Chiamami per nome

di Abby_da_Edoras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo undicesimo e ultimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


CHIAMAMI PER NOME

 

Oggi ho una maglia che non mi dona
Corro nel parco della mia zona
Ma vorrei dirti non ho paura
Vivere un sogno porta fortuna
La tua rabbia non vince
Certi inizi non si meritano nemmeno una fine
Ma la tua bocca mi convince
Un bacio alla volta
Come sassi contro le vetrine…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

Capitolo primo

Theon e Ramsay erano in fuga da Grande Inverno ormai da tre giorni e continuavano a dirigersi verso sud e verso la costa, visto che in qualche modo erano arrivati alla conclusione che la cosa migliore da fare fosse recarsi a Pyke dove, bene o male, Theon era ancora il Principe delle Isole di Ferro (per quanto la quasi totalità delle persone lo ritenesse un idiota, un inetto e un traditore) e dove aveva una specie di famiglia… sì, beh, principalmente la sorella Yara, per gli altri Theon poteva benissimo essere morto e sepolto al Nord! Diciamo che era stata una decisione forzata, il male minore, ecco.

Ovviamente i due fuggiaschi non potevano sapere che, nel frattempo, Sansa Stark e Jon Snow avevano deciso di sospendere le ricerche, visto che, nel frattempo, i famosi cani di Ramsay avevano tentato di sbranare chiunque avesse provato ad avvicinarsi a loro… ma, soprattutto, Sansa e Jon si erano convinti che Theon e Ramsay, in due, non fossero capaci di trovarsi neanche il culo e pertanto sarebbero morti in breve tempo di fame, di freddo o aggrediti dai lupi nei boschi. Inutile prendersi la pena di cercarli, visto che c’erano tante cose più importanti da fare. Dunque Theon continuava a insistere per evitare di fermarsi in qualche locanda e rischiare di essere riconosciuto e a dirigersi il più velocemente possibile verso un porto dal quale imbarcarsi per Pyke e le Isole di Ferro. La notte i due trovavano riparo in qualche fienile o vecchia capanna abbandonata e così erano andati avanti per tre giorni e tre notti.

La mattina del quarto giorno, tuttavia, com’era prevedibile, Ramsay iniziò a protestare, e c’era pure da stupirsi che non avesse iniziato prima. Evidentemente la situazione del tutto insolita nella quale si trovava lo aveva destabilizzato a tal punto da renderlo stranamente remissivo…

“Theon, tu sei consapevole del fatto che le provviste stanno per finire, vero?” esordì, ritrovando il tono sarcastico che gli era più congeniale.

“Possiamo farcele bastare ancora per almeno due giorni” era stata la laconica risposta del giovane Greyjoy.

“Magari tu puoi fartele bastare, visto che ti eri abituato a mangiare quello che avanzava ai cani, ma io non posso andare avanti così” insisté petulante Ramsay.

“Non abbiamo scelta, dobbiamo proseguire il più possibile. Cosa credi, che a me non farebbe piacere poter dormire una notte in una locanda, farmi un bagno e avere un pasto caldo? Ma non possiamo rischiare di farci riconoscere in questi luoghi, siamo ancora troppo vicini a Grande Inverno. Non vorrai che ci riportino indietro e ci facciano finire nelle mani di Jon Snow, vero? Ricordi ancora che mi avevi chiesto di ucciderti piuttosto che lasciarti alla sua vendetta e a quella di Sansa?” ribatté Theon che, nonostante i disagi e la fatica di quei giorni di fuga, era suo malgrado più allenato a sopportare privazioni e sacrifici e, oltre tutto, si sentiva più deciso e determinato ogni giorno che passava, rendendosi conto di essere lui che gestiva la situazione e anche piuttosto bene. Questo nuovo Theon Greyjoy non somigliava neanche lontanamente al povero Reek che era stato fino a sei o sette mesi prima, ma nemmeno al Theon presuntuoso e incapace che aveva tentato di conquistare Grande Inverno quattro anni orsono… con il bel risultato che tutti sappiamo! E la cosa gli piaceva un sacco. Non aveva la minima intenzione di lasciarsi intimidire di nuovo dai malumori di Ramsay.

“Sì, ma non volevo dire che avresti dovuto farmi morire di fame” replicò il giovane Bolton con fare melodrammatico. “Siamo in fuga da più di tre giorni, ormai, siamo abbastanza lontani da non farci riconoscere! Chi vuoi che ci abbia mai visto qui?”

“Potrebbero riconoscere me” fu la risposta di Theon. “Quando partimmo con l’esercito di Robb Stark attraversammo anche diversi di questi boschi e ci fermammo in più di una locanda. Qualcuno potrebbe ricordarsi di me.”

“Sul serio, Theon?” trasecolò Ramsay. “Sono passati più di quattro anni e con tutti i soldati che c’erano credi che si ricorderebbero proprio di te?”

Ramsay aveva pronunciato la frase come se Theon fosse stato l’ultimo dei coglioni dell’esercito di Robb Stark, però non aveva tutti i torti, diciamocelo, era passato troppo tempo perché qualcuno potesse riconoscerlo. Tuttavia Theon era anche consapevole che, a quei tempi, era un tipo che si faceva notare parecchio, che anzi ce la metteva tutta per farsi notare più degli altri, e non poteva essere così sicuro che nessuno lo avrebbe riconosciuto.

Eppure prima o poi avrebbero dovuto fermarsi. Theon era stato tanto lungimirante da prendere provviste e coperte per la fuga, ma non aveva con sé neanche una moneta bucata e, se voleva trovare una nave che desse loro un passaggio fino alle Isole di Ferro, avrebbe dovuto procurarsi del denaro.

“Va bene, se sei così convinto che sia la cosa giusta da fare allora ci fermeremo alla prossima locanda” capitolò, avendo l’accortezza di far credere a Ramsay che fosse stata una sua idea. “Tieni conto di una cosa, però: non abbiamo conio e dovremo quindi lavorare per pagarci vitto e alloggio e, magari, anche qualcosa in più per poterci imbarcare quando arriveremo al primo porto.”

“Tipo servire a tavola, spazzare per terra e tagliare la legna? Nessun problema, quando ancora ero a Forte Terrore non avevo molti servitori e quelli che c’erano svolgevano… beh… altri compiti, per cui mi è già capitato di fare queste cose” rispose Ramsay senza batter ciglio.

Non dirlo a me, pensò Theon. Mi hai fatto svolgere le mansioni più umili di schiavo per anni, cosa vuoi che sia dare una mano in una locanda?

Eppure quel pensiero non lo amareggiò più di tanto. Naturalmente Theon non ricordava volentieri quel periodo atroce della sua vita, ma era soprattutto per via delle torture e del terrore delle punizioni, i lavori manuali lo avevano abituato a cavarsela da solo e reso più forte, mentre prima si comportava da principino viziato al quale tutto era dovuto.

Con una vaga sorpresa si rese conto che, tutto sommato, avrebbe dovuto essere grato a Ramsay anche per averlo tirato giù dal suo piedistallo e avergli insegnato cos’è la vita vera. Omettendo la parte che si riferiva alla vita con uno psicopatico totale, s’intende. Quella gli aveva insegnato solo l’arte della sopravvivenza!

“Dovremo inventare una storia per spiegare perché siamo qui e perché ci serve un lavoro” riprese Theon. “Tu sei bravo a inventare storie credibili, vuoi farlo tu?”

Il giovane Greyjoy non aveva saputo resistere e aveva lanciato la frecciatina a Ramsay, rammentando fin troppo bene come si fosse lasciato ingannare da lui quando aveva finto di essere uno degli Uomini di Ferro, un servo mandato da Yara per liberarlo da Forte Terrore. Aveva recitato perfettamente la parte del ragazzo determinato e comprensivo, pronto a tutto pur di salvare il suo Principe… Theon si sarebbe preso tuttora a calci pensando alla solenne figura di merda che aveva fatto in quel frangente, senza contare le conseguenze terribili che ne erano seguite. Insomma, ogni tanto qualche sassolino dalla scarpa aveva bisogno di toglierselo… tuttavia Ramsay non sembrò raccogliere la provocazione.

“Potremmo raccontare semplicemente le cose come stanno” disse, con aria distratta.

Theon per poco non cadde da cavallo. Raccontare la verità? Ramsay aveva forse perduto definitivamente anche l’unico neurone attivo che gli era rimasto?

“Le cose come stanno? Ma che stai dicendo? Vuoi davvero che ci consegnino a Sansa e Jon Snow?” esclamò, sconvolto.

“Non ho detto di raccontare tutta la storia” spiegò pazientemente Ramsay, come se stesse parlando a un imbecille, “né, tanto meno, di dire chi siamo. Però potremmo dire di essere Uomini di Ferro di ritorno a Pyke dopo aver combattuto in appoggio all’esercito di Jon Snow e di aver bisogno di conio per pagare un passaggio su una nave e tornare a casa.”

In momenti come quello Theon si chiedeva come mai certe parti del cervello di Ramsay funzionassero così bene mentre altre erano irrimediabilmente compromesse… L’idea era buona, altroché, perché non ci aveva pensato lui? Era così semplice.

E, comunque, a quanto pareva anche Ramsay ricordava benissimo di quando si era finto un Uomo di Ferro per prendersi gioco di Theon. Questo tanto per la cronaca.

“Gli Uomini di Ferro non combattono per nessuno e non prendono parte agli eventi della terraferma” volle comunque precisare Theon. “Noi ci riteniamo autonomi, il Re delle Isole di Ferro non riconosce altra sovranità e…”

“Quanto siete complicati, insomma!” lo interruppe Ramsay, che non aveva proprio voglia di ascoltare tutta la storia della lotta per l’indipendenza della casata Greyjoy mentre moriva di fame e divideva un cavallo con Theon. “Va bene, allora diremo che siamo Uomini di Ferro che vogliono tornare a casa o che accidenti pare a te, l’importante è che stanotte abbia un tetto sopra la testa, possa mangiare qualcosa di caldo e dormire in un letto vero.”

“Potrei raccontare di essere un Lord delle Isole di Ferro che ha combattuto per Jon Snow come mercenario, questa è una cosa che molti fanno. Poi, sulla strada del ritorno, sono stato derubato e sono riuscito a salvare solo un cavallo” disse Theon.

“E io chi sarei, quindi?”

“Tu sei il mio scudiero” rispose il giovane Greyjoy, che questa volta il sassolino se lo era tolto bello grosso. “Scusa, sai, ma tra noi due sono io il più credibile come Lord, e poi ti ho già spiegato che dovrai abituarti ad essere, almeno davanti agli altri, un mio sottoposto.”

Beh, siccome nella testa di Ramsay dominava il vuoto cosmico, Theon ritenne di dover gettare il semino dell’idea che si era fatto, tanto per vedere se, prima o poi, sarebbe germogliato qualcosa.

“Un tuo che?” reagì Ramsay. “Te lo scordi proprio, te l’ho già detto, ringrazia il tuo Dio Abissale che non ti chiamo ancora Reek, col cavolo che sei il mio Lord!”

Era buffo. Gli scoppi di ira di Ramsay, che fino a poco tempo prima gli apparivano così spaventosi, alla luce del sole e all’aria aperta, con la prospettiva di tornare a Pyke, sembravano soltanto i capricci di un ragazzino viziato e Theon, divertito, fermò il cavallo per voltarsi verso il giovane Bolton e stringerlo a sé, scompigliandogli i capelli.

“Ti ricordo due cose, Ramsay: la prima è che ti ho salvato la vita facendoti fuggire da Grande Inverno, quando avrei potuto benissimo scappare per conto mio e lasciarti al tuo destino, un po’ di gratitudine ritengo di meritarmela. La seconda è che dovrai farci l’abitudine perché quando saremo a Pyke io sarò il Principe delle Isole di Ferro e tu sarai Ramsay Bolton, Lord di un bel niente, quindi per farti accettare dagli Uomini di Ferro dovrai per forza mostrarti rispettoso nei miei confronti” disse.

“Avevi detto che saremmo stati alleati, che saremmo stati alla pari! Io non lo faccio il tuo vassallo!” protestò di nuovo Ramsay, ma stretto così a Theon, per qualche assurdo motivo, non riusciva ad arrabbiarsi davvero e si sentiva tutto scombussolato…

“Ti presenterò come mio alleato, certo, ma quanto pensi che valga al momento un’alleanza con la Casata Bolton, sconfitta su tutta la linea? Tuo padre si è rifugiato dai Frey e tu vieni a rifugiarti dai Greyjoy” gli ricordò Theon, con non poca soddisfazione. “Dovrai mostrarti grato e deferente, almeno davanti agli Uomini di Ferro, e questa sarà un’ottima occasione per abituarti ad esserlo. Hai detto tu stesso che a Pyke non sei al sicuro, che in molti ricordano quello che hai fatto all’esercito di Yara a Moat Cailin. Io ti assicuro la mia protezione, ma tu dovrai comportarti di conseguenza.”

Il tono di Theon era amichevole e piuttosto divertito, però, per la prima volta, Ramsay iniziò a sospettare vagamente che il giovane Greyjoy stesse effettivamente mettendo in atto la sua vendetta, in un modo molto più sottile e astuto, certo, ma sempre di rivincita si trattava.

E allora perché a lui non dispiaceva affatto pensare di essere sotto la protezione di Theon, nonostante questo volesse dire doversi mostrare rispettoso e docile?

Ramsay non era solito ragionare tanto sulle cose, a dirla tutta non ne era neanche in grado, per cui pensò bene di accettare la situazione, che comunque non lo disturbava (lo metteva un po’ a disagio, questo sì, e gli provocava un turbamento che non sapeva spiegarsi…).

“E va bene” concesse, “farò la parte dello scudiero, basta che possiamo fermarci in una stramaledetta locanda!”

Theon si trattenne a fatica dallo scoppiare in una delle sue famose risate, ma quegli anni gli avevano insegnato quanto meno a contenersi nei momenti meno opportuni. Soddisfatto, dopo essersi stropicciato Ramsay un bel po’, spronò il cavallo a proseguire. Ormai la costa doveva essere vicina e Grande Inverno si allontanava sempre di più, non avrebbero corso poi tutti quei rischi.

E pensare che Sansa e Jon erano tuttora convinti che Theon e Ramsay non fossero in grado di orientarsi neanche per raggiungere le latrine, figurarsi di organizzare una fuga in piena regola con tanto di falsa identità!

Fine prima parte

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Capitolo secondo

 

Le promesse erano mille mille
Ma nel cuore sento spille spille
Prova a toglierle tu baby tu baby

Chiamami per nome
Solo quando avrò perso le parole
So che in fondo ti ho stupito venendo qui da solo
Guidando al buio piango come uno scemo
Chiamami per nome…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Theon ci si mise d’impegno per trovare la locanda più nascosta, più lontana da qualsiasi strada appena percorribile, insomma, la più sfigata di tutte, dove probabilmente non si vedevano avventori dai tempi in cui regnavano ancora i Targaryen! I due ragazzi smontarono da cavallo (il quale ne fu silenziosamente grato) e si avviarono verso la locanda solitaria. Quando Theon aprì la porta poté constatare, con suo grande sollievo, che in effetti il luogo era deserto (come dicevo, probabilmente dai tempi del Re Folle…), c’era solo una donna di mezza età con un grembiule liso ma pulito e i capelli raccolti in uno chignon stretto e severo e che poteva essere soltanto la padrona del locale. La donna sembrò piuttosto sorpresa nel vedere i due giovani (cosa che dimostrò ancora una volta quanto deserto e desolato fosse quel posto!) e andò loro incontro con una certa titubanza, quasi avesse paura di farli scappare a gambe levate.

“Buongiorno, miei signori, e benvenuti nella mia locanda” disse affabilmente. “Volete mangiare? Ho anche delle stanze libere per la notte, se ne avete bisogno.”

Certo che hai stanze libere, qui sembra non ci metta piede nessuno da quando Walder Frey era giovane, pensò Ramsay lanciando un’occhiata a Theon. Tanto meglio per loro, comunque, almeno non avrebbero avuto bisogno di raccontare la storiella del Lord e del suo scudiero, che al giovane Bolton non era andata ancora giù. La locandiera sembrava talmente felice di avere due clienti che se li sarebbe presi anche se fossero stati tagliagole, ladri, assassini o qualsiasi altra cosa… e a dirla tutta almeno su uno dei due non si sarebbe sbagliata!

“Sì, grazie, vorremmo mangiare qui e possibilmente restare almeno per una notte o due anche se… purtroppo non abbiamo conio, siamo stati derubati da una banda di fuorilegge” rispose Theon. Non c’era motivo che la locandiera non credesse alla storia della rapina, quei due erano in uno stato tale che parevano essere scampati a un genocidio! “Siamo comunque disposti a lavorare per te in cambio della tua ospitalità, possiamo tagliare la legna, lavare i pavimenti, servire ai tavoli…”

Servire ai tavoli chi, esattamente? Giochiamo a fare che io servo te e tu servi me?, disse dentro di sé Ramsay e ancora una volta l’occhiata che lanciò a Theon era molto eloquente.

La donna non sembrò innervosirsi alla prospettiva di non guadagnare un bel niente anche questa volta, chissà, magari era semplicemente contenta di avere compagnia, forse da mesi e mesi non vedeva un’anima e sentiva il bisogno di un contatto umano… sì, beh, uno dei due era Ramsay Bolton e quindi di umano non aveva poi molto, ma questo la locandiera non poteva saperlo!

“Ma sì, va benissimo, anzi, per me sarebbe un grande sollievo avere qualcuno che mi aiuti” rispose la donna.

“Me lo immagino, vista la folla…” stavolta Ramsay non riuscì proprio a trattenersi ma, per fortuna, la locandiera era talmente emozionata all’idea di parlare con altre persone che non raccolse, o forse nemmeno udì, la battuta.

“Vado subito a prendervi da mangiare, ho della zuppa, pane e formaggio e birra, intanto voi accomodatevi dove volete” disse lei, prima di eclissarsi dietro una porta che doveva condurre alla cucina.

“Allora, dove vuoi che ci sediamo?” chiese Ramsay, caustico. Ovviamente i tavoli erano tutti liberi.

“Sei stato tu a insistere tanto perché trovassimo una locanda e ora questa non ti va bene? Mettiamoci laggiù” replicò Theon, che ormai da tempo aveva perduto anche la più piccola forma di deferenza verso quello che per ben quattro anni era stato il suo carceriere… tanto per dire come possono cambiare le cose! Poi si diresse verso un tavolo in un angolo che era il più appartato, il più fuori vista e quello dal quale si poteva controllare meglio se mai a qualcuno fosse venuto in mente di entrare dalla porta. Sì, diciamocelo, il giovane Greyjoy era diventato paranoico, ma dopo tutto ciò che aveva passato si poteva anche comprendere, no?

Pochi minuti dopo la locandiera era di ritorno con il cibo e la birra e, dopo aver servito i due ragazzi, rimase a contemplarli quasi non credesse ancora che fossero reali. La cosa iniziava a innervosire un tantino Theon, mentre Ramsay era talmente contento di poter finalmente mangiare qualcosa di caldo e seduto ad un vero tavolo che non si era accorto di niente.

“Come avrete capito anche voi, miei signori, questa locanda non è molto frequentata, soprattutto da quando sono iniziate tutte le guerre” iniziò a raccontare la donna che, evidentemente, aveva in comune con Ramsay il piacere di ascoltarsi parlare… “Però, quando c’erano ancora i miei figli, qui venivano sempre molti giovani a trascorrere la serata, io avevo tre cameriere a servire, tre belle ragazze, e l’allegria e il divertimento non mancavano. Non si direbbe ora ma…”

Theon avrebbe tanto voluto zittirla, ma non voleva né fare né dire qualcosa che avrebbe potuto farlo notare troppo e, del resto, Ramsay non gli era di alcun aiuto, concentrato com’era sulla sua zuppa. Così si lasciò trascinare in una conversazione che non voleva per niente.

“Hai dei figli?” domandò alla donna, pur fregandosene altamente di lei e della sua famiglia.

“Oh, mio signore, ne avevo tre, ma…” e qui si asciugò gli occhi con un angolo del grembiule. “Erano tre bei ragazzi, forti e allegri, il più grande aveva venticinque anni e il più giovane sedici quando… quando sono partiti per unirsi all’esercito di Robb Stark.”

Theon per poco non si strozzò con un boccone di pane. L’esercito di Robb Stark? Possibile? Insomma, aveva fatto di tutto per trovare la locanda più nascosta, desolata, solitaria di tutto il Nord ed era incappato in una donna i cui figli avevano combattuto nello stramaledetto esercito di Robb Stark? E magari ora sarebbe venuto fuori che la locandiera lo aveva pure conosciuto…

“Sono morti tutti e tre, durante la prima battaglia” continuò la locandiera, talmente presa dal suo dolore da non accorgersi nemmeno che il giovane Greyjoy stava passando un brutto quarto d’ora. “Quando dei soldati di passaggio me lo dissero credetti che sarei impazzita, ma poi, per come sono andate le cose, forse è stato meglio così. Almeno loro sono morti combattendo, hanno perso la vita guardando in faccia il loro nemico, non come quegli altri poveri ragazzi, Re Robb e i suoi compagni, assassinati a tradimento durante le Nozze Rosse. Quel Walder Frey e i suoi degni compari, che gli Estranei se li portino tutti alla dannazione!”

Il nome di Walder Frey pareva aver fatto breccia anche nella mente disordinata di Ramsay, che già di per sé aveva i suoi problemi e adesso era pure del tutto concentrata sul pasto… però quel nome fece drizzare la testa anche a lui. Si voltò verso Theon e lo vide pallido come un morto e con l’espressione che aveva più o meno quando era prigioniero a Forte Terrore…

Ma quanto si poteva essere sfigati? A quanto pareva i due erano capitati nella locanda di una donna i cui figli avevano combattuto con Robb (chissà, magari Theon li aveva pure conosciuti di sfuggita) e che sapeva tutto delle Nozze Rosse, dei Frey e forse persino del legame tra Frey e Bolton. Ci mancava solo che iniziasse a parlare dell’infame tradimento di un tale Theon Greyjoy che, approfittando dell’assenza di Re Robb, aveva cercato di conquistare Grande Inverno!

“Oh, mio signore, ti ho sconvolto con le mie chiacchiere? Lo so, sono cose terribili da ricordare per noi gente del Nord… È che ho così poche occasioni di parlare con qualcuno e così… ma ora me ne vado e vi lascio mangiare in pace” disse la donna, che aveva notato l’evidentissimo sbigottimento di Theon e, per fortuna, lo aveva scambiato per una manifestazione di cordoglio. “Mi fa davvero piacere che restiate per un paio di notti, sono sempre sola e in realtà ho bisogno più di compagnia che di un aiuto vero e proprio.”

La locandiera si inchinò e poi si diresse verso la cucina. Ah, se avesse saputo che i due che era tanto felice di ospitare erano proprio Theon Greyjoy e Ramsay Bolton, quello che aveva tradito Robb Stark e quello che aveva occupato Grande Inverno, mentre per buona misura suo padre massacrava lo stesso Robb e tutto il suo esercito… forse non sarebbe stata così lieta della compagnia!

“Finiamo di mangiare e poi inventiamo una scusa e ce ne andiamo” mormorò Theon, talmente sconvolto da non riuscire a fare altro che giocherellare con il cibo nel piatto.

“Ce ne andiamo senza pagare? Allora sì che si ricorderà di noi” gli fece notare Ramsay che, a quanto pareva, in certi momenti si ricordava di riattivare il famoso neurone solitario nel vuoto cosmico del suo cervello. “Facciamo quello che hai detto all’inizio, quella donna non sa assolutamente chi siamo e se scappassimo diventeremmo molto più sospetti.”

Suo malgrado, Theon dovette ammettere che Ramsay aveva ragione e già questo era un fatto eccezionale di per sé. Era il suo senso di colpa a fargli venire le paranoie, quella donna non aveva mai visto in vita sua Robb Stark né nessuno dei suoi uomini e di certo non aveva mai conosciuto i Bolton (nel qual caso probabilmente non sarebbe stata viva e in salute…). A quei tempi non avevano mica Google o Wikipedia per sapere tutto di tutti! Per lei Stark, Frey e Bolton erano solo nomi senza volto… e magari non sapeva neanche che fosse mai esistito un Theon Greyjoy. Era vero che la sua fama lo precedeva, ma insomma, non così tanto.

Il giovane Greyjoy si sforzò di riprendere a mangiare, anche se ogni boccone sembrava avvelenato, e di mantenere il più possibile il controllo. In fondo era riuscito a resistere, a dissimulare e a sopravvivere a più di tre anni come prigioniero di Ramsay Bolton, era assurdo che adesso si facesse i film mentali per le chiacchiere di una locandiera qualunque! Doveva riprendere a pensare lucidamente, così come aveva fatto negli ultimi mesi, e sfruttare il tempo che avrebbe trascorso lì per rafforzare ancora di più il suo ascendente su Ramsay, che era la cosa che davvero gli premeva per più di un motivo (qualcuno dei suddetti motivi Theon rifiutava di ammetterlo anche con se stesso). Pian piano riuscì a calmarsi e a mettere a tacere gli strali che la sua cattiva coscienza gli lanciava… perché, ovviamente, tutte le sue paure derivavano dal fatto che, dopo più di quattro anni, ancora gli bruciava addosso il senso di colpa per ciò che aveva fatto a Grande Inverno e, di conseguenza, vedeva ovunque persone che avrebbero potuto accusarlo. Quando la locandiera tornò da loro, era ritornato più o meno il Theon di sempre, o meglio il Theon che era riuscito a diventare negli ultimi mesi, più sicuro e determinato e con un piglio che induceva a farsi rispettare (che chissà da dove aveva tirato fuori, visto che non l’aveva mai avuto prima!).

“Grazie per il pasto, era tutto buonissimo” disse alla donna. “Come ti ho già detto, non abbiamo conio, ma lavoreremo per ripagare la tua ospitalità. Nel frattempo potresti mostrarci la nostra stanza?”

“Ma certo e… non preoccuparti, mio Lord, mi fa molto più comodo avere un po’ di aiuto in cambio di vitto e alloggio, in fondo sei tu a farmi un favore” replicò lei. “Bene, tu e il tuo scudiero potete seguirmi, tutte le stanze sono al primo piano ma a voi voglio riservare la più grande e luminosa.”

La locandiera si incamminò per le scale e Theon la seguì, già rinfrancato, mentre Ramsay aveva spalancato tanto d’occhi alle sue parole, era rimasto malissimo e solo con un notevole sforzo di volontà era riuscito a muoversi dalla sedia dove si era sentito praticamente inchiodare.

Mio Lord? Il tuo scudiero? Ma che accidenti… Non gliel’abbiamo raccontata la nostra storiella, com’è che a questa gallina è venuto in mente di apostrofare Theon come Lord e me come scudiero? Non ce l’abbiamo mica scritto in fronte! E poi… visto che tanto non paghiamo un cavolo potevamo anche prenderne due di stanze, no?

Mentre la locandiera conduceva i due giovani al piano di sopra e mostrava loro la stanza, decantandone le lodi come se avesse dovuto vendergliela, Ramsay continuava a chiacchierare con se stesso, a lamentarsi tra sé e sé, a tenere il muso e a intessere una lunga e appassionante conversazione con il suo unico neurone, chiamato a fare gli straordinari. Ritornò più o meno alla realtà che lo circondava quando fu chiamato in causa da Theon.

“Sì, la tinozza andrà benissimo e basterà che tu ci scaldi l’acqua, penseremo noi stessi a portare i secchi per riempirla” diceva il giovane Greyjoy. “Lo faremo io e il mio scudiero, vero? Vero?”

“Eh? Sì, lo faremo noi” rispose Ramsay senza avere la minima idea di ciò che lui e Theon avrebbero dovuto fare. Si riprometteva di elencare al suo compagno d’avventure tutte le cose che non gli erano andate tanto per la quale non appena fossero rimasti da soli nella stanza, che poi ancora non capiva perché dovesse essere una sola

Più tardi, dopo una decina di viaggi su e giù per le scale per portare i secchi d’acqua e riempire la tinozza (la qual cosa riportò alla mente di Theon tanti brutti momenti…), Ramsay chiuse la porta della stanza e si preparò a esternare tutto ciò che lo aveva contrariato.

“Insomma, noi non l’abbiamo raccontata la storiella che avevamo preparato, e allora perché quella donna ha chiamato te mio Lord e me il tuo scudiero?” esordì, in tono petulante.

Theon ridacchiò, alquanto divertito.

“Probabilmente è perché io ho l’aspetto di un Lord molto più di te” rispose.

E qui Ramsay si tacque, perché uno strano calore lo aveva invaso quando si era reso conto che era proprio vero e che, anzi, più che a un Lord, Theon assomigliava proprio a un Principe, un Principe vero, e la cosa chissà perché lo turbava parecchio. Per distrarsi da questo pensiero (o quello che ne faceva le veci) tanto inopportuno decise di tirar fuori un’altra lamentela.

“E perché abbiamo preso una stanza sola? Tanto non paghiamo comunque, potevamo anche prenderne due” proseguì.

Theon dovette voltarsi per nascondere il sorrisetto malizioso e la scintilla che gli era passata fugace negli occhi… insomma, era vero che Ramsay sembrava ormai del tutto innocuo, ma non si poteva mai sapere e di certo provocarlo non sarebbe stata una buona idea.

“La stanza è grande abbastanza per tutti e due, inoltre la locandiera si è fatta l’idea che tu sia il mio scudiero e di norma i Lord non prendono una stanza anche per gli scudieri” replicò. “Ma poi, scusa, di che ti lamenti? A Grande Inverno abbiamo dormito insieme per mesi e la cosa non ti infastidiva affatto, anzi, eri tu che volevi che rimanessi nella tua stanza.”

E nel tuo letto, era la frase che Theon non disse ma che sembrò lo stesso risuonare chiaramente nella stanza. Era proprio quello il punto…

“Sì, questo è vero” dovette ammettere Ramsay che, a quel punto, non capiva più perché la cosa lo mettesse tanto in crisi. Theon aveva detto bene, a Grande Inverno dormivano insieme e, in genere, il giovane Greyjoy lo compiaceva pure più o meno tutte le notti, e allora qual era il problema adesso?

Ramsay non lo sapeva, come non sapeva tante altre cose, però sentiva che c’era qualcosa di diverso e che l’equilibrio delle forze stava andando sempre di più in direzione di Theon… che poi adesso che stava facendo? Perché accidenti aveva deciso di spogliarsi lì davanti a lui come se niente fosse?

“Ehi, ehi, che fai?”

“Che faccio? Abbiamo fatto almeno dieci viaggi su e giù per le scale per riempire questa tinozza di acqua calda proprio perché avevo bisogno di farmi un bagno, cosa c’è di strano? Vuoi farlo prima tu? Per me va bene, posso stare qui e aspettare, basta che non lasciamo freddare l’acqua” rispose Theon, che si stava dimostrando decisamente diabolico. Non solo aveva iniziato a spogliarsi con il chiaro scopo di vedere se Ramsay si sarebbe turbato, ma adesso faceva anche il gentile e il premuroso come nei bei tempi andati, offrendosi di lasciare che fosse il giovane Bolton a lavarsi per primo… con lui lì a guardarlo e magari ad aiutarlo, pure!

“No, no, va bene, ormai ti sei praticamente… sì, insomma, magari intanto io vado giù dalla locandiera a dirle di scaldare altra acqua” disse precipitosamente Ramsay, cercando di guardare in qualsiasi altra direzione e, soprattutto, di uscire da quella stanza con una scusa qualunque.

Quando fu fuori dalla camera, al sicuro, Ramsay si domandò che accidenti gli stesse prendendo. Quelle stranezze erano troppo anche per lui! Che gli Estranei lo portassero, si era divertito mille volte a mettere in imbarazzo Theon fissandolo mentre si lavava e fingendo di volerlo aiutare e adesso perché cavolo si sentiva così, come se il sangue gli stesse andando a fuoco e le gambe gli tremassero?

Theon, nel frattempo, si immergeva soddisfatto nella tinozza, pensando che aveva segnato un altro punto a suo favore e che, comunque, prima o poi Ramsay in quella stanza sarebbe pur dovuto tornare…

Fine capitolo secondo

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Capitolo terzo

 

So bene come dare il peggio non darmi consigli
Cerco un veleno che non mi scenda mai
Ho un angelo custode sadico
Trovo una scusa ma che cosa cambierà, eh?
La grande storia banale
Prima prosciughiamo il mare
E poi versiamo lacrime
Per poterlo ricolmare

Le promesse erano mille mille
Ma nel cuore sento spille spille
Prova a toglierle tu baby tu baby…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Passava il tempo e Ramsay non ricompariva, tanto che, ad un certo punto, Theon si vide costretto a uscire da quella tinozza dove l’acqua stava diventando fredda per non prendersi una broncopolmonite (no, il Covid non c’era nei Sette Regni, ma vista l’abilità dei medici del luogo anche una malattia più comune avrebbe potuto mandare all’altro mondo senza tanti complimenti…). Così si asciugò, si rivestì, gettò l’acqua sporca fuori dalla finestra, tanto da quella locanda non passava mai un’anima, e si mise davanti al fuoco per riscaldarsi mentre aspettava Ramsay, chiedendosi dove potesse essersi cacciato. Da lui ci si poteva aspettare tutto e il contrario di tutto, questo era vero, ma che motivo aveva di non tornare in camera? Oddio, a dirla tutta il motivo ce l’aveva e Theon si lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso ricordando quanto il giovane Bolton fosse apparso a disagio e imbarazzato vedendolo spogliarsi, ma prima o poi sarebbe dovuto tornare, no? E sarebbe toccato a lui fare il bagno…

Pensando a quanto le cose fossero cambiate, o meglio a come si fossero addirittura ribaltate rispetto a qualche mese prima, Theon non poté nascondere la soddisfazione: Ramsay si era tanto divertito a farlo sentire umiliato e mortificato, a guardarlo nudo per contare tutte le sue cicatrici, a fingere di volerlo lavare per metterlo ancora più a disagio e adesso era lui che non riusciva nemmeno a stare nella stessa stanza se il giovane Greyjoy si spogliava! La vita, a volte, era davvero paradossale, e lui poteva ben dirlo con tutto ciò che aveva passato.

Comunque Ramsay non tornava. Cosa poteva essere successo? Con una punta di agitazione Theon considerò che, trattandosi di Ramsay, poteva davvero essere successo di tutto. E se l’ex Lord di Grande Inverno avesse avuto un attacco di nostalgia del passato e avesse deciso di fare a pezzi o scuoiare la povera locandiera, così, tanto per passare il tempo? È vero che era già parecchio che Ramsay non si comportava più così (giusto, pensò Theon, allora ero troppo terrorizzato da lui per farci caso, ma Ramsay aveva smesso di catturare e torturare il suo prossimo da molto prima che arrivasse Roose Bolton a Grande Inverno. Forse il fatto di essere diventato un vero Lord lo aveva inibito?), tuttavia con lui non si poteva mai stare tranquilli. Theon lasciò il confortevole calduccio del fuoco e si affrettò a uscire dalla stanza e a scendere le scale per raggiungere la sala da pranzo… e Ramsay era proprio lì, seduto in fondo alle scale, che guardava con una certa aria seccata i secchi vuoti accanto a lui.

“Ramsay, cosa ci fai qui? Non saresti dovuto venire in camera per fare il bagno? Io ho finito da un pezzo” gli disse.

Il giovane Bolton si voltò verso di lui, imbronciato.

“E come accidenti avrei fatto, secondo te, a portare su per le scale i secchi con l’acqua calda da solo? Ti sei forse dimenticato che quel maledetto Jon Snow mi ha picchiato tanto da lussarmi la spalla sinistra?” si lamentò, petulante. “Beh, io non me lo sono dimenticato, mi fa male e di certo non posso fare sforzi con il braccio sinistro!”

Theon dovette nascondere il sorrisetto che gli saliva spontaneo alle labbra ogni volta che constatava quanto Ramsay diventasse molto meno affascinato dal dolore fisico quando toccava a lui provarlo e non a quei disgraziati che aveva torturato per tanto tempo a Forte Terrore, inoltre era pure buffo vederlo lì, seduto in fondo alle scale, tenendo il broncio come un ragazzino che non è stato invitato a giocare. Ancora una volta il giovane Greyjoy dovette ricordare a se stesso che, nonostante tutto, Ramsay in effetti era un ragazzo di neanche ventun anni, un anno meno di lui. Era facile dimenticarlo, specialmente nei terribili anni che Theon aveva trascorso in balia delle sue follie a Forte Terrore, allora Ramsay sembrava enorme, spaventoso, un gigante che aveva sempre un modo nuovo per straziarlo… ma le cose erano decisamente cambiate già da quando, a Grande Inverno, Roose Bolton aveva cominciato a fare il bello e il cattivo tempo e costretto il figlio a obbedirgli in tutto o quasi. Erano poi diventate quasi paradossali con l’arrivo di Jon e Sansa a Grande Inverno e la totale disfatta di Ramsay, che era apparso l’ombra di se stesso, terrorizzato, sconvolto e incredulo che veramente qualcuno potesse avere intenzione di fare del male a lui. Non funzionava così, sarebbe dovuto essere il contrario, no? E, dal momento in cui Theon aveva scelto di prendere Ramsay sotto la sua protezione, la bilancia si era spostata sempre di più, Theon aveva acquisito determinazione e intraprendenza tanto quanto Ramsay aveva dimostrato di essere completamente sprovveduto per tutto ciò che riguardava guerra e politica, nonché un codardo che sapeva fare la voce grossa solo quando la sua vittima era incatenata e possibilmente anche mezza sbranata dai cani.

“Allora che cosa vuoi? Devo aiutarti a portare in camera i secchi con l’acqua calda?” gli domandò Theon, divertendosi a mostrarsi condiscendente adesso che non era più costretto ad esserlo davvero.

“Secondo te? Sto qui seduto aspettando che passi una carrozza?” replicò Ramsay.

Ecco, notò Theon, che ultimamente era diventato attentissimo a questi dettagli. Il Ramsay di qualche mese fa mi avrebbe ordinato di portargli l’acqua per il bagno senza tanti giri di parole. Lui mi ha risposto in modo sarcastico, è vero, ma non mi ha ordinato niente… come se pensasse che non ne ha più il diritto… e in effetti è proprio così, Ramsay non è più il Lord di niente e io lo aiuto se mi va di farlo, tutto qui.

La constatazione riempì ancora una volta Theon di soddisfazione. Certo che gli avrebbe portato i secchi di acqua calda in camera, a dire il vero non vedeva l’ora di metterlo in imbarazzo chiedendogli se aveva anche bisogno che lo aiutasse a lavarsi!

La vendetta di Theon stava prendendo una strada tutta particolare, forse anche perché il giovane si sentiva davvero sempre più attratto da Ramsay (ve l’ho detto che anche lui aveva iniziato a sragionare!) e, oltre a divertirsi a metterlo a disagio, gli piaceva proprio l’idea di lavarlo e magari anche di fare altro! Le cose, però, non andarono esattamente come lui aveva previsto, perché Ramsay si fece, sì, aiutare a preparare l’acqua per il bagno nella tinozza, ma poi senza tanti complimenti chiuse la porta della stanza in faccia a Theon prima ancora di sbottonarsi il farsetto!

Theon, rimasto chiuso fuori dalla stanza che, tecnicamente, era anche la sua, la prese comunque con molta filosofia (dopo tutto quello che aveva passato a Forte Terrore prima e a Grande Inverno poi aveva dovuto per forza sviluppare una buona resilienza, tanto per usare un termine che va tanto di moda oggi) e, anzi, si mise a ridere piano, con la schiena appoggiata alla porta. L’imbarazzo sempre più evidente di Ramsay lo divertiva e lo eccitava pure e, ovviamente, gli faceva capire ogni volta di più quanto il giovane Bolton fosse totalmente preso da lui… e quindi anche vulnerabile.

E, comunque, prima o poi Ramsay avrebbe dovuto aprirla, quella porta, e avrebbero dormito insieme. In fondo quella camera l’aveva pagata lui. O meglio, non l’aveva pagata nessuno dei due perché non avevano neanche una moneta bucata, però la locandiera aveva dato al Lord la stanza più grande e comoda della locanda. Nel frattempo, Theon si distrasse ripassando mentalmente il discorso che avrebbe fatto quella sera stessa a Ramsay, prima di portarselo a letto, tanto per capirsi. Doveva essere gentile e rispettoso, quello sì, visto che intendeva conservare intatte le dita che gli erano rimaste; ma, d’altro canto, avrebbe anche dovuto mostrarsi determinato, perché stava per iniziare una sorta di new deal della loro situazione e Ramsay doveva arrivare a capire, anche con quel solo neurone che aveva, che a Pyke le cose sarebbero andate in un certo modo e che era pure nel suo interesse che così fosse.

Così, quella sera, quando fu ora di dormire, Theon si spogliò di nuovo e si infilò tra le lenzuola, aspettando che Ramsay lo raggiungesse.

Ramsay spalancò tanto d’occhi e rimase immobile come una statua di sale.

“Ramsay, è piuttosto tardi e domattina, probabilmente, la locandiera avrà delle cose da farci fare” disse il giovane Greyjoy, fingendo di non notare il totale sbigottimento del suo compagno. “Vieni a letto o pensi di dormire sul pavimento? Io non te lo consiglio…”

“Ma… ma… perché ti sei spogliato? Non ce l’hai una camicia da notte, qualcosa?” domandò Ramsay, ritrovando la facoltà di parola a stento.

Theon rise, era una cosa che aveva ripreso a fare spesso (anche se non più a sproposito come prima), che lo faceva stare bene, lo faceva sentire di nuovo se stesso… e, soprattutto, si era accorto che in quel modo affascinava e stravolgeva Ramsay ancora di più!

“Ma dai, secondo te mentre preparavo due cose in fretta e furia prima di scappare da Grande Inverno mi sono messo a cercare le camicie da notte? Non erano certo cose di primaria importanza, oltre tutto le prime notti le abbiamo passate in fienili e stalle abbandonate e quindi abbiamo dormito ben vestiti e con i mantelli addosso!” replicò.

Ramsay in quel momento avrebbe voluto avere il suo mantello addosso, anzi anche due o tre e, per buona misura, ne avrebbe arrotolati un paio anche attorno a Theon nonostante nella camera ci fosse già abbastanza caldo… fin troppo caldo, a dirla tutta, almeno per il giovane Bolton che si sentiva andare a fuoco e non capiva perché. In fondo non era certo la prima volta che vedeva Theon senza niente addosso, al contrario, neanche tanto tempo prima era lui stesso a divertirsi a farlo spogliare per mortificarlo. E allora perché adesso si sentiva così… strano? Sì, strano in un modo diverso dal suo solito, chiaramente.

“Ora però magari ti avrebbe fatto comodo” provò a dire, sperando che sembrasse una frase di senso compiuto.

“E perché? Questa stanza è già abbastanza calda” ribatté Theon, apparentemente senza scomporsi, ma dentro di sé divertendosi un mondo. “Ramsay, non vorrai dirmi che ti senti a disagio nel venire a letto con me nudo? Insomma, non c’è niente che tu non abbia visto almeno già un centinaio di volte se non di più!”

“Eh? Ah, sì, naturalmente, è vero” dovette ammettere Ramsay. “Io però… ecco, io penso di tenere indosso la camicia e magari anche…”

“Secondo me finirai per avere caldo, ma fai pure come preferisci, se ti senti più a tuo agio” gli concesse Theon, stiracchiandosi nel letto e incrociando le braccia dietro la testa, con un sorriso scanzonato dipinto sulle labbra. “Comunque anche di questo dovremo parlare prima di giungere a Pyke e forse sarebbe meglio farlo ora, se non sei troppo stanco, naturalmente.”

Come potesse essere stanco Ramsay che non aveva praticamente fatto niente per tutto il giorno lo sapeva solo il Dio Abissale, tuttavia Theon preferì mantenere ancora per un po’ quella patina di cortesia che riservava al giovane Bolton e che era ormai una parodia della sua vera sottomissione di qualche mese prima… in fondo, a Pyke non c’erano ancora arrivati e lui desiderava, se possibile, arrivarci con tutte le dita e gli arti che gli rimanevano!

“Di cosa vuoi parlare, delle camicie da notte?” domandò Ramsay, stupito.

Theon scoppiò a ridere, cosa che provocò un mezzo colpo apoplettico a Ramsay.

“Ma no, certo che no! Intendevo del rapporto che dovremo instaurare noi due, del legame che dovremo mostrare davanti agli Uomini di Ferro e che dovrà essere il più possibile vicino alla realtà per risultare credibile” rispose.

“Ma… in che senso?” fece il giovane Bolton, ancora più confuso, mentre il suo povero neurone cercava inutilmente di venirgli in soccorso.

Theon, come chiunque avesse conosciuto Ramsay, sapeva fin troppo bene che con lui era inutile parlare o tentare di spiegare razionalmente le cose, così decise di farglielo capire in un modo un tantino più diretto. Si alzò dal letto e si avvicinò al giovane che, nel frattempo, cercava di guardare in tutte le direzioni possibili tranne quella che aveva davanti, tanto che a momenti diventava strabico; gentilmente e con molta discrezione (nella malaugurata ipotesi che Ramsay avesse un coltello sottomano e decidesse di placare in quel modo il suo imbarazzo), Theon iniziò a slacciargli il farsetto e a spogliarlo e intanto gli parlava in tono calmo e pacato.

“So che non ti piace sentirtelo dire, ma il fatto è che, a Pyke, io sarò considerato il Principe delle Isole di Ferro, l’erede del Trono del Mare, mentre tu sarai solo quello che ha fatto massacrare gli uomini di Yara al Moat Cailin” spiegò pazientemente. “Tu stesso hai detto di temere la vendetta degli Uomini di Ferro, ma se sarai sotto la mia protezione nessuno oserà farti del male e neanche pensarci lontanamente.”

“Davvero tengono in così tanta considerazione la tua parola a Pyke?” ribatté Ramsay, piuttosto scettico, ma più che altro per dire qualcosa, visto che Theon lo stava lentamente svestendo e lui non trovava nemmeno la forza di muoversi.

“Dovranno farlo per forza” rispose il giovane Greyjoy, che in realtà non era mai stato cagato più di tanto, ma che riteneva di avere adesso un diverso ascendente anche sulla gente delle Isole di Ferro grazie alla sicurezza che aveva acquisito. “Ma dovranno anche capire che tu non sei più un pericolo, che hai deciso di allearti con me e che noi due siamo d’accordo su tutto, che siamo legati, che tu mi rispetti e che ti fidi delle mie decisioni.”

“Ah, sì?” riuscì a dire Ramsay, prima che Theon decidesse di portarselo a letto senza altri indugi. A dire il vero non capiva bene cosa potesse entrarci tutta quella parte con il fatto di mostrare alla gente di Pyke che lui stimava e rispettava il giovane Principe e che si rimetteva alla sua protezione… ma chissà, forse le due cose erano legate in qualche modo. E poi Theon cominciò a baciarlo e davvero a quel punto Ramsay perse quel minimo di lucidità mentale che ogni tanto si degnava di fare capolino nella sua mente sconvolta! Non era la prima volta che lo baciava, anzi aveva iniziato a Grande Inverno a farlo e a fare anche altre cose, per compiacere il suo Lord, diceva allora. Eppure stavolta sembrava diverso. Ramsay non sapeva un bel niente di amore, passione e cose del genere, la sua esperienza in materia si limitava a qualche stupro di prigioniere a Forte Terrore, anni prima… ma persino lui riusciva a rendersi conto del fatto che Theon lo stava baciando e accarezzando in un modo diverso, non tanto per compiacerlo quanto perché… poteva essere? Sembrava quasi che fosse Theon a volerlo!

Lo baciava con lentezza e intensità, ogni carezza pareva una coccola e quando i loro corpi si unirono allora sì che davvero Ramsay andò completamente fuori di sé (sì, intendo ben più di ciò che per lui era normale) e non capì più nemmeno chi fosse, dove fosse e perché; tutto il resto dell’universo scomparve e il mondo per lui divenne solo Theon, che gli incendiava il sangue nelle vene e gli infondeva un languore che lo rendeva completamente inerme tra le sue braccia.

Alla fine i due divennero davvero una cosa sola, perdendosi l’uno nell’altro in una dolce e assoluta estasi e Theon strinse ancora Ramsay tra le braccia, rendendosi conto che quel contatto non lo aveva solo soddisfatto, ma gli aveva anche donato una pace e un calore che si diffondevano per tutto il suo corpo.

“Vedi, intendevo una cosa del genere, ecco” disse poi, sorridendo e divertendosi a scompigliargli affettuosamente i capelli. “Ora siamo molto più uniti di quando mi limitavo a… a compiacerti, no? Ed è questa unione di idee, di intenti e di intenzioni che gli Uomini di Ferro dovranno vedere.”

Ecco, a dirla tutta Ramsay non aveva capito proprio un bel niente e si chiedeva vagamente cosa gli Uomini di Ferro avrebbero dovuto vedere di quello che lui e Theon avevano appena fatto… ma alla fine era abituato a non capire granché delle situazioni e, in quel momento, l’unica cosa che gli interessava era che si sentiva insolitamente felice, la rabbia e i rancori che lo avevano sempre oppresso si erano placati e praticamente svaniti, e che tutto quello che contava per lui era che Theon gli restasse accanto.

Se era quello il modo per farsi accettare a Pyke, a lui sarebbe andato più che bene!

Fine capitolo terzo

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


Capitolo quarto

 

Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito arrivando qui da sola
Restando in piedi con un nodo alla gola
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull'erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby, te baby

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Dopo qualche giorno di lavori socialmente utili alla locanda, tra l’altro lavori neanche troppo faticosi visto che non capitava un avventore nemmeno a morire, Theon decise che poteva essere il momento giusto per andarsene e cercare un passaggio su una nave per le Isole di Ferro. In quei giorni lui e Ramsay avevano mangiato regolarmente, si erano rimessi a nuovo e ripresi dalle fatiche della fuga e dalle ferite, insomma, avevano finalmente l’aspetto di due persone normali (sì, anche Ramsay ne aveva l’aspetto) e potevano ragionevolmente imbarcarsi su una nave. Anzi, Theon pensava che avrebbe potuto tranquillamente dire al capitano del vascello che lui era Theon Greyjoy e che voleva tornare a casa senza farsi ridere dietro, ora che aveva riacquistato l’aspetto da vero Principe… e così, magari, non avrebbero avuto bisogno di pagare!

Così, ringraziata e salutata la locandiera, che parve affranta all’idea di perdere gli unici due esseri umani (uno era Ramsay…) che aveva avuto modo di frequentare da chissà quanto tempo, i due giovani ripresero il loro viaggio a cavallo fino al primo porto. Tengo a precisare che, nel frattempo, anche quella povera bestia del cavallo aveva avuto modo di mangiare e riposare ben bene e adesso quell’ultima fatica con due pesi da portare sarebbe stata meno gravosa. Il porto, poi, non era così lontano e non c’era neanche troppa fretta, il cavallo non doveva lanciarsi al galoppo perché nessuno più inseguiva i due fuggitivi.

E le cose, stranamente, andarono proprio come Theon aveva previsto. Giunti ad un porto, il giovane Greyjoy si presentò al capitano di una delle navi che stava per salpare e chiese di potersi imbarcare per le Isole di Ferro.

“Sono Theon Greyjoy, legittimo erede delle Isole di Ferro” disse, con un certo compiacimento nel poter finalmente pronunciare quella frase. “Ti chiedo di potermi imbarcare sulla tua nave per tornare a casa. Purtroppo non posso pagarti perché sono stato derubato da dei fuorilegge lungo la strada, ma ti rimborserò al nostro arrivo a Pyke.”

Il capitano lo squadrò da capo a piedi. A quei tempi era più scomodo, non c’era Wikipedia dove poter controllare se il giovane era davvero chi diceva di essere e, per di più, non poteva nemmeno chiedergli il Green Pass per assicurarsi che fosse il vero erede delle Isole di Ferro, oltretutto maggiorenne e vaccinato. Insomma, il pover’uomo doveva fare uno sforzo di memoria, tanto più complesso visto che bisogna tenere conto del fatto che Theon non aveva trascorso molti anni della sua vita dalle parti di Pyke…

“Sì, può darsi, mi sembra di ricordare la tua faccia, anche se avevo sentito dire che Theon Greyjoy era morto cercando di conquistare Grande Inverno, su al Nord, o qualcosa del genere” borbottò il capitano.

“Qualcosa del genere, sì” confermò Theon, gettando un’occhiata nervosa a Ramsay al suo fianco. Il quale, tuttavia, non faceva neanche tanto caso alla conversazione, visto che era la prima volta nella sua vita che vedeva un porto, il mare, le navi e tutto l’ambaradan e si guardava intorno cercando di scendere a patti con il neurone impazzito nel suo cervello che andava in ebollizione. “In effetti sono stato… beh, catturato mentre cercavo di conquistare Grande Inverno, i Lord Alfieri degli Stark mi hanno… sì, mi hanno tenuto in ostaggio fino al ritorno dei legittimi proprietari e solo allora sono riuscito a fuggire.”

Il capitano della nave si concesse una solenne sghignazzata in faccia a Theon.

“Ah, ho capito, allora credo proprio che tu sia davvero chi dici di essere” commentò. “Theon Greyjoy è famoso per aver collezionato un bel numero di figure di merda e non aver mai combinato niente di buono. Va bene, giovane Lord Greyjoy, ti darò un passaggio sulla mia nave e spero che mi potrai davvero rimborsare, a Pyke, visto che a quanto pare anche Re Balon è morto e regna un gran casino!”

Il tatto dell’uomo era davvero straordinario. Theon non aveva mai amato molto il padre, che gli rimproverava continuamente di essere un fallimento e pure di essere sopravvissuto ai suoi fratelli maggiori, tutti migliori di lui… però apprendere la notizia in quel modo fu lo stesso piuttosto scioccante. E altrettanto traumatico fu scoprire che le notizie sulla sua inettitudine facevano il giro dei Sette Regni anche senza bisogno di Internet!

“Mio padre… è morto?” mormorò il giovane, più sgomento che addolorato.

“Beh, allora sei davvero Theon Greyjoy” fu la risposta del capitano, sempre molto partecipe e sensibile. “Re Balon era un emerito stronzo e un pessimo Re e forse solo suo figlio può provare dispiacere per la sua morte. Sì, è caduto da uno dei ponti che uniscono le fortezze di Pyke, probabilmente era ubriaco fradicio o magari solo rincoglionito, alla sua età… Insomma, vuoi salire o no? Non ho tutto il giorno. E quel tizio viene con te? Chi sarebbe?”

Ramsay si era risvegliato dalla sua trance alla vista del mare e delle navi ed era ritornato accanto a Theon, riuscendo ad ascoltare solo l’ultima parte della conversazione e a capirne ancora meno.

“Io… noi… beh, sì, certo che vogliamo imbarcarci” rispose Theon, faticando a star dietro a tutte le chiacchiere del capitano della nave e riuscendo, tuttavia, a cavarsela onorevolmente visto che negli ultimi anni si era abituato a star dietro ai deliri di Ramsay… “Possiamo salire anche subito. Il ragazzo con me è…”

“Sono suo cugino!” lo interruppe a sorpresa Ramsay, che non aveva nessuna intenzione di passare ancora per il valletto o lo scudiero di Theon.

Il capitano sghignazzò ancora.

“Bella questa! Un cugino piuttosto alla lontana, direi. Ma per quello che ne so io, tanto Euron quanto Victarion potrebbero aver lasciato il loro seme chissà dove” commentò, mostrando tutto il rispetto dovuto alla Casata Greyjoy. “Beh, allora, giovane Lord, sarai contento: hai perso un padre che non valeva niente ma, a quanto pare, hai ritrovato un cugino.”

“Sì, sono molto contento” replicò Theon, salendo sull’imbarcazione il più in fretta possibile e sperando di non dover avere altre occasioni di fare conversazione con quel capitano. “Andiamo, cugino?”

Ramsay lo seguì tutto emozionato e, del resto, non gli si può dar torto visto che era la prima volta che saliva su una nave.

“Visto che siete della famiglia Greyjoy, vi potete prendere la mia cabina, anche se non sarà un granché!” gli urlò dietro il capitano, in un ultimo slancio di lealtà verso il suo legittimo Principe.

“Me lo immagino” disse tra sé Theon, avviandosi verso la cabina del capitano con Ramsay sempre dietro che lo seguiva come un’ombra. Aprendo la porta sgangherata della cabina, il giovane Greyjoy si rese conto che, perlomeno, vivere nei fienili di Grande Inverno e nelle gabbie dei cani di Ramsay l’aveva abbastanza preparato al viaggio che lo attendeva. La cabina era piccola e sudicia, puzzava di piscio e di vino andato a male e per terra c’erano soltanto una coperta macchiata e un po’ di paglia.

“Andrà bene lo stesso, l’importante è arrivare a Pyke al più presto. Non è vero, cugino?” fece, rivolto a Ramsay.

“E dai, quanto la fai lunga. Te l’avevo detto che non volevo più fare la parte del tuo servo, ora sono anch’io un Greyjoy!” replicò, trionfante, il giovane Bolton.

“Sì, va bene, però questa storia non la potrai raccontare anche sulle Isole di Ferro, là lo sanno bene che io non ho cugini” tagliò corto Theon, cercando di buttare fuori il più possibile di quella paglia marcita e puzzolente insieme a quella coperta piena di macchie non meglio identificate. Non aveva intenzione di prendersi chissà quali infezioni, avrebbero dormito per terra sopra i loro mantelli e sperato che il viaggio fosse breve!

“Quel tizio ha detto che tuo padre è morto” disse Ramsay ad un certo punto. “Ha detto che è caduto da un ponte o qualcosa del genere. Ma che razza di ponti avete in quel posto dove abiti tu?”

“Si tratta dei ponti che collegano le fortezze di Pyke” rispose Theon, distrattamente, “sono ponti sospesi tra una fortezza e l’altra, sotto ci sono solo il vuoto, le rocce e il mare, ma un vero Uomo di Ferro impara a percorrerli in qualsiasi condizione. Mio padre era anziano, certo, ma non sarebbe caduto da lassù neanche se fosse stato davvero ubriaco. Qualcosa non va, dovrò parlarne con Yara.”

“Ponti sospesi sul vuoto con le rocce sotto? Ma in che razza di posto vivi?” trasecolò Ramsay. “E poi dicono di Forte Terrore, a quanto pare anche Pyke è una trappola mortale e tu vuoi portarmi là!”

“Non mi pare che tu abbia molta scelta, Ramsay” fece Theon, laconico. In quel momento aveva altro a cui pensare che non fossero i capricci del suo compagno. “E comunque non preoccuparti per i ponti, ti ci abituerai.”

“Sì, se non mi ci sfracello subito” brontolò il giovane Bolton, imbronciato.

Tuttavia, nonostante le premesse poco incoraggianti e il capitano tutt’altro che gentile, il viaggio verso le Isole di Ferro si svolse in una relativa tranquillità e in pochi giorni la nave giunse al porto di Pyke, dal quale si poteva ammirare la fortezza dei Greyjoy in tutta la sua aspra e arcigna bellezza. Theon era a dir poco stravolto dalla felicità nel rivedere i luoghi nei quali era nato e nei quali aveva seriamente disperato di poter mai far ritorno e non gli si può certo dare torto… ma si accorse con una punta di compiacimento che anche Ramsay, al suo fianco, appariva quasi ipnotizzato dalla vista della fortezza. Che, detto tra noi, era piuttosto spettrale e inquietante e forse proprio per questo aveva catturato l’ammirazione del giovane Bolton!

“Quella sarebbe la fortezza della tua famiglia?” domandò Ramsay. Aveva la tipica espressione di chi pensa: Ho visto cose che voi esseri umani non potete neanche immaginare…

“Eh, sì” rispose Theon, con un certo orgoglio. “Quello è il castello di Pyke, la dimora della Casata Greyjoy da secoli.”

“Beh, di certo ha un suo fascino, non c’è che dire, ma… dovevate proprio farla lassù in cima?” obiettò Ramsay, che doveva dire la sua sempre e comunque. “Il panorama sarà sicuramente mozzafiato, ma quando c’è brutto tempo dev’essere invivibile, esposta com’è a tutte le intemperie. Non temete che vi crolli sotto i piedi?”

Tutta la poesia della fortezza di Pyke era stata distrutta in poche parole da Ramsay, con un tono da agente immobiliare deluso.

“La fortezza di Pyke ha resistito a tempeste e trombe d’aria per secoli, senza vacillare neanche una volta” tenne a precisare Theon. “Per questo è il castello della Casata Greyjoy, perché rappresenta gli Uomini di Ferro che non si piegano di fronte ad alcuna tempesta, che restano saldi e che non hanno bisogno di comodità perché appartengono al mare, alla roccia e al sale!”

“Ah, beh, dimenticavo che tu proprio ci credi a queste cose” commentò distrattamente Ramsay. “E poi non è che le fortezze del Nord siano tanto meglio. Certo che l’umidità, qui, dev’essere terribile…”

Certo che è umido, visto che siamo a picco sul mare! E poi gli uomini di Ferro non temono certo l’umidità né il vento né le tempeste, avrebbe voluto replicare Theon, ma pensò che sarebbe stato fiato sprecato. Come sempre, cercare di spiegare le cose a Ramsay era una fatica inutile e quello che gli premeva davvero, in quel momento, era raggiungere al più presto la suddetta fortezza e parlare con sua sorella. Oltre tutto, Ramsay riusciva a rovinare ogni cosa con le sue battute pungenti e caustiche.

Mentre procedevano verso il castello di Pyke, Ramsay non faceva altro che chiacchierare: chiacchierava con Theon, che ogni tanto gli buttava là qualche risposta laconica, ma chiacchierava anche con se stesso, con l’unico neurone che era in grado di rispondergli e con l’universo che lo circondava. In effetti, la gran parte delle cose che blaterava non erano degne di essere ascoltate, però ad un certo punto il giovane Bolton fece una domanda ben precisa alla quale Theon non poté esimersi dal rispondere.

“Ci sono un sacco delle vostre bandiere che sventolano qui intorno” disse, commentando l’ovvio, poiché, essendo a Pyke, non c’era niente di strano nel fatto che le bandiere dei Greyjoy fossero ovunque! “Ma perché il vostro stemma è quella specie di animale con tutti quei tentacoli?”

Theon trasecolò, ci mancava solo questa, che Ramsay avesse da obiettare anche sul loro stemma!

“Non è un animale con i tentacoli, quello è un Kraken!” replicò, più bruscamente di quanto avrebbe voluto… ma del resto era già nervoso di suo e Ramsay aveva il potere di dissacrare tutto ciò che Theon riteneva importante e sacro!

“E che accidenti è un Kra…Kraken? Non potevate scegliere un simbolo più normale per la vostra Casata?” insisté Ramsay.

Capirai, parla quello che come stemma familiare ha l’Uomo Scuoiato, gli sembra forse normale?

Ma, ovviamente, non usò questa frase. È vero che ormai erano a Pyke e poteva ragionevolmente supporre che Ramsay non si sarebbe preso troppe libertà nei confronti del Principe delle Isole di Ferro, però con lui non si poteva mai sapere, magari un coltello ce l’aveva ancora e Theon avrebbe desiderato continuare la sua esistenza con le diciassette dita che gli erano rimaste.

“Il Kraken è un enorme mostro marino che attacca le navi che si spingono in mare aperto, le stritola con i suoi tentacoli e divora gli equipaggi” spiegò dunque, armandosi di santa pazienza. “Non ti piacerebbe incontrarlo, te l’assicuro.”

“No, immagino di no” concordò Ramsay, guardandosi nervosamente intorno. “Ma non arriva fino alla costa, vero?”

“No, non è mai stato avvistato attorno alle coste, vive solo in mare aperto perché sta nei fondali marini più profondi, è immenso, capisci?” ecco, adesso che Ramsay lo fissava come un bambino a cui si sta raccontando una storia paurosa, Theon si sentiva intenerito e provava una strana voglia di abbracciarlo. Probabilmente era quello il motivo per cui alla fine aveva voluto portarselo dietro: in certi momenti Ramsay era insopportabile, ma in altri… beh, in molti altri era anche buffo, divertente e sinceramente lo eccitava pure.

“E i Greyjoy hanno scelto questo mostro come simbolo perché si credono temibili come un Kraken?” domandò ancora il giovane, in tono molto poco convinto.

“Sì, beh, l’idea sarebbe quella” ribatté Theon, sperando che Ramsay la finisse lì. Di certo lui non si era mai dimostrato un Kraken nella sua esistenza e non gli andava che anche il suo compagno di avventure lo pensasse come un polipetto qualsiasi!

Per fortuna erano arrivati alla fortezza di Pyke e presto sarebbero stati introdotti alla presenza di Yara. Theon sapeva che non sarebbe stato un colloquio facile e sperava, pregava il Dio Abissale, affinché Ramsay non rendesse tutto ancora più complicato.

“A proposito, vedi di non fare commenti inopportuni sulla fortezza di Pyke, il Kraken o qualsiasi altra cosa riguardi la mia famiglia e le Isole di Ferro” gli raccomandò Theon sottovoce, subito prima di entrare nella Sala Grande. “Ti assicuro che Yara e gli altri Uomini di Ferro non sono pazienti e tolleranti come me.”

Ramsay annuì, ricordando che, in effetti, aveva ammirato così tanto il coraggio di Yara quando si era presentata a Forte Terrore circa tre anni prima che non aveva neanche tentato di catturarla o di farle del male, l’aveva lasciata libera di andarsene. Yara era davvero un Uomo di Ferro, molto più del fratello… però ultimamente anche Theon aveva preso un’aria determinata e un’attitudine a farsi rispettare che confondevano il giovane Bolton: da una parte a volte finiva persino per sentirsi in soggezione, e il più delle volte provava emozioni insolite e singolari, che gli facevano aumentare i battiti del cuore, gli scaldavano il sangue, gli facevano perdere quel poco di lucidità che ogni tanto manifestava. Chissà che cosa significava tutto questo?

Fine capitolo quarto

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


Capitolo quinto

 

Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo
Ci ha stupiti finire qui da soli in questo posto
Ma se poi non mi trovi
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull'erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby
Te baby

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Yara Greyjoy era seduta accanto al fuoco acceso nella Sala Grande quando Theon e Ramsay entrarono nella stanza. Evidentemente aveva delle spie, oppure gli occhi dietro la testa, perché apostrofò il fratello senza neanche voltarsi a guardarlo.

“Tu non sei Theon” fece, gelida. “Theon Greyjoy è morto molto tempo fa.”

“Ma che accoglienza di merd…” esclamò Ramsay, non riuscendo a trattenersi, ma Theon pensò bene di stopparlo chiudendogli la bocca con la mano (e sperando che non gli desse un morso, non si sapeva mica mai con lui!). Però da un lato l’intervento di Ramsay fu risolutivo perché spinse Yara ad alzarsi e a dirigersi verso la strana coppia con un’espressione allibita sul volto.

“E lui cosa ci fa qui? Ha deciso di liberarti ma vuole tenerti d’occhio?” domandò, sospettosa.

“No, siamo fuggiti da Grande Inverno, gli Stark hanno riconquistato la loro fortezza e io l’ho aiutato a fuggire, l’ho portato con me” spiegò Theon. Beh, in effetti a sentirla raccontare pareva ancora più assurda di quanto già non fosse e lo sbigottimento di Yara era più che comprensibile!

“Lo sai quanti uomini sono morti per salvarti? Quanti Uomini di Ferro hanno sacrificato la vita per te? I miei uomini! E tu adesso ti presenti qui tranquillo e beato portandoti dietro quello che ti ha tenuto prigioniero e torturato per anni? Ma che ti dice la testa?” lo aggredì la donna.

“Sono tornato a casa e lui… Ramsay… non aveva un posto dove andare” replicò Theon che, davanti a Yara, ritornava un po’ ad essere l’idiota inetto e viziato che era sempre stato.

“Insomma, la volete smettere di parlare di me come se non fossi presente? Guardate che io ci sono!” protestò Ramsay, a cui non piaceva proprio essere ignorato. Ma il confronto, in quel momento, riguardava soltanto Theon e Yara.

“Sai che nostro padre è morto?” chiese di nuovo la donna.

“Sì, il capitano della nave con cui siamo giunti qui me l’ha detto” rispose Theon.

“Ma che strana coincidenza, non trovi? Sei arrivato a Pyke proprio dopo la morte di Re Balon. Cosa vuoi, la corona delle Isole di Ferro? È per questo che sei tornato?” lo incalzò Yara.

“Non lo sapevo prima di imbarcarmi per Pyke, non sono tornato per questo” cercò di spiegare Theon, ma Yara era lanciatissima.

“Pensi che qualcuno degli Uomini di Ferro potrebbe mai volerti come Re? Tu, che ci hai traditi tutti? Tu, che sei sempre stato un inetto, un incapace, un debole? Tu, che…” e avrebbe continuato per un bel pezzo se, sul più bello, non fosse intervenuto Ramsay che per i suoi standard si era trattenuto fin troppo e poi si alterava non poco quando qualcuno attaccava il suo Theon.

“Oh, insomma, la vuoi smettere? E pensare che mi eri pure rimasta simpatica quando ti ho incontrata a Forte Terrore, quando eri venuta con quel gruppo di disgraziati a riprenderti Theon, mi eri sembrata una tosta e io ammiro e rispetto chi ha il coraggio di tenermi testa anche quando minaccio di sciogliere i cani” si intromise, ritenendo evidentemente che tutti fossero interessati a quello che lui aveva da dire. “Ti ho lasciata andare per quello, perché mi eri sembrata una con le palle e meritavi di andartene sana e salva, ma ora non ti permetto di trattare in quel modo tuo fratello che è appena tornato a casa!”

“Non me lo permetti? Tu non mi permetti qualcosa?” ribatté Yara con un sorrisetto di scherno. “Guarda che questa volta siamo a casa mia, non tua, e oltre tutto non mi risulta che tu abbia portato i tuoi famosi cani! E poi… questa è davvero esilarante, tu non vuoi che io tratti male Theon? Che c’è, vuoi avere l’esclusiva?”

“È vero, per molto tempo sono stato io stesso a fare del male a Theon, ma ora le cose sono cambiate, lui si è guadagnato il mio rispetto, la mia stima e anche la mia fiducia” ribatté Ramsay, “e tu non puoi permetterti di insultarlo, di chiamarlo vigliacco o traditore, perché ti assicuro che non è niente di tutto questo!”

“Senti un po’, ora ti fai difendere dal Bastardo di Bolton?” fece Yara, rivolgendosi nuovamente al fratello. “Più in basso di così non potevi proprio cadere, ma che razza di essere sei?”

“Lui mi ha salvato la vita!” gridò Ramsay, stavolta veramente arrabbiato. Si era posto istintivamente davanti a Theon e affrontava Yara faccia a faccia, pur dovendola guardare dal basso verso l’alto e sapendo perfettamente che lì era lei a comandare e che lui non valeva niente. “Quando Sansa Stark si è ripresa il suo castello con gli eserciti degli Arryn e di quell’altro bastardo di Jon Snow, loro mi avrebbero fatto a pezzi, Jon ci ha anche provato, mi ha quasi ammazzato di botte, ma Theon… Theon poteva scappare, anche lui era in pericolo, sicuramente gli Stark non sarebbero stati felici di vederlo. Eppure non è scappato quando poteva farlo, ha aspettato perché voleva portarmi via con sé, perché non voleva che mi facessero del male. È stato valoroso, furbo e previdente, è solo grazie a lui se siamo qui, ha guidato lui la fuga da Grande Inverno fino ad arrivare a un porto dove ci siamo imbarcati per Pyke! Certo che è un Uomo di Ferro e avrebbe tutti i diritti di diventare Re di questo posto!”

Yara e Theon restarono entrambi senza parole davanti alla difesa così appassionata di Ramsay, chiaramente nessuno dei due se lo aspettava e altrettanto chiaramente il giovane Bolton aveva buttato in quelle frasi così intense e sentite tutto quello che provava per Theon, tutti i suoi sentimenti confusi, quelli che non sapeva nemmeno di avere. Ovviamente Ramsay non se ne era reso conto, ma Yara e Theon sì…

La donna guardò il fratello come se lo vedesse per la prima volta.

“Davvero hai fatto tutto questo? Da solo?” domandò.

“L’ho fatto” rispose Theon, preferendo non specificare che, in effetti, aveva dovuto fare tutto da solo perché Ramsay si era dimostrato totalmente incapace quando si trattava di elaborare un piano, di tentare una fuga, di reagire quando qualcuno era più forte di lui… insomma, era stato più un peso che altro, ma non era certo il caso di dirlo davanti a lui!

“Va bene” concesse Yara, “evidentemente in tutto questo tempo sei cresciuto e maturato, non sei più il ragazzino piagnucoloso che ricordavo. Ma non aspettarti che ti facciamo Re delle Isole di Ferro per questo!”

“Io non voglio diventare Re, non sono qui per questo. Sono qui perché voglio aiutare te a diventare Regina” dichiarò Theon, riprendendo sicurezza e determinazione. E si stupì nell’accorgersi che era stata proprio quella difesa così spontanea da parte di Ramsay a dargli la forza e la voglia di farsi valere ancora una volta.

Yara si avvicinò al fratello, ignorando allegramente Ramsay che sembrava aver esaurito tutti gli argomenti a sua disposizione.

“Sei venuto qui per aiutare me?” chiese.

Theon la fissò negli occhi, adesso sì che sembrava davvero il Principe che diceva di essere… e Ramsay provò una strana emozione nel vederlo così, serio, deciso e ardito.

“Tu hai sempre fatto tanto per me e io non ti ho mai ricompensata” disse. “Sei tu che meriti di diventare la Regina delle Isole di Ferro e io sono qui per aiutarti. Farò tutto quello che è in mio potere per consentirti di sedere sul Trono del Mare.”

Anche Yara era rimasta colpita da questo nuovo Theon, così diverso dal fratello inetto che conosceva. Non trovò le parole per rispondergli, ma il suo forte abbraccio fu più eloquente di qualunque frase.

“Va bene” disse poi. “Vado ad avvertire i servitori perché servano il pranzo, bisogna festeggiare il ritorno di Theon Greyjoy e del suo… ospite? Insomma, quello che sia” tagliò corto Yara prima di uscire dalla stanza. Ma aveva lo sguardo di chi la sa lunga e quell’appassionata difesa di Ramsay le aveva fatto fare due più due… E in fondo, chi era lei per giudicare chi si portava a letto suo fratello? I gusti sono gusti, no?

Theon e Ramsay rimasero da soli nella Sala Grande e, mentre il giovane Bolton si guardava intorno approfittando del momento per capire in che razza di posto fosse capitato, Theon gli si avvicinò fino a trovarsi a pochissimi centimetri da lui.

“Mi hai difeso con Yara, prima. Hai detto delle cose molto belle su di me” gli disse a bassa voce. “Pensi davvero tutto quello che hai detto? Veramente mi sono conquistato il tuo rispetto, la tua stima e la tua fiducia?”

E anche qualcos’altro di cui nemmeno ti accorgi, vero?

Ramsay sembrò improvvisamente molto a disagio.

“Certo, io dico solo quello che penso, anzi, spesso dico le cose anche prima di pensarle” dunque anche lui si rendeva conto che il cervello non era sempre collegato quando sparava la prima cosa che gli attraversava la mente! “Tu mi hai davvero salvato la vita, senza di te non so che fine avrei fatto e non lo voglio nemmeno sapere, sei stato tu a portarmi qui e non potevo tacere e sentirti accusare di essere un vigliacco e un incapace perché non lo sei, non più, ora sei… ecco…”

Quando era in imbarazzo Ramsay parlava a raffica, ma Theon non voleva tante chiacchiere. Si avvicinò ancora di più e lo strinse a sé.

“Nessuno mi aveva mai difeso come hai fatto tu oggi, nessuno aveva mai detto di me qualcosa di così bello” mormorò prima di baciarlo. E quel bacio non era un ringraziamento, non era un modo per tenerlo in suo potere, no. In quel momento Theon aveva voluto baciare Ramsay semplicemente perché lo voleva, perché gli aveva fatto tenerezza e lo aveva commosso e emozionato e perché non voleva staccarsi da lui almeno fino a quando non fosse rientrata nella stanza Yara con i servitori!

Fu un pranzo piuttosto singolare, quello. Neanche tra mille anni ci si sarebbe potuti immaginare Yara, Theon e Ramsay a tavola insieme, nella Sala Grande di Pyke, a conversare più o meno piacevolmente su quello che sarebbe potuto accadere all’acclamazione di Re del giorno dopo. Era vero che Pyke non aveva mai avuto una Regina nella sua storia, ma Yara non era una donna come le altre e Theon era convintissimo che sarebbe riuscita a farcela. Lui, poi, l’avrebbe aiutata in tutti i modi, dandole il suo sostegno e il suo appoggio. Si sentiva bene, Theon. In realtà non riusciva a ricordare un periodo della sua vita in cui si fosse sentito davvero così bene, sicuro di essere al posto giusto nel momento giusto. Adesso era a casa sua, a Pyke, e per la prima volta sarebbe stato lui ad aiutare l’amata sorella ad ottenere ciò che desiderava e che meritava, non era più Theon il codardo, il Voltagabbana, il traditore, l’idiota viziato: adesso era davvero Theon Greyjoy, il Principe di Pyke, che avrebbe rinunciato al suo diritto al Trono del Mare in favore di Yara. E poi, anche se nemmeno lui riusciva bene a capire il perché, era contento anche che Ramsay fosse lì con loro, gli faceva piacere vederlo mangiare con gusto, sorridente e sereno come non credeva neanche che potesse essere. E non dimenticava le parole intense e appassionate con cui lo aveva difeso. Insomma, provava anche lui dei sentimenti piuttosto inspiegabili nei confronti del giovane Bolton, ma cominciava a pensare che il legame tra loro stesse davvero evolvendo in qualcosa che… chissà che ne sarebbe venuto fuori? Al momento lui si sentiva spesso intenerito, divertito da lui e molto più spesso eccitato e non aveva voglia di analizzare a fondo le sue emozioni, sapeva che con Ramsay stava stranamente bene ed era contento così.

In fondo anche Theon era un’anima semplice!

La giornata trascorse dunque in modo piacevole, il che era qualcosa che Theon non ricordava neanche più cosa significasse! I problemi, però, si presentarono al momento di raggiungere la seconda fortezza, quella nella quale si trovavano le stanze da letto. Yara era già andata a coricarsi per essere pronta e agguerrita nell’acclamazione di Re della mattina seguente, ma quando toccò a Theon e Ramsay si palesò un’evidente difficoltà.

Aveva iniziato a piovere forte, mentre il vento tirava a raffiche (un’altra bella serata a Pyke, signore e signori!) e Ramsay guardava con orrore il ponte sospeso che avrebbe dovuto attraversare per raggiungere la seconda fortezza. Theon non si era accorto dell’evidente disagio del suo compagno e si era già incamminato per un bel pezzo sul ponte, incurante degli scossoni dovuti al vento e della pioggia battente che sembrava ghiaccio quando colpiva… e poi si rese conto che Ramsay non era con lui. Si voltò e lo vide immobile davanti al ponte, con gli occhi sbarrati.

“Ramsay, cosa fai?” lo chiamò. “Sbrigati, ci stiamo inzuppando fino alle ossa! Poi, in camera, ci sarà una tinozza di acqua calda, teli e un camino acceso per riscaldarci.”

“Io non ci salgo su quel coso, guarda come ondeggia, non ci penso nemmeno!” replicò Ramsay con lo stesso tono risentito di un bambino che dice che non vuole andare dal dentista.

“Questi ponti sono sicuri, sono qui da centinaia di anni e gli Uomini di Ferro li attraversano sempre con disinvoltura, qualsiasi sia il tempo. E poi dovrai farci l’abitudine alle tempeste, qui a Pyke ce ne sono molte” minimizzò Theon, ma iniziava a capire che sarebbe stato un vero problema convincere Ramsay e così ripercorse all’indietro il ponte per raggiungerlo.

“Io non sono un Uomo di Ferro e voglio un altro passaggio” protestò il giovane Bolton. “E non è mica colpa mia se qui avete un clima di merda!”

“Non ci sono altri passaggi per arrivare alla seconda torre, devi passare di qui per forza” insisté Theon, avvicinandosi sempre di più al compagno.

“Io. Lì. Non. Ci. Salgo” ripeté il giovane, testardo. “Perché non avete fatto un bel ponte di pietra coperto, come fanno tutte le persone normali?”

“Capirai, parla quello che viveva a Forte Terrore” questa volta la battuta scappò di bocca a Theon, ma Ramsay era talmente scioccato dal ponte sospeso che non raccolse.

“Tu vuoi portarmi su quel ponte per buttarmi di sotto e farmi sfracellare sulle rocce!” insinuò poi Ramsay, dimostrando anche una notevole mania di persecuzione. “Per questo mi hai portato fin qui, per vendicarti di quello che ti ho fatto!”

Theon cominciava ad essere sinceramente esasperato, anche perché era tutto bagnato e aveva freddo, pur essendo un Uomo di Ferro… voleva raggiungere la fortezza al più presto, fare un bagno caldo e asciugarsi, non stare lì a discutere sul clima e l’architettura di Pyke!

“Ramsay, ma cosa stai dicendo? Non hai ancora capito che non voglio farti niente di male? Insomma, se avessi voluto vendicarmi di te ti avrei lasciato agli Stark” spiegò, armandosi di santa pazienza.

“Forse non ti bastava” replicò il giovane Bolton, rabbuiato. “Forse volevi vendicarti su di me con le tue mani, non che lo facessero gli Stark. E ora vuoi buttarmi giù dal ponte!”

“E non avrei avuto mille occasioni per farti del male, se davvero lo avessi voluto, da quando siamo fuggiti da Grande Inverno fino ad oggi? Avrei potuto tagliarti la gola mentre dormivi nei fienili o nei casolari abbandonati in cui ci siamo fermati tante volte, avrei potuto buttarti dal ponte della nave mentre venivamo qui a Pyke come pranzo per il Kraken…”

E, detto fra noi, il Kraken avrebbe sicuramente gradito!

Intanto Theon si era avvicinato ancora e aveva preso Ramsay per le spalle.

“Non voglio farti del male, né ora né mai” ripeté con dolcezza. “Però, se resti qui, finirai per farti venire un malanno e ti farai del male da solo. Ma dai, non avrai davvero paura di un ponte sospeso, tu che praticamente vivevi in quell’incubo di posto che erano le segrete di Forte Terrore!”

Il giovane Greyjoy cercava di distrarre Ramsay quel tanto che bastava a spingerlo a fare qualche passo verso il ponte, altrimenti sarebbero rimasti lì fino a trasformarsi in due statue di ghiaccio.

“Per forza mi ero abituato a quelle segrete, mio padre mi ci rinchiudeva fin da quando avevo due o tre anni, per qualsiasi cosa non gli andasse bene!” reagì a sorpresa Ramsay. “Se piangevo, se facevo un capriccio, lui mi portava nelle segrete e mi picchiava, mi prendeva a calci e poi mi chiudeva là sotto anche per giorni. Diceva che ero una nullità e che dovevo diventare un vero uomo come lui… Insomma, alla fine mi sono abituato a quei luoghi visto che passavo più tempo là che in camera mia. E poi, quando sono stato più grande, ho dimostrato a mio padre di aver imparato la lezione, di essere diventato un mostro spietato come lui, e ho usato quelle segrete per fare agli altri quello che era stato fatto a me! Non la sapevi questa storia, vero? Non ti sei mai chiesto come sia stato crescere a Forte Terrore senza una madre e con Roose Bolton come padre?” *

Le parole di Ramsay avevano raggelato Theon più del vento sferzante e delle gocce di pioggia che pungevano sul volto come aghi. Già, non si era mai chiesto come poteva essere stato per il piccolo Ramsay crescere con il solo Roose Bolton come genitore… forse non tanto diverso che crescere con Balon Greyjoy come padre, però Theon era stato fortunato perché aveva avuto Yara accanto e poi, a dieci anni, era stato preso come ostaggio dagli Stark e là aveva scoperto cosa significasse avere una famiglia normale. Ma chissà cosa ne sarebbe stato di lui se fosse rimasto con il padre… forse avrebbe finito per diventare una specie di assassino senza scrupoli come Balon voleva da lui?

Colpito da questo pensiero, Theon strinse a sé Ramsay che si era ormai infradiciato fino alle ossa e lo baciò profondamente, poi si staccò da lui e gli parlò con pacatezza e serietà.

“Un giorno faremo una bella chiacchierata sui nostri padri, penso che ne abbiamo entrambi bisogno” disse, “ma non è questo il momento, adesso dobbiamo andare in camera, scaldarci e asciugarci. Vieni con me, non aver paura del ponte. Dammi la mano e con l’altra reggiti alle corde. Io non lascerò che ti succeda niente, hai capito bene? Prima hai detto a Yara che ti fidi di me…”

“Io mi fido di te, è di questo stramaledetto ponte sospeso che non mi fido!” ribatté Ramsay.

Theon rise e questo bastò a far perdere a Ramsay tutte le coordinate, non sapeva più dov’era, chi era e perché e fu un bene, perché così il giovane Greyjoy riuscì a condurlo con sé lungo il ponte. Era davvero spaventoso, tremava e ondeggiava a ogni folata di vento ed era pure tutto bagnato e scivoloso, ma la stretta della mano di Theon era salda e mandava la sua forza e il suo calore fino in fondo al cuore di Ramsay (o a qualsiasi cosa avesse lì che gli serviva per mantenerlo in vita).

“Non guardare giù, qualsiasi cosa succeda. Guarda me, guarda solo me, ti conduco io, non preoccuparti” ripeteva Theon, sempre con quel tono rassicurante e tenero… e non c’era bisogno che glielo dicesse perché Ramsay non sarebbe riuscito a staccare gli occhi da lui neanche se fosse stato un caso di vita o di morte! E così, pian piano, Theon riuscì a portare Ramsay a destinazione.

“Mi hai salvato la vita un’altra volta” mormorò Ramsay, stringendosi a Theon e sentendosi tutto scombussolato, mentre il cuore gli batteva a mille e non certo per la paura!

“Come sei melodrammatico, ti ho solo aiutato ad attraversare il ponte” minimizzò Theon. “E anzi, dovrai abituartici, perché questi ponti dovremo attraversarli tutti i giorni, più volte, per passare da una torre all’altra.”

Mentre il giovane Greyjoy lo conduceva verso la loro stanza, sempre tenendoselo stretto, il neurone solitario di Ramsay comunicò al suo proprietario che di ponti ne avrebbe attraversati anche mille, se ogni volta si fosse ritrovato così stretto e abbracciato a Theon!

Fine capitolo quinto

 

* Ovviamente la storia drammatica dell’infanzia di Ramsay me la sono inventata io basandomi su quello che viene detto nella serie TV, in cui sembra che sia stato Roose Bolton ad allevare Ramsay fin da bambino. Ma, sinceramente, non credo di essermi immaginata più di tanto, visto che Roose Bolton non ha mai amato il suo figlio illegittimo e di certo non avrebbe vinto il premio di Padre dell’Anno.

 



 

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***


Capitolo sesto

 

Le mie scuse erano mille, mille
E nel cuore sento spille, spille
Prova a toglierle tu baby
Tu baby
Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito arrivando qui da sola
Restando in piedi con un nodo alla gola
Chiamami per nome…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Giunse il giorno previsto per l’acclamazione di Re, durante la quale Theon aveva deciso di prendere la parola per sostenere la rivendicazione del Trono del Mare da parte di Yara. Prima di tutto, però, Theon ritenne saggio cercare di chiarire un paio di cosette con Ramsay, tanto per evitare problemi maggiori. Così, mentre salivano insieme verso la collina dove si sarebbe svolta la famigerata acclamazione di Re, il giovane Greyjoy iniziò a spiegare quello che gli premeva prima che fosse il disastro totale.

“Ramsay, stiamo per partecipare all’acclamazione di Re davanti a tutti gli Uomini di Ferro” disse pazientemente, come se stesse parlando a un bambino di tre anni e neanche particolarmente sveglio. “Sarebbe oltremodo conveniente se tu evitassi qualsiasi commento sul Kraken, sull’architettura di Pyke o sul clima delle Isole di Ferro. Sai, la gente di qui potrebbe non apprezzare molto e già hanno i loro motivi per non trovarti simpatico…”

“Certo, perché ne ho ammazzati parecchi a Moat Cailin e comunque neanche loro mi stanno simpatici” replicò Ramsay con un sorrisetto, al che Theon capì che sarebbe stata dura… “Era per questo che non ero tanto convinto di venire qui a Pyke, ma poi tu mi hai detto che sarei stato sotto la tua protezione, no? No?

Theon sospirò, già stanco ancora prima di cominciare.

“Sì, sei sotto la mia protezione” confermò, “ma al momento attuale nemmeno io sono tanto popolare tra gli Uomini di Ferro e sarebbe meglio non irritarli ulteriormente.”

“Va bene, tanto non avevo intenzione di parlare con loro” tagliò corto Ramsay. “Piuttosto, che roba sarebbe questa acclamazione di Re? Il Re che è morto, Balon Greyjoy, era tuo padre e il padre di Yara, no? Quindi sarebbe logico che tu o lei foste i suoi eredi diretti. Funziona così in tutti i Sette Regni, o perlomeno in tutti i luoghi civilizzati.”

Cercando di ignorare che il compagno aveva appena dato di barbari incivili a lui e a tutta la gente delle Isole di Ferro, Theon riprese la sua lezione, rendendosi però conto che far capire una cosa del genere a Ramsay sarebbe stata un’ardua impresa!

“Eh… nelle Isole di Ferro la successione non è una cosa così immediata” spiegò. “È vero che in genere è un Greyjoy a regnare sul Trono del Mare, ma io e Yara non siamo gli unici Greyjoy in vita, ci sono i miei zii Euron e Victarion e comunque, teoricamente, chiunque ha il diritto di proporsi come nuovo Re dichiarando cosa intende fare per la gloria di Pyke. Se la folla lo accetta, diventa Re.”

Ramsay sembrava molto divertito da questo aspetto della faccenda.

“Cioè, vorresti dirmi che qui da voi viene incoronato chi grida più forte e chi spara le stronzate maggiori? Certo che siete davvero strani. Quindi, teoricamente potrei venire incoronato anch’io?”

Theon si sentì mancare immaginandosi la scena…

Teoricamente, forse, ma tu non sei un Uomo di Ferro, quindi direi anche no!” replicò, riprendendosi appena in tempo. Severo ma giusto.

“Dicevo tanto per dire” commentò Ramsay con un’alzata di spalle. “Figuriamoci se vorrei mai diventare Re di questo posto!”

Theon preferì non indagare troppo sul tono schifato con cui Ramsay aveva parlato di questo posto, era già abbastanza sollevato per il fatto che il giovane non gli avrebbe creato imbarazzo durante l’acclamazione di Re… forse…

E così, chiacchierando piacevolmente, Theon e Ramsay raggiunsero il luogo in cui si sarebbe svolta l’acclamazione. Yara e gli altri Uomini di Ferro erano già arrivati e sembravano pure un po’ seccati per aver dovuto attendere. C’era agitazione nell’aria e si poteva anche capire, non è che facessero acclamazioni di Re tutti i giorni, i Re delle Isole di Ferro non tendevano a morire così di frequente!

Così, finalmente, la cerimonia poté avere inizio e Aeron Capelli Bagnati, uno dei tanti zii di Theon e Yara e che aveva avuto la sua rivelazione privata diventando Sacerdote del Dio Abissale, iniziò la sua tirata trionfale.

“Siamo qui riuniti al cospetto del Dio Abissale e nel suo nome per scegliere un nuovo Re che ci guidi. Chi reclama il Trono del Mare?” esclamò, secondo la formula rituale di quei posti là, come avrebbe detto Ramsay.

Come stabilito, fu Yara a prendere per prima la parola.

“Io sono Yara Greyjoy, figlia di Balon Greyjoy, e reclamo il Trono del Mare!”

Ma gli Uomini di Ferro, come si evince già dal nome, erano dei terribili maschilisti e subito ci fu qualcuno che protestò.

“Non vogliamo una donna come Regina!”

“Non abbiamo mai avuto Regine!” urlò un altro. No, a quanto pareva la parità dei sessi e le quote rosa erano ancora al di là da venire nelle amene Isole di Ferro.

Yara, evidentemente, se ne fregava del sessismo dei suoi compatrioti e rispose per le rime.

“Non abbiamo mai fatto tante cose, il mondo neanche ci conosce. I grandi Signori di Westeros si ricordano di noi solo quando vengono a schiacciarci per punirci delle razzie che li infastidiscono, ma io vi prometto che, quando sarò Regina, costruirò una flotta che…”

Uno dei gentiluomini che partecipavano all’acclamazione di Re la interruppe senza tanti complimenti.

“Tu non sarai mai Regina, non ci guiderà mai una donna” sentenziò con aria schifata, “soprattutto ora che il figlio di Re Balon, Theon Greyjoy, è tornato!”

Lo disse un po’ con l’aria di pensare che, piuttosto che veder incoronata una donna, avrebbe fatto Re il primo deficiente che fosse passato per la strada, ma tant’è… Theon sembrò non accorgersi di questo particolare e, dopo aver scambiato un’occhiata d’intesa con la sorella, si fece avanti. Vederlo così impettito, fiero e deciso davanti a uomini che, chiaramente, lo disprezzavano, fece uno strano effetto a Ramsay, che si sentì prima gelare da brividi freddi lungo la schiena, poi avvampare come se il sangue gli prendesse fuoco. Chissà che cos’era? Chissà?

“Io sono Theon Greyjoy, ultimo figlio maschio rimasto in vita di Re Balon” dichiarò, caso mai qualcuno non si fosse ricordato chi era, o forse era d’obbligo fare così. Fece una bella pausa ad effetto da attore consumato e poi riprese, indicando Yara. “E lei è la vostra legittima sovrana! So che molti di voi sono stati in mare sotto il suo comando e quindi sanno, come lo so io, che Yara è una grande guerriera, una razziatrice, Yara è un vero Uomo di Ferro, migliore di molti di noi. Non troveremo mai un condottiero migliore, è lei la nostra Regina!”

Theon era stato oltremodo convincente e la folla, che da sempre segue il vento ovunque soffi, a quel punto era tutta dalla sua parte e quindi era prontissima ad acclamare Yara come Regina delle Isole di Ferro lì e subito, senza pensarci due volte. E anche Ramsay ascoltò in silenzio il discorso appassionato di Theon senza interromperlo né fare battutine irriverenti e, del resto, non ne sarebbe stato in grado visto che era rimasto praticamente incantato, ammirato, ipnotizzato. Quel Theon così sicuro e determinato che parlava a testa alta e con sguardo fiero davanti agli Uomini di Ferro sembrava davvero un Principe, anzi, un Re vero e proprio. Ramsay sentiva un calore sempre più intenso avvolgerlo tutto, era agitato e turbato e, se fosse stato per lui, si sarebbe messo ad acclamare Theon come Re senza tanti complimenti!

E poco mancò che lo facesse. Purtroppo, però, il magnifico discorso del giovane Greyjoy aveva ammaliato tutti gli Uomini di Ferro meno uno, che fece sentire per la prima volta la sua voce proprio in quel momento epico.

“Io sono Euron Greyjoy e reclamo il Trono del Mare” disse il nuovo arrivato, al quale Ramsay lanciò subito un’occhiata ostile. L’uomo sghignazzò, fregandosene allegramente degli sguardi di aperta antipatia che gli lanciava non solo Ramsay, ma anche Theon e Yara. Anzi, si avvicinò ai nipoti e li squadrò con aria di sfottimento. “Yara, che piacere trovarti sana e salva. E guardate un po’ chi si rivede, il nostro Theon che è tornato dopo anni di disastri e figure di merda su al Nord. In effetti penso che dovresti pure vergognarti di parlare davanti agli Uomini di Ferro dopo che ti sei fatto ridere dietro da tutti: hai perso Grande Inverno come un coglione, ti sei fatto prendere prigioniero e poi… che devo vedere? Ti sei portato dietro uno di quei gran Signori del Nord, come se avesse qualche diritto su di noi solo perché ti ha tenuto prigioniero per anni! Sei arrivato ad essere tanto plagiato da questi Lord di Westeros da lasciare che uno di loro venga qui a dire la sua sulla nostra acclamazione di Re, fino a questo punto sei codardo e servile? Sei un abominio, una vergogna per i Greyjoy e per tutte le Isole di Ferro, dovresti correre a nasconderti come il vigliacco che sei, tu non sei un Uomo di Ferro!”

Theon, poveretto, era già stato abbastanza bravo a trovare la forza per parlare davanti ai suoi compatrioti sapendo bene che lo consideravano un traditore e un inetto e adesso, di fronte alle parole cattive e sprezzanti di suo zio Euron non trovava più sufficiente sangue freddo per rispondergli per le rime… e fu allora che, finalmente, Ramsay ritrovò la sua verve e si produsse in una delle sue più belle esternazioni (quel ragazzo era proprio nato nel posto sbagliato, se fosse stato un Uomo di Ferro avrebbe avuto sempre un grande successo alle acclamazioni di Re!).

“Ma insomma, chi accidenti sei tu che ti presenti così all’improvviso a rovinare tutto quando noi ci stavamo divertendo così tanto e Yara stava per essere incoronata?” lo aggredì con rabbia. “Un altro Greyjoy, sì, vabbè, più che altro mi sembri un buzzurro venuto dalla campagna, ti manca solo la zappa e il forcone! E un pallone gonfiato come te si permette di interferire in una cosa importante come questa acclamazione di Re? È proprio vero, allora, che qui incoronano l’imbecille che spara stronzate a voce più alta di tutti, se è così vincerai senz’altro… ma non osare mai più offendere Theon in quel modo, ci siamo capiti?”

No, evidentemente Euron non aveva capito niente, visto che per tutta risposta ignorò Ramsay e si rivolse di nuovo con malignità al nipote.

“Ah, sei addirittura tanto vile e incapace da aver bisogno che sia uno dei tuoi gran Signori del Nord a difenderti?” iniziò a dire, ma non riuscì a finire la sua invettiva perché Ramsay era lanciatissimo e lo spettinò ben bene.

“Cos’è, sei sordo oppure proprio idiota? Ti ho appena detto di non permetterti più di offendere Theon” ringhiò Ramsay che, in effetti, in quel momento aveva ritrovato tutta la baldanza dei tempi d’oro in cui scuoiava la gente… e Euron non era nemmeno legato! “Come te lo devo dire? Non. Offendere. Più. Theon. Tu non sai un bel niente di lui, non lo conosci nemmeno, altrimenti non oseresti neanche pensare che Theon Greyjoy sia un vigliacco. Ha affrontato sofferenze atroci, umiliazioni, mortificazioni, ha subito affronti che avrebbero spezzato chiunque altro e sicuramente uno sbruffone arrogante come te avrebbe ceduto alla prima! Invece Theon ha saputo resistere e, anzi, tanto dolore lo ha reso più forte, è stato capace di ricostruirsi, di rimettersi in piedi, di riprendere energia tanto da aiutarmi a scappare da Grande Inverno quando gli Stark sono tornati. È stato Theon a organizzare la fuga, a trovare i nascondigli e alla fine a ritornare sano e salvo qui a Pyke, dovendosi occupare anche di me che ero ferito. È stato un eroe, altro che un vigliacco, e tu non sei degno neanche di leccargli gli stivali, faccia da maiale! Se ti azzardi un’altra volta a dire qualcosa di male a Theon ti assicuro che dovrai imparare a camminare sulle mani… se riusciranno a reggere il peso di quel culone che ti ritrovi!”

La sottile retorica di Ramsay aveva evidentemente conquistato il pubblico degli Uomini di Ferro che, come abbiamo già avuto modo di notare, non erano esattamente degli animi poetici e intellettuali. Mentre Theon fissava sbalordito il suo ex-carceriere che adesso sfoderava tutta la sua parte più violenta e minacciosa non per fare del male a lui, bensì per difenderlo, Yara pensò bene di approfittare del momento per dire anche lei la sua contro Euron.

“Credo proprio che Ramsay abbia ragione” disse, “e devo ammettere che sono felice che tu sia qui, zio, perché la prima cosa che farò, non appena sarò Regina delle Isole di Ferro, sarà farti giustiziare per aver assassinato mio padre!”

Gli Uomini di Ferro si stavano divertendo davvero un sacco, avevano aspettato anni per una nuova acclamazione di Re, ma certo non ce n’era mai stata una così emozionante e piena di colpi di scena, almeno a memoria d’uomo. Quelli che poco prima stavano per acclamare Euron adesso iniziavano a guardarlo con sospetto. Va dato atto all’uomo che, perlomeno, non era né un vigliacco né un bugiardo, infatti reagì con un’alzata di spalle alle accuse di Yara.

“Sì, è vero, ho ucciso Balon Greyjoy. Era ubriaco fradicio e l’ho spinto giù da uno dei ponti sospesi della fortezza di Pyke” ammise, tranquillamente, mentre Ramsay pensava Lo dicevo io che quei maledetti ponti sono pericolosi! “Dovrei vergognarmene? Neanche per sogno. Balon Greyjoy era un pessimo Re, nessuno lo amava e ci stava portando alla rovina con le sue decisioni scellerate, io vi ho solo fatto un favore. Anzi, vi chiedo perdono per non averlo ucciso prima.”

“E come avresti potuto farlo?” domandò Theon, che dopo l’appassionata difesa di Ramsay sembrava aver ritrovato fierezza e determinazione e che voleva dimostrare di meritarsi tutte quelle belle parole che il giovane Bolton aveva detto in suo favore. “Tu non c’eri nemmeno, eri in giro per il mondo… ma Yara c’era, lei c’è sempre stata accanto agli Uomini di Ferro ed è per questo che sarà lei a portarli verso la gloria che la nostra gente merita!”

Ora, non è dato sapere fino a che punto gli Uomini di Ferro meritassero davvero tale gloria, quel che è certo è che, come tutte le folle di questo pazzo mondo, non facevano altro che seguire la persona che diceva ciò che volevano sentire. E così dopo essersi mostrati favorevoli, nell’ordine, prima a Theon, poi a Yara, poi a Euron, adesso erano tornati a guardare Yara con ammirazione ed erano pronti ad acclamarla.

Insomma, forse non aveva tutti i torti Ramsay quando diceva che all’acclamazione di Re vinceva quello che urlava più forte e che sparava le stronzate più grosse! Come sarebbe finita? Al momento sembrava proprio che Yara godesse delle simpatie della sua gente che la conosceva bene e che l’aveva seguita molte volte nelle sue imprese, molto più di questo Euron che aveva viaggiato per anni e che compariva guarda caso giusto giusto per ammazzare il Re e cercare di prendere il suo posto.

Ma, come ben sappiamo, nel simpatico e vivace universo di Game of Thrones c’è sempre qualcuno che gioca sull’effetto sorpresa e le cose non vanno mai come la gente ragionevole e normale immagina che debbano andare. Chissà, forse davvero le Isole di Ferro erano un luogo perfetto per un tipo irragionevole e con un unico neurone come Ramsay e, non volendo, Theon lo aveva portato proprio nel posto a lui più congeniale!

Fine capitolo sesto

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo ***


Capitolo settimo

 

La tua rabbia non vince
Certi inizi non si meritano nemmeno una fine
Ma la tua bocca mi convince
Un bacio alla volta
Come sassi contro le vetrine

Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull'erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby
Te baby…
(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Euron Greyjoy pareva sconfitto da Yara, ma aveva ancora una carta da giocare, il suo asso nella manica.

“Va bene, Yara porterà le Isole di Ferro alla gloria e bla bla bla, ma come farai, cara nipote?” domandò, caustico.

“Costruirò la più grande flotta che il mondo abbia mai visto” replicò la donna.

“Ottima idea” commentò Euron, e finalmente rivelò il famoso asso nella manica grazie al quale era convinto che sarebbe stato eletto Re senza tanti problemi. “Peccato per te che sarò io a costruire questa flotta e a decidere dove guidarla. Ho girato il mondo, è vero, ma è stato così che ho potuto conoscere luoghi che voi nemmeno immaginate. Sappiate infatti che al di là del mare c’è una persona che odia i grandi Signori di Westeros tanto quanto li odiamo noi: ha un esercito, tre grandi draghi e nessun marito. Perciò sarò io a costruire la flotta di Ferro e ad attraversare il mare per offrirla a Daenerys Targaryen… insieme al mio grosso cazzo!”

E, sicuramente, Daenerys sarebbe rimasta incantata e affascinata dalla classe e dal romanticismo del suo spasimante!

“Quest’uomo è un vero poeta” commentò Ramsay a bassa voce, ma non così bassa da non farsi sentire da Theon che gli era accanto e che per poco non si strozzò per soffocare le risate.

A volte quel ragazzo era dannatamente simpatico, doveva ammetterlo…

“Tu vuoi sedurre la Regina dei draghi?” domandò Yara. Nemmeno lei era molto esperta nell’arte del corteggiamento, ma insomma, dubitava fortemente che l’eleganza e la raffinatezza di suo zio Euron avrebbero fatto breccia nel cuore di una Principessa Targaryen.

“Non sarò io a sedurla, ma la mia flotta immensa e invincibile” replicò Euron, che per fortuna risparmiò a tutti quanti paragoni imbarazzanti tra la grandezza della flotta di Ferro e quella del suo… beh, insomma, ci siamo capiti, no? “Insieme conquisteremo i Sette Regni, tutti dovranno piegarsi davanti a noi ed è per questo che dovete farmi Re, qui e adesso, perché io porterò Pyke a una gloria mai conosciuta prima!”

E con questo argomento così convincente Euron ebbe partita vinta. Gli Uomini di Ferro non si chiesero se la Targaryen avrebbe accettato di allearsi con lui, davano per scontato che così sarebbe stato e urla di giubilo si levarono tra la folla.

“Sì, sì, Euron, Euron!”

“Euron Re!”

“Vogliamo Euron!”

Theon e Yara si scambiarono un’occhiata delusa mentre Euron andava verso i suoi fans, pronto a stringere mani, firmare autografi e farsi affogare come ogni buon Re delle Isole di Ferro doveva fare. Prima che potesse incamminarsi verso il luogo in cui sarebbe stato incoronato da Aeron Capelli Bagnati, però, dovette fermarsi, ancora una volta bloccato da Ramsay che gli si era piantato davanti con espressione decisa.

“Ma che bravo, sei riuscito a farti eleggere proprio come pensavo io, sparandole più grosse di tutti gli altri da quello sbruffone che sei” commentò con un certo disprezzo. “Congratulazioni, allora. Ma in tutta questa eccitazione non ti sei accorto di aver dimenticato un dettaglio fondamentale?”

Euron aveva la vaga idea che quel ragazzo lo stesse prendendo per i fondelli e in un certo senso non aveva tutti i torti, ma a quel punto era pure incuriosito da ciò che avrebbe detto. Intanto la folla dei supporters di Euron era ammutolita, sconvolta dal fatto che il giovane venuto dal Nord avesse osato interrompere di nuovo la loro importantissima acclamazione di Re e Theon, dal canto suo, stava per mettersi le mani nei capelli chiedendosi che cosa avrebbe combinato adesso!

“Oh, mi aspettavo che il grande Signore di Westeros avrebbe voluto dire la sua anche adesso” replicò Euron, sarcastico. “Ti brucia il fatto che la parte che sostenevi sia stata sconfitta, vero? Beh, tu e gli altri Lord dovrete farci l’abitudine a essere schiacciati da noi Uomini di Ferro.”

“Io non sono un grande Signore di Westeros” chiarì il giovane, che ancora una volta si trovava perfettamente a suo agio, così come si era divertito a Grande Inverno quando aveva frastornato di chiacchiere i Karstark, gli Umber e gli altri del Nord. “Sono Ramsay Bolton di Forte Terrore, quindi, potremmo dire, un Lord minore rispetto a quelli che voi tanto disprezzate. Comunque credo di essere più informato di te sulla situazione dei Sette Regni e sulle prospettive che stai strombazzando a destra e a manca.”

Quello era uno dei momenti catartici in cui il neurone solitario di Ramsay dava il meglio di sé e portava il giovane Bolton a sembrare quasi una persona normale, che andava ascoltata e possibilmente obbedita. Theon e Yara si scambiarono un’altra occhiata: pareva che Yara ritenesse Theon personalmente responsabile di qualsiasi bestialità Ramsay avrebbe potuto tirar fuori.

“Devo ammettere che dubito fortemente che Daenerys Targaryen accetterà le tue proposte così garbate e signorili, è una Targaryen e sono anni che non ha un marito. Lo sanno solo gli Antichi Dei, o forse il Dio Abissale, come tu possa pensare che una donna che evidentemente non vuole dipendere da nessuno debba scegliere come suo sposo proprio un cafone rozzo e villano come te. Fingiamo tuttavia di prendere per buone le tue fanfaronate e accettiamo il fatto che la Regina dei draghi resti abbagliata dalla tua flotta invincibile e accetti di allearsi con te piuttosto che usarti come spuntino per i suoi draghi, tipo porcello arrosto, hai presente? Bene, dunque pensi che la Targaryen con il suo esercito, i suoi draghi e la tua flotta possa venire qui e conquistare i Sette Regni senza neanche spettinarsi? Avrai girato il mondo, ma di certo non sai niente di quello che accade nel continente e delle alleanze potenti che sono state strette.”

Euron, chiaramente, sapeva fare poco di più che sbraitare e millantare. Aveva capito forse la metà delle parole pronunciate da Ramsay (che, quando voleva, tirava fuori una parlantina che ti faceva credere qualsiasi cosa), ma aveva colto nel suo tono una sorta di minaccia e voleva saperne di più.

“Che vuoi dire? Noi siamo Uomini di Ferro, non ce ne frega niente delle vostre alleanze e dei vostri Re!” esclamò.

“Infatti è proprio per questo che i Signori di Westeros ve lo infilano sempre laggiù dove non batte il sole. Le avete prese ogni volta che avete provato a alzare un po’ troppo i tentaco… ehm… la testa, non è così? Forse ti converrebbe davvero starmi a sentire” replicò Ramsay, che cominciava davvero a prenderci gusto.

Theon sembrava indeciso se buttarsi direttamente in mare e sfracellarsi sugli scogli o aspettare di vedere che cosa avrebbe saputo inventare stavolta il suo creativo compagno…

“Dunque, le cose stanno più o meno così. A Nord ci sono gli Stark, e questo lo sanno anche i vostri scogli, ma quello che non sapete è che adesso gli Stark sono alleati con gli Arryn e con il nuovo Lord Protettore dell’Est, Petyr Baelish. È così che sono riusciti a riconquistare Grande Inverno, perché avevano l’appoggio dell’esercito dell’Est, quindi formano una sorta di barriera invalicabile nella parte Nord-Est dei Sette Regni, appunto” l’avevo detto che Ramsay avrebbe figurato benissimo in un’acclamazione di Re, o no? Adesso tutti lo ascoltavano interessati e si sarebbe detto che, potendo, avrebbero persino eletto lui al posto di Euron, visto che era quello che, effettivamente, le sparava più grosse. “E, a proposito di Barriera, il Nord è protetto pure dal Lord Comandante dei Guardiani della Notte, quel bastardo di Jon Snow, che è stato cresciuto dagli Stark e quindi, all’occorrenza, mette anche il suo esercito a loro disposizione. Io non ci vedo tante possibilità di far breccia, e tu? Nemmeno con tre draghi e una flotta invincibile e altre meraviglie.”

“E va bene, ma non esiste mica soltanto il Nord!” reagì Euron, innervosito, sentendo che le sue certezze adamantine iniziavano a vacillare.

“No, certo” rispose soavemente Ramsay, preparandosi ad inventare un gioco di alleanze che neanche Risiko, e questa era la parte che gli piaceva di più! “I Bolton sono una famiglia minore, è vero, ed è per questo che abbiamo perso Grande Inverno contro la coalizione Stark/Arryn. Tuttavia mio padre, Roose Bolton, ha da anni un’alleanza stretta con i Lannister che, ti ricordo, siedono tuttora sul Trono di Spade e, come se non bastasse, ha sposato una delle figlie di Walder Frey, Lord Supremo del Tridente, alleandosi anche con questa potente casata. I Lannister, a loro volta, sono alleati con i Tyrell dell’Altopiano, Protettori del Sud. Quindi, mi chiedo, dove esattamente intenderesti iniziare ad attaccare per la tua spedizione di conquista dei Sette Regni?”

Euron appariva d’un tratto molto meno sicuro e sperava che i suoi elettori avessero capito ancor meno di lui a proposito delle varie alleanze e parentele dei Signori di Westeros, altrimenti col cavolo che sarebbero stati ancora tanto decisi a incoronarlo!

“Insomma, dove vuoi arrivare? Mi stai minacciando? Vuoi che siano i Lord di Westeros a guidare la nostra acclamazione di Re? Perché non te lo permetterò, io…”

“No, no, ormai hai vinto la tua corona e il tuo Trono del Mare, per me te lo puoi tenere, figurati” lo interruppe Ramsay con un risolino di scherno. “Tutto questo era solo per dirti che da una parte ci sei tu, nuovo Re delle Isole di Ferro, che però te ne vai al di là del mare con la pia illusione di conquistare i favori di Daenerys Targaryen; dall’altra parte c’è Yara che anche lei vuol partire per cercare alleanze non so bene dove. E, in tutto ciò, chi realmente dovrebbe governare le Isole di Ferro, visto che il Re appena eletto non ci sarà?”

Ecco una cosa non del tutto trascurabile alla quale Euron non aveva proprio pensato. Non ci aveva pensato nessuno, a dire il vero, si rese conto Theon tutto d’un tratto. Anzi, Ramsay aveva appena posto la domanda più intelligente di tutta la giornata…e anche questo la diceva lunga sulle capacità intellettuali degli Uomini di Ferro! Chi avrebbe governato le Isole di Ferro?

“Vorresti governare tu, dunque? È questo che vuoi?” chiese di rimando Euron con una sghignazzata.

C’era qualcosa di surreale nel vedere Euron e Ramsay affrontarsi faccia a faccia e rendersi conto che, tra i due, era proprio Ramsay quello che sembrava più normale.

“Io? Oh, no, per carità!” esclamò con fin troppa precipitazione. “Non so niente dei vostri usi e costumi e non riesco neanche ad attraversare i ponti sospesi tra le torri della fortezza di Pyke! Ma c’è una persona che sarebbe degna della fiducia degli Uomini di Ferro, una persona che potrebbe benissimo governare le Isole di Ferro nel miglior modo possibile. Una persona che ha il vantaggio dell’alleanza con la famiglia Bolton e quindi con metà dei Sette Regni e che, a dirla tutta, in qualsiasi altro Regno degno di questo nome sarebbe stato dichiarato erede legittimo del defunto Re. Insomma, sto parlando di tuo nipote, Theon Greyjoy, caso mai non si fosse capito.”

Tutti ammutolirono a queste parole, molti tra gli Uomini di Ferro si scambiarono sguardi e cenni di assenso, ma il più sbigottito di tutti era proprio Theon! Possibile che Ramsay lo avesse veramente proposto come reggente delle Isole di Ferro, insinuando tra l’altro che sarebbe dovuto essere lui il vero Re? Possibile che avesse davvero tanta stima e fiducia in lui? Non aveva neanche finito di porsi questi e altri simili interrogativi che la folla esplose in un ennesimo boato di entusiasmo e, seduta stante, acclamò il giovane Greyjoy come reggente di Pyke fino al ritorno del Re. Quella giornata sarebbe entrata sicuramente nella storia delle Isole di Ferro, mai si era vista un’acclamazione di Re tanto emozionante!

“E va bene, Theon, sarai tu il reggente” capitolò Euron, al quale sembrò così di scegliere il male minore. Se Ramsay avesse continuato a chiacchierare a ruota libera chissà dove si sarebbe andati a finire… “Ma non illuderti troppo, io tornerò molto presto a riprendere il mio posto, trionfante e con la Regina dei draghi al mio fianco!”

Detto questo, il nuovo Re di Pyke si avviò con i suoi fans verso il luogo in cui sarebbe finalmente avvenuta quell’incoronazione tanto tormentata, mentre Ramsay rivolgeva a Theon un sorriso soddisfatto.

“Sarebbe meglio per lui non illudersi troppo” commentò, divertito.

“Infatti” replicò soddisfatta Yara. “Non sarà certo lui a ottenere i favori di Daenerys Targaryen. Io partirò stanotte stessa con le mie navi e i miei uomini per raggiungerla prima di nostro zio e conto di poterla convincere molto meglio di quanto farebbe lui con quei suoi discorsi disgustosi!”

“E io governerò le Isole di Ferro?” mormorò Theon, ancora incredulo. Neanche in mille anni avrebbe pensato di raggiungere un risultato del genere, per di più senza fare niente per ottenerlo… e doveva ammettere che il merito era tutto del giovane Bolton.

“Beh, sì, il piano sarebbe questo” rispose Ramsay, che sotto lo sguardo azzurro e profondo di Theon cominciava a perdere tutta la sua effervescenza e, anzi, si sentiva turbato e a disagio senza sapere perché.

Nel frattempo, sulla collinetta sopra gli scogli erano rimasti solo loro due. Euron e gli altri Uomini di Ferro erano sulla spiaggia per l’incoronazione e Yara si era affrettata a salutare il fratello per andare a preparare i suoi equipaggi per la partenza.

Ramsay si sentiva improvvisamente le ginocchia deboli e temeva che sarebbe rotolato per terra e poi, chissà come, si ritrovò stretto tra le braccia di Theon.

“Ti avevo detto di non intervenire durante l’acclamazione di Re, ma questa volta hai fatto proprio bene a non starmi a sentire” gli disse con dolcezza. “Mi hai difeso con coraggio davanti a mio zio Euron, hai detto delle cose bellissime su di me, nessuno aveva mai parlato così in mio favore, è stato… non so, era quello che avevo sempre desiderato e adesso non riesco neanche a crederci.”

Più o meno era quello che stava provando anche Ramsay, stretto nell’abbraccio di Theon: non riusciva a credere che quel bel Principe lo stringesse in quel modo, lo volesse con sé.

“Credi davvero che riuscirò a governare le Isole di Ferro senza fare un casino come a Grande Inverno?” gli domandò Theon. Forse si aspettava una risposta sarcastica da parte di Ramsay, ma in quel momento il giovane Bolton non era in sé… insomma, ancora meno del solito!

“Sono sicuro di sì. Questa è la tua casa, la tua gente, e se sei riuscito a sfuggire alle segrete di Forte Terrore allora puoi fare praticamente tutto” gli rispose, senza neanche riuscire a guardarlo negli occhi.

Theon lo avvolse ancora di più nel caldo rifugio delle sue braccia e lo baciò. Un bacio lungo, profondo, dolce e allo stesso tempo intenso, mentre i respiri si mescolavano e un fuoco incendiava le vene di entrambi. Ramsay si aggrappò a Theon come un naufrago, sentendosi davvero sciogliere e liquefare in quel bacio, pensando che non sarebbe mai più riuscito a respirare normalmente e che avrebbe perso definitivamente anche quel piccolo e solitario neurone che, ogni tanto, lo rendeva minimamente lucido. Non si era mai sentito così debole e indifeso e per la prima volta nella sua vita non gliene importava niente, perché Theon era lì con lui a sostenerlo e a stringerlo nel cerchio delle sue braccia e lui non voleva altro, gli sembrava che anche la rabbia che lo aveva avvelenato per tutta la sua esistenza bruciasse e svanisse come fumo mentre lui era sempre più perso in quel bacio.

Insomma, pareva proprio che sia Theon che Ramsay avessero ottenuto quello che desideravano… ma come potete immaginare la storia non finisce qui, anche se per adesso possiamo lasciarli in pace a godersi un po’ di gioia e soddisfazione, no?

Fine capitolo settimo

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo ***


Capitolo ottavo

 

So bene come dare il peggio non darmi consigli
Cerco un veleno che non mi scenda mai
Ho un angelo custode sadico
Trovo una scusa ma che cosa cambierà, eh?
La grande storia banale
Prima prosciughiamo il mare
E poi versiamo lacrime
Per poterlo ricolmare

Le promesse erano mille mille
Ma nel cuore sento spille spille
Prova a toglierle tu baby tu baby

Chiamami per nome solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito venendo qui da solo
Guidando al buio piango come uno scemo
Chiamami per nome…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Yara era partita quella sera stessa con la flotta e gli uomini che era riuscita a trovare, immaginando che lo zio Euron, che pure aveva accettato di nominare Theon come suo reggente perché lo considerava un cretino integrale e quindi non certo in grado di mettere in pericolo la sua corona, avrebbe invece cercato di far uccidere lei, l’unica vera pretendente degna di questo nome al Trono del Mare.

Ovviamente, quando aveva salutato in fretta e furia il fratello prima della partenza, Yara non gli aveva spiegato la situazione in questi termini, Theon ci sarebbe rimasto troppo male! Gli aveva detto invece che si sarebbe diretta a Roccia del Drago per allearsi con Daenerys Targaryen prima che potesse farlo Euron: in fondo avevano un obiettivo in comune, entrambe volevano diventare Regine della loro terra ed entrambe non volevano essere dominate da un marito. Chissà, magari poteva pure funzionare!

Così Theon si ritrovò nella grande fortezza di Pyke da solo con Ramsay e un manipolo di servitori e consiglieri del defunto Re Balon che lo guardavano come se fosse qualcosa di schifoso appiccicato sotto la suola dei loro stivali (evidentemente erano tra quelli che non avrebbero votato per lui durante l’acclamazione di Re) e il governo delle Isole di Ferro sotto le sue mani.

“Non vorrei darti una delusione, ma ho la sensazione che i tuoi nuovi sudditi non siano molto entusiasti di averti come reggente” gli disse Ramsay mentre cenavano, con il suo solito tatto. “Non li capisco proprio. Insomma, non sarai il più brillante sovrano dei Sette Regni, ma l’alternativa era quel grassone presuntuoso di tuo zio Euron, che non saprebbe governare nemmeno l’organizzazione delle latrine! Che pretendono da te?”

“Grazie, Ramsay, sono sinceramente commosso da come sai sempre incoraggiarmi” gli rispose Theon, che dopo una giornata del genere era troppo esasperato per fingere. E comunque adesso era il reggente di Pyke, praticamente il Re, per cui le possibilità che il giovane Bolton potesse arrabbiarsi con lui e tagliargli ancora qualche cosa erano pari a zero. Per il Dio Abissale, nel caso sarebbe stato lui a rinchiuderlo nelle segrete di Pyke, posto che ricordasse dov’erano… probabilmente nei sotterranei, mezze allagate e molto, molto umide!

Ramsay, però, non era solito comprendere le battute. Ramsay non era solito comprendere un sacco di cose, e prese le parole di Theon alla lettera.

“Non c’è di che, figurati, in fondo tu mi hai salvato la vita, adesso sono sotto la tua protezione, mi sembra il minimo poterti sostenere e incoraggiare” replicò infatti, con un gran sorriso soddisfatto. “Quindi adesso cosa farai? Cosa deve fare il Re delle Isole di Ferro?”

La cosa grave è che non ne ho la più pallida idea, pensò Theon.

“Sicuramente la prima cosa da fare sarà costruire una nuova flotta” iniziò a spiegare Theon, non tanto per rispondere a Ramsay quanto per ricordare a se stesso che cosa, effettivamente, aveva intenzione di fare. “Yara è partita con le sue navi e i suoi uomini e Euron farà lo stesso, quindi le Isole di Ferro resteranno con ben poche navi e non possiamo permettercelo. E poi intendo fare dei cambiamenti importanti, quelli che avrebbe fatto Yara se fosse stata eletta Regina.”

Si fermò per un attimo, aspettandosi qualche battuta sarcastica o qualche commento dissacrante da parte di Ramsay, ma stranamente non ci fu, anzi: il giovane lo fissava come se fosse un’apparizione, con gli occhi sgranati e l’aria ammirata. Theon non sapeva se questo fosse un bene o un male, ma nel dubbio riprese a parlare, visto che sembrava che Ramsay lo ascoltasse.

“Yara ha detto delle cose molto importanti durante l’acclamazione di Re, ha detto che i Signori di Westeros ci odiano e che si ricordano di noi solo per attaccarci. Forse non hanno tutti i torti, perché anche gli Uomini di Ferro disprezzano i Lord dei Sette Regni e vivono solo per razziare le loro coste, uccidere e depredare. Dobbiamo trovare un altro modo, niente più razzie, a meno che non siano necessarie per difenderci. Noi siamo un grande popolo e non voglio che siamo ricordati soltanto come dei ladri e dei predoni!”

“Magari hai ragione, il problema è che questo, credo, ti renderà ancora meno popolare presso i tuoi nuovi sudditi” commentò Ramsay, pensieroso. “Comunque a me non importa, nemmeno io piacevo poi tanto al popolo del Nord, non voleva saperne di riconoscermi come nuovo Lord di Grande Inverno… quindi mi sa che siamo in due a non renderci simpatici alla gente.”

Ancora una volta Theon si ritrovò a notare quanto lui e Ramsay, alla resa dei conti, avessero in comune. La cosa era francamente surreale…

“E visto che il motto della vostra Casata è Noi non seminiamo perché, appunto, in genere andate a rubare, se vuoi cambiare il modo di vivere degli Uomini di Ferro dovrai cambiare anche motto, non credi?” continuò Ramsay che, comunque, almeno dava l’impressione di prenderlo sul serio. “Posso suggerirti qualche altro motto più adatto? Posso, eh? Posso? Mi vengono in mente tante frasi che…”

NO!” riuscì a bloccarlo Theon. Ci mancava solo un motto della Casata Greyjoy inventato da Ramsay Bolton. “Senti, è stata una giornata molto impegnativa e siamo entrambi stanchi, andiamo a dormire e pensiamoci domani, che ne dici?”

Lo sguardo di Ramsay, che si era illuminato di emozione all’idea di creare un nuovo motto per i Greyjoy, si rabbuiò di colpo. Certo la prospettiva di andare a dormire con Theon lo rendeva felice ma, per arrivare alla torre dove si trovava la camera da letto, avrebbe dovuto attraversare di nuovo quel ponte sospeso. Per lui era diventato un incubo!

“Come primo cambiamento a Pyke non potresti far costruire dei ponti più sicuri tra le torri?” provò a suggerire, in un tono timido e insicuro che non gli era abituale.

Questo momento di debolezza strappò un sorriso intenerito a Theon, nonostante la giornata difficile appena trascorsa. Allungò un braccio e strinse Ramsay contro di sé, avviandosi lentamente e conducendolo verso il famoso ponte sospeso…

“Questo no di sicuro. I ponti sospesi testimoniano il valore e il coraggio degli Uomini di Ferro che li attraversano sicuri e senza paura in ogni condizione, sarebbe un affronto al cuore stesso di Pyke, che non teme le tempeste né il vento né…”

“E con tutta l’acqua che prendete voi Uomini di Ferro non avete paura di arrugginirvi?*” replicò Ramsay, petulante e innervosito perché Theon non gli aveva dato retta.

Ecco. Quella era proprio la goccia che poteva far traboccare un vaso fin troppo colmo. Theon stava conducendo lentamente e pazientemente Ramsay lungo il ponte sospeso, un passo alla volta, stringendolo a sé mentre il giovane teneva gli occhi chiusi o, al massimo, guardava incantato lui. Era talmente esasperato che, sentendolo parlare di Uomini di Ferro che potevano arrugginirsi (per il Dio Abissale, ma si poteva davvero pensare una cosa del genere?) ebbe veramente la tentazione di scaraventarlo giù dal ponte e mandarlo a sfracellarsi sugli scogli sottostanti: si sarebbe vendicato e sarebbe già stato fin troppo pietoso rispetto a tutte le sofferenze che Ramsay gli aveva inflitto per anni. Sarebbe stato così semplice e veloce e lui si sarebbe liberato, tutto in un colpo, del suo aguzzino, del suo incubo peggiore e del ragazzo impertinente e seccante che lo importunava con le domande più cretine di tutti i Sette Regni!

La tentazione passò veloce com’era arrivata. Theon strinse più forte tra le braccia Ramsay e lo guidò per superare l’ultima parte del ponte, sussurrandogli piano parole incoraggianti per rassicurarlo.

“Siamo quasi arrivati, ormai, manca poco, ancora pochissimi passi.”

E, mentre conduceva il giovane Bolton in salvo nella torre e poi verso la camera da letto, ebbe un bel raccontarsi che aveva fatto la cosa giusta, che aveva dimostrato la sua vera forza d’animo rinunciando alla vendetta perché lui non era e non sarebbe mai stato come Ramsay, non si sarebbe mai messo al suo livello. Sì, erano proprio belle e poetiche le giustificazioni idiote che si dava: era più nobile perdonare, lui era un vero Principe e non avrebbe mai approfittato della debolezza di Ramsay, era questo che lo rendeva migliore e che lo faceva sentire finalmente valoroso e determinato… Già, ma la verità, quella vera, era che Theon non ci pensava nemmeno a perdere Ramsay, non gli importava un bel niente della vendetta e ciò che provava era ben altro: si sentiva importante e fiero perché era Ramsay a farlo sentire così tutte le volte che lo guardava affascinato e con gli occhi sgranati come se vedesse un dio sceso in terra; provava un calore che lo invadeva tutto quando lo stringeva tra le braccia e lo sentiva vulnerabile e in suo potere; e, per buona misura, si eccitava parecchio con lui e quando se lo portava a letto sperimentava sensazioni ed emozioni mai vissute in precedenza, e dire che Theon era uno che di esperienze sessuali ne aveva avute parecchie! Ma nessuno mai lo aveva appagato e fatto sentire bene come quel ragazzotto imbranato e morbido che perdeva la sua baldanza ed era del tutto indifeso nei momenti più intimi.

Ecco, questo tanto per essere chiari e ve lo avevo già detto, no, che anche Theon non era del tutto normale? Alla fine chi si assomiglia si piglia!

Giunti nella stanza, mentre si preparavano per coricarsi, Ramsay fece un’altra delle sue domande a Theon, ma questa era davvero una domanda particolare e il giovane Greyjoy ne rimase sconcertato.

“Theon, ma perché tuo padre non ti voleva bene? Perché ti disprezzava? Tu sei il suo figlio legittimo, quindi non capisco… Sei anche il suo legittimo erede, avrebbe dovuto tenerci a te.”

Quella era davvero la madre di tutte le domande imbarazzanti di Ramsay, tuttavia Theon, nonostante il turbamento, provò anche una sensazione positiva, una specie di calore. Nessuno gli aveva mai chiesto una cosa simile prima, nessuno si era mai interessato a come poteva essere stata la sua vita sapendo di essere il figlio che Balon Greyjoy avrebbe volentieri sacrificato pur di riavere i due maggiori.

Fece sedere Ramsay accanto a sé sul letto e lo guardò, negli occhi un’espressione di tristezza e dolcezza insieme.

“Bella domanda questa, Ramsay, ma lo sai che non l’ho mai capito nemmeno io?” ammise. “Mio padre mi ha sempre considerato un debole, un vigliacco e un incapace, non ha mai pensato che fossi un vero Uomo di Ferro. Mi ha dato in ostaggio agli Stark perché per lui non contavo niente, perfino mia sorella Yara era più preziosa per lui, e quindi non gli interessava come mi avrebbero trattato. Poi, però, quando sono tornato a Pyke dopo tanti anni, ha continuato a disprezzarmi dicendomi che ero interessato solo ai vestiti eleganti e a farmi notare, che non valevo niente e che ero ancora più inutile di prima.”

Ramsay lo ascoltava attento e di sicuro Theon non aveva mai avuto un pubblico più interessato alle sue parole. Questa volta non era una finzione come quando lo aveva lasciato sfogare per poi intrappolarlo a Forte Terrore, questa volta il giovane Greyjoy poteva vedere che nello sguardo di Ramsay c’erano dei sentimenti quasi umani, qualcosa tipo comprensione, partecipazione, pena… Chissà, forse era perché lui stesso aveva avuto la stessa esperienza con il padre e perciò poteva capirlo? O forse, alla fine, anche in quel baratro buio che era la coscienza di Ramsay si era accesa una piccola fiammella di umanità e solidarietà, per usare due parole davvero grosse?

“Quel casino che ho combinato a Grande Inverno, quello per cui mi prendi sempre in giro e per cui gli Uomini di Ferro mi ridono dietro, l’ho fatto solo perché volevo essere degno di mio padre” riprese Theon. “Non sapevo neanche bene cosa fare e ho commesso azioni vergognose e terribili sperando che mio padre fosse fiero di me, che alla fine potesse essere contento e invece…”

E qui accadde una cosa davvero inaspettata, inaudita oserei dire. Ramsay, sempre seduto accanto a Theon, gli prese una mano tra le sue (e questo fece venire una specie di collasso cardiocircolatorio al giovane Greyjoy perché, guarda caso, la mano era proprio quella famosa alla quale era stato tagliato il mignolo e la sensazione di deja vu fu agghiacciante!) e gli parlò seriamente, attingendo a tutte le risorse che il suo unico neurone sotto sforzo era in grado di produrre.

“È un peccato che tuo padre sia morto prima di poterti vedere di nuovo” dichiarò. “Non per lui, perché a quanto pare era un grandissimo stronzo e la sua morte non è stata una perdita per nessuno, ma per te: avrebbe dovuto vederti adesso, sapere quanto sei stato forte e coraggioso nel salvarti dalle mie prigioni, quanto sei stato determinato e scaltro nel fuggire da Grande Inverno e ritornare a Pyke, quanto sei stato generoso nel salvarmi la vita anche se io… beh, non avevo fatto poi tanto per meritarmelo… e quanto sei leale e giusto nel governare le Isole di Ferro. Anzi, dovrebbe vergognarsi, perché tu sei mille volte migliore di lui ed è lui a non essere mai stato degno di te!”

Ancora una volta Theon rimase sbalordito. Ramsay aveva detto tutto ciò che lui aveva sempre desiderato sentirsi dire e la cosa sconvolgente era che pareva proprio che ci credesse, che dicesse sul serio! A quanto pareva il fatto di avergli salvato la vita e di tenerlo sotto protezione aveva veramente capovolto le priorità del giovane Bolton, che adesso vedeva Theon come il suo salvatore e benefattore… o magari c’erano anche altre cose che erano successe tra loro e che lo avevano reso così dipendente da lui. Ad ogni modo sentirsi finalmente compreso, capito e addirittura difeso da qualcuno, anche se quel qualcuno era Ramsay Bolton, fece scoppiare un incendio di calore e dolcezza nel suo cuore (e anche un po’ più in basso…), fu come se tutti i tasselli spezzettati della sua vita fossero finalmente andati al loro posto. Prese Ramsay tra le braccia e lo baciò, dapprima quasi timidamente, poi sempre più profondamente, cingendolo con un braccio e affondando l’altra mano tra i suoi capelli. Stringendolo forte a sé continuò a baciarlo con passione e intensità, una mano premuta sulla sua nuca per spingerlo sempre più contro di lui, respirando il suo respiro, mentre con l’altra mano accarezzava il suo corpo liscio e morbido e lo sfiorava dappertutto, per non perdersi nemmeno un centimetro della sua pelle. Dal canto suo, il giovane Bolton era totalmente in balìa di Theon e non capiva più niente, più o meno come al solito, ma questa volta gli andava bene così, non gli importava di mostrarsi debole e indifeso. Per lui contava solo che Theon era lì con lui e che lo voleva, probabilmente in qualche parte oscura della sua mente vuota sapeva che era ciò che aveva sempre desiderato e così si perse totalmente nel suo bacio e nelle sue carezze. Poi i baci si fecero più profondi e infuocati, le membra dei due giovani si allacciarono in un’intensa danza d’amore e Theon continuò a possedere Ramsay senza staccarsi da lui, in modo tenero e lento, mentre i loro corpi si fondevano e divenivano una cosa sola. Anche dopo l’amore, Theon volle rimanere incollato a Ramsay, accarezzandogli i capelli, baciandolo teneramente e pensando che in fondo stava bene così, unito a lui. Ogni giorno scopriva qualcosa di nuovo e di straordinario nel loro legame e adesso non temeva più Euron, gli Stark o qualsiasi fosse il destino che lo attendeva.

Ramsay era il suo destino, nient’altro aveva più importanza.

Sì, insomma, non è dunque vero che ci si abitua a tutto, anche alle disgrazie?

Fine capitolo ottavo

 

* La battuta non è mia, me l’ha suggerita Desirée Bravi (Ciuffettina) in una divertentissima recensione, non potevo non metterla, ma devo anche citare l’autrice che, in questo caso, non sono io!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo nono ***


Capitolo nono

 

Ma vorrei dirti non ho paura
Vivere un sogno porta fortuna
La tua rabbia non vince
Certi inizi non si meritano nemmeno una fine
Ma la tua bocca mi convince
Un bacio alla volta
Come sassi contro le vetrine

Le mie scuse erano mille, mille
E nel cuore sento spille, spille
Prova a toglierle tu baby, tu baby…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Trascorsero alcuni giorni e, mentre nei Sette Regni e dintorni accadeva un po’ di tutto, Theon e Ramsay si godevano le ferie a Pyke. Contrariamente a quanto tutti sulle Isole di Ferro si sarebbero aspettati, il loro nuovo reggente non aveva fatto nessuna stronzata e, anzi, sembrava avere le idee piuttosto chiare: alcune navi in disuso erano state fatte riparare e adesso erano rientrate a pieno titolo nella flotta di Pyke che, ultimamente, aveva subito diverse riduzioni; altre navi erano in costruzione, ma Theon aveva messo in chiaro che le flotte d’ora in poi sarebbero state destinate alla difesa e alla protezione delle Isole di Ferro, e non più a razzie e violenze. Questa parte era piaciuta meno alla maggioranza degli Uomini di Ferro, ma per il momento non c’erano state proteste ufficiali. In realtà la gente pensava che presto sarebbe tornato Euron, il vero Re, con la sua Regina dei Draghi e la sua immensa flotta, e allora sarebbero andati a conquistare tutti e Sette i Regni, altro che razziare e depredare! Theon serviva soltanto per avere qualcuno da tenere sul Trono del Mare che al momento era vacante, ma non si facesse illusioni: una volta tornato, Euron lo avrebbe ricacciato al suo posto a calci nel culo e la breve stagione di gloria per lui sarebbe finita miseramente, per cui bastava solo un po’ di pazienza e far finta di credere alle idiozie sulla pace e la prosperità di Pyke che sparava. Molto presto le sue idee di pace e prosperità gli sarebbero state ricacciate laggiù dove non batte il sole, pensavano tra sé gli Uomini di Ferro, sghignazzando.

Nel frattempo, Ramsay seguiva sempre Theon come un’ombra e lo stordiva con chiacchiere perlopiù inutili e domande spesso inopportune e imbarazzanti. Una delle sue ossessioni era diventata trovare un nuovo slogan per la Casata Greyjoy (visto che il discorso di non seminare, secondo i progetti di Theon e Yara, presto non avrebbe avuto più senso) e ogni tanto illuminava Theon con una nuova frase a effetto partorita dal suo neurone in fibrillazione.

Quella sera, in particolare, i due giovani si trovavano nella Sala del Trono per la cena e Ramsay, guardandosi intorno, aveva avuto una delle sue rivelazioni.

“Senti se ti piace questa frase come nuovo motto dei Greyjoy: Noi siamo la Morte Nera! Eh? Che ne dici? È bello, vero?” insisteva, particolarmente entusiasta.

Theon alzò gli occhi al cielo con un sospiro. In certi momenti avrebbe voluto mettersi a urlare, ma pensò che fosse preferibile cercare di spiegare a Ramsay che la sua nuova frase non era adatta, con tanta pazienza e comprensione…

“Sì, Ramsay, è una bella frase, ma non trovi che sia un po’ troppo minacciosa?” fece, rassegnato. “Se vogliamo cambiare il nostro modo di vivere e di rapportarci con il continente un motto come questo darebbe un’idea un tantino diversa, caso mai sarebbe andato bene per quello che eravamo prima.”

“Eh, sì, hai proprio ragione, sai? Peccato perché mi piaceva parecchio…” commentò Ramsay, perplesso. Poi parve avere un’altra illuminazione e non mancò di renderne partecipe Theon. “Ma scusa, allora perché non usate quella frase che dite sempre, Chi è morto alzi la mano, o qualcosa del genere, mi pare?”

Qualcosa del genere, certo… Però, a ben pensarci, questa volta il neurone di Ramsay dal vuoto siderale della sua mente aveva generato qualcosa di veramente buono. In effetti quello poteva a buon diritto essere il nuovo motto dei Greyjoy, anzi, Theon doveva ammettere che era perfetto. Chissà come gli venivano ogni tanto queste idee?

“In realtà la frase è Ciò che è morto non muoia mai” precisò Theon, ancora incredulo per la bella pensata di Ramsay. “E lo sai che è davvero azzeccato? Potrebbe essere perfetto come nuovo motto della Casata Greyjoy, che non si arrende neanche di fronte alle difficoltà apparentemente più insormontabili.”

“Davvero ti piace?” domandò Ramsay, con gli occhi che gli brillavano e un sorrisone felice.

“Sì, mi piace, sei stato bravo” approvò Theon, stringendolo a sé per baciarlo… e quella fu la ricompensa più bella per il duro lavoro di pensare che, ovviamente, non era così facile per Ramsay!

Il giovane Bolton, tuttavia, sembrava avere qualcos’altro da dire, ora che avevano risolto il problema del nuovo motto della Casata Greyjoy, eppure… era buffo, pareva quasi imbarazzato, si tormentava le mani (le sue, non quelle di qualcun altro) e non riusciva ad alzare gli occhi su Theon.

Alla fine prese un gran respiro e si decise.

“Senti, Theon, io… ecco… è da tanto tempo che volevo dirti una cosa” buttò là, con evidente sforzo.

Detto da Ramsay, poteva significare qualsiasi cosa, dalla proposta più assurda e idiota dell’universo fino alla minaccia più agghiacciante, così Theon si preparò spiritualmente ad ascoltare qualsiasi cosa il neurone del compagno avesse così inaspettatamente partorito.

“Va bene, dimmela allora” lo invitò.

“Ecco… io… non è semplice, sai? È che… io… beh, insomma, adesso che siamo sempre insieme e che ci troviamo così bene volevo che sapessi che, se potessi tornare indietro, non ti farei tutto quel male che ti ho fatto!” ammise Ramsay, tutto d’un fiato.

Era una dichiarazione sconcertante e Theon rimase senza parole.

Magari sarebbe stato meglio che questi scrupoli ti fossero venuti prima di tagliarmi, pensò, ma in fondo la cosa non aveva senso. Ramsay sottoponeva a quel suo trattamento speciale tutti i suoi prigionieri e di sicuro non era mai capitato prima che si rammaricasse di aver tagliato loro qualche dito o scuoiato un metro di pelle! Com’è che adesso, improvvisamente, nella sua sottospecie di coscienza era baluginata una pallida luce di rimorso, o qualsiasi cosa fosse? Theon non sapeva davvero cosa pensare e come rispondere a una simile esternazione. Ramsay che si pentiva di aver seviziato un suo prigioniero? Mai più e mai poi!

Ramsay si rese conto che Theon non aveva afferrato bene il senso delle sue parole e ritenne che fosse preferibile spiegarsi meglio, visto che ci teneva così tanto. Prese la mano di Theon tra le sue (eh sì, era sempre la mano alla quale mancava il mignolo e la cosa sconvolse il giovane Greyjoy, ma a quanto pareva era intenzionale, Ramsay voleva parlare proprio di quella mano lì) e cercò di approfondire il suo pensiero, cosa che, come potete ben immaginare, per lui era un’ardua impresa.

“In realtà non ci sono scusanti, non è che me ne sono accorto adesso di aver sbagliato a farti del male, sarebbe più facile se fosse così, se mi fossi dispiaciuto perché in questi anni sei stato gentile con me e addirittura mi hai salvato la vita e portato a casa tua” disse tutto in un discorso al quale Theon fece piuttosto fatica a star dietro, “ma non è questo, no. Io me ne ero accorto subito che tu per me eri speciale, che non saresti mai stato un prigioniero come gli altri.”

Ah, sì? Perché io non me n’ero accorto invece…

“Te l’avevo già detto che, quando ti ho preso prigioniero, ho provato subito qualcosa di diverso per te, mi piacevi e volevo che stessi sempre con me, ricordi che te l’ho detto?” insisté Ramsay.

Theon rammentò vagamente un discorso mezzo allucinato che Ramsay gli aveva effettivamente fatto la prima notte in cui erano fuggiti da Grande Inverno, che lo aveva torturato e seviziato perché era il suo modo di corteggiarlo o qualcosa del genere…

“Sì, mi pare di ricordarlo” rispose.

“Appunto! Io lo sapevo che un bel Principe come te non sarebbe mai rimasto con uno come me e quindi per questo ti ho imprigionato e torturato, per spezzare la tua volontà e costringerti a non lasciarmi mai” spiegò nuovamente il giovane Bolton visto che, per lui, tale giustificazione era accettabilissima. “Però, ora che ci ripenso, mi rendo conto che non c’era bisogno di esagerare tanto e che non sarei dovuto arrivare fino a tagliarti: bastava che ti tenessi prigioniero nelle segrete, che ti facessi frustare, che ti facessi diventare mio schiavo, ma potevo anche non tagliarti le dita, ecco!”

E lo vieni a dire a me? Che cosa vuoi, l’assoluzione?, pensò Theon francamente allibito.

“Quindi io adesso sono davvero molto dispiaciuto di averti fatto male e soprattutto di averti tagliato tre dita… se potessi tornare indietro non lo rifarei, proprio per niente, hai capito? Non lo rifarei più, sono pentito, mi dispiace. Vorrei poter rimediare, ma non posso, quindi tu adesso devi perdonarmi, perché io sto davvero male al pensiero di averti fatto delle cose così terribili!”

“Cioè, fammi capire meglio, tu ora sei pentito di avermi tagliato le dita e ti senti male al pensiero, quindi io dovrei dirti che ti perdono e che non fa niente?” domandò Theon, incredulo e sconcertato. “Tu ti senti male perché hai tagliato le dita a me? E io, allora, come dovrei sentirmi secondo te?”

“Ma ti ho detto che mi dispiace!” insisté Ramsay, evidentemente deluso dal fatto che la sua dimostrazione di contrizione non avesse avuto l’effetto sperato. “Ti ho detto che fa più male a me che a te, che vorrei tornare indietro e comportarmi diversamente!”

Non credo proprio che faccia più male a te che a me, ad ogni modo… Theon cominciava in qualche modo a capire il ragionamento contorto di Ramsay e si rendeva anche conto del fatto che, in effetti, era qualcosa di completamente nuovo per lui, che mai e poi mai si era pentito di ciò che aveva fatto, ma che adesso si mostrava veramente dispiaciuto. Cioè, se avesse potuto tornare indietro non gli avrebbe tagliato le dita né nient’altro, lembi di pelle o che so io… Oddio, detto da Ramsay era davvero una gran cosa! Eppure, in un certo qual modo, Theon pensò che gli piaceva vedere Ramsay così contrito, che adesso era davvero vulnerabile e in suo potere e che, alla fine, poteva anche fargliela pesare un po’, tanto per avere una sua piccola rivincita…

“Va bene, ho capito, ma resta il fatto che non puoi tornare indietro e che io non ho più il mignolo della mano destra e due dita dei piedi e non è una cosa che si dimentichi così facilmente, sai?” replicò.

Ramsay era ancora più disperato vedendo che non riusciva a far capire a Theon il suo singolare punto di vista e così provò a metterla sul piano pratico.

“Senti, ti ho detto e ripetuto che mi dispiace davvero tanto per quello che ti ho fatto e anche che vorrei tornare indietro, ma tu non mi aiuti per niente! Insomma, adesso sei qui sano e salvo e hai anche il potere sulle tue Isole di Ferro. È vero, ti mancano tre dita, ma ti sarebbe potuta andare molto peggio!” esclamò.

Su questo non ha tutti i torti, pensò Theon, che sapeva bene di essere stato fortunato a uscire più o meno integro dalle segrete di Ramsay, ma continuò a provocare il ragazzo perché si divertiva sempre più a vederlo tanto confuso e turbato nel suo goffo e assurdo tentativo di discolparsi.

“Pensa se ti avessi tagliato una mano o un braccio, o anche un altro dito, il pollice o l’indice, per esempio” riprese Ramsay, lanciandosi con entusiasmo nei dettagli più pratici della faccenda. “Senza pollice o indice non avresti più potuto utilizzare la mano per scrivere, o per la spada, il mignolo invece… dai, non serve a nessuno! Insomma, sono sicuro che, prima che te lo tagliassi, non lo usavi neanche, non fa poi tutta quella differenza averlo o no!”

E qui siamo proprio al delirio totale. Se il Dio Abissale avesse pensato che noi uomini potevamo stare meglio senza il mignolo, ci avrebbe creati senza, no? Ma si ascolta quando parla oppure gli piace semplicemente udire il suono della sua voce?

Tuttavia il giovane Greyjoy questa volta aveva dovuto trattenere una sonora risata… sì, la faccenda era tragica, ma ormai era andata così e le scuse di Ramsay erano a dir poco esilaranti. Inoltre, a dirla tutta, quel Ramsay così mortificato che continuava a peggiorare la sua posizione ad ogni frase folle che diceva lo inteneriva… e lo eccitava pure!

Si era ormai fatta sera, la cena si era conclusa e Theon si rese conto che, se non fosse riuscito a uscire da quella situazione di stallo, la mattina dopo sarebbero stati ancora lì. Così pensò che la cosa migliore fosse cercare di chiudere quell’argomento tanto spinoso e andare a letto. Prese il giovane Bolton per un braccio e lo condusse verso il famigerato ponte sospeso che portava alla torre in cui si trovava la loro camera.

“Senti, Ramsay, è tardi e io sono stanco, è ora di andare a dormire e mi sembra assurdo continuare a discutere di questo argomento particolare” disse in tono dolce e pacato. “Ho capito che sei dispiaciuto di avermi fatto del male e che non vorresti averlo fatto e va bene, ti perdono, se non ti avessi perdonato non ti avrei salvato la vita e non ti avrei portato qui a Pyke con me, non ti pare? Però non puoi pretendere che ti dica che sto meglio con diciassette dita piuttosto che con venti!”

Il ragionamento di Theon non faceva una piega e, come se non bastasse, Ramsay perdeva del tutto la voglia di parlare quando si trovava sopra uno di quei tremendi ponti, così si limitò a stringersi al braccio del giovane Greyjoy e a chiudere gli occhi.

“Tanto per cambiare argomento, stamani è arrivata una lettera di Yara, me l’hanno portata dei mercanti che avevano incrociato la sua flotta” iniziò a raccontare Theon, sapendo bene che in quel modo avrebbe distratto il compagno dal pensiero di essere sul ponte… e anche dall’ossessione sulle dita mancanti che tanto non servivano! “Mi scrive che ha raggiunto la Regina dei Draghi a Roccia del Drago e che là ha trovato anche altre persone importanti, tra cui Lady Olenna Tyrell e Tyrion Lannister, che pare vogliano allearsi con Daenerys.”

A Ramsay non era mai fregato un accidenti della politica dei Sette Regni, ma adesso era totalmente concentrato ad ascoltare la voce rassicurante di Theon che gli faceva dimenticare quel ponte così pericoloso e, stretto a lui, si sentiva tranquillo. Nel frattempo i due avevano attraversato più della metà del ponte e ormai erano vicini alla loro meta.

“Daenerys Targaryen ha un grande e potente esercito e, con l’aiuto della flotta di Ferro e l’alleanza con i Tyrell e con Dorne potrebbe davvero mettere sotto assedio Approdo del Re” proseguì Theon. “Tra l’altro pare che le cose ai Lannister non vadano più così bene, Tyrion ha tradito la famiglia per unirsi alla Regina dei Draghi mentre il Re ragazzino, Tommen, è morto, pare che si sia ucciso dopo la perdita della sua sposa Margaery durante dei tumulti.”

Per fortuna erano ormai giunti sulla soglia della torre, perché quelle ultime parole fecero riaprire improvvisamente gli occhi a Ramsay.

“Re Tommen è morto? Ma… è stato lui a firmare il documento con cui vengo riconosciuto come un vero Bolton. Quindi adesso che succede?”

A quello Theon non aveva pensato, ma non sembrava un grande problema.

“Immagino che non succederà niente” rispose, mentre entrava con Ramsay nella loro stanza. “Il giovane Re era comunque dominato da sua madre e non avrebbe potuto firmare quel documento se Cersei non lo avesse voluto. Ora che è lei la Regina non credo proprio che le interessi invalidarlo, ha problemi molto più gravi da affrontare.”

“Sì, credo di sì. Poi, per quello che vale essere un Bolton… mio padre non mi vuole, ora ha il suo figlio legittimo e comunque non siamo neanche più Lord di niente. Però mi piaceva chiamarmi Ramsay Bolton…” il giovane parve riflettere su quel dettaglio, o almeno ci provò.

“Per me puoi continuare a chiamarti come ti pare, non penso proprio che a nessuno nei Sette Regni interessi. Insomma… non è che la tua famiglia abbia poi tutto quel potere” commentò Theon.

“Ma sì, infatti, chi se ne frega. L’importante per me è che sono qui, che siamo… beh, insieme…”

Gli era proprio scappato detto! Per alcuni secondi sia Ramsay sia Theon rimasero silenziosi, rendendosi conto di che cosa era stato finalmente ammesso, poi fu Theon a rompere gli indugi e a dimostrare cosa ne pensava a fatti piuttosto che a parole. Prese Ramsay tra le braccia e lo baciò profondamente, mentre lo sospingeva verso il letto. Era illogico, paradossale, inconcepibile, ma anche lui provava un sentimento sempre più forte verso il suo ex-carceriere e, anzi, sentiva un calore meraviglioso riempirlo totalmente mentre per la prima volta in vita sua si sentiva davvero amato, desiderato, accolto e accettato da qualcuno (sì, anche se quel qualcuno era Ramsay Bolton!). Si distese sul letto con lui senza smettere di baciarlo e accarezzarlo dappertutto e alla fine si perse nella sua morbidezza e nel suo calore mentre i loro corpi diventavano una cosa sola e tutto svaniva in un turbine di stelle, facendo volare entrambi fino ai confini dell’universo nell’estasi e poi scivolare in un sonno tranquillo e piacevole, stretti l’uno all’altro.

Peccato che, come sempre, quella tranquillità non fosse destinata a durare a lungo…

Fine capitolo nono

 

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Capitolo 10
*** Capitolo decimo ***


Capitolo decimo

 

Le mie scuse erano mille, mille
E nel cuore sento spille, spille
Prova a toglierle tu baby, tu baby
Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito arrivando qui da sola
Restando in piedi con un nodo alla gola
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull'erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby, te baby

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

Theon e Ramsay erano placidamente addormentati, stretti l’uno all’altro, quando, nel cuore della notte, un servitore entrò a precipizio nella stanza che condividevano. Se si sorprese o si scandalizzò nel vedere i due giovani a letto insieme non lo diede a vedere, chiaramente c’era in ballo qualcosa di molto più preoccupante.

“Principe Theon, mio signore, svegliati, alzati, ti prego, devi venire subito nella Sala del Trono!” esclamò il servitore, agitatissimo.

Theon si svegliò di soprassalto e rimase molto turbato vedendo il servo… chissà se era perché intuiva che fosse accaduto qualcosa di grave o se invece era il senso di colpa per essersi fatto sorprendere in atteggiamenti inequivocabili proprio con Ramsay Bolton?

“Cosa succede?” domandò, affrettandosi ad alzarsi e a rivestirsi.

“C’è un piccolo gruppo di marinai della flotta di tua sorella Yara, mio signore, è sbarcato con una scialuppa poco fa e adesso alcuni di loro sono nella Sala del Trono e vogliono parlarti il prima possibile!”

Theon si sentì gelare il sangue. Sicuramente era successo qualcosa a Yara, forse… no, non poteva essere, ma forse Euron era riuscito a intercettare la sua flotta e l’aveva uccisa, forse quei marinai erano gli unici scampati ad un massacro! Era già completamente vestito e pronto a seguire il servitore quando anche Ramsay sembrò più o meno tornare al mondo. Strofinandosi gli occhi e guardandosi attorno con aria da zombie parve rendersi confusamente conto del fatto che Theon non era più nel letto accanto a lui.

“Theon? Dove vai? Che succede?” mormorò.

Pareva essere appena resuscitato dal sonno eterno, ma bisogna sapere che Ramsay Bolton non era esattamente mattiniero e che, di solito, riprendeva un minimo di coscienza di sé e del mondo che lo circondava solo dopo una sostanziosa colazione! Perciò era già molto che in quelle condizioni e nel cuore della notte riuscisse a pronunciare una frase di senso compiuto…

Theon si rivolse al servitore.

“Torna nella Sala del Trono e avverti i marinai che sto arrivando” gli ordinò e poi, quando l’uomo fu ben lontano (comunque fosse, non aveva intenzione di sbandierare a tutte le Isole di Ferro il suo rapporto quanto meno insolito con il giovane Bolton!), si avvicinò a Ramsay che continuava a fissarlo quasi come se neanche lo riconoscesse. Chiaramente il povero neurone solitario ci metteva parecchio a ingranare… “Devo andare a parlare con quegli uomini, sono marinai della flotta di Yara, temo che le sia accaduto qualcosa.”

“Allora io… vengo con te?” domandò Ramsay, cercando di sollevarsi dal letto senza accorgersi che, in quel modo, avrebbe finito solo per ribaltarsi. Era ancora meno lucido del solito e ho già detto tutto!

Theon si sedette accanto a lui e lo baciò lievemente, accarezzandogli i capelli.

“È meglio di no, tu dormi, parlerò io con quegli uomini e poi ti spiegherò tutto” gli disse. E certo, Ramsay non capiva la metà delle cose che gli si dicevano in condizioni normali, figuriamoci quando era ancora mezzo addormentato nel cuore della notte! Theon voleva poter ascoltare con calma ciò che era accaduto alla flotta di Yara e non poteva permettersi di dover badare anche a Ramsay… “Torno presto, non preoccuparti, rimettiti a dormire.”

Fece per alzarsi, ma Ramsay, ancora con gli occhi semichiusi, allungò un braccio per cercarlo e lo chiamò di nuovo, quasi lo avesse perso.

“Theon…?”

Fu qualcosa di così inconsueto e sbalorditivo vedere Ramsay compiere un gesto che pareva quasi vulnerabile e affettuoso che Theon si sentì intenerire. Lo strinse a sé e lo baciò di nuovo, stavolta più a lungo.

“Tornerò presto, Ramsay, tu dormi tranquillo, hai capito?” gli sussurrò dolcemente.

Probabilmente il giovane Bolton non aveva capito un bel niente, tuttavia sembrò tranquillizzato dai baci e dalle parole di Theon e si rimise sotto le coperte, rannicchiandosi per riaddormentarsi, mentre il compagno lasciava la camera e si dirigeva verso il ponte sospeso per raggiungere la torre in cui si trovava la Sala del Trono. Sperava con tutto il cuore che le notizie non fossero quelle terribili che si aspettava, forse c’era stata una tempesta e i marinai si erano smarriti o forse erano stati attaccati dalla flotta dei Lannister… Yara non poteva essere morta, no, non era possibile!

Ramsay, però, non riusciva a riaddormentarsi e la cosa gli pareva molto strana. Non aveva mai avuto difficoltà a dormire, anzi, come ho spiegato poco sopra, il problema casomai era alzarsi dal letto la mattina. È vero che era stato svegliato di soprassalto, ma gli era già accaduto in passato e poi si era riaddormentato tranquillamente in pochi minuti. Perché quella notte non ci riusciva?

Si rigirò nel letto a lungo, cercando una posizione comoda e senza trovarla, poi una piccola lucina si fece strada nell’oscurità della sua mente: non riusciva a dormire perché Theon non era più lì con lui! Ormai da mesi si era abituato a dormire con Theon ogni notte, ad accoccolarsi tra le sue braccia, sentendosi scaldato e protetto dal suo abbraccio, e adesso quel letto vuoto e freddo lo respingeva.

Beh, perché Theon non torna, allora? Aveva detto che ci avrebbe messo poco e invece ancora non è qui, pensò tra sé, sbattendosene alla grande del fatto che Yara potesse essere in pericolo e mettendo pure il broncio perché Theon non era tornato subito da lui come gli aveva promesso. Sempre più immusonito, continuò a rigirarsi nel letto ancora per diverso tempo, ripetendo tra sé e sé le frasi che avrebbe detto a Theon quando fosse tornato per rimproverarlo di averlo lasciato solo e abbandonato… Ad un certo punto, però, un pensiero venuto da chissà dove (difficilmente i pensieri giungevano dalle sinapsi cerebrali atrofizzate di Ramsay…) lo prese alla sprovvista e lo agghiacciò: e se Theon non fosse tornato proprio per niente? Prima di andarsene, il giovane gli aveva detto che sarebbe andato a parlare con quei marinai per scoprire se era accaduto qualcosa di brutto a Yara e… e se fosse venuto a sapere che la sorella era in pericolo e avesse deciso di partire immediatamente con la sua flotta per andare a salvarla?

“No, no, non è possibile, Theon non partirebbe mai senza di me, non potrebbe mai lasciarmi qui da solo, è ridicolo” si disse per convincersi.

Ma ne era davvero sicuro?

Ormai Ramsay era completamente sveglio e anche piuttosto agitato. Si rivestì più velocemente che poté e uscì dalla stanza per raggiungere anche lui la Sala del Trono ma…

Ma per raggiungere la Sala del Trono avrebbe dovuto attraversare il ponte sospeso, avrebbe dovuto farlo da solo e per di più era una notte piena di vento e flagellata dalla pioggia (una notte come tante nella località turistica di Pyke), il ponte era più instabile e pericoloso che mai e Theon non era con lui per condurlo, per tenerlo stretto e guidarlo in sicurezza…

Con tutto ciò, se voleva raggiungere Theon, doveva trovare il modo di attraversare quel maledetto ponte! Così, nonostante la paura, iniziò a muovere qualche passo e si ritrovò sul ponte senza quasi accorgersene. Era terribilmente scivoloso e la pioggia e il vento lo scuotevano violentemente, tuttavia Ramsay non voleva, non poteva arrendersi. Si afferrò ad una delle corde e continuò a camminare, mentre la pioggia lo infradiciava fino alle ossa, poi una ventata più forte lo fece scivolare e cadere, picchiando le ginocchia sulle assi del ponte. Per un istante il giovane temette che sarebbe precipitato di sotto (solo la gente di Pyke poteva creare una trappola mortale del genere per andare da una torre all’altra! pensò tra sé mentre si vedeva già ridotto in mille brandelli sugli scogli), ma era più cocciuto del ponte, avrebbe vinto lui! Provò a rialzarsi ma le assi del ponte erano troppo scivolose e cadde di nuovo; non cedette, anzi strinse ancora più forte le mani attorno alle corde che reggevano il ponte e proseguì strisciando sulle assi. Si era sbucciato le ginocchia, strappato i pantaloni, scorticato le mani ed era bagnato fino alle ossa, eppure andava avanti, ostinato, caparbio, con la sola forza della disperazione…

Intanto Theon aveva ascoltato attentamente tutto ciò che gli uomini di Yara potevano riferirgli e li aveva mandati nelle cucine perché potessero rifocillarsi, ordinando al servitore che era venuto a svegliarlo di preparare anche dei giacigli per farli riposare almeno un po’ dopo tante traversie. In quel momento era da solo nella Sala del Trono e stava organizzando mentalmente la missione di salvataggio per Yara quando… quando si vide piombare nella stanza Ramsay, bagnato fradicio, con i vestiti mezzi strappati, le ginocchia e le mani sanguinanti, pallidissimo e con gli occhi sbarrati. Era l’ultima persona che si aspettava di vedere e lì per lì gli prese anche un mezzo infarto, poi si rese conto di quello che era accaduto e cercò di chiedere spiegazioni.

“Ramsay, ma cosa…” provò a dire, ma il giovane lo interruppe.

“Credevo che fossi andato via senza di me, senza dirmi niente, tu non tornavi, credevo che mi avessi abbandonato!” esclamò, in tono petulante ma con una voce stranamente rotta dal pianto in gola.

Theon, allibito, dovette constatare ancora una volta che, a quanto pareva, in tutti quei mesi Ramsay aveva davvero imparato a provare qualcosa di simile a dei veri sentimenti umani e che li provava proprio per lui, Theon Greyjoy, che il resto del mondo considerava, a seconda dei casi, un traditore, un idiota, un arrogante, un codardo e chi più ne ha più ne metta. Ramsay, invece, gli stava dimostrando di tenere veramente a lui, e quando mai era accaduto prima? Chi mai aveva avuto tanto bisogno di lui, chi mai lo aveva fatto sentire così importante e desiderato? Era una sensazione tanto bella, anche se a provarla era Ramsay Bolton… Theon non poté fare altro che prendere il ragazzo tra le braccia e baciarlo con dolcezza e intensità.

“Non vado da nessuna parte senza di te, Ramsay, sarei venuto a dirtelo tra poco” lo rassicurò, accarezzandogli i capelli fradici. “È vero, dobbiamo partire per andare a salvare Yara, che Euron ha fatto prigioniera, ma io ti porterò con me, voglio che tu combatta al mio fianco per liberarla.”

Ramsay non sembrava tanto convinto.

“Mi avevi promesso che saremmo stati in pace a Pyke, che saremmo stati sempre insieme, e adesso vuoi che ci imbarchiamo per una specie di missione suicida? Magari Yara è già morta, Euron l’ha sgozzata, oppure la tiene come esca per intrappolare anche te e tu ci caschi come un cretino? Cosa ti fa pensare che riuscirai a salvarla? Non è che sei poi quel grande guerriero…” protestò.

Ramsay Bolton aveva sempre quel suo modo soave e gentile di incoraggiare il prossimo e di farlo sentire all’altezza!

Theon, tuttavia, ormai aveva imparato da tempo a trattare con lui. A qualcosa erano pur serviti i mesi e gli anni come suo prigioniero, poi servo personale, poi… insomma, ormai sapeva come gestirlo e riusciva persino a ignorare le sue battute pungenti e anzi a rivolgergliele contro. Non era più il ragazzo presuntuoso e stupido che, anni prima, si era fatto infinocchiare a Grande Inverno…

“Hai ragione, è sicuramente pericoloso tentare questa missione, ma Yara è mia sorella e io non posso lasciarla morire” rispose, pacato. “Ed è vero anche che nessuno di noi è un grande guerriero ma, quando si vuole veramente fare qualcosa per una persona amata, anche l’impossibile diventa reale. Guarda cosa hai fatto tu: sono mesi che ci troviamo a Pyke e io non ero mai riuscito a convincerti ad attraversare da solo uno dei ponti sospesi, eppure questa notte lo hai fatto, senza alcun aiuto e in una delle tempeste più violente degli ultimi tempi. Lo hai fatto perché temevi che io potessi partire senza di te, perché non volevi che ti lasciassi da solo… e riusciremo a fare ancora una volta l’impossibile per liberare Yara!”

Eh, sì, Theon a chiacchiere ci sapeva fare, l’aveva dovuto imparare per salvarsi la pelle e adesso utilizzava tale capacità ogni volta che gli tornava comodo. Ramsay sembrò rendersi conto solo in quel momento del fatto che, in effetti, aveva davvero attraversato il ponte sospeso da solo e restò senza parole (una cosa più unica che rara per lui!), si limitò a guardare Theon con occhi sperduti.

Il giovane Greyjoy approfittò dell’insperata fortuna concessagli dal momentaneo silenzio di Ramsay. Sempre stringendolo a sé lo condusse di nuovo verso il ponte e intanto gli parlava con dolcezza.

“Adesso torniamo in camera, dobbiamo riposare un po’ visto che domattina ci imbarcheremo” gli disse. “Sei stato coraggioso, sai? Sono molto orgoglioso di te!”

Figuriamoci se qualcuno aveva mai detto una cosa del genere a Ramsay! Quelle parole finirono di sconvolgere la mente del ragazzo, già allucinata di per sé, e lui non poté fare altro che seguire docilmente Theon, lasciarsi guidare da lui per tutto il ponte fino alla stanza da letto. Trasognato e vulnerabile, con il cuore che gli andava a mille e le gambe che gli si piegavano per l’emozione, Ramsay si lasciò spogliare, asciugare, curare i graffi e i tagli sulle ginocchia e sulle mani e infine portare a letto da Theon, donandoglisi completamente. Theon lo baciò a lungo e lo possedette, eccitato e compiaciuto nel sentirlo totalmente in sua balia, fragile e arreso come mai prima; si sentiva assurdamente felice anche in quella situazione folle perché, comunque, Ramsay lo aveva fatto sentire importante, anzi indispensabile, e si rendeva vagamente conto che anche quel ragazzotto psicopatico, a quel punto, era importante per lui e non lo avrebbe voluto perdere per niente al mondo.

La mattina dopo sarebbe iniziata una nuova e pericolosa avventura ma, se Theon e Ramsay potevano scoprirsi innamorati, allora davvero tutto era possibile, no?

Fine capitolo decimo

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo undicesimo e ultimo ***


Capitolo undicesimo e ultimo

 

Mi sembra di morire quando parli di me in un modo che odio
Aiutami a capire se alla fine di me vedi solo il buono
Sotto questo temporale
Piove sulla cattedrale
Rinunceremo all'oro
Scambiandolo per pane

Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo
Ci ha stupiti finire qui da soli in questo posto
Ma se poi non mi trovi
Chiamami per nome…

(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca Michielin)

 

La mattina dopo, alle prime luci dell’alba, Theon svegliò Ramsay perché potessero prepararsi per la partenza.

Non fu affatto un’impresa facile: Ramsay odiava svegliarsi presto e, per di più, quella notte non aveva neanche dormito granché, visto tutto il casino con i marinai di Yara che avevano voluto parlare con Theon. Il giovane Greyjoy riuscì a mettere il compagno seduto sul letto, ma Ramsay lo guardava con espressione vacua, evidentemente il suo neurone solitario era in modalità risparmio energetico!

“Ramsay, svegliati, coraggio, dobbiamo partire” lo incalzò Theon, iniziando a vestirlo come se fosse un bambolotto. “Yara è in grave pericolo e i suoi uomini ci aspettano per la partenza sulla nave che ho fatto allestire, sbrighiamoci!”

Theon, però, era stato fin troppo ottimista. Quando fu riuscito a mettere Ramsay in posizione verticale e a riportarlo ad una sufficiente coscienza del mondo (consentendogli di fare una veloce colazione, unico metodo che con lui funzionava sempre!), si affrettò a condurlo al porto dove la nave della flotta di Ferro, in effetti, era pronta per la partenza… ma a bordo non c’era un’anima.

“Ma… dove sono tutti quanti?” mormorò Theon, guardandosi intorno.

Ramsay, a quanto pareva, si era davvero ripreso bene dopo la colazione perché fu lui ad accorgersi di un dettaglio alquanto curioso…

“Theon, chi è quella gente che trascina una scialuppa laggiù sulla spiaggia?” domandò.

Theon restò sbalordito.

“Sono… sono gli uomini di Yara! Ma che ci fanno laggiù? Eravamo rimasti d’accordo che saremmo partiti con una nave della flotta di Ferro per andare a salvarla!”

Eh, sì. Theon poteva vedere e riconoscere benissimo alcuni dei marinai con i quali aveva parlato la notte prima perché, stranamente, era una bella giornata di sole limpida e luminosa (come accadeva tipo cinque o sei volte all’anno in quel di Pyke) e in quel momento, invece di trovarsi al porto con lui pronti a imbarcarsi per la missione di salvataggio erano in spiaggia, guidati da un buzzurro che urlava e ordinava loro di mettere in mare la scialuppa il prima possibile. Ma che accidenti stava succedendo?

Theon si affrettò a raggiungere il gruppetto degli Uomini di Ferro sulla spiaggia e Ramsay lo seguì, ma non riuscì del tutto a stargli dietro perché una parte di lui era ancora mezza addormentata e viaggiava in stand-by. Perciò fu Theon a raggiungere per primo la scena del crimine

“Che fate? Dove state andando? Dobbiamo imbarcarci subito e partire il prima possibile per andare a salvare Yara!” esclamò.

Quello che sembrava essersi messo a capo dei marinai di Yara, un tizio con la faccia da tagliagole che si chiamava Harrag, guardò Theon con malcelato disprezzo.

“Yara è morta” tagliò corto.

“Non è affatto vero” ribatté Theon. “I marinai con cui ho parlato stanotte mi hanno detto che Euron l’ha presa prigioniera, non che l’ha uccisa, altrimenti non sarebbero venuti qui a chiedere il mio aiuto. E noi dobbiamo partire immediatamente per liberarla!”

Il losco figuro di nome Harrag scoppiò in una risata sgangherata.

“Beh, se non è morta lo sarà presto e di sicuro non sarà un vigliacco traditore come te a salvarla. Sappiamo bene di che cosa sei capace, Voltagabbana, soltanto di tradire e di fuggire. Anch’io ero uno degli uomini di Yara, ma ora che Euron l’ha presa non potremo fare niente per lei e tanto meno faremo qualcosa per te” gli rispose, con il tono di chi spiega cose ovvie ad un imbecille. “Quindi prenderemo questa scialuppa e ce ne andremo in cerca di una nave da abbordare, magari una di quei codardi dei Signori di Westeros, li ammazzeremo tutti e useremo la loro nave per andare a razziare le coste!”

Gli altri Uomini di Ferro inneggiarono alle parole di Harrag. Evidentemente erano tutti convinti che un pugno di Uomini di Ferro su una scialuppa sarebbe stato comunque più forte e in grado di abbordare una vera nave se vi avesse trovato gente di Westeros. Gli Uomini di Ferro avevano in generale un’alta stima di se stessi…

“No, non lo farete” replicò Theon. “Noi non facciamo più queste cose, l’ha detto Yara e lei è la nostra Regina.”

“Yara è morta e, se non lo è, morirà presto” fu la consolante risposta di Harrag. “E noi faremo quello che abbiamo sempre fatto. Vuoi impedircelo tu, giovane Theon? Provaci, se ne hai il coraggio, oppure scappa. Scappa, ragazzino, è quello che sai fare meglio, no?”

Theon cominciava seriamente a perdere la pazienza. Non era il momento di mettersi a discutere con quel cafone, Yara era in pericolo e lui doveva andare a salvarla, con Harrag o senza. Si slanciò contro di lui per colpirlo ma, come ci si poteva aspettare, l’uomo gli rifilò un cazzotto che lo rovesciò a terra.

Nel frattempo Ramsay, con i suoi tempi, era riuscito a raggiungere il piccolo gruppo sulla spiaggia e vedere Harrag che colpiva Theon servì a svegliarlo del tutto, finalmente. Si sarebbe buttato contro di lui e avrebbe cercato di scorticarlo a mani nude, ma uno dei marinai, quello che sembrava meno buzzurro e bestiale degli altri (e che era stato colui che, la notte prima, aveva parlato con il suo Principe chiedendogli aiuto per la liberazione di Yara) lo fermò appena in tempo.

“Che fai?” reagì Ramsay con rabbia. “Quel maiale bastardo ha colpito Theon e io voglio farlo a pezzi!”

“No, non spetta a te” gli disse l’uomo che, a quanto pareva, era uno dei pochissimi Uomini di Ferro a mostrarsi più o meno sano di mente. “Gli Uomini di Ferro vogliono seguire Harrag e, se Theon non riesce a farsi rispettare, non gli obbediranno mai e non andremo mai a salvare Yara. Deve essere lui a mostrarsi più forte e determinato o sarà tutto inutile, se tu intervieni servirà solo a dimostrare ancora una volta che Theon si fa proteggere dai Lord di Westeros.”

“Ma io quello lo ammazzo…”

“Puoi farlo, ma non servirebbe ad aiutare né Theon né Yara” spiegò il marinaio, trattenendo il giovane Bolton con tutte le sue forze. Non sapeva quanto fosse fortunato: Ramsay in quel momento non aveva un coltello, altrimenti le cose sarebbero andate molto diversamente… Invece il coltello non ce l’aveva e dovette stare a guardare Theon che continuava a rialzarsi e a tentare di abbattere Harrag per poi finire nuovamente a terra.

“Stai giù!” urlava Harrag, imbestialito. “Stai giù altrimenti ti uccido!”

Ramsay era frustrato e sempre più innervosito, ma poi sotto i suoi occhi parve accadere una specie di miracolo. Theon incassava tutti i colpi di Harrag, sembrava più debole ogni volta che veniva gettato a terra, ma non si arrendeva, non cedeva, ogni volta si rialzava e si buttava contro il suo avversario e gli Uomini di Ferro cominciavano a guardarlo con occhi diversi.

“Ti uccido, ti uccido!” gridò ancora Harrag, sempre più in collera vedendo che Theon non demordeva. I colpi del giovane Greyjoy non andavano mai a segno e sembrava che Harrag fosse in vantaggio, ma la rabbia e anche la stanchezza iniziavano a farsi sentire. Per quanto fosse fisicamente più fragile, Theon era comunque più giovane e aveva sviluppato una resistenza al dolore che lo rendeva quasi insensibile, era come se le percosse di Harrag non gli facessero niente mentre il suo avversario era sempre più stanco, più lento, meno reattivo. Quando vide che Harrag iniziava a vacillare e che la fatica faceva il suo effetto, Theon sorrise e si gettò ancora contro di lui, colpendolo con una testata in pieno viso che lo fece cadere all’indietro. Era proprio il momento che aspettava: con la forza della disperazione gli si buttò addosso e cominciò a tempestarlo di pugni, schiacciandolo col suo peso e riempiendogli la faccia di colpi. Certo Harrag non poteva capire che cosa aveva scatenato con la sua arroganza, ma Theon, dopo le terribili sofferenze e sevizie subite da Ramsay a Forte Terrore, non avrebbe mai, mai più accettato che qualcuno gli dicesse cosa doveva fare o che cercasse di abbatterlo con la violenza.

Ramsay, attonito, assisteva a quell’esplosione di violenza con un subbuglio di emozioni che lo confondevano. Vedere Theon capace di tanta forza e cattiveria in parte lo spaventava, cominciava a rendersi vagamente conto del fatto che ormai non era più lui ad avere il controllo (sì, se ne accorgeva solo in quel momento! Geniale, vero?); d’altra parte, però, era anche fiero di Theon che finalmente dimostrava la sua determinazione e parve perfino capire che i colpi di Harrag non significavano niente per lui dopo tutto ciò che aveva passato, in confronto a ciò che era accaduto a Forte Terrore il pestaggio dell’Uomo di Ferro era una passeggiata di salute per Theon. E, a dirla tutta, si sentiva pure stranamente turbato da quel ragazzo che mostrava tanto coraggio, un sorprendente calore lo invadeva e gli faceva tremare i polsi…

Theon, intanto, aveva praticamente ammazzato di botte Harrag e, seppure a fatica, si era rialzato in piedi, pesto e sanguinante ma vittorioso. E aveva ancora la forza di incitare i marinai, che adesso erano dalla sua parte senza alcun dubbio.

“Non per me, non dovete farlo per me” esclamò, guardandosi attorno. “Per Yara! Per la nostra Regina!”

Ormai conquistati, gli Uomini di Ferro dimenticarono il loro leader sconfitto.

“Per Yara, per Yara!” urlarono in coro. “Tutti alla nave!”

I marinai si diressero verso il porto, pronti a tutto pur di accorrere in soccorso di Yara, e anche l’uomo che aveva trattenuto Ramsay si unì a loro. Theon, soddisfatto, li guardò correre verso la nave e poi si diresse lentamente verso il mare, che lambiva la spiaggia con le sue onde, si inginocchiò nell’acqua e si sciacquò il volto, ripulendosi dal sangue. Si sentiva una persona completamente nuova, aveva sconfitto un avversario che era il doppio di lui e aveva conquistato la fiducia e il rispetto degli Uomini di Ferro.

Insolitamente silenzioso e intimidito, Ramsay si avvicinò a lui e si inginocchiò nell’acqua, fregandosene se si stava bagnando tutti i vestiti. Si sentiva molto strano…

“Sei stato bravo, Theon” disse. “Hai sconfitto quel buzzurro, ora i marinai ti seguiranno qualsiasi cosa deciderai di fare.”

Theon si voltò verso Ramsay, dovendo ammettere ancora una volta che, alla resa dei conti, era stato proprio grazie a quel ragazzotto pazzoide e alle sofferenze che gli aveva inferto se ora era così forte, insensibile al dolore, pronto a tutto. Non aveva avuto timore di Harrag neanche per un secondo, aveva pensato solo a Yara e alla rabbia che provava contro quell’uomo bestiale e grossolano che voleva ostacolarlo, sentiva i suoi pugni e le ferite che gli causavano ma la sua soglia del dolore era ormai così alta che poteva ignorarli.

Questo era il risultato del suo soggiorno alla SPA di Forte Terrore!

“Sono davvero molto fiero di te, sai?” gli disse Ramsay.

Con un sorriso, Theon allungò un braccio e lo strinse a sé per baciarlo. In fondo era proprio merito suo se aveva asfaltato Harrag!

“E ora andiamo a salvare Yara” mormorò, stringendo il compagno. Si rimise in piedi e, appoggiandosi a Ramsay, si diresse verso il porto dove i suoi uomini lo attendevano.

Il corpo esanime di Harrag rimase sulla spiaggia, ignorato da tutti, proprio la fine ingloriosa che si meritava.

Theon, invece, provava una sensazione di euforia e si sentiva pronto a tutto, era sicuro che sarebbe riuscito a liberare la sorella e che nessun ostacolo avrebbe più potuto fermarlo.

“Salveremo Yara e poi torneremo a Pyke” disse a Ramsay. “Insieme, ormai, possiamo fare qualsiasi cosa e nessun nemico ci spaventa. Combatteremo per riconquistare le Isole di Ferro e per sostenere Yara come nuova Regina e lo faremo fianco a fianco.”

Anche Ramsay era contento, seppure ancora scombussolato dalla vicinanza di Theon che aveva visto così determinato e combattivo, si sentiva ormai totalmente preso da lui… e la cosa non gli dispiaceva per niente!

Nessuno dei due poteva immaginare quanti e quali pericoli, avversità e disavventure avrebbero dovuto affrontare insieme e non soltanto per Yara… ma in quel momento erano tutti e due sicuri che sarebbero stati invincibili o quasi, dandosi forza l’un con l’altro.

Pareva proprio che l’accoppiata Greyjoy/Bolton, per quanto strampalata e grottesca fosse, avrebbe funzionato nonostante i rischi mortali che l’attendeva dietro l’angolo e di difficoltà ce ne sarebbero state davvero moltissime… ma questa è un’altra storia e io la racconterò in seguito, se non vi sarete ancora stancati delle mie follie!

 

FINE

 

 

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