Lacrime di ghiaccio

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Questa è una storia tradotta in italiano dallo spagnolo. Tutte le info subito qui sotto.
 
Titolo originale: Lágrimas de hielo
 
Sì, sono io! Di nuovo :D quando mi pigliano le ossessioni, ci mettono un po' a sbiadire e non è nemmeno colpa mia se nel web ci sono diverse storie carine in altre lingue che mi è venuta voglia di tradurre per rinvigorire il fandom italiano (che spero torni ancora più popolare in vista del famoso film previsto per il 2022...).
 
Questa fanfiction ha una trama abbastanza semplice e lineare, ma penso sia una gradevole lettura...qualsiasi osservazione o commento saranno accetti.
 
Coppia: HanaRu (ehm, non ne considero altre a meno che non siano marginali...sorry not sorry).
 
Buona lettura
 
 
 
“Sono a casa!” gridò Kaede appena rientrato.
 
“Bentornato, Kaede!” giunse una voce dalla cucina, dove Kaede si diresse e dovette reprimere una risata alla vista di suo nonno con un grembiule decorato di fiori di ciliegio che gli aveva regalato un vicino di casa pochi giorni prima.
 
“Ti avevo detto di non preparare la cena, ci avrei pensato io, nonno”
 
“Non fa niente, ultimamente torni a casa molto stanco”

“È Miyagi” sospirò Kaede, lasciandosi cadere su una sedia, “si è proposto di spaventare i ragazzi nuovi con allenamenti estenuanti...”
 
“Non vuole altri giocatori in squadra?”
 
“Non è questo...è che molti si sono iscritti solo per la fama acquisita dopo il nazionale...”
 
“Capisco”
 
“Cosa stai cucinando?”
 
“Yakisoba”
 
“E ti manca molto? Perché sto morendo di fame...”
 
“È quasi pronto”

Kiyoharu Rukawa si asciugò le mani sul grembiule e si sedette davanti a suo nipote.
 
“Sembri molto contento” disse con un sorriso birichino.
 
“Eh? Perché dici questo?” chiese Kaede sorpreso. Com'era possibile che suo nonno se ne fosse accorto?”
 
“È tornato, vero?”
 
Kaede arrossì. Per un attimo pensò di cambiare argomento, ma in fondo sapeva che non sarebbe servito a niente.
 
“Sì” rispose con un bel sorriso di cui solo suo nonno era testimone. “Oggi ha incominciato ad allenarsi”

“E come sta?”
 
“Abbastanza bene da quello che ho visto. È più alto. Gli ci vorrà un po' per recuperare la forma, ma con quel fisico che ha non credo che avrà problemi”

“Gli hai parlato?”
 
“Di cosa?”
 
“Di qualsiasi cosa, siete compagni di squadra, no?”
 
“Lo sai che io e Sakuragi non parliamo se non per insultarci, nonno...anche se...”
 
“Anche se?”
 
“Oggi non è successo nemmeno quello...non mi ha detto assolutamente niente tutto il pomeriggio...”
 
“Ed è un bene o un male?”
 
“Non lo so...forse dopo quello che gli ho detto la seconda volta in cui ci siamo incontrati in spiaggia, ci ha ripensato e non vuole più uccidermi ogni volta che mi vede...”
 
“È già un passo, no?”

“Sì, grande passo...a questo ritmo non riuscirò a diventare suo amico neanche tra mille anni...”
 
L'uomo si alzò e gli accarezzò affettuosamente i capelli. Sapeva quanto per suo nipote fosse difficile relazionarsi con gli altri, ma continuava a non capirlo. Era da anni che insisteva che andasse da uno psicologo, pensando che forse si trattava di un disturbo evitante di personalità o un trauma causato dalla tragedia familiare che aveva dovuto subire qualche anno prima, ma Kaede si era sempre rifiutato.
 
“Se ti mostrassi a lui esattamente come sei...” mormorò, più a se stesso che al nipote.
 
“Forse mi insulterebbe, mi prenderebbe a calci, mi sputerebbe addosso o mi riderebbe in faccia” si lamentò Kaede.
 
“Questo non lo sai”
 
“...”
 
Dopo aver cenato e lavato i piatti, Kaede andò nella sua stanza per fare i compiti che erano stati assegnati in giornata. Quell'anno si era fermamente proposto di passare in tutte le materie, non come durante l'anno precedente in cui non ne aveva superato cinque e aveva rischiato di essere escluso dal campionato nazionale se Akagi non fosse intervenuto prima degli insegnanti. Inoltre non voleva deludere suo nonno.
 
Trascorse un'ora a eseguire gli esercizi di lingua giapponese, mentre ci vollero solo dieci minuti con i problemi di matematica; a volte pensava che era strano che fosse così bravo nelle materie scientifiche quando tutti in famiglia avevano intrapreso carriere letterarie. Non aveva deciso ancora cosa studiare, ma ogni volta tendeva verso ingegneria o anche architettura. Sempre se avesse ottenuto una borsa di studio o se avesse trovato un lavoro part-time, perché dopo il liceo si sarebbe pagato da solo gli studi.
 
Guardò l'orologio e vide che erano quasi le undici, il che significava che suo nonno dormiva già da circa mezz'ora.
-È strano che non sia venuto a darmi la buonanotte- pensò preoccupato. Uscì dalla camera e si diresse in quella del nonno, situata al piano terra, ma quando entrò la trovò vuota. Ed ebbe un brutto presentimento.
 
“Nonno?” esclamò prima di iniziare a girare per casa. Vide la porta del bagno socchiusa e quasi vi si avventò. Entrando, il sangue gli si gelò nelle vene. Suo nonno era steso sul suolo freddo, apparentemente privo di sensi.
 
“Nonno...”
 
Le gambe gli tremarono ed era sul punto di cadere sulle ginocchia, ma poi reagì. Si avvicinò all'uomo e fu sollevato nel vedere che respirava ancora. Poi corse verso l'ingresso e chiamò un'ambulanza.
 
^ ^ ^ ^
 
I minuti sembravano ore in quella minuscola sala d'attesa dell'ospedale Kitamura, lo stesso in cui il coach Anzai era stato ricoverato mesi prima a causa di un infarto. Kaede mai aveva pensato che sarebbe dovuto tornare in quel posto, tantomeno per suo nonno. Non si era reso conto fino a quel momento che l'uomo stava invecchiando, perché era sempre stato in ottima salute, anche migliore della sua.
Da che ne aveva memoria, suo nonno era sempre stato con lui, prima vivendo in casa insieme ai suoi genitori, poi solo loro due. In effetti era più che un nonno: era un padre adottivo. Se gli fosse successo qualcosa...
 
-No, non gli succederà niente- cercò di calmarsi invano, -non può succedergli niente...-
 
“Parenti di Kiyoharu Rukawa?” chiese una dottoressa entrando nella stanza.
 
Kaede si alzò e si avvicinò alla dottoressa, tremando.
 
“Come sta?” chiese con grande sforzo. Un dolore acuto al petto gli impediva di respirare e parlare normalmente.
 
“Sono la dottoressa Aizawa. Come ti chiami?”

“Kaede Rukawa”

“È tuo nonno?”

“Sì”

“E i tuoi genitori?”

“Sono morti”

La dottoressa lo guardò tristemente. “Oh...mi dispiace. Vedi...” iniziò, guidando Kaede verso uno dei corridoi, “tuo nonno ha avuto un'emorragia cerebrale a causa di un aneurisma, sai cos'è?”
 
“Non molto bene...”
 
“Un aneurisma è un allargamento o rigonfiamento anormale di una porzione di un'arteria, correlata alla debolezza nella parete di questo vaso sanguigno. La causa più probabile è il suo problema di ipertensione”

“Ed è...grave?”
 
La dottoressa si fermò davanti a una porta vetrata e Kaede la imitò.
 
“Sì, lo è”

“E cosa...farete?”
 
“Rukawa...” la dottoressa prese fiato, non si sarebbe mai abituata a dare cattive notizie. “Non possiamo fare nulla. L'aneurisma è nella zona occipitale. L'operazione non è praticabile”

Kaede impallidì e cominciò a sentirsi nauseato.
 
“Lo lascerete morire?” chiese con voce secca.
 
“Non possiamo fare niente” ripeté lei, “anche se tentassimo l'intervento, morirebbe in sala operatoria”, vedendo che il ragazzo non pareva ascoltare più, deciso di non perdere altro tempo con le spiegazioni. “Puoi andare a vederlo. Forse riacquisirà coscienza per qualche minuto”
 
La donna appoggiò la mano sulla porta e l'aprì lentamente. Kaede entrò e trovò un'immagine devastante per il suo cuore: suo nonno giaceva nel letto, circondato da macchine e contenitori per infusione.
 
Prese una sedia e si sedette accanto a lui. Durante i lunghi minuti che seguirono non riuscì a pensare a nulla, si limitò a osservare il volto dell'uomo. Sembrava più vecchio che mai. Improvvisamente iniziò ad aprire piano gli occhi.
 
“Nonno...” mormorò Kaede, avvicinandosi un po' e tenendogli la mano.
 
“Ciao Kae-chan...”

“Era da tempo che non mi chiamavi così...”
 
“Non me lo permettevi...”

“Mi facevi sentire un bambino...”
 
“Sei il mio bambino...”

“Nonno...”

Gli occhi di Kaede si inumidirono e l'uomo lasciò la mano del nipote per accarezzargli il viso. Era da sei anni che non lo vedeva piangere.
 
“Ascoltami bene, Kaede...ho stipulato un'assicurazione sulla vita già molti anni fa, dovrai parlare con il mio avvocato, il signor Eiri, troverai il suo numero di telefono nella mia rubrica...”

“Non parlarmi di questo adesso, per favore...”

“Devo farlo...chiamalo e parla con lui, sei l'unico beneficiario...chiama anche tuo zio Hisanobu, si prenderà cura di te fino alla maggiore età...”

Kaede non ce la fece più e grosse lacrime scesero sul suo viso.
 
“Nonno, per favore, non farmi questo, non puoi lasciarmi solo...” implorò con voce rotta.
 
“Non sarai solo, tesoro...” le forze dell'uomo iniziarono a venire meno e Kaede se ne accorse.
 
“Sai che non ho nessuno, nonno, ti prego...”
 
“Spero che un giorno sarai capace di mostrare il tuo sorriso a qualcun altro...”
 
Kaede guardò con stupore gli occhi di suo nonno diventare vitrei, per lo spavento gli lasciò la mano, che cadde pesantemente sul lenzuolo.
 
“Nonno...”
 
Per la prima volta si rese davvero conto che era rimasto solo. Completamente solo.
 
“Nonno...nonno...NONNOOOOO!!!”
 
Cominciò a tremare e sudare. La sua vista si annebbiò e un altro grido straziante uscì dalla sua gola mentre cadeva in ginocchio ai piedi del letto, colpendo il pavimento con i pugni. Il dolore nel petto era ora insopportabile e continuò a urlare come se ciò potesse alleviarlo. Di colpo si sentì sollevato da terra e...doveva resistere, non voleva muoversi da lì, non voleva lasciare suo nonno...vide delle ombre nella stanza, gridò ancora più forte perché lo lasciassero andare...perché lo lasciassero in pace...si accorse di una puntura nel braccio e poco a poco tutto ciò che lo circondò si trasformò in oscurità.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Era già un po' tardi, quasi le sei, ma non aveva alcuna fretta, così continuò a camminare lentamente, così vicino all'acqua che di tanto in tanto le onde raggiungevano i suoi piedi nudi. Quando raggiunse i gradini di pietra che portavano alla clinica dove era stato curato per l'infortunio alla schiena, si fermò a guardare il mare un'ultima volta.
 
-Se questo posto ha qualcosa di buono, è questa spiaggia meravigliosa.-
 
Girandosi per salire i gradini, si rese conto che una figura stava correndo verso di lui. Non gli ci volle molto a riconoscerla.
 
-Ancora quella volpe puzzolente?- pensò seccato. Avrebbe potuto ignorarlo e dirigersi verso la clinica, ma senza sapere perché aspettò immobile che la volpe lo raggiungesse.
Quando ciò avvenne, Kaede si fermò e si sporse leggermente in avanti, le mani appoggiate sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato.
 
“Sembri molto stanco, volpe” disse beffardo, “anche se non mi sorprende, so che non riesci a sopportare tutti i 40 minuti di una partita”
 
“Doaho...” disse semplicemente Kaede una volta raddrizzatosi.
 
“Maledetta volpe! Chi stai chiamando doaho?”
 
“Vedi qualche altro doaho da queste parti?”

A quel punto lo avrebbe preso a pugni se non si fosse ricordato in tempo di essere in via di guarigione e che una rissa avrebbe solo allungato la sua permanenza nell'odiosa clinica. Quindi si limitò a grugnire e senza dire altro cominciò a salire le scale.
 
“Come va la riabilitazione?”
 
La domanda inaspettata lo bloccò. Si girò di nuovo, stupito, e fissò gli occhi blu del ragazzo.
 
“C-come dici?” fu l'unica cosa che riuscì ad articolare.
 
“Ti ho chiesto”, Kaede prese fiato, la corsa lo aveva effettivamente lasciato esausto, “come va la riabilitazione”
 
“E perché vuoi saperlo?” domandò sospettoso. Kaede non rispose, scrollò le spalle. “Abbastanza bene” mormorò infine.
 
“Mi fa piacere. Spero che ti rimetta presto, la squadra ha bisogno di te”
 
Lo guardò scappare via, rimanendo completamente sbalordito da quelle parole. Se le sue orecchie non l'avevano tradito, il suo più grande rivale gli aveva appena augurato un pronto recupero. E inoltre...
 
-Io...ho sempre pensato che tu non mi volessi in squadra...-
 
Ma non era quello che Kaede gli aveva lasciato intendere, la sua voce era sembrata del tutto sincera. All'improvviso si sentì miserabile ricordando tutte le volte in cui avrebbe voluto che fosse stato lui a infortunarsi per essere al suo posto.
Non ebbe altra scelta che ammettere che forse, tutto sommato, Kaede era una persona migliore di lui.
 
^ ^ ^ ^
 
Plaf!
 
Una botta interruppe i suoi ricordi.
 
“Ahia! Posso sapere che stai facendo, Ayako?” si lamentò Hanamichi.
 
“Posso sapere che stai facendo tu, Hanamichi Sakuragi?” chiese la manager principale dello Shohoku, “è da due minuti che palleggi una palla immaginaria!”
 
La faccia del ragazzo divenne dello stesso colore dei suoi capelli quando si rese conto che era vero. Si alzò e andò a cercare la palla che era caduta a pochi metri da loro.
 
“A che stavi pensando?” chiese Ayako molto curiosa quando lui tornò accanto a lei. Non era consueto che il numero dieci si perdesse nei suoi pensieri.
 
“A niente”

“Allora concentrati sugli esercizi di base!”
 
“Non mi servono...”

“Non ricominciare con la stessa storia”

“Ma è vero, sono un tensai...”

Ayako concluse la discussione con una seconda sventagliata. Mentre Hanamichi tornava a far rimbalzare la palla inginocchiato a terra, rivolse di nuovo uno sguardo alle porte della palestra. Hanamichi guardò di sbieco la manager, sapendo a cosa stava pensando. O meglio, a chi. Era la prima volta che Kaede Rukawa mancava a un allenamento.
 
-Che gli sarà successo?- pensò Ayako.
 
“Noi andiamo” disse Hisashi avvicinandosi accompagnato da Ryota.
 
“Vi manca molto?” chiese il capitano.
 
“No” rispose Ayako guardando l'orologio, “ancora cinque minuti e ce ne andiamo anche noi”
 
“Va bene. A domani”
 
“A domani...” mormorò, sorpresa che Ryota non si fosse offerto di aspettarla.
 
-Mi ignora da giorni- pensò tristemente mentre li osservava uscire dalla palestra, -forse si è stancato di me...-
 
E cosa si aspettava? Ryota si era dichiarato quasi due anni prima e lei l'aveva respinto. Anche se non poteva fare a meno di sentirsi delusa al pensiero che lui si fosse già arreso.
 
-Se solo sapessi la verità...-
 
“È ora?” chiese Hanamichi, rompendo il silenzio che si era formato da qualche minuto.
 
“Sì” rispose la ragazza, guardando di nuovo l'orologio. Hanamichi si alzò e salutò Ayako prima di dirigersi verso le docce. La manager rimase ancora un po' a riflettere, mentre la sua preoccupazione era divisa tra l'indifferenza di Ryota e l'assenza di Kaede.
 
^ ^ ^ ^
 
Hanamichi odiava tornare a casa da solo, ma quel giorno Yohei non era rimasto all'allenamento perché aveva da lavorare e Ayako viveva nella direzione opposta alla sua. Inoltre le giornate si erano già accorciate molto e l'oscurità crescente rendeva più triste la sua camminata solitaria.
Pensò ad Haruko e si sentì peggio. La seconda manager dello Shohoku a malapena gli parlava da quando le aveva dichiarato i suoi sentimenti ed era diventata la ragazza numero 51 a rifiutarlo. Ma stranamente non lo aveva colpito così tanto come temeva, ciò che lo feriva di più era che apparentemente aveva perso la sua amicizia.
 
Un suono familiare attirò la sua attenzione. Proveniva dal campetto dall'altra parte della strada.
 
-Qualcuno si allena a quest'ora?- pensò, stranito, -non c'è praticamente alcuna luce.-
 
Si avvicinò alla recinzione che circondava il posto e riconobbe il ragazzo che stava giocando anche se gli voltava le spalle.
 
-Rukawa?-
 
Senza fare rumore, andò all'ingresso. Non capiva cosa ci facesse la volpe lì. Perché non era andato all'allenamento? Tutti lo avevano scusato perché pensavano che non stesse bene, ma quello scemo era lì ad allenarsi da solo.
 
-Chi crede di essere? Preferisce allenarsi da solo che con noi?-
 
“Rukawa!” lo chiamò avvicinandosi, molto arrabbiato.
 
Kaede si voltò sentendo il suo nome e Hanamichi si bloccò di colpo quando vide il suo viso. Era rigato di lacrime.
 
-La volpe...piange?-
 
Il ragazzo usò il dorso della mano per asciugarsi la faccia e andò a recuperare la palla che aveva appena lanciato a canestro, mentre Hanamichi lo fissava con stupore. Kaede mise la palla nel borsone che aveva lasciato a lato del campetto e, prendendola in spalla, andò verso l'uscita. Hanamichi realizzò che Kaede intendeva andarsene senza dire nulla e lo afferrò per il braccio mentre gli passava accanto, costringendolo a fermarsi.
 
“Ehi, volpe...che ti succede?” chiese preoccupato.
 
Kaede non rispose, si limitò a girare la testa per guardarlo. Il cuore di Hanamichi sprofondò mentre fissava quegli occhi abitualmente freddi e inespressivi, ora così triste e rossi di pianto. Rimasero così per qualche secondo, finché Kaede non si divincolò andare e finalmente parlò.
 
“Non è niente” mormorò, riprendendo a camminare.
 
Ma doveva essere qualcosa di serio se faceva piangere il ragazzo meno emotivo della prefettura, Hanamichi lo sapeva. Eppure non poteva pretendere che gliene parlasse, dopotutto non erano amici.
 
“Verrai all'allenamento domani?” chiese senza sapere bene perché, prima che si allontanasse troppo.
 
“Sì” rispose Kaede senza fermarsi.
 
Hanamichi osservò Kaede camminare finché non scomparve dietro un angolo. Si sentiva molto confuso dopo averlo visto in quello stato. Era arrivato a credere che Rukawa fosse...qualcuno incapace di mostrare una singola emozione diversa dalla passione che si leggeva nei suoi occhi quando giocava o durante gli allenamenti. Ma non era così. Rukawa era un essere umano come tutti gli altri, e lo aveva appena dimostrato.
Durante il resto del tragitto verso casa, non riuscì a togliersi dalla mente gli occhi lacrimosi del suo rivale.
 
-Il mio rivale? Che senso ha continuare a considerarlo mio rivale? Haruko mi ha già rifiutato, in questo senso ha vinto. E poi da quando mi ha detto quelle cosa in spiaggia non riesco più ad arrabbiarmi con lui. Mi piacerebbe tanto sapere cosa gli succede...forse potrei aiutarlo. Ma è impossibile, non me lo dirà mai. Non siamo amici. Non lo saremo mai.-
 
^ ^ ^ ^
 
Tornò a casa senza voglia di fare niente, tantomeno preparare la cena. Inoltre, non aveva affatto fame. Andò nella sua stanza, gettò la borsa della palestra a un lato e si lasciò cadere sul letto.
 
“Nonno...”
 
Aveva trascorso gran parte della giornata in ospedale. Quando era tornato a casa aveva visto che era tardi per andare agli allenamenti, e in ogni caso non ne aveva molta voglia comunque. Aveva paura di scoppiare in lacrime davanti a tutti. Aveva deciso di andare a esercitarsi per conto suo per distrarsi un po', ma si era comunque messo a singhiozzare senza riuscire a fermarsi. Era bizzarro...sei anni senza versare una lacrima e ora non riusciva a smettere...
 
E per di più, Sakuragi lo aveva visto. Come aveva desiderato che lo attirasse contro il suo petto, che lo confortasse, che gli dicesse che...sarebbe andato tutto bene, che non l'avrebbe lasciato solo...
 
-Solo-
 
Il telefono squillò e lui si alzò con riluttanza. Sicuramente era suo zio. Gli aveva già parlato al mattino, ma gli aveva detto che lo avrebbe richiamato per fargli sapere quando avrebbe potuto essere a Kanagawa per occuparsi del funerale.
 
-E sicuramente poi dovrò andare a Osaka con lui- pensò amareggiato, -l'ho visto solo un paio di volte nella mia vita e ora dovrà vivere con lui, un perfetto sconosciuto. Lasciare Kanagawa, lo Shohoku, la squadra...non rivedrò più il doaho...non lo vedrò più...e nemmeno te, nonno...-
 
Quando arrivò al telefono, la sua faccia era devastata dalle lacrime.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


 
Era passato un mese dalla morte del nonno e Kaede era ancora immerso nella più profonda tristezza. Il suo dolore era tale che anche i suoi compagni di squadra se ne erano accorti attraverso la sua maschera ora incrinata, e lo guardavano angosciati, non sapendo cosa fare per aiutarlo. Più di uno osò chiedergli cosa c'era che non andava, ma il ragazzo rispondeva che non era niente. Nemmeno il coach Anzai riuscì a parlare con il suo giocatore pupillo, e Hanamichi non osava rivolgergli la parola, tantomeno lo insultava.
 
Kaede da parte sua era segretamente grato per quelle dimostrazioni di preoccupazioni, ma non riusciva a rivelare il motivo del suo dolore. Non avrebbe sopportato la compassione. Eppure sapeva che prima o poi avrebbe dovuto annunciare che, finito l'anno scolastico, avrebbe dovuto lasciare lo Shohoku per trasferirsi a Osaka, essendosi già accordato con suo zio, e sarebbe stato costretto a spiegare il motivo.
 
Quel giorno rimase in palestra per allenarsi ancora un po'. Praticò dribbling, contrasti, triple, tiri liberi, schemi...pensava che la stanchezza lo avrebbe aiutato a dormire meglio, ma invece il dolore al petto da settimane era aumentato considerevolmente al punto di doversi fermare perché a malapena riusciva a respirare.
Senza il rumore delle scarpe sul suolo e il rimbalzo della palla, il silenzio della palestra sembrava opprimente. Non sopportò più la solitudine di quel luogo, o meglio la propria solitudine, e con una mano sul petto si avviò velocemente verso le docce. Voleva piangere, ma in quel momento era come se il pianto fosse stato trafitto nella sua gola e incapace di uscirne.
 
Quando entrò nello spogliatoio, vide la propria immagine nello specchiò e rimase alcuni secondi a contemplarsi, qualcosa di insolito per lui. Di fatto lo odiava, perché ogni volta che succedeva, vedeva lui.
Suo fratello.
E all'improvviso non poté più trattenersi.
 
“NON AVEVI IL DIRITTO!” urlò disperato al proprio riflesso. “NON AVEVI IL DIRITTO DI LASCIARMI!!!”
Con entrambe le mani prese il bidone della spazzatura di metallo in un angolo e lo sbatté contro lo specchio, riducendolo in pezzi che caddero sparsi tra i lavandini e il pavimento. Alla fine il groppo in gola si sciolse e tra le urla cominciò a piangere. Ma il dolore non passò.
Si inginocchiò in mezzo ai vetri e ne afferrò uno con tanta forza che osservò gocce rosse scappargli dalle dita, e per un attimo il dolore fisico alla mano destra gli fece dimenticare quello nel petto. Pensò quindi che con un taglio più profondo sarebbe riuscito ad alleviarlo ancora di più.
 
Si stese a terra su un fianco e avvicinò il vetro al braccio sinistro. Nonostante i tremori che scuotevano da qualche minuto tutto il suo corpo, riuscì a bloccare il braccio al di sotto della sua bandana nera, e poco a poco si tagliò la pelle fino al polso, mentre una sensazione confortante lo avvolgeva. Ma la sensazione durò pochissimo e quando si rese conto di cos'aveva fatto, non aveva più la forza di alzarsi.
 
x x x
 
“Quindi non avete ancora affittato la stanza?” chiese Yohei all'amico.
“No” rispose Hanamichi”, “e spero non succeda. Non mi piace avere uno sconosciuto in casa”
 
La madre di Hanamichi stava pensare di affittare la stanza vacante della casa, per guadagnare qualche soldo extra facilmente, ma a lui l'idea non piaceva affatto. Ancora meno quando il primo inquilino che avevano trovato aveva tentato di provarci con lei.
-Quel bastardo...- pensò indignato.
 
“Ti sei macchiato la maglietta col gelato, Hana” disse l'amico, divertito.
“La maglietta?” ripeté lui guardando la macchia. Improvvisamente si ricordò qualcosa e aprì il borsone cercandovi qualcosa all'interno, ma non lo trovò. “Oh merda”
“Cosa c'è?”
“Ho dimenticato la maglietta in palestra”
“È pulita?”
“La maglietta?”
“Sì”
“Più o meno, ma non ne ho molte...”
“Non è tanto tardi, possiamo andare a recuperarla”
“Ok, grazie”
 
Hanamichi e Yohei uscirono da Danny's e si diressero verso lo Shohoku. Impiegarono solo cinque minuti e andarono dritti verso gli spogliatoi, dove il ragazzo aveva dimenticato l'indumento.
 
“Non senti qualcosa?” chiese Yohei con un certo timore nella voce. Se c'era qualcosa che lo terrorizzava, erano i fantasmi.
“Non sento niente”
Lo spavento che si presero non appena aprirono la porta fu da antologia.
“Porca puttana...!” esclamò Hanamichi mentre Yohei si copriva la bocca con la mano.
Dopo lo shock iniziale, entrambi i ragazzi si avvicinarono a quello steso a terra che piangeva in mezzo a un'immensa pozza di sangue.
 
“Che è successo, Rukawa?!” chiese Hanamichi urlando.
 
Ma Kaede non rispose, mettendosi a piangere ancora più forte.
 
“Rukawa...”
“Guarda il suo braccio” mormorò Yohei.
“Chiama un'ambulanza...”
 
Yohei tirò fuori il cellulare dalla tasca e compose il numero di emergenza. Mentre descriveva la situazione del giocatore numero 11 dello Shohoku, Hanamichi si alzò e prese la sua maglietta che era sopra una panchina. Con un forte strattone la strappò e si riavvicinò a Kaede con l'intenzione di fasciargli il braccio e fermare un po' l'emorragia, ma al primo contatto il ragazzo si tirò indietro e iniziò a gridare di non essere toccato.
 
“Ma che diavolo...” fece Hanamichi stupito.
“Ti aiuto io” disse Yohei subito dopo aver riattaccato, “stanno arrivando”
I due ragazzi tennero Kaede che, nonostante cercava di opporre resistenza, non sembrava più avere la forza per farlo, e Hanamichi riuscì a fasciarlo. Poi lo portarono fuori pensando di poterlo assistere più comodamente, si sedettero a terra con lui e il ragazzo, pallido, si appoggiò un po' sul petto di Hanamichi. Non smise mai di piangere.
 
“Non capisco che gli succede...è da settimane che si nota che non sta bene, ma è la prima volta che lo vedo piangere, e non si limita a piangere, è distrutto...a malapena si è reso conto che siamo qui...”
“Io l'ho visto piangere una volta” confessò Hanamichi, “un mese fa, in un campetto da basket, il giorno in cui ha saltato l'allenamento”
“Non aveva detto che era stato male?”
“Sì...”
“Cosa credi gli sia successo?”
“Non ne ho idea”
“...”
 
Il suono di una sirena li allertò. Yohei andò ad aprire la porta all'esterno della palestra e pochi minuti dopo arrivarono un medico e due infermiere accanto ad Hanamichi e Kaede.
 
“Cos'è successo?” chiese il dottore mentre apriva una valigetta.
“Non lo so, siamo arrivato cinque minuti fa e l'abbiamo trovato così...”
“Come ti chiami?” chiese a Kaede.
“...”
“Kaede Rukawa” rispose Hanamichi, il ragazzo non sembrava prestare attenzione al dottore che gli parlava.
“Rukawa, mi senti?”
“...”
“Ti cureremo, ok?”
“...”
 
Mentre una delle infermiere inseriva una siringa nel suo braccio destro, il dottore rimosse la maglietta di Hanamichi da quello sinistro, era intrisa di sangue e la sostituì con della garza fissata con una benda. Diede un'occhiata all'interno dello spogliatoio e si preoccupò quando vide la quantità di sangue presente.
 
“Lo portiamo all'ospedale Kitamura” spiegò il dottore mentre mettevano Kaede, già più calmo, su una barella e cominciavano a spingerla verso la porta. “Uno di voi può venire in ambulanza se lo desidera”
“Vengo io” disse subito Hanamichi.
“Avvisate un familiare se potete” disse l'uomo a Yohei dopo aver caricato la barella sull'ambulanza. Yohei si strinse nelle spalle guardando il suo amico.
“Devo chiamare il coach Anzai?”
“No. Rimarrebbe sconvolto e per il momento non è necessario. Ti chiamo tra un po'”
“Va bene”.
 
x x x
 
“Maschio, 16 anni, arteria radiale recisa, ha perso molto sangue!” gridò il medico appena entrarono nell'ospedale. Lui e un infermiere trascinarono la barella mentre Hanamichi correva accanto a loro.
 
“Cos'è successo?” chiese un'infermiera avvicinandosi insieme a una dottoressa.
“Ma è Rukawa!” esclamò la dottoressa, riconoscendo il ragazzo sulla barella semi incosciente.
“Lo conosci?”
“Era qui il mese scorso per suo nonno. Ha avuto una crisi d'ansia quando è morto e ha dovuto essere sedato”
“Beh, sembra che ne abbia avuto un'altra”
“Se l'è fatto lui?”
“Così pare”
“Andiamo dentro”
 
La dottoressa spinse una grande porta di vetro e il medico e l'infermiere che trascinavano la barella su cui c'era Kaede l'attraversarono. Anche Hanamichi voleva entrare ma l'infermiera glielo impedì, quindi non ebbe altra scelta che andare alla sala d'attesa, grugnendo. Si sedette e guardando a terra cominciò a meditare su quello che aveva detto la dottoressa.
 
-Quindi è morto suo nonno il mese scorso...ecco perché è stato così triste. Forse è stato il giorno in cui ha perso l'allenamento-
 
Alzò gli occhi e osservò le persone sedute intorno a lui. Sembravano tutti molto nervosi, invece lui ora era abbastanza tranquillo. Ma doveva ammettere che lo spavento che aveva avuto nel trovare Kaede in crisi isterica e circondato da una pozza di sangue era stato enorme.
 
-E se non avessi dimenticato la maglietta?- pensò di colpo. La risposta gli venne subito in mente e gli si fermò il cuore. Kaede sarebbe sicuramente morto dissanguato nello spogliatoio, visto che non era parso molto interessato a spostarsi per chiedere aiuto...quella era la cosa peggiore di tutte...
 
-Non posso pensare al fatto che la volpe abbia provato a suicidarsi-
 
Attese più di tre quarti d'ora quando finalmente la dottoressa che aveva riconosciuto Rukawa gli si avvicinò.
“Sei venuto con Rukawa, vero?” chiese quando lo raggiunse.
“Sì. Come sta?” chiese lui alzandosi.
“Bene, non preoccuparti. Sono la dottoressa Aizawa”
“Hanamichi Sakuragi”
“Piacere di conoscerti. Sei un suo amico?”
 
Hanamichi non sapeva cosa dire. Amici? No, non lo erano per niente, ma non gli sembrava giusto dirlo alla dottoressa, che cominciava a guardarlo con impazienza.
 
“Andiamo nella stessa scuola...” mormorò infine.
“Capito...conosci il numero di telefono di suo zio o di qualche altro parente?”
“No...ma pensavo di recuperare il suo numero di casa per avvisare i suoi genitori...” commentò, sorpreso che la dottoressa avesse menzionato uno zio prima dei genitori. La dottoressa Aizawa lo guardò un po' tristemente, cosa che non sfuggì al ragazzo.
 
“Vuoi vederlo?” chiese senza rispondere alla domanda silenziosa di Hanamichi.
“Sì, certo...” rispose lui, ancora più stupito.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


La dottoressa Aizawa passò di nuovo attraverso la porta vetrata, questa volta accompagnata da Hanamichi, e lo guidò lungo l'area del pronto soccorso, piena di medici e infermieri che andavano su e giù per assistere i tanti pazienti che si trovavano in letti diversi, alcuni coperti da tendine verdi. Finalmente la dottoressa si fermò davanti a una di esse.
 
“Vi lascio soli per parlare” disse prima di aprire la tenda.
 
Hanamichi si ritrovò improvvisamente di fronte al letto dove era sdraiato Rukawa. Era molto più pallido del solito e aveva sia la mano destra che l'avambraccio sinistro bendati. Ma quello che lo turbò di più fu lo sguardo sorpreso del ragazzo.
 
“Ciao volpe...”
 
“Ciao...c-cosa ci fai qui?”

“Come sarebbe, cosa ci faccio qui? Pensavi che dopo averti portato in ospedale, mi sarei dimenticato di te e me ne sarei andato?”

“Sì”

L'onesta risposta lo disarmò completamente. Com'era possibile che Rukawa pensasse quello di lui? La loro relazione era così disastrosa da arrivare a quel punto? Si odiavano così tanto?
 
“Non lo odio...”
 
“Eh?”
 
Hanamichi sussultò: non si era reso conto di aver parlato ad alta voce. Rifletté per un momento e finalmente decise che forse era ora di sistemare le cose con lui.
 
“Io non ti odio” ripeté con voce nitida.
 
“È sempre bello saperlo...” mormorò Kaede con tono ironico, ma dentro di sé una fiamma di speranza provava a farsi spazio.
 
“Tu mi odi?” chiese Hanamichi, ignorando le sue parole. Era determinato a chiarire le cose una volta per tutte.
 
“No” rispose Kaede.
 
“Bene, io non ti odio, tu non mi odi. Allora perché funzioniamo così male?”
 
Hanamichi si rese conto tardi della stupidità della propria domanda. Kaede lo fissò e poi parlò, cercando di non farsi tradire dalla voce.
 
“Non te lo ricordi? Sei stato tu a colpirmi il primo giorno che ci siamo incontrati...”

“Avevi trattato male Haruko...”
 
“Anche se fosse, penso che tu abbia esagerato con la punizione, no? Meritavo di essere trattato con tanto disprezzo per tutto questo tempo?”

“No, non lo meritavi...”

Hanamichi sembrava molto abbattuto. Ma Kaede non aveva intenzione di confortarlo e distolse lo sguardo. Il silenzio era teso.
 
“Ho saputo di tuo nonno” disse improvvisamente Hanamichi, ma Kaede non parlò. “Mi dispiace” aggiunse. Kaede continuò a non guardarlo né a parlare e Hanamichi iniziò a sentirsi nervoso. Non era un ragazzo molto paziente.
 
“Che mi dici dei tuoi genitori?” chiese, avvertendo che Kaede avrebbe reagito alla domanda. E aveva ragione. Il ragazzo lo guardò, ma senza alcuna espressione in viso.
 
“Sono morti” rispose seccamente.
 
“Ah...” mormorò Hanamichi, pentendosi di averlo chiesto. Ci fu di nuovo silenzio tra i due; fortunatamente in quel momento arrivò la dottoressa Aizawa.
 
“Ciao ragazzi. Come va?”, quando non ottenne risposta, continuò: “Kaede, stanotte dovrai rimanere in ospedale. Ti portiamo al piano di sopra, ok?”

“...”

“Tra poco verrà a prenderti un inserviente”

La dottoressa sparì velocemente e Hanamichi si avvicinò al letto.
 
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese con più gentilezza che poteva.
 
“Come?”

“Per passare la notte qui, dico...non so, se vuoi ti porto qualcosa da casa”

Kaede esitò, ma alla fine accettò l'offerta di Hanamichi.
 
“Beh...mi servirebbe lo spazzolino e il flacone per le lenti a contatto...”

“Porti le lenti a contatto?”

“Sì”

“Oh...” in quel momento cercò di immaginare la volpe con gli occhiali do Kogure. “Beh, te li porto io se mi dai l'indirizzo e le chiavi di casa tua”

“Sono nel...merda”

“Che c'è?”

“Nel mio borsone. Dov'è? L'hai portato qui?”

“No...forse Yohei l'avrà preso, altrimenti sarà ancora negli spogliatoi. Ora lo chiamo”

“Yohei?”

“Il mio amico”
 
“Perché avrebbe dovuto prenderlo?”

“Beh...perché era con me quando ti abbiamo trovato, non ricordi?”

“No...”
 
-Era del tutto andato- pensò Hanamichi preoccupato. “Ok, dammi l'indirizzo e se Yohei non ha il borsone vado a cercarlo”

“D'accordo...”
 
Hanamichi chiamò Yohei da un telefono pubblico per chiedergli di accompagnarlo a casa di Rukawa, dato che viveva un po' lontano dal quartiere.
-Ecco perché viene in bicicletta- pensò. Il suo amico aveva effettivamente preso il borsone di Rukawa e lo raggiunse all'ospedale in motorino. Gli raccontò tutto e dieci minuti dopo arrivarono a casa di Rukawa.
 
“Bella casa” mormorò Yohei mentre iniziavano a visitarla.
 
“Sì...ma molto vuota...”

“Hai notato che non c'è nessuna fotografia della sua famiglia?”

“Forse così sopporta meglio la loro assenza...”

“Non ti ha detto come sono morti i suoi genitori?”

“No”
 
“Guarda, questa deve essere la stanza di suo nonno”
 
Hanamichi entrò nella stanza indicata e la studiò con lo sguardo.
 
“Ehi, Hanamichi, guarda qui” esclamò Yohei afferrando una cornice dal comodino. “Finalmente una foto”

Hanamichi si avvicinò e la guardò, e in quel momento qualcosa dentro di lui sussultò. La foto ritraeva un Rukawa di circa tredici anni e un uomo anziano che immaginò essere il nonno. Erano entrambi vestiti da escursionisti e il posto sembrava il monte Fuji. Rukawa aveva un braccio intorno al collo dell'uomo ed entrambi sorridevano.
Hanamichi sorrise.
 
“Che succede?” chiese Yohei contemplando lo strano gesto del suo amico.
 
“Ehm...niente. Solo che non l'ho mai visto sorridere così”

“Ha un bel sorriso, vero?”

“Sì...”
 
Rimisero la cornice al suo posto e salirono al piano di sopra, dove trovarono la camera da letto di Rukawa. Com'era da aspettarsi, c'erano molti poster di diversi giocatori NBA e gli scaffali pieni di riviste sportive, ma a parte questo la stanza non era particolarmente decorata.
 
“Gli interessa unicamente il basket?” chiese Yohei, osservando una rivista.
 
“Forse non ha nient'altro...”
 
Hanamichi uscì dalla stanza, lasciando l'amico un po' imbarazzato da quello che aveva detto, ed entrò nel bagno accanto; lì recuperò lo spazzolino, un paio di occhiali e il contenitore con liquido per lenti a contatto.
 
“Ti aspetto all'ospedale e ti accompagno a casa?” chiese Yohei salendo sul motorino.
 
“No. Preferisco passare subito a casa, poi puoi lasciarmi all'ospedale”
 
“Come mai?”

“Rimarrò con Rukawa questa notte”.
 
x x x
 
Mezz'ora dopo, Hanamichi era di nuovo in ospedale. Mentre saliva in ascensore, pensò a come dire alla volpe che voleva passare la notte con lui senza farla apparire una proposta indecente. Quando raggiunse il terzo piano, cercò la stanza 345, dove la ragazza alla reception aveva detto che Rukawa era stato spostato.
 
“339, 340, 341...”
 
Pochi metri davanti a sé vide la dottoressa Aizawa uscire da una stanza accompagnata da un'altra dottoressa ancora più giovane. Chiusero piano la porta e si fermarono in mezzo al corridoio a parlare. Senza sapere perché, Hanamichi si nascose dietro un'enorme pianta e si dispose ad ascoltare ciò che dicevano.
 
“Lo hai visto. Cosa ne pensi?” chiese la Aizawa.
 
“Depressione, senza dubbio” rispose l'altra.
 
“Quello che temevo...”

“Ma penso che sia sincero quando dice che non intendeva suicidarsi”

“Tu credi? Quel ragazzo ha un taglio di 15 centimetri sul braccio sinistro che si è inflitto da solo”
 
“La sua intenzione non era togliersi la vita. L'ho visto in altri casi di depressione: pazienti che cercano di sostituire il dolore mentale con quello fisico, anche se questo implica l'autolesionismo”

“Più o meno quello che ci ha raccontato...”
 
“Sì”

“Comunque, sei tu la psichiatra, non io. Che intendi fare?”

“Ancora non lo so. Non vorrei dover prescrivere antidepressivi, è solo un ragazzino...ma dubito che accetterà di andare in terapia”

“Ne parliamo al bar? Ti offro un caffè”
 
“Certo”

Fortunatamente per Hanamichi le due camminarono nella direzione opposta a dove si trovava lui. Quando ebbero svoltato l'angolo, uscì dal suo nascondiglio e si fermò davanti alla porta della stanza 345. Le parole che aveva appeno sentito si ripeterono più e più volte nella sua mente.
Depressione. Sua madre ne aveva sofferto quando suo padre era morto. Aveva passato un anno a prendere pillole e poi un altro anno per liberarsi di quelle. Lui stesso l'aveva vissuta male o anche peggio di sua madre, ma...grazie al supporto dei suoi amici era riuscito a superarla e a prendersi cura di lei. Nel momento in cui la sua mano si posò sul pomello della porta, prese una decisione.
 
-Non permetterò che Rukawa affronti tutto questo da solo-.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Entrò nella stanza e vide che Kaede era sdraiato su un fianco sul letto e gli dava le spalle. Non si mosse di un centimetro, quindi dovette fare il giro del letto per vederlo in faccia, mentre continuava a guardare fuori dalla finestra.
 
“Ti ho portato le tue cose” annunciò Hanamichi.
 
“Grazie” mormorò Kaede senza guardarlo.
 
Hanamichi portò in bagno la borsa dove aveva messo i suoi effetti personali, poi si sistemò su una poltrona vicino alla finestra. Passarono diversi minuti prima che Kaede finalmente posasse gli occhi su di lui.
 
“Non te ne vai?” chiese a bassa voce.
 
“No” rispose Hanamichi con voce ferma.
 
“Perché no?”

“Rimarrò qui con te stanotte”

“Ma che dici?” esclamò Kaede.
 
“Hai qualcosa in contrario?” chiese Hanamichi, sprofondando un po' di più nella poltrona. Kaede lo fissò per diversi secondi. Non capiva l'atteggiamento del suo compagno di squadra, ma non gli dispiaceva avere un po' di compagnia.
 
“Fai come vuoi” mormorò alla fine, tornando a guardare verso la finestra.
 
Ci fu ancora silenzio per qualche minuto, ma Hanamichi lo interruppe.
 
“Vivi da solo?”
 
“Sì?”
 
“Come sarebbe? Insomma, non sei maggiorenne”

“È solo fino alla fine dell'anno scolastico”
 
“E poi?”

“Poi andrò a vivere a Osaka con mio zio”

Hanamichi ebbe la sensazione di ricevere in testa un secchio di acqua fredda.
 
“Te ne...andrai?”

“Sì”
 
-No, non può andarsene, non voglio...ma che mi viene in mente? È buffo, ho desiderato così tante volte non dover più vedere la volpe ogni giorno e ora che so che se ne andrà penso che mi mancherà...- rifletté Hanamichi.
 
Bussarono alla porta e un'infermiera entrò portando la cena a Kaede, che però non provò neanche un boccone e la offrì ad Hanamichi, che rifiutò ugualmente affermando di aver mangiato un panino a casa prima di tornare in ospedale.
 
“Tu però dovresti mangiare a qualcosa” disse a Kaede, accorgendosi che sembrava aver perso qualche chilo. Ma Kaede lo ignorò, e ignorò l'infermiera che tornò a riprendersi la cena, e ignorò la dottoressa Aizawa che giunse poco dopo per dargli un'occhiata. Mezz'ora dopo, Kaede si alzò per andare in bagno, rifiutando qualsiasi aiuto offerto da Hanamichi, e quando tornò si mise a dormire. Hanamichi si addormentò a sua volta e dopo un po' entrambi erano immersi in un sonno profondo.
 
x x x
 
Il giorno dopo il primo a svegliarsi fu Kaede. Rimase un po' a contemplare il viso addormentato di Hanamichi, chiedendosi ancora perché avesse voluto restare, finché non si svegliò anche lui. Hanamichi si stiracchiò sbadigliando ma si interruppe con un gemito di dolore.
 
“Cosa c'è?” chiese Kaede.
 
“Niente” rispose Hanamichi, accarezzandosi una spalla.
 
“Penso che non sia stato grandioso per la tua schiena dormire tutta la notte su quella poltrona”

“Ti dico che non è niente” insistette Hanamichi, sorridendo così dolcemente che il cuore di Kaede si serrò un po'.
 
“Se non ti sbrighi, farai tardi a lezione...”

“Non vado”

“Perché?”

“La dottoressa Aizawa ha detto che ti avrebbero dimesso stamattina, quindi ti accompagnerò a casa e rimarrò con te fino all'ora degli allenamenti”

“Non ce n'è bisogno”

“Io credo di sì. Hai visto le tue braccia? Avrai bisogno di aiuto per vestirti o cucinare, per esempio”

Kaede guardò per un momento le bende, ricordando la difficoltà della sera prima in bagno, poi alzò di nuovo gli occhi. La sua espressione era di assoluta diffidenza.
 
“Perché stai facendo questo?”

“Eh?”

“Perché fai tutto questo per me?”
 
“Voglio solo aiutarti”

“Perché?”

“Dannazione...perché sì”
 
Kaede sbuffò ma non volle insistere. Mezz'ora dopo la dottoressa Aizawa entrò insieme alla psichiatra che lo aveva visitato la sera prima, che si presentò come la dottoressa Tsukino. Prescrisse a Kaede alprazolam per attacchi d'ansia e antidepressivi e gli raccomandò di andare a trovarla una volta a settimana; Kaede sembrava disposto a continuare il trattamento, il che fece provare ad Hanamichi paura e sollievo allo stesso tempo.
 
x x x
 
La notizia che lo specchio negli spogliatoi maschili della palestra era rotto e che c'erano tracce di sangue si sparse rapidamente per tutto lo Shohoku, insieme alle voci che la causa era una rissa.
 
-Non ho pulito abbastanza bene- pensò Yohei, ascoltando alcune ragazze della sua classe che ne parlavano. Guardò il banco vuoto del suo amico e immaginò che fosse rimasto in ospedale con Rukawa. All'ora di pranzo incontrò Takamiya, Noma e Okusu e raccontò loro quello che era successo, esigendo la massima discrezione sull'argomento.
 
“Spero che nessuno pensi che siano stati Hanamichi e Rukawa a picchiarsi dato che nessuno di loro è venuto a scuola oggi” commentò Yohei preoccupato.
 
“Beh, temo che lo penseranno, invece” disse Takamiya, “è logico. Tutti in squadra sanno che Rukawa è rimasto ad allenarsi da solo in palestra, quindi hanno già un nome. E con chi litiga Rukawa fin dal primo giorno?”

“Sarebbe meglio dire che è Hanamichi a litigare con lui fin dal primo giorno” precisò Noma.
 
“Speriamo che nessuno arrivi a questa conclusione...” fece Ookusu.
 
Ma le paure si avverarono quando videro avvicinarsi una ragazza riccia accompagnata da un ragazzo moro, entrambi molto preoccupati.
 
“E Sakuragi?” chiese Ayako non appena li raggiunse.
 
“Non è venuto a scuola oggi” rispose Yohei.
 
“Perché no?”
 
“Beh...aveva un appuntamento con il dottore”

“Con il dottore? Come mai?”

“Un controllo alla schiena”

“Sei sicuro?” intervenne Ryota.
 
“Sì, naturalmente. Che succede? Perché tanto interesse per Hanamichi?”

“Avete sentito dello specchio rotto e del sangue negli spogliatoi?”

“Sì, e allora?”

“Beh, pensavamo che forse sono stati Hanamichi e Rukawa. Nemmeno lui è venuto a lezione”

“Ehi, che stai dicendo” esclamò Yohei, alzandosi e affrontando il capitano dello Shohoku. “Hanamichi e Rukawa non vanno d'accordo, ma non da arrivare a tanto. Inoltre da quando Hanamichi è tornato, non hanno litigato neanche una volta”
 
“Yohei ha ragione, Ryota. E Rukawa non era nemmeno dell'umore adatto, è da un mese che sembra un'anima smarrita” aggiunse Noma.
 
“È vero...” concordò Ryota, “ma sappiamo che Rukawa era in palestra ieri...con chi ha litigato allora?”

“Forse non ha litigato con nessuno” disse Takamiya. Yohei gli lanciò un'occhiata di avvertimento in modo che non desse ulteriori indizi.
 
“Ma allora...cos'è successo ieri negli spogliatoi?”
 
x x x
 
Hanamichi entrò a scuola a metà pomeriggio e si diresse direttamente in palestra. A metà strada fu intercettato da Yohei.
 
“Ehi Hana!”

“Ciao Yohei”
 
“Perché non sei venuto a scuola?”

“Sono stato a casa della volpe. Aveva bisogno di aiuto”

“Immaginavo...come sta?”

“Male...ho sentito una dottoressa dire che è depresso...”

“Merda...ehi, devi sapere una cosa”

Yohei gli raccontò delle voci che circolavano allo Shohoku e che lui aveva mentito ad Ayako dicendo che Hanamichi aveva saltato le lezioni per una visita medica. Una volta informato, Hanamichi entrò in palestra ed effettivamente la prima cosa che i suoi compagni gli chiesero fu dove fosse stato la sera precedente.
 
“Ero con Yohei” rispose seccato, “mi ha già detto di quello che è successo negli spogliatoi. Non so nulla”

“Allora ci manca parlare con Rukawa per chiederglielo” disse Hisashi, “ma non sembra intenzionato a venire”
 
“Mi procurerò il suo numero di casa” intervenne Ayako.
 
Hanamichi non se ne preoccupò, era sicuro che Kaede non avrebbe risposto al telefono. Durante l'allenamento, per un paio di volta ricordò la giornata che aveva passato con il suo ex rivale.
 
Dopo aver accompagnato Rukawa in taxi a casa sua, era rimasto con lui fino al momento di andare agli allenamenti, non senza prima annunciare che sarebbe tornato più tardi.
-Non credo che mia madre obietterà se dormo di nuovo fuori casa dopo che le avrò spiegato cosa sta succedendo- pensò.
 
Aveva dovuto cucinare per lui e grazie al cielo Rukawa aveva mangiato tutto perché altrimenti gli avrebbe rifilato il ramen a forza. L'aveva anche aiutato a vestirsi, e sorrise divertito ricordando la faccia completamente rossa di Rukawa quando aveva iniziato a svestirlo.
 
-Come se non lo avessi visto nudo mille volte-.
 
L'allenamento finì e Hanamichi andò prima a casa sua per chiedere il permesso a sua madre di passare di nuovo la notte fuori, e dopo che gli fu concesso, andò a casa di Rukawa. Lo aveva convinto a dargli le chiavi così da non doversi alzare per aprirgli la porta nel caso fosse già a letto, così entrò in casa senza fare troppo rumore.
Posò le chiavi sul mobile vicino all'entrata, si tolse le scarpe e salì le scale verso la camera della volpe. Fu un po' sorpreso di vedere la porta chiuse e all'improvviso fu colto dal panico. Aveva sentito la psichiatra dire che Rukawa non aveva intenzione di suicidarsi, ma se avesse provato nuovamente ad alleviare il suo dolore tagliandosi un'altra volta? Si avvicinò di fretta e prima di aprire la porta riconobbe il suono che proveniva dall'interno della stanza.
 
Rukawa stava piangendo.
Sospirò. Almeno ora sapeva che era vivo.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


 
Aprì delicatamente la porta ed entrò nella stanza. I singhiozzi cessarono immediatamente. Con passo lento si avvicinò al letto dove Kaede giaceva e si sedette. Controllò con sollievo che non ci fossero tracce di sangue o niente che indicasse che aveva o era stato disposto a fare ricorso all'autolesionismo. Vide solo delle bende sul comodino e notò che Kaede le aveva tolte dalla mano destra.
 
“Non devi trattenerti...” disse Hanamichi a bassa voce, “piangere è un bene per sfogarsi...”
 
“Vattene” mormorò Kaede mentre continuava a provare di smetterla di piangere.
 
“Sto solo cercando di aiutarti...”

“Beh, non ho bisogno del tuo aiuto”

“Ehi, so cosa stai passando. Mio padre è morto per un infarto tre anni fa”

Allora Kaede si mise a sedere e si piantò davanti ad Hanamichi.
 
“Mio padre, mia madre e mio fratello maggiore sono morti in un incidente d'auto quando avevo dieci anni” sibilò con voce gelida, “i miei nonni paterni e mia nonna materna sono morti prima che io nascessi; mio nonno materno era l'unico parente vicino che mi rimaneva ed è morto un mese fa per un'emorragia cerebrale. E non ho nemmeno un dannato amico a cui mancherò quando tra pochi mesi andrò a vivere con un perfetto sconosciuto. Quindi non dirmi che sai cosa sto passando perché non ne hai una fottuta idea”
 
Hanamichi si bloccò, non sapendo cosa dire, e guardò Kaede che si copriva il viso con le mani e ricominciava a piangere. Poi fece qualcosa che, per qualche ragione, pensò avrebbe dovuto fare molto prima, forse il giorno in cui lo aveva trovato a piangere al campetto: lo abbracciò e lo strinse forte. Kaede lo lasciò fare e continuò a piangere. Rimasero così diversi minuti finché finalmente Kaede si calmò e si separò da lui. Si fissarono per alcuni secondi che sembrarono eterni. Hanamichi distolse lo sguardo dagli occhi blu arrossati di Kaede virando sulle sue labbra. Sottili, rosa e tremanti.
 
E poi qualcosa di molto strano passò per la mente di Hanamichi. Desiderò toccarle e allungò la mano per sfiorarle con il dito indice; Kaede rabbrividì e chiuse gli occhi. Come Hanamichi si aspettava, al tatto le sue labbra erano molto morbide. Improvvisamente sentì il bisogno di coprirle con le proprie e prima di rendersene conto lo stava baciando. Kaede riaprì gli occhi, sorpreso, e vide Hanamichi separarsi da lui, guardandolo con senso di colpa e confusione.
 
“M-mi dispiace...” balbettò mentre le sue guance si arrossavano, “io...non so cosa mi sia preso, non ho potuto evitarlo e-”
 
Non poté continuare a scusarsi perché ora era Kaede a baciarlo, e non con un contatto timido e fugace come quello di pochi secondi prima, ma in modo affamato e disperato. Hanamichi si immobilizzò per un momento mentre si lasciava baciare e mille nuove sensazioni lo avvolgevano.
Dopo poco cominciò a rispondere; nessuno dei due era esperto in materia e divenne una specie di impulso in cui ognuno provava a imporsi sull'altro.
Hanamichi sentiva di perdere terreno e la sua natura aggressiva si ribellò. Spinse Kaede sul letto, continuando a baciarlo e salendo su di lui.
 
Stava per afferrargli i polsi ma quando notò le bende si ricordò in tempo che Kaede aveva il braccio sinistro ferito, quindi scelse di piazzare le mani tra i suoi capelli neri e setosi. In uno sfioramento tra i loro corpi Hanamichi notò l'erezione di Kaede e rimase sconvolto nel rendersi conto che lui stesso era eccitato in modo doloroso. Sentì la mano fredda di Kaede sulla schiena lo attirava ancora di più a sé, e ripercorrerla nella sua interezza in una squisita carezza.
 
Quando anche Hanamichi portò la mano sotto la maglietta di Kaede per accarezzare la sua pelle nuda, Kaede si mise a sedere e interruppe il bacio frenetico per qualche istante. Hanamichi osservò in estasi Kaede che si toglieva la maglietta mostrando il torso perfetto, poi gli alzava la sua costringendolo a sollevare le braccia. Una volta privi dei fastidiosi vestiti, le labbra si fusero di nuovo, mentre si abbracciavano e si accarezzavano a vicenda ogni centimetro di pelle esposta.
 
La pelle di Kaede, pallida, liscia e fresca provocò Hanamichi, che la percorse con la bocca, ributtandolo sul letto e abbandonando le sue labbra per baciargli le guance, il collo, le clavicole, il petto...ogni bacio umido e tenero era accolto da un forte gemito che aumentò la sua eccitazione.
Hanamichi non si rese davvero conto di dove stessero arrivando finché non udì la voce rauca di Kaede sussurrare disperato:
 
“Fallo...”
 
Hanamichi interruppe i baci e lo guardò incredulo per quanto aveva appena sentito. Kaede lo attirò di nuovo a sé afferrandolo per la nuca con tutta la forza di cui era capace con il braccio ferito e baciandolo sulle labbra, mentre con l'altra mano gli accarezzava il sesso sopra i pantaloni.
Hanamichi gemette e Kaede smise di baciarlo per dirigere le labbra verso il suo orecchio, accarezzandolo con la lingua.
 
“Fa' l'amore con me...” mormorò con voce tremendamente sensuale.
 
Appena terminò di dirlo fu ributtato sul letto, questa volta con una certa violenza, i pantaloni del pigiama e l'intimo furono ferocemente tirati giù e gettati dall'altra parte della stanza.
 
Dopo averlo spogliato completamente, Hanamichi rimosse il resto dei propri vestiti e si sistemò tra le gambe pallide legate intorno alla sua schiena. Si portò alla sua entrata e, senza rompere il legame di sguardi, cominciò a spingere in lui. Kaede si morse le labbra per non urlare dal forte dolore, una goccia di sangue gli scivolò lungo il mento e vedendola Hanamichi si fermò subito.
 
“Non fermarti...” ordinò Kaede, aggrappandosi alle braccia del ragazzo ai lati della sua testa.
 
“Ma ti sto facendo molto male” obiettò Hanamichi.
 
“Non mi interessa”
 
“Ma...”
 
“Fallo!”
 
Hanamichi lo guardò molto preoccupato e si inclinò per leccare il sangue dalle labbra, continuando a spingere. Kaede si artigliò alle braccia con più forza, ma Hanamichi sapeva che quello che stava facendo con le unghie era nulla rispetto a quello che gli stava provocando lui penetrandolo senza nemmeno preparazione.
 
Finalmente il suo sesso si introdusse completamente in lui e rimase fermo finché notò che le unghie non affondavano più nella sua pelle. Si ritiro dolcemente, penetrandolo di nuovo, contemplando con sollievo che il suo viso non era più così teso. Kaede gettò indietro la testa e iniziò a gemere, ansimare e gridare ad ogni spinta ma era Hanamichi quello che avvertiva più piacere. Lo sapeva e pensava che non fosse giusto, così sostenne il proprio peso sul braccio sinistro e diresse la mano destra verso il sesso di Kaede, che richiedeva attenzione da tempo. Kaede si inarcò leggermente sentendosi stimolato e i gemiti di piacere aumentarono.
 
Hanamichi si sentì così vicino all'estasi un paio di volte che inconsciamente rallentò il ritmo per godere più a lungo mentre possedeva il corpo di Kaede, ma quando un liquido caldo e viscoso si rovesciò nella sua mano non ce la fece più e solo un minuto dopo si ritirò, coprendosi il pene con la mano per contenere il proprio seme. Crollò poi esausto su Kaede, schiacciandolo con il suo peso, appoggiando la testa di lato.
 
Mentre i loro respiri si normalizzavano, Kaede abbracciò Kaede e pronunciò le parole che voleva dirgli da tanto tempo.
 
“Ti amo”
 
Hanamichi quasi smise di respirare nel sentirlo.
 
-Mi ama?- si ripeté mentalmente.
 
Non sapeva cosa rispondere e non osò guardarlo negli occhi, rimanendo immobile per qualche minuto finché non si alzò.
 
“Vado a lavarmi le mani” mormorò, schivando gli occhi blu.
 
Insaponando le mani sotto il rubinetto, Hanamichi cominciò a realizzare quello che era successo.
Aveva fatto l'amore con Kaede.
Cioè, aveva fatto l'amore con Kaede Rukawa.
Aveva sempre pensato che avrebbe perso la verginità con una ragazza, la quale sarebbe diventata la sua fidanzata, si sarebbero sposati e avrebbero avuto molti figli. Non era pronto ad accettare che non sarebbe stato così.
 
Aveva davvero perso la verginità con un ragazzo? E anche Kaede l'aveva persa? O bisognava essere l'attivo per quello? L'aveva persa a metà? Poteva essere più confuso?
 
-Merda, avrei dovuto occuparmi di lui, non scoparlo-
 
Peggio ancora, per Kaede non era stato solo sesso.
 
-Mi ama-
 
Ma come poteva essere? Se era da quasi un anno che si prendevano a calci?
 
-Tu l'hai preso a calci per un anno- si corresse, mortificato. -Cazzo...merda, merda, merda! Cosa dovrei fare ora?-
 
Per il momento decise di tornare nella stanza dove Kaede lo aspettava dalla sua parte del letto, alludendo chiaramente di voler passare la notte con lui. Hanamichi respirò profondamente e, schivando di nuovo il suo sguardo, entrò nel letto e coprì entrambi con il lenzuolo.
 
“Buonanotte” mormorò, girandosi verso di lui ma con gli occhi chiusi.
 
“Buonanotte...” rispose Kaede.
 
Kaede rimase per quasi un'ora a guardare il ragazzo che era nel letto con lui, chiedendosi cos'avrebbe significato per lui e cosa sarebbe successo da quel momento, fino a quando finalmente il sonno lo vinse e chiuse a sua volta gli occhi.
 
x x x
 
La sveglia suonò alle sette in punto. Kaede allungò la mano per spegnerla ma nel tentativo la fece cadere a terra, ottenendo uguale effetto perché il suono acuto si fermò. Cercando di sedersi un lampo di dolore scosse il suo corpo e si lasciò cadere di nuovo sul letto. Poi notò che Hanamichi non era con lui.
-Dov'è andato?- si chiese, riprovando ad alzarsi.
 
“Hanamichi?” lo chiamò. Dopo la sera precedente, non sembrava molto corretto continuare a chiamarlo 'doaho'.
Nessuno rispose. E non c'era alcun rumore in tutta la casa.
Con grande difficoltà si alzò dal letto e appoggiandosi al muro raggiunse i boxer e li infilò; poi uscì dalla stanza. Il dolore che avvertiva nella parte bassa non gli permetteva di camminare normalmente, e scendere le scale fu un autentico martirio; al penultimo gradino, inciampò e cadde faccia a terra. Per fortuna si protesse con il braccio destro, perché con il sinistro sarebbe stato davvero spiacevole.
 
Rimase a terra per qualche minuto, iniziando a realizzare che Sakuragi se n'era andato. La notte precedente si era esaudito quello che era stato il suo desiderio per molto tempo, e ora sembrava un incubo.
Ma perché?
Perché se n'era andato via senza dirgli niente?
-Forse non avrei dovuto confessargli i miei sentimenti-
Ricordò il disagio provato quando Sakuragi non aveva risposto alla sua dichiarazione.
 
E cosa si aspettava? Che dicesse 'Ti amo anch'io?' Che in realtà lo amasse anche lui e che in realtà tutti i suoi insulti fossero stati patetici tentativi per attirare la sua attenzione?
 
-Sono io l'unico patetico qui-
 
Ma allora perché aveva accettato di fare l'amore con lui?
Un momento.
-Oh no.-
 
Sakuragi aveva accettato di fare l'amore con lui.
Aveva acconsentito.
Ecco la chiave.
Lui lo aveva chiesto e Sakuragi aveva acconsentito.
Come un favore.
 
-Se Sakuragi mi ha scopato per pietà...non lo sopporterò.-

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Ayako arrivò per prima in palestra e iniziò a tirare fuori il tabellone segnapunti manuale, perché normalmente il giovedì il coach Anzai partecipava agli allenamenti e organizzava una partita tra titolari e riserve.
 
“Ciao Ayako” salutò Ryota entrando in palestra.
“Ciao Ryota”
“Possiamo parlare?” chiese il capitano dello Shohoku avvicinandosi a lei.
“Eh? Certo”

Ayako lo guardò stranita, perché Ryota era molto serio. Cosa voleva dirle?
 
“Vedi, Ayako, io...sono ancora innamorato di te”
 
Quello non se l'era aspettata. Non dato che da settimane la ignorava olimpicamente.
 
“Ah...s-sì?” balbettò la ragazza.
“Sì. Sono passati quasi due anni da quando mi hai rifiutato, e volevo sapere se nel frattempo hai cambiato idea. Se non è così, non tornerò a infastidirti”
 
Ayako non sapeva cosa fare. Era la sua ultima possibilità. In quel momento era divisa tra Ryota e la sua posizione di manager della squadra, e alla fine decise che avrebbe fatto la sua scelta dopo aver spiegato la situazione.
 
“Anche tu mi piaci”, il viso di Ryota si illuminò per un secondo, finché Ayako non continuò, “ma non possiamo uscire insieme”

“Eh? Perché no?”

“Non mentre siamo entrambi membri della squadra di basket dello Shohoku”
 
“Ma che stai dicendo?” il ragazzo non capiva nulla.
 
“Era la condizione che mi è stata posta quando ho ottenuto la posizione di manager: non posso uscire con nessun giocatore” spiegò Ayako.
 
“Cosa? Te lo ha proibito il coach Anzai?”

“No, è stato il preside”

“Ma perché?”

“Il preside riteneva che non fosse un bene che una ragazza si occupasse di una squadra maschile; il coach Anzai ha interceduto per me e mi ha fatto avere il posto, ma ho dovuto accettare quella stupida condizione”
 
“Capisco...allora, se ci scoprono, costringeranno uno dei due a lasciare la squadra...”

“E ovviamente sarò io, tu sei il capitano e un giocatore essenziale...aspetta, come, 'se ci scoprono'?”
 
“Beh, io e te inizieremo a frequentarci di nascosto da oggi stesso...”, Ryota si avvicinò a lei con andatura sexy, finché ad abbracciarla e a piantarle un lungo bacio sulle labbra.
 
“Ryota...” mormorò Ayako sorridendo, separandosi a fatica dalla morsa del suo novello ragazzo segreto. “Se dovremo uscire di nascosto, non credo sia buona idea fare questo in mezzo alla palestra...”
 
“Ops...hai ragione”.
 
x x x
 
Hanamichi era stato malissimo tutto il giorno per aver lasciato Rukawa a casa da solo, ma si era ritenuto completamente incapace di parlargli quando si era svegliato. Decise che dopo gli allenamenti sarebbe andato a trovarlo almeno per scusarsi, pur non avendo ancora chiaro se doveva scusarsi per qualcos'altro oltre che per essersene andato senza dire nulla.
 
Quando svoltò un angolo del corridoio che portava alla palestra vide una figura familiare che camminava nella stessa direzione.
 
“Rukawa!” esclamò ad alta voce.
 
Kaede si fermò e si voltò a guardarlo, senza alcuna espressione sul suo viso di porcellana.
 
“Che ci fai qui?” chiese Hanamichi raggiungendolo, preoccupando di vederlo in abbigliamento sportivo, con un paio di pantaloni della tuta e una maglietta a maniche lunghe.
 
“Vado ad allenarmi” rispose seccamente.
 
“Ma non puoi ancora!”
 
“Sì, posso”

“No, non posso...” si accorse che sotto la maglietta non appariva nessun rigonfiamento, “hai anche rimosso le bende dal braccio?”
 
“Non mi servivano più”
 
“Ma davvero pensi di allenarti?”

“Ho già detto di sì”

“Potrebbero saltarti i punti!”
 
“Starò attento”
 
“Ma...!”
 
“Perché te ne sei andato?” lo interruppe Kaede, stanco del sermone.
 
Hanamichi rimase in silenzio per un momento e guardò a terra con vergogna.
 
“Non lo so...” mormorò.
 
“Ti penti di quello che è successo ieri sera?” chiese Kaede, cercando di mantenere una voce neutra.
 
“Non è che me ne pento...è stato...non so, speciale...ma...”

“Ma?”, perché doveva esserci sempre un ma?
 
“Ma io non sono gay” disse Hanamichi alzando lo sguardo.
 
Kaede sentì il proprio cuore spezzarsi in frammenti così piccoli che nessuno sarebbe mai riuscito a ricostruirlo.
 
“Capisco”
 
“Rukawa...”

“Ho detto che ho capito!” esclamò Kaede riprendendo ad avanzare verso la palestra.
 
Hanamichi rimase fermo per qualche secondo, sentendo una strana puntura al petto nel vedere Rukawa allontanarsi. Finalmente reagì e gli corse dietro, ma lui era già entrato in palestra, dove era sottoposto a un interrogatorio da parte di Ryota sullo specchio degli spogliatoi.
 
“Non so niente” mormorò Rukawa, pensando che se Sakuragi e il suo amico lo avevano coperto, non li avrebbe fatti passare per bugiardi, “sono rimasto un po' in palestra perché non mi sono sentito bene, per questo ieri non sono venuto all'allenamento”
 
“E stai meglio ora?” chiese Ayako, “cos'avevi?”
 
-Si è tagliato il braccio con il vetro e hanno dovuto mettergli venti punti all'ospedale- pensò Hanamichi, -e due giorni dopo vuole giocare a basket.-
 
“Niente...solo un po' di febbre”
 
L'allenamento iniziò pochi minuti dopo e Kaede si rallegrò che il dolore nelle parti basse fosse diminuito con il passare della giornata, perché quel pomeriggio l'allenamento fu piuttosto faticoso, soprattutto quando arrivò il coach Anzai e iniziarono la partita.
 
Tutto stava andando bene finché in una giocata Kaede si preparò a effettuare un tiro da sotto il canestro ma Mitsui commise un fallo, colpendogli il braccio che supportava la palla. Il suo grido di dolore fu tale che Ayako dimenticò di fischiare il fallo. Tutti corsero verso la super matricola, in ginocchio e a terra mentre si teneva il braccio sinistro per il gomito, stringendolo contro lo stomaco.
 
“Che succede?” chiese Mitsui sorpreso. Non lo aveva colpito con forza, e di certo non giustificava il fatto che il ragazzo fosse pallido per il dolore.
 
“Non è niente...” sussurrò.
 
“Stai bene, Rukawa-kun?” chiese Haruko.
 
“Fammi vedere il braccio”, disse Ayako tendendogli la mano.
 
“No!” esclamò Rukawa, sorprendendo tutti.
 
“Ma cosa...”
 
“Rukawa, Ayako vuole solo controllare...ti fa così male?” chiese Mitsui.
 
“Lasciatelo stare” intervenne Hanamichi inginocchiandosi davanti a lui, “andiamo negli spogliatoi” gli sussurrò all'orecchio.
 
“Ok...” mormorò Kaede a voce bassissima, alzandosi insieme ad Hanamichi.
 
Era davvero strano. Sakuragi che difendeva Rukawa? Certo era da tempo che non litigavano, ma da lì a raccontarsi segretucci all'orecchio...il più sospettoso di tutti era Mitsui, che sapeva perfettamente che le lamentele di Rukawa per il braccio non avevano a che fare con lui. Quando Sakuragi e Rukawa lo superarono, afferrò il secondo per il polso sinistro e con un rapido movimento gli sollevò la manica.
Rukawa quasi urlò di nuovo mentre tutti rimasero inorriditi nel vedere la brutta ferita.
 
“Che diavolo stai facendo, Micchi?” gridò Sakuragi, allontanando le sue mani dal braccio di Rukawa.
 
“Che ti è successo, Rukawa?” chiesero Ayako e il coach Anzai quasi all'unisono.
 
“Io...” il ragazzo non sapeva cosa dire. Non osava mentire al suo allenatore.
 
“Come te lo sei fatto?”

“...”
 
“È stato con lo specchio degli spogliatoi?” chiese l'allenatore con voce grave.
 
“...”
 
“Hai rotto tu lo specchio?”
 
“Sì...”
 
I mormorii che si erano sentiti quando la ferita era stata esposta cessarono improvvisamente. Tutti si aspettavano che il coach gli chiedesse perché lo aveva fatto, ma invece disse qualcosa che li lasciò senza parola.
 
“Allora non ho altra scelta che espellerti dalla squadra”

“Cosa?!” gridarono insieme Hanamichi, Ayako, Haruko, Ryota e Hisashi. Gli altri aprirono la bocca, sorpresi, ma rimasero in assoluto silenzio.
Kaede impallidì ulteriormente.
 
“Ma che stai dicendo, vecchio?!” Hanamichi urlò ancora più forte, “come puoi cacciarlo per un'assurdità come questa?!”

“Non è un'assurdità” disse calmo il coach, “distruggere intenzionalmente gli impianti sportivi della scuola è motivo di espulsione”

“M-ma coach...non sappiamo nemmeno perché lo ha fatto...” balbettò Ayako.
 
“Non ha importanza”

“Coach...Rukawa è uno dei nostri giocatori chiave, senza di lui non riusciremo ad arrivare nuovamente alle finali...” aggiunse Ryota.
 
“Le regole della scuola sono applicabili a tutti allo stesso modo”
 
“Smettila di dire stronzate, vecchio!” esplose Hanamichi, “stiamo parlando di Rukawa! Di Rukawa! Non avevi detto qualche mese fa che ti fidavi di lui? E invece lo cacci via senza nemmeno preoccuparti del perché ha rotto quel fottuto specchio!”
 
“Basta, doaho...” intervenne infine Rukawa, “non ha importanza...rimarrò in questa scuola solo per qualche altro mese comunque”
 
“Come, non ha importanza?!”
 
Kaede si voltò e fece per andarsene prima possibile quando fu afferrato per il braccio destro da Hanamichi.
 
“Se Rukawa se ne va dalla squadra, me ne vado anch'io” annunciò.
 
“Cosa?!” esclamarono tutti.
 
“Se Rukawa se ne va dalla squadra, me ne andrò anch'io” ripeté.
 
Il coach Anzai fissò Sakuragi con una strana espressione che solo Mitsui comprese. Rukawa era semplicemente paralizzato.
 
“Sakuragi, questo non risolverà nulla” disse Ayako, nervosa.
 
“Me ne andrò anch'io” annunciò Mitsui.
 
Sakuragi e Rukawa si voltarono verso di lui, sorpresi, ma non più di Ayako e gli altri.
 
“Come?!”
 
“Io sono stato riammesso in squadra dopo aver provato a distruggere la palestra. Non è giusto che Rukawa venga espulso per aver rotto uno specchio. Inoltre, non è solo un giocatore: è nostro compagno e non possiamo permettere un'ingiustizia del genere. Quindi se va via lui, lo farò anch'io”
 
“Ma...”
 
“Anch'io” disse Ryota.
 
“Ryota!” esclamò Ayako.
 
“Anch'io” si sentì. Era Ishi.
 
“E io”, Yasuda. “E io”, si unì Shiozaki.
 
“E io”, “E io”
 
A poco a poco tutti i giocatori della squadra annunciarono il loro ritiro nel caso Rukawa fosse stato espulso. Haruko e Ayako si guardarono per un momento e stavano per fare lo stesso quando si sentì la voce dell'allenatore.
 
“I tuoi compagni ti stimano molto, Rukawa”

Kaede non disse niente, se lo avesse fatto sarebbe scoppiato in lacrime. Di gioia.
 
“Per questa volta ci dimenticheremo dell'accaduto. Ayako, accompagna Rukawa in infermeria a far controllare i punti”
 
“Sì...” disse Ayako. Si avvicinò timidamente a Rukawa ed entrambi uscirono lentamente dalla palestra.
 
“Continuiamo con la partita” ordinò Anzai.
 
Si sistemarono tutti in campo come se non fosse successo nulla tranne Hanamichi, che era ancora furioso e si avvicinò all'allenatore che si era seduto.
 
“Perché l'hai fatto, vecchio?” domandò, “sapevi che non era giusto!”
 
“Rukawa doveva rendersi conto che non è solo”

“C-cosa?” esclamò Hanamichi.
 
“Sakuragi...confido in te affinché lo aiuti”

“T-tu...sai...?”
 
“La dottoressa Aizawa mi ha chiamato ieri mattina. Mi ha detto cosa sta succedendo a Rukawa e che un compagno di scuola con i capelli rossi di nome Sakuragi ha passato la notte con lui in ospedale”
 
“Io...avrei dovuto avvertirti...”

“Non importa. So che ti stai prendendo cura di lui.
 
-Non tanto quanto credi...- pensò Hanamichi tristemente, -al momento sono solo riuscito a ferirlo di più...-

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


Passarono un paio di settimane in cui Kaede, nonostante fosse sempre serio e silenzioso come sempre, sembrò un po' più animato. Hanamichi continuava ad andare di tanto in tanto a casa sua, riscoprendosi preoccupato perché la volpe aveva iniziato a prendere antidepressivi. Non parlarono di quello che era successo tra loro, ma Hanamichi non smetteva di pensarci. Era esattamente ciò a cui stava ripensando quando un giorno, a pranzo, andò a parlargli nientemeno che Haruko.
 
“Sakuragi-kun...possiamo parlare un momento?”

“Eh? Certo, Haruko-san” disse lui sorpreso che la ragazza si presentasse dopo tanto tempo.
 
“Vedi...quasi due mesi fa tu ti sei dichiarato e io ti ho rifiutato...”
 
“Beh, sì...” mormorò un po' ferito dal doverlo ricordare.
 
“Io...non avrei dovuto”
 
“Come?”

“Mi piaci molto, Sakuragi-kun...”

“CHEEEE?!”
 
Diversi studenti si voltarono verso lo scandaloso ragazzo. Haruko afferrò il braccio di Hanamichi e lo allontanò da occhi indiscreti. Gli disse poi della condizione che le era stata posta per aver accettato la posizione di seconda assistente, scusandosi per averlo tenuto nascosto e proponendo di frequentarsi in segreto, omettendo di aver sentito Ryota avanzare la stessa idea ad Ayako in un giorno in cui era arrivata molto presto in palestra.
 
“Vuoi?” chiese Haruko con occhi luminosi.
 
Hanamichi la guardò senza dire nulla. Solo un 'Sì' e Haruko sarebbe stata la sua ragazza. La sua ragazza. Da quanti anni voleva averne una? Non se lo ricordava nemmeno più. Accompagnare una ragazza da scuola a casa e da casa a scuola era sempre stato il suo sogno. Ma c'era qualcosa che gli impediva di pronunciare quel 'Sì'. Forse era l'idea di frequentarsi in segreto che non lo convinceva...no, non era quello. Osservò più attentamente la ragazza che aspettava nervosamente la sua risposta. Notò i suoi capelli castani, i suoi occhi chiari, il suo naso all'insù, le labbra, il collo, il corpo snello coperto dalla divisa...e non sentì alcun desiderio. Non aveva mai considerato il sesso come la parte più importante di una relazione, ma era evidente che non era innamorato di Haruko come aveva creduto se non sentiva il minimo interesse a farla sua...sapeva che con lei non avrebbe mai provato la stessa passione che aveva avvertito con...
 
Improvvisamente le cose divennero così chiare che Hanamichi quasi ne fu sconvolto.
 
Ecco di cosa si trattava.
 
In due secondi ricordò ognuno dei momenti vissuto con Kaede dal primo giorno di scuola sul tetto alla notte in cui i loro corpi si erano uniti a formarne uno solo; ricordò le lacrime, le carezze, i baci, le grida di piacere di entrambi mentre facevano l'amore...
 
-Voglio rifarlo, voglio averlo sotto di me, sentire la sua pelle contro la mia...voglio infilare le mani nei suoi capelli mentre lo possiedo, voglio dargli piacere, voglio vederlo sorridere...voglio sentire la sua voce gemere il mio nome...voglio dormire accanto a lui e dargli il buongiorno per svegliarlo...voglio...voglio Rukawa...-
 
“Stai bene, Sakuragi-kun?” chiese Haruko vedendo il viso improvvisamente pallido del ragazzo.
 
“Sì, sto bene...mi dispiace, Haruko, non posso stare con te”
 
“Perché no?” balbettò la ragazza con gli occhi lucidi.
 
“Io...non sono innamorato di te. Forse non lo sono mai stato”
 
Hanamichi scappò senza dare ad Haruko il tempo di replicare.
 
-Devo parlare con lui-
 
Entrò nell'aula 1-10 proprio mentre la campana indicava la fine dell'ora di pranzo e si fermò vicino alla porta intanto che tutti gli studenti entravano e si sedevano ai loro banchi. Nessun segno di Rukawa.
 
“Ehi, tu!” interpellò uno degli ultimi ragazzi entrati, “Rukawa?”
 
“Ru-rukawa?” ripeté il ragazzo un po' spaventato dalla fama di quel matto con i capelli rossi, “u-un professore lo ha mandato a casa a metà mattina perché non si sentiva bene, era molto pallido e sembrava un po' nauseato...”
 
-Maledette pillole e i loro effetti collaterali- pensò Hanamichi fuggendo di nuovo verso l'ingresso principale della scuola, da dove scappò letteralmente da due insegnanti. Iniziò a piovere e scelse di prendere un taxi che lo portasse a casa della sua volpe. Dieci minuti dopo era di fronte alla sua porta e suonava il campanello.
 
Un Kaede molto pallido e mezzo addormentato aprì la porta; stava per chiedergli cosa ci facesse lì quando fu interrotto dalla voce forte e chiara di Hanamichi.
 
“Ti amo”

Kaede spalancò gli occhi ma non disse nulla.
 
“Ti amo” ripeté Hanamichi, “ti amo, ti amo, ti amo. Perdonami per non essermene accorto prima”
 
Silenzio.
 
Kaede finalmente parlò, ma le sue parole non erano quelle che Hanamichi si aspettava.
 
“Sei zuppo, doaho. Vieni dentro” disse tirando Hanamichi in casa e chiudendo la porta, “ti do un asciugamano e una maglietta asciutta, altrimenti prenderai un raffreddore” aggiunse, iniziando a salire le scale. Hanamichi lo seguì molto preoccupato per la sua reazione, o meglio, per la sua non reazione. Sembrava che non lo avesse nemmeno sentito.
 
Kaede gli gettò un asciugamano in testa dopo averlo preso dal bagno, poi entrò nella sua stanza e cominciò a cercare nell'armadio una t-shirt abbastanza grande per Hanamichi, rispetto a lui doveva essere più grande di almeno due taglie.
 
“Ecco” disse porgendogli una maglietta bianca a maniche lunghe, “penso che questa ti andrà bene”
 
Hanamichi prese la maglietta offerta, lasciandola però sul letto insieme all'asciugamano.
 
“Non hai sentito cos'ho detto?” chiese esasperato all'espressione indifferente della volpe.
 
“Certo che ho sentito” replicò Kaede con calma.
 
“E quindi?”

“Quindi cosa?”

“Dannazione! Non mi dici niente?”

“Dirti cosa?”

Il viso di Hanamichi iniziò ad arrossire di rabbia. Buttò violentemente Kaede sul letto e si mise sopra di lui, afferrandogli i polsi e ignorando la sua smorfia di dolore.
 
“Dimmi che mi ami”
 
“Te l'ho già detto una volta”

“Dimmelo addesso”

“Ti amo”

“Lo dici solo perché te l'ho chiesto?”

“Hai fatto l'amore con me solo perché te l'ho chiesto?”

Hanamichi aprì la bocca, sorpreso.
 
“Certo che no!” esclamò.
 
“E allora perché hai voluto farlo?”

“Perché ti desideravo...ma in quel momento credevo si trattasse solo di quello...”
 
“E adesso?”

“Adesso è molto di più...”
 
Hanamichi abbassò la testa per baciare dolcemente Kaede nello stesso istante in cui gli lasciava i polsi e appoggiava i gomiti a entrambi i lati della sua testa. Pochi secondi dopo si staccò e si sedette sopra di lui, togliendosi la maglietta bagnata della divisa, poi fece lo stesso con la volpe.
Poi continuò con i pantaloni e i boxer fino a lasciarlo completamente nudo e un po' tremante sul letto. Quando Hanamichi finì di spogliarsi, tornò su Kaede e gli allargò le gambe.
 
Kaede chiuse gli occhi e aspettò il dolore della penetrazione, ma sentì invece le dita di Hanamichi che lo accarezzavano ed entravano dolcemente in lui. Aprì gli occhi e si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal proprio, sorridendogli affettuosamente mentre continuava a penetrarlo con tenerezza, fino a trovare il punto che lo fece rabbrividire di piacere puro. Hanamichi guardò compiaciuto come Kaede gemette e si contorse aggrappandosi alle lenzuola. Quando considerò che la tortura fosse sufficiente, tirò fuori le dita e le sostituì con il suo sesso. Il corpo di Kaede si tese un po', ma nessun cenno di dolore attraversò il suo viso.
 
“Ti amo...” sussurrò Hanamichi al suo orecchio mentre lo penetrava completamente e iniziava a masturbarlo.
 
“Anche...io...” ansimò Kaede.
 
Durante quella seconda volta Hanamichi finì ben prima di Kaede, ma non lo disturbò affatto continuare a stimolarlo fino a fargli raggiungere l'orgasmo. Rimasero nel letti abbracciati, troppo esausti per parlare, e in cinque minuti si addormentarono entrambi.
 
x x x
 
Aprì gli occhi assonnato e la prima cosa che vide fu l'ora indicata dall'orologio sul comodino.
 
-È troppo tardi per andare agli allenamenti-, pensò, -e non credo che mi lascerebbero allenare-. Improvvisamente si ricordò di qualcosa di importante e con il cuore in mano si voltò velocemente nel letto. Ma si calmò subito. Hanamichi era al suo fianco, sveglio, e con un timido sorriso sul volto.
 
“Buongiorno amore”

Kaede arrossì e Hanamichi sorrise un po' di più.
 
“Buongiorno...” mormorò. Il sorriso di Hanamichi si cancellò immediatamente dopo aver sentito la voce triste di Kaede.
 
“Che succede?” chiese preoccupato.
 
“Niente...ehi, non vai ad allenarti?”

“Non mi va...preferisco stare qui con te a letto”

“...”

Hanamichi si sollevò leggermente e allungò una mano per accarezzare la sua pelle pallida.
 
“Ru...posso chiamarti Kaede?”

“Sì...”

“Kaede...vuoi stare con me?”

“Come?”

“Sai...stare insieme...”

Kaede lo fissò come se fosse un'allucinazione. Allungò la mano per toccarlo e assicurarsi che fosse vero...il suo sguardo si illuminò per un istante, ma si spense subito.
 
“Mi piacerebbe...ma non credo che sia una buona idea...”

“Cosa? Perché?”

“Manca poco alla fine della scuola, poi me ne andrò da Kanagawa...e non funzionerà...”
 
“Non vai da nessuna parte, volpe...” lo interruppe Hanamichi con voce allegra, dandogli un tenero bacio sulle labbra, “resterai con me”
 
“Di che parli?”

“A casa mia abbiamo una stanza da affittare e tu hai una buona pensione economica grazie all'assicurazione sulla vita di tuo nonno, come mi hai detto...e dato che so che non vuoi allontanarti da questo magnifico tensai, indovina chi occuperà quella stanza...ne ho già parlato qualche giorno fa con mia madre e lei è d'accordo...”

Kaede era sul punto di protestare di impulso, poi si rese conto di cosa il doaho stava proponendo.
 
“Vivere...insieme?” chiese a bassa voce.
 
“Esatto. Che ne pensi?”

“Sarebbe...fantastico...” ammise con un piccolo sorriso.
 
Dire che Hanamichi rimase meravigliato era un eufemismo. Già l'aveva visto sorridere in una foto, ma dal vivo era mille volte meglio. Appena le sue labbra si curvarono un po', bastò per cambiare completamente il suo viso. Accanto a lui non c'era più il ragazzo serio e triste di cui si era innamorato.
E si innamorò di nuovo.
 
Di colpo si chiese se fosse abbastanza degno per stare con qualcuno così perfetto...ma apparentemente era stato l'unico ad ottenere il suo sorriso a parte suo nonno, quindi meritava almeno un'opportunità...
 
“Non sarà facile, lo sai, vero?” la voce del suo amore interruppe i suoi pensieri, “siamo due ragazzi”
 
“Lo so...ma ti amo, Kaede, ti amo...ti prometto che ti renderò felice...”

“Doaho...l'hai già fatto...”

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove - Epilogo ***


 
“Sono a casa!”

“Bentornato!”

“Ciao mamma!” esclamò Hanamichi entrando in cucina, dove sua madre stava preparando la cena.
 
“Salve signora Sakuragi” salutò Kaede educatamente, apparendo da dietro il compagno.
 
“Ehi ragazzi! Com'è andato l'allenamento!”

“Benissimo! Abbiamo giocato una partita contro le matricole e ho dimostrato chi è il talentuoso atleta e futuro capitano Hanamichi Sakuragi, conosciuto nella prefettura Kanagawa come il re dei rimbalzi, anzi, conosciuto in tutto il Giappone...” si interruppe vedendo Kaede alzare un sopracciglio. “Che c'è volpe? Non credi che questo genio...ahi!”

“Non chiamarlo volpe!” esclamò la signora Sakuragi dopo aver dato uno schiaffo al figlio.
 
“Ma mamma! Lui mi chiama doaho!”

“Ora non ti ha detto niente!”

“Perché ci sei tu!”
 
“Smettila di lamentarti e vai a farti la doccia, si cena tra quindici minuti!”

“Ma...!”

“Andiamo, Hanamichi” intervenne Kaede tirandolo per la maglietta.
 
Hanamichi non rispose, ancora meno dopo aver visto il bel sorriso che adornava il viso perfetto del suo amato, e uscì dalla cucina seguendolo. Il lunedì Kaede faceva la doccia per primo, quindi quando Hanamichi uscì dal bagno con un asciugamano intorno alla vita e passò davanti alla sua stanza, lo vide già in pigiama. Vedendo cosa stava facendo, non poté fare a meno di preoccuparsi ed entrare.
 
“Per quanto tempo devi prenderle?” chiese indicando la boccetta che il ragazzo aveva in mano. Kaede tirò fuori una pillola e rimise il flacone nel cassetto del comodino.
 
“Non lo so” rispose prendendo dell'acqua, “fino a quando la dottoressa Tsukino non mi dirà diversamente”
 
“Ma non ti servono più...”

“Hanamichi, non lo so nemmeno io, come lo sai tu?”

Kaede stava per prendere la pillola quando Hanamichi si avvicinò e lo fermò prendendogli il polso.
 
“Cosa...?”

“Pensi di averne bisogno?” chiese fissandolo.
 
“Hana...” mormorò, “io...credo di no, ok? Ma non sono io a decidere. La dottoressa Tsukino è brava e se mi dice che devo continuare a prenderle lo farò, capito? Non voglio avere un'altra crisi...ho passato un periodo molto brutto...”
 
Hanamichi gli lasciò il polso, un po' imbarazzato. Kaede si mise la pillola in bocca e bevve un sorso d'acqua.
 
“Mi dispiace, hai ragione. Ma ti vedo stare bene e mi rifiuto di pensare che sia per l'effetto delle pillole...e le prendi da troppo tempo e non voglio che ne diventi dipendente...”
 
“Ne abbiamo già parlato. L'unica cosa che mi rende dipendente sei tu, sciocco...”

“Perdonami, davvero...ti amo così tanto...” disse Hanamichi abbracciandolo.
 
“Anch'io...”
 
Kaede riusciva a malapena a respirare per l'abbraccio stretto che il ragazzo gli stava offrendo, ma non gli importava. L'unica cosa che lo preoccupava era che la porta fosse ancora aperta e da un momento all'altro la signora Sakuragi sarebbe potuta apparire a sorprenderli. In breve sentì le labbra del suo amato scorrergli lungo il collo.
 
“Ha-hana...” sussurrò piano, “che stai facendo...”

Hanamichi non gli rispose ma iniziò a succhiare con più forza il suo collo mentre una mano si abbassava lentamente sulla schiena fino a fermarsi su una natica, che strinse forte. Kaede si morse un labbro per non emettere un forte gemito, specialmente quando notò l'erezione del ragazzo attraverso l'asciugamano.
 
“Basta...” si obbligò a dire, “tua madre è in cucina...potrebbe passare e vederci...”

“Ti voglio...” mormorò Hanamichi, lasciando il lato destro del suo collo per iniziare a baciare il sinistro, “è da tanto tempo che non lo facciamo...”
 
Da quando Kaede si era trasferito con Hanamichi e sua madre non avevano avuto molti momenti da soli di cui approfittare; ogni tanto andavano nella casa dove Kaede aveva vissuto con il nonno, ma ora era stata affittata e i due amanti erano rimasti senza un posto dove sfogare la loro passione giovanile.
 
“Io...ne ho voglia anch'io...ma ora non possiamo...lasciami...”

“Sei tu che non ti stacchi...”

“F-forse...”
 
Alla fine fu lo squillo del telefono a farli separare d'improvviso per lo spavento. Accorgendosene, si guardarono con gli occhi luccicanti e risero nervosamente.
 
“Kaede! È tuo zio!” gridò la signora Sakuragi dal soggiorno.
 
“Arrivo”
 
Kaede diede ad Hanamichi un rapido bacio sulle labbra prima di andare a rispondere. Hanamichi decise di indossare il pigiama prima di imbattersi in sua madre che avrebbe visto il 'problema' che aveva tra le gambe e che si distingueva da sotto l'asciugamano. Si era rivestito quando Kaede entrò nella sua stanza.
 
“Cosa voleva tuo zio?”

“Il solito. Sapere come sto e come va. Oh, e vuole che passi le vacanze estive con lui”
 
“Oh...e andrai?”

“Certo”

Kaede non poté fare a meno di sorridere all'espressione triste di Hanamichi.
 
“Sarà solo per due settimane...” disse avvicinandosi e accarezzandogli la guancia.
 
“Lo so...”
 
“Hana...” Kaede tornò serio, “vorrei che mi accompagnassi in un posto domani”

“Dove?”

“A visitare la mia famiglia. Domani è il compleanno di mia madre”.
 
x x x
 
C'era molto silenzio, era presto e faceva un po' freddo. Kaede e Hanamichi camminavano lentamente senza dirsi niente tra le tombe, tenendosi per mano, approfittando del fatto che non ci fosse nessuno. Hanamichi era molto nervoso, era come se il suo ragazzo volesse presentarlo ufficialmente alla sua famiglia, e in un certo senso era così. Lo guardò un momento con la coda dell'occhio, vedendo il suo viso sereno e calmo ma malinconico, e gli strinse amorevolmente la mano. Kaede si voltò a guardarlo con un piccolo sorriso.
 
Camminarono ancora per qualche minuto fino a quando Kaede si fermò davanti a un piccolo gruppo di lapidi e Hanamichi fece lo stesso.
 
“Eccoci” disse Kaede.
 
Hanamichi le guardò una ad una, leggendo i nomi e scoprendo per la prima volta dati come il giorno esatto in cui i genitori e il fratello maggiore di Kaede erano morti, o come quest'ultimo si chiamava Eike e aveva quindici anni quando era morto prematuramente, Kaede era molto restio a parlare sull'argomento.
 
Kaede si inginocchiò davanti alla tomba di sua madre, lasciò i fiori che aveva portato e cominciò a parlare. Hanamichi rimase in piedi, ad ascoltare.
 
“È passato molto tempo da quando sono venuto. Perdonatemi. Ma non lo sopporto. Non posso sopportare di sapere che voi siete lì dentro invece che al mio fianco. E perdonatemi anche per avervi odiato quando mi avete lasciato da solo. E nonostante vi abbia odiato, ho pensato molte volte di raggiungervi. Sarebbe stata la cosa più semplice. Ma non l'ho fatto. Perché? Mi avreste odiato voi, per essere stato debole e codardo.
 
So che state vegliando su di me e che vi ho fatto preoccupare in questi ultimi mesi. Mi dispiace tanto, davvero. Non ero in grado di chiedere aiuto e sono crollato. Ma sto molto meglio ora, grazie alla dottoressa Tsukino, che mi sopporta ogni settimana, alla dottoressa Aizawa, che si preoccupa per me anche se non sono più un suo paziente, al coach Anzai, che si fida di me, ai miei compagni, che si sono preoccupati volendo sapere cosa mi succedeva, e soprattutto al ragazzo che è accanto a
me.
 
Lui è Hanamichi Sakuragi. È il mio ragazzo. Immagino che sarete sorpresi. Tranne tu, nonno, vero? Sapevi della mia omosessualità anche prima di me e mi hai aiutato ad accettarlo come qualcosa di naturale. Mi hai detto 'Non importa di chi ti innamori, uomo o donna, anche se soffri, avrai sofferto per amore, ed è l'unica sofferenza che vale la pena'. Ho sofferto. Ma ne è valsa la pena. Spero che, anche se siete sconvolti per la notizia, l'accettiate e siate felici per me. Perché io sono molto felice.
 
Buon compleanno, mamma. Prometto che verrò ogni anno, e per il compleanno di papà, di Eike e del nonno. Vi voglio bene”

Dopo aver accarezzato la lapide con un gesto leggere, Kaede si alzò e si voltò verso Hanamichi, che piangeva in silenzio.
 
“Cosa c'è che non va?” chiese sorpreso.
 
“Io...quello...quello che ti ha detto tuo nonno...è molto bello...” rispose tra i singhiozzi. Era adorabile.
 
“Sì. Ma stai piangendo per questo?”

“Sì...no...non lo so! Non capisco perché sto piangendo, dovresti essere tu quello...” si interruppe bruscamente.
 
-Merda- pensò disperato, -che gaffe. Sono un coglione-
 
Kaede lo fissò per un momento senza dire niente, con un'espressione che non riusciva a decifrare, poi alzò la testa verso il cielo nuvoloso.
 
“Sì...” mormorò infine, “immagino che dovrei essere io a piangere...ma penso che le mie lacrime siano finite...”
 
Kaede si voltò e iniziò a camminare lentamente verso l'uscita del cimitero con le mani in tasca. Hanamichi gli corse dietro e si piazzò accanto a lui.
 
“Scusa...quello che volevo dire è che nella tua situazione io sarei stato peggio...”

“Peggio?” Kaede fece un sorriso ironico.
 
“Sì” Hanamichi si fermò e costrinse Kaede a fare lo stesso. “Sei molto più forte di quanto pensi, Kaede Rukawa. Sono sicuro che la tua famiglia è molto orgogliosa di te”
 
“Non credo” mormorò Kaede, evitando i suoi occhi castani.
 
“Sì” disse Hanamichi con fermezza. Gli alzò il mento con una mano e gli diede un tenero bacio.
 
“C'è gente” disse Kaede, separandosi. In quel momento passò una coppia anziana che a quanto pare non li aveva ancora notati.
 
“Non m'interessa”
 
“Cosa?”

“Non m'interessa. Non voglio più nascondermi. Stasera lo dirò a mia madre e domani alla squadra e ai miei amici”

“Sai cosa stai dicendo, Hanamichi?”

“Perfettamente” disse Hanamichi porgendogli la mano. Kaede esitò per un momento, ma Hanamichi sorrise dolcemente e lui alla fine lo ricambiò, tirando fuori una mano dalla tasca per prendere quella del ragazzo. Si diressero così all'uscita, davanti allo sguardo stupito della coppia anziana e di tutti coloro che incrociarono nel tragitto verso casa.
 
D'improvviso Hanamichi si mise a ridere.
 
“Perché ridi?” chiese Kaede incuriosito.
 
“Per la reazione di Haruko quando lo scoprirà...cadrà all'indietro”

“Non solo lei...” ridacchiò Kaede.
 
A cena, Hanamichi e Kaede parlarono con la signora Rukawa. Sua madre reagì abbastanza bene, ma pose loro la condizione che, vivendo sotto il suo tetto, avrebbero dovuto evitare esibizionismi. I membri della squadra dello Shohoku e l'Armata in effetti caddero tutti all'indietro.
 
 
 
Grazie a cicci783 e Pitta per i commenti :* aspettate il sequel di questa storia...e le altre che arriveranno ^__^ a presto!

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