L'importanza di chiamarsi Weasley

di inzaghina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Che cos'è un nome? ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 – L’importanza delle prime impressioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - I soldi non fanno la felicità ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 – Sogni a occhi aperti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 – La cecità di Cupido ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Sbagli e ferite ***



Capitolo 1
*** Prologo - Che cos'è un nome? ***


Prologo – Che cos’è un nome?
 
 
“Che cos'è un nome?
Quella che chiamiamo “rosa”
anche con un altro nome
avrebbe il suo profumo.”
William Shakespeare
 

 
Molly Weasley, nata Prewett, era certa di sapere quanto contasse un cognome come quello del suo futuro marito; non che all’epoca avesse alcuna idea che quello sarebbe stato il padre dei suoi figli, sia ben chiaro. Aveva comunque immaginato, sin dal loro primo incontro, avvenuto nell’affollata sala comune di Grifondoro, in seguito al loro smistamento, che un cognome simile non poteva essere come il suo. Arthur Weasley era infatti il figlio terzogenito di una delle Sacre Ventotto e ciò lo rendeva, almeno a livello teorico, un perfetto esempio di mago purosangue, quello che la maggior parte delle madri si auspicava che la figlia potesse incontrare e sposare. Dopo che i Prefetti li ebbero accompagnati alla torre, illustrando loro la strada più veloce da e per i dormitori, gli orari delle lezioni e la rigida divisione tra i dormitori maschili e femminili, gli studenti del primo anno poterono cominciare ad acclimatarsi nella loro nuova casa.
“Come mai noi maschi non possiamo salire nei dormitori femminili?” domandò un ragazzino biondo, dopo che i Prefetti ebbero raggiunto i loro amici.
“E chi lo sa,” ribatté un moro, che stazionava al suo fianco.
“I fondatori ritenevano che noi ragazzi fossimo meno affidabili delle nostre colleghe del gentil sesso,” spiegò Arthur, rivolgendosi al resto dei compagni per la prima volta.
“Che idea ingiusta!” s’infervorò il biondino, mentre gli altri maschi annuivano convinti.
Una risata secca fece voltare tutti i primini verso una ragazzina dai capelli fiammeggianti, che osservava i maschi con le braccia conserte. “Sarà anche ingiusta, ma sicuramente veritiera! Volete forse convincermi che non tentereste di introdurvi nel nostro dormitorio se ce ne fosse la possibilità?” commentò tagliente Molly, sollevando gli occhi castani sui suoi nuovi compagni.
Il suo tono di voce aveva un che di autoritario, che spinse i maschi a smetterla di lamentarsi all’istante, limitandosi a borbottare tra di loro. Arthur invece rimase in silenzio, scrutando con i suoi occhi chiari quella ragazzina che non aveva avuto alcuna remora nel dire quello che pensava.
“Non ci siamo presentati,” trovò il coraggio di dirle, qualche minuto più tardi, trovandola seduta ad un tavolo rotondo, intenta a scrivere su di una pergamena.
“Molly Prewett!” scandì chiaramente lei, gli occhi luminosi puntati in quelli azzurri di lui.
“Arthur Weasley,” rispose, stringendo la mano più piccola nella propria.
“Oh, un Weasley…”
“C’è qualche problema?” le domandò, sedendosi di fronte a lei.
“Non avrei mai immaginato che tu fossi un erede di una delle famiglie purosangue più note del Regno Unito.”
“Weasley è solo un nome…” dichiarò lui.
“Dici?” la ragazza era rimasta scettica.
“Sappi che abbiamo antenati babbani anche noi,” ribatté orgogliosamente Arthur, sorridendo nel vedere l’espressione vagamente delusa di Molly sparire tanto repentinamente quanto era apparsa.
“Addirittura?” lo mise alla prova lei.
“Certo, papà sostiene che tutte le famiglie purosangue si sarebbero estinte se non si fossero mischiate con Babbani o Nati Babbani.”
“Lo dicono anche i miei genitori,” annuì lei. “Infatti ho un cugino di secondo grado che è un Magonò, ma i suoi non ne hanno fatto un problema…”
“E perché avrebbero dovuto? I babbani sono così affascinanti, così come il mondo legato a loro!” si entusiasmò Arthur, facendo sorridere Molly.
“Ne sai molto di loro?”
Il ragazzo annuì. “Leggo tutto quello che trovo! Sono sicuro che ai miei non dispiacerebbe affatto se portassi a casa una ragazza Babbana, almeno di origine…”
“Che peccato!” commentò la sua nuova amica.
“Perché dici questo?”
“Cominciavi a piacermi, ma purtroppo sono una Purosangue anche io…”
Le orecchie di Arthur andarono a fuoco, così come le sue guance, e Molly pensò che avrebbe sicuramente voluto sposare quel ragazzo e crescere con lui dei figli Purosangue che non avessero nulla a che fare con gli spocchiosi eredi delle stirpi più in vista della comunità magica.
 
Pochi mesi dopo il diploma, in una fredda giornata invernale, la speranza di Molly si avverò, quando lei ed Arthur si promisero amore e fedeltà nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non li avrebbe separati.
“Avevi ragione tu, Arthur…” sussurrò la neosposa a fior di labbra.
“Su cosa, tesoro?”
“Sul fatto che Weasley fosse solo un nome,” rispose, prima di baciarlo nuovamente.
 
*
 
William Arthur Weasley venne al mondo in una fredda notte di novembre, proseguendo la tradizione della famiglia Weasley che da decenni sfornava esclusivamente eredi di sesso maschile.
“È assolutamente perfetto, tesoro,” sussurrò emozionato Arthur, guardando la moglie stringere il piccolo a sé.
“Somiglia a te,” rispose lei, guardando ammaliata gli occhi blu del neonato.
“Speriamo che abbia ereditato la tua forza ed il tuo senso di giustizia.”
“E anche il tuo buon cuore e la tua curiosità,” ribatté, sorridendogli dolcemente.
“L’importante sarà insegnargli i giusti valori…”
“Sono sicura che non avremo problemi… del resto il suo essere purosangue è solo un caso” rispose.
 
Bill fu, fin dai primissimi tempi, un bambino d’indole tranquilla, che celava un animo decisamente avventuroso e curioso di scoprirne di più di tutto ciò che lo circondava. Amava leggere, soprattutto le avventure degli esploratori e degli avventurieri, fantasticando su un futuro in giro per il mondo anche per se stesso, la sua smania di avventura diveniva molto più evidente soprattutto quando era in compagnia di suo fratello Charlie. Nonostante la sua natura calma, la sua passione per la lettura e la sua attrazione per i misteri e per le peripezie più fantasiose, Bill non si rifiutava mai di aiutare la madre, alle prese con i suoi sempre più numerosi fratelli minori. A Charles Septimius, seguirono infatti Percival Ignatius, i gemelli Fred e George ed il piccolo Ronald Billius.
Era l’inizio di un’estate che si preannunciava torrida e sua madre era in attesa del settimo erede Weasley, che sarebbe arrivato giusto in tempo per la fine del mese di agosto. Percy combatteva una fastidiosa influenza attaccatagli da Ron e anche i gemelli non erano in forma, decisamente più tranquilli del solito; i due maggiori ebbero quindi il permesso della madre di passare il resto del pomeriggio all’aperto. Dopo un breve bagno nello stagno, i due fratelli continuarono a camminare, rinfrescati dalla permanenza in acqua, raggiungendo la tenuta dei Diggory che avevano un bambino poco più grande dei gemelli.
“Dev’essere strano essere figlio unico, non credi?” domandò Charlie.
“Io lo sono stato per due anni, ma non ricordo un granché,” rispose l'altro, scrollando le spalle.
“Chissà quando ti annoiavi senza di me,” ridacchiò il minore, scuotendo la testa ricoperta di ricci scuriti dall’acqua.
“Se lo dici tu…”
L’eventuale risposta di Charlie fu zittita da uno scalpiccio di passi sul vialetto di casa Diggory, che costrinse i due fratelli ad abbassarsi, nascondendosi tra i rigogliosi cespugli di clematidi tanto cari alla padrona di casa.
“Lo sai anche tu, mia cara, che il tipo di famiglie da frequentare sono di massima importanza in questo momento,” stava dicendo una strega dall’espressione arcigna, che sfoggiava un abito scuro poco adatto alla giornata estiva.
Charlotte Diggory sostenne lo sguardo gelido della cugina. “Amos e io sappiamo benissimo chi frequentare e chi no, Edwina…”
“Non si direbbe, visto che tuo marito apprezza la compagnia di quei traditori del loro sangue dei Weasley! Un vero insulto ai purosangue, ecco cosa sono quelli!” sputò Edwina Selwyn in Flint.
“Meglio frequentare i Weasley, piuttosto dei Rosier, degli Avery e dei Mulciber…” ribatté freddamente la ex Tassorosso, voltando le spalle alla sua ospite. “Ora torno da mio figlio, non ho intenzione di ascoltati oltre… sappi che non sarai più la benvenuta a casa nostra finché rimarrai su queste posizioni,” concluse, prima di sparire nell’ordinata villetta.
 
“Cosa significa essere traditori del nostro sangue, Bill?”
I due stavano già rientrando verso casa, quando il fratello minore aveva posto questa domanda. Bill, che aveva origliato, del tutto casualmente s’intende, delle conversazioni tra i genitori sapeva perfettamente cosa avesse inteso dire la signora impettita che avevano intravisto a casa Diggory. “Significa che i nostri genitori pensano che non ci sia differenza tra essere un mago purosangue e un mezzosangue o un nato babbano,” spiegò quindi.
“Papà ama i babbani” commentò Charlie, correndo con la mente al capanno per gli attrezzi ricolmo di cianfrusaglie del genitore.
Bill annuì, prima di abbassarsi a raccogliere un po’ di erica da portare alla madre. “Non tutti la pensano come noi, Charlie.”
“E come altro la pensano?”
“C’è che crede che i purosangue siano gli unici che hanno diritto di essere maghi. Frequentare Hogwarts, lavorare al Ministero…”
“Noi siamo purosangue, ma non lo crediamo!”
“E come noi anche altre famiglie tra le Sacre Ventotto, ma ciò non vale per tutte.”
“Cosa sarebbero le Sacre Ventotto, Bill?”
“Sono le famiglie britanniche considerate veramente purosangue…”
“E noi siamo parte di questo gruppo?”
 “Si, anche se papà sostiene che si tratti solo di una stupida vecchia convenzione. Weasley è solo un nome, che vale come un qualsiasi altro…”
“Sono d’accordo con papà!” esclamò il più piccolo, porgendo al fratello alcune campanule per il mazzo di fiori che stavano raccogliendo alla madre.
“Non avevo dubbi.”
“E comunque io proprio non ci tengo a lavorare al Ministero! L’ufficio di papà sarà anche forte, ma che noia starsene chiusi tutto il giorno in un palazzo…” chiarì Charlie, sollevando lo sguardo sul cielo terso ed inspirando il profumo dei fiori circostanti.
“Nemmeno io!”
“Ma tu adori leggere, se non ti tirassi io fuori di casa te ne staresti lì rintanato tutto il giorno!”
“Questo non significa che io non abbia un animo avventuroso… dopo Hogwarts io me ne andrò dall’Inghilterra ed esplorerò posti sconosciuti,” Bill era sicuro di dire il vero, i suoi genitori gli avevano sempre detto che avrebbe potuto fare qualunque cosa, bastava semplicemente che si impegnasse. E Bill si impegnava in tutto quello che faceva.
“Vorrà dire che ci incontreremo in giro per il mondo,” sorrise Charlie, spalancando la porta di casa e correndo incontro alla madre.
“Ti abbiamo portato dei fiori,” le comunicò Bill, porgendole il mazzetto variopinto.
“Siete due tesori,” sospirò Molly, appellando un vaso ed augurandosi che quella nel suo grembo fosse una femmina, o un maschio con la sensibilità del suo primogenito.

 

Nota dell’autrice:
Buonasera a tutti, vi starete sicuramente chiedendo cosa mi sia preso, visto che ho già due long in ballo, ma quest’idea mi ha colto all’improvviso ed ho deciso di seguire il cuore e non fermarmi troppo a pensare. Devo ringraziare la splendida Adho, con le sue storie speciali e coinvolgenti, che è stata fonte d’ispirazione.
Sarà una mini long che seguirà Bill durante alcuni degli avvenimenti che hanno caratterizzato la sua vita, spingendolo a diventare il ragazzo tenace che abbiamo conosciuto, senza mai dimenticare gli insegnamenti dei suoi genitori riguardo al cognome che porta.
Non me ne vorrà Shakespeare, spero, se gli ho rubato la citazione su cui ho basato il prologo; né Wilde per aver preso in prestito un suo famoso titolo, riadattandolo alla mia storia.
Aggiornerò entro la fine della settimana con il prossimo capitolo e vi ringrazio per i pareri che vorrete lasciarmi.
Un abbraccio,
Francy

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 – L’importanza delle prime impressioni ***


Capitolo 1 – L’importanza delle prime impressioni

 
 
“Non c’è mai una seconda occasione
 per fare una buona impressione la prima volta.”
Oscar Wilde
 

 
Avere una sorella era decisamente diverso rispetto all’avere dei fratelli, questo Bill lo aveva capito non appena aveva posato gli occhi sul fagottino avvolto nella copertina rosa del San Mungo. L’11 agosto 1981 coincise infatti con una svolta epocale in casa Weasley, dopo più di un secolo era nata una bambina in famiglia.
Un emozionatissimo Arthur era tornato alla Tana, dove i sei figli maggiori erano in carico ad Andromeda Tonks, ed aveva dichiarato con occhi lucidi: “è nata la vostra sorellina!”
“Credevo che i Weasley avessero solo maschi” commentò a bassa voce Charlie.
“Pare di no,” gli rispose Bill, piuttosto felice che si trattasse di una bambina, convinto che la madre l’avesse desiderata a lungo.
“E come si chiama, papà?” domandò Percy, posando il libro che stava leggendo.
“Si chiama Ginny,” rispose Arthur, incrociando lo sguardo commosso di Andromeda e quello incuriosito della figlia di lei.
Ron si avvicinò gattonando ai due fratelli maggiori, che non lo degnarono di uno sguardo, tutti intenti a fissare torvi il padre. “Noi volevamo un fratellino!” dichiarò Fred, mentre George faceva il broncio.
“Ne avete già cinque di fratelli,” ribatté Dora, strizzando l’occhio ai gemelli, nel tentativo di farli sorridere.
“Ma è femmina!” s’indignò George.
“Piangerà sempre!” aggiunse Fred.
“E perché mai?” chiese loro Andromeda.
“Le femmine lo fanno,” insistette George, assottigliando gli occhi nocciola.
“L’altro giorno hai pianto anche tu, quando sei caduto dalle scale,” ribatté velocemente la Metamorfomaga.
Il piccolo arrossì, mentre il suo gemello ridacchiava.
“E tu hai pianto quando hai battuto la testa contro alla sedia giusto ieri,” gli ricordò Bill.
Fred fece una smorfia, spingendo Arthur ad avvicinarsi ai due identici terremoti. “Sono sicuro che la vostra sorellina vi piacerà. Sarà vostro compito, come fratelli maggiori, difenderla e proteggerla, oltre che giocare e divertirvi insieme a lei.”
“Vedi, ha bisogno di protezione perché è femmina!” s’infiammò Fred.
“Veramente spero che voi fratelli vi proteggerete tutti a vicenda,” rispose, pazientemente Arthur.
A Bill fu chiaro sin dal primo momento che Ginny non aveva bisogno di alcuna protezione supplementare, i gemelli si sarebbero dovuti ricredere. Se ne rese conto osservandola al sicuro tra le braccia della madre, dopo che lui, Charlie, Percy e Dora ebbero raggiunto la stanza del San Mungo accompagnati dal padre.
“Volete provare a tenerla in braccio, ragazzi?” domandò Molly.
Charlie scosse vigorosamente la testa, presto imitato da un titubante Percy, mentre Bill si avvicinò alla madre che adagiò la sorellina tra le sue braccia.
“Fai attenzione, Bill,” mormorò Dora, osservando rapita l’amico.
Il ragazzino annuì serio, inspirando il profumo tipico dei neonati, emanato dalla pelle chiara della più piccola di casa.
“Oh Arthur, devi scattare subito una foto,” ordinò Molly, mentre le lacrime scorrevano copiose sulle sue guance alla vista del suo primogenito che stringeva l’ultima nata.
 
Quella foto era una delle preferite di Bill e il bambino l’aveva ficcata nel baule che lo avrebbe accompagnato ad Hogwarts.
“Sarà dura senza di te,” borbottò Charlie, scacciandosi i capelli dagli occhi.
“Sai già essere un bravo fratello maggiore,” lo rassicurò Bill, facendosi aiutare a portare il baule in salotto.
Prima di raggiungere Londra, tramite metropolvere, Bill raggiunse la sorellina, che giocava con dei blocchi colorati in compagnia di Ron.
“Mi mancherete, ragazzi,” disse ai due bambini.
“’che tu, Bill,” rispose Ron, abbracciandogli una gamba.
Ginny invece l’osservò seria, prima di allungare le braccia verso di lui, per farsi prendere in braccio. Bill inspirò il suo profumo di talco e di fresco, chiudendo gli occhi e sperando di riuscire a portarlo con sé in Scozia.
“Dobbiamo andare Bill,” lo richiamò il padre.
“Ci vediamo a Natale, ragazzi!” esclamò il primogenito, dando un veloce abbraccio ai recalcitranti gemelli, prima di seguire Arthur tra le fiamme, accompagnato da Charlie e Percy, che avrebbero fatto un giro a Diagon Alley con il padre dopo la sua partenza.
 
*
 
Il binario 9 3/4 era decisamente affollato e Bill temeva di non riuscire ad incontrare Dora, com’erano d’accordo di fare.
“Credo sia laggiù!” esclamò Charlie, indicando una macchia di colore fucsia, una decina di metri più avanti. I Weasley raggiunsero i Tonks e i due amici si scambiarono un sorriso sollevato.
“Comportati bene,” si stava raccomandando Andromeda con la figlia, che aveva nascosto a fatica uno sbuffo, facendo ridere Charlie.
Ted e Arthur misero i bauli dei figli sul treno, insieme al gufo di Ninfadora, prima di tornare dalle famiglie sul binario, trovando Charlie e Percy che salutavano i due amici in partenza.
“Buon viaggio, figliolo,” disse Arthur, abbracciando il suo primogenito. “Scrivici appena puoi e raccontaci di come sono andati viaggio e smistamento...”
“Lo farò, papà,” rispose il ragazzo, arruffando i capelli di Percy, che gli fece un timido sorriso in risposta.
“Scrivimi e raccontami tutto,” si raccomandò Charlie, prima di essere abbracciato dal fratello più grande. “Mi mancherai, Charlie...”
“Anche tu! Ma cerchiamo di non essere troppo sentimentali,” ridacchiò il più piccolo.
Bill scosse la testa, ridendo con lui.
“Ci vediamo a Natale,” li salutarono i Tonks, mentre Arthur e gli altri Weasley li salutavano con la mano. Bill e Dora annuirono, arrampicandosi sulla scaletta e raggiungendo lo scompartimento in cui Ted e Arthur avevano stipato i loro bauli.
 
Qualche minuto più tardi, la porta si aprì lasciando entrare una ragazzina dai lucenti capelli neri e dal nasino alla francese, che già indossava la divisa perfettamente stirata. “C’è posto qui? Tutti gli scompartimenti pullulano di Mezzosangue o Nati Babbani, ma voi mi sembrate decisamente figli di maghi…” constatò osservando l’abbigliamento dei due amici, puntando gli occhi di ghiaccio prima su Bill e poi su Dora.
“Ti è andata male!” contestò la Metamorfomaga, mentre i suoi capelli viravano ad un viola acceso, stupendo la nuova arrivata.
“E perché mai?” continuò la moretta, occhieggiando Bill.
“Sono una Mezzosangue e fiera di esserlo!” dichiarò l’altra ragazza. “E ora smamma!” aggiunse, incrociando le braccia al petto.
“Ma non c’è posto da nessuna parte…” si lamentò la ragazzina.
“Peccato, ti toccherà sederti con qualcuno non degno del tuo lignaggio,” le rispose Bill, facendo spallucce.
“Ve ne pentirete sicuramente!” sibilò teatralmente.
“Non trattenere il respiro attendendo che accada!” le urlò dietro Tonks.
“Non sapete chi vi siete messi contro… sono un erede della famiglia Flint e anche dei Selwin,” dichiarò in tono spocchioso, prima di dar loro le spalle, sbattendo la porta dello scompartimento dietro di sé.
“Uhh! Che paura!” la prese in giro Dora, facendo ridere di cuore Bill. “Dici che sono stata troppo dura?” domandò poi, mentre i suoi capelli ritornavano di un bel rosa cicca.
Bill scosse la testa, pensieroso. “Spero che gli altri Purosangue non siano tutti così, perché non mi troverei a mio agio con compagni simili…” commentò poi.
“Lo dubito!” lo rassicurò la sua migliore amica. “Tra l’altro ogni volta che sento pronunciare quella parola mi vengono in mente i cavalli delle corse,” ridacchiò sommessamente la ragazzina, roteando gli occhi grigi.
“E quando ci sei mai stata alle corse tu?”
Dora si strinse nelle spalle. “Mai, però so che i Purosangue sono teoricamente i cavalli più forti e veloci.”
“Un po’ come teoricamente i Purosangue sono i maghi migliori,” aggiunse Bill, sorridendole.
“Esatto!” annuì Dora. “Ma noi lo sappiamo che non è così e che sarò più rapida di te ad usare la bacchetta…”
“Sempre che tu non la faccia cadere, incendiandoti le vesti nel mentre,” ribatté il giovane Weasley, sorridendole affabile.
Dora gli fece la linguaccia, prima che la signora del carrello aprisse la porta dello scompartimento, chiedendo se volessero qualcosa da mangiare. Bill non aveva soldi per fare acquisti, ma Dora procedette a comprare dolcetti in abbondanza per entrambi, felice di condividere l’abbuffata con l’amico di una vita.
 
Una volta giunti ad Hogsmeade, con indosso le loro nuove divise, i due amici seguirono due ragazzine castane su una delle barche riservate agli studenti del primo anno.
“Chissà come faranno a smistarci?” sussurrò quella delle due che aveva capelli lunghi e lisci.
“Smistarci?” domandò l’altra, sbarrando gli occhi castani.
“Si, nelle quattro case di Hogwarts,” le rispose Bill, sorridendo.
“Oh…” la ragazzina ammutolì. “Io non conosco alcuna magia, i miei genitori non sono maghi…” ammise infine.
“Pochi figli di maghi conoscono magie prima di venire a scuola,” la rassicurò Bill, mentre Dora annuiva con convinzione.
“All’inizio del viaggio è entrata una ragazzina nel nostro scompartimento e dopo aver scoperto che i miei erano babbani mi ha guardato come se fossi coperta di pustole,” mormorò la bambina, parlando ad una velocità impressionante.
“Si, abbiamo fatto anche noi la conoscenza con la snob erede di ben due delle Sacre Ventotto… sai che roba!” Dora fece una pernacchia. “Anche Bill è un erede di una delle Sacre Ventotto, così come mia madre, ma non per questo pensano di essere meglio degli altri…”
“Sono una Purosangue anche io,” disse quella con la pelle color caffelatte. “Molto piacere, mi chiamo Julia Knight…”
“Io sono Bill Weasley e la mia amica dalla lingua tagliente è Ninfadora Tonks…”
“Se vogliamo essere amiche però dovrete chiamarmi semplicemente Tonks,” chiarì la Metamorfomaga.
“Io sono Annabel Gladwyn,” concluse la ragazza dai capelli ondulati. “Sapete già in che case sarete smistati?”
“Nessuno lo sa,” le rispose Bill, cercando di tranquillizzarla.
“Io so solo che, in qualunque casa finiremo io e Bill rimarremo amici per sempre,” aggiunse Dora, mentre lui annuiva.
“Vi conoscete da molto?” domandò Julia.
“Solo da tutta la vita,” dichiarò Tonks, strizzando l’occhio a Bill.
 
Una volta giunti in Sala Grande, dopo che la Vicepreside McGranitt ebbe comunicato loro che sarebbero stati smistati da un cappello parlante, i quattro, visibilmente più sereni, rimasero in attesa di essere chiamati dalla donna severa che era a capo della casa di Grifondoro.
“Sembra una da non far arrabbiare… meglio non finire nella sua casa,” borbottò Tonks.
“Mi dà l’idea di essere severa, ma giusta,” ribatté Bill.
“Forse, ma non saprei dirti se apprezzerebbe il mio senso dell’umorismo,” mormorò Tonks, facendo ridere le loro due nuove amiche.
Dopo la canzone del cappello iniziò lo smistamento, che stava procedendo piuttosto a rilento, visto l’alto numero di nuovi arrivati. Minerva McGranitt recuperò il cappello da uno studente che era stato appena smistato a Corvonero e lesse il nome successivo: “Ivy Beatrice Flint.”
“Oh, ecco la principessina dei Purosangue,” ridacchiò Dora, assicurandosi di essere sentita; Ivy le lanciò un’occhiataccia a cui Dora rispose con una smorfia.
Per nulla inaspettatamente, la giovane Flint venne smistata a Serpeverde, con sua somma gioia e spocchia.
“Spero proprio di non finire con lei,” si lamentò Dora. “Mamma era pur sempre una Serpe ai suoi tempi…”
Ogni risposta degli altri venne bloccata dalla chiamata successiva, Annabel stava infatti raggiungendo lo sgabello con aria timorosa. La ragazza fu la prima delle tre nuove amiche ad essere smistata a Tassorosso, prima che Bill venisse invece smistato nella casa dei coraggiosi.
“Sapevo che saresti finito a Grifondoro, è la tradizione per voi Weasley!” dichiarò Dora, abbracciando l’amico.
“Lo immaginavo anch’io, ma un po’ ci speravo che saremmo finiti insieme…”
“Ci vedremo sicuramente a lezione,” rispose Tonks, prima che i due gruppi si separassero, con i Grifondoro che salivano verso la loro torre e i Tassorosso che si avviavano verso le cucine.
 
Qualche giorno più tardi Bill, Dora ed alcuni dei loro compagni erano seduti ad un tavolo della biblioteca intenti a fare i compiti per la classe di Incantesimi che Grifondoro e Tassorosso frequentavano insieme.
“Ma siamo sicuri che dobbiamo fare il disegno del movimento della bacchetta?” domandò Dora, piuttosto negata a disegnare.
“Vitious lo ha ripetuto tre volte,” rispose Bill, aggiungendo una freccia che indicasse la direzione del movimento.
“Odio che tu sia così diligente,” borbottò Dora, roteando gli occhi.
“Dai, io me la cavo molto bene in disegno… ti do una mano,” le propose Sam Waters, un compagno di Bill.
“Grazie mille!” gli sorrise la Tassorosso.
“Quanti centimetri di pergamena dovevamo scrivere?” chiese Michelle Davies, osservando il proprio testo.
“30,” ribatté Julia, rivolgendosi alla compagna di stanza.
“Non finiremo mai,” si lamentò John Roberts di Grifondoro.
“Ma certo che ce la faremo,” lo rincuorò Bill.
“Facile per te a dirsi, hai già scritto un papiro…” lo rimbecco Dora, mentre Sam finiva di sistemare il suo disegno.
“Credevo che mi avresti battuto tu a lezione,” le ricordò Bill.
“Io parlavo della parte pratica, non di quella teorica…”
Gli altri ridacchiarono, assistendo al battibecco dei due amici.
“Ma il disegno conta nei centimetri?” chiese improvvisamente Sam.
“Certo che no,” rispose Bill, mentre Annabel scuoteva la testa.
“Oh, peccato…” il biondo fece spallucce, facendo ridere Dora, Julia e Michelle.
I ragazzi lavorarono ancora per un po’, prima di essere interrotti dall’arrivo di un’altra studentessa.
“State facendo la ricerca per Vitious?” domandò Ivy Flint in un sussurro.
“L’abbiamo praticamente finita,” rispose Michelle.
“Oh, avrei dovuto arrivare prima allora…” disse mesta la Serpeverde.
“Penso che ci siano un po’ troppi Mezzosangue e Nati Babbani per i tuoi gusti qui,” dichiarò Dora.
Le guance dell’altra ragazza andarono a fuoco, prima che se ne andasse senza salutare.
“Mi dispiacerebbe anche, se solo l’altro giorno non l’avessi sentita chiamare Annabel stupida Sanguemarcio proprio fuori dall’aula di Piton,” commentò Bill.
“Davvero?” s’infervorò Dora. “Non me lo avevi detto…”
“Scusa, mi ero scordato…”
“E tu hai fatto qualcosa?” s’informò Annabel, cui avevano spiegato il significato di quell’insulto.
“Certo, ho salutato ad alta voce la professoressa McGranitt, facendola arrossire più dei miei capelli…” rispose Bill, sorridendo alla nuova amica.
“Oh, quindi è stata punita dalla McGranitt?!” si esaltò Tonks.
“No! La McGranitt non c’era affatto nei sotterranei, io gliel’ho solo fatto credere…”
“Lo sapevo che c’era un animo oscuro anche dentro di te!” ridacchiò Dora, attirando un’occhiataccia di Madama Pince.
“Beh, dovrebbe pensarci bene prima di insultare i miei amici…” chiarì Bill, mentre il resto del gruppo annuiva convinto. Era più che evidente che i Weasley non fossero i soli maghi Purosangue a considerare tutti i maghi uguali, qualsiasi fosse la loro origine e Bill era estremamente felice di aver trovato amici del genere.
 
 


Nota dell’autrice:
Buon pomeriggio a tutti, miei adorati lettori. Mi scuso molto per il ritardo del capitolo, ma mi sono buscata una super influenza che mi ha decisamente messo KO e mi ha impedito di passare del tempo a computer per rivedere le mie storie, potendo quindi pubblicare.
Sono rimasta piacevolmente colpita dal successo del prologo di questa mia storiellina senza pretese, spero quindi che anche questo nuovo capitolo vi piacerà. Come alcuni di voi già sanno, nel mio personalissimo headcanon Bill e Tonks sono migliori amici, per questo ho anticipato di due anni la nascita di Dora, facendo in modo che i due siano partiti per Hogwarts insieme… spero che questo non vi infastidisca troppo! Come avete potuto vedere, i due ragazzi sono decisamente complementari, Bill più silenzioso e riflessivo, Dora più casinista ed impulsiva: una coppia di amici perfetti. Ho deciso di sfruttare nuovamente i Flint-Selwyn per l’antagonista del capitolo, una ragazzina un po’ piena di sé che avrà occasione di rimpiangere il suo primo incontro con Dora e Bill; il resto del loro gruppo di amici è già presente nella mia long “Promesse da mantenere”, sono anche loro parte del mio headcanon. Si sa che Ginny è stata la prima femmina dopo tanti anni, ma non si sa esattamente quanti, io ho ipotizzato almeno un secolo, per rendere la signorina ancora più speciale di quanto già non fosse!
Continuo a prendere in prestito citazioni letterarie di alto spessore, spero non me ne vogliano questi mostri sacri…
Fatemi sapere che ne pensate e ci sentiamo presto con la prossima avventura del primogenito di casa Weasley.
Un abbraccio,
Francy

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - I soldi non fanno la felicità ***


 
Capitolo 2 – I soldi non fanno la felicità

 
 
“Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro.
 Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.”
Lev Tolstoj
 

 

Charles Weasley non era mai stato un tipo paziente e — senza Bill al suo fianco — questa sua caratteristica non aveva fatto che esacerbarsi. La notte antecedente al suo undicesimo compleanno non riuscì a prender sonno, finendo con l’appisolarsi solo a notte inoltrata; pur conscio che la lettera non sarebbe giunta un minuto prima del tempo.
Verso le 7:30 del 12 dicembre però, il secondogenito di casa Weasley si scapicollò giù per le scale di casa, ansioso di leggere con i suoi occhi la lettera a lui indirizzata. Sua madre era già affaccendata in cucina, come unica compagnia le canzoni di Celestina Welbeck, provenienti dalla vecchia radio posta sopra al camino acceso.
“È arrivata?” domandò, senza nemmeno prendere fiato.
Molly si voltò sorridendo verso di lui, attirandolo a sé. “Buon compleanno, tesoro mio!” l’abbraccio di sua madre profumava di burro e cioccolato — segno che stava preparando i suoi biscotti preferiti. Charlie ricambiò con naturalezza l’affetto materno, conscio che sarebbe stato l’ultimo compleanno alla Tana per lui; un senso di smarrimento lo colse all’improvviso, quando la madre lo allontanò per sorridergli, sfiorandogli una guancia paffuta. “Sapevo che non avresti tardato molto…” gli disse, indicandogli la posta posata proprio al centro del tavolo.
Charlie dimenticò il turbamento appena provato, afferrando la missiva con un balzo, ammaliato dalla grafia elegante in cui era stato scritto il suo indirizzo completo: Mr C. S. Weasley, sesto piano, La Tana, Ottery St Catchpole. Il ragazzo strappò la busta senza tante cerimonie, tirando fuori la missiva, pur sapendo cosa ci avrebbe trovato scritto. “Andrò a Hogwarts, mamma!”
“Avevi forse dubbi, caro?”
Charlie si fermò a riflettere, prima di scuotere la testa, creando bagliori ipnotici nei suoi riccioli ramati, sorridendo raggiante. “Non so, forse…” scrollò le spalle.
Molly accarezzò i suoi capelli morbidi. “Questa casa sarà così diversa senza di te, il prossimo anno…”
“I gemelli faranno di tutto per non farti sentire la mia mancanza, mamma!”
La donna annuì con aria grave, facendo ridere nuovamente il suo secondogenito. “Ne sono certa, purtroppo.”
“Che c’è per colazione?”
“Non hai notato che c’è altro per te?” gli rispose, indicandogli nuovamente il tavolo. Solo in quel momento Charlie si accorse di una scatola avvolta di ordinaria carta da pacchi, chiedendosi come avesse potuto non notarlo prima. “Di solito aspetto anche papà e gli altri per aprire il vostro regalo…” rispose dubbioso.
“Oh, ma quello non è il nostro regalo,” lo rassicurò Molly, arruffandogli i riccioli. “Arriva da Hogwarts.”
“Si è ricordato!”
“Certo che si è ricordato del tuo compleanno, è tuo fratello maggiore” Molly scosse la testa divertita, accingendosi a preparare il caffè.
“Beh, si è fatto un sacco di amici a scuola e…” Charlie s’interruppe, stranamente incerto.
“Nessun amico potrai mai cancellare te ed i tuoi fratelli, lo sai bene,” il tono di sua madre era serio ed il ragazzino si sentì stupido ad aver anche solo pensato una cosa simile. Fu con rinnovato vigore che strappò la pesante carta da pacchi estraendo un pacchetto incartato in una variopinta carta a tema di boccini d’oro svolazzanti, su sfondo rosso, a cui era attaccata una lettera di Bill.
 
Quando Arthur raggiunse la cucina, tallonato da Percy, trovò Charlie intento a leggere la lettera del fratello maggiore.
 
Carissimo Charlie,
      so bene che aprirai la lettera di Hogwarts prima della mia, e vorrei anche ben vedere, ma ci tenevo comunque ad essere la seconda persona (dopo mamma) a farti tantissimi auguri per il tuo undicesimo compleanno. Sembra incredibile che anche tu sia quasi pronto per venire a Hogwarts… ci divertiremo un mondo, vedrai!
Cerca di tenere il tuo regalo lontano dai nostri fratelli, ho dovuto chiedere un sacco di favori per fartelo comprare a Hogsmeade e mi dispiacerebbe se lo facessero sparire i gemelli… spero che ti piaccia, tra l’altro.
Anche Dora ti manda gli auguri e troverai il suo regalo insieme al mio.
Saluta tutti quanti da parte mia.
Ci vediamo per Natale!
            Bill

 
“Buon compleanno, Charlie!” esclamò Arthur, abbracciandolo.
“Grazie, papà,” sorrise il ragazzo, scartando il pacco del fratello ed estraendo quattro diverse barrette di cioccolato – provenienti dal rinomato negozio di Mielandia, che Charlie non vedeva l’ora di visitare.
“Auguri, Charlie!” aggiunse Percy, sorridendogli.
“Grazie, Perce,” Charlie strizzò l’occhio al fratello minore, afferrando il regalo di Dora, incartato se possibile ancora più chiassosamente di quello del fratello: lo sfondo giallo canarino era riempito di sgargianti uccelli dal piumaggio iridescente, sui toni del verde, del rosso, del turchese e dell’arancio. Strappando la carta si ritrovò a fissare il pacchetto di Gelatine Tuttigusti +1 più grande che avesse mai visto in vita sua.
“Wow,” commentò Percy, le sue iridi si dilatarono a dismisura, mentre il piccolo si spingeva gli occhiali sul naso.
“Dopo colazione le apriamo insieme, che ne dici?”
Il fratellino annuì, nonostante avesse sentito Bill parlare dell’esistenza di gelatine al gusto di vomito, cerume e spinaci.
Uno scalpiccio di passi rivelò che un altro membro della famiglia stava scendendo a tutta velocità le scale, un balzo finale rivelò l’arrivo entusiasta di Fred.
“Buon compleanno, fratellone!” esclamò, correndo incontro a Charlie e abbracciandolo di slancio.
“Grazie, Freddie,” il maggiore gli fece un gran sorriso, arruffandogli i capelli — evidentemente usciti sconfitti dall’incontro con il cuscino.
“Dov’è tuo fratello?” il tono di Molly era stupito; i due raramente si separavano.
“Georgie è di sopra, ha portato Ginny nella stanza di Ron,” ribatté il monello in tono vago.
Gli occhi di Molly si assottigliarono minacciosamente. “E perché ha portato Ginny nella camera di Ron, scusa?”
Fred fece un ampio sorriso alla madre. “Per aiutarlo a svegliarsi, s’intende…”
“Frederick Weasley!” le urla acute della donna spinsero il monello ad assumere la sua espressione più innocente.
“Vado io di sopra, cara,” s’inserì Arthur, guadagnandosi un grande sorriso dalla moglie, prima di imboccare le scale.
“Perché te la prendi con me, mamma? Io sono qui in cucina…” Fred offrì alla madre il suo sorriso più sincero, mentre Charlie ridacchiava sotto i baffi.
“E ovviamente, il fatto che tu abbia trasformato il suo orsetto in un ragno per vendetta solo poche settimane fa, non dovrebbe farmi propendere per il fatto che tu possa avere a che fare con qualsiasi diavoleria stia combinando George?”
“Ma quello è stato un piccolo innocuo incidente, mamma,” si difese Fred — il sorriso angelico ancora ben presente sul viso lentigginoso.
Molly roteò gli occhi spazientita, consapevole comunque che quello del ragno era davvero stato un incidente, prima di dedicarsi a preparare l’impasto per i pancake.
Nel frattempo Arthur, dopo aver trovato George che tentava di convincere Ginny ad infilare un ragno morto nel letto del piccolo Ron, aveva fatto evanescere l’aracnide — salvaguardando il clima festoso dedicato all’undicesimo compleanno del suo secondogenito.
“Pronti alla colazione, ragazzi?”
Ron, che aveva sfoggiato il broncio fino ad un attimo prima, sorrise felice alla menzione del cibo sempre succulento preparato dalla madre, imitato dalla sorellina; i due si presero per mano e cominciarono a ridiscendere le scale, saltellando.
“Non correte, ragazzi,” si raccomandò Arthur, prima di fermare George ponendogli una mano sulla spalla. “Non così in fretta!”
Il gemello trattenne a stento uno sbuffo.
“Perché ve la prendete sempre con Ron?”
“Non è vero, papà… di solito ce la prendiamo con Percy!”
Arthur fece del suo meglio per non sorridere alla vista dell’espressione imperturbabile del figlio, prendendo un lungo respiro. “Non dovreste prendervela nemmeno con lui, infatti.”
“Ma è così divertente vedere la faccia che fa Perce quando gli nascondiamo i libri o gli occhiali…” mentre i suoi occhi
“Si, ma non è divertente per lui,” gli ricordò il padre.
“Immagino di no,” acconsentì George, ridiscendendo lentamente le scale al fianco del genitore.
“Tornando a Ron…”
“Cosa?”
“Beh, sapete bene che lui è terrorizzato dai ragni… evitate di continuare a fargli scherzi che li coinvolgano.”
“Quindi significa che possiamo organizzare scherzi che non riguardino i ragni…” sorrise soddisfatto George.
Arthur aprì e chiuse la bocca mentre entravano in cucina, cercando la cosa giusta da dire, ma un urlo della moglie lo fece desistere.
“GEORGE WEASLEY!” il bambino sollevò lo sguardo terrorizzato sul padre, prima d’intercettare lo sguardo del gemello. “Hai forse cercato di convincere la tua sorellina ad infilare un ragno morto nel letto di tuo fratello?!”
Arthur scosse la testa — l’aver fatto sparire il ragno si era rivelato assolutamente inutile.
 
***
 
Nel nevoso pomeriggio di martedì 3 gennaio 1984, Charlie Weasley si preparava a festeggiare il suo compleanno insieme al fratello maggiore ed al padre. Il vecchio Perkins, il collega di Arthur, era riuscito ad ottenere tre biglietti per una partita amichevole tra i Vespe di Winbourne ed i Cannoni di Chudley – la squadra che Charlie aveva sempre tifato. Il genero di Perkins era infatti a capo dell’ufficio stampa della squadra nero-arancio ed era riuscito a procurare i tre biglietti, che erano stati il regalo di compleanno di Charlie da parte dei genitori.
“Questi posti sono una favola, papà!” s’entusiasmò l’undicenne.
“Eh già!” Arthur stimava che non dovessero essere a più di cinque metri dalla tribuna d’onore. “Dovrò regalare qualcosa al genero di Perkins per ringraziarlo… anzi, potremmo invitare tutti quanti per cena,” commentò poi, prima di evocare un incantesimo riscaldante, che avvolgesse tutti e tre.
“Dora sarà così invidiosa!” aggiunse Bill, guardandosi intorno ammaliato.
 
La partita era iniziata da una ventina di minuti, e Charlie aveva avuto occasione di esultare già per tre gol, quando il Cercatore della squadra giallo-nera avvistò il boccino e scese in picchiata, tallonato da quello dei Cannoni. Grazie al vento gelido che faceva turbinare i fiocchi di neve e sferzava i visi dei 14 giocatori e dell’arbitro però, l’elusiva pallina riuscì a far perdere le proprie tracce nelle vicinanze delle tribune, costringendo i due Cercatori a riprendere quota.
“Quando finisce, papà? Io ho freddo!” una voce femminile lamentosa raggiunse i tre Weasley — attirando l’interesse di Bill, che quella voce la conosceva bene.
“Non ora, tesoro! Bevi la tua cioccolata calda,” rispose una voce severa.
Le pupille del Grifondoro s’allargarono all’interno delle sue iridi cerulee, quando il ragazzo si rese conto di essere a poca distanza dall'odiosa Ivy Flint.
“Che c’è?” domandò svelto Charlie, resosi conto del repentino cambio d’umore del fratello.
“Una compagna di scuola,” Bill non scese nei dettagli.
“Vuoi andare a salutarla?”
L’altro scosse la testa. “Ci sopportiamo a malapena…”
Il più piccolo annuì, un’espressione comprensiva nei suoi caldi occhi nocciola. “È quella Serpeverde di cui mi hai parlato?”
“Ivy Flint,” borbottò Bill in risposta. “Che tra l’altro nemmeno apprezza il Quidditch e ci tiene sempre a rimarcarlo.”
“E allora che ci fa qui?”
“Se non ricordo male suo padre è amico del presidente delle Vespe,” mormorò il maggiore, mentre una smorfia faceva capolino sul suo viso solitamente rilassato. “Perché ovviamente: mio padre conosce tutta la gente che conta…” concluse, imitando la voce della compagna di scuola.
Le labbra di Charlie si sollevarono in un sorriso aperto e divertito, prima che un altro gol dei Cannoni lo facesse esultare.  “Sarebbe davvero splendido se i Cannoni vincessero. Soprattutto visto che suo padre è amico della gente che conta…” commentò il ragazzo, strizzando l’occhio a Bill.
“Questa tua vena vagamente vendicativa non la conoscevo, fratellino… non vorrai forse finire tra le Serpi, mi auguro!”
Le pupille del giovane Weasley si dilatarono a dismisura, prima che i suoi occhi si assottigliassero. “Buona questa!” ridacchiò, facendo una linguaccia al fratello.
“Non è detto che tu sia Grifondoro come me…”
“Certo che no, infatti Tassorosso non sarebbe così male,” dichiarò il festeggiato.
“I Tassi sono ottimi amici e sono sempre pronti a far festa,” Bill fu subito d’accordo.
“E poi la loro Sala Comune è vicina alle cucine…” concluse Charlie, strizzandogli l’occhio.
Bill scosse la testa divertito, “Tu pensi sempre a mangiare?!”
“Ho un sano appetito. Sono pur sempre un ragazzo in crescita!”
Una nuova picchiata dei Cercatori costrinse i due fratelli a concentrarsi sulla partita, sperando che quello vestito d’arancione ne uscisse vincitore.
 
Dopo un testa a testa serrato durato un paio di minuti, che costrinse molti presenti ad alzarsi in piedi per non perdersene nemmeno un attimo: il Boccino d’oro venne catturato dal Cercatore dei Cannoni. Charlie e Bill scattarono in piedi, coinvolgendo Arthur nelle loro celebrazioni.
“È stato entusiasmante, papà!”
“Lo è stato davvero,” sorrise l’uomo, apprestandosi a condurre i figli verso l’uscita.
Mentre scendevano le scale, i tre si trovarono la strada sbarrata dall’elegantissima famiglia Flint, composta dal Capofamiglia e dai due giovani figli.
“Non immaginavo di vederti qui, Weasley,” commentò Ivy, facendo una smorfia.
“Quella che non credevo proprio di incontrare casomai eri tu…” ribatté Bill, sorridendole affabile. “Mi sembrava che detestassi il Quidditch!”
“Infatti è così,” dichiarò con voce squillante il fratellino minore della Serpeverde.
“Taci, tu!”
“Non trattare in questo modo tuo fratello, Ivy,” la riprese il padre, assottigliando gli occhi in maniera minacciosa — incontrando poi lo sguardo di Arthur e riservandogli un sorriso di circostanza. “Non ci siamo presentati… io sono Easton Flint e credo che i nostri due figli maggiori vadano a scuola insieme.”
“Arthur Weasley, piacere,” rispose Arthur, stringendo la mano dell’uomo.
“Oh, un Weasley…” il sorriso falso divenne un po’ più flebile. “Bella partita, eh? Io ho l’abbonamento annuale alle partite delle Vespe, il presidente è un amico fraterno…”
“Papà, dubito che loro di solito vengano alle partite,” commentò Ivy, sorridendo sprezzante a Bill, che la ignorò.
“Non usare quel tono scortese, Ivy,” la redarguì il padre.
“Beh, ma con tutti quei figli sicuramente non se lo possono permettere…” rispose con tranquillità, sbattendo velocemente le palpebre e lanciando occhiate di sottecchi a Bill.
Le nocche delle mani che Arthur teneva sulle spalle dei suoi due figli sbiancarono e l’uomo prese un profondo respiro — reagire sarebbe stato inutile.
“Hey, Arthur!” una voce lo fece voltare verso un giovane che gli faceva segno da bordo campo.
“Chi è papà?”
“Quello è il genero di Perkins,” rispose a Charlie, prima di concentrarsi sull’uomo più giovane, che li aveva raggiunti. “Ciao, Jonathan!  Grazie ancora per questi posti…”
“Figurati, è stato un piacere” lo rassicurò, sorridendo ai due ragazzi. “ Le squadre mi hanno mandato a chiamarvi, vi aspettano per gli autografi dopo la doccia…”
“Che forza!” s’entusiasmò Charlie, alternando occhiate tra il genero di Perkins, suo fratello ed il padre.
“È meraviglioso,” aggiunse Bill, lanciando un’occhiata trionfante ad Ivy. “Vuoi che chieda un autografo anche per te?” le chiese, prima di allontanarsi.
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Bill Weasley si sarebbe trasformato in una vittima innocente in quel preciso luogo — per sua fortuna, il disprezzo di Ivy Flint non lo scalfì in alcun modo.
 
***
 
Il primo settembre successivo i più piccoli di casa Weasley si svegliarono facendo il diavolo a quattro per accompagnare i due fratelli maggiori a prendere l’Espresso per Hogwarts.
“Voglio andare anche io!” brontolò Fred, spalleggiato dal gemello e da un’imbronciata Ginny.
“Freddie, sai che io devo rimanere a casa con Ron per via della sua influenza… non potete andare tutti con papà alla stazione, lo fareste impazzire!”
“Ma non dobbiamo andare per forza tutti. Basterebbe che andassimo io e George, e Bill e Charlie ovviamente,” ribatté cocciutamente il gemello chiamato in causa.
“Sai bene che Percy andrà con papà, visto che devono acquistare insieme il suo regalo di compleanno…”
“Un altro noioso libro,” George fece una smorfia, che fece ridere il suo gemello.
“Non spetta a voi scegliere i regali di Perce,” gli ricordò Charlie, strizzando l’occhio ai fratellini.
“Ci organizzeremo per andarli a prendere insieme quando torneranno per Natale, va bene?” propose infine Molly.
I due gemelli annuirono e Ginny sorrise alla madre, che le stava porgendo un biscotto appena sfornato.
 
Poco meno di mezz’ora più tardi, i quattro Weasley si stavano salutando sulla banchina.
“Scrivici appena ti sarai sistemato, mi raccomando,” disse Arthur, stringendo il suo secondogenito.
“Ma certo!”
“E comportati bene,” aggiunse, pensando a ciò che la moglie avrebbe raccomandato all’undicenne.
“Farò del mio meglio…” ridacchiò Charlie.
“Ci vediamo per Natale,” concluse, abbracciando anche Bill, mentre Charlie salutava Percy.
“Vi scriveremo stasera stessa,” promise il maggiore, stringendo velocemente Percy.
“Buon viaggio,” disse il più piccolo, osservando i due salire a bordo.
 
“Sei sicuro che posso venire nello scompartimento con i tuoi amici?” chiese per la millesima volta Charlie.
“Scherzi? Dora mi ucciderebbe se osassi impedirtelo!”
“Adoro quella ragazza!” esclamò Charlie, seguendo il fratello nello scompartimento in cui avevano sistemato le loro cose.
“Stavate parlando di me?!” domandò una voce squillante che apparteneva alla strega in questione, che quel giorno sfoggiava capelli di un bel verde mela.
“E questo verde da dove sbuca?” s’informò Bill, osservandola interessato.
“Mamma si è lamentata del fatto che proprio non ho ereditato nulla del suo essere Serpeverde ed ho voluto omaggiarla così…” la Metamorfomaga si strinse nelle spalle, facendo ridere entrambi i fratelli Weasley.
Presto il resto degli amici dei due studenti del terzo anno li raggiunse nello scompartimento e iniziarono gli aggiornamenti sull’estate appena trascorsa.
Circa un’ora dopo la partenza, la porta si aprì rivelando un ragazzino biondo dall’aria un po’ spaurita.
“Oh… speravo che ci fosse posto,” commentò iniziando ad andarsene.
“Possiamo stringerci!” propose svelto John, mentre Annabel rimpiccioliva i bauli e Sam issava la gabbia del suo gufo e quella della civetta di Julia accanto ai bauli risistemati da Annabel.
“Primo anno?” gli domandò Dora, sorridendogli.
Il ragazzino strabuzzò gli occhi alla vista dei suoi capelli, prima di annuire.
“Mi chiamo Tonks,” disse, porgendogli la mano.
“Solo Tonks?”
La ragazzina annuì.
“Si chiama Ninfadora,” s’inserì Bill. “E io invece sono Bill Weasley.”
“Inutile che tu impari il suo nome, perché lo annegherò nel lago nero per aver pronunciato il mio nome completo…”
Il nuovo arrivato alternò occhiate ai due amici, cercando di capire se la ragazzina stesse dicendo sul serio.
“Fanno sempre così, non preoccuparti” lo rassicurò Annabel.
“Non ci hai detto il tuo nome,” aggiunse Julia, sorridendogli.
“Sono Mike Owens, molto piacere…”
“Io sono Charlie Weasley e sono anche io al primo anno,” disse Charlie, facendogli un cenno.
“Come mai non eri ancora seduto?” gli chiese Sam.
“Ero arrivato presto e papà mi aveva trovato uno scompartimento vuoto, aveva messo su tutti i miei bagagli e poi ci eravamo salutati… io sono il primo mago della famiglia, ma penso che anche la mia sorellina lo sia e poi…”
“Poi cosa?” s’informò John.
“Il treno era partito da poco quando sono entrate tre ragazzine e mi hanno scacciato dicendo che quello scompartimento era riservato a studenti più grandi, ma soprattutto non era per insulsi Sanguesporco come me… non so nemmeno cosa voglia dire, ma non penso fosse qualcosa di bello,” spiegò, prendendo posto accanto a Charlie.
“E, dimmi un po’ Mike, per caso una di queste tre era mora con grandi occhi celesti ed un’aria di superiorità?” lo interrogò Dora.
Il bambino annuì.
“Non siamo ancora arrivati a Hogwarts e già rompe le pluffe, quella scema!” Dora roteò gli occhi esasperata.
Charlie, che dopo l’incontro alla partita aveva sperato di non avere più a che fare con la Flint, s’intristì al pensiero di come avesse scacciato quel povero ragazzo.
“Ti va una Cioccorana?” propose quindi al suo nuovo amico.
“Non ho idea di cosa sia…”
“Credimi, ti piacerà!” lo rassicurò il ragazzo, passandogliene una.
 
Quella sera Mike e Charlie vennero smistati insieme a Grifondoro e divennero compagni di stanza, quello avrebbe segnato l’inizio della loro amicizia ed avrebbe portato Charlie, Bill, Dora ed il loro gruppo di amici ad essere invitati all’esclusiva festa di compleanno del giovane Owens l’estate successiva. Ivy Flint si mangiò le mani quando venne a sapere che i signori Owens erano babbani sì, ma avevano una enorme villa con piscina in una delle zone più esclusive di Londra, oltre ad una casa sulle coste vicine a Brighton ed uno chalet nelle Alpi svizzere.
 



Nota dell’autrice:
Immagino che vi stavate chiedendo se fossi ancora viva, sono imperdonabile, lo so! Purtroppo ultimamente il tempo a mia disposizione da dedicare alla scrittura è stato davvero troppo poco, ma spero che le cose migliorino a breve.
Ci tenevo tanto a pubblicare questo capitolo, che ho scritto e risistemato un’infinità di volte e che spero sia venuto bene.
Povera Ivy, la sto trasformando in una specie di mostro, ma prima o poi rinsavirà anche lei, anche se non posso anticiparvi se sarà in tempo per costruire un rapporto di sincera amicizia con qualcuno che non stia con lei solo per il suo nome.
Con questo capitolo più incentrato su Charlie ho voluto introdurre un altro personaggio, oltre che la passione del nostro secondogenito Weasley per il Quidditch, oltre che cementare l’amicizia tra Bill e Dora ed il rapporto fraterno tra i due Weasley maggiori.
Spero che anche gli altri Weasley vi siano sembrati IC.
Al solito chiedo perdono ai mostri sacri della letteratura a cui sto "rubando" le citazioni e vi prometto di aggiornare molto più velocemente con il prossimo capitolo!
A presto,
Francy

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 – Sogni a occhi aperti ***


Capitolo 3 – Sogni a occhi aperti

 
“Sai che sei innamorato
quando non vuoi addormentarti,
perché la realtà è migliore dei tuoi sogni.”
Dr. Seuss


 
 
Essere il maggiore di sette fratelli aveva i suoi vantaggi: Bill indossava vestiti di seconda mano, sì, ma commisurati al suo fisico asciutto, aveva acquistato una bacchetta da Ollivander nuova di zecca come regalo per il suo undicesimo compleanno e aveva ottenuto il permesso di mettere da parte le paghette ricevute dai prozii agli ultimi compleanni per acquistare un gufo da portarsi a scuola. Il fatto che i suoi fratelli fossero per la gran parte maschi e che la sua migliore amica fosse una femmina che di effemminato aveva poco, però, non aiutava il brillante studente a comprendere fino in fondo l’universo femminile. E con San Valentino che incombeva sulla popolazione studentesca — e sarebbe caduto quell’anno di venerdì — la festa si trovava proprio alla vigilia di una delle consuete gite a Hogsmeade.
In quel nevoso pomeriggio di febbraio, lo studente del quarto anno si trovava in biblioteca intento a terminare il compito scritto per la professoressa McGranitt, ignaro del caos che l’imminente uscita stava scatenando sugli studenti in possesso del permesso per visitare il pittoresco paesino. Era intento a rileggere il paragrafo conclusivo del suo tema, quando Sam Waters lo raggiunse trafelato, lasciandosi cadere tra lui e Benjamin Boot di Corvonero.
“Chi l’avrebbe mai detto che tutte le streghe dal terzo anno in su sarebbero impazzite per una stupida uscita a Hogsmeade?!”
Andrew Johnson — prefetto Grifondoro del quinto anno — scoppiò in una risata che cercò di dissimulare con un colpo di tosse. “Forse l’anno scorso in questo periodo eri distratto, Waters... ma è piuttosto normale che le ragazze si comportino così,” gli disse, riservandogli un sorriso smagliante in netto contrasto con la carnagione caffellatte.
Bill e Benjamin lasciarono entrambi cadere le piume, puntando gli sguardi incuriositi sullo studente più grande.
“Diciamo che San Valentino è un giorno molto importante per le fanciulle e quelle di loro che potranno andare a Hogsmeade desiderano farlo al fianco di un ragazzo gentile, spiritoso, possibilmente bello e che a fine giornata le bacerà davanti a Madama Piediburro o nel giardino innevato della scuola,” snocciolò, strizzando loro l’occhio.
“Sarà come dici tu, Andrew… ma tutto questo non giustifica l’inseguimento di Tara MacMillan ai danni del povero Jacob Abbot!” ribattè, scuotendo la testa, Sam.
“Perché l’avrebbe inseguito?” domandò Ben.
“Perché Jacob cercava di svicolare, considerando che ha già invitato Annabel ad uscire con lui…”
“Ma Tara non mi sembra il tipo che accetta un no come risposta,” sghignazzò Oliver Bones, dal posto accanto a quello di Andrew.
Sam fece segno di no con la testa. “Alla fine sono dovute intervenire Tonks e Julia, a chiarire a quella rintronata che Jacob aveva già impegni per San Valentino, visto che lui era andato letteralmente in tilt. Penso che la MacMillan abbia tentato di rifilargli una pozione d’amore…”
“Immagino che Dora abbia amato ogni secondo,” sogghignò Bill, conoscendo il lato più impulsivo della sua migliore amica.
“Direi proprio di sì, ma sono convinto che lo stesso valga anche per Julia,” ribatté Sam, stiracchiandosi pigramente. “Avete quasi finito qui? Ho detto a John che ci saremmo rivisti in sala comune…”
“E i tuoi compiti?” puntualizzò Bill.
“Ma per domani non c’è nulla e sono davvero stanco, dopo il pomeriggio appena passato...”
“Forse non lo saresti se avessi studiato un po’ oltre ad incantare palle di neve per inseguire i componenti della squadra di Quidditch di Tassorosso con l’obiettivo di distrarli durante il loro allenamento…”
“Non atteggiarti tanto ad innocente, caro mio… tutti sanno che sei stato tu ad aiutarmi a perfezionare l’incantesimo da imporre alle palle!” dichiarò, sorridendo soddisfatto al ricordo.
“Beh… sembravi davvero senza speranze, circondato da quella marea infinita di palle di neve, che tentavano di sfuggire al tuo controllo!”
“Come farei senza di te?!” ribatté, teatralmente, Sam.
“Dovresti trovare un’anima altrettanto pia da cui scopiazzare appunti e prendere spunto per fare compiti che rimandi fino all'ultimissimo minuto!” borbottò Bill, facendo ridere il resto del gruppo.
Sam lo colpì con un pugno alla spalla. “Saresti perso e terribilmente noioso senza di me, Weasley,” asserì, prima di rubargli un pezzo di pergamena nuova e sbirciare il compito a cui stava lavorando.
 
Due giorni dopo, durante una complicata lezione di Trasfigurazione in compagnia dei Corvonero, Sam era più irrequieto del solito.
“Si può sapere che c’è?” sbuffò esasperato Bill, pregando di non essere notato dalla loro Capocasa.
“Ripensavo al discorso dell’altro giorno…”
Non ci fu bisogno di ulteriori dettagli perché il giovane Weasley capisse a cosa l’amico si stesse riferendo. “E?” domandò, aggiungendo ulteriori dettagli ai suoi appunti.
“Forse non sarebbe male l’idea d’invitare una ragazza a Hogsmeade per San Valentino…”
Bill posò la piuma e fissò l’amico, scuotendo divertito la testa. “Avevi in mente qualcuna in particolare?”
“Ho sentito dire che Stacey O’Malley si è lasciata con Robinson…”
Gli occhi cerulei di Bill osservarono distrattamente l’insegnante di Trasfigurazione, intenta ad esplicare nuovamente i passaggi del movimento della bacchetta ad una loro compagna seduta in prima fila, per poi posarsi su Stacey seduta accanto alla sua inseparabile amica: Alhena Macnair. Il suo amico aveva decisamente buongusto, pensò tra sé e sé, occhieggiando la professoressa McGranitt avvicinarsi e dando di gomito a Sam perché facesse almeno finta di prendere appunti.
Dopo che la Vicepreside aveva fatto ritorno alla cattedra, Bill assestò una lieve gomitata a Sam, attirando la sua attenzione. “Quando avevi intenzione di chiederglielo?”
“È qui che viene il bello, amico…”
Bill era ben consapevole che la risposta non gli sarebbe piaciuta. “E perché, di grazia?”
“Perché visto che si sono appena mollati non so se Stacey sarà dell’idea di uscire con un altro già il prossimo weekend... ma se proponessimo un’uscita a quattro invece non avrebbe ragione di rifiutare, non trovi?”
L’amico assottigliò gli occhi chiari, passandosi con malagrazia una mano sul viso. “E chi ti dice che io voglia uscire con la Macnair, scusa?”
“Beh, ma è davvero carina…”
“Escici tu, allora!”
“Ma a me piace la sua amica!”
“Peggio per te…”
“E dai… fai l’amico, no?! Non ti sto mica chiedendo di uscire con quella mezza troll di Anastasia Bullstrode… Alhena Macnair è graziosa, intelligente, ha un bel portamento ed è anche molto interessante, quando non è impegnata ad aiutare Hagrid con creature bizzarre che piacciono solo a lei e a tuo fratello…”
“Sicuro di non volerci uscire tu?”
“Certo che ne sono sicuro. È Stacey che mi interessa… quella ragazza è una vera bomba e vorrei tanto avere la possibilità di dimostrarle che noi Grifoni siamo meglio di quei pesci lessi blu-bronzo che è abituata a frequentare!”
“Eviterei di metterla in questi termini se la vuoi conquistare…” celiò Bill, tornando a scribacchiare qualche parola sulla sua pergamena.
“Non ho bisogno dei tuoi consigli, grazie tante! Ho solo bisogno che mi aiuti ad organizzare un’uscita a quattro…”
“E ti giuro che lo farei… Alhena sembra una ragazza molto carina anche a me, tra l’altro Tonks ha scoperto che pratica il balletto classico, che è il motivo per cui è sempre seduta in modo così rigido ed elegante. Il punto è che non posso uscire con lei per San Valentino.”
“E perché no?”
“Perché ho già invitato Michelle Davies…” si decise ad ammettere Bill, mordicchiandosi l’interno della guancia.
Sam spalancò la bocca, assolutamente sbalordito. “E quando pensavi di dirmelo?”
Bill si strinse nelle spalle, rimanendo in silenzio.
“Da quanto ti piace, scusa?”
“Beh, l’ho sempre trovata molto carina e il discorso dell’altro giorno con Andrew mi ha fatto riflettere… mi sono detto che non mi sarebbe affatto piaciuto se ci fosse andata con un altro e quindi ho deciso di dimostrareil coraggio tipico di noi Grifondoro e chiederglielo io e lei ha detto sì.”
“Sono felice per te amico!” esclamò Sam, assestandogli una pacca sulla spalla. “Però ora io come faccio?”
“Credo che John non abbia invitato nessuna… potresti dire a lui di unirsi a voi,” propose Bill, cancellando parte di una frase per modificarla.
“Giusto,” si rianimò Sam, voltandosi verso l’amico seduto dietro di loro e bisbigliandogli le proprie intenzioni.
 
Sabato 15 febbraio Bill, Sam e John si erano dati appuntamento con Michelle, Stacey e Alhena davanti all'ingresso. Michelle fu la prima ad arrivare, tallonata da Tonks, Julia ed Annabel che avevano appuntamento con un gruppo del quinto anno.
“Non credevo che il giorno in cui Dora Tonks avrebbe organizzato un’uscita per San Valentino sarebbe arrivato tanto presto,” commentò Bill, sorridendo all'amica di una vita.
“Rilassati, è solo un’uscita in amicizia… e spero di carpire qualche dettaglio sui loro allenamenti,” ribatté svelta Tonks, che sfoggiava per l’occasione una chioma rosso ciliegia.
“Sei davvero incorreggibile, Dora!” ridacchiò l’amico, stringendola brevemente a sé.
“Shh!” lo redarguì lei. “Non vorrei che qualcuno sentisse il soprannome che mi hai affibbiato ed iniziasse a chiamarmi così…”
“Sarà il nostro segreto,” la rassicurò Bill, arruffandole i capelli.
Lei lo baciò velocemente sulla guancia. “Vedi di trattare bene Ellie!”
“Sai bene che sono stato educato come un vero gentiluomo…”
“Certo, tua madre ti scuoierebbe se ti comportassi da adolescente allupato!”
Bill scosse la testa, osservandola raggiungere le amiche ed i loro tre accompagnatori, prima di sorridere a Michelle. “Mi ha appena ordinato di trattarti bene” le disse.
“Aveva detto che l’avrebbe fatto,” rispose la ragazza, mentre le sue guance si coloravano di un tenue rosa.
“Stacey e Alhena sono arrivate… vogliamo andare?" li interruppe Sam, indicando le due Corvonero.
Bill e Michelle annuirono, accodandosi agli altri quattro e parlando del più e del meno mentre percorrevano i sentieri ghiacciati che portavano a Hogsmeade.
“Dove vogliamo andare?”
“Io avrei bisogno di alcune piume nuove e di un po’ di pergamena,” disse Alhena, schivando una gomitata di Stacey.
“Dovevi proprio dirlo?” borbottò la ragazza, fissando l’amica accigliata.
“In realtà anche io ho bisogno di pergamena,” disse Bill.
“Io di inchiostro e piume,” aggiunse Michelle.
“Anch’io devo rimpinguare le scorte,” commentò John, mentre i sei già si stavano avviando verso il negozio di articoli per scrivere.
“Visto che non ho detto nulla di sbagliato?” mormorò Alhena, assottigliando gli occhi chiari in direzione di Stacey.
“In effetti no…” le concesse l’amica.
“Si può sapere perché sei così agitata?” insistette la giovane Macnair.
“Beh, perché in realtà Sam mi piace. Certo, non è affascinante come Weasley grande, ma temo che lui sia un po’ troppo perfettino per una come me e, beh… non so bene cosa pensare, ecco!”
“Evidentemente anche tu piaci a lui, visto che ti ha invitata ad uscire,” ribatté in tono ovvio Alhena, dirigendosi verso uno scaffale ricolmo di piume variopinte.
“Immagino di sì, però… perché ha invitato anche i suoi amici se gli piaccio?” chiese la O’ Malley afferrando un’appariscente piuma blu cobalto con sfumature verde acido ed esaminandola con cura.
“Forse credeva che sarebbe stato troppo presto proporti un’uscita a due, considerando che tu e Tony vi siete lasciati solamente da 10 giorni ed eravate stati insieme per più di sei mesi, che per te, cara mia, equivale a un record assoluto…”
Stacey posò la piuma, sostituendola con una color ametista con riflessi acquamarina. “In effetti potresti avere ragione tu…” rispose, passandole una piuma verde giada, sfumata di color carta da zucchero certa che l’amica l’avrebbe adorata — Alhena infatti l’afferrò e le riservò uno dei rari sorrisi che illuminava il suo viso pallido, conferendole un’aria infantile e gioiosa che non aveva avuto nemmeno nei primissimi giorni a Hogwarts.
 
Dopo aver rimpinguato il materiale scolastico da Scrivenshaft, fatto incetta di caramelle da Mielandia e scorta di qualche scherzo più o meno innocuo da Zonko, i sei ragazzi cercarono ristoro nel solitamente affollato pub di Madama Rosmerta che, complice la festa più romantica dell’anno, era un po’ più libero del solito – molte coppiette avevano ifatti optato per il più sdolcinato Madama Piediburro.
“Voi andate a sedervi, ragazze,” esortò Sam, con un sorriso incoraggiante.
“Vanno bene delle burrobirre per tutti?” domandò Bill, osservando le tre annuire.
I ragazzi si diressero quindi al bancone, mentre le giovani trovarono posto a un tavolo vicino a quello in cui ridacchiavano Tonks, Annabel e Julia insieme a due Corvonero e un Tassorosso dell’anno avanti al loro.
 
Qualche minuto più tardi, Tonks sgusciò a fatica tra le sedie del pub per raggiungere il bagno, assicurando le sue amiche che non c’era bisogno che l’accompagnassero, perché sarebbe tornata in pochi attimi. Dall'interno del cubicolo sentì la porta chiudersi e le voci concitate di altre due studentesse.
“… non posso credere che si qui con quella!”
“E io non posso davvero credere che ti piaccia un tipo simile… sostenevi di detestarlo, Ivy! Hai passato anni a denigrarlo e a commentare che non era affatto degno di tutti gli elogi che gli insegnanti gli elargivano. Cosa sarebbe cambiato?”
Tonks roteò gli occhi spazientita: le mancavano giusto i tormenti amorosi di quella rompipluffe di Ivy Flint — proprio ora che stava carpendo qualche segreto della squadra di Corvonero dal suo accompagnatore.
“Come fai a non capire, Edith?!” esclamò la voce lamentosa di Ivy, costringendo Tonks a reprimere uno sbuffo irritato; non bastava la Flint, ci voleva anche quella piattola assoluta della Burke.
“Illuminami Ivy, perché proprio non ce la faccio” ribatté in tono annoiato la bionda Serpeverde, sistemandosi il rossetto color magenta.
“È così bello, con quegli occhi meravigliosi, è intelligente ed è evidente che farà strada una volta fuori da qui…”
“Parli sul serio?” la schernì l’amica, osservando il proprio riflesso nello specchio leggermente opaco e voltandosi per incontrare lo sguardo di Ivy.
La mora annuì, portando Edith a sospirare rumorosamente.
“La sua famiglia farà anche parte delle Sacre 28, ma sono dei poveracci, dei traditori del loro sangue… non capisco perché tu voglia perdere tempo dietro a Bill Weasley, è più che evidente che lui comunque ti disprezzi,” le disse, stringendosi nelle spalle.
“Non si sceglie di chi ci si innamora, Edith…”
“Sì che lo si fa se si è eredi delle Sacre 28, Ivy,” ribatté in tono pratico la Burke. “I tuoi genitori non considererebbero mai Bill Weasley come un buon partito per te e non credo che potrebbero mai cambiare idea…” concluse, dando un rapido abbraccio all'amica. “Mi rendo conto che ha degli occhi fantastici ed è un tipo interessante, ma dimenticati di lui e concentrati piuttosto su Richard Parkinson, se ti ha invitato ad uscire oggi è potenzialmente interessato a te…”
Ivy annuì, accettando il rossetto dall'amica e riapplicandolo con pazienza. “Grazie, Edith,” le sussurrò, specchiandosi velocemente.
“Le amiche servono soprattutto nei momenti di sconforto, Ivy…” la tranquillizzò la bionda, prima di guidarla fuori dal bagno.
Tonks attese qualche secondo prima di aprire la porta e ritrovarsi a guardare il proprio riflesso sconvolto che la fissava dallo specchio appannato del bagno dei Tre manici di scopa.
“Chi avrebbe mai immaginato che anche Ivy Flint avesse un cuore?” mormoro tra sé e sé, decidendo che ne avrebbe parlato con Bill quella sera stessa.
 
Com’era prevedibile, il suo migliore amico non aveva intenzione di agire in alcun modo nonostante la notizia sconvolgente che lei gli aveva comunicato. “Cosa dovrei fare, Dora?” le chiese, lasciandosi cadere su una delle comode poltrone presenti nella sala comune giallo-nera.
“Quell'arpia ci ha sempre trattato in modo orribile fin dal primo giorno… non ti sembra assurdo che si professi addirittura innamorata di te?!”
“Assurdo forse, ma le persone possono cambiare, Dora.”
“Non mi pare che lei sia migliorata molto con le persone che crede inferiori,” lo incalzò la Tassorosso.
“In effetti no,” si mostrò d’accordo Bill, rifiutando l’Ape Frizzola che l’amica gli stava porgendo. “Questo non significa che quella che hai sentito oggi non sia la verità... se stesse macchinando qualcosa, non avrebbe mai confessato un segreto simile in un luogo pubblico, con il rischio che qualcuno la sentisse…”
“Anche questo è vero,” annuì Dora pensierosa. “Cerca solo di stare attento l’anno prossimo…”
“E perché mai?” domandò, stupito, Bill.
“Chissà cosa potrebbe organizzare durante le riunioni tra Prefetti… magari potrebbe avvelenare Allie Baston per poterti somministrare dell’Amortentia acquistata sottobanco,” ghignò la ragazza, assottigliando gli occhi grigi.
“Ma che c’entra Allie, scusa?”
“Chi altro potrebbe mai essere la tua collega Prefetto? Non mi pare che Isobel MacLaggen o Kristie Jordan siano delle candidate plausibili e il resto delle tue compagne del quarto anno sono davvero anonime,” snocciolò divertita Dora, staccando un pezzo della barretta al cioccolato alle arachidi che l’amico stringeva tra le mani.
“E chi ti dice che anche io e Ivy saremo Prefetti, scusa?” continuò Bill, che non si era mai soffermato a pensare a quella possibilità.
Dora sbuffò, scuotendo i capelli tornati del suo adorato rosa cicca. “Per favore! È così ovvio che entrambi lo sarete…”
Bill ridacchiò. “Se lo dici tu…”
“Fidati!” esclamò l’altra, strizzandogli l’occhio malandrina. “Piuttosto, com'è andata con Michelle?”
Bill deglutì, sentendo le guance colorirsi. “Credo bene, perché? Ti ha forse detto qualcosa?” mormorò, lanciando un’occhiata al dormitorio femminile di Tassorosso.
“Mmh, forse…” ribattè Tonks, ammiccando divertita.
 
*
 
L’estate del 1986 alla Tana vide un copioso andirivieni di amici dei due figli maggiori della famiglia Weasley - tutti ansiosi di sfruttare la libertà che vivere in un posto come Ottery St. Catchpole poteva offrire. Quel mercoledì di inizio agosto in particolare, sfruttando la giornata soleggiata ma non eccessivamente calda, vedeva Bill e Charlie impegnati in una partita di Quidditch cinque contro cinque, che aveva coinvolto anche i gemelli ed Annabel in veste di arbitro. Erano da poco passate le 10 quando uno stormo di gufi in formazione compatta si palesò nel cielo terso, abbassandosi fino a posarsi sul davanzale della finestra della cucina.
“Sono arrivate le vostre lettere!” la voce di Molly richiamò tutti i presenti, che planarono al suolo e raggiunsero velocemente la cucina. Uno scalpiccio confuso riempì la stanza principale della Tana, mentre gli studenti s’accalcavano intorno ai gufi cercando la lettera indirizzata a loro – il tutto sotto lo sguardo vigile di mamma Weasley. Dopo aver dato una veloce scorsa alla propria lettera, Tonks sollevò lo sguardo per incrociare le iridi cerulee di Bill, scoppiando immediatamente in una fragorosa risata. “Te l’avevo detto!” esclamò, correndogli incontro ed assestandogli un lieve pugno sulla spalla.
“Che succede?” domandò Molly, dopo aver controllato che i gemelli fossero tranquilli con biscotti e succo di zucca per merenda.
Bill si staccò dall'abbraccio della sua migliore amica, per andare incontro alla madre e porgerle la scintillante spilla da Prefetto che era acclusa alla lettera appena ricevuta da scuola.
“Oh, tesoro! Ma è meraviglioso!” s’entusiasmò la madre, attirando il suo primogenito in un abbraccio che profumava di cioccolato e biscotti appena sfornati. “Dobbiamo decisamente festeggiare!” aggiunse poi, accarezzandogli affettuosamente un braccio. “Quasi tutti i tuoi amici sono qui, possiamo organizzare qualcosa per stasera stessa…”
“Che novità ci sono?” d’informò Charlie, raggiungendoli tallonato dai suoi migliori amici Mike e Cameron.
“Tuo fratello è stato nominato Prefetto.”
“Anche Annabel, ovviamente,” chiosò Dora, mettendo al centro dell’attenzione la più timida delle sue amiche.
“Oh, cara! Che notizia splendida!” sorrise Molly. “Immagino tu voglia dirlo ai tuoi genitori quanto prima…”
La ragazzina annuì.
“Possiamo andare velocemente a casa mia, in modo che gli possa telefonare…” propose Dora.
“Mi sembra un’ottima idea, così puoi invitare i tuoi per questa sera; intanto io comincio a vedere quello che manca per organizzare una festa con i fiocchi…”
Molly restituì l’oggetto dorato a Bill per poi arruffargli i capelli, prima di affaccendarsi alla dispensa, alla ricerca degli ingredienti per la torta preferita del neo-Prefetto. Gli amici del ragazzo si complimentarono con lui, che sollevò nuovamente il distintivo per osservarlo con attenzione.
“Cos'è un Prefetto?” chiese Fred, abbandonando il tavolo e raggiungendo il fratello maggiore.
“È uno studente che riceve un distintivo come questo,” iniziò a spiegare Bill, mostrandolo ai due gemelli.
“Scintillante,” commentò George, interessato.
“I Prefetti hanno responsabilità e privilegi: possono togliere punti agli studenti che non si comportano in modo corretto, ma non ad altri Prefetti, partecipano alle ronde all'interno della scuola e hanno un bagno speciale dedicato a loro…” illustrò Bill, mentre George tracciava i contorni del distintivo con il proprio indice.
“Noioso,” bofonchiò Fred, incrociando le braccia.
“E perché?” chiese Julia.
“Perché devi controllare gli altri, come fa mamma con noi quando facciamo gli scherzi a Percy…” ribatté il bambino, inarcando le sopracciglia contrariato.
Sam, John e Charlie scoppiarono a ridere.  
“Non sembra molto divertente,” concordò George, restituendo il distintivo al fratello.
“Oh, ma vedrete che Bill chiuderà un occhio per i suoi amici…” li rassicurò Sam, strizzando l’occhio ai due monelli.
“Ci mancherebbe anche,” sorrise Charlie.
Bill annuì, nonostante pensasse che fosse meglio che i suoi amici non si prendessero troppe libertà.
“Bah… io non voglio essere un Prefetto!” concluse Fred, mentre George annuiva.
“Io invece sì e voglio anche essere Caposcuola,” commentò Percy, arrivando in quel momento - i ricci che spuntavano appena da dietro la copertina di un libro.
“E ti pareva,” sogghignò George.
“Mi sembra un buon piano, Perce,” gli sorrise Bill.
“Complimenti per la spilla, fratellone,” ribatté il bambino in un tono troppo formale per i suoi, quasi, 10 anni.
“Grazie!”
“Torniamo a giocare?” chiese Fred, adocchiando Ginny e Ron che inseguivano gli gnomi nel giardino e temendo che la madre potesse costringerli a occuparsene – vista l’imminente festa.
“Aspettiamo che tornino Dora ed Annabel… vado a posare questo,” rispose, afferrando la lettera e incamminandosi verso le scale.
“E a scrivere a Michelle…” ghignò Sam.
“Michelle?” domandò George. “E chi è?”
“La ragazza di Bill,” ribatté svelto Charlie.
“Bleah…” Fred fece una gran smorfia.
“Vedremo se la penserai ancora così tra qualche anno, piccoletto…” commentò John.
Bill scosse la testa e si diresse in camera sua, con tutta l’intenzione di scrivere due righe veloci a Michelle per invitarla a raggiungerli quella sera; diventare Prefetto era qualcosa a cui non aveva mai pensato prima di quel discorso con Dora, l’inverno precedente. Gli faceva innegabilmente piacere ed era evidente che sua madre e suo padre sarebbero stati orgogliosi di lui. Si ripromise comunque di non diventare noioso come alcuni Prefetti sapevano essere: rispettare le regole era importante, ma lo era anche divertirsi con i suoi amici più cari — cercando di rimanere nei limiti del consentito, ovviamente.
 
* 

Il successivo primo di settembre Bill, Annabel, Allie e Oliver Bones salutarono gli amici seduti in due scompartimenti adiacenti, per dirigersi alla riunione tra Prefetti e Capiscuola.
“Non rimaneteci troppo o tutti i dolci finiranno…” ricordò loro Dora.
“Tienimi qualcosa tu, Ellie,” Bill si rivolse a quella che da quasi sei mesi era la sua ragazza; gli occhi verdi della Tassorosso s’illuminarono divertiti, mentre gli sorrideva. “Fidati di me, Bill,” gli promise.
Una volta raggiunto il primo scompartimento, gli studenti del quinto anno entrarono, pronti a scoprire chi fosse stato nominato insieme a loro.
Un paio d’occhi di ghiaccio si soffermarono insistentemente sulla spilla bordata di rosso-oro appuntata ad una maglietta verde bosco, leggermente stinta. Ivy Flint, nella sua divisa su misura che metteva in risalto il vitino da vespa, si sentiva fuori luogo – circondata com'era da studenti in abiti per lo più babbani, fatta eccezione per i suoi compagni di casa. Sentendosi osservato, Bill si voltò fugacemente verso di lei, senza prestarle attenzione e tornando a concentrarsi sui discorsi dei suoi amici.
Nel momento in cui i loro sguardi s’erano incrociati, Ivy aveva sentito il battito del proprio cuore accelerare – nonostante la lontananza durante l’estate, era evidente che il sentimento che provava per Bill non s'era affatto sopito. Le dita di Richard Parkinson s’intrecciarono alle sue, rammentandole della relazione che aveva instaurato ormai da qualche mese con il compagno di casa.
“Direi che saremo nominati Capiscuola senza alcuna fatica tra due anni,” ghignò beffardo il Serpeverde, sfiorandole la guancia con un bacio.
Lei annuì, cercando di mostrarsi convincente e dubitando di esserci riuscita.
 


Nota dell’autrice:
Le avventure di Bill mi erano mancate e sono felice di essere di nuovo qui a scriverne. Inizio con il ringraziare la carissima blackjessamine, visto che ho preso in prestito due dei suoi personaggi per questo capitolo, se non l'aveste già fatto vi consiglio vivamente di leggere le sue meravigliose storie: le avventura di Alhena sono tutte assolutamente meravigliose, così come gli altri suoi testi.
Siamo giunti al suo quinto anno e, con esso, continua la maturazione del primogenito di casa Weasley, che si trova ad avere a che fare con amicizie sempre più importanti e con i primi affari di cuore. Ammetto che l’idea di mostrare una Ivy innamorata di lui è qualcosa a cui avevo pensato sin dall'inizio e sarà un po’ uno dei punti cardine di questa storia, quindi spero di aver gestito questa novità in modo credibile. Dora è un pochino più vendicativa di Bill, questo traspare nel confronto in cui parlano della giovane Flint, diciamo che Bill è un tipo più rilassato e Dora ha, almeno in parte, delle caratteristiche Serpeverde. Appuntamento a presto con un nuovo capitolo delle avventure di Bill e dei suoi amici.

Buona settimana,
Francy

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 – La cecità di Cupido ***


Capitolo 4 – La cecità di Cupido
 
“L’amore guarda
non con gli occhi ma con l’anima
e perciò l’alato Cupido viene dipinto cieco.”
William Shakespeare

 
 
 
Il silenzio avvolgeva i corridoi della scuola, accompagnando Bill durante la ronda insieme a Ivy Flint, come gli era capitato di fare altre volte durante il suo anno e mezzo come Prefetto. Le serate in compagnia della Serpeverde si somigliavano tutte, visto che raramente si scambiavano qualcosa che esulava dai soliti convenevoli e a Bill andava bene anche così: sfruttava quei momenti per riflettere, visto che la solitudine era merce piuttosto rara nella torre rosso-oro — per lui in particolare, data la presenza anche di due dei suoi fratelli. Uno scricchiolio appena accennato proveniente da un’aula poco distante li fece fermare sui loro passi, portandoli ad avvicinarsi cautamente alla stanza che avrebbe dovuto essere deserta.
“Cosa credi che sia?” domandò Bill.
Ivy si strinse nelle spalle, “qualcuno che amoreggia, probabilmente,” bofonchiò in tono annoiato.
“Some se tu non lo facessi…”
“Non di certo in una squallida aula,” lo rimbeccò Ivy.
“Non sarebbe alla tua altezza?” chiese Bill.
“Diciamo che essere beccati, come sta per capitare a questi due, non è proprio il massimo per la reputazione…” dichiarò la Serpeverde, pronunciando l’incantesimo per spalancare la porta e bloccandosi improvvisamente.
“Che succede, Ivy?” domandò Bill, finendo per sbatterle contro.
“Io non ci posso davvero credere! Mi avevano riferito che fossi un porco, ma avevo assicurato tutte le mie amiche che si sbagliavano, che eri attento, mi rispettavi e…” la voce di Ivy s’abbassò fino a diventare un sussurro appena accennato.
“Non è come sembra, Ivy,” dichiarò Richard Parkinson affrettandosi a correrle incontro, mentre tentava di indossare nuovamente i boxer.
“E come dovrebbe essere, scusami?”
“Beh, tra me e Holly non c’è nulla di serio… è solo sesso, visto che tu non ti senti ancora pronta e invece lei sì e… beh, almeno posso fare esperienza così da poterti soddisfare in futuro… lo sto facendo soprattutto per noi, Ivy!”
Bill osservò le iridi gelide di Ivy saettare tra la figura di Richard, che si stagliava di fronte a lei, e quella di Holly Harper di Tassorosso che si stava rivestendo velocemente, prima che la ragazza colpisse con tutta la propria forza il bel volto di Richard facendo schioccare le cinque dita della sua mano contro la sua guancia.
“Hey, ma sei impazzita? Devi avermi lasciato il segno…” si lamentò Richard, sfiorando la pelle arrossata e non riuscendo a evitare un secondo colpo che lo colpì direttamente sul naso, fratturandoglielo. Holly scelse quell’istante per andarsene, nonostante non riuscisse a trovare le proprie mutandine, sgusciando tra Ivy e Bill e chiudendosi la porta alle spalle.
“Me lo hai rotto?!” tuonò Richard, portandosi la mano destra a tastare il naso.
“Credo di sì,” ribattè Bill, avvicinandosi ed esaminandolo.
“Fanculo, sei una psicopatica!” s’adirò Richard, tentando di avvicinarsi a Ivy, che arretrò fino a trovarsi con le spalle al muro.
“Se stai fermo te lo sistemo, sono piuttosto pratico…” gli disse Bill spiccio.
Il giovane Serpeverde lanciò un’occhiata in tralice al Grifondoro, prima di annuire e lasciare che Bill lo conducesse fino al banco che aveva liberato solo pochi minuti prima.
Epismendo,” mormorò Bill, puntando la bacchetta verso il viso di Parkinson e osservando il sangue smettere di scorrere, subito seguito dal lieve rumore che segnalava che le ossa erano tornate al proprio posto.
“Grazie,” disse Richard, tastandosi il volto.
“Di nulla.”
“Ora se ci lasci soli io e Ivy dobbiamo parlare…”
“Non ho niente da dirti, Richard,” il sussurro di Ivy risuonò perentoriamente nell’aula vuota.
“Tesoro, non volevo darti della psicopatica! Dai, Weasley può coprirti per una volta...”
“Tu forse non volevi darmi della psicopatica, ma questo non significa che io invece non intendessi dirti che tu sei un porco.”
“Beh, sono un adolescente con un normale appetito sessuale, ho dei bisogni e se tu non li puoi soddisfare è più che normale che io cerchi qualcuno che mi aiuti…”
“Vattene, Richard! A meno che tu non voglia essere colpito di nuovo e controllare se Weasley, oltre al naso, può sistemarti anche qualche altro osso…”
“Te ne pentirai, Ivy!” la minacciò Richard, indossando pantaloni e camicia.
“Non so perché, ma lo dubito sinceramente…”
“Lo vedremo, Ivy,” le sussurrò Richard all’orecchio, prima di afferrare il maglione e la cravatta.
Una volta rimasti soli, Ivy si lasciò cadere sul pavimento, abbracciando le ginocchia e lasciando che le lacrime le scorressero silenziosamente lungo le guance.
“Immagino che mi starai giudicando come una patetica sfigata, eh?”
Bill si sedette al suo fianco, scuotendo la testa, “quello patetico è lui.”
“Se avessi ragione tu, mi spiegheresti perché sono io quella che piange ora che se n’è andato?”
“Perché evidentemente, per qualche strana ragione che non riesco a comprendere, lo amavi e quindi soffri per ciò che ti ha fatto.”
“Strana ragione?” bofonchiò Ivy, sollevando lo sguardo e incrociando quello di Bill.
“Mi è sempre sembrato un montato, pieno di sé, oltre che un maleducato…”
“Credevo che mi considerassi allo stesso modo.”
“Mhmm, forse… ma evidentemente sbagliavo.”
“Ah, sì?”
“Nessuna persona montata e piena di sé soffrirebbe come sta capitando a te per la fine di una storia,” chiarì Bill.
“Quindi sono solo maleducata?” insistette Ivy.
Bill le rivolse un lievissimo sorriso, “quello un po’ sì…”
“Da te lo posso accettare.”
Bill la osservò silenziosamente, “pensi che ti riprenderai?”
Ivy scrollò le spalle. “Devo farlo, non ho alcuna intenzione di mostrare a lui, né a nessun altro, quanto mi abbia fatto soffrire…”
“La perdita è sua, lo sai vero?”
Ivy non rispose. “Credi che lo abbia fatto con altre?”
“Vuoi davvero che ti risponda?” ribattè Bill.
“Sì… non lo so… forse?”
“Io direi che è molto meglio non dedicargli un solo frammento dei suoi pensieri, Ivy…”
“Lo so, ma credevo davvero che aspettare insieme per vivere la nostra prima volta insieme l’avrebbe resa più speciale,” ammise, posando la testa sulle ginocchia unite, “sono una frana totale, eh?”
“Non sei affatto una frana; sei semplicemente una romantica, nonostante non me lo aspettassi. Sei piena di sorprese, Ivy Flint,” le sorrise Bill, baciandola sulla guancia umida di lacrime.
“Basta che non lo dici in giro, Bill Weasley,” gli fece promettere la Serpeverde, gonfiando le guance e asciugandosi le lacrime.
“Il tuo segreto è al sicuro con me, Ivy.”   
Se qualche mese prima gli avessero anticipato che sarebbe stato accanto a Ivy Flint, nel momento in cui il suo mondo perfetto si sgretolava in mille pezzi, Bill avrebbe fatto molta fatica a crederci. Eppure, stava succedendo e il ragazzo aveva scoperto che, in fondo, Ivy altri non era che la pallida copia della ragazza algida che si ostinava a fingere di essere in pubblico — nonostante non volesse che i compagni scoprissero questo dettaglio.
“Che ne dici di continuare la ronda?”
“Sicura di sentirtela?”
“Non sarà quell’idiota di Richard Parkinson a impedirmi di terminare il mio lavoro,” soffiò Ivy, alzandosi in piedi.
 
*
 
Nelle settimane che seguirono quella sera di gennaio, capitò sempre più spesso che Bill e Ivy si trovassero di pattuglia insieme e il Grifondoro era più che convinto che Ivy avesse fatto quattro chiacchiere con i Capiscuola per ottenere ciò che voleva. Comunque si era reso conto che gli piaceva passare del tempo con lei, quando le luci della scuola si abbassavano e loro due pattugliavano i corridoi deserti, faceva capolino una nuova Ivy — una con cui poteva parlare di tutto e di niente, una ragazza dalla battuta sempre pronta e dalla risata contagiosa, semplicemente qualcuno con cui le ore volavano.
“Adesso puoi dirmelo…”
“Che cosa?”
“Che hai fatto in modo di non capitare più di ronda con Parkinson…”
Il volto niveo di Ivy arrossì leggermente, tentando di evitare le iridi cerulee di Bill. “Non so a cosa tu alluda…” provò a difendersi la Serpeverde.
“Davvero?” insistette Bill.
“Mhmm,” Ivy annuì, spalancando la porta che avevano appena raggiunto e fingendosi impegnata a controllare una stanza assolutamente vuota — senza nemmeno rendersi conto del fatto che fossa la stessa stanza in cui Richard le aveva spezzato il cuore mesi prima. La ragazza si voltò, inconsapevole del fatto che Bill l’avesse seguita, andando a sbattere contro il suo petto e finendo con l’inalare il suo profumo di pulito e di fresco.
“Ivy,” sussurrò Bill, sfiorandole una guancia con la punta del medio e dell’indice.
“Cosa?”
“Come sei riuscita a ottenerlo?”
“Non so di che parli…”
“Allie Baston non ne può più di fare le ronde con Parkinson e ha capito che gatta ci cova,” ridacchiò Bill.
Ivy si sentì avvampare, sotto lo sguardo indagatore di Bill, e si costrinse ad abbassare gli occhi, tentando di normalizzare il respiro che si era improvvisamente fatto affannato. “Potrei aver detto una parola o due alla Goldstein…” ammise infine.
“E io cosa dovrei dire ad Allie?”
“Di non cedere alle avances di Richard?” borbottò Ivy.
Bill scoppiò a ridere.
“Cosa c’è di così divertente?”
“Hai un umorismo davvero tagliente…”
“Sono pur sempre una serpe,” ghignò Ivy.
“Dal cuore d’oro…”
La ragazza inarcò le sopracciglia, “che vai dicendo, Weasley?”
“Puoi fingere quanto vuoi, ma non mi riesci a incantare ormai… Parkinson è stato un idiota, ma non per questo devi rinunciare all’amore.”
“E chi ti dice che io abbia rinunciato, scusa?”
“Il fatto che hai rifiutato ben sei inviti per San Valentino,” ribattè spiccio Bill.
“E da quando sei così informato sul gossip, scusa?”
“Da quando la tua amica Edith lo sussurrava molto poco silenziosamente durante la lezione di Storia della magia, se non te ne fossi resa conto il professore è morto e non è che sia proprio il migliore del mondo a calamitare l’attenzione della classe…”
Ivy roteò gli occhi, spazientita, “non mi pare che tu avessi alcun appuntamento per San Valentino, Weasley.”
“Come fai a saperlo?”
“Io so sempre tutto… mi sbaglio?”
“In effetti no.”
“E allora che ti importa di me? Credevo che il tuo fanclub fosse molto popoloso e agguerrito…”
“Non mi interessa di nessuna di loro,” rispose Bill.
“Ah no?” mormorò Ivy, timorosa che il cuore le galoppasse fuori dal petto.
Bill scosse la testa.
“E perché?” chiese ancora la ragazza.
“Perché c’è già qualcun’altra nei miei pensieri…”
“Dovresti dirglielo,” lo consigliò Ivy.
“Non so se è pronta per sentire le mie parole,” sussurrò Bill.
“Correggimi se sbaglio, ma quello che è stato smistato nella casa dei coraggiosi in teoria saresti tu,” celiò Ivy, battendo le palpebre.
“In effetti hai ragione,” assentì Bill, prima di fare un passo e avvicinarsi ulteriormente a lei, “credo che sia ora che io mi mostri all’altezza della mia casa…” sussurrò, prima di schiudere le proprie labbra su quelle di Ivy e soffocare ogni sua possibile risposta. La Serpeverde fu costretta a mettersi in punta di piedi, per poter avvinghiare le proprie braccia attorno al collo di Bill e premere il corpo minuto contro quello alto e magro di lui. Sentendone la risposta entusiasta, Bill lasciò che la propria lingua s’insinuasse tra le labbra morbide di Ivy, sfiorando quella di lei e approfondendo un bacio agognato ormai da settimane.
“Mhmm, lo sapevo che Parkinson era un idiota…”
“Cosa?”
“Come ha potuto rinunciare a queste labbra?”
“Vuoi davvero parlare del mio ex, che abbiamo sorpreso mentre si scopava un’altra, in questo momento?” bofonchiò Ivy.
“Il mio voleva essere un complimento…”
“Dovresti lavorarci un po’ su, Weasley,” ridacchiò Ivy, afferrandolo per la cravatta in modo da attirarlo nuovamente a sé. Bill rise contro le sue labbra, prima che la ragazza approfondisse il bacio lentamente, spingendolo fino a fargli raggiungere un banco e salendo a cavalcioni su di lui. Per svariati minuti, i loro respiri si mischiarono, i loro cuori batterono furiosamente, adattandosi l’uno al ritmo dell’altro, e le stelle che s’intravedevano fuori dalla finestra furono le uniche spettatrici di una serie di baci sempre più appassionati.
“Wow,” sussurrò Bill, liberando le labbra di Ivy e scendendo con lentezza lungo il suo collo delicato, tempestandolo di baci umidi.
“Già, wow… ero certa che ci sapessi fare, Weasley,” ghignò Ivy, accarezzandogli i capelli scarmigliati.
“Devi proprio continuare a chiamarmi per cognome?”
“L’ho fatto per quasi sei anni…” si giustificò lei.
“Eh che non mi sembra il massimo del romanticismo…”
“Mhmm, e chi ti dice che io abbia intenzione di essere romantica scusa?”
“Il battito forsennato del tuo cuore,” ribattè veloce Bill, posandole una mano su di esso, prima di baciarla di nuovo, zittendola.
“Anche il tuo mi sembra decisamente su di giri,” replicò lei, qualche attimo dopo, ansimando leggermente.
“Non nego che era da settimane che speravo di trovare l’occasione giusta per… ecco, insomma sì…”
“Per cosa?”
“Per dirti che mi piaci, Ivy Flint.”
“E tu piaci a me, Bill Weasley,” lo rassicurò lei, slacciandogli la cravatta e i primi bottoni della camicia, ansiosa di sentire sotto i polpastrelli la sua pelle calda.
“Forse sarebbe il caso di chiudere la porta,” mormorò Bill contro la bocca avida di Ivy.
“Non farti strane idee, Weasley, questo è pur sempre il nostro primo bacio…”
Bill ridacchiò, infilando le proprie mani lungo la pelle vellutata della schiena di Ivy e continuando a baciarla per minuti, o forse ore, fino a che la luce dell’alba non iniziò a riempire di riflessi l’aula in cui si trovavano e li costrinse a tornare frettolosamente nei loro dormitori a fingere di averci passato la notte.
 
*
 
A quella prima meravigliosa notte insonne, ne seguirono altre, nonostante l’avvicinarsi degli esami del sesto anno e gli impegni come Prefetti di entrambi, oltre che quelli di Bill con la squadra di Quidditch.
“Sabato prossimo ci sarà l’uscita a Hogsmeade, che ne dici se ci andiamo insieme ufficialmente?” propose Bill al termine della ronda serale, una volta che ebbero raggiunto quella che era a tutti gli effetti la loro aula.
“Non mi sembra il caso…” sussurrò Ivy, chiudendo la porta alle proprie spalle e incantandola perchè non si aprisse da fuori.
“E perché no?” la contraddisse Bill.
“Vuoi davvero che tutta la scuola sappia di noi?”
“Tu no?”
“Me la immagino proprio la reazione della tua amica Tonks, se sapesse di noi due…” sbuffò Ivy, prendendo posto sul davanzale in pietra.
“Dora capirebbe, è mia amica,” la rassicurò Bill.
“Mhmm, forse hai ragione tu, ma non pensi al casino che scatenerebbe Richard?”
“E perché dovrebbe? È lui quello che va con tutte quelle che ci stanno…” s’intestardì Bill.
“Certo, ma nessuno ha saputo del fatto che l’abbiamo colto sul fatto; sai bene che riuscirebbe fare in modo di far ricadere la colpa della nostra rottura su di me, se saltasse fuori che noi due siamo insieme,” sussurrò Ivy, lasciando che il suo sguardo si perdesse nella notte buia fuori dalla finestra.
“Quindi dovremmo continuare a far finta di nulla? Ignorarci di giorno e baciarci nella notte? Fingere di detestarci davanti agli altri e non essere in grado di starci lontani quando siamo soli?” domandò Bill, incapace di nascondere la propria delusione.
“Non sto dicendo che sia perfetto, né che sarà così per sempre, ma… almeno per ora non posso offrirti altro, Weasley,” mormorò Ivy contro le sue labbra.
Il fatto che lo chiamasse per cognome non lo infastidiva più ormai, ciò che lo feriva era la sua paura riguardo a ciò che gli altri avrebbero potuto pensare di loro — di lei.
“Lo sai che ti amo, vero?” le disse, prima di chinarsi e baciarla lentamente.
“Anche io ti amo,” rispose lei, posando la propria fronte contro quella di Bill, “pensi di poterti far bastare questo, almeno per ora?”
Bill sbuffò, mentre Ivy gli insinuava le mani sotto al maglione riuscendo a sfilarglielo; poi sospirò, mentre lei apriva la cravatta e cominciava a fare lo stesso con i bottoni della camicia; infine inspirò profondamente e puntò le iridi chiare in quelle di lei, “me lo farò bastare, anche se vorrei di più… molto di più.”
“Saprò farmi perdonare,” promise lei, togliendosi in un unico gesto maglione e camicia, rivelando un reggiseno di pizzo verde scuro che faceva risaltare divinamente la pelle diafana illuminata dalla sola luce lunare.
“Non serve che mi dimostri nulla, Ivy,” la rassicurò Bill, rimanendo incantato a fissarla, mentre si sollevava dal davanzale per lasciar scivolare lungo le gambe la gonna della divisa, subito seguita dalle calze, rivelandogli delle mutandine in pendant con il reggiseno.
La ragazza allungò la mano per prendere quella di Bill nella propria, “non sto cercando di dimostrarti nulla, Weasley.”
“Ah no?”
Ivy scosse la testa, “sono solo stanca di aspettare e mi dispiace che abbiamo appena finito di avere un disaccordo, ma…”
Bill scoppiò a ridere, “avere un disaccordo?” la scimmiottò.
“Litigare è un verbo così volgare,” lo rimproverò, scuotendo la testa e aprendo il bottone dei suoi pantaloni.
Bill mise la mano su quella di Ivy, bloccandola e costringendola a incontrare il suo sguardo, “ne sei sicura? Non si torna indietro…”
“Te l’ho già spiegato… ho sempre voluto che la mia prima volta fosse speciale.”
“In un’aula in disuso?” domandò Bill.
“Sicuramente possiamo far qualcosa per migliorare l’atmosfera, Weasley,” sbuffò Ivy, afferrando la bacchetta, “questo a meno che tu non mi stia rifiutando, ovviamente…”
“Ma certo che non ti sto rifiutando, Ivy, vorrei solo che la tua prima volta fosse memorabile,” mormorò, baciandola sulla punta del naso.
“E lo sarà, perché sarà con te,” chiarì Ivy, prima di evocare una coperta da stendere sul pavimento.
Fecero l’amore quella notte e fu speciale, proprio come aveva immaginato Ivy, non per il posto in cui accadde, ma per il sentimento che li legava l’una all’altro — un sentimento che, per lo meno nel buio della notte, sembrava più forte di ogni altra cosa e in grado di vincere qualsiasi sfida.
 
*
 
Durante l’estate che li separava dal loro ultimo anno a scuola, Bill e Ivy riuscirono a passare insieme pomeriggi indimenticabili e qualche ora rubata durante le notti stellate al laghetto vicino alla Tana.
“Hai già deciso che farai dopo il diploma?”
“In realtà no,” rispose Ivy, accarezzando la schiena nuda di Bill, “e tu?”
“Spero di essere ammesso al corso di Spezzaincantesimi… il mondo è talmente grande che vorrei riuscire a vederne almeno un po’…”
“Sembra un buon piano,” sussurrò Ivy, così piano che Bill faticò a sentirla.
“Hey, che succede?” domandò il ragazzo, puntellandosi su un gomito per osservarla alla luce delle stelle.
“I miei vogliono stringere un accordo matrimoniale per me,” confessò quindi lei.
Bill spalancò la bocca, costernato, “beh, presto sarai maggiorenne, no?”
Ivy scrollò le spalle, “e quindi?”
“Potrai decidere per te stessa,” dichiarò Bill.
“I miei genitori non sono come i tuoi, Weasley,” gli rammentò Ivy.
“Non fasciamoci la testa prima di rompercela, Ivy… sicuramente potremo risolvere in qualche modo,” replicò lui, prima di abbracciarla. Stretta nel rifugio sicuro che erano le braccia di Bill, Ivy annuì, ricacciando indietro a fatica le lacrime che le imperlavano le ciglia e dicendosi che forse poteva avere ragione lui e non era il caso di preoccuparsi prima del tempo. Stare insieme a Bill Weasley era l’unica scelta che aveva compiuto seguendo il cuore, l’unica cosa che la facesse star bene e l’unica relazione che avrebbe voluto proteggere con tutte le proprie forze — senza sapere se ce l’avrebbe fatta.
 
Quando, in occasione del suo diciottesimo compleanno, le arrivò la consueta lettera di auguri dei suoi genitori, Ivy sbiancò arrivando al punto in cui suo padre le comunicava che in occasione delle imminenti vacanze di Natale, che sarebbero iniziate la settimana successiva, avrebbero festeggiato il suo fidanzamento ufficiale con Richard Parkinson. Sicuramente il destino dimostrava di avere un gran senso dell’umorismo e le ricordava, ancora una volta, come lei non fosse altro che un mezzo per assicurare ai Flint di continuare ad avere una discendenza pura — una semplice pedina, nella grande scacchiera che era la vita.
Quella sera, durante la ronda che in qualità di Caposcuola lei e Bill svolgevano insieme, Ivy fu più silenziosa del solito e Bill capì subito che qualcosa non andava.
“Che succede, Ivy? Non dovresti essere così triste nel giorno del tuo compleanno…” le sorrise Bill, baciandola sulla guancia.
“Lo saresti anche tu, se avessi scoperto che tuo padre ha intenzione di farti fidanzare con Richard…”
“Cosa?” Bill si fermò in mezzo al corridoio.
“Me l’hanno comunicato per lettera, dopo avermi fatto gli auguri di buon compleanno,” rise amaramente lei.
“E cosa hai intenzione di fare?”
“Cosa dovrei fare, Bill?” ribattè lei, usando il suo nome di battesimo, cosa che faceva solo nei momenti di sconforto.
“Lottare per noi!”
“Ne varrebbe la pena?”
“Che domande sono, Ivy?”
“Domande lecite, Bill,” sussurrò lei con forza, “tu hai i tuoi progetti e i tuoi sogni da realizzare, ma io invece cosa ho?”
“Con i tuoi voti potresti entrare in qualsiasi programma di specializzazione…” s’intestardì Bill.
“Ma non è quello che la mia famiglia si aspetta da me.”
“E quindi? Non hai intenzione di lottare per poter scegliere il tuo futuro, Ivy?”
“Non so quanto senso possa avere…”
“Non vuoi nemmeno provarci? Per avere la possibilità di stare con me?” le chiese Bill, afferrandole le mani e costringendola a ricambiare il suo sguardo.
“E poi? Quando tu dovrai partire per qualche angolo di mondo sconosciuto dovrei semplicemente seguirti, abbandonando i miei progetti?”
“No!” Bill scosse la testa con veemenza, “non te lo chiederei mai…”
“E quali soldi dotrei usare in questo futuro utopico di cui parli?”
“Non lo so,” sbuffò Bill, “in qualche modo faremo…”
“Io non voglio trasformarmi in un tuo rimorso, Bill Weasley.”
“Cosa? Ma che stai dicendo?”
“Se anche adesso io mandassi a monte i progetti che i miei genitori hanno in mente per me, non sono certa che riusciremmo a far avverare i nostri sogni e non potrei mai perdonarmi se un giorno mi guardassi e provassi solo risentimento,” confessò Ivy, accarezzandogli le guance.
“Non lo puoi sapere, però…” ribattè lui, appoggiando le mani su quelle di lei.
“Il rischio è troppo alto, Bill,” insistette Ivy, prima di baciarlo con dolcezza.
“Quindi finisce così, senza nemmeno una vera ragione? Senza che nessuno abbia mai saputo di noi?”
“Tanto meglio, non ci saranno spiegazioni difficili da dare…” commentò Ivy, incamminandosi nuovamente.
Bill la raggiunse in due falcate, prendendola tra le braccia e baciandola con impeto, fino a spingerla contro la parete fredda. “Sei disposta a rinunciare a tutto questo?”
“Devo farlo,” gli disse, “un giorno capirai anche tu che non era destino… per intanto, odiami pure, lo accetterò.”

Terminarono la ronda in silenzio e si trovarono davanti all’aula in cui tutto era iniziato: il luogo dove quasi un anno prima il cuore di Ivy si era sgretolato, prima che Bill riuscisse a rimettere insieme tutti i pezzi che lo componevano.
“Spero che passerai un buon Natale, Bill.”
“Non fingere che ti interessi, Ivy,” ribattè tagliente lui.
“Vorrei che fosse più semplice,” sussurrò lei, accarezzandogli un braccio.
“E lo è, basta solo che tu abbia il coraggio di dire ai tuoi di noi.”
“Dimentichi sempre che sei tu quello coraggioso, Weasley… non io,” gli disse, prima di baciarlo un’ultima volta.
 
Davanti all’aula in disuso, che negli ultimi mesi era stata la spettatrice silenziosa della loro storia, Bill osservò Ivy andarsene, consapevole che avesse portato con sé una parte del suo cuore e che non era certo che sarebbe mai stato completo di nuovo. Forse non era fatto per innamorarsi, non se il sentimento che lo aveva totalizzato in quegli ultimi mesi, era destinato a portarsi dietro la sofferenza che pativa in quel momento. Probabilmente era meglio che si concentrasse semplicemente sulla carriera e sul divertirsi con ragazze disponibili a farlo, come faceva il suo amico Sam — l’unico a cui avesse confidato di Ivy, quando lo aveva beccato tornare all’alba da una delle loro ronde.
In quella notte dicembrina, Bill si ripromise di chiudere il proprio cuore e di non lasciare che nessun altro vi riuscisse a penetrare in alcun modo; non ne valeva affatto la pena. Quella promessa s’infranse improvvisamente anni dopo a causa dello sguardo, solo apparentemente glaciale come quello di Ivy, appartenente a una ragazza francese giunta a Hogwarts in occasione dei Torneo Tremaghi.


 


 
Nota dell’autrice:
Inizierò dedicando questo capitolo alla dolcissima Paige: non sarei mai riuscita a pubblicare in tempi così brevi senza il tuo supporto e il tuo incoraggiamento, quindi spero che il capitolo ti piaccia, tesoro.
Il motivo che mi aveva un po’ bloccata con questa storia risiede proprio in questo capitolo e nella scelta del primo, vero, amore di Bill che spero risulti credibile e riesca a dare spessore al suo personaggio e a farvi capire cosa possa averlo spinto a buttarsi completamente nella carriera mettendo in secondo piano l’amore per un po’.
Bill è cresciuto, è quasi adulto ormai, e anche Ivy è molto maturata rispetto alla ragazzina viziata che era all’inizio; però, mentre lui è rimasto un sognatore che spera di far avverare i propri desideri, lei è più consapevole del proprio posto nel mondo magico, e all’interno delle Sacre Ventotto, e non crede di poter abbandonare la propria famiglia per l’amore.
Con la frase finale, apro a colei che sarà il futuro di Bill, quella Fleur che molti avevano preso sottogamba quando era arrivata a Hogwarts, ma che ha saputo dimostrarsi all’altezza del suo ruolo sia come campionessa Tremaghi, che come combattente dell’Ordine e, soprattutto, come compagna di Bill.
A prestissimo, davvero!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Sbagli e ferite ***


Capitolo 5 – Sbagli e ferite  

 
 

 

“Diffidate delle persone che puzzano di perfezione,  

perché la vita è fatta di sbagli e di ferite. 

Anna Magnani 

 

 
 

Il pub londinese brulicava della tipica folla del fine settimana, eppure Bill non fece affatto fatica a rintracciare la zazzera di capelli sfavillanti che stava cercando. Gli ci vollero poche falcate per raggiungere il tavolino rotondo addossato all’angolo più lontano dal bancone al quale era seduta la sua migliore amica, con ancora indosso la sua divisa da recluta Auror. 

“Eccoti, finalmente!” lo salutò Tonks, alzandosi per dargli un rapido abbraccio. 

“La Passaporta da Ankara era in ritardo,” ribatté Bill, passandosi una mano tra i capelli, prima di lasciarsi cadere sulla sedia. 

“Ho difeso questo misero tavolino con le unghie e con i denti, quindi il primo giro spetta a te,” dichiarò Dora, strizzandogli l’occhio. 

“Quel che è giusto è giusto... hai già cenato? Perché io muoio di fame.” 

La ragazza fece segno di no con la testa. “Mentre ti aspettavo ho bevuto solo una Burrobirra.” 

“Bene, allora cerchiamo di attirare un cameriere visto che non mangio da stamattina...” 

“In effetti il tuo stomaco brontola così forte da coprire il brusio dell’intero locale,” ghignò Tonks, prima di voltarsi e richiamare una giovane cameriera bionda che aveva finito Hogwarts un anno prima di loro. 

 

Dopo una doppia porzione di arrosto, con carote, pastinache e purè di patate annegati in una generosa dose di salsa, Bill si sentiva decisamente meglio. 

“Ma non mangiavi da stamattina, o dalla settimana scorsa?” lo prese in giro l’amica. 

“Spiritosona! E pensare che volevo proporti anche un dolce...” 

“Sai bene che non rinuncio mai al dessert!” 

Ordinarono torta di mele con crema calda e altre due Burrobirre, approfittando dello stomaco finalmente silenzioso di Bill per aggiornarsi sui rispettivi impieghi. 

“Novità sulla tua richiesta di trasferimento in Egitto?” 

Bill scosse la testa. “Credo che mi diranno qualcosa con l'inizio dell’anno nuovo...” 

“Terrò le dita incrociate.” 

“La Turchia mi ha un po’ deluso a livello di tesori nascosti, spero davvero di avere occasione di esplorare le piramidi quanto prima, perché ho idea che gli antichi stregoni egizi abbiano celato qualcosa che valga davvero la pena di essere svelato.” 

“Io non capisco questa tua smania di rinchiuderti in un vecchio edificio pericolante pieno di maledizioni di dubbia origine volte a proteggere tesori nascosti secoli fa,” borbottò Dora, assaporando la prima forchettata del dolce che avevano appena posato davanti a loro. 

“Le piramidi non sono affatto pericolanti e comunque non passo tutto questo tempo rinchiuso...” 

“Mhmm, ho come idea che Charlie dissentirebbe,” ridacchiò l’amica. 

“Beh Charlie non riusciva a sopportare di fare lezione al chiuso nemmeno in pieno inverno,” bofonchiò Bill, scuotendo la testa. 

“Quando torna?” 

“Tra tre giorni, mamma non gli perdonerebbe mai di non essere a casa per Natale...” 

“E se c’è una cosa che tutti sanno bene è che non bisogna far arrabbiare tua madre!” 

“Credo che i gemelli non abbiano ricevuto questa comunicazione... a quanto pare hanno fatto incetta di Strillettere in questa prima parte dell’anno a scuola.” 

“Chissà perché non ne sono affatto sorpresa,” ridacchiò Tonks, rischiando di farsi andare per traverso un boccone di torta. 

“Mamma può sempre sperare che Ron e Ginny seguano le orme di Percy,” chiosò Bill. 

“O le tue! Del resto sei stato Prefetto e Caposcuola, non peccare di modestia...” 

“Beh, ma loro non avranno occasione di vedermi nei panni di studente, mentre passeranno qualche anno sia con Percy che con i gemelli.” 

Dora annuì pensosamente, ingoiando un sorso di Burrobirra. 

“Come procede l’addestramento?” 

“Benissimo! Da un paio di mesi stiamo seguendo dei seminari tenuti dal vecchio Malocchio e devo dire che è un insegnante con i fiocchi, nonostante il caratteraccio che si ritrova...” 

“Non oso immaginare come reagirebbe ti sentisse parlare di lui in questi termini,” la prese in giro Bill con un sorriso divertito che gli piegava le labbra. 

“E tu che ne sai di lui e delle sue reazioni, scusa?” 

“Mio padre lo conosce bene, ci ha raccontato alcune delle sue avventure... voglio sperare che non seguirai le sue orme per quanto riguarda la perdita delle parti del corpo più disparate.” 

“Fare peggio di lui sarebbe davvero un’impresa,” biascicò Dora, roteando gli occhi. 

“Beh, che si racconta nei corridoi ministeriali?” 

“Mah, con l’avvicinarsi delle festività sono tutti occupati a parlare dei piani per le vacanze e delle feste a cui parteciperanno...” 

Bill annuì, assaporando l’ultimo pezzo di torta. 

“Dimmi un po’, l’hai ricevuto l’invito per la festa di fidanzamento dell’anno?” 

“E da quando ti interessi di eventi mondani, Dora?” 

“Da quando la festeggiata è l’unica ex degna di nota che tu abbia mai avuto...” 

L’ex Grifondoro sorseggiò la Burrobirra, tentando di dissimulare indifferenza. “Ma non avevano già festeggiato durante le vacanze di Natale del settimo anno?” 

“A quanto mi dici tu, ma all’epoca io non ero a conoscenza dei dettagli...” 

“È incredibile che, dopo tutti questi anni, ancora mi fai pesare il fatto di non averti raccontato di Ivy quando stava succedendo...” 

“Quello che è incredibile è che tu sia riuscito a far tenere a Sam Waters la bocca chiusa! Non esiste nessuno più pettegolo di lui.” 

Bill riuscì a stendere le labbra in un sorriso. 

“Comunque sono piuttosto certa che quella risalente al nostro settimo anno fosse la festa che seguiva la firma del contratto, questa invece è quella che precede l’evento vero e proprio; ora che Parkinson è pronto a seguire le orme paterne nel commercio di famiglia.” 

“Allora quando sarà il grande evento?”  

“La notte di capodanno nella tenuta dello Yorkshire dei Parkinson.” 

“Buon per loro...” 

“Non sarà mai felice con quel decerebrato di Richard Parkinson, lo sai vero?” 

“Non sarebbe stata felice nemmeno con me.” 

“Ne sei così convinto?” 

“È stata una sua scelta e non mi risulta che abbia mai tentato di tornare sui propri passi.” 

“Accontentare i genitori Purosangue e le loro aspettative non deve essere molto facile,” commentò con un’insolita delicatezza la futura Auror. 

“E da quando ti preoccupi dei problemi di cuore degli eredi delle Sacre Ventotto?” 

Dora sbuffò. “Non sono più la ragazzina con cui Miss Perfezione si è scontrata sull’espresso al primo anno; capisco che non deve essere stato affatto facile accettare la scelta che le è stata imposta...” 

“Tu non l’avresti fatto.” 

“In effetti no, sono pur sempre la figlia di mia madre... ma non tutti sono disposti ad abbandonare la propria famiglia d’origine per amore, soprattutto se non credono che l’altra persona sia disposta a lottare accanto a loro.” 

“Veramente io ho cercato di convincerla che non avevamo bisogno del benestare della sua famiglia per essere felici, che avrebbe dovuto combattere per noi, perché io ero disposto a farlo... ti dimentichi che è stata lei a spezzarmi il cuore e non viceversa.” 

“Lo so, ma non è detto che lo abbia fatto per farti del male. Magari non voleva esserti d’intralcio mentre inseguivi i tuoi sogni e ha avuto paura che poteste finire con il rinfacciarvi la vostra relazione...” 

“Da quando sei diventata così saggia?” 

Dora gli strinse brevemente la mano. “Sono più che convinta che abbia sofferto molto quando ti ha dato il due di picche, ma credo anche che abbia avuto il coraggio di lasciarti andare e dovresti ringraziarla per questo.” 

“E dire che in quel momento mi ha ricordato che, tra noi due, quello coraggioso ero io...” 

“Certo, il tuo è un coraggio più appariscente e impossibile da non notare, ma anche chiudere con te è stata una scelta molto coraggiosa.” 

“Non l’avevo mai guardata in questo modo, ma in effetti hai ragione...” 

“Io ho sempre ragione, Weasley!” sorrise sfacciata Dora, strizzandogli l’occhio. 

Bill scosse la testa, richiamando il cameriere per ordinare del Whiskey Incendiario. “Dobbiamo brindare!” 

“Al matrimonio della tua ex?” 

“Io direi di brindare a noi e alla nostra amicizia... anche se mi auguro di vero cuore che Ivy sarà felice.” 

“Questo è decisamente un brindisi che mi voglio concedere!” 

 

* 

 

Enormi fiocchi di neve turbinavano nell’aria, illuminando la notte gelida, mentre Bill camminava lungo la High Street dopo aver lasciato i Tre Manici di Scopa al termine di una serata in compagnia di ex compagni di scuola, la sera del 30 dicembre. Dora e Sam erano dovuti scappare a metà serata per iniziare il turno di notte, dettaglio che li avrebbe lasciati liberi durante la notte di Capodanno, e Bill aveva deciso di far due passi nella neve per sgranchirsi dopo la serata passata seduto. 

Stava per smaterializzarsi, quando riuscì a evitare per un pelo di scontrarsi con una donna che pareva correre senza meta. 

“Mi dispiace immensamente io... io non stavo guardando dove andavo e... Bill?” 

Quella voce, che non aveva mai dimenticato, riuscì a congelarlo più dei fiocchi di neve che si erano intrufolati tra la sciarpa e il cappotto. “Ivy!” 

“Sei proprio tu.” 

“Già... ma dove stai correndo? Sembra quasi che tu stia scappando dall’Ardemonio.” 

“Magari fosse così semplice,” mormorò la ragazza, battendo furiosamente le palpebre nel vano tentativo di fermare le lacrime che avevano già iniziato a scorrere lungo le guance. 

“Stai piangendo.” Non era una domanda e questo non fece altro che aumentare le lacrime di Ivy. 

“Non è niente.” 

“Non credo proprio, ti va di parlarne?” 

“Davvero non hai niente di meglio da fare che dar retta alla stronza che ti ha spezzato il cuore?” 

“Proprio non mi conosci se sei convinta che ti lascerei sola dopo averti incontrato in questo stato...”  

“Ti credevo in Turchia, a darti alla pazza gioia.” 

“Non potrei mai perdermi il Natale con i miei,” sorrise Bill, porgendole un fazzoletto. 

“Giusto, è così che funziona nelle famiglie non disfunzionali come la mia...” 

“Vuoi parlarne?”  

Ivy si soffiò il naso e si tamponò gli occhi umidi, tentando di darsi un contegno, prima di scuotere la testa. “Veramente preferirei dimenticare.” 

“Che cosa?” 

“Tutto quanto!” 

“Cos’è successo di così terribile?” 

“Non è cambiato assolutamente niente, ecco cos’è successo. Domani ci sarà la festa di fidanzamento e Richard è lo stesso porco di quando eravamo a scuola e l’abbiamo beccato che mi tradiva con un’altra...” 

Bill posò una mano guantata sulla spalla tremante di Ivy. “Credevo che fosse maturato.” 

“Ironia della sorte lo credevo davvero anch’io, ma evidentemente è solo diventato più bravo a nascondermi le sue tresche.” 

“Cos’hai intenzione di fare?” 

“Non ne ho idea, dopo averlo beccato in compagnia di ben due donne nude, dopo una serata passata insieme a parlare dei nostri progetti futuri, me ne sono semplicemente andata facendo perdere le mie tracce. Ho pensato di passare la notte in una delle stanze del pub e sperare che mi porti consiglio...” 

“Vuoi compagnia?” 

“Sei proprio certo di voler passare il tuo tempo ad ascoltare le mie lamentele, Weasley?” 

“Stavo per tornare a casa di Sam, ma lui tanto è impegnato in un turno di notte, quindi non ho alcun piano.” 

Le loro iridi s’incontrarono alla luce fioca dei lampioni e Ivy si mordicchiò il labbro inferiore, chiedendosi quanto diversa sarebbe stata la sua vita se avesse seguito il proprio cuore.  

“Ti prometto che mi comporterò da perfetto gentiluomo.” 

“Lo sei sempre stato...” 

“Cosa? Un gentiluomo?” 

“No, perfetto.” 

“Non esagerare dai,” si schermì Bill. 

Ivy scosse nuovamente la testa, tentando invano di trovare le parole giuste, ma finendo con il restare zitta a contemplare il viso in penombra di Bill — a dimostrazione che il silenzio sapeva essere molto più eloquente di mille parole. 

“Che ne dici se andiamo a chiedere se hanno una stanza?” 

“Forse è meglio di sì, sto congelando,” sussurrò lei, incamminandosi al suo fianco. 

 

Dopo aver ricevuto la chiave di una stanza al terzo piano dell’edificio e una bottiglia di Whiskey Incendiario, Ivy fece strada a Bill lungo le scale e si chiuse la porta alle proprie spalle, tentando invano di convincersi che quella non fosse una cattiva idea. Perché ritrovarsi da sola con Bill Weasley la riportava indietro a quando tutto era più semplice, a quando si era data la possibilità di credere al lieto fine, prima che lo lasciasse sgretolarsi tra le sue mani. Aveva scelto di accettare ciò che i genitori avevano deciso per lei e non si era più guardata indietro — o per lo meno era stata decisamente brava a fingere che fosse così. Ora però, osservando Bill adoperarsi per accendere il fuoco, Ivy si chiese per l’ennesima volta per quale ragione non avesse insistito con i suoi genitori per rifiutare il matrimonio con Richard. 

Bill, ignaro che i pensieri e le incertezze che si stavano facendo strada nella sua mente fossero i medesimi che affollavano quella di Ivy, si voltò per incrociarne lo sguardo e indirizzarle un sorriso. 

L’ex Serpeverde posò la bottiglia sul tavolino posto di fronte al camino acceso, togliendosi il mantello nero bordato di argento e avviandosi alla ricerca dei bicchieri. 

“Adesso ti va di parlarne?” si decise a domandare Bill, quando Ivy fu riapparsa con due tazze smaltate che aveva trovato nel mobiletto del bagno. 

“In realtà non c’è molto da dire... non trovi?” 

“Beh, se ti vuoi sfogare puoi contare su di me.” 

“Cosa dovrei fare secondo te?” chiese Ivy, versando una dose generosa di Whiskey in entrambe le tazze. 

“Non credo di essere la persona più adatta a darti un consiglio.” 

“E perché no?” 

“C’è decisamente un conflitto d’interessi, mi mi hai lasciato per fidanzarti con lui.” 

“Solo perché i miei genitori hanno deciso di firmare un contratto con i suoi.” 

“E sei disposta a passare la tua vita con un uomo che non ti rispetta?” 

“Ho un’altra scelta?” 

“C’è sempre un’altra scelta, Ivy,” le ricordò Bill, sorseggiando il liquido ambrato. 

La ragazza annuì pensosamente. “Forse dimentichi che io non sono te, che non ho il tuo coraggio...” 

“Che buffo! Dora sostiene che tu sia stata molto coraggiosa a lasciarmi andare, invece.” 

“E così adesso parli di me con la tua amica Tonks?” 

“È capitato, non montarti la testa!” 

Ivy scoppiò a ridere, rendendosi conto solo in quel momento di quanto avesse avuto bisogno di allentare la tensione. 

“Ho sbagliato tutto e ora è troppo tardi per tornare indietro.” 

“Hai ragione, indietro non si torna, ma puoi andare avanti scegliendo tu la tua strada.” 

“Avrei dovuto farlo anni fa...” 

“Forse, però non significa che tu non possa farlo ora.” 

“E cosa dovrei fare quindi?” 

“Dovresti pensarci, chiediti cosa davvero ti rende felice e fai di tutto per ottenerlo.” 

“Fare lo Spezzaincantesimi ti rende felice?” 

“Molto! Soprattutto se riuscirò a ottenere il trasferimento in Egitto,” ribatté Bill, sollevando le iridi cerulee in quelle acquamarina di Ivy. 

“Tu parli di spostarti in un altro paese esotico e io non ho nemmeno mai lasciato il Regno Unito...”  

“Sogni di viaggiare?” 

Ivy trangugiò dell’altro Whiskey, prima di annuire. “Immagino che sembri sciocco...” 

“Nient’affatto. E credo anche che sia un desiderio piuttosto semplice da realizzare.” 

“Dici?” 

“Beh, l’Europa è vicina e molto semplice da girare...” 

“Quindi secondo te dovrei dare il benservito a Richard?” 

“Questo lo devi sapere tu, Ivy.” 

“Non credo di poterlo sposare sapendo che continua e continuerà a tradirmi con altre donne...” 

“Ecco la tua risposta.” 

“Io voglio sposarmi con qualcuno che amo, non con qualcuno che mi è stato imposto.” 

“Parlane con i tuoi genitori, racconta loro quanto è successo, spero che potranno capirti.” 

“Non ci conterei, ma sai che c’è? Non mi interessa nemmeno più, ho già sprecato troppo tempo!” 

“Questo è lo spirito! Proporrei un brindisi a questa tua decisione!”  

Ivy procedette a versare altro Whiskey, prima di far tintinnare le loro tazze l’una contro l’altra. 

“Chi l’avrebbe mai detto che avrei passato la penultima notte dell’anno a confessare i miei sogni e a ubriacarmi con il mio primo amore...” mormorò Ivy, dopo aver svuotato la tazza. 

“Credevo che il tuo primo amore fosse stato Richard,” si stupì Bill. 

“Avevo creduto di amarlo, ma dopo i mesi insieme mi sono resa conto che ciò che avevo avuto con lui impallidiva in confronto a quanto ho provato con te.” 

Le parole pronunciate dalla ragazza rimasero in sospeso tra i due, dando vita a un silenzio che si prolungò per qualche secondo. 

“Non c’è bisogno che tu dica che è stato lo stesso anche per te,” lo rassicurò Ivy. 

“Anche tu sei stata il mio primo amore, credevo lo sapessi...” 

Dopo aver pronunciato quelle parole Bill si sentì più leggero, come se avessero liberato il suo cuore da una morsa che lo teneva prigioniero. 

“Direi che il tempismo non è proprio il mio forte.” 

“Ivy, io...” 

“Non c’è bisogno che tu aggiunga altro, Bill. So bene che le cose sono cambiate ormai e non mi aspetto nulla da te. Tra l’altro sarebbe davvero di cattivo gusto se io lasciassi Richard per sostituirlo immediatamente con un altro uomo...” 

Bill scoppiò a ridere. “Non hai idea di quanto io sia sollevato di sentirti parlare così, mi era mancato il tuo sarcasmo!” 

“Non sarà certo Richard a rovinarmi la vita.” 

“Così si parla," dichiarò Bill, abbracciandola. 

Una volta annullata la distanza che li separava, la corazza di Ivy crollò e si ritrovò nuovamente a trattenere a fatica le lacrime. 

“Hey, credevo che avessimo deciso che Richard non meritava le tue lacrime...” 

“Purtroppo è più facile a dirsi che a farsi.” 

Bill la strinse più forte, arrischiandosi poi a posarle un bacio tra i capelli profumati di rosa e vaniglia. 

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, Ivy abbandonò ogni cautela e inclinò il viso per poter incontrare le labbra di Bill in un bacio che aveva desiderato ardentemente sin dal momento in cui lo aveva quasi mandato a gambe all’aria nella strada principale di Hogsmeade. 

“Non penso che sia una buona idea, Ivy,” riuscì a dire Bill, nonostante anche lui fosse percorso dallo stesso desiderio che permeava ogni fibra del corpo di Ivy. 

“È proprio questo il punto, Bill. Non ho alcuna voglia di fermarmi a pensare in questo momento...” 

“Ma...” 

“Niente ma, dimmi solo se non ne hai voglia. In caso contrario, ti chiedo di continuare, perché ho un estremo bisogno di contatto...” 

Bill scelse di non rispondere a parole, prendendola nuovamente tra le braccia e assaporando lentamente le labbra che aveva imparato a conoscere nei corridoi della scuola. 

“Mi sei mancato,” sussurrò Ivy. 

“Anche tu.” 

Una volta confessato quanto sentivano, le mani presero a esplorare febbrilmente i corpi coperti da tanti, troppi, strati e le dita s’insinuarono sotto ai vestiti per tornare a sfiorare la pelle che tempo prima conoscevano a memoria. Le parole divennero superflue, sostituite da baci e morsi, da carezze e tocchi sempre più esigenti. L’abbraccio di Bill profumava di muschio e di casa, Ivy si sentiva a sicuro contro il suo petto e sospirò appagata quando, finalmente, i loro corpi tornarono a essere un tutt’uno. Si amarono velocemente e poi ricominciarono con lentezza, prendendosi tutto il tempo che gli restava da passare insieme. 

L’alba li colse in un groviglio di respiri e coperte, chiusi in un bozzolo che nessuno dei due aveva alcuna voglia di abbandonare — nonostante fossero consapevoli che i loro minuti fossero contati. 

Le fronti erano posate l’una contro l’altra, la barba leggermente lunga di Bill aveva graffiato le spalle nivee di Ivy e il e le unghie di lei avevano esplorato ogni centimetro del petto di Bill, tracciandovi segni evidenti. 

“Vorrei poterti dire già ora quando ci rivedremo, ma non sono ancora certa di quello che farò...” 

“Te l’ho detto ieri sera, Ivy, l’importante è che tu faccia ciò che ti rende felice.” 

“Anche se dovessi sposare Richard?” 

Le iridi di Bill s’adombrarono velocemente. 

“Scusa, era una battuta di pessimo gusto... non appena lascerò la stanza andrò a dire ai miei che non posso sposare un fedifrago e poi penserò a come racimolare dei soldi per iniziare la mia nuova vita.” 

“Se ti capiterà di passare per l’Egitto, dovrai venire a trovarmi.” 

“Sei così certo che ti daranno il trasferimento?” 

“Non c’è alcun motivo per cui non lo facciano.” 

“Vorrei avere la tua sicurezza.” 

“L’hai sempre avuta, è solo sepolta da qualche parte,” le disse Bill, accarezzandola con lentezza. 

Si baciarono fino a perdere la cognizione del tempo, iniziando l’ultimo giorno dell’anno nel medesimo modo in cui avevano passato la notte, sugellando così la muta promessa di rivedersi dopo che Ivy avesse iniziato la sua nuova vita

 

*
 

Nel corso dei mesi successivi i due amanti s’incontrarono saltuariamente, mentre Ivy girava per l’Europa e il Nordamerica studiando la traduzione delle antiche Rune — da sempre una sua passione. Inizialmente i loro incontri furono torridi come la notte di dicembre in cui si erano ritrovati; successivamente il loro rapporto maturò fino a trasformarsi in un’amicizia sincera e senza segreti. Ivy fu infatti una delle prime a cui Bill raccontò della studentessa dagli occhi di ghiaccio che era apparsa improvvisamente nella sua vita, sconvolgendo ogni sua idea riguardante l’amore. Al contempo Bill fu felice di scoprire che anche Ivy aveva trovato un uomo degno di lei, un uomo accanto al quale la ragazza percepiva le farfalle nello stomaco proprio come era accaduto ai tempi della relazione con Bill. 

“Avevi ragione quando dicevi che avrei dovuto fare quello che mi rendeva felice... non avrei mai conosciuto Michael se non fosse stato per i tuoi consigli.” 

“Sono davvero felice per te, Ivy.” 

“E io lo sono per te.” 

 


 

 

Nota dell’autrice: 

Felice dicembre! Torno finalmente ad aggiornare questa storia, lasciata in sospeso troppo a lungo, ma ultimamente sono stata decisamente presa con la vita reale. 

Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, ero convinta che Bill e Ivy meritassero un finale migliore di quello dello scorso capitolo e poi ci tenevo tanto a concludere felicemente l’arco narrativo di Ivy. 

La storia è quasi giunta alla sua conclusione, mancano due capitoli più l’epilogo, e dal prossimo Fleur farà finalmente la sua comparsa di persona. 

Sinceramente credo di aver detto tutto e mi auguro davvero di poter concludere le avventure di Bill il prima possibile. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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