Interi

di Rosmary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Erano nati solitudine ***
Capitolo 2: *** Cercami nei sogni ***
Capitolo 3: *** Magneti ***
Capitolo 4: *** Se non era il tuo nemico ***
Capitolo 5: *** Profumi di intero ***
Capitolo 6: *** Interi ***



Capitolo 1
*** Erano nati solitudine ***


I personaggi presenti in questa raccolta sono proprietà di J.K. Rowling; i racconti sono stati scritti senza alcuno scopo di lucro.

 

Erano nati solitudine
 
 
Helena era vissuta in tempi di sangue versato e stendardi che ostentavano sodalizi, ma per quanto si fosse sforzata di distinguere il bene dal male il velo opaco che l’universo le aveva calato sullo sguardo le mostrava una realtà che alternava biancore spento a buio pece.
Tutto uguale tutto uguale – sempre.
Aveva nutrito rancore nei confronti di chiunque avesse strappato il velo e s’era convinta che il segreto dello strappo fosse tutto nell’intelligenza più acuta. Aveva allora bramato e trafugato cimeli, fuggito l’ignominia del tradimento, cadendo infine vittima di se stessa prima ancora che della ferocia altrui.
Tutto uguale tutto uguale – ancora.
Quando il mondo in bianco e nero l’aveva perseguitata anche nella morte, aveva creduto di essere stata punita per i peccati di cui s’era macchiata in vita e per la codardia che le aveva impedito di unirsi ai defunti.
Tutto uguale tutto uguale – finché.
 
Tom era nato a seguito di sangue tradito e stendardi barattati, ma per lungo tempo non aveva conosciuto il primo né i secondi e aveva ignorato di possedere radici antiche e un futuro già scritto. Non s’era mai interrogato sul velo che ne incupiva la realtà, era certo appartenesse all’universo stesso, creato senza sfumature.
Tutto netto tutto netto – sempre.
Aveva nutrito rancore nei confronti di chiunque volesse convincerlo che il mondo possedesse tonalità a lui sconosciute e s’era convinto che tali menzogne andassero punite. Aveva allora bramato e trafugato conoscenze, sino a quando non s’era imbattuto in saperi dalle potenzialità enormi.
Tutto netto tutto netto – ancora.
Quando il mondo in bianco e nero s’era frantumato non l’aveva fatto per il suo sguardo opaco, ma per qualcuno incrociato sulla sua strada – qualcuno che aveva cercato rincorso voluto, sia pure per macinare inganni.
Tutto netto tutto netto – finché.
 
«Qual è il tuo nome?»
«Mi chiamano Dama Grigia.»
«Il tuo vero nome.»
«Helena.»
«Eri sua figlia?»
«Ero la sua vergogna.»
«Perché?»
«Non riuscivo… I colori, non riuscivo a vederli.»
«Non esistono i colori, Helena.»
«Ti inganni, Tom.»
 
Erano dovuti trascorrere secoli, e la vita intera, prima che gli occhi di Helena distinguessero le tonalità pastello dai colori accesi, le luci sfavillanti dalla cupezza del buio.
Aveva compreso solo allora, dinanzi a iridi pece, labbra purpuree e pelle nivea, di aver rincorso il desiderio sbagliato – non l’aveva mai capito che a strappare il velo non fossero cimeli né intelligenza, ma emozioni più intime, radicate dentro, capaci di infiammare guance evanescenti e offuscare l’intelletto più acuto.
Non più sola – non più metà.
 
«Sai cos’è l’amore, Tom?»
«È una domanda sciocca.»
«Ma sai cos’è?»
«Dillo tu a me.»
 
Sarebbero potuti trascorrere secoli, e la vita intera, il mondo di Tom non avrebbe mai smesso di essere in bianco e nero – le sfumature per lui non sarebbero mai esistite, né le eccezioni né le possibilità dettate dalle emozioni più intime.
Era figlio di un tempo sbagliato, ma non ne aveva cognizione, e la sola che avrebbe potuto strappare il suo velo non era che un’impronta ormai, e benché lui potesse vederla e parlarle non poteva toccarla né viverla.
Per sempre solo – per sempre metà.
 
«Non morirò mai, Helena.»
«Ti illudi, continui a farlo.»
«Se anche fosse non lo saprai.»
«Ti inganni ancora, Tom.»
 
~
 
C’erano esplosioni, scintille, colori in ogni dove, quella notte sembrava non finire mai, ma d’un tratto bianco e nero inghiottirono il mondo di Helena – lo seppe senza saperlo.
 
Di nuovo sola, di nuovo metà.
 
 




 
Note dell’autrice: da diverso tempo ho voglia di cimentarmi nelle Soulmate!AU per sperimentare. Non sono certa di aver bene interpretato questo contesto narrativo, ma spero di sì. Questa raccolta si comporrà di sei flashfic o brevissime oneshot (come questa) su sei diverse coppie e sei contesti/prompt differenti di Soulmate!AU.
Se interessa, sul mio profilo instagram ho pubblicato il prologo integrale della raccolta (la sua versione più breve fa da introduzione), potete leggerlo qui.

In questo primo racconto ho scelto il contesto/prompt secondo cui il soulmate non vede i colori finché non incontra l’anima gemella e smette di vederli quando questa muore – ho giocato sul fatto che sia Helena che Tom sono fuori tempo.
Ho scelto di iniziare con un legame platonico e inespresso, privo di reali interazioni, per introdurre questi universi in cui le anime gemelle sono chiamate a riconoscersi; spero che la lettura vi sia piaciuta.
Un abbraccio. ❤

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Capitolo 2
*** Cercami nei sogni ***


Cercami nei sogni
 

Moltitudine confusa – qualcuno parla.
Voci voci voci.
Strade stracolme – qualcuno corre.
Passi passi passi.
La folla si apre, una sagoma avanza.
 
«Chi sei?»
 
~
 
Hermione era cresciuta mitizzando l’operosità e riempiendo le albe quanto i tramonti sino a ingrigirsi gli occhi e crollare stremata su sedie scomode – diceva che il tempo andasse sfruttato tutto e che il riposo fosse sopravvalutato.
Nessuno sapeva.
Della schiena che rincorreva ogni notte, di labbra mute e di occhi nascosti dietro palpebre uguali a tante altre – le avevano raccontato che i sogni ripetuti nascondessero verità ingombranti, ma lei faticava a trovarle.
 
«Non sono solo il fratello di Ron.»
«Hai perfettamente ragione.»
«Dici sul serio?»
«Certo. Sei il fratello fastidioso di Ron.»
 
Fred era cresciuto mitizzando la leggerezza e riempiendo le albe quanto i tramonti sino ad arrossarsi gli occhi e crollare stremato su letti sfatti – diceva che il tempo andasse goduto tutto e che il riposo fosse irrinunciabile.
Nessuno sapeva.
Del viso che rincorreva ogni notte, di labbra ostili e di occhi spalancati su curiosità diverse da tante altre – gli avevano raccontato che i sogni insistenti svelassero verità meravigliose, ma lui faticava ad afferrarle.
 
«Sei impegnato oggi pomeriggio?»
«Che ti serve?»
«Chi ti dice che mi serva qualcosa?»
«Sei arrossita, lo sai?»
 
Hermione lo cercava senza rendersene conto, e non solo nelle notti popolate da ombre misteriose, ma anche nelle ore di veglia – tra una lezione e l’altra, chiacchiere e rimproveri e risate.
Fred era ovunque.
Lo era sempre stato, ma riconoscere verità astratte rischiava di essere al di là delle capacità di una mente organizzata e razionale – voleva logica, lei, non emozioni.
 
«E così hai confiscato i Tiri Vispi ai ragazzini.»
«Sapevi già che l’avrei fatto.»
«Sei tu che non sai niente, infatti.»
«Di che parli?»
 
Fred non la cercava mai, sapeva sempre dove trovarla, che fosse un sogno o la realtà non faceva differenza, e sapeva anche di essere rincorso – tra un battibecco e l’altro, sguardi e silenzi e sorrisi.
Hermione era ovunque.
Lo era mentre credeva di sfuggirgli, cullata dall’illusione di poter ignorare il destino comune – voleva mare mosso, lui, non calma.
 
«Secondo te è giusto non dire niente a Harry?»
«Perché lo chiedi a me?»
«Sei schietto, anche troppo.»
«Tu sai mentire bene, invece.»
 
Era una notte senza sogni quando Hermione lo aveva scorto nella penombra della cucina della Tana – i pensieri ancora invasi da sangue, urla, terrore.
Eppure.
Fred le dava le spalle, dritto e incattivito, e a lei non era servito altro per riconoscere la sagoma che rincorreva da tutta la vita.
«George come sta?»
«Ha perso molto sangue.»
«Sei preoccupato?»
«Furioso.»
«Anch’io.»
S’era voltato di scatto, un sorriso stanco in viso e una malizia neonata negli occhi affaticati.
«L’hai capito, non è così?»
Hermione avrebbe potuto chiedergli cosa, ma in quel momento le era parso sciocco mentire – l’aveva fatto per anni, era sufficiente.
«E tu l’hai sempre saputo?»
«Forse.»
«Fred.»
«Eri sempre tu, in ogni sogno.»
«Io non ti vedevo, eri sempre confuso.»
«Dicono succeda quando si ha paura.»
«Chi lo dice?»
«Non lo so, forse chi ha creato questo mondo.»
«Io e te non c’entriamo niente, non avrebbe mai funzionato.»
«Mi stai già lasciando? Ti facevo più combattiva.»
«Non inizieremo questa cosa.»
«Una volta eri più brava con le bugie.»
«Una volta eri più intuitivo.»
«Sei qui per consolarmi o insultarmi?»
«Sono qui perché ho sete.»
«Dillo anche mentre ti addormenti.»
Hermione aveva sbarrato gli occhi, Fred l’aveva attirata a sé – s’erano baciati disordinati, lei incredula lui stremato, ma quando erano stati sul punto di allontanarsi le rincorse accumulate negli anni erano esplose tutte e lui aveva visto i sogni di lei e lei quelli di lui, riconoscendosi legati.
Che non avessero futuro alcuno, non lo sapeva nessuno dei due, ma se anche fossero stati consapevoli non avrebbe avuto importanza – s’erano trovati, l’universo aveva tremato, l’equilibrio s’era salvato una volta ancora.
 
~
 
Moltitudine confusa – qualcuno parla.
Lei lei lei.
Strade stracolme – qualcuno corre.
Lui lui lui.
La folla si apre, due sagome s’incontrano.
 
«Non devi tornare sempre qui.»
«Ci tornerò sempre, invece.»
«Solo perché sono qui?»
«Perché sei solo qui.»
 
 




 
NdA: rieccomi con il secondo tentativo di Soulmate!AU, questa volta il contesto/prompt che ho scelto è “nascosta nei sogni, ma senza mai interagire, c’è la tua anima gemella”.
Un grazie enorme a chi ha recensito lo scorso capitolo e a chi ha inserito tra le seguite/ricordate/preferite questo progetto, spero che il momento dedicato a Fred e Hermione vi sia piaciuto.
Un abbraccio. ❤

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Capitolo 3
*** Magneti ***


Magneti
 

Rose era nata con emozioni estranee impresse dentro, rampicanti che crescevano assieme a lei e invadevano tutto.
Non aveva dovuto sforzarsi per capire quale fosse il suo destino, le era sempre stato accanto – mani nelle mani e abbracci capaci di annerire il mondo intero.
La prima volta che lui aveva baciato un’altra, aveva sentito dentro di sé il disagio di entrambi e urla nella testa a ripetere errore errore errore.
La prima volta che lei aveva baciato un altro, invece, aveva sentito il proprio disagio mescolarsi alla rabbia di lui e di nuovo urla nella testa a ripetere via via via.
 
«Tu lo sai che sono io.»
«Certo che lo so.»
«E allora?»
«E allora aspetta.»
 
James era nato con emozioni estranee impresse dentro, rampicanti che crescevano assieme a lui e invadevano tutto.
Aveva impiegato anni per capire quale fosse il suo destino, timoroso di scoprire di essere destinato ad abbandonare la strada che amava – occhi a cercare occhi e baci ingoiati controvoglia.
La prima volta che s’era concesso di sperare lei era reduce da un disastro e divorata da palese vergogna, e lui quella vergogna l’aveva sentita sin dentro le ossa.
La prima volta che l’aveva riconosciuta, invece, aveva visto in lei tutta la propria rabbia e sentito anche la sua voce urlare via via via.
 
«Perché devo aspettare?»
«Ho paura.»
«Di cosa?»
«Di non sentirti più.»
 
Siamo la stessa cosa – l’avevano ripetuto innumerevoli volte, ma solo all’alba dell’età adulta avevano dato il giusto peso a quelle parole, compreso di essere nati legati dalle emozioni più intime e totalizzanti, quelle capaci di farli essere l’uno nella pelle dell’altra persino a chilometri di distanza – perdersi era al di sopra delle loro possibilità.
Eppure Rose s’affannava nel timore di poter perdere tutto, lui in lei, se le loro labbra si fossero sfiorate, perché l’universo – benevolo o sadico? – avrebbe saputo che le metà erano di nuovo intero e allora avrebbe potuto farsi beffe di loro, spezzare il filo che li univa, costringerli a sentirsi come chiunque altro.
Non voleva perderlo.
 
«Non funziona così.»
«Come lo sai?»
«Non mi serve saperlo.»
«A me sì.»
 
Ti amo – James l’aveva pronunciato rabbioso, i muscoli tesi e gli occhi blu svaniti nella pioggia, Rose allora aveva smesso di balbettare incertezze e l’aveva baciato ai piedi di un mare in rivolta, coi granelli di sabbia mossi dal vento a graffiarli ovunque.
«Come fai a saperlo?»
«Cosa?»
«Che continuerò a sentirti.»
James aveva inspirato, poggiato la fronte su quella di lei, rafforzato l’abbraccio che li legava – Rose non aveva smesso di guardarlo neanche per un istante, sforzandosi di capire se il groviglio di emozioni percepito fosse di entrambi o appartenesse a lei soltanto.
«Se non fossi stato io, cosa avresti fatto?»
«Non sarebbe mai stato possibile.»
«Pensaci, Rosie. Pensaci ora.»
Rose aveva serrato le labbra e aveva rincorso il suo sguardo dopo averlo fuggito per irrisori istanti – James era certo di sentire dentro di sé un’angoscia che non era la propria, e poi ecco farsi largo un calore invasivo a scacciare ogni traccia buia.
«E tu credi che sarebbe stato possibile?»
La domanda di Rose a chiunque altro sarebbe parsa insensata, ma loro erano la stessa cosa e sapevano sempre quali pensieri rincorrere.
«E tu credi che mi sarebbe importato?»
James aveva ribattuto sorridendo, lei gli aveva morso la guancia senza motivo – sapeva di pioggia, salsedine, lui.
«Forse è proprio per questo che siamo noi, perché se non lo fossimo stati avremmo sovvertito tutto.»
«Tutto. Ti avrei strappato le emozioni di chiunque altro pur di essere io.»
«Sei prepotente, James.»
«E tu no?»
Rose era scoppiata a ridere e per la prima volta aveva cercato la sua bocca senza esitazioni – la prima, mai l’ultima.
 
~
 
Qualcuno un giorno avrebbe raccontato di James e Rose e di come fossero nati legati per il bene stesso dell’universo – egoisti, avrebbero potuto distruggere qualsiasi equilibrio pur di imporsi quali metà dello stesso intero.
 
*
 
«James.»
«Cosa c’è?»
«Ti sento ancora.»
«Lo so.»






 

NdA: sono di nuovo qui con i miei tentativi di Soulmate!AU, questa volta il contesto/prompt che ho scelto è “provi le stesse emozioni del tuo soulmate”. Non voglio annoiarvi con note infinite, ma ci tengo tanto a ringraziare una volta ancora chi mi sta accompagnando con recensioni e letture, siete preziosi e spero che abbiate apprezzato anche questo racconto.
Un abbraccio. ❤

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Capitolo 4
*** Se non era il tuo nemico ***


Se non era il tuo nemico
 

«Cerca il tuo nemico.»
 
~
 
L’aria satura di tensione, visi sporchi di stanchezza, fragori di esplosioni – Dorcas aveva smesso di sperare che una battaglia potesse essere l’ultima: la guerra era un’edera nociva destinata a strangolare vite in eterno.
Cerca il tuo nemico.
Sua madre gliel’aveva ripetuto sino all’età adulta, ma lei aveva coperto i polsi e voltato le spalle al destino – non le importava di niente, né dell’amore né dell’odio, ad avere senso era scegliere un esercito e combattere contro tutti, non contro uno, e per tutti, non per uno.
Tuttavia.
Ogni scontro era pretesto inconsapevole per cercare cicatrici sui polsi che somigliassero al proprio nome – ma il timore di intravederlo al di sotto del Marchio era invasivo, e soffocava.
 
«Come ti chiami?»
«Che t’importa?»
«Sei sempre così cordiale?»
«Non mi piacciono i nomi.»
 
Uno schianto, la terra trema, le fragili costruzioni dei babbani crollano su loro stesse – Evan aveva l’abitudine di sperare che una battaglia potesse essere l’ultima: la guerra era un mezzo irrinunciabile progettato per esaurirsi in poco tempo.
Cerca il tuo nemico.
Avrebbe dovuto farlo, fuggire il destino avrebbe potuto crepare gli equilibri dell’universo, ma lui era nato con due nemesi sui polsi e non aveva intenzione di scoprire chi fosse il nemico e chi l’altro – non gli importava di niente e dell’amore soprattutto, perché amare avrebbe significato tradire.
Tuttavia.
Ogni scontro era pretesto inconsapevole per cercare un volto tra i tanti, denudarle i polsi, cercare i suoi marchi – ma il timore di trovarli lì dove era convinto fossero era invasivo, e soffocava.
 
«Il tuo nome mi spaventa.»
«Il tuo no.»
«Perché?»
«Evan è un nome qualsiasi.»
 
Dorcas era certa di non aver mai puntato la bacchetta alla gola di Evan, i loro scontri non erano mai stati frontali – si rincorrevano fuggendosi e neanche se ne accorgevano –, ma quella volta era successo e avevano tremato entrambi quando la maschera spaccata a metà aveva rivelato il viso sudato del Mangiamorte.
Era lui a essere spalle al muro in un vicolo qualsiasi, eppure era lei ad ansimare terrorizzata – e i loro sguardi, poi, impazziti a cercare sillabe sui polsi denudati dalla foga del duello.
No.
Esistevano leggende, antiche e tramandate, secondo cui era possibile non essere il nemico del proprio nemico, ma l’amore se ineluttabile era solo reciproco – e se c’era un nome c’era l’altro.
 
«Tom.»
«Cosa?»
«Sul tuo polso sinistro, ho letto Tom.»
«Sul suo il mio nome non c’è.»
 
«In fondo l’abbiamo sempre saputo.»
«Dai tempi di Hogwarts, quando cercavi nomi sui miei polsi.»
«Coprivi sempre quello destro.»
«Lo facevi anche tu, prima con la nostra divisa, poi con quella dei Mangiamorte.»
«Di cosa mi stai accusando?»
«Di essere Evan, è sempre stata questa la tua colpa.»
«La mia colpa è anche la tua.»
Dorcas aveva sorriso amara, mentre gli anni trascorsi a fuggire da lui, a tremare della sua vicinanza, a baciarlo coi rimorsi sottopelle le scorrevano dinanzi agli occhi come se tutta la sua vita non fosse stata altro che una folle fuga dal destino – lontana lontana lontana da lui.
 
«Alastor.»
«Cosa?»
«Sul tuo polso sinistro, ho letto Alastor.»
«Lo troverò, e lo ucciderò.»
 
«Potrei ucciderti, sarebbe un sollievo.»
«Se ne sei sicura, fallo.»
«Sai quante volte avrei potuto farlo, in questi anni?»
«E sai quante volte avrei potuto farlo io?»
«Perché non l’hai fatto?»
«Per lo stesso motivo per cui non lo farai neanche ora.»
«Sei un Mangiamorte e io non ti amo.»
Evan aveva sorriso amaro, mentre gli anni trascorsi a fuggire da lei, a bramare la sua vicinanza, a toccarla coi lividi nelle ossa gli scorrevano dinanzi agli occhi come se tutta la sua vita non fosse stata altro che il goffo tentativo di ingannare il destino – lontano lontano lontano da lei.
 
«Rosier.»
«Mi parli di nuovo?»
«Credi che il destino si possa cambiare?»
«Forse si può evitare.»
 
Che il destino non si potesse né cambiare né evitare – né fuggire né ingannare – l’avevano capito in una notte di rabbia e dolore, mentre nemici e alleati stroncavano vite e facevano prigionieri, mentre l’aria diveniva via via più soffocante, mentre il cielo s’incupiva privato finanche dell’ultima stella, mentre babbani ignari si riversavano in strada urlando di terremoti e scoppi dall’alto, mentre la bacchetta di Dorcas s’abbassava e la mano di Evan le afferrava rude la nuca alla ricerca di un bacio sgraziato.
Uno dei loro.
Di quelli di quand’erano solo studenti e già consapevoli di aver imboccato strade destinate a essere nemiche – la nemesi di lei era il più grande alleato di lui, era tutto già scritto, non avevano alcuna speranza di assecondare il destino.
Eppure quella notte l’universo aveva tremato e avrebbe tremato ancora, sino alla fine dei loro giorni, preda di un intero che s’ostinava a essere metà.
 
~
 
«Neanche io ti amo.»
«Perché torni sempre, allora?»
«Non riesco più a evitarlo.»
«Allora resta, solo un po’.»
 
 




 
NdA: questa volta ho scelto il contesto/prompt “un nome scritto su ogni polso: uno rappresenta il tuo soulmate, l’altro il tuo nemico/avversario, ma non sei in grado di dire quale è quale”, che forse ho interpretato in maniera troppo personale, non saprei, ma spero che questa mia versione vi sia piaciuta.
Nel mio headcanon, Evan e Dorcas sono coetanei di Tom O. Riddle e sono stati smistati entrambi in Serpeverde. Ho scelto Tom e Alastor (Moody) come nemici di Dorcas ed Evan perché sono coloro che li uccideranno.
Ancora una volta, grazie infinite a chi mi sta accompagnando in questa piccola avventura, spero che anche questo racconto abbia meritato il vostro tempo.
Un abbraccio. ❤
 

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Capitolo 5
*** Profumi di intero ***


Profumi di intero


Era una giornata come tutte le altre, finché
 
Rose aveva vissuto anni senza capire cosa fosse l’amore, aveva cercato emozioni totalizzanti senza mai credere di trovarle e s’era convinta che quel batticuore che la sorprendeva a intervalli sempre più frequenti non avesse alcun significato – cercava emozioni, non vertigini.
Qualcuno aveva provato a dirle di prestare attenzione all’universo, retto da equilibri precari e abituato a ricomporre interi in silenzio, ma lei aveva scartato i consigli e s’era detta certa di non aver frainteso alcun segnale – le vertigini non potevano essere emozioni.
 
«Sai che sei il mio migliore amico?»
«Certo che lo so.»
«E io sono la tua migliore amica?»
«Hai dubbi, dolcezza?»
 
Lorcan aveva vissuto anni senza mai accettare l’esistenza dell’amore, aveva fuggito emozioni totalizzanti senza mai capire di averle sottopelle e s’era convinto che quegli occhi che cercava in ogni dove non fossero altro che specchio di amicizia – intesa, non legame.
Qualcuno aveva provato a dirgli di non sottovalutare l’universo, scavato in trame ineluttabili e avverso alle metà disubbidienti, ma lui aveva tacitato le voci e s’era detto certo di essere immune a qualsiasi tremore – l’intesa poteva non essere legame.
 
«No, però mi piace sentirtelo dire.»
«A me piace che tu ci sia.»
«A volte sei sdolcinato, Scamander.»
«A volte mi sembra di tremare.»
 
tra le mani non s’erano trovati qualcosa, sconosciuta e
 
Sin dall’antichità si raccontava che l’amore, quello vero, fosse intessuto nella vita di ognuno – filato da arcolai mossi dal destino, protetto da fusi appuntiti – e che laddove le metà erigevano tra loro mura possenti l’universo strappasse parte della tela per mostrarla agli amanti refrattari.
Rose aveva stretto un pezzo di stoffa senza capire cosa fosse né da dove provenisse e aveva trascorso ore ad annusarlo, rapita da un profumo capace di evocare sensazioni, ricordi, visi – qualcuno.
Lorcan aveva buttato via un pezzo di stoffa senza chiedersi cosa fosse né da dove provenisse e aveva ugualmente trascorso ore a combattere con un profumo incastrato nelle narici, turbato da sensazioni, ricordi, visi – qualcuno.
 
«E ti spaventa?»
«Credo di sì.»
 
familiare al contempo. Avrebbero potuto ignorarla, ma
 
Lorcan l’aveva cercata prima che lei cercasse lui, ma Rose l’aveva sentito prima che lui sentisse lei – intorno era parso sbiadire tutto, mentre i sensi di entrambi venivano risucchiati dalle loro dita che si incastravano e dagli sguardi che si trovavano e da profumi che si mescolavano.
Si conoscevano da tutta la vita e forse era stato questo l’ostacolo più grande tra loro e il riconoscersi – diventare intero significava anche abbandonare gli equilibri delle metà, e non sempre gli innamorati avevano innata questa forma di coraggio, a volte era necessario che il tempo scorresse e gli eventi franassero per spingerli a oltrepassare remore e timori.
«Ti ricordi quando ti ho detto che a volte mi sembra di tremare?»
Rose aveva ingoiato a vuoto e in risposta era riuscita solo a mimare un assenso.
«Ti ho mentito.»
«Ti succede sempre di tremare, vero? Quando siamo insieme.»
Lorcan aveva serrato le palpebre e in risposta era riuscito solo a biascicare un sì.
«Succede anche a me.»
«Ho sentito il tuo profumo, dimmi che hai sentito il mio.»
Solo in quell’istante Rose aveva capito che una vertigine fosse l’emozione più intensa – che se lui guardava altrove era per il timore che fosse anche lei a farlo – e Lorcan aveva accettato che la loro intesa fosse legame – che se lei guardava altrove era per la delusione che fosse lui il primo a farlo.
 
avevano smesso di fraintendere e fuggire il destino – non metà, ma intero.
 
~
 
«Sai che sei ancora il mio migliore amico?»
«Certo che lo so.»
«E io sono ancora la tua migliore amica?»
«Sei il mio tutto, Rose.»
 






 
NdA: eccomi con il penultimo racconto di questa raccolta, per Lorcan e Rose ho scelto il contesto/prompt “ricevi un pezzo di stoffa con il profumo dell'anima gemella”, che credo di aver interpretato in maniera un po’ “personale” al pari dei precedenti.
Ancora una volta vi ringrazio per il tempo dedicato a questo progetto, vi sono grata per ogni lettura e ogni recensione. Spero che il racconto sia piaciuto a chiunque l’abbia letto!
Un abbraccio. ❤

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Capitolo 6
*** Interi ***


Interi
 
 
L’amore ti cerca, dicevano, l’amore ti trova.
 
~
 
Louis era nato con l’amore impresso lì dov’era la ragione – una macchia rosata disegnata sulla nuca a ricordargli di essere metàe l’aveva nascosto a tutti e a se stesso fingendo di non avere interrogativi irrisolti né emozioni da riempire.
Tuttavia, quand’era solo gli accadeva di specchiarsi nel tentativo di decifrare il marchio che gli sporcava la pelle, e a volte gli sembrava di intravedere i contorni di una vocale ed altre di riconoscere la scia di una costellazione.
Non ho bisogno dell’amore era la frase che aveva ripetuto più spesso, finendo col convincersi che equivalesse a verità – che lui, lui soltanto, fosse venuto al mondo col potere di ribaltare l’universo, ergersi a intero e sbeffeggiare chiunque osasse pensare che un essere umano nascesse incompleto.
 
Un giorno aveva incontrato lei.
 
L’universo, se avesse potuto, lo avrebbe accusato di essere stato terribilmente distratto nel guardarla senza vederla – nel credere che la nuca coperta dai lunghi capelli non celasse nulla di importante, nessun disegno gemello nato per completare una vocale spezzata o forse una costellazione interrotta.
Tuttavia, Louis l’aveva vissuta ugualmente e senza rendersene conto, senza comprendere sino in fondo la differenza tra affetto e amore, tra attrazione e magnetismo, tra controllo e paura.
Non ho bisogno di lei era la frase che aveva ripetuto più spesso, vacillando non appena la sentiva allontanarsi – avrebbe voluto e dovuto chiedersi cosa sarebbe accaduto se lei non fosse più tornata indietro, se l’avesse guardato con occhi privi di pietà, ma aveva chiuso gli interrogativi nell’angolo più remoto della mente e aveva fatto il possibile per dimenticarli.
 
Un giorno lei era andata via.
 
La macchia rosata era divenuta incandescente per entrambi, rei di aver afferrato il destino per strapparlo in mille pezzi, ma lui aveva rivolto altrove le sue iridi di acquamarina e lei aveva scosso i lunghi capelli affinché coprissero ogni marchio – ma il dolore, quello non andava via, e pressava per ricordare ai ribelli che l’amore li avrebbe cercati e trovati ancora.
Tuttavia, il tempo scorreva e Louis macinava passi e relazioni sicuro di aver sfidato e vinto gli equilibri, incurante di lei che altrove macinava passi e relazioni sicura di aver fatto la scelta migliore fuggendolo.
Nessuna mancanza era la frase che avevano ripetuto più spesso, l’uno all’insaputa dell’altra – ma se l’altro avesse saputo cosa sarebbe accaduto?
 
Un giorno s’erano rivisti.
 
E...
«Se te l’avessi detto, cosa avresti risposto?»
«Io no, dovresti saperlo.»
«Sei sempre stato un bugiardo.»
«E tu sei sempre stata un’illusa.»
«Non mi ferisci, Louis, non più.»
«Non ho mai voluto farlo.»
«Sei ancora un bugiardo?»
«Non più, non con te.»
«Ognuno per la sua strada, allora.»
«E se la strada fosse la stessa?»
«Non mi importa più.»
«Sono impressionato.»
«Da me?»
«Sei diventata una bugiarda.»
«Allora è il momento giusto per dirmelo.»
«Così sarai tu a rispondere io no
«E tu potrai illuderti di averci provato.»
«E poi?»
«E poi farà male.»
«Se fa male è vero.»
«Che l’amore ti cerca?»
«Che alla fine ci trova.»
 
~
 
L’amore ci cerca, correggevano, l’amore ci trova.
 
Secoli addietro esisteva una leggenda secondo cui a reggere l’universo fosse il magnetismo esercitato da anime affini, che vagavano vagavano vagavano finché non si riconoscevano tra tutte le altre anime – si diceva fossero metà di un intero separato ancor prima di venire al mondo affinché l’equilibrio fosse salvo.
Si raccontava che queste anime non riuscissero a ritrovarsi sempre, a volte nascevano distanti nello spazio, nel tempo, nei valori, e allora erano destinate a restare eterni magneti di un intero che non sarebbe mai esistito.
Quando s’incontravano, però, era impossibile non riconoscersi, perché la realtà sino ad allora conosciuta s’alterava improvvisa, e così per alcuni il grigiore diveniva arcobaleno, per altri le emozioni divenivano implosive, per altri ancora sogni, profumi, simboli acquisivano significati.
Secondo la leggenda, ogni volta che due anime gemelle allacciavano le loro vite l’universo tremava per abituarsi a un nuovo intero.
 
Che per loro due avesse tremato, l’avrebbero capito un giorno.
 
*
 
«Me lo dici o no?»
«Che ti amo?»
«Anch’io.»
 
 
 





 
NdA: sono un po’ emozionata all’idea di concludere questo progetto sperimentale, ma sono arrivata all’ultima Soulmate!AU e al mio Louis che chiude questa raccolta. Il prompt/contesto scelto è “entrambi hanno uno stesso segno sulla pelle”.
Per quanto riguarda questo racconto, mi rendo conto che la scelta di non svelare l’identità di lei sia insolita e azzardata, a chi segue Paradiso perduto voglio però dire che la protagonista di queste pagine esiste e ha già fatto la sua comparsa, tuttavia mi piaceva l’idea che a concludere la raccolta fosse un racconto dai contorni più sfocati (da qui la scelta di inserire come conclusione quello che è nato come prologo di questo progetto).
Ringrazio infinitamente chi mi ha accompagnata in questa piccola avventura che ha stimolato la mia creatività. Risponderò al più presto alle recensioni che ancora mancano di risposta, ma sappiate che ho letto e apprezzato ogni vostra parola e ogni minuto dedicato a uno o più capitoli di questa raccolta, spero abbiate apprezzato ogni racconto letto.
Un abbraccio. ❤

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