Jack Daniels and orange juice mix better than I would have imagined. di Soly_D (/viewuser.php?uid=164211)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Happy 2nd wedding anniversary ***
Capitolo 2: *** Red – as Christmas, as Ian Gallagher ***
Capitolo 3: *** A night to remember ***
Capitolo 1 *** Happy 2nd wedding anniversary ***
contest
Jack Daniels and orange
juice
mix
better than I would have imagined.
#01. Happy 2nd wedding anniversary
«Voglio
il divorzio».
Ian glielo disse di primo mattino senza nemmeno guardarlo negli occhi,
le mani indaffarate a preparare la colazione come ogni giorno da quando
erano sposati – due anni per l’esattezza.
Mickey sperò che stesse scherzando, perché la
parola divorzio
equivaleva a dire niente più convivenza, niente
più scopate – e che scopate
– in ogni angolo della casa, niente più tavola
apparecchiata quando tornava dal lavoro (o meglio, da furti e rapine,
ma questa era un’altra storia). In poche parole, niente
più Ian Gallagher nella sua vita, e la cosa non gli
sembrava… fattibile.
«Mi prendi per il culo?», chiese con una nota
stridula nella voce.
«No», rispose tranquillamente Ian, lo sguardo
ancora fisso sui fornelli.
«E me lo dici il giorno del nostro secondo anniversario di
matrimonio?», replicò ancora Mickey, ora
furibondo. «Dopo che abbiamo scopato tutta la
notte?».
Ian alzò finalmente lo sguardo ed era così serio
in volto, così deciso, che Mickey sentì
chiaramente un crack
al centro del petto.
«Il fatto che voglio il divorzio non significa che non ti amo
più o che non sono più attratto da te.
Semplicemente, da quando siamo sposati, la mia vita oscilla tra il
rischio di finire nuovamente in prigione e quello di morire in una
sparatoria. Mi sono stancato, quindi sì, voglio il
divorzio».
Mickey ingoiò a vuoto cercando di mandare giù il
fastidioso groppo alla gola. Okay, forse non era il marito migliore del
mondo, ma pensava che Ian lo avesse ormai accettato e che la cosa, in
fondo in fondo, lo divertisse.
«Stai prendendo le tue medicine?», chiese infine
Mickey in un ultimo barlume di speranza. Magari si trattava solo di un
attacco di bipolarismo temporaneo, curabile con qualche nuovo farmaco,
una bella dormita e una sana scopata – un
po’ come facevano dopo ogni litigio, giusto per ricordargli
le fondamenta della loro relazione.
«Non ricominciare con questa storia»,
sbuffò Ian distogliendo nuovamente lo sguardo.
«Sto prendendo le mie medicine e mi sento benissimo. Non
è una decisione dell’ultimo minuto. Ci rifletto da
giorni e sono arrivato alla conclusione che non possiamo più
stare insieme».
Seguì un lungo attimo di silenzio dopo il quale
«’Fanculo, Gallagher», concluse Mickey
voltandosi e abbandonando la cucina a passo di marcia. Lo sguardo
lucido di Ian gli aveva tolto qualsiasi dubbio. E pensare che gli aveva
pure preso un regalo degno di una stupida adolescente in calore: una
cornice in legno intarsiato con una foto di loro due uniti in un bacio
nel giorno del loro matrimonio, dato che si era accorto che in casa non
avevano nessun ricordo del genere… Magari, al ritorno, ci
avrebbe fatto un bel falò.
Qualche attimo dopo, Mickey era già in strada con una
lacrima impigliata tra le ciglia e la pistola incastrata tra il fianco
e la cintura al di sotto della maglia. Non avrebbe sparato a nessuno,
questo no, ma era certo che far saltare in aria qualcosa come ai bei
vecchi tempi lo avrebbe fatto sentire meglio – o perlomeno lo
avrebbe distratto dal pensiero che il fottuto amore della sua vita
volesse definitivamente lasciarlo.
Mentre si lanciava in strada all’inseguimento di suo marito,
a Ian non venne affatto da ridere come aveva immaginato. Non pensava
che Mickey ci avrebbe creduto così facilmente e soprattutto
era fermamente convinto del fatto che gli avrebbe urlato contro
parolacce e insulti fino a fargli
vuotare il sacco. Di certo non si aspettava che se ne sarebbe andato
via così, rosso in volto per la rabbia e senza dire una
parola – tutto per colpa sua e della sua stupidissima voglia
di vendicarsi dell’anno prima, quando Mickey aveva finto per
tutto il giorno di essersi dimenticato del loro primo anniversario
spezzandogli il cuore ora dopo ora (salvo poi avergli organizzato una
fantastica festa a sorpresa, ma questi erano dettagli).
«Mickey, aspetta, non dicevo sul serio»,
tentò Ian con calma accelerando il passo per raggiungerlo.
Ma evidentemente Mickey non aveva alcuna intenzione di restare calmo
perché si voltò di scatto in mezzo al vicolo e,
piantando saldamente i piedi per terra, sparò un colpo a
pochi centimetri dal piede destro di Ian con una pistola tirata fuori
da chissà dove, incurante del fatto che qualsiasi passante
avrebbe potuto assistere alla scena e chiamare la polizia.
«Ma che cazzo!», urlò Ian spaventato
saltando letteralmente da terra.
«Non rimangiarti le parole», lo minacciò
Mickey, sollevando il braccio e puntandogli la pistola dritto in volto.
«Ormai l’hai detto. Se vuoi il divorzio, allora
divorzieremo. Non c’è nessunissimo cazzo di
problema».
«Mickey…», sussurrò Ian a
quel punto facendo qualche passo avanti verso di lui. Da quella
distanza poteva vedere chiaramente gli occhi azzurri di Mickey velati
di una patina lucida e la cosa lo fece sentire ancora più in
colpa di quanto già non si sentisse. «Stai
piangendo».
«Non sto piangendo, è che mi sono fumato una canna
appena sveglio», ribatté Mickey passandosi il
dorso della mano sugli occhi per asciugarli. «Tu stai piangendo,
coglione».
«Io non…», tentò Ian
portandosi a sua volta una mano agli occhi e sorprendentemente li
trovò tanto bagnati quanto quelli di Mickey, se non di
più. Suo marito aveva ragione: stava piangendo e non se ne
era nemmeno accorto. La verità era che
l’inaspettata reazione di Mickey al suo scherzo lo aveva
letteralmente destabilizzato, dandogli la conferma del fatto che Mickey
lo amasse molto più di quanto desse a vedere e che la sola
idea di divorziare lo mandasse fuori di testa.
Che stupido era stato. Se avesse potuto tornare indietro, quella
mattina non lo avrebbe accolto con quel falsissimo «Voglio il
divorzio» ma con un sincero «Buon anniversario, ti
amo» e un lungo bacio appassionato.
In un attimo Ian gli fu vicino e, incurante delle proteste di Mickey,
lo strinse a sé così forte da impedirgli di
dimenarsi e sbracciarsi.
«Scherzavo prima,
davvero», gli sussurrò all’orecchio.
«L’anno scorso hai fatto finta di dimenticarti di
che giorno fosse. Volevo fare qualcosa di simile, pensavo che sarebbe
stato divertente ma… ho esagerato, mi dispiace. Non voglio
il divorzio, Mickey, te lo giuro. Non sopporterei una vita senza di
te».
«Bello scherzo di merda, stronzo. Potresti fare
l’attore, sai? Pornografico
e non», commentò ironicamente Mickey
e finalmente Ian lo sentì rilassarsi contro il proprio corpo
abbandonando il piede di guerra.
Restarono stretti in quel modo per qualche minuto, Ian con le braccia
avvolte intorno alle spalle di Mickey e Mickey con le proprie
abbandonate lungo i fianchi, fin quando Ian non si staccò da
lui per prendergli il volto tra le mani e guardarlo dritto negli occhi,
ora asciutti.
«Avevo prenotato un massaggio e una cena al ristorante.
Basteranno a farmi perdonare?», chiese speranzoso.
Mickey roteò gli occhi schioccando la lingua sul palato con
fare fintamente scocciato. «Ti perdonerò solo se
prima mi farai il pompino migliore che io abbia mai ricevuto in tutta
la mia vita…».
Ian sorrise sollevato stampandogli un veloce bacio sulle labbra
screpolate. «Facile».
«…E poi ti farai scopare come una
troia», concluse tuttavia Mickey andando a sfiorargli il
fondoschiena con la punta della pistola ancora stretta nella mano e
scoccandogli un’occhiata così maliziosa che Ian
sentì chiaramente rimescolarsi tutto all’altezza
dello stomaco. Non gli piaceva particolarmente il ruolo del passivo, ma
non poteva negare che, le poche volte che aveva permesso a Mickey di
stare sopra, aveva goduto
da matti. Oltretutto, per lui avrebbe fatto questo e altro.
«Ci sto», acconsentì prima di trascinare
suo marito in casa, sbatterlo contro la porta chiusa senza incontrare
resistenza e slacciargli freneticamente la cintura, pronto a farsi
perdonare e a rendere quell’anniversario assolutamente memorabile.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Red – as Christmas, as Ian Gallagher ***
contest
Jack Daniels and orange
juice
mix
better than I would have imagined.
#02. Red – as
Christmas, as Ian Gallagher
Quando quel pomeriggio Mickey sentì suonare alla porta,
tutto si
sarebbe aspettato tranne che di trovarsi di fronte il volto
lentigginoso di Ian Gallagher incorniciato da un ridicolo cappellino di
lana rosso – rosso
come i suoi dannati capelli, le sue guance sbarbate e il suo naso
infreddolito. Un vero e proprio tripudio di rosso. Rosso come il
Natale. Che festa di merda. Che colore
di merda.
«Mandy non c’è»,
annunciò Mickey prontamente, perché non poteva
assolutamente credere che Ian si fosse presentato a casa sua per lui senza
invito e senza preavviso il giorno di Natale. Che cazzo di motivo
avrebbe avuto per farlo?
«In realtà sono qui per te»,
disse invece Ian piegando l’angolo della bocca in un mezzo
sorriso e sgretolando tutte le sue certezze. «Buon Natale,
Mickey», aggiunse, e nel farlo tese verso di lui le mani
guantate che fino ad allora aveva tenuto nascoste dietro la schiena e
che ora esibivano orgogliosamente un sottile pacchetto ben incartato,
il quale aveva tutta l’aria di essere un fottutissimo regalo
di Natale.
«Ma che cazzo, Gallagher! Sei serio?!»,
sbottò Mickey fulminandolo con lo sguardo.
L’ultima volta che aveva ricevuto un regalo di Natale era
stato da parte di Terry tre o quattro anni prima – la sua
prima vera pistola. Ah,
che bei ricordi. Ma quello… quel regalo da parte di Ian,
qualunque cosa fosse, non aveva il benché minimo senso. Non
stavano mica insieme. Accettarlo sarebbe stato da froci.
«Siamo amici, no?», tentò Ian come se
fosse la cosa più naturale del mondo.
Mickey avrebbe voluto specificare che no, non erano affatto amici, se
mai trombamici,
ma Ian gli ficcò letteralmente il pacchetto nelle mani e
«Forza, aprilo!», lo incoraggiò.
Mickey guardò prima il pacchetto, poi il volto luminoso di
Ian e poi ancora il pacchetto, stavolta con malsana
curiosità. Chissà che cazzo conteneva,
chissà se gli sarebbe piaciuto… Oh, ‘fanculo,
si disse scartandolo, o meglio stracciandolo
rudemente fino a tirarne fuori la scatola di quel nuovo e costoso
videogioco di sparatorie che entrambi desideravano ardentemente. Era
proprio un bel regalo, cazzo. Di sicuro gli era costato la paga di
almeno due o tre giorni di lavoro al Kash and Grab, e di
sicuro non aveva comprato una copia anche per sé. Sarebbe
stato troppo.
«Non ti dirò grazie, se è quello che
stai aspettando», mise in chiaro guardando di sottecchi il
volto di Ian.
«L’hai appena detto», gli fece notare lui
con un sorrisetto sghembo, al che Mickey sbuffò irritato.
«Allora io vado, poi fammi sapere
com’è», concluse Ian mettendo le mani
nelle tasche del giubbotto e voltandosi.
Si era allontanato giusto di qualche passo quando Mickey decise che non
poteva lasciarlo andare così e, stringendo il videogioco tra
le dita con più forza del dovuto, trovò il
coraggio di richiamare Ian.
«Lo proviamo?». Insieme.
«Mio padre è fuori a bere».
Un paio di minuti dopo, si stavano sparando a vicenda a colpi di
joystick e parolacce sul divano scomodo
e consunto di casa Milkovich, passandosi di tanto in tanto una
sigaretta e una lattina di birra.
Un’ora dopo, la sigaretta era diventata un mozzicone, la
lattina giaceva per terra vuota insieme ai due joystick e su quel
divano ci stavano scopando
con i vestiti addosso, perché nessuno dei due aveva avuto la
pazienza di spostarsi in camera da letto ma Terry o Mandy sarebbero
potuti tornare da un momento all’altro.
Ad un certo punto, con la faccia spiaccicata contro il bracciolo del
divano, l’odore del tabacco nelle narici e il culo impegnato
ad accogliere le spinte intense e profonde di Ian, a Mickey parve di
udire un «Grazie» appena sussurrato.
«Grazie per… cosa?»,
ebbe la forza di chiedere.
«Per aver ricambiato il regalo».
«Ma io non ti ho fatto nessun…»,
ribatté Mickey stordito, ma Ian affondò dentro di
lui con ancora più veemenza facendogli ben intendere a cosa
si riferisse e quella frecciatina ironica bastò a
infiammargli le guance (e il bassoventre) come una stupida checca.
Menomale che Ian, in quella posizione, non poteva vederlo.
«Coglione».
Il Natale non era poi così male, dopo tutto. E nemmeno il rosso.
Note dell'autrice:
Okay, questi due mi stanno facendo impazzire. Oltrettutto mi sono resa
conto che due terzi di tutto ciò che ho scritto è
Mickey centric, il che mi porta a pensare che amo la sua
personalità più di quanto io possa amare i
pettorali di Ian AHAHAH.
Grazie a chi vorrà lasciare un commento <3
Soly
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** A night to remember ***
contest
Jack Daniels and orange
juice
mix
better than I would have imagined.
#03. A night to remember
Quando la porta della cella si aprì, Ian si
precipitò letteralmente giù dal letto e
andò incontro alla guardia appena entrata –
l’unica guardia omosessuale dell’intera prigione,
oltretutto – con un sorriso a trentadue denti stampato sul
volto.
«Grazie!», disse afferrando la busta gialla dalle
mani dell’uomo, il quale ricambiò con un
occhiolino incoraggiandolo a
farne buon uso e poi se ne andò chiudendo la porta.
«Che cazzo è?», chiese Mickey
sospettoso, avendo notato tanto l’inspiegabile ed eccessivo
entusiasmo di Ian quanto lo sguardo ammiccante della guardia,
accompagnato da parole che non comprendeva.
«Guarda tu stesso», rispose Ian passandogli la
busta.
Mickey l’aprì in fretta e furia: tutto si sarebbe
aspettato tranne che di tirarne fuori un barattolo di… lubrificante.
«Sei contento?», si volle informare Ian cercando il
suo sguardo.
«Cazzo sì, ma come l’hai
convinto?», chiese Mickey rigirandosi il barattolo tra le
mani – una vera e propria benedizione
considerando quanto fosse arrivato a odiare la maionese,
sia come lubrificante che come condimento.
«Ho i miei metodi, proprio come tu hai i tuoi»,
rispose Ian, alludendo a come Mickey gli avesse fatto recapitare un
telefono per videochiamare Lip e suo figlio da una guardia a cui aveva
spacciato erba. «Solo che i miei sono
più… legali»,
aggiunse Ian ridacchiando.
Mickey aggrottò la fronte. «Non gli avrai
mica… fatto una sega o un pompino? Ti ricordo che
tecnicamente sarebbe tradimento».
Era sempre stato geloso di Ian, prima con Kash, poi con quel vecchio
pervertito, poi con i viscidi clienti di quel bar gay in cui Ian aveva
lavorato per un certo periodo di tempo e ancora con il suo ex fidanzato
trans e in generale con qualsiasi esemplare di sesso maschile (e
femminile) gli si avvicinasse. Era da stupidi – Ian lo amava,
aveva sempre amato lui e lui soltanto – ma Mickey non poteva
fare a meno di temere che un giorno Ian si sarebbe stancato di quella
loro vita a cavallo tra una prigione e l’altra e avrebbe
rivolto i suoi occhi da un’altra parte, magari per sempre. Il solo
pensiero lo faceva inorridire.
«Certo che no!», sbottò Ian
indispettito. «Oggi a pranzo mi è bastato fingere
di piangere di fronte a lui. Mi ha chiesto cosa avessi e io gli ho
accennato di noi. Alla fine l’ho impietosito talmente tanto
che è stato lui stesso a promettermi quel lubrificante. Solidarietà tra gay,
suppongo».
Mickey tirò un sospiro di sollievo. Nonostante
l’idea che Ian se ne andasse in giro a raccontare i dettagli
della loro vita sessuale non lo allettasse particolarmente,
pensò a quanto sarebbe stato piacevole sentire il suo cazzo
duro scivolargli facilmente tra le natiche aiutato da quel liquido
incolore, ma soprattutto insapore
e inodore,
e la mezza erezione che gli nacque tra le gambe gli diede la certezza che Ian avesse fatto la cosa giusta. E che l’avesse fatta per
lui, solo per lui,
per salutarlo nel modo migliore possibile, come ogni volta che per
qualche motivo dovevano separarsi.
«Be’, che stiamo aspettando allora?», lo
incoraggiò Mickey sorridendo maliziosamente, per poi
avvicinarsi a lui, stringergli tra le dita il colletto della tuta
gialla da detenuto e baciarlo lascivamente sulle labbra con tanto di
lingua e denti. Ian ricambiò con passione affogando in quel
bacio un «Ti amo, mi mancherai» mal trattenuto e
cominciò a trafficare a sua volta con i bottoni della tuta
di Mickey, il quale – troppo preso anche solo
per articolare una risposta di senso compiuto –
sperò in cuor suo che quella notte, quell’ultima notte
insieme prima dell’udienza di Ian, durasse il più
a lungo possibile.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=4003620
|