All The Things You Said.

di ELIOTbynight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Things you said at 1 am ***
Capitolo 2: *** Things you said too quietly ***
Capitolo 3: *** Things you said through your teeth ***
Capitolo 4: *** Things you said over the phone ***
Capitolo 5: *** Things you said with no space between us ***
Capitolo 6: *** Thing you said when you thought I was asleep ***



Capitolo 1
*** Things you said at 1 am ***


All The Things You Said.

 

Fandom: Bungou Stray Dogs

Pairings: Nakajima Atsushi x Akutagawa Ryuunosuke / Dazai Osamu x Nakahara Chuuya

Dopo molto tempo di fase dormiente di scrittura causa forze maggiori (*coff*GENSHIN IMPACT*coff coff*), ritorno in un fandom anime a gran sorpresa, dopo aver recuperato una serie che mi interessava molto ma dopo averla guardata mi ci sono appassionata in modo inaspettato: GHEI MAFIOSI MWAHAHAHA

Come si può non voler bene a due ship come i soukoku e gli shin soukoku? <3

Per l’occasione ho ritrovato una vecchia challenge di scrittura con dei prompt carini da utilizzare per una raccolta di mini-fanfiction, di lunghezza variabile ma tutte autoconclusive. Si alterneranno, una dedicata ad Atsushi e Akutagawa, e poi una per Dazai e Chuuya, e così via. Tutti i prompt hanno a che fare con parole dette dai personaggi, oppure non dette affatto, sussurrate o gridate, parole sincere o bugie, parole d’amore o di odio, e chissà che cos’altro ci aspetta insomma.

Dedico questa raccolta alle mie amiche di cosplay e di fiere, che hanno contribuito a questo mio tuffo nel delirio! I love you all! <3

*


 

 

Things you said at 1 am


 

Atsushi si sentì pungere dal freddo immediatamente e si irrigidì nel giaccone, quando uscì dal cinema insieme al suo rumoroso gruppo di amici. Nonostante tirasse una leggera aria che non aiutava a sopportare il gelo di dicembre, Atsushi provava sollievo.

Quella serata era stata un po' troppo caotica: Dazai non aveva smesso di parlare un solo secondo, neanche durante la proiezione del film, e i suoi discorsi non sembravano avere né capo né coda; di conseguenza Kunikida lo aveva ripreso varie volte e quando non poteva farlo per colpa di un Ranpo troppo goloso che gli rubava i pop corn e lo distraeva, ecco che interveniva Chuuya con una delle sue minacce, le quali però non sortivano alcun effetto su Dazai se non dei ghignetti divertiti. Insomma, Atsushi si era sentito come un pesce fuor d'acqua ed era stato difficile seguire il film senza venire distratto dal comportamento degli altri, e soprattutto dagli occhi insistenti di quel ragazzo un po' tenebroso che si era portato dietro Chuuya e che doveva chiamarsi Akutagawa.

Non aveva spiccicato mezza parola, se non qualche borbottio ogni volta che cercavano di coinvolgerlo in chissà quale discorso dei loro, e non aveva mostrato segni di coinvolgimento per tutta la sera. Solo ad Atsushi aveva dedicato qualche sguardo prolungato e silenzioso, con quei suoi occhi piccoli e incavati negli zigomi bianchi. In quei brevi momenti, e solo in quei momenti, Atsushi aveva notato i suoi lineamenti che si distendevano in un'espressione più profonda.

Non comprese il motivo di quell'interesse e se ne imbarazzò al punto di sentirsi le guance scaldarsi ogni volta che i loro occhi si incontravano, ma paradossalmente erano proprio quegli sguardi a farlo sentire più a suo agio in quella strana serata.

- Finalmente siamo fuori!- esclamò Ranpo esasperato. - Quel film da quattro soldi non finiva più. Ora possiamo andare a casa, Kunikida?-

- Sì, per favore. Per la mia sanità mentale.- rispose l'amico, con le braccia già cadute per l'esasperazione.

Dazai si stiracchiò. - Allora, Kunikida, dai uno strappo anche a me?-

- Come sarebbe a dire? Avevi detto che tu avresti dato uno strappo a casa a me, Dazai!- esclamò un Chuuya molto contrariato.

- Ah, ho detto così? Allora devo aver detto una bugia.- Dazai sfoderò un sorrisetto che per Chuuya voleva soltanto essere preso a schiaffi, e per poco non successe per davvero se non fosse intervenuto Kunikida a separarli.

- Se promettete di non picchiarvi, posso accompagnare a casa entrambi. Accidenti a voi...- poi si voltò verso Atsushi, rivolgendogli un'espressione desolata.

- Mi dispiace, avrei voluto accompagnare anche te, ma non ho più posto in macchina e non voglio rischiare a lasciare questi due da soli.-

Atsushi abbozzò un sorriso e scosse la testa, tirando fuori il mento dal collo del giaccone in cui si era rifugiato per non raffreddarsi.

- È tutto ok, non abito lontano. Posso andare a piedi.-

- E tu, Akutagawa?- chiese Chuuya, e l'altro restò immobile con le mani in tasca, lì dove si trovava.

- Lo stesso.- si limitò a rispondere.

Dopo aver fatto spallucce, Chuuya salutò i due rimasti davanti all'ingresso del cinema insieme al resto della banda e si avviò verso la macchina del povero Kunikida.

Atsushi sospirò e guardò l'orologio: era l'una di notte passata. Dopo vari contrattempi, il gruppo aveva dovuto scegliere l'ultimo spettacolo in proiezione e per forza di cose si era fatto tardi. Atsushi non si sentiva stanco, perciò pensò che sarebbe stato piacevole tutto sommato fare una passeggiata verso casa. Stava per avviarsi, quando si rese conto che Akutagawa era ancora lì, con le mani infilate nelle tasche del suo cappotto nero e con gli occhi sempre fermi a fissarlo. Era uno sguardo diretto e insistente, ma non ostile.

Atsushi arrossì di nuovo e si affrettò a rompere il ghiaccio.

- Vai a casa anche tu?- domandò, cercando di usare un tono amichevole che però gli sembrò subito fuori luogo.

Akutagawa distolse subito lo sguardo e, con grande sorpresa di Atsushi, arrossì lievemente a sua volta.

- Penso di no.- disse, ma poi cercò di correggersi. - Forse dovrei, ma...-

Atsushi non lo conosceva e non poteva sapere che cosa gli passasse davvero per la testa, e nemmeno se tra i due ci fosse del vero interesse, ma di sicuro poteva immaginare la sensazione di non voler ancora tornare a casa.

- Capisco. È come se questa serata al cinema ci fosse passata davanti, vero? C'è poco da fare, con una compagnia come quella di Dazai e gli altri.-

Atsushi rise appena e Akutagawa si limitò ad annuire, però aveva i lineamenti più rilassati e, forse forse, le guance ancora più colorate.

Fu il turno di Atsushi di rimanere a guardarlo a lungo, senza sciogliere il suo piccolo sorriso. Oltre quell'atteggiamento chiuso e sfuggente, forse Akutagawa era una persona che poteva comprenderlo. Chissà, forse sentiva il bisogno di essere compreso a sua volta? Anche lui si era sentito fuori posto quella sera?

Andare semplicemente a casa dopo essersi posto questa domanda non gli sembrava più una buona idea.

- Beh, è ancora presto.- esordì, e Akutagawa lo guardò perplesso, perché se l'una del mattino era "presto", chissà cosa sarebbero state per lui le due, le tre e le quattro. - Ti va di fare un giro con me?-

Un invito semplice e gentile, accompagnato da un sorriso. Forse Akutagawa aspettava solo questo da quel ragazzo dall'espressione tanto limpida che l'aveva colpito qualche ora prima e che gli aveva fatto sperare. La prova che in qualche modo, in quella combriccola sgangherata, c'era qualcuno di simile a lui.

Akutagawa alzò gli occhi sul cielo nero e annuì. Atsushi gli si affiancò, prima di iniziare a camminare insieme verso nessuna meta precisa.

 

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Capitolo 2
*** Things you said too quietly ***



Things you said too quietly

 

 

Una delle cose che Dazai apprezzava particolarmente, tra quelle che sceglieva per distrarsi dalle sue manie suicide, erano le brevi e fugaci storie d'amore con cui passava il tempo, tra una missione e l'altra dell'agenzia. Aveva una passione per le belle donne e per i locali eleganti, almeno tanto quanto ne aveva per i crimini più efferati.

Non ne aveva altrettanta per gli appuntamenti al buio in effetti - troppo alto il rischio di una delusione - ma forse l'algoritmo del sito internet su cui aveva distrattamente smanettato aveva funzionato, se aveva suggerito a entrambe le parti di incontrarsi in quel ristorante di stile. Una descrizione sommaria del partner ideale, qualche indicazione vaga dei propri interessi, ed ecco l'incontro perfetto. Se era stato scelto bene il luogo, Dazai sperò di aver fatto centro anche con la persona.

Era già seduto a un tavolo per due, in un angolino appartato della sala gremita di clienti, e attendeva che arrivasse la sua donna della serata fantasticando sulle frasi melense che le avrebbe rifilato... ma quando alzò lo sguardo e incontrò un viso conosciuto, strabuzzò gli occhi e si irrigidì sulla sedia.

- Chuuya?!-

- Dazai?!-

Il nanerottolo della Port Mafia indossava un elegante completo nero, con tanto di garofano rosso all'occhiello. Dazai fu stupito di vederlo, ma anziché esprimere il suo disappunto, simulò lo scoppio di una risata.

- Ma che bella sorpresa, Chuuya! Non pensavo che per arrotondare lo stipendio fossi venuto a lavorare qui!- esclamò con tono giocoso. - Posso già ordinare da bere?-

- Non sono qui in veste di cameriere!- sbottò l'altro, sovrastandolo e spingendolo ad appiattirsi contro lo schienale della sedia, pur senza togliergli il ghigno dal volto.

- Piuttosto, che diamine ci fai qui?- aggiunse Chuuya, sospettoso.

Dazai assunse un'aria romantica e rispose alla domanda come se stesse recitando una poesia.

- Sono qui per incontrare la donna dei miei sogni!- fece, e citò la descrizione della donna in questione che aveva caricato nel sito d'incontri al buio. - "Una creatura dolce, graziosa e timida, ma dalla mente aperta e acuta in grado di sostenere discorsi profondi e comprendere i desideri più nascosti dell'animo umano; esile e delicata per poter essere protetta, dalla chioma fluente e due diamanti come occhi, che mi prenda per mano in ogni occasione, anche nella morte!"-

Finito il breve elogio della sua fantasia, Dazai si accorse del pallore che aveva colpito il viso di Chuuya, nonché le sue orbite spalancate in un'espressione di orrore puro.

- Che hai da guardarmi in quel modo?- azzardò a chiedere Dazai.

Chuuya deglutì e si lasciò cadere seduto sulla sedia di fronte.

- Stai dicendo che la mia "persona dall'aspetto misterioso e galante, gentile, spiritosa e con un buon senso dell'umorismo, che ama le sfide e le avventure ma allo stesso tempo ama la tranquillità, e di cui mi posso fidare ciecamente"... saresti tu?!-

Dazai lanciò un verso acuto dallo stupore, attirando per un momento gli sguardi dei tavoli vicini, e alzò gli occhi al cielo mentre si lasciava andare all'indietro sulla sedia.

- Fantastica, questa tecnologia!- cominciò subito a lamentarsi. - L'algoritmo di quel maledetto sito d'incontri si è fottuto e anziché portarmi dalla donna della mia vita ha deciso di giocarmi uno scherzo e presentarmi davanti la più grande piaga che io conosca.-

- Come ti permetti?!- ribatté Chuuya. - Anzi, come hai osato confermare di essere compatibile con la mia descrizione, quando ho scritto di cercare qualcuno "con un buon senso dell'umorismo e di cui possa fidarmi ciecamente"?-

Dazai sollevò il mento con espressione altezzosa.

- Il mio senso dell'umorismo è di certo migliore del tuo; inoltre mi spiace informarti che sei tu ad aver sbagliato, perché non mi sembri possedere "una mente in grado di comprendere i miei discorsi profondi."-

- Prova a ripetere una cosa del genere e ti faccio ingoiare tutto il servizio di posate che si trova su questo tavolo!-

- Oh, non corrisponde neanche la parte della "creatura graziosa e timida", se mi parli in quel modo.- aggiunse Dazai, con un sorriso arrogante.

Chuuya si infuriò ancora di più e sbatté le mani sul tavolo, rialzandosi in piedi e minacciandolo con lo sguardo.

- Giuro che ti uccido, Dazai!-

Eppure quelle reazioni non lo avevano mai intimorito, anzi, gli procuravano sempre del divertimento.

- Dimmi, Chuuya, pensavi anche tu di venire a un appuntamento stasera? Cosa avresti sperato di concludere, con quel tuo modo barbaro di rivolgerti?- si avvicinò a lui, sporgendosi sul tavolo e sogghignando. - Non è così che si tratta il tuo partner.-

- E che cosa vuoi saperne tu, di come si tratta un partner?- fece Chuuya con voce scura. - Credi di essere migliore di me in questo?-

Il piccoletto si tirò su dritto con la schiena e puntò i suoi occhi decisi e brillanti in quelli di Dazai.

- Se non ti manca il fegato di provarci, perché non continuiamo con l'appuntamento? Vedremo chi dei due è l'amante migliore.-

Mentre diceva quelle parole, Chuuya aveva abbassato il tono di voce sperando di intimorire Dazai, con il risultato involontario di un timbro vibrante e sensuale. La sua espressione era diventata più diretta e sicura, e in un gesto automatico Chuuya aveva messo le mani guantate di bianco sui suoi fianchi stretti, accentuando le curve fasciate dal completo nero.

Dazai si prese un attimo, solamente un attimo per ammirare lo spettacolo, prima di ricambiare lo sguardo con un sorriso sornione.

- Ci sto.-

Prima che Chuuya si voltasse e decidesse di andare in un altro posto, perché a suo parere c'erano troppe persone e voleva avere più privacy, Dazai vide chiaramente le sue guance che arrossivano.

- E meno male che non avevo scritto "sexy da paura".- commentò tra sé e sé, mordendosi il labbro inferiore.

- Eh? Che hai detto?-

- Niente di importante. Su, andiamo.-

Dopo neanche mezz'ora, i due erano nel bagno di un vecchio pub, avvinghiati l'uno all'altro, intrappolati in un bacio pieno della loro ostinazione.

 

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Capitolo 3
*** Things you said through your teeth ***


Things you said through your teeth 

 

Fu strano come la vista del nemico, le botte ricevute e il sangue che scorreva gli fossero scivolati addosso come se nulla fosse, come se fosse routine, ma la vista di lui a terra, immobile e pieno di ferite, avesse risvegliato tutta la sua paura.

- Akutagawa!-

 

Il criminale da abbattere era un omicida da catturare dall'Agenzia dopo aver ricevuto un incarico ufficiale, e allo stesso tempo era nientemeno che un fanatico di Nakahara Chuuya, il manipolatore della gravità. Desideroso di affrontarlo e ucciderlo, questo tizio possedeva un'abilità simile alla sua nell'effetto, ma di natura era completamente diversa: una sorta di calamita vivente che faceva in modo di attirare ogni corpo umano al metallo.

Perciò Akutagawa, dopo aver stanato l'omicida in un vecchio magazzino su ordine del suo boss, battendo l'Agenzia sul tempo, e dopo aver ingaggiato un'estenuante battaglia, era divenuto preda di quell'abilità, e per assicurarsi che non avesse abbastanza forza per reagire, il nemico aveva provveduto a ferirlo più volte con degli affilatissimi coltelli impregnati di veleno.

Il risultato era un Akutagawa senza forze che faticava a respirare, troppo debole per evocare Rashomon e con gran parte del suo fragile corpo incollato alla lastra di metallo su cui si trovava.

 

La Tigre Mannara gonfiò gli arti ancora una volta per superare il campo di battaglia in appena pochi dei suoi balzi da felino, atterrando accanto al corpo tremante del rivale.

- Atsushi, attento!-

La voce di Kunikida lo raggiunse da lontano, abbastanza velocemente perché il ragazzo potesse saltare via, evitando un enorme tubo di ferro lanciato a velocità folle in sua direzione.

Atsushi si accucciò su una montagna di scatoloni lì accanto, mentre il nemico si contorceva in una risata malata. Incrociò lo sguardo di Kunikida, il quale si accorse a sua volta che Akutagawa si trovava poco più in là in condizioni pessime.

Evocando delle bombe lacrimogene per distrarre temporaneamente l'avversario, Kunikida ne approfittò per correre da Atsushi e avvisarlo sul da farsi.

- Io cerco di distrarlo per fargli disattivare la sua abilità, così tu puoi portare in salvo Akutagawa. Dopo avremo campo libero per intervenire come si deve e rendere inoffensivo questo squilibrato.-

Il ragazzo annuì con sguardo determinato.

- Non fraintendere, per me quello potrebbe venire schiacciato come una formica e non mi cambierebbe la giornata.- aggiunse Kunikida, sistemandosi arrogantemente gli occhiali. - Ma ci mancano solo ulteriori guai con la Port Mafia per averlo lasciato crepare... e poi so quanto ci tieni.-

Concluse il breve discorso con un leggero sorriso e Atsushi lo fissò ad occhi sbarrati, sentendosi le guance calde.

- Stai pronto!-

Kunikida balzò via per vedersela con l'uomo-calamita e la Tigre Mannara si riavvicinò ad Akutagawa, che respirava a fatica.

- Resisti, tra poco ti porto via.- gli disse in fretta, per non far trasparire troppo l'ansia nella sua voce.

- Jinko.-

Atsushi rimase immobile, trattenendo il fiato. Akutagawa socchiuse gli occhi e li puntò su quelli dell'altro, come unica minaccia fisica in suo potere. Prese aria nei polmoni e mise da parte il suo solito risentimento per risparmiare le poche forze rimaste.

- Non c'è tempo per liberare il campo di battaglia per me.- sibilò. - Fate fuori quel pazzo e trovate l'antidoto del veleno che ha usato per immobilizzarmi.-

La notizia del veleno gli giunse nuova e Atsushi si voltò spaventato verso Kunikida, che stava lottando contro il nemico. Il ragazzo gridò forte in sua direzione, intimandogli di non venire ferito dalle sue armi da taglio, ma subito dopo realizzò che poteva essersi ferito a sua volta. Aveva dei graffi, ma non sembrava aver subito molto gli effetti del veleno - Akutagawa, invece, aveva ricevuto un taglio profondo sulla schiena e sanguinava parecchio.

Atsushi rivolse il suo sguardo rassegnato verso il nemico, che inseguiva Kunikida da una parte all’altra tentando di ferirlo, mentre quest’ultimo cercava di sparargli a distanza. Senza un contatto fisico diretto sarebbe stato difficile rendere il criminale inoffensivo, a meno di non fare qualcosa di drastico, come un intervento decisivo della Tigre Mannara a piena potenza.

- Fai come ti ho detto.- ripeté Akutagawa, stringendo i denti. Il veleno stava entrando in circolo e le ferite iniziarono a bruciargli.

- Ma... ma ci sono schegge e pilastri di metallo dappertutto qui, non voglio che tu rimanga coinv-

- Jinko!-

Atsushi trasalì. Akutagawa strinse gli occhi e raccolse le sue ultime energie, solo per poter fare la voce grossa.

- Non c'è tempo, idiota, devi attaccarlo!- esclamò, digrignando ancora i denti per il dolore a tutto il corpo. - Sbrigati e libera quella fottuta bestia che hai dentro!-

Il ragazzo ancora non riusciva a muoversi. Akutagawa gli stava chiedendo di fare terra bruciata intorno a sé, senza curarsi delle sue condizioni? Come avrebbe potuto farlo?

- Mi hai sentito, Jinko?!- esclamò ancora Akutagawa. Le sue ferite facevano malissimo e non poté non tenere i denti stretti dal dolore mentre gridò:

- Libera la tua bestia, dannazione!-

Fu allora che accadde.

La tigre bianca che dimorava dentro il subconscio di Atsushi iniziò a ringhiare, a scalpitare per uscire e manifestare la sua ferocia. Stava accadendo tutto troppo velocemente perché Atsushi potesse riflettere bene: il nemico era un pazzo senza controllo che avrebbe demolito l'intero edificio se non fosse stato fermato, e Kunikida non avrebbe potuto tenerlo a bada da solo ancora a lungo. L'unica cosa da fare era dare una lezione a quel criminale facendogli assaggiare la forza della Tigre Mannara.

Atsushi si voltò verso il nemico lentamente, gli occhi da felino, in agguato. Nella sua testa rimbombava la frase di Akutagawa, l'ordine di lasciar uscire la bestia allo scoperto. Come ipnotizzato dall'eco di quella voce nella testa, Atsushi prese le sembianze della tigre e un ringhio salì dalla gola, facendogli vibrare il petto.

Scattò in avanti con un ruggito, e nel momento in cui attaccò il nemico, Akutagawa lasciò andare un sommesso sospiro di sollievo: sapeva già come sarebbe andata a finire.

 

Non molto tempo dopo, il criminale fu arrestato e un'ambulanza della Port Mafia arrivò prontamente a soccorrere Akutagawa, che si trovava ancora a terra e faticava a rimanere cosciente. Ben presto gli fu iniettato l'antidoto del veleno e il pericolo cessò del tutto.

Atsushi, malconcio ma tutto intero e con solo qualche graffio qua e là, si avvicinò tenendosi un braccio dolorante su cui intuiva sarebbe nato un enorme livido. Guardò il suo rivale venire caricato su una barella, in attesa di ricevere una visita di controllo al quartier generale della Mafia, e non poté trattenersi dal fargli una domanda.

- Come facevi a essere sicuro che avrei vinto, solo liberando la tigre? Avrei potuto fare molti più danni e rischiare di ferire anche te.-

In effetti, intorno a loro erano rimaste solo macerie come prova dello scontro. La Tigre Mannara non si era trattenuta.

L'altro gli rivolse un'occhiataccia.

- Sei ancora così stupido da farti queste paranoie?-

Atsushi allargò appena gli occhi, meravigliato. Dunque Akutagawa non aveva dubitato di lui neanche un secondo. Non aveva nemmeno lontanamente considerato i rischi del subire la furia della tigre, perché aveva avuto in Atsushi la più completa fiducia. Aveva creduto in lui.

Atsushi sorrise e abbassò gli occhi.

- A quanto pare, sì.-

Non gli disse che era grato della sua fiducia, sapeva che Akutagawa non se ne sarebbe fatto nulla delle sue parole. Si limitò a guardarlo mentre lo portavano via in barella, un sorriso leggero che ancora gli adornava il viso.

Neanche Akutagawa replicò, il suo sguardo truce congelato, ma Atsushi fu certo di aver visto la sua fronte rilassarsi notevolmente.

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Capitolo 4
*** Things you said over the phone ***


Things you said over the phone
 


Il ticchettio delle scarpe echeggiava sulle mattonelle sporche di quel lunghissimo corridoio buio, come unico rumore che osasse disturbare la sua sfilata. Chuuya avanzava senza remore in un sentiero tracciato in mezzo ai corpi dei criminali che aveva messo al tappeto, aventi avuto loro il compito ingrato di fermare l'esecutore della Port Mafia - o perlomeno di provarci, infatti non c'era stata la minima speranza. E non aveva nemmeno dovuto tirare fuori le mani dalle tasche, come una vecchia abitudine tornata a galla.

Già pregustava il sollievo che avrebbe provato a stendersi su uno dei divani di lusso del quartier generale della Mafia a missione conclusa, ma quando aprì la porta che gli era stato ordinato di raggiungere per recuperare una valigetta piena di documenti e informazioni preziose, si ritrovò davanti uno scenario decisamente imprevisto.

La valigetta c'era, ma era legata con del nastro adesivo all'addome di una ragazza che sembrava svenuta, con le braccia e le gambe immobilizzate su una sedia e avvolte da altro nastro adesivo. La sua testa ciondolava da un lato e i lunghi capelli scuri le ricadevano davanti al viso.

- Ma che storia è questa?- esclamò Chuuya contrariato. - Sembra la scena di un film dell'orrore!-

Se quello fosse stato il suo unico problema, non avrebbe avuto problemi a sollevare di peso la ragazza con tutta la sedia e la valigetta e portarla via; tuttavia l’ostacolo vero e proprio era una bomba, fissata a sua volta sopra la valigetta.

Tutt'intorno vi erano fili sottili di diversi colori che avvolgevano il corpo della ragazza e terminavano su alcuni cumuli di esplosivo lì accanto. I numeri del contatore della bomba segnavano il tempo che scorreva all'indietro, i minuti che precedevano l'esplosione.

6 minuti e 40 secondi circa, per la precisione.

- Che succede, Chuuya?- gracchiò Higuchi nel suo auricolare. - Qualcosa non va?-

L'esecutore della Port Mafia si lamentò con tono piuttosto teatrale.

- Perché diamine nessuno mi ha informato che c'era una bomba qui?!-

- Una bomba?-

- Sì, con valigetta, ostaggio e tutto il resto. Possibile che non riusciamo mai ad arrivare prima a queste cose?!-

- C'è anche un ostaggio?-

Chuuya emise un altro verso pieno di disappunto e cominciò a osservare più da vicino la ragazza legata alla sedia. Gli parve di riconoscerla e grugnì tra sé e sé: era la figlia di una spia del governo che collaborava con la Port Mafia da tempo, coprendo molte sue malefatte in cambio di protezione. Le informazioni contenute nella valigetta sarebbero servite invece a far incriminare un ex fornitore di armi della Mafia che li aveva traditi poco tempo prima.

Chuuya intuì facilmente il collegamento e sbuffò infastidito.

Nel frattempo Higuchi confabulava con qualcuno in sottofondo nell’auricolare e non era facile capire che cosa stesse dicendo.

- Allora, che devo fare? Posso prendere la valigetta e andarmene?- chiese Chuuya seccato, continuando a squadrare la scena davanti a sé come se non fosse saltato in aria tutto dopo appena sei minuti.

- Io non lo farei, se fossi in te, nanetto.-

La voce che gli aveva appena parlato nell'orecchio non era più quella di Higuchi, ma di una persona che conosceva bene, anche troppo, e che avrebbe preferito non sentire in un momento del genere.

- DAZAI?-

- Ti sono mancato, Chuuya?- cantilenò Dazai con un ghigno nella voce.

Ci volle tutta la pazienza del mondo e anche di più, perché Chuuya non prendesse a calci la sedia dal nervosismo, rischiando di far esplodere tutto prima del tempo.

- Sapessi come ti invidio, amico mio!- esordì nuovamente Dazai con tono drammatico. - Chiuso in una stanza con una bella donna e una bomba pronta a fare fuochi d’artificio. Il miglior suicidio di coppia a cui abbia pensato nell'ultima settimana!-

- Se non la smetti di parlare in quel modo, la prossima volta che ti vedo farò fare i fuochi d’artificio al tuo cervello!-

- E' un peccato, un peccato davvero...- proseguì Dazai, per poi abbassare il tono di voce e tornare serio. - Ma siccome al mio posto ci sei tu a rischiare di saltare in aria, oltre ovviamente alla nostra damigella in pericolo, non possiamo certo permettere che questo avvenga, altrimenti chi lo sentirà il caro Mori?-

Chuuya decise di lasciar perdere la sensazione che gli faceva ribollire il sangue nelle vene ogni volta che doveva avere a che fare con Dazai, e domandò:

- Perché ci sei tu a parlare con me adesso? Dov'è Higuchi?-

- Vedi, l'Agenzia ha di recente chiesto degli uomini della Mafia come supporto per risolvere un caso problematico, ma in cambio avremmo dovuto fare lo stesso alla prima occasione. Perciò eccomi qui, in veste di artificiere! Anche se di fatto seguirò le istruzioni che mi sono procurato, perché dovrai occupartene tu, in pratica.- fece Dazai, come se stesse spiegando le addizioni a un bambino.

- Io?! E che cosa dovrei fare?-

- Ma è ovvio, no? Devi disinnescare la bomba.-

- CHE COSA? Ma non posso semplicemente staccare il nastro adesivo e andarmene con la valigetta?- domandò ancora Chuuya esasperato, notando che il contatore stava raggiungendo i 5 minuti e cominciando a sudare freddo.

- Mi sono un po' informato su quel tizio che volete incastrare grazie ai documenti contenuti nella valigetta.- rispose l’altro, spegnendo immediatamente il sorriso nella voce in favore di una spiegazione esaustiva. - Oltre a trafficare armi per la Mafia, era in un grosso giro d'affari su bombe ed esplosivi particolarmente difficili da disinnescare, soprattutto perché molti di quegli ordigni esplodono al primo movimento brusco percepito.-

- Stai scherzando?!-

- Per niente. A quanto pare non vuole lasciarvi ottenere quelle informazioni tanto facilmente, se ha rapito quella ragazza e ha sfidato la Mafia con uno di quegli aggeggi.- concluse Dazai, lasciandosi scappare l'ennesimo ghigno divertito. - E se lei ci lascia la pelle, addio informazioni e addio supporto della spia governativa!-

Chuuya alzò gli occhi al cielo con evidente frustrazione.

- Va bene, ho afferrato il concetto.- sbuffò. - E come dovrei fare per disinnescare questo ordigno, esattamente?-

- Non preoccuparti, ti guiderò io!- esclamò Dazai con voce squillante.

- PREFERISCO CREPARE SUBITO!-

Chuuya aveva davvero una brutta sensazione, soprattutto perché i numeri rossi del timer sembravano persino andare più in fretta e non era certo di voler andare all'altro mondo sul serio.

- Quando ti senti pronto, cominciamo.-

Fu strano udire quelle parole, tanto da far venire i brividi. Mancavano ormai quasi 4 minuti a un'esplosione che avrebbe fatto saltare in aria tutto il palazzo, che lo avrebbe di sicuro coinvolto mortalmente e che avrebbe messo nei guai la Port Mafia, e Dazai ebbe la faccia tosta di dire "quando ti senti pronto".

Chuuya non seppe intuire se fosse serio o ironico, come in quasi tutte le conversazioni che sosteneva con Dazai, ma oltre a essere inquietante non poté non ammettere a se stesso che forse ne aveva bisogno per mantenere un minimo di sanità mentale.

Prese un lungo e profondo respiro e si calmò.

- D'accordo, procediamo.-

Da quel momento Dazai impartì dei comandi semplici e allo stesso tempo precisi, in modo che Chuuya potesse comprenderli ed eseguirli senza alcun errore. Munito di una scheggia di vetro recuperata dalla colluttazione precedente, quest'ultimo recise i fili che l'ex partner gli indicava, senza dubitare nemmeno un istante delle sue azioni.

Così facendo, giunsero agli ultimi passaggi a circa un minuto e mezzo dalla fine. Dazai stava per dirgli quale sarebbe dovuto essere il filo da tagliare per fermare il timer, ma si bloccò all'improvviso e scoppiò in una tetra risata.

- Ehi, che cosa c'è da ridere? Stiamo disinnescando una bomba, qui.- sbottò Chuuya con voce scura, avvertendo un brivido gelido lungo la schiena.

- Magnifico, stupendo!- gracchiò la voce di Dazai nell'auricolare. - Secondo le istruzioni, ora basterebbe tagliare il filo rosso e il timer si fermerà!-

Stranamente, ma forse neanche tanto, Chuuya non era felice di sentire quelle parole.

- Maledetto Dazai, dimmi subito che cosa c'è che non va!-

- Chi ci dice che il nostro criminale traditore non abbia manomesso il manuale d'istruzioni, dal momento che proviene proprio dagli archivi della compagnia fabbricatrice di esplosivi che usa come copertura per i suoi traffici loschi? Meraviglioso, che meraviglioso inganno!-

A Chuuya si gelò il sangue nelle vene. Mancava solo un filo da tagliare e soltanto ora emergeva il dubbio che avessero sbagliato tutto e che sarebbe presto saltato tutto in aria.

- Mi prendi in giro? Mi stai dicendo che adesso non sappiamo se da tagliare sia il filo rosso o il filo blu? A un minuto dall'esplosione?! IO TI UCCIDO, DAZAI!- sbraitò con tutta la sua forza. - Ogni volta è la stessa storia! Quando ci obbligano a lavorare insieme, fidarmi di te mi costa sempre una gamba o un braccio rotto, se non quasi la vita! E tutto mentre tu te la ridi e mi metti ancora più in ridicolo, come se non fossi già abbastanza in difficoltà! Sto per morire e fare un casino di dimensioni colossali, e tu che cosa fai? Mi ridi nell'orecchio! GIURO CHE TI AMMAZ-

- Chuuya.-

48 secondi all'esplosione. Calò il silenzio.

- Ce la faremo, Chuuya. Non ti abbandonerò proprio ora. Andrà tutto bene.-

All'improvviso fu come se il tempo si fosse fermato, anche se il timer continuava ad andare all'indietro. Gli occhi chiari di Chuuya si fissarono sul frammento di vetro nella sua mano, in un tentativo di resettare la mente e concentrarsi su quelle frasi.

Per quanto potesse sembrare facile avere a che fare con Dazai, non lo era affatto. Ricoprirlo di minacce e insulti era solo il suo modo, uno dei tanti, forse il più semplice e codardo, per riconoscerlo in quanto partner. Chuuya non era mai riuscito in qualcosa di diverso, ma non l'aveva mai considerato un limite, soprattutto perché Dazai ricambiava quel comportamento. Almeno finché lui non gli aveva mormorato quelle parole nell'orecchio in una situazione in bilico tra la vita e la morte, infilzando l'orgoglio di Chuuya e arrivando in profondità fino al suo cuore.

L'esecutore strinse il pezzo di vetro tra le dita, ferendosi fino a macchiare di sangue il guanto che indossava.

- Sei sleale, Dazai.- sussurrò, mentre cercava di tenere a bada il battito cardiaco che era impazzito.

L'altro non ebbe una risposta pronta, per una volta, e Chuuya continuò:

- Dimmi una cosa. Secondo te il manuale d'istruzioni per disinnescare la bomba è stato manomesso?-

35 secondi.

- Secondo me?- ripeté Dazai, leggermente confuso. - Io direi di sì, perché se fossi stato nei panni di quell'uomo, l'avrei fatto. Chi sono io per sottovalutare la sua intelligenza? Dopotutto ha messo su tutto questo teatrino.-

- Bene.-

- In che senso, bene?- Dazai era inspiegabilmente preoccupato.

- Adesso so quale filo tagliare.-

- Aspetta, cosa? Ne sei sicuro, Chuuya?-

20 secondi.

- Posso giurarti che non sono mai stato più sicuro di così in tutta la mia vita.-

Il frammento di vetro sporco di sangue fu avvicinato al timer e alla scatola dell'ordigno aperta, con tanti fili attorcigliati all'interno.

- Chuuya...-

15 secondi.

- Se mi fossi sbagliato, sappi che è colpa tua, Dazai. Dannazione, proprio adesso dovevi spararla tanto grossa? Non ti perdonerò mai per questo.-

- Chuuya, che stai dicendo?-

10 secondi.

- Se non dovessi andare all'altro mondo adesso, sappi che creperai presto per mano mia. Addio, Dazai.-

6 secondi.

- Chuuya!-

A 4 secondi dall'esplosione, Chuuya tagliò il filo.

Dall'altro capo del telefono, Dazai trattenne il fiato con gli occhi sbarrati nel vuoto. Era sicuro di poter distinguere 4 secondi in una situazione normale, ma ora ognuno di essi sembrava eterno.

Ne passarono uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, dodici.

- Chuuya...?- chiamò, con voce tremante.

Per tutta risposta udì un tonfo sul pavimento e finalmente l'ossigeno tornò nei suoi polmoni. Sorrise tra sé e sussurrò:

- Chuuya... ti sei fidato di me?-

- Stai zitto, Dazai.-

Con quell'ultima frase forzata fuori dalla sua gola secca, Chuuya si strappò via l'auricolare dall'orecchio e restò lì dove si trovava, steso sul pavimento di cemento ad ansimare per l’agitazione, con le braccia spalancate e lo sguardo rivolto al soffitto. Restò così, con il petto che si alzava e si abbassava in fretta, il frammento di vetro ancora in mano, la scatola dell'ordigno con il filo blu spezzato e il timer fermo a 4 secondi.

Chuuya restò così fino all'arrivo dei compagni della Mafia, dopo aver meditato a lungo sulla propria inettitudine - perché se aveva trovato la forza di prendersi quel rischio con tanta facilità, solo dopo aver sentito quelle stupide parole mormorate dalla voce di Dazai, poteva voler dire solo che era un inetto.

Oppure era disperatamente innamorato di Dazai e gli avrebbe affidato la sua vita altre mille volte, ma avrebbe fatto i conti con questo pensiero in un altro momento.

 

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Capitolo 5
*** Things you said with no space between us ***


Things you said with no space between us 

 

- Atsushi, non c'è più tempo! Dovete nascondervi!-

- Nasconderci, e dove?-

- Se girate a destra dal corridoio in cui siete, dovreste trovare un ripostiglio. Lì sarete al sicuro.-

- E' davvero l'unica soluzione?-

- Sì, fidatevi di me!-

Atsushi iniziava a essere stanco di correre da una parte all'altra di quella vecchia fabbrica di prodotti chimici in cui si era ritrovato per la missione e con una rapida occhiata poté constatare che per Akutagawa al suo fianco era la stessa cosa. Avevano combattuto criminali, raccolto informazioni, evitato trappole mortali, ma non avevano potuto fare nulla per evitare che una bomba chimica letale esplodesse di lì a pochi secondi.

Grazie alle istruzioni di Dazai in collegamento radio, i due raggiunsero il nascondiglio indicato. Akutagawa arrivò per primo e spalancò la porta di ferro, ma lo spazio era molto piccolo a causa di alcune casse di legno impilate in un angolo e si ritrovò schiacciato contro il muro quando Atsushi entrò nel ripostiglio dopo di lui, occupando l'ultimo metro quadrato rimasto.

- Accidenti, non ci stiamo!- esclamò Atsushi, cercando di chiudersi la pesante porta alle spalle.

Akutagawa gemette:

- Fai piano, sono schiacciato qui!-

- Anch'io lo sono, cosa credi?-

- Ragazzi, chiudetevi dentro, presto!- fece Dazai nell'auricolare di Atsushi, facendosi sentire anche da Akutagawa da quanto era vicino. - La bomba sta per esplodere!-

L'impulso di entrambi fu di chiudere di scatto la porta di ferro e accucciarsi insieme sul pavimento. La Tigre Mannara si rannicchiò istintivamente contro il petto del cane da guardia della Port Mafia, che gli cinse le spalle con le braccia sottili. Strinsero gli occhi e dopo appena un istante si sentì un boato enorme in lontananza, che fece tremare i muri e cadere un po' di polvere dalle casse di legno lì accanto.

Passarono dei lunghi attimi silenziosi. Akutagawa allentò con calma la presa e insieme ad Atsushi sollevò lo sguardo: sopra le loro teste c'era una piccola finestra che dava sull'esterno. Da quel frammento di cielo che illuminava la stanzetta si poteva vedere la scia di fumo allontanarsi.

- State bene?- gracchiò la voce di Dazai nell'auricolare.

Solo in quel momento i due si resero conto di essere ancora semi-abbracciati. Akutagawa trasalì e si voltò dall'altra parte, curvandosi su se stesso con il viso in fiamme, mentre Atsushi si affrettò ad avvicinare alla bocca il piccolo microfono che si era allentato e rispondere.

- Ecco, s-sì, siamo tutti interi!-

- Bene. Nel ripostiglio in cui vi trovate, non dovreste venire raggiunti dal gas nocivo che si è creato.-

- Gas nocivo?-

- Purtroppo la bomba chimica ha liberato un gas che potrebbe essere letale con un solo respiro. Di sicuro avrà invaso tutta la fabbrica... Noi siamo appena riusciti a fuggire, ma siccome voi siete rimasti indietro in un'altra zona, non c'era alternativa se non infilarvi lì dentro, per non farvi uccidere.-

Atsushi intuì dove sarebbe andato a parare il discorso del suo collega:

- Quindi ora siamo bloccati qui?-

- Purtroppo sì. Dovrete aspettare che il gas si sia dissolto. Stiamo chiedendo un intervento urgente per purificare l'aria nei dintorni, ma fino ad allora dovrete restare nascosti. Dalla pianta della struttura vedo che dovrebbe esserci una finestra...-

- Sì, c'è una piccola finestra.- confermò Atsushi. - Credo che dia sul lato sud.-

- Il gas non dovrebbe andare in quella direzione, quindi sarete al sicuro finché resterete dove siete.-

A quel punto intervenne Akutagawa, parlando da dietro la propria spalla:

- Non possiamo uscire, sfruttando le nostre abilità?-

- Ve lo sconsiglio. Il rischio di uscire lo stesso dalla finestra ed entrare in contatto con il gas circostante è troppo alto. Per provarci, dovreste comunque aspettare che almeno in parte l'area sia stata messa in sicurezza.-

Calò un imbarazzante silenzio. La conclusione era ovvia: Atsushi e Akutagawa sarebbero dovuti rimanere rannicchiati in quel ripostiglio per molte ore.

- Mi spiace, ragazzi.- fece Dazai, ma in qualche modo Atsushi percepì un ghigno nella sua voce. - Verremo a prendervi non appena sarà possibile farvi uscire. Chiudo!-

Atsushi si tolse l'auricolare dall'orecchio e sospirò, stretto nelle spalle e spinto contro il suo angolo di muro; Akutagawa era nelle stesse condizioni. I loro corpi si toccavano inevitabilmente in più punti ed era già abbastanza per evocare un tremendo imbarazzo per entrambi.

In una situazione normale, avrebbero fatto di tutto per allontanarsi o perlomeno avrebbero espresso il loro fastidio in modo molto chiaro, ma la situazione tra loro non era mai stata normale e anzi, da poco aveva subito un cambiamento radicale.

- Akutagawa?-

Il segugio della Mafia fremette a sentirsi chiamare e restò immobile, come se avesse potuto smettere di esistere per un attimo. Era in bilico tra il non vedere l'ora che arrivasse quel momento e il voler scappare il più lontano possibile.

- Tu ... ormai lo sai, vero?-

Certo che lo sapeva.

Atsushi era sempre stato il peggiore a nascondere le emozioni, anche se con quella sorta di abbraccio di poco prima lui non poté dire di essere stato da meno. Se finora tra i due c'erano stati solo tanti pensieri e sospetti, ora non c'era modo di fraintendere il comportamento che avevano avuto l'uno nei confronti dell'altro negli ultimi tempi.

Akutagawa si voltò lentamente, restio a mostrare del tutto il proprio viso di sicuro segnato dall'imbarazzo. Gli occhi di Atsushi erano dolci e cambiarono direzione un po' di volte fino ad abbassarsi con timidezza. Le sue gote avevano preso colore e l'altro si chiese se anche le proprie fossero diventate così.

- Oh.- disse, rilassando appena le spalle. - Anche tu, a quanto pare.-

La Tigre Mannara annuì. Non riuscì a sostenere il suo sguardo per più di un secondo e arrossì ancora, tirando le ginocchia al petto e circondandole con le braccia nel tentativo di calmare il proprio battito accelerato. Sembrava così piccolo che Akutagawa sentì il cuore fare una capriola e raccolse tutto il suo autocontrollo per non lanciarsi a stringerlo in un altro abbraccio come se ne dipendesse la sua sopravvivenza. Si limitò a prendere un respiro profondo, poggiò la nuca contro il muro e tirò verso di sé una sola gamba, tenendola vicina al petto con le mani unite.

- Come hai fatto a scoprirlo?- domandò Atsushi dopo un lungo minuto di silenzio, tentando di rendere l'atmosfera meno pesante.

Akutagawa pensò al momento in cui i suoi sospetti sui sentimenti di entrambi erano stati confermati e una smorfia spontanea comparve sul suo viso, creandogli una ruga di disappunto in mezzo alla fronte. Ricordò subito la faccia da schiaffi della persona che glielo aveva detto.

- ... Dazai.- rispose, serafico.

Atsushi non provò nemmeno a trattenere una breve risata, soffocata dalle braccia in cui si era rifugiato.

- Non gli sfugge proprio niente.-

Probabilmente era stato facile, forse troppo per Dazai, intuire che il suo attuale sottoposto provava qualcosa per quello precedente. Conoscendolo, non aveva resistito alla tentazione di farlo capire ad Akutagawa in qualche modo, solo per godersi l'espressione che avrebbe indossato alla notizia.

- A me l'ha detto Chuuya.- aggiunse il più giovane, e stavolta l'altro dovette voltarsi a guardarlo stupito.

Era strano pensare che quei due avessero interagito, per di più riguardo a quell'argomento. Di sicuro non avevano programmato quella situazione, pensò Akutagawa, e infatti Atsushi spiegò:

- Prima, mentre ero bloccato nella zona dei forni e voi della Port Mafia siete arrivati giusto in tempo, se ti ricordi Chuuya è entrato prima di te. Mi ha raggiunto e mi ha detto "preparati a essere salvato dal tuo cavaliere nero".-

Akutagawa sbatté le palpebre con perplessità, ma era sorprendentemente poco infastidito da quel soprannome. Solo uno come Chuuya poteva uscirsene con una cosa simile.

- Un po' esagerato.- commentò, facendo sorridere Atsushi ancora di più.

- Davvero? A me piace.-

Si guardarono a lungo e avere quel sorriso genuino tanto vicino fece volare le poche farfalle rimaste nello stomaco di Akutagawa - stavolta fu lui ad abbassare lo sguardo per primo. E dire che sotto sotto gli era anche piaciuto essere stato definito un cavaliere. Una figura eroica e non codarda, qualcosa di completamente diverso da ciò che era sempre stato.

Sarebbe valsa la pena provare a onorare quell’immagine, soltanto per Atsushi.

- Senti... - mormorò ancora quest'ultimo. - Credi che possa chiamarti per nome?-

Sulle prime Akutagawa volle rispondere, ma nessun fiato uscì dalla sua bocca. Non seppe interpretare quella richiesta, come se non fosse poi così necessario per lui che cambiassero le reciproche formalità. Poi a un tratto capì: era un modo di Atsushi per avvicinarsi, cercare ancora qualcosa in più dal loro rapporto. Avevano appena scoperto di piacersi e già dovevano andare oltre? Quel pensiero lo fece irrigidire, mentre percepiva le guance scaldarsi. Che cosa avrebbe dovuto rispondere? Andava bene concederglielo? Non stava andando un po' troppo in fr-

- Ryuunosuke.-

Fu come se il tempo si fermasse.

L'aveva detto come se fosse un'abitudine, di quelle in cui ci si potrebbe rifugiare quando la vita rende stanchi e frustrati. L'aveva detto con una dolcezza che non era affatto sicuro di meritare, come se non avesse pronunciato il nome proprio di un miserabile cane da guardia dall'anima più nera del petrolio.

Eppure, sentirsi chiamare per nome così, con tanta purezza, gli diede l'impressione di essere più puro per davvero.

- Atsushi.-

Senza esserne del tutto conscio, mormorò il suo nome allo stesso modo, con un tono più calmo e naturale di quanto si aspettasse.

Stavolta fu veramente impossibile distogliere lo sguardo. Mai stati così vicini, con le spalle strette in un quadrato di cemento, eppure ancora non bastava, in fondo al loro cuore martellante ancora non bastava.

Con un sorriso timido e vittorioso, Atsushi si mosse piano, come a non voler disturbare una bestia feroce, e appoggiò la guancia sulla sua spalla. Rilassò i muscoli a poco a poco e avvertì quelli di Akutagawa fare la stessa cosa. Dopo un po', anche lui decise di appoggiarsi all'altro, la guancia tra i suoi capelli chiari.

Un altro lungo minuto di silenzio cominciò, ma questa volta era confortevole e rassicurante. Forse Akutagawa avrebbe anche potuto lasciarsi andare, a questo punto. Si sentiva al sicuro.

- Cavaliere nero, eh?- sospirò. - Potrei anche abituarmici.-

Atsushi rise.

- Mmh? Che c'è da ridere?- fece ancora l'altro, senza muoversi da dove si trovava.

- Niente, è carino.- rispose Atsushi, che attese solo un altro attimo prima di continuare:

- Sai, di solito non mi va l'idea di fare la figura di quello che deve essere salvato, anche se succede sempre...-

Complice il fatto che non potesse essere visto in quella posizione, Akutagawa sogghignò tra sé.

- Però diciamo che se dovesse essere un certo cavaliere nero a farlo... beh, mi lascerei salvare volentieri tutte le volte.-

Akutagawa arrossì e fu di nuovo grato del fatto che Atsushi non potesse vederlo. Sentì un dolce tepore nascere nel suo petto ed era una bellissima sensazione. Colto da un nuovo impeto, mosse lentamente la mano per incrociare le dita con quelle di Atsushi. Restò a guardare le loro mani unite e sussurrò:

- Dovresti già sapere che se mi chiami, io correrò sempre da te.-

Stavolta fu il viso di Atsushi ad avvampare, ma senza che lui perdesse il sorriso. Aumentò la presa sulla mano di Akutagawa e pensò di voler restare in quella posizione con lui per tutte le ore che avrebbero passato dentro quel ripostiglio minuscolo.

- ...e poi, se tu volessi essere salvato da un coraggioso cavaliere bianco-

- Adesso basta, Jinko.-

Come unico suono rimasto in quella enorme fabbrica abbandonata invasa da fumo tossico, da quella stanzetta tanto piccola si levò una dolce risata.

 

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Capitolo 6
*** Thing you said when you thought I was asleep ***



Things you said when you thought I was asleep 

 

Dazai non si degnò nemmeno di avvolgersi un asciugamano in vita, quando riaprì la porta del bagno facendo uscire gli ultimi vapori della doccia. Canticchiava a labbra chiuse lo stesso motivetto con cui era entrato un quarto d'ora prima, e stava per spalancare la bocca per pronunciare il nome di Chuuya a squarciagola, ma si trattenne per un pelo: a pochi metri, attraverso il corridoio, poteva vedere che il suo amante si era addormentato.

Dazai sorrise tra sé e portò all'indietro alcune ciocche umide, prima muoversi pigramente verso la camera da letto.

I pochi passi che fece lo aiutarono a ripercorrere con la mente ciò che era appena avvenuto. Una scintilla era nata nella nube di tensione che li aveva sempre tenuti vicini, nonostante le loro vite avessero preso direzioni diverse da anni, e senza che se ne rendessero quasi conto, come se non avessero passato tutto quel tempo a desiderarsi a vicenda, Chuuya e Dazai avevano dato sfogo alla loro passione. Si erano ritrovati lì, nell'appartamento del più giovane, e su quel grande letto avevano consumato il loro desiderio senza alcun remore. Il calore provato pulsava ancora dentro le vene, impossibile da affievolire.

Dazai si sedette sul letto sfatto e cominciò a osservare i più piccoli dettagli del corpo di Chuuya, velato solo in parte dalle lenzuola, dalle quali si affacciava l'incantevole solco al centro della sua schiena. In quella posizione, con il braccio piegato vicino al petto, le scapole sporgevano di più, come le ali piegate di una fenice dormiente.

Dazai si fece mentalmente i complimenti per la metafora: Chuuya era davvero una fenice. Caldo e bruciante come il fuoco, sempre così forte e orgoglioso, la sua presenza che divampava sempre come un incendio. E poi, a uno sguardo più attento che Dazai aveva avuto la fortuna di vedersi concedere, lasciava intravedere la sua inaspettata sensibilità e la sua rara delicatezza. Quei tratti tanto dolci sul suo viso, i boccoli scarlatti ora sciolti che glielo adornavano; Dazai ebbe una stretta al cuore pensando alla sola consapevolezza di essere lì ad ammirarlo.

Con un sorriso rotto appena da una strana malinconia, allungò una mano per accarezzargli la testa e spostargli qualche ciocca rossa dietro l'orecchio. Si concentrò sul calmo respiro di Chuuya che dormiva, unico flebile suono rimasto nella stanza in grado di distrarlo un po' dal fiume di pensieri che aveva appena iniziato a scorrere. Dazai era lì, aveva avuto Chuuya tutto per sé e poteva averlo ancora. Senza sapere bene come, si sentì invadere da un'enorme tristezza, come se dovesse scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Dopo un attimo capì: erano i suoi più intimi demoni e la sua più profonda insicurezza a disturbarlo ora, a fargli temere che potesse essere tutto un sogno destinato a svanire nel nulla.

- Non mi lasciare, Chuuya. Non mi lasciare, ti prego, non lo sopporterei.-

- ...e perché dovrei?-

La voce di Chuuya lo fece trasalire, mentre il suo cuore a momenti gli rimbalzava in gola, e Dazai si accorse di essere rimasto a lungo a pensare con lo sguardo perso nel vuoto nel momento in cui incontrò di colpo gli occhi chiari e brillanti dell'altro.

Chuuya era nella stessa posizione di prima, ma si era svegliato e lo stava guardando con una smorfia sospettosa. Aveva di certo sentito quelle deboli parole di sconforto che Dazai non aveva voluto pronunciare davvero, ma quest'ultimo tentò di divagare come suo solito.

- Ehi, non mi spaventare in quel modo!- esclamò, portando una mano al cuore con fare teatrale.

Chuuya era ormai giunto alla conclusione che Dazai mettesse su ogni volta qualche piccola messa in scena di fronte a una verità inutile da negare da quanto era ovvia, solo perché ci provava gusto. Puro esibizionismo. Magari poteva concedergli il dubbio che fosse sul serio una persona bisognosa di attenzioni e che le pretendeva in modo un po' originale, ma in ogni caso Dazai tirava fuori quel comportamento soprattutto quando voleva evitare di parlare di qualcosa e stavolta Chuuya era ben deciso a fargli sputare il rospo.

Fece stancamente forza sulle braccia e si mise seduto. In quel momento, con i capelli fiammanti e ondulati sciolti sulle spalle, le clavicole sporgenti sopra il petto bianco e nudo e un'espressione piena di disapprovazione, Chuuya era una visione. Dazai avrebbe avuto seri problemi a fare il finto tonto, e già ne aveva a trattenere il tuffo che ebbe al cuore a vederlo in quell'immagine.

- Rispondi alla mia domanda.- esordì Chuuya, perentorio.

Dannazione, quando usava quel tono e soprattutto iniziava a fissarlo con quell'espressione omicida, Dazai sapeva di avere ancora ben poco da scherzare.

- Che-che domanda?- osò ancora, incassando lentamente la testa nelle spalle con un sorrisetto poco convinto.

Chuuya sembrò quasi ringhiare, fissandolo con gli occhi sottili e minacciosi, e Dazai provò un'ultima volta a divagare per puro masochismo, sfoderando una magnifica faccia da schiaffi:

- Lo sai che sei bellissimo appena sve-

Un pugno in testa lo interruppe, seguito istantaneamente da un gemito di dolore. Dazai aveva ufficialmente finito la sua commedia.

- Se non la smetti di fare il cretino come sempre, giuro che ti prendo a calci fino a sbatterti fuori da casa mia, senza disturbarmi a ridarti i vestiti!- esclamò Chuuya esasperato, agitando il pugno e minacciando di picchiarlo un'altra volta.

Dazai avrebbe avuto almeno una ventina di battute pronte per rispondere a quello scenario, ma avrebbe solo peggiorato la propria posizione e decise di non rischiare ulteriormente la vita, o perlomeno la dignità. Massaggiandosi il punto in cui il pugno di Chuuya gli aveva lasciato un gran bel dolorino, Dazai sbuffò.

- Sai benissimo che prima o poi succederà.-

Chuuya sbatté le palpebre, confuso:

- Succederà cosa?-

- Che ci lasceremo, no?- rispose Dazai, divenuto serio di colpo.

- Eh?!- sbottò l'altro. - In base a quale assurda teoria tu ora stai sparando questa stronzata colossale?-

Dazai cominciò a gesticolare, mentre spiegava con tono piuttosto concitato:

- Andiamo, ti pare che io sia il tipo da relazione seria? Ma figurati! Non ho mai avuto rapporti veri con le persone, anzi, sono abituato a manipolarle, quindi adesso immagina me e te insieme, per più di un mese. Hah! Che assurdità!-

L'ironia di quel discorso era affilata come la lama di una ghigliottina. Chuuya se ne sentì trafitto, ma non l'avrebbe mai data vinta a quell'idiota, non dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per soffocare il suo orgoglio e concedersi a lui, alla persona che in fondo al suo cuore era sempre stata la più importante della sua vita.

L'occhiata che gli lanciò fu letale: le perle azzurre che aveva al posto degli occhi si socchiusero fino a luccicare nella penombra della stanza lasciata semibuia dalla lampada sul comodino e Dazai si sentì talmente colpevole che non riuscì più a girare intorno al discorso.

Sospirò e si mise seduto più comodo, infilandosi in parte sotto le lenzuola per combattere dei brividi di freddo e tenendo gli occhi bassi.

- La verità... è che io non ti merito.- esordì a bassa voce, e Chuuya lo ascoltò con la massima attenzione. - Come non ho mai meritato qualsiasi sentimento da nessuno. Non fraintendermi, sai benissimo che non me ne importa niente e che continuerò a essere uno stronzo. Ormai mi conosci.-

Dazai fece una pausa per guardarlo di sottecchi e, suo malgrado, non riuscì a sostenere il contatto visivo per più di un secondo. Chuuya non disse nulla che potesse smentirlo, perché in effetti aveva ragione.

- Però mi importa di te. E se tra noi iniziasse a esserci qualcosa, tu avresti delle aspettative e io so già di non poterti dare quello che meriti. Non sono capace di... di questo. E io non voglio deluderti, quindi se non vuoi avere più a che fare con me dopo ciò che è successo stasera, ne hai tutti i buoni motivi.-

Era forse la prima volta che Dazai parlava così a cuore aperto, stentava a credere di averlo fatto. Ma forse più stupito di lui era Chuuya, che mai avrebbe immaginato di assistere a una scena simile: Dazai accanto a lui, nudo e vulnerabile, che esprimeva i propri sentimenti con sincerità, manifestando tutta la sua insicurezza. Probabilmente non sarebbe successo un'altra volta, prima che febbraio avesse avuto trentun giorni o che nevicasse in pieno luglio.

Chuuya trattenne il fiato per un lungo istante, imprimendosi quella scena nella mente, e i suoi occhi iniziarono a tremare. Avvertì qualcosa nel petto, come se il cuore stesse per scoppiare, e dovette irrigidirsi per trattenere l'impulso di lanciarsi ad abbracciare Dazai - o a tirargli un cazzotto, non ne era molto sicuro.

Diamine, com'era arrivato a ridursi così per lui, che non si era mai piegato davanti a niente, che l'aveva fatto suo quella notte con tanta determinazione, e che invece ora si era ridotto a mostrare tanta fragilità?

Chuuya dovette stringere i pugni per evitare di compiere gesti inconsulti. Di tutte le ragioni per cui Dazai avrebbe mai potuto abbassare le proprie difese, quella era proprio la più stupida.

- MA SEI SCEMO?!-

L'urlo di Chuuya irruppe nella camera facendo quasi tremare le pareti e Dazai si spaventò talmente tanto che non poté scansare il gancio destro che seguì. Fu colpito alla spalla e per poco non cadde dal letto, perdendo l'equilibrio.

- Ahi, che male! Ma che cosa ho detto?! Sei fuori di testa?- si lamentò, massaggiandosi il braccio.

Chuuya cambiò posizione in fretta, mettendosi sulle ginocchia, e per fortuna il lenzuolo lo copriva ancora abbastanza da non lasciar intravedere distrazioni. Gonfiò il petto ed esordì:

- Sai che ti dico? Hai ragione. Avrei mille motivi per non volerti più vedere per il resto della mia vita e la maggior parte delle volte che ti guardo vorrei solo prenderti a sberle.-

- Veramente lo fai già...-

- Silenzio, Dazai.-

- Scusa.-

Passò un attimo, e il volto di Chuuya si addolcì un poco.

- Ma i momenti in cui sei più odioso è quando fai questi discorsi senza senso, che non sono affatto da te. Come se improvvisamente tu non fossi più capace di nulla, quando hai sempre avuto il talento per riuscire in ogni cosa.-

Quel complimento neanche troppo velato catturò l'attenzione di Dazai, che rimase ad ascoltarlo con gli occhi grandi.

- Pensi davvero di non poter affrontare qualsiasi sviluppo possa esserci tra di noi?- continuò Chuuya, arrossendo leggermente. - Che cosa credi, che invece io in relazioni sia un esperto? Ma per favore! Non sei l'unico qui ad avere paura di come potrebbe finire.-

La parola "paura" rese pesante l'atmosfera e Chuuya si sentì un po' in colpa ad averla usata. Prima che Dazai potesse rispondere in qualsiasi modo, cercò di affrettarsi a terminare il suo discorso, tenendo gli occhi bassi per l'imbarazzo.

- Ma... se mi chiedessi di provare a stare insieme sul serio, io lo farei, e sai perché?- la voce di Chuuya si abbassava sempre di più, diventando simile a un timido borbottio. - Perché sono sfortunatamente e disperatamente innamorato di te. Quindi piantala con queste stupide paranoie inutili che mi fanno soltanto arrabbiare... e se ti convinci che vuoi essere il mio compagno, allora chiedimelo chiaramente.-

Ormai le guance di Chuuya erano in tinta con la sua chioma ondulata e Dazai avrebbe voluto mangiargliele da quanto erano graziose, ma a parte questo aveva appena ricevuto una dichiarazione in piena regola e un sorriso intenerito comparve sul suo viso. In un secondo, ogni sua preoccupazione si era volatilizzata e ora anche a lui sembrava così assurdo pensare di non riuscire a intraprendere una relazione con Chuuya. Avevano rischiato la vita talmente tante volte insieme... questa sarebbe stata la sfida più difficile, ma anche la più bella.

- Mi dispiace, non si ripeterà più.- fece Dazai con tono solenne.

Chuuya lo osservò: era tornato il Dazai di sempre. La ruga sulla sua fronte si distese e le sue spalle si sciolsero. A quel punto aveva le difese abbassate e Dazai poté approfittarne per punzecchiarlo un po'.

- Dopotutto anch'io sono disperatamente... nella tua stessa situazione.- concluse, facendosi più vicino con un ghigno divertito.

Aveva evitato di usare le sue stesse parole, ancora troppo pesanti per lui da pronunciare, e questo non sfuggì a Chuuya, il quale si avvicinò a sua volta con la stessa espressione.

- Sei proprio uno stronzo, lo sai?-

Non era necessario dare una risposta a quella domanda, che non fosse il veloce incontro delle loro labbra frementi. Il filo di desiderio rovente che avevano tenuto sottopelle stava ricominciando a bruciare lentamente, mentre Dazai spingeva Chuuya a sdraiarsi in mezzo al loro nido di lenzuola, con l'intenzione di prenderlo e possederlo un'altra volta. I loro baci erano rapidi e ritmati, i movimenti calibrati e le mani al posto giusto, una strada in discesa verso un'altra possibile dose di piacere estremo.

C'era poco spazio per i pensieri, eppure la testa di Dazai tornò alle parole di Chuuya. Le aveva pronunciate piano, quasi sottovoce, ma con quella sua tipica sicurezza che era stata rassicurante. Insomma, Chuuya credeva fermamente in tutto ciò che gli aveva detto. Amava davvero una persona come Dazai, nonostante sapesse che dentro di lui si nascondevano dei demoni spaventosi che prima o poi avrebbe dovuto conoscere a fondo. Chuuya era pronto anche a questo, o avrebbe fatto in modo di esserlo.

Nessuno si era mai messo tanto in gioco per Dazai, nessuno l'aveva mai amato tanto, e questa consapevolezza lo fece tremare, esitare. Lo stesso nodo che gli aveva stretto il petto poco prima tornò a soffocarlo.

Separò lentamente le labbra da quelle di Chuuya con un'espressione pensierosa, quasi confusa, e socchiuse gli occhi per immergerli in quelli dell'altro. Lo sguardo di Chuuya lo lasciò senza fiato: bello e incantevole come non mai, pieno di sentimento, un invito a lasciarsi andare i dubbi alle spalle e abbandonarsi tra le sue braccia, perché poteva star certo che lui non avrebbe mai smesso di stringerlo a sé.

E Dazai lo fece.

Ricominciò a baciarlo, ma in modo completamente diverso. Piano, con cura e attenzione, soffermandosi su ogni minimo tocco, ogni respiro. Portò una mano tra le sue ciocche ardenti e vi intrecciò le dita, facendole scorrere fino a sfiorargli la guancia con dolcezza. Chuuya si sciolse e ricambiò il gesto, portandogli una mano al viso e dandogli qualche piccola carezza.

Continuarono a baciarsi in questo modo a lungo, senza progredire né retrocedere, avvolti da quel calore inaspettato, finché non ebbero le labbra molli e rosse da quante volte si erano incontrate. Dazai guardò il suo amante, inspirando tutto il suo fascino, e sorrise sornione.

- Chuuya... vuoi essere il mio compagno?- domandò a voce bassa e languida.

Quasi Chuuya credeva che non gliel'avrebbe mai sentito chiedere, ma per una volta Dazai era sincero. Si trattenne dall'esultare in modo infantile, seppur un certo bagliore nei suoi occhi tradisse comunque la sua felicità, e optò invece per un sorriso furbetto come il suo.

- Ti pare che possa dirti di no? Sei stato tu a chiedermi di non lasciarti.-

La risata di Dazai si scontrò con quella di Chuuya, sbocciando in un fiume di baci caldi e appassionati. Erano entrambi convinti che non sarebbero mai più stati così felici, ma avevano anche tutta l'intenzione di smentirsi a vicenda.



 

Quando i primi raggi di sole irruppero dalla finestra, Dazai aveva il corpicino di Chuuya stretto al petto. I capelli lunghi lo solleticavano piacevolmente sotto il mento ed era bello sentire quel dolce calore come rimasuglio del sonno. Per una volta, quasi nessun pensiero lo disturbava nel dormiveglia. Solo un grande senso di pace.

E poi, l'illuminazione.

- Chuuya.-

Spalancò gli occhi e si spostò appena, cercando di svegliarlo.

- Chuuya!- ripeté, con voce bassa ma concitata.

L'altro mugugnò con il viso premuto nell'incavo del suo collo, per far intendere che fosse sveglio.

- Chuuya, ho pensato a una cosa.-

Era ancora più mezzo addormentato che altro, perciò non realizzò subito che Dazai stava per uscirsene con un'altra delle sue. Sollevò il capo e con gli occhi piccoli di stanchezza lo guardò storto.

- Cosa vuoi...?- biascicò.

- I ragazzi.-

- I ragazzi, chi?-

- Atsushi e Akutagawa.-

Chuuya scosse la testa e sbatté più volte gli occhi, aprendoli del tutto. Dazai era visibilmente compiaciuto della propria intuizione.

- Doppio Nero.- aggiunse con un sorriso complice.

A quel punto, Chuuya realizzò. Cominciò ad avere un'idea di che cosa passasse ora per la testa di Dazai e restò muto a rifletterci. L'altro era semplicemente estatico.

- Se noi siamo finiti così...-

- Dici che anche loro...?- proseguì Chuuya esitante, ma nonostante Dazai avesse poi annuito più volte, non era ancora convinto.

- No, dai, è impossibile.- fece, tirandosi su un gomito. - Ma poi c'è anche la generazione precedente. Mori e Fukuzawa non-

- Oh, lo dici tu.- lo interruppe l'altro.

Dazai aveva quel sorriso particolare di quando stava rivelando un segreto che finora aveva conosciuto solo lui, e infatti Chuuya se ne lasciò sorprendere.

- Stai scherzando?!-

- Per niente. Ok, forse è successo solo una volta... No, due volte. Magari tre o quattro al massimo.-

- Ho capito, non stai scherzando.-

Anche Dazai si appoggiò su un gomito per poterlo guardare in viso.

- Insomma, capisci? È destino!-

Chuuya era appena sveglio alle prese con una teoria strampalata ma sconvolgente; il suo cervello lavorava a rilento.

- Ma... Stiamo parlando di Akutagawa, che non è capace di altre emozioni, se non l'odio, il disgusto e l'istinto omicida.- fece dopo un lungo istante di elaborazione. - Come pensi che possa succedere?-

- Oh, non conosci bene Atsushi.-

Dazai non si tolse il ghigno compiaciuto dal volto neanche per un momento. In effetti era piuttosto convincente.

- Sarebbe capace di fare il miracolo?- domandò Chuuya, prima di lasciar andare uno sbadiglio e coprirselo con la mano.

- Probabilmente l'ha già fatto.- disse Dazai, facendo spallucce. - Gli eventi devono solo seguire il loro corso, e vedrai che accadrà.-

Chuuya annuì lentamente, poi emise un lamento frustrato e si buttò di nuovo con la testa sul cuscino.

- Ah, non posso credere che sto dando retta a una delle tue teorie assurde!- esclamò, poi divenne pensieroso. - Però... Se accadesse una cosa del genere ad Akutagawa, non ti nascondo che ne sarei felice.-

- Anch'io lo sarei.- Dazai si mise comodo accanto a lui, reggendosi il capo con una mano.

Chuuya alzò un sopracciglio scettico in sua direzione.

- No, tu saresti felice se loro due si mettessero insieme, solo perché così avresti ragione.-

- E non è un buon motivo per essere felice per loro?- disse Dazai con un'ottava di troppo che gli fece alzare gli occhi al cielo.

- Sei proprio uno stronzo.-

- Lo so.-



 

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