Di maglioni extralarge, cioccolata calda e fortini di neve [all I want for Christmas is SaNami]

di channy_the_loner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dichiarazione ***
Capitolo 2: *** Imbarazzante, impensabile, assurdo ***
Capitolo 3: *** Sapore di te ***



Capitolo 1
*** Dichiarazione ***


Prompt: “Baby, all I want for Christmas is you!”

 

 

Dichiarazione.

 

Che Sanji-kun avesse conseguito una laurea in Idiozia con il massimo dei voti, Nami l’aveva compreso sin dal primo giorno di convivenza sulla lontana e cara Going Merry; nel ricordarsi tutte le stramberie che le aveva proposto di giorno in giorno e di mese in mese, dovette ammettere che la fantasia era una dote che non gli mancava affatto e, certamente, gli tornava parecchio utile quando si chiudeva in cucina a doppia mandata per sperimentare le ricette che aveva sognato durante la notte appena precedente.

C’era da dire che Nami, nel corso degli anni, ne aveva viste di tutti i colori: a partire da gesti leggeri e sciocchi – come le pietanze a forma di cuore che le serviva volteggiando sulle gambe molli –, il biondo aveva allargato i suoi azzardi sempre di più, poco alla volta per non destare sospetti, ma inesorabilmente. Il suo sguardo blu era diventato corrosivo – o, almeno, così lo aveva definito la bella navigatrice di bordo in un pomeriggio estivo in cui l’aveva sorpreso a guardarla dalla cima delle scale che conducevano al timone, dove se ne stava seduto a fumare una delle sue infinite sigarette bianche.

Fu in quel momento, in quel preciso istante tanto insignificante quanto intenso, che Nami lo aveva notato: aveva notato che Sanji era in grado di ammirarla, e non solo di adularla; aveva notato la precisione che la sua mano usava in ogni movimento, alla ricerca di un contatto con la pelle abbronzata, che prima sembravano gesti del tutto casuali; aveva notato che lui c’era sempre stato nel momento del bisogno, che tutte quelle promesse strillate mentre il suo corpo si scioglieva in un’ondata di cuoricini erano sempre state mantenute. E poi, senza che neanche lo volesse per davvero, aveva iniziato a far caso alle espressioni del bel viso del cuoco, aveva pensato a lui in un modo completamente nuovo e il suo cuore aveva mancato un battito. Era quasi certa di essersi presa una cotta per quello scemo e, quando tale ipotesi le balenò in mente per la prima volta, dovette schiaffeggiarsi il volto, incredula di essere cascata nell’inarrestabile corteggiamento di Gambanera.

Ma di dichiararsi non se ne parlava. Semplicemente, aveva lasciato che continuasse con le sue moine adorabili e con i suoi atteggiamenti da spaccone sul campo di battaglia – e più di una volta si era ritrovata ad arrossire come una scolaretta. Avrebbe continuato a comportarsi come al solito, a far finta di niente, nell’attesa che quella malattia le passasse. Ma il tempo era volato, e quel sentimento caloroso non ne aveva voluto sapere di fare le valigie e sloggiare. «Lo devi affrontare. È arrivato il momento che anche tu ti metta in gioco», le aveva detto Robin una settimana prima, e da allora Nami non aveva fatto altro che pensarci. «Vedrai», aveva aggiunto l’archeologa con un fastidioso sorrisetto, «la magia del Natale farà la sua parte.»

Nami avrebbe preferito di gran lunga trascorrere la nottata tra il ventiquattresimo e il venticinquesimo giorno di dicembre a festeggiare il compleanno dell’adorato medico di bordo, però non sarebbe stato più rilassante e soddisfacente parlare con il cuoco e finalmente mettere un punto finale a quell’agonia? ‘Ché poi non si sarebbe mica trattato di una proposta di matrimonio – di nozze e cerimonie ne aveva abbastanza – ma di un semplice confronto, una chiacchierata tra amici, e probabilmente lei l’avrebbe anche rimproverato, dandogli la colpa di tutti quei brividi che percepiva a fior di pelle e intimandogli di smetterla di essere così maledettamente sé stesso.



Si guardò allo specchio e si fece coraggio: il grande giorno era arrivato.

Quando uscì dalla cabina venne quasi accecata dalle lucine che Usopp aveva usato per decorare l’intera Sunny – più che nave, a Nami sembrò di trovarsi sul carro di una parata decisamente pacchiana. Diede un’occhiata in giro per controllare quale altro oggetto di scena avessero piazzato, sperando per i suoi compagni che non avessero usato neanche un Berry extra per completare gli addobbi natalizi. «Ogni anno è sempre peggio», disse al nulla, puntellando le mani sulle curve dei fianchi nell’osservare le corde dell’albero maestro riempite di palline colorate.

Non si aspettava certamente una risposta, eppure le arrivò comunque: «Cosa vorresti dire?! La mia nave è un gioiellino!»

Volse uno sguardo a Franky, che si sbracciava dal giardino dove avevano piazzato un abete – dove l’avevano trovato…?

«Era un gioiellino», precisò la navigatrice, «prima che voi idioti la faceste diventare un circo.»

«Attenta a come parli!», sbraitò Usopp, incappucciato fino alla punta del naso. «Abbiamo impiegato tutta la giornata per sistemare le decorazioni.»

«Non lo metto in dubbio, ma sappiate che avete un pessimo gusto.»

Accanto a lei, un’elegante figura fasciata da un tubino nero ridacchiò nell’osservare le espressioni a metà tra l’indignato e l’affranto dei due costruttori. «Hai distrutto i loro sogni di gloria, poverini. Credevo che a Natale fossimo tutti più buoni.»

La rossa arricciò il naso, infastidita. «Non io, Robin.»

Il battibecco sarebbe continuato ancora a lungo, se un familiare figurino vestito di tutto punto non fosse uscito dalla cucina con le mani a coppa intorno alla bocca, deformata in un gran sorriso, ad annunciare: «La cena è pronta!»

Che cena, poi, era un termine riduttivo. Sanji era abituato a cucinare abbondanti quantità di delizie per soddisfare la sproporzionata fame cronica del Capitano, ma per la sera della Vigilia si era decisamente superato: l’intera tavola era imbandita a festa, a partire dai tovaglioli rossi ripiegati a eleganti origami ai manicaretti nei piatti di ceramica sparsi sulla tovaglia a tema, che chissà per quanto tempo sarebbe rimasta immacolata?

Il palato di Nami percepì il tocco delicatamente speziato in ogni portata, quel punto in più che Sanji riusciva ad aggiudicarsi ogni volta che partecipava a gare culinarie, quel tocco che nessun altro sarebbe stato in grado di riprodurre. E proprio lui, con un’espressione soddisfatta stampata sulla faccia, se ne stava seduto accanto a lei, le loro gambe e i loro gomiti a sfiorarsi quasi casualmente; di tanto in tanto, il biondo di sporgeva verso di lei con la palese intenzione di rubarle un bacio, e Nami lo allontanava con dei gentili buffetti sulle guance, fingendosi offesa dal suo solito comportamento frivolo. «Smettila, Sanji-kun», diceva nascondendo un sorrisetto, ma dandosi mentalmente dell’idiota per trovare piacevole quel calore irradiato nella pancia.

A guardarli, già sembravano una coppia e Sanji – a giudicare dai suoi mancati rimproveri verso l’ingordigia di Luffy e Brook, che parlavano tra di loro a bocca piena, sputacchiando in direzione del boccale di sakè di Zoro, il quale pareva non accorgersene poiché troppo impegnato a sonnecchiare tra gli spaghetti e il pesce fritto – pareva esserne consapevole.

«Nami-san», le disse tirando fuori una delle sue migliori espressioni. «Questa sera sei ancora più bella del solito.»

La rossa sorseggiò del vino dal calice prima di rispondere. «Credo che sia la quindicesima volta che me lo dici da quando ci siamo messi a tavola.»

«Non posso farne a meno, mia dea.» Le prese una mano tra le sue e aggiunse: «Spero che la cena sia stata di tuo gradimento. Per prepararla ho usato tutto l’amore che provo per te.»

Scontato come i vestiti che i negozianti delle isole volontariamente le vendevano a metà prezzo, ma evitò accuratamente di dirglielo.

«Certo. Sei un bravo cuoco, Sanji-kun.»

Lui fu sul punto di sciogliersi, nonostante quell’elogia non fosse altro che la realtà dei fatti, un dato di fatto che veniva rimarcato ogni giorno all’ora di pranzo. «Le tue parole mi mandano in Paradiso, Nami-san~♥»

La loro breve conversazione venne repentinamente interrotta dai loro compagni, i quali si alzarono da tavola dichiarando di voler continuare la festa all’aperto; Chopper, Usopp e Brook corsero fuori, seguiti dal Capitano rotolante, il carpentiere robotico e la misteriosa archeologa. Anche Sanji si alzò dalla comoda sedia, ma non si avviò alla porta della sala da pranzo; porse il braccio alla navigatrice di bordo e, chinandosi per raggiungere il suo orecchio, parlò con voce roca e galante: «Potrei avere l’onore di trascorrere con te il resto di questa splendida serata?»

Dal canto suo, Nami avrebbe tanto voluto fare la preziosa ancora per un po’ e farsi desiderare, ma trovò che quello sguardo serio e speranzoso fosse troppo bello per lasciare che si spezzasse per assumere un’espressione rassegnata, pertanto si aggrappò come una piovra al braccio del compagno e si issò, puntellando bene a terra i tacchi a spillo che aveva deciso di indossare qualche ora prima. Con la scusa di sentirsi infreddolita, rimase abbracciata a lui anche quando insieme raggiunsero il balconcino della sala da pranzo che dava sul ponte. L’aria gelida della notte le schiaffeggiava gentilmente il viso, ma nelle narici della rossa albergava il familiare odore di nicotina, dopobarba e casa; si chiese quando sarebbe giunto l’attimo ideale per potergli finalmente parlare.

Guardarono con divertimento la gara di pupazzi di neve che avevano improvvisato i più sciocchi del gruppo, resa possibile dall’aggeggio che Franky aveva costruito per produrre nevischio finto. Non parlarono, ma non si sentirono a disagio; c’erano solo loro due, le stoffe dei loro vestiti che sfregavano appena tra loro e i cuori che battevano all’unisono, ciascuno nella propria gabbia toracica.

Tuttavia, il momento durò ben poco. «Sanji-san!», chiamò Brook sbracciandosi dal ponte erbato. «Qui è tutto pronto!»

Il biondo sorrise, ma quella volta non fu dolce, bensì quasi un ghigno di chi era in procinto di combinarla grossa. Si voltò in direzione della sua bella – la quale seppe già che avrebbe fatto bene a non aspettarsi nulla di buono – e le disse: «Aspetta qui, Nami-san. Ho una sorpresa per te.»

«Perché ho l’impressione di dover avere paura…?»

Lui rise. «È il mio regalo di Natale per te.» Sciolse l’abbraccio che avevano saldamente mantenuto fino a quel momento e si allontanò di qualche passo camminando all’indietro, ancora guardandola negli occhi. «Sono sicuro che ti piacerà.»

“Non mi ricordavo di aver vinto alla lotteria”, pensò Nami stringendosi nelle spalle per combattere il freddo, ma lo lasciò fare.

Il biondo corse giù, intimando agli altri di allontanarsi per liberare il ponte e, dopo un suo cenno d’intesa, Brook collegò la sua chitarra elettrica a delle casse spuntante da chissà dove. Quando le prime note si propagarono per aria e un microfono mai visto prima finì tra le agili mani del cuoco, Nami capì che era il caso di preoccuparsi seriamente.

«I don’t want a lot for Christmas, there is just one thing I need…»

“Oh, no”, fu tutto ciò a cui la navigatrice riuscì a pensare.

Non era la prima volta che Sanji le faceva una serenata, ma mai prima d’allora era stato così serio. Sarebbe stata anche romantica, come pensata, se non fosse stato per un particolare di fondamentale importanza: Sanji poteva essere il cuoco più capace dei mari, un abile e spietato combattente, uno degli uomini più ricercati dal Governo Mondiale, ma quando si trattava di cantare era un disastro totale; stonato come una campana, non sapeva neanche muoversi ritmicamente e mantenere un unico e saldo tono di voce, che poi quasi non si sentiva a causa delle foga con cui il musicista di bordo stava suonando il proprio strumento assolutamente fuori il dolce tema natalizio. L’unico che pareva apprezzare era Zoro che se la rideva a gran voce, imitato dal dottore e dal cecchino, mentre Luffy incitava lo chef di bordo e invitava tutti a ballare lì attorno, così come stava facendo lui.

Nami si sentì sprofondare e tentò di non morire di vergogna mentre il biondo si sgolava e la guardava negli occhi, un’espressione entusiasta a incorniciargli il volto coperto in parte da quei bei fili dorati.

«NAMI-SAN», urlò con un gran sorriso per richiamare la sua attenzione, nonostante l’avesse già. «All I want for Christmas is YOUUUU~»

Inutile dire che Nami disse addio alla dichiarazione e lo gettò in mare.

 

 

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Il Natale è alle porte e io NON POTEVO non scrivere una mini-raccolta sulla mia OTP! La SaNami è la mia   v i t a   e quindi ho pensato di fare un regalo di Natale a tutti coloro che li shippano ^^ In realtà è un errore enorme perché in pentola bolle un progetto mooolto più grande e scrivendo questa raccolta sto solo procrastinando uccidetemi

Come avrete capito, ogni one-shot si baserà su un prompt; ne stavo cercando di nuovi ma, visto che in materia di forum ho il senso dell’orientamento di Zoro, ho usato questi del 2016 – che ho  a d o r a t o!

IMPORTANTE: ogni one-shot NON è collegata con le altre! Tenetelo ben a mente quando pubblicherò le altre parti ^^

E niente, mi dileguo a leggere Italo Calvino, ‘ché tra poco inizia la sessione *piange sotto l’albero di Natale* Lasciate una recensione con le vostre impressioni, se vi va! Mi fareste un bel regalo~~~

 

A presto,

–Channy

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Capitolo 2
*** Imbarazzante, impensabile, assurdo ***


Prompt: “I knitted you a sweater!”

 

Imbarazzante, impensabile, assurdo.

 

 

«Sanji-kun?»

In condizioni normali, lo chef avrebbe abbandonato tutto ciò che stesse facendo, qualsiasi cosa fosse, pur di correre in aiuto della sua amabile donzella dai lunghi capelli rossi; avrebbe sentito quel flebile richiamo in lontananza grazie al suo sensibile udito, e i suoi passi rapidi e felici avrebbero riecheggiato per tutta la Sunny.

E invece silenzio.

Nami attese pazientemente, una gamba a cavallo dell’altra sotto la scrivania del suo studio, mentre continuava a tracciare linee precise sulla superficie ruvida della carta; “Avrà le mani insaponate”, pensò tra sé e sé, immaginandolo mentre si dava da fare per pulire a fondo l’intera cucina che aveva usato fino a un’ora prima per cucinare il pranzo.

Diede un’occhiata alla legenda che aveva appuntato in un angolo della pergamena per assicurarsi di non star commettendo errori nella trascrizione delle informazioni, ma con la coda dell’occhio continuava a tenere sotto controllo l’entrata della biblioteca, sentendosi stranamente impaziente. «Sanji-kun!», le sfuggì dalle labbra, stavolta a voce più alta e pretenziosa.

Mantenendo gli occhiali da lettura calati sul naso, si voltò del tutto in direzione della porta nella speranza di vederla aprirsi nel giro di pochi attimi; il suo sguardo era ancorato alla maniglia dell’uscio, come a volerla abbassare con la forza del pensiero e spingere il cuoco a entrare, attirandolo come un piccolo chiodo a una potente calamita.

Quando capì che probabilmente il biondo non sentiva la sua voce – cosa alquanto strana, si disse – decise di agire di conseguenza. “Se Maometto non va dalla montagna, è la montagna ad andare da Maometto”, pensò mentre afferrava la propria felpa e la infilava rapidamente per contrastare il freddo invernale dell’isola sulla quale avevano attraccato pochi giorni prima. Quando uscì dallo studio, ritrovandosi di fronte ai suoi preziosi alberi di mandarino, constatò che la nave fosse deserta, tuttavia escluse che anche la persona che stava desiderando di vedere avesse deciso di scendere insieme agli altri poiché, nel suddetto caso, avrebbe sicuramente provveduto ad avvertirla – o le avrebbe galantemente proposto di accompagnarlo in giro.

A passo cadenzato e tutto sommato tranquillo, entrò in cucina, certa di trovarlo immerso tra pentolame e verdure tagliuzzate per la prematura preparazione della cena, e invece i fornelli non erano occupati da nessuno; anche la stiva adiacente era vuota di qualsiasi presenza umana, perciò Nami si riversò sul ponte. Controllò nella stanza dei ragazzi, storcendo il naso dinanzi alla perenne confusione che regnava tra quelle mura, e con una punta di disprezzo diede un’occhiata anche nella camera sua e di Robin – anche lì, nulla. Salì le scale che conducevano al timone, ma non lo trovò. A quel punto decise di arrampicarsi fino alla cappa della Sunny, fregandosene dell’invadere lo spazio personale di Zoro – era la sua palestra, ma mica c’era scritto il suo nome!

Dall’alto poté godere della vista dell’intera casa galleggiante, e si perse nell’osservare ancora una volta la precisione di ogni dettaglio che la caratterizzava, che la rendeva così unica e speciale. Dondolava placidamente a ritmo delle onde, restando allo stesso tempo ben salda alla costa liscia dove avevano attraccato, calando l’ancora artigliata con un sonoro tonfo nelle acque trasparenti dell’isolotto tropicale. E appena si disse che, davanti a quel semplice ma meraviglioso spettacolo, avrebbe potuto concedersi il lusso di rilassarsi, vide una familiare testa bionda fare capolino dalla stanza-acquario, guardare prima a destra, dopo a sinistra, per poi decidere di uscire allo scoperto con uno strano sorrisetto a distendergli i lineamenti. “A-ha! Qui gatta ci cova”, pensò la navigatrice con la medesima espressione, e quasi si lanciò giù dalla vedetta per raggiungere al più presto il compagno.

Nonostante sapesse usare l’haki dell’osservazione in maniera pressoché eccellente, a Sanji quasi non venne un infarto quando vide la ragazza dai lunghi capelli rossi piombargli davanti con un’aria curiosa e vagamente sadica. «N-Nami-san!», esclamò premendosi una mano sul petto. «Ti credevo nel tuo studio.»

Inutile tergiversare. «Cosa mi stai nascondendo, Sanji-kun?»

Il biondo batté le palpebre più volte per registrare la domanda e scovare una risposta. «Assolutamente nulla, amore mio.»

«Nulla?»

«Nulla.»

Lei puntellò le mani sui fianchi sinuosi. «Balle. Ti ho chiamato più volte e non mi hai risposto.»

Sanji crollò ai suoi piedi con aria teatralmente disperata. «Perdonami, mia dea! Le mie orecchie hanno commesso l’impensabile e gigantesco errore di non aver udito le tue melodiose corde vocali cantare per me~»

La ragazza roteò gli occhi al cielo. «Ti perdono, ti perdono…» Si inginocchiò per raggiungere l’altezza del cuoco e, con i loro nasi che si sfioravano impercettibilmente per la vicinanza, gli face la linguaccia. «… solo se mi dici cosa stavi facendo.»

Lui non seppe decidere se il senso di scomodità e inadeguatezza, mescolato a quell’intensa gioia che gli batteva forte nella gabbia toracica, fosse dovuto alle labbra fin troppo vicine della bella cartografa o alla crudeltà che aveva deliberatamente posto sull’altro piatto della bilancia.

«Nami-san», provò a dire, «ho già detto che non stavo facendo niente.»

Lei ribatté subito, come se si fosse aspettata quella risposta. «Ti sembro una sprovveduta, Sanji-kun?», chiese retoricamente, mentre sul suo volto si dipingeva una palesemente falsa espressione angelica. «Dai, con me puoi parlare, lo sai. So mantenere i segreti», aggiunse accarezzandogli il pizzetto con le dita affusolate della mano, vagamente fredde a causa delle temperature in procinto di abbassarsi.

Il cuoco di bordo, se ne avesse avuto la possibilità, si sarebbe volentieri svitato la testa dal collo e l’avrebbe gettata in mare, pur di scappare da quella situazione; in alternativa, deglutì sonoramente.

«Non te lo posso dire.»

La rossa annuì. «Già è una risposta diversa.» Puntò gli occhi in quelli color cielo che la fronteggiavano. «Perché?»

«No, no, no, no», balbettò in difficoltà. «Ho detto che non te lo posso…»

«Ma io sono curiosa», lo interruppe. «Un indizio?»

A quel punto, Sanji si fece coraggio e le poggiò le mani sulle spalle. «Nami-san», la chiamò con voce più seria. «Non insistere, per favore.»

Sentire quelle mani calde a contatto con il proprio corpo le fece uno strano effetto; quasi desiderò che si muovessero lungo le braccia, poi sulla schiena, sui fianchi, sulle gambe e…

«È una sorpresa.»

Tornare a sentire la voce del compagno ebbe lo stesso effetto di una secchiata d’acqua e cubetti di ghiaccio. «E-eh?»

«Sto preparando qualcosa per te», disse Sanji. «Per questo non ti posso dire nulla fino a quando non sarà tutto pronto. Ti prego di avere pazienza, amore mio.»

La rossa boccheggiò, ancora stordita per quel tocco tanto facile e innocente quanto bollente e inibitorio. «È… è il mio regalo di Natale?», riuscì a dire.

Il cuoco annuì e, ritirando le mani dal corpo della giovane donna, si accese una sigaretta. «Spero che tu mi possa perdonare lo stesso.»

«Perdonare?», domandò più a sé stessa che all’altro, quando si ricordò della condizione che proprio lei aveva tirato in ballo. «Ah, sì, ‘ché ti stavo chiamando.» Tornò in piedi, sentendo le gambe indolenzite a furia di stare accovacciata. «Facciamo che ti perdono se esaudisci la mia richiesta di poco fa.»

Sanji soffiò via del fumo. «Sono a sua disposizione, mademoiselle

«Mi prepari quel tè buonissimo che mi porti sempre?», gli fece allontanandosi di qualche passo. «E anche un dolcetto di accompagnamento, se è possibile», aggiunse con un occhiolino.

Il volto di Sanji tornò a sorridere radiosamente. «Certamente, Nami-san! Mellorine, mellorine~»



I giorni seguenti passarono abbastanza rapidamente tra rimproveri alle marachelle del Capitano e lo shopping natalizio con Robin, entusiasta quanto lei di poter dedicarsi agli acquisti anche per i loro compagni d’avventura; quello, infatti, era l’unico periodo dell’anno in cui la banca di bordo si sentiva particolarmente magnanima per andare in giro a spendere preziosissimi Berry anche per qualcuno all’infuori di sé stessa – nulla, dopotutto, era più soddisfacente e caloroso di vedere le loro espressioni gioiose nel ricevere qualcosa che desideravano da tanti mesi.

Sotto le occhiate allusive e divertite dell’archeologa, Nami si permise persino di prelevare soldi extra per comprare un dono più costoso per l’elegante e strampalato cuoco di bordo il quale, tutto sommato, poco alla volta, era riuscito a farsi amare dalla burbera e avida cartografa. Scelse per lui un nuovo completo color notte da sfoggiare nelle occasioni migliori e aggiunse dei gemelli blu – il suo colore preferito – a completare il pacchetto regalo. «Ma che amore e amore! Questo è per ringraziarlo di tutte le gentilezze», si era giustificata dinanzi alla sorellona, le guance gonfie d’aria e gli occhi puntati altrove per costringersi a non arrossire. Pensò che glielo dovesse, infondo, dato che anche lui aveva preparato qualcosa per lei. Che si trattasse di quella collana di perle che aveva visto sull’isola precedente? Che se l’avesse fatta spedire?

La mattina di Natale, appena sveglia, la ciurma piombò sul ponte per sbarazzarsi di tutta quell’ingombrante carta da regalo per impossessarsi delle scatole contrassegnate dai nomi di ognuno di loro.

Gli occhi color cobalto di Sanji s’ingigantirono all’inverosimile quando caddero su ciò che aveva ricevuto. «Aaaahhh, Nami-swaaan~», urlò volteggiando. «Grazie per questo splendido regalo! Mi piace tantissimo~»

Lei, per una volta, non si scansò per evitare un abbraccio proposto di slancio. «Di nulla, Sanji-kun.»

Il giovane uomo si beò ancora per qualche attimo di quel contatto, incurante delle occhiate divertite e maliziose del resto della ciurma; allentò la presa dopo un tempo che gli parve infinito, quel tanto che bastava per guardarla in volto. Disse: «Adesso tocca al mio, di regalo. Chiudi gli occhi, principessa~»

«Spero per te che non sia una pianta di vischio», rispose scettica Nami, ma abbassò ugualmente le palpebre fino a vedere nient’altro che nero.

Lo sentì ridacchiare e captò qualche commento sarcastico di Zoro, Franky e Usopp, poi distinse chiaramente passi frettolosi e rumori di carta.

«Ecco fatto. Ora puoi guardare, Nami-san.»

La rossa sorrise, emozionata, e riaprì gli occhi. Il mondo le crollò addosso.

Imbarazzante, impensabile, assurdo.

Doveva esserci un errore. Anzi, doveva trattarsi sicuramente di uno scherzo.

«Ehm, Sanji-kun, quello…?»

«Ti ho cucito un maglione!», esclamò tutto contento mentre le sventolava davanti al naso quell’ammasso di lana. Era un indumento visibilmente storto e, seppur ricamato in maniera tutto sommato decente, di pessimo gusto. Al centro del maglione vi era una forma principalmente rosa e gialla che vagamente ricordava il viso del cuoco; l’unico occhio che era possibile da vedere era strabico e il sorriso che catturava l’attenzione dell’osservatore era così grande da uscire fuori dai confini del volto.

Lo indicò con l’indice tremante. «Che cos’è?»

Sanji spostò lo sguardo più volte dalla navigatrice al dono, poi dal dono alla navigatrice. «Aah, intendi perché ho deciso di imparare a fare l’uncinetto», fece tutto risoluto. «Ti ricordi la sorpresa di cui ti parlavo l’altro giorno?»

Lei sorrise grazie all’ultimo barlume di speranza che le era rimasto in corpo.

«Eccola! Così potrai indossarlo e sentirmi accanto a te e su di te in ogni momento~»

Forse, pensò Nami, avrebbe fatto bene ad apprezzare il gesto e dirsi che si era impegnato, che aveva nuovamente speso del tempo per lei, che non avrebbe fatto altrettanto con una qualsiasi altra ragazza.

O forse avrebbe fatto meglio a chiedergli il rimborso per lo smoking e i gemelli.

 

 

 


Angoletto dell’Autrice!!

Okay, allora, letteralmente il prompt parla di una felpa, ma l’idea del maglione con la faccia di Sanji ricamata sopra nella mia testa mi fa spaccare PUAHAHAHAH—

Be’, Nami, a Natale siamo tutti più buoni, dovresti ringraziare il bel cuoco con un bel bacio… A proposito, auguri a tutti! Come state? Avete fatto il cenone del 24, il pranzo del 25 o entrambi? Io sto mangiando solo dolciumi *sbava sul pandoro al cioccolato*

Spero che questa seconda one-shot sia stata di vostro gradimento; fatemelo sapere con una recensione! Ovviamente accetto anche critiche e pareri negativi, ‘ché aiutano a crescere ^^


Buon Natale, miei amati lettori,

–Channy

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Capitolo 3
*** Sapore di te ***


Prompt: “Ya know, this Christmas cookie frosting would taste a hundred times better on you.”

 

Sapore di te.

 

 

I motivi che spingevano Sanji Gambanera a adorare il Natale erano innumerevoli nella sua testa bionda, ma si sarebbero potuti riassumere concretamente in quattro punti.

In cima alla lista, splendente come una stella nel magico cielo sgombro di nuvole, brillava il menù che si dilettava a proporre a tavola per l’intera settimana di festeggiamenti. Dal cenone della Vigilia al banchetto del Capodanno, la sua cucina era un susseguirsi di deliziosi manicaretti fumanti e aromi che tra loro s’accoppiavano divinamente: i piatti imbrattavano le tovaglie prima d’allora immacolate con le salse che accompagnavano le portate principali, e poi si finiva sempre a dover strofinare per bene tutte le macchie via dalla stoffa prima di gettare tutto nei macchinoni della lavanderia, intanata in un remoto angolo della splendida Thousand Sunny.

In seconda posizione si piazzava la sua avidità, che emergeva solo e unicamente in quel particolare periodo dell’anno; se per la restante parte dei giorni il cuoco poneva la felicità altrui dinanzi alla propria – persino quella del marimo! –, nella settimana dei festeggiamenti era solito allontanarsi dalla restante parte della ciurma, incamminarsi per conto proprio per le vie delle città delle isole presso le quali attraccavano e dedicarsi esclusivamente alla cura della propria persona. Alimenti e provviste di vario genere avevano la propria importante priorità, ma immediatamente dopo Sanji si tuffava in botteghe e negozi, in ristoranti e bistrot, centri termali e casinò di lusso, tanto per concedersi un po’ di divertimento, un passatempo, un giorno di riposo, un regalo per sé stesso, ‘ché era sicuro di essersi comportato bene durante tutto l’anno e Babbo Natale non avrebbe avuto nulla in contrario sulle sue scelte.

Alla motivazione numero due si allacciava la terza: le isole invernali. Che Sanji venerasse l’esistenza degli isolotti estivi – ovvero delle donne in costume da bagno – era un dato di fatto, ma ciò che in molti, persino i suoi compagni di viaggio, ignoravano era la sua affezione verso il clima freddo. Gli piaceva indossare un lungo cappotto a coprire i brividi percepiti dalla pelle e vedere come il fumo delle sue sigarette bianche si mischiava ai suoi respiri condensati e ai fiocchi di neve, che danzavano giù dal cielo plumbeo con una disarmante lentezza e un affascinante potere ipnotico.

E gli piaceva percorrere con gli occhi le ondeggianti linee dei capelli rossi di Nami, l’unica nota di colore in un mondo disegnato usando il pastello bianco e quello grigio – quarto punto, ultimo non per importanza, forse un extra, un perché speciale e da non condividere con chiunque fosse in vena di far domande. Lei era semplicemente tutto; lo era sempre stata e sempre sarebbe rimasta. Sanji possedeva un vocabolario ben fornito di parole, eppure, dinanzi alla sconfinata bellezza della gatta ladra, la sua bocca si seccava, le sue corde vocali smettevano di vibrare, i suoi polmoni cessavano il vitale lavoro. L’Amore che provava per lei era un mistero, e lui misteriosamente continuava a scoprire quanto fosse capace il suo cuore a dedicarsi interamente a quel paio di occhi color nocciola, grandi e dolci e intelligenti. Sanji era così: in balia di un gigantesco vortice d’incoerenza, trovava ancora la forza di sciogliersi dinanzi alla navigatrice di bordo, trovava ancora la forza di dirle quanto immensi fossero i suoi sentimenti per lei, trovava ancora la forza di sorriderle, trovava ancora la forza di correre per lei, di volare per lei, di sacrificarsi per lei – nonostante tutto.

E quella marea di passione che costituiva ogni fibra del suo essere, Sanji la buttava nella ciotola di farina, uova e zucchero, poi un pizzico di sale e tanto cacao, per preparare quei biscotti che piacevano tanto a tutta la sua famiglia. Il dolce profumo s’era espanso per tutta la casa galleggiante attraverso gli spifferi degli oblò e lo sfiato del forno, nel quale stavano già cuocendo altre leccornie dall’aspetto invitante.

Fischiettava allegramente, il cuoco della nave dei sogni, e canticchiava di tanto in tanto un motivetto proveniente dalle voci gracchianti dei vecchi marinai che si fermavano al Baratie per un pasto caldo. Non si fermò neanche quando sentì distintamente il leggero scricchiolio del legno della porta che veniva aperta con delicatezza, quasi come se la persona in procinto di entrare avesse il timore d’interrompere il piccolo concerto dello chef, il quale avrebbe potuto riconoscere quella camminata agile e leggiadra tra milioni di altre andature.

«Che combini?»

Sanji sorrise un po’ per educazione e un po’ per sincera felicità d’aver udito quella voce angelica. «Mi sto dedicando alla preparazione del dessert», rispose guardando nel vetro del forno; proprio in quell’istante il campanello dell’elettrodomestico trillò vivacemente e il biondo, riparandosi le preziose mani con dei guanti, tirò fuori la teglia di biscotti fumanti e la ripose sul piano d’appoggio.

La bella navigatrice ancheggiò fino al tavolo infarinato. «Più che dessert sembra il primo piatto», disse alludendo alla grande quantità degli ingredienti sparpagliati un po’ ovunque. Annusò i dolcetti già pronti. «Posso assaggiare?»

Il ragazzo infilò una nuova teglia nel forno e fece ripartire il timer. «Attenta a non scottarti.»

Lei afferrò un biscotto usando due dita e soffiò piano per un paio di volte; quando ritenne di aver spazzato via il troppo calore, addentò la pastafrolla.

Sanji osservò, rapito, ogni suo movimento – pendeva dalle sue labbra. «Come ti sembrano?»

La rossa masticò lentamente per non ustionarsi il palato. «Sono buoni, ma manca qualcosa.»

«Immaginavo», fece lui tornando a dedicarsi alla scodella d’uova crude. «Manca ancora il tocco finale.»

«E che cosa sarebbe?»

In tutta risposta, Sanji aprì un’anta del frigo e ne estrasse una ciotola contenente della crema preparata in precedenza. «Devo aspettare che si freddino per aggiungere questa glassa.»

Nami si avvicinò di soppiatto e gli rubò il recipiente dalle mani, assaggiandone una ditata repentina. «Mmh», gustò leccandosi le labbra. «Perché non la metti già da ora? Così potrò darti un parere completo.»

Una palese scusante per poter attingere nuovamente al cibo bellamente esposto sotto i suoi occhi ma, nonostante il cuore di cera del cuoco, affatto convincente. «Non posso, mon amour», le disse riprendendosi il dolce condimento. «Se decorassi adesso i biscotti, la crema si scioglierebbe a causa del calore.» Mise su uno dei ripiani del frigorifero la scodella e chiuse l’anta. «Desolato, Nami-san. Ma nulla ti vieta di passare più tardi~»

Lei incrociò le braccia al petto, fintamente contrariata. «Tanto vale aspettare che tu li metta in tavola, no?»

«Volevo concederti l’anteprima», fece il biondo tornando al tavolo per non lasciare un’ulteriore tregua al composto in preparazione. «Oppure potrei prepararne una manciata solo per te, Nami-san. Che ne dici?»

«Ti stai facendo di nuovo prendere dalle tue manie di grandezza», lo canzonò aggirandosi per la cucina. «Ti carichi di troppo lavoro e poi finisci col cucinare con i capelli rizzati dallo stress. Fa’ solo ciò che riesci.»

Sanji quasi lanciò via il pacco di zucchero per correre a volteggiare attorno alla ragazza di cui era innamorato da tempi immemori. «Meeeellorine~ Sei così premurosa, Nami-swan!»

Conservando la posa austera, la cartografa rispose: «E tu sei così stupido, Sanji-kun.» Sospirò. «Ti sorprendi ancora se mi preoccupo per te?»

«Non sono sorpreso», le rispose tornando serio. «Sono felice.» Allungò una mano per scostarle una ciocca di capelli dalla spalla, portandola dietro la schiena insieme a tutte le altre. «Sono felice perché tu mi noti, Nami-san. Guardi quello che faccio, ascolti quello che dico, a volte mi cerchi. Sono sempre più convinto che tu ti stia finalmente innamorando di me.»

Le goti di lei si accesero di rosso. «Stupido», mormorò evitando d’incontrare lo sguardo blu del compagno. «Io vengo qui per mangiare i tuoi biscotti e tu te ne esci con queste sciocchezze.»

«Nami-san, il nostro amore è una sciocchezza?»

Stavolta fu lei a guardarlo negli occhi, quasi a volergli dimostrare di essere più forte dei suoi tentativi di flirt, di essere lei a comandare la conversazione. E poi accadde in un attimo: l’espressione seria di Sanji fu semplicemente troppo attraente, per questo Nami si alzò sulle punte, quasi saltò, posando le sue labbra screpolate su quelle morbide del cuoco; fu una pressione lieve, un contatto accennato, una carezza morbida che bastò per far sgranare gli occhi al cuoco, incredulo di esser baciato dalla navigatrice.

Quando lei tornò con i talloni a terra, bofonchiò un: «E adesso torna al tuo dessert.»

Il giovane uomo boccheggiò prima di trovare il fiato per rispondere. «Ho ragione, Nami-san?»

«Ho detto torna al tuo dessert.»

«Mi hai dato un bacio.»

«Però, Sanji-kun, che intuito.»

Fu il turno del biondo di tuffarsi sulla bocca della ragazza, carezzandole le guance con le dita infarinate un po’ perché adorante di quella pelle rosea e un po’ a volerle impedire di scappar via; le sue mani sul suo volto erano un invito a restare, e lei ebbe il coraggio di liberarsi dell’orgoglio per aggrapparsi alla camicia nera di Sanji, ricambiando il bacio senza il timore di apparire inopportuna.

Quando si staccarono per lasciare che i loro polmoni tornassero a riempirsi d’aria fresca, Sanji le mostrò un sorriso sornione. «Sai», fece con assoluta nonchalance, «la glassa dei biscotti sarebbe cento volte più buona su di te.»

Nami lo allontanò con una leggera spinta sul petto. «Sei sempre il solito.» Camminò fino alla porta della stanza, del tutto intenzionata ad andarsene; prima di sgattaiolare via, però, guardò di sbieco il bel cuoco e disse: «Magari dopo cena puoi trovare il tempo di assaggiarla.»

Il fumo gli uscì dalle orecchie fu la carica giusta per rimettersi al lavoro di corsa.

E per la prima volta, il loro Natale fu fatto di vestiti sparsi lungo il pavimento, pelli imperlate di sudore e gemiti soffocati tra cuscini e lenzuola profumati di tabacco e agrumi. Sanji spingeva per entrare tra le membra della sua amata, e Nami lo accoglieva con sorrisi sempre meno nascosti e artigliate sulla lunga schiena di lui per trattenerlo, sentirlo più vicino nonostante fossero già un unico essere.

«Ti amo, Nami-san», le sussurrò facendo intrecciare le dita delle loro mani tremanti.

«Ti amo, Sanji-kun», gli mormorò mordendosi le labbra per non svegliare la ciurma con l’intenso piacere che ardeva nel bassoventre – e nel cuore.

 

 

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Mmhh dopo due storielle taaaanto fluff, sforno questa qui con un pizzico di spicy ;) Se avessi potuto avrei aggiunto m o l t i dettagli, ma mi sono dovuta schiaffeggiare la mani per attenermi al raiting giallo! (Sanji’s cooking skills do not approve)

Come vi è sembrata questa one-shot? Io mi sono divertita molto a scriverla! Aspetto i vostri pareri, se vi farà piacere lasciarne ^^

 

Alla prossima,

–Channy

 

 

Post Scriptum: Ricordo che i prompt utilizzati per questa raccolta provengono da questo link ;)

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