Jack Daniels and orange juice mix better than I would have imagined.

di Soly_D
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Happy 2nd wedding anniversary ***
Capitolo 2: *** Red – as Christmas, as Ian Gallagher ***
Capitolo 3: *** A night to remember ***



Capitolo 1
*** Happy 2nd wedding anniversary ***


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Jack Daniels and orange juice
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#01. Happy 2nd wedding anniversary

«Voglio il divorzio».
Ian glielo disse di primo mattino senza nemmeno guardarlo negli occhi, le mani indaffarate a preparare la colazione come ogni giorno da quando erano sposati – due anni per l’esattezza.
Mickey sperò che stesse scherzando, perché la parola divorzio equivaleva a dire niente più convivenza, niente più scopate – e che scopate – in ogni angolo della casa, niente più tavola apparecchiata quando tornava dal lavoro (o meglio, da furti e rapine, ma questa era un’altra storia). In poche parole, niente più Ian Gallagher nella sua vita, e la cosa non gli sembrava… fattibile.
«Mi prendi per il culo?», chiese con una nota stridula nella voce.
«No», rispose tranquillamente Ian, lo sguardo ancora fisso sui fornelli.
«E me lo dici il giorno del nostro secondo anniversario di matrimonio?», replicò ancora Mickey, ora furibondo. «Dopo che abbiamo scopato tutta la notte?».
Ian alzò finalmente lo sguardo ed era così serio in volto, così deciso, che Mickey sentì chiaramente un crack al centro del petto.
«Il fatto che voglio il divorzio non significa che non ti amo più o che non sono più attratto da te. Semplicemente, da quando siamo sposati, la mia vita oscilla tra il rischio di finire nuovamente in prigione e quello di morire in una sparatoria. Mi sono stancato, quindi sì, voglio il divorzio».
Mickey ingoiò a vuoto cercando di mandare giù il fastidioso groppo alla gola. Okay, forse non era il marito migliore del mondo, ma pensava che Ian lo avesse ormai accettato e che la cosa, in fondo in fondo, lo divertisse.
«Stai prendendo le tue medicine?», chiese infine Mickey in un ultimo barlume di speranza. Magari si trattava solo di un attacco di bipolarismo temporaneo, curabile con qualche nuovo farmaco, una bella dormita e una sana scopata – un po’ come facevano dopo ogni litigio, giusto per ricordargli le fondamenta della loro relazione.
«Non ricominciare con questa storia», sbuffò Ian distogliendo nuovamente lo sguardo. «Sto prendendo le mie medicine e mi sento benissimo. Non è una decisione dell’ultimo minuto. Ci rifletto da giorni e sono arrivato alla conclusione che non possiamo più stare insieme».
Seguì un lungo attimo di silenzio dopo il quale «’Fanculo, Gallagher», concluse Mickey voltandosi e abbandonando la cucina a passo di marcia. Lo sguardo lucido di Ian gli aveva tolto qualsiasi dubbio. E pensare che gli aveva pure preso un regalo degno di una stupida adolescente in calore: una cornice in legno intarsiato con una foto di loro due uniti in un bacio nel giorno del loro matrimonio, dato che si era accorto che in casa non avevano nessun ricordo del genere… Magari, al ritorno, ci avrebbe fatto un bel falò.
Qualche attimo dopo, Mickey era già in strada con una lacrima impigliata tra le ciglia e la pistola incastrata tra il fianco e la cintura al di sotto della maglia. Non avrebbe sparato a nessuno, questo no, ma era certo che far saltare in aria qualcosa come ai bei vecchi tempi lo avrebbe fatto sentire meglio – o perlomeno lo avrebbe distratto dal pensiero che il fottuto amore della sua vita volesse definitivamente lasciarlo.


Mentre si lanciava in strada all’inseguimento di suo marito, a Ian non venne affatto da ridere come aveva immaginato. Non pensava che Mickey ci avrebbe creduto così facilmente e soprattutto era fermamente convinto del fatto che gli avrebbe urlato contro parolacce e insulti fino a fargli vuotare il sacco. Di certo non si aspettava che se ne sarebbe andato via così, rosso in volto per la rabbia e senza dire una parola – tutto per colpa sua e della sua stupidissima voglia di vendicarsi dell’anno prima, quando Mickey aveva finto per tutto il giorno di essersi dimenticato del loro primo anniversario spezzandogli il cuore ora dopo ora (salvo poi avergli organizzato una fantastica festa a sorpresa, ma questi erano dettagli).
«Mickey, aspetta, non dicevo sul serio», tentò Ian con calma accelerando il passo per raggiungerlo. Ma evidentemente Mickey non aveva alcuna intenzione di restare calmo perché si voltò di scatto in mezzo al vicolo e, piantando saldamente i piedi per terra, sparò un colpo a pochi centimetri dal piede destro di Ian con una pistola tirata fuori da chissà dove, incurante del fatto che qualsiasi passante avrebbe potuto assistere alla scena e chiamare la polizia.
«Ma che cazzo!», urlò Ian spaventato saltando letteralmente da terra.
«Non rimangiarti le parole», lo minacciò Mickey, sollevando il braccio e puntandogli la pistola dritto in volto. «Ormai l’hai detto. Se vuoi il divorzio, allora divorzieremo. Non c’è nessunissimo cazzo di problema».
«Mickey…», sussurrò Ian a quel punto facendo qualche passo avanti verso di lui. Da quella distanza poteva vedere chiaramente gli occhi azzurri di Mickey velati di una patina lucida e la cosa lo fece sentire ancora più in colpa di quanto già non si sentisse. «Stai piangendo».
«Non sto piangendo, è che mi sono fumato una canna appena sveglio», ribatté Mickey passandosi il dorso della mano sugli occhi per asciugarli. «Tu stai piangendo, coglione».
«Io non…», tentò Ian portandosi a sua volta una mano agli occhi e sorprendentemente li trovò tanto bagnati quanto quelli di Mickey, se non di più. Suo marito aveva ragione: stava piangendo e non se ne era nemmeno accorto. La verità era che l’inaspettata reazione di Mickey al suo scherzo lo aveva letteralmente destabilizzato, dandogli la conferma del fatto che Mickey lo amasse molto più di quanto desse a vedere e che la sola idea di divorziare lo mandasse fuori di testa.
Che stupido era stato. Se avesse potuto tornare indietro, quella mattina non lo avrebbe accolto con quel falsissimo «Voglio il divorzio» ma con un sincero «Buon anniversario, ti amo» e un lungo bacio appassionato.
In un attimo Ian gli fu vicino e, incurante delle proteste di Mickey, lo strinse a sé così forte da impedirgli di dimenarsi e sbracciarsi.
«Scherzavo prima, davvero», gli sussurrò all’orecchio. «L’anno scorso hai fatto finta di dimenticarti di che giorno fosse. Volevo fare qualcosa di simile, pensavo che sarebbe stato divertente ma… ho esagerato, mi dispiace. Non voglio il divorzio, Mickey, te lo giuro. Non sopporterei una vita senza di te».
«Bello scherzo di merda, stronzo. Potresti fare l’attore, sai? Pornografico e non», commentò ironicamente Mickey e finalmente Ian lo sentì rilassarsi contro il proprio corpo abbandonando il piede di guerra.
Restarono stretti in quel modo per qualche minuto, Ian con le braccia avvolte intorno alle spalle di Mickey e Mickey con le proprie abbandonate lungo i fianchi, fin quando Ian non si staccò da lui per prendergli il volto tra le mani e guardarlo dritto negli occhi, ora asciutti.
«Avevo prenotato un massaggio e una cena al ristorante. Basteranno a farmi perdonare?», chiese speranzoso.
Mickey roteò gli occhi schioccando la lingua sul palato con fare fintamente scocciato. «Ti perdonerò solo se prima mi farai il pompino migliore che io abbia mai ricevuto in tutta la mia vita…».
Ian sorrise sollevato stampandogli un veloce bacio sulle labbra screpolate. «Facile».
«…E poi ti farai scopare come una troia», concluse tuttavia Mickey andando a sfiorargli il fondoschiena con la punta della pistola ancora stretta nella mano e scoccandogli un’occhiata così maliziosa che Ian sentì chiaramente rimescolarsi tutto all’altezza dello stomaco. Non gli piaceva particolarmente il ruolo del passivo, ma non poteva negare che, le poche volte che aveva permesso a Mickey di stare sopra, aveva goduto da matti. Oltretutto, per lui avrebbe fatto questo e altro.
«Ci sto», acconsentì prima di trascinare suo marito in casa, sbatterlo contro la porta chiusa senza incontrare resistenza e slacciargli freneticamente la cintura, pronto a farsi perdonare e a rendere quell’anniversario assolutamente memorabile.








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Capitolo 2
*** Red – as Christmas, as Ian Gallagher ***


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#02. Red – as Christmas, as Ian Gallagher

Quando quel pomeriggio Mickey sentì suonare alla porta, tutto si sarebbe aspettato tranne che di trovarsi di fronte il volto lentigginoso di Ian Gallagher incorniciato da un ridicolo cappellino di lana rosso – rosso come i suoi dannati capelli, le sue guance sbarbate e il suo naso infreddolito. Un vero e proprio tripudio di rosso. Rosso come il Natale. Che festa di merda. Che colore di merda.
«Mandy non c’è», annunciò Mickey prontamente, perché non poteva assolutamente credere che Ian si fosse presentato a casa sua per lui senza invito e senza preavviso il giorno di Natale. Che cazzo di motivo avrebbe avuto per farlo?
«In realtà sono qui per te», disse invece Ian piegando l’angolo della bocca in un mezzo sorriso e sgretolando tutte le sue certezze. «Buon Natale, Mickey», aggiunse, e nel farlo tese verso di lui le mani guantate che fino ad allora aveva tenuto nascoste dietro la schiena e che ora esibivano orgogliosamente un sottile pacchetto ben incartato, il quale aveva tutta l’aria di essere un fottutissimo regalo di Natale.
«Ma che cazzo, Gallagher! Sei serio?!», sbottò Mickey fulminandolo con lo sguardo. L’ultima volta che aveva ricevuto un regalo di Natale era stato da parte di Terry tre o quattro anni prima – la sua prima vera pistola. Ah, che bei ricordi. Ma quello… quel regalo da parte di Ian, qualunque cosa fosse, non aveva il benché minimo senso. Non stavano mica insieme. Accettarlo sarebbe stato da froci.
«Siamo amici, no?», tentò Ian come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Mickey avrebbe voluto specificare che no, non erano affatto amici, se mai trombamici, ma Ian gli ficcò letteralmente il pacchetto nelle mani e «Forza, aprilo!», lo incoraggiò.
Mickey guardò prima il pacchetto, poi il volto luminoso di Ian e poi ancora il pacchetto, stavolta con malsana curiosità. Chissà che cazzo conteneva, chissà se gli sarebbe piaciuto… Oh, ‘fanculo, si disse scartandolo, o meglio stracciandolo rudemente fino a tirarne fuori la scatola di quel nuovo e costoso videogioco di sparatorie che entrambi desideravano ardentemente. Era proprio un bel regalo, cazzo. Di sicuro gli era costato la paga di almeno due o tre giorni di lavoro al Kash and Grab, e di sicuro non aveva comprato una copia anche per sé. Sarebbe stato troppo.
«Non ti dirò grazie, se è quello che stai aspettando», mise in chiaro guardando di sottecchi il volto di Ian.
«L’hai appena detto», gli fece notare lui con un sorrisetto sghembo, al che Mickey sbuffò irritato. «Allora io vado, poi fammi sapere com’è», concluse Ian mettendo le mani nelle tasche del giubbotto e voltandosi.
Si era allontanato giusto di qualche passo quando Mickey decise che non poteva lasciarlo andare così e, stringendo il videogioco tra le dita con più forza del dovuto, trovò il coraggio di richiamare Ian.
«Lo proviamo?». Insieme. «Mio padre è fuori a bere».
Un paio di minuti dopo, si stavano sparando a vicenda a colpi di joystick e parolacce sul divano scomodo e consunto di casa Milkovich, passandosi di tanto in tanto una sigaretta e una lattina di birra.
Un’ora dopo, la sigaretta era diventata un mozzicone, la lattina giaceva per terra vuota insieme ai due joystick e su quel divano ci stavano scopando con i vestiti addosso, perché nessuno dei due aveva avuto la pazienza di spostarsi in camera da letto ma Terry o Mandy sarebbero potuti tornare da un momento all’altro.
Ad un certo punto, con la faccia spiaccicata contro il bracciolo del divano, l’odore del tabacco nelle narici e il culo impegnato ad accogliere le spinte intense e profonde di Ian, a Mickey parve di udire un «Grazie» appena sussurrato.
«Grazie per… cosa?», ebbe la forza di chiedere.
«Per aver ricambiato il regalo».
«Ma io non ti ho fatto nessun…», ribatté Mickey stordito, ma Ian affondò dentro di lui con ancora più veemenza facendogli ben intendere a cosa si riferisse e quella frecciatina ironica bastò a infiammargli le guance (e il bassoventre) come una stupida checca. Menomale che Ian, in quella posizione, non poteva vederlo.
«Coglione».
Il Natale non era poi così male, dopo tutto. E nemmeno il rosso.









Note dell'autrice:
Okay, questi due mi stanno facendo impazzire. Oltrettutto mi sono resa conto che due terzi di tutto ciò che ho scritto è Mickey centric, il che mi porta a pensare che amo la sua personalità più di quanto io possa amare i pettorali di Ian AHAHAH.
Grazie a chi vorrà lasciare un commento <3

Soly








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Capitolo 3
*** A night to remember ***


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#03. A night to remember

Quando la porta della cella si aprì, Ian si precipitò letteralmente giù dal letto e andò incontro alla guardia appena entrata – l’unica guardia omosessuale dell’intera prigione, oltretutto – con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
«Grazie!», disse afferrando la busta gialla dalle mani dell’uomo, il quale ricambiò con un occhiolino incoraggiandolo a farne buon uso e poi se ne andò chiudendo la porta.
«Che cazzo è?», chiese Mickey sospettoso, avendo notato tanto l’inspiegabile ed eccessivo entusiasmo di Ian quanto lo sguardo ammiccante della guardia, accompagnato da parole che non comprendeva.
«Guarda tu stesso», rispose Ian passandogli la busta.
Mickey l’aprì in fretta e furia: tutto si sarebbe aspettato tranne che di tirarne fuori un barattolo di… lubrificante.
«Sei contento?», si volle informare Ian cercando il suo sguardo.
«Cazzo sì, ma come l’hai convinto?», chiese Mickey rigirandosi il barattolo tra le mani – una vera e propria benedizione considerando quanto fosse arrivato a odiare la maionese, sia come lubrificante che come condimento.
«Ho i miei metodi, proprio come tu hai i tuoi», rispose Ian, alludendo a come Mickey gli avesse fatto recapitare un telefono per videochiamare Lip e suo figlio da una guardia a cui aveva spacciato erba. «Solo che i miei sono più… legali», aggiunse Ian ridacchiando.
Mickey aggrottò la fronte. «Non gli avrai mica… fatto una sega o un pompino? Ti ricordo che tecnicamente sarebbe tradimento». Era sempre stato geloso di Ian, prima con Kash, poi con quel vecchio pervertito, poi con i viscidi clienti di quel bar gay in cui Ian aveva lavorato per un certo periodo di tempo e ancora con il suo ex fidanzato trans e in generale con qualsiasi esemplare di sesso maschile (e femminile) gli si avvicinasse. Era da stupidi – Ian lo amava, aveva sempre amato lui e lui soltanto – ma Mickey non poteva fare a meno di temere che un giorno Ian si sarebbe stancato di quella loro vita a cavallo tra una prigione e l’altra e avrebbe rivolto i suoi occhi da un’altra parte, magari per sempre. Il solo pensiero lo faceva inorridire.
«Certo che no!», sbottò Ian indispettito. «Oggi a pranzo mi è bastato fingere di piangere di fronte a lui. Mi ha chiesto cosa avessi e io gli ho accennato di noi. Alla fine l’ho impietosito talmente tanto che è stato lui stesso a promettermi quel lubrificante. Solidarietà tra gay, suppongo».
Mickey tirò un sospiro di sollievo. Nonostante l’idea che Ian se ne andasse in giro a raccontare i dettagli della loro vita sessuale non lo allettasse particolarmente, pensò a quanto sarebbe stato piacevole sentire il suo cazzo duro scivolargli facilmente tra le natiche aiutato da quel liquido incolore, ma soprattutto insapore e inodore, e la mezza erezione che gli nacque tra le gambe gli diede la certezza che Ian avesse fatto la cosa giusta. E che l’avesse fatta per lui, solo per lui, per salutarlo nel modo migliore possibile, come ogni volta che per qualche motivo dovevano separarsi.
«Be’, che stiamo aspettando allora?», lo incoraggiò Mickey sorridendo maliziosamente, per poi avvicinarsi a lui, stringergli tra le dita il colletto della tuta gialla da detenuto e baciarlo lascivamente sulle labbra con tanto di lingua e denti. Ian ricambiò con passione affogando in quel bacio un «Ti amo, mi mancherai» mal trattenuto e cominciò a trafficare a sua volta con i bottoni della tuta di Mickey, il quale – troppo preso anche solo per articolare una risposta di senso compiuto – sperò in cuor suo che quella notte, quell’ultima notte insieme prima dell’udienza di Ian, durasse il più a lungo possibile.













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