rossi e i denti erano diamanti lucenti, così come gli artigli. Seduto davanti a loro, sembrava fissarli e Ryu indietreggiò, non gli piaceva per nulla e di certo non ne era stato colpito in positivo. Morimura si lasciò andare ad una grossa risata «Via Ryugi, non può certo balzare fuori da quel tokonoma(2) e saltarci addosso!» fece avvicinare il bambino sperando di impressionarlo con la magnificenza di quel tesoro, ma non sortì nessun effetto, come con Kyoko anni prima.
Risaliti dai sotterranei Ryu chiese di poter vedere la madre, come faceva tutti i giorni dopo aver accontentato il nonno in qualche sua richiesta, ma con la solita scusa che Kyoko dovesse riposare, anche questa volta gli fu negato il permesso e mestamente il bambino se ne andò a seguire le lezioni programmate per lui, per poi di nascosto raggiungere la sorellina che era ancora rinchiusa nel suo auto isolamento.

«Ryu, io voglio vedere la mamma!» Akemi piangeva e si strofinava gli occhi, ormai piangeva tutti i giorni. Ryugi prese la mano della sorellina, era stanco di questa situazione, aveva cercato di accontentare il nonno in tutto sperando che cambiasse qualcosa, ma non aveva ottenuto nulla, ora voleva agire «Vieni Akemi, andiamo dalla mamma!» i due bambini silenziosamente e senza farsi notare andarono fino alla stanza dove sapevano era rinchiusa loro madre, ma poco prima di mettere le mani sulla maniglia sentirono qualcuno avvicinarsi «Cosa ci fate qui?» si voltarono e videro il signor Hirai che li fissava «Vostro nonno si arrabbierebbe moltissimo se vi scoprisse!» sapeva quanto fosse assurdo tutto ciò, ma temeva per le ripercussioni del suo capo sui bambini «La prego!» implorò Akemi abbracciando l’uomo «Vogliamo vedere la mamma!» Hirai non era certo malvagio come Morimura o i suoi uomini e aprì la porta chiusa a chiave. Kyoko aveva sentito i suoi bambini fuori dalla stanza e li aspettava proprio dietro la porta, allargò le braccia e i piccoli le si gettarono addosso. Il signor Hirai non poteva sopportare oltre questa situazione, lasciò la porta della stanza spalancata e andò dritto dal suo capo, anche se sapeva quali potessero essere le conseguenze.

Quando raggiunse le stanze di Morimura e stava per bussare, la porta si aprì ed una giovane cameriera si presentò davanti a lui, aveva i capelli in disordine e la divisa sgualcita, come indossata di fretta; piangeva e corse via, si sarebbe licenziata il giorno stesso. Hirai conosceva bene le abitudini del signor Morimura, peggiorate nel corso degli anni; entrò e dal salotto passò alla camera, il letto era disfatto e Morimura si stava tranquillamente rivestendo con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto.

«Signor Morimura, vorrei parlarle» disse risoluto e il suo capo essendo di buon umore gli disse di continuare «Vorrei chiederle se potessimo allentare le misure prese per la signorina Kyoko ed i figli»
«Ancora signorina …» sbuffò Morimura «… ormai è una donna, si è fatta montare da quel pistolero abbastanza in otto anni!» era alterato nel dire questo, ma cambiò subito discorso «Credi abbia capito la lezione?» disse volgendosi verso il maggiordomo «Ne sono certo signor Morimura» Hirai sudava, ma era risoluto ad ottenere quello che voleva. «Allora potrà vedere i figli, ma solo quando lo dico io e sotto supervisione dei miei uomini …» però pensando all’ultima volta che uno dei suoi uomini era stato incaricato di proteggere Kyoko ritrattò «Anzi, sarai tu il loro responsabile».
«Ne sarei onorato signore» con un inchino Hirai si accomiatò e stava per andarsene quando Morimura aggiunse «Hirai, se per caso ti passa per la testa di farli fuggire, non sarai perdonato» il maggiordomo annuì e lasciò la stanza, dopo aver detto ad alcuni camerieri di andare ad ordinarla a passo spedito andò da Kyoko a darle la notizia.

I bambini saltavano dalla gioia intorno al signor Hirai e riempivano di baci la mamma. «Signorina Kyoko, se vuole posso accompagnarla in giardino, c’è un bel tempo e l’aria primaverile le farà bene» Kyoko lo guardò con un’espressione allegra «Mi chiami ancora signorina, Hirai? Credo di essere un po’ cresciuta per quel titolo, non credi?» il tono dolce ed il sorriso della donna strinsero il cuore dell’uomo, pensando alle parole di disprezzo usate dal padre nei suoi confronti poco prima. «Per me rimarrete sempre quella cara bambina e poi ragazza che viveva qui e allentava quella perenne tensione che aleggiava in questa casa» sorrise e poi accompagnò la famiglia in giardino, rimanendo con loro, ma a debita distanza per ‘tenerli d’occhio’ come ordinato dal suo capo.

Morimura passò poco lontano e si fermò ad osservarli, rivide il sorriso della sua defunta moglie sul viso della figlia e l’allegria dei bambini ricordava la Kyoko di un tempo, quando era lei a giocare con la madre; provò un senso di rabbia e non voleva che le situazioni passate si ripetessero. Vide Josh poco più avanti e lo chiamò «Ho bisogno che tu faccia una cosa per me …»

Più tardi, dopo cena Kyoko salutò i bambini mettendoli a letto e andò da suo padre che l’aveva fatta chiamare, Morimura le riferì che aveva inviato al suo datore di lavoro una lettera di dimissioni firmandola per lei e appena fosse riuscito a contattare il suo padrone di casa per cessare il contratto d’affitto, avrebbe fatto svuotare l’appartamento. Kyoko cercò di non farlo alterare, ma dalle sue parole e dall’espressione del suo viso traspariva tutto il suo odio per lui, inaspettatamente l’uomo non reagì, nonostante fosse visibilmente arrabbiato e concluse la ‘chiacchierata’ mandandola via in malo modo.
Camminando lungo il corridoio che la riportava in camera, Kyoko sentiva una paura crescente, come quando cammini sola la notte e sembra che qualcuno ti segua, unita alla strana reazione del padre di poco prima, sentiva che qualcosa stava per succedere.

Aumentò l’andatura, improvvisamente fu afferrata e trascinata in una stanza, urlava e scalciava, ma fu sbattuta su di un divano e il suo assalitore si palesò davanti a lei tappandole la bocca con una mano e bloccandole i polsi sopra la testa con l’altra, cercò di liberarsi, ma non ci riusciva.
«Ciao Kyoko!» Josh si avvicinò al suo volto «Come sei diventata bella!» e le annusò i capelli «Dimmi …» la guardò dritta negli occhi «… con Jigen amavi stare sopra o ti piaceva rimanere schiacciata sotto il suo corpo? Ti facevi dominare?» Kyoko si dimenò cercando di liberarsi. «La grinta non è sparita con il tempo! Ahahahah … ma non ti preoccupare, non ti farò nulla, per ora!» Kyoko lo fissò con il volto pieno di lacrime «Tuo padre è stato chiaro, posso farti ciò che più mi piace e mi passa per la testa, se non fai la brava, ma se gli obbedisci, purtroppo per me …» disse con un’espressione affranta «… non ti posso toccare» si avvicinò per sussurrarle nell’orecchio «è un avvertimento!» poi la liberò e lei fuggi fuori della stanza correndo a rifugiarsi in camera sua, chiuse la porta e cadde sulle ginocchia, suo padre non l’avrebbe mai più lasciata libera.


La primavera stava lasciando il posto all'estate e le giornate più lunghe permettevano a Kyoko di passare più tempo fuori in giardino con i figli. Non si concedeva più di far arrabbiare il padre ed ogni volta che incrociava Josh, abbassava lo sguardo e tirava dritto, sentendolo sempre sogghignare. Piangeva ogni volta che era sola e si chiedeva se Jigen si fosse ripreso e stesse bene, era abituata a non avere sue notizie per lunghi periodi, ma nella situazione attuale sentiva il cuore spezzato, aveva terrore che il padre gli avesse fatto qualcosa di irreparabile e il dolore cresceva di giorno in giorno.

«Mamma, pensi che potremmo usare la piscina?» Kyoko rimase perplessa alla domanda di Ryugi, non si ricordava che ci fosse mai stata una piscina nella villa; provò amarezza vedendo che la dépendance dove un tempo viveva la madre era stata rasa al suolo per farne una piscina con tanto di cabine, ombrelloni e sdraio. «Dovremo chiederlo al nonno o forse a Rina, penso sia stata lei a farla costruire» disse Kyoko accarezzando dolcemente la testa del bambino, i capelli un tempo molto più lunghi erano stati tagliati per volere di Morimura, lei non aveva mai osato farlo visto che Ryu assomigliava così tanto al padre. Il loro momento felice fu interrotto da una voce sgradevole «Non è bella, vero? L’ho fatta costruire pochi anni fa, spero non ti rincresca Kyoko, ma la dépendance era abbandonata e cadeva a pezzi toglieva il prestigio della villa agli occhi dei nostri ospiti» Con l’amaro in bocca, Kyoko disse che il cambiamento le piaceva e Rina concesse piccoli svaghi a lei e i bambini.

Mentre i piccoli giocavano in acqua, la madre rimaneva seduta bagnandosi solo i piedi, indossava sempre prendisole e mai un costume, visto i troppi uomini di suo padre sempre presenti e Josh sempre in agguato. Hirai, come un angelo protettore, era sempre lì al momento giusto, mai avrebbe lasciato che le potesse accadere ancora qualcosa a Kyoko o ai bambini.
«Come è bello vedervi così contenti!» riconoscendo la voce Kyoko si voltò e alzatasi in piedi salutò il padre. «Bambini, venite a salutare il nonno» Ryu e Akemi filarono fuori dall’acqua e, anche se timidamente, diedero un bacio a Morimura che pareva stranamente di buon umore, lascio tornare i bambini ai loro giochi e chiese alla figlia di seguirlo in una stanza adiacente «Non vorrei allontanarmi dai bambini, sono soli in piscina e …» Kyoko per la prima volta in vita sua non trovava le parole e tremava. Il padre le mise le mani sulle spalle e disse calmo «Ci fermiamo qui» indicò dei fogli sul tavolo, prendendoli in mano Kyoko sentì girarle la testa e percepiva poche delle parole del padre accanto a lei «Soluzione … divorzio … riacquisterai il tuo cognome … i bambini saranno più felici … sparirà dalla vostra vita» e svenne con i documenti per il divorzio che le scivolarono dalle mani.

Si svegliò qualche ora più tardi in camera sua, la cameriera era accanto a lei «Signorina Kyoko! Santo cielo che spavento ci avete fatto prendere! Il dott. Kondo ha detto che è stata un’insolazione, dovete stare più attenta la prossima volta …» la cameriera cambiò il panno bagnato sulla fronte di Kyoko «I bambini?» fu il suo unico pensiero «Ryu e Akemi giocano qui fuori in corridoio, non ne hanno voluto sapere di andarsene» le disse sorridendo la ragazza «Li faccio entrare?». I due non se lo fecero ripetere «Mammina come stai?» chiese Akemi preoccupata. «Sto bene piccolina, sono solamente stata sotto il sole per troppo tempo» Kyoko ben sapeva che non era stato quello il motivo.

«Ryu, Akemi …» disse guardandoli e prendendo le loro mani nelle sue «… come vi sentireste a portare il cognome del nonno?» i due sgranarono gli occhi «Sapete, vivendo qui sembra la cosa più giusta, visto che il nonno si prende cura di noi» Kyoko era bianca e guardava fisso davanti a se. «Mamma, ma all’asilo le maestre hanno scritto Akemi Daisuke sul mio armadietto, non posso farglielo togliere! Mi conoscono così» l’ingenuità della bambina fece sorridere la madre, anche se gli occhi erano fissi davanti a lei, spenti.
Ryu le strinse la mano «Mamma? … Mamma guardami ti prego …» ma la donna abbassò lo sguardo «Te lo ha ordinato il nonno vero?» Kyoko iniziò a piangere e singhiozzare «Mi dispiace … mi dispiace» continuava a ripeterlo senza aggiungere altro. Ryu le prese il volto delicatamente tra le e mani e sollevandoglielo fece in modo che i loro occhi si incrociassero; il bambino era rosso dalla rabbia e gli occhi erano lucidi, ma non versava una lacrima «Tu non hai colpa di nulla» le si gettò al collo tenendola stretta «Papà verrà a prenderci, ma se prima di allora il nonno ti fa ancora del male o tocca Akemi, sarò io a portarvi via» le sussurrò con voce decisa, e lei strinse a se il suo piccolo uomo «Papà mi ha detto di proteggervi e così farò!» Kyoko si ricordava di quando Jigen aveva detto questo al piccolo Ryu di 2 anni, e ogni volta che partiva glielo ripeteva e per lui era un giuramento da dover mantenere a tutti i costi. Anche Akemi salì sul letto e abbracciò la mamma, e quella notte dormirono lì con Kyoko che si sentiva la bambina che dopo un brutto sogno, ha bisogno di avere vicino i genitori.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti, riallacciandoci alle vicende del capitolo precedente, seguiamo Kyoko e i bambini rinchiusi fra le mura della villa e l’angoscia della donna che cresce sempre più. Fujiko … è sempre Fujiko, prima di tutto i soldi! Ma questa volta potrebbe anche fare qualcosa di buono. 
Cosa avranno in mente i nostri amati ladri?
Un nuovo personaggio si palesa all’orizzonte, più avanti scopriremo qualcosa in più su di lei.
 
Alla prossima.

(1)Tatami: è una tradizionale pavimentazione giapponese composta da pannelli rettangolari modulari, costruiti con un telaio di legno o altri materiali rivestito da paglia intrecciata e pressata.
(2)Tokonoma:  è una piccola alcova rialzata presente nelle stanze in stile tradizionale Giapponese con tatami per pavimento, dove solitamente sono appese le pergamene giapponesi.

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Capitolo 7
*** Si delineano piani e si colpiscono poliziotti ***


Cap. 7 – Si delineano piani e si colpiscono poliziotti
 

Morimura si alzò di buon’ora e si preparò per la giornata «Vai già via?» domandò Rina con voce sensuale guardandolo seduta nel letto con solo le lenzuola addosso. Abbottonandosi i polsini, Morimura si avvicinò, la prese fra le sue braccia concedendole un ultimo bacio appassionato prima di lasciarla «Mi hai tolto il fiato ieri notte!» le accarezzò il viso e poi tornò a prepararsi. Rina conosceva le sue doti e sapeva che per tenerlo a bada doveva accontentarlo in ogni sua fantasia, ma questo non le pesava pensando ai benefici che ne derivavano; si alzò e indossando la vestaglia raggiunse il marito in salotto.

L’uomo stava leggendo il giornale, lasciato dai domestici ogni mattina sul tavolino vicino alla sua poltrona «Vuoi che faccio portare la colazione?» chiese sedendosi sul bracciolo della poltrona e incrociando le gambe, la vestaglia scivolò rivelando la pelle nuda «Non ancora …» rispose Morimura, accarezzando col dorso della mano quella pelle liscia che adorava, come del resto amava quella di qualsiasi donna che si era portato a letto «Sai caro ieri ho parlato con Josh … a proposito di Kyoko» l’uomo ritrasse la mano e il suo silenzio spinse la donna a continuare «Gli hai dato la possibilità di scoparsi tua figlia, ma allo stesso tempo non gli hai concesso questo piacere …» Rina aveva estorto questa notizia a Josh dopo di che, in uno dei loro incontri clandestini in un Love Hotel si era lasciato sfuggire il nome della donna in un momento passione. «Attenta a come parli!» sentenziò Morimura cambiando pagina. 

«
È un uomo come tutti gli altri, con le sue esigenze e da come me ne parlava, sono abbastanza urgenti» Rina aveva sempre odiato Kyoko, mascherando bene il tutto con sorrisi e smancerie. «Cosa ne sai delle esigenze di Josh?» chiese Morimura e Rina provò terrore allo sguardo del marito, ma aveva in mente un piano diabolico per far soffrire ancora di più la ragazza. «Una volta che il divorzio sarà ufficiale Kyoko sarà libera e sola dopo che i bambini ricominceranno la scuola» sapeva che Morimura aveva intenzione di iscriverli a prestigiosi istituti che richiedevano grande impegno dagli alunni, anche quelli più piccoli, e lo studio li avrebbe indaffarati tutto il giorno «Di certo non ci sarà nessuno dei tuoi conoscenti che voglia prendersi una donna con già due bambini, mentre Josh è cotto di lei, certo non è al livello di Kyoko per istruzione e provenienza sociale, ma saprà tenerla al suo posto».

Morimura posò il giornale e rifletté sulle ultime parole della moglie, Josh era il suo uomo migliore e di certo Kyoko meritava una lezione severa e da ricordare. “Kyoko insieme al mio uomo più fedele”pensò che farli sposare fosse un’idea alquanto perversa, ma per i figli lei avrebbe fatto di tutto e sarebbe stata una brava mogliettina sottomessa, come non lo era mai stata la madre; prese Rina per un braccio e la tirò a se. Seduta sulle gambe del marito, Rina non sapeva cosa aspettarsi, ma il bacio e la mano del marito sotto la vestaglia le fece capire di aver ottenuto ciò che voleva: Kyoko eternamente infelice, il suo amante con una bambolina a disposizione per giocarci tutto il tempo che loro erano separati e lei continuava a tenere il marito al guinzaglio.


Più tardi nel suo ufficio, Morimura informò Josh dei suoi piani e l’uomo, grande e grosso, si lasciò cadere su di una poltrona «Non so cosa dirle capo, è un onore essere suo sottoposto e altrettanto sarà essere suo genero»
«Non ti aspettare che sia un premio per te, è piuttosto l’unico modo per impedire a mia figlia di pensare alla fuga e farla rimanere buona» poi lo mandò via con alcuni ordini «un’ultima cosa …» Josh si fermò «… sarai tu a prendere il mio cognome, voglio che eventuali nipoti portino il nome Morimura!» i due uomini si guardarono l’uno in estasi per la notizia ricevuta e l’altro con un ghigno malvagio, ma la loro perfidia fu interrotta da un maggiordomo che portò una lettera senza mittente, recapitata quella mattina e diretta a Morimura.

“Morimura, hai tenuto il diamante anche troppo, non ti facevo così egoista … o forse sì? Tornerò a riprendermelo.
Lupin III”
 
Morimura perse tutta l’ilarità di prima e sbiancò, ordinò subito che i turni di guardia fossero raddoppiati.
«Se vedo Lupin posso farlo fuori?» chiese Snake al capo più tardi. «Lui i Goemon uccideteli pure, ma Jigen portatemelo vivo!»


Rina sorseggiava il caffè appena servitole e fissava la cameriera davanti a sé, la fece avvicinare chiedendole di scoprire i polsi e dopo alcuni rifiuti se li fece mostrare, riconobbe i lividi che suo marito lasciava quando si divertiva con le cameriere della villa e guardò la ragazza dall’alto in basso «Sei bellina effettivamente, ricorda che mio marito odia quelle che piangono e non ti agitare mai troppo, altrimenti si arrabbia e ti fa male!» la ragazza annuì trattenendo i singhiozzi e le lacrime e tornò al suo posto, Rina sorrideva: amava tormentare i domestici e soprattutto le ragazze che il marito si portava a letto. Anche se aveva chiesto esplicitamente di non toccare una donna precisa, che comparve davanti a lei in quel momento «Fujiko! Cara sei tornata!» si alzò andandole incontro, era l’unica donna che l’avesse mai affascinata era bella e intelligente, una valida segretaria, avevano gusti affini per gioielli, vestiti e bella vita.

«Signora Morimura» Fujiko accennò un inchino «Mi sono permessa di organizzarle la settimana: oggi ha quel pranzo con la moglie del sindaco per complimentarsi per la recente rielezione del marito, questa sera il party nella villa sul mare di quel famoso attore … o come mi rincresce, ho scordato il nome e non l’ho neppure segnato!» Fujiko era una bravissima attrice. «Via! Via! Fujiko! Non parlarmi di eventi e impegni, piuttosto tuo zio come sta?» Fujiko da quando lavorava alla villa, si era inventata la storia dello zio malato in una lontana clinica, per potersi allontanare qualche giorno dalla soffocante Rina. Fujiko si mise a piangere e Rina cacciò via le cameriere «Su, su cara, siediti qui, cosa succede?» chiese Rina dolcemente.

«Oh, signora Morimura! È sempre uno strazio per me lasciarlo lì da solo! Si è preso cura di me da quando i miei genitori sono morti, mi ha dato una casa, cibo e istruzione e io con cosa lo ricambio? Lo abbandono in una squallida clinica per anziani!» Fujiko recitò la parte a meraviglia e Rina si commosse al punto di darle la possibilità di far venire lo zio a vivere alla villa «Ma-ma signora, suo marito che dirà? E poi mio zio ha bisogno di un infermiere con lui per 24 ore, non posso chiederle tanto» disse asciugandosi le finte lacrime, ma Rina non volle saperne di proteste e ne avrebbe parlato con il marito quello stesso giorno.
Quella sera Fujiko sarebbe partita per andare a prendere lo ‘zio’ che, accompagnato da un infermiere, veniva trasferito alla villa.


«Tieni davvero tanto a quella donna?» chiese scocciato Morimura all’ennesima richiesta della moglie. «Caro, non solo tengo a lei, ho bisogno di lei! È la più affidabile segretaria che io abbia mai avuto in tutti gli anni che siamo sposati, lo so che è un estraneo, ma è anziano e l’unico impiccio sarà l’infermiere che dovrà prendersi cura di lui, ma alle spese ci penserà Fujiko!» Morimura guardò la moglie e sbottò «Con la paga che le do vorrei ben vedere!».
La porta dell’ufficio si aprì e Josh entrò, era rosso in viso per la corsa fatta e gli occhi sembravano voler uscirgli dalle orbite «Capo, c’è la polizia all’ingresso!».


Zaza osservava l’imponente portone davanti a sé, per nulla impressionato e manteneva un’aria professionale, mentre l’ispettore Tsubasa seduto in terra si massaggiava le ginocchia «Ragazzo devi stare più attento a dove metti i piedi, potevi anche finire in ospedale!»
«Mi scufi, fignore …» disse imbarazzato Tsubasa guardando l’ispettore Zenigata, mostrando così il volto tumefatto a causa della caduta di prima sulle scalinate di pietra, i due tamponi che gentilmente il signor Hirai gli aveva messo nel naso erano zuppi di sangue e un occhio ormai violaceo era mezzo chiuso. Zaza pensò di portarlo in ospedale e poi fermarsi per un nuovo paio d’occhiali per il detective, prima di tornare alla centrale locale.

Il portone si aprì e voltandosi Zaza si trovò difronte il loro ospite «Signor Morimura, buongiorno. Sono l’ispettore Zenigata e lui il mio partner il detective Tsubasa» disse toccandosi la tesa del cappello. «Oy, come va?» salutò Tsubasa, beccandosi un pugno in testa da Zenigata «Sii più rispettoso!» intanto gli uomini di Morimura se la ridevano di gusto. «Ispettore Zenigata, vorrei conoscere la natura della vostra visita» Zaza spiegò che era giunta una lettera al commissariato di polizia della città locale e l’interpol ne era stato informato: Lupin si preparava a rubare un prezioso conosciuto come «… il ‘Diamante dell’Oceano’; signor Morimura, siamo sulle tracce di quel ladro, vorremmo accertarci che lei e la sua famiglia siate al sicuro, oltre al prezioso diamante si intende».

«Non c’è casa più protetta della mia dimora, ma venite pure, avete fatto tanta strada, mi sembra il minimo offrirvi un ristoro e fugare ogni vostro dubbio» Zaza approfittò della gentilezza dell’uomo per fare un sopraluogo; gli uomini di Morimura erano ovunque e le uscite ben sorvegliate anche da telecamere, per non parlare della sicurezza nell’ufficio dove era tenuto il diamante: due guardie fuori della porta e due all’interno. Morimura mostrò anche la stanza con i monitor a cui erano collegate tutte le telecamere «Come vede, non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma ora prego voglia seguirmi ho fatto preparare un rinfresco per lei ed il suo … partner?» Morimura e Zenigata si guardarono in giro, ma Tsubasa non c’era; una delle telecamere lo riprendeva mentre una donna disinfettava le sue ferite e due bambini stavano in piedi vicino a lui ridendo.

Qualche minuto prima …

Tsubasa aveva perso di vista Zenigata e Morimura mentre sovrappensiero, era semplicemente entrato nella porta sbagliata e dopo aver girovagato per varie stanze vuote e chiesto indicazioni a più inservienti, mostrando sempre il distintivo (quello almeno non lo perdeva), era riuscito ad arrivare nel giardino centrale, ma aprendo una porta scorrevole una palla gli era arrivata dritta in faccia. «Ryu ti avevo detto di tirare piano!» Akemi riprese il fratello «Almeno non ho rotto la porta!» disse il bambino indicando il punto dove Tsubasa giaceva semisvenuto.

«Bambini! Cosa è successo?!» Kyoko appena arrivata corse dal povero ispettore che aprendo gli occhi e vedendo Kyoko illuminata dalla luce del sole pensò di essere arrivato in paradiso. «No, mio caro, siete ancora vivo e vegeto, ma il vostro volto e messo davvero male!» disse lei gentilmente e sorridendo «Ne siete sicura? Eppure a me sembrate un angelo …» Tsubasa era ancora stordito dalla botta, Kyoko gli passò una mano sulla fronte e il giovane detective provò immensa felicità nell’essere morto. «Ryu cerca il signor Hirai e fatti dare una cassetta di primo intervento!» disse Kyoko, certa che il giovanotto davanti a lei stesse veramente male, sembrava in uno stato di delirio da febbre. Il bambino corse via seguito dalla sorella che trotterellava vicino a lui «Te l’avevo detto Akemi, quello era il mio tiro più forte!».

Poco dopo Tsubasa rideva con i bambini sull’accaduto, mentre Kyoko risistemava garze e cerotti «Però la prossima volta non perda di vista il suo collega, eviterà altre pallonate» la donna sorrise ancora al ragazzo che divenne rosso come un peperone e annuì. «Tsubasa accidenti!» esordì Zenigata arrivando seguito da Morimura «Mi hai fatto preoccupare!». Sia Kyoko che Tsubasa si alzarono e a donna salutò l’ispettore, Zaza ammirò la donna davanti a sé, mantenendo comunque il contegno di un uomo in servizio, a differenza di Tsubasa che la osservava trasognante e Zenigata lo tirò a sé intimandoli di mantenere un comportamento consono al suo ruolo.

«Via ispettore!» Morimura superò i due e si mise a fianco della figlia che abbassò lo sguardo «Non è colpa del ragazzo e solo che mia figlia è così bella da attirare sempre gli sguardi di tutti!» le cinse la vita con il braccio, Kyoko lo guardò impaurita e la scatola che reggeva le cadde dalle mani «Kyoko …» Morimura si abbasso a raccogliere il tutto e lo rimise fra le mani della figlia, stringendole un po’ troppo il braccio «Perché non porti i bambini a far merenda?» la donna annuì e salutò gli ospiti allontanandosi poi con i figli, anche loro velatamente spaventati.

Zenigata avvertì che qualcosa non andava e anche Tsubasa provò lo stesso. Come se nulla fosse Morimura si rivolse ai due poliziotti «Vogliate scusare mia figlia, venite pure per il rinfresco …»
«No grazie» Tsubasa aveva acquistato una strana freddezza «Abbiamo del lavoro da svolgere, Lupin potrebbe agire anche questa sera e dobbiamo essere pronti» poi si guardò in giro, la sicurezza era veramente impeccabile. «Come spiegavo al suo collega, ho uomini e sistemi di sicurezza avanzati, nessuno può entrare o uscire senza che io lo sappia» Morimura era fiero di sé stesso. «È la cosa che temevo» detto ciò, Tsubasa si voltò incamminandosi verso l’uscita, lasciando basiti i due uomini. Zenigata spiegò che per sicurezza delle pattuglie si sarebbero appostate fuori della villa e chiedeva la collaborazione di Morimura nella cattura del ladro «Se sarà così stupido da farsi vivo, i miei uomini sapranno cosa fare» i due si accomiatarono ed ognuno andò per la sua strada.

Tsubasa aspettava Zenigata in macchina con il motore già acceso, l’ispettore era preoccupato che il ragazzo fosse alla guida e lo invitò a lasciare il posto a lui «Salga ispettore!» disse Tsubasa serio e guardando fisso davanti a sé. Allontanatisi dalla villa, Zenigata fece le sue rimostranze per come il giovane detective si era comportato. «Ha visto il volto di quella donna?» Zaza aveva capito che qualcosa non andava, ma invece di rispondere alla domanda cercò di cambiare argomento «Sai che la nostra priorità è un’altra!» poi si voltò a guardare fuori dal finestrino.

Però per Tsubasa, la questione non poteva essere accantonata «Quando iniziai a fare il poliziotto, nella zona dove operavo c’erano molti casi di violenza da parte di uomini verso mogli o compagne, ovviamente erano poche le donne che denunciavano, ma ogni volta che accorrevamo per quello che veniva segnalato come ‘incidente domestico’ vedevo sempre la stessa espressione sul volto di quelle povere donne, era quello che ho visto oggi sul viso di Kyoko Morimura» Zaza meditò su queste parole, la donna era veramente spaventata, ma senza denuncia non potevano fare nulla; fu riportato alla realtà dalla macchina che sbandò pericolosamente e dovette prendere il volante per evitare di schiantarsi contro un camion (Tsubasa disperato per la situazione di Kyoko aveva appoggiato la testa al volante e perso di vista la strada) accostò e cambiò posto con Zaza, continuando a scusarsi fino alla centrale.


Quando tramontò il sole, dal suo ufficio Morimura osservava le luci dei lampeggianti fuori dalla villa che riempivano il cielo; c’era un suo uomo ad ogni porta e almeno due in ogni corridoio, Josh e Snake erano con lui in ufficio e la sua famiglia chiusa al sicuro, ognuno nella sua stanza, in questo modo era sicuro che ne Jigen, ne nessun altro avrebbe con facilità portato via Kyoko e i bambini. Poi c’erano quei due poliziotti da strapazzo, volevano entrare nella villa per dar man forte ai suoi uomini e proteggere lui e la sua famiglia, rise pensando a ciò, naturalmente gli aveva lasciati alla porta; voleva anche evitare che ai bambini o a Kyoko saltasse in mente di chiedere aiuto.


«Certo signora Morimura, la crisi dello zio è passata, ma le chiedo lo stesso scusa per averla lasciata così su due piedi».
«Cara non preoccuparti, rimani con tuo zio quanto desideri e quando ritornerai nella tua stanza stai attenta! Lupin e i suoi potrebbero presentarsi alla villa, non voglio che tu rimanga coinvolta in qualche incidente» disse Rina dall’altro capo del telefono. Fujiko ringraziò e diede la buona notte alla signora Morimura. Riagganciando si voltò ad osservare quel ‘gracile vecchietto’ che la osservava sorridente seduto nel letto. «Non vieni a confortare il tuo vecchio zio malato? Ma chérie?» Fujiko si avvicinò e prendendolo per i capelli, tirò via la maschera. «Da me Lupin, avrai soltanto aiuto nel rubare uno dei più preziosi tesori di questa villa» Lupin la afferrò portandola nel letto con sé, ma si ritrovò scaraventato via da un potente schiaffo della donna «Non credo ci sia tempo per altro, vero Jigen?» Fujiko guardò l’uomo che stava indossando giacca e cappello dopo aver tolto il travestimento da infermiere, ma Jigen non disse nulla, aspettava il segnale che sarebbe arrivato pochi minuti dopo. Fujiko lasciò i due ladri per completare la sua parte del piano.


Kyoko era seduta in camera sua, preoccupata per ciò che stava succedendo. Il padre non le aveva detto nulla quando aveva cercato qualche spiegazione per tutti quegli uomini armati e per aver ordinato che loro venissero chiusi nelle loro stanze per sicurezza. Il suo timore aumentò, quando l’allarme della villa cominciò a suonare.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti, a voi servito un altro capitolo, spero possiate apprezzarlo. L’azione parte da adesso, la banda di Lupin entra in gioco e Zaza torna in scena con il goffo Tsubasa dal cuore tenero.
Vi aspetto alla prossima

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Capitolo 8
*** Ladri alla villa ***


Cap. 8 – Ladri alla villa
 
«Da dove diavolo è scattata l’allarme?» gridava Josh dal suo telefono alle guardie nella sala controllo, mentre teneva stretta la sua pistola nell’altra mano. «Josh, non ne abbiamo idea, sembra tutto regolare …» ma l’uomo si interruppe bruscamente «Cosa succede?» a Josh non piaceva quell’improvviso silenzio. «I monitor dei sotterranei si sono spenti!» disse preoccupato l’uomo all’altro capo del telefono.

«A tutti gli uomini del piano terra! Riversatevi nel corridoio sotterraneo e chiunque non sia dei nostri, che venga riempito di pallottole!» ordinò Morimura all’interfono della villa «Snake, va con loro!» disse girandosi verso il suo uomo «Ma capo, lo sa benissimo che è solo un diversivo!» protestò Snake. «Lo so, ma potrebbe esserci uno di loro ancora la sotto, se sono Goemon o Lupin falli fuori, se trovi Jigen, portamelo qui!» la serpe, con un ghigno sul volto lasciò la stanza e corse a guidare gli uomini nei sotterranei. Morimura ora aveva anche un’altra preoccupazione: se quella banda di ladri volesse anche impossessarsi di un atro suo tesoro?

Le guardie davanti alla porta del santuario di Morimura erano state stese, ma una riuscì ad avvisarli che c’era ancora qualcuno dentro, indicando con l’indice e pronunciando poche parole quasi inudibili, prima di accasciarsi nuovamente. Snake con alcuni dei suoi si precipitò all’interno, ma la flebile luce non gli permetteva di vedere «Usate le torce, maledizione!» urlò e gli uomini illuminarono davanti a loro e dietro la statua qualcosa si mosse, Snake si avvicinò quatto «Siete in trappola, topolini!» girando dietro il leone dorato puntò la pistola, ma abbassò la canna e strabuzzò gli occhi: erano le guardie che dovevano essere all’ingresso, spogliate della loro divisa, legati e imbavagliati.
Snake capì al volo e corse fuori superando tutti gli uomini riversatisi nella stanza, due bombe a mano gli passarono vicino esplodendo all’interno, riuscì a superare le porte prima che queste si richiudessero dietro di lui, gli uomini rimasti fuori erano stati stesi e quelli all’interno della stanza a breve sarebbero caduti nel sonno generato dall’aver respirato il gas soporifero rilasciato dalle bombe. Le guardie che avevano trovato prima riverse al suolo non c’erano più, corse verso l’uscita, attraversò il lungo corridoio e voltato l’angolo trovò alcuni uomini di Morimura schierati con i fucili puntati.

«Eccolo è lui! È Lupin, sparate!» gridò un uomo. Snake era impietrito, quell’uomo era la sua copia esatta e dava ordini ai suoi sottoposti, dovette nascondersi e tornare indietro, degli uomini lo inseguirono e una volta immobilizzatolo cercarono di levargli la maschera «Ti abbiamo preso ladro da strapazzo!» ma la maschera non veniva via «Brutti idioti, sono io quello vero!» tutti tornarono indietro; quei pochi rimasti all’entrata dei sotterranei erano immobilizzati, Jigen e Lupin erano all’ingresso e stavano chiudendo l’enorme porta, apribile solo dall’esterno oppure con i badge delle guardie che sorvegliavano la statua, naturalmente rubati da Lupin. Erano in trappola o almeno non tutti. Un suono metallico riecheggiò nell’oscurità e con una torcia venne illuminata un’altra bomba soporifera, Snake rubò la torcia e corse verso un passaggio segreto che solo lui, Morimura e Josh conoscevano, lasciando i suoi uomini a sonnecchiare tranquillamente. Nello stretto corridoio polveroso, meditava su come farla pagare a Lupin una volta tornato in superficie.


«Che succede? Dove sono Lupin e gli altri?» Josh gridò ancora la telefono «Josh, tutte le telecamere sono fuori uso! Non riesco a …» si udì un colpo e la comunicazione fu interrotta. Tutti gli uomini, compreso Morimura lasciarono l’ufficio e corsero in direzioni diverse: alcuni alla sala monitor, altri nei corridoi, Josh fu incaricato da Morimura di recuperare Rina, Kyoko ed i bambini e portarli in un posto sicuro e Morimura andò dritto verso il giardino centrale, aveva visto qualcuno dalle vetrate del suo ufficio, in piedi sull’engawa che fumava una sigaretta.


Goemon rinfoderò la katana, aveva rotto i monitor dopo aver stordito le due guardie; Fujiko aveva detto che poteva momentaneamente spegnere le telecamere da un qualsiasi computer della villa visto che si era impossessata dei codici di sicurezza, ma i tecnici della sala monitor erano uomini in gamba, le avrebbero riattivate in breve tempo, occorreva renderli innocui. Legati i due uomini e nascostili in un ripostiglio andò a cercare i bambini, atterrando nel frattempo coloro che intralciavano il suo percorso. Era già al primo piano e saltò sul tetto andando dritto dove Fujiko aveva indicato che si trovavano i bambini, Akemi non era in camera sua, ma era nella camera di Ryugi e il signor. Hirai faceva loro da guardia brandendo una katana vestito con hakama(1) bianca e uno yukata(2) nero.

Fu la bambina a vederlo da dietro la finestra e corse ad aprirla «Goemon-sama! Sei venuto a …» Hirai la prese portandola dietro di sé. «Hishikawa! Cosa ci fai qui?» puntava l’arma verso il samurai. «Sono venuto a portare via questi bambini» Goemon sfoderò la sua Zantetsuken, puntandola all’uomo. Si erano già scontrati anni fa, quando Goemon aveva rubato un antico monile che Morimura custodiva, ma che apparteneva ad un tempio shintoista e lui si era fatto carico di riportarlo dove doveva stare. L’uomo gli aveva dato del filo da torcere allora e guardando la luce nei suoi occhi, non sarebbe stato diverso nemmeno questa volta. Furono i bambini a fermarli, mettendosi in mezzo «Uomini!» disse Ryugi con gli occhi scintillanti e pieni di vivacità «Vorrei davvero assistere a questo epico scontro, ma non c’è tempo, dobbiamo andarcene» Akemi pizzicò la guancia del fratello tirandola forte, in un momento del genere pensava ad un combattimento. Hirai guardò il ladro «Li porterai al sicuro?» Goemon annuì alla domanda dell’uomo «Allora non posso impedirtelo» Hirai rinfoderò la katana «Bambini andate con lui, ma bada ladro! Che non accada nulla ai piccoli!» i due abbracciarono Hirai e si avvicinarono alla finestra, ma prima che Goemon potesse mettere piede fuori, un proiettile lo sfiorò, due uomini nel giardino puntavano le pistole verso di lui, si lanciò giù e li stese in pochi colpi. Altri uomini corsero verso di lui, attirati dagli spari, ma quando si voltò anche Hirai era saltato giù e li atterrò.

«Il giardino esterno ha delle porte di servizio, facciamo scendere i bambini e portiamoli via» udirono un tonfo e votandosi videro Ryu riemergere dai cespugli trionfante, si era buttato come loro ed ora si sentiva un samurai. «Akemi! Piccola non ti buttare veniamo noi a prenderti!» Hirai non fece in tempo a finire la frase che Akemi urlò trascinata via da qualcuno. «Hirai-san prendi Ryugi e portalo fuori, io cerco la bambina» Goemon gli disse dove dirigersi una volta fuori dalla villa e con un balzo arrivò alla finestra, la porta della stanza era spalancata e si gettò all’inseguimento. Ryu non ne voleva sapere di lasciare sola la sorella «Ryugi! Un bambino ed un vecchio saranno solo d’intralcio a quel samurai, ubbidiamo e lasciamo la villa!» il bambino guardò un’ultima volta la finestra e poi seguì il signor Hirai.


Kyoko aveva udito degli spari, erano vicini, ma affacciandosi alla finestra non vide nulla; Hirai e Goemon erano nascosti alla sua vista dai grossi alberi del giardino, il gran trambusto proveniente da quel lato della villa non le piaceva. Corse alla porta pochi secondi prima che Hirai e Ryu passassero nel giardino sottostante; forzò la maniglia con tutta la forza che aveva e sbattendo forte i pugni contro la porta ordinava alla guardia di aprirle, ma nessuno rispose. In effetti non si udiva alcun rumore, appoggiando l’orecchio, sentì un forte tonfo e il suono di qualcosa che veniva trascinato via. Kyoko indietreggiò, qualcuno con in mano delle chiavi che tintinnavano stava aprendo la porta. Fujiko fece capolino nella stanza e Kyoko non sapeva cosa aspettarsi da lei «Kyoko! Stai bene per fortuna!» mentre si avvicinava, Kyoko indietreggiava e cercò qualcosa con cui difendersi, afferrò una forbice dalla scrivania e gliela puntò «Sapevo che Jigen non poteva sposarsi con una donna senza spina dorsale» disse sorridendo Fujiko e le forbici caddero dalle mani di Kyoko.

«Conosci Jigen?» Kyoko corse da Fujiko e le afferrò le braccia «Come sta? Dove si trova? È ferito?» chiedeva tremando per l’emozione. «Non preoccuparti Kyoko, sta bene ed è qui, ma ora devo portarti fuori dalla villa!» prese per mano Kyoko e corse fuori dalla stanza, nel salotto che faceva da anticamera si trovarono faccia a faccia con Rina e le due donne si fermarono non sapendo cosa fare. «Oh, meno male care, siete tutte e due qui!» corse ad abbracciarle «La situazione si è fatta pericolosa, dobbiamo andarcene! Una macchina ci sta aspettando, forza!» Fujiko annuì, forse l’aiuto di Rina si sarebbe rivelato utile, ma rimaneva sempre in guardia, la superò a grandi passi.

«Rina, i miei figli, sai dove sono?» chiese Kyoko stringendo la giacca della donna fra le mani «Ci stanno già aspettando in macchina, presto andiamo!» Fujiko si fermò alle parole della donna, i bambini dovevano già essere con Goemon, come avrebbe fatto Rina a trovarli? I dubbi della ladra furono fugati quando voltandosi, vide Rina puntarle una pistola «Non ti muovere! Fujiko» Rina l’aveva vista esitare e temendo che potesse essere coinvolta nel piano di Lupin più del dovuto, cambiò le carte in tavola; ma anche la ladra estrasse una pistola e la puntò alla donna «Ora come la mettiamo, Rina?»

«È facile!» Rina strattonò Kyoko e le circondò il collo con il braccio puntandole la pistola alla testa «Ora Fujiko, spostati!» Rina faceva sul serio e Fujiko abbassò l’arma, facendosi di lato. Rina e Kyoko camminarono verso l’uscita, Kyoko non osava muoversi, non temeva solo per la sua vita, ma anche per quella della sua salvatrice, ora era certa che Rina non aveva scrupoli anche se mai avrebbe pensato che potesse essere capace di puntare una pistola addosso a qualcuno. Rina prese Kyoko per un braccio e la lanciò per terra «Legala!» ordinò tenendo sempre Fujiko sotto tiro. Josh afferrò Kyoko e le legò le mani dietro la schiena, quando riuscì a voltarsi Kyoko aveva la rabbia dipinta sul volto. Josh prese quel viso delicato con una sola mano «Non preoccuparti dolcezza, non ti farò nient’altro!» poi Rina si fece consegnare chiavi e pistola da Fujiko.

«Così eri anche tu in combutta con quei ladri! Mi puzzava qualcosa di te, ma non riuscivo a capire cosa fosse, nascosto dietro la facciata della segretaria perfetta. Sapevo che lo zio malato era una balla, ma volevo conoscere talmente tanto la verità che non ho esitato a dirti di portarlo qui alla villa! Le maschere ed i costumi lasciati nella sua camera hanno dato conferma ai miei dubbi e il fatto che Lupin sarebbe arrivato questa notte, mi ha reso più semplice trarre le mie conclusioni. Fai la brava e rimani qui fino a che non ti troveranno gli uomini di mio marito! Dai la tua pistola a Josh!» l’uomo lasciò Kyoko e prese l’arma che Fujiko aveva lanciato lontano da sé e la tenne sotto tiro, poi Rina sparò a Kyoko sul braccio facendola sanguinare tra lo stupore di tutti «Un monito, Fujiko, se ci segui prenderò meglio la mira!» Poi i tre uscirono dalla stanza e chiusero a chiave la porta. Il proiettile non aveva procurato una ferita molto profonda, ma nonostante ciò le faceva un gran male, il sangue le scorreva fuori lungo tutto il braccio e sul vestito; Rina la medicò in modo da fermare il sanguinamento e poi se ne andarono.

«Sospettavo tu fossi perfida, ma ora ne ho la conferma!» Kyoko sentiva un gran dolore al braccio, ma era attenuato da tutta l’adrenalina che aveva in corpo in quel momento. «Mia cara, scoprirai che posso essere molto peggio!» Rina indicò il corridoio e un uomo si avvicinò tenendo Akemi fra le braccia «Mamma!» gridò la bambina appena la vide, Kyoko sentì tutta la rabbia sparire in un momento «Non siamo più così agguerrite, vero Kyoko? … Andiamo!» disse Rina trascinandola via, ma l’uomo che teneva Akemi fu colpito alle spalle e lasciò andare la bambina prima di cadere su sé stesso, Goemon apparve dietro di lui. Akemi stava per correre dalla madre quando lei le urlò «Akemi no!» aveva visto Rina alzare la pistola in direzione della bambina, le si gettò addosso e il proiettile colpi una lampada facendola scoppiare. «Goemon prendi la bambina e portala via ti prego!» urlò tra le lacrime Kyoko e il samurai obbedì, sapendo che la piccola era in pericolo, ma la portò semplicemente in una stanza laterale dicendole di nascondersi, poi puntò l’arma verso i suoi avversari.
«Josh, fallo fuori e poi prendi la bambina. Ti aspetto dove sai!» Rina afferrò Kyoko e la trascinò via, e lei la seguì, sapendo di portarla il più lontano possibile dalla figlia. Goemon si lanciò su Josh che gli scaricava addosso tutti i colpi che aveva, ma quando il samurai pensò di riuscire a colpirlo, la sua katana incrociò un’altra spada. «Credevi di essere l’unico a poter impugnare un’arma del genere?» Goemon si accorse solo allora della fodera legata al fianco dell’uomo «Ti devo ringraziare, quando sei arrivato qui anni fa ero solo un ragazzo inesperto, vedendo la tua maestria decisi di imparare l’arte della spada e ora … fatti sotto!»


Lupin era fermo davanti ad un muro, indossò la maschera antigas e tirò la leva accanto a lui, la parete tremò e una piccola porzione si mosse, una nuvola di polvere si diffuse intorno al ladro non appena la parete iniziò a girare su sé stessa, Lupin intravide nella stanza oltre il muro gli uomini ancora stesi dal gas soporifero, mentre la statua dorata compariva davanti ai suoi occhi. Fece non poca fatica a coprirla, metterla nella cassa, legarla, e trascinarla nel cassone del camioncino, pensò a quanto fosse stato stupido a dire che ce l’avrebbe fatta da solo, ma alla fine salì in cabina e partì. Pochi minuti dopo uscì da una grotta nella campagna circostante e nascose la refurtiva, poi tornò alla villa; secondo il piano Kyoko, Fujiko e i bambini dovevano essere già arrivati o per lo meno dovevano trovarsi già in vista. Goemon avrebbe incontrato le due donne e affidatogli i bambini, sarebbe andato ad aiutare Jigen che intanto doveva distrarre Morimura. Gli uomini di Sakashi sarebbero arrivati presto e ci sarebbe stato un gran casino nella villa.


Tsubasa e Zenigata, con le pistole in mano erano già davanti al portone della villa al suono del primo allarme, sentirono tutto il trambusto al suo interno e la voce di Morimura dare ordini ai suoi uomini. «Dannazione!» Lupin era sicuramente dentro la villa e Zaza non poteva andare a prenderlo. Tsubasa era al telefono con la centrale di polizia locale «Com’è possibile che contro Morimura non possiate fare nulla?!» ma la linea cadde, riprovò con il telefono di Zenigata e poi con quello di altri poliziotti, ma era come se qualcuno li avesse isolati. Passarono interminabili minuti durante i quali i due si chiedevano cosa fare. «Ehi voi! Qui non si può stare!» un poliziotto nelle retrovie si rivolgeva a degli sconosciuti giunti dal nulla su auto nere senza targa, che crearono una barriera dietro i poliziotti. Riparati dietro le auto blindate, aprirono il fuoco ed alcuni agenti rimasero feriti prima di potersi rifugiare dietro le volanti, Zaza e Tsubasa raggiunsero i loro uomini per dar man forte nello scontro a fuoco.

Intanto, approfittando della confusione e del buio della notte, altri uomini arrivarono fino alla grotta da dove poco prima Lupin era uscito con la statua «Lupin ha detto che da qua si accede direttamente alla villa tramite un passaggio sotterraneo …» un altro vicino a lui replicò «Lupin e la sua banda faranno meglio a non imbrogliarci! Non avevano parlato dei poliziotti! ... Ora muoviamoci!» si introdussero nella villa e mentre alcuni di loro distraevano gli uomini di Morimura, altri si diressero nel suo ufficio.
«Veloce!» disse uno di loro rivolto ad un ragazzo seduto fuori dalla porta con un computer portatile. «Quanto sei impaziente! … Ho fatto, sistemi d’allarme disattivati» poi guardò il suo compagno più grande con un sorriso di trionfo «Prendiamoci tutto di questo bastardo!» fece per entrare, ma poi si spostò di lato e con un inchino si rivolse a qualcun’altro «Dopo di lei signor. Sakashi» appoggiato alla parete opposta c’era un uomo: vestito con un completo bianco, così come le scarpe, camicia azzurra e borsalino bianco posato sui capelli neri; con un sorriso di trionfo superò i suoi uomini e si sedette alla scrivania di Morimura, il computer era acceso ed inserì una chiavetta USB «Dimmi tutto ciò che sai!» copiò vari file e informazioni interessanti, alcune delle quali le inviò all’interpol di Tokyo tramite una linea non tracciabile.


Lupin vide due figure avanzare verso di lui e più si facevano vicino più distingueva un uomo con una katana e un bambino “Ma dov’è Akemi? E Goemon non dovrebbe essere qui!” pensò, ma poi si rese conto che l’uomo non era l’amico. Ryu si gettò fra le braccia del ladro «Lupin stai bene!» si guardò intorno «Dove sono Goemon e Akemi? E la mamma?» ma il ladro rispose che erano loro due i primi che incontrava. Ryu sgranò gli occhi e si voltò per tornare indietro «Ryu! Non puoi tornare alla villa!» il signor Hirai bloccò il bambino. «Hirai ha ragione piccolo, la mamma e Akemi presto arriveranno e quando avremo finito ce ne andremo tutti insieme!» cercò di convincerlo Lupin. «Voi non capite!» diceva piangendo Ryu «Ho promesso a papà che le avrei protette, invece sono stato io il primo a fuggire!».

«Ryu!» Lupin cercò di avere un tono autoritario, ma poi prese il bambino fra le braccia «Se ora rientri nella villa ogni tentativo di tuo padre di mettervi in salvo verrà compromesso!» poi lo guardò in faccia sorridendo ed accarezzandogli la testa «Rimani con Hirai, ci penso io alla mamma e ad Akemi per questa volta, se me lo permetti» tirando su con il naso Ryu annuì e Lupin corse di nuovo via. I due invece andarono verso il camioncino nascosto in una vecchia baracca giù dalla collina su cui la villa si trovava, passando vicino alla grotta Hirai vide parecchie impronte di gente che si era intrufolata, prese Ryu per mano ed accelerò il passo.


Jigen camminava lento per i corridoi della villa, sparando qualche volta agli uomini di Morimura che comparivano davanti a lui, ad ogni passo riviveva i suoi giorni lì al servizio di Morimura, fino alla fuga con Kyoko e adesso come allora era deciso a strapparla dalle mani del padre. Aveva eseguito le istruzioni: steso le guardie nel santuario sotto la villa e preparato il tranello con Lupin, procurato il camioncino e resi inabili quanti più uomini possibile; ora aveva un ultimo obbiettivo, forse il più importante. Uscì sull’engawa e fisso in alto l’ufficio di Morimura, lo vide disperarsi con i suoi uomini e sorrise, si accese una sigaretta e attese. Morimura si appoggiò alla vetrata, era visibilmente provato e si passava una mano nei capelli, poi come chiamato da una voce familiare alzò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono «Vieni bastardo, ti sto aspettando!» le parole di Jigen riecheggiarono nel buio.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti, allora … Cosa ne pensate? È cominciata l’azione, yeah! Ma il piano non si sta svolgendo esattamente come pianificato, curiosi di scoprire come andrà a finire?
Il povero Zaza e Tsubasa sono impegnati a difendersi, anche se l’unica grande preoccupazione dell’ispettore è quella di raggiungere Lupin i prima possibile. Intanto nostri ladri si danno da fare, nonostante le difficoltà incontrate.
Alla prossima
 
(1) Indumento tradizionale giapponese simile ad una gonna-pantalone o a una gonna a pieghe, viene legata in vita ed è lunga fino alle caviglie.
(2) Indumento simile al kimono, ma meno formale. In genere di cotone.

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Capitolo 9
*** La donna misteriosa ***


Cap. 9 – La donna misteriosa
 
Goemon lottava ancora contro Josh, ma era uno scontro chiaramente non alla pari ed il samurai ebbe la meglio facilmente e quando Josh cadde all’indietro ferito, gli puntò l’arma alla gola «Ci vorranno ancora anni prima che tu riesca a padroneggiare un’arma così nobile!» Goemon aveva notato le varie mancanze dell’uomo «Ora vattene». Ma Josh non avrebbe mai accettato la sconfitta e si gettò addosso a Goemon che stava rinfoderando la spada, il samurai scartò di lato e Josh inciampò, cercando di mantenere l’equilibrio fece di piccoli saltelli. Nel voltarsi per guardare negli occhi il suo avversario, vide Akemi nella stanza vicino, la bambina si nascose non appena incrociò il suo sguardo. Josh corse nella stanza, ma prima che riuscisse ad afferrare la spaventata piccina, Goemon lo colpì in testa, il colpo di grazia. Josh cadde di colpo e Akemi guardò Goemon trasognante, si sentiva la principessa salvata dal bel principe. Il samurai tese la mano verso la bambina «Andiamo Akemi?» la piccola annuì porgendo la sua manina.


Fujiko era riuscita a liberarsi e ad uscire dalla stanza; era rimasta allibita dalla freddezza con cui Rina aveva sparato a quella donna indifesa, girando l’angolo vide vari mobili spezzati in più parti con tagli netti e regolari “Goemon?” fu il suo unico pensiero che svanì non appena vide Josh steso in una stanza. Frugandogli addosso ritrovò la sua pistola «Questa fustacchione me la riprendo io!». Corse in corridoio, ma fu trascinata in una stanza e sbattuta su un letto, era avvenuto tutto velocemente, come se qualcuno l’avesse avvolta stretta. Un uomo la teneva ferma per le braccia e le gambe «Bene dolcezza, visto che qua dentro sta andando tutto allo sfascio, tanto vale divertirsi no?» Snake le sibilò queste parole nelle orecchie, non era la prima volta che ci provava con Fujiko, ora era andato oltre; ma l’uomo non si aspettava che una segretaria conoscesse così bene le arti marziali. Però Snake rendeva onore al suo nome e strisciava ovunque evitando moti dei colpi della donna, riuscì a mettersi dietro si lei ed a bloccarla ancora «Sei molto vivace! Fai a brava e ti divertirai anche tu» ma anche lui fu colpito in testa.

«Eh no! La ragazza ha già appuntamento con me oggi» Lupin rinfoderò la sua pistola e porse la mano a Fujiko che gli si gettò fra le braccia «Oh Lupin, sei venuto a salvarmi?!».
«Si, mia cara Fujiko, ma se non sbaglio ci sono anche altre persone che hanno bisogno di noi»


Akemi lasciò il suo nascondiglio e saltò fra le braccia di Goemon, che aveva appena battuto altri uomini nel giardino della villa e uscirono dalle mura. Ancora trasognante non sentì che Ryu la chiamava da lontano, solo quando gli furono vicino si accorse sia del fratello che del signor Hirai. Goemon affidò anche la bambina all’anziano maggiordomo e tornò nella villa per aiutare Lupin e Jigen.


Rina trascinava e strattonava Kyoko lungo i corridoi della villa, non c’era quasi più nessuno in giro, era piena di odio e rabbia verso la figlia di suo marito «Maledetta! Non sei stata nemmeno capace di nasconderti per bene senza farti trovare da tuo padre!» arrivarono nel garage, ma dopo aver provato a mettere in moto qualche auto, capì che qualcuno doveva averle manomesse. «Non fa nulla» tirò a sé Kyoko e guardandola dritta in faccia disse «Risolveremo tutto fuori di qua!» trascinò la giovane donna fuori dalle mura della villa.

A Kyoko il braccio faceva sempre più male e camminava a vicino a Rina «Signora Morimura! Signorina Kyoko!» Hirai le aveva scorte in lontananza e si era avvicinato per vedere chi fossero e Rina nascose la pistola dietro di sé e disse sottovoce a Kyoko «Se dici qualcosa, pianto una pallottola nella sua testa» e le mise il soprabito sulle spalle per nascondere il fatto che avesse le mani legate.
«Hirai! State bene!» Rina si avvicinò e l’uomo vide sangue sul vestito di Kyoko «C’è stato uno scontro a fuoco ed è rimasta ferita, per fortuna sono riuscita a portarla fuori»
«Allora dobbiamo andare in ospedale subito, venite i bambini sono nascosti qui vicino» Hirai diede le spalle alle donne e Rina puntò l’arma. Kyoko cercò di avvisarlo «Hirai! Scansati! Ha una pistola!» ma il maggiordomo non fece in tempo a estrarre la sua arma, fu raggiunto da due colpi e cadde a terra.

A Kyoko si gelò il sangue nelle vene; vide Ryu ed Akemi nascosti fra gli alberi e urlò «Bambini, scappate!» ma Rina la colpì in testa con il calcio della pistola e con una pedata alla schiena la atterrò.
«Bene piccoli!» puntò la pistola verso Kyoko, tenendo un piede sul corpo di lei «Se non venite subito fuori faccio saltare la testa a vostra madre!». Ryu uscì allo scoperto tenendo Akemi dietro di lui, il suo viso era pieno di rabbia e paura, non sapeva cosa fare.


«Jigen» Morimura guardava l’uomo davanti a lui «Sei veramente cocciuto. Mi sembrava di essere stato chiaro quando sei venuto a riportarmi il diamante, non dovevi più farti vedere!» gridò con rabbia. Ma il cecchino non era per nulla intimorito «Visto che non lo capisci con le buone, ho pensato di ripetere ciò che ho fatto otto anni fa e portare via da questo posto le persone che amo» Jigen scostò la giacca per prendere la pistola, ma prima che uno dei due riuscisse a sparare, si udì un altro colpo, Morimura era a terra colpito ad una gamba.

Una donna con i lunghi capelli neri raccolti in una coda bassa uscì dall’ombra, indossava un completo con pantaloni e giacca neri, camicia bianca e dei mocassini di pelle. E man mano che la luce definiva la sua figura, Jigen era incredulo. Gli occhi neri della donna erano fissi su Morimura e lo guardavano come fosse un essere disgustoso, la bocca con le labbra sottili era immobile: non un ghigno o una smorfia.
«Questo era per Kyoko …» poi sparò un colpo all’altra gamba dell’uomo «Questo è per Ryu!» dopo gli colpì il braccio «E questo per Akemi!» poi lo prese per i capelli e gli sollevò il viso, caricò un pugno «E questo per avermi fatto quasi morire di paura per la mia famiglia!» fu un colpo veramente forte, degno di qualcuno che si allenava da anni. Morimura cadde a terra e la donna gli legò stretti caviglie e polsi, poi guardò dall’altro lato del giardino «Oh … ci sei anche tu fratellino … non ti avevo visto» si voltò per andarsene.
«Kaori! Cosa diavolo ci fai qui?!» le urlò Jigen, mentre lei si allontanava, non degnandolo della sua attenzione.


Kaori buttava giù a pedate ogni porta che incontrava sulla sua strada, oltre a far morire di paura il personale che incrociava lungo la sua strada «Kyoko! Ryu! Akemi! Sono Kaori, dove siete?» colpì con la pistola un uomo che si era avvicinato troppo; Jigen la seguiva, ma lei non sentiva le sue parole, né tantomeno avvertiva la sua presenza. Lupin aprì una delle porte che dava sul corridoio dove si trovavano Jigen e Kaori e la donna sparò, con la sua Magnum Jigen deviò il colpo, ma questo non impedì al povero ladro di sentire un brivido di paura percorrerlo da capo a piedi. Fujiko da dietro di lui puntò la pistola a Kaori che non abbassò la sua, intervenne Jigen «Kaori, questi sono i miei amici, abbassa l’arma!»
«Tuoi amici? … si … Lupin III e lei è … uhm?» Kaori si spremette le meningi, ma siccome non le interessava fece spallucce, rinfoderò la pistola e continuò la sua ricerca «Kyoko! Ryu! Akemi!»

«Lei chi è? E perché anche lei cerca la tua famiglia Jigen?» chiese Fujiko, ma lui fece segno di lasciar perdere «Se ci tiene a loro, sarà meglio che ci aiuti a trovarli presto, se Rina è riuscita a trovare anche i bambini, si trovano in grande pericolo» a queste parole sia Kaori che Jigen si voltarono a guardarla.
«Fujiko! Cosa significa?» alla domanda di Jigen, Fujiko spiegò velocemente cosa era successo, non c’era tempo da perdere, arrivò anche Goemon disse che bambini erano al sicuro con Hirai. Andarono tutti in direzioni diverse: Fujiko e Lupin legarono saldo quanti più uomini di Morimura riuscirono a trovare; Goemon portò Morimura, Josh e Snake nel giardino centrale e Jigen e Kaori continuavano la loro ricerca in direzioni separate. Ma Kyoko non si trovava, Jigen percorreva di corsa il giardino esterno con ansia crescente, poi la sua attenzione fu catturata dal rumore di uno sparo provenire dall’esterno della villa, gli si gelò il sangue: i bambini erano all’esterno e forse anche Kyoko, ed erano in pericolo.


Kyoko perdeva sangue dal taglio che Rina le aveva procurato alla testa, era riuscita a sollevarsi con la schiena, ma rimaneva inginocchiata a terra con i suoi bambini vicino. Akemi si teneva stretta a lei e singhiozzava, Ryu in piedi vicino a loro teneva la madre fra le braccia e guardava pieno di collera la donna in piedi davanti a loro «Quando mi è stato riferito che eri ricomparsa, l’odio che provavo nei tuoi confronti anni fa è rispuntato e quando ho visto i bambini nell’ufficio di tuo padre ho pensato che era finita, i soldi che sarebbero stati miei alla morte di mio marito ora erano l’eredità di questi due piccoli bastardi! Tuo padre stava prendendo accordi con il suo avvocato per renderli i soli eredi» poi guardò il bambino «Soprattutto lui, era così felice di avere un nipote maschio! Io invece ne ero solo innervosita, non ho lavorato tutti questi anni, accettato di fare tutto ciò che tuo padre desiderava per vedermi strappare ogni cosa!».

Passò poi in rassegna tutti loro, i singhiozzi di Akemi la facevano innervosire e puntò la pistola «Ma dopo stasera, non sarete più un problema!» Rina premette il grilletto e il suono dello sparo si diffuse nella campagna circostante. Dopo si udì solo un gemito di dolore, Ryu si teneva una mano sulla spalla dalla quale usciva del sangue, ma era ancora in piedi; si era messo fra la pistola di Rina e la mamma con Akemi.
«Se vuoi essere il primo, piccolo, ti accontento subito!» con uno sguardo sadico caricò il colpo seguente, Kyoko scattò in piedi buttandosi fra lei ed il figlio, ma prima che la donna potesse sparare, la pistola le cadde di mano colpita da un proiettile, voltandosi vide rischiarata dalla luce della luna la figura longilinea di un uomo che si avvicinava.

«Rina! Allontanati subito da loro!» ma la donna superò Kyoko e Ryu, prese la piccola Akemi terrorizzata e si voltò perché tutti i presenti la vedessero, le teneva il braccio stretto intorno al collo sollevandola da terra, mentre la piccola si dimenava, con l’altra mano le puntava un coltello sul volto.
«Forza Jigen! Se spari questo coltello lascerà un ricordo sul viso della bambina, è ricoperto di veleno che la paralizzerà lentamente, la vedrai morire piano senza poter fare nulla e …» Rina di certo non conosceva le abilità dell’uomo che aveva davanti, con un colpo fece saltare il coltello dalle mani della donna che, presa alla sprovvista, allentò la presa su Akemi facendola cadere a terra. Voltandosi, Rina vide Ryu tenere in mano la pistola che aveva perso poco prima e rise «Credi davvero di saper usare quella cosa, moccioso?» due colpi fecero cadere i preziosi pendenti di diamante che aveva come orecchini, li sentì fischiare vicino a lei e fu presa da paura «Sono abbastanza sicuro di sapere come si fa!» disse beffardo il bambino fra lo sgomento di tutti, i suoi genitori per primi. Approfittando del disorientamento della donna, Jigen la immobilizzò legandole le mani, arrivò anche Kaori «Jigen, pensa a loro, lei lasciala a me» disse con una punta di collera nel tono della voce.

Jigen prese Akemi che riprendendo fiato tossiva «Ti fa male piccolina?» si alzò con lei in braccio e andò da Ryu levandogli la pistola dalla mano, Kyoko barcollando si avvicinò e Jigen le slegò le mani, strappandosi un pezzo di vestito Kyoko strinse il braccio sanguinante del bambino «Jigen, dobbiamo portarlo in ospedale …» ma una smorfia di dolore interruppe le sue parole, non potendolo muovere, non si era accorta di quanto il braccio le facesse veramente male.

«Papà?» la voce di Ryu catturò la loro attenzione, sembrava stanco e gli occhi semichiusi guardavano il genitore «Ho protetto la mamma e Akemi, ho mantenuto la promessa!» Jigen lo baciò sulla fronte «Sei stato bravo piccolo mio» sentiva le lacrime affacciarsi sui suoi occhi, sapeva che Ryu era un bambino coraggioso, ma non avrebbe mai voluto che rischiasse così la vita. Non avrebbe mai voluto che la sua famiglia si venisse a trovare in una situazione così pericolosa.
«Non in ospedale, venite con me» Hirai era in piedi vicino a loro, con un uomo accanto a sé.


Tornati alla villa anche Rina fu portata in giardino vicino a Morimura e agli altri, Kaori che la stava trascinando la scaraventò vicino al marito. Kyoko, i bambini e tutti gli altri della banda di Lupin, furono curati dal misterioso uomo che si era preso cura anche di Hirai. Si presentò poi come uno degli uomini di Sakashi, era anche medico e il suo capo l’aveva mandato in caso qualcuno avesse necessitato delle sue cure. Con i bambini e Kyoko si dimostro cordiale e simpatico e dai piccoli sparirono paura e tristezza. Era grande e grosso, vestito con pantaloni neri ed un lungo camice nero, così come le scarpe, il volto squadrato era percorso da parte a parte da una cicatrice, ottenuta probabilmente in uno scontro passato, i capelli erano brizzolati e i lineamenti marcati erano accompagnati da due occhi di ghiaccio che potevano incutere timore, ma era prodigo di sorrisi e parole gentili «Vi consiglio di riposare a casa, evitate di farvi vedere in un ospedale. Farebbero troppe domande» poi tirò fuori dalla sua borsa due leccalecca e li diede ai bambini, Akemi prese subito quello alla fragola. Erano stati medicati con precisione e sicuramente non c’era bisogno di altre cure.

Kyoko annuì e guardò Jigen, lui guardava lei, in un attimo rivisse nella sua mente i momenti passati, quando si innamorò di lui e di quando Jigen poi la liberò come aveva rifatto ora.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti! L’epilogo felice del piano di Lupin. In realtà avevo scritto tre capitoli più corti, ma ho preferito racchiudere tutto lo svolgimento del piano solo in due, anche perché adesso comincia la parte che ho amato scrivere. Dal prossimo capitolo, infatti, faremo un salto nel passato, capendo come Kyoko e Jigen si sono incontrati e innamorati.

Per quanto riguarda Kaori, il nome è di fantasia, ma da quanto ho potuto leggere su Jigen, anche se non è mai stata mostrata nelle varie opere, dovrebbe avere una sorella.

E Zazà alla porta? Per lui dobbiamo aspettare.

Alla prossima.

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Capitolo 10
*** Una ragazza ribelle ***


Kyoko e Jigen
Cap. 1 – Una ragazza ribelle

 
Morimura era chiuso nel suo ufficio a consultare scartoffie e meditare qualche altro sordido piano contro i suoi rivali. Jigen placidamente leggeva un giornale seduto sul divano incuriosito dalle notizie sportive visto alcune scommesse che aveva fatto e compiacendosi che come non sbagliava mai un colpo con la sua Magnum, allo stesso modo aveva piazzato bene le sue puntate, Lupin si ciondolava da una parte all’altra ammirando le ricchezze dell’uomo per cui momentaneamente lui ed il suo socio lavoravano. Jigen si sporse per spegnere la sigaretta nel posacenere sul tavolino di fronte a lui quando la porta si aprì violentemente.

«Capo ho portato ciò che aveva chiest…» le parole morirono in gola all’uomo, mentre Jigen e Lupin gli puntavano le loro pistole alle tempie, Morimura osservava compiaciuto, aveva scelto bene le sue guardie del corpo. «Via, via ragazzi, è solo un tirapiedi di Snake con qualche altra notizia, gli ho detto io di correre da me non appena avesse quello che avevo chiesto» i due alzarono le pistole e l’uomo si calmò, asciugandosi il sudore dalla fronte, si schiarì la voce e continuò «Queste foto sono state scattate ieri sera in un pub del centro, queste invece risalgono a qualche giorno fa» e porse al suo capo delle buste. Jigen si avvicinò rinfoderando la sua Magnum, quello che vide non sembrava nulla di strano, anzi quasi piacevole visto che le foto ritraevano belle ragazze che si divertivano bevendo e ballando in un pub, ma capì tutto quando riconobbe nelle varie foto, sempre la stessa ragazza dai lunghi capelli corvini e dagli occhi verdi.

Morimura si passò le mani fra i capelli «Viene sorvegliata giorno e notte ed ancora non riesco a capire come faccia a sfuggirmi sempre …» pigiò il pulsante dell’interfono e nella villa risuonò la sua voce, chiamò a rapporto due uomini nel suo studio, Jigen sapeva che erano stati assunti di recente per sorvegliare la figlia di Morimura il quale la teneva sotto un regime simile al carcere: vietato uscire se non per andare ad alcuni eventi indicati dal padre o a trovare una vecchia insegnante e sempre sorvegliata da due guardie.
I due bodyguard furono raddrizzati da capo a piedi e non fiatarono «Vi avevo detto che mia figlia non deve lasciare questa casa senza la mia autorizzazione e senza scorta …» strinse i pugni, si stava alterando «… dove diavolo eravate quando mia figlia girava da sola per i locali in piena notte!?» tuonò verso i due che aprirono bocca, ma non trovavano le parole giuste, conoscevano il brutto carattere dell’uomo e cosa era in grado di fare.
«C-ci dispiace, la signorina Kyoko ci diceva c-che voleva stare da sola in camera sua e…» balbettò uno. «E n-noi la accompagnavamo fino alla sua stanza, n-non p-pensavamo che potesse uscire» continuò l’altro. «Non vi ho mai pagato per pensare, ma per agire! Vi siete fatti fregare più volte da una mocciosetta, andate via e non fatevi più vedere incompetenti!» Morimura fece segno con la mano ai due di uscire, sollevati al pensiero di essere stati solo licenziati e lasciarono velocemente la villa.

L’uomo si lasciò cadere sulla sua sedia strofinandosi gli occhi «Rina!» la segretaria che stava alla scrivania appena fuori dell’ufficio entrò non appena venne chiamata dal suo capo. «Signor Morimura, desidera?» disse con un sorriso ammaliante stampato in viso. «Cara, ti prego, potresti chiamare mia figlia?» chiese l’uomo ricambiando quel sorriso. «Sono desolata signore, credo stia andando a far visita a quella sua vecchia insegnate, come si chiama?»
«La sig.ra Kobayashi, sai chi la accompagna?»
«Le sue guardie del corpo, ovviamente» disse la donna come se risposta più ovvia non ci fosse, nonostante avesse chiaramente visto i due poco prima uscire dall’ufficio dell’uomo. Morimura divenne rosso in volto e scattò in piedi, Jigen e Lupin si tapparono le orecchie.
«JOSH! SNAKE!» tounò all’interfono e senza convocarli in ufficio, diede subito gli ordini «Mia figlia sta lasciando la villa, RIPORTATELA QUI IMMEDIATAMENTE!» detto ciò si accasciò sulla poltorna, portandosi una mano alla fronte. «Signor Morimura …» disse soavemente Rina avvicinandosi «Non si arrabbi così, non le fa bene» si posizionò dietro di lui iniziando a massaggiargli le spalle e il collo «Oh Rina, fosse anche mia figlia servizievole come te …» si era già calmato e lanciò un’occhiata agli altri due presenti, i quali capirono al volo. Jigen e Lupin avevano appena chiuso a porta quando sentirono i due all’interno. «Oh Rina …» si udì un rumore di oggetti che cadevano «Signor Morimura, la prego non qui …» parole che sembravano più un invito che un rifiuto; e i due ladri si allontanarono velocemente.

Lupin teneva le braccia dietro la testa e Jigen camminava al suo fianco quando uscirono dal corridoio.  Tutti e due indossavano un copleto scuro, ma Jigen non si era dovuto camuffare come Lupin che aveva abbandonato le sue giacchette colorate e si era tinto i capelli di biondo lasciandoli crescere un po’. Non era inizialmente molto sicuro del suo travstimento, ma aveva sortito l’effetto, non era stato riconosciuto «Brutta storia, la piccola Ko-ko si è cacciata nei guai» Jigen lo fissò perplesso «La signorina Morimura?» chiese. «Ma si Ko-ko; viso dolce, grandi occhi verdi e bei capelli lisci e neri» disse Lupin. «So chi è! Ma perché Ko-ko?» sbottò il pistolero. «Le ho dato questo soprannome poco dopo essere arrivati qui, si è arrabbiata moltissimo ‘Per te sono la signorina Morimura’ mi disse, pensavo fosse una bacchettona tutto casa e chiesa, invece…» tirò fuori dalla tasca una foto e la guardò compiaciuto. Jigen gliela tolse subito di mano, era una di quelle che quell’uomo aveva consegnato al capo. Kyoko stava ballando sulla pista di un pub, indossava un abito nero corto e scollato che lasciava poco all’immaginazione, scarpe nere con il tacco e i capelli sembravano fluttuare nell’aria «Una ragazzina viziata che ha tutto, ma vuole sempre di più» esordì il pistolero ficcandosi la foto in tasca allontanandosi. «Ehi! Quella è mia!» si lamentò Lupin. «La rimetterò a posto insieme alle altre, figurati se te la lascio con il rischio che tu venga scoperto!» salutò l’amico con un gesto della mano «Concentrati!» una sola parola che riassumeva tutto il loro lavoro. Il colpo che avevano in mente aveva richiesto molto più tempo per la sua realizzazione, non potendo contare nemmeno su Goemon che aveva conosciuto Morimura in passato e non erano in buoni rapporti. Lupin e Jigen erano riusciti ad entrare nelle grazie di Morimura da poco più di un mese, e il furto del prezioso diamante si faceva sempre più vicino, non potevano sbagliare.

Jigen fumava in pace la sua sigaretta godendosi la tranquillità del giardino, tirò fuori la foto che aveva ancora in tasca e si soffermò su di un particolare che lo aveva colpito, il sorriso di Kyoko. Da che poteva ricordarsi non la aveva mai vista soridere, provava una strana pace osservando quel viso e non si accorse che stava sorridendo anche lui.
«Lasciami Josh! La conosco la strada!» Kyoko comparve insieme ai suoi aguzzini, si dimenava cercando di liberarsi. Indossava un vestito estivo azzuro con spalline strette, corpino aderente, gonna larga e leggera che svolazzava ad ogni suo movimento in quell’istante. «Mi dispiace signorina» il volto dell’uomo tradiva le sue parole «Devo assicurarmi che lei arrivi da suo padre» la ragazza desistè e non appena Josh allentò la presa, si liberò facendo velocemente dietro front. Fu subito bloccata da Snake che la avvolse nelle sue spire «Non così in fretta signorina!» la sollevò da terra e una delle ballerine bianche che indossava Kyoko si sfilò. Le braccia di Snake la trattenevano, nonostante i suoi sforzi la giovane non riusciva a liberarsi; Jigen notò una delle mani dell’uomo ferma sul seno della ragazza mentre con l’alro braccio le cingeva i fianchi, poteva anche non averlo fatto apposta, ma il pistolero mise via la foto e si avvicinò.

«Smettetela!» tutti si fermarono, Snake lasciò la ragazza che tentò la fuga, ma venne acciuffata da Jigen «Basta con i capricci signorina!» Kyoko lo fissò con rabbia, la treccia che teneva in ordine i suoi capelli si era disfata e ora le ricadevano sulle spalle, l’uomo le teneva i polsi ben stretti tra le mani. Erano faccia a faccia «Vostro padre vuole vedervi, è già alterato, se fossi in voi mi comporterei in modo da non peggiorare le cose!» Kyoko abbassò lo sguardo e perse la sua rigidità.
«Qui ci penso io, voi andate» Josh e Snake si allontanarono, felici di non dover combattere più con quella tigre «Lei dovrebbe darsi una sistemata ed andare subito nell’ufficio di suo padre» disse pacatamente a Kyoko. La ragazza obbedì solo alla seconda richiesta e così com’era conciata si avviò; Jigen raccolse la scarpa e la seguì. Intanto in alto dietro i grandi finestroni, Morimura aveva osservato tutta la scena, colpito da come l’uomo aveva addomesticato la figlia ed iniziò a pensare.

Kyoko camminava velocemente su per le scale ed in men che non si dica arrivò davanti alla grande porta, contenta di non trovare Rina dietro la sua scrivania in modo che non la vedesse come era conciata. Alzò la mano per bussare «Signorina Morimura» si voltò di scatto e vide Jigen con in mano una delle sue scarpe «Forse e meglio comparire per lo meno ordinata davanti a vostro padre» la ragazza annuì, si sarebbe risparmiata una ramanzina per lo meno, allungò la mano, ma il pistolero si inginochciò e le porse la scarpa. Un po’ indecisa Kyoko alzò la gamba in modo che Jigen potesse rimetterle la scarpa, lui le afferrò il piede, ma la sua presa non era come quella di prima, sembrava maneggiare un cristallo prezioso e fragile. «Fatto» guardò in faccia la ragazza «Farei qualcosa anche per i capelli» Kyoko raccolse velocemente la chioma corvina in una coda alta. Portò le mani al petto e sospirò, infine bussò. «Entra Kyoko, ed anche tu Jigen» obbedirono all’ordine, perplessi sul fatto che Morimura sapesse esattamente che erano lì tutti e due.

Morimura diede uno schiaffo alla figlia e cominciò un rimprovero interminabile «… e continui a non darmi ascolto, insomma adesso sei una donna non più una ragazzina! Ti sembra questo il modo di trattarmi?» Morimura indicò le foto ben sistemate sulla scrivania, Kyoko si morse il labbro inferiore, gli occhi erano umidi, nonostante lei cercasse di non piangere «Te ne vai in giro di notte, senza scorta, conciata così?! Ho fatto tanto per te, ma sembra che tu sia un’ingrata!». Anche Jigen era convinto che i rimproveri dell’uomo fossero eccessivi e svilenti, dipingeva la figlia come una poco di buono, ammirava la forza della ragazza, altre sarebbero scoppiate in lacrime, ma Kyoko no, trattenne ogni singhiozzo, ogni lacrima, come se si fosse allenata per anni a farlo. «Per questo ho licenziato quei buoni a nulla della tua scorta e ti affido …» si voltò verso Jigen «A lui» disse indicandolo. I due non avevano fiatato fino a quel momento, ma spalancarono la bocca all’unisono «Cosa?!»

«Jigen ti ha appena portato qui, mentre due dei miei migliori uomini, non riuscivano nemmeno a trattenerti prima. Ormai è parecchio tempo che lavoriamo insieme e sono sicuro che non c’è nessuno di più qualificato per l’incarico» i due volevano obbiettare, ma furono subito interrotti «è tutto, andate!»
Kyoko era furibonda mentre scendeva le scale “Se pensa che accetterò si sbaglia, scapperò ancora e quel pezzente verrà licenziato, magari si porta via anche quel suo amico insopportabile!” accelerò il passo e cominciò a correre, non sentendo i passi di Jigen dietro di lei. Attraversò un lungo corridoio e poi una serie di stanze, entrò in un magazzino con una porta che dava sull’esterno. «Aspetta ragazzina!» ma Kyoko non lo sentì ed aprì la porta che dava sul gardino esterno, corse dietro un boschetto di peschi e si accasciò sulle ginocchia scoppiando in un pianto liberatorio. Jigen si arrestò, vide una giovane ben diversa da quela sfrontata che conosceva, o meglio che credeva di conoscere. Era sempre stato al servizio del padre e lei consisteva in una nota marginale nel piano che lui e Lupin avevano in mente. Tornò nel magazzino da cui erano usciti, accese una sigaretta ed aspettò qualche minuto; poi Kyoko rientrò. Lo guardò in faccia e lui potè notare i suoi occhi rossi ed il viso segnato dal pianto era quasi mosso a pietà per quella povera ragazza, fino a quando lei gli tolse la sigaretta di bocca e la gettò a terra spegnendola sotto le scarpe.
«Se ora sei la mia guardia del corpo, niente più sigarette in mia presenza, le detesto!» Jigen era esterefatto, e la sua compassione svanì «Non credere, ragazzina, che io abbia voluto o chiesto questo incarico, stavo bene dov’ero!»
«Oh si, a bighellonare intono a mio padre. ‘Si, Signore’ di qui e ‘Si, Signor Morimura’ di lì» Kyoko aveva le mani sui fianchi e fissava Jigen ormai rosso in volto «Ti renderò il compito assai difficile, a differenza delle altre guardie io ti conosco di già!»
«Vedremo …» disse Jigen portandosi una mano al cappello.

In effetti Kyoko si accorse che Jigen non era poi così prevedibile: stava sgattaiolando fuori da una finestra quando se lo ritrovò di fronte; voleva prendere di nascosto una delle auto del padre, ma lui era già seduto sul sedile accanto; scivolava lentamente lungo i corridoi della villa, ma appena pensava di essere sul punto di farcela, lui compariva dietro l’angolo. Una notte prese una lunga scala con l’intenzione di scavalcare il muro del giardino con gli alberi di pesco, ma mentre appoggiva la scala, lo vide con la schiena contro il muro, nella penombra e infuriata se ne andò.


«Un evento di beneficenza?» chiese Kyoko allibita. «Si, ho sempre evitato questo genere di cose, ma credo che dobbiamo anche apparire nella vita sociale di questa città qualche volta e tu sei molto graziosa mia cara, basta che tu vada lì, fai qualche sorriso, stringi qualche mano e poi torni a casa, non serve che parli troppo»
«Esatto signor Morimura» itervenne Rina «Sei molto bella Kyoko, farai fare un’ottima figura alla tua famiglia senz’altro, ho già pensato al tuo vestito e chiamato il parrucchiere, non preoccuparti sarai stupenda!» Kyoko decise di parteciparvi, sentendosi un po’ costretta ed un po’ volendo uscire da casa, vedeva in tutto ciò finalmente la possibilità di allontanarsi dopo settimane di clausura. Quando salì in auto si ritrovò Jigen seduto vicino e lo fissò «Devi venire per forza?».
«Sono il tuo bodyguard, è mio dovere» disse il pistolero sollevando leggermente la tesa del cappello per osservare la ragazza, e ne rimase ammaliato. Kyoko era certo molto bella, ma quella sera splendeva: i capelli erano acconciati in un raccolto morbido decorato da una rosa blu con delle ciocche mosse che le ricadevano sulle spalle, indossava un abito blu attillato lungo fino alle caviglie che lasciava scoperte le spalle e ne esaltava il decoltè anche se lei si era coperta con un foulard di chiffon bianco, i preziosi orecchini e la collana di diamanti la facevano brillare, scarpete blu con un tacco modesto ed una pochette dello stesso colore ne completava il quadro. Era anche leggermente truccata, ma il rossore sulle guance aumentava visto che Jigen non le toglieva gli occhi di dosso. «Quando hai deciso quale parte ti piace fammelo sapere» sbottò seccata.
Un maggiordomo chiuse la portiera della macchina e partirono. «Sei molto diversa dalla ragazza della foto» Jigen le mostrò la foto che qualche tempo prima aveva preso dalle mani di Lupin ed aveva custodito fino al momento giusto, solo per farla alterare un po’. «Dove l’hai presa!?» arrossì Kyoko. «è una delle cause che ci ha portato in questa situazione. Grazie a questa e ad altre foto sono passato da essere uno degli uomini di tuo padre a farti da baby sitter» Kyoko si voltò a guardare fuori dal finestrino. «Se la mia vita fosse normale, non dovrei scappare di casa per passare del tempo con le amiche e divertirmi» e si ammutolì. Jigen mise via la foto, e meditò sulle parole della ragazza, in effetti, chiunque sarebbe impazzito a vivere rinchiuso, ma lei affrontava con stoicità tutto questo.

La serata si svolse a meraviglia, tutti rimasero ammaliati dalla giovane Morimura, che al contrario di quanto Jigen potesse pensare, si dimostrò all’altezza della situazione. Non sembrava la piccola peste che cercava di scappare di casa, ma una donna sicura e intelligente dotata di garbo e dolcezza, salutò tutti i presenti e tutti volevano fare due parole con lei e nessuno menzionava suo padre, cosa che la rendeva felice. Ad un tratto, mentre parlava con un aziana signora un po’ provata dal caldo, quest’ultima si sentì male, ma Kyoko dopo aver chiamato aiuto non si allontanò, rimase al fianco della spaventata donna tenendole stretta la mano. La lasciò solo nel momento in cui arrivarono i soccorsi e fu sicura che fossero i sanitari a prenderla in carico. Chiamò uno dei camerieri chiedendo che l’autista della donna e del marito venisse a prendere l’uomo, molto preoccupato, per accompagnarlo in ospedale dalla moglie e poi fece una telefonata «… Si, dott. Kondo, il marito arriverà tra poco, sarebbe meglio dare un’occhiata anche a lui è molto spaventato» ascoltò il dottore e poi il suo viso si incupì «Mia madre sta bene in questi giorni, la ringrazio. Aspettiamo la sua visita per domani, arrivederci» e chiuse la chiamata, poi si allontanò verso il bagno. Jigen la segui aspettando fuori dalla porta e quando lei ricomparì, il suo sguardo era perso.
«Vuole andare a casa?»
«Si grazie, devo aver bevuto un po’ troppo e migira la testa» Jigen le sollevò il viso per guardarla, erano gli occhi di una ragazza sul punto di piangere, non certo di qualcuno che aveva bevuto «Brutta sbronza, davvero! E meglio che la riporti indietro» Kyoko sorrise alle parole del pistolero «Grazie Jigen»

Il ritorno fu piuttosto silenzioso, Jigen guardava fuori dal suo finestrino ed altrettanto faceva Kyoko. «Quella foto …» disse la ragazza e i due si guardarono «… me la potresti ridare?» Jigen non ci pensò due volte e gliela porse, Kyoko la prese e fissò l’uomo «Allora non te l’ha data mio padre per ricattarmi in qualche modo se facevo qualcosa che lui non gradiva?» gli domandò «No, mi è finita tra le mani per … circostanze esterne a suo padre» Kyoko si alterava a sentir nominare Lupin e quella sera era già abbastanza provata, Jigen non se la sentì di aggiungerle altro.
«Quella sera furono le mie amiche a convincermi ad osare con il vestito» disse stringendo il foulard tra le mani «All’inizio mi sentivo a disagio, ma dopo due o tre drink non mi fermava più nessuno» Kyoko sorrise «Di solito odio indossare vestiti troppo attillati o corti; anche il vestito di questa sera non è stato una mia scelta».
«Eri comunque molto bella» Jigen si morse la lingua e Kyoko lo guardò arrossendo «V-volevo d-dire …»
La ragazza scoppiò a ridere e poi guardò verso il conducente che di certo non poteva sentirli, schermato dal vetro divisorio. Porse di nuovo la foto a Jigen «Se ti piace puoi tenerla» disse scherzosamente, ma Jigen agitò la mano rifiutando l’offerta. «Mi è finita per caso tra le mani» prese la mano di Kyoko e la riavvicinò alla ragazza «E non voglio che finisca per caso tra le mani di qualcuno che potrebbe usarla per farle del male, ho promesso di proteggerla» Kyoko sorrise e bussò al vetro richiamando l’attenzione del coducente «Accosti per favore».

Fermatisi in una piazzola sul bordo della strada, Kyoko scese dall’auto seguita da Jigen. Si allontanarono un po’ fino a dove finiva l’asfalto e cominciava il pendio che conduceva al mare, soffiava una leggera brezza e la falce di luna si rifletteva sulle increspature delle onde «Accendino per favore» Jigen lo porse a Kyoko e lei bruciò la fotografia «Ora è tutto sistemato» si voltò e tornò indietro.


Arrivati alla villa, Jigen e Kyoko scesero dall’auto.
«Prima di tornare in camera vorrei far visita a mia madre nei suoi appartamenti» Jigen annuì. Passarono sotto una pensilina che attraversava il giardino e conduceva ad una dépandance staccata dal corpo principale della villa, ma sempre rigorosamente rinchiusa fra le alte mura. Jigen camminava dietro Kyoko e la osservava, i riccioli dell’acconciatura dondolavano ad ogni suo movimento, il collo bianco e liscio era un invito ad essere baciato e tutto il vestito ne esaltava le forme. Non ne era immune, qualsiasi uomo si sarebbe girato ad ammirarla vedendola passare; scacciò pensieri poco appropriati, ma questi ritornarono velocemente quando lei si voltò.
«Da qui accedo direttamente alle stanze di mia madre, penso che starò da lei per questa notte. Puoi andare anche tu a riposarti» Kyoko sorrise e il cuore di Jigen si sciolse, si toccò la tesa del cappello e salutò la signorina annuendo con la testa e i due si lasciarono.
Kyoko chiuse la porta dietro di se e si fece scivolare a terra, il cuore le batteva all’impazzata; era certa che Jigen la stesse fissando da dietro e la cosa la faceva sentire a disagio. Cosa stava pensando? La spogliava con gli occhi come molti altri uomini in quella casa facevano? Poi si soffermò a pensare che da quando era il suo bodyguard non l’aveva mai toccata, non l’aveva mai intrappolata in una presa ferrea come altri avevano fatto, mettendole le mani dove non dovevano. Manteneva sempre una certa distanza da lei e solo un suo sguardo la faceva desistere dal fare stupidate, non sapeva cosa pensare.

«Kyoko? Amore sei tu?» una voce flebile, ma che le scaldò il cuore la chiamava.
«Si mamma sono io, arrivo» la giovane si alzò, dimenticando subito ciò a cui stava pensando e si precipitò in una stanza. Sua madre era a letto e la guardava dolcemente, si portò le mani al viso e sorrise «Amore mio, quanto sei bella!» gli occhi le si inumidirono vedendo la figlia adornata come una principessa.
Kyoko si tolse le scape e corse dalla madre, si sdraiò vicino a lei e le diede un bacio «Mamma cara» disse abbracciandola. Chiunque le avesse viste, non poteva non riconoscere che fossero madre e figlia, due gocce d’acqua; nonostante la malattia la donna era ancora molto bella.
«Dai racconta, come è stata la serata?» Kyoko le disse tutto, raccontandole chi aveva visto, cosa aveva mangiato e bevuto e la madre raccontò aneddoti su alcuni presenti che aveva conosciuto in passato.
La donna scostò dolcemente da se la figlia, il suo viso era sereno «Vuoi stare qui con me?» Kyoko annuì, si cambiò infilandosi una camicia da notte della madre e si mise sotto le coperte insieme a lei, come faceva quando era piccola e suo padre la sgridava o la sculacciava, spesso per cose stupide su cui un genitore poteva sorvolare e le due si addormentarono, tenendosi per mano.


Jigen camminava lungo l’engawa fumandosi la sua meritata sigaretta, dopo qualche giorno di astinenza quando sentì alcuni uomini parlare dietro una delle porte scorrevoli.
«Te lo giuro, ho sognato che la piccola Kyoko si spogliava davanti a me chiedendomi di farla diventare donna …ahahah!» rise di gusto Josh.
«Adesso che è quel pistolero a farle da balia, non posso più metterle le mani addosso nemmeno io …» sibilò Snake «… anche con i vestiti addosso, i suoi seni erano un piacere da toccare …» l’alcol gli fece girare la testa «… a volte la lasciavo scappare di casa solo per il gusto di andare a recuperarla qualche ora dopo. Pur di non farsi trascinare dal padre si dimenava come un topolino in trappola fra le mie braccia»
«Attento Snake, se ti sente il capo … hic …» disse un altro uomo, alquanto brillo.
«Non si può non dire che la piccolina non sia cresciuta bene, sarebbe una bella scopata!» continuò Josh «Il padre non la perde d’occhio, non credo abbia mai avuto un uomo … sarei felice di insegnarle due o tre cose» tutti risero.

Jigen entrò come una furia e puntò la pistola verso Josh, che non si aspettava di ritrovarselo davanti «Tieni a freno la lingua pezzo di cretino» Snake a sua volta, estrasse la sua di pistola «Vacci piano siamo tr…» guardò il loro compare steso dall’ultima bottiglia di birra «… due, cosa pensi di fare?»
«Due contro due mi sembra più che leale» esordì Lupin da dietro la serpe tenendolo sotto tiro.
«La signorina Morimura è la figlia del capo, non dimenticarlo» Jigen alzò la sua Magnum e anche gli altri rinfoderarono la propria arma, rimanendo però nelle loro posizioni.
«Perché? Non dirmi che non hai fatto caso anche tu a quanto sia bella» continuò Josh «Tutti quelli assunti per tenerla d’occhio se ne accorgevano subito, un bocconcino niente male, e il suo desistere alle avanche di molti la rende prelibata»
Jigen era furioso, ma non voleva perdere la calma «Sono responsabile della sicurezza della signorina e non tollererò oltre un linguaggio del genenre nei suoi confronti … ne che le vengano messe le mani addosso» disse mandando uno sguardo di fuoco a due dei presenti.
«Allora facciamo così» Josh si alzò, vacillante per via dell’alcol «Domani mattina prima dell’alba sulla collina qua dietro: io, Snake, tu e il pivello …» disse indicando Lupin «Vediamo se sei bravo come dicono con quella sputafuoco, se vinco farai a cambio con me … sarò io ad occuparmi di lei …»


La mattina dopo come da accordi, si trovarono fuori della villa nel posto stabilito, un leggero vento orientale faceva stormire le fronde degli alberi; Jigen fumava calmo la sua sigaretta e Lupin sdraiato sotto gli alberi schiacciava un pisolino. Arrivarono Snake e Josh un po’ in ritardo visto che il sole già faceva capolino da dietro l’orizzonte, l’uno con il suo solito volto torvo e sadico e l’altro con l’aspetto di chi si era svegliato da poco; ma era uno sbruffone troppo sicuro di se, non temeva il suo rivale. Arrivò anche il maggiordomo, chiamato da Jigen come giudice imparziale, teneva tanto alla signorina Kyoko e saputo quello che quegli uomini avevano detto si trovò favorevole al duello, chiedendo a Jigen di dare una lezione a quel porco.

Un duello classico, armi scelte dai due contendenti, schiena contro schiena, dieci passi e una pallottola ciascono. Mentre controllava la sua pistola, Josh si vantava di quanti uomini aveva sconfitto in duello, e quanti ne aveva ucciso con quella pistola; sperava che il rivale fosse preso da paura come altri, ma Jigen non lo guardava nemmeno, continuando a fumare tranquillo. Assicuratosi che le pistole contenessero solo una pallottola, il maggiordomole consegnò ai contendenti e diede inizio al duello. Ma quando consegnò la Magnum a Jigen lo guardò e fece dei segni imperceettibili, che il pistolero non colse subito.
«… 9,10» finito il conto alla rovescia i due si voltarono e spararono. La pallottola di Jigen non solo deviò quella dell’avversario, ma riuscì anche a procuragli una ferita sul viso.
«Bastardo! Snake!» il viscido serpente lanciò un’altra pistola al compare, dopo di che Lupin lo puntò con la sua. Josh non fece in tempo a prendere l’arma che Jigen gli era addosso, lo sbruffone era il doppio di lui, ma lo scontro corpo a corpo era alla pari. Tentò piu volte di recuperare la pistola senza successo e senza ricevere aiuto da Snake, che teneva le mani in vista mentre Lupin lo teneva sotto tiro. Alla fine fu Jigen a raccogliere la pistola e lanciarla giù dalla collina, servendo le spalle all’avversario, ma quando questi tentò di acciuffarlo Jigen si dileguò abilmente mettendosi dietro di lui e gli assestò un colpo in testa con il calcio della Magnum atterrandolo. Con un piede sulla schiena dell’uomo e la pistola puntata alla sua testa dichiarò finito lo scontro «Ora ti alzi e te ne vai, e se ti sento ancora parlar male della signorina Morimura ti centro bene la testa»
«Mi minacci con una pistola scarica?» Jigen puntò l’arma verso il cielo e sparò un colpo, poi la ripuntò verso l’uomo che sudava freddo e perdeva sangue dalla ferita alla guancia.
«Sei talmente lento che ho avuto il tempo di ricaricarla».
Anche Lupin alzò la sua pistola e Snake andò ad aiutare Josh, che per tutta risposta lo scansò e rialzantosi tornarono alla villa.
Jigen guardò il maggiordomo «Come è riuscito a mettere il secondo proiettile?»
«Farla in barba a quei due non è poi così difficile e volevo essere sicuro che lei potesse difendersi, allora i miei gesti li ha colti?! Non ero sicuro che avesse capito!»
«Infatti non l’avevo capito» il maggiordomo era perplesso e Jigen fugò i suoi dubbi «La pistola aveva un peso leggermente maggiore … rispetto a quello che mi aspettavo se ne avesse contenuto solo uno» sorrise.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti! Come promesso iniziano una serie di capitoli, che mettono in pausa la storia principale e ci riportano qualche anno nel passato.
Che peperino che era la nostra dolce Kyoko, ha fatto addirittura girare e scatole a Jigen. Lui dal canto suo, nonostante non gradisca la nuova mansione (per ora), prende molto seriamente il lavoro fino a battersi per lei.
Cosa ci aspetta ora?
Alla prossima
 

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Capitolo 11
*** Gioia e dolore ***


Kyoko e Jigen
Cap. 2 – Gioia e dolore

 
Le cameriere servirono la colazione alle due donne e portarono a Kyoko un cambio di vestiti.
«Oggi viene il dottore, vero Kyoko?»
«Si mamma, vuoi che resto con te?»
«Non serve tesoro, mi visiterà, sarà contento che sono stabile e se ne andrà salutandomi cordialmente dicendo ‘Alla prossima’» la madre imitò il solito gesto del dottore, portandosi l’indice della mano destra alla fronte e allontanandolo velocemente verso l’alto, risero tutte e due.
«Va bene mamma, passerò più tardi» le diede un bacio e se ne andò.
Uscita dalla porta principale si ritrovò Jigen davanti che la salutò cordialmente «… deve recarsi fuori della villa oggi, signorina Morimura?»
«No, oggi viene il dottore per mia madre, voglio parlare con lui e poi …» guardò l’uomo con un sorriso dolcissimo «… quando non ci sono ne mio padre ne i suoi uomini in giro, puoi chiamarmi solo Kyoko» cosa le veniva in mente? Se era veramente un pervertito non doveva dargli tutta questa confidenza, ma Jigen annuì abbozzando un timido sorriso che le dissipò i dubbi.


Kyoko sussultò quando sentì che il dott. Kondo era arrivato e corse verso la dépandance seguita da Jigen.
«Buon giorno dottore»
«Oh Kyoko eccoti qui» il dottore era un uomo non molto alto, leggermente in carne e con i capelli bianchi, radi sul capo, ma dei soffici batufoli partivano da dietro le orecchie formando un semicerchio intorno alla testa, i baffi folti e ordinati. Come da prassi indossava un camice bianco sopra una camicia azzurra e pantaloni blu, le scarpe erano rigorosamnete da ginnastica, per sopportare le lunghe ore in reparto e poi le visite in ambulatorio e a domicilio «Aspettami pure, vorrei parlare un po’ anche con te» poi entrò dalla porta tenuta aperta dalla cameriera e sparì nel silenzio.

Kyoko si tolse le scarpe e sedette sotto la pensilina, il pavimento di legno era rialzato rispetto al giardino e lei appoggiò i piedi nudi sull’erba, Jigen rimase in piedi a pochi passi da lei. I minuti passavano e senza accorgersene Jigen tirò fuori una sigaretta, ma poco prima di accenderla sentì che qualcuno lo osservava; Kyoko aveva lo sguardo minaccioso e lo fissava, lui ripose sigaretta e accedino e alzò le spalle «Cattiva abitudine» la donna sorrise e si voltò a contemplare il giardino. Indossava una maglietta bianca di cotone a maniche corte e un paio di pantaloni beige lunghi fino alle caviglie, i capelli raccolti in una treccia che le ricadeva di lato lasciando il collo scoperto dalla parte di Jigen; lui ne osservava i lineamenti, appariva serena, ma qualcosa non andava. Un alito di vento la fece rabbrividire e strinse le braccia a se, Jigen si tolse la giacca e inginocchiandosi vicino a lei gliela appoggiò sulle spalle facendola inizialmente spaventare, quando Kyoko si voltò e vide il viso dell’uomo davanti al suo, arrossi «Grazie» disse voltandosi ancora e Jigen si allontanò.
Poco dopo il dottore uscì e Kyoko saltò in piedi, l’uomo aveva lo sguardo un po’ perso «Dottore come ha trovato la mamma?» chiese Kyoko stringendo la giacca di Jigen intorno a se, l’uomo si sedette dove prima si trovava la ragazza e le fece cenno di mettersi accanto a lui. Rimasero qualche secondo in silenzio «Tua madre è molto forte lo sai questo. piccolina?» era tanti anni che non la chiamava più così e la ragazza sorrise.
«Si dottore, lo so benissimo»
«Ha affrontato tutto a testa alta, ma quando ha iniziato a piegarsi al volere di tuo padre anche la sua salute è peggiorata … pensavo fosse stabile ormai, ma mi sbagliavo» il dottore prese la mano di Kyoko che cominciava a singhiozzare «Te l’avevo detto che poteva succedere, ricordi?» Kyoko annuì «Non ha paura di morire» quest’ultima frase la fece esplodere in un pianto disperato e si pieghò in avanti sentendo fitte al cuore ed allo stomaco, il dottore aspettò un po’ prima di continuare.
«Quanto dottore?» chiese Kyoko asciugandosi il volto, l’uomo indicò un vecchio sakura in fondo al giardino; era poco nascosto dalla dépandance, la madre di Kyoko lo amava e poteva osservarlo dalla sua finestra ogni giorno «Sono sicuro che vedrà ancora fiorire quell’albero, ma per la prossima estate ti prego di essere forte piccolina» l’uomo abbracciò la ragazza che non ce la faceva più a trattenersi, pensava a quella che ora era una bellissima giovane donna e che un tempo era una bellissima bambina che trotterellava intorno a lui chiedendo gentilmente se aveva una caramella da darle, come faceva sempre quando andava a far visita a lei o alla madre. Ricordava i lividi sulle braccia di quella povera donna e sulle piccole braccia della bambina, cosa che lo aveva spinto a denunciarne il marito e padre, ma quando sentirono il nome Morimura i poliziotti, che come tutti in città conoscevano e stimavano il medico, lo avevano invitato a desistere. Aveva ceduto, ma era sempre stato presente per loro ed un confidente prezioso per la signora Morimura che quel giorno gli aveva chiesto di fare per la figlia tutto ciò che aveva fatto per lei nel corso degli anni, essere amico e protettore fin dove possibile.
Qualche minuto dopo Kyoko si calmò, ma non si sentiva bene, così il medico le disse di andare a riposarsi un po’ e lei si allontanò, Jigen stava per seguirla, ma venne trattenuto per un braccio del dott. Kondo «Ho parlato con il signor Hirai, mi ha raccontato quello che ha fatto per Kyoko, avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile nei prossimi mesi, la prego …» il dottore non riusciva più ad andare avanti, mentre cercava di trattenere le lacrime.
«Lo farò» disse Jigen accomiatandosi dall’uomo e raggiungendo Kyoko che a passi lenti andava nelle sue stanze. Dovette sorreggerla e arrivati nella sua stanza, aiutarla a stendersi «Sarò qui fuori nel salotto, se hai bisogno» Kyoko annuì. Non appena richiuse la porta la sentì iniziare a piangere, Jigen si sedette su di una poltrona del salottino che divideva la stanza della ragazza dal corridoio, ma non riusciva a reggere il suo pianto si prese la testa fra le mani e sentiva per ogni singhiozzo soffocato della ragazza, per ogni suo urlo disperato, come un proiettile che gli trapassava il cuore.


Si svegliò che ormai era sera, non si era nemmeno accorto di essersi addormentato, avvicinandosi alla stanza di Kyoko non udì alcun rumore e uscì in corridoio. Nella villa non si sentiva alcun rumore, arrivò in cucina dove tutto ormai taceva, possibile che nessuno avvesse chiamato Kyoko per la cena? Tirò fuori alcune cose dal frigo ed arrangiò qualche sandwich, preparò un bicchiere di succo, dispose tutto su di un vassoio e tornò da Kyoko.
Bussò alla sua stanza «Jigen sei tu?»
«Si»
«Entra pure» Jigen aprì la porta; Kyoko era seduta sul suo letto stringeva a se un orsetto di peluche e fissava una foto sulla scrivania, era uno straccio. Jigen si avvicinò a lei e posò il vassoio sul letto «Dovresti mettere qualcosa sotto i denti» disse mettendosi le mani in tasca e guardando la giovane «Non mangi nulla da questa mattina e ti servono forze per …» non riusciva a trovarele parole giuse, e Kyoko riprese a singhiozzare. Jigen si inginocchiò davanti a lei «Ehi …» disse prendendole il viso tra le mani, pensò che le sue brutte mani stonavano su di un viso così bello anche se adombrato dall’infelicità «Non importa quello che succederà, avrai tutti coloro che ti vogliono bene … il dott. Kondo, il signor Hirai, la tua insegnante la sig.ra Kobayashi e …»
“Cosa sto facendo” fu il pensiero fulmineo che ebbe. «E hai me» solo allora Kyoko lo fissò intensamente «Ho promesso di proteggerti e lo farò» Kyoko annuì, si voltò e prese un sandwich addentandolo.
«Sei anche cuoco, cos’altro mi nascondi?» disse la ragazza sorridendo, Jigen sorrise e poi si sedette sulla sedia di fronte a lei ed osservò la foto sul comodino: Kyoko doveva avere cinque o sei anni ed era seduta su di un’altalena, sorrideva davanti all’obbiettivo e la madre dietro di lei la guardava dolcemente.


I giorni passarono sereni, Kyoko era molto più calma rispetto ai mesi passati e per lo più passava il tempo con la madre e rarmente usciva; il padre era comunque riluttante a lasciarla andare fuori casa, nonostante il medico l’avesse avvisato delle condizioni critiche della moglie e forse la situazione poteva smuoverlo un po’ dalle sue decisioni, ma lui rimaneva uguale a prima.
Un giorno passeggiando per le vie del centro Kyoko osservava le vetrine ed era tutta un “Chissà se a mamma piacerebbe questo?” oppure “Mamma adora questi dolcetti”. Ogni sua frase, pensiero o azione era rivolta a far felice la madre, Jigen era stupito, non conosceva questo lato della ragazza. Improvvisamente Kyoko si fermò e Jigen quasi le andò a sbattere contro.
«Lo senti anche tu?» corse più avanti e si affacciò su di una scala che portava in un pub sotto il livello della strada, l’entrata era ben tenuta e pulita. Un corrimano lucido portava fino al pianerottolo dove uno zerbino riportava il nome del locale ‘The Old Sax’ illuminato da una vecchia lanterna appesa al muro, del tutto priva di ragnatele; una musica allegra si udiva da dietro la porta «è jazz!» disse un’eccitatata Kyoko trascinando Jigen giù per le scale. Il locale non era niente male e non c’era molta gente, un cameriere si avvicinò a loro «Un tavolo per due signore?» chiese rivolgendosi a Jigen, ma fu Kyoko a confermare e si sedettero al tavolo indicato loro. Jigen guardava la ragazza con uno sguardo torvo, ma lei lo supplicava dicendo che sarebbero andati via presto, poi ordinarono qualcosa da bere. La luce soffusa del locale creava una bella atmosfera, i tavoli di legno avevano tovaglie bianche e per centro tavolo una semplice candela accesa in un simpatico porta candele di vetro rotondo, le sedie di legno erano tutte diverse dando un’ aspetto moderno al locale, le pareti chiare avevano i mattoni a vista e qua e la c’erano vecchie foto di Jazzisti d’altri tempi.

Kyoko era rapita dalla musica e si godeva ogni nota, il gomito poggiava sul tavolo e si sorreggeva la testa con la mano, lo sguardo era trasognante e Jigen la fissava incantato. Furono interrotti dal cameriere che arrivò con l’ordinazione, whiskey con ghiaccio per tutti e due, mentre portava il bicchiere alla bocca Kyoko guardò Jigen che non aveva toccato il suo e la fissava con un sorrisetto malizioso sul viso.
«Che c’è?» chiese ridendo la giovane.
«Nulla, pensavo fossi più per pub e musica da sballo»
«Il mio unico amore è il Jazz, ho preso lezioni di piano solo per poter suonare gli spartiti dei miei miti!»
Da qui partì una lunga conversavione sulla musica, musicisti, compositori, non solo Jazz ma vari tipi di generi; arrivarono a parlare di sport, passatempi preferiti, Jigen le parlò dei paesi esteri visitati e della sua vita.
«Davvero sei nato nel Bronx?» chiese incuriosita la ragazza e Jigen raccontò della sua infanzia e adolescenza, fino all’incontro con Lupin, tralasciando il fatto che fossero due ladri e … si paralizzò, guardò Kyoko e pensò al motivo per cui lavorava per suo padre: Il ‘Diamante dell’oceano’. Lupin era ad un passo dal poter metterci le mani sopra e quando ciò sarebbe successo, avrebbero levato le tende velocemente, Kyoko sarebbe rimasta sola, senza che lui potesse proteggerla, ma perché iniziava a tenerci a questa ragazza?
«Qualcosa non va?» chiese Kyoko, scquotendo la testa.
«No… nulla» Jigen finì il suo whisky e poi disse a Kyoko che era meglio andarsene; la ragazza voleva offrire, ma lui rifiutò e da cavaliere pagò lui.

Tornarono a piedi verso la macchina, ma non si accorsero di quello che stavano facendo: Kyoko tenendosi stretta al braccio di lui lo guardava dolcemente, mentre Jigen continuava a raccontarle varie avventure vissute. Kyoko poi volle fermarsi a comprare un dolce da mangiare insieme alla madre e lasciò la presa per entrare in un negozio, poco dopo un uomo che li aveva osservati picchiò il gomito sul braccio di Jigen «Eh, vecchio mio, bella scelta! La tua ragazza è stupenda!».
«Veramente lei non …» cercò di ribattere Jigen, imbarazzato. Visto che non c’era fila Kyoko aveva velocemente acquistato un dolce con fragola e panna e riuscì ad assistere alla scena, sorridendo decise di giocare un po’ con la sua povera guardia del corpo. Corse da Jigen e gli diede un bacio sulla guancia «Amore ho fatto, possiamo andare!» e lo trascinò via, mentre l’uomo continuava a canzonare il pistolero.

Appena voltato l’angolo, Kyoko lasciò la mano di Jigen e saltellò alcuni passi avanti ridendo «Che gente strana che c’è in giro, pensava che noi …» voltandosi vide Jigen tenere una mano dove lei aveva posato le sue labbra «Perdonami Jigen, forse ho esagerato» appoggiò il pacchetto su delle casse sul retro di una bottega e si avvicinò all’uomo, abbozzò un inchino e rialzandosi disse «Non volevo metterti in …» Jigen afferrò la mano della ragazza e la trascinò in un vicolo, la mise con la schiena contro il muro tenendola stretta per la vita, avvicinò le sue labbra a quelle di Kyoko, che era rilassata e non si oppose, la ragazza fece scivolare le sue mani sulle spalle di Jigen fin dietro il suo collo e quel bacio divenne lungo e appassionato. Intanto le ombre della sera li nascondevano da occhi indiscreti, ed i rumori lontani del porto e dei gabbiani in volo furono i soli suoni che udivano.


I giorni passavano, Kyoko sembrava più mite e obbediente, non si opponeva alle decisioni del padre e faceva tutto ciò che le ordinava e andava a presenziare vari eventi in sua vece, purchè ci fosse Jigen con lei. Quando potevano si nascondevano lasciandosi andare a baci di fuoco, la lingua di Jigen cercava quella di Kyoko che cedeva a lui tutte le volte, lui sentiva il suo seno contro il petto e la cosa lo mandava su di giri. Kyoko era più discreta, ma a Jigen non importava dove si trovavano e spesso accadeva che la prendesse per mano trascinandola in luoghi nascosti, ma all’interno della villa, dove qualcuno avrebbe facilmente potuto comparire all’improvviso e vederli.
«Jigen, ho poco tempo. Se mio padre mi trova posso considerarmi morta o eterna prigioniera in casa mia!» il pistolero la strinse a sé, l’avrebbe volentieri spogliata lì fra gli alberi dove si erano nascosti, ma si limitò a baciarla «In tal caso verrò a salvarti io» dopo un ultimo bacio la giovane si scansò per poi allontanarsi velocemente. Kyoko rientrò negli appartamenti della madre e Jigen andò nella direzione opposta, passò sotto il vecchio sakura, notando che le prime gemme cominciavano a spuntare, si voltò pensando a Kyoko e quello che stava passando e che avrebbe dovuto sopportare di lì a breve; gli parve di vedere la tenda della camera della signora muoversi, ma pensò fosse solo un’impressione e si allontanò accendendo la sua sigaretta.

Kyoko si avvicinò alla camera della madre e bussò piano la porta «Si, Kyoko, entra pure» disse dolcemente una voce da dentro la stanza. La ragazza aprì la porta e vide la madre seduta su di una poltrona vicino alla finestra, aveva un libro in mano e si stava strofinando gli occhi «Ah bambina mia! Anche leggere i miei romanzi sta diventando difficile» poi guardò la figlia e sorrise facendole segno di sedersi di fronte a lei.
«Cosa leggi di bello?» chiese Kyoko osservandola.
«Nulla di che, un romanzetto d’amore che parla …» si fermò e alzando gli occhi dalla pagina del libro guardò la figlia «Kyoko ora che ci penso non ne abbiamo mai parlato …» la ragazza era perplessa e la madre sorrise «… sei mai stata innamorata?» Kyoko arrossì e scattò in piedi, iniziò a camminare su e giù per la stanza parlando come una macchinetta «Io innamorata? Come ti è venuto in mente? Mamma cara, non potrei mai, io con un uomo? Ah! Figuriamoci, n-non è possibile, mai ho provato qualcosa …» si fermò, la madre ridacchiava, tenendo una mano davanti alla bocca «Sicura di non volermi dire nulla? Piccola mia»
Kyoko si morse le labbra e dopo un po’ di tentennamento si andò a sedere davanti alla madre e iniziò a raccontarle di lei e Jigen; il suo volto si illuminava piano piano e le parole le uscivano come un fiume in piena, esprimendo tutti i sentimenti che provava per l’uomo che amava. Raccontò alla madre del pomeriggio passato al locale e di tante altre uscite volute dal padre che si erano trasformate in appuntamenti.
«Però dovete stare attenti Kyoko, vi ho visti fuori in giardino e poteva farlo chiunque al mio posto» poi si portò un dito alla bocca «Ma il tuo segreto è al sicuro con me» Kyoko abbracciò la mamma.
«Se papà lo scoprisse sarei finita e … non potrei più rivederlo» gli occhi della ragazza si inumidirono e la voce le si spezzò in gola.
«Allora …» la signora strinse la figlia a sé e le sussurrò nell’orecchio «… fuggite da questo posto, andate il più lontano possibile e non fatevi trovare mai più!»
«Mamma non posso lasciarti» disse Kyoko tra le lacrime.
«Lo sai bene piccola che non vivrò a lungo ormai, saperti lontana da qui permetterebbe alla mia anima di riposare tranquilla» e le due rimasero così, abbracciate l’una all’altra per qualche minuto sapendo bene che presto sarebbero state separata per sempre. Jigen da dietro la porta aveva ascoltato la conversazione, era rientrato poco dopo di Kyoko e le parole dolci della ragazza nei suoi confronti gli avevano scaldato il cuore e si ripromise di stare più attento, ma il fuoco sarebbe tornato presto a bruciare in lui.
Uscì e aspettò Kyoko che arrivò poco dopo, dicendo di voler tornare nelle sue stanze.


Kyoko chiuse a chiave la porta e voltandosi corse fra le braccia di Jigen, nel buio della stanza illuminata solo dai raggi del tramonto che entrava dalle finestre si lasciarono andare a baci e carezze; da dietro le tende leggere nessuno poteva vederli. Jigen la prese adagiandola sul divano, le fu sopra e cominciò a spogliarsi non accorgendosi dello sguardo spaventato di Kyoko.
«J-jige-n» l’uomo la guardò e colse al volo che non aveva avuto una grande idea, si alzò abbottonandosi la camicia «Scusa Kyoko … io …». Di scatto Kyoko si mise a sedere, prendendosi il viso rosso tra le mani. Tremava e Jigen d’istinto le mise la giacca sulle spalle «Scusami Jigen …» detto ciò lei si alzò e corse in camera chiudendo la porta dietro di se, lasciando Jigen solo a combattere il suo corpo ancora eccitato.

Kyoko si buttò sul letto tenendo la giacca stretta a se e nascondendo il volto, come se lì qualcuno potesse vederla, sentì bussare «Kyoko?» nessuna risposta «Perdonami non volevo farti nulla di male e non pensavo ti saresti spaventata così …» Jigen usci dal salotto e si allontanò. Kyoko si alzò e camminò su e giù per la stanza, provò a sedersi varie volte, sulla sedia sul letto alternando i due a ritmo frenetico.
«Stupida, stupida …» ripeteva a se stessa “Quando era lì sopra di te, lo volevi anche tu, no? Allora perché?” decise di dormirci su, ma fu comunque un sonno agitato, si alzò varie volte camminando avanti e indietro. Poi il suo sguardo cadde sulla giacca di Jigen e si morse l’unghia del pollice «No! Non essere stupida!» e si rimise a letto, ma si alzò poco dopo e in piedi davanti alla giacca sistemata sulla sedia si guardò attorno, e dopo essersi data qualche colpetto sulle guance, lasciò cadere a terra la camicia da notte e l’intimo che aveva indosso. Si infilò la giacca e tornò a letto, la annusava e il suo cuore si quietava “Ha il suo profumo” si raggomitolò pensando che avrebbe potuto avere anche tutto il resto.


Era andato in bianco e la cosa lo faceva rodere, bevve un altro sorso dalla bottiglia di birra che aveva comprato. Era uscito dalla villa per non dare a vedere a nessuno il suo stato e preso un taxi si era allontanato il più possibile, lungo la via per la quale camminava c’erano vari chioschi dai quali uscivano odorini invitanti e gente ubriaca. Si fermò in uno di questi e ordinò solo una birra, sedendosi imbronciato. Era immerso nei suoi pensieri quando sentì una voce familiare «Eccoti dov’eri, pensavo di averti perso» Lupin entrò ridendo, Jigen gli diede solo uno sguardo per poi tornare alla sua bottiglia. «Cosa vuoi Lupin?» chiese secco.
«Ehi Jigen?! Volevo solo aggiornarti sui miei progressi … e poi lo sai che devi chiamarmi Hideo, altrimenti potrebbero scoprirci» disse scherzosamente Lupin girando la sedia, appoggiado le braccia incociate allo schienale e il mento su di esse «Il diamante è ben protetto da sistemi d’allarme sofisticati, nonostante si trovi su quel piedistallo in bella vista nello studio …» Jigen continuava a bere «… ma ieri Morimura mi ha ‘promosso’, per così dire; ho dimostrato il mio valore aiutandolo nei suoi loschi affari ed ora ho accesso anche al suo …» Lupin fissava il compagno il quale non sembrava prestare molta attenzione al suo discorso «Jigen, che ti prende?» poi sorrise maliziosamente «Ti ha mollato la ragazza?» Jigen quasi si soffocò con un sorso di birra e poi guardò sconcertato Lupin, il quale si raddrizzò sulla schiena.
«La conosco?» al silenzio dell’amico continuò «è una delle cameriere vero? Quella bionda e formosa? Oppure la rossa? Andando spesso alla dépandance della signora Morimura hai la possibilità di rifarti gli occhi» Jigen si voltò e appoggiò i gomiti al bancone «In ogni caso, è un bene che vi siate mollati …» insistè Lupin «… ho finalmente accesso all’ufficio del capo e al suo computer in totale libertà, anche quando lui non è presente, ancora pochi giorni e …»
«Mi serve tempo» sbottò Jigen.
«Cosa?! Sono mesi che lavoriamo per mettere a segno questo colpo, finalmente ne sto venendo a capo e tu ti perdi dietro ad una gonnella?»
«Non che tu ti sia tenuto indietro»
Lupin ripensò alle cameriere ben disposte verso di lui e sorrise eccitato «Comunque le mie sono state avventure di una notte e basta, invece sembra che tu ti sia lasciato trasportare un po’ troppo» diede una pacca sulla spalla dell’amico che sembrò indifferente al gesto «Vedi di risolvere presto qualunque problema tu abbia … manca poco e lasceremo per sempre quella villa e tutti i suoi abitanti»
‘Per sempre’ a Jigen comparve davanti agli occhi il viso sorridente di Kyoko e si rabbuiò ulteriormente, non voleva abbandonarla.


Il giorno dopo Jigen non trovò Kyoko nei suoi appartamenti e andò a cercarla dalla madre, chiese il permesso di entrare e una cameriera lo fece accomodare dicendo che la signora voleva parlare con lui.
«Aspetti un attimo qui» disse lasciando Jigen in salotto ed entrò nella stanza della donna; dopo qualche minuto riuscì «La signora la attende» Jigen annuì ed entrò nella stanza, mentre la cameriera si allontanava tornando alla villa. Rimase sull’uscio e fissò la donna; sapeva che la madre di Kyoko le somigliava molto, ma non pensava fossero due gocce d’acqua. La signora Morimura era seduta sulla poltrona vicino alla finestra e indossava una vestaglia di seta bianca, i capelli lunghi e corvini erano raccolti in una coda laterale e gli occhi verdi lo fissavano dolcemente.
«Prego entra pure Jigen» l’uomo ubbidì, chiudendo la porta dietro di sé «Accomodati» disse la signora Morimura indicando la poltrona davanti a lei «Volevo ringraziarti di persona per ciò che stai facendo per mia figlia …».
«Dovere signora»
«Non è solo questo, Kyoko è veramente felice di averti al suo fianco» sorrise guardando l’uomo, il quale ebbe ulteriore conferma che madre e figlia fossero identiche «Lo sai che io so tutto?» nel suo tono non c’era né riprensione né indignazione, voleva veramente solo parlare con lui.
«Si, le devo chiedere scusa, ma ho ascoltato la conversazione che ha avuto con Kyoko ieri» rispose Jigen.
«E allora potrai concedermi di voler essere sicura, che l’uomo che mia figlia ama con tutto il suo cuore si prenderà cura di lei»
«Su questo non deve avere dubbi» disse risoluto Jigen.
«Jigen, Kyoko è forte, ma non resisterà a lungo qui dentro senza di me e io non posso più accompagnarla lungo il cammino della sua vita» strinse i pugni appoggiati sulle sue gambe «Portala via di qui!».
«è quello che ho intenzione di fare, e a Kyoko non mancherà nulla e nessuno le farà più del male» la donna si illuminò e prese dalla tasca un piccolo sacchetto di raso blu, porgendolo a Jigen. «Speravo che tu lo dicessi, tieni» Jigen prese il sacchetto e lo aprì facendo cadere il contenuto sulla sua mano, era un anello in oro bianco con un piccolo diamante incastonato in cima, non era particolarmente appariscente e quindi si domandò se fosse un regalo del marito alla moglie o qualcos’altro. Fu la signora a sciogliere ogni dubbio «Quell’anello mi fu donato dal mio fidanzato, dall’uomo che amavo e che volevo sposare …» sospirò «Per proteggere la mia famiglia ho dovuto lasciarlo e sposare mio marito. Lui insisté perché lo tenessi e mi ripromisi che l’avrei dato a Kyoko, spero tu ne faccia buon uso» Jigen fissava l’anello, sapeva cosa voleva dire darlo lui a Kyoko, ma sarebbe riuscito a mantenere una promessa così importante? Kyoko lo avrebbe voluto ancora una volta scoperta la verità su lui e Lupin?
«Ti prego Jigen …» l’uomo alzò il volto e fissò la donna «… prenditi cura della mia bambina, è il mio tesoro più prezioso e la persona a cui tengo di più su questa terra»
«Lo prometto»


Jigen lasciò la dépendance e la signora rimase sola nella stanza, o almeno così pareva «So che sei lì» Kyoko uscì da dietro un paravento e guardò la madre con una faccia da colpevole «Me ne sono accorta troppo tardi, Jigen era ormai seduto davanti a me» sospirò, Kyoko si avvicinò sedendosi ai piedi della madre e appoggiando la testa sulle sue gambe, la donna la accarezzò dolcemente «Allora e vero che sei birichina» disse dandole un buffetto sulla guancia e Kyoko rise.
«Perdonami mamma, volevo fare una sorpresa a te ma tu l’hai fatta a me … era l’anello del signor Maxwell?»
«Si, quello che David mi diede tempo fa, avevo la tua età quando mi chiese di sposarlo» la donna accarezzò la testa della figlia.
«Lo so» Kyoko chiuse gli occhi «Ti ho chiesto di raccontarmi quella storia tante volte da bambina … me la racconteresti ancora?»
«Certo piccola mia»
Questo fu l’ultimo momento intimo tra madre e figlia, le condizioni della signora Morimura peggiorarono velocemente nei giorni seguenti e la donna si spense una sera di fine primavera mentre la figlia le teneva la mano. Kyoko piangeva disperata chiamando la madre, mentre il dott. Kondo le chiedeva di allontanarsi un attimo, per poterne constatare il decesso «Piccolina ti prego»; fu Jigen a prenderla e accompagnarla fuori della stanza, la teneva fra le braccia mentre piangeva, si accorse di come era piccola e fragile e la strinse a sé ricordando la promessa fatta alla madre di lei.
Il signor Morimura non fu toccato dalla morte della moglie, non versò una lacrima nemmeno durante il funerale, sbrigando il tutto come fosse una mera formalità e poi tornò alla villa.
Kyoko fissava la lapide in silenzio, indossava un vestito nero a maniche corte e con la gonna ampia lunga fino alle ginocchia, un paio di ballerine nere e i capelli raccolti in uno chignon sul capo; Jigen le si avvicinò e rimase in silenzio. Lesse il nome sulla lapide “Akemi Todashi”.
«Papà non ha voluto seppellirla nella tomba di famiglia, ma penso che nemmeno lei lo volesse. Nel testamento c’era scritto che voleva il suo nome da nubile sulla lapide e che tutto ciò che le apparteneva ora è mio» Kyoko strinse i pugni «Ma io vorrei solo riaverla con me» Jigen avrebbe voluto prenderla fra le braccia, ma c’era troppa gente in giro; poi sentì tirare la giacca «Torniamo a casa, ti prego»


Alla villa c’era grande fermento, Kyoko se ne accorse appena arrivata ed ebbe un grande sospetto. Saltò giù dall’auto e corse dentro, c’era quasi tutto il personale, uomini e donne con le valigie in mano e i volti bui che aspettavano i taxi all’entrata. La ragazza scorse il signor Hirai che parlava con alcuni di loro e lo raggiunse «Signor Hirai, cosa succede?»
«Cara Kyoko, vostro padre ha appena licenziato in tronco tutto il personale sostituendolo con gente scelta dalla signora Rina, sono rimasto solo io» Kyoko strinse i pugni, non poteva fare nulla. Salutò cordialmente tanti di loro che conosceva da una vita e altri che lavoravano lì solo da pochi anni, molti ragazzi e ragazze non più grandi di lei che avevano dimostrato la loro professionalità più volte, tutti piansero salutandola, Kyoko era ben voluta da tutti. Quando l’ultima auto si allontanò si diresse verso l’ufficio di suo padre.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti,
il momento più buio della vita di Kyoko potrebbe abbatterla, se non ci fosse Jigen al suo fianco! Anche se lui, chiaramente, vorrebbe qualcosa di più (ù.ù)
Ma per la sua Kyoko è pronto a fare di tutto, cosa accadrà addesso?
Alla prossima

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Capitolo 12
*** Ricordi indelebili ***


Kyoko e Jigen
Cap.3 – Ricordi indelebili

 
Kyoko spalancò la porta dell’ufficio, incurante di chi potesse trovarsi dentro e rimase sgomenta, suo padre teneva Rina fra le braccia e sicuramente si erano appena baciati, ammesso che avessero fatto solo quello. «Nessuno ti ha insegnato l’educazione, ragazzina?» urlò il padre, mentre Rina si sistemava. Senza rispondere Kyoko andò a sedersi sul divano e Morimura riprese posto alla sua sedia, non capitava spesso, ma quando Kyoko faceva così era perché voleva parlare con il padre.
«Ho una semplice richiesta da fare, se non ti dispiace» Morimura agitò la mano indicandole di procedere.
«Vorrei allontanarmi per un po’, la casa al mare penso possa essere un luogo tranquillo per … riprendermi da tutto» Morimura sorrise, allontanare la figlia in quel momento gli avrebbe permesso di prendere certe decisioni senza seccature.
«Ottima idea mia cara» intervenne Rina, anche se ciò non era stato richiesto dalla ragazza «Se ti serve qualche cameriera, ho assunto delle giovani molto simpatiche vedrai saranno perfette per te!»
«Grazie, ma non ho bisogno di cameriere» disse guardando la donna «Partirò non appena sarò pronta, se ho il tuo permesso … papà»
«Jigen verrà con te, su questo non transigo» Kyoko annuì con la testa «Allora siamo d’accordo, ora vattene!» la ragazza non se lo fece ripetere due volte e lasciò l’ufficio con il cuore in gola, Jigen era dietro la porta e la seguì senza dire nulla.

Organizzato qualche bagaglio Jigen aspettava fuori fumandosi una sigaretta, Lupin gli si avvicinò «Sai, comincio a stancarmi di questa tinta» disse toccandosi la testa. Jigen sapeva dove voleva andare parare «Si tratta solo di qualche settimana, tieniti pronto per quando tornerò»
«Allora era una delle ragazze che sono state licenziate? Ora che il tuo grande amore se ne è andato per sempre sei tornato con i piedi per terra» disse scherzosamente Lupin «Quando tornerai non ci saranno più indugi, agiremo subito» si mise le braccia dietro la testa «Sai, aspettare un po’ di più mi ha aiutato a chiarire certi punti, ora sarà un gioco da ragazzi»


Kyoko arrivò con i suoi bagagli, Jigen aspettava in macchina, caricate le valige fu il momento dei saluti, ma solo Lupin ed Hirai erano presenti.
«Si riguardi signorina, e cerchi di riposare, ho già avvertito la signora Mako che è subito andata a far prendere aria alla casa e ha insistito per fare un po’ di spesa» disse sorridendo «Ha comprato i biscotti che amava da bambina»
«Non pensavo lì producessero ancora, non si trovano più in giro» constatò Kyoko.
«Lo sa com’è la signora Mako, avrà ribaltato ogni singolo conbini(1) della zona per trovarli»
Kyoko rise «Se la fabbrica fosse stata chiusa, sarebbe stata in grado di farla riaprire solo per farsene produrre una scatola!» poi salutò il signor Hirai.
«Abbi cura di te Ko-ko» disse scherzosamente Lupin, ma invece della solita riprensione, lei sorrise.
«Anche tu riguardati, Hideo. Cambieranno tante cose qui, spero tu e Jigen non veniate mandati via. Siete le uniche persone gentili qua dentro» alzò il viso verso le imponenti mura e fissò l’enorme leone dorato sul portone, si voltò e salì in macchina.


Avevano lasciato la città, ma ancora non avevano spiccicato parola. Jigen pensava all’anello nella sua tasca, a tutto quello che era successo negli ultimi giorni e ha come spiegare a Kyoko di lui e Lupin, quando il suo flusso di pensieri fu interrotto dalla ragazza «Rina aveva un anello al dito …» Kyoko sospirò «Mio padre non ha perso tempo, ma credo che quella donna sia la più adatta per lui …».
«Sono lontani ora, lasciamoli lì e godiamoci questa libertà» Kyoko annuì e cambiò discorso «Ti piacerà vedrai, io e mamma spesso andavamo lì. In realtà era una proprietà della famiglia della mamma, i nonni gliela donarono prima che sposasse mio padre, un rifugio sicuro … Passai lì la più bella estate della mia vita, papà permise ai nonni e a zio Ryu di venire con noi, lui ovviamente non c’era … ma il signor Maxwell, il segretario del nonno venne lì con noi!» Jigen non capì perché Kyoko citasse una persona esterna alla famiglia, ma ben presto sarebbe venuto a conoscenza di uno dei ricordi d’infanzia più belli per Kyoko.


Arrivarono in un paesino vicino al mare, si fermarono alla stazione di servizio dove si dovevano incontrare con la signora Mako. «Kyoko! Kyoko!» si avvicinò di corsa una donna di mezza età un po’ in sovrappeso, i capelli a caschetto castani si alzavano ad ogni passo, indossava una maglietta arancione ed una gonna a tubo blu, gli zoccoli di legno sbattevano pesantemente sul terreno e il suono riecheggiava nell’aria.
«Signora Mako, è un piacere rivederla!» Kyoko le andò incontro e le strinse le tozze mani. «Oh! Andiamo signorina!» disse la donna tirandola a sé e stringendola in un forte abbraccio, Jigen era quasi sicuro che se la presa fosse durata ancora per qualche minuto Kyoko sarebbe morta soffocata, ma sorrise vedendo la scena. La signora Mako si accorse di lui «Oh! Ma chi è questa personcina così distinta?» diede un colpetto con il gomito a Kyoko «Signora Mako, lui è Jigen la mia guardia del corpo, mi accompagna in questa breve vacanza» la signora Mako corse a dare una sonora pacca sulla spalla a Jigen «Benvenuto in questa topaia» in effetti non c’era molto da quello che lui poteva vedere «Qui quasi tutti sono pescatori, pochi sono i turisti ormai … ci animiamo un po’ in estate» disse ancheggiando sul posto, improvvisando passi di danza «Alla festa che teniamo a fine mese, un po’ chiassosi i bambini che vengono a trovare i nonni dalla città, ma per il resto non c’è male … ah nessun bimbo è come era la nostra Kyoko» prese sottobraccio la ragazza «Era molto tranquilla ed educata, e di sicuro non è cambiata» disse dandole un buffetto «E adesso è ancora più bella, forza andiamo!». Mako si voltò e Jigen guardò Kyoko, che imbarazzata si spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio “Bellissima” pensò lui.

Risalirono in macchina e si allontanarono dal paese; la strada passava attraverso una foresta illuminata dagli ultimi raggi del sole che tramontava e poi gli alberi si diradarono rivelando una deliziosa casetta bianca a due piani. «Eccoci qui, cara Kyoko ho riempito il frigo e pulito a fondo» disse Mako mostrando i muscoli «Per qualunque cosa chiamami pure a casa … e se risponde mio marito alza un po’ la voce è diventato sordo ultimamente» prese poi le valige della signorina e le portò nella camera al piano di sopra.
«Credo che sia diventato sordo per non sentirla più» disse Jigen suscitando l’ilarità di Kyoko, in effetti la donna non aveva smesso di parlare per un secondo da quando erano saliti in macchina, «Te lo assicuro Jigen, sia lei che il marito sono tra le persone più buone che io abbia mai conosciuto» disse Kyoko sorridendo.
«Oh la mia schiena, non sono più quella di una volta. Kyoko non è che il signor Jigen potrebbe riaccompagnarmi?» e fu così che Jigen pensò di doversi sorbire un’altra valanga di parole, dopo che Kyoko lo aveva supplicato di riportare la signora Mako a casa, mestamente risalì in macchina aspettando che la donna salutasse Kyoko e poi partirono.

Stranamente la donna era taciturna e solo quando la casa sparì dietro gli alberi disse qualcosa «Jigen, mi dica. Kyoko come sta?» il tono era completamente cambiato, si preoccupava veramente per la ragazza. Jigen raccontò gli ultimi avvenimenti da quando era stato incaricato della sua sicurezza, ovviamente tralasciando la loro storia d’amore clandestina. «Perdonami se ti ho allontanato momentaneamente da lei, ho visto che sei molto attento alla piccola Kyoko. Le farà bene stare qui, in un posto familiare e legato a bei ricordi» la donna guardò fuori dal finestrino «Oh ecco! Siamo arrivati» Jigen la lasciò davanti casa, ma appena scesa la donna si voltò verso di lui «La prego, si prenda cura di lei» Jigen annuì e la signora Mako si allontanò serena e a pieni polmoni urlò al marito che era rientrata, ricevendo in risposta un forte invito ad abbassare la voce.

Jigen ritornò alla villetta; arrivato davanti all’entrata spense il motore e scese dall’auto, ma prima di entrare si fece due tiri, sapeva che Kyoko avrebbe fiutato l’odore di sigaretta lontano un miglio, ma era teso e doveva scaricarsi. Quando poi rientrò c’era un insolito silenzio «Kyoko?» non vi fu risposta e come un pazzo iniziò a correre per casa con la pistola in mano “Lo sapevo di non doverla lasciare sola! Se trovo chi l’ha portata via lo ammazzo. Io …” il flusso di pensieri omicidi svanì non appena guardò fuori dalla porta finestra lasciata aperta sul retro della casa. Uscì e attraversò il piccolo giardino, prese poi le scale che scendevano verso la spiaggia, si tolse le scarpe godendosi la sabbia sotto i piedi e camminando raggiunse la figura che sulla riva lasciava che l’acqua le bagnasse i piedi e la leggera brezza le scompigliasse i capelli. Si tolse la giacca tenendola appoggiata ad una spalla e con l’altro braccio cinse la vita della ragazza e si avvicinò per baciarle il collo «Jigen …» Kyoko rise solleticata dalla barba di lui, si voltò verso l’uomo e lo baciò. Il tempo si fermò in quell’istante, non dovevano stare attenti, non c’era il rischio che qualcuno li vedesse ed anche se così fosse stato, non c’era da preoccuparsene, la gente di quel posto aveva altro a cui badare che spiare due innamorati in spiaggia. Fu Kyoko ad interrompere l’incanto e allontanando il suo volto da quello di Jigen, lo fissò teneramente, accarezzandogli il viso; l’aria della sera iniziava a rinfrescarsi e i due rientrarono.

«La signora Mako ha fatto la spesa per un reggimento …» disse legandosi i capelli e indossando un grembiule «… meglio iniziare a far fuori qualcosa!» sentenziò mettendosi a cucinare e Jigen le diede una mano; tra un bacio, una carezza un “Jigen abbassa il fuoco che altrimenti brucia!” e “Kyoko non va fatto in questa maniera!”, la cena fu pronta, e fu la migliore della loro vita. Mangiarono al piccolo tavolo della cucina, parlando, ridendo, tenendosi per mano, erano loro stessi in totale libertà.
Finito di cenare e sistemato il tutto si sedettero sotto il piccolo portico sul retro, Kyoko avvolta nella giacca di Jigen, come ormai amava fare e Jigen la teneva stretta a sé. Rimanevano in silenzio o parlavano, si baciavano e si coccolavano; nessuno poteva turbarli ora e Jigen si era promesso di non far sorgere nemmeno un’ombra sul volto di Kyoko per tutta la durata della loro vacanza. Però la strinse più forte pensando al momento in cui le avrebbe rivelato la verità, aveva paura di perderla «Jigen, così mi spezzerai in due» esordì Kyoko dandogli un bacio sulla guancia «Cosa c’è?» la ragazza ormai capiva al volo quando qualcosa non andava.
«Nulla di che, pensavo a Lu… Hideo! Si sentirà tutto solo adesso!» cercò di giustificarsi.
«Lo so che non è questo» Kyoko si appoggiò al petto di Jigen «Me lo dirai quando avrai voglia» disse dolcemente.


Jigen aveva sistemato le sue cose nella camera dove avrebbe alloggiato e andò a dare la buona notte a Kyoko, anche lei stava sistemando le sue cose e già indossava la camicia da notte: arrivava al ginocchio ed era bianca a stile impero con delle spalline strette; i capelli le ricadevano liberi sulle spalle e lungo tutta la schiena. La stanza era illuminata solo dalla tenue luce di una lampada da tavolo; Kyoko si voltò scostandosi una ciocca di capelli ed arrossì vedendo Jigen, per nulla imbarazzato, ma piuttosto fermo sull’uscio a godersi la vista. Kyoko sorrise «Guarda che puoi entrare» e così Jigen fece, chiudendo la porta alle sue spalle.
Si tolse il cappello e sedette in fondo al letto seguendo con sguardo rapito la ragazza che finiva di prepararsi, Kyoko si sedette davanti ad uno specchio per spazzolarsi i capelli, tremava leggermente, tentò di controllarsi, ma Jigen se ne accorse, come si era accorto delle forme di lei sotto la stoffa leggera. «Sai, qui è dove ho conosciuto i nonni e lo zio per la prima volta, ed è il posto più felice per me…» si voltò facendo volteggiare i capelli «Sono contenta che tu sia qui con me» poi si alzò avvicinandosi a Jigen e prendendogli il viso fra le mani, gli diede un bacio «Davvero sono felice» disse accarezzandogli il volto. Kyoko era in piedi davanti a lui e Jigen la fissava in viso, si era chinata in avanti per baciarlo e gli occhi del cecchino scesero fino alla scollatura. Jigen si alzò di scatto e fece alcuni passi verso la porta, tenendosi una mano sul viso, lei gli prese il braccio «Jigen?» cercando di ricomporsi l’uomo tentava di trovare le parole giuste «Kyoko, se resto ancora qualche istante in questa stanza … non credo che riuscirò a trattenermi» sentì due mani delicate cingere la sua vita «E io non voglio che tu te ne vada …» ci fu un attimo di silenzio poi Jigen si voltò e la prese in braccio, il silenzio continuava, la adagiò sul letto, silenzio.
In piedi davanti a lei cominciò a spogliarsi, ancora una volta Kyoko lo afferrò e lo fissava silenziosa e rossa in volto, gli slacciò la cintura ed i pantaloni che caddero a terra, la camicia fu sbottonata e gettata anch’essa a terra insieme alla canottiera. Jigen le afferrò i polsi facendola sdraiare e si mise sopra di lei, le baciava il collo e lei tratteneva il respiro, poi arrivò alla bocca infilando la sua lingua con passione. Una mano lasciò la presa e scese lungo il braccio fino al seno, Kyoko tremò. Anche l’altra mano lasciò la presa e Jigen le sfilò di dosso la camicia da notte, sotto non indossava nulla e ne ammirò ogni curva con ardente desiderio, la accarezzava sentendo la sua pelle morbida sotto le dita; sapevano entrambi che quella notte non l’avrebbero mai dimenticata e che segnava un nuovo inizio per loro. Kyoko aprì le gambe e il silenzio fu rotto dai loro gemiti.


Jigen si lasciò cadere sul materasso, ansimava ed era tutto sudato; guardò Kyoko che al suo confronto sembrava un pulcino bagnato: delle ciocche le ricadevano sulla fronte madida di sudore, anche i suoi respiri erano affannati, era sdraiata di lato e teneva gli occhi su di lui. Jigen la trascinò verso di sé e la abbracciò baciandole la fronte ed il viso, lo stesso fece Kyoko, si coccolarono fino a che la stanchezza non li vinse, fu lei la prima ad addormentarsi e Jigen silenziosamente uscì dal letto. Indossò velocemente pantaloni e si mise a cercare disperatamente la giacca, trovatala frugo nelle tasche, prese sigarette ed accendino e uscì sul balcone della stanza, spegnendo la luce per non svegliare Kyoko. Si stava godendo la sigaretta quando due braccia delicate lo avvolsero in una dolce presa, Kyoko appoggiò una guancia alla schiena di Jigen e lui con la mano libera prese quelle di lei «Ti avevo detto niente fumo …» disse assonnata e non del tutto convinta delle sue parole, Jigen si voltò e la strinse a se, Kyoko aveva indossato una vestaglia al ginocchio «Questa non me la puoi levare … amore» e le baciò i capelli «Va bene, ma torna dentro presto» Kyoko ritornò a letto e Jigen la seguì poco dopo, si fermò a guardarla nella penombra della stanza, la sentiva respirare e ne sentì il calore quando si sdraiò vicino a lei, era la loro prima notte insieme e nessuno dei due voleva che fosse l’ultima.


Jigen aprì gli occhi quando il sole si era già alzato illuminando il mondo che iniziava a svegliarsi, Kyoko dormiva accanto a lui che si appoggiò ad un braccio per osservarla, le accarezzò il viso ed anche lei piano piano si svegliò, si mise a sedere stropicciandosi gli occhi, poi prese le ginocchia fra le braccia e si appoggiò ad esse guardando Jigen «Buon giorno» disse sorridendo «Buon giorno» rispose lui ricambiando il sorriso. Kyoko si alzò andando in bagno, ma Jigen rimase sdraiato ancora un po’, quando decise di alzarsi scostò le coperte e vide delle macchie di sangue sulle lenzuola, Kyoko rientrò in stanza in quel preciso istante guardando la faccia sgomenta di Jigen che indicava il letto, lei serenamente sorrise annuendo.
«Perché non me l’hai detto? Sarei stato più attento …» Jigen era seriamente preoccupato di aver trasformato quella notte in un incubo per Kyoko, ma lei lo abbracciò e con un bacio sistemò tutto «Si, è stata la mia prima volta e no, non mi hai fatto male se è questo ciò che ti preoccupa» Jigen la guardava, ne era lusingato, ma allo stesso tempo si chiedeva “Come mai nessuno prima di me?” quasi a dar risposta ai suoi pensieri, Kyoko si andò a sedere sul letto e raccontò di quando era adolescente ed andava alle superiori, aveva conosciuto un ragazzo e si erano affezionati l’uno all’altra. Mentiva sempre a suo padre per poterlo vedere, ma presto la verità venne a galla. «Eravamo nel suo appartamento, ero tesa ma lui era gentile ed era il mio primo amore … uno di quelli che hai quando sei ragazzina e ti fa sentire le farfalle nello stomaco» sospirò «Josh e i suoi entrarono sfondando la porta … lo massacrarono di botte, mentre io piangevo e mi dimenavo implorandoli di smettere … poi mi trascinarono a casa …» Kyoko strinse a se le braccia «Papà mi picchiava spesso, ma quella sera pensavo mi avrebbe ammazzato, sono stata in ospedale per qualche settimana» Jigen si sedette accanto a lei e la abbracciò, tenendola stretta a se «Lui non tornò più a scuola, si trasferì in un’altra città e non ho più avuto sue notizie, giurai che se non potevo amare chi volevo, non mi sarei mai più messa insieme a nessuno … e fino a prima del nostro incontro ho mantenuto la mia promessa» quel dolce momento di tenerezze fu interrotto da una voce sotto il balcone della camera «Kyoko? Ho suonato, ma nessuno deve avermi sentito» era la signora Mako, Jigen e Kyoko furono colti alla sprovvista. «Arrivo signora Mako, mi sto vestendo» disse la ragazza aprendo leggermente la finestra. Raccolse velocemente i vestiti di Jigen e glieli diede spingendolo fuori dalla stanza.

La signora Mako certo non era un’impicciona, nonostante il carattere esuberante, era conosciuta per farsi sempre gli affari suoi e per il suo buon cuore «Ti chiedo scusa Kyoko se ti ho disturbato proprio il primo giorno di vacanze, ma volevo che tu avessi questa … no grazie, non voglio entrare …» porse alla ragazza una borsa di carta e guardandone il contenuto a Kyoko si inumidirono gli occhi. «Ma allora non era stata gettata via …»
«No piccina» disse Mako accarezzandole il viso «Tua madre me la fece avere chiedendomi di conservarla per te; ora perdonami, ma devo tornare» rifiutò categoricamente il passaggio offertogli alludendo alla voglia di farsi una bella passeggiata finché c’era ancora il fresco del mattino. Rientrando Kyoko appoggiò la borsa e ne tirò fuori il contenuto: una bambola dai capelli castani lunghi raccolti in una coda bassa stretta da un fiocco azzurro, il vestitino dello stesso colore era semplice, con maniche a sbuffo legato in vita da un nastro bianco, il viso era gentile con due grandi occhi marroni ed un sorriso appena abbozzato. Kyoko la strinse a sé ricordando chi gliel’aveva regalata, mentre Jigen la osservava appoggiato allo stipite della porta della cucina.


Le giornate trascorsero tranquille, romantiche passeggiate in spiaggia, pic-nic, cenette al lume di candela preparate insieme, Kyoko che leggeva seduta sul divanetto in giardino con Jigen appisolato sulle sue gambe e la sera, mano nella mano tornavano nella stanza di Kyoko. Lei rideva mentre Jigen la spogliava e lui delicato prendeva quella ragazza inesperta, stringendola a sé.
Erano ormai due settimane che si godevano quella idilliaca vacanza e una sera Jigen prese la decisione che avrebbe stravolto la vita di tutti e due. Kyoko propose di approfittare della poca luce che ancora illuminava il cielo per fare una passeggiata e insieme si incamminarono verso la spiaggia. L’acqua bagnava i loro piedi mentre si rincorrevano in riva al mare, Kyoko implorava Jigen di non farle il solletico, ma lui non la ascoltava e ogni volta che riusciva a prenderla era un’esplosione di risa. Jigen la strinse a sé e la baciò con passione «Spero che conserverai un po’ d’ardore per dopo» disse Kyoko accarezzandogli il viso «Non dimenticherò mai questi momenti insieme» per Jigen il viso di Kyoko era la cosa più dolce che avesse mai visto, le prese le mani e la guardò sorridendo «E non saranno gli ultimi» si inginocchiò davanti a lei tirando fuori l’anello «Kyoko, vuoi sposarmi?» la ragazza piangendo annuì con la testa, l’anello fu infilato al dito di quella piccola mano tremante, era perfetto; Jigen si alzò e la prese in braccio roteando in preda ad una felicità mai provata.
Quella notte, mentre si stringevano l’uno all’altra ansimando, continuarono a dirsi “Ti amo” come mai avevano fatto prima.


La sera seguente passeggiavano ancora mano nella mano lungo la spiaggia e Kyoko guardava l’anello ricordando sua madre e l’uomo che gliel’aveva donato. «C’è qualcosa lungo quel sentiero?» Kyoko alzò lo sguardo in direzione del luogo indicato da Jigen e con la gioia nel cuore lo trascinò in quella direzione. Arrivarono ad un vecchio gazebo in legno chiaro, sormontato da una tettoia in tegole azzurre ormai sbiadite e al suo interno una seduta correva lungo tutto la sua circonferenza. Si accomodarono e Jigen notò un piccolo sentiero fra gli alberi che arrivava fino alla casa «Non lo avevo ancora notato!» esclamò meravigliato
«Qui la vegetazione è più fitta, questo era il nostro giardino segreto»
«Tuo e di tua mamma?»
«No … mio e di David … il signor Maxwell il grande amore di mia mamma» disse Kyoko stringendosi a lui «Era il papà che avrei voluto, quell’estate mi trattò come una principessa e mi accontentava in tutto, vinse per me quella bambola di pezza alla fiera che si tiene da queste parti …» le parole le uscivano spontanee e rivisse quei momenti, raccontando a Jigen di quell’estate di tanti anni fa …

Lei e la mamma erano arrivate alla casa al mare accompagnate dal signor. Hirai che ritornò alla villa promettendo che sarebbe venuto lui a prenderle al termine della vacanza. Passò qualche ora e un’altra macchina si avvicinò, Kyoko giocava con un bastone in giardino correndo intorno alla casa, si fermò davanti all’entrata «Mamma?» e la donna corse fuori, le si riempì il viso di lacrime quando dopo 7 lunghi anni rivide la sua famiglia «Mamma, papà, Ryu!» esclamò correndogli incontro e saltando fra le braccia del fratello: un uomo alto e molto affascinante; indossava una polo bianca e dei jeans, scarpe da tennis e un maglione di cotone blu legato sulle ampie spalle, il viso ricordava i vecchi attori di Hollywood con il loro sorriso ammaliante. Il nonno non era molto vecchio, era giapponese con capelli folti e neri come quelli dei figli; la nonna era americana capelli castani corti alle spalle e due grandi occhi verdi come la figlia e la nipote, un bel viso dal sorriso gentile ora inondato di lacrime.
Kyoko si avvicinò, ma rimase dietro la mamma prendendole il vestito «Tesoro, vuoi salutare i nonni?» la bimba nascose il viso fra le pieghe della gonna, quando sentì vicino una voce calda «Non vuoi salutare nemmeno lo zio?» la piccola guardò per un attimo i nuovi visitatori, la zio si era abbassato su un ginocchio e aveva teso le braccia alla bambina che non resisté e ricambiò il sorriso saltandogli in braccio, l’uomo la inondò di baci, mentre i genitori si strinsero intorno all’amata figlia piangendo in quel bel quadro famigliare appena ricomposto.
Kyoko era solitamente una bimba taciturna e tranquilla, il padre non amava il chiasso dei bambini, ma quella sera potevano sentirla anche i pescatori al largo sulle loro barche, tanto ridere e urlare che faceva giocando con lo zio. La nonna ammoniva spesso il figlio, ma non aveva una parola di rimprovero per la piccola «Ryugi ti prego! Non stringerla così» oppure «Se la fai roteare in quel modo le spaccherai le braccia!» erano parole molto blande, non voleva rompere quell’incanto, ma conosceva l’esuberanza del figlio e temeva veramente che la piccola potesse farsi male. «Voi due giocherelloni venite, la cena e pronta!» esclamò Akemi.
«Chi arriva per ultimo è uno stoccafisso!» urlò Kyoko, ma lo zio non ebbe il cuore di batterla nella corsa e fece finta di inciampare, e così fu costretto dalla bambina a tenere un biglietto sulla fronte con scritto ‘Stoccafisso’ per tutta la serata. La piccola non aveva mai passato una serata più piacevole, la cena non fu silenziosa come quelle alla villa in presenza del padre, ma animata da conversazioni e voci che si sovrapponevano volendo aver ragione su questo o quello, ricordando eventi passati o parlando di quanto Kyoko fosse bella, cosa che la lusingava.
«Si, ma la bella bambina deve finire tutte le sue verdure» sentenziò la mamma; ma alla piccina le verdure gialle proprio non piacevano, con precisione chirurgica le aveva divise dalle altre mettendole da parte nel piatto. Un adulto in un boccone le avrebbe fatte fuori, ma a lei pareva che non sarebbe mai riuscita a finire tutte quelle ‘cose giallognole’ e fece una smorfia «Avanti Kyoko, da brava» la mamma radunò alcuni piatti e si voltò per portarli via, in un lampo Ryugi afferrò con le bacchette le verdure e se le mise in bocca, voltandosi per evitare che la sorella lo scoprisse, ma Akemi si era già messa a lavare i piatti e avrebbe scoperto questo tacito accordo fra nipote e zio solo qualche giorno dopo, beccando in flagranza il fratello. Quella sera lo zio si stese con la nipote nel letto, le lesse un libro di favole fino a che la piccina non si addormentò e silenziosamente lasciò la stanza.


«Non puoi continuare a stare con quell’uomo!» urlò Ryugi e Kyoko si svegliò, scivolò giù dal letto e si avvicinò alle scale, la luce della cucina era accesa, ma non poteva vedere chi fosse nella stanza.
«Zitto, la bambina dorme!» disse sottovoce il nonno «E tua sorella è già in una valle di lacrime, calmati!» Ryu corse fuori dalla cucina e la piccola rimase immobile per fare meno rumore possibile. Lo zio era di spalle e si teneva una mano sul viso, quando si voltò i suoi occhi erano umidi, non si accorse di lei che lo fissava dall’alto e tornò in cucina; il tono di voce era cambiato, ora era più dolce e calmo «Akemi ti supplico, torna a casa con noi, prendi Kyoko e andiamo a casa» la implorò il fratello, e tra le lacrime la donna singhiozzò «N-non pos-so» Kyoko tornò piano a letto e si nascose sotto le coperte trattenendo i singhiozzi, non voleva che la sentissero, ma ogni volta che la mamma piangeva, anche lei non riusciva trattenersi.
Si svegliò il giorno dopo con un dolore alla testa, spesso quando il papà la sgridava e la umiliava le succedeva e andò a cercare la mamma che era già in cucina. Non si accorse degli altri e le andò incontro allungando le braccia «Mamma, mi fa male la testa!» Akemi lasciò quello che stava facendo e la prese in braccio «Ti fa tanto male amore?»
«Come quando il papà mi sgrida» la donna la cullava dolcemente e tutti si mobilitarono per alleviare quella sofferenza. Fu chiamato il dottor. Kondo il quale indicò loro cosa fare e quale medicinale somministrare alla piccola se il dolore aumentava, senza pensarci due volte Ryu prese l’auto e andò ad acquistarlo tornando anche con un regalo per la piccola. Kyoko era a letto e teneva le manine sugli occhi, avevano chiuso le tende visto che la luce le dava solo fastidio, la mamma e la nonna erano accanto a lei coccolandola, il nonno appoggiato alla porta guardava la nipote e si sentiva come se un treno gli fosse passato addosso «Mamma ho sete» la nonna corse a prendere l’acqua versandogliela nel suo bicchiere rosa con le paperelle che adorava, ma la bimba ne bevve un sorso appena sufficiente per un uccellino e si sdraiò di nuovo. Ryu rientrò in casa e corse al piano di sopra, quando fu davanti alla porta della camera Kyoko aprì gli occhi e sorrise, lo zio si avvicinò tenendo le mani dietro la schiena «Ho una cosa per te» e tirò fuori un bel peluche a forma di orsetto dal muso simpatico che indossava una salopette blu e una fascia rossa a pois bianchi intorno alla testa, la piccola lo prese e lo strinse a se addormentandosi.
Al suo risveglio il mal di testa era sparito e la mamma era accanto a lei appisolata, ma aprì gli occhi non appena Kyoko si mosse «Mamma ho fame».
«Ti senti meglio tesoro?» chiese accarezzandole il viso e la piccola annuì. La prese in braccio e scese le scale, il sole stava ormai tramontando e nella casa regnava il silenzio. I nonni erano nel salottino seduti sul divano sfogliando vecchi libri, ma non riuscivano a concentrarsi su ciò che leggevano e lo zio in giardino fumava l’ennesima sigaretta. «Guardate un po’ …» disse piano ma allegramente la mamma e tutti si voltarono guardando la piccola che teneva stretto il suo orsetto. Fu lo zio il primo ad avvicinarsi e Kyoko volle andargli in braccio, se la coccolava e la baciava come fosse la cosa più bella che avesse mai visto e non voleva più lasciarla andare «Cosa vuoi da mangiare Kyoko?» chiese la madre indossando il grembiule «Onigiri» e la donna si mise all’opera seguita dalla madre. Poi Kyoko storse il naso e guardò lo zio «Tu puzzi!» sentenziò «Deve essere l’odore delle sigarette, cucciolina» disse Ryu strofinando il naso sulla guancia di Kyoko, che riluttante si allontanò «Non mi piace!».
Passarono alcuni giorni felici e nessuno fece più riferimento, anche quando Kyoko non c’era, a Morimura. Una sera si udì una macchina avvicinarsi e poco dopo qualcuno bussò, Kyoko prese la mano della mamma e le chiese impaurita «Non è papà, vero?» ma nessuno poteva immaginare chi fosse, Ryu andò ad aprire la porta e rimase sgomento «D-david?» l’uomo lo salutò frettolosamente e si precipitò in cucina, Kyoko lo fissava, per lei lo zio era l’uomo più bello del mondo, ma anche quel signore non era male: alto, capelli corti biondi un po’ spettinati, non spallato come lo zio, ma con un bel fisico da atleta; indossava anche lui jeans e scarpe da tennis, una camicia bianca sbottonata al collo; si tolse gli occhiali da sole rivelando i suoi magnifici occhi azzurri; Kyoko spalancò la bocca, era come i principi delle favole e lei non ne aveva mai visto uno dal vero.
«Buona sera a tutti, e scusate l’intrusione» disse rivolgendosi alla famiglia, ma i suoi occhi si posarono sulla vera ragione per cui era venuto meno a ciò che si era ripromesso, ovvero che non avrebbe più cercato la donna che amava per non metterla in pericolo «Akemi …» sussurrò mentre si avvicinava a lei che lo guardava attraverso gli occhi umidi; David le accarezzò il viso e poi la strinse a se baciandole i capelli.
Kyoko non voleva andare a dormire e protestò correndo via, voleva anche lei stare con quel signore appena arrivato. «Dai Kyoko» la supplicava la nonna «Se non vai a dormire domani sarai stanchissima e non potrai giocare». Fu lo zio ad acchiapparla e farle il solletico «Le bimbe che non vanno a dormire subiscono l’ira del mostro del solletico!» sghignazzò, intanto la bambina non ne poteva più dal ridere. Il nuovo arrivato sedeva in salotto con Akemi accanto e osservava felice la scena «Ti arrendi principessa?» chiese Ryu, ma la bambina continuava a ridere. Riuscirono a metterla a letto e ritornò la calma in casa, ma la piccola non riusciva a dormire e sentendo qualcuno in giardino si avvicinò alla finestra. La mamma e David erano in piedi uno di fronte all’altra e parlavano illuminati dalla luce proveniente da dentro casa; la mamma sorrideva e lui le teneva le mani, gliele baciò e lei si voltò timidamente di lato; ma fu quando lui si avvicinò troppo che lei lo respinse e la sua espressione cambiò, rimanendo comunque dolce, gli appoggiò le mani al petto e guardandolo scosse la testa dicendo qualcosa, poi rientrò in casa. David si voltò verso il mare scompigliandosi i capelli con una mano e mettendo l’altra in tasca, lo zio arrivò al suo fianco e gli offrì una sigaretta che lui rifiutò; a Kyoko quell’uomo già piaceva. E se ne convinse sempre di più nei giorni seguenti, faceva tutto quello che lei voleva e non la lasciava mai da sola, se il nonno si stancava di giocare era lui a salvarlo prendendola in braccio e portandola a giocare altrove soprattutto nel loro giardino segreto dove lei era la principessa e lui il mago buono; un giorno in spiaggia lo zio allargò le braccia per prenderla, ma aveva appena fumato così Kyoko corse dal signor. Maxwell e si fece prendere in braccio da lui.

Una sera decisero di andare tutti insieme alla fiera estiva che si teneva in paese, le donne indossarono uno yukata e anche per Kyoko ce n’era uno piccolino: rosa con margherite che sembravano trasportate dal vento e una fascia bianca in vita; saltellava in giro per casa per sentire il rumore degli zoccoli di legno sul pavimento. La mamma si affacciò alle scale e in fondo David la osservava rapito; i lunghi capelli erano raccolti sul capo e adornati da una rosa bianca e una ciocca le ricadeva di lato sul viso; indossava uno yukata azzurro con dei fiori di sakura stampati sulla gonna, una fascia rosa in vita e un dolce sorriso ad adornare il tutto. Quando le si avvicinò, lui allungò la mano e lei la prese, continuarono a guardarsi per qualche istante fino a che Kyoko non corse ad abbracciare la mamma.
Kyoko rimase meravigliata da quella semplice fiera, mangiò i takoyaki per la prima volta decretandoli il suo nuovo cibo preferito e cercò di vincere un pesce rosso, poi si fermarono insieme a guardare i fuochi d’artificio, nel tornare la bambina teneva per una mano la mamma e per l’altra David saltellando e sorridendo. Poi si fermò e lasciò la presa, corse verso una bancarella e fissò una bambola di pezza, anche David si avvicinò e il proprietario de tiro a segno fiutò l’occasione «Forza signore, sua figlia vuole quella bambola, basta buttare giù quei birilli e sarà sua»
«Veramente lei non…» disse David imbarazzato.
«Forza non si lasci pregare» lo incalzava l’uomo porgendogli tre sfere di legno. David si sentì tirare per i pantaloni e guardò in giù «Puoi provarci, per favore?» gli si sciolse il cuore guardando la piccina che lo fissava con quei meravigliosi occhi verdi e a costo di dilapidare tutti i suoi risparmi, avrebbe vinto quella bambola. Cosa che il proprietario della bancarella non poteva sapere era che in America, David era il miglior lanciatore di baseball al college e la sua squadra rimase al primo posto per tutti i campionati che lui giocò e tutti temevano i suoi tiri che arrivavano potenti ‘come i colpi di un cannone’ o almeno così dicevano i vari giornali scolastici. Gli bastarono due colpi e Kyoko si allontanò abbracciando la bambola tanto desiderata; quella sera si addormentò tenendo accanto a sé sia l’orsetto sia la bambola.

La mamma appoggiata alla porta, guardava Kyoko mentre dormiva e David la abbracciò appoggiando il mento alla sua spalla, guardando anche lui la piccina «Ti assomiglia moltissimo» Akemi annuì, poi lui le baciò il collo «Questa sera, non sai quanto ho desiderato che lei fosse mia, che tu fossi mia e che questa fosse una normale vacanza di famiglia, come doveva essere dall’inizio» la donna si guardò la mano sinistra, non indossava mai la fede, ne qualsiasi altro anello, ma quando era arrivata in quella casa legata alla sua famiglia, aveva subito indossato l’anello di fidanzamento che David le aveva donato, quasi per cancellare, solo per qualche settimana la sua vera vita.
«Anche io vorrei che fosse come dici tu» sospirò la donna, portando le mani al petto. David la baciò ancora sulla spalla e poi ci appoggiò la fronte «Allora fuggi con me» la strinse più forte «Amo già Kyoko perché è parte di te e voglio essere parte della sua vita, voglio che mi chiami ‘papà’ e voglio amarvi per sempre» Akemi si morse le labbra e tremò presa da un’emozione incontrollabile, lo voleva anche lei, ma sapeva quanto il marito era vendicativo e crudele. «Ha minacciato la mia famiglia una volta, non esiterebbe a rifarlo … e fare del male a qualcuno. Se scappassi via, in qualche modo si riprenderebbe Kyoko e io non potrei più vederla né proteggerla. Il solo pensiero del male che potrebbe farle mi devasta …» soffocò con una mano i singhiozzi e piano chiuse la porta della camera.
Si voltò e abbracciò l’amato, si strinsero «‘Kyoko’ … ti dissi che era il mio nome giapponese preferito e tu lo hai messo a tua figlia. Questo per me vale di più di quando mi dicesti ‘si’ alla proposta di matrimonio, non vi farà nulla, sarò io a proteggervi» le sollevò il viso e la baciò «è una promessa» Akemi si scansò dandogli le spalle «Tu non lo conosci come lo conosco io, non sai gli orrori che compie e il male che commette …» si voltò con il viso rigato dalle lacrime «… avevi giurato che ti saresti preso cura di me e so che lo avresti fatto e che con tutte le tue forze proteggeresti me e Kyoko, se io adesso facessi le valigie e scappassi con te … ma ora sono io a doverti difendere, proteggere mamma, papà e Ryu e la mia bambina. E lo farò fino alla morte» Akemi corse in camera sua e si accasciò sul pavimento piangendo, David la raggiuse e prendendola fra le braccia pianse con lei, amava una donna forte e avrebbe voluto veramente stare al suo fianco per sempre.


Kyoko disse che la madre le aveva raccontato di questa conversazione fra lei e David anni dopo. E quando da adolescente presa dalla rabbia nei confronti di suo padre, le aveva chiesto il perché non avesse accettato la madre le mostrò una ferita sulla spalla; suo padre venuto a sapere che durante quella vacanza il signor Maxwell si era presentato fra capo e collo, in preda all’ira aveva impugnato una pistola e sparato alla moglie; se l’arma non si fosse inceppata subito dopo, lei sarebbe sicuramente morta. E solo quando giurò sulla figlia che non era successo nulla fra loro, l’uomo si quietò un po’, in fondo sapeva che la moglie non avrebbe mai rischiato di perdere la figlia rincorrendo l’amore. La madre le disse che quella pallottola avrebbe potuto colpire i nonni, lo zio o David e lei non poteva permetterlo; e Kyoko fra le lacrime aveva rivelato alla madre che, da bambina, aveva raccontato lei al padre del signor Maxwell e la bambola che tanto amava, le era stata strappata dalle braccia dopo quella rivelazione. Era piccola e ogni cosa bella che succedeva non riusciva a tenerla dentro, ma parlando con la madre si sentì tremendamente in colpa.

Kyoko abbracciò Jigen «Ha sofferto tanto solo perché amava a sua famiglia più di ogni altra cosa, tutto ciò che sono lo devo a lei e a David. La mamma mi parlava sempre di lui, di ciò che amava e aveva fatto, lui amava il Jazz e io ad otto anni decisi che non avrei ascoltato altra musica, lui giocava a baseball e io mi iscrissi alla squadra femminile delle medie, lui era avvocato e io mi volevo iscrivere a giurisprudenza all’università, ma papà me lo impedì e scelsi altro, forse sarei diventata impiegata alla reception di qualche studio legale, ma il mio cognome mi ha chiuso varie porte ‘pulite’ …» Jigen si ricordava di quando non moltissimo tempo fa appena arrivati alla villa Morimura, mentre parlavano con il loro nuovo capo, Kyoko era entrata come una furia nell’ufficio del padre, piantandogli davanti il diploma di laurea dicendo “Ce l’ho fatta!” lui l’aveva aspramente ripresa e cacciata fuori.

Kyoko sorrideva e Jigen le domandò il perché, lei spiegò che prima di iscriversi all’università, il padre le fece sfilare davanti una serie di documenti con nome e cognome, foto e profilo di giovani appartenenti alle famiglie che lui approvava, disse che se fosse stata un maschio non avrebbe avuto problemi, ma doveva assicurarsi che il suo futuro genero fosse in grado di gestire le sue di attività. Ma Kyoko rispose che prima si doveva laureare e poi avrebbe pensato al matrimonio, Morimura aveva fatto una scenata dandole anche degli schiaffi, ma poi l’aveva accontentata pensando che questo capriccio sarebbe passato una volta intrapreso il difficile cammino di studio ed esami, ma non era accaduto. Kyoko guardò l’anello «Ora sono pronta a compiere questo passo».

«Ti devo parlare» ora Jigen, a pochi giorni dal loro ritorno era pronto a confessarsi.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti,
Jigen è Kyoko diventano sempre più una coppia e il passato della ragazza e della madre viene spiegato. Ma ora il nostro amato pistolero deve confessare il suo segreto.
Alla prossima!

(1)Un convenience store, conosciuto anche come Conbini, è un negozio di dimensioni medio-piccole in cui viene effettuata la vendita di vari prodotti. I punti vendita sono molto diffusi in Giappone (e altri paesi asiatici), rimangono aperti tutto l'anno compresi i giorni festivi e spesso offrono un servizio ad orario continuato 24 ore al giorno. I prodotti principali sono quelli alimentari e le sigarette, ma si possono trovare anche generi di abbigliamento, ricariche telefoniche, quotidiani, libri, giocattoli, cosmetici ecc.

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Capitolo 13
*** Una nuova vita ***


Kyoko e Jigen
Cap. 4 – Una nuova vita

Tenendo le mani di Kyoko fra le sue la guardava dritto negli occhi, guardava quel volto basito e incredulo «Questa è la verità, ma ciò che provo per te è tutto vero» la ragazza si alzò e corse verso casa, si arresto arrivata in cucina, appoggiandosi al tavolo e fissando un punto indefinito sotto di sé. Pensava di essere stata una stupida solo a pensare di potersi fidare di un uomo di suo padre, l’aveva riempita di belle parole ed attenzioni, l’aveva usata, se l’era portata a letto e lei si era concessa come una scema, in preda all’amore. Le lacrime cadevano dai suoi occhi bagnando il tavolo sottostante, era sola, non aveva più sua madre e tutti coloro che la amavano vivevano lontano: cosa ne sarebbe stato di lei? Sapeva benissimo che il padre l’avrebbe costretta a sposare un uomo da lui scelto e forse queste libertà che si era presa le sarebbero costate caro. Guardò l’anello che portava al dito e ogni paura svanì; ‘No’ non poteva essere arrivato fino a tanto ed averla solo presa in giro. Fissando l’anello si voltò, Jigen la guardava appoggiato alla porta «Certo che corri veloce» cercò di sdrammatizzare; ma lei era risoluta ad avere delle risposte e indicò una sedia «Siediti, ora!» senza più fiatare Jigen obbedì.
Kyoko lo fissò con gli occhi umidi «Jigen, tutto quello che mi hai detto, è vero?» lui annuì «Fino a che punto? Solo la parte di te e Lupin o fino ai tuoi sentimenti per me?» Jigen si alzò e si avvicinò a lei che indietreggiò.
«Kyoko, tutto ciò che provo per te è vero e quell’anello ne è la prova. Non oserei mai usarti per altri scopi!» le porse il suo telefono «Chiama pure tuo padre e digli tutto, io resterò qui ad attendere il mio destino» Kyoko lo afferrò e compose il numero, ma prima di inviare la chiamata guardò Jigen, era sereno perché sapeva che lei non lo avrebbe fatto «Ora sei arrabbiata e ti senti delusa da me, forse anche usata, ma tu sei sempre stata fuori da tutto. L’obbiettivo è quel mostro di tuo padre e tu …» Jigen la strinse a sé «… tu la principessa da salvare, ho giurato di proteggerti e lo farò fino in fondo» Kyoko ricambiò la stretta e scoppiò a piangere.


Ritrovata la compostezza Kyoko chiese a Jigen di perdonarla per come si era comportata, si sentiva come una stupida ragazzina, e in parte era stata la sua giovane età a farla reagire in quel modo. Lei non lo vedeva, ma Jigen spesso aveva pensato alla differenza di età fra loro due e si preoccupava per lei, forse meritava qualcuno migliore di lui, più giovane, più affascinante e che si sarebbe preso cura di lei come lui non avrebbe mai potuto fare.
«Kyoko, la mia vita mi porterà lontano e rimarrai sola, non potrò contattarti spesso per non metterti in pericolo, ma giuro che avrò sempre cura di te» Jigen la guardava negli occhi, tenendo strette quelle piccole mani tra le sue, la amava e niente gli avrebbe impedito di prendersi cura di lei. Kyoko lo guardò dolcemente «Lo so, ma prima di ogni altra cosa, portami via da quella casa»


Decisero di ritornare il giorno dopo la festa di paese, dove Kyoko rivisse i suoi ricordi felici, indossava lo yukata della madre che era rimasto nell’armadio per tanti anni. Era bella e per Jigen non poterla abbracciare o baciare in pubblico era straziante e lei se ne accorse, civettò un po’ solo per farlo ingelosire e tirarlo in giro. Lui le si avvicinò sussurrandole «Me la paghi!» ricevendo in risposta un malizioso «Non vedo l’ora …».
«Kyoko!» la signora Mako si avvicinò ai due «Sono contenta di vederti; anche lei signor Jigen» fece un inchino; anche lei indossava uno yukata: blu con dei fiori di magnolia stampati sulla gonna, una fascia rosa e i geta ai piedi. Si avvicinò il marito che salutò cordialmente i due presentandosi a Jigen come il signor. Koji, lui indossava un semplice yukata blu, ma aveva appuntato un fiore di magnolia di stoffa sulla sinistra; la signora Mako doveva avere sui 45 massimo 50 anni; ma lui pareva molto più vecchio. Passarono la serata insieme, ma per lo più era Mako che trascinava Kyoko di qua e di là lasciando i due uomini da soli in un rispettoso silenzio. A volte il signor. Koji guardava dal basso verso l’alto Jigen e ne seguiva lo sguardo, il pistolero non ci fece caso pensando ad una mania da anziano.
«Kyoko! I fuochi d’artificio, corri!» era come se Mako fosse una bambina che trascinava la madre da una parte all’altra e i due uomini le persero tra la folla.
«Non c’è da preoccuparsi, a Kyoko non accadrà nulla. Mia moglie potrebbe sbaragliare dieci membri della Yakuza solo mettendosi a parlare. Una birra?» Jigen accettò l’invito dell’uomo e andarono verso un chiosco ormai semi vuoto, visto che tutti si erano recati a vedere i fuochi. Seduti su di una panchina, sorseggiavano silenziosamente dalle bottiglie «Da quanto lei e Kyoko state insieme?» un violento colpo di tosse prese Jigen dopo quella domanda, ci volle qualche secondo prima che si riprendesse e guardò stupito l’uomo seduto accanto a lui «Hihihihi … sono vecchio, ma non cieco» sorseggiò la sua birra e riprese «Ormai di certe cose me ne accorgo molto facilmente, ma lascio vivere la propria vita agli altri»
Raccontò di tanti anni prima quando si innamorò della giovane figlia di un commerciante del paese vicino, lui portava personalmente i prodotti del suo villaggio: ortaggi, pesce, oggetti di artigianato … si faceva carico di tutto per i suoi paesani solo per vedere la giovane e bella signorina Mako.
«All’epoca era nel fiore della sua giovinezza, era bellissima. Ma è con gli anni che ho imparato a guardare oltre quello che i miei occhi vedevano e scoprire che meravigliosa persona fosse …» sorseggiò ancora la birra «Avevamo 15 anni di differenza, e la sua famiglia era contraria. Un giorno fece le valigie e scese a salutare i suoi dicendo che andava a sposarsi, non voleva fare nulla in segreto per non gettare la vergogna sulla famiglia … erano altri tempi …» sottolineò l’uomo «Ma non le lasciarono nemmeno varcare l’uscio di casa, ci vollero 2 anni prima che mi concedessero la sua mano, ci incontravamo al mercato, alle feste come queste, ma sempre tenendo le distanze … suo padre non era come Morimura, amava la figlia e vederla soffrire gli spezzava il cuore e quando riuscii a mettermi in proprio ed avviare la mia bottega, la famiglia capì che non ero un completo fallimento e forse potevo dare una vita dignitosa alla loro Mako e lasciarono che ci sposassimo … se tornassi indietro rifarei tutto, non me ne pento» l’uomo guardò i fuochi e poi prese il fiore che aveva appuntato al petto «La mia Mako si fece a piedi 10 chilometri sotto l’acqua scrosciante e di corsa per venirmi a dare questo fiore di stoffa che aveva cucito per me e a dirmi che suo padre mi avrebbe permesso di sposarla. Non sarebbe mai sfiorito, come il nostro amore … Quando trovi la persona giusta, non serve tanto tempo per capirlo, ma lasciarla andare potrebbe voler dire soffrire per tutta la vita, come è successo alla povera signora Akemi» spostò lo sguardo verso Jigen «Tu cosa farai?»


Il giorno dopo Jigen e Kyoko ripercorsero quella strada che un mese prima, aveva segnato un cambiamento importante nelle loro vite. Un turbine di pensieri offuscava la mente di Kyoko e si riflettevano sul suo viso, ma si quietarono quando Jigen accostò. L’uomo prese un lungo respiro, mentre la ragazza seduta vicino a lui lo fissava, senza capire a cosa stesse pensando. «Kyoko, se hai paura dimmelo ora e non ti riporto alla villa, io …» la ragazza appoggiò una delle sue delicate mani sul suo braccio «Abbiamo preso una decisione, ora andiamo»


Arrivata a casa Kyoko non ebbe nemmeno il tempo di varcare la soglia che fu subito chiamata dal padre, allo stesso modo con cui chiamava sempre i suoi uomini; sentire riecheggiare il suo nome per la villa e il tono aspro con cui il padre si rivolgeva sempre a lei, le dava i nervi e allo stesso tempo la metteva a disagio, senza pensarci si voltò e incrociando lo sguardo di Jigen e si tranquillizzò. Arrivati nello studio del padre trovarono ad aspettarli Morimura e altri due uomini, uno di mezza età ed un altro più giovane; Kyoko lo riconobbe subito, lo aveva incrociato anni prima ad un evento di beneficenza. Essendo il figlio di un uomo d’affari amico di suo padre, poteva solo immaginare perché fosse lì. Si accomodarono e Jigen restò in disparte, ma su indicazione di Morimura, non doveva lasciare la stanza e piazzarsi fra sua figlia e la porta per evitare che le ‘prendesse un capriccio’ e decidesse di scappare. Kyoko tenendo stretti i pugni e lo sguardo vitreo ascoltava quegli uomini parlare di affari e decidere del suo futuro; Jigen dietro di lei tratteneva a stento la voglia di prenderli a pugni tutti quanti e portare via Kyoko.
«… e quindi signorina Morimura, non deve preoccuparsi, mio figlio si prenderà cura di lei e non le farà mancare nulla. Dopo domani sarete miei ospiti a cena» si alzarono tutti, Morimura e l’uomo più anziano si allontanarono e Kyoko rimase sola con quel giovane, che dall’inizio non le aveva staccato gli occhi di dosso.
«Vostro padre mi aveva accennato alla vostra bellezza, ma le sue parole non vi rendono onore» le prese la mano e la baciò «Spero di potervi conoscere meglio» Kyoko ritrasse la mano schifata e salutando fece per allontanarsi, quando il ragazzo la afferrò per il braccio stringendoglielo «Se questa cosa deve funzionare farete meglio a togliervi quell’aria di superiorità ed essere più mansueta, non ho intenzione di avere una moglie indisponente» la faccia del ragazzo si contorse in una smorfia di dolore, quando Jigen gli prese il polso con forza costringendolo a lasciare la presa, il ragazzo guardò in giro, ma sia suo padre che Morimura avevano lasciato la stanza.
«La signorina è stanca, è appena rientrata a casa e desidera andare a riposarsi» il ragazzo annuì a quell’uomo che lo metteva a disagio, umiliandolo davanti ad una donna «Tu non sai chi sono io!» gli disse con voce tremante.
«Non mi interessa, sono la guardia del corpo della signorina e ho il dovere di proteggerla da chiunque sia una minaccia per lei» tuonò Jigen.


Kyoko si massaggiava il braccio «Ti ha fatto male quello stronzo?»
«Un po’ non posso negarlo …» incrociò lo sguardo di Jigen «Ora sai che non c’è più tempo, mio padre vorrà sposare Rina, ma prima vuole sistemare me … anche se fosse questa notte, io sono pronta» Jigen guardò quel viso risoluto e fu orgoglioso di lei, era una donna coraggiosa e non poteva desiderare nessun’altra al suo fianco.
«Signorina Kyoko, ben tornata» il maggiordomo le si avvicinò, aveva lo sguardo un po’ teso.
«Signor. Hirai … qualcosa non va?»
L’uomo li accompagnò, spiegando a Kyoko che aveva dovuto prendere decisioni veloci e fare qualche cambiamento. Entrando nelle stanze della madre, Kyoko vide gli armadi e i cassetti aperti e vuoti e le vennero le lacrime agli occhi, sembrava passato un tornado. «Il signor Morimura voleva liberarsi di tutto ciò che apparteneva alla moglie, ho preso io il controllo della situazione e … ho spedito tutte le cose di sua madre dai suoi parenti» Kyoko si girò di scatto verso l’uomo.
«è riuscito a non farsi scoprire?» la ragazza ammirava quell’uomo, sempre così leale a suo padre, ma la cui dedizione verso lei e la madre superava qualsiasi timore che Morimura potesse incutere.
«Sono parecchi anni che lavoro per suo padre e ho avuto la fortuna di creare la mia personale rete di contatti. Ufficialmente tutto ciò che apparteneva a sua madre è stato buttato, ho detto solo a lei la verità» poi prese da dentro un cassetto un pacco «Ma la signora voleva che fosse lei a conservare questo»
Era un album di fotografie che la madre aveva con cura aggiornato e custodito come un tesoro e sfogliandolo Kyoko rivisse i momenti felici, suo padre non c’era da nessuna parte. Alla fine trovò dei petali di sakura incollati lungo tutta la pagina e delle parole scritte da sua madre:

Mia cara dolce Kyoko,
amore mio, questo è il mio regalo per te. Quando ti sentirai giù sfoglia questo album, ritroverai i bei momenti felici passati insieme. Sei stato il regalo più bello che la vita potesse farmi e se tornassi indietro, rifarei ogni cosa solo per poterti mettere al mondo ancora una volta. Vivi felice e ti auguro di incontrare persone che sappiano volerti bene. Ricordati che la luce arriva sempre dopo la notte e che l’amore è la forza più potente di questo mondo, seguilo e sarai al sicuro

Kyoko sorrise vedendo un piccolo disegno che raffigurava una fedora accanto a questa frase

… Non posso più proteggerti, ma so che ti lascio in buone mani. Ti amo tesoro mio, e ti amerò per sempre.
                                                                                                                                                                             Mamma

Girato pagina, Kyoko vide una foto della vacanza con la famiglia della madre e sotto una frase:

La verità verrà fuori prima o poi, amore mio.

Kyoko si mise a piangere e strinse a sé l’album, si, prima o poi le attività criminali di suo padre sarebbero state scoperte! Ringrazio il signor Hirai per tutto e tornò nelle sue stanze. Chiusa la porta dietro di loro Jigen la abbracciò e Kyoko voleva solo questo, stare fra le sue braccia «Kyoko, preparati appena Lupin e io saremo pronti ce ne andremo»
«Dirai a Lupin di noi?»
«Non deve per forza sapere tutto, no?» disse Jigen sorridendo e asciugando le lacrime che rigavano il volto di Kyoko e che giurò a sé stesso, mai più sarebbero scese da quei meravigliosi occhi.
«Non andare via ti prego …» gli disse Kyoko quasi implorandolo; dormirono l’uno accanto all’altra, ma Jigen si alzò prima dell’alba per lasciare la stanza senza che nessuno lo vedesse, guardò un’ultima volta Kyoko che dormiva ancora e si allontanò.

Per tutta la giornata Kyoko fu ostaggio di Rina che la portò ad acquistare un vestito, scarpe e gioielli per la cena e Jigen fu esonerato dai suoi impegni.
«Una giornata libera ti farà bene, non voglio immaginare cosa ti abbia fatto passare mia figlia mentre eravate via!» disse Morimura. «Non ne ha idea …» disse Jigen al suo capo molto distratto da alcuni fogli. Jigen lasciò la villa e si allontanò in macchina, non fece ritorno fino a tarda serata e Morimura ancora sveglio gli disse di andare a controllare la figlia.
«Jigen, dovrai tenere d’occhio mia figlia tutta la notte; riposati pure nel salotto fuori dalla sua camera. Se dovesse saltarle in mente di scappare …»
«Non glielo permetterò, signore» Jigen salutò un compiaciuto Morimura e si diresse da Kyoko, che era già stata avvertita dal padre che Jigen avrebbe passato la notte nella sua stanza. Chiuse accuratamente le porte a chiave e si voltò ad ammirarla.
«Quindi mi devi tenere d’occhio?» Kyoko aveva indosso solo intimo di pizzo rosso e calze autoreggenti e seduta sul letto, ammiccava a Jigen.
«Si … e ti avviso che non riuscirai a scappare da nessuna parte» Jigen si levò cappello, giacca e cravatta e la raggiunse. Le tolse tutto di dosso e lei gli levò la camicia, Jigen la baciava tenendola stretta per sentire quel corpo nudo sotto di lui. Quando Kyoko gli slacciò i pantaloni, Jigen si scostò da lei, alzandosi e ricomponendosi, mentre Kyoko lo guardava nuda e incredula.
«Kyoko, non farò l’amore con te in questa casa, né stanotte né mai!» Jigen accarezzò quel visino imbronciato «Non voglio legare un ricordo così piacevole a questo posto …»
«Che ti importa!? Ci siamo conosciuti qua dentro!» Kyoko gli voltò le spalle, Jigen scostò lo sguardo, trattenersi era difficile, poi le baciò il collo «Una volta fuori di qui, mi farò perdonare …» detto ciò andò a stendersi sul divano.


La sera dopo Kyoko, il padre e Rina avrebbero partecipato alla cena organizzata dalla famiglia di quello che sarebbe diventato il marito della ragazza, in occasione della quale sarebbe stato annunciato il loro fidanzamento. «Cara, ma dove hai messo la pochette che ti ho regalato?» la domanda di Rina fu come manna dal cielo, la loro farsa sarebbe stata più credibile, Kyoko finse imbarazzo accorgendosi di non averla con sé. «Perdonami Rina, devo averla dimenticata, vado subito a riprenderla e vi raggiungo» detto ciò corse dentro la villa.
«Jigen, seguila e controlla che non se la dia a gambe, questa cena è troppo importante perché qualcosa vada storto» ordinò Morimura e il pistolero annuendo seguì la ragazza. «Caro, non credo che tua figlia rischi di farti arrabbiare proprio questa sera!» disse Rina prendendolo a braccetto.


Jigen aspettò qualche secondo prima di entrare, Kyoko era già pronta con lo zaino in spalle, aveva preso qualche indumento e poche cose a cui teneva, si abbracciarono. La ragazza era molto agitata «Jigen, andrà tutto bene, vero?»
«Si Kyoko, vai a nasconderti nella rimessa del giardino e segui le mie istruzioni …»


L’allarme della villa risuonò rompendo la quiete della sera, Snake corse da Morimura avvisandolo che qualcuno si era intrufolato nel suo ufficio e aveva portato via alcuni dei cimeli che lì erano esposti. L’uomo divenne rosso in volto e disse ai suoi di seguirlo, tirò fuori da sotto la giacca una pistola e rientrò nella villa. Rina sarebbe rimasta sotto la protezione di alcune guardie fuori in macchina, e non si oppose alla decisione, temendo per la sua vita se un conflitto a fuoco fosse scoppiato all’interno delle mura.
Le guardie bloccarono ogni uscita e Morimura corse nel suo ufficio, non c’era nulla fuori posto, ma il suo sguardo corse subito verso un punto preciso, dove prima c’era il diamante ora c’era un biglietto:

Ti avevo detto che l’avrei rubato, mi hai reso le cose molto più facili.
                                                                                                              Lupin III

Morimura non riusciva a controllare i suoi pensieri, aveva ricevuto l’avvertimento del ladro che avrebbe rubato il diamante, ma era sicuro della sua fortezza, del suo potere e dei suoi uomini … i suoi uomini. Si voltò: Snake era sparito e Josh non c’era, nemmeno Hideo e Jigen erano presenti, ed erano i suoi più forti. Li chiamo all’interfono, ma nessuno si presentò, poi sentì il suo elicottero che si alzava in volo e corse in cima all’edificio riuscì solo a vedere Jigen al comando e Snake al suo lato, quest’ultimo si levò la maschera rivelando la sua vera identità e Lupin lo salutò mostrando il diamante che aveva in mano. I colpi di pistola ovviamente non sortirono alcun effetto contro il velivolo e Morimura ordinò ai suoi uomini di prendere le auto e inseguirli, ma tutti i mezzi di trasporto della villa erano fuori uso e all’uomo non rimase che accasciarsi e prendersi la testa fra le mani, mentre sentiva il rumore dell’elicottero farsi sempre più lontano. ‘Kyoko?’ fu un pensiero fulmineo che gli balenò in testa e corse verso gli appartamenti della figlia bussando più forte che poteva «Ragazza, aprimi subito!» Morimura fece chiamare il maggiordomo e il signor Hirai arrivò con le chiavi di scorta, aprendo le stanze si ritrovarono davanti una scena, che in altre circostanze avrebbe potuto rivelarsi divertente: Josh e Snake in mutande legati come dei salami e imbavagliati. Morimura corse verso l’altra porta e la aprì sbattendola, sua figlia non c’era, non un biglietto, una lettera o qualcosa che desse l’idea di ciò che fosse accaduto. L’uomo corse dai suoi e tolse lo scotch dalla loro bocca.
«Josh, Snake cosa diavolo è successo, dove è mia figlia?» tuonò Morimura.
«Quando è scattata l’allarme ci siamo precipitati nel suo ufficio. Hideo e Jigen erano fuori dalla porta preparandosi a fare irruzione» spiegò Snake.
«Ci siamo uniti a loro, ma appena siamo entrati nell’ufficio, non c’era nessuno, ci sono rotolate a fianco delle bombolette di quello che poi si è rivelato gas soporifero, voltandoci quei due bastardi hanno chiuso e bloccato la porta …» disse Josh stringendo i denti, consapevole di essere stato ancora battuto.
«Quando ci siamo svegliati eravamo qui, legati e poi siete entrati voi» Morimura ordinò di slegarli e setacciare la villa in ogni suo angolo. Kyoko non era da nessuna parte, ma l’uomo fu avvisato che doveva recarsi alla rimessa del giardino. Era un edificio di legno, dove venivano conservati gli attrezzi da lavoro dei giardinieri, era stata costruita a ridosso delle mura della villa; l’uomo cadde sulle ginocchia vedendo una finestra aperta sul soffitto e una scala abbastanza lunga da arrivare fino lassù appoggiata sotto di essa, un uomo si affacciò «Capo, c’è una fune che scende lungo il muro esterno e segni di pneumatici» ma Morimura sapeva che non poteva seguire quelle tracce visto che non c’era un solo mezzo di trasporto in tutta la villa e come se non bastasse si udì un tuono, il cielo si era annuvolato e una pioggia scrosciante iniziò a cadere nascondendo le tracce nel fango, Morimura corse fuori e lanciò un urlo di rabbia al cielo.

Qualche ora prima …
Senza farsi vedere Kyoko era riuscita ad intrufolarsi nella rimessa dove tutto era stato preparato per la sua fuga; guardò la lunga scala che più volte i giardinieri avevano utilizzato per potare le grandi piante della villa già posizionata sotto l’unico lucernario del soffitto che era stato lasciato aperto dalla stessa persona che le aveva dato tutte le istruzioni dettagliate per la sua fuga …  Quando suonerà l’allarme esci dalla finestra, ho già preparato una fune con cui potrai calarti lungo le mura. Troverai un mezzo di traporto, con quello segui la strada sterrata … e nonostante il batticuore, Kyoko seguì alla lettera le indicazioni non appena udì il suono dell’allarme. Dal tetto della rimessa vide gli uomini di suo padre correre dentro la villa, rimase acquattata e si avvicinò al ciglio delle mura, vide una jeep già messa in moto e si calò con la robusta fune, a causa del trambusto nessuno si sarebbe preoccupato della ronda intorno alla villa, quindi non ci sarebbero state sorprese; guidò poi fino alla fine del sentiero fra i campi, non era più utilizzato dai contadini visto che il padre aveva espropriato le loro terre, quindi Kyoko non incrociò nessuno e una volta arrivata sulla strada asfaltata lasciò la jeep in mezzo alla carreggiata, la polizia l’avrebbe presto tolta di mezzo e visto che non era intestata a nessuno sarebbe finita abbandonata in qualche deposito, se non addirittura allo sfascio. Indossò l’impermeabile che trovò nell’abitacolo e camminò per un’ora buona sotto la pioggia battente, fino ad una piccola stazione deserta a quell’ora della sera, giusto in tempo per prendere il treno delle 20.15, come indicato da Jigen, e passare tutte le fermate indicatele. Il controllore visionò solo il biglietto e non fece domande, poi Kyoko fissò il pezzo di carta che teneva in mano chiedendosi se qualcuno potesse risalire a chi lo aveva acquistato, le turbinavano un sacco di pensieri per la testa: Avrebbe rivisto Jigen? Suo padre gli avrebbe facilmente scoperti? Dove avrebbe vissuto? Come si sarebbe mantenuta? … qualche ora dopo, il suo flusso di pensieri fu interrotto da una voce che annunciava la sua fermata, prese lo zaino e corse fuori era una piccola stazione, e sulla strada l’autobus che doveva prendere era già arrivato. Fece il giro esterno stando attenta che non ci fossero telecamere di sorveglianza e salì sull’autobus mostrando l’altro biglietto, come le aveva detto Jigen solo allora poteva rilassarsi e si addormentò seduta con la testa appoggiata di lato guardando il mondo che scorreva fuori dal finestrino.
L’autobus si fermò e aprendo gli occhi Kyoko vide il mare, trasalì pensando di aver sbagliato ed essere ritornata alla sua città natale, ma non vide le costruzioni tipiche del porto, piuttosto sembrava una zona turistica, c’era ancora qualcuno che passeggiava al chiaro di luna. Kyoko salutò l’autista con un inchino e scese, quando l’autobus si mosse vide dall’altro lato della strada un’auto e si diresse in quella direzione, tranquillamente aprì la portiera e salì. L’auto partì subito dopo.


Lupin, Jigen e Goemon festeggiavano la riuscita del colpo, ma il pistolero aveva altro per la testa e non vedeva l’ora di lasciare la stanza di quell’albergo. Seduto sul divano guardava fuori dalla finestra, l’orologio dell’edificio vicino scandiva il tempo che per l’uomo sembrava non passare mai.
«Cosa c’è Jigen?» domandò uno sbronzo Lupin «Ora siamo ricchi e non dobbiamo più sottostare a quel pezzo di merda … hic …» una vampata di odore di birra gli arrivò dritta in faccia e poi Lupin gli si accasciò vicino ronfando sonoramente.
«Ti dispiace fargli da guardia? Ho bisogno di prendere aria, non aspettatemi e non cercatemi» disse Jigen rivolto a Goemon, il quale semplicemente annuì seduto a sorseggiare del sakè. Jigen era rimasto sobrio e taciturno, aveva qualche cosa da fare, ma il samurai non fece domande nonostante avesse capito che c’era qualcosa sotto. Jigen uscì dall’hotel e prese l’auto con cui erano arrivati e partì, arrivò in anticipo alla fermata dell’autobus e pazientemente aspettò qualche minuto. Vide dei fari avvicinarsi e quando l’autobus si allontanò dopo aver fatto scendere i passeggeri, la scorse dall’altro lato della strada, anche se era di spalle l’avrebbe riconosciuta tra mille, Kyoko si voltò e senza tradire emozioni si avvicinò all’auto, salì e partirono. Guidò fino a destinazione e nessuno dei due parlò, quando parcheggiò e spense l’auto, Kyoko gli si gettò al collo e lui la strinse a sé «Ce l’abbiamo fatta?» domandò con voce tremante, tradita dalle sue emozioni.
«Si, amore mio».


Kyoko fissava l’edificio vicino al quale si erano fermati, era un complesso con due appartamenti al piano inferiore e due a quello superiore, le mura bianche erano sormontate da un tetto dalle tegole blu, era vecchio ma pulito. Salirono le scale e si fermarono davanti alla porta in cima alla rampa, Jigen la aprì ed entrarono nell’appartamento: un piccolo soggiorno con un vecchio divano gli accolse e sulla sinistra una cucina con i mobili color crema disposti a ferro di cavallo completava l’ambiente e sulla destra la porta finestra su di un balcone, oltre il soggiorno di fronte a se Kyoko vide due porte e incuriosita si avvicinò, ma prima di poterne aprire una notò che il muro della cucina creava un breve corridoio che portava ad altri due ambienti e decise di partire dal fondo con la sua esplorazione: proprio di fronte a sé, c’era un piccolo ripostiglio, la prima porta era una grande camera, con un letto nuovo e qualche scatolone ancora da disfare «Mi sono preso la libertà di comprare qualcosa, ma per tutto il resto puoi arredare come più ti piace» Kyoko fissò Jigen «Quindi questa è casa nostra?» chiese incredula.
«Per ora si, ho preferito posto tranquillo, ma se non ti piace …»
«è perfetto» disse Kyoko sorridendo e continuò il suo tour. La porta dopo conduceva nel bagno, ma fu aprendo l’ultima che Kyoko entrò per guardare bene, era vuota, sulle pareti azzurre erano dipinte delle nuvolette e la simpatica lampada a forma di fiore illuminava tutto l’ambiente. La ragazza si voltò «Ma è una cameretta per bambini!» Jigen si avvicinò e le accarezzò il volto «Si, ma se vuoi possiamo cambiarla e farci qualcos’altro» Kyoko lo abbracciò «No, mancano solo dei lettini e poi sarà perfetta!» Jigen la prese in braccio euforico e piroettò nella stanza «Due, maschio e femmina» disse gioioso.
«Di due anni di differenza!» aggiunse Kyoko ridendo «Andranno molto d’accordo e il maschietto sarà protettivo nei confronti della bambina e lei vorrà un mondo di bene a suo fratello!»
«E tutti e due ameranno i loro genitori» Jigen si fermò e fissò il volto di Kyoko finalmente felice.
«Credi che sia troppo presto per fare questi progetti?» chiese la donna accarezzandogli il volto.
«No Kyoko, la nostra nuova vita e appena cominciata e da domani nessuno ci separerà più!»


Il giorno dopo, nel pomeriggio si recarono presso il comune per sposarsi ufficialmente: Jigen indossava il suo abito blu più bello e fresco di tintoria, Kyoko aveva comprato un semplice abito bianco che le arrivava al ginocchio ed aveva un bouquet di piccole rose bianche, aveva acconciato i capelli in un morbido chignon alto decorato con una spilla appartenuta alla madre che raffigurava un giglio. Firmati i documenti e scambiate le fedi fu annunciato che erano ora marito e moglie e Kyoko rinunciò volentieri al suo vecchio cognome per acquisire quello dell’uomo che amava; essendo grata di trovarsi abbastanza lontano dal padre perché qualcuno potesse facilmente riconoscerne il cognome. Poco più tardi stavano passeggiando sul lungo mare e Jigen prese una fotocamera dalla tasca, fermò un passante e chiese di scattargli una foto, Kyoko si posizionò vicino a lui, ma prima che la foto potesse essere scattata Jigen la prese in braccio, scattarono altre foto quel pomeriggio, prima di rientrare a casa esausti, ma felici.
Jigen appoggiò un giradischi su tavolo e porse a Kyoko un vecchio vinile, lei mise il disco e una vecchia canzone jazz si diffuse nel loro appartamento.
«Mi concede un ballo signora Daisuke?» disse Jigen porgendole elegantemente la mano.
«Certamente, signor Daisuke … marito mio» e sorrise dolcemente.


Kyoko si stava spogliando e Jigen la guardava con piacere sempre più crescente, sotto le lenzuola la strinse forte a sé, sapeva che il giorno dopo avrebbe dovuto lasciarla sola, per chissà quanto tempo e non sapeva come dirglielo. Quella notte, ogni suo gesto, movimento o parola fu pieno di dolcezza. Mentre Kyoko dormiva, la fissava e le accarezzava la pelle nuda, avrebbe voluto stare di più con lei e non lasciarla subito ad affrontare il mondo da sola.
Il giorno dopo si alzò senza svegliarla, non era pronto ad affrontarla e non poteva pensare alle lacrime che lei avrebbe versato. Due braccia gentili gli cinsero la vita, e furono i suoi occhi ad inumidirsi «Vai già via?» domandò Kyoko.
«Mi dispiace Kyoko, vorrei rimanere più a lungo, ma non posso»
«Vai pure …» Jigen si voltò per guardarla, anche gli occhi di Kyoko erano pieni di lacrime «Io sarò sempre qui ad aspettarti» si strinsero in un abbraccio dolce e amaro allo stesso tempo.


Jigen diede a Kyoko qualche ultima indicazione «… per l’affitto non ti devi preoccupare, è già pagato un anno intero e … non guardarmi così, a 12 mesi di affitto più caparra in contanti non dice di no nessuno, e comunque ti farò avere presto dei soldi per andare avanti …» Kyoko mise un dito davanti alla bocca di Jigen, invitandolo a stare zitto.
«Per i soldi non ti preoccupare, troverò anche io un lavoro e potrò mantenermi» Kyoko era risoluta, ma da questa conversazione nacque la loro prima litigata; lui non voleva accettare che lei non volesse nemmeno un soldo e lei era sicura che ce l’avrebbe fatta anche da sola, lo amava, ma i soldi rubati non li voleva. Jigen uscì sbattendo la porta lasciando un’imbronciata Kyoko a sfuriare da sola, ma ben presto quando era ormai impossibile riconciliarsi, si resero conto che le loro ultime parole l’uno per l’altra erano state piene di rabbia: Kyoko si lasciò cadere sul divano stringendo le braccia a sé e inondando il volto di lacrime e Jigen ormai fuori città guidava con gli occhi annebbiati.


Quella sera sistemando la camera, Kyoko trovò nell’armadio una valigetta e aprendola vide dentro parecchi soldi, era sicura che Jigen gliel’avrebbe detto, se solo lei lo avesse lasciato parlare, voleva prendersi davvero cura di lei, ma Kyoko non voleva soldi rubati e rimise la valigetta nell’armadio, avendo cura di nasconderla bene e prese fuori un vecchio portafoglio dal suo zaino, contò i risparmi di quelle rare volte che aveva potuto fare qualche lavoretto. Era felice di aver messo via qualcosa, la fuga era sempre stata nei suoi piani ed ora le ritornavano utili quegli yen, stando attenta a risparmiare ce l’avrebbe fatta fino al primo stipendio, visto che era pienamente convinta di poter trovare lavoro. Il giorno dopo andò in biblioteca, scrisse e stampò varie copie del suo curriculum ed iniziò a rispondere ad alcune inserzioni di lavoro sui giornali, e nel giro di una settimana fu contattata da un’azienda locale. Il colloquio andò per il verso giusto e fu assunta. Si trovava bene con i colleghi e con il capo e la nuova vita iniziava a piacerle, la sera tornando a casa spesso passava vicino ad un’insolita bottega ed infine decise di entrarci, aveva di tutto: da articoli per la casa alla cancelleria, mobilio e vestiti, articoli per hobby e per giardinaggio. I gestori, una coppia di mezza età la osservarono «Benvenuta signorina, prego guardi con calma» esordì la moglie. Kyoko li osservò domandandosi dove li avesse già incontrati e poi arrossì «Si-si-signora Hamada, chiedo perdono, non l’avevo riconosciuta!» erano vicini che vivevano al piano inferiore. L’uomo intanto aveva ripreso a scrutare un vecchio libro, probabilmente con i conti del negozio «Nulla, non mi ritorna niente!»
«Caro devi fare uno sforzo. Se tu non avessi perso tempo, ed avessi cercato una sostituta per la commessa che si occupava anche dei conti, ora non avremmo questi problemi! Chissà come le sta andando la luna di miele!» disse trasognante la donna.
«Si, si, non mi riprendere sempre in quel modo» disse il marito scherzosamente e facendo gli occhi dolci alla moglie che sorrise. Kyoko trovò il tutto molto tenero, nonostante gli anni passati era come se quella coppia si amasse come il primo giorno. Si propose di controllare i conti ed impiegò tutta la serata per sistemarli, i signori Hamada rimasero con lei in negozio e ordinarono qualcosa da mangiare tutti insieme, fu una piacevole serata ed il tempo passò in fretta, solo dopo aver finito Kyoko si accorse dell’ora, si scusò per aver fatto fare tardi ai vicini, salutò e poi corse a casa. Dormì poco e male, sentiva che qualcosa non andava “Sarà stata la cena?” ma la mattina dopo decise comunque di andare al lavoro, era lì neanche da un mese e doveva fare bella figura, non fece colazione, sentiva un po’ di nausea e volle sperare di non essersi ammalata proprio in quel momento.
Al lavoro tutti si accorsero che qualcosa non andava, ma Kyoko mentiva dicendo di stare bene, passò la pausa in bagno a rimettere chiedendosi cosa potesse uscire dal suo stomaco visto che non aveva mangiato nulla. Una collega più anziana entrò in bagno e vedendola ridotta ad uno straccio insisté perché si sedesse subito, la portò nel suo ufficio e le fece aria con un piccolo portadocumenti «Dimmi Kyoko, non è che sei in stato interessante?» forse era perché stava male, ma la ragazza non capì subito «Voglio dire, sei incinta?» Kyoko svenne e fu portata in ospedale, dove non poterono fare altro che constatare il suo stato, farle alcune flebo, programmare le prossime visite e porgerle i loro più sinceri auguri. La collega che l’aveva accompagnata la invitò a presentare le dimissioni «Kyoko, sei una brava ragazza, ma sai che ci sono colleghe più anziane che da tempo tentano di rimanere incinta, tu sei appena arrivata, potresti tirarti addosso le loro ire (1). Te lo dico per esperienza, se puoi lascia il lavoro» ma Kyoko ci aveva già pensato, non voleva pesare sull’azienda né tantomeno essere invisa ai colleghi e nei giorni seguenti parlò con il datore di lavoro che però si dimostrò cordiale, invitandola a rimanere finché poteva.

Kyoko tornò a casa un po’ scossa, sapeva che era passata davanti ad altre colleghe, seppur involontariamente, ed aveva sentito alcune di loro risentirsi della cosa. Passò al negozio dei signori Hamada per salutarli, i suoi occhi ricaddero su una serie di articoli per l’infanzia e si mise a fissarli; la signora Hamada si avvicinò «Kyoko, tutto bene?» la giovane con le lacrime agli occhi raccontò alla gentile vicina di casa cosa le era successo e che non sapeva cosa fare.
«Semplice, licenziati e vieni a lavorare da noi per tutto il tempo che ti occorre» disse il marito, da dietro il bancone.
«Ma certo! Kyoko, saresti più vicino a casa, non possiamo darti la stessa paga di un’azienda così ben avviata, ma un lavoro tranquillo si!» dichiarò fieramente la signora. Kyoko disse che ci avrebbe pensato, ma nei giorni seguenti dopo aver subito le riprensioni di alcune colleghe, rassegnò le dimissioni e si prese qualche giorno di pausa prima di cominciare a lavorare alla bottega degli Hamada.
I giorni passavano veloci ed intensi, Kyoko si impegnò al massimo nel nuovo lavoro. Non sentiva nessun sintomo in particolare: forte stimolo alla vescica, voglie particolari … nulla per i primi due mesi, ma spesso si massaggiava il grembo e raccontava al piccolino o piccolina di lei e del suo papà. Al quarto mese incominciò a sentire il piccolo muoversi e un’ecografia le fece conoscere il sesso: un maschietto. Tornando a casa, spesso si fermava a guardare il mare, faceva molto più freddo rispetto a quando era arrivata e anche il suo cuore avvertiva un insolito gelo, le mancava molto Jigen, non sapeva se stesse bene, se fosse rimasto ferito, se la polizia lo avesse arrestato … e quando questi pensieri arrivavano, un colpo nella pancia la faceva ritornare al suo piccolo e nuovo mondo. Spesso l’appartamento necessitava di manutenzioni, ma il signor Hamada era felice di aiutare; per una settimana Kyoko dovette farsi la doccia a casa loro, quando lo scaldabagno decise di smettere di funzionare e l’idraulico dovette ordinare il pezzo nuovo.
«Abbiamo più volte detto al padrone di casa di sistemare alcune cose, ma lui intasca solo gli affitti e poi non si fa più trovare!» sbottò la signora Hamada un giorno.
Kyoko faceva molta economia, a volte rinunciando a mangiare cose sostanziose pur di poter comprare il necessario per il bambino, ma scoperta dalla signora Hamada si ritrovò ad avere pranzi pronti tutti i giorni, oltre alle creme per il corpo fatte in casa che era obbligata dalla donna a mettere. «La gravidanza è una cosa bellissima, ma lascia tanti segni sul corpo di una donna!» era solita ripeterle porgendole boccette di oli o creme preparate con antiche ricette di famiglia. I suoi vicini divennero come una seconda famiglia e nonostante la tristezza per non avere Jigen vicino, Kyoko non era mai veramente sola.


Anche questo colpo era andato a segno, nonostante Fujiko si fosse portata via più della metà del bottino gli era rimasta una bella cifra. Jigen aveva insistito per tornare nella città dove mesi prima si erano nascosti da Morimura, adducendo a conti in sospeso da saldare; una sera lasciò soli Lupin e Goemon, con un biglietto in cui diceva che si sarebbe fatto vivo lui, e tornò a casa da Kyoko. Trovò un conbini aperto, per fortuna avevano dei mazzi di fiori e felice, con il suo bouquet di rose rosse, si incamminò.


Kyoko quella sera aveva voluto dare gli ultimi ritocchi alla cameretta, che con l’aiuto dei signori Hamada aveva ripitturato e sistemato. Grazie al lavoro nella bottega dei vicini era riuscita ad acquistare culla, fasciatoio e passeggino da un rivenditore a buon prezzo; aveva anche trovato una vecchia macchina da cucire che le era tornata utile per farsi dei vestiti su misura e preparare tende e lenzuolini per il piccolo. Guardò la cameretta con orgoglio fissando i suoi vecchi peluche sistemati su di una mensola accanto all’album della madre e si accarezzò il pancione «Manchi solo tu … Ryugi» disse dolcemente. Una contrazione le provocò dolore, aveva iniziato a sentirle già al settimo mese e sapeva che era una cosa normale, ma quando queste nell’ora seguente iniziarono ad aumentare e farsi più frequenti chiamò subito gli Hamada e prese la borsa pronta per l’ospedale.


Jigen salì le scale e arrivò davanti alla porta di casa con il cuore in gola, aveva visto dalla strada la luce accesa all’interno ed era al settimo cielo, ma prima che potesse bussare sentì Kyoko aprire la porta e gli caddero i fiori di mano quando se la trovò difronte.
«Jigen … ugh …» una smorfia di dolore rovinò il sorriso che aveva pochi secondi prima. Jigen la guardò incredulo «Kyoko, tu aspetti un bambino!» disse portandosi una mano al cappello «Si e credo che potrai vederlo presto» disse Kyoko, porgendo la borsa al marito.
La signora Hamada corse su per le scale e Kyoko le presentò il marito, i vicini accompagnarono la coppia fino in ospedale, dove Kyoko mise al mondo il suo primo figlio. Un’ostetrica chiese a Jigen quale nome scrivere su braccialetto del piccolo «Ryugi!» disse Kyoko e Jigen le accarezzo la fronte bagnata dal sudore, per l’agitazione e lo sforzo «Ryugi, come mio zio, se a te sta bene …»
«è un bellissimo nome» in effetti Jigen non aveva mai pensato ad un nome per un bambino, anche perché non sapeva che presto ne avrebbe avuto uno, ma ‘Ryugi Daisuke’ suonava bene.
Pochi giorni dopo Kyoko venne dimessa e tornò a casa «Vedi Ryu, questa è casa tua» sussurrava al piccolo «è stato il tuo papà a trovarla per noi» Kyoko guardava Jigen che rimase in piedi vicino alla porta per qualche secondo di più «Jigen va tutto bene?» l’uomo si avvicinò ed accarezzo il figlio e poi il volto della moglie.
«Mi dispiace, dovevo essere qui per te, invece hai affrontato tutto da sola, perdonami Kyoko» la donna prese la mano del marito nella sua.
«Eri con me in ogni momento mentre Ryu cresceva dento di me, e ci sei stato durante il parto … che era ciò di cui ero più spaventata» si scambiarono un bacio carico di tenerezza, prima di essere riportati alla realtà da Ryugi che piangeva reclamando da mangiare.
 
Note di Hana:
Ciao a tutti! Eccovi un lungo capitolo sulla nuova vita nei nostri due protagonisti, finalmente la fuga e l’arrivo del piccolo Ryu.
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo di questa regressione nel tempo e poi riprenderemo da dove abbiamo lasciato tutti quanti.
A presto.

(1) Breve spiegazione su questa strana (e a parer mio assurda) usanza giapponese. Le donne lavoratrici, non possono rimanere incinta quando lo desiderano, esistono di veri e propri ‘turni’ periodi in cui possono provare a concepire un figlio. Se una collega rimane incinta, non durante il suo turno e passa così ‘avanti’ ad altre donne, queste ultime se la possono prendere, anche pesantemente. Ma lo sappiamo, il Giappone è un paese funzionale dove ogni cosa è scandita da regole scritte e non, per il buon funzionamento della società.

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Capitolo 14
*** La famiglia cresce ***


Kyoko e Jigen
Cap.5 – La famiglia cresce

Jigen poté fermarsi con a sua famiglia solo per pochi giorni, ma fece di tutto per loro. Era ancora amareggiato per come aveva lasciato Kyoko l’ultima volta, ma lei riconosceva di averci messo del suo in quella discussione. Parlò a Jigen dei soldi nella valigetta, gli avrebbe tenuti, ma solo per le emergenze e con il suo lavoro se la sarebbe cavata, nonostante ciò lui pagò ancora l’affitto di casa per i due anni successivi. Il giorno della partenza arrivò, Jigen stringeva a sé il piccolo Ryu e Kyoko promettendo che sarebbe tornato presto e ancora una volta lasciò quella casa che cominciava ad amare sempre di più.
Kyoko continuò il suo lavoro presso i signori Hamada, ma si accorse di quanto costasse prendersi cura di un bambino, anche risparmiando, c’erano sempre spese extra. Ryugi era nato in aprile e primavera ed estate passarono veloci, con l’arrivo dell’inverno ed i primi freddi purtroppo il piccolo si ammalò, la febbre non si abbassava e Kyoko corse in ospedale dove il bambino fu ricoverato per alcuni giorni, i dottori la tranquillizzarono, servivano solo i farmaci giusti per il resto il suo bambino era in perfetta salute.
Il signor Hamada organizzò l’ufficio sul retro con una stufetta nuova e tutto l’occorrente per il piccolo; mentre Kyoko lavorava, a turno i due servivano i clienti e si prendevano cura del bambino. Kyoko era grata ai vicini ed era grata a Jigen di averle levato il peso dell’affitto: più volte a fine mese aveva provato ad aggiungerlo alle spese sostenute, nel resoconto che teneva, accorgendosi che non ce l’avrebbe fatta se quella spesa non fosse stata coperta. A fine mese le rimanevano pochi soldi in tasca e nonostante fosse riconoscente verso ai suoi vicini per il lavoro che le avevano offerto, si chiedeva se poteva continuare così, più volte aveva tirato fuori la valigetta dall’armadio, ma altrettante volte l’aveva riposta dicendo a sé stessa “Ce la posso fare!” e così resisté e quando Jigen tornava a trovarli ogni sua preoccupazione svaniva. Ryugi non faceva fatica a riconoscere il padre, ogni giorno Kyoko mostrava al piccolo la sua foto e gli parlava di lui e di quanto li amasse.

Erano passate diverse settimane ed una sera mentre Kyoko e Ryugi cenavano, qualcuno bussò alla porta, pensando fosse Jigen, la donna prese in braccio il piccolo ed andò ad aprire, si presentò a loro una donna: alta dai capelli corvini lunghi, indossava un cappotto nero ed occhiali da sole, nonostante il cielo di febbraio fosse coperto da nubi cariche di neve, li tolse ed i suoi occhi insieme al suo dolce sorriso parvero familiari a Kyoko.
«Kyoko giusto? Sono Kaori la sorella minore di Jigen»
Il racconto della donna fu convincente, anche perché ripercorse alcuni eventi che Jigen le aveva raccontato sulla sua infanzia nel Bronx.
«Purtroppo dopo la morte di nostro fratello maggiore ci siamo persi di vista, la nostra vita non è stata proprio così semplice …» raccontava la donna facendo giocare Ryugi sulle sue ginocchia «… fui rapita dagli stessi uomini che lo avevano assassinato, speravano di arrivare a Jigen per regolare dei conti in sospeso, ma lui era già fuggito all’estero… mi liberai da sola qualche anno dopo. Tornai in Giappone, da dove venivano i nostri genitori, per fuggire da quel mondo»
«Perdonami Kaori, ma Jigen di te non mi ha mai detto molto … ha solo accennato una volta alla tua esistenza» si scusò Kyoko porgendo una tazza di tè alla cognata.

«Oh non importa, non siamo mai andati d’accordo. Questo si capisce anche dalle due diverse strade che abbiamo intrapreso» la donna diede un bacio a Ryu, che si era addormentato «Lui ladro e io agente segreto» a Kyoko cadde di mano la tazza che si infranse in mille pezzi sul pavimento, svegliando il piccolo che si mise a piangere «Su, su Ryu. Non è successo nulla» lo consolò la zia.
«Sei venuta qui per arrivare a Jigen e gli altri?» domandò preoccupata Kyoko.
«No, non ho interesse in Lupin, Goemon e mio fratello … no, io mi sto occupando di un certo caso … devo ritrovare una persona scomparsa» Kyoko ebbe un tuffo al cuore «Ti manda mio padre?».
«Si, ho accettato l’incarico qualche mese fa, nessuno si era voluto far carico di ritrovare la figlia, probabilmente scappata da casa di quel criminale … si Kyoko, so dei giochi sporchi di tuo padre, ma nessuno è mai riuscito ad incastrarlo. Non l’ho mai visto in faccia, né lui ha mai visto me, penso non si preoccupi molto di ritrovarti o meno, come ha perso le speranze di rintracciare Lupin» Ryugi si era riaddormentato cullato dalla zia «Cercandoti sono arrivata qui, ho visto Jigen uscire da questa casa qualche tempo fa e guardando questo piccoletto non mi è difficile immaginare il perché fosse qui» Kaori guardò Kyoko sorridendo «Per quanto mi riguarda, questo è un caso disperato, casualmente tutti gli indizi che porterebbero in questa città sono finiti in un trita documenti e non ne esistono altre copie! Che grande smacco per un agente del mio calibro!» Kyoko abbracciò la donna che si fece promettere di mantenere il silenzio con Jigen «Ma ti prego Kyoko, permettimi di tornare a trovarti qualche volta, ora ho di nuovo una famiglia!»

«Io posso anche stare in silenzio, ma questo non posso dire di Ryu, racconta tutto al papà anche se solo a versi e con qualche parola qua e là. Non voglio immaginare tra qualche anno che parlantina avrà! E poi Jigen non sarà felice di rivederti?»
«All’inizio della mia carriera feci gavetta con colleghi a caccia di criminali, mi trovai faccia a faccia con Jigen, ma su due fazioni opposte. Gli ho puntato una pistola, ma non ho avuto il coraggio di premere il grilletto, conoscendo tuo padre e guardando Ryugi sono felice di non averlo fatto, ma di avergli sempre coperto le spalle come potevo» Kaori accarezzò il viso di Kyoko «Ora devo pensare a proteggere anche voi, ti prego fai in modo che Jigen non sappia mai nulla di me».
Kaori ripartì quella sera stessa, non lasciò recapiti per essere contattata, dicendo che si sarebbe fatta viva lei. Chiudendo la porta Kyoko pensò che fosse un vizio di famiglia.


Passò un altro anno e in una bella giornata di giugno i signori Hamada organizzarono un pic-nic in spiaggia con Kyoko ed il piccolo Ryu; mentre la moglie e Kyoko erano sedute a preparare il pranzo, il signor Hamada e Ryugi giocavano sulla spiaggia.
«Tuo marito non si stancherà? Ryu è molto attivo come bambino, non vorrei sentisse qualche dolore più tardi»
La donna prese tra le sue le mani di Kyoko «Bambina mia, tu e Ryu siete la cosa più bella che ci sia mai capitata» guardò il marito che rideva felice «Io non ho potuto avere figli e questo per anni ci ha gettato nello sconforto, vedere le altre coppie affrontare i problemi quotidiani con i bambini ci faceva sentire come se ci mancasse qualcosa … crescendo quei bambini sono diventati adulti e hanno messo su famiglia … amici e conoscenti ci mostravano con orgoglio le foto dei nipotini. Pensavamo che questa gioia fosse per noi inarrivabile e poi sei arrivata tu» sorrise alla giovane donna «La figlia che non abbiamo mai avuto» Kyoko era lusingata da quelle parole e si godette la giornata, pensando a quanto la madre sarebbe stata felice di vederla in quel momento circondata da persone che le volevano bene.

La sera saluto la gentile coppia e tornò nel suo appartamento con in braccio Ryugi addormentato «Certo piccolino che cresci in fretta» gli sussurrò cercando le chiavi che le furono rubate da un uomo comparso all’improvviso, ma l’iniziale spavento si tramutò presto in gioia. «Quanto pensavi di farmi aspettare?» disse Jigen ridendo ed aprendo la porta, alla voce del padre il piccolo si risvegliò e si gettò fra le sue braccia «Papà! Papà!»

Jigen giocò tutta sera con il figlio e si divertì a fare il bagnetto a quella piccola peste «Ryu sta fermo» lo implorava la madre «Stai mandando acqua dappertutto!» ma sia figlio che padre ridevano senza prestarle attenzione e a Kyoko non rimase che andare a preparare la cena pensando al disastro che avrebbe trovato in bagno più tardi.
Messo a dormire Ryu, dopo non poche difficoltà, i due si stesero sul divano «Hai comprato qualche mobile nuovo?»
Kyoko preferì evitare di accennare al fatto che lei e Kaori avevano passato un pomeriggio insieme e la cognata con l’inganno l’aveva trascinata in un grande magazzino facendo finta di dover acquistare del mobilio, invece aveva segnato tutto ciò che piaceva a Kyoko per poi farglielo recapitare a casa «Si, avevo sentito che una famiglia nella zona cambiava casa e vendeva i mobili vecchi, non erano messi male e sono riuscita ad avere un buon prezzo» la bugia funzionò, forse perché Jigen era stanco o perché aveva in mente qualcos’altro, infatti piano piano il cecchino portò la conversazione dove voleva lui.
«Adesso Ryu ha quasi due anni giusto?»
«Si e non immagini quanto lavoro può dare uno scriciolino così! Ieri per esempio …» Kyoko ingenuamente stava cominciando a parlare a ruota libera, si fermò quando Jigen le baciò il collo e infilò una mano sotto la sua maglietta. Lei arrossì sentendo la mano del marito sul seno «Non sarebbe ora di dargli una sorellina?» disse continuando a baciare ed accarezzare la moglie.

«Mamma?» i due si scostarono velocemente l’uno dall’altra e Kyoko si voltò appoggiandosi allo schienale del divano, Ryugi era uscito dalla camera e si strofinava gli occhi «Pancino …» disse piangendo e la madre corse a prenderlo in braccio. Il piccolo aveva passato una bella giornata, ma forse il signor Hamada aveva esagerato con le caramelle ed ora Ryugi aveva un gran mal di pancia, Kyoko si accorse di aver finito la tisana che gli dava quando questo succedeva e guardò Jigen. Prima che potesse aprire bocca le aveva già preso a scatola di mano e indossato la giacca «Dove?»
«Due isolati da qui verso il cantiere del nuovo ponte, troverai molte indicazioni. C’è una grande farmacia con tanti prodotti per bambini, me lo hanno consigliato lì» Jigen uscì di casa e corse a comprare il necessario e su consiglio di una mamma che incrociò lì per lo stesso motivo, acquisto anche delle pastigliette gommose a forma di koala utili per il mal di pancia nei bambini.

Qualche ora dopo il dolore passò e Ryugi si addormentò, i genitori uscirono dalla stanza in punta di piedi. Andarono a stendersi sul letto «Tu fai tutto questo, tutti i giorni?»
«Prendersi cura di un bambino richiede molti sforzi» si tirò su voltandosi verso Jigen sdraiato accanto a lei, gli diede un bacio e i suoi capelli ricaddero intorno al volto dell’uomo «Ci sono anche piccoli problemi come questo una volta ogni tanto» poi si mise a cavallo su di lui e si tolse la maglietta «Ma credo di avere ancora un po’ di energie, se il paparino non è esausto» disse slacciandogli i pantaloni, lui si tirò su e facendo scorrere le mani lungo la schiena di lei, le slacciò il reggiseno «Non mi sono mai sentito meglio» le parole furono sopite da un bacio appassionato, Kyoko sentiva un calore crescerle dentro dipingendole le guance di rosso, mentre si spogliavano. Jigen rotolò di lato ed ora lei era sotto di lui rossa in viso, accarezzò quelle guance morbide e lei si voltò per baciargli la mano «Cosa aspetti?» domandò Kyoko con un filo di voce.


Quando Jigen si svegliò il giorno dopo, non trovò Kyoko accanto a sé, ma sentì dei rumori in cucina e si alzò. La trovò con Ryugi già lavato e vestito, mentre cucinava controllava che il piccolo non combinasse guai con le posate «Papà!» urlò il bambino indicando il genitore che sorrise e diede un bacio prima al piccolo e poi alla moglie abbracciandola mentre lei era indaffarata ai fornelli «Da quanto sei sveglia?»
«Circa due ore, ho pulito il macello che avete lasciato ieri sera nel bagno, preparato Ryu ed ecco la nostra colazione» consumarono insieme quel pasto e poi Kyoko corse a far prendere aria alla stanza, Jigen lavò le stoviglie per darle una mano, poi prese Ryu e cercò di fargli lavare i denti, ma solo l’intervento di Kyoko portò a compimento la missione, si era nel frattempo sistemata ed aveva preparato la borsa con dentro tutte le cose per Ryu che tutti i giorni la seguiva al lavoro. Jigen tenendo in braccio Ryu guardò la casa, era pulita ed in ordine e pur non essendo grande né dotata di tanti comfort Kyoko sapeva renderla accogliente.

Kyoko prese sotto braccio il suo soprabito e la borsa, voleva aprire la porta, ma Jigen la bloccò e tirandola a sé le diede un bacio sulla bocca, Ryu in braccio al padre si copriva gli occhi.
«Sei unica, non vorrei nessun’altra al mio fianco!»
Kyoko gli accarezzò il volto e gli diede un altro bacio «Ti amo anche io … ma in questo momento mi preme non arrivare in ritardo al lavoro» disse sorridendo. Jigen aprì la porta e la fece passare avanti, approfittando di un secondo le diede una pacca sul sedere e lei si voltò rossa in viso «Se passava uno dei vicini adesso?»
«Mi avrebbe considerato un uomo fortunato!» sghignazzò Jigen.

Jigen partì il mese successivo, ma questa volta fu più straziante, Ryu non faceva che piangere e stando attaccato al collo del padre non lo lasciava andare. Anche Kyoko piangeva, sapeva quanto era difficile, ma non pensava che un bambino così piccolo potesse sentire un dolore così grande per un distacco. Sorpreso di sé stesso, Jigen riuscì a calmarlo e gli fece una promessa «Il papà deve andare adesso, quando tornerà giocheremo tutto il giorno insieme, ma Ryu tu devi essere l’uomo di casa adesso e proteggere la mamma e la sorellina che arriverà. Ok?» in qualche modo il bambino si calmò e andò in braccio alla mamma. Kyoko aveva fatto il test di gravidanza quella mattina ed era risultato positivo, era corsa in camera gettandosi su Jigen, piangendo gli aveva detto di essere incinta e ne avevano gioito insieme.
«Sei così sicuro che sarà una femminuccia? Potrebbe essere un altro maschietto» ma lui scosse la testa e prima di scendere le scale si voltò a guardare i due sull’uscio di casa «Visto che il piccolo si chiama Ryugi, che ne dici di Akemi per la bimba, come tua madre … sarei felice di metterle il suo nome» tra le lacrime Kyoko disse che era perfetto.

Così otto mesi dopo Jigen riuscì a tornare a casa e come promesso, passò tutta la giornata con Ryu mentre Kyoko si rilassava, gli Hamada le avevano detto di rimanere a casa per l’ultimo mese, i conti erano a posto e lei doveva riposare. Quella sera, quando Ryu si addormentò, Kyoko porse a Jigen l’ultima ecografia «Io lo so già da tempo, ma vedi qui, si vede chiaramente che è una femminuccia» Jigen strinse il braccio intorno alle spalle della moglie «La nostra Akemi» e le diede un bacio.
Quella notte, Kyoko si accorse che qualcosa non andava, si sentiva strana ed iniziò ad avere forti dolori. Jigen volle portarla subito in ospedale, gli Hamada al piano di sotto avevano sentito rumori nel loro appartamento e si erano precipitati al piano superiore, rimasero con Ryu mentre in ospedale a Kyoko fu indotto il parto in urgenza, visto che la bambina si stava soffocando con il cordone ombelicale. A differenza del primo parto questo risultò più estenuante per la donna, l’agitazione provata quando le avevano detto che il battito del cuore della bambina era molto flebile, non le aveva più permesso di ragionare con lucidità, Jigen se ne accorse e le prese la mano «Ce la farai Kyoko, la nostra bambina verrà al mondo sana!» lei guardava il marito con gli occhi rossi e mille pensieri per la testa, ma seguendo le istruzioni delle ostetriche, tutto andò per il verso giusto. La piccola e la madre dovettero stare qualche giorno in più in ospedale, ma alla fine i genitori poterono presentare a Ryu la sua sorellina Akemi.

Il bambino si dimostrò molto premuroso verso la sorellina, la sentiva quando stava per cominciare a piangere prima della mamma e quando Kyoko non riusciva a calmarla era lui a coccolarla e dirle che tutto sarebbe andato bene. Quando Jigen era lontano lui le raccontava del papà e le mostrava la sua fotografia, anche se il più delle volte lei fissava solo il fratello e gli accarezzava il volto con le sue piccole manine.

Kyoko si accorse presto che il lavoro non bastava più a coprire le spese, Jigen continuava a pagare l’affitto, ma ora c’erano due bambini da mantenere, prese ancora fuori quella valigetta: Ryugi aveva quattro anni ed aveva iniziato a frequentare la scuola materna, Akemi ne aveva due e per ora stava ancora con la madre, avevano bisogno di vestiti, cibo, medicine quando si ammalavano e c’era bisogno di fare qualche riparazione in casa. Rimise la valigetta sotto le lenzuola nell’armadio e prese il giornale che aveva comprato nel pomeriggio, aveva segnato due annunci per impieghi part time, ma che le permettevano di avere qualche soldo in più, non le fu facile parlarne con gli Hamada, che erano stati così gentili con lei, ma la coppia sapeva che con due bambini da crescere Kyoko non poteva stare in eterno con uno stipendio così basso. Così spedì i curriculum, le risposero da tutte e due le aziende, ma se una rifiutò Kyoko solo perché aveva già due bambini, l’altra azienda fu felice di assumere una donna già mamma, visto che con due figli piccoli non c’era il rischio che stesse presto a casa per una nuova maternità.

I signori Hamada tenevano i bambini quando Kyoko lavorava e la giovane donna ripagava aggiustando i conti sempre in disordine della bottega, i vicini erano persone davvero gentili e anche se Kyoko non voleva, riuscivano a darle sempre un piccolo compenso per quello che continuava a fare per loro.
La loro vita continuava serena, tra le visite di Kaori e quelle di Jigen, più volte Kyoko si era preoccupata che i piccoli si lasciassero sfuggire della zia, e quando il momento arrivò Kyoko raccontò che era una donna conosciuta alla bottega che le era molto amica e i bambini la chiamavano amorevolmente ‘zia’ e questa bugia funzionò. «Dovrò ringraziare quella donna prima o poi per essere così gentile con te e con i bambini» Kyoko annuì alle parole di Jigen, temendo però il momento in cui i due si fossero rivisti.

Ryugi aveva 5 anni e Akemi 3 quando videro il padre per l’ultima volta, nessuno avrebbe mai pensato che per i successivi due anni non avrebbero più avuto notizie di lui. Quando li saluto promise di tornare presto e diede un ultimo bacio a tutti loro, ma tenne a lungo Kyoko stretta fra le sue braccia e la donna si accorse che qualcosa non andava «Non tornerai tanto presto, vero?»
«Andrò fuori dal Giappone e non so quando potrò tornare, ma farò tutto il possibile per farlo al più presto» Jigen si allontanò da loro, ma ancora una volta, prima di scendere le scale si voltò: Kyoko in piedi fuori della porta a aveva in braccio Akemi un po’ assonnata e Ryu in piedi vicino a lei teneva la mamma per mano; il piccolo gli corse incontro e lo abbracciò «Torna presto papà». Jigen si allontanò con il cuore in gola voltandosi spesso a guardare quella casa.

Guidando per uscire dalla città si domandò più volte se dovesse tornare indietro e rinunciare alla sua vita per stare con la sua famiglia. Dovette inchiodare per non finire addosso ad un’altra auto, ferma visto che il ponte mobile, di recente costruzione, si era sollevato per permettere il passaggio di una nave. Jigen pensò come anche quel luogo fosse divenuto a lui familiare, il piccolo Ryu andava a scuola non molto lontano da quel ponte, il negozio dove Kyoko comprava i vestiti per i bambini era lì vicino, il parco dove andavano a giocare era poco lontano e ora lui si trovava lì a pensare a tutto questo impossibilitato a proseguire. La vibrazione di un telefonino lo ridestò dai suoi pensieri, era Lupin «Jigen, dove sei finito? Dobbiamo andare in aeroporto!»
«Arrivo» e chiuse la chiamata, scese dall’auto e guardò la città dietro di sé «Vi prego, rimanete lì ad aspettarmi» un clacson lo riportò alla realtà, il ponte si era appena riabbassato e il traffico aveva ripreso a scorrere, anche lui dovette ripartire.
 
Note di Hana:
Boom! Finalmente si pubblica! Rieccoci con un altro capitolo che si riallaccia all’inizio della nostra storia, spero vi sia piaciuta questa parte e vi invito a lasciare un commento se desiderate, per sapere se vi è piaciuto e capire come migliorare.
Sono contenta di essere riuscita a ritagliarmi del tempo per la storia, sono state settimane intense e non riuscivo più a trovare uno spazio per pubblicare.
Alla prossima

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Capitolo 15
*** Verità ***


Riepilogo: Jigen è riuscito a salvare Kyoko ed ora si trovano nella villa dove la donna ha passato infanzia e giovinezza. Con loro i figli, Lupin e il resto della banda e gli uomini al servizio di un rivale in affari del padre di Kyoko. Zaza, l’ispettore Tsubasa e la polizia sono chiusi fuori dalle mura della villa attendendo il momento propizio per entrare.
 
Cap. 10 – Verità
 
Gli uomini di Sakashi lasciarono velocemente l’edificio uscendo dai sotterranei, il dottore si rivolse un’ultima volta al gruppo di suoi assistiti «Fra poco la polizia irromperà qui dentro, vi consiglio di allontanarvi al più presto» salutò e sparì dietro ai suoi compagni. Lupin e la banda stavano seguendo il suo consiglio, quando Kyoko fece una richiesta.


Era davanti a Morimura, immobilizzato ed incapace di farle del male.
«Papà … adesso sparirò dalla tua vita per sempre, goditi la tua fortuna e anche tu Rina …» si voltò a guardare la donna che distolse lo sguardo «Spero che tutti i soldi di mio padre possano darti la felicità che io non ho mai trovato in questa casa» fisso il padre con occhi vitrei e inespressivi «Questa notte ti ha dimostrato che non sono tua e i miei figli non ti appartengono, siamo liberi e sempre lo saremo. Non cercarmi mai più. Addio» si voltò decisa ad andarsene, ma sapeva che suo padre aveva sempre un’ultima parola.
«Tu non sei mai stata mia ed è questo che da sempre mi ha fatto provare rabbia! Sapere che in te c’era il sangue di quell’uomo mi faceva adirare ogni giorno» Kyoko si fermò, voltandosi vide il padre rosso in volto, era sconfitto e lo sapeva, quindi non gli rimaneva che sputare il rospo. «Cosa stai dicendo?» Kyoko lo guardava dritto in faccia.
«Quando obbligai tua madre a sposarmi, lei pensò bene di passare una notte con l’amore della sua vita pochi giorni prima del nostro matrimonio … era già incinta quando ci sposammo!» Morimura decise di confessare il suo più grande segreto, mentre tutti, anche i suoi uomini e la moglie lo guardavano sconcertati. «Ma … l’hai sempre saputo?» Kyoko era furibonda.
«No … quando avevi sei anni e passasti l’estate con tua madre e la sua famiglia, tornata a casa non facevi altro che parlare di quell’uomo che si era presentato senza annunciarsi e tu dicevi che gli volevi un gran bene … ero furioso e ti picchiai così forte da spedirti in ospedale» Kyoko ricordava bene quell’avvenimento, come i tanti dove suo padre era violento con lei. «Dovevi essere sottoposta ad un’operazione al braccio … ti avevo spaccato le ossa, ma avrei fatto meglio ad ammazzarti! Ti fecero delle analisi, tenevo monitorato tutto e da alcuni referti scoprii che il tuo gruppo sanguinino non poteva corrispondere al mio … così i miei sospetti crebbero e feci fare ricerche, costrinsi tua madre a confessare e quando seppe che non eri mia figlia era decisa a lasciare questa casa e divorziare da me, ma non potevo permetterlo … tuo zio e quell’americano bastardo mi avrebbero messo alle strette, erano abili negli affari e lo avevano dimostrato più volte … ma quando si gioca puliti non si dura a lungo» Morimura abbassò lo sguardo e sghignazzò «Non so come, ma tua madre riuscì a farglielo sapere e questo mi facilitò le cose … come costrinsi tua madre a sposarmi minacciandola di far del male alla sua famiglia e loro non mi intralciarono mai più nei miei affari, ora con te in mano mia potevo alzare la posta e gli ho quasi ridotti sul lastrico, non so come abbiano fatto a rimanere a galla. Ho obbligato tua madre al silenzio anche quando era in punto di morte. Sai io …».

 
“La verità verrà fuori prima o poi, amore mio”
 
Kyoko ricordò le parole della lettera lasciatale dalla madre, non ne aveva capito bene il significato fino a quel preciso momento, e ora ne aveva abbastanza «Sta zitto! Conosco bene il tuo modo di agire, ci sono cresciuta in questa casa!» la donna si guardò intorno, sentiva il cuore leggero, lei non apparteneva a tutto quello che vedeva. Poi guardò ancora l’uomo che per anni aveva definito suo padre «Addio per sempre Morimura …» si voltò e guardò tutte le persone che quella sera avevano contribuito al suo salvataggio e quello dei bambini.
Si udì un forte rumore, nel silenzio della notte: la grande porta d’ingresso era stata aperta. Misteriosamente come erano arrivati, gli aggressori si erano anche ritirati e poliziotti giunti da città vicine riuscirono ad raggiungere Zenigata e Tsubasa per consegnare un importante messaggio.
«Jigen!» Kaori prese in braccio Akemi, il pistolero prese Ryu e tenendo per mano Kyoko corse verso un’uscita secondaria.
«Credo che non ci rivedremo più Morimura!» Lupin guardava l’uomo con il suo solito sorrisetto sulle labbra «Non posso dire che sia stato un piacere, sei un vero bastardo! A proposito …» si abbassò per guardarlo dritto in volto «… il diamante è un falso» vide Morimura avvampare, ma Lupin se la diede a gambe sapendo che la polizia sarebbe arrivata da un momento all’altro. Infatti Tsubasa e Zenigata guidarono i loro uomini all’interno della villa, e nel cortile interno trovarono Morimura, la moglie e due dei suoi uomini legati, un cartello appeso al collo del padrone di casa diceva: ‘Un regalo per te, paparino!’ Zaza sapeva che era opera di Lupin e quindi poteva trovarsi ancore nella villa, capeggiò un manipolo di uomini ad ispezionare la villa e Tsubasa rimase da solo con quello squallido quartetto davanti «Vedo che le avete prese di santa ragione, sarà una bella storia da raccontare in tribunale» disse inginocchiandosi davanti a loro.
«Forse ragazzino, tu non sai con chi hai a che fare! Siete entrati in casa mia senza un …»
«Ecco il mandato!» disse trionfante il giovane detective «Sai, alla sede dell’Interpol a Tokyo sono arrivati dei file interessanti andavano da strani traffici di denaro, omicidi, percosse a danno di rivali in affari e quello che più di tutte mi ha fatto infuriare …» Tsubasa si alzò in piedi e diede un sonoro pugno all’uomo, da un ragazzo così mingherlino nessuno se lo sarebbe mai aspettato «… un filmato delle telecamere del tuo studio dove ti accanisci contro una povera donna indifesa e un altro dove terrorizzi i suoi bambini proprio in questo giardino e colpisci uno di loro senza pietà» il detective sorrise «Abbiamo abbastanza materiale per sbatterti in cella finché campi, chiama pure i tuoi avvocati, i tuoi conti sono congelati vediamo se saranno spinti a difenderti dalla pura pietà»
Intanto nella villa l’ispettore Zenigata correva in ogni direzione controllando ogni singola stanza o anfratto che fosse, gridando «Dove sei Lupin! Vieni fuori così posso arrestarti!»


Il gruppo fuggito dalla villa era intanto arrivato al nascondiglio della statua dorata; Lupin, Goemon e Fujiko sarebbero andati via con la refurtiva, per nasconderla in un luogo sicuro e Jigen avrebbe riportato la sua famiglia a casa. Dietro i cespugli la Fiat 500 gialla li aspettava «Forza bambini, salite» ma Jigen non fece in tempo a finire la frase che un’altra macchina arrivò di gran carriera fermandosi davanti a loro dopo un testacoda, era un maggiolone Wolfswaken blu notte, Kaori scese e a grandi passi si avvicinò a loro «Kyoko e i bambini vengono con me, Jigen! La vostra auto e troppo riconoscibile, se la polizia vi inseguisse e a lei o ai bambini succedesse qualcosa …» si avvicinò al fratello fino ad essere ad un palmo dalla sua faccia, fissandolo con quei suoi grandi occhi neri «… stavolta non potrei perdonarti» prese Akemi addormentata dalle sue braccia e disse a Ryugi e Kyoko di seguirla.
«Un momento Kaori …» Jigen era molto alterato, ma Kyoko si mise davanti a lui «Ora no, ti prego, facciamo come dice Kaori» diede un bacio al marito «Ci vediamo a casa» Jigen non obbiettò più nulla e salì in macchina da solo, guardando l’altra auto andare via con la sua famiglia.


Passarono alcune settimane, Kyoko seguiva spesso i telegiornali e comprò tutti i giorni lo Yomiuri Shinbun(1) e altri quotidiani; tutti coloro che conoscevano Morimura furono sorpresi dal crollo repentino del suo impero, si sapeva che era un uomo meschino e crudele, ma le prove delle sue malefatte non erano mai state trovate fino ad ora. Era mattino presto, Kyoko sedeva in cucina, appoggiata con i gomiti al tavolo si reggeva la testa guardando quei fogli pieni di scritte appena comprati senza però prestarci attenzione; Jigen la abbracciò appoggiando il mento sul capo della moglie «Ehi …» lei prese con una mano quelle di lui «Ehi …»
«Ti sei alzata presto solo per comprare quei giornali?» le diede un bacio sui capelli.
«Non sono riuscita a dormire molto, oggi c’è il processo … stando a quello che dicono i giornali la polizia ha cercato più volte di contattarmi, hanno fatto anche appelli in televisione …»
«Cosa vuoi fare?» Jigen la strinse di più sentendola tremare.
«Sarebbe troppo per me, metterei a rischio anche te, Lupin e tutti gli altri … poi i giornalisti vorrebbero intervistarmi e io voglio solo stare in pace» si alzò mettendosi difronte a Jigen e lo abbracciò appoggiando la testa al suo petto e lui rispose stringendola ancora di più a sé, quando i loro volti si incrociarono di nuovo, si avvicinarono sfiorando le labbra l’uno dell’altra per poi lasciarsi andare ad un appassionato bacio. Jigen la spinse sul tavolo e lei avvampò «J-jigen ci sono i bambini, se si svegliano? Se ci sentono!?» chiese Kyoko preoccupata guardando nella direzione della cameretta, mentre il marito le sollevava la maglietta «Allora saremo silenziosi e veloci …» le disse ridendo e sbottonandole i pantaloni.
La porta del balcone si aprì e Lupin fece capolino, ma non si accorse subito di loro, stava parlando con Goemon dietro di lui «Te lo dico io Goemon, lo yaki soba di quella bancarella è fantastico, dovresti provar… perché quel volto così rosso?» Lupin si voltò. Kyoko che si era alzata di scatto non appena li aveva visti, era girata di spalle e si sistemava i vestiti; Jigen era appoggiato al tavolo con tutte e due le mani e guardava in basso, c’erano fogli di giornale sparsi ovunque e il volto rosso di Kyoko non lasciò dubbi al ladro gentiluomo.
«Chiedo perdono, avrei aspettato ad entrare se lo avessi saputo, però Jigen …» disse Lupin attirando l’attenzione dell’amico e spostandosi verso la porta d’ingresso aprendola «… queste cose con i bambini in casa? Che razza di modi, sporcaccione!» e se la diede a gambe, seguito a grandi passi da Jigen che inveiva contro di lui. Kyoko sistemò velocemente la cucina e preparò la colazione per i bambini, voltandosi vide Goemon seduto sul divano ancora rosso in volto e con gli occhi chiusi, Kyoko gli preparò del the e porgendoglielo chiese di perdonare lei e Jigen.
«Non preoccuparti Kyoko, dopotutto siamo io e Lupin gli intrusi» sorseggiò poi quel buon tè che tanto amava gustare in quella casa.
 
Note di Hana:
Ciao! Dopo tanta assenza rieccomi con un altro capitolo, le cose si sono risolte per il meglio e la verità sul passato di Kyoko è venuta a galla, nonostante i tentativi per nascondere ogni cosa.
(1)Quotidiano giapponese

Alla prossima.

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Capitolo 16
*** Di nuovo insieme ***


Cap. 11 – Di nuovo insieme
 
La mattinata passò tranquilla, Kyoko accompagnò i bambini a scuola e poi andò al negozio dei signori Hamada, non avendo più un lavoro, i due anziani l’avevano ripresa come aiutante e per lo meno Kyoko si distraeva. Tornò a casa per pranzo, Lupin era ai fornelli, Goemon dove lo aveva lasciato la mattina e Jigen fuori sul balcone a fumare una sigaretta. Era tutto pulito ed in ordine, i panni stesi e i letti rifatti … ‘Certo che si danno un gran da fare per me’ Kyoko era abituata ormai a fare tutto da sé, senza pretendere che qualcuno la aiutasse, ma tutte queste premure le scaldavano il cuore. D’impulso prese il telecomando e accese la tv per il notiziario: «Condannato a 30 anni di reclusione il magnate Morimura è stato trasferito oggi stesso nella prigione di …» Kyoko si morse il labbro inferiore e strinse a sé le braccia, provava un senso di libertà, ma allo stesso tempo non riusciva a gioire completamente di tutto ciò. Jigen era rientrato e vedendola tremare la abbracciò arrivando dietro di lei, baciò la sua morbida guancia ed appoggiò la testa sulla sua spalla «Per tutti questi anni mi ha mentito e usata, ha impedito a mia madre e a me di essere felici» lacrime amare le rigavano il volto. Qualcuno bussò alla porta.
«Ciao fratellino» disse Kaori inespressiva a Jigen che era andato ad aprire, vedendo Kyoko in lacrime prima diede un’occhiata di fuoco ai presenti e poi andò ad abbracciarla «Su, su … è finita Kyoko» la guardò e accarezzandole il viso disse «Ho un regalo per te» le indicò la porta, Hirai entrò sorridendo e dietro di lui altri due uomini. Kyoko sentì un brivido percorrerla da capo a piedi; i capelli erano ormai brizzolati, ma il sorriso non era cambiato, corse dallo zio e gli saltò in braccio, lui la baciò, si guardavano e piangevano «Piccola mia, come sei cresciuta, come sei diventata bella» diceva l’uomo accarezzando quel viso familiare.
«Come sua madre» disse l’altro ospite. Kyoko si voltò a guardarlo e lo zio la lasciò andare, si avvicinò a quell’uomo con il cuore colmo di gioia, i capelli erano ormai bianchi e alcune rughe segnavano il suo volto, ma quegli occhi Kyoko non gli aveva dimenticati, come quel dolce sorriso. Prese il viso di David tra le mani «Papà …» ma le parole furono soffocate dai singhiozzi, lui le prese una mano e la baciò e guardandola ancora l’emozione prese il sopravvento, la tirò a sé per abbracciarla «Bambina mia!» le baciava i capelli, la fronte, il viso e fissava quei meravigliosi occhi verdi «Figlia mia!» per anni lui e lo zio di Kyoko avevano cercato di liberare lei e la madre da Morimura, quando lei era fuggita avevano cercato di contattarla, ma senza successo. «Ti ho cercata dappertutto, nemmeno il signor Hirai poteva aiutarci … però mi assicurò che eri in buone mani» David si voltò in cerca di Jigen, lasciò Kyoko e volle stringere la mano al pistolero «Ti ringrazio per esserti preso cura di lei» dovette abbassare lo sguardo per via delle lacrime che copiose, scendevano dai suoi occhi.
«Avevo fatto una promessa, e l’ho mantenuta» Jigen guardò Kyoko che gli sorrise.


Passarono il pomeriggio insieme e quando i bambini rientrarono fu ancora festa, lo zio Ryugi non voleva più lasciarli andare e quando Kyoko presentò ai bambini il loro vero nonno, gli si gettarono fra le braccia. Avevano portato dei regali una bambola per Akemi e una macchina radiocomandata per Ryu.
«Zio Ryugi, andiamo nel parco qui dietro ti prego» il bambino pregava lo zio di accompagnarlo a provare il nuovo gioco e questi non poté dire di no. «Non allontanatevi troppo, la cena è quasi pronta!» intanto Akemi era in braccio a David che le accarezzava il volto e la osservava sorridente «Lupin posso lasciare a te?» chiese Kyoko porgendo il mestolo
«Ma certo Ko-ko» il ladro aveva già tolto la giacca e indossato un grembiule con la scritta ‘Best Cook Ever’ e si mise ai fornelli. Kyoko si sedette sul divano accanto al padre e appoggiò la testa sulla sua spalla «Assomiglia tanto a te e a tua madre» disse David.
«è vero e i nonni sarebbero stati felici di conoscere i bambini» Kyoko disse amaramente quelle parole, quel pomeriggio aveva scoperto che i genitori di sua madre si erano completamente lasciati andare dopo l’ultima volta che videro figlia e nipote ed erano morti a pochi anni di distanza l’uno dall’altra. Strinse il braccio del padre «Sono felice che almeno tu e lo zio siate riusciti a ritrovarci»
«Merito anche mio» disse Kaori trionfante «Grazie al signor Hirai sono riuscita a contattarli e portarli qui da te» Kyoko sorrise al volto raggiante della cognata.
«Ora che hai completato la missione puoi anche girare i tacchi e andartene …» sbottò Jigen attirandosi le ire della sorella.
«Daisuke Jigen! Bella faccia che hai, io tengo alla mia famiglia più di quanto tu abbia mai fatto in tutta la tua vita. Ti ho parato il …» Kyoko tappò le orecchie alla figlia perché non sentisse tutti gli improperi della zia «… e sono stata presente per loro, mentre tu giravi il mondo con la tua banda di perdigiorno a combinare più guai del dovuto!»
«Questo non è carino!» disse Lupin voltandosi un attimo.
David si avvicinò all’orecchio della figlia «Esattamente, che lavoro fa tuo marito?» Kyoko sorrise imbarazzata.


Lo zio e David ripartirono dopo cena con il signor Hirai, che avevano assunto come maggiordomo dopo il fallimento di Morimura. Invece Lupin e Goemon si trattennero ancora un po’ e mentre Kyoko e Jigen riordinavano, giocavano a carte con i bambini «Zio Lupin! Hai imbrogliato!» lo accusava Akemi «Io?» disse portandosi una mano al petto il ladro «Non farei mai una cosa del genere! Perché mi dici questo?» Lupin assunse una posa comica che fece tornare il sorriso sul volto della piccola. Kaori seduta sul divano leggeva placidamente un libro, senza prestare grande attenzione al gioco, Ryu le si avvicinò «Zia?» sentendo la voce del nipote posò il libro «Si tesoro mio?» domandò con una dolcezza che fece rimanere basito Jigen «Domani mi dai altre lezioni? Non c’è scuola e così prima che tu te ne vada potrò allenarmi ancora!» Ryu era entusiasta a poter passare del tempo con la zia nella loro attività preferita. La donna annuì scompigliandogli i capelli che finalmente stavano ricrescendo.
«Esattamente cosa ti insegna la zia?» chiese Kyoko incrociando le braccia e fissandoli seriamente, aveva un dubbio e voleva fugarlo. Ryu era ancora un bambino ingenuo e diceva sempre tutto ai genitori «Mi ha insegnato a sparare con la pistola!» esordì allegramente. Jigen sgranò gli occhi, Kyoko aveva ricevuto la risposta che cercava, ed Akemi tirò la giacca di Lupin sussurrandogli «La mamma è arrabbiata». Gentilmente, ma con decisione Kyoko disse a Kaori che non gradiva che il figlio maneggiasse un’arma ed imparasse ad usarla.
«Kaori, apprezzo che tu voglia passare del tempo con i bambini, ma …» fu interrotta da Jigen che la superò e si piantò davanti alla sorella «Ma sei impazzita per caso?!» Ryu si allontanò in punta di piedi mettendosi vicino a Lupin, in questo momento era il ladro gentiluomo il loro unico porto sicuro. Ci fu un bel battibecco tra fratello e sorella, lei gli rinfacciava di non curarsi della famiglia e di essere solo un vile ladro da strapazzo e lui le diceva di farsi gli affari suoi e non mettere strane idee in testa ai figli. Fu Kyoko a riportare l’ordine prendendo i due per le orecchie e tirando talmente forte da farli provare vero dolore «Adesso state seduti qui in silenzio, fino a che non avrò finito di sistemare!» Kyoko li lasciò sul divano e si mosse verso la cucina, ma quando sentì dei borbottii si voltò riportando il silenzio solo con uno sguardo. Kaori decise che forse era meglio andare via, era stata troppo lontano dal lavoro e se ne andò a tarda notte, abbracciò i bambini e Kyoko, ma degnò il fratello solo di un cenno del capo e per quanto riguarda gli altri due non li considerò nemmeno.
Akemi chiese a Lupin e Goemon di rimanere per la notte, ed essendo l’appartamento piccolo ai due fu data la camera dei bambini e Akemi e Ryu avrebbero dormito con i genitori. I bambini continuavano a saltare e ridere sul grande letto «Adesso ti prendo!» disse Jigen cercando di afferrare Akemi che scappava ovunque. Ryu ovviamente correva in soccorso della sorella ogni volta che il padre la afferrava e le faceva il solletico, liberandola. «Siamo in due contro uno papà!» diceva trionfante il bambino.
«Invece due contro due!» Kyoko afferrò Ryu e lo solleticò dove sapeva che il figlio soffriva di più. «Mamma tu dovresti essere dalla nostra parte!» brontolava Akemi sbattendo il piede sul letto, non accorgendosi del padre alle sue spalle.
La calma tornò dopo alcuni minuti, Ryu e Akemi si addormentarono e Kyoko accarezzava quei piccoli volti sdraiata vicino a loro. Jigen sdraiato alle sue spalle osservava la scena, le baciò la spalla e le accarezzò i capelli. Si addormentarono stretti l’uno all’altra.


Il giorno dopo mentre facevano colazione, qualcuno bussò alla porta, fu Kyoko a rispondere e si trovò davanti due uomini di Sakashi: il ragazzo hacker e l’uomo più anziano con cui Sakashi si era infiltrato nella villa di Morimura. Entrarono senza tanti convenevoli ed invitarono il gruppo a seguirli.
«Anche lei signora» disse l’uomo più grande porgendole la mano.
«Ehi! Cosa centra mia moglie?» si lamentò Jigen, ma con un gesto della mano Kyoko lo invitò a stare tranquillo. Lasciarono i bambini ai signori Hamada al piano di sotto e salirono sulle auto che aspettavano in strada.
 
Note di Hana:
Rieccomi con un altro capitolo. Finalmente Kyoko si ricongiunge alla sua vera famiglia, ma adesso ci sono altri guai in vista.
Alla prossima

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Capitolo 17
*** Amici che aiutano ***


Cap. 12 - Amici che aiutano

Il gruppo arrivo al grande edificio della compagnia di Sakashi e dopo essere stati perquisiti furono accompagnati dal presidente. Jigen era furioso, perché avevano perquisito anche Kyoko? “Normale procedura” avevano detto, ma che qualcun altro mettesse le mani addosso a sua moglie non lo poteva sopportare e tenne stretta Kyoko vicino a sé per tutto il tempo. L’ufficio di Sakashi era affacciato sulla baia, la sua scrivania dava le spalle ad un’immensa vetrata e lui era seduto ad aspettare i suoi ospiti, quattro sedie erano state preparate davanti a lui distanziate si e no mezzo metro. Quando si sedettero Jigen avvicinò la sua sedia a quella di Kyoko ed appoggiò il braccio allo schienale della sedia di lei, aveva lasciato la sua Magnum all’ingresso e non poteva usarla per difenderla se le cose fossero andate storte, aveva lo sguardo cupo, ma Kyoko posò delicatamente la mano sulle sue gambe e sorrise «Andrà tutto bene» gli sussurrò.

Sakashi scrutò il gruppo e passarono alcuni secondi prima che dicesse qualcosa «Vi chiederete perché ho voluto che veniste tutti qui» Sakashi si alzò andando vicino ai suoi ospiti; Kyoko si era fatta un’idea diversa degli uomini senza scrupoli, li immaginava bassi e grassi e lo scrutò. Sakashi era alto e spallato, indossava pantaloni bianchi con camicia e scarpe nere, i capelli lunghi erano accuratamente pettinati all’indietro e un solo ciuffo ricadeva sul volto spigoloso, ma attraente allo stesso tempo.
«Volevo sinceramente ringraziarvi per quello che avete fatto per me, senza il vostro aiuto non sarei mai riuscito ad entrare nella villa Morimura, solo una cosa non mi è andata giù …» scrutò il gruppo e la sua espressione cambiò divenendo spietata  «… alcuni dei miei uomini sono rimasti feriti nella colluttazione con i poliziotti, della cui presenza …» indicò Jigen e poi Lupin «… voi non me ne avevate parlato!» la tensione salì tra i presenti «Mi era stato promesso che non ci sarebbero stati problemi!» Sakashi strinse i pugni facendo schioccare le nocche.

Jigen strinse Kyoko a sé, Goemon non sapeva che fare senza la sua Zantetsuken che aveva lasciato insieme alle altre armi all’ingresso e Lupin cercò di intermediare «Sakashi, lei è del mestiere sa che certe operazioni possono portare delle conseguenze …» pensava a come tirare tutti fuori dai guai, ma non gli veniva in mente nulla. Tutti loro potevano facilmente cavarsela, erano stati in tante situazioni pericolose, ma Kyoko no.

«Signorina Arumi, la prego non ora!» si udì la segretaria fuori dalla porta parlare con qualcuno.
«Mio padre dovrà ascoltarmi, gli ho semplicemente chiesto di venire a pranzo e non si è né presentato né giustificato … voglio proprio vedere cos’ha di tanto importante per dare buca alla sua stessa figlia!» un’altra donna si avvicinava a grandi passi all’ufficio e spalancò la porta, Sakashi si prese il volto fra le mani e scosse la testa. La giovane donna si guardò intorno distrattamente e salutò il padre con un bacio sulla guancia. Lui prese le mani della figlia tra le sue e la sua espressione cambiò, era sereno e felice «Arumi, tesoro mio, non è il momento»

«Si papà, lo so, hai cose da fare, gente da minacciare …» disse voltandosi e indicando il gruppo, ma si fermò non appena vide Kyoko ed anche quest’ultima parve sorpresa.
«Kyoko!» «Arumi!» pronunciarono insieme le due donne, Kyoko si alzò e corse ad abbracciare la vecchia amica, tra lo sgomento di tutti. Si misero a parlare della loro adolescenza, Arumi ripeteva quanto Kyoko fosse diventata bella «Non c’è da meravigliarsi, sei sempre stata uno schianto!» disse battendo le mani sulle spalle dell’amica. «Anche tu Arumi sei bella, come dicevo sempre: non devi abbatterti così!» e continuarono a conversare non curanti della situazione e dei presenti …

«Hai due bambini? Non mi dire!» …
«Allora hai aperto la catena di caffetterie di cui parlavi da ragazzina?» …
«Vivi nella città vicino? Proprio dove ho la caffetteria! Allora qualche volta dobbiamo vederci!» …

Furono interrotte da Sakashi che si portò vicino a loro «Signore, volete spiegarmi cosa succede e fare ordine nei miei pensieri» Kyoko domandò scusa, ma fu Arumi a dire al padre che lei era la sua migliore amica dai tempi delle medie, ma si erano perse di vista dopo l’università «Un momento!» Arumi si guardò intorno, gli uomini di suo padre erano armati fino ai denti «Kyoko perché sei qui …» si accese un campanello d’allarme dentro di lei e diventò rossa, attaccò il padre puntandoli il dito «No, no, no, no … No! Se torci un capello alla mia amica o ai suoi accompagnatori te la dovrai vedere con me! Kyoko è la persona più dolce e gentile che si possa incontrare!» e continuò a elogiare l’amica davanti al padre.

«Allora non ho scelta» prese una mano di Kyoko e la baciò, lei arrossì «Non posso fare nulla all’amica di mia figlia» guardò Kyoko da capo a piedi con un sorriso compiaciuto «Ho potuto intendere dal vostro colloquio con Arumi, che lei non ha un lavoro»
«Esatto, purtroppo sono disoccupata» disse Kyoko ritraendo la mano.
«Ho visto il suo curriculum facendo ricerche su di lei, gentile Kyoko. Che ne direbbe di venire a lavorare per me?» Kyoko sgranò gli occhi e spalancò la bocca non sapendo cosa dire, Jigen era visibilmente in disaccordo e Arumi si piazzò fra Sakashi e lei.
«Eh, no! Papà io so come ti comporti con le segretarie giovani e belle, le corteggi fino a che non cedono e Kyoko è una creatura pura e innocente, non ti permetterò di toccarla» parlando batté più volte il dito contro il petto del padre «Kyoko diventerà mia socia!» poi si voltò verso l’amica e si abbracciarono. Sakashi fece spallucce e considerò la questione chiusa, amava troppo la figlia per fare qualcosa che potesse turbarla e poi in fin dei conti nessuno dei suoi uomini era rimasto ucciso nell’operazione alla villa Morimura.

Sakashi accompagnò personalmente il gruppo all’uscita e mentre gli uomini riprendevano le armi, dedicò ogni attenzione a Kyoko; non c’erano dubbi, come diceva Arumi era veramente bella. Teneva le mani della donna fra le sue e le baciò, sfoderò il suo sorriso migliore e disse «Di qualunque cosa abbia bisogno, non faccia che chiedere, è libera di venire qui quando vuole e senza appuntamento» a togliere Kyoko dall’imbarazzo intervenne Jigen, parandosi fra lei e l’uomo, prendendola prese a braccetto «Mia moglie non ha bisogno dei suoi servigi, addio» e a passo spedito lasciò l’edificio, con Kyoko che faticava a stargli dietro «Jigen rallenta!»


Stavano tornando a piedi verso casa, quando Lupin vide il Lunapark vicino al porto, pensò che poteva portarci i bambini e lasciò il gruppo per andare a comprare i biglietti, ma senza informarli delle sue intenzioni.


«Il Lunapark?!» esclamarono entusiasti i bambini.
«Si, zio Lupin e Goemon vi porteranno stasera! Così mamma e papà possono riposarsi» Kyoko non era d’accordo, si fidava di Lupin, ma lasciare i bambini completamente da soli con lui? Per di più voleva portarli a dormire in albergo con loro, in una specie di mini vacanza.
«Non preoccuparti Kyoko, ci sarò anche io con loro» Goemon fece un inchino e la donna cedette. I bambini corsero a prepararsi e come dei fulmini andarono alla porta, la mamma gli diede un bacio ciascuno facendo promettere che avrebbero fatto i bravi e non avrebbero esagerato con i dolci. Lupin uscì per ultimo e fece l’occhiolino ai due.
Quando la porta si chiuse Kyoko espresse i suoi dubbi a Jigen che però non la ascoltava, si tolse giacca e cappello appoggiandoli ad una sedia della cucina, andò alla finestra per essere sicuro e vide la 500 gialla allontanarsi. Kyoko continuava a parlare e non si accorse del marito che le si avvicinava e si voltò «Jigen! Mi ascolti …» il marito la afferrò per la vita «Jigen?!» la adagiò sul divano e si stese sopra di lei, la baciò infilando subito la lingua nella sua bocca e una mano sotto la maglietta per accarezzarle il seno. Kyoko sentì caldo e diventò rossa, abbracciò Jigen stringendolo a sé, passo le sue mani fra i suoi capelli un brivido la percorse quando sentì la virilità di suo marito contro il suo corpo. «Jigen?» chiese mentre lo guardava dolcemente «Andiamo in camera?» Jigen la prese in braccio e la accontentò, per quanto lo riguardava, sarebbe andato bene anche il pavimento tanta era la voglia che aveva di farla sua.
...

Kyoko urlò di piacere, non una ma più volte sotto l’impetuosità di Jigen «Ti amo Kyoko …» gemette lui «Ti amo Jigen …» sussurrò lei.


Jigen appoggiato ai cuscini fumava la sua sigaretta rigorosamente accartocciata «C’è un posacenere nel cassetto del comodino …» disse piano Kyoko appoggiata a lui, che con stupore constatò che quanto diceva la moglie era vero «Alla fine hai ceduto e mi lasci fumare in casa?» Kyoko gli rubò la sigaretta e fece un tiro, espirò direttamente in faccia a Jigen che era basito «Da quando fumi? Hai sempre detto che è una brutta abitudine!» Kyoko ridiede la sigaretta al suo legittimo proprietario e si stese di nuovo accanto a lui «Ho un pacchetto di Pall Mall nella borsa, quando mi manchi e sento di non sopportare la tua lontananza, ne accendo una, il solo odore mi ricorda te» passò dolcemente la mano sul petto nudo di Jigen e la fece scivolare sotto le coperte, Jigen trasalì piacevolmente sentendo la mano della moglie accarezzarlo sotto la vita.
«Sei fantastica dolcezza …» le carezzò la schiena e giocherellò con i suoi capelli. Kyoko si mise a sedere e lo guardò, gli occhi le si riempirono di lacrime e gli si gettò al collo. Jigen non sapeva che dire, la abbracciò «Kyoko, cosa succede? Ti ho … ti ho fatto male?» la preoccupazione di Jigen era sempre la stessa.
«Per tutto il tempo che sono stata prigioniera, ho creduto di non poterti più rivedere … pensavo … pensavo di non poter avere più momenti così con te. Ti amo Jigen!» lo baciò teneramente e la passione si riaccese fra i due, quando lui la strinse a sé e Kyoko sentì ancora l’ardore del corpo di lui. La sigaretta fumante nel posacenere diffuse profumo di tabacco per tutta la stanza.

Note di Hana:
Rieccomi con il nuovo capitolo, dove tutto si aggiusta e i nostri protagonisti possono avere un momento tutto loro <3 

Alla prossima ... con il capitolo finale.

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Capitolo 18
*** A presto ***


Cap. 13 - A presto
 

Arumi e Kyoko iniziarono la loro collaborazione nella catena di caffetterie “Lovely Moments” e durante il loro primo colloquio Kyoko poté notare come l’amica fosse un totale disastro con l’organizzazione e soprattutto con i conti. «Arumi, perdonami, ma qui c’è una grande confusione … non hai un contabile che possa fare questo lavoro per te?» ma Arumi alzò semplicemente le spalle, Kyoko allora si rimboccò le maniche e mentre l’amica pensava alle nuove ricette da servire ai clienti, lei si occupava di gestire tutto ciò che riguardava l’economia dell’azienda. L’unica pecca era che il signor Sakashi non mancava più un appuntamento con la figlia e spesso andava di sua spontanea volontà alla caffetteria dove c’erano la figlia e Kyoko, quest’ultima provava sempre un certo imbarazzo.

«È cotto di te!» un pomeriggio Arumi indicò l’amica e disse queste parole dopo che il padre era uscito dal locale.
«Uhm?» fu l’unica cosa che Kyoko riuscì a dire.
«Sei giudiziosa, attenta, cordiale e amichevole» elencò con le dita Arumi «Ma ogni volta le tue belle qualità aumentano, quando me le enumera» sospirò «Gli ricordi mia mamma»
Kyoko si ridestò dal suo stato di imbarazzo «Come?»
«Credimi, non ti farebbe mai nulla. È che sei molto simile a mia madre, vederti gli scalda il cuore e sapere che ci sei tu al mio fianco lo rassicura che la mia attività non sarà un totale disastro. Sono partita da zero e non ho chiesto un soldo a lui; con te al mio fianco riusciremo a far conoscere ‘Lovely Moments’ non solo nella nostra prefettura, ma in tutto il Giappone … ma che dico» Arumi salì con un piede sulla sedia, si portò una mano sul fianco e con l’altra puntò l’indice verso la finestra «Nel mondo!» gli occhi le brillarono. «Se i tuoi dolci continuano ad essere così buoni, ci riusciremo senz’altro» sorrise Kyoko. Da quella sera non fu più turbata dalla figura del padre dell’amica, lo salutava cordialmente e qualche volta si fermava a fare conversazione con lui.

Gli piaceva il nuovo lavoro e oltre ad avere una paga maggiore, aveva anche più tempo da dedicare alla casa e ai figli «Akemi! Ryu! Venite la cena e pronta» dalla loro camera i piccoli fecero capolino, erano passati alcuni mesi dagli avvenimenti che avevano quasi stravolto la loro vita. Dopo la notte passata insieme al marito, Lupin e banda erano rimasti poco più di un mese con loro, ma poi …

Qualche tempo prima …
Jigen parcheggiò la 500 in un angolo ben nascosto del porto e i tre scesero, stando attenti che nessuno li vedesse. Erano passate alcune settimane dall’ultima volta che si erano recati al porto dove avevano nascosto la refurtiva, dopo tante ricerche finalmente avevano un acquirente. Aprirono la porta sul retro del magazzino e si avvicinarono alla cassa «Vedrete amici, questa volta ne ricaveremo un bel gruzzoletto» disse Lupin già pensando al fiume di soldi che sarebbe passato per le sue mani e forzò la cassa con un piede di porco, le assi vennero via facilmente, troppo facilmente. La statua era stata privata di ogni gemma preziose e l’unica cosa che trovarono fu un biglietto piegato con il segno di un rossetto rosso, Jigen lo prese in mano per nulla sconvolto.
«E così la mia Fujiko è stata più scaltra di me … ancora una volta» Lupin sospirò lasciandosi cadere vicino alla cassa, aveva il mento appoggiato ad essa e guardava il fiero leone ormai decaduto «Se non altro potremo rivendere l’oro, è stata gentile a lasciarcelo» disse speranzoso il ladro gentiluomo.
«Non ci conterei Lupin, leggi qua!» Jigen porse il biglietto all’amico e prese un coltellino con cui grattò la superficie della statua.

Caro Lupin, ti ringrazio di aver rubato questa per me. Ho preso solo le gemme perché la statua di ferro era troppo pesante da trasportare.
XOXO
Fujiko
 
Lupin guardò la statua, Jigen aveva esposto il metallo sottostante scrostandone il rivestimento «è comune vernice, Lupin come hai fatto a non accorgertene? È almeno antica e preziosa?»
«Me ne ero accorto! Ma non pensavo che Fujiko portasse via tutti i gioielli. E non è antica, è solo una riproduzione che il nonno di Morimura fece, l’originale era stata smantellata dal bisnonno per pagare alcuni debiti» Lupin sconfortato si lasciò scivolare sul pavimento. «Dannazione!» urlò Jigen.

Goemon si guardò intorno e sfoderò la spada «Abbiamo visite» il portone principale si aprì e decine di poliziotti si riversarono all’interno guidati da Zaza che faceva roteare sulla sua testa una corda a cui erano attaccate delle manette «Eccoti Lupin! Giuro che questa volta ti arresto!»
«Mi dispiace Zaza, ma ho già un impegno! Via!» Lupin si rimise in piedi e corse verso la porta da cui erano arrivati seguito da Jigen. Goemon con pochi fendenti tagliò le pistole di alcuni poliziotti e ne lasciò altri in mutande, facendo ricadere i brandelli dei loro pantaloni sul pavimento generando non poca confusione e raggiunse anche lui il resto della banda. Il samurai superò Jigen che stava mirando sopra la polizia, il cecchino sparò colpendo la fune che teneva sospese delle casse che ricaddero su Zaza e i poliziotti, infine scappò anche lui.

Come una furia Zenigata riemerse dalle macerie e si gettò all’inseguimento. Fuori Lupin, Jigen e Goemon si facevano strada a colpi di pistole e katana, raggiunsero la macchina lasciando un gran distacco tra loro e la polizia. Partirono di gran fretta «Merda, anche Zaza e la polizia adesso!» sbottò Lupin. Come aveva fatto a trovarli? Lasciò perdere il ragionamento, ora dovevano andarsene.

Jigen prese il cellulare e cercò in rubrica il numero della moglie «Kyoko, dove sei? … Al parco? Arrivo tra poco!» e agganciò non dando spiegazioni, sapeva bene che Kyoko aveva capito che qualcosa non andava. Jigen ingranò tutte le marce e partì a gran velocità. «Jigen non abbiamo tempo per gli addii, il paparino sa che siamo qui, in questa città, metteresti solo Kyoko e i bambini in difficoltà!»
«Non se la polizia non li vede» Jigen zigzagò tra le auto, il semaforo davanti a loro era rosso, non sarebbe stato un gran problema per dei ladri in fuga, se non che la strada si immetteva in una a scorrimento veloce, con auto che sfrecciavano davanti a loro senza posa. Arrivato alla linea di stop Jigen tirò il freno a mano e sterzò nella direzione in cui andavano le auto, fortuna o no, si infilarono giusto fra due macchine, beccandosi una strombazzata dall’autista dietro di loro. Goemon uscì dalla capote e con un solo fendente divise in due il camioncino, metà di esso bloccò una corsia, l’altra metà quella a fianco, i conducenti che sopraggiungevano cercarono di frenare, ma il tamponamento a catena fu inevitabile bloccando così la polizia, mentre la 500 gialla si allontanava velocemente.


Kyoko seduta sulla panchina era pensierosa, guardava i suoi bambini giocare e pensava a Jigen, alla telefonata di prima “Sembrava nei guai”, il flusso di pensieri fu interrotto dal suono di un’auto che inchiodava poco distante, voltandosi vide Jigen scendere dalla 500 e correre dietro di lei, Lupin si era spostato alla guida urlando «Fa presto!».
Con un balzo, Jigen saltò oltre la panchina e corse dai suoi bambini, li prese in braccio tutti e due «Ryu, Akemi, perdonatemi, ma devo andare via subito» i due fecero le loro rimostranze, ma sapevano che quando doveva partire, papà non avrebbe cambiato idea «Vi voglio bene, prendetevi cura della mamma» li baciò e corse da Kyoko. Prese tra le braccia la moglie fino a sollevarla sopra di sé, la guardò intensamente per alcuni secondi “Quando ti rivedrò?” pensava perdendosi nei suoi occhi smeraldo. La rimise a terra e la abbracciò tenendola stretta «Devo andare, la polizia ci ha scoperto, se rimango rischio di mettere in pericolo tutti voi» Kyoko lo baciò «Vai Jigen, ma prima devo …» il suono di un clacson li fece voltare «J-J-Jigen!» urlò Lupin, in lontananza si udivano le sirene delle volanti. Il cecchino baciò ancora la moglie «Tornerò, è una promessa» si voltò e corse verso la macchina, ma prima di arrivare si sentì chiamare da Kyoko, lo aveva rincorso e gli si gettò addosso facendogli quasi perdere l’equilibrio, lo baciò tenendo le braccia intorno al suo collo «Devo dirti una cosa: sono incinta» Jigen sgranò gli occhi «C-come!? Quando!?»
«Il come lo sai bene» Kyoko indicò i figli che salutavano da lontano, sopra la panchina «Ne abbiamo fatti due e forse, per quanto ci riguarda sarebbero di più, visto che non stiamo mai attenti. Il quando …» sorrise «… la sera del Lunapark, sapevo che poteva succedere, era il periodo giusto e poi non ho avuto il ciclo per il periodo previsto, ho fatto il test stamattina. Te l’avrei detto a casa questa sera davanti a una bella cenetta con i bambini» Jigen sorrise e la baciò ancora; le sirene si facevano più vicine.
«Tornerò per vedere nascere anche lui …» e Kyoko aggiunse «… o lei» Jigen si allontanò e saltò in macchina dalla capote; i bambini si erano avvicinati a Kyoko e salutarono, agitando le braccia, il padre e tutti gli altri, Lupin ricambiò ridendo e sventolando la mano, anche Goemon salutò, sorridendo.

La 500 sfrecciò via e la polizia passò velocemente davanti a Kyoko e ai bambini, potevano sentire benissimo Zaza urlare dal finestrino «Lupin! Fermati che ti arresto!».
Kyoko strinse i bambini e guardò le auto allontanarsi, poi si accarezzò la pancia. La 500 saliva sul ponte levatoio, disse sottovoce «A presto Jigen Daisuke, amore mio»
“A presto, mia dolce Kyoko” pensava Jigen, mentre percorrevano il ponte che si stava sollevando per permettere l’ingresso di alcune imbarcazioni nel porto, riuscirono a volare dall’altra parte appena in tempo, ma lo stesso non valse per le auto della polizia, quelle che non caddero sulle chiatte sottostanti, si tamponarono a vicenda, Zenigata uscì dalla volante e dal ponte della nave menava calci e pugni in aria ribadiva la sua minaccia, un giorno avrebbe catturato Lupin!
La 500 gialla sfrecciò via sulle strade fuori dalla città, c’erano altri luoghi da vedere e tesori da rubare, e un posto dove poter tornare.
 
Fine

 

Note di Hana:
Eccoci alla conclusione, Fujiko è riuscita anche questa volta a farla alla banda, lasciando i nostri amati ladri con niente tra le mani, Zaza non demorde e Kyoko e Jigen si devono salutare.
Ringrazio chi ha commentato e chi ha deciso di seguire la mia storia, e ha mostrato pazienza nell'aspettare l'uscita di tutti i capitoli. 
Qui la storia finisce, sono soddisfatta del mio lavoro e non vedo l'ora di scrivere ancora.
Un saluto a tutti e ..

A presto.

 

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