A Bts Carol

di _kookieo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 23 dicembre - h 22.50 ***
Capitolo 2: *** Vigilia di Natale : mattina ***
Capitolo 3: *** Vigilia di Natale : pomeriggio ***



Capitolo 1
*** 23 dicembre - h 22.50 ***


A BTS Carol 


23 dicembre - h 22.50


In una sera di qualche anno fa, più precisamente quella prima della Vigilia di Natale, in una piccola città sperduta tra i monti, se qualche curioso avesse osato mettere il naso fuori dalla finestra avrebbe potuto veder scivolare per la via come un’ombra scura un giovane dall’aria molto distinta, con alle spalle un pesante mantello. Non sarebbe stato necessario scorgere il suo viso per capire chi fosse: il suo passo deciso, caratteristico di chi non ha tempo da perdere, avrebbe tradito in un attimo che si trattava di Kim Taehyung di ritorno alla sua abitazione. In questo periodo dell’anno infatti, nessuno girava per le vie del quartiere a quell’ora tarda: ristoratori e commercianti chiudevano ben prima di cena per tornare al più presto presso il calore delle proprie famiglie, e Kim Taehyung era il solo ad attardarsi ogni giorno nello studio di sua proprietà per controllare e ricontrollare i registri contabili della sua attività. Registri che, per inciso, il suo scrupoloso assistente teneva sempre aggiornati con certosina precisione. 

“Fidarsi non è bene e non fidarsi è il meglio” era il suo motto. Non si poteva mai essere del tutto sicuri delle persone e Taehyung viveva nel terrore di svegliarsi un giorno e scoprire che i suoi beni, accumulati in anni di fatica, erano stati fatti fuori fino all’ultimo centesimo. Il buon lavoro che Jungkook aveva svolto come suo segretario negli ultimi otto anni non faceva per Taehyung da garanzia: in fondo, lui stesso aveva pugnalato alle spalle il proprio socio in affari nonché migliore amico non appena ne aveva avuta l’occasione. Dunque perché non aspettarsi qualche giochetto simile anche dal ragazzo? Tanto più che lui e Jungkook non erano amici e la loro relazione si consumava tutta nel rapporto professionale tra superiore e subalterno. 

La campana della piccola chiesa al centro dell’isolato rintoccò undici volte: un suono che parve minaccioso e spinse Taehyung a guardarsi intorno con circospezione e affrettare il passo. Non lo avrebbe ammesso ad anima viva, ma da qualche giorno era pervaso da un senso di inquietudine a tratti così forte da fargli correre un brivido freddo dalla punta dei piedi alla cima dei capelli. Si sentiva osservato, e se non avesse deriso gli sciocchi che credevano a storie del genere, avrebbe pensato di essere seguito da qualche spirito maligno.

Quando entrò in casa si lasciò scappare d’istinto un sospiro di sollievo e maledì la propria stupidità. 

“Spiriti! Fantasmi! Come se queste cose potessero esistere! Sei un idiota, Kim Taehyung” e su queste note andò al piano superiore per prepararsi un bagno. 

Percorse i corridoi bui e freddi della villa. Era la più grande di tutto il quartiere. Con la sua fortuna avrebbe potuto permettersi schiere di domestici pronti ad accoglierlo, candelieri colmi di luce fiammeggiante e stufe piene di brace alte fino al soffitto. Ma sarebbe stato uno spreco di soldi: era dovere dell’uomo ricco fare economia dove si poteva e solo un incosciente avrebbe potuto pensare di scialacquare il proprio patrimonio in futilità come maggiordomi, paggi e cuochi. Perchè dare ad altri il proprio denaro per fare ciò che poteva benissimo far da solo? In fondo non viveva con nessun altro, per fortuna, e non aveva grandi esigenze. I pasti che consumava frettolosamente non erano elaborati e consistevano del necessario. Sarebbe stato anche lì uno spreco di soldi. Per quanto riguardava poi candele e stufe, sapeva muoversi per casa alla perfezione anche al buio e nei mesi invernali aveva le sue fidate vestaglie in pelliccia per tenersi al caldo. Il bagno freddo certo non era gradevole, ma durava poco - l’acqua aveva pur sempre il suo prezzo - e doveva servire uno scopo funzionale, non essere un momento di sollievo come tanti stolti invece credevano. 

Il vero sollievo Kim Taehyung lo provava quando, scorrendo tra le pagine dei registri in ufficio, constatava che il suo capitale era al sicuro e in crescita. Mai avrebbe pensato che qualcosa avrebbe potuto portargli più gioia di un conto pieno di zeri, e sarebbe stato pronto ad uccidere per difenderlo. D’altronde, era quello che aveva fatto, almeno metaforicamente.

L’orologio scoccò la mezzanotte e i suoi rintocchi sembrarono confondersi con misteriosi colpi, come se qualcuno bussasse al di là della parete. Taehyung si portò le lenzuola fin sopra le orecchie e si preparò ad una notte tormentata. 




Note dell’autrice: Ciao! Non so nemmeno io esattamente dove voglia andare a parare con questa mini storia (come al solito), so solo che avevo bisogno di distrarmi dai miei pensieri. Così ho messo giù questa paginetta word, tanto per fare qualcosa, immaginandomi i BTS nella storia Canto di Natale (originale: A Christmas Carol) di Charles Dickens. Forse il tutto è nato anche dalla malinconia di non aver trovato Canto di Natale di Topolino su Disney+, uno dei miei cartoni natalizi preferiti fin da quando ero bambina… 

O forse ero stanca di non riuscire più a scrivere da troppo tempo (la mia ultima OS risale all’ agosto 2020!) e volevo di nuovo fare qualche esperimento, perché rivisitare una storia è sicuramente più facile che creare una di sana pianta.

Non assicuro - qualora pubblicassi altri capitoli - una trama 100% coerente, potrebbero esserci delle incongruenze perchè la sto scrivendo un po’ a sentimento, così come viene. Anche il setting è vago, immagino una cittadina di primo ‘900 ma in quanto a location andate pure a fantasia, “sperduta tra i monti” è tutto ciò che dirò ahah Non è importante onestamente. Voglio solo dar vita a qualcosa e tornare a far muovere dei personaggi, ed ho deciso di condividere il tutto fin da subito - nonostante iniziali ritrosie - giusto per avere una piccola spinta in più. Per uscire da questo torpore che dura da davvero troppo tempo.

Come al solito scrivo note lunghissime e per di più sconclusionate, mi fermo qui. 

Grazie per aver letto questo misero capitolino, non è niente di che, ma è giusto per fare un po’ di compagnia a me e a voi.

Alla prossima,

Elle ~

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Capitolo 2
*** Vigilia di Natale : mattina ***


Vigilia di Natale: Mattina


“Buongiorno signor Kim!” la voce di Jungkook era fastidiosamente più squillante del solito e Taehyung gli buttò addosso un saluto che risultò piuttosto un grugnito. Sapeva il perché di tanto entusiasmo e non aveva intenzione di sopportarlo. Come previsto il suo sonno era stato travagliato e i volti sorridenti per la via prima e nel suo studio ora non facevano altro che aumentare la pressione sui suoi già instabili nervi. 

Prese posizione dietro una massiccia scrivania di mogano borbottando con tono esausto “Cosa diamine vi prenderà in questo periodo dell’anno” e si lasciò cadere pesantemente sulla grande sedia foderata di velluto verde. Era un pregiato pezzo d’antiquariato, ma come il resto del mobilio portava i segni dell’incuria del suo proprietario. Quell’ufficio che un tempo doveva esser stato raffinato e elegante, ad oggi si presentava consunto, quasi decadente. Rammendare i tessuti e lucidare i mobili costava.

“Ma signore, è la Vigilia di Natale!” Jungkook come sempre non si lasciava intimidire e il suo bel volto giovane non perse la sua euforia “E guardi che bel tempo fuori! Stanotte ha nevicato, avremo un bianco Natale con il sole!” sorrise felice e gli occhi semichiusi furono incorniciati da graziose rughette. 

La risposta di Taehyung fu uno sguardo privo di emozione, come se non avesse detto nulla. Senza proferir parola, aprì il registro che aveva davanti e assicuratosi che tutto fosse ancora come la sera prima tornò a Jungkook rivolgendoglisi con diffidenza:

“Immagino tu non abbia ancora fatto il preventivo delle spese del prossimo anno”

Jungkook raddrizzò la schiena e si accomodò meglio sulla modesta sedia di legno su cui era seduto:

“Inizio subito!”

“Non c’è bisogno di urlare Jungkook” rispose Taehyung alzando gli occhi al cielo. La testa gli scoppiava dopo la notte quasi insonne. “Voi ragazzi fate sempre troppo rumore”

Jungkook fece cadere la penna che stava impugnando per portare in fretta le mani alla bocca.

“Cosa c’è!?” scattò Taehyung esasperato.

L’altro cercò di ricomporsi e inghiottire la risata che aveva pronta in gola:

“Mi scusi, è solo che è un ragazzo anche lei, signor Kim. Non ricorda che abbiamo quasi la stessa età?”

Dopo uno strano attimo di silenzio, Taehyung si alzò dalla pesante sedia. Lo fece con mossa aggraziata e Jungkook ebbe modo di constatare, per la milionesima volta, quanto Madre Natura fosse stata generosa con lui. Nonostante il suo spirito di ghiaccio, la durezza perenne impressa nel suo volto non ne scalfiva tuttavia la bellezza. Aveva un fisico longilineo, ma al tempo stesso robusto, una pelle leggermente ambrata che sembrava di bambola e delle labbra rosee della misura perfetta. Occhi freddi ma inspiegabilmente magnetici e una cascata di capelli morbidi color dell’ebano a incorniciare il volto terminavano le fattezze di quella che sarebbe potuta facilmente essere una figura appartenente a un quadro. 

Non di rado, dunque, Jungkook si era trovato a riflettere sull’aspetto etereo del suo datore di lavoro, ad ammirarne i tratti e contemplare la loro perfezione. Ed ogni volta non poteva fare a meno di chiedersi quanto sarebbe potuta accrescere una tale bellezza se solo fosse stata illuminata dalla gioia di un sorriso sincero, di quelli che irradiano luce partendo dagli occhi sul resto del volto. Doveva essere la vista più spettacolare del mondo, ne era sicuro. 

Il muro che Taehyung aveva messo tra sé e il resto delle persone era però così solido che per quanti sforzi Jungkook facesse per scalarlo o farvi breccia, si ritrovava sempre al punto di partenza. Era giovane e credeva ancora nelle favole dal lieto fine, eppure l’atteggiamento  costantemente distaccato di Taehyung da un po’ di tempo aveva iniziato a sgretolare le sue speranze sul fatto che prima o poi sarebbe cambiato. 

Lo vide avanzare e fermarsi di fronte al tavolo dove stava lavorando. I loro sguardi si incrociarono e quello di Taehyung gli parve senza vita.

“Non è importante” mormorò. Jungkook captò qualcosa di insolito nel suo tono e si irrigidì. “Non è importante” ripetè Taehyung gelido “e io e te non siamo uguali”.

Per qualche motivo, questa volta il colpo fu peggio del solito. Taehyung era sempre scontroso nei suoi confronti, ma le parole che gli aveva rivolto adesso presentavano una sfumatura anomala che non aveva mai sentito. Lavorando tutti i giorni (esclusa, grazie al cielo, la domenica) insieme nella stessa stanza dalle otto e trenta del mattino fino a quando il sole calava e non donava più la sua luce, Jungkook aveva imparato a captare gli umori e soprattutto i malumori del suo capo anche già solo da come si toglieva il cappotto o apriva il registro dei conti. Lo aveva imparato a decifrare, o almeno così credeva: in quel momento si rese conto che la distanza tra loro era ancora enorme, probabilmente un abisso. Jungkook aveva avuto l’impressione che le parole di Taehyung fossero fuoriuscite da una cavità nascosta dentro di lui e fossero cariche di un peso che non riusciva a quantificare né a comprendere.

Come può una persona così giovane e bella serbare tutto questo rancore? pensò. Perché sembra detestare qualunque cosa manifesti l’entusiasmo della vita? Per quale motivo odia il mondo, le persone? Per quale motivo odia me?

Sentì un suono metallico provenire dal centro del suo petto. Qualcosa si stava spezzando, forse per sempre. Prese consapevolezza all’improvviso che le acque del bellissimo ragazzo di fronte a lui erano troppo profonde e torbide perché potesse sperare di esplorarle senza annegare. Si fece piccolo piccolo sulla sedia e abbassò lo sguardo:

“Certo signor Kim, non volevo offenderla, mi perdoni l’ impertinenza”

Jungkook pensò che in fondo era vero, loro due non erano uguali. Kim Taehyung era l’ultimo erede di un’importante casata dell’alta società decaduta ed era sangue nobile a scorrere nelle sue vene. Nonostante le disgrazie che si erano abbattute sulla sua vita fin dalla più tenera età, la perdita di ricchezze e titoli prima e la morte di entrambi i genitori poi, era riuscito comunque a risollevare il proprio nome e ammassare di nuovo un’immensa fortuna. Aveva la stoffa del combattente, del leader. Jungkook invece era solo il figlio di una semplice coppia di proprietari di bottega che nel migliore dei casi sarebbe rimasto alle dipendenze di altri per il resto dei suoi giorni. Sentì le lacrime far capolino, ma strinse con tenacia la penna nel pugno e riuscì a fermarle. 

“Non appena avrò terminato questi calcoli glieli porterò in revisione” disse cercando di rendere stabile la propria voce.

“Bene” rispose lapidario Taehyung e tornò alla scrivania.

Ripreso il suo posto, si mise a fissare per qualche altro minuto Jungkook, che buttato a capofitto nel suo compito non alzava la testa dal registro su cui stava prendendo appunti. All’improvviso, Taehyung afferrò in modo nervoso un quaderno e una stilografica, ma si fermò prima di posare l’inchiostro sulla pagina bianca perché si accorse di non aver nulla da scrivere. Stava compiendo gesti strani e inutili e l’inquietudine della sera prima lo colse ancora una volta. Non era sicuro del perché avesse cercato carta e penna a quel modo, così come non riusciva a capire perché avesse sentito il bisogno di avvicinarsi a Jungkook per rispondere al suo commento. Ci si era semplicemente ritrovato e aveva detto parole che quasi non comprendeva. Era come se ciò che Jungkook aveva detto gli avesse attivato un bottone interno, portandolo a una reazione indecifrabile persino per sé stesso. 

Se c’era una cosa in cui Taehyung era però abile - oltre  a far soldi ovviamente - era ignorare le proprie emozioni. Per non far la figura dello sciocco, ammesso che Jungkook si fosse accorto di quanto appena successo, finse di scarabocchiare caratteri a caso sul quaderno. Ogni due tratti lo sguardo tornava però sul ragazzo. Non era abituato a vederlo ritirarsi in quel modo e se fosse stato lucido riguardo quanto provava avrebbe colto la preoccupazione nascosta in quei suoi sguardi. Il fatto di poter sempre contare sull’allegria del giovane era per lui un qualcosa di assodato, scontato. Un angolo di sé capiva perfettamente che nella sua vita fatta di privazioni auto imposte, il sorriso perenne di Jungkook era il suo unico, vero… conforto. Taehyung sgranò gli occhi e la stilografica tremò nelle sue mani. Non era stato lui a trovare quella parola, se l’era sentita soffiare all’orecchio. 

Inalò rumorosamente e Jungkook se ne accorse. Vide Taehyung pallido, madido di sudore e tutta la mortificazione del momento prima scomparve, dimenticata. Di slancio gli si fece vicino e iniziò a scuoterlo con delicatezza a una spalla.

“Signor Kim, sta bene?” si agitò ancora di più allorché Taehyung prese a far cenno di no, anche se non era sicuro che lo avesse sentito e che quella negazione si riferisse effettivamente alla sua domanda “Signor Kim! Si appoggi alla sedia per favore!” Taehyung si lasciò guidare da Jungkook e distese la schiena lungo lo schienale, sentendo i muscoli pian piano rilassarsi. Sotto gli occhi preoccupati del suo sottoposto rimase fermo per qualche altro secondo, lo sguardo fisso e vuoto. Un bagliore poi lo riaccese, e sembrò allora riprendersi. Fece per allontanare Jungkook con un braccio ma le forze gli vennero meno a metà strada e quindi lo lasciò ricadere. Jungkook fraintese e interpretò quel gesto come una richiesta di aiuto. 

“Va tutto bene, signor Kim, ci sono qui io. Cosa è successo? Qualcosa l’ha fatta agitare?” e stava per prendergli una mano ma riuscì a fermarsi in tempo. Non ottenendo risposta continuò con trepidazione “come posso aiutarla?” e in quella domanda mise tutto il misto di  desiderio, emozione e paura scaturito dai suoi sentimenti per così tanto tempo nascosti.

Taehyung scosse la testa stancamente e trasse un profondo sospiro:

“Va a casa Jungkook”

“A casa? Ma non sono nemmeno le dieci…”

“Non fa niente” raddrizzò la schiena “ho dormito molto male questa notte, e la tua confusione intorno non può che farmi stare peggio”. Dette queste parole, sentì l’istinto di voltarsi verso il giovane, ed era lo stesso che lo aveva spinto a fissarlo quando si era rimesso alla scrivania poco prima. Continuava a muoversi a causa di una forza strana, sospinta da un presagio oscuro.  Si sentì di aggiungere, con voce più morbida, forse colpevole: “Vai a casa. E’ la vigilia di Natale, avremmo comunque chiuso nel pomeriggio. Di sicuro i tuoi genitori saranno contenti di averti un po’ più di tempo con loro”.

Notando il cambiamento nella voce di Taehyung, Jungkook si azzardò a protestare:

“Ho- ho paura di lasciarla solo, signor Kim. Se si sente di nuovo male, chi la soccorrerà?”  Taehyung non trovò parole e Jungkook continuò, una nuova luce di fioca speranza ad animargli il volto  "perché non viene con me?” 

Taehyung corrugò la fronte, interdetto: “Come?”

“Possiamo rimanere chiusi oggi, non accadrà nulla. E se può farla stare più tranquillo, le prometto che quando riapriremo farò gli straordinari per recuperare il tempo perduto. Ma un giorno, solo un giorno, signor Kim, lo prenda per riposare, distrarsi dal lavoro e vivere al di fuori di questo studio. A casa mia siamo in tanti, ma accoglienti: vedrà che non si sentirà escluso o un estraneo. E se questa sera si sente davvero troppo stanco, venga domani per il pranzo di Natale. Mia mamma è una cuoca bravissima!” Jungkook era sincero nelle sue parole e ad ognuna il suo animo si sentiva più fiducioso: si convinceva che in fondo ciò che sognava era possibile e questa volta, finalmente, Taehyung avrebbe accettato di condividere qualcos’altro con lui che non fosse quel freddo spazio di lavoro “Un po’ di vita attorno le farà bene, perchè ostinarsi a star da solo?” con uno slancio di entusiasmo osò prendere una mano delicata di Taehyung tra le sue, comunque morbide ma più maschili “Lei non è solo signor Kim”.

Taehyung, che fino a quel momento aveva osservato Jungkook fare il suo discorso senza dire nulla, lo fissò esterrefatto e la vista gli si appannò. Gradualmente, un’altra sagoma inconsistente e sottile come vapore iniziò a prendere forma e a sovrapporsi a quella di Jungkook, sostituendosi infine del tutto ad essa. Così Taehyung vide due occhi ugualmente dolci, ma dalla forma diversa. Un volto bello allo stesso modo ma dai tratti più delicati. E sentì anche un’altra voce giungere a lui dai meandri dei ricordi, più cristallina ma comunque fresca e onesta: tu non sei solo Taehyungie!

Come un lampo, Taehyung comprese. E come un lampo si alzò e dette uno spintone a Jungkook per allontanarlo da sé. Colto di sorpresa, il ragazzo quasi cadde all’indietro e solamente per fortuna riuscì a riprendersi. Sgomento, fissò Taehyung con occhi feriti. La voce di Taehyung fremeva di rabbia, ma era una fiamma gelida, composta e tagliente:

“Vattene via! Chi ti ha detto che ho bisogno di stare con altri? E per quale motivo poi? Per sentirmi augurare ‘buone feste’ il giorno di Natale? Come se gli auguri avessero un valore. A te cosa hanno mai portato? Io starò per conto mio, ma sono ricco, agiato, i miei affari vanno bene. Non credo che i tuoi amati auguri ti mettano il pane sotto i denti, e nemmeno i tuoi parenti se è per questo. L’unico che ti paga lo stipendio sono io e se vuoi che continui a farlo ti ordino di uscire da qui all’istante!”

Lo spaesamento dipinto sul volto di Jungkook si tramutò in smorfia di dolore e tremando il ragazzo corse via, con il cuore a brandelli. 

Appena la porta si chiuse dietro di lui Taehyung si sentì svenire. Si accasciò sulla sedia e riprese fiato. Adesso capiva perché avesse assunto comportamenti tanto anomali dopo che Jungkook aveva affermato la loro simile età. Era lui. Tornava ancora dunque, pur a distanza di anni. Era sempre lui a perseguitarlo. “Conforto”. Non poteva esserci altra spiegazione. Ma cos'altro voleva? Non gli bastava essersi preso la sua felicità? Smaniando, decise di chiudere lo studio e tornare a casa, ma mentre infilava il cappotto un rumore ovattato a un lato dello studio lo fece irrigidire. Con il cuore a mille e le mani tremanti si avvicinò a ciò che aveva attratto la sua attenzione: c’era un foglio sotto a una delle finestre chiuse, illuminato da una strisciolina di sole, volato là per chissà quale vento visto che non c’erano spifferi nella stanza. Taehyung capì cosa stava per guardare prima ancora di verificare, ma quando anche i suoi occhi ne ebbero la prova si sentì raggelare il sangue.

Era il loro primo contratto. Firmato da entrambi. Lo teneva al sicuro in una cartellina, nascosto sotto pile di altri documenti, come era potuto finire lì? L’agitazione fu troppa, e questa volta svenne davvero. 

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Capitolo 3
*** Vigilia di Natale : pomeriggio ***


h 16:45


Quando Taehyung riprese i sensi, fece fatica ad uscire dal suo stato di confusione e si rialzò sebbene la testa ancora gli girasse. La prima cosa che gli saltò all’occhio fu che stava indossando il cappotto, particolare curioso che aumentò di molto la sua agitazione. 

Cosa diamine è successo? Sono svenuto mentre stavo per uscire..? 

Si concentrò un attimo per raccogliere i pensieri fino a quando non ricordò tutto e, come se una scarica elettrica lo avesse percorso da capo a piedi, si scosse dal torpore e riprese la sua ricerca frenetica.

Il contratto! Dov’è? Avrei dovuto dargli fuoco da un pezzo! 

Cercò con affanno il pezzo di carta per tutto lo studio ma fu inutile: sembrava sparito nel nulla. Pensò allora di aver sognato e d’istinto lo sguardo gli cadde sullo scaffale dove lo teneva sempre. 

Però non è possibile… 

Tremando da capo a piedi si avvicinò alla pila di carte e estrasse dal fondo una cartella portadocumenti in pelle scura. La aprì e il suo cuore affondò: ecco il contratto.

Era chiaramente lì, al suo posto, mentre lui ricordava perfettamente di averlo visto per terra. Si agitò moltissimo e con due balzi andò alla porta.

Sto impazzendo... sto impazzendo! 

Fu fuori, il cielo ormai buio e le strade piene di neve quasi deserte. Il profumo dei dolci di Natale si diffondeva morbido nell’aria salendo dai forni delle cucine e il vento frizzante trascinava lungo la sua scia la musica di allegre canzoni cantate da gente serena. Ma Taehyung era ignaro di tutto: percorreva a grandi falcate il percorso fino alla villa immerso nella sua paranoia, troppo occupato a sfuggire ai propri fantasmi e inconsapevole della vita che gli scorreva intorno. Non si accorse nemmeno che una figura avanzava verso di lui rivolgendogli parole festose:

“Signor Kim! Buon Natale! E tanta felicità per il nuovo anno! Le dispiacerebbe aiutarci nella nostra colletta per i poveri?”

L’uomo, in attesa di una risposta, gli si fermò davanti e Taehyung fu costretto a prendere atto della sua presenza solo perché, procedendo ad occhi bassi e di fretta, vi si scontrò.  

“Signor Kim tutto bene?! Le chiedevo se può aiutarci a dare un pasto caldo e un tetto ai poveri che…”

Le sue parole si persero nel buio perché Taehyung aveva tirato dritto, ignorandolo e borbottando imprecazioni.

Poveri! Cosa credono che sia, un’associazione di beneficienza?

Riuscì finalmente a raggiungere casa e una volta trovatosi nell’androne buio si sentì al sicuro. La grande porta antica metteva la distanza giusta tra lui e quanto c’era fuori, vivo o immaginario che fosse. Era nel suo territorio adesso, e non doveva più sopportare persone moleste che chiedevano soldi, stupidi sorrisi smielati o inviti a partecipare a pranzi di Natale rumorosi. Nel pensar così provò una quasi impercettibile fitta al cuore e si ricordò di quanto avvenuto con Jungkook, ma prima che potesse riflettere troppo sulla questione decise di distrarsi con un bagno caldo. Avrebbe tirato la cinghia ancora di più nei giorni successivi, al momento però aveva un bisogno disperato di dare sollievo ai suoi muscoli irrigiditi e dunque un’eccezione alla legge del risparmio era concessa. Una volta a mollo, sentì le forze ritornargli. Sebbene la testa continuasse a essere pesante, e per quanto non ne avesse voglia, il suo spirito pragmatico lo convinse che era venuto dunque il momento di ripercorrere quanto avvenuto in quella assurda giornata.

Gli eventi che aveva vissuto dovevano pur avere una logica, bastava solo trovarla, perchè altrimenti l’alternativa… stava davvero impazzendo? Qualche strana malattia lo aveva forse colpito, e lo costringeva ora ad atteggiamenti irrazionali? Era vittima di allucinazioni? Eppure il contratto lo aveva visto chiaramente, a terra, sotto la finestra. E ne aveva sentito il suono quando era scivolato sul pavimento. O almeno così aveva creduto fino a quel momento. Volle prendersi a schiaffi: tutto questo stava diventando ridicolo. Si era fatto suggestionare dopo un paio di notti di sonno disturbato e aveva iniziato a vedere follia dove non ve ne era, quando la spiegazione razionale all’intera vicenda era evidente: provata dalla scarsità di riposo, la sua mente quel giorno era più suscettibile del solito e quando Jungkook con le sue parole inopportune gli aveva ricordato un argomento delicato lui era caduto preda all'agitazione. Questa stessa agitazione lo aveva poi portato ad avere quelle strane visioni. Anzi, una sola, con Jungkook. Il contratto lo aveva senza dubbio sognato dopo essere caduto a terra per il troppo sonno.

Fu soddisfatto di quel ragionamento e azzardò un sorrisetto smaliziato. Riuscì così a godersi il resto del bagno, ma già un po’ di tempo dopo la sua sicurezza iniziò a scemare. Mangiò da solo nella sala da pranzo disabitata e più di una volta sobbalzò al semplice rumore delle posate sul piatto o di passi affrettati fuori dalla porta. Quando poi arrivò il momento di mettersi a letto, il cuore gli batteva ormai fortissimo, ma a questo punto Taehyung aveva deciso di accettare la situazione per quello che era: chiaramente il suo corpo era a pezzi, una buona notte senza incubi sarebbe stata sufficiente a farlo ritornare in sé e mettere la parola fine a tutte quelle stupidaggini. Posò la testa sul cuscino e si girò su un fianco, pronto a crollare, ma nonostante l’enorme stanchezza non riuscì a rilassarsi subito e la sua mente continuò a correreRipensò di nuovo a sé stesso disteso lungo il legno del pavimento dell’ufficio e una domanda gli sorse spontanea: era rimasto lì per ore, possibile che nessuno fosse entrato e se ne fosse accorto? La risposta non tardò ad arrivare, da un recesso della mente: si, era possibile. Non aveva appuntamenti e non c’erano motivi per cui qualcuno avrebbe dovuto andarlo a salutare per puro piacere. Senza Jungkook lì con lui era normale che non fossero arrivati soccorsi. “Se si sente di nuovo male, chi la soccorrerà?” gli aveva chiesto il ragazzo. Taehyung in quel momento non aveva risposto e sapeva il perché: avrebbe dovuto ammettere di aver bisogno di Jungkook e lui odiava aver bisogno di qualcuno o qualcosa, al di fuori del denaro. Il suono di altre parole lo accarezzò:

Lei non è solo.

Tu non sei solo.

“Non sei solo Taehyungie”: una promessa mai mantenuta, quella frase detta in un giorno lontano. Taehyung stava già entrando nel mondo dei sogni e sotto le palpebre chiuse presero a danzare figure legate a un’altra epoca che si confusero subito con ricordi più recenti: Jungkook che lo guarda ferito e la presenza di lui a infestare ancora la sua vita; quel contratto dannato, apparso come per magia dal nulla; e poi i nomi scritti sulla carta ingiallita, vicini come un tempo lo erano sulla targa d’ottone appesa all’ingresso dell’ufficio. “KIM TAEHYUNG - PARK JIMIN”. Nel sentirsi trascinare verso le profondità del sonno, per un istante sperò di non svegliarsi mai più. 

La sua notte invece fu purtroppo più breve del previsto. Allo scoccare della mezza si svegliò di soprassalto: gli era sembrato di sentire nuovamente quegli strani battiti al di là della parete. La sua testa riprese a pulsare e si portò le mani alle tempie, strizzando gli occhi come a proteggersi dai rumori sordi che sembravano non cessare mai. Non sapendo cos'altro fare, decise di darsi una scrollata e dopo aver acceso la candela sul comodino avanzò a passi cauti ma decisi verso la porta. Un brivido gli corse lungo la schiena quando ebbe l’impressione che ora i colpi si fossero trasformati in pesanti passi, e sembrava proprio che stessero salendo le scale che collegavano il piano terra al primo piano, dove si trovava ora lui. Esitò prima di girare il pomello, ma alla fine la curiosità ebbe la meglio: spalancò la porta e guardò giù dalla rampa. Un urlo strozzato gli nacque in gola e la paura lo immobilizzò. 

Sto sognando. Sto sognando!

Lentamente avanzava verso di lui una figura che di umano aveva solo la forma, ma non i colori né la consistenza: tutta azzurrina, i suoi contorni erano sfocati e sembravano dissolversi nell’ambiente circostante.  Quando poi Taehyung si accorse che le si poteva vedere attraverso il suo sgomento aumentò e in preda a un'agitazione mai provata prima rientrò di corsa nella stanza, chiuse la porta a chiave e si rannicchiò nell’angolo più lontano, inorridito.

Non servì a nulla: la presenza, completamente incorporea, riuscì ad entrare senza nessun problema attraversando direttamente la porta e lentamente, fissandolo negli occhi, avanzò verso di lui. 

“Va-va via!” urlò Taehyung, in preda all’angoscia assoluta “Indietro demone!”

La figura si fermò e sul suo viso fino a pochi istanti prima impassibile sorse uno sguardo perplesso.

“Demone? Io? Non sono un demone!” riprese ad avanzare a passo più spedito, portando Taehyung ad addossarsi ancor più contro il muro “Non hai mai visto un fant-” 

Fu tutto molto veloce: in un attimo Taehyung vide l’uomo - se così si poteva chiamare - di fronte a lui inciampare sui propri piedi a causa di una trave del pavimento leggermente sollevata e cadere rovinosamente a terra. Sgranò gli occhi, incredulo e spaesato, non capendo come spiegarsi quel siparietto assurdo. Il fantasma si rialzò con rumore, un poco goffo e borbottando parole di scuse. Taehyung era sempre più confuso.

“Ti-ti stai scusando..?” riuscì a chiedere, con voce un tantino tremante “Si può sapere chi sei? Sto sognando, vero? Tutto questo è un incubo”

L’essere si schiarì la gola:

“Non stai sognando, e mi dispiace per questa presentazione poco… dignitosa. Però questo pavimento, così rovinato! E’ pericoloso!”

"Farlo riparare costa e poi pericoloso per chi?!” scattò Taehyung “Questa è la mia camera e so perfettamente come muovermici. Sei tu che non dovresti essere qui! Ripeto: chi sei e cosa vuoi da me?”

“Ah certo, non ho finito di presentarmi! Dicevo: non sono un demone, sono un fantasma. Lo Spirito del Natale Futuro ad essere precisi”. 

Taehyung trasse un profondo sospiro. La paura se ne era andata e la convinzione di star davvero sognando aveva preso del tutto il suo posto. Rassegnato al mal di testa che lo avrebbe aspettato anche la mattina seguente, fece per tornare a letto.

“Stupidi sogni”

Una mano grande e fredda lo bloccò afferrandolo per un braccio e Taehyung si fermò, paralizzato. Quel tocco gelido sulla sua pelle sembrava fin troppo vero .

“Ti ho già detto che non è un sogno. Devo esaudire un desiderio e tu mi darai ascolto”.

Il fantasma aveva cambiato tono. Era tornato scuro e minaccioso e Taehyung decise che, nel dubbio, a questo punto era meglio stare al gioco, tanto più che non sembrava comunque intenzionato a fargli del male. 

“Hai detto di essere lo Spi-” si sentì idiota, ma si forzò a proseguire “lo Spirito del Natale Futuro, giusto? E che non sei un demone?”

“Esattamente!” la presenza sembrava tornata serena, e fece un piccolo inchino “Mi presento finalmente: il mio nome è Kim Namjoon, e torno qui nel mondo dei vivi in questa notte magica per mantenere una promessa fatta tanto tempo fa”

“Promessa?”

“E’ una lunga storia” sorrise e due profonde fossette comparvero sulle sue guance “diciamo che non sono stato una bravissima persona in vita, un po’ come te”

Taehyung era sempre più  incredulo e fece per ribattere, ma venne subito interrotto:

“Sai perfettamente cosa voglio dire caro il mio Kim Taehyung” continuò Kim Namjoon con leggerezza “ti ho osservato per un bel pezzo prima di venirti a trovare”

Taehyung non capì all’inizio ma dopo qualche secondo lo fissò sbigottito:

“Allora… allora eri tu. Mi hai seguito tu in questi giorni, non ero pazzo!”

“No. Sei tante cose, ma pazzo non è certamente una di quelle. Ero io, hai indovinato. Non potevo materializzarmi come sto facendo ora perché per un incantesimo del genere occorre un’energia potente, che solo in notti come quella di Natale è possibile trovare nell’Universo. Però ho potuto seguirti, invisibile, e mi sono convinto che la richiesta che mi è stata fatta era lecita” concluse poi con un ghigno leggermente sinistro “Per questo mi sono anche permesso di darti un po’ fastidio”

“Quale richiesta?” chiese Taehyung deglutendo, ma Namjoon continuò come se non avesse parlato.

“Dicevo, io non sono stato una bravissima persona in vita, proprio come te. Eppure, per una serie di mirabolanti avvenimenti che non starò qui a raccontarti, arrivai in punto di morte estremamente pentito. Tale fu la forza del mio pentimento che alla mia anima fu concesso qualcosa di straordinario: sarebbe stata salva a patto che avessi aiutato a portare la felicità nella vita di 888 anime buone. Ci sono tanti fantasmi come me nel mondo degli spiriti, ma in questa situazione, vedendo te, ho subito pensato che sarei stata la persona- voglio dire, lo spettro adatto alla missione” e guardò Taehyung con espressione soddisfatta, come se il suo discorso avesse chiarito ogni dubbio e fosse perfettamente logico.

Taehyung ripetè la domanda che aveva posto prima. 

“Quale richiesta?”

Namjoon alzò gli occhi al cielo. 

“Non te lo posso dire. Mai sentito parlare di segreto professionale?” prima che l’altro potesse replicare continuò “comunque capirai tutto a tempo debito, forse. Per adesso, accontentati di ciò che ti verrà mostrato da me. Ti aspetta un bel viaggio”.

Detto questo, prese Taehyung per mano, schioccò le dita e come per magia la stanza fu vuota.

***

“Che viaggio? Di che vai parlando?!"

Furibondo, Taehyung si divincolò dalla stretta di Namjoon - che per essere un fantasma incorporeo aveva una presa davvero salda - e in un primo momento sbandò leggermente, poiché la testa gli girava. Non erano più nella sua camera, bensì per strada, in una via che riconobbe subito.

“Come siamo arrivati qui? Sono in pigiama! E perché siamo davanti al mio ufficio?”

Namjoon rispose tranquillo:

"Calmati, nessuno può vederci. Siamo qui perchè beh… scoprilo da solo” e indicò la porta dello studio. Non capendo, Taehyung seguì la direzione del dito di Namjoon e lo sguardo gli cadde sulla targa appesa all’ingresso. Incredulo, si avvicinò meglio e lanciò poi un urlo:

“Questo non è il mio nome… Che significa? Spettro, cosa significa?!” con ansia si avvicinò ai vetri da cui si poteva vedere l’interno. Il cuore prese a battergli fortissimo quando si accorse che tutto era diverso: quelli non erano i suoi mobili, non c’era la grande scrivania appartenuta a generazioni di suoi antenati e persino il tavolo e la seggiolina di Jungkook non erano più lì. Tutto era diverso, tutto era cambiato. I quadri, la tappezzeria, anche il lampadario. Chi si era impossessato del suo studio? Non era possibile che lo avesse ceduto, non lo avrebbe fatto per niente al mondo.  Tentò lo stesso, pur conoscendo la risposta:

“Siamo-” la sua voce si incrinò “siamo nel futuro, giusto? Ho venduto il mio studio perchè mi sono trasferito da un’altra parte immagino…  dove?” Poiché Namjoon non rispondeva, si girò verso di lui. Era alle sue spalle, lo fissava con aria seria, senza accennare a parlare, e la sua silhouette inconsistente sembrava ballare insieme all’aria sferzante. Urlò di nuovo: “dove?!”

Namjoon continuava a tacere e Taehyung trasse un bel respiro. Perché si stava scaldando tanto? Anche se da qui a qualche anno si fosse trasferito in un altro posto, che cosa importava? Ma poi davvero credeva che tutto questo fosse reale? Era inutile disperarsi, tanto meno dare a questo strano spettro la soddisfazione di averlo messo in difficoltà. Per quanto vero sembrasse, era tutto uno stupido sogno. Si calmò e lanciò poi a Namjoon uno sguardo di sfida:

“Scusami, ma non capisco proprio che cosa tu stia facendo. Va bene, darò via il mio studio, quindi? Perché dovrei preoccuparmi? Probabilmente ne ho comprato uno nuovo, avrò avuto i miei motivi” e con apprensione cercò nell’espressione di Namjoon una conferma che non venne. Per qualche motivo ne aveva bisogno, come se una parte di lui sapesse già che le cose non erano andate così bene. 

“Ti preoccupi come al solito sempre e solo di te stesso. Non ti viene in mente nessun’altro in questa situazione?”

Taehyung aggrottò la fronte:

“Chi dovrebbe venirmi in mente?”

Namjoon parlò con lentezza, come chi spiega le cose a un bambino “il tuo studio è chiuso. Forse hai fatto più soldi e lo hai venduto per andare in uno più grande, ma forse hai dovuto cessare l’attività” prima che Taehyung potesse buttargli addosso un’imprecazione continuò “il tuo destino è l’unico di cui ti importa? O c’è un’altra persona  che potrebbe aver pagato le conseguenze dei tuoi errori?”

“Un’altra..?” Taehyung rimase spaesato per qualche secondo e poi sembrò capire all’improvviso “Jungkookie!”


Nel dire questo, si ritrovò all’improvviso in un altro posto, anche questo inconfondibile.

"Perché ora siamo di nuovo davanti casa mia? E Jungkook? Che volevi dire?”

“Zitto, Taehyung. Non importa adesso. E’ stato comunque il tuo ultimo pensiero, quello che potrebbe aver significato per il piccolo Jungkook e la sua famiglia perdere il lavoro presso di te” 

“Perdere il lavoro?” Taehyung vide Namjoon ignorarlo e iniziare a salire i gradini d’ingresso alla villa. Lo seguì concitato “Ma perché? Che ne è della mia attività?!” una nota di panico gli aveva ora preso la voce ma non si curò di sembrare disperato: voleva una risposta a quel bruciante interrogativo che lo stava martellando. 

Namjoon scosse la testa, un sorriso debole e rassegnato sulle labbra:

“E di nuovo pensi a te stesso. Entro da solo o vieni anche tu?” e attraversò il portone di legno senza aspettare. Taehyung rimase interdetto un attimo poi si convinse a seguirlo. Provò ad aprire il portone usando la maniglia, ma le sue mani non afferrarono nulla: era inconsistente in questa dimensione, proprio come lo Spirito, e fu quindi con non poca ansia che entrò anche lui nella villa come un fantasma. La sensazione fu molto strana, ma non ebbe il tempo di pensarci perché si accorse che Namjoon era già sulle scale, diretto verso la sua camera da letto al piano superiore, e quando lo raggiunse entrarono insieme nella stanza. Qui rimase senza parole. 

Tutto era buio, come sempre, solo una tenue candela ardeva, emanando un debole bagliore dal comodino sul quale era posata: e Taehyung vide sé stesso. A sedere sul letto, sotto le coperte e con il solito pesante mantello alle spalle, stava rannicchiato, tremante e aveva il viso pallido, quasi spettrale, profondamente incavato. Ciò che però lo colpì maggiormente e lo inondò di un senso di allarme fu il rantolare sinistro del suo respiro. L’unico suono nella stanza era infatti quel respirare affannato, spezzato, chiaro segno di una respirazione faticosa. Incapace di dir nulla, stette a guardare, con il cuore che palpitava e percependo la presenza grave di Namjoon di fianco a lui. Quell’ombra di sè stesso iniziò all’improvviso a tossire in modo secco e strozzato, convulsamente. Prese un fazzoletto da sotto il cuscino, lo portò alla bocca e quando lo allontanò si videro chiaramente due chiazze di sangue.

Taehyung prese a tremare da capo a piedi. 

“Sono malato..?” la sua voce era un filo “Spettro, ti prego, quando accadrà tutto questo?

“Dipende da te, Taehyung. Potrebbe essere il prossimo Natale, potrebbe essere tra due. Ma non è un destino scritto: potrebbe anche non essere mai. Dipende da come ti comporterai con le persone intorno”

Il Taehyung nel letto continuava a tossire, senza sosta. Sembrava ormai al limite e il Taehyung del presente sentì il panico prenderlo con violenza e la rabbia montargli in petto:

“Cosa me ne importa adesso degli altri? Voglio solo sapere quando accadrà questa tragedia e se mi riprenderò!”

Namjoon fece un sorrisetto che a Taehyung sembrò contaminato da una punta di cattiveria:

“Vediamo: sei in una casa fredda, completamente solo, malato di tubercolosi. Non hai nemmeno più il tuo studio… cos’è che dovrebbe esattamente tenerti attaccato alla vita?” di nuovo una luce sinistra parve brillare nei suoi occhi pallidi e Taehyung ebbe la tremenda sensazione di trovarsi vicino a uno Spirito ben diverso da quello impacciato e quasi amichevole che gli si era presentato all’inizio. Sentì il terrore mandargli in subbuglio lo stomaco e la sua mente pratica iniziò a pensare freneticamente a una possibile soluzione al disastro che si prospettava: di nuovo, ci fu un solo nome.

“Dov’è Jungkook?” esclamò “lui potrebbe aiutarmi, potremmo anche, che so, metterci in società per far ripartire tutto-”

Namjoon rise, spietatamente:

“Non hai capito niente, come sempre. Sei stato tu a mandarlo via. E’ solo colpa tua” Taehyung non riuscì a rispondere, del tutto impotente di fronte a una risposta del genere “Lo hai incolpato di alcuni tuoi fallimenti. Hai osato licenziarlo credendo che ti stesse remando contro. Quante volte farai ancora lo stesso errore?”

“Cosa intendi dire?”

Lo Spirito non rispose. Lo afferrò con violenza per un braccio e per l’ennesima volta quella notte Taehyung si ritrovò all’improvviso in un altro posto. Erano tornati nei pressi del suo studio, ma adesso era pieno giorno. La vita al centro della piazzetta del paese fremeva e mentre Taehyung si guardava attorno cercando di capire perché lo spirito lo avesse portato ancora lì vide far capolino tra la folla un volto conosciuto. Ne sentì la risata cristallina. Era Jungkook, che camminava di fianco a un altro giovane e sembrava felice. Taehyung non poté fare a meno di notare che i due si scambiavano sguardi complici e la dolcezza in quello di Jungkook era infinita. Il cuore gli fece male per un attimo ma non ne capì il motivo. Seguì il ragazzo con lo sguardo e lo vide mentre si fermava davanti la via che portava al suo studio.

L’altro lo interrogò:

“Jungkookah che succede? Pensi ancora alla questione del signor Kim?”
Il bel viso di Jungkook si velò di tristezza. Disse sommessamente:

“Facevo questa strada tutti i giorni… sono tre mesi che ha venduto lo studio e da quel momento non si è più fatto vedere in giro. Chissà se sta bene. Io-”

“Tu non puoi più fare niente per lui, Jungkook” gli strinse con delicatezza una mano e quella mossa complice fu un altro colpo per lo stomaco di Taehyung. “Devo ricordarti del modo in cui ti ha trattato? Credendo che fossi tu, tra tutti, ad essere stato disonesto quando invece gli affari erano andati male per via di sue valutazioni sbagliate?”

“Però lui non lo sapeva…”

“Jungkook, per favore non difenderlo. Ti ha cacciato via come un cane e per il mese in cui sei stato senza lavoro la tua famiglia è quasi morta di fame. E non si è mai scusato” guardò Jungkook con affetto “dai, non pensarci più. Ti va di andare a mangiare delle ciambelle calde?” 

Taehyung provò rabbia per questa persona che non conosceva e che si permetteva di manipolare Jungkook in quel modo contro di lui. Ma chi era? Come osava?

“Hey! Quali ciambelle calde? Io sono malato! Qualcuno mi vada ad assistere!” disse pur sapendo che i due non potevano sentirlo e le sue sarebbero state parole inutili.

“Proprio non capisci?” la voce di Namjoon era tagliente “non verrà nessuno. Quel poco di umanità che ti era rimasta è sparita con Jungkook e il tuo cuore già arido si è essiccato una volta per tutte. L’ossessione costante che qualcuno ti potesse ingannare di nuovo ti ha portato a vendere lo studio e ritirarti in casa, da solo coi tuoi amati denari. Ti sentivi al sicuro. Ma non avevi previsto che alcuni mali possono strisciare sotto l’uscio. La malattia ti ha colpito e quando hai capito che era troppo tardi per chiedere l’aiuto di cui davvero avevi bisogno, hai preferito arrenderti e lasciarti morire. Non c’è più speranza: questo che stiamo vedendo ora sarà il tuo ultimo giorno di vita”

A queste parole, tutto attorno a loro si trasformò ancora una volta e al posto della piazza bianca comparve una distesa di terreno brullo, dove una luce crepuscolare si fondeva al bagliore rosso di un sole in tramonto creando sulla terra scura riverberi rosso sangue. Sembrava l’Inferno. 

Taehyung urlò:

“No! Spirito aiutami! Non voglio morire!”

Una buca profonda squarciò il suolo e una stele bianca apparve, con inciso un nome. Il suo.

“Allegro Taehyung! Sarai l’uomo più ricco di tutto il cimitero!!” Namjoon rise sguaiatamente e con forza spinse Taehyung dentro la buca. Il ragazzo lanciò un urlo lacerante: prese a cadere sempre più giù vorticando su sè stesso e il tunnel nero sotto i suoi occhi sembrò non finire mai.

Ci fu un tonfo e con il respiro ancora mozzato in gola si trovò bocconi sul pavimento della propria camera.

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