A message in a bottle

di Ladybug87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thea ***
Capitolo 2: *** Laurent ***
Capitolo 3: *** Arras ***
Capitolo 4: *** L'immersione ***
Capitolo 5: *** La bottiglia misteriosa ***
Capitolo 6: *** Il museo ***
Capitolo 7: *** La lettera ***
Capitolo 8: *** La stanza misteriosa ***
Capitolo 9: *** Sogno ***
Capitolo 10: *** La cartomante ***
Capitolo 11: *** Fil rouge ***
Capitolo 12: *** Presenze ***
Capitolo 13: *** Passato ***
Capitolo 14: *** Il taccuino ***
Capitolo 15: *** Padre Dorian ***
Capitolo 16: *** Il risveglio ***
Capitolo 17: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Thea ***


Ladybug87



A message in a bottle.
"Just a cast away, an island lost at sea, oh
Another lonely day, no one here but me, oh
More loneliness any man could bear, oh
Rescue me before I fall into despair, oh
I'll send an SOS to the world..."
A message in a bottle, Sting.


Thea Dubois scese all'aeroporto De Gaulle alle 21,47.
In perfetto orario.
Il volo dalla Polinesia era trascorso senza problemi.
Non vedeva l'ora di riabbracciare il marito, Laurent, era stata via per due settimane ed erano sposati da due mesi.
Si conoscevano da molto più tempo, però.
Da ben diciotto anni.
Il modo in cui aveva conosciuto il marito la faceva sorridere ogni volta.
Laurent aveva 5 anni più di lei ed era un agente fresco di accademia quando si incontrarono, anzi, si scontrarono.
Lei era una studentessa quindicenne ribelle e molto attiva nelle manifestazioni ambientaliste, lui il poliziotto che doveva impedire a lei e a migliaia di altre persone di raggiungere gli Champs Elysèes,invece i loro sguardi si erano incrociati e non si erano più lasciati.
Lui fece carriera, fino a diventare detective della narcotici, specializzato nelle indagini sotto copertura, lei aveva inseguito e realizzato il suo sogno di occuparsi e salvare col proprio operato l'ambiente più delicato e vessato del pianeta: il mare.
Si era laureata in biologia marina all'Università della Bretagna Occidentale UBO, a Brest, poi era stata in Florida per acquisire il dottorato e adesso era tra le ricercatrici più importanti del Paese.

Fece il check out e rimase molto delusa dal fatto che Laurent non ci fosse a prenderla, poi si ricordò che era un missione sotto copertura per incastrare una gang sudamericana che infestsva il XVIII arrondissement.

Si mise l'animo in pace e chiamò un taxi.

Salita sulla vettura si rilassò, sicuramente il marito stava per finire il turno e lei non vedeva l'ora di vederlo.

Alla radio che il taxista teneva a medio volume sentì una notizia dell'ultima ora:nella zona Barbès-Rochechouart,accanto alla Metro c'era appena stata una sparatoria. Molto probabilmente una resa dei conti tra gang per spartirsi il territorio.

Thea non vi fece subito caso...poi le tornò in mente che era proprio quella la zona nella quale Laurent era sotto copertura.
Non ne sapeva molto, poiché lui non parlava mai del proprio lavoro. Però sentì un brivido lungo la schiena ed ebbe un presagio molto negativo.
La radio cambiò notizia e Thea si rilassò nuovamente.
O almeno così credeva, infatti appena sentì il proprio cellulare vibrare saltò sul sedile del taxi come se avesse visto una tarantola.

Il numero che brillava nel buio non le diceva niente ma decise di rispondere lo stesso.

" Qui è il reparto di rianimazione de l' Hopital Europènne Georges Pompidou, parlo con la signora Moreau?"
"Sì...sì sono io...cosa succede?"
"Non posso dirglielo per telefono ma può venire qui al più presto? Riguarda il ferimento del capitano Laurent Moreau ".
"Sì certo, arrivo al più presto... Per favore mi porti al numero 20 di Rue Leblanc...è molto importante..."
Disse rivolta al taxista, che senza fare domande cambiò la propria destinazione.

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Capitolo 2
*** Laurent ***


Baudelaire


Quando il taxi si fermò di fronte all’ospedale Thea, con mani tremanti, estrasse il portafogli dalla borsa.
Pagò la corsa e uscì in tutta fretta dall’auto.
Laurent…il suo Laurent… in ospedale.
Reparto di rianimazione.
Era andato tutto storto.
Tutto.
Ma, se non altro, era ancora vivo.
Thea aveva fatto i conti con se stessa almeno mille volte. Si era innamorata di un poliziotto, uno che aveva fatto carriera e che rischiava grosso, molto più degli altri.
Era sempre stata consapevole del fatto che, in qualunque momento, avrebbe potuto perderlo.
Era un lavoro rischioso, il suo.
Ma l’avrebbe amato se fosse stato diverso? La verità era che Laurent era fuori dagli schemi, esattamente come lei. Avrebbe dovuto fermarla, impedirle l’accesso alle vie proibite durante quella manifestazione.
Invece no.
Gli era bastato guardarla negli occhi per capitolare.
Un colpo di fulmine.
Per entrambi.
Il poliziotto disobbediente e la ricercatrice coraggiosa.
Due anime inquiete, fatte l’uno per l’altra.

Con il cuore in gola, Thea chiese informazioni alla reception.
Le fu indicato il secondo piano.
Thea prese l’ascensore e salì.
Quando le porte si aprirono, l’atrio era deserto.
Imboccò il corridoio e vide un medico venirle incontro.
“Sta cercando qualcuno?”
“Sì, ho ricevuto una telefonata poco fa. Mio marito è ricoverato qui…”
“Può dirmi il suo nome?”
“Moreau. Laurent Moreau.”
“Ah. Sì.” – fece l’uomo, con un’espressione in viso che non le piacque per niente.
“Venga, l’accompagno.”
Era chiaro che quel medico sapeva tutto. Thea moriva dalla voglia di fare domande, ma tacque e si limitò a seguirlo.
Quando raggiunsero la stanza, Thea soffocò un grido.
Suo marito era in condizioni pietose. Attaccato ad una macchina per respirare, era privo di conoscenza e dalla fasciatura sul torace Thea intuì che la sparatoria era andata a segno.
“Che cosa gli è successo?”- mormorò con un filo di voce.
Prima che il dottore potesse rispondere, la porta alle loro spalle si aprì e un altro uomo in camice bianco entrò.
“Signora Moreau?”
Thea si voltò. Era un uomo alto, con la barba e gli occhi azzurri e l’espressione gentile.
“Sì?”
“Sono il dottor Lessade. Posso parlare con lei?”
“Certo.”
Il medico che aveva accompagnato Thea mormorò qualche parola di scusa e si dileguò.
Thea rimase sola con il dottor Lessade, lo sguardo inchiodato sul corpo esanime di suo marito.
“Sono stato io a chiamarla, poco fa.”
“Che cosa gli è successo?”
“Una sparatoria. E’ molto grave. Lo stiamo tenendo sotto osservazione ma…”
“Morirà?”
“Al momento non posso rispondere a questa domanda. Suo marito è in coma farmacologico, in via cautelare.”
Thea, per la prima volta, si voltò a guardarlo. “In via cautelare?”
L’uomo parve esitare. “Sì. Non vogliamo rischiare danni permanenti.”
“E fino a quando lo terrete in questo stato?”
“Fino a quando sarà necessario.”
“Questa non è una risposta.”
“Ma è la sola che posso darle, al momento.”
Thea non disse altro.
Si avvicinò a Laurent e posò una mano sulla sua.
Avvertiva l’ingombrante presenza del medico alle sue spalle, e avrebbe tanto voluto urlargli di andarsene, di lasciarla sola con l’uomo che amava.
Thea sentì le lacrime montare, ma non voleva piangere in presenza di quell’uomo.
“Può lasciarmi sola con lui, per favore?”
L’uomo fece un passo verso di lei.
Thea non si voltò.
“Signora Moreau, voglio essere sincero con lei. Suo marito è in condizioni molto critiche, ma stazionarie. Non sappiamo se e quando si riprenderà. Non credo sia il caso, per lei, di trattenersi troppo a lungo…”
“Mi sta cacciando via?” – sibilò la donna.
“No, naturalmente. Sto solo cercando di illustrarle la situazione.” – replicò l’uomo, punto sul vivo.
“Bene. C’è altro?”
“No. La lascio sola con suo marito.”

Fu solo quando udì la porta richiudersi alle sue spalle che Thea Dubois, finalmente, potè dare libero sfogo alle lacrime.

Le luci al neon la svegliarono.
Thea aprì gli occhi.
Laurent, nel letto di fronte a lei, era ancora incosciente.
Thea si era addormentata sulla scomoda poltroncina accanto al letto. Aveva dormito malissimo ed era tutta indolenzita.
L’infermiera la stava fissando, un po’ stupita di trovarla lì.
“Buongiorno.”
“Buongiorno.” – rispose Thea.
“Non sapevo che il dottor Lessade avesse dato il permesso…” – cominciò l’infermiera.
“No, infatti. Il permesso me lo sono presa da sola.”
L’infermiera ammutolì.
Senza aggiungere una parola, cambiò la flebo a Laurent. Poi, silenziosa come una gatta, sgattaiolò fuori dalla stanza.
Thea si rese conto di essere stata molto sgarbata, ma in fondo non le importava un accidente.
Laurent, l’amore della sua vita, era tenuto in vita dai farmaci.
La vita gliel’avrebbe mai restituito?
Le avrebbe ridato la vita felice che avevano prima di quella maledetta sparatoria?
Non sapeva niente, non aveva idea di come diavolo fosse successo.
Ma aveva importanza?
Tutto ciò che contava era il presente.
E il presente consisteva in quell’anonima stanza d’ospedale, dove giaceva l’ombra dell’uomo che lei aveva amato.
Il fu Laurent Moreau, ora ridotto ad un vegetale.

Disperata, Thea si prese la testa fra le mani e pianse ancora, pianse a lungo, pianse fino ad esaurire tutte le sue lacrime.
Non servì a farla sentire meglio, e non servì a risvegliare Laurent.
Thea decise che non si sarebbe mossa da lì fino a quando non l’avessero cacciata.

Il dottor Lessade fu irremovibile. Thea non poteva rimanere lì.
La mandò via quel giorno stesso, e lo stesso fece nei giorni successivi.
Thea non voleva lasciare solo Laurent, ma sapeva anche che non poteva fare niente per lui.
Aveva trascurato per giorni interi i suoi impegni di lavoro, ma non le importava.
Ormai più niente aveva importanza, se non suo marito.
Non poteva, tuttavia, sostare ad oltranza in ospedale.
Non poteva salvarlo.
Aveva sperato che lui avvertisse la sua presenza, che potesse, in qualche modo, essergli di conforto.
Ma Laurent non dava segni di miglioramento.
Non era morto, ma era come se lo fosse.

“Signora Moreau, mi dia retta, si allontani da qui. Noi faremo tutto quanto è in nostro potere per suo marito, ma lei deve prendersi cura di se stessa.”
Furono quelle parole del dottor Lessade a provocare in lei la definitiva resa.
Thea era spossata, esausta, priva di forze e di speranza.
E no, non era di nessun aiuto a Laurent in quel momento.
La sua vita era nelle mani dei medici, non nella sua.
“A presto, amore mio. Ti prometto che tornerò, ma tu promettimi che farai di tutto per riprenderti. Devi tornare da me. Hai capito? Non puoi lasciarmi, Laurent. Non puoi.”
Thea strinse forte la sua mano, quella mano inerme incapace di ricambiare la sua stretta.
Si sporse verso di lui, e posò un lieve bacio sulla fronte abbronzata. Come lei, Laurent aveva sempre amato il mare. Chissà se l’avrebbe mai rivisto…

Uscire da quella stanza d’ospedale fu la cosa più difficile della sua vita.
Thea aveva deciso di guardare avanti.
E sapeva esattamente quale sarebbe stata la sua prossima destinazione.

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Capitolo 3
*** Arras ***


Ladybug87


Chiamò un taxi e si diresse a casa.
Telefonò ai propri genitori per informarli che sarebbe andata per un pò in campagna, fino a quando non ci fossero state notizie da parte dell'Ospedale.
Qualunque tipo di notizie, buone o cattive.

Dopo la telefonata si fece una lunga doccia calda e quindi preparò i bagagli.
Era così strano non mettere in valigia le magliette e i jeans di Laurent...
Quell'uomo coraggioso e bello di anima e di corpo che l'aveva fatta innamorare all'istante.
Gli occhi grigi e cangianti, i capelli chiari e sottili, lei, ridendo, gli diceva sempre che sembrava un surfista, anche se era stata lei ad insegnargli a nuotare, lei, la "regina degli abissi", come lui, molto seriamente, la definiva.
Thea si asciugò una lacrima.
I ricordi bussavano con prepotenza alla sua memoria.

La casa in campagna era stata comprata con la liquidazione del padre, un A.D. di una prestigiosa società parigina e si trovava alla periferia di Arras, nel nord della Normandia.
Il posto era tranquillo e distava un'ora e mezza di macchina da Dunquerque.
Proprio a Dunquerque Thea aveva scoperto il CTS, un centro molto rinomato per l'insegnamento alle immersioni.
Ed era proprio questo il suo scopo: andare al CTS per poter fare qualche immersione come si deve.
In quel momento di profonda crisi e sconforto solo il mare e i suoi misteri avrebbero potuto aiutarla.
Certo era decisamente fuori stagione ma contò sul fatto che non avrebbero mai detto di no a una famosa ricercatrice.

Decise di chiamare la custode della villa, Agnese, e subito dopo il CTS.

Come previsto le dissero che il mese di aprile era un pò inappropriato per fare immersioni, ma Thea li rassicurò: lei aveva la sua attrezzatura, loro avrebbero solo dovuto fornirle le bombole d'ossigeno.

Dopo aver inserito l'allarme si diresse in garage e partì per Arras col cuore ancora pesante.

Per distrarsi iniziò a pensare alla villa comprata dai suoi e alla sua genesi.
Era piuttosto antica, risaliva al XVIII secolo e aveva avuto molte vicissitudini in duecentocinquanta anni: era stata proprietà di una famiglia nobile, poi era stata espropriata durante la Rivoluzione, recuperata dagli eredi era, infine, finita all'asta e aveva cambiato molti proprietari, fino ad arrivare alla sua famiglia.

Era un luogo molto rilassante e lei amava passare i suoi momenti liberi lì con Laurent.

Ecco, ci era ricascata, di nuovo i suoi pensieri erano corsi da lui.

Si arrese.
Ogni cosa, ogni gesto, ogni oggetto l'avrebbero riportata a lui, se ne sarebbe fatta una ragione.

Uscì da Parigi e imboccò l'autostrada che l'avrebbe portata a nord per ritrovare un pò di serenità e, chissà, magari anche qualche tesoro dimenticato.

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Capitolo 4
*** L'immersione ***


Baudelaire


Thea arrivò a destinazione. Guidò lungo il viale alberato e arrivò di fronte alla grande residenza di famiglia. Splendida, maestosa, imponente, circondata dal verde e da un silenzio assoluto.
Esattamente ciò di cui aveva bisogno.
Agnese, avvisata telefonicamente poco prima, l’attendeva in piedi sulla soglia, un candido sorriso stampato in faccia.
Thea scese dall’auto e le corse incontro.
Le due donne si abbracciarono.
“Sono così felice di rivederti!” – esclamò Thea.
“Anch’io, tesoro, ma la tua telefonata mi ha un po’ sorpresa. Come mai qui? E… dov’è Laurent?”
Solo sentire il suo nome le provocò una stretta al cuore. Thea non aveva fatto che pensare a lui per tutto il viaggio.
Non rispose, incapace di proferire parola.
Agnese si rese conto che qualcosa non andava. “Thea…”
Thea deglutì, prese le mani della donna tra le sue, con calore. “Ti spiegherò tutto più tardi. Ora devo andare...”
“Andare dove?”
“Dunquerque.”
“Ah. Il mare.”
Thea sorrise. Agnese conosceva fin troppo bene la sua grande passione. “Sarò di ritorno per l’ora di cena.”
“Va bene.”
Entrarono in casa e pochi minuti dopo Thea era pronta.
Salutò Agnese e risalì in macchina.
Il mare l’attendeva.


Agnese rimase sulla porta a guardare l’auto che si allontanava.
Conosceva Thea da molto tempo.
E non l’aveva mai vista così.
Non era mai venuta lì da sola. Era sempre insieme a Laurent.
Era successo qualcosa, qualcosa di molto brutto.
Agnese sospirò, chiedendosi che accidenti fosse successo.
Ma avrebbe dovuto attendere ancora qualche ora per saperlo.
Nel frattempo, aveva una marea di cose da fare. Stanze da sistemare e arieggiare, la cena da preparare.
Thea meritava mille attenzioni, mille premure, soprattutto adesso che c’era qualcosa che non andava.
Raramente Agnese si sbagliava.
Sperava solo, qualunque cosa fosse, che ci fosse una soluzione. Se c’era una cosa che sua madre le aveva insegnato era proprio questa: c’era sempre una soluzione, un modo per andare avanti, anche di fronte agli eventi più terribili.
Thea era forte e Agnese sapeva che avrebbe superato anche questa. Si voltò e rientrò in casa.


Come previsto, il CTS era deserto. Non era stagione di immersioni.
Thea fu accolta da un uomo anziano.
“Thea Dubois?”
“Sì.”
“Buongiorno. Lei ha chiamato oggi per un’immersione.”
“Già. So che non è il periodo giusto, ma…”
“Oh, non ha importanza. La posso accompagnare io con la barca.”
“E’ molto gentile!”
L’uomo le porse la mano. “Il mio nome è Santiago.”
Thea esitò un istante. Piegò la testa di lato e non riuscì a reprimere un sorriso.
Santiago.
Come il protagonista de “Il vecchio e il mare.”
Hemingway.
Incredibile.
L’uomo non doveva avere meno di settant’anni, la barba grigia e incolta, gli occhi azzurri, il volto solcato dalle rughe e l’aria di chi ne aveva viste parecchie. Forse non aveva mai pescato un grosso marlin, né aveva dovuto lottare contro un branco di pescecani.
O magari sì?
“Piacere, Thea.” – disse, ricambiando la stretta di mano con calore. Non sapeva perché, ma quell’uomo le ispirava fiducia.
“Mi sembra giusto informarla che io non scenderò con lei.”
“Non c’è nessun problema.”
Thea conosceva molto bene la prima regola assoluta di un sub: mai scendere soli, ma sempre con un compagno.
“L’aspetterò sulla barca. Porterò comunque tutta l’attrezzatura, in caso di emergenza…”
“Va bene.”
“Allora… possiamo andare.”
Venti minuti dopo Thea e Santiago avevano caricato tutta l’attrezzatura sulla barca. Thea aveva indossato la muta. La temperatura era piuttosto rigida ma il freddo non la spaventava.
Aveva un dannato bisogno di scendere giù, di quel silenzio magico che solo i fondali marini custodivano.
Santiago non si allontanò troppo dalla costa.
Trovato il punto perfetto, ancorò la barca, mentre Thea si preparava.
Quando si tuffò, Santiago le fece un cenno di commiato.
Thea ricambiò e cominciò a nuotare verso il basso.
Il computerino che aveva al polso le avrebbe indicato la profondità.
Non più di un’ora, questo il tempo che si era concessa. Durante la risalita avrebbe dovuto fare delle soste di decompressione, per evitare il rischio di embolia.
Poco tempo, ma prezioso.
Preziosissimo.
Più scendeva, più il suo corpo si rilassava.
Più la luce del giorno scemava, più entrava in contatto con il suo Io più profondo.

Laurent. Perché non sei qui con me ad ascoltare questo silenzio? Perché mi hai lasciata sola?

Da un momento all’altro sarebbe potuta arrivare la maledetta telefonata, quella che avrebbe decretato la vittoria oppure la sconfitta.
Che ne sarebbe stato della sua vita senza di lui?
Laurent era diventato tutto il suo mondo. Non riusciva ad immaginare una vita senza di lui.
Non più.

Trenta metri.
Thea si guardò intorno. Fondale bellissimo, pesci in quantità.
Non li aveva mai invidiati, prima. Adesso sì. Che genere di preoccupazioni avevano? Nessuna. Nulla conoscevano delle tribolazioni del mondo là sopra. Nulla.
Eppure, erano tranquilli.
Vivevano.
Non soffrivano.
Erano così vane le sofferenze umane! Perché l’uomo era destinato a questo?
Perché non poteva semplicemente essere come i pesci, come ogni altro animale?
Perché l’uomo amava, ecco perché.
Thea respirava a fatica. Ma che diavolo stava facendo? Non poteva mettersi a piangere sul fondo del mare, accidenti!
Era scesa per ritrovare la pace, e invece il dolore le rendeva difficoltoso perfino un atto semplice come respirare.
Ma la respirazione era tutto, in quel momento. Questione di vita o di morte.
Cominciò a nuotare, sperando che il movimento sciogliesse la resistenza, le lacrime, il male che non le dava tregua, come un mostro marino che con i suoi tentacoli cercava di succhiarle via la vita.
Un Kraken maledetto che si era impossessato di lei il giorno in cui quel bastardo aveva sparato al suo Laurent, la sua unica ragione di vita.
Nuotò, cercando di ritrovare la calma, cercando di ritrovare se stessa.
Prese la torcia e l’accese. Ora i colori erano nitidi, ora tutto assumeva una dimensione nuova.
E fu allora che lo vide. Uno strano luccichio dietro una roccia.
Thea, incuriosita, si avvicinò.
No, non si era affatto sbagliata: era davvero una bottiglia, incastonata nella roccia.
In un primo momento pensò ad un rifiuto gettato in mare dai soliti balordi irrispettosi dell’ambiente. Poi si accorse che l’oggetto in vetro era sigillato. E conteneva qualcosa…
Thea dimenticò in un istante i suoi affanni e prese la bottiglia. Non fu facile, con la pressione dell’acqua a quella profondità e i guanti che le impedivano movimenti agevolati.
Ma ci riuscì.
No, non era affatto qualcosa di “moderno”. Si trattava di un oggetto antico. Thea guardò l’ora. Doveva iniziare la risalita.

Santiago attendeva sulla barca, pensando a quella strana donna. Non gli era mai successo niente del genere. Mai nessuno chiedeva di fare immersioni fuori stagione, tanto meno le donne.
Tanto meno le donne sole.
Lavorava al CTS da anni, e ne aveva viste di cotte e di crude.
Ma mai una cosa del genere.
Quella donna l’aveva incuriosito fin dal primo istante.
Era bella, senza alcun dubbio.
Ed emanava un fascino tutto suo. Nei suoi occhi limpidi Santiago aveva scorto dolore, molto, ma anche fierezza, desiderio di combattere, di non arrendersi.
Era chiaramente una persona che stava soffrendo molto.
Ecco il motivo di quella strana richiesta. Santiago la capiva fin troppo bene: c’erano ferite che solo il mare poteva risanare.
Osservando l’acqua sotto di lui, in attesa che lei tornasse, Santiago pregò che Thea Dubois trovasse là sotto le risposte che cercava.

Venti metri.
Dieci.
Sei.
Tre.
La decompressione era sempre una gran scocciatura.
Ma indispensabile, naturalmente.
Ad ogni sosta Thea si soffermava a guardare la strana bottiglia.
Una bottiglia che conteneva un pezzo di carta ingiallito.
Dio, era emozionata come una bambina!
Chissà da quale epoca veniva! Chissà cosa c’era scritto! E chissà chi era l’autore!
Una lettera d’amore?
Eccolo, il suo inguaribile romanticismo che riaffiorava…
Ma le fece male al cuore pensarci.
Thea non voleva più pensare all’amore, non più, ora che rischiava di perdere il suo per sempre…
Eppure, l’emozione era grande.
Finalmente raggiunse la superficie.
Il volto rugoso di Santiago fu la prima cosa che vide.
Quando salì sulla barca con lo strano oggetto tra le mani, l’uomo lo fissò, incuriosito.
“Non credevo fosse scesa per pescare!” – la canzonò, divertito.
“Infatti è così.” – rispose Thea senza distogliere lo sguardo dalla bottiglia.
“Ma a volte la vita riserva delle strane sorprese…”

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Capitolo 5
*** La bottiglia misteriosa ***


Ladybug87


Thea ringraziò il misterioso Santiago per la sua gentilezza e andò negli spogliatoi del CTS per togliersi la muta e riporre le bombole d'ossigeno.
Alla gentile addetta pagò l'affitto delle bombole.

Dopo una lunga doccia calda ripose la propria muta nel borsone.
Avevano avuto tante belle avventure insieme: la Grande Barriera Corallina Australiana, i fondali del Mar dei Caraibi, l'oceano Indiano, il Mare del Giappone...eppure era proprio vicino a casa che le era capitata la scoperta più sorprendente.

Quella bottiglia giaceva nella sua felpa perché non si scheggiasse e potesse, quindi, danneggiare il suo prezioso contenuto.

Una pergamena grande come un sigaro chiusa da un logoro fiocco blu.

Chissà se avrebbe acceso anche la curiosità di Laurent?
Lui così pragmatico...

Sì, avrebbe incuriosito anche lui.

Thea si asciugò una lacrima mentre sistemava la bottiglia delicatamente nel borsone.

Giunse alla villa di campagna giusto in tempo per la cena.

Agnese aveva preparato dei piatti primaverili e appetitosi.

Le andò incontro quando sentì l'auto giungere in cortile.

"Cara bimba arrivi giusta, giusta per la cena ".

Thea avrebbe voluto dirle che non aveva fame ma sarebbe stata una bugia.
L'immersione e il ritrovamento le avevano acceso l'appetito.

Thea le sorrise grata.

"Dammi il tempo di mettermi qualcosa di comodo e arrivo, Agnese ".
La donna sorrise soddisfatta.

La donna si mise un paio di jeans e una felpa e scese per la cena.

Ogni volta l'architettura barocca stupiva Thea per la sua bellezza e ricercatezza.
La casa era stata ristrutturata ma nel rispetto del periodo storico al quale apparteneva.
Lo studio patronale, poi, avrebbe potuto essere utilizzato come biblioteca di libri rari e antichi.
Molti erano stati distrutti durante la Rivoluzione ma molti altri si erano salvati, donando alla magione un valore aggiunto.

Anche le altre sale erano state restaurate con la volontà di mantenere un'atmosfera settecentesca molto particolare.

La cena era pronta nella sala da pranzo.
Il grande tavolo sembrava ancora più grande apparecchiato solo per due.
Un nodo strinse alla gola Thea.
Quanto le mancava Laurent...

Agnese servì la cena per entrambe poi si sedette in paziente attesa che Thea rompesse il silenzio.

Thea stava giocherellando con la buccia della mela che aveva appena mangiato.
La lasciò ricadere nel piatto, era nervosa.

"Agnese..."

"Sì piccola?"

"Laurent...Laurent ha avuto un incidente..."

"Come un incidente? Con la macchina? Mentre eseguiva un inseguimento?"

"No...gli hanno sparato...è grave...non so se..."

La voce di Thea si ruppe per l'emozione.

Agnese le si avvicinò per abbracciarla.

"Non gli succederà niente, ne uscirà più forte di prima..."

"È in coma farmacologico, Agnese..."

"Non sarà quello a tenerlo lontano da te.
Ne uscirà.
Lo so.
Non piangere bambina..."

Thea si asciugò gli occhi.

Quella donna riusciva sempre a darle speranza dove lei vedeva solo vuota disperazione.

"Grazie Agnese..."

"Prego Thea...
Vuoi andare a fare un giro in città?"

"No...vorrei farti vedere quello che ho trovato oggi a una trentina di metri di profondità ..."

"Sono molto curiosa...qui sulla costa e in mare ci sono secoli di Storia francese, hai trovato qualche asse delle navi dei pirati, per caso?"

"Molto meglio mia cara...
Ma lo vedrai dopo, prima ti aiuto a fare i piatti. "

"Neanche per sogno, li metto in lavastoviglie e andiamo subito a vedere il cimelio misterioso..."

Thea riuscì a ridere di gusto nonostante avesse ancora il cuore pesante.

Come una bambina che aspetta Babbo Natale Agnese seguì Thea in camera sua.

La donna prese il borsone, lo aprì e tirò fuori la sua felpa logora che usava quando andava in palestra.
La appoggiò sul letto e la aprì delicatamente fino a rivelare la bottiglia incrostata di mitili.

Agnese assunse un'espressione di puro stupore.

"È una bottiglia decisamente antica, sai?
L'avrà persa qualche nave naufragata durante una tempesta.
Chissà di che epoca è?
Hai fatto una scoperta eccezionale, Thea..."

"E non solo, Agnese...dentro c'è qualcosa..."

"Come qualcosa?"

"Una pergamena stretta con un nastro blu...
Un messaggio che arriva dal passato.
Mi intriga tantissimo, Agnese..."

"Una lettera misteriosa...
Magari d'amore..."

"Magari è una richiesta di aiuto, Agnese che non è arrivata a destinazione..."

Thea si intristì repentinamente.
Agnese se ne accorse.
Riportò subito l'attenzione di Thea sulla bottiglia.

"Potresti portare la bottiglia al Museo delle Belle Arti, lì la possono datare e magari capire cosa fare con la pergamena che contiene..."

"Hai ragione Agnese.
Ci andrò domani mattina stessa. "

Agnese sorrise e le diede un bacio in fronte.

Occuparsi di quella bottiglia, del suo contenuto e del mistero che la circondava avrebbe distratto Thea dal pensiero fisso di Laurent.

Sì, Thea aveva bisogno di una distrazione.

E niente era meglio di un mistero arrivato dal passato.

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Capitolo 6
*** Il museo ***


Baudelaire


Thea era davanti al Musée des Beaux-Arts di Arras, un maestoso edificio la cui architettura ricordava quella della Reggia di Versailles. Rimaneva incantata ogni volta che lo ammirava…
Tirò fuori dalla borsa il biglietto sul quale aveva scarabocchiato un nome: Luc Martin.
Era un esperto dell’epoca dei Lumi con il quale era riuscita a parlare la sera prima.
L’uomo era rimasto talmente colpito dal racconto di Thea che le aveva dato appuntamento già la mattina seguente.
Thea era felice ed emozionata. Presto avrebbe scoperto il contenuto del misterioso messaggio.
Il pomeriggio precedente, dopo aver telefonato al museo, aveva chiamato il dottor Lessade.
No, Laurent non si era risvegliato.
No, nessun miglioramento.
E no, non c’era alcun bisogno che lei tornasse in ospedale, per il momento.
Thea l’avrebbe fatto, prima o poi, magari dopo aver fatto luce sul mistero della bottiglia. Sarebbe tornata da lui, si sarebbe seduta al suo fianco, e poco importava se lui non poteva sentirla, poco importava se non poteva parlarle.
Thea gli avrebbe raccontato tutto, per filo e per segno. Forse, una parte di Laurent sarebbe stata in grado di ascoltare. Sarebbe rimasto incantato quanto lei da quella storia affascinante. Forse sarebbe tornato da lei dopo aver udito quella storia incredibile…
C’erano ancora così tante cose da fare insieme, una vita intera da vivere.
Non poteva abbandonarla per sempre. Non doveva azzardarsi a farlo…
Proprio no…
Sì… sarebbe tornata da lui e lo avrebbe reso partecipe di quella affascinante avventura.
Ma non era ancora il momento. Ora doveva gettare luce su quel fitto mistero. Perché quella bottiglia era arrivata proprio a lei?
Thea se lo chiedeva ossessivamente.
Quale misterioso messaggio voleva darle il destino?
Doveva essere impazzita, ma era questo ciò che pensava. Quel biglietto era per lei, ne era assolutamente convinta.
In ogni caso, la verità stava per essere rivelata.
Sospirò profondamente, stringendo il biglietto tra le dita, la bottiglia al sicuro in una borsa.
Entrò e chiese alla ragazza alla reception di parlare con il dottor Martin.
La giovane fece una telefonata, poi l’accompagnò al secondo piano.
Thea fu invitata ad entrare in un grande ufficio, con poltrone in pelle nera e una vista spettacolare sui giardini del museo. Era chiaro che questo Luc doveva essere un pezzo grosso.
La donna la invitò ad accomodarsi e si congedò, dicendo che il dottore sarebbe arrivato subito.
Thea attese.
Cinque minuti dopo, la porta si aprì.
Thea scattò in piedi. Il dottor Martin era un uomo alto e brizzolato, di mezza età.
Decisamente affascinante.
“Lei dev’essere la signora Dubois.” – disse, porgendole la mano.
Thea la strinse. “Sono io. Mi perdoni per lo scarso preavviso.”
“Oh, al contrario! Sono ben felice di riceverla! Devo ammettere che la sua telefonata mi ha molto incuriosito…”
Thea se n’era accorta già la sera prima, al telefono. Luc Martin doveva essere eccitato quanto lei per l’insolito ritrovamento.
“Posso… vederla?” – domandò l’uomo, venendo subito al dunque.
A Thea venne quasi da ridere. Aveva mandato la professionalità a farsi benedire e si comportava come un bambino alle prese con un nuovo giocattolo.
“Certamente.”
Con la massima cura, Thea estrasse la bottiglia dalla borsa.
“Wow!” – esclamò il dottor Martin. “Posso?”
“Certo!”
L’uomo prese l’oggetto tra le mani, delicatamente, e lo analizzò a lungo.
“Straordinario… assolutamente straordinario…” – mormorò estasiato, osservando la piccola pergamena all’interno, stretta da un nastro blu.
“Allora… che ne pensa?” – chiese Thea.
“E’ del ‘700, non c’è alcun dubbio.”
“Fantastico.” – mormorò la donna. “Crede sia possibile… aprirla?”
L’uomo spostò la sua attenzione dalla bottiglia a Thea.
Le restituì il prezioso cimelio, si tolse gli occhiali e si strofinò gli occhi.
Thea rimase in attesa.
“Signora Dubois, devo essere molto franco con lei. Abbiamo di fronte un oggetto estremamente fragile. È assai probabile che, nel momento in cui quella bottiglia sarà aperta, sarà impossibile leggere il contenuto del messaggio. Il contatto con l’aria sarebbe deleterio per la pergamena.”
“Il solo e unico modo per scoprirlo è provarci, non crede?” – replicò Thea, risoluta.
Luc Martin sorrise. “Lei muore dalla voglia di scoprire cosa c’è scritto, e la capisco. Tuttavia…”
“Tuttavia non mi aiuterà ad aprirla.” – concluse Thea al posto suo.
“Mi dispiace molto. Non credo sia possibile farlo senza rovinare la pergamena.”
Thea era molto delusa. Era venuta fin lì per niente.
Ma non era tipo da arrendersi tanto facilmente. Non aveva mai creduto alle coincidenze. Tutto avveniva per un motivo.
C’era una ragione precisa se quella bottiglia era arrivata fino a lei.
Thea avrebbe potuto scegliere di non andare ad Arras, e rimanere accanto a Laurent.
Avrebbe potuto decidere di non effettuare un’immersione fuori stagione. Il grande amore per il mare e l’immenso dolore che provava l’avevano spinta a farlo.
Avrebbe potuto non trovare Santiago pronto ad accompagnarla e vedersi rigettata la richiesta, a causa di carenza di personale.
Oppure avrebbe potuto immergersi da un’altra parte, lontano dal punto in cui la bottiglia era rimasta incastonata tra gli scogli. Avrebbe potuto non vederla.
Sarebbe bastato poco: qualche metro più in là, e la bottiglia sarebbe rimasta dov’era.
Insomma, Thea non credeva alle coincidenze. Il destino l’aveva condotta fin lì, e lei non poteva gettare la spugna proprio adesso, qualunque cosa avrebbe detto Luc Martin.
Ripose la bottiglia nella borsa e si alzò. “Dottor Martin, la ringrazio infinitamente per la sua cortesia.” – annunciò, in tono deciso.
“Mi dispiace signora Dubois, ma ho ritenuto di dover essere franco con lei.”
“Proprio per questo sono venuta da lei, per avere un consulto su un argomento che non mi compete. Di nuovo, la ringrazio infinitamente per la sua gentilezza.”
Il tono di Thea non era ostile, ma non riusciva a celare un’ombra di delusione, cosa che non sfuggì affatto all’uomo che le stava di fronte.
“Naturalmente, se lo ritiene, può sempre fare un tentativo…” – azzardò il dottor Martin.
I loro sguardi indugiarono l’uno nell’altra per qualche istante.
Lo sapeva.
Luc Martin sapeva esattamente quali erano le intenzioni di Thea.
“Buona fortuna, signora Dubois.”
“Grazie.” – rispose Thea, stringendogli la mano.

Thea tornò a casa e preparò tutto l’occorrente.
Scese in cantina. Non si trattava di una vera e propria cantina, in realtà, ma dei sotterranei della villa, dove suo padre custodiva le sue pregiate bottiglie di vino e di liquori.
C’era uno stanzino minuscolo che sarebbe stato perfetto per effettuare l’esperimento.
Thea entrò e depose sul tavolo il materiale che aveva preparato, insieme alla bottiglia.
Prese un filo di spago e lo bagnò con dell’acetone. Poi, lo annodò alla bottiglia, proprio sotto il collo, il punto esatto in cui avrebbe praticato il taglio.
Accese un fiammifero e diede fuoco allo spago, avendo cura di ruotare ripetutamente la bottiglia, con estrema cautela.
Attese almeno quindici secondi, poi immerse rapidamente la bottiglia nel contenitore di acqua e ghiaccio che aveva preparato sul tavolo.
Ripetè l’operazione diverse volte, fino a quando, finalmente, l’esperimento funzionò e il taglio nel vetro si aprì. Non era un taglio perfetto, naturalmente.
Doveva fare molta attenzione a non ferirsi.
Ma ce l’aveva fatta! Aveva aperto la bottiglia, e lo aveva fatto da sola!
Il dottor Martin avrebbe esultato con lei, ne era certa!
Ora non restava che tirare fuori la pergamena.
Thea la osservò. Piccola… fragile… delicata come il petalo di una rosa…
Il cuore accelerò. Quel momento era uno squarcio di luce nel buio calato su di lei dal giorno della sparatoria.
Un piccolo, infinito attimo di felicità.
Emozione, emozione a mille.
Non ricordava più cos’erano le belle emozioni… Senza Laurent non valeva più la pena viverle. Ma quel piccolo oggetto era una speranza, una goccia di gioia, una perla affiorata dal nulla.
Per lei, solo per lei.
La lasciò scivolare fuori dal vetro.
Per secoli sul fondo del mare… e ora lì, tra le sue mani, avvolta nel nastro blu.
Non restava che aprirla, e allora avrebbe saputo se le supposizioni del dottor Martin erano esatte.
Sarebbe riuscita a leggere il messaggio?
Thea non voleva aprirla lì, nel buio dei sotterranei.
E non voleva farlo da sola.
Prese la pergamena e si avviò verso la scala.
“Agnese!"

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Capitolo 7
*** La lettera ***


Ladybug87


"Agnese!..."
Gridò di nuovo a mezza scala.

La donna le rispose e si precipitò verso la scala.

"Sei riuscita ad aprirla, Thea?"

"Sì, la pergamena è qui, tra le mie mani ".

La fissò.
Fragile e ingiallita chiusa da un nastro logoro.

Finì di fare le scale e si trovò faccia a faccia con un' Agnese curiosa almeno quanto lei.

La pergamena era poco più lunga del suo palmo.

Chissà se l'inchiostro era stato tutto riassorbito, lasciando quindi una pagina bianca, oppure si era conservato in maniera sufficiente almeno da poter cogliere qualche parola.

Thea, mentre liberava la pergamena dalla sua culla di vetro, aveva notato che non aveva segni di muffa o funghi, era ingiallita per via dell'invecchiamento, certo, ma non era danneggiata.

La bottiglia era stata chiusa con perizia, impedendo che acqua, aria e umidità facessero danni.

La luce, altro fattore molto dannoso, era stata filtrata dall'acqua del mare e non aveva raggiunto la pergamena.

Tutta una serie di fortunati eventi avevano preservato quel piccolo, incredibile, resiliente pezzo di storia.

Si incamminarono verso lo studio.

Thea aveva preparato una lastra di vetro sulla quale avrebbe delicatamente srotolato la pergamena.

Prese due pinzette e tentò di sciogliere il nodo del nastro.

Si interruppe più volte a causa del tremolio delle mani.

Notò che anche Agnese era molto nervosa e tesa.

Finalmente la seta del nastro cedette e sfilacciandosi leggermente permise a Thea di liberare la pergamena.

Adesso non le restava che iniziare a srotolarla.

Emozionata come non mai deglutì e si allontanò dalla scrivania.

Il Destino, il Fato, l'avevano portata fino lì.

Adesso il cerchio stava per chiudersi.

Con l'ausilio di due pinzette iniziò a srotolare la pergamena.

Quasi non respirava e la salivazione era azzerata.

Quando riuscì a portare a termine il lavoro, dopo interminabili minuti di agonia e tensione, potè notare che l'inchiostro non era stato riassorbito e quello che, a tutti gli effetti, era un messaggio in una bottiglia, era praticamente intatto, pronto per essere letto.

Quel messaggio aveva attraversato, letteralmente, gli oceani del tempo per essere trovato da lei...

Le venne quasi da piangere per l'emozione.

Avrebbe dovuto tirare fuori il sangue freddo, adesso.

Lei esperta del mare, proprio in mare aveva trovato una delle cose più sorprendenti che le fossero mai capitate.

Prese una lente di ingrandimento e iniziò a tentare di leggere le parole scritte sulla pergamena.

Non era per niente facile dato che il francese era arcaico e la calligrafia era difficile da capire.

Su un taccuino Thea trascriveva le parole che riusciva a capire lasciando spazi per inserire quelle che capiva di volta in volta.

Quando questo lavoro certosino finì si trovò di fronte a una delle più belle dichiarazioni d'amore che avesse mai letto.

"Palazzo Jarjayes, luglio 1789.

Mia dolce, delicata,sublime rosa aulentissima, mia cara Oscar oso scrivere alla tua persona questa mia missiva solo perché pienamente consapevole che mai ti giungerà.

Io stesso farò in modo che non ti giunga poiché l'imbarazzo sarebbe altissimo, per me.

Dopo essere riuscito a vedere il tuo ritratto, rosa tra le rose di Arras, so di poter anche passare a miglior vita senza rimpianti o rimorsi, poiché ho toccato la più grande felicità che il mio cuore potesse sopportare.

Il tuo essere donna in un mondo di uomini dimostra quanto il genere non conti nulla dinanzi al carattere e all'educazione.

Ai miei occhi che, purtroppo, stanno perdendo la luce tu sarai per sempre rosa e mai lillà.

Il mio amore per te va oltre l'attrazione o l'affetto...esso è ammirazione, adorazione, rispetto.

Resterai per sempre impressa a fuoco in tutta la tua bellezza nella tenera carne del mio cuore innamorato.

Il mare custodirà le mie parole.

Con amore immenso tuo

André Grandier. "


Thea la rilesse un paio di volte.

Ogni volta venivano fuori nuovi particolari nelle parole di quell'uomo innamorato.


Solo quando una lacrima colpì, rimbalzando, la superficie di vetro, generando un suono cristallino, Thea si accorse che stava piangendo.

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Capitolo 8
*** La stanza misteriosa ***


Baudelaire



Agnese era tornata in cucina per preparare una tazza di tè. Questa, almeno, era la scusa ufficiale. In realtà, voleva lasciare Thea da sola per un po’.
Leggere quel messaggio le aveva fatto effetto.
Un brutto effetto.
Un messaggio d’amore. Un uomo innamorato che aveva affidato al mare il tormento del suo cuore.
Agnese sospirò. Chissà se e quando Laurent si sarebbe svegliato…
Riempì d’acqua il bollitore e accese il fuoco.
Thea, la sua piccola, aveva più che mai bisogno di lei…

Thea si asciugò le lacrime.

Oscar…

André…

Oscar… Che strano nome per una donna. Molto, molto strano… Quale pazzo furioso poteva dare un nome maschile ad una figlia femmina?
“Il tuo essere donna in un mondo di uomini…” Questo recitava il messaggio. Forse questa Oscar sarebbe dovuta nascere maschio?
Era forse la vendetta di un padre bramoso di un figlio maschio che non era mai arrivato?
Era un’ipotesi plausibile? Sì, lo era. Altrimenti non si spiegava. Thea sapeva benissimo che, in quell’epoca, le donne erano destinate a trovare marito e a fare figli.
Vite vuote e noiose.
Ma non quella di questa Oscar, evidentemente destinata ad una vita diversa.
Non così diversa, però, agli occhi di questo André.
Lui, chiunque fosse, si era perdutamente innamorato. Il suo cuore aveva visto oltre la facciata che lei mostrava al mondo e, forse, perfino a se stessa.
Il cuore di un uomo sofferente, forse disperato, che aveva donato al mare lo scrigno del suo cuore. Il mare, l’unico al quale potesse donarlo in quel momento…
Chissà come erano andate davvero le cose tra quelle due anime…
C’era così tanto di lei e Laurent in quelle righe! Così tanto! Un amore immenso, talmente grande da non poterlo spiegare a parole…
Thea sapeva che quella del tè era solo una scusa. Agnese l’aveva volutamente lasciata sola, in segno di rispetto per il suo grande dolore.
Si asciugò le lacrime. Non era più tempo di versarne, ora. C’era un mistero da decifrare.
Un mistero dannatamente intrigante.

Agnese tornò con due tazze fumanti e un piattino con qualche biscotto al burro: i preferiti di Thea.
Sorseggiarono la bevanda in silenzio, mentre Agnese rileggeva attentamente il messaggio.
Thea la vide aggrottare la fronte.
“Cosa c’è?” – le chiese.
“Questo nome… Palazzo Jarjayes… mi suona familiare…” – rispose la donna, pensierosa.
“Davvero?” Thea depose la tazza, troppo eccitata per bere. “Sai dove si trova?”
Agnese la fissò. “Oh sì, certo che lo so.”
I suoi occhi brillavano.
“Allora? Parla!” – la incalzò Thea, sulle spine.
Agnese sorrise. “E’ questa casa. La casa dei tuoi genitori.”
Thea strabuzzò gli occhi. “Cosa?”
“Ricordo perfettamente che era abitata dai Jarjayes. So di non sbagliarmi. Ho buona memoria, io.”
“Ma allora… Oscar e André vivevano qui.”
“Si direbbe proprio di sì.”
“Diavolo…”
Agnese si morse un labbro. Non le piaceva quando Thea imprecava, anche se lo faceva molto di rado. Era evidente che quell’informazione l’aveva sconvolta.
“Agnese, c’è un motivo se questo messaggio è arrivato fino qui. Non può trattarsi di una coincidenza!”
“Bambina mia, devo riconoscere che sembrerebbe proprio uno strano gioco del destino.” – convenne la donna.
“Dobbiamo assolutamente saperne di più!”

Thea uscì dalla stanza e Agnese si affrettò a seguirla.
Entrarono nello studio del padre di Thea, dove c’era una libreria piena di testi antichi.
“Che intenzioni hai?” – le domandò Agnese.
“Beh, da qualche parte devo pur cominciare! Forse in uno di questi libri c’è qualcosa sui Jarjayes.”
Thea prese un libro ma, nel farlo, accadde qualcosa.
Assottigliò lo sguardo, trattenendo il fiato.
“Che il diavolo mi porti…” – mormorò incredula.
Quella che aveva sempre creduto essere una libreria, in realtà, era un passaggio segreto che conduceva ad un’altra stanza.
Una stanza che Thea non aveva mai visto, e della quale non conosceva l’esistenza.
“Porca miseria!”
Thea sorrise. Era chiaro che nemmeno Agnese conosceva quel segreto, pur essendo vissuta lì da tutta una vita.
Entrarono e subito i loro occhi furono attratti da ciò che riempiva la stanza, offuscando tutto il resto.
Un quadro enorme, impolverato, ma il cui soggetto era ancora chiaramente visibile.
Un cavallo rampante, un cavaliere biondo dagli occhi azzurri, lo sguardo fiero e lunghi riccioli biondi.
Oscar.
Poteva essere lei?
Thea era convinta di sì. Se i Jarjayes avevano davvero vissuto lì, e se André stesso aveva parlato di un quadro, poteva trattarsi proprio di quello.
Oscar, una donna costretta ad essere uomo.
Oscar, coraggiosa ed indomita.
Bella da togliere il fiato.
Era ovvio che André avesse perso la testa per lei. Ma chi diavolo era questo André?
Thea era in fibrillazione. Doveva assolutamente saperne di più.
“Credi che sia lei?” – le domandò Agnese.
Thea si voltò. “Tu cosa credi?”
“Potrebbe essere.” – rispose la governante.
“Dobbiamo scoprirlo, Agnese. Dobbiamo assolutamente scoprirlo.”
“Come?”
“Andrò in biblioteca. Forse troverò qualcosa.”

Thea guidava, il pensiero fisso sul protagonista del quadro.
Doveva essere una persona davvero molto, molto particolare questa Oscar.
Bellissima, eterea, irraggiungibile.
Chissà com’era André.
Chissà se lei lo aveva mai ricambiato.
Si era mai innamorata, Oscar? O aveva vissuto sempre e solo come un uomo, senza mai conoscere le gioie dell’amore?
André aveva scritto che i suoi occhi stavano perdendo la luce. Forse, un incidente? La sua vista era irrimediabilmente compromessa? Quel quadro era l’ultima immagine di lei che gli era stato concesso di vedere, prima che il buio lo avvolgesse completamente?
Terribile. Semplicemente terribile.
Parole di un uomo disperato, il cui amore mai sarebbe venuto meno.
Forse André non aveva mai potuto vivere quell’amore.
Un uomo sfortunato.
Lei e Laurent, almeno, lo avevano vissuto.
Anche gli occhi di Laurent, adesso, erano immersi nel buio.
Li avrebbe mai riaperti? O sarebbe stato perseguitato dalla stessa sfortuna di André?
Laurent… sono io la tua Oscar… sono qui, e ti aspetto.
Ti prego, torna da me…

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Capitolo 9
*** Sogno ***


Ladybug87




Thea quella sera andò a dormire con un peso sul cuore.
Si girò per un bel pò tra le coltri prima di prendere sonno.
Laurent fu l'ultimo suo pensiero prima che Morfeo l'accogliesse tra le sue braccia.
Ma non fu un sonno ristoratore.

Thea iniziò a sognare.
Era con Laurent, bello come il sole.
Stavano facendo un pic-nic ai piedi di una collina rigogliosa e verde puntinata di fiori.
Si sentiva così felice, Thea, così appagata...

Ad un certo punto Laurent le si avvicinò e la baciò con passione, Thea si lasciò andare: essere di nuovo con lui le dava di nuovo la voglia di vivere.

Ma quando Laurent si allontanò da lei Thea iniziò a rendersi conto che i tratti del viso di suo marito stavano cambiando proprio sotto ai suoi occhi.

I capelli e gli occhi chiari lasciavano il posto a folti capelli corvini e a due occhi di un verde sorprendente.

Nonostante la strana trasformazione Thea non aveva paura dell'uomo che si trovava di fronte.

"Non lasciarlo andare...ma per poterlo fare ci devi trovare..."

Thea stava per chiedere chi dovesse trovare, perché stavano succedendo tutte quelle cose, chi fosse lui...

Ma prima che riuscisse a proferire parola si ritrovò da sola, in cima alla collina.

Il paesaggio bucolico era scomparso, tirava un forte vento, talmente forte che la donna si sentì travolgere e quasi rovinò a terra, spostò il peso del corpo per non cadere e il suo sguardo si posò su due vecchie croci.

Il legno era tarlato e rovinato ma i nomi delle persone che giacevano in quel fazzoletto di terra si leggevano ancora:
André Grandier e Oscar François de Jarjayes.

Nelle orecchie di Thea rimbombava ancora quella voce bassa e sensuale che diceva "trovaci " nel momento in cui si risvegliò di colpo rischiando di cadere dal letto.

Thea aveva il fiatone.

Quel sogno così vivido e strano l'aveva profondamente turbata.

Non era stato un incubo vero e proprio...ma non aveva assolutamente idea di chi fosse l'uomo estremamente bello e con l'aria profondamente triste che le aveva chiesto di "trovarli ".

Trovare chi?

I due sepolti sotto le croci di legno?

Su una croce aveva riconosciuto il nome de Jarjayes...

Ma come era possibile?

Lei non credeva ai sogni premonitori, ai messaggi dall'aldilà.
Lei era una scienziata, credeva nella realtà empirica...eppure era arrivata fino lì guidata da un messaggio in una bottiglia, aveva trovato un quadro misterioso...

Tutte quelle strane coincidenze l'avevano influenzata?

Molto probabilmente sì, ma una parte del suo cervello le diceva che avrebbe dovuto cercare quelle due anime dimenticate e dopo aver saputo la loro storia avrebbe potuto tornare alla propria vita, con Laurent.

Il sogno l'aveva svegliata alle quattro, dopodiché non era più riuscita a prendere sonno.

Appena scorse le prime luci dell'alba decise di uscire.

Si coprì bene, ché l'aria mattutina era pungente e s'incamminò senza una mèta precisa.

Quando il sole, già alto sull'orizzonte, iniziò a scaldare un pò le sue ossa si ritrovò in una radura distante un paio di chilometri dalla villa.

Le parve subito familiare.

Era proprio lì che, in sogno, stava facendo il pic-nic con Laurent.

Sentì il cuore accelerare, sì era proprio quello il posto.

Cercò di andare indietro con la memoria, sicuramente c'era stata durante le vacanze, non riusciva ad accettare che fosse stato un sogno a condurla lì...

Fu presa da un'ansia profonda e iniziò a vagare con lo sguardo sul paesaggio che la circondava.

Così la vide.

Vide la collina del sogno.

A grandi passi affrontò la salita.

Doveva provare a sé stessa che in cima non c'era nessuna croce, nessuna sepoltura.

L'erba era alta e incolta, fece qualche passo e non trovò nulla.

Era quasi delusa.

Si voltò per tornare indietro e ancora nella testa quelle parole "trovaci"...fu allora che le vide.

Due croci malconce, sbilenche, tarlate eppure ancora miracolosamente in piedi.

Sentì gli occhi pizzicare a causa delle lacrime.

"Vi ho trovati?"
Chiese quasi a sé stessa e si avvicinò alle croci.

I nomi non erano così chiari come nel sogno ma si potevano ancora leggere: André Grandier e Oscar François de Jarjayes.

Li aveva trovati.

Adesso non le restava che andare alla biblioteca comunale per conoscere la loro storia in ogni più piccolo dettaglio.

Corse, letteralmente, verso casa, si cambiò e fece colazione.

Era pronta per conoscere la verità.

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Capitolo 10
*** La cartomante ***


Baudelaire



Thea aveva un principio di mal di testa. Era in biblioteca da due ore e ancora non era riuscita a venire a capo di quel mistero.
Si mise le mani nei capelli, sbuffando sonoramente. Non poteva restare lì per sempre… eppure doveva esserci qualcosa. Doveva! E doveva assolutamente trovarlo.
Con la coda dell’occhio notò il ragazzo occhialuto seduto poco distante da lei che la fissava, contrariato. Era chino sui libri da ore.
Un giovane secchione.
Probabilmente la sua frustrazione lo infastidiva. Fu sul punto di dirgli qualcosa, poi decise di lasciar perdere. Aveva di meglio da fare, e doveva farlo alla svelta.
Si alzò e tornò a cercare altri libri del passato.
Finalmente, trovò qualcosa.
Prese l’enorme tomo e lo posò sul tavolo. Lo aprì e prese a sfogliarlo febbrilmente.
Venti minuti dopo, Thea sobbalzò sulla sedia. “Che mi venga un colpo!” – esclamò a voce alta.
“Ma insomma!” – protestò il secchione.
Thea lo ignorò, troppo eccitata per curarsi di lui.
Quel libro conteneva l’albero genealogico dei Jarjayes.
Aveva trovato Oscar…. Ma non solo…
Thea fissava con crescente sconcerto la pagina di fronte a lei.
In fondo, spiccava un nome: Thea Dubois.
Pazzesco…incredibile… assurdo…
Oscar Francois de Jarjayes era una sua antenata.
Thea era una discendente della famiglia Jarjayes.
Per questo quella bottiglia era arrivata fino a lei? Un segno inequivocabile del destino.
Thea aveva trovato anche informazioni su André Grandier, e aveva capito il motivo di quel messaggio d’amore: André era un uomo del volgo, un uomo, chiaramente, non alla portata di una Jarjayes.
Ciononostante, si era perdutamente innamorato di lei, perché l’amore non conosceva distinzioni, si nutriva solo di se stesso, a prescindere da stupide convenzioni sociali dettate da miseri animi umani.
Parenti… lei e Oscar erano parenti…
Diamine, Agnese avrebbe avuto una sincope! Doveva tornare a casa e dirglielo, ma prima aveva assoluto bisogno di una boccata d’aria fresca. Quel posto cominciava ad essere soffocante.
Thea si alzò, rimise a posto il libro e si avviò verso l’uscita. Nel farlo, passò accanto al secchione, che nemmeno si accorse di lei, troppo preso dal libro sul quale stava studiando.
Thea uscì all’aria aperta e respirò avidamente.
Oscar…Oscar… la sua antenata… lo stesso sangue nelle vene…
Oscar… coraggiosa, fiera, indomabile, esattamente come Thea. Due eroine di epoche differenti. Due facce della stessa medaglia. Due donne impavide cui l’amore aveva rapito il cuore.
Così era stato per Thea.
Era accaduto anche a Oscar? Che cosa provava per André Grandier? Si era innamorata a sua volta, sfidando le convenzioni dell’epoca per vivere pienamente il suo sentimento? Oppure André era solo un amico?
Non avrebbe mai conosciuto la verità. Eppure, erano stati sepolti uno accanto all’altra. Un motivo doveva pur esserci…
Thea sorrise di quei pensieri romantici. Era strano, per una come lei, indugiare su quel genere di cose…
Ma perché aveva fatto quel sogno? Questa era la questione cruciale.
Era ormai chiaro che l’uomo che aveva visto in sogno doveva essere André. “Ci devi trovare…”
E lei lo aveva fatto. Il destino l’aveva condotta alle due croci.
Ma qual era il senso di tutto questo?
I due giovani erano stati sepolti vicini.
Lei li aveva trovati.
Cosa aveva a che fare tutto questo con lei e Laurent?
Per quale motivo quelle due anime perdute, sepolte dal tempo, erano giunte fino a loro?
Doveva esserci un significato che tuttora le sfuggiva.
Thea si strinse nel cappotto per proteggersi dall’aria pungente di Arras. I vicoli erano semideserti ed era piacevole camminare in totale solitudine. Le permetteva di perdersi in quei pensieri assillanti. Thea sapeva che non avrebbe avuto pace fino a quando non fosse riuscita a dipanare quel mistero imperscrutabile.
Qualcosa attirò la sua attenzione. Un piccolo negozio la cui vetrina era oscurata da un drappo color rosso sangue.
Incuriosita, Thea si avvicinò.
Lesse il cartello all’ingresso: “Madame Dupont svela le carte del vostro destino. Entrate per conoscere cosa vi riserva il futuro.”
Thea sorrise. Baggianate! Davvero c’era gente che buttava via i soldi in quel modo?
Fosse bastato quello per conoscere il futuro…Tutti avrebbero saputo che fare della loro vita, non avrebbero più commesso errori e, probabilmente, sarebbero stati più felici…
Ma le cose non andavano così. La vita era più difficile.
All’improvviso, un tuono.
Thea ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo al cielo, che l’acquazzone la investì in pieno.
Si ritrovò bagnata come un pulcino.
Doveva mettersi al riparo, ma dove?
Non aveva altra scelta, doveva entrare dalla dannata cartomante!
Contrariata e irritata, Thea aprì la porta con riluttanza.
L’odore di incenso la investì come un’onda.
Storse il naso.
L’ingresso era minuscolo. Poco oltre, c’era una stanza senza la porta. Al suo posto, una tenda rossa, come quella che celava la vetrina alla curiosità dei passanti.
Una donna sbucò fuori dalla tenda.
Doveva trattarsi di Madame Dupont.
Indossava un vestito leggero, rosso fuoco, i lunghi capelli corvini legati all’altezza della nuca e coperti da una benda dello stesso colore.
Perché proprio il rosso?
Il colore della menzogna, pensò Thea.
“Desidera?” – domandò la donna, gentilmente.
Dal tono della voce non sembrava affatto una truffatrice, ma Thea aveva imparato a sue spese che le apparenze ingannano quasi sempre.
“Mi scusi, sono stata sorpresa dal temporale e non sapevo come ripararmi. Mi trovavo qui davanti, e così…”
La donna si rilassò e distese le labbra in un sorriso. Allungò la mano. “Vieni…” Thea, d’istinto, si ritrasse. “No, forse è meglio che io vada…”
“Quando il temporale sarà passato. Seguimi.”
La pioggia era torrenziale, non poteva andarsene.
Che fare?
Non aveva nessuna intenzione di farsi leggere le carte. Proprio nessuna.
La donna le voltò le spalle e rientrò nella stanza celata dalla tenda.
Thea imprecò a bassa voce, e, suo malgrado, la seguì.
Incenso, incenso ovunque… Thea ebbe un capogiro. Perché quella gente era fissata con l’incenso?
La stanza era piccola. C’era un tavolino e due sedie, un piccolo armadio e un divanetto a due posti. Era lì che truffava i suoi clienti.
Thea era entrata nel covo della vipera.
Lottò contro la vocina interiore che le diceva che Madame Dupont non era affatto una truffatrice.
Non le credeva. Non poteva farlo. Una stimata ricercatrice come lei, una donna di scienza, non poteva certo farsi abbindolare da una strega che per tirare a campare leggeva stupide carte a poveri ed illusi malcapitati.
Thea sapeva perfettamente che il destino si costruiva giorno dopo giorno e che, ciononostante, le cose potevano cambiare da un momento all’altro. Era impossibile fare piani, programmi… lo aveva imparato a sue spese proprio di recente. Credeva di aver trovato la felicità, e invece aveva perso suo marito.
No, non lo aveva perso del tutto… ma Laurent era ridotto ad un vegetale e non sapeva se e quando sarebbe tornato in sé.
Come poteva, quella donna, pretendere di predire il futuro? Il futuro non era che una scatola magica, che poteva cambiare da un giorno all’altro. Potevi sforzarti di fare andare tutto per il verso giusto, ma la scatola magica era, di fatto, fuori dal tuo controllo.
Thea avrebbe dato l’intero palazzo Jarjayes (la sua casa, la casa di Oscar!), pur di scappare da lì. Era fuggita da una biblioteca soffocante per ritrovarsi nel regno dell’incenso e della bugia.
Doveva andarsene, e alla svelta.
“Siediti.” – le intimò la donna, seduta al tavolino, le carte già pronte.
Thea non si mosse. “No.” – rispose decisa.
“Sei un osso duro.”
“Sono una persona pragmatica.”
La donna ridacchiò, mandando Thea su tutte le furie.
La donna cominciò a girare le carte.
“Che stai facendo? Ti ho detto che…” – protestò Thea, ma quella la zittì con un cenno della mano, concentrata sulle carte.
“Ah, questo è troppo!” – esclamò Thea, in procinto di andarsene.
Meglio prendere l’acquazzone, che restare ad ascoltare i deliri di quella pazza. “Sono arrivati da te per un motivo. Li hai trovati. Ma non basta. Devi seppellirli in terra consacrata. Te lo stanno chiedendo.”
Thea si immobilizzò.
Si voltò lentamente e i suoi occhi sbarrati incontrarono quelli neri, profondi, della chiromante.
Thea deglutì. Era come vivere un sogno… un sogno dal quale era impossibile svegliarsi.
La donna sorrise.
Thea non riusciva a parlare.
“Soffrono. Concedi loro di trovare pace. Non possono più stare lì.”
“Come fai a sapere… come… come è possibile?” – mormorò Thea confusa, il cuore impazzito che minacciava di uscire dal petto.
La donna si alzò, andò ad aprire la piccola finestra alle sue spalle. Il sole illuminò all’improvviso la stanza in penombra.
Si voltò nuovamente verso Thea. “Il temporale è passato. Ora vai. Sai cosa fare.”

Thea camminava spedita per gli umidi vicoli di Arras. Le scarpe ticchettavano sull’asfalto bagnato. Non c’era in giro nessuno.
Solo lei, e la sua angoscia.
Lei, che aveva sempre tenuto i piedi ben saldi per terra.
Solo Laurent era riuscito a farle spiccare il volo, ma questo non cambiava la sua essenza. Era donna di mondo, con saldi principi, fondate convinzioni.
Credeva nella scienza, nell’empirico, in tutto ciò che era possibile toccare con mano, dimostrare con spiegazioni logiche e razionali.
Credeva nel Vero.
Ma ecco che, all’improvviso, la sua vita era stata accarezzata dal vento del Mistero. Un mondo nuovo e sconosciuto, un mondo che giudicava distorto, era giunto fino a lei per scompigliare ogni sua certezza.
Bottiglie perdute nel mare, messaggi d’amore. La sua antenata che sbucava fuori dal nulla, come per magia. Un’antenata di cui aveva ignorato l’esistenza fino ad allora.
E ora, una cartomante qualunque incrociava il suo cammino, grazie ad un provvidenziale acquazzone. Una cartomante le cui carte conoscevano esattamente tutto ciò che le era capitato in quegli ultimi giorni.
Andiamo! Queste cose non potevano essere reali!
Ora sarebbe tornata a casa, si sarebbe risvegliata dal sogno e avrebbe finalmente scoperto che era stato solo frutto della sua fervida immaginazione. Un’immaginazione che nemmeno credeva di avere!
Camminò veloce fino alla macchina.
Ecco, stava per tornare a casa. Stava per scoprire che si trattava solo di un sogno.
Allora, avrebbe dimenticato Oscar e André e avrebbe fatto ritorno da Laurent, che aveva bisogno di lei. Perché questo era tutto ciò che esisteva: Laurent in quel letto di ospedale, e il loro immenso amore in stand-by.
Questa era la sua vita reale, adesso.
Questo tutto ciò che era.
Questo, e null’altro.


Ma, tornata a casa, Thea si scontrò con la realtà, una realtà consistente in una Agnese preoccupatissima e ansiosa di scoprire cosa aveva scoperto in biblioteca.
Altro che sogno! Era tutto maledettamente reale!
Aveva davvero aperto la pergamena.
Aveva davvero trovato il quadro.
Era davvero una discendente di Oscar Francois de Jarjayes.
E aveva davvero parlato con la chiromante.
“Tesoro, cosa hai scoperto?” – le domandò Agnese, in apprensione.
“Ho scoperto che Oscar è una mia antenata.” – rispose con semplicità.
Agnese ci mise un po’ a metabolizzare la notizia.
“Ascolta Agnese, non c’è tempo da perdere. Devi venire con me. Ho bisogno che tu veda una cosa.”
“Che cosa?”
“Lo vedrai con i tuoi occhi. Ti prego, vestiti. Dobbiamo uscire.”

Dieci minuti più tardi, Thea era di nuovo in macchina, stavolta con Agnese a fianco.
Era stata una decisione improvvisa. Doveva renderla partecipe di quello che aveva visto e udito con le sue orecchie, ma non era qualcosa che si poteva raccontare.
Agnese doveva viverlo, come lo aveva vissuto lei.
Così, aveva deciso di portarla da Madame Dupont. Solo ascoltandola, Agnese avrebbe creduto alla follia che si stava consumando nelle loro vite.
Solo ascoltando direttamente le parole della cartomante, Agnese non avrebbe preso Thea per pazza.

Thea fu silenziosa per tutto il viaggio, come Agnese. Ciascuna persa nei propri differenti pensieri. Entrambe inquiete, consapevoli di vivere qualcosa di completamente anomalo e surreale.
Parcheggiò nello stesso punto e condusse la governante per i vicoli riscaldati da un tiepido sole. C’era più gente in giro, adesso, invogliata ad uscire dal repentino cambio di clima. La temperatura era più mite ed era piacevole passeggiare per le vie della cittadina.
Piacevole per tutti, tranne che per Thea ed Agnese. La prima, taciturna, ancora sconvolta dalle parole della cartomante. La seconda, preoccupata per Thea, per i suoi improvvisi silenzi, per tutta quella fretta di condurla chissà dove.
Le due donne svoltarono in una stradina stretta. Era quella dove si trovava la bottega della maga.
Thea camminò svelta, seguita da Agnese, che arrancava a fatica per starle dietro.
“Bambina mia, si può sapere dove mi stai portando?” – esclamò Agnese, col fiato corto.
“Tra poco lo vedrai.”
Thea si fermò di botto e per poco Agnese non andò a sbatterle addosso.
“Che c’è? Perché ti sei fermata?” – le chiese, smarrita.
Thea non rispose.
Nel punto esatto dove, poco prima, c’era la bottega adorna di rosso, ora c’era il nulla.

La bottega di Madame Dupont era sparita.

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Capitolo 11
*** Fil rouge ***


Ladybug87


"Qui...era proprio qui..."
Thea stava per avere una crisi di nervi.
Corse su e giù per il vicolo battendo i palmi con forza sempre più crescente contro gli spessi muri.
Smise solo quando il dolore diventò insopportabile.
Si lasciò ricadere sulle ginocchia e scoppiò in un pianto irrefrenabile.
"Era qui...te lo giuro Agnese".
La donna era rimasta senza parole mentre assisteva al doloroso sfogo di Thea.
Vedendo che si stava calmando le si avvicinò e l'aiutò ad alzarsi.
"Dimmi con calma chi o che cosa era qui, bambina.
Con calma, piccola, con calma..."
Thea cercò di calmarsi e di smettere di tremare, si asciugò gli occhi e con voce strozzata le disse:
"Li, dove ti ho indicato prima c'era una bottega.
La bottega di una cartomante, madame Dupont, aveva un drappo rosso all'ingresso, anche dentro i tendaggi e gli arredi erano rossi, persino lei era vestita di rosso.
Rosso sangue.
Lei mi ha raccontato tutto quello che mi è successo da quando sono arrivata qui. "
Agnese la guardava cercando di seguire i suoi discorsi sconnessi.
Non la interruppe e Thea continuò.
"Io stamattina sono corsa in città per cercare disperatamente notizie della mia trisavola, Oscar de Jarjayes...poi mi sono trovata in questo vicolo e ho trovato madame Dupont...ma prima...cioè stanotte io ho fatto un sogno.
Un sogno molto realistico e un certo André Grandier mi chiesto di trovarli.
Nel sogno ho visto due croci, così stamattina all'alba sono partita a cercarle...e le ho trovate, Agnese, proprio come nel sogno, così sono venuta subito in biblioteca e ho trovato Oscar e anche André.
Poi questa donna mi ha detto che visto che li avevo trovati avrei dovuto seppellirli in terra consacrata, solo così avrei potuto aiutare loro e anche me stessa...
Sto impazzendo Agnese?
Sono impazzita per il dolore?
Devo essere rinchiusa?
Non so più cosa pensare..."

Agnese inspirò ed espirò per mettere in ordine le idee.
"Thea, tesoro, ne hai passate tante nelle ultime settimane.
Il ferimento di Laurent in primis.
Poi sei arrivata qui per ritrovare un pò di serenità, invece hai trovato tutta una serie di misteri.
Il messaggio nella bottiglia, il ritratto nascosto, un sogno enigmatico, il ritrovamento delle loro croci, proprio le loro, di Oscar e André, e adesso questo...questa madame Dupont che ti invita a portare i loro resti in terra consacrata.
Tu sei pragmatica, logica, razionale ma qui, in terra di Normandia, ci sono sempre state leggende che si intrecciavano alla realtà.
Sulla tua trisavola girano molte leggende: lei era il comandante delle Guardie Reali di Maria Antonietta, ma lasciò il suo incarico e divenne una rivoluzionaria insieme al suo amico d'infanzia, diventato il suo amante, André Grandier.
Entrambi perirono a ridosso della presa della Bastiglia. "
Thea aveva ascoltato sconvolta tutta la storia.
"Ma perché non mi hai parlato prima di Oscar, Agnese?"
"Tesoro ho saputo con te che era una tua antenata, sapevo solo che la villa apparteneva alla sua famiglia.
Sono sconvolta quanto te, ti assicuro..."
Thea l'abbracciò d'impeto.
"Certo Agnese, scusa...è che sono ancora sottosopra.
Troppe informazioni tutte insieme...
Ma...mi chiedo come potrebbe aiutare Laurent e me portare i loro resti in terra consacrata?"
"Non lo so proprio cara.
So che il mondo non è solo materia e cose tangibili, razionali, quelle che studi tu.
È anche "altro ": sogni, chiromanti, presenze dal passato, intuizioni...
Credo che tu e Laurent stiate vivendo un grande amore, come vissero Oscar e André ai loro tempi...forse è questo fil rouge che vi unisce..."
Thea si staccò da Agnese e respirò a pieni polmoni, si sentì leggera e piena di speranza, mentre una leggera brezza le scompigliava i capelli.


"Agnese ti voglio portare alle loro tombe..."
La donna annuì e si diresse con Thea verso l'automobile.

La donna non sapeva cosa sarebbe potuto accadere una volta portati i resti di Oscar e André in terra consacrata, sapeva solo che avrebbe dovuto aiutare Thea in tutti i modi, quello era uno dei tanti.

Era solo l'inizio.

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Capitolo 12
*** Presenze ***


Baudelaire




“Avresti dovuto dirmi di lei quando abbiamo trovato il quadro.” – disse Thea.
Erano in viaggio da una ventina di minuti, e solo allora Thea aveva deciso di spezzare il silenzio.
Ci stava pensando da un po’. Era corsa in biblioteca alla ricerca di informazioni preziose su Oscar, quando molte di quelle informazioni erano già lì, a portata di mano.
Ma Agnese aveva taciuto.
La udì sospirare.
“Eri sconvolta. Non era il momento adatto. E poi, te lo ripeto, nemmeno io sapevo che era una tua antenata. Sapevo solo che la nostra casa è la stessa in cui lei ha vissuto. Dell’albero genealogico io non sapevo niente.”
Era la verità. Thea era rimasta molto impressionata dal quadro, da quello sguardo fiero. Aveva avvertito da subito un forte legame, come se il suo cuore conoscesse già la verità.
Anche Agnese era stata presa in contropiede, non sapendo dell’esistenza del quadro.
Quella storia aveva assunto contorni dannatamente inquietanti e, allo stesso tempo, intriganti per entrambe. Anche per Agnese, che sembrava conoscere piuttosto bene il passato di Oscar.
“Hai detto che si è innamorata di lui, il suo amico d’infanzia.”
“Sì.”
“Non avranno avuto vita facile, considerata la differenza di rango.”
“La famiglia Jarjayes deve aver certamente ostacolato questo amore.” –
confermò Agnese.
“Da Capitano della Guardia Reale a rivoluzionaria. Doveva essere una donna incredibilmente coraggiosa.”
“Coraggiosa come te.” – aggiunse Agnese.
Thea le lanciò un’occhiata fugace, piena di commozione.
Forse, lei e Oscar erano più simili di quanto fosse disposta ad ammettere.
Che avrebbe fatto al suo posto? Avrebbe avuto il coraggio di voltare le spalle alla sua famiglia per inseguire un sogno d’amore? Avrebbe avuto il coraggio di gettarsi nella mischia per restituire la libertà al proprio paese?
Thea non ne era così sicura…
Oscar e André avevano dato la vita per quella battaglia. Coraggiosi fino all’ultimo.
Thea lo sapeva bene: a volte, semplicemente, bisognava fare la cosa giusta. Anche a costo della vita.
Ma non era cosa da tutti.
Il loro sacrificio non era stato vano. Alla fine, la Francia era risorta.
Quale sacrificio era disposta a fare Thea, adesso?
Aveva lasciato Laurent ed era scappata via.
Era questo il suo grande coraggio?

Non essere stupida, non avresti potuto fare niente per lui. Lo hai lasciato in buone mani. E’ stato il destino a condurti qui. E’ stata Oscar.

Sì. Adesso Thea lo sapeva. Tutto accadeva per un motivo.
E Madame Dupont aveva ragione: doveva fare ciò che andava fatto.

Oscar e André si erano amati follemente, per poi perire in battaglia, nel nome di un ideale.
In un modo molto simile, la sparatoria aveva messo in stand-by l’amore tra lei e Laurent.
Quanto tempo avrebbe impiegato per svegliarsi? E se non fosse accaduto mai? Come avrebbe affrontato un futuro da sola, senza di lui? Come avrebbe potuto continuare a vivere?
Al momento, pensare al grande amore tra Oscar e André le provocava solo un grande dolore.
Forse, avevano avuto pochissimo tempo per amarsi. Un amore consumato in fretta e furia, per finire in tragedia.
Thea aveva l’impressione che stesse accadendo lo stesso tra lei e Laurent:
troppo poco tempo, troppa vita davanti a loro. E quella maledetta sparatoria che gliel’aveva portato via.
“Tesoro, a cosa pensi?”
La voce di Agnese la riportò sulla Terra.
“A loro due, Agnese. A quanto devono aver sofferto.”
“Hai ragione, ma si sono amati. Forse, alla fine, è solo questo che conta.”
“Torneremo ad amarci? Io e Laurent?”
“Ne sono sicura, bambina mia. Lui tornerà. È solo questione di tempo.”
Thea deglutì. “Lo spero tanto, Agnese. Lo spero tanto.”

Giunsero, finalmente, alla collina delle due croci, spazzata dal vento.
“Eccoli, Agnese.”
Agnese non parlò e Thea rispettò il suo silenzio. Era la stessa emozione che aveva provato lei la prima volta che era stata lì.
No, non era quello il posto adatto.
Meritavano pace, quella pace che Dio non aveva concesso loro in terra.
Lo doveva, a Oscar e ad André.
Non sapeva per quale motivo il destino aveva scelto proprio lei. Col tempo, forse, lo avrebbe scoperto.
“Dio, sto impazzendo… sto veramente impazzendo…” – pensò, tremando dal freddo.
Eppure, sentiva che era la cosa giusta da fare.
E forse, nel momento in cui quelle due anime avrebbero trovato pace, sarebbe accaduto lo stesso anche a lei.
Vide Agnese inginocchiarsi di fronte alle lapidi, farsi il segno della croce, e cominciare a pregare.
Lo meritavano. Meritavano quelle preghiere, quei ragazzi morti anzitempo, travolti da un tragico destino.
Thea la imitò, in piedi accanto a lei.
Il vento penetrava nelle ossa. Non potevano trattenersi a lungo. Era tempo di tornare.
Ora, non restava che decidere il da farsi.
Ma, proprio mentre Thea stava per aiutare Agnese a rialzarsi, accadde qualcosa… qualcosa che né lei né la sua governante avrebbero mai più dimenticato.
Il vento rincarò la dose, al punto che Thea, per un folle attimo, pensò che le avrebbe spazzate via, facendole precipitare tra le onde del mare in tempesta ai piedi del promontorio.
Invece no. Fu solo il preludio di ciò che stava per accadere.
Due figure incorporee apparvero davanti a loro.
Thea le riconobbe subito. Una lunga chioma di riccioli biondi, due occhi di ghiaccio, una camicia immacolata che lasciava appena intravedere i piccoli seni.
Al suo fianco, lui. Occhi di giada, sorriso dolcissimo, ribelli riccioli bruni sulla fronte distesa, una camicia bianca tesa sul petto ampio.
“Vergine Santissima…” – mormorò Agnese, più pallida dei due spettri.
Il vento si stava placando, ma non il battito dei loro cuori impazziti.
Thea non riusciva ad articolare suono.
Oscar e André, lì davanti a lei.
Laurent non ci avrebbe mai creduto.
Agnese si fece di nuovo il segno della croce, mormorando parole sconnesse.
Thea era impietrita, lo sguardo inchiodato su di loro.
Agnese si strinse a lei, così forte da farle male al braccio.

“Ci hai trovati.”
La voce di André. Tono dolce e rassicurante. Questo doveva essere stato: un uomo dolce, dalla presenza rassicurante. Doveva aver protetto Oscar, sempre e comunque, fino a morire per lei.

“Grazie.”
Stavolta era stata Oscar a parlare.

Thea non sapeva cosa dire.

“Portaci via da qui. Ad Arras. Solo lì troveremo pace.”
Di nuovo André.
Gli occhi di Thea, offuscati dalle lacrime, a malapena riuscivano a vederlo.
Se li asciugò in tutta fretta, un groppo alla gola che le impediva di parlare.
Sentiva Agnese tremare accanto a lei.

Oscar e André si scambiarono un’occhiata piena d’amore.
“E’ ora di andare.” – le disse André.
Oscar annuì.
Un bacio fugace, che subito il vento disperse.
E fu di nuovo il nulla. La collina vittima del vento, l’eco delle loro voci nei loro cuori, e la consapevolezza di avere un compito da portare a termine.

Un singhiozzo.
Thea si accorse solo allora che anche Agnese stava piangendo.
L’abbracciò stretta per un tempo indefinito, i volti di Oscar e André impressi in modo indelebile nella sua mente.


“Che cosa farai, bambina?” – le chiese Agnese, mentre tornavano alla macchina.
“Quello che mi ha chiesto André.”
“Arras.”
“Sì.”
“Come?”
“Bisogna trovare un prete…”
“Non sarà facile…”
“Lo so.”
Agnese non aveva idea di cosa avrebbero raccontato al prete, ma si fidava di Thea, risoluta più che mai a far fronte alla richiesta di André.
“Sarò al tuo fianco.” – disse Agnese. “Lo faremo insieme.”
“Grazie Agnese. Grazie per tutto il tuo sostegno. Significa molto per me.”
Agnese le accarezzò il dorso della mano sul cambio, un gesto che le scaldò il cuore.
“Non potremo raccontarlo a nessuno.” – commentò la governante.
“Solo a Laurent, quando si sveglierà.”
“E’ stato incredibile… Credevo di aver visto tutto nella mia lunga vita, e invece…”
“Volevano chiedermelo personalmente. Sapevano che ero sconvolta dalla scomparsa della bottega di Madame Dupont. Forse temevano che avrei cambiato idea…”
Thea si stava convincendo di questo. Ormai la sua mente era come impazzita, totalmente assorbita da tutta quella storia.
“Erano splendidi.” – aggiunse Agnese.
“Sì.” – confermò Thea.
Erano bastati pochi istanti per capire quanto si erano amati, quanto ancora si amassero.
Li avrebbe aiutati. Avrebbe esaudito la richiesta di André, ora cosciente di una cosa: le anime non morivano. Gli innamorati avrebbero vissuto insieme per sempre, oltre la morte.
Sarebbe accaduto anche a lei e Laurent.
Ora, a lui non restava che una cosa da fare: svegliarsi da quel dannato coma, e tornare da lei.
Non si sarebbero mai separati, nemmeno dopo la morte.
Ma ora c’era la vita da vivere.
Una lunga vita da vivere insieme.

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Capitolo 13
*** Passato ***


Ladybug87


Tornarono a casa ancora frastornate.
Avevano avuto un'esperienza incredibile, e l'avevano vissuta entrambe.
Roba da manuale del Medium.
Invece era vero.
Tutto vero.
I loro volti così eterei eppure così definiti.
I riccioli biondi e lunghi che incorniciavano quel viso perfetto, gli occhi di un azzurro indescrivibile, il naso perfetto, le labbra ben definite.
Lui con gli occhi più verdi che Thea avesse mai visto incorniciati da riccioli neri come l'inchiostro, con un'espressione dolce e rassicurante.
Erano bellissimi.
E avevano scelto lei per farsi trovare e per trovare finalmente pace.

Giunte in casa Thea si lasciò cadere sul divano, era stremata.
"Thea, che ne dici di un bel the caldo?"
"Sarebbe più appropriato un doppio cognac...ma se non c'è altro..."
"Meglio il the.
Poi ci riposiamo un pò.
Quando saremo più tranquille provo a telefonare al vice parroco..."
"Cosa gli dirai, Agnese?"
La donna pensò un attimo mentre versava l'acqua calda nelle tazze.
"Bè...diciamo che gli dirò la verità...quasi tutta..."
Ed emise una risata stridula, ripensando a ciò che i suoi occhi avevano visto quel giorno.
Thea sorrise, in effetti tutta la verità non l'avrebbe creduta nessuno.

"Agnese..."
"Dimmi cara..."
"Qualcosa ancora mi sfugge di questa faccenda...
Insomma, i miei genitori hanno comprato la villa che apparteneva alla famiglia di Oscar, io sono una sua discendente...ma Laurent...mi chiedo cosa c'entri lui.
Lui è totalmente estraneo a tutta questa storia...o no?"
Thea posò la tazza e fissò intensamente la governante.
"Hai lo sguardo determinato di chi vuole assolutamente scoprirlo...
Hai già un'idea di come fare?"
Thea si alzò di scatto.
"Sì, Agnese.
Ho intenzione di scavare nel suo passato, magari trovo qualcuno tra i suoi avi che possa giustificare l'interesse di due personaggi come Oscar e André nei nostri confronti."
Molto probabilmente era proprio quella la chiave di volta, Laurent non era estraneo alla faccenda, pur essendone completamente all'oscuro, come lei.

"Agnese, mentre cerchi il vice parroco e gli chiedi se fosse possibile effettuare un disseppellimento dei resti di due salme e anche se fosse possibile seppellirli in terra consacrata e magari far dire una bella messa, magari puoi trovare la scusa che sono parte integrante della storia di Arras, cosa vera, tra l'altro...
Pensi si possa fare?"
"Sì, Thea si può fare...
Ma tu che farai intanto?"
"Bè, ho intenzione di scoprire il più possibile sul passato di Laurent Moreau.
Ci sentiamo dopo..."

Corse verso la macchina e si avviò nuovamente alla biblioteca municipale.

Entrò con passo leggero.
La biblioteca era quasi deserta.

Si avvicinò alla scrivania della responsabile e fece richiesta dei registri anagrafici di Parigi e di Arras che coprissero almeno i duecentocinquanta anni precedenti.
"Abbiamo digitalizzato tutto per evitare che i libri originali fossero danneggiati.
Spero che lei abbia un nome di riferimento altrimenti non so come potrebbe districarsi..."

"Sì, ho un nome...dove mi posso sistemare?"
"Al primo portatile libero..."
"Grazie, signora. "

Si avvicinò ad un tavolo libero e inserì la chiavetta con le informazioni anagrafiche concernenti Parigi.

Laurent Moreau era parigino.

Inserì il suo nome.
Poi la data di nascita.
Quando schiacciò il tasto "INVIO" l'albero genealogico di Laurent si palesò in pochi minuti.

Iniziò ad andare sempre più a ritroso.

Vide che nei primi anni dell'ottocento un suo antenato aveva cambiato il cognome da Morgansky a Moreau.
Si chiese il perché.

Giunse all'anno 1789.
L'anno della Rivoluzione.


Un certo Laurence Morgansky aveva perso la vita il giorno prima la presa della Bastiglia.
Era un soldato appartenente al Royale Allemande, l'ersecito mercenario che aveva invaso Parigi per difendere i Reali dai rivoluzionari.

Il giovane, che lasciava moglie e un figlio piccolo, era stato colpito, mentre presidiava un ponte di importanza strategica,dal proiettile sparato dal comandante dei ribelli...

Laurence Morgansky era morto lo stesso giorno di André Grandier...

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Capitolo 14
*** Il taccuino ***


Baudelaire



Thea non faceva che pensarci.
Laurent Moreau.
Laurence Morgansky.
Due nomi fin troppo simili. Stesso albero genealogico… stesso legame.
Come lei e Oscar.
Ma Laurence e André erano morti lo stesso giorno. Pura coincidenza?
Da quando era entrata nella bottega di Madame Dupont Thea aveva smesso di credere alle coincidenze.
Tornò a casa, esausta. Tutta quella storia l’aveva scombussolata completamente, tolto le energie e il sonno. Da quando lei e Agnese avevano assistito all’apparizione di Oscar e André, Thea li rivedeva spesso in sogno.
Ogni volta le parlavano, ogni volta ripetevano le stesse parole. Difficilmente riusciva, poi, a riaddormentarsi e, anche quando ci riusciva, il suo sonno era perennemente inquieto.
Thea aveva gli occhi cerchiati ed era a pezzi.
Decise di ritagliarsi un momento tutto per sé. Ne aveva bisogno.
Agnese era uscita per andare a parlare con il vice parroco. Thea pregò che andasse tutto bene, ma non sapeva quante possibilità effettive ci fossero che lui non la ritenesse una pazza. Sarebbe stata una faccenda dannatamente complicata, ma confidava moltissimo nelle capacità di convincimento della sua amata governante.
Riempì la vasca e fece un lungo bagno caldo. Chiuse gli occhi, immersa nell’acqua bollente, cercando di svuotare la mente.
Difficile, molto difficile.
Quando si asciugò, però, si sentì meglio.
Preparò un tè e decise di rilassarsi un po’ in salotto. Una buona lettura era quello che ci voleva per distrarsi un po’.
Mentre cercava qualcosa da leggere tra gli innumerevoli volumi di proprietà di suo padre, un libricino cadde ai suoi piedi.
Thea abbassò lo sguardo. Non era un libro, ma un taccuino in pelle nera. Aggrottò la fronte e si chinò a raccoglierlo.
Quando lo aprì, il respiro le si mozzò in gola.
Quello non era un libro, ma un diario.
Il diario di André Grandier.

Thea dimenticò il tè, si abbandonò sul divano e iniziò a leggere.
Non si era sbagliata: una vita trascorsa al fianco di Oscar, come attendente, come amico… e poi… e poi l’amore aveva bussato al cuore di André. Forse l’aveva sempre amata, fin dal primo giorno, senza quasi rendersene conto.
Era inevitabile. Una donna come Oscar era più unica che rara. Impossibile non innamorarsi.
Ma André aveva compiuto un gesto folle, riportato dettagliatamente nel diario. Un gesto violento. Non era così che doveva andare. Le aveva rivelato il suo amore nel peggiore dei modi.
E lei era fuggita, da lui e da se stessa.
Tuttavia, André non l’aveva mai abbandonata.
E alla fine Oscar aveva trovato il coraggio di ascoltare il suo cuore. Lo amava, e voleva vivere per sempre con lui. Al diavolo tutto il resto.
Ma la Rivoluzione incombeva.
Thea avanzava nella lettura, avidamente, morbosamente, come se avesse tra le mani il migliore dei romanzi d’amore e di avventura. Ma non era un romanzo, non era fantasia. Erano vissuti davvero, avevano sofferto, si erano amati.
Scoprì che la mano che reggeva il taccuino tremava. Il tè era ormai freddo e, dopotutto, era un bene. Forse avrebbe dovuto optare per una tisana…
Giunse alla notte fatata. Le parole di André scorrevano quasi a fatica sulla pergamena. Thea immaginò quanta emozione dovesse aver provato mentre vergava con mano incerta la descrizione di quella notte indimenticabile. Si emozionò con lui, soffrì con lui.

“Sei stata mia. Stanotte. In un mare di lucciole, in un mare d’amore infinito. Credevo che il cuore mi scoppiasse dalla felicità. Tu, il sogno di una vita. Tu, finalmente mia. Tu, le tue labbra di rosa che pronunciavano il mio nome, che mai mi è apparso tanto celestiale. Il suono degli angeli, sulla tua bocca.
Sei qui, accanto a me. Bella da far male, anche quando riposi.
L’alba crudele sta per raggiungerci.
Che ne sarà di noi? Che ne sarà di te?
Hai scelto.
Ho scelto.
Insieme, fino alla morte. Ma non è della mia fine che mi preoccupo. Non potrei sopravvivere, in nessun modo, se ti accadesse qualcosa. Ti farò scudo con il mio corpo, in tutti i modi. Ma ne sarò in grado? Conosco il tuo coraggio, il tuo desiderio di combattere. Saprò proteggerti anche da quello? Ho paura di no. E tremo.
Siamo nel mirino, Parigi pullula di soldati, pronti a tutto pur di arrestare la Rivoluzione alle porte.
Non ci riusciranno, ma a quale prezzo?
Riposa, amore. Riposa.
Veglierò ancora un po’ su di te.
La mia vita nelle tue mani, la tua nelle mie.
Il mio amore ti salverà, ne ho quasi la certezza.
Nulla deve accaderti, amore mio.
Non accadrà, finchè questo cuore per te avrà battito.”

Thea si asciugò le lacrime. Come era possibile rimanere insensibile di fronte ad un cuore così grande?
Pianse per loro, pianse per lei e Laurent.
Che cosa poteva essere successo? Forse André era stato ucciso da Laurence, mantenendo la promessa, proteggendola fino alla fine.
Ma chi poteva aver ucciso Laurence? Forse, proprio Oscar? Oppure qualche altro rivoluzionario? Non l’avrebbe mai scoperto, forse, ma il cuore le diceva che doveva essere stata lei e vendicare la morte del suo amore.
Dio, che destino infame! Si erano amati per una notte, una notte soltanto! E il giorno dopo André era morto. Come doveva essersi sentita Oscar? Una vita intera per poter essere felici insieme… e lei aveva capito di amarlo solo all’ultimo momento! Aveva perdonato se stessa?
Thea non osava immaginare la sua disperazione, il suo dolore immenso…
E se Laurent avesse fatto la fine di André?
No. Non voleva nemmeno pensarci. Lei non era forte come Oscar. Non avrebbe mai potuto vivere senza il suo Laurent.
Ma ormai la questione era chiara. Anche Laurent era legato a loro, in modo diverso, in modo assurdo, ma lo era.
Ecco perché avevano scelto lei.
Ecco perché, ora, non le restava che precipitarsi da Agnese per sapere come era andata col prete.

Quasi udendo il suo silenzioso richiamo, in quel momento la porta di casa si aprì.
Era Agnese.
“Sei tornata!” “Già.” – rispose Agnese, un po’ lugubre.
Thea si allarmò. “Perché quella faccia? Che ti ha detto?”
Agnese si mise le mani sui fianchi, le gote arrossate. “Voleva chiamare un esorcista, l’imbecille!”
“Cosa?” – esclamò Thea, cercando di non scoppiarle a ridere in faccia.
“Roba da non credere! Ho la faccia di una posseduta dal demonio, per caso?”
“Ma… per quale motivo?”
“Beh, gli ho raccontato tutta la verità, come eravamo d’accordo, no? Certo, non mi aspettavo che mi credesse al primo colpo, ma insultarmi in quel modo!”
Agnese schiumava dalla rabbia.
“Adesso vieni, andiamo in cucina.” – le propose Thea, circondandole dolcemente una spalla con il braccio. “Ti preparo una bella tisana, così mi racconti tutto per filo e per segno.”

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Capitolo 15
*** Padre Dorian ***


Ladybug87



Agnese, ancora piena di indignazione, spiegò a Thea la risposta poco diplomatica del parroco.

Secondo lui non avevano visto due entità benevole bisognose dei sacramenti e di una degna sepoltura, ma avevano visto un'emanazione del Maligno e lui non aveva la preparazione necessaria per affrontare una situazione del genere.

Thea era rimasta in silenzio.

Quelle figure eteree eppure così definite, non erano emanazioni del Diavolo, erano anime belle e senza pace che avevano trovato in lei un tramite per trovare, finalmente, la serenità.

Laurent Moreau era anche lui un tassello del rompicapo, discendente dall'assassino di André che era stato eliminato da Oscar.

Un circolo di morte, odio e dolore che si sarebbe potuto interrompere proprio adesso, dopo più di duecento anni grazie a lei.

A Thea, mentre sorseggiava il the, venne in mente un nome.

"Agnese...io mi ricordo che da bambina il prete titolare era padre Dorian...se fosse ancora vivo potrebbe essere l'unico che ci crederebbe e che ci potrebbe aiutare."

Agnese si illuminò.
"Padre Dorian è ospite della casa di riposo per preti anziani, qui ad Arras. Va verso i novant'anni ma so per certo che è ancora lucido". "Prendiamo un appuntamento al più presto, Agnese..."

La donna sorrise, la sua bambina era di nuovo operativa.

La casa di riposo era ubicata nel vecchio palazzo del municipio e, da fuori, aveva mantenuto l'aspetto che aveva nel XV secolo debitamente restaurato. Dentro invece era tutto moderno e pulito.

Thea faticò parecchio per ottenere un appuntamento col vecchio curato.
Infine il direttore dovette cedere per sfinimento.

Agnese e Thea arrivarono al terzo piano, denominato, come ogni piano della struttura, con il nome di un tipo di fiore. Il piano dove era ospitato padre Dorian era il piano del lillà.
La porta era aperta e la stanza inondata di luce.

Bussarono con circospezione.

Una voce flebile diede il permesso di entrare.

Un uomo anziano, vestito di nero, con un plaid con una stampa scozzese sulle ginocchia e seduto su una sedia a rotelle le attendeva.
Gli occhi chiarissimi imprigionati da una ragnatela di rughe erano vivaci e vispi.

Le due donne entrarono leggermente intimidite.

Lo salutarono con referenza.

"Buongiorno care signore, cosa vi porta a far visita a un vecchio curato?"

"Ebbene " iniziò a dire Thea "ora le racconto tutto... e sappia che ogni cosa che le racconterò è assolutamente vera."

Iniziò dal ferimento di Laurent fino agli ultimi sviluppi con le misteriose apparizioni sulla collina, passando per lo strano sogno che le aveva permesso di capire cosa volesse André.

Il prete seguiva ogni parola con estremo interesse.

La storia si concluse con il rifiuto del viceparroco di intervenire, adducendo che quello era un lavoro per un esorcista esperto e non per un semplice prete.
Thea, finito di raccontare, tacque e attese che l'anziano scoppiasse in una fragorosa risata.

Invece lui la fissò intensamente con quegli occhi quasi trasparenti e la stupì: "Mia cara io vi credo.
Dei giovani rivoluzionari sepolti nelle nostre colline si narra da secoli, si è sempre pensato che fosse solo una leggenda, invece voi due siete la prova vivente che è vero.
Non penso assolutamente che siano demoni, altrimenti, forse, non sareste qui.
Detto ciò ho intenzione di aiutarvi.
Mio nipote ha un 'azienda di escavazioni, possiamo chiedere a lui di esumare i loro resti, intanto dovrete chiedere all'ufficio preposto due fosse al cimitero per effettuare la sepoltura in terra consacrata.
Fatto tutto ciò io chiederò un permesso per uscire da questa prigione dorata e verrò a officiare la messa che possa liberare le loro anime dalle catene terrene."

Thea e Agnese sorrisero.

Non solo padre Dorian aveva creduto loro, ma le avrebbe aiutate.

"Non sa che sollievo sapere che ci crede, padre. "

Lui sorrise sornione.

"Sarebbe veramente impossibile inventarsi una storia così, mia cara.
Bene adesso chiedete in comune per i posti al cimitero, appena ve li avranno concessi potrete chiamare mio nipote, si chiama Pierre Champs, ditegli che avete parlato con me.
Appena è tutto a posto mi telefonate così potrò chiedere un permesso per uscire."

Sia Thea che Agnese si resero conto della lucidità dell'anziano curato.

Nessun dettaglio era stato lasciato al caso.

Lo ringraziarono e uscirono con il cuore leggero.

Thea sapeva, sentiva che si stava giungendo alla soluzione di quell'enigma che era iniziato dopo una semplice immersione.

E grazie a ciò Laurent sarebbe tornato da lei.

Lei avrebbe aiutato Oscar e André e loro avrebbero aiutato Laurent.

Raggiunse il municipio con l'anima leggera e gli occhi sfavillanti.

Agnese la guardava di sottecchi: era da tempo che non la vedeva così fiduciosa.

Sperò con tutto il cuore che tutto si risolvesse per il meglio.

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Capitolo 16
*** Il risveglio ***


Baudelaire



Thea e Agnese si erano divise i compiti. Thea aveva deciso di lasciare alla governante quello più semplice: recarsi in Comune per acquistare due loculi al cimitero.
A lei, quello più impegnativo: parlare con Pierre Champs.
Padre Dorian le aveva, nel frattempo, facilitato il compito, telefonando al nipote e spiegandogli la situazione, senza entrare troppo nei dettagli. Non c’era alcun bisogno di spargere la voce sull’apparizione degli spiriti dei due giovani innamorati che richiedevano una sepoltura più degna. Padre Dorian sapeva che il nipote avrebbe fatto quel che c’era da fare, senza troppe domande.
Thea aveva preso un appuntamento con il giovane proprio quella mattina, poco prima di spedire Agnese in Municipio. Thea si era accorta di quanto l’incontro con padre Dorian l’avesse risollevata. Agnese aveva avuto davvero una pessima reazione quando quel prete scriteriato le aveva consigliato di rivolgersi a un esorcista. Le parole di padre Dorian erano state un vero e proprio balsamo sul suo spirito mortalmente offeso.
Thea non se la sentiva di darle torto. L’incontro con quel vecchio saggio era stata una vera benedizione per entrambe. Ora erano finalmente pronte a mettere la parola fine a tutta quella faccenda.


“La signora Dubois?”
“In persona.”
“Pierre Champs, piacere di conoscerla.”
Era davvero giovane. Non doveva avere più di venticinque anni, e gli stessi, identici occhi chiari dello zio.
La invitò ad accomodarsi nel suo ufficio, piccolo, discreto, ma perfettamente ordinato.
“Sa già perché sono qui.” – annunciò Thea.
“Sì. Mio zio mi ha accennato qualcosa.”
“Ho bisogno che le due spoglie vengano spostate.”
“Sì.”
Thea rimase in attesa. Sicuramente il ragazzo avrebbe voluto saperne di più, ma lui si limitò a fissarla, senza proferire parola.
“Ehm… quando sarebbe possibile farlo?”
Se non aveva domande da farle, tanto valeva andare subito al dunque.
“Non saprei. Ho bisogno di un po’ di tempo per organizzarmi.”
“Veramente… avrei anche un’altra richiesta.”
“Quale?”
“Due lapidi. Per il cimitero.”
“Nessun problema.”
“Suo zio si occuperà di officiare la messa a seguito dell’esumazione. Sarà un funerale in piena regola e vorrei che la sepoltura avvenga… nel modo più tradizionale possibile.”
“…come se fossero mancati da poco.” – aggiunse Pierre.
Thea annuì. Quel ragazzo aveva capito tutto. Era possibile che padre Dorian gli avesse raccontato più del dovuto?
Se anche fosse, Thea non voleva saperlo. L’unica cosa importante era adempiere al compito affidatole. Quel ragazzo le ispirava fiducia, al pari dello zio. Buon sangue non mentiva, mai.
“Signora Dubois, mi occuperò anche delle lapidi, ma non so ancora darle una tempistica esatta.”
“Faccia il più in fretta possibile, per favore.”
Il giovane parve un po’ confuso. Probabilmente non capiva il motivo di tanta fretta ma, ancora una volta, non fece domande.
“Farò il possibile.” – si limitò a rispondere.
“Grazie. Non so davvero come ringraziarla.”
Thea si congedò dal giovane stringendogli la mano con più foga del dovuto.
Non le sembrava vero che tutto stesse davvero per compiersi. Ogni tassello sarebbe andato al suo posto, e allora anche Laurent, il suo Laurent, sarebbe tornato da lei. Thea ne era assolutamente sicura.
Risalì in macchina e, mentre stava per comporre il numero di Agnese, ricevette una telefonata.
Era il numero privato del dottor Lessade.
“Laurent!” – esclamò Thea, in preda al panico.
Rispose alla chiamata, con il cuore che andava a mille, terrorizzata e spaventata.
“Signora Dubois?”
“Sì?”
“Sono il dottor Lessade.”
“Buongiorno dottore.”
Si erano scambiati i numeri di telefono quando Thea aveva deciso di partire, ma da allora non l’aveva mai chiamata.
Chiaramente, era successo qualcosa.
Ma cosa?
Laurent era morto?
No. Non adesso. Non adesso che stava per compiere l’opera. Dio non poteva giocarle un tiro mancino tanto spregevole proprio adesso.
“La chiamo perché è successa una cosa…”
Thea chiuse gli occhi.
“C’è stato un violento temporale, stanotte, e abbiamo avuto un black out in tutto l’ospedale. Purtroppo, le macchine che tenevano in vita suo marito si sono spente per qualche secondo.”
Cosa? Morto per colpa di un dannato black out? Aveva capito bene?
“… la buona notizia è che, a quanto pare, il signor Moreau ha continuato a respirare da solo in quel brevissimo lasso di tempo. Non solo: ha dato qualche piccolo segno di vita.”
Thea stentava a credere alle sue orecchie. Non era morto. Era vivo, più vivo che mai!
“Qualche piccolo segno di vita?” – ripeté Thea, con un filo di voce.
“Un piccolo movimento delle dita. So che può sembrare poca cosa ma, dopo tutto questo tempo, le assicuro che è un risultato incredibile. Per questo l’ho chiamata subito, signora Dubois. Credo sia il caso che lei venga qui.”
“Si risveglierà?”
“Questo non posso dirlo con certezza. Non sappiamo ancora niente, ma in questo momento la sua presenza qui è fondamentale. Suo marito ha bisogno di lei.”
“Parto subito, dottore. Grazie… grazie infinite… Dio la benedica…”
Thea riagganciò. Mai, mai nella vita si era sentita tanto felice, tanto al settimo cielo, tanto grata alla vita e a Dio.
Laurent si era mosso. Laurent respirava autonomamente.
Oscar e André… ma certo! Chi altri se non loro? Loro avevano compiuto il miracolo!
Oscar e André stavano salvando il suo Laurent…
Thea dovette aspettare un minuto buono prima di essere in grado di parlare al telefono con Agnese. Lasciò le lacrime libere di scorrere. Pianse, pianse a lungo, senza preoccuparsi del trucco sbavato, né dei volti curiosi dei passanti che sbirciavano all’interno dell’auto. Tutto quello che potevano vedere era una donna in lacrime, ma nulla sapevano della sua anima, del suo passato, del suo dolore, del suo immenso amore ritrovato.
Thea compose il numero di Agnese.
“Tesoro, ho comprato i loculi, è tutto a posto!” – esclamò Agnese con voce trillante.
Ma Agnese, che conosceva bene la sua piccola, si accorse subito che qualcosa non andava.
“Bambina, che è successo?”
“Mi ha telefonato il dottor Lessade. Proprio adesso.” – mormorò Thea con voce incrinata dall’emozione.
“Oh Gesù! Che cosa ti ha detto?”
Thea capì che anche Agnese, come lei un attimo prima, aveva subito pensato al peggio.
“C’è stato un black out in ospedale e lui ha continuato a respirare da solo. E si è mosso. Devo tornare da lui, Agnese. Parto subito.”
“Oh Madre Santissima! Ma questo è un autentico miracolo! La Madonna ha ascoltato le mie preghiere… Ma… e come farai con…”
“Ho parlato con Pierre. Penserà a tutto lui. Acquisterà anche le lapidi, ma non sarà una cosa immediata. Ti prego… ti prego… pensaci tu. Io… ora devo andare…Non posso pensare a questo, ora…”
“Va bene, bambina mia, ma… ti prego… avvisami appena arrivi. E fammi sapere di Laurent.”
“Va bene. Ti chiamo quando arrivo.”
“Fai attenzione, mi raccomando.”
“Come sempre.”
La sua Agnese… sempre così premurosa…
Thea rimise in moto e partì in direzione dell’autostrada.


Per tutto il tragitto non fece che pensare a lui. Il momento che aveva atteso tanto a lungo era arrivato. Dio… aveva penato così tanto… pregato che si salvasse, che Dio non lo prendesse con sé! E finalmente le sue preghiere erano state esaudite! E tutto questo solo grazie alle anime di Oscar e André, che conoscevano bene l’amore e la disperazione della lontananza, della morte che ogni felicità si porta via.
Per lei e Laurent le cose dovevano andare diversamente. Chi meglio di Oscar poteva capire il suo immenso dolore? Lei sapeva cosa significava perdere l’uomo che si ama… lei, che aveva amato una notte soltanto, la notte immersa nelle lucciole. Poi, il buio l’aveva avvolta.
Chi meglio di lei poteva capirla? Era solo suo il merito. Thea avrebbe tanto voluto rivederla, una volta sola, per poterle dire, semplicemente: “Grazie.”
Forse furono i troppi pensieri, forse l’emozione, forse un’impercettibile distrazione quella che le impedì di vedere l’improvviso rallentamento davanti a sé.
E così Thea Dubois, il pensiero fisso su Laurent, su Oscar, sull’amore, sulla morte, si accorse solo all’ultimo che la Renault grigia davanti a lei aveva appena inchiodato. Schiacciò con forza sul freno, ma era già troppo tardi. La sua auto tamponò la Renault e la fronte di Thea andò a sbattere contro il parabrezza.
Ebbe appena il tempo di avvertire un forte capogiro, prima che la vista si annebbiasse e tutto diventasse nero.


Thea Dubois si chiese se fosse morta.
Era quello il Paradiso?
Galleggiava su una nuvola. Anzi, su un pavimento di nuvole.
O almeno, così le sembrava.
Era rilassante… incredibilmente rilassante… ma una vocina interiore le sussurrava che non stava andando tutto bene.
C’era qualcosa che non andava.
Se quello era il Paradiso, perché era sola?
Provò ad alzarsi e scoprì, con sollievo, di riuscirci. Avanzò di qualche passo, leggera. Era bello camminare sulle nuvole. Ma dove doveva andare?
“C’è nessuno?” – domandò ad alta voce, sentendosi molto stupida.
Nessuno rispose.
Thea si fermò. Dove diavolo si trovava? E perché nessuno le rispondeva?
All’improvviso, una folata di vento si sollevò dal nulla, scompigliandole i capelli. Dove l’aveva già visto? Ma certo! Sulla collina! Insieme ad Agnese.
Dov’era? Perché non era lì con lei? Forse perché Agnese era ancora viva, mentre lei…
Accadde qualcosa. Il vento si tramutò in una massa scomposta di capelli biondi come il grano.
Il corpo prese forma dinanzi a lei. Una divisa militare di colore blu, pelle di porcellana e due grandi occhi di zaffiro che le sorridevano.
Se Dio avesse avuto sembianze femminili, sarebbe stato esattamente così.
Ma quello non era Dio. Thea sapeva bene chi era. L’avrebbe riconosciuta ovunque, ormai, perfino tra le fiamme dell’inferno. Ma quell’anima pura non sarebbe mai stata esiliata agli Inferi. No. Troppo candida, troppo innocente, troppo celestiale.
Era quello il suo posto, se davvero si trattava del Paradiso.
“Ciao Thea.”
La voce era cristallina, leggiadra.
“Oscar. Sono morta anch’io?”
Oscar rise.
Thea pensò che era ancora più bella quando lo faceva.
“No, non è ancora il tuo momento.”
“Ma… allora…”
“Non c’è molto tempo. Ascolta. Devi portare anche lui alla nostra sepoltura.”
Thea la fissò, frastornata. “Lui chi?”
Oscar sorrise. “Laurent, naturalmente.”
Thea sbattè gli occhi. Che cosa stava dicendo?
“Portalo, e ogni cosa andrà a posto.”
“Ma…”
“Addio.”
Thea non ebbe il tempo di replicare, perché il vento, in un battibaleno, disperse la divisa blu, i capelli di grano e gli occhi di zaffiro.
E lei rimase, di nuovo, sola.

Thea Dubois si risvegliò in un letto di ospedale, con una leggera fasciatura alla testa e una flebo infilata nel braccio.
“Ah, si è svegliata, finalmente!”
Il dottor Lessade era accanto a lei.
“Dottore! Ma… che cosa…”
“Mi ha preso alla lettera quando le ho detto di correre qui, eh?”
Thea iniziò a ricordare. La Renault grigia… il tamponamento…
“Che cosa mi è successo?”
“Niente di grave. Ha sbattuto la testa, ma non ci sono complicazioni. Guarirà in un paio di giorni.”
“Laurent?”
Era stata ricoverata nello stesso ospedale di suo marito, ma non era in quelle condizioni che avrebbe dovuto arrivarci. Il dottore aveva ragione! Avrebbe dovuto fare più attenzione al volante…
“Respira da solo, ma non è ancora cosciente. Attendiamo gli sviluppi.”
“Si è mosso ancora?”
“Impercettibilmente, ma sì. È un ottimo segno. Lo teniamo costantemente sotto osservazione.”
Fu allora che, nei meandri della memoria, tornò prepotente il ricordo dell’incontro con la divisa blu.
Thea non sapeva cosa diavolo fosse successo. Aveva messo piede in Paradiso e Oscar l’aveva rispedita sulla Terra per salvare Laurent? Ormai aveva rinunciato a capirci qualcosa…
Ma non avrebbe ignorato il suo messaggio. Doveva portare Laurent ad Arras, e doveva farlo alla svelta, prima che Pierre Champs acquistasse le lapidi.
“Dottor Lessade, deve dimettere mio marito.”
Il medico, fino a quel momento allegro e giulivo, si rabbuiò all’istante.
“Deve averla sbattuta forte la testa, più forte di quanto pensassi.” –
commentò sarcastico.
“Non faccia lo spiritoso.”
“No, lei piuttosto, non dica fesserie. Le ho appena detto che suo marito è tuttora in stato di incoscienza.”
“Si sveglierà.”
“Ha per caso le sfera di cristallo?”
Thea ingoiò un insulto. Come poteva convincere quell’uomo a darle retta? E, anche nel caso ci fosse riuscita, come avrebbe fatto a portare Laurent con lei ad Arras se non era in grado di camminare sulle sue gambe?
“La lascio riposare. Ci vediamo più tardi.”
Il dottor Lessade sembrava davvero irremovibile, e Thea si domandò come avrebbe fatto ad esaudire la richiesta di Oscar in quelle condizioni…


Il dottor Lessade lasciò la stanza di Thea Dubois. Robe da matti. Dimettere il marito, in quelle condizioni. Se lo avesse fatto l’avrebbero denunciato, radiato dall’Albo come minimo.
Quella donna doveva essere impazzita…
Scese al piano inferiore e, appena uscito dall’ascensore, un’infermiera gli corse incontro, tutta trafelata.
“Dottore! Venga, presto!”
“Che succede?” – chiese, allarmato.
“Deve vederlo con i suoi occhi.”
L’infermiera lo condusse nella stanza di Laurent Moreau.
Appena entrato, il dottor Lessade spalancò la bocca per lo stupore.
Laurent Moreau era seduto sul letto, sveglio e cosciente.
“Dov’è Thea? Dov’è mia moglie?”

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Capitolo 17
*** Ritorno a casa ***


Ladybug87


Il dottor Lessade rimase senza parole per interminabili minuti.
Laurent Moreau lo fissava spazientito e ancora confuso, pieno di fili attaccati a innumerevoli monitor.
"Signor Moreau non si muova, adesso faremo tutti i controlli necessari per verificare i suoi dati vitali. "
Lessade fece chiamare tutti gli specialisti della clinica e, insieme a loro, fece tutte le verifiche e gli esami possibili.
Risonanza magnetica, TAC, emocromo, ecg, ed ecografie toraciche diedero solo evidenza che Laurent Moreau stava dannatamente bene.
Dopo aver estratto la pallottola il medico pensava che quell'uomo, pur essendo nel fiore degli anni, non sarebbe mai uscito dal coma.
Invece eccolo fresco come una rosa.
E aveva subito chiesto della moglie, esattamente come lei aveva chiesto di lui.
Erano strane coincidenze che il dottor Lessade non si sognava neppure di sondare, troppo lontane dal suo sentire profondamente pragmatico.

Risalì da Thea dopo aver lasciato il marito alle amorevoli cure delle infermiere.

Thea era nel letto di ospedale ma fremeva per avere una risposta concreta alla sua richiesta.

Si stava toccando la fronte, dove aveva sbattuto al momento dell'incidente, quando il dottor Lessade entrò nella stanza.

"Dottore...era preoccupato per me?
Vorrei che invece si occupasse delle dimissioni di mio marito, lo so che non è cosciente, ancora, ma ho un bisogno disperato di portarlo con me a un evento molto importante, non importa se lui non si accorgerà di niente..."

Il dottor Lessade sorrise involontariamente.

"Signora Dubois...ecco..."

Thea si adombrò.

"Cosa...cosa...mi vuole dire?"

Il dottor Lessade si rese conto che Thea forse aveva equivocato.

"No, signora, niente di grave...anzi...beh...suo marito non solo è uscito dal coma in maniera autonoma ma è sveglio e vigile.
Posso affermare che suo marito è il più eclatante e inspiegabile caso di uscita dal coma che la letteratura medica conosca. "

Thea non riuscì a dire una parola.

Calde lacrime le scesero copiose sulle guance.

Quando si fu calmata chiese il permesso per andare a trovare Laurent.

Giunta nella sua stanza lo vide visibilmente smagrito e pallido ma sempre con un'espressione dolce sul viso emaciato.

L'uomo stava dormendo.

Lei, facendo attenzione a non svegliiarlo, gli si accoccolò accanto e si addormentò col dolce rumore del suo respiro nelle orecchie.


L'indomani la giornata fu frenetica.

Dopo aver avvertito Agnese di tutto quello che era successo, Thea,insieme a Laurent, mise a posto tutti i documenti per l'uscita di entrambi dall'ospedale.

Il dottor Lessade fece loro avere tutti i documenti necessari riguardanti la riabilitazione di entrambi.
Il suo compito finiva lì, adesso sarebbe toccato a loro dare una svolta alla propria vita.

Appena furono sul taxi che li avrebbe condotti a casa i due giovani si guardarono e si scambiarono un bacio.
Il primo dopo tanto tempo.

Giunti alla villa trovarono Agnese ad attenderli.

Li abbracciò entrambi con tanto affetto e le lacrime agli occhi.

Laurent, per ora, si spostava su una sedia a rotelle, ancora troppo debole per camminare sulle proprie gambe.

Giunti all'interno Agnese si precipitò in cucina per preparare un the, una scusa come un'altra per lasciarli soli.

Thea colse la palla al balzo e ne approfittò per raccontare a Laurent tutto ciò che era successo mentre lui era in coma.

Alla fine del racconto lui era molto indeciso se credere a tutto o meno.

Però, del resto, anche lui poco prima di svegliarsi aveva visto e sentito un uomo bruno e di bell'aspetto che lo incitava a tornare da sua moglie.
Era stato un sogno vivido, realistico, incredibilmente reale.

Quindi sì, decise di credere ad ogni parola della moglie.

I giorni passavano e Laurent migliorava sempre più.

Sul finire della settimana Thea ebbe notizie da Pierre Champs.

Il lavoro principale era stato effettuato: i resti dei corpi sepolti sulla collina erano stati esumati e racchiusi in due urne con i loro nomi incisi, le tombe erano state scavate e le lapidi erano pronte per essere issate sul luogo di sepoltura, una volta effettuata la cerimonia funebre.

Thea era al settimo cielo.
Telefonò entusiasta a padre Dorian che, dopo aver appreso che Laurent era uscito dal coma e si sarebbe unito a loro, le disse che il lunedì successivo avrebbe potuto uscire dalla casa di riposo e alle dieci del mattino avrebbe potuto officiare il funerale di Oscar e André.


Thea era felice e sollevata.

Il cerchio stava per chiudersi.

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Siamo arrivati alla fine di questa strana storia e Baudelaire ed io abbiamo deciso di suddividere il capitolo finendolo insieme, grazie infinite a chi ci ha seguito in questa straordinaria avventura.


Baudelaire


Le spoglie di Oscar e André erano state depositate in due urne, pronte per essere finalmente tumulate al cimitero di Arras.
Non sarebbe stato un funerale come tutti gli altri, a partire dai presenti: solo padre Dorian, sulla carrozzina, suo nipote Pierre, che aveva deciso di presenziare, spinto dalla curiosità e, naturalmente, Agnese insieme a Thea e Laurent.
Quando aveva saputo dell’incidente di Thea le era quasi preso un colpo, ma nulla in confronto alla sua reazione quando Thea le aveva telefonato dall’ospedale parigino per dirle che Laurent si era svegliato. Perfino Agnese aveva dovuto ammettere che, in tutta quella serie di strani avvenimenti, c’era stato lo zampino di un fato molto crudele ma, alla fine, anche molto magnanimo.
Anche Agnese era sicura che fossero stati Oscar e André ad aver fatto tornare Laurent dalla sua Thea. Ne era prova il fatto che Laurent stesso, durante il coma, aveva visto André in sogno.
Quelle due anime provenienti dal passato erano indissolubilmente legate a loro, seppur in un modo tanto strano. Era destino che Laurent fosse ferito, ed era destino che Thea ritrovasse quella bottiglia. Era il richiamo di due cuori perduti che non chiedevano altro che essere riconciliati.
Nessuno di loro sarebbe più stato lo stesso. Ci sono eventi che ci cambiano per sempre, e il ritrovamento di quella bottiglia sul fondo del mare era tra questi.
Sarebbero state persone migliori, persone consapevoli del fatto che esisteva qualcosa di eccezionale, oltre le umane cose, e questo infondeva serenità e speranza.
Soprattutto, più di ogni altra cosa, sapevano che l’amore era eterno, che sconfiggeva il male e il tempo, più forte della vita stessa.
Era questa consapevolezza, più di tutto, ad averli cambiati per sempre.

Mentre il mesto gruppetto faceva il suo ingresso nel piccolo cimitero di Arras, a Thea non sfuggì la commozione di Pierre, che spingeva lento la carrozzina dello zio. Era sicura che padre Dorian gli avesse raccontato tutta la storia, anche se il ragazzo non aveva proferito parola con nessuno a riguardo.

Quando furono davanti ai due loculi acquistati da Agnese, si fece silenzio.
Ecco, il momento era arrivato.
Thea si voltò verso Laurent, che le sorrise. Gli sorrise a sua volta, emozionata come una bimba.
Tutto, finalmente, stava per compiersi.
Laurent, per parte sua, era un miscuglio di emozioni. Thea gli aveva raccontato tutto, dal principio alla fine. Una storia dannatamente strana, drammatica, avvincente, eppure reale. Non aveva battuto ciglio nemmeno quando aveva saputo dei fantasmi. Lui stesso aveva avuto una visione da sogno, mentre era in coma farmacologico, ed era giunto alla conclusione che quel ragazzo bello e attraente con gli occhi verdi non poteva che essere André.
Tutto combaciava.
E, ora, tutto stava per finire. Avrebbero dato l’eterno riposo ai due ragazzi, e poi sarebbero tornati ad Arras, prima, e a Parigi, poi, per andare avanti.
Andare avanti.
Ciò che Oscar e André non avevano potuto fare.

“Siamo qui riuniti per dare l’estremo addio, e concedere pace eterna, ad André Grandier e Oscar Francois de Jarjayes, tumulati in terra sconsacrata sul pendio di una collina oltre due secoli orsono.
Onorato e commosso dalla richiesta di Thea Dubois, sono molto felice di essere qui oggi per concedere degna e cristiana sepoltura alle anime di questi due giovani, periti in battaglia nel nome della libertà. È grazie al sacrificio di persone come loro se noi, oggi, siamo uomini liberi, che calpestano un suolo libero, e non schiavi in catene, soggiogati dal peggiore dei tiranni.
Mi è stato chiesto di presiedere a questa sacra cerimonia, e lo faccio con immenso orgoglio.”

Il prete prese le urne dalle mani di Pierre e le benedì, mentre i presenti si facevano il segno della croce.
Poi, le riconsegnò a Pierre.
Due uomini presero le urne e le depositarono nelle tombe, prima di richiuderle e sigillarle.
Tutti restarono a guardare mentre i resti umani di Oscar e André prendevano posto nella loro nuova, eterna dimora.

“E’ fatta.” – mormorò Thea ad Agnese, che si stava asciugando le lacrime.
“Sì.” – rispose Agnese.
L’emozione era troppo grande. E, dopotutto, era naturale che fosse così. Avevano vissuto insieme quell’avventura, e ora era finita.

Si sbagliavano.

Nel cielo sopra di loro, solo un attimo prima pulito e terso, una grossa nube nera, dall’aspetto minaccioso, comparve all’improvviso, e un forte vento cominciò ad ululare, provocando grande spavento in tutti i presenti.

Ladybug87

La nube sembrava avere vita propria.
Turbinava diventando sempre più scura e inquietante.
Padre Dorian chiamò il nipote e lo esortò a richiudere velocemente le fosse dove erano state adagiate le urne coi resti mortali di Oscar e André, di modo da poter finire di officiare la cerimonia funebre.
Pierre Champs chiamò a raccolta i suoi uomini i quali, decisamente impauriti, coprirono tutto in un battibaleno.
A lavoro terminato la nube sembrò fermarsi.
Immota e nera come la notte sembrava che avesse fermato anche tutto ciò che la circondava.
Ogni fruscìo, ogni cinguettìo erano cessati.
Pierre e i suoi uomini ne approfittarono per salutare tutti i presenti e andarsene velocemente.

Nel silenzio più irreale, con la nube che incombeva su di loro Thea, Laurent, Agnese e Padre Dorian si guardarono attoniti.

Poi Padre Dorian prese la parola:
"Fratelli e sorelle, possiamo finalmente dare l'estremo saluto ai nostri Oscar e André.
Che la terra vi sia lieve, che le vostre anime immortali possano trovare la pace tanto agognata che attendete da più di due secoli.
Avete avuto una vita mortale breve e travagliata e il vostro amore è sbocciato troppo tardi per sconfiggere il destino che adesso, infine, si compirà nella vita eterna. "
Poi Padre Dorian benedisse più volte con l'acqua santa le due tombe.

Appena ebbe finito tutti, quasi all'unisono, tirarono un sospiro di sollievo.

All'improvviso le maglie della spessa nube iniziarono a cedere a fasci di luce abbagliante.

Gli innumerevoli piccoli fasci, poco per volta, si riunirono in un unico fascio più grande che spazzò via la nuvola come vento estivo ma senza fare rumore.
Nella luce tutti i presenti poterono vedere due figure imponenti vestite con delle divise blu, una aveva lunghi capelli biondi, l'altra lunghi capelli neri.

Entrambi osservarono gli astanti con un'espressione di estrema gratitudine.

Infine la luce iniziò a scemare fino a scomparire del tutto portando con sé i due giovani innamorati che avevano trovato la pace.

Appena tutto fu tornato alla normalità anche gli uccellini ripresero a cinguettare e gli scoiattoli a correre da un albero all'altro.

Era finita.
Davvero, stavolta.

Oscar e André erano andati nella luce ed avevano mantenuto la promessa ed avevano salvato Laurent.

Il giovane sentì una scossa nelle gambe.
"Thea dammi la mano..."
Lei ancora commossa e frastornata si voltò verso il marito e gli diede la mano.
Fu così, sotto gli increduli occhi di tutti, che Laurent Moreau si alzò in piedi senza alcuna fatica apparente.


Le vie del Destino sono insondabili.

Il Fato è stato crudele con Oscar e André ma grazie a loro e alla loro intercessione esso non si è ripetuto, permettendo che altri due giovani innamorati non patissero il loro stesso dolore.

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