Un legame indissolubile di Il corsaro nero (/viewuser.php?uid=1011945)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quattro lettere ***
Capitolo 2: *** Il treno per Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Scontro sul treno ***
Capitolo 4: *** Lo smistamento ***
Capitolo 5: *** Un primo giorno molto particolare... ***
Capitolo 6: *** Nubi di paura ***
Capitolo 7: *** Biscotti, picnic e bastoncini ***
Capitolo 8: *** Una disastrosa lezione di volo ***
Capitolo 9: *** Voci e segreti ***
Capitolo 10: *** Colpi di spada, colpi di bacchetta ***
Capitolo 11: *** Un invito esclusivo ***
Capitolo 12: *** Serata al Lumaclub ***
Capitolo 13: *** La catene invisibili ***
Capitolo 14: *** Orme sulla neve ***
Capitolo 15: *** Il segreto della biblioteca ***
Capitolo 16: *** Avventura nei sotteranei ***
Capitolo 17: *** Interrogatorio ***
Capitolo 18: *** I passaggi segreti dei sotterranei ***
Capitolo 19: *** Gli effetti collaterali degli incantesimi ***
Capitolo 20: *** L'ultimo passaggio ***
Capitolo 21: *** La stanza segreta ***
Capitolo 22: *** Il segreto della torre ***
Capitolo 23: *** Carte scoperte ***
Capitolo 24: *** Vero coraggio ***
Capitolo 25: *** Il soffio del drago ***
Capitolo 26: *** L'Erede di Grifondoro ***
Capitolo 27: *** Occhi negli occhi ***
Capitolo 28: *** Verso nuovi orizzonti ***
Capitolo 29: *** Una ragazzina che corre ***
Capitolo 30: *** Vacanze alla Tana ***
Capitolo 31: *** Il richiamo dell'avventura ***
Capitolo 32: *** Incontro imprevisto ***
Capitolo 33: *** Little Hangleton ***
Capitolo 34: *** Il cimitero ***
Capitolo 35: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 36: *** Incidente a Diagon Alley ***
Capitolo 37: *** Conigli, vento, fuliggine ***
Capitolo 38: *** Strane storie ***
Capitolo 39: *** Progetti e incontri notturni ***
Capitolo 40: *** Le eccezioni delle quattro Case ***
Capitolo 41: *** Il segreto della Camera dei Segreti ***
Capitolo 42: *** I provini di Quidditch ***
Capitolo 43: *** Mai disturbare un Augurey ***
Capitolo 44: *** La creatura dell'uovo ***
Capitolo 45: *** Il pasticcio di Furore ***
Capitolo 1 *** Quattro lettere ***
Capitolo
1: Quattro
lettere
Erano
le otto di un caldo
e sereno mattino estivo.
Il
cielo era privo di
nuvole ed era di un azzurro così intenso che pareva brillare
mentre
i luminosi raggi del sole colpirono una graziosa casetta a due piani
fatta di mattoni.
La
luce entrò nella
stanza di un ragazzino coi capelli rossi come il fuoco che dormiva a
pancia in giù su un letto dalle coperte sfatte e mezze
buttate per
terra, il quale russava così forte da sembrare una
locomotiva in
partenza.
Quando
la luce del sole
gli colpì la faccia, il giovane grugnì per il
fastidio, ma, alla
fine, aprì gli occhi e, sbadigliando, uscì dalla
stanza.
Scese
le scale di corsa ed
entrò in cucina, domandando, a gran voce: “Cosa
c'è per
colazione?”
“La
colazione è sul
tavolo, Galahad.” rispose, senza nemmeno alzare la testa dal
libro
che stava leggendo, un giovane più grande del ragazzino
almeno di
cinque anni.
Rivolgendogli
un'occhiataccia, Galahad sibilò: “Grazie, Lancy,
ti assicuro che
non me ne ero accorto...”
“Per
tua informazione,
signorino, il mio nome è Lancelot. Dovresti portarmi
rispetto dato
che non solo sono tuo fratello maggiore, ma, sono anche stato
nominato prefetto di Grifondoro.” protestò,
seccato, il giovane,
abbassando il libro e rivelando un giovane coi capelli corti biondi
ramati e gli occhiali.
“Ma
che cosa eccitante,
Lancy...”
“Ti
ho già detto che il
mio nome è Lancelot, Galahad. Quando lo capirai?”
“Quando
tu ti ficcherai
in testa che devi chiamarmi Gal! Hai idea di come sia imbarazzante
dire come cavolo mi chiamo sia ai maghi che ai babbani?! Rischio ogni
volta di morire dalla vergogna...”
“Tanto
alla cerimonia
dello smistamento ti chiameranno col tuo nome completo davanti a
tutti, quindi ti consiglio di abituarti subito.”
“Lo
so benissimo, ma
preferirei evitare che si venga a sapere di questa cosa il
più a
lungo possibile!”
“Sono
solo le otto del
mattino e siete già qui a litigare?”
domandò, divertita, una voce
calda e femminile, portando sul tavolo una teiera.
“Ciao,
mamma!” la
salutò, entusiasta, Gal, mentre la donna dai lunghi capelli
biondi e
con indosso la vestaglia rosa, accarezzava dolcemente la testa
spettinata del figlio minore.
I
tre cominciarono a
mangiare finché non sentirono un frullo di ali provenire
fuori dalla
finestra.
“Oh,
dev'essere arrivata
la posta.” esultò la signora, andando ad aprire la
maniglia della
finestra e, immediatamente, entrarono due gufi: un gufo piccolo e un
maestoso barbagianni.
“Quello
è il gufo di
Christian! Mi avrà inviato la risposta per il giro di questo
pomeriggio!” esultò Gal, non appena vide il
gufetto, il quale era
intento a pulirsi le piume.
Con
molta delicatezza, il
ragazzino prese la lettera legata alla zampa dell'animale e, dopo
averla letta, esultò: “Fantastico! La zia ha detto
di sì! Meglio
che vada a prepararmi!”
“Aspetta,
anche l'altro
gufo ha una lettera!”
“Sarà
il gufo di uno
degli amici di Lancelot, mamma.”
“No,
nessuno dei miei
amici o uno dei loro familiari possiede questo gufo.”
Sentendo
quelle parole,
Gal scese di corsa le scale.
Aveva
un presentimento...
“Mamma,
puoi vedere la
lettera? Di chi è?” domandò, con la
voce tremante, il ragazzino
e, non appena la donna l'ebbe presa, per poco non cadde per terra.
“E'
per te, Galahad...
da parte di Hogwarts.” sussurrò la donna,
allungando al figlio la
lettera con su impresso una lettera dove c'era disegnato uno strano
stemma rappresentante un leone, un corvo, un tasso e un serpenti che
circondavano una gigantesca h.
Col
fiato mozzo, la prese
e l'aprì, per poi leggere ad alta voce: “Caro
signor Sandlers...
siamo lieti d'informarla che lei ha diritto a frequentare la scuola
di Magia e Stregoneria di Hogwarts!!!”
Stringendo
con forza la
lettera al petto, si mise ad urlare dalla gioia: “Ce l'ho
fatta, ce
l'ho fatta, mamma!!! Sono stato ammesso! E' fantastico, è
grandioso!!!”
“Oh,
tesoro, quanto sono
felice! Se tuo padre fosse qui, sarebbe fiero di te!”
urlò la
donna, abbracciandolo con forza.
Dopo
un po', Gal si liberò
dall'abbraccio e domandò: “Posso andare da
Christian per
dirglielo?”
“Certo,
tesoro. Ma fa
attenzione e, soprattutto, non fare magie davanti ai babbani,”
“Sta
tranquilla! Non ho
alcuna intenzione di venire espulso dalla scuola prima ancora di
averla cominciata!” dichiarò il bambino, prendendo
una brioche e
uscendo a tutta velocità dalla casa.
Mentre
correva verso la
casa dell'amico, Gal si sentiva così leggero che credeva di
poter
prendere il volo senza l'aiuto di una scopa.
Ce
l'aveva fatta! Era uno
studente di Hogwarts a tutti gli effetti!
Era
da un anno che temeva
che non gli sarebbe arrivata la lettera che affermava che era uno
studente della scuola più fantastica e popolare di tutta
l'Inghilterra.
Certo,
c'erano stati
alcuni fenomeni magici attorno a lui, ma temeva sempre che quelle
manifestazioni fossero considerate troppo deboli per uno studente...
ma, nel momento stesso in cui aveva ricevuto la lettera, tutte le sue
preoccupazioni erano sparite come neve sciolta dal sole.
Anzi,
ripensando alle sue
paure, il giovane non poté trattenere una risata divertita.
“Ehi,
Gal!!!” urlò
una voce maschile davanti a lui.
L'undicenne
alzò lo
sguardo e sorride non appena riconobbe chi stava arrivando.
Si
trattava di un coetaneo
dai capelli marroni e gli occhi dello stesso colore coperti da grandi
occhiali.
“Ciao,
Christian!” lo
salutò, entusiasta, il cugino per poi dire: “Mi
è successa una
cosa troppo pazzesca a colazione e non potevo aspettare!”
“Cosa?”
“Mi
è arrivata la
lettera da Hogwarts!”
“Anche
a me! Ti avevo
appena mandato Lanterna che è arrivato il gufo dalla scuola
con la
lettera!”
“Fantastico!
Non vedo
l'ora che sia il primo Settembre!”
“Hai
ragione. Ma,
purtroppo, dovremo partire presto. Da York a Londra c'è una
bella
distanza usando l'auto dei babbani...”
“Meglio,
così la nostra
avventura inizierà prima!”
“Hai
proprio un animo
avventuroso... in quale casa vorresti finire?”
“Non
in quella di
Monica! Anzi, spero proprio che non le sia arrivata nessuna
lettera!”
“Andiamo,
Gal... non è
una cosa tanto carina da dire...”
“Senti,
ho dovuto
sopportare quella piovra e la sua cotta nei miei confronti per anni!
Vorrei poter respirare un po', almeno a Hogwarts!”
“Capisco...
a parte
Monica, in quale casa vorresti finire?”
“Grifondoro,
ovviamente!
Era la casa dei nostri genitori e, inoltre, a me piace da matti
l'avventura! L'unica pecca è che ci sarà anche
mio fratello là
dentro, il quale è stato pure nominato prefetto!”
“Beh,
sai com'è
Lancelot... è uno che prende molto sul serio il suo
lavoro...”
“E'
un fissato, ecco la
verità. E' sempre stato uno che segue le regole in maniera
maniacale, Ha sempre preso ottimi voti ed era il cocco di tutti gli
insegnanti, ma da quando è stato nominato prefetto di
Grifondoro è
solo peggiorato! Non fa altro che sgridarmi e dirmi cosa devo fare,
perché lui è un prefetto e devo obbedirgli! Spera
di lavorare in un
ufficio prestigioso del Ministero della Magia a Londra. E quando ne
parla, la mamma diventa tutta fiera ed orgogliosa!”
“...E
tu ne sei geloso.”
“IO
NON SONO GELOSO DI
MIO FRATELLO!!!”
“Certo,
certo...”
sussurrò Christian, nonostante la reazione del cugino fosse
la prova
lampante della gelosia che provava per il fratello maggiore
“In
ogni caso, cosa vuoi fare da grande?”
“L'Auror!
Avrei la
possibilità di vivere tante avventure, proteggere le persone
a cui
voglio bene e rendere fiero mio padre!”
“Era
un grande Auror...
sono certo che sarà fiero di te, anche se non può
più esserti
accanto.”
“Mia
madre mi dice
sempre che mio padre continua ad essermi accanto... semplicemente non
ho ancora imparato a vederlo.”
Aveva
trovato il gufo con
la lettera quando aveva aperto la finestra della sua stanza per far
entrare l'aria.
Anche
se sapeva benissimo
chi doveva avergliela spedita, la ragazzina con gli occhiali e i
lunghi e lisci capelli neri, l'aveva presa con la mano tremante, come
se si trattasse di un'enorme confezione di Caccabomba.
Lo
stemma le aveva
confermato tutto.
Quella
era la sua lettera
per Hogwarts.
Era
riuscita ad essere
ammessa alla scuola più importante d'Inghilterra.
Subito,
uscì dalla camera
e chiamò: “Mamma, papà! Ho una notizia
fantastica!”
Ad
un tratto, sentì un
dolore allucinante al piede e lo sollevò subito.
Era
un piccolo pettine di
plastica che sua sorella minore Morgana usava per le bambole.
“Athena,
hai visto il
mio pettine?” domandò, proprio in quel momento,
una bambina di
sette anni coi capelli neri legati in due codini e con in mano una
bambola, uscendo dal bagno.
Cercando
di nascondere una
smorfia di dolore, l'undicenne diede alla sorella il pettine e, con
un sorriso, si raccomandò: “Morgana, lo sai che
devi stare attenta
a non lasciare in giro i tuoi giocattoli, sennò qualcuno
rischia di
farsi male.”
La
ragazzina restò zitta
un attimo, per poi domandare, incredula: “Athena, ti senti
bene?”
“Certo,
perché?”
“Perché
di solito
quando ti fai male con i miei giocattoli ti metti a strillare come
una matta e mi ordini d'imparare una buona volta a metterli nel loro
contenitore, sennò mi spedisci allo zoo e m'iscrivi ad uno
dei
programmi di allevamento in cattività per animali in via
d'estinzione che fanno.”
“Beh,
oggi sono di
ottimo umore e non mi va di rovinarlo per uno dei tuoi
giochi.”
Per
Morgana, quella
risposta fu la prova che sua sorella aveva perso la testa.
Ignorando
la confusione
della sorella, Athena si diresse verso la cucina e, non appena fu
davanti ai genitori, mostrò la lettera, tutta la contenta.
Dopo
un'iniziale sorpresa,
i due sorrisero e cominciarono a dire, entusiasti: “Athena,
ti è
arrivata!”
“Oh,
come sono contenta!
E' vero che hai sempre dimostrato grandi poteri fin da quando avevi
sei anni, ma ricevere la lettera... è... è
un'emozione davvero
meravigliosa!”
“Cos'è
successo? Perché
siete tutti contenti?” domandò, incuriosita,
Morgana, la quale
capiva sempre meno di tutta quella situazione, e la madre, tutta
contenta, spiegò: “Tua sorella ha ricevuto la
lettera per
Hogwarts!”
“Davvero?
Fantastico! E
la mia dov'è?” domandò, tutta
emozionata, la piccola.
I
genitori ed Athena non
riuscirono a trattenere le risate.
“Ma
cosa ridete?”
protestò la bambina, mettendo il broncio, con l'obiettivo di
apparire arrabbiata, ma, in realtà, sembrava solo buffa.
Con
molta pazienza, la
madre la prese in braccio e le spiegò: “Mi spiace,
amore, ma è
arrivata solo una lettera ed è per tua sorella.”
“Ma
c'è scritto Doyle
su quella busta, mamma! Quello è anche il mio cognome,
quindi,
quella lettera è mia tanto quanto per Athena.”
“Mi
spiace, tesoro, ma
la lettera dice espressamente che questa lettera è per la
signorina
Athena Doyle. Ecco, leggi.”
La
bambina lesse un attimo
il contenuto per poi domandare: “Mamma, ma chi è
Minerva
McGranitt?”
“La
preside della scuola
di Hogwarts. Quando io e tuo padre andavamo a scuola era la nostra
insegnante di trasfigurazione.”
“Ed
era brava?”
“Moltissimo,
ma anche
molto severa e seria. Comunque, è stata una delle insegnanti
migliori che abbiamo mai avuto.”
“E
come mai è diventata
preside?”
“Purtroppo,
il
precedente preside di Hogwarts, Albus Silente, è morto e a
lei è
stato dato il compito di dirigere la scuola, dato che era una delle
sue più strette collaboratrici ed era già la
vice-preside. E' morto
qualche mese prima della nascita di Athena e abbiamo partecipato al
suo funerale.”
“Ma
non è lo stesso
nome del titolo di quel libro che la nonna ha sul comodino?”
“Sì,
dopo la sua morte,
una giornalista ha scritto una sua biografia.”
“Io
l'ho letto quel
libro. Pare che Silente fosse stato grande amico di Grindelwald, quel
grande mago cattivo che venne prima del Signore Oscuro, e che sua
sorella fosse una maganò, per questo la tenevano chiusa in
casa.”
s'intromise Athena, prendendo un biscotto.
La
madre fece un sospiro,
poi dichiarò: “Silente può aver avuto
amicizie discutibili da
giovane o progettato cose terribili, ma ha saputo fermarsi e
diventare la splendida persona che è diventato. Inoltre,
aveva un
dono molto speciale che poche persone hanno: sapeva guardare oltre.
Ha fatto molto per essa e a permesso a molte persone di frequentare
Hogwarts, proprio come me.”
Dopo
un sospiro, ammise:
“Con un padre criminale che era stato rinchiuso ad Azkaban e
un
fratello maggiore ricoverato al San Mungo a causa del duello con
nostro padre, non avrei mai potuto andare ad Hogwarts... eppure,
Silente, mi ha detto che non aveva alcun senso non andare a scuola
solo per via di mio padre... anche il suo era finito ad Azkaban, ma
questo non gli aveva impedito di andare a testa alta ad Hogwarts e
imparare la magia. Silente era davvero una persona straordinaria e
tutti quelli che ha aiutato nel corso della sua lunga vita lo possono
confermare! Tra l'altro, quella Rita Skeeter ha sempre usato la sua
penna per mettere in cattiva luce gli altri, basta vedere quegli
orribili articoli che ha scritto durante il Torneo Tremaghi tredici
anni fa! Ti ricordi, Harold?”
“Altroché,
Emily. Ha
persino definito Harry Potter un ragazzo disturbato e pericoloso in
uno dei suoi articoli...” annuì il marito mentre
leggeva la
Gazzetta del Profeta e la figlia maggiore, senza parole,
esclamò:
“Harry Potter? Quel
Harry Potter?! Quello che ha sconfitto il Signore Oscuro?!”
Definire
il grande Harry
Potter un ragazzo disturbato e pericoloso dopo tutto quello che aveva
fatto alla comunità magica era davvero grossa...
“Questo
dimostra la
perfidia di quella donna. E poi, scommetto che la storia completa non
la conosce a fondo neppure lei! L'unico che avrebbe potuto dire come
stavano veramente le cose è morto molti anni
fa...” continuò la
donna.
Dopo
un attimo di
silenzio, la donna annunciò: “Bene, domenica che
ne andiamo tutti
a Londra per comprare ad Athena tutto quello che le serve per la
scuola.”
“Possiamo
accendere la
musica quando siamo in macchina? Tanto ci vorranno delle ore per
raggiungere la capitale... Birmingham è tanto lontana da
Londra...”
borbottò la piccola Morgana e la donna annuì:
“Ma certo, cara.”
“Ehi,
mamma. Quando
siamo a Diagon Alley, posso avere un gufo? Ti prego, ho sempre
desiderato averne uno come te e papà...” li
pregò Athena, sempre
più eccitata, e la madre disse: “Va bene,
Athena... ma ricordati
di averne cura.”
“Lo
farò promesso! Non
vedo l'ora di andare ad Hogwarts... hanno persino una grande
biblioteca.” promise la ragazza, mentre Morgana esultava:
“Voglio
andare anch'io a Hogwarts e finire a Corvonero!”
“Dovrai
aspettare altri
quattro anni prima che arrivi la tua lettera, sorellina.” le
ricordò la sorella maggiore, ma Morgana continuò:
“Non importa!
Io andrò ad Hogwarts e finirò a Corvonero,
proprio come mamma e
papà!”
Il
ragazzo grassoccio era
chino per terra ad occuparsi del piccolo orto nel giardino quando
sentì quel frullo d'ali.
Alzò
la testa coperta da
un grosso cappello di paglia e notò il gufo reale appoggiato
su un
grosso ramo della quercia della foresta.
Subito,
il gufo si alzò
in volo e atterrò sullo steccato di legno verniciato di
bianco.
Legato
ad una zampa aveva
una lettera.
Guardò
in tutte le
direzioni.
Tutte
le stradine di
Burley erano deserte.
Dopo
essersi convinto che
non ci fosse nessuno, tolse delicatamente la lettera e, subito, il
maestoso uccello volò via nel cielo.
Guardò
il nome del
destinatario e notò che non solo c'era scritto con
inchiostro verde
la O del suo nome e il suo cognome, Ferrars, ma c'era anche scritto
nell'indirizzo dove dormiva.
Non
gli risultava che
qualcuno dei suoi parenti o amici fosse così pignolo...
Non
appena vide il timbro,
istintivamente, fece un sorriso di gioia.
Era
la lettera di
Hogwarts!
“Mamma!!!”
urlò il
ragazzo, entrando come una furia in casa, dirigendosi in cucina.
Come
aveva previsto, sua
madre stava cucinando del pane e dei dolci.
Non
appena lo vide, la
donna domandò: “Cosa c'è,
Oliver?”
“E'
arrivata! E'
arrivata la lettera per Hogwarts!”
“Davvero?!”
“Sì,
eccola! Me l'ha
appena portata un gufo!”
“Oh,
tesoro, ma è
meraviglioso! Non ti abbraccio solo perché ho le mani tutte
impanate! Vedrai come sarà contento tuo padre quando
tornerà!”
Proprio
in quel momento,
la porta dell'abitazione si aprì e apparve un ometto coi
baffi basso
e tarchiato, ma con un gran sorriso sulle labbra.
“Sono
tornato! Cosa c'è
oggi per colazione? Non immaginate che nottata ho appena
avuto...”
disse l'uomo prima che la moglie urlasse dalla gioia:
“Alfred,
Oliver ha appena ricevuto la lettera!”
“La
lettera? Che
lettera?” domandò, stupito, l'uomo, ma, quasi
subito, sul suo viso
apparve un grosso sorriso e domandò: “Intendi...
quella di
Hogwarts?”
“Sì!”
Con
un grande sorriso,
l'uomo diede una pacca sulla schiena del figlio ed esultò:
“Ben
fatto, figliolo! Sapevo che ce l'avresti fatta! Dopotutto, sei il
rampollo della famiglia Ferrars!”
“Non
dire sciocchezze,
Alfred. Nostro figlio ce l'ha fatta semplicemente perché
è lui.
Dopotutto, è la scuola che decide, io lo so.”
“Va
beh, scommetto che
finirai a Tassorosso, ragazzo, dato che è stata la casa di
tutta la
tua famiglia. Certo, se tu finissi a Grifondoro o Corvonero non
sarebbe un problema, dato che sono delle case molto buone... anzi,
spero proprio che tu finisca a Grifondoro, dato che era la casa del
leggendario Harry Potter... ma sarebbe un bel problema se finissi a
Serpeverde.”
“Alfred,
ti prego! Lo
sai che è il Cappello Parlante a decidere!”
“Lo
so benissimo,
Annabelle, ma non puoi negare che da quella casa siano nati solo dei
piantagrane! Il Signore Oscuro era l'ultimo discendente del fondatore
di quella stupida casa!”
“Alfred,
non
ricominciare. Non tutti i Serpeverde sono malvagi.”
“Forse,
ma la maggior
parte di loro è marcia. A scuola sono sempre loro che creano
problemi agli altri studenti e nella vita danno problemi agli altri
maghi. E poi, li senti i loro discorsi senza senso sulla purezza del
sangue? Sono fanatici, te lo dico io. Anzi, mi sorprende che la
professoressa McGranitt non abbia già provveduto a chiudere
una
volta per tutte quella dannata casa. L'ultima cosa che voglio,
è che
mio figlio faccia parte di quella banda di gentaglia con la puzza
sotto il naso... Oliver, ricordarti che ad Hogwarts devi stare
lontano dai Serpeverde, chiaro?”
Fece
un grosso sbadiglio
di noia mentre il babbano tutto sorridente della tv elencava i mille
stupidi motivi per cui sarebbe stato l'affare del secolo comprare
quella ridicola crema per il viso che mostrava tutto fiero, come se
stesse reggendo la coppa del campionato di Quidditch.
Spense,
seccata, la tv.
Mai
una volta che c'erano
programmi decenti...
Stiracchiandosi,
si
diresse verso il frigorifero e lo aprì per trovare qualcosa
di
commestibile da mettere sotto i denti.
Ovviamente,
era già quasi
vuoto.
E
pensare che in quello
schifoso appartamento al terzo piano di quel decadente e grigio
palazzo londinese vivevano solo lei e la vecchia...
“Delphini!”
strillò
la decrepita voce di un'anziana, proveniente da un'altra stanza.
La
ragazzina fece uno
sbuffo adirato.
La
vecchia si era
svegliata.
“Delphini,
mi hai
sentita?!” continuò la voce, sempre più
arrabbiata “Delphini
Black, ti consiglio di venire subito qui, signorina!”
“Sto
arrivando!”
sbottò la ragazzina, sbattendo con rabbia la porta del
frigorifero.
Con
rabbia si diresse
verso la stanza da cui provenivano le urla e si mise a guardare, con
le braccia incrociate, la vecchia piena di rughe seduta sul vecchio
letto.
“Cosa
vuoi?” domandò,
seccata, Delphini e la donna ribatté: “Non mi
piace quel tuo tono
insolente, ragazzina. Ti ricordo che sono io quella che si spacca la
schiena per darti da mangiare.”
“Ma
se non ti alzi
nemmeno dal letto.”
“Tu
ti credi tanto furba
solo perché possiedi la magia, ma sei solo un'insolente che
si è
montata la testa. Tua madre, i tuoi nonni e tutti gli altri... erano
tutti identici a te! E proprio come loro, anche tu farai una brutta
fine!”
“Maledetta
da una
maganò... sto morendo di paura. In ogni caso, preferisco
morire che
star a sentire le tue sciocchezze.”
“Dimmi
piuttosto cos'hai
preparato per colazione.”
“Niente.”
“Come
sarebbe a dire
niente?!”
“Quello
che ho detto.
Non c'è assolutamente niente nel frigo. E se non mi credi,
alzati e
vallo a vedere con i tuoi occhi.”
“Fila
subito a fare la
spesa, saputella che non sei altro!”
“Con
quali soldi?”
Brontolando,
la donna
prese una chiave e, aprendo un cassetto chiuso a chiave,
tirò fuori
una manciata di banconote, che subito Delphini prese.
“Non
ti azzardare a
tornare a casa finché non hai preso tutto, mi sono
spiegata?!”
“Forte
e chiaro,
soprattutto forte.”
“E
allora obbedisci!
Ricordati che il prezzemolo non dev'essere tanto che poi resta
lì e
devo buttarlo, il che mi spiace. Ma neanche troppo poco, che mi piace
che si senta il sapore, insomma, quel tanto che basta per noi due...
e scegli le foglie migliori perché il fruttivendolo, se non
ti
conosce, ti rifila un mazzo di quello giallino che fa pena a
vederselo nel piatto! E che il rametto non sia duro, compra solo le
punte e, soprattutto, attenta a non confonderlo col basilico,
eh?”
La
risposta che la donna
ricevette fu quello di una porta sbattuta molto forte.
Dopo
aver chiuso la porta,
Delphini scese velocemente le scale, per poi uscire dal condominio.
Il
caldo sole di quella
mattinata estiva di Londra la riscaldò e lei,
inconsciamente, fece
un piccolo sorrisetto.
Adorava
l'estate per tanti
motivi, tra cui il caldo.
A
causa della sua
posizione a nord, la Gran Bretagna era sempre molto fredda, persino
d'estate, e per lei, che amava il caldo, era una cosa tremenda.
Si
appoggiò ad un
lampione e, mettendosi le mani nelle tasche della larga e consumata
felpa, lasciò che i raggi la riscaldassero i lunghi capelli
ribelli e disordinati bianchi dai riflessi argentati
argentati e con ciocche blu legati in una coda alta, con numerose
ciocche che le finivano davanti agli occhi, e la pelle pallida come
la luna.
Non
le importava niente
del mondo, dei babbani che la circondavano o del fatto che quella
vecchia megera della Rowle la stava aspettando, sbraitando o
borbottando come al solito.
Voleva
solo starsene lì a
godersi il sole.
Dopo
un po', il sole venne
oscurato e sentì freddo.
Aprendo
gli occhi, si
accorse che il sole era stato oscurato da una nuvola.
Sbuffando,
si diresse al
centro commerciale, dove comprò tutto quello di cui aveva
bisogno.
Mentre
camminava per la
strada, pensò che sarebbe stato fantastico usare la magia
per far
levitare quelle stupide borse della spesa, almeno avrebbe evitato di
scorticarsi le mani.
Ancora
più fantastico
sarebbe stato vedere una magia, ma, sfortunatamente, aveva avuto la
bella fortuna di crescere con un'anziana e decrepita maganò
incapace
di sollevare lei stessa dal letto, figuriamoci un qualsiasi altro
oggetto.
E,
ovviamente, sapeva
anche il motivo per cui quell'arpia l'aveva presa con sé.
La
Dama Nera la pagava
profumatamente per crescerla.
L'aveva
vista solo una
volta, a sette anni.
Quel
giorno, la scuola era
finita un'ora prima e lei era sgattaiolata fuori da quell'edificio
usando le sue abilità carismatiche, dato che sarebbe dovuta
rimanere
lì finché non fosse venuto un adulto a prenderla.
Ma
lei non aveva bisogno
di nessuno.
Se
l'era sempre cavata da
sola e sarebbe sempre stato così, alla faccia di quello che
dicevano
gli altri!
Come
si permettevano tutti
quei babbani di controllare la sua vita?!
Così,
quel giorno, se
n'era tornata a casa, aspettandosi di trovare la vecchia addormentata
davanti alla tv con una delle sue stupide soap opera babbane da
quattro soldi, ma, inaspettatamente, aveva visto la Rowle parlare con
una donna con un lungo ed elegante vestito di nero, il quale
probabilmente andava di moda un secolo fa, mentre il volto era
nascosto da un velo nero legato ad un enorme cappello nero, dallo
stesso colore dei guanti di velluto che aveva sulle mani.
Aveva
pensato che a quella
signora fosse morto qualcuno da poco.
Le
due donne continuarono
a parlare fitto fitto, non accorgendosi nemmeno della sua presenza...
e, più di una volta, la nominarono.
Evidentemente
la credevano
ancora a scuola, sennò non si sarebbero prese la briga di
incontrarsi per parlare di lei in segreto...
Dalla
ricchezza dei suoi
vestiti, poi, era evidente che quella signora doveva essere ricca
sfondata.
Dopo
un po', la misteriosa
signora aprì la sua borsetta rossa e consegnò una
busta alla
vecchia Rowle.
Per
Delphini non ci voleva
un genio per capire che quella busta contenesse i soldi per
convincere la vecchia a sopportarla.
In
fondo, l'aveva sempre
saputo che quella l'aveva presa per soldi e non certo perché
volesse
una figlia da crescere... e, in realtà, a lei andava bene
così.
Non
sapeva assolutamente
cosa farsene dell'amore... anzi, lei all'età di sette anni
se la
sapeva cavare benissimo da sola.
Ad
un tratto, la donna
velata si era voltata e si accorta di lei.
Per
un lungo istante, le
due si erano guardate in completo silenzio, finché la
vecchia Rowle
non le aveva urlato: “E tu che ci fai già qui? Non
dovresti essere
a scuola?”
“Ci
hanno fatti uscire
prima perché mancava un insegnante.”
dichiarò, senza timore,
Delphini, per poi far notare, incuriosita: “Non sapevo che
avessimo
ospiti...”
“Si
tratta di una mia
lontana parente che è venuta a trovarmi un attimo, ma fra
poco se ne
andrà. Salutala e poi va in camera tua che dobbiamo
discutere di
alcune cose molto importanti.”
“Buongiorno,
signora. Mi
chiamo Delphini.” la salutò, prontamente, la
bambina e la donna,
dopo un'interminabile silenzio, la salutò: “Ciao,
Delphini... sei
una bambina molto bella...”
Subito,
Delphini si
accorse che la donna aveva una voce giovane ma che sembrava
stranamente roca, come se stesse trattenendo una forte emozione o le
lacrime.
Tuttavia,
dato che la
donna non si decideva a continuare il discorso, la bambina si diresse
in camera sua.
Un'ora
dopo, era andata in
cucina a preparare il pranzo e la misteriosa signora in nero era
sparita, proprio com'era apparsa.
Quello
era stato il primo
ed unico incontro con la donna che pagava il suo mantenimento.
Evidentemente,
da quella
volta, era stata molto attenta a non farsi vedere da lei...
Finalmente,
arrivò alla
palazzina e, subito, tirò fuori dalla tasca delle chiavi,
aprendo la
cassetta della posta.
C'erano
parecchio buste,
ma Delphini sapeva già che la maggior parte di esse erano
solo
volantini pubblicitari e conti da pagare.
Le
prese senza nemmeno
guardarle e si diresse all'ascensore, il quale la portò alla
sua
destinazione.
Aprì
la porta usando di
nuovo le chiavi e vide, come immaginava, la vecchia seduta sulla
poltrona davanti alla tv accesa, la quale, invece di mostrare un
polpettone amoroso babbano, mostrava un servizio del tg.
“...La
scomparsa è
stata scoperta solo stamattina dalle assistenti sociali, verso le
sette.” annunciò il babbano alla tv per poi far
partire un video,
dove una babbana coi capelli corti raccontava: “A quell'ora,
svegliamo tutti i bambini dell'istituto per la colazione, ma quando
sono arrivata al letto della piccola Lilibeth era vuoto. La cosa
più
strana è che tutte le finestre e le porte erano
perfettamente
chiuse. Non c'era nessun segno d'effrazione e la porta dell'istituto
era chiusa. Francamente, non so come diavolo abbia fatto una bambina
di otto anni a svanire così nel nulla...”
Mentre
la babbana della tv
continuava a parlare, Delphini mise le buste della spesa sul tavolo e
il rumore fece voltare la signora Rowle.
“Hai
preso tutto?”
domandò la donna e la ragazzina annuì.
L'anziana
fece un
grugnito, il suo modo per dire sì, e tornò a
guardare la tv.
“...Lilibeth
era con noi
da un anno, ed è sempre stata una bambina molto
particolare... era
stata trovata completamente da sola un anno fa alla stazione di
King's Cross, dicendo che stava aspettando il ritorno dei genitori, i
quali stavano accompagnando il cugino a prendere il treno per la
scuola... ma non sono mai venuti a riprenderla. La cosa particolare,
era che, i primi tempi, non chiedeva mai quando avrebbe rivisto i
genitori o la famiglia come di solito domandano i bambini, ma
chiedeva sempre di suo fratello maggiore, dato che era malato e lei
era preoccupata per lui. Anche col passare del tempo, continuava a
chiedere di lui... non sapevo mai cosa dirle...”
continuò la
babbana, mostrando la fotografia di una bambina con lunghi e lisci
capelli biondi con legati dei nastri viola e con grandi e profondi
occhi verdi.
Delphini
decise d'ignorare
il resto del servizio e cominciò a mettere via nel
frigorifero i
vari prodotti che aveva comprato.
Una
volta che ebbe finito,
decise di occuparsi della posta.
Come
al solito, mise
meccanicamente le bollette e i conti da una parte, mentre dall'altro
ci metteva la pubblicità.
Stava
per mettere
l'ennesima busta con la bolletta del gas dalla parte delle bollette
quando l'occhio le cadde sull'ultima busta.
Era
una lettera molto
diversa dalle altre: la busta era pesante e spessa, di pergamena
giallastra, con l'indirizzo scritto un verde e, soprattutto, era
indirizzata a lei.
Non
dovette neanche
girarla per vedere il sigillo, per capire da dove provenisse.
C'era
solo un luogo che si
sarebbe scomodato a scriverle una lettera in quello schifo di fesso
mondo...
“Ehi,
vecchia. Indovina
dove vado di bello il primo Settembre.” dichiarò,
con un
sorrisetto malizioso, Delphini.
L'anziana
si voltò a
guardarla e domandò: “Ti è arrivata,
eh?”
“Esatto.
Starò ad
Hogwarts fino alle vacanze estive, contenta?”
“Altroché.
Così potrò
finalmente respirare un po', senza te in giro.”
“Senti,
mi daresti un
po' di galeoni? Devo comprare un sacco di cose per il primo
anno.”
La
signora Rowle prese la
sua borsa e passò all'undicenne un sacchetto pieno zeppo di
monete,
a giudicare dal rumore che fecero.
“Prendi
libri e
indumenti usati, principessina. Quei galeoni basteranno solo per
quelli. Niente oggetti costosi, animali o scope, sono stata
abbastanza chiara?” si raccomandò la vecchia,
mentre la ragazzina
sbuffava: “Agli studenti del primo anno è proibito
avere una
propria scopa.”
“Beh,
tu sei parecchio
brava ad infrangere le regole.”
“Ma
so essere una brava
ragazza quando mi fa comodo.”
“Già,
ormai ti
conosco... in ogni caso sai come si arriva a Diagon Alley?”
“Certo,
in questi undici
anni mi sono organizzata... andrò al
Paiolo magico
questo
pomeriggio.” |
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Capitolo 2 *** Il treno per Hogwarts ***
Capitolo
2: il treno per Hogwarts
“Su
forza, bel addormentato. E' ora di alzarsi!” lo
chiamò la voce
maschile, strappandolo violentemente dal bel sogno che stava facendo.
Gal
non riuscì a fare a meno di trattenere un'imprecazione.
“Su,
datti una svegliata. Hai un'ora per prepararti e far colazione prima
della partenza.” continuò Lancelot, accendendo la
luce elettrica,
e Gal borbottò, ancora mezzo stordito: “Lancy...
ma che razza di
ore sono?”
“Quasi
le cinque del mattino.”
“Come
quasi le cinque del mattino?! Ma è notte fonda!”
“Per
arrivare a Londra da York ci vogliono tre ore, perciò
dobbiamo
svegliarci tutti presto. Non eri tu quello che voleva partire
all'avventura?”
“Ma
alle dieci, non alle cinque del mattino!”
“Oh,
non fare la lagna e comincia a prepararti.”
dichiarò, scocciato,
il fratello maggiore, uscendo dalla stanza.
Scese
dalle scale e cominciò a mangiare la colazione che la madre
aveva
preparato.
Dopo
un po', accorgendosi che il fratello non era ancora sceso,
chiamò,
adirato: “Galahad! Possibile che tu sia sempre in
ritardo?!”
“Eccomi!”
rispose il ragazzino, già vestito e con sulla testa un buffo
casco
da pilota babbano, scendendo le scale di corsa.
“Buon
appetito, Galahad.” gli augurò la madre, mentre
Lancelot gli
domandava, seccato: “Ma cosa t'impedirà mai nella
tua vita di
essere puntuale?”
“Ma
io sono puntuale!” protestò il ragazzino,
leggermente offeso, e
Lancelot, alzando le braccia e gli occhi al cielo, commentò:
“Certo,
allora è il resto del mondo che è in
anticipo.”
Dopodiché,
il fratello maggiore gli disse: “Ora mangia la colazione e
fila
subito in macchina, che dobbiamo anche andare a prendere
Christian.”
“D'accordo...”
borbottò Gal, prendendo il latte per i cereali e, ad un
tratto,
Lancelot domandò, esterrefatto: “Aspetta un
secondo, non vorrai
mica andare a Hogwarts con quello stupido vecchio casco?”
“E
perché no? E' il mio preferito e il nonno della mamma lo
indossava
durante la guerra!”
“E'
ridicolo. Senza contare che stai per andare ad una scuola per
maghi.”
“Beh,
per me non è affatto ridicolo, anzi! E' il mio portafortuna
e
insieme ne abbiamo passate tante, pertanto, non intendo mollarlo qui
a prendere la polvere!”
“Santa
pazienza... e va bene, fa come vuoi, io me ne lavo le mani... ma se
poi ti prendono in giro, non metterti a frignare.”
“Ma
sta zitto, Lancy!”
Dopo
aver finito di bisticciare col fratello, Gal continuò la sua
colazione in silenzio.
Non
vedeva l'ora di partire, anche se era ancora mezzo assonato... il
pensiero del viaggio per Hogwarts assieme al cugino lo eccitava non
poco.
Secondo
i racconti di Lancelot, il viaggio sarebbe durato un giorno intero e
sarebbe arrivato a Hogsmeade, l'unico insediamento di soli maghi in
tutta la Gran Bretagna, in serata.
Suo
fratello, però, non aveva aggiunto altro su cosa sarebbe
accaduto
quel giorno, dicendogli solo che ci sarebbe stata una bella sorpresa
per lui al suo arrivo.
Aveva
provato numerose volte a chiedere al fratello qual'era la sorpresa o,
almeno, di prenderlo in contropiede, ma suo fratello era troppo furbo
e sveglio per essere fregato.
Almeno,
avrebbe scoperto tutto quella sera, assieme a Christian...
Il
ragazzino sorrise felice mentre pensava alle lunghe e interminabili
chiacchiere che lui e il cugino si sarebbero fatti durante il viaggio
in macchina, alle avventure che avrebbe vissuto a scuola, il
Quidditch... sarebbe stato un anno fantastico!
Stava
seduta sulla banchina da un'ora, a guardare il binario nove e ben
centoventiquattro famiglie erano passate per il passaggio che portava
al binario nove e tre quarti.
Nessuno
si era minimamente curato di lei, una minuta ragazzina di undici
anni, coi capelli argentati e grandi occhi scuri, con indosso un
pesante cappotto invernale e il berretto, che aveva con solo un
gigantesco baule consumato.
Nessuno
di quegli sciocchi babbani alla stazione poteva anche solo sospettare
che era rimasta nascosta nel bagno della stazione dalle sei del
mattino.
Anche
se viveva già a Londra e quindi sarebbe potuta arrivare
all'ultimo
momento, Delphini era uscita di casa prestissimo, dicendo un
semplice: “Ci rivediamo quest'estate, vecchia.”
La
risposta della donna era stata un grugnito che, nel suo linguaggio,
voleva dire sì.
Dato
che non aveva alcuna intenzione di perdere il treno, la ragazzina si
era diretta subito alla stazione, per poi raggiungere i bagni
pubblici, rimanendo nascosta lì per ben tre ore, mangiando
la sua
colazione, ossia merendine e succo di frutta all'albicocca.
Se
si fosse fatta vedere da sola per troppo tempo, avrebbe attirato
l'attenzione e sarebbero arrivati quei babbani ficcanaso e avrebbe
perso il treno.
Quegli
stupidi pensavano che, solo perché aveva undici anni non era
minimamente capace di cavarsela da sola, nonostante cucinasse da
quando ne aveva otto!
In
ogni caso, non voleva casini, quindi era rimasta lì, seduta
sulla
tazza del water e con, ovviamente, il bagno chiuso a chiave, tanto a
nessun babbano sarebbe importato di vedere un bagno della stazione
occupato, ad immaginare la sua vita da studentessa di Hogwarts,
finché non si era stufata ed era uscita, anche
perché doveva ancora
capire come si faceva a raggiungere un binario che, tecnicamente, non
esisteva senza chiedere aiuto a nessuno, confondendosi con le tante
persone che giravano per la stazione.
Mentre
guardava i treni arrivare e partire, Delphini tornò a
pensare ad
Hogwarts.
La
materia che più l'affascinava era Difesa contro le arti
oscure...
affrontare degli avversari pericolosi e oscuri era qualcosa di
avvincente... forse avrebbe potuto diventare un Auror da grande e
affrontare quelle creature...
In
ogni caso, non vedeva l'ora di arrivare a scuola e di finire a
Serpeverde.
Sapeva
già che sarebbe finita in quella casa, glielo diceva il suo
istinto.
Dopotutto,
i membri di quella casa erano furbi, determinati e ambiziosi e lei
possedeva tutte quelle tre caratteristiche.
Inoltre,
era la casa più detestata, i cui membri venivano evitati
dagli altri
studenti, a causa del fatto che si diceva che tutti i maghi oscuri venissero da quella Casa...
e lei voleva solo starsene da sola.
Dopotutto,
aveva i suoi piani quell'anno per Hogwarts...
Ad
un tratto, si accorse di una coppia con un ragazzino grasso e coi
capelli marroni che trasportava un carrello con su una gabbia con una
civetta.
L'allegra
famigliola si diresse verso la barriera tra i binari nove e dieci e,
in un attimo, come centinaia di altre famiglie di maghi prima di
essa, svanì nel nulla.
Delphini
decise di alzarsi e di dirigersi verso il binario.
Ormai,
il binario doveva essere pieno di gente... nessuno avrebbe fatto caso
ad una ragazzina di undici anni completamente da sola.
Stava
per lanciarsi contro il muro, quando una voce alle sue spalle
maschile le domandò, timidamente: “Ehm,
scusami...”
Delphini
si voltò e vide un ragazzino suo coetaneo coi capelli neri e
gli
occhi azzurri.
Imbarazzato,
l'undicenne domandò: “Ecco, tu... vai ad
Hogwarts?”
“Certo.”
“Ah,
che fortuna! Mi chiamo Kevin Harrison e sono uno studente del primo
anno. Sono un nato babbano, perciò non ho la più
pallida idea di
come arrivare al binario... potresti spiegarmi come si fa?”
“Semplice,
corri verso la barriera tra i binari nove e dieci e, in un attimo, ti
troverai dall'altra parte. Guarda come faccio io.”
dichiarò la
ragazzina, cominciando a correre verso il muro e venendo risucchiata.
Attorno
a loro, c'erano tantissime famiglie magiche coi loro figli, sia
grandi che piccoli e ovunque c'erano bagagli e gabbie con ogni tipo
di animali.
Voce,
risate e pianti si mescolavano in un tutt'uno, quasi a formare una
melodia...
Gal
sentì l'impulso di prendere la mano di Christian o quella di
sua
madre, ma si trattenne appena in tempo.
L'ultima
cosa che voleva era che venisse etichettato come un fifone che si
nascondeva dietro alla mamma... si domandò come cavolo
facessero gli
altri studenti a non morire dalla paura...
Proprio
in quel momento, Lancelot riapparve in mezzo alla folla, con su
indosso la divisa e, ovviamente, l'immancabile distintivo da
prefetto.
“Beh,
io salgo sul treno, mamma. Devo raggiungere gli altri prefetti nel
loro scompartimento.” dichiarò il giovane e,
mentre Gal alzava gli
occhi al cielo, la madre dei due esultò: “Sono
tanto fiera di te,
Lancelot... mi raccomando, fatti onore!”
“Certamente,
mamma.”
“E prenditi cura di tuo fratello.”
“Mamma,
non ho bisogno della babysitter!” protestò,
adirato e imbarazzato,
Gal, mentre il fratello maggiore annuiva: “Certo, mamma. Ci
vediamo
quest'estate.”
Dopo
averle dato un bacio sulla guancia, Lancelot salì sul treno.
Con
uno sbuffo, Gal diede un'occhiata a Christian e notò che
guardava la
folla con interesse, come se stesse cercando qualcuno...
“Cerchi
una bella sconosciuta in mezzo alla folla di cui innamorarti,
eh?”
domandò, con un sorrisetto divertito, il rosso e il cugino,
imbarazzato, ammise: “Beh, sì... mi piacerebbe
innamorami e uscire
con qualcuna ad Hogwarts...”
“Come
sei precoce, cugino.”
“Non
scherzare, Gal... semplicemente, vorrei vivere una storia diversa di
quella dei miei genitori...”
Proprio
in quel momento, dal muro uscì una ragazzina coi capelli
argentati e
con alcune ciocche blu legati in una coda di cavallo, con indosso un
vecchio giaccone invernale, nonostante fossero le dieci e mezza di un
caldo mattino di Settembre.
“Ehi,
hai visto la ragazzina che è appena arrivata?”
domandò Gal,
indicandola, e Christian, senza parole, commentò:
“Accidenti, è
davvero molto carina! Ha un colore di capelli davvero fico!”
“Che
ne sai? Sono tinti.”
“Beh,
è carina lo stesso.”
“A
te sembrano tutte carine, Chris.”
“Non
è vero! Per esempio, quella che punta verso di te
è bruttissima.”
Non
appena si voltò, Gal vide un' undicenne magra, con lunghi
capelli
riccioluti biondi legati in due codini, con gli occhiali, un sorriso
a trentadue denti e una macchina fotografica tra le mani.
“Ehilà,
Gal! Sapevo che anche tu avresti ricevuto la lettera! Che bello,
andremo ad Hogwarts insieme! Sei felice?” domandò
la ragazzina e
Gal, con un'espressione disperata, borbottò:
“...Da morire.”
“Ho
comprato una macchina fotografica, così potrò
documentare tutto
quello che succederà durante quest'anno scolastico,
perché accadrà
qualcosa, succede sempre! Però, nel frattempo, scatto un po'
di foto
come introduzione! Che ne dici, Gal, se ti faccio una foto? Io e te
da soli!”
“Sparisci,
Monica!”
Non
appena era arrivata sul binario, era salita, senza perdere altro
tempo prezioso o aspettare per vedere se quel babbano avesse capito
le sue indicazioni, sul treno.
Delphini
non aveva la minima intenzione di stare lì, in mezzo a
quella
fiumana di gente.
Dopotutto,
lei aveva sempre amato la solitudine e la tranquillità...
Tutti
gli scompartimenti erano vuoti e la giovane, dopo qualche minuto, ne
scelse uno.
Mise
via il baule e si sedette di fianco al finestrino, continuando a
guardare le altre famiglie che continuavano ad entrare dal passaggio.
Ad
un tratto, dalla barriera uscì la famiglia più
numerosa e casinara
che avesse mai visto.
Era
una sacco di persone coi capelli rossi, tranne una decina
d'individui, i quali stavano accompagnando un ragazzino coi capelli
rossi e con un grande sorriso.
Una
vecchia signora coi capelli marroni e dalle ciocche grigie continuava
ad abbracciarlo e a piangere, facendogli mille raccomandazioni,
mentre un giovane coi capelli neri e gli occhiali con un luminoso
sorriso, che teneva per mano un bambino di circa tre anni con i
grandi e profondi occhi verdi, gli accarezzava la testa.
Per
un attimo, le mancò il fiato a vedere quel signore
accarezzare la
testa del ragazzino... avrebbe tanto voluto anche le avere un padre
che le accarezzava la testa...
Subito,
si diede un colpo alla testa.
Era
diventata scema, per caso?!
Lei
non aveva bisogno di nessuno!
Tuttavia,
continuò a guardare l'uomo con gli occhiali... non sapeva
nemmeno
perché... c'era qualcosa che l'attirava a lui...
Lo
vide sorridere ad una donna coi capelli rossi che spingeva un
passeggino con una bambina che avrebbe avuto al massimo due anni, per
poi dire qualcosa ad un bambino di cinque anni, che continuava a
protestare.
Probabilmente,
voleva salire anche lui sul treno come il fratello maggiore... almeno
non era l'unico su quel binario.
Ad
un tratto, l'uomo con gli occhiali si girò verso il treno e
i loro
occhi s'incrociarono.
Nonostante
fosse stata presa in contropiede, Delphini si mise a muovere la
testa, come se cercasse qualcuno finché, ad un tratto finse
di
sorridere e salutò con la mano.
Tutti,
compreso quel signore con gli occhiali, avrebbero creduto che, fino a
quel momento, aveva cercato qualcuno tra la folla per poterlo
salutare e non che stesse fissando quella famiglia in particolare...
inoltre, c'erano tanti tipi che salutavano i figli, quindi nessuno
l'avrebbe considerata una strana.
Non
appena si fu stufata di fingere di salutare qualcuno, si
girò
dall'altra parte, ben decisa a non guardare più fuori dal
finestrino
fino al momento in cui quello stupido treno fosse partito...
Per
essere solo le dieci e mezza del mattino, quella giornata si stava
rivelando davvero eccitante.
Lei,
i suoi genitori e Morgana erano circondati da una moltitudine di
maghi di tutte le età, che trasportavano
un'infinità di valigie e
di gabbie piene zeppe di animali.
La
confusione e l'allegria erano alle stelle.
Uno
strillo acuto la riportò alla realtà.
Si
voltò verso la gabbia sul carrello e sorrise alla civetta al
suo
interno.
“Buona,
Moon... presto potrai sgranchirti le ali.” la
rassicurò Athena,
mentre la piccola Morgana continuava a dire: “Voglio salire
anch'io
sul treno!”
“Morgana,
te lo abbiamo già spiegato. Devi aspettare.” le
ricordò il padre,
mentre la bambina sbuffava, scocciata: “Uffa...”
Athena
si fermò vicino ad una numerosa famiglia, la cui maggioranza
dei
membri aveva i capelli rossi.
Una
signora, i cui capelli marroni avevano numerose ciocche grigie, si
stava col ragazzino coi capelli rossi e le lentiggini che doveva
partire: “Mi raccomando, Teddy. Non ficcarti nei guai,
impegnati
molto nello studio, stai lontano dalle cattive compagnie e cerca di
non combinare pasticci.”
“Tranquilla,
nonna. Starò attento.”
“E
durante le lezioni di volo, cerca di fare attenzione. Tua madre
andava sempre a sbattere dappertutto...”
“Nonna,
lo sai che con la scopa me la cavo. Ho preso lezioni dallo zio Harry,
il miglior cercatore di Grifondoro della storia di Hogwarts!”
“D'accordo...
ma guai a te, signorino, se scopro che ti sei messo nei guai o se hai
fatto scherzi di qualunque tipo ai custodi, agli insegnanti o agli
altri studenti prendendo le loro sembianze, come faceva tua
madre!”
“Andiamo,
Andy... se il piccolo Teddy vuole fare scherzi, ha tutto il diritto
di farli.” dichiarò un giovane uomo dai capelli
rossi senza un
orecchio, con un largo sorriso.
La
signora tarchiata e coi capelli rossi di fianco a lui, lo
guardò in
malo modo, per poi sibilare, furibonda, puntandogli contro l'indice:
“George Weasley, se ti azzardi a metterlo sulla cattiva
strada,
sappi che farai i conti con me, mi sono spiegata?!”
“Certo,
mamma!” dichiarò subito il giovane, cercando di
nascondere un
lieve tono di puro terrore nella voce.
Dopo
aver avvisato il figlio, la donna si avvicinò al ragazzino
che era
stato chiamato Teddy e gli disse, con un'inaspettata dolcezza:
“Mi
raccomando, Teddy. Comportati bene e rendi fieri non soltanto noi e
tua nonna, ma anche i tuoi genitori. Sono certa che se fossero stati
qui oggi, sarebbero orgogliosi di te!”
Il
ragazzino coi capelli rossi, annuì, tutto eccitato, e, in
quel
momento, una bambina più giovane di lui di qualche anno coi
capelli
biondi e gli occhi azzurri, si avvicinò a lui e gli
domandò,
timidamente: “Mi scriverai tutte le settimane, vero,
Teddy?”
“Ma
certo, Victorie! Te l'ho promesso.”
“Se
non mi scrivi, giuro che vengo ad Hogwarts personalmente e ti do una
bella lezione! Anzi, non appena tornerò a casa,
chiederò alla nonna
d'insegnarmi il trucco attraverso cui si fa rispettare dal nonno,
dallo zio George e dallo zio Ron!”
“Qualcosa
mi dice che è meglio se ti ubbidisco, se ci tengo alla
pelle...”
Immediatamente,
tutta la famiglia al completo rise divertita.
“Papà,
voglio andare anch'io ad Hogwarts assieme a Teddy!” disse,
all'improvviso, un bambino piccolo, il quale tirava il braccio di un
uomo coi capelli neri e gli occhiali.
L'uomo
fece un sospiro, per poi dire al figlio: “Jamie, ne abbiamo
già
parlato. Devi aspettare altri sei anni.”
“Ma
sono tanti!!! Io voglio andarci adesso!!! Per favore,
papà!!!”
La
donna coi capelli rossi al fianco del marito fece un sorriso
divertito
James
era identico a lei alla sua età... evidentemente, tutti i
piccoli,
morivano dalla voglia di partire, assieme ai loro parenti
più
grandi... chissà che pandemonio sarebbe scoppiato con gli
altri due
figli quando fosse stato il turno di Jamie...
Ad
un tratto, un'altra piccola voce maschile, anche se più
piccola,
disse, strattonando l'altro braccio del padre:
“Papà... una
bambina sul treno ci sta guardando... ha uno sguardo un po'
strano...”
L'uomo
si voltò nella direzione del figlio e vide una ragazzina
seduta sul
treno dalla stessa età di Teddy che guardava lui e la sua
famiglia
dal finestrino.
Dopo
un po', la ragazzina salutò qualcuno con la mano, per poi
voltarsi
di scatto.
“Oh,
non preoccuparti, Al... non stava guardando noi... probabilmente era
solo preoccupata perché non trovava i genitori in mezzo a
tutta
questa folla...” lo rassicurò la donna dai capelli
rossi,
prendendolo in braccio.
Il
padre rimase in silenzio un attimo, per poi commentare: “Che
strano...”
“Cosa
è strano, Harry?”
“E'
che quella bambina... mi sembrava familiare... e poi, il suo
sguardo...”
Non
riuscì a finire la frase, che una forte luce lo
accecò.
Immediatamente,
tutti i ragazzi si sfregarono gli occhi, mentre quelli più
bambini
si sfregavano gli occhi.
Non
appena Harry, ebbe riacquistò la maggior parte della vista,
si
accorse che la cosa che lo aveva accecato era una vecchia macchina
fotografica di un tizio vicino ad una donna, alta, magra, vestita
molto elegantemente e coi dei grandi occhiali.
“Familiare,
in che senso, caro Harry? Ti ricorda una tua vecchia conoscenza? E'
una tua vecchia fiamma o un tuo vecchio nemico che è tornato
per
vendicarsi?”
“Rita
Skeeter...” sibilò, furibonda, una donna dai
capelli mossi castani
che teneva per mano una bambina dai capelli rossi dalla stessa
età
di Al, mentre il marito, un uomo coi capelli rossi, cercava di
calmarla: “Hermione... ti prego, calmati...”
“Che
cosa ci fa lei, qui? Sta per caso cercando di rovinare la vita di
qualcuno?” le rispose Harry, guardando in malo modo Rita.
Per
tutta risposta, lei fece un ghigno divertito e rispose:
“Stavo
cercando spunti per un mio articolo sulla partenza dei giovani maghi
per un nuovo anno scolastico ad Hogwarts... ma non avrei mai
immaginato d'incontrare proprio qui il famoso Harry Potter con tutta
la famiglia al gran completo!”
Immediatamente,
molte persone, tra cui Athena, si girarono, stupefatte.
Harry
Potter?
Quello
era il famoso Harry Potter?! Quello che aveva sconfitto il Signore
Oscuro?!
Ignorando
la curiosità generale, Rita continuò, col sorriso
più falso che si
era mai visto: “Comunque, cosa ti ha portato qui, Harry?
Nostalgia
dei tempi passati? O il desiderio di rivivere una nuova avventura ai
limiti della legalità?”
“Sto
semplicemente accompagnando il mio figlioccio a prendere il treno per
la scuola.” fu la chiara e secca risposta dell'uomo.
“Ma
che cosa assolutamente commovente! E dimmi, è questo bel
giovanotto
il fortunato?” domandò la donna, guardando il
giovane Teddy, il
quale era a dir poco imbarazzato per tutta quell'attenzione non
richiesta.
Immediatamente,
Andy si mise davanti al nipote e, incenerendo Rita con lo sguardo,
dichiarò: “Lasci in pace mio nipote.”
“E
lei sarebbe?”
“Andromeda
Tonks.”
“La
vecchia Dromeda? Quanto tempo è passato... lo sai che
assomigli
tantissimo a tua sorella maggiore?”
“Non
dubito.”
“Ah,
quanto tempo è passato... sai, io e Bella eravamo molto
amiche,
oltre che compagne di dormitorio!”
“Già...
tu sei esattamente il tipo di persona con cui lei andava
perfettamente d'accordo.”
“Una
ragazza simpatica, Bella... che peccato che abbia fatto quella
fine... e che mi dici di Cissy? L'hai rivista dopo lo
scandalo?”
“No.
Dopo la rottura, ho avuto il piacere di non rivedere mai più
alcun
membro della mia famiglia, a parte Sirius.”
“Eh
già, tra pecore nere ci si intende... così questo
è il figlio di
tua figlia Nymphadora e del suo compagno lupo mannaro Remus Lupin? E
dimmi, ha ereditato la licantropia del suo papà?”
“Mio
nipote è solo un Metamorfomagus, proprio come mia
figlia.”
“Capisco...
beh, è stato un piacere, rivedere delle vecchie conoscenze,
ma
purtroppo devo scappare a scrivere l'articolo. Ci vediamo.”
cinguettò Rita, dileguandosi in mezzo alla folla, assieme al
fotografo.
“E'
sempre rimasta la stessa donna odiosa e sgradevole!”
sbottò
Hermione, furibonda, mentre il marito cercava di calmarla:
“Hermione,
lo sai com'è fatta Rita Skeeter... è meglio se la
lasci perdere.”
“Già,
anche perché Teddy deve salire sul treno. Ormai manca un
quarto
d'ora...”
“Hai
sentito, Chris?! C'era anche il famoso Harry Potter sul
binario!”
esultò, tutto contento, Gal, mentre camminava nel corridoio
del
treno.
Il
giovane cugino rimase un attimo in silenzio, poi ammise: “Eh,
sì...
ho sentito che è venuto per accompagnare il suo
figlioccio...”
“Ah,
avrei dovuto chiedergli l'autografo!”
I
due camminarono per un po', finché non giunse ad uno
scompartimento
con solo un ragazzino pallido coi capelli biondi e le occhiaie che
muoveva le labbra a tutta velocità.
“Ma
che fa, parla da solo?” domandò, senza parole, Gal
e Christian
annuì: “Così sembrerebbe...”
Proprio
in quel momento, il ragazzino alzò la testa e, vedendoli,
smise di
parlare di colpo, assumendo un'espressione molto arrabbiata.
Si
alzò in piedi e, aprendo la porta dello scompartimento,
domandò,
scocciato: “Che volete?”
“Ehm...
potremmo entrare?”
“No.”
Subito,
Gal si alterò: “Come no?! Ci sei solo tu in questo
scompartimento!”
“Già,
e io non voglio gente tra i piedi, perciò sparite!”
Dopo
aver detto quelle parole, il biondo chiuse violentemente la porta
dello scompartimento, per poi chiudere la porta a chiave.
“Razza
di odioso snob, egoista e presuntuoso!” borbottò,
Gal,
allontanandosi, seguito dal cugino “Uno come quello spero che
finisca a Serpeverde e che ci crepi là dentro! E comunque,
io non
entro in uno scompartimento con un matto che parla da solo!”
“Scusa,
posso entrare?” domandò il ragazzino grassoccio
alla ragazzina coi
capelli bianchi che guardava il binario dal finestrino.
Senza
nemmeno voltarsi a guardarlo, la ragazzina fece un cenno per dirgli
di accomodarsi.
“Grazie
mille.” la ringraziò il ragazzino, entrando nello
scompartimento e
cominciando a sistemare i bagagli.
Una
volta che ebbe finito, si sedette e si mise a guardare la compagna di
viaggio.
Aveva
dei lunghi capelli argentati, con ciocche blu, legati con un'alta
coda di cavallo e occhi scuri
Indossava
già la divisa della scuola e guardava con attenzione fuori
dal
finestrino.
“Ehm...
io mi chiamo Oliver Ferrars e tu?” domandò,
titubante, l'undicenne
e la ragazza rispose con un semplice, senza nemmeno guardare il suo
interlocutore: “Delphini Black.”
“Ehm...
è un bel nome... davvero molto originale...”
“Grazie.”
Sembrava
che quella ragazzina fosse intenzionata a non attaccar bottone in
qualunque modo, ma Oliver non era di certo il tipo che si sarebbe
arreso per così poco...
“Anche
per te è il tuo primo anno?” riprovò e
l'altra rispose con un
semplice: “Sì.”
“Ah,
bene... io spero di finire in Tassorosso... tutta la mia famiglia
è
stata lì... e tu, invece?”
“Serpeverde.”
Oliver
si congelò all'istante.
Suo
padre l'avrebbe ucciso se avesse scoperto che stava cercando di fare
una conversazione con una che voleva finire a Serpeverde... ma non
poteva passare un pomeriggio intero senza parlare con qualcuno, non
che la ragazzina davanti a lui si stesse sforzando di rendere la
conversazione interessante...
“Scusate,
vi dispiace se entro anch'io in questo scompartimento?”
Oliver
si voltò verso la voce femminile alle sue spalle e vide una
ragazzina sua coetanea con lunghi e lisci capelli neri e grossi
occhiali.
“Certo,
accomodati pure.” rispose, immediatamente, Oliver, mentre la
giovane ringraziava: “Grazie.”
Dopo
aver messo a posto la valigia, la ragazza si accomodò e,
guardando
l'orologio sul binario, dichiarò: “Si parte tra
dieci minuti.”
“Già,
e sarà un viaggio molto lungo... durerà tutto il
pomeriggio.”
“Sì,
ma sarà uno spettacolo fantastico guardare i paesaggi che
cambiano
alla velocità della luce... ho fatto numerosi viaggi sui
treni
babbani e mi sono sempre piaciuti. E se poi mi stanco posso sempre
leggere un libro.”
“Ti
piace leggere?”
“Da
morire. Ho letto molti romanzi babbani e del mondo dei maghi. Ho
anche già sfogliato e letto tutti i libri
sull'elenco.”
“Caspita...
sei una ragazza molto studiosa.”
“Beh,
io e la mia famiglia siamo sempre stati un po' degli intellettuali,
infatti siamo sempre finiti a Corvonero.”
“Caspita,
è una buona casa... quella della mia famiglia, invece,
è sempre
stata Tassorosso.”
“Beh,
anche quella è una buona casa... lì ci vanno
tutte le persone
gentili, pazienti e di buon cuore.”
“Vero,
ma per me, la casa migliore è una sola:
Grifondoro!” s'intromise
una voce maschile.
I
due si girarono e videro un ragazzino coi capelli rossi e un vecchio
casco da pilota babbano in testa, seguito da un altro coi capelli
marroni e gli occhiali.
“Gal
Sandlers. Con chi ho l'onore di parlare?” si
presentò, con un
sorrisetto divertito, il rosso, tendendo la mano che fu stretta da
Oliver, il quale ne approfittò per presentarsi:
“Io mi chiamo
Oliver Ferrars, piacere.”
“Io,
invece, sono Athena Doyle.” si presentò la
ragazzina con gli
occhiali, mentre anche il compagno di Gal si presentava: “Io
sono
il cugino di Gal, Christian Brown.”
“Scusate
la sfacciataggine, ma potremmo sederci anche noi in questo
scompartimento?” domandò Gal e, subito, Oliver
acconsentì:
“Certo, accomodatevi.”
Il
ragazzo, con un enorme sorriso, si sedette e dichiarò:
“Allora ci
sono delle persone beneducate a bordo! Poco fa, io e mio cugino siamo
stati scacciati da un tipo molto maleducato... nonostante fosse
completamente da solo in un intero scompartimento, ci ha praticamente
sbattuto la porta in faccia! Stupido cafone di un
Serpeverde...”
“Ehm...”
balbettò Oliver, dando un'occhiata a Delphini, temendo che
si
sarebbe arrabbiata a com'era stato definito un suo futuro compagno di
casa, ma, incredibilmente, la ragazzina rimase completamente immobile
a guardare il finestrino come se quello che avesse detto Gal non la
riguardasse minimamente.
Proprio
in quel momento, Gal si accorse della presenza di Delphini e
domandò,
incuriosito: “E tu come ti chiami?”
“Delphini
Black.”
“Delfini?!
Ma che razza di nome è?!”
Sentendo
ciò, la ragazzina, si voltò verso Gal e, con uno
sguardo
spaventoso, sibilò: “Non mi chiamo Delfini, ma
Delphini, idiota!”
“A
me la fonetica sembra identica.”
“Ma
non lo è. Quindi impara a pronunciare correttamente il mio
nome.”
“Ehi,
aspetta, posso farti una domanda?”
“Cos'altro
vuoi?”
“Ma
non è un po' troppo presto per tingerti i capelli?”
“Tingere...
i capelli?!” ripeté la ragazzina, mentre la sua
faccia si alterava
in un'espressione di pura rabbia.
Evidentemente,
Gal le aveva detto qualcosa che avrebbe dovuto evitare...
Infatti,
Delphini afferrò Gal per il bavero e gli urlò:
“PER TUA
INFORMAZIONE, QUESTA E' LA MIA TINTA NATURALE, PEZZO
D'IDIOTA!!!!”
“Ah,
capisco... piuttosto originale, non c'è che
dire...” balbettò,
imbarazzato, il ragazzino.
Non
appena ebbe finito d'intimorirlo, Delphini lo mollò e si
sedette di
nuovo, anche se non abbandonò l'espressione furibonda.
“Beh,
dai non farne un dramma, Delfini...” cercò di
scusarsi Gal e, per
tutta risposta, ricevette l'urlo: “MI CHIAMO
DELPHINI!!!!!”
“Scusa,
scusa, scusa... ma quel nome, secondo me, è troppo lungo e
difficile... che ne diresti se ti chiamassi Delphi, invece?”
Ancora
una volta, Delphini lo guardò in malo modo, prima di
sibilare,
puntandogli l'indice contro: “Storpia ancora una volta il mio
splendido nome con un nomignolo così stupido e giuro che ti
butto
fuori dal finestrino, mi sono spiegata?”
“D'accordo...”
Ancora
più arrabbiata di prima, Delphini si mise a guardare fuori
dal
finestrino, borbottando: “Delphi, tsk...”
Proprio
in quel momento, il treno cominciò a vibrare.
“Mi
sa che stiamo per partire.” notò Oliver e subito,
Gal si appiccò
al finestrino, subito imitato dagli altri compagni.
Dopo
solo pochi minuti, il treno cominciò lentamente a muoversi.
Gal,
Christian, Athena ed Oliver cominciarono a sbracciarsi, nel tentativo
di salutare i loro cari rimasti sul binario, mentre Delphini restava
completamente immobile, a guardare semplicemente le persone sul
binario.
Dopotutto,
non c'era nessuno lì per lei...
Ad
un tratto, sgranò gli occhi.
Per
un attimo, le era sembrato che sul binario ci fosse lei, la Dama
Nera.
Ma
no, era impossibile... perché sarebbe dovuta essere
lì?
Non
poteva essere lì per lei... a nessuno importava niente di
lei...
Tuttavia,
prima che potesse capire qualcosa, il treno lasciò il
binario,
portandosi con sé tanti studenti di tutte le età,
carichi di
speranza.
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Capitolo 3 *** Scontro sul treno ***
Capitolo
3: scontro sul treno
Il
treno rosso aveva appena lasciato Londra che la porta dello
scompartimento si aprì e comparve un ragazzo coi capelli
rossi e le
lentiggini, che, timidamente, domandò: “Scusate,
potrei sedermi
qui? Purtroppo il treno è tutto occupato...”
“Certo,
entra pure.” lo accolse subito Oliver, mentre Gal gli
domandava:
“Fammi indovinare, hai provato ad entrare in uno
scompartimento
dove c'era solo un ragazzino pallido e biondo, ma quello ti ha subito
cacciato via?”
“Beh,
sì...” ammise, imbarazzato, il giovane e, subito,
Gal gli passò
il braccio sul collo e, con un largo sorriso, lo rassicurò:
“No
problem. Ha cacciato anche me e mio cugino, prima della partenza del
treno. A proposito, io sono Gal Sandlers.”
“Io,
invece, sono Edward Remus Lupin, ma per gli amici Teddy.”
Athena
sgranò gli occhi di nascosto.
Quindi
quello era il figlioccio del grande Harry Potter... in effetti gli
era sembrato familiare...
Nel
frattempo, il ragazzino si guardò nel riflesso del
finestrino, per
poi sospirare: “Come temevo, i capelli rossi e le lentiggini
non mi
stanno tanto bene...”
Non
appena ebbe finito di parlare, i suoi capelli divennero verde-acqua e
le lentiggini sparirono di colpo.
“Sì,
così sto decisamente meglio.” commentò
Teddy con un sorriso,
mentre gli altri membri dello scompartimento, lo guardavano
esterrefatti.
Persino
Delphini gli aveva lanciato un'occhiata incuriosita.
“Ehi,
ma i tuoi capelli sono appena diventati verdi!”
esclamò, senza
parole, Gal e il ragazzino rivelò, divertito:
“Sono un
Metamorfomagus. Ho la capacità di modificare il mio aspetto
fisico.”
“Uao,
una facoltà tanto incredibile quanto rara... non mi sarei
mai
immaginata d'incontrare un Metamorfomagus!”
commentò, affascinata,
Athena mentre il ragazzino la ringraziava: “Grazie. E' un
dono che
ho ereditato da mia madre, anche lei aveva i miei stessi
poteri.”
“Beh,
comunque non sarai il solo ad avere un colore di capelli
particolare...” gli sussurrò Gal, indicandogli col
pollice
Delphini, la quale stava bevendo un succo di frutta, sempre
continuando a guardare fuori dal finestrino.
“Però...”
si lasciò sfuggire Teddy, sottovoce, mentre il rosso
continuava:
“Dice che è nata con quel colore di capelli... ma
secondo me è
una balla galattica! Voglio dire, se non è una
Metamorfomagus, come
fa ad avere un simile colore di capelli?”
Aveva
appena finito di parlare, che il succo di frutta di Delphini lo
centrò in pieno.
“Mi
sa che ti ha sentito...” commentò Teddy, mentre
Gal controllava il
casco per controllare se non ci fossero macchie.
“Ehi,
che modello è quel cappello? Non l'ho mai visto
prima...” domandò,
incuriosito, Oliver, guardando il casco da pilota del compagno, ed
Athena spiegò: “Si tratta di un vecchio casco da
pilota
dell'aviazione babbano. Lo s'indossava durante la Prima e la Seconda
guerra Mondiale dei babbani.”
“Già,
il nonno di mia madre faceva parte dell'esercito, ma, purtroppo,
è
morto durante un'operazione e il suo casco è tutto
ciò che hanno
consegnato di lui alla moglie.”
“Mi
dispiace molto per lui...” lo consolò Teddy,
dolcemente.
Mentre
si rimetteva il casco in testa, Gal continuò: “Mi
piace indossarlo
quando sto per affrontare qualcosa di nuovo. Mi fa sentire
invincibile e pronto all'avventura!”
“Beh,
tutti abbiamo un portafortuna... di certo quel casco non si sarebbe
mai sognato di finire sulla testa di un mago.” rise Oliver,
per poi
ammettere: “Io, invece, quando sono agitato, curo il giardino
o
cucino un dolce... mi fa rilassare.”
“E
se cucini qualcosa di buono, potrei favorire?”
“Ma
certo!”
“Ti
adoro, Oliver!”
Proprio
in quel momento, la porta dello scompartimento si aprì ed
apparvero
due ragazzini di undici anni, un maschio e una femmina.
La
ragazza era nascosta dietro al compagno, il quale aveva i capelli
neri e gli occhi azzurri, e aveva lunghi e lisci capelli marroni, con
su un cerchietto, e lo sguardo basso.
“Ehm,
scusate il disturbo... io e questa ragazzina non troviamo da nessuna
parte un posto dove sederci... potremmo...?”
cominciò lui,
timidamente, e, vedendo la difficoltà, Gal lo accolse subito
con un
sorriso: “Ma certo! Unitevi a noi! Più siamo,
più ci divertiamo!”
Anche
se un po' sorpreso da tutta quell'energia, il ragazzino
entrò,
seguito a ruota dalla ragazzina.
“Lei
è Elizabeth Jones. E' una nata babbana, come me, ed
è molto
timida.” la presentò il giovane coi capelli neri e
gli occhiali,
che poi disse: “Io, invece, mi chiamo Kevin
Harrison.”
Sentendo
quel nome, Delphini si voltò lentamente ed ebbe la conferma.
Quello
era lo stesso babbano che aveva incontrato alla stazione.
In
quello stesso istante, Kevin si accorse di lei e disse: “Ma
tu sei
la ragazzina che mi ha aiutato a raggiungere il binario!”
“Già.”
borbottò la ragazzina dai lunghi capelli argentati, cercando
d'evitare il suo sguardo.
“Beh,
sei stata davvero molto gentile. Non avrei saputo come fare, sul
serio...” la ringraziò il coetaneo, per poi
domandarle, sedendosi
accanto a lei: “Comunque, come ti chiami? Temo di non averlo
afferrato alla stazione...”
“Non
l'hai afferrato perché non te l'ho detto.”
“Ah,
già... comunque, il tuo nome sarebbe?”
“Delphini
Black.”
“E'
un nome difficile e assurdo, vero?” s'intromise Gal, non
accorgendosi dello sguardo inceneritore di Delphini “Ogni
volta che
lo pronuncio mi morsico la lingua. Pertanto, la chiamo Delphi, come
quel posto in Grecia con l'oracolo. Lo trovo molto più
semplice e
più carino.”
“Spero
con tutto il cuore che ti capiti una gelatina Tuttigusti+1 dal sapore
disgustoso.” sibilò la ragazzina, sempre
più arrabbiata.
Proprio
in quel momento, la porta dello scompartimento si aprì e
comparve
una signora anziana con un carrello che domandò:
“Volete qualcosa
dal carrello, cari?”
“Vorrei
un po' di tutto, per favore.” disse Teddy.
Una
volta che ebbe preso i dolci, li mise davanti a sé e disse
ai
compagni: “Se volete, potete prenderli.”
“Davvero
possiamo?!” esclamò Gal e il ragazzino, un po'
spaventato,
balbettò: “Beh, sì...”
“Grazie,
Teddy, sei un mito! Pancia mia, fatti capanna!”
gridò, Gal,
prendendo i zuccotti di zucca e cominciando a divorarli.
Con
più discrezione, Christian, Oliver e Athena presero un po'
di dolci
e cominciarono a mangiarli, mentre Kevin, Elizabeth e Delphini
rimasero completamente immobili.
“Ehm,
scusa, Teddy... ti spiace se ti faccio qualche domanda su questi
dolci?” domandò, imbarazzato, Kevin e il giovane
Metamorfomagus
sorrise: “Nessun problema. Immagino che per te sia tutto
nuovo e
curioso...”
“Eh,
già... sai, sono un nato babbano e tutto per me è
completamente
nuovo...”
“Non
preoccuparti. Mio nonno era un nato babbano e, molto probabilmente,
anche lui non sapeva come muoversi all'inizio.”
“Posso
chiederti cosa c'è in quelle confezioni? Sembra che ci sia
qualcosa
che si muova...”
“Sono
le Cioccorane. Rane di cioccolato davvero buone... sono animate con
la magia e dentro ci sono delle figurine con i maghi e le streghe
più
famosi della storia. Io ne ho parecchie a casa, quindi, se vuoi, te
le regalo.”
“Grazie...
comunque, non me la sento di mangiare una cosa che si muove, anche se
è solo animata con la magia...”
“Nessun
problema.”
“Senti,
cosa c'è in quel pacchetto? Sembrano delle caramelle
gommose...”
“Già,
ma devi fare molta attenzione. Queste solo le gelatine Tuttigusti+1.
Ci si può trovare i gusti tradizionali, ma anche quelli
più
improbabili, come cerume, fegato e persino il pepe.”
“Allora,
è meglio di no... non sono un amante del rischio... e,
invece,
quelle bacchette nere?”
“Semplici
bacchette magiche di liquirizia. Niente scherzi, tranquillo.”
“Allora
prendo quelle.”
Kevin
ne prese due e, voltandosi verso Delphini, le domandò:
“Delphini,
ne vuoi una?”
Subito,
la ragazzina si voltò e, guardandolo come se fosse matto,
gli
domandò: “Scusa, tu... mi hai appena offerto
qualcosa?”
“Beh,
sì... è il minimo che possa fare per ringraziarti
di avermi
aiutato... prendila pure.”
Con
diffidenza, Delphini ne prese una.
Quello
sciocco babbano era troppo buono e gentile... quelli di Serpeverde lo
avrebbero ucciso.
Ma,
fortunatamente, loro due sarebbero stati in case diverse e non
avrebbero più avuto nessun contatto...
La
ragazzina diede un piccolo morso alla bacchetta e, subito,
sgranò
gli occhi per la sorpresa.
Quella
bacchetta... era la cosa più deliziosa che avesse mai
assaggiato!
Subito,
cominciò a morderla e a masticarla voracemente, tra lo
stupore
generale.
Una
volta che ebbe finito di mangiare, si voltò dall'altro lato,
per non
far vedere che era arrossita, e borbottò, sottovoce:
“...Grazie...”
“Ma
guarda la nostra Delphi... prima fa la dura e poi arrossisce
perché
qualcuno le ha dato una bacchetta di gomma...” la prese
subito in
giro Gal, con un sorrisetto ironico e Delphini che non ci aveva
trovato proprio niente di divertente, lo avvisò, furibonda:
“Se
non la pianti, ti ficco questa bacchetta in gola, mi sono
spiegata?!”
“Certo,
certo... ehi, ragazzi! Che ne direste di fare a gara a chi mangia
più
gelatine Tuttigusti+1?”
“Io
no... l'ultima volta che ne ho mangiata una, mi è toccato
uno yogurt
e sono stato male per un'intera settimana dato che sono intollerante
ai latticini.” dichiarò subito Christian, mentre
Oliver
acconsentiva: “Ok, posso provare.”
“Mi
butto anch'io! Questa sfida la faccio sempre con lo zio Ron e lo zio
George.” disse Teddy, prendendo una gelatina dal colorito
giallo e
mettendosela in bocca, per poi annunciare, con ribrezzo e disgusto:
“Fegato di merluzzo. A chi tocca?”
“A
me!” esclamò Oliver, prendendo una gelatina color
verde accesso.
L'osservò
un attimo in silenzio, l'annusò e poi se la mise in bocca,
dichiarando, tranquillamente: “Spinaci.”
“Accidenti,
che sfortuna, amico!” commentò, dispiaciuto, Gal,
ma Oliver
ribatté: “E perché? A me gli spinaci
piacciono.”
“Certo
che sei strano, amico...” fu la risposta di Gal, mentre
prendeva
una gelatina rossa.
Poco
prima di mettersela in bocca, Kevin gli domandò,
preoccupato: “Ma
sei proprio sicuro di mangiartela così? Potrebbe essere
disgustosa...”
“E'
una gelatina rossa. Tutte gli alimenti di colore rosso che mi vengono
in mente, sono buoni, quindi non ho nessun problema.” fu la
risposta del ragazzino e, senza aspettare altro, se la mise in bocca.
Immediatamente,
fece una smorfia di dolore e cominciò ad un urlare,
dolorante,
girando a tutta velocità per tutto lo scompartimento:
“Acqua,
acqua, acqua! Ho la lingua in fiamme!!!”
“Ecco!
Presto, bevi!” gli disse Oliver, allungandogli una
bottiglietta di
plastica, che Gal prese subito e cominciò a ingurgitare
tutta
l'acqua al suo interno, finché non ci fu più
nemmeno una goccia.
“...Peperoncino
piccante...” balbettò Gal, non appena ebbe finito
di bere, mentre
Delphini, con un sorrisetto divertito, lo provocò:
“Tutti gli
alimenti rossi non ti creano alcun problema, eh?”
La
risposta dell'undicenne fu uno sguardo acido.
Ad
un tratto, si sentì un applauso alle loro spalle.
Il
gruppo si voltò e vide un coetaneo basso coi capelli neri,
accompagnato da un bestione coi capelli radi.
“Ma
che spettacolo divertente... evidentemente, quegli sciocchi babbani
dello zoo si sono lasciati scappare un numeroso branco di
scimmie.”
commentò, con un sorriso perfido, il ragazzino.
Per
tutta risposta, il gruppo gli lanciò uno sguardo seccato e,
subito,
Gal lo affrontò: “Gira al largo,
moscone!”
“Ti
consiglio di moderare il linguaggio, rosso. Potresti trovarti un
nemico prima ancora di essere arrivato ad Hogwarts.” lo
provocò il
ragazzino, con arroganza “Per tua informazione io sono Lester
Falwey. Mentre questo è il mio amico Hugh Flint.”
“Amico?
Io l'avrei definito più una guardia del corpo
leccapiedi.”
dichiarò Athena, risistemandosi gli occhiali.
Lester
la fissò in malo modo, poi le domandò,
incuriosito: “E tu chi
sei, smorfiosa? La tua faccia non mi è nuova...”
“Mi
chiamo Athena Doyle.”
“Doyle?
Non sarai mica la figlia di Emily Taylor?”
“Sì,
e allora?”
“Ho
sentito molto parlare della tua famiglia sulla 'Gazzetta del
profeta'... dì, un po', il tuo zietto è
migliorato o il lavoretto
che ha fatto tuo nonno al suo cervello è
permanente?” la provocò,
divertito, Lester, mentre la ragazzina stingeva con rabbia i pugni e
il suo viso si assumeva un'espressione di pura rabbia.
“Ehi,
dacci un taglio!” la difese, prontamente, Teddy, alzandosi in
piedi
e avvicinandosi a lui, furibondo.
“Ma
cosa hai fatto ai capelli? Ti hanno buttato sulla testa una scatola
di vernice blu?” lo prese in giro il ragazzino, ma Teddy,
senza
alterarsi, fece crescere le unghie delle mani, mentre la faccia
assumeva lineamenti felini e i denti diventavano lunghi e appuntiti.
Lester
e Hugh rimasero in silenzio, sbalorditi, finché il primo non
capì:
“Ho capito cosa sei, sei un Metamorfomagus!”
“Esatto,
e adesso scusati immediatamente con Athena, se non vuoi che finisca
di trasformarmi e ti salti addosso.”
“Con
calma... se non vado errato, l'unica Metamorfomagus molto famosa e
conosciuta era una certa Nymphadora Tonks.”
“Era
mia madre.”
“Ah,
questo spiega tutto... e dimmi, sei per caso anche un lupo mannaro
come tuo padre?”
“Non
ho alcun problema con la luna piena. Io e la mia famiglia lo abbiamo
già testato.”
“La
tua famiglia? Ma non farmi ridere! Oltre a tua nonna, non
c'è nessun
altro della tua famiglia. Tua nonna fu diseredata molti anni fa per
aver sposato uno sporco babbano. Questa storia gira ancora nei
salotti dei purosangue, quando si è a corto di
pettegolezzi.”
“Mio
nonno era una persona e un mago molto migliore della stragrande
maggioranza di voi purosangue con la puzza sotto il naso!”
sibilò,
furibondo, Teddy, mentre Gal tifava apertamente per l'amico:
“Vai
così, Teddy! Non mollare! Marcalo stretto e prendilo in
contropiede!”
“Gal,
non siamo ad una partita di calcio...” gli
ricordò, con un sorriso
imbarazzato, Kevin.
Nessuno
si accorse che Delphini aveva cominciato a tamburellare nervosamente
le dita sulla sua gamba, mentre la sua espressione diventava seccata.
“Già,
ed era un babbano. Proprio come tutti quelli che si trovano in questo
scompartimento... si sente la puzza.” commentò
Lester, mentre Gal
protestava, furibondo: “Ma va all'inferno! E' vero che non mi
faccio la doccia da circa quattro giorni, ma non mi sembra di puzzare
così tanto!”
Immediatamente,
Athena fece una smorfia di disgusto, mentre Christian si mise la mano
sulla fronte, disperato.
Gal
era un ragazzo molto energico, coraggioso e intraprendente, ma aveva
un pessimo difetto: non sapeva mai quando era meglio tacere.
Hugh
sghignazzò, mentre
Lester faceva un sorrisetto divertito, per poi tornare a guardare
Teddy: “Anche la storia della tua mammina che si è
sposata con un
lupo mannaro è celebre... mi spieghi cosa ci ha trovato tua
madre in
un tipo del genere?”
“Un
milione di cose che
tu non riusciresti a trovare, nemmeno se ti comparissero sotto il tuo
stupido naso.”
Più
i due discutevano
animatamente, più Delphini induriva lo sguardo e
tamburellava
velocemente.
“Ma
è vero quello che
ho sentito? Harry Potter è davvero il tuo
padrino?” domandò,
all'improvviso, Lester e, immediatamente, tutti, tranne Delphini, si
misero a guardare Teddy, senza parole.
Quel
ragazzino era davvero
il figlioccio del grande Harry Potter?!
“Sì.”
ammise, senza
scomporsi, Teddy e Lester si mise a ridere: “Un tipo con dei
genitori simili, è diventato il figlioccio di colui che ha
sconfitto
il Signore Oscuro? Dì, la verità, quanto hanno
pagato i tuoi per
convincerlo?”
“I
miei genitori erano
suoi amici. Anzi, mio padre era un grande amico del suo.”
“Ah,
già... la tua
famiglia è sempre stata povera in canna, da quando tua nonna
se n'è
andata di casa.”
“Non
mettere in mezzo
mia nonna! Per quanto riguarda la sua famiglia natale, non me ne
frega un accidente di loro, ad eccezione di Sirius Black!”
“Peccato,
so tante cose
di loro... soprattutto della sorella maggiore di tua nonna.”
“Ti
ho già detto che
non me ne frega niente!”
“Come
vuoi... allora
Harry Potter ha accettato di farti da padrino solo per pietà
nei
confronti della tua famiglia?”
“Io
ti...!”
“ADESSO
BASTA!!!!”
L'urlo
furibondo femminile
fece arrestare di colpo i due litiganti.
Voltandosi,
videro
Delphini in piedi che li fissava con uno sguardo omicida.
Dopo
essersi assicurata di
avere la loro attenzione, la ragazzina si avvicinò
lentamente, ma
con passo calmo e sicuro, fino a fermarsi davanti a loro.
“E
tu che vuoi,
ragazzina? Vuoi difendere il tuo amichetto?” la
schernì Lester e
l'altra rispose: “No. Voglio solo che la piantate di fare
tutto
questo casino. Desidero rilassarmi.”
Lester
ed Hugh si
guardarono un attimo negli occhi, per poi fare una risatina
divertita.
“Ma
chi credi di
spaventare, con quei vestiti di seconda mano e quei capelli ridicoli,
stupida mezzosangue?” la prese in giro Lester e Delphini si
avventò
su di lui, puntandogli la bacchetta che aveva tirato fuori dalla
tasca del vestito alla gola.
“La
mia non era una
domanda.” sibilò la ragazzina.
Nonostante
la sorpresa,
Hugh provò ad intervenire, ma Delphini lo bloccò:
“Fermo lì, se
non vuoi che lanci un incantesimo al tuo capo. Sappi che ne conosco
qualcuno davvero niente male...”
Non
appena si fu
assicurata che il ragazzo non sarebbe intervenuto, la ragazzina lo
fissò e sibilò, con un sorriso perfido,
puntandogli la bacchetta
alla gola: “Ti piace, eh? Quindici pollici e mezzo, rigida,
biancospino e corde di cuore di drago. Il proprietario mi ha
raccontato che era nel suo negozio da quasi un secolo, era una
bacchetta molto schizzinosa... proprio come me, forse è per
questo
che noi due andiamo tanto d'accordo...”
“Non
me frega niente
della tua stupida bacchetta! Lasciami andare, mezzosangue!”
“Tsk,
tsk... non ci
siamo per niente. E poi, i miei genitori erano entrambi maghi finiti
a Serpeverde, proprio come la tua famiglia, visto che fai parte delle
Sacre Ventotto. Dunque, visto che hai osato insultarmi,
dovrò darti
una piccola punizione... hai qualche proposta?”
“Tu
non mi fai paura.”
“Ottimo...
te ne intendi
d'incantesimi?”
“Cosa?
Ma certo!”
“E
allora dimmi quali
sono le tre Maledizioni Senza Perdono.”
Nello
scompartimento,
coloro che erano cresciuti in famiglie di maghi, rimasero di sasso
per l'intraprendenza e il coraggio di Delphini.
Dopotutto,
le Maledizioni
Senza Perdono erano considerate un tabù per gli adulti...
“Allora?
Ti muovi a
dirle o dobbiamo aspettare la fine del viaggio?” lo
spronò la
ragazzina e Lester cominciò a balbettare: “La
Maledizione
Imperius... la Cruciatus... e Avada Kedavra...”
“Risposta
esatta. Con la
prima ti posso far fare tutto quello che voglio, persino farti
lanciare fuori dal finestrino del treno in corsa. Con la Cruciatus,
invece, ti posso torturare in modo atroce finché o crepi o
il tuo
cervello esplode e diventi pazzo. E infine, con l'ultima ti ammazzo,
liberando il mondo di un inutile pallone gonfiato come te. Ne hai mai
sentito parlare in famiglia?”
“Una
volta... o forse
due...”
“Già...
quale di queste
tre preferisci che usi su di te?”
Tutti
i presenti rimasero
di sasso.
Lo
stava davvero
minacciando di usare una di loro su di lui?!
“Delphini...
sai che
usare anche solo una di queste, fa finire ad Azkaban, vero?”
le
ricordò, tremante, Teddy, avvicinandosi, ma la ragazzina lo
bloccò
con la mano.
“Trovato...
userò
l'ultima. Il mondo mi sarà eternamente grato per averti
fatto
sparire.” dichiarò, la ragazzina e, prima che
qualcuno potesse
dirle qualcosa, urlò: “AVADA KEDAVRA!”
Immediatamente,
Lester si
mise ad urlare, mentre Christian e Oliver chiusero gli occhi,
spaventati, finché non udirono la scocciata voce di
Delphini: “Hai
finito? Sei patetico.”
I
due riaprirono gli occhi
e videro, senza parole, Lester sdraiato per terra, con un'espressione
stralunata.
Era
sotto shock e
spaventato a morte, ma vivo.
Si
rialzò tremante e,
puntando l'indice contro la ragazzina, sibilò:
“Tu... tu non sei
normale! Lo dirò ai prefetti... ti faranno cacciare da
questa
scuola!”
“Dillo
a chi ti pare,
non me ne frega niente. E detto fra noi, sarà dura
convincerli che
qualcuno ti ha lanciato contro l'anatema che uccide, dato che respiri
ancora.” fu la calma e composta risposta di Delphini.
Non
appena i due furono
usciti, la ragazzina si disse: “Finalmente un po' di
silenzio.”
Senza
che nessuno dei
presenti dicesse qualcosa, si sedette pesantemente sul suo posto e
tornò a guardare fuori dal finestrino, come se nulla fosse
successo,
ignorando gli sguardi sbigottiti dei suoi compagni di viaggio.
“Ma
dico, sei fuori di
testa?!” le urlò, a quel punto, Gal “Va
bene che quello era un
antipatico cronico, ma minacciarlo con l'anatema che uccide?! Cosa
sarebbe successo se quello fosse morto davvero?!”
“Non
sarebbe morto,
tranquillo.”
“Come
fai ad esserne
così sicura?!”
“Ci
vuole un'enorme
energia magica per scagliarla. Non credo che una studentessa del
primo anno sarebbe stata capace di fare una cosa del genere.”
Il
gruppo rimase in
silenzio, per poi venire di nuovo interrotto da Delphini, guardando
Teddy ed Athena: “Ah, voi due... vi consiglio di non dare
troppo
peso a quello che dicono delle vostre famiglie. Voi potete parlarne
tranquillamente e con orgoglio, ma alcune persone non hanno la stessa
fortuna, anzi, non possono nemmeno rivelare la vera identità
dei
propri genitori.”
E,
dopo aver detto ciò,
calò di nuovo il silenzio, nello scompartimento del treno
rosso che
viaggiava a tutta velocità. |
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Capitolo 4 *** Lo smistamento ***
Capitolo
4: Lo smistamento
Era
notte da un pezzo,
quando il treno rosso si fermò, fischiando, nella piccola
stazione
ferroviaria.
Non
appena le porte dello
sportello si aprirono, tanti ragazzi in divisa scolastica di
età
compresa tra gli undici e i diciassette anni scesero dal treno.
Nella
stazione, non c'era
nessuno ad eccezione di un uomo molto alto e grosso, con una folta
barba e una lanterna in mano che urlava: “Primo anno! Primo
anno da
questa parte! Primo anno!”
“Ciao,
Hagrid!”
L'omone
si voltò e vide
un ragazzino coi capelli verde-acqua e un grande sorriso.
“Teddy!
Ma guarda come
sei cresciuto! Dì, come stanno la nonna, Harry e gli
altri?” lo
salutò con un sorriso l'omone e il ragazzino rispose:
“Stanno
tutti bene.”
“Hai
già fatto
amicizia?”
“Sì.
Sul treno ho
conosciuto un sacco di ragazzi simpatici e anche molto... ehm...
intraprendenti.”
“Mi
fa molto piacere!”
“Ehi,
Teddy. Ma tu
conosci questo signore?” domandò una voce alle
loro spalle,
appartenente ad un ragazzino coi capelli rossi e un casco da pilota
in testa.
“Hagrid,
lui è Gal
Sandlers. Era nel mio scompartimento.” lo presentò
Teddy, per poi
elencare: “Lui è suo cugino Christian, mentre
questo è Oliver
Ferrars, quella con gli occhiali è Athena Doyle, poi
c'è Kevin
Harrison, Elizabeth Jones e, infine, Delphini Black.”
“Però,
piuttosto
affollato il vostro scompartimento...” commentò
Hagrid e,
immediatamente, Gal sbottò: “Tutta colpa di un
biondino sbruffone,
arrogante, pallido e con le occhiaie come un vampiro che ci ha chiuso
la porta in faccia, nonostante non ci fossero altre persone! Pensa
che parlava persino da solo!”
Proprio
in quel momento,
qualcosa centrò in pieno la testa del rosso.
Furibondo,
si girò e vide
nientemeno che il biondo dello scompartimento che, senza mezzi
termini, lo informò: “Per tua informazione, io mi
chiamo Abel Nott
e non sono un vampiro.”
Dopo
aver detto ciò si
allontanò verso il gruppetto del primo anno che si era
formato,
urtando appositamente Gal, il quale, per tutta risposta gli fece una
linguaccia.
Nel
frattempo, Hagrid si
voltò verso Kevin ed Elizabeth e domandò loro:
“Tutto bene il
viaggio?”
“Sì,
Hagrid!” esclamò
subito il ragazzino, mentre Elizabeth, rispondeva, timidamente:
“S-sì, signor Hagrid...”
“Andiamo,
non c'è
bisogno di essere così formali! Basta un semplice
Hagrid.” le
disse l'uomo, dandole una sonora pacca sulla spalla mentre Teddy
diceva: “Non sapevo che li conoscessi, Hagrid.”
“Dato
che sono dei nati
babbani, sono andato a casa loro per spiegare la magia e come
arrivare alla scuola.”
“Eh,
già... però
potevi anche evitare venire alle tre del mattino... hai spaventato
tutta la mia famiglia e svegliato l'intero vicinato.”
ricordò,
imbarazzato, Kevin, mentre Hagrid aggiungeva: “Magari un
giorno, se
volete, potete venire a prendere tè e biscotti a casa mia,
che ne
dite?”
“Io
ci sto!” esclamò,
immediatamente, Gal e l'omone sorrise: “Ottimo. Adesso,
però, è
meglio andare. Sennò rischiamo di fare tardi. C'è
ancora ancora
qualcuno del primo anno? Bene, si va!”
Il
gruppo del primo anno
s'incamminò in un lungo e stretto sentiero buio nel bosco,
finché
la voce di Hagrid avvertì: “Ecco a voi la prima
vista panoramica
di Hogwarts!”
Non
appena i presenti ebbe
svoltato la curva davanti a loro, rimasero tutti a bocca aperta,
mentre guardavano il grande castello illuminati sulla rocca.
Persino
Delphini si spostò
le ciocche disordinate dal viso, per poterlo vedere meglio.
Se
non fosse stato per
l'immenso lago davanti a loro, tutti si sarebbero avvicinati.
“Molto
bene. Ora salite
tutti sulle barche, mi raccomando non più di quattro per
battello.”
annunciò Hagrid e, subito, Abel Nott si fiondò
verso quella più
vicina.
“Stavolta,
non puoi
costringere nessuno a sloggiare.” lo avvisò,
divertito, Gal e, per
tutta risposta, l'altro lo guardò scocciato, per poi
chiedergli:
“Vuoi salire?”
“Certo
che no!”
“E
allora smamma!”
“Come
vuoi... ma forse
dovresti spostarti per permettere agli altri di avere più
spazio.”
“Io
faccio quello che mi
pare. E adesso sparisci!”
“Antipatico...”
Gal
si diresse nella barca
dove c'erano Teddy, Kevin, Elizabeth e Christian e domandò:
“C'è
spazio anche per me?”
“Non
so... proviamo a
stringerci...” disse Christian, ma Hagrid li
bloccò: “Mi
dispiace, ma siete in troppi. Gal deve salire su un'altra
barca.”
Gal
si guardò intorno e
fece una smorfia di disgusto.
L'unica
barca con ancora
un posto libera era quella di Abel, a cui si erano anche aggiunti
Lester Falwey e Hugh Flint.
Vedendo
che sarebbe stato
obbligato a salire con loro, Abel fece un sorrisetto divertito e
tamburellò con la mano il posto dietro di lui, come per
fargli
capire che gli aveva riservato un posto per lui sulla sua barca.
Gal
stava per incamminarsi
verso l'imbarcazione come un condannato a morte, ma venne salvato
dalla voce di Oliver che lo avvertì: “Ehi, Gal! Se
vuoi, qui c'è
ancora un posto libero!”
In
un attimo, Gal si
riprese completamente e, dando una rumorosa pernacchia ad Abel, si
diresse verso la barca.
Oltre
all'amico, sulla
barchetta c'erano anche Athena e Delphini.
Non
appena Gal fu salito
sull'imbarcazione, la prima cosa che fece fu di mettersi davanti agli
occhi gli occhiali del casco, per poi domandare ai compagni:
“Come
sto?”
“Sei
ridicolo.” fu la
pronta e spietata risposta di Delphini, mentre Oliver diceva:
“Ma
no, stai bene... sei davvero molto originale.”
Athena,
invece, preferì
rimanere in un diplomatico silenzio.
Proprio
in quel momento,
Hagrid annunciò: “Bene, siamo tutti pronti? Si
parte!”
Immediatamente,
le barche
cominciarono a muoversi dolcemente, come per magia.
La
fredda brezza notturna
accarezzava le guance e il corpo degli studenti e più di una
persona
ebbe brividi di freddo, ma a nessuno importava.
Tutti
i ragazzini guardava
la figura dell'enorme castello che si avvicinava sempre di
più a
loro.
“Giù
la testa.”
ordinò Hagrid quando arrivarono alla scogliera e tutti
ubbidirono.
Non
appena furono arrivati
davanti ad una cortina d'edera, le barche si fermarono e Hagrid,
scendendo dalla propria, dichiarò, indicando un'apertura
nella
scogliera: “Forza, da questa parte.”
L'uomo
li condusse verso
un lungo tunnel buio che sbucò proprio davanti al castello.
Senza
fermarsi, l'uomo
salì una grande scalinata finché non si
fermò davanti ad un enorme
portone di legno che colpì tre volte.
Subito,
la porta si aprì
e, per un attimo, tutti gli studenti pensarono che la porta si fosse
aperta per magia, ma Hagrid, invece di proseguire, salutò,
con
rispetto, guardando in basso: “Ecco qui gli allievi del primo
anno,
professor Vitious.”
Incuriositi,
tutti gli
studenti seguirono lo sguardo di Hagrid e videro un ometto molto
basso, la cui altezza sarebbe stata paragonabile a quella di un
bambino di sei anni, vestito elegantemente, che dichiarò,
con un
grande sorriso: “Bene, bene, Hagrid. Va pure avanti, qui me
ne
occupo io.”
“Come
volete,
professore.” rispose l'uomo, allontanandosi.
L'ometto
li guardò tutti,
per poi esclamare, con un grande sorriso: “Bene, ragazzi,
seguitemi. Da questa parte, prego.”
I
ragazzi seguirono
Vitious nei grandi corridoi di pietra illuminati dalla fiamma delle
torce, dove si sentiva di sottofondo, il brusio di mille voci allegre
e spensierate.
Inaspettatamente,
il
professore li condusse in una piccola stanza vuota, dove stavano
tutti molto stretti.
Una
volta che furono
entrati tutti, Vitious annunciò: “Benvenuti ad
Hogwarts, ragazzi.
Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico inizierà a
breve
nella Sala Grande, ma prima di recarci lì tutti insieme e
festeggiare, devo dirvi un paio di cosette, non preoccupatevi, non
sarà niente di difficile o complicato. Dunque, prima di
tutto,
verrete smistati nelle vostre Case attraverso la cerimonia dello
Smistamento, la quale è sempre stata molto importante da
quando
venne creata questa scuola, perché per tutto il tempo che
passerete
qui ad Hogwarts, la vostra Casa sarà un po' come la vostra
famiglia.
Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di casa, dormirete nei
dormitori della vostra Casa e trascorrerete il vostro tempo libero
nella sala comune della vostra Casa. Le quattro Case sono,
rispettivamente, Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde.
Sappiate che da ogni Casa, nessuna esclusa, sono stati istruiti maghi
e streghe famosi e straordinari, sia dalla parte del bene che,
purtroppo, da quella del male. Pertanto, il corpo docenti gradirebbe
che non avvenissero spiacevoli episodi dovuti al pregiudizio e che
manteniate un comportamento amichevole e aperto verso tutte le Case,
nessuna esclusa, chiaro?”
Athena
capì subito che
negli anni scorsi erano avvenuti quegli episodi, sennò il
professore
non si sarebbe scomposto a fare quella raccomandazione.
Intanto,
Gal lanciò
un'occhiata ad Abel.
Lui
non lo sopportava
prima ancora di sapere la sua Casa, quindi non era un problema di
quel tipo.
Anzi,
se fossero finiti
nella stessa Casa, avrebbe continuato a non sopportarlo.
Inoltre,
a giudicare
dall'occhiataccia che il biondo gli aveva lanciato di rimando, il
sentimento era reciproco.
“Dunque...”
continuò
Vitious “Per il tempo che rimarrete ad Hogwarts, i trionfi
che
otterrete a lezioni o compiendo azioni che vi fanno onore, faranno
ottenere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole
le farà togliere. Alla fine dell'anno, la Casa che
avrà totalizzato
più punti verrà premiata con la Coppa delle Case,
un premio che
rappresenta grande onore e prestigio. Pertanto, spero che ognuno di
voi faccia del suo meglio per permettere che ciò
accada.”
Dopo
aver detto ciò,
Vitious tirò fuori un orologio da taschino ed
esclamò: “Bene, la
cerimonia dello Smistamento inizierà a momenti, davanti agli
altri
studenti, quindi vi consiglio di sistemarvi un po'. Non
preoccupatevi, non sarà niente di complicato e, soprattutto,
nessuno
di voi verrà rimandato a casa. Per alcuni ci
vorrà un po' più di
tempo degli altri, ma tutti finirete in una Casa. Ora vado a
sistemare alcune cose, ma tornerò presto, quindi, vi prego
di
aspettare qui, in silenzio.”
Dopo
aver detto quelle
parole, Vitious uscì dalla porta e scomparve, lasciando i
ragazzi da
soli.
Non
appena se ne fu
andato, la maggior parte degli studenti là dentro
cominciò a
commentare le emozioni che aveva provato quella serata e a quello che
sarebbe successo.
Gal,
nel frattempo, si
tolse il casco e cominciò a pulirlo con la manica del
vestito.
“Non
avrai mica
intenzione di fare lo smistamento con quel coso in testa?”
gli
domandò, allibita e disgustata, Delphini e il ragazzino,
stupito,
rispose: “Certo che sì! E' il mio portafortuna!
Con il mio casco,
potrò affrontare lo Smistamento senza alcuna
paura!”
“Spero
che tu sia pronto
ad affrontare anche le risate che quello stupido casco farà
venire a
tutta la sala.”
Per
tutta risposta, Gal le
lanciò un'occhiataccia, per poi mettersi il casco in testa,
ma,
proprio in quel momento, Christian gli tirò la manica:
“Gal... chi
sono quelli?”
Dal
muro, infatti, erano
apparsi all'improvviso numerosi esseri dalla forma umana, ma che,
sembravano fatti d'aria invece di possedere un corpo umano.
“Sono
fantasmi.”
rispose Athena, risistemandosi gli occhiali “La scuola ne
ospita un
sacco. Quattro di loro, sono persino i fantasmi delle Case.”
“Davvero?
E come fanno
ad essere scelti?” le domandò Oliver, incuriosito,
e la ragazza
continuò: “Beh, pare che debbano avere un legame
molto profondo
con quella Casa... oltre il fatto che, ovviamente, devono essere
finiti lì durante gli studi.”
Ad
un tratto, uno dei
fantasmi, che sembrava un frate molto grasso, si avvicinò a
loro e,
con un grande sorriso, dichiarò, eccitato: “Ah,
gli studenti del
primo anno in attesa di essere smistati... mi ricorda il mio primo
anno... comunque, spero di rivedervi a Tassorosso! Ci
vediamo!”
Il
frate si alzò di nuovo
in aria e attraversò il muro.
Proprio
in quel momento,
si udì un battito di mani alle spalle degli studenti.
I
ragazzi si voltarono, ma
non videro nessuno.
“Ehm...”
dichiarò una
voce in basso e non appena gli studenti, imbarazzati, abbassarono lo
sguardo e, come temevano, videro il professor Vitious.
Con
un sospiro, l'uomo
borbottò: “Siamo tutti pronti per lo Smistamento.
Seguitemi.”
Il
gruppo seguì il
professore e giunse in un'immensa sala con quattro lunghi tavoli
pieni di studenti piazzati in maniera verticale e, in fondo, c'era
una tavola orizzontale con un sacco di signori eleganti.
Al
centro di quella
tavola, stava seduta una donna coi capelli grigi e le rughe, ma con
l'aria austera, severa e rigida.
Nonostante
non l'avesse
mai vista, Athena sapeva già chi era.
Quella
doveva essere
Minerva McGranitt, la preside di Hogwarts.
Sopra
le teste dei nuovi
arrivati, c'era un immenso cielo stellato, illuminato da mille
candele che levitavano.
Tutti
i ragazzi si mise a
guardare, incantati, il cielo, mentre camminavano.
Delphini
si accorse che
numerosi ragazzi guardavano lei e Teddy, per poi bisbigliare qualcosa
ai compagni vicini.
Non
ci voleva un genio per
capire che ad attirare la loro attenzione era il colore particolare
dei capelli che lei e Teddy condividevano.
Diede
un'occhiata al
compagno.
Nonostante
potesse optare
per un colore di capelli più tradizionale, quel ragazzino
non ne
voleva proprio sapere di cambiare.
Istintivamente,
si toccò
una ciocca di capelli blu e argentea.
Se
lei avesse potuto
cambiare colore come Teddy, sarebbe andata in giro con quella
pettinatura, così tranquillamente?
Certo
che no.
Lanciò
un'occhiata dietro
di sé.
Come
aveva previsto, il
vecchio casco di Gal aveva attirato le occhiate allibite e un gran
numero di risate, soprattutto nel tavolo dei Serpeverde, dove
qualcuno lo stava addirittura scimmiottando.
L'unico
che non trovava
divertente la cosa era un ragazzo coi capelli biondo ramato e la
spilla da prefetto al tavolo dei Grifondoro, che lo fissava come se
volesse incenerirlo.
La
cosa assurda era che
quell'idiota di Gal, non solo continuava a camminare come se niente
fosse, ma se beccava qualcuno indicarlo divertito, lo salutava
energicamente, lasciando l'altro senza parole.
Anche
il prefetto non lo
sfuggì al suo saluto, anzi, in quel caso, Gal mosse entrambe
le
braccia, come se volesse farsi notare da lui ad ogni costo, e quello,
per tutta risposta, gli lanciò uno sguardo assassino.
Gal,
tuttavia, non sembrò
minimamente turbato da ciò, anzi gli fece una linguaccia,
come se
volesse sfidarlo.
Finalmente,
il gruppo
arrivò davanti al tavolo degli insegnanti.
Il
professor Vitious fece
levitare con la magia due sgabelli, su cui c'era un vecchio cappello
vecchio, sporco, rattoppato, consunto, pieno di macchie e malandato.
Per
Delphini, quel
cappellaccio era paragonabile, come logoramento e aspetto consumato,
solo al vecchio casco di quello scemo di Gal... ma perché
diavolo il
proprietario non si era deciso a buttare via quella schifezza?!
Non
appena il professore,
si fu arrampicato sull'altra sedia, per lo sgomento dei nuovi
arrivati, uno strappo vicino al bordo si spalancò come una
bocca e
il vecchio cappello cominciò a cantare:
Un
dì molto lontano
che
cercare di ricordare è invano,
giunsero
su questo colle disabitato
sotto
un grande cielo stellato
quattro
maghi, il cui nome è ricordato,
ma
misterioso è il loro passato.
Il
primo era un giovane baldanzoso
dall'animo
senza paura e avventuroso.
Poi
arrivò una giovane strega dalla grande intelligenza
e
dalla profonda conoscenza.
La
terza che giunse da una vallata lontana,
aveva
un dolce sorriso e un mantello di lana.
L'ultimo
era un mago dall'aspetto cadaverico,
dal
carattere arguto, ma, ahimè, collerico.
I
quattro, d'accordo, costruirono questo castello austero,
ma
lasciarono tra le sue mura un importante mistero.
E
anche quando il destino, crudele tiranno,
il
qual porta ogni danno,
li
divise per un suo tragico disegno,
che
lasciò un amaro segno,
essi
rimasero legati a questo castello
ed
io, che sono un povero cappello,
venne
affidato il compito,
peraltro
ardito,
di
collocare, senza alcuna malizia,
i
maghi nella Casa dove possono trovare la più vera amicizia.
Grifondoro,
Corvonero, Serpeverde, Tassorosso.
Devo
scegliere il luogo dove chiunque diventerà un colosso,
in
attesa che un giorno, in questa sede,
giungerà
il giovane erede,
che
ognuno ha generato in modo discreto.
Egli
tornerà qui con grande affetto,
nel
luogo dove tutto ha avuto inizio,
col
suo pregio e col suo vizio.
Orsù,
giovani maghi diligenti,
avvicinatevi
e fidatevi dei miei gusti eccellenti.
Non
sono arrogante,
ma
i quattro fondatori mi scelsero come aiutante.
Nelle
vostre menti indago,
e
trovo in voi il giusto mago.
Non
appena il cappello ebbe finito di cantare, tutti i ragazzi e gli
insegnanti si misero ad applaudire e lo stesso cappello parlante
s'inchinò a tutti i tavoli e ritornò di colpo
immobile.
Il
professor Vitious, sempre seduto sul suo sgabello, prese il cappello
con una mano e annunciò, leggendo una lunga pergamena:
“Quando
chiamerò il vostro nome, vi sederete sullo sgabello e
metterete il
cappello in testa, in modo da essere smistati.”
Dopo
una piccola pausa, Vitious chiamò: “Allen
James!”
Immediatamente,
un ragazzino coi capelli biondi si diresse verso lo sgabello e, una
volta che si fu seduto, il professore le mise il cappello in testa.
Dopo
qualche minuto di silenzio, il cappello urlò:
“CORVONERO!”
Immediatamente,
il tavolo dei Corvonero esplose in un sonoro applauso e il giovane
corse subito a raggiungerli.
“Sembra
che ne avremo per un po'...” bisbigliò, dopo
qualche minuto,
Christian a Gal, il quale borbottò: “Parla per te,
Chris. Tu
verrai chiamato quasi subito, mentre io dovrò restarmene qui
impalato ad aspettare la lettera S!”
“Beh,
anch'io ne avrò per un bel po', dato che il mio cognome
inizia per
L...” s'intromise Teddy, cercando di risollevargli il morale.
All'improvviso,
la voce del professor Vitious, chiamò: “Black
Delphini!”
“Ehi,
sono curioso di vedere dove finirà quella
lì...” sussurrò il
rosso, osservando la ragazzina che, salterellando, si dirigeva verso
lo sgabello.
Ovviamente,
ciò generò un gran numero di risate e lo stesso
Gal commentò,
ridacchiando: “E poi dice che faccio ridere tutti col mio
casco...”
“Forse
fa così quando è emozionata... e poi, non sta
facendo ridere
tutti...” fece Christian, indicando un uomo nel tavolo degli
insegnanti.
Un
uomo vestito elegantemente e coi capelli grigio-argento, a cui si
aggiungevano un bel paio di baffi bianchi, osservava con interesse e
sorpresa Delphini, la quale, nel frattempo, si era seduta sulla sedia
con eleganza e compostezza, proprio come una regina sul trono.
Il
cappello le sfiorò semplicemente la testa, prima di gridare:
“SERPEVERDE!”
Stavolta,
fu il turno del tavolo dei Serpeverde ad applaudire e, subito, la
ragazzina si affrettò a raggiungerlo, correndo a tutta
velocità.
“Che
peccato che sia finita a Serpeverde...” sospirò
Kevin,
osservandola mentre si sedeva e stringeva la mano ad un ragazzo
più
grande, mentre Gal ribatteva: “Almeno non la
sentirò più
lamentarsi del mio casco!”
“Brown
Christian!” l'interruppe, in quel momento, la voce del
professor
Vitious.
Imbarazzato
e tremante, Christian si diresse verso lo sgabello e, non appena si
fu accomodato, gli venne messo il cappello in testa.
Dopo
qualche minuto, esso gridò: “GRIFONDORO!”
Con
un sorriso timido, il ragazzo si diresse verso il tavolo, dove venne
accolto da un bel applauso, sedendosi di fianco al cugino Lancelot.
Lo
Smistamento continuò finché Vitious
chiamò: “Doyle Athena.”
La
ragazzina si mosse subito e il cappello, non appena la
sfiorò,
gridò: “CORVONERO!”
“Anche
con lei la selezione è stata brevissima... non glielo hanno
nemmeno
messo in testa che ha subito detto quale sarebbe stata la sua
Casa.”
commentò Teddy, incuriosito da quello strano fenomeno, ma
Gal
liquidò subito l'accaduto, distrattamente: “Ah,
sì... mia zia mi
ha raccontato che succede ad alcuni... un esempio è la
nostra
famiglia. Quando facciamo lo Smistamento, il cappello parlante ci
mette subito a Grifondoro.”
“Davvero?
Ma tuo cugino ci ha impiegato qualche minuto...”
commentò Teddy,
mentre il professore chiamava Lester Falwey.
Sembrava
aver dimenticato la vicenda nello scompartimento, dato che si diresse
verso lo sgabello con aria spavalda e sicura di sé.
“Lui
è il figlio della sorella strega di mia madre che, invece,
è
babbana, mentre, da quel che ho capito, ciò avviene solo con
la
famiglia di mio padre. Mia zia mi ha raccontato che, quando ci fu il
suo smistamento, mio padre venne mandato subito a Grifondoro e mio
fratello mi ha detto che è successo lo stesso anche con lui.
Sarei
l'onta della famiglia, se il Cappello Parlante dovesse impiegare
qualche minuto a mettermi a Grifondoro...”
raccontò il rosso,
mentre il cappello dichiarava: “SERPEVERDE!”
Lester
si diresse verso il tavolo tutto baldanzoso, ma, quando vide Delphini
che lo salutava con un ghigno divertito, sbiancò.
Evidentemente,
il ricordo di ciò era accaduto sul treno non gli era uscito
del
tutto dalla mente...
“Ma
che strano... anche nella mia famiglia...” s'intromise
Oliver, ma,
proprio in quel momento, Vitious esclamò: “Ferrars
Oliver.”
Sobbalzando
per la sorpresa, Oliver si diresse verso lo sgabello e, proprio come
accaduto con Delphini ed Athena, il cappello dovette solo sfiorarlo
per gridare: “TASSOROSSO!”
“Non
pensate che ci sia qualcosa di strano?” domandò
Teddy, sempre più
sospettoso, mentre Vitious chiamava Hugh Flint “Voglio dire,
Athena, Delphini e Oliver sono stati subito smistati in tre Case
diverse... è come se fossero stati destinati lì
fin dall'inizio...”
“Andiamo,
Teddy... non fare il detective... probabilmente rispecchiavano le
doti che il Cappello Parlante voleva per la casa e li ha subito messi
lì.” lo interruppe, Gal, mentre il cappello
parlante decretava:
“SERPEVERDE!”
Teddy
non disse niente e si limitò a fissare in silenzio i tre
compagni
diversi.
Lo
Smistamento continuò senza problemi, e, ad un tratto,
Vitious non
chiamò: “Harrison Kevin.”
“E'
il tuo turno, Kev! Dacci dentro!” lo incoraggiò
Gal, mentre il
ragazzino, un po' titubante, si dirigeva verso lo sgabello.
“Chissà
in quale Casa finirà...” si domandò
Teddy, mentre il rosso
annuiva: “Non ne ho idea... spero che finisca a Grifondoro.
E' una
persona davvero simpatica...”
Anche
Delphini si era messa a guardarlo.
Quel
ragazzino era quel nato babbano che era stato gentile con lei...
forse era per quello che lo fissava... in undici anni, non aveva mai
avuto un amico o qualcuno che fosse stato anche solo gentile con
lei...
In
ogni caso, quello sarebbe stato un addio.
Sarebbe
finito in una Casa che non fosse stata Serpeverde e non si sarebbero
più visti o parlati, ad eccezione di qualche lezione
condivisa.
Due
persone di due Case diverse non potevano essere amiche.
Lui
avrebbe trovati amici molto migliori di lei e, in un attimo, si
sarebbe dimenticato di aver condiviso con lei lo scompartimento
durante il primo anno... e, a dirla tutta, voleva proprio questo.
Non
voleva assolutamente avere amici!
Visto
che era stato gentile con lei, gli avrebbe concesso un ultimo saluto
con lo sguardo mentre se ne andava...
Passò
qualche minuto di silenzio, finché il cappello non
urlò:
“SERPEVERDE!”
Bastò
quella semplice frase per far scendere un silenzio perfetto e
assoluto nella Sala Grande.
“Eh?!
Serpeverde?!” si lasciò scappare Gal, mentre
guardava Kevin
togliersi il cappello e dirigersi a tutta velocità, rosso in
viso,
verso la sua nuova Casa “Ma Kevin è un nato
babbano! Perché
diavolo il Cappello Parlante l'ha messo là
dentro?!”
“Non
ne ho idea... forse ha considerato le sue caratteristiche perfette
per quella Casa, anche se non proviene da una famiglia di maghi
purosangue...”
“In
ogni caso, quelli lo ammazzeranno.”
Contemporaneamente,
tra i vari tavoli ci furono dei bisbigli:
“Serpeverde?”
“Wow,
un nato babbano a Serpeverde!”
“Poveretto,
mi sa che molto presto comincerà a frequentare spesso il San
Mungo.”
“Quelli
lo uccideranno.”
Imbarazzato
per tutta quell'attenzione non richiesta, Kevin si affrettò
a
raggiungere il tavolo dei Serpeverde e a sedersi di fianco a
Delphini, la quale lo guardava allibita.
“Ehm,
salve...” sussurrò il ragazzo, ma tutti i presenti
non risposero,
limitandosi a guardarlo in malo modo.
“Dunque,
il prossimo è...” iniziò Vitious, ma
venne interrotto dalla
preside: “Un attimo, professor Vitious. Prima di continuare
con lo
Smistamento, c'è una cosa che i Serpeverde si sono
dimenticati di
fare verso il nuovo arrivato.”
La
McGranitt fissò coi suoi occhi severi il tavolo dei
Serpeverde, per
poi dire: “Se non sbaglio, quando il Cappello Parlante nomina
un
nuovo membro della Casa, lo si accoglie con un applauso, ma non mi
sembra di averlo sentito quando il signor Harrison è stato
nominato
Serpeverde e non sono stata informata che quest'anno tra i Serpeverde
si accolga i nuovi arrivati con un silenzio di tomba. Quindi, vorrei
che correggeste immediatamente questa grave dimenticanza. Se non
sentirò un applauso, lo Smistamento non andrà
avanti e, pertanto,
non ci sarà nessun banchetto.”
Subito,
dal tavolo dei Serpeverde si levò un applauso molto fiacco e
la
McGranitt, sempre più arrabbiata, l'interruppe:
“Forse non mi sono
spiegata bene. Voglio sentire un applauso pieno di vita, che faccia
sentire il signor Harrison il benvenuto a Serpeverde. Se non lo
sentirò a breve, farò togliere immediatamente
cento punti a
Serpeverde per ogni persona della Casa e credo che i punti perduti
saranno molto difficili da recuperare.”
Sapendo
che con la preside non c'era da scherzare, il tavolo dei Serpeverde
cominciò a battere le mani il più forte ed
energico possibile,
anche se era lampante un tono di rabbia, risentimento e freddezza.
Tuttavia,
la preside parve accontentarsi, infatti disse a Vitious:
“Scusi
l'interruzione, professor Vitious. Prego, continui pure con lo
Smistamento.”
“Bene,
professoressa.” annuì il professore, chiamando il
nome successivo.
Kevin
avrebbe voluto sprofondare per la vergogna.
Sapeva
che non sarebbe stato il benvenuto in una Casa dove, di norma, ci
finivano i Purosangue e non i nati babbani come lui... ma dopo la
faccenda dell'applauso, lo fissavano tutti con odio.
Se
non ci fosse stato tutto il corpo docenti nella sala, molto
probabilmente, lo avrebbero ucciso.
“Non
fare quella faccia spaventata, sennò ti azzannano
subito.” gli
suggerì, stizzita, una voce al suo fianco.
Kevin
si voltò e, per un attimo, restò abbagliato dai
capelli argentati
di Delphini, la quale aggiunse: “I Serpeverde hanno coraggio
e
orgoglio. Se vuoi provare ad essere accettato, mostrati sprezzante e
sicuro di te. In natura funziona così.”
“C-certo...”
balbettò Kevin, sorpreso da quel suggerimento.
“Jones
Elizabeth.” chiamò, in quel momento, Vitious e la
ragazza,
tremante come una foglia e rossa in viso, si sedette sullo sgabello e
il professore le mise il cappello sulla testa.
Dopo
un po', il cappello gridò: “CORVONERO!”
A
differenza del tavolo dei Serpeverde, quello dei Corvonero esplose in
un sonoro applauso.
Elizabeth
si affrettò a raggiungerlo, rossa come un peperone, e si
sedette di
fianco ad Athena, la quale, con grande sorriso, le disse:
“Che
fortuna, siamo nella stessa Casa!”
“Già...”
sussurrò, timidamente, la ragazzina, alzando, per la prima
volta, lo
sguardo con un timido sorriso, rivelando due grandi occhi marroni.
I
nomi e i ragazzi continuarono a susseguirsi, finché Vitious
non
chiamò: “Lupin Edward Remus.”
Il
ragazzino si diresse verso il cappello, dopo aver ricevuto gli
incoraggiamenti di Gal, e, dopo essersi comodo, si mise ad aspettare
il nome della Casa.
I
minuti cominciarono a passare lentamente, ma il cappello continuava a
rimanere in completo silenzio.
“Ma
quanto ci mette quel cappello?” borbottò Gal,
seccato, e una voce
alle sue spalle, ridacchiò: “Che c'è,
hai fame?”
Si
voltò e vide lo sguardo beffardo di Abel.
Il
rosso lo guardò in malo modo, per poi sbottare:
“Fatti gli affari
tuoi, razza di vampiro!”
“Non
preoccuparti, Gal, anch'io ho fame!” cercò di
rincuorarlo Monica,
avvicinandosi a lui “Che ne dici di chiacchierare un po',
mentre
aspettiamo che il cappello? Non immagini quante persone simpatiche ho
conosciuto sul treno...”
“Carina
la tua fidanzatina... sei un tipo abbastanza precoce, eh?” lo
prese
in giro Abel, non cercando nemmeno di trattenere una risata.
Gal
avrebbe tanto voluto gettarsi dalla finestra.
Nessuno
dei ragazzi che aveva conosciuto sul treno era con lui a
chiacchierare, anzi, erano rimaste le persone che meno sopportava...
in quel momento, avrebbe preferito stare persino con Delphini e le
sue lamentele sul suo casco!
Contemporaneamente,
tra i tavoli delle Case e persino in quello degli insegnanti
cominciarono dei bisbigli per il fatto che il Cappello Parlante ci
stesse impiegando più tempo del solito ad assegnare Teddy in
una
casa.
Athena,
senza scomporsi, dietro un'occhiata all'orologio e fece un sorriso:
“Non avrei mai immaginato di essere testimone di un simile
evento
al mio primo anno... è talmente raro che a momenti
è una leggenda.
Che gran colpo di fortuna.”
“Quale
evento?” sussurrò Elizabeth.
Di
solito, parlare con gli altri la metteva in soggezione, ma Athena era
una persona calma e tranquilla che faceva rilassare, oltre essere una
persona molto colta ed intelligente.
“Credo
che il nostro Teddy sia un Testurbante.” rivelò la
ragazzina,
sistemandosi gli occhiali.
Molti
Corvonero annuirono, mentre alcuni la guardavano sorpresi, per il
fatto che una ragazzina del primo anno sapesse di cosa si stesse
parlando oppure perché non capivano di che diavolo stesse
parlando.
“E
cos'è un Tersturbante?” domandò,
incuriosita, Elizabeth e Athena
spiegò: “E' un termine tra i più
antichi e arcaici di Hogwarts.
Viene definito così uno studente il cui Smistamento sia
durato più
di cinque minuti, un tempo molto lungo per il Cappello Parlante.
Questo fenomeno capita raramente, forse una volta ogni cinquant'anni.
La preside stessa e il professor Vitious sono stati entrambi
Testurbanti delle stesse due Case.”
“Davvero?
E di quali?”
“Grifondoro
e Corvonero. La McGranitt finì a Grifondoro e Vitious a
Corvonero.”
“Caspita,
che cosa curiosa.”
“Certo
che te ne intendi, per essere solo una del primo anno...”
commentò
una voce maschile di fianco alla ragazza.
Athena
si voltò e vide un giovane più grande con la
spilla di prefetto coi
capelli neri, la pelle abbronzata e la frangetta.
“Jacob
Clarke, prefetto di Corvonero.” si presentò lui,
allungando la
mano, che venne subito stretta da Athena: “Io sono Athena
Doyle e
questa è Elizabeth Jones.”
“Molto
piacere. Mi sorprende che tu sappia già della faccenda dei
Testurbanti... di solito non la sa nessuno fino al quinto
anno...”
“Ho
letto tutto il volume sulla storia di Hogwarts, però mi sa
che
quest'anno anche quelli del primo anno sapranno di cosa si tratta in
largo anticipo...”
“Vero,
però ci sono molti studenti del mio anno che ancora non
sanno del
fatto che la McGranitt e Vitious sono stati Testurbanti... qualcosa
mi dice che grazie alle tue conoscenze, quest'anno otterremo un sacco
di punti della Casa.”
“Lo
spero.”
“TASSOROSSO!”
decretò, proprio in quel momento, il cappello, generando un
sonoro
applauso tra i Tassorosso.
Teddy
si sedette di fianco ad Oliver e venne subito travolto da
un'infinità
di parole: “Non ci posso credere! Abbiamo un Testurbante
nella
nostra Casa!”
“Già,
di solito finiscono nelle altre tre!”
“E
poi, non è un Testurbante qualunque! E' il figlioccio di
Harry
Potter!”
“Questo
è un vero onore per noi Tassorosso! Un po' come quando
Cedric
Diggory è stato nominato campione di Hogwarts al Torneo
Tremaghi!”
Teddy
era imbarazzato da tutte quelle domande e affermazioni, dato che non
gli piaceva per niente mettersi in mostra.
“Scusa,
Teddy...” gli sussurrò, all'improvviso, la voce di
Oliver “Per
curiosità, tra quali Case era in conflitto il Cappello
Parlante
mentre ti smistava?”
“Non
riusciva a decidersi se mandarmi a Grifondoro, come mio padre, o a
Tassorosso, come mia madre... alla fine ha scelto Tassorosso.”
“Una
scelta molto ardua... chissà che faccia farà la
tua famiglia quando
lo verrà a sapere.”
“La
nonna resterà a bocca aperta... non solo sono un
Metamorfomagus, ma
adesso sono persino un Testurbante!”
“Di
certo non sono cose che succedono tutti i giorni!”
Dopo
Teddy, lo Smistamento continuò più velocemente e,
in un attimo, il
professor Vitious chiamò: “Nott Abel.”
“Ah,
un altro Nott... spero che questo duri più
dell'altro...” commentò
Lancelot, quando sentì il nome, e Christian, incuriosito,
domandò:
“Perché, cos'è successo?”
“Beh,
l'anno scorso c'era un membro della famiglia Nott per il suo primo
anno... ma a causa di alcuni problemi ed incidenti nella scuola, i
suoi familiari hanno deciso di togliere la sua iscrizione e di
portarlo a Durmstang.”
“Accidenti,
non sapevo che si potesse togliere un'iscrizione...”
commentò il
biondo, mentre il cappello urlava: “SERPEVERDE!”
Mentre
Abel si dirigeva verso il suo tavolo, accolto da un numeroso
applauso, urtò Gal e, con un sorrisetto beffardo, gli
sussurrò:
“Oh, scusami tanto...”
La
risposta di Abel fu una risentita linguaccia.
Non
appena il Serpeverde si fu seduto, il rosso tornò a guardare
lo
Smistamento.
Non
ne poteva più di stare lì in piedi ad aspettare
il suo turno... ed
era solo alla lettera N!
Per
arrivare alla lettera S ci sarebbe voluto parecchio tempo...
Finalmente,
il professor Vitious chiamò: “Sandlers
Galahad.”
“Eccomi,
eccomi! Sono io!” strillò Gal, correndo come una
furia verso lo
sgabello e lasciando un po' sorpreso il professore, dato che non si
aspettava uno studente così energico, tanto da rispondere
all'appello, e che, soprattutto, portava in testa un altro cappello,
il più assurdo che il professore avesse mai visto.
Tuttavia,
si riprese subito e fece per mettere il cappello in testa a Gal, ma,
subito, il Cappello Parlante urlò, prima ancora di averlo
sfiorato:
“GRIFONDORO!”
“Come
mi aveva detto, anche la sua selezione è stata
brevissima...”
commentò, sospettoso, Teddy, mentre guardava l'amico
raggiungere il
tavolo dei Grifondoro e Oliver gli domandò: “Hai
detto qualcosa,
Teddy?”
“Eh?
Ah, no, niente, Oliver...”
Lo
Smistamento continuò finché Vitious non
chiamò l'ultimo nome:
“Williams Monica.”
Christian
diede un'occhiata a Gal e lo vide incrociare tutte le dita.
Non
ci voleva un genio per capire che stava sperando che Monica non
finisse a Grifondoro...
“GRIFONDORO!”
gridò il cappello e, mentre la ragazzina si dirigeva
entusiasta
verso il tavolo entusiasta dei Grifondoro, Gal borbottò,
seccato:
“La Divinazione non sarà il mio
futuro...”
Non
appena ebbe finito, Vitious scese dallo sgabello e, con un colpo di
bacchetta, fece portare via gli sgabelli e, dopo aver messo via il
Cappello Parlante, si diresse al tavolo degli insegnanti.
A
quel punto, la professoressa McGranitt, dichiarò:
“Molto bene.
Dato che lo Smistamento è finito, vorrei augurare a tutti
gli
studenti, sia vecchi che nuovi, un felice anno scolastico. Ora,
possiamo iniziare il banchetto.”
La
donna batté tre volte le mani e, subito, comparvero una
dozzina di
cibi invitanti e caldi apparvero nei piatti vuoti.
Immediatamente,
tutti si gettarono a mangiare con gusto.
Il
sapore dei cibi caldi e saporiti entusiasmava i ragazzi e li
ricompensò adeguatamente del tempo che avevano aspettato per
mangiare, mentre i fantasmi svolazzavano allegri sopra la testa degli
studenti, per poi scendere e chiacchierare con gli studenti della
loro Casa.
Non
appena furono tutti sazi, la preside si alzò in piedi e
disse: “Ora
che siamo tutti sazi, vorrei fare un ultimo discorso prima di farvi
andare tutti a letto. Prima di tutto, vorrei ricordare ad ognuno di
voi, che l'ingresso alla Foresta Proibita è assolutamente
vietato a
tutti gli studenti, e con tutti intendo proprio tutti. I corridoi
della scuola devono essere usati solo ed esclusivamente per andare da
una parte all'altra della scuola per le lezioni e non per fare gare
di magia, altrimenti ve la dovrete vedere con me e con il signor
Gazza, il custode.”
Solo
in quel momento Gal si accorse del vecchio decrepito con i vestiti
sporchi e con un gatto spelacchiato in braccio dagli occhi rossi.
“Ragazzi,
quello è il gatto più brutto che abbia mai
visto!” sussurrò Gal
e, immediatamente, il gatto si girò nella sua direzione e si
mise a
soffiare, mentre il suo padrone lo accarezzava, come per dirgli di
stare buono.
“Se
non fosse assurdo, giurerei che quello stupido gatto mi ha
sentito...” commentò, incredulo il rosso, mentre
Lancelot diceva:
“Conoscendo Mrs Purr non mi stupirebbe...”
“Mrs
Purr? Stai dicendo che quello
sarebbe una
femmina?!”
“Esatto.
Ti consiglio di moderare il linguaggio quando è nei paraggi.
Non
solo è la gatta di Gazza, ma lo aiuta a tenere d'occhio il
castello
e per questo non è molto ben vista tra gli studenti...
inoltre,
Gazza la preferisce a tutti noi studenti messi insieme.”
Gal
si mise di nuovo a guardare Mrs Purr, la quale non aveva smesso un
solo istante di guardare nella sua direzione.
“Non
sperare di farla franca con me, stupida gatta! Io sono molto
più
furbo di te!” la provocò Gal e Mrs Purr, per tutta
risposta,
miagolò, come se lo avesse sentito benissimo e accettava la
sfida.
“Le
prove di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell'anno
scolastico. Chiunque sia interessato a partecipare e a far parte
della squadra della propria Casa è pregato di contattare
Madama
Bumb. Ovviamente, le selezioni sono vietate agli studenti del primo
anno.” continuò, con severità, la
preside.
“Oh,
accidenti... e io che speravo di poter partecipare... adoro il
Quidditch...” borbottò Gal e, subito, il cugino
tentò di
consolarlo: “Vedrai che l'anno prossimo...”
“Ma
un anno è lunghissimo! E poi, ho sentito che il grande Harry
Potter
diventò Cercatore al suo primo anno, perché la
preside non può
lasciarmi partecipare?!”
“Questioni
di sicurezza...”
“Al
diavolo la sicurezza!”
Anche
il tavolo dei Serpeverde era entusiasta.
“Spero
di passare al provino per il ruolo di cacciatore!”
commentò uno
del secondo anno, mentre uno del sesto gli diceva: “Se lo
passi,
cerca di essere un giocatore decente! Quello dell'anno scorso era una
vera frana! Fortuna che quello era il suo ultimo anno...”
“E
il Cercatore com'è?”
“E'
fantastico, ma, purtroppo, questo sarà il suo ultimo anno...
sarà
dura trovare uno al suo livello che possa sostituirlo l'anno
prossimo...”
Kevin
ascoltò in silenzio e poi domandò a Delphini,
l'unica in quel
tavolo a sopportare la sua presenza e a parlargli: “Ho
sentito
parlare del Quidditch... è bello?”
“Abbastanza...
ma a me dello sport non me ne frega niente...” fu il commento
della
ragazza e, proprio in quel momento, Lester Falwey s'intromise nel
discorso, a voce alta, in modo che potesse sentire tutto il tavolo:
“Perché t'interessa tanto, Mezzosangue? Vuoi per
caso far parte
della squadra di Quidditch di Serpeverde?”
A
quella affermazione, tutti risero divertiti: “Sì,
un Mezzosangue
nella squadra!”
“Ci
porterà solo sfortuna!”
“Scommetto
che alla sua prima lezione di volo, cadrà dalla
scopa!”
“Ci
resterà solo una bella marmellata di Mezzosangue dal sapore
disgustoso e rancido!”
Kevin
abbassò lo sguardo, imbarazzato al massimo.
Sapeva
benissimo di non essere mai salito su una scopa... ma questo non
significava per forza che sarebbe stato così disastroso...
“Inoltre...”
continuò la McGranitt “Vorrei ricordare a tutti
una cosa molto
importante: questa scuola ha sempre appoggiato l'unione e l'amicizia
tra le Case. Pertanto, non è gradito alcun gesto o
atteggiamento
negativo nei confronti delle altre Case e chi non è
d'accordo con
ciò, è pregato di fare le valigie e andarsene
immediatamente.
Ognuna di queste quattro Case ha prodotto maghi e streghe buoni o
malvagi. Essi hanno percorso la loro strada in base alle proprie
scelte, non per via Casa, così come le persone hanno scelto
di far
sapere a tutti dei loro trionfi o se, invece, hanno preferito essere
più modesti e lontano dai riflettori. Ricordatevi sempre,
ragazzi,
che sono le nostre scelte a farci diventare la persona che siamo. Non
esiste un fattore esterno che possa influenzarci completamente. Tutto
dipende da noi, ricordatevene sempre.”
Dopo
aver detto quelle parole, la preside annunciò:
“Molto bene, adesso
possiamo andare a letto. Vi auguro un felice anno scolastico e spero
che vi comportiate bene.”
I
prefetti e i caposcuola di tutte le Case si alzarono automaticamente
e condussero gli studenti, stanchi, assonati ed eccitati, verso i
loro dormitori.
L'unico
che non era per niente stanco, era Gal, il quale cominciò a
lamentarsi: “Ma perché dobbiamo andare a letto
proprio adesso?!
Voglio esplorare il castello! Pensa che figata un'esplorazione
notturna del castello...”
“Fallo
e dovrai affrontare una punizione di Gazza, oltre al fatto che farai
togliere parecchi punti della Casa.” gli ricordò
Lancelot, senza
nemmeno voltarsi a guardarlo.
Gal
continuò a camminare, abbassando lo sguardo e borbottando
qualcosa.
Ad
un trattò, sentì qualcosa spingerlo, facendolo
cadere per terra,
assieme a molti altri studenti.
Lancelot
non si scompose e disse: “Pix, lo so che sei tu. Smettila
subito.”
Nel
corridoio si udì una risata divertita e, sul cornicione del
corridoio, appare un ometto coi colori sgargianti, con un papillon
arancione, i capelli neri e un gigantesco cappello pieno di
campanellini.
Sembrava
un fantasma, ma con la stranezza di sembrar possedere un corpo
solido.
“Primini
di Grifondoro... ci sarà da divertirsi,
quest'anno.” ridacchiò
l'essere, mentre Lancelot rispondeva: “Pix, ti consiglio di
darti
una calmata oppure avvertirò il Barone Sanguinario o il
professor
Trocar.”
Pix
rimase in silenzio un attimo, poi se ne andò con una
pernacchia.
“Lui
è Pix, un Poltergeist. Vive in questa scuola e ama fare
scherzi agli
studenti. Fate attenzione e se vi da fastidio, chiamate il Barone
Sanguinario, il fantasma di Serpeverde, o il professor Trocar,
l'insegnate di Difesa contro le Arti Oscure. Sono gli unici in tutta
la scuola capaci di metterlo in riga.” spiegò
Lancelot, per poi
accompagnare gli studenti alla loro sala comune. |
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Capitolo 5 *** Un primo giorno molto particolare... ***
Capitolo
5: Un primo giorno molto particolare...
Fece
un grosso sbadiglio, mentre si alzava a sedere sul letto di seta
verde.
Il
ragazzino grosso e coi capelli radi, scese dal letto e si
guardò da
tutte le parti.
Gli
altri suoi tre compagni di dormitorio dormivano ancora della
grossa...
Prese
la sua bacchetta e sussurrò: “Lumos.”
Immediatamente,
dalla bacchetta si sprigionò una luce argentea.
Si
diresse silenziosamente verso il suo baule e, aprendolo,
tirò fuori
un pacchetto di zuccotti di zucca.
Lester
lo avrebbe ucciso se avesse scoperto che gli aveva nascosto i dolci
che sua madre gli aveva dato... ma i zuccotti di zucca erano i suoi
preferiti.
Come
poteva resistere?
Guardò
una seconda volta dietro di sé.
Lester
stava ronfando come un ghiro, come quel ragazzino incredibilmente
pallido e quel babbano con gli occhiali che era nello scompartimento
di quella che aveva minacciato Lester con una Avada Kedavra...
Chissà
perché diavolo il Cappello Parlante lo aveva messo
lì?
Forse
avevano finito i posti per i Mezzosangue nelle altre Case...
Ridacchiando
maliziosamente, Hugh prese il pacchetto e uscì dal
dormitorio.
L'avrebbe
mangiato nella Sala Comune, il luogo dove avrebbe potuto consumarli
senza temere niente.
Data
l'ora, infatti, la sala sarebbe stata deserta...
Non
appena fu arrivato, capì che aveva ragione.
Anche
se il caminetto era ancora accesso, illuminando un po' la stanza
piena d'ombre, non c'era nessuno in giro.
Con
un sorrisetto, si buttò su un divano in pelle nera.
“Ahi!”
urlò, immediatamente, una vocina acuta e, immediatamente,
Hugh si
alzò in piedi per lo spavento, facendo cadere per terra.
“C'è
qualcuno?” domandò, spaventato, il ragazzino,
tirando fuori la
bacchetta.
Tremante,
si girò da tutte le parti, ma non rispose nessuno.
“Lo
so che c'è qualcuno qui... ti consiglio di uscire subito dal
tuo
nascondiglio e farti vedere, se non vuoi finire male...”
continuò
Hugh, cercando di avere l'aria da duro, mentre, in realtà,
stava
tremando dalla paura.
Non
ricevendo ancora una volta nessuna risposta, Hugh corse nei dormitori
maschili e cominciò a bussare a tutta forza contro una
porta:
“Maicol, Maicol, svegliati!”
“Se
stai cercando me, sappi che stai bussando alla porta sbagliata,
idiota.” sbuffò una voce alle sue spalle.
Hugh
si voltò e vide un ragazzo coi capelli castani a braccia
incrociate
in pigiama, anche se c'era attaccato in malo modo una spilla con una
P, che lo stava fissando in malo modo.
“Allora?
Cosa vuoi da me? Se non sbaglio, tu sei uno del primo anno... si
può
sapere cosa ci fai ancora in piedi a quest'ora?”
domandò,
scocciato, Maicol e Hugh balbettò: “C'è
un intruso nella Sala
Comune.”
La
risposta dell'altro fu una risata così fragorosa che non
solo fece
uscire, assonnati, i membri del dormitorio maschile, i quali volevano
sapere cosa diavolo stesse succedendo a quell'ora di notte, ma anche
le ragazze.
“Un
intruso nella Sala Comune!” rise il prefetto
“Senti, ragazzo hai
mangiato troppo a cena. Figurati se c'è un intruso nella
nostra
sala... fila a dormire, che stai svegliando tutti.”
“Fossi
in te, darei un'occhiata alla Sala Comune, prima di dare un qualunque
giudizio, a meno che quello stupido gingillo da prefetto non ti abbia
fatto oscurare il cervello.” gli rispose una voce femminile
dalla
sala.
Il
prefetto andò nella Sala Comune e vide la ragazzina coi
capelli
spettinati argentati e con indosso una camicia da notte babbana rosa
scura e bianca con su scritto il numero 5, parecchio larga che stava
toccando una poltrona di pelle nera.
“Ehi,
Flint. Forse non sei così scemo come pensavo... questa
poltrona è
stranamente calda.” dichiarò la ragazzina,
alzandosi in piedi e
grattandosi la testa.
Non
appena Hugh, guardò la poltrona, esclamò,
sorpreso: “Ma quella è
la poltrona dove stavo per sedermi!”
“Interessante...”
dichiarò la ragazzina, avvicinandosi “Ti spiace
raccontarci cos'è
successo esattamente?”
“Ecco,
mi ero svegliato e, visto che non riuscivo a prendere sonno, ho
deciso di andare nella Sala Comune per rilassarmi un po'. Mi ero
appena seduto, quando ho sentito un urlo di dolore.”
“Che
genere di urlo?”
“Mah,
era molto acuto... solo che non ho visto nessuno sulla
poltrona...”
“Che
sia stato un elfo domestico? So che nella scuola ce ne sono molti e
si occupano del cibo e delle pulizie... inoltre hanno strani poteri
misteriosi...” propose una ragazzina coi capelli rossi e le
le
lentiggini, ma Delphini rispose: “In effetti, la teoria
dell'elfo
domestico sarebbe coerente, in quanto, probabilmente, stava facendo
le pulizie e si è reso invisibile quando ha sentito l'arrivo
di
Hugh... ma mi sembra molto improbabile. In primo luogo, mancano due
ore all'alba e dubito che gli elfi domestici avrebbero cominciato a
rimettere a posto la nostra Sala Comune a quest'ora... inoltre, il
divano è troppo caldo per un individuo che si sia seduto
solo da
pochi minuti... no, qui c'era qualcuno sdraiato da parecchio
tempo...”
“Allora
dev'essere stato uno scherzo di Pix...” commentò
un ragazzo del
terzo anno, ma anche stavolta, la ragazzina negò l'idea:
“E
avrebbe molestato proprio noi ragazzi di Serpeverde nella nostra Sala
Comune, dove c'era un'alta probabilità di ritrovarsi faccia
a faccia
col Barone Sanguinario, di cui ha la fifa blu? No, secondo me, c'era
un intruso in questa sala... un intruso che, molto probabilmente,
cercava qualcosa nel nostro sotterraneo... solo che dev'essersi
stancato troppo e ha finito per addormentarsi qua sopra, svegliandosi
di colpo, quando Hugh ci si è seduto sopra.”
“Ma
io non ho visto nessuno su quel divano!” dichiarò
Hugh, sorpreso,
ma Delphini ricordò: “Certo... perché
il nostro amico indossava
un mantello dell'invisibilità. Questo gli avrebbe permesso
di
spiarci e di sentire la nostra parola d'ordine, mentre
entravamo.”
Immediatamente,
tra i vari Serpeverde ci furono dei bisbigli, sorpresi per l'astuzia
e l'intelligenza di quella ragazzina.
“Ma
allora dobbiamo subito ispezionare la Sala Comune!”
dichiarò
subito Maicol, ma la ragazzina coi capelli d'argento lo
bloccò: “E'
inutile, il nostro amico se la sarà svignata quando Hugh
è corso
fuori a cercare aiuto. Adesso potrebbe essere ovunque.”
Dopo
aver detto ciò, Delphini tirò fuori la sua
bacchetta e, senza
alcuna cerimonia, gridò: “Flipendo!”
Tra
lo stupore generale, la poltrona di pelle nera si ribaltò.
“Ma
cosa fai?!” domandò Maicol, senza parole, e la
ragazzina rispose:
“Cerco quello che l'intruso cercava. Ovviamente, per non
rischiare
di svegliarci, avrà dovuto fare le cose il più
silenzioso
possibile... ma io, non solo sono una Serpeverde, ma non devo
svegliare nessuno, perché siamo già tutti in
piedi, quindi...
Flipendo!”
La
ragazzina continuò ad usare l'incantesimo per rovesciare i
tavoli,
le sedie e le poltrone, ma, invece di restare immobile a lanciarlo,
muoveva sia le braccia che le gambe, come se stesse ballando, invece
che scagliare un incantesimo.
Aveva
appena finito, che il muro della sala si aprì e comparve un
uomo
anziano grassoccio, in vestaglia e coi baffi.
“Ragazzi,
cos'è questo baccano?” domandò l'uomo,
mentre se la sistemava la
vestaglia “Capisco che siate tutti emozionati per l'inizio
dell'anno scolastico, ma forse è il caso di tornare a
dormi... per
la barba di Merlino, ma cos'è successo qui?!”
Prima
che qualcuno potesse dire qualcosa, si fece avanti Delphini e
domandò, senza giri di parole: “Lei è
il direttore della Casa di
Serpeverde?”
“Certo,
cara... sono Horace Lumacorno, insegnante di Pozioni. E tu
saresti...?” annuì il professore e la ragazzina si
presentò
subito: “Delphini Black, studentessa del primo anno. Scusi il
disordine e la confusione, professore, ma abbiamo avuto un intruso
nella nostra Sala Comune.”
“Un
intruso?”
“Sissignore.
Il mio compagno del primo anno, Hugh Flint, ha dichiarato che
è
entrato nella nostra Sala Comune, dato che non riusciva ad
addormentarsi, ma quando si è seduto su uno dei divani, ha
sentito
un urlo di dolore e quel divano, era, effettivamente, parecchio
caldo. Sospetto che in giro per il castello c'è qualcuno con
indosso
un mantello dell'invisibilità.”
“Ah,
capisco...”
“Ho
usato l'incantesimo Flipendo sia per trovare quello che il nostro
intruso cercava nella nostra sala che per attirare la sua attenzione.
Mi dispiace, ma non sapevo come fare, dato che agli studenti
è
proibito uscire dai loro dormitori e dovevo assolutamente
avvertirla.”
“Capisco,
signorina Black... in effetti, quello che mi ha raccontato
sembrerebbe una cosa seria... andrò ad informare la
professoressa
McGranitt, voi restate qui e non muovetevi, Capiscuola conto su di
voi. Ma prima...”
Il
professore fece un semplice movimento della bacchetta e, in un lampo,
tutti i mobili tornarono al loro posto.
“Bene,
torno subito, ragazzi. Non uscite dalla Sala Comune, mi
raccomando.”
dichiarò Lumacorno, prima di andarsene.
Passarono
vari minuti, durante i quali c'era un silenzio di tomba nella Sala
Comune, fatta eccezione per alcuni bisbigli dove si ipotizzava
l'identità del misterioso intruso e il luogo dove si era
nascosto.
Alcuni
ragazzi si sedettero sulle poltrone, altri sul pavimento ed altri
rimasero in piedi, ma tutti guardavano il muro, in attesa del ritorno
di Lumacorno, ad eccezione di Kevin, il quale, invece, guardava fuori
dalle vetrate, osservando i numerosi pesci del fossato.
Tutto
sommato, quella Casa non era tanto male, escludendo il gelo e quelle
luci nere e verdi, che davano un'ambientazione inquietante degna di
un film dell'orrore...
Diede
un'occhiata ai suoi compagni e, proprio in quel momento, si accorse
che Abel stava stringendo con rabbia il bracciolo della poltrona
dov'era seduto.
“Qualche
problema, Abel?” domandò, leggermente preoccupato,
il ragazzo, ma
ricevette solo un seccato: “Impicciati dei fatti tuoi,
Mezzosangue!”
Kevin
fece un sospiro.
Da
adesso in poi, sarebbe stato trattato in quel modo da tutti i
Serpeverde che lo vedevano come fumo negli occhi... avrebbe fatto
meglio a cominciare ad abituarsi a quelle parole e a considerarsi
fortunato se sarebbe tornato a casa per le vacanze di natale tutto
intero...
Proprio
in quel momento, la porta della sala si aprì e, subito,
apparve il
professor Lumacorno.
Vedendo
che tutti gli studenti lo stavano fissando con ansia, il professore
fece un bel respiro e dichiarò, grattandosi i capelli
argentati:
“Beh, ragazzi... pare che la teoria del giovane Flint non
fosse
affatto frutto dell'immaginazione... Gazza ha raccontato che Mrs Purr
gli ha detto di aver visto qualcuno nel salone dei trofei, nel
Reparto Proibito della biblioteca e al settimo piano, come abbia
fatto a capire cosa gli dicesse quella gatta è un vero e
proprio
mistero... In ogni caso, io, la preside e gli altri professori siamo
andati a dare un'occhiata e abbiamo scoperto che il Salone dei trofei
e la biblioteca erano sottosopra, non immaginate la faccia che ha
fatto la povera Madame Pince, quando ha visto in che stato era
ridotta la sua biblioteca... tuttavia, il settimo piano era
perfettamente in ordine. Gazza ha anche detto che Mrs Purr ha
combattuto contro quei tipacci...”
“Tipacci?”
ripeté, incredulo, Abel e Lumacorno ammise: “A
quanto pare,
c'erano due individui adulti e con pessime intenzioni nella scuola.
Mrs Purr li ha affrontati nella biblioteca e, secondo Gazza, gliele
ha date così tante che, probabilmente, non torneranno
più.
Tuttavia, per sicurezza, la preside ha deciso di sospendere il primo
giorno di lezione... ma si sente bene?”
Lumacorno
osservò preoccupato il viso di Abel, il quale era appena
diventato
ancora più pallido del normale.
Vedendo
che il professore lo stava osservando, Abel disse:
“Sì, sto
bene... quindi per le lezioni?”
“Oh,
giusto! Dunque, come stava dicendo, il primo giorno è stato
ufficialmente cancellato dalla preside. Rimarrete qui, proprio come
le altre tre Case, per tutto il giorno. Non potrete uscire nemmeno
per mangiare, dato che secondo Mrs Purr sono molto pericolosi e
potrebbero nascondersi ovunque, ma comunque non preoccupatevi non
sarete messi a digiuno. Prefetti e Capiscuola, a voi sarà
dato il
compito di controllare che nessuno entri od esca da qui e,
soprattutto, che non si generino risse o litigi. Io e gli altri
insegnanti, invece, perlustreremo da cima a fondo il castello, in
cerca di questi intrusi. Tornerò stasera per aggiornarvi per
quanto
riguarda ciò che accadrà domani. Nel frattempo,
vi consiglio di
andare tutti a dormire, dato che sono solo le cinque del mattino.
Cercate di comportavi ben, oggi. Ah, dimenticavo... dov'è la
signorina Black?”
“Sono
qui.” dichiarò la ragazzina, scendendo dalla
poltrona dov'era
seduta.
Il
professore la guardò, poi disse: “Anche se aveva
le sue buone
intenzioni, non avrebbe dovuto ribaltare i mobili con la magia...
sono spiacente, ma dovrò togliere dieci punti a
Serpeverde.”
“Capisco,
non si preoccupi.”
“Tuttavia,
dato che ha dimostrato un ottimo spirito d'osservazione e di
deduzione, che ci ha permesso di scoprire immediatamente la presenza
d'intrusi nella scuola, ha fatto guadagnare cinquanta punti a
Serpeverde.”
Immediatamente,
tutti i ragazzi esultarono dalla gioia.
Avevano
già ottenuto cinquanta punti il primo giorno, e tutto grazie
a
quella ragazzina coi capelli strani.
“Professor
Lumacorno, la ringrazio infinitamente... ma, forse, è giusto
che dia
qualche punto anche ad Hugh Flint. In fondo, se non ci avesse
svegliati tutti quanti non avremmo scoperto niente... senza contare,
che è stato lui il primo a scoprire la presenza degli
intrusi a
scuola.”
“Un
comportamento molto nobile, signorina Black... dieci punti al signor
Flint per aver dato l'allarme e altri dieci punti a lei per
comportamento altruistico verso un compagno di Casa.”
Nessuno
si accorse che Delphini aveva appena fatto un piccolo sorrisetto di
vittoria.
“Bene,
ora tutti a letto, che è già abbastanza
tardi.” ordinò Lumacorno
e i ragazzi, prontamente, obbedirono.
“Ehi,
aspetta! Se non sbaglio, tu ti chiami Delphini...” la
bloccò Hugh
e la giovane annuì: “Sì, e
allora?”
“Beh,
volevo ringraziarti... è stato carino il fatto che tu mi
abbia
difeso fin dall'inizio... e anche il fatto che tu abbia detto al
professore che anch'io avevo dato il mio contributo...”
borbottò
lui, imbarazzato, ma Delphini si voltò di scatto e
dichiarò: “Non
scherzare. Semplicemente, un intruso nel nostro sotterraneo sarebbe
stato un pericolo per tutti quelli qua dentro, quindi ciò mi
riguardava! L'ho fatto solo per me stessa! Quanto ai punti, speravo
che il professore ce ne desse un po' di più, per questo l'ho
fatto
notare! Ti ricordo che noi siamo i Serpeverde, i cattivi! Se aiutiamo
qualcuno è solo per il nostro tornaconto
personale!”
Dopo
aver detto, si diresse come una furia verso il dormitorio femminile,
senza voltarsi, impedendo così al coetaneo di vedere le sue
guance
rosse come pomodori maturi.
“Secondo
te, cosa vorrà il professor Vitious a quest'ora?”
domandò,
preoccupata, Elizabeth ad Athena, dirigendosi, assieme ad altri
Corvonero, alla Sala Comune.
I
due Prefetti e i due Capiscuola le avevano svegliate alle sei del
mattino, dicendo loro che il Direttore voleva parlare a tutti i
Corvonero.
Le
due ragazze si diressero verso la meravigliosa sala comune, riuscendo
a sedersi in una delle ultime poltrone rimaste libere.
“Non
ne ho idea, ma di sicuro si tratta di una cosa seria e molto
importante se ci hanno svegliati tutti per comunicarcela, invece di
dircelo in Sala Grande...” commentò Athena,
guardando Vitious, il
quale, nel frattempo, stava sistemando una pila di libri.
Una
volta sistemati, il professore salì su di essi e si
schiarì la
voce: “Scusate la svegliata, ragazzi, ma dovevo parlarvi
urgentemente. Ci siamo tutti?”
“No,
professore.” dichiarò, imbarazzato, Jacob
“Purtroppo c'è un
ragazzo del primo anno, Mopsus Walker, che non vuole saperne di
svegliarsi, dato che secondo lui è troppo presto... ha detto
di dare
pure l'annuncio senza di lui, perché tanto lo
scoprirà parlando con
gli altri.”
“Va
bene, in fondo è parecchio presto e ieri si dev'essere
stancato
parecchio...” annuì Vitious per poi continuare:
“Dunque,
stamattina, alle quattro del mattino, la Casa di Serpeverde ha
chiamato il suo Direttore, dicendo che c'era un intruso nella loro
Sala Comune e che aveva indosso un mantello
dell'invisibilità. Dopo
aver perlustrato il castello, noi insegnanti e la preside abbiamo
scoperto che, effettivamente, ci sono stati ben due intrusi qui
dentro.”
Sentendo
ciò, tutti si guardarono nervosamente.
L'idea
di un intruso nella scuola era spaventosa e preoccupante, figuriamoci
ben due!
Vitious
fece un segno con mano, in modo da riottenere il silenzio e
l'attenzione dei Corvonero, per poi continuare: “Di
conseguenza, il
primo giorno di lezione è cancellato. Resterete qui per
tutto il
giorno, sotto lo sguardo vigile dei Prefetti e dei Capiscuola,
pranzerete qui a mezzogiorno e non vi allontanerete da qui per nessun
motivo, intesi?”
Tutti
annuirono, anche se leggermente preoccupati e Vitious concluse:
“Bene. Ci rivedremo stasera per aggiornarvi su quanto
è successo.
Mi raccomando, vedete di comportarvi bene e di ascoltare i Prefetti e
i Capiscuola.”
Dopo
aver detto ciò, Vitious uscì dalla torre e,
immediatamente, tutti
si misero a parlottare della situazione.
“Credi
che siamo in pericolo?” domandò, preoccupata,
Elizabeth ad Athena,
ma la ragazza la tranquillizzò: “No, l'ultima
volta che c'è stato
un intruso qui, è stato con Sirius Black, ma non
è morto nessuno.”
“Chissà
cosa volevano quei due intrusi...”
“Non
ne ho idea... questo posto è antico e contiene molti luoghi
segreti
che persino la preside stessa ignora...”
“Immagino...
senti, hai qualche idea per passare il tempo?”
“Possiamo
parlare un po', che ne dici?”
“Ottima
idea.”
“Bene,
qual'è il tuo hobby?”
Elizabeth
diventò tutta rossa e rimase muta come un pesce.
“Dai,
non essere timida... sono curiosa...”
“Promettimi
di non prendermi in giro?”
“Ma
certo!”
“A
me... piace tantissimo suonare il piano...”
“Ma
è una cosa meravigliosa! Perché dovrei prenderti
in giro?”
“Alle
elementari... tutti ridevano perché io sapevo suonare il
piano...”
“Erano
solo degli idioti senza cervello! Avresti dovuto ignorarli o correre
a dirlo all'insegnante!”
“Non
ne avevo il coraggio... sono sempre stata una bambina timida... ogni
volta che dovevo dire qualcosa, mi si bloccava la lingua e tutti
immediatamente scoppiavano a ridere... so già che
accadrà la stessa
cosa qui...”
“Andiamo,
non essere così catastrofica... ti aiuto io a superare la
tua
timidezza!”
“Dici
davvero?”
“Sì,
con me riesci a parlare... devi solo rilassarti e parlare... prova a
chiedermi qualcosa.”
“Ok...
qual'è, invece, il tuo hobby?”
“Lo
studio dei segni zodiacali!”
“Davvero?
Curioso... non mi sembri affatto una che legge e crede agli
oroscopi...”
“Infatti
io non ci credo per niente. Non studio gli oroscopi nei giornali
babbani dove fanno quelle premonizioni da quattro soldi, ma studio le
caratteristiche caratteriali di una persona in base al proprio segno
zodiacale e al proprio ascendente.”
“Sul
serio?”
“Esatto,
alcuni punti delle descrizioni delle caratteristiche degli
appartenenti a questi segni combaciano con i loro caratteri. La
parola oroscopo è di origine greca e deriva dalla parola
oraskopeo,
la quale è a sua volta formata da altre due parole Ora, che
significa tempo o stagione, e Skopeo, che significa guardare o
osservare. Quando una persona nasce, inoltre,si può
intravedere una
costellazione definita Ascendente, il quale è determinante
nell'influenzare i fattori fondamentali della vita di un individuo,
come l'aspetto fisico, la personalità, le attitudini e il
modo di
stare con gli altri. Sono certa che i segni zodiacali e gli
ascendenti influenzano un po' il carattere di una persona.”
“Come
ti è venuta questa passione?”
“Da
bambina lessi un libro sui segni zodiacali e sugli ascendenti e
quando lessi la descrizione del mio segno rimasi senza parole,
perché
riconobbi il mio carattere in vari punti. E anche quando studiai il
mio ascendente rimasi senza parole.”
“E
quali sono il tuo segno zodiacale e il tuo ascendente?”
“Acquario
e ascendente Capricorno. Invece tu?”
“Io
sono nata l'8 Marzo, quindi sarei di segno Pesci... ma non so il mio
ascendente.”
“Nessun
problema, posso calcolarlo. Ti andrebbe di scoprirlo?”
“Certo,
sono proprio curiosa.”
“Allora,
aspetta un attimo qui. Vado un attimo al dormitorio a prendere una
cosa.”
Athena
sparì per qualche minuto e quando tornò aveva in
mano una scatola
di legno colorata di rosso.
La
appoggiò sul divano e, aprendola, rivelò una gran
quantità di
carte molto antiche e con su disegnate delle figure e un libro molto
vecchio.
“Allora,
per trovare l'ascendente, dobbiamo calcolare l'ora esatta in cui sei
nata. Ti ricordi qual'è?” domandò
Athena e la ragazza sussurrò:
“Se non sbaglio... mia mamma ha detto che sono nata tra le
18:00 e
le 19:00.”
Athena
aprì il libro e dopo un po', esclamò:
“Non ci sono dubbi. Sei
ascendente Vergine. Secondo il mio libro, esteticamente hai un viso
intelligente ed espressivo, possiedi una bellezza mediterranea e con
la tua timidezza sai spezzare molti cuori.”
“Io
non faccio innamorare nessuno con la mia timidezza... anzi, faccio
solo ridere tutti...”
“Ma
dai, non essere così pessimista... devi solo credere un po'
più in
te stessa!”
“Vorrei,
ma è impossibile...”
Athena
fece un sorriso, poi tirò fuori dalla scatola due carte, una
che
rappresentava due peschi che formavano un cerchio e l'altra che
mostrava delle bacchette messe dentro ad una ciotola, da cui
fuoriusciva un fumo bianco.
“Cosa
sono quelle? Carte dei tarocchi?” domandò,
incuriosita, Elizabeth
e la compagna affermò: “Qualcosa del genere... le
ho comprate in
un negozietto di proprietà di una strega a Birmingham, la
mia città.
Sono le carte che rappresentano sia il tuo segno zodiacale che il tuo
ascendente e sotto c'è scritto un suggerimento in Antiche
Rune.”
“Ma
io non conosco le Antiche Rune...”
“Nessun
problema, le ho già tradotte io in inglese.”
“E
cosa dicono?”
Athena
voltò, con un abile movimento della mano, le carte e lesse:
“La
carta dei pesci dice: 'Il tempo porta via con sé le tue
paure',
mentre quella dell'ascendente Vergine, che rappresenta la
meditazione, afferma che: 'Risolvi i tuoi problemi e potrai aiutare
gli altri'. Inoltre, le tre parole con cui la carta dei pesci ti
descrive è: creatività, dolcezza e
spontaneità. La carta della
meditazione, invece, dice: riservatezza, avarizia e
meditazione.”
“Accipicchia...”
sussurrò, affascinata, Elizabeth e Athena propose:
“Vuoi che ti
riveli anche cosa dice la carta dei pesci su di te?”
“Oh,
sì! Certo! Sono curiosa al massimo!”
“Bene...
dunque, la carta pesci afferma che tu tendi a prendere le distanze
dagli altri. Che sei bella e, ogni tanto, malinconica.”
“Io
non mi definisco affatto bella... ma è impressionante quanto
queste
carte sembrano conoscermi bene...”
“Vero?
E pensa che non esiste solo un tipo di oroscopo...”
“Dici
davvero?”
“Nelle
varie parti del mondo, il segno cambia e si concentra su determinate
sfumature. Per esempio, in quello cinese ci si concentra sull'anno di
nascita, il nostro, per esempio, è quello della Tigre, e non
sul
mese, mentre quello celtico si basa sugli alberi. Il mio, per
esempio, è il cipresso.”
“E
il mio?”
“Dunque,
fammi guardare un attimo... è il salice. Rappresenti le erbe
Valeriana, la Melissa, il Crescione e l'Acetosa. Mentre, dal punto di
vista del corpo, rappresenti la schiena, la psiche, le vie
respiratorie, il sistema immunitario e le gambe.”
“Ti
consiglio di fare attenzione, Oliver... mio zio Ron mi ha insegnato
tutti i trucchi per vincere una partita a scacchi.” lo
avvisò
Teddy, seduto davanti ad una scacchiera, sul tavolo di legno della
luminosa Sala Comune di Tassorosso “Cavallo in E-C.”
Immediatamente,
il cavallo si spostò e, subito, distrusse il pedone
lì vicino.
“Accidenti...
se non faccio attenzione, mi sa che finisco per perdere
clamorosamente...” borbottò il ragazzino,
passandosi la mano tra i
capelli, ma Teddy lo rincuorò: “Dai, se non sei
poi così male...
conosco certi giocatori...”
Mentre
diceva ciò, pensò, automaticamente, al piccolo
Jamie... per essere
solo un bambino di cinque anni era un bambino incredibilmente
testardo... voleva a tutti i costi fare quello che facevano i grandi,
comprese lezioni di volo e partite di scacchi magici.
Ma
se con la scopa aveva ereditato le abilità dei genitori, non
si
poteva dire lo stesso degli scacchi.
Perdeva
in continuazione e ciò lo faceva adirare, probabilmente
perché si
sentiva macchiato nell'orgoglio, pertanto insisteva a continuare
finché non avrebbe vinto, cosa che non accadeva mai.
Così,
tutti erano costretti a giocare con lui finché non arrivava
sua
madre che lo faceva smettere.
Fortunatamente,
il piccolo Al, nonostante avesse solo tre anni, sembrava molto
più
introverso e, soprattutto, tranquillo...
“Senti,
Teddy... ma secondo te, cosa volevano quegli intrusi?”
domandò, a
bruciapelo, Oliver, continuando a guardare la scacchiera.
Dopo
un po' di silenzio, Teddy ammise: “Non ne ho idea... ho
già
mandato il mio gufo dallo zio Harry raccontandogli questa strana
storia... sempre se lui e la nonna non abbiano già letto
tutto dalla
Gazzetta del profeta...”
“Ne
dubito... la McGranitt non mi sembra una tipa che cerchi
pubblicità
per sé stessa o per la scuola...”
“In
effetti...”
I
due continuarono a giocare per un po', finché una simpatica
voce
gioviale sopra le loro teste non li distrasse: “Tutto a
posto,
laggiù? Vi state comunque divertendo?”
Teddy
ed Oliver alzarono la testa e videro il Frate Grasso che fluttuava
tutto allegro sopra di loro.
“Sì,
stiamo giocando a scacchi.” annuì Oliver e il
fantasma planò,
mettendosi di fianco a loro, esultò: “Ah, mi fate
venire in mente
tanti piacevoli ricordi, ragazzi... Helga adorava gli scacchi. Quando
aveva un momento libero, giocava sempre a scacchi con tutti...
purtroppo non era molto brava, anzi più di una volta
perdeva,
persino contro gli studenti del primo anno di Serpeverde e
Corvonero... ma quando accadeva, faceva sempre un gran sorriso. Anche
quando lo studente usava tutti i sotterfugi più evidenti per
imbrogliare, lei non si alterava mai. Anzi, si complimentava per
l'astuzia. Era impossibile non voler bene alla vecchia Helga...
persino i Serpeverde la rispettavano. Per tutti aveva sempre una
parola gentile e un grande sorriso... Helga dal cuore d'oro la
chiamavamo... e quando sentiva quel soprannome, arrossiva sempre per
l'imbarazzo... sembrava uno di quei pomodori che coltivava nel
giardino...”
Il
frate fece un sospiro, per poi svanire passando attraverso il muro.
Dopo
averlo guardato un attimo, Oliver e Teddy tornarono ai loro scacchi
finché una voce femminile, non disse: “Ragazzi,
potete venire qui
un attimo, per favore?”
I
due amici si guardarono un attimo, finché Oliver non
domandò:
“Tregua?”
“Sì,
anche perché credo che si tratta di un
Prefetto...” annuì Teddy,
alzandosi in piedi.
Sfortunatamente,
quando urtò il tavolo, l'urto fece cadere la scacchiera e
tutti i
pezzi.
“Oh
no!!!” imprecò il ragazzino, mettendosi una mano
tra i capelli
blu, e Oliver cercò di consolarlo, mentre raccoglieva i
pezzi: “Dai,
è stato un incidente... anche a me capita di far cadere un
sacco di
roba...”
“Sì,
ma a te succede qualche volta, a me, invece, ogni settimana.”
“Andiamo,
Teddy, non esagerare...”
“Non
è un'esagerazione, è un'altra mia
eredità materna. Mia nonna mi ha
raccontato che mia madre è sempre stata molto goffa,
sbadata,
pasticciona e faceva sempre cadere tutto... ti dico solo che ha
rischiato di farsi bocciare in segretezza e inseguimento al corso di
addestramento per Auror...”
“Beh,
dato che era una Metamorfomagus come te, avrà preso un buon
voto in
occultamento e travestimento...”
“Ha
preso il massimo.”
“Visto?
Tua madre aveva delle fantastiche capacità che ti ha
passato. A
tutti capita di essere goffi o di avere dei difetti... l'importante
è
non pensarci più di tanto e godersi la vita! Forza,
raggiungiamo gli
altri.”
I
due ragazzi raggiunsero i compagni e videro una ragazza coi capelli a
caschetto color caramello, la spilla da Prefetto e un grande sorriso
con in mano un vassoio pieno zeppo di tramezzini.
“Ecco
il pranzo, ragazzi. Buon appetito.” dichiarò la
giovane, poggiando
il vassoio sul tavolo e, immediatamente, tutti i ragazzi si
fiondarono a prenderli per mangiarli.
“Non
credo che basteranno per tutti quei panini...”
commentò Oliver, ma
notò, stupito, che il vassoio si riempiva da solo tutte le
volte che
i panini stavano per finire.
“Non
dimenticare che siamo ad Hogwarts!” gli ricordò
Teddy, prendendo
due panini e lanciandone uno all'amico che prese al volo.
Erano
ormai le nove di sera, ma il professor Lumacorno non era ancora
tornato alla Sala Comune, a parte quando aveva portato il vassoio con
dentro i panini con cui avevano fatto colazione e pranzato.
Ovviamente,
lui aveva mangiato per ultimo dato che era solo un mezzosangue.
Infatti,
quando aveva chiesto ad uno del quinto anno se poteva passargli un
panino, lui l'aveva guardato in malo modo, come se fosse la cosa
più
disgustosa del mondo.
Ciò
gli aveva fatto capire che era meglio che si rendesse il più
silenzioso e invisibile possibile...
Sembrava
che il fatto che fosse un nato babbano, rendesse Kevin una specie di
mostro da tenere a distanza o un prodotto difettoso... eppure, era
disposto a combattere e a darci dentro per la sua Casa... ma cosa
poteva fare per convincere i suoi compagni, che non potevano neanche
vederlo?
Non
gli avrebbero dato la minima possibilità di affermarsi...
Pertanto,
aveva passato tutta la giornata a guardare il fondale del castello e
a disegnare sul suo quaderno.
Gli
sarebbe piaciuto chiacchierare un po' con Delphini, ma la ragazza,
dopo l'accaduto della mattina, se n'era andata nel dormitorio
femminile e si era rintanata nel dormitorio femminile e non era
più
uscita da lì.
Ascoltando
per puro caso una conversazione tra alcune sue compagne Serpeverde,
aveva scoperto che la ragazzina aveva passato tutto il giorno a
leggere degli enormi volumi sul suo letto a baldacchino.
Quando
le avevano provato a chiedere cosa stesse leggendo, lei aveva
risposto che non era niente e aveva provato a nascondere i libri,
come se volesse mantenere segreto quei volumi.
Chissà
cosa c'era di così importante e segreto in quei libri...
Proprio
in quel momento, il muro si aprì e comparve il professor
Lumacorno.
Immediatamente,
tutti i Serpeverde smisero di parlare e si radunarono intorno a lui.
Anche
se rimasero in completo silenzio, era evidente, dai loro sguardi, che
erano curiosi al massimo di sapere le ultime novità.
Lumacorno
si schiarì la voce e dichiarò: “Ebbene,
nonostante il fatto di
aver ribaltato questa scuola da cima a fondo, non siamo riusciti a
trovare da nessuna parte questi benedetti intrusi. Tuttavia, dato che
sembra tutto tranquillo, domani andrete a lezione regolarmente.
Quindi vi consiglio di mangiare qualcosa e di andare subito a nanna.
Perché domani mattina ci si sveglia presto.” |
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Capitolo 6 *** Nubi di paura ***
Capitolo
6: nubi di paura
“Andiamo,
Gal... non
mettere il muso...” borbottò Christian prima che
il cugino
sbottasse: “Chris, ti prego... sta' zitto!”
I
due Grifondoro si
diressero, assieme ai loro compagni di Casa, nella Sala Grande e si
sedettero al loro tavolo.
“Solo
perché Lancelot
ti ha proibito di fare una festa nella Torre di Grifondoro, non
significa che...” ricominciò il ragazzo con gli
occhiali, ma venne
zittito all'istante dal cugino: “Solo?! Era la festa per
festeggiare la cancellazione del primo giorno di scuola! E
quell'idiota di mio fratello ha osato dire che la mia idea non solo
era stupida, ma che era assolutamente inappropriata data la
situazione! Per lui qualunque cosa si associ al divertimento
è
inappropriato!”
Christian
fece un sospiro,
poi prese l'orario e lesse: “A giudicare dall'orario, il
martedì
non è tanto male... abbiamo due ore di erbologia e la
professoressa
Sprite sembra una signora molto simpatica...”
“Quando
abbiamo Difesa
contro le Arti Oscure?”
“Fammi
guardare...
giovedì.”
“Morirò
molto prima...
perché bisogna sempre aspettare le materie più
fighe?”
Delphini
si diresse verso
l'aula di Difesa contro le Arti Oscure, in maniera composta e
ordinata.
Per
sua fortuna, quel
giorno avrebbe avuto la materia che più l'affascinava...
l'unica
pecca era che avrebbe dovuto condividere quella lezione con i
Tassorosso e ciò significava che avrebbe rivisto Teddy ed
Oliver...
Aveva
appena pensato a ciò
che li vide arrivare mentre chiacchieravano e ridevano.
Cercò
d'intrufolarsi
nell'aula, ma i due la videro e la salutarono.
Vedendosi
in trappola, la
ragazzina fece un sospiro e li salutò.
A
differenza sua, Kevin si
diresse verso di loro e cominciarono a chiacchierare a tutto tondo.
Mentre
si sedeva, sentì
Oliver domandare: “Allora, com'è andata
ieri?”
“Bene.
E voi? Vi siete
divertiti?”
“Abbiamo
giocato un po'
a scacchi e parlato col nostro fantasma.” raccontò
Teddy, mentre
Oliver aggiungeva: “Ti consiglio di non sfidare Teddy a
scacchi dei
maghi, a meno che tu non sei un esperto. Dire che è
mostruoso è
riduttivo.”
“Dai,
abbiamo dovuto
annullare ben tre partite perché ho fatto cadere la
scacchiera.”
“Insisto
a dire che tu
sei uno dei migliori giocatori di scacchi che abbia mai
visto!”
“Magari
potreste
insegnarmi qualche mossa... sono sempre stato una frana a scacchi,
anche con quelli normali.”
“Durante
la pausa
pranzo, possiamo incontrarci!”
“Ottima
idea! Vengo di
sicuro!”
Delphini
finse di leggere
con interesse il suo libro, ma, in realtà, ascoltava il
discorso dei
tre.
Sembravano
amici da una
vita, nonostante si fossero incontrati per la prima volta due giorni
fa, oltre al fatto che uno di loro era un Serpeverde...
Forse,
se si fosse unita a
loro, avrebbero potuto trattarla come una di loro...
Ma
cosa pensava?!
La
sua prima regola
personale era di non attaccar bottone con nessuno!
E
poi, lei non poteva e
non doveva avere amici!
Se
si fosse scoperto il
suo segreto...
Non
fece caso, pertanto,
alla ragazzina di Serpeverde coi capelli rossi e le lentiggini che si
sedette dietro di lei, finché questa non le toccò
la spalla.
All'inizio,
Delphini provò
ad ignorarla, ma quella continuò ad insistere che alla fine,
stufa
marcia, la ragazzina si voltò e domandò, cercando
di essere il più
educata possibile: “Sì?”
“Ehi,
per caso i tuoi
genitori sono maghi famosi?” domandò, senza mezzi
termini, la
rossa.
Delphini
rimase
interdetta.
Cosa
significava quella
domanda?
Forse...
no, doveva
mantenere la calma.
Molto
probabilmente,
faceva quella domanda a tutti, in modo da trovare qualcuno
d'influente nella società con cui diventare amica e ottenere
favori... tuttavia...
“Eh?
Perché?”
domandò, con un sussurro, la ragazzina e l'altra rispose:
“Beh,
perché... hai un aspetto familiare... mi sembra di averti
già vista
da qualche parte... ma non ricordo dove...”
Fu
come se il mondo fosse
caduto sulla sua testa.
Subito
ribatté, cercando
di far vedere che le tremavano le mani e le gambe, fortunatamente,
col buio di quella stanza era impossibile da vedere: “No... i
miei
genitori erano dei semplici maghi ordinari...”
“Ah
no? Che strano...
eppure il tuo cognome faceva parte delle Sacre Ventotto...”
“Un
antenato di mio
padre... era babbano... e il cognome Black è molto diffuso
tra i
babbani... purtroppo, non ho nessun legame con quella famiglia...
anche perché il loro ultimo erede maschio morì
durante la seconda
ascesa del Signore Oscuro...”
“In
effetti...”
“Che
succede? Qualche
problema?” domandò Oliver, avvicinandosi.
Mai
come in quel momento,
fu grata del fatto che i Serpeverde condividessero Difesa contro le
Arti Oscure coi Tassorosso...
“Eh?
No, niente... mi
era sembrato... ma molto probabilmente me lo sono
immaginata.”
rispose la ragazza.
Delphini
era livida dalla
paura.
Quella
ragazzina c'era
andata vicina... troppo vicina... sarebbe stato un casino se quella
rossa avesse scoperto il suo segreto al secondo giorno di scuola...
Proprio
in quel momento,
la porta dell'aula si chiuse bruscamente e le migliaia di candele
sparse per tutta l'aula si accesero, facendo sembrare l'aula un luogo
sinistro e oscuro.
La
porta dietro alla
cattedra si aprì di colpo e comparve un uomo.
Era
alto e molto magro,
tanto che i suoi vestiti sembravano molto più larghi.
Aveva
lunghissimi capelli
neri, tanto che svariate ciocche gli coprivano buona parte del viso
pallido come un cencio, tranne due occhi rossi brillanti.
Si
sedette dietro alla
cattedra e fissò intensamente tutti gli studenti, con un
sorrisetto
compiaciuto: “Bene, bene... voi dovete essere gli studenti
del
primo anno di Serpeverde e Tassorosso, giusto?”
“Sì...”
sussurrano
tutti.
Si
sentivano terribilmente
in soggezione davanti a quell'individuo così spettrale...
“Ottimo...
io sono il
professor Bram Trocar... immagino che tutti sappiate benissimo che
insegno Difesa contro le Arti Oscure, altrimenti non vi trovereste
qui, vero?” sussurrò il professore e solo qualcuno
si azzardò ad
annuire.
“Innanzitutto,
voglio
ricordare a tutti voi, che le Arti Oscure ci sono state, ci sono e ci
saranno sempre, pertanto, è da sciocchi irresponsabili
pensare che
la mia affascinante materia sia assolutamente inutile. Harry Potter
avrà sconfitto per ben due volte di fila il Signore Oscuro,
ma non
ci sarà sempre lui a tirar fuori dai guai la popolazione
magica. Per
questo voi dovete sapervi difendere, perché qualunque cosa
affronterete quando uscirete di qui, non aspetterà con calma
che
arrivi qualcuno a salvarvi. Vi farà fuori subito e tanti
saluti.
Pertanto, esigerò sempre il massimo da ognuno di voi durante
questi
sette anni in cui avrete la fortuna di avermi come insegnante e chi
non s'impegnerà, lo boccerò senza pensarci due
volte. Siete
avvertiti.”
In
tutta la classe ci fu
un fremito di paura, poi il professore informò:
“Ora prendete il
libro e andate al capitolo 2. Come primo argomento dell'anno,
studieremo i folletti. Quindi, silenzio assoluto in aula. Dunque, i
folletti sono facili da riconoscere da queste
caratteristiche...”
Anche
se guardava il
libro, Delphini non riusciva a leggere o a guardare le parole dato
che la sua mente era molto distante.
Non
poteva fare a meno di
pensare a quello che gli aveva detto quella ragazzina... ed era solo
al secondo giorno del suo primo anno!
Come
avrebbe fatto a
tenere nascosto il suo segreto per ben sette anni e, soprattutto, per
il resto della vita?
“La
Torre dev'essere
messa in una posizione ai confini della scacchiera. Dopotutto,
è il
pezzo più potente.” consigliò Teddy a
Kevin, il quale annuì,
interessato, mentre Oliver li guardava mentre si mangiava un panino.
Aveva
sempre avuto poca
dimestichezza con gli scacchi, ma grazie alle istruzioni dell'amico,
alcune cose gli erano un po' più chiare...
“Per
quanto riguarda il
cavallo, invece, ti consiglio di metterlo al centro, in modo che
quando si muova, riesca a colpire i pezzi in periferia. Il re e la
regina, invece, devono essere mossi raramente, perché sono
entrambi
pezzi vitali per il tuo schieramento.” continuò
Teddy, con un
sorriso.
“Ehilà,
ragazzi! Che
fate di bello?” domandò una voce alle loro spalle.
I
tre si voltarono e
videro Gal e Christian raggiungerli.
“Mi
stanno insegnando a
giocare agli scacchi dei maghi.” rivelò Kevin e
Gal, sentendo ciò,
dichiarò, grattandosi la testa fulva: “Io non sono
un gran amante
degli scacchi... è un gioco che richiede molta pazienza e
strategia,
e a me non interessa dato che sono un tipo d'azione... inoltre, perdo
sempre.”
“Invece
a me piacciono
un sacco, anche se non diventerò mai un
campione...” s'intromise
Oliver “Diciamo che è un hobby che mi piace, un
po' come le
Gobbiglie.”
“Il
mio hobby, invece, è
giocare a Quidditch oppure esplorare. Dovreste vedermi quando vado in
vacanza...” rivelò Gal, mentre Kevin ammetteva:
“A me, invece,
piace disegnare.”
L'informazione
lasciò di
stucco i presenti.
“Veramente?!”
domandò,
senza parole, Oliver, mentre Teddy domandava:
“Perché non ci fai
vedere qualche schizzo?”
“Certamente.”
dichiarò
il ragazzino, tirando fuori un quaderno dalla borsa “Non vi
scandalizzate se non sono bellissimi...”
Il
gruppo aprì il
quaderno e, nella prima pagina, videro una finestra ovale da cui si
vedevano un sacco di pesci.
“Caspita!”
commentò
Oliver e Kevin rivelò, con un sorriso: “Questo
è ciò che si vede
dalla nostra Sala Comune.”
“Accipicchia,
questo sì
che è un panorama fico ed esclusivo... mi fa venire voglia
di essere
smistato a Serpeverde...” rispose, invece, Gal e il giovane
Serpeverde ammise: “Sì, è molto
bello... ma fa molto freddo in
quel sotterraneo, senza contare che la luce di quel posto è
sempre
verde e nera... vi giuro, sembra di stare nel film 'La Bella
Addormentata', in quella scena dove la principessa finisce sotto
l'incantesimo di Malefica!”
“Cos'è
un film?”
domandò, incuriosito, Gal e Kevin, un po' titubante,
cercò di
spiegare: “Ecco... sono come le vostre foto sempre in
movimento...
solo che i personaggi non hanno una volontà propria, ma
seguono
quello che i sceneggiatori hanno deciso... comunque, di solito sono
persone che, per tutta la sua durata vivono un'avventura molto
pericolosa, in cui devono cercare di sopravvivere o di raggiungere i
propri obiettivi, da soli oppure aiutati dagli amici...”
Non
avrebbe mai immaginato
di dover spiegare cosa fosse un film...
“Al
nonno Arthur
interesserebbe da matti questa roba, anche se, a dire la
verità, lui
adora tutto quello che ha a che fare con i babbani. Il capanno di
casa sua è pieno zeppo di prese e altri oggetti simili...
dovreste
vedere come fa mandare fuori dai gangheri sua moglie con quella
roba.” rise Teddy e il giovane Serpeverde propose:
“Appena avrò
capito come mandare la posta via gufo, gliene manderò
qualcuno...
sai se possiede un lettore DVD?”
“Se
è qualcosa che ha a
che fare coi babbani, stai certo che ce l'ha.”
L'acqua
che usciva dal
rubinetto era fredda, ma continuò a lavarsi le mani.
Quando
pensò di essersele
lavate abbastanza, chiuse il rubinetto e alzò lo sguardo,
guardandosi nello specchio di quel deserto bagno delle ragazze.
Il
suo riflesso mostrava
una ragazzina di undici anni coi capelli spettinati bianchi e con
qualche ciocca blu, dal viso ovale, il naso perfetto e occhi marroni
così scuri da sembrare neri, i quali risaltavano subito su
quel viso
pallido.
Si
mise a giocherellare
con le dita ancora umide con una ciocca turchina, come faceva sempre
quando era nervosa.
Ciò
che quella rossa le
aveva detto a Difesa contro le Arti Oscure l'aveva sconvolta.
Si
era inventata quella
storiella dei maghi ordinari e dell'antenato babbano di getto... ma,
in fondo, desiderava che quello che aveva raccontato fosse vero.
Voleva
avere due genitori
normali... due maghi che durante la seconda ascesa del Signore Oscuro
fossero rimasti neutrali, come la stragrande maggioranza della
popolazione... e, invece, i suoi genitori si erano fatti decisamente
notare in entrambe le ascese, soprattutto sua madre...
Suo
padre, invece... beh,
se il mondo lo conosceva era solo grazie alla moglie.
In
ogni caso, con due
genitori del genere, l'idea di uscire allo scoperto era assolutamente
sconsigliata.
Se
avesse usato il cognome
di suo padre, sarebbe stato un suicidio... l'avrebbero scoperta in
meno di un minuto e, come minimo, linciata.
E
tutto grazie ai suoi
genitori, o meglio grazie a sua madre.
Vero
che entrambi facevano
parte della cerchia più vicina al Signore Oscuro, ma era
stata
soprattutto lei a farsi un nome tra i due... grazie alle sue torture
e a quella sua ossessione che era di dominio pubblico...
Pertanto,
era stata
costretta ad usare il cognome da nubile di sua madre, sperando che
nessuno lo sapesse e la collegasse a lei...
Da
quello che aveva
scoperto, sua madre era morta durante la battaglia di Hogwarts,
mentre suo padre era stato catturato e spedito per la seconda volta
ad Azkaban... tuttavia, c'erano in giro parecchie foto di sua
madre...
Si
fissò ancora una volta
e, per un attimo, credette che i suoi capelli argentati fossero
diventati neri.
Per
sua sfortuna, era la
goccia d'acqua di sua madre.
La
forma del viso era
identica, da quello che aveva visto in alcune sue foto prima che
venisse incarcerata dopo la prima caduta di Voldemort, ossia quando
aveva ancora un aspetto bello e, soprattutto, normale... solo i suoi
capelli bianchi la rendevano, per il momento, irriconoscibile... ma
per quanto?
Quanto
tempo ci sarebbe
voluto prima che qualcuno si sarebbe accorto che era identica a lei,
ad eccezione del colore dei capelli?
Per
cercare di guadagnare
più tempo possibile, aveva un'acconciatura diversa da quella
di sua
madre quand'era studentessa e i suoi vestiti babbani erano parecchio
vecchi e trasandati, anche se lei li apprezzava per la loro
comodità... vedendola, nessuno si sarebbe immaginato che era
l'erede
di due delle ventotto famiglie purosangue più importanti e
ricche
del mondo magico che avevano un bel caveau pieno zeppo d'oro alla
Gringott... ma a lei del denaro non gliene fregava assolutamente
niente... voleva solo che nessuno sapesse della sua famiglia...
Si
diede un colpo sulla
testa.
Ma
che cosa stava
pensando?!
Doveva
smetterla di avere
quei momenti di debolezza...
Lei
era una roccia, lei
era forte... nessuno l'avrebbe scoperta! Nessuno!
E
poi, lei, sapeva già
come sistemare il ficcanaso che avesse scoperto il suo segreto...
Si
appoggiò al muro del
bagno e si mise a riflettere.
Aveva
raccolto molte
informazioni sui suoi genitori, ma mancava un'ultima cosa davvero
importante...
Il
suo dono.
Aveva
studiato a fondo
tutta la genealogia delle famiglie dei suoi genitori il giorno prima,
ma, stranamente, non compariva nessun antenato col suo stesso potere
e la cosa era davvero strana...
Da
quello che aveva
capito, si trattava di un'abilità ereditaria molto forte e,
pertanto, uno dei due genitori doveva averla o, al massimo, essere un
portatore... ma in nessuna delle due famiglie se ne parlava.
Uscì
dal bagno come una
furia.
Avrebbe
preso tutti libri
sull'argomento, a costo di ribaltare tutta la biblioteca, se
necessario, ma doveva avere più informazioni!
E
le avrebbe avute... a
qualunque costo!
“Sul
serio la biblioteca
contiene un libro sugli scacchi magici?” domandò
Kevin, seguendo i
suoi compagni.
Teddy
si voltò a
guardarlo con un sorriso e annuì: “Sì.
Secondo mia nonna ci si
trovano tutti i libri del mondo magico e anche qualcuno scritto dai
babbani.”
“Però...
è davvero
molto ricca...”
“Fu
Rowena Ravenclaw a
desiderarlo. Pare che fu lei ad occuparsi della costruzione della
biblioteca e a riempirla con tutti i libri che allora esistevano.
Voleva che gli studenti potessero avere un'ampia gamma di libri con
cui approfondire le loro conoscenze e studi...”
“Ma
Rowena Ravenclaw non
era...?”
“Sì,
è stata una dei
fondatori di Hogwarts e colei che ha creato la Casa di Corvonero. Era
una strega molto colta e intelligente, il che era quasi
straordinario, considerando il periodo storico in cui è
vissuta...
non c'erano molte donne, streghe e babbane, così
acculturate...”
“Già...”
“E
poi, secondo una
leggenda, pare che tenne il suo cognome anche dopo il suo
matrimonio.”
“Accidenti,
una donna
molto rivoluzionaria e anche, in certo senso, futurista... sai, nella
biblioteca di mio nonno c'era un romanzo chiamato 'Ivanhoe' dove una
dei personaggi femminili si chiamava Rowena ed era una donna molto
algida e fiera. Se vuoi, te lo presto.”
“In
effetti, sembra il
ritratto della nostra Rowena.”
“Però
quella del
romanzo era bionda ed era Sassone.”
“La
creatrice di
Corvonero veniva dalla Scozia ed era scura di capelli... ma sai,
secondo la leggenda pare che sia morta di crepacuore.”
“Oh,
poverina...
dev'essere mostruoso morire di dolore... ma cosa le è
successo?”
“Non
ne ho idea, sono
passati secoli... in ogni caso, pare che anche quando ci fu la
Battaglia di Hogwarts di nove anni fa, i libri della biblioteca non
vennero toccati dalle fiamme... secondo una leggenda, Rowena
Ravenclaw ci fece un incantesimo di protezione.”
“Allora
doveva essere
parecchio potente, se è riuscita a fare una cosa del
genere...”
Gal,
che fino a quel
momento, era stato zitto, commentò, seccato: “Per
me, i libri e le
biblioteche sono una perdita di tempo.”
“Meglio
se eviti di dire
ciò davanti alla bibliotecaria o finisci male...”
lo avvertì
Oliver, mentre apriva la porta di legno della biblioteca.
La
biblioteca era enorme e
strapiena di libri in tutti gli scaffali, oltre a vari studenti che
leggevano dei libri sui tavoli di legno o che li prendevano dagli
scaffali.
La
sala, inoltre odorava
di tutte le sfumature della carta e del legno.
Il
disordine che i due
intrusi avevano fatto il giorno prima, era completamente svanito.
“Dunque,
vediamo dov'è
il libro sugli scacchi...” borbottò Teddy,
guardando alcuni
scaffali, prima che Gal dicesse: “Ehi, ci sono Athena ed
Elizabeth
laggiù!”
E,
prima che qualcuno
potesse dire qualcosa, si mise ad urlare: “Ehi,
ragazze!”
Parecchie
persone, tra cui
Elizabeth, si voltarono per vedere chi fosse il pazzo che osasse
parlare ad alta voce in biblioteca, mentre Athena rimase in silenzio,
dato che aveva già capito chi era quel fuori di testa...
Gal
si avvicinò,
sorridente, alle due coetanee e si sedette davanti a loro,
domandando: “Allora? Come butta?”
“Ciao,
Gal...” lo
salutò, timidamente, Elizabeth, mentre la compagna con gli
occhiali
ribatteva: “Vuoi abbassare leggermente il volume della voce?
Nel
caso tu non l'avessi notato, siamo in una biblioteca.”
“Lo
so benissimo... sono
venuto qui solo per aiutare Teddy a trovare uno stupido libro sugli
scacchi.”
“I
libri non sono
stupidi. Contengono un mucchio d'informazioni importanti che ti
farebbero crescere le poche e vaghe conoscenze che possiedi.”
“Pensavo
che fosse solo
Delphi quella con la lingua biforcuta e tagliente...”
“La
tiro fuori solo
quando ci sono di mezzo cose che m'interessano, in questo caso, i
libri.”
“Va
bene, ho capito...”
borbottò Gal, ritornando dai compagni, per poi lamentarsi:
“I
libri importanti... ma chi ci crede? Solo un fanatico dei libri come
lei la potrà capire e sposare...”
“Beh,
i libri sono
utili...” tentò di farlo ragionare Christian, ma
ricevette un
seccato: “Non ti ci mettere anche tu, eh!”
I
due si diressero alla
scrivania della biblioteca, ma scoprirono, con sorpresa, che c'era
già qualcun altro prima di loro che parlava con Madame Pince.
Non
appena videro i
capelli argentati della ragazza davanti a loro, capirono subito chi
era.
Prima
che Gal potesse
salutarla, Delphini sbottò: “Mi spiega
perché diavolo quei libri
sono nel Reparto Proibito?”
“Perché
sì, signorina
Black. Quella capacità è stata definita oscura e
pericolosa dal
Ministero della Magia e i giovani studenti come lei non possono
approfondirla prima di una determinata età.”
“Ma
è ridicolo!
Quell'abilità è ereditaria! Anche se la si
leggesse su un libro,
non cambierebbe niente se non la si possiede!”
“Il
Ministero ha
decretato così e la McGranitt ha acconsentito. Posso sapere
perché
le interessa così tanto?”
La
ragazzina rimase zitta
un secondo, poi affermò: “Ne ho sentito parlare
dai miei compagni
Serpeverde e mi ha subito affascinata... dopotutto, è
un'abilità
molto rara e fuori dal comune...”
“In
ogni caso, la mia
risposta è no. Si accontenti dei libri che le ho dato,
signorina
Black, a meno che non mi porti un'autorizzazione degli
insegnanti.”
Con
uno sbuffo, Delphini
mise buona parte del mucchio nella borsa che aveva tracolla e prese
gli altri in mano.
Quando
si girò, si
ritrovò davanti a Gal e agli altri.
Dopo
una leggera sorpresa,
domandò, col suo solito tono sfacciato: “Beh? Che
ci fate qui?”
“Stavamo
prendendo solo
un libro, a differenza tua.” la provocò Gal, per
poi prendere il
primo libro della pila che Delphini aveva in mano e leggere il
titolo: “'Abilità non comuni e rare dei maghi'...
come mai
t'interessano, Delphi? Speri di avere una di queste
capacità?”
Per
tutta risposta, la
ragazzina prese furibonda il libro, per poi sibilare: “Di
sicuro
non devo sperare di avere un cervello superiore al tuo.”
Dopodiché,
li superò e
se ne andò.
“Non
vorrà mica leggere
tutta quella roba al secondo giorno di scuola?”
domandò, allibito,
Gal, mentre Kevin dichiarava: “Probabile. Ieri ho sentito
alcune
ragazze di Serpeverde che se n'è stata tutto il giorno a
leggere con
molta attenzione dei volumi nel dormitorio.”
“Quella
è tutta
matta...” borbottò il rosso, mentre Teddy si
domandava,
incuriosito: “Chissà qual'era la
capacità che le interessava...
quella del Reparto Proibito...”
“Ma
chi se ne importa!” |
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Capitolo 7 *** Biscotti, picnic e bastoncini ***
Capitolo
7: biscotti,
picnic e bastoncini
Una
delle cose che a Teddy
piaceva della colazione era l'arrivo della posta via gufo.
Tutti
i giorni si metteva
a scrutare le migliaia di gufi che giungevano nella Sala Grande per
portare pacchi o lettere da casa, con la speranza che ci fosse una
lettera della nonna o dello zio Harry.
Ad
un tratto, si accorse
di un gufo reale e, d'istinto, sorrise.
Quello
era il gufo dello
zio, quindi quel giorno era stato fortunato.
Il
gufo planò davanti a
lui, rivelando una lettera e un pacchetto di dolcetti.
Sapendo
che i dolcetti
erano della nonna, Teddy aprì la lettera e lesse:
Ho
letto la tua lettera tutta d'un fiato, hai fatto bene ad avvisarmi.
Non
so come abbiano fatto questi misteriosi intrusi ad entrare nella
scuola, ma ti conviene fare molta attenzione.
Il
fatto che siano riusciti ad entrare e a sparire così
abilmente,
nonostante ci fosse la McGranitt, mi fa pensare che si tratti di
Animagus non registrati, come Sirius, ma non mi soffermerei troppo su
quest'ipotesi.
Potrebbero,
infatti, aver usato uno dei mille passaggi segreti della scuola.
Tua
nonna mi ha raccomandato di scriverti di non metterti in testa di
esplorare il castello e di cercare questi intrusi, e io sono
d'accordo con lei, come anche la piccola Victorie.
Quando
ha scoperto cos'era successo, è impazzita dalla
preoccupazione e
voleva salire sul primo treno per Hogwarts per sincerarsi che stessi
bene.
E'
stata una faticaccia per i suoi genitori convincerla a restare a
casa, comunque, ti consiglio di tornare a casa per Natale, a meno che
tu non voglia ricevere una Strillettera da parte sua.
Non
uscire dal Seminterrato di Tassorosso di notte e se trovi qualcosa di
sospetto, informa subito un insegnate.
In
pratica, evita di fare quello che combinavo io a scuola alla tua
età.
Comunque,
mi fa piacere che tu ti sia trovato già dei nuovi amici.
Non
vedo l'ora di saperne di più su questi ragazzi, i quali mi
sembrano
molto affidabili e gentili.
Scrivici
presto.
Teddy
fece un sorriso, per poi accarezzare il gufo.
Ad
un tratto, si accorse di un altro gufo che stava atterrando davanti a
lui, il quale portava anche lui una lettera, che tolse e
cominciò a
leggere.
“Ehi,
Oliver.” esclamò il giovane Metamorfomagus,
voltandosi verso il
compagno, il quale stava divorando la sua colazione.
“Sì?”
domandò il ragazzino, smettendo di mangiare la sua grossa
fetta di
pane, e Teddy disse: “Hagrid mi ha mandato una lettera
chiedendomi
se avevo voglia di andarlo a trovare per un tè questo
pomeriggio. Ti
unisci a noi?”
“Certamente!”
“Allora
vado a chiederlo agli altri.”
Teddy
si alzò e si diresse verso il tavolo dei Serpeverde, dove,
come
negli altri tre tavoli, si leggeva la posta, si chiacchierava e si
mangiava con gusto.
Ad
un tratto, Teddy passò di fianco ad Abel Nott e
notò, sorpreso, che
il suo piatto era ancora pieno.
“Uh?
Ti sei messo a dieta per caso?” domandò il
ragazzino, guardandolo
“Però hai una brutta cera... se diventi ancora
più magro, al
primo alito di vento ti voleranno via i vestiti.”
Per
tutta risposta, Abel si voltò dall'altra parte e
dichiarò, offeso:
“Sono affari miei! Puoi lasciarmi in pace?”
“Che
modi...” commentò Teddy, oltrepassandolo e
raggiungendo Kevin:
“Ehi, Kevin. Hagrid mi ha inviato una lettera e mi ha chiesto
di
venire a trovarlo questo pomeriggio... ti va di unirti a noi?”
“Altroché.”
annuì il ragazzino, per poi chiedere a Delphini:
“Delphini, vuoi
venire anche tu?”
“No,
grazie. Devo studiare.” dichiarò la giovane, per
poi alzarsi in
piedi e uscire dalla sala.
“Non
farci caso, fa sempre così... se può, evita
qualunque contatto.”
dichiarò Kevin “Passa tutto il suo tempo a
studiare, infatti è
una delle studentesse di Serpeverde più brave... ad
Incantesimi,
Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione e Pozioni è la
migliore...”
“Allora
è solo questione di tempo prima che il professor Lumacorno
la inviti
a quel suo club...”
“Ne
dubito... il professore è molto gentile, però...
ho notato una cosa
strana... quando parla o si avvicina a lei... diventa...
teso.”
“Teso?”
“Sì...
ho notato che quando le parla a lezione, comincia ad intrecciarsi le
mani nervosamente... inoltre, anche se cerca di sorriderle,
s'intuisce dalla voce che è molto agitato...”
“E
Delphini?”
“Sai
la cosa strana? Anche lei è tesa durante le sue lezioni. Ha
capito
fin dalla prima lezione che Lumacorno si comporta in modo strano solo
con lei, anche perché il professore è un pessimo
attore... così,
dalla seconda lezione di Pozioni, cerca di mantenere un basso profilo
e di evitare di rispondere ad una qualsiasi domanda del professore,
anche a quelle più facili! Tutti alziamo la mano, ma lei
resta
immobile, mentre nelle altre lezioni cerca sempre di rispondere alle
domande degli insegnanti. Però, Lumacorno le fa comunque
delle
domande molto difficili e lei risponde sempre giusto... e
ciò rende
il professore ancora più nervoso. E come se... sapesse che
Delphini
ha talento per la sua materia e, allo stesso tempo, sperasse di
sbagliare...”
“Ma
che strano...”
“Ehi,
ragazzi! Di cosa state parlando, di bello?”
domandò un'allegra
voce maschile alle loro spalle e, voltandosi, i due videro Gal, con
in testa il suo iconico casco e Chris.
“Io,
Oliver e Kevin andiamo da Hagrid, questo pomeriggio. Vi unite a
noi?”
domandò Teddy e Gal esultò: “Certo che
ci vengo!”
“Ma
Gal... abbiamo quel tema di minimo due rotoli di pergamena da fare
per Trasfigurazione che dobbiamo consegnare per
lunedì...”
“Lo
farò domani!”
“Tu
e la tua mania di rimandare i compiti...” borbottò
il cugino, per
poi dire, imbarazzato: “Mi dispiace, ragazzi, ma io devo fare
il
tema e, purtroppo, non me la cavo tanto bene a
Trasfigurazione...”
“Non
preoccuparti, Christian... vado al tavolo dei Corvonero a chiedere ad
Athena ed Elizabeth se vogliono unirsi a noi.”
esclamò Teddy,
allontanandosi.
Proprio
in quel momento, una sedia si spostò e, voltandosi, Gal vide
Abel
che si stava alzando in piedi.
“Ehi,
dove vai? Non è un po' presto per andare a
lezione?” lo provocò e
il biondo, con un ghigno, rispose: “A differenza tua,
preferisco
non rimandare a domani quello che posso benissimo fare oggi. E' un
peccato che non potrò vederti mentre farai il compito
all'ultimo
secondo, sperando che il risultato sia accettabile...”
Il
vento era forte e freddo, ma ciò non sembrò
impedire alla piccola
comitiva di raggiungere la piccola capanna al limitare della foresta.
I
sei ragazzi non appena si trovarono davanti alla porta di legno, si
fermarono e la ragazza con gli occhiali bussò.
Subito,
si sentì un cane abbaiare e una voce grossa e simpatica,
ordinare:
“Buono, Thor! Buono!”
La
porta si aprì e comparve un uomo molto alto e grosso,
accompagnato
da un enorme cane nero che subito, saltò addosso a Teddy,
cominciando a leccarlo.
“Insomma,
Thor! Che cosa ti ho detto?” lo sgridò Hagrid,
mentre il giovane
Metamorfomagus rideva di gusto.
Dopo
qualche minuto, Thor smise di leccare e il gruppo entrò
nella
capanna.
Era
piuttosto piccola, ma molto disordinata e soprattutto calda, infatti
riscaldò immediatamente il piccolo gruppo.
Hagrid
prese una teiera fumante e cominciò a versare il
tè negli enormi
boccali.
Ad
un tratto, notò: “Ma, sbaglio o manca
qualcuno?”
“Delphini,
Christian ed Elizabeth non sono venuti perché dovevano
studiare.”
rispose, prontamente, Athena, anche se nascose il fatto che Elizabeth
non si era unita a loro semplicemente perché era troppo
timida e non
usciva mai dalla Torre di Corvonero, ad eccezione delle lezioni.
“Pazienza...
d'altronde anche quando studiavo ancora, gli insegnanti davano una
marea di compiti fin dalle prime settimane.”
dichiarò l'uomo,
mentre si sedeva pesantemente su una sedia “Allora? Come
vanno le
lezioni?”
“Abbastanza
bene, direi...” cominciò Kevin, mentre Gal
sbottava: “Sono
terribili! La maggior parte degli insegnanti è severa da far
paura e
ci danno sempre compiti molto difficili! L'unica materia che
m'interessa, Volo, non è ancora stata annunciata e se
continua così,
mi sa che finisce che crepo!”
“A
me non sembra che le materie siano così difficili... sono
molto
brava in Trasfigurazione e Pozioni...” ribatté
Athena, mentre Gal
dichiarava: “Sì, certo... perché tu sei
una studiosa nata... io,
invece, l'unica materia dove me la cavo è Erbologia... e solo perché è una delle più
facili... voglio dire, chi è
negato in Erbologia?”
Kevin
abbassò lo sguardo sulla tazza, in quanto, purtroppo,
conosceva una
persona parecchio negata in quella materia... Delphini.
La
settimana prima, infatti, si era beccata una bella dose di puzzalinfa
da una delle piante e aveva passato tutto il pomeriggio in bagno per
togliersi quell'odoraccio di dosso, per poi fulminare con lo sguardo
chiunque osasse anche solo accennare a quell'incidente.
Inoltre,
non sapeva rinvasare e potare correttamente le piante.
Ormai,
era prevedibile che, dopo la lezione, uscisse furibonda dall'aula
sibilando: “Stupide piante, stupida materia!”
“Beh,
anch'io non sono tanto male in Erbologia...” cercò
di rincuorarlo
Oliver, ma Teddy lo bloccò, incredulo: “Non sei
tanto male? Ma se
sei uno degli studenti migliori! Lo dice anche la professoressa
Sprite.”
“Teddy,
ti prego, non esagerare... semplicemente mi occupo di un orto fin da
quando ero piccolo.”
“Semplicemente
sei solo modesto.”
Gal
prese la sua tazza e si mise a guardare fuori dalla finestra.
Ad
un tratto, esclamò, sorpreso: “Ehi, ma quello
lì non è quel
odioso di Abel Nott?”
Sentendo
ciò, Athena si avvicinò alla finestra e vide un
ragazzino biondo
seduto nel grande prato che stava tirando fuori un pezzo di pane da
un grande cestino.
“Che
diavolo sta facendo?” si domandò il ragazzino e
Athena rispose:
“Sembrerebbe un picnic...”
Anche
gli altri tre si avvicinarono per vedere meglio.
“Sì,
sta facendo un picnic.” dichiarò Kevin, mentre
Teddy affermava:
“Io una volta l'ho fatto con la nonna, lo zio Harry e gli
altri.”
“E
meno male che sono io quello che rimanda i compiti...”
ridacchiò
Gal, per poi notare: “Ma... non ci posso credere! Sta di
nuovo
parlando da solo!”
Nonostante
la lontananza, infatti, si vedeva chiaramente Abel che guardava alla
sua sinistra e che stava muovendo le labbra.
“Quello
è matto da legare! Non è un po' troppo grande per
avere un amico
immaginario?” continuò Gal, mentre Oliver notava:
“A me sembra
molto più felice del solito... è sempre
così scontroso e
scocciato... guarda, sta persino sorridendo dolcemente.”
Proprio
in quel momento, Abel si alzò e, dopo aver preso il
cestello, si
diresse verso il castello.
“Tsk,
se n'è andato.” borbottò Gal, mentre lo
guardava allontanarsi, e
Kevin commentò: “Almeno mangia qualcosa... durante
i pasti non lo
vedo quasi mai aprire bocca... eppure il suo piatto è sempre
pulito
quando si alza da tavola.”
“Non
mi aspettavo che gli piacessero queste cose babbane... dopotutto,
viene da una famiglia di maghi purosangue...” notò
Teddy, ma
Athena propose: “Forse fa queste cose di nascosto
perché i suoi
genitori glielo hanno vietato. Sai, essendo un passatempo comune tra
i babbani...”
“Io
comunque, trovo deprimente fare un picnic da solo... è da
fuori di
testa!” aggiunse, sbuffando, Gal.
Il
gruppo, nonostante la stranezza dell'accaduto, continuò a
chiacchierare allegramente di scuola e amicizia con Hagrid e a bere
il tè con i biscotti, i quali, tuttavia, erano duri come un
macigno.
Dopo
un'ora, Hagrid notò: “E' il tramonto. Meglio che
torniate al
castello.”
“Urca,
hai ragione! Se non ci sbrighiamo, rischiamo di saltare la
cena!”
fece Gal, alzandosi subito dalla sedia così veloce da farla
ribaltare e far abbaiare Thor per lo spavento.
Tutti
risero divertiti e poi, Teddy si voltò verso Hagrid e gli
disse:
“Beh, alla prossima, Hagrid.”
“Ci
vediamo, ragazzi!” li salutò l'uomo.
Il
gruppo si diresse verso il castello, coprendosi il più
possibile con
i mantelli, a causa del freddo vento della sera.
Ad
un tratto, il gruppo notò una figura seduta sotto ad un
albero, la
quale sembrava intenta a cercare qualcosa per terra.
“Ma
quella è Delphini! Si può sapere che sta
facendo?” domandò,
senza parole, Oliver, mentre Gal commentava: “Qualcosa di
assurdo,
ci scommetto... prima Abel Nott e adesso lei... Kevin, spero che non
ti metta anche tu a fare assurdità.”
“Ma
certo che no! Anche perché sono un nato
babbano...” gli ricordò,
leggermente offeso, il ragazzino.
Ad
un tratto, la ragazzina sollevò un bastoncino e, dopo averlo
osservato un attimo, fece un sorriso soddisfatto e lo mise nella
borsa, la quale era piena di bastoncini.
“Non
so chi sia più matto tra lei e Abel Nott...”
commentò il rosso
col casco da pilota, mentre Oliver proponeva: “Forse fa
collezione
di legnetti...”
“Ma
che stupidaggine! Chi fa una simile collezione?”
“Beh,
quand'ero più piccola, raccoglievo le castagne dai
parchi.”
s'intromise Athena, ma Gal ribatté:
“Sì, ma eri piccola. Delphini
ha undici anni!”
“Non
si può negare che quella ragazzina sia molto particolare...
minaccia
qualcuno con le Maledizioni Senza Perdono, è una delle
studentesse
più abili, s'interessa alle abilità rare dei
maghi, studia sempre
volumi grandi e misteriosi... e poi ha sempre un atteggiamento
isolato, freddo e distante... è sempre molto nervosa e sul
chi
vive... come se temesse sempre che qualcuno scoprisse qualcosa su di
lei... un suo segreto inconfessabile...” meditò
Teddy, mentre Gal
gli diceva: “Ma dai, Teddy... vedi misteri
ovunque...”
Il
ragazzino rimase in silenzio, non smettendo di guardare la coetanea.
C'era
qualcosa di familiare in lei... fin dalla prima volta che l'aveva
vista, le era sembrata familiare... c'era qualcosa nella fisionomia
del suo viso... ma dove l'aveva già vista?
Proprio
in quel momento, la ragazzina si alzò in piedi e si diresse
verso il
castello.
Notando
il gruppetto, si avvicinò a loro e domandò:
“Già finito
l'incontro?”
“Sì.
E tu che ci fai qui? Credevo che stessi studiando...” la
provocò,
divertito, Gal e la ragazzina rispose: “Ho finito mezz'ora
fa, così
ho pensato di farmi un giretto nel parco... sapete, le foglie
cominciano a cambiare colore.”
“Perché
non ti sei unita a noi? Ad Hagrid avrebbe fatto piacere.”
fece
Oliver e Delphini rispose: “Non mi va di andare ad un
incontro già
iniziato... detesto farmi notare con metodi così stupidi. Ci
vediamo.”
Dopo
aver detto ciò, la ragazzina dai capelli d'argento si
diresse, con
passo calmo e deciso, verso il castello. |
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Capitolo 8 *** Una disastrosa lezione di volo ***
Capitolo
8: Una disastrosa lezione di volo
“Ragazzi!
Ragazzi!” urlò, entusiasta, Gal, il quale correva,
come una furia
nei corridoi della scuola.
Ad
un tratto, notò alcuni studenti con la divisa con strisce
blu e con
lo stemma di Corvonero.
“Athena,
Elizabeth! Siete lì, vero? Vi prego,
rispondetemi!” le chiamò il
giovane Grifondoro, sbracciandosi.
Immediatamente,
due ragazze, una con l'espressione insicura e l'altra seccata, si
voltarono per vedere chi fosse il tipo che stava strillando per i
corridoi.
Gal
le raggiunse e, ansimando, disse: “Ragazze... non ci
crederete mai
a cosa che notizia ho trovato in bacheca stamattina...”
“Se
ti riferisci al fatto che mercoledì tutti noi del primo anno
abbiamo
la nostra prima lezione di volo, ho visto l'avviso.”
dichiarò,
seccata, Athena, risistemandosi gli occhiali.
Per
tutta risposta, Gal fece una faccia seccata, per poi commentare:
“Certe volte sei più acida di Delphi...”
Proprio
in quel momento, sentì un colpo sulla testa.
Mentre
si voltava, massaggiandosi la testa, vide Delphini con in mano un
grosso volume, che dichiarava, seccata: “Ti ho già
detto che il
mio nome è Delphini, stupido.”
“Antipatica...”
borbottò Gal, guardandola allontanarsi.
“Ciao,
Gal.” lo salutò Kevin, avvicinandosi all'amico
“Come va?”
“Bene...
ma tu stai bene? Hai una faccia...”
“Sto
bene, sto bene...” lo rassicurò il ragazzino,
cercando di
nascondere una smorfia di dolore.
I
ragazzi di Serpeverde, infatti, avevano l'abitudine di cominciare la
giornata prendendosi a pugni e spintoni, secondo loro un ottimo modo
per farsi i muscoli e per creare un legame coi membri... ma Kevin
sospettavano che volevano solo una scusa per picchiarlo.
“Ma
ci pensi?! Mercoledì abbiamo la nostra prima lezione di
volo! Oh,
non sto più nella pelle!” esclamò,
eccitato, Gal e Kevin
borbottò: “Spero di non cadere dalla scopa...
già sono l'oggetto
di scherno di tutti i Serpeverde...”
“Ma
sì, vedrai che andrai alla grande! Ci sono così
tanti nati babbani
al primo anno... non sarai certo tu il peggiore.” lo
rincuorò Gal,
passandogli un braccio attorno alle spalle.
Il
ragazzino fece un sorriso.
Gal
era proprio un ragazzo simpatico e pieno d'energia... quanto avrebbe
voluto che i suoi compagni Serpeverde fossero gentili nei suoi
confronti...
“Tutte
le ragazze hanno i capelli legati? Chi ce li ha ancora sciolti,
è
pregata di legarseli subito, non importa in che modo. Non voglio
capelli sciolti nella mia lezione. Quando si vola, i capelli possono
essere più pericolosi di un qualsiasi
incantesimo!” dichiarò la
strega coi capelli corti grigi, per poi aggiungere, battendo le mani
“Ciascuno prenda posto accanto ad una scopa. Muoversi, non
abbiamo
tutto il giorno!”
Subito,
tutti i ragazzi si avvicinarono alle scope e la donna
dichiarò:
“Stendete la mano destra sopra la vostra scopa e dite
su.” ordinò
la donna e tutti ordinarono ai propri manici: “Su!”
Quella
di Gal si alzò immediatamente, ma fu così veloce
che lo colpì
violentemente al naso.
“Che
razza d'idiota.” commentò, esasperata, Delphini.
Anche
la sua scopa si era alzata immediatamente al suo ordine, ma, a
differenza del compagno, l'aveva presa al volo prima che la colpisse.
“Tutto
bene, Gal?” domandò, preoccupato, Oliver e il
giovane Grifondoro
rispose, mentre si massaggiava il naso dolorante:
“Sì, sì...
almeno si è alzata subito al mio ordine... come va con la
scopa?”
“Male...
non riesco ancora a sollevarla... ma almeno non sono
l'unico...”
Gli
altri studenti, infatti, avevano non poche difficoltà a
sollevare la
scopa.
Quella
di Athena, infatti, si contorceva per terra, mentre quella di Kevin
ed Elizabeth non si muoveva per niente.
Teddy
e Christian, invece, erano riusciti a farla sollevare dopo qualche
minuto d'incitamento.
Proprio
in quel momento, Abel Nott riuscì a farla sollevare.
“Ce
ne hai messo di tempo, eh? La scopa non voleva obbedirti?” lo
provocò, divertito, Gal e il ragazzino, con un sorrisetto
divertito,
ribatté: “Almeno non mi è finita in
faccia come con l'idiota che
ho davanti agli occhi.”
“Tu,
brutto...!” lo fulminò il rosso, sollevando la
scopa con
l'obiettivo di tirarla in testa a quell'odioso biondino, ma venne
immediatamente fermato dalla professoressa: “Sandlers, quello
non è
per niente il modo di tenere una scopa! Le consiglio di metterla
giù,
se non vuole che tolga dieci punti a Grifondoro! E si tolga una volta
per tutte quel ridicolo cappello!”
Borbottando
e ignorando la risatina divertita di Abel, Gal mise giù la
scopa.
Gliela
avrebbe fatta vedere a quell'antipatico non appena avrebbero
volato...
“Senti,
Gal... ma non ti sembra che Abel abbia una bruttissima cera?”
domandò, ad un tratto, Oliver e il compagno rispose con un
seccato:
“Non me ne frega niente di quell'odioso!”
Dopo
mezz'ora, tutti riuscirono a sollevare la propria scopa e a montare
su di essa.
A
quel punto, Madama Bumb dichiarò: “Quando
suonerò il fischietto,
datevi una spinta coi piedi. Tenetevi ben saldi sulle scope e
sollevatevi di un metro circa. Al mio fischio. Tre... due...
uno!”
Non
appena la professoressa ebbe fischiato, tutti gli studenti
cominciarono a levarsi in aria e a fare acrobazie.
“Bravi,
ragazzi. Cominciamo il riscaldamento. Fate dieci giri del parco.
Forza, muoversi.” disse Madama Bumb, battendo le mani, per
poi
urlare, ad uno studente di Corvonero: “Signor Walker, cosa
sta
aspettando a far partire la sua scopa, che arrivi l'anno del
G.U.F.O?!”
“Scusi,
professoressa! Parto immediatamente!” balbettò,
imbarazzato, il
ragazzino di Corvonero con la pelle pallida e i capelli neri,
obbedendo subito.
“Ehi,
biondino. Che ne diresti di fare una gara? Il primo che completa i
dieci giri.” propose, con un sorriso di sfida, Gal e Abel
annuì:
“Comincia a mangiarmi la polvere, rosso.”
I
due cominciarono a volare a tutta velocità, ignorando le
urla della
professoressa: “Sandlers, Nott! Siamo a lezione! Vedete di
darci un
taglio con le vostre sfide!”
I
due continuarono a volare a tutta velocità e, suo malgrado,
Gal
dovette ammettere che Abel era bravo.
Gli
teneva testa e stavano pareggiando.
Ad
un tratto, voltandosi a guardare l'avversario, si accorse di una
strana cosa.
Abel
sembrava, improvvisamente, molto provato, tanto che si sfregava in
continuazione gli occhi.
Prima
che Gal potesse dirgli qualcosa, La scopa di Abel deragliò e
si
diresse a tutta velocità verso gli altri studenti.
“Ragazzi,
fate attenzione!” urlò il rosso e, subito, tutti i
ragazzi si
voltarono per vedere cosa stesse succedendo.
Non
appena si resero conto della situazione, tutti si spostarono per dare
spazio ad Abel ed evitare lo scontro, ma, sfortunatamente,
ciò non
impedì numerosi scontri tra i ragazzi.
Infatti,
uno studente di Tassorosso urtò Athena, ma la ragazzina
riuscì a
rimanere a cavallo della scopa.
Lo
stesso non poteva dirsi di Kevin, il quale sarebbe stato disarcionato
e sarebbe caduto per terra, se non avesse la prontezza di riflessi di
prendere il manico da scopa con la mano.
“Arrivo,
Kevin!” cercò di aiutarlo Oliver, ma, non essendo
per niente
pratico di scope e di volo, non riusciva a controllarla bene.
“Abel
Nott, si può sapere che ti prende?!”
urlò Madama Bumb e anche
Gal, il quale cominciava ad essere seriamente preoccupato:
“Ehi...
ehi, Abel! Forse faresti meglio a guardare dove stai
andando...”
Il
ragazzino, infatti, stava facendo un sacco di acrobazie, una
più
azzardata dell'altra... ma la cosa strana era che non sembrava che
volesse farsi notare.
“Dannazione,
ha perso il controllo...” borbottò Madama Bumb,
per poi dire:
“Accio scopa!”
Immediatamente,
una scopa volò davanti alla prof a tutta velocità.
Con
destrezza, la donna saltò in sella e si alzò in
aria.
“Ragazzi,
scendete immediatamente! Il signor Nott ha perso il controllo della
sua scopa e la cosa può diventare pericolosa! Chi
è perfettamente
in grado di controllare la scopa, aiuti chi ha delle
difficoltà a
scendere e poi resti a terra. Del signor Nott e della sua scopa me ne
occupo io.” ordinò la donna.
Gal
annuì, per poi volare verso Kevin, il quale stava
disperatamente
tentando di risalire.
Lo
afferrò per la giacca e gli disse: “Ok, ti tengo
stretto, non
temere.”
Un
po' più tranquillo, il ragazzino con gli occhiali,
provò a risalire
sulla scopa e, dopo qualche minuto, ce la fece.
“Ce
l'ho fatta...” sussurrò, scosso, Kevin.
Quella
stata una delle esperienze più spaventose della sua vita...
non
vedeva l'ora di scendere...
“Adesso
prova a scendere. Ce la fai?” domandò,
preoccupato, il giovane e
il ragazzino annuì.
“Bene.
Vado a dare una mano agli altri.” dichiarò il
rosso.
Contemporaneamente,
Athena fece decollare la sua scopa.
Doveva
assolutamente avvisare la McGranitt di quello che stava succedendo!
Dopotutto,
era la preside...
Nel
frattempo, Abel cercava di riprendere il controllo della scopa,
mentre Madama Bumb continuava a seguirlo.
Senza
nemmeno accorgersene, il giovane Serpeverde urtò il
Corvonero Mopsus
Walker, il quale, invece, andò a sbattere violentemente
contro
Delphini.
La
ragazzina, a causa della sorpresa e del colpo, cadde dalla scopa,
nonostante il Corvonero avesse provato a prenderla con la mano,
urlandole: “Attenta!!!”
Delphini
cominciò a cadere velocemente, urlando dalla paura, ma,
all'improvviso una mano le afferrò saldamente il polso.
La
ragazzina alzò lo sguardo e vide un suo coetaneo con indosso
la i
colori di Tassorosso e i capelli blu.
“N-non
mi lasciare! Ti prego, non mi lasciare!” strillò,
spaventata,
Delphini, ma Teddy, la rassicurò, cercando di tenerla:
“Sta
tranquilla, non ti mollo!”
Sfortunatamente,
per tenere Delphini ed evitare che cadesse, Teddy non poté
più
controllare la scopa, la quale cominciò ad allontanarsi
velocemente
dal gruppo e da Madama Bumb.
La
professoressa McGranitt era chiusa nel suo ufficio e stava finendo di
leggere le lettere giornaliere.
Come
al solito, le era arrivata una lettera in cui si protestava per il
modo in cui gestiva la scuola... e, come al solito, l'aveva gettata
nel camino senza nemmeno finire di leggerla.
Detestava
con tutta sé stessa le persone che osavano contestare come
dirigeva
la scuola.
Se
avevano qualcosa da obiettare, perché non glielo dicevano di
persona
e, soprattutto, non le davano qualche consiglio su come sistemare la
cosa?
Ad
un tratto, sentì uno strano ticchettio dietro di lei.
Incredula,
la donna si voltò e per poco non cadde dalla sedia.
Dall'altra
parte della finestra, c'era una ragazzina coi lunghi capelli lisci
neri e gli occhiali, con addosso lo stemma di Corvonero.
“Cosa
diamine...?” borbottò, incredula, la donna, prima
che uno dei
quadri alle pareti, il quale rappresentava un uomo coi capelli neri
lisci e unti, protestasse: “Ragazzini di oggi, sempre a
cercare la
fama e i riflettori, infrangendo ovviamente le regole... si devono
sempre mettere in mostra nelle maniere più assurde, proprio
come
Potter!”
Ignorando
il quadro, la preside corse ad aprire la finestre e domandò,
allibita: “Signorina Doyle, mi auguro che abbia una
giustificazione
valida per questo suo gesto!”
“Sì,
signora preside. Un mio coetaneo di Serpeverde, Abel Nott, ha perso
il controllo della sua scopa. Madama Bumb sta cercando di aiutarlo a
riprendere il controllo, ma ci sono molti ragazzi che non sanno
ancora controllare le loro scope e che rischiano di cadere da un
momento all'altro.” le raccontò, preoccupata,
Athena
Il
quadro di un vecchio mago con la barba lunga e gli occhiali a
mezzaluna, sorrise: “Un metodo per avvisare la preside poco
comune,
ma di certo molto efficace e rapido. Complimenti per l'arguzia,
signorina Doyle.”
“Signor
preside, tutto ciò è assolutamente sconveniente e
ridicolo. Se solo
fossi ancora io il preside di questa scuola...”
sibilò, l'uomo coi
capelli unti, mentre un altro quadro, il quale rappresentava un mago
dall'aspetto intelligente, coi capelli e gli occhi neri e la barba
dello stesso colore, dichiarava: “Questi giovani d'oggi non
hanno
il minimo concetto di rispetto verso il preside! Ecco cosa succede a
permettere ai figli dei babbani di venire qui! Bisognerebbe dargli
una lezione di quelle...”
“Severus,
Phineas, smettetela!” li interruppe, seccata, la McGranitt,
per poi
rivolgersi di nuovo ad Athena: “Grazie dell'avvertimento,
signorina
Doyle. Riesce ad entrare nel mio ufficio?”
“Posso
provare...”
“Mi
raccomando, faccia attenzione.”
Lentamente,
la ragazzina oltrepassò dalla finestra e, dopo aver fatto un
sospiro
di sollievo, scese dalla scopa.
“Ottimo.
Adesso corra a chiamare Gazza e gli dica quello che sta succedendo.
Io vado a raggiungere Madama Bumb.” dichiarò la
professoressa,
prendendo la scopa della ragazzina e salendoci in groppa, per poi
sfrecciare fuori dalla stanza a tutta velocità.
“Non
così, Oliver... cerca di calmarti... devi mantenere la
calma.”
disse Gal all'amico Tassorosso, il quale, per la paura, aveva chiuso
gli occhi e si teneva fortemente aggrappato alla scopa con le braccia
e i piedi.
“Oh,
mamma... qualcuno faccia qualcosa... non ho mai volato... inoltre
soffro di vertigini!!!” borbottò, terrorizzato, il
ragazzino.
Vedendo
che il compagno era troppo spaventato per riprendere il controllo,
Gal prese il manico con la mano e cominciò delicatamente a
scendere.
“Gal,
la mia scopa si sta muovendo da sola!!!!” strillò
Oliver e il
compagno rivelò: “Non urlare, sono di fianco a te.
Ti sto aiutando
a scendere.”
“Ah,
ok... grazie...”
Dopo
qualche minuto, Gal atterrò sul terreno e disse al compagno:
“Siamo
arrivati, Oliver. Adesso puoi aprire gli occhi.”
Il
ragazzino aprì lentamente un occhio, ma, quando
capì che Gal non
stava mentendo, aprì in fretta l'altro e scese velocemente
per
terra.
“Ragazzi,
che spavento... e io che speravo in una lezione
tranquilla...”
commentò il ragazzino, ancora un po' scosso, e Kevin, il
quale, nel
frattempo, li aveva raggiunti: “A chi lo dici... stava per
avverarsi quello che mi avevano detto i miei compagni di
Serpeverde... comincio a pensare che fossero dei veggenti... essere
un mago richiede fin troppe emozioni forti...”
“Beh,
ragazzi, scusate se volo via, ma vado ad aiutare gli altri a
scendere.” l'interruppe, leggermente imbarazzato, Gal, ma i
suoi
due compagni gli dissero: “Va' pure, non
preoccuparti.”
Gal
fece per decollare e, proprio in quel momento, un ragazzino di
Grifondoro cadde dalla scopa e cominciò a cadere per terra.
Mentre
scendeva, Gal lo riconobbe e sbiancò.
Quel
ragazzo era suo cugino Christian.
Gal
fece per far partire la scopa, ma, proprio in quel momento, una voce
femminile urlò: “Arresto Momentum!”
Il
ragazzino notò, incredulo, che Christian stava rallentando
e, prima
che se ne rendesse bene conto, il cugino atterrò
delicatamente
sull'erba.
“Christian,
stai bene?!” gli domandò, preoccupato, Gal,
avvicinandosi a lui.
Oliver
lo guardò un attimo, poi dichiarò:
“Tranquillo. E' solo svenuto
per la paura, ma sta bene.”
“Vi
consiglio di portare comunque il signor Brown in infermeria.”
dichiarò la stessa voce di prima, sopra alle loro teste.
Il
gruppo alzò lo sguardo e vide la professoressa McGranitt a
cavallo
di una scopa, la quale aggiunse: “Ci penso io ad aiutare gli
altri
a scendere. Voi restate a terra e andate tutti in infermeria,
svelti!”
Dopo
aver detto ciò, la preside cominciò a volare con
grazia e
naturalezza, aiutando gli altri e mantenendo perfettamente il
controllo della scopa.
“Accidenti,
è proprio brava sulla scopa...”
commentò, senza parole, Gal,
mentre una voce femminile alle sue spalle, annuiva: “Non mi
sorprende. Dopotutto, la McGranitt faceva parte della squadra di
Quidditch di Grifondoro.”
Il
gruppo si voltò e vide Athena, la quale era appena uscita
dal
portone, seguita da Gazza e da Mrs Purr.
“E
perché diavolo non è diventata una giocatrice
professionista? E'
dannatamente brava...” le domandò, incredulo, Gal
e la ragazzina
rivelò: “Durante una partita contro i Serpeverde,
uno di loro la
ferì e dovette rinunciare alla carriera.”
“Il
Quidditch ha perso molto...” commentò Gal, mentre
Oliver gli
ricordava: “Se avesse intrapreso la carriera del Quidditch,
non
avrebbe potuto partecipare alla Battaglia di Hogwarts...”
Contemporaneamente,
la McGranitt fece scendere Elizabeth e Mopsus Walker, dicendo:
“Su,
forza, andate in infermeria. Soprattutto lei, signor Walker. E'
pallido come un lenzuolo.”
“D'accordo,
professoressa...” balbettò il ragazzino, ma,
invece di andare in
infermeria come la maggior parte degli studenti, seguì
Elizabeth e,
non appena raggiunse il gruppo, domandò, senza mezzi
termini: “Dov'è
la ragazzina coi capelli d'argento?”
“Intendi
Delphini?” domandò, incredulo, Kevin e Mopsus
annuì: “Sì, lei.
Devo dirle una cosa.”
“Io
non l'ho vista... e voi?” domandò, dubbioso,
Kevin, ma Gal
rispose: “Io no... scommetto che appena è scesa se
n'è andata
subito.”
“Beh,
io quando l'ho vista l'ultima volta, stava cadendo dalla scopa, ma il
ragazzino coi capelli blu l'ha presa al volo.”
raccontò Mopsus.
I
ragazzi si guardarono negli occhi, leggermente preoccupati.
Il
ragazzo della descrizione era, senza ombra di dubbio, Teddy... ma, a
differenza di Delphini, lui si sarebbe immediatamente ricongiunto a
loro una volta sceso a terra... se non era ancora arrivato,
significava soltanto una cosa: era ancora in volo.
Ma
la cosa preoccupante era che non si vedeva nel gruppo degli studenti
ancora in aria che stavano cercando di scendere.
Doveva
essersi allontanato assieme a Delphini... pertanto, poteva trovarsi
in grave pericolo!
“Toglimi
una curiosità, Teddy... hai intenzione di farmi scendere o
dovrò
restare in questa situazione per tutto l'anno scolastico?!”
domandò
Delphini, cercando di nascondere il panico nella sua voce.
“Sto
provando ad atterrare, ma la scopa non mi ascolta...”
tentò di
spiegarle il ragazzino, ma, proprio in quel momento, un colpo di
vento fece ondeggiare la scopa e, per lo spavento, Delphini non
poté
trattenere un urlo di paura e artigliò con la mano libera il
polso
del coetaneo.
Cercando
di trattenere una smorfia di dolore, Teddy cercò di
governare la
scopa, finché non notò un albero.
“Proverò
ad avvicinarmi a quell'albero, resisti ancora un po'...”
tentò di
rassicurarla il Metamorfomagus e la giovane rispose, nervosa:
“Basta
che ti sbrighi a farmi scendere...”
Lentamente,
Teddy mosse la scopa verso l'albero e, dopo un tempo che per tutti e
due parve lunghissimo, Delphini poté appoggiare i piedi su
un ramo.
“Ecco
fatto. Riesci a scendere dall'albero?” le domandò
Teddy, ma la
ragazzina negò: “Purtroppo no... non so salire
sugli alberi,
figuriamoci scendere.”
“Allora
aspetta lì un attimo, torno dalla professoressa
e...” disse Teddy,
ma, prima che potesse finire la frase, che qualcosa d'improvviso e
violento lo colpì facendolo cadere dalla scopa, ma,
fortunatamente,
il ragazzino afferrò un ramo dell'albero.
“Ehi,
sei ancora tutto intero?” domandò Delphini e
Teddy, salendo sul
ramo, dichiarò: “Sì, almeno credo...
ragazzi, che botta... vorrei
proprio sapere cosa mi ha colpito...”
“Mi
credi se ti dico che è stato un ramo?”
Sentendo
quelle parole, il ragazzino rimase un attimo in silenzio, per poi
sbiancare e sussurrare: “Oh, cavolo...”
“Quella
tua frase non mi piace per niente... su quale albero ci troviamo
esattamente?” gli domandò, senza mezzi termini, la
ragazzina e il
compagno, con un sorriso imbarazzato, rivelò:
“Ehm... lo zio Harry
mi ha raccontato una volta che c'è un Platano Picchiatore ad
Hogwarts...”
“Un
Platano Picchiatore? Stai dicendo che mi hai fatta atterrare su un
Platano Picchiatore?!” strillò, senza parole,
Delphini e, proprio
in quel momento, il ramo su cui stava, cominciò a muoversi.
D'istinto,
la ragazzina si aggrappò saldamente al ramo usando le
braccia e i
piedi.
Il
ramo cominciò a muoversi selvaggiamente e a tutta
velocità,
cercando di farla cadere.
Anche
il ramo in cui c'era Teddy, cominciò a muoversi.
“Edward
Remus Lupin, io ti uccido!!! Con tutti gli alberi di Hogwarts dovevi
scegliere proprio un Platano Picchiatore dove farmi
atterrare?!?!”
lo minacciò con un urlo Delphini, mentre il ragazzino
rispondeva,
parecchio imbarazzato: “E' stato un incidente...”
“Bel
salvataggio, i miei complimenti... ma perché diavolo tengono
un
albero del genere in questa scuola?! Rischia di ammazzare
qualcuno!”
“In
un certo senso per via della mia famiglia... vedi, quest'albero venne
piantato dal preside che c'era prima per permettere a mio padre di
trasformarsi senza mettere in pericolo nessuno... inoltre, secondo
mia nonna, mia madre ci andava sempre a sbattere durante le lezioni
di volo... evidentemente sono legato a quest'albero...”
“Non
me ne frega niente della storia della tua famiglia! Fammi scendere da
qui immediatamente e, forse, non ti spezzerò tutti e quattro
gli
arti!”
“Dai,
sta tranquilla... basta solo tenersi ben aggrappati al ramo...
è
come essere sulle montagne russe del Luna Park...”
“Eccoti
la notizia del giorno, bello: non sono mai andata al Luna
Park!!!”
“Davvero?
Beh... resta comunque aggrappata.”
“E
cosa credi che stia facendo da un quarto d'ora?! Fa fermare questo
stupido albero, cretino!”
“Secondo
lo zio Harry, se premo una determinata radice, posso farlo smettere
di funzionare...”
“E
cosa aspetti a premerla?! Guarda che qui, rischio di lasciarci la
pelle!”
“Ci
provo... aspetta un attimo...”
“E
chi si muove?”
Teddy
rimase un attimo un silenzio, per poi buttarsi dal ramo.
Sfortunatamente,
la sua caduta venne bloccata da un altro ramo che si mise in mezzo
all'improvviso, provocandogli un atroce dolore.
Non
appena l'ebbe preso, il ramo si alzò e fece salire Teddy di
parecchi
metri d'altezza.
Il
ramo si piegò il più possibile per poi lanciare
via Teddy a causa
della forza d'urto.
Contemporaneamente,
anche il ramo su cui era aggrappata Delphini si piegò e
accade la
stessa cosa.
I
due ragazzini si scontrano violentemente sulla schiena e caddero sul
Platano, rompendo qualche ramo durante la caduta e sparpagliando le
foglie.
Solo
quando finirono su un ramo più robusto degli altri, la folle
discesa
dei due si fermò.
“Stai
bene?” domandò, preoccupato, Teddy e Delphini,
ansimando, ammise:
“Credo di sì... sono un po' ammaccata, ma sono
ancora intera...
scendiamo di qui, prima che l'albero decida di finire il lavoro con
noi due.”
“Non
me lo faccio ripetere due volte...”
“La
prossima volta che cado dalla scopa, fammi un grosso favore... non
cercare di salvarmi. Dopo quest'esperienza, l'idea di cadere da dieci
metri d'altezza mi spaventa molto meno...”
Proprio
in quel momento, il ramo si spostò e i due studenti finirono
con un
tonfo sull'erba morbida del prato.
“Finalmente
siamo scesi...” sussurrò Teddy, restando sdraiato
per terra, e
Delphini, la quale, invece, si era leggermente alzata da terra e si
stava massaggiando i capelli bianchi sudati, commentò:
“Ma con
tutti gli alberi normali di Hogwarts, proprio uno specializzato in
sberle e botte dovevi scegliere?”
Proprio
in quel momento, si sentì un rombo e i due, alzando la
testa, videro
il tronco del Platano che si stava abbassando a tutta
velocità verso
di loro.
Immediatamente,
i due si alzarono in piedi e corsero il più lontano
possibile da
esso.
Quando
il tronco colpì con violenza il terreno, esso
tremò leggermente.
Teddy
e Delphini rimasero, ansimanti e in silenzio, a fissare l'albero, il
quale, si rimise a posto da solo.
“Oh,
io le odio le piante...” sussurrò, all'improvviso,
Delphini.
“Ho
parlato con Madama Chips. Christian sta bene, ha solo preso un grosso
spavento. Un po' di riposo e di calma, e tornerà come nuovo.
Oliver
è rimasto in infermeria per aiutare lei e gli altri
ragazzi.”
rivelò Gal mentre rientrava affannosamente in cortile.
Aveva
corso come un matto in quei dieci minuti, per un viaggio di andata e
ritorno dall'infermeria, dato che era preoccupato per il cugino.
“Allora?
Come va?” domandò il ragazzino coi capelli rossi
ad Athena e la
ragazzina rispose: “Per il momento siamo in una situazione di
stallo... la McGranitt sta aiutando gli altri a scendere e Madama
Bumb sta cercando, senza risultato, di fermare Abel o, quantomeno,
fargli riuscire a controllare di nuovo la scopa.”
“E
Delphi e Teddy? Li avete visti per caso?” domandò
Gal e, subito,
Kevin scosse la testa: “No, non si vedono da nessuna
parte.”
“Non
erano neanche in infermeria... accidenti, spero che stiano
bene...”
“Staranno
bene, Gal, vedrai... Delphini è una che sa badare a
sé stessa.”
rispose, con calma, Athena “Comunque, spero che la
professoressa
riesca a togliere Abel da quella situazione al più presto...
la sua
scopa ha iniziato a fare delle manovre pericolose come i
giri...”
Aveva
appena finito di parlare, che la scopa di Abel fece un giro della
morte e il ragazzino cadde da essa.
Era
come vedere un sacco cadere da un grattacielo... scendeva
velocemente, ma, allo stesso tempo, la scena sembrava al
rallentatore.
Tuttavia,
all'improvviso, qualcosa di grosso e scuro si frappose tra il ragazzo
e il suolo.
Non
appena l'ebbe preso, l'oggetto volante, che, in realtà era
Madama
Bumb, raggiunse la McGranitt e disse: “L'ho preso,
professoressa
McGranitt.”
“Come
sta?”
“E'
svenuto, per questo è caduto, comunque respira ancora...
temo che
sia anemico, professoressa, perché questo spiegherebbe come
mai ha
perso in quel modo il controllo della scopa. Lo porto subito in
infermeria.”
Dopo
essere scesa a terra, Madama Bumb si fece largo tra la folla, con
Abel ancora svenuto in braccio, urlando: “Fatemi passare!
Qualcuno
vada a dire a Madama Chips di preparare un letto in infermeria,
svelti!”
“S-sì,
professoressa...”
Mentre
la donna e la preside se ne andavano in fretta e furia, tra i vari
studenti ci furono numerosi mormorii: “Che cosa
sarà successo ad
Abel?”
“A
pensarci bene, in questi giorni aveva qualcosa di strano...”
Anche
Athena si mise a riflettere, mentalmente: Aveva
un pessimo colorito... in effetti è la prima cosa che ho
notato in
lui da quando sono qui. Quel ragazzino è sempre stato
incredibilmente pallido...
“Beh,
e adesso che si fa?” domandò, a quel punto, Gal,
dando un calcio
ad un sassolino per terra.
“Forse
potremmo cercare Teddy e Delphini... non si vedono da nessuna
parte...” propose, Kevin e Gal sbuffò:
“Io mi metterei a cercare
solo Teddy... quell'antipatica di Delphi ci direbbe solo: 'Me la cavo
da sola, addio.'”
“Certo,
perché ad aspettare voi...” dichiarò,
scocciata, una voce
femminile alle loro spalle.
Il
gruppo si voltò e vide Teddy e Delphini dirigersi verso di
loro.
Entrambi
avevano i capelli arruffati e spettinati, il viso sporco, piccole
ferite e gli abiti strappati in parecchi punti.
Immediatamente,
tutto il gruppo domandò, preoccupato: “Teddy,
Delphini! Che cosa
vi è successo?!”
“Niente
che un tir di camomilla possa risolvere...” rispose, con un
sussurro, Teddy.
Gal
si avvicinò all'amico e, mettendogli un braccio attorno al
collo,
ribatté: “Mi sa che ci vuole anche un po' di
fondotinta... siete
sbiancati!”
“Lo
credo bene. Siamo finiti sul Platano Picchiatore e quello,
ovviamente, si è messo a darcele di santa
ragione.” fu la risposta
di Teddy.
“Che
cosa?! E'... è malnutrizione?!”
La
professoressa McGranitt si trovava nell'ufficio di Madama Chips
assieme alla vecchia infermiera e a Madama Bumb collegato
all'infermeria, il luogo dove visitava i pazienti con malattie che
era meglio non far sapere in giro o per discutere senza farsi sentire
da nessuno.
“N...
non è possibile, Madama Chips... tutti gli studenti ricevono
tre
razioni complete al giorno! Per di più, il menù
è concepito
appositamente per fornire loro un'alimentazione adeguata...”
balbettò, senza parole, la preside, ma venne interrotta da
Madama
Chips, la quale rispose: “Mi perdoni, professoressa
McGranitt, ma
la sua anemia è senz'altro dovuta a malnutrizione. Inoltre,
professoressa, ho visto che era molto magro, anzi, scheletrico. Non
ho mai visto uno studente più magro e pallido di
lui.”
“In
effetti, signora preside, il signor Nott era parecchio leggero quando
l'ho sollevato. Se è malnutrito, questo spiegherebbe il
motivo.”
s'intromise Madama Bumb e l'infermiera aggiunse: “Inoltre,
sospetto
che abbia smesso di nutrirsi in maniera adeguata qualche mese prima
di arrivare ad Hogwarts. Se non ci fosse stata la lezione di volo,
probabilmente sarebbe riuscito a nascondere la sua malnutrizione per
qualche altra settimana. Lo sforzo fisico ha esaurito le poche
energie che aveva in corpo, per questo ha perso il controllo della
scopa.”
La
preside rimase in completo silenzio, non appena sentì quelle
parole.
Uno
studente malnutrito... le sembrava così assurdo... ma sapeva
benissimo che Madama Chips era un ottima infermiera e se diceva che
il paziente aveva quella patologia, significava che ce l'aveva.
Quello
che la preside non poteva neanche solo immaginare era che due persone
avevano sentito tutto.
Una
era Oliver, dato che voleva chiedere a Madama Chips in quale
armadietto si trovassero le medicine contro il mal di testa e aveva,
per errore, finito per ascoltare la conversazione.
Imbarazzato,
il ragazzino si allontanò in fretta e furia dalla porta, non
accorgendosi che, dietro ad una tenda, c'era nascosta una ragazzina
coi capelli rossi e le lentiggini con indosso la divisa di Serpeverde
e che stava scrivendo tutto quello che aveva udito la conversazione
delle tre donne su un'agenda violetta con su disegnati dei cuori
rilegato in pelle.
“Sul
serio?! Abel Nott era denutrito da mesi?!”
domandò, incredulo, Gal
ad Oliver, il quale era rosso come un peperone.
Aveva
cercato di mantenere il segreto, ma, purtroppo, era un libro aperto.
Pertanto,
i suoi amici, l'avevano smascherato subito e aveva dovuto vuotare il
sacco.
“In
effetti, quel ragazzo aveva un pessimo colorito e avevo notato che
mangiava sempre pochissimo.” confermò Kevin e
Teddy si mise a
chiedersi, sospettoso: “Mi domando perché abbia
preso questa
decisione...”
“Perché
è un idiota, questa è la verità! Ma
come diavolo si fa a smettere
di mangiare?! Bisogna proprio essere senza cervello per prendere una
decisione del genere!” sbuffò Gal, mentre Athena
aggiungeva: “Beh,
mi sa che si sia altamente pentito di aver fatto una cosa simile...
non solo ha ricevuto una lavata di capo di quelle toste dalla
preside, ma ha anche fatto perdere cento punti a Serpeverde per
questo.”
“E
non si è limitata a questo... ha anche ordinato ai Prefetti
e
Capiscuola di Serpeverde di tenerlo d'occhio durante i pasti e
assicurarsi che mangi sempre tutto.” rivelò Kevin
“Comunque,
temo che presto lo saprà tutta la scuola dei motivi per cui
ha perso
il controllo della scopa ieri...”
“E
come fai a dirlo?” domandò Oliver e Kevin
rivelò: “Per via di
Mafalda Prewett, meglio conosciuta come 'Radio Hogwarts'. Basta
salutarla e quella comincia a raccontarti tutto di tutti.”
“Ti
riferisci a quella rossa con le lentiggini di Serpeverde che se ne va
sempre in giro ad osservare e a fare domande, scribacchiando tutto su
quel suo quaderno?” descrisse, incuriosito, Christian e Kevin
annuì: “Sì, lo ha intitolato 'Gossip da
corridoio' e dice che ci
annota tutto quello che succede e i segreti che riesce a scovare
giorno per giorno... più di una volta ha anche detto che un
giorno
il suo contenuto verrà reso pubblico.”
“Mi
auguro di no o tutti sapranno che spesso metto le mutande al
contrario!” dichiarò, imbarazzato, Gal e, proprio
in quel momento,
Delphini lo superò e lo avvertì, con un ghigno:
“Qualcosa mi dice
che tutta la scuola lo saprà molto prima, grazie a te e alla
tua
vocina...”
“Odiosa...”
sibilò Gal, mentre la ragazzina, aggiungeva, senza voltarsi:
“L'unica cosa odiosa e indecente in questa scuola
è il tuo casco
babbano.”
Per
tutta risposta, Gal le fece una linguaccia.
Lui
era un tipo molto tollerante e gentile... ma quando parlava con
Delphini, finivano sempre per litigare o lanciarsi a vicenda delle
frecciatine.
Non
riusciva a capire il motivo di tutto ciò... era come se non
potessero farne a meno... come se si trattasse di un loro istinto
primordiale...
“Ehi,
Delphini! Aspetta!” tentò di chiamarla Athena, ma
la ragazzina si
era già allontanata saltellando come al solito.
“Accidenti...”
borbottò, seccata, la Corvonero e Oliver le
domandò: “Qualche
problema?”
“No,
volevo solo dirle che un mio compagno di Casa, Mopsus Walker, le
voleva parlare ieri...”
“Ah,
lascia perdere...” le disse una voce maschile alle sue spalle.
Il
gruppo si voltò e vide il ragazzino, il quale, grattandosi
la testa
come se fosse imbarazzato, disse: “Era una stupidaggine, non
preoccuparti... volevo solo chiederle se stava bene e scusarmi per
non averla presa al volo...”
“Veramente
non mi hai dato quell'impressione, ieri... anzi, sembravi veramente
preoccupato...” fece notare Athena, ma Mopsus
ribatté, prima di
allontanarsi: “Ero molto nervoso, dopo quella disavventura
volante... ma ti assicuro, non è niente di che. Non
pensarci.”
Mentre
se ne andava, fece finta di non notare l'occhiata dubbiosa e poco
convinta di Athena. |
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Capitolo 9 *** Voci e segreti ***
Capitolo
9: Voci e segreti
Il
freddo vento autunnale faceva muovere le colorate foglie di tutti gli
alberi del parco, facendone anche cadere qualcuna e farla volare in
aria con dei movimenti leggiadri.
Una
di esse, volteggiò in aria diverse volte, finché
non si appoggiò
su una finestra che rifletteva un ragazzino coi capelli rossi e con
un casco babbano in testa, dormiva della grossa.
Generalmente,
Gal amava distrarsi durante le lezioni e con quella di Storia della
Magia, fatta dal vecchio Ruf, un fantasma, poteva persino permettersi
di addormentarsi.
Era,
in assoluto, l'insegnante più noioso di tutta la scuola e,
più di
una volta, qualcuno si era addormentato alle sue lezioni.
Il
peggio della lezione, per Gal, era che doveva condividere la lezioni
con le persone più simpatiche della scuola, ossia i
Serpeverde e,
per di più, quel giorno aveva come vicino di banco quella
simpatia
di Abel Nott.
Il
ragazzino era così concentrato a sognare un'enorme torta di
zucche
magiche con tanta glassa e crema, che non si accorse del professore
finché Abel non gli diede un calcio alla gamba.
“Eh?!
Chi, cosa, quando, come, perché?!” disse,
frettolosamente, il
rosso, balzando in piedi, guadagnandosi le risate dell'intera classe.
Il
professor Ruf rimase un attimo in silenzio, per poi commentare:
“Bene, signor Sandlers, vedo che è tornato tra
noi... cominciavo a
temere che si fosse addormentato per sempre e sarebbe tornato qui
come fantasma.”
“Perché,
è successo agli studenti?”
“Ma
certo che no, signor Sandlers! Anche se gira questo ridicolo
pettegolezzo, nessuno è mai morto nel sonno, per poi
risvegliarsi
come fantasma! E sono anni che faccio questo lavoro, quindi posso
assicurarti che non è mai accaduto niente del genere, anche
perché
il mago in questione dovrebbe essere un autentico imbecille per non
essersi nemmeno accorto di essere morto nel sonno!”
Delphini
mise la testa sotto il banco e si mise una mano davanti alla bocca
per trattenere una risata.
Aveva
proprio ragione, il professore a definire un tizio del genere un
imbecille... dato che non si era minimamente accorto di essere lui il
soggetto del pettegolezzo, anzi, non si era neanche accorto di essere
un fantasma da secoli!
A
quello stupido interessavano solo i fatti storici...
“Comunque,
signor Sandlers, visto che si è riposato, che ne direbbe di
parlare
a tutta la classe della rivolta dei folletti del 1612?”
“La
rivolta dei folletti del 1612? Ehm...” balbettò,
imbarazzato, Gal,
cercando di ricordarsi quel poco che era riuscito a capire delle
lezioni “C'era un tipo... un folletto... o magari due... che
non
andavano tanto d'accordo con i maghi... e pertanto hanno convinto i
loro amici a combatterli con l'accusa che fossero tutti dei
ladri?”
Immediatamente,
tutta la classe, sia Grifondoro che Serpeverde, scoppiarono in una
fragorosa risata.
L'unico
che non l'aveva trovato per niente divertente era stato, ovviamente,
Ruf, il quale, dopo aver dato un'occhiataccia al povero Grifondoro,
dichiarò: “Venti punti in meno a Grifondoro. In
quanto a lei,
signor Sandlers, per punizione dovrà farmi un tema di minimo
dieci
rotoli di pergamena su cui racconta nel dettaglio tutta la vicenda
della rivolta dei folletti del 1612 per lunedì.”
“Ma,
professore... domani c'è la festa di Halloween...”
“Meglio,
signor Sandlers, così avrà meno distrazioni in
Sala Comune domani
sera.”
Proprio
in quel momento, la campanella suonò e tutti uscirono
dall'aula.
Gal
fu l'ultimo ad uscire, con l'aria di un condannato a morte.
Immediatamente,
Christian lo raggiunse e cercò di consolarlo:
“Andiamo, Gal... non
fare quella faccia...”
“E
che faccia dovrei fare, Christian?! Quella rivolta dei folletti
è
come la lezione di Storia della Magia: lunga e noiosa! E come se non
bastasse, grazie a lei, non potrò partecipare alla festa di
Halloween di domani... e dire che l'aspettavo così
tanto...”
borbottò il ragazzino e, proprio in quel momento, una voce
maschile
divertita, lo prese in giro: “Bella la tua descrizione della
rivolta dei folletti del 1612, idiota. Non vedo l'ora di assistere a
quella delle guerre dei giganti, ah ah ah!”
“Brutto
odioso e spocchioso di un vampiro!!!” strillò,
furente, Gal,
mentre Abel Nott si allontanava ridendo.
“E'
successo qualcosa?” domandò un'altra voce maschile
alle loro
spalle, stavolta più gentile e incuriosita.
I
due si voltarono e videro Teddy e Oliver, i quali camminavano assieme
ai loro compagni di Tassorosso.
“Per
punizione devo scrivere per lunedì un tema sulla rivolta del
folletti del 1912.” sbuffò il rosso, mentre
Christian lo
correggeva, sottovoce: “1612.”
“Quel
che è! Una data vale l'altra! Comunque, grazie a questa
punizione,
domani non potrò partecipare alla festa di
Halloween!” si disperò
Gal e Teddy cercò di consolarlo: “Ascolta, oggi
è venerdì. Per
arrivare a lunedì ci vogliono ancora tre giorni. Se lavori
al tema
ad ogni momento libero, domani potresti passare un po' di tempo alla
festa, che ne dici?”
Gal
si mise a riflettere un attimo, poi esultò:
“Geniale, Teddy! Farò
proprio così!”
Proprio
in quel momento, gli occhi verdi del ragazzino caddero per caso sulle
lancette del suo orologio da polso e, immediatamente, il ragazzino
urlò: “Oh, cavolo! Ma è stra tardi!
Meglio che ci sbrighiamo,
Chris o il professor Bennet ci ammazza!”
Dopo
aver detto quelle parole, Gal prese Christian per un braccio e
cominciò a correre a tutta velocità per i
corridoi.
Anche
se quel giorno il cielo era pieno di nuvole nere che minacciavano la
pioggia da un momento all'altro, tutti gli studenti mangiavano la
colazione tranquillamente, in attesa che arrivassero i gufi con la
posta.
Anche
Kevin guardava con curiosità il soffitto.
Sapeva
che non avrebbe ricevuto niente, dopotutto, i suoi genitori erano dei
normali babbani, ma era comunque uno spettacolo straordinario
guardare i mille gufi di tutte le specie che entravano nella Sala
Grande e portavano lettere e pacchi.
Inoltre,
a lui, i rapaci piacevano da impazzire...
Proprio
in quel momento, i gufi entrarono nella sala, portando le loro
consegne.
La
maggior parte dei gufi, si recò, come al solito, al tavolo
dei
Serpeverde, in quanto era il tavolo con più figli di maghi.
Uno
di loro, in particolare, attirò l'attenzione di Kevin.
Si
trattava di un gufo reale che trasportava con le sue zampe un paniere
di vimini con su un fiocco rosa.
Era
l'esemplare più bello che si fosse mai visto, non solo
secondo lui,
ma anche per tutta la sala, dato che numerosi ragazzi, soprattutto
del primo anno, alzarono la testa per guardarlo, indicandolo con
ammirazione.
Il
gufo volò con grazia ed eleganza finché non
atterrò, tra lo
stupore generale, davanti a Delphini.
“Ehi,
ti è arrivato qualcosa.” dichiarò,
incredulo, Kevin.
Assieme
a lui, Delphini era una delle poche che non riceveva mai la posta via
gufo.
Nel
frattempo, la ragazzina coi capelli d'argento fissava senza parole il
pacco e il gufo davanti a lei.
Il
gufo doveva aver sbagliato persona, non c'era altra spiegazione.
Altrimenti,
come avrebbe fatto quella vecchia arpia sdentata della Rowle a
mandarle un regalo?
Eppure
il gufo restava immobile a guardarla, aspettando che prendesse il
pacco.
Capendo
che il volatile non se ne sarebbe andato finché non avrebbe
preso il
pacco, Delphini prese il pacco e, solo in quel momento, si accorse di
una lettera legata alla zampa del gufo.
Facendo
un sospiro, la ragazzina gliela tolse e, subito, il gufo si
alzò in
volo in un frullare d'ali.
Delphini
continuò a guardare l'uccello finché non fu
sparito e solo a quel
punto, aprì la lettera che ancora teneva in mano.
Era
un semplice biglietto con su scritta una semplice frase, in maniera
elegante e raffinata: Buon
compleanno, Delphini.
Delphini
studiò a lungo quel biglietto, non sapendo cosa dire.
Solo
la vecchia sapeva che quel giorno era il suo compleanno... ma in
undici anni che convivevano, non si era mai sognata di farle gli
auguri, né tanto meno farle un regalo.
Inoltre,
la scrittura era troppo precisa e ordinata per appartenere a
quella...
Alla
fine, si mise il biglietto in tasca, con aria pensierosa.
Se
era uno scherzo, doveva ammettere che era ben realizzato... ma cosa
conteneva quel pacco?
Un
regalo? Per lei?
No,
era assurdo... eppure...
Prese
il cesto e si diresse come una furia nel dormitorio di Serpeverde.
Qualunque
cosa fosse, avrebbe aperto il cesto lì, lontano da occhi e
orecchie
indiscrete...
Kevin
la osservò un attimo, poi la sua attenzione fu attirata da
Abel
Nott, il quale stava divorando tutto quello che era contenuto nel suo
piatto.
La
sgridata dalla professoressa McGranitt aveva lasciato il segno...
così come la Strillettera che il ragazzino aveva ricevuto il
giorno
seguente alla disastrosa lezione di volo da parte di suo padre.
Comunque,
Abel aveva cominciato a mangiare di nuovo, stavolta tenuto d'occhio
sia dai Prefetti e dai Capiscuola di Serpeverde... e gli effetti si
vedevano, dato che aveva guadagnato un aspetto più sano e
roseo, con
anche la sparizione delle occhiaie.
Kevin
si alzò e si avvicinò ai tavoli dei Grifondoro
per salutare Gal e
Christian.
Fu
sorpreso nel vedere il primo circondato dai libri, intento a scrivere
a tutta velocità su un rotolo di pergamena.
“Come
va con Storia della Magia?” domandò il ragazzino e
Gal, senza
smettere di scrivere o di alzare la testa, rispose: “Male,
malissimo! Mi mancano ancora sette rotoli per essere a posto con il
compito del professor Ruf, ma non ce la posso fare!!!”
“Non
riesci a ricordare qualche data?” domandò Kevin,
cercando di
aiutarlo, ma il rosso rispose: “Tsk, magari! E' solo che ho
l'incredibile talento di distrarmi mentre lavoro... ieri ho provato a
scrivere qualcosa nel dormitorio, ma mi è bastato accendere
un
attimo la radio alle otto per ascoltare la musica e in un lampo, non
so come, sono arrivate le undici! Visto che mi si chiudevano gli
occhi, ho pensato di fare un sonnellino lampo per preparare il
cervello allo studio e mi sono svegliato alle sette del
mattino!”
“Beh,
il tempo vola quando ci si diverte...”
“E
va lento come una lumaca quando si fanno cose noiose! E intanto,
stasera mi salto la festa di Halloween!”
“Potresti
chiedere a qualcuno se ti da una mano...”
“Geniale!
Però... dove trovo qualcuno in grado di reggere le lezioni
di Ruf?”
“Perché
non chiedi a Monica di aiutarti? Se la cava abbastanza
bene...”
s'intromise Christian, ma Gal lo guardò in malo modo,
ribattendo:
“Per poi ritrovarmi a dover subire i suoi discorsi svenevoli
e
disgustosamente romantici? No, grazie!”
“Potresti
chiederlo ad Athena. E' una delle studentesse migliori di
Hogwarts...” propose a quel punto Kevin e Gal si mise a
riflettere.
In
effetti Athena era una ragazzina molto seria e studiosa... e con lei
avrebbe potuto concentrarci solo sul tema, senza nessuna voglia di
ridere o scherzare... poteva funzionare!
“Volo
a chiederglielo!” esclamò il rosso, alzandosi a
tutta velocità e
cominciando a correre.
Tuttavia,
si fermò di scatto quando un'enorme palla di pelo maculata e
spelacchiata, gli sbarrò la strada, soffiando.
Non
appena si fu un po' calmato, Gal guardò in malo modo Mrs
Purr e le
disse, scocciato: “Sciò, sciò! Vattene
da un'altra parte, stupida
gatta!”
Mrs
Purr, nonostante le intimidazioni, continuò a fissare in
malo modo
Gal, come se lo stesse sfidando apertamente.
Borbottando,
il rosso la scavalcò e si diresse verso il tavolo dei
Corvonero.
“Ehi,
Athena!” la chiamò il rosso, avvicinandosi alla
ragazzina con gli
occhiali, la quale se li risistemò e domandò:
“Sì?”
“Ecco,
io avrei un piccolo problema in Storia della Magia... cioè,
a dire
il vero non è tanto piccolo... anzi, diciamo che
è bello grosso...
comunque, io dovrei fare un tema di dieci rotoli di pergamena sulla
rivolta dei folletti del 1612 e mi chiedevo se tu, ecco...”
“...Ti
dessi una mano con il compito.”
“Esatto!
Vorrei arrivare almeno alla metà prima di stasera... sai,
per via
della festa di Halloween...”
Athena
rimase in silenzio un attimo, poi, si tolse gli occhiali e, mentre se
li puliva, dichiarò: “Ci vediamo in biblioteca
dopo pranzo. Dato
che è sabato non ci sono lezioni pomeridiane. Vedi di essere
puntuale.”
“Grazie,
grazie, grazie! Non sai che grosso favore mi dai!”
“Guarda
che ti farò lavorare sodo. Anch'io voglio andare alla festa,
stasera, e se me la fai perdere, te la faccio pagare cara.”
Delphini
chiuse la porta del dormitorio e chiuse le tende della stanza.
Non
voleva che qualcuno la vedesse anche solo per sbaglio...
Mise
il cesto sul letto e, con un po' di titubanza, lo aprì.
Non
appena vide cosa c'era dentro, rimase di sasso.
Quello
era... era...
Trattenendo
a fatica l'emozione, Delphini si avvicinò e
sussurrò: “Ciao.”
La
creatura al suo interno aprì i piccoli occhi scintillanti e
si mise
a guardarla, incuriosito.
“Tu
mi hai appena parlato? Nella mia lingua?” domandò,
sollevando la
testa e guardando la ragazzina coi capelli d'argento, la quale, con
un sorriso, annuì: “Sì. Ho questo dono
da quando sono nata. L'ho
scoperto una volta per caso quando sono andata ad Hyde Park quando
avevo cinque anni... non immagini quanti ce ne sono nel parco e
venivano vicino a me... avevo qualcosa che li attirava...”
La
creatura rimase in silenzio un attimo, poi disse: “La tua
energia.
E' molto vicina a noi ed è molto potente... avevo sentito di
umani
che parlavano la nostra lingua, ma pensavo che fossero solo
leggende... che sorpresa...”
“Beh,
non siamo poi così tanti... anche perché, questo
dono è
considerato un potere oscuro...”
“Ci
sono molti umani che ci reputano creature pericolose...”
“E
pensare che ci sono, nel mondo, creature molto più
pericolose di
voi...”
“Oh,
sì...”
“Posso
sapere da dove vieni?”
“Da
uno squallido negozio di animali... l'unica cosa che ricordo era il
vetro della mia gabbia e un sacco di stupidi ragazzini che urlavano e
che battevano il vetro cercando di svegliarmi o di farmi muovermi,
mentre gli adulti mi guardavano schifati e spaventati.”
“Dev'essere
stato tremendo per te.”
“Non
immagini quanto...”
“Sai,
se la gente sapesse di mia madre o di mio potere, mi tratterebbero
come te. Nemmeno ai maghi piace il mio potere... dicono che
è magia
oscura... chi ti ha comprato?”
“Una
signora vestita elegantemente... non l'ho vista in faccia
perché era
coperta da un velo. Mi ha indicato e la proprietaria mi ha messo nel
cesto... poi la signora mi ha toccato con un ramo e mi sono subito
addormentato, finché non mi hai svegliato.”
“In
ogni caso, sono contenta di averti conosciuto... come ti
chiami?”
“Non
ce l'ho un nome. La proprietaria non ci dava mai dei nomi, per dare
libero arbitrio ai futuri proprietari.”
“Allora,
vediamo un po'...” si mise a riflettere Delphini, per poi
domandare: “Ti andrebbe se ti chiamassi Asmodeus?”
“Sì,
è un nome molto bello... sai, ragazzina, tu mi piaci
molto... come
ti chiami?”
“Delphini.”
“Che
nome curioso...”
“E'
preso da una costellazione. Quella del delfino, per la
precisione.”
“Ah,
capisco... beh, Delphini, sei davvero una ragazzina molto
interessante. Non avrei mai creduto di provare interesse per un
umano...”
Delphini
allungò la mano verso il cesto e, subito, il lungo serpente
dalla
luminosa pelle verde si attorcigliò lungo tutto il suo
braccio.
Delphini
avvicinò il braccio al suo viso e, mentre grattava la
piccola testa
di Asmodeus, sussurrò, compiaciuta: “Credo proprio
che noi due
andremo molto d'accordo...”
“Dunque,
ora che abbiamo finito di pranzare, è giunto il momento di
fare il
tuo tema.” dichiarò la ragazzina con gli occhiali
di Corvonero,
trascinando per il polso il coetaneo di Grifondoro coi capelli rossi
e il casco da pilota, il quale tentò di protestare:
“Ma non
possiamo farlo con calma fra un'ora?!”
“Mi
hai chiesto di aiutarti per poter andare alla festa di stasera, no?
Quindi diamoci una mossa, Gal.”
I
due camminarono per un po', finché non arrivarono in
biblioteca,
come al solito piena di gente.
“Vedrai,
riuscirò a farti digerire Storia della Magia.”
dichiarò Athena,
sedendosi davanti al grande tavolo di legno, subito imitata da Gal,
il quale sbuffò: “Di sicuro non mi hai lasciato
digerire il
pranzo...”
Ignorando
il commento, Athena si sedette e aprì un enorme volume,
dicendo:
“Bene, prima di tutto, partiamo con qualcosa di semplice e
leggero...”
“Per
te quel libro sarebbe semplice e leggero?!”
“Certo,
ha solo 527 pagine. Una volta ne ho letto uno di 1.347.”
“Sto
già male...”
“Su,
non fare la lagna. Dunque, fammi vedere ciò che hai
scritto.”
Gal
glielo passò titubante e Athena lo prese e
cominciò a leggerlo.
Dopo
solo tre minuti, la ragazza lo abbassò e
dichiarò: “Per essere un
tema scritto da te... non c'è male.”
“Mi
stai dicendo che l'hai già letto tutto?!”
“Io
ho la lettura rapida. Dunque, ciò che hai scritto
è abbastanza
corretto, ma ti sei dimenticato di menzionare vari generali sia dei
folletti che dei maghi, le date storiche e i vari trattati che
vennero fatti.”
“Sono
importanti?”
“Sì.”
La
ragazzina aprì il volume e poi disse: “Dunque,
adesso aggiungi
questo...”
Sopra
alle loro teste c'erano delle zucche volanti e in tutta la sala
c'erano delle decorazioni arancioni.
Teddy
ed Oliver, i quali camminavano fianco a fianco, fissarono rapiti il
cielo notturno pieno di zucche e di tuoni dovuti alla tempesta che
c'era fuori.
“Ehi,
voi del primo anno, datevi una mossa! Guardate che le decorazioni
sono le stesse tutti gli anni!” protestò un
ragazzo del terzo anno
alle loro spalle appartenente alla loro Casa.
“Scusa...”
si scusò, immediatamente, Oliver, mentre Teddy,
profondamente
offeso, replicava: “Ehi, ma lo sai che sei veramente
maleducato?!
Questa è la prima volta che vediamo quelle
decorazioni!”
“Teddy,
ti prego... lascia stare...” borbottò,
imbarazzato, l'altro,
prendendolo per un braccio e cercando di portarlo via “Non
facciamoci rovinare la festa...”
Il
giovane Metamorfomagus, si limitò a guardare in malo modo il
tipo,
per poi lasciarsi trascinare via dall'amico.
Oliver
aveva ragione.
Non
valeva la pensa di farsi rovinare la festa di Halloween per un simile
deficiente...
I
due Tassorosso si sedettero al loro tavolo e si misero ad ascoltare
il Coro delle Rane che, guidato dal professor Vitious cantava 'In
Noctem'.
Non
appena il coro ebbe finito di cantare, Oliver, come il resto del
corpo studentesco, fece un sonoro applauso.
Accorgendosi
che Teddy, invece, aveva applaudito distrattamente, Oliver si
voltò
e domandò: “Qualche problema?”
“No,
è solo che non vedo Athena e Gal ai loro tavoli...”
“Probabilmente,
il tema di Gal ha preso più tempo del previsto.”
“E'
un peccato... così si perderanno la festa... e pensare che
Gal ci
teneva così tanto...”
“Eh,
già...”
“Comunque,
sono bravi quelli del Coro, eh? Le iscrizioni sono aperte dal secondo
anno... magari l'anno prossimo provo ad iscrivermi, che ne
dici?”
“Sì,
sì... tu canti bene...”
“Ma,
insomma, che cos'hai? Sei così assente...”
“Sono
solo preoccupato per Athena e Gal... la festa è cominciata,
ma loro
continuano a non arrivare...”
“Ma
dai, sono solo in una biblioteca. Non sono mica nella Foresta
Proibita!”
“Lo
so, eppure... non mi sento tranquillo...”
I
due rimasero in silenzio e, quando il Coro delle Rane
cominciò a
cantare 'Double Trouble', Teddy si alzò di scatto.
“Dove
vai?” domandò Oliver e Teddy rispose:
“Li raggiungo in
biblioteca. Non ho alcuna intenzione di festeggiare Halloween senza
di loro! Sono miei amici!”
“Aspetta,
vengo con te.”
I
due Tassorosso, cercando di non attirare l'attenzione, uscirono dalla
Sala Grande, approfittando del fatto che erano tutti concentrati a
guardare il Coro, per poi correre a tutta velocità verso la
biblioteca.
“Bene,
direi che abbiamo finito col tuo tema.” dichiarò
Athena, chiudendo
l'enorme volume che aveva in mano, mentre Gal, stremato, si
accasciò
al duro tavolo di legno della biblioteca, sussurrando:
“Finalmente...
sono distrutto...”
“Oh,
che esagerato...”
“Macché
esagerato! Sei mostruosa, dico davvero! Sono ore che siamo blindati
in questa stupida biblioteca per fare questa ricerca e non ci siamo
distratti un attimo! Che pomeriggio pessimo...”
“Dovresti
ringraziarmi. Sei riuscito a finire il tema e domani potrai dedicarti
alla tua attività preferita, ossia perdere tempo.”
“Ah
ah ah... beh, sappi che ci sono solo tre cose che detesto con tutto
me stesso: i compiti, le verifiche e i compiti!”
“Hai
detto compiti due volte.”
“Sì,
lo so che l'ho già detto, ma lo ripeto perché sia
chiaro che li
odio davvero!”
La
ragazzina fece un sospiro di rassegnazione e, mentre metteva via i
libri, commentò, sottovoce: “Sei un caso
disperato.”
Gal
diede un'occhiata al suo orologio da polso e, sbiancando,
gridò:
“Oh, cavolo! Ma è stra-tardi! La festa
sarà già iniziata da un
pezzo! Beh, io ti precedo Athena! Ci vediamo dopo, eh!”
“Ehi,
aspetta! La tua borsa!” gli ricordò Athena, ma il
giovane
Grifondoro era già sfrecciato fuori dalla biblioteca.
Cominciò
a correre come un matto per le scale, ma mise male un piede e cadde
malamente.
Nonostante
il dolore che sentiva in tutte le parti del corpo, Gal si
rialzò e
proseguì il suo cammino, ben deciso a raggiungere la festa
di
Halloween.
Ad
un tratto notò una porta con su un cartello con su scritto
Guasto.
Vedendo
il cartello, Gal fece una smorfia.
Quello
era il bagno di Mirtilla Malcontenta del primo piano... questo
significava solo che, come al solito, le scale lo avevano portato in
una direzione differente rispetto alla sua destinazione...
Il
suo primo istinto fu quello di girare i tacchi e andarsene, ma un
improvviso pensiero lo bloccò.
Aveva
sentito che nel bagno di quel fantasma isterico c'era la leggendaria
Camera dei Segreti, fatta costruire da Salazar Slytherin, uno dei
quattro fondatori di Hogwarts...
Sentì
l'adrenalina salirgli... stava morendo dalla voglia di entrare nel
bagno e provare a raggiungere quel posto... inoltre, quel fantasma
che non faceva altro che piangere e intasare un bagno delle ragazze
era andata alla festa di Complemorte di Nick-quasi-senza-testa, il
fantasma della sua Casa, e ne avrebbe avute per un bel pezzo...
Eccitato
al massimo, Gal fece per aprire la porta quando sentì una
voce
femminile all'interno del bagno.
Non
poteva essere Mirtilla perché la voce era calma e sicura di
sé, ma
la cosa strana era che non capiva un'acca di quello che stava dicendo
quella voce.
Era,
in assoluto, la lingua più strana che avesse mai sentito...
sembrava
che qualcuno stesse sibilando come un serpente...
Ad
un tratto, sentì qualcosa di liscio sfiorargli la gamba.
Abbassò
lo sguardo e sbiancò quando vide un grosso serpente dalla
pelle
color smeraldo, che gli girava intorno, fissandolo in malo modo.
Immediatamente,
Gal lo scacciò via e cominciò a correre il
più lontano possibile.
Non
riusciva a capire come un simile serpente fosse riuscito ad entrare
nella scuola... fosse l'aveva portato Pix per fare uno scherzo... in
ogni caso, voleva solo allontanarsi da quella bestiaccia!
Nel
frattempo, il serpente rimase in silenzio a fissare il rosso che
correva come una furia giù dalle scale.
Dopo
un po', la porta del bagno si aprì e una voce femminile
domandò:
“Qualche problema, Asmodeus?”
“Solo
un tipo col cappello più assurdo che abbia mai visto che
ficcava il
naso...”
“Ah,
credo di aver capito chi sia quel tipo... per caso aveva i capelli
rossi?”
“Sì.”
“Come
pensavo, era solo Gal...”
“Appena
mi ha visto è subito scappato via dalla paura.”
“Ben
fatto, Asmodeus. Ho aperto il passaggio per la Camera dei Segreti...
che ne dici, ci facciamo un giro?”
“Ma
non vuoi andare alla festa di Halloween?”
“No.
E' da quando ho sentito questa storia che muoio dalla voglia di farci
un giretto, anche se non sono l'Erede di Serpeverde, e stanotte
è la
notte perfetta. Sono tutti in Sala Grande a festeggiare, mentre noi
due ci divertiremo a modo nostro, lontano da tutti e con la scusa di
essere in Sala Comune.”
“Un
modo insolito di festeggiare il compleanno...”
“Lo
so, ma per me è fantastico. Dai, sali. Ci facciamo un
giretto
sotterraneo e poi torniamo alla Sala Comune di Serpeverde, prima che
gli altri tornino e si accorgano della mia assenza.”
A
quel punto, la ragazzina di undici anni coi capelli d'argento
allungò
la mano verso il serpente e quello si arrampicò sul suo
braccio.
Sorridendogli
dolcemente, Delphini rientrò nel bagno e chiuse la porta.
“Accidenti,
la biblioteca è chiusa!” sbuffò Teddy e
Oliver propose: “Forse
sono andati nella Sala Grande...”
“Li
avremmo incrociati... secondo me, le scale li hanno portati da
un'altra parte per puro dispetto.”
“Allora
cosa facciamo, Teddy? Potrebbero essere ovunque...”
“Proviamo
a cercarli. Non possono essere andati lontano... seguimi!”
I
due Tassorosso salirono sulle scale e si diressero verso il primo
piano, svoltando a sinistra.
Ad
un tratto, la loro attenzione fu attirata da una porta da cui
provenivano strani rumori e delle voci.
Immaginando
che Gal fosse entrato là dentro per esplorare il castello,
approfittando del fatto che fossero tutti in Sala Grande, mentre
Athena, da persona seria e ligia alle regole, cercava di farlo
smettere.
Teddy
prese il pomello della porta, con l'obiettivo di aprire la porta e
fare una sorpresa, ma, proprio in quel momento, dall'altra parte
della porta, si sentì: “Niente, non c'è
niente nemmeno qui!”
I
due Tassorosso sussultarono dalla paura e si guardarono, preoccupati.
Quella
non era la voce di Gal o Athena e nemmeno di uno degli insegnanti,
della preside o, persino, di Gazza...
Quella
era la voce di uno sconosciuto e la cosa non annunciava nulla di
buono...
“Ne
sei proprio sicuro, Zubin?” domandò un'altra voce,
anch'essa
maschile, e la prima rispose, seccamente: “Certo che ne sono
sicuro, Woodrow! E' da mezz'ora che siamo in questa stanza a cercare
una qualunque traccia, ma non abbiamo trovato un fico secco!”
“Meglio
che troviamo qualcosa... se torniamo ancora una volta a mani vuote,
quella ci uccide.”
“Come
se fosse facile... questo posto è un vero e proprio
labirinto! Ho
svaligiato un sacco di case babbane, ma questo castello è
impossibile! Ma chi ha costruito questo posto non poteva creare un
posto più piccolo e modesto per poter insegnare a dei
mocciosi a
lanciare degli incantesimi?!”
“Comunque,
la volta scorsa non è stata colpa nostra... se quello
stupido gatto
non ci avesse attaccato, forse avremmo trovato qualcosa...”
“Quel
maledetto gattaccio... mi ha staccato un bel pezzo di cuoio
capelluto! Ah, se mi capita di nuovo quella bestiaccia, me ne faccio
un cappello!”
“Beh,
ormai qui abbiamo finito... che ne dici, esploriamo un'altra
stanza?”
“Sì,
buona idea... tanto qui non c'è niente...”
Sentendo
quelle parole, Teddy e Oliver si risvegliarono subito e cominciarono
a correre, ma il rumore dei loro passi venne avvertito anche nella
stanza e, subito, Zubin esclamò: “Ehi, hai sentito
quel rumore?”
“Sì...
non sarà di nuovo quel gatto infernale?!”
“Ma
quale gatto... qui c'è qualche ragazzino un po' troppo
curioso!”
“Allora
dobbiamo scappare prima che dia l'allarme!”
“Stai
scherzando?! E' solo un ragazzino, altrimenti ci avrebbe già
affrontati! Sistemiamolo e continuiamo a cercare! Tanto tutti gli
altri sono a festeggiare!”
“Sì,
ottima idea!”
Contemporaneamente,
i due ragazzi continuarono a correre, finché non giunsero
davanti al
bagno di Mirtilla Malcontenta.
“Presto,
infiliamoci qui dentro e speriamo che non ci becchino!”
ansimò
Teddy, indicandolo, e Oliver notò: “Ma non
possiamo entrare, è il
bagno delle ragazze!”
“Invece
sì, è il bagno di Mirtilla Malcontenta e non ci
va mai nessuno!”
Il
Metamorfomagus prese il braccio dell'amico e aprì la porta
del
bagno.
Per
poco, i due non si misero ad urlare.
Davanti
a loro, c'era una ragazzina coi capelli d'argento, con la bacchetta
puntata contro.
“Delphini?!
Ma cosa ci fai qui?!” domandò, senza parole,
Teddy, mentre,
assieme ad Oliver, entrava e chiudeva la porta del bagno, e la
ragazzina ribatté, prontamente: “Cosa ci faccio
qui? Cosa ci fate
voi
qui, piuttosto!
Nel caso non l'aveste notato, questo è il bagno delle
ragazze!”
“Scusa,
ma dobbiamo trovare un nascondiglio alla svelta, ci sono
due...”
cominciò Oliver, ma la ragazzina, con un'abile mossa, gli
tappò la
bocca e tirò fuori la bacchetta.
I
tre sentirono un rumore di passi dall'altra parte che si fermarono
proprio davanti alla porta.
“Laggiù
ci sono le scale! Presto, dobbiamo raggiungerlo!”
urlò una voce,
mentre un altro tentava: “Ehi, aspetta, Zubin... ecco, io
stavo
pensando...”
“Oh,
ci rifai? Lo sai, Woodrow, che tutte le volte che provi a fare il
furbo, fai solo la figura dello stupido!”
“Senti,
e se quel ficcanaso si fosse intrufolato in quel bagno
guasto?”
Oliver
e Teddy, sentendo ciò, trattennero il respiro per la paura,
mentre
Delphini, senza perdere la calma, puntò la bacchetta verso
la porta
con la mano libera.
“Woodrow,
sei un idiota! Figurati se un ragazzino è così
furbo! I mocciosi
seguono l'istinto, da che mondo è mondo! E poi là
dentro ci vive
solo un fantasma isterico, figurati se quel moccioso ha voglia di
affrontarlo! Andiamo, sbrighiamoci a scendere, prima che ci
scappi!”
“Va
bene, Zubin... il capo sei tu...”
I
passi dei due cominciarono a scendere, finché non svanirono
del
tutto.
Solo
a quel punto, Delphini lasciò andare Oliver che, assieme a
Teddy,
ricominciò a respirare.
“Ragazzi,
che spavento... ho temuto di avere un infarto...”
commentò il
primo, mentre l'altro annuì: “A chi lo
dici...”
Contemporaneamente,
Delphini aprì leggermente e il più silenzio
possibile, la porta del
bagno e, senza alcun segno d'inquietudine e di paura, si mise a
guardare da tutte le parti, per vedere se quei due se ne fossero
davvero andati.
Teddy
rimase impressionato dalla calma e dal sangue freddo che la ragazzina
mostrava.
Sembrava
quasi che non temesse niente... e questo la rendeva una leader molto
dotata e competente.
Dopo
aver controllato, Delphini si voltò di nuovo verso i due e,
indicando col pollice dietro di sé, dichiarò:
“Se ne sono andati.
Allora?”
“Allora
cosa?” domandò, non capendo, Oliver e la giovane,
con uno sbuffo,
rispose: “Pronto, c'è nessuno? Ci sono due tizi
sconosciuti che
sono in giro per la scuola. Di sicuro non hanno delle buone
intenzioni, altrimenti non sarebbero venuti qui approfittando del
fatto che sono tutti giù a festeggiare la festa di
Halloween! Prima
che vi scoprissero, avete scoperto qualche cosa sul loro
conto?”
Oliver
e Teddy si guardarono un attimo, poi il secondo ricordò:
“Hanno
parlato di Mrs Purr! Hanno detto che la volta scorsa non sono
riusciti a trovare niente perché hanno avuto a che fare con
lei...
sono loro i due intrusi del mese scorso!”
“Bene,
allora è tutto chiaro.” commentò
Delphini e Oliver domandò:
“Cosa è chiaro?”
“Ma
non è ovvio? Quei due sono qui per cercare qualcosa
all'interno
della scuola, sennò non si sarebbero scomodati a venire qui
per ben
due volte!” rivelò, seccata, la ragazzina.
Le
sembrava di parlare con dei mocciosi delle elementari e non con dei
suoi coetanei...
Dopo
aver detto quelle parole, Delphini aprì la porta del bagno e
dichiarò: “Beh, vado a sistemare una volta per
tutte quei due
intrusi. Voi due andate in Sala Grande e avvisate la
McGranitt.”
“Cosa?!
Scordatelo! Io vengo con te!” rispose, immediatamente, Teddy,
lasciando Oliver sbigottito per quell'audacia.
Delphini,
si girò, con gli occhi sgranati e disse: “Scusa,
puoi ripetere?”
“Ho
detto che vengo anch'io! Non ho alcuna intenzione di lasciarti andare
da sola ad affrontare quei due!” riprese, con energia, Teddy,
deciso a non cedere.
“Mi
auguro che tu stia scherzando... io non ho bisogno di voi, me la cavo
da sola.”
“Una
ragazzina del primo anno contro due maghi adulti ed esperti? Ma non
farmi ridere! Come minimo, ti uccidono in tre secondi!”
“Ti
piacerebbe... tu non sai chi sono io.”
Mentre
sibilò quelle parole, Oliver ebbe l'impressione di vedere
gli occhi
neri di Delphini diventare rossi come il sangue, ma ciò
durò solo
qualche secondo e, immediatamente, essi ritornarono al solito nero,
pertanto penso di esserselo immaginato o di essere stato vittima di
uno scherzo della luce.
“Non
importa! Io non intendo lasciarti da sola! Potrebbe succederti
qualcosa e non voglio che accada!” urlò Teddy e
Delphini lo guardò
senza parole.
Per
la prima volta, a qualcuno importava di lei... e non perché
poteva
ricevere qualcosa in cambio, ma perché voleva aiutarla...
Immediatamente,
diventò rossa come un peperone e, voltandosi di scatto,
balbettò:
“Oh, e va bene! Fa come credi!”
“Vengo
anch'io con voi!” esclamò, in quel momento, Oliver
e Delphini, con
un tono esasperato, borbottò: “Sì,
sì, sì... unisciti anche
tu...”
I
tre, quindi uscirono dal bagno, ma, mentre camminava, in testa al
piccolo gruppo, Delphini non poté fare a meno di sorridere
dolcemente.
Ormai,
Gal non aveva alcun dubbio.
Si
era perso.
E
anche piuttosto bene.
Dopo
aver corso come un matto, per evitare quella bestiaccia, si era
accorto di essersi perso in quel assurdo labirinto... come avrebbe
fatto, adesso, a ritrovare la Sala Grande?
Si
mise a riflettere, finché non sentì un passo
leggero alle sue
spalle.
Immediatamente,
si nascose dietro ad un arazzo gigantesco che mostrava un tipo
bastonato dai troll, perché sospettava di sapere a chi
appartenevano
quei passi...
Già
immaginava il sorriso divertito e sadico di Gazza quando l'avrebbe
beccato a farsi un giretto non autorizzato... per non parlare delle
risate che si sarebbe fatta quella stupida gatta spelacchiata!
Tuttavia,
quando i passi furono più vicini, Gal sgranò gli
occhi quando sentì
la voce di Abel Nott dire, con la voce più allegra che
avesse mai
sentito dalle sue labbra: “Certo che sono stati davvero
gentili a
darci come al solito tutto quel cibo senza fare domande, vero? Se
penso che la prima volta che sono sceso laggiù, pensavo di
rubarlo... invece, appena mi hanno visto, non la finivano
più di
riempirmi le braccia e il cestino con del cibo!”
Gal
rimase senza parole quando gli parve di sentire un rumore... come
qualcuno che annuiva...
“Oh,
insomma... ti ho detto mille volte di non parlare con la bocca piena.
Non è da signorine!” continuò la voce
di Abel, mentre si
allontanava dal Gal e dal suo nascondiglio, e, ad un tratto, Gal
sentì una porta aprirsi e la voce di Abel dire: “E
non mettermi il
muso... anche se non ti vedo, so benissimo che ce l'hai. Guarda che
io ti conosco.”
Non
appena la porta si chiuse, Gal uscì fuori dall'arazzo e
corse nella
direzione in cui si era diretto Abel, ma rimase di sasso quando vide
solo un muro e nessuna porta, così come non si vedeva da
nessuna
parte il Serpeverde.
Eppure
era certo di aver sentito la voce di Abel e anche una porta che si
apriva...
Scrollò
le spalle e si diresse di nuovo verso le scale.
Di
sicuro era stato solo frutto della sua immaginazione...
Athena
stava camminando sulle scale con una borsa a tracolla e un'altra,
piuttosto rovinata, in mano.
Quello
stupido di Gal era schizzato fuori dalla biblioteca dopo la lezione
e, come un perfetto rimbambito, si era dimenticato la sua borsa e,
pertanto, si era ritrovata a prendersela a carico, con l'intenzione
di riconsegnargliela il giorno seguente.
Adesso,
era troppo stanca per andare alla festa, dover insegnare Storia della
Magia ad una zucca vuota era veramente tremendo...
Si
era fatta un bel bagno rilassante, approfittando del fatto che non
c'era nessuno e adesso si stava dirigendo verso la Torre di
Corvonero, con l'obiettivo di leggere un po' e poi andare a letto.
Ad
un tratto, svoltò l'angolo e urlò dalla paura,
facendo cadere per
terra la borsa di Gal: davanti a lei c'erano due tizi che non aveva
mai visto primo.
Athena
avrebbe voluto prendere la bacchetta per sistemare i due, ma non ce
la faceva.
Sentiva
le ginocchia tremarle dalla paura... se qualcuno l'avesse toccata,
probabilmente sarebbe caduta per terra come un sacco di patate.
“Ehi,
Zubin! Credo proprio che l'abbiamo trovato quel brutto
spione!”
disse un tipo alto e pelato, mentre l'altro, che era più
basso e con
un basco in testa, annuì: “Già, che
sorpresa. Credeva di averci
seminati, quella furbetta, e invece... guardala, Woodrow, sta
tremando dalla paura!”
Athena
cercò di chiedere aiuto, ma dalla sua gola non riusciva ad
uscire
niente... non osava nemmeno pensare a cosa sarebbe successo adesso...
nessuno sarebbe venuto in suo soccorso...
Ciò
che la ragazzina non sapeva era che, dietro ad una colonna, Teddy,
Oliver e Delphini stavano osservando la scena.
“Oh,
accidenti! Per colpa nostra, credono che Athena li abbia spiati e le
faranno del male ingiustamente!” sussurrò,
preoccupato, Oliver,
mentre Teddy tirò fuori la bacchetta e, senza mezzi termini,
disse:
“Andiamo ad aiutarla, presto!”
Stava
per dire un incantesimo, quando Delphini gli tappò la bocca
e gli
sibilò: “Non gridare, tonto, sennò ci
scoprono. Il fatto che quei
due non sanno che noi siamo qui, è di vitale importanza, ma
per
vincere dobbiamo saper giocare bene le nostre carte. Venite con me e
pensiamo ad un piano.”
Teddy
sentiva di dover combattere subito per salvare Athena, ma sapeva che,
purtroppo, Delphini aveva ragione.
Dovevano
prima studiare un piano per mantenere il loro vantaggio e sconfiggere
i loro avversari, dato che si trattava pur sempre di maghi adulti...
All'improvviso,
Delphini domandò a Teddy, senza mezzi termini: “So
che conosci i
proprietari dei famosi 'Tiri vispi Weasley', non è che per
caso ti
hanno dato della Polvere Buiopesto peruviana?”
“Sì.-
annuì, immediatamente, il ragazzino -Me l'ha mandata zio
George di
nascosto da sua madre e da mia nonna...”
“Ce
l'hai?”
“Un
attimo che controllo...”
Teddy
aprì la borsa che portava a tracolla e, dopo aver frugato un
attimo
al suo interno, dichiarò: “Sì! Ho con
me un vasetto!”
“Perfetto,
ecco il piano: la lanciamo a quei delinquenti e approfittiamo del
buio improvviso per portare via Athena e correre ad informare la
McGranitt. Quei due si faranno prendere dal panico, perché
con
questa polvere, non funziona più alcun incantesimo
d'illuminazione,
ma abbiamo solo pochi minuti di tempo prima che l'effetto svanisca e
tutto torni come prima. Pertanto, il fattore tempo è
fondamentale.
Una volta individuata Athena, dobbiamo allontanarci il più
velocemente possibile e raggiungere la Sala Grande, prima che quelli
ci diano di nuovo la caccia. Pensate di farcela?” propose la
ragazzina, per poi guardare negli occhi i suoi interlocutori, in
attesa di una risposta.
Teddy
rimase un attimo a riflettere, per poi annuire, con convinzione:
“Sì,
sono pronto.”
“E
allora andiamo.”
Teddy
passò alla compagna un vasetto, la quale
sussurrò: “Al mio tre,
correte, intesi?”
“Sì.”
“Bene.
Uno... due... TRE!”
Con
tutta la forza che aveva in corpo, Delphini lanciò il
vasetto che si
schiantò al centro del corridoio, facendo uscire una densa
nuvola
nera.
“Adesso!”
urlò la ragazzina, correndo dentro di essa, seguita da Teddy
e
Oliver.
“Athena,
non preoccuparti, siamo noi! Siamo venuti a salvarti! Dove
sei?!”
chiamò Oliver e una spaventata voce femminile gli rispose:
“Sono
qui! Non si vede niente!”
Ad
un tratto, si sentì un urlo e la voce imbarazzata di Teddy:
“Tranquilla, Athena, sono io, Teddy, quello che ti ha preso
il
polso... Oliver, Delphini! Presto, scappiamo!”
Sentendo
quelle parole, la voce di Zubin urlò: “Stanno
scappando! Presto,
Woodrow, inseguili!”
“Subito,
capo!”
Ma,
quasi subito, si sentì un urlo e numerosi tonfi.
“Quell'idiota...
è caduto giù dalle scale... vorrà dire
che mi occuperò io di quei
mocciosi infernali quando questa maledetta nebbia sarà
finita...”
borbottò il mago, mentre la polvere cominciò a
diradarsi.
Quando
la nebbia scomparve del tutto e poté vedere davanti a
sé, sgranò
gli occhi per la sorpresa.
Davanti
a lui, infatti, c'era una ragazzina coi capelli d'argento, ad
eccezione di alcune ciocche azzurre, gli occhi neri, con lo stemma di
Serpeverde sulla divisa, con le braccia incrociate e la bacchetta
nella mano destra.
“E
tu chi diavolo sei?” domandò, senza parole, Zubin
e la ragazzina:
“Sono Delphini Black, studentessa di Serpeverde del primo
anno. Per
la cronaca, sono una dei mocciosi infernali e colei che ha avuto
l'idea della Polvere Buiopesto peruviana.”
“Quindi
hai voluto restare indietro per permettere ai tuoi amici di levare le
tende?”
“Amici?
Io li chiamo semplici conoscenti. Comunque, non sto permettendo a
nessuno di scappare. Molto semplicemente, ho deciso di restare qui
per combattere contro di te e migliorare le mie abilità da
duellante.”
“Ma
chi ti credi di essere, ragazzina? Pensi di essere al Club dei
Duellanti? Guarda che io non sono mica un avversario al tuo livello!
Potrei farti molto male...”
Per
tutta risposta, Delphini si mise in posa e, con un sorriso beffardo,
rispose: “Buffo... potrei dirti la stessa cosa.” |
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Capitolo 10 *** Colpi di spada, colpi di bacchetta ***
Capitolo
10: Colpi di spada, colpi di bacchetta
Lo
strano tonfo proveniente dalla fine del corridoio, fece voltare di
scatto Gal.
Sembrava
il suono di qualcuno caduto giù dalle scale, ma gli sembrava
così
assurdo... dopotutto, era lui quello che cadeva sempre dalle scale.
Si
diresse verso il suono del rumore e rimase senza parole, quando vide
un tizio che non aveva mai visto prima, rialzarsi dolorante e
massaggiarsi la schiena, sussurrando: “Accidenti, che
botta...
maledetta nebbia...”
Immediatamente,
Gal si nascose dietro ad un'armatura, per riflettere.
Quello
era un intruso... forse lo stesso della volta scorsa!
Tutta
la scuola e i suoi amici erano in pericolo!
Doveva
assolutamente fare qualcosa!
L'unico
problema era che... non aveva la bacchetta a portata di mano.
Quel
giorno avevano avuto solo erbologia e pozioni, dove la bacchetta non
serviva, perciò l'aveva lasciata nel suo dormitorio... e
dopo
pranzo, Athena l'aveva portato subito in biblioteca per finire quel
mostruoso tema per Ruf...
E
adesso era bloccato lì.
Voleva
uscire dal nascondiglio e affrontare quel tizio, ma senza bacchetta
era praticamente rovinato... se fosse uscito senza un'arma, sarebbe
stato solo ridicolo...
Quello
l'avrebbe sconfitto in tre secondi... riusciva quasi a sentire la
risata beffarda di Delphini, la quale gli avrebbe detto, senza troppe
cerimonie, che era proprio uno stupido... ma non poteva restarsene
immobile a non fare niente.
Doveva
affrontarlo e combattere contro di lui... glielo diceva il suo
istinto!
Alzò
lo sguardo e sgranò gli occhi per la sorpresa.
Davanti
a lui c'era un bambino suo coetaneo coi capelli rossi, le lentiggini
e gli occhi verdi, con un grande sorriso e il volto sporco.
Stranamente,
non indossava la divisa di Hogwarts, ma vecchi, sporchi e logori
abiti che Gal non aveva mai visto in vita sua e sulla testa portava
un vecchio e malandato cappello a punta che gli stava così
largo che
gli copriva gli occhi e il ragazzino doveva tenerselo su con una
mano, il quale gli era, stranamente, familiare...
Non
appena ebbe focalizzato bene il cappello, spalancò la bocca,
senza
parole.
Quello
era il Cappello Parlante!
Ma
come faceva ad avercelo sulla testa?!
Doveva
trovarsi nell'ufficio della McGranitt...
Chi
era quel ragazzino così strano?! E poi, come faceva a
restarsene
così tranquillo senza bacchetta e con un intruso a pochi
passi da
loro? Anzi, se le stava nel mezzo del corridoio, incurante del
tipo...
Poi,
improvvisamente il misterioso ragazzino indicò qualcosa
nella sua
direzione e, voltandosi, vide un'armatura con una spada.
Per
caso...
“Ehi,
scusa... per caso, vuoi che usi questa spada per affrontare quel
tizio?” domandò, sottovoce, Gal e il ragazzino,
sempre col suo
allegro sorriso, annuì.
Gal
si mise a guardare in silenzio la spada... sì, era un metodo
un po'
vecchio per difendersi, ma così non avrebbe fatto la figura
del
deficiente incosciente...
Tolse
la spada dall'armatura, la quale era, stranamente, molto leggera e,
dirigendosi verso il tizio e, senza troppe cerimonie,
annunciò: “Non
so chi diavolo sei tu, ma ti consiglio di lasciare subito la scuola,
se non vuoi finire male!”
Il
tizio si voltò per vedere chi lo stesse sfidando e quando
capì che
si trattava solo di un ragazzino, scoppiò a ridere:
“Ma chi credi
di spaventare, ragazzino? Non hai nemmeno la bacchetta! Fai solo
ridere, proprio come quel tuo stupido cappello che hai in
testa!”
“Beh,
ho quest'arma e ciò sarà più che
sufficiente!” dichiarò Gal,
mostrando con orgoglio la sua spada, mentre Woodrow domandava, sempre
trattenendo le risate: “Una spada? Ah ah ah ah ah! Quella
roba,
ormai, non si usa più! E, soprattutto, non può
difenderti”
“E
invece, io la uso! Avanti, affrontami se ne hai il coraggio!”
“Come
vuoi, ragazzino... Pietrificus Totalus!”
Il
colpo uscì improvviso dalla bacchetta e, d'istinto, Gal si
mise la
spada davanti, come se volesse proteggersi.
L'incantesimo,
pertanto, colpì la spada, ma, inaspettatamente, questo
rimbalzò, e
colpì un topo lì vicino che diventò
immobile.
“Cosa
diavolo...?!” sussurrò il tizio, senza parole,
mentre Gal,
nonostante fosse altrettanto sorpreso da quello sviluppo,
esultò:
“Come puoi vedere, non sono così sprovveduto... il
nostro sarà
uno scontro equo!”
“Se
credi di fare la spiritosa, caschi male, ragazzina!”
dichiarò
Zubin, puntandole contro la bacchetta.
Delphini
osservò il mago in silenzio, per poi domandare:
“Ti è mai stato
insegnato come ci si sfida a duello?”
“Eh?!
Ma che razza di domanda è?! Certo che
sì!”
“Bene,
allora saprai che prima di tutto ci si deve inchinare... bisogna
osservare le regole nel dettaglio, perché rispettarle
significa
avere un'ottima conoscenza delle buone maniere...”
“Non
ho alcuna intenzione di farmi fare la predica da una ragazzina di
undici anni!” sbottò l'uomo, lanciandole contro un
incantesimo.
Per
tutta risposta, Delphini parò l'attacco con un Finite
Incantatem,
per poi guardare con uno sguardo omicida l'avversario e sibilare,
mentre gli occhi diventavano rossi come il sangue: “Ho detto
che
prima di tutto ci si deve inchinare!”
Poi,
senza emettere alcun suono, dalla sua bacchetta partì un
raggio che
centrò in pieno il nemico e che lo fece sbattere contro
un'armatura.
Il
mago si rialzò dolorante e, senza parole, vide che Delphini
se ne
stava immobile, con un sorrisetto sadico, accarezzando dolcemente la
bacchetta.
Anche
se gli occhi erano di nuovo neri, Zubir capì che quella non
era
un'avversaria da sottovalutare... e, cosa più importante,
non era
neanche troppo sana di mente.
Qualunque
persona avrebbe pensato solo a schivare i colpi e ad attaccare,
invece a quella lì interessava solo il rispetto delle regole.
Tuttavia,
il colpo che gli aveva lanciato era stato potente... troppo
potente...
Si
affrettò ad alzarsi e ad inchinarsi, anche se in maniera
molto
goffa.
Delphini,
però, parve soddisfatta e, con un sorrisetto, disse:
“Molto
bene... visto che è importante seguire le regole?”
A
quel punto, anche Delphini, s'inchinò, ma in maniera molto
più
elegante e raffinata.
Chiunque
fossero i genitori di quella ragazzina dovevano essere delle persone
molto ricche ed importanti... adesso che ci pensava meglio, c'era una
famiglia di maghi molto ricca e influente chiamata Black, che faceva
persino parte delle Sacre Ventotto... ma no, era ridicolo!
Gli
ultimi due eredi maschi erano morti da tempo... Regulus durante la
Prima Ascesa del Signore Oscuro e Sirius durante la battaglia
all'Ufficio Misteri tredici anni prima... ma quella ragazzina era
troppo giovane per essere la figlia di una di loro... eppure...
“Molto
bene, adesso che abbiamo finito i convenevoli, possiamo
iniziare.”
dichiarò Delphini, mentre l'avversario, dichiarava:
“Era ora,
maledetta piccola peste! Ti farò rimpiangere di essere stata
così
imprudente e spiritosa!”
“Non
ho paura di te. Fa pure del tuo peggio.”
“E'
meglio... se ci fermiamo un attimo... tanto non sembra che ci stiano
inseguendo...” dichiarò Teddy, ansimando
pesantemente.
Immediatamente,
Oliver e Athena smisero di correre e si accasciarono per terra, per
poter respirare.
Dopo
un po', Teddy si voltò e si accorse che c'era una persona
che
mancava all'appello.
“Ehi,
un momento... dov'è Delphini?” domandò
Teddy e Oliver rispose:
“Ma... io credevo che fosse dietro di noi...”
“Anch'io...”
Non
ci volle molto perché i due Tassorosso capirono com'erano
andate le
cose.
“Quella
furbetta...” commentò Oliver, mentre Teddy
dichiarava, adirato:
“Questa me la paga! Non ha fatto altro che parlare del
salvataggio
che avremmo fatto insieme per tutto il tempo, ma, invece, voleva solo
sbarazzarsi di noi alla prima occasione!”
Mentre
il compagno di Casa protestava, adirato, Oliver si avvicinò
ad
Athena, la quale si stava riprendendo sia dalla corsa che dallo
spavento e le domandò, preoccupato: “Tutto
bene?”
“Sì...
adesso che sono lontana, mi sto riprendendo... scusatemi... anche se
avevo la bacchetta a portata di mano, non sono riuscita ad usarla per
la paura... vi devo essere sembrata proprio infantile...”
balbettò,
imbarazzata, la ragazzina, ma Oliver la rincuorò subito:
“Non
preoccuparti. Anch'io mi sarei spaventato a morte se mi fossi trovato
in quella situazione... però, è meglio
affrontarla la paura, sennò
finisce che continui a vivere nel terrore e, dopo, non riesci
più ad
essere felice.”
Athena
rimase sorpresa dalla profondità di Oliver, il quale, molto
spesso,
preferiva restarsene in silenzio, ma, quando parlava, rivelava la sua
profondità.
Dopo
un po', la ragazzina si alzò in piedi e dichiarò,
con orgoglio:
“Non alcuna intenzione di rivederli neanche come Molliccio!
Ho
altre cose che mi spaventano!” Non appena finì di
parlare, Oliver
prese una tavoletta di cioccolato dalla sua borsa, per poi dirle, con
un sorriso, mentre gliela passava: “Il cioccolato
è la pozione
migliore per recuperare le energie e, soprattutto, per riprendersi da
brutte esperienze. Garantisco che funziona. Quando le cose vanno
male, mangiare qualcosa di dolce fa sempre bene.”
La
ragazzina fece un sorriso, per poi dire: “Avete ragione. E'
stato
un momento di debolezza, ma adesso sono pronta a combattere,
farò
vedere i sorci verdi a quei maledetti farabutti!”
“Brava,
così si parla! E se vuoi, puoi metterlo in pratica anche
adesso.”
dichiarò Teddy “Vado ad aiutare Delphini. Se
volete, potete venire
con me.”
“D'accordo!”
esclamò, piena di grinta, Athena “Ho giusto una
gran voglia di
dare a quelli una bella lezione...”
Mise
di nuovo la spada davanti a sé e, ancora una volta,
parò l'attacco
dell'avversario, il quale, invece, colpì un'armatura
lì vicino.
Deciso
a fare lui, stavolta, il primo attacco, Gal sollevò la spada
e cercò
di tirare un colpo, ma, sfortunatamente, prese male la mira ed essa
colpì l'armatura di fianco a sé, facendola cadere
assieme alle
altre dieci di fianco a sé.
Gal
cercò di spostarla, ma gli diede così tanta forza
ed energia che,
invece, colpì il quadro nel muro, provocando un bello
squarcio.
“Ehi!”
protestò il soggetto, adirato, e Gal, imbarazzato, si
scusò: “Mi
scusi!”
Combattere
con la spada era più difficile del previsto... aveva
già fatto
cadere un centinaio di armature e rotto vari quadri e arazzi...
La
McGranitt l'avrebbe, ovviamente, ucciso... però, dopotutto,
era la
prima volta che combatteva con la spada... inoltre, anche Woodrow
doveva schivare numerosi fendenti di spada...
“Ma
guarda dove vai, stupido ragazzino!” protestò il
ladro e, il
rosso, imbarazzato, ammise: “Scusa, è la prima
volta che uso la
spada... e temo di avere qualche piccolo problema...”
“Alla
faccia del piccolo, moccioso! Mi hai quasi rapato i capelli con
quella roba!”
“Guardala
dal lato positivo... se decidessi d'intraprendere la carriera
militare babbana risparmieresti il costo del parrucchiere.”
“Ma
mi prendi anche in giro?!”
Vedendo
che con l'attacco era tremendamente negato, Gal decise di continuare
ad usare la spada come arma difensiva, sperando che, finalmente,
qualcuno venisse ad aiutarlo.
Ad
un tratto, sentì un rumore provenire sotto di lui e,
abbassando gli
occhi, vide un lampo di luce azzurra provenire da qualche piano sopra
di lui.
Qualcuno
stava combattendo... magari era anche in pericolo di vita... doveva
assolutamente salvarlo!
Deciso
a distrarre l'avversario, per correre in aiuto della persona in
pericolo, Gal si mise nella posizione di un giocatore di baseball
quando si prepara a ricevere la palla, la quale l'aveva vista una
volta nel televisore di suo zio.
Non
appena l'avversario ebbe lanciato l'incantesimo, Gal lo parò
ancora
una volta, ma decise di rispedirlo indietro.
L'attacco
era molto potente e il ragazzino capì che si trovava in una
fase di
stallo.
Uno
dei due sarebbe crollato, permettendo all'altro di vincere... ma chi?
L'unica
cosa che Gal sapeva con certezza era che la spada non avrebbe retto a
lungo e, quando si sarebbe rotta, lui avrebbe perso la battaglia.
Non
l'avrebbe permesso assolutamente!
Doveva
resistere... doveva usare tutta la sua forza!
Cominciando
ad urlare per la fatica, la rabbia e le disperazione, Gal
cominciò a
incanalare tutta la sua forza nelle braccia e nella spada.
Alla
fine, con un ultimo ed estremo sforzo, il ragazzino riuscì a
rispedire indietro l'attacco.
“Cosa
diavolo...?!” urlò Woodrow, prima che
l'incantesimo lo colpisse in
pieno allo stomaco e, con incredibile violenza, lo fece volare
all'indietro finché non colpì in pieno una
bacheca piena zeppa di
medaglie e trofei, sparpagliandoli da tutte le parti e generando un
gran baccano.
Gal
ansimò pesantemente, stremato e coi capelli rossi spettinati.
Ce
l'aveva fatta... ce l'aveva fatta!
Era
riuscito a sconfiggere un avversario armato solo di una spada,
un'arma considerata da tutti fuori moda e senza più alcun
valore!
Si
sentiva un campione, anzi un drago!
Chissà
che faccia avrebbero fatto Christian e gli altri, non appena avessero
saputo della vicenda... comunque, una volta che quella storia fosse
finita, avrebbe imparato ad usare la spada.
Proprio
in quel momento, si sentì un altro colpo proveniente
dall'alto e Gal
riprese il controllo di sé stesso.
Non
c'era tempo da perdere!
Una
persona si trovava in pericolo e lui doveva salvarla!
“Sapete,
forse non è necessario combattere...”
esclamò, ad un tratto,
Athena e gli altri due ragazzi si voltarono a guardarla, incuriositi.
“Cosa
intendi?” domandò Oliver e Athena rispose:
“Ascoltate, Teddy è
un Metamorfomagus... se prendesse le sembianze di una cosa che questi
intrusi temono, li spaventerebbe e quelli se ne andrebbero.”
“In
effetti, potrebbe funzionare...- ammise Teddy -Ma io posso assumere
completamente solo l'aspetto fisico di una persona. Per gli animali,
invece, prendo solo alcune piccole caratteristiche, ma per la maggior
parte, resto umano.”
“Nessun
problema. Trasformati in una persona che sappiamo per certo che li
terrorizzi.” propose Athena e Teddy fece notare:
“Ma dove
troviamo una persona che li spaventerà a morte?”
Aveva
appena formulato quella frase che un pensiero gli attraversò
la
mente e, assieme a lui, anche Athena e Teddy.
“Perché
non provi a prendere le sembianze di Tu-sai-chi?” propose
Athena e
Teddy, con una faccia disgustata, fece notare: “Ma Voldemort
è
morto da undici anni... non pensi che si farebbero due domande,
vedendoselo davanti?”
“Lo
so, ma dobbiamo tentare... se non funziona, combattiamo.”
dichiarò
la ragazzina, cercando di trattenere un brivido quando Teddy
pronunciò il suo nome “Credimi, Tu-sai-chi fa
ancora paura a molti
maghi. Con questo stratagemma riusciremo a sconfiggerli.”
“Potrei
prendere le sembianze della McGranitt...”
“Certo,
la cosa li spaventerebbe, ma quasi subito ti attaccherebbero e
scoprirebbero che non sei la vera preside. Con Tu-sai-chi, invece...
vedendoti con quell'aspetto non proveranno nemmeno ad attaccarti,
perché la cosa equivalerebbe ad un vero e proprio suicidio.
Credimi,
Teddy, nemmeno a me entusiasma vedermi davanti la faccia di
Tu-sai-chi... ma è la soluzione migliore, credimi.”
“E
va bene... non sono sicuro che funzionerà, ma
proviamo.”
Teddy
fece un bel respiro profondo, poi cominciò a concentrarsi.
Pensò
al viso di Voldemort, alla sua espressione sadica, le sue dita
lunghe, al suo volto massacrato dagli Horcrux e i suoi occhi da
serpente rosso sangue...
Ad
un tratto, lo sentì.
Un
formicolio lo avvolse in tutto il computer, partendo dai piedi e
risalendo per tutto il corpo fino alla testa.
Mentre
si trasformava, continuò a pensare a Voldemort.
Se
si fosse distratto anche solo un attimo con una trasformazione
così
complessa, sarebbe stato un macello.
Sentì
che stava diventando sempre più alto e che la pelle
continuava a
prudergli sempre di più, ma doveva resistere
finché la metamorfosi
non avesse funzionato e non fosse stata stabile.
Finalmente,
sentì il pizzicore diminuire, finché non smise
del tutto.
Solo
a quel punto, Teddy aprì gli occhi e guardò i
suoi due compagni, i
quali, se prima erano, più o meno, della sua altezza, adesso
sembravano molto più bassi, lo fissarono senza parole e
leggermente
spaventati.
“Accidenti...”
si lasciò sfuggire Oliver, mentre Teddy domandava:
“Ha
funzionato?”
“Sì,
ha decisamente funzionato.” rispose Athena, cercando di
riprendersi.
Anche
se sapeva benissimo che quello davanti a lei era Teddy, faceva una
certa impressione vedersi davanti Voldemort...
“Come
sto?” domandò, nervoso, il ragazzo e Oliver
rispose: “Sei
spaventoso.”
“Un
motivo in più per muoverci subito. Sistemiamo la cosa, prima
che mi
veda qualcuno e si scateni un putiferio.” fece Teddy, ma
Athena lo
fermò: “Aspetta, non puoi ancora andare!”
“Perché?
Mi sembra di avere lo stesso aspetto di Voldemort... ho per caso
sbagliato qualcosa nella trasformazione?”
“No,
no, tranquillo... esteticamente, sei identico a lui... il problema
sono i vestiti.”
“Perché?
Cos'hanno che non va?”
“Indossi
la divisa di Tassorosso, la Casa meno appropriata per Tu-sai-chi.
Vedendoti con indosso quella, noteranno che c'è qualcosa che
non
quadra.” spiegò Athena, mentre Oliver aggiungeva:
“Hai
ragione... senza offesa, ma con la nostra divisa non fai tanta paura,
anzi, sei quasi buffo...”
“In
effetti, avete ragione... ma dove lo posso trovare un vestito che
Voldemort indosserebbe?”
Proprio
in quel momento, Oliver si voltò e notò una
piccola porta.
Istintivamente,
si diresse verso di essa e l'aprì, restando senza parole.
“Ragazzi,
presto, venite!”chiamò, senza parole, il ragazzino
e i due lo
raggiunsero.
Oliver
indicò la porta e Teddy e Athena rimasero a loro volta
increduli
quando videro cosa c'era al loro interno.
Era
un armadio con tante tuniche nere da adulto.
“Direi
che abbiamo risolto il problema del vestito.” rispose Athena,
mentre Teddy ne prese una e se la mise davanti.
“Sembra
che mi stia bene...” rispose, dopo un po', il ragazzino e
Athena
annuì: “Già, che gran colpo di fortuna
è stato trovare questo
armadio... e credo che c'è abbastanza spazio
perché tu possa
cambiarti là dentro. Comunque, cerca di fare una voce
fredda, calma
e tagliente. Immagina di parlare come un serpente, che è poi
quello
che faceva anche lui.”
Teddy
fece un profondo respiro.
L'idea
di travestirsi da Voldemort non gli piaceva neanche un po'... ma
Delphini era in pericolo e doveva salvarla, dopotutto l'aveva quasi
fatta ammazzare con la storia del Platano Picchiatore, anche se lui
stesso se l'era cavata per miracolo... poteva fingere di starsi
travestendo per una festa di Halloween!
Entrò
dentro l'armadio e chiuse la porta.
Delphini
ansimò, mentre si passava una mano sulla fronte per
togliersi il
sudore.
Quello
era davvero un mago esperto e preparato... ma non aveva alcuna
intenzione di arrendersi.
Sarebbe
diventata la migliore duellante della scuola e sarebbe diventata un
Auror non appena finita la scuola!
Sarebbe
diventata il contrario di ciò che era diventata sua madre...
forse
era una di quelle forme di ribellione degli adolescenti, ma, in ogni
caso, sarebbe diventata così importante e famosa da oscurare
la
sinistra fama di lei... lei sarebbe stata solo Delphini Black, una
delle più grandi Auror della storia!
Quando
avrebbero pensato a lei, non avrebbero pensato subito che era la
figlia di Bellatrix Lestrange, ma che era la più grande
Auror della
sua generazione!
Solo
a quel punto sarebbe stata finalmente libera dall'inquietante ombra
di sua madre!
Ma
per ottenere tutto ciò, doveva diventare un Auror e,
pertanto,
doveva essere la migliore!
“Flipendo!”
urlò la ragazzina e l'avversario lo parò con un
Finite Incantatem.
Anche
lui era sempre più stanco... quella, adesso, era appena
diventata
una vera e propria sfida alla resistenza.
Chi
avrebbe ceduto, avrebbe perso.
Nonostante
la stanchezza, Delphini si ripromise che avrebbe continuato.
Dopotutto,
era una delle persone più testarde e ostinate che
conosceva...
Proprio
in quel momento, la ragazzina sentì un urlo alle sue spalle:
“Arrivo!!!”
Sentendo
quella voce, Delphini alzò gli occhi al cielo.
Non
aveva nemmeno bisogno di voltarsi per vedere chi stava scendendo le
scale come una furia...
“Fermi
tutti! Ci sono anch'io!” gridò Gal posizionandosi
di fianco a
Delphini.
La
ragazzina fece un sospiro seccato.
Avrebbe
voluto sistemarlo da sola quel tizio, ma non poteva negare che una
bacchetta in un momento del genere potesse essere utile...
Diede
un'occhiata a Gal e sgranò gli occhi quando vide che Gal non
aveva
in mano nessuna bacchetta, ma una spada.
Aveva
un terribile presentimento...
“Dimmi
che non intendi combattere con quella spada!”
dichiarò, seccata,
e, proprio come temeva, il rosso rispose: “Certo che
sì.”
Vedendo
la faccia che fece la coetanea, Gal protestò:
“Cosa significa
quell'espressione?!”
“Che
sei un idiota, ecco cosa significa! Vuoi combattere un mago adulto ed
esperto con uno spiedo?!”
“Prima
di tutto, questa è una spada forgiata da... qualcuno di
molto
importante, quindi bisognerebbe farle tanto di cappello!”
“Hai
mai duellato con una spada?”
“No,
ho un po' improvvisato poco fa... ma me la cavo benino...”
“Allora
siamo fregati.”
Tutta
questa situazione dimostrava solo che, alla fine, doveva sempre
cavarsela da sola...
Proprio
in quel momento, Zubin urlò: “Confundo!”
e Delphini,
prontamente, urlò: “Protego!”
Dopo
di che, urlò: “Incendio!”
Dalla
bacchetta di Delphini uscì una fiamma che per poco non
colpì Zubin.
Gal
la fissò in silenzio, senza parole, mentre continuava a
duellare e a
lanciare incantesimi all'avversario.
Aveva
sentito parlare delle abilità di Delphini, ma non credeva
fosse così
brava e potente... forse era allo stesso livello di quelli del quarto
anno!
Ad
un tratto, Gal si accorse che Delphini si stava avvicinando
pericolosamente alle scale.
Se
non avesse fatto attenzione, come minimo sarebbe caduta!
“Attenta!!!”
gridò Gal per avvertirla e, subito, Delphini si
voltò a guardarlo,
dicendo: “Eh?!”
La
sua distrazione, permise all'avversario di gridare:
“Expelliarmus!”
Prima
che la ragazzina potesse fermare l'attacco con un incantesimo di
protezione, l'incantesimo colpì la sua mano, facendole
cadere la
bacchetta e, immediatamente, Zubin urlò: “Accio
bacchetta!”
“Porca
miseria!” imprecò Delphini, mentre la sua
bacchetta finiva nelle
mani dell'avversario, il quale ridacchiò: “Fine
dei giochi,
mocciosi. Adesso, siete in mio potere!”
Guardò
tutto contento, i due ragazzini, i quali cominciarono a sgranare gli
occhi e Gal, cominciò a sbiancare e ad aprire la bocca per
la paura.
“Ah,
vedo che avete paura di me... ottimo, perché è
questo che dovete
provare... avreste dovuto capirlo prima di affrontarmi!” si
vantò
l'uomo, ma Delphini ribatté: “Non ha paura di te,
scemo! Ma della
persona dietro di te!”
Incuriosito,
l'uomo si voltò e vide un viso mostruoso simile a quello di
un
serpente e con due occhi rossi come il sangue.
Immediatamente,
Zubin sbiancò e, con un sorriso terrorizzato,
balbettò: “T...
t... t...”
Non
riuscendo a produrre alcun suono, si mise ad urlare e a scappare.
Delphini,
vedendolo così spaventato, ne approfittò per
fargli uno sgambetto e
farlo ruzzolare giù dalle scale.
Nonostante
il dolore, l'uomo si rialzò e ricominciò a
scappare, finché non
scomparve del tutto.
Nel
frattempo, Gal osservava senza fiatare la creatura davanti a
sé, ma,
alla fine, gli puntò contro la spada e dichiarò,
cercando di far
smettere alla mano di tremare come una foglia: “Tu-sai-chi,
io sono
un orgoglioso Grifondoro e, pertanto, non ho paura di te! Avanti,
affrontami! Ho una spada e non ho paura di usarla!”
“Dacci
un taglio, Gal. Quello non è Voldemort.”
dichiarò Delphini, la
quale si era ripresa la sua bacchetta che Zubin aveva lasciato cadere
mentre scappava dalla paura, assieme alla sua.
Gal
si voltò verso la coetanea, incredulo per il fatto che
avesse
nominato il suo nome con tanta sicurezza e tranquillità, e
le
domandò: “Eh?! Ma cosa dici?!”
Ignorandolo,
Delphini si avvicinò all'essere e consigliò, col
suo tono
arrogante: “Teddy, ti consiglio di tornare normale, prima che
ti
veda qualcuno e tutta la scuola ti attacchi.”
Immediatamente,
l'uomo davanti ai due si abbassò fino ad arrivare alla loro
altezza,
la pelle divenne più rosea, comparve un naso normale, gli
occhi
diventarono marroni e apparvero dei capelli blu, mentre la tunica
nera diventava sempre più larga.
Gal
restò senza parole: assistere dal vivo alla trasformazione
radicale
di un Metamorfomagus, era qualcosa di davvero pazzesco!
“Finalmente
è finita... non ne potevo più di assumere le sue
sembianze... se mi
avesse visto mia nonna, le sarebbe venuto un infarto...”
borbottò
il ragazzino, grattandosi i capelli blu, per poi domandare a
Delphini: “Come hai fatto a capire che ero io?”
“L'ho
percepito.”
“Eh?
Cosa intendi?”
“Non
lo so con precisione... ho sentito che il Voldemort che stava davanti
a me stava provando disgusto e orrore verso di sé per il
fatto che
stava spaventando le persone davanti a lui... così ho capito
che
quello non era il vero Voldemort perché lo sanno tutti che
ha un
alto culto di sé stesso e vedere delle persone spaventate da
lui lo
avrebbe reso solo euforico... ho pensato in che modo una persona
potesse assumere le sue sembianze e ho capito che eri tu, dato che
sei l'unico Metamorfomagus della scuola. Comunque, i miei complimenti
per la trasformazione è stata davvero fantastica e precisa.
Ti
consiglio di allenarla, così diventerai un ottimo
Auror.”
“Ehm...
grazie...”
Proprio
in quel momento, giunsero anche Oliver ed Athena, i quali
affermarono: “Sei stato fantastico, Teddy!”
“Grazie...
anche se devo ammettere che è stata una strana sensazione
diventare
Voldemort...”
Mentre
il gruppo parlava, Delphini cominciò ad allontanarsi in
punta di
piedi.
Doveva
ritornare subito al Sotterraneo di Serpeverde, altrimenti avrebbe
rischiato di essere coinvolta in quel macello assieme agli altri...
“Cosa
diamine è successo qui?!” tuonò una
voce femminile e Delphini
imprecò sottovoce.
Troppo
tardi.
Anche
Teddy, Oliver, Athena e Gal si misero a guardare nella direzione
della voce, temendo di sapere chi era...
Voltandosi,
i quattro si trovarono davanti alla professoressa McGranitt,
visibilmente infuriata, accompagnata da Gazza e dagli altri
insegnanti.
“Signorina
Black, torni immediatamente qui. Mi auguro che abbiate un'ottima
giustificazione per tutto questo.” dichiarò la
preside,
guardandoli in malo modo, e Gal domandò:
“Difendersi da due
intrusi con pessime intenzioni vale come giustifica?”
La
McGranitt sgranò gli occhi a quella rivelazione, per poi
dire:
“Raccontatemi cos'è successo e non tralasciate
niente.”
Con
qualche titubanza, Teddy spiegò: “Io e Oliver
eravamo alla ricerca
di Gal e Athena perché erano in ritardo per la festa ed
eravamo
preoccupati... stavamo per aprire una porta del primo piano, quando
abbiamo sentito la voce di due sconosciuti... temo che siano gli
stessi del mese scorso, professoressa, perché dicevano che
l'ultima
volta non erano riusciti a trovare niente a causa di Mrs
Purr.”
“Capisco.
Continui pure, signor Lupin.”
“Quando
abbiamo capito che stavano per uscire, ci siamo intrufolati nel bagno
di Mirtilla Malcontenta, dove abbiamo trovato Delphini e siamo
rimasti lì finché non se ne sono
andati.”
“E
lei cosa ci faceva in quel bagno, signorina Black?”
domandò la
preside, guardando la ragazzina, ma lei rispose subito prontamente:
“Stavo cercando il mio animale domestico, professoressa. E'
uscito
dal Sotterraneo di Serpeverde e io dovevo assolutamente
ritrovarlo.”
“Da
quando hai un animale domestico?” domandò,
incredulo, Gal e
Delphini rispose: “Da diciotto ore.”
“E
che specie è?”
“Abbassa
la testa e lo scoprirai.”
Gal
fece come gli era stato ordinato e si mise ad urlare.
Di
fianco a lui c'era lo stesso serpente che aveva visto nel bagno del
secondo piano.
Anche
gli altri ragazzi ed insegnanti fissarono sgomenti l'animale che
strisciò verso la ragazzina coi capelli argentati, la quale,
nel
frattempo, si era inginocchiata, allungando il braccio verso di esso,
il quale, senza alcuna paura, si avvolse su di esso.
“Lui
è Asmodeus, il mio serpente.” lo
presentò, senza alcun timore,
Delphini e Gal, sgomento, disse: “Il tuo animale domestico
sarebbe
un serpente?!”
“Qualche
problema?”
“Ma
quale persona sana di mente si terrebbe un serpente come animale
domestico?!”
“Parla
quello che ha voluto affrontare degli intrusi e un finto Voldemort
con una spada!”
“Cos'è
questa storia del finto Voldemort?” domandò,
incredula, la
McGranitt e Teddy, imbarazzato, rivelò: “Ero io,
professoressa...
ho assunto le sue sembianze su suggerimento di Athena per spaventare
gli intrusi.”
“Ah,
ecco perché indossa una tunica nera così larga...
le consiglio di
darsi una sistemata, Lupin.” commentò la preside,
alludendo alla
spalla scoperta del ragazzino e, proprio in quel momento, Gazza
urlò:
“Professoressa McGranitt!!! I-i-i-il piano di sotto... e a
dir poco
distrutto! I trofei e le armature sono sottosopra, mentre gli arazzi
e i quadri sono stati tagliati in due! Ah, se becco il
responsabile...!!!”
Ad
un tratto, si sentì un cupo miagolio e una gatta
spelacchiata si
mise a soffiare verso Gal.
Immediatamente,
Gazza capì: “Sei tu il responsabile di quel
macello, eh? Aspetta
che siamo nel mio ufficio e vedrai...”
“Non
l'ho fatto apposta! Era la prima volta che combattevo con la spada,
pertanto ero un po' sbilanciato!” protestò il
rosso e, incredula,
la McGranitt domandò, incredula: “Sandlers, ha
combattuto un mago
con una spada?!”
“Esattamente,
professoressa! Ho dovuto usarla perché la mia bacchetta era
rimasta
nel dormitorio di Grifondoro. Certo, mi limitavo perlopiù a
difendermi, perché nell'attacco ero un po' carente... ma,
alla fine,
ho fatto rimbalzare l'attacco verso di lui e l'ho sconfitto, anche se
ho provocato un po' di danni al piano...”
“Una
cosa veramente eccezionale, professoressa!”
esclamò, ammirato, il
professor Lumacorno “Combattere e sconfiggere un avversario
adulto,
difendendosi con una spada, un'arma che i maghi non usano
più da
secoli, ed essere uno studente del primo anno! Non è certo
roba da
tutti i giorni... hai molto potenziale, ragazzo!”
“Horace,
non è il momento per i complimenti! Sandlers avrebbe potuto
morire
per la sua incoscienza!” ribatté, sdegnata, la
preside, per poi
domandare: “Mi spiega come l'è venuta in mente
un'idea tanto
stupida, Sandlers? Voleva farsi ammazzare per caso?”
“Certo
che no, ho solo seguito il consiglio di quel ragazzino!”
“Ma
di quale ragazzino sta parlando, Sandlers?”
“Non
ho idea di chi fosse, non l'avevo mai visto prima... non indossava la
divisa della scuola, ma dei vecchi e logori abiti strani... e aveva
in testa il Cappello Parlante!”
“Cosa?!”
“Sì...
gli era talmente largo che doveva tenerlo su con una mano... ma era
il Cappello Parlante, ne sono sicuro!”
“Che
sciocchezza, Sandlers. Il Cappello Parlante è nel mio studio
e
nessuno conosce la parola d'ordine, a parte me.”
“Eppure
sono sicuro di quello che dico... comunque, mi ha indicato una spada
e mi ha fatto capire che voleva che combattessi con quella.”
“E'
sicuro che non fosse una visione, Sandlers?”
“Ne
sono sicuro, professoressa.” affermò il rosso e
una donna vestita
in maniera strana affermò: “Dev'esserci stato un
contatto tra te e
l'aldilà. Qualcosa che ti ha permesso di vedere il futuro!
Presto,
ragazzo, dimmi... in passato hai avuto altre visioni?”
“Sibilla,
ti prego. Non è il momento di fare Divinazione!”
sbottò,
infastidita, la McGranitt e la donna borbottò:
“Peccato... si
avvertiva un'incredibile aura... spero tanto che al terzo anno
sceglierai Divinazione. Possiedi una grande aura di veggente.”
“Ehm,
grazie, professoressa... ci penserò...”
“Tornando
a noi, perché voi tre, quando quegli intrusi non vi hanno
trovati,
non siete corsi in Sala Grande per avvisarmi?”
domandò la
McGranitt, guardando Oliver, Teddy e Delphini.
La
ragazzina coi capelli d'argento s'innervosì.
Se
la preside avesse scoperto che lei era in giro per il castello per
affrontare quegli intrusi, le avrebbe tolto un bel po' di punti...
già Serpeverde stava cercando di recuperare quelli che Abel
Nott
aveva fatto perdere...
“Ci
stavamo andando, professoressa, ma poi abbiamo visto che Athena era
stata aggredita da quegli sconosciuti.” dichiarò,
all'improvviso,
Oliver, facendo restare la ragazzina senza parole.
“Sì,
esatto. Ci dispiace aver agito un po' d'impulso, ma dovevamo
salvarla.” aggiunse, subito, Teddy e Delphini dovette fare
una
faticaccia per trattenersi.
Quei
due, nonostante li avesse ingannati, stavano cercando di aiutarla?!
Ma
erano scemi, per caso?!
Se
lei fosse stata al posto loro, li avrebbe denunciati senza pensarci
due volte, per ripicca nei loro confronti!
E
allora perché stavano dicendo quelle parole?!
I
Tassorosso erano proprio dei sempliciotti senza cervello!
“Sì,
hanno ragione, professoressa... io stavo tornando alla Torre di
Corvonero dopo aver aiutato Gal col suo tema, quando me li sono
trovata davanti! Non immagina che spavento...” s'intromise
Athena.
La
McGranitt rimase in silenzio un attimo, poi domandò:
“E cosa avete
fatto per aiutare la signorina Doyle?”
“Delphini
ha escogitato un piano: mi ha chiesto di lanciare della Polvere
Buiopesto peruviana di mio zio George.” spiegò
Teddy e la
McGranitt rispose “Ah, sì, ricordo benissimo
quella polvere... e
poi?”
“Come
avevamo pianificato, Delphini è rimasta indietro per
trattenere gli
intrusi, mentre noi due e Athena correvamo ad avvertirla... solo che
eravamo troppo in ansia per lei, così abbiamo deciso di
tornare
indietro. Lungo la strada, Athena ha avuto l'idea di far travestire
Teddy da Lei-sa-chi e ha funzionato.” continuò
Oliver, mentre
Delphini lo guardava allibita.
Perché
continuava a coprirla?! Lo sapeva benissimo che li aveva bidonati in
piena regola... doveva avere un secondo fine.
Nessuno
faceva niente per niente... probabilmente voleva che si sentisse in
debito con lui e ricattarla in seguito... ma aveva proprio sbagliato
persona!
“Signorina
Black, ha davvero affrontato quegli intrusi?! Non pensa che avrebbero
potuto ucciderla?!” domandò, senza parole, la
preside e la
ragazzina rispose: “Me la cavo con i duelli. Per questo
avevamo
deciso così.”
“Sì,
professoressa, è davvero brava coi duelli. L'ho vista
combattere ed
era eccezionale. Possedeva un'ottima tecnica. Non ho mai visto una
studentessa del primo anno più brava nei duelli.”
rivelò un
quadro e la preside, guardandola, domandò, incuriosita:
“Black,
hai mai duellato prima d'ora?”
“No,
professoressa. Era la mia prima volta.” dichiarò
la ragazzina,
mentre il quadro, dichiarava, senza parole: “Sul serio?! Beh,
se
continui ad allenarti nei duelli diventerai una delle migliori
duellanti! Per caso, i tuoi genitori erano bravi nei duelli?”
“Beh...
in effetti, ho sentito dire che mia madre era brava a
combattere...”
ammise la ragazzina, mentre pensava ai vari duelli che aveva
affrontato nella sua intensa vita che aveva letto sui libri.
La
McGranitt rimase un attimo in silenzio, per poi domandare a Gal:
“E
lei cosa ci faceva in giro per il castello, signor Sandlers?”
“Ecco,
professoressa, io... mi ero perso...” ammise, leggermente
imbarazzato, il Grifondoro.
La
McGranitt fece un sospiro, per poi dire: “Lupin, Ferrars,
Black.
Per via del vostro atto, avete fatto guadagnare quindici punti
ciascuno alle vostre Case. Tuttavia, ne dovrò togliere dieci
per i
vostri comportamenti al limite
dell'irresponsabilità.”
“Va
bene, professoressa.” annuirono i tre.
Delphini
si mise a riflettere, mentre accarezzava Asmodeus sulla testa: cinque
punti in più per Serpeverde... sempre meglio di niente.
La
preside si voltò verso Athena e le disse: “Per via
del suo piano
ingegnoso e con assenza di rischi, lei, invece, signorina Doyle, ha
fatto guadagnare cinque punti a Corvonero. In quanto a lei, signor
Sandlers, ha fatto perdere venti punti a Grifondoro, per via del
pasticcio che ha combinato con la spada, ma ne ha fatto guadagnare
quindici.”
Gal
ebbe la voglia di dire alla professoressa che era un po' ingiusto, ma
intuì che era meglio tacere, quando si accorse che Mrs Purr
lo stava
tenendo d'occhio.
Mentre
le faceva di nascosto la linguaccia, la preside continuò:
“Inoltre,
sarete puniti tutti e cinque. Aiuterete il signor Gazza con le
pulizie domani.”
I
cinque fecero un sospiro di delusione... avevano tanto sperato che la
preside evitasse la punizione...
“E
adesso, tornate nei vostri dormitori. Professoressa Sprite,
accompagni il signor Lupin e il signor Ferrars al Seminterrato di
Tassorosso. Professor Vitious e professor Lumacorno, voi occupatevi
delle signorine Doyle e Black. Madama Bumb, le affido il signor
Sandlers.” ordinò la preside, per poi dire:
“Gli altri vengano
con me a cercare questi benedetti intrusi. E speriamo di capire
finalmente come sono riusciti ad entrare per ben due volte ad
Hogwarts!” |
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Capitolo 11 *** Un invito esclusivo ***
Capitolo
11: Un invito esclusivo
“Adesso
non avrete più il tempo di ficcare il naso in
giro...” ridacchiò
Gazza, mentre i cinque ragazzini che pulivano con foga ed energia i
trofei e le medaglie sparse per terra “Olio di gomito, mi
raccomando! Niente magia!”
Dopo
un po', il vecchio, con ancora il suo sorrisetto divertito, si
allontanò, ma fece in tempo a fare un'ultima
raccomandazione: “Prima
di pranzo, l'intero salone dei trofei deve brillare, mi sono
spiegato?”
“Brutto
vecchio sdentato...” sibilò Gal, mentre spazzolava
con una scopa
per terra, facendogli la linguaccia, e Oliver cercò di
calmarlo:
“Dai, Gal... fa' solo il suo lavoro...”
“E,
invece, se la gode un mondo, ci scommetto la testa!”
dichiarò Gal,
con rabbia, e Delphini, la quale, invece, stava lucidando un vecchio
trofeo, ribatté: “Perché non scommetti
quel tuo brutto casco?
Almeno, se perdi, ci libereremo dell'orrore di vedere quel coso ogni
giorno.”
“Ehi,
non è brutto, è solo un... tipo.”
“Sì,
un tipo di schifezza. Mi domando da chi diavolo hai preso l'abitudine
d'indossare vecchi e brutti cappelli... dev'essere una roba di
famiglia, non c'è altra spiegazione.”
“Molto
divertente... invece, nella tua famiglia è il brutto
carattere ad
essere ereditario!”
“Ah!”
Il
gruppo continuò a pulire e a riordinare il salone dei
trofei, il
quale era rimasto vittima del combattimento più assurdo e
incredibile della storia di Hogwarts...
“Mi
stupisce che Gazza ci abbia lasciati da soli...”
commentò Oliver,
ma Athena rivelò: “Ti sbagli, non ci ha lasciati
da soli.”
“Davvero?
E come fai a dirlo?”
“Guarda
su quell'armadio.”
Oliver
alzò lo sguardo e vide Mrs Purr che se ne stava
lì appollaiata come
un avvoltoio, intenta a tenerli d'occhio.
Il
gruppo continuò a lucidare e a pulire, finché
Teddy non esclamò:
“Ehi, guardate che cosa ho trovato!”
Il
gruppo si avvicinò al giovane Tassorosso e vide che aveva in
mano un
grosso volume.
“Cos'è?”
domandò Gal e, subito, il ragazzo rivelò:
“Si tratta dell'elenco
di tutti i Caposcuola e dei Prefetti della scuola di Hogwarts. Che ne
dite, ci diamo un'occhiata?”
Un
rauco e spaventoso miagolio li fece capire che era una pessima idea.
“Stupida
gatta impicciona!” sibilò Gal, mentre Delphini
commentò,
indicandola col pollice: “Se riesci a distrarre il Sergente
Maggiore...”
Proprio
in quel momento, si sentirono degli scoppi provenienti dal terzo
piano.
Immediatamente,
Mrs Purr scese dall'armadio e corse a vedere cosa stesse succedendo.
“Ma
cos'è questo baccano?” domandò,
incredula, Athena e Gal rispose,
con un sorrisetto: “Nulla, solo Pix che fa un po' di
casino...”
“C'entri
qualcosa, vero?” indovinò, immediatamente,
Delphini e Teddy
ammise: “Veramente c'entro anch'io... mentre andavamo a far
colazione, io e Gal abbiamo trovato Pix e gli abbiamo chiesto di fare
un po' di baccano, in modo da distrarre Gazza e Mrs Purr.”
“Già,
e avreste dovuto vedere quant'era contento quando ha saputo che lo
scherzo era per Gazza!”
“Quando
poi gli ho detto che ero il figlio di Nymphadora Tonks e dell'amico
di James Potter e Sirius Black, oltre al fatto che conoscevo George
Weasley, è andato in brodo di giuggiole. Mi ha trattato con
sommo
rispetto e mi ha assicurato che in mio onore avrebbe fatto un bel
disastro.”
Il
gruppo prese il libro e cominciò a sfogliarlo,
finché Teddy non
esclamò: “Eccolo, l'ho trovato!”
Il
gruppo si avvicinò e vide che il ragazzino era nella pagina
dedicata
ai Prefetti di Grifondoro e che guardava un nome: Remus John Lupin.
“Era
tuo padre?” domandò Oliver, avvicinandosi, e Teddy
annuì: “Sì,
lo zio Harry mi ha raccontato che diventò Prefetto di
Grifondoro.”
“Caspita,
che onore.”
“Beh,
secondo lo zio Harry, il preside lo scelse soltanto per tenere a bada
James Potter e Sirius Black.”
“E
diventò anche Caposcuola?”
“No,
quello toccò ai genitori di mio zio Harry. In quegli anni,
James si
era un po' calmato...”
“E
tua madre?”
“Beh,
non era a scuola con mio padre, perché era molto
più giovane di
lui... però, non diventò né Prefetto
né Caposcuola di
Tassorosso... era troppo casinista. Però, mio nonno materno
diventò
sia Prefetto che Caposcuola.”
“Sul
serio?! Vediamo un po'...” esclamò Gal, prendendo
il libro a tutta
velocità, mentre Teddy cercava di calmarlo: “Ehi,
cerca di andarci
piano...”
“Trovato!”
esclamò Gal, mostrando un nome: Edward Tonks.
“Sì,
era mio nonno.” ammise Teddy e Gal domandò:
“Sai se anche tua
nonna è diventata Prefetto o Caposcuola?”
“Non
ne ho idea... potresti darci un'occhiata... ma dovresti dare
un'occhiata tra i Serpeverde. Nella sua famiglia natale, tutti sono
finiti a Serpeverde tranne Sirius.”
“Prossima
fermata... Serpeverde!”
“Cerca
Andromeda Black.”
“Sissignore!”
Gal
sfogliò qualche pagina e, dopo aver guardato un attimo una
pagina,
esclamò, grattandosi la testa: “Niente da fare.
L'unica ragazza
col cognome Black che vedo in questo elenco è una certa
Bellatrix...”
Sentendo
quel nome, Delphini sgranò subito gli occhi e prese il libro
senza
chiedere.
Leggendo,
la ragazzina scoprì che sua madre era stata sia Prefetto che
Caposcuola di Serpeverde.
Si
stupì del fatto che nell'elenco non compariva suo padre,
Rodolphus
Lestrange... ma notò che il compagno maschio sia Prefetto
che
Caposcuola di sua madre era Rabastan Lestrange, il fratello di suo
padre... probabilmente era così che si erano conosciuti...
“Come
mai t'interessano tanto i Prefetti e i Caposcuola di Serpeverde?
Speri di farne parte anche tu?” le domandò,
divertito, Gal,
guardando l'elenco, e la ragazzina, prontamente, rispose: “E
perché
no? Tanto ho più possibilità di te di diventare
Prefetto e
Caposcuola, anche se, ad essere sincera, chiunque avrebbe
più
possibilità di te di diventare anche solo uno dei
due.”
“Beh,
io sono contento. Guarda che ottenere anche solo una di quelle due
cariche significa dover essere responsabili e noiosi, mentre io,
invece, voglio vivere la mia vita all'insegna della
libertà.”
“Spero
per te che questo tuo stile di vita non decreti la tua
morte.”
Ad
un tratto, Gal notò un nome nell'elenco e prese a sua volta
il libro
per leggerlo meglio.
Delphini
sbiancò.
Probabilmente,
aveva visto il cognome Lestrange vicino al nome Bellatrix e aveva
collegato le cose...
Adesso
si stava di certo domandando perché mostrava tanto interesse
per
Bellatrix Lestrange...
“Questo
nome non mi è nuovo...” sussurrò il
rosso, mentre Delphini sentì
il volto diventarle incandescente, come le succedeva ogni volta che
qualcuno si accorgeva dei suoi trucchi.
Doveva
inventarsi una scusa... qualcosa che giustificasse il suo interesse e
il perché loro due avevano lo stesso cognome...
“Adesso
mi ricordo dove l'ho già visto!” sbottò
Gal, mentre Delphini si
preparava a tirare fuori la bacchetta.
Non
aveva mai usato un incantesimo potente come Oblivion prima di allora
e poteva essere pericoloso... ma si trattava del suo futuro...
Inaspettatamente,
Gal si mise a guardare tra i vari trofei e, prendendone uno,
sbottò:
“Lo sapevo, lo sapevo! Un cognome del genere non me lo
scordo!
Razza di perfettino fortunato di Serpeverde!!!”
Delphini
fece una faccia allibita.
Ma
a chi si stava riferendo quell'idiota?
Anche
gli altri, evidentemente, stavano cercando di capire a chi si stesse
riferendo Gal, infatti Oliver si avvicinò e
domandò: “Ehm... c'è
qualche problema, Gal?”
“Certo,
guarda qua!” dichiarò Gal, mostrando una coppa con
un'iscrizione
che Athena, mentre si sistemava gli occhiali, lesse: “'Questa
coppa
è stata data a T. O. Riddle nel 1943 per servigi speciali
resi alla
scuola'... e quindi?”
“Quindi,
mi spiegate perché questo stramaledetto Riddle ha ottenuto
un premio
per servigi speciali resi alla scuola, mentre io che l'ho protetta da
un intruso sono stato punito?!” sbottò Gal, mentre
Delphini
commentava: “Il mondo è ingiusto, bello.”
“Beh,
forse perché aveva delle responsabilità e delle
libertà in più
rispetto a noi ragazzi del primo anno... qui c'è scritto che
diventò
Prefetto nel 1943, lo stesso anno in cui ottenne quella
coppa.”
rivelò Oliver, guardando nell'elenco, e ciò fece
disperare ancora
di più il povero Gal: “Ma che cavolo!
Perché questi intrusi non
sono venuti qui al mio quinto anno?! Così avrei avuto
anch'io un
trofeo!!!”
Ignorando
la cagnara del compagno, Delphini diede un'occhiata al nome completo
di quel tipo: Tom Orvoloson Riddle... qualcosa le diceva che doveva
trattarsi di un nato babbano dal primo nome e dal cognome...
però
quel secondo nome era strano... era troppo particolare per
appartenere ad un babbano... ma anche per i maghi quello era un nome
molto raro...
Ad
un tratto, si accorse dall'elenco che, parecchi anni prima, c'era
stato un Caposcuola sempre di Serpeverde di nome Orvoloson Gaunt.
Non
poteva essere una coincidenza... perché due tizi entrambi di
Serpeverde avevano lo stesso nome molto particolare?
Ci
doveva essere un collegamento... anche perché, il cognome
Gaunt
faceva parte delle Sacre Ventotto, proprio come la famiglia Black...
“Ma...
non ci posso credere! Questo Riddle ha persino ottenuto una medaglia
per Merito Magico!!!” urlò, all'improvviso, Gal
“Sto cominciando
ad odiarlo questo tizio... mi ricorda troppo Lancy... scommetto che
era un antipatico So-tutto-io come lui e Abel Nott!”
“Gal,
dai, lascia perdere... in fondo, questo Riddle è vissuto
molto prima
di noi...” disse Teddy, cercando di mettere a posto un trofeo.
Sfortunatamente,
non si accorse di una medaglia per terra che lo fece scivolare per
terra.
Nel
tentativo di non cadere, si aggrappò ad uno scaffale, ma
ciò fece
cadere tutte le medaglie e i premi su di esso.
“Teddy!”
dissero, istintivamente, gli altri quattro ragazzini e il ragazzino
borbottò, imbarazzato: “Scusate, ragazzi... basta
solo che mi
distragga un attimo...”
Con
un sospiro, Delphini prese la coppa di Riddle e la mise a posto sullo
scaffale.
In
fondo, Teddy aveva ragione: quel Tom Orvoloson Riddle era stato uno
studente come un altro che era stato in quella scuola prima di loro.
Qualunque
fosse il suo rapporto con Orvoloson Gaunt, non la riguardava.
Dopotutto,
lei non aveva alcun legame con lui, a parte il fatto che entrambi
erano di Serpeverde...
“Dunque,
vediamo un po'...” sibilò Gazza, guardando con
molta attenzione il
corridoio dei trofei.
I
cinque ragazzini erano leggermente nervosi.
Gazza
era il tipo di persona che era capace di trovare della polvere
invisibile...
“Mmh...
discreto... sì, qui avete finito.” disse, alla
fine, l'uomo e il
gruppo poté fare un sospiro di sollievo.
“Ora,
visto che è una splendida giornata di sole, che ne direste
di andare
fuori?” domandò l'uomo e il gruppo si
guardò, allibito.
“Quindi...
abbiamo finito la punizione?” domandò, speranzoso,
Gal, ma Gazza,
con un sorriso acido, disse: “Ma certo che no, Sandlers.
Intendevo
dire che ci sono un paio di bei lavoretti da fare fuori.”
Gal
fece una smorfia.
Avrebbe
dovuto immaginarselo che c'era la fregatura da qualche parte... in
fondo si trattava di Gazza.
“Su,
forza, muoversi! Il lavoro vi aspetta!” dichiarò,
divertito,
l'uomo, seguito dai cinque ragazzini.
Sembrava
un generale che muoveva la truppa, mentre Mrs Purr chiudeva la fila,
come se volesse controllare che nessuno cercasse di svignarsela.
Il
gruppo fece il giro del giardino, finché non si
trovò davanti ad un
enorme parco pieno zeppo di alberi.
“Uao,
ma guarda quante querce...” sussurrò, ammirato,
Gal, ma Gazza
rispose: “Sono ciliegi, ignorante.”
“C'è
differenza?” domandò Gal, mentre Delphini
commentava, con un
sospiro di esasperazione: “Che deficiente.”
“In
ogni caso, dovete raccogliere le foglie cadute, capito? E senza
magia.” l'informò Gazza, dando ad ognuno di loro
una scopa.
Non
appena a Gal venne data la sua, il rosso protestò:
“Ma non è
giusto! Ci sono così tante foglie in giro...”
“Allora
inizia subito, ragazzino.”
Dopo
averlo minacciato, Gazza s'inginocchiò e accarezzando la
testa di
Mrs Purr, la quale gli fece le fusa, le disse: “Purtroppo
devo
assentarmi un secondo, ciccina... devo stanare quel maledetto Pix. Ha
rubato una spada dal corridoio delle armature. Vedrai che stavolta
riusciremo a farlo cacciare una volta per tutte... tieni d'occhio i
ragazzini.”
Per
tutta risposta, la gatta fece un miagolio e Gazza, voltandosi verso
il gruppo, li avvisò: “Non azzardatevi a fare i
furbi. Vi lascio
Mrs Purr, capito?”
Dopo
aver detto, quelle parole, il custode si allontanò e Athena
propose:
“Ognuno si prenda un albero e cominci a raccogliere le foglie
di
quello, che ne dite?”
“Ottima
idea.” annuì Teddy.
Il
gruppo cominciò a lavorare, mentre il sole di quel caldo
pomeridiano
di Novembre li riscaldava.
“Se
penso che fra un mese tutto sarà ricoperto di
neve...” commentò
Athena e Teddy le domandò, incuriosito: “Per
Natale rimani qui o
torni a casa?”
“Tornerò
a casa. Il Natale lo festeggiamo con tutta la famiglia al gran
completo.” rispose la ragazzina e Teddy ammise:
“Anch'io penso
che tornerò a casa. Andrò alla Tana con mia nonna
a festeggiare il
Natale.”
“La
Tana? E cos'è?” domandò, incuriosito,
Oliver e il compagno
spiegò: “Il nome della casa della famiglia
Weasley. E' piccola,
eppure si riesce sempre a trovare lo spazio per tutti. Inoltre, ci
sono gli gnomi nel giardino e un fantasma nella soffitta!”
“Sembra
un posto divertente.”
“Non
immagini quanto, Oliver... magari se ci organizziamo, l'anno prossimo
potrete venire a festeggiare il Natale assieme a me alla Tana, che ne
dite?” propose il Metamorfomagus e subito Gal
annuì: “Io ci
sono, contaci!”
“Ci
proverò...” balbettò Oliver, mentre
Athena annuì: “A me
piacerebbe.”
Accorgendosi
che Delphini non aveva nemmeno risposto, Teddy le domandò:
“E tu,
Delphini? Vorresti venire?”
“No.”
fu la secca risposta della ragazzina, intenta a raccogliere le
foglie.
Teddy
la guardò sorpreso e le domandò: “Eh?
Ma ne sei proprio sicura?”
“Certo.
Ho tutte le intenzioni di restare ad Hogwarts sia a Natale che a
Pasqua.”
“Ok...”
Dopo
un po', Oliver commentò: “Non mi sarei mai
aspettato di trovare
dei ciliegi ad Hogwarts... scommetto che in primavera ci
sarà uno
spettacolo stupendo! Mi domando come mai la preside abbia fatto
piantare queste piante...”
“Beh,
a dire la verità, Oliver... questi alberi sono stati
piantati per
uno scopo... molto particolare...” gli rivelò,
imbarazzata, Athena
e il ragazzino domandò:
“Cioè?”
“Ecco,
vedi... dopo la Battaglia di Hogwarts c'erano i corpi dei Mangiamorte
e di Voldemort... solo che, ovviamente, nessuno li voleva... ma la
McGranitt e Harry Potter non volevano buttarli in pasto ai
corvi...”
“Mi
stai dicendo che li hanno seppelliti qui? Questo è il
cimitero di
Voldemort e dei suoi uomini?”
“Esatto.
Se ci fai caso, sulla corteccia di ogni ciliegio è stato
anche
scritto il nome del defunto...”
Athena
si voltò verso Oliver e vide che era sbiancato.
“Qualcosa
non va?” domandò, preoccupata, la ragazzina e il
compagno ammise:
“N-niente... mi sono solo venuti i brividi al pensiero di
trovarmi
sopra a dei cadaveri... non mi piacciono i morti e quelle cose da
film horror babbano...”
Dopo
aver detto quelle parole, il ragazzino tornò al lavoro
più
velocemente di prima.
Nel
frattempo, Teddy si avvicinò a Gal e gli domandò,
incuriosito:
“Senti, Gal... perché non mi parli un po' di quel
ragazzino che
hai visto ieri sera?”
Sentendo
quelle parole, il Grifondoro si voltò incredulo e
domandò: “Mi
credi?”
“Beh,
sì... non mi sembri il tipo che s'inventerebbe qualcosa per
farsi
pubblicità...” rivelò Teddy e,
immediatamente, Gal gli saltò
addosso e gridò: “Grazie, grazie, grazie! Sei
l'unico che mi abbia
creduto! Tutti gli altri dicevano che me lo sono inventato per
giustificare la mia folle idea, persino Christian aveva dei dubbi!
Invece tu... ti adoro!”
Un
po' imbarazzato, Teddy gli disse: “Ehm, Gal... mi stai
soffocando!”
“Oh,
scusa!”
Una
volta che i due si furono staccati, il Tassorosso domandò:
“Allora,
per questo ragazzino? Me ne parli?”
“Ho
fatto di meglio.” esclamò Gal e, tutto orgoglioso,
mostrò un
disegno piuttosto brutto che rappresentava un ragazzino coi capelli
rossi, strani abiti e il Cappello Parlante.
“Sarebbe
questo il misterioso ragazzino che hai visto?”
domandò il
Metamorfomagus e il rosso annuì: “Più o
meno sì... non sono un
asso in disegno.”
“Potrei
prenderlo?”
“Certo,
è tutto tuo.”
Teddy
lo prese e se lo studiò con attenzione.
Di
per sé, il disegno non gli diceva niente, a parte che era un
tipo
parecchio sorridente e pieno d'energia.
“Questi
abiti sono un po' strani...” commentò Teddy,
toccando con l'indice
gli indumenti della persona ritratta, e Gal annuì:
“L'ho notato
anch'io... non ne ho mai visti di simili...”
“Dovremo
fare una ricerca in Biblioteca.”
“Oppure
potremmo chiedere ad Athena se ha mai visto abiti di questo tipo. Lei
sa sempre tutto e adora i libri.”
“Però
c'è una cosa che non capisco... hai visto un perfetto
estraneo
comparire nel nulla, che ti ha consigliato di usare una spada per
difenderti... non ti sei fatto qualche domanda, tipo 'Chi
è?' o 'Da
dove viene?'”
“So
che può sembrare assurdo, ma sapevo di potermi fidare di
lui... era
una sensazione.”
“Beh,
in un certo senso quella sensazione si è rivelata
veritiera... ciò
ti ha permesso di difenderti... vado a portare questo disegno ad
Athena per chiederle se conosce un indumento simile.”
“Fa
pure.”
Teddy
si allontanò e Gal tornò a raggruppare le foglie.
Non
appena il compagno si fu allontanato, diede un'occhiata a Mrs Purr.
Quella
stupida gatta spelacchiata era impegnata a tenere d'occhio Oliver.
In
punta di piedi, si allontanò e, non appena si fu assicurato
di non
essere più sotto il tiro di quella gattaccia,
tirò fuori una
bacchetta e una piccola spada giocattolo che sembrava presa da un
modellino.
A
quel punto, il ragazzino sussurrò:
“Engorgio.”
Subito,
la spada s'ingrandì e Gal fece un sorriso.
Dopo
che aveva combattuto con la spada la notte prima, si sentiva eccitato
e voleva a tutti i costi imparare a duellare con la spada.
Voleva
anche attaccare e non solo difendersi... sentiva che duellare con la
spada faceva parte del suo DNA e del suo destino.
Cominciò
a fare degli attacchi, ma non riusciva a mantenere l'equilibrio e
finiva sempre per cadere giù come un sacco di patate.
“Patetico.”
commentò una voce maschile alle sue spalle e, alzandosi, Gal
vide
Abel Nott che lo stava guardando con la sua solita aria scocciata e
superiore.
“Cosa
vuoi?” domandò, seccato, Gal e il Serpeverde
rispose: “Dove sono
i tuoi amici?”
“In
giro a raccogliere le foglie.”
“Al
contrario di te.”
“Fatti
gli affari razza di pazzoide suicida! Io, almeno, ho a cuore la mia
salute!”
Abel
restò in silenzio un attimo, e poi domandò,
spostando lo sguardo:
“Per caso quello era il tuo mucchio?”
Gal
guardò nella direzione indicata da Abel e si mise ad urlare
dalla
disperazione.
Le
foglie del suo mucchio si erano messe a volare da tutte le parti.
“Il
mio mucchio...” sussurrò, disperato, il rosso,
mentre Abel
sghignazzava: “Qualcosa mi dice che dovrai ricominciare da
capo!”
“E'
inutile che fai il santarellino, lo so che sei stato tu!”
“Ah,
sì? Guarda che solo i maghi adulti e molto potenti, possono
fare
magie senza pronunciare l'incantesimo.”
“So
che sei stato tu e un giorno ti stanerò!”
“Quel
giorno cadrò proprio in basso.”
Mentre
i due litigavano, anche gli altri li raggiunsero e Teddy
domandò:
“Cosa succede?”
“Ah,
eccovi. Ho un messaggio da parte del professor Lumacorno per tutti e
cinque.” rispose Abel e, incuriosito, Oliver
domandò: “Cosa
succede?”
“Il
professore vi ha invitato al Lumaclub, domenica prossima. A quanto
pare, è rimasto molto sorpreso delle abilità che
avete dimostrato
ieri sera.”
Immediatamente,
Teddy, Athena, Oliver e Gal rimasero senza parole.
Erano
appena stati invitati ad una festa dell'esclusivo circolo del
professore di pozioni?!
Non
riuscivano a credere a tanta fortuna.
L'unica
che rimase totalmente impassibile fu Delphini.
Non
era una stupida, sapeva che il professor Lumacorno era sempre nervoso
quando c'era lei... più volte aveva avuto come la sensazione
che la
stesse tenendo d'occhio... credeva di sapere anche perché.
Lumacorno
era stato insegnante di pozioni da più di cinquant'anni...
ovviamente, aveva avuto a che fare con l'intera famiglia Black... e
sua madre.
Doveva
aver notato che assomigliava a Bellatrix Lestrange... anzi, forse
anche sua madre aveva fatto parte del Lumaclub...
Forse
era per quello che l'aveva invitata... la voleva mettere alla prova e
verificare che fosse davvero la figlia di Bellatrix Lestrange...
Beh,
quel vecchio tricheco avrebbe avuto pane per i suoi denti!
“L'incontro
avverrà alle nove di sera e non è necessario che
indossiate la
divisa. Vedete di essere presenti. Vi consiglio anche di portare un
regalo, al professore piacciono, soprattutto quelli costosi.”
dichiarò il ragazzino e Gal, incredulo, domandò:
“Ci stai per
caso dando un consiglio?”
“Certo
che no. Volevo solo assicurarmi che ti fosse chiaro come ci si deve
comportare in società, tonto!” lo prese in giro
Abel, per poi
allontanandosi con la sua aria da superiorità.
“Quell'odioso...”
sbottò Gal, mentre riduceva la grandezza della spada e, dopo
essersela rimessa in tasca, si rimetteva a pulire. |
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Capitolo 12 *** Serata al Lumaclub ***
Capitolo
12: Serata al Lumaclub
“Senti,
Elizabeth, il vestito mi va bene oppure sembro ridicola?”
domandò,
nervosa, Athena, mentre osservava il suo vestito azzurro che aveva
addosso.
Stava
cercando di sembrare elegante per la cena, eppure si sentiva sempre
ridicola...
“A
me sembra che tu stia bene. E poi, mica devi andare ad un
appuntamento romantico. Devi solo andare ad una cena.” le
ricordò,
dolcemente, la ragazzina e l'amica ammise, imbarazzata: “Lo
so, ma
il Lumaclub è un circolo così esclusivo... tutti
coloro che l'hanno
frequentato sono diventate persone importanti ed influenti... ho
paura di rendermi solo ridicola... e poi, quella notte di Halloween,
io non ho fatto niente. Ero così spaventata che non ho avuto
nemmeno
il coraggio di prendere la bacchetta... se non ci fossero stati
Teddy, Oliver e Delphini, probabilmente...”
“Però
sei stata tu a proporre l'idea che Teddy si trasformasse da
Tu-sai-chi per spaventarli. Credimi, pochissimi avrebbero avuto
un'idea così fantastica. Probabilmente Lumacorno se
n'è accorto ed
è per questo che ti ha invitata. Fidati, farai un
figurone!”
“Se
lo dici tu...”
La
giovane Corvonero fece un sospiro e, poi, guardando l'orologio
esclamò: “Cavolo, devo proprio andare! Augurami
buona fortuna!”
“Buona
fortuna. Mi raccomando, rilassati.”
Athena
sorrise e uscì dal dormitorio.
“Desidera
un accompagnatore per il Lumaclub, signorina?”
domandò,
galantemente, una voce alle sue spalle.
Athena
si voltò, incredula, ed esclamò, sorridendo:
“Jacob!”
Il
giovane Prefetto vestito in maniera elegante sorrise e disse:
“In
persona.”
“Non
sapevo che facessi parte del Lumaclub.”
“Ci
sono entrato durante il mio terzo anno. Tu e i tuoi amici siete tra
gli invitati più giovani del Lumaclub.”
“Senti,
credi che il mio vestito stia bene?” domandò,
leggermente nervosa,
la ragazzina e Jacob annuì: “Ma certamente. Anzi,
sei una delle
ragazze più carine che abbia mai visto.”
“Devo
sembrarti proprio una stupida ansiosa...”
“A
dire la verità, mi ricordi molto di più mia
sorella minore. Quando
si tratta di uscire con le amiche mi chiede sempre come sta.”
“Non
sapevo che avessi una sorella minore.”
“Ho
anche un fratello minore.”
“Non
vedo l'ora di conoscerli!”
“Sarà
un po' difficile... il fatto è che... non possono venire ad
Hogwarts...”
Athena
rimase in silenzio, non sapendo che cosa dire...
“Il
fatto è che la mia famiglia è un po'
particolare... quand'ero
piccolo, mio padre abbandonò me e mia madre e scomparve nel
nulla,
finché un suo amico non ci disse che era morto. In seguito,
mia
madre si risposò con un altro uomo ed ebbero i miei
fratelli... la
magia l'ho ereditata da mio padre, mentre mia madre e il mio patrigno
sono dei semplici babbani, quindi non potranno mai venire
qui.”
“Mi
dispiace averti fatto ricordare cose spiacevoli...”
“Non
preoccuparti, tutti i miei compagni Corvonero lo sanno. E poi, la mia
famiglia mi vuole comunque bene e per me è la cosa
più
importante... anche se spesso i miei fratelli cercano di convincermi
ad usare la magia per sistemare gli oggetti, far apparire
più
biscotti o per fare i compiti.”
Athena
fece una risata divertita.
Jacob
era proprio un ragazzo simpatico e gentile...
“Tutto
questo è ridicolo!” borbottò Gal,
muovendo il colletto con
l'indice, mentre Lancelot lo minacciava, seccato, mentre bussava alla
porta dell'ufficio di Lumacorno: “Ancora una parola e lo dico
alla
mamma.”
Il
ragazzino sbuffò, cercando di non far cadere il regalo per
il
professore, un bottiglia d'idromele.
Personalmente,
avrebbe voluto andare alla festa coi suoi soliti abiti e col suo
amato casco da pilota, ma, purtroppo, si era dimenticato che anche
Lancelot faceva parte del Lumaclub e, pertanto, l'aveva costretto a
farsi bello e ad elegante per la serata, minacciandolo di svelare
tutto alla mamma, in caso contrario.
Si
sentiva un pinguino...
La
porta si aprì e comparve il faccione rotondo e i due grossi
baffi di
Lumacorno, il quale, tutto eccitato, esclamò: “I
fratelli
Sandlers! Finalmente siete arrivati! Prego, accomodatevi!”
Lancelot
colpì velocemente col gomito il braccio di Gal, il quale,
capendo
dove voleva andare a parare il fratello maggiore, allungò la
bottiglia e, cercando di guardare le frasi che aveva scritto
sull'avambraccio, dichiarò: “Un regalo per voi,
professor
Lumacorno, come ringraziamento per avermi invitato al suo
club.”
“Grazie,
ragazzo. E' stato molto carino da parte tua, senza contare che adoro
l'idromele! Ma prego, entrate! Stanno cominciando ad arrivare anche
gli altri!” esclamò l'uomo, prendendo la bottiglia
e facendo cenno
ai ragazzi di entrare.
I
due fratelli entrarono e videro un sacco di ragazzi di tutte le Case
intenti a chiacchierare animatamente.
Ad
un tratto, Gal notò due ragazzi di Tassorosso che parlavano
e che
sembravano molto nervosi...
“Teddy,
Oliver!” li chiamò, il rosso, sbracciandosi, e
dirigendosi verso
il gruppo, domandando: “Come butta, ragazzi? Vi vedo un po'
nervosi.”
“Le
feste non sono il mio forte...” ammise Oliver, mentre Teddy
annuiva: “A chi lo dici...”
“Beh,
vedrete che ve la caverete benissimo! Neanch'io sono un amante delle
feste mondane, ma ho deciso di buttarmi!”
“Già,
forse anche troppo... dove pensi di essere, al gran ballo dei
pinguini?” domandò, divertita, una voce familiare
alle sue spalle.
Gal,
con una smorfia, si voltò e vide Abel Nott, il quale stava
tenendo
in mano un bicchiere pieno d'acqua come un gran signore, che lo
guardava divertito, e disse: “Non mi aspettavo di trovarti
qui...”
“E
invece faccio parte del Lumaclub dall'inizio dell'anno.”
“Scommetto
che è solo per il fatto che hai parenti
importanti!”
“O
forse perché sono bravo in trasfigurazione, pozioni e storia
della
magia, a differenza tua.”
“Già,
immagino che ti dia fastidio stare nella stessa stanza con dei nati
babbani.”
“Ti
piacerebbe. A differenza della mia famiglia, io sono molto
più
tollerante nei confronti dei babbani, dei nati babbani e dei
maghinò.”
Dopo
aver detto quelle parole, Abel si allontanò con la sua
solita aria
superiore.
“Antipatico
cronico!” sbottò Gal, digrignando i denti
“Io sono molto più
tollerante nei confronti dei babbani, dei nati babbani e dei
maghinò... ma chi ci crede?! L'ha detto solo per dimostrarsi
migliore di quello che è!”
“Non
farci caso, Gal.” disse una voce alle sue spalle.
Gal,
stavolta, fece un sorriso, mentre si girava.
Quella
era la voce dell'unico Serpeverde con cui andava perfettamente
d'accordo...
“Ehilà,
ciao Kevin!” lo salutò il Grifondoro
“Non sapevo che anche tu
facessi parte del Lumaclub.”
“Sì,
da una settimana. A quanto pare, le mie discrete abilità in
Trasfigurazione, Volo e Difesa contro le Arti Oscure hanno
interessato il professor Lumacorno... Comunque, a parte io, tu, Gal,
Oliver, Delphini, Teddy e Abel, non ci sono altri ragazzi del nostro
anno.”
Proprio
in quel momento, si sentì qualcuno bussare con grazia ed
eleganza
alla porta e Teddy notò che Lumacorno era trasalito, come se
avesse
sentito qualcosa di terribile e spaventoso.
Immediatamente,
il professore si calmò e, sistemandosi la giacca, si diresse
verso
la porta, che aprì, piuttosto nervosamente.
Subito,
si sentì una voce femminile calma e sicura dire:
“Buonasera,
professor Lumacorno. Scusi il ritardo.”
“Ah...
non si preoccupi, signorina Black... prego, entri pure.”
Teddy
vide Delphini entrare con calma nell'ufficio, mentre Lumacorno la
osservava di nascosto, con un'espressione nervosa.
“Avevi
proprio ragione... il professor Lumacorno si comporta in modo strano
solo con lei.” sussurrò Teddy a Kevin, ricordando
i modi gentili e
allegri del professore durante le sue lezioni.
Delphini
diede un'occhiata di nascosto al professore, mentre si dirigeva verso
il tavolo.
Poco
dopo, anche gli altri invitati si sedettero al tavolo circolare e
apparve davanti ad ogni invitato una coppa di gelato.
“Servitevi
pure, ragazzi.” trillò, entusiasta, il professor
Lumacorno, per
poi domandare a Teddy: “Lupin, hai ricevuto notizie dal tuo
padrino, ultimamente?”
“Sì,
professore, proprio ieri.”
“Ottimo,
ottimo. Come sta?”
“Bene.”
“Che
gran bella notizia. Mi farebbe molto piacere ricevere sue notizie,
sai era uno degli studenti migliori a Pozioni!”
“Glielo
dirò, professore.”
“Bene,
bene... e dimmi, ragazzo, hai già in mente cosa fare, dopo
la
scuola?”
“Beh...
mi piacerebbe diventare un Auror come mia madre e il mio
padrino...”
“Una
scelta eccellente, ragazzo. Con le tua abilità di
Metamorfomagus,
diventerai di sicuro uno dei migliori.”
“Spero
di non deludere le sue aspettative, professore.”
“Oh,
sciocchezze, ragazzo. Sarai uno dei migliori Auror della storia, te
lo garantisco! E guarda che io ho sbagliato pochissime volte nel
giudicare uno studente...”
Teddy
notò che il professore aveva spostato lo sguardo in
direzione di
Delphini, la quale stava mangiando il gelato in tutta
tranquillità.
Quando
la ragazzina si accorse dello sguardo del professore, alzò
la testa,
lievemente sorpresa, e, immediatamente, Lumacorno, spostò lo
sguardo
verso Gal e Lancelot e domandò: “Se non sbaglio,
anche vostro
padre era un Auror, giusto?”
“Sì,
signore. Era uno dei migliori e fu uno dei pochi a credere fin
dall'inizio che Silente ed Harry Potter avessero ragione sul ritorno
di Lei-sa-chi e a dichiarare apertamente il suo disprezzo per i
Mangiamorte, quando questi presero il controllo del
Ministero.”
raccontò Lancelot, con orgoglio, e anche Gal
annuì.
La
maggior parte delle volte era in totale disaccordo con suo fratello
maggiore, ma quando Lancy parlava del coraggio di suo padre, era una
delle poche volte in cui gli dava ragione.
“Eh,
sì. Un Auror davvero eccezionale, Achilles Sandlers...
soltanto
Moody e Shacklebolt lo superavano... E' davvero spaventoso pensare
che sia morto poco prima della fine del Signore Oscuro e in quella
maniera atroce, poi...” commentò, amaramente,
Lumacorno, mentre
Lancelot annuiva: “Purtroppo, era finito nel mirino dei
Mangiamorte
e dei Ghermidori, perché non solo non nascondeva il suo odio
per il
governo, ma aveva anche sposato nostra madre, che era una babbana.
Così, abbiamo dovuto nasconderci assieme alla famiglia di
mamma.
Sfortunatamente, papà detestava restare chiuso in casa, come
un
prigioniero, mentre fuori molte persone soffrivano ingiustamente...
così, se ne andò e cominciò a girare
per il paese, dando inizio
alla sua personale battaglia contro il lato oscuro... ma, alla fine,
fu catturato e ucciso.”
“Ho
sentito dire che venne ritrovato sepolto in un bosco avvolto in un
lenzuolo con su disegnato un leone rampante e con una spada tra le
mani, un po' come i cadaveri degli antichi re babbani.”
“Sì,
nessuno ha mai capito chi fosse stato a seppellirlo con tale
rispetto... probabilmente una persona che riuscì a
proteggere e a
salvare... ma io e la nostra famiglia ignoriamo tutt'oggi la sua
identità.” concluse Lancelot, mentre Gal
aggiungeva: “Sa,
professore, quando avrò finito la scuola, desidero anch'io
diventare
un Auror, per rispettare la memoria di mio padre.”
“Bene,
ottima scelta! Eccellente sul serio!”
Athena
rimase in silenzio, mentre giocherellava con il cucchiaio.
C'era
qualcosa di strano in quella storia... il padre di Gal era stato
seppellito come un antico cavaliere babbano, con tanto di spada e
sudario... per non parlare del disegno del leone rampante... il
simbolo di Grifondoro... era come se qualcuno volesse che si sapesse
che Achilles Sandlers era stato un orgoglioso Grifondoro... e da che
mondo è mondo, i Grifondoro erano i cavalieri del mondo
magico...
l'unica cosa certa era che chi l'aveva seppellito, aveva provato un
profondo rispetto per il defunto.
Forse
era per questo che Gal aveva voluto usare la spada per difendersi...
così avrebbe potuto sentirsi più vicino a suo
padre, morto con una
spada tra le mani... ma perché mettergli una spada e non una
bacchetta?!
Non
aveva alcun senso!
“E
lei, signorina Black? Cosa vorrebbe fare una volta finita la
scuola?”
domandò, all'improvviso, Lumacorno, guardando la ragazzina
dai
capelli d'argento.
Delphini
smise di mangiare e, dopo aver appoggiato il cucchiaio di fianco alla
coppa, guardò Lumacorno e disse:
“L'Auror.”
“Ah,
molto interessante... in effetti, hai molto talento, ragazza, davvero
molto...”
Delphini
non smise di fissare il professore.
Come
aveva previsto, il professore aveva cercato di coglierla impreparata
con una domanda improvvisa, ma lei era già pronta.
Aveva
fatto la prima mossa, ora toccava a Lumacorno.
L'insegnante
di pozioni rimase in silenzio un attimo, per poi domandarle:
“Da
quando ha questo sogno?”
“Da
Luglio. Ho letto degli Auror nei vari libri per la scuola e il loro
lavoro mi ha subito affascinato.”
“Lo
sa, vero, che è un lavoro molto pericoloso? Molte persone
sono morte
a causa di ciò.”
“Lo
so, professore, ma quello è il lavoro perfetto per me. Me lo
dice il
mio istinto. Inoltre, anche studiare i draghi è un lavoro
molto
pericoloso e parecchi studiosi sono morti.”
“E
cosa dicono i suoi genitori riguardo ciò? Potrebbero stare
in
pensiero per questa sua decisione...”
Delphini
rimase imperturbabile.
Eccola,
la domanda fatale che stava aspettando.
Lumacorno
stava cercando di capire com'era la sua situazione familiare... di
certo, si aspettava che dicesse qualcosa del tipo che sua madre era
morta o che suo padre era in prigione o, comunque, assente dalla sua
vita... così da potersi collegare ai coniugi Lestrange... ma
sfortunatamente per lui, si era perfettamente preparata a quella
fatidica domanda...
“I
miei genitori sono morti a causa di uno dei continui attacchi di
Voldemort e dei suoi Mangiamorte contro i babbani, quando io avevo
solo pochi mesi. Di conseguenza, vivo con la signora Rowle. E' una
maganò imparentata alla lontana con i miei che lavora come
portinaia
in un condominio a Londra. Comunque, mi lascia libera di seguire la
mia strada.” dichiarò la ragazza, omettendo il
fatto che a quella
befana importava solo che si levasse di torno il prima possibile, non
le importava in che modo.
“E
lei, signor Ferrars? Anche lei è interessato a diventare un
Auror?”
domandò, all'improvviso, Lumacorno ad Oliver, il quale,
imbarazzato,
ammise: “Oh, no, professore... la professione di Auror non fa
proprio per me... io vorrei avere una vita tranquilla e senza troppe
emozioni, senza contare che non sono troppo bravo in Difesa contro le
Arti Oscure... mi piacerebbe diventare un Magizoologo come Newton
Scamander!”
“Ah,
il buon vecchio Scamander... è stato un mio studente, che
peccato
che si sia fatto espellere... comunque, l'idea di diventare un
Magizoologo è davvero molto interessante.”
“Grazie...
a me piacciono tanto gli animali e le piante... perciò,
penso che
sia una buona idea fare un lavoro dove posso stare a contatto con le
cose che mi piacciono.”
“Ottimo,
ottimo. Così si parla. E lei, signorina Doyle?”
Athena
rimase un attimo in silenzio, poi raccontò:
“Personalmente, sono
un po' indecisa se lavorare come Spezzaincantesimi della Gringott o
diventare un membro del Ministero della Magia, signore.”
“Oh,
sono certo che se la caverà alla grande in entrambi i campi,
signorina Doyle. Ha molta intelligenza e arguzia.”
“La
ringrazio, professore.”
Dopo
mezz'ora, Lumacorno diede un'occhiata all'orologio ed
esclamò: “Per
la barba di Merlino, come si è fatto tardi! Meglio che
andiamo di
corsa tutti a letto o la McGranitt non ce la farà passare
liscia!
Beh, ragazzi, ci vediamo tutti la prossima settimana.”
Delphini
fu una delle prime ad alzarsi per andarsene.
Finalmente,
quella pagliacciata era finita... per una settimana, non doveva
più
preoccuparsi di Lumacorno e le sue domande...
D'istinto,
spostò i ciuffi di capelli dalla fronte e fu proprio in quel
momento
che, con la coda dell'occhio, lo vide.
Lumacorno
la stava guardando ed era appena sbiancato, cominciando anche a
sudare.
La
ragazzina lo guardò, nervosa.
Evidentemente,
quel suo piccolo gesto, che a lei sembrava così normale, era
un'abitudine di uno dei suoi genitori.
Era
stata troppo incauta... ma come aveva fatto ad essere così
stupida?!
Anche
Teddy e gli altri si misero a guardare increduli il professore.
Sembrava
davvero sconvolto, come se avesse appena visto un fantasma...
“...Tom...”
sussurrò, alla fine, nervoso e terrorizzato, il professore
e,
d'istinto, Delphini domandò: “Chi?”
La
ragazzina non riusciva proprio a capire a chi si stesse riferendo il
professore... suo padre si chiamava Rodolphus ed era assurdo per il
membro di una famiglia purosangue come i Lestrange avere anche solo
un secondo nome babbano molto comune... inoltre, il nome Tom non
poteva nemmeno essere un diminutivo... erano assolutamente
incompatibili...
“Mi
scusi, professore, ha per caso detto Tom? Si sta riferendo al
proprietario del 'Paiolo Magico'?” chiese Delphini e il
professore,
un po' sorpreso, ripeté: “Il proprietario del
'Paiolo Magico'?”
“Sì,
quello di Diagon Alley... il nome è identico... ma si sente
bene?
Sembra turbato.”
Il
professor Lumacorno rimase un attimo in silenzio, poi
esclamò,
cercando di fare un sorriso: “Ah, no, niente... è
solo che quel
tuo gesto era identico a quello di un mio vecchio allievo. Si
chiamava Tom Riddle ed era molto bravo e promettente... purtroppo
morì poco dopo aver finito la scuola... aveva cominciato a
non star
troppo bene durante gli anni ad Hogwarts...”
“Ah,
mi dispiace.” fu tutto quello che disse Delphini, prima di
uscire
dall'ufficio.
E
lei che temeva che Lumacorno avesse capito chi fossero i suoi
genitori, mentre, in realtà, la stava solo confrontando con
uno
studente morto stecchito... quel vecchio tricheco le aveva fatto
venire un infarto... se avesse potuto, gliene avrebbe detto quattro.
“Tom...
Tom Riddle... questo nome non mi è nuovo...” fece
Gal, pensieroso,
mentre si grattava la testa.
All'improvviso,
il ragazzino ricordò, battendo un pugno su una mano:
“Ora ricordo!
Era lo stesso nome che c'era su quella coppa! Quel furbastro di
Serpeverde che ha ottenuto un riconoscimento per servigi speciali
solo perché era Prefetto!”
“Ehm,
Gal... non penso che gliel'hanno data solo per il fatto che fosse
Prefetto...” tentò di calmarlo Oliver, mentre Gal
urlava: “Invece
hanno fatto così! Scommetto che era il cocco di tutto il
servizio
docenti! Se spera che io lo tratti coi guanti solo perché
è
defunto, ha sbagliato persona!”
“Tu
lo odi solo perché ha ottenuto un premio, a differenza tua.
Perciò
sei geloso.” intuì Delphini, mentre il Grifondoro
sbraitava: “Io
geloso di un morto?! Ma stiamo scherzando?! Vedrete, ragazzi, durante
questi sette anni, dimostrerò a tutta Hogwarts che sono
mille volte
migliore di quell'odioso perfettino di Serpeverde!!!”
“Sì,
sei geloso di quel Tom Riddle da impazzire.”
sbuffò la ragazzina
coi capelli d'argento, mentre Abel guardava Gal e si toccava la
tempia con l'indice. |
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Capitolo 13 *** La catene invisibili ***
Capitolo
13: Le catene invisibili
“Molto
bene, ragazzi. Chi ha intenzione di restare ad Hogwarts per Natale,
firmi questo elenco, grazie.” disse il professor Bennet,
l'insegnante di Trasfigurazione, facendo passare un foglio tra i
Tassorosso.
Non
appena il foglio finì nelle sue mani, Oliver lo
firmò
immediatamente.
L'ultima
cosa che voleva era passare il Natale con i parenti di sua madre...
Una
volta firmato, passò il foglio a Teddy, il quale,
inaspettatamente,
lo passò subito al suo vicino.
“Non
resti per Natale?” domandò, incredulo, il
ragazzino e il compagno,
con un sorriso, disse: “Purtroppo mi ero già messo
d'accordo per
passare il Natale dal mio padrino e non posso cambiare idea
all'ultimo secondo.”
“Ah,
già, è vero. Me lo avevi detto.
Divertiti.”
“Grazie.”
Mentre
il professor Bennet finiva il suo giro delle firme, Teddy si
avvicinò
a Oliver e sussurrò: “Senti, mentre
sarò via, potresti farmi un
favore?”
“Ma
certo, Teddy. Dimmi pure.”
“Vorrei
che tu tenessi d'occhio Delphini durante le vacanze di
Natale.”
“Uh?
Ti ha detto che resterà qui?”
“No,
ma è abbastanza ovvio.”
“Già,
hai ragione...”
I
due amici risero un attimo, poi Oliver annuì:
“Comunque,
d'accordo. La terrò d'occhio.”
“Grazie.
Scusa se ti do un compito così delicato, ma, conoscendola,
approfitterà di queste vacanze per girovagare per il
castello e
ficcarsi nei guai.”
“Nessun
problema... però non capisco perché ti preoccupi
tanto per lei...
guarda che io non ti accuso di niente, è solo che sono solo
curioso.”
Teddy
rimase un attimo in silenzio, poi, imbarazzato, ammise: “So
che
sembra strano... è solo che non posso farne a meno. Qualcosa
dentro
di me, mi dice che devo assolutamente proteggerla... so che sembra
assurdo, ma mi viene naturale...”
“Beh,
in fondo voi due siete molto simili fisicamente.”
“Eh?
Che intendi?”
“Beh,
sai è una mia impressione... ma il fatto è che mi
sembra che i
vostri lineamenti si assomiglino molto...”
“Davvero?
Strano, non me ne sono mai accorto...”
“Beh,
non importa. In fondo è solo una semplice impressione. Parti
pure, a
Delphini ci penso io.”
“E
già che ci sei, controlla anche Gal, se dovesse restare qui,
cosa
alquanto probabile.”
“Intesi.”
Dopo
aver detto ciò, Teddy si diresse verso l'uscita della Sala
comune e
domandò ad Oliver: “Vado a fare una passeggiata
nel parco. Vieni
anche tu?”
“Perché
no?” fu la risposta, entusiasta di Oliver.
I
due Tassorosso si vestirono con abiti pesanti e, dopo essere usciti
dal Seminterrato di Tassorosso, si diressero verso il parco della
scuola.
La
neve continuava a scendere fitta fitta e l'aria era fredda e gelata.
Tuttavia,
i due amici continuarono a camminare con calma e allegria, cercando
d'ignorare il freddo di quella giornata di Dicembre.
“Quand'è
tutto calmo, quando nevica...” commentò Teddy,
mentre Oliver
domandava, con un grande sorriso stampato: “Non ti fa sentire
in
pace col mondo?”
“Cosa
intendi?”
“Vedi,
quando la neve cade attorno in grossi, morbidi, bianchi fiocchi, chi
riesce ad essere di cattivo umore?”
“Io.”
li avvisò una seccata voce femminile alle loro spalle,
facendoli
sobbalzare.
I
due ragazzini si voltarono e videro Delphini che li guardava in malo
modo, con la borsa che sembrava, come al solito, piena da scoppiare.
“Ah,
ciao, Delphini... hai mica visto Gal?” domandò
Teddy e la
ragazzina, con fare superiore e arrogante, indicò col
pollice la
foresta dietro di sé e dichiarò: “E'
là dentro da qualche parte.
A quanto pare, quell'idiota vuole a tutti i costi imparare ad usare
la spada.”
Dopo
aver detto ciò, la ragazzina si diresse verso il castello,
con il
suo solito passo calmo e composto.
“Mi
dispiace, Oliver, ti ho lasciato una bella gatta da pelare... ti
prometto che l'anno prossimo cercherò di restare per
Natale.” si
scusò, imbarazzato, Teddy, ma Oliver lo
tranquillizzò: “Tranquillo,
Teddy... sarà come un allenamento con gli animali
selvatici... se
riesco a controllare lei, persino domare un drago sarà uno
scherzo.”
“Speriamo
in bene... raggiungiamo Gal...”
I
due amici s'inoltrarono nel bosco e, dopo un po', sentirono dei
colpi.
Incuriositi,
si avvicinarono a quel rumore e videro il compagno, intento a
combattere con l'uso della spada che aveva rubato.
Sembrava
aver acquistato più dimestichezza e più
agilità, dato che aveva
un'andatura molto meno goffa, anche se i poveri alberi della foresta
erano parecchio rovinati.
Ad
un tratto, Gal inciampò a causa di una radice e cadde
rovinosamente
per terra.
“Stai
bene?” domandò, preoccupato, Teddy,
raggiungendolo, e il rosso,
cercando di alzarsi, esclamò: “Non preoccuparti.
La mia schiena ha
avuto botte peggiori...”
“Meno
male... ti stai allenando con la spada?”
“Sì,
sento che la spada è la mia arma e, pertanto, devo
allenarmi, se
voglio essere il migliore.”
“Come
va?”
“Sto
migliorando, credo... adesso riesco a fare dei fendenti più
precisi... se continuo così, sarò uno dei
migliori spadaccini!”
“Senti,
ma forse rischi di prendere un malanno a stare fuori al freddo... da
quanto tempo ti alleni?” s'intromise, preoccupato, Oliver e
Gal,
dopo aver meditato un attimo, ammise: “Da tre ore,
credo...”
Sentendo
quelle parole, Oliver sbiancò e fece, sconvolto:
“Come tre ore?!
Presto, devi tornare al castello o rischi di congelare!”
Prese
Gal per una mano e lo trascinò verso la Sala Grande.
Una
volta, al calduccio, Oliver fece apparire dalla sua borsa una calda
bottiglia di Burrobirra che Gal prese subito e se la scolò
in un
attimo.
“Ah,
dopo tutto quel freddo della malora, una Burrobirra calda era proprio
quello che ci voleva...” fece il rosso, mentre Teddy
commentava:
“Chissà perché...”
“Ehi,
ragazzi. Sapete che oggi è il mio compleanno?”
fece
all'improvviso, Gal con un sorriso e, subito, Teddy esclamò:
“Non
lo sapevo, auguri!”
“Sono
contento per te... io, invece, compio gli anni il 5 Maggio.”
fece
Oliver, mentre Teddy dichiarava: “Io sono nato il 16
Aprile.”
“Abbiamo
quasi un mese di differenza, noi due!”
“Già,
sono nato tre giorni dopo la Battaglia di Hogwarts.”
“Pensa
che la nipote del mio padrino, Victorie, è nata il giorno
del primo
anniversario della battaglia. Infatti, il suo nome significa vittoria
in francese.”
“Ha
origini francesi?”
“Sì,
sua madre ha studiato a Beauxbatons e ha rappresentato la sua scuola
durante il torneo Tremaghi.”
“Accidenti,
allora dev'essere una strega molto potente e talentuosa.”
“E
pensa che sua nonna era una Veela.”
“Sul
serio?! Cavoli, tu e il tuo padrino avete un sacco di parenti
interessanti...”
“Beh,
dai... anche tu hai devi avere molti parenti interessanti...”
“Ti
sbagli, Teddy... i parenti di mia madre non sono le persone
più
avvincenti con cui passare il Natale...”
“Andiamo,
non possono essere così tremendi...”
“Non
fanno altro che parlare dei vecchi pezzi d'antiquariato delle loro
collezioni e gli incredibili oggetti che sono riusciti a prendere da
Borgin...”
“Borgin?
Il proprietario di 'Magie Sinister' a Notturn Alley?”
“Proprio
lui. La famiglia di mia madre frequenta quella bottega da anni,
persino quando c'era ancora il vecchio Burke... a loro non importa
niente dello studio degli animali...”
“Beh,
ognuno ai suoi gusti...”
“Ma
non è solo per quello che frequentano quella
bottega...”
“Ah
no? E per quali altri motivi ci vanno?”
Oliver
arrossì.
Aveva
pensato la stessa cosa, quando sentiva i litigi dei genitori da
piccolo... così aveva chiesto al padre spiegazioni... ed era
stato
il momento più imbarazzante della sua vita quando aveva
capito
qual'era il problema...
Aveva
fatto cenno a Teddy di avvicinarsi e, una volta che fu vicino,
sussurrò, imbarazzato: “Mi prometti di non dirlo a
nessuno?”
“Certo.”
“Ecco...
i prozii di mia madre hanno delle strane manie... gli piacciono le
persone parecchio più giovani di loro...”
“Quanto
più giovani?”
“Beh...
il prozio di mia madre Lapo ha 103 anni e, nonostante non sia un gran
campione di bellezza maschile, fa delle avance parecchio esplicite
alle cameriere babbane di vent'anni... e quando ci sono le riunioni
di famiglia, non fa altro che parlare di quelle 'autentiche bellezze
giovanili'... descrivendole piuttosto dettagliatamente.”
Teddy
non poté fare a meno di sgranare gli occhi, incredulo.
“...E
sua sorella maggiore, prima di morire a causa di un incidente
domestico, era persino peggio! Pare che facesse la corte
all'affascinante commesso dell'epoca di 'Magie Sinister'! Inventava
sempre qualche scusa assurda per invitarlo a casa sua... e il
furbetto ne ha approfittato subito.”
“Cioè?”
“La
vecchia zia Hepzi aveva un sacco di oggetti interessanti e molto
preziosi in casa sua... compreso il favoloso tesoro che la mia
famiglia si tramanda da generazioni, dato che era la primogenita...
ma quando è morta, a rapporto mancava solo quello,
nonostante nella
casa ci fossero un sacco di oggetti molto preziosi.”
“Sul
serio?”
“Esatto...
e indovina un po'? Quando lo zio Lapo è andato a chiedere
spiegazioni a Burke, quello stesso commesso si era già
licenziato da
un pezzo.”
“La
cosa è molto sospetta...”
“Non
immagini quanto... secondo la mia bisnonna, si è fatta
fregare dalle
belle manie e dall'aspetto del commesso... l'ha sempre definita
un'oca patentata, smaniosa di sposarsi e che va in giro a corteggiare
bei giovanotti, nonostante fosse grassa come una botte. Secondo nonna
Rebecca, era fin troppo facile fregarla.”
“Quindi
secondo lei...”
“Quel
commesso era solo un avventuriero che approfittava del suo lavoro per
trovare oggetti preziosi che poteva rivendere sotto banco per un
mucchio di soldi e, una volta trovati, non doveva far altro che
sedurre la proprietaria. Le avrà detto che l'avrebbe sposata
solo se
gli dava il tesoro e lei c'è cascata in pieno.”
“Però
la prozia di tua madre è morta... non temi che...?”
“No,
non l'ha uccisa, su questo puoi stare tranquillo. La colpevole ha
subito confessato.”
Teddy
rimase un po' sorpreso da quella storia.
Ad
essere onesti, gli sembrava che ci fosse qualcosa di strano in quel
racconto...
“Comunque,
come puoi vedere, l'idea di tornare a casa per Natale ed incontrarmi
con loro, non mi entusiasma neanche un po'... resterò qui e
darò
una mano ad Hagrid con le creature magiche... dopotutto, voglio
diventare un Magizoologo.”
“Sul
serio resti per Natale, Oliver?!” esclamò,
all'improvviso, Gal,
con la bocca ancora sporca di Burrobirra, e il ragazzino, un po'
imbarazzato, annuì.
“Non
sai quanto mi rendi felice... pensavo di dover passare il Natale con
il gruppo degli odiosi...”
“Il
gruppo degli odiosi?”
“Lancy,
Monica, Delphi, Abel Nott, Lester Falwey, Hugh Flint, il professor
Trocar e il professor Bennet!”
“Ah,
avrei dovuto immaginarlo...”
“Ma
con te e Christian ce la posso fare! Vedrai, Olly, ci divertiremo da
matti! Palle di neve, pochi compiti, litri di calda Burrobirra e un
intero castello da esplorare tutto per noi!”
“Si
prospetta una vacanza davvero eccitante...”
sussurrò, leggermente
nervoso, Oliver.
A
differenza dell'amico, era molto più calmo e tranquillo...
ma, tutto
sommato, non gli dispiaceva passare del tempo con lui...
Poteva
sembrare assurdo, ma era come se una parte inconscia di lui, lo
conoscesse e lo apprezzasse da sempre... ma era così strano.
Dopotutto,
si conoscevano solo da qualche mese, eppure...
“Beh,
allora passate delle buone vacanze, ragazzi!” li
salutò
allegramente, sbracciandosi come al solito e col suo solito casco in
testa, Gal.
Teddy
ricambiò il saluto con un sorriso, mentre Athena si voltava
dall'altra parte, infastidita.
Certo
che quell'idiota non riusciva proprio a contenersi da fare il
pagliaccio...
Proprio
in quel momento, la carrozza cominciò a partire cigolando.
Il
piccolo gruppo di studenti rimasti, osservò in silenzio i
compagni
che tornavano a casa per le vacanze di Natale, continuando a
salutare.
Ad
un tratto, Oliver sentì un fruscio di fianco a sé
e, voltandosi,
vide Delphini che fissava incredula le carrozze.
“Qualche
problema?” domandò, preoccupato, Oliver e la
ragazzina domandò,
indicando le carrozze: “Che animali sono quelli che stanno
tirando
le carrozze?”
“Eh?
Quali animali? Non c'è nessuno che tira le
carrozze.”
“E
invece sì, ci sono dei cavalli neri scheletrici e con le ali
da
pipistrello. Ma come fai a non vederli? Non solo hanno quell'aspetto
particolare, ma sono anche in bella vista!”
Prima
che Oliver potesse dire qualsiasi cosa, Gal dichiarò:
“Ma non dire
cavolate, non c'è nessun cavallo strano! Guarda che ho
capito che
volevi solo una scusa per salutare Teddy e gli altri, ma devo
ammettere che questa è la scusa più stupida che
abbia mai sentito!
Ti farai passare per una visionaria da tutta la scuola!”
Delphini
sentì la rabbia tremarle dentro il suo corpo e, osservando
con
rabbia il coetaneo con rabbia, urlò, facendo voltare tutti i
presenti: “Sei un idiota!!! Quei cavalli esistono e te lo
proverò,
anche a costo di passare le vacanze a cercare tra i libri della
biblioteca!!!”
Dopo
aver detto ciò, si voltò, furibonda, e si diresse
verso il
castello.
“Ma
dovevi per forza dirle ciò?” gli
domandò, esasperato, Oliver e
Gal disse: “Beh, io non ho visto nessun cavallo... pensavo
che
fosse solo un trucco per salutare gli altri... dici che ho
esagerato?”
“Direi
proprio di sì... anche perché, dalla sua
reazione, mi sembra
evidente che non stesse scherzando e che li vedeva sul serio.”
“Però
io e te non abbiamo visto niente... e tu, Christian?”
“Io
non ho visto nessun cavallo...” borbottò il
ragazzino e il cugino
esclamò: “Visto? Se li è inventati di
sana pianta quei cavalli,
te lo dico io!”
“Guarda
che nel mondo magico ci sono creature che anche se non si possono
vedere esistono...”
Entrò
come una furia nella biblioteca, sbattendo con violenza la porta e
beccandosi un ammonimento da parte di Madame Pince.
Era
adirata, furibonda e offesa!
Come
si era permesso quel cretino, quel deficiente, quello stupido... ma
gliela avrebbe fatta vedere!
Come
aveva dichiarato, avrebbe cercato quei cavalli su tutti i libri che
trattavano l'argomento finché non li avesse trovati,
fortunatamente
avevano un aspetto difficile se non impossibile da dimenticare.
Si
diresse verso il Reparto delle creature magiche e prese tutti i libri
possibili, per poi dirigersi verso il banco di legno più
vicino.
Gliela
avrebbe fatta vedere... oh, se gliela avrebbe fatta vedere!
Era
stato per quelle creature che aveva voluto uscire dal suo
nascondiglio durante la partenza dei ragazzi, altrimenti se ne
sarebbe rimasta nascosta dietro lo stipite della porta, come aveva
programmato fin dall'inizio.
Non
sapeva perché le fosse venuta l'idea di andare a vedere la
partenza... probabilmente, perché non aveva voglia di
apparire come
una stupida sfigata asociale... ma, allo stesso tempo, era troppo
orgogliosa per dimostrare che fosse interessata.
Ma
quando aveva visto quei cavalli, qualcosa l'aveva spinta ad
avvicinarsi e a desiderare di toccarli... ma a quanto pareva solo lei
poteva vedermi...
Aprì
un libro e cominciò a sfogliarlo finché l'occhio
non le cadde su
un'immagine.
Fece
un sorrisetto soddisfatto.
“Delphini
non è ancora tornata dalla biblioteca...”
notò, dispiaciuto,
Christian, mentre Gal borbottava, mentre mescolava il suo porridge:
“Forse Oliver aveva ragione nel dire che sono stato un po'
insensibile nei suoi confronti...”
“Perché
non le chiedi scusa?”
Fu
come se avesse chiesto a Gal di togliersi il casco.
“Io
chiederle scusa?! E quando mai lei mi ha chiesto scusa?!”
urlò,
infuriato, il ragazzino e Christian, imbarazzato, tentò di
calmarlo:
“In effetti, non hai tutti i torti...”
Proprio
in quel momento, Delphini aprì la porta della Sala Grande e,
con
un'aria soddisfatta e di vittoria, si diresse verso il tavolo dei
Grifondoro.
Non
appena si trovò davanti a Gal, aprì un enorme
volume e dichiarò:
“Leggi un po' qua, Galahad Sandlers! Vediamo chi è
il visionario,
adesso!”
Immediatamente,
l'attenzione di Gal fu catturata dall'immagine della pagina mostrata
dalla Serpeverde: “Oh, mamma! Ma questo è il
cavallo più
spaventoso che abbia mai visto!”
“Ah,
e pensa che ce n'è un intero allevamento nella
foresta!”
Christian
si avvicinò al cugino e lesse il nome sopra alla figura:
“Thestral?”
“Proprio
così, Thestral. Cavalli che possono essere visti solo da
coloro che
hanno visto e compreso la morte. Hagrid mi ha confermato che ce ne
sono un sacco nella foresta e che sono loro che tirano le carrozze.
Quindi, avevo ragione. Pertanto, scusati immediatamente con me,
Galahad Sandlers!”
Gal
fece una smorfia, per poi borbottare: “Scusa...”
Delphini
fece un sorriso di trionfo.
Adorava
quando dimostrava di avere ragione... le dava un senso di trionfo e
di potere...
“Qualcuno
ha visto un Thestral?!” domandò, preoccupata, una
voce femminile,
avvicinandosi al trio.
Il
gruppo si voltò e vide Monica bianca come un lenzuolo.
Gal
sgranò gli occhi, incredulo.
Non
l'aveva mai vista così spaventata... e dire che la conosceva
da
anni...
“Sì,
io. Perché?” domandò, con fare
annoiato, Delphini e la ragazzina
balbettò: “Mia nonna mi ha parlato di quelle
creature... pare che
vederle porta molto sfortuna.”
“Tsk,
superstizioni. Non ho bisogno di un Thestral per sapere che sono nata
sotto una cattiva stella.”
“Visto?
La loro visione è la conferma che tu sei una ragazza molto
sfortunata!”
“La
mia sfortuna è leggermente diversa.”
“Ma
se hai perso i genitori a causa di Tu-sai-chi...”
“Anche
Teddy ha perso i genitori a causa di Voldemort, ma non mi sembra che
veda i Thestral. E comunque, l'idea che solo le persone sfortunate li
vedano è un'autentica cavolata!”
“Beh,
io non lo direi con così tanta leggerezza... coloro che
riescono a
vederli, sono destinati ad essere molto sfortunati!”
“Come
i gatti neri per i babbani?”
“Ma
i gatti neri sono una cosa diversa...”
“Dici?
A me sembra la stessa identica cosa. Secondo Hagrid sono creature
gentili e fedeli... ma a causa del fatto che li possono vedere solo
chi ha visto la morte, sono stati perseguitati e cacciati per anni.
Solo per questo! Come se fosse colpa loro il fatto che vengano visti
solo dalle persone che sono state a contatto con la morte... e a
nessuno importa che, magari, quelle creature sono molto diverse da
quello che si pensa... che, forse, sono coloro che più di
tutti
soffrono per la loro condizione... che non vorrebbero essere legati
in quel modo dalla morte... che se potessero cambiare le cose, lo
farebbero subito, ma non possono perché sono prigionieri!
Incatenati
ad una prigione invisibile che non li lascia scampo e che per quanto
possano combattere non riusciranno mai a distruggere perché
fa parte
di loro... la prigione di un'eredità che non
vogliono.”
Tutta
la Sala Grande si voltò a guardare la ragazzina che stava
tremando
dalla rabbia, mentre Christian e Gal si guardavano increduli.
Non
avrebbero mai immaginato che quell'argomento sui Thestral fosse
così
delicato per la ragazza...
Dopo
aver finito di parlare, la ragazza si voltò e se ne
andò dalla Sala
Grande.
“Accidenti...”
commentò Oliver, avvicinando al tavolo dei Grifondoro
“Ma cos'è
successo?”
“Beh,
a quanto pare Delphini non sopporta che qualcuno dica che i Thestral
portano sfortuna...” riassunse Christian, mentre Oliver
sgranava
gli occhi e domandava, incredulo: “Thestral? I cavalli che
possono
essere visti solo da coloro che hanno visto qualcuno morire?”
“Esatto.
A quanto pare, sono loro i misteriosi cavalli invisibili che tirano
le carrozze... solo che è saltato fuori che vederli porta
sfortuna e
a Delphini non è piaciuto neanche un po'...”
“Beh,
non la biasimo per niente. Ho letto un sacco di libri sui Thestral e
la storia della sfortuna o che sono pericolosi è solo
un'assurdità
detta da persone ignoranti.”
“Già,
e il discorso che lei ha tirato fuori è stato a dir poco
pazzesco e
pieno d'enfasi... sai, mentre parlava mi è sembrato che...
sapesse e
capisse perfettamente come si sentissero i Thestral... come se... la
prigione invisibile dei Thestral di cui parlava esistesse davvero e
che l'avesse provata sulla sua pelle...”
“Credo
che Delphini nasconda qualcosa... di parecchio cupo e
sinistro...”
“Dici?”
“Sì,
innanzitutto, come fa a vedere già i Thestral? Ha solo
undici
anni... pochissime persone li vedono alla sua
età...”
“In
effetti, è parecchio strano che abbia già visto e
compreso la morte
prima degli undici anni... per non dire inquietante...”
“Cosa
ha vissuto Delphini?”
Chiuse
la porta del bagno delle donne e si rintanò in un gabinetto,
ignorando il sottofondo creato dai piagnistei di Mirtilla
Malcontenta.
Aveva
altro per la testa...
“Tutto
bene?” sussurrò una voce sotto di lei.
La
ragazzina, riconoscendo la voce, abbassò lo sguardo e vide
Asmodeus
di fianco a sé che la guardava in silenzio.
“Abbastanza...
il fatto è che ho appena scoperto di poter vedere i
Thestral,
cavalli che possono essere visti solo da coloro che hanno visto la
morte.” ammise Delphini e il serpente domandò:
“E tu l'hai
vista?”
“Sì,
quand'ero piccola... anche se avevo solo pochi mesi, eppure, non so perché, ma ricordo tutto
perfettamente. Era l'elfa domestica della sorella di mia madre,
Hokity, colei che si prendeva cura di me, quando mia zia non c'era.
Mi dava da mangiare e faceva sollevare la culla con la sua magia per
divertirmi. Un giorno, però, Voldemort entrò
nella mia stanza e,
senza troppe cerimonie, la uccise davanti ai miei occhi, per poi far
mangiare il suo corpo al suo serpente, Nagini. Le disse che quello
era il suo spuntino prima di cena, anche se non era di certo
sostanzioso... Ero così furibonda che desiderai ucciderlo
per ciò
che aveva fatto. Io le volevo così bene, era sempre gentile
con
me... così scatenai i miei poteri. Cominciai a urlare e a
lanciargli
contro di tutto, ma lui sembrava divertito e interessato... quando si
stancò, mi lanciò contro un incantesimo potente e
svenni, per poi
ritrovarmi tra le braccia di mia zia... io credo... che volessi
vedere quant'ero potente...”
“Strano
comportamento da avere con la figlia dei suoi subordinati...”
“Mia
madre era stata allenata da lui in persona. Le aveva insegnato molti
incantesimi e a combattere... credo che volesse che anch'io
diventassi una specie di sua fedele subordinata, come mia madre...
più potente e più abile, che lo seguisse sempre e
in maniera
fedele... più di una volta, mi definiva la sua creatura e
dichiarava
che ero sua... non come qualcuno da amare, ma una sorta di oggetto di
sua proprietà... e me l'ha dimostrato in più di
un occasione...”
sussurrò la giovane, strofinandosi lentamente il braccio.
Asmodeus
rimase in silenzio un istante, per poi dire: “Beh, qualunque
cosa
avesse in serbo per te, adesso è morto e non può
più andare avanti
coi suoi progetti.”
“E'
vero... ma il solo pensiero di quello che avrebbe potuto farmi, mi
terrorizza... così come quello che mi ha fatto per ben sei
mesi...”
Asmodeus
si arrampicò sulla gamba della ragazzina finché
non giunse sul suo
grembo.
Delphini
con un sorriso, si mise ad accarezzargli la testa, per poi
sussurrare: “Sai, quando ho saputo quella cosa della
discriminazione dei Thestral, mi sono subito immedesimata in loro...
sono animali tranquilli e pacifici, ma il solo fatto di essere visti
solo da coloro che hanno visto la morte, li rende dei mostri e
creature da evitare.”
“E
tu ti senti come loro?”
“Già...
se la gente sapesse di mia madre, mi tratterebbe come i Thestral.
Loro vengono discriminati per il fatto che sono visti solo da coloro
che hanno visto la morte e io verrei discriminata a causa di mia
madre, la famosa Bellatrix Lestrange. Non è colpa nostra se
abbiamo
questa maledizione fin dalla nascita, ma agli altri non importa...
forse, vogliono solo una scusa per prendersela con
qualcuno...”
“Certe
volte l'uomo sa essere più stupido e crudele di noi
animali...”
“Vero,
eh? E pensa se sapessero che sono pure una rettilofona... forse
quella Grifondoro aveva ragione nel dire che sono una ragazza
sfortunata...”
Delphini
continuò ad accarezzare la testa dell'animale, per poi
commentare:
“Sai, Asmodeus, saper parlare con te è la cosa
più straordinaria
che potesse capitarmi. Tu riesci a capirmi perfettamente... non
immagini quanto mi renda felice parlare con qualcuno che mi capisca
perfettamente e che non mi giudica per la mia famiglia... con te,
riesco a sentirmi libera e capita...” |
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Capitolo 14 *** Orme sulla neve ***
Capitolo
14: Orme nella
neve
Christian
fece un piccolo
sbadiglio, mentre si alzava dal vedere e prendeva gli occhiali dal
comodino, mettendoseli.
Accese
la luce della
stanza e la prima cosa che vide fu che Gal ronfava come un ghiro sul
pavimento.
Non
ci voleva un genio per
capire cosa avesse tentato di fare...
Con
un sospiro, si
avvicinò al cugino e, dandogli delle pacche sulla spalla,
fece:
“Andiamo, Gal, svegliati. Sono già arrivati i
regali.”
Sentendo
la parola regali,
il rosso sgranò gli occhi e, incredulo, esclamò:
“Non dirmi
che... mi sono addormentato...”
“Purtroppo
sì.”
Subito,
Gal si mise ad
urlare: “Accidenti! E io che speravo di beccare colui che
avrebbe
portato i regali...”
“Andiamo,
non è mica la
fine del mondo...”
“Per
te, forse. Ma per
me, la cosa è leggermente diversa! Io volevo vedere chi mi
portava
il regalo...”
Christian
fece un sospiro,
poi diede un'occhiata ai regali.
“Tuo
padre ti ha mandato
qualcosa?” domandò Gal, ma il cugino
negò: “No. Lo sai che dopo
il divorzio, non vuole più avere a che fare con me, la mamma
e il
mondo magico.”
“Che
cretino.”
“Ehi,
Gal. Tua madre ti
ha inviato questo.” fece Christian, passandogli un pacco
regalo, il
quale venne subito afferrato dal rosso e aperto a tutta
velocità.
“Troppo
forte! Mi ha
mandato il libro sul Quidditch! L'unico libro che
m'interessa!”
esclamò, tutto contento, il ragazzino e il cugino
notò: “Ehi, c'è
un regalo da parte di Teddy per entrambi!”
I
due li presero e li
aprirono contemporaneamente.
“Ma
cos'è?” domandò,
senza parole, il rosso sollevandolo e Christian gli rivelò:
“Sarebbe
un maglione, Gal...”
“Dici?”
“Te
lo garantisco.”
“E
a te che ti ha
mandato?”
“Un
maglione.”
“Sul
serio? Che strano
regalo... evidentemente voleva risparmiare...”
Mentre
sollevava il
maglione con su disegnati dei leoni rampanti, Christian notò
una
lettera uscire da una manica, che afferrò prima che si
posasse per
terra.
“Cosa
dice?” domandò
Gal, distrattamente, e Christian rispose: “Ci chiede come
stiamo e
se ci stiamo divertendo. Lui è alla Tana con sua nonna e si
sta
divertendo un mondo. Ci manda un pacchetto di barrette di cioccolato,
mentre i maglioni glieli ha fatto un'amica di sua nonna. E aggiunge
anche che ne ha fatto uno per ognuno dei suoi amici.”
“Gentile
la signora.”
commentò Gal, posizionandosi davanti ad uno specchio col
maglione,
per poi domandare: “Credi che anche Delphini abbia ricevuto
uno di
questi maglioni?”
“Probabile...
perché?”
Gal
fece una risatina
divertita: “Scommetto che quella signorina orgogliosa e dal
carattere insopportabile e arrogante è diventata rossa come
un
peperone quando ha ricevuto il maglione in regalo... ih ih ih... se
solo avessi un mantello dell'invisibilità, mi piacerebbe
sgattaiolare nel Sotterraneo di Serpeverde e vedere la sua
espressione... scommetto che sarebbe da oscar...”
Delphini
osservava in
silenzio, seduta sul suo letto a baldacchino, il maglione verde con
su disegnati dei serpenti argentati.
Sembrava
fatto su misura,
nonostante non avesse mai posato.
Lo
mise sul letto e lo
guardò.
Secondo
Teddy, quel
maglione era stato fatto da un'amica di sua nonna... doveva ammettere
che era davvero carino, oltre ad essere uno dei pochi regali che
avesse mai ricevuto in undici anni...
Ad
un tratto la sua
attenzione fu presa da una piccola scatola nera, che aprì,
incuriosita al massimo.
Al
suo interno, c'era una
piccola chiave d'oro e un piccolo biglietto con su scritto, con una
familiare grafia elegante:
Fa
attenzione a non perderla. Questa è la chiave della camera
blindata
di tua madre, che adesso è tua. Abbine cura e buon Natale.
La
ragazzina, per qualche minuto, osservò sia la chiave che il
biglietto.
La
misteriosa dama in nero era apparsa di nuovo nella sua vita... e
adesso le aveva consegnato nientemeno che la chiave della camera
blindata di sua madre, una di quelle più antiche e ricche
del mondo
magico, piena zeppa di soldi... possedere un proprio conto bancario
alla Gringott significava essere già qualcuno d'importante
nel Mondo
Magico!
Però
la cosa che la lasciava perplessa era il fatto che la donna avesse
specificato che fosse quella di sua madre e non dei suoi genitori...
forse suo padre aveva un'altra chiave che era andata perduta...
“Sempre
molto
enigmatica...” commentò Asmodeus, appoggiandosi
alla spalla della
sua padrona, la quale rispose, quasi d'istinto:
“Già, hai proprio
ragione... mi domando perché ci tenga così tanto
a non far sapere
la propria identità...”
Rendendosi
conto di quello
che aveva appena fatto, la ragazzina impallidì e si
guardò intorno.
Fortunatamente,
le sue
compagne di stanza, compresa quell'impicciona di Mafalda Prewett,
erano scesa a far colazione e lei ed Asmodeus erano da soli nella
stanza.
Prese
il serpente e si
diresse a tutta velocità verso il bagno di Mirtilla
Malcontenta,
l'unico posto completamente deserto della scuola.
Una
volta dentro, guardò
in malo modo Asmodeus e gli ricordò: “Asmodeus, ti
ricordo che non
devi parlarmi quando siamo fuori da questo bagno, altrimenti rischio
di parlarti in Serpentese davanti a tutti!”
“Perché
non riveli agli
altri che puoi parlare ai serpenti? Ti risparmieresti un sacco di
noie.”
“Non
ci penso proprio!
Lo sai che cosa pensa la gente dei rettilofoni! Se salta fuori che so
parlare ai serpenti, è la fine! Tu non hai idea di quanto i
maghi
odiano e temono quest'abilità! Un sacco di maghi oscuri
erano
rettilofoni!”
“E
allora dimostra di
essere una rettilofona dalla parte del bene.”
“Non
è così facile...
se non ho una posizione, nessuno sarà disposto a credere che
io
abbia delle buone intenzioni, per via del fatto che so parlare ai
serpenti e di mia madre. Se io non ho niente, non valgo niente. La
parola della figlia undicenne rettilofona di Bellatrix Lestrange
contro quelle dell'intero mondo magico... ho praticamente fallito in
partenza! Se non dimostro al mondo che sono diversa col potere e il
talento, ho già perso. Nessuno è mai riuscito ad
ottenere una buona
posizione con le parole!”
Asmodeus
rimase in
silenzio un attimo, poi strisciò sul pavimento bagnato,
commentando:
“Certo che voi umani siete proprio strani... perdete tempo a
preoccuparvi di queste sciocchezze e non vi accorgete di altre cose.
Si vede lontano un miglio che sei diversa da tua madre, a parte
l'aspetto...”
“Se
gli umani fossero
come voi animali, il mondo sarebbe di sicuro un mondo molto
migliore.”
“Noi
animali seguiamo
l'istinto e, pertanto, accettiamo con più
facilità il diverso. Per
noi, l'amore è qualcosa di puro e istintivo. A differenza
vostra,
non perdiamo tempo a valutare se dobbiamo aiutare qualcuno oppure no.
Lo aiutiamo e basta se lo desideriamo. Non capirò mai
perché voi
esseri umani rendiate tutto più complicato di quello che in
realtà
è.”
Delphini
fece un sorriso e
poi domandò: “Senti, visto che siamo qui, che ne
dici se ce ne
andiamo di nuovo nella Camera dei Segreti? Tanto non ci sono lezioni,
oggi... inoltre, vorrei allenarmi un po' negli incantesimi
offensivi...”
“Per
me va bene... ma
non pensi che i tuoi amici si preoccuperanno non vedendoti in
giro?”
Per
un attimo, la
ragazzina rimase un attimo immobile e in silenzio, ma quasi subito
affermò, con tono seccato: “Guarda che quei tre
babbei non sono
miei amici, ma tizi che conosco leggermente di più degli
altri,
tutto qui! Io non conto niente per loro e loro non contano niente per
me, fine!”
“Contenta
te...”
“Senti,
Asmodeus. Io non
ho bisogno di amici, ho già te. Guarda che per me
è più che
sufficiente.”
“Ti
accontenti veramente
di poco...”
“Nella
mia vita, ho
capito che è meglio non legarsi a nessuno. Solo
così si evita di
fare la figura degli idioti sentimentali e di soffrire
inutilmente.”
“Gal,
ti prego, non
correre!” urlò Christian, tentando di raggiungere
il cugino, il
quale correva come il vento, indossando il caldo maglione di Molly
Weasley.
Il
rosso, tuttavia, ignorò
le proteste del ragazzino con gli occhiali e continuò a
correre
finché un'enorme palla di pelo spelacchiata non gli
sbarrò la
strada.
“Accidenti!”
imprecò
il rosso, mentre Gazza raggiungeva Mrs Purr.
Il
ragazzino sbuffò,
seccato.
Proprio
quello che ci
voleva... essere stanato da Gazza e beccarsi una punizione il giorno
di Natale...
“Guarda,
guarda...
Sandlers, ci stavamo dando alla corsa, eh?”
domandò il custode,
infastidito, e il ragazzino sbuffò.
Adesso
l'avrebbe punito...
“Bah,
per stavolta
lascio perdere... ma guai a te se ti ribecco a correre per i
corridoi!” sbuffò Gazza, allontanandosi seguito da
Mrs Purr.
Gal
si voltò allibito e
guardò Christian, temendo che fosse stato uno scherzo della
sua
immaginazione, ma il cugino lo rassicurò, anche se
leggermente
incredulo anche lui: “No, no, no, tranquillo... l'ho visto
anch'io... anche se fatico a crederci...”
“Ma
cosa accidenti gli è
preso? Che sia malato? Ha preso una botta in testa? Ha avuto un
incubo? Sta impazzendo? Qualcuno l'ha maledetto?”
“No,
sta bene.” lo
rassicurò Oliver, avvicinandosi al gruppo “E solo
che è di buon
umore perché qualcuno gli ha regalato una torta per
Natale.”
Gal
guardò l'amico di
Tassorosso con gli occhi sgranati e domandò: “Una
torta? A lui?”
“Sì,
proprio a lui. Ne
sta parlando tutta la scuola.”
“Avvelenata,
immagino.”
“No,
al contrario.
All'inizio, ovviamente, non si fidava, perché pare che in
passato
molti studenti gli abbiano mandati molti regali che poi si sono
rivelati degli scherzi, ma, invece, stavolta la torta era
innocua.”
“Ma
chi sarebbe così
matto da fare un regalo a Gazza?!”
“Non
lo so, ma è stato
comunque molto carino, non trovi?”
“Certamente.
Dovrebbero
erigere un monumento in suo onore! Rendere quel vecchio bacucco meno
cattivo il giorno di Natale... non so chi sia, ma lo stimo
già! I
miracoli esistono veramente...”
“Sentite...
non è che
per caso avete visto Delphini?”
“Eh?!
Io credevo fosse
con te.”
“No,
io invece credevo
che fosse con voi.”
In
un lampo, i due ragazzi
capirono che Delphini non era ancora uscita dal dormitorio di
Serpeverde.
“Dobbiamo
preoccuparci?”
domandò Oliver, ma Gal rispose: “Naaa, lasciamola
cuocere nel suo
brodo! Andiamo, invece, ad esplorare il parco del castello! Possiamo
fare una bella partita a palle di neve!”
I
tre giovani si diressero
verso il parco, ma notarono con rammarico che non erano stati i soli
ad avere avuto quell'idea.
Un
sacco di ragazzi di
tutte le Case stavano lanciandosi le palle di neve.
“Beh,
io vado a
divertirmi con gli altri! Volete unirvi?” domandò
Gal, cominciando
a preparare la palla, ma Oliver scosse la testa: “No, grazie.
Preferisco fare una passeggiata.”
“Come
vuoi! E tu, Chris?
Ci facciamo una partita?” domandò il rosso al
cugino, il quale
borbottò: “Ti prego, Gal...”
“Dai,
scommetto il
pacchetto di dolci al cioccolato dello zio Billy!”
Dopo
aver detto ciò, Gal
lanciò la palla di neve a Christian per poi mettersi a
correre
ridendo.
“Questa
me la paghi,
Gal!” urlò Christian, cominciando ad inseguire il
cugino,
tirandogli varie palle di neve.
Oliver
fece un sorriso
divertito e, scuotendo la testa, s'incamminò nella foresta.
L'aria
frizzantina e
fredda gli pizzicava le guance arrossate, mentre un alito caldo gli
usciva dalla bocca.
Intorno
a sé, la neve
ricopriva tutto quanto come un delicato coperta bianco.
Ad
un tratto, Oliver notò
delle piccole impronte per terra.
S'inginocchiò
per
studiarle meglio e sorrise quando riconobbe le orme di un Thestral.
Spostando
lo sguardo,
trovò le orme di un unicorno, di un Diricawl e dei Centauri
della
foresta.
Fece
per andarsene, quando
vide due serie d'impronte vicine che gli sembravano strane.
Si
avvicinò, incuriosito,
e vide che le orme appartenevano ad un essere umano.
Solo
che una apparteneva
ad un ragazzino della sua età, mentre l'altra serie aveva
qualcosa
di strano.
Erano
senza alcun dubbio
umane, ma erano molto più piccole delle altre...
Non
poteva neanche
appartenere ad un elfo domestico, perché si vedeva che il
proprietario delle orme aveva le scarpe, mentre gli elfi domestici
non le avevano...
C'era
qualcosa di
strano...
D'istinto,
cominciò a
seguirle, non accorgendosi che si stava addentrando sempre di
più
nella foresta.
All'improvviso,
proprio
com'erano apparse, le orme finirono.
Evidentemente,
la neve che
continuava a scendere le aveva coperte.
Cominciò
a tornare
indietro, ma si accorse che anche le sue orme erano sparite nel
nulla.
Sentì
che il cuore aveva
smesso di battere.
Era
dentro la foresta da
solo, con un freddo pungente... e non osava pensare a quando sarebbe
scesa la notte...
Inoltre,
c'erano un sacco
di bestie pericolose... compresi lupi mannari e Acromantule...
“Hagrid!
Hagrid, sei da
qualche parte?! Rispondi!” urlò il ragazzino, ma
l'unico che gli
rispose fu il vento gelido.
Proprio
in quel momento,
sentì un fruscio alle sue spalle.
Oliver
s'irrigidì per la
paura.
Doveva
essere una creatura
pericolosa del bosco... era finita... l'avrebbe mangiato...
Si
voltò lentamente, in
modo da vedere il suo assassino negli occhi e sgranò gli
occhi,
senza parole.
Non
era un lupo mannaro o
un ragno gigante... ma una ragazzina sua coetanea coi capelli ricci
rossi, un grande e caldo sorriso, gli occhi blu, grassottella, con
indosso una mantella col cappuccio nero e un lungo abito modesto di
colore giallo.
Oliver
avrebbe voluto dire
qualunque cosa, ma dalla sua bocca non riusciva ad uscire alcun
suono... inoltre, quella bambina gli sembrava familiare e sentiva di
potersi fidare di lei... ma non riusciva a ricordare quando l'aveva
vista l'ultima volta!
All'improvviso,
la
ragazzina gli fece cenno di seguirlo e Oliver, come un automa,
cominciò a seguirla.
Sorprendentemente,
la
ragazzina si muoveva con sicurezza e tranquillità, come se
fosse
abituata a fare quel percorso.
Ad
un tratto, la ragazzina
si fermò e, proprio in quel momento, si sentì un
fruscio davanti a
loro.
Si
era appena fermato,
quando dal sentiero apparve una ragazza di Serpeverde del terzo anno,
con gli occhi azzurri e i capelli a caschetto biondi.
Non
appena la vide, Oliver
la raggiunse, urlando: “Aspetta, aspetta!”
La
ragazza si fermò,
stupita, e domandò, con fare arrogante: “Cosa
vuoi, marmocchio?”
“Mi
sono perso...
potresti riportarmi al castello, per favore?”
“Guarda
che sei
arrivato, ciccio.”
“Eh?”
“Esatto.
Prosegui dritto
per quella strada e ti ritroverai davanti alla scuola.”
Oliver
era senza parole.
Grazie
a quella misteriosa
ragazzina, aveva ritrovato la strada... la cosa strana era che non
l'aveva mai vista, eppure si era orientata perfettamente, come se ci
vivesse da sempre e conoscesse tutti i luoghi della foresta...
Il
giovane Tassorosso si
voltò per ringraziarla e chiederle spiegazioni, ma si
accorse, con
stupore, che era svanita nel nulla.
Eppure
si era distratto
solo qualche minuto, una bambina non poteva sparire nel nulla
così...
“Ehi,
ragazzino! Intendi
restare lì in eterno o ti sono congelati i piedi?”
domandò,
seccata, la ragazza di Serpeverde, e, immediatamente, Oliver,
arrossendo per l'imbarazzo, fece: “Arrivo, arrivo!”
Oliver
raggiunse la
ragazza di corsa, la quale si limitò a sbuffare e fargli
cenno di
seguirla.
Il
giovane Tassorosso si
mise a seguirla, ma, mentre camminava, si girò un attimo e
guardò
il bianco sentiero innevato e deserto, mentre il vento muoveva i
fiocchi di neve e i suoi capelli.
“Hai
avuto anche tu una
visione?!” esclamò, senza parole, Gal, dentro la
Sala dei
Manufatti, mentre Oliver lo implorava: “Gal, abbassa la
voce...”
“Assurdo,
prima me e
adesso te... sapevo che andare ad Hogwarts era una figata, ma non me
la immaginavo così tanto...”
“La
mia visione, però,
non mostrava un ragazzino di undici anni coi capelli rossi e il
cappello parlante, ma una bambina della stessa età coi
capelli rossi
e una lunga veste gialla.”
“Mmh,
è tutto così
strano... io e te vediamo due ragazzini dalla stessa età
eppure
totalmente diversi... ma perché le persone più
intelligenti non ci
sono mai, quando abbiamo bisogno di loro?!”
“Vuoi
che scrivo a Teddy
per informalo della situazione?”
“Meglio
accennare
l'evento... metti che qualcuno gli legga la posta... questa faccenda
deve restare tra di noi.”
“Allora,
forse, non
dovremmo avvertire anche Christian?”
“Lui
non crede tanto
alle visioni... e poi, correrebbe ad informare la McGranitt.”
“Va
bene, allora scrivo
a Teddy che mi è successa una cosa pazzesca a Natale, ma che
gliene
parlerò una volta a scuola.”
“Sì,
ottima idea.”
“Intanto,
passiamo
questi giorni a studiare in biblioteca. Possiamo trovare qualche
indizio su cosa significa questa storia.”
“A
dire il vero, non mi
andrebbe troppo leggere i libri... ma per te, farò
volentieri
un'eccezione!”
“Grazie.”
Proprio
in quel momento, i
due sentirono dei passi lì vicino e, subito, i due compagni
si
zittirono.
I
passi erano troppo piani
e calmi per appartenere a Gazza o ad un insegnante... ma chi sarebbe
venuto da quelle parti?
Gal
e Oliver aprirono
leggermente la porta e riconobbero Delphini con la sua solita borsa a
tracolla e il suo serpente domestico che le strisciava vicino.
“Ah,
è Delphini...”
commentò il rosso con una smorfia, mentre Oliver si
domandava:
“Senti, ma secondo te dov'è stata tutto il
giorno?”
“Ehi,
hai ragione...
dai, seguiamola!”
“Eh?!”
“Andiamo,
controlliamo
solo dove va... magari si vede con qualcuno!”
“Ne
dubito altamente...”
“Su,
solo un'occhiata
veloce...”
Prima
che Oliver potesse
protestare, Gal lo prese per un braccio e cominciarono ad inseguire
la ragazza.
Tuttavia,
all'improvviso,
Delphini svanì davanti alla loro visuale.
“Eh?!”
fece Gal,
fermandosi di colpo, allibito, mentre Oliver commentava: “E'
sparita.”
“Lo
vedo... beh, non può
essere svanita così nel nulla... scommetto che è
più vicino di
quanto pensiamo...” fece il rosso, voltando la testa da tutte
le
parti, finché non si bloccò di colpo.
Appoggiata
al muro di
pietra e con le braccia incrociate, c'era Delphini che guardava i due
amici in malo modo.
“Oh,
puoi dirlo forte.”
annuì la ragazzina, furibonda “Sapete, siete
pessimi ad inseguire
di nascosto le persone. Passi per Oliver, che vuole diventare
Magizoologo, ma tu, Gal, se non sbaglio vuoi diventare un Auror... mi
spieghi come speri di diventarlo se coloro che insegui si accorgono
subito che li stai pedinando?”
“Ehi,
ho appena
iniziato. Dammi tempo.”
“Sì,
tempo... come no.
In ogni caso, se ti pesco di nuovo a cercare di pedinarmi, te la
faccio pagare molto cara!” concluse la ragazza, riprendendo
il
cammino, accompagnata dal serpente. |
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Capitolo 15 *** Il segreto della biblioteca ***
Capitolo
15: Il segreto
della biblioteca
“Dici
sul serio?! Hai
visto una misteriosa ragazzina nella foresta?!”
esclamò,
incredulo, Teddy, mentre la piccola palla di pelo rosa saltellava
sulla sua testa.
“Sì,
mi ero appena reso
conto di essermi perso, quando l'ho vista. Mi ha indicato la strada
per tornare al castello, ma all'improvviso è sparita nel
nulla.”
raccontò Oliver e l'amico gli domandò:
“Ricordi com'era fatta?”
“Su
suggerimento di Gal,
ho fatto un disegno.”
Oliver
passò al compagno
un disegno di una ragazzina grassottella.
“Uhm...
a parte il
colore dei capelli, i due che avete visto sono completamente
diversi...” meditò Teddy, dopo averlo osservato un
attimo, e Gal
annuì: “L'ho notato anch'io. Secondo te cosa
significa?”
“Non
ne ho proprio
idea... però, ascoltando le vostre esperienze, ho notato
vari
elementi in comune...”
“Davvero?
E cosa?”
“Prima
di tutti,
entrambi li avete visti quando eravate da soli e in una situazione di
pericolo e di grande nervosismo, anche se le circostanze erano
diverse.”
“In
effetti è vero...
se non li avessimo visti, probabilmente, saremmo finiti molto
male...”
“Inoltre,
entrambi
avevano la stessa età e indossavano abiti molto
strani.”
“Credi
che si tratti di
fantasmi?”
“Ne
dubito... non
sembravano incorporei e, in quel caso, tutta la scuola avrebbe dovuto
sapere della loro esistenza... e se fossero stati Inferi, non vi
avrebbero salvato la vita... accidenti, è tutto
così confuso...”
“Forse
dovremmo chiedere
l'opinione di Athena... lei legge sempre tanti libri...”
“Ottima
idea, Oliver. Le
andrò a parlare questo pomeriggio.”
“Sai
dove potremmo
trovarla?”
“Indovina.”
“Ah,
giusto... la
biblioteca...”
“Bene,
ragazzi. Prendete
posto e tirate fuori le bacchette.” sorrise Vitious,
guardando i
Serpeverde che prendevano posto.
“Dunque,
oggi
continueremo con l'incantesimo Alohomora. La volta scorsa abbiamo
studiato la teoria, mentre oggi cercheremo di farlo funzionare. Vi
chiamerò a turno e dovrete cercare di colpire quel baule, in
modo da
aprirlo. Signor Harrison, vuole iniziare lei?”
Kevin
si alzò prontamente
in piedi e si mise davanti al baule.
E
dopo aver fatto un
sospiro per scaricare la tensione, disse:
“Alohomora!”
Dalla
bacchetta del
ragazzo, uscì un lampo di luce e colpì il baule,
facendolo
sobbalzare.
“Non
male, Harrison.
Tuttavia, per poter aprire il baule, non basta colpirlo, ma deve
mirare la toppa. Ti consiglio di allenare la mira. E quella che
all'inizio crea qualche problema agli studenti.” lo
avvisò il
professore e Kevin lo ringraziò: “Farò
più attenzione la
prossima volta, professore.”
“Bene,
adesso tocca...
alla signorina Black.”
Delphini
alzò la testa
stupita, ma, quasi subito, si alzò e si diresse davanti al
baule.
Puntò
con fare sicuro la
bacchetta e dichiarò, in tono calmo e sicuro:
“Alohomora.”
Un
lampo di luce partì di
nuovo dalla bacchetta e colpì in pieno la toppa del baule,
facendolo
sobbalzare e aprendo il baule, facendo restare tutti gli altri
Serpeverde allibiti.
“Per
la barba di
Merlino...” commentò, allibito, Vitious, prima di
esclamare,
soddisfatto: “Ottimo lavoro, signorina Black. Davvero
eccellente.
Pochissimi sono in grado di eseguire perfettamente un incantesimo al
primo tentativo. E' davvero piena di talento per Incantesimi.”
“Grazie,
professore.”
Delphini
tornò a sedersi
al suo banco e si mise a pensare.
Quegli
incantesimi erano
troppo facili per lei, dato che era in grado di eseguire incantesimi
del terzo anno, senza troppe difficoltà.
Una
parte di lei sentiva
che stava perdendo tempo prezioso a fare incantesimi facili e utili
ai nati babbani per controllare la magia, ma per lei era diverso.
Voleva
imparare
incantesimi di livello avanzato o a lanciare incantesimi senza aprire
la bocca... ma, purtroppo, doveva aspettare...
Se
si fosse dimostrata
troppo abile al primo anno, sarebbe finita sotto i riflettori troppo
presto... ed era l'ultima cosa che voleva.
Doveva
mantenere un basso
profilo, diventare spesso invisibile... nei film babbani di
sopravvivenza con zombie o animali feroci, era quello che permetteva
di cavarsela.
In
fondo, aveva già
trovato il posto perfetto per allenarsi con gli incantesimi del
quarto anno senza farsi vedere...
“Allora,
chi va?”
domandò Gal, guardando Athena Doyle intenta a leggere un
grosso
libro assieme alla sua amica Elizabeth.
“Potresti
andarci tu.”
fece Teddy, mentre il rosso ribatteva, offeso: “No, grazie.
Ormai
lo sa che quando la cerco è solo per chiederle di aiutarmi
coi
compiti!”
“Ti
sei creato proprio
una bella reputazione, tu...”
“Se
volete ci vado
io...” li interruppe Oliver e, subito, Gal lo
ringraziò: “Grazie,
Olly! Tu sì che sei un vero amico!”
“Ehm...
di nulla...”
Il
povero Tassorosso, con
un sospiro, si mise a guardare il tavolo dov'erano sedute le due
ragazze.
Poco
dopo, fortunatamente,
Elizabeth si alzò e dopo aver fatto un saluto con la mano,
si
allontanò dalla biblioteca.
“Ora,
tocca a te!”
disse Gal, con l'obiettivo di incoraggiarlo.
Oliver
fece un sorriso un
po' nervoso, per poi avvicinarsi ad Athena, la quale stava
continuando a leggere il suo libro.
Il
ragazzino si fermò
davanti a lei per poi dirle, imbarazzato: “Ehm, scusa,
Athena...”
La
ragazzina smise subito
di leggere e alzò lo sguardo, incuriosito.
Si
aspettava di trovarsi
davanti Gal, il quale desidera l'ennesimo aiuto per i compiti e,
invece, si era trovata davanti a Oliver, il quale sembrava
visibilmente imbarazzato.
“Sì?”
fece la
ragazza, incoraggiandolo, e il Tassorosso fece: “Ecco, scusa
se ti
disturbo, ma ecco... te ne intendi di vestiti femminili?”
Athena
sgranò gli occhi,
sorpresa da quella strana richiesta.
Si
era aspettata le
domande più strane del creato, ma quella, doveva ammetterlo,
superava tutte.
“Beh,
certo che me ne
intendo. Dopotutto sono una ragazza.” fece ricordare Athena,
col
più tatto possibile, e il ragazzino, diventando rosso come
un
pomodoro, balbettò: “Certo, lo so che detto
così sembra una cosa
stupida e scontata... ma io intendevo abiti antichi.”
“Tipo
l'Antico Egitto?”
“Esatto!
Ecco, guarda.”
Oliver
tirò fuori dalla
tasca della divisa un foglio di carta che passò alla giovane
Corvonero, per poi chiedere: “Secondo te, di che vestiti si
tratta?”
La
ragazzina osservò
attentamente il foglio, per poi dire: “Sembrerebbero abiti
medievali.”
“Dici
davvero?”
“Sì,
dovrei avere
davanti un libro sull'argomento per dirtelo con precisione, ma
secondo me è così.”
“Pensi
che anche i
vestiti che ti ha mostrato Gal la volta scorsa erano di origine medievale?”
“Penso
di sì, ma non lo
so con certezza... dopotutto, il disegno che mi ha fatto vedere
quella volta Teddy era orrendo. Non ci si capiva niente, sembrava un
disegno fatto da un bambino di tre anni. Facevo fatica a comprendere
il volto del soggetto, figuriamoci il suo abbigliamento.”
Oliver
fece una risatina
nervosa.
In
effetti, Gal non era un
genio della matita, a parte quando doveva disegnare la caricatura
degli insegnanti...
“Se
vuoi, faccio qualche
ricerca, ma non ti garantisco niente. Vi manderò Moon quando
troverò
qualcosa.” fece Athena, chiudendo il volume, e Oliver la
ringraziò
immediatamente: “Grazie, non sai che grosso favore che ci
fai.”
Dopo
averla salutata,
Oliver tornò dal suo gruppo e, con un sorriso enorme, disse:
“Tutto
risolto. Athena farà qualche ricerca per noi.”
“Ottimo,
ci facciamo un
giro prima di cena?” fece Gal, ma Teddy rifiutò:
“Scusa, ma devo
fare un tema per Trasfigurazione.”
“Buona
fortuna, il
professor Bennet è uno dei professori più
tremendi di Hogwarts.
Oltre a dare dei compiti allucinanti, pattuglia sempre i corridoi
come un Pitbull in cerca di qualcuno che infrange le regole per
togliere i punti, proprio come Gazza... secondo me, qualche suo
antenato dev'essere stato un domatore di draghi!”
“Ma
bene, signor
Sandlers... ci diamo ai draghi, adesso?” domandò,
risentita e
severa, una voce maschile alle spalle di Gal.
Il
rosso sbiancò e,
voltandosi, vide un uomo alto, coi capelli biondi e gli occhiali, il
quale domandò, con aria severa: “Perché
in quel caso, spero che
sappia dirmi quali sono le differenze tra un Ungaro Spinato e un
Gallese verde!”
“Ehm...
uno si trova in
Ungheria e l'altro in Galles, professor Bennet?”
“Bel
tentativo,
Sandlers... cinque punti in meno a Grifondoro per le sue conoscenze
sui draghi e altri cinque in meno per la sua descrizione nei miei
confronti.”
Mentre
Bennet si
allontanava, Gal sibilò: “Antipatico...
è come il professor
Trocar! Ma almeno lui se ne sta tutto il giorno nel suo
studio!”
“Dai,
lascia perdere,
Gal... forse ho qualcosa per risollevarti il morale...” disse
Teddy, tirando fuori dalla sua tasca un esserino peloso e rosa.
“Che
cos'è?” domandò,
incuriosito, il Grifondoro e il ragazzino rispose: “E' un
Puffskein, me l'ha regalato zio George per Natale. Si chiama
Tonks.”
“Ragazzi,
che carino!”
esclamò Gal, mentre la creaturina, con un balzo,
atterrò sul suo
casco.
“Ehi,
secondo me gli
piaci.” sorrise Teddy, mentre il rosso, con finta modestia,
dichiarava: “Eh, sai com'è... io sto simpatico a
tutti.”
“Te
lo presto per
qualche ora, se vuoi.” fece il giovane Tassorosso e, subito,
il
rosso annuì: “Certo, ti prometto che ne
avrò cura!”
“Però
non sapevo che i
Puffskein avessero quel colore...” notò Oliver e
Teddy ammise: “A
dire la verità, questo è un Puffskein speciale
creato dallo zio
George... ne aveva fatto un altro per la sorella...”
“Comunque,
stai
tranquillo. Me ne prenderò cura!”
Athena
si stiracchiò,
stanca e assonnata.
Sentiva
che le si
chiudevano gli occhi.
Erano
giorni che non si
fermava un attimo a riposare... non solo doveva studiare per gli
esami, ma doveva anche cercare di risolvere il mistero delle due
visioni visti da Gal e da Oliver... forse doveva dormire un attimo...
Si
guardò intorno e vide
che, come sperava, tutti erano andati in Sala Grande a pranzare...
Si
tolse gli occhiali e
chiuse gli occhi, addormentandosi.
All'improvviso,
sentì un
rumore che la svegliò.
Subito
aprì gli occhi,
nonostante la sua vista era ancora un po' appannata.
Sarebbe
stato parecchio
imbarazzante se qualcuno l'avesse vista in quella situazione...
Non
appena si fu messa gli
occhiali e la vista le fu tornata normale, si accorse che qualcosa
non andava...
Sentiva
dei passi troppo
pesanti nei corridoi per appartenere ad uno studente... d'istinto, si
nascose dietro ad una libreria e tolse, il più silenziosa
possibile,
un libro da essa.
Quello
che vide la fece
sbiancare dalla paura.
Erano
i due tipi che aveva
visto la notte di Halloween!
Ma
cosa ci facevano ancora
ad Hogwarts?!
“Uffa,
Zubin, ma
dobbiamo per forza andarci tutti i giorni? Quel posto è a
dir poco
inquietante... solo un matto potrebbe volerci passare del tempo...
inoltre sono settimane che lo esploriamo e non abbiamo trovato
proprio niente...” sbottò Woodrow e il compagno
ribatté: “Perché
non glielo dici direttamente?”
“Ma
sei matto?! Quella
mi ammazza!”
“E
allora cuciti la
bocca! Neanche a me entusiasma l'idea di tornare in questo luogo...
temo di ritrovarmi davanti a quel piccolo mostro coi capelli
bianchi!”
“Non
ti sembra di
esagerare? E' solo una ragazzina del primo anno...”
“Al
diavolo! Tu non
l'hai affrontata, ma io sì! Quella piccola serpe
è un vero demonio,
mi ha lanciato un incantesimo perché non mi sono inchinato
prima
dello scontro! Inoltre ha qualcosa di strano... i suoi poteri sono
troppo forti per essere solo una del primo anno... per me, quella non
è normale.”
Athena
cercò di contenere
la sua paura, ma le tremavano le ginocchia...
Indietreggiò
e urtò un
tavolino.
“Hai
sentito?”
domandò, stupito, Zubin e Woodrow, visibilmente spaventato,
domandò:
“Che sia di nuovo quel gatto?!”
“In
ogni caso, andiamo a
fare un controllo...”
Sempre
più spaventata,
Athena cominciò a correre in mezzo agli scaffali e alle
librerie.
Sentiva
la paura e l'ansia
crescerle dentro di sé proprio come il suo respiro
affannato, voleva
scappare, nascondersi...
Ad
un tratto, vide
qualcosa che per poco non la fece urlare a squarciagola.
Davanti
a lei c'era una
ragazzina di undici anni coi lunghi capelli neri, l'espressione seria
e i profondi occhi blu, dallo stesso colore della sua lunga veste.
Prima
che potesse dire
qualsiasi cosa, l'altra le indicò uno scaffale appoggiato al
muro.
Era
leggermente spostato e
forse...
D'istinto,
la ragazzina ci
s'infilò dentro e cominciò a tremare.
I
passi erano sempre più
vicini...
Ad
un tratto, sentì di
nuovo la voce di Zubin: “Non c'è nessuno.
Né gatti né
bibliotecaria né impiccioni...”
“Meno
male, in
quest'ultimo mese non abbiamo avuto problemi...”
“Già,
grazie a quel
complicato sistema sotterraneo enorme... ci potrebbero entrare tutti
gli studenti in una volta sola!”
“Secondo
te, perché
hanno creato quella roba?”
“Ma
che ne so? Chiedilo
al costruttore!”
“Allora,
andiamo? Fra
poco ritorna quell'arpia della bibliotecaria... sai se Urian
è
ancora là sotto?”
“Ovvio,
pur di farsi
bello agli occhi del capo... è da tre settimane che continua
a
cercare in quel labirinto di cunicoli. Dice che tornerà solo
quando
l'avrà trovato... così il capo ci biasima per non
prendere esempio
da lui e dalla sua dedizione al lavoro... roba da pazzi! Dai,
muoviamoci...”
Timidamente,
Athena si
sporse dal suo nascondiglio e vide i due uomini avvicinarsi ad un
altro scaffale, proprio davanti al suo, molto grande e pieno zeppo di
libri.
Inaspettatamente,
Zubin lo
spostò senza troppa fatica, rivelando un enorme passaggio
segreto.
I
due loschi figuri
s'infilarono al suo interno e chiusero il passaggio, lasciando la
ragazzina allibita.
“Stai
dicendo che quei
due sono ancora qui in giro?!” disse, incredulo, Teddy e
Athena
annuì: “Sì, e da un mese.”
“Cosa
facciamo?
Informiamo la McGranitt?” domandò Oliver e Gal
ribatté: “Non
scherziamo. Gli adulti non credono mai a noi ragazzi. Per loro, se i
ragazzini vedono qualcosa di strano è perché
hanno troppa
immaginazione e, pertanto, non vanno presi in considerazione.”
“Quindi?”
fece Teddy e
Gal rispose: “Quindi ce ne dovremo occupare noi. Stanotte,
noi tre
c'intrufoliamo in biblioteca ed entriamo nel passaggio segreto della
biblioteca.”
“Gal,
è pericoloso...
potremmo essere beccati dal complice di quei due.”
“Lo
eviteremo o lo
annienterò con la mia spada!”
“E'
meglio se lasci
perdere...”
“Beh,
io non ho alcuna
intenzione di permettere a quelli di continuare a scorrazzare
indisturbati nella scuola! Se voi volete venire con me, bene.
Sennò
faccio da solo!”
“Aspetta,
vengo con te!
Non ti lascio da solo!” fece Teddy e Oliver annuì:
“Anch'io.
Chissà cosa ti potrebbe succedere...”
Athena
rimase un attimo in
silenzio.
L'idea
di ritrovarsi
davanti a quei tizi la metteva terribilmente a disagio, ma era
l'unica a sapere dove si trovasse quel nascondiglio e poi, doveva
ammettere che era molto curiosa per quanto riguardasse quel
passaggio...
“Penso
che vi seguirò
anch'io.” fece la ragazzina e Gal esultò:
“Bene, siamo in
quattro contro uno! Abbiamo già vinto!”
“Frena
l'entusiasmo,
Gal. Prima di tutto, dobbiamo cercare di scoprire che cosa cercano
con tanto interesse e anche chi sia questo misterioso capo di cui
parlavano.” lo calmò Teddy e Athena s'intromise:
“Credo che si
tratti di una donna. A quanto pare, quei due la temono
molto...”
“Ahia,
le donne sono le
creature più pericolose del mondo... mia madre fa davvero
paura
quando si arrabbia e pensate che è solo una
babbana...” commentò
Gal e, proprio in quel momento, il piccolo Tonks gli atterrò
sul
casco, visibilmente eccitato.
“Ehi,
credo che voglia
venire con noi.” fece notare il rosso, ma Teddy
dichiarò, subito:
“Meglio di no, non vorrei che combinasse qualche pasticcio...
è
meglio se resta nella Torre di Grifondoro.”
“Ma
è talmente piccolo
e carino... e poi non fa niente...”
“Ho
detto di no, Gal.
Non insistere.”
“Uffa...”
Non
appena i due smisero
di litigare, Athena aggiunse: “Sapete, credo di avere la
certezza
da quale periodo storico venivano le visioni che Gal e Oliver hanno
visto.”
“Sul
serio? E cosa?”
“Sospetto
che
indossassero abiti medievali quando li avete visti.”
“Dici?”
“Sì,
la ragazzina che
ho visto indossava una veste che ho visto in un libro sul Medioevo di
mia sorella, però a differenza di quella che ha visto Oliver
era
magra, coi capelli neri e aveva un'espressione seria.”
“Sul
serio?”
“Altroché...
non so
cosa significa tutta questa storia, ma consiglio di fare
attenzione...” |
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Capitolo 16 *** Avventura nei sotteranei ***
Capitolo
16: Avventura nei
sotterranei
“Allora
ci siamo tutti?”
domandò, con un sussurro, Teddy e i tre amici annuirono.
Il
giovane Metamorfomagus,
si avvicinò alla porta chiusa a chiave e estraendo la
bacchetta,
sussurrò: “Alohomora.”
Subito,
la porta si aprì
con uno scatto, facendo trasalire i quattro ragazzini.
Per
loro, quel rumore era
stato troppo forte e temevano che da un momento all'altro apparisse
Gazza o Mrs Purr.
Fortunatamente,
non
apparve nessuno dei due e Teddy, col cuore che ancora batteva forte
per il nervosismo, spinse lentamente la porta, la quale
cigolò.
Ancora
una volta, il
gruppo perse un battito.
Era
impressionante come in
un momento di totale silenzio e di pericolo, il rumore veniva
ampliato...
Teddy
non poté fare a
meno di pensare a quanto gli avrebbe fatto comodo avere il mantello
dell'invisibilità del suo padrino...
Dato
che non sentirono
alcun rumore di passi o miagolio, il gruppo si affrettò ad
entrare
nella biblioteca.
“Lumos.”
sussurrò
Oliver, subito imitato dai compagni.
I
quattro si guardarono
intorno, sospettosi, poi Teddy chiese ad Athena:
“Dov'è il
passaggio?”
“In
fondo a quel
corridoio.” indicò la Corvonero, per poi camminare
in quella
direzione.
Dopo
qualche minuto,
Athena si fermò davanti allo scaffale dove aveva visto
sparire i due
uomini.
“Ecco,
è questo lo
scaffale.” dichiarò la ragazzina e Gal, incredulo,
domandò: “Sei
sicura che quel tipo sia riuscito a spostarlo come se niente fosse?
Sembra parecchio pesante...”
Teddy
si avvicinò allo
scaffale e, toccandolo, rivelò un'ampia apertura di pietra.
“Accipicchia...”
sussurrò, senza parole, Gal, mentre Athena commentava:
“Quello
scaffale era un trucco per distogliere l'attenzione, un po' come i
trucchi degli illusionisti babbani.”
“Già,
chi immagina che
uno scaffale dall'aspetto così pesante sia facile da
spostare...”
annuì Teddy, mentre s'infilava nella galleria “Mi
domando a cosa
servisse questa galleria...”
Il
gruppo s'infilò nel
passaggio segreto e, subito, Oliver chiuse la porta, cominciando ad
essere leggermente nervoso.
“Speriamo
che vada tutto
bene...” borbottò il ragazzino, per poi accorgersi
che il
pavimento era ricoperto di grosse pozze d'acqua.
“Ma
da dove viene tutta
quest'acqua?” commentò il giovane Tassorosso,
mentre Athena
rivelava: “Siamo vicini all'impianto idraulico.”
“Ah,
capisco...”
Nel
frattempo, Gal fece
ingrandire la spada che aveva in tasca, in modo da essere pronto a
difendersi, e si mise i giganteschi occhiali del suo casco da pilota
davanti agli occhi.
“Ehi,
sbaglio o la tua
felpa si sta muovendo?” domandò, incredula, Athena
e Gal,
imbarazzato, rispose: “No, ti sbagli! E' solo frutto della
tua
immaginazione...”
Ma,
proprio in quel
momento, dalla felpa del ragazzino, saltò fuori una palla
rosa
pelosa che cominciò a saltare come una molla sulla testa del
gruppo.
“Tonks?!
Perché l'hai
portato qui? Ti avevo detto di lasciarlo nel dormitorio di
Grifondoro!” protestò Teddy, mentre Gal tentava di
spiegare,
cercando al contempo di prendere il Puffskein salterino “Ci
ho
provato, ma si è messo a fare la faccia triste... non ho
avuto il
cuore di lasciarlo lì ad aspettarci...”
“Va
beh, cerchiamo di
riprenderlo. Se lo perdiamo, il mio padrino si accorgerà che
ho
combinato qualcosa...”
I
quattro cercarono di
prenderlo, ma Tonks era furbo e, pertanto, li schivò e
s'inoltrò
nella galleria.
“Oh,
cavolo... presto,
riprendiamolo!” urlò Teddy, rincorrendolo,
preoccupato.
Aprì
un occhio dorato e
alzò la testa verde squamosa.
Quell'odore...
non aveva
mai sentito niente del genere, ma era delizioso...
Voltò
la testa e vide che
la sua padrona era ancora intenta a tentare di lanciare l'incantesimo
Diffindo...
Stavolta,
era apparsa una
piccola scia di luce dalla bacchetta di Biancospino, ma,
evidentemente, non era quello che lei voleva, dato che fece una
smorfia seccata.
Cominciò
a strisciare il
più silenzioso verso la direzione dell'odore.
Quando
si allenava, lei
non voleva essere interrotta per nessun motivo, altrimenti l'avrebbe
fatto levitare fino alla testa pelata della gigantesca statua di
quella sala.
Con
la padrona era meglio
non scherzare, anche perché aveva un bel caratterino...
Comunque,
in quel posto
non aveva nulla da fare e, a dire la verità stava
cominciando ad
avvertire un certo languorino...
Non
appena fu abbastanza
lontano, la creatura cominciò a strisciare più
velocemente sul
pavimento bagnato e nell'ombra, seguendo l'odore.
Ad
un tratto, lo vide.
Sembrava
una piccola palla
pelosa che osservava incuriosita una colonna e sembrava non essersi
accorta di lui...
Si
avvicinò lentamente e
aprì la bocca, rivelando i quattro grandi canini.
Non
c'era niente di
personale... semplicemente, come tutti, doveva nutrirsi... ieri era
toccato ad un topo e oggi a quello strano essere... forse aveva un
buon sapore, nonostante detestasse il pelo... gli rovinava la
digestione...
Ma,
proprio quando stava
per ingoiarlo, la creatura saltò, evitando il suo attacco,
per poi
scappare, sempre saltando.
Lo
fissò un attimo, un
po' seccato per il fatto che una preda così succulenta gli
fosse
sfuggita, ma poi lo inseguì, deciso a mangiarlo a qualunque
costo.
“Tonks!
Tonks, dove
sei?! Vieni qui, è pericoloso!” chiamò
Teddy, continuando a
camminare nel corridoio.
“Ehi,
non sentite degli
strani colpi? Come quelli dell'attacco di una bacchetta...”
domandò
Athena, ma proprio in quel momento, Oliver esclamò, tremando
come
una foglia: “Io, invece, ho sentito un fruscio... che viene
verso
di noi...”
Subito,
Gal si mise
davanti al gruppo, sempre impugnando la sua spada e
dichiarò: “State
dietro di me. Lo affronto io.”
“Gal,
il tuo avversario
molto probabilmente avrà una bacchetta...” gli
ricordò Teddy, ma
il rosso lo tranquillizzò: “Tranquillo, Teddy. Me
la sono cavata
una volta in un combattimento con la spada, vedrai che me la
caverò
anche stavolta!”
Teddy
si limitò a sospirò
e, imitato da Oliver e Athena, tirò fuori la bacchetta.
I
colpi nelle pozze
d'acqua erano sempre più forti e vicini e, ad un tratto,
qualcosa
sbucò fuori dall'oscurità e colpì lo
stomaco di Teddy, il quale,
per lo spavento, indietreggiò e scivolò per
terra, cadendo in una
pozza.
I
suoi compagni, per lo
spavento, si misero ad urlare e Teddy, inaspettatamente, si accorse
di non provare alcun dolore al ventre.
Abbassò
la testa e vide
una piccola palla pelosa molto familiare...
“Tonks!
Eccoti qui!”
sorrise il ragazzino, ma si accorse subito che qualcosa non quadrava:
il Puffskein sembrava molto nervoso e tremava tutto.
“Ehi,
va tutto bene? Che
è successo?” domandò, preoccupato, il
Tassorosso, ma, non appena
alzò lo sguardo, sbiancò.
Nell'oscurità
del
condotto erano appena apparsi due luminosi occhi gialli, che
sembravano guardarlo con molto interesse.
Proprio
in quel momento,
gli occhi scattarono verso di lui e uscirono dall'oscurità,
pronto
ad attaccarli.
D'istinto,
Teddy chiuse
gli occhi e, stringendo forte Tonks, aspettò l'attacco della
creatura.
“Accio
Asmodeus.”
ordinò, con calma e all'improvviso, una voce femminile.
Subito,
Teddy aprì gli
occhi e vide il grosso serpente davanti a lui e al suo Puffskein che
veniva rispedito a tutta velocità nel corridoio buio.
Se
non fosse stato
assurdo, avrebbe giurato che l'espressione del rettile era di
stupore... in effetti, doveva fare uno strano effetto essere vittima
di un incantesimo di recupero...
Pochi
secondi dopo, si
sentirono dei passi calmi dallo stesso corridoio dov'era sparito il
serpente, diretti proprio verso di loro e, all'improvviso, apparve
una figura.
Era
una ragazzina coi
capelli d'argento e ciocche blu che il gruppo conosceva molto bene.
“Delphini?!”
esclamarono tutti, increduli, e la ragazzina, tenendo in braccio il
serpente, annuì: “Esatto. E voi che ci fate ancora
in piedi?
Mezzanotte è passata da un pezzo...”
“Senti
da che pulpito!
Tu cosa ci fai qui?!” protestò Gal e la ragazzina
rispose, con un
movimento della testa: “Questo è il mio rifugio
segreto notturno.”
“Rifugio
segreto
notturno?” ripeté, incredulo, Teddy e la coetanea
spiegò, mentre
metteva a terra il suo serpente: “Esatto. E' il luogo dove
vado di
notte per studiare, rilassarmi, stare con Asmodeus ed esecitarmi,
perché credevo che possedesse qualcosa che non c'era nel
resto della
scuola: esclusività e, soprattutto, silenzio! Ma dove ci
siete voi,
è praticamente impossibile!”
“Beh,
in ogni caso,
faresti meglio a mettere la museruola a quella bestiaccia! Per poco
non si mangiava il Puffskein di Teddy!” protestò
Gal e la
ragazzina, mentre tirava fuori la bacchetta dalla tasca della felpa
larga e piuttosto vecchia, commentò: “Quello
è un Puffskein? Non
hanno quel colore del pelo.”
“E'
un regalo di mio zio
George... non so cos'ha combinato per fargli venire quel
colore...”
borbottò, imbarazzato, Teddy, guardando il povero Tonks, il
quale,
nonostante il passato pericolo, stava ancora tremando.
“Beh,
allora stacci più
attento la prossima volta. Comunque, se sparite all'istante da qui,
prometto che Asmodeus non lo toccherà mai
più.” propose la
ragazzina, dando un'occhiata al serpente, mentre accarezzando la
bacchetta.
Asmodeus
spostò lo
sguardo.
Non
gli aveva detto niente
per non rischiare di parlargli in Serpentese davanti a tutti, ma era
sottinteso che dopo avrebbero fatto i conti...
“Mi
dispiace, ma non
possiamo andarcene da qui proprio adesso.” rispose subito
Teddy e
la ragazzina domandò: “Ah, no? E
perché?”
“Perché
qua giù ci
sono ancora quei brutti ceffi di Halloween, che stanno cercando
qualcosa per conto di una donna!” spiegò, tutto
d'un fiato, Gal e
Delphini, inarcando un sopracciglio, fece: “Sul
serio?”
“Altroché!
E noi
dobbiamo fermarli prima che quella cosa finisce nelle loro
mani!”
La
giovane Serpeverde
rimase in silenzio un attimo, poi commentò: “Bel
tentativo...
peccato che io non abbia mai visto o sentito nessuno qua
sotto.”
“Ti
assicuro che è
vero! L'ha detto Athena!” protestò Teddy, ma
Delphini ridacchiò,
mentre giocherellava con la bacchetta: “Ma senti questi...
comunque, io non credo che ci sia qualcuno qui. In ogni caso, saprei
come sistemare quei tizi...”
“Expelliarmus!”
esclamò una voce maschile alle spalle del gruppo.
In
un secondo, tutte le
bacchette e la spada che i cinque giovani maghi avevano in mano
volarono via.
Subito,
Teddy e gli altri
si voltarono nella direzione dell'urlo e videro un uomo piuttosto
grosso e col volto pieno di cicatrici.
“Guarda,
guarda cos'ho
trovato... i bambini a quest'ora dovrebbero essere a letto...
comunque, vi darò una mano ad addormentarvi...”
sghignazzò
l'uomo, per poi ordinare: “Avanti, su le mani! Tutti e
cinque!”
Immediatamente,
Teddy alzò
le mani.
Non
ci voleva proprio...
doveva averli sentiti ed era andato a vedere... era troppo impegnati
a cercare Tonks e a parlare con Delphini, per accorgersi che quel
tipo, nel frattempo li aveva raggiunti... e adesso erano in
trappola... quello li avrebbe ammazzati...
“Ehi,
guarda che
l'ordine vale anche per te, ragazzina!” urlò,
stranamente,
l'individuo pieno di cicatrici e, d'istinto, Teddy si voltò,
sgranando gli occhi.
Nonostante
la situazione,
Delphini se ne stava immobile, con le mani dietro alla schiena, come
se non ci fosse niente da temere.
“Insomma,
ti muovi?! Sei
sorda per caso?!” continuò l'uomo, sempre
più furibondo e Oliver
la implorò, sottovoce: “Ti prego, Delphini... lo
so che è un
terribile smacco per il tuo orgoglio, ma in questi casi è
meglio
metterlo da parte... ti assicuro che nessuno ti
biasimerà...”
Delphini
rimase un attimo
in silenzio, poi fece un sospiro: “Ok, ok, lo faccio subito.
Non
c'è bisogno di essere così nervosi...”
Ma,
non appena disse
quelle parole, la ragazzina urlò, allungando il braccio
davanti a
sé: “Stupeficium!”
Prima
che qualcuno potesse
dire o capire cosa stesse succedendo, un raggio di luce violetto
partì dal braccio che Delphini aveva allungato e
colpì in pieno
l'aggressore, il quale venne sbalzato all'indietro e finì
violentemente contro ad una colonna.
Teddy,
Athena, Gal e
Oliver si guardarono senza parole.
Ma
cos'era successo?
Ignorando
il caos
generale, Delphini, sempre seguita da Asmodeus, si avvicinò
all'uomo
e cominciò a perquisirlo.
“Ma
cosa... cosa stai
facendo?” domandò, ancora allibito, Teddy e la
coetanea spiegò,
senza nemmeno guardarlo: “Lo sto perquisendo. Sono convinta
che
questo bel tipo abbia dei bei oggetti preziosi con sé.
Sarebbe un
vero peccato se li prendessero gli Auror.”
“Mi...
mi stai dicendo
che lo stai... lo stai rapinando?!”
“Esatto.
Coi suoi soldi
posso comprare dei dolci o oggetti che m'interessano, mentre la
bacchetta e il resto li tengo come trofei di guerra, un po' come gli
scalpi dei nativi americani babbani, se avete mai visto uno di quei
film western babbani del martedì sera.”
“Ma
è illegale derubare
qualcuno!”
“Proprio
come
intrufolarsi di nascosto in una scuola e minacciare di morte cinque
ragazzini. Questa è violazione di domicilio e tentato
omicidio verso
minori. In confronto a questo mascalzone, io sono una brava ragazza,
il che è tutto dire.”
“Beh,
in ogni caso, non
si ruba!”
“Senti,
in questo mondo,
non vive a lungo chi è onesto, ma chi dimostra
più cervello e anche
rapinare qualcuno fa parte della categoria delle persone
sveglie.”
continuò Delphini, guardandolo per la prima volta con uno
sguardo
seccato e, a quel punto, Oliver cercò di calmare gli animi:
“Ehm,
Delphini... come hai fatto ha mettere al tappetto quel tipo?”
“Tsk,
speravo che
nessuno facesse questa domanda...”
“Beh,
comunque come hai
fatto?”
“Semplice,
ho usato la
mia bacchetta.”
Il
gruppo si guardò
allibito finché Teddy non ripeté: “La
tua bacchetta?”
“Esatto.
Eccola qui.”
annuì la ragazza mostrando distrattamente una bacchetta.
“Ma...
quel tipo non ti
aveva disarmata?”
“Certo.”
“E...
allora come hai
fatto a riprendertela senza muoverti?”
“E'
semplice, ce l'avevo
già addosso, non avevo bisogno di muovermi.”
“Eh?!”
Intuendo
che il gruppo,
non avrebbe mai capito il suo stratagemma, Delphini si alzò
in piedi
e sollevò in modo brusco la manica del vestito.
Il
gruppo sgranò gli
occhi, incredulo.
L'avambraccio
della
ragazza era completamente fasciato e su di esso vi erano vari
elastici per i capelli, come una sorta di largo e stretto
braccialetto.
“La
mia bacchetta era
nascosta qui, legata al mio braccio grazie a questi elastici, in
questo modo ero certa che non sarebbe andata perduta o
rubata.”
spiegò la ragazzina, con aria di superiorità, e,
incuriosito,
Oliver le domandò: “Ma avevi in mano una
bacchetta, l'ho vista.”
“Ah,
quella... era solo
un semplice ramo che ho raccolto dal parco della scuola. L'ho solo
lavorato un po' per farlo sembrare una vera bacchetta magica
all'occhio di un principiante.”
“Eh?!”
fecero tutti,
senza parole.
L'astuzia
e
l'intraprendenza di quella ragazzina non conosceva limiti...
“Geniale,
no? Se
qualcuno mi avesse disarmata all'improvviso, avrebbe automaticamente
abbassato la guardia, pensando che non fossi più una
minaccia e,
invece, avevo ancora la mia bacchetta.” continuò
Delphini e, un
po' incuriosita, Athena domandò: “Da quando hai
avuto quest'idea?”
“Oh,
poco prima che
iniziasse la scuola. Andavo spesso ad Hyde Park proprio a prendere i
bastoncini per creare bacchette finte. E' sempre meglio avere
più
munizioni quando si va in guerra... quando è iniziata la
scuola, non
ho dovuto far altro che continuare a raccogliere i bastoncini, per
poi sistemarli con il mio amato coltellino tascabile. Comunque, come
avete visto, la mia idea si è rivelata geniale, dato che
grazie a me
avete salvato le chiappe.”
“Aspetta,
toglimi una
curiosità... quando hai minacciato Lester Falwey con l'Avada
Kedavra
hai usato una bacchetta finta o una vera?” domandò
Teddy e la
ragazzina, con un ghigno divertito, rispose: “Chi lo sa...
potrei
averlo fatto o magari no. Sta a te deciderlo, ragazzo.”
“Ma
senti questa...”
sussurrò, con un'espressione esasperata, il ragazzino.
Possibile
che quella lì
parlasse di una cosa del genere con una simile espressione...
sembrava divertirsi un mondo... era come uno di quei personaggi
femminili freddi e autoritari dei cartoni animati babbani, le quali
sembravano divertirsi un mondo a prendere in giro i subordinati...
Ignorando
il commento,
Delphini continuò la perquisizione dell'individuo, prendendo
gli
oggetti che le sembravano più preziosi.
Certo,
poteva sempre
dirgli che per quell'idiota aveva usato davvero una bacchetta finta,
per questo era stata così tranquilla sul fatto che non
sarebbe
successo niente, ma, doveva ammettere che la divertiva un mondo fare
la parte della ragazza dispettosa e misteriosa... forse
perché
faceva parte della sua natura.
Dopo
un po', si alzò e
disse: “Bene, che ne facciamo di questo qui?”
“Beh,
la cosa migliore
sarebbe portarlo dalla McGranitt...” propose Oliver, ma
Delphini
gli ricordò, in maniera arrogante: “Sì,
bella idea. Così finiamo
tutti in punizione per essere usciti dai nostri dormitori di
notte.”
“Era
solo una
proposta... non sappiamo nemmeno cosa cercano con così tanta
passione lui e i suoi compagni...”
“Beh,
possiamo chiederlo
direttamente a questo bel tipo...”
“E
come?” fece,
sorpreso, Gal e la ragazzina rispose: “Tra le varie pozioni
dell'ufficio di Lumacorno ci dovrebbe essere del Veritaserum...
basterà qualche goccia e questo farabutto
inizierà a raccontare
vita, morte e miracoli della sua esistenza.”
“E
come la prendiamo?
Lumacorno è un tipo molto aperto e cordiale, certo... ma
persino lui
si farebbe due domande se gli chiedessimo una pozione della
verità...”
“Oh,
a questo se ne
occuperà Teddy.”
“Eh?!
E perché proprio
io?!”
“Perché
sei l'unico
Metamorfomagus del gruppo.”
“Eh?!”
Delphini
ruotò gli occhi.
Ma
era possibile che
quando parlava, nessuno riusciva mai a capirla?!
Non
stava mica parlando in
Serpentese.
Dal
canto suo, Teddy si
stava domandando mentalmente perché Delphini dovesse sempre
parlare
per enigmi.
“Domani,
alla terza ora,
il professor Lumacorno darà lezione a noi Serpeverde e, di
sicuro,
continuerà a tenermi d'occhio. Durante quell'ora, Teddy
fingerà di
andare un attimo in bagno, ma, invece, andrà al laboratorio
del
professore. Tu sei l'unico che può assumere altre sembianze
senza
usare qualunque trasfigurazione o pozione, così se qualcuno
dovesse
vederti non s'insospettirebbe. Una volta dentro, trovi la pozione e
la rubi.” spiegò Delphini e Teddy, sbiancando,
protestò:
“Rubare?! Ma stiamo scherzando?! Guarda che è un
reato rubare!”
“E
se è per una buona
causa? Per proteggere la scuola da dei delinquenti?”
Teddy
fece una smorfia.
Quella
ragazzina lo aveva
appena fregato.
L'unica
cosa che poteva
costringerlo a fare qualcosa era il pensiero che così
avrebbe potuto
aiutare gli altri...
“E
se Lumacorno
sospettasse di me? Sono l'unico Metamorfomagus della
scuola...”
fece notare il giovane, ma Delphini rise: “Lumacorno
sospettare di
te? Del figlioccio di Harry Potter?! Ah ah ah, oh, Teddy... a volte
sei così ingenuo...”
Teddy
rimase un attimo in
silenzio, imbarazzato.
In
effetti, Lumacorno
avrebbe evitato di sospettare uno studente legato a persone
così
importanti...
“Bene,
sapete usare alla
perfezione l'incantesimo Wingardium Leviosa?” domandò
Delphini e tutti si
guardarono negli occhi.
Perché
quella domanda?
“Dobbiamo
portare il bel
addormentato in un luogo più sicuro e facendolo galleggiare
ci
impiegheremo molto meno tempo. Il problema è che non ho
abbastanza
forza magica per fare sollevare un oggetto così pesante
senza
aiuto.” ammise la ragazzina e il gruppo, intuendo che la
giovane
aveva ragione, ripresero le loro bacchette e si misero all'opera.
Pochi
minuti dopo,
l'aggressore cominciò a sollevarsi.
“Avanti,
ancora un po'.”
ordinò, ansimante, Delphini e il gruppo si sforzò
di dare ancora
più energia, ma faceva davvero fatica.
Un
conto era far levitare
una piuma, un altro era quello di sollevare un uomo adulto.
Con
molta fatica, i cinque
cominciarono a camminare, sempre facendolo levitare, finché
non
giunsero ad un arco di pietra.
Una
volta superata, si
trovarono in un'ampia sala piena di colonne, musi di serpente di
pietra e un enorme statua raffigurante un uomo anziano e con una
lunga barba bianca.
Tuttavia,
stonando con
l'ambiente sinistro, c'erano anche dei bauli, manichini, una scopa,
tantissimi libri e riviste, sia babbane che del mondo magico,
bacchette di legno sparse ovunque, trucioli di legno, una poltrona
gonfiabile e una gran quantità di dolciumi, succhi di frutta
di
cartone e sacchetti di patatine.
“Bene,
ora possiamo
metterlo giù.” dichiarò Delphini,
smettendo di usare l'incantesimo,
per poi sedersi pesantemente sulla poltrona, prendendo nel mentre un
fumetto appoggiato su di essa e cominciando a leggerlo, mentre
Asmodeus le saliva sulla gamba, per poi sistemarsi sulle sue
ginocchia.
Dopo
averlo messo a terra
ed essersi assicurato che l'energumeno dormisse ancora, Teddy e gli
altri tre si guardarono intorno, increduli.
“Ehm...
cos'è questo
posto?” domandò, dopo un po', Teddy e la coetanea,
sempre
continuando a leggere, rispose: “Il mio rifugio
segreto.”
“Certo,
ma... questa
statua e quest'ambiente non puoi averlo creato tu da sola...”
“Questa
è la
leggendaria Camera dei Segreti, fatta costruire da Salazar Slytherin
in persona.”
“S...
sul serio?”
Il
gruppo era sempre più
incredulo davanti a quella bizzarra situazione.
Quella
era davvero la
famosa Camera dei Segreti?! Quella che, secondo una leggenda,
conteneva un terribile Basilisco pronto a pietrificare o ad ammazzare
chiunque gli capitasse a tiro?
“Sì,
sul serio. Ho
trovato questa bellezza la notte di Halloween, così ho
pensato di
trasformarlo nel mio rifugio personale. Ci vengo non appena ho un
minuto libero, sia per studiare o anche solo per rilassarmi.”
“Ti
sei scelta proprio
un bel posticino per poterti rilassare...”
commentò Teddy, mentre
Delphini faceva le spallucce: “Beh, qui si può
progettare tutto
quello che si vuole senza rischiare di farsi sentire da orecchie
indiscrete... comunque, che ne direste di raccontarmi tutto quello
che è successo, senza, ovviamente, tralasciare
niente?”
Vedendosi
in trappola,
Teddy raccontò per filo e per segno tutto quello che era
successo.
Delphini
rimase in
silenzio, poi, una volta che il discorso fu finito,
dichiarò,
grattando con affetto la testa squamosa del suo serpente:
“Bene, a
quanto pare, le cose si fanno sempre più spinose... abbiamo
assolutamente bisogno di quella pozione della verità di
Lumacorno,
per sapere come stanno le cose...”
“Sì,
tanto sono io che
deve entrare nel suo studio...” sbuffò Teddy, il
quale non aveva
la minima voglia di compiere un furto, anche se era per il bene degli
altri...
“Oh,
ma che lagna che
sei... sei l'unico tra noi che ha meno probabilità di finire
nei
guai con Lumacorno, se dovesse beccarti. Dovresti ringraziare il tuo
padrino per questo.” sbottò Delphini, ricevendo,
per tutta
risposta, un'occhiata da parte del giovane Metamorfomagus.
“Però,
cosa facciamo
con questo qui? Mica resterà addormentato per
sempre...” fece
notare Oliver e Athena rispose: “Una pozione soporifera
è quello
che ci vorrebbe. Ho imparato la ricetta a memoria e credo di poterla
preparare...”
“Se
vuoi provare,
Athena, lì c'è un piccolo calderone e un sacco
d'ingredienti. Lo
uso per esercitarmi con le pozioni, ma è tutto
tuo.” l'interruppe
Delphini, indicando con la bacchetta un piccolo pentolone e delle
scatole con su delle scritte.
“Ottimo,
mi metto subito
all'opera.” dichiarò la Athena, mentre la coetanea
annuiva.
Mentre
la giovane
Corvonero si metteva all'opera, Oliver fece notare:
“Comunque, uno
di noi dovrà restare qui per dargli la pozione
soporifera...”
“Io,
io! Mi offro
volontario! Domani ho Trasfigurazione...” si offrì
subito Gal,
felice di saltare le lezioni del professor Bennet, ma, subito,
Delphini gelò il suo entusiasmo: “...E ci andrai a
lezione.
Attireresti troppe attenzioni indesiderate se salti le lezioni e non
ti si trova da nessuna parte! Inoltre, non mi fido per niente di te.
Come minimo, mi distruggeresti il rifugio.”
“Ma
brutta...!!!”
fece, adirato, Gal, ma Teddy lo bloccò, intromettendosi nel
discorso: “E quindi che si fa? Chi darà la pozione
a questo qui?”
“Asmodeus,
ovviamente.”
“Che
cosa?! Il
rettile?!” esclamò, senza parole, Gal
“Ma sei fuori?! Non ha
nemmeno le mani!”
“Anche
se non ha le
mani, Asmodeus è perfettamente in grado di dare regolarmente
una
pozione soporifera. E poi, mi fido molto di più di lui che
di te!”
sbottò Delphini, mentre Asmodeus guardava in malo modo il
giovane
Grifondoro.
Non
solo quello spiritoso
l'aveva definito rettile, ma l'aveva trattato come se fosse un essere
inutile.
Ma
che credeva, che non lo
capisse?
Vero
che lui, a differenza
di Delphini, non parlava il serpentese, ma le cose le capiva
benissimo...
“Razza
di cafone!” gli
sibilò, furibondo, il serpente, ricevendo in risposta uno
scapellotto da parte di Delphini.
Asmodeus
si voltò a
guardare, allibito, e vide Delphini che lo stava incenerendo con lo
sguardo, per poi mettersi l'indice davanti alla bocca.
Il
serpente fece una
smorfia seccata.
Si
era dimenticato che
Delphini gli aveva ordinato di non parlare mai in pubblico,
altrimenti avrebbe rischiato di parlargli in serpentese davanti a
tutti...
Dopo
un po', mentre Athena
continuava a lavorare alla pozione, Teddy domandò a
Delphini, la
quale stava leggendo un fumetto: “Scusa, Delphini, posso
farti una
domanda?”
“Spara.”
“Cosa
ti sei fatta
all'avambraccio sinistro? Perché era tutto
fasciato?”
La
ragazzina abbassò il
giornalino per guardare il ragazzino dritto negli occhi e poi
rispose: “Perché una volta ho visto un cartone
animato babbano
dove il protagonista era un lottatore e aveva entrambe le braccia
fasciate. Io l'ho solo copiato.”
“Ah...
okay...” fece
il giovane Tassorosso, poco convinto.
Non
sapeva perché, ma
avvertiva che la ragazza gli avesse mentito e anche piuttosto
spudoratamente.
Non
riusciva proprio a
capire perché lo avesse fatto...
Dopo
un po', Athena
esclamò, entusiasta: “Ecco fatto! Ce l'ho
fatta!”
“Ottimo.”
fece la
ragazzina, alzandosi in piedi e avvicinandosi per vedere meglio il
risultato.
Prese
un'ampolla termica e
ordinò: “Bene, infiliamo il risultato qua
dentro.”
Non
appena fu tutto
finito, Delphini si avvicinò al prigioniero e gli
versò qualche
goccia della pozione nella bocca semi-aperta.
“Bene,
per un po' questo
bestione non ci creerà alcun problema.”
dichiarò, mentre passava
la fila ad Asmodeus, il quale l'avvolse nelle sue spire.
Dopodiché,
si voltò
verso i compagni e fece: “E adesso tutti a nanna, che sono
già le
due del mattino... quando a te, Teddy, ricordati del tuo
compito.”
“Indimenticabile...”
borbottò il ragazzino, la cui prospettiva di rubare lo
innervosiva
non poco... |
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Capitolo 17 *** Interrogatorio ***
Capitolo
17:
Interrogatorio
“Bene,
ragazzi. E adesso
provate a realizzare voi una pozione Curabolle assieme al vostro
gruppo.” annunciò Lumacorno e, immediatamente,
tutti i Serpeverde
presenti si misero a lavorare di buona lena.
“Dunque,
prima di tutto
bisogna mettere sei zanne di serpente nel mortaio, per poi
frantumarle con il pestello per ottenere una polvere
finissima.”
disse Kevin, leggendo il grosso volume di pozioni che aveva in mano,
e, subito, Delphini si mise al lavoro seguendo le istruzioni.
Ormai,
lei e Kevin erano
compagni fissi di studio, dato che nessuno degli altri Serpeverde
aveva voglia di lavorare con un nato babbano e lei se ne stava sempre
da sola...
Di
conseguenza, i due si
trovavano sempre a lavorare insieme.
Un
gruppo di studio
parecchio stonante, pensava Delphini.
Dopottutto,
Kevin era un
nato babbano e lei era la figlia di Bellatrix Lestrange, il braccio
destro di Voldemort, colui che considerava i babbani e i maghi nati
dai babbani come feccia e ladri di magia, tanto da farli finire ad
Azkaban solo per quello... quel ragazzino doveva ritenersi fortunato
per essere nato e cresciuto in quel determinato periodo storico
Tutto
sommato, lavorare
con lui non era tanto male... si vedeva che s'impegnava e che ci
teneva a fare almeno bella figura coi figli dei maghi che, con tutta
probabilità, facevano le pozioni da quando avevano
cominciato a fare
magie... non sarebbe mai diventato un alchimista, ma, doveva ammettere
che era abbastanza bravo... non come quell'idiota di Lester Falwey,
che, invece di controllare la pozione si vantava ad un gruppo di
cretini arrivisti...
Se
mai fosse riuscito ad
entrare nella squadra di Quidditch di Serpeverde, cosa altamente
improbabile, sperava che si beccasse un bel bolide in faccia!
Sarebbe
stato uno
spettacolo vederlo frignare per il dolore...
Proprio
in quel momento,
Lumacorno si voltò per controllare la pozione del gruppo di
Mafalda
Prewett e, immediatamente, Delphini diede un'occhiata al suo orologio
da polso.
Le
undici e mezza.
Ormai
Teddy doveva
cominciare a mettersi all'opera...
“Non
ti sembra di essere
un chimico?” domandò, all'improvviso, Kevin e la
ragazzina ammise:
“In effetti, la chimica babbana e le pozioni hanno molto in
comune.”
“Cosa
diavolo è un
chimico?” s'intromise, proprio in quel momento, Abel Nott,
non
alzando lo sguardo dalla pergamena su cui stava scrivendo gli
appunti, che faceva parte del loro gruppo, dato che anche lui era un
bel solitario e non faceva parte di nessun altro gruppo.
Era
il più bravo della
classe a Pozioni, dopo di lei, ma almeno aveva la decenza di non
vantarsi come un idiota... Delphini aveva capito le sue
abilità dal
movimento delle sue mani quando lavorava, precise e coordinate, oltre
al fatto che i suoi lavori erano sempre ottimi.
Efficacia
e discrezione,
era questo che Delphini gradiva in un collega di lavoro temporaneo.
Non
a caso, i lavori del
suo gruppo erano sempre i migliori e la cosa non poteva che riempirla
d'orgoglio e di gioia.
Era
una sensazione
magnifica poter dimostrare alla maggior parte dei presenti che lei
era diversa...
“Il
chimico studia vari
fenomeni attraverso vari elementi chimici... i migliori del mondo
ricevono persino il Premio Nobel, uno di quelli più
prestigiosi... è
un po' il corrispettivo babbano del nostro alchimista...”
spiegò,
un po' nervoso, Kevin, dato che lui stesso non poteva di certo
definirsi un esperto chimico.
La
risposta di Abel fu un
semplice: “Ah.”
“Molto
bene, ragazzi.
Ripassate con molta attenzione quello che c'è scritto sulla
lavagna
e poi prendete appunti” li avvertì, con la solita
voce monotona,
il professor Ruf e tutti gli studenti fecero uno sguardo di
esasperazione, non vedendo l'ora che, finalmente suonasse la
campanella.
Pertanto,
nessuno fece
caso all'espressione nervosa e spaventata di Teddy, al quale
tremavano persino le mani al pensiero di quello che stava per fare...
Proprio
in quel momento,
una mano gli afferrò il polso tremante.
Il
giovane si voltò e
vide Oliver che gli faceva un grande sorriso come per confrontarlo.
“Non
preoccuparti, va
tutto bene. Se non te la senti, me ne occupo io.” lo
rassicurò
l'amico, ma Teddy, sorridendo a sua volta, scosse la testa:
“No, lo
farò io. Delphini ha ragione, sono l'unico che, grazie alle
mie
abilità, ha meno probabilità di finire nei
guai... lo farò
subito.”
“Turlin,
Gerrar! Avete
finito di chiacchierare?! Coi vostri borbotti state disturbando la
mia splendida e interessante lezione!” sbottò,
stizzito, Ruf.
Teddy
e Oliver si
guardarono increduli.
Il
professore si stava per
caso riferendo a loro?
“Ehm,
scusi, professor
Ruf... per caso stava parlando a me e ad Oliver?”
domandò,
leggermente imbarazzato, Teddy, indicandosi, e il professore rispose:
“Esatto, Turlin! Se sta cercando di prendermi in giro, ha
sbagliato
persona!”
“No,
professore... non
intendevo prenderla in giro, è solo che... il mio cognome
sarebbe
Lupin e quello di Oliver, Ferrars...”
“Signor
Turlin, la
smetta subito con queste sciocchezze, se non vuole che tolga subito
quindici punti a Tassorosso! Pensa che io sarei così stupido
da
confondermi i cognomi degli studenti?! Sono in questa scuola da anni
e non ho mai fatto simili errori grossolani!”
Ma
se confonde i cognomi degli studenti fin da quando mia nonna era
studentessa... è proprio un caso disperato!
ribatté, mentalmente, Teddy.
Il
ragazzino rimase un attimo in silenzio, per poi alzare la mano.
“Sì,
Turlin?” domandò Ruf e Teddy domandò:
“Potrei andare un attimo
in bagno?”
“Va
bene, Turlin. Ma veda di tornare in fretta. Più di uno
studente, con
la scusa di andare in bagno se la svigna.”
Il
Metamorfomagus capiva perfettamente il motivo della fuga di quei
poveracci, ma rispose: “Non si preoccupi, professore... non
starò
via a lungo...”
Non
appena ebbe chiuso la porta dell'aula, il giovane si guardò
intorno,
nervoso, e, una volta assicuratosi che non ci fosse nessuno, si mise
a correre come una furia per i corridoi, sperando di non incrociare
qualche professore o, peggio ancora, Gazza e Mrs Purr.
Mentre
correva, continuò a dare un'occhiata all'orologio che aveva
al
polso, un regalo di zia Hermione, in modo da controllare il tempo.
Doveva
raggiungere la scalinata principale in almeno due minuti, in modo da
cercare di fare tutto in dieci minuti al massimo.
Tuttavia,
quando svoltò l'angolo a tutta velocità, si
scontrò malamente con
qualcosa di piccolo e morbido, cadendo malamente per terra.
“Ehi!”
protestò un'acuta voce femminile e, immediatamente, Teddy si
scusò,
mentre si massaggiava la testa a causa della botta: “Scusa,
mi
dispiace, sono di fretta!”
Tuttavia,
non appena aprì gli occhi, si accorse che il corridoio era
deserto... eppure avrebbe giurato di essersi scontrato con qualcuno,
probabilmente una ragazza a giudicare dalla voce...
Proprio
in quel momento, il suo sguardo si posò sull'orologio che
aveva al
polso e si accorse, con orrore, che erano già passati
quattro
minuti.
Se
non voleva essere beccato, doveva muoversi!
Mentre
correre, cominciò ad assumere le sembianze di uno studente
del
settimo anno della sua Casa.
La
sua presenza in giro per la scuola durante le lezioni sarebbe stata
di sicuro meno sospetta...
Finalmente,
proprio quando la lunga lancetta dei minuti si sposto sul numero
sette, Teddy arrivò davanti all'ufficio di Lumacorno.
Ansimante
per la lunga corsa, Teddy tirò fuori la bacchetta e
sussurrò:
“Alohomora.”
Subito,
si sentì un rumore proveniente dalla porta ed essa si
aprì con un
cigolio.
Col
cuore che batteva a mille, il giovane Tassorosso ci si
infilò
dentro.
L'ufficio
di Lumacorno era diventato molto più sobrio e semplice, per
via del
fatto che non c'era alcuna riunione del Lumaclub, ma ovunque era
pieno di pozioni e d'ingredienti.
Cercando
di non mettere troppo in disordine, il ragazzino cominciò a
leggere
i nomi su di esse, cercando, contemporaneamente, di guardare
l'orologio.
A
causa dell'ansia, sentiva il cuore battergli così forte da
farlo
star male.
Ma
dov'era quella benedetta pozione?!
Ad
un tratto, il suo occhio notò una piccola bocchetta con del
liquido
blu.
D'istinto,
la prese e, non appena lesse la frase, fece un sorriso euforico.
Quello
era il Veritaserum!
L'aveva
trovato!
Se
lo mise prontamente in tasca e poi diede un'occhiata all'orologio.
Le
undici e trentasette.
Veloce
come un lampo, Teddy uscì dalla stanza, per poi cominciare a
correre
di nuovo verso la scalinata.
Pochi
minuti, arrivò davanti alla porta.
Ancora
rosso e ansimante per la corsa, il ragazzino rimase un attimo fuori
dalla porta, prima di rientrare in aula.
Come
aveva previsto, nessuno si era accorso che ci avesse messo un sacco,
compreso il professore, il quale si era addirittura addormentato di
nuovo sulla cattedra...
Teddy
si sedette al suo posto e, non appena si fu accomodato,
sentì
qualcuno toccargli il braccio.
Non
appena si fu girato, vide Oliver allungargli, col suo solito radioso
sorriso, una bacchetta di liquirizia, per poi fargli l'occhiolino.
“L'hai
presa?” domandò, incuriosito, Gal, avvicinandosi a
Teddy e Oliver.
I
due Tassorosso annuirono con la testa e il Metamorfomagus ammise:
“Ce
l'ho nella tasca della divisa.”
“Ottimo,
andrò a dirlo ad Athena!”
Proprio
in quel momento, qualcuno lo urtò alla spalla.
Voltandosi,
vide Delphini, la quale, con un sorrisetto, disse: “Ci
vediamo al
posto di ieri alle undici. Vedete di essere puntuali.”
La
ragazzina li superò, ma appena si trovò di fianco
a Teddy gli fece
un'occhiolino.
Teddy
la guardò allontanarsi, finché la coetanea,
sempre guardandolo col
suo solito sorriso, con un rapido movimento, gli fece vedere una
bocchetta che il Tassorosso conosceva...
Senza
parole, Teddy si mise la mano in tasca.
“Qualche
problema?” domandò Oliver e l'amico rispose:
“Me l'ha presa.”
“Cosa?”
“La
bocchetta di Veritaserum che era nella mia tasca. E non me ne sono
neanche accorto... quella lì ha un futuro come
borseggiatrice...”
Delphini
camminava con fare calmo e tranquillo nei freddi corridoi di pietra
della Camera dei Segreti, fischiettando la canzone 'Double Trouble'.
Mise,
per la trentesima volta, la mano nella tasca della divisa per
assicurarsi che il suo piccolo bottino fosse al suo posto.
Non
appena le sue dita toccarono la struttura liscia e fredda della
pozione, Delphini fece un piccolo sorriso soddisfatto.
Adesso
che aveva la pozione, poteva sapere cosa cercava con così
tanta
determinazione tutta quella bella gente... così da poterlo
pigliare
lei, soprattutto se era prezioso e valeva un mucchio di soldi.
Finalmente,
giunse a destinazione e, come aveva previsto, il tizio che aveva
sistemato la sera prima, stava ancora dormendo della grossa, mentre
Asmodeus se ne stava lì vicino, per tenerlo d'occhio.
“Finalmente
sei tornata!” sbuffò il serpente, con un tono di
voce parecchio
seccato, il serpente, avvicinandosi a lei.
“Deduco
che tu non abbia passato una bella giornata...”
scherzò, col suo
solito sorrisetto malizioso, la ragazzina e Asmodeus, sempre
più
irritato dalla faccia tosta della padrona, le rispose: “Certo
che
no! In questo maledetto sotterraneo si gela! Nel caso te ne fossi
scordata, sono un animale a sangue freddo! Ho bisogno di
calore!”
“Suvvia,
per ricompensarti, stanotte ti faccio dormire sotto le coperte del
mio letto.”
“E
come se non bastasse, quel lurido umano da quattro soldi russava
peggio di quella scocciatrice coi capelli rossi con cui condividi la
stanza! Mi ha fatto venire il mal di testa quel
disgraziato...”
“Beh,
fra poco questo disgraziato, comincerà a raccontare tutta la
sua
vita e anche per quale motivo si trova qui... durante
l'interrogatorio, sei pregato di non metterti a commentare.”
“Uffa,
e va bene... posso fare un giro, adesso? Ho una fame che non ci
vedo...”
“Pure?”
“E
cosa ti aspetti?! Sono rimasto tutta la notte a fare la guardia e a
dargli le gocce della pozione che ha fatto la tua amica quando si
stava per svegliare, cercando di non dargliele troppe per non farlo
schiattare! Non mi sono riposato un attimo! Sono ormai un pezzo di
ghiaccio affamato!”
“To',
tieni.” esclamò la ragazzina, prendendo dalla sua
borsa un
barattolo che, dopo aver aperto, piazzò di fianco al
serpente.
“Topi
in salomoia! I miei preferiti...” esclamò, tutto
contento,
Asmodeus, mentre Delphini rivelava: “Li ho presi durante la
lezione
di pozioni. Ho corso un bel rischio per prenderli di nascosto!
Dovresti ringraziarmi per aver rischiato di perdere dei punti della
casa solo per te.”
“Dici
sempre così...”
“E
con questo che cosa vorresti insinuare?”
“Ma
niente...”
“Sei
sicuro di quello che fai, Teddy?” domandò,
timidamente, Oliver e
l'amico annuì: “Certo! Quella furbetta mi ha
fregato la boccetta
per usarla e scoprire i segreti di quel tipo prima di noi.”
“Ma
perché dovrebbe farlo?”
“Usa
la testa, Oliver... interrogandolo per prima, scoprirebbe cosa
cercano quei tizi e farebbe di tutto per trovarlo e tenerselo per
sé.” gli ricordò Athena e Oliver
ammise: “In effetti, sarebbe
nel suo stile...”
I
quattro ragazzini stavano camminando nei sotterranei, cercando di
fare attenzione, in quando il rischio d'incontrare gli amici del
bestione della sera prima, era ancora parecchio elevato, anche se
stavolta si erano premuniti lasciando Tonks da Elizabeth, ovviamente
su suggerimento di Athena.
Finalmente,
il gruppo arrivò nella sala dov'erano stati la notte
seguente e,
inaspettatamente, videro Delphini seduta sul suo divano, intenta a
leggere un fumetto.
“Oh,
finalmente siete arrivati. Cominciavo a temere di dover cominciare ad
interrogarlo senza di voi...” commentò la
Serpeverde, non appena
li vide, alzandosi e buttando la rivista di fianco ad Asmodeus, il
quale stava dormendo sul divano, coperto da una coperta.
“Ci
hai aspettato?” domandò, senza parole, Teddy e la
ragazzina, con
aria stizzita, annuì: “Esatto.”
“Beh,
è stato molto carino da parte tua...” fece Oliver,
ma venne
bloccato da Delphini: “Non esagerare, ragazzino.
Semplicemente,
sapevo che saresti arrivati presto e non mi andava di subire un
interrogatorio.”
Dopo
aver detto ciò, la giovane si avvicinò
all'individuo e gli mise
qualche goccia di Veritaserum sulla bocca, per poi prendere un
secchio pieno d'acqua lì vicino e buttarglielo in faccia.
Subito,
l'uomo si rivenne, ma aveva gli occhi vuoti e l'espressione
stralunata.
“Mi
senti?” domandò, in maniera brutale, Delphini e
l'uomo annuì:
“Certo...”
“Bene,
allora rispondi alle mie domande.”
“Va
bene...”
“Cosa
state cercando qui fin dall'inizio dell'anno?”
“Un
tesoro...”
Sentendo
quelle parole, Delphini fece un sorrisetto interessato, mentre gli
altri si guardavano allibiti...
Quel
tipo stava dicendo sul serio?!
C'era
davvero un tesoro ad Hogwarts?!
“Chi
vi ha detto questa storia?” continuò, con calma,
Delphini e l'uomo
raccontò: “E' una leggenda che circola da
secoli... pare che i
quattro fondatori di Hogwarts avevano un tesoro molto prezioso e che
solo loro sapevano dove si trovasse...”
“So
che c'è una donna che vi comanda... è lei che
vuole il tesoro?”
“Sì...”
“Chi
è?”
“Bluebell
Borgin, la nipote del proprietario di 'Magie Sinister' a Diagon
Alley.”
“Interessante...
e da quando lo vuole?”
“Fin
da quando era studentessa ad Hogwarts... lo cercava in tutti gli
angoli della scuola e, più di una volta, è finita
in punizione per
questo...”
“Che
lavoro fa questa Bluebell Borgin?”
“E'
una cacciatrice di tesori... le piacciono le cose che luccicano e,
apparentemente, cerca tesori per suo zio...”
“Ma
scommetto che la maggior parte, se li tiene lei in un'apposita camera
segreta...”
“Esatto...
c'è una botola nascosta sotto il suo letto... una volta mi
ha fatto
vedere il suo contenuto... è pieno di tesori da
scoppiare...”
“Oh-ho,
questa notizia è davvero interessante...”
sussurrò Delphini con
un ghigno, già immaginandosi la sua visita durante le
vacanze ai bei
tesori di quella donna... non poteva certo lasciarli lì
tutti soli a
prendere polvere, dato che, molto probabilmente, la loro proprietaria
non si sarebbe fatta vedere per un bel pezzo... non sarebbe stato
affatto carino...
“Perché
ha deciso di farsi viva proprio quest'anno?” riprese la
ragazzina e
l'uomo continuò: “L'anno scorso... c'è
stato un incidente a causa
di un Troll scappato dalle montagne che ha fatto molti danni alla
scuola, distruggendo anche delle pareti, rivelando la presenza di un
corridoio sotterraneo...”
“Come
l'ha scoperto la Borgin? Per un Troll di montagna fuggiasco
interviene l'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche,
non certo una cacciatrice di tesori.”
“La
notizia era arrivata alle orecchie di Rita Skeeter e lei ci ha fatto
un articolo sulla Gazzetta del Profeta... quando il capo ha letto
quell'articolo, ha pensato dovesse trattarsi del passaggio segreto
che avrebbe portato a quel benedetto tesoro... così la notte
della
riapertura della scuola, ha mandato due suoi uomini a cercare il
passaggio.”
“Non
sarebbe stato meglio muoversi durante le vacanze estive? A parte
Gazza e la sua gatta non c'è nessuno per il
castello...”
“Durante
le vacanze, tutti gli insegnanti e il preside lanciano un potente
incantesimo al castello... se viene avvertita un'energia magica tra
le sue mura, tutti gli insegnanti ne vengono subito informati... ci
avrebbero beccati subito...”
“Capisco...
quindi, non appena è stata riaperta la scuola, vi siete
subito messi
al lavoro...”
“Esatto...
quella stessa notte, il capo ha mandato Zubin e Woodrow a cercare il
passaggio... ma ci sono stati una serie d'imprevisti...”
“Hanno
avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con la gatta del
custode, vero?”
“Anche...
ma quei due hanno scoperto che i maghi del Ministero avevano riparato
il muro e l'articolo non indicava con precisione dove si
trovasse...”
“Ecco
perché continuavate a tornare... stavate cercando quel
passaggio.”
“Esatto...”
“Come
facevate ad entrare ad Hogwarts? E' impossibile smaterializzarsi o
materializzarsi nei suoi confini.”
“C'è
un passaggio segreto... che porta da Hogsmeade fino allo specchio del
quarto piano... era bloccato a causa di una frana, ma il capo
è
riuscito a sistemarlo poco prima dell'inizio della scuola...”
“Però,
avete avuto lo stesso dei problemi...”
“Già...
la notte di Halloween c'è stato un incidente... quei due
idioti si
sono fatti beccare da degli studenti del primo anno... Zubin ha
affrontato un piccolo demonio di Serpeverde che gliele ha date di
santa ragione, per poi scappare a gambe levate, dicendo di essersi
ritrovato davanti a Tu-sai-chi, mentre Woodrow si è fatto
battere da
un marmocchio di Grifondoro fuori di testa con una spada e un
cappello a dir poco ridicolo...”
“Ehi!”
protestò, offeso, Gal, mentre Teddy si metteva a guardare in
un'altra direzione, mettendosi a fischiettare.
“E
dopo Halloween? Cos'è successo?”
continuò Delphini e l'uomo
continuò: “Il capo ha fatto una sfuriata per
mezz'ora e poi ha
ordinato a Zubin e Woodrow di tornare immediatamente al castello la
notte seguente... hanno continuato ad esplorare ogni angolo, tutte le
notti, per un mese intero, cercando di non farsi beccare da
nessuno... poi, finalmente, hanno trovato in biblioteca un passaggio
segreto che portava ai sotterranei e hanno informato subito il capo.
Lei era convinta che si trattasse del passaggio che portava al tesoro
e, pertanto, abbiamo cominciato ad esplorare questi corridoi da cima
a fondo...”
“Molto
bene, ho capito tutto. Adesso tornatene pure a dormire,
babbeo.”
dichiarò la ragazzina, lanciandogli un incantesimo.
Una
volta, sistemato, Delphini si voltò verso i compagni e
dichiarò:
“Bene, ragazzi. Non c'è bisogno di dire altro. Mi
sembra che la
situazione si spiega da sola.”
“Quindi,
che cosa facciamo?” domandò, preoccupato, Oliver,
mentre Gal
tirava fuori la spada: “Ovvio, troviamo quel tesoro prima di
quei
mascalzoni e glielo portiamo via!”
“Gal,
ti prego, cerca di calmarti. Occorre riflettere prima di pensare ad
un piano.” lo bloccò Athena e il rosso
protestò: “Vorresti
lasciare che quei cacciatori di tesori rubino il tesoro della
scuola?!”
“Certo
che no! Ma ti ricordo che siamo cinque ragazzini del primo anno e che
rischiamo d'imbatterci in tre maghi adulti molto esperti e senza
scrupoli! Occorre pensare ad un piano!”
“E
cosa proponi?”
“Di
provarlo a cercare sabato notte. Non ci sono lezioni la domenica e se
qualcuno non ci dovesse vedere in giro, non
s'insospettirebbe.”
“Sì,
ottima idea,
Athena... sabato notte è un'ottima idea.”
anuì Teddy e la
ragazzina aggiunse: “E' meglio se quando scendiamo nel
sotterraneo,
indossassimo tutti quanti dei maglioni pesanti. In questo posto si
gela... possiamo indossare i maglioni che ha fatto l'amica della
nonna di Teddy.”
“Sì,
ottima idea.”
“Allora,
siamo
d'accordo. Noi quattro...” fece Gal, ma venne interrotto da
un'altezzosa voce femminile: “Noi cinque.”
Gal
diede un'occhiata alle
spalle, sorpreso, guardando Delphini, la quale se ne stava appoggiata
al muro con le braccia incrociate.
“Vuoi
venire anche tu?”
domandò il giovane Grifondoro e la ragazzina rispose:
“Ovvio, io
conosco questi sotterranei meglio di tutti voi messi insieme. Senza
di me, vi perdereste in un batter d'occhio. Perciò,
verrò con voi.”
“Beh,
è molto carino e
coraggioso da parte tua...” fece Oliver, ma Delphini rispose:
“Non
correre troppo. Lo faccio solo perché questi intrusi hanno
invaso il
mio spazio personale e non intendo fargliela passare liscia. Prima di
spedirli dritti ad Azkaban, gli farò capire che la prossima
volta è
meglio non entrare nel mio rifugio segreto.”
In
realtà, voleva unirsi
a loro con la speranza di trovare quel tesoro e prenderlo,
ovviamente, facendo addormentare i compagni e cancellando i ricordi
riguardando il tesoro e il suo rifugio segreto.
“Allora
siamo
d'accordo.” concluse Athena “Ci vediamo qui in
questa sala sabato
notte.” |
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Capitolo 18 *** I passaggi segreti dei sotterranei ***
Capitolo 18: i passaggi
segreti dei sotterranei
“Ormai
stiamo cominciando a prendere la mano nel camminare a tarda notte
nella scuola, eh? E non abbiamo nemmeno bisogno di un mantello
dell'invisibilità!” esclamò Gal, mentre
camminava nei corridoi
del sotterranei, mentre Athena gli diceva: “Potresti
abbassare il
volume? Nel caso te ne fossi scordato, ci sono dei delinquenti, qui
in giro.”
“Beh,
che ci provino! Ho una bacchetta e una spada!”
“Una
gran bella notizia...” commentò, sarcastica, una
voce femminile,
mentre una ragazzina dai capelli d'argento e con un vecchio e
polveroso monospalla di jeans appariva dal buio.
“Sempre
gentile, tu...” sbuffò, Gal, mentre Delphini
annunciava: “Il
tizio che abbiamo trovato è sistemato, comunque, per
sicurezza, ho
lasciato Asmodeus ad occuparsi di lui.”
“Come
fai ad essere così sicura che quel rettile lo
terrà a bada? Mica
parli la sua lingua!”
Delphini
lo fissò un attimo, in completo silenzio, poi voltandosi,
sbuffò:
“Seguitemi, stanotte dobbiamo trovare almeno una
traccia.”
Con
calma e sicurezza, la ragazzina, s'incamminò nel cunicolo,
come se
fosse abituata ad esplorarli.
Ad
un tratto, si fermò di scatto e domandò:
“Un attimo! Sento uno
strano rumore... proprio dietro di noi...”
“Ehm...
forse sono io che sto tremando...” balbettò,
imbarazzato, Oliver
e, immediatamente, Delphini gli rispose, seccata: “Oliver, se
hai
paura, tornate al Seminterrato di Tassorosso!”
“No!
Io non me ne vado! Non abbandono i miei amici! Anche se ho la fifa
blu...”
“Beh,
fa come vuoi, basta che non schiatti a causa della paura.”
“Grazie...”
Il
gruppo continuò a camminare, illuminato i corridoi con la
luce delle
proprie bacchette, mentre attorno a loro si sentivano gli squitti e i
movimenti veloci dei ratti di quel luogo sinistro.
Ad
un tratto, giunsero davanti ad un corridoio illuminato da delle torce
e decorato con tante catene d'oro massiccio.
In
fondo ad esso c'era una grossa porta di legno dai numerosi intarsi.
Delphini
si avvicinò ad essa e provò ad aprirli,
scoprendo, con profondo
disappunto, che era chiusa a chiave.
Proprio
mentre provava a lanciare Alohomora, si accorse che Gal stava
allungando una mano verso una catena d'oro.
“No,
fermo, razza di stupido! Non toccare nien...”
tentò di fermarlo,
ma, proprio in quel momento, il Grifondoro strinse la catena.
Immediatamente,
il pavimento sotto ai piedi dei cinque scomparve e tutti caddero nel
buio.
La
caduta durò pochi minuti finché non si
scontrarono sul duro, freddo
e bagnato pavimento.
“Idiota!
Ti avevo ordinato di non toccare niente!” fu la prima cosa
che
strillò Delphini, non appena si fu ripresa.
Imbarazzato,
Gal si difese, allungandola: “Ma... questa catena sembrava
messa lì
apposta per essere presa...”
“Appunto!
Dai i cretini che così fanno scattare la trappola!
Sennò perché
credi che non le abbia toccate?!”
“Adesso
che me lo dici, mi sembrava un po' strano che una persona avida come
te non tentasse nemmeno di prendere quelle catene d'oro...”
“Meglio
essere avida che stupida come te!”
“Calma,
ragazzi...” tentò di calmarli, imbarazzato, Oliver
“Questo non è
il momento di litigare, ma di collaborare...”
“Io
collaboro, è lui che discute.” ribatté,
prontamente, Delphini,
mentre Gal la minacciava: “Vuoi due dita negli
occhi?”
Mentre
i due si accapigliavano come cane e gatto, Athena si mise a guardare
in alto, per poi dire: “E' parecchio in alto... ma, forse, se
avessimo una corda, potremmo farcela...”
“Io
ho il filo per le orecchie Oblunghe dello zio George... ma temo che
sia troppo corto e fine...” borbottò Teddy,
allungando il filo,
mentre Gal esclamava: “Io ho il filo interdentale.”
“Tsk...
che schifo. E per di più, in questo momento è
completamente
inutile.” commentò, acida come al solito,
Delphini, guardando in
un'altra direzione, e il Grifondoro, offeso, le rispose:
“Beh, può
sempre servire, Delphi.”
“E
finiscila di chiamarmi così, babbeo.”
“Io
ti chiamo come mi pare! Se hai un'idea migliore per uscire di qui,
sono proprio curioso di sentirla.”
Per
tutta risposta, la ragazzina si tolse lo zaino che portava e, dopo
aver frugato un attimo al suo interno, prese qualcosa che
lanciò in
aria senza alcuna esitazione, gridando: “Engorgio!”
L'incantesimo
esplose in aria, abbagliando i presenti.
Non
appena il gruppo riuscì a riutilizzare di nuovo gli occhi,
scoprì,
incredulo, che c'era una scopa.
“Volando.”
dichiarò, incurante dello stupore generale, Delphini,
prendendo la
scopa.
“Da
dove salta fuori quella scopa?” domandò Teddy e la
coetanea
rispose: “Gal non è il solo a rimpicciolire gli
oggetti...”
“Non
dirmi che l'hai rubata dallo sgabuzzino della prof!”
“Beh,
ammetto che avevo già progettato il furto... ma, prima che
potessi
metterlo in pratica, ho trovato questo manico nella foresta, tutto
rotto. Sarei stata una stupida a rischiare una punizione quando avevo
già risolto il problema, no? L'unica cosa che ho dovuto fare
è
stata solo ripararlo.”
“Beh,
forse avresti dovuto riconsegnare quel manico... ma va bene
così...
dopotutto non l'hai rubato… conoscendoti, è
già qualcosa.”
commentò Oliver, mentre Teddy domandava: “Ma cosa
te ne fai di una
scopa?”
“Vi
siete mai chiesti perché non mi avete mai vista nel
passaggio che
prendete per venire qui?”
Sentendo
quella domanda, i ragazzi si guardarono negli occhi.
In
effetti, Delphini non si vedeva quasi mai in giro per la biblioteca o
per i corridoi di quei sotterranei...
“La
risposta è molto semplice: io prendo un'altra
strada.” rispose la
ragazzina e Gal domandò: “Ci sono altri passaggi
segreti?!”
“Già.
E quello che prendo io, necessita di una scopa.”
“Troppo
fico! E dov'è questo passaggio?!”
esultò il rosso, immaginandosi
già di partire all'avventura a cavallo di una scopa.
“Non
te lo dico. Quello è il mio passaggio e non lo
condividerò con
nessuno di voi. Consideratevi fortunati per il fatto che vi consenta
di usare l'uscita di servizio.” lo freddò,
immediatamente, la
Serpeverde e Gal sbottò: “Ma sei proprio una
vipera, tu!”
“Non
immagini quanto ci hai preso, tonto... dovresti proprio seguire il
corso di Divinazione al terzo anno... ti assicuro che hai molto
talento come veggente...”
Dopotutto,
lei poteva davvero parlare con le vipere... ed era proprio quello il
motivo per cui voleva evitare che gli altri usassero il suo
passaggio... per aprirlo era necessario parlare in serpentese e,
pertanto, avrebbe dovuto svelare che possedeva un'innata
abilità da
mago oscuro.
Lei
che era la figlia di famosi maghi oscuri...
“Allora?
Chi è il primo che sale a bordo?”
domandò, con fare annoiato, la
ragazzina e Gal alzò la mano: “Ci vado io!
Così mi alleno per
quando sarò nella squadra di Grifondoro!”
“Attento
a non volare troppo in alto o ti verranno i colpi di testa.”
lo
schernì Delphini, mentre gli passava la scopa, beccandosi
uno sbuffo
da parte del rosso: “Ma che spiritosa... le sogni di notte
certe
battute?”
“No,
fanno parte della mia natura, velenosa come quella di un
serpente.”
“Questo
spiega tutto...”
Una
volta che Gal fu a cavallo della scopa, Athena gli disse:
“Quando
hai raggiunto il pavimento, butta pure nel buco la scopa. Ci
penseremo noi con Wingardium Leviosa a farla atterrare
dolcemente.”
“Vedi
di non rovinarmela, babbeo. Se me la rompi, me ne dovrai procurare
una nuova.” lo avvisò, acida, Delphini, mentre il
rosso faceva una
smorfia.
Certo
che quella ragazzina era proprio diffidente... non era certo
così
inaffidabile...
Gal
si diede una leggera spinta e cominciò a volare.
Dopo
un po', arrivò a destinazione e, subito, ributtò
giù la scopa,
gridando: “Cade!”
Qualche
minuto dopo, apparve Teddy, il quale, però si
scontrò contro il
soffitto e cadde malamente per terra.
“Tutto
bene?!” domandò, immediatamente, Gal,
avvicinandosi all'amico, il
quale lo rassicurò: “Sto bene, sto bene. E' solo
che non sono
tanto abituato a volare negli spazi stretti...”
“Allora?
Quanto ci vuole per buttare giù la mia scopa?”
domandò, seccata,
una voce femminile proveniente dal buco.
Non
ci voleva un genio per capire a chi appartenesse quella voce...
“Ecco,
Delphini.” l'avvisò Teddy, buttando giù
la scopa, mentre Gal
commentava: “Ma come diavolo fa ad essere sempre
così antipatica e
acida, senza mai stancarsi? E' una roba impressionante... dato non ho
visto nessuna spina, temo che funzioni a batterie...”
“Ti
consiglio di moderare il linguaggio, se non vuoi che ti trasformo in
una rana in salamoia. Sono sicura che saresti molto utile per
pozioni.” lo avvertì una seccata voce femminile,
alle sue spalle.
I
due si voltarono e videro Delphini sulla scopa.
A
giudicare dallo sguardo di fuoco, era pronta a mettere in pratica
anche subito la minaccia a Gal.
“Non
azzardarti a toccare niente, idiota. Guarda che ti tengo
d'occhio.”
dichiarò Delphini, guardando Gal, il quale fece una smorfia
per la
seccatura.
Ok,
aveva sbagliato a prendere quella catena, ma non avrebbe certo
rifatto due volte lo stesso errore...
Dopo
un po', il ragazzino si fermò e la Serpeverde gli
domandò,
infastidita: “E adesso che c'è? Si può
sapere perché non
prosegui? Guarda che stiamo restando indietro!”
“Scusa,
ma sono stanco morto... mi appoggio solo un attimo al muro per
riprendere fiato...”
“Qualcosa
mi dice che un cammello avrebbe molte più
possibilità di diventare
un Auror di te...”
“Sono
troppo stanco persino per ribattere...”
“Se
riuscirai a diventare un Auror, sarà un vero affare per il
Ministero... di quelli disastrosi.”
“Qualcosa
mi dice che i tuoi sono morti perché erano dei bei tipi
arroganti e
antipatici... scommetto che nemmeno Tu-sai-chi li
sopportava...”
“Questa
me la segno...”
Se
c'era qualcuno che Voldemort tollerava era proprio sua madre.
Cercando
di riprendere fiato, il rosso si appoggiò al muro e, proprio
in quel
momento, esso si mise a tremare.
Prima
che i due potessero capire che stesse succedendo, il muro dov'era
appoggiato Gal si spostò e fece cadere il ragazzino nel buco
apparso
all'improvviso.
Subito,
Delphini si avvicinò al buco per vedere cosa stesse
succedendo e,
proprio in quel momento, il muro ruotò, colpendola e
facendola a
finire a sua volta nel buco, mentre alle sue spalle il muro, tornava
al suo posto, nascondendo il passaggio come se non fosse mai
esistito.
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Capitolo 19 *** Gli effetti collaterali degli incantesimi ***
Capitolo 19: Gli effetti
collaterali degli incantesimi
“Avete
sentito quel rumore?” domandò, sorpreso, Teddy e
Athena annuì:
“Sì... sembrava quello di una porta che veniva
sbattuta
violentemente... e la cosa non mi piace per niente...”
I
due giovani, seguiti da un nervoso e agitato Oliver, ritornarono sui
loro passi e quando arrivarono al corridoio, scoprirono, con
sgomento, che non c'era nessuno.
“Non
c'è nessuno...” fece Teddy e, proprio in quel
momento, Athena
notò: “Un momento... ma mancano a rapporto Gal e
Delphini!”
“Ehi,
adesso che me lo fai notare è proprio vero...”
“In
questo corridoio doveva esserci un'altra trappola e, stavolta, ci
sono finiti loro.”
“Pensi
che siano in pericolo?”
“Probabile...
ma sono certa che quei due se la sapranno cavare e che li ritroveremo
quando meno ce lo aspetteremo.”
I
due ragazzini di undici anni continuarono a cadere nel lungo scivolo,
finché non si schiantarono violentemente sul pavimento
fangoso.
“Razza
di cretino! Sono finita di nuovo in una trappola per colpa tua! Devi
essere una specie di calamita!” strillò Delphini,
non appena si fu
rimessa in piedi, mentre il giovane Grifondoro borbottava:
“Mi
dispiace, è stato un incidente... e chi se lo aspettava che
ci fosse
una trappola nel muro?”
“Beh,
io una volta ho visto in tv una scena simile, quindi potevi anche
sospettare una cosa del genere!”
“Il
fatto è che io non guardo molta tv... vedi, io ho sempre
sognato il
mondo magico e in tv non ci sono suoi canali...”
“Adesso
capisco perché non ti crea alcun problema andare in giro con
quel
tuo ridicolo casco... e io che pensavo che avessi un parente socio
onorario del P.E.T.O...”
“E
che diavoleria è?”
“E
meno male che ti autodefinisci un fan sfegatato del mondo magico...
neanche conosci quell'organizzazione di pagliacci...”
“Sul
serio c'è un'organizzazione di clown del mondo
magico?”
“Ma
certo che no, grullo! Ci mancherebbe solo questa!”
“E
allora cos'è il peto?”
“E'
un'associazione estremista che contesta che in pubblico i maghi
debbano vestirsi come i babbani, in modo da potersi esprimere
liberamente ovunque, dato che, secondo loro, i pantaloni bloccano i
flussi di magia all'origine. Un mucchio di scemenze. Io, poi, adoro i
pantaloni... li trovo comodi e pratici per andare in giro... la prima
e unica gonna che abbia mai indossato, a parte quelle camicie per
neonati in stile Quattrocento o giù di lì che mi
hanno messo nei
miei primi sei mesi di vita, è quella della divisa
scolastica...”
“Ma
non vanno contro lo Statuto Internazionale di Segretezza?”
“Esatto,
ma a loro non gliene frega niente, nonostante le numerose multe, le
quali, almeno, procurano un po' di grana al Ministero. Per la
cronaca, sono i tizi che se ne vanno in giro vestiti in modo
strano.”
“Ah,
forse ne ho visto uno, una volta...”
“Solo
uno? Io a Londra ne ho visti una ventina e solo quest'estate.”
“Beh,
le capitali attirano sempre le persone più
disparate...”
Ignorandolo,
Delphini si mise a pulire i vestiti sporchi di fianco, sbuffando:
“Fortuna che non ho indossato la divisa... sarebbe stata una
bella
scocciatura rimuovere il fango da essa... e poi, che figura ci facevo
a lezione?”
“Secondo
te dove porta quel tunnel?” domandò, incuriosito,
Gal, guardando
davanti a sé e la coetanea rispose: “Da qualche
parte.”
“Fin
lì ci arrivavo anch'io...”
“Su,
forza, muoviamoci. Proviamo a proseguire. Da qualche parte arriveremo
e, con un po' di fortuna, quel 'da qualche parte' si
trasformerà nel
luogo dov'è custodito il tesoro.”
“Sapete
cosa mi ricorda questo posto?” domandò Athena,
osservando con
attenzione il soffitto a volte, e Teddy chiese, incuriosito:
“Cosa?”
“Una
prigione babbana del Medioevo.”
“Davvero?”
“Sì,
le segrete dei vecchi castelli medievali erano proprio così.
Lo so
perché nel libro di mia sorella c'era un'immagine
simile.”
“Pensi
che chi abbia costruito questo posto si sia ispirato ad esse?”
“C'è
una buona probabilità.”
“Beh,
chiunque fosse, poteva anche scegliere un modello più
allegro... è
da pazzi ispirarsi ad un posto così lugubre e pieno di
disperazione
come una prigione...”
“Magari
ne era un appassionato.”
“Allora
doveva essere proprio fuori di testa...”
Ad
un tratto, Athena si fermò di scatto e si mise ad osservare
il
soffitto, alzando la sua bacchetta.
“Qualche
problema?” domandò Teddy, fermandosi a sua volta,
e la Corvonero
indicò un punto: “Guarda lassù, non ti
sembra che ci sia
un'apertura?”
Il
ragazzino si mise a guardare nella direzione e notò che, in
effetti,
c'era una botola da cui, probabilmente, poteva passare un ragazzino
di undici anni.
“Hai
proprio ragione!” esclamò Teddy e Athena
commentò: “Forse si
tratta di un passaggio d'emergenza.”
“Però,
come lo raggiungiamo? Era Delphini quella che aveva una
scopa...”
“Io
avrei un'idea...”
Athena
tirò fuori la bacchetta e, puntandola contro di
sé, recitò:
“Wingardium Leviosa.”
Immediatamente,
la ragazzina cominciò a levitare come un palloncino,
lasciando di
stucco gli amici.
“Ma
cosa fai?!” domandò, senza parole, Teddy e la
ragazzina rispose,
con un sorriso, mentre continuava a salire: “Sto volando, non
vedi?
Grazie a ciò, raggiungere quella botola sarà uno
scherzo!”
“Ma...
di solito non si usa quell'incantesimo contro delle
persone...”
“Non
importa, io lo trovo favoloso! Mi sento più leggera di una
piuma! E'
fantastico! Mi sembra di essere un uccellino!”
Athena
cominciò a muoversi, cominciando a fare giravolte e
acrobazie
particolari.
“Mi
sta facendo venire la nausea...” borbottò Oliver e
Teddy disse:
“Più che volare, sembra che stia
nuotando...”
“Athena,
per favore, potresti scendere?”
“Subito!”
esclamò la ragazzina, ma stranamente, rimase sul soffitto,
come se
fosse incollata.
“Qualche
problema?” domandò, preoccupato, Teddy e la
Corvonero ammise,
leggermente imbarazzata: “Ecco... non riesco a
scendere...”
“Stai
scherzando?!” fece, incredulo, Teddy e Athena scosse la
testa:
“No... è come se qualcosa mi stesse tenendo
ancorata al
soffitto...”
“Ma...
non dovrebbe accadere il contrario?” fece Oliver e Teddy
constatò:
“Temo che sia per via dell'incantesimo... l'ha resa molto
più
leggera e non può far altro che salire nel cielo... se non
ci fosse
il soffitto, probabilmente volerebbe fino all'atmosfera.”
“Dobbiamo
farla scendere!”
“Sì,
ma non so come... è una nostra amica... se le lanciamo un
incantesimo, rischierebbe di farsi male...”
“Allora
dovremmo aspettare che l'incantesimo finisca... ma non possiamo mica
lasciarla lì così... sarebbe una preda perfetta
per quei
farabutti...”
“Lo
so, Oliver... ma potrebbero volerci delle ore perché esso
finisca...
dobbiamo trovare assolutamente un modo per portarla con
noi...”
“Il
filo di tuo zio! Potremmo legarla ad esso, tanto è talmente
leggera
che non si romperà.”
“Ottima
idea... ma come facciamo a portarlo lassù?”
“A
questo ci penso io.” fece Athena, puntando la bacchetta verso
Teddy
e dicendo: “Accio filo.”
Immediatamente,
dalla tasca del giovane Tassorosso uscì un lungo e sottile
filo
argentato che, proprio come Athena, volò fino al soffitto,
per poi
essere preso dalla ragazzina, col quale si legò un piede,
anche se
con parecchie difficoltà.
“Ecco
fatto!” esultò Athena, per poi far cadere il filo
che venne preso
al volo da Teddy, il quale, un po' titubante, domandò:
“Bene... e
adesso che si fa? Non ho alcuna intenzione di usarmi l'incantesimo e
trovarmi incollato al soffitto...”
“Prova
a portarmi verso quella buca... forse riesco a portarvi io.”
“Ehm...
mi sembra un po' improbabile...”
“Non
preoccuparti, Teddy. Ci proverò io.”
“D'accordo...”
Ancora
un po' dubbioso, il Tassorosso portò Athena alla botola,
trascinandola per la corda.
Una
volta lì davanti, Athena, con parecchie
difficoltà, entrò
nell'entrata, per poi dire: “Accio Teddy.”
Subito,
il ragazzino sentì come se un essere fortissimo lo
afferrò e lo
sollevò a tutta velocità verso Athena.
Prima
che Teddy potesse capire a fondo cosa stesse succedendo, si
ritrovò
nel lungo e buio corridoio che si trovava dietro al buco del
soffitto, proprio sotto ad Athena.
“Visto?
Ha funzionato!” esultò la ragazzina, ma Teddy la
bloccò: “Un
momento, fammi controllare una cosa...”
Il
giovane mago cominciò a tastarsi tutto il corpo e, alla
fine,
dichiarò: “Hai ragione, ha funzionato. E senza
effetti
collaterali.”
“Bene,
allora prendo Oliver e poi proseguiamo per questo corridoio.”
“Speriamo
che l'incantesimo non finisca adesso... questo corridoio è
veramente
stretto...”
“Uffa,
non ne posso più di camminare...”
sbuffò Gal, mentre Delphini gli
rispondeva, infastidita: “E falla finita! Guarda che se ci
troviamo
in questa situazione è solo per colpa tua!”
“Lo
so... non fai altro che ricordarmelo ogni dieci secondi...”
Dopo
qualche secondo, Gal si rimise a protestare: “Uffa, ma guarda
quanto fango... mi sta sporcando tutte le scarpe! E poi qui fa un
freddo cane! Vorrei tanto...”
“SILENCIO!!!”
Fu
come se qualcuno gli avesse tappato la bocca violentemente con dello
scotch.
Gal
provò ad emettere qualche suono, ma dalla sua bocca non
emise
niente, come se le corde vocali fossero state tranciate di colpo.
“Ah,
finalmente un po' di silenzio... avevo la testa che mi
esplodeva...”
sospirò Delphini, mettendosi una mano sulla fronte.
Notando
che il Grifondoro stava muovendo le braccia a tutta velocità
e
sembrava parecchio infuriato, la ragazzina spiegò,
divertita:
“Tranquillo, ti ho solo zittito per un po', come le rane e i
corvi
usati durante le lezioni. E' temporaneo, purtroppo...”
Si
avvicinò e, dopo aver guardato con molta attenzione,
osservò: “Non
mi sembra che si sia ingrossato qualcosa... senti dei rumori
assordanti?”
Gal
mosse le labbra, come per dire qualcosa, ma non uscì proprio
niente.
“Scuoti
la testa, tonto.” gli disse, scocciata, Delphini e il
ragazzino
fece 'no'.
“Ottimo,
allora ho eseguito un ottimo Silencio. Devi solo aspettare che
l'effetto finisca... purtroppo, ci vorrà come minimo
un'ora.”
La
bocca aperta e la faccia sconvolta di Gal le fecero capire che aveva
compreso il significato delle sue parole.
“Ora
che abbiamo chiarito questo punto, proseguiamo.”
dichiarò la
ragazzina, ma prima che potesse mettersi in cammino, Gal si sedette
pesantemente per terra.
“E
adesso che c'è?” sbottò Delphini,
mentre il giovane Grifondoro si
toglieva una scarpa per poi cominciare a tirare un calzino rosso.
“Che
cavolo stai combinando con quel calzino?” domandò,
disgustata, la
Serpeverde e, contemporaneamente, Gal infilò l'indumento
sulla mano,
come se fosse un guanto.
“Oh,
mamma... ma questa è l'idea più cretina e
ridicola che ti poteva
venire in testa! Stai per caso cercando di diventare un
ventriloquo?”
fu tutto quello che riuscì a dire Delphini quando il
compagno ebbe
finito, mettendosi una mano sulla fronte.
Per
tutta risposta, la mano con su il calzino di Gal cominciò ad
aprirsi
e chiudersi a tutta velocità, come se stesse mimando una
sgridata.
“Se
hai finito di fare il pagliaccio, vedi di renderti utile, facendomi
proseguire!” fu quello che disse Delphini, prima di voltarsi
e
camminare.
Gal
fece una smorfia, per poi seguire la coetanea nel gelido e umido
sotterraneo.
Quel
posto era davvero spaventoso e gli faceva venire la pelle d'oca...
Ad
un tratto, Delphini si voltò di scattò verso di
lui e urlò:
“BOMBARDA!!!”
D'istinto,
si buttò a lato di colpo, mentre l'incantesimo colpiva una
colonna,
generando un'esplosione.
Immediatamente,
Gal si alzò in piedi e cominciò a gesticolare,
con un'espressione
davvero furibonda.
“Sembra
di vedere un attore di un film muto...” sbuffò
Delphini, guardando
il compagno, per poi dire: “Per tua informazione,
c'è qualcuno
dietro di noi! Voltati e ne avrai la conferma.”
Gal
si voltò e scoprì, con sgomento, che la
Serpeverde aveva ragione.
Da
dietro la colonna era apparsi due uomini che lui conosceva molto
bene: uno era il tizio che aveva affrontato con la spada e l'altro
era stato l'avversario di Delphini la notte di Halloween.
“Ma
quella è matta! Ci avrebbe potuti ammazzare con
quell'attacco!”
strillò Woodrow, senza parole, mentre il compagno diceva:
“Te
l'avevo detto che quella lì è molto strana e
pericolosa.”
“Ma
guarda chi si rivede... è da un po' che non ci
vediamo...”
commentò, con un ghigno, la giovane Serpeverde, togliendosi
il
monospalla e gettandolo pesantemente per terra, mentre Zubin, con una
faccia furibonda: “Fa poco la furba! Ti ricordo che l'ultima
volta
ti ho sconfitto!”
“Solo
perché questo scemo si era messo in mezzo. Se proprio ci
tieni,
possiamo riprendere da dove abbiamo iniziato... ah, giusto!
Dimenticavo che hai lasciato qui la bacchetta.”
“Ma
che spiritosa... comunque, per tua informazione, ce l'ho una nuova
bacchetta!”
Zubin,
mostrò con orgoglio, una nuova bacchetta e Delphini
affascinata,
esclamò: “Uao, che bella! Farà un
figurone nella mia collezione.”
“Collezione?!”
“Esatto,
sto facendo collezione delle bacchette dei tizi che sconfiggo. Per
ora, ne ho solo due... ma con la tua nuova bacchetta e quella del tuo
amico, arriverò a quattro. Un ottimo punteggio, per essere
solo al
primo anno.”
Zubin
non riusciva a parlare dal quanto era furibondo.
“Piccola
vipera!” sbottò, alla fine, sempre più
adirato “Ti farò pagare
cara la tua arroganza e sfrontatezza! Ti farò esplodere in
mille
pezzi, così i tuoi genitori non avranno nemmeno un corpo su
cui
piangere!”
“Non
scomodarti, vivo con una vecchia arpia, il cui unico desiderio
è che
sparisca all'istante. Se mi uccidi, sono sicura che ti sarà
grata
per sempre.”
“Non
mi sorprenderebbe, ragazzina! Chi diavolo sarebbe in grado di
sopportare una piccola peste come te?! Nemmeno
Colui-che-non-dev'essere-nominato ti vorrebbe intorno!”
“Sai
quanto me ne frega! Io non ho certo paura di lui, a differenza tua!
Quello, ormai, è morto stecchito da un pezzo, grazie al
cielo! E'
un'altra la cosa che mi terrorizza... e anche parecchio!”
Ossia
se qualcuno avesse scoperto di sua madre, la famosa Bellatrix
Lestrange.
Non
aveva certo paura del suo principale, anche se le aveva fatto passare
brutti momenti da quando era nata... ricordi che spesso le
bombardavano la mente e che continuava a riviverli con la stessa,
atroce intensità... ma non aveva paura di lui.
Era
di sua madre che era spaventata... di lei e della sua
eredità...
Si
sarebbe scatenato un putiferio se si fosse scoperto di lei... tutti
l'avrebbero considerata una mina vagante e pericolosa, pronta a
torturare fino alla pazzia chiunque le attraversasse il cammino...
quella dannata e maledetta eredità le pesava come un macigno
fin da
quando era nata...
“Beh,
se abbiamo finito di scambiarci le opinioni personali, che ne diresti
di duellare? Scusa, ma ho un po' fretta di aggiungere quella bella
bacchetta alla mia collezione.” dichiarò, alla
fine, la ragazzina,
decisa ad ignorare i suoi turbamenti personali.
Per
tutta risposta, l'avversario si mise in posa.
“Ehi,
Gal. Se non sbaglio, con la tua spada sei capace di deviare gli
incantesimi, no? Fammi solo un cenno con la testa.”
sussurrò
Delphini e il compagno annuì.
“Ottimo,
allora usala per proteggermi quando l'amico di quel tipo tenta di
lanciarmi un attacco a sorpresa. Mi raccomando, non perderlo di
vista. Sappi che se non proteggi, ti concio per le feste.”
Gal
rimase sorpreso da quelle parole.
Quello
doveva essere il linguaggio che la ragazzina usava per chiedere una
mano...
Nel
frattempo, Delphini si mise a sua volta in posa.
Non
l'aveva ancora l'esperienza per un combattimento contro due
avversari, una delle abilità di sua madre, ma sapeva che
l'altro non
se ne sarebbe rimasto immobile a guardare il combattimento.
Appena
ne avesse avuta l'occasione, l'avrebbe attaccata, per cui, avrebbe
usato il babbeo come scudo, anche se, per sicurezza, l'avrebbe tenuto
d'occhio per evitare inconvenienti tipo un colpo mancato o un fuoco
amico.
Proprio
in quel momento, Zubin le lanciò un attacco e Delphini,
prontamente,
urlò: “Protego!”
L'incantesimo
si schiantò sulla barriera magica generata dalla ragazzina
con
incredibile potenza.
Se
non fosse così abile con gli incantesimi e se non avesse
posseduto
un'energia magica così potente, la barriera non avrebbe
retto e
sarebbe morta.
In
fondo, c'erano dei vantaggi ad essere la figlia di Bellatrix
Lestrange... anche se gli svantaggi erano molto più numerosi
e con
un impatto di gran lunga maggiore.
Si
voltò e notò che Gal la osservava senza parole.
Di
certo non si aspettava che la sua barriera avrebbe retto ad un colpo
così violento.
Era
una bella fortuna che l'avesse zittito con Silencio... si sarebbe
evitata per un po' domande molto scomode...
Proprio
in quel momento, notò che Woodrow stava puntando la
bacchetta contro
di loro e, con un rapido movimento delle mani, Delphini
lanciò un
secondo Protego, evitando così l'attacco.
“Razza
di fesso, ti avevo ordinato di tenerlo d'occhio!”
sbottò la
ragazzina “Vedi di renderti utile con quello spiedo, invece
di
startene lì impalato come una carpa!”
Lievemente
offeso, Gal si mise in posizione di combattimento con la spada.
Immediatamente,
lo scontro incominciò: mentre Delphini e Zubin si
combattevano a
colpi d'incantesimi, Woodrow cercava di aiutare il compagno,
lanciando delle fatture che venivano, tutte le volte, parate da Gal
con la sua spada.
“Però,
non male... si vede che ti sei esercitato molto con la spada... sei
molto migliorato dall'ultima volta.” ammise, impressionato,
Woodrow, mentre Gal annuiva, fiero di sé stesso.
Tutti
quei capitomboli e quei pasticci che aveva avuto durante quei mesi di
allenamento, era serviti a qualcosa a quanto pare...
“Rimani
concentrato, idiota! Sta solo cercando di distrarti per poi
attaccarti!” lo avvertì, proprio in quel momento,
Delphini, subito
dopo aver lanciato un Flipendo a Zubin.
Il
Grifondoro fece una faccia seccata.
Ma
perché quella doveva sempre insultarlo?
Sembrava
che fosse arrabbiata col mondo intero...
Proprio
in quel momento, Woodrow lanciò un incantesimo a Gal, il
quale,
prontamente, lo parò con la spada.
L'energia
magica di quell'incantesimo era davvero forte... stava facendo
davvero fatica a pararla...
Inconsapevolmente,
si ritrovò ad indietreggiare.
“Non
indietreggiare, stupido! Rischi di ritrovarti con le spalle al muro e
sarebbe la fine! Rimani fermo e prova a contrastarlo con la tua forza
dove sei! Mettici tutta l'energia magica che puoi e lancia quel
dannato incantesimo da un'altra parte!” gli urlò,
ancora una
volta, Delphini, mentre parava l'ennesimo attacco del nemico.
Gal
la osservò un attimo e, poi, si concentrò sulla
spada.
Delphi
aveva ragione... doveva vincere e metterci tutta l'energia magica che
poteva...
Si
mise ad urlare nella sua mente e, lentamente, cominciò a
contrastare
l'incantesimo di Woodrow.
Alla
fine, il Grifondoro riuscì a lanciarla dietro di
sé, generando
persino una grossa esplosione alle sue spalle.
Tuttavia,
Gal si mise subito ad ansimare.
Aveva
dovuto usare molta, troppa energia per quell'operazione...
L'avversario
se ne accorse e, infatti, lanciò al ragazzino un incantesimo.
Gal,
d'istinto, si voltò e cominciò a correre,
evitando per un soffio di
essere colpito dall'esplosione che si generò alle sue spalle.
Sfortunatamente,
essa fu così potente da farlo volare all'indietro, proprio
nel buco
generato dalla precedente esplosione.
Woodrow
fece un sorriso soddisfatto.
Quel
piccolo e testardo Grifondoro aveva ricevuto la lezione che
meritava... se fosse stato ancora vivo, cosa che dubitava altamente,
ci avrebbe pensato due volte prima di affrontare un mago con una
spada...
Ad
un tratto, sentì un dolore alla testa così forte,
da farlo cadere
per terra, svenuto, mentre un pezzo di marmo, cadeva di fianco a lui.
Delphini
fece un sorriso di trionfo, mentre lo osservava cadere.
Gonfio
di trionfo per la vittoria, quell'idiota aveva abbassato la guardia e
lei ne aveva approfittato subito, tirandogli un bel masso su quella
sua stupida zucca vuota.
Adesso,
aveva solo un avversario, anche se avrebbe continuato a tenerlo
d'occhio con la coda dell'occhio.
Era
sempre stata una ragazza molto diffidente... forse era per via della
sua eredità... dopotutto, essere un mago oscuro non era
certo una
passeggiata... dovevi sempre essere all'erta, non farti scoprire
dagli Auror o dal Ministero, guardarti sempre le spalle... 'Vigilanza
costante' era quello che i Mangiamorte dicevano spesso alle reclute,
anche perché, se si facevano beccare o ammazzare come degli
stupidi
oppure commettevano errori idioti, avrebbero dovuto fare i conti con
la persona meno incline a perdonare qualcuno per un errore,
soprattutto se stupido: Voldemort.
Pareva
che uccidesse o, se era di buon umore oppure il tizio poteva ancora
tornargli utile, torturasse i suoi sottoposti che mandavano tutto a
monte come dei cretini... però, non poteva negare che anche
a lei
sarebbero venuti in mente pensieri omicidi se qualcuno avesse
rovinato un suo piano a causa di un motivo stupido...
Comunque,
essere un Mangiamorte era come essere un Auror, solo che dovevi stare
ancora più in guardia e dovevi nasconderti nelle tenebre, le
care
amiche degli assassini... o, forse, la sua stessa vita era come
quella di un Mangiamorte, con la differenza che lei non aveva scelto
d'intraprendere quella vita, a differenza dei suoi genitori...
Mentre
pensava a ciò, la ragazzina lanciò un incantesimo
all'avversario,
facendolo spostare di lato.
Poteva
farcela, anzi, doveva farcela!
Non
aveva nessuno, stavolta, che la distraesse al momento critico e in
quei mesi si era allenata tantissimo nel suo rifugio segreto, come
poteva testimoniare Asmodeus... doveva essere, ormai, al livello di
uno studente di fine quarto anno.
Sì,
la vittoria sarebbe stata sua.
Alzò
la bacchetta e urlò: “Flipendo maxima!”
Ma,
proprio quando stava lanciando l'incantesimo, avvertì
qualcosa.
Una
fitta, netta e sofferente, dal suo petto, come se glielo avessero
appena lacerato con un diffindo, eppure era certa che quello non
l'avesse attaccata e il suo amico era ancora a dormire...
Sentì
come se il fiato le fosse stato mozzato di colpo e, prima che potesse
rendersi conto di cosa fosse successo, la ragazzina cadde a terra,
ansimante.
Tuttavia,
dalla bacchetta di Biancospino, uscì lo stesso il raggio
magico
dell'incantesimo che si diresse verso Zubin, ma, sfortunatamente,
esso lo mancò, anche se di poco.
Nonostante
il dolore che percepiva dentro di sé e il fatto che stesse
ansimando
pesantemente, la ragazzina non poté fare a meno d'imprecare
mentalmente.
Era
finita... se solo non avesse avuto quel dolore improvviso... dolore
che la stava lacerando dentro di sé...
Sentì
i passi di Zubin avvicinarsi sempre di più.
Era
finita... era troppo stanca e dolorante per difendersi... a meno
che...
“Non
so cosa diavolo ti è preso all'improvviso, ragazzina, e,
detto tra
noi, non voglio neanche saperlo. E' ora di sparire una volta per
tutte, piccola rompiscatole.” fece Zubin, puntandole contro
la
bacchetta, mentre da essa cominciava a generarsi una piccola luce
argentata che diventava sempre più grande.
Mentre
preparava l'attacco, il mago sgranò un attimo gli occhi.
Adesso
che la osservava più da vicino, quella ragazzina gli
sembrava
familiare...
Aveva
l'impressione di aver già visto quel viso da qualche
parte... ma era
difficile capire dove, a causa dell'assurdo colore di quei capelli...
anche la forma degli occhi gli sembrava familiare, così come
quello
sguardo pieno d'odio e di furore selvaggio... ma, comunque, non era
poi così importante... doveva solo sistemarla una volta per
tutte...
Nello
stesso istante in cui la sfera si staccò dalla bacchetta,
Delphini
estrasse una bacchetta dall'avambraccio e, con tutta l'energia che
riusciva a raccogliere, scagliò un potente incantesimo
all'aggressore, il quale, stavolta, lo colpì in pieno petto,
facendolo rimbalzare e schiantare contro una colonna.
La
ragazzina fece un sorriso stanco ed entusiasta per la vittoria, per
poi cadere con un tonfo tra le macerie, svenuta.
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Capitolo 20 *** L'ultimo passaggio ***
Capitolo 20: L'ultimo
passaggio
“Mi
sembra di essere un bambino del luna park...”
commentò Teddy,
mentre tirava la corda a cui era legata Athena.
Dal
canto suo, la ragazzina cercava di muoversi, anche se ai due
Tassorosso sembrava che stesse nuotando nell'aria.
“Speriamo
che l'incantesimo finisca presto...” mugugnò Teddy.
Sarebbe
stato parecchio imbarazzante farsi vedere da qualcuno in quella
situazione...
“Ehm,
ragazzi... mi si è addormentato il piede
destro...” esclamò,
all'improvviso, Athena e Oliver disse: “Dovresti posarlo su
una
superficie dura. Garantisco che funziona.”
“Non
dubito, Oliver, ma... io non posso appoggiarlo...”
Con
un sospiro, Teddy cominciò a tirar giù il filo
che teneva legata la
giovane Corvonero, finché non si ritrovò davanti
alle sue spalle.
A
quel punto, gliele afferrò e la appoggiò
delicatamente per terra,
cercando di contrastare la sua leggerezza, in quanto più di
una
volta la ragazzina rischiò di risalire di nuovo.
Gli
sembrava di giocare con un palloncino...
Quando
riaprì gli occhi, si accorse subito che c'era qualcosa di
strano.
Era
ancora nei sotterranei, certo... ma non era di certo lo stesso luogo
dove aveva combattuto, ne era sicura.
Il
corridoio era tutto in ordine...
Tutto
il corpo le pizzicava in modo fastidioso, come se dentro di esso ci
fossero conficcati un migliaio di aghi, ma, almeno non provava
più
quell'assurdo dolore di prima, anche se sentiva il cuore battere ad
una tremenda velocità e il respiro affannoso...
Si
alzò e notò Gal che stava scrivendo qualcosa su
dei fogli di carta,
con accanto a sé il suo monospalla di Jeans.
Era
stato carino quello stupido a prenderlo...
Si
avvicinò, silenziosa e rapida come un serpente al giovane e
gli
toccò la spalla.
Gal
sobbalzò e si girò di scatto, per lo spavento.
Non
appena vide Delphini, fece uno sbuffo e una faccia seccata, per poi
scrivere qualcosa su un foglio di carta.
Non
appena ebbe finito, mostrò il foglio alla ragazzina, dove
c'era
scritto:
Mi hai spaventato!
“Hai
le stesse probabilità di diventare un Auror quante ne ho io
di
riuscire a sopportare Euphemia Rowle... e per la cronaca, quelle
probabilità sono pari a zero.” rispose la
ragazzina, tirando fuori
dal suo monospalla di jeans una bottiglia d'acqua e cominciando a
berla.
Notando
la faccia furibonda di Gal, Delphini rispose: “Se vuoi che le
tue
probabilità salgano di un punto, impara ad essere sempre
attento e
sul chi vive. Vigilanza costante. Pensa se al mio posto ci fosse
stato un mago oscuro! Saresti schiattato.”
Gal
rimase un attimo in silenzio, mentre la sua espressione diventava
dubbiosa.
Evidentemente,
le sue parole lo avevano fatto riflettere...
“Bah,
lascia perdere... in fondo, la pelle è tua, mica
mia.” fece la
ragazzina, mentre si rimetteva il monospalla “Senti, siamo
abbastanza lontani da quei due dementi?”
Il
Grifondoro annuì e Delphini continuò:
“Gli hai preso le
bacchette?”
Per
tutta risposta, Gal allungò una mano mostrando due legnetti.
“Ottimo,
allora non sei poi così scemo...”
commentò la Serpeverde,
perdendogliele e infilandosele nello zaino.
Quando
si voltò, notò che Gal aveva altre due bacchette
in una mano,
mentre con l'altra c'era un altro foglio con su scritto:
Scusa, quale di queste è tua?
“Entrambe.”
rispose Delphini e, notando la confusione di Gal, spiegò:
“Quella
nera apparteneva a quel deficiente che abbiamo beccato nei miei
sotterranei. Dato che ho sconfitto il suo padrone, essa mi ha
accettata come sua nuova padrona. Per sicurezza, l'avevo nascosta nel
mio avambraccio... e ho fatto proprio bene a farlo...”
Non
appena ebbe finito di parlare, Gal scribacchiò qualcos'altro
velocemente sul foglio e poi mostrò una nuova frase: Cosa
ti è successo? Non provare a fregarmi! Quando ti ho trovata,
per un
attimo ho pensato che fossi morta! Mi sono preoccupato da matti!
Delphini
fece uno sbuffo.
Certo
che quel Grifondoro era vero e proprio impiccione... doveva essere
allo stesso livello di Mafalda Prewett...
“Ok,
non so cosa diavolo è successo!” ammise, seccata,
la ragazzina,
massaggiandosi la testa ancora un po' dolorante “Stavo
combattendo,
quando, all'improvviso, ho sentito un dolore allucinante... sembrava
che il mio corpo stesse esplodendo... ho sconfitto il mio avversario
usando la mia bacchetta nascosta e poi, sono crollata...”
Non
appena si girò, trovò Gal con una nuova frase:
Pensi che qualcuno ti abbia lanciato una maledizione?
“Non
credo. Ho studiato le maledizioni e i loro effetti... tutti i sintomi
che ho avvertito non corrispondono a nessuna di essa.”
Dovresti
andare da Madama Chips, quando abbiamo finito.
“Non
preoccuparti. Ti assicuro che sto bene... mi devo essere sforzata
troppo...”
Non
credo proprio. Quando sono rinvenuto e ti ho raggiunto, eri a dir
poco spaventosa!
“Perché,
inveivo nel sonno?”
Magari...
continuavi a tremare e a stringerti il petto, come se ti dolesse...
inoltre, ugulavi dal dolore e lacrimavi... sembrava che stessi
patendo le pene dell'inferno... quando ti ho toccato, per sincerarmi
che stessi bene, mi hai afferrato il polso e me lo hai stritolato...
quando, finalmente, ti sei calmata, ti ho portata via.
Delphini
lesse, incredula, quelle parole.
Era
davvero stata in condizioni così tremende? Non se n'era
neanche
accorta... però, in effetti, era svenuta...
“Stammi
bene a sentire, Galahad Sandlers... se ti azzardi a dire a qualcuno,
ossia Teddy e gli altri, a qualsiasi studente, ad un fantasma, ad un
adulto, Madama Chips, Gazza, Pix, tutto il servizio docenti, un
animale o persino un forno, di quello che mi è successo, ti
spacco
tutti e quattro gli arti del corpo e poi ti do in pasto alla piovra
gigante del fossato, intesi? Per nessuno intendo che l'unico a cui
potrai dirlo sarà te stesso e lo dovrai fare solo
mentalmente”
ordinò, con tono calmo, ma freddo e affilato come una lama,
Delphini, puntando l'indice verso il Grifondoro.
Il
povero Gal fece una smorfia per la paura.
Quella
era davvero spaventosa quando si arrabbiava... quando poi usava la
voce calma e fredda... faceva venire la pelle d'oca.
Grazie
a questo, riusciva ad essere un'ottima leader... probabilmente, anche
i suoi genitori erano così...
“Hai
capito? Scuoti la testa.” ordinò, con fare
autoritario e
arrogante, Delphini e, immediatamente, il giovane annuì,
terrorizzato.
Ne
era certo... uno dei suoi genitori, o peggio, entrambi, aveva un
pessimo carattere e anche parecchio autoritario... non avrebbe voluto
sfidarli per tutto l'oro del mondo... sapeva già che farlo
significava andare incontro a morte certa...
Se
Delphini era così spaventosa a undici anni, come sarebbe
stata a
diciassette?!
“Il
tempo passa, ma l'incantesimo resta...” commentò
Oliver,
osservando, pensieroso, Athena, la quale continuava a galleggiare
come un palloncino “Temi che dovremmo portarla al San
Mungo?”
“Mi
auguro di no, ma se l'incantesimo non finisce, saremo costretti a
portarla da Madama Chips...”
“So
che al San Mungo c'è un reparto per chi rimane vittima in
modo
permanente degli incantesimi...”
“Ah,
sì, ne ho sentito parlare... i genitori di un amico del mio
padrino
sono finiti lì...”
“Accidenti...
temi che Athena faccia la stessa fine?”
“Non
preoccuparti, in quella sezione ci finiscono le persone vittime
d'incantesimi difficili e pericolosi... Wingardium Leviosa è
un
incantesimo facile e innocuo, al massimo le faranno una lavanda
gastrica, così da farla ritornare coi piedi per
terra.”
“Hai
mai sentito parlare di casi simili?”
“Altroché.
Una volta, lo zio Harry ha gonfiato come un pallone la sorella di suo
zio e ha volato nel cielo notturno per delle ore, prima che il
Ministero la trovasse e la sgonfiasse, dopo averle, ovviamente,
cancellato la memoria. Vedrai che riusciremo a farla
scendere.”
“Me
lo auguro...”
I
tre proseguirono per qualche metro, finché non sentirono uno
strano
rumore dinanzi a loro.
“Cos'era?”
si domandò, preoccupato, Teddy, mentre Oliver cominciava a
tremare
per la paura.
Prendendo
per il polso l'amico, il Metamorfomagus, si nascose dietro ad una
colonna.
“Speriamo
che, di qualsiasi cosa si tratta, non noti Athena...”
sussurrò
Teddy, fecendo scendere l'amica.
Il
rumore si fece sempre più vicino e i tre trattennero il
respiro...
ma la cosa strana era che sembrava che ci fosse qualcuno che stesse
strisciando sul pavimento.
All'improvviso,
così com'era apparso, lo strisciare sparì, nello
stesso momento in
cui si sentì sbattere qualcosa.
Non
appena fu calato il silenzio, Teddy domandò, preoccupato:
“Cos'era
quel rumore? Mi ha fatto venire i brividi...”
“Non
ne ho idea... ma sembrava lo strisciare di un serpente...”
commentò
Oliver, mentre Athena, dall'alto, annuì: “Anche
secondo me... e a
giudicare dal rumore provocare, doveva essere lungo almeno cinquanta
metri.”
“Cinquanta
metri?! Ma quale serpente potrebbe essere così
grosso?!” commentò,
esterrefatto, Teddy, mentre Oliver elencava: “Beh, ce ne sono
parecchi... il Selma, il Serpente di mare, il Serpecorno e il
Basilisco.”
“Oh,
cavolo...” sussurrò Teddy, leggermente nervoso, e
Oliver domandò,
preoccupato: “Non dirmi che temi di sapere di quale creatura
si
tratta...”
“Lo
zio Harry mi ha raccontato che c'era un Basilisco in questi
sotterranei... solo Voldemort poteva controllarlo...”
“Un...
un Basilisco...? Il re dei serpenti?”
“Sì...”
“Ma
è un grado XXXXX! Le creature a quel livello sono
impossibili da
addomesticare! Come... come diavolo ha...?!”
“Pare
che quella bestiaccia obbedisse solo a lui, dato che era l'erede di
Serpeverde... se gli diceva di dormire, lo faceva e se gli ordinava
di uccidere i nati babbani, purtroppo, lo faceva...”
“Ragazzi,
se qui c'è un Basilisco, siamo nei casini, e di quelli
grossi! Se lo
guardi negli occhi, muori stecchito.”
“Impossibile,
l'ha ucciso quand'era al secondo anno e non credo che ce ne siano
altri in giro... se così fosse, Voldemort li avrebbe
già
sguinzagliati contro i nati babbani.”
“Il
solo pensiero che ci fosse una simile creatura qui... quegli animali
sono molto pericolosi e micidiali... in 'Animali fantastici e dove
trovarli' c'era scritto che non si vedevano da queste parti da ben
quattrocento anni!”
“Infatti
lo zio Harry ha scritto nella sua edizione
'Lo dici tu...'”
Il
gruppo, istintivamente, scoppiò a ridere forte.
La
risata rimbombò nel freddo e spettrale sotterraneo, come una
cascata
di acqua calda.
Non
appena ebbero finito di ridere, Oliver disse: “Su, forza,
proseguiamo. Qualunque fosse, se n'è andata... e noi
dobbiamo
ritrovare due dispersi.”
“Sì,
ottima idea.” annuì Teddy.
I
tre ragazzini ripresero il cammino e, ad un tratto, Oliver
notò uno
strano oggetto per terra che brillava.
Si
avvicinò e lo prese: si tratta di una squama verde molto
lucente.
“Qualche
problema, Oliver?” domandò, dall'alto, Athena e il
ragazzino,
mettendosi in tasca furtivamente la squama, affermò:
“No, niente.”
Mentre
si allontanava, tuttavia, il giovane Tassorosso si voltò
un'ultima
volta a guardare dietro di sé.
“Ho
detto di no, non insistere!” sbottò, seccata,
Delphini, mentre Gal
continuava a saltellarle intorno, mostrandole un foglio con su
scribacchiato qualcosa.
Non
doveva dargli nemmeno un'occhiata per sapere che quel babbeo la stava
implorando di fermarsi per poter dormire un attimo...
Come
poteva pensare di riuscire a trovare un tesoro o, almeno, i suoi
compagni se pensava a dormire, col rischio di farsi beccare da dei
delinquenti?
Quello
lì era proprio scemo.
La
prossima volta, avrebbe fatto di tutto per restare con Athena o Teddy
oppure Oliver...
Quest'ultimi
erano Tassorosso, ma almeno erano molto più utili di quel
cretino di
Gal, il quale, invece, era di Grifondoro.
Non
appena si voltò, notò che quello scemo si era
appoggiato ad una
colonna e se stava ronfando della grossa.
“Le
ultime parole famose...” sbuffò la ragazzina,
tornando indietro e
afferrandolo per una gamba e cominciando a trascinarlo, sperando che
si risvegliasse.
Sfortunatamente,
a giudicare da quanto apriva la bocca, anche se, fortunatamente, non
si sentiva nessun suono, doveva avere il sonno bello pesante.
Mentre
lo trascinava, si appuntò nella mente un promemoria: niente
Grifondoro come alleato, la prossima volta.
Il
primo che si fosse azzardato a blaterare che i Tassorosso erano
inutili e mollaccioni, lo avrebbe trasformato in un vermicolo!
Molto
meglio avere al proprio fianco un Tassorosso che un cretino come Gal.
Dopo
un po', si fermò e, dopo aver lasciato la gamba al compagno,
si
sedette per terra e tirò fuori dal monospalla una
bottiglietta di
plastica da cui cominciò a bere avidamente.
Ad
un tratto, sentì un fruscio davanti a sé.
Alzò
lo sguardo e, per poco, non fece cadere per terra la bottiglia.
Nella
penombra, seduto sul pavimento e con le braccia che circondavano le
gambe, c'era un bambino.
La
stava osservando in silenzio, come se stesse studiando lei e il suo
compagno che, proprio in quel momento, dormiva dalla grossa.
Anche
la giovane Serpeverde rimase in silenzio ad osservarlo.
Lei
era fatta così: non parlava mai per prima, dovevano essere
gli altri
a fare il primo passo.
Così
non avrebbe fatto la figura della stupida o si sarebbe tradita in
qualunque modo, soprattutto se ridicolo.
Alla
fine, il ragazzino si alzò in piedi ed uscì dalla
penombra.
Delphini
sgranò gli occhi di fronte a ciò che vide.
Il
ragazzino doveva essere un suo coetaneo e indossava delle strane
vesti verdi, il cui modello era identico a quello indossato durante
un film sul Medioevo che aveva visto due anni prima.
Notò
che i suoi capelli neri erano piuttosto lunghi, dato che gli
arrivavano alle spalle, e che erano legati alle estremità da
dello
spago.
Tuttavia,
la cosa più strana ed inquietante di quello strano ragazzino
erano
gli occhi neri: sembravano spenti e cinici, come se avessero visto
tutto l’orrore del mondo ed erano anche pronti a raccontarlo.
Inoltre,
sotto di essi c’erano delle profonde occhiaie che, assieme
alla
pelle pallida, davano un effetto inquietante, come se quello davanti
a sé fosse un vampiro e non un bambino normale.
Il
misterioso ragazzino la fissò un attimo in silenzio, per poi
allontanarsi nel corridoio.
Senza
perdere altro tempo, Delphini si mise il monospalla e, trascinando il
bel addormentato di Grifondoro, si mise a seguirlo.
Non
riusciva a spiegarsi il perché… ma sapeva che di
quel misterioso
ragazzino poteva fidarsi… glielo diceva il suo istinto.
Lo
seguì per qualche metro, finché non
notò che si era fermato
proprio davanti ad un muro.
Non
appena l’ebbe raggiunto, il ragazzino la guardò un
attimo, per poi
spingere il muro, il quale, sorprendentemente, si spostò,
mostrando
un altro passaggio.
Poi,
senza nemmeno aprire bocca, l’undicenne proseguì
il suo cammino.
Immediatamente,
Delphini prese la bacchetta e dopo aver invocato Lumos,
proseguì il
cammino, ovviamente portandosi dietro la zavorra ancora nel mondo dei
sogni.
La
giovane Serpeverde fece uno sbuffo, seccata.
Gal
era proprio una palla al piede… non vedeva l’ora
di ribeccare gli
altri tre, in modo da scaricargli la paccottiglia.
Non
appena si voltò, la ragazzina si rese conto, con sgomento,
che il
bambino davanti a sé era scomparso.
Com’era
possibile?!
Eppure
era proprio davanti a sé, ne era sicura!
Ad
un tratto, notò che il corridoio finiva davanti ad un grosso
muro di
mattoni.
Subito,
si diresse verso il muro e, senza perdere altro tempo, lo spinse.
Inaspettatamente,
il muro si scontrò contro qualcosa e si sentì un
“Ahia!”
Sorpresa,
Delphini si sporse e vide Oliver che si massaggiava il naso,
accompagnato da Teddy.
“Toh,
eccovi qui.” fece la ragazzina
“Dov’è Athena?”
Per
tutta risposta, il Tassorosso coi capelli blu indicò sopra
di sé.
La
Serpeverde seguì il suo sguardo e vide, incredula, la
ragazzina con
gli occhiali che levitava come un palloncino e che la salutava
allegramente con la mano.
“Ha
lanciato Wingardium Leviosa su di sé e questo è
il risultato.”
spiegò Teddy, senza nemmeno aspettare una domanda.
Delphini
si limitò ad alzare ancora una volta la testa, per poi
commentare:
“Beh, almeno non è sola…”
“In
che senso?” domandò Oliver e la Serpeverde
spiegò: “Diciamo che
anche Gal è caduto vittima di un
incantesimo…”
“Quello
del sonno stregato?”
“No,
questo scemo si è addormentato di sua spontanea
volontà. Diciamo
che per un po’ non potremo solo sentire la sua
voce…”
Proprio
in quel momento, il rosso si alzò e si stropicciò
gli occhi,
massaggiandosi la gola.
“Toh,
il bel addormentato si è finalmente svegliato.”
commentò la
ragazzina coi capelli argentati, mentre il coetaneo si guardava
intorno, confuso.
Dopo
un po’ alzò la mano col calzino e
cominciò ad aprirla e chiudere
velocemente.
“Cosa
diavolo sta facendo?” domandò, incredulo, Teddy,
mentre Delphini
rispondeva, mettendosi le mani dietro alla testa: “Non ne ho
idea.
Ho smesso di capire che cosa gli passa per la testa dal primo
Settembre. Penso che voglia diventare un
ventriloquo…”
Intuendo
che nemmeno gli altri lo capivano, Gal prese un foglio pieno zeppo di
lettere e scrisse:
Come butta, ragazzi? Scusate, sono un po’ muto…
“Noi
stiamo bene… e tu? Stai bene?” domandò,
preoccupato, Oliver e,
per tutta risposta, il Grifondoro, col suo solito sorriso,
annuì a
tutta velocità.
“Ottimo.
L’importante è che tu stia bene. La voce
tornerà… spero…”
annuì, leggermente preoccupato, Oliver.
Dopotutto,
gli incantesimi potevano essere parecchio pericolosi se non si faceva
attenzione… peccato che molte persone pensavano che fosse
una
materia facile e inutile… cosa che portava ad innumerevoli
incidenti, la maggior parte dei quali letali e permanenti.
Mentre
gli altri discutevano, Athena si mise ad osservare e a studiare il
corridoio sotto di lei.
Dopotutto,
cambiando punto di vista, si poteva vedere e notare cose che, magari,
non si notava o capire…
Ad
un tratto, notò che un lato del corridoio era stranamente
buio,
nonostante il resto era pieno di lanterne.
Aguzzò
la vista e le sembrò di vedere una scala a pioli di legno.
“Ehi,
forse ho trovato qualcosa!” esclamò, incredula, la
Corvonero e,
immediatamente, tutti alzarono lo sguardo.
Non
appena Gal la vide, aprì la bocca sbigottito.
“Ti
sei accorto solo adesso che sta levitando come un palloncino? Sei
proprio un merlo.” gli rispose Delphini e Gal le fece subito
una
risentita linguaccia.
“Cosa
hai notato Athena?” domandò, incuriosito Teddy,
controllando che
Delphini e Gal non si scannassero a vicenda, e la Corvonero rispose:
“Beh, quell’angolo lì è
stranamente buio…”
Prima
che Athena potesse finire la frase, Delphini puntò la
bacchetta
verso l’angolo e disse: “Lumos.”
Subito,
dalla bacchetta apparve una luce argentata che rivelò una
grossa
scala di legno a pioli.
“Chi
sale?” domandò Delphini e, subito, Gal
alzò la mano, muovendola a
tutta velocità.
“Ah,
avrei dovuto immaginarlo…” commentò la
Serpeverde, indicando col
pollice la scala, in modo che capisse che dovesse salire.
Il
rosso non si fece pregare e si mise a correre a tutta
velocità sulla
scala.
“Che
idiota…” sbuffò Delphini, cominciando a
salire le scale,
seguendo il coetaneo, seguita a ruota, anche se più
lentamente e
nervosamente.
Prima
di salire, Teddy alzò lo sguardo verso Athena e le
domandò: “Non
ti crea alcun problema se ti lascio andare?”
“Nessuno.
Anzi, sono proprio curiosa di vedere se arrivo prima io o
Gal.”
“D’accordo…”
Non
appena ebbe finito di parlare, Teddy lasciò andare il filo
che
teneva legata Athena che cominciò a salire sempre di
più.
Ad
un tratto, notò che aveva raggiunto Oliver, il quale era
rosso in
viso e col fiatone, e, d’istinto, lo salutò:
“Ehilà, Oliver.”
La
reazione del Tassorosso fu un rauco urlo di terrore, dovuto allo
sforzo fisico.
Evidentemente,
era molto nervoso e sul chi vive…
“Scusa!”
fece, immediatamente, la Corvonero, nonostante continuasse a salire
sempre più in alto, superando persino Delphini, la quale,
per tutta
risposta, si fermò a guardarla salire.
Finalmente,
la giovane Corvonero si scontrò, anche se non
provò alcun dolore,
col soffitto, nello stesso momento in cui Gal arrivò alla
fine della
scalinata, dove c’era una robusta porta di legno, il quale,
subito,
la prese per il filo.
Pochi
minuti dopo, arrivò Delphini che chiese: “Quella
porta è
bloccata?”
“Sì.
Gal sta provando a lanciarle un incantesimo, ma gli incantesimi non
verbali sono molto difficili…” spiegò
Athena, indicando il
Grifondoro, il quale nel frattempo stava puntando la bacchetta
contro la porta, inutilmente.
“Guarda
che occorre avere una grande energia magica per fare una cosa del
genere, bello. Tu sei solo uno studente del primo anno, ma apprezzo
il fatto che tu stia cercando di lanciare un incantesimo non verbale.
Se ti alleni, forse, riuscirai a farne qualcuno l’anno
prossimo.”
gli disse la giovane e Gal la guardò, allibito.
Quell’antipatica
musona gli aveva appena dato un consiglio e fatto un complimento?!
Stava
ancora sognando?!
Approfittando
dello sgomento del compagno, Delphini lo superò e, puntando
la
bacchetta alla porta, dicendo: “Alohomora.”
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Capitolo 21 *** La stanza segreta ***
Capitolo 21: La stanza segreta
Dalla
toppa della porta di legno apparve un raggio luminoso e, qualche
secondo dopo, essa, con uno stridio, si aprì lentamente.
Davanti
alla soglia apparvero cinque ragazzini, una dei quali stava
levitando ed era tenuta con una corda da un tipo coi capelli rossi e
un assurdo e vecchio casco di pelle.
Davanti
a tutti, c’era una ragazzina coi capelli argentati e qualche
ciocca
blu, la quale stava puntando la bacchetta luminosa davanti a
sé.
“Non
c’è nessuno. E a giudicare da
com’è ridotto questo posto, non
ci viene più nessuno da un bel pezzo.” disse, con
fare sicuro e
arrogante, Delphini, entrando nella stanza, seguita da Gal, il quale
tirò la corda che teneva legato il piede di Athena, ma la
fece
sbattere contro la porta.
Sentendo
il rumore, il ragazzino si voltò e mosse le labbra.
“Credo
che si stia scusando…” fece Oliver e, subito, Gal
annuì a tutta
velocità, come per confermare quelle parole.
“Scuse
accettate.” lo rassicurò la Corvonero,
massaggiandosi la fronte.
Quanto
avrebbe voluto che l’incantesimo finisse…
Nel
frattempo, Delphini si stava guardando intorno.
Quella
stanza era piuttosto spartana: c’era solo un piccolo letto di
legno
che sembrava parecchio duro e scomodo, oltre ad un bel metro di
polvere.
Proprio
in quel momento, Oliver cominciò a starnutire.
“Tutto
ok?” gli domandò, preoccupato, Teddy e il compagno
rispose: “Sto
bene, sto bene… sono solo allergico agli
acari…”
Notando
la faccia perplessa di Gal, Athena spiegò:
“Intende la polvere.”
“Già,
inoltre sono anche asmatico…” aggiunse Oliver con
le lacrime agli
occhi, mentre Teddy gli passava un fazzoletto, commentando:
“Ecco
perché quando facciamo volo o altre attività
fisiche diventi rosso
e hai il fiatone…”
“Sì…
datemi solo un minuto…” ansimò il
giovane, mentre appoggiava sul
pavimento la sua borsa, tirando fuori da una tasca uno sacchetto blu
da cui tirò fuori un piccolo spruzzatore blu e un oggetto
che montò
con calma ed esperienza, come se lo facesse tutti i giorni.
Non
appena l’ebbe montato se lo mise in bocca e
cominciò a schiacciare
il pulsante dello spruzzatore, per poi inspirare e respirare, prima
affannosamente, poi normalmente.
Dopo
un po’, il Tassorosso si tolse lo strano oggetto dalla bocca
e
disse: “Ecco fatto. Sono a posto.”
“Dev’essere
dura essere asmatico…” lo rincuorò
Teddy mentre Oliver
commentava, prima di soffiarsi il naso: “Ormai ci sono
abituato.”
Mentre
Oliver parlava, Delphini si sdraiò sul letto.
Oltre
ad essere pieno di polvere, era anche parecchio scomodo.
Solo
un matto poteva dormire su di esso…
Chiuse
un attimo gli occhi, provando a vedere se con gli occhi chiusi era
possibile tollerarlo e, ad un tratto, vide nella sua mente un uomo
seduto sul letto, avvolto dalla tenebre, le cui braccia incrociate
erano sopra alle gambe unite, mentre la testa era appoggiata su di
esse, impedendole di vedergli la faccia.
Tutto
quello che riusciva a vedere erano lunghissimi capelli scuri che
arrivavano al letto e un grosso serpente addormentato di fianco alla
misteriosa figura, le cui scaglie verdi brillavano alla luce della
luna piena che appariva dalla finestra.
Vedendo
quella scena, Delphini aprì gli occhi di scatto e si diresse
verso
la parete dietro al letto.
Con
noncuranza, appoggiò entrambe le mani sulle pareti e, come
per
magia, essa si spostarono, rivelando un immenso cielo stellato con la
luna crescente che sembrava una falce argentata, mentre il vento
notturno entrava nella stanza, facendo venire i brividi a tutti i
presenti.
“Finalmente
un po’ d’aria fresca… questo posto
odorava di chiuso in un
modo…” commentò Teddy.
In
quello stesso istante, Gal si voltò di scatto, come se
avesse
sentito uno strano rumore e, senza nemmeno accorgersene,
lasciò
andare la corda a cui era legata Athena che cominciò a
volare in
direzione della finestra.
Prima
che potesse uscire da essa, Delphini l’afferrò
prontamente per la
corda e, voltandosi per guardare il rosso, sbottò:
“Gal, se tieni
il nostro uccellino, facci il favore di tenerlo d’occhio
finché
non troveremo un metodo per farle ritornare funzionante la forza di
gravità, altrimenti si ritroverà a volare come un
aquilone per
tutto il perimetro del castello, facendoci beccare da Gazza, dalla
McGranitt e da tutto il corpo docenti!”
Per
tutta risposta, Gal le fece una seccata linguaccia.
Intanto,
Oliver mise nello zaino il suo strumento per riuscire a respirare,
ma, proprio quanto stava per chiudere la cerniera, notò una
strana e
piccola sagoma sotto il letto.
Incuriosito,
il Tassorosso avvicinò la bacchetta e sussurrò:
“Lumos.”
Non
appena la luce ebbe mostrato lo strano oggetto, Oliver
sbiancò e
urlò per lo spavento, alzandosi di scatto, sbattendo la
testa sul
duro letto di legno.
Sentendolo,
tutti si voltarono e Teddy, preoccupato, domandò:
“Cosa succede,
Oliver? Cosa ti ha spaventato?”
Pallido
come un lenzuolo, Oliver indicò il letto e subito Gal
andò a dare
un’occhiata.
Pochi
secondi dopo, apparve con in mano una bambola d’argilla con
quelli
che parevano abiti maschili, tuttavia era parecchio inquietante:
aveva il viso completamente bruciato, come se il proprietario si
fosse divertito a metterglielo sul fuoco, nel punto dove erano stati
disegnati gli occhi erano stati conficcati ben cinque aghi e
mancavano il braccio destro e la gamba sinistra, come se fossero
stati strappati in maniera brutale.
“Accidenti…
è davvero spaventosa…”
commentò Teddy, prendendola dalla mano
di Gal per guardarla più da vicino, e anche Athena
annuì: “Chiunque
sia stato a fare ciò, doveva proprio odiarla…
forse gli ricordava
cose spiacevoli…”
“Oppure
la malediva con la speranza che succedesse ciò che pensava
al
diretto interessato. Un po’ con le bambole vudu.”
s’intromise
Delphini e Oliver protestò: “Ma è
mostruoso! Sperare che
succedono cose brutte ad una persona… senza contare che io
non amo
quelle cose vudu…”
“Perché
si parla di resuscitare i cadaveri?”
“Esatto…
a me fanno venire i brividi tutto ciò che ha a che fare coi
cadaveri
e con una loro possibile resurrezione… coi corpi putrefatti
e con
quel loro sguardo assente e bestiale… mi fa venire la pelle
d’oca…
spero di non aver mai a che fare con degli Inferi…”
“Buffo…
hai paura dei morti viventi e vivi in un castello pieno di
fantasmi…”
commentò, ridacchiando, Delphini e Oliver, arrossendo, si
difese:
“E’ diverso! I fantasmi hanno semplicemente scelto
di non morire…
inoltre, non spaventano nessuno e sono simpatici!”
Ad
essere sincero a mille, aveva avuto un po’ di paura quando
aveva
sentito che ad Hogwarts c’erano dei fantasmi, in quanto nei
film
babbani dell’orrore che vedeva sempre suo zio Lapo, questi spaventavano sempre a morte tutti, ma,
fortunatamente, quando era arrivato ad Hogwarts aveva scoperto grazie
al Frate Grasso, il fantasma della sua Casa, che erano molto gentili e
non spaventavano nessuno… pertanto, adesso non ne aveva
più paura.
“Se
non ricordo male, il mio padrino ne ha affrontati un centinaio
quand’era al sesto anno…”
s’intromise, sovrappensiero, Teddy
e Oliver commentò, terrorizzato: “Ha…
ha affrontato… degli
Inferi?!”
“Sì,
ma è stato costretto a farlo… erano la protezione
di un Horcrux di
Voldemort… apparivano quando qualcuno cercava di bere da un
lago,
se non sbaglio...”
Immediatamente,
Athena, Gal e Oliver ebbero una smorfia di terrore, Athena e Gal
perché Teddy aveva pronunciato il suo nome, mentre Oliver
immaginava
quei corpi rianimati dalla magia uscire dall’acqua, pronti ad
uccidere chiunque incontrassero sul loro cammino…
Personalmente,
trovava molto più spaventosi quei cadaveri di
Colui-che-non-dev'essere-nominato, anche se il suo aspetto gli faceva
venire i brividi, con quegli occhi rossi simili a quelli di un gatto,
la pelle pallida e quel volto da serpente… almeno lui era
sempre
stato vivo, anche se in forma incorporea…
L’unica
che rimase completamente indifferente all’affermazione di
Teddy, fu
Delphini, la quale si limitò ad osservare, leggermente
interessata,
il coetaneo.
Sconfiggere
degli Inferi a sedici anni… quelle creature davano dei seri
grattacapi agli Auror di quarant’anni!
Non
si meravigliava che l’anno seguente avesse sconfitto
Voldemort…
se voleva diventare la miglior Auror della sua generazione, doveva
raggiungere il livello del grande Harry Potter… e qualcosa
le
diceva che era sulla buona strada… bastava solo non
demordere…
Dopotutto,
era una delle persone più tenaci che conosceva, per non dire
l’unica…
Voltando
lo sguardo, si accorse che Teddy la stava osservando sorpreso.
“Beh?
Cos’hai da guardare?” domandò, seccata,
la Serpeverde e il
ragazzino balbettò: “No, niente…
è solo che ho notato che tu
non hai mai paura quando qualcuno pronuncia il suo nome…
inoltre
sei una dei pochi che, assieme a me, lo pronuncia senza alcun
timore…”
“Tsk,
io non ho paura di lui. Io lo odio, molto semplicemente… lo
detesto
con tutta me stessa… quando ripenso ai suoi occhi
rossi…”
sibilò la ragazzina e Teddy notò, incredulo, che
i suoi occhi da
neri erano appena diventati rossi, proprio come quelli di Voldemort,
brillando in quella spettrale stanza abbandonata.
Quasi
subito, tuttavia, i suoi occhi ritornarono ad essere
normali… Teddy
non avrebbe mai immaginato di essere sollevato nel rivedere quegli
occhi neri…
“Parli
come se l’avessi conosciuto…” si
lasciò sfuggire Teddy, mentre
Delphini, avvicinandosi, domandò: “Chi?”
“Voldemort.
Quando parlavi di lui, mi è sembrato che lo odiassi
profondamente…
e so che nessuno odia con così tanto ardore una persona
senza averci
avuto nulla a che fare.”
“Mi
stai dicendo che tu non lo odi?”
“Ma
certo che lo odio! Ha fatto delle cose orribili ed è per
colpa della
sua malsana ideologia che mio nonno è morto… per
non parlare del
fatto che ha ucciso i genitori del mio padrino… ma quando
parlo di
lui, provo solo un’irritazione e una leggera
rabbia, perché io,
fortunatamente, non ci ho avuto a che fare, tu, invece… non
lo so,
è come se parlarne ti suscitasse orrendi ricordi…
ricordi che il
solo pensiero ti fanno rendere furiosa e aggressiva...”
Delphini
rimase in silenzio, osservando il giovane Tassorosso negli occhi.
Per
quanto potesse apparire assurdo, quello che aveva detto quel
ragazzino era vero.
Odiava
Voldemort perché i suoi primi mesi di vita erano stati a dir
poco
infernali… le poche volte che passava a vederla, erano
terrificanti…
Ricorda
perfettamente le sensazioni di paura che aveva, tutte le volte che
lui veniva nella stanza… allora era solo una neonata e non
poteva
difendersi… poteva solo piangere e urlare, con la speranza
che
qualcuno la salvasse da quell’inferno, ma non era mai
successo.
Sua
madre era sempre euforica quando lui arrivava eppure avvertiva una
nota di gelosia quando vedeva che Voldemort s’interessava a
lei…
era ossessionata da quell’uomo e il pensiero che preferisse
la
figlia a lei doveva essere insopportabile… attenzioni, tra
l’altro,
che non aveva mai voluto e che le facevano ribrezzo…
Quanto
a suo padre… lei non l’aveva mai visto.
Era
sempre via per svolgere le missioni per conto del suo signore oppure,
molto semplicemente, non gliene fregava niente di una femmina.
Aveva
letto molti libri sulla famiglia Lestrange ed era molto sessista.
Addirittura,
nel loro albero genealogico segnavano solo i componenti maschili,
escludendo quelli femminili… almeno i Black segnavano tutti
i
discendenti finché non deludevano le aspettative…
Era
anche per questo che preferiva il cognome materno a quello
paterno…
il solo pensiero di provenire da una famiglia che discriminava le
streghe solo perché donne la faceva incavolare…
lei era una donna,
ma era la migliore del suo anno!
Il
bello era che la società dei maghi era diventata
più aperta nei
confronti delle donne molto prima dei babbani, forse grazie a Rowena
Ravenclaw ed a Helga Hufflepuff… almeno in questa
discriminazione
non c’entrava Salazar Slytherin, dato che lui ce
l’aveva solo coi
babbani… chissà perché li odiava
tanto...
Comunque,
non ci si vedeva proprio rintanata in casa a far da mangiare, pulire
la casa e generare figli… lei era un tipo d’azione
e d’avventura,
senza contare che con le faccende domestiche era parecchio
negata…
“Lo
odieresti anche tu se avesse ucciso i tuoi genitori, costringendoti a
vivere con una vecchia arpia sdentata.” tagliò
corto la ragazzina,
cercando di non ricordare tutto quello che le aveva fatto passare.
Il
momento più felice della sua vita era stato quando
l’aveva mandata
via da quella casa e non l’aveva rivisto mai
più…
Prese
la bambola dalle mani di Teddy e, proprio in quel momento, vide un
uomo con lunghi capelli neri che aveva in mano proprio quella bambola
e che le stava infilando con furia gli aghi negli occhi, come se
volesse cavarle gli occhi.
Aveva
anche un’espressione di rabbia così feroce da far
venire i
brividi, mentre i capelli gli finivano negli occhi.
Evidentemente,
a lui interessava solo colpirla…
“Ehi,
tutto a posto?” domandò, leggermente preoccupato,
Oliver, ma la
ragazzina rispose, prontamente: “Sì,
sì. Certo che è davvero
brutta…”
“Io
direi più inquietante…”
Facendo
un muto sbadiglio di noia, Gal si appoggiò alla parete e,
proprio in
quel momento, la parete si spostò, rivelando
un’apertura.
“La
polizia babbana usa i cani per trovare la droga con la loro
unità
cinofila… forse gli Auror creeranno
un’unità speciale per
trovare le trappole… in quel caso, Gal, diventeresti la loro
punta
di diamante. Come trovi le trappole e i passaggi segreti tu, non ti
batte nessuno.”
Mentre
Gal faceva la solita faccia seccata e offesa, Oliver
domandò,
interessato: “Davvero ci sono cani nella pollizia?”
“Polizia,
Oliver… comunque, sì. Ci sono. Vengono usati per
trovare indizi o
persone grazie all’odore.” dichiarò
Delphini, mentre Teddy
affermava: “Ah, sì… l’ho
visto una volta in tv…”
Immediatamente,
Oliver fece una faccia emozionata e domandò: “Mi
piacerebbe un
sacco vederla… che cani usano?”
“Di
solito i pastore tedesco, ma a volte anche i Labrador e i Golden
Retriver…” fece Delphini, un po’
confusa, e il Tassorosso
esultò, euforico: “Oh, che meraviglia! Sono cani
dall’aspetto
fiero, ma sono ottimi animali, fedeli, dolci e molto
intelligenti.”
“Non
sapevo che te ne intendessi anche di creature
normali…”
“E
perché no? Sono pur sempre animali e, pertanto, meritano di
essere
studiate, conosciute, rispettate e amate.”
“Ehm,
sono contenta che tu abbia così a cuore il mondo animale, ma
forse,
e dico forse, dovremmo entrare nel passaggio che Gal è stato
così
gentile da trovare…”
Dall’altra
parte del passaggio c’era un varco che portava ad altre scale
che
salivano verso l’alto.
Ancora
una volta, il gruppo salì finché non si
trovò sotto ad una botola.
“Riesci
ad arrivare a quella botola, Athena?” domandò
Teddy e la ragazzina
annuì: “Lo faccio subito.”
Con
determinazione, la ragazzina spinse la botola e, non appena fu
aperta, il gruppo trovò uno strano corridoio di legno.
Alla
loro sinistra c’era una porta di legno, mentre a destra il
corridoio proseguiva fino ad un’altra scalinata.
“Dove
andiamo? A destra o a sinistra?” domandò Oliver e
Delphini,
prontamente, rispose: “Sinistra. Se faccio un’altra
scalinata,
perdo i piedi.”
“E
sinistra sia.”
I
cinque, con Athena che levitava ancora, si diressero verso la porta
e, lentamente, aprirono uno spiraglio per vedere cosa ci fosse
dall’altra parte.
Era
una grande stanza con una scrivania, uno strano strumento che
sembrava un telescopio e innumerevoli ritratti tutti addormentati.
“Ragazzi…
è meglio se ce ne andiamo da qui…
subito!” sussurrò,
nervosamente, Athena e Teddy le domandò:
“Perché? Dove siamo?”
“Siamo
nell’ufficio della preside!”
Immediatamente,
Gal chiuse la porta.
Fortunatamente,
sembrava che i quadri stessero continuando a dormire, anche se gli
parve che un tizio con gli occhiali a mezzaluna e la lunga barba
bianca avesse aperto un occhio nella sua direzione…
“Quindi
che si fa?” domandò Oliver e Delphini rispose,
prontamente: “Si
va dall’altra parte, no?”
“Ancora
scale…”
Il
gruppo raggiunse la scalinata e, dopo poco, si trovò davanti
ad
un’altra porta.
“Quanto
scommettete che dall’altra parte ci sono ancora
scale?” scherzò
Teddy e Delphini rispose, scocciata: “Tua nonna o il tuo
padrino
non ti hanno mai detto che non si scommette?”
“Ma
se non si sfida la sorte qualche volta nella vita,
dov’è il
divertimento?”
“Tu
sei tutto matto.” concluse Delphini, puntando la bacchetta
contro
la toppa della serratura e dicendo un semplice, ma chiaro:
“Alohomora.”
Per
un attimo, la serratura sussultò, ma poi, con un cigolio, si
aprì
lentamente e i cinque entrarono al suo interno.
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Capitolo 22 *** Il segreto della torre ***
Capitolo 22: Il segreto della
torre
La
prima cosa che tutti notarono fu che non c’erano altre scale.
Era
una stanza il cui pavimento era di forma quadrata ed era decorato con
piastrelle rosse, giallo, blu e verdi, come una sorta di mosaico
pavimentale, mentre sul soffitto c’erano vari affreschi, ma,
al
centro del soffitto c’era lo stemma e il motto di Hogwarts.
“Ah,
quanto mi piacerebbe avere una macchina fotografica… Morgana
impazzirebbe per questi capolavori artistici… dopotutto,
questo
luogo dev’essere un importante punto della storia della
scuola…
ricordatemi di aggiornare la mia copia di ‘Storia di
Hogwarts’…”
commentò Athena, mentre Delphini le ricordava:
“Non scomodarti,
quell’edizione è vecchia come Bathilda Bath. Si
sono dimenticati
di confermare dell’esistenza della Camera dei Segreti e di
aggiungere la battaglia di Hogwarts. Più arretrata di
così…”
Mentre
le due ragazzine parlavano, Teddy notò al centro della sala
un
tavolo con su un grosso libro rilegato in spessa pelle di drago
aperto e una penna nera con riflessi verdastri collocata dentro ad un
calamaio argentato.
Anche
se pareva assurdo, sentiva una grande quantità
d’energia magica
proveniente da esso.
Comunque,
non sembrava di origine malvagia… anzi, sentiva una grande
forza
positiva su quel tavolo… una forza che non li avrebbe mai
aggrediti...
Proprio
in quel momento, tra lo stupore generale, la penna si
sollevò dal
calamaio e si avvicinò al libro, ma, inaspettatamente,
quello si
chiuse violentemente, facendo sobbalzare il gruppo.
Mestamente,
la penna ritornò al suo posto.
“Avete
visto quello che ho visto anch’io?”
domandò, esterrefatto,
Oliver, mentre Teddy annuiva: “Sì… se
non l’avessi visto non
ci avrei mai creduto…”
“Non
ho mai visto una magia di questo genere… sembra molto
potente e
antica… chiunque l’abbia lanciato doveva essere
parecchio
potente… forse persino più di Albus
Silente…” sussurrò,
incredula, Athena.
Persino
Delphini dovette ammettere che c’era qualcosa di affascinate
in
quello che aveva appena visto… qualcosa di unico e
magico…
In
quello stesso istante, la penna si librò nuovamente, ma,
ancora una
volta, il libro si chiuse, con lo stesso tono di prima.
Quel
libro ha proprio un brutto carattere… ti assomiglia un
po’,
Delphi. Scrisse
Gal sul
suo quaderno e la ragazzina, una volta letto il testo, rise
sarcasticamente, mentre gli lanciava un’occhiataccia:
“Ah ah ah.”
Proprio
in quel momento, la piuma si librò di nuovo e il libro,
inaspettatamente, non si chiuse, ma lasciò che essa si
avvicinasse
ad una pagina e scrivesse qualcosa, per poi tornare al calamaio,
anche se Athena ebbe l’impressione che essa fosse
segretamente
soddisfatta di averla avuta vinta sul libro.
I
cinque si guardarono negli occhi, sgranati.
“Secondo
te che cosa ci ha scritto?” domandò, preoccupato,
Oliver, mentre
Teddy si avvicinava, dicendo: “Controllo subito.”
Non
appena diede un’occhiata al nome, sgranò gli
occhi, senza parole.
“Che
succede, Teddy? E’ una minaccia di morte?”
domandò, preoccupato,
Oliver, ma Teddy lo rassicurò, seppure un po’
interdetto: “No, è
solo che… ha scritto un nome…”
“E
che nome è?” domandò Delphini e il
Tassorosso sussurrò: “E’
quello... del figlio
primogenito del mio padrino…”
“Eh?!?!”
fecero, in contemporanea, Gal, Oliver e Athena, con facce che
rendevano visibile lo sgomento del gruppo.
Persino
Delphini, la più scettica e la meno propensa a restare
incredula,
sgranò gli occhi dallo stupore e commentò:
“Questa poi…”
“Sei
sicuro di quello che dici?” domandò Athena e,
subito, Teddy,
indicando il volume, disse: “Ve lo giuro! Venite a vedere se
non mi
credete!”
I
quattro non si fecero pregare e si avvicinarono a dare
un’occhiata.
Scritto
con un inchiostro di un colore argenteo, così acceso da
sembrare
brillare, c’era scritto, con una calligrafia elegante e
precisa:
James
Sirius Potter
“Pazzesco…”
commentò Oliver, osservando la scritta, e, ad un tratto,
Athena
esclamò, senza parole: “Ma…
c’è anche il nome di mia
sorella!”
“Dove?”
le domandò Teddy, facendola scendere e la ragazzina, una
volta che
fu ad un’altezza ragionevole, disse, avvicinando il dito alla
scritta: “Proprio qui…”
Non
appena toccò con l’indice il nome, il libro
s’illuminò di una
luce brillante, costringendo tutti i presenti a chiudere gli occhi,
mentre da esso usciva un raggio di luce.
Non
appena tutti riaprirono gli occhi, videro una ragazzina di sei anni
coi capelli neri raccolti in due codini che stava rincorrendo un
gatto.
“Ma
quella… è Morgana!” esclamò,
sconvolta, Athena, guardando la
figura che appariva in quel ologramma magico.
“Quella
è tua sorella?” sussurrò, incredulo,
Teddy e la giovane annuì:
“Sì… è quello è
il gatto della signora che vive vicino alla
scuola dove io e Morgana andavamo…”
Proprio
in quel momento, il gatto attraversò la strada e la
ragazzina lo
seguì, non accorgendosi di una macchina che le si stava
avvicinando
a tutta velocità.
Quando
Morgana se ne accorse, era troppo tardi.
Spaventata,
si coprì la faccia con le braccia e chiuse gli occhi,
aspettando
l’urto.
In
quello stesso istante, dalla piccola figura spaventata, uscì
quello
che sembrava del fumo di una candela e colpì il cofano
dell’automobile, facendola frenare di scatto.
“Non
è possibile…” sussurrò,
incredula, Athena e Oliver le domandò:
“Cosa succede?”
“Questo…
è l’incidente che è avvenuto
l’anno scorso a scuola! Durante la
ricreazione, Morgana si era messa a inseguire il gatto della signora
Smith che, come al solito, si era rintanato nel cortile e ha
rischiato di essere investita da una macchina! La macchina le si
fermò di colpo davanti, nonostante funzionasse
perfettamente…
nessuno riuscì a capire cosa fosse
successo…”
“Beh,
adesso lo sappiamo… le è uscito quello strano
vapore dal corpo e a
fermato la macchina…” commentò Oliver e
Teddy commentò:
“Sapete, questa storia interesserebbe molto lo zio
Harry…”
Non
appena ebbe finito di parlare, il libro s’illuminò
di nuovo e,
dopo aver fatto muovere le pagine del libro, l’immagine di
Morgana
scomparve, facendo apparire, al suo posto, un ragazzino smilzo e
mingherlino coi capelli neri sparati da tutti le parti e con degli
occhiali tenuti su con dello scotch.
Stava
correndo e, a giudicare dall’espressione del viso, doveva
essere
terrorizzato.
“Lo
zio Harry?!” esclamò, senza parole, Teddy e,
stavolta, fu Athena a
domandare: “Quello sarebbe il tuo padrino?”
“Sì,
è lui… ho visto qualche sua foto di quando aveva
la mia età…
anche se qui sembra più piccolo…”
“Mi
domando da cosa stia scappando… dalla sua espressione sembra
terrorizzato…” si domandò Oliver e,
proprio in quel momento,
comparvero un gruppo di coetanei e, davanti a tutti, c’era un
ragazzino obeso coi capelli biondi e vestiti ben curati e appena
comprati, l’esatto opposto di quelli di Harry che erano molto
più
sciupati e vecchi, oltre che essere molto più larghi.
“Quel
ciccione mi sembra più un maiale con una parrucca che un
moccioso…
gli manca solo la coda...” commentò Delphini,
dando un’occhiata
al grassone.
Doveva
essere il capo… lo capiva perché stava davanti a
tutti e gli altri
non si azzardavano a parlare, inoltre indossava capi che,
all’epoca,
erano all’ultima moda… ciò indicava che
non solo i suoi erano
ricchi, ma che spendevano un mucchio di quattrini per lui e i
mocciosi che desideravano diventare qualcuno, d’istinto si
univano
a quelli più ricchi, per ottenere protezione e belle
cose…
dopotutto, nella sua vita aveva avuto a che fare con bande di questo
tipo… già alle elementari si formavano i
gruppetti… voleva
proprio sapere chi era così stupido da credere che i bambini
fossero
delle creature pure di cuore e non degli approfittatori, come quel
poeta romantico, William Blake… fortuna che esisteva
qualcuno che
non era così ingenuo, come William Golding.
Bastava
leggere ‘Il signore delle mosche’ per capire che la
pensavano
alla stessa maniera.
Ad
un tratto, il ragazzino obeso notò il padrino di Teddy e,
indicandolo, incitò gli altri ad inseguirlo.
Il
giovane Harry continuò a correre, spaventato,
finché non notò dei
bidoni della spazzatura e saltò verso di essi.
Mentre
saltava, dal suo corpo si sprigionò lo stesso vapore che
aveva
avvolto il corpo di Morgana poco prima dell’incidente e
scomparve
nel nulla.
“Dov’è
finito?” domandò, istintivamente, Teddy,
probabilmente ripetendo
le parole che il gruppo di bulli, il quale si guardava intorno
incredulo, stava pensando.
“Comignolo.”
dichiarò, in quel preciso istante, Delphini, col suo solito
tono
saccente e arrogante, e Teddy, guardandola stupito
“Comignolo? Ma
quale comignolo? Ad Hogwarts non ci sono comignoli.”
“Ma
nelle scuole babbane sì.”
“E
questo cosa c’entra adesso?”
“Guarda
lassù e lo capirai.”
Teddy
guardò nel punto indicato dalla Serpeverde e
sgranò gli occhi,
senza parole.
Sul
tetto di quell’edificio, effettivamente, c’era un
comignolo e,
seduto su di esso, con un’espressione stranita,
c’era proprio
Harry, mentre i piccioni sul tetto lo fissavano stupiti o volavano
via terrorizzati.
“Piuttosto
esagerato il tuo padrino… doveva solo sfuggire a dei bulli
grossi e
stupidi, non finire sul tetto…”
commentò Delphini osservando la
scena, mentre Teddy commentava, sconvolto: “Cosa potrebbe
significare tutta questa storia? Come fa questo libro a sapere tutto
ciò?!”
“Significa
che questo libro è uno stalker. Forse non lo sa, ma nel
mondo dei
babbani è un reato penale…”
Oliver,
nel mentre, si avvicinò alla penna e si mise a guardarla con
interesse.
“Secondo
te, che penna è?” domandò Athena, la
quale si teneva aggrappata
ad una colonna, per non volare di nuovo verso il soffitto, e il
ragazzino rispose: “Non ne ho idea… di certo non
appartiene ad un
gufo od ad un volatile normale, per via del colore… quasi
sicuramente appartiene ad una creatura magica… aspetta un
attimo…”
Oliver
mise di nuovo la borsa per terra e tirò fuori una vecchia e
consumata edizione di ‘Animali fantastici e dove
trovarli’.
Dopo
aver sfogliato un attimo le pagine, il Tassorosso esclamò:
“Eccolo!
Forse ho trovato il proprietario della piuma!”
Oliver
girò il libro e mostrò una pagina su cui era
disegnato un volatile
magro e con un aspetto lugubre, le cui piume assomigliavano in
maniera impressionante a quella della penna dentro il calamaio, nera
con riflessi verdastri.
Sembra
un piccolo avvoltoio denutrito…
scrisse Gal sul suo foglio e Oliver spiegò:
“Questo è un Augurey,
anche chiamato fenice irlandese.”
“Ah,
lo conosco. Sono degli uccelli riservati che cantano quando sta per
giungere la pioggia.” fece Athena e il ragazzino, con un
certo
orgoglio, ammise: “Proprio quelli. Costruiscono un nido a
forma di
lacrima nei cespugli di rosa canina e rovo, nutrendosi di fate e
grossi insetti. Escono da esso solo quando piove molto fitto e sono
anche nativi della Gran Bretagna e dell’Irlanda, da cui
deriva il
suo secondo nome, anche se alcuni esemplari sono stati avvistati nel
Nord Europa.”
Proprio
in quel momento, Teddy sentì qualcuno tirargli il maglione
e,
voltandosi, vide Gal che stava mostrando un nuovo foglio con su
scritto:
Una volta, Monica mi ha parlato di questi pennuti… pare che
il loro
canto annunci la morte.
“E’
solo una diceria infondata, gli Augurey non causano la morte di
nessuno. Sono uccelli docili e facili da addomesticare. Emettono un
verso basso e pulsante che sembra un lamento, ma solo quando sta per
piovere.” ribatté, prontamente, Oliver,
leggermente seccato.
Nonostante
fosse di natura timida e gentile, il Tassorosso si alterava quando le
persone ignoranti dichiaravano cose sugli animali che parevano
più
superstizioni che studi accurati.
Lo
infastidiva il fatto che i maghi ragionassero su queste cose come i
babbani del Medioevo…
Contemporaneamente,
anche Delphini strinse con forza i pugni, lasciando dei segni sui
palmi causati dalle unghie, mentre il suo viso in contorceva in
un’espressione di pura rabbia.
Quanto
odiava sentire storie simili… quando le sentiva, non poteva
fare a
meno di pensare a lei… se si fosse scoperto il suo segreto,
anche
lei sarebbe stata discriminata, come quegli animali… ma che
colpa
ne aveva se era la figlia di Bellatrix Lestrange?!
Mica
l’aveva scelto lei… così come gli
Augurey e i Thestral non
avevano scelto di nascere con quelle loro caratteristiche...
“A
questo proposito, conosco una storia divertente sugli
Augurey…”
fece Athena, cercando di smorzare la tensione “Avete mai
sentito
parlare di Uric Testamatta?”
“Certo,
è il mago che compare nelle figure delle Cioccorane, per la
precisione è la numero 18. A casa ne ho
cinque…” fece,
sovrappensiero, Teddy e la Corvonero annuì:
“Proprio lui. Ho letto
che possedeva ben cinquanta Augurey da compagnia.”
“Così
tanti?!” fece, incredulo, Oliver e Delphini
commentò: “Chissà
che bel concerto durante i giorni di pioggia…”
“Già…
un giorno molto piovoso si misero a cantare tutti insieme e lui
pensò
che fosse morto e che fosse diventato un fantasma come Ruf…
pertanto, cercò di attraversare un muro, solo che morto non
lo era
per niente, così si procurò una bella commozione
cerebrale.”
raccontò Athena e, immediatamente, tutti risero divertiti.
Sembrava
di sentire la vicenda di Ruf al contrario, dato che lui non si era
accorto di essere morto da un pezzo, e con molta probabilità
sentirli non lo avrebbe preoccupato più di tanto, visto che,
come ci
teneva a spiegare ad ogni lezione, lui spiegava fatti concreti e
storici, non leggende, mentre l’altro non si era reso conto
di
essere ancora vivo… magari erano parenti…
Almeno,
Uric non si era spaventato per aver sentito il canto degli Augurey,
anche se credeva di essere morto… pareva che molti maghi
avessero
avuto un attacco di cuore a sentirli cantare, convinti che stessero
per morire… ovviamente, ciò non aveva contribuito
a levare quella
ridicola superstizione…
Non
appena tutti finirono di ridere, Delphini notò che Athena
aveva
un’espressione leggermente dubbiosa e meditabonda e le
domandò:
“Qualche problema?”
“No,
è solo che… c’è qualcosa che
non mi torna…”
“Quale
cosa?”
“Beh,
quella penna ha scritto il nome di mia sorella e del figlio di Harry
Potter…”
“E
allora?”
“Il
fatto è che… le penne di Augurey sono inutili per
la cancelleria,
in quanto respingono l’inchiostro.”
Immediatamente,
tutti si voltarono a guardarla, stupefatti.
Se
quello che la ragazza aveva detto era vero, era impossibile, persino
per il mondo magico, che da quella piuma si potesse
scrivere…
eppure l’avevano vista con i propri occhi sollevarsi e
scrivere su
quel libro…
Oliver
osservò la piuma e poi, istintivamente, la sfiorò
dolcemente.
Fu
come un lampo nella sua mente, ma vide una signora tracagnotta e coi
capelli rossi, vestita con modesti abiti gialli, accarezzare con
dolcezza un grosso Augurey appollaiato sul suo braccio, il quale si
sfregava dolcemente sulla guancia della donna, come se volesse farle
capire che condivideva il suo amore, per poi mordicchiarle dolcemente
il naso.
Oliver
non poté fare a meno sorridere divertito.
Quel
volatile sembrava più un pappagallo che un presagio di
morte… era
così dolce e affettuoso… quanto avrebbe voluto
averne uno…
“Terra
chiama Oliver. Ci senti?” domandò, proprio in quel
momento
Delphini, dandogli un colpetto sulla testa e, immediatamente, il
giovane Tassorosso si riprese, domandando, incredulo:
“Cos’è
successo?”
“Dovremmo
chiederlo a te, ti sei incantato di colpo.”
“Ah,
niente… è solo che mi sono messo a
pensare…”
“Dimmi
che stavi pensando ad un modo per far scendere Athena.”
“Veramente
no…”
“Tsk,
lo immaginavo...”
Prima
che qualcuno potesse fermarla, la giovane Serpeverde prese la corda
che teneva legata Athena dalle mani di Teddy e si diresse verso la
finestra.
“Cosa
fai?” si lasciò scappare Athena e Delphini
rispose: “Ti lego in
un posto, in modo che tu faccia il palo.”
“Che
spiritosa…”
“Guarda
che sei stata tu a farti l’incantesimo. Controlla che nessuno
ci
scopra. Dobbiamo capire se questo libro è davvero quel
fantomatico
tesoro, oppure se, al contrario, nasconde qualcosa di molto
interessante.”
Non
appena venne legata ad una colonna, Athena si mise ad osservare i
suoi amici, mentre si decidevano sul da farsi… quando
avrebbe
voluto dare loro una mano…
Guardò
fuori dalla vetrata e notò che il cielo notturno stava
cominciando a
scurirsi.
Presto
sarebbe stata l’alba e, per evitare problemi sarebbero dovuti
tornare ai rispettivi dormitori…
Sentì
il fresco vento del mattino accarezzarle le guance e fece un sorriso.
Nonostante
stesse levitando come un palloncino da ore, non si pentiva affatto di
aver lanciato quell’incantesimo… la faceva stare
in contatto col
suo elemento preferito, l’aria… se solo avesse
potuto volare come
un uccello come spesso si vedeva nei cartoni animati di
Morgana…
Chiuse
gli occhi e, quando li riaprì vide davanti a sé
una splendida donna
con lunghi capelli neri, seduta sul davanzale, che disegnava su un
foglio il castello di Hogwarts con un dolce sorriso sulle labbra.
Ad
un tratto, il vento del mattino le sollevò una ciocca di
capelli con
fare scherzoso e la giovane donna si voltò verso di lui, con
un
sorriso divertito.
In
quello stesso, Athena riaprì gli occhi nel mondo reale.
Anche
se sembrava assurdo, credeva di aver capito quale fosse il tesoro di
quel posto...
“Ehi,
ragazzi, potreste venire un attimo qui?” fece Athena e,
subito,
Delphini domandò, con tono seccato: “Cosa
c’è, adesso? Cominci
finalmente a sentirti pesante?”
“No,
voglio farvi vedere una cosa.”
“Cosa?”
“Voi
venite qui. Ci vorrà solo qualche minuto, ma sono certa che
vi
piacerà.”
Con
un sospiro scocciato, la giovane Serpeverde, seguita dagli altri, si
avvicinò alla finestra e alzò un sopracciglio,
vagamente
interessata.
Il
cielo sopra al castello aveva smesso di essere blu per diventare di
un miscuglio di colori caldi, anche se alcune tracce di blu, mentre
le foglie della foresta e l’acqua del Lago Nero, illuminate
dai
raggi del sole, parevano brillare, proprio come gemme, così
come le
pietre millenarie del castello.
Proprio
in quel momento, dal lago apparvero delle figure umanoidi che
nuotarono per un attimo in superficie e, dopo essersi scaldate un
attimo, tornarono velocemente nelle profondità degli abissi.
Mentre
osservava lo spettacolo, Delphini sentì un fischio acuto e,
alzando
la testa, vide tre Thestral volare nel cielo e non poté fare
a meno
di sorridere.
Erano
davvero splendidi… altro che animali portatori di
sfortuna…
quanto le sarebbe piaciuto, un giorno, volare in groppa su uno di
loro… aveva sentito dire che erano più veloci di
una scopa...
“Qui
ci vorrebbe una macchina fotografica…”
commentò, incantato,
Teddy, mentre Oliver annuì: “Sì, lo
penso anch’io…”
“Questa
è qualcosa di davvero straordinario…”
“E’
la magia della natura… basta davvero poco per creare uno
spettacolo
meraviglioso e gratuito...”
Il
gruppo osservò affascinato per qualche altro minuto, poi
Teddy
commentò: “Sapete, dopo aver visto tutto questo,
non m’importa
più trovare il tesoro… sono certo che avrebbe
meno valore di
questo spettacolo."
“Mi
fa molto piacere sentirti dire questo, ragazzino…
così ho un
pretendente in meno per il tesoro!” esultò una
sconosciuta e
giovane voce femminile alle loro spalle.
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Capitolo 23 *** Carte scoperte ***
Capitolo 23: Carte scoperte
Sentendo
quella frase, il gruppo si voltò, immediatamente, per vedere
chi
avesse parlato.
Davanti
a loro, c’era una donna sui vent’anni, coi capelli
neri corti e
ribelli e occhi di un verde così brillante da parere la
pelle di un
serpente.
Indossava
una canotta babbana, guanti di pelle nera e pantaloncini di jeans,
tanto da sembrare una semplice adolescente babbana, ma la bacchetta
che aveva in mano e che puntava al gruppo come se fosse una pistola,
rivelava la sua vera natura.
Alle
sue spalle, anche se un po’ malconci, c’erano
Woodrow e Zubin,
con anche loro le bacchette puntate verso il gruppo.
“Razza
di fesso, mi avevi detto che gli avevi tolto le bacchette!”
sibilò
Delphini a Gal, il quale fece una faccia sorpresa e incredula.
“Non
preoccuparti, il tuo amico ci aveva tolto le bacchette… ma
il capo
ne aveva altre di scorta!” le spiegò Zubin e, una
volta sentito
ciò, Gal si mise a osservare Delphini, come se aspettasse
qualcosa.
“E
va bene, scusa…” ammise, lievemente seccata, la
Serpeverde.
Ma
era possibile che quell’idiota dovesse sempre essere fuori
tempo?
Dopo
aver ammesso di essersi sbagliata, la ragazzina osservò in
silenzio
la giovane donna… anche se non l’aveva mai vista,
sapeva già chi
era...
“Tu
devi essere Bluebell Borgin…” indovinò
Delphini e la giovane
donna ammise, divertita: “In persona, mia cara… e
tu devi essere
la famosa studentessa di Serpeverde del primo anno che ha sconfitto,
assieme al tuo amico Grifondoro, i miei uomini per ben due
volte…”
“A
quanto pare la fama mi precede…”
“Adesso
che abbiamo finito i convenevoli, ragazzini, che ne direste di dirmi
dove si trova questo benedetto tesoro?”
“Non
abbiamo trovato proprio niente!” dichiarò,
seccato, Teddy e
Bluebell rispose: “Senti, ragazzino, non ho certo fatto
ribaltare
questo castello da cima a fondo dai miei scagnozzi per
niente…
voglio quel tesoro e lo voglio adesso.”
“Non
esiste un tesoro materiale!” dichiarò, con
determinazione, Athena
“Il misterioso tesoro dei fondatori era la vista che si vede
da
questa finestra!”
“Cosa?”
“Proprio
così! Da cui si vede tutto il castello, il lago e la
foresta,
insieme a tutti gli studenti e alle creature magiche che vivono in
zona! Hogwarts era la loro creazione e coloro che ci vivevano e
studiavano erano speciali per loro, dato che erano pur sempre degli
insegnanti! Era un tesoro che avevano creato con le loro mani,
mettendo da parte le loro differenze caratteriali e di pensiero, per
dare vita a tutto ciò, in nome della loro amicizia! Ne erano
orgogliosi perché era un lavoro che avevano dato vita tutti
insieme,
dato che ognuno di loro aveva dato qualcosa, sapendo che
così
sarebbero rimasti ricordati per sempre, perché ci avevano
messo un
po’ di loro dentro a questa creazione… dato che
è questa la
bellezza di un’opera d’arte! L’artista ci
mette dentro un po’
del suo carattere, dando però vita a qualcosa di autonomo,
indipendente e con un proprio carattere!”
Per
un attimo, nella torre ci fu solo il silenzio, ma poi, Bluebell
ridacchiò: “Bel tentativo, ragazzina…
ma non ci casco! So che
c’è dell’oro qua dentro e lo
troverò, fosse l’ultima cosa che
faccio in vita mia!”
“Come
fai ad esserne così sicura? Non si parla di questo tesoro in
‘Storia
di Hogwarts’, anche se non è molto aggiornata, e,
detto tra noi,
credo che l’ipotesi di Athena sia più
concreta… mi pareva un po’
troppo strano che una come Helga Hufflepuff nascondesse un
tesoro…”
disse Delphini, stupendosi di quello che aveva appena detto.
Se
persino lei dava ragione a qualcuno, significava che la sua idea era
quella giusta…
“Oh,
so che esiste… me l’hanno assicurato ben due
persone!”
“Chi?”
“Il
primo che me ne ha parlato è stato mio nonno. Quel vecchio
tricheco
conosceva sempre un sacco di aneddoti
interessanti…”
“Ehi,
non si offendono i propri parenti!” protestò
Oliver, mentre
Delphini gli dava una gomitata.
Ma
gli sembrava il momento adatto per fare prediche di questo tipo?!
“In
ogni caso, una volta, mi raccontò di un suo compagno di
scuola di
nome Orvoloson Gaunt che spesso si vantava di essere l’Erede
di
Serpeverde e che non solo avrebbe trovato la Camera dei Segreti,
liberando la scuola da quei luridi Sanguesporco, ma che avrebbe
ritrovato anche il tesoro dei quattro fondatori, facendo ritrovare
alla casata dei Gaunt il valore e il prestigio che gli spettava di
diritto.”
“Che
megalomane…” commentò Oliver, mentre
Teddy ribatteva: “E’
una menzogna! Voldemort era l’Erede di Serpeverde! Me
l’ha
raccontato il mio padrino!”
“Lo
immaginavo… mio nonno mi raccontò che nessuno
credeva alle sue
sciocchezze… era troppo mediocre per essere il discendente
di
Salazar Slytherin, uno dei più grandi maghi della
storia… sembrava
più che altro una scimmia casinista… infatti,
finita la scuola,
pare che sia finito a fare il mendicante in un villaggio di quei
sporchi babbani che lui detestava tanto chiamato Little Hangleton
fino alla morte… anche se ho sentito dire che suo figlio
è finito
ad Azkaban per aver ammazzato la famiglia di signorotti babbani del
luogo…”
“Forse
era un mitomane…” dedusse Athena e, notando la
faccia incredula
di Gal, spiegò: “E’ una persona affitta
da mitomania, un
disturbo psichiatrico che crea una realtà di vita
immaginaria. Il
problema è che questa persona impone agli altri questa sua
realtà.”
Mentre
Athena parlava, Delphini ascoltava la conversazione con molto
interesse e si mise a mordicchiarsi l’unghia del pollice,
come
faceva sempre quando meditava.
Orvoloson
Gaunt era stato Caposcuola di Serpeverde, lo ricordava
perfettamente…
così come ricordava che era anche il secondo nome di Tom
Riddle,
quello studente morto poco dopo aver finito la scuola e che, secondo
Lumacorno, aveva il suo stesso tic di spostarsi la
franghetta…
Ma
se Gaunt detestava tanto i babbani, perché uno studente col
cognome
e il nome chiaramente babbani aveva il secondo nome identico al suo?
Evidentemente,
i genitori di quel Riddle avevano un legame con quel mago, quel nome
era troppo particolare per essere una coincidenza… la madre
doveva
essere una sua parente, nonostante avesse deciso di distaccarsi dalla
sua politica di odio totale verso i babbani e/o nati babbani, anche
se continuava a volergli bene, dato che aveva deciso di dare al
figlio anche il suo nome… o magari voleva solo umiliarlo...
Sospettava
che si trattasse della madre, per il semplice fatto che il cognome di
una persona che si riceve alla nascita è di solito quello
paterno,
anche se in alcuni casi si poteva prendere quello materno, come era
accaduto a lei… ma l’ipotesi che fosse il padre
era da scartare,
per il fatto che se egli avesse voluto dare al figlio il cognome
materno, ciò avrebbe indicato un enorme desiderio di rottura
con la
famiglia d’origine… e uno che ha intenzione di
rompere
definitivamente con essa, non avrebbe mai dato mai il nome di un
membro di quella stessa famiglia al proprio figlio, pertanto non
poteva trattarsi del padre.
Inoltre,
il figlio di quel mago era finito in carcere proprio per aver
ammazzato una famiglia di babbani…
Fece
un sorriso soddisfatto… aveva trovato quale sarebbe stato il
suo
progetto durante le vacanze estive, dopo aver ripulito la casa della
Borgin…
Avrebbe
indagato sul passato del mediocre e arrogante Orvoloson Gaunt e
trovato il collegamento con il misterioso ed abile Tom Riddle.
Ad
essere sincera, non gliene fregava niente del collegamento tra i due,
cercava solo una scusa per non restare chiusa insieme alla Rowle per
tutta l’estate e che non significasse passare
l’estate a casa di
qualcuno.
Non
era ancora così disperata…
“E
chi è stato il secondo che ti ha parlato di questo
tesoro?”
domandò, in quel momento, Teddy e Bluebell rispose:
“Un tizio che
ho incontrato a Notturn Alley… è parecchio
popolare da quelle
parti, anche se nessuno conosce il suo vero nome… si fa
semplicemente chiamare il profeta e indossa sempre un lungo mantello
col cappuccio rosso calato sul viso… mi ha raccontato che
quei
pagliacci del Ministero avevano davvero trovato quei passaggi e che
essi potevano portarmi al tesoro.”
“Cosa?!”
fece Teddy, incredulo “Stai dicendo… che
è stato lui a spingerti
a cercarlo?!”
“Esatto.
Quando ho letto quel trafiletto sulla Gazzetta del Profeta,
all’inizio ho pensato che fosse l’ennesima trovata
della stampa
per far comprare il giornale… ma un notte, questo tizio mi
ha
trovata in un pub a Notturn Alley e mi ha rassicurato della
veridicità della notizia… beh, ho sempre sognato
di metterci le
mani addosso da quando mio nonno mi parlava di quegli strambi
discorsi di Gaunt…” ammise la cacciatrice di
tesori ed Athena
intuì: “Non dirmi che… che è
stato lui a dirvi il modo di
entrare ad Hogwarts!”
“Ma
bravo, mio piccolo uccellino… è avvenuto proprio
così. Ha reso di
nuovo funzionante quel passaggio bloccato dalla frana, ed eccoci
qui!”
“Che
cosa ha voluto in cambio?”
domandò
Delphini, sospettosa.
Conosceva
troppo bene la gente e sapeva che nessuno fa niente per niente,
soprattutto con informazioni così succose e
precise…
Doveva
esserci qualcosa sotto…
“Sei
perspicace, ragazzina… è vero, mi ha chiesto solo
due cose in
cambio di queste informazioni…” ammise Bluebell e
Teddy propose:
“Metà del tesoro?”
“No,
il tesoro potevo prendermelo tutto. Mi ha detto che a lui non gliene
fregava niente…”
“Allora
non esiste.” fece Delphini, facendo un sospiro.
Se
non era così interessato al tesoro, voleva dire che non
esisteva…
possibile che la gente fosse così stupida?
Tuttavia,
se quel tizio non voleva il tesoro, cosa voleva?
Doveva
esserci dell’altro in quel castello… qualcosa di
davvero
prezioso…
“Sì,
fa pure la spiritosa… quel tizio era un vero stupido, dato
che
voleva solo il Cappello Parlante e uno studente di Grifondoro molto
coraggioso… cosa che ho risolto, dato che quel rosso con
quel
ridicolo cappello è un Grifondoro e a giudicare dalle sue
gesta,
pare la personificazione vivente della sua Casa…”
“Ma
ti manca il Cappello Parlante.” le ricordò Athena,
ma la donna
rispose, con un sorriso divertito: “Oh, a quello ci ho
già
pensato…”
Schioccò
le dita e Woodrow mostrò un vecchio cappello a punta tutto
rovinato.
Quello
era il Cappello Parlante, impossibile sbagliarsi…
“Come
sei riuscita ad ottenerlo?!” domandò, allibito,
Teddy e la donna
rispose: “Mentre voi guardavate il bel panorama, io e miei
uomini
abbiamo fatto una visitina all’ufficio della
preside… e in tutto
questo devo ringraziarvi, ragazzini… se non vi avessi
seguiti, non
sarei mai riuscita a trovare il modo per entrare là
dentro...”
“Chi
stavate seguendo fin dall’inizio?!”
domandò Oliver e Bluebell
rivelò: “Esatto, grazie alla tua cara amichetta
volante… è
stato uno scherzo starvi alle costole, dato che bastava solo vederla
per potervi stare alle costole anche da lontano.”
“Mi
dispiace…” si scusò Athena,
imbarazzata, ma Oliver la
tranquillizzò subito: “Tranquilla, tanto prima o
poi avrebbe
trovato quelle scale…”
Nel
frattempo, Teddy diede un’occhiata nervosa al Cappello
Parlante.
Purtroppo,
sapeva fin troppo bene perché quel tizio voleva il Cappello
Parlante
e un Grifondoro…
Dentro
di esso, c’era la Spada di Godric Gryffindor, uno dei quattro
fondatori di Hogwarts, grazie alla quale lo zio Harry, lo zio Ron e
la zia Hermione erano stati in grado di distruggere gli Horcrux di
Voldemort.
Solo
un vero Grifondoro era in grado di estrarla dal cappello…
per
questo quell’uomo misterioso aveva bisogno di Gal,
l’unico
Grifondoro del gruppo…
Non
osava pensare a cosa quel tizio avrebbe potuto fare con una spada
antica e piena zeppa di veleno di Basilisco…
Mentre
pensava, Delphini sgranò gli occhi.
Gli
era sembrato, nella sua mente, di sentire la voce di Teddy.
Era
parecchio confusa, ma sentiva alcune parole nella sua mente, anche se
non riusciva a capire bene il senso: spada, Godric Gryffindor,
Cappello Parlante…
L’unica
cosa che aveva capito benissimo era: devo prenderlo.
Di
certo si riferiva al Cappello Parlante… ma perché?
Cosa
aveva di così importante quel vecchio cappello?
“Sentite,
ragazzini… il mio informatore arriverà a momenti
per il cappello e
il Grifondoro… pertanto, visto che abbiamo un po’
di tempo, che
ne diresti di dirmi, una volta per tutte, dov’è
quel tesoro?”
domandò, a quel punto, Bluebell e Teddy rispose:
“Non abbiamo
trovato proprio niente! E anche se l’avessimo trovato, non lo
diremmo di certo a te!”
“Ma
che coraggio… facciamo così, conto fino a tre e,
poi, vi lancio un
incantesimo a caso su uno qualsiasi di voi. Vedremo se sarete ancora
così insolenti… uno…
due…”
Bluebell
puntò la bacchetta contro il gruppo, ma, prima che potesse
dire
l’ultimo numero, sgranò gli occhi, incredula.
La
penna, infatti, incurante del baccano generale, si era sollevata
proprio in quel momento per provare a scrivere un nome sul libro, ma
quello, per tutta risposta, si era chiuso bruscamente.
“Cosa
diamine…?” sussurrò, senza parole,
Zubin e Bluebell, dopo
un’iniziale sorpresa, sorrise: “Eccolo!
Dev’essere quello il
tesoro di cui parlava la leggenda!”
“Ma
è solo un vecchio libro con una penna sciupata! Non vale
niente!”
cercò di confonderla Oliver, ma la donna rispose:
“Non ci casco,
ciccione! Quei due oggetti sprizzano energia magica da tutte le
parti! Sono certa che faranno un figurone nella mia
collezione!”
La
faccia di Teddy si contorse in un’espressione di disgusto e
rabbia.
Come
poteva quella donna essere così avida?!
“Ehi…
pronto? Teddy... mi senti?… Senti?”
domandò una voce femminile, un po’ gracchiata, che
lui conosceva
bene e, sorpreso, si girò verso Delphini e le
domandò, sorpreso:
“Hai detto qualcosa?”
“No,
niente.” disse subito, la ragazzina, ma, contemporaneamente,
nella
sua mente sentì la sua voce ordinargli:
“Parla... con la mente, idiota. Altrimenti... ci
beccano.”
“Mi…
mi stai parlando con la mente?!”
“Ho
appena scoperto... di essere una Legilimens… ho
sentito… i tuoi
pensieri… ascolta...”
Quel
rumore gracchiante che sentiva nella voce di Delphini gli stava
facendo venire il mal di testa… sentiva di essere al
telefono in
una zona con poco campo…
“Cos’hai
detto?! Pronto, pronto!”
fece Teddy e la Serpeverde ammise:
“Faccio ancora un po’… di
fatica… la prima volta per me…
Buiopesto peruviana?”
“Cosa?!”
“Polvere
Buiopesto peruviana! Ce ne hai... ancora?”
“Certo!”
“Bene…
lanciagliela!”
“Adesso?”
“No…
più tardi… segnale.”
“Dovrò
lanciarla quando mi farai il segnale?”
“Esatto!”
“Aspetta,
dobbiamo prima recuperare il Cappello Parlante, il libro e la penna!
Non possiamo lasciarli nelle loro mani!”
“...Contatto
con gli altri. Tu… cappello… Oliver…
penna e Gal il libro.”
“Credo
di aver capito… prima di lanciare la polvere, io
recuperò il
cappello, mentre Oliver la penna e Gal il libro, giusto?”
“Esatto…
proverò a mettermi… con gli altri…
tieniti pronto.”
Non
appena ebbero finito la conversazione, Teddy riflette, irrequieto.
Come
sarebbe stato il segnale?
La
conversazione era così disturbata, che non aveva
capito… o, forse,
molto semplicemente, Delphini non glielo aveva detto.
“Zubin,
Woodrow, tenete d’occhio le pesti, mentre io prendo il libro
e la
penna.” ordinò, Bluebell, mentre Zubin,
leggermente preoccupato,
le domandava: “Capo, e se c’è un potente
incantesimo protettivo
intorno ad esso? Non possiamo rischiare di restarci
secchi…”
“Non
preoccuparti… togliendo il Grifondoro, che ci serve intero,
abbiamo
quattro cavie perfette. Possiamo usare il ciccione o quella pazzoide
volante… abbiamo solo l’imbarazzo della
scelta…”
Dopo
averli osservati un attimo, la donna indicò Oliver,
intimandogli:
“Ok, grassone, prendi il libro!”
“Scordatelo!”
“Come
vuoi tu… vorrà dire che in attesa che arrivi il
mio socio, io e i
miei compagni giocheremo al tirassegno con la tua amichetta che sta
levitando… chissà se scenderà per via
del fatto che l’incantesimo
è finito oppure per i nostri attacchi…”
“D’accordo,
lo farò… ma tu lascia stare Athena!”
“Tranquillo,
a me interessa solo il tesoro, non quel
fringuello…”
Oliver,
con aria mogia, si avvicinò al libro e alla piuma.
Odiava
quello che stava per fare… ma una sua amica era in pericolo
e lui,
tra il tesoro e gli amici, avrebbe sempre scelto, senza ombra di
dubbio, gli amici.
“Ehi,
Oliver, non ti stai dimenticando qualcosa?”
domandò, proprio in
quel momento, Delphini e il Tassorosso, guardandola incredulo,
chiese: “Ma cosa stai dicendo?”
“Andiamo,
non fare il finto tonto… so che cerchi sempre di non
disturbare gli
altri, ma almeno la pozione che annulla gli effetti del potente
incantesimo che protegge il libro dovresti prenderla, a meno che tu
non voglia ritrovarti con le mani ustionate com’è
successo al mio
avambraccio… scusa la schiettezza, ma dubito altamente che
riusciresti a diventare Magizoologo senza mani…”
Sentendo
quelle parole, Oliver non poté fare a meno di sgranare gli
occhi.
Ma
di quale incantesimo parlava?
Quando
Athena aveva toccato il nome della sorella, non si era bruciata...
Nel
frattempo, Teddy ascoltava con incredulità quel discorso.
Conoscendo
Delphini, probabilmente, stava architettando qualcosa… ma
cosa?
Sperava
solo che non fosse qualcosa che avrebbe rischiato di ammazzarli
tutti…
“Aspetta,
che te la do… dovrei averla qui dentro… ricordati
di berla tutta,
anche se ha un sapore disgustoso, sennò non fa
effetto...”
continuò, con la massima noncuranza, la Serpeverde togliendo
il
monospalla.
Prima
che potesse aprirlo, tuttavia lo zainetto le scivolò dalle
mani e
volò verso Bluebell e i suoi complici.
“Ehi,
ridammelo! Sai quanto pence raccattati in giro ho dovuto risparmiare
per poterlo comprare?!” protestò, furibonda,
Delphini, ma la donna
la ignorò, aprendo la cerniera ed esultando, porgendolo a
Woodrow:
“Prendi la bocchetta con dentro la pozione e, poi, passamela.
Non
vedo l’ora di toccare quel libro e quella
piuma…”
“Capo,
fossi in lei farei attenzione… quella ha qualche rotella
fuori
posto… può diventare molto
pericolosa…” cercò di avvertirla
Zubin, ma la donna liquidò le sue preoccupazioni, seccata:
“Zubin,
ti prego… è solo una ragazzina di undici anni!
Anche se è una
Serpeverde, come diavolo fa ad essere pericolosa?!”
“Non
lo so, capo, ma ho una brutta sensazione con quella
lì… credo di
aver già visto il suo viso da qualche parte… e
vederlo, mi da
delle brutte sensazioni…”
“Finiscila,
Zubin! Non può certo rappresentare una minaccia per dei
maghi adulti
e pericolosi come noi!”
Proprio
in quel momento, Woodrow mise la mano nello zaino, ma,
immediatamente, cacciò un urlo di dolore, facendo voltare i
complici.
L’uomo
tirò fuori la mano dallo zaino e mostrò un
serpente dalla pelle
nera che gli stava mordendo la mano.
“Staccatemi
questa bestiaccia!” urlò Woodrow, muovendola a
tutta velocità
nella speranza che l’animale mollasse la presa, mentre Zubin
urlava: “Te l’avevo detto che quella ha dei seri
problemi
mentali! Un serpente in uno zaino, roba da matti!”
Bluebell,
a quel punto, puntò la bacchetta verso il rettile, ma, in
quello
stesso istante, una voce maschile urlò: “Accio
Cappello Parlante!”
Prima
che la donna potesse impedirlo, il cappello le scivolò dalle
mani e
venne prese al volo da Teddy, mentre Gal e Teddy, approfittando della
confusione, prendevano il libro e la piuma.
“Quelle
pesti hanno preso il tesoro! Bloccateli, razza
d’incapaci!” urlò,
inviperita, la donna e, proprio in quel momento, il monospalla di
jeans di Delphini, il quale era stato buttato per terra, si
librò in
aria a sua volta e tornò tra le mani della legittima
proprietaria,
la quale, con tutta la calma del mondo, dichiarò:
“Se non vi
dispiace, questo me lo riprendo io. Dopotutto, quello che è
vostro è
mio e quello che è mio è mio. Però,
sono molto generosa, infatti,
vi lascio il serpente.”
“Aspetta
che ti metta le mani addosso, piccola peste…”
sibilò Bluebell,
puntandole la bacchetta contro, ma, prima che potesse lanciare un
qualsiasi incantesimo, Delphini mosse con calma e sicurezza la
bacchetta e, dalla borsa di Teddy, uscì un contenitore di
vetro che
la giovane fece schiantare sul pavimento e da cui uscì un
denso fumo
nero che, in pochi minuti, avvolse i tre malviventi.
“Quella
maledetta polvere!!! Giuro che manderò una lettera di
protesta a
quelli dei ‘Tiri vispi Weasley’! E’
già la seconda volta che
quel loro prodotto mi gioca un brutto tiro!!!”
urlò, furibondo,
Zubin, cercando di fare un po’ di luce.
Una
volta lanciata la polvere, Delphini si diresse verso la finestra ed
ordinò agli altri: “Forza, tutti fuori!”
“Ma
sei matta?! Siamo, come minimo, al trentesimo piano!”
urlò,
spaventato, Oliver e la Serpeverde rispose: “Scemo, mica ci
buttiamo.”
“E
allora come pensi di scappare da qui?”
“Esistono
i cornicioni.”
“I…
i cornicioni?”
“Senti,
Oliver, o cammini sui cornicioni e rischi di lasciarci la pelle
oppure resti qui e rischi la pelle con quei tre dementi, a te la
scelta.”
Delphini,
senza aspettare la risposta dell’amico, oltrepassò
la finestra,
seguita a sua volta da Gal, il quale aveva messo il libro nel suo
zaino, e, anche se parecchio spaventato, da Oliver.
L’ultimo
che tentò di passare fu Teddy, il quale, oltre al Cappello
Parlante,
doveva occuparsi anche di Athena, il cui effetto
dell’incantesimo
non era ancora, sfortunatamente, finito.
Ma,
proprio quando stava per raggiungere gli amici, un incantesimo,
partì
dalla coltre di fumo nero e si diresse verso i due giovani.
Teddy,
d’istinto, si spostò di lato ed evitò
l’incantesimo, ma quello
colpì il filo che teneva legata Athena che si ruppe.
Subito,
Teddy cercò di prenderla, ma un altro incantesimo lo
sfiorò,
impedendogli di raggiungere l’amica, che cominciò
a volare nel
cielo dell’alba.
Sapendo
che la cosa sarebbe potuta finire tragicamente e che era troppo
lontano da lei per provare a lanciarle un incantesimo
d’appello,
Teddy si affacciò al cornicione e, puntando la bacchetta
verso il
monospalla di Delphini, ordinò: “Accio
scopa!”
La
cerniera dello zaino si aprì e la scopa in miniatura
volò verso
Teddy, il quale fece: “Engorgio!”
Ovviamente,
la cosa non sfuggì a Delphini, la quale urlò,
furibonda: “Ridammi
la mia scopa, brutto ladro!”
“Non
preoccuparti, te la restituisco non appena avrò ripreso
Athena!”
esclamò il giovane Tassorosso, salendo su di essa e partendo
all’inseguimento dell’amica volante.
Mentre
sfrecciava nel cielo azzurro, sentì un altro urlo di
Delphini:
“Edward Remus Lupin, io e te facciamo i conti più
tardi!!!”
Un
brivido gli attraversò la schiena.
Infatti,
per qualche strana ragione, quell’urlo gli era parso identico
a uno
di quelli che faceva sua nonna quando si arrabbiava.
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Capitolo 24 *** Vero coraggio ***
Capitolo 24: Vero coraggio
Se
non si fosse ritrovata a circa novanta metri di altezza, col rischio
che l’incantesimo finisse da un momento all’altro,
facendola
cadere e sfracellarsi al suolo, Athena avrebbe potuto trovare il
fatto che stesse volando nel cielo come un uccello, una cosa davvero
fantastica.
Sfortunatamente,
quel piccolo particolare toglieva tutta l’eccitazione di
quell’esperienza volante.
Aveva
sentito dire che Colui-che-non-dev'essere-nominato era stato capace
di volare senza usare scope… quanto invidiava
quell’abilità…
di certo, il Signore Oscuro non doveva temere di cadere da un momento
all’altro…
Elizabeth
uscì, sbadigliando, dal dormitorio femminile di Corvonero.
Era
sempre stata una mattiniera, anche alla domenica… dopotutto,
s’incontravano poche persone alla mattina presto…
un vero
toccasana per chi, come lei, soffriva di timidezza acuta…
Sfortunatamente,
scoprì, con sgomento, che non era l’unica quel
mattino, a
svegliarsi presto…
In
Sala Comune, infatti, c’era un ragazzino suo coetaneo che,
seduto
sul divano, leggeva tranquillamente una rivista a fumetti.
Osservando
con più attenzione il ragazzino, sgranò gli
occhi, stupita.
Quello
era Mopsus Walker.
Era
impossibile non sbagliarsi, nessun altro era pallido e con
l’aria
mogia come lui…
“Ciao,
Elizabeth.” fece Mopsus, senza nemmeno voltarsi a guardarla.
Elizabeth
rimase senza parole.
Come
faceva Mopsus a sapere che era lei, senza nemmeno voltarsi?
Inoltre,
ricordava il suo nome, nonostante i due non si parlassero quasi
mai…
“Ciao…”
sussurrò, timidamente, la ragazzina, avvicinandosi alla
finestra e
guardando il panorama.
La
Torre di Corvonero aveva il vantaggio di essere una delle
più alte
della scuola, così il panorama era a dir poco stupendo,
soprattutto
nelle belle mattinate, come quel giorno…
Mentre
guardava il sole che sorgeva, Elizabeth si domandò dove
fosse finita
Athena.
Non
l’aveva vista in stanza e non era in Sala Comune…
forse era
andata un attimo in bagno… Athena aveva
un’incredibile energia e
un’insaziabile voglia di conoscenza… ogni minuto,
era per lei
buono per imparare qualcosa di nuovo… per certi versi,
Athena
incarnava lo spirito Corvonero...
Ad
un tratto, l’attenzione della ragazzina fu attirata da una
strana
sagoma nera che volava tra i tetti del castello.
A
giudicare dai movimenti, sembrava un palloncino… ma cosa ci
faceva
un palloncino ad Hogwarts?! Non c’erano insediamenti babbani
nei
paraggi...
Senza
contare che le sembrava troppo grosso per uno normale…
Quando
fu più vicino, la ragazzina spalancò la bocca,
sgomenta: non era
possibile… quella era…
Immediatamente,
Elizabeth aprì la finestra e urlò:
“Athena!!!”
L’amica,
sentendola, si voltò prontamente e, sorridendole, la
salutò con la
mano: “Ciao, Elizabeth. Vorrei avvicinarti a te, ma il vento
non me
lo consente…”
“Ma
come… come ci sei finita, lì?!”
“Diciamo
che mi sono lanciata Wingardium Leviosa su me
stessa…”
“Athena,
cerca di aggrapparti a qualcosa! Vado a chiamare gli
insegnanti!”
“Già
che ci sei, digli che ci sono tre tizi in quella torre
laggiù. Hanno
rubato il Cappello Parlante e vogliono mettere le mani su un libro e
una penna magica. Ma, per fortuna, gli altri li hanno ripresi,
però
se qualcuno desse loro una mano, non sarebbe male…”
“D’accordo!”
La
giovane Corvonero chiuse la finestra e, poi, voltandosi verso Mopsus,
il quale stava continuando a leggere il suo fumetto, incurante della
situazione, ordinò: “Mopsus, corri ad avvertire i
Prefetti e i
Caposcuola! Io vado a cercare un insegnante!”
“Fa’
come vuoi…” fu la risposta, assolutamente priva di
vita, di
Mopsus.
Elizabeth,
ignorando le sue parole, aprì la porta della Sala Comune e
scese a
perdifiato le scale.
Al
diavolo le regole, le punizioni… persino il pensiero di
avere a che
fare con Gazza e la sua stupida gatta non la spaventava più
di
tanto!
Athena
era in pericolo e, a giudicare dalle sue parole, tutti lo erano!
Correva
così velocemente che andò a sbattere contro un
ragazzino biondo con
la divisa di Serpeverde davanti al bagno dei maschi.
“Ehi,
fa’ attenzione!” sbottò il biondo ed
Elizabeth, ansimante, si
scusò: “Mi dispiace, ma ho molta fretta! Hai per
caso visto la
McGranitt o un qualsiasi altro insegnante?!”
“Ho
visto Bennet andare da quella parte.” indicò, con
un cenno della
testa, l’altro e la Corvonero, riconoscente, lo
ringraziò: “Grazie
mille!!!”
“Elizabeth?”
domandò, incuriosita, una voce maschile alla sua sinistra.
La
giovane si voltò e vide Christian, il quale, nel frattempo,
era
appena uscito dal bagno, con lo spazzolino da denti in bocca e in
mano una tazza.
“Ciao,
Christian. Scusami, ma ho molta fretta!” tentò di
liquidarlo la
ragazzina, ma il Grifondoro, togliendosi lo spazzolino dalla bocca,
le disse: “Aspetta, vengo con te! Che è
successo?”
“Devo
trovare alla svelta un professore! Athena sta volando nel cielo come
un palloncino!”
“Cosa?!
Sul serio?!”
“Sì!
L’ho vista che volava dalla Torre di Corvonero! A quanto pare
si è
lanciata Wingardium Leviosa su di sé… bisogna
farla scendere,
prima che ci pensi l’incantesimo!”
“Altroché…”
“Comunque,
pare che non sia solo quello il problema…”
“E
quali altri ci sono?”
“Pare
che ci sono tre tizi nella scuola, che vogliono mettere le mani sul
Cappello Parlante, su un libro e una piuma magica!”
“Eh?!
Ma cosa se ne vogliono fare?”
“Non
lo so, ma, per il momento, Athena e gli altri sono riusciti a
levarglieli dalle mani.”
“Altri?
Quali altri?”
“Non
ne ho idea, non è riuscita a dirmelo…”
“Allora
c’è l’alta probabilità che
sia coinvolto mio cugino…
stamattina non era nel suo letto, pensavo che fosse andato, come al
solito, a farsi un giro del castello, cercando di non farsi beccare
da Gazza e Mrs Purr… ma questa situazione piena di pericolo
e con
un tasso di morte parecchio alto è perfetta per
lui…”
“Quindi
c’è anche l’alta probabilità
che quell’idiota venga espulso?”
domandò, interessato, il biondo di Serpeverde che Elizabeth
aveva
urtato, intromettendosi nel discorso.
Christian
lo guardò in malo modo, poi commentò:
“Scommetto che la cosa
t’interessa molto per questo motivo,
Abel…”
“Altroché,
vengo con voi.”
“Perché
così lo vedi cacciarsi nei guai?”
“Già…
magari con un po’ di fortuna lo espellono… sai, ho
sentito che lo
studente più giovane espulso da Hogwarts era del terzo
anno…
magari quello scemo batte il record.”
“Ti
piacerebbe…”
“Ah,
comunque, ho una notizia abbastanza interessante…”
“Sarebbe?”
“Se
non sbaglio, quel Nato Babbano finito a Serpeverde è amico
di tuo
cugino…”
“Intendi
Kevin? Sì, è nostro amico. E allora?”
“Beh,
stamattina non era nel suo letto… forse si è
unito al gruppo di
quel tonto…”
“Così
prendi due piccioni con una fava, eh?”
“Che?
Ma cosa stai dicendo? Come cavolo si fa a prendere due piccioni con
una fava? E, poi, che cavolo c’entrano i piccioni? Io sto
parlando
di un Grifondoro che gira con un ridicolo cappello e un Nato Babbano
smarrito!”
“E’
un modo di dire babbano… sarebbe l’equivalente del
detto ‘mettere
due gufi in un cesto’…”
“E
non potevi dirmelo subito?”
Il
trio cominciò a correre nei corridoi, ma dovettero fermarsi
di colpo
quando qualcosa di sporco e peloso sbarrò loro la strada.
“Oh,
no… Mrs Purr…” sussurrò
Christian e, proprio in quel momento,
comparve Gazza, il quale, tutto compiaciuto, esclamò:
“Guarda,
guarda… studenti del primo anno già a far casino
a quest’ora…”
“Accidenti…”
sibilò, contrariato, Abel.
Aveva
seguito quei due solo per vedere quell’idiota senza cervello
di
Galahad Sandlers finire nei guai, non viceversa.
“Ci
scusi tanto, signor Gazza… ma abbiamo molta
fretta…” tentò di
spiegare Elizabeth, ma l’uomo la bloccò:
“Qualsiasi cosa stavate
progettando, ragazzina, levatelo dalla testa. Adesso filate nel mio
ufficio, svelti!”
“Aspetti,
per favore… dobbiamo parlare un attimo con il professor
Bennet…
la prego, è urgente…”
“Ho
detto di no e adesso muovetevi!”
“PER
L’AMOR DEL CIELO, MA MI VUOLE ASCOLTARE?!?! LA MIA MIGLIORE
AMICA
STA VOLANDO COME UN PALLONE NEL CIELO DEL CASTELLO!!! DA UN MOMENTO
ALL’ALTRO, L’INCANTESIMO FINIRA’ E LEI
PRECIPITERA’ AL
SUOLO!!! NON ME NE FREGA NIENTE SE LA COSA NON LE INTERESSA
MINIMAMENTE, MA A ME, INVECE, IMPORTA MOLTO!!! QUINDI, SI LEVI DI
MEZZO E MI FACCIA PARLARE CON UN INSEGNANTE!!!!!”
Non
appena ebbe finito di gridare, Elizabeth divenne rossa come un
peperone e si coprì il viso incandescente con le mani a
causa
dell’imbarazzo.
Non
riusciva a credere a quello che aveva appena combinato… ma
cosa le
era saltato in testa?! E pensare che era sempre stata una ragazzina
molto timida ed educata… non le sarebbe mai venuto in testa
di
affrontare un adulto in quel modo...
Christian
osservava senza parole la coetanea.
Nonostante
fosse una Corvonero, Elizabeth aveva osato affrontare Gazza con
coraggio e ardore… nemmeno i più valorosi
Grifondoro avevano mai
osato fare una cosa del genere… quell’avvenimento
sarebbe rimasto
nella storia di Hogwarts per sempre…
Anche
Abel sgranò gli occhi per lo stupore e, muovendo la mano,
commentò:
“Però…”
Gazza,
dal canto suo, rimase interdetto un attimo, poi la sua faccia divenne
paonazza, mentre sul suo volto appariva un’espressione di
pura
rabbia.
“Tu…
brutta piccola mocciosa… le catene del mio ufficio saranno
davvero
felici di fare la tua conoscenza…”
sibilò Gazza, avvicinandosi
furente alla giovane, la quale cominciò a tremare dalla
paura.
“Gazza,
cosa stai facendo?” domandò una voce maschile alla
destra del
gruppo.
Tutti
si girarono in direzione della voce e videro il professor Trocar, il
quale aveva aperto la porta dell’aula di Difesa contro le
Arti
Oscure e guardava col suo solito sguardo seccato il custode.
“Professor
Trocar…” sussurrò, sorpreso, Gazza, per
poi rispondere: “Questa
piccola sfrontata ha osato urlarmi contro!”
“Lei
non la faceva parlare. Dobbiamo parlare al più presto con un
insegnante. Una sua amica si è lanciata
l’incantesimo Wingardium
Leviosa su sé stessa e sta volando in questo preciso momento
nel
cielo. Se non ci sbrighiamo, l’incantesimo finirà
e lei cadrà!”
spiegò, seccato, Christian.
Trocar
rimase un attimo in silenzio, poi indicando l’aula alle sue
spalle,
ordinò: “Forza, dentro. Tutti e tre.”
“Ma,
professore… questi ragazzi…”
tentò di protestare il custode,
ma Trocar lo bloccò: “Me ne occupo io, Gazza. A
quanto pare, la
faccenda è parecchio seria.”
I
tre giovani entrarono nell’aula.
Come
al solito, le finestre erano chiuse, nonostante fossero quasi le
sette del mattino, e piena zeppa di candele, le quali davano un
effetto agghiacciante e spaventoso.
Abel
non si meravigliava che quel ciccione di Tassorosso amico di quel
cretino di Galahad Sandlers avesse sempre paura ad andare
nell’aula
di Difesa contro le Arti Oscure…
Sulla
cattedra, il gruppo notò una tazza fumante di una strana
brodaglia
rossastra che Trocar, senza alcun problema, prese e, tra lo stupore e
lo schifo generale, ingurgitò senza alcun problema.
Non
appena ebbe bevuto un po’, il professore domandò:
“Allora? Cos’è
questa storia che c’è una studentessa che sta
volando nel cielo
del castello?”
Un
po’ titubante, Elizabeth raccontò
l’accaduto, mentre il
professore ascoltava attentamente, anche se alcune volte si beveva lo
strano liquido nella tazza.
Non
appena ebbe finito, Trocar posò la tazza vuota sul tavolo e
poi
disse, passando un foglietto di carta: “Andate di corsa ad
informare la McGranitt. Qui c’è scritta la parola
d’ordine.”
“Lei
non viene con noi, professore?”
“No,
bastate voi tre. Veloci, che non c’è tempo da
perdere.”
L’uomo
aprì la porta dell’aula, ma, prima di chiuderla
una volta che
furono usciti tutti, disse ad Elizabeth: “Ah, Jones, sei
stata
davvero incredibile. Le assicuro che non mi sarei mai aspettato un
simile atto di coraggio e di sfida da parte sua, come quello che ha
mostrato poco fa, i miei complimenti.”
Elizabeth
arrossì d’imbarazzo, mentre Trocar chiudeva la
porta… ma, sotto
sotto, fece un sorriso di orgoglio e di felicità.
“Manca
ancora molto?” domandò, preoccupato, Oliver,
mentre Delphini,
scocciata, gli ripeteva: “Non lo so, sta un po’
zitto!”
Anche
se cercava di mascherarlo, era nervosa.
Ripensandoci
a mente fredda, cosa le era saltato in mente di scappare sul
cornicione?!
Un
passo falso e sarebbe caduta, sfracellandosi al suolo e tanti saluti
ai suoi sogni di gloria e ambizione!
A
forza di stare vicina a quello scemo di Gal, era stata contagiata
dalla sua stupidità!
Proprio
in quel momento, il diretto interessato dei suoi pensieri le
tirò la
manica del largo e vecchio maglione che indossava.
“Cosa
vuoi?” domandò, seccata, la Serpeverde e Gal
indicò un tetto
sotto ai loro piedi.
Facendo
attenzione, potevano raggiungerlo con un salto…
“Immagino
che non abbiamo altra scelta… ma, per sicurezza,
va’ avanti tu!”
sbottò Delphini e, subito, il Grifondoro annuì.
“Non…
non vorrai mica saltare su quel tetto?!” domandò,
preoccupato,
Oliver e la ragazzina gli ricordò: “Hai per caso
un’idea
migliore? Quel cretino di Teddy è andato a recuperare Athena
con la
mia scopa!”
“Possiamo
aspettare che ritorni…” fece Oliver, ma, in quello
stesso
istante, Gal saltò giù dal cornicione.
“GAL!!!!!”
urlò, preoccupato, sporgendosi, ma, facendo ciò,
scivolò e cadde.
Istintivamente,
Delphini lo afferrò per il maglione, cercando di riportarlo
su, ma
si ritrovò a cadere anche lei.
I
due ragazzini si ritrovarono a precipitare finché non
atterrarono,
piuttosto malamente, sul tetto.
“Ahio…
porco mondo, che dolore…” sussurrò la
ragazzina, massaggiandosi
la schiena dolorante.
Ma
perché diavolo doveva sempre finire in quelle assurde
situazioni?!
Contemporaneamente,
Oliver si rialzò in piedi e domandò: “E
adesso?”
“Si
prosegue. Ma, per dare qualche problema ai nostri inseguitori,
è
meglio dividerci.”
“Non
ti sembra un’idea un po’ drastica?”
“Al
contrario, è perfetta. Così si dovranno dividere
anche loro e sarà
più facile scappare su un tetto, con solo un tizio alle
costole.”
“Forse
hai ragione…”
Proprio
in quel momento, si udì la voce di Bluebell urlare, piena di
rabbia:
“Eccoli lì! Muovetevi!”
“Ci
vediamo dopo!” fece Delphini cominciando a correre a tutta
velocità
davanti a sé.
Per
un attimo, Gal e Oliver restarono immobili ad osservare la coetanea
correre con agilità ed equilibrio sul tetto.
Aveva
dei movimenti così perfetti… pareva un
serpente…
Alla
fine, i due amici si riscossero e cominciarono a correre in due
direzioni diverse.
A
differenza di Delphini, però, Oliver era più
lento, in quanto era
asmatico e, oltretutto, aveva paura di scivolare e morire…
sperava
solo di distanziare il più possibile gli
inseguitori…
Ad
un tratto, vide un ragazzo coi capelli blu sfrecciare su una scopa
verso la torre di Grifondoro.
Quello
era Teddy, impossibile sbagliarsi.
“Eccone
là uno!” urlò una voce alle sue spalle.
Oliver
si voltò, spaventato, e vide Zubin che si avvicinava
pericolosamente
a lui.
Nel
tentativo di scappare, il Tassorosso appoggiò male il piede
e cadde
di nuovo.
Mentre
cadeva, Oliver capì che era la fine.
Sarebbe
stato lo studente più giovane morto ad Hogwarts…
stavolta, non
c’era nessun tetto sotto di lui a salvarlo…
Inaspettatamente,
qualcosa lo afferrò per il colletto del maglione.
Alzando
lo sguardo, il ragazzino vide il viso di Teddy che, sorridendo,
esclamò: “Ti ho preso! C’è
mancato poco, comunque…”
“Grazie,
Teddy.”
“Ma
figurati, Oliver. Sei il mio migliore amico. Ci sarò sempre
per te,
proprio come con gli altri miei amici.”
Ad
un tratto, un raggio luminoso, sfiorò la testa azzurra del
Metamorfomagus e Teddy, alzando la testa, vide Zubin che li stava
attaccando.
“Forza,
cerca di salire sulla scopa! Ti aiuto io!” esclamò
il ragazzino,
allungando la mano verso l’amico, il quale, seppur con un
po’ di
fatica, l’afferrò e riuscì a salire su
di essa.
“Allontaniamoci
da qui, la situazione sta diventando incandescente!” fece
Teddy,
spronando la sua scopa ad allontanarsi.
I
due Tassorosso si allontanarono, cercando di evitare gli incantesimi
dell’aggressore, ma, nel fare ciò, Teddy
urtò varie volte dei
muri.
“Scusa,
Oliver! Maledetta goffaggine… e pensare che lo zio Harry mi
ha
persino dato delle lezioni di volo...” borbottò
Teddy, cercando di
mantenere il controllo della scopa, ma Oliver lo rincuorò,
cercando
di trattenere rantoli di dolore: “Non preoccuparti,
Teddy…
raggiungiamo quel tetto. E’ parecchio lontano dalla sua
lunghezza
di tiro…”
“Una
cosa è certa, non entrerò nella squadra di
Quidditch di Tassorosso,
l’anno prossimo.”
“Se
per questo, neanch’io.”
“Ti
conduco alla Torre di Grifondoro. Una volta lì dentro, corri
ad
informare la McGranitt, mentre io corro a salvare Athena.”
“Speriamo
che le finestre siano aperte…”
“Lo
saranno di sicuro… comunque, ho bisogno che tu mi faccia un
favore.”
“Certo,
Teddy. Tutto ciò che vuoi.”
Il
ragazzino coi capelli azzurri rallentò la scopa e poi disse,
mentre
gli passava il vecchio e logoro cappello: “Porta con te il
Cappello
Parlante. Fa in modo che non lo prendano, per nessun motivo.”
“Certo,
ma perché è così importante?”
“Perché
al suo interno c’è la spada di Godric
Gryffindor.”
“La
spada di Godric Gryffindor?! Quella che il tuo padrino e i suoi amici
hanno usato per distruggere gli Horcrux di Tu-sai-chi?”
“Esatto,
proprio quella! Solo un vero Grifondoro può estrarla dal
cappello!”
“Ecco
perché hanno bisogno di Gal! E’ l’unico
Grifondoro del nostro
gruppo!”
“Già…
immagina cosa quei delinquenti farebbero con una simile spada molto
antica, ricoperta di veleno di Basilisco!”
“Il
Mondo Magico e quello babbano sarebbero in pericolo!”
“Infatti…”
“Non
preoccuparti, Teddy. Lo darò solo alla McGranitt.”
“Ottimo,
ma fa comunque attenzione.”
“Contaci.”
Teddy
riprese a volare velocemente verso la torre di Grifondoro, ma non
poté fare a meno di scontrarsi con la finestra.
“Accidenti,
maledetta scopa! Per quanto ci provi, non riesco a controllarla tanto
bene…” borbottò il ragazzino, mentre il
compagno lo rassicurava:
“Dai, neanch’io sono tanto bravo sulla
scopa…”
“Sì,
ma io devo diventare un Auror e non credo che il Ministero voglia tra
i piedi un Auror che non riesce nemmeno a governare la propria
scopa…”
“Andiamo,
Teddy, sei solo al primo anno… hai ancora sei anni per
esercitarti
e migliorare…”
“Forse
hai ragione…”
Oliver
tentò di aprire la finestra della torre, ma si accorse, con
sgomento, che era chiusa dall’interno.
“E
adesso?” domandò, preoccupato, Oliver, ma il
compagno lo
tranquillizzò: “Prova a guardare chi
c’è in Sala Comune.”
Il
Tassorosso fece come aveva detto Teddy ed esclamò,
entusiasta: “C’è
Monica!”
“La
ragazza che ha una tremenda cotta per Gal e che crede a vecchie
superstizioni?”
“Proprio
lei… cercherò di attirare la sua
attenzione… avvicinati ancora
un po’…”
Teddy
fece come gli era stato detto, ma urtò con la spalla la
finestra.
“Dannazione…”
fece Teddy e, proprio in quel momento, la finestra si aprì e
apparve
Monica.
Dopo
averli osservati un attimo, Monica esclamò: “Ma
voi due non siete
amici di Gal e di suo cugino?”
“Sì…”
ammise Teddy “Senti, potresti aiutare Oliver ad entrare nella
vostra Sala Comune?”
“Certo.”
annuì la ragazzina.
Avrebbe
fatto di tutto per gli amici di Gal, anche a quella coi capelli
argentati, che aveva difeso i Thestral quando aveva detto che
portavano sfortuna.
Allungò
la mano e Oliver, un po’ timidamente, la prese ed
entrò nella
torre.
“Ci
vediamo dopo.” lo salutò Teddy, sfrecciando via.
“Meglio
che esci da qui, prima che…” iniziò
Monica, ma non fece in tempo
a finire la frase che sentì dei rumori provenienti dal
dormitorio
maschile.
“Presto,
nasconditi dietro ad un arazzo, mentre io cerco di
trattenerlo!”
fece la ragazzina ed Oliver fece come gli era stato chiesto.
Si
era appena nascosto che comparve Lancelot con indosso una vestaglia
con attaccato la spilla da Prefetto.
“Monica,
cos’erano quei rumori?” domandò il
giovane e Monica, con un
sorriso nervoso, domandò: “Quali rumori?”
“Senti,
Monica, sono un Prefetto e non sono stupido. Ho sentito degli strani
rumori che mi hanno svegliato e voglio sapere cosa diavolo
erano.”
“Ah,
ero io… ho urtato contro il tavolino…”
“Sicura?”
“Sicura…
ah, senti… Gal mi ha detto che sei una specie di
ornitologo…”
“Uh?
E da quando tu e Gal siete così in confidenza?”
Oliver
cercò di trattenere un gemito.
Quell’assurdo
discorso stava rendendo Lancelot ancora più sospettoso...
“A
dire la verità me l’ha raccontato
Christian… volevo sapere le
passioni di Gal e mi ha accennato che ami osservare gli uccelli nel
parco… comunque, è vero?”
continuò Monica e il Prefetto ammise,
stringendosi le spalle: “Non sono un grande esperto di
volatili, ma
faccio del mio meglio…”
“Ottimo,
ci sarebbe un uccello che m'incuriosisce… l’ho
visto poco fa e mi
piacerebbe fargli una foto… solo che mi piacerebbe sapere
che
specie è… sai com’è, sarebbe
imbarazzante se qualcuno mi
chiedesse che volatile è e sbagliassi… quello
sarebbe un corvo?”
Prima
che Lancelot la bloccasse, la Grifondoro lo prese e lo portò
davanti
alla finestra.
Oliver
la ringraziò mentalmente, avendo capito il suo piano:
avrebbe
distratto Lancelot, mentre lui avrebbe cercato di raggiungere la
porta ed uscire dalla torre.
Anche
se era una cosa più facile a dirsi che a farsi…
se avesse
abbassato la guardia, Lancelot l’avrebbe beccato e sarebbe
stata la
fine.
Avrebbe
dovuto spiegare cosa ci facesse nella Sala Comune di Grifondoro,
quand’era un Tassorosso, perdendo un mucchio di tempo
prezioso…
Non
doveva perdere tempo, quella era la sua occasione.
Col
cuore che batteva a mille, Oliver cominciò a dirigersi, il
più
lentamente possibile verso l’ingresso… si sentiva
un ladro…
Una
volta al limitare dell’arazzo, Oliver uscì
lentamente da esso e
s’inginocchiò, cominciando a camminare, a gattoni,
verso
l’ingresso.
Ancora
pochi metri e sarebbe uscito...
“Beh,
quella lassù, sotto quel cornicione, sembra più
una taccola.”
esclamò, ad un tratto, Lancelot, sempre guardando fuori
dalla
finestra, facendo trasalire Oliver e bloccandolo di colpo.
“Una
che? Qual’è la differenza con i corvi?”
chiese nuovamente
Monica, guardando nervosamente dietro di sé.
Fortunatamente,
Lancelot non la notò e si mise a parlare, entusiasta del
fatto che
potesse dimostrare a qualcuno le sue vaste conoscenze: “Una
taccola, Monica, una stretta parente della cornacchia, diffusa in
tutta Europa. Anche se fa parte della famiglia dei corvidi, si
distingue per la nuca grigia in leggero contrasto con la calotta nera
e per gli occhi bianco-azzurro. A differenza di altri suoi parenti,
non evita la vicinanza all’uomo, ma, al contrario, sfrutta le
cavità e i sottotetti dei vecchi edifici per costruire il
nido. Per
questo non è raro trovarla nei castelli, proprio come
questo. Credo
che ad Hogwarts ce ne siano parecchi di questi uccelli, anche
perché
figurano nella lista rossa degli animali in via d’estinzione,
per
via della carenza di siti idonei per la nidificazione, la sua
competizione con il piccione domestico e l’intensificazione
dell’agricoltura nel mondo babbano, con la conseguente
diminuzione
della disponibilità alimentare. Comunque, sono state anche
nominate
nel romanzo ‘Il meraviglioso regno di Oz’ di Lyman
Frank Braum.”
“Ma
io conosco solo ‘Il mago di Oz’…
dov’è c’è quella
ragazza, Dorothy, che assieme al suo cane finisce in un mondo magico
e trova delle scarpette rosse, oltre ad uno spaventapasseri, un
boscaiolo di latta e un leone che aveva paura di
tutto…”
“Temo
che tu abbia visto il film musical del 1939… nel romanzo,
infatti,
Dorothy è una bambina e le scarpe che trova sono
d’argento non
rosse… comunque, ‘Il meraviglioso regno di
Oz’ è il suo sequel
e racconta le avventure dello spaventapasseri e del boscaiolo di
latta dopo la partenza di Dorothy.”
“Ah,
capisco… e sai dirmi altro su questi uccelli?”
“Certamente!
Il suo richiamo schioccante è riconoscibile ovunque, oltre
al
piumaggio. Inoltre…”
Mentre
Lancelot continuava a blaterare senza sosta, Oliver riprese la sua
fuga.
Non
appena sarebbe finita quella storia, avrebbero dovuto dedicare un
monumento a Monica!
Di
certo, non era da tutti distrarre un Prefetto, rischiando di finire
nei guai, solo per salvare il membro di un’altra
Casa…
Finalmente,
il giovane si trovò davanti alla porta e, il più
lentamente
possibile, la spinse, fino a creare uno spiraglio.
Senza
perdere altro tempo, il Tassorosso sgusciò fuori e, una
volta al
sicuro, si mise ad ansimare profondamente.
Ce
l’aveva fatta per un soffio… ancora non riusciva a
credere alla
sua fortuna…
Comunque,
non aveva tempo da perdere.
Si
rialzò e cominciò a correre come un pazzo nei
corridoi, non
accorgendosi che qualcosa, all’interno della sua borsa si
stava
muovendo a tutta velocità, come se cercasse disperatamente
di
uscire.
Il
gelido vento mattutino gli fece venire un brivido di freddo, ma il
giovane coi capelli neri, una sciarpa striata coi colori verdi e
argento e gli occhiali seduto su una tribuna del campo di Quidditch
continuò a disegnare, incurante.
Adorava
quei momenti di tranquillità e di silenzio…
lì, poteva disegnare
ciò che lo circondava, cogliere quella bellezza e,
soprattutto,
senza timore che qualche altro Serpeverde le prendesse in giro,
dandogli della ragazzina solo perché gli piaceva
dipingere…
Non
ci vedeva niente di male nel saper disegnare… sua madre, nel
mondo
babbano, era una famosa pittrice… e poi, la pittura era una
magia.
Saper
creare sfumature coi colori e rappresentare in maniera fedele un
momento era davvero importante…
In
quello stesso istante smise di dipingere e, con la mano, si rimise a
posto gli occhiali.
Quella
era davvero una splendida mattina… aveva fatto proprio bene
ad
alzarsi presto, come faceva tutte le domeniche, per fare qualche
schizzo.
Quel
giorno, aveva deciso di disegnare il campo di Quidditch.
Non
vedeva l’ora di vedere la faccia che avrebbe fatto la sua
famiglia,
soprattutto suo padre, nel vederlo… probabilmente non
avrebbero
capito niente, neanche se glielo avesse spiegato cento volte…
Comunque,
il Quidditch era un gioco davvero affascinante, anche se parecchio
pericoloso e brutale… ma, dopotutto, anche il calcio era un
po’
così, anche se, fortunatamente si restava coi piedi ben
ancorati per
terra…
Si
stiracchiò e guardò l’orologio.
Le
sei e mezzo.
Fra
mezz’ora, la squadra di Quidditch di Serpeverde sarebbe
venuta ad
allenarsi, sotto lo sguardo del professor Lumacorno, il quale era
sempre entusiasta di assistere agli allenamenti della squadra,
più
che altro per vedere chi sarebbe diventato un vero talento nel campo
del Quidditch una volta finiti gli studi ad Hogwarts…
Anche
se era un Serpeverde, il capitano della squadra di Quidditch, Finley
Bulstrode, gli aveva intimato di sparire all’istante la volta
che
l’aveva beccato sugli spalti, se non voleva fare un volo da
cinquanta metri, cosa che avrebbe fatto se si fosse fatto vedere
sugli spalti, dato che uno stupido mezzosangue avrebbe solo portato
iella…
Così,
si era ridotto a nascondersi sotto gli spalti per poter seguire gli
allenamenti di quel gioco così emozionante, senza essere
beccato e
massacrato dai suoi stessi compagni di Casa…
Si
alzò e cominciò a raccogliere i fogli e le
matite, mettendoli
dentro alla borsa.
Ad
un tratto un soffio di vento, gli mosse i capelli e un foglio
cominciò a volare, ma il giovane dai capelli neri lo
afferrò
prontamente.
Ma
quando alzò lo sguardo, sgranò gli occhi azzurri.
C’era
un palloncino a forma di ragazza che stava volando sopra il cielo.
Aguzzando
la vista che quel palloncino era identico ad Athena… e che
si stava
muovendo come se fosse vivo.
Prima
che potesse capire cosa stesse succedendo, vide un ragazzino coi
capelli blu dirigersi verso il palloncino, ma, purtroppo,
virò male
e andò a sbattere contro il palo.
Senza
perdere tempo, il ragazzino, scese dagli spalti e si diresse verso
gli spogliatoi.
Se
la squadra non l’avesse ucciso l’avrebbero fatto
gli insegnanti…
Aprì
l’armadio delle scope di riserva e prese la più
vecchia e rovinata
che c’era.
Una
volta fuori, salì con abilità e destrezza su di
essa, schizzando
nel cielo blu.
Nonostante
la brutta avventura che aveva avuto durante la prima lezione, aveva
superato in fretta le sue insicurezze relative al volo e, in poco
tempo, aveva scoperto che Volo era una delle sue materie preferite.
Era
come andare in bicicletta, ma molto più fantastico.
Sentire
il vento sulla pelle, vedere il mondo dall’alto e provare
l’emozione di poter volare nel cielo, facendo compagnia agli
uccelli era qualcosa di davvero straordinario.
Pertanto,
spesso, di notte, sgattaiolava fuori dal sotterraneo, per allenarsi
con la scopa e provare qualche acrobazia.
Essendo
figlio di due babbani era molto indietro per quando riguardava il
volo su scopa, rispetto ai suoi compagni di Casa… ma questo
non
l’avrebbe fermato!
Grazie
a ciò, i suoi miglioramenti si erano visti e persino Madama
Bumb si
era complimentata con lui, dicendogli che era uno dei migliori
studenti a Volo che avesse mai visto e che avrebbe dovuto,
l’anno
seguente, fare i provini per la sua squadra.
Aveva
detto un diplomatico “Ci
penserò…”, anche se, in
realtà,
voleva dirle che non l’avrebbe mai fatto.
Bulstrode
l’avrebbe ammazzato se si fosse azzardato a presentarsi ai
provini…
Fortunatamente,
Teddy non si era allontanato troppo, dato che era impegnato ad
evitare, piuttosto malamente, gli spalti e gli anelli…
Lo
raggiunse quando colpì in pieno la Torre del Commentatore e
gli
domandò: “Ti serve una mano?”
Il
Tassorosso, mentre si massaggiava la spalla, si voltò per
vedere chi
l’avesse raggiunto e, quasi subito, sorrise entusiasta:
“Kevin!
Capiti proprio al momento giusto! Athena si è lanciata un
incantesimo su di sé… mi piacerebbe un sacco
aiutarla, ma,
purtroppo, non sono molto abile a volare…”
“Non
preoccuparti, te la prendo io.”
“Grazie!
Temo che fra poco l’incantesimo finirà e dobbiamo
recuperarla
assolutamente…”
“Sta
tranquillo. Aspetta qui.”
Subito,
Kevin fece partire la scopa e sfrecciò
all’inseguimento di Athena.
A
differenza dell’amico, il giovane Serpeverde aveva un
andamento più
sicuro e scansava con più facilità gli spalti.
Teddy
non poté fare a meno di fissare, incredulo,
Kevin… sembrava
incredibile che fosse un Nato Babbano… aveva proprio talento
per il
volo sulla scopa… se fosse entrato nella squadra di
Serpeverde,
probabilmente sarebbe stato uno dei migliori giocatori…
Deciso
ad aiutarlo, Teddy si mise a seguirlo, anche se piuttosto malamente.
Nel
frattempo, Kevin si era allontanato dal campo di Quidditch e vedeva
Athena.
L’avrebbe
raggiunta se le si fosse avvicinato un po’…
Facendo
un respiro profondo per potersi controllare, Kevin fermò un
attimo
la scopa e si mise in bilico sulla canna della scopa, per poi farla
ripartire.
Era
come essere nel film della Disney ‘Il pianeta del
tesoro’…
fortunatamente, i ragazzi del suo quartiere gli avevano insegnato ad
andare in skateboard…
Doveva
solo mantenere la calma e non pensare al fatto che stava facendo surf
nell’aria… non doveva assolutamente guardare
giù…
Notò
la fila di alberi davanti a lui, ma, senza alcun timore, il
Serpeverde li schivò con agilità e destrezza.
Era
prima volta che si sentiva tranquillo e sicuro di
sé… se solo ne
avesse avuta la possibilità, sarebbe entrato nella squadra
di
Serpeverde…
Vedendo
che si stava avvicinando sempre di più alla Corvonero, Kevin
allungò
il braccio, cercando di restare in equilibrio sul manico e,
finalmente, afferrò con la mano, il filo che teneva legata
Athena.
“Presa!”
esclamò il Serpeverde, prima di cadere dalla scopa, ma, con
un gesto
fulmineo afferrò il manico e ritornò in sella,
facendo un sospiro
di sollievo.
“Ehi,
Kevin!” gridò una voce maschile alle sue spalle e,
voltandosi, il
ragazzino, vide che si trattava di Teddy che lo stava, anche se
parecchio malamente, seguendo.
“L’ho
presa!” esclamò Kevin, una volta che il Tassorosso
l’ebbe
raggiunto, il quale annuì: “Ottimo
lavoro.”
“E’
stato grande, Teddy, avresti dovuto vederlo! Sa fare surf sulla scopa
e quando mi ha presa, stava per cadere, ma è riuscito ad
afferrare
il manico all’ultimo secondo!” rivelò,
ammirata, Athena, facendo
diventare Kevin rosso per l’imbarazzo.
“Sì,
l’avevo intuito dai suoi movimenti quanto fosse bravo sulla
scopa…”
ammise Teddy, mentre legava il filo al suo manico, per poi
aggiungere, guardando Kevin: “Dovresti fare i provini per la
squadra di Serpeverde, l’anno prossimo. Sulla scopa sei
davvero
straordinario.”
“Vorrei,
ma non ne sono sicuro… sai, vengo da una famiglia di
babbani… non
credo che mi vorrebbero in squadra…”
“Almeno
provaci. Solo perché sei un Nato Babbano non significa che
non puoi
far parte di una squadra di Quidditch.”
Kevin
rimase in silenzio un attimo, poi affermò, con sicurezza e
determinazione: “Hai ragione, Teddy. L’anno
prossimo, farò il
provino per il ruolo di Cacciatore e se non lo passerò,
continuerò
ad allenarmi, senza sosta, in modo da realizzare il mio sogno:
diventare un giocatore di Quidditch professionista!”
Teddy
e Athena rimasero in silenzio.
Nonostante
fosse un Nato Babbano, la determinazione che Kevin aveva tirato fuori
da quel discorso dimostravano, senza ombra di dubbio, che era un vero
Serpeverde.
Teddy
fece un sorriso di fiducia e affermò, con sicurezza:
“Ci
riuscirai.”
I
due ragazzi scontrarono i loro pugni in tono amichevole, come per
infondere a vicenda della fiducia.
“Ora
devo andare.” disse il Tassorosso “Devo assicurarmi
che
l’incantesimo finisca sopra a qualcosa di morbido.”
“Fa
pure. Penso che andrò anch’io.”
“Ci
vediamo.”
“Contaci.”
Teddy,
con Athena legata alla sua scopa, sfrecciò via nel cielo
azzurro.
Kevin
rimase un attimo ad osservarli, poi fece per partire a sua volta.
“Fermo
lì, stupido babbano da quattro soldi! Adesso, io e te
facciamo i
conti!” lo bloccò un’adirata e giovanile
voce maschile.
Kevin
ebbe un brivido lungo la schiena, in quanto aveva riconosciuto subito
quella voce.
Si
voltò ed ebbe la conferma dei suoi sospetti: c’era
Bulstrode
dietro di lui, con un’espressione furibonda sul viso, con
alle sue
spalle l’intera squadra di Serpeverde.
“Ehm,
ciao… non dovreste essere
all’allenamento?” domandò, nervoso,
Kevin e il capitano, furibondo, esclamò:
“L’allenamento può
attendere, razza di arrogante sfacciato… come ti sei
azzardato ad
entrare nello spogliatoio per rubare una scopa?!”
“Era
una situazione d’emergenza… ma ne ho presa una
rovinata e piena
di schegge… per la precisione una Comet 270. Dubito che
appartiene
ad uno di voi.”
“E
tu come diavolo fai a sapere che quella è una Comet
270?”
“Beh,
ho letto un libro sui modelli delle scope del secolo scorso…
nessuno di voi, userebbe una scopa come questa…”
“Tsk,
sei proprio un idiota senza cervello… certo che usiamo
quelle
vecchie scope per allenarci! Le nostre scope si rovinerebbero se le
utilizziamo durante l’allenamento e alle partite faremmo la
figura
degli straccioni.”
“Ecco
perché le vostre scope sembrano sempre nuove durante le
partite…
tutti pensano che le compriate prima di ogni partita per fare bella
figura e per dimostrare che avete i soldi, ma, in realtà,
non le
usate mai!”
“Bravo…
e quella che stai montando in questo preciso istante, è la
mia scopa
per gli allenamenti! Ho dovuto usare quella da partita per inseguirti
e riprendermela!”
“Mi
dispiace… scendiamo, così te la restituisco
subito…”
“Credi
di potertela cavare così, brutto ladruncolo?”
“Non
capisco… è tutta intera e te le restituisco
subito, cos’altro
vuoi?”
“Voglio
che tu capisca che devi stare alla larga dallo spogliatoio e dalle
scope, mi sono spiegato?!”
“Che
cosa vuoi?”
“Che
tu lucidi le scope e rimetta a posto le palle da gioco per un mese
intero! Così, finalmente, capirai
qual’è il tuo posto!”
“Lo
so già qual’è il mio posto,
Bulstrode!”
“Ah,
sì? E qual’è?”
“Il
mio posto è nella Casa di Serpeverde, proprio come il
vostro!”
Per
un attimo, tutta la squadra rimase un attimo in silenzio, limitandosi
a spostare lo sguardo, per guardare negli occhi i compagni, ma poi
scoppiarono tutti a ridere, divertiti.
“Se
speri di essere degno della nostra Casa solo perché il
Cappello
Parlante ti ha scaricato lì, ti sbagli di grosso! Ormai,
quel coso
sta perdendo la magia e la testa… sei solo uno sporco
mezzosangue
e, come tale, non avrai mai il diritto di farne parte! Tu non sei uno
di noi!” affermò Bulstrode, non appena
finì di ridere, ma Kevin,
senza perdere la sua calma e sicurezza, continuò:
“Guarda che non
basta essere di famiglia purosangue per avere il diritto di farne
parte, non siamo mica dei cavalli! Sono necessarie altre
qualità per
averne il diritto, tra cui l’ambizione e la determinazione! E
io
sono orgoglioso di affermare che sono molto determinato!”
“E
in cosa sei determinato? Sentiamo...”
“Sono
deciso ad ottenere molte cose… ma questo mio desiderio
t’interesserà molto… io,
l’anno prossimo, farò il provino per
la Squadra di Quidditch di Serpeverde!”
Anche
questa sua affermazione fu accolta da rumorose risate.
“Se
speri che io ti lasci giocare per la squadra, ti sbagli di grosso,
idiota! Ci sono molti canditati migliori di te…”
“Prima
di fare affermazioni del genere, ti consiglio di assistere ai
provini. Chissà, potresti cambiare opinione.”
“Di
sicuro, prima ti toglierò quella tua ridicola
sicurezza…” sibilò
Bulstrode, tirando fuori dalla tasca della divisa la bacchetta.
“Bulstrode,
l’avverto che se lancerà l’incantesimo,
sarò costretto a
toglierle dei punti!” lo fermò una voce sotto di
loro.
La
squadra e Kevin guardarono sotto di loro e videro Lumacorno con la
bacchetta davanti a sé.
Evidentemente,
aveva lanciato Sonorus per farsi sentire anche da
quell’altezza.
A
confermarlo, fu il fatto che il professore avvicinò la
bacchetta
alla bocca ed esclamò: “Forza, tutti
giù, davanti a me. Anche
lei, signor Harrison.”
“Sei
morto, schifoso Sanguesporco.” sibilò, adirato,
Bulstrode,
puntandogli l’indice contro, e Kevin non poté fare
a meno di
deglutire, nervoso.
Qualcosa
nel suo tono di voce gli aveva fatto che non stava scherzando e che,
non appena avrebbe potuto, avrebbe messo in atto quella minaccia.
Lentamente,
il gruppo di Serpeverde scese e planò proprio davanti a
Lumacorno.
L’insegnante
di Pozioni osservò in silenzio tutti i presenti, per poi
domandare,
con voce giovale: “Posso sapere perché stavate
litigando, invece
di allenarvi?”
“E’
tutta colpa di questo novellino, professore! Ha osato rubare la mia
scopa!” iniziò subito Bulstrode e Kevin
protestò: “L’ho solo
presa in prestito un attimo! Dei miei amici erano in
difficoltà e
dovevo aiutarli! Stavo giusto riportandola al suo posto, quando vi ho
incontrato!”
“Balle!
Dillo che volevi sabotarmi!”
“Ma
come ti permetti?! Guarda che sono anch’io un Serpeverde!
Sabotarti
avrebbe significato sabotare l’intera squadra della mia
Casa!”
“Calma,
calma… a quanto pare, è stato solo un semplice
incidente…
Harrison, restituisca la scopa a Bulstrode e poi, andate al campo.
Per questa volta, non verranno tolti punti a nessuno. Veloci, che
è
già tardi.” s’intromise Lumacorno, in
modo da evitare una rissa.
Kevin,
ancora offeso e adirato, passò la scopa a Bulstrode, il
quale,
mentre prendeva la scopa, sibilò: “Fa vedere la
tua brutta faccia
ai provini, l’anno prossimo, e ti garantisco che non uscirai
vivo
da lì. E se sarai ancora vivo, sarai così
malridotto che nemmeno la
tua mammina babbana ti riconoscerà!”
Nonostante
l’agitazione crescente, Kevin continuò a fissare
con orgoglio e
determinazione il capitano, sussurrandogli a sua volta:
“Provaci.”
“Non
credo che sarai così sicuro di te, quel
giorno…”
Una
volta ripresa la scopa di Bulstrode, la squadra si
allontanò,
seguita a piedi dal professor Lumacorno.
Tuttavia,
il capitano si voltò un’ultima volta a guardare in
malo modo
Kevin.
Evidentemente,
gli scottava proprio essere stato affrontato da un Nato Babbano che
gli aveva persino tenuto testa.
Il
Serpeverde sapeva già che ai provini gli avrebbe reso la
vita un
inferno e che avrebbe fatto di tutto per sabotarlo… ma non
intendeva arrendersi.
Anche
se era il figlio di due babbani, non aveva alcuna intenzione di
essere considerato diverso ed inferiore rispetto agli altri maghi.
L’anno
prossimo, avrebbe dimostrato a tutti di che pasta era capace!
“Beh,
grazie della spiegazione, Lancelot… ho capito quasi
tutto…”
esclamò Monica, con un sorriso imbarazzato, allontanandosi
dalla
finestra.
Ad
essere sincera, non aveva capito proprio niente della sua spiegazione
e più di una volta aveva rischiato di sbadigliare per la
noia… ma,
almeno, Oliver era riuscito ad uscire dalla Torre di Grifondoro senza
essere beccato...
Fortunatamente,
Lancelot sembrava non avere colto il sottinteso, dato che, con un
sorriso orgoglioso, esclamò: “Di niente, Monica.
Basta osservare
il piumaggio e…”
Stranamente,
Lancelot non finì la frase e, voltandosi, la ragazzina vide
che
stava osservando con molta attenzione qualcosa dalla finestra.
“Cosa
diavolo…?” sussurrò, ad un tratto, il
Prefetto, per poi urlare:
“Ma è quell’idiota di mio fratello!!!
Cosa diavolo ci fa sul
tetto?!?!”
Monica
corse subito a vedere e scoprì che Lancelot aveva ragione.
C’era
Gal che stava correndo sul tetto, come se fosse inseguito da
qualcuno.
“Adesso
mi sente quello stupido! Oh, se mi sente…”
sibilò Lancelot,
mentre apriva la finestra, con l’obiettivo di urlargli di
tutto e
di più, ma venne bloccato da Monica: “Aspetta, se
si deconcentra,
potrebbe cadere e ammazzarsi!”
“Hai
ragione, Monica! Correrò ad informare immediatamente la
McGranitt!
Se spera che io passi sopra a questa sua bravata solo perché
è mio
fratello, si sbaglia di grosso! E dopo averlo detto alla preside,
invierò un messaggio a nostra madre! Così, quel
cretino imparerà a
contenersi la prossima volta!”
Un
brivido di paura corse lungo la schiena di Gal.
Aveva
la sensazione che qualcuno stesse per raccontare a sua madre che lui
si trovava sul tetto della scuola…
Sua
madre era la donna più dolce e tranquilla del mondo,
finché non si
arrabbiava, il che succedeva ogni volta che lui combinava qualcosa.
Quando
ciò accadeva, diventava, di colpo, la cosa più
spaventosa del
mondo… non si sarebbe di certo sorpreso se il suo Molliccio
avrebbe
preso le sembianze di sua madre quand’era in versione
furibonda…
Comunque,
per il momento, aveva cose più importanti a cui
pensare… tre
manigoldi lo stavano rincorrendo sui tetti per riprendersi un vecchio
tomo che gli aveva preso…
Se
qualcuno gli avesse detto che si sarebbe ritrovato a proteggere un
libro, gli avrebbe dato del pazzo.
Se
c’era una cosa che odiava con tutto sé stesso,
dopo i compiti e la
scuola, erano proprio i libri!
Almeno
stava vivendo l’avventura al limite del pericolo che aveva
sempre
sognato…
Ad
un tratto, si accorse di una piccola nicchia nascosta sotto ad un
torrione.
Era
un po’ un azzardo, ma poteva nascondersi lì
finché quei ladri non
se ne sarebbero andati, anche perché sentiva dei passi
avvicinarsi
sempre di più.
Veloce
e quatto come un ratto, ci s’intrufolò dentro e
rimase in attesa.
Poco
dopo, il misterioso individuo che camminava dietro di lui si
fermò
proprio davanti alla nicchia e vide che si trattava di Delphini, la
quale era visibilmente affaticata dopo quella lunga corsa.
Era
così impegnata a riprendere fiato che non si accorse che
Zubin era a
cinque metri di distanza da lei e le stava puntando contro la
bacchetta.
“DELPHINI,
STA’ ATTENTA!!! ALLE TUE SPALLE!!!” le
urlò Gal, senza nemmeno
rendersene conto e, immediatamente, la ragazzina si voltò e
gridò,
a sua volta: “Stupeficium!!!!”
L’energia
uscita dalla bacchetta, colpì in pieno lo stomaco
dell’aggressore,
facendolo svenire.
Una
volta sistemato, Delphini si voltò verso Gal ed
esclamò, senza
parole: “Hai ripreso a parlare!”
Per
tutta risposta, il ragazzino si massaggiò la gola ed ammise:
“E’
vero… pensa che non me n’ero neanche
accorto…”
“Conoscendoti,
non dubito… è da poco che hai sentito il prurito
alle corde
vocali?”
“Quale
prurito?”
“Quando
l’effetto di Silencio sta svanendo, le corde vocali iniziano
a
prudere sempre di più.”
“Ah,
capisco…”
La
sua voce imbarazzata fece intuire a Delphini che aveva sentito il
prurito, ma parecchio tempo addietro.
“Gal…”
sibilò, furibonda, Delphini, avvicinandosi al compagno, per
fissarlo
dritto negli occhi “Quando hai sentito il prurito? E non
osare
mentirmi!”
Gal
non poté fare a meno di deglutire nervosamente.
Quella
Serpeverde era un vero asso nel mettere la gente sotto
pressione…
“Ecco…
ho sentito un prurito alla gola… quando mi sono
svegliato… e
abbiamo ritrovato Teddy e gli altri…” ammise il
Grifondoro,
preparandosi alla sfuriata che sarebbe arrivata a breve.
Infatti,
Delphini rimase un attimo in silenzio, per poi urlare, furibonda:
“Galahad Sandlers… mi stai dicendo che potevi
parlare da DUE
ORE?!?!?!”
“Abbassa
la voce, Delphi, altrimenti svegliamo tutti…”
tentò di calmarla,
Gal, ma la ragazzina non aveva alcuna intenzione di calmarsi:
“Sei
una testa di rapa senza cervello!!! Se esistesse una Casa per le
zucche vuote, sarebbe perfetta per te!!! Ne ho incontrati
d’idioti
nella mia vita, ma tu li batti tutti, te lo garantisco!!!!!”
“Senti,
Delphi, è la prima volta che vengo
silenciato…”
“Silenciato?”
“Beh,
hai capito… sono stato colpito dall’incantesimo
Silencio…”
“No
comment.”
“Va
beh, comunque… io mica sapevo i sintomi della fine
dell’incantesimo, dato che era la prima volta…
piuttosto, tu come
fai a sapere che il prurito alla gola significa che
l’incantesimo
sta finendo?”
Per
un istante, il volto della coetanea divenne livido per la rabbia,
mentre stringeva i pugni così forte da farli diventare
bianchi.
Tuttavia,
riuscì a calmarsi e a dire, anche se con un accento di
rabbia e
nervosismo: “Un ragazzo di Serpeverde mi ha raccontato che
quand’era piccolo, suo cugino, durante un litigio, gli
lanciò un
Silencio.”
“Ah…”
fece Gal, anche se non ne era per niente convinto.
Non
sapeva perché, ma c’era qualcosa, in quella
storia, che non lo
convinceva per niente… ma, se avesse provato a scavare
più a
fondo, quella lo avrebbe ucciso, senza troppi problemi e ciò
non era
consigliabile su un tetto…
Ad
un tratto, Delphini fece un’espressione sorpresa e
spostò lo
sguardo.
“Che
succede, Delphi?” domandò il Grifondoro e la
ragazzina, puntando
l’indice verso lo zaino del coetaneo, domandò:
“Per caso, hai
dimenticato una merendina là dentro qualche mese fa e,
adesso, ha
preso vita?”
“Che
simpatica. Certo che no!”
“Meglio
per te. Comunque, c’è qualcosa che si sta muovendo
là dentro…”
“Ma
sta tranquilla, probabilmente non è niente. Sta a
guardare…”
Con
tutta la calma del mondo, Gal mise lo zaino per terra e lo
aprì, ma
da essa uscì, veloce come il lampo, il libro che avevano
preso dalla
torre.
“Il
libro!!!” urlò Gal, tentando di recuperarlo, ma il
libro,
nonostante la massa, era agile e rapido come una farfalla, pertanto,
impossibile da acchiappare.
Nel
tentativo di prenderlo, Gal rischiò di cadere, ma venne,
prontamente, acchiappato per il maglione da Delphini.
Un
po’ sorpreso dal gesto dell’amica, Gal la
fissò e le domandò:
“Tu… mi hai appena salvato?”
“Certo,
tonto. Non voglio avere un altro morto sulla coscienza.”
“Hai
già ucciso?!”
“Ma
secondo te?! Io non ho mai ammazzato nessuno!”
In
fondo era vero, lei non aveva mai ucciso nessuno… a
differenza dei
suoi genitori.
Gal
non poteva immaginarlo, ma era atroce dover subire il peso di essere
la figlia di due pazzi che avevano ucciso e torturato una marea di
persone per puro divertimento, portando anche qualche povero
disgraziato alla follia, come nel caso dei coniugi Paciock…
Era
tremendo dover vivere con il rimorso di quello che i suoi avevano
fatto… oltre al fatto che doveva farsi in quattro per
nascondere il
suo segreto, attraverso bugie e trucchi...
“Sto
solo facendo le prove per quando diventerò Auror e
salverò delle
vite.” raccontò, con la massima noncuranza, il
trucco per far
credere che stesse dicendo la verità, la ragazzina e Gal
commentò:
“Pensi già che dovrai uccidere qualcuno?”
“Io
non penso niente. Io lo so, punto.”
“Cinica
e diretta.”
“Benvenuto
nel mondo reale, gonzo.”
Per
tutta risposta, Gal fece una smorfia seccata, ma, subito, Delphini lo
redarguì: “Invece di perdere tempo per questo
sciocchezze,
concentrati su quello stupido libro che sta volando come uno stupido
pennuto, non tenendo conto della forza di gravità!”
“Agli
ordini, Delphi!”
“E
finiscila di chiamarmi Delphi, cretino! O ti faccio cadere sul
serio!”
Stava
correndo solo da pochi minuti, eppure gli sembrava di correre da
secoli… soprattutto per via del fiatone e dal cuore che
batteva a
mille.
Oliver
si fermò un attimo, cercando di riprendere fiato e fu
proprio in
quel momento che se ne accorse.
Dalla
borsa, c’era qualcosa che si stava muovendo a tutta
velocità al
suo interno… e ciò lo preoccupava non poco.
Una
volta, aveva visto un film horror con lo zio Lapo, dove la mano di un
morto vivente era stata messa dentro una borsa, ma questa aveva
ripreso vita e aveva strangolato il povero malcapitato e tutti quelli
che gli capitavano a tiro, finché qualcuno non le aveva
sparato,
disintegrandola in tanti minuscoli pezzettini di carne.
Ogni
volta che ripensava a quella scena, stava male…
Ma
lui non aveva messo nessuna mano di un morto vivente dentro di
essa…
forse, un topolino si era solo intrufolato dentro…
Deglutendo,
il giovane Tassorosso aprì nervosamente la cerniera della
borsa, ma,
proprio in quel momento, qualcosa uscì in tutta fretta da
essa,
facendolo urlare e coprendo d’istinto la gola.
Tuttavia,
non appena ebbe guardato meglio cosa era uscito, si calmò.
Era
solo la penna di Augurey che aveva salvato da quei
delinquenti…
evidentemente, voleva muoversi un po’…
“Su,
torna dentro. Se qualcuno dovesse vederti, sarebbe un
casino…”
tentò di riprenderla il giovane mago, ma essa era
più scivolosa
delle uova di rane, evitando con grazia ed eleganza le sue dita
paffute che tentavano, invano, di riprenderla.
Ad
un tratto, la penna, forse stufa di quel gioco, si diresse a tutta
velocità verso il corridoio.
“Oh,
no… ehi, torna immediatamente qui!”
protestò Oliver, partendo
all’inseguimento più assurdo della sua vita.
Incurante,
la piuma continuò a volare, finché non
notò una vetrata aperta e,
veloce come un lampo, passò dall’altra parte.
“Mamma
mia… ma perché finisco sempre in queste assurde
situazioni…”
mugugnò Oliver, oltrepassando anche lui la vetrata, anche se
si
fermò di colpo.
Sotto
di lui c’era il Cortile della Torre dell’Orologio,
distante dalla
sua altezza qualche centinaia di metri…
Alzò
lo sguardo e notò che il tetto era a pochi metri di
distanza…
forse, se avesse allungato le braccia…
Per
un attimo, il Tassorosso rimase immobile, indeciso sul da farsi.
Una
parte di lui gli stava urlando di lasciar perdere e di tornare
indietro, al sicuro… ma anche l’altra
metà stava urlando, con la
differenza che essa gli stava dicendo di correre il rischio e di
provare a salire di nuovo sul tetto… non sapeva proprio cosa
decidere… ci teneva alla pelle, ma teneva anche ai suoi
amici…
Proprio
in quel momento, gli tornò in mente Teddy.
Lui
aveva rischiato di restare ammazzato da un incantesimo di Zubin solo
per salvarlo… che razza di amico era se abbandonava lui e
gli altri
così, solo perché aveva paura?!
Inspirando
ed espirando profondamente, Oliver allungò le braccia e
scoprì che
non solo raggiungeva il portico, ma poteva anche sollevarsi.
Con
calma e nervosismo, il Tassorosso si issò.
Mentre
faceva quell’operazione delicata e pericolosa, gli parve di
sentire
la borsa bruciare, ma decise di lasciare perdere.
In
quel momento, aveva decisamente altro a cui pensare…
Una
volta al sicuro, respirò profondamente.
Ce
l’aveva fatta… ma che terribile
spavento…
In
quel momento, si accorse che la coscia bruciava e abbassando lo
sguardo, vide la sua borsa.
Allora
c’era davvero qualcosa che stava diventando incandescente al
suo
interno…
Con
la sua solita circospezione, il ragazzino aprì di nuovo la
borsa e
vide solo il Cappello Parlante.
Incuriosito,
lo prese, ma, quasi subito, lo lasciò cadere.
Era
bollente!
Inaspettatamente,
il cappello, quando toccò il tetto, produsse un suono
metallico
parecchio forte.
Sorpreso,
Oliver guardò di nuovo il vecchio indumento e
notò che da esso
fuoriusciva un rubino grosso come una noce.
Incuriosito,
il Tassorosso toccò con tre dita il rubino, per poi
spingerlo verso
di lui, ma, mentre lo tirava verso di sé, attorno al rubino
comparve
un manico fatto d’argento così puro da essere
luminoso.
Senza
parole, Oliver tirò fuori il manico e, con suo grosso
sgomento,
apparve la più bella e luminosa spada che avesse mai visto,
alla cui
superficie erano incastonate le più superbe gemme che avesse
mai
visto, così luminosa da sembrare brillare, quando i raggi
del sole
la toccavano.
Quella
doveva essere la spada di Godric Gryffindor, non poteva essere
altrimenti!
Ma
come diavolo aveva fatto a tirarla fuori?!
Era
solo un semplice e mite Tassorosso, non un coraggioso
Grifondoro…
Dopo
un attimo di stupore, il viso di Oliver divenne l’espressione
vivente della determinazione.
Mise
il Cappello Parlante nella borsa e, con la spada in mano, si mise a
correre sui tetti.
Non
gl’importava come diavolo avesse fatto a tirarla fuori da
esso…
ma sapeva cosa doveva fare, adesso.
Trovare
Gal e dargli la spada.
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Capitolo 25 *** Il soffio del drago ***
Capitolo 25: Il soffio del
drago
Se
c’era una cosa che la McGranitt proprio non sopportava, era
la
confusione fin dal primo mattino… soprattutto, se la
confusione si
trovava nel suo ufficio e, in quel momento, nel suo ufficio si stava
scatenando il pandemonio.
La
donna si massaggiò, esasperata, le tempie, mentre Gazza
farneticava
sul fatto che tre studenti irrispettosi stessero correndo per i
corridoi, nello stesso momento in cui i tre colpevoli si difendevano
parlando di una ragazzina che si era lanciata un incantesimo su
sé
stessa e che adesso stava volando nel cielo, col rischio che
l’incantesimo finisse da un momento all’altro e che
stramazzasse
al suolo, mentre dei banditi stavano dando la caccia a degli oggetti,
che non aveva ancora afferrato di cosa si trattasse, in quanto
entrambe le parti continuavano ad urlarsi a vicenda.
A
peggiorare la situazione, c’era il fatto che il Prefetto di
Grifondoro, Lancelot Sandlers, era arrivato di corsa raccontando che
il fratello minore si trovava sul tetto della scuola!
E
come ciliegina sulla torta, i quadri dei presidi più
rumorosi del
suo ufficio, Severus Piton e Phineas Nigellus Black, tanto per fare
dei nomi, si erano messi ad urlare che i ragazzi di oggi erano
irrispettosi e in cerca di gloria, per Piton il motivo era che
stavano imitando Potter, mentre per Black ciò era dovuto al
fatto
che si stesse permettendo ai Nati Babbani di frequentare Hogwarts.
L’unica
cosa che aveva ben chiaro era che tutta quella cagnara le stava
facendo venire un gran mal di testa...
“Insomma,
adesso basta! Datevi tutti una calmata!” sbraitò,
esasperata, la
McGranitt: “Severus, Phineas, fatemi il piacere di stare
zitti, una
buona volta! Quanto a lei, Sandlers, veda di far silenzio e di
aspettare con calma il suo turno, anche se è un Prefetto!
Gazza,
contieniti! In quanto a voi tre, Jones, Brown e Nott, mettetevi
d’accordo su chi parli per tutti e tre! Ne ho abbastanza di
questo
casino!”
I
tre studenti del primo anno, si guardarono, indecisi.
“Se
volete, parlo io.” fece Abel e Christian annuì:
“Fa come vuoi.”
Anche
Elizabeth acconsentì con un movimento della testa.
L’idea
di parlare alla preside la spaventava non poco…
“Questa
ragazza ha detto di aver visto la sua migliore amica, Athena Doyle,
volare come un palloncino vicino alla torre di Corvonero. Da quello
che le ha detto, si è lanciata l’incantesimo di
levitazione su di
sé… comunque, pare che ci siano tre tizi che
hanno rubato il
Cappello Parlante, un libro e una piuma…”
iniziò Abel, venendo
interrotto dalla McGranitt: “Cosa?! Hanno preso il Cappello
Parlante?!”
Sembrava
seriamente preoccupata…
Subito,
la preside si alzò dalla scrivania e diede
un’occhiata alla
libreria dietro di sé.
“Il
Cappello Parlante è davvero sparito! Ma come diavolo hanno
fatto
a…?!” disse la donna e, in quel momento, il quadro
di un vecchio
signore con la barba e gli occhiali a mezzaluna, rivelò:
“Hanno
preso l’altra strada, Minerva.”
“Cosa
intende, professor Silente? Lei li ha per caso visti?”
“Ma
certo, Minerva. Quand’ero il preside avevo
l’abitudine di fare
lunghe passeggiate nel castello durante la notte e il mattino presto.
Sai, Minerva, nelle ore stravaganti, ci si imbatte spesso in fatti
bizzarri ed interessanti, per questo adoravo quelle passeggiate.
Quelli sono i momenti in cui si rivela la vera natura di una persona
e accadono cose che, di solito, non avvengono alla luce del
sole.”
“E
questa mattina...”
“Ho
visto il passaggio segreto della libreria aprirsi e mostrare alcuni
ospiti parecchio inaspettati, sorpresi a loro volta di trovarsi
nell’ufficio della preside. Una di essi, ha usato
l’incantesimo
d’appello per prendere il Cappello Parlante e poi andarsene
per
quel passaggio.”
La
McGranitt ascoltò ciò che il vecchio preside le
stava raccontando,
strabiliata.
Non
avrebbe mai pensato che qualcuno scoprisse il passaggio della
libreria… ma come avevano fatto a trovarlo, senza entrare
dal suo
ufficio?!
Evidentemente,
avevano scoperto un altro passaggio segreto collegato a sua volta con
quello del suo ufficio… in tanti anni di lavoro ad Hogwarts,
ormai,
non si stupiva più di una simile
eventualità…
La
cosa che la preoccupava, invece, era che se quei tizi avevano trovato
quel passaggio, di sicuro avevano anche trovato le scale per la
torre… e nella torre c’erano…
Preoccupata,
la preside corse verso la scrivania e spostò alcuni libri,
cambiando
il loro ordine.
Dopo
pochi secondi, la libreria si spostò con un cigolio e
apparve un
corridoio buio dove la McGranitt, incurante degli altri presenti.
Incuriositi,
Abel e Christian si avvicinarono al passaggio, ma vennero prontamente
bloccati da Lancelot: “Voi due non andate da nessuna parte.
Ricordatevi che sono un Prefetto!”
Pochi
secondi dopo, si senti un urlo provenire dal passaggio e, pochi
secondi dopo, riapparve, trafelata, la McGranitt.
Per
tutti i presenti, fu strano vederla in quello stato.
Aveva
sempre avuto un comportamento calmo ed austero, quando
c’erano
delle difficoltà, ma, stavolta, non era così.
Era
agitata e parecchio nervosa, come se fosse appena accaduta la cosa
più terribile del mondo.
“Professor
Silente, è appena accaduto un disastro, una
tragedia!” urlò,
isterica, la preside al quadro e Silente, con calma e
tranquillità,
in pieno contrasto col comportamento della donna, domandò:
“Calma,
Minerva. Se ci agitiamo, peggioriamo solo le cose.
Cos’è
successo?”
“La
Piuma dell’Accettazione e il Libro dell’Ammissione
sono spariti,
professore! Sono stati rubati!”
Non
appena la McGranitt ebbe appena finito di parlare, tutti i quadri
della stanza cominciarono ad agitarsi.
“Cosa?!
La Piuma dell’Accettazione e il Libro
dell’Ammissione rubati?!”
“E’
una tragedia, una vera tragedia!”
“Come
farà Hogwarts l’anno prossimo con i nuovi
iscritti?!”
“E’
un disastro su tutti i fronti!”
“Neanche
la Battaglia di Hogwarts è paragonabile a questo!”
“Se
i Fondatori di Hogwarts lo sapessero, si rivolterebbero dalla
tomba.”
“Idiota,
ti ricordo che ci sono i loro quadri a scuola! Appena lo sapranno
faranno una scenata…”
“Per
me, il ladro è un Babbano! Succede sempre
così…”
“Phineas,
come avrebbe fatto un babbano ad entrare qui dentro?”
“E
che ne so? Hanno i loro metodi…”
“Non
avrei mai pensato che sarebbe esistito qualcuno più
arrogante,
spericolato ed insolente di Potter, sia il padre che il figlio! Se
solo potessi dare a quei tizi la lezione che
meritano…”
“Severus,
per favore…”
L’unico
quadro che rimase tranquillo, nonostante il putiferio generale, fu,
ovviamente, quello di Silente, il quale, invece, si girò
verso
Christian, Abel, Elizabeth e Lancelot, dicendo loro:
“Tuttavia,
quei bricconi hanno avuto pane per i loro denti, non è
vero?”
“Cosa
intende, professore?” chiese, sorpreso, Lancelot e Silente
rispose:
“Siete venuti qui per parlare di alcune vostre vecchie
conoscenze
che, per un motivo o per l’altro, si trovano sui tetti della
scuola… uno dei quali aveva un casco da aviatore babbano,
mentre
una ragazza di Corvonero con gli occhiali sta levitando come un
palloncino… non vi sembra una coincidenza molto curiosa il
fatto
che si trovano entrambi su un tetto di mattina presto?”
Proprio
in quel momento, con un sussurro, Elizabeth ammise, arrossendo:
“E-ecco, signore… Athena mi ha detto che lei e
altri ragazzi sono
riusciti a riprendere quei tre oggetti… e che adesso sono in
fuga…”
“Come
temevo. Sarà meglio raggiungere in fretta il tetto per
aiutarli,
prima che finisca male per loro.” annuì con un
sorriso Silente,
per poi dire: “Minerva, sai cosa fare.”
“C-certo,
professor Silente…” esclamò, ancora
sconvolta, la donna, per poi
ordinare a Gazza: “Presto, Gazza! Dobbiamo correre ad
informare gli
altri insegnanti!”
“Adesso?”
“Adesso!
Sei quei tre fuggono da Hogwarts con il Cappello Parlante, il libro e
la piuma, tanto varrebbe chiudere la scuola l’anno prossimo!
Su,
muoviti! E anche voi quattro, svelti!”
Tutti
uscirono dalla porta, mentre i quadri continuavano a commentare,
preoccupati.
Nessuno,
pertanto, fece caso ad un serpente con la pelle nera che era uscito,
sibilando, dal passaggio dell’ufficio rimasto aperto.
Nessuno,
tranne un vecchio con la lunga barba bianca e gli occhiali a
mezzaluna.
“Tutto
ok, Athena?” domandò Teddy all’amica, la
quale continuava a
restare legata alla scopa del ragazzino.
“Tutto
ok!” fu la risposta di Athena e il giovane Tassorosso
annunciò:
“Bene, allora provo ad atterrare…”
Mentre
diceva ciò, il Metamorfomagus provò a scendere,
ma colpì col
manico il cornicione con così tanta violenza da buttarlo
giù dalla
scopa.
Fortunatamente,
atterrò sul tetto, nonostante il marmo gli fece un male
pazzesco.
“Ti
sei fatto male?” domandò Athena, mentre Teddy,
seppur dolorante,
la liberava dalla scopa, rassicurandola: “Sto bene, sto
bene…
ormai sono abituato alle botte della mia
goffaggine…”
“Oh,
cavolo…” sussurrò Athena e non appena
Teddy si fu girato, capì
il motivo delle preoccupazioni della Corvonero.
C’era
Woodrow, dietro di loro, con la bacchetta puntata su Athena.
Erano
appena caduti dalla padella alla brace…
“Non
provare a salire sulla scopa, ragazzino, se non vuoi che gioco al
tirassegno con la tua amichetta volante.”
l’informò, subito,
l’uomo, per poi intimare: “Adesso, dammi quella
scopa.”
“Ti
avverto che è di Delphini, la mia amica col serpente nello
zaino.
Guarda, temo che sia già abbastanza infuriata per il fatto
che
gliela abbia presa senza chiedere…”
tentò di avvisarlo,
preoccupato, Teddy, ma l’altro lo ignorò:
“L’altra tua
amichetta sarà già finita nelle mani del capo e
di Zubin. Spero che
il capo mi dia il permesso di farci due chiacchiere più
tardi… il
suo scherzetto di poco fa non mi è piaciuto neanche un
po’…”
Anche
l’espressione furibonda dell’uomo faceva capire che
non stesse
per niente scherzando…
Woodrow
fece un movimento con la bacchetta e, dalla sua estremità,
apparvero
delle corde che legarono completamente il giovane Metamorfomagus.
“Bene,
e un impiccione è sistemato!” esultò
l’uomo dirigendosi verso
la scopa di Delphini, ma, proprio quando fu di fianco a Teddy,
sentì
qualcosa di terribilmente pesante precipitargli addosso.
“Oh,
scusa, mi dispiace… all’improvviso mi sono sentita
pesante…”
si scusò, imbarazzata, Athena, seduta sulla schiena di
Woodrow.
“Presto,
prendigli la bacchetta!” la pregò Teddy e la
Corvonero ubbidì.
“Conosci
qualche incantesimo per liberarmi?” domandò,
preoccupato, il
Tassorosso e Athena fece un grosso sorriso, rispondendo: “No,
ma in
queste situazioni, è meglio usare il vecchio
sistema.”
Tirò
fuori da una tasca dei pantaloni un coltellino e si
raccomandò: “Non
muoverti e cerca di trattenere il respiro.”
Teddy
obbedì e l’amica cominciò a lavorare.
Pochi
minuti dopo, l’undicenne era di nuovo libero.
“Grazie,
sei stata fantastica!” la ringraziò,
immediatamente, Teddy e
Athena, risistemandosi gli occhiali, annuì:
“Diciamo che me la
cavo…”
“Prendo
la scopa e, poi, raggiungiamo gli altri.”
Teddy
s’inginocchiò per prendere la scopa, ma, con la
coda dell’occhio,
notò che Woodrow si stava rialzando e stava per colpire
Athena con
un pugnale, approfittando del fatto che la ragazzina era distratta a
guardare i colori del cielo.
D’istinto,
prese la scopa e la tirò in testa a Woodrow, il quale cadde
di
nuovo.
“L’hai
sistemato?” domandò Athena e Teddy ammise:
“Non lo so…
probabilmente sì con la batosta che gli ho
dato…”
“Ottimo…
senti, poco fa hai detto che quella era la scopa di
Delphini…”
“Già,
gliel’ho presa in prestito un attimo per salvarti quando
volavi…
c’è qualche problema?”
“Beh…”
Invece
di parlare, la Corvonero indicò, nervosa, la scopa che Teddy
teneva
ancora in mano e il ragazzo abbassò lo sguardo, sbiancando.
A
causa dell’urto sulla testa di Woodrow, il manico si era
spezzato
in due pezzi, rompendola.
Quello
che Teddy teneva in mano, ormai, era solo un inutile pezzo di legno.
“Ti
prego, dimmi che conosci qualcosa per rimetterlo a
posto…”
sussurrò, nervosamente, Teddy, ma Athena rispose:
“Temo che dovrò
cercare tra i libri… o, alla peggio, uno scotch
babbano...”
“Non
importa, glielo dirò appena la
troverò… senti, secondo te che
cosa mi farà Delphini quando lo
scoprirà?”
“Ti
farà fare la stessa fine di
Nick-quasi-senza-testa…
letteralmente.”
“Non
so quale sia la cosa peggiore tra il morire, diventare un fantasma o
non avere la testa tagliata completamente per pochi
centimetri...”
“Insomma,
hai le mani di burro, Gal?! Quanto ci vuole per prendere uno stupido
libro volante?!” strillò Delphini, mentre il rosso
cercava di
farla calmare: “Un minuto, Delphi… l’ho
quasi preso…”
“Per
l’ultima volta, brutto scemo, chiamami Delphini!!!!”
Ignorando
l’ultimo strillo della compagna, Gal tentò di
afferrare, una volta
per tutte, quell’infernale libro volante.
Se
un giorno si fosse trovato davanti al creatore infernale di quel
libro, gli avrebbe fatto un bel discorso…
Proprio
in quel momento, il libro cominciò a planare nel cielo e,
subito,
Delphini tirò fuori la bacchetta, dicendo: “Accio
libro!”
Un
raggio di luce uscì dalla bacchetta, ma, quando essa
toccò il
libro, si generò della luce abbagliante, rivelando che
c’era una
sfera di luce attorno ad esso.
Evidentemente,
il suo creatore aveva messo anche un incantesimo protettivo attorno
ad esso…
Proprio
in quel momento, Gal vide una specie di freccia nera che schizzava
veloce nella brezza mattutina, in direzione del libro.
Non
appena fu davanti al volume, Gal la riconobbe subito.
Era
la piuma magica!
Eppure
era certo che ce l’avesse Oliver… evidentemente,
essa era
scappata per ricongiungersi con il libro…
La
piuma si avvicinò lentamente al libro e, stavolta,
quest’ultimo
non si chiuse bruscamente, permettendole di scrivere il nome.
Una
volta che ebbe finito, la piuma si avvicinò al tetto,
seguita a sua
volta dal libro.
“E’
la nostra occasione! Presto, Gal! Inseguiamoli! Dobbiamo
prenderli!”
esclamò Delphini, continuando a correre, senza alcun timore
di
cadere.
Nonostante
notò un piccolo muro davanti a sé, la Serpeverde
non rallentò, ma
continuò e, quando fu proprio davanti, Delphini fece un
salto,
atterrando con grazia ed eleganza dall’altra parte.
“Uao…”
non poté fare a meno di dire Gal, ma, proprio in quel
momento, la
ragazzina si girò e disse, seccata: “Non startene
lì impalato,
scemo! C’è un libro che dobbiamo
recuperare!”
“Sarebbe
la ragazza più fantastica e bella del mondo, se non aprisse
la
bocca…” commentò Gal, partendo a sua
volta all’inseguimento.
Nel
frattempo Delphini era ripartita all’inseguimento del libro e
della
piuma.
Finalmente,
dopo un po’, vide che entrambi si erano posati su un
cornicione,
probabilmente per riposarsi un po’.
Si
avvicinò con l’obiettivo di prenderlo, quando
sentì qualcosa
stringerle violentemente il petto, come Asmodeus quando voleva che
gli facesse un grattino sotto il mento, con la differenza che il
serpente non stringeva così forte.
Abbassò
lo sguardo e vide che una corda apparsa all’improvviso che la
teneva legata.
Non
serviva un genio per capire cosa fosse successo…
“Ma
porco… avanti, Bluebell, fatti vedere! Lo so che sei stata
tu! Chi
ci guadagnerebbe a legarmi, se non tu?” sbuffò,
seccata, Delphini
e, infatti, dietro alla ragazza, apparve la cacciatrice di tesori.
“Certo
che sei stata parecchio insolente e dispettosa, ragazzina. Lo
scherzetto del serpente non mi è piaciuto neanche un
po’… dovrò
darti la giusta punizione…”
“E
dammela! L’aspetto!”
Bluebell
l’osservò in silenzio, per poi puntarle la
bacchetta.
“Non
provarci! Allontanati subito da Delphi, Bluebell Borgin!”
urlò una
voce alle spalle della donna.
Bluebell
si girò con fare scocciato e vide Gal, il quale brandiva una
spada,
guardandola in malo modo.
Per
tutta risposta, Bluebell lanciò un incantesimo al
Grifondoro, con
l’obiettivo di metterlo fuori combattimento, ma Gal
usò la spada
per parare il colpo, per poi deviarlo.
La
cacciatrice di tesori rimase un attimo in silenzio, sbigottita da
quanto era appena accaduto per poi sorridere sadicamente e
sussurrare, divertita: “Guarda, guarda… le cose si
stanno facendo
interessanti…”
Bluebell
cominciò a lanciare incantesimi, i quali venivano sempre
parati con
destrezza e abilità da Gal.
Era
evidente che si era allenato parecchio in tutti quei mesi…
“Ehi,
Gal! Ti diamo una mano!” esclamò Teddy, arrivando
affannosamente,
assieme ad Athena.
I
due cominciarono a lanciare gli incantesimi, mentre Gal esclamava:
“Sono felice di vedere che hai smesso di volare,
Athena!”
“Grazie.
Comunque, mi fa piacere constatare che hai ripreso a parlare.”
“Già…”
Era
meglio evitare, per il momento, di specificare che poteva parlare da
un pezzo, solo che non se n’era accorto...
Bluebell
dovette, pertanto, attaccare e, allo stesso tempo, difendersi dagli
incantesimi di Teddy e Athena, il quale, purtroppo, le riusciva anche
molto bene...
“Ma
che paura… cosa posso contro tre ragazzini?”
ridacchiò la donna,
prima che un Flipendo la colpisse duramente alla schiena.
Voltandosi,
vide Delphini, la quale, completamente libera, le stava puntando la
bacchetta contro: “Conta bene… siamo in
quattro.”
“Ma
come diavolo hai fatto a…?!”
“Mi
ha liberato un amico.”
A
quel punto, un lungo serpente dalla pelle verde brillante comparve
tra le gambe della ragazzina.
Bluebell
si rialzò in piedi, ridendo come una pazza.
Per
Delphini, sembrava di aver a che fare con sua madre…
“In
ogni caso, cosa pensate di combinare voi quattro? Siete solo dei
mocciosi del primo anno… non potete fare nulla contro di
me!”
dichiarò la donna, lanciando un nuovo incantesimo, il quale
venne
protetto da un potente Protego di Delphini.
“Sarò
anche una mocciosa del primo anno, non lo nego… ma io, a
differenza
tua, sono speciale e diversa dagli altri. Conosco molti incantesimi
e, soprattutto, so come usarli. Inoltre, mi sono ripresa la piuma e
il libro, senza contare che una che vola nei cieli di Hogwarts attira
di certo l’attenzione… e per concludere in
bellezza, l’unica
scopa qui ce l’ha Teddy. Sei finita, brutta arpia!”
Sentendo
il riferimento alla scopa, Athena e, soprattutto, Teddy, fecero una
faccia nervosa.
Era
meglio non avvisarla che la scopa in questione era praticamente
distrutta...
“Uh?
Perché fate quelle facce?” domandò,
ingenuamente, Gal e, mentre i
due mettevano, contemporaneamente l’indice davanti alla
bocca,
pregandolo di tacere, Delphini li guardò, restando in
silenzio un
attimo, mentre il suo sguardo s’induriva.
Quella
reazione significava solo una cosa…
“Teddy…
fammi vedere la mia scopa.” ordinò, in tono calmo
eppure
spaventoso, Delphini e Teddy, cercando di rimandare
l’inevitabile
disastro, sussurrò: “Beh, forse è
meglio aspettare un attimo…
fra poco arriverà la McGranitt… dobbiamo tenerla
d’occhio, non
credi?”
“Fammi
vedere la mia scopa.” ripeté Delphini con un tono
che annunciava
grossi guai in caso contrario.
Col
cuore in gola, Teddy tirò fuori dalla tasca qualcosa di
piccolo che
poi, con un rapido movimento della bacchetta ingrandì, per
poi
mostrare a Delphini la sua scopa spezzata in due.
Ovviamente,
la reazione della ragazza non si fece attendere.
“Razza
d’idiota, casinista, pasticcione, disastro nucleare
ambulante…
con tutte le cose che potevi distruggere, dovevi proprio scegliere la
mia scopa?!?!” urlò la Serpeverde, così
forte da far volare via
gli uccelli, mentre il povero Tassorosso tentava, invano, di
calmarla: “Scusa, è stato un incidente…
Athena era in pericolo e
io dovevo aiutarla…”
“Rompendo
la mia scopa?”
“Beh,
vedi… l’ho tirata in testa ad un tizio…
lo so, ho agito un po’
d’impulso…”
“Beh,
lascia che ti dica una cosa, mister
Ho-agito-d’impulso… trovane
una nuova o riparami la mia vecchia scopa, altrimenti ti faccio cosa vedere cosa
faccio io quando agisco d’impulso…”
Delphini
era così concentrata a sbraitare che non si accorse che
Bluebell le
stava puntando la bacchetta contro e che le stava per lanciare un
incantesimo.
Se
ne accorse solo quando sentì un rumore metallico alle sue
spalle,
come di un oggetto che cade su una lastra di metallo, unito ad un
tonfo in basso, simile ad un sasso gettato in acqua.
Si
girò prontamente, puntando la bacchetta e vide Gal che si
stava
soffiando sulle mani arrossate.
“Dannazione,
per un pelo!” imprecò la donna, mentre Gal
protestava: “Dannazione
lo dico io! Il tuo incantesimo era così potente che mi ha
fatto
cadere la spada nel lago… inoltre, mi ha anche scorticato le
mani,
ahia…”
Delphini
lo osservò un attimo, senza parole.
Quello
sciocco le aveva salvato la vita… forse, dopotutto, sarebbe
anche
potuto diventare un ottimo Auror…
“Ehm,
ragazzi… non è che qualcuno di voi può
prestarmi la bacchetta?
Non riesco più a trovarla… temo che mi sia caduta
durante la corsa
sui tetti…” domandò, in quel preciso
istante, Gal e, per tutta
risposta, Delphini fece un sospiro di rassegnazione ed esasperazione.
Come
non detto… quell’idiota era proprio senza
speranze…
Ignorando
la cosa, Bluebell cominciò ad attaccare con vari
incantesimi, ma la
Serpeverde creò un barriera piuttosto potente con Protego.
Fortunatamente,
si era allenata anche con gli incantesimi difensivi…
“Teddy,
Athena, visto che voi due avete ancora una bacchetta, lanciatele
qualche incantesimo offensivo, mentre io uso Protego! Mi scoccia
ammetterlo, ma sono attacchi molto potenti e la mia energia magica
è
sufficiente per creare una barriera, perciò non posso
toccarla!”
ordinò, cercando di nascondere la fatica che stava facendo
per
bloccarla, Delphini e Teddy annuì: “Arrivo
subito!”
“Non
illuderti, dopo io e te facciamo i conti per la storia della mia
scopa distrutta.”
Per
qualche minuto, Teddy e Athena lanciavano gli incantesimi, mentre
Delphini li difendeva con Protego.
Gal
li fissò in silenzio, leggermente a disagio.
Voleva
dargli una mano a combattere… ma come poteva fare, senza una
bacchetta o una spada?
Era
così disperato che gli sembrava che qualcuno lo stesse
chiamato…
“Ehi,
Gal, mi senti?!”
Un
momento… ma qualcuno lo stava veramente chiamando!
Girò
la testa a destra e vide, dall’altra parte, c’era
Oliver che
stava muovendo le braccia a tutta velocità con in mano
quella che
sembrava… una spada?!
Il
Grifondoro aguzzò la vista e scoprì, sorpreso,
che aveva visto
giusto.
Quella
era proprio una spada, anzi, era la spada più bella che
avesse mai
visto!
Non
appena fu certo di aver attirato la sua attenzione, Oliver
indicò la
spada e si mise in posizione di lancio.
Evidentemente,
voleva lanciargliela… non c’era nessun problema,
era passarsi la
mazza durante una partita di Quidditch...
Oliver
lanciò la spada con tutta la sua forza.
Essa
volò in aria per qualche secondo, per poi precipitare verso
il
basso.
Evidentemente,
non era proprio giornata per le sue armi…
Fortunatamente,
Athena se ne accorse e, assieme ad un rapido movimento della
bacchetta, ordinò: “Accio spada!”
Subito,
la spada raggiunse la ragazza, ma lei la passò
all’amico.
Per
qualche istante, Gal osservò la spada, accarezzandola
dolcemente.
Chiunque
l’avesse creata, era stato davvero bravo… inoltre,
avvertiva
dentro di lei una grande energia magica.
In
quel momento, ebbe un giramento che gli fece chiudere violentemente
gli occhi e quando li riaprì, scoprì che non era
più sul tetto
della scuola, ma in una foresta e che c’erano quattro tizi
che
camminavano dentro di essa…
“Sei
proprio sicuro che questa sia la strada giusta, Godric?”
domandò
l’uomo dai lunghissimi capelli neri, legati con un filo di
spago
alle estremità, e con al collo un prezioso medaglione al
compagno
coi capelli rossi, la barba e il cappello più brutto e
logoro che si
fosse mai visto, il quale, dichiarò, mentre leggeva la mappa
che
aveva in mano: “Ma certo, Sal. Per chi mi hai preso, per un
idiota?”
“Mi
stupirei del contrario, dato che tu fai più sciocchezze di
tutti noi
messi insieme.”
“Sempre
velenoso come serpente, tu…”
“Grazie.”
Nel
frattempo, la donna tracagnotta e coi capelli rossi, con quello che
sembrava un grosso avvoltoio denutrito appollaiato sulla spalla, si
guardava intorno, nervosa, e l’amica coi lunghi capelli neri
e un
diadema sulla testa, cercò di rassicurarla:
“Tranquilla, Helga,
non ci succederà niente… so quando ci sono dei
pericoli in
avvicinamento e, poi, lo sai che, insieme, siamo i maghi più
potenti
del mondo!”
“Sì,
è vero… ma non mi piace trovarmi in una foresta
buia… metti che
ci ritroviamo faccia a faccia con qualche
assassino…”
“Ho
pena per quel poveretto, quando dovrà fare i conti con il
caratteraccio di Salazar… scommetto che scapperà
via dalla paura.”
“Ti
ho sentita, Rowena.” l’avvisò, seccato,
Salazar, per poi
aggiungere: “E non dimenticate che potremmo avere a che fare
con
qualche animale…”
“Gli
animali non mi spaventano, sia magici che no, so come
calmarli… mi
spaventano molto di più gli esseri
umani…” rispose Helga, mentre
Rowena annuiva: “Lo so, certe volte, l’uomo
è una creatura
davvero pericolosa…”
Nessuna
delle due si accorse che Salazar aveva indurito lo sguardo e aveva
stretto con rabbia i pugni, mordendosi anche con furia il labbro.
Tuttavia,
il giovane si voltò verso Godric, il quale aveva messo la
mappa per
terra e la stava studiando con molta attenzione.
“Allora?
Manca ancora molto?” domandò, esasperato, al
compagno, il quale,
rispose, senza nemmeno alzare lo sguardo dalla mappa: “Non
tanto…
appena troverò il fiume, saremo a cavallo.”
“Quale
fiume?”
“Secondo
la mappa, qui dovrebbe esserci un fiume… dobbiamo seguire il
suo
corso per un giorno e, poi, arriveremo a destinazione!”
“Ma
qui intorno non c’è nessun fiume.”
esclamò, in quel momento,
Rowena, facendo girare di scatto i due amici.
“Ti
sbagli, Rowena. C’è un fiume, è
chiaramente scritto nella mappa.”
protestò Godric, mostrando la mappa, ma la donna coi capelli
neri
insistette: “Quella mappa si sbaglia. Non
c’è nessun fiume per
un raggio di cento ettari, te lo garantisco.”
“Fammi
vedere subito quella mappa.” sibilò, furente,
Salazar, allungando
la mano e Godric, un po’ titubante, gliela passò.
L’uomo
coi capelli neri, fissò in silenzio, la mappa, per poi
domandare:
“La stavi tenendo in questo modo, vero?”
“Beh,
sì…”
“Zuccaccia
vuota che non sei altro, la stavi tenendo al contrario!!!!”
L’urlo
fu così potente da far volare via tutti gli uccelli.
Persino
l’uccello appollaiato sulla spalla di Helga si
spaventò e cominciò
a volare in tondo, gracchiando.
“Oh,
Salazar… hai di nuovo spaventato tutti i poveri
uccellini…” lo
sgridò, dolcemente, Helga, per poi voltarsi verso il suo
uccello e
tentare di calmarlo: “Lokni, tranquillo. Vieni qui, amore.
Non è
niente, è solo Salazar arrabbiato. Su, torna qui. Qui,
bell’uccellino. Su, povero piccolo Augurey… quel
cattivone di
Salazar ti ha proprio spaventato, vero?”
“Soltanto
Helga può essere più preoccupata per un Augurey
spaventato che per
il fatto che ci siamo persi all’interno di una
foresta…”
commentò Rowena, mentre Salazar continuava a strillare,
furibondo:
“Adesso capisco perché Althea non ti dava mai la
mappa, quando
andavamo in giro!”
“Va
bene, lo ammetto, mi sono sbagliato… può
succedere…”
“Ah,
ma certo… può succedere che quattro maghi si
perdiamo come dei
babbei all’interno di una foresta nel tentativo di
raggiungere
Beinn Nibhes, andando completamente fuori strada, perché un
babbeo
tiene la mappa al contrario!”
“Ehi,
dacci un taglio, Sal. Non l’ho mica fatto apposta a
perdermi!”
“Però
è stata tua l’idea di entrare nella foresta! Io te
l’avevo detto
che era una pessima idea, tonto!”
“Il
locandiere da cui siamo andati, mi ha assicurato che era una
scorciatoia…”
“E
tu, come un merlo, ci hai creduto! T’avverto, i gonzi li
prendi
tu!”
“Se
sono coraggiosi e audaci, certo!”
“...E,
soprattutto, sciocchi come te.”
Mentre
i due litigavano, Rowena cominciò a guardarsi intorno, con
aria
preoccupata.
La
nebbia che c’era in quella foresta era sempre più
fitta e
avvertiva una terribile sensazione…
“Smettetela
di litigare, voi due! Qualcuno si sta avvicinando a noi! E sono anche
numerosi!” esclamò la donna, tirando fuori la
bacchetta.
Immediatamente,
Godric e Salazar smisero subito di litigare e il secondo
tirò fuori
dall’avambraccio una bacchetta, mettendosi in posizione da
combattimento.
“Aspetta,
Sal!” lo fermò Godric e, seccato, Salazar
domandò: “E adesso
che c’è?”
“Potrebbero
essere dei semplici malviventi babbani…”
“Tanto
peggio per loro!”
“No,
no, fermo! Se sono anche loro dei maghi, puoi sistemarli come
preferisci, ma se sono dei babbani, almeno abbi un po’ di
moderazione… dopotutto, siamo in vantaggio rispetto a loro e
le
regole della cavalleria impongono che non è corretto
duellare contro
un avversario più debole e indifeso…”
“Sì,
le regole della cavalleria… regole da quattro soldi,
inventate dai
babbani solo per controllare meglio gli individui come te! Guarda che
io li conosco molto meglio di te e so per esperienza che se
riuscissero a rubare la bacchetta ad un mago, non gliela
restituirebbero mica! Ne approfitterebbero per ammazzarlo senza
pensarci due volte!”
“Dimenticavo
che tu non hai un buon rapporto con i babbani…”
“Io
non ho un buon rapporto con i babbani? Ah, questa è proprio
bella!
Sono loro che hanno un pessimo rapporto con me!”
“Ora
state zitti, voi due, per l’amor del cielo! Mi sembra di
avere a
che fare con due bambini!” l’interruppe Rowena,
mentre Godric
sguainava una stupenda spada piena di rubini.
In
quel momento, si avvertì un fruscio attorno a loro, farsi
sempre più
vicini, finché dalle coltre della nebbia non apparvero degli
individui con delle casacche verdi e marroni.
“Finalmente,
vi siete fatti vivi… cominciavo a pensare che non sareste
mai
entrati nella foresta…” esultò quello
che sembrava il loro capo,
un uomo grasso, calvo e pieno di cicatrici, e, immediatamente, Godric
esclamò: “Ma tu sei il locandiere di quella
bettola! Quello che mi
ha suggerito di passare per la foresta perché era
scorciatoia!”
“Esatto.
Sai, non mi aspettavo che fossi davvero così tonto e
spericolato…
ma, a quanto pare, la tua faccia da rospo non mentiva, sei proprio un
babbeo.” rise l’uomo e, subito, Helga, con
un’espressione
furibonda, gli puntò il dito contro e disse, avvicinandosi:
“Anch’io
ti riconosco! Sei quello che ha dato un calcio a quel povero elfo
domestico che faceva il cameriere, solo per umiliarlo!”
“E
allora, bellezza?”
“Lurido
bifolco ignorante, cafone senza cervello, dovresti vergognarti!
Pokety è un essere vivente e, come tale, merita di essere
trattato
con rispetto!”
“Quindi
si chiama Pokety?”
Non
appena ebbe finito di parlare, che Helga puntò contro di lui
la
bacchetta e lo colpì con incantesimo, facendolo cadere a
terra.
“Capo!”
esclamarono, in coro, i briganti, soccorrendolo, mentre Helga si
scusava, imbarazzata, con i suoi amici: “Scusate, ragazzi,
non so
cosa mi abbia preso… ero così arrabbiata che non
ci ho visto più…
dovrei sentirmi in colpa, ma proprio non ci riesco… sono una
cattiva persona…”
“Ma
no, tranquilla… hai solo avuto il tuo raro momento di
ordinaria
follia… e, detto tra noi, hai fatto proprio bene…
nessuno ti
biasimerà per questo…” la
tranquillizzò Rowena, dandole delle
pacche alla schiena, mentre Salazar commentava: “Oh, che
esagerazione… io lo faccio di continuo, eppure non sono per
niente
una cattiva persona.”
“Tu
non sei cattivo, Sal… sei solo una pessima
persona.” rispose
Godric e l’amico, prendendolo per il colletto,
sibilò: “Vuoi che
ti dia in pasto ad uno dei miei amici?”
Nel
frattempo, il bandito messo al tappetto da Helga si era rialzato e,
tirando fuori una consumata bacchetta, li avvisò:
“Vi consiglio di
smetterla e di darmi le vostre borse, se ci tenete alla vita.”
“Ma
certamente, signori, il lavoro è lavoro... purtroppo, non
abbiamo la
borsa, ma, voglio essere generoso... pertanto, vi farò dono
di un
oggetto dall'immenso valore…” dichiarò
Salazar e, con un rapido
movimento, prese il cappello che Godric aveva in testa.
“Ma
quello è il mio cappello!” protestò,
immediatamente, Godric,
mentre Rowena sospirava, alzando gli occhi al cielo: “Eccolo
che ci
riprova…”
“Perché
cerchi sempre di sbarazzarti del mio cappello, Sal?!”
continuò
Godric, cercando di riprendersi l’amato cappello, mentre
Salazar lo
bloccava al petto con una mano: “Finiscila, non vedi che sto
concludendo un affare molto importante?”
“Io,
quella robaccia, non la voglio! E’ il cappello più
brutto e
malridotto che abbia mai visto! Non vale nemmeno una moneta di rame!
Bisognerebbe buttarlo in un immondezzaio!” replicò
il bandito e,
immediatamente, il rosso gli urlò, furibondo: “Ma
come ti
permetti?! Il mio cappello è ricco di storia e cultura! Era
di mio
nonno e ha affrontato di tutto, senza mai distruggersi!”
“Io
non cerco mica vecchi cappelli! Voglio la tua spada, il medaglione
del tuo amico e il diadema che ha in testa quella bellezza! Sono
talmente preziosi che ci faranno vivere come nababbi per
sempre!”
continuò il bandito e, stavolta, fu il turno di Salazar di
alterarsi: “Tocca con quelle tue luride manacce il mio
medaglione,
e io ti faccio volare in quella terra che c’è
oltreoceano.”
“Sta
alla larga dal mio diadema, brutto brigante col cervello di un
vermicolo!” replicò, a sua volta, Rowena, mentre
Godric
aggiungeva: “La mia spada non si tocca! Ho già
avuto a che fare
con quei dannati folletti per tenermela…”
“Te
l’avevo detto di non andare dai folletti.”
“E
basta con questa solfa, Sal! Guarda che ho capito!”
“Se
ne sei convinto tu… comunque, finiscila di chiamarmi Sal,
tonto! Mi
chiamo Salazar!”
“Finitela
di litigare, voi due! Ho affrontato molta gente in questa foresta, ma
nessuno più rumoroso di voi!”
l’interruppe il bandito “Questa
foresta è proibita per chi non paga il pedaggio!”
“Quindi
questa è una foresta proibita?”
domandò, incuriosito, Godric e
l’altro ammise: “Se vogliamo metterla
così…”
“Ma
che razza di domande fai?” borbottò Salazar e
l’amico ribatté,
guardandolo in malo modo: “Sono solo incuriosito! Quando
dovrò
insegnare geografia, avrò bisogno di sapere con precisione i
nomi e
i luoghi del mondo, no?”
“Insegnare?
Ma cosa stai dicendo?” si lasciò scappare,
esterrefatto, il capo
dei banditi, mentre i suoi complici, si guardavano negli occhi,
allibiti.
“Beh,
è per questo che siamo in viaggio,
signori…” ammise Godric,
mentre uno dei banditi, domandava, ridacchiando: “Davvero?
Fate gli
insegnanti ambulanti?”
“No,
stiamo cercando un posto isolato per dare vita al nostro più
grande
progetto e sogno: creare la prima e migliore scuola di magia del
mondo intero.”
Aveva
appena finito di parlare, che tutti i briganti scoppiarono a ridere
fragorosamente.
“Ehi,
si può sapere perché ridete? Guardate che stavo
parlando sul
serio!” protestò Godric, infuriato, e uno dei
banditi rispose,
cercando di asciugarsi le lacrime che gli erano venute a furia di
ridere: “Una scuola… è la cosa
più assurda e ridicola che abbia
mai sentito! Scommetto che non durerà nemmeno un anno, dato
che non
verrà nessuno... L’istruzione è una
delle cose più inutili del
mondo…”
“Beh,
ti sbagli di grosso!” sbottò, furibonda, Rowena
“Gli ateniesi
davano molto importanza all’istruzione e furono uno dei
popoli più
ricchi e potenti dell’antica Grecia! Grazie ad essa, si
possono
scoprire tante cose, diventare qualcuno nella vita e accrescere la
propria intelligenza! Guarda che avere l’ingegno smisurato
è un
potere molto importante!”
“Ma
chiudi quella bocca, tu! Chi ti credi di essere tu per fare la
sapientona?”
“Mi
credo di essere chi, effettivamente, sono: una grande studiosa e
amante della conoscenza, come, mi auguro, siano i miei futuri
studenti!”
“Continuate
pure a sognare, tonti… quella vostra scuola non
funzionerà mai…
i vostri caratteri sono troppo incompatibili…”
Tutti,
persino Helga, fecero una faccia offesa e furibonda, tanto che Godric
sussurrò a Salazar: “Dagli una sonora lezione
delle tue, Sal. Non
ti biasimerò assolutamente.”
“Non
me lo faccio di certo ripetere due volte.” disse
l’uomo coi
lunghi capelli neri, prima di muovere velocemente il braccio.
Subito,
un raggio luminoso, si abbatté sui malviventi, ribaltandoli.
Senza
perdere altro tempo, tirarono fuori le bacchette e cominciarono ad
attaccare Salazar, ma la maggior parte del colpi furono bloccati da
una grossa bolla verde.
“Ottimo
lavoro, Helga! Nessuno sa usare Protego meglio di te!”
esultò
Godric, tirando fuori la bacchetta, imitato da Rowena, e la donna coi
capelli rossi, sorrise, imbarazzata, con la bacchetta puntata davanti
a sé: “Grazie, Godric… diciamo che
ciò che voglio è proteggere
i miei amici… a differenza vostra, sono tremenda con gli
incantesimi d’attacco… ma cerco di
arrangiarmi…”
I
quattro continuarono a combattere, finché Godric non disse:
“Sapete,
forse ho un’idea…”
“Toglitela
dalla testa.” fu la secca, rapida e brutale risposta di
Salazar e,
immediatamente, il rosso protestò: “Ma non ho
ancora detto
niente!”
“Però
ti conosco. I tuoi piani non sono mai come quelli che progettiamo io
e Rowena, anzi, sono l’esatto opposto. Sono pazzi,
pericolosi,
rumorosi, senza senso e, nella stragrande maggioranza dei casi, non
risolvono niente, ma fanno solo più danni.”
“Sta
tranquillo, Sal, stavolta andrà tutto bene, te lo
garantisco!”
“Piantala
di chiamarmi Sal… e, comunque, tutte le volte che dici
così,
succede qualcosa di a dir poco disastroso.”
“Uomo
di poca fede.”
“Sono
un semplice realista e ti conosco da quando avevi undici anni. Sei
come quella polvere da sparo inventata dei cinesi.”
“Grazie
tante per la fiducia!”
“Prego.”
Senza
ribattere, Godric mise in tasca la bacchetta.
“Si
può sapere che stai combinando, adesso?”
domandò Salazar e Godric
rispose: “Ragazzi, state tutti lontano. Ci penso
io.”
L’uomo
strinse con entrambe le mani l’elsa della spada e chiuse gli
occhi.
Immediatamente,
il suo corpo venne avvolto da un denso fumo rosso, fino ad arrivare
alla sua spada.
Il
fumo salì e avvolse completamente la preziosa spada di
rubini, fino
a sembrare una densa fiamma rossa.
A
quel punto, Godric abbassò di scatto la spada, generando una
potente
avvampata di aria calda che colpì gli avversari ancora in
piedi,
ribaltandoli completamente e mettendoli al tappetto.
“Ecco
fatto, sistemati!” esultò Godric prima che
qualcosa, o meglio,
qualcuno parecchio infuriato, gli tirasse un pugno in testa.
“Ahia,
Sal! Perché diavolo l’hai fatto?!”
protestò il rosso e Salazar,
cercando di contenere la sua furia, rispose:
“Perché sei la zucca
più vuota che abbia mai visto, un autentico pericolo
pubblico! Lo
sapevo che il tuo piano era senza senso e pericoloso!”
“Perché
dici così? Ho annientato quei tizi!”
Per
tutta risposta, Salazar indicò davanti a sé.
Dove
Godric aveva lanciato l’attacco, il terreno e gli arbusti
erano
tutti bruciati e anche i vestiti della banda erano leggermente
bruciacchiati.
Inoltre,
la potenza dell’attacco aveva fatto persino volare Helga, la
quale
si trovava dietro a Godric e alla sua spada, facendola cadere per
terra, mentre Rowena cercava di aiutarla.
“Cavolo,
che disastro…” si lasciò scappare
Godric e, subito, Salazar
esclamò: “Già, e indovina di chi
è la colpa, come al solito? Si
può sapere cos’hai combinato con quella stupida
lama?!”
“Beh,
ecco… volevo creare una spada che fosse,
all’occorrenza, anche
una bacchetta… così da poter essere sempre usata
per qualsiasi
duello, sia magico che no… così ho guardato tra i
vecchi libri di
Althea per vedere se c’era qualche incantesimo
interessante… e ho
trovato ‘Il soffio del drago’.”
“Già
dal nome, annuncia guai… cosa fa di preciso
quest’incantesimo?”
“Beh,
fa quello che hai visto… per prima cosa, lancio
l’incanto su un
oggetto e, quando ne ho bisogno, concentro gran parte della mia
energia magica su di esso e poi lo lancio. Ho lanciato
l’incanto
sulla spada ed ecco fatto! Ho creato l’arma perfetta per
me!”
“Hai
creato un’arma di distruzione di massa, brutto zuccone col
cervello
di un broccolo! Riportala subito ai folletti, prima che qualcuno te
la rubi e minacci il mondo intero!”
“Tranquillo,
Salazar. Ho tutto sotto controllo.”
“Con
te, niente è sotto controllo! Falla sparire
all’istante!”
“Stavolta,
ho fatto le cose per bene. Ho lanciato sulla spada una magia molto
antica legata al sangue. Il ‘Soffio del drago’
può essere
evocato solo da me o da qualcuno che è legato a me dal
sangue. In
pratica, a parte me, solo un membro di sangue della mia famiglia o un
mio discendente, può attivare
quest’abilità della mia spada.”
“Mmh…
beh, per una volta hai fatto qualcosa d’intelligente, lo
ammetto…
allora possiedi un cervello, da qualche parte…”
“Grazie,
Sal. E’ la cosa più carina che tu mi abbia mai
detto da sette
anni…”
“Sette
anni in cui mi hai fatto impazzire con le tue sciocchezze. Bah,
andiamo avanti, che voglio uscire da questo posto
infernale…”
“Guarda
che si chiama la foresta proibita.”
“Sono
troppo stanco per sprecare energie per le tue
stupidaggini…”
Mentre
i quattro riprendevano il cammino, Salazar si voltò verso
Godric e
gli domandò: “Ah, come fai ad essere
così sicuro che l’incanto
abbia funzionato?”
“Che
intendi?”
“Beh,
hai detto che hai incantato la spada in modo da evocare
quell’abilità
solo quand’è in mano ad un tuo parente di
sangue… ma come fai ad
essere sicuro che ci sei riuscito? L’hai testata?”
“E
come potevo? Ti ricordo che sono figlio unico e che i miei genitori
sono morti quand’ero piccolo.”
“Non
dirmi che… non hai l’assoluta certezza che
l’incanto sia
veramente riuscito…”
“Credevo
che il fatto che non fosse successo niente alla spada, significasse
che ce l’avessi fatta…”
“Godric
Gryffindor, sei proprio una zucca vuota senza speranza!”
Gal
riaprì, di scatto, gli occhi.
Non
riusciva a capire cosa significasse quella lunga visione, ma, forse,
aveva un’idea per risolvere la situazione…
Raggiunse
Delphini e, senza mezzi termini, le domandò: “Ehi,
Delphini, sei
sicura che il tuo Protego sia abbastanza potente?”
“Se
non lo fosse, a quest’ora saresti morto.” fu la
semplice ed
infuriata risposta di Delphini, ma Gal rispose: “Bene, voglio
provare una cosa… mi raccomando, tieniti pronta con il
Protego. Ci
sarà un po’ di casino...”
“Come
vuoi.”
Dopo
aver detto quelle parole, Gal avanzò lentamente, con la
spada in
mano.
“Cosa
diavolo sta facendo, Gal?!” domandò Teddy e
Delphini spiegò:
“Quell’idiota ha qualcosa in mente, ma cosa di
preciso non ne ho
la più pallida idea… in ogni caso, teniamoci
pronti. Conoscendolo,
il suo piano sarà qualcosa di rumoroso, senza senso e molto
pericoloso…”
Ignorando
il commento, Gal si posizionò davanti a Bluebell, con la
spada in
mano.
Vedendola,
Bluebell non poté trattenere la gioia: “Ehi, dove
hai trovato
quella spada, ragazzino? E’ davvero stupenda…
varrà un occhio
della testa… inoltre quelli sono i rubini più
grossi che abbia mai
visto e guarda che ne ho visti parecchi…”
Senza
dire una parola, Gal si posizionò e, dopo aver alzato la
spada e
chiuso gli occhi, cominciò a concentrare la sua energia
magica sulla
spada.
Dentro
di sé, cominciò a sentire dell’acqua
che scorreva sempre più
forte e impetuosamente come la corrente di un fiume in piena.
Una
corrente calda e ricca di potenza…
Era
così assorto, che non si accorse che il suo corpo stava
venendo
avvolto dal del fumo rosso, il quale si stava dirigendo verso la
spada che il ragazzino aveva in mano.
Bluebell
se ne accorse e lanciò un incantesimo, il quale
colpì, invece, il
fumo, che neutralizzò il colpo.
Iniziando
ad alterarsi, Bluebell continuò a lanciare attacchi verso
Gal, ma il
fumo che lo avvolgeva continuava a parare gli incantesimi.
“Ma
cosa…?” si lasciò sfuggire Teddy,
mentre Athena diceva: “Credo
che Gal stia per fare un incanto antico e molto potente…
sarà uno
spettacolo davvero affascinante… non sapevo che con la spada
di
Gryffindor si potessero lanciare degli
incantesimi…”
“Una
ragione in più per allontanarci un po’…
non so perché, ma ho
sensazione che quel cretino farà un
disastro…”
Proprio
in quel momento, Gal riaprì gli occhi di scatto.
La
spada era diventata incandescente.
L’attacco
era pronto, ne era certo.
Con
un atto veloce e letale, Gal mosse la spada e il potente attacco del
‘Soffio del drago’ si generò in tutta la
sua potenza, colpendo
in pieno Bluebell, nonostante avesse provato a difendersi con una
barriera.
Anche
se erano dietro Gal, Delphini, Teddy e Athena non poterono fare a
meno di coprirsi il volto.
Quell’attacco
era davvero tremendo.
Fortunatamente,
grazie al Protego di Delphini, i tre ne vennero presi in misura
ridotta.
Finalmente,
l’effetto finì e Gal, ansimando, guardò
davanti a sé.
Bluebell
era sdraiata per terra, svenuta e coi vestiti tutti bruciati, mentre
intorno a lei c’erano il nero della bruciatura.
Evidentemente,
doveva essere tremendo beccarsi in pieno quell’attacco.
“Vittoria!”
esultò, tutto contento, il Grifondoro, prima che quello che
sembrava
un enorme e pesante mattone gli finisse sulla testa.
Voltandosi
di scatto, per vedere cosa fosse successo, vide Delphini con
un’espressione inferocita e il grosso libro di pelle di drago
nera.
“Ahia!!!
Si può sapere perché l’hai fatto,
Delphi?!” protestò Gal e la
ragazzina rispose: “Perché sei un idiota senza
cervello e, per di
più, irresponsabile! Ma cos’hai in quella testa, i
draghi?!”
“Sei
proprio identica a Sal…”
“Eh?!
Ma cosa stai dicendo?! Chi diavolo è Sal?!”
Mentre
i due litigavano, Teddy alzò un attimo la testa e vide, nel
cielo
ormai azzurro, una figura nera con un lungo mantello mosso dal vento
e il cappuccio calato, anche se gli parve di vedere due occhi gialli,
simili a quelli di un gatto.
La
figura rimase un attimo sospesa in aria, per poi svanire nel nulla.
Teddy
rimase un attimo a guardare il cielo con aria sorpresa,
finché non
sentì un dito toccargli con insistenza la spalla.
Il
Metamorfomagus si voltò e, quasi immediatamente,
sbiancò per la
paura.
Delphini
era davanti a lui, con l’espressione più irata e
furibonda che
avesse mai visto.
Non
si sarebbe di certo meravigliato se l’avesse
ucciso…
“E
adesso a noi due, brutto rompitore di scope…”
sibilò la giovane
Serpeverde e Teddy si ritrovò a sudare freddo.
Quella
era davvero una brutta situazione…
“Black,
Lupin, Sandlers, Doyle!” urlò, proprio in quel
momento, un’irata
voce femminile, alle loro spalle, salvando la vita di Teddy.
Mai
in quel momento fu grado che fosse arrivata la McGranitt…
La
donna si avvicinò con aria incredula e, allo stesso, tempo,
arrabbiata, al gruppo e, dopo essersi data un’occhiata in
giro,
ordinò: “Tutti nel mio ufficio, immediatamente. Il
signor Ferrars
vi sta già aspettando lì. Dobbiamo fare un bel
discorsetto…”
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Capitolo 26 *** L'Erede di Grifondoro ***
Capitolo 26: L’erede di
Grifondoro
“Una
cosa veramente indecente! Ai miei tempi, nessuno studente,
specialmente un membro della mia Casa, si sarebbe azzardato a fare
una simile diavoleria! In giro sui tetti di mattina presto, roba da
matti! Nemmeno quella peste insolente di Jacqueline Turner si
è mai
spinta a tanto, e me ne ha fatte passare di tutti i colori durante i
sette anni in cui ho avuto la sfortuna di averla come
studentessa!”
urlò il quadro del vecchio signore con la barba nera che
venne
subito redarguito dalla McGranitt: “Grazie per il tuo
intervento
storico e culturale, Phineas, ma, ora, se permetti, mi occupo io dei
ragazzi, grazie.”
Mentre
la preside parlava, i cinque malcapitati soggetti restavano in
completo silenzio, seduti sulle sedie che la McGranitt aveva fatto
apparire.
Era
la fine, se lo sentivano… la preside, come minimo li avrebbe
puniti
e tolto parecchi punti alle rispettive Case.
Teddy
e Oliver si guardarono, in silenzio.
La
loro Casa sarebbe stata quella che avrebbe perso più punti,
dato che
erano in due… ma, in ogni caso, non importava.
Il
problema era il pericolo di un’espulsione… nessuno
dei loro
parenti avrebbe gradito la cosa.
In
quel preciso istante, la McGranitt si voltò verso di loro e
li
guardò un attimo in silenzio.
“Dunque…
abbiamo ben cinque studenti del primo anno che, invece di essere nel
proprio dormitorio, se ne vanno, di mattina presto, sui tetti della
scuola, con tre banditi alle calcagna e con un libro, il Cappello
Parlante e una piuma magica che fanno parte di questa scuola da
quando fu costruita secoli fa. La mia domanda è molto
semplice: come
ci siete finiti, voi cinque, lassù?”
Per
un attimo, ci fu di nuovo il silenzio, poi Teddy fece: “Ecco,
professoressa… se vuole, glielo spiego
io…”
“Molto
bene, Lupin. Parli pure.” fece la donna, prima che la voce
del
preside coi capelli unti e il naso esclamasse, allibito:
“Lupin?
Non sarai mica un parente di Remus Lupin, vero?”
“Beh,
era mio padre…” ammise, il ragazzo, e
l’uomo, sibilò, con gli
occhi che mandavano scintille: “Ah, avrei dovuto
immaginarlo…
tale padre, tale figlio… sempre alla ricerca della fama e
della
popolarità, con il suo gruppo fidato di amichetti.
Ovviamente, non
c’è nessun problema ad infrangere le regole,
anzi… tanto
meglio!”
“Qualcosa
mi dice che quel tizio non avesse una gran simpatia per tuo
padre…”
sussurrò Delphini a Teddy, il quale, per tutta risposta,
fece una
faccia nervosa ed agitata.
Non
capiva perché, ma quel preside lo agitava e gli faceva non
poca
paura…
“Grazie
per il tuo intervento, Severus… ora, per favore, lasciami
parlare
coi ragazzi senza interrompere, grazie.” lo
liquidò, esasperata,
la McGranitt.
Phineas
e Severus erano proprio insopportabili a volte…
Teddy,
tuttavia, non poté fare a meno di notare che il nome di quel
tipo
era identico al secondo nome del secondogenito di Harry… ma
doveva
senz’altro trattarsi di una coincidenza…
“Su,
forza, Lupin. Mi dica come sono andate le cose e come ci siete finiti
sul tetto della scuola.” disse, proprio in quel momento, la
McGranitt e Lupin, con un po’ di timore, le
raccontò tutto quello
che era successo: la scoperta del passaggio segreto,
l’incontro –
scontro nei sotterranei, il furto del Veritaserum, la scoperta della
verità, la spedizione notturna, le trappole che avevano
trovato, la
separazione, gli incantesimi di cui Athena e Gal erano state vittime
il ricongiungimento, la scoperta delle scale, la stanza segreta, il
passaggio che portava all’ufficio della preside e a quello
della
torre, la cattura e, grazie ad uno stratagemma di Delphini, la fuga
sui tetti.
“...Solo
che mentre stavamo per scappare, un incantesimo ha spezzato la corda
che teneva legata Athena e, così, ho preso la scopa di
Delphini per
riprenderla e, nel mentre, ho salvato Oliver che stava per cadere dal
tetto. A quel punto, io e Oliver ci separati e una volta che
l’ho
ripresa, sono tornato indietro e, una volta che abbiamo sistemato uno
di quei tre e l’incantesimo è finito, abbiamo
raggiunto gli altri,
che stavano combattendo contro Bluebell Borgin. Poi Gal, con la Spada
di Grifondoro, ha lanciato l’incantesimo più
incredibile e
pazzesco che abbia mai visto, sconfiggendola una volta per
tutte.”
La
preside rimase in silenzio un attimo, poi domandò a Gal:
“Signor
Sandlers, posso chiederle cos’era l’incantesimo che
ha lanciato?
Ho avuto a che fare molte volte con la spada di Godric Gryffindor, ma
questa mi è totalmente nuova…”
“Quello
era il ‘Soffio del drago’,
professoressa.” rivelò,
tranquillamente, il ragazzino e la donna, incuriosita, chiese:
“Il
‘Soffio del drago’? E che
cos’è?”
“Beh,
vede, prof, è una storia un po’ lunga e parecchio
inverosimile…”
“La
racconti pure, Sandlers. Sono abituata alle storie un po’
lunghe e
parecchio inverosimili…”
“Bene,
allora, quando Oliver mi ha passato la spada, ho visto una
visione…
certo, durante quest’anno scolastico ne ho già
avuta una, ma
questa era un po’ diversa… ero nella Foresta
Proibita e c’erano
quattro tizi che la stavano attraversando, ma che si erano persi
perché uno di loro teneva la mappa al contrario e mentre uno
dei
suoi compagni, Sal, gliene urlava di tutti i colori, sono stati
attaccati da dei banditi… beh, quei quattro erano i
fondatori di
questa scuola…”
Ovviamente,
la cosa lasciò tutti a bocca aperta, tanto che persino
Delphini
sgranò gli occhi, stupita.
In
fondo, la notizia che Gal avesse visto in una visione i quattro
fondatori della scuola era una roba davvero forte…
“Sandlers,
è sicuro di quello che sta dicendo?”
domandò la McGranitt e Gal
annuì: “Certo, professoressa. I loro nomi erano
come quelli dei
quattro fondatori e anche il loro comportamento sembrava
coincidere…”
“E
cosa ci facevano nella Foresta Proibita?”
“Volevano
raggiungere una montagna con un nome assurdo, Binn qualcosa…
dato
che volevano realizzare il loro sogno, creare la prima e migliore
scuola di magia del mondo, ma credo che nessuno li avesse presi tanto
sul serio… quando quei banditi hanno scoperto cosa volevano
fare,
sono scoppiati a ridere e hanno detto che quella scuola non avrebbe
avuto speranza di durare, perché l’istruzione non
valeva una
cicca…”
“Ah,
hanno proprio un futuro come indovini…”
commentò Delphini e la
McGranitt la redarguì: “Signorina Black, la prego
di far
silenzio.”
“Cosa?!
Non solo una Serpeverde è stata coinvolta in questo orribile
misfatto, ma è addirittura un membro della mia nobile, pura
e
antichissima famiglia?!?!” urlò, sbigottito e
furibondo, Phineas.
Sentendo
ciò, Delphini sentì il cuore smetterle di battere.
Quello
doveva essere Phineas Nigellus Black, un antenato di sua madre che
era diventato preside della scuola… era praticamente finita
nella
tana del lupo, la sua vita e il suo futuro dipendevano dal fatto che
uno stupido quadro non la riconoscesse…
“Mh?
Non dirmi che tu sei Phineas Nigellus Black!”
esclamò,
esterrefatto, Gal e, subito, Phineas, con un sorriso di trionfo,
ammise: “Esatto, ragazzo. Sono felice di sapere che la mia
persona
sia ancora molto conosciuta in questa scuola…”
“Certo
che sei famoso, sei il preside meno amato che Hogwarts abbia mai
avuto da sempre! Si ricordano tutti di te solo per quello...”
ammise, con ingenuità, Gal e, subito, tutti i presenti,
dovettero
mettersi la mano davanti la bocca, per non scoppiare a ridere come
dei pazzi, tranne, ovviamente il povero Phineas, il quale era rimasto
a bocca aperta.
“Sandlers,
si vergogni… non si dicono queste cose… un minimo
di educazione…”
lo sgridò la McGranitt, la quale, tuttavia, aveva messo la
mano
davanti alla bocca, per non far vedere che stava facendo un sorriso
divertito e che stava lottando con sé stessa per non
scoppiare a
ridere, mentre il quadro di Silente esclamava: “Ah, la
gioventù
moderna… così schietta e sincera… devo
ammettere che è qualcosa
di davvero stupefacente ed interessante…”
In
poco tempo, tuttavia, il quadro di Phineas si riprese e si mise ad
urlare, inviperito: “Razza d’insolente ragazzino!
Figlio di
luridi babbani, vergogna del Mondo Magico, ma come osi?! Io sono un
membro dell’antichissima e nobile casata dei Black,
conosciuta in
tutto il Mondo Magico…”
“Tu
conosci questa casata, Oliver? Perché io non l’ho
mai sentita…”
domandò, incredulo, Gal al vicino, col risultato di far
infuriare
ancora di più il quadro.
“Come
osi? Come osi?! Nel Mondo Magico, tutti conoscono i Black, membri
onorari delle Sacre Ventotto, capito?”
“Ma
cos’è?”
“L’elenco
delle famiglie più purosangue e nobili di tutto il Mondo
Magico! Il
solo appartenere ad una di esse, indica fama, gloria e
purezza!”
“A
me suona più come una gigantesca stupidaggine… e
uno stupido
spreco di tempo, denaro e pergamena.”
“Brutto
ragazzino col cervello di un rospo! Se solo fossi ancora
vivo…”
sibilò Phineas, mentre Albus diceva: “Beh,
Phineas, sono certo che
questo ragazzo sarebbe andato molto d’accordo con
Sirius… magari,
in questo preciso istante, si sta divertendo un mondo
nell’aldilà
a sentire questi discorsi…”
“Ah,
che ci provi, Silente! Gliela farò vedere io, te lo
garantisco!
Maledetti giovani, sempre arroganti e con idee assurde… quel
ragazzino, poi… mi ricorda troppo quella studentessa di
Grifondoro
che odiavo con tutto me stesso, Jacqueline Turner… mai avuto
a che
fare con una persona più insolente… ogni
occasione era buona per
combinare qualcosa e darmi sui nervi... in quanto a quella peste,
spero che la mia discendente non ci abbia mai più a che
fare…!”
ricominciò Phineas, ma, stavolta, venne interrotto da
Delphini:
“Guardi che io non faccio parte della Casata dei Black, anche
se ho
lo stesso cognome e sono di Serpeverde.”
Phineas,
per tutta risposta, si mise ad osservarla con molta attenzione,
mentre la ragazza lo guardava dritto negli occhi, cercando di non far
vedere che era impallidita.
In
quel momento, persino la minaccia di un'espulsione le sembrava una
cosa di poco conto… voleva solo uscire da quella
stanza…
“Ne
sei sicura?” domandò Phineas e, immediatamente, la
ragazzina
esclamò, raccontando una mezza verità:
“Certo che sì! Mio padre
non aveva alcun legame con la Casata dei Black.”
“Strano…
eppure la forma del tuo viso… è identica a quella
traditrice di
mia sorella Isla… le tue mani sono identiche a quelle di mia
figlia
Belvina, mentre il naso è quello di mia nipote
Lycois… solo la
forma degli occhi sono completamente estranei per
me…”
“Forse
li ha presi dal padre.” propose, innocentemente, il ritratto
di
Silente e Phineas rispose: “Certo che sì, Silente.
Stavo proprio
per dirlo io!”
“Ma
certo, Phineas.”
“Vi
sbagliate! Mio padre proveniva da una famiglia di babbani! Molti
babbani hanno come cognome Black!” sbottò,
esasperata, Delphini.
Ma
quando sarebbe finito quel maledetto incubo?!
“Che
stupidaggine, nessun babbano oserebbe mai avere un cognome
così
nobile e puro!” rispose Phineas e, proprio in quel momento,
Gal
rispose: “Veramente, è un cognome molto comune tra
i babbani… il
mio vicino di casa babbano, che possiede un piccolo emporio, aveva
come cognome proprio Black… e c’era un londinese
che ho
conosciuto in vacanza con lo stesso cognome… ah,
è poi c’era la
vecchia insegnante di lettere di mia madre, che aveva un fratello che
faceva il netturbino!”
Phineas
rimase in silenzio un attimo, per poi domandare: “Ed erano
tutti
babbani?”
“Certamente,
signore!” annuì il ragazzino e, subito, Phineas
sparì dal quadro,
anche se tutti videro che aveva un’espressione furibonda.
“Sì
è offeso. Ma che ho detto di sbagliato?”
domandò, incredulo, e
Delphini, con un’espressione esasperata, rispose:
“Praticamente
tutto. Dovresti scrivere un libro su come mettere in crisi un mago
purosangue con poche, semplici, ma letali mosse.”
Tuttavia,
in cuor suo, era grata a Gal che avesse mandato via
quell’impiccione…
“Tornando
a noi, Sandlers, cos’altro ha visto in quella
visione?” domandò
la McGranitt e Gal rispose: “Beh, ho visto come evocare
l’incantesimo, così poi ho ricopiato pari e pari
il procedimento.”
“E
come averebbe fatto?”
“Beh,
bisogna mettersi in posa e, poi, concentrare la propria energia
magica sulla spada…”
“Davvero
strano… quando Potter e Paciock l’hanno usata anni
fa, nessuno di
loro è stato in grado di evocare
quell’incantesimo… Sandlers, è
sicuro che non ci sia dell’altro sotto? Godric Gryffindor ha
specificato dove ha trovato questo incantesimo?”
“Beh,
ha detto di averlo trovato nei libri di una donna di nome Althea, che
sembravano conoscere bene tutti e quattro… ah, ora ricordo!
Ha poi
aggiunto che ci aveva aggiunto un altro incantesimo, in modo da
impedire che chiunque potesse usare quell’incanto e
minacciare il
mondo…”
“Una
scelta molto saggia ed intelligente, dopo quello che ho
visto…
quell’arma è un autentico pericolo
pubblico!” commentò,
ironica, Delphini.
Ignorandola,
la McGranitt domandò a Gal: “E in cosa consiste
quest’incantesimo,
Sandlers?”
“Dunque,
mi faccia pensare… era qualcosa legato al
sangue…”
“Forse
bisognava ferirsi con la spada…” propose Athena,
ma Gal scosse la
testa: “No, no, non era così… era
qualcosa con la discendenza e
la sua famiglia… ah, ora ricordo! Secondo Godric Gryffindor,
solo
una persona legata a lui dal sangue potevano liberare
quell’incanto!”
Non
appena ebbe finito di parlare, si rese conto che tutti, persino
Delphini e la McGranitt, lo stavano fissando a bocca aperta.
“Ho
detto qualcosa di strano?” domandò, incredulo, Gal
e Delphini gli
domandò, con la sua solita espressione seccata:
“Gal… tu non hai
ancora capito cosa significa quello che hai appena detto,
vero?”
“Beh…”
“Lo
immaginavo. Ascolta, hai appena detto che solo una persona legata a
Godric Gryffindor dal sangue poteva evocare dalla sua spada
‘Il
soffio del drago’, giusto?”
“E
allora?”
“E
allora, il fatto che tu sia riuscito ad evocarlo quando grandi maghi
come Harry Potter e Neville Paciock non sono riusciti a far uscire
nemmeno una fiamma da quella lama, cosa significa, secondo
te?”
Gal
si grattò la testa, dubbioso, per poi tentare:
“Forse noi due
abbiamo lo stesso gruppo sanguigno?”
Delphini
lo fissò un attimo, con un’espressione allibita,
per urlare,
adirata: “Ma sei proprio un idiota col cervello di un
moscerino!
Con qualcuno legato a Godric Gryffindor dal sangue, s’intende
qualcuno con cui ha un legame di sangue, ossia che è un suo
parente
o un discendente! E se tu ci sei riuscito, significa che possiedi un
legame di sangue con Gryffindor e, pertanto vuol dire una cosa sola:
tu sei il diretto discendente di Godric Gryffindor! Sei
l’Erede di
Grifondoro, stupido!”
Gal
rimase un attimo in silenzio e, poco dopo, fece un grande sorriso
nervoso e domandò, con un filo di voce:
“Io… io sono il
discendente… di Godric Gryffindor?! Il fondatore di
Hogwarts..?”
“Sembrerebbe
proprio di sì, anche se sembra assurdo…”
Gal
rimase in silenzio un attimo, per poi mettersi a saltare come un
matto ed ad urlare: “Non ci posso credere! Sono il
discendente di
Godric Gryffindor, sono l’erede di Grifondoro!!!! Sono il
discendente di un fondatore di Hogwarts e uno dei più grandi
maghi
della storia!!!! E’ pazzesco, folle, grandioso!!!! Voglio
urlarlo
al mondo intero! E’ troppo forte!!!!”
“Sandlers,
per l’amor del cielo, si dia una calmata!”
tentò di fermarlo,
invano, la McGranitt, la quale, però, era a sua volta
sconvolta per
aver scoperto una cosa del genere.
Nessuno
si accorse che, al contrario, Delphini restava in silenzio, con
un’espressione adirata.
Infatti,
era leggermente invidiosa del fatto che Gal potesse esaltarsi e
vantarsi come un matto per aver scoperto di essere il discendente di
una persona così importante e molto ammirata dalla
comunità magica…
mentre lei, non poteva dire o fare altrettanto.
Dopotutto,
era la figlia di Bellatrix Lestrange e nessuno avrebbe mai ammirato i
suoi antenati, a parte, ovviamente, i compagni Mangiamorte di sua
madre… l’unica eccezione era Sirius Black, anche
se per anni era
stato considerato un terribile assassino…
“Senti,
Gal… forse è meglio che non dici a nessuno dei
tuoi legami di
sangue con Godric Gryffindor…” disse, proprio in
quel momento,
Teddy e Gal, esterrefatto, domandò: “Cosa?! E
perché?! Non vedo
l’ora di vedere la faccia che farà quel deficiente
saputello di
Abel Nott… diventerà rosso
dall’invidia…”
“Se
si scopre che sei l’Erede di Grifondoro, la stampa ti
starà sempre
addosso e non ti lascerà mai in pace. Credimi, è
terribile vivere e
crescere sotto i riflettori, ogni tuo piccolo errore e pasticcio,
finisce sotto gli occhi di tutti… inoltre, temo che qualcuno
ti
stia cercando.”
“Uh?
Che intendi?”
“Bluebell
Borgin ha detto che qualcuno le aveva richiesto uno studente di
Grifondoro e il Cappello Parlante. All’inizio, credevo che
volesse
mettere le mani sulla spada di Grifondoro, ma dopo quello che ho
visto, ho un sospetto…”
“Cioè?”
“Ecco…
credo che quell’individuo che ha contattato la Borgin, sapeva
del
‘Soffio del drago’… forse, il vero
motivo per cui voleva la
spada di Grifondoro, non era per il fatto che fosse preziosa o per il
sangue del Basilisco… ma voleva usarla per trovare colui che
fosse
riuscito ad evocarlo, in modo da localizzare l’Erede di
Grifondoro.”
“Mi
sembra di essere nella leggenda di Re Artù e della sua spada
nella
roccia…” commentò Delphini e Gal,
leggermente preoccupato,
domandò: “Quindi, qualcuno è sulle mie
tracce?”
“Temo
proprio di sì. Per questo, fossi in te, terrei nascosta
questa
scoperta… anche perché, non sappiamo
perché quest’individuo
stia cercando il discendente di Godric
Gryffindor…” continuò
Teddy e Gal si disperò: “Oh, mamma…
vorrà di sicuro ammazzarmi…
non sarà mica l’Erede di Serpeverde quello che mi
sta cercando?
Forse, ce l’ha a morte con Godric Gryffindor per essere
andato
contro alle idee purosangue di Slytherin…”
“Datti
una calmata! E’ impossibile che sia l’Erede di
Serpeverde quello
che ti sta dando la caccia!” sbottò, seccata,
Delphini e Gal,
guardandola in malo modo, domandò: “Come fai ad
esserne così
sicura? Mica ha lasciato un biglietto da visita.”
“Secondo
Teddy, l’Erede di Serpeverde era Voldemort e quel tizio,
fortunatamente per tutti, è morto stecchito da un pezzo. E
sono
assolutamente certa che non abbia avuto un figlio.”
“Come
fai a dirlo? Magari, in questo preciso istante, è da qualche
parte,
nascosto nel buio… pensa, potrebbe essere più
vicino a noi di quel
che pensiamo...”
“Falla
finita. E’ impossibile che esista. Ho letto un sacco di libri
sui
maghi oscuri e, da quel che ho capito, Voldemort era un narcisista,
molto arrogante e psicopatico. Tipi del genere non fanno figli, a
meno che non gli siano utili in qualche modo e che dimostrino la
propria superiorità… come avrebbe potuto
dimostrarlo un bambino?”
“In
effetti, è vero… inoltre, mi sembra ridicolo che
volesse
continuare la linea di sangue di Salazar Slytherin, se era
immortale…
non ha alcun senso…”
“Beh,
anche gli dei della mitologia greca babbana erano immortali e, di
conseguenza, non avevano alcun bisogno di una discendenza, eppure la
maggior parte di loro, ha avuto più di un figlio con donne
mortali…”
meditò Athena e, subito, Delphini ridacchiò:
“Voldemort esperto
di mitologia babbana? Mi sembra più ridicolo
dell’idea che abbia
avuto un figlio… inoltre, chi diavolo sarebbe
così matta da avere
un figlio con lui?”
Gal
e Athena rimasero un attimo in silenzio.
Purtroppo,
le loro teorie sembravano più delle idee surreali, buone
solo per un
romanzo fantasy babbano…
“Però,
c’è una cosa che non
capisco…” fece, in quel preciso istante,
Teddy “Gal ha ricevuto la spada da Oliver…
però, io ricordo
benissimo di averlo portato alla Torre di Grifondoro e ricordo che
non c’era la spada nel Cappello Parlante, quando
l’ho affidato ad
Oliver…”
Il
Tassorosso abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzato.
Quando
avrebbe voluto che nessuno ci avesse fatto caso…
“Ferrars,
per caso, ha chiesto ad un Grifondoro di tirare fuori la spada dal
cappello?” domandò la McGranitt e Oliver scosse la
testa.
“Allora
come ha fatto la spada ad uscire dal cappello?”
domandò la donna e
il ragazzino, con un filo di voce, ammise: “Ecco,
professoressa,
vede… non riesco ancora a capire come sia successo,
ma… sono
stato io a tirarla fuori dal cappello.”
Per
un attimo, nell’ufficio, calò il silenzio.
Fu
la preside in persona, sempre più incredula, ad
interromperlo:
“Ferrars… mi sta prendendo in giro, per
caso?”
“No,
professoressa, glielo assicuro. Mi stavo arrampicando su un tetto,
per raggiungere quella piuma magica che mi era scappata, quando ho
sentito la borsa diventare incandescente di colpo. Una volta sul
tetto, ho capito che il calore proveniva dal cappello e quando
l’ho
tirato fuori… ho trovato la spada!”
raccontò, agitato, Oliver e
Gal, incredulo, domandò: “Non sarai mica anche tu
un Erede di
Grifondoro?!”
“Certo
che no! Io sono e sarò per sempre un Tassorosso!”
“E
allora come diamine hai fatto a tirarla fuori da
lì?!”
“Se
permettete, a questo proposito, avrei una teoria.” propose il
quadro di Silente e, immediatamente, la McGranitt lo pregò:
“Sono
tutta orecchi, professor Silente. La prego, ci faccia luce su questa
assurda situazione. Com’è possibile che uno
studente di Tassorosso
abbia tirato fuori dal Cappello Parlante la spada di Godric
Gryffindor, che solo un vero Grifondoro avrebbe potuto
estrarre?”
“La
risposta è molto semplice, mia cara Minerva. La chiave di
tutto è
il coraggio.”
La
preside strabuzzò gli occhi e ripeté, incredula:
“Il coraggio?”
“Esatto,
Minerva. Il signor Ferrars ha trovato la spada dopo essere salito su
un tetto. Direi, ad occhio e croce, che ci vuole parecchio coraggio
per fare un’azione del genere e credo che sia stata quella
decisione a farlo ritenere degno di ottenere la spada di Godric
Gryffindor.”
“Ma,
signore… io sono solo un Tassorosso… anche se ho
dimostrato molto
coraggio, salendo su quel tetto infernale, non faccio parte della
Casa di Grifondoro… anzi, il Cappello Parlante mi ha subito
spedito
a Tassorosso...” fece Oliver, venendo interrotto dalla voce
sovrappensiero di Athena: “Grifondoro… la culla
degli audaci e
dei coraggiosi…”
“Vedo
che la signorina Doyle ha notato il dettaglio
rivelatore…”
sorrise Silente e la McGranitt domandò, sempre
più allibita: “Cosa
intende, professore?”
“Sai,
Minerva, me lo sono chiesto spesso, dopo quella brutta faccenda della
Camera dei segreti... e se la spada di Grifondoro apparisse non ad un
coraggioso membro di Grifondoro, ma a qualcuno che dimostri di
possedere un animo coraggioso e audace?”
Per
un attimo, ci fu un silenzio di tomba, finché Teddy non
esclamò,
esterrefatto: “Ma, allora questo significherebbe che tutti
avrebbero la stessa possibilità di tirarla fuori…
persino un
Serpeverde!”
“E
anche un babbano. Non dimentichiamoci che, quando non è
nelle mani
del signor Sandlers, è una spada come tutte le altre. Un
babbano non
avrebbe alcun problema ad usarla.” aggiunse, divertito,
Silente,
mentre la McGranitt: “Se le cose stanno così,
Albus, allora perché
si è diffusa la storia che solo un vero Grifondoro poteva
estrarre
la spada?”
“Credo
che tutto questo sia dovuto ad un piccolo equivoco, Minerva.”
“Un
equivoco?”
“Precisamente.
Probabilmente, Godric Gryffindor avrà raccontato ai suoi
amici e ai
suoi studenti che solo un vero Grifondoro poteva estrarre la spada
dal suo nascondiglio segreto, facendo credere a tutti che solo un
membro della sua Casa che si fosse dimostrato molto coraggioso
potesse prenderla, mentre, in realtà, intendeva una persona,
di
qualunque Casa, che dimostrasse di possedere molto coraggio e che
fosse pronto ad affrontare situazioni rischiose, pur di salvare gli
altri. In pratica, una persona che nascondesse, dentro di
sé, un
animo da vero Grifondoro.”
“Tale
antenato, tale discendente.” commentò Delphini,
guardando il
povero Gal in malo modo, mentre Silente continuava:
“Purtroppo,
questo ha fatto credere a tutti che solo i Grifondoro potessero
ottenere la spada, pertanto, le altre Case non hanno nemmeno tentato
di trovarla. Così solo i Grifondoro continuarono a tirarla
fuori in
situazioni di pericolo, consolidando questa diceria, mentre, in
realtà, tutti possiedono il coraggio necessario per
considerarsi
veri Grifondoro, come ci ha dimostrato stamattina il signor Ferrars,
il quale rappresenta un perfetto Tassorosso.”
“Ma
allora perché c’è la divisione in Case,
se tutti, in fondo, sono
coraggiosi?” domandò, incredulo, Gal e Silente
rispose: “Domanda
molto intelligente, signor Sandlers… avete mai sentito
parlare dei
grafici a torta?”
“Ma
che roba è? Qualcosa che si mangia?” chiese Gal e
Delphini,
seccata, rispose: “Ma sei proprio stupido! Sono dei grafici
messi
su carta che hanno la forma di una torta, da cui deriva il nome. Si
usano nella statistica babbana e servono per… oh!”
“La
signorina Black ci è arrivata, a quanto
pare…” sorrise Silente,
mentre Gal domandava: “Su cosa? Non
capisco…”
“Se
facessimo un grafico a torta e lo dividessimo nelle quattro categorie
con cui vengono riconosciute le quattro case, ossia coraggio,
determinazione, conoscenza e lealtà; per poi provarlo su
alcuni
studenti, scopriremmo che le percentuali variano e anche parecchio.
Ad alcuni, la percentuale più alta è
rappresentata dal coraggio,
per altri la determinazione oppure si tratta della conoscenza o della
lealtà. Le altre categorie possiedono, però, una
propria
percentuale, anche se più bassa. Credo che il compito del
Cappello
Parlante sia individuare la percentuale più alta di questo
grafico e
poi spedire quella persona lì.”
“E
i Testurbanti?” domandò, incuriosito al massimo,
Teddy e Silente
rispose: “In quel caso, le due categorie in questione hanno
una
percentuale molto simile e il cappello deve analizzarle con molta
attenzione, per trovare quella più alta. Ma la cosa
più importante
è che la somma di tutte queste percentuali da un unico
risultato:
cento. Questo dimostra che tutti noi, in fondo, possediamo le quattro
categorie delle case nel nostro animo… e sono stati gli
stessi
Fondatori a dimostrarlo.”
“Davvero?
E come?” domandò Gal e il quadro rispose:
“Tutti e quattro hanno
dimostrato la voglia di conoscere, di apprendere e una spiccata
intelligenza, dato che erano degli insegnanti, degna di un Corvonero.
Tutti e quattro hanno dimostrato un grande coraggio nello sfidare le
convinzioni dell’epoca sull’istruzione, cosa molto
apprezzata dai
Grifondoro. Tutti e quattro hanno dimostrato una forte determinazione
nel realizzare il loro più grande sogno, qualità
molto forte tra i
Serpeverde. E tutti e quattro hanno dimostrato una profonda
lealtà
verso la scuola, i propri studenti e i propri amici, che è
molto
importante tra i Tassorosso. Non dimenticate, che Salazar Slytherin
preferì andarsene da Hogwarts piuttosto che attaccarla, cosa
che
avrebbe potuto distruggere la scuola e rischiare di uccidere gli
studenti o i suoi amici più cari.”
Il
gruppo rimase un attimo in silenzio.
Vista
da quell’angolatura, tutti, in fondo, appartenevano a tutte
le
Case… e il motivo per cui Serpeverde, nonostante alcuni suoi
membri
parecchio discutibili, fosse importante...
“Bene,
ora che abbiamo, capito come sono andate le cose, possiamo tornare al
Libro dell’Accettazione e alla Piuma
dell’Ammissione? Mi
piacerebbe riaverli indietro, grazie.” dichiarò,
proprio in quel
momento, la McGranitt e, subito, Delphini aprì il suo
monospalla e
glieli consegnò.
“A
cosa serve quel libro? E perché ci sono scritti tutti quei
nomi?”
domandò, incuriosito, Gal e la preside, seccata, rispose:
“Non
sono cose che la riguardano, Sandlers.”
“Andiamo,
Minerva… possiamo dirlo ai ragazzi… hanno
rischiato la vita per
proteggerli, un piccolo premio se lo meritano. Inoltre, Gal
è
l’Erede di Grifondoro, quindi, direi che la cosa lo riguarda,
e
anche di parecchio.”
“Oh,
e va bene…” sospirò la donna e, non
appena si girò verso i
ragazzi, dichiarò: “Quanto sto per dirvi, non
dovrà uscire da
questa stanza, mi sono spiegata? Non potete dirlo a nessuno, amici,
parenti e tutori, sono stata abbastanza chiara?”
“Chiarissima,
professoressa…” sussurrò Teddy, nervoso.
Sapeva
che l’affermazione dei tutori, riguardava lui…
“Bene,
il Libro dell’Ammissione e la Piuma
dell’Accettazione fanno parte
di questa scuola, da quando venne creata. Si tratta di due oggetti
che i Fondatori stessi crearono e il loro compito è quello
d’iscrivere a questa scuola tutti i bambini che hanno meno di
undici anni, ossia nel periodo in cui la magia è
incontrollabile,
che dimostrano una forte energia magica. La piuma, quando avverte una
magia minorile in corso, prova, automaticamente, a scrivere il nome
di quella persona, ma, se il libro, il quale ha un atteggiamento
molto più duro rispetto alla piuma, in quanto cerca di avere
una
prova concreta e solida della magia, si rifiuta, chiudendosi
automaticamente. Solo quando è convinto, lascia che la piuma
faccia
il suo corso. In un certo senso, quei due oggetti, sono il secondo
tesoro della scuola.”
“E
il primo qual’è?” domandò
Gal, mentre la preside gli
rispondeva, con un sorriso: “Ovviamente, la vista che si vede
da
lì. Nessuno riesce a fare a meno di guardare il panorama da
lì…”
Athena
non poteva fare a meno di sorridere.
A
quanto pare, ci aveva azzeccato…
“In
ogni caso, il vostro comportamento è stato parecchio
irresponsabile
e immaturo, pertanto sarò costretta a togliere cento punti a
testa.
Consideratevi fortunati che non vi espelli da scuola.”
concluse, in
quel momento, la McGranitt e tutti, inconsciamente, fecero un sospiro
di sollievo.
L’anno
prossimo sarebbero potuti tornare a scuola…
“Comunque,
signor Lupin, la scopa rotta che ha in mano era della scuola,
vero?”
domandò la donna e Teddy annuì.
“Allora
deve restituirla subito, mi dispiace.” dichiarò la
McGranitt e
Teddy diede un’occhiata a Delphini, la quale, per tutta
risposta,
gli fece cenno di dargliela.
Una
volta, che la passò la scopa, la preside
dichiarò: “Bene, ora
potete andare. Buona giornata.”
Silenziosamente,
il gruppo uscì dalla stanza e, una volta che la porta fu
chiusa, la
McGranitt si girò verso il quadro di Silente e
domandò, dubbiosa:
“Lei cosa ne pensa, professor Silente?”
“Alla
scoperta che l’Erede di Grifondoro frequenta la scuola? Beh,
sarò
onesto, Minerva: sono incuriosito.”
“E’
incuriosito?”
“Precisamente…
ho le sensazione che, molto presto, tutto ciò che siamo
certi di
sapere, verrà stravolto… e, forse, sapremo come
sono andate
veramente le cose…”
“Cavoli,
che colpo di fortuna! Per un attimo,
ho
pensato
che mi avrebbero espulso!” esultò, eccitato, Gal,
mentre, Oliver
annuiva: “Credo che la McGranitt ci abbia anche
pensato…”
Mentre
camminavano, i cinque studenti notarono un gruppo sempre più
numeroso di studenti.
Avvicinandosi,
Gal domandò ad uno studente di Corvonero: “Ehi,
che succede?”
“Madame
Pince ha trovato un uomo in biblioteca e gli altri insegnanti lo
stanno portando, assieme ad altri tre individui, nella torre in cui
hanno rinchiuso Sirius Black, in attesa che arrivino gli Auror e che
li portino ad Azkaban.” rispose quello.
Delphini
fece un sorrisetto di nascosto.
Asmodeus
e i suoi amici avevano fatto un ottimo lavoro nel condurre il
complice della Borgin in biblioteca, come avevano fatto i topi con il
Leone Codardo nel campo di papaveri nel romanzo ‘Il mago di
Oz’…
certo, era stata una faticata convincerli a farsi legare ad una
tavola, ma avevano fatto un ottimo lavoro.
Si
erano proprio guadagnati quei topi in salamoia…
Proprio
in quel momento, il brusio aumentò e arrivarono il professor
Vitious
e il professor Bennet, i quali stavano portando la Borgin e i suoi
tre complici, ovviamente legati con delle corde.
“Beh,
vi è andata proprio male!” esclamò Gal,
non appena Bluebell
Borgin fu di fianco a lui “Se solo aveste portato il vostro
mantello dell’invisibilità, nessuno vi avrebbe
presi!”
“Ma
cosa stai dicendo, ragazzino? Nessuno di noi ha un mantello
dell’invisibilità.” fu la risposta della
donna e Gal, incredulo,
domandò: “Dice sul serio? Ma, la notte del primo
giorno di scuola,
qualcuno è entrato nel Sotterraneo di Serpeverde con un
mantello
dell’invisibilità!”
“Beh,
quel qualcuno non era uno di noi. I mantelli
dell’invisibilità
sono rari e costano un occhio della testa, sai? Mi spiace, ma devi
cercare da un’altra parte.”
Non
appena ebbe finito di parlare, la donna proseguì il cammino,
lasciando Gal e gli altri senza parole.
“Ma
allora… c’è un altro intruso nel
castello! Per tutto questo
tempo, abbiamo pensato che quei ladri e il tizio invisibile nella
Sala Comune di Serpeverde fossero nello
stesso gruppo e, invece, agivano per conto proprio!”
esclamò,
senza parole, Teddy e Delphini, col suo tono insolente,
dichiarò:
“Una svolta degna di un romanzo di Agatha Christie, non
c’è che
dire… beh, io me ne vado a dormire, che sono già
le nove del
mattino e non ho chiuso occhio, stanotte… ah,
Teddy… ti consiglio
di guardare nella tua tasca…”
Incuriosito,
Teddy fece quando gli era stato detto e trovò un foglietto.
Lo
aprì e vide che c’era una semplice, ma piuttosto
inequivocabile
frase:
‘Procurami una nuova scopa entro la fine dell’anno
scolastico o
finisci male!’
Teddy
non poté far a meno di avere un brivido di paura.
Doveva
trovare al più presto una scopa o sarebbe morto! |
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Capitolo 27 *** Occhi negli occhi ***
Capitolo 27: Occhi negli occhi
L’uomo
coi capelli neri ribelli e gli occhiali, osservò con molta
attenzione l’immenso castello davanti a lui, non riuscendo a
trattenere un sorriso.
Erano
anni che non veniva a scuola… a differenza di Hermione, non
aveva
completato l’ultimo anno scolastico e si era buttato subito
nella
sua carriera di Auror, diventando uno dei migliori, oltre ad essere
quello più giovane di tutta la storia.
Hogwarts
aveva proprio un aspetto splendido… la McGranitt e gli altri
insegnanti si erano proprio dati da fare…
Fece
un sospiro.
Era
bello lasciarsi un po’ andare ai ricordi di scuola, ma aveva
un
compito molto importante da fare.
Con
passo calmo e rilassato, il giovane si diresse all’interno
dell’edificio, ignorando i numerosi studenti che lo
guardavano e
parlando sottovoce agli amici.
Ormai,
ci era abituato…
Non
appena si trovò davanti alla statua del falco,
l’uomo dichiarò,
con tranquillità: “Bathilda Bath.”
Immediatamente,
i Gargoyle si spostarono e lo lasciarono passare, mostrandogli una
scalinata che andava verso l’alto.
Gli
faceva uno strano effetto vedere le scale apparire con il nome di una
famosa storica della magica, dopo che per anni, la porta si apriva
usando i nomi di vari dolci… ma, dopotutto, c’era
una nuova
preside.
L’uomo
salì le scale ed entrò in un grande ufficio,
pieno di quadri.
Non
era cambiato niente, a parte il fatto che mancava il trespolo di
Fanny, la splendida fenice di Silente, e la fenice stessa.
Quando
gli mancava Fanny… e anche Edvige…
“Ciao,
Harry. Era da un po’ che non ci vedevamo.” lo
salutò, con
allegria, un quadro che mostrava un uomo anziano con gli occhiali a
mezzaluna.
“Professor
Silente, è un piacere rivederla!” lo
salutò, entusiasta, Harry,
mentre Silente annuiva: “Già, è passato
parecchio tempo… come
va?”
“Benissimo.
Mi sono sposato, ho tre figli e lavoro come Auror.”
“Un
eccellente risultato.”
“Non
vedo il professor Piton…”
“Sono
qui, Potter.”
Harry
si voltò nella direzione della voce e vide il quadro di un
uomo con
i capelli unti.
“Buongiorno,
professor Piton… come sta?” domandò
Harry e l’insegnante
rispose, col tono seccato che Harry ricordava perfettamente:
“Sto
bene, per quanto possa essere nella mia
condizione…”
Harry
fece un sorriso imbarazzato.
Anche
se era un quadro, la figura al suo interno non era affatto
cambiata…
“Potter?”
domandò, sorpresa, una voce femminile alla sua sinistra.
Harry
si voltò e vide la professoressa McGranitt, la quale fece un
sorriso, non appena lo vide, dicendo: “Sono felice di
rivederla,
Potter.”
“Grazie,
professoressa. Sono venuto qui per occuparmi dei quattro ladri che
sono entrati nella scuola.”
“E’
sicuro che sia solo questo il motivo, Potter?”
Harry
non poté fare a meno di fare un sorriso imbarazzato.
Ormai,
la sua vecchia insegnante di Trasfigurazione lo conosceva troppo
bene…
“Beh,
a dire la verità… sono venuto per salutare Teddy,
il mio
figlioccio… oltre che sgridarlo per quello che ha
combinato.”
“Bene…
però, prima, Potter, vorrei chiederle una cosa.”
“Certo,
professoressa McGranitt. Mi dica pure.”
“Dalle
testimonianze raccolte, Bluebell Borgin è stata spinta ad
entrare ad
Hogwarts da un uomo chiamato Il Profeta… vorrei che tu
cercassi di
capire chi sia, Potter, e qual’è il suo obiettivo.
Secondo Albus
ha in mente qualcosa di molto pericoloso e anch’io ho una
brutta
sensazione a questo proposito… bisogna trovarlo e fermarlo
il prima
possibile, per il bene del Mondo Magico.”
“Nessun
problema, professoressa McGranitt. Allerterò tutti gli Auror
del
paese e chiederò in giro ai miei informatori a Notturn
Alley,
sperando di beccarlo…”
“Lo
spero anch’io, Potter… sono davvero
preoccupata…”
“Lasci
fare a me, professoressa. Porto via quei quattro e inizierò
subito
ad indagare.”
“Molto
bene… comunque, Potter, ha notato che è quasi
mezzogiorno?”
“Eh?
Sì, perché?”
“Beh,
fra poco c’è la pausa pranzo… potrebbe
approfittarne per
salutare il signor Lupin e farci due
chiacchierare…”
“Certo,
ma… quei quattro…”
“Oh,
non si preoccupi, Potter. Vitious ha lanciato un potente incantesimo
per non farli scappare, mentre Gazza, il professor Ruf, il professor
Bennet e il professor Trocar fanno loro la guardia a turno…
dubito
che riescano ad evadere con quei quattro…”
“Sono
contento di saperlo. Mi sbrigherò in un attimo, non si
preoccupi.”
“Ottimo.
Il signor Lupin dovrebbe star finendo la lezione di Pozioni, assieme
agli altri Tassorosso…”
“Grazie
mille, professoressa. Arrivederci, professor Silente. Buona giornata,
professor Piton.”
“Arrivederci,
Harry.” lo salutò, con un sorriso, Silente, mentre
Piton faceva un
grugnito, seccato.
Una
volta uscito dall’ufficio della preside, Harry si mise a
correre
per le scale, entusiasta.
La
terribile e severa direttrice della sua Casa, aveva, come al solito,
intuito quale fosse il suo desiderio più grande in quel
momento e
gli aveva permesso di realizzarlo…
Era
così euforico e di fretta da non accorgersi di una
studentessa che,
proprio in quel momento, stava salendo le scale e la urtò,
in
maniera piuttosto forte.
“Ehi!”
protestò essa e, immediatamente, Harry girò la
testa e si scusò,
imbarazzato: “Oh, mi dispiace. Scusami.”
Tuttavia,
non appena ebbe girato la testa non poté fare a meno di fare
una
faccia sorpresa e sussurrare, incredulo: “Eh?!”
La
giovane che aveva urtato, era una ragazzina con un borsone per
contenere i libri e gli strumenti di cancelleria, che doveva avere la
stessa età di Teddy e che apparteneva a Serpeverde.
I
suoi capelli, i quali erano legati in un’alta coda di
cavallo,
avevano i colori più strani che si fossero mai visti,
argentati con
qualche ciocca blu, ma non erano stati quelli a lasciarlo basito.
Erano
i suoi occhi.
Di
per sé, erano degli occhi assolutamente normali, la cui
iride era di
un marrone così scuro da sembrare nero, eppure
c’era qualcosa in
essi… qualcosa di familiare… e che gli faceva
venire i brividi.
Sentì
le gambe tremargli e il respiro diventargli affannoso, come se si
trovasse in una situazione terribile… una situazione di
morte...
Non
riusciva a spiegarselo, ma… era come se si fosse
già trovato
davanti a quegli occhi… e in un momento di serio
pericolo… ma non
riusciva a ricordarsi dove e quando… l’unica cosa
che sentiva,
dentro di sé, era quell’orribile sensazione che lo
stava
artigliando…
Per
qualche minuto, la Serpeverde osservò in silenzio Harry, per
poi
domandargli, stupita: “C’è qualche
problema, signore?”
“Ah,
no, niente… scusami.” fece Harry, prima di girarsi
e correre giù
per le scale, mentre la ragazzina rimase immobile, guardandolo con
aria sorpresa e sbigottita.
Harry
continuò a correre, finché non si
ritrovò su un piano e solo a
quel punto si fermò per riprendere fiato.
Dovette
aspettare ben cinque minuti, prima di riuscire a calmarsi.
Non
riusciva proprio a capire cosa gli fosse preso… quella
Serpeverde
era solo una comune ragazzina, uguale a centinaia di
coetanee…
chissà perché diavolo aveva avuto una reazione
così assurda…
Probabilmente,
quella studentessa l’aveva preso per uno suonato e non poteva
certo
darle torto… se fosse accaduto a lui una cosa del genere,
avrebbe
dato a quel tizio dello svitato… che figura…
Facendo
un sospiro, Harry riprese il suo cammino verso i Sotterranei,
sperando di non rincontrare più quella
Serpeverde… l’ultima cosa
che voleva, era che spargesse la voce che il grande Harry Potter
fosse un matto… di pubblicità indesiderate ne
aveva avute fin
troppo nella vita…
Proprio
in quel momento, notò un gruppetto di Tassorosso uscire da
una porta
e dirigersi nella sua direzione.
Harry
li osservò con molta attenzione, finché non
notò un ragazzino coi
capelli azzurri che parlava con un coetaneo un più paffuto.
“Teddy!”
lo chiamò Harry e, immediatamente, il ragazzino
alzò lo sguardo e,
non appena lo vide, fece un grande sorriso ed esultò:
“Harry!”
Il
giovane Tassorosso corse verso il padrino e lo abbracciò,
chiedendogli: “Non sapevo che saresti venuto così
presto!”
“Ho
pensato di non dirti niente, così da farti una
sorpresa.”
“Beh,
è stata fantastica!”
Teddy
smise di abbracciarlo, per poi voltarsi e fece cenno al ragazzo
paffuto di avvicinarsi.
Un
po’ timidamente, il ragazzino si avvicinò e Teddy
lo presentò:
“Harry, ti presento Oliver Ferrars. E’ un mio
compagno di Casa ed
è uno dei miei migliori amici.”
“Piacere
di conoscerti, Oliver.” lo salutò, con un sorriso,
Harry,
allungando la mano, la quale venne stretta, in maniera imbarazzata e
nervosa, dalla mano sudata del ragazzino, il quale balbettò:
“P-piacere di conoscerla… signor
Potter…”
“Chiamami
pure Harry, Oliver. Sei uno dei migliori amici del mio figlioccio e
sembri un bravo ragazzo. Non c’è alcun motivo per
essere formali.”
“Come
desidera, signor… volevo dire, Harry.”
Harry
fece un grande sorriso e Oliver lo fissava, sbalordito.
Il
padrino di Teddy era proprio un uomo gentile, modesto e
simpatico…
se non fosse stato per la cicatrice a forma di fulmine, non avrebbe
mai creduto che quell’uomo fosse il Salvatore del Mondo
Magico e
colui che sconfitto per ben due volte il Signore Oscuro… Al
contrario, sembrava un uomo assolutamente normale… per certi
versi,
assomigliava molto a Teddy…
“Se
vuoi, Teddy, vado chiamare gli altri… saranno entusiasti di
conoscere il tuo padrino.” propose Oliver e Teddy
annuì: “Ottimo…
posso chiederti anche una cosa?”
“Certo.”
Teddy
avvicinò la bocca all’orecchio
dell’amico e, facendo in modo che
il padrino non sentisse, sussurrò: “Dì
a Delphini che ho ciò che
le dovevo.”
“Cioè
una nuova scopa?”
“Esatto.”
Oliver
annuì e salì rapido le scale.
“Andiamo
un attimo fuori?” domandò Teddy e Harry
annuì: “Certo. Anche
perché, devo farti una bella ramanzina per quello che hai
combinato
ieri… e ho pure l’approvazione di tua
nonna.”
Teddy
fece una faccia disperata.
In
fondo, dopo quello che lui e i suoi amici avevano combinato, era
ovvio che il suo padrino e sua nonna non gliela avrebbero fatta
passare liscia…
Delphini
stava mangiando il suo cibo, nonostante avesse una tremenda morsa
allo stomaco, che le impediva di gustarsi i sapori.
Il
motivo di quell’ansia era dovuta all’incontro sulle
scale con
Harry Potter, il quale l’aveva riconosciuto come uno degli
uomini
che aveva accompagnato Teddy alla stazione e, inoltre, era cominciata
a girare la voce che il grande Harry Potter stava facendo un giro
della scuola…
Quando
si erano scontrati, aveva letto nei suoi occhi il puro terrore quando
l’aveva osservata meglio… una paura
indescrivibile…
All’inizio,
non aveva capito di cosa si trattasse, anzi, in un primo momento,
l’aveva considerato uno svitato… ma, poi, aveva
avuto
un’intuizione.
Doveva
aver notato la sua straordinaria somiglianza con sua madre, Bellatrix
Lestrange, per questo era così spaventato!
Sua
madre era stata presente in gran parte delle battaglie della Seconda
guerra Magica… quella dell’Ufficio Misteri e la
famosa battaglia
di Hogwarts, durante la quale aveva tirato le cuoia, pertanto, doveva
averla vista e averci avuto a che fare…
Probabilmente,
il padrino di Teddy, una volta tornato al Ministero della Magia,
avrebbe informato tutti che ad Hogwarts c’era una ragazzina
che era
la goccia d’acqua di Bellatrix Lestrange… gli
Auror e la stampa
avrebbero cominciato a ficcare il naso in giro, scoprendo che quella
ragazzina era nientemeno che sua figlia.
Sarebbe
scoppiato il pandemonio… Rita Skeeter avrebbe scritto di
tutto sul
suo conto, descrivendola come una ragazzina pazza come la madre,
sarebbe stata costretta a lasciare la scuola, dato che i genitori e
gli insegnanti non avrebbero di certo voluto la figlia di una
criminale pericolosa e ossessionata da Voldemort ad Hogwarts; il suo
sogno di diventare un Auror si sarebbe infranto come un bicchiere di
vetro, Teddy e gli altri l’avrebbero abbandonata…
A
quel pensiero, Delphini sgranò gli occhi.
Perché
aveva pensato a Teddy e ai suoi amici?
Avevano
solo condiviso un’avventura nei sotterranei… non
li considerava
ancora suoi amici…
Ma
era cretina o cosa?!
Lei
non li avrebbe mai considerati suoi amici! Non poteva averli e
rischiare di rivelare per sbaglio il suo segreto o, peggio, rivelare
le sue fragilità interiori che a volte la dilaniavano
dentro, come
in quel momento…
“Ciao,
Delphini. Ciao, Kevin.” esclamò, proprio in quel
momento, una voce
allegra e vivace alle sue spalle, che, però, aveva
riconosciuto
subito.
Spostò
leggermente lo sguardo e trovò la conferma delle sue idee,
infatti,
c’era Oliver alle sue spalle.
A
differenza sua, Kevin, il quale, come al solito, era seduto di fianco
a lei, in quanto era l’unica, tra tutti i Serpeverde, che lo
tollerava e che non lo aggrediva, sia fisicamente che verbalmente, si
voltò e, non appena riconobbe Oliver sorrise e disse:
“Ciao,
Oliver. Come va?”
“Benissimo.
Sapete chi c’è ad Hogwarts?”
“Chi?”
“Il
padrino di Teddy.”
Kevin
rimase un attimo in silenzio, per poi chiedere, emozionato:
“Intendi…
Harry Potter?”
“Proprio
lui. L’ho incontrato, assieme a Teddy, mentre uscivamo
dall’aula
di Pozioni.”
“Com’è?”
“E’
molto simpatico e gentile. Guarda, se non fosse per la cicatrice a
forma di fulmine, non sembrerebbe per niente il Salvatore del Mondo
Magico!”
“Mi
piacerebbe conoscerlo…”
“Puoi
farlo tranquillamente. Non vede l’ora di conoscerci
tutti.”
“Sul
serio?”
“Certo.
Adesso è fuori con Teddy, temo per fargli una bella
ramanzina… ma
sembrava entusiasta di conoscere gli amici del suo
figlioccio.”
“Spero
di fargli una buona impressione…”
“Rilassati,
mi è sembrato un uomo molto gentile e che non badasse a
queste cose…
mi ha persino detto di chiamarlo semplicemente Harry.”
“Però…
Delphini, perché non vieni con noi?”
“Io
passo.” rispose, seccata, la ragazzina.
L’ultima
cosa che voleva era ritrovarsi davanti al padrino di Harry,
rischiando di farlo insospettire e facendogli scoprire, con largo
anticipo, che era proprio la figlia di Bellatrix Lestrange…
“Beh,
Teddy mi ha detto una cosa, prima di andarsene con
Harry…” disse
Oliver e la Serpeverde domandò, con fare annoiato:
“Cosa?”
“Che
ha quello che ti doveva.”
Non
appena ebbe sentito quelle parole, Delphini si voltò verso
Oliver e
domandò, con un tono così calmo da far venire i
brividi: “Ha la
mia scopa?”
“Parrebbe
di sì…” sussurrò Oliver, con
l’espressione terrorizzata.
Delphini,
quando si trattava di spaventare a morte qualcuno o, semplicemente,
metterlo in soggezione, era la campionessa indiscussa…
Senza
dire altro, la Serpeverde si alzò dal suo tavolo e
uscì, come una
furia, dalla Sala Grande.
“Cavolo…
è proprio determinata ad avere quella
scopa…” sussurrò,
allibito, Kevin, mentre Oliver annuiva: “Una Serpeverde fino
al
midollo…”
Proprio
in quel momento, Oliver notò Christian che, proprio in quel
momento,
entrava nel salone, cercando di portare una pila di libri senza farla
cadere, e, seguito da Kevin, lo raggiunse.
“Ciao,
ragazzi.” li salutò Christian, sistemandosi gli
occhiali “Sapete
che il grande Harry Potter è qui ad Hogwarts?”
“Certo.
Teddy è con lui. Ti andrebbe di conoscerlo?”
Sentendo
quelle parole, Christian trasalì e fece cadere per terra
tutti i
libri, i quali vennero prontamente raccolti da Oliver e Kevin.
“Io
conoscere il grande Harry Potter?! Oh, no, no… è
un onore troppo
grande…” balbettò, nervoso, Christian,
mentre riprendeva i
libri, ma Oliver lo rassicurò: “Non preoccuparti.
Ho parlato io
stesso con Harry Potter, poco fa, e non è quel tipo di
celebrità
che ti mette sotto pressione o che si vanta di tutti i suoi successi,
al contrario. E’ molto simpatico e gentile.”
“Vero,
ma… è pur sempre Harry
Potter…”
“Rilassati,
Christian. E poi, anche lui era un Grifondoro, proprio come te. Di
certo, gli farà molto piacere conoscere te e tuo cugino. A
proposito, dov’è Gal?”
“E
lì.”
Oliver
guardò nella direzione indicata dal Grifondoro e vide
l’amico
seduto al tavolo dei Grifondoro, col suo solito casco da pilota, che
mangiava con aria mogia, seduto accanto al fratello maggiore.
Non
era da Gal essere così giù di morale…
“Lancelot
non ha gradito la bravata di Gal, così ha deciso di tenerlo
sotto
stretta sorveglianza. Non può fare un passo o uscire da
un’aula,
senza che suo fratello lo tenga d’occhio e, ovviamente, a mio
cugino non tollera che gli si vengano tarpate le
ali…” rivelò
Christian, con tono dispiaciuto, mentre Oliver osservava la scena in
completo silenzio.
Sapeva
che l’amico sarebbe stato entusiasta nel conoscere il
leggendario
Harry Potter, ma esso sarebbe rapidamente scemato non appena suo
fratello si fosse unito alla compagnia… però, non
poteva nemmeno
lasciarlo in balia di quel carceriere di suo fratello…
Proprio
in quel momento, Oliver notò Monica entrare e le fece cenno
di
raggiungerlo.
Mentre
la Grifondoro, sorpresa, si avvicinava, Oliver si voltò
verso Kevin
e gli disse: “Mentre io e Christian ci occupiamo di Gal, tu
raggiungi Athena ed Elizabeth. Ci ricongiungeremo nel
cortile.”
“Va
bene.”
Non
appena Kevin si diresse verso il tavolo dei Corvonero, Monica
raggiunse i due ragazzi e domandò, sorpresa:
“C’è qualche
problema?”
“Monica,
potresti distrarmi di nuovo Lancelot, come hai fatto ieri?”
le
chiese Oliver e la ragazzina disse: “Non so…
guardate che è
difficile ingannare Lancelot…”
“Devi
solo distrarlo il tempo necessario per permettere a Gal di scappare,
ti prego… in cambio, ti darò un autografo di
Harry Potter.”
“Davvero?!
Forte! Non sapevo proprio come chiederglielo, senza apparire
arrogante e sfacciata… lo faccio subito.”
La
giovane Grifondoro si diresse subito verso i due fratelli e, poi, con
un grande sorriso, domandò a Lancelot: “Ehi,
Lancelot. Sai, che ho
visto un rapace appollaiato su un albero? Purtroppo, non capisco se
è
un falco o un’aquila…”
“Potrebbe
essere una semplice poiana.” fece notare il Prefetto, ma
Monica
continuò: “Vero, ma, dato che tu sei un ornitologo
molto esperto,
mi piacerebbe che tu me lo confermassi. Sai, grazie a te, sto
imparando molte cose sugli uccelli e non vedo l’ora di
scoprirne
delle altre…”
“Nessun
problema, dove l’hai visto?”
“Dalla
finestra dell’aula di Storia della Magia. Dai, seguimi.
Speriamo
che sia ancora lì…”
“Va
bene… tu non ti muovere, intesi?”
intimò Lancelot al fratello,
il quale, per tutta risposta, fece un cenno con la testa.
Tuttavia,
non appena se ne fu andato, Gal si alzò subito in piedi e,
con una
velocità sorprendente, raggiunse il cugino e
l’amico.
Non
appena fu davanti a loro, sbuffò, esasperato:
“Cavoli, ragazzi…
quell’avvoltoio non mi lasciava un attimo…
filiamocela, prima che
Lancy si accorga che ho tagliato la corda!”
I
tre ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e, dopo essere usciti
dalla Sala Grande, corsero come dei matti per i corridoi, sperando di
non farsi beccare da Gazza o da qualsiasi insegnante…
Solo
quando arrivarono al cortile, il trio poté finalmente
riprendere
fiato.
“Porca
miseria… non avrei mai pensato che avrei dovuto scappare da
mio
fratello…” commentò Gal, mentre
riprendeva fiato, e Christian
gli ricordò: “Purtroppo, è un
Prefetto…”
“Se
penso che anche lui è l’Erede di…
ahi!” fece il rosso, in
quanto Oliver gli aveva appena tirato un calcio.
Imbarazzato,
Oliver fece: “Scusa, scusa, scusa! Mi dispiace!”
“Non
fa niente…” lo tranquillizzò Gal,
mentre si massaggiava la gamba
colpita, e, non appena Christian si fu voltato da un’altra
parte,
il rosso sussurrò all’orecchio
dell’amico: “Certo che quando
vuoi, picchi forte…”
“Scusa,
non so cosa mi sia preso… ho agito
d’impulso…”
“Lascia
perdere… anzi, hai fatto proprio bene… per poco
non mi lasciavo
sfuggire chi sono veramente…”
“Devi
stare molto attento, Gal. Ricordati cosa ti ha detto
Teddy…”
“E’
proprio il pensiero che qualcuno voglia la mia pelle che mi fa tenere
a freno la lingua… non voglio morire, sono ancora troppo
giovane…
voglio vivere tante avventure, prima di andarmene, e, cosa davvero
importante, voglio superare quell’arrogante sfacciato di Tom
Riddle!!!”
“Ma
perché sei così fissato con quel
Serpeverde?”
“Mi
da fastidio il fatto che quell’antipatico abbia dei voti
migliori
dei miei!”
“Non
puoi competere con un morto!”
“Proprio
per questo la cosa è più divertente.”
“Sei
unico nel tuo genere, Gal…”
Proprio
in quel momento, la porta del cortile si aprì di scatto e il
Grifondoro coi capelli rossi, d’istinto, si
abbassò.
“Non
preoccuparti, è solo Kevin con le ragazze.” lo
tranquillizzò
Oliver e, immediatamente, il ragazzino si rialzò di scatto.
Il
Serpeverde, accompagnato da Athena ed Elizabeth, si diresse verso gli
amici e, con un sorriso, disse: “Eccoci qui, possiamo
andare.”
“Ottimo,
ma... per caso, avete visto mio fratello maggiore entrare in Sala
Grande?” domandò, leggermente preoccupato, Gal, ma
Athena lo
rassicurò: “L’ho solo visto uscire, ma
non ritornare.”
“Phew,
che sollievo…” fece Gal, per poi esclamare:
“Presto,
raggiungiamo il giardino! Mi raccomando, orecchie aperte.”
“Veramente
si dice occhi aperti, Gal.” gli ricordò la ragazza
con gli
occhiali, ma il Grifondoro, scosse l’indice: “No,
no, Athena.
Intendevo proprio quello che ho detto!”
Vedendo
che gli altri lo guardando con aria stupita, Gal rispose, con un
grande sorriso: “Capirete tutto più tardi. Adesso
andiamo in
giardino e teniamoci pronti.”
“...Insomma,
il tuo comportamento è stato davvero molto irresponsabile e
tua
nonna è d’accordo con me. Ti rendi conto che hai
rischiato di
morire? Lo so che anch’io, alla tua età, mi
ficcavo in guai
simili, ma questa non è una buona ragione per imitarmi!
Dovresti
ringraziare la McGranitt per non averti espulso!”
terminò Harry,
con la voce più arrabbiata che avesse.
Teddy,
teneva lo sguardo basso con espressione mogia e triste.
Tutte
le volte che il suo padrino o sua nonna lo sgridavano, si sentiva
male… dentro di sé, sentiva una morsa...
“Mi
dispiace…” fu tutto quello che riuscì a
dire il ragazzino ed
Harry concluse il discorso: “Che non succeda mai
più, signorino,
mi sono spiegato?”
“Sì…”
Intuendo
che il discorso aveva sortito il suo effetto, Harry gli diede una
pacca sulla schiena, come per rincuorarlo.
“Mi
scusi…” domandò una voce maschile alle
spalle dell’uomo.
L’uomo
si girò e vide un ragazzino coi capelli biondi e
l’uniforme di
Serpeverde.
“Se
non sbaglio, lei è il famoso Harry
Potter…” fece il ragazzino e
Harry annuì: “Beh,
sì…”
“Ottimo.
Mi farebbe l’autografo su questa figurina?”
domandò il giovane,
allungando una figurina delle Cioccorane su cui c’era il
volto di
Harry, il quale fece l’occhiolino ai presenti.
Il
ragazzino rimase un attimo in silenzio, prima di sussurrare:
“Per
favore...”
“Va
bene.” annuì l’Auror, prendendo la
figurina dalla mano del
Serpeverde e tirando fuori da una tasca una penna babbana.
“Che
strana bacchetta…” fece il biondo, non appena la
vide, e Harry
spiegò: “E’ una biro babbana. I babbani
le usano per scrivere,
al posto delle piume.”
“Ah.”
Non
appena l’ebbe firmata, l’uomo passò la
figurina al ragazzino, il
quale fece un grande sorriso e si mise a fissare la carta come se
fosse il suo più grande tesoro.
“Grazie
mille, signor Potter! Le sono davvero riconoscente!” lo
ringraziò,
entusiasta, il Serpeverde, per poi mettersi a correre verso il
castello, continuando a sorridere.
“Ciao,
Abel!” lo salutò Teddy e l’altro, per
tutta risposta, rispose,
sempre continuando a correre e a sorridere: “Ci vediamo,
Teddy!”
Harry
e Teddy rimasero a guardare, in completo silenzio, Abel mentre si
allontanava e, poi, Harry esclamò, sorpreso: “Non
mi sarei mai
immaginato una reazione del genere per aver ricevuto un mio
autografo…”
“Io,
invece, non mi sarei mai immaginato una reazione del genere da parte
di Abel…”
“E’
un tuo amico?”
“No,
però ci parliamo qualche volta… si chiama Abel
Nott ed è un
Serpeverde. Di solito è molto serio e composto, oltre a
litigare
spesso con il mio amico Gal… non immaginavo che fosse un tuo
fan
sfegatato…”
“I
tempi cambiano e anche drasticamente… quand’ero
uno studente, i
Serpeverde erano gli unici che non mi sopportavano
assolutamente…”
“Io,
invece, ho due amici che fanno parte di Serpeverde e sono
entrambi…
delle brave persone… a modo loro… comunque, hai
portato la scopa
che ti avevo chiesto?”
“Sì,
ce l’ho… se non mi avessi scritto che non era per
te, ma per una
tua amica, non te l’avrei portata…”
“Lo
so…”
“Comunque,
chi è questa ragazza? E perché le devi una
scopa?”
“Beh,
ecco, vedi…”
“EDWARD
REMUS LUPIN, DOV’E’ LA MIA SCOPA?!?!?!”
l’interruppe, proprio
in quel momento, un potente urlo femminile alle loro spalle che fece
gelare ad entrambi il sangue.
“Eccola…”
sussurrò, terrorizzato, Teddy ed Harry domandò,
incuriosito: “Di
chi stai parlando?”
“Fra
qualche secondo lo scoprirai…”
Harry
fece appena in tempo a spostarsi che vide quello che sembrava un
razzo argentato con delle sfumature verdi superarlo e prendere il suo
figlioccio per la cravatta gialla e nera, per poi domandare:
“Allora?
Dov’è? Ti avverto, se mi hai presa in giro, ti
faccio fare un volo
fino alla luna, mi sono spiegata?!”
“Ce
l’ho, ce l’ho, sta tranquilla…”
“E
allora tirala fuori, Lupin!”
“Non
ce l’ho io…”
“Mi
stai prendendo in giro, per caso?!”
“Calma,
intendevo solo dire… che ce l’ha il mio
padrino…”
“E
dov’è il tuo padrino?”
Per
tutta risposta, Teddy indicò alle sue spalle.
Immediatamente,
la ragazzina si voltò e, dopo aver mollato la presa sul
povero
Tassorosso, si mise a guardare Harry, il quale non poté fare
a meno
di sgranare gli occhi, incredulo.
Quella
era la Serpeverde con cui si era scontrato sulle scale.
Quei
capelli argentati e quegli occhi neri erano fin troppo
riconoscibili…
inoltre, stava sentendo di nuovo le stesse sensazioni che aveva
sentito prima...
Dal
canto suo, anche la giovane si mise a fissarlo in completo silenzio,
come se lo stesse studiando…
Non
appena si fu ripreso dalla tremenda sfuriata dell’amica,
Teddy si
affrettò a presentarli: “Harry, ti presento la mia
amica Delphini
Black di Serpeverde. Delphini, questo è il mio padrino,
Harry
Potter.”
“Piacere
di conoscerla, signor Potter.” lo salutò
educatamente la giovane,
con calma e naturalezza, e Harry, immediatamente, allungò la
mano,
dicendole: “Il piacere è tutto mio,
Delphini.”
La
Serpeverde osservò per un attimo, in completo silenzio, la
mano,
come se la stesse studiando, temendo qualche trucco, per poi
allungare lentamente la sua mano e stringere quella di Harry.
“Ne
sono felice, signore.” disse la giovane, osservando con molta
attenzione gli occhi verdi del suo interlocutore, come se stesse
cercando di scrutare l’anima dell’uomo che le stava
davanti, il
quale, le disse, con un sorriso: “Chiamami semplicemente
Harry e
dammi pure del tu.”
“Come
desideri.”
Teddy
osservò, in completo silenzio, la scena.
Aveva
la strana sensazione che ci fosse qualcosa di strano in
quell’incontro… sembrava che Delphini e il suo
padrino si
stessero studiando a vicenda, come se cercassero di scoprire qualcosa
sull’altro…
“Ehi,
Teddy! Siamo qui!” gridò una voce allegra e
maschile proveniente
dalla scalinata, che riconobbe immediatamente.
Infatti,
vide Gal, il quale era riconoscibile sia per il suo inseparabile e
inconfondibile casco che per il fatto che stesse sbracciando a tutta
velocità le braccia per farsi notare, facendo ridacchiare
tutti gli
studenti presenti, accompagnato dagli altri, i quali erano
leggermente imbarazzati per il comportamento di Gal.
Mentre
si avvicinavano ai tre, Gal, con un piccolo sorriso di trionfo,
sussurrò ad Athena: “Te l’avevo detto
che bisognava aguzzare
l’udito. Le urla arrabbiate di Delphi si riescono a sentire
ovunque, anche dall’altra parte del paese. E’ una
delle tante
cose che condivide con Sal…”
“Un
giorno, dovrai spiegarmi chi è questo Sal di cui parli
abbastanza
spesso, ultimamente…”
Una
volta che l’ebbero raggiunto, Teddy disse, indicando Gal, il
quale,
con un grande sorriso, salutò con la mano: “Harry,
ti presento i
miei amici: il rosso col casco da pilota è Galahad Sandlers,
ma
tutti lo chiamiamo Gal.”
“Vorrei
ben vedere! Questo nome è assurdo e troppo lungo! Soltanto
io porto
questo stupido nome nel Ventunesimo secolo!”
sbottò Gal e Athena
cercò di calmarlo: “Beh, il tuo nome è
ricco di storia e cultura.
Galahad era il nome del cavaliere più puro e leale della
Tavola
Rotonda.”
“La
so la storia di Re Artù e dei suoi cavalieri… mio
padre adorava le
vicende di quel re… infatti, ha chiamato me e mio fratello
con i
nomi di due suoi famosi cavalieri… gli sarebbe piaciuto
chiamare
uno di noi due Artù, ma, fortunatamente, mia madre
è riuscita a
convincerlo che era meglio lasciar perdere… quello sarebbe
stato
troppo… pertanto, ho dovuto trovare un soprannome per poter
sopravvivere con questo nome… tutto sommato, Gal mi sta a
pennello,
non vi pare?”
Harry
non poté far a meno di trattenere una risata.
Quel
ragazzino era davvero energico e pieno di vita…
“Lui
è Christian Brown, il cugino di Gal. Entrambi sono di
Grifondoro.”
continuò Teddy, indicando un ragazzino con gli occhiali, il
quale, a
differenza del cugino, salutò Harry con molta calma.
“La
ragazza con gli occhiali è Athena Doyle, di Corvonero,
mentre
l’altra è Elizabeth Jones, sempre di
Corvonero.” dichiarò il
Metamorfomagus, indicando le due ragazze presenti, per poi venir
interrotto da Gal: “Le consiglio, signore, di non far
arrabbiare la
nostra Lizzie. Quando s’infuria, sa essere
terribile…”
“M-ma,
Gal… non è affatto vero… non sono
così terribile…”
balbettò, imbarazzata, Elizabeth, ma il Grifondoro
continuò: “Dico
sul serio, signor Potter! Proprio ieri, ha urlato contro Gazza!
Testimone Christian!”
“E-era
una situazione un po’ estrema… Athena stava
levitando nel cielo…
e lui non mi lasciava passare… così ho un
po’ perso la calma…”
“Un
po’? Ho sentito quell’idiota arrogante di Abel Nott
dire a dei
ragazzi di Serpeverde che sembravi una furia scatenata dal tanto che
eri arrabbiata e che persino il professor Trocar ti ha fatto i
complimenti per ciò.”
Per
tutta risposta, Elizabeth diventò rossa come un pomodoro,
mentre
faceva una smorfia di vergogna e di disperazione.
Dal
canto suo, Harry osservava la giovane Corvonero, sbigottito.
Quand’era
studente, Gazza era una delle persone più temute
all’interno della
scuola… nessuno si sarebbe mai azzardato a mancargli di
rispetto o
ad urlargli contro… eppure quella ragazzina di undici anni,
aveva
esaudito il desiderio nascosto di parecchie generazioni di
studenti…
e la cosa più incredibile di tutte era che era una
Corvonero…
“Infine,
lui è Kevin Harrison, Serpeverde.” concluse Teddy,
indicando un
giovane coi capelli neri e gli occhiali, il quale, con un sorriso
gentile, disse: “Piacere di conoscerla, signor Potter. Ho
sentito
parlare molto di lei.”
“Chiamami
pure Harry.”
Proprio
in quel momento, dalla borsa di Elizabeth uscì una piccola
palla di
pelo rosa che saltò sulla testa di Harry.
“Tonks…”
ridacchiò Teddy, mentre il Puffskein si metteva a saltare
sulla
testa di tutti i presenti.
“Volevo
riconsegnartelo, Teddy, ma, a quanto pare, ci ha pensato da
sé…”
sorrise Elizabeth, mentre il Puffskein le atterrava sulla spalla, per
poi riprendere a saltare come un matto.
“Non
preoccuparti… evidentemente gli sono mancato
molto…” la
tranquillizzò Teddy, riprendendo il Puffskein.
Mentre
Teddy accarezzava il pelo rosa del suo animaletto domestico, Gal si
voltò verso Delphini e le disse: “Mi auguro che
quella tua
bestiaccia abbia la museruola!”
“Per
tua informazione, ho già avvertito Asmodeus di lasciare in
pace il
Puffskein di Teddy.”
“Vorrei
proprio sapere come cavolo fai ad essere così sicura che ti
ubbidisca…”
“Ho
un ascendente molto speciale con quelli della sua
specie…”
“Seee,
come no… comunque, adesso dov’è? Non
dirmi che è qui in giro,
in attesa che abbassiamo la guardia per mangiarsi
Tonks…”
“Falla
finita. Si sta solo facendo una gita nella Foresta Proibita e gli ho
detto di non attaccare nessuno.”
“Io,
comunque, non mi fido di quel rettile troppo
cresciuto…”
Sentendo
quelle parole, Harry si voltò e domandò,
incuriosito: “Di quale
rettile parlate?”
“Delphi,
invece dei tradizionali gufi, gatti o rospi, ha come animale
domestico un serpente! Pazzesco, vero?” spiegò,
con un sorriso,
Gal, mentre la ragazzina sbuffava: “Ehi, guarda che io sono
meno
strana di certi adolescenti babbani.”
Harry
rimase in silenzio un istante, per poi dire: “Un
serpente…
davvero originale… ho avuto a che fare, in passato, con un
mago che
aveva un serpente… come si chiama?”
“Asmodeus.
E’ una creatura innocua, infatti lo lascio girovagare per il
castello e per la foresta. Ha il diritto di muoversi un po’,
no?”
“Ma
sei sicura che vada tutto bene a lasciarlo libero
così?”
Per
tutta risposta, Delphini tirò fuori da sotto la cravatta
verde e
argento una catenina d’oro a cui c’era attaccato un
fischietto e
una chiave che pareva parecchio antica.
La
giovane Serpeverde si mise il fischietto in bocca e, subito, si
sentì
un lungo e acuto fischio.
Non
appena ebbe finito, la ragazzina rimase immobile per qualche secondo,
come se fosse in attesa di qualcosa, finché non si sentirono
delle
urla terrorizzate e degli strilli.
Finalmente,
dall’erba alta si udirono dei frusci e, ad un tratto, un
grosso
serpente dalla luminosa pelle verde e dai brillanti occhi gialli
apparve, dirigendosi davanti a Delphini.
La
ragazzina s’inginocchiò per prenderlo in braccio,
mentre diceva:
“Come potete vedere, Asmodeus è un serpente molto
ubbidiente ed io
ho piena fiducia in lui. Non combinerà niente, ve lo posso
assicurare.”
“Vedo…”
ammise l’uomo, incredulo.
Non
aveva mai visto un serpente così ubbidiente e
docile… gli
ricordava quello che aveva liberato quella volta allo zoo, quando
aveva dieci anni… la prima volta che, inconsciamente, aveva
parlato
ad un serpente…
Si
accorse che, stranamente, il serpente lo stava fissando in silenzio e
stava, persino, allungando la testa nella sua direzione.
“Comunque,
signor Potter, Teddy mi ha detto che mi ha portato la mia
scopa.”
esclamò Delphini, interrompendo i suoi pensieri, e Harry,
ammise,
imbarazzato: “Certo, eccola qui.”
Con
un semplice tocco di bacchetta, il padrino di Teddy, fece apparire
una scopa che, nonostante sembrasse così vecchia, era in
ottimo
stato.
Non
appena la vide, Kevin sgranò gli occhi e
sussurrò, allibito,
indicandola: “S-signor Potter… è
davvero quello che penso?
Quella è… una Silver Arrow?!”
“Proprio
così…” ammise, imbarazzato, Harry,
mentre Delphini, prendendola,
dopo aver messo Asmodeus per terra, dichiarò:
“Basta che voli e mi
va bene tutto.”
Senza
perdere altro tempo, la ragazzina salì su di essa e
cominciò a
sfrecciare nel cielo.
“Cavoli,
è brava…” dichiarò,
ammirato, Harry, mentre Kevin annuiva: “Sì,
è molto abile… inoltre, sta cavalcando una Silver
Arrow, la prima
scopa da corsa mai creata.”
“Non
sapevo che conoscessi quella scopa.”
“Beh,
ho letto ‘Il Quidditch attraverso i secoli’ e vari
libri sulle
scope… la Silver Arrow fu creata negli anni ‘20 da
Leonard Jewkes
e può fare 112 km/h, infatti fu la scopa più
veloce della sua
epoca. Pare che il nome fu dovuto alle Silver Arrows, le prime auto
da corsa babbane, create dalle case automobilistiche tedesche
Mercedes-Benz e Auto Union, le quali erano chiamate in tedesco
Silberpfeil, contraddistinte dalla carrozzeria di colore argentato,
le quali dominarono il Campionato europeo automobilistico babbano tra
il 1934 e il 1939.”
“Però,
te ne intendi di macchine babbane…”
“Mio
padre è un gran intenditore di automobili. Le dico solo che
casa
nostra è piena di riviste e di vecchi libri su di esse.
Inoltre,
spessissimo, si mette a parlarne con grande passione.”
“Davvero?
Questa non me l’aspettavo proprio…”
“E
di certo non si aspetta questo, signor Potter: sa che Kevin
è un
nato babbano?” s’intromise, con un grande sorriso,
Gal e Harry
sgranò gli occhi, dalla sorpresa.
Non
si sarebbe mai aspettato di vedere un nato babbano a
Serpeverde…
era convinto che venissero esclusi a priori…
Proprio
in quel momento, Delphini, con grazia e naturalezza, atterrò
davanti
al gruppo e, voltandosi, verso Harry, annunciò, euforica:
“Questa
scopa è davvero una bomba, Harry! Grazie infinite!
E’ troppo
forte!”
“Prego.
Sai che sei davvero molto brava a volare con la scopa? Per caso, tra
i tuoi parenti c’erano dei giocatori di Quidditch?”
“Sì,
qualcuno di loro… ce l’ho nel
sangue…”
Sua
madre, quand’era a Hogwarts, era stata la prima giocatrice
femmina
della storia della squadra di Quidditch di Serpeverde e aveva il
ruolo di battitore, un ruolo che, da quel che aveva letto, le calzava
proprio a pennello.
Pareva,
infatti, che fosse l’incubo delle altre squadre, in quanto
colpiva
i bolidi con parecchia ferocia e, tutte le volte che li colpiva, li
faceva sempre finire contro qualche povero avversario… alla
fine di
ogni partita, la squadra di Serpeverde si lasciava sempre dietro una
montagna di feriti dell’altra squadra… le
ricordava un po’ ciò
che faceva Erika Rath, una giovane battitore davvero tosta, la quale
aveva studiato ad Hogwarts dopo la Prima Guerra magica, quando sua
madre era in gattabuia…
A
differenza della Rath, però, sua madre sapeva essere
veramente
violenta e terribile anche fuori dalle partite… pareva che,
una
volta, fosse stata sospesa per parecchi mesi dal giocare a Quidditch
perché aveva tirato la mazza in testa ad un tizio con cui
stava
litigando furiosamente, mandandolo letteralmente ko, e quando
litigava, non aveva alcun problema a venire alle mani e a conciare
per le feste l’altro, anche senza usare la magia…
non c’era da
meravigliarsi, quindi, che fosse diventata una Mangiamorte parecchio
violenta e pericolosa non appena avesse lasciato la scuola…
in
fondo, molti serial killer babbani avevano una personalità
strana e
a tratti inquietanti fin da piccoli…
Però,
entrambi i cugini di sua madre, Regulus e Sirius, erano stati abili
giocatori di Quidditch, Regulus era stato il Cercatore della squadra
di Serpeverde, mentre Sirius uno dei Cacciatori di Grifondoro.
Invece,
l’unico giocatore della famiglia di suo padre era stato suo
zio
Rabastan, coetaneo di sua madre, nel ruolo di Battitore, anche se
pareva che fosse entrato nella squadra solo al suo terzo anno, mentre
sua madre era entrata nella squadra al suo secondo anno.
Comunque,
nonostante nella sua famiglia ci fossero molti giocatori di
Quidditch, non aveva alcuna intenzione di entrare nella squadra di
Serpeverde, l’anno seguente.
Lei
era un tipo più studioso e tranquillo, inoltre, detestava
gli sport.
Troppa
fatica, sudore e praticità.
A
differenza degli altre attività scolastiche, la ginnastica
era
qualcosa che si basava sulle proprie abilità fisiche e non
si poteva
imparare leggendo un libro.
Ovviamente,
era importante avere una scopa nel mondo dei maghi, dato che
bisognava spostarsi da una parte all’altra del paese, ma
diventare
una giocatrice professionista di Quidditch… non era il
lavoro per
lei.
Sarebbe
diventata un Auror, quello era il lavoro perfetto per lei.
“Anche
mio padre era un giocatore di Quidditch. Quand’era studente,
fu il
Cercatore della squadra di Grifondoro, proprio come me.”
raccontò
Harry e Gal esclamò: “Sa che l’anno
prossimo io e Kevin faremo i
provini delle nostre rispettive Case? Io proverò a diventare
un
Cercatore, mentre Kevin diventerà un Cacciatore!”
“Davvero?
Beh, spero che li passiate.”
“Faremo
del nostro meglio, signore!”
“Ottimo.”
“Harry,
volevo chiederti una cosa…”
l’interruppe, imbarazzato, Teddy
“Quest’estate, i miei amici possono venire alla
Tana, assieme a
me?”
“Ma
certamente, Teddy! So quanto è fantastico passare le vacanze
con i
propri amici… come vi siete organizzati?”
“Gal,
Christian, Athena e Oliver vengono a Luglio, mentre Elizabeth e Kevin
ci raggiungeranno ad Agosto, una volta tornati dalle rispettive
vacanze. Delphini, invece, starà via per tutta
l’estate.”
raccontò Teddy e Harry, voltandosi verso la ragazzina coi
capelli
argentati, domandò: “Sei proprio sicura? Guarda
che è una
splendida esperienza trascorrere l’estate con i propri amici
e te
lo dico per esperienza…”
Delphini
rimase un attimo in silenzio.
Ad
essere sincera, una parte di lei moriva dalla voglia di andare alla
Tana con Teddy e gli altri… ma l’altra, quella
dominata
dall’orgoglio, le intimava di non farlo.
Lei
non aveva bisogno di nessuno e, cosa ancora più importante,
non
poteva rischiare che qualcuno scoprisse dei suoi legami di parentela
con Bellatrix Lestrange… inoltre, doveva assolutamente
andare a
Little Hangleton per scoprire la verità su Tom Riddle e
Orvoloson
Gaunt.
“No,
mi dispiace. Purtroppo, andrò in campeggio assieme ai
ragazzi del
quartiere dove abito e non posso ritirare la mia
partecipazione.”
dichiarò, con tono calmo e sicuro, la Serpeverde.
Il
trucco per non far capire che si mentiva, era quello di mostrare
calma e decisione.
Infatti,
Harry annuì con la testa: “Va bene.
Divertiti.”
“Puoi
starne certo.”
Proprio
in quel momento, si udì la campana della scuola fare un
rintocco ed
Harry esclamò: “Accidenti, come si è
fatto tardi! Devo portare
via quei quattro… beh, arrivederci, ragazzi. E’
stato un piacere
conoscervi tutti. Ci vediamo presto.”
“Ci
vediamo.” lo salutarono, in coro, i sette ragazzi.
Harry
si girò di nuovo verso il suo figlioccio e i suoi amici e li
salutò
con una mano, mentre sorrideva, per poi correre verso la scuola.
Una
volta arrivato davanti alla porta che portava alla torre
dov’erano
rinchiusi quei quattro, sentì una voce monotona e fece un
sospiro.
Sapeva
fin troppo bene a chi apparteneva…
Spinse
la porta e vide, davanti ad un grande ombrellone nero, un vecchio e
decrepito fantasma che parlava di storia, ignorando le rumorose
russate che venivano dalla porta di ferro di una torre.
“Buongiorno,
professor Ruf.” lo salutò Harry e il vecchio
fantasma sobbalzò,
esclamando: “Chi? Cosa? Dove? Quando?
Perché?”
Mentre
si risistemava velocemente gli occhiali, il professore notò
l’Auror
ed esclamò: “Ah, è lei, signor
Rottier… stavo tenendo una
lezione sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289
e…”
“Sì,
l’ho sentita, professor Ruf… mi dispiace
interromperla, ma devo
portare via i suoi… ehm…
studenti…”
“Come
desidera, Rottier… ora, se non ti dispiace, vado a
schiacciare un
pisolino…”
Dopo
aver detto quelle parole, il fantasma appoggiò la testa sul
tavolino, per poi cominciare a russare parecchio forte, tanto da
coprire quelli dei prigionieri.
Harry
fece un sorriso divertito, per poi aprire la porta e svegliare coloro
che erano all’interno della cella.
Non
appena si fu svegliato ed ebbe visto Harry, Zubin esclamò:
“La
prego, mi dica che ci sta per portare ad Azkaban!”
“Sì.
Forza, tutti in piedi.”
“Finalmente,
non ne potevo più di questo posto! Prima quel tizio con gli
occhiali
che ci ha fatto una lunga ramanzina sulla violazione della
proprietà
privata, poi per tutta la notte ci ha fatto la guardia quel tizio coi
capelli lunghi e gli occhi rossi che se ne è stato per tutto
il
tempo a leggere sotto un ombrellone che aveva messo lui stesso,
nonostante fosse notte fonda! Per non parlare di quel vecchio
decrepito con quella sua stupida palla di pelo spelacchiata che ci ha
tenuto d’occhio per tutta la mattina e, adesso, quel
maledetto
fantasma ci ha fatto addormentare con quel suo noioso discorso!
Questa scuola è una vera e propria gabbia di
matti!”
Harry
non poté fare a meno di sorridere, divertito.
Qualcosa
gli diceva che quei tizi non sarebbero tornati ad Hogwarts tanto
presto… |
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Capitolo 28 *** Verso nuovi orizzonti ***
Capitolo 28: Verso nuovi
orizzonti
La
Sala Grande era, come al solito, piena di studenti e molto rumorosa,
ma quella sera, c’era qualcosa di diverso nell’aria.
L’eccitazione,
infatti, era palpabile in ogni tavolo e più di uno studente
chiacchierava eccitato col proprio vicino, cercando di contenersi.
Ad
un certo, la preside si alzò in piedi e batté per
ben tre volte le
mani, facendo, immediatamente, ammutolire tutti i presenti.
Una
volta assicuratasi che fossero tutti zitti, la donna iniziò
a
parlare, con tono solenne: “Cari studenti, un altro anno
è
passato, per qualcuno lentamente e per qualcun altro velocemente.
Domani, tutti voi partirete per tornare a casa per le vacanze o per
iniziare un nuovo cammino lontano da qui. Nonostante le
difficoltà,
anche stavolta ce la siamo tutti cavata. Prima d’iniziare col
banchetto, è il momento di decidere quale Casa, quest'anno,
ha vinto
la coppa delle Case.”
Tutti
gli studenti rimasero col fiato in sospeso, troppo curiosi di sapere
quale Casa avrebbe vinto la coppa e, tutti, in fondo al loro cuore,
speravano che toccasse alla loro.
“Innanzitutto,
al quarto posto abbiamo Tassorosso con 2141 punti.”
dichiarò la
McGranitt e, immediatamente, tutti i Tassorosso fecero una smorfia
disperata.
Quell’anno
si erano piazzati ultimi… almeno era riusciti a vincere la
Coppa di
Quidditch...
I
più disperati erano, ovviamente, Teddy e Oliver, i quali
evitarono
di guardare i loro compagni negli occhi.
In
fondo, era pur sempre colpa loro se Tassorosso aveva ottenuto un
simile punteggio…
“Al
terzo posto, con 2161 punti, c’è la Casa di
Serpeverde.”
continuò, implacabile, la McGranitt e, ovviamente, fu il
turno dei
Serpeverde di fare una faccia disperata e seccata.
“Accidenti,
abbiamo perso…” sussurrò Kevin,
dispiaciuto, ma Delphini
commentò, decisa: “Ci rifaremo l’anno
prossimo. Dopotutto, noi
Serpeverde siamo l’emblema della determinazione e della
testardaggine. Se riesci a passare il provino di Quidditch, vedi di
farci vincere almeno la Coppa di Quidditch.”
Kevin
rimase un attimo in silenzio, prima di balbettare:
“C-certo...”
Nel
frattempo, le Case di Grifondoro e Corvonero si erano appena voltati
a fissarsi.
Erano
rimasti solo loro in gara… una delle due Case avrebbe vinto
la
coppa… ma chi?
“Per
quanto riguarda il secondo posto, purtroppo, sia la Casa di Corvonero
che quella di Grifondoro sono in pareggio, in quanto entrambe hanno
2166 punti.” concluse la donna e, immediatamente, tutti gli
studenti si guardarono, preoccupati.
Cosa
avrebbero fatto con un pareggio?
“Fortunatamente,
ho sentito parlare di una persona che, in questi giorni, ha
dimostrato molto coraggio e che è stata disposta a tutto pur
di
aiutare i suoi amici, rischiando anche di finire nei guai.”
dichiarò la McGranitt e Gal esultò, sottovoce:
“Evvai, di certo
si starà riferendo a me. Io sono molto coraggioso e ho
rischiato di
morire pur di aiutare i miei amici!”
“Non
credo proprio. Dubito che la McGranitt voglia premiare il tuo
discutibile comportamento.” lo freddò,
immediatamente Lancelot e
il fratello minore, seccato, gli fece una linguaccia e sbottando:
“Ma
sta zitto, Lancy!”
“Si
tratta, ovviamente, della signorina Jones che, qualche giorno fa, ha
saputo dimostrare a tutti noi che a volte è importante non
aver
paura di sfidare le autorità per aiutare gli altri e che il
coraggio
è presente in ognuno di noi. Pertanto, sono lieta di dare
cinque
punti alla Casa di Corvonero.” esclamò, con un
dolce sorriso, la
McGranitt ed Elizabeth sgranò gli occhi, incredula.
Non
si aspettava di certo che la preside elogiasse pubblicamente il
coraggio che aveva dimostrato nell’affrontare
Gazza… oltre al
fatto che aveva fatto guadagnare, inaspettatamente, ben cinque punti
alla sua Casa.
Anche
gli altri membri di Corvonero si emozionarono.
Il
discorso della professoressa voleva dire soltanto una cosa…
“...Quindi,
grazie al punteggio di 2171 punti, Corvonero vince la Coppa delle
Case.” concluse la preside e, immediatamente, apparvero degli
splendidi arazzi con lo stemma della Casa vincitrice e tutti i
Corvonero esultarono, come se fossero presi da una pazza gioia.
Parecchi,
infatti, si alzarono in piedi e cominciarono a urlare e a muovere
velocemente le braccia, mentre altri andarono a complimentarsi con la
loro inaspettata eroina, la quale era diventata rossa come un
peperone.
Persino
Vitious batteva le mani, tutto contento.
Athena,
euforica, abbracciò l’amica, esultando:
“Non ci posso credere!
Abbiamo vinto, abbiamo vinto! E tutto questo grazie a te, Elizabeth!
Sei stata fantastica!!!”
“Io,
ecco… grazie…” balbettò
Elizabeth, mentre Jacob le dava
qualche colpo alla spalla, sorridendo: “Ottimo lavoro,
Elizabeth.”
Athena
notò, con la coda dell’occhio, che
l’unico a restare
perfettamente calmo ed apatico, come al solito, era Mopsus, il quale
stava tranquillamente bevendo dal suo bicchiere.
La
cosa più strana, era che non stava nemmeno sorridendo, come
se tutto
quello che stava succedendo non lo riguardasse minimamente…
“Insomma,
adesso basta! Datevi una calmata!” li sgridò la
McGranitt battendo
le mani, per farli calmare.
Una
volta che i Corvonero furono in completo silenzio, la preside fece un
movimento della bacchetta e la superba coppa levitò fino al
tavolo
dei Corvonero, per poi atterrare delicatamente su di esso come una
piuma.
“Congratulazioni,
Corvonero.” sorrise la donna, per poi stringere calorosamente
la
mano al professor Vitious, il quale continuava a sorridere.
Dopodiché,
la McGranitt batté di nuovo le mani e i piatti di tutti gli
studenti
vennero magicamente riempiti con delizie e leccornie di ogni tipo.
“Diamo
inizio al banchetto.” annunciò la preside e tutti
si buttarono a
capofitto sul proprio piatto, senza farsi per niente pregare.
Quando
tutti si furono saziati, la McGranitt si alzò di nuovo in
piedi ed
annunciò: “Molto bene. E ora, miei cari studenti,
è giunto il
momento di tornare ai dormitori e di andare a letto. Domani ci
dobbiamo tutti svegliare molto presto.”
Tutti
gli studenti, pertanto, si alzarono e si diressero, con passo calmo
ed eccitati verso i propri dormitori.
Mentre
camminava assieme agli altri Grifondoro, ad un tratto, Gal
notò i
Serpeverde che si stavano dirigendo verso i Sotterranei e, tra di
loro, c’era inconfondibile capigliatura bionda di Abel Nott.
“Ehi,
Abel! Come ci si sente a non aver vinto la Coppa delle Case?”
lo
provocò, divertito, il rosso e Abel, dopo averlo guardato un
attimo,
rispose: “Se devo essere sincero, non m’interessa
niente. Anzi,
ti dirò di più: sono felice che abbia vinto la
Casa della tua amica
con gli occhiali. Preferisco che vincano i Corvonero piuttosto che i
Grifondoro e, nello specifico, tu.”
“Brutto
antipatico di un vampiro arrivato terzo!!! Guarda che io
sono…!”
sbraitò Gal, ma venne bloccato da un infuriato Lancelot:
“Finiscila
con queste bambinate, Galahad! E fila subito in Sala Comune!”
“Sì,
hai sentito il fratellone, Galahad? Mettiti il pigiama e fila a
nanna, bel bambino, sennò la mammina ti sgrida.”
rise, divertito,
il Serpeverde, mentre raggiungeva i compagni, non trattenendo le
risate.
“Odioso…”
sibilò, furibondo, Gal, mentre il fratello maggiore lo
trascinava
verso la Torre di Grifondoro.
“Cavolo,
mi sembra solo ieri che sono sceso dal treno per andare ad
Hogwarts…”
commentò Teddy, osservando il treno rosso davanti a loro,
mentre
Oliver annuiva: “Già, quest’anno
è proprio volato…”
Gal
fece per salire, quando venne bloccato da Athena, la quale propose,
con un sorriso a trentadue denti: “Ragazzi, perché
non ci facciamo
tutti insieme una foto ricordo di gruppo davanti al treno? Nelle
classi babbane lo fanno sempre…”
“Io
ci sto!” esultò Gal, subito imitato dagli altri.
Con
un sorriso, Athena fece un cenno a Monica, la quale indossava, al
posto della divisa, una felpa azzurra e dei jeans, la quale
arrivò
subito, tenendo ben stretta con le mani la sua macchina fotografica,
nonostante essa fosse attaccata alla cinghia di pelle marrone attorno
al suo collo.
“Ehi,
un momento… ma manca Delphini.” notò,
proprio in quel momento,
Teddy e Kevin rispose: “Temo che sia salita sul treno,
approfittando del fatto che eravamo distratti…”
“Niente
paura, ci penso io. Voi mettetevi in posa.”
dichiarò Gal, salendo
sul treno.
Pochi
secondi dopo, si udì al suo interno uno strillo femminile
parecchio
furibondo: “CHE CAVOLO STAI FACENDO GALAHAD SANDLERS?!
LASCIAMI
OPPURE TI TRASFIGURO IN UNA BANANA E TI SPARO IN AMERICA CON UN
CANNONE!!! MI HAI SENTITA?!?!”
Pochi
secondi dopo, Gal riapparve trascinando una furiosa Serpeverde coi
capelli argentati, la quale sarebbe stata capace di polverizzare
chiunque con lo sguardo che aveva in quel momento.
“Eccola
qua, ci siamo tutti! Possiamo metterci in posa!”
esultò Gal,
ignorando l’occhiataccia di Delphini, la quale
sibilò, seccata:
“Forse non lo sai Gal, ma questo è sequestro di
minore. Potresti
finire in guai molto seri!”
“Oh,
dai, almeno per oggi metti a dormire quella tua lingua biforcuta e fa
un bel sorriso!”
“Te
lo sogni!”
Ignorando
la frecciata di Delphini, Monica piazzò la macchina
fotografica
davanti al suo viso ed esclamò: “Fate un bel
sorriso! Forza, tutti
insieme!”
“Sì,
tutti insieme appassionatamente…”
borbottò, seccata, Delphini,
mentre Monica annunciava: “Cheese!”
Immediatamente,
tutti, tranne, ovviamente, Delphini, la quale, invece, fece una
smorfia seccata, fecero un sorriso, prima di venire accecati dal
potente flash della Grifondoro.
“Ecco
fatto. Non appena l’avrò sviluppata, ve la
manderò.” sorrise
Monica, prima di salire sul treno.
“Bene,
allora saliamo e raggiungiamo il nostro scompartimento, prima che
qualcuno ci rubi il posto!” esultò Gal, prima che
si sentisse un
urlo femminile provenire da uno scompartimento: “Qualcuno
chiami
Hagrid, Gazza o un insegnante! Qualcuno, insomma!
C’è un enorme
serpente seduto sul sedile!”
“Quello
è il mio serpente e sei pregata di lasciarlo in
pace!” sbottò
Delphini, salendo di corsa sul mezzo e raggiungendo le urla, subito
seguita dagli altri.
Poco
dopo, gli altri la raggiunsero e la videro, mettere a posto i suoi
bagagli, borbottando: “Ma guarda che roba… Ho
Asmodeus da otto
mesi e c’è ancora qualcuno che si spaventa a
vederlo in giro…”
“Beh,
molte persone hanno paura dei serpenti… non puoi biasimarli,
Delphini…” le ricordò, imbarazzato,
Teddy e, per tutta risposta,
l’amica si sedette vicino al finestrino, accanto ad Asmodeus,
sbuffando: “Certo… e con ciò, tutto
quello che è legato a loro!
E’ una delle poche cose che il mondo babbano e quello magico
condividono…”
Non
appena ebbe detto quelle parole, la ragazzina si sedette pesantemente
sul sedile, mentre Asmodeus si arrampicava, strisciando, sulle sue
gambe, per poi raggomitolarsi su di essa, intenzionato a dormire.
“Sapete,
sono un po’ emozionato all’idea di tornare a
casa… cavolo, mi
sembra di essere assente da un secolo…”
esclamò Gal, mentre
Teddy commentava: “Beato te che sei così contento
di tornare a
casa… io, invece, sono un po’
nervoso…”
“Come
mai? Niente esami, niente levatacce mattutine, di compiti non voglio
sentirne parlare per due mesi interi, potrò dormire fino a
tardi,
guardare quei film dell’orrore babbani che danno solo
all’una di
notte e mangiare tutti i dolci che voglio… praticamente
è una
pacchia!”
“Sì,
ma il fatto è che… a mia nonna non è
tanto piaciuto quello che
abbiamo combinato… quindi, quando sarò tornato,
di certo mi punirà
piuttosto pesantemente prima di mandarmi alla
Tana…”
Sentendo
quelle parole, Gal sbiancò.
Conoscendo
l’abitudine di Lancy di fare la spia, sua madre doveva sapere
cosa
aveva combinato e, di certo, non doveva essere tanto
contenta… come
minimo, l’avrebbe ammazzato…
Delphini,
dal canto suo, rimase in completo silenzio, leggendo un enorme volume
di Difesa contro le Arti Oscure, la quale, come aveva sospettato fin
dall’inizio, era diventata la sua materia preferita.
A
differenza di Gal e Teddy, viveva con la Rowle, a cui non importava
niente di cosa combinava… sicuramente, dopo aver letto la
lettera
della McGranitt, l’unico motivo per cui sarebbe stata
furibonda era
il fatto che non fosse caduta dal tetto, sparendo dalla sua vita una
volta per tutte, cosa che, sicuramente, le avrebbe rinfacciato non
appena fosse tornata a casa.
“Senti,
Teddy, perché non mi porti via con te, quando arriviamo in
stazione?
Non ho alcuna intenzione di affrontare mia madre… mi ammazza
di
sicuro...” cominciò, spaventato, Gal e Delphini
non poté fare a
meno di ridacchiare: “Credevo che tu fossi l’erede
senza macchia
e senza paura di un certo tizio…”
“Certo,
infatti non ho paura di affrontare banditi, draghi e persino maghi
oscuri, ma mia madre… è semplicemente mia
madre.”
Mentre
il gruppo scoppiava a ridere divertito, il treno cominciò,
senza che
nessuno di loro se ne accorgesse, a muoversi lentamente, lasciando la
stazione e cominciando a dirigersi verso Londra e verso nuovi
orizzonti. |
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Capitolo 29 *** Una ragazzina che corre ***
Capitolo
29: Una ragazzina
che corre
Il
mago dall’aspetto
trasandato e coi capelli rossicci fece un sorriso soddisfatto, mentre
camminava
nel fitto del bosco.
Quella
notte era stata
davvero proficua… non solo era riuscito a rubare un intero
set di calderoni di
quarta mano, ma li aveva anche rivenduti a quello scemo a cui li aveva
presi!
Quell’allocco
non si era
nemmeno accorto che i calderoni che li aveva dato per restituire quelli
rubati
erano proprio quelli… quando adorava quei tipi di
affari…
Era
così contento che si mise
a fischiettare un motivetto.
Adesso,
doveva soltanto
trovare il centro di quella foresta e aspettare un tizio che gli doveva
dare
dei frisbee zannuti stregati… per quell’affare,
avevano deciso d’incontrarsi
nel bosco attorno ad un paese di vecchi matusalemme babbani dimenticato
da tutti.
Per
quegli affari, era sempre
meglio trovare un vecchio paese di babbani, onde evitare quei maledetti
segugi
del Ministero che sembravano avere occhi e orecchie ovunque…
e pensare che era
stato dalla parte di Potter e di quell’Ordine della Fenice
durante la seconda
venuta di Tu-sai-chi… bel ringraziamento da parte loro!
Non
gli avevano nemmeno dato
una misera medaglia… l'ingratitudine dei potenti era davvero
straordinaria,
anche se era vero che era scappato in alcune piccoli
occasioni…
Ad
un tratto, sentì uno
strano rumore, alla sua destra, come se qualcuno si fosse
tuffato…
Il
mago si fermò, incredulo.
Che
lui sapesse, non c’erano
piscine babbane nei dintorni… inoltre, chi diamine si
sarebbe fatto una nuotata
alle tre di notte?!
Doveva
essere stanco… in
fondo, era da una settimana che stava in piedi tutta la notte per
portare a
termine i suoi affari… adesso, cominciava persino a sentire
strani rumori…
Fece
per allontanarsi, ma
continuò a sentire dell’acqua che veniva mossa e
capì, che non era frutto della
sua immaginazione.
C’era
davvero qualcuno da
quella parte… e quel qualcuno, si stava facendo sul serio
una nuotata!
Doveva
essere un pazzo… vero
che era il 12 di Luglio, ma erano in Gran Bretagna e, come al solito,
faceva un
bel freschino e, inoltre, era notte fonda, con le temperature che
calavano
drasticamente… chiunque fosse quel tizio, doveva essere un
autentico suonato
che si sarebbe, di sicuro, beccato un bel raffreddore… non
lo riguardava per
niente un individuo del genere…
Ad
un tratto, si bloccò.
E
se il tipo che si stava
facendo una nuotata alle tre di notte fosse quello che doveva dargli i
frisbee?
In
fondo, aveva avuto
l’impressione a Notturn Alley che fosse un po’
toccato… non si sarebbe meravigliato
che fosse lui.
Con
un sospiro di sconforto,
il povero truffatore si diresse verso quei rumori e, ad un tratto, si
accorse
che non si sentiva più qualcuno che nuotava, ma come se ci
si stesse
strofinando con un asciugamano… inoltre, quei suoni si
facevano sempre più
vicini…
Ad
un tratto, l’uomo sbucò in
una piccola radura dove c’era un piccolo lago con
un’altura, ideale per fare un
tuffo.
Ma
la sua attenzione fu
attirata dalla figura vicina al lago, completamente illuminata dalla
luce della
luna con indosso un enorme e vecchio maglione grigio, dei jeans rotti
alle
ginocchia e consumate scarpe da ginnastica.
Anche
se non riuscì a vedere
la testa, la quale era coperta da un asciugamano che muoveva a tutta
velocità,
come se si stesse asciugando i capelli, l’uomo
poté notare che doveva trattarsi
di un ragazzino tra i dieci e i tredici anni.
Quella
storia era davvero
strana… che diamine ci faceva un ragazzino in mezzo ad un
bosco in piena
notte?! E da solo, per giunta!
Ma,
prima che potesse dire o
fare qualunque cosa, sentì qualcosa di freddo e viscido sul
piede, che gli fece
venire un brivido di freddo.
Pertanto,
abbassò la testa e
vide una cosa che lo fece rabbrividire ancora di più.
Infatti,
un grosso serpente,
il più grande che avesse mai visto, stava strisciando
tranquillamente sui suoi
piedi.
“Argh!!!
Va via, brutta
bestiaccia!!!!” urlò il mago, scattando indietro
per lo spavento e cadendo
rumorosamente per terra, in quanto non si era accorto di una radice che
spuntava da terra.
Mentre
si alzava, vide che la
figura davanti al lago si era tolta l’asciugamano dalla testa
e che lo stava
guardando, in silenzio, con due grandi e profondi occhi neri come il
carbone.
Aveva
capelli bianchi mossi
sciolti, tanto che alcune ciocche coprivano il viso, ma si capiva che
quella
davanti a lui era una ragazza molto giovane e con un bel
viso… anche se
sembrava familiare… forse l’aveva vista a Notturn
Alley, in quel posto girava
sempre gente molto poco raccomandabile… o magari in un
manifesto dei ricercati…
Ad
un tratto, l’uomo
impallidì.
Adesso
ricordava dove diamine
l’aveva vista… era impossibile sbagliarsi, la
forma del viso era identica,
anche se i capelli erano bianchi, mentre, nella foto mostrata sulla
‘Gazzetta
del Profeta’ quand’era evasa e nel manifesto dei
ricercati erano neri, anche se
i suoi occhi gli sembravano molto più scuri di quelli che
aveva visto sul
giornale…
Era
praticamente fregato… non
poteva assolutamente competere con quella pazza…
l’avrebbe ammazzato…
La
giovane rimase un attimo a
fissarlo, immobile, mentre un’espressione di puro sgomento e
paura si formava
sul suo bel viso, come se avesse appena visto la cosa più
spaventosa del mondo.
Prima
che il mago avesse il
tempo di dire o fare qualunque cosa, la giovane afferrò
velocemente uno zaino a
pochi passi da lei con la mano che non teneva l’asciugamano
con cui si era
asciugata i capelli, e cominciare a correre a perdifiato nel fondo
della
foresta, seguita dall’enorme serpente.
Il
mago respirò profondamente
per alcuni secondi, in modo da calmarsi un attimo, per poi
smaterializzarsi a
tutta velocità il più lontano possibile da quel
villaggio dimenticato da tutti.
Per
una volta, avrebbe
lasciato perdere gli affari!
C’era
la sua vita in gioco e
non l’avrebbe di certo rischiata per una pazza omicida che
tutti credevano
morta da quasi dodici anni!
“Io
dico che è una pessima
idea, Jack!” dichiarò il ragazzino coi capelli
biondi, al quattordicenne coi
capelli neri e l’aria arrogante.
“Finiscila,
tonto! Se hai
paura, va a frignare dalla mamma!” lo prese in giro Jack e
l’altro rispose:
“Dico sul serio! Non mi sembra per niente una buona idea fare
un’escursione
notturna nella foresta! Rischiamo di perderci qui dentro o di venire
beccati
dai nostri genitori! Oppure, potremmo imbatterci nei fantasmi dei
Riddle…”
“Non
dirmi che credi sul
serio a quella storia ridicola…”
“Guarda
che nessuno ha ancora
capito come sono morti quei tre… nemmeno la tecnologia
moderna ha scoperto
cos’è successo… e poi, hai sentito le
storie che circolano sulla loro casa?”
“Quella
in cui hanno trovato
i cadaveri?”
“Sì!
Pare che i loro inquieti
fantasmi continuino ad infestarla… e, poi, devi ammettere
che quella casa ha
qualcosa di sinistro… così come la tomba dei
Riddle… ogni volta che mi avvicino
ad una delle due, sento i brividi alla schiena… è
come se… ci fosse una forte
energia malvagia attorno a quella famiglia…”
“Tu
leggi troppi fumetti,
amico! Non ci succederà niente, vedrai! Inoltre, noi non
siamo diretti al
cimitero o alla loro casa, ma da tutt’altra parte! Arriviamo
al laghetto e poi
ce ne torniamo a casa! Vedrai, non ci beccherà nessuno e,
soprattutto, non
incontreremo nessun fantasma!”
Mentre
Jack rideva, si sentì
un fruscio davanti a loro.
“Cos’è
stato?” domandò,
spaventato, il ragazzino, mentre l’altro ridacchiava:
“Il fantasma di Tom
Riddle che è venuto per portarti
all’inferno.”
“Finiscila,
Jack! Non è
affatto divertente!”
“Scusa,
ma è che trovo troppo
buffo il fatto che tu creda sul serio a queste assurde storie nel
Ventunesimo
secolo! Inoltre, questa storia è avvenuta
nell’estate del 1943, ben sessantatré
anni fa!”
“Beh,
quando mio nonno mi
racconta della morte dei Riddle, si capisce che è
spaventato… gli trema la voce
e sussulta al minimo rumore…”
“Che
bella coppia di fifoni…”
Proprio
in quel momento,
qualche metro davanti ai due e, proprio davanti ai loro occhi, apparve
una
figura femminile molto minuta che sembrava una ragazzina che corse
trafelata
davanti a loro e con un’espressione di puro terrore sul bel
viso giovanile,
come se fosse inseguita da qualcuno o da qualcosa di molto pericoloso,
sbarrando la strada ai due ragazzi.
La
figura aveva la pelle
pallida e i capelli bianchi sciolti più lunghi che si
fossero mai visti, i
quali si muovevano con grazia ed eleganza nel freddo vento notturno.
Sia
la pelle che i capelli
parevano brillare sotto i riflessi della luna, dal tanto che erano
lucenti.
La
ragazzina continuò a
correre, ignorandoli completamente, per poi svanire nel fitto del
bosco,
proprio com’era apparsa.
Per
qualche secondo, i due
ragazzini rimasero in silenzio e a bocca aperta, finché Jack
non domandò, con
un sussurro: “L’hai… l’hai
vista anche tu, vero?”
“Sì…”
“Secondo
te chi diavolo era?”
“Te
lo dico io, chi era!
Quello era il fantasma di Mary Riddle, la moglie di Thomas Riddle e la
madre di
Tom Riddle!”
“Non…
non dire sciocchezze…
perché dovrebbe infestare una foresta, invece che casa
sua?”
“Mio
nonno mi ha raccontato
che a suo figlio piaceva tanto cavalcare… starà
cercando lo spirito di Tom!”
“Sì…
un fantasma… che si fa
una cavalcata… che stupidaggine…”
“Credimi,
il mondo occulto è
molto strano e complesso…”
“In…
in ogni caso… come fai
ad essere sicuro che… che si trattava di Mary
Riddle?”
“Perché
aveva i capelli
bianchi! Mary Riddle era molto anziana quand’è
morta! Inoltre, quell’essere
aveva un profilo molto nobile e antico… e la signora Riddle
era di origine
nobile!”
“S-secondo
te… da cosa stava
scappando con così tanta paura?”
“Ma
dall’inferno, no?! Mio
nonno mi ha raccontato che i Riddle non era per niente amati a Little
Hangleton… erano ricchi, snob e molto sgarbati, soprattutto
il figlio Tom! Pare
che quand’era vivo era molto insolente e dava innumerevoli
problemi alla gente
del villaggio! Anzi, ti dirò di più…
secondo mio nonno, ha scandalizzato per un
anno intero il villaggio scappando con una donna! Non mi
meraviglierebbe
scoprire che è finito
all’inferno…”
“E
io non intendo finirci a
quattordici anni!” urlò Jack, voltandosi e
cominciando a correre a tutta
velocità, con l’obiettivo di uscire da quella
foresta maledetta e piena di
fantasma, mentre il suo amico lo inseguiva, gridando: “Ehi,
Jack, aspettami!
Guarda che neanch’io voglio essere mandato
all’inferno da dei fantasmi!!!!”
La
figura minuta e coi lunghi
capelli bianchi, la pelle pallida e profondi occhi neri spaventati
continuò a
correre trafelata, ma conservando una grazia degna di una creatura
mistica e
magica, evitando senza alcun problema i sassi, i rami e le radici che
le
intralciavano la corsa.
Era
tesa, nervosa, spaventata
e stanca per la lunga corsa… ma non aveva alcuna intenzione
di fermarsi a riposare
o sarebbe stata la fine!
Loro
erano alle sue spalle,
lo sentiva!
Sentiva
i loro lamenti alle
sue spalle, i loro occhi vuoti pieni di odio e rancore e le loro fredde
dita
che cercavano di nuovo di afferrarla per portarla via con loro,
così da
punirla.
Punirla
per essere nata.
Continuò
a correre finché non
vide una lugubre catapecchia dall’aspetto spettrale e
così malridotta che
sarebbe bastato un semplice e debole soffio di vento per farla crollare.
Nonostante
l’aspetto poco
raccomandabile, il viso della ragazzina s’illuminò
di gioia, come se avesse
trovato un rifugio sicuro dove nascondersi.
Accelerò
la corsa e si
diresse a tutta velocità verso l’abitazione e, una
volta che fu davanti alla
porta di legno ormai marcio, aprì la porta, per poi
chiuderla con violenza alle
sue spalle.
La
giovane, ansimante, rimase
in attesa, ascoltando i rumori dall’altra parte della porta.
Le
voci si fecero sempre più
ovattate, finché non svanirono del tutto, venendo sostituite
da un silenzio di
tomba, interrotto solo dal verso di qualche gufo a caccia o dal fruscio
di una
volpe nei dintorni.
Una
volta che tutto fu di
nuovo calmo, essa si lasciò scivolare, lentamente, a terra,
mentre lacrime di
disperazione le rigavano le guance pallide.
Continuò
a piangere in
silenzio, mentre il grosso serpente che aveva continuato a seguirla,
senza
fermarsi, entrava da una finestra col vetro rotto.
Non
appena vide la ragazzina
coi capelli bianchi seduta per terra che continuava a piangere, il
serpente
strisciò verso di lei, per poi arrampicarsi sul suo braccio,
finché non giunse
proprio di fianco al suo viso e, allungando la lingua biforcuta,
cominciò,
dolcemente, a leccarle le lacrime salate.
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Capitolo 30 *** Vacanze alla Tana ***
Capitolo
30: Vacanze alla Tana
La
ragazzina di appena undici
anni, coi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, stava pettinando
la sua
bambola, cercando di non guardare, per la milionesima volta,
l’orologio.
Quelle
pesti dei suoi
fratelli l’avrebbero presa in giro se l’avessero
vista guardare l’orologio
troppe volte… ma perché diamine i suoi genitori
avevano voluto darle dei
fratelli?
Lei
stava benissimo da sola
e, per trovare altri bambini con cui giocare, le bastava chiamare uno
dei figli
dei tanti fratelli di suo padre… invece, avendo avuto la
splendida fortuna di
avere ben due fratelli minori, era costretta a condividere tutto con
loro,
persino le attenzioni di mamma e papà!
Tra
loro c’era una tacita
guerra per ottenere più affetto, nonostante la mamma
insistesse nel dire che
volesse bene ai suoi tre figli in modo uguale, a cui persino il piccolo
Louis,
l’ultimo arrivato, di soli sei anni, conosceva.
A
peggiorare la sua tremenda
situazione, era il fatto che lei era la primogenita, quindi, in quanto
tale,
doveva avere un comportamento più maturo, in modo da dare
l’esempio ai fratelli
minori… come se Dominique e Louis avessero bisogno di una
maestra!
Comunque,
presto sarebbe
arrivato… non vedeva l’ora… certo, il
fatto che sarebbero venuti anche i suoi
amici un po’ la seccava, ma era meglio di niente…
in fondo, non l’aveva visto
per ben un anno…
Proprio
in quel momento, il
cammino s’incendiò di colpo e, voltandosi, la
ragazzina vide, tra le fiamme, un
ragazzino poco più grande di lei, coi capelli blu e
un’espressione vivace e
allegra.
“Salve
a tutti!” esclamò il
giovane, allontanandosi dal camino e, subito, la ragazzina coi capelli
biondi,
corse ad abbracciarlo, gridando, entusiasta: “Teddy!
Finalmente sei arrivato!”
“Andiamo,
Vicky… credevi sul
serio che non sarei arrivato?” le domandò,
divertito, il ragazzino, mentre una
bambina di otto anni coi capelli rossi ridacchiava: “Mamma,
è arrivato il
marito di Victoire!”
“Sta
zitta, Dominique, o ti
trasformo in un rospo!” ribatté, furiosa, la
bionda, per poi domandare a Teddy,
con improvvisa voce dolce e gentile: “Tua nonna
dov’è?”
“Arriva
subito, il tempo di
spedire le mie valigie e… oh, eccola.”
dichiarò Teddy, mentre il camino
s’incendiava di nuovo e compariva una signora coi capelli
castani e numerose
ciocche grigie che entrò nel salotto con una grossa valigia.
“Eccomi
qui, scusate il
ritardo.” Esclamò la donna e da una porta apparve
una signora tracagnotta e coi
capelli rossi, la quale disse, con un gran sorriso sulle labbra:
“Andromeda,
quanto tempo!”
“Hai
proprio ragione, Molly.
Arthur dov’è?”
“Nel
capanno, ovviamente, a
guardare quel suo ciarpame di collezione!”
“Il
lupo perde il pelo, ma
non il vizio, eh?”
“Ci
puoi giurare! Comunque, stai bene?”
“Certo,
Molly, anche se alcuni recenti atteggiamenti di mio
nipote mi hanno impensierita parecchio…” rispose
Andromeda, guardando in malo
modo il povero Teddy, il quale, per tutta risposta, fece una smorfia di
terrore.
Sua
nonna era ancora
furibonda per il fatto che se ne fosse andato in giro di notte per i
sotterranei di Hogwarts, rischiando di essere catturato e ammazzato da
dei
banditi, invece di starsene buono a dormire nel Seminterrato di
Tassorosso…
infatti, non appena era tornato a casa per le vacanze, non aveva
esitato a
metterlo in ferreo castigo per un mese intero!
“Oh,
ti capisco… i miei
ragazzi me ne hanno fatte passare di tutti i colori, quando andavano a
scuola!
Nonostante li sgridassi e li punissi in tutti i modi possibili, non
volevano
proprio saperne di rigare dritto!” la consolò
Molly e Andromeda proseguì: “Comunque,
farà meglio a comportarsi bene, se non vuole ritornare a
casa in largo
anticipo, mi sono spiegata, Edward Remus Lupin?”
“Chiarissima,
nonna…”
sussurrò, spaventato, il ragazzino, mentre la nonna
esclamava: “Lo spero per
te, caro il mio signorino!”
Una
volta che ebbe finito la
ramanzina, Andromeda si voltò verso Molly e concluse, con un
grosso sorriso:
“Beh, ci sentiamo presto, Molly. Salutami Harry, se lo
senti.”
“Contaci.
Ci vediamo a
Settembre.”
“Ciao.
Mi raccomando, Teddy,
fa il bravo.”
Non
appena la donna se ne fu
andata con la Metropolvere, Victorie si avvicinò a Teddy e
gli domandò,
eccitata: “Allora? Mi racconti cos’è
successo ad Hogwarts con quei banditi?
Purtroppo, mamma e papà non vogliono dirmi niente a
riguardo…”
“Beh,
non è che ci sia tanto
da dire… io e dei miei amici abbiamo scoperto che quei tizi
erano entrati nella
scuola, così li abbiamo fermati…”
spiegò Teddy, sorvolando su alcuni piccoli
dettagli, come il fatto che, durante quella vicenda, il suo amico Gal
avesse
evocato il ‘Soffio del drago’, un potente
incantesimo antico che Godric
Gryffindor in persona aveva messo sulla sua spada, rivelandosi il suo
discendente e, pertanto, l’Erede di Grifondoro.
Gli
unici che lo sapevano
erano la McGranitt e i suoi amici presenti.
Infatti,
temeva che qualcuno
fosse sulle tracce di Gal per il fatto che fosse l’Erede di
Grifondoro… meno
persone sapevano di quella storia, meglio era per tutti.
“Quando
vengono i tuoi amici?
Sono ansiosa di conoscerli.” continuò Victoire e
Teddy iniziò: “Beh, arriveranno
pre…”
Non
fece in tempo a finire la
frase, che il camino della Tana si accese di nuovo e, stavolta, apparve
un
signore con una ragazzina con gli occhiali.
“Ciao,
Teddy! Come va?”
domandò la giovane, con un grande sorriso, e Teddy,
incredulo, sussurrò: “B…
bene, Athena…”
“La
mia nuova pettinatura ti
ha un po’ scioccato, vero?” ridacchiò
Athena toccandosi una ciocca nera che le
arrivava, come tutte, alle spalle, e l’amico ammise:
“Già… sai, l’ultima volta
che ti ho vista avevi i capelli lunghi…”
“Me
li fatti tagliare proprio
ieri! Sai, mi piace cambiare pettinatura ogni anno e
quest’anno ho optato per i
capelli a caschetto. Secondo te, mi stanno bene?”
“Altroché.
Trovo che i capelli
corti ti donino molto.”
“Grazie,
Teddy! Sei proprio
un fantastico Tassorosso!”
Mentre
i due amici parlavano,
Victoire osservò in silenzio Athena.
Era
una ragazza molto carina
e anche piuttosto vivace… inoltre, non sembrava per niente
interessata a Teddy.
Fece
un sorriso soddisfatto.
Si
era parecchio preoccupata,
quando aveva sentito che delle amiche di Teddy sarebbero venute alla
Tana per
le vacanze… ma, a quanto pareva, Athena non era da
considerarsi una rivale in
amore.
Un
problema in meno.
Sperava
che anche Elizabeth,
l’altra amica di Teddy, non stesse mirando al Tassorosso.
Aveva
sentito parlare anche
di una terza ragazza che faceva parte del gruppo degli amici di Teddy,
una
Serpeverde con un nome parecchio strano, Delphini se non ricordava
male… ma era
in vacanza con i ragazzi del suo quartiere per tutta
l’estate, quindi non era
un pericolo…
Poteva
stare tranquilla…
Proprio
in quel momento, il
camino s’illuminò e, stavolta, apparvero tre
maghi, due adulti e un ragazzino
grassoccio.
Doveva
essere Oliver Ferrars,
il migliore amico di Teddy e suo compagno di Casa… avrebbe
fatto di tutto,
quell’anno, per finire a Tassorosso, assieme a
Teddy…
“Buongiorno,
sono Harold
Doyle, il padre di Athena.” Si presentò il padre
di Athena e allungando la mano,
subito, il padre di Oliver gliela strinse: “Sono Alfred
Ferrars, e questa è mia
moglie Annabelle. Piacere di conoscerla, signor Doyle. Mio figlio
Oliver mi ha
parlato molto di sua figlia.”
“Il
piacere è tutto mio.”
“Se
non sbaglio, anche lei
lavora al Ministero…”
“Sì,
più precisamente sono un
obliviatore al dipartimento delle catastrofi e degli incidenti
magici.”
“Io,
invece, lavoro al dipartimento
dell’Applicazione della legge sulla magia.”
“Caspita,
è un incarico molto
importante e prestigioso, i miei complimenti.”
“La
ringrazio, ma anche il
suo è molto importante per la nostra
comunità.”
Mentre
i tre adulti
parlavano, Oliver si avvicinò agli amici e, non appena
notò la nuova
pettinatura di Athena, esclamò, sorpreso:
“Caspita, Athena. Non mi aspettavo di
trovarti coi capelli corti. Ti stanno proprio bene, sai?”
“Grazie,
Oliver. Avevo voglia
di cambiare un po’… notizie di Gal e
Christian?”
“Arrivano
fra poco. La madre
di Christian doveva lavorare, quindi li accompagna lo
zio…” iniziò Teddy e,
proprio in quel preciso istante, si sentì il rumore di
un’automobile,
parcheggiare davanti all’abitazione dei coniugi Weasley.
Subito,
Dominique andò alla
finestra e, dopo aver dato un’occhiata da dietro alla tenda
di pizzo bianca,
esclamò: “C’è un uomo con due
ragazzi, uno con gli occhiali e l’altro con un…
ma cos’ha in testa, quello?”
Con
un sospiro, Teddy si
diresse alla porta e, aprendola, salutò: “Gal,
Christian! Finalmente siete
arrivati!”
“Teddy!!!”
esultò Gal,
correndo ad abbracciarlo, con la sua solita ed inesauribile energia
“Finalmente
sono qui! Mamma era proprio incavolata per via di quello che avevamo
combinato,
amico… ho dovuto iniziare a fare subito i compiti come
punizione! Un mese di
levatacce e di compiti… è stato un vero incubo,
non vedevo l’ora di essere
qui!!!”
Mentre
il rosso col casco si
lamentava, Christian lo raggiunse, assieme ad un uomo grassoccio e i
capelli
grigi, il quale aveva in mano un grosso zaino da campeggio.
“Ricordati
di fare i compiti,
sennò tua madre mi uccide.” Gli ricordò
l’uomo coi capelli grigi e Gal annuì:
“Tranquillo, zio Billy.”
“Non
fare il furbo, Gal,
ormai, in famiglia, ti conosciamo tutti. Mi raccomando, niente solite
trovate
spericolate, tipo tuffarsi da una rupe in piena notte! Col lavoro che
faccio lo
scoprirei in un baleno.”
“Andiamo,
zio Billy, l’ho
fatto quando avevo otto anni, ormai non lo faccio
più… sono cresciuto, io.”
“Già,
così tanto che sali sul
tetto di un vecchio castello all’alba.”
Mentre
lo zio si dirigeva
verso la macchina, Gal sbuffò: “Cavolo, a volte
è una vera e propria iella
avere un poliziotto in famiglia… scoprono sempre
tutto…”
“Scusa,
Gal… ma tu ti sei
davvero tuffato da uno scoglio in piena notte?”
domandò, incredulo, Oliver e il
rosso, ammise, con un grande sorriso d’orgoglio:
“Certo, durante una vacanza in
Cornovaglia. E’ stata un’esperienza fantastica, ve
lo consiglio!”
“Gal…
mi spieghi perché ti
vai sempre a cacciare in situazioni così
spericolate?”
“Ehi,
non è stata tutta colpa
mia! Ho fatto una scommessa con due ragazzi più grandi e
l’ho fatto! Certo, poi
sono rimasto a mollo per tre ore, finché dei pescatori non
mi hanno raccattato…
pensa, ho fatto entrare in azione persino la guardia costiera e il
bagnino!”
“Oh,
Gal… sei unico nel tuo
genere…”
Teddy
notò che Gal era
rimasto in silenzio e domandò, preoccupato: “Va
tutto bene?” “Certo,
è solo che… mi è solo
venuto in mente che se Delphi fosse stata qui, mi avrebbe detto che
sono un
autentico imbecille senza cervello…”
“Hai
ragione, mi sembra quasi
di sentirla, col suo solito tono furibondo…”
“Che
peccato che non sia
venuta… sai, non avrei mai immaginato che mi sarebbero
mancati i suoi insulti e
il suo tono arrogante e saputello…”
“Scommetto
che anche noi le
manchiamo, anche se non lo ammetterà mai… spero
che si diverta in campeggio…”
“Cavoli,
avrei voluto andarci
io, in campeggio! Pensa, escursioni su sentieri poco battuti, notti
sotto la
tenda, racconti dell’orrore accanto al
falò…”
“Magari
ci andremo
un’estate.”
“Dici
sul serio?”
“Certo,
al nonno Arthur piace
il campeggio. Sono certo che sarà entusiasta.”
“Neanch’io!
Sono già
emozionato all’idea!!!”
Teddy
scoppiò a ridere,
divertito.
Gal
non sarebbe mai cambiato…
e non voleva neanche che succedesse!
Era
troppo forte e unico…
“Ragazzi,
entrate in casa!”
li chiamò Molly dalla porta e i due corsero dentro.
Una
volta dentro, Molly
disse: “Bene, ora dobbiamo organizzare le camere. Teddy e
Oliver, voi due potete
stare nella vecchia camera di Ron. Christian e Galahad ho pensato di
farvi
stare in quella di mio figlio Percy, Athena può usare quella
di Ginny…”
“Eh?
C’è anche Athena? Dov’è?
Non la vedo…” l’interruppe Gal e,
proprio in quel momento, sentì qualcuno
toccargli la spalla con un dito, mentre una voce femminile che lui
riconobbe
subito disse, lievemente offesa: “Sono proprio dietro di
te…”
Quando
si fu voltato ed ebbe
visto l’amica, Gal balbettò, imbarazzato:
“Ah, scusami, Athena… non ti avevo
riconosciuta coi capelli corti…”
“Me
ne sono accorta…” fu la
risposta della Corvonero, mentre la signora Weasley continuava:
“Victoire,
Dominique e Louis, voi tre condividerete la stanza di…
insomma, quella stanza
coi due letti vicino alle scale.”
“Cosa?!
Nonna, non potremmo
dividerci?! Già a casa devo condividere la stanza con
Dominique…” protestò
Victorie, ma la donna ribatté, con fermezza:
“Victorie, non essere maleducata.
Ho deciso così e devi accontentarti.”
“Va
bene…”
“Su,
forza, ragazzi.
Seguitemi, vi accompagno alle vostre stanze, così potrete
disfare un po’ i
bagagli, mentre io preparo un bel pranzetto per tutti!”
Non
appena che Teddy e Oliver
furono nella loro stanza, i due Tassorosso cominciarono a disfare i
bagagli,
ma, ad un tratto, Oliver domandò: “Secondo te,
cosa faremo questo pomeriggio?”
“Non
lo so… potremmo fare una
passeggiata nel bosco o, magari giocare un po’ a
Quidditch… voglio
assolutamente non essere così scordinato a lezione di
volo…”
“Io,
invece, preferisco una
bella camminata… forse riesco a trovare qualche animale
interessante, come uno
scoiattolo o magari una volpe! Al solo pensiero di beccarne una, sono
già
emozionato…”
“Non
ti smentisci proprio
mai, amico…”
Proprio
in quel momento, si
sentì un fischio acuto e fastidioso provenire fuori dalla
stanza.
“Ma
cos’è questo rumore? Non
può trattarsi del vecchio Ghoul della soffitta, non fa
simili rumori…” commentò
Teddy, tappandosi le orecchie, mentre Oliver apriva la porta:
“Non appartiene
nemmeno ad un animale… meglio
controllare…”
Mentre
i due ragazzi
uscivano, Victoire uscì, a sua volta furibonda dalla sua
stanza, protestando:
“Ma insomma, chi è che fa tutto questo baccano?!
Oh, aspettate che gli metta le
mani addosso…”
“Viene
da quella stanza.”
Commentò Athena, indicando col pollice una stanza e, subito,
Teddy disse:
“Quella è la stanza di Gal e
Christian…”
Facendo
un sospiro, il
ragazzino si avvicinò alla porta e bussò
leggermente e, subito, la porta venne
aperta da Gal, il quale aveva un’espressione sorpresa e un
vecchio flauto di
legno in mano.
“Ti
stai esercitando a
suonare il flauto?” indovinò Teddy e Gal
annuì: “Già. Prima della mia partenza,
ho ritrovato il mio vecchio flauto che suonavo alle
elementari… sai, mia madre
e Lancelot me lo avevano fatto sparire perché, secondo loro,
in musica sono un
disastro…”
"Chissà
perché…"
pensò, seccata, Victoire.
Non
aveva mai visto nessuno più incapace di suonare uno
strumento musicale… per di
più, un semplice flauto!
Proprio
in quel momento, si sentì la voce della signora Weasley
provenire dal piano di
sotto: “Ragazzi, avete sentito anche voi quello stridio
insopportabile che
sembrava il verso di un Fwooper col mal di gola?”
“Ehm,
no…” borbottò, imbarazzato, Teddy,
mentre la nonna di Victorie dichiarava:
“Beh, mando comunque una lettera all’Ufficio
regolazione e controllo delle
creature magiche.”
Teddy
guardò, preoccupato, Gal.
Se
qualcuno gli avesse detto che era bravo in musica come un Fwooper ci
sarebbe
rimasto parecchio male…
Inaspettatamente,
Gal fece un sorriso ed esclamò: “Evvai, sono
migliorato! Adesso il mio suono è
uguale al verso di una creatura magica! Poetico, armonioso, leggiadro,
misterioso, magico…”
“Glielo
diciamo o aspettiamo che ci pensi Delphi a fargli capire le
particolarità del
canto dei Fwooper?” domandò Oliver, sottovoce, in
modo da non farsi sentire
dall’amico, ad Athena, la quale rispose: “Meglio
aspettare. Uno dei pregi di
Delphini è il fatto che va sempre dritta al punto ed evita
gli equivoci.”
“Ragazzi,
è pronto! Forza, tutti giù!”
esclamò la signora Weasley e, immediatamente, i
sette ragazzini scesero le scale dell’abitazione.
Molly
si voltò verso il salotto ed esclamò, leggermente
seccata: “Arthur, finiscila
di giocare con quella scatola e vieni a mangiare!”
Christian
e Athena si sporsero leggermente e videro un uomo con gli occhiali, la
testa
pelata con ormai pochi capelli sia rossi che grigi.
“Oh,
andiamo, Molly… non immagini quanta roba i babbani ci hanno
messo qua dentro! E
questo televvisore è un modello del 1970! Immaginati uno
moderno…” protestò
Arthur, ma la moglie lo interruppe, indicando la tavola col grande
cucchiaio di
legno: “Arthur Weasley, fila immediatamente a tavola per
mangiare! Potrai
divertirti più tardi a smontarlo, ma non adesso! Ti ricordo
che sono arrivati i
ragazzi!”
“C-come
vuoi, Molly…”
Subito,
Arthur si sedette al tavolo e, non appena notò il casco di
Gal, domandò,
eccitato: “Ma quello è un casco da aviatore
babbano?”
“Esatto,
signore. Era del nonno di mia madre e l’ha indossato durante
la Seconda guerra
Mondiale!”
“Ah,
quella assurda guerra fatta da un babbano mezzo matto… non
capirò mai perché i
babbani perdano tempo ad ammazzarsi tra loro, invece di inventare cose
nuove e
dire che in quello sono davvero fantastici…”
“Anch’io
penso la stessa cosa, signor Weasley. Il nonno di mia madre
è morto a causa di
quella stupida guerra…”
“Hai
antenati babbani?”
“Certo!
Mia madre è una babbana, signore!”
“Che
splendida notizia! Scommetto che tu saprai un sacco di cose sui
computer e suoi
televisori!”
“Altroché!
Sono le uniche cose babbane che mi piacciono!”
“Meraviglioso!
Mi aiuteresti più tardi? Sto cercando di capire come
funziona il computer che
ho comprato…”
“Arthur
Weasley, lascialo in pace! Ti ricordo che è in
vacanza!” lo interruppe,
seccata, la signora Weasley, ma Gal esclamò: “Non
mi crea alcun problema,
signora. Sarò felice di aiutare suo marito!”
“Come
desideri, caro.”
Dopo
mangiato, mentre Gal e il signor Weasley verso il capanno degli
attrezzi, Molly
si girò verso gli altri e, con un gran sorriso, disse:
“Bene, ragazzi. Che ne
direste di fare una passeggiata nella foresta?”
“Perché
no?” esclamò Oliver, mentre Dominique diceva:
“Mi spiace, ma non mi piacciono
le escursioni… credo che resterò ad esercitarmi
col violino.”
“Io,
invece, gioco con le macchinine che mi ha regalato lo zio
Ron.” Esclamò Louis,
mentre la sorella maggiore domandava a Teddy: “Tu che fai,
vai?”
“Sì.”
“Allora
ci vado anch’io.”
“Aspettatemi,
vengo con voi.” Dichiarò Athena, raggiungendo il
gruppo, mentre la nonna di
Victoire si raccomandava: “Non allontanatevi dal sentiero e
vedete di tornare
per le sei.”
“Certo.”
Il
piccolo gruppo uscì dall’abitazione e Molly li
guardò per un po’, mentre si
allontanavano sorridendo.
Poi
si diresse in cucina a lavare i piatti e, ad un tratto, qualche ora
dopo, notò
che una lancetta del suo orologio con su scritto Harry si era spostata
dal
Ministero alla Tana.
Sorpresa,
la donna si diresse verso la porta e, una volta aperta, si
trovò davanti Harry
che teneva per un braccio un omuncolo coi capelli rossicci.
“Harry
caro! Non mi aspettavo di trovarti qui! Che splendida sorpresa!
Purtroppo,
Teddy è uscito a fare una passeggiata coi suoi
amici.”
“Oh,
capisco, che peccato… ma, in fondo, è meglio
così…”
“Perché?
Che è successo?”
“Beh,
si tratta di Mundungus Fletcher… qualche notte fa ha visto
qualcosa di…
preoccupante…” iniziò Harry e
l’uomo che teneva bloccato urlò:
“Preoccupante?
Ah, questo colmo! Siamo in grave pericolo,
altroché!”
“Sta
zitto, Fletcher! Se ti sei sbagliato, non voglio che si scateni il
panico! E,
poi, mi hai raccontato cos’è successo, solo
perché ti avevamo preso assieme al
tuo complice dei boomerang stregati.”
“Quel
codardo di un Vermicolo… l’hanno preso e che fa?
Fa la spia! Non c’è onestà
nemmeno tra gente come noi…”
“Fletcher,
guarda che lo so che avresti fatto lo stesso, al suo posto.”
Molly
non capì niente di tutto quell’assurdo discorso,
ma, se proprio doveva essere
onesta, non gliene fregava niente.
Voleva
sapere cosa c’entrasse tutto questo con lei…
“Andiamo
in cucina.” Dichiarò la donna, facendo segno ai
due di seguirla.
Una
volta al sicuro in casa, Molly fece apparire tre sedie e, una volta che
furono
tutti seduti, domandò: “Allora? Che è
successo?”
Harry
guardò Fletcher, per poi dirgli: “Forza,
diglielo.”
“Beh,
qualche notte fa, sono andato in un paesino di babbani mezzo
abbandonato con un
nome curioso… Little Hangleton… stavo facendo una
passeggiata nella campagna
inglese…” iniziò il mago, ma
l’Auror lo interruppe subito: “Fletcher, lo so che
non eri lì alle tre di notte per una passeggiata. Va
avanti.”
“Come
vuoi… allora, ero in quel paese dimenticato da tutti e sono
entrato nella
foresta. Mentre camminavo, ho sentito qualcuno che si tuffava. Sono
andato a
vedere e ho visto una ragazza che si stava asciugando i
capelli… e quando ho
visto il suo viso, mi è venuto un colpo! Era proprio lei,
impossibile
sbagliarsi.”
“Lei
chi?” domandò Molly, sbigottita, e Fletcher
rispose: “Quella folle seguace di
Tu-sai-chi ossessionata da lui e dalla Maledizione Cruciatus, Bellatrix
Lestrange.”
“COSA?!?!”
non poté trattenersi dall’urlare Molly, facendo
spaventare il povero gufo
seduto sul trespolo.
“Mi
stai prendendo in giro, Fletcher?!” strillò la
donna, prendendo il bavero del
povero mago “Ho ammazzato con le mie stesse mani quella cagna
durante la
Battaglia di Hogwarts, quando ha cercato di uccidere mia figlia!
E’ impossibile
che sia lei, quella donna che hai visto!!!”
“Ti
assicuro che era lei, anche se aveva i capelli bianchi! Quel viso
è impossibile
da dimenticare…”
“Ma
fammi il piacere, Fletcher! Come può una donna morta da
quasi dodici anni
apparire, di punto in bianco, in un paese di babbani?!”
“Non
lo so, la cosa ha sorpreso anche me! Tra tutte le cose che potevo
trovare a
Little Hangleton…”
“E
sentiamo, se quella lì era davvero Bellatrix Lestrange,
allora perché sei
ancora vivo?”
“Non
ne ho idea… appena mi ha visto, è rimasta
immobile un attimo e sul volto le è
apparsa un’espressione di puro terrore… e poi
è scappata.”
“E’
scappata… la vera Bellatrix Lestrange non sarebbe scappata,
idiota! Ti avrebbe
ammazzato, dopo averti torturato!”
“Su,
Molly… calmati adesso…”
tentò di bloccarla Harry “Volevamo solo avere la
conferma che tu l’avessi davvero uccisa…
più che altro per tranquillizzare gli
altri membri del mio ufficio… spero solo che nessuno sia
andato nel panico e si
sia fatto sfuggire qualcosa alla stampa… ci manca solo che
l’intero Mondo
Magico vada nel panico per
un’allucinazione…”
Ciò
che i tre adulti
all’interno della cucina non sapevano era che c’era
qualcuno, dietro alla porta
che aveva origliato gran parte della conversazione, per poi
allontanarsi dalla
porta in fretta e furia. |
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Capitolo 31 *** Il richiamo dell'avventura ***
Capitolo
31: Il richiamo
dell’avventura
“Quindi,
ti sei divertita a
Parigi, con tua zia?” domandò il ragazzino coi
capelli blu, con una palla di
pelo rosa sulla spalla alla ragazzina coi capelli biondi, la quale
disse: “Sì.
Parigi è stupenda. Sono andata in un sacco di posti babbani
come la Tour
Eiffel, Notre-Dame e il Louvre.”
“Sei
andata a visitare la casa
di Victor Hugo?” s’intromise, emozionata, Athena e
Victorie, sorpresa, domandò:
“E chi è?”
“Un
famoso scrittore francese
babbano. Ha scritto molti romanzi come ‘Notre-Dame de
Paris’, ‘L’uomo che
ride’, ‘I miserabili’, ‘I
lavoratori del mare’, ‘L’ultimo giorno di
un
condannato a morte’, ‘Claude Gueux’,
‘L’arte di essere nonno’… e,
poi, una
raccolta di poesie chiamate ‘Le contemplazioni’ e
un sacco di opere teatrali
come ‘Lucrezia Borgia’, ‘Manon
Lescaut’, la quale è stata ripresa da Giacomo
Puccini, famoso compositore italiano, nel 1893; ‘Ruy
Blas’, ‘Ernani’ e ‘Il re
si diverte’. Le ultime due sono state a loro volta riprese da
un altro famoso
compositore italiano, Giuseppe Verdi. Ho visto un documentario babbano
sulla
vita di Victor Hugo, una volta, e dovreste vedere casa sua!
E’ una semplice e
stretta casa a due piani, con altre due case affianco e con un piccolo
giardino
davanti! Vi giuro, se non avessi saputo che quella era casa sua, non me
ne
sarei nemmeno accorta! Non sembra per niente la casa di uno scrittore
di fama
mondiale tra i babbani. Comunque, adesso è diventata un
piccolo museo per i
babbani.”
“Ho
già sentito quelle opere
liriche. Nicolas Flamel ne era un appassionato e nella casa che aveva a
Parigi,
la quale è diventata un piccolo museo, da quando lui e sua
moglie sono morti
nel 1987, che ne sono parecchi di dischi di famosi compositori come
Puccini,
Verdi, Wagner, Rossini, Donizetti, Bellini, Mozart, Beethoven, Bizet e
tanti
altri... pensa, c’erano persino le prime edizioni! Secondo
mia zia, Flamel è
andato ad ascoltarle personalmente nei più grandi teatri del
mondo, come La
Scala di Milano e al Festspielhaus di Bayeruth, quel grande teatro
fatto
costruire da Wagner, in cui devono rappresentare solo le sue
opere.”
“Che
egoista vanesio…”
commentò Oliver, mentre osservava una farfalla, e Victoire
annuì: “Già, non hai
per niente torto…”
“Si
capisce molto del
carattere di una persona da quello che fa… il problema
è capire se quello che
ha fatto era per la sua natura o per farsi notare e fingersi qualcuno
che non
è…” commentò Athena, mentre
osservava le nuvole in cielo.
Quando
si era ritrovata a
volare nel cielo di Hogwarts, l’anno scorso, era stata
un’esperienza davvero
fantastica.
Certo,
aveva rischiato di
cadere da più di cinquanta metri da un momento
all’altro, ma sentire il freddo
vento del mattino sulla sua pelle, sentirsi più leggera
dell’aria e vedere il
mondo dall’alto era stato così bello…
si era sentito un uccello, aveva sentito
la libertà…
Da
quella volta, ne aveva
avuto la certezza.
Il
cielo e l’aria erano il
suo mondo.
Il
posto in cui si sentiva
perfettamente a suo agio.
L’unico
problema, era che non
poteva volare.
Avrebbe
trovato un sistema
per restare in aria per tutto il tempo che voleva!
Dopotutto,
era una Corvonero
e, da sempre, i Corvonero erano l’emblema della conoscenza e
della creatività…
“Ehi,
qualcuno di voi sa che
ore sono?” domandò, ad un tratto, Teddy e
Christian, guardando l’orologio che
aveva al polso, esclamò: “Capperi, sono
già le cinque.”
“E’
meglio se torniamo
indietro. Non vorrei che mia nonna si preoccupasse. Anche
perché, quando si
preoccupa, quasi subito si arrabbia…”
commentò Victoire e tutto il gruppo
annuì.
Tutti
avevano capito che con
la signora Weasley non si scherzava…
Pertanto,
fecero marcia
indietro e, poco dopo, videro la Tana.
Teddy
fu il primo a
raggiungerla e, non appena ebbe bussato, la nonna di Victorie gli
aprì la
porta, con un gran sorriso.
“Oh,
ciao, ragazzi. Già di
ritorno? Vi siete divertiti?” chiese la signora Weasley e
Teddy, un po’ sorpreso,
domandò: “Sì… stai bene,
Molly?”
“Ma
certo che sto bene, caro!
Perché non dovrei esserlo?”
“E’
solo che la tua voce mi è
sembrata un po’… stanca…”
“Non
preoccuparti, Teddy. Ho
solo passato tutto il pomeriggio a cucinare e a pulire…
ormai sto proprio
invecchiando…”
“Ah,
capisco… Gal dov’è?”
“Sta
ancora aiutando Arthur
col televisore. Quei due si sono subito presi.”
“Immagino…
vado a riposarmi
un po’ in camera.”
“Ma
certo, caro. Vi chiamo
quand’è pronto.”
Una
volta in camera, Teddy si
buttò sul letto, mentre Oliver prendeva dalla sua valigia un
libro.
“Leggi
‘Animali Fantastici e
dove trovarli’?” chiese Teddy e l’amico
annuì: “Sì. L’anno prossimo
intendo
fare Cura delle creature magiche come materia facoltativa.”
“Anch’io,
anche se lo zio Ron
mi ha consigliato di portarmi una corazza da cavaliere durante le
lezioni e di
fare attenzione.”
Dopo
aver detto quelle
parole, il ragazzino coi capelli blu chiuse gli occhi e si
addormentò.
Questo
finché qualcuno non
aprì con energia la porta, urlando: “Ragazzi, non
immaginerete cosa ho sentito
oggi!!!!”
“Ssst!!!”
lo zittì,
imbarazzato, Oliver, mentre Teddy, aprendo un occhio assonato,
domandò, stanco
morto: “Gal, che vuoi? Stavo dormendo… e vorrei
ritornarci a dormire, grazie.”
“Ho
una notizia che è una
bomba, ve lo garantisco! Una volta che l’avrete sentita, non
riuscirete più a
dormire!”
“Non
ci tengo, grazie. Dilla
a qualcun altro.”
“Ma
siete i miei migliori
amici e mi fido solo di voi! E, poi, non ho scoperto questa notizia in
maniera
convenzionale…”
“Hai
origliato il discorso di
qualcuno, vero?” indovinò Teddy, mentre Oliver
esclamava: “Gal, non si
origliano le conversazioni altrui, dovresti vergognarti! E’
un comportamento da
maleducati e…!”
“Risparmiati
la ramanzina,
Olly! Non l’ho fatto apposta! Stavo andando un attimo in
bagno quando ho
sentito la signora Weasley urlare! A quel punto, la
curiosità mi ha preso e
sono rimasto ad ascoltare! Lo sapete che non so resistere alle
tentazioni…” lo
interruppe il rosso e Teddy, con un sospiro, domandò:
“E allora? Cos’hai
scoperto?”
“Beh,
pare che in un paese di
vecchi babbani è stato avvistato il fantasma di Bellatrix
Lestrange!” annunciò,
emozionato, Gal e Oliver domandò, sorpreso: “E chi
è?”
“Ho
già sentito parlare di
quella donna. Era la più fedele seguace di Voldemort, tanto
che ha preferito
essere spedita ad Azkaban, piuttosto di rinnegarlo, a differenza degli
altri Mangiamorte,
dopo la prima caduta di Voldemort. Era molto sadica e potente,
inferiore
soltanto al suo signore, inoltre amava torturare le sue vittime con la
maledizione Cruciatus, prima di ucciderle. E’ stata proprio
la signora Weasley
ad ucciderla durante la battaglia di Hogwarts.”
Raccontò Teddy e Gal annuì:
“Sì, e dovevi sentire com’è
andata fuori di testa quando le hanno dato questa
notizia… non l’avrei mai creduto possibile, ma in
quel momento, era persino più
spaventosa di mia madre quand’è
infuriata.”
“Una
notizia del genere
richiama alla mente brutti ricordi…”
sussurrò Oliver, con dolcezza, mentre
Teddy si sdraiava di nuovo sul letto, borbottando: “Bene, ora
che ci hai dato
la bella notizia, me ne torno a dormire!”
“Eh,
no! Il divertimento è
appena iniziato!”
“Ma
che altro vuoi, Gal?”
“Perché
non andiamo in quel
villaggio a vederlo?”
Sentendo
quelle parole, Teddy
aprì di scatto gli occhi e, rizzandosi a sedere,
domandò, allibito: “Vuoi
provare a vedere il fantasma di Bellatrix Lestrange?”
“Certo!”
“Tu
sei matto.”
“Ma
dai! Pensa che emozione
andare a caccia di fantasmi! Sarà un’esperienza
fantastica!”
“Mia
nonna mi ammazzerà se
proverò a fare una cosa del genere!”
“Ma
non le diciamo niente,
tranquillo.”
“Primo:
non so dove cavolo si
trovi questo paese. Secondo: se sparissimo, la signora Weasley
chiamerebbe
tutti gli uffici del Ministero e mia nonna mi scoprirebbe subito.
Scusa, ma
vorrei vivere per qualche altro anno…”
“Primo:
Possiamo cercare
nella biblioteca babbana che c’è in paese.
Secondo: inventeremo una storiella
quasi vera per i coniugi Weasley.”
“Una
storiella quasi vera? E
che roba è?”
“Una
storia vera, ma non
troppo. Così non mentiamo al cento per cento e siamo in pace
con la coscienza.”
“E’
in che cosa consisterebbe
la storiella quasi vera per i coniugi Weasley?”
“Semplice,
diciamo che
andiamo a trovare qualcuno per qualche giorno.”
“La
signora Weasley si
metterebbe subito in contatto con lui, sia per via magica che babbana,
e saremo
fregati.”
“Allora
dobbiamo trovare
qualcuno che, per cause di forza maggiore, è impossibile da
contattare.”
“Andiamo,
Gal… chi vivrebbe
così fuori dal mondo?”
Aveva
appena pronunciato
quelle parole, che tutti i tre ebbero un’illuminazione nello
stesso istante.
“Ho
ideato la storiella quasi
vera perfetta! Diciamo alla signora Weasley che siamo andati a trovare
Delphi
in quel campeggio di babbani dove sta trascorrendo l’estate.
Non c’è campo in
quel posto e, cosa ancora più importante, nessun gufo
può farsi vedere a
consegnare la posta, per via della sicurezza anti-babbani!”
raccontò, con un
sorriso sulle labbra, Gal, mentre Teddy dichiarava: “La
signora Weasley vorrà
accompagnarci e, inoltre, non so nemmeno dove si trovi quel
campeggio.”
“Nessun
problema, useremo il
Nottetempo. Le diremo che non vogliamo disturbare nessuno e che
è ora che
impariamo a prendere da soli i mezzi pubblici.”
“Mmmh…
potrebbe anche
funzionare… ma per quanto riguarda Delphini? Non posso
mandarle una lettera e
non posso neanche rischiare che dica a mia nonna che non sono andato a
trovarla…”
“Se
la incontreremo in
stazione, mi allontanerò un attimo con lei e le
spiegherò per filo e per segno
cos’è accaduto. Me ne dirà di tutti i
colori per averla usata in questo modo,
ma riuscirò a convincerla a non dire niente!”
“Speriamo
solo che non mandi
una lettera durante la nostra assenza.”
“Non
ne ha mandata una per
tutta l’estate, non la darà mica adesso. Pensiamo,
piuttosto a trovare questo
paese di fantasmi e a dire ai coniugi Weasley del nostro progetto, il
più in
fretta possibile, anche! Sento già il brivido
dell’avventura scorrermi nelle
vene!!!”
“Prendete
tutti i biscotti
che volete, ragazzi. Ce n’è per tutti.”
Disse la signora Weasley, mettendo sul
tavolo un enorme piatto di biscotti appena sfornati.
“Cavoli,
che buon odore! Non
me lo faccio ripetere due volte, signora Weasley!”
esultò Gal, prendendone al
volo uno, mentre la donna, con un grande sorriso, si raccomandava:
“Fa
attenzione, caro. Li ho appena tirati fuori dal forno, quindi scottano
un po’.”
Non
appena l’ebbe presa, Gal
fece una smorfia di dolore e appoggiò immediatamente il
biscotto bollente sulla
tavola, per poi soffiare sulle dita.
“Uao,
questo sì che è un
biscotto appena sfornato…” commentò
Gal, mentre la signora Weasley, domandava:
“Cosa avete in programma di fare, oggi?”
“Facciamo
un salto ad Ottery
St. Catchpole” Dichiarò Teddy e la donna,
leggermente sorpresa, fece: “Come
mai?”
“Io
sarei interessato a fare
Babbanologia l’anno prossimo. Questa potrebbe essere
un’occasione perfetta per
studiarli più da vicino ed essere abbastanza
preparato.” S’intromise Oliver e
il signor Weasley dichiarò: “Posso accompagnarti!
Mi emoziono sempre quando
vado in paese! Sarò entusiasta di farti da guida turistica e
di spiegarti a
cosa servono i lampioni e…”
“Arthur,
non disturbarli!
Inoltre, ti ricordo che devi andare al Ministero!”
tuonò la signora Weasley,
mentre Athena dichiarava: “Vengo con voi! Voglio
assolutamente fare un salto in
biblioteca!”
“Certo,
unisciti pure.”
Esultò Gal, mentre Christian diceva: “Io, invece,
vado a finire il tema di
Trasfigurazione.”
“Ma
non preoccuparti, caro,
sei in vacanza.” Lo rassicurò la signora Weasley,
ma Christian rispose: “Non si
preoccupi, signora Weasley. Mi piace mettermi in pari con lo studio.
Infatti,
il Cappello Parlante ha pensato di mettermi a
Corvonero…”
“Ehi,
ci sono anch’io con voi!”
s’intromise Victoire, ma la signora Weasley la
bloccò immediatamente:
“Victoire, hai i tuoi compiti da fare e i tuoi genitori
esigono che tu li
concluda.”
“Accidentaccio!”
I
quattro amici uscirono
dalla porta e, mentre camminavano, Teddy si voltò verso
Athena e le disse:
“Senti, Athena… veniamo con te, in
biblioteca.”
“Eh?!
Ma siete malati?! Di
solito, non vi piace andare in biblioteca!”
“Adesso
ti spiego…”
Teddy
cominciò a raccontare
all’amica tutto quello che era successo la sera prima, dal
discorso che Gal
aveva origliato e del loro piano per raggiungere quel paese, dopo una
veloce
ricerca in biblioteca.
“Certo
che non siete per
niente capaci di starvene con le mani in mano…”
commentò Athena, mentre
spingeva la porta della piccola biblioteca del paese “Dovete
solo augurarvi che
la biblioteca abbia un computer…”
L’interno
era molto piccolo
con solo qualche tavolo, vari scaffali pieni di libri e, in fondo, dei
computer, uno dei quali, fortunatamente, era ancora acceso.
Subito,
Athena, si sedette
davanti ad uno di essi e, domandò: “Come si chiama
quel paese?”
“Little
Hangleton.” Annunciò
Gal e la ragazzina commentò, mentre digitava il nome:
“Little Hangleton… non
l’ho mai sentito… deve trattarsi di un paese
piuttosto piccolo…”
Dopo
aver cliccato il nome
del paese comparvero vari link e, il primo di essi, attirò
immediatamente
l’attenzione di tutti i presenti.
“L’omicidio
dei Riddle, uno
dei casi di cronaca nera irrisolti più agghiaccianti e
misteriosi del Regno
Unito?” lesse, incredulo, Oliver.
Se
la prima cosa che
scrivevano su quel paese era un caso di omicidio irrisolto, non
c’era da
aspettarsi nulla di buono…
“Che
faccio, lo clicco?”
domandò Athena e Teddy annuì:
“Sì, dai. Visto che forse ci facciamo un salto,
dobbiamo sapere come sono andate le cose.”
La
Corvonero ubbidì e,
subito, comparve una pagina piene di parole e vecchie foto
d’epoca.
“Una
mattina del Luglio del
1943, una giovane cameriera scoprì i cadaveri dei membri
della famiglia Riddle
nel salotto della villa di loro proprietà situata nel
piccolo paese di Little
Hangleton, vicino a Great Hangleton. Le vittime erano i coniugi Thomas
Riddle
(78 anni) e Mary Riddle (65 anni), assieme al loro unico figlio Tom (36
anni).
Secondo il medico legale, la famiglia Riddle è stata uccisa
dieci o undici ore
prima del ritrovamento dei loro corpi, confermato anche dal fatto che
le
vittime erano ancora vestite per andare a cena. Frank Bryce,
giardiniere dei
Riddle misteriosamente scomparso nel 1995, ha dichiarato che il giorno
prima dell’assassinio
della famiglia, c’era un ragazzino pallido e coi capelli
scuri che si aggirava
nei pressi della proprietà, che non aveva mai visto prima,
anche se ha ammesso
che era parecchio lontano quando l’ha notato e non
è riuscito a vedere bene il
volto. A parte Bryce, nessun altro ha visto il ragazzo misterioso,
pertanto, l’ipotesi
si è rivelata infruttuosa, così come la pista
della rapina finita male, in
quanto, nonostante i Riddle fossero molto ricchi, la casa era
perfettamente in
ordine quando la polizia è giunta e niente era stato portato
via. Durante
l’autopsia, tuttavia, si è scoperto qualcosa di
davvero agghiacciante. L’arma
del delitto e il modus operandi erano completamente inesistenti. La
famiglia
non era stata in alcun modo ferita, nemmeno attraverso
un’iniezione letale, ma
non era nemmeno morta per cause naturali, come un ictus o un attacco
cardiaco.
Un altro particolare che ha colpito i medici legali è il
fatto che tutti e tre fossero
morti con un’espressione di paura sul viso, come se stessero
vivendo le loro
peggiori paure. Dalla ricostruzione della polizia, l’ultimo a
morire è stato il
giovane Tom Riddle, il quale aveva l’espressione
più spaventata tra tutti e
tre. Nonostante l’evoluzione della scientifica, ancora oggi
il caso della
famiglia Riddle rimane uno dei casi irrisolti più spaventosi
e misteriosi del
Regno Unito, pieno di vari punti interrogativi.” Lesse,
incredula, Athena,
mentre Oliver commentava, spaventato: “Oh, mamma…
che storia spaventosa…”
“Ragazzi…
credo di sapere
cos’è successo ai Riddle…”
sussurrò, preoccupata, la Corvonero con gli occhiali
e Teddy domandò: “Cosa?”
“Temo
che siano stati uccisi
dall’Avada Kedavra.”
“COOOSA?!?!?!”
si lasciò
scappare, esterrefatto, Gal, beccandosi un seccato
“Shh!” da parte della
biblioteca.
“Pensi
che in questo omicidio
centrino i maghi?” sussurrò, preoccupato, il rosso
e Athena annuì: “Sì, nessun
babbano sarebbe capace di uccidere qualcuno senza lasciare una traccia,
invece
quella maledizione ha proprio questa
particolarità…”
“Cosa
credi che sia successo?
Una resa dei conti tra maghi?”
“Sembrerebbe
la pista più
promettente…”
“Ehi,
qui c’è anche una
vecchia fotografia della famiglia Riddle.”
Notò Oliver, indicando un’immagine
che, prontamente, Athena cliccò
sopra, in modo da ingrandirla.
La
prima cosa che tutti e
quattro notarono fu che i Riddle avevano un’espressione
parecchio sicura di sé,
arrogante e sembravano avere costantemente la puzza sotto il naso.
“Non
so perché, ma tipi del
genere mi stanno proprio antipatici… odio la gente
snob… non mi spiace per
niente che li abbiano fatti fuori.” Commentò Gal,
osservandoli, e Oliver lo
redarguì: “Gal, non è una cosa carina
augurare la morte di una persona!”
“Io
non l’ho augurata! Ho
solo detto che non mi meraviglia che li abbiano fatti fuori! Guarda che
è diverso!”
Mentre
i due litigavano,
Teddy si avvicinò allo schermo, aguzzando la vista.
“C’è
qualche problema?”
domandò Athena e il ragazzo coi capelli blu ammise:
“E’ solo che… questi tre
hanno un’aria leggermente familiare… è
il loro atteggiamento, così sicuro di
sé… non so dove, ma l’ho già
visto… se solo riuscissi a ricordare
dove…”
“Beh,
il detto ‘la bellezza
non è tutto’, calza alla perfezione col giovane
Riddle… Guardalo, era davvero
un bell’uomo, ma dalla faccia credo che non esistesse nessuno
più arrogante e
snob di Tom Riddle…”
“Tom
Riddle? Non sarà per
caso quell’odioso che ha vinto quel suo stupido premio per
‘servigi speciali
resi alla scuola’?!” s’intromise,
adirato, Gal e Oliver annuì: “Sembrerebbe
proprio di sì… ti ricordi cosa ha detto
l’anno scorso il professor Lumacorno
quando siamo stati invitati al Lumaclub? Tom Riddle è morto
dopo aver finito la
scuola… potrebbe benissimo essere stato ucciso.”
“No,
è impossibile. C’è un
anacronismo temporale piuttosto forte.” Negò
Athena, osservando con molta
attenzione il testo, e Teddy domandò: “Cosa
intendi?”
“Tom
Riddle ha ricevuto il
premio nel 1943, l’anno in cui sono stati assassinati i
Riddle, ed è diventato
Prefetto nello stesso anno. Siccome si diventa Prefetti al quinto anno,
è logico
che Tom Riddle non era al settimo anno di scuola, ma al quinto.
Inoltre, questo
suo omonimo è molto più vecchio. E’
impossibile che uno abbia frequentato
Hogwarts a 36 anni. Inoltre, Lumacorno ha fatto capire che il motivo
della
dipartita del Riddle che studiava ad Hogwarts sia stata una
malattia.” Spiegò
la Corvonero e Oliver fece notare: “Sì,
è vero… ma mi sembra troppo strano che
ci siano due Tom Riddle in circolazione nello stesso anno, anche se uno
nel
Mondo Babbano e l’altro nel Mondo
Magico…”
“Anche
a me pare molto
strano… è evidente che quei due sono
collegati… e il loro punto d’incontro è
il
Mondo Magico.”
“Come
fai ad esserne così
sicura?” domandò, incuriosito, Gal e Athena
spiegò: “Il Tom Riddle più giovane
era uno studente di Hogwarts piuttosto dotato, quindi era un mago,
mentre
quello più vecchio è stato evidentemente
assassinato da un mago. E’ la magia il
loro legame.”
“Beh,
comunque, cerchiamo di
scoprire dove si trova questo villaggio…”
borbottò Gal, mentre Oliver
esclamava, incredulo: “Non vorrai sul serio andare in quel
posto, Gal! C’è
stato un omicidio e, per di più, l’assassino era
un mago! Se prima avevo dei
dubbi, adesso ne ho la certezza! Non metterò piede in quel
villaggio, mi sono
spiegato?!”
“Andiamo,
Olly, non fare il
fifone…”
“Io
non sono un fifone!
Semplicemente…!”
CRASH
Il
misterioso e improvviso
tonfo, identico a quello di parecchi libri che cadevano per terra,
proveniente
dallo scaffale alle loro spalle, fece bloccare Oliver e,
d’istinto, Gal corse
dietro ad esso, per vedere a cosa fosse dovuto quel rumore, seguito,
immediatamente, dagli altri.
Dietro
agli scaffali c’era
una ragazzina coi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, la quale
si stava massaggiando
la testa, mentre, attorno a lei c’erano un sacco di libri
sparpagliati.
“Cosa
ci fai qui, Victorie?”
domandò Teddy e la ragazzina, alzandosi in piedi,
ribatté: “E’ forse un reato
andare in biblioteca?”
“No,
ma tua nonna ha detto
che dovevi fare i compiti. Mi spieghi cosa ci fai qui?”
“E’
semplice, ho detto a
nonna Molly che sarei andata a fare i compiti in camera mia e, una
volta sola,
sono uscita dalla finestra e ho preso una bicicletta dal capanno di
nonno
Arthur e sono volata qui.”
“Come
facevi a sapere che
eravamo qui?”
“Veramente,
il mio piano
consisteva nel trovare Athena in biblioteca e chiederle da che parte
foste
andati, ma sono stata fortunata, dato che eravate tutti qui.”
“Beh,
ora che ci hai trovati,
è meglio che tu te ne ritorni a casa, altrimenti tua nonna
scoprirà la tua
bravata.”
“Scordatelo,
io resto.”
“Victoire,
torna a casa.”
“Fallo
e io dirò tutto a mia
nonna. Le dirò che avete intenzione di andare di nascosto in
un paese dove c’è
stato un omicidio! Magico, per di più!”
“No,
ti prego, non dirle
niente! Lo dirà a mia nonna e mi
ucciderà!”
“Sta
tranquillo, Teddy, non
le dirò niente… ma ad una condizione.”
“Quale?”
“Voglio
venire anch’io in
quel villaggio!”
Per
un attimo, Teddy sgranò
gli occhi, per poi dichiarare, in tono secco: “Scordatelo,
Vicky. E’ troppo
pericoloso per la tua età.”
“Ma
se ho un anno in meno di tutti
voi!”
“Ma
noi siamo leggermente più
esperti nell’utilizzo di incantesimi!”
“Ma
non avete il permesso di
compiere magie fuori da scuola! Io, invece, posso ancora usarla,
perché non ho
ancora la bacchetta e non frequento Hogwarts! Avete bisogno di
me!”
“Sai,
potrebbe aver ragione
la ragazzina…” sussurrò Gal, mentre
Oliver gli ricordava: “Gal, Victoire è
più
piccola di noi. Non voglio avere un morto sulla coscienza, soprattutto
se così
giovane.”
“Scegliete:
o vengo anch’io
in quel paese oppure spiffero tutto a mia nonna!”
sbottò, con determinazione,
Victorie e, con uno sbuffo, Teddy acconsentì:
“D’accordo, puoi venire. Ma non
dirlo a nessuno!”
“Conta
su di me, Teddy!”
esultò la ragazzina mettendo la mano davanti alla fronte con
un gesto militare.
“Cosa
c’inventiamo per
convincere la signora Weasley a farci portare con noi
Victorie?” domandò Gal e
Teddy esclamò, come se avesse avuto un’improvvisa
ispirazione: “Possiamo dirle
che vogliamo far conoscere a Victorie Delphini. Che ha sentito parlare
tanto di
lei e non vede l’ora di conoscerla personalmente.”
“Ma
io di lei so solo il suo
nome e che fa parte di Serpeverde.” Fece ricordare,
lievemente seccata,
Victorie e Teddy le disse: “Basterà solo che lo
dici a tua nonna.”
“Ok…
cosa abbiamo in comune
io e lei, oltre ad essere due ragazze?”
Per
tutta risposta, l’intero
gruppo si guardò negli occhi, facendo solo un imbarazzato:
“Ehm…”
Victoire
e Delphini, infatti,
non avrebbero potuto essere più diverse… Vicky
indossava un vestitino rosa
molto carino, una borsetta rosa per bambine con fiocchi e il disegno di
un
gatto, le scarpe aperte, coi lunghi capelli biondi sciolti, gli occhi
azzurri…
mentre Delphini indossava vecchie e larghe felpe, jeans strappati in
vari
punti, scarpe da ginnastica consumate, monospalla di jeans i suoi
capelli
argentati con qualche ciocca blu erano sempre legati in una coda di
cavallo,
tanto che Gal aveva detto, per scherzare che dormiva e si lavava coi
capelli
legati…
Quelle
due non avrebbero
potuto essere più agli antipodi…
“Beh,
non so cosa avete in
comune voi due… ma la nostra Delphi ha
un…” iniziò Gal, prima che Teddy lo
interrompesse di colpo: “…Ha un talento davvero
straordinario a Pozioni… ti piacciono
le pozioni?”
“Ma
stai scherzando, Teddy?!
Lo sai che le detesto! Tutti quei materiali da mettere, i gradi di
cottura,
l’attenzione… non fa per me! Non so cosa ci
trovino lei e mia madre in quella
stupida materia! Molto meglio Volo, altroché!”
“Già,
a te piace molto lo
sport…” fece Teddy, allontanandosi un attimo con
Gal, il quale gli domandò,
incredulo: “Ma che ti è preso?!”
“Stavi
per dirle di Asmodeus,
vero?”
“Eh?”
“Stavi
per rivelare a
Victoire che Delphini ha un serpente come animale domestico,
giusto?”
“Sì,
e allora?”
“E’
quel che temevo… senti,
per il momento, non diciamoglielo, ok?”
“E
perché?”
“Perché…
Victoire ha una
paura matta dei serpenti.”
“Eh?
Sul serio?”
“Sì…
appena ne vede uno si
mette a strillare e a correre il più lontano possibile da
quella bestia…
quindi, immagina cosa succederebbe se scoprisse che una mia amica ha
proprio un
serpente come animale domestico…”
“Prepariamo
i tappi per le
orecchie.”
“Sarà
meglio…”
“Signora
Weasley, ho finito.”
Esclamò Athena e la nonna di Victoire domandò,
apprensiva: “Sicura che tu non
voglia ancora un po’ di pasta, cara? Guarda che ce
n’è ancora tanta, cara.”
“No,
non si preoccupi. Metto
da lavare il mio piatto e, poi, vado in camera mia a leggere un
po’.”
Lentamente,
anche gli altri
si alzarono e se ne andarono, tranne Teddy.
“Signora
Weasley, posso
chiederle una cosa?” domandò, timidamente, il
ragazzo e la donna, voltandosi a
guardarlo, esclamò: “Ma certo, Teddy! Sono tutta
orecchie!”
“Ecco,
in questa settimana,
ho parlato a Victorie di una mia amica… Delphini
Black… solo che non vede l’ora
di conoscerla… io e gli altri avevamo intenzione di andarla
a trovare al
campeggio dove sta passando le vacanze… possiamo stare da
lei per qualche
giorno?”
La
signora Weasley rimase in
silenzio per un attimo, incredula per quella richiesta, per poi dire:
“Beh, per
me non ci sarebbe alcun problema… ma quelli che si occupano
del campeggio sono
d’accordo?”
“Certo,
Delphini mi ha
mandato una lettera per dirmi che era tutto a posto, eccola
qui.” Esclamò il
giovane, mostrando un foglio di carta che la signora Weasley prese e
lesse con
molta attenzione.
Teddy
cominciò a sudare
freddo, pregando che la nonna di Victoire non si accorgesse che era
stata
Athena e non Delphini a scrivere quella lettera…
“Beh,
non mi crea alcun
problema mandarvi a quel campeggio… è solo che
non so proprio come mandarvi in
quel campeggio di babbani… ormai, i taxi ci evitano come la
peste…” commentò la
signora Weasley e Teddy, riacquistando un po’ di
tranquillità, spiegò: “Nessun
problema! Abbiamo pensato di prendere il Nottetempo.”
“Ma
ne siete proprio sicuri?
Prendere i mezzi pubblici alla vostra età? Avete solo dodici
anni…”
“Vorremmo
provare a diventare
leggermente autonomi e questa è l’occasione
perfetta. Comunque, non si
preoccupi. Il signor Weasley ci accompagnerà a prendere
l’autobus e, non appena
arriveremo alla fermata, troveremo Delphini che ci
accompagnerà al suo
campeggio. Dobbiamo solo salire sull’autobus e fare il
tragitto.”
“Beh,
penso che si potrebbe
fare…”
“Non
si preoccupi, staremo
via solo il sabato e la domenica. Lunedì saremo di nuovo
qui.”
“Mi
raccomando, non allontanatevi
dal campeggio e non vi mettete in situazioni rischiose!” si
raccomandò,
preoccupata, la signora Weasley, mentre Teddy la rassicurava:
“Torneremo
lunedì, te lo prometto.”
“Mi
raccomando, chiamatemi
quando siete arrivati. E ringrazia tanto la tua amica!”
“Non
si preoccupi, lo faremo
senz’altro.”
“E
tenete d’occhio Victoire!
Non solo ha undici anni, ma non sa ancora controllare la sua
magia!”
“Finché
resterà accanto a
noi, non si deve preoccupare di niente, signora Weasley.”
“Allora
divertitevi!”
Mentre
Teddy era impegnato a
tranquillizzare la signora Weasley, Gal si avvicinò al
cugino e gli disse,
sottovoce: “Mi raccomando, se la nonna di Victoire ha dei
sospetti, chiamaci
subito col walkie-talkie.”
“Gal,
ti stai cacciando in un
mare di guai…”
“Non
ti ci mettere anche tu,
eh! Ho già fatto una faticaccia per convincere gli altri a
partire per
quest’avventura!”
“Ormai
con te, mi lavo le
mani…”
In
quel preciso istante, la
signora Weasley si voltò verso le scale e urlò:
“Arthur, sono pronti! Potete
andare!”
“Arrivo,
Molly.” Esclamò il
signor Weasley, scendendo dalle scale, indossando dei lunghi pantaloni
fucsia
con su disegnati i volti di tanti porcellini, un cappello verde da
pescatore
sulla testa e un maglione dai colori sgargianti.
“Bei
pantaloni, signor Weasley!
Mi piacciono da impazzire! Se mi dice dove li ha comprati, ci faccio un
salto.
Sono sicuro che si abbinerebbero alla grande col mio casco.”
Esclamò,
interessato, Gal e il signor Weasley rispose: “In un piccolo
negozietto giù in
paese. Pensa, fanno persino le magliette!”
“Troppo
forte!” esultò il
rosso, mentre Athena ridacchiava.
Se
Gal non fosse stato
l’Erede di Grifondoro, sarebbe stato un perfetto
Corvonero… eccentrico e unico
come solo i Corvonero sanno essere…
Nel
frattempo, la signora
Weasley ricordava al gruppo: “Forza, è meglio se
vi muovete, prima che la
strada si riempia di babbani.”
Mentre
il gruppo usciva
dall’abitazione, Teddy si voltò verso la signora
Weasley, Christian, Dominique
e Louis, salutandoli con la mano: “Ci rivediamo
lunedì.”
Una
volta chiusa la porta
dell’abitazione, si affrettò a raggiungere gli
amici e il signor Weasley,
mentre i suoi capelli si coloravano di nero, gli occhi diventavano
azzurri e si
metteva degli occhiali finti.
“Perché
hai assunto le
sembianze di Kevin?” domandò Oliver, non appena
l’amico l’ebbe raggiunto e lui
spiegò: “Odio finire al centro
dell’attenzione, quando vado in giro… quindi
assumo le sembianze di qualcun altro, per evitare di finire sotto i
riflettori.”
Non
appena li ebbe raggiunti,
il signor Weasley tirò fuori dalla tasca una bacchetta e,
pochi secondi dopo,
un autobus a tre piani viola apparso all’improvviso
frenò di scatto davanti a
loro e, immediatamente, un uomo in uniforme viola, con grandi orecchie
a
sventola e col volto pieno di brufoli, scese dal mezzo e
dichiarò, con tono
annoiato: “Benvenuti sul Nottetempo, mezzo di trasporto
d’emergenza per maghi e
streghe in difficoltà. Allungate la bacchetta, salite a
bordo e vi portiamo
dove volete. Mi chiamo Stan Picchetto e sono il vostro bigliettaio per
questa
giornata.”
Non
appena ebbe finito di
parlare, Stan alzò lo sguardo e, non appena notò
il signor Weasley, domandò, incredulo:
“Ma lei non è Arthur Weasley, il suocero di Harry
Potter?”
“Sì,
Stan, sono io.”
“Ma
guarda, ne è passato di
tempo… ehi, Ern, ti ricordi di Harry Potter? Era salito sul
nostro autobus, una
notte. Una notte davvero buia, sì, sì…
Sirius Black era appena evaso da
Azkaban, ricordi? Sono stato proprio io a parlargliene, sì,
sì… dunque, signor
Weasley, dove vuole che la portiamo?”
“Non
io, Stan. Mia nipote e
alcuni suoi amici, vogliono raggiungere una loro amica.”
“Beh,
ragazzi, siete proprio
fortunati. Dite la vostra direzione, e noi vi portiamo dove volete,
sì, sì…
proprio dove volete, ve lo garantisco! Purché non sia in
mare, perché il
Nottetempo non va sott’acqua, no, no!”
Proprio
in quel momento, Gal
finse di guardare nel cielo ed esclamò: “Guardi,
signor Weasley! Un aereo!”
“Eh?
Davvero?! Dove, dove?”
fece l’uomo, alzando la testa di scatto, mentre Gal indicava
un punto: “Proprio
lì! Secondo lei, come cavolo fanno i babbani a farlo restare
sospeso in aria,
senza magia?”
“Non
lo so, ragazzo! Ma un
giorno lo scoprirò, te lo garantisco! Sospetto,
però, che centra quella cosa
che loro chiamano elettricità.”
“E
come funziona
l’elettricità?”
Mentre
il signor Weasley era
impegnato ad elencare le proprietà
dell’elettricità e come la usavano i
babbani, Teddy si avvicinò a Stan e, sudando freddo,
sussurrò: “Vorremmo cinque
biglietti per Great Hangleton, nel nord
dell’Inghilterra.”
“Ok,
sono quindici galeoni.
E, con un piccolo extra, potrete anche avere una cioccolata calda, cosa
che vi
consiglio caldamente, dato che sarà un viaggio molto
lungo.”
“Quando
arriveremo?”
“A
mezzogiorno, come minimo.”
“Ci
vuole così tanto?!”
“Certo,
ragazzo. Più si va
su, più il tragitto è lungo! E, adesso, tutti a
bordo, che si parte!”
Mentre
il gruppo saliva, il
signor Weasley li salutò con la mano: “Buon
viaggio, ragazzi. Mi raccomando,
fateci sapere come state!”
“Diamoci
una mossa, Ern.”
Esclamò Stan, all’autista e quello
partì a tutto gas, tanto che tutti i ragazzi
caddero per terra, rovinosamente.
“Meglio
che vi abituate in
fretta, ragazzi, altrimenti vi ritroverete a gambe all’aria
per tutta la durata
del viaggio…” li avvisò Stan,
aiutandoli a risalire in piedi, per poi domandare:
“Come vi chiamate, voi cinque?”
“Kevin
Harrison.” Dichiarò,
il più in fretta possibile, Teddy, mentre Victoire si
presentava: “Io mi chiamo
Victoire. Questo ragazzino è Oliver Ferrars, mentre
l’altro col casco è Galahad
Sandlers.”
“Ehi,
non chiamarmi Galahad!
Per tutti, sono Gal!” s’intromise Gal, mentre Stan,
guardando Athena,
domandava: “Ok… e la ragazza con gli occhiali, chi
è?”
“Mi
chiamo Athena Doyle,
piacere di conoscerla.” Si presentò, molto
educatamente, la ragazza, ma Stan si
mise a fissarla con aria sbalordita.
Qualche
secondo dopo, si
diresse verso Ern e, con un tono divertito, gli disse: “Ehi,
Ern, senti questa!
C’è un’altra Athena Doyle sul
Nottetempo!”
“Come
sarebbe a dire che c’è
un’altra Athena Doyle?!” protestò,
esterrefatta, la giovane strega e Stan,
ficcandosi in bocca una cicca, raccontò: “Proprio
così, ragazza. Non sei la
prima ragazzina con quel nome e cognome a salire qua su, sì,
sì… te la ricordi
quella prima Athena Doyle, Ern? L’abbiamo raccattata a
Londra, vicino a Diagon
Alley circa un mese fa… un tipetto davvero strano,
altroché… non se ne
incontrano tante come lei, sì, sì…
felpa consumata col cappuccio, jeans larghi,
vecchio cappellino con un logo sportivo babbano, con lunghissimi
capelli rossi…
i capelli più rossi che abbia mai visto in vita mia,
sì, sì… quando ci siamo
fermati per la sua richiesta, è salita come se niente fosse,
ci ha detto dove
doveva andare e si è seduta senza tante cerimonie, per poi
mettersi delle
cuffie nelle orecchie e ascoltare la musica, mentre leggeva un
giornalino… avrà
avuto, che so… tra i dieci e i tredici anni… ma
sapeva il fatto suo, altroché!
Mai visto una ragazzina più autonoma e seria di quella, te
lo garantisco! E
come non lasciava quel suo vecchio zaino! Gli buttava sempre
un’occhiata, sì, sì…
più sospettosa e guardinga di un gatto, era…
già!”
Mentre
Stan continuava a
blaterare, senza sosta, con l’autista, il gruppo si
guardò, esterrefatto.
Com’era
possibile che, solo
un mese prima, un’altra ragazzina loro coetanea con lo stesso
nome e cognome di
Athena era salita sul Nottetempo?!
Era
una cosa a dir poco
pazzesca…
“Ehi,
Athena… non è che hai
un dopplangeder?” domandò Gal, ma, subito, la
Corvonero rispose: “Che
sciocchezza. C’è, di sicuro, una qualche
spiegazione razionale. E, poi, ti
ricordo che io ho i capelli neri, non rossi!”
“Ah,
già… è vero…”
balbettò
Gal, mentre Teddy diceva, mentre si sedeva pesantemente sul sedile:
“Comunque,
è pazzesco… stiamo andando in un paese dove
viveva l’omonimo di un vecchio
studente di Hogwarts e subiamo un caso di omonimia sul mezzo di
trasporto! Roba
da matti…”
“Ragazzi,
siete arrivati.
Ecco Great Hangleton.” Esclamò Stan, facendo
svegliare tutto il gruppo, il
quale si stava facendo un sonnellino.
Sbadigliando,
i ragazzi
presero le proprie cose e scesero dal Nottempo, il quale
sfrecciò via a tutta
velocità nella stradina polverosa e deserta.
“Quindi?
E adesso che si fa?”
domandò Gal, stiracchiandosi, mentre Athena tirava fuori
dallo zaino una
vecchia cartina e, dopo averla osservata un attimo con attenzione,
dichiarò: “Dobbiamo
proseguire in quella direzione per almeno sei miglia.”
“Bene,
in marcia, ragazzi.” Dichiarò
Teddy, mentre si toglieva gli occhiali finti e i capelli tornavano a
colorarsi
d blu.
Victoire
lo fissò un po’
sorpresa per poi domandare: “Andiamo a piedi?”
“Certo.
Non possiamo usare le
scope, rischiando che qualcuno ci becchi…”
“Ma
non potevamo chiedere al signore
di portarci direttamente a Little Hangleton?”
“Era
meglio non rischiare. Il
signor Weasley era nelle vicinanze, anche se era tutto concentrato a
parlare
degli aerei… e, poi quel bigliettaio, Stan Picchetto, non mi
sembrava molto
sveglio… l’ultima cosa che volevo era che si
mettesse a parlare della nostra
direzione davanti a mia nonna…” |
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Capitolo 32 *** Incontro imprevisto ***
Capitolo
32: incontro
imprevisto
“Forza,
ragazzi, ci siamo
quasi… secondo il cartello, manca solo un miglio a Little
Hangleton…” constatò
Athena, osservando il palo con due frecce, una che puntava verso Great
Hangleton e l’altra verso Little Hangleton, la loro
destinazione.
“Meno
male… fra parentesi,
sono un po’ stanco…” commentò
Gal, sedendosi pesantemente per terra, subito
imitato da Victoire.
In
fondo, avevano camminato
per tutto il pomeriggio, fermandosi solo per pranzare e per telefonare
alla
signora Weasley attraverso il cellulare di Teddy, per farle credere che
fossero
arrivati e che stavano facendo una camminata, assieme agli altri
ragazzi del
campeggio di Delphini.
“Forza,
lumache. Ancora
qualche passo e saremo arrivati.” Fece, con un sorriso
divertito, Teddy,
prendendo per mano i due amici e facendoli rialzare.
Il
gruppo continuò a
camminare, di fianco ad alte siepi aggrovigliate finché,
davanti a loro, non
comparve un sentiero ripido che scendeva per la collina che si
allontanava
dalla strada principale.
“Ecco,
seguendo quel
sentiero, arriveremo a Little Hangleton.” Annunciò
Athena, sempre continuando a
guardare la cartina.
Il
gruppo, immediatamente,
seguì le indicazioni della giovane Corvonero e si
trovò davanti ad un’ampia
vallata con un piccolo villaggio annidato tra due colline, le cui luci
delle varie
abitazioni facevano brillare la valle.
“Cavoli,
che bel posto… non è
tanto male… è solo un po’ isolato dal
mondo…” commentò Oliver, mentre
Victoire
annuiva: “Proprio per questo attira le persone poco
raccomandabili come quel
Mundungus Fletcher…”
Mentre
i due amici parlavano,
Athena spostò lo sguardo e notò sulla collina
dall’altra parte della valle
c’era una dimora posta davanti ad un prato terribilmente
incolto, infatti
l’erba era parecchio alta, segno che nessuno la tagliava da
anni.
Incuriosita,
la ragazza prese
il binocolo dal suo zaino e si mise ad osservarla con molta attenzione.
“Qualcosa
non va, Athena?”
domandò, incuriosito, Teddy e l’amica rispose,
passandogli lo strumento: “Guarda
quella grande villa laggiù.”
Teddy
osservò, in silenzio,
la casa, per poi esclamare, esterrefatto: “Ma quella
è la casa dei Riddle, dove
è avvenuto l’omicidio! La riconosco dalla foto che
c’era in quel sito babbano
che raccontava il caso dei Riddle.”
“Sì,
è proprio lei, anche se
un po’ malconcia… ma, dopotutto, nessuno la
gestisce più dal fattaccio…”
commentò Athena, mettendo il binocolo nello zaino, mentre
Victoire annuiva:
“Già… chi vuoi che vada a vivere in una
casa dove si è consumato un delitto
irrisolto?”
“Io!”
esclamò Gal, alzando
con energia la mano, mentre Oliver scuoteva con decisione la testa:
“Io no di
certo!”
Dopo
aver lanciato
un’occhiata distratta alla casa, Victoire domandò:
“Cosa facciamo? Andiamo in
paese a cercare una stanza per la notte?”
“Ma
neanche per sogno! Io
voglio andare a caccia di fantasmi!” protestò Gal,
mentre Oliver esclamava,
seccato: “Io, in quella villa, non ci metto piede!”
“Rilassati,
Olly… il fantasma
di Bellatrix Lestrange è stato avvistato in quella foresta.
Facciamo un
semplice sopralluogo e, poi, ce ne andiamo in paese a cercarci una
bella
stanza.”
Dopo
aver detto quelle
parole, Gal s’inoltrò nella cupa e lugubre foresta
di fianco a loro, seguito
dagli altri e dal borbottio di Oliver: “E’ una
pessima, pessima idea… finiremo
nei guai…”
Il
gruppo s’incamminò
lentamente dentro il bosco e, quasi subito, le alte fronde degli alberi
oscurarono il cielo notturno e la splendida luna che brillava nel
cielo,
facendo calare attorno al gruppo un buio inquietante.
D’istinto,
Gal tirò fuori la
bacchetta, pronto ad illuminare la zona, ma Teddy, prontamente lo
fermò: “No,
fermati! Ti ricordo che non siamo a scuola!”
“Hai
ragione! Grazie, Teddy…
per poco non facevo una gigantesca stupidaggine…”
“Di
niente…” lo rassicurò
Teddy, mentre rifletteva sul fatto che, se fosse stata lì,
Delphini gli avrebbe
detto un bel “Come al solito.” Alla precedente
affermazione di Gal…
In
quel preciso istante Teddy
notò che la spalla di Gal si alzò un attimo, per
poi ritornare al suo posto.
Scrollò
le spalle, deciso ad
ignorare la cosa, quando, ad un tratto, Gal si fermò di
scatto.
Teddy
fece per fare una
domanda all’amico, ma egli prontamente, mise
l’indice davanti alla bocca, in
modo da far silenzio.
Teddy
allungò la testa e vide
qualcosa che lo fece restare di sasso.
In
mezzo al prato c’erano due
serpenti che si guardavano negli occhi, sibilando lentamente e, a
volte, anche
muovendo la testa.
“Ma
cosa stanno facendo?”
domandò, senza parole, Teddy, mentre Oliver commentava:
“Sembra che stiano
parlando tra di loro…”
“Non
ho mai visto dei
serpenti agire in questo modo, è…
strano…”
“A
chi lo dici… cerchiamo di
allontanarci in silenzio…”
Ma,
proprio in quel preciso
istante, un potente urlo di paura troppo vicino a loro irruppe nel
silenzio
notturno, facendo tremare le foglie e perforando i timpani dei poveri
malcapitati.
Il
gruppo si voltò,
incredulo, e vide Victoire che scappava a tutta velocità,
terrorizzata.
Immediatamente,
Teddy le
corse dietro, in modo da tranquillizzarla e, soprattutto, calmarla
prima che svegliasse
l’intero paese con le sue urla.
“Ahi…
per poco non mi ha reso
sordo, quella ragazzina… ma che razza di volume
ha?!” commentò Gal,
massaggiandosi l’orecchio, mentre Oliver, leggermente
preoccupato, diceva:
“Gal… credo che dobbiamo preoccuparci di altre
cose… molto più serie!”
Il
rosso abbassò lo sguardo e
vide i due serpenti che avevano girato la testa nella loro direzione e
che
stavano strisciando verso di loro, mentre altri quattro serpenti li
raggiungevano.
“E’
meglio se ce ne andiamo!
Quelle bestiacce fanno sul serio!” fece Athena, mentre Oliver
dichiarava, con
un tono da precisino: “Sono solo dei serpenti. Anche loro
sono degli animali.
Non è carino definirli in questa
maniera…”
“Oliver,
facci la predica più
tardi! Dobbiamo andarcene, adesso!” lo bloccò
Athena, prendendolo per un
braccio e allontanandolo dai rettili, mentre Gal, incurante dei
serpenti,
prendeva il suo flauto dal suo zaino.
“Gal,
che diavolo stai
facendo?!” gli urlò, incredula, Athena e il rosso
rispose: “Non preoccuparti,
ragazza. Sistemo quei biscioni una volta per tutte!”
“Gal,
lascia perdere! So già
che la tua idea non porterà a niente di buono!”
“E
invece no! Sta a
guardare…”
Con
un sorriso di completa
fiducia, il Grifondoro cominciò a suonare, ma dal flauto
uscì un suono paragonale
allo stridio di un gesso sulla lavagna, se non peggiore.
Immediatamente,
Athena e
Oliver si tapparono le orecchie.
“Misericordia,
è proprio
negato in musica… non mi meraviglia che la sua famiglia gli
abbia nascosto il
flauto…” borbottò, seccata, Athena, per
poi guardare i serpenti.
Se
Gal sperava che il suono
facesse scappare quelle bestiacce, aveva proprio preso un granchio.
Infatti,
non solo i rettili
erano rimasti lì, ma se ne era persino aggiunti degli altri.
La
cosa più preoccupante, era
il fatto che sembravano tutti furibondi per tutto quel baccano
insopportabile
e, non poteva di certo dargli torto…
Se
si fosse trovata al loro
posto, anche lei avrebbe avuto qualcosa da ridire…
“Gal,
andiamocene! E di
corsa!” dichiarò la Corvonero, prendendo Gal per
un braccio, facendo finire una
volta per tutte quell’orribile concerto “Quei
serpenti sembrano morire dalla
voglia di attaccarti solo per farti smettere di suonare!”
“Accidenti,
speravo di
riuscire ad ipnotizzarli col mio flauto!”
“Stavi
cercando d’ipnotizzarli?!”
“Certo!
Ho visto in tv, una
volta, un documentario ambientato in India e c’erano i
fachiri che facevano
muovere i serpenti suonando il flauto.”
Facendo
un sospiro
d’esasperazione, Athena cominciò a correre,
seguita dai due amici.
Pochi
secondi dopo, Oliver si
voltò ed esclamò: “I serpenti ci stanno
ancora inseguendo! Dobbiamo fare
qualcosa, e al più presto!”
Athena
alzò lo sguardo e vide
un albero con un ramo piuttosto basso e che pareva parecchio robusto.
“Tutti
su quell’albero,
presto!” esclamò la ragazza, aggrappando il ramo e
salendo, subito imitata da
Gal.
“Potreste
darmi una mano, per
favore? Non sono molto bravo ad arrampicarmi…”
domandò, nervoso, Oliver e,
immediatamente, Athena e Gal lo presero per le mani e lo tirarono su,
qualche
minuto prima che i serpenti arrivassero all’albero.
“Salvi…”
sussurrò Gal, mentre
Athena commentava, guardando in basso: “Magari! I serpenti
hanno circondato
l’albero!”
“Intrappolati
su un albero e
circondati dai serpenti… questa merita
l’Oscar…” borbottò Oliver,
aggrappandosi
forte all’albero, mentre il rosso dichiarava:
“Niente paura, li mando via col
mio flauto.”
“Non
provarci!” gli
gridarono, nello stesso istante, Athena e Oliver.
“Sai,
non credevo che ci
avresti riprovato…” disse il serpente dalla
brillante pelle verde alla ragazzina
coi capelli argentati che, mentre si metteva un asciugamano sulla
testa,
dichiarò: “Ehi, guarda che i miei capelli hanno
bisogno di una lavata, ogni
tanto… mi danno un fastidio i capelli unti…
vorrei proprio sapere chi potrebbe
reggere dei capelli non lavati…”
Proprio
in quel momento, si
sentì un urlo femminile così forte, da far
sobbalzare entrambi.
“Ma
che cavolo…?” sibilò la
ragazzina, mentre smetteva di asciugare i capelli umidi, e il serpente
commentò: “A giudicare dalle vibrazioni, si
direbbe una ragazzina spaventata…”
“Deve
aver incontrato gli
altri… quanto odio i ficcanaso…”
Mentre
finiva la frase, la
giovane si legò i lunghi capelli in un’alta coda
di cavallo.
“Come
mai ti leghi i capelli?
Non si tratta di un adulto del Ministero…”
“Meglio
non rischiare,
Asmodeus… potrebbe riconoscermi lo stesso. Questo
è uno dei grandi vantaggi
dell’essere la copia vivente di mia
madre…”
Dopo
essersi ficcata un
berretto da baseball in testa, la ragazzina si diresse verso le urla,
ma non
appena svoltò un angolo si scontrò malamente con
una cosa veloce e pesante che
veniva nella sua direzione e che, soprattutto, era parecchio agitata e
nervosa.
“Ehi,
staccati! E,
soprattutto, piantala di urlare! Mi stai forando i timpani!”
protestò, furibonda,
la giovane, cercando di levarsi di dosso la ragazzina bionda ed urlante.
“Ehi,
guarda chi c’è…”
sussurrò, divertito, il serpente e la ragazzina
alzò lo sguardo.
Davanti
a lei c’era un
ragazzino suo coetaneo con una torcia elettrica babbana che riconobbe
immediatamente grazie ai capelli blu.
“Teddy?”
fece, incredula, la
giovane, mentre, nello stesso istante, l’altro domandava,
sbigottito allo
stesso modo: “Delphini?”
I
due ragazzi si fissarono un
attimo in silenzio allibiti, dato che nessuno dei due si aspettava di
trovare
l’altro, ma, alla fine, Delphini domandò:
“Teddy, potresti staccarmi questa
ragazzina di dosso, prima che perda del tutto l’udito,
grazie?”
“Subito…
su, Vicky, calmati…”
cercò di calmarla il dodicenne coi capelli blu, ma ci volle
un quarto d’ora,
per farla staccare da Delphini, la cui prima frase che disse fu:
“Alla
buon’ora!”
Mentre
si risistemava il
cappello e lo zaino, la ragazzina sentì Teddy chiederle:
“Scusa, Delphini… ma
tu che ci fai qui?”
“Cosa
ci faccio io qui? Sono
in vacanza, no? Piuttosto, che ci fai tu qui? Se non sbaglio, dovevi
essere
alla Tana con gli altri.” Rispose, con assoluta
semplicità, la ragazzina e, con
leggero imbarazzo, l’altro ammise: “Beh…
diciamo che… siamo a caccia di
fantasmi…”
“Scusa,
Teddy, ma chi è questa?”
domandò, in quel momento, la ragazzina bionda e Teddy
spiegò: “Questa è la mia
amica Delphini, di cui ti ho parlato…”
“Ma
non doveva essere in
campeggio?”
“Hai
detto bene, Victoire…
doveva.”
Proprio
in quel momento, si
sentì un orrendo suono identico a quello del gesso sulla
lavagna.
“Prima
le urla e adesso
questo?! Ma che cavolo sta succedendo stanotte?!”
sbraitò Delphini, tappandosi
le orecchie, mentre Teddy dichiarava: “Temo che sia Gal che
sta suonando il
flauto…”
“Gal?!
C’è anche quel
deficiente?!”
“Sì,
assieme a Oliver e ad
Athena…”
“Ah,
adesso capisco… ha visto
i ragazzi e sta cercando d’ipnotizzarli come nei cartoni
animati… che
imbecille…”
“I
ragazzi?! Ti riferisci a
quei brutti e schifosi serpenti?!” domandò,
allibita, Victoire, e Delphini, seccata,
rispose: “Ehi, non insultarli! Io trovo i serpenti delle
creature affascinanti
e parecchio incomprese!”
Immediatamente,
Victoire si
voltò verso Teddy e chiese: “E questa qui sarebbe
la ragazza che avrei voluto
conoscere?!”
“Beh,
sì… ma sono certo che,
a parte la faccenda dei serpenti, avete molto in
comune…” iniziò Teddy, mentre
le due, nello stesso istante, domandavano: “Cosa?”
“Ehm…
qual è la vostra
materia preferita?”
“Erbologia!”
esclamò, subito,
Victorie, mentre Delphini, contemporaneamente, dichiarava:
“Difesa contro le
Arti Oscure.”
Non
appena ebbero detto
quelle parole, le due si voltarono a fissarsi, incredule.
Dopo
qualche secondo,
entrambe chiesero all’altra: “Ma come ti fa a
piacere quella materia?! Io la
trovo orribile! Anzi, è la materia che odio di
più!”
“Calme,
ragazze…” cercò di
calmarle il Tassorosso “Provate a dire un’altra
materia che vi piace…”
“Pozioni.”
Rispose Delphini,
mentre Victoire dichiarava: “Volo!”
Subito,
le due esclamarono:
“Ma lo fai apposta a dire la materia che odio?! Dopo quella
di prima, è la
seconda che non sopporto!”
“E…
dove vi piace andare in
vacanza?”
“Mare!”
dichiarò Victoire,
mentre l’altra rispondeva: “Montagna.”
“Cosa
vi piace fare al mare?”
“Prendere
il sole! Così ho la
tintarella!”
“Immergermi
e nuotare. Così
sto a contatto col mio elemento.”
“E
in montagna?”
“Sciare!”
“Passeggiata
rilassante se
c’è caldo, restare in albergo se
c’è la neve. Soffro il freddo.”
“Festa
preferita?”
“Natale!
Ci sono i regali e
tutta la famiglia al gran completo!”
“Halloween.
Adoro i mostri e
le cose soprannaturali.”
“Genere
di film preferito?”
“Romantico.
Due persone che
s’incontrano e s’innamorano…”
“Frena
il discorso, carina, o
mi verrà il diabete. Io preferisco di gran lunga un bel
giallo, coi delitti e i
misteri. Meno polpettone romantico c’è, meglio
è!”
“Animale
preferito?”
“I
coniglietti! Sono così
carini…”
“I
serpenti. Ho una certa
affinità con loro…”
“Cosa
volete fare da grandi?”
“Mi
piacerebbe diventare una
guaritrice del San Mungo. La vita avventurosa e piena di pericoli non
fa per
me.”
“Un
Auror, ovviamente!”
“Momento
della giornata
preferito?”
“Una
bella giornata luminosa!
L’ideale per divertirsi e andare in giro!”
“La
notte. Un vero toccasana
per chi, come me, ama stare da solo e riflettere.”
“Vi
piace più l’alba o il
tramonto?”
“L’alba.
Il momento perfetto
per iniziare la giornata!”
“Il
tramonto.”
“Colore
preferito?”
“Bianco!
E’ così luminoso… e,
poi, è il colore delle spose!”
“Non
sei un po’ troppa
piccola per queste cose? Comunque, io preferisco il nero. E’
il colore perfetto
per nascondere le macchie di qualunque tipo…”
“Siete
destrimane o mancine?”
“Io
uso la destra!”
“Mancina.”
Teddy
fece un sospiro e
dichiarò: “Mi arrendo. Voi due siete completamente
diverse. Non riuscite a
prendervi in nessun modo…”
“E
non farci prendere, no?”
gli ricordò Delphini, per poi notare: “Sbaglio o
quella suonata da quattro
soldi è finalmente finita?”
In
effetti, era appena il
calato il silenzio, ma ciò, per Teddy e Victoire non
preannunciava nulla di
buono…
“Non
sarà che quegli orripilanti
rettili se lo sono mangiato?!” domandò,
preoccupata, la ragazzina, ma Delphini
sbuffò: “I miei serpenti hanno solo il compito di
spaventare gli intrusi, non
di morderli o mangiarli. Anche perché, Gal sarebbe troppo
indigesto per loro…
comunque, per sicurezza, manderò in avanscoperta
Asmodeus.”
“E
chi è questo Asmodeus?”
“Lui.”
Victoire
guardò nella
direzione e sbiancò di colpo.
Fece
per aprire la bocca per
mettersi di nuovo ad urlare, ma, prontamente, Teddy le tappò
la bocca con le
mani.
Un
lungo serpente, le cui
scaglie brillavano alla luce della luna, uscì da un
cespuglio e si diresse,
senza battere ciglio, nella direzione in cui erano venuti i due.
Una
volta che fu sparito,
Teddy lasciò la bocca di Victoire e la ragazzina, ancora
sconvolta, domandò:
“Ma… ma chi diavolo era quella bestia?!”
“Quella
bestia è Asmodeus, il
mio animale domestico.” Dichiarò, lievemente
seccata, la più grande, mentre
l’altra sbottava: “Ma chi ha un serpente come
animale domestico?!”
“Io.”
“Beh,
sei l’unica in tutto
l’universo!!!”
“Ragazze,
diamoci un taglio,
per favore…” le bloccò Teddy, in modo
da evitare un’altra litigata “Seguiamo il
serpente e troviamo gli altri e anche alla svelta.”
I
tre si diressero nella
direzione dov’era strisciato Asmodeus e, quasi subito,
sentirono dei sibili che
fecero sbiancare Victoire, la quale, immediatamente, afferrò
il braccio di
Teddy per la paura.
“Voi
aspettate qui. Mi occupo
io dei serpenti, mi conoscono e so come prenderli.”
Dichiarò Delphini, allontanandosi
dal duo.
Una
volta che fu abbastanza
lontana, la ragazzina si guardò intorno per poi sussurrare:
“Asmodeus, vieni
qui.”
Pochi
secondi dopo, il
serpente raggiunse la padrona, domandole: “Sì,
Delphini?”
“Come
vanno le cose?”
“Benissimo,
anzi, sono molto
divertenti.”
“In
che senso?”
“Beh,
i tuoi amici si sono arrampicati
su un albero per sfuggire ai ragazzi. Ti assicuro, fa morire dal ridere
quella
scena…”
“Ottimo,
va da loro e dirgli
di andarsene. Se lo faranno, li porterò alla villa dei
Riddle. Sono sicura che
sarà piena di topi…”
“Vado.”
Delphini
rimase nascosta
dietro all’albero, mentre Asmodeus si avvicinava alla decina
di serpenti che
circondavano un albero con tre ragazzi in cima.
Non
appena lo videro, tutti i
serpenti si misero a fissarlo, mentre lui sibilava il suo messaggio.
Anche
se parecchi dei rettili
erano piuttosto seccati, cominciarono ad allontanarsi
dall’albero strisciando,
finché non rimase solo Asmodeus, il quale
cominciò ad osservare, in completo
silenzio, i tre ragazzini sull’albero.
“Cavoletti
fritti, siamo
salvi…” sospirò, di sollievo, Gal,
mentre Oliver faceva notare: “Ti ricordo che
c’è ancora quel serpente…”
“Beh,
ha mandato via i suoi
compari… forse è dalla nostra
parte…”
Dopo
aver detto quelle
parole, Gal scese dalla pianta e, senza alcuna paura, diede delle
pacche sulla
testa liscia di Asmodeus, il quale sgranò gli occhi dallo
stupore, dicendogli,
con un grande sorriso: “Bravo, serpente.”
Proprio
in quel momento, si
udì una risata divertita e il rosso si voltò,
vedendo una figura minuta uscire
dal folto del bosco, che disse: “Non ti smentisci mai, eh,
Gal?”
Non
appena la figura si fu
avvicinata, venendo illuminata dalla luce lunare, Gal sgranò
gli occhi e fece,
incredulo: “Delphi?!”
“In
carne ed ossa.” Ridacchiò
la ragazzina, mentre si avvicinava al trio “Meno male che ero
nei paraggi,
altrimenti i miei amici vi avrebbero mangiato.”
“Quelle…
quelle bestiacce
insopportabili sono tuoi amici?!”
“Lo
sapete, no, che ho
rapporto molto speciale con i serpenti…”
“Beh,
la prossima volta, mettigli
una bella museruola! Sembravano davvero affamati!”
“Oppure,
molto semplicemente,
volevano far finire il tuo terribile concerto…”
Sentendo
ciò, Gal fece una
faccia lievemente offesa.
Si
erano ritrovati solo da un
minuto e, come al solito, lo stava insultando…
Delphi
non si smentiva
proprio mai…
Improvvisamente,
Gal fece una
faccia allibita e domandò: “Ma… tu cosa
ci fai qui? Tu dovevi essere in
campeggio! Hai detto che andavi in campeggio!”
“Sveglia,
ho mentito.”
“Hai…
mentito?!”
“Certo,
allocco. Rischiavo di
passare l’estate con quella vecchia arpia della Rowle! Quella
a malapena riesce
ad alzarsi dal letto per fare la spesa, figuriamoci se mi portava in
vacanza!
Credimi, non è per niente piacevole passare intere giornate
a far zapping col
telecomando, ignorare il baccano dei marmocchi dello stabile e,
soprattutto,
non poter far magie! Così, ho ideato il mio splendido e
articolato piano di
bugie e mezze verità per potermene andare in
vacanza… peccato che siete apparsi
voi mentecatti a mandare a monte tutto quanto!”
“E…
cosa hai detto alla Rowle
per nasconderle il fatto che andavi in vacanza?”
domandò, leggermente
preoccupato, Oliver e Delphini rivelò: “Le ho
detto che andavo con voi alla
Tana, no? Ah, a proposito… vedete di non rivelarle come
l’ho fregata!”
“Ma
non dovevamo dirlo noi a
lei?” sussurrò, esasperato, Oliver, mentre Athena
chiedeva: “Aspetta… non mi
dire che sei stata tu a salire sul Nottetempo col mio nome e
cognome!”
“Proprio
così. Non potevo di
certo rischiare che quel bigliettaio sciroccato sbandierasse ai quattro
venti che
io ero salita sull’autobus completamente da sola…
così gli ho detto il tuo.”
“Ma…
Stan Picchetto ha detto
che la ragazza che si era presentata come Athena Doyle aveva i capelli
rossi…”
“Li
avevo rossi, in quel
momento.”
“In
quel momento? Ma che
intendi?”
Mentre
si sistemava una
ciocca di capelli azzurri dietro all’orecchio, Delphini
ammise: “Ho usato la
trasfigurazione Colovaria per farli diventare rossi per un
po’, dato che il
colore naturale dei miei splendidi capelli è fin troppo
appariscente…”
“La
trasfigurazione
Colovaria?! Ma… viene fatta al quarto anno!”
esclamò, allibita, Athena, mentre
Oliver si accorgeva: “Aspetta… hai fatto della
magia fuori dalla scuola?! E’
proibito fare magie fuori dalla scuola!”
“Già,
e non mi hanno beccata.”
“Mio
padre mi ha detto che
tutti i minorenni che compiono magie, vengono subito beccati, grazie
alla
traccia magica! E lui lavora all’Ufficio Applicazione della
legge sulla magia,
quindi le cose le sa! Come… come hai fatto
a…”
“La
traccia magica? Ah,
quella roba si può facilmente infinocchiare, sai?”
“E
come?”
“Beh,
già in un’abitazione di
maghi è seriamente difficile, capire chi è che fa
magie… immagina a Diagon
Alley…”
“Hai
cambiato colore di
capelli a Diagon Alley?!”
“E
non solo, amico! Ho provato
tutti, e quando dico tutti intendo proprio tutti, gli incantesimi e le
pozioni
del secondo anno nascosta nel bagno del ‘Paiolo
magico’, riuscendoci. Se non
fosse che mi stanerebbero di sicuro qui, te lo dimostrerei seduta
stante.”
I
tre ragazzi si guardarono
allibiti.
Sapevano
già dall’anno scorso
che Delphini era un tipetto temerario, determinato e pieno zeppo di
sorprese,
ma questa… era semplicemente troppo.
Incurante
degli sguardi dei
compagni, Delphini diede un’occhiata al suo orologio da polso
e dichiarò: “Beh,
è ora di nanna. E’ già piuttosto
tardi… che avete in programma di fare?”
“Pensavamo
di andare giù in
paese a trovare una stanza…” cominciò
Gal, ma Delphini lo interruppe: “Così vi
fate notare da tutti. Potreste venire a stare da me.”
“Venire
da te? In che senso?”
“C’è
una vecchia catapecchia
abbandonata da quella parte. E’ isolata e nessuno ci va mai,
perciò è perfetta.
Da quel che so, apparteneva ad un vecchio straccione mezzo matto che ci
viveva
lì con i suoi figli. Se ci stringiamo un po’,
potremmo anche farcela…”
“Ottimo,
vado ad avvisare
Teddy e Victoire, poi puoi portarci in
quell’abitazione!”
“Ok,
ma vi avverto fin da
subito… è un po’ malconcia, quindi non
fate gli schizzinosi.” |
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Capitolo 33 *** Little Hangleton ***
Capitolo
33: Little Hangleton
“Quando
dicevi che questa
baracca era malconcia, non scherzavi affatto…”
commentò Gal, guardando la
vecchia e decrepita catapecchia davanti a sé.
Per
tutta risposta, Delphini
lo guardò in malo modo, per poi dichiarare: “Se
preferisci dormire per terra,
col freddo notturno e per ritrovarti domattina con la schiena tutta
piena di
sassi, accomodati pure.”
“Ehi,
dicevo tanto per dire…”
Un
po’ titubante, Teddy
guardò la porta e domandò: “Cosa devo
fare? Spingerla?”
“No,
soffia. Da come è
ridotta, basta un soffio di vento per farla cadere
giù.” Dichiarò Gal, con un
briciolo di ironia, mentre Teddy notava, sullo stipite della porta:
“Ma cos’è
quella roba sulla porta?”
“Ah,
dimenticavo. Sulla porta
c’è…” iniziò
Delphini, ma venne interrotta da un urlo spaventato di Teddy.
Con
un sospiro, la ragazza
continuò: “…La carcassa mezza
mummificata di un serpente.”
Tremanti
di paura, Oliver e
Victoire si coprirono gli occhi per non vedere, mentre Athena reprimeva
un
conato di vomito.
Gal,
invece, puntò la torcia
elettrica sul serpente e l’osservò, in completo
silenzio.
“Ma
cos’è quello schifo?”
domandò, incredulo, il rosso, mentre la Serpeverde,
incurante della cosa,
apriva la porta della catapecchia e ammetteva: “Non ne ho
idea. Era già qui
quando sono arrivata il mese scorso. Pensavo di toglierlo, ma poi ho
scoperto
che spaventa i ragazzini troppo curiosi e li tiene alla
larga.”
“Spaventa
anche me, se è per
questo…”
“Appunto.”
Cercando
di evitare di
guardare il corpo attaccato alla porta, il gruppo entrò
nella baracca, tranne
Victoire, la quale era così spaventata da restare immobile
davanti
all’abitazione con gli occhi chiusi dalla paura.
Intuendo
che fosse spaventata
a morte, Teddy le prese la mano.
Immediatamente,
la ragazzina
si calmò.
“Non
aver paura, Vicky. Ci
sono io, con te. Seguimi lentamente, ti guido io.” La
rassicurò il Tassorosso,
mentre la ragazzina lo implorava: “Non lasciarmi.”
“Te
lo prometto.”
Lentamente
e con molta
attenzione, Teddy condusse, lentamente e con attenzione, in modo da
impedirle
di farsi del male, la condusse delicatamente dentro la casa.
Se
l’esterno della casa era
orribile e fatiscente, l’interno era addirittura peggio.
Per
terra c’erano un’infinità
di bottiglie di vino vuote, cocci di vetro, vecchie padelle e pentole
arrugginite, due poltrone divorate dalle tarme e tanta di quella
polvere che i
piedi dei sei ragazzi lasciavano delle impronte parecchio nitide,
mentre il povero
Oliver cominciava a tossire e a starnutire violentemente.
“Mamma
mia, che disastro…”
commentò Gal sollevando una bottiglia, mentre Oliver lo
avvertiva, con la voce
rauca a causa del continuo tossire e gli occhi rossi dalle lacrime che
gli
uscivano copiose: “Fa attenzione ai cocci.”
“Lo
so, questa casa è ridotta
ad uno schifo… il precedente proprietario era davvero
tremendo in fatto di
pulizia… nemmeno quel rudere di appartamento della Rowle,
che, per la cronaca,
puzza di cavolo andato a male e di gatto vecchio e bagnato,
è ridotto tanto
male… però, si possono trovare un sacco di cose
interessanti se uno sa dove
cercare…” ammise Delphini, accedendo una vecchia
torcia e illuminando la
squallida abitazione.
Ad
un tratto, Oliver notò che
Athena si stava guardando intorno, con un’espressione vaga.
“Tutto
ok?” le domandò,
preoccupato, il ragazzino, mentre si soffiava rumorosamente il naso con
un
fazzoletto di carta, e la coetanea sobbalzò, come se si
appena svegliata da un
sogno.
Non
appena si accorse che tutti
la guardavano, Athena rivelò: “Ah, scusate,
ragazzi… è solo che… avverto una
strana energia…”
“Che
tipo d’energia?” domandò
Teddy e la ragazzina raccontò: “E’ solo
una sensazione, ma… la sento
chiaramente… una potente energia magica, molto
antica… e altrettanto malvagia…
qui… qui in questa casa c’era qualcosa…
di oscuro e sinistro… qualcosa di
davvero pericoloso…”
Tutti
si guardarono negli
occhi, leggermente preoccupati.
Ma
di cosa stava parlando
Athena?
Notando
che gli amici la
stavano guardando, la giovane arrossì e balbettò:
“Ma non vi preoccupate, è
stata solo una sensazione momentanea! Adesso non la sento
più! Forse è questa
casa che mi dà strane sensazioni…”
“Sì,
come l’Overlook Hotel di
‘Shining’… ho sentito che lo scrittore
prese spunto da un vero hotel infestato
in America…” commentò Delphini, facendo
ruotare col dito il suo berretto da
baseball, mentre Gal dichiarava: “Io ho visto il film in
videocassetta di
nascosto a otto anni. Mio nonno, nel suo garage, ha una vera collezione
di
vecchie cassette e, una volta che sono andato a trovarlo,
l’ho presa di
nascosto e, quando lui ronfava, l’ho guardata. Ve lo
assicuro, fa davvero paura!
Soprattutto la scena delle due gemelle che appaiano
all’improvviso e chiedono
al bambino sul triciclo di giocare con loro… davvero
spaventosa! Per una
settimana, ho avuto paura di entrare nel bagno e trovarci quella
signora morta
della stanza 237… e poi quando quel matto ha preso ha fatto
a pezzi la porta
del bagno con la scure dicendo che era il lupo
cattivo…”
“Sapevate
che il cuoco di
colore che appare nel libro, Dick Hallorran, ha fatto una piccola
comparsa da
giovane nel libro ‘It’, sempre di Steven King?
Chissà se riapparirà in un altro
suo romanzo… comunque, trovo che la Luccicanza assomigli un
po’ alla magia…” si
domandò Athena, mentre Delphini commentava: “Ok,
gente. Lasciamo perdere hotel
stregati, cuochi di colore e scrittori horror… abbiamo altro
a cui pensare.”
“E
cosa?”
“Per
esempio, dove
dormirete.”
Il
gruppo si guardò,
leggermente preoccupato.
Cosa
intendeva Delphini con
quelle parole?
“Dunque,
vediamo se ricordo
bene…” si mise a meditare la ragazzina, incurante
delle perplessità dei compagni
“C’è un letto e due divani…
mmh… mi spiace, ragazzi, ma due di voi dovrà
dormire per terra. Niente di personale, eh.”
“Aspetta
un attimo… e tu dove
vai a dormire?” l’interruppe, sospettoso, Gal e la
coetanea, con tutta la calma
del mondo, rivelò: “Ma sul mio letto,
ovviamente.”
“Il
tuo… letto?! Hai un letto
qui?!”
“Certo,
che cosa credevi? Che
io dormissi per terra con tutta quella polvere?”
“Quindi
dobbiamo starci noi
con tutta questa polvere?!”
“Io
vi ho detto che ci poteva
stare solo due, ma se voi volete dormire sul pavimento, accomodatevi
pure. Non
vi bloccherò.”
“Non
scherzare! Se c’è un
altro letto, lo devi condividere! Siamo i tuoi ospiti!”
“Infatti,
vi sto dando la
camera degli ospiti.”
“Lo
sai benissimo a cosa mi
riferisco!”
“Gal,
lascia perdere.” Lo
interruppe Oliver, col suo solito tono calmo e mite, mettendogli una
mano sulla
spalla “Dormirò io per terra. Sono sicuro che
stringendovi
un po’
nell’altro letto ci riuscirete a stare tutti.”
“Ma
neanche per sogno,
Oliver! Tu meno di tutti noi devi stare a contatto con la polvere, dato
che ne
sei allergico! Sei già ridotto ad uno straccio…
dormirò io per terra, non
preoccuparti.” L’interruppe, preoccupato, Teddy,
mentre l’amico, tossendo
violentemente, cercava di tranquillizzarlo: “No, sta
tranquillo… è solo la mia
allergia che tende ad ingigantire le cose… etciù!
Ma… ma non preoccuparti
assolutamente… non sto così male…
cough cough!”
“Non
mi sembra proprio. Il
tuo respiro è troppo affannoso… ti accompagno a
prendere un po’ d’aria fuori.”
“Grazie,
Teddy… sei sempre
così gentile…”
“Ehi,
sono pur sempre un
Tassorosso come te.”
Mentre
usciva, Teddy si voltò
verso i suoi amici e si raccomandò: “Mentre io mi
occupo di Oliver, cercate,
per favore, di rendere un po’ più pulita la
stanza… mi raccomando, non usate in
alcun modo la magia.”
“Conta
su di noi, Teddy!” lo
tranquillizzò Victoire.
Una
volta che i due
Tassorosso furono usciti dall’abitazione, Oliver
iniziò ad inspirare e ad
espirare rumorosamente.
Sembrava
che i suoi polmoni
fossero completamente ricoperti di catarro.
Dopo
un po’, il ragazzino
riebbe di nuovo un respiro normale, anche se le sue guance erano rosse
come
peperoni e aveva le lacrime agli occhi.
“Come
ti senti?” domandò,
preoccupato, Teddy e l’amico lo rassicurò, anche
se aveva la voce un po’ roca:
“Meglio… molto meglio… l’aria
notturna è l’ideale per un attacco
d’asma…”
“Immagino
che non sia la
prima volta che hai di questi problemi…”
“Altroché…
la mia stanza
dev’essere assolutamente pulita, in modo da evitare
ciò…”
“Come
hai scoperto la tua
allergia?”
“Quand’ero
alle elementari…
un giorno, siamo andati a fare una lezione di scienze nel laboratorio
e, quando
sono tornato in aula, l’ora seguente, ho cominciato a tossire
senza mai
fermarmi. La maestra mi ha mandato a farmi un giro un paio di volte, in
modo
che fermassi quella tosse una volta per tutte, dato che stavo
disturbando la
lezione… alla fine, mi ha spedito in segreteria, dove hanno
chiamato mia madre
per dirle di portarmi da un dottore, perché, secondo loro,
non stavo bene… e il
dottore ha scoperto che ho il massimo grado di allergia agli acari e
alla
polvere, di cui quel laboratorio era pieno fino a scoppiare.”
“Dev’essere
terribile vivere
con questa allergia…”
“Un
po’… ma, alla fine, ti ci
abitui. E, poi, posso mangiare tutto quello che mi pare, senza
controllare se
contengono latticini o altro… a me piace un sacco mangiare e
non sopporterei
proprio avere un’intolleranza alimentare! Così,
quando credo di essere
sfortunato ad essere allergico agli acari, penso che, almeno, non sono
intollerante
a qualcosa e ciò mi fa sentire fortunato!”
“Certo
che tu sei proprio una
persona speciale, Oliver…”
“Ma
no, cosa dici… sono solo
un semplice e normalissimo Tassorosso, per di più con una
tremenda allergia
alla polvere… non sono proprio nulla di
speciale…”
“Però,
l’anno scorso, sei
stato il primo studente non Grifondoro ad estrarre la spada di Godric
Gryffindor da millenni! Oliver, tu sei una persona generosa, umile,
leale,
sincera… se c’è qualcuno che merita di
rappresentare la Casa di Tassorosso,
quello sei tu!”
“Ma
dai… tu sei il figlioccio
Metamorfomagus di Harry Potter, sei il vanto della nostra
Casa… comunque,
grazie per le tue parole. Significano davvero molto per me.”
“Non
c’è di che, amico.”
“Ehi,
voi due! Avete finito
di chiacchierare? Noi qui, abbiamo finito.”
L’interruppe una seccata voce
femminile, senza il minimo tatto.
Oliver
e Teddy fecero un
sorriso divertito, per poi scuotere la testa.
Non
importa dove o che ore
fossero… Delphini era sempre la stessa…
I
pallidi raggi del sole entrarono
nella piccola e squallida abitazione attraverso la finestra rotta,
posandosi su
un ragazzino addormentato coi capelli blu, sdraiato per terra e coperto
solo da
una lurida e vecchia coperta.
Il
giovane provò a resistere
per qualche minuto, ma, alla fine, aprì gli occhi e fece un
rumoroso sbadiglio.
“Ohi,
ben svegliato.” Fece
una voce femminile davanti a lui.
Il
giovane alzò la testa e
vide una ragazzina sua coetanea che gli passò una
bottiglietta d’acqua che
prese al volo.
Mentre
beveva, Teddy osservò
in silenzio Delphini, mentre guardava fuori dalla finestra, come se
temesse che
qualche ficcanaso si avvicinasse alla catapecchia.
Per
qualche motivo, gli
sembrava che le guance dell’amica fossero meno rosa del
solito… ma,
probabilmente, era solo una sua impressione…
“Sei
in piedi da molto?”
domandò Teddy e la coetanea scrollò le spalle:
“Nah, da poco… sai, Asmodeus
diventa permaloso se non lascio uscire per fare
colazione…”
“A
proposito di colazione…
sai se c’è una panetteria o un bar a Little
Hangleton.”
“Un
barettino recente… si
trova vicino al pub
‘L’impiccato’… a differenza
del primo è vecchio come cucco,
dato che esiste in questo posto dimenticato da Dio fin dalla Prima
guerra
Mondiale babbana…”
“Perfetto,
quando gli altri
saranno svegli, scenderemo giù in paese a fare
colazione.”
“Dovrai
prendere le sembianze
di un adulto, allora. Sei ragazzini da soli attireranno
l’attenzione in un
villaggio così piccolo... per questo, da quando sono qui,
non sono mai scesa in
paese di giorno…”
“E
allora come hai fatto a
mangiare?”
“Andavo
fino a Great
Hangleton. E’ molto più grande di questo paese,
ma, per sicurezza, bevevo un
po’di pozione invecchiante che avevo preparato, per avere
qualche annetto in
più, circa sedici o diciassette anni. Tanto per non far
credere ai babbani che
fossi scappata di casa…”
“Che,
poi, è quello che hai
fatto…”
“Ho
solo mentito alla vecchia
per non essere costretta a trascorrere le vacanze a casa sua!
E’ stato un
incubo per quasi undici anni! Non avrei sopportato di passare
lì tre mesi!”
“E
allora perché non hai
accettato di vivere alla Tana assieme a noi?”
“Ma
che t’importa?! Figurati
se avevo voglia di venire con voi! Non ho bisogno di nessuno! Sto bene
da sola,
io!”
“Ok,
scusami… non volevo
farti arrabbiare…”
“Ecco,
bravo! Inoltre, perché
diavolo tu e gli altri siete venuti qui?”
“Gal
ha sentito un discorso
del mio padrino, in cui raccontava di un mago che, una notte, aveva
visto il
fantasma di Bellatrix Lestrange nel bosco di questo posto.”
“Bellatrix
Lestrange? La
famosa Mangiamorte? Ma non è stata uccisa nella Battaglia di
Hogwarts?”
“Beh,
sì… infatti, il mio
padrino non ci ha creduto più di tanto… comunque,
Gal era così emozionato alla
possibilità di vedere il suo fantasma che ci ha fatto venire
tutti qui.”
“Ha
perso tempo. Qui non c’è
il fantasma di nessuno, soprattutto il suo. Ho vissuto qui per un mese
e non ho
visto proprio niente di soprannaturale. Chiedilo ad Asmodeus, se non mi
credi.”
“Lo
immaginavo… comunque, il
posto è carino e, dato che non torniamo alla Tana prima di
lunedì, possiamo
fare un giro nei dintorni. Di sicuro, l’aria pura di campagna
farà molto bene a
Oliver…”
“Non
credevo che la sua
allergia fosse così tremenda… non da mai a vedere
i suoi problemi…”
“Lo
fa per non creare
problemi agli altri… non si fa alcun problema a sacrificarsi
per gli altri…”
“E’
troppo ingenuo… certe
volte, non vale la pena sacrificarsi per qualcuno…”
“Oliver
è fatto così… ha
molta bontà d’animo e cerca sempre di aiutare gli
altri… è la personificazione
vivente della Casa di Tassorosso.”
“Beh,
in ogni caso, fate come
vi pare…”
“Certo
che questo paesino è
davvero piccolo…” commentò Gal, dandosi
un’occhiata intorno, sgranocchiando un
panino al prosciutto e formaggio, mentre Oliver affermava, con una
ciambella
alla fragola in mano: “E’ vero, ma è
molto carino.”
“Io
preferisco di gran lunga
le grandi città. In città, ci sono tanti negozi
enormi, centri di bellezza,
cinema, pizzerie… c’è solo
l’imbarazzo della scelta.” Dichiarò
Victoire,
gustando il suo bombolone al cioccolato, mentre Delphini ribatteva, con
la sua
pizzetta in mano e in cappuccio della felpa ben calato sul volto per
nascondere
il suo particolare colore di capelli: “Compresi lo smog e la
confusione, topo
di città. Per questo, preferisco di gran lunga i paesi,
soprattutto se carichi
di storia. Io sono decisamente un topo di campagna.”
“Ma
i topi non sono uguali
ovunque?” domandò, allibito, Gal, mentre Delphini,
con una smorfia
d’esasperazione, dichiarava: “E’ un
riferimento alla favola del greco Esopo,
razza di somaro! E meno male che hai la madre
babbana…”
“La
letteratura, sia magica
che babbana, non è il mio forte.”
“Si
vede…”
“Dai,
non litighiamo…” cercò
di calmarli Teddy, il quale era diventato un uomo di
quarant’anni coi capelli
marroni e gli occhi azzurri “Ora che abbiamo mangiato la
colazione, che si fa?”
“Potremmo
fare una
passeggiata nella valle qui intorno…”
meditò Oliver, ma Delphini, indicando il
cielo, commentò: “Meglio di no… mi sa
che qui, tra poco, si scatena il
diluvio…”
Infatti,
il cielo, in meno di
un’ora, si era riempito di minacciose nuvole nere che avevano
persino oscurato
il sole.
“Forse,
hai ragione… è meglio
non allontanarci troppo…” commentò
Teddy e Victoire propose: “Allora facciamo
un giro del paese. Mi auguro solo che ci sia un negozio di giocattoli
qui…”
“Non
sperarci troppo,
biondina… è già tanto se
c’è un bar, in questo posto…”
le ricordò Delphini,
mentre si recava ad una fontanella per lavarsi le mani unte.
“A
me basta solo che ci sia
una biblioteca piena di libri e posso tranquillamente passare
lì la giornata e
sopportare qualsiasi cosa.” Dichiarò, con un
grande sorriso, Athena.
“Chissà
perché, ma ce lo
aspettavamo, Athena…” ridacchiò, con un
sorriso, Teddy.
Dopo
un po’, Delphini
dichiarò: “Se vi va, possiamo andare al
cimitero.”
“Al
cimitero?!” ripeterono,
increduli, gli altri, mentre Oliver, al pensiero di andare in un posto
pieno di
morti, faceva un’espressione terrorizzata.
“Sì,
c’è un cimitero davvero
niente male in questo paese… forse, è la cosa
più avvincente di questo posto…”
continuò Delphini, prima che un terrorizzato ed infuriato,
Oliver
l’interrompesse: “Scordatelo!!!! Non
andrò in un cimitero solo per far passare
la giornata!!! E se quelli tornassero in vita?!?!”
“Sono
morti, Oliver. Il bello
delle persone morte è che non ritornano in vita o
mentono.”
“N-non
se ne parla… io non ci
metto piede là dentro.”
“Molto
bene, allora sta pure
fuori dal cimitero.”
Mentre
i due litigavano,
Teddy si guardò dallo specchietto retrovisore di una
macchina lì vicina.
Quanto
gli mancavano i suoi
adorati capelli blu…
Senza
rendersene conto, i
capelli marroni del ragazzino divennero di colpo blu.
Con
la coda dell’occhio,
Delphini se ne accorse e gli urlò, adirata: “Che
accidenti stai combinando?!”
Sussultando,
come se qualcuno
lo avesse svegliato di soprassalto, Teddy si accorse che i suoi capelli
erano diventati
blu e che le rughe sul suo viso erano sparite.
“Presto,
ritorna come prima,
prima che qualche babbano ti veda, razza di stupido!”
gl’intimò, furiosa,
Delphini e, immediatamente, la faccia di Teddy tornò ad
essere di nuovo quella
di un uomo, mentre i capelli diventavano marroni.
Delphini
si guardò intorno,
nervosa.
Fortunatamente,
non c’era
nessuno in circolazione.
“Teddy,
sei un vero idiota!
Hai rischiato di farci beccare!” gli sibilò la
giovane, non appena ebbe finito
di controllare che non ci fosse davvero nessuno in giro o un
maledettissimo testimone,
e Teddy, imbarazzato e dispiaciuto: “Mi dispiace, non
l’ho fatto apposta… basta
che mi distragga un attimo e…”
“Assicurati
di non distrarti
mai più, Edward Remus Lupin, o finisci nei guai. E di quelli
grossi!”
“Beh,
almeno non ha visto
niente nessuno…”
Nessuno
dei presenti si
accorse che, da una finestra dalla casa di fronte a loro, una giovane
mano
pallida dalla forma delicata teneva leggermente spostata la tendina di
pizzo,
mentre un occhio verde guardava, con profonda curiosità, la
scena che si era
appena consumata davanti a sé.
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Capitolo 34 *** Il cimitero ***
Capitolo
34: Il cimitero
“Io
continuo a dire che è una
pessima idea!” sbottò Oliver, mentre Delphini, con
la mano già appoggiata al
vecchio cancello di ferro, ribatteva: “Ed io continuo a non
ascoltarti. Così
siamo pari.”
Dopo
aver detto ciò la
giovane spinse con delicatezza il cancello, il quale si aprì
con un
agghiacciante stridio, che fece tremare di paura il povero Oliver.
“Beh,
io entro. Chi vuole
restare fuori a far compagnia al fifone, resti pure qui, ma io
entro.” Dichiarò
la ragazza e, immediatamente, Teddy esclamò: “Io
resto con Oliver.”
“Anch’io
resto!” fece la
piccola Victoire, più che altro per restare con Teddy, oltre
al fatto che
l’idea di entrare in quel cimitero non le piaceva
più di tanto…
“Non
è necessario che
restiate per forza con me… se volete entrare, fate pure. Non
mi offendo mica…”
balbettò, imbarazzato, Oliver, ma l’amico lo
tranquillizzò: “A me non interessa
visitare un cimitero. Resto con te senza alcun rimorso, te lo
garantisco.”
Ignorando
i due amici,
Delphini entrò nel cimitero, seguita a ruota da Gal e Athena.
Una
volta dentro, il trio si
accorse che il cimitero era deserto e che aveva un aspetto minaccioso,
dovuto
anche al fatto che ormai il cielo era diventato nero per le nubi di
pioggia,
anche se spesso qualche tuono squarciava il cielo, illuminando tutto.
“Che
bel ambientino… su,
diamoci una mossa, prima che si scateni il
diluvio…” commentò Gal, mentre
Delphini ridacchiava, divertita: “Dì la
verità, hai paura.”
“Non
è vero! Io sono l’Erede
di Grifondoro! Non ho paura di niente e nessuno, io!”
“Seee…
ma se l’anno scorso
avevi paura che l’Erede di Serpeverde ti stesse dando la
caccia per
ammazzarti…”
“Ehi,
io non avevo paura!
Semplicemente, non mi andava di avere a che fare con un parente di
Tu-sai-chi!
Guarda che quello lì era completamente pazzo!”
“Ne
avevi la fifa, te lo dico
io…”
Athena
osservò la desolazione
davanti a sé, poi, con un’espressione seria,
sussurrò: “Credo che Gal abbia
ragione a dirci di muoverci, Delphini. In questo cimitero sento
qualcosa…
qualcosa di molto malvagio e pericoloso…”
L’ennesimo
lampo squarciò il
cielo nero, mentre, qualche secondo dopo, un rumoroso rimbombo ruppe il
silenzio.
“Speriamo
che si muovano là
dentro… temo che qui, fra poco, si scatenerà un
vero e proprio inferno
d’acqua…” commentò Teddy,
incrociando le braccia per scaldarsi, mentre Victoire
protestava: “Spero proprio di no! L’acqua di
pioggia mi arruffa i capelli in un
modo…”
“Andiamo,
Vicky… un po’ di
acqua piovana non ti farà di certo
male…”
“Se
lo dici tu, Teddy…”
Mentre
i due parlavano,
Oliver spostò lo sguardo e vide una figura con indosso un
grosso impermeabile
giallo dirigersi verso di loro e la cosa non gli piaceva per niente.
“Ragazzi…”
sussurrò il
ragazzino, toccando Teddy con l’indice, il quale si
girò e domandò:
“C’è
qualche problema?”
Per
tutta risposta, Oliver
indicò con la testa la figura, la quale, nel frattempo, si
era fermata.
“Chi
sei?” domandò Teddy,
mettendo una mano in tasca, pronto a tirare fuori la bacchetta, se
fosse
necessario.
Piuttosto
che permettere ai
suoi amici di essere uccisi, avrebbe preferito di gran lunga venire
espulso.
“Questa
è la tomba di Tom
Riddle…” commentò Gal, osservando la
tomba con su inciso il nome del defunto,
al contrario di Delphini, la quale le diede un’occhiata
piuttosto sbrigativa,
prima di commentare: “Non era molto amato in questo
posto.”
“Come
fai a dirlo?”
“La
tomba è sporca,
circondata da edera ed erba alta. Inoltre, nessuno ci ha messo nemmeno
dei
fiori. Ciò dimostra che non era per niente amato.”
“Davvero?”
esclamò,
incredulo, il rosso, mentre Athena annuiva: “Ha ragione, Gal.
L’amore lascia
sempre una traccia, ricordatelo.”
“Che
immensa cavolata…”
sbuffò Delphini, inchinandosi per terra e toccando il
terreno ai suoi piedi
“L’amore… bah, è solo roba
astratta e senza senso…”
“Ehi,
veniamo da un mondo
magico… le robe astratte e senza senso sono il nostro pane
quotidiano.”
“Lascia
perdere, Athena. Io non
credo a quelle scemenze del vero amore o cretinate simili! Io sono e
sarò per
sempre una persona con i piedi ben ancorati a terra!”
“Non
ti farebbe male,
lasciarti trascinare dalla fantasia, una volta ogni
tanto…”
Per
tutta risposta, Delphini
fece un semplice “Ah!” prima di ritornare a
studiare con molta attenzione il
pavimento.
“Cosa
c’è che t’interessa
così tanto, Delphi?” domandò Gal,
avvicinandosi, incuriosito, all’amica, la
quale rispose: “Guardate un po’
qui…”
Gal
e Athena si avvicinarono
e notarono, increduli, che per terra c’era un grosso cerchio
di terra bruciata,
senza nemmeno un filo d’erba.
“Intorno
a questo cerchio c’è
erba alta e verde… eppure qui non cresce proprio niente. Non
lo trovate un po’
strano?” domandò, sospettosa, la ragazza e Gal
rispose: “Ma non saranno mica
stati gli alieni? Nei film lasciano sempre delle tracce di questo tipo
nel
terreno, quando atterrano con l’astronave.”
“Non
dire cavolate, Gal!
Figurati se sono stati gli alieni a fare questa roba che poi manco
esistono…”
“Beh,
noi maghi esistiamo…
perché non dovrebbero esistere anche gli alieni con la pelle
verde e gli occhi
da insetti?”
“Gal,
se io fossi un alieno
che visita un pianeta sconosciuto, sarei discreta e cercherei di
passare
inosservata! Non lascerei tracce nel terreno… e, poi, a
giudicare dal diametro
di lunghezza, l’astronave sarebbe davvero
piccola…”
“Beh,
non possiamo pretendere
che siano alti come noi…”
“Io
non credo che sia stata
un’astronave a lasciare questa traccia…”
sussurrò Athena, con aria seria e
preoccupata, osservando la terra bruciata.
Immediatamente,
Gal e
Delphini smisero di litigare e il rosso domandò:
“Sai chi ha fatto questo
lavoretto?”
“Sì…
anche se spero con tutta
me stessa di sbagliarmi…”
“Andiamo,
non tenermi sulle
spine… chi ha fatto questa roba?”
“Una
volta ho letto in un
libro che dove è stata compiuta una potente e antica magia
oscura, non cresce
più erba per secoli…”
Non
appena la Corvonero ebbe
finito di parlare, la luce di un tuono illuminò a giorno il
piccolo cimitero e
la faccia sconvolta di Gal, quella stupefatta di Delphini e, infine,
quella
seria di Athena.
“Stai
dicendo che in questo
cimitero è avvenuta una potente e antica magia
oscura?” domandò, preoccupato,
Gal e Athena annuì: “Già, inoltre, a
giudicare dalla forma, sospetto che la
forma di questa terra bruciata sia dovuta ad un calderone.”
“Un
calderone? Ma non stiamo
parlando di magia antica?” domandò Gal e Delphini,
guardandolo in malo modo,
sbottò: “Oh, che imbecille che sei! Solo
perché stiamo parlando di magia
antica, non significa che non siano coinvolte le pozioni! Guarda che le
pozioni
sono vecchie quasi quanto gli incantesimi! Sennò
perché credi che la materia
sia d’obbligo?”
“Allora
visto che la sai
tanto lunga, secondo te, di quale magia stiamo parlando qui,
Delphi?!”
“Se
guadagnassi uno zellino
per tutte le volte che mi hai chiamata Delphi, invece di Delphini,
sarei la
strega più ricca del mondo!” sbuffò la
ragazzina, prima di tornare a guardare
di nuovo il cerchio.
Dopo
un po’, Delphini propose:
“L’unica pozione antica e piena di magia oscura che
mi viene in mente è quella
che appartiene al rituale della rinascita.”
“Già
dal nome non annuncia
niente di buono…” commentò Gal e
Delphini rispose: “Infatti, non è niente di
buono, razza di scemo. Si tratta di un rituale antico che permette ad
un mago
di riottenere il proprio corpo… solo che il processo stesso
è parecchio
discutibile…”
“Perché?
Cosa chiede?”
“Tre
cose, una peggio
dell’altra: la prima cosa dell’elenco è
un osso del proprio padre, preso senza
il suo permesso.”
“Eh?!
Sul serio?!”
“Già…
‘Osso del padre, donato
a sua insaputa, rinnoverai il figlio.’”
“Cominciamo
bene…”
“E
non hai ancora sentito il
resto… senti un po’ cosa dice la strofa seguente:
‘Carne del servo, donata con
l’assenso, rinnoverai il tuo signore’.”
Notando
che Gal era rimasto
assolutamente impassabile, Delphini domandò: “Non
hai capito un’acca, vero?”
“Perché?
Cosa avrei dovuto
capire?”
“Il
fatto che un servo debba
tagliarsi una propria parte del corpo.”
“Che?!?!?!
Dici sul
serio?!?!”
“Già.”
“Ma
questa roba è
agghiacciante! Come si può rubare un osso al proprio padre e
chiedere a
qualcuno di tagliarsi una parte del corpo?!?!”
“Stiamo
parlando, infatti, di
una magia oscura e altamente pericolosa! Mica usano i fiori o le ali di
farfalla per questa roba!”
“Non
mi meraviglia che l’erba
abbia smesso di crescere…”
“E,
poi, c’è la terza e
ultima parte: ‘Sangue del nemico, preso con la forza, farai
risorgere il tuo
avversario’.”
“Posso
farti una domanda?”
“Spara.”
“Come
fai tu a conoscere
questa robaccia?!?! Dubito altamente che sia scritto in
‘Infusi e pozioni
magiche’…”
“Ho
trovato la ricetta in un
volume del Reparto Proibito.”
“Come
diavolo hai fatto ad
entrarci senza il permesso di un… ah, ma certo… i
passaggi che portano alla
Camera dei Segreti…”
“Che
intuito… sì, c’è giusto
un piccolo passaggio che porta al Reparto Proibito… prima
che avessimo
quell’avventura notturna con quei tre deficienti, spesso
m’intrufolavo là
dentro e prendevo qualche volume per esercitarmi con pozioni ed
incantesimi
avanzati…”
“In
effetti, Chris mi aveva
detto che la vecchia Pince si lamentava per la sparizione di alcuni
libri del
Reparto Proibito durante la notte, che poi, come per magia,
riapparivano dal
nulla il giorno seguente… ma come fai a ricordarti tutto
quello che c’è scritto
in quelle strofe?”
“Ho
un’ottima memoria.”
“Alla
faccia dell’ottima
memoria…”
I
due erano così impegnati a
parlare, da non accorgersi che Athena si era allontanata e si era
avvicinata ad
un vecchio tasso.
La
ragazzina girò intorno ad
esso, in silenzio.
Non
sapeva perché, ma c’era
qualcosa che l’attirava lì, come una falena
attratta dal fuoco… sentiva una
forte energia magica…
Non
oscura come nel punto
dell’erba bruciata, ma chiara, limpida, pura e sicura come
una calda coperta…
Non
appena fu davanti
all’albero, sentì una folata di vento avvolgerla
con dolcezza e, d’istinto,
chiuse gli occhi.
“Ma
quando arriva Althea? Non
vedo l’ora d’iniziare…”
sbuffò il ragazzino coi capelli rossi e il cappello
più
malridotto che si fosse mai visto, mentre una ragazzina sua coetanea
coi
capelli neri e il vestito blu lo guardava, incredula, domandando:
“Ti senti
bene, Godric?”
“Certo
che mi sento bene.
Perché non dovrei sentirmi bene?”
“Perché
tu odi quando
facciamo lezione. Non fai altro che chiedere quando finisca, per poter
tornare
ad esplorare il bosco…”
“Althea
ha promesso che
avremmo mangiato la torta che abbiamo preparato ieri, una volta finita
la
lezione e io non vedo l’ora di assaggiarla.”
“Ah,
avrei dovuto immaginarlo
che fosse una cosa legata allo stomaco…”
Ignorandola,
il giovane con i
capelli rossi si sdraiò sull’erba
all’ombra del tasso, accanto ad un ragazzino
pallido con lunghi capelli neri legati con un filo di spago vicino alle
punte
che leggeva, in silenzio, un enorme volume dall’aspetto
antico, mentre un
grosso serpente al suo fianco faceva un grosso sbadiglio.
Ad
un tratto, una ragazzina
paffutella coi capelli rossi, intenta a fare delle piccole corone di
fiori,
mentre un uccello dall’aspetto denutrito e con delle piume
nere, alzò lo
sguardo e, con un grosso sorriso, esclamò: “Sta
arrivando Althea!”
Immediatamente,
Godric si
alzò in piedi e mosse la testa a tutta velocità
finché il suo sguardo non venne
catturato da una piccola figura che era appena uscita dalla piccola
casetta
sulla collina.
“ECCOLA!!!”
strillò, tutto
contento, il rosso, cominciando a saltare da tutte le parti come una
rana
impazzita, mentre il suo orrendo cappello balzava in continuazione
dalla testa
di Godric al cielo.
Era
così impegnato a saltare,
da non accorgersi che il ragazzino coi capelli neri aveva alzato lo
sguardo,
per poi scuotere la testa, seccato, e ritornare a leggere il suo libro.
Qualche
secondo dopo, una
signora piuttosto vecchia e un po’ pienotta coi capelli
marroni e svariate
ciocche grigie legati in una crocchia, con delle rughe, un vecchio
cappello da
strega nero, degli occhiali davanti ai grandi e profondi occhi azzurri
e un
semplice abito azzurro.
Teneva
un grosso bastone con
la mano destra, mentre con l’altra aveva un cumulo di grossi
libri dall’aspetto
piuttosto vecchio.
“Althea,
siamo qui! Siamo
tutti pronti per la lezione! Forza, iniziamo!”
esultò, energicamente, Godric,
muovendo le braccia a tutta velocità.
Althea
ridacchiò divertita,
per poi dire, con una voce calda e morbida come quella del pane appena
sfornato: “Non ti ho mai visto, Godric, così
entusiasta all’idea d’iniziare una
lezione… dovrei prometterti più spesso un
dolce…”
“Ottima
idea, l’approvo!”
“Forza,
è ora d’iniziare…
allora, oggi, proverete a fare una pozione curabolle completamente da
soli.
Ormai avete imparato come si fa, vero?” dichiarò
la donna, mentre, nello stesso
istante, scriveva nell’aria la frase: ‘Oggi
tenteremo di fare nella realtà la
pozione curabolle di cui ho parlato nella scorsa lezione.’
Non
appena tutti ebbero
annuito, con un rapido movimento della bacchetta, quattro sassi si
trasfigurarono in calderoni.
“Allora,
dateci dentro,
ragazzi. Non appena avrete finito, faremo merenda.” Li
avvisò, con un sorriso,
Althea, mentre i quattro si misero al lavoro.
Dopo
un po’, Althea esclamò:
“Bene, ormai dovete aver finito tutti. Vediamo i vostri
risultati.”
Con
passo sicuro, ma gentile,
la donna si avvicinò al pentolone della ragazzina coi
capelli rossi e
l’avvoltoio denutrito, guardandolo con molta attenzione.
“Mi
sa che hai sbagliato
qualcosa nel preparare la pozione, Helga… di solito non ci
sono tutte quelle
bolle…” notò Althea e la bambina, con
un’espressione dispiaciuta, sussurrò:
“Sono proprio pessima…”
“Oh,
non dire così…
probabilmente l’hai solo mescolata troppo e in senso
antiorario… ho fatto lo
stesso identico errore la prima volta.”
“Davvero?”
“Certo
e guarda come sono
oggi! Non ti disperare, sono errori che fanno tutti.”
Dopo
aver rassicurato
l’allieva, Althea si diresse verso l’altra
ragazzina, la quale stava finendo di
mescolare, agitando la sua bacchetta.
“Ottimo
lavoro, Rowena. I
miei complimenti.” Esclamò, esterrefatta, la donna
e Rowena annuì: “Grazie,
Althea.”
“Non
è che qualcuno ti ha
dato una mano?”
“Cosa?
No!” esclamò, nervosa,
la ragazzina, mentre una piccola e arricciata ciocca corvina si
sollevava, per
poi scendere di nuovo.
Ignorando
la cosa, Althea si
avvicinò al vicino di Rowena, il ragazzino coi capelli neri,
il quale aveva
smesso di lavorare ed era tornato a leggere il suo libro, e, non appena
ebbe
guardato la pozione, rimase a bocca aperta.
“Per
la barba di mio nonno!
E’ la migliore e più perfetta pozione curabolle
che abbia mai visto in vita
mia! E’ davvero strabiliante… raggiungere un
simile risultato in così poco
tempo e all’età di dodici anni! Sono senza
parole…” esclamò la donna, ma il
ragazzino continuò a leggere tranquillamente il suo libro,
come se non l’avesse
sentita.
Vedendo
che il ragazzino non
muoveva un muscolo, Althea gli toccò dolcemente la spalla e,
immediatamente,
l’altro smise di leggere e alzò lo sguardo verso
la mentrice.
Con
un gran sorriso, la
strega fece muovere di nuovo la bacchetta e apparve la scritta:
‘I miei
complimenti, Salazar! Questa pozione è perfetta! Hai davvero
molto talento per
Pozioni.’
Salazar
si limitò ad annuire
con la testa e se ne tornò a leggere.
“Bene,
e adesso tocca a
Godric…” cominciò Althea, prima di
udire una forte esplosione.
La donna, assiema ad Helga e
Rowena, si girò nella
direzione del rumore, non tanto per vedere cos’era successo,
in quanto lo
sapevano già, ma quanto era grave il danno stavolta.
Come
le tre temevano, lo
scoppio proveniva dal calderone di Godric, il quale aveva il viso tutto
sporco
di fuliggine, mentre numerose bolle gli cominciavano ad apparire su
tutto il
corpo, e il cappello leggermente bruciacchiato sulla testa.
Tuttavia,
era il calderone
del ragazzino quello messo peggio: infatti, era completamente distrutto
e tutta
la pozione al suo interno era schizzata sul povero Godric.
“Misericordia,
Godric…
cos’hai messo in quel calderone?” gli
domandò, preoccupata, Althea, correndo a
riparare il pasticcio del giovane.
Con
un semplice gesto della
mano, fece sparire il calderone rotto, il liquido, la fuliggine e i
brufoli.
A
quel punto, con un rapido
movimento della bacchetta, fece levitare dalla casa sulla collina una
strana
boccetta che atterrò, delicatamente tra le mani rosate e
callose della donna.
“No,
Althea! Non voglio
quella roba! Mi fa male!!!” protestò Godric e la
strega, mentre versava il
liquido al suo interno su un fazzoletto di lana, dichiarava:
“Niente lamentele,
Godric. Ne abbiamo già parlato. Lo so che questo liquido da
molto bruciore,
dopotutto, è acqua e sale… ma impedisce che
quelle ferite peggiorino.”
“Sì,
ma…”
“I
giovani coraggiosi, non
hanno paura di acqua salata, Godric.”
A
giudicare dalla faccia che
fece Godric, era ovvio che Althea lo aveva messo nel sacco.
Con
delicatezza, la donna
cominciò a pulire le ferite del ragazzino col fazzoletto, il
quale, a giudicare
dalle continue smorfie facciali di Godric doveva fare parecchio male.
Una
volta che ebbe finito,
fece muovere di nuovo la bacchetta e fasciò le braccia, le
mani e buona parte
del viso del ragazzino con delle fasce apparse all’improvviso.
Non
appena ebbe finito, si
girò verso gli altri tre studenti che la guardavano, in
completo silenzio, e
notò che la piccola Helga la osservava con profonda
ammirazione.
“Vorresti
imparare Ferula,
Helga?” le domandò, con un grande sorriso, Althea
e la bambina annuì:
“Certamente! Sembra così utile… e, poi,
dato che io non sono brava come gli
altri… almeno riesco a dare una mano, anche se piuttosto
piccola…”
“Ricominciamo
con questi
discorsi, Helga? Non devi essere così ansiosa e
insicura… hai molto potenziale
in te proprio come gli altri, te lo assicuro. Semplicemente, ti
emozioni troppo.
Un giorno, sarai una delle più grandi streghe della
storia.”
“Una
come me? Oh, no, no, no…
non sarò mai al livello di Godric, Rowena e
Salazar… ma non m’importa
assolutamente. Tutto ciò che voglio, è stare con
i miei amici e avere cura
delle piante e degli animali… mi basta questo.”
“Athena,
quando avrai accesso
i dati mobili della tua connessione, faccelo sapere, ok?”
disse, seccata, una
voce femminile e, d’istinto, la ragazzina coi capelli a
caschetto e gli
occhiali sussultò.
Si
guardò intorno,
leggermente spaesata, per poi balbettare, imbarazzata:
“Scusate, ragazzi. Ero
immersa nei miei pensieri.”
Per
tutta risposta, Delphini
alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi,
mettendosi ad osservare con molta
attenzione il cielo ormai nero come la pece.
“Beh,
qui abbiamo finito.
Possiamo andarcene da qui… anche perché, molto
presto si scatenerà il diluvio…”
dichiarò la giovane, mentre Gal si dirigeva, verso il
cancello, sbuffando:
“Finalmente! Francamente, non ne potevo più di
questo stupido posto… questo
luogo è pieno di pericoli, altroché!”
Inaspettatamente,
il giovane
si bloccò all’improvviso, guardando, con aria
sbigottita il cancello.
Seguendo
il movimento del suo
sguardo, Delphini scoprì qual’era il motivo e non
si meravigliò che si fosse
fermato.
Davanti
a loro, c’era una
figura femminile con indosso un’impermeabile verde acido col
cappuccio
abbassato, da cui si vedevano dei lisci capelli neri e gli occhi verdi.
D’istinto,
Gal tirò fuori la
bacchetta, ma Delphini lo afferrò per un braccio, sibilando:
“Ma sei stupido?!
E se fosse una semplice babbana?!”
“E’
vero…”
“Potete
stare tranquilli,
ragazzini… lo so chi siete.” Li
tranquillizzò la donna, avvicinandosi, con un
passo calmo e tranquillo ai tre, sfoderando un sadico sorriso, facendo
preoccupare ancora di più il trio “Voi siete tre
maghi, proprio come me.”
Sentendo
ciò, Athena prese a
sua volta la bacchetta e, puntandola contro la donna,
domandò: “Che ne hai
fatto dei nostri amici?”
“Oh,
sono al sicuro… mica
potevano restare all’asciutto con la tempesta che si stava
per scatenare, non
trovate? Si sarebbero bagnati tutti come pulcini…”
Decisa
a non fargliela
passare liscia, Athena si preparò a lanciare un incantesimo.
Al
diavolo la scuola e le
leggi sulla magia dei minori… quella pazza aveva rapito i
suoi amici e
gliel’avrebbe fatta pagare, anche a costo della vita!
Ma,
proprio quando stava per
lanciare un incantesimo, sentì una voce
all’orecchio dirle: “Non farlo, non
attaccarla.”
Sgomenta,
la ragazzina si
voltò da tutte le parti.
Non
c’era nessuno intorno a
lei e quella voce che aveva sentito non apparteneva assolutamente ai
suoi
amici: non riusciva a capire se appartenesse ad un maschio o ad una
femmina,
eppure avvertiva, in quella voce una sensazione di piacevole caldo e
freschezza
nello stesso istante.
Inoltre,
il tono era dolce,
piacevole e rilassante… le ricordava il vento fresco in
un’afosa giornata
estiva…
Sapeva
che quella voce aveva
ragione, glielo diceva il suo istinto… ma non riusciva a
capire il perché.
Proprio
in quel momento, una
figura piuttosto tozza, li raggiunse di corsa, urlando:
“A-aspettate, ragazzi!
Non lanciate nessun incantesimo!”
Non
appena l’ebbero notato, i
ragazzi fecero un sospiro di sollievo.
Quello
era Oliver.
Non
appena li ebbe raggiunti,
col respiro affannato e le guance incandescenti, il giovane Tassorosso
ansimò:
“E’… dalla nostra parte… a
modo suo…”
“Ehi,
ti senti bene?” gli
domandò, preoccupato, Gal e Oliver sussurrò:
“S… sì… solo un…
attimo…”
Il
ragazzino tirò fuori dalla
sua borsa il suo respiratore contro l’asma e
cominciò a riutilizzarlo,
riprendendo una respirazione normale.
“Tutto
bene?” domandò,
proprio in quel momento, Teddy, il quale li raggiunse, accompagnato da
Victoire
e Athena gli domandò: “Sì, stiamo
bene… comunque, possiamo sapere chi è questa
signora.”
“Ah,
giusto… immagino che non
si sia presentata… beh, vi presento Ismelda Murk.”
“Ismelda
Murk? La famosa
storica della magia specializzata in morte, torture e
sangue?” domandò,
lievemente interessata, Delphini e Teddy ammise:
“Sì, proprio lei…”
“Non
sapevo si fosse
trasferita qui…”
“In
questo paese, tre
sciocchi babbani sono stati uccisi da un mago… una cosa del
genere è così
interessante… mi auguro che Orfin Gaunt li abbia fatti
soffrire un pochino
prima di ucciderli… purtroppo, li ha uccisi con
l’Avada Kedavra, quindi non ha
sparso molto sangue… nemmeno una piccola
ferita…” commentò Ismelda, mentre il
gruppo faceva una smorfia di disgusto e leggera paura.
Il
fatto che la Murk avesse
un’ossessione per queste cose era di dominio
pubblico… ma nessuno immaginava
che raggiungesse questi livelli…
“Come
ha fatto a scoprire che
eravamo dei maghi?” domandò, incuriosita, Athena e
Ismelda rivelò, con un tono annoiato:
“Ho visto il vostro amichetto coi capelli scuri diventare
giovane e coi capelli
blu di colpo dalla finestra di casa mia… non ci voleva un
genio per capire che
era un Metamorfomagus, lo stesso dono di Nymphadora
Tonks…”
“Conosceva
mia madre?” esclamò,
esterrefatto, Teddy e Ismelda scrollò le spalle:
“Certo, eravamo nello stesso
anno, solo che lei era a Tassorosso ed io a Serpeverde… ma
abbiamo avuto
parecchio a che fare, dato che avevamo entrambe amici che volevano
trovare ad
ogni costo le Sale Maledette di Hogwarts… un tipetto davvero
interessante, non
c’era niente da dire… sempre in giro a combinare
guai e scherzi con Tulip
Karasu di Corvonero, la sua migliore amica…”
“Ma…
come fa a sapere delle
abilità di mia madre?”
“Non
sai quante volte abbia visto
Tonks usare le sue abilità per trasformarsi nel professor
Ruf e fargli la
caricatura vivente durante le lezioni… quanto lo faceva,
tutti prestavano di
colpo attenzione e scoppiavano a ridere… e quella lagna di
un prof stecchito
continuava a spiegare, non accorgendosi di niente! Mai visto uno
spettro più
noioso di Ruf… e pensare che quando sentì che
c’era un insegnante fantasma ero
così felice… speravo fosse ricoperto di sangue e
catene come il Barone
Sanguinario, sempre a parlare di morti e vendette e invece mi sono
ritrovata
davanti un vecchio noioso che è semplicemente morto nel
sonno in sala
insegnanti… che colossale fregatura.”
“Sì,
credo che quella sia
l’idea iniziale di Ruf, almeno finché non apre la
bocca…” annuì Delphini, in
quanto lei stessa spesso si ritrovava a dormire durante le sue lezioni,
rese
ancora più noiose dal fatto che sapeva già tutto
quello che il prof raccontava…
Nel
frattempo, Teddy fece un
sorriso inconsciamente.
Per
puro caso, aveva scoperto
qualcosa di inedito passato di sua madre… certo, sapeva
molto sul passato dei
suoi genitori, grazie ai racconti di sua nonna e dello zio
Harry… ma vi erano
sempre molte zone d’ombra, soprattutto, per quanto riguardava
le vicende a
scuola di sua madre nel dettaglio…
Poteva
persino vederla sua
madre, coi capelli rosa corti e appuntiti trasformarsi nel professor
Ruf nel
bel mezzo della lezione di Storia della magia e
scimmiottarlo…
Ad
un tratto, un fulmine
squarciò di nuovo il cielo.
“Meglio
che ce ne andiamo,
sapete? Qui scoppia a piovere… se volete, potete stare un
attimo a casa mia…”
cominciò Ismelda e, quando si accorse che i ragazzini
stavano facendo una
faccia parecchio nervosa, rivelò: “Rilassatevi,
non ho alcuna intenzione di
farvi qualche strano esperimento… ma se volete restare vivi,
vi consiglio di
non toccare niente dei miei tesori…”
Oliver
guardò un attimo
Teddy, per poi domandargli, sottovoce: “Dovremmo
andare?”
“Abbiamo
altra scelta?” fu la
semplice risposta dell’altro.
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Capitolo 35 *** Ritorno a casa ***
Capitolo
35: Ritorno a casa
“Bene,
questa è casa mia…
vero che è meravigliosa?” domandò, con
tono sognante e ammirato, Ismelda Murk,
mentre accendeva la luce nella sua piccola villa.
In
diplomatico silenzio, il
gruppo si limitò a darsi un’occhiata.
Se
proprio dovevano essere
sinceri, quella casa più che meravigliosa era spaventosa.
Invece
della luce elettrica,
c’erano solo delle candele rosse e l’abitazione era
decorata con teschi,
barattoli con dentro delle strane forme indefinite che nessuno voleva
sapere
cosa fossero di preciso, strani simboli sulle pareti, divani in pelle
nere e
vecchi volumi in pelle nera.
“Trova
questo posto…
meraviglioso?” domandò sottovoce, incredulo, Teddy.
Lui
avrebbe usato molte
definizioni per quel posto, ma di certo non meraviglioso.
“La
bellezza è una cosa
relativa. Per ognuno di noi, ha molte sfaccettature.” Fece
notare Athena,
mentre osservava i titoli sui dorsi dei libri, e Gal annuì:
“In effetti, questo
posto non è malaccio… anzi, io lo trovo molto
carino.”
Per
tutta risposta, Teddy gli
diede un’occhiata sorpresa.
A
lui quel posto non piaceva
per niente… ma, dopotutto, i gusti erano gusti…
Nel
frattempo, con un rapido
movimento della bacchetta, Ismelda fece levitare dalla credenza cinque
tazze,
le quali vennero riempite da del tè fumante.
Mentre
aspettava che il tè si
raffreddasse, Teddy si guardò intorno, incuriosito,
finché non notò delle
fotografie in movimento sul caminetto.
La
maggior parte di esse,
raffigurava due coniugi piuttosto anziani e una ragazza leggermente
più grande
della Murk.
“Quelli
sono i miei genitori
e mia sorella maggiore.” Lo avvisò Ismelda,
bevendo dalla sua tazza, e Teddy
ammise: “In effetti, mi sembrava che ti assomigliava un
po’…”
“Solo
fisicamente.
Caratterialmente, è tutto il mio opposto. Ti dico solo che
era a Grifondoro,
mentre io a Serpeverde.”
“Cosa?!”
s’intromise,
incredulo, Gal “Ma tutti i fratelli non finiscono nella
stessa Casa?”
“Generalmente
succede così,
sciocco…” gli rivelò, seccata,
Delphini, bevendo dalla sua tazza “Ma ci sono
molti casi in cui i fratelli vengono smistati in Case
diverse… i due cugini di
mia madre, per esempio, vennero smistati a Grifondoro e a Serpeverde.
In
effetti, credo che sia più comune di quanto si
creda…”
“Credo
che tu abbia ragione,
Delphini… i due figli del mio padrino, Jamie e Al, sono
completamente diversi,
caratterialmente. Jamie è un vero casinista, amante del
brivido, degli amici e
degli scherzi, mentre Al è molto più timido e
pacato, oltre che essere un gran
amante dello studio e dei libri… guarda, non mi
meraviglierebbe se venissero
smistati in due Case diverse…” aggiunse Teddy,
mentre il rosso col casco
dichiarava: “Beh, tutta la mia famiglia è stata a
Grifondoro…”
“Gal,
ti ricordo che il tuo è
un caso leggermente a parte…” gli fece notare,
esasperata, la ragazzina coi
capelli d’argento.
Mentre
continuava a fissare
le foto, Teddy notò l’immagine di un giovane coi
capelli marroni, gli occhi
verdi e un grande sorriso.
“Chi
è il tipo in questa
foto?” domandò, incuriosito, il Tassorosso ed
Ismelda, con una strana voce
sognante, rivelò: “Lui è Barnaby Lee,
l’uomo più bello, dolce, gentile e
simpatico del mondo…”
Delphini
inarcò un
sopracciglio.
Si
vedeva lontano un miglio
che quella tipa era cotta di quel Lee… a lei sembrava solo
un babbeo, a
giudicare dall’espressione facciale.
Non
riusciva proprio a capire
cosa ci trovasse la Murk in un tipo del genere… certo che
l’amore rendeva
proprio stupidi… fortunatamente, era vaccinata contro queste
scemenze…
Nel
frattempo, Victoire
guardava l’acquazzone dalla finestra della casa, sbuffando:
“Come odio la
pioggia… fa un rumore così
insopportabile…”
“La
solita e scontata
risposta da ragazzina superficiale… il suono della pioggia
battente è così
fresco e rilassante… io lo trovo stupendo. A mio parere, una
vera poesia
dovrebbe produrre un suono simile, invece la maggior parte di esse sono
prodotte da uomini sciocchi e superficiali che vogliono solo la grana e
la
fama… e si nota perfettamente nelle loro opere, dato che la
musicalità è a dir
poco tremenda. Un testo è bello solo se è
accompagnata da musica che lo renda
ancora più meravigliosa, ma la gente è
così imbevuta di sottocultura che si fa
andar bene quei ridicoli prodotti di consumo… che
vergogna…” sbuffò Delphini,
sgranocchiando
con aria pensierosa il biscotto al cioccolato che aveva in mano.
“Non
li mangi senza
inzupparli?” domandò Teddy e, prontamente, la
ragazzina rispose, non degnandolo
di uno sguardo e continuando a mangiare: “No. I biscotti
inzuppati non mi piacciano
molto… inoltre, se, a causa del calore, essi dovessero
staccarsi e mettersi a
galleggiare nella tazza mi farebbero di uno
schifo…”
Per
tutta risposta, Teddy si
voltò verso Victoire, la quale stava, contemporaneamente,
inzuppando il suo
biscotto nella tazza.
Facendo
un grande sospiro.
Teddy tornò a mescolare col suo cucchiaio la sua tazza.
Nel
frattempo, Athena prese
un libro dalla libreria e si mise a leggerlo con molta attenzione.
“Cosa
leggi?” le domandò
Victorie, avvicinandosi per guardare meglio, e la Corvonero, con un
grande
sorriso, dichiarò: “Un libro sulle varie scuole di
magia del mondo! Sembra così
interessante…”
“Se
t’interessa, te lo
regalo. L’ho preso perché faceva parte di
un’offerta speciale al Ghirigoro…
volevo prendere un libro sulle torture magiche alternative alla
Maledizione
Cruciatus e mi avrebbero fatto lo scontro se ne prendevo un altro,
così ho
preso il primo che mi è capitato in mano, ma non
l’ho mai letto. Quel genere
non è proprio il mio tipo… anzi, se me lo levi di
torno mi fai un gran favore.”
dichiarò Ismelda, mentre si accendeva una sigaretta.
Sentendo
ciò, Athena la
guardò, con aria speranzosa, e domandò, con un
grande sorriso: “Posso sul serio
averlo? Ne è proprio sicura? Al 100%?”
“Sì,
ragazzina. Te lo puoi
prendere.”
“L’avverto
che ho un rapporto
molto stretto e personale coi libri… se qualcuno mi regala
un libro, non sono
tanto propensa a lasciarlo…”
“Ma
se non fai altro che
seccarmi, dicendomi che pur di farmi leggere un determinato libro, me
lo
presti.” S’intromise Gal e la ragazzina con gli
occhiali, guardandolo in malo
modo, ribatté: “Hai detto bene, te li presto.
Pertanto, li rivoglio anche
indietro il prima possibile. E credimi, posso diventare parecchio
insopportabile, se non lo riottengo il prima
possibile…”
“Una
ragione in più, per non
prendere in prestito dei libri da te… anche,
perché, sono ritardatario cronico,
per quanto riguarda il restituire i libri alle pubbliche… ho
preso più multe io
per un ritardo di consegna di tutti i ragazzini di York messi
insieme!”
Mentre
i due parlavano,
Oliver, il quale, per tutta la durata della conversazione, se
n’era stato
immobile e nervoso, in quanto il singolare arredamento lo metteva
parecchio in
soggezione, notò dall’altra parte della finestra,
un gufo reale che la stava
picchiando col becco, come se volesse attirare l’attenzione
degli abitanti.
“Ehi,
c’è un gufo.” Lo fece,
immediatamente, notare il ragazzino ed Ismelda, dopo aver aperto la
finestra,
fece entrare il volatile in casa.
Mentre
il gufo arruffava le
penne per liberarsi dall’acqua, la donna prese la lettera che
aveva attaccata
alla zampa e si mise a leggerla.
“Di
cosa parla?” domandò,
incuriosito, Gal e Oliver, prontamente, lo sgridò:
“Gal, non è educato
impicciarsi della posta altrui!”
“Ah,
non è niente di che…
solo un tizio che vuole un appuntamento per un consulto su una
maledizione…”
rivelò Ismelda, mettendosi la lettera in tasca, e Athena,
sorpresa, domandò:
“Dà consulti sulle maledizioni?”
“Eh
già… dato che sono
un’esperta in materia, molta gente mi scrive per parlare di
maledizioni che li
hanno colpiti e come liberarsene… di solito, non
è niente di che, ma questo
caso è parecchio tosto…”
“Perché?
Di cosa si tratta?”
chiese, di nuovo, Gal, venendo di nuovo redarguito da Oliver:
“Gal, sono cose
personali!”
“Beh,
secondo la lettera, la
moglie del mittente è vittima di una maledizione del sangue
che la sta rendendo
sempre più debole e fragile.” Rispose, con la
massima neutralità, Ismelda e
tutti, tranne Gal, rimasero di stucco.
“Una…
una maledizione del
sangue?!” ripeté, incredulo, Teddy, mentre
Delphini commentava con un semplice:
“Cavolo…”
“Non
capisco… cos’ha di così
terribile la maledizione del sangue?” domandò, con
aria confusa, Gal, prima di
venir, di nuovo, affrontato da Delphini: “Ma è
possibile che tu non sai mai
niente?!”
“Che
ci vuoi fare, non mi
piace studiare!”
“Ah,
ti assicuro che si vede!
Eccome!”
“Insomma,
qualcuno può
spiegarmi cos’è una maledizione del sangue, senza
andarmi addosso, grazie?”
Facendo
un sospiro, Athena
spiegò: “La maledizione del sangue è la
maledizione più potente e più atroce
del mondo magico. Come per quelle più comuni, una persona
viene maledetta, ma
essa non riguarda solo quello sventurato. Infatti, la maledizione viene
estesa
a tutta la famiglia e ai suoi eredi. Un suo discendente, anche distante
parecchie generazioni, viene colpito ed è destinato a morire
oppure a
trasformarsi in un animale o in una pianta per sempre.”
“Cosa?!
Ma è orribile!”
esclamò, allibito, Gal, mentre Oliver annuiva, disgustato:
“Sì, già è sbagliato
maledire qualcuno, ma coinvolgere anche una persona che non centra
nulla con
quella storia, lo trovo disgustoso e vigliacco! Gli autori delle
maledizioni del
sangue dovrebbero essere mandati ad Azkaban! Per me, quella roba
è allo stesso
livello delle maledizioni senza perdono!”
“Forse,
un giorno anche
lanciare una maledizione del sangue sarà considerato un
reato da farti
guadagnare un biglietto di sola andata per
Azkaban…” commentò Delphini,
accarezzando la testa di Asmodeus “Se devo essere sincera, le
maledizioni del
sangue mi ricordano leggermente le malattie genetiche
babbane… anche loro
rimangono nei geni di una persona per parecchie generazioni e non
esiste una
cura per entrambe… chissà, magari
verrà trovata una cura per tutte e due…”
“Con
la differenza che non si
possono evitare le malattie genetiche, mentre le maledizioni del sangue
sono un
vero e proprio abominio, lanciate solo dalla crudeltà e dal
risentimento delle
persone! Colpire persone innocenti e che tu neanche conosci, solo per
far
regnare la paura di essere lo sfortunato che è stato colpito
e il dolore di una
famiglia per un avversario insidioso che non si può
sconfiggere… chi le lancia
è addirittura peggio di Tu-sai-chi e dei suoi Mangiamorte!
Da quanto mi
risulta, lui non le ha mai lanciate, anche se era quello che
era!” si scaldò
Oliver, facendo sgranare gli occhi di Gal, Teddy, Athena e Victorie,
mentre
Delphini inarcava, sorpresa, un sopracciglio.
“Non
mi aspettavo che il tuo
amico, s’infiammasse così tanto… per
tutto questo tempo mi è sembrato così mite
e tranquillo…” sussurrò, sorpresa, la
bionda a Teddy, il quale affermò: “Oliver
è il ragazzo più gentile e calmo del
mondo… ma anche lui si arrabbia parecchio
quando vengono toccati certi argomenti… a quanto pare, la
faccenda delle
maledizioni del sangue è una di quelli…”
L’aria
notturna era fresca,
ma, allo stesso tempo, fresca e pulita, grazie al temporale che
c’era stato
qualche ora prima.
La
ragazzina coi capelli
d’argento con in bocca un lecca-lecca se ne stava seduta su
una vecchia sedia
sotto alla malmessa tettoia dalla fatiscente abitazione, guardando le
stelle
che brillavano nel cielo.
“Bella
serata, eh?” domandò
una voce maschile di fianco a sé e, senza nemmeno voltare lo
sguardo, la
giovane borbottò: “Che ci vuoi fare, Teddy, una
lavata fa bene a tutti, anche
al cielo.”
“Già,
in effetti, sembra più
luminoso…”
“Pensi
che Ismelda Murk
sospetti qualcosa?”
“Non
credo… a me, è sembrata più
una a cui importava solo morte, sangue e maledizioni…
comunque, domani io e gli
altri ce ne torniamo alla Tana.”
“Già,
almeno non devo
rischiare che quel cretino di Gal si faccia scoprire come un babbeo,
generato
un casino dietro l’altro…”
“Quindi,
tu resti qui?”
“Sì.”
“Non
temi di essere scoperta
da Ismelda Murk?”
“Non
sono scema come Gal. So
come nascondermi ed evitare la gente, anche perché ne sono
abituata…”
“Lo
so… l’anno scorso,
cercavi sempre di evitarci… ma dopo quella vicenda dei
banditi, mi sembra che
tu sia diventata un pochino più… aperta, nei
nostri confronti.”
“Bah,
io mi sento esattamente
come al solito… io sto molto meglio da sola che in
compagnia…”
“Non
lo metto in dubbio. Tu
sei un tipo molto più introverso, che ama tenere i suoi
tormenti dentro di sé,
per apparire forte davanti al mondo.”
“Ehi…
io non sono debole,
mettiamolo in chiaro, se non vuoi ritrovarti un bel bernoccolo da
Guinness dei
primati!”
“Sì,
certo, scusa! Dicevo
tanto per dire!”
I
due giovani rimasero un
attimo a fissare le stelle, finché, ad un tratto, Delphini
non domandò, con
noncuranza: “Com’è?”
“Cosa?”
“Vivere
con tua nonna, il tuo
padrino e tutta la sua famiglia… è
bello?”
“Certamente!
Anzi, è la
miglior fortuna che mi potesse capitare! E non perché sono
famosi, ma perché
sono sempre gentili, mi ascoltano, mi danno tutti lezioni importanti e
cercano
di aiutarmi in tutti i modi possibili. Certo, non possono sostituire i
miei
genitori, ma almeno riescono a non farmi sentire il dolore che provo
per il
fatto che mi manchino… e ciò mi rende
felice.”
“Dev’essere
bello essere
circondato da persone che ti vogliono bene… avere una
famiglia…”
La
ragazzina non si era
accorta che, mentre diceva quelle parole, la sua espressione facciale
era
cambiata, assumendo una sfumatura molto triste e depressa.
Teddy,
notandola, le domandò:
“Beh, anche tu hai molte persone che ti vogliono
bene…”
“Per
niente! Fin da quando
ero piccola, gli altri mocciosi mi evitavano perché mi
consideravano stramba e
pericolosa… ti dico solo che quando avevo nove anni, un
ragazzino coi capelli
neri mi ha rivolto la parola solo per dare tempo ai suoi compari di
raggiungermi e darmi, come al solito, fastidio! Ma gli ho dato una
lezione di
quelle con la magia…”
“Non
avresti dovuto farlo…”
“Hanno
iniziato loro!”
“Comunque,
sono certo che i
tuoi genitori ti amassero molto, prima di morire…”
“NON
PARLARMI DI LORO!!!!”
L’urlo
di Delphini fu così
potente che spaventò sia gli uccelli che Asmodeus, il quale
era seduto sotto la
panca a dormire, mentre il povero Teddy faceva una faccia spaventata ed
incredula.
Non
si aspettava
assolutamente una simile reazione…
Anche
la stessa Delphini
sembrava sorpresa dalla sua stessa reazione, tanto che si
scusò immediatamente:
“Cavolo… scusa, non so cosa mi sia
preso… è solo che non avevo un buon rapporto
neanche con loro, prima che tirassero le cuoia…”
“Eh?
Te lo ricordi ancora?”
“Io
ricordo ogni cosa, da
quando sono venuta al mondo, purtroppo…”
“Io,
invece, non riesco a
ricordarmi assolutamente nulla della mia infanzia… vorrei
poter ricordare
almeno qualcosa dei miei genitori…”
“Per
me sarebbe stato molto
meglio non ricordarli affatto…”
Teddy
ascoltava con sorpresa
quelle parole, mentre guardava, in silenzio, la coetanea che, con
espressione
triste, giocherellava col bastoncino del suo lecca-lecca.
Delphini
era un’orfana della
seconda guerra magica, proprio come lui, eppure… per qualche
motivo, sembravano
essere su due sponde diverse…
Ad
un tratto, un tremendo
sospetto gli venne in mente.
E
se i loro genitori, durante
la seconda guerra magica, fossero sul serio stati su due sponde diverse?
I
suoi erano stati dalla
parte del suo padrino, mentre quelli di Delphini da quella di Voldemort.
Questo
avrebbe spiegato
perché i genitori dell’amica non sembravano il
ritratto dei genitori pazienti e
amorevoli, tanto che la figlia stessa non voleva parlare di
loro…
No,
era impossibile!
L’amico
di suo padre, Sirius
Black, era sempre stato contro Voldemort e il fratello minore era morto
pur di
distruggere un suo Horcrux… e, da quel che gli risultava,
nessun altro membro
della famiglia Black era stato dalla sua parte.
Gal
lo stava proprio
influenzato… ormai, faceva congetture più assurde
che altro…
“Perché,
domani, non vieni
con noi?” esclamò, all’improvviso e
senza nemmeno rendersene bene conto, Teddy.
Per
tutta risposta, Delphini
si voltò a guardarlo, con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
Tuttavia,
si riprese
abbastanza rapidamente, borbottando: “No, grazie.”
“E
perché?”
“Devo
finire delle cose.”
“Ma
cosa? Qui non c’è niente,
a parte quella bella carogna di un serpente
mummificato…”
“Sono
affari miei. E, poi,
hai pensato a cosa direbbe la signora Weasley se tornaste con me? Si
chiederebbe perché diavolo sono venuta con voi, mentre avrei
dovuto starmene in
campeggio!”
“In
effetti, c’è anche questo
problema… ma si può risolvere! Le diciamo, che
so… che c’è un’epidemia di
Colera
e vi hanno fatti tornare tutti a casa in anticipo…”
“L’ultima
epidemia di colera
in Europa è avvenuta durante la Grande Guerra babbana,
guarda caso, tra i
poveri soldati mezzi moribondi! Con tutte le malattie presenti, hai
scelto
proprio il Colera che è apparso l’ultima volta
quasi un secolo fa?”
“I
virus si evolvono, sai?
L’ho studiato in scienze… il nostro sistema
immunitario si evolve per
sconfiggere il virus e, a sua volta, il virus si evolve per sconfiggere
il
nostro sistema immunitario.”
“Un’escamotage
degna di un
manga giapponese degli anni ’80… ci manca solo che
questo mondo schifoso venga
colpito da un’epidemia come il Colera e la
Spagnola… già abbiamo mille casini,
se poi ci si mette in mezzo anche la crisi sanitaria siamo praticamente
fritti.”
“Spero
proprio di no…”
“Comunque,
grazie per il
pensiero, ma preferisco restare qui.”
“Non
sono della tua stessa
opinione. Metti che ti succeda qualcosa, mentre sei qui, da
sola… non me lo
perdonerei mai!”
“Non
complicarti la vita per
quisquilie simili, Teddy… so cavarmela anche da sola. Ho
imparato a contare solo
su me stessa molti anni fa…”
“Non
posso di certo
rilassarmi, sapendo che tu sei qui, completamente da sola!”
“Stai
cercando d’imitare il
tuo padrino o i tuoi genitori?”
“No,
ti direi tutto questo
anche se fossi il figlio di due Mangiamorte!”
“Fossi
in te, Lupin, non mi
azzarderei a fare simili paragoni… tu non hai la
più pallida idea di cosa
significhi essere il figlio di due Mangiamorte…”
“Allora
di due patetici maghi
di basso livello! Quello che voglio dire è che ti dico
queste cose non perché voglio
imitare qualcuno d’importante e famoso, ma perché
lo voglio io! Io mi preoccupo
per te e voglio che tu stia al sicuro!”
Per
tutta risposta, Delphini
sgranò gli occhi e si tolse dalla bocca il lecca-lecca.
Per
tutta la sua lunga e
schifosa vita, nessuno le aveva mai detto quelle parole, neanche per
sbaglio…
sua madre non l’aveva mai amata come, tecnicamente, avrebbe
dovuto… era stata
fiera di lei, solo dopo che era venuta al mondo e Voldemort, dopo
averla
esaminata, le aveva fatto i complimenti, dicendole che era una bambina
sana e,
soprattutto, potente… e pensare che, all’inizio,
aveva temuto che il suo
signore si sarebbe arrabbiato per il fatto che avesse messo al mondo
una
femmina e non un maschio… come se a quello importasse
qualcosa del sesso del bambino
della sua sottoposta…
Per
sua madre, l’unica cosa
davvero importante era che il suo signore non fosse deluso o disgustato
dal
nascituro… probabilmente, l’avrebbe uccisa con le
sue stesse mani, se non fosse
stata all’altezza delle aspettative di Voldemort, solo per
dimostrargli che per
lui avrebbe fatto qualunque cosa…
E
poi, come il cambio del
vento, l’orgoglio che sua madre provava per lei era diventato
gelosia e odio,
quando Voldemort aveva iniziato a studiarla, liquidando seccatamente o,
alla
peggio, ignorando completamente sua madre… i suoi sguardi di
puro odio verso di
lei erano indimenticabili, proprio quando le urlava di stare zitta
quando
strillava per la fame, perché le stava facendo venire il mal
di testa… se non
fosse stato per il suo signore che era parecchio interessato a lei,
l’avrebbe
ammazzata, dato che la considerava una pericolosa rivale per la
completa
attenzione di Voldemort… beh, nelle versioni originali delle
fiabe babbane più
comuni le madri ammazzavano le proprie figlie per gelosia…
Ma
da che bella famiglia
disfunzionale veniva… non c’era da meravigliarsi
che finiva sempre a parlare
allo psichiatra della scuola elementare babbana durante la festa della
mamma…
ironicamente, la persona che più si era avvicinata alla
figura materna della
sua infanzia era Hokity, l’elfa domestica…
E
adesso, uno che non aveva
alcun legame con lei, le diceva che gli importava molto lei e la sua
incolumità… per la prima volta da undici anni e
nove mesi…
“Grazie…”
fu tutto quello che
riuscì a borbottare la ragazzina, sempre più
confusa.
Una
parte di lei voleva
seguire Teddy e gli altri, mentre l’altra, dominata
dall’orgoglio, voleva
restare lì…
A
chi doveva dare retta?
Al
suo orgoglio o ai suoi
sentimenti?
Quando
odiava essere così
indecisa…
Il
suo tormento interiore,
però, non sfuggì a Teddy.
Sentiva
che l’amica stava per
cedere, ma aveva ancora bisogno di una piccola spinta…
“Ti
piacciono le biciclette?”
buttò, quasi per caso, il ragazzino e Delphini ammise:
“Non mi spiacciono
tanto… quand’ero piccola, tutti i miei compagni
avevano la bici, mentre io no,
dato che la Rowle non aveva soldi per permettermi questi stupidi
capricci
infantili…”
“Il
nonno di Victorie ha una
vecchia bicicletta nel capanno… se gliela chiedi
gentilmente, potrebbe anche
regalartela…”
“Davvero?!
Non stai
scherzando?!”
“No…
anzi, sono certo che sua
moglie te ne sarà profondamente grata per avergliela portata
via…”
“Va
bene, vi raggiungerò col
Nottetempo lunedì.”
“Come
mai?”
“La
nonna di Victorie
s’insospettirebbe se mi vedesse venire con voi. Voi mi
precederete e le direte
che il campeggio finisce domenica e che mi avete convita a passare il
resto
dell’estate con voi, ma, per preparare i bagagli e salutare
la mia tutrice, verrò
lunedì.”
“Ah,
hai già pensato a tutto…
e in questa settimana, cosa combini?”
“Te
l’ho già detto, Teddy… ho
alcune piccole faccende urgenti da sbrigare, ma non
preoccuparti… lunedì sarò
alla Tana. Tu occupati soltanto di convincere il signor Weasley a darmi
la
bici.”
“Cerca
di non ficcarti in
qualche casino.”
“Ehi,
guarda che io so il
fatto mio…”
“Secondo
te, verrà sul serio
o ci ha solo preso in giro, come al solito?”
domandò, incuriosito, Gal, mentre
Teddy rispondeva: “Sembrava sul serio interessata alla
bicicletta…”
“Forse
le sue faccende
l’hanno fatta ammazzare…” fece notare,
nervosamente, Oliver, mentre il migliore
amico faceva un sospiro d’esasperazione: “Guarda,
non mi meraviglierebbe…”
Proprio
in quel momento, un
autobus apparve dal nulla e frenò di scatto proprio davanti
a loro, facendo
cadere per terra Oliver per lo spavento.
La
porta si aprì e, subito,
una ragazzina di dodici anni, coi capelli argentati e un grosso zaino
scese da
esso.
“Grazie.”
Ringraziò la
giovane e, subito, Stan la salutò: “Ciao,
ragazzina. Se hai di nuovo bisogno di
un passaggio a Londra, facci un fischio!”
“Me
ne ricorderò…”
Una
volta che la ragazzina fu
scesa, l’autobus sfrecciò via, svanendo nel nulla.
“E
anche questa è fatta…”
commentò Delphini, mentre faceva uscire Asmodeus dallo
zaino, facendo urlare
Victorie: “Fa sparire subito quella bestiaccia!!!!!”
Per
tutta risposta, Delphini
le rifilò un’occhiataccia: “E piantala
di strillare. Asmodeus non ti farà
niente, basta solo che tu non gli dia fastidio…”
“Almeno
mettigli una
museruola!!!”
“Scordartelo,
carina. Non mi
ha mai creato alcun problema, inoltre, le museruole per serpenti
costano un
casino, sai?”
Victoire
non disse niente, ma
si limitò a guardare con profondo disgusto e paura il grosso
serpente verde, il
quale la fissava in completo silenzio.
La
bionda ebbe un brivido di
paura, quando Asmodeus tirò fuori la lingua biforcuta,
sibilando.
Ma
cosa ci trovava quell’amica
di Teddy in quella schifosa bestiaccia?!
Non
si accorse che Delphini
aveva indurito lo sguardo, finché lei stessa non
sibilò, furiosa: “Cos’ho
trovato nella mia schifosa bestiaccia? Beh, in primo luogo,
è fedele e anche
parecchio intelligente! Seconda cosa: sa quando deve stare zitto ed
evitare
certi pensieri!”
“Ma…
ma tu mi hai appena
letto nel pensiero?!”
“Già,
sono una Legilimens.
Quindi, ragazzina, o inizi ad imparare Occlumanzia, proprio come sto
facendo
io, oppure ti consiglio di controllare i tuoi pensieri.”
“Tienimi
lontano quel
rettile, punto e basta!”
Infastidita,
Victorie si
voltò e si diresse verso la Tana, mentre Delphini faceva un
sorrisetto di
vittoria.
“Però,
non capisco… Stan ha
detto di averti trovata a Londra… cosa ci facevi
lì?” domandò Gal, grattandosi
la testa e Delphini, guardandolo seccata, rispose: “Come ho
detto una settimana
fa, dovevo sistemare alcuni affari prima di venire qui e alcuni di
questi erano
proprio lì.”
“E
cosa riguardavano questi
affari, se è lecito sapere?”
“Non
è lecito sapere.”
“Capita
l’antifona.”
Delphini
fece un sospiro
d’esasperazione.
Oltre
alle ricerche su Gaunt
e Riddle, era dovuta andare alla Gringott per prelevare una cospicua
somma di
denaro dalla stanza blindata di sua madre, in modo da non dover
prendere i
soldi con i suoi amici intorno.
Quella
camera blindata era
una delle più antiche, pertanto si trovava ai livelli
più bassi della banca…
ovviamente, si sarebbero tutti fatti delle domande sul fatto che avesse
accesso
ad una camera blindata del genere… se poi fosse saltato
fuori che era quella di
Bellatrix Lestrange, apriti cielo!
Nessuno
doveva scoprirlo,
neanche per sbaglio!
“Beh,
allora, dov’è la mia
bici?” domandò, sperando di spostare
l’attenzione verso un argomento dove si
trovava molto più a suo agio.
“Ce
l’ha il signor Weasley,
nel suo capanno.” Spiegò Teddy e la ragazzina, col
suo solito fare arrogante e
deciso, disse: “Ok. Sappi che se mi hai mentito ti
disintegro.”
‘Ma
come fa a dire cose del
genere con così tanta calma? Quando fa così, mi
fa più paura di quando
sbraita…’ pensò, con una smorfia di
paura, Teddy.
Certo
che Delphini non si
smentiva mai…
Prima
che si allontanasse
troppo da loro, Teddy la chiamò un’ultima volta:
“Aspetta.”
“E
adesso che altro c’è? Non
dirmi che stai per ammettere che il nonno della tua fidanzatina non ha
nessuna
bicicletta.” Lo avvisò la ragazzina, fermandosi e
voltandosi a guardarlo.
“No,
no, la bicicletta ce
l’ha eccome…” cominciò il
giovane Tassorosso, mentre Victorie, con la faccia
più rossa di un peperone, protestava: “Io non sono
la sua fidanzata! O, almeno,
non ancora… cioè, siamo come fratelli,
quindi… oh, sta zitta, fanatica dei
serpenti!”
Teddy,
il quale non aveva
sentito una sola parola di quello che aveva detto Victoire,
continuò: “E solo
che… prima di andare da lui, ti andrebbe di conoscere una
persona?”
“Eh?”
fece Delphini, lievemente
sorpresa.
“Si
tratta della nonna di
Victorie. Quando le ho detto che saresti venuta, era parecchio
contenta. Non
vede l’ora di conoscerti.” Le raccontò
Teddy e la ragazzina, borbottò,
guardando da un’altra parte: “Ah,
interessante…”
Se
avesse scoperto chi era
sua madre, non sarebbe stata di certo così ansiosa di
conoscerla…
“Non
preoccuparti, la signora
Weasley è una signora molto gentile e che non giudica. E,
comunque, l’ho già
avvertita che hai un serpente come animale domestico.” Le
disse l’amico, omettendo
il fatto che, quando glielo aveva detto, la donna l’aveva
guardato come se
stesse scherzando, per poi domandargli: “Un serpente come
animale domestico? Ma
non è un po’ troppo pericoloso averlo e lasciarlo
in giro, senza alcuna
sorveglianza?”
Aveva
dovuto inventarsi che
Delphini proveniva da una famiglia di domatori di serpenti, per
convincerla che
sapeva il fatto suo… anche se, in effetti, gli sarebbe
proprio piaciuto sapere
come la sua amica fosse così sicura di avere il controllo
totale di Asmodeus…
Prima
che la Serpeverde ebbe
il tempo di dire qualunque cosa, Teddy la prese per il polso e la
condusse
verso la tana, dicendole: “Andiamo, la signora Weasley muore
dalla voglia di
conoscerti. Sono certo che voi due andrete molto
d’accordo.”
“Se
lo dici tu…”
Non
appena fu davanti alla
porta, Teddy chiamò: “Signora Weasley,
è arrivata.”
Immediatamente,
la porta si
aprì e apparve la nonna di Victoire, la quale, con un grande
sorriso, corse
dalla nuova arrivata e le disse: “Ciao, Delphini. Sono
davvero molto contenta
che tu sia venuta qui. Arrivi giusto in tempo per l’ora del
tè.”
“Beh,
c’era poco traffico…”
“Mi
fa molto piacere. Dovrai
condividere la stanza di Athena durante la tua permanenza, ma sono
certa che
andrete d’accordo. Se mi dai i tuoi bagagli, li porto in
camera.”
“Oh,
ecco… non si disturbi…”
“Macché
disturbo, cara! Hai
fatto un viaggio molto lungo da qui fino a Londra completamente da sola
per di
più e, di certo, sarai stanca morta… va pure in
cucina a servirti. Fa
attenzione perché i biscotti scottano un
po’…”
“Certo…”
Anche
se cercava di sempre
normale, non poteva fare a meno di emozionarsi al fatto che la signora
Weasley
la stesse trattando come una della famiglia… ma quanto
sarebbe durato?
Di
certo, finché non
avrebbero scoperto la verità… e la cosa che
più temeva era che lo si scoprisse…
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Capitolo 36 *** Incidente a Diagon Alley ***
Capitolo
36: Incidente a
Diagon Alley
“Signora
Weasley, quando
andremo a Diagon Alley?” domandò, un
mercoledì mattina, Gal, mentre beveva un
enorme tazza di latte caldo e la donna rispose: “Quando
arriveranno le vostre
lettere, ragazzi. Spero che arrivino in settimana…”
Mentre
la donna controllava
il bollitore dell’acqua calda, Athena esclamò:
“Non vedo l’ora che arrivino
Elizabeth e Kevin… avranno così tante cose da
raccontare sulle loro vacanze…”
“Per
loro sarà una bella
sorpresa ritrovarsi davanti a qualcuno che avrebbe dovuto trovarsi da
un’altra
parte.” Ridacchiò Gal, beccandosi uno schiaffo sul
braccio da parte di
Delphini.
Proprio
in quel momento,
Victoire entrò nella stanza e, dopo aver controllato
attentamente sotto la
tavola, si sedette.
“Qualche
problema, Vicky?”
domandò, preoccupato, Teddy e la ragazzina
sbottò: “Sono stufa marcia che
quella maledetta bestiaccia strisciante sia sotto il tavolo quando
mangio!
Quando mi sfiora con quella sua pelle fredda e liscia… mi
vengono i brividi!”
“Sta
solo cercando degli
avanzi di cibo da mangiare. In ogni caso, dovresti ringraziarmi,
Asmodeus ha
scacciato quegli insopportabili gnomi dal giardino dei tuoi nonni in
pochi
secondi! Non credo che torneranno quando c’è lui
in zona…” ribatté la ragazzina,
accarezzando la testa squamosa del serpente, il quale, nel frattempo,
si era
avvicinato alla sua padrona.
Per
tutta risposta, Victoire
le fece una linguaccia, mentre Dominique e Louis sghignazzavano a bassa
voce.
Nel
frattempo, Teddy guardava
le due ragazze con un sorriso.
Da
quando si erano
conosciute, non facevano altro che litigare per un motivo o per
l’altro…
Con
la coda dell’occhio, notò
Dominique che, per nulla intimorita dal serpente, a differenza dei
fratelli,
lanciava un pezzo di biscotto ad Asmodeus, il quale lo prese al volo
come una
foca, cominciando a mangiarlo.
In
ogni caso, non era la sola
della sua famiglia che adorava il serpente domestico di
Delphini…
Qualche
settimana prima, infatti,
aveva parlato al telefono con Jamie e, in quell’occasione,
gli aveva raccontato
che una sua amica aveva un vero serpente.
Ovviamente,
Jamie era andato
in brodo di giuggiole, in quanto aveva sempre avuto
un’incredibile passione per
le cose più pazzesche e pericolose, e gli aveva detto che
non vedeva l’ora di
conoscere la ‘ragazza dei serpenti’, come la
chiamava lui.
Purtroppo,
proprio in quel
momento, lui e la sua famiglia erano andati in vacanza in Spagna e,
purtroppo,
sarebbero tornati soltanto a fine agosto, in modo da
salutarlo… magari sarebbero
riusciti ad incontrarsi alla stazione…
“Signora
Weasley, potrebbe
prestarmi un attimo il suo gufo? Vorrei spedire una lettera a mia
madre.”
Domandò, in quel momento, Gal e la donna, con un grande
sorriso, acconsentì:
“Ma certo, caro. Fa attenzione, perché
è un po’ vecchio…”
Non
appena gli ebbe attaccato
la lettera alla zampa, il volatile si librò in volo,
dirigendosi verso la
finestra aperta, ma, sfortunatamente per lui, sbagliò la
mira e si schiantò
proprio il muro, precipitando per terra, con un sonoro tonfo.
“Santo
cielo, Errol!”
borbottò la nonna di Victoire, correndo a prenderlo, per poi
scusarsi con Gal
“Sono assolutamente mortificata… è
già da molti anni che sbaglia e si scontra
contro qualcosa, ma, ultimamente, la sua sbadataggine è
aumentata…”
“Non
si preoccupi…”
“E’
meglio se prendi un altro
gufo, meglio se più giovane… non solo Errol
è stato messo al tappetto dalla
botta, ma temo che un viaggio fino a York lo
ucciderebbe…”
“Puoi
usare Moon, di certo
sarà felice di sgranchirsi le ali…”
s’intromise Athena, alzando un braccio e,
subito, la civetta della ragazza si alzò in volò
e planò su di esso, con grazia
ed eleganza.
Dopo
che la civetta fu
uscita, la maggior parte dei presenti finì la colazione, per
poi andarsene in
giro per l’abitazione, e al pianterreno rimasero solo la
signora Weasley,
Athena e Delphini.
Dopo
aver preso il libro che
aveva ricevuto dalla Murk, Athena si sedette sul divano della casa ed
iniziò a
leggerlo, mentre Athena osservava con vivo interesse il particolare
orologio
dell’abitazione.
Invece
d’indicare le ore,
c’erano un sacco di frecce con dei nomi e delle strane
immagini dove avrebbero
dovuto esserci i numeri.
La
ragazzina notò che c’era
una freccia con scritto il nome di Teddy che puntava
sull’immagine di una casa
che, ad istinto, le sembrava.
Era
così immersa a guardare
l’orologio da non accorgersi che il campanello aveva iniziato
a suonare,
nonostante essa fosse proprio a due metri di distanza di lei.
Fu
Athena a sentirlo e,
subito, si alzò in piedi e, dopo aver superato
l’amica, ancora intenta a
studiare l’orologio, si diresse verso la porta.
Non
appena aprì la porta, si
trovò davanti ad Elizabeth, rossa in viso e con lo sguardo
abbassato per la
timidezza come al solito, e Kevin, il quale sobbalzò,
facendo cadere rumorosamente
tutti i libri che aveva tra le braccia.
“Oh,
accidenti… scusami,
Athena… sono davvero mortificato…”
borbottò, imbarazzato, Kevin, cominciando a
raccogliere i libri caduti, mentre la ragazzina, la quale si era subito
inchinata per aiutarlo, gli disse: “Non preoccuparti,
è stato solo un
incidente…”
Girandosi
per
quell’improvviso baccano, Delphini si accorse dei due nuovi
arrivati e si diresse
verso il gruppo, mentre Elizabeth, notandola, esclamava:
“Delphini? M-ma tu…
non avresti dovuto essere in campeggio?”
“Beh,
sì… c’è stata una lunga
serie d’imprevisti che mi hanno rotto le uova nel paniere ed
eccomi qui.”
Rispose l’altra, con un sorriso da furbetta, nello stesso
istante in cui Kevin,
alzando lo sguardo, sussurrava: “Ah, ci sei anche tu,
Delphini? Non ti aveva
vista…”
“Per
caso avevi le lenti
appannate?” ridacchiò Delphini bussando con
l’unghia dell’indice gli occhiali
del compagno, il quale abbassò in fretta lo sguardo,
diventando rosso come un
peperone.
“Ehi,
Athena… ti sei tagliata
i capelli?” notò Elizabeth e l’amica,
con un grande sorriso, annuì: “Eh, già!
Mi stanno bene, vero?”
“Non
avevo notato che ti
fossi tagliata i capelli… ti stanno proprio
bene…” esclamò Kevin, alzandosi in
piedi e guardandola, e Delphini, sempre prendendolo scherzosamente in
giro, gli
domandò: “Ma oggi hai dei problemi alla vista?
Prima non mi hai vista,
nonostante il colore dei miei capelli, e adesso non hai notato il nuovo
taglio
di Athena… si direbbe che essi siano più
concentrati su qualcos’altro che non
sul resto…”
“G-già…”
“Allora,
siete tutti pronti?
Mi raccomando, dite bene il nome, altrimenti rischiate di finire da
qualche
parte… come quel brutto quartiere di Notturn Alley, come il
povero Harry…
povero caro, la prima volta che ha usato la Metropolvere, si
è ritrovato in
quel covo di malfattori e farabutti…” si
raccomandò la signora Weasley e,
quando si avvicinò a Kevin ed Elizabeth, domandò,
apprensiva: “Siete sicuri di
riuscirci? E’ la vostra prima volta…”
“Uno
di noi può prendere la
mano di uno loro per aiutarlo con la Metropolvere.” Propose
Teddy e la nonna di
Teddy annuì: “Certo, caro…”
“Io
vado con Teddy!” esclamò,
immediatamente, Victoire, appiccicandosi subito alla mano del
ragazzino, il
quale si limitò a guardarla in maniera neutrale, mentre
Delphini borbottava:
“Ma guarda, non me lo aspettavo…”
“Victoire,
non dar fastidio a
Teddy!” la rimproverò la nonna, ma il ragazzino la
tranquillizzò subito: “Non
si preoccupi, signora. A me non crea nessun problema.”
“Allora
va bene, caro… mi
raccomando, fate attenzione.”
“Signora
Weasley, pensavo di
andare assieme ad Elizabeth.” S’intromise, in quel
momento, Athena e la nonna
di Victorie annuì: “Ottimo. E chi va con
Kevin?”
“Ci
posso andare io, signora
Weasley.” Esclamò Gal, alzando la mano
“L’ho fatto un paio di volte e sono
stato abbastanza bravo.”
“Ok,
se te la senti…”
Christian
cercò di non far
vedere la sua faccia sconsolata.
Certo,
suo cugino aveva davvero
usato un paio di volte la metropolvere da solo, il problema era che,
per
qualche strano motivo, non finiva mai nel posto esatto, ma distante un
po’ e,
soprattutto, era sempre finito in luoghi assurdi, come la volta che, a
dieci
anni, era finito nel bidone della spazzatura dall’altra parte
della strada
della sua destinazione.
Aveva
puzzato di cavolo
marcio per una settimana intera, con grande disappunto di Lancelot.
Con
un sospiro, Christian
aspettò che Gal si distraesse per avvicinarsi a Kevin, e
passargli un
deodorante spray.
“Grazie,
ma non ne ho
bisogno.” Rifiutò subito il ragazzino, ma
Christian insistette: “Fidati di me,
prendilo. Poi, mi ringrazierai.”
Per
tutta risposta, Kevin
prese la bomboletta, senza parole, osservandola in silenzio.
“Forse
a voi potreste portare
con voi anche Delphini…” s’intromise,
proprio in quel momento, la signora
Weasley e, immediatamente, la ragazzina esclamava: “Eh?! Non
per essere
maleducata, ma io credo di essere in grado di utilizzare la
Metropolvere…”
“No,
cara, è meglio se vai
coi ragazzi… Teddy mi ha raccontato che vivi con la tua
tutrice, la quale,
purtroppo, non ha alcuna connessione col mondo della magia, quindi non
sei
abituata ad usarla. Sono sicura che Gal farà un ottimo
lavoro.”
“Si
vede che non conosce
Gal…”
Con
un sospiro, Delphini si
avvicinò a Gal e lo avvertì, sottovoce:
“Vedi di non fare qualche stupidaggine
delle tue. Fa un buon lavoro, per una volta.”
Per
tutta risposta, Gal le
fece una linguaccia, risentito.
“Bene,
allora? Chi va per
primo?” domandò, con un sorriso, la signora
Weasley e Victoire esclamò, alzando
la mano: “Io e Teddy!”
“Va
bene. Mi raccomando, fate
attenzione.”
“Nonna,
Teddy è uno che sa il
fatto suo. Se succede qualcosa, mi proteggerà e
farà passare un brutto momento
a quegli idioti!” esclamò, con entusiasmo, Vicky,
mentre Teddy cercava di
calmarla: “Più che un brutto momento, gli
farei… arretrare il necessario per
darcela a gambe…”
Dopo
aver detto ciò, Teddy e
Victoire, sempre tenendosi per mano, si diressero verso il camino e,
dopo aver
preso della polvere da un sacchetto, Teddy esclamò:
“Diagon Alley!”
In
un attimo, i due erano
svaniti tra fiamme verdi.
“Bene,
il prossimo gruppo.”
Disse la nonna di Victoire e Gal propose: “Andiamo noi.
Delphi, prendimi la
mano, mentre tu, Kevin, afferra il mio braccio.”
A
differenza del compagno di
Serpeverde, il quale fece subito come gli aveva proposto, Delphini si
aggrappò
alla spalla di Gal con la mano.
“Beh,
fa come vuoi…” sbuffò
Gal, imitando quello che aveva fatto Teddy pochi istanti prima.
“Teddy,
che ne dici di andare
a prendere il gelato? Siamo atterrati proprio di fianco alla
gelateria.”
Domandò Victoire, indicando un edificio, e Teddy rispose:
“Magari dopo, Vicky.
Prima dobbiamo comprare tutto quello che ti servirà per il
tuo primo anno.”
“Posso
prendermi anche un
animale al Serraglio Magico?”
“Dovrai
chiederlo a tua
nonna, prima.”
“Uffa…
spero che ci siano
coniglietti al Serraglio Magico…”
Proprio
in quel momento, da delle
fiamme comparse dal nulla, apparvero Athena ed Elizabeth, un
po’ piene di
polvere.
“Eccovi,
ragazze! Com’è
andato il viaggio?” domandò, con un sorriso, Teddy
ed Athena ammise: “Un po’ vertiginoso…
ma ho visto di peggio… Gal, Kevin e Delphini se ne sono
già andati in giro?”
“Cosa
intendi?”
“Sono
partiti prima di me ed
Elizabeth… dovevano essere qui…”
“No…
qui non sono venuti…”
Mentre
i presenti
cominciavano ad innervosirsi, il camino si accese di nuovo ed apparve
Christian, il quale, notando immediatamente le espressioni preoccupate
dei
compagni, domandò: “Che è
successo?”
“Si
tratta di Gal, Delphini e
Kevin… non sono mai arrivati qui… sono scomparsi
durante il viaggio…” spiegò
Teddy e, con un sospiro, il ragazzino sbuffò: “Oh,
no… di nuovo…”
“Cosa
intendi?” fece, senza
parole, Victoire e l’altro spiegò: “Gal
sbaglia sempre qualcosa con la
Metropolvere… non è mai atterrato nel camino
giusto… di solito, però, attera
vicino al luogo in cui dovrebbe arrivare… è raro
che finisca così lontano…”
“Speriamo
che non siamo
finiti a Notturn Alley…”
“Già,
altrimenti Gal chi lo
stacca più da quel postaccio?”
“Almeno
Delphini è con loro…
se devo essere sincero, sono più tranquillo sul fatto che
sia andata con loro…”
Il
camino della vecchia casa
cadente s’illuminò e, di colpo, in una nuvola nera
di fuliggine, apparvero tre
ragazzini di dodici anni, due maschi e una femmina, la quale, si
rialzò
prontamente e, mentre si sistemava la coda alta, sbuffò:
“Oh, quanto odio la
Metropolvere… preferisco di gran lunga viaggiare con la
scopa o con la
bicicletta…”
Non
appena ebbe finito, la
giovane si diede un’occhiata in giro.
Non
c’era nessuno e a lei
quello pareva una vecchia abitazione che il retro del ‘Paiolo
magico’…
“Gal,
ma è possibile che tu
non sappia fare una, dico una, cosa per il dritto?!”
strillò, furiosa, Delphini,
afferrando per il bavero della camicia il povero Gal, riservandogli
un’espressione di pura rabbia ed esasperazione.
“E
adesso che c’è? Perché urli?”
protestò il Grifondoro e la ragazza rispose, furibonda:
“Questo non è ‘Il
Paiolo Magico’, testa di rapa! Chissà dove diavolo
siamo finiti… t’avverto, la
prossima volta, guido io!”
Mentre
i due litigavano,
Kevin si ripulì le lenti degli occhiali e, ad un tratto,
sentì uno scricchiolio
dall’altra parte della porta.
“Ehm,
ragazzi… sta arrivando
qualcuno…” fece notare il ragazzino e, subito,
Delphini esclamò: “Spero per il
tuo bene che non siamo finiti troppo lontani!”
In
quel momento, la porta si
aprì e apparve un ragazzino vestito con dei vestiti da
ragazzino
dell’Ottocento, camicia elegante bianca, un lungo mantello
nero, una borsa di
cuoio a tracolla e pantaloni neri, coi capelli biondi che tutti,
soprattutto
Gal, riconobbero subito: “Abel?!”
“Ma
guarda chi c’è…”
ridacchiò, divertito, il giovane Serpeverde “Come
ci siete finiti voi tre,
qui?”
“Sono
affari nostri!
Piuttosto, come ti sei conciato? Sembri uscito da un romanzo di Jane
Austin…”
lo prese, a sua volta, in giro, Gal, mentre Kevin, incredulo,
sussurrava: “Non
sapevo che conoscessi Jane Austin… quale suoi romanzi hai
letto?”
“A
dire la verità, neanche
uno. E’ la scrittrice preferita di mia madre e a casa abbiamo
tutti i suoi
romanzi… in uno di essi, mi sembra che si chiamasse
‘Cime Tempestose’, c’erano
le figure e il protagonista, il quale aveva un nome strambo, da
ragazzino
indossava abiti come quelli di Abel…”
“Gal…
Jane Austin non ha
scritto ‘Cime Tempestose’, pezzo
d’imbecille!!!! Quello fu l’unico libro e il
grande capolavoro di Emily Bronte!!! Ma dico, come diavolo fai ad
essere così
stupido?!?!” strillò Delphini, mentre Abel aveva
ormai le lacrime agli occhi a
furia di ridere: “Hai proprio ragione, Delphini…
non riesco proprio a capire se
quello paga per essere così stupido oppure se è
un dono di natura…”
“Tu
chiudi quella tua stupida
bocca, deficiente che non sei altro!” sibilò,
furioso, Gal, avvicinandosi
all’altro, il quale, tuttavia, mantenne la calma.
“Forse
non sarò un genio a
scuola, sono il primo ad ammetterlo, ma, almeno, ho a cuore la mia
salute, a
differenza di qualcuno che, l’anno scorso ha rischiato di
ammazzarsi cadendo
dalla scopa, a causa di un’anemia per
malnutrizione!” sibilò Gal, mentre
l’altro con un’espressione feroce, sussurrava, di
rimando: “Chi ti credi di
essere, stupido Grifondoro? Tu non sai niente di me, della mia vita e
della mia
famiglia… quindi, ti consiglio di non impicciarti di
faccende che non ti
riguardano, se non vuoi finire in giganteschi guai.”
Dall’espressione
del viso,
era evidente che il ragazzino non stava scherzando.
Prima
che Gal potesse dire qualsiasi
cosa, il rosso sentì un calcio parecchio forte alla gamba e
non poté trattenere
un gemito.
“Tutto
bene?” domandò,
preoccupato, Kevin e l’altro, massaggiandosi la coscia
dolorante, esclamò,
leggermente preoccupato: “Ci sono i fantasmi in questo posto!
Uno di loro mi ha
persino tirato un calcio!”
“Quanto
sei scemo, Gal… i
fantasmi, da che mondo è mondo, sono immateriali e non
possono tirare calci! E
poi, non s’è mai visto un fantasma invisibile!
Bisognerebbe proprio essere ignoranti
per non saperlo.” sbottò, esasperata, Delphini,
mentre l’amico ribatteva: “Che
ne sai tu? L’hai mai visto un fantasma appena
alzato?”
“I
fantasmi non dormono,
salame…”
“Allora
quando le signore si
sporcano col trucco.”
“…E
neanche truccarsi.”
Mentre
diceva quelle parole,
la ragazzina pensò: “Perché
a me? Perché a me?! Ma cosa ho fatto di male per meritarmi
tra i piedi un
simile asino?!”
Dopo
aver fatto l’ennesima
linguaccia a Delphini, Gal si voltò di nuovo verso Abel e
sbottò: “E’ tutta
colpa tua!”
“Colpa
mia? E perché?” domandò,
con un tono tra il divertito e il fare innocente, Abel, mentre un
sogghigno gli
appariva sulle labbra.
Deciso
a non cedere, Gal ribatté:
“Tu centri sempre, me lo dice il mio istinto! Ogni volta che
ho a che fare con
te, succede sempre qualcosa di brutto a me! Appena scopro come cavolo
fai…”
“Non
illuderti, Gal… se anche
io facessi qualcosa e non lo faccio, non riusciresti mai a
capire… forse se
facessi prendere un po’ più di aria alla testa,
riusciresti a ragionare meglio,
no?”
E,
prima che il rosso potesse
bloccarlo, Abel, con una mossa fulminea, prese il casco da pilota dalla
testa
di Gal.
“Ehi,
ridammelo!!!” strillò
Gal, venendo bloccato da una mano di Abel sul petto, il quale,
guardando il
copricapo con curiosità, esclamò:
“Cavoli, questo è il cappello più
ridicolo
che abbia mai visto… bisogna proprio avere il coraggio di un
Grifondoro per
indossarlo…”
“Non
me ne frega niente di
quello che pensi tu! A me importa cosa ne penso io!”
“Senti,
Abel… potremmo sapere
dove siamo?” domandò, intromettendosi nella
litigata, Kevin e il biondo, affermò:
“Siamo in un vecchio negozio abbandonato alla periferia di
Diagon Alley.”
“Ah,
bene… allora non siamo
troppo lontani dalla nostra destinazione.”
“A
quanto pare…”
Dopo
aver detto quelle parole,
Abel lanciò in aria il casco di Gal e l’altro,
prontamente, corse a prenderlo,
afferrandolo al volo.
Mentre
se lo ricacciava in testa,
Gal protestò, furioso: “Sta più
attento! Questo casco è la cosa più preziosa al
mondo!”
“Certo…
per un museo o un
vecchio mercato delle pulci. Ma sai, quando si vuol
risparmiare…”
“Risparmiami
le tue
battutacce, antipatico colossale!”
“Scordatelo.
E’ una delle
poche cose che amo usare senza alcun freno…”
Alla
fine, facendo un sospiro
d’esasperazione, Delphini si mise in mezzo: “Adesso
basta voi due! Siete peggio
dei mocciosi che vivono nel mio stabile! Ora, chiudete il becco,
entrambi! Ed
usciamo di qui!”
Immediatamente,
i due
litiganti si calmarono subito, nervosi.
Una
cosa era certa: Delphini
sapeva come mettere in riga le persone.
Senza
aspettare una risposta
dai due, la ragazzina uscì dalla stanza, trovandosi in un
immenso salone tutto
polveroso, con tavoli rovesciati, casse di legno vuote e cocci di
bottiglia.
“Che
posto…” commentò Kevin,
mentre Abel, con la massima noncuranza, spiegava:
“E’ un vecchio negozio di articoli
per pozioni. Durante la seconda Ascesa di Voi-sapete-chi, ha fallito e,
da
allora, questo posto è deserto.”
“Cosa
ci facevi qui?”
“Come
ho detto poco fa a
quello stupido di Galahad Sandlers, non impicciarti di cose che non ti
riguardano,
se vuoi vivere a lungo, Nato Babbano.”
“Ehi!”
fece Gal, mentre
Delphini, ignorando il baccano generale, si diresse verso
l’uscita.
Proprio
quando stava per
uscire, quando sentì uno scricciolo, dietro di lei e,
d’istinto, Delphini puntò
la bacchetta nella direzione del suono, ma vide solo un angolo buio e
deserto.
“Probabilmente
è stato un
gatto.” Dichiarò, con la massima indifferenza,
Abel, ma l’altra non ne era
affatto convinta: “Non vedo gatti da nessuna parte, qui.
Secondo me, è qualche
spione con un bel mantello dell’invisibilità, ma
per sua fortuna, ha messo il
piede proprio sopra ad un asse che scricchiola...”
“Lascia
perdere, non è
nessuno! Te lo dico io!” sbottò Abel, mentre
stringeva con forza i pugni e la
sua espressione diventava livida.
“Che
c’è, Abel? Non dirmi che
hai paura…” lo prese in giro Gal, senza accorgersi
che la sua spalla si era
leggermente alzata, per poi abbassarsi, e il Serpeverde, furioso,
sibilò: “Paura?
Ti piacerebbe, idiota…”
Nel
frattempo, Delphini si
mise davanti al luogo dove aveva sentito il rumore e puntò
la bacchetta,
ordinando: “Mi spiace, amico, ma è calato il
sipario. Conterò fino a tre e, se
non ti toglierai il mantello e ti mostrerai, aprirò fuoco.
Uno… due… e t…!”
Prima
che la giovane potesse
avere il tempo di finire di contare, Abel, veloce come il lampo,
gettò per
terra, con incredibile violenza, la borsa che aveva a tracolla.
In
pochi secondi, tutto il
salone fu riempito da una polvere nera come la pece.
“Maledizione…
è Polvere
Buiopesto peruviana! Non muovetevi e non lanciate nessun incantesimo di
luce e
fuoco! Non solo sarebbe completamente inutile, ma rischierebbe di far
incendiare questo posto!” urlò Delphini, cercando
di orientarsi in tutto quel
fumo, quando, ad un tratto, sentì di nuovo uno scricciolo a
pochi metri di distanza
da lei, a giudicare dal suono.
“Ah,
non mi scappi,
furbastro!” urlò la ragazzina, dirigendosi in
quella direzione e lanciando
degli incantesimi, ma, ad un tratto, sentì come se qualcuno
le avesse fatto all’improvviso
lo sgambetto e cadde per terra con un sonoro tonfo, facendosi anche
male.
Si
rialzò in piedi, ma non
riusciva a vedere niente, a causa di quella maledetta polvere, la
quale,
fortunatamente, stava cominciando a sparire.
Finalmente,
dopo pochi
minuti, la visibilità tornò ai tre, i quali si
guardarono intorno.
“Sai,
comincio a capire come
si devono essere sentiti Zubin e i suoi amici quando gli abbiamo
lanciato per
ben due volte quella polvere…” commentò
Gal, pulendosi il suo casco, il quale
era diventato nero per via della polvere “Meno male che non
c’era Oliver o sarebbe
stato malissimo a causa di quella robaccia…”
Delphini
rimase in silenzio, infuriata.
Era
stata sconfitta, con una
fattura sgambetto, per di più!
Certo,
non poteva vedere niente
in quel momento, per via della polvere, ma era comunque uno smacco
tremendo per
il suo orgoglio.
Lei
non doveva essere
sconfitta da nessuno!
Adesso
sapeva cosa su cosa concentrare
il suo addestramento quell’anno…
“Sei
sicura che ci sia ancora
qualcuno là dentro, Frannie?” domandò
una voce proveniente da una finestra rotta,
mentre una giovane donna, a giudicare dalla voce, sbuffava:
“Ne sono sicura, Norman!
Avremmo dovuto metterci degli incantesimi di protezione a guardia
dell’edificio…
ma tu continuavi ad insistere che non sarebbe mai venuto nessuno, e,
invece…
Dorian darà di matto, quando lo
scoprirà!”
“Non
è colpa mia, se i
mocciosi di oggi sono fin troppo intraprendenti… e i
genitori li lasciano pure
fare! Se facevamo qualcosa del genere ad undici anni, papà
ce le suonava di
brutto… speriamo solo che non abbiano trovato la
merce…”
Immediatamente,
Delphini
prese il polso di Kevin, il più vicino e lo
trascinò verso una porta di legno, il
quale fece: “Ma cosa…?”
“Ssst!”
fece la ragazzina
aprendo la porta e uscendo da essa in fretta e furia.
Gal
fece per inseguirli, ma
proprio quand’era al centro della sala, ma sentì
la porta aprirsi con un cigolio
inquietante.
Capendo
che era troppo tardi
per uscire come avevano fatto i suoi amici, Gal si nascose dietro a
delle casse
di legno, proprio mentre la porta si apriva completamente e delle
figure
entravano nell’edificio.
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Capitolo 37 *** Conigli, vento, fuliggine ***
Capitolo
37: Conigli, vento,
fuliggine
“Guarda
quanti bei
coniglietti…” esultò Victorie,
osservando con entusiasmo la cesta sul balcone
del ‘Serraglio Magico’ con conigli di tutti i
colori, alcuni con le orecchie in
su, mentre altri le avevano in giù.
Teddy,
il quale si trovava
vicino alla ragazzina, ammise, con un sorriso:
“Già, sono proprio tanti…”
“Secondo
te, quale dovrei prendere?”
“E’
una tua decisione,
Victoire. Io non ho alcun diritto di mettermi in mezzo.”
“Uffa,
sei proprio di grande
aiuto, tu…”
Ad
un tratto, un piccolo
coniglietto dal pelo grigio con riflessi blu e le orecchie
all’ingiù, si alzò
su due zampe, come una sorta di equilibrista, ma, dopo un
po’, perse
l’equilibrio e cadde per terra.
“Hai
visto quello, Teddy?”
esclamò, ancora incredula da quello che aveva appena visto,
la bionda e il
compagno annuì: “Sì. Quel piccoletto ha
davvero tanta energia…”
Quasi
subito, il piccolo
coniglio si diresse verso Victoire, fermandosi proprio davanti a lei.
“Ciao,
piccolino… sei proprio
un amore, sai?” gli sussurrò, con dolcezza,
Victoire, accarezzandogli il pelo.
Il
coniglietto, di tutta
risposta, le diede dei piccoli colpi sulla testa, come se volesse farle
capire
che aveva un animo giocherellone, mentre guardava la piccola bionda con
i suoi
piccoli, ma profondi occhi neri.
In
un attimo, la ragazzina
capì.
“Signora,
prendo questo
coniglio. E’ il mio, lo sento.” Esclamò
Victoire alla signora dietro al
balcone, la quale prese l’animale: “Bene, sappi
che, quando lo prendi in mano,
devi far appoggiare le zampe posteriori sul braccio in questo modo,
capito?
Guarda attentamente come faccio io.”
Victoire
osservò con molta
attenzione la posizione, poi allungò le braccia e prese in
braccio il coniglio,
nello stesso modo in cui lo aveva preso la signora.
Il
coniglio rimase
perfettamente immobile tra le braccia della ragazzina, la quale
cominciò ad
accarezzargli il pelo grigio, tutta eccitata.
“Cavoli,
quant’è morbido!
Prova a toccarlo, Teddy!” esultò Victoire e,
subito, l’amico la imitò,
commentando: “Hai proprio ragione. Inoltre, è un
coniglio molto tranquillo…
sembra quasi un peluche.”
“Chissà
la faccia che faranno
Dominique e Louis, quando lo vedranno…”
“Mi
scusi, come si chiama
questo coniglio?”
“Non
ha un nome. Comunque,
sappiate che è una femmina.”
L’informò la strega, tornandosene a leggere la sua
rivista.
Teddy
guardò Victoire e le
domandò: “Come vuoi chiamarla?”
“Creamy!
Mi ricorda tanto il
gelato…”
“Beh,
di certo è un nome
parecchio originale…”
Ad
un tratto, il Tassorosso
notò che Victorie aveva assunto un’espressione tra
il nervoso e il seccato.
“Qualche
problema, Vicky?” le
domandò Teddy e l’altra rispose, stringendo il
coniglietto: “Ho solo pensato a
quella stupida bestiaccia di quella tua amica! Di sicuro,
vorrà mangiarsi la
mia povera Creamy…”
“Non
preoccuparti, la terremo
d’occhio e, quando saremo ad Hogwarts, Creamy
starà nella tua Sala Comune ed
Asmodeus in quella di Delphini… probabilmente, starai a
Grifondoro, come tuo
padre e tutta la tua famiglia paterna…”
“Io
a Grifondoro?! Ma
neanche… io voglio finire a Tassorosso, assieme a
te!”
“Davvero?
Beh, sono felice di
sentirlo, ma… vedremo… forse… ma chi
lo sa…” borbottò Teddy, sbrigandosi ad
uscire con la ragazzina.
Non
aveva proprio il cuore di
dirle che Tassorosso era l’ultima Casa dove sarebbe,
probabilmente, finita… e
non perché tutta la sua famiglia era finita a Grifondoro, ma
perché il suo
carattere era completamente incompatibile a quello di un Tassorosso:
aveva
troppo grinta, troppa poca pazienza, amava mettersi abbastanza in
mostra,
preferiva divertirsi che lavorare… insomma, Victoire Weasley
era tutto, tranne
che una Tassorosso.
Tuttavia,
non se la sentiva d’infrangere
i sogni di una ragazzina… anche se si stupiva che Victoire
preferisse
Tassorosso a Grifondoro, a differenza della maggior parte dei
ragazzini, che
consideravano la sua Casa un gruppo di mollaccioni, buoni a
nulla… certo che
era davvero unica, chissà perché preferiva la sua
Casa…
Ad
un tratto, notò una figura
proprio davanti ad una vetrina che lui riconobbe subito, mentre un
largo
sorriso gli apparve sulle labbra.
“Nonna!
Ehi, nonna!” la
chiamò Teddy, muovendo le braccia, ma la donna, a causa
della confusione non lo
sentì.
Senza
mai lasciare la mano di
Vicky, il ragazzino si fece largo tra la folla e, una volta che fu
più vicino,
chiamò di nuovo: “Nonna!”
Solo
allora, la donna,
sentendo la voce del nipote, si girò e non appena riconobbe
Teddy, sorrise:
“Teddy!”
Subito,
corse ad abbracciarlo
e domandò, entusiasta: “Sei venuto qui per
comprare le cose per la scuola?”
“Sì.
E tu?”
“Ho
finito il concime per le
mie amate piante, quindi dovevo assolutamente trovarne
dell’altro.”
“Nonna,
Vicky ha appena comprato
un coniglietto.”
Sollevò,
delicatamente, la
gabbia di Creamy, la quale mosse il suo nasino.
“Oh,
che carino… come si
chiama il piccolo?” domandò Andromeda e Victoire,
tutta orgogliosa, annunciò:
“E’ una femmina e si chiama Creamy!”
“Creamy?
E’ proprio un bel
nome.”
“Già,
non vedo l’ora di farlo
vedere ai miei fratelli e agli amici di Teddy.”
“Oh,
ci sono anche i tuoi
amici, Teddy?”
“Già.
Dato che sei qui,
nonna, posso presentarmi alcuni di loro.”
“Ne
sarei onorata, tesoro!
Anzi, non vedo l’ora di conoscerli tutti.”
“Certo…
anche se per alcuni
ce ne vorrà un po’…”
Fu
solo quando s’infilarono
in uno stretto e buio vicolo che i due ragazzini di dodici anni si
fermarono
per riprendere fiato.
“Che
corsa… non sono più
abituato a correre…” sussurrò,
stravolto Kevin, mentre Delphini, la quale si
stava pulendo col dorso della mano la fronte sudata, annuiva:
“Già. La lezione
che più si avvicina ad educazione fisica è Volo e
non vengono richiesti polmoni
ben allenati.”
“Non
ti è sembrato un po’
strano?”
“Cosa?”
“Il
comportamento di Abel…
hai notato com’è diventato nervoso, quando ti sei
avvicinata a quel punto? E,
poi, ha buttato tutta quella polvere…”
“Già…
stava decisamente
nascondendo qualcosa…”
“Sai,
la sua espressione
facciale… mi ha ricordato una cosa… ricordi
l’anno scorso, quando Hugh Flint ha
sentito qualcuno in Sala Comune?”
“Certo
che me lo ricordo… ho
fatto ribaltare i divani, per far accorrere Lumacorno.”
“Beh,
quando lui e gli altri
insegnanti erano alla ricerca di questo tizio, Abel era molto
nervoso… io credo
che temesse che gli insegnanti riuscissero a trovare quel
tizio.”
“Lo
credo anch’io. Inoltre,
aveva un’espressione di spavento, quando Lumacorno ha detto
che Mrs Purr aveva
avuto a che fare con due uomini e Bluebell Borgin ha detto di non aver
mai
avuto un mantello dell’invisibilità…
credo che sia stato Abel a far entrare in
Sala Comune il nostro amico invisibile.”
“Come
avrebbe fatto?”
“Se
non sbaglio, tu condividi
il dormitorio con lui…”
“Sì,
assieme a Lester Fawley
e Hugh Flint.”
“E’
entrato assieme a voi,
vero?”
“Sì,
e poi, si è infilato
subito nel letto.”
“Ottimo.
Ha aspettato che voi
tre vi addormentaste. Di certo, non ci sarà voluto molto,
eravamo tutti stanchi
per il lungo viaggio e per la cerimonia…”
“Altroché…
ho fatto in tempo
ad appoggiare la testa sul cuscino che mi sono addormentato
subito…”
“Poi,
una volta che eravate
tutti crollati, si è diretto nella Sala Comune e ha aperto
la porta che conduce
al nostro sotterraneo.”
“Cosa?!
Ecco come diavolo ha
fatto ad entrare, col passaggio nascosto e le finestre sul
fondale…”
“Purtroppo,
io lo sospettavo
già.”
“Sospettavi
di Abel?”
“No,
ma sospettavo che un
Serpeverde avesse aperto il passaggio dall’interno per far
entrare qualcuno.
Certo, poteva aver sentito la password di nascosto, ma era comunque un
azzardo
entrare col rischio di essere beccato da qualcuno ancora in piedi,
doveva per
forza avere un complice all’interno.”
“Perché
non ne hai parlato
con Lumacorno?”
“Erano
solo ipotesi, non
potevo rischiare di inimicarmi tutti i miei compagni con
l’accusa di una talpa
interna…”
“Beh,
io ti avrei creduto.”
Sentendo
ciò, Delphini si
voltò a guardarlo, incredula.
Arrossendo
dall’imbarazzo,
Kevin spiegò, guardando da un’altra parte e
mettendosi una mano dietro alla
nuca: “Sei l’unica Serpeverde che mi ha accettato
fin dall’inizio… nei gruppi
di lavoro finiamo sempre insieme… e sei l’unica
che crede che possa partecipare
e superare il provino di Cacciatore… pertanto,
anch’io ho piena fiducia in te.”
Spostando
lo sguardo, per non
mostrare le guance incandescenti, borbottò:
“Tornando a noi… dopo
quell’accaduto, ho deciso di osservare la situazione,
concentrandomi su alcune
persone.”
“Solo
su alcune? Ma… siamo in
tanti a Serpeverde…”
“Vero,
ma c’erano alcuni
piccoli indizi per trovare la talpa…”
“Quali?”
“Prima
di tutto, il mantello
dell’invisibilità. Solo un ragazzino proveniente
da una famiglia di maghi
poteva permetterselo, questo fatto ti ha subito scartato, visto che eri
l’unico
Nato Babbano di Serpeverde, ma, oltre a provenire da una famiglia di
maghi, il
proprietario doveva essere ricco sfondato, dato che sono rari e
parecchio
costosi… e le uniche famiglie che rispecchiano con certezza
questa categoria,
sono, ovviamente, quelle appartenenti alle Sacre Ventotto.”
“Quindi,
bisognava solo
cercare tra loro…”
“In
realtà, il complice ha
lasciato un altro piccolo e cruciale indizio.”
“Quale?”
“Non
ti sembra che portare un
intruso nella nostra Sala Comune sia stato un leggero
azzardo?”
“Beh,
sì… in effetti, mi è
sembrato un po’ strano…”
“Questo
era perché non
conosceva troppo bene la scuola per nasconderlo in un posto
migliore… e chi
sono gli studenti che meno conoscono i nascondigli della
scuola?”
“Quelli
del primo anno!”
“Già…
quindi la talpa era,
per forza di cose, uno studente del primo anno che facesse parte delle
Sacre
Ventotto e Abel combacia perfettamente con questo pensiero. Scommetto
che Abel
e il suo amico si erano accordati in precedenza che lui avrebbe aperto
la porta
non appena tutti si fossero addormentati. Inoltre,
quand’eravamo sul treno per
Hogwarts, Gal ha detto di averlo visto parlare da solo e che non lo ha
fatto
entrare assieme a Christian… non stava parlando da solo, ma
con quell’essere.
Non ha fatto entrare nessuno nello scompartimento perché
l’avrebbero scoperto
in un secondo e lui non poteva rischiare.”
“Però,
non capisco… perché
tutto questo?”
“Non
credo che Abel abbia
fatto entrare il suo complice per ammazzarci, altrimenti lo avrebbero
fatto
mentre tutti dormivano… il fatto che quell’essere
fosse sdraiato sul divano
della Sala Comune, mi fa pensare che il motivo per cui Abel
l’abbia fatto
entrare, fosse quello di dargli un rifugio per la notte. Un luogo dove
dormire
fino al mattino.”
“Era
troppo rischioso! Pensa
se fosse stata mattina…”
“Già,
infatti, molto
prudentemente, Abel non l’ha fatto più entrare nel
Sotterraneo.”
“Mi
domando chi stia cercando
di nascondere con così tanta
determinazione…”
“Non
ne ho idea, ma di certo
è qualcuno che neanche il Mondo Magico vorrebbe in
giro…”
Proprio
in quel momento,
Kevin si guardò in giro e si accorse che mancava qualcuno
all’appello.
“Ehi,
Delphini… manca Gal…”
“Quell’idiota…
avrà di certo
preso un’altra strada.”
“Ma
se fosse stato preso?
Quelli mi sono sembrati dei veri e propri
criminali…”
“C’è
questa possibilità. Con
Gal, poi…”
“Torno
indietro a cercarlo.”
“Vuoi
forse ammazzarti?”
“Cosa
intendi?”
“Sei
un mago del secondo
anno, abbastanza bravo in Incantesimi. Non hai abbastanza esperienza
per
affrontarli e salvare Gal.”
“Lo
so, ma… Gal è uno dei
miei amici, uno dei primi che abbia mai ricevuto in vita! Non posso
abbandonarlo così, anche se non posso fare
molto…”
“Allora
andrò io.”
“Cosa?”
“Ho
più esperienza con tipi poco
raccomandabili. Vado, analizzo la situazione e, se Gal è
riuscito a
svignarsela, bene, sennò li sistemo io.”
“Ma
non sarà pericoloso?”
Per
tutta risposta, Delphini
si voltò a guardarlo e, con un sorrisetto di sfida e
parecchia fiducia verso sé
stessa, ribatté: “Pericoloso? Per quei deficienti,
semmai…”
“Ma
guarda quanta polvere
nera… ci vorrà un decennio per farla sparire,
anche con la magia!” borbottò il
mago piuttosto basso con sporchi capelli biondi, mentre la sua
compagna, con
capelli a caschetto biondi e gli occhi azzurri, proprio come l'altro,
esclamava: “Norman, non ha alcuna importanza
com’è conciato questo posto! La cosa
più importante, adesso, è assicurarci che non ci
siano altri ragazzini
ficcanaso in giro per questo stabile!”
“E
anche se fosse?”
“Sei
più stupido di un asino!
Se qualcuno trova la nostra merce, siamo fregati! Avremo
l’Ufficio Regolazione
e Controllo delle Creature Magiche sul collo! Per giunta, la nuova
direttrice è
Hermione Granger!”
“Cosa?!
Quella Hermione
Granger?! L’amica di Harry Potter?!”
“Proprio
quella! A quanto
pare, ha dato vita a dei progetti di legge parecchio pesanti contro chi
maltratta e sfrutta le creature magiche… è per
colpa sua se il nostro lavoro è
diminuito drasticamente! E’ furba come una volpe e
più cocciuta di un mulo,
quella stramaledetta impicciona!”
“Ma
in questo stabile non
viene mai nessuno…”
“E
quel moccioso con l’amichetto
sotto il mantello nero che sono usciti da qui qualche secondo fa?! Come
li
chiami, quelli?!”
“Semplici
ragazzini curiosi,
Frannie.”
“Non
dire cavolate, Norman!
Tu sorveglia questo salone, mentre io controllo le stanze di sopra! Non
sarà un
intraprendente moccioso a mandare in fumo la nostra carriera!”
“E
va bene…”
Sbuffando
per la seccatura,
Norman si mise una sigaretta in bocca, cominciando a fumare,
appoggiandosi con
la schiena ad una grossa pila di casse di legno, senza nemmeno
accorgersi del
piccolo clandestino coi capelli rossi e con un vecchio casco da
aviatore
babbano nascosto dietro di esse.
Il
giovane Gal, infatti, se
ne stava rannicchiato dietro di esse, osservando sia la porta da cui,
pochi
minuti prima, erano scappati Delphini e Kevin, che Norman, il quale
stava
fumando beatamente, ignaro del fatto che l’intruso temuto
dalla compare si
trovasse proprio dietro di lui.
In
ogni caso, si trovava in
un bel vicolo cieco… come avrebbe fatto a scappare con quel
tizio che si
trovava proprio lì?!
L’unica
speranza era che quei
due se ne andassero, senza vederlo…
Ad
un tratto, la sua
attenzione fu attirata da una cassa di legno proprio di fianco a lui
che non
sembrava chiusa.
Lanciò
un’altra occhiata al
tizio che stava tenendo d’occhio la stanza e, dopo essersi
assicurato che non
stava guardando dietro di sé, Gal, il più
silenzioso possibile, alzò il
coperchio e, per poco, non fece cadere il coperchio.
All’interno
della cassa, in
mezzo a della paglia, c’era un enorme uovo che sembrava fatto
di granito.
Gal
lo contemplò finché non
allungò una mano verso di esso e lo prese, scoprendo che, al
tatto, era molto
ruvido.
Rimase
in silenzio ad
osservarlo, affascinato finché non sentì dei
passi giù dalle scale, certamente
Frannie che tornava dalla sua ispezione e, d’istinto, mise
l’uovo sotto alla
sua felpa, cercando di reprimere i brividi di freddo, a causa del
contatto con la
sua pelle calda.
“E
allora?” le domandò
Norman, facendo cadere la sigaretta per terra e schiacciandola con la
scarpa, e
l’altra rispose: “Ho guardato dappertutto, ma non
c’è nessuno.”
“Che
ti avevo detto?”
“Aspetta,
un attimo… ho
trovato un sacco di polvere sparsa davanti al camino del piano di
sopra.”
“E
allora? Quei due mocciosi
saranno finiti per sbaglio nel nostro camino con la Metropolvere. Non
è certo
la prima volta che succede…”
“Eppure
dalle tracce sembra
che ci fosse molta più gente…”
“Ma
finiscila di avere tutti
questi sospetti, sorella…”
Erano
così impegnati a
discutere, da non accorgersi di una ragazzina che li stava spiando di
nascosto
dalla finestra rotta.
Delphini,
infatti, osservava
l’interno del posto con molta attenzione, con tutti i suoi
sensi all’erta, in
modo da evitare di venire vista da qualcuno.
A
differenza dei due
all’interno, individuò subito Gal e fece una
smorfia, esasperata.
Soltanto
quell’imbecille poteva
nascondersi dietro a coloro che rischiavano di beccarlo…
almeno, quelli
sembravano più scemi di lui, dato che non lo avevano ancora
beccato… ma era
ovvio che il tempo stringeva.
Il
problema, molto
semplicemente, era che non poteva affrontare due maghi adulti senza
attirare
l’attenzione e del casino.
No,
doveva sistemarli con
l’astuzia e non con la forza, la dote più
importante dei Serpeverde… ma in che
modo?
Ad
un tratto, la sua attenzione
si spostò sul suo riflesso.
Forse…
certo, era un azzardo,
ma, in fondo, perché no?
Bastava
solo un vecchio
mantello e un pezzo di carta… poteva farcela!
Veloce
come il lampo, la
ragazzina si allontanò, decisa a portare a termine il suo
progetto.
Si
era allontanata da pochi
minuti quando un gufo entrò dalla finestra rotta e si
appollaiò sulle casse,
con una lettera attaccata alla zampa, che venne, prontamente, tolta da
Frannie,
la quale la lesse velocemente, mentre un sorriso di vittoria le
appariva sulla
bocca.
“Cosa
succede, Frannie?”
domandò, incuriosito, Norman e la sorella rispose:
“E’ Dorian! Ha trovato un
compratore!”
“Davvero?
Che splendida
notizia! Non vedevo l’ora di sbarazzarmene… non
riesco proprio ad immaginare
qualcuno così pazzo da volerne uno… sono talmente
pericolosi e aggressivi…”
“E’
perché la legge vieta di
tenerli, stupido! Più una cosa è vietata e rara,
più la gente la vuole e quando
si rendono conto che è pericoloso tenerli, è
troppo tardi. Ma, intanto, noi tre
facciamo affari d’oro.”
“Hai
proprio ragione, sorella…
con tutto quello che abbiamo guadagnato negli ultimi cinque anni con
questo
traffico, potremmo tranquillamente ritirarci a vita privata e vivere
come
nababbi per il resto della nostra vita.”
“Proprio
così… bene, allora
vado a prenderlo, in attesa che Dorian ci raggiunga. A proposito, dove
l’hai
messo?”
“In
una di quelle casse.”
“Accidenti
a te, possibile
che non ricordi mai niente?”
“Uffa,
guarda dentro di esse!
Vedrai che prima o poi lo troverai!”
Non
appena ebbe finito di
parlare, la donna si diresse proprio alle casse che costituivano il
nascondiglio di Gal e cominciarono ad aprirle, intenta a trovare il suo
obiettivo.
Sempre
più spaventato, Gal si
rannicchiò nel suo cantuccio, sperando che lo trovasse
qualunque cosa stesse
cercando con così tanta foga…
Sentì
i passi dei tacchi di
Frannie avvicinarsi a lui e chiuse gli occhi.
Era
la fine, lo sentiva… come
minimo lo avrebbero tenuto prigioniero… in ogni caso, gli
sarebbe mancati sua
madre, i suoi zii, Lancy un pochino, Christian, i suoi amici, quella
che gli
sarebbe mancata meno era Delphini, Hogwarts, i suoi insegnanti, tranne,
ovviamente, Bennet, l’odioso insegnante di Trasfigurazione,
Monica, una
Grifondoro di York che aveva una bella cotta per lui praticamente da
sempre, e
quel maledetto antipatico di Abel Nott.
Proprio
in quel momento,
dalla finestra rotta partì un piccolo raggio
d’energia che centrò in pieno la
testa di Norman, il quale urlò: “Ahia!”
Immediatamente,
Frannie
lasciò perdere la sua ricerca e si girò verso il
fratello, domandandogli: “Che
succede?”
“Qualcuno
mi ha tirato
qualcosa in testa!”
Entrambi
si girarono nella
direzione da cui era partito il colpo e videro una sagoma, la quale,
vedendosi
scoperta, cominciò a correre via.
“Eccolo!
Prendiamolo, Frannie!
Gli farò passare la voglia di farmi questi
scherzi!” urlò, furioso, Norman,
partendo all’inseguimento, seguito dalla sorella.
Facendo
dei grossi sospiri di
sollievo, Gal si sporse fuori dal nascondiglio e vide che non
c’era nessuno.
Senza
perdere altro tempo, il
ragazzino si alzò in piedi e lasciò il luogo,
deciso a non metterci più piede,
neanche per sbaglio!
Soltanto
quando si ritrovò
dietro ad un bidone della spazzatura di in un vicolo, il ragazzino
poté tornare
a respirare, ma, mentre si massaggiava il petto si accorse che sotto la
maglietta c’era un oggetto, ricordandosi di colpo
dell’uovo che aveva trovato
nella cassa.
Per
un attimo, il ragazzino
pensò di tornare indietro e di rimetterlo a posto, ma si
ricordò dei due
fratelli… di certo, se l’avessero beccato,
l’avrebbero ucciso…
Con
un sospiro, Gal tirò
fuori l’uovo, analizzandolo alla luce del sole.
Tutto
sommato, era ben fatto…
sembrava vero…
Con
un sorriso, il giovane
mise l’uovo nel suo zaino, ancora sporco di polvere.
Avrebbe
fatto un vero
figurone nella sua collezione…
“Dove
diamine è andato?!”
sibilò Frannie, puntando la bacchetta davanti a
sé e guardando in tutte le
direzioni, mentre il fratello sbuffava: “Non lo
so… ma aspetta che gli metta le
mani addosso…”
Ad
un tratto, notò un bidone
dell’immondizia caduto per terra, coi rifiuti tutti sparsi e
un sorriso gli
apparve sul viso.
“Credo
di averlo trovato,
sorella…” sogghignò Norman e Frannie
esclamò: “Ma sei sicuro che si sia
infilato proprio lì dentro?”
“Intanto
diamoci un’occhiata…”
ribatté il tizio, entrando nel vicolo, completamente deserto
e buio.
Non
c’era niente a parte
qualche volantino di cattura riferito alla Seconda guerra
Magica… ma, ad un
tratto, Norman notò una figura nera che si nascondeva nella
penombra.
“Eccolo
là…” sghignazzò
Norman, per poi puntare la bacchetta in quella direzione e sibilare e
ordinare:
“Avanti, vieni fuori! Ti abbiamo beccato!”
Non
appena ebbe finito di
dire quella frase, una bianca mano affusolata apparve dalla penombra e
permise
ad un’alta figura avvolta in un mantello verde brillante di
uscire da dietro
delle casse.
Era
molto piccola, con lunghi
capelli neri sciolti ricci, anche se si intravedevano qualche ciocca
bianca e
una strana sfumatura azzurra nel mucchio.
Per
qualche strano motivo, i
due fecero un passo indietro.
C’era
qualcosa in quella
strana figura di familiare… come se l’avessero
già vista da qualche parte… e
quel qualcosa incuteva paura…
Con
un aggraziato movimento
della mano, l’essere tirò fuori la bacchetta e la
puntò alla sua sinistra,
proprio dove c’era un volantino di cattura.
Non
appena l’ebbe guardato
bene, Norman sbiancò e, prendendo il braccio della sorella,
le ordinò:
“Frannie, dobbiamo andarcene da qui…
adesso!”
“Ma
che ti prende?”
“Quella
è Bellatrix
Lestrange!”
“Ma
che stai dicendo?! Quella
è morta!”
“Ti
dico che è lei! Guarda
quel volantino di cattura di fianco a lei!”
“Per
la barba di Merlino… ma
sono identiche!”
“Esatto!
Andiamocene,
presto!”
Aveva
appena finito di urlare
che un incantesimo partito dalla bacchetta della figura che si stava
avvicinando a loro, colpì il bidone di fianco a loro.
“Andiamocene,
sorella! Quella
è pazza e pericolosa, inoltre fa sul serio!”
strillò il tipo più giovane,
scappando dal vicolo, seguito a sua volta dalla sorella, la quale
urlava:
“Aspettami, Norman! Non lasciarmi da sola con quella pazza!
Guarda che io sono
troppo giovane e carina per essere torturata a morte!”
Era
così impegnati a scappare
da non accorgersi che la persona di cui avevano paura, non li stava
inseguendo,
ma li stava fissando in completo silenzio.
Una
volta che furono spariti,
la giovane incrociò le braccia e sbuffò, seccata:
“Idioti.”
Con
un rapido movimento della
mano, si tolse di scatto la vecchia tenda verde che aveva usato per
coprire la
sua vecchia felpa, i jeans e le scarpe da ginnastica.
Dopotutto,
sarebbe sembrato
alquanto strano se fosse apparsa la copia di Bellatrix Lestrange con
indosso
vecchi abiti babbani…
A
quel punto, la giovane
puntò la bacchetta sui capelli e sussurrò:
“Aquamenti!”
Subito,
una cascata d’acqua
gelida le finì sui capelli, tanto che Delphini dovette
trattenere un piccolo
urlo, a causa del freddo.
Una
volta che ebbe finito, si
mise la tenda che aveva usato come mantello come asciugamano, per poi
tirare
fuori dal vecchio zaino consumato un piccolo specchio apribile.
L’aveva
comprato prima di
andare ad Hogwarts, per essere sicura che non assomigliasse a sua madre
neanche
per sbaglio, infatti, tutte le mattine, controllava sempre che i
capelli
fossero a posto.
Dopo
una rapida occhiata,
fece un sorriso soddisfatto.
Non
c’era più alcuna traccia
di nero sui suoi capelli, nessuno poteva notare la somiglianza con sua
madre
neanche per sbaglio.
Puntò
di nuovo la bacchetta
sui suoi capelli e, stavolta, lanciò su di essi un
incantesimo Essicante,
perfetto per asciugare una piccola quantità
d’acqua come quella sui suoi
capelli.
Immediatamente,
un soffio
d’aria calda le riscaldò i capelli e i vestiti,
asciugandosi completamente in
pochi secondi e a quel punto, veloce come il lampo, si tirò
su i capelli in una
coda di cavallo, tornando a respirare normalmente.
Proprio
in quel momento
l’effetto dell’incantesimo Engorgio, che aveva
usato per aumentare un po’ la
sua altezza svanì e tornò ad essere la minuta
ragazzina di dodici anni, come al
solito.
Dopo
aver fatto ciò, Delphini
prese il mandato di cattura che aveva fatto in fretta e gli fece
prendere fuoco
con Incendio.
Non
doveva lasciare alcuna
traccia…
A
quel punto, si mise lo
zaino sulle spalle e uscì velocemente dal vicolo.
Sperava
che quel cretino di
Gal avesse approfittato della confusione che aveva generato per
svignarsela… in
caso contrario, era davvero uno stupido.
Ad
un tratto, però, notò un
vecchio casco da aviatore babbano e sorrise.
Allora
non era così scemo…
Con
un sorrisetto compiaciuto,
si avvicinò in punta di piedi all’amico e gli mise
entrambe le mani sulle
spalle, gridato: “T’ho preso!”
Ovviamente,
Gal fece un salto
ed urlò per lo spavento, voltandosi di scatto, ma, non
appena vide chi gli
aveva fatto lo scherzo, fece una faccia scocciata e
borbottò, offeso: “Molto
divertente, Delphini… davvero molto divertente!”
“Intanto
ci sei cascato… la
tua faccia spaventata era davvero uno spettacolo…”
ridacchiò la ragazzina coi
capelli d’argento, mentre il rosso, faceva una smorfia.
Ad
un tratto, si accorse che
mancava qualcuno all’appello e domandò:
“Scusa, dov’è Kevin?”
“Tranquillo,
è in un posto
sicuro. Andiamo a raggiungerlo.”
“Ottima
idea…”
“Quanto
mi piace il gelato
cioccolato e frutta…” esclamò la
piccola Vicky dando un’altra leccata
all’enorme cono gelato che aveva in mano, mentre Teddy, il
quale le teneva la
mano libera, le puliva la bocca, commentando: “Si
vede… hai la bocca tutta
sporca di gelato… vedi di lavarti le mani, prima di entrare
al Ghirigoro, sennò
il proprietario chi lo sente?”
Proprio
in quel momento,
Athena li raggiunse con un sorriso: “Ciao, ragazzi, come
va?”
“Bene,
e tu?”
“Sì,
ho preso tutti i libri
per la scuola. Ah, indovinate chi ho trovato al Ghirigoro?”
“Di
sicuro non Gal.”
Tutti
scoppiarono a ridere,
finché una familiare voce maschile non
s’intromise: “In effetti, se entro in
una libreria vuol dire che sono malato.”
Sentendo
quelle parole, tutti
si girarono e videro Gal, ancora sporco di fuliggine e con un sorriso a
trentadue, con in mano una vecchia scopa da corsa, accompagnato da
Kevin, il
quale aveva anche lui una scopa.
Immediatamente,
Teddy sorrise
e domandò: “Ma dov’eravate
finiti?”
“Alla
periferia di Diagon
Alley in un vecchio stabile abbandonato… e lì
abbiamo incontrato quell’insopportabile
di Abel Nott!”
“Abel?
E che ci faceva lì?”
“Non
ne ho idea… ma scommetto
che era in combutta con due tizi che fanno affari un po’
illegali…”
“Siete
finiti in un covo di
criminali?!”
“Sì,
ed è stata una figata!
Ho ancora i brividi per l’adrenalina!”
“Gal,
guarda che hai
rischiato seriamente di farti uccidere.”
“Lo
so, ma è andato tutto
bene, fortunatamente… siamo riusciti a scappare tutti e tre
e, una volta a
Diagon Alley, ci siamo divisi: io e Kevin siamo andati a comprare le
scope per i
provini che faremo quest’anno e Delphini se
n’è andata da qualche parte…”
“E’
al Ghirigoro. L’ho appena
incontrata proprio lì, mentre stava leggendo un libro sulla
storia delle
bacchette.” S’intromise Athena, mentre Gal
borbottava: “Io non capirò mai che
cosa ci trova in quegli stupidi volumi pieni di
polvere…”
“Non
sono stupidi volumi
pieni di polvere, Gal, anzi! Sono pieni di storia, curiosità
e molta cultura!”
“Per
me, è uno spreco di
tempo!”
“Fossi
in te, giovanotto, non
sarei così negativa nei confronti dello studio e dei
libri…” s’intromise la
voce di una vecchia signora coi capelli marroni, anche se gran parte
erano
grigi.
Vedendola,
Teddy sorrise e la
presentò: “Gal, Kevin, vi presento mia nonna
Andromeda.”
“Ah,
allora è lei la famosa
nonna di Teddy… quella che lo ucciderà se
combinerà qualcosa di brutto!”
esclamò Gal, indicandola, mentre Teddy, imbarazzato,
borbottava: “Gal, per
favore…”
La
donna rimase un attimo in
silenzio, con gli occhi sgranati dalla sorpresa, poi cercando di
trattenere una
risata, ammise: “Sì, sono proprio io… e
tu devi essere il ragazzino di
Grifondoro tutto pepe col casco da pilota babbano di cui mio nipote mi
ha tanto
parlato…”
“Sissignora!
Sono proprio io,
signora!”
“Lieta
di fare la tua
conoscenza. Sembri un bravo ragazzo e pieno
d’energia.”
“Grazie
mille, signora! Anche
per me è un vero piacere fare la sua conoscenza!”
“Bene,
adesso lascio voi
giovani ai vostri divertimenti. L’ultima cosa che voglio
è fare quella di
troppo…”
“Aspetta,
nonna. C’è ancora
un’amica che ti voglio presentare…”
esclamò Teddy e sua nonna rispose:
“Davvero?”
“Sì,
è quella ragazza di
Serpeverde coi capelli d’argento di cui ti ho parlato. Si
trova al Ghirigoro.
Ha un carattere un po’ ruvido, ma è anche lei una
brava ragazza…”
“Un
po’? Non ho mai visto
nessuno con un carattere più ruvido e scontroso! Quel suo
bel carattere doveva
essere in offerta speciale, te lo dico io…”
Il
gruppo si diresse verso la
libreria e, mentre entravano, Gal disse ad Andromeda: “Non
immagina che
carattere ha, signora… bisogna essere assicurati contro gli
infortuni, perché
lei sa essere davvero spaventosa! Ma è la nostra Delphi e
tutti noi le vogliamo
bene!”
“Delphi?
Un nome originale,
non c’è che dire…”
“Veramente,
è un soprannome
dato da me, in quanto, modestia a parte, sono un genio in queste
cose… il fatto
è che il suo nome è davvero difficile e lo
sbaglio sempre. Sa, con un nome come
Delfini…”
Aveva
appena pronunciato la
frase che qualcosa lo colpì in pieno alla testa e,
voltandosi alla sua
sinistra, vide uno scaffale a cui erano stati tolti alcuni volumi,
rivelando
una piccola fessura da cui poteva benissimo passare una bacchetta e
lanciare un
incantesimo.
A
confermare il sospetto di
Gal ci pensò la voce della ragazzina che, seccata e
arrogante come al solito,
sbottava dall’altra parte dello scaffale: “Per tua
informazione, brutto
tontolone, il mio nome non è affatto difficile! Sei solo tu
che non lo sai
pronunciare!”
“Antipatica…”
“Ti
ho sentito!”
Gal,
per tutta risposta, fece
una linguaccia allo scaffale.
“Fanno
sempre così?” domandò
Andromeda, allibita, in quanto non aveva mai visto nessuno litigare
come quei
due, mentre Teddy commentava: “Sì, tutti i
giorni… ma oggi ci stanno andando
leggero…”
“Incredibile…”
“Comunque,
il suo vero nome
sarebbe Delphini, se Gal non lo sbagliasse sempre…”
Non
appena ebbe finito di
parlare, Teddy si accorse che l’espressione facciale di sua
nonna era di puro
sgomento.
“Nonna,
ti senti bene?” le
domandò, preoccupato, il ragazzino, ma la donna,
riacquistando il suo colore e
il suo solito sorriso, lo rassicurò: “Non
preoccuparti, caro… mi è solo tornato
in mente un ricordo di tanto tempo fa… ma era una
stupidaggine. Comunque, è un
nome parecchio originale… lo stesso di una
costellazione…”
“Se
lo dici tu, nonna… ehi,
eccola lì.”
Il
giovane si avvicinò ad una
figura con un enorme volume in mano nascosta da uno scaffale, che
sfogliava le
pagine con delicatezza e attenzione, come se temesse di sciuparle.
Sentendoli
avvicinare, la
figura fece chiudere con un sonoro tonfo il volume, per poi
appoggiarlo, con
grazia e naturalezza, sul tavolo davanti a sé con la candida
mano dalla forma
delicata.
“Ehi,
Delphini.” Esclamò
Teddy, avvicinandosi a lei “C’è mia
nonna. Non vede l’ora di conoscerti.”
“Ah,
bene.” Fu la risposta
della giovane, mentre la nonna del ragazzino si avvicinava a lei e
diceva, con
un dolce sorriso, nello stesso istante in cui, lentamente, la ragazzina
girava
la testa nella sua direzione: “Sono la nonna di Teddy,
Andromeda Tonks. E’ un
vero piacere fare la tua cono…”
La
donna non finì la frase.
Infatti,
il suo viso era
diventato bianco come un lenzuolo, mentre i suoi grandi occhi si
spalancavano,
in un misto d’incredulità e terrore.
Dal
canto suo, anche
l’espressione di Delphini era scioccata.
Sapeva
che era impossibile,
ma quella donna… assomigliava in maniera impressionante a
sua madre!
La
stessa forma del viso, il
naso… persino la forma e il colore degli occhi erano
identici e lei ricordava
tutto perfettamente!
Tuttavia,
la principale
differenza tra loro era il colore dei capelli, di un bel marrone di
tonalità
calda, a giudicare dal colore dei capelli non grigi, oltre al fatto che
si
vedeva lontano un miglio che erano molto curati e non spettinati in
maniera
spaventosa, come quelli di sua madre che, sicuramente, avevano visto un
parrucchiere
per l’ultima volta prima del suo arresto, quindi, nel lontano
1981 – 1982, e lo
sguardo molto più caldo, gentile e, soprattutto, sano di
mente, dato che quello
di sua madre era sadico, pazzo e pieno di voglia omicida… o,
forse, era il
pensiero di doversi occupare di una mocciosa che neanche voleva tra i
piedi, di
cui, oltretutto, era pure gelosa da impazzire, che glielo faceva
venire, cosa
alquanto probabile…
In
quello stesso istante, la
nonna di Teddy cadde per terra e, immediatamente, il nipote corse a
soccorrerla, esclamando, spaventato e preoccupato: “Nonna,
che ti succede?!
Nonna!”
Anche
il proprietario della
libreria si avvicinò, assieme a svariati clienti, per vedere
cosa stesse
succedendo, domandando: “Cosa sta succedendo qui?!”
Immediatamente,
Athena prese
il controllo della situazione e ordinò: “Per
favore, allontanatevi tutti un
po’! In queste situazioni, bisogna mantenere la giusta
distanza, per far
respirare la persona! Se ci accalchiamo, è solo peggio!
Signore, per cortesia,
apra le finestre del suo negozio, per far passare l’aria e
tu, Oliver, prendi
una bottiglia d’acqua o dello zucchero.”
Immediatamente,
il povero
proprietario si diresse verso le finestre, mentre Oliver rovesciava sul
pavimento della libreria il contenuto del suo zaino.
Anche
Gal decise di dare
prontamente una mano, facendo muovere un libro davanti alla signora,
per darle
un po’ d’aria.
“Come
va con l’aria?” domandò
Athena al proprietario e quello, mortificato, rispose: “Le ho
aperte, ma…
purtroppo oggi è una giornata parecchio afosa
e…”
“Oh,
accidenti… se solo ci
fosse un po’ di vento…”
sbuffò la ragazzina coi capelli neri, muovendo,
seccata, la mano.
Fu
a quel punto che accade un
fatto totalmente inaspettato e, allo stesso tempo, incredibile.
Infatti,
dalla porta e dalla
finestra aperta entrò, ruggendo come un leone, una vera e
propria bufera di
vento, che ribaltò i tavoli e le sedie e fece cadere tutti i
libri, mentre i
presenti furono costretti a cercare di ripararsi con le mani, mentre i
loro
mantelli svolazzavano come se avevano improvvisamente preso vita.
Finalmente,
per la gran gioia
di tutti, soprattutto da parte del gestore, il vento finì,
lasciando un negozio
devastato.
“Beh…
di sicuro è arrivato il
vento…” commentò Gal, risistemandosi il
suo casco, mentre Oliver, coi capelli
tutti scompigliati, passava a Teddy la bottiglia d’acqua:
“Ecco qui, la
bottiglia. Credo che devi metterne qualche goccia su un fazzoletto e
poi
passarglielo sulla fronte…”
“Non
disturbarti, Teddy…
a-adesso sto bene…” lo bloccò
Andromeda, rialzandosi in piedi “Quella brezza,
per quanto potente e improvvisa, mi è stata molto utile per
riprendermi…”
Nel
frattempo, il povero
proprietario guardava, sconvolto il suo negozio, ridotto come un campo
di
battaglia, borbottando: “Il mio povero negozio…
come è stato ridotto…”
“Si
sposti.” Ordinò una voce
calma e femminile alle sue spalle e, il pover’uomo,
voltandosi, vide una
ragazzina coi capelli d’argento con in mano una bacchetta che
lo superò,
posizionandosi proprio al centro del negozio.
Con
un semplice movimento
della bacchetta, tutti i libri ritornarono al proprio posto negli
scaffali,
mentre i tavoli e le sedie si rialzavano.
In
pochi secondi, il
Ghirigoro ritornò esattamente com’era prima del
terribile vento che aveva messo
a soqquadro il negozio.
“Ecco
fatto.” dichiarò
Delphini, non appena ebbe finito il lavoro, e si girò, con
l’intenzione di raggiungere
i suoi compagni, quando, da sotto un tavolo, notò qualcosa
che brillava per
terra.
Con
un rapido movimento della
bacchetta la fece levitare fino alla sua mano e non appena
l’ebbe inquadrata,
sgranò gli occhi.
Non
era possibile, quella
era…
“Scusa,
Delphini… quella
sarebbe mia…” le disse, timidamente, la voce di
Oliver e la ragazzina, con uno
scrollo di spalle, mise la scaglia nella mano del Tassorosso,
dicendogli:
“Tieni.”
“Grazie.”
“E’
davvero un oggetto molto
affascinante…”
“Già…
l’abbiamo trovato
l’anno scorso, nei vicoli della Camera dei Segreti, quando ci
siamo separati…”
“Davvero
molto interessante…”
Oliver
era così impegnato a
rimettersi la strana scaglia nel suo zaino, per accorgersi che la
compagna
stava facendo un sorrisetto pieno d’interesse e di
vittoria… non vedeva l’ora
di parlarne con Asmodeus…
Nel
frattempo, Gal si mise a
controllare, preoccupato, la sua scopa, per controllare se non
c’erano danni
alla sua amata scopa e, una volta che si fu accertato che fosse tutto a
posto,
fece un sospiro di sollievo: “Che sollievo, temevo che
quest’anno non sarei
riuscito a fare i provini… sarei morto…”
“Che
lagna che sei… è solo
una vecchia scopa e uno stupido sport…” gli fece
notare, seccata, Delphini,
mentre prendeva un sacchetto pieno zeppo di libri, sia vecchie che
nuove
edizioni, da terra.
Per
tutta risposta, Gal la
guardò in malo modo e sbottò: “Ehi, il
Quidditch non è uno stupido sport, come
lo chiami tu! Si tratta di un’arte nobile e ricca
d’arte…”
“Mi
sembra di parlare con un
vecchio babbano amante del calcio da morire… io preferisco
di gran lunga
leggere che fare sport!” dichiarò la ragazzina,
portando i libri alla cassa per
poterli pagare.
Proprio
in quel momento, la
porta si aprì e comparve una trafelata signora Weasley,
accompagnata da Christian,
Dominique e Louis, e con in mano la gabbia di Creamy.
“State
tutti bene? Ho sentito
che qualcuno era svenuto e che un’enorme e potente folata di
vento aveva messo
a soqquadro il negozio, ribaltando tutto…!”
esclamò, preoccupata, la donna,
controllando che tutti i ragazzi, dal primo all’ultimo, non
fossero feriti.
“Stanno
bene, Molly, non
preoccuparti… sono io che sono svenuta… oggi fa
troppo caldo…” spiegò Andromeda
e Molly, preoccupata, le domandò: “E’
tutto a posto? Vuoi che chiami Harry per
farti riaccompagnare a casa?”
“Ma
no, non preoccuparti… una
bella tisana energetica e un po’ di riposo mi rimetteranno in
sesto, te lo
assicuro.”
“Bene,
un’ottima notizia…”
Mentre
le due donne
parlavano, Victoire prese dalla gabbietta la piccola Creamy e la prese
in
braccio, cominciando ad accarezzarla.
“Oh,
che carino! Sembra un
peluche!” esclamò Gal, mentre Athena esclamava:
“E’ un Ariete Blu, la razza di
conigli più intelligente.”
“Certo
che sai un sacco di
cose, Athena…” commentò Kevin, mentre
l’altra, con un sorriso, ammetteva: “Mi
piace leggere e conoscere sempre più
cose…”
Nel
frattempo, Delphini, una
volta che ebbe finito di comprare i suoi volumi, si avvicinò
al gruppo e diede
un’occhiata all’animale.
Tutto
sommato, era molto
carino… non l’avrebbe mai ammesso a nessuno,
nemmeno a sé stessa, ma le piaceva
molto… lo trovava così adorabile e
morbido…
Victorie
la notò e, subito,
esclamò: “Se hai intenzione di dar da mangiare la
mia Creamy a quel brutto e
viscido lombrico, caschi male!”
“Sei
tu che caschi male!
Anzi, per tua informazione, Asmodeus è un serpente, non un
lombrico!”
“Quel
che è! Non riesco
proprio a capire come cavolo fai ad avere un serpente come animale
domestico!
Molto meglio la mia Creamy!”
Prima
che il litigio tra le
due peggiorasse, la signora Weasley s’intromise:
“Adesso basta, voi due. Su,
ormai è ora di tornare a casa. Prendete le vostre cose e poi
torniamo al
‘Paiolo Magico’.”
“Va
bene, nonna.”
Il
gruppetto raggiunse la
signora Weasley, la quale si voltò un’ultima volta
verso Andromeda e la salutò:
“Ci vediamo, Andromeda.”
“Certo,
Molly… anzi, è meglio
che vada anch’io.”
“Ottimo.”
Mentre
il gruppo usciva dalla
libreria, Delphini notò che la nonna di Teddy la stava
osservando dalla
finestra con uno sguardo titubante e nervoso, aggrappata ad uno
scaffale di
legno, come per impedirsi di cadere.
La
ragazzina osservò di
nascosto per qualche minuto, prima di voltarsi e raggiungere gli altri. |
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Capitolo 38 *** Strane storie ***
Capitolo
38: Strane storie
“Coraggio,
Gal, è ora di alzarsi!”
dichiarò la ragazzina coi capelli d’argento al
ragazzino coi capelli rossi e il
casco da aviatore che stava ronfando nella macchina appartenente ai
coniugi
Weasley.
Gal
aprì lentamente gli occhi
per poi domandare a Delphini, ancora un po’ confuso:
“Eh? Cosa? Che ore sono?”
“Quasi
le nove del mattino.”
“Cioè
il cuore della notte…”
borbottò Gal, rigirandosi dall’altra parte e
chiudendo di nuovo gli occhi,
deciso a dormire ancora un po’, mentre l’altra
commentava: “Beh, per il resto
della Gran Bretagna, invece, è mattina da un
pezzo.”
“Non
per me… se permetti, io
sono un felice salmone.”
“Un
felice salmone?”
“Già…
i salmoni vanno
controcorrente, no?”
“Questo
è vero, devo
ammetterlo… mi sorprende che tu sappia una cosa del
genere…”
“L’ha
detto la pubblicità del
salmone affumicato in tv… ‘Il nostro salmone,
l’unico così buono che non si
agglomera alla massa, ma va sempre controcorrente, solo per il
palato’…”
“Dovevo
immaginarlo… in ogni
caso, alzati in piedi, siamo arrivati.”
“Ma
io voglio dormire…”
“Hai
dormito per tutto il
viaggio! Non dirmi che ieri sera sei andato a letto tardi!”
“Non
tanto tardi…”
“Scommetto
che il tuo ‘non
tanto tardi’ corrisponde alle due e mezza di notte.”
“Uffa,
volevo solo vedere le
lucciole nel bosco…”
“Forza,
fuori. Dobbiamo salire
sul treno.”
Vedendo
che il compagno non
aveva alcun interesse ad alzarsi, Delphini capì che per
farlo muovere avrebbe
dovuto giocare sporco.
Senza
pensarci due volte,
Delphini prese il casco da pilota sulla chioma rossa del compagno.
Immediatamente,
Gal si alzò
di scatto, sbattendo la testa contro il tettuccio della macchina.
Mentre
si massaggiava la
testa dolorante con entrambe le mani, con una smorfia di dolore,
Delphini
rimase un attimo in silenzio, prima di commentare: “Non so se
sei così goffo per
via di un dono di natura o perché ti piace farti
male…”
Con
una faccia che avrebbe
fatto trasalire chiunque, ma non Delphini, il rosso si riprese il suo
casco e
se lo rimise in testa.
“Finito
lo spettacolo?
Dobbiamo andare.” Sbottò, sempre più
seccata, Delphini, spostandosi per farlo
passare.
Una
volta che fu uscito, la
ragazzina chiuse la portiera, schiacciò un pulsante nella
chiave che aveva in
mano ed esclamò al nonno di Victoire, il quale, nel
frattempo, stava ammirando
con aria estasiata un normalissimo distributore automatico:
“Tutto fatto,
signor Weasley. Può venirsi a riprendere la
chiave.”
Subito,
il signor Weasley
parve risvegliarsi dal suo torpore e, non appena notò le
chiavi che la giovane
gli allungava, le prese subito e se le mise in tasche.
In
un lampo, i tre uscirono
dal parcheggio sotterraneo, solo per essere accolti da una pioggia
battente.
“Cavolo,
ringrazio il cielo
che non tocca a me fare lo Smistamento
quest’anno…” commentò Gal,
allungando la
mano per sentire la pioggia, mentre Delphini, tirando fuori dal suo
fidato
monospalla un ombrello, esclamava: “Beh, in ogni caso, io
sono armata.”
“Ehi,
non è che potresti
farti un po’ più in là? Così
posso entrarci anch’io.”
“Levatelo
dalla testa. Te
l’avevo detto, stamattina, di prenderlo.”
“Senti,
appena mi sveglio non
riesco a connettere niente, sono così assonnato che riesco
ad addormentarmi sul
pavimento!”
“Forse
non avresti di questi
problemi se andassi a dormire ad un orario
decente…”
“Non
ricominciare con la
predica, Delphi. Ho già mia madre e mio fratello che hanno
questo felice
compito…”
“Finiscila
di chiamarmi
Delphi.”
Dopo
poco tempo, i tre
raggiunsero il binario 9 ¾ e Delphini e Gal, dopo aver
salutato i coniugi
Weasley salirono sul treno, con l’obiettivo di raggiungere
gli altri.
“Puoi
precedermi, Gal? Io
vado un attimo in bagno.” Gli disse la ragazzina, mentre
l’altro ridacchiava:
“Tanto a prendertela con me e, poi, non vai in bagno prima di
partire?”
Per
tutta risposta, si beccò
uno scappellotto da parte della Serpeverde, la quale sibilò,
furiosa: “Quanto
sei scemo… vado solo a mettermi la divisa.”
“Eh?
Ma non siamo nemmeno partiti…”
Per
tutta risposta, Delphini
s’infilò nel bagno e sbatté la porta
parecchio forte, segno che era a dir poco
esasperata per quella conversazione.
“Ma
che ho detto? Boh… chi la
capisce quella, è bravo…”
borbottò Gal, allontanandosi, in cerca del suo
scompartimento.
Ad
un tratto, notò, in uno
scompartimento, da solo come al solito, Abel Nott, il quale si stava
sistemando
la cravatta verde e argento della sua divisa guardando il suo riflesso
dal
finestrino.
Ad
un tratto, Abel si
accorse, proprio da esso, che Gal lo stava fissando e, senza nemmeno
voltarsi,
ma continuando a sistemarsi, sbuffò: “Si
può sapere che cavolo vuoi, stavolta?
Nel caso non te ne fossi accorto, sono molto occupato.”
“Anche
tu indossi già la
divisa?”
“No,
brutto idiota. Sto solo
facendo le prove per una sfilata di moda…”
“Ma
voi Serpeverde avete
sempre quella lingua biforcuta e tagliente?”
“A
quanto pare è una dote
molto comune tra di noi… sai, ho sentito dire che, oltre il
fatto di essere un
rettilofono, Salazar Slytherin fosse conosciuto anche per il suo
sarcasmo e per
la sua grande capacità di rispondere per le rime…
probabilmente, questa è una
dote che cerca negli studenti della sua casa… dopotutto, ci
vuole una certa
dose di astuzia per sconfiggere un nemico a parole e non con i pugni, a
differenza di voi Grifondoro…”
“Quando
l’avrò capita te lo
farò sapere.”
“Oh,
non scomodarti… tanto,
non riusciresti mai a capirci qualcosa, nemmeno se ti aiutassero i tuoi
amichetti.”
“Sta
un po’ a sentire,
brutto…!” iniziò, furioso, Gal, ma,
prima che potesse dire o fare qualsiasi
cosa, la porta dello scompartimento si chiuse di scatto, proprio
davanti a lui.
“Che
diamine…?” sussurrò il
rosso, cercando di aprire la porta, ma si accorse, con sgomento, che
essa era
stata chiusa dall’interno.
Il
ragazzino cercò di aprire
la porta, ma fu tutto inutile.
Abbassò
lo sguardo, notando
una grossa mantide religiosa di fianco ai suoi piedi, e, per un attimo,
gli
parve di vedere due piedi con su delle scarpe babbane verdi con la
punta
bianca, dello stesso colore delle calze corte, dall’altra
parte del vetro ma,
prima che potesse vedere meglio di cosa si trattasse, i piedi sparirono.
Quando
alzò, finalmente, lo
sguardo, vide dall’altra parte della porta Abel Nott, il
quale stava facendo un
sorrisetto di trionfo.
“E
piantala di sghignazzare,
stupido Serpeverde!” sbottò, infastidito, Gal,
mentre Abel lo salutava con la
mano, senza smettere di sorridere: “Ciao, ciao,
tonto.”
Sbuffando
come una
locomotiva, Gal se ne andò, non prima di aver fatto una
linguaccia ad Abel.
Finalmente,
dopo aver
girovagato un po’, trovò lo scompartimento in cui
c’erano il cugino e tutti i
suoi amici.
“Ehilà,
salve a tutti!” esclamò,
con un gran sorriso, il giovane rosso e, subito, Teddy si
voltò, sorridendo:
“Finalmente ti sei svegliato, cominciavamo a
preoccuparci… temevo che avresti
perso il treno…”
“Perché,
è successo?”
“Sì,
al mio padrino e al
fratello del padre di Victorie. Quando facevano il secondo anno, non
sono
riusciti ad oltrepassare la barriera e l’hanno
perso.”
“Cavoli…
ma poi sono riusciti
ad arrivare a scuola?”
“Sì…
anche se hanno preso un
altro mezzo… molto particolare…”
“E
quale?”
“Una
Ford Anglia volante.” Rivelò
una voce femminile, all’improvviso.
Il
gruppo si girò e vide
Delphini, con già indosso la sua divisa di seconda mano, di
cui era orgogliosa,
entrare nello scompartimento.
“Beh,
hai indovinato. Usarono
proprio la vecchia macchina volante del signor
Weasley…” ammise, leggermente
imbarazzato, Teddy, mentre Gal, incredulo, domandava: “Cosa
sei, una veggente?
Come facevi a saperlo, se sono passati anni
dall’accaduto?”
“Esistono
i giornali,
sciocco.”
“I
giornali? E cosa centrano
con una macchina volante?”
“Credi
che una macchina che
voli in pieno giorno in una città piena zeppa di babbani non
venga notata?”
“Oh…
quindi si sono fatti
beccare?”
“Da
sei o sette babbani.”
“E
dove l’hai trovato un
giornale così vecchio?”
“In
una vecchia biblioteca a
Diagon Alley. Gli archivi di quei posti contengono un sacco di vecchi
articoli
di giornale. Sono molto utili se si vuole studiare la storia, senza
dover
rischiare ogni volta di morire di noia…”
“Non
credo che mi risponderai
mai se ti chiedo il motivo di quella tua visita là
dentro…”
“Acuta
osservazione.”
La
ragazzina, si sedette al
suo posto e tirò fuori dal suo zaino Asmodeus, il quale si
attorcigliò accanto
alla padrona come un cagnolino che voleva schiacciare un pisolino.
L’unica
che non fu affatto
contenta della sua presenza lì fu Victoire, la quale
lanciò al povero serpente
un’occhiataccia, mentre stringeva la sua amata coniglia che
aveva in braccio.
“Tienimi
lontano quel
mostro.” Dichiarò la ragazzina, mentre
l’altra, guardandola con aria di sfida,
rispondeva: “Nel caso tu non te ne fossi accorta, Asmodeus
è un serpente non un
mostro. Comunque, sta tranquilla. L’ho già
avvertito di stare alla larga dal
tuo roditore.”
“Non
è un roditore, è un
coniglio!”
“Beh,
fa sempre parte della
famiglia dei topi…”
Proprio
in quel momento,
Creamy sgusciò via dalle braccia di Victoire, cominciando a
correre come una
matta tra i posti, muovendo in continuazione il nasino per poi alzarsi
su due
zampe, come per provare ad arrampicarsi.
Teddy
lo guardò, sorridendo.
Creamy
era cresciuta molto
nelle ultime settimane… se prima, era grande come Tonks,
adesso sembrava una
pagnotta pelosa di color grigio.
“Ehi,
Vicky… se non sbaglio,
anche tu, adesso, hai una bacchetta…” fece notare
Gal e la bambina, tutta
orgogliosa, tirò fuori una bacchetta nera ed
esclamò: “Proprio così. Legno
d’ebano, dieci pollici, flessibile e nucleo di crine
d’unicorno. Olivander ha
detto che l’aveva preparata solo una settimana prima.
E’ stata la bacchetta più
veloce che abbia mai venduto in tutta la sua carriera.”
“Che
buffo… la mia bacchetta
è tutto il contrario…”
commentò Delphini tirando fuori dalla manica della
divisa la sua bacchetta di colore bianco, la quale, fino a quel
momento, era
stata legata al braccio con degli elastici, e si mise a fissarla,
sollevandola
in controluce “E’ stata la bacchetta che ha
impiegato più tempo nel venderla…
uno dei suoi primi lavori, oltre ad essere una delle più
difficili da
abbinare…”
“Di
sicuro, se voi due
combatteste, non avverrà mai il Prior Incantatio…
persino le vostre bacchette
non hanno niente in comune…” ridacchiò
Teddy, mentre il treno partiva.
Mentre
il treno viaggiava in
direzione della scuola, Oliver guardò Teddy e gli
domandò, incuriosito: “Senti…
ma come mai il tuo padrino e lo zio di Victoire non sono riusciti a
superare la
barriera?”
“Ah,
questo era perché un elfo
domestico di nome Dobby aveva bloccato la barriera per non far andare
lo zio
Harry ad Hogwarts, dato che c’era un complotto.”
Spiegò Teddy, mentre Gal
esclamava, allibito: “Cosa?! C’è
riuscito veramente?!”
“Forse
non lo sai, Gal, ma
gli elfi domestici sono molto potenti… la loro magia
è di gran lunga superiore
alla nostra e con molti meno limiti.” S’intromise
Delphini, mettendosi a
leggere un libro, mentre il rosso esclamava, stupefatto:
“Davvero?! Non lo
sapevo…”
“Questo
è perché, di solito,
essi non li usano senza il permesso del padrone e la gente li guarda
dall’alto
al basso… purtroppo, questo è il loro punto
debole… sono troppo fedeli…”
“Parli
come se avessi avuto a
che fare con un elfo domestico…”
Per
qualche istante, Delphini
alzò lo sguardo dal suo libro, per poi tornare a leggere in
silenzio.
“Però
Delphini ha ragione a
questo proposito…” ammise Oliver, mentre scartava
una caramella presa dalla sua
borsa “Se per sbaglio succede qualcosa al loro padrone o
vengono licenziati,
entrano in crisi e in depressione… è accaduto
anche all’elfa domestica della
zia Hepzi…”
“Intendi
quella parente di
tua madre invaghita del giovane commesso di ‘Magie
Sinister’, che poi l’ha
derubata?” domandò, incuriosito, Gal e il
ragazzino, con un sospiro, ammise:
“Proprio quella… come vi avevo già
detto, morì a causa di un incidente… vedete
la sua vecchia elfa domestica, Hokey, un giorno, mise per sbaglio nella
cioccolata serale della zia, un veleno letale e poco noto, al posto
dello
zucchero e, purtroppo, morì.”
“Ah,
sì… l’ho letto su un
vecchio giornale…” dichiarò,
inaspettatamente e con un tono molto interessato,
Delphini, smettendo di leggere il libro e alzando la testa.
Se
proprio doveva essere
sincera, fin da quando aveva letto quell’articolo sul
giornale, aveva avvertito
che ci fosse qualcosa di strano in quella storia…
Cosa
ci faceva un veleno poco
comune nella casa di una vecchia signora? Da dove veniva?
Dato
che era poco comune,
pochi lo vendevano sul mercato regolare… e, in quel caso,
avrebbero di certo
avvisato l’elfa domestica di fare attenzione e lei, anche se
vecchia, avrebbe
di certo fatto attenzione per non mettere in pericolo la sua
padrona…
No,
quel veleno veniva da
fuori… era stato un caso d’omicidio e davvero ben
congegnato, doveva
ammetterlo… chiunque fosse l’assassino doveva
essere un genio del male…
La
cosa più buffa era che
c’era arrivata lei, una ragazzina del secondo anno di
Hogwarts, e non i membri
del Ministero dell’epoca… non lo avrebbe mai
creduto possibile, ma, in quel
frangente, si erano dimostrati più stupidi di Gal e ce ne
voleva veramente!
Ma,
ovviamente, la
disgraziata morte di una vecchia e grassa signora non valeva nemmeno la
pena di
essere indagata a fondo… soprattutto, se era apparso fin da
subito un
colpevole…
Erano
proprio dei deficienti…
avevano lasciato in giro un assassino, senza assicurarlo alla
giustizia… di
certo, lei non si sarebbe di certo lasciata infinocchiare da queste
sciocchezze…
“La
sua elfa domestica l'ha
uccisa?! Ma è assurdo!” s’intromise,
incredulo, Gal e Oliver spiegò: “Si è
trattato solo di un semplice incidente, non intendeva ucciderla, ma
sapete, era
un po’ vecchia... poveraccia, nonostante la mia famiglia le
avesse permesso di
rimanere, è caduta in forte depressione ed è
morta di crepacuore pochi anni
dopo.”
“Cavoli,
quanto mi
dispiace...”
“Ma
la sapete una cosa strana?
Poco prima di morire, l'ha cercata nientemeno che Albus Silente in
persona!”
“Sul
serio?! E per quale
motivo?”
“Non
ne ho la più pallida idea... ha semplicemente detto
di volere qualcosa da lei allo zio Lapo e di lasciarlo solo con lei per
qualche
minuto, ma non ha specificato cosa volesse... e prima di andare, ha
detto di
seppellirla in un bel posto.”
Delphini
continuò a far finta di leggere il suo volume,
mentre, in realtà, ascoltava tutto con molta attenzione.
Se Albus
Silente era andato a cercare Hokey significava
che anche lui aveva capito come stavano le cose, ossia che
l’elfa era
innocente, ma, ormai, era troppo tardi per rimettere a posto la sua
reputazione, dato che ormai stava morendo… ma cosa voleva da
lei?
Non poteva
trattarsi di un oggetto, chiunque se ne
sarebbe accorto… ma, allora, di cosa si trattava?
Considerando il personaggio
enigmatico di Silente, era ovvio che doveva essere qualcosa di molto
importante
che nessuno se ne sarebbe accorto…
Con uno
sbuffo, tornò alla sua amata lettura.
In fondo, chi
era lei per svelare i suoi sospetti?
La vicenda
dell’assassinio mascherato da incidente della
parente di Oliver non la riguardava minimamente…
Nel
frattempo, Athena, la quale era seduta di fianco al
finestrino, continuava a guardare con molta attenzione il paesaggio,
finché non
sentì le palpebre diventarle sempre più pesanti,
finché non chiuse gli occhi.
“Maledizione!
Dov’è?! Dove diavolo è?!”
sbottò l’uomo
alto e magro coi capelli biondi, vestito di nero, perlustrando delle
casse di
legno vuote, mentre il suo compare alle sue spalle, borbottava,
incredulo: “Non
ne so niente, Dorian… ti assicuro che era lì! Non
riesco proprio a capire dove
sia finito…”
“Norman,
razza di cretino… come hai potuto perderlo, dopo
tutto la fatica che abbiamo fatto nel rubarlo alla madre e proprio
quando avevo
appena trovato qualcuno così stupido da
comprarlo?!”
“Qualcuno
deve avercelo rubato!”
“Rubato?!
Ma non dire sciocchezze! Chi diavolo sarebbe
così stupido da rubarlo?! Inoltre, sarebbe già
corso ad avvisare la Granger!”
“Magari
è uno che l’ha rubato senza nemmeno sapere di
cosa si tratta…”
“Rubato
senza nemmeno sapere di cosa si tratta?! Soltanto
un totale idiota non capirebbe subito di cosa si tratta!”
“Magari
si tratta di un Nato Babbano…”
“Invece
di sparare teorie senza senso, aiutami a trovare
quel maledettissimo uovo una volta per tutte!!!!”
Mentre i due
litigavano furiosamente, la giovane coi
capelli a caschetto biondi stava pensando, seduta su una cassa.
Ad un tratto,
sgranò gli occhi e, alzandosi in piedi,
esclamò: “Il ragazzino!”
Immediatamente,
gli altri due si misero a guardarla e
Norman, leggermente incredulo, domandò: “Di che
diavolo stai parlando,
Frannie?”
“Non
ricordi? Il ragazzino coi capelli biondi che è
uscito dal nostro covo, assieme al suo amico col mantello nero qualche
giorno
fa, poco prima che ci mandassi quel gufo! Deve averlo preso
lui!” esclamò la
donna, alzandosi in piedi, mentre l’altro commentava:
“E allora perché diavolo
non è corso a denunciarci.”
“E’
solo un ragazzino, Norman… di certo non avrà
capito
cosa aveva tra le mani e non avrà avvisato
nessuno… forse l’avrà scambiato per
un uovo di granito…”
“Il
problema è che non sappiamo il suo nome e il
cognome…
trovarlo sarà impossibile…”
“Questo
è vero… ma tutti i ragazzini vanno ad
Hogwarts…
abbiamo buone speranze di beccarlo lì!”
“Vuoi
andare ad Hogwarts?! Tu sei matta, sorella!”
“Hai
un’idea migliore?”
“Smettetela
di litigare e ascoltatemi, dato che sono il
maggiore!” s’intromise, furioso, Dorian, facendo
smettere il litigio tra i due
fratelli.
Una volta che
fu sicuro di avere la completa attenzione
di Frannie e Norman, dichiarò: “Non abbiamo altra
scelta. Quest’anno
ritorneremo a scuola per trovare quel piccolo ladro e farci dire dove
ha
nascosto l’uovo! Dobbiamo assolutamente trovarlo prima che si
schiuda!”
Athena
aprì gli occhi di scatto.
Quello era
stato un sogno decisamente diverso dai soliti…
invece, di vedere il passato, aveva avuto una visione decisamente
attuale…
Ma di quale
uovo stavano parlando?
Sperava solo
che ciò non riguardasse lei o i suoi amici…
“Ah,
finalmente ti sei svegliata.” Esclamò Gal, con la
bocca piena di caramelle gommose, mentre Delphini, con
un’espressione di
disgusto, commentava: “Disgustoso… non si parla
con la bocca piena!”
“Bacchettona.”
“Dì
solo un’altra parola, brutto deficiente, e ti do in
pasto ad Asmodeus!”
Mentre i due
continuavano a litigare, Teddy si voltò
verso Athena e, con un’espressione mortificata, disse:
“Mi dispiace, ma la
signora del carrello è passata mentre dormivi…
abbiamo cercato di svegliarti,
ma tu dormivi dalla grossa…”
“Vado
a chiamartela.” Esclamò Oliver, alzandosi in
piedi,
ma Athena cercò di trattenerlo: “Ah, non
disturbarti… la trovo io.”
“No,
non preoccuparti. Dimmi cosa vuoi e te lo prendo.”
La rassicurò, con un grande sorriso, il ragazzo.
Ci volle un
po’ per convincere Athena, ma, alla fine,
Oliver, con in mano i soldi della ragazza, cominciò a
cercare la donna.
Dopo solo
dieci minuti, il giovane Tassorosso la
raggiunse e, un minuto dopo, tornò allo scompartimento, con
un sorriso e
canticchiando una canzone, mentre tra le mani teneva i dolci per
l’amica.
Ad un tratto,
alzò lo sguardo e sussultò, fermandosi di
colpo.
Davanti a
lui, c’era una ragazza di qualche anno più
grande di Serpeverde, a giudicare dai colori della divisa, che stava
camminando
verso di lui.
Aveva i
capelli biondi tagliati a caschetto così lucenti
da sembrare brillare sotto la luce elettrica del corridoio, gli occhi
blu
grandi e profondi come il mare, mentre la pelle era così
bianca e delicata da
sembrare porcellana.
Emanava un
profumo di fiori così fresco e delicato da
mozzargli il respiro, mentre la sua andatura era così
perfetta e coordinata da
sembrare una nobile o una modella babbana.
Più
gli si avvicinava, più Oliver sentiva le gambe
diventargli come due pezzi di ghiaccio.
Lui stesso
voleva spostarsi per lasciar passare quella
creatura così ammaliante, ma esse non intendevano
assolutamente aiutarlo.
La Serpeverde
si fermò proprio davanti a Oliver, la quale
lo fissò un attimo in silenzio, per poi sussurrargli, con la
voce più bella e
delicata che si fosse mai sentita: “Potresti
spostarsi?”
Con un
insopportabile formicolio che gli attraversava
tutte e due le gambe, Oliver riuscì a spostarsi quel tanto
che bastava per
permetterle di passare.
La ragazza lo
fissò un attimo, poi si allontanò, mentre
il Tassorosso continuava a fissarla, sbigottito.
Dopo un
po’, la giovane si voltò verso di lui e lo
informò con un tono seccato, anche se per Oliver il suono fu
come la melodia
più bella che avesse mai udito: “Cerca di non
tagliarmi un’altra volta la
strada o ti guardarmi con quell’aria da pesce lesso, Ciccio.
Sono fin troppo
abituata agli idioti che mi sbavano addosso.”
Dopo aver
detto quelle parole, la giovane Serpeverde aprì
uno scompartimento deserto e s’infilò dentro,
mentre il povero Oliver la
continuava a guardare lo scompartimento dov’era entrata la
giovane, mentre
sentiva il suo cuore battergli a tutta velocità, mentre le
guance gli
diventavano incandescenti.
Nel
frattempo, il suo cervello, anche se faceva fatica a
formulare un pensiero, dato che dappertutto vedeva quella ragazza
così bella,
si ricordò dove aveva già visto quella fanciulla
così bella e delicata: era
stato l’anno scorso, quando si era perso nella foresta,
venendo soccorso dalla
strana visione di una ragazzina col vestito giallo che, poi, era
svanita nel
nulla.
Durante il
viaggio verso il castello, aveva incontrato
una ragazza che l’aveva chiamato Ciccio… doveva
essere lei!
Adesso che ci
pensava bene, era così stanco e
infreddolito, che non aveva visto bene colei che l’aveva
salvato… che sciocco
che era stato!
La sua vita
era stata così vuota e grigia, esclusi i
momenti con i suoi amici, ma, non appena aveva visto quel superbo viso,
gli
sembrava che tutto il mondo, di colpo, fosse esploso di
colore… non ricordava
che prima i colori fossero così accessi.
Con enorme
sforzo, Oliver fece muovere le gambe, seppur
ancora rigide come bastoni, e, finalmente, arrivò allo
scompartimento.
“Ah,
eccoti, finalmente!” esclamò, non appena fu
dentro,
Christian, ma, non appena notò la sua espressione facciale,
nervosa e con il
viso tutto rosso, ebbe uno sguardo incredulo, mentre smetteva di
sorridere.
“E’
successo qualcosa?” domandò, leggermente
preoccupato,
Teddy, mentre l’amico faceva cadere sul grembo di Delphini i
dolci che aveva
comprato per Athena, la quale, seccata, gli ricordò:
“Ehi, ti consiglio di
andare dall’oculista, perché hai completamente
sbagliato indirizzo! Athena è
lì!”
Tuttavia il
ragazzo, come se fosse diventato di colpo
sordo, continuò a camminare come un robot finché
non si sedette pesantemente
sul sedile, con gli occhi fissi nel vuoto e tutti gli amici che lo
fissavano in
silenzio, preoccupati.
“Ma
che gli è preso?” domandò, senza
parole, Elizabeth, mentre
Gal cominciava ad agitare una mano davanti agli occhi, dicendo:
“Ehilà, amico,
stai bene? Avanti, bello, reagisci! Forza, non fare quella faccia da
pesce
lesso!”
Alla fine,
smise di muovere la mano e, con un’aria
rammaricata, si scusò: “Mi dispiace, ragazzi, io
ci ho provato… ma questo qui è
proprio andato!”
Immediatamente,
Delphini e Kevin si diedero d’istinto
un’occhiata come di chi la sa parecchio lunga.
“Credi
che l’abbia incontrata?” domandò,
infatti, il
ragazzo, mentre l’altra annuiva: “Direi proprio di
sì… i sintomi ci sono
tutti.”
“Se
sareste così gentili da spiegarci che cavolo è
successo al nostro povero Oliver, ne saremmo davvero grati,
sapete?”
s’intromise, con aria seccata, Gal.
Invece di
risponderli, Delphini si girò verso Oliver, il
quale aveva ancora lo sguardo catatonico e gli disse: “Ehi,
poco fa è passata
una ragazza del quarto anno di Serpeverde coi capelli biondi e gli
occhi
azzurri. Sembrava molto carina, anche se aveva i capelli a
caschetto…”
“Lei
non è carina, è stupenda! E’ talmente
bella da
sembrare un essere sovrannaturale e, forse, lo è
davvero!” esclamò, lievemente
offeso, Oliver, uscendo dallo stato catatonico in cui era piombato,
sorprendendo tutti i presenti, i quali lo guardarono, esterrefatti.
Con un
sorriso di vittoria, Delphini si voltò verso Kevin
e commentò: “Un’altra povera vittima del
fascino Veela di Nat…”
“Di
cosa state parlando? E’ grave?” domandò,
preoccupato,
Teddy, ma Kevin lo rassicurò: “No, non
preoccuparti… stando lontano da Nat per
qualche ora dovrebbe ritornare come prima.”
“Ma
chi è questa Nat?”
“E’
una nostra compagna di Casa del quarto anno. Sua
madre era una Veela, quindi, tutti i Serpeverde non possono fare a meno
di
guardarla o di cercare di attirare la sua attenzione, mentre le ragazze
sono
super gelose di lei e le dicono sempre cose poco carine alle
spalle…” raccontò
Kevin, abbassando lo sguardo, tristemente.
Anche se non
disse niente, Teddy capì subito quale fosse
il problema, per l’amico.
Essendo il
primo Nato Babbano smistato a Serpeverde dopo
almeno un secolo, forse più che meno, era vittima di pesanti
atti di bullismo
da parte dei suoi compagni di Casa, motivo per cui era molto sensibile
a
quest’argomento.
“Purtroppo,
questa è la maledizione del fascino Veela.”
S’intromise Victorie, tenendo tra le braccia Creamy
“Mia madre era una Veela
solo per ¼ , ma ha dovuto sopportare per anni il fatto che
la gente guardava
solo la sua bellezza. Gli uomini l’amavano solo per quello e
le donne
l’odiavano per lo stesso motivo, senza provare nemmeno a
conoscerla fino in
fondo… questo l’aveva spinta a comportarsi in
maniera altezzosa e antipatica,
come una sorta di meccanismo di difesa.”
Mentre
Victorie raccontava la storia della madre,
Delphini, d’istinto, allungò la mano verso
Asmodeus, il quale continuava beatamente
a ronfare, e si mise ad accarezzare la pelle liscia e fredda.
Quanto odiava
sentire storie sul pregiudizio della gente
stupida e cretina, incapace di vedere oltre, perché troppo
difficile per i loro
stupidi cervelli da quattro soldi… questo perché
lei stessa poteva parlare ai
serpenti, un dono definito da tutti un’abilità da
maghi oscuri… se la scuola
l’avesse scoperto, sapeva già che sarebbe
successo: tutti l’avrebbero evitata
per la paura, perché tutti temevano che, da un momento
all’altro, li facesse
azzannare dal suo serpente domestico… dopotutto, il diverso,
in quello schifo
di fesso mondo, il diverso era sempre temuto…
Forse era per
quello, che, a differenza degli altri
Serpeverde, era un po’ più aperta e gentile nei
confronti di Kevin, un Nato
Babbano… tutti quegli stupidi pregiudizi, le avevano fatto
nascere un animo più
empatico… anche se, ovviamente, non l’avrebbe mai
ammesso a nessuno finché
campava!
“Però
non tutti finiscono abbagliati dal fascino di
Nat…”
fece notare, all’improvviso, Kevin “Ho notato che
alcune persone di Serpeverde,
sia maschi che femmine, quando le stanno vicino in Sala Comune, si
comportano e
le parlano in maniera normale…”
“Ah,
questo perché il fascino delle Veela non funziona
contro alcune determinate persone.” Spiegò
Victoire e Christian, interessato,
le domandò: “E quali?”
“Secondo
mia madre, esso non funziona sulle donne, se
hanno un carattere forte e non hanno in alcun modo problemi di
autostima
riguardo alla propria bellezza. Mentre, per gli uomini ciò
accade se la persona
in questione è un parente, non è in alcun modo
interessato all’amore, è
omosessuale, se si tratta di una ragazza, anche lei subisce in pieno il
fascino
della Veela, ma, secondo mia madre, esse riescono a controllarsi di
più, e,
infine, se esso ama veramente qualcuno. A quel punto, il fascino delle
Veela
smette per sempre di funzionare, sia per gli uomini che per le
donne.”
“Che
storia interessante…” commentò
Elizabeth, mentre
Kevin esclamava, rivolto a Delphini: “Ecco perché
non sei mai stata gelosa di
Nat, Delphini.”
“Perché
diamine avrei dovuto essere gelosa? E’
esattamente una ragazza come tutte le altre. Io mi piaccio
così come cavolo
sono, non capirò mai le ragazze che stanno dietro al loro
aspetto,
complicandosi la vita per delle idiozie simili… e, poi,
anche tu sei immune al
suo fascino.” Gli ricordò Delphini e Gal,
incredulo: “Sul serio?!”
Arrossendo
dall’imbarazzo, il Serpeverde ammise: “Beh,
sì… è solo che… penso che
sia una ragazza come tutte le altre… o, almeno, è
così che penso quando la guardo…”
“Non
è il solo… anche Lester Falwey ne sembra
abbastanza
immune.” Aggiunse Delphini, mentre Teddy domandava:
“In che senso abbastanza
immune?”
“Anche
lui, come Kevin, non sbava dietro a Nat… ma, al
contrario, ne ha la fifa blu.”
“Ha
paura di quella ragazza? E per quale motivo?”
“Ma
che ne so? So soltanto che quando la vede, scappa
dall’altra parte con un’espressione di puro terrore
sul viso.”
“Che
cosa strana…”
Era ormai
notte fonda e la pioggia batteva piuttosto
forte quando il treno scarlatto si fermò alla stazione dei
treni di Hogsmeade,
facendo uscire da esso tutti gli studenti con già indosso la
divisa, cercando
di coprirsi dalla tremenda pioggia.
L’unico
individuo su tutta la banchina era Hagrid, il
quale teneva in mano una vecchia lanterna, mentre con l’altra
il suo gigantesco
ombrello rosa aperto, cominciando a gridare: “Primo anno!
Primo anno da questa
parte! C’è ancora qualcuno del primo
anno?”
Cercando di
nascondersi in mezzo alla folla, Victorie si
mise ad inseguire Teddy.
Era un
peccato perdersi la prima vista di Hogwarts sulle
barche… ma era molto più importante stare insieme
a Teddy!
Inoltre,
quella pioggia battente era davvero tremenda…
non aveva alcuna intenzione di presentarsi bagnata fradicia davanti a
tutti.
Per il
momento, Hagrid non sembrava essersi accorto di
niente… ancora pochi passi e sarebbe uscita dalla
stazione… bastava solo un
pizzico di fortuna e…
“Ehi,
Hagrid! Guarda che laggiù c’è Victoire
Weasley, del
primo anno!” esclamò, all’improvviso,
una voce femminile fin troppo familiare,
facendola trasalire di colpo e bloccandola, come se qualcuno le avesse
appena
lanciato un Pietrificus Totalus.
Si
girò lentamente e guardò negli occhi la ragazza
che
l’aveva tradita, ossia Delphini, la quale stava
giocherellando con una ciocca
azzurra dei suoi capelli, mentre si riparava col suo ombrello, e, a
giudicare
dal sorrisetto di trionfo sul viso, non era affatto pentita di averla
fatta
notare, anzi, si stava divertendo un mondo.
“Victorie?
Ma dove stai andando? Quelli del primo anno
devono andare da questa parte, è la regola.” La
chiamò Hagrid e Vicky, con un
sorriso piuttosto falso, rispose: “Arrivo subito,
Hagrid… volevo solo salutare
Teddy…”
Mentre
raggiungeva gli altri del primo anno, la ragazzina
si avvicinò a Delphini e, con una faccia furiosa, le
sibilò: “Vipera.”
“Grazie,
piccola. Mi raccomando, fa attenzione al
calamaro… sai, ha l’appetito facile.”
Rispose, con un sorriso divertito,
l’altra, salutandola con la mano.
Per tutta
risposta, Victorie le rivolse un’altra
occhiataccia, per poi raggiungere gli altri coetanei.
Con un
sorrisetto di trionfo, Delphini si diresse verso
le carrozze le quali erano trainate dai Thestral, invisibili alla
stragrande
maggioranza degli studenti, ma non a lei.
Lei che aveva
visto e capito la morte a pochi mesi di
vita…
Si
avvicinò ad uno di loro e si mise ad accarezzarlo.
L’animale
parve apprezzarlo, infatti, si mise a toccarla
con il muso, in maniera molto affettuosa.
“Se
non sali in fretta, Delphini, rischi di essere
lasciata qui…” esclamò Gal, facendo
venire una smorfia seccata alla ragazza.
Quell’idiota
e la sua voce da tonto dovevano sempre
rovinare tutto… vero che non poteva vederli, ma almeno
poteva lasciarle un
momento per accarezzarli…
Sbuffando, la
ragazza salì a bordo della carrozza nera, dove
c’erano già Gal e gli altri.
Non appena fu
a bordo, notò che Oliver, incurante della
pioggia battente, si stava sporgendo dal finestrino.
Non ci voleva
di certo un genio per capire cosa stesse
cercando con lo sguardo…
“Non
immaginavo che Nat avesse un effetto così drastico
nella tua psiche… di solito, a quest’ora,
l’effetto è già sparito da un
pezzo…”
commentò la ragazza, mentre Oliver sussurrava:
“Non potrei mai togliermela
dalla testa… è troppo bella…
è troppo perfetta… è troppo
tutto…”
“Sei
una causa persa.”
“Ma
quanto ci mettono i novellini? Ho una fame da
lupi…”
borbottò Gal, con la testa sul tavolo dei Grifondoro, mentre
il fratello
maggiore, seccato e imbarazzato da quella scena, lo sgridava:
“Datti un
contegno, salame! Sei proprio nel bel mezzo della Sala Grande! Inoltre,
dato
che adesso sei del secondo anno, devi dare il buon esempio!”
“Per
poi rischiare di diventare un noioso e pignolo prefetto
ossessionato dalle regole? Scordatelo.”
“Almeno
eviteresti di salire sui tetti della scuola.”
“E
basta con questa storia, Lancy! Non ci salirò sul
tetto, sta tranquillo…”
“Di
certo troverai un altro sistema per combinare
disastri.”
Sbuffando
seccato, Gal si voltò verso il cugino
sussurrando: “Vorrei che quelle pesti in erba si dessero una
mossa… non ricordo
di averci impiegato tanto, l’anno scorso, per attraversare il
Lago Nero…”
“Non
dimenticare che sta anche piovendo… probabilmente,
sono in ritardo per questo motivo…” gli fece
ricordare, pazientemente,
Christian, ma il rosso continuò a mugugnare, ignorandolo.
Proprio in
quel momento, la porta della Sala Grande si
aprì e comparvero i ragazzini del primo anno, tutti bagnati
fradici, che
cercavano di contenere i tremori per il freddo pungente.
Davanti a
tutti, con un’espressione seccata e decisa,
stava Victoire, ma, non appena notò Teddy salutarla con un
sorriso, il suo viso
s’illuminò di gioia e prese a salutarlo con
entusiasmo.
“Come
attrice fa proprio spavento…” ridacchiò
Delphini a
Kevin, il quale, come al solito, si era seduto vicino a lei
“Si vede lontano un
miglio che è stracotta di Teddy…”
“Però
non sembra che se ne sia accorto…”
“Teddy
è un ragazzo molto intelligente…
finché non si
tratta di amore e simili. In quelle situazioni, diventa più
ignorante di Gal…”
“Beh…
almeno, Teddy continua a trattarla normalmente…”
“Oh,
non vedo l’ora che arrivi San Valentino…”
“Come
mai? Non mi sembra una delle tue feste preferite…”
“Infatti,
è una di quelle feste che proprio non sopporto.
Odio le cose sdolcinate e tutte quelle stupidaggini amorose…
personalmente, a
me non me ne frega niente dell’amore, preferisco
l’azione… però vedere i
tentativi di Victoire di confessare il suo amore ad uno che proprio non
ne capisce
niente, renderà l’evento molto più
interessante e divertente… ci faremo di
quelle ghignate… Ci vuole la terapia d’urto con
Teddy…”
“Oh,
inizia lo Smistamento.”
Infatti, non
appena il cappello ebbe finito di cantare la
sua annuale canzone, il professor Vitiuos cominciò ad
elencare i nomi dei nuovi
studenti, i quali, dopo aver indossato il vecchio Cappello Parlante,
venivano
smistati in una Casa.
Alla fine del
lungo smistamento, fu il turno dell’ultima
studentessa, ossia Victoire, ma, inaspettatamente, per ben tre minuti,
il
cappello rimase muto.
“Ce
ne mette di tempo… dev’essere proprio
indeciso…”
commentò Kevin, mentre Delphini ridacchiava:
“Macché… il cappello ha già
deciso
dove metterla… è solo che lei non vuole
andarci.”
“Eh?
Cosa intendi?”
“Guardale
l’espressione… è a dir poco furiosa.
Scommetto
tutti i miei galeoni che lei vuole andare a Tassorosso, col suo amato
Teddy, ma
il cappello non ce la vuole mettere. Sono proprio curiosa di vedere chi
tra i
due vincerà… se Victoire o il Cappello
Parlante…”
“Ho
detto di no! No, no, no e poi no! Tu mi metterai a
Tassorosso!” sbottò Victoire, con tono con cui
intendeva finire il discorso.
Era da un
secolo che stava litigando con quello stupido e
vecchio cappello, ma quello non ne voleva proprio saperne di metterla a
Tassorosso, assieme a Teddy!
Al contrario,
voleva metterla a Grifondoro e non sembrava
intenzionato a demordere.
Beh, nemmeno
lei aveva alcuna intenzione di arrendersi.
“Tassorosso,
eh?” ridacchiò quello stupido cappello, in
un modo che le ricordava troppo Delphini “Ragazza mia, hai
molta lealtà nei
confronti dei tuoi sentimenti e una certa dose di pazienza, dato che
contini a
persistere nel tuo desiderio di farti notare dal ragazzo di cui sei
innamorata,
te lo concedo… ma, purtroppo, non è abbastanza
per essere considerata una vera
Tassorosso. Ci vuole molta voglia di lavorare
sodo…”
“Me
la farò venire! Tu mettimi a Tassorosso!”
“Beh,
tutta la famiglia di tuo padre è andata a
Grifondoro…”
“Non
me ne importa un accidente! In fondo, non è mica la
prerogativa dei Weasley quella di finire a Grifondoro!”
“Mi
dispiace, cara… ma non posso metterti a
Tassorosso… se,
però, non vuoi finire a Grifondoro, dovrò
metterti in un’altra Casa…
Serpeverde, per esempio.”
“Cosa?!”
“Sì,
in effetti Serpeverde è la Casa perfetta per te…
sei
molto determinata, come dimostra il fatto che vuoi finire a tutti a
costi nella
Casa che vuoi, e, cosa davvero importante, ami già
profondamente qualcuno… e
Serpeverde è la Casa di coloro dei sentimenti
autentici…”
Victoire si
sentì male.
Lei a
Serpeverde?! Proprio la Casa con lo stemma di un
serpente?! Il cui fondatore era un rettilofono e aveva un enorme
biscione
assassino come animale domestico?! La stessa Casa di
quell’antipatica con un
vero serpente?!
Non sarebbe
finita in quella Casa per tutto l’oro del
mondo!
C’erano
troppi serpenti!
“Levatelo
dalla testa! Non andrò in una Casa legata ai serpenti!
Piuttosto me ne vado a Grifondoro!” urlò nella
testa la giovane e, subito, il
cappello ridacchiò: “D’accordo, se ne
sei convinta tu… GRIFONDORO!”
Victoire non
riuscì a trattenere un gemito.
Quello
stupido cappello l’aveva fregata… alla fine, aveva
vinto lui…
Mise
giù il cappello e con, un’espressione furiosa, si
diresse verso il tavolo dei Grifondoro, i quali stavano applaudendo,
sibilando:
“Brutto cappellaccio da quattro soldi…”
A peggiorare
il tutto, c’era il fatto che anche Teddy
sembrava euforico per dov’era finita, invece di avere il
cuore spezzato per il
fatto che non sarebbero stati vicini…
Non appena si
sedette al tavolo dei Grifondoro, Lancelot
si voltò verso di lei e si congratulò con lei:
“Benvenuta a Grifondoro. Io sono
Lancelot Sandlers, prefetto di Grifondoro. Sono certo che ti troverai
bene
nella nostra Casa.”
Per tutta
risposta, Vicky lo fulminò con lo sguardo,
lasciando interdetto il povero ragazzo.
“Ma
cosa le prende?” sussurrò Christian al cugino, il
quale fece le spallucce: “Boh, forse le farà male
lo stomaco…”
Nessuno dei
due si accorse che, al tavolo dei Serpeverde,
Delphini stava cercando di contenere le risate, per poi sussurrare a
Kevin: “Ha
vinto il Cappello… quello sa il fatto
suo…”
“Già…
inoltre, è molto particolare…”
Una volta che
il professore d’Incantesimi ebbe portato
via il Cappello Parlante, la preside McGranitt si alzò in
piedi: “Ora che lo
Smistamento è finito, vorrei augurare a tutti i nuovi
studenti benvenuti,
mentre a quelli vecchi bentornati. Prima dell’inizio del
banchetto, vorrei fare
alcuni annunci molto importanti: il primo, è che i provini
di Quidditch saranno
attivi dalla prossima settimana. Chiunque sia interessato, è
pregato di
rivolgersi ai capitani della squadra della propria Casa.”
Sentendo
quella frase, Kevin fece un sospiro, parecchio
nervoso.
Se
c’era una cosa che sapeva per certo, era che Bulstrode
non l’avrebbe voluto nella squadra nemmeno come
riserva…
Vedendo la
sua espressione, Delphini fece un sospiro e
gli diede una pacca, in modo da risollevargli il morale.
Per tutta
risposta, Kevin la guardò allibito e cercando
di nascondere le guance che le stavano diventando incandescenti, la
ragazzina
sbottò: “Che c’è? Se ti butti
giù di morale, possiamo dire addio alla Coppa e,
dopo il disastro dell’anno scorso, gradirei che Serpeverde
vincesse almeno la
Coppa di Quidditch e con un Cacciatore depresso possiamo dirle
già addio!”
“Beh,
grazie… è stato molto carino da parte
tua…”
“Ti
consiglio di non farci troppo l’abitudine… io non
sarò mai una brava e gentile ragazza…”
Senza sapere
del dialogo tra i due ragazzi Serpeverde, la
McGranitt continuò con il suo discorso: “Inoltre,
sono aperte le iscrizioni non
solo al nostro amato e storico Coro delle Rane, ma anche quelle dei
club dei
duellanti, della Sfinge, dell’Ippogrifo e del Drago. Chiunque
sia interessato a
partecipare ai provini del Coro, è pregato di mettersi in
contatto con il
professor Vitious, mentre per i restanti club verranno date indicazioni
nelle
prossime settimane. Ricordate, però, che ad essi possono
partecipare solo gli
studenti dal secondo anno in su. Chi, invece, è del primo
anno, può consolarsi
iscrivendosi al club delle Gobbiglie, anche se ricordo a tutti, di fare
attenzione agli spruzzi puzzolenti”
“Questo
sì che è davvero interessante!”
esclamò, al
tavolo dei Corvonero, Athena, mentre Elizabeth domandava, incuriosita:
“Cosa
sono i Club della Sfinge, dell’Ippogrifo e del Drago? Avevo
sentito parlare del
Coro delle Rane e del Club dei Duellanti, ma di questi due non so
niente…”
“Sono
tre club molto importanti ad Hogwarts. Il Club
della Sfinge è per coloro che amano la conoscenza e
l’astronomia, infatti nella
sede c’è una ricca biblioteca ed è
l’unico club attivo di notte per poter
vedere le stelle, quello dell’Ippogrifo è per
coloro che amano le creature e
l’erbologia, in quanto nel laghetto del club
c’è una creatura marina, mentre
quello del Drago è fatto per coloro che amano
l’azione e il Quidditch. Io penso
che m’iscriverò al Club della Sfinge e
tu?”
“Credo
che andrò in quello dell’Ippogrifo. Le piante e le
creature mi piacciono…”
“Comunque,
se uno vuole, si può iscrivere anche a più
club contemporaneamente.”
“Davvero?”
“Sì,
ma bisogna essere molto bravi e diligenti.”
“Ci
credo…”
In
quell’istante, la McGranitt batté le mani e,
subito, i
piatti di tutti i presenti apparvero degli invitanti e profumati piatti.
Nessuno ci
pensò due volte a iniziare a mangiare
avidamente e, una volta che anche il dessert fu razzolato, la preside
si alzò
in piedi e disse: “Molto bene, adesso che il banchetto
è finito, potete andare
a dormire, dato che domani iniziano le lezioni.”
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Capitolo 39 *** Progetti e incontri notturni ***
Capitolo 39:
Progetti e incontri notturni
Il bagliore
verdastro dovuto all’acqua del lago che
filtrava dalle finestre illuminava il dormitorio dove vi erano cinque
letti con
dentro delle ragazze che dormivano tranne una.
La giovane
sdraiata sul letto coi capelli argentati
legati in una coda di cavallo, osservava i pesci che si avvicinavano
alla
finestra, in attesa.
Una volta
certa che tutte le altre fossero addormentate.
Scese
lentamente dal letto e prese i suoi indumenti,
correndo in bagno per cambiarsi.
Una volta
pronta, fece per entrare in Sala Comune, ma
vide un ragazzo dai capelli biondi dirigersi verso la porta che
riconobbe
immediatamente.
Quello era
Abel Nott… ma cosa stava combinando? Evidentemente,
stava raggiungendo il suo amichetto…
Una volta
uscito, Delphini rimase un attimo ferma, in
quanto non voleva correre il rischio che Abel tornasse e la vedesse in
piedi,
ma, una volta certa che era sparito, la ragazzina entrò in
Sala Comune e, dopo
essersi guardata intorno, sussurrò: “Asmodeus, sei
qui?”
“Arrivo,
arrivo…” fece una voce strisciante e, da sotto
un divano di pelle, sbucò il serpente domestico della
ragazzina, per poi
avvicinarsi, strisciando a lei.
“Allora?
C’è?” domandò Delphini,
inginocchiandosi davanti
ad Asmodeus, il quale negò con la testa e
affermò, con un tono: “Ho cercato in
quella maledetta Camera per ore, mentre tu ti divertivi alla festa, ma
non ho
trovato un fico secco che confermasse la tua teoria!”
“Povero
serpente brontolone…” gli disse Delphini, con un
sorrisetto divertito, mentre gli accarezzava la testa squamosa,
dandogli un
sacchetto pieno di carne “Ecco qua. Questo è un
po’ di cibo della festa.”
Il serpente
si mise subito a mangiare il cibo avidamente,
mentre Delphini si avvicinava ad un muro di pietra in un angolo della
Sala, la
cui luce del camino non lo raggiungeva.
“Vuoi
andare a controllare?” le domandò Asmodeus,
guardandola, e la ragazzina ammise: “Certo. In fondo,
un’occhiata in più non
farà certo male…”
“Fa’
come vuoi… io me ne resto qui al calduccio!”
“Nessun
problema.”
Una volta che
fu davanti al muro, sussurrò, in
serpentese: “Apriti.”
Immediatamente,
si udì un rumore sordo e il muro cominciò
a vibrare, mentre i mattoni si spostavano, mostrano un corridoio di
pietra
lungo e buio.
“Lumos.”
Fece la giovane strega, tirando fuori la
bacchetta, mentre alla sua estremità appariva una sfera di
luce.
Delphini
allungò la gamba per fare un passo, quando, alle
sue spalle, sentì Asmodeus dire: “Aspetta, vengo
con te.”
Voltandosi,
Delphini osservò il serpente strisciare verso
di lei velocemente e, una volta che fu di fianco a lei, gli
domandò: “A cosa
devo questo cambio d’idea improvviso?”
“Mi
è venuto in mente che ci potrebbero essere dei topi
nascosti nella galleria e ti ricordo che è da settimane che
non ne mangio uno!”
“Ehi,
non prendertela con me! E’ l’amichetta di Teddy che
ha deciso di comprarsi un coniglio e io non voglio problemi con gli
altri.”
“Ma
dico, non poteva comprarsi uno stupido gatto, come
tutti gli altri marmocchi del castello?”
“A
quanto pare, non erano abbastanza coccolosi…”
“E
tu come lo sai?”
“Perché
è quello che non farei io. Io sceglierei un
animale utile ed intelligente, proprio come te.”
“Grazie
per il complimento.”
I due
iniziarono a camminare e, dopo un po’, i due
giunsero davanti ad un muro di pietra, ma Delphini, senza mostrare
alcuna
titubanza, appoggiò entrambe le mani sul muro e le spinse,
rivelando un vano
che conduceva ad un’enorme stanza, con la grande statua di un
vecchio con la
barba lunga.
“Vuoi
rifare lo stesso percorso che tu e i tuoi amici
avete fatto l’anno scorso?” domandò
Asmodeus, avvicinandosi ad una colonna
della sala, ma Delphini rispose, alzando lo sguardo in aria, come se
stesse
cercando di studiare il soffitto a volta sopra la sua testa, in cerca
di qualche
indizio: “No… rischiamo di perdere troppo tempo
prezioso… il mio istinto mi
dice che se c’è qualche passaggio è
qui, da qualche parte…”
“E
secondo te, dove sarebbe? Se qui ci fosse qualche
passaggio, te ne saresti accorta…”
“O,
forse, proprio perché era sotto i miei occhi non me
ne sono accorta… un modo astuto per confondere il tuo nemico
è fare qualcosa
che lui non si aspetterebbe mai… di norma, un passaggio
segreto dev’essere in un
punto in cui non passa mai nessuno, ben nascosto… forse,
Salazar Slytherin ha
fatto tutto il contrario! Ha messo il passaggio in un punto ben
visibile, che
poteva finire sotto gli occhi di tutti…”
Immediatamente,
Delphini sgranò gli occhi e, d’istinto, si
voltò verso l’enorme statua del fondatore.
“…E
una statua così grande del fondatore di questo posto
finisce di certo sotto gli occhi di tutti…”
concluse la ragazzina,
avvicinandosi ad essa, seguita da Asmodeus, il quale, dopo aver
osservato un
attimo la statua, domandò: “Dove sarà
il passaggio? Sai come aprirlo?”
“Credo
che sia ad apertura vocale, come il passaggio in
Sala Comune e nel bagno di Mirtilla Malcontenta… ma
necessita del serpentese.”
Meditò la giovane, per poi sussurrare:
“Apriti.”
Inaspettatamente,
non accade niente.
“Deve
aver usato una parola d’ordine diversa per
confondere le acque…” commentò Asmodeus
e Delphini, sedendosi sul piede
gigantesco della statua, si mise a riflettere: “Quale
potrebbe essere?”
“Ricordati
che non sappiamo se il passaggio segreto sia
legato proprio alla statua… né tantomeno che la
tua idea sia corretta…”
“Io
sento che ho ragione e che la statua sia il filo
conduttore di tutto! Ma quale sarà la parola che possa
spostare questa dannata
statua e rivelare il passaggio…”
Non appena
ebbe pronunciato, Delphini ebbe
un’illuminazione.
In un lampo,
scese giù dalla statua con un balzo e si
allontanò, esclamando: “Ho capito! Ora so qual
è la parola d’ordine!
Allontanati, Asmodeus!”
Non appena
lei e il serpente furono abbastanza lontani,
Delphini si girò verso la statua e sibilò:
“Spostati.”
Subito, il
terreno di pietra cominciò a tremare e la
statua di Salazar Slytherin, la quale stava tremando tutta, si
spostò
lentamente di lato, rivelando un’apertura verso il basso.
Delphini si
avvicinò all’apertura e, allungando la
bacchetta con davanti un fascio di luce, come se fosse una torcia,
cominciò a
controllare cosa nascondeva.
La luce della
bacchetta rivelò che l’apertura sembrava un
pozzo senza fondo, da cui partiva una scala a chiocciola verso il
basso, anche
se non si riusciva a vedere la fine, dato che c’era
così tanto buio da non
vedere il fondo.
Incuriosita,
Delphini prese un sassolino per terra e lo
gettò nel passaggio.
Dovette
aspettare più di un minuto, prima di sentire un
tonfo.
“Allora,
cosa facciamo, adesso? Scendiamo?” domandò
Asmodeus, ma la giovane negò con la testa: “Meglio
di no, sono già le due di
notte, è ora di andare a dormire. Entreremo domani notte,
mentre, durante il
giorno, ne approfitteremo per prepararci quando li troveremo, in modo
da evitare
di lasciarci le penne.”
“Credi
d’incontrarli?”
“E
perché no? La squama che ha trovato Oliver l’anno
scorso, me lo ha confermato.”
“Io
non ne sarei così sicuro…”
“Sei
solo nervoso al pensiero d’incontrarne anche solo
uno.”
“Ovvio!
Lo sai cosa significano per noi serpenti? Sono
creature leggendarie a cui dobbiamo assoluto rispetto! In un certo
senso, si
tratta dei nostri sovrani…”
“Ho
capito, ho capito, non preoccuparti… ci parlerò
io,
se li becco.”
“Guarda
che non riuscirai a domarli solo col serpentese!
Sono creature molto indipendenti e orgogliose. Faranno molto prima ad
ucciderti…”
“Non
dubito… ma il fatto d’incontrare per la prima
volta
da decenni una che parla la loro lingua li sorprenderà per
un po’ e a quel
punto ne approfitterò per parlargli.”
“Sei
fin troppo sicura di te… fa come vuoi, ma se ci
lasci le penne, poi non lagnarti con me.”
“Sta
tranquillo…”
Delphini si
girò di nuovo verso la statua e ordinò:
“Torna come prima.”
Immediatamente,
la statua, sempre tremando, tornò a
coprire il passaggio, con una precisione perfetta.
Il ragazzino
coi capelli rossi, il casco da pilota
babbano e con un gigantesco uovo tra le braccia, stava camminando per i
corridoi in punta di piedi, sperando di non essere beccato da Gazza e
dalla sua
stupida palla di pelo, tanto per fare dei nomi a caso…
Se proprio
doveva essere sincero, stava cascando dal
sonno, ma doveva trovare un posto caldo per l’uovo che aveva
trovato, in modo
che potesse schiudersi.
Era proprio
curioso di quale creatura ci fosse al suo
interno… con un po’ di fortuna, sarebbe stato un
drago, una fenice,
un’acromantula o una chimera, ma non gli sarebbe dispiaciuto
un uccello magico
come un diricawl… se fosse stato un uovo di gallina, avrebbe
potuto farlo
covare da un rospo, in modo da far nascere un basilisco…
peccato che era
evidente che quello che aveva tra le mani non era un uovo di gallina,
dato che
era troppo grosso e sembrava più fatto di
granito… ma, magari, era proprio un
uovo di basilisco!
Oh, non
vedeva l’ora che si schiudesse… ma, intanto,
doveva trovare un luogo caldo dove metterlo…
Mentre
pensava, il ragazzino non si accorse di un’armatura
proprio davanti a lui finché non ci andò a
sbattere, facendola cadere e
generando un gran baccano.
“Accidenti!”
borbottò Gal, controllando immediatamente il
suo uovo, tirando quasi subito un sospiro di sollievo: “Phew,
meno male… è
ancora tutto intero… che spavento…”
Non appena
ebbe finito di parlare, sentì dei passi venire
verso di lui e un fin troppo familiare miagolio.
“Porca
miseria, è Gazza con la sua stupida gatta!”
sibilò, nervoso, il ragazzino e, proprio in quel momento, a
confermare la sua
teoria, sentì la voce di Gazza che, con un ghigno,
sussurrava: “Annusa,
ciccina, annusa… lo troveremo quel furbetto che si diverte a
violare il
coprifuoco… e dopo useremo le catene del mio ufficio, che ne
dici?”
Anche se era
il discendente di Godric Gryffondor e fosse,
per natura, un ragazzo molto coraggioso, non aveva alcuna intenzione di
provare
le catene di Gazza!
Pertanto,
sempre facendo attenzione a non far cadere il
suo prezioso uovo, Gal cominciò a correre come un matto per
i corridoi del
castello, sperando che l’uovo tra le sue braccia non gli
scivolasse,
rompendosi.
Dopo tutta la
fatica che aveva fatto per portarselo a
scuola di nascosto…
Mentre
cercava di scappare, Gal notò di trovarsi in un
corridoio che non aveva mai visto prima, ma, in quel momento, aveva
decisamente
altri pensieri per la testa…
Ad un tratto,
notò una piccola porticina chiusa e, senza
perdere tempo, lanciò l’incantesimo di apertura ed
entrò dentro, con l’uovo tra
le braccia, per poi chiudere a chiave la porta.
Rimase un
attimo in silenzio, accostando l’orecchio alla
porta, ascoltando i passi pesanti di Gazza, seguiti da quelli svelti di
Mrs
Purr, avvicinarsi sempre di più.
Il ragazzino
sentì il suo cuore battere più velocemente
del solito, come se volesse uscirgli dal petto, mentre il custode si
avvicinava
sempre di più al suo nascondiglio e, proprio in
quell’istante, i passi si
fermarono proprio davanti alla sua porta e Gal, terrorizzato, trattenne
il
respiro, ansioso.
Passò
un minuto, poi un altro, un altro ancora… proprio
quando Gal stava per uscire dalla stanza pur di farla finita con quella
situazione snervante, sentì i passi di Gazza allontanarsi
sempre di più.
Una volta che
il silenzio ritornò a regnare
incontrastato, Gal fece un sospiro di sollievo, scoprendo con sorpresa
che,
mentre aspettava che Gazza se ne andava, aveva trattenuto il respiro
senza
nemmeno rendersene conto, e si mise a guardarsi intorno.
Si trattava
di una stanza di pietra piuttosto piccola, ma
molto calda e, soprattutto, completamente vuota, fatta eccezione per
una
piccola torcia che illuminava l’intera stanza e di un quadro
attaccato alla
parete che mostrava un uomo addormentato e appoggiato ad una vecchia
quercia in
un prato verde e rigoglioso con un cappello parecchio brutto e vecchio,
il
quale era messo sul viso, in modo da impedire alla luce di colpirlo e
di
svegliarlo.
A confermare
il fatto che il tizio del ritratto fosse
profondamente addormentato, fu il fatto che da esso proveniva il suono
di
qualcuno che russava parecchio forte.
Gal
appoggiò l’uovo per terra e si avvicinò
al ritratto,
per poi cominciare a toccare con l’indice la cornice,
sussurrando: “Mi scusi…”
Per tutta
risposta, il soggetto continuò a ronfare
tranquillamente, come se non avesse sentito niente.
Vedendo che
era impossibile svegliarlo, Gal fece per
uscire, quando il suo stomaco cominciò a brontolare.
Anche se
aveva mangiato parecchio durante il banchetto,
aveva consumato molte energie a vagare per i corridoi e a sfuggire da
Gazza…
“Uffa,
che fame… vediamo se in tasca ho ancora qualcosa
dei dolci che ho preso sul treno… magari mi aiutano a
digerire…” meditò il
giovane, infilandosi una mano in tasca, e, proprio in quel momento, una
voce
alle sue spalle esclamò, entusiasta: “Dolci?! Ne
voglio uno anch’io!”
A causa dello
spavento, Gal sobbalzò e, girandosi di
scatto, puntò verso il tizio della voce, puntandosi, senza
rendersene bene
conto, una bacchetta di liquirizia.
Con sorpresa,
si accorse che chi aveva parlato era l’uomo
che stava dormendo nel ritratto.
Si era
rimesso il cappello sulla testa e Gal notò che
aveva i folti capelli rossi, proprio come la sua barba, e che aveva un
grande
sorriso sul volto, mostrando una serie di denti storti, i quali
venivano
mostrati con assoluto orgoglio.
Vedendo che
Gal si era spaventato, l’uomo del ritratto si
scusò immediatamente: “Oh, mi dispiace,
scusami… non volevo proprio
spaventarti… e pensare che Sal mi aveva persino avvisato di
non farlo, perché
avrei spaventato qualcuno…”
“Sal?”
ripeté, incredulo, il rosso e l’altro
annuì: “Sì,
è il mio migliore amico. Veramente il suo nome completo
sarebbe un altro, ma è
troppo lungo e difficile, perciò finisce sempre che lo
confondo e lo faccio arrabbiare.
Così lo chiamo Sal, molto più pratico e facile da
ricordare, perché devo solo
pensare al sale e ho trovato il nome giusto. Però non
è che gli piaccia tanto…
quando lo chiamo così, si arrabbia anche più di
prima.”
“Anch’io
ho lo stesso problema con una ragazza di
Serpeverde… ha un nome che è impossibile,
perciò uso un soprannome molto
carino, ma a lei non piace per niente e, anzi, mi da’
dell’idiota.”
“Idiota?
Ma che significa?”
“Si
tratta di un insulto che lei adopera fin troppo
spesso… significa stupido o babbeo.”
“Non
conosco il termine ‘stupido’, ma se equivale a
‘babbeo’, ho bene in chiaro cosa
significa.”
“Sal
ti chiama spesso così?”
“Fin
da quando ha ripreso a parlare e finché non è
morto,
tutte le volte che lo vedevo, mi diceva sempre che ero un babbeo e un
fuori di
zucca, assieme a tutti gli insulti che gli venivano in
mente… e anche prima, me
lo scriveva sempre…”
“E’
identico a Delphi… letteralmente.”
“Se
è di Serpeverde, non mi meraviglio… Sal ha sempre
preferito gli studenti che possiedono un bel carattere, proprio come
lui…”
“Senti,
ma tu… sei Godric Gryffindor?”
“Certo,
perché?”
Gal lo
fissò a bocca aperta, sorpreso.
Quello che
aveva davanti ai suoi occhi, era il suo
antenato, Godric Gryffindor… uno dei fondatori di Hogwarts e
il suo antenato…
ma come doveva approcciarsi con lui? Non voleva di certo sembrare un
imbroglione…
“Senta,
signore…” incominciò il rosso, ma
Godric lo
bloccò, allungando la mano davanti a lui per fermarlo:
“Non chiamarmi signore,
figliolo. Se proprio devi usare un nome per parlare con me, usa Godric,
anche
se ne farei volentieri a meno…”
“Non
ti piace il nome Godric?”
“Sì,
non lo sopporto… è un nome così
ridicolo e
inutilmente pomposo… se solo avessi un
soprannome… lo renderebbe molto più
digeribile…”
“Oh,
lo so… anch’io ho avuto lo stesso problema,
identico.”
“Davvero?”
“Sì,
i miei mi hanno chiamato Galahad, in onore di uno
dei cavalieri della Tavola Rotonda, ma al giorno d’oggi,
questo nome è così ridicolo
e imbarazzante…”
“Non
me ne parlare, figliolo… ero l’unico in tutta la
terra ancora vivo con un nome simile… era il nome di mio
padre, di mio nonno e
tutta la compagnia bella… io non l’ho mai amato
quel nome… l’unica che lo
trovava carino era Helga, ma lei riusciva a sopportare tutto, anche
quel brutto
carattere di Sal… quand’è nato Lionel,
la prima cosa che ho fatto, è stata
quella di dargli un altro nome! Non avrei potuto condannare mio figlio
alla
stessa tortura… però sospetto che non gli
piacesse tanto, perché si faceva
sempre chiamare Nel con gli amici e anche quando è diventato
cavaliere, assieme
a Cadogan…”
“Io,
come soprannome per sopportare il mio nome, ho
scelto Gal.”
“Gal?
E’ carino, i miei complimenti.”
“Se
vuole, posso trovare anche per lei un soprannome…”
“Lo
faresti davvero? Grazie, mi salveresti la vita, dico
sul serio!”
“Figurati,
Godric. Proverò a cercartene uno. Non sarà il
massimo, ma…”
“Oh,
credimi, Gal… per me, qualunque nome è meglio di
Godric!”
“Però,
mi tolga una curiosità… ha detto che suo figlio
si
chiamava Lionel?”
“Sì.”
“Che
buffo… lo sa che ha lo stesso nome di uno dei
cavalieri della Tavola Rotonda?”
“Lo
so benissimo, quello era mio figlio.”
Sentendo
quelle parole, Gal sgranò gli occhi, senza
parole.
Il figlio del
suo antenato era stato uno dei cavalieri
della Tavola Rotonda?!
Non ci poteva
credere… aveva proprio degli antenati
valorosi ed eroici!
“Ah,
il mio caro figliolo… uno dei cavalieri di re
Artù…
coraggioso, leale, valoroso… un vero Grifondoro! Ero
così fiero ed orgoglioso
di lui… peccato che aveva preso troppo da
me…”
“In
che senso, Godric?”
“Beh,
secondo Sal, io avrei una… ‘tendenza a fare
sciocchezze’… e, purtroppo, ne ho trasmessa tanta,
troppa, a mio figlio… così
alla fine, si è fatto cacciare dalla Tavola Rotonda, con
grande dispiacere di
Cadogan e Merlino… ma il mio ragazzo si è
disperato? Nossignore! Da vero
Grifondoro, come il suo vecchio, si è messo a girare per il
mondo in cerca di
avventure! Questa sua decisione mi ha reso molto più
orgoglioso di quando è
stato ammesso in quella corte! Peccato che Sal e Merlino non la
pensavano allo
stesso modo… ma, sai, ragazzo… tra Serpeverde ci
si intende…”
“Merlino
era un Serpeverde?!”
“Certo
che lo era, ragazzo! E uno dei migliori! Era anche
il secondo studente preferito di Sal… lui aveva occhio per
gli studenti
migliori…”
“E
chi era il primo?”
“Il
piccolo Henry… lo trovammo quando aveva solo sette
anni, povero piccolo… era il garzone di un vasaio, che lo
aveva preso a
lavorare nella sua bottega dopo che i genitori erano morti per
un’epidemia… ma
quel lurido e spregevole individuo, lo maltrattava e picchiava in
continuazione, approfittando del fatto che avesse una cattiva vista e
che
attorno a lui succedessero cose strane per via della magia…
glielo abbiamo
tolto subito e lo abbiamo portato qui. Rowena gli ha creato un paio di
occhiali
per poter vedere e Sal lo ha subito preso sotto la sua ala protettiva
e, in
poco tempo, quel piccolino è diventato la sua
ombra… nessuno di noi ne è
rimasto sorpreso quando Sal l’ha messo a Serpeverde, anche se
aveva i genitori
senza magia…”
“Cosa?
Davvero? E come lo sapevate?”
“Ce
lo disse Henry. Era sorpreso di scoprirsi un mago,
dato che i suoi genitori non avevamo mai fatto un solo
incantesimo… Fino a quel
momento, Sal non aveva mai messo il figlio di due senza magia a
Serpeverde, ma
con Henry fece volentieri un’eccezione…
c’era così legato… inoltre, erano
entrambi abili a pozioni… passavano i pomeriggi a
chiacchierare e a preparare
pozioni…”
“Ma
pensa te, non lo sapevo…”
“Eh,
c’è tanto da imparare,
figliolo…”
Non appena
ebbe finito di dire quelle parole, Godric
osservò a fondo Gal e domandò, incredulo:
“Ma noi due ci conosciamo? Mi sembri
familiare…”
“Diciamo
che noi due siamo parenti…”
“Veramente?
Sei un cugino della moglie di Lionel?”
“Ehm…
no. Veramente, io sarei il suo discendente.”
“Il
mio discendente?”
“Sì…
l’anno scorso ho evocato quel suo incanto, ‘Il
soffio del drago’ dalla sua spada.”
Fu come se
Godric avesse appena scoperto che i suoi amici
avevano fatto una festa a sorpresa per lui.
Rimase un
attimo in silenzio, poi sulla sua faccia si
stampò un largo e grande sorriso che mostravano tutti i suoi
denti storti.
“Sei
un mio discendente?! Non riesco a crederci! Questa
sì che è una notizia meravigliosa! Già
prima mi piacevi molto, figliolo, ma
adesso… comunque, hai proprio ragione, assomigli davvero
molto a Lionel, te lo
giuro.”
“Anche
mio padre doveva assomigliargli, perché mamma mi
ha raccontato che assomiglio molto a papà, molto
più di Lancy!”
“Oh,
questa è davvero una notte fantastica! Non solo ho
un po’ di compagnia dopo tanti anni, ma ho persino conosciuto
un mio
discendente! Dobbiamo assolutamente fare un banchetto!”
“Magari
domani… intendiamoci, l’idea di un bacchetto
m’interessa non poco, ma il fatto è che devo
trovare un nascondiglio per il mio
uovo…”
“Un
uovo? Non dirmi che sei in grado di deporne uno…”
“No,
l’ho trovato in una vecchia casa abbandonata, ma
voglio vedere cosa succede quando si schiuderà…
sono curioso di vedere se
uscirà un drago o, magari, una chimera!”
“Potresti
metterlo qui, Gal. In questa stanza non ci
viene mai nessuno e, poi, è collegata alla fornace delle
cucine, quindi il
calore sale qui e l’aria è molto calda, purtroppo,
ci vorrà un po’ più del
solito perché esso venga schiuso, ma il cucciolo
avrà abbastanza calore per
campare. Tutto quello che ci serve, adesso, è un
giaciglio.”
“Buona
idea… oh, se solo avessi delle coperte…”
“Perché
non le fai apparire con la magia?”
“Ah,
già, è vero! Dimenticavo che sono a scuola,
quindi
posso farla.”
“In
che senso non puoi fare magia se non sei a scuola?”
“I
minorenni non possono fare magie fuori dalla scuola
per legge. Non lo sapeva?”
“No.
Quando avevo la tua età, facevo magie in
continuazione ovunque, senza alcun problema… anche se Sal mi
diceva sempre di
non mostrare mai la magia davanti a coloro che ne erano
privi.”
“Come
mai? Temeva che uno di loro si facesse male per
errore?”
“No,
diceva che era più pericoloso per noi che per
loro…
e con tutto quello che ha vissuto, non mi meraviglia che lo
pensasse…”
“Perché,
che gli è successo?”
Inaspettatamente,
Godric fece una faccia nervosa, come se
avesse appena rivelato un tabù inconfessabile, ma, subito,
l’uomo rispose:
“Beh, è meglio lasciar perdere, in fondo non era
niente… forza, prepariamo il
giaciglio.”
Nel dire
quelle parole, Godric tirò la bacchetta, ma non
successe niente.
“Ehm,
temo che gli incantesimi non abbiano effetto dentro
i quadri…” gli ricordò Gal e Godric
fece un sospirò: “Ah, già,
dimenticavo…
questa roba non esisteva quand’ero un fanciullo della tua
età…”
Gal si tolse
la felpa che si era messo per riscaldarsi e
ci mise sopra l’uovo, cercando di coprirlo, per poi dire:
“Domani porterò più
coperte, non vedo l’ora di vedere cosa verrà
fuori… speriamo che sia una
creatura rara e molto pericolosa.”
“Hai
proprio un coraggio da leone, proprio come me!”
“Grazie,
dopotutto, sono il discendente della persona più
coraggiosa che sia mai esistita!”
“Ma,
veramente… non sono io la persona più coraggiosa
che
sia mai esistita.”
Sentendo
quelle parole, Gal sgranò gli occhi e domandò:
“Ma cosa dice? Tu sei il fondatore della Casa di Grifondoro,
l’emblema stesso
del coraggio… se c’è qualcuno che
merita quel titolo sei proprio tu, Godric!”
“Ti
ringrazio per i complimenti, Gal. In effetti, sono
molto coraggioso… ma sopra di me, c’è
un’altra persona, la persona più coraggiosa
che abbia mai conosciuto in vita mia. Io non sarò mai al suo
livello,
nonostante quello che pensa la gente.”
“Adesso
sono proprio curioso a mille… chi è?”
“Beh,
si tratta di…” cominciò Godric, ma,
proprio quando
stava per pronunciare il suo nome, si udirono le vecchie campane
suonarono tre
rintocchi.
“Oh,
cavolo! Sono le tre! Ho solo ancora quattro ore di
sonno!” esclamò Gal, precipitandosi verso la
porta, ma, prima di aprirla, si
girò verso il quadro e pregò Godric, il quale lo
fissava, basito: “La prego,
tenga d’occhio l’uovo, tornerò domani
con le coperte e il soprannome!
Buonanotte, Godric!”
Subito, il
giovane chiuse la porta, mentre il personaggio
del quadro faceva un sorriso divertito e commentava: “Ho un
discendente proprio
niente male… mi piace!”
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Capitolo 40 *** Le eccezioni delle quattro Case ***
Capitolo 40:
Le eccezioni delle quattro Case
“Gal,
ma tu hai dormito, stanotte?” domandò, leggermente
preoccupato, Christian, mentre Gal, intento a mettersi la divisa,
facendo un
grosso sbadiglio, mentre una piccola lacrimetta gli si formava sotto
agli
occhi, mugugnò: “Scì…
perché me lo chiedi?”
“Perché
hai una faccia, stamattina…”
“Sono
sveglio, sono sveglio…”
“Sarà…
comunque, ti avverto che stai facendo il nodo
della cravatta al contrario e che hai saltato un bottone della
camicia.”
Riaprendo
leggermente gli occhi che gli bruciavano per la
stanchezza, Gal si accorse che il cugino aveva ragione.
Stava facendo
un vero e proprio disastro con la divisa.
Si
affrettò a risistemarsi, per poi cominciare a mettersi
le scarpe, le quali, inspiegabilmente, non s’infilavano.
“Ehi,
Chris… mi sa che i miei piedi sono cresciuti troppo
durante l’estate… non mi entrano più le
scarpe…” dichiarò, voltandosi verso il
cugino, il quale, alzando gli occhi al cielo, disse, con un tono
leggermente
lamentoso: “Non ti si sono cresciuti i piedi, Gal…
molto semplicemente, hai
messo la scarpa destra nel piede sinistro e viceversa.”
Gal
abbassò lo sguardo e si accorse che Christian aveva
ragione, si era messo le scarpe al contrario come un vero idiota.
Sospirando,
si rimise a posto, meditando sugli eventi
accaduti alcune ore prima.
Sembravano
frutto di un sogno, così sfuggenti, così
sfocati… o forse era solo la stanchezza che gli faceva
quell’effetto…
Una volta che
fu veramente a posto, Gal uscì dalla Sala
Comune, per poi fermarsi di colpo.
Dato che i
suoi amici appartenevano a Case diverse era un
po’ difficile scegliere da chi andare per primo…
Fortunatamente,
la soluzione arrivò nei panni di Athena
che, proprio in quel momento, si stava dirigendo verso la Sala Grande,
con gli
altri Corvonero.
“Ehi,
Athena! Aspetta!” esclamò Gal, avvicinandosi e la
ragazza, dopo averlo osservato un attimo, domandò:
“Ma hai dormito stanotte?
Hai delle occhiaie…”
“Sì,
lo so… è proprio di questo che vorrei parlare con
te
gli altri…”
“Non
dirmi che te ne sei andato in giro per il castello.”
“Beh,
un pochino… ma ho scoperto alcune cose parecchio
grosse…”
“Va
bene, allora andiamo al seminterrato di Tassorosso.”
Dieci minuti
dopo, Teddy, Oliver e Delphini si erano
uniti al gruppo e Gal stava raccontando del suo incontro notturno con
il quadro
del suo antenato, omettendo del fatto che si era messo a girovagare per
castello per nascondere un uovo che aveva trovato, ma dicendo che era
troppo
curioso di vedere la scuola di notte.
Fortunatamente,
dato che non era strano per lui fare cose
del genere, ci avevano creduto tutti subito.
“…E
questo è tutto!” concluse Gal, mentre Teddy
domandava: “Secondo te, cosa intendeva Godric Gryffindor
quando parlava delle
esperienze che ha vissuto Salazar Slytherin?”
“Non
ne ho idea, ma era evidente che doveva essere
successo qualcosa di davvero grosso… come bugiardo fa
proprio spavento.”
“Beh,
questo spiegherebbe perché detestasse tanto i Nati
Babbani… probabilmente, quando li vedeva, gli ricordavano le
brutte esperienze…
e, inoltre, il fatto che pensasse che fosse meglio non mostrare i
propri poteri
ai babbani perché era pericoloso per i maghi, doveva
derivare proprio da esse…”
fece notare Oliver, mentre Athena annuiva: “Niente di
più probabile. Secondo
me, quelle brutte esperienze con i babbani devono essergli accadute da
bambino,
dato che i traumi infantili sono quelli che creano più danno
nella psiche di
una persona, oltre ad essere quelli più duraturi…
inoltre, il fatto che si
fosse rifiutato di parlare per un periodo dev’essere dovuto
proprio ad un
trauma parecchio forte.”
“Può
succedere davvero?” domandò, incuriosito, Gal e la
Corvonero rispose: “Certo, ci sono numerosi casi documentati
da degli psichiatri
babbani.”
“Beh,
io sono comunque curioso di scoprire chi sia la
persona più coraggioso del mondo, superiore persino a Godric
Gryffindor…”
“Boh…
devo ammettere che mi sorprende che, secondo lui,
ci fosse qualcuno che lo superasse in coraggio… ero convinto
che nessuno fosse
superiore a lui in quel settore…” ammise Teddy,
mentre Gal esclamava: “Comunque,
non sapevo che Merlino fosse di Serpeverde…”
“E
allora, perché, secondo te, l’ordine di Merlino,
Prima
Classe, è di colore verde?” gli
ricordò, con tono seccato, Delphini e Gal,
facendole una linguaccia, rispose: “Pensavo che il verde
fosse il suo colore
preferito! Nella Sala dei Ritratti e nelle figurine delle Cioccorane
indossa
solo vestiti verdi! E poi, che ne so, di che colore sono i vari ordini
di
Merlino? La mia famiglia non ne ha mai ricevuto uno, neanche quello di
Terza
Classe!”
“Su,
non litighiamo… siamo quasi alla sala
grande…” li
calmò Oliver e, proprio in quel momento, si udì
una voce femminile urlare:
“Teddy, aspettami!”
Sentendo
quella voce, Delphini alzò gli occhi al cielo.
Non ci voleva
un genio per capire a chi appartenesse
quella voce…
Al contrario
dell’amica, Teddy si voltò subito e con un
gran sorriso, esclamò: “Ehilà, Vicky.
Certo che sei mattiniera, di solito ti ci
vogliono le cannonate per svegliarti.”
“Scusa,
ho fatto un po’ tardi… volevo raggiungerti al
Seminterrato di Tassorosso per farti una sorpresa, ma purtroppo la
sveglia non
ha funzionato… e meno male che la mia compagna di stanza mi
ha svegliato o
saltavo le lezioni… stupida sveglia!”
“Per
caso te l’ha data tuo zio George, il proprietario
dei ‘Tiri vispi Weasley’?”
domandò Delphini, con un ghigno, e la ragazzina
ammise: “Sì… e tu come lo
sai?”
“Dovresti
fare attenzione a quello che ti regala tuo
zio…” commentò Delphini con un
sorrisetto, mentre tirava fuori dalla borsa un
foglio di carta che srotolò davanti a Victorie.
Apparteneva
alla rubrica degli annunci pubblicitari della
‘Gazzetta del profeta’ e mostrava
l’immagine di numerosi oggetti in movimento
con sotto una didascalia, alcune di esse cerchiate con una biro nera,
ma ciò
che attirò la bionda fu quella più grande che
mostrava delle sveglie accanto ad
un tipo che dormiva senza suonare finché esso non si
svegliava e andava nel
panico non appena vedeva l’orario.
A confermare
il sospetto che stava cominciando a
germogliare nella mente di Victoire fu la grande didascalia sotto che
recitava:
“Siete
stufi marci di essere sempre voi quelli in
ritardo? Allora fate essere gli altri in ritardo! Con le sveglie finte
dei
‘Tiri vispi Weasley’, per una volta sarete voi
quelli in orario! Hanno
l’aspetto di normali sveglie, solo che non suonano affatto!
Prendetevi una
bella rivincita contro tutti coloro che vi criticano per aver dormito
troppo!”
“Dovevo
saperlo che era uno scherzo!” sbottò, furiosa, la
bionda, mentre Delphini rimetteva a posto il foglio, trattenendo a
fatica le
risate: “Proprio un bello scherzo coi fiocchi ti ha
fatto… mi piace il suo
senso dell’umorismo. La prossima volta che vado a Diagon
Alley, ci faccio
senz’altro un salto…”
“Mi
sembrava strano che mi avesse dato proprio una
sveglia, ma mi aveva detto che era da parte dello zio Percy per evitare
di fare
tardi a scuola e io ci ho pure creduto! Ma aspetta che lo vado a dire
alla
nonna…” continuò Victoire, furibonda,
mentre Gal si avvicinava all’orecchio di
Athena e Oliver e sussurrava: “Ci vediamo questo pomeriggio
dopo le lezioni in
biblioteca?”
“Certo,
come mai?” domandò Athena, sospettosa, e il rosso
rivelò: “Voglio assolutamente guardare nei vecchi
libri e scoprirne di più su
Godric, Lionel e l’uomo più coraggioso dello
stesso Godric Gryffindor. Sono
curioso, ecco.”
“Ottima
idea, anch’io devo cercare una persona…”
“E
chi?”
“Ti
ricordi di quella donna di cui hai sentito parlare
nella visione del ‘Soffio del drago’? Quella di
nome Althea?”
“Certo
che me la ricordo. E allora?”
“Sono
certa di aver già sentito quel nome, da qualche
parte, ma non mi ricordo dove… forse leggendo tra i vari
libri della
biblioteca…”
“Ci
penseremo più tardi, adesso andiamo a fare
colazione.” S’intromise Oliver, mentre Victorie
sbuffava: “…E, inoltre, non ho
nemmeno avuto il tempo per prepararmi decentemente! Guarda la mia
divisa… e i
capelli, poi! Oh, lo uccido lo zio George! Scommetto che si faranno
tutti delle
grandi risate in Sala Grande…”
“Oh,
poverina… lascia che ti sistemi io…”
ridacchiò
Delphini, tirando fuori dal suo nascondiglio sull’avambraccio
la bacchetta e
domandò: “Come li vuoi i capelli? Sciolti o
legati?”
“Beh,
mi piacerebbe tenerli legati in una treccia…”
propose Victoire e, non appena ebbe finito di parlare, Delphini mosse
la
bacchetta e, immediatamente, la cravatta dai colori giallo e rosso si
legò in
maniera perfetta, la camicia bianca s’infilò sotto
alla gonna, le pieghe delle
calze al nylon svanirono e i lunghi capelli biondi di Victorie si
cominciarono
a legare in maniera autonoma fino a formare una grossa treccia.
“Ecco
fatto.” Esclamò la Serpeverde, nascondendo di
nuovo
la bacchetta, mentre Vicky ancora senza parole per ciò che
le era appena
accaduto, corse a controllare il suo aspetto attraverso il suo riflesso
su
un’armatura, scoprendo, con sgomento, che era assolutamente
perfetto.
“Consideralo
un ringraziamento per avermi fatto ridere
stamattina con la faccenda dello scherzo di tuo zio. Ci
vediamo.” Esclamò la
Serpeverde, senza nemmeno aspettare una risposta da parte di Victorie,
salutandola con la mano, non voltandosi a vedere la sua reazione,
entrando
nella Sala Grande, col suo solito passo calmo e nobile, subito seguita
dagli
altri, i quali erano ancora sorpresi da quanto era appena accaduto,
cominciandosi a chiedersi se quello che era appena successo fosse stato
solo
frutto di un sogno.
Il gruppo,
pertanto, si divise per andare ai rispettivi
tavoli, non accorgendosi che Victoire stava seguendo di nascosto Teddy,
ma,
inaspettatamente, il ragazzo si girò e vedendola, le
domandò: “Ma Vicky, cosa
ci fai qui? Devi andare con Gal al tavolo dei Grifondoro.”
“Lo
so, ma… potrei andare con te al tavolo dei
Tassorosso? Solo per stavolta?”
“No,
mi dispiace. Le regole sono regole. Non
preoccuparti, potrai venire al mio tavolo a Natale, durante le
vacanze.”
“Ma
è tra tre mesi! Non voglio aspettare, io voglio stare
con te, adesso!”
“Su,
su… sii paziente, vedrai che il tempo volerà in
un
attimo.”
Sbuffando
furiosa, Victorie si diresse verso il tavolo
della sua Casa, sibilando insulti al Cappello Parlante, con gli occhi
che
mandavano lampi di rabbia.
“Non
immaginavo che ci tenesse così tanto a finire a
Tassorosso… chissà come mai le piace tanto la mia
Casa…” si domandò Teddy,
grattandosi i capelli blu, mentre Delphini gli rivelava, con un tono
calmo
simile a quello usato per spiegare come andava il mondo ai bambini: “Perché ci sei
tu, testa di rapa.”
“Eh? Cosa
intendi?”
“Indovina…”
“Ah, ho capito!
E’ perché si sente insicura senza qualcuno che
conosce…
ma sono sicuro che non appena conoscerà Gal e Christian, si
sentirà subito
meglio.”
“Sarà un vero
miracolo se quella mocciosa riuscirà ad
accalappiarti…
letteralmente…”
“Eh?”
Ignorando l’ultima
affermazione dell’amico, la ragazzina si diresse
verso il suo tavolo, sussurrando: “Mai visto nessuno
più ignorante in materia
amorosa…”
Nel frattempo, anche Gal corse ad
unirsi al tavolo dei Grifondoro e,
pochi minuti dopo, ricevette da Madama Bumb il foglio coi suoi orari e,
non
appena ebbe letto il primo nome dell’elenco, si mise ad
urlare.
“Che succede,
Gal?” domandò, preoccupato, Christian, girandosi
di
scatto verso il cugino e il rosso, mostrandogli il foglio,
dichiarò: “La prima
ora è Trasfigurazione, con Bennet! Per due ore di
fila!”
“Accipicchia…”
“Morirò…
è l’insegnante più odioso e antipatico
di tutta Hogwarts… una
vera e propria carogna!”
“Cinque punti in meno a
Grifondoro.” Sbottò alle loro spalle, la voce
offesa del professore in questione, il quale si stava dirigendo verso
il tavolo
degli insegnanti.
“Ed io che speravo di
farmi una bella dormita alla prima ora…”
mugugnò
il ragazzino, mentre il cugino tentava di consolarlo: “Su,
non fare così…
magari, durante le vacanze estive si è un po’
addolcito…”
“In quale universo
alternativo?”
“Bene, ragazzi. Tirate
fuori le penne, le pergamene e i libri.
Quest’anno inizieremo il nostro anno scolastico con
l’incantesimo Revelio,
utile per mostrare la vera natura di persone e oggetti trasfigurati,
per poi
passare ad imparare Reparo, con cui si riparano gli oggetti rotti, e
Reparifarge, attraverso cui si annullano gli effetti di una
trasfigurazione,
cercando di arrivare alla fine dell’anno con la
trasfigurazione da porcospino a
puntaspilli. Come potete vedere, abbiamo un programma per
quest’anno parecchio
impegnativo, quindi iniziamo subito!”
Mentre Bennet, con un rapido
movimento della bacchetta, faceva muovere
il gesso, il quale cominciò a scrivere tutte il programma
per il secondo anno,
mentre i giovani Grifondoro presenti cominciando a tirare fuori gli
strumenti,
anche se un certo ragazzino coi capelli rossi, il quale stava tirando
fuori gli
strumenti con una faccia seccata.
Quando detestava
Trasfigurazione… per non parlare dell’insegnante,
poi…
Bennet era un autentico incubo…
“Bene, chi mi sa dirmi
quante sono le eccezioni nella trasfigurazione,
secondo le leggi di Gamp?” domandò
l’insegnate e, con grande sorpresa di tutti,
Gal alzò la mano.
Vedendo ciò, Bennet
alzò un sopracciglio e domandò:
“Sandlers, sa la
risposta?”
“Certo,
professore!”
“Bene, allora
risponda.”
“La
risposta è nove!”
“E
invece no, Sandlers. La
risposta era cinque: sono cibo, amore, vita, informazioni e denaro.
Comunque,
apprezzo il tentativo, anche se errato.”
“No?
Diavolo…” borbottò a sé
stesso il ragazzino “Appena un minuto del primo giorno di
scuola e ho già
sbagliato una risposta… c’è un qualche
premio per aver stabilito un record,
professor Bennet?”
Sentendo
quella domanda,
tutti scoppiarono a ridere, mentre il professore, con uno sguardo
parecchio
furioso ed infastidito, rispondeva: “No, non
c’è, Sandlers. E adesso faccia
silenzio!”
Sbuffando
per la seccatura,
Gal tirò fuori dalla sua borsa un rotolo di pergamena e
delle piume.
“Gal,
guarda che sei ancora
in tempo per metterle via…” gli
sussurrò Christian, cercando di non farsi
vedere dal prof, mentre Gal rispondeva: “Non ne ho
altre.”
“Ma
sono delle piume di
piccione! Non vorrai sul serio usarle?!”
“Senti,
Chris, guarda che ho
preso la mia decisione. Ho già dovuto sopportare la lagna
che mi ha fatto
Delphini per queste piume!”
“Gal,
si può sapere cosa stai
facendo?” domandò, in un misto tra
incredulità e disgusto, Delphini, guardando
il giovane rosso con un casco da pilota babbano seduto sulla terra
marroncina
del minuscolo parco giochi della cittadina, il quale stava studiando
con molta
attenzione le piccole piume sparse sulla terra del parco, per poi
risponderle,
senza nemmeno voltarsi per guardarla: “Sto prendendo i miei
articoli di
cancelleria, ovviamente. Guarda quante piume ci sono, sparse per
terra…”
“Quelle
sono piume di
piccione, cervello di gallina!”
“E
allora? Sempre piume sono.
Ai professori non importerà niente. Anzi, scommetto che non
le riconosceranno
nemmeno!”
“Sandlers…
perché sta usando
una piuma di piccione, per scrivere?” domandò la
voce, ferma e gelida di Bennet
alle spalle di Gal, il quale, cominciando a sudare freddo, si
voltò lentamente,
a guardare il giovane e severo professore di trasfigurazione.
Con
aria nervosa, Gal si
voltò e vide il professore che stava osservando la penna che
aveva in mano.
Cercando
di apparire
tranquillo, il rosso spiegò: “Ehm…
così… tanto per
risparmiare…”
Per
tutta risposta, il
professor Bennet sussurrò, con un tono tagliente come quello
di una lama sul
ghiaccio: “Sandlers, si sbarazzi di quella robaccia,
all’istante! Un minimo di
decenza e d’igiene, che diamine!”
Poi,
voltandosi verso
Christian: “Brown, presti a Sandlers la sua piuma di riserva.
In quanto a lei,
Sandlers, una volta finite le lezioni, corra alla guferia per mandare
un
messaggio a sua madre chiedendole le piume che si comprano nei negozi,
mi sono
spiegato? Se entro un mese, non le avrà, sarò io
ad informare la sua famiglia
di questa sua bravata, quindi, fossi in lei, mi darei una
mossa…”
Bennet
si diresse verso la
lavagna, non prima di aggiungere: “…E per finire,
dieci punti in meno a
Grifondoro.”
Se
c’era una materia che
Oliver adorava con tutto sé stesso era Erbologia.
Era
rilassante stare a
contatto con le piante, inoltre, esse erano creature, sia magiche che
normali,
che avevano bisogno di molte cure e di amore, proprio come gli animali
e,
proprio come loro, avevano un animo nascosto, pieno di sentimenti e di
pensieri, anche se non sembrava.
Ma,
purtroppo, solo poche
persone erano in grado di cogliere la profondità e i
sentimenti delle piante…
“Spero
di non rompere un
altro vaso, quest’anno…”
borbottò Teddy, il quale era di fianco a lui, con
indosso già il grembiule giallo per la lezione e in attesa,
assieme a tutti i
Tassorosso, fuori dalla serra 4, che la professoressa gli aprisse e li
facesse
entre, oltre l’arrivo dei Grifondoro, in quanto,
quell’anno condividevano le
lezioni insieme, e l’amico cercò di
tranquillizzarlo: “Vedrai che non ti
succederà… o, alla peggio, ne romperai meno
dell’anno scorso…”
“Forse…
l’anno scorso ne ho rotti
cinquanta… e il primo vaso rotto è accaduto
durante la seconda lezione…”
“Beh,
te la sei comunque
cavata egregiamente con la materia…”
“A
parte i cinquanta vasi
rotti, i nove sacchi di concime rovesciati per terra, la cassetta degli
attrezzi fatta ribaltare per ben cinque volte… speriamo che,
quest’anno, la
maledizione della mia sbadataggine sia più
controllata…”
Oliver
diede un’occhiata
all’orologio che portava al polso e commentò:
“Fra poco dovrebbero arrivare i
Grifondoro…”
“Ah,
eccoli lì.” Esclamò
Teddy, con sorriso, ma, tuttavia, esso scomparve e lasciò
posto ad una faccia
stupita.
Infatti,
Gal si stava
avvicinando alla serra, assieme ai suoi compagni, con una faccia a dir
poco
furiosa.
“Che
è successo?” domandò,
preoccupato, Oliver e Christian cominciò a spiegare:
“Beh, l’ora prima avevamo
Bennet… e lui ha capito subito la vera natura delle piume
che aveva Gal…”
“Ah…
e poi, come è andata a
finire?”
“Il
prof ha…”
“Basta
chiacchiere! Tutti
dentro, che dobbiamo lavorare!” li interruppe la
professoressa Sprite, aprendo
la porta della serra e facendo segno a tutti di entrare.
Per
via della sua natura
gentile, Oliver rimase indietro a tenere aperta la porta, mentre tutti
entravano, chiacchierando.
Quando
l’ultimo entrò, Oliver
fece per chiudere la porta, quando gli parse che qualcosa di morbido e
delicato
gli avesse sfiorato la gamba.
Abbassò
lo sguardo, ma non
vide niente.
Avere
intorno il serpente
domestico di Delphini stava cominciando a giocarli brutti
scherzi… adesso
credeva persino che qualcosa l’avesse sfiorato.
“Ci
siamo tutti? Ottimo.”
Esclamò la professoressa, non appena tutti si furono
avvicinati al tavolo, su
cui c’era una pianta “Oggi ci occuperemo della
Valeriana. Si tratta di una
pianta le cui radici vengono usate per le pozioni. Il vostro compito,
per oggi,
è quello di trapiantarle nel vaso. Osservatemi con molta
attenzione…”
Mentre
osservavano la donna,
Oliver si accorse, di nascosto, che Gal stava sbuffando, oltre ad avere
ancora
una faccia seccato e domandò, dolcemente: “Va
tutto bene?”
“Massì,
è solo che ho un prof
davvero insopportabile…”
“Di
cosa stai parlando? Che è
successo?”
“Si
tratta di quell’antipatico
odioso del professor Bennet… non solo mi ha fatto buttare
via le piume che
avevo raccolto quest’estate, ma mi ha anche tolto dieci
punti! Dieci! E solo
per delle piume di piccione! Quanto lo odio…
quand’era a scuola, doveva essere
uno studente di Serpeverde, ci scommetto!”
“Non
dovrebbe scommettere,
Sandlers… anche perché, in questo caso,
perderebbe.” S’intromise la Sprite,
intenta a finire di trapiantare la pianta e Gal le chiese, incuriosito:
“Cosa
intende, professoressa Sprite?”
“E’
molto semplice, signor
Sandlers… il professor Isaac Bennet, quand’era uno
studente come lei, non era
un Serpeverde, ma un Tassorosso.”
“EH?!?!”
esclamò, senza
nemmeno rendersene conto, Gal.
Era
come se un masso intero
gli fosse caduto addosso.
L’insegnate
più severo,
intransigente e temuto era stato smistato a Tassorosso, la Casa della
lealtà,
dell’uguaglianza e delle persone gentili?!
Uno
come lui sembrava
perfetto per la Casa di Serpeverde o, alla peggio, Grifondoro e
Corvonero, ma
Tassorosso… francamente era l’ultima Casa, dove
avrebbe pensato di trovarlo…
“Ne…
ne è sicura?” domandò,
con un filo di voce, Gal e donna annuì: “Ma certo
che ne sono sicura. Direi di
conoscere gli studenti della Casa di cui sono direttrice, le
pare?”
“I-in
effetti…”
“Ottimo…
allora, visto che ha
capito, Sandlers, potrebbe fare silenzio, così finisco
d’illustrare come ci si
occupa delle piante di Valeriana?”
Intuendo
che se voleva
evitare di far perdere altri preziosi punti a Grifondoro, Gal decise di
tacere.
“Molto
bene, adesso prendete
i vostri vasi e…” ricominciò la
professoressa, ma venne interrotta da un rumore
di un vaso che cadeva per terra e si rompeva.
Con
un sospiro, la Sprite si
girò verso colui che aveva fatto cadere il vaso e disse:
“Lupin, l’avevo
pregato alla fine dell’anno scorso, di fare attenzione con i
vasi, perché
stanno cominciando a scarseggiare.”
“Mi
dispiace, professoressa…
mi è scivolato dalle mani…”
borbottò, imbarazzato, Teddy, guardando i cocci ai
suoi piedi, mentre la professoressa commentava, sottovoce:
“Tale madre, tale
figlio… almeno è più tranquillo e
ligio alle regole… fortunatamente ha preso da
suo padre, in questo…”
Mentre
raccoglieva i cocci
con la scopa, Teddy mugugnò, esasperato: “Primo
giorno di scuola e ho già rotto
un vaso… sarà un anno molto duro e troppo
lungo…”
“Non
ci posso credere… il
professor Bennet un Tassorosso! Se non me l’avesse assicurato
la Sprite non ci
avrei mai creduto… non sembra per niente un Tassorosso,
quello!” esclamò, in un
misto tra incredulità ed esasperazione, Gal, mentre spingeva
i pesanti portoni
della biblioteca.
“Beh,
non è che gli
appartenenti ad una Casa sono tutti uguali, tanto che sembrano fatti
con lo
stampino… guarda Kevin. E’ un Nato Babbano, eppure
è stato smistato a
Serpeverde… inoltre, è una delle persone
più gentili che conosca!” gli ricordò
Oliver, mentre si dirigevano verso ad un tavolo, dove c’era
già Athena, la
quale era intenta a leggersi un enorme volume, la quale, notando la
faccia
furiosa di Gal, domandò: “Che è
successo?”
“E’
successo che ho appena
scoperto che Bennet, l’insegnante che odio di più
a scuola, è un Tassorosso!
Riesci a crederci? Un Tassorosso!”
“Beh,
ci sono molte
eccezioni, Gal… Per esempio, noi Corvonero abbiamo avuto
Uric Testamatta e non
ne andiamo tanto orgogliosi...”
“Quello
che ha creduto di
essere morto perché i suoi Augurey cantavano durante un
giorno di pioggia e ha
provato a passare attraverso il muro, beccandosi una commozione
celebrare?”
“Proprio
lui… inoltre, una
volta, volle dimostrare che sentire il canto dei Fwooper non rendeva
pazzi…”
aggiunse Athena, ma venne presto interrotta da Oliver, il quale
esclamò, senza
parole: “Ma il canto dei Fwooper rende pazzi sul serio! Lo
saprebbero anche i
fratelli minori di Victoire! Ma come diavolo gli è venuta in
mente un’idea
tanto sciocca ed irresponsabile?”
“E’
sempre stato un po’
matto… comunque, dopo tre mesi, si presentò al
Ministero, dicendo che stava
bene, nonostante il loro canto… peccato che aveva solo uno
strano cappello
sulla testa che si è scoperto essere un tasso
morto!”
“Oh,
che schifo, è pure poco
igienico…”
“Come
potete vedere, un
elemento simile non mette in buona luce noi Corvonero… vero
che siamo
originali, eccentrici e particolari, ma non per questo siamo dei fuori
di
testa…”
“Sì,
ma i Tassorosso sono
gentili, leali e pazienti e Bennet è l’esatto
opposto! Non è per niente
gentile, leale non lo dimostra… e quanto alla pazienza,
lasciamo stare, perché
non ce l’ha per niente!” sbottò Gal,
seccato, ma una voce austera e severa,
ribatté, prontamente: “Lo dice lei, signor
Sandlers!”
Con
una smorfia di puro
terrore, Gal si voltò lentamente e si trovò
davanti all’insegnante di
Trasfigurazione, con le braccia incrociate, il quale aggiunse:
“Per sua
informazione, ci vuole un’incredibile pazienza nel dover
sopportare, ogni
giorno, una miriade di ragazzini casinisti e insolenti come lei, nella
speranza, anche se piuttosto remota, d’infilare qualcosa di
duraturo nelle loro
zucche vuote, senza andare in escandescenza tutte le volte! Cinque
punti in
meno a Grifondoro.”
Dopo
aver detto ciò, Bennet
si allontanò.
“Ma
quello lì ce l’ha sempre
con me?” domandò Gal, incredulo, e Teddy gli
ricordò: “Dovresti ringraziarlo
per non averti tolto più punti… non mi avrebbe
sorpreso se l’avesse fatto…”
“Ah,
con tutti i punti che ho
perso in queste ore, i Grifondoro non hanno alcuna
possibilità di vincere la
coppa, quest’anno…”
Proprio
in quel momento, la
porta della biblioteca si aprì di colpo e comparve una
Victoire trafelata.
“Vicky,
che è successo?” le
domandò, preoccupato, Teddy e la ragazzina, preoccupata,
spiegò: “Non trovò più
Creamy! L’avevo messa nella gabbia, ma ho dimenticato di
chiuderla e lei è
uscita!”
“Calma,
calma… ti aiuto a
cercarla. Dopotutto, non può essere uscita dalla Sala
Comune…” la confortò il
ragazzino, poi, voltandosi verso il gruppo, si scusò:
“Mi dispiace… so che
avrei dovuto aiutarvi, ma…”
“Non
preoccuparti, va pure.
Ce ne occupiamo noi.” Lo rassicurò Athena e Teddy
fece un sorriso di profonda
gratitudine.
“Piano,
pianino… mi
raccomando, toccagli la testa. Se gli caviamo un occhio, prima ci
ammazza lui
e, poi, la padrona. Lo sai com’è pericolosa quella
da sola… non diamole un buon
motivo per farci fuori.” Sussurrò Lester, nascosto
dietro alle spalle, come una
decina di ansiosi Serpeverde, Hugh, il quale aveva in mano un lungo
bastone,
cercava di toccare, usando quest’ultimo, la testa squamosa e
verde del grosso
rettile addormentato sulla poltrona di pelle nera della Sala Comune.
Con
molta titubanza, Hugh
toccò la testa del rettile, ma questo continuò a
dormire tranquillamente.
Deciso
a svegliarlo, il
Serpeverde continuò a colpirlo col ramo, finché
l’animale, seccato, aprì gli
occhi brillanti e alzò la testa, ma dopo aver fatto uno
sbadiglio di
stanchezza, si riappisolò, come se non fosse successo niente.
“Da
non credere! Questo
serpente è un vero poltrone! E poi dicono che i serpenti
sono il simbolo del
male… non fanno altro che dormire e mangiare tutto il
giorno!” borbottò Lester
“Continua a punzecchiarlo col ramo, Hugh! Lui è
l’unico che possa liberare la
nostra Sala Comune da quella bestiaccia! In fondo, ci guadagniamo
entrambi, no?
Lui avrà la sua cena e noi riavremo la Sala Comune
libera.”
Hugh
allungò di nuovo il
bastone e ripeté l’operazione, ma, stavolta,
prontamente, il serpente lo afferrò
con la bocca, rimanendo a penzoloni.
“Staccalo
da lì!!!” urlò
Lester e Hugh,
terrorizzato, cominciò a muovere a
tutta velocità, con la speranza che il rettile mollasse la
presa, ma quello
doveva avere un morso davvero resistente, alla fine, fu il Serpeverde a
lasciare il bastone e quello cadde, assieme al serpente, sul divano,
con un
tonfo.
Visibilmente
infuriato, l’animale alzò la testa e si mise a
sibilare contro i disturbatori
del suo sonno, facendoli arretrare per la paura, ma, quasi subito, il
serpente
si raggomitolò sopra il bastone e riprese a dormire.
“E
adesso che
facciamo?” domandò una ragazzina del primo anno,
nervosa, e una voce maschile
seccata domandò: “Perché non lo
lasciate in pace, tanto per cominciare? Quando
avrà fame, scenderà e gli darà la
caccia.”
Tutti i
presenti, si voltarono verso la voce e videro, seduto su una poltrona
davanti
al camino della Sala Comune praticamente deserta, Abel che leggeva un
grosso
volume, completamente incurante della situazione.
“Scusaci
se
vogliamo sbarazzarci di un topo il prima possibile!”
ribatté Lester,
infastidito, e, per tutta risposta, Abel fece le spallucce e
domandò: “E
perché, invece di usare quel serpente, non usate un gatto?
Penso che qualcuno
di voi abbia un gatto.”
“Da
quando
quella bestiaccia dormigliona ha iniziato gironzolare in Sala Comune, i
gatti
non ci vogliono più entrare!”
Proprio in
quel
momento, la porta del sotterraneo si aprì e comparvero due
figure, quella di un
ragazzo coi capelli neri e gli occhiali e una ragazza coi lunghi
capelli
d’argento legati in una coda di cavallo, la quale aveva una
borsa carica, come
al solito, di libri, i quali si fermarono a guardare, increduli, quella
strana
situazione.
“Che
sta
succedendo, qui? E si può sapere perché siete
tutti vicini al divano dove sta
dormendo il mio serpente, a parte Abel?” domandò,
incuriosita, Delphini e un
ragazzo del quarto anno spiegò:
“C’è un topo gigante in Sala
Comune.”
“Un
topo
gigante? Ma che assurdità…”
“E’
vero,
invece! E’ il topo più grosso che si sia mai
visto, ha il pelo tutto grigio e
corre come una scheggia…”
“E
adesso dov’è
questo topo? E’ diventato invisibile?”
“Si
è nascosto
sotto a quella poltrona lì…”
Non appena
ebbe
ricevuto l’informazione che voleva, Delphini si
recò dalla poltrona e, dopo
essersi abbassata a guardare, esclamò:
“Sì, in effetti c’è un topo
parecchio
grosso qua sotto… niente panico, bambini, adesso me ne
sbarazzo…”
La giovane
provò ad allungare la mano per afferrare
l’animale, ma quello, avvertendo il
pericolo, scappò alla sua destra, uscendo dalla poltrona e
cominciando a
correre per tutta la sala, facendo trasalire molti dei presenti.
Delphini si
voltò e vide l’animale correre a tutta
velocità nella sala… eppure c’era
qualcosa di strano nella sua corsa… in alcuni momenti
sembrava saltare, invece
di correre… ma i topi non saltavano!
L’unico
roditore legato ai salti che le veniva in mente era… ma non
era possibile!
Si mise ad
osservarlo meglio e, inaspettatamente, ebbe la conferma.
Era proprio
lui… ma che ci faceva nella loro Sala Comune?!
Nel
frattempo, Kevin,
si mise ad osservarlo meglio l’animale che correva per tutto
il sotterraneo ed
esclamò: “Ma a me sembra che quel topo abbia le
orecchie lunghe all’ingiù… i
topi non hanno le orecchie così…”
“I
topi no, ma
i conigli sì. Quello è un coniglio. Anzi, per la
precisione, è il coniglio di
Victoire Weasley.”
“Il
coniglio di
Victoire? Ma cosa ci fa qui nella nostra Sala Comune? Dovrebbe trovarsi
in
quella della sua padrona… e, poi, come ha fatto ad
entrare?”
“Boh,
direi che
adesso la nostra priorità è un’altra,
ossia cercare di prenderlo.”
Nel
frattempo,
Creamy si era fermata al centro della stanza, muovendo in continuazione
il
nasetto e rimando perfettamente immobile.
“Ah,
cosa ci
vorrà a prendere uno stupido coniglio? State a
guardare.” Ridacchiò Lester
avvicinandosi, ma la coniglia, non appena fu vicino, schizzò
via dall’altra
parte della stanza.
“Non
credere di
scapparmi, brutta bestiaccia!” esclamò il
ragazzino, ma il coniglio cominciava
a correre a tutta velocità per la stanza, non appena si
avvicinava, mentre le
lunghe orecchie si muovevano come delle ali.
Vedendo che
era
difficile prendere Creamy e, che soprattutto, era un coniglio, tutti
gli altri
Serpeverde, tranne Abel, si mise a tentare di prenderla, ma essa
riusciva sempre
a sfuggire a tutti, tanto che più di un Serpeverde perse
l’equilibrio e cadde
rovinosamente per terra.
Finalmente,
una
studentessa del quinto anno riuscì a prenderla, ma Creamy
cominciò a muoversi a
tutta velocità per divincolarsi e, alla fine,
riuscì a sfuggire dalle mani
della ragazza, e cadde per terra.
Per un
attimo,
tutti i presenti, temettero che l’animale fosse morto per via
del volo che
aveva fatto, ma la coniglia si rimise di nuovo in piedi e, dopo aver
arruffato
un attimo il pelo, riprese a correre senza fermarsi.
Alla fine,
Creamy si avvicinò ad una poltrona e venne afferrata da una
presa salda.
“Ecco
qua il
coniglio. Restituitelo alla padrona e ditele di fare attenzione a non
perderlo
di nuovo.” Sbuffò Abel, dando il coniglio a
Delphini.
“E
adesso? Che
ce ne facciamo di quell’animale pestifero?”
domandò Lester, massaggiandosi la
gamba, mentre una ragazza coi capelli rossi raccolti in due trecce e le
lentiggini, proponeva: “Diamolo da mangiare al
serpente!”
“Sì,
gran bella
idea, Mafalda… così poi quella biondina viene
davanti alla nostra porta a
strillare per mezz’ora perché le abbiamo ammazzato
il roditore! Glielo vado a
riportare, sperando che la prossima volta ci stia più
attenta! Ci vediamo
dopo!” concluse Delphini, uscendo dal sotterraneo e con in
braccio il coniglio,
seguita a ruota da Kevin.
“Senti,
Delphini…” fece notare, con voce flebile e timida,
Kevin “…Ma come pensi di
entrare nella Sala Comune dei Grifondoro? Non conosciamo la loro parola
d’ordine…”
“Non
preoccuparti, ho già pensato ad una
soluzione…”
Delphini si
guardò intorno, finché non notò uno
studente del primo anno con la divisa di
Grifondoro, il quale stava camminando in direzione inversa alla sua.
Una volta che
fu di fianco, con un veloce movimento, Delphini lo afferrò
per la cravatta
rossa e gialla con una mano, mentre con l’altra continuava a
tenere Creamy e
avvicinandolo alla sua faccia, in modo da essere guardata direttamente
negli
occhi, il quale mostrava un’espressione dura, pronta ad
uccidere, facendo sbiancare
il povero Grifondoro, che cominciò a sudare freddo.
“Qual
è la
parola d’ordine dei Grifondoro?” ordinò,
con un tono freddo e che non ammetteva
repliche, e il povero ragazzino balbettò:
“A… al… al…”
“Spicciati,
marmocchio. Non ho tutto il giorno, devo consegnare un
coniglio.”
“Ali
di fata…”
“Grazie,
sei
stato davvero gentile.” Lo ringraziò la
Serpeverde, con un tono piatto, come se
stesse dicendo una frase di circostanza, lasciando andare la cravatta
del
ragazzino, ancora traumatizzato, il quale pensò:
“Come se mi avesse dato
scelta…”
Dopo averlo
lasciato andare, Delphini si girò verso Kevin e gli rispose,
con un sorriso di
vittoria: “Visto? Problema risolto.”
“L’hai
trovata?” domandò, con parecchia preoccupazione,
Victoire e Teddy scosse la
testa: “No, nei dormitori maschili non ce
n’è alcuna traccia.”
Con la faccia
stravolta e preoccupata, Victoire si lasciò cadere su una
poltrona rossa,
sussurrando: “Non è né in Sala Comune
né nei dormitori femminili… dev’essere
uscita… e magari ha incontrato un gatto che…
che…”
Immediatamente,
Teddy si sedette di fianco a lei e le mise un braccio attorno alle
spalle,
rassicurandola: “Ma no… vedrai che sta bene. I
conigli sono vivaci e
intelligenti… riusciremo a ritrovarla, te lo
prometto.”
Proprio in
quel
momento, la porta si aprì e tutti si voltarono per vedere
chi fosse appena
arrivato e sgranarono gli occhi, in quanto i due che erano appena
entrati
indossavano una divisa verde e argento, la quale creava non poco
contrasto con
i colori rosso e oro che abbondavano notevolmente nella Sala.
“Delphini?
Kevin? Ma come siete riusciti ad entrare voi due?”
domandò, incredulo, Teddy,
sgranando gli occhi, ma Delphini si diresse a grandi passi verso
Victoire e,
allungando il peluche grigio che aveva in braccio, le disse:
“Sta attenta al
tuo coniglio, la prossima volta. Non garantisco un’altra
volta sulla sua
incolumità.”
Per tutta
risposta, Victoire osservò, con incredulità,
Creamy, la quale muoveva il
nasino, unico gesto che faceva supporre che fosse viva, per poi
prenderla in
braccio, e ringraziarla: “Grazie, grazie. Non sai
quant’ero in pensiero… ma
dov’era finita?”
“Se
te lo
dicessi non mi crederesti mai…” fu tutto quello
che rispose l’altra, per poi
voltarsi verso Kevin, domandandogli, indicando con la porta con un
cenno della
testa: “Torniamo al sotterraneo? Direi che qui il nostro
lavoro è concluso.”
“C-certo…”
borbottò Kevin, mentre si risistemava gli occhiali, seguendo
a ruota la
compagna di Casa e sparendo dall’altra parte del ritratto.
“Mmh,
niente da
fare… l’unica cosa che ho trovato sul nome Althea
è il suo significato… ossia
che deriva dal nome greco Altheia, infatti prende il nome di un
personaggio
mitologico che si uccise dopo essere stata l’artefice della
morte del figlio
Melegrao, che aveva ucciso tutti i fratelli della madre, la quale
deriva a sua
volta dal vocabolo ‘Althos’, ossia
‘cura’. Pertanto, la traduzione del nome
potrebbe essere ‘Colei che cura’ o ‘Colei
che guarisce’.” Commentò Athena,
chiudendo l’ennesimo ed enorme libro che aveva in mano,
mentre Oliver
aggiungeva: “Non mi meraviglia. Dopotutto, quella pianta, fa
parte della
categoria della malva, la quale è spesso stata usata in
passato per creare
decotti curativi e calmanti, anche per i greci era considerata sacra e
le
popolazioni celtiche credevano che mettere i suoi semi sugli occhi del
defunto,
avesse la capacità di tenere alla larga gli spiriti cattivi
e di aprire le
porte del Paradiso. Oggi, la malva è uno degli ingredienti
principali della
creazione di dentifrici, colliri, creme e saponi. Inoltre, nel
linguaggio dei
fiori, la malva simboleggia l’amore e la comprensione
materna.”
Non appena
ebbe
finito di parlare, si accorse che Athena lo stava guardando con
espressione
ammirata e arrossì per la vergogna, abbassando lo sguardo.
“Capperi,
Oliver, non credevo che fossi così esperto di piante e
vecchie tradizioni…”
esclamò, alla fine, la ragazzina, rompendo il silenzio
imbarazzante, mentre
Oliver farfugliava, ancora rosso come lo stemma del Grifondoro:
“Non sono
proprio un esperto… diciamo che l’argomento
m’interessa molto… ecco
tutto…”
Proprio in
quel
momento, da dietro ad uno scaffale spuntò la testa rossa con
un vecchio casco
di Gal, il quale, con un enorme sorriso, domandò:
“Trovato qualcosa su Lionel?”
“Sì,
ho trovato
qualcosa d’interessante… Lionel ha origine
medievale e significa ‘Cucciolo di
leone’ o ‘Piccolo leone’… vi
ricorda qualcosa?” domandò, con aria divertita,
Athena e Gal commentò: “Godric doveva proprio
avere una grande passione per i
leoni… non solo ha scelto un leone come stemma della sua
Casa, ma ha anche
chiamato suo figlio con un nome con dentro la parola leone…
e poi la gente dice
che Salazar Slytherin aveva la fissa dei serpenti…”
“A
ciascuno il
suo…”
“Beh,
comunque,
ragazzi, ho preso in prestito un libro dalla biblioteca a dir poco
fantastico!
Vado alla mia Sala Comune a leggerlo!”
“Ricordati
di
restituirlo, poi…”
“Nessun
problema!” esclamò, con un grosso sorriso, Gal,
uscendo dalla biblioteca.
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Capitolo 41 *** Il segreto della Camera dei Segreti ***
Capitolo 41:
il
segreto della Camera dei Segreti.
Nella sala
umida, buia e fredda, piena di ornamenti con dei serpenti dei pietra,
c’era un
silenzio di tomba e ad eccezione di qualche squittio di qualche topo,
finché un
muro della stanza si spostò, all’improvviso, da un
lato, rivelando un lungo
corridoio, da cui uscirono una ragazzina coi capelli argentati e un
serpente
dalle scaglie di un verde lucente.
La giovane si
avvicinò alla gigantesca statua di Salazar Slytherin e
ordinò, con un sibilo:
“Spostati.”
Subito, la
statua si spostò, rivelando una lunga e larga scalinata che
scendeva verso il
basso.
“Bene,
andiamo.” Ordinò la giovane al serpente e lui le
ricordò: “Ti ricordo che se li
guardi negli occhi, schiatti.”
“Lo
so,
Asmodeus. Infatti, so cosa mi aspetta e sono pronta ad
affrontarli!”
“Contenta
te…”
La giovane
scese le scale il più velocemente possibile, seguita a ruota
da Asmodeus e,
dopo un tempo che parve interminabile, essi raggiunsero la fine della
scalinata, giungendo in una grande sala, il cui pavimento era a
scacchi, mentre
il soffitto era fatta a volte.
Senza perdere
tempo, Delphini tirò fuori un fazzoletto e lo
piazzò davanti agli occhi, mentre
il suo serpente domandava: “E adesso che si fa?”
“Aspettiamo.
Sono certa che non ci vorrà molto…”
Infatti,
pochi
secondi dopo, Delphini sentì qualcosa strisciare verso di
lei e, quando si
accorse che era sempre più vicino, sibilò:
“Fermo lì!”
Di colpo, la
creatura, si fermò di scatto e sussurrò,
allibita, con una voce femminile:
“M-ma tu… tu chi sei?! Hai la sua stessa energia,
la riconosco benissimo…
inoltre, lo parli! Come… come puoi…?!”
“Beh,
diciamo
che una delle mie migliori abilità è il fatto che
lo parlo… senti, non è che
potresti chiudere gli occhi? Vorrei tornare a vedere, ma hai uno
sguardo molto
particolare…”
“Io…
sì, lo
farò…”
Dopo qualche
secondo, Delphini domandò ad Asmodeus: “Ehi, li ha
veramente chiusi gli occhi?”
“Sì,
sta
tranquilla…”
“Va
bene, ma se
mi hai mentito, ritorno come fantasma, solo per romperti le
scatole.”
Delphini si
tolse la benda dagli occhi e, dopo un qualche secondo, aprì
i grandi occhi neri
ed osservò l’enorme creatura serpentina con gli
occhi chiusi e delle piccole
punte sulla testa, la quale stava a qualche metro di distanza da lei,
nascondendosi
dietro ad una colonna del lungo corridoio.
Con un passo
calmo e tranquillo, la giovane si avvicinò alla creatura e
domandò: “Ciao… come
ti chiami?”
“Il
mio nome
sarebbe Scintilla… ma sono anni che nessuno mi chiama per
nome…”
“Immagino…
ce
ne sono altri come te qua sotto?”
“Sì,
parecchi…
lui diceva sempre che eravamo più numerosi delle stelle in
cielo.”
“Lui
chi?”
“Il
nostro
benefattore. Colui a cui dobbiamo tutto: un rifugio, un luogo dove
vivere in
pace, senza dover temere di essere attaccati ed uccisi da un momento
all’altro…
è così che la nostra comunità ha
potuto prosperare in pace, senza alcuna
minaccia, per molti anni ed è per questo che noi Basilischi
l’abbiamo premiato
con la nostra più grande riconoscenza… ossia che
nessuna creatura serpentina
osi minacciare o toccare lui o la sua famiglia. Tu hai quella stessa
energia e
onorificenza… inoltre, parli la nostra lingua, proprio come
lui. Sei per caso
una sua discendente?”
“Boh,
forse… a
dire la verità, non ne ho la più pallida
idea… sai com’è, Scintilla, non ho
ancora capito da chi ho ereditato la mia capacità di parlare
ai serpenti…
comunque, dove sono i tuoi simili?”
“Stanno
dormendo alla fonte.”
“Ottimo…
sai
indicarmi dov’è?”
“Prosegui
lungo
il corridoio finché non arrivi ad un arco.”
“Sei
sicura che
stanno dormendo?”
“Sì,
il mio
turno di guardiana terminerà tra novant’anni.
Prima di allora, non si sveglierà
nessuno.”
“Ok.
Andiamo,
Asmodeus.”
La ragazza e
il
serpente camminarono nella direzione indicata da Scintilla, mentre i
passi di
Delphini rimbombavano nel pavimento di marmo.
Finalmente, i
due giunsero all’antro e, senza aspettare un attimo, i due lo
oltrepassarono,
ritrovandosi in una stanza afosa e con il suono di una cascata sul
sottofondo.
La ragazzina
fece solo un passo e, immediatamente, notò un enorme
serpente con un pennacchio
rosso sulla testa che sembrava formare una corona sulla testa che
ronfava
beatamente.
Spostando lo
sguardo, Delphini notò tantissime creature, identica a
quella addormentate, sia
col pennacchio sulla testa oppure no, tutte intente a dormire dalla
grossa.
Facendo
attenzione a non calpestarle si diresse verso il suono della cascata e
trovò
un’enorme vasca a forma circolare, riempita
dall’acqua che proveniva dal
soffitto e al centro del lago vi era un isolotto dove c’era
qualcosa di dorato.
“Vuoi
avvicinarti?” domandò Scintilla, la quale, sempre
tenendo gli occhi chiusi,
aveva seguito Delphini e quest’ultima: “Certo. Come
si fa?”
“Saltami
in
groppa.”
Delphini fece
come le era stato detto e Scintilla e si aggrappò alla pelle
squamosa della
creatura, cercando di non farle male.
“Pronta?”
domandò Scintilla e la ragazzina annuì:
“Pronta.”
Scintilla
strisciò verso il lago e, con grazia ed eleganza,
cominciò a solcare l’acqua
smeraldina come una barca.
“Non
sapevo che
voi basilischi sapete nuotare…”
commentò la ragazzina, mentre Scintilla
ribatteva: “Beh, tutti i naturalisti che hanno avuto a che
fare con noi, sono
morti nemmeno cinque secondi dopo averci visto…”
“Già,
immagino
che ci siano parecchie cose che non si sa su di
voi…”
Pochi secondi
dopo, Scintilla attraccò con delicatezza sul piccolo
isolotto di pietra e, con
un movimento fulmineo, Delphini saltò giù dalla
groppa del Basilisco e si
avvicinò alla statua d’oro situata al centro della
piccola isola: rappresentava
un uomo coi capelli lunghissimi e lisci, il quale aveva messo la mano
sinistra
sulla spalla di una donna coi capelli mossi con in braccio un bambino
piccolo
che sembrava appena nato, le cui bracciane si allungavano verso
entrambi i
genitori, i quali stavano entrambi sorridendo dolcemente.
Attorno alla
statua c’erano innumerevoli fiori bianchi, i quali si
arrampicavano attorno alle
figure, come a voler formare una cornice attorno alla famiglia.
“Quello
è il
nostro protettore e la sua famiglia.” Raccontò
Scintilla e Delphini avvertì dal
tono malinconico della creatura che qualcosa di davvero brutto era
accaduto a
quella famiglia, anche se sembravano così felici…
“Cosa
gli
successe?” domandò la giovane e il serpente
raccontò: “Non conosco tutta la
storia, perché è accaduta quando io avevo solo
dodici anni… un giorno, per
qualche motivo che tutt’ora ignoro, la moglie del nostro
protettore e sua
figlia morirono… e dire che lui era così
felice… ricordo ancora com’era
emozionato all’idea di diventare padre… non si
staccava un attimo dalla sua
compagna e poi quando nacque la piccola era così
felice… ce la fece conoscere
subito… era così piccola e dolce…
fummo devastati quando lui ci disse che erano
entrambe erano morte… ma quello che fu il più
distrutto di tutti fu proprio il
nostro signore… fece costruire questa statua in ricordo
della sua famiglia
perduta, mentre, lui diventava sempre più chiuso in se
stesso… poi, alla fine,
decise di sigillarci qui dentro per i successivi secoli, facendoci
addormentare
tutti con un potente incanto in modo che non
morissimo…”
“Eppure
tu sei
sveglia…”
“Ha
fatto in
modo che uno di noi restasse sveglio per un secolo intero per tenere
alla larga
eventuali intrusi e, allo scadere di esso, uno di noi si risveglia e
prende il
posto di guardiano, mentre l’altro torna a dormire.”
“Davvero
intelligente… senti, non sai altro su quello che accade alla
famiglia del
vostro protettore? Come morirono la moglie e la figlia?”
“Non
ne ho
idea. Forse mia madre l’avrebbe saputo, ma lei non venne
sigillata qui dentro…
temo che sia morta anni fa…”
“Già…
quando
intendi tua madre, intendi la madre tua e di tutti i basilischi qui
dentro?”
“Sì.
Nostro
padre fu ucciso svariati anni prima della nostra nascita da dei
babbani, i
quali credevano che fosse un messo del diavolo, quindi attaccarono il
loro
nido, dove si stavano preparando per dare al mondo i loro
figli… nostro padre
rimase indietro per permettere a nostra madre di scappare e
loro… secondo
nostra madre… loro… prima lo accecarono e,
poi… poi… lo uccisero… e usarono la
sua pelle come un… un trofeo di caccia…”
Delphini vide
che due grosse lacrime stavano uscendo dagli occhi della creatura e
che, una
volta cadute per terra, fecero nascere due splendide rose, una di
colore
bianco, mentre l’altra rossa.
D’istinto,
Delphini si mise ad accarezzare la pelle di Scintilla, confortandola:
“Dev’essere stato tremendo per tutti
voi…”
“Soprattutto
per nostra madre… fu devastata dalla perdita di nostro
padre… più di una volta
la sentii dire al nostro benefattore che se le fosse stato possibile,
avrebbe
ucciso personalmente qualunque babbano sulla terra o qualunque cosa
fosse
collegata a quei mostri fanatici…”
“Immagino…
e,
quindi, fu il vostro benefattore a salvarvi?”
“Sì,
era da
quelle parti, quando seppe quello che i babbani volevano
farci… salvò nostra
madre e la portò in questo posto, in modo da deporre le sue
uova in grembo,
nascondendoci in modo che i nascituri fossero al sicuro. Una volta che
fummo
nati, si mise alla ricerca del corpo di nostro padre e non appena la
sua pelle
finì nelle sue mani, la bruciò, in modo da dargli
una degna sepoltura.”
“Molto
carino
da parte sua…” commentò Delphini
sfiorando con delicatezza la statua d’oro, per
poi domandare: “Senti, c’è un modo per
risvegliare tutti i basilischi quaggiù?”
“Sì,
devi dire
‘Svegliatevi tutti’ nella nostra lingua
madre… ma non te lo consiglio. Verresti
colpita da un milione di sguardi letale e dubito che riusciresti ad
evitarli…”
“Immagino…
senti, come faceva il vostro benefattore a evitare di lasciarci le
penne con
tutti voi?”
“Ricordo
che
aveva creato una pozione che rendeva i nostri occhi innocui…
ma non so dove
trovare una ricetta del genere…”
“Beh,
dovrei
trovare qualcosa nel Reparto Proibito… io e Asmodeus andremo
subito a dare
un’occhiatina.”
“Perché
devi
sempre mettermi in mezzo?” protestò il serpente e
la ragazzina, prontamente,
rispose: “Perché ho bisogno di qualcuno che faccia
il palo e di certo non posso
usare Scintilla… inoltre, grazie al fatto che nessuno sa che
sono una
rettilofona, potrai mandarmi avvisarmi senza far sapere a Gazza che
sono in
giro…”
“Sai,
a volte
mi irrita quel tuo avere sempre la risposta pronta per
tutto…” sbuffò Asmodeus
e Scintilla, con un tono di pieno supporto, lo consolò:
“Anche il nostro
benefattore era fatto così… non immagini quanto
desse fastidio a mio fratello
Kraken…”
“Andiamo,
Asmodeus. Devo trovare quel libro entro un’ora.” Li
interruppe Delphini.
Gazza
superò
l’armadio delle scope, non accorgendosi che, al suo interno,
c’era un ragazzino
con un casco da pilota babbano, che stava cercando di trattenere il
fiato.
Una volta che
il guardiano se ne fu andato, Gal tornò a respirare di nuovo
normalmente.
Era
già la
seconda volta in due notti che rischiava di farsi beccare dal vecchio
custode…
o imparava a fare più attenzione o non usciva più
dalla Sala Comune…
Tuttavia,
proprio quando stava per uscire, sentì un rumore di passi
che veniva nella sua
direzione… evidentemente, Gazza stava tornando indietro.
Provò
a
spostarsi da lato, in modo da appiattirsi contro la parete, ma
colpì una scopa
e quella cadde per terra, colpendo un secchio e facendo un rumore
assordante.
Subito, il
rumore di passi si fermò proprio davanti
all’armadio e la porta venne aperta
con uno scatto e Gal non poté fare a meno di trasalire, ma,
quasi subito si
calmò non appena notò chi aveva aperto la porta,
ossia una faccia fin troppo
familiare e che lui odiava con tutto sé stesso, con tanto di
sorrisetto.
“Che
cosa ci
fai qui, Abel?” domandò, con un tono di stizza,
Gal e quello, con un sorrisetto
divertito, dichiarò: “Chi lo sa…
faresti meglio a fare attenzione la prossima
volta, se non vuoi che Gazza ti becchi… magari questa
è la volta buona che
vieni espulso…”
“E,
invece, io
resto qui! Alla faccia tua!” sbottò il rosso,
facendogli una risentita
linguaccia, mentre l’altro si allontanava, salutandolo:
“Sì, certo… non appena
la tua mammina saprà delle piume di piccione sono certo che
ti vedrò di nuovo
in giro. Ciao, ciao, furbone…”
“Io
lo ammazzo
quello…” sibilò Gal, mentre il suo
volto si deformava in una faccia parecchio
furibonda.
“Allora?
Ti dai
una mossa?” sbottò Asmodeus, mentre Delphini
sbuffava: “Ho quasi finito!”
“Ottimo…
non ne
posso più di questo posto!”
“Invece
di
lagnarti, va a fare il palo.”
Delphini
appoggiò la scala mobile su uno scaffale e, veloce come un
lampo, si arrampicò
su di essa, finché raggiungere lo scaffale più
alto.
Puntando la
bacchetta illuminata vicino ai libri, lesse con molta attenzione i vari
titoli,
per poi prenderne una decina, i quali li fece atterrare con molta
delicatezza
sul tavolo più vicino.
Ad un tratto,
l’attenzione di Delphini fu presa da un libro vicino,
intitolato ‘Serpentese:
tutti i segreti di questa dote e i più famosi maghi
conosciuti con questo
potere.’
Doveva essere
un segno del destino: l’anno scorso non era riuscita a
trovare quel dannato
libro da nessuna parte, anche perché era più
interessata a libri sulle arti
oscure e incantesimi e pozioni avanzate, di vitale importanza per
superare il
terribile test per diventare Auror… allora era proprio vero
che trovi le cose,
proprio quando smetti di cercarle…
La ragazzina
allungò la mano verso il libro, ma, proprio quando stava per
prenderla, sentì,
a terra, il sibilo di Asmodeus: “Ehi, dobbiamo svignarcela!
Il custode e il suo
stupido felino spelacchiato stanno venendo qui!”
“Arrivo
subito!” esclamò Delphini, scendendo prontamente
dalle scale.
Ogni istante
era troppo prezioso quando c’era di mezzo Gazza e la sua
gatta… in fondo,
poteva sempre andarlo a prendere domani.
Veloce come
il
lampo, la Serpeverde si fiondò nel passaggio segreto e, dopo
qualche minuto di
camminata, giunse alla Camera dei Segreti.
Una volta
giunta, Delphini si buttò su una delle sue poltrone e
cominciò a leggere con
interesse il libro che aveva appena ‘preso in
prestito’ dal Reparto Proibito.
Dopo un
po’,
esultò: “Ecco! Ho trovato qualcosa!”
“Cosa?”
fece
Asmodeus, mentre ficcava la testa in un pacchetto di patatine buttato
per
terra, con la speranza di trovare qualcosa da mangiare, e Delphini
spiegò,
mostrando una pagina: “Questa pozione può rendere
inefficace lo sguardo mortale
di un Basilisco per parecchi anni! Basterà qualche goccia
sulle palpebre e
potrò guardarli negli occhi senza alcun timore!”
“Vuoi
davvero aiutarli?”
“Certamente.”
“Lo
sai che,
molto probabilmente, quella pozione ha degli ingredienti difficili da
reperire
e che è molto complessa da preparare. Se sbagli qualcosa,
rischi davvero
grosso.”
“Lo
so, non
sono mica stupida… ti prometto che farò
attenzione.” Dichiarò Delphini,
prendendo un pezzo di pergamena e cominciando a scrivere con molta
attenzione i
vari ingredienti e le procedure, per poi esclamare: “Beh, un
ingrediente ce
l’ho già.”
“Ah
sì? E
quale?”
“Veleno
di
serpente.”
“Eh?!
Vuoi
usare il mio veleno?!”
“Esatto,
bello!
Altrimenti dirò a Scintilla di mangiarti pure. Sai, ho
sentito che i Basilischi
possono mangiare i serpenti.”
“E
va bene…”
mugugnò Asmodeus, mentre Delphini, prontamente, gli
avvicinava una boccetta
alla bocca.
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Capitolo 42 *** I provini di Quidditch ***
Capitolo 42:
I
provini di Quidditch
Il ragazzo
coi capelli
blu era così immerso nei suoi pensieri da non accorgersi di
un’armatura proprio
di fianco a sé, prendendola in pieno e facendo cadere tutto.
“Oh,
Teddy…” sospirarono,
in un colpo solo, tutti i presenti, in quanto erano tutti troppo
abituati al
fatto che il ragazzino cadesse rovinosamente per terra, facendo cadere
qualcosa
nel mentre.
Massaggiandosi
il naso, Teddy si rialzò, aiutato da Oliver, il quale
ringraziò prontamente:
“Grazie, non so proprio cosa farei senza di te,
Oliver…”
“Prego.”
Fu la
risposta, come al solito mite e gentile, dell’altro, mentre
lo accompagnava
alla Sala Grande per fare colazione.
Mentre i due
prendevano posto, Oliver diede un’occhiata al tavolo dei
Serpeverde, per poi
abbassare fulmineamente la testa, sotto al tavolo.
Teddy non
ebbe
bisogno di dare un’occhiata al tavolo dei Serpeverde per
capire cosa, o, per
essere precisi, chi, gli avesse provocato una tale reazione…
“Puoi
stare
tranquillo… Nat è troppo concentrata sul suo
porridge per fare attenzione a
te…” fece il ragazzino, mentre l’amico
lo guardava con aria implorante, alzando
leggermente la testa dal tavolo: “Veramente?”
“Certo,
non ti
mentirei mai su questo.”
“Senti,
dimmi
la verità… i miei capelli sono orribili, unti e
spettinati, vero? Lo sapevo che
avrei dovuto lavarmeli ieri sera…”
“No,
tranquillo, stai benissimo.”
“E
se alzasse
la testa? Sono proprio davanti a lei… ci scommetto che
riderà di me non appena
mi vedrà… perché sono troppo grasso,
troppo brufoloso, perché ho la pelle
troppo secca e i capelli troppo unti! Uno come me la sfigurerebbe
troppo… lei
merita solo il meglio… con quella sua bellezza e quella sua
voce da angelo…”
Se proprio
doveva essere sincero, a Teddy Nat sembrava una ragazza normale, certo
era
molto carina, ma non la trovava una bellezza straordinaria e
innaturale, come
la definiva Oliver… inoltre, la sua voce non gli ricordava
per niente quella di
un angelo, ma quello di una caffettiera che fischiava, anche se, molto
probabilmente, era dovuto solo al suo tono di voce aspro, scontroso e
arrogante…
Non riusciva
proprio a capire cosa vedessero in lei, gran parte dei suoi
coetanei… a sentire
loro, Nat era la donna più bella del mondo!
Certo che la
gente sapeva essere davvero stramba…
“Che
strano…”
commentò Teddy e l’amico, la cui faccia era ancora
ben nascosta sotto il
tavolo, domandò: “Cosa?”
“E’
già la
terza domenica che Kevin non viene a far colazione… non
vorrei che qualcuno dei
Serpeverde gli avesse fatto un brutto tiro…”
“Devono
solo
provarci! Se osano umiliare o dar fastidio ad uno dei miei amici,
gliela faccia
vedere io!” esclamò Oliver, balzando in piedi di
scatto, mostrando un
inaspettato carattere forte e battagliero, sorprendendo Teddy e tutti
gli altri
Tassorosso del tavolo.
Spostando lo
sguardo, Oliver notò che tutti lo stavano guardando,
compresa Nat e, veloce
come il lampo, si nascose di nuovo sotto il tavolo, per non far vedere
la sua
faccia che, nel frattempo, era diventata di nuovo scarlatta, proprio
come lo
stendardo dei Grifondoro.
Kevin mise la
mano nella sua borsa e prese una bacchetta di liquirizia, cominciando a
mangiarla in silenzio, mentre col suo binocolo babbano teneva
d’occhio tutto
quello che succedeva nel campo.
Una volta che
ebbe finito di mangiare il dolcetto, prese la sua bottiglietta di
plastica e
bevve un sorso di essa, per poi tornare a guardare, ignorando i morsi
della
fame.
In effetti,
non
era proprio il massimo stare in piedi fin dalle cinque del mattino per
la terza
volta di fila, per di più nascosto sotto agli spalti, a
controllare che
Bulstrode non avesse in mente qualche tiro mancino per impedirgli di
far parte
della squadra di Quidditch di Serpeverde, cosa di cui non dubitava
affatto.
Avrebbe
scommesso i suoi occhiali che piuttosto di avere un Nato Babbano nella
squadra,
avrebbe messo come cacciatore un Vermicolo.
Ma se sperava
che questo gli avrebbe impedito di partecipare ai provini, beh, si
sbagliava di
grosso!
Quando
voleva,
sapeva essere davvero testardo…
“Ehi,
stregone! Guardati le
spalle! Non devi permettere al tuo nemico di avvicinarsi
così tanto a te…” gli
fece una divertita voce femminile alle sue spalle, mentre sentiva
qualcosa di
appuntito toccargli le spalle.
Il
giovane, spaventato, si
voltò di scatto e si trovò davanti al viso di
Delphini, la quale aveva un
sorriso divertito e gli stava toccando la schiena con
l’indice, come se fosse
una pistola o una bacchetta.
“Ti
ho spaventato?” domandò
la ragazzina e, subito, Kevin spostò lo sguardo, arrossendo
violentemente:
“N-no… affatto…”
Dandosi
un’occhiata intorno,
Delphini commentò: “Devo ammettere che il posto
è molto carino e ideale per
nascondersi… un perfetto nascondiglio segreto, i miei
complimenti.”
“Ah,
grazie…”
La
giovane Serpeverde iniziò
a camminare intorno, mentre i suoi passi, aggraziati e delicati,
rimbombavano
sul legno.
Ad
un tratto, lo sguardo
della giovane fu attirato da delle vesti color verdi sgargianti ed
esclamò:
“Toh, sta venendo la squadra di Quidditch di Serpeverde al
gran completo…”
“Cosa?!”
esclamò Kevin,
prendendo immediatamente il binocolo e mettendosi a dare
un’occhiata, per poi
sbottare: “Lo sapevo! Lo sapevo che Bulstrode avrebbe tentato
di fregarmi! Ma
adesso gliela faccio vedere io!”
Veloce
come il lampo, Kevin
prese la sua vecchia scopa di seconda mano e, dopo aver rimesso a posto
il
binocolo e la bottiglietta di plastica, passò a Delphini la
sua borsa,
chiedendole: “Potresti portarla al mio dormitorio, per
favore? Non vorrei che
qualcuno me la rubasse…”
“Nessun
problema.”
Kevin
fece per scendere giù
dagli spalti, quando la voce di Delphini lo fermò di nuovo:
“Buona fortuna.”
Kevin
si girò, incredulo da
quanto aveva appena sentito e si mise a guardare in silenzio la
splendida
figura in piedi qualche gradino sopra di lui, che lo guardava con
un’espressione algida e fiera, proprio come la sua postura,
mentre il vento le
muoveva i capelli argentati, come una principessa del nord o una regina
del
mondo delle fate, tanto che sembrava addirittura brillare di una luce
propria.
“Beh?
Ti decidi a raggiungere
Bulstrode per fargli vedere di che pasta sei fatto o preferisci
restartene qui
a fissarmi come un pesce lesso?” gli domandò,
all’improvviso, la ragazzina e,
immediatamente, Kevin si riscosse da quella visione soprannaturale e
cominciò a
correre verso il campo, mentre Delphini rimase un attimo in silenzio,
appoggiandosi con la mano sinistra ad una colonna di legno che reggeva
gli
spalti, mentre con l’altra teneva la stringa della borsa del
giovane.
Nel
frattempo, nel campo,
Bulstrode stava sghignazzando a tutto volume, rivolto ai suoi amici:
“Ho detto
a quello stupido Nato Babbano che i provini della nostra squadra ci
sarebbero
stati la settimana prossima, dato che c’erano quelli della
squadra di
Grifondoro, mentre, in realtà, sono oggi! Figuriamoci se
voglio uno come lui in
squadra! Ah ah ah, vedrete che faccia farà quello
lì quando scoprirà che l’ho
fregato per bene… ci faremo di quelle
risate…”
“Ehm,
Finley…” esclamò,
all’improvviso e senza parole, uno dei suoi compagni,
indicando davanti a sé.
Finley
Bulstrode alzò lo
sguardo e, immediatamente, fece una smorfia che era un misto tra la
seccatura e
la sorpresa.
Davanti
a lui, infatti,
ansimante, ma con un’aria trionfante, c’era proprio
Kevin.
“Dovresti
vedere la tua di
faccia, Bulstrode… piaciuta la sorpresa? Sai, ride bene chi
ride ultimo!”
esclamò, con un sorriso di malizia e vittoria, il ragazzino.
Di
solito non era così
arrogante e sfacciato, ma il tentativo d’impedirgli di
accedere ai provini con
quella carognata l’aveva proprio fatto infuriare.
Inoltre,
gli dava una certa
soddisfazione vedere la faccia di Bulstrode…
“Ehi,
Finley, non c’è
cascato…” commentò, incredulo, un altro
ragazzo e il giovane capitano, dopo
essersi ripreso dalla sorpresa, borbottò, adirato:
“E’ meno scemo di quanto
pensassi, glielo concedo… ma se spera che lo accetti in
squadra si sbaglia di
grosso! Farò tutto ciò che è in mio
potere per buttarlo fuori a calci!”
Proprio
in quel momento, uno
studente coi capelli rossi che si sbracciava a tutta
velocità, tenendo in mano
una scopa, corse a perdifiato verso i Serpeverde, urlando:
“Alt! Fermi! Stop!
Ci sono anch’io per i provini!!!”
Tutti
si voltarono,
increduli, e il ragazzino, ansimante, disse:
“Finalmente… ragazzi, che corsa…
sono qui per il provino per il ruolo di cercatore…”
Alzando
lo sguardo, però, il
ragazzo sgranò gli occhi e domandò, indicando la
verde uniforme della squadra:
“Scusate, ma perché avete indosso una divisa
verde? Credevo che fossero i
Serpeverde quelli con la divisa verde, mentre i Grifondoro ce
l’hanno rossa…”
“Gal…
temo che tu abbia leggermente
confuso le date dei provini… a quanto pare, oggi ci
sarebbero i provini della
squadra di Serpeverde…” gli spiegò, un
po’ imbarazzato, Kevin e il rosso fece
un semplice “Oh.”
Tuttavia,
quasi subito, Gal
fece un grosso sorriso e dopo aver salutato tutti i presenti con la
mano,
esclamò: “Beh, non importa! Buona fortuna, gente!
Se passo i provini, ci
vediamo in campo! Torno ad occuparmi del mio uovo, ciao!”
Mentre
si allontanava, tra lo
sgomento e l’incredibilità generale, un battitore
si avvicinò a Finley
Bulstrode e gli domandò, sottovoce: “Ma chi
è quel matto?”
“Galahad
Sandlers, il
fratello minore di quell’odioso e saccente prefetto di
Grifondoro.”
“Aspetta,
non sarà mica
quell’idiota che se ne va in giro con quell’assurdo
e vecchio cappello
babbano?!”
“Proprio
lui… è un po’…
toccato.”
“Sai,
mi è sembrato che
stesse parlando di un uovo…”
“Ignoralo.
Te l’ho detto,
quello è matto da legare!”
“Chissà
come diavolo ha fatto
a finire a Grifondoro, fuori di testa
com’è… credevo che finissero tutti a
Corvonero…”
“Mah,
l’anno scorso il
Cappello Parlante dev’essere andato in tilt…
guarda là cosa ci ha mollato…”
sbottò il Capitano, indicando col pollice Kevin, il quale
finse di non aver
sentito, anche se strinse il manico della scopa, furioso.
Come
si permetteva di
considerarlo inferiore agli altri Serpeverde, solo perché
era un Nato Babbano?!
Gliel’avrebbe fatta vedere… o, se
gliel’avrebbe fatta vedere…
Con
delicatezza, Athena
spinse il portone del Club della Sfinge e, immediatamente, vide
un’enorme
stanza oscura con un ritratto di Merlino alle pareti e
un’enorme
rappresentazione dei vari pianeti.
Ma
ciò che attirò
immediatamente la sua attenzione furono gli immensi e colmi scaffali di
libri.
La
Corvonero li osservò,
trattenendo il respiro e con un enorme sorriso, come se temesse che al
minimo
rumore quella visione scomparisse nel vento.
“Ehilà!
Ciao, Athena!”
esclamò un’allegra voce familiare, proveniente da
una voragine davanti ad uno
scaffale.
La
ragazzina si avvicinò al
bordo incuriosita e vide Jacob, il Prefetto di Corvonero, su una scala
della
voragine, con in mano un vecchio volume, mentre con l’altra
si teneva ben
aggrappato alla scala d’oro.
Nonostante
la scomoda
posizione e il fatto che fosse sospeso a centinaia di metri da terra,
il
ragazzo si sentiva perfettamente a suo agio.
“Ciao,
Jacob.” Lo salutò
Athena e l’altro rispose, allungando la mano col libro:
“Se non hai fretta ti raggiungo
subito.”
Con
un gesto fulmineo, Jacob
salì rapidamente su per la scala usando solo una mano, dato
che con l’altra
teneva i libri, come una specie di scimmia.
Athena
sentì il cuore
smetterle di batterle per qualche secondo, a causa del timore che Jacob
perdesse l’equilibrio e cadesse giù, ma in appena
un minuto, il Corvonero si
ritrovò al sicuro accanto ad Athena.
“Hai
corso un gran bel
rischio…” gli fece notare la ragazzina, mentre
Jacob, con un sorriso e una mano
dietro alla testa, rideva, divertito: “Lo so, sono sempre
stato un ragazzo fin
troppo vivace… faccio impazzire la mia povera mamma fin da
quando ho imparato a
gattonare… una volta, tra i due e i tre anni, sono salito
sul tetto di casa
nostra per inseguire il gatto.”
Athena
non poté fare a meno
di ridere, divertita, immaginando il Prefetto che gattonava sul tetto
della sua
abitazione e tutti i grattacapi che aveva fatto avere alla
madre…
“Comunque,
Athena, benvenuta
al Club della Sfinge. Sei qui per unirti al nostro gruppo?”
domandò Jacob e la
ragazzina annuì: “Esatto. A me è sempre
piaciuto un sacco l’astronomia e i
libri… penso che questo Club sia perfetto per me.”
“Ottimo,
allora firma qui.”
Esclamò il ragazzo, allungandole un foglio di carta, e,
mentre Athena firmava
il documento, Jacob domandò: “Solo per
curiosità, intendi frequentare il club
dell’Ippogrifo e quello del Drago?”
“No…
il Club dell’Ippogrifo
non sarebbe tanto male, ma non sono molto brava a
Divinazione… quanto a quello
del Drago, è semplicemente troppo movimentato e
d’azione per me.”
“Capisco…
in fondo, non sono
molti coloro che intendono frequentare tutti i club
contemporaneamente…”
“Di
recente, è venuto
qualcuno ad iscriversi a tutti i club?”
“Sì,
proprio ieri!
All’inizio, ho pensato ad uno scherzo, ma lo sguardo glaciale
che mi ha
lanciato quando gliel’ho detto, mi ha fatto capire che diceva
sul serio.”
“Si
trattava di una ragazza?”
domandò Athena, mentre un terribile sospetto su chi potesse
essere
quell’individuo le si generava nella mente, e Jacob
annuì: “Sì, esatto. Forse
la conosci, è quella Serpeverde del tuo anno coi capelli
d’argento con
quell’aria parecchio sicura di sé…
certo che quella ha proprio un bel
caratterino…”
Athena
fece un sospiro.
Doveva
immaginarlo che
Delphini sarebbe stata l’unica ad avere la voglia e la
determinazione di fare
tutto… a volte, aveva la sensazione che quella Serpeverde
stesse cercando di
sfidare le aspettative di tutti…
“Sai
chi altri ha fatto tutti
e tre i club?” domandò la Corvonero e Jacob
meditò: “Mi sembra che ci sia una
lista…
aspetta che la vado a prendere…”
Proprio
in quel momento,
entrò, visibilmente scandalizzata, Madame Pince, la quale,
non appena vide
Jacob, corse verso di lui, esclamando: “Oh, signor Clarke,
per fortuna l’ho
trovata!”
“Cosa
succede, Madame Pince?”
domandò, stupito, Jacob e la donna spiegò:
“Quel maledetto ladro fantasma! E’
tornato di nuovo nel Reparto Proibito!”
“Cosa?
Di nuovo? Accidenti…”
sbuffò, lievemente esasperato e seccato, Jacob
“Che libro ha preso, stavolta?”
“Usi
il plurale! Ha fatto
sparire una decina di libri, i quali trattavano tutti Basilischi e
antidoti ad
abilità mortali di creature magiche!”
Athena
si avvicinò
prontamente, ad un quadro con un puffskein molto carino, tutto marron
scuro
tranne un ciuffo di marron chiaro sulla testa e con due grandi occhioni
viola
che facevano una gran tenerezza, fingendo di non ascoltare quel
discorso.
Purtroppo,
sapeva benissimo
che il misterioso ladro in questione era Delphini… ma che
cosa se ne faceva di
libri che trattavano di Basilischi?
Dopo
che Harry Potter aveva
ammazzato quello nascosto nella Camera dei Segreti, non ce ne dovevano
essere
altri nella scuola, o almeno lo sperava…
Vero
che avevano uno sguardo
mortale, quindi era importante rendere innocui gli occhi… e
se…
No,
era assolutamente impossibile.
Vero
che Delphini aveva
dimostrato una notevole abilità nel domare serpenti e fare
in modo che essi
eseguissero i suoi ordini, l’esercito di rettili che si era
costruita a Little
Hangleton era impossibile da dimenticare… ma comandare un
Basilisco non era di
certo come allevare un Vermicolo!
Bisogna
essere dei
rettilofoni per sperare di riuscire a creare un punto di contatto con
quelle
creature… inoltre, non c’erano di certo Basilischi
nelle vicinanze…
“Allora?
Come va? Trovato
qualcuno d’interessante?” domandò un
Cacciatore di Serpeverde, avvicinandosi a Finley
Bulstrode, il quale stava osservando, con rabbia, l’elenco
dei partecipanti ai
provini: “Va da gatti, ecco come va! Non
c’è un solo giocatore decente! Quelli
che cercano di ottenere il ruolo di Cacciatori sono penosi, per non
parlare dei
Cercatori! Sarà un vero miracolo se riusciremo a vincere la
Coppa di Quidditch
quest’anno! E come se non bastasse, Abel Nott non si
è nemmeno presentato ai
provini!”
“Eh?
Voleva partecipare ai
provini? Lui?! Davvero?”
“Beh,
ad essere sincero, è
suo padre che mi ha mandato un gufo qualche giorno fa dicendomi che
avrebbe
partecipato… Ho mandato qualcuno a cercarlo, senza successo.
Sembra svanito nel
nulla!”
“Se
devo essere sincero, a me
non è mai sembrato interessato al Quidditch… non
l’ho mai visto nemmeno ad una
partita!”
“Lo
so, ha sorpreso anche me,
ma credi che io sia così scemo da andare a sottolineare
queste cose a suo
padre? Quello è un pezzo grosso al Ministero!”
“Beh,
adesso che si fa?”
“Provo
a rileggere meglio i
risultati, magari ne becco uno non troppo scarso…”
“Ma
non c’è ancora un ultimo
provino?”
“Quello
del Nato Babbano?
Occupatene tu! Io ho cose più importanti da fare! Non serve
aver preso una ‘E’
a Divinazione, per capire che quello lì farà il
provino peggiore di tutti…”
Mentre
Bulstrode allontanava,
il Cacciatore ordinò: “Ok, tu… il Nato
Babbano, ecco! Tu sei il prossimo! Vedi
di fare in fretta!”
Mentre
gli altri presenti
ridacchiavano, Kevin fece un sospiro e salì a bordo della
sua vecchia scopa,
generando ancora più risate.
“Il
tuo compito sarà quello
di rubare la pluffa agli altri Cacciatori e di fare più goal
possibili in
cinque minuti cronometrati!” continuò
l’esaminatore e il ragazzino dovette
trattenersi dal protestare.
Era
fin troppo lampante che
stavano facendo di tutto per impedirgli di entrare in
squadra… agli altri
partecipanti, era stata data direttamente la palla e non dovevano
rubarla…
inoltre, i minuti di esame erano ben quindici!
“Ehi,
ti dai una mossa?!” gli
urlò l’amico di Bulstrode e, subito, il Serpeverde
si sollevò leggermente in
aria e non appena si udì un fischio, altri tre giocatori di
Serpeverde
cominciarono a sfrecciare verso di lui, passandosi la palla velocemente.
Era
evidente che erano
esperti e che erano ben decisi a non fargliela prendere… ma,
d’altro canto,
neanche lui aveva intenzione di arrendersi!
Spronando
la sua vecchia
scopa, Kevin si scagliò a tutta velocità contro i
tre, lasciandoli spiazzati,
in quanto non se lo aspettavano minimamente.
Invece
di diminuire la
velocità quando fu vicino agli avversari,
accelerò ancora di più.
Gli
era appena venuta un’idea
in testa… a dir la verità, era un po’
azzardata, ma era la sua unica speranza
di rubare quella dannata palla…
Anche
a terra, gli altri
Serpeverde osservano la scena, allibiti.
“Che
diavolo sta facendo
quella testa vuota?” domandò uno dei Serpeverde e
un altro vicino a lui
commentò: “Se non fosse ridicolo, giurerei che
stia cercando di andare a
sbattere contro i Cacciatori…”
Incredibilmente,
era proprio
quello che sembrava aver in mente Kevin, il quale continuò
ad accelerare e,
quando si trovò a pochi centimetri di distanza dal
cacciatore con la Pluffa, la
colpì con la mano, lanciandogliela lontano e accelerando la
velocità della
scopa, riuscì a prenderla e scattò veloce verso
la porta.
“Sta
cercando di far passare
la palla nell’anello!” sibilò, furioso,
l’esaminatore e sbraitò ai tre
Cacciatori che giocavano: “Fermatelo, razza
d’imbecilli! Non fatelo segnare!”
“Subito!”
annuirono i tre,
partendo rapidamente all’attacco, decisi a tutto pur
d’impedire al ragazzino di
segnare.
Vedendo
gli inseguitori che
gli stavano alle calcagna, Kevin sterzò bruscamente la
propria scopa e volò a
destra, cercando di evitare gli avversari, ma, purtroppo, si accorse
quasi subito
che se non trovava al più presto una soluzione, rischiava di
finire nei guai.
Loro
avevano delle scope
ultimo modello, mentre la sua scopa era parecchio vecchia…
Improvvisamente,
Kevin si
lanciò a tutta velocità verso gli spalti,
seguito, ovviamente, dai tre
cacciatori, senza avere alcuna intenzione di rallentare.
“Sembra
che quell’idiota di
un babbano voglia schiantarsi contro gli spalti! Ha proprio perso il
cervello,
se mai l’ha avuto…” commentò
uno dei presenti, mentre osservava la scena dal
suo binocolo.
Vedendo
che il ragazzo si
stava avvicinando agli spalti senza alcuna intenzione di rallentare,
molti dei
ragazzi seduti su di essi, si spostarono di lato spaventati, ma, per la
sorpresa generale, Kevin fece deviare di scatto la scopa, cogliendo
tutti i
presenti di sorpresa, compresi i suoi inseguitori.
Approfittando
del momento di
confusione generale, Kevin si buttò a tutta
velocità verso la porta, con
l’obiettivo di fare goal, con i pochi secondi che,
sicuramente, gli mancavano
per la fine del suo provino.
Il
portiere, inoltre, si
stava dirigendo verso di lui, con l’obiettivo di fermarlo a
tutti i costi, ma,
quello che non poteva immaginare era che gli stava offrendo la
possibilità di
vincere…
Infatti,
non appena si trovò
a pochi metri da lui, Kevin fece una capriola con la sua scopa, per poi
lanciare la pluffa verso la porta vuota, pregando che avesse preso la
mira
giusta.
Passarono
alcuni minuti in
cui tutti trattennero il fiato, mentre la palla volava leggera
finché essa non
oltrepassò l’anello.
A
quello spettacolo, tutti
rimasero in completo silenzio, allibiti, mentre Finley Bulstrode perse
la presa
della cartella che aveva in mano, la quale cadde per terra, generando
l’unico
rumore presente in tutto il campo.
Non
appena Kevin planò
delicatamente sull’erba, il capitano si avvicinò
al ragazzino, furente,
urlando: “Piccolo vermicolo strisciante, hai
barato!”
“Cosa?!
Non è vero!”
protestò, offeso, Kevin, ma l’altro non volle
sentire ragione: “Invece sì!
Altrimenti come avrebbe potuto un sudicio babbano come te, fare tutte
quelle
manovre con la scopa?!”
“Perché
non accetti, molto
semplicemente, che mi sono allenato e che voi mi avete
sottovalutato?”
Anche
se quelle parole erano
state sibilate, tutti i presenti rimasero ammutoliti per il coraggio
mostrato
dal ragazzino, in primis proprio Bulstrode.
Quel
nanerottolo aveva osato…
Sfortunatamente,
Bulstrode si
riprese velocemente e afferrò con forza il bavero del
maghetto, con gli occhi
che lanciavano fiamme, anche se, con lo sgomento di tutti, Kevin rimase
impassabile,
a fissare in silenzio l’assalitore, il quale
sibilò: “Non so che cavolo avesse
in testa l’anno scorso il Cappello Parlante per smistare uno
come a Serpeverde…
ma c’è una cosa che so per certo ed è
che tu potrai fare tutte le acrobazie più
incredibili dell’intera scuola, ma non ti farò mai
entrare nella squadra!”
“Questo
è barare.”
“Sono
io il Capitano e sono
io che decido chi fare entrare e chi no. Nemmeno se andrai a frignare
dalla
preside cambierò idea, sappilo.”
“Bulstrode,
cosa stai facendo?”
esclamò, incredula, una voce maschile che tutti i Serpeverde
conoscevano
benissimo.
Immediatamente,
gli studenti
presenti si girarono e il capitano lasciò andare la presa su
Kevin.
Come
tutti avevano intuito,
il proprietario della voce era proprio il professor Lumacorno, il quale
si
stava risistemando un grosso cappello blu con su disegnate delle
stelline
argentate.
“Professore,
che sorpresa…
non sapevamo che sarebbe andato a vedere i provini,
oggi…” balbettò Bulstrode,
con un sorriso molto tirato e nervoso.
La
presenza del direttore
della Casa di Serpeverde era l’ultima cosa al mondo che
voleva…
“Infatti,
non era mia
intenzione venire… ma il mio cappello si è messo
a volare per i corridoi della
scuola all’improvviso e mi ha portato qui, proprio mentre il
signor Harrison
iniziava il suo turno e non ho potuto fare a meno di restare! Ho avuto
tanti
talenti del Quidditch al Lumaclub, ma nessuno talmente abile e astuto
come il
signor Harrison, i miei complimenti! Sai, mi sorprendo sempre che tu
sia un
Nato Babbano e che appartieni ai primi anni, quando ti metti a
volare… si è
allenato molto con la scopa, quest’estate,
Harrison?”
“Beh,
sì… ho avuto un po’
difficoltà, per via dei babbani, ma, alla fine, ce
l’ho fatta ad allenarmi.”
“Ottimo,
ottimo. Dovreste
prendere tutti esempio da lui, ragazzi!” trillò
Lumacorno, così euforico da non
accorgersi degli sguardi di puro odio e disprezzo che i Serpeverde
stavano
lanciando al povero Kevin.
Era
fin troppo evidente che,
piuttosto che prendere esempio da un Nato Babbano, si sarebbero tutti
volentieri buttati dalla scogliera del castello…
“Beh,
Bulstrode, direi che un
problema l’abbiamo risolto, eh?”
continuò il professore ed il capitano,
sgranando gli occhi, domandò: “Di quale problema
sta parlando, signore?”
“Beh,
direi che dopo
un’esibizione così, il signor Harrison ha tutto il
diritto di far parte della
squadra di Serpeverde.”
“Certo,
professore, ma il
fatto è che aveva un limite di tempo che partiva dalle
undici e mezza e, temo
che l’abbia…” ribatté il
giovane capitano, con il sorriso più falso che poteva
avere, avvicinando a sé l’orologio al polso, ma
non appena ebbe diede dato
un’occhiata, sgranò gli occhi e fece un gemito.
L’orologio
si era fermato
alle undici e trentatré minuti, esattamente dopo tre minuti
dall’inizio della
prova.
Furente,
si voltò verso il
giocatore più vicino e domandò: “Ehi,
che ora fa il tuo orologio?! Quello
stupido del mio si è fermato!”
“Ehm,
Finley… anche il mio
orologio si è fermato… alle undici e
trentatré…” balbettò,
incredulo, il
giocatore e immediatamente, tutti i presenti, sia membri della squadra
che
candidati e, persino, gli spettatori, guardarono i loro orologi,
esclamando,
allibiti: “Anche il mio orologio ha smesso di
funzionare!”
“Pure
il mio! E pensare che
era nuovo di zecca… aspetta che metta le mani su chi me
l’ha venduto…”
“Non
capisco, funzionava fino
a qualche minuto fa…”
“Il
mio è fermo alle undici e
trentatré!”
“Pure
il mio!”
“Sono
tutti fermi alle undici
e trentatré!”
“Ma
com’è possibile?!”
Bulstrode
era a dir poco
esterrefatto.
Come
accidenti era possibile
che tutti gli orologi di tutti i presenti si fossero rotti nello stesso
istante?!
Non
era assolutamente
possibile!
Solo
un potente incantesimo
avrebbe potuto fare una cosa del genere… e a lui sembrava
ridicolo il fatto che
qualcuno avesse voluto aiutare un Sanguemarcio ad entrare nella squadra
di
Serpeverde…
“Beh,
visto che non ci sono
altri problemi, direi che il signor Harrison è nella
squadra!” gongolò
Lumacorno, tutto soddisfatto, sfregandosi le mani, mentre gli altri
guardavano
con odio il povero Nato Babbano.
Nessuno
si accorse di una
piccola figura dai capelli argentati che aveva spostato uno degli
arazzi che
ricoprivano gli spalti, per vedere meglio, con un sorrisetto
soddisfatto.
Doveva
ammettere che era
stato davvero molto divertente e anche adrenalinico… mentre
quegli imbecilli
facevano i provini degli altri giocatori, ovviamente lasciando Kevin
per
ultimo, nonostante si fosse presentato in orario, anche se, per
sicurezza,
aveva messo Asmodeus di guardia, in modo da creare abbastanza
tafferuglio da
sospendere momentaneamente i provini se Kevin fosse stato chiamato
prima del
previsto, era corsa a cercare Lumacorno e, una volta trovato, aveva
fatto
levitare quel suo orrido cappello con le stelle fino al campo da
Quidditch, in
tempo per vedere gli ultimi, penosi, giocatori.
Dopodiché,
non aveva dovuto
far altro che rompere tutti gli orologi dei presenti con un
incantesimo, in
modo che non tentassero di fare i furbi, cercando di convincere
l’insegnante che
Kevin aveva forato col tempo, proprio come avevano tentato di fare.
Ad
essere sincera, Delphini
non capiva perché si era data tanto da fare per quel
ragazzo… forse, perché in
lui rivedeva un po’ di lei… un ragazzo emarginato
da tutti per qualcosa di cui
non centrava niente, solo a lottare contro un mondo d’idioti
che si chiudevano
nelle loro convinzioni, senza neanche provare a cercare di vedere cosa
si
nascondeva sotto l’apparenza… eppure, non aveva
intenzione di arrendersi contro
quegli scemi ed era disposto a lottare per raggiungere i propri
obiettivi, con
la fatica e il sudore… quella superba esibizione, per
esempio, era tutta farina
del suo sacco… lei si era semplicemente limitata ad
assicurarsi che quelle
simpatie dei loro compagni di Casa non tentassero di fare i
furbi…
Nel
frattempo, Bulstrode
stava facendo tutto il possibile per non esplodere dalla rabbia.
Se
avesse pescato chi era
stato a fargli uno scherzo del genere…
All’improvviso,
un pensiero
gli attraversò la mente, che lo fece sorridere.
Certo,
il Nato Babbano poteva
entrare nella squadra… ma lui era il capitano e a lui
spettava decidere i
ruoli…
Gal
fischiettò allegramente
nei corridoi del castello, mentre si dirigeva verso la Sala Grande.
Il
suo adorato uovo stava
diventando sempre più grosso… sentiva che stava
per schiudersi da un momento
all’altro… entro Halloween avrebbe scoperto a
quale razza apparteneva la sua
creatura… sperava fosse un drago o, almeno, una creatura
grossa e molto
pericolosa…
Anche
Godric non vedeva l’ora
di scoprire cos’era la sua creatura… proprio come
il suo discendente, aveva
sempre amato le creature pericolose e desiderato averne una o, almeno,
un leone
da tenere come animale domestico, dato che era sempre stato il suo
animale
preferito… ma Sal glielo aveva sempre proibito
tassativamente, dichiarando che
una simile bestiaccia nei dintorni, sia magica che non, avrebbe creato
solo
problemi e, purtroppo, anche Rowena ed Helga erano state
d’accordo…
Se
proprio doveva essere
sincero, Sal, dai racconti di Godric, ricordava a Gal più
Delphi che il Signore
Oscuro… ma, dopotutto, la ragazzina era una Serpeverde e,
secondo Godric, a Sal
piacevano le persone dal carattere intrattabili…
Gal
entrò nella stanza e,
subito, si accorse che seduto al tavolo dei Serpeverde, c’era
Kevin, il quale
era circondato da Teddy, Victorie, Athena, Oliver e Delphini.
A
giudicare dal fatto che
Delphi, la quale era conosciuta da tutti per essere una musona
insensibile a
tutto tondo, gli aveva messo una mano sulla spalla e gli parlava, a
giudicare
dall’espressione facciale, in maniera
‘quasi’ gentile, anche se Kevin era la
persona con cui era più gentile in assoluto, ovviamente
secondo i suoi canoni,
doveva essergli successo qualcosa di brutto… probabilmente
Bulstrode non gli
aveva fatto passare il provino…
“Che
succede?” domandò il
giovane Grifondoro, avvicinandosi al tavolo e sussultando non appena
vide la
faccia.
Kevin
era pallido come un
cencio, la fronte madida di sudore e sembrava sul punto di vomitare.
“Non
dirmi che hai fallito il
provino!” esclamò, allibito, il rosso, ma Kevin
scosse la testa così
velocemente, che sembrava dovesse staccarglisi da un momento
all’altro.
“Sei
il nuovo Cacciatore di
Serpeverde?!” esultò Gal, ma, ancora una volta, il
ragazzino negò con la testa.
“Eh?!
Non capisco… se non hai
fallito il provino, allora perché non sei il
Cacciatore?” domandò il Grifondoro
e Kevin, abbassando la testa, sussurrò: “Bulstrode
ha… ha dovuto accettarmi in
squadra per le mie abilità, ma si è voluto
vendicare per l’accaduto… non sono
il Cacciatore di Serpeverde… sono il nuovo
Cercatore.”
A
quelle parole, Gal sgranò
gli occhi, incredulo.
“Non
capisco… qual è il
problema? Hai fatto il provino per diventare cacciatore e, invece, ti
hanno
dato il ruolo più importante! Io sarei al settimo
cielo…” commentò il rosso e,
per tutta risposta, Delphini gli lanciò uno sguardo
assassino, sibilando: “Se
l’idiozia avesse le gambe, tu saresti un millepiedi! Ma non
capisci che quella
vecchia carogna gli ha dato il ruolo per metterlo nei guai?”
“Sul
serio?”
“Certo,
stupido! Il ruolo più
importante è quello del cercatore, perché se
ottiene il boccino quasi sempre la
squadra vince… quindi, secondo te cosa succederebbe se alla
prima partita
dell’anno, la squadra avversaria prendesse per prima il
boccino, vincendo la
partita? A chi pensi che darebbero la colpa?”
Dopo
pochi secondi, Gal capì
il problema, a giudicare dall’espressione che comparve sul
suo volto.
“Ma
è una vera carognata!
Devi andare a protestare con Lumacorno!” esplose il
Grifondoro, ma Kevin scosse
la testa: “Non posso…”
“Perché
non puoi?! Tu ti sei
presentato per il ruolo di Cacciatore, non possono darti quello di
Cercatore…”
“Ci
ho provato, ma Bulstrode
mi ha interrotto, dicendo che la mia corporatura era perfetta per
essere un
cercatore, dato che sono piccolo e veloce… e che, dopo la
mia abile
prestazione, sarei riuscito in poco tempo a diventare abile a prendere
il
boccino… e, poi mi ha chiesto se, per caso, non avessi
troppa fifa per quel
ruolo, tanto da essere pronto a protestare o ad inventare scuse
assurde… non ho
potuto dire di no…”
“Vecchio
troll deficiente… io
lo…” sibilò Gal, ma Delphini lo
bloccò: “Non ti disturbare… il pranzo
lo ha
punito per la sua carognata…”
“Davvero?
Perché, che è
successo?”
“Oh,
è successo che, durante
il pranzo, stava facendo l’idiota equilibrista con un piatto
di minestra
bollente, ma gli è scivolato il piatto e gli è
finita tutta la minestra
addosso, così è dovuto andare in
infermeria…” raccontò, con tono calmo e
innocente, Delphini, mettendosi le braccia dietro alla nuca e
mettendosi a
guardare il soffitto.
Non
appena fu certa che
nessuno la stesse guardando, guardò verso
l’ingresso della sala, dove dieci
minuti prima Finley Bulstrode era corso in direzione
dell’infermeria, e fece un
sorrisetto pieno di malizia e di vittoria.
Le
era bastato lanciare un
Confundo a quell’idiota per fargli fare il pagliaccio e
dargli una lezione di
quelle…
Così
imparava a dar fastidio
a Kevin per via del suo essere un Nato Babbano… e,
soprattutto, di minacciare
di far perdere alla squadra la Coppa di Quidditch per le sue
convinzioni
idiote!
Notando
che Kevin stava
tremando per la paura, Delphini ritornò a dargli delle
pacche sulla spalla.
“Non
so cosa fare… mi sono
allenato tutta l’estate per il ruolo di Cacciatore e adesso
questo…” sussurrò,
nervoso, il ragazzino e la coetanea domandò, con un tono
calmo: “Intendi
arrenderti e dire a Bulstrode che te ne vai oppure vuoi dimostrargli di
che
pasta sei fatto?”
Kevin
si voltò a guardarla e
la giovane riprese: “A questo punto, hai solo due scelte: la
prima tesi che ti
ho proposto o la seconda. Quale decidi?”
Kevin
rimase un attimo in
silenzio, a riflettere.
Se
proprio doveva essere
sincero, l’idea di non farcela lo stava attagliando sempre di
più… come la
sgradevole sensazione di essere solo un illuso e un
fallimento… forse era
meglio arrendersi, però…
però…
Non
era giusto arrendersi
dopo tutta la fatica che aveva fatto per essere ammesso nella squadra!
Doveva
reagire a
quell’ingiustizia e fargliela vedere a Bulstrode!
“Io…
mi piacerebbe
dimostrargli di cosa sono capace.”
“Ottimo,
allora andiamo.”
Dichiarò la ragazzina, afferrando il coetaneo per il polso e
cominciando a
trascinarlo fuori dalla Sala.
“Ma…
dove stiamo andando?”
domandò, leggermente incuriosito, Kevin e Delphini rispose:
“Ad allenarti, no?
Per prima cosa, dovrai aumentare i tuoi riflessi, prendendo delle palle
da golf
al volo, poi, una volta che hai ottenuto dimestichezza, passeremo ai
vari
inseguimenti con la magia. Dobbiamo assolutamente recuperare prima
della
prossima partita… e questo significa che lavoreremo con
qualunque tipo di clima
esistente, anche il più schifoso!”
Sentendo
quelle parole, Kevin
fece una faccia nervosa.
Aveva
la vaga sensazione che Delphini lo avrebbe
strapazzato per benino… |
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Capitolo 43 *** Mai disturbare un Augurey ***
Capitolo
43: Mai disturbare
un Augurey
“Avvicinatevi
con cautela, ma
senza paura. I Kelpie addomesticati, se non si sentono minacciati, sono
le
creature più tranquille e servizievoli del mondo
magico…” si raccomandò Alison
Pemberton, prefetto di Tassorosso del sesto anno, oltre che essere la
presidentessa del club dell’Ippogrifo, una giovane ragazza
coi capelli a
caschetto color caramello, indicando la creatura che sembrava un
cavallo fatto
d’alghe e con le pinne, la quale nuotava tranquillamente
nella vasca della sede
del club.
Alison
prese un sacchetto
contenente cibo per animali e ne diede un po’ al Kelpie, il
quale, tutto
contento, cominciò a nitrire e a saltare
nell’acqua come un delfino.
Alison
diede un’occhiata al
sacchetto e con uno sbuffo, borbottò: “Abbiamo
quasi finito il cibo… qualcuno
potrebbe andare da Hagrid per prenderne dell’altro?”
“Me
ne occupo io.” Annunciò
una voce femminile, mentre una mano veniva alzata e una ragazzina del
secondo anno
coi capelli d’argento si faceva largo tra la folla.
“Torno
subito.” Rassicurò
Delphini, mettendosi lo zaino in spalla ed uscendo in fretta dalla sede
del
club.
Con
un po’ di fortuna, mentre
cercava Hagrid, poteva trovare un Thestral… un pelo di
Thestral era l’ultimo
ingrediente che le serviva per l’antidoto allo sguardo
mortale del Basilisco e
lei poteva vederli…
Non
appena se ne fu andata,
gli altri membri del Club continuarono a lavorare alle proprie pozioni,
a
prendersi cura dei funghi salterini o a tentare di fare previsioni con
le sfere
di cristallo disponibili dal club.
Oliver
si piazzò davanti ad
una sfera di cristallo e tentò di cercare di prevedere
qualcosa da essa, ma i
suoi occhi si dirigevano sempre verso una specifica Serpeverde coi
capelli a
caschetto biondi che, con la sua solita aria apatica, innaffiava i
funghi col
vecchio innaffiatoio.
“E’
carina…” sussurrò
Elizabeth, anche lei intenta a guardare in una sfera di cristallo,
mentre il
suo sguardo era concentrato su Nat.
“Mi
sembra assurdo che una
creatura così perfetta sia potuta scendere in
terra… dovrebbe stare in mezzo
alle altre creature mitiche…” aggiunse Oliver,
mentre la Corvonero meditava,
come se avesse la testa tra le nuvole: “Non mi
meraviglierebbe se i babbani del
Medioevo si fossero ispirate a lei per la creazione delle donne
angelo…”
Proprio
in quel momento, Nat
finì d’innaffiare le piante e appoggiò
l’innaffiatoio vicino ad un albero, per
poi mettersi a leggere un libro sotto ad un albero.
Veloce
come un lampo, Oliver
corse a prenderlo l’innaffiatoio e avvisò Alison,
la quale era ancora intenta
ad occuparsi del Kelpie: “Vado a prendere
dell’acqua.”
“Ok,
torna presto…”
“Tranquilla.”
la rassicurò
Oliver, salutando la ragazza e cominciando a dirigersi verso il Lago
Nero.
Una
volta arrivato, immerse
l’innaffiatoio nell’acqua e, una volta che fu
pieno, lo tirò fuori dall’acqua.
Stava
per tornarsene al club,
quando sentì un verso malinconico e rauco, come qualcuno con
la gola tutta
piena di catarro, provenire da un roveto proprio di fianco a lui.
Con
leggera ansia, Oliver si
avvicinò alla pianta e spostò leggermente i rovi,
facendo attenzione alle spine
e sperando, in cuor suo, di non trovare la carcassa di qualche animale
là
dentro…
Non
appena ebbe spostato i
rami si accorse di una sagoma all’interno del cespuglio che
lo fece trasalire
per lo spavento, ma, dopo qualche secondo di panico, riebbe il
controllo e
diede una seconda occhiata alla sagoma.
Con
suo immenso stupore, si
accorse che non solo la sagoma respirava, ma che sembrava un uccello
spennato.
Gli
bastò un’altra occhiata
per capire la natura della creatura: quello era un Augurey, la fenice
irlandese!
Ma
cosa ci faceva in un
cespuglio della Scozia, con un’aria spaventata?
Di
colpo, tutto fu chiaro:
una delle ali della povera creatura era storta in maniera innaturale,
quindi,
era rotta e non poteva volare, finendo alla mercé di
innumerevoli predatori...
D’istinto,
il Tassorosso
allungò le braccia verso l’Augurey, ma
l’animale, visibilmente spaventato,
cominciò ad allontanarsi e a gracchiare di paura.
“No,
no, no, non aver paura…
non voglio farti niente… voglio solo aiutarti.”
Tentò di rassicurarlo Oliver e
l’animale si zittì, anche se continuò a
guardarlo in maniera sospettosa.
Oliver
mise una mano in tasca
e prese un sacchetto di cibo per creature magiche e, una volta aperto,
lo
avvicinò all’Augurey ferito.
La
creatura, inizialmente,
osservò con sospetto il cibo, ma, alla fine, si
avvicinò, saltellando, alla
mano aperta e beccò un croccantino.
Dopo
essersi assicurato che
il cibo non fosse avvelenato, l’animale finì in
pochi secondi il cibo e, poi,
inaspettatamente, cominciò a strofinare il becco sulla mano
di Oliver, come se
volesse ringraziarlo.
“Grazie.”
Fece Oliver,
togliendosi il maglione, restando solo in camicia bianca e cravatta
nera e
gialla, e mettendolo attorno alla creatura, come una sorta di fagotto,
per poi
prenderlo in braccio.
Ovviamente,
la creatura
cominciò ad agitarsi e a gracchiare di nuovo per la paura,
ma Oliver,
prontamente, lo rassicurò, accarezzandogli le piume:
“Sst, non aver paura,
piccolo… non ti voglio fare niente. Ti porto solo da Hagrid,
in modo che ti
curi. Lui è un esperto di creature magiche e ti
rimetterà in sesto, vedrai. E’
un po’ il corrispettivo di Madama Chips per le creature
magiche…”
L’Augurey
parve calmarsi e
Oliver cominciò a correre verso la capanna.
Una
volta davanti alla porta
di legno, il giovane Tassorosso cominciò a battere con forza
alla porta.
Pochi
secondi dopo, la porta
si aprì e apparve l’enorme faccione di Hagrid
circondato dalla sua folta barba.
“Oliver,
che succede?”
domandò, leggermente preoccupato, il custode e il ragazzino
alzando il fagotto
con l’Augurey, spiegò: “Ho trovato
quest’Augurey vicino al lago! Ha un’ala
spezzata… ti prego, dimmi che puoi
curarlo…”
Hagrid
prese la creatura
nelle sue enormi mani e, dopo aver osservato con attenzione
l’ala rotta,
esclamò: “Brutto affare, davvero
brutto… qualcuno deve avergliela colpita con
un incantesimo, rompendogliela. Che gente che c’è
al giorno d’oggi… aggredire
una povera creatura come questa…”
“Riuscirai
a riparargliela,
vero?”
“Ma
certo! Fortunatamente non
sembra nulla di grave… entro due settimane sarà
di nuovo in grado di volare…
però sono sorpreso di trovare un Augurey da queste
parti… hai detto di averlo
trovato vicino al lago?”
“Sì,
e non c’era il suo
caratteristico nido a forma di lacrima…”
“Di
solito, fanno il nido in
posti isolati… sai, sono uccelli molto timidi per
natura… ci hanno paura degli
altri… e non mi meraviglia, c’era gente in passato
che credeva che il loro
canto annunciasse la morte di qualcuno… gente matta, ecco
quello che penso io.
Ma guardalo, Oliver… è così carino e
docile… una creatura così non farebbe mai
del male a qualcuno…”
“Hai
proprio ragione, Hagrid…
io penso che gli animali sono creature meravigliose e che, a volte,
siano
migliori di noi umani…”
Hagrid
annuì, convinto, poi
si voltò verso l’animale, il quale continuava a
gracchiare, visibilmente
spaventato, e gli accarezzò dolcemente la testolina piumata.
Subito,
l’Augurey si calmò e
si mise a colpirlo dolcemente con la testa.
“Visto?
E’ una creatura così
dolce… sono quei matti che pensano che sarebbe pericoloso
per il suo canto…”
“Già…”
Delphini
camminava in mezzo
alla radura, girandosi a guardare in tutte le direzioni, in cerca di
Thestral,
ma non vedeva neanche l’ombra di quelle creature.
L’unica
persona che aveva
incontrato, strada facendo, era stato Abel, il quale gli era sembrato
molto
nervoso e sul chi vive, ma non era una novità.
Da
alcuni giorni, infatti,
sembrava avere l’aria parecchio tesa e, secondo Kevin, il
quale condivideva con
lui il dormitorio, era perché, ultimamente, aveva la
sensazione che qualcuno lo
stesse spiando.
Addirittura,
tre giorni prima,
era trasalito e si era voltato di scatto puntando la bacchetta pronto a
lanciare un incantesimo verso Lester Falwey,
‘colpevole’ di aver aperto
bruscamente la porta del loro dormitorio, per poi scusarsi,
massaggiandosi la
fronte per calmarsi.
Abel
non aveva mai mostrato
simili tendenze paranoiche prima d’ora, quindi era evidente
che qualcosa o
qualcuno lo stesse tenendo d’occhio… e se neanche
il suo amichetto invisibile
poteva aiutarlo ad individuare lo spione, non c’era da
stupirsi che fosse così
sulle spine al minimo movimento sospetto…
La
giovane fece un sospiro di
rassegnazione.
Evidentemente,
quel giorno
non era destino…
Stava
per andarsene alla
capanna di Hagrid, quando sentì un nitrito roco.
Un
nitrito che non sarebbe
stato udito da molti, ma lei, che aveva visto e compreso la morte a
pochi mesi,
era perfettamente udibile.
Corse
come una furia in
direzione dei nitriti e, in pochi secondi, giunse in una radura, dove
c’era un
Thestral che tentava, disperatamente, di liberarsi di una tagliola.
Delphini
era senza parole.
Cosa
diavolo ci faceva quella
roba nel parco?!
Sapeva
per certo che Hagrid
non avrebbe mai messo simili porcherie nel parco, con l’alto
rischio di far del
male ad una creatura magica…
La
giovane Serpeverde si
avvicinò al nero cavallo scheletrico e sussurrò,
in maniera piuttosto goffa,
dato che non era per niente abituata a rassicurare dolcemente qualcuno,
di
solito, infatti, preferiva un atteggiamento da duro, ma in quella
situazione
ciò avrebbe solo peggiorato le cose: “Ehi, ehi,
calmati… andiamo, non fare
così… se ti agiti, quella roba ti
entrerà ancora di più nella
carne…”
Alla
fine, in maniera
piuttosto imbranata e maldestra, Delphini riuscì a calmare
il Thestral e,
puntando la bacchetta di biancospino verso la tagliola,
urlò: “Evanesco.”
In
un millesimo di secondo,
la tagliola scomparve e il cavallo fu libero, il quale, grato per la
liberazione cominciò a strofinare il muso sul viso della sua
salvatrice, la
quale puntò la bacchetta sulla zampa ferita del Thestral e
disse: “Ferula.”
Con
sua enorme soddisfazione,
dalla bacchetta apparve una benda che si attorcigliò attorno
alla zampa, per
poi formare un nodo parecchio rozzo e senza nemmeno il fiocco, ma
considerando
il fatto che fino a quel momento non era riuscita a far apparire
nemmeno un
centimetro di benda, il risultato non era poi così
malaccio…
Facendo
attenzione a non fare
movimenti bruschi, Delphini afferrò in modo delicato, ma
deciso una ciocca di
peli del Thestral e, puntando la bacchetta sussurrò:
“Diffindo.”
A
differenza di Ferula,
Delphini aveva molta più dimestichezza con
l’incantesimo tagliente, forse
perché l’inventrice di quell’incantesimo
aveva un nome simile al suo, Delfina
Crimp, in ogni caso, la giovane si trovò tra le mani un
ciuffo di peli,
perfetti per terminare il suo antidoto allo sguardo mortale dei
Basilischi…
“Dici
che stasera verrà
fuori?” domandò, incuriosito, Gal osservando da
vicino il suo uovo e Godric
annuì: “Non ne sono certo, perché era
Rowena quella che sapeva sempre tutto, ma
direi di sì…”
“Un
po’ mi scoccia perdermi
un’altra festa di Halloween, ma sono troppo curioso di vedere
cosa verrà fuori…
scommetto che è un drago!”
“A
me piacerebbe che fosse
una Chimera perché sono le creature magiche che
più si avvicinano ai leoni…”
“A
te piacciono proprio i
leoni, eh?”
“Sì,
li trovo animali così
orgogliosi e fieri… però amano molto dormire,
come i gatti… per non parlare
della criniera! Oh, è un peccato che qui in Inghilterra, non
se ne trova
neanche uno… e pensare che sono così maestosi dal
vivo…”
“Ne
hai visto uno dal vivo?”
“Una
volta, a tredici anni.
Io, Althea e gli altri facemmo un viaggio per conoscere a fondo lo
stile magico
africano e sapessi com’era grande e, soprattutto, caldo quel
continente… i
babbani d’Europa erano convinti che fosse piccolo…
una strisciolina di terra
dall’altra parte del Mar Mediterraneo! Esplorammo il deserto,
camminammo
seguendo il corso del Nilo, salimmo sulle più alte montagne
del continente,
visitammo le piramidi, i resti di antiche civiltà babbane,
vari popoli e
culture, sia babbani che maghi… per tutti e quattro fu un
viaggio
indimenticabile… Rowena era sempre lì a scrivere
e a disegnare tutto quello che
vedeva e scopriva di nuovo, le braccia erano così piene di
rotoli di pergamena
che essi cadevano in continuazione… Helga ammirava in
continuazione la flora e
la fauna dell’Africa e non vedeva l’ora
d’imparare nuove terapie mediche, la
sua preferita era quella di origine egiziana di annusare gli odori dei
giardini
per rilassarsi… mentre a Sal, l’unica cosa che
importava era vedere i serpenti…
almeno impediva che ci aggredissero… lo ammetto, dormivamo
tutti sonni molto
più tranquilli con quei rettili che ci facevano la
guardia… non immagini quanti
predoni hanno fatto scappare con la coda tra le gambe… erano
più efficaci dei
Protego di Helga, che sono i più potenti che si siano mai
visti…”
“E
qual è la cosa che a te è
piaciuta di più del viaggio?”
“Il
gusto dell’avventura! Ho
scalato la piramide più alta di tutto l’Egitto e,
una volta in cima, mi sono
sentito così vivo e pieno d’energia dentro di
me… mi sentivo un fuoco! Althea,
in effetti, affermava che avevo un profondo legame col fuoco
perché era il mio
elemento… comunque, mi sono messo ad urlare per condividere
le mie emozioni
anche al resto del mondo… peccato che una volta che sceso,
Sal si è messo ad
urlarmi contro affermando che le mie urla si erano sentite in tutta
l’Africa e
che, come al solito, era stato molto vicino dal morire dalla vergogna
grazie a
me… sempre intrattabile, quello… era come se ce
l’avesse sempre con me… però,
il ricordo più bello è quando sono finito con la
mia scopa su un Baobab per una
sfida, solo che la scopa si era rotta e non sapevo come fare a
scendere… Helga
è subito corsa a cercare una scala, mentre quel cavaliere di
Sal ha proposto di
lasciarmi lassù, dato che non solo mi preferiva a quella
distanza, ma c’erano
anche ottime probabilità che non combinassi uno dei miei
soliti cataclismi su
quell’albero… fortunatamente, ci ha pensato Rowena
a farmi scendere, grazie ai
suoi…”
“Ehi,
ho sentito qualcosa
provenire dall’uovo!”
Sentendo
quelle parole,
Godric fermò immediatamente il suo monologo e si
avvicinò, per quanto glielo
consentisse il dipinto, per vedere l’uovo che, come aveva
annunciato Gal, aveva
cominciato a muoversi con energia finché non si
fermò, bruscamente.
“Accidenti,
speravo fosse la
volta buona…” mugugnò il giovane,
leggermente depresso “E’ tutta la settimana
che continuava a fare così e non si schiude
mai…”
“Probabilmente
significa che
sta per schiudersi… ma non chiedermi fra quanto. Era Rowena
quella che sapeva
queste cose… io, più che altro, ero lo scemo del
villaggio.”
“Non
penso che tu fossi così
stupido… neanch’io sono la persona più
intelligente di questo posto, ma non
sono un idiota totale…”
“Beh,
grazie… sai, ci
conosciamo da quasi un mese, eppure mi sembra di essere tornato
bambino…”
“Ecco,
adesso dev’essere
pronta…” esclamò Delphini, togliendosi
il sudore dalla fronte col dorso della
mano, finendo di mescolare la pozione verde acido.
Asmodeus
si sporse a dare
un’occhiata al risultato e subito dopo, si sistemò
per terra e borbottò: “Alla
buon’ora… finalmente posso farmi un
pisolino…”
“Chi
dice che i serpenti sono
creature spietate e senza scrupoli è evidente che non ne ha
mai avuto uno come
animale domestico… siete le creature più pigre
che si siano mai viste…”
“Noi
serpenti abbiamo la
digestione lenta, carina… comunque, datti una mossa a
preparare quell’antidoto
e lasciami dormire.”
“Pigrone.”
Una
volta finita la pozione,
Delphini la mise in una bocchetta e, dopo essersi assicurata che
Asmodeus se ne
stava ronfando sotto ad una coperta, corse ad aprire il passaggio
segreto che
conduceva alla stanza dove Scintilla e gli altri Basilischi vivevano.
Scese
rapidamente le scale e
chiamò: “Scintilla, credo di aver pronta la
pozione!”
“Davvero?”
domandò la
creatura, strisciando velocemente, sempre tenendo gli occhi chiusi.
Una
volta che le fu davanti,
Delphini mostrò la boccetta ed esclamò:
“Dovrebbe essere pronta… ho seguito le
istruzioni alla lettera… te la senti?”
Il
Basilisco rimase in
silenzio un attimo, poi annuì: “Sì. La
tua famiglia è stata riconosciuta come
nostri padroni e signori, inoltre, sei l’unica umana che
parla la nostra
lingua, dopo il nostro benefattore… sarebbe un insulto nei
tuoi confronti non
obbedirti.”
“Va
bene… allora preparati.
Verserò due gocce di questa pozione sui tuoi occhi. Se ha
funzionato, potrai
guardarmi negli occhi, senza che io debba temere di tirare le
cuoia.”
“E
se la pozione non è
corretta.”
Delphini
fece le spallucce e
dichiarò, con il tono più neutro che possedeva:
“In tal caso, tirerò le cuoia.”
Il
Basilisco restò un attimo
in silenzio, un po’ scosso.
Era
impressionante come
quella ragazzina stesse parlando della sua alta probabilità
di morire tra pochi
secondi, con lo stesso tono con cui s’intendeva andare ad una
gelateria a
controllare se fosse aperto e, in caso contrario, tornarsene
semplicemente a
casa.
“Non
hai paura di morire?”
domandò Scintilla e la ragazzina rispose: “Per
niente! Anzi, sono sicura che
mezzo mondo sarebbe contento della mia dipartita: questo è
l’unico lato
positivo di essere figlia dei miei genitori e di non avere
amici… se crepo,
nessuno si dispererà troppo.”
“Se
sparissi, la tua assenza
solleverebbe comunque non poche domande…”
“Oh,
ho già pensato a questo…
se muoio, Asmodeus lascerà un biglietto scritto da me in
Sala Comune in cui
racconto che a scuola mi sentivo repressa, che i miei compagni erano
dei
completi zucconi e altre sciocchezze simili… quindi, ho
deciso di fare un
viaggio intorno al mondo per migliorarmi e un giorno tutti loro
sentiranno
parlare di me in ogni angolo della terra.”
“Lo
sai che sei davvero un
bel tipo, tu?”
“In
questo mondo, si fa quel
che si può… vogliamo iniziare?”
Lentamente,
Scintilla abbassò
la testa e con abilità, Delphini le mise due gocce della
pozione che aveva in
mano sugli occhi.
“Sento
uno strano prurito
agli occhi…” notò il serpente gigante e
Delphini commentò: “Forse significa che
sta facendo effetto… non appena il prurito sarà
svanito, apri gli occhi.”
Dopo
qualche minuto,
Scintilla esclamò: “Ok, adesso apro gli
occhi…”
“Ok,
fallo.”
Lentamente,
Scintilla aprì un
occhio, rivelando una grossa iride di un giallo opaco o spento.
“Dato
che non sono
schiattata, puoi aprire l’altro.”
Una
volta che Scintilla ebbe
aperto entrambi gli occhi ed essersi assicurata che la pozione aveva
funzionato, la creatura esultò, felice: “Ce
l’hai fatta! Ci sei riuscita! Non
ci posso credere… sei straordinaria, proprio come
lui!”
“Grazie,
grazie… anche se un
artista non dovrebbe mai accettare i complimenti…”
fece Delphini con un sorriso
di vittoria e un tono tutt’altro che modesto.
In
realtà, sentiva dentro di
sé una strana sensazione… il piacere di aver
fatto qualcosa di buono e di aver
aiutato qualcuno… non era poi tanto male… la
faceva stare leggermente in pace
con sé stessa…
“Forza,
al lavoro… abbiamo un
sacco di Basilischi da liberare da una certa vista
mortale…”
Se
c’era una cosa che Oliver
aveva odiato praticamente da sempre era finire sotto i riflettori.
Di
solito, era abbastanza
bravo a non farsi notare dagli altri, complice il fatto che era di
aspetto
assolutamente normale, quasi mediocre… di certo, nessuno
faceva caso a lui, a
parte i suoi amici, gli unici a cui importava di essere preso in
considerazione.
Certo,
se fosse stata Nat a
notarlo, si sarebbe fatto bellissimo solo per lei, dato che meritava di
stare
accanto ad uno bellissimo… ma finché non sapeva
nemmeno della sua esistenza,
avrebbe continuato a comportarsi come se avesse sempre addosso un
mantello
dell’invisibilità.
Purtroppo,
in quel momento i
suoi buoni propositi d’invisibilità non stavano
funzionando tanto bene… questo
perché l’Augurey che aveva soccorso gli stava
appollaiato sul cappello a punta.
Non
poteva di certo biasimare
gli altri ragazzi per il fatto che lo stessero fissando… ma,
d’altronde, la
creatura si stava riprendendo e sembrava non vedesse l’ora di
fare un giro
della scuola, anche se, ad essere sinceri a mille, era stato lui a
saltargli
sulla testa…
E
adesso, era sotto lo
sguardo di tutti, dato che non si era mai visto qualcuno girare con un
Augurey
sulla testa…
“Bel
Augurey.” Commentò una
voce rilassante e pura come il corso di un piccolo fiume di montagna
alle sue
spalle, che lo fece sobbalzare per il nervosismo.
Sentendosi
il viso diventare
una fornace e il sudore cadere copioso dalla fronte come le cascate del
Niagara, Oliver si voltò e balbettò:
“Ah, ciao… grazie… è
carino… da parte
tua…”
“Prego.”
Bofonchiò Nat,
superandolo, così non si accorse che Oliver la stava
osservando con uno sguardo
sognante e un sorriso pieno d’amore, lasciandosi scappare un
profondo sospiro.
Se
avesse potuto volare, di
sicuro, si sarebbe ritrovato coi piedi a penzoloni nell’aria
in quel preciso
istante…
“Ah-ha!
Che ci fa
quell’uccellaccio, qui?!” strepitò una
voce tremendamente familiare.
Imbarazzato,
Oliver si voltò
e provò a spiegare: “I-io volevo solo fargli fare
un piccolo giretto, signor
Gazza… si sta riprendendo da una brutta frattura
all’ala e…”
“Non
mentirmi, ragazzino! So
cos’hai intenzione di fare… vuoi che
quell’uccellaccio sporchi in giro, così
sono io il povero sciocco che pulisce, eh? Beh, non
funzionerà! Adesso, tu e
quella bestiaccia andrete direttamente nel mio ufficio!
E…!”
Prima
che Gazza potesse
finire la sua minaccia, l’Augurey si alzò in aria
e sfrecciò in un corridoio
alle spalle del custode e dello studente.
Pochi
secondi dopo, si sentì
un urlo di dolore e, tra la sorpresa generale, apparve Pix, il quale
cercava di
ripararsi la testa con le mani dal becco dell’uccello, il
quale lo stava
beccando a tutta velocità, come un trapano elettrico.
“Cosa
diavolo…?” sussurrò
Gazza, mentre il poltergeist urlava: “Smettila! Piantala,
maledetto uccello
infernale!!! Ed io che speravo che te ne fossi andato per
sempre… ho capito, ho
capito… me ne vado!”
L’Augurey
smise di beccarlo e
Pix ne approfittò per scappare, con la mano che massaggiava
la testa dolorante.
L’uccello,
si appoggiò alla
spalla di Oliver, sempre tenendo d’occhio l’essere
dispettoso, per poi
gracchiare un semplice: “Cra!”, arruffando anche un
po’ le piume, come a
sfidarlo nel ritornare.
Gazza
rimase in silenzio un
attimo, poi, guardando l’Augurey con un improvviso rispetto,
borbottò: “Va
bene… per stavolta lascerò correre…
ah, senti, ragazzino… non è che potresti,
un giorno, prestarmi quel tuo uccello, se dovessi scacciare una volta
per tutte
Pix?”
“Certo…
ovviamente se è lui a
volerlo…” balbettò Oliver e il custode
grugnì, dato che era il suo modo
personale per acconsentire, e si allontanò velocemente,
seguito da Mrs Purr.
Notando
che tutti lo stavano
guardando, il povero Tassorosso, così rosso in viso da
sembrare un tifoso della
squadra di Grifondoro, corse a tutta birra nella Sala Grande, con
sempre
l’Augurey appollaiato alla spalla.
Una
volta arrivato, Oliver si
sedette di fianco a Teddy, il quale, con un sorriso,
esclamò: “Che carino! Dove
l’hai trovato?”
“Vicino
al lago. Pensa,
qualche… brutto idiota senza cervello, gli aveva spezzato
l’ala! Che razza di
gente che c’è nel mondo…”
Proprio
in quel momento,
l’uccello si alzò in volo e si diresse a tutta
velocità verso il tavolo dei
Serpeverde, dove si udirono, pochi secondi dopo, un colpo e
un’adirata voce
femminile che urlava: “Ma che cavolo…?!”
Immediatamente,
Oliver si
diresse verso la direzione delle urla e vide che l’Augurey si
era appollaiato
sulla spalla di Delphini e si stava strofinando sulla guancia e sul
collo della
ragazzina, come se fosse felice di rivederla, a differenza della
Serpeverde, la
quale, invece, se lo voleva levare al più presto dalle
spalle.
Non
appena notò Oliver e
Teddy, seguiti a loro volta da Victorie, la quale, non appena aveva
notato che
il Tassorosso coi capelli blu si era alzato dal tavolo della sua Casa,
non
aveva perso tempo a raggiungerlo, avvicinarsi a lei, Delphini fece
immediatamente due più due.
“E’
tuo quest’uccello?”
sibilò Delphini a Oliver, il quale, imbarazzato, ammise:
“Sì… sai è una storia
un po’ lunga…”
“Ripigliatelo
all’istante. Ma
guarda che roba… adesso devo stare attenta agli
uccelli?”
“Ehi,
ragazzi che succede?”
domandò una voce maschile frizzante e allegra.
Il
gruppo si voltò e vide Gal
con la sua solita aria ebete e la nuova fiammante divisa rossa della
squadra di
Grifondoro, che contrastava notevolmente col suo vecchio casco da
pilota
babbano.
A
quanto pareva, la scarsa
bravura scolastica di Gal veniva ampiamente recuperata con lo
sport… ma non
bastava, purtroppo, per migliore il suo stile.
Non
appena notò l’uccello
sulle spalle di Delphini, il rosso esclamò: “Ehi,
da dove salta fuori
quell’uccello?”
“E
che ne so? Chiedilo ad
Oliver, dato che l’animale è suo!”
Incuriosito
al massimo, Gal
prese l’Augurey tra le mani, togliendolo dalla spalla di
Delphini, in modo da
avvicinarlo al suo viso per guardarlo bene.
“Urca!
Che faccia buffa che
ha questo uccello!” esclamò,
all’improvviso, il rosso, ridendo divertito, ma
qualcuno non parve trovare l’affermazione divertente.
L’Augurey,
infatti, fece un
sonoro e seccato “Cra!” prima di afferrare col
becco il naso di Gal.
Mentre
il Grifondoro,
tentava, mugolando dal dolore, di staccare l’uccello
vendicatore dal suo naso,
Teddy, Oliver, Victorie, Kevin e anche Athena, la quale era entrata
proprio in
quel momento nella Sala Grande e, avendo notato il tafferuglio alla
tavola dei
Serpeverde, si era prontamente affrettata a raggiungere i suoi amici
per vedere
cosa stesse succedendo, mentre Delphini se ne restava seduta al suo
posto con
gli occhi chiusi e le braccia incrociate, con un’espressione
parecchio
infastidita e scocciata, mentre numerosi studenti di tutte le Case si
voltavano
nella direzione del baccano per vedere cosa stesse succedendo.
Finalmente,
il gruppo riuscì
a separare il naso di Gal dal becco dell’uccello, il quale se
ne volò su una
colonna, mentre il povero Grifondoro si massaggiava il naso dolorante e
rosso
come la renna che guidava il carro di Babbo Natale, borbottando un
doloroso: “Ouch…”
“Non
avresti dovuto
offenderlo…” commentò, con un sospiro
di disagio, Oliver.
“Scusa,
mi dispiace averti
offeso… comunque, da dove vieni?”
domandò, incuriosito, Gal all’Augurey, ma
quello, per tutta risposta, piegò la testa da un lato, come
se volesse
osservarlo da un’altra prospettiva e gracchiò:
“Cra!”
“Non
è di molte parole, eh?”
commentò Gal, indicandolo, voltandosi verso Oliver, il quale
raccontò: “L’ho
trovato qua fuori una settimana fa… a quanto pare, qualcuno
gli ha rotto un’ala
con un incantesimo…”
“Non
si era mai vista una
fenice irlandese da queste parti…”
esclamò Athena, osservando, con profondo
interesse, la creatura, la quale si era messa a pulirsi le piume
dell’ala col
becco.
“Fenice
irlandese?” domandò
il rosso e Athena, risistemandosi i grossi occhiali, spiegò:
“E’ il nome
alternativo degli Augurey.”
“Non
sapevo che venissero
dall’Irlanda…”
“All’inizio,
queste creature
si trovavano solo lì e in Gran Bretagna, ma poi si sono
diffuse nel resto del
nord Europa. Inoltre, ho sentito dire che la squadra nazionale di
Quidditich
del Liechtenstein ne ha uno come mascotte.”
“Beh,
in effetti, tolta
quell’aria triste e denutrita, non sono tanto
male… ma non è che sono parenti
delle fenici immortali che rinascono dalle proprie cenere, le cui
lacrime
guariscono tutti i dolori del mondo? Sai, con quel
nome…”
“Mmh…
dovrò fare qualche
ricerca…”
“Secondo
voi, scenderà
spontaneamente tra un po’ o dobbiamo lasciarlo
lì?” domandò Teddy e Delphini,
che fino a quel momento non aveva aperto bocca, sbottò:
“Lasciatelo perdere!
Perché non ce ne andiamo a far lezione,
piuttosto?”
“E
se causasse dei problemi?”
domandò Gal, ma Oliver lo tranquillizzò subito:
“Non preoccuparti, l’Augurey è
stato classificato dal Ministero della Magia come XX, ossia le creature
innocue
e che possono essere benissimo addomesticate. Non corriamo alcun
pericolo…”
Proprio
in quel momento,
un’improvvisa luce da terra illuminò
l’Augurey, il quale per lo spavento, si
librò subito in aria in uno svolazzo di piume, dirigendosi
verso Gal, il quale,
preoccupato, chiuse gli occhi e mise il braccio davanti al naso, come
se
volesse proteggerlo da un’altra beccata, ma,
inaspettatamente, la creatura, si
nascose dietro alle spalle di Gal.
“Che succede?!
Cos’era quella luce
improvvisa?!” domandò, spaventato, il rosso,
mentre l’Augurey faceva capolino
da dietro la spalla del Grifondoro, con i suoi grandi occhioni da
sembrare due
piattini da tazzine da caffè e facendo un semplice:
“Cra?”
La
spiegazione per quell’improvvisa
luce accecante fu spiegata, non appena il gruppo ebbe dato
un’occhiata
all’ingresso della Sala Grande, dove c’era una
ragazzina con indosso la divisa
di Grifondoro e una grossa macchina fotografica che Gal conosceva fin
troppo
bene.
“Monica?!
Sei stata tu a
spaventare quell’Augurey?” le domandò,
esasperato, Gal e la coetanea, con un
gran sorriso, ammise: “Beh, non ho saputo
resistere… un Augurey ad Hogwarts!
Però, mi dispiace… non era affatto mia intenzione
spaventarlo… speriamo che non
si metta a cantare…”
“Il
canto degli Augurey
annuncia soltanto quando sta per arrivare la pioggia, non la morte di
qualcuno.”
Spiegò, vagamente stizzito, Oliver, ma Monica si mise a
controllare la foto
nella galleria della sua macchina fotografica, sotto lo sguardo
distratto di
Delphini, la quale se ne stava a braccia incrociate.
“Beh,
comunque, è venuta
davvero bene. Non appena la farò stampare, la
invierò subito alla mia
famiglia.” Esultò Monica, dirigendosi, tutta
contenta, al tavolo dei
Grifondoro.
“Deve
proprio piacerle la
fotografia…” commentò Oliver, mentre
Gal sbuffava: “L’adora. Non vedeva l’ora
di venire ad Hogwarts solo per poter fotografare le creature magiche
che vivono
da queste parti…”
“Beh,
allora ha trovato il
posto giusto… Hagrid adora le creature… credo che
ce ne siano così tante a
scuola solo grazie a lui… manca solo un drago!”
“Magari
quello arriva fra poco…”
ridacchiò Gal, ma Delphini, insospettita da quella strana
affermazione, gli
domandò, con un tono così lento e scandendo per
bene le parole come il sibilo
di un serpente e con un’espressione vivamente infastidita e
insospettita: “Cosa
intendi con fra poco arriva un drago?”
Rendendosi
conto di aver
parlato troppo con la persona più sospettosa di tutta
Hogwarts, Gal cercò di
risolvere la situazione: “Ma niente… era tanto per
dire…”
Per
tutta risposta, Delphini
lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori
dalla Sala Grande, con
espressione furibonda, sibilando: “Tu vieni un attimo con
me… voglio fare una
bella chiacchierata con te… da donna a uomo.”
Contemporaneamente,
l’espressione del povero Gal si trasformò in un
misto di profondo terrore… lo
avrebbe ammazzato…
Delphini
lo condusse in uno
sgabuzzino e, non appena ebbe chiuso la porta, domandò:
“Hai combinato un altro
casino dei tuoi, vero?”
“Cosa
intendi?”
“Stai
per portare un drago a
scuola, vero?”
“No…”
“Dimmi
– la – verità.”
Quelle
tre semplici parole,
dette in maniera affilata e spaventosa come il coltello di un serial
killer,
fecero scucire la bocca a Gal: “N-non sono sicuro che si
tratta di un drago…”
“In
che senso non sei sicuro
che si tratta di un drago?”
“Beh,
ti ricordi l’incidente
che io, te e Kevin abbiamo avuto con la Metropolvere prima
dell’inizio della
scuola? In cui siamo finiti in una vecchia casa abbandonata, in cui
c’era Abel
che poi ha…”
“Va
dritto al punto!”
“Va
bene… ho trovato un uovo
in quel posto! Sembrava abbandonato, così l’ho
portato con me…”
Per
un attimo, nello
sgabuzzino, ci fu un silenzio di tomba, poi Delphini, indicò
con l’indice il
povero Gal e sibilò: “Fammi capire
bene… hai trovato un uovo sconosciuto in una
casa abbandonata, sede di gente poco raccomandabile… e
l’hai portato qui? In
una scuola?”
“Beh…
riassunto al massimo…
sì.”
“SEI
UN IDIOTA
PATENTATO!!!!!!!!”
L’urlo
di Delphini fu
talmente potente che spaventò gli uccelli fuori dalla
finestra e fece tappare
le orecchie al ragazzino.
“Io
ti ammazzo, Galahad
Sandlers!!!! Sarai anche l’Erede di Grifondoro, ma come
deficiente non ti batte
proprio nessuno! Se esistessero le Olimpiadi dei cretini, tu vinceresti
tutti i
premi possibili, razza di babbeo!!! Non hai pensato che la creatura
là dentro
potrebbe essere un grado XXXXX?!?! Una volta che si sarà
schiuso, come pensi di
tenerlo a bada?! Farà un macello, te lo dico io!!!! In una
scuola, poi! Perché
non hai consegnato quello stupido uovo al Ministero?!?!”
strillò la Serpeverde,
avvicinandosi pericolosamente al Grifondoro e mostrandogli un pugno,
come se
non vedesse l’ora di farglielo finire in testa.
Dal
canto suo, Gal provò a
difendersi: “Non mi è venuto in mente…
ma non preoccuparti, ho tutto sotto
controllo…”
“Tutto
sotto controllo un
corno! Sbarazzatene subito, razza d’idiota!”
“Non
posso, si sta per
schiudere…”
“Si
sta per schiudere?”
ripeté, con un’espressione sconvolta, Delphini,
per poi sibilare, mentre
assumeva un’espressione davvero arrabbiata e spaventosa:
“Non m’interessa come
ci riuscirai… ma sbarazzati di quell’uovo
infernale prima che si schiuda, o
proverai sulla tua pelle cosa significa farmi arrabbiare!”
Proprio
in quel momento, la
porta si aprì e voltandosi, Delphini notò che
erano appena apparsi Teddy,
Athena, Oliver e Victoire.
Evidentemente,
quei quattro
impiccioni non erano assolutamente in grado di farsi gli affari propri,
almeno
una volta nella vita…
“Cosa
ci fate voi qui?”
domandò col suo tono da ‘Cerco di essere educata,
ma sarai molto più felice se
spariste dalla mia vista’.
“Diciamo
che eravamo un po’
preoccupati per la sopravvivenza di Gal… e per sbaglio
abbiamo sentito tutto…”
spiegò Teddy, venendo interrotto dalla Serpeverde, la quale,
indicando con
l’indice Gal, sbottò: “E allora aiutami
a convincere questo stupido a liberarsi
di qualunque cosa uscirà da quello stupido uovo!”
“No!
Qualunque cosa uscirà da
lì, è pur sempre una creatura vivente e, come
tale, merita amore, rispetto e
comprensione! Inoltre, si sta avvicinando il momento decisivo della
nascita e,
pertanto, non bisognerebbe spostarlo.” tentò di
farla ragionare Oliver, sempre
pronto a difendere i diritti degli animali, ma Delphini era
irremovibile:
“Quella bestiaccia ammazzerà tutti quanti, non
appena sarà uscita! Ed io, se
permettete, vorrei campare qualche altro anno!”
“Ma
potrebbe non essere una
creatura di grado XXXXX… potrebbe essere solo di grado X e,
in quel caso,
avremo solo fatto tanto rumore per nulla…”
“E’
una possibilità del 50%
ed è una quotazione troppo azzardata per rischiare di
tenercelo.”
“Beh,
mettiamola ai voti.”
Propose, proprio in quel momento, Athena “Chi ottiene la
maggioranza dei voti
vince e decide cosa farsene dell’uovo.”
“Io
voto per Gal!” dichiarò
subito Oliver, mentre Delphini si voltava verso Teddy e gli disse, col
suo
sorrisetto furbastro: “Teddy, mio caro, capisco che tu
voteresti per Gal perché
sei grande amico di quel cretino e di Oliver e questo tuo atto di
fedeltà e
lealtà ti rende onore, davvero… ma, dimmi,
davvero saresti disposto a mettere a
repentaglio la vita di tanti studenti, compresi quelli del primo anno,
solo per
essere fedele ai tuoi amici?”
L’espressione
dubbiosa e
imbarazzata del ragazzo, fecero capire alla ragazzina di aver fatto
centro.
“Ehi,
guarda che stai
giocando sporco!” protestò Gal, risentito, ma la
Serpeverde ribatté,
prontamente: “Siamo in guerra, cocco di mamma. Se si vuole
vincere, si deve
usare tutti gli assi nella manica! Avanti, Teddy… dammi il
tuo voto!”
Non
aveva tempo da perdere,
doveva al più presto ottenere il voto di Teddy
perché, in quel caso,
contemporaneamente avrebbe avuto anche quello di Victoire e sarebbe
passata in
vantaggio.
Si
rendeva conto che era un
piano un po’ troppo azzardato, non sapeva se la biondina
l’avrebbe davvero
votata… ma a casi estremi, estremi rimedi.
Purtroppo,
quel babbeo di
Teddy non sembrava assolutamente disposto a collaborare.
Infatti,
continuava a
mordicchiarsi le labbra, mentre i suoi capelli stavano diventando di
tutti i
colori possibili.
A
quanto pareva, la lealtà di
quel fesso era proprio tosta…
“Non
preoccuparti, Teddy.
Vota pure per Delphini.” Disse, all’improvviso e
con la sua solita voce pacata,
Oliver, facendo stupire tutti.
Quando
vide che tutti lo
stavano fissando, il Tassorosso dall’animo gentile disse al
suo migliore amico:
“Vota pure quello che ritieni giusto e non
preoccuparti.”
“M-ma…
io non vorrei…”
borbottò Teddy, mentre Oliver finiva la frase:
“…Offendermi? E per quale
motivo? Solo perché noi due abbiamo opinioni diverse? Teddy,
un vero amico non
bada a queste quisquilie. Trovare un punto di contatto nella propria
diversità
e in pensieri differenti è sintomo di grande
maturità e comprensione. Quindi,
non aver paura di essere te stesso e di votare ciò che
preferisci.”
Non
appena finì il suo grande
e saggio discorso, Oliver notò che tutti lo stavano fissando
allibiti e,
immediatamente, arrossì per l’imbarazzo e si
coprì la faccia incandescente con
le mani.
“Beh,
allora se va bene… voto
per Delphini.” Dichiarò Teddy, mentre Victorie,
immediatamente, urlava: “Io
voto quello che ha votato Teddy!”
“Come
volevasi dimostrare…”
sogghignò Delphini, mentre Athena esclamava: “Io,
invece, voto per Gal e per la
creatura dell’uovo.”
“Dunque…
se Oliver ed Athena
hanno votato per me, mentre Teddy e Victorie per
Delphi…” si mise a ragionare
Gal, guardando le sue dita “Questo significa… che
siamo pari! E adesso che
facciamo?”
“A
questo punto, dovremo
risolvere la cosa alla vecchia maniera…”
sbottò Delphini e Gal, preoccupato,
esclamò: “Non mi vorrai mica sfidare a
duello!”
“Certo
che no, baccalà. Una
sfida a morra cinese, solo io e te. E chi vince, ha l’ultima
parola.”
“Allora
è meglio se ti
prepari, perché io, modestamente, sono un campione a morra
cinese… nel
quartiere dove vivo, mi chiamano il drago della bufera.”
“Secondo
me volevano solo
avvisare tutti, con belle parole, che dovunque vai scateni un
pandemonio…”
Proprio
in quel momento, la
campanella suonò e Delphini impallidì di colpo e
si mise ad urlare, come se
fosse in preda al panico: “Dannazione!!! Devo correre
all’aula di Pozioni entro
cinque minuti, prima che arrivi Lumacorno!!!”
“Andiamo,
non fare così… in
fondo, anche se arrivi un po’ in ritardo non succede
niente…” tentò di
rassicurarla Teddy, ma la Serpeverde lo incenerì con lo
sguardo e sibilò:
“Forse per te non succede niente… ma io
l’anno scorso, sono sempre stata
presente e puntuale a tutte le lezioni e gradirei mantenere questo mio
record
personale, chiaro?”
Più
veloce del lampo,
Delphini si fiondò alla porta, guardando
l’orologio e calcolando: “Per correre
al dormitorio da qui e prendere lo zaino ci vogliono massimo tra i due
e i tre
minuti facendo la strada di corsa… e per raggiungere
l’aula, almeno altri due…
fortunatamente, oggi ho Pozioni e l’aula è vicina
al Sotterraneo di Serpeverde…
tutto dipende da quanto corro veloce… speriamo solo di non
incontrare Gazza… ci
mancherebbe solo lui…”
Mentre
la ragazzina correva
come una furia nei corridoi, sempre controllando ogni due secondi
l’orologio,
Teddy la osservò in silenzio, per poi commentare:
“Non ha alcun problema ad
affrontare nemici o situazioni pericolose… ma entra nel
panico più totale alla
prospettiva di arrivare in ritardo a lezione…”
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Capitolo 44 *** La creatura dell'uovo ***
Capitolo
44: La creatura
dell’uovo
Fu
la campanella che segnava
la fine delle lezioni mattutine e l’inizio della pausa pranzo
che salvò Gal
dalla tremenda lezione di Trasfigurazione con l’ancora
più tremendo professor
Bennet.
Non
appena fu uscito
dall’aula, il rosso si diresse verso il terzo piano, a
differenza dei suoi
compagni, i quali si stavano dirigendo verso la Sala Grande.
Rimase
per qualche istante in
attesa, fischiettando una canzone finché non scorse Oliver e
Athena correre
verso di lui.
“Tutto
bene?” domandò Gal,
mentre il povero Oliver, rosso in volto e ansimante per la corsa,
balbettava:
“S-sì…”
“Io
non ho notato niente di
strano, mentre venivo qui…” dichiarò
Athena, mettendosi a guardare una vecchia
armatura.
“Allora
sbrighiamoci a
raggiungere il nascondiglio del mio uovo, prima che
quell’impicciona di Delphi
provi a portarmelo via o, peggio, avverta un professore! Conoscendola,
è abbastanza
vipera per la seconda ipotesi…”
commentò Gal, dirigendosi verso la porta dove
aveva nascosto il suo amato uovo.
I
tre entrarono nella piccola
stanza, dove c’era solo una fiaccola, un vecchio quadro e,
avvolto in numerose
coperte e indumenti, un uovo, il quale sembrava parecchio grosso.
“Sarebbe
quello l’uovo?”
domandò Oliver, avvicinandosi per osservarlo da vicino, e
Gal, annuì,
orgoglioso: “Già! Superbo, vero?”
“Non
si può negare che abbia
il suo fascino…” ammise, meditabonda, Athena,
osservando l’uovo.
Proprio
in quel momento, la
porta alle loro spalle si aprì rumorosamente e, quando i tre
si furono voltati,
videro Delphini con un sorriso di puro trionfo.
“Quindi
è qui che nascondevi
quel dannato uovo…” sibilò la
ragazzina, mentre il coetaneo cercava di
fermarla: “Andiamo, Delphi… non vuoi proprio
metterci una pietra oppure un uovo
sopra?”
“Spiritosone…
per colpa di
quel coso, ho quasi rischiato di arrivare tardi a Pozioni! Sono
riuscita ad
entrare in aula, un minuto prima che arrivasse Lumacorno!!!!”
sbottò Delphini,
mentre la sua espressione si deformava in odio puro.
Le
sembrava ancora di
rivivere quel momento, uno dei peggiori di tutta la sua
vita… fortunatamente,
il suo solito posto, in prima fila proprio davanti alla cattedra, era
vuoto.
D’altronde,
tutti gli
studenti preferivano quelli dietro, in modo da poter provare a
chiacchierare
con gli amici e a non ascoltare la lezione di nascosto al
prof…
Si
era seduta al suo solito
posto, di fianco a Kevin, il quale stava tirando fuori i rotoli di
pergamena e
le penne, il quale, molto saggiamente, aveva deciso di non fare domande
sul suo
strano ritardo, e pochi secondi dopo, col suo solito atteggiamento
teatrale da
attore mancato e sprecato, era entrato Lumacorno, coi suoi soliti
baffoni da
tricheco in bella vista.
Lui
non sapeva che Delphini
era quasi arrivata in ritardo a lezione e mai lo avrebbe saputo, a meno
che
colui che avesse anche solo accennato all’accaduto, non
volesse ottenere un bel
biglietto di sola andata per l’inferno a suon di calci!
In
ogni caso, non aveva
alcuna intenzione di perdonare Gal e quel suo stupido
stramaledettissimo uovo
per quell’accaduto!
Dovevano
pagare entrambi:
Gal, mediante la separazione da quell’uovo, e
quell’uovo… si sarebbe fatto un
bel volo dalla scogliera fino al Lago Nero!
Chissà,
magari ai Maridi
piacevano le uova strapazzate e bagnate…
Dal
canto loro, anche Gal,
Athena e Oliver cominciavano ad essere leggermente preoccupati per lo
sguardo
di puro odio e rabbia che l’amica stava, inconsciamente,
mostrando…
Sembrava
un’assassina
professionista!
Se
Delphini reagiva così solo
al pensiero di essere quasi arrivata in ritardo a lezione, come avrebbe
reagito
ad un ritardo vero e proprio?
Non
volevano proprio saperlo…
Ignorando
in tronco lo
sguardo preoccupato dei compagni, Delphini provò a dirigersi
verso il nido
improvvisato, ma fu bloccata prontamente da Gal, che le prese il
braccio.
“Ma
che cavolo fai?!” strillò
la ragazza e il Grifondoro iniziò ad implorarla:
“Ti prego, ti prego, ti prego…
lasciami l’uovo… morirò se ne
verrò separato…”
“E
mollami! Non cambierò
idea! Quella cosa deve sparire!”
“Ti
supplico, Delfimi…”
“Vuoi
farmi arrabbiare ancora
di più?! Mi chiamo Delphini, pezzo
d’idiota!!!”
In
quel preciso istante, un
rumore, come quello di un oggetto di vetro caduto che si rompeva, si
sentì in
tutta la stanza, facendo smettere di colpo i due litiganti.
Gal
e Delphini si voltarono
lentamente in direzione del rumore e, con grande sgomento da parte di
entrambi,
videro, in mezzo al nido di stoffa creato da Gal e circondato da pezzi
di uovo,
la creatura più singolare e strana che si fosse mai vista:
infatti, davanti ai
quattro c’era un galletto adulto col corpo ricoperto di piume
colorate, ma con
le ali di pipistrello e con una coda lunga e liscia, come quella di un
serpente
che terminava con un aculeo simile a quello di un porcospino, anche se
molto
più grosso, molto appuntito.
Qualunque
cosa fosse quella
creatura, una cosa era certa: non era un drago.
“Cosa
diavolo è
quell’animale?” domandò, allibita,
Delphini, mentre Oliver, il quale stava
sfogliando a tutta velocità il suo vecchio e consumato libro
di Newt Scamander,
rispose: “Non ne ho proprio idea, Delphini… non se
ne parla nel mio libro…
probabilmente, si tratta di una creatura rara…”
“Beh,
in ogni caso, adesso
che ce ne facciamo di quella cosa?”
“Io
lo so! La prima cosa che
bisogna fare è dare un nome alla mia creatura!”
esultò Gal, mentre Delphini
sbottava, inferocita: “Razza di stupido, quello è
l’ultimo dei nostri
problemi!”
“Sal,
non urlare, ti supplico…
lasciami dormire almeno una volta… potrai sempre farmi la
pelle domattina… dopo
una sontuosa colazione…” borbottò una
voce maschile, impastata dal sonno.
Delphini,
Athena ed Oliver si
guardarono intorno, ma non videro nessuno.
Da
dove veniva quella voce?
“Ah,
già… mi sono dimenticato
di presentarvi una persona…” disse, imbarazzato,
Gal, dirigendosi al vecchio
quadro e, dopo aver bussato delicatamente alla cornice,
esclamò: “Dai, Ricky,
in piedi! Ho delle persone da farti conoscere!”
Subito,
una figura, la quale
fino a quel momento, se n’era stata sdraiata in mezzo
all’erba a ronfare, si
alzò a sedere, tirandosi giù il brutto e vecchio
cappellaccio, rivelando una
barba e dei capelli folti e selvaggi come la criniera di un leone fulvo.
Con
un’espressione assonnata,
il giovane cavaliere si stiracchiò e sbadigliò,
per poi, grattandosi la testa,
guardare il gruppo.
Ad
un tratto, la sua
espressione si posò su di Delphini e, cercando di trattenere
uno sbadiglio,
borbottò: “Hai cambiato stile, Sal? Lo preferivo
prima… quella sembra la coda
di un cavallo…”
“Infatti,
quest’acconciatura
si chiama ‘Coda di cavallo’, razza di vecchia
crosta maleducata… e per la
cronaca, io mi chiamo Delphini Black!” sibilò,
furiosa e rossa come un
papavero, Delphini, il cui tono avrebbe tranquillamente potuto fendere
l’aria,
tal tanto che era sottile e freddo.
“Oh,
scusa, ti ho scambiato
per lui… sai, hai la sua stessa espressione
facciale… mi meravigliava sempre il
fatto che non gli fossero venute le rughe
premature…”
“Gal!!!!”
strillò Delphini e,
immediatamente, Gal domandò, leggermente preoccupato:
“Che c’è, Delphi?”
“Allontanami
quell’ammasso di
tempera, prima che qui avvenga un quadricidio!!!! E anche quello
stupido pollo
troppo cresciuto!” rispose la ragazzina, furente, indicando
il quadro, e il
rosso protestò: “Non puoi fargli qualunque cosa tu
abbia in mente! Quello è il
mio antenato Godric Gryffindor!”
Subito,
tutti i presenti
osservarono, allibiti il quadro dell’uomo coi capelli rossi
che si stava
strofinando un occhio, come per svegliarsi meglio.
“Adesso
capisco da chi hai
ereditato tutta la cretinaggine che spruzzi fuori da tutte le
parti…” sibilò
Delphini, continuando a guardare in malo modo il personaggio del quadro
“Come
accidenti ha fatto uno così a creare una scuola?”
“Ehi,
portagli rispetto!
Neanch’io ho ancora capito bene come accidenti sono riuscito
a non essere
bocciato l’anno scorso coi voti che ho preso agli esami di
fine anno, quindi…”
ribatté Gal, mentre Delphini alzava gli occhi al cielo, con
una smorfia di pura
esasperazione.
“Sei
proprio sicura di non
essere una parente di Sal? Le tue espressioni sono praticamente
identiche alle
sue…” fece Godric, grattandosi la testa, e Gal
commentò: “Allora anche lui
doveva avere un brutto carattere come lei…”
Prima
che Godric potesse
rispondere, Delphini si mise a dare dei colpi sulla testa di Gal, con
un’espressione davvero furiosa, mentre il povero Grifondoro
gemeva leggermente
dal dolore.
“E’
praticamente identica a
Sal… tutte le volte che lo facevo davvero arrabbiare, o
m’insultava o reagiva
così…” disse, con gli occhi sgranati,
Godric, per poi commentare: “Certo che
vedere la scena da quest’angolatura, invece di subirla sulla
mia testa, da una
strana sensazione… adesso, cosa succedeva di solito? Ah,
Helga arrivava e ci
divideva! Se non ricordo male, diceva…”
“Vi
prego, ragazzi,
smettetela… non è saggio litigare…
soprattutto in questo momento.” Esclamò
Oliver, avvicinandosi ai due litiganti, e Godric esultò:
“Ecco, diceva proprio
questo! A parte il ‘soprattutto in questo
momento’… questa frase è
nuova…”
“Vi
ricordo che dobbiamo
occuparci di una certa creatura…” fece Oliver,
indicando il galletto, il quale,
nel frattempo, stava saltellando in mezzo alla stanza.
“Qualunque
cosa sia quella
cosa, adesso la scaccio una volta per tutte!”
dichiarò Delphini, facendo un
passo verso l’essere, ma subito esso si voltò e
cominciò a battere le ali di
pipistrello violentemente, arruffando persino le piume e gracchiando
con forza.
“E
adesso che accidenti vuole
quel pollo?” sbottò la Serpeverde, fermandosi,
mentre Oliver ammetteva: “Non ne
ho idea…”
“Probabilmente,
ha capito che
vuoi sbarazzarti di lui e ti ha preso in antipatia.”
Dichiarò Gal e Delphini,
per tutta risposta, gli fece una linguaccia.
Nel
frattempo, il pennuto si
era diretto, sempre saltellando, dietro alle gambe di Athena.
“A
me sembra una creatura
davvero interessante…” commentò la
ragazzina, accarezzando la testa
dell’uccello, il quale si fece coccolare senza pensarci due
volte.
“Quel
pollastro è venuto al
mondo da soli undici minuti e si è già fatto
corrompere…” commento Delphini,
ma, proprio in quel momento, l’uccello fece una cosa strana:
le sue guance
cominciarono a gonfiarsi, come se stesse trattenendo il respiro o
nascondendo
nella bocca una gran quantità di cibo.
“Oh,
insomma… è adesso che
ha?!” sbottò Delphini ed ebbe subito risposta.
La
creatura, infatti, fece
uscire dal suo becco un’enorme vampata di fuoco, come se
fosse una sorta di
drago, mettendosi pure a saltellare da tutte le parti.
Pareva
una pompa dell’acqua
che i pompieri usavano per spegnere gli incendi imbizzarrita, con la
differenza
cruciale che stava sputando fuoco e non acqua.
“Ma
si può sapere che cavolo
di creatura è quella cosa?!” strillò
Delphini, mentre Oliver, il quale era
impegnato a sfogliare velocemente le pagine del suo libro per trovare
una
qualunque indicazione sulla creatura, incurante delle fiamme,
borbottava: “Non
trovo niente di niente… deve trattarsi di una creatura molto
rara…”
“Rara
o non rara, se non la
pianta subito, la mando in un zoo a calci!!!”
“Ehi,
porta rispetto a
Furore!”
“Furore?
Ha chiamato quella
cosa Furore?!”
“Sì,
mi ha ricordato uno dei
film preferiti di mio nonno ‘Dalla Cina con
furore’! All’inizio ero indeciso se
chiamarlo così o Rocky, da Rocky Balboa, quel wrestling reso
famoso da quella
serie di film babbana, ma alla fine ho optato per Furore. Non trovi che
sia
appropriato?”
“Beh,
di certo è venuto al
mondo con parecchio furore…”
“Se
vi può interessare, c’è
un libro di Steinbeck intitolato proprio ‘Furore’,
che io ho a casa. L’ho letto
e l’ho anche trovato molto carino, anche se un po’
tragico… ma credo che gli
scrittori ottengano maggior successo con i finali tristi, piuttosto che
con
quelli lieti…” iniziò Athena, ma,
proprio in quel momento, l’uccello si diede
una calmata e saltellò verso il suo nido, dove si mise a
dormire.
“Stupido
volatile casinista…
soltanto tu potevi beccarti una creatura del genere,
Gal…” sbottò Delphini
guardando in malo modo il povero Gal.
“Il
problema adesso è
nasconderlo…” fece Oliver, mentre Delphini
esclamava, furiosa: “Nasconderlo?!
Ma ce ne sbarazziamo subito, invece!!! Quella specie di bomba ad
orologeria è
un autentico pericolo pubblico!!! Ci porterà soltanto dei
casini, ne sono
certa! Inoltre, dato che mi sembra un po’ troppo simile a
quel deficiente del
suo proprietario, avrà l’incredibile talento di
attirare i guai come una
calamita!”
“Ehi…”
protestò leggermente
Gal, con uno sguardo offeso, ma Delphini lo ignorò in tronco.
Provò
di nuovo ad avvicinarsi
a lui, ma l’uccello reagì esattamente come prima,
come se temesse da parte sua
qualche pericolo… cosa, in fondo, assolutamente vera.
“Chissà
perché non vuole
avere a che fare con te…” commentò
Oliver, il quale, al contrario dell’amica,
non aveva alcun tipo di problema ad avvicinarsi a lui… anzi,
si faceva persino
tranquillamente accarezzare.
“Uccello
infernale.” Sibilò
Delphini per poi commentare: “La mia proposta è
quella di sbarazzarcene il
prima possibile, prima che quella cosa ci ammazzi tutti!”
“Ma
è appena nato… non
sopravviverebbe in natura…” protestò
con un lamento Gal, mentre l’amica
sbottava: “Io penso proprio che sarà la natura a
non sopravvivere a lui!”
“Gal
ha ragione… se sono da
soli, i cuccioli di qualunque specie, anche quelle magiche non possono
sopravvivere…”
s’intromise Oliver “Teniamolo solo per qualche
mese, ok? Almeno finché non sarà
in grado di cavarsela da solo…”
“No!”
“Andiamo,
Delphi… si
tratterebbe di un’opera buona…”
tentò Gal, ma venne subito zittito dalla
Serpeverde: “Me ne infischio delle opere buone…
soprattutto se coinvolgono la
mia sicurezza personale!!!”
“Ti
ricordi quando eravamo
sul tetto, l’anno scorso?”
“Tsk…
è stato
indimenticabile.”
“Beh,
io stavo per cadere e
tu mi hai preso…”
“Se
avessi saputo che avresti
allevato un piromane con le penne, ti avrei lasciato cadere!”
“Immagino…
ma tu hai anche
detto un’altra cosa, abbastanza
interessante…”
“E
sarebbe?”
“Hai
detto di non volere un
altro morto sulla coscienza…”
“E
quindi?”
“Quindi,
se lascerai libero
il mio povero piccolo Furore, morirà… e non
è quello che vuoi, vero? Un morto
sulla coscienza!”
Delphini
rimase in silenzio
un attimo, per poi sibilare: “Carogna.”
“Significa
che…?” iniziò Gal,
per poi venire interrotto dalla Serpeverde:
“…Significa che puoi tenerti quella
brutta bestiaccia, ma a due condizioni: primo, che appena è
abbastanza grande
per campare da sé, lo metti in libertà. Secondo:
tienila lontana da me!!!”
“Grazie,
grazie… ti giuro che
non te ne pentirai, Delphi!”
“Tsk…
me ne sono già
pentita.”
“Glielo
hai sul serio
permesso?” domandò Asmodeus, strisciando accanto
alla sua padrona nel buio e
gelido sotterraneo, mentre Delphini ringhiava, al ricordo di quella
discussione: “Ha usato argomenti convincenti… e
poi, ha promesso che se ne
sarebbe sbarazzato alla prima occasione!”
“Sai,
ultimamente ho notato
una cosa interessante…”
“Cioè?”
“Sembri
più… rilassata e
aperta, rispetto a quando ci siamo conosciuti…”
“Che
diavolo intendi dire?”
“Beh,
prima eri sempre scontrosa,
lunatica, solitaria… sembravi sempre in lotta contro il
mondo e l’unica
compagnia che accettavi era la mia… ma, dopo
quell’avventura con quei quattro
hai cominciato ad apprezzare la loro presenza…”
“E’
ancora troppo presto per
dire ‘apprezzare’… diciamo solo che ho
‘accettato’ la loro presenza… non sono
così
male… a parte quel cretino di Gal…”
“Io,
invece, dico che ti sei
affezionata anche a lui…”
“Sì…
aspetto il suo arrivo
come l’eruzione di un vulcano! Non dire cavolate,
Asmodeus… se mi dessero un
falco per tutte le volte che mi ha fatto esasperare, sarei
più ricca di Harry
Potter!”
“Sai,
voi umani siete così
interessanti… non cambiate la pelle come noi serpenti, ma in
compenso, cambiate
carattere… e molto più spesso, rispetto a
noi.”
“Ti
do in pasto ai
Basilischi.”
Per
tutta risposta, il
serpente continuò a strisciare, come se la cosa non lo
preoccupasse minimamente,
forse perché il tono usato per l’ultima
affermazione era tutto tranne che
minaccioso…
Finalmente,
i due giunsero
nella grotta segreta dei basilischi e sentirono qualcosa di grosso
strisciare
verso di loro.
“Chi
è?” domandò la ragazzina
e una voce che solo lei sentiva maschile, rispose: “Sono io,
Kraken.”
“Ah,
ciao, Kraken…” fece
Delphini distrattamente e, proprio in quel momento comparve un
gigantesco
rettile con un pennacchio rosso sul capo, come una sorta di corona
scarlatta,
mentre dietro di lui, appariva un altro, leggermente più
piccolo e senza
pennacchio.
“Oh,
ci sei anche tu,
Scintilla.” Esclamò la ragazzina, per poi notare
uno strano comportamento nelle
due creature: invece di avvicinarsi a lei, erano indietreggiati, come
se la sua
presenza li spaventava.
“Ma
che vi prende?” domandò,
allibita, Delphini e Kraken rispose: “Puzzi di Coccatrice,
ecco il problema!”
“Coccatrice?
Va bene che c’è
stato l’arrosto di pollo con patate stasera, ma non credo che
facci un odore
così disgustoso…” fece la Serpeverde,
ma Scintilla la bloccò: “No, è una cosa
leggermente diversa…”
“Si
tratta del nostro nemico
naturale. Una creatura che noi detestiamo con tutta l’anima,
ricambiati! Odiamo
tutto di loro… persino il loro odore ci disgusta! Basilischi
e Coccatrici sono
nemici giurati dall’alba dei tempi… e ci sono
degli stupidi umani ignoranti che
hanno il coraggio di confonderci! Il peggior insulto per un Basilico
è essere
chiamato Coccatrice!” dichiarò Kraken, con un
trasporto ed un odio tali da far
intuire a Delphini che qualunque cosa fosse quella creatura, la
detestava
parecchio.
Però,
restava la domanda più
importante: Come diamine aveva fatto a prendersi l’odore di
una Coccatrice?!
Non
aveva avuto a che fare
con quelle bestie… a meno che…
“Per
caso, le Coccatrici
sembrano enormi galline con le ali da pipistrello e una coda appuntita,
i quali
sputano per giunta fuoco come i draghi?”
“Sì,
sono proprio loro… ma
dico, come accidenti si fa a confondere un nobile ed acculturato
Basilisco con
uno di quegli stupidi tacchini?! Insomma, guardami! Ho un aspetto
così nobile,
fiero, elegante, intelligente… rappresento il modello
perfetto di un vero
Basilisco… mentre quelle… cose… sono
stupide, rozze, volgari, rumorose… delle
vere galline! C’è da perdere la testa!”
Delphini
non poté evitare di
fare una smorfia.
Quella
descrizione
corrispondeva perfettamente a Gal… di certo non doveva
meravigliarsi che, con
tutte le bestiacce del mondo magico, a Gal fosse toccata proprio quella
che
faceva più danni…
Almeno,
questo spiegava
perché quel pollo si era tanto infuriato quando si era
avvicinata…
probabilmente, aveva percepito in lei qualcosa dei Basilischi e, di
conseguenza, si era agitata, dato che erano suoi nemici
naturali…
“Un’ultima
cosa… sapete
quanto sono state reputate pericolose le Coccatrici?”
domandò Delphini e
Scintilla, dopo aver riflettuto un attimo, rispose: “Beh,
prima che il Maestro
ci sigillasse tutti quanti, disse che uno studioso di creature magiche
aveva
dichiarato che erano pericolose quanto noi, soprattutto nel periodo
della prima
infanzia…”
“Che
gran bella notizia…”
sibilò Delphini, con un’espressione che sembrava
si fosse inghiottita un limone
intero, mentre Kraken aggiungeva: “Comunque, grazie al cielo,
sono molto rare…
quegli stupidi pennuti amavano ficcarsi nelle situazioni pericolose e
ci
lasciavano tutte le volte le penne! Già quando
c’era il Maestro erano in via
d’estinzione… di sicuro, adesso sono tutte
estinte!”
“Purtroppo
no…”
“Beh,
comunque, se avrai a
che fare con una di quelle bestiacce, tieni bene a mente una
cosa…”
“E
cioè?”
“Non
farti beccare da lei.”
Delphini
alzò un
sopracciglio, sorpresa.
Tra
tutti gli avvertimenti
che poteva ricevere quello era in assoluto il più strano!
Va
bene che essere beccati da
un uccello faceva male, ma non era di certo una roba
pericolosa… o almeno così
credeva…
“E
perché?” domandò e Kraken
rispose: “Perché il becco è la parte
più pericolosa della Coccatrice.”
“E’
più pericoloso del suo
lanciafiamme incorporato, della coda col pungiglione da vespa e di quei
suoi
artigliacci?”
“Esatto.
Con quelli può
cavartela in un modo o nell’altro, ma se ti becca…
sei finito. Dico sul serio.
Nostra madre ce lo diceva sempre.”
“E…
diceva anche che cosa fa
il becco di preciso?”
“A
dir la verità no…” ammise
Kraken e, a quel punto, Scintilla s’intromise:
“Però, io, una volta, ho sentito
nostra madre parlare col Maestro delle Coccatrici… ricordo
che in
quell’occasione disse una frase molto strana e che mi rimase
impressa…”
“Ossia?”
“Disse
che il potere del
becco di una Coccatrice era l’unica cosa che noi Basilischi
potevamo avere in
comune con lei e quelle della sua razza… e questo
perché assomigliava in
maniera impressionante all’effetto che i nostri occhi
facevano sulle persone.”
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Capitolo 45 *** Il pasticcio di Furore ***
Capitolo
45: Il pasticcio di
Furore
“Perché
no?” domandò Gal, con
tono supplichevole, il quale avrebbe anche potuto funzionare nel far
cedere
qualcuno, se la persona che gli fosse stata davanti non fosse stata la
più
testarda e dura dell’intera scuola.
“Perché
no, razza di scemo!”
rispose, infatti, seccata, Delphini e il rosso continuò:
“E’ solo per
sgranchirsi un attimo le gambe…”
“Facendosi
beccare
dall’intera scuola!”
“Ma
chi vuoi che sia in giro
durante la prima partita di Quidditch dell’anno?”
“Gazza,
tanto per fare un
nome!”
“Sarò
attento.”
“No,
che non lo sarai!”
“Andiamo,
mi perdo la prima
partita, dammi almeno una piccola ricompensa…”
“La
tua piccola ricompensa
sarà quella di tenere d’occhio quella cosa assieme
a Teddy e Victoire, mentre
io sarò occupata.”
“Occupata?
E a fare che?”
“A
godermi la prima partita
dell’anno di Quidditch! Gioca Serpeverde, ti pare che me la
possa perdere?!”
Mentre
i due stavano
litigando aspramente, come al solito, Teddy si voltò ad
osservare la creatura
della discordia, la quale ronfava tranquillamente nel suo giaciglio di
coperte
e piume, mentre dalle narici usciva aria calda.
Furore
era così calmo,
tranquillo, pacato… solo quando dormiva.
Quando
era sveglio, era
peggio di un terremoto a magnitudo 9… correva da tutte le
parti, sputava fuoco
una volta sì e una no, tanto che una volta aveva rischiato
d’incendiare il quadro
di Godric Gryffindor, ribaltando tutto quanto.
Se
proprio avesse dovuto
essere sincero, quella Coccatrice gli ricordava molto Pix…
Lui
e i suoi compagni avevano
scoperto che quella creatura particolare era una Coccatrice il giorno
dopo la
sua nascita da Delphini.
A
quanto pareva, una sua
fonte molto attendibile le aveva rivelato che quella bestiaccia
insopportabile,
come l’aveva definita lei, era una Coccatrice, che era
reputata di pericolosità
XXXXX e che il suo becco era molto pericoloso, anche se la sua fonte
non era
stata in grado di specificare, probabilmente chiunque sarebbe morto se
fosse
stata beccata da lei come aveva dichiarato.
Quando
aveva provato a
chiedere all’amica chi era quella fonte attendibile, lei
aveva risposto molto
semplicemente che preferiva restare anonima.
Nonostante
il mistero della
fonte anonima di Delphini, lui e gli altri avevano deciso di lasciar
perdere
per occuparsi di un problema molto più urgente: Furore.
Non
appena saputa qual’era la
razza della creatura, Oliver ed Athena avevano deciso di mettersi alla
ricerca
d’informazioni sulle Coccatrici, il primo perché
era un grande esperto di tutto
ciò che riguardava gli animali e la seconda
perché era una grande esperta di
tutto ciò che riguardava i libri.
Tutti
quanti, in cuor loro,
speravano che trovassero la minima informazione sul volatile…
Proprio
in quel momento, la
porta della stanza si aprì e una ragazza coi capelli a
caschetto e tra le
braccia un enorme pila di libri, così alta da nasconderle
completamente il
viso, entrò dentro, esclamando: “Ecco tutti i
libri che sono riuscita a trovare
sulle creature magiche rare e pericolose.”
“Ottimo
lavoro, Athena. Dov’è
Oliver?” domandò Teddy e la ragazzina, mettendo
per terra la pila, rispose: “E’
andato alla sede del Club dell’Ippogrifo… ha detto
che non voleva assolutamente
arrivare in ritardo alla riunione…”
“…Ma
se mancano tre quarti
d’ora alla riunione! La verità era che voleva
godersi Nat il più possibile
prima della partita!” sbottò Delphini.
Oliver
aveva proprio perso la
testa per Nat, se mai l’aveva avuta…
Di
solito, coloro che
restavano ammaliati dal fascino Veela di Nat, tornavano normali non
appena
erano fuori dal suo raggio d’azione, per poi infischiarsene
completamente della
ragazza… prima di Oliver, non aveva mai sentito di qualcuno
che continuava a
cercare di stare nello stesso posto in cui c’era anche la
Serpeverde…
“Per
che cos’è la riunione?”
domandò, leggermente incuriosito, Teddy e Delphini, aprendo
un libro e
guardando le pagine, sbottò: “A quanto pare,
c’è una creatura che si sta
mangiando tutte le piante della Sede del Club
dell’Ippogrifo… quindi, il Club vuole
riunirsi per tentare di capire che razza di specie è e,
soprattutto, come
impedirle di spolparle tutte quante!”
Il
gruppo passò il restante
tempo prima della partita a guardare e a studiare i vari libri sulle
creature
magiche, ma inutilmente, finché Delphini non si
alzò in piedi e poggiando il
libro esclamò: “Beh, io ho finito. Tra poco inizia
la riunione del Club
dell’Ippogrifo… ci vediamo alla fine della
partita… mi raccomando, Gal, non
fare cretinate come tuo solito!”
La
risposta da parte del
rosso fu un leggero russare proveniente da terra, dove il Grifondoro
era
sdraiato, con le mani al petto come la salma di un cavaliere medievale,
con
tanto di libro aperto davanti alla faccia, come una sorta di sudario.
In
fondo, cogli orripilanti
voti che prendeva, non poteva di certo aspettarsi uno scenario
diverso…
“Che
idiota.” Sbottò
Delphini, tirando fuori dalla tasca del giubbotto uno spray, per poi
spruzzarselo su tutto il corpo, mentre Teddy la fissava in silenzio.
Era
da qualche tempo che
Delphini si spruzzava quel deodorante, tutte le volte che entrava o
usciva da
quella stanza.
Inoltre
dire che la prima
volta che l’avevano vista usarlo, erano rimasti tutti di
sasso e Gal, il quale
aveva zero abilità nel trattenersi, aveva esclamato:
“Stai usando un
deodorante?! Ma stai male, per caso?”
Per
tutta risposta, Delphini
l’aveva incenerito con lo sguardo e aveva sibilato:
“Impara presto a tenere
chiuso il becco, razza di scemo… così forse
vivrai a lungo!”
Non
appena ebbe finito di
mettersi il deodorante, la giovane Serpeverde uscì
tranquillamente dalla
stanza, con passo calmo e deciso.
Se
non si fosse trovato nello
spogliatoio, pieno zeppo di suoi compagni di squadra che gli lanciavano
in
continuazione sguardi non troppo velati di supponenza, probabilmente,
si
sarebbe messo a vomitare.
La
nausea per lo stress e il
nervosismo lo faceva stare così male che la sua faccia era
diventata dello stesso
colore della divisa della squadra, ovviamente di seconda mano e forse
anche di
più… se
fosse stato un tifoso, chiunque
avrebbe pensato che si fosse dipinto la faccia di verde per dare il suo
supporto alla squadra di Serpeverde… ma era proprio lui
quello che aveva al più
presto di un supporto, preferibilmente positivo…
“Ehi…”
fece una voce
femminile alle sue spalle che lo fece trasalire per la sorpresa.
Il
ragazzino si voltò e vide
una ragazza sua coetanea coi capelli argentati e con alcune ciocche blu
legate
in una coda di cavallo.
“Stai
bene, Kevin? Sembra che
tu stia per vomitare da un momento
all’altro…” gli chiese Delphini e il
giovane, con espressione afflitta, ammise: “Perché
quello che sento… oh, lo so
già… farò qualche casino, me lo
sento… farò perdere la squadra e tutti mi
ammazzeranno…”
“Andiamo,
non fare così…
senti, sono mesi che ci alleniamo e sei migliorato
parecchio… e poi, anche se
perdete, potete sempre andare in finale. Come ti ho già
detto non so quante
volte, tutto dipende dal punteggio.”
“Di
certo, farò qualche
figuraccia che mi metterà in ridicolo davanti a
tutti…”
“Non
deprimerti. L’ultima
cosa che la squadra ha bisogno è un Cercatore depresso ed
insicuro.”
“Lo
so, ma è più forte di me…
ho il terrore di sbagliare qualcosa…”
“Beh,
l’anno scorso ho
sentito la vicenda di un Cercatore di Serpeverde che mi è
rimasta impressa…”
“Perché,
è interessante?”
“No,
perché fa morir dal
ridere! C’era un Cercatore di Serpeverde Purosangue del
secondo anno, proprio
come te… e, durante la sua prima partita, quello scemo manco
si è accorto che
aveva il Boccino a pochi centimetri dal suo orecchio!”
Kevin
non riuscì proprio a
non trattenere una risata.
Di
certo, non avrebbe fatto
una figura del genere… o, almeno, sperava di non
farla…
“Incredibile…”
dichiarò il
giovane, mentre Delphini rideva: “…Ma vero! Era
così impegnato ad insultare il
Cercatore avversario da non accorgersi nemmeno del Boccino! Bisogna
proprio
essere stupidi per combinare un macello simile… inutile dire
che il Cercatore
avversario se n’è accorto e l’ha preso,
facendo vincere la squadra… sono certa
che non combinerai mai un pasticcio del genere… non puoi di
certo far di
peggio…”
In
effetti, adesso, Kevin si
sentiva leggermente meglio… di certo, avrebbe fatto molta
più attenzione al
Boccino…
“Senti,
l’unica cosa che
conta adesso è che tu vada là e dimostri a tutti
quanti che solo perché sei un
Nato Babbano non sei più limitato, ma che sei il
più motivato di tutti a
dimostrare il tuo valore e che sei un vero Serpeverde!”
Kevin
rimase un attimo in
silenzio e, a quel punto, Delphini si diresse verso l’uscita
dello spogliatoio,
dicendo: “Beh, adesso vado sugli spalti. Fa del tuo meglio,
mi raccomando.”
“Aspetta…
potrei farti una
domanda?” domandò il ragazzino e, immediatamente,
l’altra si voltò a fissarlo,
dicendo: “Dimmi.”
“Perché…
sei sempre dalla mia
parte e credi in me? Tutti gli altri Serpeverde mi odiano e mi
disprezzano,
invece tu… mi fai sentire apprezzato, mi aiuti, mi sei amica
e hai fiducia in
me… posso sapere perché?”
Delphini
rimase un attimo in
silenzio, poi, mentre si avvicinava con passo calmo, quasi annoiato,
disse: “Va
beh, te lo dico…”
Non
appena si trovò davanti a
lui, lo fissò un attimo in silenzio negli occhi, per poi
rivelare in un
sussurro: “E’ perché noi due…
siamo molto simili.”
“Molto
simili? In che senso?”
“Ah,
no. Spiacente. Più di
così non ti posso dire… sappi solo che tutte le
volte che vedo come gli altri
ti trattano, mi sembra di rivedere me stessa, perciò ti
aiuto.”
E
dopo aver detto ciò, Delphini
uscì dalla tenda, svanendo all’istante, come una
fata della brina.
Kevin
rimase a fissare in
silenzio la tenda da cui era sparita, prima che una voce maschile lo
richiamasse, in tono aspro: “Ehi, novellino!”
Sentendo
quella voce, Kevin
si voltò di colpo e si trovò davanti al capitano
della squadra, il quale, dopo
avergli rifilato un’occhiataccia, lo avvisò:
“Prendi quel Boccino anche a costo
della tua stessa vita, capito? Altrimenti, neanche la tua guardia del
corpo in
gonnella potrà salvarti la pelle da un centinaio di
Serpeverde infuriati…”
Con
un ghigno, il Serpeverde
si allontanò, mentre il ragazzino ritornava ad essere verde
in viso.
“Gal,
guarda che quello che
stiamo facendo è pericoloso… e se veniamo beccati
finiamo in un mare di guai…”
mugugnò Oliver, mentre, l’amico Grifondoro teneva
la sua Coccatrice domestica
con una corda al collo come una sorta di guinzaglio improvvisato.
“Mi
sembri Delphi!” sbottò
Gal, mentre la creatura si fermava ad osservare incuriosita
un’armatura “Faccio
solo fare una passeggiatina al mio povero Furore… ormai gli
si saranno
arrugginite le gambe a forza di stare immobile… qui non ci
sono quadri e sono
tutti alla partita! Non verremo beccati, tranquillo.”
Nervoso
al cubo, Oliver si
voltò verso Teddy, il quale camminava dietro di loro tenendo
per mano Victorie,
non accorgendosi del gran sorriso che era stampato sul bel viso della
Grifondoro.
Ovviamente,
per il cervello
anti-riconoscimento dell’amore di Teddy, tenere per mano
Victorie equivaleva a
tenere per mano una sorellina…
Oliver
continuò a guardarsi
intorno, agitato.
Quello
che stavano facendo
era follia pura… sperava solo che nessuno li
vedesse…
Proprio
in quel momento, una
ragazzina bionda con un’enorme macchina fotografica
svoltò l’angolo facendo
restare tutti di sasso.
“Ehm…
ciao, Monica…” balbettò
Gal, mentre la ragazza osservava in silenzio Furore, per poi esclamare:
“Che
splendido animale! Ma che razza è?”
“Una
Coccatrice… almeno credo…”
“Beh,
è davvero splendido!
Merita senz’altro una foto!”
E
prima che Gal avesse il
tempo di dire la sua, la Grifondoro scattò una foto a
Furore, col flash che
abbagliò tutti per un attimo.
“Argh,
Monica… dovresti
ridurre la potenza di quel flash… altrimenti, uno di questi
giorni, qualcuno
diventerà cieco…” borbottò
Gal, mentre si massaggiava gli occhi doloranti, e
nello stesso istante Monica esclamò:
“Ahi!”
“Andiamo,
non fare così… è
vero che le parole feriscono, ma così è
troppo…”
“Oh,
no, Gal, non intendevo
quello… è solo che la tua Coccatrice mi ha appena
beccato…”
Sentendo
quella frase, Gal
sbiancò e le urlò, mentre pian pianino
riacquistava la vista: “Stai bene? Ti
senti di star per morire?”
“Certo
che sto bene. Perché
dovrei morire?”
“Niente,
lascia stare…”
Tanto
rumore per nulla… non
appena Gal avrebbe ritrovato Delphi, si promise di farle sapere che i
sospetti,
per una volta, erano infondati e che quella sua fonte attendibile, non
era poi
così attendibile!
“Oh,
accidenti… mi è venuto
un crampo al piede… basta solo che tu ti distragga un
attimo…” sbuffò, proprio
in quel momento, Monica e fece per muovere il piede, ma,
inspiegabilmente, esso
rimase rigido.
“Ma
che…?” fece la
Grifondoro, abbassando lo sguardo e sbiancando immediatamente.
“Che
ti prende, Monica?” le
domandò Gal e Monica esclamò, spaventata ed
allibita: “La mia… la mia gamba…!
La mia gamba!!!!”
Immediatamente,
tutti i
presenti abbassarono lo sguardo e sbiancarono.
La
gamba di Monica, infatti,
era appena diventata grigia, come il granito.
“Oh,
porca miseria…” balbettò
Gal, mentre Teddy esclamava, anche lui in crescente panico:
“Ma… mantieni la
calma! Presto, corriamo in infermeria!”
“N-non
posso… non riesco a
muovermi!!! E anche l’altra gamba sta diventando di
pietra!!!!” urlò Monica, mentre
Victorie diceva: “Anche il tuo maglione sta cominciando a
diventare di pietra!
E anche la mano!!!!”
“Oh,
accidenti… sto
praticamente diventando una statua di pietra!!!”
strillò Monica, sempre più in
preda al panico.
Mentre
vedeva la Grifondoro
trasformarsi in una statua di pietra, a Victorie venne in mente il film
‘La
fabbrica di cioccolato’, dove la vincitrice masticatrice di
gomme coi capelli
biondi a caschetto, Violetta Bauregarde, diventava un enorme mirtillo
per
essersi azzardata a masticare una gomma ancora in fase di
collaudo… almeno
Monica era rimasta alle sue normali dimensioni, anche se la situazione
non era
di certo meno tragica…
Preoccupata,
Monica tentò di
togliersi il maglione con la mano ancora funzionante, ma, vedendo che
era
difficile, tentò di risolvere la situazione togliendosi la
macchina fotografica
e appoggiandola su un’armatura lì vicino, ma,
ormai, era troppo tardi.
Infatti,
sotto gli occhi
stupefatti, dei tre ragazzini presenti, Monica diventò una
vera e propria
statua di pietra.
Per
un attimo, vi fu un
totale silenzio, venendo poi spezzato da Gal, il quale
commentò: “Beh, forse
quella fonte inattendibile di Delphi non era poi così
inattendibile…”
“Oh,
accidenti… e adesso che
facciamo? Abbiamo pietrificato una studentessa… abbiamo
pietrificato una
studentessa!!! Finiremo in un mare di guai… mia nonna mi
ammazzerà!!!” si
disperò Teddy, massaggiandosi i capelli, come faceva tutte
le volte che era
disperato, ma Gal esclamò: “Tranquillo, non lo
scoprirà nessuno, tanto meno tua
nonna.”
“Tu
non la conosci. Ha un
vero e proprio radar localizza malfattori…”
“Beh,
elimineremo tutte le
prove che portano a Furore e, una volta che sarà cresciuto,
lo libereremo e
nessuno saprà che cosa è successo!” lo
rassicurò Gal, prendendo veloce come un
lampo la macchina fotografica di Monica e cominciando a schiacciare a
casaccio
i tasti “Vedrai, risolveremo tutto in
un…”
“Che
succede, stavolta?”
domandò Teddy, preoccupato dal fatto che l’amico
si fosse bloccato di colpo, e
una volta avvicinatosi, capì cos’era successo: lo
schermo era diventato
completamente nero.
“Che
aspetti? Riaccendilo!” urlò
Teddy, mentre l’amico schiacciava in continuazione il
pulsante di accensione:
“Ci sto provando, ma non succede niente! Mi sa che ho toccato
un tasto che non
dovevo e si è rotto…”
“Siamo
rovinati…” borbottò
Teddy, alzando gli occhi al cielo.
“Beh,
intanto facciamo
sparire il cadavere!” fece Gal, ma l’amico gli
ricordò, esasperato: “Gal, non
stiamo parlando di un morto, ma di una persona pietrificata!”
“Scusa,
colpa di tutti quei
telefilm che mamma si guarda per addormentarsi…”
I
tre trascinarono il corpo
pietrificato della povera Grifondoro, seguiti da Furore,
finché non si
trovarono davanti ad una porta, la quale, una volta aperta,
rivelò uno
sgabuzzino per le scope, dove, un po’ malamente,
c’infilarono dentro Monica.
“E
adesso che si fa?” domandò
Teddy e Gal rispose: “Portiamo Furore al sicuro e poi
cerchiamo di far tornare
Monica alla normalità!”
“E…
per quanto riguarda gli
altri? Gli diciamo cos’è successo?”
“Ma
stiamo scherzando? Se
Delphi scopre cos’ho combinato m’ammazza
com’è vero che è una Serpeverde! Acqua
in bocca, mi raccomando!”
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