Temporary fix

di SheHadTroubleWithHerself
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO UNO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO DUE ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO TRE ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO QUATTRO ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO CINQUE ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO SEI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO SETTE ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO OTTO ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO NOVE ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO DIECI ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO UNDICI ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO DODICI ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO TREDICI ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO QUATTORDICI ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO QUINDICI ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


TEMPORARY FIX




Elisabetta ha sempre creduto nel colpo di fulmine e ha sempre sperato di esserne colpita in pieno nel momento in cui avrebbe guardato la persona giusta.
Ed è successo tante volte: il barista accanto al negozio dove lavora, un cliente più gentile del solito o scioccamente una persona che si scostasse per farla passare. Ovviamente era sempre l'unica folgorarsi.
Nel corso della sua breve ma intensa vita, come ogni singola persona al mondo, ha subito sconfitte e vittorie anche se le ultime sono da tempo in svantaggio. Elisabetta vive ancora con i suoi genitori mentre il suo lavoro le permette di racimolare dei risparmi per poter un giorno spiccare il volo, mentre sua sorella ha abbandonato il nido già da un anno e mezzo.

Ultimamente è un periodo particolare. Già da qualche mese ha iniziato un percorso di psicoterapia a causa della sua mancanza di fiducia verso chiunque scoprendo poi di avere cicatrici vecchie e mai rimarginate. Non se ne vergognava, ma con le sedute che passavano sentiva che era sempre più difficile riconoscere che uno dei suoi ostacoli più grandi erano proprio i suoi genitori.
Elisabetta in aggiunta non ha molti amici, se ne trascina qualcuno dalla scuola superiore ma niente di più di qualche messaggio e un' uscita occasionale. Ciò implica poca vita sociale e ovviamente impossibili nuove conoscenze che possano risollevarla. Giorno dopo giorno rigetta le persone convinta che prima o poi si allontaneranno o non la tratteranno come merita di essere trattata. Non fraintendete, non vuole tappeto rosso e riverenze ma il semplice rispetto e affetto che pensa di dover ricevere. Perché all'esterno dà l'impressione di essere arrabbiata per la maggior parte del tempo, e non è detto che si sciolga subito davanti alle persone, ma le sue relazioni problematiche l'hanno portata ad avere una carenza d'affetto che nemmeno lei riesce davvero a misurare. Ma come detto prima, ormai non di fida più di nessuno. Un cane che si morde la coda.
Perciò la sua vita è la routine più noiosa per una ragazza di ventitré anni che si sveglia al mattino, lavora per nove ore al giorno per sette giorni e che torna a casa seppellendosi tra il piumone e il computer.
Aggiungiamo anche il fatto che odia profondamente il suo lavoro è che proprio lì combatte con il suo acerrimo nemico: Maddalena.

Essendo però spaventata dai cambiamenti, non si lancerebbe nel vuoto abbandonando quell'oblio così sicuro nonostante la frustrazione.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO UNO ***


CAPITOLO UNO



“Allora, come ti senti?” è ormai la domanda di rito di Paola, la sua psicologa. “Come al solito, abbastanza... ma non abbastanza. A lavoro il clima è stress puro e a casa non faccio altro che chiudermi in camera.” spiega brevemente dando un'introduzione.
Questo percorso è iniziato sei mesi fa e nonostante gli alti e bassi sa che sta iniziando a funzionare.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?” il suo viso è sempre contornato da un sorriso sincero e con la giusta dose di preoccupazione. Elisabetta non si sente mai giudicata né compatita, semplicemente ascoltata. Ma quando sente quella domanda e la risposta inizia a farsi nitida nella sua testa il suo labbro trema. Non vorrebbe quella risposta, non vuole che quella sia la risposta a tutti i suoi problemi. “Vorrei semplicemente incontrare qualcuno...” e sebbene ci provi con tutte le sue forze, la sua voce vacilla facendo inumidire le pupille. “Qualcuno che possa stringermi in questo momento e che mi faccia sentire unica.” e mentre asciuga le sue lacrime un sorriso amaro le compare in volto, davanti a lei non riesce mai a mentire o nascondere le cose. “Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
La seduta sembra passare davvero in fretta mentre la psicologa le ripete con pazienza che ognuno ha bisogno dei suoi tempi e che potrebbe provare ad uscire qualche volta e iniziare a fare conoscenze. Ed Elisabetta ci pensa per l'ennesima volta mentre torna a casa in quella fredda mattina di novembre aspettando l'autobus. Quando arriva a casa la prima cosa che fa essendo da sola è cantare. Lo fa solo quando sa che nessuno può sentirla perché qualsiasi critica o giudizio non riuscirebbe a sopportarla, è una cosa troppo importante per lei per farsela distruggere. E' l'unico momento in cui sa di essere totalmente se stessa liberando tutta la voce che c'è in lei.

Decide di passare il pomeriggio libero dal lavoro camminando per le vie di Torino cercando di impiegare il tempo in qualcosa di diverso dall'accoppiata letto e computer. Si ferma poi in un bar e ordina un caffè macchiato e una piccola crostata che la chiamava dalla piccola vetrina del bancone. Ha sempre osservato ciò che è intorno a lei, in particolare come le persone si comportassero. Ha sempre invidiato quelle persone che si divertono a tal punto da essere fastidiosamente rumorose, e si è sempre sentita vicina a chi, come lei, era seduto da solo leggendo il giornale o semplicemente tenendo lo sguardo fisso su qualunque cosa. “E' libera la sedia?” chiede poi una voce che riconduce a una ragazza in attesa della sua risposta. Annuisce semplicemente e cambia traiettoria con lo sguardo constatando che ovviamente quel gruppo era troppo numeroso e le sedie non bastavano per tutti. A lei non capita mai. Lentamente il suo viso si spegne e sa che all'esterno tutti potrebbero notare la faccia totalmente inespressiva ma non può davvero farci nulla. L'unica cosa che adesso rimpiange è il suo letto, perché avrebbe potuto chiudersi in un bozzolo e piangere fino ad avere la testa dolorante. Le lacrime spingono, le sente bollenti ancora prima che possano scivolarle sul viso e non sa come uscire dalla situazione. “Va tutto bene?” sobbalza per la seconda domanda improvvisa e solo dopo qualche secondo si rende conto che un ragazzo le ha appoggiato una mano sulla spalla. Si scosta leggermente e lo guarda con un'occhiata confusa cercando di riordinare le idee. Riesce a vedere gli occhi lucidi o li ha fermati in tempo? Le fa davvero così tanta pena da farlo sentire in dovere di avvicinarsi? “Sì, grazie” risponde liquidandolo mentre si alza dalla sedia in legno cercando di abbandonare quel bar e ritrovarsi nel posto giusto.
Il ritorno a casa è lento come se ai suoi piedi avesse legato dei blocchi di cemento. Le cuffie la inondano di parole e melodie ma non le sta ascoltando, ha solo bisogno di anestetizzarsi dalla gente. Ha sempre voluto che qualcuno si accorgesse del suo dolore e che insistesse per poterla aiutare ma con il tempo che passa lei riesce sempre meno ad accettare l'aiuto. Si è ormai consolidata in lei l'idea che sia senza speranze e che le persone non ci tengono mai abbastanza. E probabilmente non vale la pena di aggiustarla viste le numerose crepe. Gli occhi pizzicano di nuovo e questa volta non ha voglia di ricacciare indietro quelle lacrime perché quello è l'unico modo per spurgare le coltellate inflitte nel tempo.

I giorni passano lenti e sempre uguali, Elisabetta fa addirittura fatica a ricordare il giorno della settimana ma almeno la sua collega non la tartassa come suo solito di richieste insulse. Sta ripiegando il tavolo colmo di jeans e magliette che assomiglia terribilmente a un campo di battaglia. Non si lamenta più dei clienti e della poca educazione che dimostrano, ripiegare sta quasi diventando una terapia. Pensa, riflette e analizza qualsiasi cosa le passi per la testa così tanto da distrarsi e non rendersi conto che un gruppo delle magliette sopracitate sono cadute rovinosamente a terra. Nota solo un ombra dietro di lei che con delicatezza le sistema lì di fianco in silenzio. Voltandosi nota che è lo stesso ragazzo di qualche giorno fa, e se ne accorge dalla leggera sciarpa rossa che indossa. Non riesce a capire come possa essersi ricordata di un dettaglio del genere, visto com'era ridotta quel giorno. Un timido sorriso le compare in volto e ha un piccolo brivido sulle braccia, le capita solo quando qualcuno compie un gesto cortese nei suoi confronti. Sussurra un piccolo grazie e pensa che probabilmente lui non l'abbia neanche sentita. Forse non si è nemmeno reso conto di chi sia. “Nessun problema” risponde con un cenno del capo accompagnato da un sorriso terribilmente tranquillo. Fa qualche passo prima di tornare indietro mormorando “Questo sorriso lo considero un progresso dagli occhi lucidi di qualche giorno fa”. Pensa che il suo volto possa prendere letteralmente fuoco, fortunatamente il ragazzo si allontana prima che lei debba pensare a una risposta. L'ha soltanto riconosciuta, perché si emoziona così tanto? Le mani sono paralizzate sullo stesso paio di jeans da almeno cinque minuti e si sbloccano solo a causa della voce della sua collega, Maddalena. “Riesci a recuperare le taglie vendute dopo che hai finito il tavolo?” e la sua voce è sempre sprizzante di arroganza e superiorità ed è il motivo per cui Elisabetta non riesce ad andare d'accordo con lei. Si limita quindi ad assecondarla come sempre annuendo alla sua richiesta. Segna su un piccolo foglio tutte le taglie mancanti dirigendosi nel magazzino esterno.
E' metà novembre e inizia ad esserci un'aria abbastanza fredda ma non l'ha mai sofferta così tanto. Ha solo una maglietta bianca a maniche corte ed una felpa nera legata in vita. Solleva la dura serranda e i suoi occhi registrano l'ennesima stanza perennemente in disordine. Cammina quindi tra i pacchi di vestiti ancora da sistemare chiedendosi per quanto ancora riuscirà a scampare una distorsione alla caviglia in quelle condizioni. Quel lavoro non dura molto fortunatamente e torna alla porta sul retro del negozio con una scatola di cartone riempita a metà riuscendo persino a chiudere la porta dietro di lei. La porta sul retro dà direttamente nel reparto uomo, riesce quindi a constatare che il ragazzo è ancora lì, probabilmente dentro un camerino visto che la tenda si muove. Sistema la scatola di cartone proprio vicino alla porta ricontrollando di aver prelevato tutto ciò che le serviva. “Mi daresti un consiglio?” sente poco lontano. Alza lo sguardo superando in altezza le lenti degli occhiali (gravissimo errore per i suoi occhi, ma non riesce a togliersi quel vizio) ed è ovviamente il ragazzo senza nome a parlarle. Si avvicina lentamente pronunciando la domanda di rito “Come posso aiutarti?” senza rendersi conto di aver già la risposta. “Pensi sia la taglia giusta?” Sta indossando un paio di jeans skinny blu scuro con qualche strappo neanche troppo evidente. Il tessuto definisce la forma delle sue gambe che non sono troppo voluminose o magre, è probabilmente il jeans perfetto per il suo corpo. Ora che non indossa più il cappotto può notare che è un ragazzo abbastanza asciutto e senza la sciarpa nota la linea della mascella totalmente priva di barba come le sue guance. Osserva poi il suo volto caratterizzato da labbra sottili e occhi scuri, forse neri, il tutto incorniciato da capelli castani leggermente ondulati. Lo sta davvero fissando, chissà da quanto tempo, si scuote quindi facendo poi finta di pensare ad una risposta come se la sua decisione potesse salvare la vita di qualcuno. “Sì, la taglia sembra essere quella giusta. Li senti stretti?” Lui si muove osservandosi allo specchio e sollevando le ginocchia per testare il tessuto per poi guardarla negando. “Allora ti consiglio di prendere questi.” sentenzia sperando di liberarsi presto della situazione, quello sguardo sembra volerla penetrare. Poi sgrana gli occhi, “Io n-non lo dico solo perché lavoro qui” giustifica immediatamente. “Oh, non preoccuparti, grazie mille per l'aiuto...” scruta poi la targhetta gialla che penzola da cordino allacciato al collo “...Elisabetta” termina rientrando nel piccolo camerino.
La giornata passa lentamente e, come ogni volta, Elisabetta si ossessiona all'idea di poter parlare di nuovo con lui. Solo perché è stato gentile con lei. E' davvero tipico per lei crearsi migliaia di storie e scenari quando incontra qualcuno che le ha concesso delle piccole attenzioni. Incastra ogni singolo particolare come se componesse un puzzle infinito per poi arrivare all'ultimo pezzo e distruggerlo, consapevole che non accadrà mai niente di tutto ciò che ha immaginato.

Passano parecchi giorni, e ogni mattina spera che quel ragazzo varchi la soglia del negozio e che magari le sorrida. Ovviamente non succede e semplicemente una volta che la saracinesca cade a terra si dirige verso casa. Le cuffie nelle sue orecchie sparano a tutto volume una canzone di cui non ricorda il nome, ma è lenta e malinconica e le crea un peso nel petto parola dopo parola. Avanza ormai per inerzia evitando tutte le persone presenti nel portico che parlano ridendo davanti a un Mc Donald e arriva al bordo del marciapiede. La canzone è finita, estrae il cellulare dalla tasca del giubbotto per cercarne un'altra e le macchine sfrecciano davanti a lei buttandole addosso ventate fredde a cui lei risponde chiudendo gli occhi. Cosa succederebbe se tutto finisse? Adesso. Ci ha sempre pensato riflettendo su cosa avrebbero fatto le persone intorno a lei in quel momento. A come avrebbero reagito i parenti e cosa avrebbero pensato le persone che l'avevano conosciuta. La vede perfettamente la macchina che si avvicina a velocità costante, è una macchina apparentemente nera e lucida e i suoi fanali la stanno completamente accecando e non c'è assoluta esitazione nel piede sinistro che cerca di spostare la figura davanti a lei mentre la pubblicità di Spotify le impedisce di ascoltare qualsiasi altro brano. Percepisce poi una pressione sull'avambraccio e si ritrova dopo pochi secondi sdraiata a terra con una smorfia dolorante sul volto. Emette un gemito di fastidio ed è completamente confusa dalla situazione, riesce solo a notare che le cuffie si sono staccate e qualcuno le sta ancora tenendo il braccio. “Ma non l'hai vista?” il tono di quella voce è quasi aggressivo e non fa altro che rimbombare nella sua testa peggiorando la situazione. “Stai bene?” chiede ancora e quasi le sembra di riconoscerla. Il palmo della sua mano sinistra brucia ma non riesce a prestargli attenzione a causa di due occhi scuri che la scrutano. Non è possibile, vorrebbe davvero riuscire a dirlo ma ha la gola è secca. La gente intorno a lei continua a camminare lanciando giusto un'occhiata incuriosita. “Sei tu.” sussurra poi il ragazzo che adesso sembra preoccupato, probabilmente perché Elisabetta non muove nessuno dei suoi muscoli facciali. “Riesci a sentirmi?” la sua voce è fioca e terribilmente spaventata, ma lei si sente totalmente paralizzata. Riesce dopo un paio di secondi ad annuire lentamente, il bruciore alla mano ritorna e si rende conti di essere ancora semi sdraiata sul freddo asfalto. La schiena è dolorante e mentre cerca di rialzarsi storce le labbra per reprimere ogni verso. “Aspetta, fatti aiutare.” Una volta in piedi le gira la testa, ma lui le sta tenendo entrambi i polsi mantenendola in equilibrio. La accompagna poi in una panchina della piazza e si avvicina ad una piccola fontana per bagnare quello che Elisabetta crede sia un fazzoletto. Una volta tornato seduto accanto a lei preme lentamente il fazzoletto sulla ferita e fa sì che lei emetta un sibilo. “Lo so, lo so” cerca di confortarla ma lei riesce ancora a percepire la preoccupazione o paura che risiede sul suo volto. “Grazie” è l'unica parola che riesce a pronunciare dopo un'eternità. E' riuscito ad eliminare gran parte della polvere dalla ferita ma ovviamente un fazzoletto di carta non è lo strumento giusto. Il suo sguardo è basso quando lui sospirando le fa l'ennesima domanda, “Che cosa è appena successo?”. Per un secondo lo guarda e cerca di studiare la scusa migliore per poter allontanare e finalmente tornare a casa. “Penso di essere scivolata, o forse non ho visto la macchina, non c'è bis-”, “Ero lì. Eri ferma e hai puntato il tuo sguardo verso la macchina senza mai togliergli gli occhi di dosso.” tuona anche se subito dopo sussurra delle scuse. “Non mi è sembrato un incidente.”, “Ascolta, grazie mille per l'aiuto ma va tutto bene. Non so cosa mi sia successo, semplicemente adesso è tutto a posto. Io devo tornare a casa.” informa Elisabetta mentre si rialza. Dissimula perfettamente i piccoli dolori e senza alcun saluto si dirige verso casa sua.
Appena varca la porta di camera sua i suoi occhi perdono ogni controllo e delle calde e silenziose lacrime solcano le sue guance. Era così vicina a risolvere ogni suo problema, a spegnere tutto senza più doversi preoccupare di nulla. Non sa esattamente cosa pensa del destino, ma se così fosse allora sente qualsiasi entità o divinità contro di lei per non averle permesso di arrivare così in fondo. Non ci aveva mai provato sul serio. Aveva vagliato ogni possibilità ma la paura di non riuscire ad arrivare fino in fondo l'aveva sempre fermata. E come volevasi dimostrare, era successo anche quella sera. E' così sconvolta dall'accaduto da non aver minimamente pensato a cosa dire ai suoi genitori del palmo della mano graffiato. Ora che la ferita è pulita e disinfettata vede due solchi simili a due binari, non troppo profondi ma ancora colorati di un rosso acceso. Quando le viene ovviamente chiesto della ferita, risponde di essersi graffiata a lavoro ma che non è niente di grave e fortunatamente, come ogni volta, i suoi genitori non indagano oltre.





Eccomi qui dopo esattamente sei anni di inattività! Sono già stremata dalla pubblicazione del prologo e del primo capitolo. Ottima partenza.
Mi rendo conto che non sia poi così allettante questa storia data l'immagine cupa che vi ho dipinto (soprattutto in questo periodo storico), ma spero possiate apprezzare il suo realismo.
Ringrazio comunque ognuno di voi che perderà qualche minuto anche solo per avere un'idea di ciò che sto scrivendo. Se avete critiche, consigli o considerazioni da fare a riguardo non createvi alcun problema a farmelo sapere!

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Capitolo 3
*** CAPITOLO DUE ***


CAPITOLO DUE

 

La mattina dopo la parte bassa della schiena è ancora più dolorante e nonostante cerchi di nasconderlo a lavoro più volte le viene chiesto se andasse tutto bene. Quel giorno le parole pronunciate sono ai minimi storici e può notare la totale noncuranza della sua collega mentre tutti gli altri hanno vanamente tentato di farla parlare più del dovuto.

Tira un sospiro di sollievo quando iniziano a chiudere le casse, pulire a terra e abbassare la serranda per poter definire la giornata finalmente conclusa. Non sa effettivamente se stupirsi quando uscendo dalla porta nota il mezzo sconosciuto che da più di due settimane le tormenta i pensieri. Lo ignora, ma quando lui si avvicina e i suoi colleghi sono ancora lì intorno non sa davvero che fare.

“Possiamo parlare?” gli chiede puntandole gli occhi addosso e ignorando completamente tutti gli altri. Elisabetta punta gli occhi su Federico, il suo collega, che senza la minima esitazione le risponde che non c'è nessun problema mentre incastra il grosso lucchetto alla serranda. “Magari prima presentaci il tuo amico.” rimbecca Maddalena riuscendo nell'intento di catturare l'attenzione del ragazzo.

Ed è quello il momento in cui lei registra la scioccante realtà di non sapere come si chiama né di averglielo mai chiesto.

“Sono Claudio.” la sua risposta è fredda e si denota fretta nel tono di voce, “Non ho molto tempo” aggiunge ritornando a guardarla.

Tutti si dileguano in pochi secondi mentre loro rimangono nel totale silenzio di quella fredda sera. “Non capisco davvero di cosa dovremmo parlare.” comincia lei coraggiosa e stanca di tutte quelle attenzioni indesiderate. “Vediamo fammici pensare. Ah già, ieri hai tentanto il suicidio e non hai nemmeno il coraggio di ammetterlo o di accettare aiuto.”

“Ma tu chi ti credi di essere? Sai a malapena il mio nome e ti permetti di saltare a conclusioni affrettate.” ribatte Elisabetta già colma di rabbia.

“Conclusioni affrettate? Hai fissato un macchina che stava avanzando verso di te e hai deciso di piantartici davanti. Tu questo come lo chiami?”

“Mi spieghi perché è così importante per te?” è ormai esasperata da quella insistenza. Lo sa che quella è solo premura, ma non è più abituata ad avere qualcuno che si interessa o addirittura preoccupa per lei. L'unica cosa che vuole in questo momento è poter scappare da quello sguardo.

“Perché tutte le volte che ti ho visto stavi male è non può essere un caso. Ed è chiaro che c'è qualcosa che non va.”

“Quindi fermi ogni persona triste che incontri per strada? E' per caso un progetto universitario, ti danno dei crediti extra per ogni persona miserabile che aiuti?”

Ritorna il silenzio e con lui Elisabetta si spegne e allontana lo sguardo, incapace persino di muoversi. Claudio, al contrario, si avvicina e le sfiora la mano ferita. Ne tocca il dorso e constata che la mano è fredda. Stringe due dita nella sua mano e cerca i suoi occhi piegando la testa. "Se preoccuparsi per qualcuno per te è così strano, allora è peggio di quanto pensassi.” sussurra arrendendosi nell'incatenare i loro occhi tra loro. Lo sguardo della ragazza è bel piantato a terra.

Un singulto lascia la bocca di Elisabetta che in un momento di pura fragilità lascia scappare anche un singhiozzo. Sente poi immediatamente due braccia stringerla forte e le lacrime scendono a fiotti nella realizzazione di quel contatto. E' passato così tanto tempo da non riuscire a ricordare più la sensazione e non sa per quale strana ragione i suoi muscoli si rilassano lasciandosi avvolgere completamente.

“Così va meglio, lascia andare.” una mano adesso compie degli ampi cerchi sulla sua schiena e le sue braccia sono intrappolate tra i loro petti, il pianto aumenta. Solo quando il respiro ritorna regolare l'abbraccio viene sciolto, e per quanto le riguarda sembra essere passato un secolo.

Claudio passa una mano sotto le lenti degli occhiali lievemente appannate, raccogliendo quelle ultime gocce ed esplora la sua pelle arrossata. “Vuoi mangiare qualcosa?” le propone donandole un piccolo sorriso incoraggiante.

“Pensavo avessi poco tempo.” borbotta, forse non l'ha neanche sentita. Ma lui ridacchia in risposta facendole strada con un braccio.

“Volevo solo liberarmi delle persone di troppo. Ah, grazie per non avermi rifiutato!” scherza lui.

 

Cenano poi da un McDonald's lì vicino e per un attimo vengono dimenticati tentati suicidi e lacrime. Elisabetta riesce davvero a parlare e rispondere alle domande curiose di Claudio che misura attentamente ogni singola parola per non rompere l'atmosfera serena.

L'accompagna poi davanti alla porta di casa che scopre essere a soli cinque minuti di distanza. Lei sta giocando con le sue chiavi mentre lui cerca in tutti i modi di tenerla con sé ancora per qualche minuto.

“Adesso devo andare... grazie di tutto.” sta per inserire la chiave nella serratura quando la voce di lui la blocca.

“Tu non sei il mio progetto universitario.” il suo tono di voce fa trasparire sincerità e per una volta Elisabetta riesce a pensare di potergli credere. “Voglio solo conoscerti meglio.” Ma poi la domanda le scappa di bocca. “Perché?” si volta verso di lui lasciando le chiavi attaccate al portone e la sua totale attenzione e nei suoi occhi.

“Perché sei un pozzo infinito di mistero. I tuoi occhi gridano ma tu rimani silenziosa e sembri quasi in lotta con te stessa. E non te ne sei accorta forse, ma questa sera mi sono divertito.” non c'è costruzione in quel discorso, non si ferma a pensare nemmeno per un attimo. Le accarezza poi una guancia augurandole la buonanotte e si allontana nella strada buia girandosi verso di lei un paio di volte.

Elisabetta si lascia scappare un sorriso quando entra in casa, dimenticandosi di non aver avvisato nessuno della sua assenza durante la cena. 
“Ti ho chiamato dieci volte.” esordisce sua madre comparendo dalla cucina, “Ti era così difficile almeno avvisare?”

Il sorriso muore sulle sue labbra lasciando il posto ad una smorfia dura e mentre si spoglia del giubbotto le risponde che c'è stato più lavoro del previsto e che ha mangiato qualcosa con i suoi colleghi. Si versa un bicchiere d'acqua e solo in quel momento si accorge che in casa c'è anche suo padre rimasto in silenzio per tutto il tempo.

Non sa davvero quando tutto quello sia successo. Non sono mai stati un famiglia tanto affettuosa se non quando lei e sua sorella erano davvero piccole, ma dopo il tracollo del loro matrimonio i rapporti non sono stati più gli stessi. La situazione è poi sprofondata quando sua sorella Veronica è andata a vivere da sola e le divergenze si sono amplificate lasciando così un velo di apatia tra gli abitanti di quella casa. Si rifugia in poco tempo nella sua camera e ripercorre, come suo solito, la serata momento per momento. Si chiede se abbia sbagliato qualcosa, come potesse apparire davanti ai suoi occhi e sussurra un paio di volte il nome Claudio lentamente coccolandosi con il calore delle coperte prima di chiudere gli occhi.

 

E' trascorsa un'ennesima notte fatta di sogni incomprensibili. Immagini che si susseguivano con furia e prive di senso, tranne una. Elisabetta è riuscita persino a sognarlo.

Niente di particolare, semplicemente il suo viso e un sorriso che lo caratterizzava. Perciò si sente strana mentre va a lavoro e quella sensazione non l'abbandona per tutto il giorno e spera lui si possa materializzare davanti a lei. Ma questo a lui non l'ammetterebbe mai.

Passano i giorni in totale tranquillità, si sente quasi anestetizzata come se solo lui potesse ormai farle provare qualcosa. E tutto questo non la rassicura ed è stato anche oggetto di discussione con la sua psicologa che per tutto il tempo l'ha ascoltata con un piccolo sorriso trionfante sulle labbra. Le ha esposto ogni singolo dubbio spiegandole che non poteva assolutamente fidarsi e che quelle piccole attenzioni in fondo non valessero niente, perché lui non si era più fatto vedere.

Sa anche di aver commesso un grosso errore omettendo “il salvataggio” successo settimane prima, ma è troppo difficile parlarne per lei.

“Vedi Elisabetta capisco perfettamente il tuo punto di vista. Abbiamo sempre fatto emergere dalle nostre chiacchiere il tuo bisogno di sentire affetto, perché non provi semplicemente a riceverlo? Senza farti troppe domande. Forse non l'hai più visto perché è stato impegnato o forse vuole darti del tempo.” è la spiegazione che le fornisce Paola ormai agli sgoccioli della seduta.

Annuisce e sente un groppo alla gola perché in qualche modo si sente sempre incapace, persino per capire se stessa.

Compie ormai il solito tragitto verso casa, il petto è sicuramente più leggero e la musica che le inonda le orecchie lenisce un po' quell'assenza che la sta lentamente logorando.

Pensa poi che sia opera del destino quando intravede una figura seduta sul gradino davanti a casa sua e in tutta onestà non sa se andargli in contro o scappare e aspettare che se ne vada. E' sempre stata una sua caratteristica desiderare una cosa e quando questa si avvera scappare per la paura. E non sa esattamente come analizzare questo suo comportamento, probabilmente ha solo paura che la cosa che tanto brama possa rivelarsi sbagliata.

Non ha molte alternative se non concludere il suo viaggio quando lui la vede e immediatamente sorride. Si è alzato in piedi e sbatte velocemente la polvere dai pantaloni, quelli che gli aveva consigliato di acquistare.

“Ciao” mormora semplicemente quando lei si ferma a qualche passo da lui.”Che ci fai qui?” sono le uniche parole che le vengono in mente, vorrebbe schiaffeggiarsi.

“Beh, grazie sto bene! Tu invece come stai?” ridacchia, non sembra offeso.

“Scusa. Come stai?” ripete ricevendo un cenno per non farla preoccupare e rispondere nuovamente che tutto andasse bene. Poi continua “Mi dispiace, sono solo sorpresa di vederti qui.”

“Lo so, ma sono stato impegnato con lo studio e non mi sono più fatto vivo...” Elisabetta lascia andare involontariamente un sospiro di sollievo camuffandolo con un piccolo sorriso mentre dondola tra un piede e l'altro. “Non devi scusarti.” mormora calando lo sguardo.

“Ma voglio farmi perdonare! Se sei libera potremmo mangiare qualcosa insieme.”

In una situazione normale Elisabetta avrebbe probabilmente rifiutato, si è sempre definita incapace in queste cose e si è dimostrato più facile fingere di avere altro da fare. Ma le parole della sua psicologa ronzavano nella sua testa con lo stesso ritmo di un mantra, e forse avrebbe dovuto davvero lasciarsi andare almeno una volta.

“Ok, perché no.” risponde quindi, nonostante nella sua voce ci sia incertezza. Ma Claudio decide di non vederla.


Mangiano quindi in una pizzeria al trancio lì vicino e anche se è quasi sempre Claudio a parlare, l'atmosfera è piuttosto tranquilla e senza alcun imbarazzo.

“Perché non mi racconti qualcosa di te?” non c'è giudizio nella sua domanda, è più un'esortazione a far uscire dal guscio quella ragazza così misteriosa.

“Tipo?” i suoi occhi sono comunque in allerta, e strofina le dita unte sul fazzoletto con fare nervoso. “Non lo so, c'è qualcosa che ti piace fare? Oppure hai dei progetti?”

Mentre Claudio beve un sorso d'acqua, lei continua ad invidiare questa sua naturalezza. Non sembra esistere qualcosa che possa preoccuparlo, e se esiste è pronto per annientarla.

Lei invece non è mai stata così, si è sempre fatta travolgere con violenza da tutte le cose negative della sua vita. Ma c'è qualcosa in lui che la spinge ad iniziare a credere che le cose possano cambiare. Claudio non sta cercando di instillarle in testa quegli odiosi preconcetti su quanto la vita sia bella e qualsiasi problema si possa risolvere.

Lui si mostra disponibile, non la obbliga ad esporsi, e vorrebbe rendergli noto che tutto questo è apprezzato.

“A me piace cantare.” confessa, l'imbarazzo le tinge le guance di rosso. “Cioè, non ho mai studiato... ma ogni tanto canto.” E' piacevolmente sorpreso dalla scoperta e un sorriso più ampio si fa spazio sul suo viso. “Sarà un onore ascoltarti quando ne avrai voglia.”

Si alzano poi dal tavolino, Elisabetta si sporge più volte sul bancone per poter pagare almeno la sua parte, ma Claudio la blocca ripetutamente promettendole di poter pagare alla prossima occasione.

“Claudio” lo chiama mentre lui sistema attentamente il portafoglio nella tasca interna del giubbotto. Si volta senza rispondere dandole tutta l'attenzione. “Io volevo solo ringraziarti...”. Claudio ridacchia fermandola “Era solo un pezzo di pizza!”.

“No, grazie di tutto. Grazie per non fare mai troppe domande e per essere presente. E' ancora tutto molto strano per me, ma è piacevole.” E' faticoso pronunciare quelle parole con tutte le persone che camminano intorno a loro e lo sguardo profondo di Claudio che è visibilmente entusiasta.

“Ne sono felice.” risponde, e porta una mano sulla sua spalla stringendola lievemente. Sistema poi la lunga ciocca castana finita davanti alla lente e ne approfitta per lasciare una lieve carezza sulla guancia. Elisabetta sente un fremito, ma cerca di ignorarlo. “Devo andare adesso, l'ennesimo esame da preparare. Ma ci sentiamo, d'accordo?” annuisce brevemente prima di vederlo dirigersi verso la fermata del pullman, si gira per sorriderle un'ultima volta.

 


Claudio è uno di quei ragazzi che non passa inosservato. Non perché si metta volutamente in mostra, ma si percepisce sempre una forte aura attorno a lui, una luce abbagliante. Forse perché ha sempre un leggero sorriso, gli occhi attenti e una morbida camminata che affascina sempre le ragazze con cui incrocia lo sguardo.
Ha una vita piuttosto ordinaria, è uno studente universitario di economia e commercio e vive ancora con i genitori. Era riuscito ad ottenere un lavoro come commesso in un piccolo negozietto vintage, ma i pomeriggi spesi li dentro andavano in totale disaccordo con le nottate passate a studiare. Gli piace la sua routine e attorno a lui ha sempre qualcuno che gli tende la mano per aiutarlo.

Per questo rimane totalmente sconcertato dal comportamento di Elisabetta. Lo capisce che lei non voglia risultare rude, ma è davvero complicato riuscire a farsi breccia in quel muro.
Non è certo la prima ragazza timida a cui si approccia, ma lei è peggio di un enigma. E se da una parte questa cosa lo eccita da morire, dall'altra non sa davvero cosa potrebbe anche solo convincerla che di lui può fidarsi. Non sa molto di lei, è una commessa, con i suoi colleghi non ha un rapporto molto stretto e non l'ha mai sentita nominare un amico. Le piace cantare e gli sembra di aver capito che ha anche una sorella che però ora convive con il ragazzo.

Una sola cosa lo spaventa, ed è il suo sguardo. Lo osserva spesso e nota sempre una patina che nasconde la lucentezza che dovrebbe avere. I suoi occhi appaiono assenti e distratti da qualcosa che è dentro di lei. E mentre tutti vengono affascinati da occhi verdi o azzurri, lui viene catturato da quella patina che vorrebbe strappare via con violenza. Anche quando ride ha l'impressione che qualcosa la blocchi come se non potesse permettersi tutta quella leggerezza, quindi la risata dura solo qualche istante e lui se ne nutre come se fosse l'ultimo sorso d'acqua rimasto sulla Terra.

Ha apprezzato però il suo accettare l'ultimo invito a pranzo e ha visto il suo sforzo nell'essere presente anche se continua ad essere piuttosto triste per una ventenne.

 

Torino è fredda quella sera, eppure le strade dei locali sono gremite di persone che si godono un drink chiacchierando animatamente sui gradini dei marciapiedi. Claudio è lì, che fuma una sigaretta e accanto ha ancora il bicchiere di plastica con i residui di ghiaccio e zucchero di canna sul fondo. Davanti a lui ci sono un paio di amici dell'università che parlano probabilmente del prossimo esame, ma l'unica cosa interessante per lui in quel momento è il filtro della sigaretta ormai quasi finita.

Non è annoiato, ma succedono così spesso quella serata da aver perso un po' di entusiasmo. Il telefono vibra nella sua tasca e risulta faticoso per lui raggiungerlo con le mani totalmente intorpidite dal freddo. Una smorfia di fatica trasforma il suo volto, ma un timido sorriso la spazza via quando legge il mittente del messaggio.

 

Ciao.

Ciao, è bello sentirti!

Ti ho solamente salutato...

 

E Claudio potrebbe giurare che sul viso di Elisabetta ci siano delle piccole rughe tra le sopracciglia a testimoniare la confusione.

 

E ti assicuro che mi hai svoltato la serata. Come stai?

 

Normale... tu? In realtà non so perché ti ho scritto,

non avrei comunque niente da raccontarti.

Non deve per forza succedere qualcosa per poter parlare.
Non stiamo parlando di niente e mi stai facendo sorridere comunque

Stento a crederci... che stai facendo?

Dovresti davvero smettere di darmi del bugiardo.
Sono fuori con alcuni amici, tu?

Guardo una serie tv.

 

Elisabetta non riceve più risposta e non riesce a far oscillare i suoi occhi dal computer al telefono, controllando che la connessione funzioni. Non c'è poi così tanto stupore se non lui non risponde, si sta ovviamente divertendo come qualsiasi altro ragazzo della sua età. E' lei quella fuori posto.

Quale persona di ventitré anni resta a casa ogni week end, mangia quantità industriali di caramelle alla frutta e guarda serie tv in totale solitudine?

Quindi forse al posto di lamentarsi dovrebbe uscire e almeno provare a conoscere qualcuno, ma è davvero così semplice adesso rimanere sola per lei da non poterne più fare a meno.

 

Scusa, un amico ha vomitato. Quale serie tv?

Probabilmente non la conosci. Mad Fat Diary

No, effettivamente mai sentita. Di che parla?

 

Se d'impatto era sconvolta per la risposta, ora era terrorizzata. E' difficile spiegare a un ragazzo che stai guardando per la quinta volta una serie tv in cui la protagonista, dopo aver tentato il suicidio, è ricoverata in un ospedale psichiatrico. E' difficile dirgli che è una delle tue serie tv preferite è che sei esattamente la fotocopia di Rae, il personaggio principale.

Ma sono nel 2020, se non lo farà lei sarà Wikipedia a raccontarglielo.

 

E' complicato...

Più di Dark?

Parla di una ragazza in un ospedale psichiatrico

Wow, beh è interessante.

Perché è lì?

Ha tentato il suicidio.

 

Di nuovo, nessuna risposta. E' l'una di notte e probabilmente lui è ancora fuori a divertirsi con gli amici. Aver raccontato quella trama le è sembrato quasi di confessarsi, di ammettere che ciò che lui ha visto è vero. Ma perché dovrebbe mentire? Voleva, anzi, vuole finire la sua vita. Anche quando la giornata sembra iniziare e concludersi senza drammi lei ha comunque quel pensiero che se la sua vita finisse starebbe meglio.

E non è colpa dell'essere single o senza amici, sente semplicemente un peso all'altezza del petto ogni mattina quando si alza. Ogni scelta che compie, ogni piccola interazione sembra un ostacolo invalicabile. In alcuni momenti i respiri si fanno corti e lei spera sempre che quel peso la soffochi definitivamente.

La sua psicologa l'ha etichettata “paura di vivere”, e quando pensa a quelle parole sente le ossa tremare. Dovrebbe essere la morte una paura, nonostante sia inevitabile.

Finisce come al solito in una spirale di riflessioni infinite rovinando il poco sonno che stava arrivando e inondando le sue orecchie di canzoni confortanti.

 

Sei ancora sveglia?

Sì.

Ti va di parlare?

Ok.

Sono qui sotto.

 

Elisabetta sgrana gli occhi nel buio della sua stanza. Sembra uno dei suoi strani sogni dove niente ha assolutamente senso.

Non ha senso che Claudio sia sotto casa sua alle due di notte e che le chieda di parlare. Non ha senso che abbia ancora voglia di sbrogliare la matassa di nodi che è lei.

Non ha neanche senso che Elisabetta decida di indossare un maglione spesso e che si sistemi alla buona i capelli.

Esce di casa in punta di piedi e una volta aperto il portone sente sulla faccia i pochi gradi che avvolgono quella notte. Claudio è in piedi appoggiato al muro del palazzo di fronte e guarda verso il basso. E' più triste ed è una visione strana per lei che quasi si sente in colpa.



Ecco che riemerge la mia anima dalle tenebre! 
Se c'è ancora qualcuno interessato allo sviluppo di questa storia, allora bentornato, spero che questo piccolo risultato possa essere apprezzato.
Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate.
(Spero inoltre di non aver omesso degli errori, ma sono le 00:01 e gli occhi faticano a stare aperti)

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Capitolo 4
*** CAPITOLO TRE ***


CAPITOLO TRE

 

I suoi passi sono un lieve rumore che rompe il silenzio e raccolgono tutta l'attenzione del ragazzo che adesso non può fare a meno di guardarla.

“Ciao...” sussurra senza entusiasmo. “Scusa per l'improvvisata.”

“Tranquillo, non hai interrotto niente.” il solito sorriso amaro contorna la bocca di Elisabetta che ha le mani infossate nelle tasche del giubbotto.

“Fa un freddo cane, entriamo in macchina?”

Dopo qualche minuto la macchina è totalmente riscaldata e le loro spalle si rilassano al tepore. Non sono riusciti a parlare per tutto quel tempo, solo qualche occhiata lampo per essere sicuro che l'altro ci fosse ancora.

“Di cosa volevi parlare?” chiede quindi Elisabetta, è strano per lei prendere il comando ma non capisce il suo stato d'animo.

“Sono preoccupato.” risponde dopo qualche secondo. “E non ho alcun diritto di intromettermi o forzarti in qualche modo, ma ho bisogno di sapere come stai. Sempre. E non so nemmeno come esprimere tutte le domande che ho su di te.”

“Quali domande?”

“Perché sei sola? Perché fai un lavoro che non ti piace? Ma una in particolare mi sta tormentando da giorni.”

“Falla.” lo sfida, sapendo perfettamente cosa l'aspetta adesso. Ma se Claudio vuole togliersi quel dubbio è giusto che lo faccia.

“Perché vuoi morire?” lo dice con lo sguardo basso mentre si tortura le mani. Pronuncia quella frase con dolore, come se non volesse davvero credere a ciò a cui sta pensando. Come se fosse una cosa fuori dal mondo desiderare una cosa del genere. Lo è, in effetti.

Un profondo respiro fuoriesce dalle labbra di Elisabetta che non sa davvero come riordinare il mucchio di pensieri nella sua testa. Non ha mai avuto una vera e propria risposta, è sempre stato talmente semplice e vero nella sua testa da non doverlo mai giustificare in alcun modo ad alta voce.
“Non so come spiegarlo, e non riesco a capire perché io voglia trovare il modo per farlo proprio con te.” comincia quindi a parlare. Il suo tono di voce è basso e nella testa di Claudio risulta inquietante tutta quella tranquillità. “Ogni giorno che passa per me è sempre più sfiancante alzarmi dal letto, lavorare, tentare di comportarmi nella maniera più normale possibile. Non mi importa di compiacere nessuno, sono solo stanca di dover sopportare certi commenti. Penso di non dover appartenere a questo mondo, semplicemente non fa per me.”

Il suo sguardo rimane perennemente sulle sue stesse mani mentre cerca di estirpare una pellicina fastidiosa non sentendone nemmeno il dolore. Claudio non parla, non sa nemmeno quale sia l'espressione della sua faccia.
“Vorrei che tutto sparisse, vorrei che io sparissi. Cancellare tutto in un istante, non esistere e non dovermi preoccupare di come affrontare la giornata successiva. E' da codardi e non mi sono mai definita una persona coraggiosa. Quindi forse la risposta alla tua domanda è: non ho più alcuna voglia di lottare.”
Riuscire a finire quel discorso le fa venire voglia di affrontare quello sguardo, curiosa di cosa potrà dire lui adesso. Claudio la sta già guardando, e osservandolo non pensa di averlo mai lasciato così esterrefatto nelle poche occasioni in cui sono stati insieme. Ha una sguardo distante seppur sia concentrato su di lei.

“Non sei costretto a rimanere, né a dire nulla.” puntualizza Elisabetta cercando di trovare il modo per sbloccarlo dal suo stato di trance.
“Ho semplicemente sperato fino all'ultimo che mi rispondessi di non voler morire.” sussurra lui sfiorandole una mano. “Credevo davvero di sbagliarmi con quella supposizione.”

“Mi dispiace, allora. Posso però consigliarti di diventare un investigatore, potresti davvero fare strada.” vorrebbe che lui cogliesse l'ironia, ma Claudio non accenna nemmeno un sorriso.

 

Sono ormai le tre di notte inoltrate quando Elisabetta abbandona la macchina e con la schiena curva dal freddo ritorna a casa non voltandosi ulteriormente. Se prima non aveva sonno adesso i suoi occhi non accennano nemmeno a rilassarsi. Le si chiude la gola, sintomo dell'arrivo di un lungo pianto strozzato per non fare rumore e non svegliare sua madre. In pochi secondi le lacrime bruciano gli zigomi e inumidiscono la sottile federa del cuscino, le mani stringono ossessivamente le lenzuola.

 

La familiare suoneria della sua sveglia la fa sobbalzare sul letto, si stropiccia lentamente la faccia mentre con una mano cerca di spegnere quella tortura. Le gira la testa, sente il naso chiuso a causa del pianto e ha la sensazione di avere il corpo completamente anestetizzato.
Guardandosi allo specchio realizza che nemmeno l'acqua fredda ha sgonfiato la pelle attorno ai suoi occhi che gridano con immensa chiarezza. Non capisce come ancora loro abbiano la forza di gettare ulteriori lacrime quando lei si sente in pace con se stessa e la sua rassegnazione .

Sono le nove e mezza del mattino quando varca la soglia del negozio, saluta con voce debole senza incontrare lo sguardo dei colleghi che semplicemente ricambiano senza prestarle troppa attenzione. Iniziano poi le pulizie di routine che spesso danno luogo a scambi di battute tra di loro, persino Elisabetta a volte riesce ad unirsi. Ma non quella mattina.

“Betta, tutto bene?” sente pronunciare alle sue spalle. E' Federico, ed è l'unico tra tutti che ogni tanto cerca di scalfirla con qualche domanda, ma lei semplicemente non sa fidarsi ormai di nessuno.

“Mhmh.” risponde quindi non distogliendo l'attenzione da ciò che sta facendo. “Hai uno sguardo strano.” insiste ritrovandosi finalmente faccia a faccia “Hai pianto?”

Cosa fare, mentire spudoratamente? Perché in ogni caso non se la sente di sfogarsi in quel momento. Non sa nemmeno cosa dire, non è triste per ciò che ha detto la notte precedente ma in fin dei conti si è pentita di averne parlato con Claudio. Ha visto la tristezza nei suoi occhi e ha sempre odiato portare dolore ad un'altra persona. Lui più di tutti non lo merita.

Forse il problema più grande era proprio quello, lei non sa portare gioia o leggerezza. E il pensiero di poter appesantire una persona come Claudio le fa ancora più pensare che la sua presenza è puramente tossica.

“Non preoccuparti, è solo un'altra giornata storta.” risponde liquidandolo in fretta, senza lasciargli il tempo di replica.

Diversamente dal solito, Elisabetta tiene il telefono in tasca per tutto il tempo, con il rischio che la titolare possa vederla e ripetere per l'ennesima volta il suo disappunto a riguardo. Ma una parte di lei è troppo curiosa di sapere quanto tempo passera prima di poter leggere un suo messaggio, quindi spesso si rifugia nel magazzino, accende lo schermo e viene trafitta dalla profonda delusione di non trovare mai nessun nuovo messaggio.

Viene poi colta di sorpresa quando fa la sua entrata anche Maddalena che subito la guarda con sospetto. “Che stai facendo?” le chiede con un tono tutt'altro che cordiale.
Si guarda intorno velocemente cercando una scusa plausibile per la sua presenza, “Stavo controllando delle taglie.” e una cosa che non ha mai sopportato è il suo calare sempre la testa. Avrebbe più volte voluto scaricare tutta la rabbia, dire a Maddalena quanto risulti infantile ai suoi occhi quando cerca di comandarla a bacchetta. Oppure farle sapere di non essere così ingenua, ma non ci è mai riuscita perché il silenzio risultava sempre più confortevole.

Dalla sua smorfia non sembra dare molto credito alla risposta, ma continua “Si può sapere perché hai sempre quel muso? E' davvero pesante vederti tutti i giorni sempre così seria e silenziosa.” e sbuffa la collega. Uno sguardo confuso prende posto sul viso di Elisabetta.

“Scusami?” è l'unica parola che riesce a pronunciare, improvvisamente non ha ossigeno nei polmoni e quella sensazione di soffocamento si ripresenta.

“Sempre a testa bassa, mai un sorriso e soprattutto quando Fede ti chiede come stai improvvisi questa facciata da vittima incompresa.” continua senza alcun rimorso, i suoi occhi sono ben piantati su di lei con aria di sfida.

“Sono qui per lavorare, mi sembra di starlo facendo. Il resto è irrilevante...” si difende tentando di mantenere un tono di voce deciso e per niente irritato.

Maddalena ruota gli occhi e sfilando la sua sigaretta elettronica dalla tasca esce dal magazzino per poi scomparire dalla porta sul retro, pronta come sempre alle sue solite e numerose pause.

Elisabetta respira profondamente un paio di volte e quando incamera dell'aria sente un bruciore, come se qualcosa volesse stroncarle il respiro. E nonostante le lacrime che vorrebbe versare e le urla che vorrebbe sputare in quel momento, decide di indossare la espressione migliore: indifferenza. Sguardo assente e muscoli rigidi, sempre sull'attenti come se si trovasse sul campo di battaglia. Come se da un momento all'altro potesse essere colpita da un proiettile.



Elisabetta fin da quando era piccola aveva un rapporto meraviglioso con sua madre, forse fin troppo attaccata alla sua figura. Ed è sicuramente quello il motivo se adesso non riesce e non vuole trovare la forza di parlarle più del necessario. Quell'immagine che idolatrava si è scoperta essere tutto ciò che potrebbe detestare. Ha provato a sistemare le cose anni fa, ma sua madre non ha impiegato lo stesso impegno.

“Tutto bene a lavoro?” è la domanda che le pone ogni sera appena varca la soglia di casa. E' un pensiero carino se solo la guardasse in faccia nel momento in cui lo chiede.

“Sì.” è la risposta secca che le riserva ogni volta senza sforzarsi di sembrare convincente. E a sua madre sembra bastare, lo deduce nel vederla completamente assorta nel suo cellulare.

Pensa sempre che la sua capacità di nascondere o mentire senza scrupoli sia un'abilità ereditata da sua madre.Così come è riuscita a nasconderle malamente numerosi compagni, lei è riuscita con maggiore successo a nascondere per anni il suo vizio del fumo, la sperimentazione di baci e tocchi poco casti compiuti con la sua (ormai) ex migliore amica, ma soprattutto il suo perenne stato di instabilità emotiva.

L'unica cosa che al momento non si preoccupa di mostrare è il puro sdegno nei suoi confronti.

Pensare a sua madre, per Elisabetta, è sempre il preludio di episodi che si incrociano nella sua mente e che le fanno ripercorrere tutto il loro percorso incendiandole ancora di più la rabbia. 
Cerca quindi rifugiarsi nella sua camera prima di poter compromettere il suo filtro cervello-bocca, ma è sua madre la prima a parlare.

“Sono arrivate le bollette da pagare.” la sua figura la segue mentre Elisabetta sprofonda sul letto, intenta ad indossare il pigiama. “Ok, domani le pagherò.” sono le uniche parole che le escono dalla bocca mentre gli occhi spiano lo schermo nero del suo cellulare.

“Hai presente la figlia della signora del secondo piano?” chiede sua madre, ma non aspetta nemmeno che lei le faccia alcun cenno,“Si sposa. A quarant'anni.” continua con indignazione.
In quel momento è l'ultima conversazione che vorrebbe affrontare, ma non riesce davvero a limitare il nervosismo che cresce dentro di lei quando risponde: “Quale sarebbe il problema?”

La donna davanti a lei è un insieme di tutte le abitudini retrograde che questo mondo dovrebbe abbandonare. Ha una visione della figura femminile in totale contrasto con quella di Elisabetta, quindi non dovrebbe stupirsi di quella reazione.

“Beh, è un po' tardi.” spiega con ovvietà mentre osserva in maniera distratta tutti i piccoli oggetti della libreria.

“Non vedo come la cosa ti riguardi. Ha tutto il diritto di fare ciò che vuole” le sue mani tremano lievemente nonostante siano impegnate a ripiegare i vestiti e non sa assolutamente con quale forza non la stia cacciando dalla sua camera.

“Volevo semplicemente parlare di qualcosa.” il suo tono di voce sembra quasi offeso.

“Adesso non ne ho voglia, soprattutto se l'argomento è così frivolo.” non sa perché, ma non riesce nemmeno a guardarla il faccia nel momento in cui sua madre lascia la stanza.

 

Si ritrova quindi abbandonata sul materasso nel vano tentativo di riuscire a rilassare almeno la metà dei muscoli contenuti nel suo corpo. Viene poi distratta da una lieve vibrazione che illumina lo schermo del telefono posto sul mobiletto accanto.
Non vuole guardare, sa benissimo che non è lui e anche se lo fosse non ha le forze per poter sostenere la situazione.

Questi sono i momenti in cui il suo desiderio di dissolversi improvvisamente si fa più intenso. Non vuole sconfiggere le sue paure, non vuole essere coraggiosa: l'unica cosa che vuole è far sparire ogni singolo pensiero a costo di non poterne creare più. Il gioco non vale la candela, non per lei. E nonostante nel mondo esistano milioni di ingiustizie, lei non prova alcun rimorso in ciò che pensa.

Nel momento in cui inserisce le cuffie nelle orecchie Chris Martin comincia a cantare, promettendo di aggiustare qualsiasi persona a cui la canzone è dedicata, promettendo che delle luci la riportino a casa.
E se da una parte è romantico pensare che qualcuno possa impiegare del tempo ad aggiustare tutte le crepe, forse è anche da egoisti permettergli di farlo.

Realizza che forse non è in grado di amare, che a malapena riesce a dimostrare del semplice affetto. Non riesce nemmeno a riceverlo.
E non vuole che nessuno perda del tempo per provare a riparare quelle crepe.



Capitolo un po' rattoppato, me ne rendo conto. Pensavo sarebbe stato più semplice scrivere di qualcosa vicino a me, ma si sta rivelando più difficile del previsto.
Mi sarebbe davvero utlie sapere cosa ne pensate fino ad adesso e capire il vostro punto di vista. Fossero anche critiche, sono ben accette
.





 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO QUATTRO ***


CAPITOLO QUATTRO

 

Claudio ha passato gli ultimi giorni incollato ad uno schermo, ignorando i tre libri che avrebbe dovuto ripassare per l'esame imminente. Al posto di chiamare i suoi amici e organizzare il tradizionale gruppo di studio ha preferito guardare circa 720 minuti tutti riguardanti una cerca Rae.

Tutto solo per poterle entrare nella testa una volta per tutte e magari trovare qualche risposta.

Le avrebbe voluto scrivere ogni giorno, chiederle come stesse o presentarsi sotto casa sua, ma la verità è che quelle parole l'hanno davvero scioccato soprattutto perché il suo viso non mostrava tristezza. Solo consapevolezza.

 

Quando termina l'ultimo episodio è in lacrime ma con un piccolo sorriso di speranza che svetta sulle sue labbra. Quello che però non risulta chiaro è perché lei non abbia ricevuto la stessa spinta per combattere contro qualsiasi cosa la stia schiacciando.

E' ormai mezzanotte e i tentativi di mandarle un messaggio sono circa ventidue. Ventidue volte le ha chiesto scusa per il disturbo ma mai una volta ha premuto “invio”.

Non così lontano, lei è distesa nel letto e le coperte le lasciano a malapena la possibilità di respirare dal naso. Il caldo che la circonda fa sì che il suo battito cardiaco possa finalmente tornare a un bussare lento e costante. La sua mente, al contrario, non riesce a smettere di creare pensieri lasciati in sospeso per creare altrettanti dubbi.

La seduta non l'ha tranquillizzata come avrebbe dovuto, ha utilizzato il tempo disponibile pronunciando poche parole e cercando di credere alle parole di conforto della psicoterapeuta, fallendo miseramente.
Con tutto quello che succede nel mondo, non ha difficoltà a credere che non possa succederle niente di lievemente felice. Ma questo non l'ha detto, ed è colpa della sua ossessione nel rendere sempre le vite degli altri più semplici della sua.

Si sente in colpa al pensiero di far diventare più difficile il lavoro di Paola, anche se non è fatto di proposito.

Si sente in colpa quando qualcuno si ritrova a doverla aiutare, come se lei non fosse in grado di cavarsela da sola.

Le palpebre si fanno più pesanti ed Elisabetta è grata del sonno che la sta avviluppando permettendole così di spegnere i pensieri per qualche attimo.

 

Si sveglia sei ore e venti minuti dopo con il tradizionale suono della sua sveglia e dei miagolii prolungati del suo gatto che cammina lentamente per la sua stanza. Con gli occhi ancora incollati dal sonno inforca i suoi occhiali, e si munisce del cellulare infilandolo nel pantalone della tuta.

Comincia la giornata con lo stesso loop che ormai dura da circa due anni, con l'unica differenza che consiste nel fissare ossessivamente lo schermo del suo telefono.

Si illumina, ma solo per segnalare il messaggio “del buongiorno” di sua zia.

Si presenta in negozio e questa volta incolla al suo viso uno sguardo sereno tentando di vendersi come una persona allegra e tranquilla, se questo le evita una discussione con la sua collega. Non sa se effettivamente qualcuno ci abbia creduto, ma non fanno alcuna domanda e lei si accontenta di ciò.

E' l'ora di pranzo, e mentre i suoi colleghi sono in pausa Elisabetta è impegnata a sistemare il disastro creato da una cliente dopo essersi provata la metà di ciò che fornisce in negozio. E' particolarmente concentrata a snodare i lacci di un minuscolo top, quando una voce la fa sobbalzare.
L'ha riconosciuto nonostante lui sia ancora alle sue spalle, ma non riesce a credere che sia veramente lì. E se fino a quel momento sperava si facesse vivo adesso lei vorrebbe solo dissolversi nell'aria.
Si volta con lentezza estenuante e davanti a lei Claudio indossa il solito cappotto nero lasciato aperto con un maglioncino color panna. Per la seconda volta non riesce a decifrare la sua espressione totalmente neutra. Sembra agitato perché vede muovere i pugni dentro alle tasche e ogni tanto si guarda intorno come a voler eludere il suo sguardo.

“Ciao” risponde finalmente Elisabetta con ancora l'indumento tra le mani. “Posso aiutarti?”

Claudio ignora la domanda, chiedendo a sua volta “Come stai?”

Passano diversi secondi in cui la ragazza si chiede quale sia la migliore strategia da attuare. Se mente lui lo sentirà, ma se risponderà con sincerità dovrà nuovamente affrontare quel discorso.
“Il solito.” borbotta abbassando lo sguardo e ritornando a disincastrare quei fastidiosi nastri.
Sente il ragazzo sospirare rumorosamente e compie qualche passo nella zona circoscritta mentre cerca le parole giuste.
“Ne possiamo parlare?” è una supplica quella che esce dalle sue labbra, Elisabetta può dirlo dai suoi occhi che finalmente rilasciano la loro solita espressività. La seguono in ogni impercettibile movimento e sono in attesa di una specifica risposta.
“Non ne vedo il motivo, e comunque sto lavorando.” sputa quella frase con freddezza sperando così di allontanare ulteriormente Claudio. Deluderlo magari, così che possa lasciare la presa su di lei.
“Se mi permettessi di parlare, forse lo vedresti. Che cosa ti prende?” il suo comportamento agli occhi di Claudio è un completo mistero. Non si aspettava di trovarla in guardia, né tanto meno di essere respinto.
“Io non ho vogl-”avrebbe voluto rispondere Elisabetta, se non fosse stata interrotta.
“Betta, vai in pausa?” le chiede senza preoccuparsi di aver troncato un conversazione. “Oh, Claudio giusto?”
Claudio la guarda mostrandole un piccolo sorriso di cortesia, “Ciao”.

Si insinuano tra loro attimi di silenzio disturbati solo dalla musica proveniente dalla casse del negozio. Elisabetta lascia andare senza più speranze il top sul tavolo lì vicino con l'unico obiettivo di uscire da quella situazione e dal negozio stesso.
Non si stupisce quando percepisce una figura dietro di lei che compie i suoi stessi passi. Si trova poi costretta a fermarsi davanti al semaforo, permettendogli così di farsi raggiungere.
“L'ho vista.” borbotta Claudio una volta si è posizionato al suo fianco. Lei non batte ciglio, nonostante voglia girarsi verso di lui e chiedergli di cosa stesse parlando. “La serie tv intendo.”
Elisabetta deglutisce lentamente e la mano che sta sorreggendo la borsa stringe con forza i manici in pelle.
Il semaforo torna verde, ma Elisabetta non si muove. Si ridesta dallo stato di trance solo quando qualcuno la urta per poter attraversare la strada al posto suo, si posiziona poi con la schiena alla colonna del portico.
“Quando ne abbiamo...” comincia Claudio posizionato davanti a lei, “Quando ne hai parlato io non sapevo cosa dire. Non avevo idea che pensassi una cosa del genere e ogni frase che formulavo in testa sembrava stupida.”
E' notevolmente a disagio Elisabetta che muove i piedi sul posto e ha intrecciato le braccia al petto, come se dovesse difendersi da una qualsiasi minaccia. Non sopporta di aver trasformato Claudio in quel involucro di insicurezza, lui che brillava di una luce talmente potente da non poterla scalfire in alcun modo. Forse perché ciò che più aveva apprezzato di lui era la sua gentile schiettezza, il suo riuscire a farla sorridere senza nemmeno doverci provare.
Vorrebbe farlo sentire meglio, annullare quel dolore e poter dire di essere serena. Ma non può, e il pentimento di essersi aperta con lui è sempre più forte.
“...pensavo quindi che, forse, guardando qualcosa di vicino a te avrei capito come ti senti.” Non si era accorta di essersi persa nei suoi pensieri, mentre Claudio continuava a parlare, il suo sguardo è leggermente calato sulle sue stesse mani che si attorcigliano nervosamente, mentre Elisabetta stinge così forte il suo petto da sentire il respiro mancare.
“Ed è così?” domanda lei, pur sapendo già la risposta.
“Neanche lontanamente. Però mi mancava la tua presenza, ed è stato doloroso non sentirti.”

Elisabetta guarda a terra mentre un sorriso fa capolino sul suo viso. E' quel tipo di sorriso che compare quando sente un complimento, o una cosa che la rende felice, ma allo stesso tempo non riesce mai a fidarsi.
A Claudio è mancata un Elisabetta che ha sempre cercato di frenare la sua tristezza, che non ha mai detto il cento per cento di ciò che pensava per non spaventarlo.

Claudio si è illuso di aver saputo tutto quella notte, ma non sa che quella è solo una goccia dell'oceano burrascoso che nasconde dentro.
“Come stai?” chiede la sua voce immersa tra i rumori della strada.
Comincia a non sopportare più quella domanda a cui non riesce mai a trovare una risposta soddisfacente.
E viva, respira, quindi sta bene. Ma non si trova dove vorrebbe essere, quindi sta male. Ma c'è chi sta peggio, quindi dovrebbe sentirsi bene.

“Io non lo so.”

 


Sono passati altri tre giorni, Elisabetta cammina verso lo studio della sua psicologa e per la prima volta fa fatica a riordinare i fatti successi.
Non sa se parlare di Claudio, del lavoro soffocante o della fastidiosa presenza di sua madre.
A circa metà seduta si è resa conto di aver tirato fuori tutti gli argomenti senza riuscire a concentrarsi davvero, cercando di credere che la sua psicologa ha ragione.
Che deve darsi del tempo, che prima o poi tutto si aggiusta e che lei è una persona speciale.

La pelle delle sue mani è martoriata dai denti che hanno tirato decine di pellicine, lasciandole doloranti anche solo nel muovere le dita. Si è sforzata di non lasciare andare quelle lacrime, di non ripetere sempre la stessa scena, ma non è riuscita a prevalere su se stessa.

 

Claudio le ha scritto un paio di volte, chiedendole di vedersi. Ed è stato molto semplice per lei inventare una scusa la prima volta e fingere di non aver visto il messaggio in tempo la seconda. Spera che tutto questo lo spinga ad arrendersi al fatto di non poter fare niente, ma i messaggi continuano ad essere inviati giorno dopo giorno.

Sai qual è la mia frase preferita fra tutte?

Non puoi spendere la tua intera vita ad aver paura che le persone ti rifiutino.

Devi smettere di rifiutare te stessa, non lo meriti.”

 

Un colpo basso, usare una delle sue serie tv contro di lei. E non ammetterà mai di aver sorriso leggermente una volta letto il messaggio, eppure non riusciva a trovare una risposta da poter scrivere.
Non poteva lasciarsi andare con facilità, non dopo aver costruito una corazza così resistente. E se lui iniziasse a pensare che fosse una bugia? Il suo essere così riservata e silenziosa.
Opta quindi per spegnere definitivamente il telefono e collegare le sue auricolari al computer, in modo tale da poter annullarsi tra le note delle sue canzoni preferite.

 

Il mattino dopo è un delirio tra la sveglia che suona e le cuffie incastrate ai suoi lunghi capelli.
Prima di affrontare un periodo così turbolento, Elisabetta era solita definire l'andamento della giornata in base al suo risveglio. O forse lo fanno tutti.
E se dovesse giudicare quella giornata l'avrebbe intitolata “un disastro annunciato”. La suoneria sommata agli occhi pesanti e la difficoltà di liberarsi dalle dannate cuffiette sono esattamente gli ingredienti che possono attivare in lei una vera e propria esplosione.

E non sarebbe male in quel momento fare un rumoroso BOOM e far sì che di lei rimanga della semplice polvere.

Abbandona quel pensiero mentre compie l'ennesima routine con la sola differenza che al messaggio di ieri se n'è aggiunto un altro.


where did I go wrong?

I lost a friend somewhere alone in the bitterness...”

Utilizzare questi mezzi non ti porterà a niente
se non ad una incazzatura più elevata.

 

Ah, quindi hai ritrovato la facoltà di rispondere ai messaggi, ottimo!
P.s. La rabbia è comunque una reazione, la prendo come una conquista.

 

Dici di volerti comportare diversamente dagli altri,
ma lo stai facendo esattamente come loro.

 

Sai cosa? Hai ragione, mollo tutto.
E' chiaro che tu non voglia alcuna compagnia e sto solo facendo la figura di un povero disperato
(che non sono). Buona giornata.

 

Un sorriso vittorioso spinge sul suo viso godendo della soddisfazione di aver raggiunto l'obiettivo. Ha allontanato Claudio per il suo bene, continua a ripeterlo nella sua testa come un mantra per tutta la giornata e sembra quasi cominciare a crederci davvero.

Ma quando ritorna a letto e rilegge quei messaggi il peso di quelle parole crolla dritto sul suo petto, lasciandola senza fiato.

Avrebbe potuto accettare il suo aiuto, ma per poterlo fare avrebbe dovuto ammettere ancora una volta di avere un problema.



Dopo due settimane di attesa, eccolo! 
E a questo punto spero che chi lo stesse aspettando ne rimanga (almeno lievemente) soddisfatto. 
Non è stato semplice concentrarmi per scriverlo, la mia mente spesso e volentieri cercava ogni scusa per non continuarlo vista la scarsa creatività.
In ogni caso, come al solito chiedo a chi ne ha voglia di farmi sapere cosa ne pensa.
(anche se essendo una persona con ben poca autostima mi accontento delle visite.)
Alla prossima, spero presto.

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO CINQUE ***


CAPITOLO CINQUE

 

“E da quanto non lo senti?” chiede Paola con la sua solita voce calma. La osserva con le gambe incrociate e l'agenda aperta a metà e una penna appoggiata sopra.
“Saranno passati quattro giorni, più o meno” risponde Elisabetta, sa già dove vuole andare a parare la terapeuta eppure non vuole precederla.
“Ne senti la mancanza? Comunque mi era sembrato di capire che con lui stessi bene... no?”

Passano secondi interminabili di puro silenzio, Elisabetta ha lo sguardo basso per paura di un giudizio. La sua gamba trema leggermente per via del piede che saltella, la schiena è ricurva nonostante la poltroncina ampia e confortevole.

“Come posso sentirne la mancanza? Non ho idea di chi sia, è un estraneo per me.” ribatte quasi stizzita, può leggere le parole successive alla sua risposta direttamente sulla fronte della terapeuta.
“Non gli hai dato modo di farsi conoscere, né di farti conoscere.” la voce è intrisa di dispiacere e questo fa inumidire quasi istantaneamente gli occhi della paziente.

Si morde il labbro con violenza, non riesce a sopportare che qualcuno provi pena per lei.

“Non merita di affondare per colpa mia. Ha pensato che seguire uno stupido programma gli desse il diritto di sapere qualcosa su di me e ha pensato di curarmi.” sente caldo improvvisamente, quasi una rabbia che le monta dentro e che fa scorrere litri di lava bollente nelle vene. Sente il bisogno di ribaltare qualsiasi oggetto davanti a lei, di urlare, ma l'unica cosa che riesce davvero a fare è curvare ulteriormente la schiena e torturarsi, come da routine, le pellicine attorno alle dita delle mani.
“Non ho fatto altro che accelerare i tempi, si sarebbe allontanato comunque.”

 

La seduta termina poi in poche battute e poche volte Elisabetta si è sentita sconfitta uscendo da quell'ufficio. Forse la cosa che più la rende triste è vedere segni di rassegnazione sul viso di colei che dovrebbe aiutarla. A volte si chiede come faccia a mantenere la calma, ad avere così tanta pazienza nel sentire sempre le stesse frasi, le stesse paranoie e avere comunque la voglia di trovare una soluzione.
Non sa per quale motivo si aspetta di trovarlo sotto casa di nuovo, dopo tutto ciò che è successo sarebbe fin troppo strano. Eppure una nota di delusione si aggiunge al suo stato d'animo quando non la strada libera e nessuno ad aspettarla.

La casa è vuota al suo ritorno se non si conta il gatto che prontamente struscia la piccola testa sulla sua gamba e le impedisce di muoversi facendo zigzag tra i piedi.
Perde parecchi minuti davanti alla home di ogni social network esistente sul suo telefono, sprofondando sempre più nel divano, e ogni tanto ha la tentazione di mandargli un messaggio. Magari delle scuse, o un semplice saluto. E' vero che non gli manca perché ai suoi occhi è uno totale estraneo, ma il rimpianto di non averlo conosciuto abbastanza si fa spazio tra i suoi pensieri.

E' in momenti come questi che vorrebbe qualcuno con cui parlare, un'amica che possa consigliarle cosa fare anche se nella sua testa la risposta è chiara. Ma con quale coraggio adesso potrebbe scrivergli o chiamarlo? Ha dipinto così bene la sua facciata da persona indipendente da doverla costringerlo ad esserlo davvero.
Stropiccia le palpebre con i dorsi delle mani e strozza un lamento per non liberare la frustrazione, la consapevolezza di essere immersa in questa situazione più di quanto voglia ammettere.
Si alza dal divano con un scatto abbastanza veloce da provocargli un piccolo giramento di testa,e si dirige nella sua stanza che risulta fin troppo ordinata se messa a confronto con i suoi pensieri.
In un attimo rovescia a terra gli oggetti della scrivania alla sua destra, prendono direzioni diverse e alcuni si rifugiano sotto al letto. Tira con forza le coperte e lo spoglia completamente, il movimento la porta a sbattere le spalle alla libreria causando il rotolare di altri oggetto e uno dei tanti romanzi di Stephen King, nota la piccola scheggiatura su un angolo del dorso mentre lo rialza da terra. Svuota poi il ripiano più altro pieno di piccoli album fotografici scatole contenenti ricordi inutili ai suoi occhi; Il secondo ripiano si libera delle fotografie e le boccette di profumo raramente utilizzate. Il profumo sprigionato le inonda le narici e solo in quel momento riesce a vedere le schegge di vetro disseminate sul parquet.

Rilascia poi uno sbuffo rumoroso e si siede ad un angolo della stanza reggendosi la testa con le mani e chiedendosi a cosa abbia portato tutto questo.
A cosa sia servito preservarsi con le persone se poi queste l'hanno ferita lo stesso, perché limitarsi nelle discussioni se ha portato a guerre più durature?
Comincia a raccogliere i pezzi di vetro più grandi e li raduna nella sua mano, ora quel profumo è diventato nauseante nella sua testa, e li stringe per evitare che cadano nuovamente. Sente pungere in alcuni punti della mano ma quel dolore è quasi un sollievo, qualcosa che prova la sua presenza in quel momento perché nella sua testa si sente fluttuare. Come se fosse fuori dal mondo.

Sono esattamente le due e trentasette di notte, ed Elisabetta capisce di dover far qualcosa se nemmeno della rilassante musica classica riesce a farla addormentare. Cambia posizione stendendo completamente la schiena al materasso e sblocca, per quella che sembra la centesima volta, lo schermo del telefono.

Mi dispiace.

Sono le uniche parole che riesce a digitare, perché non saprebbe nemmeno da dove cominciare se dovesse spiegare il suo comportamento. Dopodiché spegne il telefono definitivamente e comincia a compiere dei respiri profondi. Trattiene l'aria per più tempo possibile per poi rilasciare in modo lento e calcolato. E non sa quando, riesce davvero a dormire.
La mattina dopo ha una spinta in più per alzarsi da quel letto e affrontare un'altra giornata. Il suo telefono non squilla, né vibra. Il messaggio è ancora sospeso tra l'esser stato inviato e non visualizzato. Mantiene la calma, forse non è ancora sveglio. Ma passano diverse ore, e la risposta non arriva.

Elisabetta sta sistemando l'ultima merce arrivata quando qualcuno fa capolino davanti a lei, ma rimane delusa dalla consapevolezza di chi ha davanti.

“Betta mi passi le chiavi del portone? Stanno arrivando altri colli.” Chiede con la sua consueta gentilezza Federico.
“Si, certo.” Ma lo sguardo è assente e la voce bassa e distante. Non si sofferma troppo sulla smorfia confusa del suo collega, troppo impegnata a distribuire i vestiti ordinatamente in magazzino. Passa giusto qualche minuto prima che possa sentire dei passi avvicinarsi di nuovo. Federico la sta guardando mentre chiude la porta del magazzino. Non sa bene cosa aspettarsi, ma non è spaventata.

“Possiamo parlare un momento?” Elisabetta annuisce e ripercorre tutti i gesti fatti quel giorno cercando un possibile errore.
“Non mi devi rispondere per forza, ma ho notato dei comportamenti strani. E' successo qualcosa?” Lo sguardo che le rivolge sarebbe capace di corrodere qualsiasi materiali, la guarda dritta negli occhi e nonostante la sua timidezza Elisabetta non trova il coraggio di lasciare quella connessione.
“Non è successo nulla, davvero...” Risponde con insicurezza mentre stropiccia un lembo di plastica appena rimossa dai vestiti, Federico ferma quel movimento.
“C'entra quel ragazzo che è venuto a volte in negozio?” I suoi occhi non vacillano, la sprona a spillare una risposta.
“In realtà sto cercando di porre rimedio ad un errore commesso, mi dispiace che ti sia preoccupato.” il suo solito timido sorriso prende spazio sul viso, speranzoso di chiudere il prima possibile quella conversazione.
“Non devi scusarti. Ho sempre fatto caso a come tu non chieda mai aiuto e ho capito che a volte bisogna spingerti un po'. Se senti la necessità di parlare, ci sono.”
Il sorriso di Federico è sempre stato brillante e rassicurante, così tanto che Elisabetta sente un piccolo calore confortante diffondersi dentro.

Vengono poi interrotti dallo spalancarsi della porta da quella che scoprono essere Maddalena, che li guarda con occhi indagatori. Sulla sua faccia si può chiaramente leggere la curiosità di sapere cosa stia succedendo fuori dal suo campo visivo.

“Fede, un cliente chiede di te.” Enuncia poi sbattendo nervosamente un piede sul pavimento.
“Arrivo subito.” E' quello che dice prima di voltarsi nuovamente verso Elisabetta, le stringe debolmente l'avambraccio prima di concludere la frase, “Ricordati ciò che ho detto.” e ritornare nel pieno caos del negozio.

“Sai, ora mi è tutto molto più chiaro” La voce di Maddalena si insinua nelle sue orecchie nello stesso modo viscido di un serpente. “Il mutismo, la smorfia triste, e il fingere che tutto sia nella normalità...” Lascia la frase in sospeso, con la convinzione di aver scovato chissà quale sotterfugio.
“Non so di cosa tu stia parlando.” Elisabetta è nuovamente immersa nel lavoro che stava compiendo fino a qualche minuto fa, cercando di dare alla sua collega l'attenzione minima ed indispensabile.
“Ma per favore. Perché non ammetti semplicemente che Federico ti piace, che sai quanto lui si sia sempre preoccupato per i suoi colleghi, e che hai preso questa sua debolezza per poterti avvicinare a lui.” spiega Maddalena giocando con il badge che porta al collo. “Almeno sembreresti meno ridicola.”
“Mi spieghi che problemi hai?” I suoi pugni sono stretti e nascosti dietro la schiena cercando di concentrare e far dissolvere tutta la violenza che dentro di lei sta crescendo. “Ti è davvero così difficile per una volta chiudere quella bocca?”

Maddalena rimane inizialmente perplessa da quella risposta, così tanto da tacere sul serio ma senza togliere spazio alla smorfia giudicante.
Elisabetta la sorpassa senza degnarla di un minimo contatto visivo, ma prima di uscire pronuncia le sue ultime parole “Fatti una domanda se non rimango qui a parlarne.”

Ma Maddalena le blocca il polso e rimane dietro le sue spalle sussurrandole all'orecchio “So di aver ragione, non pensare che quel bel faccino ti possa salvare per sempre.”

 

Uscire dal negozio a fine giornata è l'unico sollievo che riesce a provare. Cammina con stizza verso casa e nel mentre afferra il cellulare come sempre sprovvisto di notifiche utili se non aggiornamenti politici gentilmente offerti dal browser. Una sola cosa è cambiata, questa volta il messaggio è stato letto seppur non abbia scritto alcuna risposta.

Sono attimi di tensione quando Elisabetta decide di dover fare un passo in più, e mentre massacra il labbro inferiore con i denti avvia una delle telefonate più difficili della sua vita. Sono davvero poche battute, ma incredibilmente la voce di Claudio non risulta arrabbiata, ma si trova anche disposto ad incontrarla.

Il percorso non è così lungo e fortunatamente l'aria non è così fredda nonostante ci si avvicini quasi a Dicembre. La casa di Claudio è vicino il palazzo dell'università a qualche centinaio di metri dalla Mole Antonelliana che di sera è illuminata con i colori della bandiera. Sono le otto di sera e le strade sono lievemente rischiarate dai lampioni e completamente sprovviste di persone.

Si lascia incantare dalle finestre delle abitazioni dove riesce a intravedere stralci di vite che non sono la sua, e il destino vuole che non riesca a trovare una casa con persone sole. Giunta poi al numero civico giusto è indecisa se suonare il campanello, opta così per scrivere un semplice messaggio e avvertire Claudio di essere arrivata a destinazione.

" Beh, questa è una sorpresa. " esclama Claudio prima di chiudere con cura il portone di casa.
È una sensazione di sollievo quella che la pervade, causata da quella vista. Si aspettava le palpitazioni, non di certo il totale rilassamento dei muscoli.
Elisabetta apre la bocca ma non fuoriesce alcun suono, si dondola sui piedi e alterna lo sguardo tra il terreno e gli occhi di Claudio che la osservano con ineguagliabile delicatezza.
Stropiccia il viso con le mani ed emette un lamento frustrato quando finalmente riesce a pronunciare le prime parole.
"Mi dispiace."
"Per cosa?" chiede compiendo qualche passo nella sua direzione. La sua vicinanza spinge Elisabetta a guardarlo di nuovo, e vorrebbe tanto sapere come faccia a essere così sereno e non le abbia ancora gridato in faccia una sfilza di insulti.
"Per cosa? Ti ho trattato malissimo." ma lui rimane deluso dalla sua risposta se la scomparsa del sorriso è di qualche indicazione.
"Sì, ma non è la cosa più grave che hai fatto." Claudio prende tempo e la osserva senza avvicinarsi ulteriormente. "E la cosa peggiore è che non te ne sei ancora accorta, ti stai negando qualsiasi forma di aiuto."
“Voglio solo evitare che tu perda tempo dietro a una causa persa...”sussurra Elisabetta con un piccolo tremore nella voce.
“E allora non farlo, devi semplicemente permettermi di avvicinarmi.” risponde subito dopo, compie dei passi finché i loro piedi quasi riescono a toccarsi.
Claudio è leggermente più alto di lei, e questo fa ritornare il sorriso sul suo volto mentre la osserva, sente come se lei avesse timore di lui.
“Non è così facile...” sospira fortemente, ”Troppe persone mi hanno illuso che mi sarebbero state accanto.”

“Allora non ti farò nessuna promessa, ma cercherò di esserci ogni volta che vorrai. E mi allontanerò quando ti sarai stancata di me.” la sua voce è così tranquilla e bassa da infondere di nuovo quel senso di sicurezza dentro di lei capace di scaldarla. E' così a suo agio da voler piangere, e per una volta è semplice commozione.

“Posso abbracciarti?” la richiesta è talmente inaspettata che Claudio ci mette qualche istante ad allargare le braccia e permetterle così di scontrarsi sul suo petto. Le mani di Elisabetta toccano la sua schiena e si aggrappano con ogni grammo di forza alle sue spalle. Sorride sul tessuto del cappotto quando sente la stretta di Claudio rafforzarsi.
“Vuoi salire?” sussurra poi al suo orecchio ridestandola completamente dal torpore.
“Oh, no tranquillo. Penso che tornerò a casa... ci tenevo però a chiarire.” le sue guance sono probabilmente di un colore purpureo e fa davvero troppa fatica a staccarsi da quel corpo.
“Non ti farò incontrare i miei se è questo che ti turba” una piccola risata rimbomba nella strada vuota e buia, “Mi piacerebbe che tu restassi ancora un po'.” confessa poi, stupendola con il suo imbarazzo.
“D'accordo, ma poi mi riporti a casa!” minaccia senza alcuna convinzione puntandogli il dito indice verso il petto.


Sono solo due piani quelli che percorrono e Claudio le prende una mano dirigendosi velocemente in camera sua, chiudendo silenziosamente la porta. Elisabetta si trova così catapultata in una stanza in cui il tempo sembra essersi fermato anni fa. Ci sono vecchi poster attaccati alle pareti di un noto giornalino per adolescenti e pensa di aver riconosciuto qualche libro di Geronimo Stilton accanto ai libri universitari.
Rimane a fissare le pareti al centro esatto della stanza finché Claudio non le sfila borsa e giubbotto, appoggiandoli poi sulla sedia della scrivania.

“Siediti e spiegami cosa ti ha spinto a venire fin qui.” quella frase è una secchiata d'acqua gelida nonostante Elisabetta sapesse che il discorso era stato a malapena trattato. Si siede quindi sul letto e assume la classica posa con le spalle ricurve e le dita intrecciate.
“Prima di spiegarti qualsiasi cosa ci tengo a sottolineare che non sono qui per fare la vittima.” comincia sistemando inutilmente la maglietta sotto la felpa. “Io faccio fatica a fidarmi delle persone perché solitamente queste finiscono poi per abbandonarmi, e sono così esausta da non volerci nemmeno rimanere male quando succede.”
Claudio la sta ascoltando in religioso silenzio e tenta in tutti i modi di non guardarla troppo scrupolosamente per evitare passi falsi.
“La verità è che avrei bisogno di troppe cose per sentirmi davvero bene, e il pensiero di dover affidare la mia felicità ad una persona mi fa impazzire totalmente.”

Sa bene di essere sull'orlo di un'ennesima crisi di pianto, ma forse per una volta non le importa di essere vulnerabile. Forse perché lui l'ha già vista o forse perché davvero vuole cercare di avvicinarsi e di far avvicinare qualcuno a lei.

“Ma non pensi che rimanendo sola tu possa solo allargare quel malessere?” chiede timidamente facendo scorrere le rotelle della sedia e avvicinando a lei.
“Quello che non ti ho mai detto è che sono seguita da una psicologa da diversi mesi ormai, quindi ci sto provando.” la voce trema, ma non pensa di avere più nulla da perdere, “Però ho questa sensazione nel petto, questo non voler essere cosciente, ho solo voglia di dissolvermi nell'aria.”

Claudio respira profondamente a quelle parole e reprime con forza tutti i pensieri che scalciano per essere espressi. Si limita a sfiorarle le mani e a stringere lievemente.
La porta viene poi spalancata e un uomo sulla cinquantina fa capolino nella stanza, nei suoi occhi si legge il pentimento di essersi presentato in quel momento.

“Oh, scusate... Claudio la cena è pronta.” balbetta imbarazzato quello che Elisabetta crede essere il padre.
“Uhm, ok.” si guarda intorno, come se avesse appena perso qualcosa, “Vuoi restare a cena?” le chiede poi all'improvviso.

Elisabetta li guarda entrambi e sa che Claudio non accetterà un 'no' come risposta ma non è certa di poter affrontare un cena così affollata.

“Solo se non è un disturbo.” sceglie di rispondere sforzandosi di sorridere a entrambi.
“Assolutamente, mia moglie è solita fare porzioni abbondanti. Comunque sono Franco.” si sporge dallo stipite della porta per avvolgerle la mano nella sua grande e ossuta.
“Elisabetta, piacere di conoscerla.” rispondere con voce piccola mentre si alza dal letto per seguirli in cucina.

La cena si svolge con lentezza ma si trovano abbastanza argomenti per non far cadere il silenzio. La televisione è spenta, fanno il resoconto delle loro giornate e ognuno ascolta con attenzione porgendo domande. Elisabetta ha davanti agli occhi ciò che ha sempre sognato e dubitato potesse esistere.

“Parlaci un po' di te, che lavoro fai Elisabetta?” le chiede poi la madre mentre si siede di nuovo a tavola, offre ad ognuno una fetta di torta.
“Lavoro in un negozio di abbigliamento come commessa.” risponde spezzettando la fetta in piccoli bocconi.
“Dev'essere impegnativo, chissà quante ne avrai viste” i genitori di Claudio la guardano ridacchiando quando Elisabetta sgrana gli occhi, in un attimo ripercorre ogni situazione strana o imbarazzante.

Finisce poi per raccontarle davvero, ed è un'altalena di risate e occhiate allibite. Elisabetta non lo nota ma Claudio non la sta ascoltando, troppo impegnato a sorridere nel vedere un piccola luce nei suoi occhi.





Non so con quale coraggio mi stia presentando a quasi un mese di distanza dal'ultimo capitolo, chiedo scusa.
Se qualcuno lo sta ancora leggendo, spero di non deludere troppo le vostre aspettative e che possiate avere ancora della curiosità per continuare questa storia.
Ora grazie alla zona rossa (lo so, che frase orribile) forse riuscirò a portarmi avanti con il lavoro.
Come sempre, critiche o commenti di qualsiasi genere sono ben accetti!

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Capitolo 7
*** CAPITOLO SEI ***


CAPITOLO SEI

 

Elisabetta non riesce a ricordare l'ultima volta in cui desiderava che una serata o un evento non finisse. Ha continuato a vivere tutto sperando che potesse finire presto così da tornare nel suo bozzolo caldo di insicurezze e solitudine. Quella sera invece la sua testa non sta vagando nei soliti pensieri o dubbi e non si sta chiedendo se la sua presenza lì sia dettata dalla pietà provata da Claudio.
E quando tornano nella sua stanza l'unica cosa che Elisabetta davvero desidera è un letto su cui sprofondare con tutta la sua stanchezza.

“Beh, si è fatto piuttosto tardi.” esordisce lei raccogliendo la borsa insieme al giubbotto.
“Mi dispiace di averti trattenuta così tanto, prendo le chiavi della macchina e ti riaccompagno.” il suo viso ha ritrovato la serenità che lo contraddistingue e ciò la fa sentire sollevata.
“Non scusarti,” la sua mano finisce involontariamente sul suo polso per catturare la sua attenzione “mi sono divertita e non capitava da un po'. Quindi grazie.” termina la frase con la voce sempre più bassa, la difficoltà di esprimersi non è cambiata nonostante i discorsi affrontati.
Claudio le sorride e riprende da dove era stato interrotto. Il viaggio in macchina trascorre con un'aria tesa che non hanno mai sentito, nemmeno durante la famosa nottata delle confessioni. Nessuno dei due vorrebbe arrivare a destinazione, qualcosa è rimasto in sospeso ma entrambi e soprattutto Elisabetta non sanno come leggere tra le righe del loro nervosismo.
“Come va l'università?” chiede quindi mentre guarda distrattamente la strada sfrecciare accanto a lei, anche se la guida di Claudio è piuttosto tranquilla.
“Sta andando, ma ho saltato l'appello di un esame.” la risposta è tagliata di netto, come se avesse preferito rimanere nel silenzio totale. Non è un suo comportamento solito.
“Troppo difficile?” tira ad indovinare, ma sa che lui non è il tipo di ragazzo che si tira indietro nelle difficoltà.
“Diciamo che non avendo aperto libro lo sarebbe stato sicuramente.” una lieve risata scappa dalle sue labbra, e tutti gli sforzi fatti per dissimulare l'imbarazzo crollano inesorabilmente quando incrocia il suo sguardo. Le contagia il sorriso, pur non capendo appieno l'ultima risposta.
Non fa in tempo a continuare quella conversazione, Claudio ha appena parcheggiato davanti a casa sua. E adesso dovrebbe essere semplice per lei aprire la portiera ed entrare nel suo appartamento considerata la stanchezza, ma preferirebbe dormire su quel sedile totalmente sbagliato per passare l'intera notte. La temperatura che si è abbassata nelle ultime due ore dovrebbe essere un altro monito per spingerla a cercare il suo letto munito di piumone, eppure sente qualcosa che la lega con presa ferrea a quella macchina, o quella persona.

“Va tutto bene?” sussurra dal nulla Claudio. Una mano si è appoggiata al suo ginocchio e lui si è sporto leggermente per cercare quella risposta nei suoi occhi.
“Sì, tranquillo.” i loro occhi si incontrano e forse per la prima volta lui può credere alle sue parole, senza dover scavare oltre.
Ricade il silenzio, ma questa volta non smettono di guardarsi forse intensificando quell'elettricità di cui nessuno sa spiegare l'origine.
“A che pensi?” per un istante la sicurezza di Claudio vacilla, forse intimidito da quella che potrebbe essere la risposta.
“Non voglio scendere da questa macchina.” sputa fuori Elisabetta, e la sensazione di libertà che si fa spazio permette alle sua pelle di vibrare.

Claudio deglutisce con difficoltà, è strano e complicato interfacciarsi alla persona che ha davanti a lui. Riesce ancora a vedere e quasi toccare quelle barriere, ma adesso vede attraverso quegli spessi mattoni.
Elisabetta sospira e abbandona totalmente la schiena sul sedile privando Claudio di quella visione, è ridicolo che quella condizione stia durando così tanto. La sente la difficoltà che lui sta provando, ed è proprio uno dei motivi per cui avrebbe voluto troncare ogni rapporto. Non vuole essere “l'essere atipico” con cui non sai mai come comportarti.
“Perché non hai risposto al mio messaggio?” un dubbio sta affiorando nel suo cervello, ed è forse il più difficile da scacciare. Forse perché non sta dubitando di se stessa ma di Claudio.
“Non sapevo esattamente cosa scrivere.” la sua voce è tranquilla, ignaro del fulmine che ha colpito Elisabetta in quel momento. Ignaro di essere lui il fulmine.
Elisabetta stringe gli occhi con frustrazione e successivamente si porta le mani sul volto per poterlo nascondere. Claudio ora è confuso e la sua bocca lo trasmette perfettamente con la smorfia che ha appena creato.
“Con quale pretesa vorresti passare del tempo con me se hai costantemente la paura di ferirmi o dire la cosa sbagliata?” le parole sono ovattate dai palmi che premono sulle sue labbra. “Non sono un fottuto pezzo di cristallo.”
“Aspetta un attimo, perché stiamo parlando di questo adesso? La mia non-risposta ha portato a qualcosa. No?” Elisabetta spalanca gli occhi e lo guarda come se avesse bestemmiato nel centro esatto di una chiesa. Quelle parole si scagliano tutte contemporaneamente su di lei, quasi riesce a percepirne il dolore.
“Tu non sapevi che mi sarei presentata sotto casa tua.” sibila lentamente, il suo corpo adesso è nuovamente voltato verso di lui.
“No, è vero. Ma inconsapevolmente ti ho spinta a fare qualcosa.” bisbiglia appoggiando il peso della mani sulle sue spalle in quel momento tirate su dalla tensione. “Non voglio trattarti come un progetto, o come una malata... e non sei un pezzo di cristallo ai miei occhi.”

Nell'aria si consolidano delle piccole tracce di tranquillità. Le mani di Claudio che prima coprivano la curva delle spalle adesso sono vicino alle clavicole, e infondono brevi ondate di calore date dai movimenti che sta compiendo.
Impiega pochi istanti ad avvicinarsi pericolosamente con il viso, Elisabetta non lo sta guardando ma a giudicare dal suo mordicchiare internamente la guancia suppone lei si senta in qualche modo colpevole. Forse è questo a convincerlo di compiere un altro passo. Quello che potrebbe risanare o distruggere una volta per tutte il loro rapporto.
Quando finalmente riesce a sfiorarle le labbra con le sue sente i muscoli del suo collo irrigidirsi sotto i polpastrelli, e non bastano le carezze delicate per scioglierli. Ma, al contrario di ciò che si aspetta, lei non si allontana.

“Tu assomigli più ad un frammento di roccia. Dura e spigolosa, ma che potrebbe nascondere qualche cosa di prezioso.”
E di nuovo, tutto si aspetta tranne di sentire una risata scoppiare in quel momento. Dura poco, ma il divertimento nei suoi occhi castani è piuttosto evidente.
“Scusa non volevo ridere, ma non ero pronta a farmi paragonare ad una roccia.” Elisabetta ha comunque il labbro inferiore intrappolato tra i denti per non dare vero sfogo alla risata che altrimenti farebbe eco tra le pareti di quella macchina. Anche Claudio ride e non sa se sia un bene ma l'atmosfera si è raffreddata portando con sé le note di imbarazzo che stavano aleggiando tra loro.
“Spero almeno che tu abbia capito il senso delle mie parole” riprende poi dopo qualche attimo, si sono di nuovo seduti in maniera composta ma riescono a guardarsi senza che uno dei due debba abbassare lo sguardo.
“E io mi auguro tu sappia riconoscere la differenza tra una pietra preziosa e uno stupido sasso.” e senza aspettare una replica Elisabetta sgancia la cintura di sicurezza e recupera la borsa appoggiata davanti ai suoi piedi. Il ragazzo davanti a lei vorrebbe riuscire a dire qualcosa, preoccupato che nelle sue parole ci sia astio o tristezza, ma il sorriso che gli dedica dopo smentisce quel suo pensiero riconoscendo per la prima volta di essersi agitato inutilmente.
Aspetta che si chiuda il portone prima di rimettere in moto la macchina e dirigersi il più velocemente possibile a casa per poter finalmente disconnettere per un po' il cervello. E' contento ma confuso dalla totale indifferenza mostrata da Elisabetta e non saprebbe dire a che livello si possa collocare il loro rapporto.
I suoi genitori stanno dormendo, cammina quindi in punta di piedi fino alla sua camera e prima di fiondarsi sotto le lenzuola appoggia sulla scrivania i due libri su cui domani dovrà spalmare i suoi occhi se non vuole perdere anche il secondo appello.

La notte sembra essere volata quando Claudio riapre gli occhi disturbati dalla luce della stanza. La sua sveglia sta suonando ininterrottamente da qualche minuto e non riesce ad evitare un rumoroso sbuffo quando, infossando il viso sul cuscino, finalmente riesce a bloccarla con movimenti ciechi.
Quando finalmente riesce ad emergere dalle coperte nota con disappunto la presenza di messaggi provenienti da più mittenti, ma non da quello più importante. I suoi amici discutono e chiedono consigli sugli esaminatori più crudeli, qualcuno gli chiede appunti sulle ultime lezioni, ma nessuno gli augura un buongiorno o vuole parlare di un misero bacio dato la sera precedente.
Camminando verso la cucina riesce ad intravedere suo padre seduto sulla sua solita poltrona con il giornale tra le mani. Sua madre invece sta concludendo il suo abituale tè al limone mentre ha gli occhi impegnati tra i post di qualche social network.
“Buongiorno tesoro, dormito bene?” gli chiede sollevando lo sguardo verso Claudio che è intento a scaldarsi una tazzina di caffè.
“Buongiorno, diciamo di sì.” risponde vago e con la voce ancora arrochita dal sonno, tenta di schiarirla un paio di volte.
“E' davvero simpatica la tua amica, la conosci da tanto?” Veronica ha totalmente abbandonato il suo smartphone, intenta a leggere qualsiasi espressione possa scappare dal volto di suo figlio. Claudio effettivamente sorride in maniera velata e sedendosi vicino a lei al tavolo della cucina comincia a sgranocchiare un biscotto.
Si lascia andare poi ad una piccola risata prima di rispondere a sua madre, “Non basterebbe tutto il tempo del mondo per conoscerla davvero.”
La risposta confonde la donna che con gli occhi chiede più informazioni che sa già di poter ricevere grazie alla fiducia che intercorre tra loro.
“Stare con lei è come percorrere una strada in penombra, c'è sempre qualcosa di oscuro che nasconde delle parti di lei. E' complicato.” mandando giù l'ultimo boccone una smorfia prende possesso della sua faccia, “Questi biscotti non sanno di niente.”
“Non cambiare discorso! Come l'hai conosciuta?” è difficile ignorare l'entusiasmo negli occhi di sua madre, e sa che le domande non finiranno finché non avrà un quadro completo sulla situazione.
“Una serie di coincidenze, la prima volta l'ho vista seduta ad un tavolino di un bar e il giorno dopo nel negozio dove lavora.”
“E sta nascendo qualcosa tra voi?” il suo sorriso è sempre più largo e contagia quello di Claudio che per un attimo ripercorre quel bacio fin troppo breve. Può davvero definirlo tale?
“Te l'ho detto, è complicato. Lei non si lascia avvicinare facilmente.” non riesce a rivelare a sua madre tutte le sue preoccupazioni riguardanti Elisabetta, sente quasi di tradirla. Decide quindi di far leva sulla sua carriera universitaria, troncando la conversazione prima che arrivi al punto di non ritorno.

Dedicarsi allo studio però si rivela più difficile del previsto. Le nozioni non sembrano difficili, ma non riesce in nessuno modo a prestare abbastanza attenzione a tutte
quelle parole. Il suo telefono comincia a vibrare annullando definitivamente ogni piccolo sforzo fatto finora.
“Ehi” risponde atono una volta accettata la chiamata, non prova neanche a nascondere la delusione che sta provando.
Ciao... ti disturbo? Stavi studiando?” la voce è quella di Riccardo, compagno di classe storico del liceo e attualmente dell'università.
“Ci stavo provando, ma forse una pausa è quello che mi serve. Come va?” si dirige verso il suo letto con ancora le lenzuola sfatte e rilassa ogni singolo muscolo, il suo cervello trova pace ora che ha davvero una motivazione per non studiare.
Tutto apposto, tu invece? Non ti fai sentire da giorni e hai mancato l'appello.” nelle sue parole può individuare l'entusiasmo smorzato dalla preoccupazione, effettivamente il suo comportamento è leggermente mutato ultimamente. Ed ecco che ritornano nella sua mente due occhi marroni profondi e un ghigno che nasconde un universo intero.
“Sì, tranquillo. Ho avuto un po' di pensieri per la testa e non mi sono concentrato abbastanza.” gesticola con la mano libera seppur consapevole di non poter essere visto, in tutti i modi vuole convincere l'amico che tutto è perfettamente nella norma.
D'accordo, allora questa sera ci sei?” chiede, anche se non sembra affatto una domanda. Come se Riccardo conoscesse già la risposta.
“Stasera?” ribatte Claudio con fare confuso, non ha la minima idea di ciò di cui stanno parlando.
Ehilà, Terra chiama Claudio! E' sabato, ci becchiamo al solito locale?” esclama quindi, stordendo momentaneamente l'udito di Claudio che oltre ad allontanare il telefono dalla guancia si picchia una mano sulla fronte per la sua dimenticanza.
“Ah sì, certo. Come sempre! Senti ora ti lascio, cerco di combinare qualcosa di serio prima di stasera.” Claudio spera di liquidarlo in fretta, e dopo un breve saluto riesce a staccare la chiamata per farsi avvolgere dal totale silenzio.

Un'illuminazione lo colpisce, riprende quindi il telefono e compone un breve messaggio all'amico. Posso portare un'amica?
La risposta che riceve subito dopo è un'esagerata sfilza di faccine ambigue che dovrebbero in qualche modo significare un riscontro positivo.


Quella stessa mattina Elisabetta si sveglia con un leggero sollievo, la sveglia non l'ha traumatizzata più di tanto e quella sembra una giornata discretamente sopportabile.
E' il giorno di riposo della sua titolare, perciò rimane tutto il giorno in cassa felice di non essere importunata da Maddalena e le sue frecciatine velenose. E' una giornata piuttosto lenta, scandita da pochi clienti e di conseguenza poche vendite, Elisabetta si concede qualche minuto al cellulare.
Ci ha pensato a quel bacio, forse fin troppo, immaginandone il seguito ma domandandosi allo stesso tempo il suo significato. Non riesce a impedirsi di pensare che le sia stato dato senza alcun sentimento. Ovviamente.
Arriva un messaggio di Claudio e la sta invitando ad uscire la sera stessa, “giusto per un drink” sono le esatte parole.
Non le viene in mente quando è stata l'ultima volta in cui è uscita di sera, nel weekend, per fare esattamente ciò che alla sua età viene chiesto di fare: divertirsi. Alla fine, inaspettatamente anche per lei, risponde che ci sarebbe stata.

Sono quasi le otto di sera, Elisabetta sta tornando a casa tormentandosi con il pensiero di avere “solo” due ore per prepararsi. Non per i vestiti o per il trucco, non sa più come ci si comporta in quelle situazioni. Mentre sale le due rampe di scale che la conducono a casa realizza che non conosce nessuno e Claudio non potrà prestare attenzione solo a lei, e un moto di gelosia le incendia il petto nonostante sia ridicolo farsi inondare da quel sentimento così becero.
“Tuo padre sta arrivando, ti va bene il pollo per cena?” la voce di sua madre irrompe violentemente nei suoi pensieri e non può impedirsi di rimanere paralizzata per qualche istante totalmente spaesata.
“In realtà non ceno a casa, esco tra un paio d'ore.” risponde con timore, sua madre non ha mai apprezzato quel genere di imprevisti.
“E dove pensi di mangiare? Con chi esci?” sono infatti le domande che condisce con irritazione, tutte le azioni che stava compiendo rimangono sospese per scrutarla con sospetto.
Effettivamente fino a qualche anno fa sua madre era prontamente informata di ogni sua amicizia creata o distrutta, ogni discussione, ogni momento esilarante. E persino un cieco si sarebbe accorto che ad Elisabetta non erano rimaste persone su cui contare o semplicemente incontrare.
“E' un amico, non so ancora in quale locale andremo.” lo stretto necessario, non è più abituata a quelle lunghe chiacchierate fino a notte tarda, con la tisana tiepida e i programmi in tv a basso volume. Ora sono piuttosto poche discussioni sporadiche che parlano di tutto e di niente, totalmente inutili.
“Lo conosco?” ritorna ai fornelli, poco soddisfatta della sua risposta, ma imperterrita a scoprirne di più.
“No, l'ho incontrato un paio di volte in negozio.” impegna le sue mani in gesti incoerenti e movimenti del tutto superflui mentre termina quello che ai suoi occhi assomiglia più ad un interrogatorio piuttosto che una semplice conversazione.
Si fionda così nella doccia con il solo intento di annegare ogni singolo pensiero o preoccupazione, permettendo al vapore di annebbiare ogni singolo neurone con la piccola speranza di trovare una persona nuova una volta riaperta la grande tenda azzurra. Ma no. Quando si specchia vede il solito viso deformato dalle goccioline che scorrono sul vetro e tutto ciò che avrebbe voluto dissolvere si trova sempre allo stesso posto. Suo padre è tornato a casa, lo capisce dai passi pesanti e i movimenti rumorosi. Lo saluta velocemente solo per compiere il viaggio dal bagno alla sua camera.

La sua preparazione è puramente meccanica e mentre si veste si rende conto di quanto i suoi vestiti si abbinino perfettamente al sentimento di pura apatia che si è steso sul suo viso. Si trucca, ed è passato davvero troppo tempo da quando l'ha fatto l'ultima volta perché strucca una decina di volte l'occhio dall'eyeliner sbavato. Opta quindi per un banalissimo ombretto di una chiara tonalità di marrone leggermente decorato da brillantini.
Mancano venti minuti all'appuntamento, sbadiglia annoiata mentre scrolla post noiosi rigorosamente nella sua camera con la porta chiusa. Nei momenti di assoluto silenzio sente rumore di posate che sbattono tra loro e se si concentra anche alcuni dialoghi di chissà quale fiction in tv.
Sente all'improvviso lo stridio del campanello e sgranando le pupille si affretta ad aprire la porta lanciando un “sto uscendo” ad una porta ormai semichiusa. E' ritornata l'ansia, il tremore delle sue gambe è un piccolo indizio. Non trova il coraggio di specchiarsi al grande specchio dell'androne, apre direttamente il portone notando la figura di Claudio appoggiata alla fiancata della macchina.

“Buonasera” la sua voce è impostata e a farle compagnia è un sorriso genuino, forse è per quello che Elisabetta risponde allo stesso modo abbassando però il volto lentamente. Claudio si sposta dalla portiera aprendola al posto suo e mentre Elisabetta sta per sedersi, la afferra per un fianco e posa un leggero bacio sulla guancia.
Il suo corpo si riscalda nelle zone sfiorate, pensa di avere la pelle d'oca sulla braccia fortunatamente nascosta dalle maniche del giubbotto. Trova assolutamente ridicolo dover trasalire per dei gesti così semplici.
“Com'è andata a lavoro?” la macchina è profondamente silenziosa se non si conta il motore in sottofondo quando vengono cambiate le marce, ha persino paura di star respirando troppo rumorosamente.
“Tutto ok, giornata noiosa. Come va lo studio?” risponde Elisabetta giocando con la cintura di sicurezza. Non riesce a trovare il coraggio di guardarlo, ma con la coda dell'occhio nota che anche lui è intensamente concentrato sulla strada. Fortunatamente, vorrebbe aggiungere.
“Benissimo, grazie.” non lo vede, ma dall'intonazione scommetterebbe la sua vita che lui abbia sorriso.
Il tragitto si rivela piuttosto corto, effettivamente è una zona parecchio vicina a casa sua, raggiungibile anche a piedi. Sono nel Quadrilatero Romano, precisamente in una piccola piazza contornata da piccoli locali che riescono a mantenere l'ambiente tranquillo anche con la clientela sistemata nei dehor. I lampioni illuminano gli edifici di un colore arancione che rende ancora più intimo il contesto.
Sono tutti piuttosto eleganti, o almeno non casual come Elisabetta che si è pentita di ogni scelta fatta nei preparativi. Intanto Claudio si dirige verso quello che lei immagina sia il suo gruppo di amici, pensa di contarne sette. Sembrano piuttosto sportivi ma, di nuovo, lei non si sente all'altezza.
Alla fine sono due ragazzi e tre ragazze, è sempre stata pessima in matematica ma quello è un nuovo record. Stanno ridendo per qualcosa che la bionda ha detto e non sembrano riuscire a fermarsi nemmeno quando Claudio annuncia la sua presenza, Elisabetta aspetta un paio di passi indietro.
“Ciao Claudio!” esordisce un dei due ragazzi regalandogli un poderosa pacca sulla spalla mentre nell'altra mano ha una birra semivuota.
“Ciao Ric... allora, cosa c'è di così divertente?” ride anche lui, semplicemente contagiato dagli altri.
“L'ennesimo flirt finito male di Elena!” esclama la bionda che ancora ansima per le forti risate, i suoi occhi si rivolgono verso la mora accanto a lei in un pessimo tentativo di scuse.
“Ha solo detto di essere impegnato quel giorno, non ho ancora fallito!” si difende Elena tradita da un sorriso divertito. “Piuttosto, che fine avevi fatto?” gli sguardi si rivolgono tutti su Claudio che liquida con una alzata di spalle una smorfia indifferente.
“Hai intenzione di presentarci la straniera?” chiede la terza ragazza, forse la più minuta delle tre e con una folta chioma rossiccia.
“Lei è Elisabetta” dichiara spostandosi dalla sua posizione, esponendola quindi a tutte quelle occhiate curiose. “E loro sono i miei irritanti amici: Riccardo, Elena, Monica, Giorgia e Alessio.” li presenta indicandoli uno ad uno mentre appoggia con nonchalance una mano sulla sua spalla. Elisabetta solleva timidamente una mano in segno di saluto
“Andiamo a prendere qualcosa da bere, cercate di lasciarci qualcosa da mangiare!” si raccomanda prima di portare entrambi alla porta in legno del locale.
“Va tutto bene?” le chiede poi una volta in fila al bancone.
“Sì, grazie. Sono solo un po' stanca dalla giornata.” giustifica iniziando a godere di quelle piccole attenzione che non risultano minimamente calcolate.
Ordinano due drink, di cui uno analcolico per Claudio, e mentre li trasportano al tavolino all'esterno Elisabetta prega perché quella quantità non la mandi in un terribile dopo sbornia il mattino dopo
Il gruppo è di nuovo coinvolto in una conversazione accesa, prevalentemente aneddoti successi durante le lezioni o semplicemente un riassunto della loro situazione scolastica. Si ritrova a ridere in qualche occasione, soprattutto le sporadiche battute di Alessio che hanno sempre uno spiccato sarcasmo.
Ha sempre voluto raggiungere quel tipo di confidenza con un ipotetico gruppo di amici, ma ogni volta che qualcuno spariva dalla sua quotidianità quel sogno si allontanava sempre più. Nonostante si stia divertendo sente un abisso tra lei e il resto delle persone, come se lei non possedesse più quella spensieratezza e fosse troppo occupata a combattere ogni giorno con un'angoscia diversa.

Sorprendentemente l'alcool ingerito è stato prontamente assorbito dal cibo, lasciando ad Elisabetta solo una lieve e piacevole alterazione delle sue sensazioni. Si sente leggera, ed è questo che vorrebbe provare costantemente. Il potere di non farsi sopraffare da ogni cosa che succede, l'abilità di far scivolare le preoccupazioni e credere fermamente che a volte una brutta giornata si può tranquillamente superare.
Stanno tornando alla macchina e Claudio aggrotta le sopracciglia quando capisce che il lieve canticchiare proviene dalle labbra chiuse di Elisabetta e che quest'ultima ogni tanto fa scontrare le loro mani.
“Vedo che il Moscow Mule ha fatto effetto.” ridacchia quindi lui pentendosi di averla fatta smettere, ma riprende subito dopo essersi difesa dichiarando di essere totalmente lucida. Forse un pochino più allegra del solito.
“Dimostramelo.” la sfida mantenendo il ghigno divertito. La strada è totalmente deserta, l'orologio segna l'una di notte passata.
Quindi non è strano per lei percorrere il marciapiede con le braccia distese saltellando su una gamba sola e non prova imbarazzo quando si sbilancia e Claudio è costretto a tirarla per un braccio per non farla cadere a terra.
“Soddisfatto?” chiede Elisabetta, le sue parole sono attutite dal suo cappotto e dal goffo abbraccio in cui si sono chiusi i loro corpi.
“Mh, diciamo appena sufficiente.” schernisce lui strofinando una mano sulla sua schiena. Sta definitivamente arrivando la fredda aria invernale.
“Sufficiente?” si sposta da quella unione con una finta smorfia indignata e guardandolo dritto negli occhi. Ringrazia la sua amica vodka che in quel momento le permette di osservare da così vicino tutti quei dettagli, per esempio in questo momento i suoi occhi sono paragonabili a due voragini e sono ancora più scuri a causa della scarsa illuminazione. Ha il naso e le guance arrossate dal freddo e il pallido colore della pelle restante va risaltare ancora di più le sue labbra ormai cremisi. Sta ancora ridendo e questo le fa apprezzare ancora di più il suo sorriso che imperterrito si vuole rendere protagonista di quello spettacolo.
Sarebbe così sbagliato approfittare della situazione adesso? Quando il mondo sembra darti tutto il tempo necessario per prendere ciò che ti spetta, quando finalmente non trovi più ragioni per tirarti indietro e semplicemente testa e cuore sono sulla stessa lunghezza d'onda.

Non si accorge di avvicinarsi lentamente anche se sta godendo di ogni singolo attimo, ma sente Claudio arrendersi alla sua scelta. Le sue braccia la stringono più forte e le labbra si stanno studiando attentamente senza lasciare nulla al caso.
Elisabetta si regge sulle punte dei piedi, le sue mani sono intrappolate dall'abbraccio eppure non ha mai provato una posizione più comoda di quella.
“Anche questo è appena sufficiente?” sussurra allontanandosi di qualche millimetro, le parole si stendono direttamente sulla labbra di Claudio che rimane totalmente immobile e scioccato dal momento.





Ciao a tutti! Aggiornamento più veloce e addirittura capitolo più lungo: se il pianeta Terra decidesse di esplodere potete darmi ogni colpa.
Qualcosa si è finalmente sbloccato, ma non troppo, perché ovviamente Elisabetta non può vivere una cosa del genere con pura leggerezza. E se doveste provare nei suoi confronti sentimenti negativi allora è totalmente comprensibile. Faccio fatica a sopportarla io che la scrivo.
Comunque, spero non vi siate annoiati con qualche parola in più rispetto allo standard e confido ancora nel ricevere qualche riscontro in più. Ma apprezzo anche i lettori silenziosi.
A presto! (incrociando le dita)

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Capitolo 8
*** CAPITOLO SETTE ***


CAPITOLO SETTE

Ha incasinato tutto, di nuovo. Solo che per una volta quella sensazione non le mangiando lo stomaco, piuttosto le permette di sciogliersi anche in una giornata fredda come quella. E adesso cammina con una leggerezza mai provata, fatica a trattenere il sorriso che vorrebbe espandersi sul viso e tanto meno riesce a frenare i ricordi che si affollano senza più una linea temporale. La sorprende la facilità con cui si è mossa nelle ultime quindici ore che ha vissuto.
Si sofferma sui dettagli circostanti, tutte le persone presenti davanti a lei non sono più fastidiose, non cerca di superarle e non le critica come suo solito. Nemmeno i clacson che suonano riescono a turbare la melodia che sta canticchiando nella sua testa e il cielo grigio non è mai apparso così brillante. Ora riesce a capire perché la gente spesso vive con la testa fra le nuvole ed è effettivamente faticoso non fermarsi esattamente dove si trova solo per godersi quel momento.

La camminata si arresta e rimane quasi sorpresa nel ritrovarsi in così poco tempo davanti casa sua. Il portone del condominio si chiude con il consueto fracasso che ne fa tintinnare per qualche istante il vetro. Sale le due rampe di scale con un lieve fiatone e non fa in tempo ad inserire le chiavi nella serratura che la porta sembra aprirsi in totale autonomia.
“Si può sapere che fine hai fatto?” sono le urla di sua madre ad accoglierla nel migliore dei modi. Non le dà neanche il tempo di varcare la soglia di casa, continua semplicemente a sbraitare agitando ossessivamente le braccia.
Per tutto quel tempo trascorso con Claudio lei non ha pensato nemmeno per un secondo alla sua famiglia. E' totalmente consapevole di aver commesso un errore che avrebbe potuto arginare con uno stupido messaggio o un qualsiasi altro avvertimento, ma questa sua indifferenza la porta a pensare che forse il suo buon umore è dato anche dall'assenza di sua madre nella sua vita.
“Scusa, si è spento il telefono e mi sono dim-” riesce finalmente ad appoggiare borsa e giubbotto, ma viene comunque interrotta.
“Dove sei stata stanotte? Con chi?” non legge solo spavento, c'è della rabbia nei suoi occhi. Rabbia a cui non riesce ad attribuire una motivazione.
“Ho dormito da un amico.” si limita alle informazioni necessarie vista l'abitudine di sua madre di non lasciarla parlare.
Nota successivamente la presenza di suo padre totalmente inudibile. E' seduto sul divano e sta finendo l'ennesima sigaretta della giornata e sembra piuttosto annoiato, probabilmente a causa di quelle urla. La guarda ma continua il voto di silenzio tornando a guardare la televisione.
“E' inammissibile che io non sappia dove tu sia. Ma che figura ci faccio?” continua esasperata e forse incompresa ai suoi occhi. Sua madre ha sempre cercato di proiettare la migliore immagine di sé: immacolata, discreta e dalla facile chiacchiera. Ma da tempo ormai agli occhi di Elisabetta traspare solo la sua paura per il giudizio degli altri e probabilmente il senso di colpa per non essere poi così pulita e trasparente.
“Fammi capire: ti sei preoccupata o non sapevi che cosa pensare di me?” arriva quindi la provocazione, stanca per le poche ore di sonno alle spalle e in balia ormai del malumore.
“Non provare a rivoltarmela contro, un giorno mi manderete in galera con le vostre accuse.” ritratta subito il tono e, come il padre, afferra una sigaretta divampando nell'aria delle scie dense e grigie.
“Rispondimi, cosa credi che abbia fatto?” incalza Elisabetta sbattendo con forza il pugno sullo stipite della porta. Si inonda così fino alla spalla un lieve dolore totalmente anestetizzato dalla collera che scorre nelle sue vene. Vuole davvero esasperarla, portarla a spurgare tutta la cattiveria in corpo.
“Che cosa dovrei pensare? Non esci da mesi e poi, improvvisamente, arriva questo amico e tu sparisci per tutta la notte.”, aspira con forza ormai le ultime boccate, “Anche se non avessi fatto nulla non ci crederebbe nessuno.”
“Ho ventiquattro anni, quale sarebbe il tuo problema e a chi importa ciò che faccio?” la sua voce è lenta e dura tra le labbra, ferita profondamente da quella donna, illudendosi per una volta che quella avrebbe mostrato preoccupazione o affetto.
Quelle parole innescano una bomba dentro la donna, il ticchettio dell'orologio in cucina si allinea perfettamente ai secondi rimasti prima che quella casa venga rasa al suolo.
La mano di sua madre si schianta con forza sul piccolo viso spostando con esso anche gli occhiali, l'impatto risuona un paio di volte dentro le sue orecchie, la pelle brucia.
“Visto che hai ventiquattro anni trovati un altro posto dove stare, ho chiuso con questi capricci.”
Non riesce a registrare subito ciò che è appena successo. Ha ancora il volto piegato e letteralmente paralizzato dallo shock. La stanza è nel silenzio più totale, ormai solo più il televisore ha il coraggio di parlare. Rimettendo a fuoco la stanza nota il suo gatto con il muso assonnato e vagamente riscosso dagli ultimi rumori, sua madre offre l'immagine della sua schiena e ha quasi l'impressione che suo padre si sia teletrasportato in un altro pianeta.
Invece le sta guardando, alternando gli occhi tra sua moglie e la figlia minore che adesso ha due pozze d'acqua al posto delle pupille.
“Tu non hai niente da dire?” bisbiglia con voce rotta Elisabetta, cercando rifugio in braccia più grandi.
“Finitela di urlare, ormai vi avranno sentito tutti.” sono le uniche parole emesse dalla sua voce profonda.
Impiega pochi attimi quindi a recuperare la sua borsa con il giubbotto, fa una veloce tappa nella sua camera e afferra il caricabatterie prima di uscire nuovamente di casa, sbattendo la porta il più possibile.
Non sa se uno dei due la stia seguendo ma lei percorre gli scalini con così tanta velocità da temere di poter scivolare. I suoi occhi sono ancora inumiditi dalle prime lacrime e ciò le impedisce di vedere chiaramente la strada. L'impatto con l'aria fredda fa sì che le lenti degli occhiali si appannino, si vede quindi costretta a fermarsi a pochi metri di distanza da quella che lei ha difficoltà a definire casa.
Si ritrova davanti ad un bivio, e la sua incapacità innata nel saper scegliere rende tutto ancora più complicato. Chiedere aiuto a sua sorella significava dover ascoltare eventuali rimproveri per poi terminare con un ricongiungimento forzato, e non era ciò che le serviva in quel momento. D'altro canto l'unica alternativa era tornare indietro e chiedere a Claudio di vederla a pezzi un'altra volta, e questa volta non sarebbe stato solo.
Non sa quanto tempo sia passato ma nel concentrarsi nella scelta il respiro è tornato regolare e nonostante senta gli occhi pesanti e sotto sforzo, almeno hanno smesso di lacrimare. Una decisione è stata presa, eppure non riesce nemmeno a pensare a cosa sta facendo e dove si sta dirigendo. La sensazione di frenesia e buonumore sembra lontana anni luce quasi come se l'avesse provata in un'altra vita e adesso non riesce a cantare nessun motivetto, piuttosto rivive senza limiti la conversazione appena avuta. L'immagine dello schiaffo si ripete nella sua testa e le pare di poter sentire ancora la pelle irritata e calda.

Considerando l'oscurità del cielo Elisabetta deduce di aver sfiorato ormai le sette di sera, si è alzato un lieve venticello e più si avvicina alla destinazione più ritorna in lei la sensazione di voler sparire dalla faccia della Terra. Avrebbe almeno voluto avvisarlo, dirgli che si stava presentando e che non sarebbe stato un bello spettacolo, ma si ritrova a dover suonare il citofono ancora una volta, ancora più imbarazzata.
“Chi è?” il suono emesso dal citofono è gracchiante. E' maschile, ma non è sicura sia la persona giusta.
“Uhm, sono Elisabetta... c'è Claudio?” la sua voce è bassa e paradossalmente affaticata dall'ora passata in silenzio.
“Oh sì, ciao! Scende subito.” si scosta immediatamente da davanti il portone il legno girovagando e pensando ossessivamente a ciò che dovrebbe dire. Come si spiegano anni di incomprensioni e scontri a chi sembra avere la vita perfetta? Come può fargli capire che l'hanno sempre fatta sentire priva di valore quando lui è attorniato da piacevoli attenzioni?

Sentire le sue mani sulle spalle la fa sobbalzare e trattenere il respiro, ma forse Claudio lo trova divertente.
“Mi stavo preoccupando, non mi hai scritto di essere arrivata a casa. Sono davvero così irresistibile da averti fatta tornare indietro?” scherza facendo leva con l'intento di girarla verso di lui. Ma quando Claudio registra il suo volto riconosce le stesse caratteristiche di quando l'ha vista la prima volta. Era quasi riuscito a dimenticare quello sguardo. “Che cosa è successo?” è quello che esclama dopo.
“Io non voglio disturbarti, ma non sapevo dove altro andare...” sbuffa sconfitta rifugiandosi finalmente in braccia amiche che ha faticato a trovare.
Claudio pronuncia frasi confortanti al suo orecchio e le ripete di non preoccuparsi mentre strofina ormai abituato le mani sulla sua schiena. Nota solo adesso che ha la stessa acconciatura di quando è uscita di casa e non ha cambiato nemmeno i vestiti.
“Vuoi salire su?” le chiede dopo qualche minuto, e nonostante Elisabetta non si muova di un millimetro, sbuffa nuovamente con il viso nascosto e annuisce.

Elisabetta è di nuovo in quella stanza con l'unica differenza che il letto è stato sistemato dalla notte precedente. Ha in mano un bicchiere d'acqua che le labbra non hanno mai sfiorato e il suo sguardo è ormai incantato sul pavimento.
Claudio sta aspettando con una apparente pazienza, ma dentro di lui si è sprigionata la cosa più simile all'inferno. Non è stata pronunciata neanche una parola e spera davvero che i suoi genitori non decidano di irrompere proprio in quel momento. Le è seduto accanto e se non vedesse il suo petto muoversi sembrerebbe imbalsamata. Le appoggia una mano sul ginocchio stringendo leggermente e in quel momento sembra riscuoterla da qualcosa perché trasale rovesciando qualche goccia sui pantaloni.
“Ti va di dirmi cosa è successo?” riesce finalmente a chiedere, gli occhi di Elisabetta rimangono comunque vacui.
“Mi sento così stupida.” esordisce bevendo solo il quell'istante in sorso d'acqua. “Ho litigato con i miei...” quelle parole nella sua testa risultano stupide ed infantili, prova vergogna ad aver esposto un problema del genere dopo essersi presentata a casa sua. “Non ho avvisato mia madre ieri sera.”
“Sono sicuro che si ris-” tenta Claudio, non aspettandosi davvero la reazione della ragazza.
“Non era preoccupata per me. Aveva paura di ciò che avrebbero pensato gli altri e adesso mi vuole fuori di casa.” lo avvisa perentoria, abbandonando il bicchiere sul comodino lì vicino e stringendo le braccia al petto.
Claudio riesce solo a fare un profondo sospiro e con la mano tenta di sciogliere la morsa nervosa delle sue magre braccia. Elisabetta lascia andare ogni tentativo di resistenza e si fa accogliere da quel calore di cui non riuscirà mai a saziarne la fame.
“Scusa” borbotta poi rivelando una voce tremante.
“Non farlo.” replica mostrandosi teso, le regala qualche carezza mentre in lui crolla quella piccola certezza che tentava di insinuarsi.


17 ore prima.

Sono parcheggiati sotto casa di Claudio da ben quindici minuti che vengono riempiti da baci e carezze. Se non fosse impegnato, Claudio vorrebbe poter vedere quella scena da persona esterna perché non può credere in nessun modo che stia succedendo davvero. Aveva immaginato che farla uscire poteva aiutare, che cercando di starle accanto probabilmente avrebbe raggiunto alcuni risultati, ma questo risvolto è totalmente inaspettato.
Claudio si sente invincibile adesso mentre bacia le sue labbra quasi a corto di fiato, si sente potente davanti all'energia che quella ragazza le sta mostrando.
Riesce dopo qualche tentativo ad aprire la porta di casa nonostante le continue interruzioni di Elisabetta che non riesce a frenare la sua risata. Non è nemmeno sicura del reale motivo per cui stia ridendo. Raggiungono la sua stanza con un discreto silenzio ed Elisabetta è guidata dalle mani fredde di Claudio che le bisbiglia a quale mobile debba stare attenta. Chiude poi con lentezza estenuante la porta della sua camera e accende la luce provocando nella ragazza un verso contrariato, lui stesso si strofina gli occhi intervallando le mani mentre si sfila il cappotto.
Elisabetta fa lo stesso, ma improvvisamente entrambi vengono avvolti da un leggero imbarazzo, incapaci di capire fino a dove possano spingersi senza affrettare troppo le cose o impauriti di pestarsi i piedi a vicenda.
Mettiti a letto, io prendo il divano.” annuncia poi Claudio prendendosi del tempo per togliere almeno le scarpe.
Se vuoi possiamo dormire insieme...” negozia lei e anche se quella sembra essere una mossa audace il suo sguardo è rivolto al pavimento. Lo alza solo quando Claudio la tira dalla mano nella sua direzione ed entrambi si siedono sul materasso.
Claudio pensa che se questi saranno i loro unici momenti allora ne godrà egoisticamente, a costo di dover affrontare la lite più furiosa mai creata. Sarà difficile affrontare questo argomento, dover arrivare alla conclusione che non si possa tornare indietro ma che le possibilità siano di cadere a picco o rinunciare immediatamente. Nella sua testa Elisabetta è una persona forte e in grado di sopportare ogni evenienza ma riconosce anche che le sue energie si stiano caricando lentamente e che uno scivolone potrebbe allontanare ancora di più la sua guarigione.
Un suo sbadiglio lo ridesta dai pensieri e lo porta a fare lo stesso, in un silenzio complice si sistemano sotto le coperte con ancora i vestiti addosso. Elisabetta sfila solo il reggiseno appoggiandolo sulla sedia di fronte alla scrivania insieme agli occhiali da vista.
Non è un letto per due ma riescono ad incastrarsi perfettamente in modo che Elisabetta non cada durante le poche ore restanti della notte. Ha sognato a lungo di poter dormire con una compagnia e non nella sua solitudine che le faceva sentire freddo alle ossa. 
Il braccio appoggiato al suo ventre la tiene senza toglierle il fiato, il corpo che sente non è ingombrante e se potesse passerebbe il resto della sua vita in quella posizione perché è l'unica situazione in cui riuscirebbe davvero a sopportarla. Claudio muove i lunghi capelli verso l'alto in modo da poter avvicinare il volto. Si sente ancora la traccia del suo profumo, lo respira ed espira sulla sua pelle lasciandoci poi un timido bacio.
Elisabetta vorrebbe tanto girarsi, guardarlo negli occhi e addormentarsi così ma il suo corpo è fatto di gelatina ed è già una conquista che riesca ancora a creare pensieri coerenti.
Buonanotte” sussurra lui stringendola pochi secondi per poi allentare la presa e rilassare ogni muscolo. Lei riesce a intercettare l'esatto momento in cui i suoi respiri si fanno più profondi. La loro vicinanza le permette di ricevere queste piccole e fresche ondate che regalo ancora più pace all'ambiente.

Per Elisabetta quella è la prima notte in cui riesce a mantenere la stessa posizione al posto di sbracciarsi come suo solito e ritrovarvi in posizioni che causano il suo mal di schiena perenne. Aprendo gli occhi non riesce a capire che ore possano essere, il cielo grigio di Torino concede poca luce nella stanza e quello sarebbe un buon motivo per richiudere gli occhi. Tenta di stendere i muscoli e solo il quel momento ricorda davvero dove si trova e con chi. Il suo braccio è ancora intorno alla sua vita e le dita stringono la maglietta indossata dalla sera precedente. Ora che ci pensa probabilmente ha l'ombretto sbavato ovunque.
Decide quindi di voltarsi verso di lui sperando che quello non sia semplicemente un sogno. Ma no, Claudio è lì e ha ancora gli occhi completamente sigillati. Il viso è quasi del tutto coperto dal cuscino e i capelli sono rimasti piuttosto ordinati.
Come in una sdolcinata commedia Elisabetta pensa di poterlo fissare per ore senza mai stancarsi, nella realtà il suo stomaco brontola rumorosamente. E in una situazione ideale si sarebbe alzata e improvvisato una colazione ma sarebbe piuttosto imbarazzante ritrovarsi davanti ai suoi genitori spettinata e con in vestiti sgualciti.
Claudio...” sussurra anche se si sente in colpa nell'interrompere quel placido sonno.
Ripete un paio di volte il suo nome senza riscontrare alcuna reazione, solo quando appoggia il palmo della mano sul suo viso intravede una smorfia che la fa sorridere.
Passa ancora qualche minuto prima che Claudio inizi anche solo a stropicciarsi gli occhi con il braccio che per tutta la notte ha tenuto al caldo Elisabetta. Le manca già quello stupido gesto di protezione.
Che ore sono?” mugugna con la voce ancora sepolta dal sonno e strofina lentamente il viso sul cuscino come se ricercasse una posizione comoda.
Non ne ho idea.” risponde lei seppellendo il viso sul suo petto ignara del sorriso che ha preso possesso sul volto del ragazzo.
Hai dormito bene?” il braccio si ferma di nuovo sul fianco disegnando alcune linee che fanno la fanno rabbrividire, probabilmente non si abituerà mai a quel tipo di contatto.
Molto... ho cercato di muovermi?” chiede quasi avendo paura della risposta.
Penso tu mi abbia calciato due volte nel tentativo.” scherza insinuando la mano sotto la maglietta. “E' troppo?” domanda subito dopo.
Elisabetta non risponde ma non rifiuta quella mano che comprime delicatamente tra le dita la pelle della schiena. Segue poi la linea della colonna vertebrale grattando ogni tanto qualche zona. E quello per lei è meglio di qualsiasi altra cosa, meglio del sesso. Tocchi privi di malizia, dettati dalla semplice voglia di conoscere ogni centimetro senza doverne ricavare necessariamente un piacere personale.
Elisabetta solleva lentamente il viso e scorre con delicatezza le labbra appena sotto la mandibola stendendole in un sorriso. Inspira il suo profumo e sospira rilassando ancora di più, se possibile, ogni fascia muscolare del suo corpo.
Entrambi ora aprono gli occhi guardandosi per la prima volta dal loro risveglio. E' in quel momento che lei ricorda non aver mai mostrato quel suo difetto, quel suo occhio che proprio non ne vuole sapere di stare al suo posto. Ma quando cerca di dire qualcosa, di chiarire ogni curiosità stia nascendo nella testa di Claudio, lui semplicemente sorride incurante di qualsiasi cosa la stia turbando. 
Non c'è il solito sguardo confuso o contrariato che tutti le hanno sempre mostrato, e in questo modo capisce la bellezza di Claudio. Il suo saper guardare oltre e non soffermarsi su qualsiasi cosa non rientri nei soliti canoni accettati. Che sia la bellezza, o la gestione del dolore.
Claudio ascolta in silenzio e osserva ma i suoi occhi non scavano con prepotenza per la voglia di scoprire qualcosa di nuovo, è molto più simile ad una qualsiasi persona che davanti ad un quadro aspetta che lui stesso esprima il suo significato.
Non sanno quanto altro tempo passa, ma il lamento dei loro stomaci si fa sempre più invadente tra loro e li porta a doversi necessariamente alzarsi.
A p
assi piccoli e strascicati, scoprono ben presto di essere soli in casa ma le tapparelle di ogni stanza sono state sollevate.
Claudio la fa accomodare al tavolo della cucina mentre rimedia qualcosa di riconducibile ad un pasto decente. Guarda finalmente l'orologio della cucina che segna le due del pomeriggio passate e con un profondo sbadiglio nota sulla porta del frigo un post-it azzurro che recita semplicemente “Comportati bene” ed un piccolo smile affianco, riconosce immediatamente la scrittura ordinata di sua madre e sorride dell'ennesima prova di quanto i suoi genitori siamo persone meravigliose.
Dove sono i tuoi?” chiede ridestando Claudio da ogni pensiero, lo vede mettere nella tasca del pantalone qualcosa che non è riuscita ad identificare.
Penso abbiano deciso di lasciare libero il campo.” sorride mentre le porge un piatto con due panini e un tovagliolo ordinatamente piegato sotto di loro.
La vede arrossire imbarazzata mentre lo ringrazia, i suoi occhi ora fanno fatica a guardarlo come se quello fosse un altro indizio del loro rapporto che cambia e che non trova ancora una forma precisa.
Comunque i tuoi amici sono simpatici...” commenta rompendo definitivamente il silenzio.
Claudio beve un sorso d'acqua prima di sorriderle contento, “Avevo un po' paura di farteli conoscere.” ammette mentre asciuga le labbra sul tovagliolo, lo stringe poi in una mano. Lo sguardo confuso che rivolge a Claudio è abbastanza esplicito da spingerlo a dare ulteriori spiegazioni.
Sanno essere un po'... rumorosi a volte.” chiarisce sparecchiando ogni cosa presente sul tavolo eccetto i bicchieri ancora pieni.
Il che è perfetto per una come me, pensa immediatamente Elisabetta con una piccola nota di amarezza. Ma non ha intenzione di alzare un polverone proprio in quel momento in cui tutto sembra rilassato e pacifico.
Claudio insapona e sciacqua il contenuto del lavello mentre lei decide di raggiungerlo, capendo di essere fin troppo attirata dalla sua presenza.
Lo avvolge in un abbraccio e spera davvero di far provare a lui la stessa sicurezza che ha sempre percepito lei. Desidera che le sue timide mani dimostrino molto più delle sue parole che spesso si perdono senza significato.
Posso assicurarti che è stato molto piacevole.” aggiunge, ma forse stringere la presa è molto più convincente.

 

“Stasera rimani qui, va bene?” le chiede sperando di non doverla convincere a lungo, ha ritrovato quella piccola paura di non sapere quale sia il comportamento giusto da adottare.
“Non voglio metterti in difficoltà. Cosa dirai ai tuoi?” ha la voce arrochita dal pianto che non è riuscita a fermare in tempo. Forse per una volta è stato semplice farsi consolare senza chiedersi cosa lui stesse pensando. Claudio attribuisce il giusto peso ad ogni sua parola e reazione.
“Niente che tu non voglia ma non ho intenzione di mentire.”
Una volta essersi asciugata il viso, nonostante le pupille lucide, si muovono entrambi nel piccolo soggiorno e tutti i ricordi di quella mattina non sembrano sufficienti per mostrare un sorriso di circostanza. Franco e Veronica li guardano quasi entusiasti per pochi secondi finché non notano l'oscura aura che circonda entrambi
“Va tutto bene?” chiede preoccupata sua madre impedendosi di rivelare l'aria nervosa.
Claudio espira rumorosamente in cerca delle parole giuste e notandolo Elisabetta fa un passo in avanti, quasi come volesse rubargli la scena.
“C'è stata una discussione a casa mia,” spiega congiungendo le mani dietro la schiena “e mi vergogno un po' a chiederlo ma-” viene immediatamente interrotta dalla reazione di Veronica che balza in piedi con una smorfia spaventata.
“Non voglio renderla più grave di quello che è...” continua provando a tranquillizzare l'intera stanza malgrado la voce non sia di alcuna consolazione. “Solo per questa notte, lo giuro.”
Viene contornata da sguardi comprensivi e tutti evitano parole superflue. La cena si dimostra completamente diversa dalla prima volta in cui si sono conosciuti. Trascorre lenta e priva di ogni contenuto, il silenzio viene disturbato solo dal rumore delle posate ed Elisabetta non riesce in nessun modo ad evitare che il senso di colpa si insinui in lei. Ha portato una ventata gelida, ha oscurato tutto ciò che di positivo riusciva a sprigionare quella casa, è riuscita a distruggere ogni equilibrio in tempo record.
“Eli, se hai voglia di rinfrescarti ho lasciato ogni cosa nella camera di Claudio.” spiega Veronica incerta su ogni sillaba pronunciata.
Elisabetta annuisce e ringraziando si alza dalla sedia con un breve stridio, Claudio vorrebbe seguirla ma il padre poggia una mano sul suo braccio per impedirglielo.
“Che cosa è successo?” chiede lasciando la presa.
Lui sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dare delle spiegazioni ma non ha ancora trovato il modo giusto per esprimerle.
“Non ne sono così sicuro... ma in un qualche modo è stata cacciata di casa.” e non c'è molto altro da aggiungere perché persino per lui tutto questo è una nube davanti agli occhi che impedisce di rendere chiare le cose.
“E' complicato, vero?” ricorda sua madre, ma non c'è più lo stesso entusiasmo provato quella mattina. Terribilmente, sarebbe pronto a rispondere ma si limita ad annuire.
“Ok, ma non fartici trascinare dentro.” consiglia suo padre mentre comincia a riordinare le stoviglie. Gli lascia una carezza distratta sui capelli e finge di non aver visto il primo sguardo deluso di suo figlio.







Mi sembra assurdo esser riuscita a pubblicare un aggiornamento a meno di due settimane di distanza dall'ultima, potremmo chiamarlo il potere del lockdown.
Allora, piccolo sospiro di sollievo in cui vi do il permesso di giorire, ovviamente non troppo a lungo. Spero si percepisca il peso di ogni cosa che succede e che il capitolo non faccia semplicemente vedere una piccola lite mamma-figlia che potrebbe accadere ogni giorno. In quel caso, mi scuso.
Come sempre spero che vi possa piacere come la storia si stia sviluppando e ci tengo a mettere un bel riflettore anche sui comportamenti di Claudio che nonostante sembri una persona tranquilla e serena potrebbe riservare qualche sopresa.
Al solito qualsiasi opinione o critica e ben accetta :)

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO OTTO ***


CAPITOLO OTTO

E' una notte lunga e sofferta per tutti, ma forse l'unica a non essere davvero preoccupata è la stessa persona che ha causato un uragano di pensieri in quella casa. Mentre un ragazzo rigira nervosamente le sue membra sul divano, una madre e un padre bisbigliano preoccupazioni a luce spenta e con le mani strette tra loro.
Elisabetta è di nuovo stesa in quel letto che appare totalmente anonimo senza la compagnia di Claudio, ma solo raggiunte le quattro di mattina sospira sollevata di non essere più in quella casa arieggiata solo da critiche e mancata attenzione. Cerca ossessivamente la pianificazione più corretta, dove andare e come pensare di sopravvivere, finché non viene raggiunto l'ammutinamento di tutti i suoi sensi che la fanno addormentare.

Una cosa che ha sempre confuso Elisabetta sono i sogni. Frutto di ogni pensiero, preoccupazione e tutto ciò che si ritrova immischiato negli ingranaggi di ogni cervello, eppure il più delle volte sono solo immagini confuse. L'unico dettaglio comprensibile è il suono incastrato in quelle immagini sfocate, probabilmente persone, che non riesce a riconoscere. Ma il suono è insistente e proprio quando pensa di essersene liberata eccolo che ritorna con il solito ritmo martellante.
Sta lentamente abbandonando il sonno profondo e il suo corpo sembra volersi ribellare cercando di irrigidire ogni muscolo impedendole di muoversi. Strizza le palpebre nel tentativo di non lasciare che il sonno scivoli via. Il suono sembra essersi zittito definitivamente, il passare del tempo è nebuloso e per quanto la riguarda potrebbero essere passati cinque secondi come cinque anni. Cerca quindi di stendere ogni nervo, un piccolo sbadiglio vorrebbe irrompere ma viene fermato da qualcosa che sta toccando la sua spalla.

“Ehi, sei sveglia?” chiede una voce rauca che con lentezza riesce a ricondurre a Claudio.
Non sente le forze per affrontare quella giornata e probabilmente non riuscirebbe a stare a contatto nemmeno con lui, perciò socchiude con fatica una occhio liberando tra le labbra chiuse un lamento basso e prolungato. La mano di Claudio le sfiora la spalla scoperta dal pesante piumone fino ad arrivare al viso dove si sofferma per qualche secondo.
“Qualcuno sta continuando a chiamarti.” la informa sperando che riesca a recepire ogni singola parola. Sembra totalmente frastornata, quasi sotto effetto di qualche sostanza stupefacente, completamente distaccata dal mondo.
“Chi è?” pronuncia con un filo di voce, incapace di tenere sollevate le palpebre.
“Sono cinque da Maddalena, due da Federico.” risponde dopo aver ricontrollato il display del telefono.
Una smorfia di confusione le dipinge il volto. Perché i suoi colleghi dovrebbero chiamarla di domenica mattina se lei non è di turno? Un dubbio però inizia ad insinuarsi dentro di lei, fa rabbrividire ogni suo organo interno e più si sparge più il suo corpo sembra svegliarsi. I suoi occhi si spalancano e nonostante non sia preparata alla luce della stanza, si siede sul materasso e senza degnare di uno sguardo Claudio afferra il telefono.

Lunedì, 27 novembre. Ore 10:35.

“Merda, merda, merda.” il suo cervello deve essersi paralizzato perché quella è l'unica parola che riesce a pronunciare. Vorrebbe davvero prendersi a schiaffi, forse ironicamente chiederebbe a sua madre di farlo, e in tutto questo il ragazzo la osserva come se davanti a lui avesse davanti una creatura che non sa se ospitare o temere.
“Che succede?” chiede allora ormai impaziente di saperne di più, Elisabetta stringe i pugni davanti al viso rilasciando un verso di frustrazione e agitando debolmente le gambe, “Davvero, non ci sto capendo più niente.” insiste Claudio ormai al limite della sopportazione.
“Dovrei essere a lavoro da tipo un'ora e sette minuti, cazzo.” rivela ormai disperata, si alza in piedi e per poco non rischia di inciampare con il lenzuolo aggrovigliato alla caviglia. Si muove in diverse direzioni senza sapere davvero cosa. Troppi pensieri si stanno affollando, il respiro si fa corto e non sa quale dei tanti la stia affossando di più.
“Non ho nemmeno la divisa... non voglio tornare a casa, non so che fare.” vaneggia, e mano a mano che si esprime la voce si rompe rilasciando piccole boccate d'aria disperate.
Claudio rimane interdetto, gli sembra di avere un pazzo nella stanza, non sa se sia il caso di farla sfogare o scuoterla per risvegliarla.
“Fermati.” è quello che decide di dire dopo qualche secondo, e visto che non segue il suo consiglio si vede costretto a placcarla con le mani sui tricipiti. Il respiro è ancora affannato e gli occhi vagano in tutte le direzioni tranne la sua, come se lui in quello spazio non esistesse. “Respira.”

Quando la avvolge completamente in un abbraccio può sentire il suo cuore scalpitare nella cassa toracica e persino lui sembra avere dei problemi a mantenere la calma. Con le mani sulla schiena riesce a sentire il calore eccessivo sprigionato sul suo corpo e i respiri sconnessi lanciati sul suo collo sono l'elemento che potrebbe fargli girare la testa.
La invita a sedersi a terra, fortunatamente più nessuno cerca di contattarla e dopo minuti infiniti Claudio può appurare che si stia davvero tranquillizzando. Ma il respiro accelerato lascia il posto a brevi singulti sintomo del secondo pianto nelle ultime ventiquattro ore.
Per tutte le volte in cui il ragazzo ha assistito a queste scene, ha sempre ricondotto Elisabetta ad un essere indifeso e privo di ogni speranza. Sembra quasi che stia vivendo da secoli e che quella lunga vita le abbia solo portato cattive esperienze ed è sicuramente quel dettaglio a impedirgli di consolarla se non con la sua presenza.
Concentra le mani sul capo appoggiandolo al suo petto sperando che il suo battito cardiaco regolare faccia da metronomo per entrambi mentre lei sfoga le ultime lacrime con il volto arrossato e contratto.

Sono ancora seduti a terra al centro della stanza e quando Claudio vede suo padre affacciato alla porta con il volto tutt'altro che riposato non riesce a fare altro che mandargli una richiesta d'aiuto con il solo ausilio dello sguardo. Franco sorride tristemente, perché nel suoi quasi sessant'anni di vita non ha mai ricevuto quelle risposte e fortunatamente non ha mai dovuto ricercarle spesso, ma vedere suo figlio in quelle difficoltà lo fa sentire un completo inetto. Sensazione che ha provato solo alla sua nascita quando non aveva idea di come dovesse essere un perfetto genitore.
Era però riuscito a instillare in quel ragazzo la voglia di fare, il non arrendersi anche dopo le cadute apprezzando ogni singolo sforzo e aveva sempre pensato che quello fosse il dono più prezioso che potesse offrirgli. Sente quasi di dover temere quella presenza nella sua stanza, ha paura che lei possa vanificare inconsapevolmente ogni risultato.

Franco abbandona la sua posizione quando nota i movimenti di Elisabetta che cerca di rialzarsi. Claudio non lascia mai la presa, tenendola racchiusa, ma sa che adesso deve fare qualcosa di più.
“Adesso li chiamerai, dirai loro che non ti senti bene così che tu possa riposarti e pensare al resto. D'accordo?” pronuncia ogni singola parola senza abbandonare il contatto visivo in una maniera tale forse da spaventarla, ma vuole in tutti i modi imprimerle quelle parole in testa. “Non sei da sola, questa cosa la affrontiamo insieme, ma devi lasciarmi entrare.”
Come ormai di consueto, Elisabetta non può fare altro che annuire. Claudio le passa il cellulare e le sue dita scorrono sullo schermo, optando per un semplice messaggio, mentre un'ultima lacrima solitaria solca il suo volto. Emette un altro profondo sospiro e si lascia guidare verso il letto facendosi avvolgere dalle spesse coperte che presto infondono calore. Vorrebbe piangere all'infinito ma la testa le fa male e ad ogni movimento degli occhi sente delle profonde scosse che la forzano a chiuderli. C'è la mano di Claudio che incerta cerca di lenire ogni piccola parte del suo corpo e fortunatamente la fa addormentare in poco tempo.

Quella giornata è partita male anche per lui e cerca di porvi rimedio tentando di studiare per quel famoso esame che dovrà nuovamente prenotare. Si posiziona alla scrivania come l'ultima volta, e con le mani sepolte tra i capelli cerca di imprimere qualche concetto in più ma i suoi occhi finiscono spesso sulla figura che dorme nel suo letto. Il movimento delle coperte è quasi impercettibile e quando arriva un ennesimo messaggio su quel cellulare si affretta per silenziarlo. Illumina nuovamente lo schermo e nota che alla lista si è aggiunto un altro nome che non riconosce e che le chiede solamente cosa sia successo e di chiamarla appena possibile.
Sbuffa profondamente, studiare è praticamente impossibile e non avendo fatto colazione si ritrova all'ora di pranzo con una voragine alla bocca dello stomaco.

“Hai avvisato Eli che è pronto?” chiede sua madre spartendo la pasta nei quattro piatti.
“Sta ancora dormendo, non mi va di svegliarla.” giustifica Claudio prendendo posto alla solita sedia. Beve un intero bicchiere d'acqua cercando di ignorare gli sguardi indagatori dei suoi genitori ma sa bene che un'altra bomba sta per scoppiare.
“Tesoro a me sta bene aiutarla, ma non pensi che sia un peso troppo grande per te?” comincia sua madre, senza peli sulla lingua come sempre. Ma quella volta è la più dolorosa.
“Mamma è solo un momento difficile.”risponde sperando di convincere anche se stesso ma con scarsi risultati.
“A quanto ho capito hai ritenuto il rapporto “complicato” tra di voi fin da subito.” punzecchia suo padre senza inferire con lo sguardo. “Questa ragazza ha bisogno di un altro tipo di aiuto.”
“Voi non capite...” sospira stanco Claudio una volta terminato il pasto. Lo sa che vogliono solo aiutarlo e sa anche che hanno ragione, ma è difficile ammettere a se stessi di non essere all'altezza della situazione. Non è una sensazione familiare per lui.
“E allora spiegaci.” incoraggia Veronica che tenta di confortarlo con un sorriso.

Inizia poi un racconto che sembra infinito, più parla e più i dettagli salgono in superficie e si spargono nella storia che prende finalmente una forma concreta nella testa dei due adulti. Hanno entrambi una smorfia dispiaciuta e capiscono anche il motivo per cui il loro figlio sia così determinato a starle accanto, ma sono altrettanto certi che sia un rapporto piuttosto sbilanciato.
“Ci teniamo a lei, e sappiamo che è una brava ragazza... ma è una distrazione per te.” nonostante abbia misurato le parole, Franco sa che quello è un azzardo ma non permetterà mai a se stesso di non essere sincero con suo figlio.
“Perché dovrebbe esserlo?” chiede Claudio confuso, le mani impegnate a giocare con la buccia di un mandarino.
“Un paio di settimane fa avevi un esame, l'hai scritto sul calendario. La prima cosa che fai è darci un resoconto.” non termina la frase poiché auto conclusiva e nota subito lo sguardo colpevole prendere spazio tra i lineamenti del ragazzo.
“Questo non significa niente.” tenta la difesa incerto se abbandonare quello che ora sembra un campo di battaglia.
“Il problema non è l'esame,” chiarisce immediatamente Veronica, “ma è un avvertimento di come lei ti stia cambiando...”

Claudio ripete più volte nella sua testa che i suoi genitori lo amano e che quello che stanno dicendo è frutto del loro affetto per lui, ma come possono pensare questo di lei? Come possono credere che sia una persona nociva?
Rimangono poi tutti in silenzio e nel momento il cui sua madre comincia a sparecchiare lui non può fare altro che ritornare in camera e rifugiarsi anche lui sotto un piumone.
Quando però varca la soglia della sua camera non si aspetta di vedere Elisabetta rifargli il letto. Si è rimessa addosso gli stessi vestiti del giorno prima, tutto è perfettamente piegato e proprio in quel momento sta sistemando il cuscino sul letto ben sistemato.
“Che stai facendo?” la sua voce potrebbe essere salita di qualche tono intenta a mostrare incredulità.
Elisabetta sobbalza lievemente prima di afferrare il telefono per gettarlo nella borsa.
“Devo cercare un posto dove stare.” risponde con completa naturalezza, come se non avesse avuto un crollo nervoso quasi due ore fa.
Crollo che ha lasciato ancora i segni sul suo viso, i suoi occhi sono ancora parecchio gonfi e le lenti spesse non aiutano nel camuffarli.
Un dubbio terrificante assale la sua mente: li ha sentiti parlare e ora si sente in colpa. E se davvero fosse stato così Claudio avrebbe avuto serie difficoltà a perdonare i suoi genitori.
“Ma non c'è fretta, puoi rimanere quanto vuoi.” cerca di spiegarle nonostante lei stia già indossando la giacca.
“Claudio,” pronuncia afferrando una sua mano, “grazie davvero di tutto, ma non posso campare sulle tue spalle e su quelle dei tuoi genitori.”
“M-ma dove andrai allora?” la confusione prende il sopravvento rendendo la sua testa leggera e incapace di sentire altro se non le dita che sfiorano la sua mano.
“Un qualsiasi hotel andrà bene, non preoccuparti.” doveva suonare come una rassicurazione probabilmente ma Elisabetta non era mai stata brava in questo. L'unica opzione che però sembrava funzionare era davvero rifugiarsi in una qualsiasi camera d'albergo e sperare che la situazione migliorasse. Se faceva in tempo poteva ancora andare a casa sua e riempire le valigie prima che sua madre tornasse dal lavoro. “I tuoi genitori sono meravigliosi e io non voglio abusare della loro gentilezza.” termina cercando di superarlo, forse era ancora all'oscuro della conversazione.

Tenta di mantenere un volto sereno mentre saluta Veronica e Franco che sono ancora impegnati a sistemare la cucina, la salutano in bilico tra la tenerezza e quel velo di preoccupazione che continua ad aleggiare sulle loro teste.
La accompagna fino al portone del condominio incredulo della situazione in cui si trovano e in preda a sensazioni di disagio che non aveva mai provato.
“Mi devi promettere che ti farai sentire.” e se nella testa di Claudio quello suona come un avvertimento deciso alle orecchie della ragazza assomiglia di più a una supplica. Non può fare a meno di provare dolcezza nei suoi confronti e se pensa a tutto quello che sta facendo per lei quasi si sente mancare il respiro.
“Va bene, lo farò.” è convinta delle sue parole, lo è quasi sempre, ma non sarebbe la prima volta che rompe una promessa del genere. Semplicemente quando è sola si riempie di quella sensazione e si innamora di quella solitudine priva di delusioni e aspettative.

Anche se in conflitto con se stessa si è sempre definita la sua migliore amica, l'unica che davvero potesse capirsi. E' difficile per lei spiegare cosa frulla nella sua testa la maggior parte del tempo, forse perché è una vagare di pensieri che rimbalzano e di cui si mescolano inizio e fine.
Non riesce comunque a fare a meno di unire le loro labbra in uno dei loro baci più casti ed è davvero complicato riuscire a definire cosa li stia legando in quel momento. Non c'è elettricità tra loro, né lussuria, ed Elisabetta non riesce a capire se quello sia un bene o un male. Non saprebbe nemmeno cosa vorrebbe se le venisse posto quel quesito.
Claudio fatica a lasciar andare la mano che si era permesso di stringere durante quel contatto e il sorriso che dipinge il volto della ragazza sembra un faro di speranza in un mare in tempesta.

 

Osservando i comportamenti delle persone intorno a lei, Elisabetta ha sempre temuto lo sguardo dei passanti perché come lei poteva farsi un'idea di cosa loro combinassero nella loro vita sicuramente questi ultimi potevano fantasticare su di lei. E in quel momento lei può solo sembrare un criminale in fuga guardandosi intorno con la paura di essere riconosciuta.
Stringe con forza il manico in pelle della sua borsa e cammina con un passo sostenuto e rigido, sente caldo nonostante il suo abbigliamento non sia totalmente consono alle temperature invernali ma vorrebbe davvero spogliarsi del giubbotto.
Mentre si avvicina al suo quartiere prega ogni divinità e culto affinché possa evitare di incontrare qualcuno del suo condominio, è sicura che qualcuno abbia sentito la loro ultima discussione.
Fortunatamente rientra in casa sana e salva da occhiate indiscrete e solo in quel momento realizza davvero che cosa sta facendo.
Come si cancella la presenza di una persona in una casa?

Non c'è abbastanza tempo per analizzare ogni oggetto ma la prima cosa che afferra è un libro di cui non ha nemmeno letto il titolo, ma saprà accontentarsi. Apre lo sgabuzzino afferrando una valigia abbastanza capiente e che le permetta di essere autonoma per Dio solo sa quanti giorni. Nella foga di inserire i vestiti sta quasi per rompere l'asta che li tiene appesi nel suo piccolo armadio, la suoneria del cellulare la distrae.
“Se hai intenzione di rimproverarmi stai solo perdendo tempo.” accoglie in quel modo sua sorella che impiega qualche secondo per rispondere a quella provocazione.
Eli capisco tutto ma scappare di casa non è proprio una buona idea.” dice cercando di non farlo suonare troppo come un rimprovero ma quello non impedisce a Elisabetta di ruotare con forza gli occhi mentre continua la sua impresa.
“Forse dimentichi il dettaglio principale: mi ha spinto lei ad andarmene.” risponde con sarcasmo mantenendo il telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla. L'armadio praticamente svuotato.
Sua sorella deve aver sentito dei rumori di sottofondo poiché interrompe il suo sermone per esclamare “Che stai facendo?
“Sto prendendo la mia roba, naturalmente. Ironico che tu ti definisca la sorella intelligente.” in un contesto diverso sua sorella Giorgia avrebbe finto una risata mandandole una qualche battuta allo stesso livello ma tutto ciò che fece fu rimanere in silenzio per qualche secondo.
“Ci sentiamo” aggiunge prima di interrompere la chiamata, il tempo stringe e non ha alcuna intenzione di assistere ad incontri spiacevoli.


Ha sempre sentito dire che se dopo aver fatto i bagagli si avverte la sensazione di aver dimenticato qualcosa allora automaticamente si ha tutto ciò di cui si ha bisogno. L'unica cosa che pero Elisabetta sente è di aver perso qualcosa. Una casa, i suoi genitori e la misera speranza che le cose fossero migliori di ciò che pensasse. Non ha intenzione di tornare mai più indietro e per dar credito a quella follia lascia il suo mazzo di chiavi sul mobiletto adiacente alla porta di casa in modo tale da essere costretta a farsi aprire nell'eventualità che impazzisca e cambi idea.
In tutto quel trambusto si dimenticata un pezzo di cuore, il gatto che adesso annusa nell'aria come se riuscisse ad odorare il cambiamento intorno a lui. Esce un miagolio strozzato dalla gola ed Elisabetta può rendere ufficiale che quello è l'unico motivo per cui potrebbe decidere di restare.
Gli dona qualche minuto di coccole distratte mentre è accovacciata a terra, gratta dietro le piccole orecchie e riconosce il famigliare tremolio delle sue fusa, il felino spinge con lentezza la testolina contro le sue dita.
Si rialza da terra, solleva la maniglia del trolley e mentre esce dalla porta si assicura che non la stia seguendo. E' riuscita in meno di sessanta minuti ad impacchettare la sua vita e si trova a camminare con il frastuono della valigia sul cemento senza alcuna idea di dove andare.
Decide di allontanarsi dai pressi di quella casa intenta a trovare almeno una panchina dove possa fare qualche ricerca e trova poi alcuni risultati a poche fermate di metropolitana. Opta quindi per un piccolo hotel a tre stelle e dopo aver telefonato per la disponibilità si ritrova nuovamente in viaggio in balia dei pensieri che si affollano senza più una logica.

Ci voglio venti minuti scarsi per raggiungerlo e prima di attraversare l'entrata si lascia distrarre dal piccolo supermarket accanto. Continua a sentire ogni sguardo addosso con la paura che le persone possano chiedersi che cosa stia facendo con quella valigia, si consola quindi comprando due confezioni delle sue caramelle preferite insieme a qualcos'altro di più salutare per superare almeno la cena.

Entrando nell'hotel si fa avvolgere dall'ambiente silenzioso e dalla luce calda dei lampadari. E' tutto molto semplice e minimalista, esattamente come lei ha sempre amato ogni cosa. La receptionist attira l'attenzione su di sé quando le augura una buonasera, Elisabetta la guarda con un piccolo sorriso piatto e pensa amaramente che potrebbe esserci lei dall'altra parte del bancone se solo fosse riuscita ad entrare in quel mondo.
La registrazione viene compiuta in pochi minuti se non vengono contati gli attimi imbarazzanti in cui alla domanda “Per quanto si vuole fermare?” Elisabetta non è riuscita a dare una risposta priva di balbettii. Quanto riuscirà a portare avanti questa nuova fase della sua vita?
Le ruote del trolley vengono rese silenziose grazie alla moquette scura che copre i corridoi delle camere, la sua è situata al secondo piano e solo quando ne sblocca la porta con la chiave magnetica tutta la tristezza piomba sulle sue spalle.

E' una camera eccessivamente anonima, nemmeno il mobilio riesce ad esaltarne le forme ed è tutto intonato su colori tenui. L'unico lato approssimativamente positivo che riesce a trovare è il letto da una piazza e mezzo su cui spera di riuscire a riposarsi. Si siede sulla sedia in legno alla sua destra e prendendo il cellulare riesce a leggere il messaggio di sua sorella che la esorta a ripensarci e Claudio che le chiede come sta.
Le sue dita si muovono più veloci del suo cervello quando, senza esitazione, digita quel numero.
Ciao” il suo sospiro sembra sollevato e probabilmente sorpreso, “Come stai?
“Seduta su una sedia in una camera d'albergo quasi più triste di me.” cerca di ironizzare, nella sua testa risultava più divertente.
E allora perché non sei rimasta qui? Anche solo per un paio di giorni...” tenta invano Claudio di dissuaderla, Elisabetta non può fare a meno di sollevare gli occhi all'ennesima richiesta.
“Claudio ne abbiamo già parlato...” lascia volutamente in sospeso la frase con la speranza che capisca la direzione del suo discorso. “Stare un po' sola non mi farà male.”
E' una conversazione breve, per qualche motivo Claudio viene chiamato dai suoi genitori e lei si ritrova nuovamente ad osservare i pochi dettagli di quelle mura.

Uno sbadiglio rompe il silenzio, prende il suo portatile e si stende sul letto che si dimostra essere abbastanza comodo. Forse non come quello di Claudio, pensa subito dopo. I suoi occhi si appesantiscono in un attimo.


E' il suo terzo risveglio in un posto che non è casa sua e quasi si sente abituata alla sensazione di breve smarrimento. E' martedì, il suo giorno di riposo, quindi non ha alcun pensiero che le impedisca di rigirarsi per qualche minuto tra quelle lenzuola leggermente ruvide. Il suo telefono suona avvisandola dell'appuntamento con la psicologa tra qualche ora e come di consueto la sua testa avvia un automatico brainstorming. Probabilmente non riuscirà a esporre ogni singolo pensiero.

“Sono andata via di casa.” è la sua risposta quando Paola le chiede come si sente. Le capita spesso di vedere uno sguardo confuso quando parla con lei probabilmente perché abituata a sganciare ogni argomento in quel modo.
“Ok. Cosa è successo?” ha assunto un tono di voce calmo come se avesse paura di vedere una nuova crisi. Quello spinge Elisabetta a riordinare ogni evento cercando di non tralasciare nulla e a volte può sentire la donna davanti a lei fare piccoli sospiri dispiaciuti quando non riesce a giustificare il comportamento della madre.
“Forse vi siete fatte un po' prendere dalla situazione.” tenta il solito approccio mite in cui cerca di non dare ragione a nessuna delle due parti.
Elisabetta non ha mai sopportato quella giustificazione per la quale una persona presa dalla rabbia dice ciò che non pensa, ancor meno se quella persona è sua madre.
“Lo sa che non credo a questa prospettiva.” controbatte senza alcuna remora, “E se davvero avesse voluto mi avrebbe fermato.” si prende qualche secondo per pronunciare le parole che in quel momento le frullano in testa, “Ma questa è la semplice dimostrazione di ciò che ho sempre pensato.” non riesce comunque a impedire alla voce di tremare.

Paola sa già di che parla e le risulta sempre più difficile accompagnare la sua paziente in una visione più leggera e ottimista della sua vita. Inconsapevolmente la madre ce la sta mettendo tutta per complicare le loro sedute.
“E' successo dell'altro,” pronuncia mentre tira su con il naso e afferrando un kleenex dal mobiletto accanto. “Io e Claudio ci siamo baciati.”
Ciò che ha sempre scaturito fascino agli occhi della psicologa era la straordinaria capacità della sua paziente di passare dalle lacrime alle risate sarcastiche in meno di qualche secondo, e se questo lo riconduce ad una sua autodifesa dal dolore non ha ancora deciso se essere felice. Il suo viso si è illuminato dopo aver pronunciato quel nome e adesso sfrega i pugni dentro le maniche della felpa con un luccichio negli occhi.
“Posso dire dal tuo sguardo che ti rende davvero felice.” la informa senza voler indagare troppo sulle dinamiche che hanno portato l'avvicinamento.
Annuisce abbassando lo sguardo incapace di fermare il nastro nel suo cervello che le fa rivivere ogni azione e sensazione.
“Riesci ad affidarti a lui?” è una delle domande più complicate che le abbia mai posto. Ha avuto modo di pensarci e la sola idea di lasciarsi andare completamente la manda in uno stato di agitazione difficile da scacciare.
“No, non posso fargli questo.” risponde quindi con un sorriso sincero, consapevole che non basta qualche bacio con delle carezze per rimuovere tutto il delirio che l'accompagna da tempo.
“A lui o a te stessa? Puoi concederti un po' di serenità ogni tanto.” sorride anche se il suo sguardo non esprime totale felicità.


Esce dallo studio della psicologa con ancora gli occhi umidi e le cuffie prontamente preparate alle orecchie. Le sue gambe si muovono in un automatismo senza che lei debba pensare a dove andare, la triste realizzazione di definire casa sua una stanza priva di effetti personali.
Prova la sensazione di non starci provando sul serio, non vuole ascoltare pareri a riguardo ma convincersi di trovarsi in una situazione senza alcuna via d'uscita. Le si chiude la gola al pensiero di dover tornare a lavoro tra meno di ventiquattro ore e fingere che tutto stia andando bene.
“Elisabetta, vero?” sente quando cerca di sistemare meglio l'auricolare.
Ci impiega qualche secondo a riconoscere il volto, forse perché la prima volta era sera o semplicemente a causa del sovraccarico di pensieri nel suo cervello.
“Riccardo?” chiede anche lei con un lieve sorriso di circostanza, sembra funzionare quando il ragazzo ricambia.
“Sì esatto, come va?” si accomoda appoggiando parte della schiena al muro adiacente.

Disastrosamente.

“Tutto bene grazie. Tu?” la mano ancora sospesa con la cuffietta tra le dita.
“Bene. Allora tu e Claudio...” in un universo ideale percependo la malizia nel tono di Riccardo, Elisabetta avrebbe sorriso. Forse sarebbe addirittura arrossita.
Ma è sul pianeta Terra con una crisi esistenziale e reduce da una seduta di psicoterapia che le ha lasciato più dubbi che certezze. Rimane quindi con un'espressione confusa affamata di chiarimenti.
“Mi è sembrato di vedere un interesse.” aggiunge quindi il ragazzo mantenendo un un angolo della bocca sollevato.
“Sì, ci stiamo lavorando.” anche se il solo pensiero di dover affrontare il discorso le fa contorcere lo stomaco e non capisce se sia peggio rivelare i suoi sentimenti o venire a conoscenza dei suoi.
“L'avevo intuito dal suo essere così distratto.” ride rimettendosi in posizione eretta, affonda le mani nelle tasche del giubbotto.
Elisabetta non sa davvero cosa rispondere perché ha egoisticamente messo davanti a tutto i suoi problemi, senza dare a Claudio le giuste attenzioni.
“Beh ha saltato l'appello di un esame, si stava dimenticando le nostre solite uscite del sabato sera... ha la mente occupata.” non riesce a capire fino in fondo se Riccardo sia seccato da ciò che dice o semplicemente vuole prendere in giro il suo migliore amico.
L'unica cosa di cui è certa è che in un qualche modo lei sta modificando Claudio, e forse nel modo peggiore.
“Oh, mi dispiace.” sono le uniche parole che pronuncia, incapace di mandare avanti la conversazione.
“Tranquilla, penso sia normale.” chiarisce con un sorriso, “Farò meglio però a ricordargli l'esame per la borsa di studio per non fargliela perdere.”
“Tra quanto dovrà sostenerlo?” chiede sperando di non far trasparire il panico nei suoi occhi.
“Tra circa un mese e mezzo.” risponde per poi essere interrotto dalla suoneria del suo cellulare.
Si scusa porgendole un breve saluto per poi appoggiare il telefono all'orecchio e cominciare la chiamata. Si ritrova per qualche secondo imbambolata in mezzo al marciapiede, la musica continua a suonare attutita nelle sue cuffie mentre le si secca la gola.
Ritorna presto quella sensazione di disagio nel sentirsi sempre nel posto sbagliato e solita a sommergere le persone dei suoi problemi, portandoli ad affondare con lei.

 

Si ritrova ben presto nella camera d'albergo, tra le coperte e con la luce spenta. Si addormenta per quelli che sembrano solo una manciata di secondi e al risveglio ignora le tre chiamate perse di Claudio insieme ad un messaggio che le chiede come sta. E se una parte di lei muore dalla voglia di risentire la sua voce e magari invitarlo in quella piccola stanza d'albergo, l'altra meta urla di frustrazione e vorrebbe farsi inghiottire dal pavimento. Dovrebbe cenare ma ha lo stomaco in subbuglio e l'unica cosa che riesce a mandare giù sono le sue caramelle alla frutta di cui ha sviluppato una forte dipendenza.
Il suo telefono squilla di nuovo ed è sempre lui che tenta in ogni modo di non lasciarla scivolare nella completa solitudine. Elisabetta dà la colpa ai troppi zuccheri in corpo quando risponde.
Devi essere stata particolarmente impegnata.” scherza appena sente la sua voce.
“Volevo ignorarti ma sei piuttosto insistente.” nasconde la verità in una risata e inconsapevolmente il suo viso riprende colore e vita.
Hai due opzioni: o mi dici dove alloggi oppure lascerai che vaghi per tutta Torino in cerca del tuo albergo. A te la scelta.” tenta in maniera ridicola di apparire minaccioso quando in realtà scoppia una risata tra le sue parole.

Forse è il perenne bisogno di affetto, forse è troppo egoista e vuole nutrirsi delle sue attenzioni, ma non riesce a impedirsi di rivelargli l'indirizzo. Forse la cosa peggiore è che dopo aver terminato la chiamata non si sente pentita. La notte con lui continua a presentarsi in ogni momento, se si impegna ricorda il contatto con la sua pelle, quel caldo accogliente e quella sensazione di sicurezza che nessuno è mai riuscito a donarle.
Contatta la reception per permettere a Claudio di salire, la mano è sudata quando sente bussare sul legno della porta. E' sempre come la prima volta perché non riesce mai a capacitarsi di quanto Claudio tenga a lei.
Si salutano guardandosi e senza alcun bisogno di pronunciare parole. Il sorriso di Claudio riesce ad illuminare la stanza, la rende più bella e in quella condizione Elisabetta potrebbe anche viverci per sempre.
“Vuoi entrare?” chiede ingenuamente, le dita della sua mano sinistra di accartocciano tra loro in preda ad un nervosismo che non riesce a giustificare in quel momento. Tornano rilassate solo quando Claudio le avvolge facendo un paio di passi in avanti e chiudendo la porta dietro di lui.

Osserva la stanza per la prima volta, si sofferma sulla carta da parati di un verde pallido e scruta successivamente lo scarso mobilio. Elisabetta è seduta a gambe incrociate sul letto, chiude il computer e porta alle labbra un paio delle caramelle.
“Come ti trovi qui?” chiede d'un tratto raggiungendola, porta tutto il peso del corpo sulla mano che affonda sul materasso.
“E' piacevole se immagino di essere in vacanza.” ride di se stessa ed evita i suoi occhi per non leggere l'inevitabile compassione.
“Se dovessi cambiare idea...” comincia lui massaggiandole il ginocchio.
“Non lo farò.” lo ferma subito, tentando di consolarlo con un sorriso poco convincente. “Ho visto Riccardo oggi.”
“Avete parlato?” sembra davvero interessato anche se ha ancora l'espressione delusa dall'ultima risposta.
“Un pochino. Ha detto che sei parecchio distratto ultimamente...” pronuncia quelle parole guardando ogni singolo movimento dei suoi muscoli facciali, qualsiasi cosa possa darle un indizio di come si sente adesso lui. Ma l'unica cosa che fa è sorridere con profonda tenerezza.
“Può essere.” dice portando la mano a quella di Elisabetta intrecciando così le loro dita.
“Ma tra poco avrai l'esame per la borsa di studio, e non hai ancora prenotato l'ultimo che hai saltato.” non vorrebbe risultare così fredda, ma vederlo sereno la fa agitare ulteriormente.
“C' è ancora tempo e ho tutto sotto controllo.” risponde prontamente. Ci voglio pochi secondi per permettere a Claudio di appropriarsi di quelle labbra ancora una volta ed è il ricongiungimento più semplice del mondo. Elisabetta aggrotta le sopracciglia presa alla sprovvista ma non si nega quel piacere che sta diventando sempre più familiare.
“E' una mia impressione o la tua lingua sa terribilmente di frutta?” chiede accompagnato da una risata. Elisabetta non riesce a fare altro che osservare con la coda dell'occhio il pacco di caramelle totalmente abbandonato vicino al cuscino lasciandosi scappare un sorriso, ma quello riesce a ridestarla
“Stai cercando di distrarmi dalla conversazione?” riesce a sussurrare tra un bacio e l'altro.
“Non lo so, sta funzionando?” mormora sulla sua guancia nello stesso momento in cui la sua mano le accarezza il fianco.
Il suo cervello proietta immediatamente un bivio davanti a lei: lasciarsi andare o tenere alta la guardia e impedire al ragazzo davanti a lei di perdere la propria strada. Ma è sempre più facile abbandonarsi, evitare l'azione e lo scontro. Si lascia quindi manovrare da quelle mani sapienti e dimentica in pochi secondi tutte le sue preoccupazioni.

Per la prima volta dopo tanto tempo parlano e basta. Niente lacrime, niente confessioni scomode, solo banalissime parole di circostanza. Non manca mai il contatto tra loro sempre totalmente casto e controllato.
Elisabetta si ricorda poi di impostare la sveglia per il mattino dopo, non completamente pronta a riaffrontare tutti i colleghi, ma le carezze di Claudio sono abbastanza confortevoli da farla scivolare in un sonno tranquillo e privo di sogni.

 

Quando sente la sveglia suonare le sembra siano passati anni dal momento in cui si è addormentata. Prova una sensazione di disagio nel replicare la sua routine in quel posto, senza il gatto che la segue in ogni stanza e senza tutti quegli oggetti che la circondavano. Mentre spazzola i denti realizza che sua madre non ha tentato alcun approccio, nemmeno un misero messaggio, quando si veste osserva Claudio che sta ancora dormendo sepolto dal piumone e con i capelli spettinati sul cuscino. Tutto in lei urla di rimanere nuda e tornare a letto, non farsi più vedere da nessuno se non quei soli due occhi e lasciarsi apprezzare dall'unica persona che ha imparato a farlo in così poco tempo.
Si sforza però di uscire dalla stanza lasciando un piccolo biglietto sul comodino e sistemando il cartello “NON DISTURBARE” alla maniglia della porta.
Sono passati due giorni, ma rivedere la piazza dov'è cresciuta le fa quasi credere di aver viaggiato per anni. E' sempre tutto uguale nonostante lei si senta un alieno e la sua mano trema varcando l'ingresso del negozio.
“Buongiorno” pronuncia per annunciare la sua presenza. Nessuno risponde immediatamente ma la prima cosa che vede è Federico salutarla con la mano e un sorriso accennato. Le vengono poi poste le domande di routine e non si stupisce quando viene creduta per ognuna delle sue bugie, l'unica che la sta guardando in maniera torva è Maddalena ma si sforza in ogni modo per ignorarla completamente.

“Ed eccola che ritorna quella dannata faccia triste.” la canzona Maddalena passando dietro la sua schiena velocemente.
Alza gli occhi al cielo raccogliendo tutta la forza che c'è in lei per non reagire e darle alcuna soddisfazione, ma dev'essere in vena di chiacchiere perché la collega si ferma davanti a lei fissandola incessantemente.
“Tranquilla ora puoi smettere, nessuno ti sta guardando.” provoca con una risata sinistra giocando con l'etichetta di un pantalone lì vicino.
“Cosa vuoi?” si limita a chiedere con ancora lo sguardo basso e concentrato su ciò che sta facendo.
“Non riesco davvero a capirti, sai.” risponde ignorando completamente la domanda.
Sente montare la rabbia dentro di lei, le sue dita tremano leggermente impedendole di svolgere movimenti precisi e puliti e costringendo se stessa a piegare più volte gli stessi capi.
“Bene, allora non sforzarti e lasciami in pace.” la sua voce risulta leggermente strozzata, avrebbe voluto che tuonasse così da allontanarla.
“Altrimenti? Vuoi chiamare mammina?” canticchia con voce da bambina.

Non riesce a ricordare ogni avvenimento che succede dopo. Sa con certezza di averla guardata negli occhi per qualche secondo e senza esitazione le ha tirato uno schiaffo. Il resto sono immagini confuse e rumori di oggetti che cadono attorno a loro. E' Federico a fermarla chiudendo ermeticamente le braccia attorno alle sue e successivamente la allontana portandola sul retro.
Si accascia a terra incurante della polvere di quel piccolo cortile, Federico cammina davanti a lei scrutandola con uno sguardo turbato.
“Mi spieghi che diavolo ti è preso?” tuona poi improvvisamente notando il silenzio della ragazza.
Comincia così il principio di bruciore agli occhi che si trasforma velocemente in un pianto silenzioso e timido. Il familiare groppo alla gola, le lacrime che scivolano frettolose oltre la curva del mento e si depositano una alla volta sul bordo della maglietta.
“Perché questa reazione improvvisa?” chiede più gentilmente, ormai conscio che non riceverà risposte soddisfacenti.
Sarebbe un sollievo riuscire finalmente a tirare fuori mesi e mesi di provocazioni, discussioni e tensioni che si intercorrono tra lei e Maddalena, ma non saprebbe da dove cominciare.
“Mi ha provocato.” dichiara tra gli ultimi singhiozzi con il viso approssimativamente asciugato e probabilmente paonazzo.
“Lo sai com'è Maddalena, è fatta così.” le accarezza il braccio ma quel gesto è totalmente insipido per Elisabetta che vorrebbe correre via da tutto e tutti.
“Lo so, ho sbagliato.” cerca di minimizzare consapevole di aver perso la grande e forse unica occasione per sfogare ogni frustrazione.
Aspettano ancora qualche minuto prima di rientrare e vedere quella che Elisabetta definisce la scena più patetica di tutti i suoi ventiquattro anni. Non appena vede Federico, Maddalena si fionda tra le braccia muscolose e sussurra diversi grazie aggrappandosi alle spalle del ragazzo.

I clienti camminano per il negozio incuriositi dalla scena e spiano ogni tanto per ricavare qualche indizio su ciò che è accaduto.





Here I am, once again.
Eccomi qui a pubblicare un capitolo di cui non sono minimamente soddisfatta ma di cui volevo liberarmi da giorni.
L'unica cosa che davvero mi aguro è che tutto questo ai vostri occhi possa avere un senso, perché ovviamente io sono di parte e non posso "autorecensirmi".
Non trovo molto da aggiungere a quello che  ho scritto, sicuramente siamo in una piccola fase di stallo e a breve ci sarà l'ennesimo colpo di scena a rimescolare tutte le situazioni, ma vi supplico di non avere troppe aspettative perché è tutto ancora piuttosto confuso.
Non mi resta che augurarvi una buona giornata/ serata/ qualsiasi altra cosa. A presto!

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Capitolo 10
*** CAPITOLO NOVE ***


CAPITOLO NOVE

 

Si dimostra essere una delle giornate più snervanti della sua vita, l'esser scappata di casa passa in secondo piano e non ne percepisce più il peso. Come se fosse stata la cosa più facile del mondo.
Sente ancora il desiderio di scappare, ma paradossalmente il suo lavoro è l'unica cosa che può aiutarla a rimanere a galla e cerca semplicemente di mantenere i toni calmi il più possibile. Ha dovuto sorbirsi quasi un'ora di ramanzina con annesse le scuse meno sentite al mondo e delle giustificazioni totalmente false. Maddalena ha mantenuto una faccia addolorata con diverse pause silenziose ed è stata perennemente in compagnia di Federico, come se avesse bisogno di una scorta.
Per questo motivo quando finalmente la musica del negozio viene spenta Elisabetta rilascia un pesante sbuffo tra le labbra e compie le ultime azioni prima di potersi infilare il giubbotto. Passano solo dieci minuti, ma totalmente passati in silenzio e con sguardi di sottecchi.
Mentre cammina verso la metropolitana il suo telefono vibra nella tasca del giubbotto e le viene spontaneo ruotare gli occhi mentre lo sfila e legge il nome di chi la sta chiamando.

Sono veramente offeso.” sono le prima parole che sente e improvvisamente sbarra gli occhi con un piccolo sentimento di panico nel cuore.
“Che succede?” chiede mite anche se ha ormai le palpitazioni e quasi si dimentica di scendere alla giusta fermata.
E me lo chiedi? Mi hai abbandonato in una camera d'albergo!” la sua voce assume un tono simile a quello di un bambino, non riesce a fare a meno di sentirsi stringere il cuore oltre a far attenuare il battito cardiaco concitato.
“Se avessi saputo come sarebbe andata la giornata non avrei mai lasciato il letto.” commenta sollevando il cappuccio del giubbotto, l'aria di Dicembre inizia a farsi sentire con sferzate di vento gelido.
Brutta giornata?” domanda retorico, sente in sottofondo piccoli rumori che non riesce a ricondurre.
“Potrei aver schiaffeggiato la mia collega.” scappa dalle sue labbra una risata, come se fosse assurdo pronunciare quelle parole e fosse stato tutto frutto di un sogno. Ma ogni sguardo e ogni parola della giornata sono estremamente reali nella sua testa.
Claudio è incredulo, chiede immediatamente di ogni dettaglio e quando la storia sembra diventare più chiara esprime tutto il suo supporto e prova in tutti i modi ad alleggerire la tensione.
“Tu invece che cosa hai fatto?” sono davvero poche le volte in cui Elisabetta domanda qualcosa per conoscerne davvero la risposta, ma essendo Claudio una pura boccata d'aria lo ascolterebbe per ore parlare del niente solo per essere cullata dalla parlata allegra ma rilassante.
Vediamo: mi sono svegliato solo in una stanza speranzoso di trovarti affianco a me...” elenca Claudio rimarcando ogni parola e facendo arrossire inconsapevolmente Elisabetta dall'altra parte del telefono, “Sono tornato a casa e ho studiato tutto il pomeriggio.” aggiunge stendendosi sul letto e rilassando ogni centimetro della sua schiena tenuta in tensione da ore.
“Hai già prenotato l'esame?” chiede ancora mentre cerca con movimenti veloci davanti la porta in legno le chiavi nell'immensa borsa.
Sì, mammina.” le fa il verso ridendo della sua stessa battuta. “Ah, per dispetto ho mangiato le tue caramelle.

Sente quelle parole quando finalmente riesce ad afferrare le due chiavi e mentre le inserisce emette un segno di sdegno. Entra nella stanza lanciando sul pavimento la borsa e nota immediatamente, appoggiato sul comodino, un nuovo pacchetto sigillato illuminato dalla piccola abat-jour. Non riesce a fare a meno di sorridere.
Avevi ragione, sono una droga.

Ridacchia un'ultima volta prima di avvisarlo di essere arrivata in camera e che ha un assoluto bisogno di una doccia, e quando chiude il box doccia percependo le prime gocce sulla testa sente di aver chiuso il mondo fuori. Il suo telefono propone brani in ordine casuale, li sente attutiti a causa del vetro che è diventato leggermente opaco per la presenza di vapore.
Insapona il suo corpo come se dovesse ripulirlo da ogni cosa successa quel giorno, lo accarezza donandosi l'affetto che non sempre è riuscita a darsi diventando a volte lei stessa il suo primo nemico.
Decide poi di sedersi sul piatto doccia con le braccia legate attorno alle gambe godendo ancora del tepore dell'acqua. Ne aumenta il calore con la manopola e anche se la pelle comincia a diventare più sensibile, non esiste per lei sensazione più piacevole in quel momento. Il suo viso si accartoccia in un smorfia di dolore ma non riesce a dire se stia davvero piangendo, le spalle sono ormai arrossate dall'acqua che continua a colpirle.
Ha la vista annebbiata dallo spessore del vapore che è aumentato e la sua testa comincia a girare, i suoi movimenti sono rallentati. Impiega diversi secondi per girare la manopola e interrompere il getto.
Il respiro si affanna leggermente, l'aria attorno a lei è soffocante ma con le tempie che pulsano si rende conto di riuscire a tenere distante ogni pensiero. Ed è forse questa la sensazione che vorrebbe provare per sempre, quella che cerca sempre di spiegare alla sua psicologa. Avere la capacità di azzerare ogni emozione: forse non avrebbe colpito la sua collega davanti a tutti.
Ha bisogno di parecchi minuti per rialzarsi completamente e riuscire a raggiungere il letto senza cadere. I muscoli sembrano essersi liquefatti, le ossa fatte di gomma, niente sembra funzionare correttamente ma paradossalmente Elisabetta rimarrebbe in quello stato a tempo indefinito.
Non si rende conto di essersi addormentata finché non si risveglia nella stanza scura giusto il tempo per leggere l'ora sul display e capire che può concedersi ancora un paio d'ore di sonno. La sveglia sembra arrivare solo qualche attimo dopo, la spegne in pochi secondi amareggiata di poter sentire il suo corpo dieci volte di più.
Ogni piccolo acciacco, la gamba intorpidita dalla posizione scomoda, i capelli sparsi sul cuscino e il viso.


Gli sembra esser passata un'eternità dall'ultimo esame dato, eppure è trascorso un mese scarso. Non si sente come al solito: fiducioso, tranquillo e con la voglia di spaccare il mondo. Sente più la sensazione di levarsi di dosso questo pensiero e dare torto a tutti quelli che ad oggi remano contro di lui.
Sente di essere parte di una guerra che non spara granate ma occhiate preoccupate. Lui non è il nemico, piuttosto un soldato preso in ostaggio, una potenziale vittima. Elisabetta è la mina che può scoppiare da un momento all'altro e la sua trincea alleata è formata dai suoi genitori e un Riccardo particolarmente vicino in quei giorni.
Claudio pensa di sapere come disinnescare la mina, ha solo bisogno di tempo e come tutte le cose importanti deve dedicarci attenzione. Non è più parte di uno squadrone: deve e può solo combattere da solo.
L'esame ha una durata di tre ore e Claudio una volta non sarebbe riuscito a riempirle interamente. Vuole solo uscire il prima possibile ma tutte le volte che legge le domande gli sembra di sapere solo parziali risposte, tutto nella sua testa si mischia e questo lo porta a consegnare solo due minuti prima della scadenza, quasi per ultimo.
Riccardo, che in quei giorni si è trasformato nella sua ombra, lo aspetta fuori dall'edificio con quei bicchieri di carta d'asporto delle caffetterie americane. Sembra quasi frutto di Photoshop se confrontato con lo sfondo della Torino storica.

“Non sapevo di aver assunto una guardia del corpo!” scherza afferrando il bicchiere che l'amico gli sta porgendo. Riccardo alza gli occhi al cielo mentre sorseggia il suo caffè e con una naturale intesa si allontanano dall'edificio senza una vera e propria meta.
“Com'è andato l'esame?” chiede con un briciolo di timore anche se Claudio risulta abbastanza tranquillo ai suoi occhi.
“E' andato e sono contento di essermene liberato. Stasera usciamo?” Claudio che ha ormai la testa libera da tutte quelle nozioni di economia attua la sua prima strategia: ritornare al vecchio se stesso, o almeno farlo credere. E ha capito che deve mostrarsi interessato a soventi uscite e riprendere quella facciata da perfetto studente che involontariamente ha sempre avuto.
Riccardo sembra sorpreso ma camuffa il tutto con un sorriso e annuisce scrivendo pochi istanti dopo un messaggio al loro gruppo di amici per organizzare il tutto.
“Come va con Eli?” domanda dopo attimi di silenzio. Hanno entrambi finito il loro caffè e si sono seduti sulla solita panchina del parchetto vicino l'università. Riccardo in attesa della risposta accende una sigaretta.
“E poi sarei io l'ossessionato?” Claudio solleva un sopracciglio con fare divertito e spintona leggermente l'amico rischiando di fargli cadere la cenere sui pantaloni chiari.
“Non ho mai detto che non dovessi frequentarla!” lo ammonisce inspirando piccole boccate di nicotina. “Lo vedo che ti piace ma so anche che distoglie la tua attenzione dal resto.”
“Che ti posso dire, è magnetica. E' una sorta di dipendenza, troppa fa male ma non riesci a farne a meno.”
“Hai davvero descritto la ragazza che ti piace in questo modo? Spera che non lo venga mai a sapere.” la risata di Riccardo esplode fragorosa nello spazio desolato intorno ma quando il suono si affievolisce si preoccupa di sorridere a Claudio in modo che possa continuare.
“Lo sai che intendo. Non mi è mai successo di provare molto interesse per qualcuno, non in maniera così spasmodica... ho continuamente bisogno di sapere che sta bene.” il tono è improvvisamente più serio quasi timido nonostante davanti a lui ci sia il suo migliore amico.
“Va tutto bene, devi solo ricordarti che siete due persone distinte. Ok?” la mano di Riccardo sulla sua spalla è confortante con le piccole pressioni che applica. Si trovano poi a vagare in discorsi casuali adatti per stemperare la situazione e ricordare loro che in fondo hanno solo ventiquattro anni.


Elisabetta la stessa mattina si sveglia con la solita scarsa voglia di affrontare le prossime ore della giornata, si è però ripromessa di appianare l'astio che sta crescendo tra lei e Maddalena. Non è ancora chiaro come, ma è stanca degli sguardi indagatori che lanciano il restante dei suoi colleghi.
Il primo passo si rivela essere un sorriso per niente sincero che sembra convincere tutti. Diventa però complicato riuscire a parlare con Maddalena che per un motivo o l'altro le impedisce di cominciare il discorso, solo nella pausa pranzo ottiene l'occasione.

“Possiamo parlare?” pronuncia subito dopo aver bussato debolmente alla porta dell'ufficio.
Maddalena guarda annoiata lo schermo del cellulare mentre mastica gli ultimi bocconi del suo pasto, non sembra volerle rispondere.
“Volevo scusarmi un'ultima volta... non intendevo colpirti.” continua sperando in una risposta.
Sente i nervi a fior di pelle, il suo ginocchio trema flebilmente e forse si è già pentita di aver cominciato questa conversazione.
“Al contrario, sono io a dovermi scusare.” risponde finalmente la sua collega regalandole finalmente uno sguardo di attenzione.

Elisabetta è confusa, è stata lei a colpirla e in ogni caso Maddalena non avrebbe mai chiesto scusa. Neanche se avesse dovuto.
“Mostrare questo tuo lato mi ha permesso di avvicinarmi a Federico, perciò grazie mille.” il suo tono non è sereno né tanto meno dolce. Se non fosse tanto scioccata Elisabetta alzerebbe gli occhi al cielo per la noia.
Quindi ha ottenuto quello che voleva, le ha servito la vittoria su un piatto d'argento ed è stata ovviamente l'unica a pagarne le conseguenze risultando la ragazza strana e violenta.
Improvvisamente Maddalena si alza con la sua sigaretta elettronica in mano e un sorriso di scherno. Le schiaffeggia debolmente la guancia un paio di volte prima di lasciare la stanza. Il suo cellulare vibra nella tasca posteriore del jeans.
Sente l'impellente bisogno di parlare con Claudio, chiudersi con lui nella sua piccola stanza d'albergo e rimanerci per almeno tre giorni nella completa oscurità. Ha bisogno di essere racchiusa dentro le sue braccia e di sentire le sue rassicurazioni perché sono le uniche in cui crede. Ha ancora dieci minuti prima di dover tornare a lavoro, esce quindi dalla porta sul retro e compone in fretta il numero mentre il piede picchietta il pavimento a ritmo sostenuto.

Mi leggi nella mente? Stavo proprio per chiamarti.” risponde Claudio, Elisabetta si fa momentaneamente distrarre dai rumori in sottofondo e potrebbe aver sentito la voce dei suoi genitori.
“Sono straordinaria, non una veggente.” scherza nonostante in groppo in gola, si guarda intorno timorosa che qualcuno possa sentirla.
Sì, questo lo so.” il suo tono si addolcisce prima di passare alle solite domande di rito. “Come va oggi?”
“In una scala da terribile a catastrofico? Siamo in una buona via di mezzo...” ritorna quella sensazione di disagio nell'esporsi così tanto da inglobare Claudio nei suoi problemi e farlo annegare. “Era oggi l'esame?” chiede quindi per confondere i suoi pensieri.
Mi dispiace... l'esame l'ho finito un paio d'ore fa, stavo raccontando ai miei come fosse andata. A proposito: ti salutano” il cuore di Elisabetta si scalda a quelle parole e quasi trema al pensiero che persone così distanti da lei possano davvero volerle bene anche se l'hanno conosciuta di sfuggita.
Riccardo vuole uscire stasera, vuoi unirti?” domanda Claudio che probabilmente ha cominciato a mangiare in quel momento, la voce è lievemente camuffata.

Come può adesso chiedergli di stare solo con lei e perdere una serata in piacevole compagnia? In che modo può evitare di risultare patetica per l'ennesima volta ai suoi occhi, e come osa affossare un'altra volta il suo entusiasmo?
“Scusami ma sarà una giornata pesante, preferisco rimanere a casa... cioè, in camera.” si corregge all'ultimo secondo rifiutandosi categoricamente di poter definire quei pochi metri quadri una casa e aggiunge un risolino per nascondere le lacrime che le stanno bruciando gli occhi.
Liquida in fretta la telefonata quando si rende conto di essere ormai un fiume in piena nel momento in cui le sue guance si bagnano prima che possa accorgersene.

Da: Mamma
Quando pensi di tornare a casa e chiudere questa messa in scena?


Ci vuole tutto il suo contegno, orgoglio e la sua compostezza per arrivare a fine giornata senza che qualcuno commenti gli occhi lucidi. Per tutta la durata del viaggio verso l'albergo Elisabetta cerca di ignorare quel messaggio e si interroga su come passerà le ore seguenti mentre termina un panino seduta nel vagone della metropolitana. Si sente già sollevata quando pensa al tepore dell'acqua calda della doccia e di come avrebbe potuto eliminare ogni singolo pensiero. Le sembra quasi di poterla già sentire sulla pelle quando esce dalla stazione e compie le ultime centinaia di metri.
Pensa di avere memorizzato ormai i turni di ogni receptionist quando saluta la ragazza chiamandola per nome ancora prima che alzasse lo sguardo per incontrarne il volto. Attiva il pilota automatico nel momento in cui sale le scale e apre la porta abbandonando borsa e giacca all'angolo destro della stanza.
Quando entra nel bagno la prima cosa che fa è girare la manopola verso l'acqua calda, chiudendo le ante del box doccia per impedire eventuali schizzi sul pavimento. Prende in suo telefono lasciando che sia il caso a scegliere la canzone più giusta per quel momento. Si guarda nell'ampio specchio sopra al lavandino spogliandosi di ogni vestito e osservando come di routine ogni particolare della sua pelle. Il neo sulla spalla sinistra, la cicatrice di un graffio e poi si volta controllando la voglia dalle strane forme che ha su un lato della schiena.
Il suo corpo l'è sempre piaciuto: minuto e proporzionato, ma ha comunque quelle piccole e comuni paranoie che l'accompagnano dalle scuole superiore quando l'unico problema era farsi piacere dal genere maschile. Entrando nel box si domanda se Claudio apprezza il suo corpo. Non l'ha mai toccata con fare malizioso né è mai stata creata la situazione adatta. Ma lo farebbe se potesse?

Strofina energicamente il volto grattando la fronte con l'unico intento di rimuovere il broncio che sa essersi depositato tra le sopracciglia.
Insapona svogliatamente i capelli quando la sua unica volontà è quella di potersi finalmente abbandonare al pavimento e lasciarsi bagnare incessantemente dall'acqua calda.


E' sempre il solito locale, i suoi amici hanno ordinato i soliti cocktail e spiluccano a turno ciò che viene servito come aperitivo anche se non è il loro solito giorno. Claudio si sta divertendo, gli sembra però di essere tornato indietro di un paio di mesi perché ha la sensazione che qualcosa in quel quadretto manca e gli impedisce di essere perfetto. Elisabetta non è definibile l'anima della festa, anzi, difficilmente viene notata eppure Claudio sente forte quell'assenza accanto a lui. Si stringe maggiormente nel cappotto mentre sorseggia il secondo Negroni libero da ogni responsabilità perché quella sera non dovrà guidare. Riccardo lo sta ancora prendendo in giro per chissà quale dei tanti aneddoti del liceo che sicuramente tutti conoscono ma che trovano ancora esilarante, lui però preferirebbe più silenzio, meno parole e più Elisabetta.
“Clà, sei ancora tra noi?” Monica sventola davanti a lui la mano adornata da anelli e bracciali ridendo del suo stato di trance.
“Scusatemi, il Negroni deve avermi dato alla testa...” giustifica lasciando il drink appoggiato sul tavolino e asciugando le mani dalle gocce d'acqua che adornano l'esterno del bicchiere.
“Povero, piccolo innamorato Claudio!” esclama poi Riccardo masticando le patatine fritte con poca classe.
“Lo sapevo che quella ragazza c'entrava qualcosa.” rivela Giorgia sbuffando fuori piccole nubi di nicotina. “Silenziosa e misteriosa, non pensavo fosse il tuo tipo!” aggiunge regalando una piccola spallata a Claudio che a stento trattiene un sorriso cercando di minimizzare l'imbarazzo.
“Certo, non ci ha mai presentata nessuna!” controbatte Monica con fare offeso.

La conversazione prosegue senza la sua partecipazione, elencano le sue poche frequentazioni cercando di trovare punti in comune tra loro mentre lui si perde nuovamente nei suoi pensieri. Non ha mai trovato qualcuno che effettivamente valesse la pena di far conoscere ufficialmente ai suoi amici, sembravano tutte uguali tra loro. Deve essere nuovamente ridestato da Riccardo che gli chiede se può finire il suo drink visto che è rimasto intoccato negli ultimi venti minuti.

“Per favore, portiamo questa anima in pena da lei, non ci sta più con la testa.” esclama Giorgia sistemando la spessa sciarpa attorno al collo e ritirando ogni suo oggetto dal tavolino.
“Dai andiamo, ti accompagno io.” risponde Riccardo con una risata scompigliando leggermente la riccia capigliatura.

Si rende conto troppo tardi di dover svelare l'abitazione di Elisabetta, e spera con tutto se stesso che Riccardo non insista troppo per saperne di più. Il viaggio è accompagnato da una playlist su una chiavetta usb collegata alla macchina, il suo migliore amico è ossessionato dal rap americano quindi Claudio si riempie la testa di parole veloci e per lui prive di senso finché non arrivano a destinazione.
Riccardo aggrotta le sopracciglia mentre imposta le quattro frecce e aspetta che Claudio dica o faccia qualcosa.

“E' una storia lunga...” tronca la probabile conversazione che Riccardo avrebbe voluto intraprendere.
Lo ringrazia e compie i pochi passi per infilarsi tra le porte girevoli in vetro all'entrata dell'albergo.

La receptionist lo riconosce e, anche se non dovrebbe, lascia che prenda l'ascensore per recarsi alla solita stanza.
E' quasi mezzanotte ma non è preoccupato di svegliare la ragazza che è solita fare le ore piccole. Bussa alla porta in legno e aspetta con pazienza che possa essere aperta. Passano però diversi minuti e indeciso se bussare nuovamente decide di chiamarla al cellulare che dopo pochi secondi sente suonare dentro la stanza. Nessuno risponde.
Non riesce a contenere l'ansia che gli cresce nel petto, sbatte entrambi i pugni alla porta ed è quasi tentato di urlare il suo nome finché non sente tenui rumori. La maniglia della porta si muove lentamente e sembra metterci un'eternità per abbassarsi del tutto e rivelare uno spiraglio della stanza preceduto da un rumore sordo.
Aspira un verso spaventato dopo aver aperto con forza la porta. Elisabetta è davanti a lui in un accappatoio bianco allacciato grossolanamente, ha il viso paonazzo, gli occhi socchiusi e un leggero tremore è comparso sulle sue mani. E' seduta a terra in maniera scomposta, con il viso che ora ciondola verso il basso ed è il motivo per cui Claudio la avvolge completamente per poi adagiarla sul materasso. Non è ancora riuscito a pronunciare vere e proprie parole, come lei.
Le accarezza il volto e nonostante le sue mani siano tiepide sente la ragazza scottare, il passaggio delle dita lascia temporanee linee chiare.

“Che cosa è successo?” sussurra nonostante sia convinto che Elisabetta si sia addormentata.
Le ciglia sfarfallano brevemente e finalmente la ragazza riesce a registrare l'intera situazione. La bocca è impastata, ci mette un po' per aprirla e tentare di esprimere un discorso coerente.
“Credo di essere svenuta,” spiega con lentezza, le sue mani cercano un appiglio.
Quello che adesso vorrebbe fare è scuoterla con violenza, chiederle che cosa fosse accaduto per ridursi in questo stato e urlare di frustrazione perché credeva davvero che si stesse stabilizzando il suo umore.
“Come?” non riesce ad aggiungere altro, sta sudando a causa del cappotto ancora addosso e il calore eccessivo che emana Elisabetta.
La mano di Elisabetta afferra il colletto della sua maglietta dopo aver scavato tra la sciarpa e il giubbotto, cerca di avvicinarlo a lei il più possibile mentre rivela la sua risposta.
“Non volevo sentire più nulla.” riesce a notare la pesantezza delle palpebre e gli occhi che non smettono di muoversi nella stanza come se non riconoscesse quel luogo.
Claudio poi registra di star stringendo il corpo della ragazza seminudo e che ovviamente avrebbe voluto goderne in maniera differente invece che domandarsi se stia ancora respirando. Il fiato è profondo e se concentra il suo udito riesce a sentire vagamente il tuonare del suo cuore nel petto.
E' spaventato e incredulo e con la paura persistente di non star facendo abbastanza. Elisabetta ha chiuso gli occhi da diversi minuti e anche se riesce a contare i suoi respiri dal numero di volte che il suo petto si innalza sente comunque il bisogno di colpirle delicatamente la faccia.
“Sei qui con me?” chiede Claudio, e non si riferisce allo stato fisico quanto più a quello mentale.
“Mi sento stanca.” risponde con voce bassa trovando le forze per portarsi le gambe vicino al petto per quanto la vicinanza del ragazzo glielo riesca a permettere.
Vorrebbe chiamare qualcuno: i suoi genitori, Riccardo o una semplice ambulanza, ma tutto ciò comporterebbe dare delle spiegazioni che in quel momento non riesce ad avere ne tanto meno a capire.

Si disincastra momentaneamente dalla posizione e sfilandosi il giubbotto cerca di fare respiri profondi impedendosi di rendere la situazione peggiore di quel che è. Non ha idea di quanto tempo passa prima di riuscire a sentire Elisabetta parlare di nuovo.
“Ho freddo.” lamenta con ancora gli occhi chiusi e le mani strette nei pugni.
Il sorriso che si mostra sul viso di Claudio è riconducibile alla tristezza ma al contempo alla tenerezza che la ragazza manifesta in quell'istante. Così piccola da sembrare una bambina, indifesa in un mondo in cui lei non riesce ad entrare e per la prima volta la determinazione vacilla.
Sta sollevando le coperte per quanto il corpo di Elisabetta glielo concede rimanendo sdraiata e l'unica cosa a cui riesce a pensare è che scene di quel genere le aveva immaginate in un contesto diverso, prendendola in braccio tocca con mano la poca reattività di quel corpo e un brivido scuote tutta la colonna vertebrale. Si preoccupa di coprirla fino alle spalle visto che non è praticabile l'idea di vestirla, sposta con cura le lunghe ciocche di capelli umide e nota con un pizzico di sollievo che la temperatura deve essersi stabilizzata.
Cammina per la stanza e nota delle piccole pozze d'acqua che prendono origine dal bagno e solo in quel momento si chiede come lei sia riuscita a compiere la strada in quelle condizioni senza farsi seriamente male.
Quando entra nel piccolo bagno si sente soffocare dall'enorme quantità di vapore che fluttua nella stanza e si chiede come lei possa esser rimasta lì dentro anche solo per il tempo di una doccia. Fa caldo e fatica a distinguere i pochi mobili presenti, sente immediatamente il bisogno di tornare indietro.
Tutta la stanchezza della giornata si riversa nella sua testa, la rende pesante e l'unica cosa che Claudio ha bisogno di fare è dormire. Si spoglia solo del maglione per poi infilarsi in quelle coperte che subito lo scaldano a dovere, clicca l'interruttore della luce facendoli piombare nel buio più totale e afferra dolcemente una mano di Elisabetta nella tipica mossa del braccio di ferro e ne bacia ogni nocca prima di cadere in un sonno profondo.

 

Il mattino dopo comincia con un gran mal di testa per Claudio che scopre di essere da solo in quel letto. Non è la prima volta, ma questa ha un sapore diverso.
Capisce presto di non aver voglia di alzarsi e privarsi di quel calore ma di voler semplicemente richiudere gli occhi e dimenticare in un secondo la notte precedente.
Se tante ore prima aveva ancora la risolutezza di parlare con lei, capire fino in fondo i suoi pensieri, in quel momento gli gira la testa al solo pensarci. Ha paura che non sia cambiato niente e che tutti i suoi piccoli sforzi siano già stati vanificati.
E' con estrema lentezza che tira fuori il suo corpo dalle coperte e si strofina il viso con i palmi concentrandosi sugli occhi ancora incollati dal sonno.
Avrebbe voluto trovarla lì con lui e riuscire a sviscerare ogni sua piccola sofferenza ma si sarebbe accontentato anche solo di un piccolo biglietto con una misera spiegazione. Inizia ad insinuarsi in lui il dubbio di non poterla aiutare come vorrebbe, che forse tutte le persone intorno a lui hanno ragione e dovrebbe metterci una pietra sopra per poter andare avanti con la sua vita. Ma poi pensa a quanto ha faticato per vedere un sorriso sincero, a come sia di una bellezza spaventosa quando ride e riesce a lasciarsi andare in conversazioni frivole e subito vuole tornare a quei momenti. A quando lei ha trovato il coraggio di avvicinarsi, di farsi sfiorare e permettergli di entrare momentaneamente in quella bolla isolata dal mondo.
Vale quindi la pena trovarla in quello stato, prendersi cura di lei e assorbire parte di quel dolore se poi a fine giornata potrà vedere i suoi occhi più sereni e il viso rilassato.
Se seguisse il suo istinto correrebbe da lei, la strapperebbe dalla giornata di lavoro e si nasconderebbero da tutto e tutti in modo che lei possa sfogare qualsiasi pensiero e frustrazione, ma se c'è una cosa che ha imparato è che bisogna rispettare i suoi tempi anche se si rivelano sempre molto lunghi, però niente gli impedisce di aspettarla fino al tardo pomeriggio quando finalmente dovrà tornare da lui.

La prima cosa che decide di fare è tornare a casa sua per una veloce doccia e per dimostrare ai suoi genitori di essere ancora vivo, soprattutto. A casa non trova nessuno, ma lascia una breve spiegazione su un foglio di carta che appoggia sul tavolo della cucina.
Si rende conto di muoversi con lentezza mentre si riveste e conta mentalmente le ore che mancano: circa quattro.
Quando finalmente esce di casa nota il piccolo tremore alla mano che apre la portiera della macchina. Non sa se il suo timore sia giustificato ma non ha sentito Elisabetta per tutto il giorno e inizia a preoccuparsi per quella che potrebbe essere la sua reazione.
Si dirige nuovamente all'albergo e si ferma alla pizzeria lì vicino per poi rimanere in sosta davanti l'entrata con il riscaldamento accesso per mantenere il cibo il più caldo possibile.
La figura di Elisabetta non è altro che una sagoma scura a causa della scarsa illuminazione, ma riesce comunque a vedere il capo chino e il cappuccio del giubbotto che la nasconde da qualsiasi occhio. Spegne la macchina e cerca di recuperare ogni cosa in fretta per poter varcare con lei la soglia dell'edificio.

“Eli...” borbotta con un groppo in gola.
Lei non sussulta, quasi come se si aspettasse di ritrovarlo lì e Claudio non capisce se debba registrare quel dato in positivo o in negativo. Si gira con lentezza estenuante e nonostante la bellezza del ragazzo la colpisca ogni volta i muscoli del suo viso non compiono alcun movimento.
“Che fai qui?” chiede, la voce è completamente atona e gli occhi come al loro solito faticano a mantenere lo sguardo su di lui.
“Pizza e film?” propone con un entusiasmo che per la prima volta non sente in prima persona e tanto meno coinvolge la ragazza davanti a lui.
Elisabetta annuisce con piccoli movimenti facendogli strada e senza aggiungere alcuna parola, cammina con passi calcolati e stringe a intermittenza la chiave nella sua mano durante il tragitto dell'ascensore.
Si accomodano in camera accompagnati dallo stesso silenzio, Elisabetta sfila il giubbotto gettandolo sulla poltrona che ha spostato vicino alla finestra. Claudio si ritrova a fare lo stesso dopo aver appoggiato i cartoni della pizzeria al fondo del letto. Accende il televisore mentre aspetta che Elisabetta esca dal bagno, ma tiene il volume basso nella speranza che le loro voci possano sovrastarla senza difficoltà.
Trascorre il tempo giusto affinché lui possa sedersi a gambe incrociate sul materasso e le dondola nervosamente quando sente la maniglia del bagno muoversi.
“Come ti senti?”chiede dopo che l'ha raggiunto sul letto e comincia a mangiare una fetta di pizza.
Non sembra voler rispondere oltre ad un leggero innalzamento delle spalle e il sospiro successivo sembra più rumoroso di tutti gli altri.
Comincia a mangiare anche lui ma il nodo alla bocca dello stomaco che si forma minuto dopo minuto gli impedisce di godere di quella cena, fa fatica a deglutire e i suoi occhi cercano un punto su cui sfogare tutta la loro attenzione, visto che Elisabetta nono sembra volerlo degnare di uno sguardo.
“Dovremmo parlarne.” dice poi ormai stanco della situazione e crede di aver visto la linea della sua mandibola irrigidirsi per qualche secondo.
“Non mi va.” è il mormorio che esce dalle sue labbra leggermente macchiate dal pomodoro e i suoi occhi per la frazione di un momento lo osservano sperando che la sua tenacia possa completamente evaporare.
“Puoi almeno dirmi che cosa è successo?” si sforza in tutti i modi di mantenere un tono della voce adeguato in modo tale che lei non si agiti, ma diventa più difficile nel momento in cui lei fissa il televisore senza concentrarsi davvero in ciò che sta guardando.
“Eli!” tuona colpendo il muro con un pugno, irradiando così piccole scosse di dolore fino al gomito. Si spaventa di se stesso ma è al contempo compiaciuto nel vedere finalmente il suo viso leggermente sconvolto dalla sua esclamazione. “Ieri sei svenuta, non avevi nemmeno le forze per riuscire a guardarmi... mi merito una spiegazione.” il fervore del momento termina nelle sue ultime parole, totalmente intenerito dal senso di colpa che è adesso padrone del viso della ragazza.
“Io non so cosa dirti.” pronuncia lei nel esatto momento in cui lui stava per pregarla di dire qualcosa.
Ha lo sguardo spento e le mani hanno smesso di reggere il pezzo di pizza che ora è abbandonato al centro del cartone per potersi torturare tra loro. Attende che lei formuli qualcos'altro, qualsiasi cosa e si impedisce di cantar vittoria per averla ridestata dal silenzio.
“Dimmi cosa provi.” aggiunge per spronarla.
Si alza dalla sua posizione, compie qualche passo nella stanza probabilmente per il solo scopo di poter tirare fuori qualcosa dal delirio dei suoi pensieri.
“So che ti farebbe star male.” si arrende quindi, la sua voce comincia a tremare ed è forse il motivo per cui continua a dargli le spalle.
“Io sto già male al pensiero che tu possa di nuovo chiuderti in te stessa... perché non vuoi più parlare con me?” è ormai esasperato, si strapperebbe i capelli dalla rabbia, vuole urlare e non si riconosce in questa sua nuova veste.
“Ma non lo capisci?” chiede in maniera retorica girandosi verso di lui, “Se io te ne parlassi tu mi faresti cambiare idea, riusciresti a farmi pensare che le cose possano migliorare!” anche lei sta trattenendo le sue emozioni chiudendole strette nei suoi pugni e mantenendo le labbra in una linea dritta e sottile.
“Le cose miglioreranno! Devi solo avere paz-”
“No! Io non voglio che migliorino.” è irrimediabilmente spezzata, come le sue parole, dal pianto. Gli occhi finalmente abbandonando la presa e uno spesso strato d'acqua li appanna rendendole le pupille più gonfie e già lievemente arrossate. “Io sono stanca.” ripete più volte in un sussurro appoggiando la testa al muro.

Claudio è ancora seduto, immobile e in uno stato confusionale. La vede di nuovo la stessa Elisabetta di due mesi fa, irrimediabilmente senza speranza, che si sporge sulla strada incurante della macchina che potrebbe colpirla.
Vede la sua irascibilità nel non volersi fidare di lui e non ricorda cosa abbia fatto per farla avvicinare. Il suo cervello è completamente fuorviato dalle immagini che i suoi occhi stanno registrando. I singhiozzi trattenuti in gola e la contorsione delle dita delle mani.
“Ho capito che l'unico momento in cui sto bene è quando non riesco a pensare o quando sono con te.” confessa ancora in lacrime, Claudio deve sforzare il suo udito per capire ogni parola. Riesce finalmente ad alzarsi, compie giusto un paio di passi prima di vederla ricomporsi brevemente. Lo guarda negli occhi.
“Ma tu mi illudi che la vita possa essere una cosa bella e mi ricordi che nessuno mi apprezza.” il suo labbro inferiore viene massacrato dai denti che cercano di fermarne il tremore. “Tu sei l'incarnazione della spensieratezza, la tua bellezza interiore sfida quella estetica e il mio sentimento nei tuoi confronti continua ad oscillare tra la devozione e l'odio.”
Al contrario di pochi minuti fa, Elisabetta adesso è un fiume in piena di parole e per la prima volta Claudio desidera che ritorni il silenzio.
Essere inconsapevolmente causa del suo dolore ha fatto nascere un malessere fisico in tutto il suo corpo. Delle fitte fastidiose che sembrano lo stiano corrodendo per ogni parola le sente pronunciare.
“Sei bellissima.” risponde rapito dai suoi occhi bagnati di lacrime. “Anche nel pieno del tuo dolore, ma tu non riesci a vederti.”
Elisabetta scuote la testa in dissenso interrompendo quel piccolo contatto.
“Sei una persona buona che non ha mai trovato mani gentili, ma sono qui adesso.” compie un passo in avanti e di conseguenza lei ne fa uno indietro. “E' difficile fidarsi, lo so. Ma posso darti il tipo di amore che cerchi.” anche il suo tono adesso vacilla, sente le pupille sensibili e sbatte una paio di volte le palpebre per rimuovere la sensazione seccante.
“Smettila.” grugnisce in risposta mentre cerca di asciugare il viso con i palmi delle mani.
“No, tu devi sapere cosa vedo quando ti guardo.” insiste deciso, ignorando i suoi tentativi di mantenere la distanza. “Tu non sei solo queste lacrime, non sei il tuo dolore: sei le risate che non hai trattenuto due sere fa e la dipendenza per le caramelle alla frutta, oppure i brividi quando ricevi un contatto inaspettato.” raccoglie il suo silenzio come un buon segno, come se finalmente volesse ascoltarlo davvero.
Arriva al punto di poterla racchiudere tra le sue braccia, ma le parole nella sua gola spingono con più ferocia.
“Hai così tanto dentro di te ma devi lasciarlo uscire. Anche tu hai quella spensieratezza, hai semplicemente deciso di nasconderla.” le sue dita le sfiorano le spalle, ma nel momento in cui pensa di aver finalmente vinto quella battaglia viene colpito da uno sguardo gelido.
“Sono sfinita da questo mondo, voglio solo poter chiudere gli occhi e scoprire di essermene finalmente andata.” la voce è decisa nonostante i residui del pianto precedente, eppure Claudio nei suoi occhi legge un ennesimo grido di aiuto. Quasi come se volesse essere smentita un'altra volta.
“Ti prego, non chiedermi di lottare per te. Ne uscirei massacrata ulteriormente e la consapevolezza di tirarti giù con me sarebbe un dolore troppo forte.”

Si lascia comunque stringere e si aggrappa con tutte le sue forze al retro del suo collo, Claudio non resiste e cerca le sue labbra per farla zittire e non dover più subire quelle coltellate. Il bacio viene accolto anche se la sua bocca sta ancora tremando tra le lacrime.
Non ha ancora idea di cosa l'abbia spinta a fare così tanti passi indietro, non sa nemmeno se riuscirà scoprirlo. L'unico pensiero che lo tormenta è chiedersi quanto ancora potrà trattenerla a sé prima che le scappi dalle mani.








Oh cielo! La difficoltà che ho avuto per scrivere questo capitolo per me è incommensurabile. 
Difficile trovare le parole e nel distruggere i piiiccolissimi progressi fatti da queste due povere anime. Spero che anche voi possiate entrare dentro queste dinaminche (non troppo, mi sentirei in colpa) e a cercare di capire anche le motivazioni di ogni personaggio.
NIente, concludo con una applauso di almeno mezz'ora per la pazienza infinita di Claudio.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO DIECI ***


CAPITOLO DIECI


E' ironico come il suo cervello si stia prendendo gioco di lei. La scienza chiede sempre di dare attenzione alle necessità che il proprio corpo manda, eppure nonostante lei volesse dormire per giorni interi ha passato l'intera notte con gli occhi chiusi ma la testa trafficante.
Ha comunque permesso a Claudio di stringerle la mano per tutto il tempo in cambio del suo viso rilassato e per la prima volta è riuscita ad assistere all'alba di quel giorno nonostante la finestra fosse alle sue spalle. Ha visto le pareti colorarsi di un azzurro tenue perché è un'altra giornata nuvolosa e ieri ha dimenticato di abbassare le tapparelle. I suoi occhi abituati al buio hanno fatto fatica ad accettare la luce della stanza ma riesce a notare ogni movimento di Claudio, gli occhi e il loro leggero sfarfallare insieme al naso arricciato per chissà quale motivo.
Di tutto ciò che è successo ieri sera la parte più dolorosa sembra essere proprio quel bacio, così intriso di dolore, rassegnazione e rabbia. E un bacio non dovrebbe esprimere ciò.
Approfitta dei movimenti di Claudio per girarsi dall'altro lato e notare a malincuore che tra due minuti dovrà alzarsi dal letto, ma non pensa che ciò accadrà.
Sente un velo di brividi lungo tutto il corpo per il deja vù quando scrive al suo collega di non sentirsi molto bene e che ha delle questioni da risolvere, Federico sembra capire senza dover fare domande ed Elisabetta riesce a fare un sospiro di sollievo. Ferma dopo qualche secondo la suoneria della sveglia notando subito dopo dei versi contrariati dalla gola del ragazzo, subito una mano arpiona il suo fianco e il suo respiro si scontra sulla pelle del suo collo. E' piacevole, sono quei contatti affettuosi che ha sempre ricercato ma non riesce a goderne fino in fondo quando pensa a come lo abbia trattato ultimamente.
Non ci sono state lacrime, ma ha visto con chiarezza qualcosa spezzarsi dentro di lui mentre scappava dalle sue domande, ed è diventato troppo difficile fare finta di nulla e cercare di vivere il momento.
Al contrario di ciò che pensa gioca con le dita di quella mano, le accarezza e le incastona illudendosi che quell'unione sia perfetta e indistruttibile. Proprio come in quegli orribili film adolescenziali ripieni di cliché. E' spaventoso che lei noti ogni singola variazione nella respirazione del ragazzo, se prima il suo fiato era profondo e rilassato adesso riesce a percepirlo più controllato. Entrambi forse vogliono ancora credere di essere in un sogno, magari fare finta che niente sia mai successo.
L'apoteosi sarebbe svegliarsi sul serio e scoprire che in realtà lei è una semplicissima ragazza di vent'anni e che vive una vita senza troppi drammi. In quel caso conoscere Claudio sarebbe stato molto più semplice e adesso non avrebbero problemi nel classificare il loro rapporto in una classica relazione. Avrebbe potuto presentarlo ai suoi genitori durante una cena senza pretese e baciarlo di nascosto sull'uscio della porta, sarebbero partiti per piccoli weekend fuori porta godendo di ogni istante prima di ricominciare la settimana lavorativa.
Se, se, se.
Invece Claudio è un inguaribile ragazzo colmo di speranza ed Elisabetta un essere vuoto senza alcuno scopo se non quello di nascondersi dal resto del mondo. Non gli farà mai incontrare la sua famiglia per poterlo salvaguardare e non pensa riuscirà mai a raggiungere quel tipo di rapporto ideale in cui tutto avviene in maniera totalmente spontanea.
“Smettila di pensare così tanto...” la voce rauca di Claudio rompe il silenzio e il filo logico del suo discorso nella sua mente.
“Come ci riesci?” chiede invece lei incapace ormai di camuffare il suo stato d'animo, inizia a sembrare inquietante quella loro connessione.
“Sei riuscita ad irrigidire ogni muscolo presente nel tuo corpo. Come stai?” spiega avvicinandosi il più possibile a lei anche se tra loro non riuscirebbe a passare nemmeno uno spillo.
“Esausta, non ho chiuso occhio.” ha capito che girare intorno al discorso non porterebbe a nulla, Claudio comunque insisterebbe per sapere ogni cosa.
“Perché non mi hai svegliato?” chiede incredulo sollevandosi leggermente in modo che possa tentare di guardarla in faccia, ma Elisabetta continua a guardare un punto fisso vicino alla finestra.
“Che cosa avresti potuto fare?” la voce sembra distratta, pronuncia le parole lentamente e con un tono basso. Nella sua testa quella frase dovrebbe risultare esasperata e ancora incredula di come Claudio continui la sua missione senza speranza.
“Girati verso di me.” ordina con dolcezza mentre interrompe ogni contatto. Solleva le coperte lasciandole il tempo di rotolare dall'altro lato e mostrarsi con occhiaie scure e le labbra vagamente imbronciate.
Sa di non poter fare certi pensieri in questo momento, ma in qualsiasi stato si trovi la ragazza Claudio riesce sempre a scovarne la bellezza. Forse è l'aura di mistero che si è costruita, il silenzio e il dolore che pesa sulle sue spalle, ma anche con il viso pallido e priva di energia per lui costituisce un'enorme calamita.
Riprende poi la posizione del braccio sul fianco che adesso avvolge anche parte della schiena. Conta in maniera assente le vertebre e nota come Elisabetta stia ancora aspettando la risposta in religioso silenzio, lo osserva quasi come se si trovasse davanti una specie rara di un qualsiasi animale.
“Avrei voluto che mi svegliassi, potevo tenerti compagnia.” risponde con un sorriso che spera possa contagiarla.
“Sei crollato in meno di un minuto, eri davvero stanco. Russavi.” dice il tutto con naturalezza e serietà, e questo fa in modo che Claudio scoppi in una risata incontrollata e rumorosa portando il peso del corpo all'indietro. Elisabetta non può fare altro che sorridere lievemente cambiando posizione e stendendosi completamente sulla schiena. E' contenta di poter ricambiare il favore ogni tanto.
“Potresti davvero avere un futuro come comica.” dichiara sulle ultime note della risata. Adesso è appoggiato al suo stesso braccio e la mano rimasta libera le accarezza l'addome con movimenti calcolati.

Non resiste alla tentazione di lasciare un breve bacio sulla linea della mandibola inconsapevole di poter godere del piccolo sorriso sorto sulle sue labbra. Ne lascia un altro paio con attenzione, controllando la sua reazione.
“Non ti stanchi mai di dare senza ricevere?” domanda curiosa mentre accoglie tutte quelle premure con un incontenibile senso di colpa.
“No, perché non è quello il mio scopo.” replica senza esitazione guardando dentro i suoi occhi. “Il semplice fatto che tu me lo stia permettendo è sufficiente.”
“Ma io non faccio mai nulla per te...” è inevitabile per lei continuare quel discorso nonostante la sua voce stia minacciando di tremare vigorosamente. Claudio non può davvero essere così comprensivo, è contro natura.
“L'unico mio desiderio che potresti esaudire è tenermi qui, accanto a te.” sigilla la sua stessa frase con un ennesimo bacio, labbra contro labbra, speranzoso che Elisabetta possa uscire da quella pozza di colpevolezza inutile.
Alza gli occhi con un fluido movimento rotatorio lasciando però che Claudio si prenda cura di lei, prendendo ogni carezza e inglobando ogni respiro che si infrange sulla sua pelle.
Non ha idea di come stia passando il tempo, ma sa di non potersi abituare ad una routine del genere perché semplicemente non è così che va il mondo.
“Lascia fare a me.” sono le ultime parole che pronuncia prima di compiere il perimetro del suo viso con lo scorrimento delle sue labbra. Entrambe le mani ricercano le sue per incastrare ogni dita tra loro e le porta attorno la sua testa continuando la dolce tortura. Il peso del corpo di Claudio non le impedisce di rilassarsi nuovamente ricambiando lascivamente quel contatto.

Claudio si trova costretto a lasciarla ancora sotto le coperte dopo aver ricevuto un messaggio di sua madre e dopo essersi reso conto di aver passato le ultime cinque ore steso in un letto ignorando qualsiasi bisogno fisiologico. Per questo la prima cosa che fa quando entra in casa è divorare le prime cose che capitano nelle sue mani.
“Buongiorno. O forse è più accurato buon pomeriggio?” esordisce sua madre con le mani sui fianchi. E' più seria del solito anche se sfodera un piccolo sorriso.
“Ciao, scusa ma non mi sono reso conto di che ora fosse.” si giustifica continuando a masticare l'ultimo pezzo di un biscotto.
“Va tutto bene. Lei come sta?” si unisce a lui rubando il biscotto appena lo tira fuori dalla busta.
“Se te lo dico cercherai di dissuadermi dal vederla?” le parole escono fuori più taglienti di quanto volesse, ma si è stancato di essere messo in guardia inutilmente.
“Non fraintendermi, è adorabile l'affetto che provi per lei ma sono preoccupata. Lei non mi sembra pronta per questa relazione e tu non meriti di perdere di vista i tuoi obiettivi.” il suo tono di voce è pacato, misura con attenzione ogni parola scelta e mantiene sempre un sorriso consolatorio per provare che lei non è lì per giudicare. “Voglio essere sicura che tu non stia accantonando la tua felicità."
“Io sono felice quando, nonostante il suo malessere, mi sorride. Questo è diventato il mio obiettivo: darle la serenità che merita perché nessuno ci ha mai provato abbastanza.” la madre è seriamente colpita da suo figlio che mai si è dimostrato così vulnerabile. Forse sta solo crescendo e lei non si sente pronta a questo cambiamento.
E' difficile avere la consapevolezza che i figli anno dopo anno scivolino tra le dita, che cerchino la loro indipendenza e che raddrizzino il tiro delle loro priorità.
“Ti prometto che non affronteremo più il discorso se anche tu manterrai la tua parte dell'accordo.” sentenzia quindi avvolgendo le mani del figlio tra le sue. Sembra confuso e impiega qualche secondo prima di annuire e compiere un passo verso di lei.
“Se lei dovesse arrendersi, lo farai anche tu.” Claudio sgrana gli occhi forse incredulo della voce spezzata di sua madre o forse perché senza dover mai regalare dettagli lei ha già capito tutto. E' completamente freddato da quella probabile prospettiva. Non trova il coraggio di esprimere a voce il consenso, forse perché non vorrebbe davvero mantenere quella promessa, ma si ritrova comunque ad annuire con ancora un peso sul petto che gli ricorda di dover fare respiri profondi.
“Ha più parlato con i suoi genitori?” c'è un'aria strana in cucina, totalmente priva di imbarazzo ma c'è comunque qualcosa che impedisce a entrambi di mantenere lo sguardo tra loro.
“La madre le ha inviato un messaggio ma lei non ha risposto. Non penso sia intenzionata ad avere un confronto.” Quando finalmente Elisabetta gli aveva raccontato tutto Claudio ha provato in tutti i modi a convincerla che fosse l'occasione giusta per sanare il loro rapporto. Non non ci è riuscito, ovviamente, e forse in fondo se ci fosse lui al suo posto sarebbe tentato di fare lo stesso. Non vuole giudicarli ma non può negare che da parte loro ci sia stato davvero poco impegno per non far precipitare la situazione.
“Allora dille che a Natale sarà la benvenuta.” conclude Veronica lasciando poco dopo la stanza.
Non ci aveva neanche pensato eppure mancano quasi due settimane e forse ora capisce davvero il cambiamento che gli viene recriminato dagli amici. Ma loro sarebbero più bravi di lui se si scambiassero i ruoli? L'unico pensiero costante che gira nella sua testa sono le parole di sua madre associate alle ultime immagini di Elisabetta.

I giorni sembrano passare inesorabilmente veloci e questo comporta un Claudio vagamente stressato per il test a conseguimento della borsa di studio e un' Elisabetta che mantiene abbastanza equilibrato il suo cattivo umore nonostante il messaggio di sua madre che ancora riecheggia nella sua mente.
Le ha risposto solo nel momento in cui Claudio ha abbandonato il suo letto, circa tre giorni fa, e non riesce a credere che sia arrivato davvero il momento del confronto. Nelle ultime settimane il suo unico contatto è stato sua sorella che ogni tanto le chiedeva se fosse finalmente pronta a tornare a casa e la parte più ironica di tutta quella situazione è che il vivere da sola seppur in una stanza d'albergo è stata la cosa più piacevole. E' stata l'unica rassicurazione dopo ogni pesante giornata di lavoro quando Claudio non poteva raggiungerla per poter continuare a studiare, anche se poi passavano la serata parlandosi al telefono.
E' venerdì sera e nel momento in cui il negozio è ufficialmente chiuso e i suoi colleghi si disperdono in diverse direzioni il cuore di Elisabetta comincia a battere più velocemente lasciandola con la gola secca. Hanno deciso quindi di incontrarsi tutti a casa per poterne parlare, sua sorella è determinata a fare da mediatrice convinta di poter risolvere ogni vicissitudine.
E' strano percorrere di nuovo quel breve tratto e prima di arrivare davanti al portone riesce a leggere il messaggio di Claudio che le augura buona fortuna e che la raccomanda di raccontargli ogni cosa quando avrà finito. Quando suona il campanello nessuno risponde, sente solo la porta sbloccarsi e dopo un profondo respiro si decide ad entrare definitivamente. Percorre velocemente le due rampe di scale e un moto di commozione rischia di colpirla quando prova di nuovo la sensazione di benvenuto negli occhi del piccolo felino. Il suo gatto è sempre stato soggetto a prese in giro in quanto sembrava avesse i comportamenti di una cane nel momento in cui accoglieva ogni ospite già fuori dalla porta.
Nulla è cambiato, neanche il suo strusciarsi tra le gambe impedendole ogni movimento e si ritrova quindi costretta ad attendere con pazienza che il suo entusiasmo possa calare. Viene presto risvegliata dai brusii che provengono dalla cucina e compie i pochi passi con la stessa paura che l'attanaglierebbe se nella casa ci fosse una tigre pronta a sbranarla. Non sa qualche sentimento la colpisce quando i suoi familiari al vederla smettono di parlare e si guardano con fare indagatore.
“Ciao.” pronuncia appoggiando la borsa accanto i cuscini del divano alla sua sinistra.
Sono tutti seduti attorno al tavolo della cucina e a parte sua sorella che la saluta con i consueti due baci sulla guancia, il resto sono saluti borbottati.
“Allora, come va?” Giorgia rompe il silenzio con un entusiasmo che non riesce ad incastrarsi nell'ambiente. Gira rumorosamente il cucchiaino nella tazzina di caffè e ne beve un sorso mentre continua a guardarla in attesa della risposta.
“Bene. Possiamo arrivare al dunque?” è ancora in piedi esattamente alla soglia della stanza, i suoi genitori non l'hanno ancora davvero guardata se non si contano gli sguardi fugaci.
“Ok, siamo qui perché vogliamo che torni a casa.” spiega sua sorella senza il minimo sostegno morale di nessun altro presente.
“Vogliamo?” chiede infatti confusa Elisabetta che ora è seduta sul divano e cerca di nascondere il tremore delle sue mani dato dal nervosismo.
“Hai almeno intenzione di chiedere scusa?” esordisce sua madre con voce perentoria e le concede finalmente di guardarla negli occhi. Riesce con facilità a leggerne i segni della delusione sul suo viso: una sensazione che non provava da quasi un mese e di cui non avvertiva la mancanza.
“Per che cosa esattamente?” la sua voce diventa più stridula e con la coda dell'occhio può notare la faccia accartocciata di sua sorella che prevede già le urla. “Dovrei chiedere scusa per aver passato la notte fuori o perché il mio atteggiamento ti fa vergognare di me?” la sua domanda non trova risposta, registra solamente gli occhi di sua madre ruotare su se stessi e suo padre che si gratta la fronte come se si trovasse in difficoltà.
“Spero sarai contenta del risultato.” aggiunge sua madre rivolgendosi alla figlia maggiore.
Un dubbio si insinua nella testa di Elisabetta che non aveva neanche pensato a quello scenario. Non erano stati i suoi genitori a volere quell'incontro ma sua sorella che come ogni volta sente la necessità di ricongiungere tutti i pezzi.
“Beh mamma, potresti anche provarci!” accusa immediatamente sbuffando e girando per la stanza con fare nervoso.
“Tu invece perché ti sei presentato?” chiede a quel punto Elisabetta rivolgendosi a suo padre che come al solito si sente annoiato da queste situazioni. “Sapete una cosa? Di tutto ciò che è successo dormire in una stanza d'albergo è stato fantastico, quindi no: non tornerò a casa.”
“Non ti sembra di esagerare? Hai sempre avute queste reazioni così rumorose ed eccessive.” tuona la grossa voce di suo padre nonostante non stia urlando.
Non sa come controbattere perché semplicemente non sa come esprimersi, per la sua famiglia lei rimarrà la figlia melodrammatica e suscettibile. Niente potrà fargli cambiare idea.
“Non importa, ho trovato qualcuno che accetterà le mie reazioni soprattutto quando saranno smisurate.” un brivido scorre per tutta la sua schiena quando il suo cervello raffigura l'immagine del viso di Claudio, sarebbe quasi tentata di sorridere ma la rabbia che sta crescendo è troppo grande per essere fermata.
“Se continui di questo passo si stancherà anche quel qualcuno, stanne certa!” esclama sua madre che ora spegne con forza la sigaretta dentro al posacenere. “Hai questo maledetto vizio di prosciugare l'energia delle persone con tutte le tue pretese e finirai per svuotare anche le sue.” pronuncia le ultime parole quasi in un sussurro puntandole attentamente l'indice contro e con uno sguardo che quasi le fa accapponare la pelle.
Ci impiega giusto qualche secondo a raccogliere nuovamente la sua roba e lasciare l'abitazione nonostante Giorgia le stia urlando di tornare indietro. Solo in quel momento si accorge di non essersi mai spogliata del giubbotto e tutto il calore trattenuto viene spazzato via quando ritorna all'aria gelida della strada. Le lacrime spingono per poter uscire per tutta la durata del tragitto e assieme alla loro insistenza si aggiunge il suo telefono che non smette di squillare e notificare messaggi.
Lo sa che questo è il momento giusto per chiedere aiuto e sfogare ogni pensiero di rabbia e frustrazione che ha dentro di sé, ma sente comunque il bisogno di chiudersi in una scatola finché l'ossigeno non finirà. Le gira la testa ed è disorientata abbastanza da doversi chiedere più volte dove sia finita e come abbia potuto sbagliare la strada di ritorno.
Il suo telefono squilla ancora imperterrito e un forte desiderio di scaraventarlo al suolo cresce in lei, ma è fin troppo razionale per seguire certi istinti e si limita a rifiutare quella che pensa possa essere la quindicesima telefonata di Claudio.
La prima cosa che fa quando varca la soglia di quella che ormai definisce casa sua è lasciarsi cadere sul letto con il viso schiacciato contro il materasso e un urlo attutito dalle coperte. Sente di nuovo suonare il cellulare, probabilmente un messaggio questa volta.

Mi piace pensare che tu non possa rispondermi
perché con la tua famiglia è tutto risolto.

Quelle parole forzano il suo cervello a rimettere in moto ogni scena e parola ormai scolpita nella sua memoria. Non riesce a capacitarsi della considerazione che i suoi genitori hanno di lei, proprio loro che dovrebbero mostrarle affetto smisurato e incondizionato. Ma quella di oggi è stata la prova definitiva di non avere nessuno a coprirle le spalle, nessuno che potrà supportarla in tutto e per tutto quando Claudio si stancherà di correrle dietro. Sua madre potrebbe avere ragione: prosciugherà ogni sua energia e lo porterà ad odiarla a causa del suo atteggiamento pessimista e isterico. Quale persona farebbe mai una scelta così masochista?

Ne parliamo domani.

Non ha alcuna forza per affrontare il discorso dopo una giornata del genere, anche se Claudio non merita messaggi brevi e freddi e questo probabilmente lo porterà a far accrescere la sua curiosità.

Il lavoro, per una volta, si dimostra essere un'ottima distrazione per la voragine di pensieri e preoccupazione che ormai dominano la totalità della sua testa. I suoi colleghi hanno preso le distanze e si parlano solo per lo stretto necessario ed Elisabetta riesce a cavarsela grazie a qualche sorriso falso e ai clienti pieni di richieste da soddisfare. In pausa pranzo Claudio l'avvisa che la sera stessa non avrà scampo, mangerà a casa sua e sa già di dover dare tutte le spiegazioni riguardo la sera prima. Inizia a pensare che dovrebbe allontanarlo del tutto, lasciare che lei possa risolvere tutti i suoi problemi e permettere a lui di ricominciare a vivere senza l'angoscia che lei rappresenta nella sua vita. Lo sa che Claudio non mente quando dice di voler stare con lei e aiutarla ma inizia a definire questa situazione tossica per lui e non può permettere che lui ci cada del tutto. Per questo motivo decide che affronterà il discorso la sera stessa a costo di farsi odiare da lui e da tutta la sua famiglia, a costo di perdere quell'unica persona che non cede alla tentazione di liberarsi di lei e dei suoi problemi.
Non riesce però a negare il sentimento di sollievo che la pervade quando uscendo dal negozio incontra Claudio davanti alla sua macchina. Si sente un po' in soggezione a camminare davanti a lui, come se stesse sfilando e la passerella fosse lunga chilometri, ma lui non perde l'occasione di osservarla dritta negli occhi.
Arriva davanti a lui con un sorriso imbarazzato e senza che riesca ad impedirlo Claudio si appropria delle sue labbra e tiene una mano dietro al suo collo come se dovesse forzarla a rimanere lì in quel momento. Tutta la sua pianificazione svanisce nella nebbia creatasi nella sua testa, riesce a concentrare tutta la sua attenzione sulle morbide labbra che l'accarezzano con dolcezza. Si aggrappa come suo solito alle sue spalle e si riscalda dai brevi sbuffi che Claudio emette e che le fanno appannare gli occhiali.
Il tempo sembra essersi fermato, nessun agente esterno potrebbe rovinare quel momento, neanche i miseri sette gradi di quella sera.

Se c'è una cosa di cui Claudio è sicuro è la dipendenza ossessiva di Elisabetta per la musica, e rimane ancora sorpreso dal fatto che lei non si senta abbastanza a suo agio per accendere la radio della macchina. Ci pensa lui aggiustando di tanto in tanto la frequenza o cercando un brano migliore mentre lei si occupa di guardare fuori da finestrino borbottando le parole a bassa voce.
“Pensi che potrei mai sentirti cantare davvero?” pensa Claudio ad alta voce mentre posteggia a pochi metri da casa.
Elisabetta ride imbarazzata e nello stesso momento si morde la lingua per essersi ammorbidita a quella sua debolezza. Cantare è sempre stata la parte di sé da nascondere accuratamente, era rimasta l'unica cosa a rendere lievemente leggera la sua vita. O almeno, fino a quando non è arrivato Claudio.
Un campanello d'allarme suona stridulo nella sua testa appena ricorda quali fossero le sue intenzioni quella sera e improvvisamente la gola si secca e potrebbe sentire le gambe tremare.

Veronica e Franco l'accolgono con il loro consueto calore, con tanto di abbracci confortevoli e sguardi affettuosi. In quel momento riesce quasi a far finta che tutto vada bene e che quella sia solo una semplice cena con il ragazzo che le piace e la sua famiglia. Ma la sensazione che prevale nell'aria è la stessa che sentirebbe se stesse camminando su un campo da guerra. Vede Claudio osservarla spesso e se prima il problema del mantenere lo sguardo era dettato dall'imbarazzo ora è la vergogna a prendere possesso del suo corpo. Non riesce a partecipare molto alla conversazione e ha lo stomaco chiuso nonostante il cibo preparato si mostra delizioso.
Franco e Claudio si dirigono nel salotto mentre Elisabetta ha insistito più volte per poter dare una mano al riassetto della cucina.
“Come va Eli?” chiede d'un tratto Veronica riservandole un veloce sguardo, forse per essere sicura che lei l'abbia sentita.
“Un po' stanca dal lavoro, ma è tutto ok.” cerca di tagliare corto anche se è consapevole che quella fosse solo la prima di una serie di domande.
Le sembra quasi che la conversazione sia già terminata finché la donna non riprende a parlare e questa volta le dedica la totale attenzione.
“Hai chiarito con i tuoi genitori?” quella frase la colpisce come una coltellata e le fa ritornare alla mente ogni singola battuta scambiata l'altro ieri con tanto di sguardi giudicanti.
“No, in realtà.” solo in quel momento capisce quanto Claudio e sua madre siano simili. Hanno lo stesso modo di parlare lento e rassicurante, in grado di far parlare anche un sordomuto. Donano quella sicurezza sufficiente per riuscire ad aprirsi.
“Non so se Claudio te l'avesse già proposto, ma mi piacerebbe che tu passassi il Natale con noi.” I suoi occhi si spalancano senza che le possa evitarlo e dei piccoli brividi ricoprono le braccia che formicolano piacevolmente.
“Non deve sentirsi in dovere di farlo...” parte il solito preambolo con molteplici emozioni a colorare la sua voce che vacilla lievemente.
“Voglio essere completamente onesta con te perché credo tu sia una persona intelligente.” comincia la donna sedendosi al tavolo della cucina e invitandola a fare lo stesso. “Ho paura di come tu possa influenzare Claudio, che la tua situazione possa distrarlo dalla sua stessa vita. Ma non riesco a negare i suoi sorrisi o come tu sia visibilmente più tranquilla quando lui è nei paraggi.” articola ogni parola dedicandole uno sguardo continuo e l'attenzione di Elisabetta è così alta da riuscire a mantenerlo senza sentirsi in soggezione nonostante le parole che ha appena sentito. Non è niente di nuovo considerando che è sempre stato un pensiero fisso per lei e sapere che qualcun altro ha la stessa preoccupazione le fa credere che l'intenzione di quella sera sia la scelta giusta.
“Stenterà a crederlo, ma ho sempre pensato di essere solo un problema per lui. Ma Claudio è parecchio testardo.” sbuffa una risata, ma sente anche le lacrime spingere.
“Non fraintendermi, Claudio non è un ingenuo e capisco perché sia così tanto affezionato a te. Vi meritate proprio per la vostra sensibilità e magari questo è solo un brutto periodo che presto pass-”
“Stasera volevo lasciarlo.”la interrompe bruscamente abbassando gli occhi verso le sue stesse mani. “O meglio, non so se stiamo davvero insieme, ma non merita di rimanere invischiato nei miei impicci.”
Il silenzio che cala subito dopo è piuttosto pesante e sembra impossibile da rompere, entrambe non fanno altro che concentrarsi su dettagli inutili della stanza e riescono a sentire lievemente Claudio e suo padre parlare oltre la porta chiusa della cucina.
“Gli spezzeresti il cuore.” sussurra Veronica stringendole una mano. “Non so quale sia la scelta giusta e tanto meno ti costringerei a fare ciò che io penso sia meglio.”
Elisabetta riesce a leggere la battaglia interiore della donna davanti a sé. L'impedirsi di allontanare una “minaccia” dal proprio figlio o rispettare il bene di entrambe.
“Ma non prendere decisioni affrettate.” è l'ultimo consiglio che le offre prima di esortarla a raggiungere gli altri.

Il resto della serata è caratterizzato da luce spenta e un film di cui Elisabetta non ha seguito nemmeno per un minuto la storia, forse troppo distratta dal braccio di Claudio attorno alle sue spalle e dalla mano che continua a fare su è giù lungo una piccola porzione di pelle. Teme sempre di più il momento in cui sarà costretta a parlarci e a fare i conti con le sue centinaia di domande poiché la conversazione con sua madre non ha fatto altro che alimentari i già numerosi dubbi.
E' circa mezzanotte quando entrambi i genitori annunciano di voler andare a dormire e presto si ritrovano soli sul divano lievemente illuminati dalla luce bluastra del televisore.
Elisabetta lo spia più volte per controllare se la stia guardando e che non chieda di conseguenza le dovute spiegazioni, ma sembra parecchio attento a qualsiasi cosa la tv stia trasmettendo in questo momento.
“Vuoi parlarne qui o preferisci andare in camera?” pronuncia senza distogliere lo sguardo, forse per non intimidirla più di quanto non lo sia già.
“Non c'è molto di cui parlare in realtà, non è cambiato nulla dopo il nostro incontro.” tagliare la testa al toro sembra la scelta più semplice ed ovvia soprattutto perché non è quello l'argomento che più la mette sotto pressione.
Si gira verso di lei e sbuffa lievemente forse intristito dalla sua risposta nonostante se l'aspettasse già. Intreccia le dita delle loro mani e si sforza in ogni modo di delineare i tratti del suo volto ma il buio della stanza è un grosso impedimento.
“Posso fare qualcosa per te?” chiede a bassa voce avvicinandosi ulteriormente. Elisabetta vorrebbe urlare per la frustrazione di avere una cosa così preziosa tra le mani e nessuna abilità per tenerla al sicuro.
“Stai facendo fin troppo. Tua madre mi ha parlato di Natale...” non dovrebbe tirare fuori quel dettaglio, soprattutto perché è ancora più difficile dirgli subito dopo che vuole troncare ogni tipo di rapporto.
“Già. Aspettavo il momento giusto per parlartene.” sembra quasi giustificarsi per non esser stato lui a fare l'invito.
Questa si scopre essere l'atmosfera giusta per parlare, con l'oscurità che li avvolge e che elimina l'imbarazzo dei suoi sguardi sfuggenti. Elisabetta ha il discorso sulla punta della lingua, lo tiene in bilico nella speranza di trovare il coraggio sufficiente per poterlo esporre senza alcun groppo in gola e sapere di non poter vedere il viso affranto del ragazzo è vagamente di aiuto.
“Io sono arrivata ad una conclusione.” confessa nel bel mezzo del silenzio, ed è così tesa da aver paura lei stessa delle sue parole.
“Prima vorrei dirti solo una cosa, scusami.” al suo orecchio arriva la sua voce quasi preoccupata, come se all'improvviso qualcosa tra di loro fosse cambiato. “Ho pensato che se tu hai ancora dubbi su di me e sul fatto che ti voglia stare accanto allora forse la colpa è mia. Tu credi che io sia qui per farmi carico dei tuoi problemi, in realtà non riesco più a fare a meno di te.” il respiro è corto, fa una gran fatica a mantenere il tono di voce basso con la voce che oscilla e inconsapevolmente ha fatto crollato qualsiasi minuscola certezza la ragazza potesse avere. “Non voglio fare lo sdolcinato né metterti in difficoltà ma volevo dirtelo da tanto tempo.”
Elisabetta rimane ridicolmente a bocca aperta, incerta su come proseguire e addirittura pensare, il cuore scalpita e tuona rumorosamente contro la cassa toracica.
“Ti sei incantata?” chiede ridacchiando e avvicinandosi ulteriormente, la mano ha raggiunto il suo collo e il pollice sta delineando parte della linea della mandibola.
“No, è che non so che dire...” balbetta persino nei suoi pensieri oltre che nelle risposte, colpa soprattutto di quei piccoli contatti di cui non riuscirà mai a fare a meno.
“Potresti continuare il discorso che stavi facendo prima che ti interrompessi.” consiglia cercando di posare la maggior parte del peso allo schienale del divano.
“Non era così importante.” risponde e stupisce persino se stessa quando decide di stendersi accanto a lui raccogliendo il suo calore e una stretta decisa sul suo fianco.
“Non sembrava. A che conclusione sei arrivata?” come suo solito, Claudio non demorde. Scava diligentemente in modo tale da completare la sua missione e raggiungere il suo obiettivo seppur mantenga dei toni pacati e rispetti i tempi di Elisabetta.
Quindi ci pensa, in una corsa contro il tempo scava anche lei per una risposta ragionevole che sembra non volersi mostrare. Poi l'illuminazione
“Voglio lasciare il mio lavoro.” al solo pronunciare quelle parole riesce a sentire un peso sollevarsi dal petto, sintomo di quanto stesse covando inconsapevolmente quella considerazione oltre ad aver scavalcato il reale argomento.
Riesce a capire che Claudio è interdetto dal suo silenzio prolungato per lui inusuale, forse per la rivelazione shock o forse perché si aspettava anche da parte sua un discorso a cuore aperto.
“Ne sei sicura?” è tutto quello che è in grado di rispondere.
“Onestamente? Non m'importa di perdere quel lavoro.” risponde con voce bassa cercando di soffocare uno sbadiglio.
“Se ti rende felice allora sono dalla tua parte.” dice infine donandole un'ultima carezza prima di proporle di andare definitivamente a letto.

Claudio si sistema sul divano dopo averle dato la buonanotte e nonostante stia soffrendo la sua mancanza accanto a lui un peso dal petto sembra essersi sollevato.
Riesce ad essere più positivo e fiducioso di poter vedere finalmente un cambiamento nella ragazza, una crescita, e non vede l'ora di godere dei risultati.
Dall'altra parte della parete Elisabetta ha emozioni contrastanti dentro di sé, incapace di capire se la scelta fatta sia stata quella giusta.





Di ritorno dalla luna: eccomi.
La difficoltà di aggiornare con costanza non si attenuerà mai, mi sembra chiaro. Però diciamo che cerco di impegnrmi a a portare a termine questa storia che mi sta facendo penare parecchio.
Non c'è molto da chiarire perché mi sembra tutto abbastanza nitido, ma ci tengo a precisare una cosa: Elisabetta è una persona che non sa cosa vuole, o meglio, non vuole ammettere di aver trovato una "soluzione" alla sua fonte infinita di tristezza e solitudine. E nonostante non approvi in nessun modo nessuno dei suoi comportamenti vorrei che fosse chiaro il motivo per cui lei si sia tirata indietro dalla sua decisione iniziale. Claudio è fin troppo paziente (forse non esiste questo livello di pazienza al mondo) e lei non pensa di meritare tutto ciò, soprattutto dopo che sua madre stessa l'ha definita una persona che "prosciuga" l'energie di chi le sta accanto.
Liberissimi di essere contrari, anzi mi farebbe piacere proprio avere le vostre opinioni in merito per avere un ampio spettro.
Comunque, smetto di blaterare e nel caso aspettiate l'aggiornamento cercherò di farlo il prima possibile! 
(Grazie per le visite silenziose)

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Capitolo 12
*** CAPITOLO UNDICI ***


CAPITOLO UNDICI

A giudicare dalle sue occhiaie, Elisabetta non ha dormito bene la notte scorsa. Non è riuscita a fare a meno di costruire nella sua testa il discorso perfetto anche se ogni volta sfociava in una lunga serie di insulti per ogni persona con cui ha dovuto lavorare nell'ultimo anno. Ora è nervosa e quando si ricorda di aver fatto questa scelta solo perché incapace di lasciare Claudio vorrebbe colpirsi ripetutamente in testa e poter perdere i sensi.
Tasta il comodino alla ciecaper spegnere la suoneria del suo cellulare e ancora avvolta dal buio della stanza sbadiglia rumorosamente e cerca di stendere ogni muscolo presente nel suo corpo. Potrebbe sempre ripensarci, far finta di niente e trovare il modo per allontanare una volta per tutte Claudio senza finire necessariamente in mezzo alla strada, ma non ha dimenticato la sensazione di sollievo provata al solo pensiero di poter finalmente abbandonare quel posto.

Si prepara in silenzio certa di poter evitare ogni singola persona di quella casa e uscire senza dover dare alcuna spiegazione ma per un istante dimentica che Claudio sta dormendo proprio a metà strada tra la camera da letto e la porta d'ingresso. Cammina in punta di piedi con la torcia del telefono accesa perché il perenne cielo nuvoloso le impedisce di riconoscere persino il mobilio della casa.

“Sei già sveglia?” sente bisbigliare improvvisamente. Sobbalza sul posto e girando la visuale può intravedere Claudio muoversi sotto il piumone compiendo i suoi soliti lamenti gutturali.
Non può fare a meno di avvicinarsi per rispondere, si accovaccia davanti a lui e nota il volto quasi completamente coperto se non per gli occhi e la fronte.
“Non voglio far tardi il giorno delle dimissioni.” ironizza con un peso nel petto mentre adesso cerca ogni scusa possibile per poterlo guardare per sempre.
“Allora fatti valere.” risponde schiarendosi la voce, “Posso avere un bacio prima?” continua sospirando di stanchezza e agitando un braccio per far fuoriuscire la mano allo scoperto.
Sa benissimo che non è una buona idea tuffarsi un'altra volta in quel turbinio di emozioni, ma né è così tanto in astinenza da doversi avvicinare quasi con disperazione e scontra quelle labbra morbide con le sue abbandonando qualsiasi altra opzione che il suo cervello gli offre. Claudio le massaggia la linea della mascella e si lascia sovrastare dal peso della ragazza che si spinge sempre più verso di lui per non abbandonare quel contatto.
Elisabetta non capisce cosa ci sia di diverso, una sensazione di caldo soffocante, sa solo che se non ci fossero altre persone in quella casa si sarebbe voluta spogliare di qualsiasi indumento e permettere a Claudio di fare del suo corpo tutto ciò che avrebbe voluto. Per questo motivo staccarsi risulta difficile, ma il ragazzo interrompe il contatto esprimendo un suono soddisfatto e tornando quasi alla posizione originale.
“Torni qui dopo?” Elisabetta è ancora leggermente stordita e può sentire un leggero pulsare sulle sue labbra mentre cerca nella sua testa una risposta adeguata e si lascia sopraffare dalla sensazione di perplessità che tutte quell'emozioni le hanno lasciato.
“Vedremo” replica infine riprendendo in mano telefono e borsa.

Varca la soglia di casa pienamente consapevole di cosa stia facendo anche se stenta ancora a crederci. Si concentra nel contare i propri passi per non far prendere il sopravvento al suo cuore che pompa sangue velocemente annebbiandole per un attimo i pensieri e una volta arrivata davanti alla serranda sollevata solo per metà capisce di non avere più tempo.
Rimane ferma ad osservarla e cerca di raccogliere tutto il coraggio sparso nel suo corpo prima di decidere di entrare. Una mano sulla spalla ferma ogni sua decisione e non fa in tempo a sobbalzare che il viso di Federico si posiziona in parte del suo raggio visivo.
“Pronta?” chiede con la probabile intenzione di infonderle l'entusiasmo necessario, ma tutto ciò che Elisabetta riesce a fare è sorridere leggermente senza proferire parola.
Superare l'entrata le fa provare la stessa sensazione di una persona legata da testa a piedi che si dimena per la libertà, il silenzio mattutino la mette in soggezione e sapere di dover cominciare lei il discorso le fa seccare la gola. Compie i pochi passi per arrivare nel piccolo ufficio dove come al solito c'è la sua titolare con il capo chino e sommersa da documenti e scartoffie. Borbottano entrambe un buongiorno solo perché si sentono in dovere di farlo ed Elisabetta rimane immobile aspettando il momento giusto per iniziare il discorso.
“Manuela posso parlarti?” il tono di Elisabetta non tradisce il suo nervosismo e questo sembra già un bel traguardo.
“Mhm.” pronuncia solamente la signora davanti a lei che continua a scrivere numeri su numeri con una pessima calligrafia.
Elisabetta comincia a parlare solo quando ha davvero la sua attenzione e con gli occhi puntati su di lei.
“Lo so che è improvviso, ti assicuro che il mio intento non era quello di provocare problemi all'organizzazione del lavoro, però non posso più continuare così.” ogni tanto i suoi occhi fissano il pavimento, quella donna l'ha sempre intimorita abbastanza. Manuela sembra non capire, aspetta con una smorfia neutra di capire fino in fondo la motivazione di quella conversazione. “Io mi licenzio.” butta fuori pochi secondi dopo.
“Sì, direi che è piuttosto inaspettato, ma sono sicura che con le due settimane di preavviso riuscire a trovare qualcuno che possa prendere il tuo posto.” risponde con diplomazia, senza alzare la voce e conscia di avere tutto sotto controllo.
“Ecco volevo arrivare proprio a questo... io voglio finire adesso. Senza giorni di preavviso, senza nemmeno iniziare questa giornata.” è proprio in quel momento paradossale in cui Manuela perde ogni certezza ed Elisabetta si sente sulla vetta più alta del mondo che tutto sembra precipitare.
Manuela cerca di dissuaderla ricordandole le opportunità ricevute con quel posto di lavoro e sottolineando che perderebbe giorni di retribuzione ma Elisabetta è irremovibile e con ancora il giubbotto e la borsa in spalla firma con mano tremolante le tanto attese dimissioni e finalmente può lasciare andare un grosso sospiro di sollievo. Esce dall'ufficio con tutti gli sguardi puntati su di lei, tutti ugualmente frastornati, e lancia un ultimo sguardo gelido prima di avvicinarsi a Maddalena.
“Spero sarai soddisfatta la metà di quanto lo sono io.” è solo un piccolo sussurro, ma abbastanza potente da farle sgranare gli occhi e non permetterle subito di rispondere a tono.
Federico la segue e chiama più volte il suo nome ma Elisabetta non si ferma finché non varca l'uscita del negozio e solo in quel momento permette a Federico di riempirla di domande.
“Perché l'hai fatto? Potevamo parlarne tra di noi e cercare di risolvere.” Federico e la sua inguaribile positività perfettamente mescolata alla sua mania di avere tutto sotto controllo si percepiscono forti e chiare nelle sue parole.
“Smettila di pensare che ogni cosa possa essere incastrata: odio questo lavoro ed è ancora più stancante cercare di andare d'accordo con Maddalena. Così saremmo contente entrambe.” sputa freddamente la ragazza impedendo intanto al collega di ricercare un contatto fisico.
“Ma di che stai parlando?” chiede ancora più confuso e con un tono di voce ancora più alto.
“Fede, basta. Venire qui ogni giorno era l'equivalente di camminare verso il patibolo, devi solo accettare la mia decisione.” non ammette alcuna replica, ricomincia a camminare per potersi allontanare il più possibile e come uno strano segno del destino incrocia il suo sguardo con quello di sua madre che però le dedica solo un istante prima di proseguire per la sua strada. Non riesce ad innervosirsi ulteriormente perché negli istanti successivi respira davvero una boccata di libertà e fatica a riconoscere la serenità che si espande all'altezza del petto.

Torna in albergo per cambiarsi velocemente prima di recarsi nuovamente da Claudio e non riesce a smettere di sorridere nemmeno quando sale sulla metropolitana e
sente parecchi sguardi fermi su di lei.
Sale di fretta gli scalini e il fiatone è così presente da farle credere di poter perdere i sensi una volta arrivata alla porta socchiusa. Apre con premura, incerta se i genitori di Claudio siano ancora in casa ma quando vede il ragazzo aspettarla a pochi passi di distanza non riesce più a contenersi.
Un sorriso le spacca il viso e cresce il desiderio di chiudersi un'altra volta tra quelle braccia riconoscendo immediatamente il suo profumo all'altezza del collo. Claudio per la prima volta si sente stringere forte a sua volta ed è incredulo di poter sentire un entusiasmo che non si è ancora spento, l' ammira dall'alto e prega per l'ennesima volta e con tutte le sue forze che quella sia la volta buona.
“Ti senti meglio?” le chiede mentre le braccia scivolano sui suoi fianchi senza distaccare i loro corpi.
“Molto.” quella parola è difficile da pronunciare, forse perché per la prima volta non ha motivazioni per evitarla. Si sente meglio davvero.
Il volto di Elisabetta si muove con lentezza e le sue labbra percorrono una strada ormai nota per poterle ricongiungere con quelle di Claudio che rimane scioccato per la seconda volta. Le mani di lei mappano la sua schiena mentre bacia con devozione ogni porzione di pelle che capita sotto le labbra, le dita scorrono sotto la maglietta leggera e deve averle piuttosto fredde perché riesce a sentire la pelle rabbrividire.
Claudio scopre questa nuova sensazione in cui è libero di restare immobile e raccogliere tutte quelle attenzioni che non vedeva l'ora di ricevere. Non gli importa che siano ancora in mezzo al salotto, né che lui sia in pigiama mentre lei ha il giubbotto ancora addosso e completamente abbottonato; L'unica cosa a cui riesce a pensare sono le dita che massaggiano e solleticano la sua schiena e le labbra che delicatamente lo stanno coccolando.
“Possiamo andare in camera tua?” sussurra Elisabetta al suo orecchio rendendo ogni loro ossa pura gelatina. Si muovono dondolanti e faticano a coordinare i piedi nel tentativo di non fermare alcun bacio.
Si percepisce di nuovo quella forte sensazione provata poche ore fa, come se andassero a fuoco. E' la prima volta che Claudio senza doverci pensare insinua le sue mani sotto la maglietta della ragazza e ne assapora ogni curva a occhi chiusi lasciando ogni grammo del suo peso appoggiato alla porta chiusa che li isola dal mondo.
Nonostante la fame che sentono ogni movimento è lento e calcolato ma Elisabetta non ricorda come siano arrivati a sdraiarsi sul letto. Si risveglia improvvisamente congelando ogni muscolo.“Non dobbiamo farlo per forza.” ansima Claudio provando a ristabilire il suo originale tono di voce senza riuscire però a spostare le mani dalla curva dei suoi fianchi.
Elisabetta lo sovrasta ma tiene gli occhi bassi sull'addome appena scoperto e cerca in ogni modo di non chiudersi nel turbinio dei suoi pensieri che creano infinite paranoie. “Io voglio farlo,” chiarisce prima di ogni cosa ricreando un contatto visivo. “Ma è passato tanto tempo...” non termina volontariamente la frase, consapevole che Claudio ne abbia comunque inteso il significato. Lascia che i suoi pollici possano giocare con le ossa del suo bacino.
“Non hai niente di cui preoccuparti.” sussurra più calmo di prima e tenta di risedersi senza doverla spostare da sé.
Claudio incastra tra le dita i lembi della maglia di Elisabetta che scorre verso l'alto con l'aiuto delle braccia alzate, appoggia poi le labbra chiuse sulla sua spalla e compie un piccolo percorso mentre accarezza la sua schiena. La sente sospirare quando il viso si avvicina al solco al centro del seno.
“Fai solo ciò che senti.” suggerisce Claudio con voce bassa, contemplando con lentezza ogni suo centimetro di pelle.
E' solo una frase, ma le dà la forza necessaria per sollevare le mani e incastrare le dita tra i capelli corti del ragazzo e avvicinarsi ancora di più a lui. I loro petti aderiscono perfettamente. Gli sfila poi la maglietta e per la prima volta riesce ad ammirare qualcosa di diverso dal suo viso. Lo bacia e completamente alla cieca legge ciò che ha scoperto con il solo ausilio delle mani e si rende conto in pochi secondi di quanto adesso sia così semplice lasciarsi trasportare dagli eventi. Niente schemi o regole, né tanto meno una lunga lista di dubbi e incertezze. Riesce solo a godere del piacere di quel corpo a contatto con il suo insieme alle parole che ogni tanto le sussurra all'orecchio.
Ha sempre letto quelle storie nei libri in cui i corpi come per magia si incastrano e tutto sembra essere semplice senza doverci minimamente pensare e, finalmente, ci crede. I loro movimenti sembrano non avere senso ma se riuscisse a vederli da fuori ammirerebbe quella sintonia che sembra esistere solo nei film. Si lascia avvolgere da tutte quelle attenzioni e nonostante lo stato confusionale riesce a regalarne altrettanto a Claudio che sta riscattando tutto ciò che fino a quel momento si è sempre immaginato.
Elisabetta però capisce che la parte migliore arriva dopo, quando sono semplicemente infagottati nelle coperte ancora nudi e intrecciati tra loro. Hanno entrambi le palpebre pesanti ma non riescono a smettere di scambiarsi lenti baci e carezze melense.
“Non avrei mai pensato che sarebbe successo così.” ride Claudio totalmente incapace di toglierle le mani di dosso. Sente una strana voglia di stringerla in ogni momento, di strizzare la pelle tra le sue dita per dimostrare a se stesso che lei è lì per davvero. Complice forse la paura che quel momento possa finire da un momento all'altro.
Elisabetta sembra non riuscire a fare altro che sorridere e mentre le guance si imporporano di imbarazzo nasconde il viso nell'incavo del collo e in netto contrasto con quell'emozione aggancia con sicurezza la gamba ai fianchi del ragazzo che la scruta con gli occhi colmi di tenerezza.
“Sei bellissima quando non ti controlli .” bisbiglia nel silenzio, curioso di come possa rispondere a quella confessione.
“Smettila di adularmi.” sogghigna spalmandogli l'intera mano sul viso impedendogli malamente di continuare a parlare. Ma in risposta Claudio pianta dei piccoli baci asciutti su tutto il palmo della mano ed Elisabetta sa di non poter nascondere la pelle d'oca che si è formata sul braccio nonostante sia coperto dal piumone.
“Va bene, allora cambiamo discorso.” annuncia cambiando posizione repentinamente, la ragazza si imbroncia brevemente avvicinandosi più che può all'altro corpo. “Che cosa vorresti per Natale?” chiede con gli occhi incollati su di lei, curioso per la risposta.
Elisabetta sbuffa in un sorriso e nasconde il viso da Claudio prendendosi del tempo prima di cominciare a parlare.
“Non so mai come rispondere a questa domanda,” spiega tornando a guardarlo, e data la sua confusione si trova costretta a dare spiegazioni. “Non ho alcun desiderio.”
“Tutti hanno desideri.” afferma schiarendosi la gola.

Elisabetta è pronta a ribadire la sua posizione, quando nella sua testa la risposta arriva prepotente e chiara. E' strano ripensarci ancora, ma le sembra ancora più strano arrivare a quella conclusione mentre crede di essere nel posto migliore del mondo.
Eppure, anche se aveva sempre sognato una situazione simile, la possibilità che lei smetta di sentire qualsiasi cosa non la turba minimamente.
Forse è un'ennesima paura di non poter tenere stretto quel momento, il terrore che possa finire per ragioni esterne la porta a credere che una volta sola possa essere sufficiente.
“Che succede?” lo guarda e Claudio sembra pentirsi immediatamente della domanda, ma continua a scrutarla.
“Nulla, scusa mi sono persa nei pensieri.” cerca di minimizzare compiendo piccoli movimenti, fingendo di trovare una posizione più comoda.
“Lo vedo, ti sei rabbuiata di colpo.” Claudio è teso, lo percepisce dalle dita che non sono più adagiate morbidamente sulla sua pelle. Ora sono rigide e i polpastrelli la sfiorano appena.
Elisabetta vorrebbe ribattere, dirgli che non è vero, che si sbaglia. Ma Claudio non si è mai sbagliato se non quando ha creduto di poterla davvero tirar fuori dal girone infernale che lei stessa si è costruita. E' più facile quindi mettersi seduti sul materasso senza provare vergogna per il lenzuolo che le scopre il seno solo perché nella sua testa i pensieri si schiantano uno sopra l'altro e registrarli tutti sembra un'impresa impossibile.
“Vado a lavarmi.” annuncia senza enfasi il ragazzo che prima di alzarsi del tutto indossa i boxer in maniera approssimativa. “Puoi lasciarmi solo? Devo studiare per l'esame.”
Tutto ciò che prima vorticava nella sua testa si ferma solo per notare il tono freddo di Claudio che si sta dirigendo verso il bagno.
E' attonita, completamente paralizzata ma consapevole di aver spezzato ogni sua speranza riposta. Claudio sta iniziando a capire, e presto le dirà di non poterla più vedere.
Non riesce a quantificare i minuti o gli anni che ci impiega per rivestirsi, sulla pelle sente il leggero velo di sudore ormai asciutto ma che continua a fare attrito con i vestiti. I capelli sono un cumulo di nodi che una coda non riesce completamente a nascondere, ma l'ultima cosa che vorrebbe fare è chiedere a Claudio una spazzola. Sistema con cura le lenzuola forse perché in cuor suo spera che Claudio possa tornare in camera e cercare nuovamente un contatto con lei, ma sente ancora l'acqua della doccia scrosciare e pensandoci non saprebbe con quale coraggio guardarlo negli occhi. Ha bisogno però di togliersi un peso dalla coscienza e se Claudio non potrà sentire le parole uscire dalla sua bocca, potrà almeno leggerle su un foglio di carta.

Si sofferma più del dovuto nel soggiorno di quella casa ad ascoltare il completo silenzio e il lento ticchettare del piccolo orologio appoggiato su un mobiletto. Sono circa le due del pomeriggio e se pensa anche solo per un istante al fatto di aver saltato il pranzo, lo stomaco si stringe in un nodo ancora più forte regalandole un sensazione di nausea. Quando finalmente si incammina verso la porta per uscire definitivamente la maniglia di questa si abbassa rivelando in pochi secondi il padre di Claudio probabilmente affannato dalle rampe di scale.
“Eli, ciao!” nonostante il suo essere incredulo non sembra essere scocciato dalla sua presenza. Elisabetta, al contrario, ha sgranato per qualche secondo gli occhi.
“Ciao Franco...” risponde, sperando con tutto il cuore che non decida di farla restare oltre in quell'abitazione. “Scusa ma sono di fretta.”
“Oh, scusa, ma tanto sarai con noi a Natale. Giusto?” chiede per conferma con un sorriso commovente, di chi anche se volesse non fingerebbe mai l'entusiasmo che prova in questo momento.
Elisabetta fa mente locale, mancano meno di dieci giorni. Non dà una vera e propria risposta, semplicemente annuisce con un sorriso non del tutto sincero e una camminata all'indietro per niente aggraziata.
Franco richiude poi la porta lentamente e sistema con cura la tracolla e il cappotto sull'appendiabiti prima di rimuovere le scarpe senza l'ausilio delle mani. Avverte il getto dell'acqua chiudersi dalla stanza del bagno e pochi secondi dopo suo figlio entra nel suo campo visivo con solo un asciugamano in vita.
“Ciao papà.” gli sorride, ma il tono di voce è diverso dal solito, un po' distratto.
“C'è qualcosa che non va?”chiede indagatore Franco anche se sa che suo figlio si aprirà a lui in poco tempo.
“Non mi va di parlarne, so già che cosa diresti.” le sopracciglia dell'uomo si aggrottano e rendono la sua espressione confusa e interdetta.
“Questo non vuol dire che non ti ascolterò.” lo rassicura mentre si siede sul divano in attesa del prossimo sproloquio.
“Non sono più sicuro di poterle stare accanto.” dice allora prendendo posto nella poltrona adiacente al divano, del tutto incurante della macchia umida che si creerà sul tessuto. “Non che non ne abbia voglia o la forza, ma forse è lei stessa a non voler stare con me e mi sono illuso di poter essere speciale per lei.”
E' doloroso per un padre stare a guardare senza avere le risposte giuste, soprattutto quando questo non è il solito cuore spezzato adolescenziale.
“Non credo sia questa la motivazione.” è l'unica replica che riesce a dare per prendere tempo e confortarlo sul serio.
“E allora perché non riesce ad essere felice con me? Perché quando tutto sembra andare bene lei riesce comunque ad avere pensieri negativi, me lo sai dire?” la voce è ferma, ma Franco nota quasi subito il tremore della mano che stringe ossessivamente un lembo dell'asciugamano.“Claudio, lo so che la cosa fa star male. Non pensi che anche lei ne soffra? Come ti sentiresti se non riuscissi a sentire gioia in determinati momenti?” il padre lo lascia riflettere nel suo silenzio per un paio di minuti prima di continuare. “E' un percorso lungo, sofferto, e in più non ha un sostegno da parte della sua famiglia...”
Il discorso cade nel momento in cui Claudio si alza con le braccia costellate dalla pelle d'oca e il freddo che si è impossessato del suo corpo. Ritorna in camera sua senza fiatare e dopo essersi vestito svuota la scrivania da ogni oggetto presente facendoli volare sul pavimento. Nel salotto Veronica strizza gli occhi dallo spavento ed è immediatamente pronta a correre in soccorso, ma le dita di Franco arpionano il suo braccio stringendola in un abbraccio.

Il ritorno nella camera d'albergo è rassicurante quanto un bunker ben attrezzato nel bel mezzo di una guerra nucleare.
E' da codardi scappare lasciando un misero bigliettino su una scrivania, eppure sa benissimo di non essere in grado di fare altro. Cosa avrebbe potuto aggiungere a parole quando è ormai chiara la sua incapacità di esprimersi.
Ha letto la delusione nei suoi occhi e nonostante fosse sicura da tempo che sarebbe successo è comunque difficile da digerire, perché una minuscola parte di lei ha sempre creduto che Claudio le sarebbe rimasta accanto finché non si sarebbe convinta di poter andare oltre ciò che la tormenta da tempo. Dall'altra parte, quasi come fosse il classico diavoletto sulla spalla, una voce le sta ricordando di quanto aveva ragione a pensare che anche lui prima o poi l'avrebbe abbandonata e che è troppo complicato riuscire a stare dietro a una persona come lei. Nel contempo, riuscire a sentire ancore il suo odore sulla pelle le dona la pace sufficiente per smettere di pensare.

Risvegliarsi il mattino dopo è meno traumatico del solito e ringrazia se stessa per non aver impostato alcuna sveglia la sera prima.
Ci impiega più del dovuto per ricordarsi come mai si trova nella sua stanza d'albergo al posto del letto confortevole di Claudio, e il suo primo pensiero è quello di annusare nuovamente la sua pelle per constatare tristemente che il suo odore non c'è più. Se non fosse impresso nella sua mente potrebbe pensare di esserselo sognato ma al contempo ripercorre la loro discussione. E' tutto vero ed irreparabile, e si pente di aver lasciato quella nota su un misero pezzo di carta perché Claudio non merita atti di codardia.
E' mentre i pensieri si affollano nella sua testa che capisce di dover fare qualcosa per annebbiarli e istantaneamente una doccia bollente sembra essere la soluzione ad ogni problema. La doccia la rigenera completamente, si sente quasi di buon umore o almeno è abbastanza serena da uscire dalla sua stanza d'hotel, pagare alla reception l'ultima settimana trascorsa senza chiedersi quante altre potrà permettersi e decidere di fare una passeggiata nonostante il tempo grigio e freddo.
Non si era resa conto fino a quel momento che la città è ovviamente decorata a festa. Ci sono le solite decorazioni attaccate da un edificio all'altro e che vede ogni anno da quando ha memoria, la gente che le cammina affianco è colma di buste e scatole impacchettate da carta regalo oro e rossa.
Tutto quello le fa venire in mente che si sente in dovere di fare dei regali ai genitori di Claudio anche se non è molto sicura di riuscire a festeggiare con loro, i pensieri iniziano a vorticare in cerca di idee anche se dubita esista un regalo abbastanza prezioso per ringraziarli di ogni gesto gentile.
E' sempre stato molto difficile per lei riuscire a fare i regali. Nella sua mente sembra tutto molto banale e la paura del giudizio le ha sempre fatto vivere questo periodo dell'anno come una vera e propria agonia se si aggiunge il poco affetto tra i suoi familiari. Hanno quasi sempre festeggiato il Natale tra loro quattro, non ha più memoria di giornate affollate dai parenti e con la tavola imbandita di cibo, gli ultimi anni erano caratterizzati da pasti leggermente più abbondanti del solito, sua padre fin troppo catturato dallo schermo della tv e sua sorella che cercava in tutti i modi di ravvivare il clima.
Mentre si ferma davanti a una delle numerose vetrine arricchite da neve finta e scritte d'auguri finalmente pensa a come sarebbe stato il Natale con Claudio. S'immagina la musica di sottofondo, le chiacchiere animate e la totale assenza della concezione del tempo. Forse si sarebbe imbarazzata nel caso avesse conosciuto altri suo parenti, ma le piace pensare che Claudio l'avrebbe tenuta per mano per tutto il tempo.

Si sente ancora più stupida adesso ad aver avuto quel pensiero maligno tra le sue braccia, lo trova quasi inconcepibile, ma sa ormai da tempo che molte cose non hanno senso ed è ancora più difficile spiegarle a qualcuno se a malapena la persona stessa riesce ad accettarle.
Per tutta la durata del viaggio di ritorno si chiede in quale occasione riuscirà a consegnare il misero regalo, addirittura vorrebbe farsi coraggio e mandare un semplice messaggio a Claudio, ma ovviamente ci ripensa visto che lui non ha avuto alcuna reazione alle ultime parole che gli ha lasciato scritte sulla scrivania.



Era doveroso chiudere l'anno "in bellezza" e cosinderando gli ultimi eventi questo capitolo si può considerare un vero e proprio capolavoro. (scherzo, ovviamente)
Non ho molti commenti da fare, mi sembra quasi che succeda sempre la stessa cosa forse perché mi sono ancorata troppo all'atteggiamento della protagonista e sono ossessionata dalla coerenza quindi non le do scampo. 
Non è una promessa, ma le cose dovrebbero movimentarsi un pochino e sento di essere vicina a tagliare il traguardo ma siccome tra un aggiornamento e l'altro passano all'incirca sei mesi allora non considerate minimamente le mie parole. (Probabile anche che a forza di cambiare idea entrino in scena zombie e alieni tutti insieme allegramente.)

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Capitolo 13
*** CAPITOLO DODICI ***


CAPITOLO DODICI

E' il ventitré dicembre ma soprattutto è il quarto giorno di fila che Elisabetta non esce dalla sua camera d'albergo se non per sfamarsi. Sono stati quattro giorni silenziosi, totalmente passati sotto le coperte e a controllare ossessivamente lo schermo del cellulare. Anche un insulto sarebbe stato gradito. Invece Claudio non si è fatto sentire in nessun modo ed è forse il trattamento peggiore che le potesse riservare.
Sono passate almeno due settimane dall'ultima seduta con la psicologa e anche se avrebbe molto da sfogare, parlare in quel momento diventa un'azione difficile da compiere. Lo sa che una situazione si risolve affrontandola, ma il calore del piumone è l'unica cosa che la fa stare bene senza che lei debba dare qualcosa in cambio. A parte il pagamento della camera.
Un'altra cosa che sembra preoccuparla ma che comunque scende in secondo piano rispetto a Claudio è il suo stesso sostentamento. Vorrebbe essere in grado di guardare il suo conto in banca, stilare una serie di calcoli per sapere fino a quando potrà permettersi quella sistemazione ora che non ha più un lavoro e non è intenzionata ad iniziarne la ricerca.
Si sta quasi convincendo ad alzarsi ed abbandonare quel meraviglioso tepore quando una vibrazione insistente la distoglie dai suoi pensieri. Sembra un sogno, non ricorda di essersi addormentata però. Ma il suo nome è lì, è inequivocabile che la stia cercando ed è stupita che il telefono abbia ancora lo schermo illuminato.
“Pronto?” la voce fatica ad uscire, non più abituata ad essere usata e raschia lungo la trachea in uno strascico doloroso.
“Ciao.” non usa il suo solito tono affettuoso ed Elisabetta vorrebbe avere la sfacciataggine di riavere indietro quel loro strano rapporto. “Sarò breve, domani sera ci sarai?”
Non percepisce particolare speranza in una sua risposta positiva, sembra quasi forzato a chiederglielo.
“Non pensavo che l'invito fosse ancora valido...” riesce a chiedere senza far tremare troppo le labbra. La tensione della telefonata si fa spazio nel suo stomaco facendola muovere nervosamente sulle gambe incrociate.
“Per i miei genitori sì.” risponde con un tono gelido che fa in modo che quel tremolio si interrompa all'istante.
Gli occhi di Elisabetta si chiudono facendo da barriera a quelle lacrime che si impongono di voler uscire, li strizza provocando lampi di dolore alle tempie ma tutta quella sua tenacia non può niente. Non si preoccupa di far sentire quel silenzio interrotto da respiri pesanti, né si fa scrupoli a nascondere un rantolo di dolore mentre cerca di ricomporsi.
“Ascolta, non mi va di affrontare questo discorso con loro adesso. Quindi se ti va puoi venire e faremo finta che tutto vada bene in modo tale che possa parlargliene con più calma tra qualche giorno.” spiega Claudio con sorprendente tranquillità, sembra realmente arreso.
Non lo riconosce ed ha quasi l'impressione che quello sia uno scherzo e che prima o poi qualcuno in sottofondo scoppierà a ridere. Ma pur essendo passati minuti interi nessuno fiata.
Il groppo in gola le impedisce di dare una risposta e forse quella è una fortuna, perché non ha la minima idea di quale sia la scelta giusta.
Non riesce ad immaginare Claudio fingere, ma forse quella sarebbe l'ultima opportunità per godere delle sue attenzioni e anche se suona tremendamente egoista Elisabetta comincia a pensare di poter accettare, anche se sicuramente ne pagherà le conseguenze.
“Va bene” sono le ultime parole che pronuncia e l'unica risposta che riceve è l'orario a cui presentarsi, poi il nulla.

 

E' veramente difficile prepararsi per un evento se la cosa più difficile è non sapere cosa aspettarsi. Conosce bene la prassi del dover fingere davanti a tutti, ma diventa un mondo nuovo se dalla propria parte manca la voglia e se alla persona in questione si tiene più di quanto si riesca ad ammettere. Si concentra quindi sulle poche cose che può controllare e rimane sorpresa di riuscire a rispolverare un vecchio vestito bordeaux abbastanza elegante ma senza farla sentire a disagio: a quello ci penserà Claudio. Compie numerosi giri intorno alla stanza per potersi riabituare all'utilizzo dei tacchi e nel frattempo la sua testa sta progettando tutti gli scenari possibili che potrebbero accadere, ma in nessuno di questi Claudio è intenzionato ad abbandonare la maschera di ferro.
L'appuntamento è stato fissato piuttosto presto, forse perché i genitori di Claudio credevano che si sarebbe apprezzata qualche ora in più di compagnia, così alle sei del pomeriggio Elisabetta è già nel vagone della metropolitana e cadenza il tempo picchiettando la punta della scarpa sul pavimento liscio rincuorata che non ci siano molte persone che possano testimoniare il suo stato d'ansia.
La situazione peggiora quando si ritrova davanti al solito palazzo, Elisabetta sente il rimbombo dei battiti cardiaci in tutto il suo corpo, sopratutto alla bocca dello stomaco e non riesce minimamente a stabilizzare il suo respiro.
La temperatura è quella che ci si aspetta a fine dicembre in una città quasi ai piedi delle montagne, eppure risulta più confortevole il gelido freddo rispetto al calore che la casa di Claudio è pronta ad offrire. Suona il citofono solo per non alimentare troppo il voluto ritardo e sceglie di utilizzare le scale perché non sa ancora come dovrà salutare ogni membro della famiglia presente quella sera.
Elisabetta spalanca la porta accostata e con voce sommessa chiede il permesso di entrare ma tutti sono occupati negli ultimi preparativi e si prende qualche istante per analizzare ciò che le si presenta. Le ricorda un po' le scene iniziali di Mamma ho perso l'aereo e in qualche modo non le dispiacerebbe se si dimenticassero permanentemente della sua presenza, rimanere sull'uscio della porta offre una fuga veloce e senza intralci.
E' indecisa se schiarirsi la voce, ma ci pensa Claudio a notarla e a sgranare leggermente gli occhi come se non si aspettasse la sua presenza.
“Eccoti! Che maleducati, scusa per la pessima accoglienza.” esclama Veronica vendendole incontro e abbracciandola con affetto. “Claudio che fai lì impalato? Sistema la sua giacca e offrile qualcosa.” la madre non si trattiene molto, lascia ai due ragazzi il tempo e lo spazio per salutarsi e torna alle sue faccende rientrando nella cucina.
Elisabetta fa scorrere impacciata la zip del giubbotto evitando con tutte le sue forze il contatto visivo anche se il suo essere nervosa ed impacciata la porta ad un tocco fugace con le mani di Claudio che in silenzio sistema le sue cose e la porta implicitamente verso il soggiorno.
Il tavolo della cucina è stato spostato e imbandito di piccole scodelle con stuzzichini di vario genere che farebbero gola a chiunque ma Elisabetta sceglie comunque di bagnarsi la bocca con dell'acqua nella speranza di tranquillizzarsi del tutto.
Incastrato tra le dita c'è il sacchetto con la bottiglia del miglior vino che è riuscita a farsi consigliare insieme ad un biglietto d'auguri e nonostante la situazione, non ha potuto fare a meno di regalare qualcosa anche a Claudio seppur lui possa decidere di disintegrarlo, o peggio, rimanere indifferente davanti a quel gesto.
Riesce ad osservarlo per qualche istante, il tempo in cui lui comincia ad assaggiare salatini e tutto ciò che è stato preparato meticolosamente. Addosso ha un classico maglione di Natale tinto di un blu scuro e una camicia bianca di cui si può notare solo il colletto ed infine un pantalone chiaro e sicuramente il più elegante che gli abbia mai visto indossare.

Nel momento in cui finalmente si decide a parlare Elisabetta viene fermata dal suono del campanello e Claudio non ci pensa due volte a lasciarla sola nella stanza pur di levarsi di dosso quel pesante silenzio.
La cena procede con lentezza estenuante, e nonostante la piacevolezza delle persone sedute a tavola, Elisabetta non riesce ad entrare in alcun discorso perché perennemente impegnata ad osservare segretamente l'unica persona che non le mostra attenzioni e come sospettava, si sono seduti l'uno di fianco all'altra e si è trovata costretta a sorridere più del dovuto avendo davanti a lei Veronica e Franco.
“Propongo un brindisi.” esclama improvvisamente quella che ha capito essere la zia di Claudio. Ha l'aspetto piuttosto giovanile ed ha notato all'istante la somiglianza con Franco nonostante la differenza dei tratti somatici. “Al Natale, a questa famiglia ma soprattutto a questa adorabile coppietta che ristabilisce l'età media del tavolo!” conclude con una risata alzando definitivamente il calice di vino rosso.
La seguono tutti all'unisono e mentre Elisabetta porta il bicchiere alla bocca, la sua gamba provoca un costante tremolio che porta Claudio ha sbuffare leggermente portando una mano calda al suo ginocchio in modo tale da fermare quel piccolo terremoto.
Lei sgrana gli occhi portandoli immediatamente al piatto così che nessuno possa accorgersene e in men che non si dica la stessa zona da lui toccata ritorna fredda.
“A proposito, programmi per Capodanno?” chiede Veronica incuriosita e portando la totale attenzione sul figlio.
“Riccardo mi ha invitato ad un locale, penso andrò lì.” liquida in fretta Claudio occupando la bocca con un boccone abbastanza sostanzioso da evitargli altre domande imminenti.
“Immagino non ci andrai solo.” commenta con un filo di malizia lo zio di cui Elisabetta non riesce a ricordare il nome.
Claudio annuisce in maniera distratta giocherellando con gli ultimi avanzi del suo piatto.
“Scusatemi.” borbotta in maniera poco comprensibile Elisabetta alzandosi dalla sedia.
Sente le gambe instabili nel suo percorso verso il bagno e solo quando riesce a chiudersi dentro sospira sollevata. Si appoggia delicatamente al mobile del lavello e incastra ermeticamente le dita tra i suoi capelli immaginando di sfogare con un forte urlo tutto lo stress che quella cena le sta causando. Si vorrebbe schiaffeggiare, vorrebbe piangere e distruggere tutto quello che le capita sottomano, invece l'unica cosa che che riesce a fare è fissarsi allo specchio solo per riuscire a notare lo sguardo spento.
Si domanda se davanti agli altri sia così brava a fingere o se siano gli ospiti ad ignorare l'evidenza, se il suo silenzio riesca a farla passare inosservata.
Saltella sul posto sentendo un forte bussare alla porta, per un attimo dimentica dove si trova e il battito cardiaco accelerato le fa quasi pensare di essere in pericolo.
“Va tutto bene?” sente domandare e anche se la porta spessa attutisce la voce, riconosce comunque Veronica preoccupata.
“Sì, arrivo subito.” non è sicura di aver usato il giusto tono di voce, soprattutto perché non appena gira la chiave per poter uscire la porta viene aperta dall'esterno e subito dopo richiusa. Elisabetta è attonita, lo sguardo della madre di Claudio smentisce ogni sua ipotesi fatta prima, sembra che riesca a leggere ogni pensiero.
“Non penso di poterti credere.” sbotta incrociando le braccia al petto e piazzandosi con tutto il penso sull'unica via d'uscita. “Mi sta bene se non vuoi parlarne, ma in questa casa non si mente.” chiarisce l'istante dopo, sicura che la ragazza non avrebbe avuto alcuna risposta.
“Scusa, hai ragione. E' semplicemente difficile ricordare cosa sia l'armonia quando si è abituati a continue discussioni.” un sorriso amaro condisce il tutto, sperando di non impietosirla troppo.
Dire che si senta in colpa è un eufemismo, riesce a sentire le viscere marcire dentro al suo corpo. Sta cercando di aggiustare una bugia con un'altra ancora più grossa seppur non del tutto falsa. Ma si sente ancora peggio quando Veronica abbandona i tratti duri sul viso e accoglie Elisabetta in un abbraccio che non merita ma che come per tante altre cose vuole possedere. Veronica si sta anche scusando mettendo in dubbio la sua sensibilità e anche se inopportuno, Elisabetta immagina di essere diventata la versione contemporanea di Dorian Gray. Ma quando si guarda allo specchio non vede alcun segno del suo decadimento interiore.

La serata continua il suo proseguimento, si susseguono vecchi aneddoti, portate di cibo e brevi partite a giochi da tavolo. Elisabetta sta immaginando la versione romantica e Hollywoodiana di quella sera. Cancella tutte le occhiate gelide tra lei e Claudio contrastandole con sguardi fugaci e imbarazzati, immagina la loro coppia sempre vincente a tutte le competizioni e anche le dita intrecciate sotto al tavolo accarezzate dalla tovaglia rossa.
Arriva la mezzanotte e con sé anche tutti i regali di Natale. La bottiglia di vino sembra essere piuttosto apprezzata ed Elisabetta sorride con sincerità quando lo zio di Claudio che registra con il nome Sergio, riconosce la buona annata. I restanti sono regali semplici arricchiti da auguri sinceri e abbracci che scaldano l'intera stanza.
“E voi due non vi scambiate niente?” chiede con ingenuità Luisa, la zia di Claudio. Ha capito essere quel tipo di persona che non riesce a contenere le domande e per questo motivo non riesce a prendersela per tutta la curiosità che ha avuto nei loro confronti.
“Sei la solita impicciona, Luisa! Lascia loro dello spazio.” commenta Franco dopo aver notato le guance rosso vermiglio di entrambi i ragazzi che hanno evitato con ogni sforzo di incrociare gli sguardi. Il resto non sono altro che chiacchiere di circostanza e una manciata di ricordi portati a galla finché non sono quasi le due di notte e due dei tre ospiti decidono di levare le tende.
“Resti a dormire qui?” chiede Franco aiutando a sparecchiare i bicchieri utilizzati per l'amaro.
“No!” esclama velocemente, forse troppo. “Ho un impegno domani, ma grazie per l'invito. E grazie anche per questa sera.” Franco appare confuso dalla risposta, ma evita di indagare oltre portando un intero vassoio verso la cucina.
“Ti porto in hotel, sei pronta?” chiede Claudio terminando con uno sbadiglio scappato dalla sua bocca.
“Sei stanco, posso chiamare un taxi.” risponde Elisabetta, la sua preoccupazione nel fare il viaggio di ritorno in hotel non è legato solo alla stanchezza del ragazzo.
“Andiamo.” ripete abbastanza duramente da non ammettere alcuna replica. Elisabetta lo segue pur non avendo propriamente indossato il giubbotto.
Il tragitto fino alla macchina è prevedibilmente silenzioso e la situazione non cambia nemmeno quando Claudio sfreccia nelle strade vuote della città. Elisabetta non riesce ad impedirsi di osservarlo ogni tanto ed è certa ormai di poter registrare nel Guinnes dei primati la faccia seria più duratura del mondo. I tratti duri ed immobili di Claudio sono un pugno allo stomaco ed in questo momento pensa di avere un'emorragia interna che la pervade.
“Buonanotte.” dice al solo scopo di liquidarla, Elisabetta prova a rispondere ma sembra che la sua voce si stia ribellando decidendo di non uscire dalla sua bocca.
Nella tasca del giubbotto continua a far roteare il suo regalo e non sa più se sia una buona idea consegnarlo, se poi pensa che poteva essere un incentivo ad aggiustare le cose tra loro si sente un po' patetica. L'unica cosa che riesce a fare e uscire dalla macchina e lasciare nell'angolino del sedile la piccola scatolina bianca e chiudere la portiera con poca convinzione.
Non riesce a soffermarsi alla ripartenza della macchina, una volta toccato l'asfalto la stanchezza sembra essersi moltiplicata e il dolore ai piedi la spinge a camminare a passo svelto risuonando rumorosamente sul pavimento lucido dell'hotel. In quella sala sembra una serata come tante se non si considerano gli scarsi addobbi.
Lo sapeva che sarebbe stato così, non si aspettava che Claudio dimenticasse tutto né che la sorreggesse come al solito, ma i suoi occhi sentono comunque il bisogno di rinfrescarsi di lacrime spurgando il poco trucco utilizzato.

 

Anche se la maggior parte delle famiglie in questi giorni approfitta dei giorni di festa come giustificazione alla nullafacenza, Claudio si aggrappa alla poca concentrazione rimasta impegnandola nello studio. No, il prossimo esame non è un incentivo né tanto meno la borsa di studio a cui aveva pensato di rinunciare.
Piuttosto trova fastidiose le occhiate che suo padre gli riserva e l'unico modo che ha per evitarle è chiudersi in camera, seppellire la faccia tra le pagine di economia e relegare il telefono in un cassetto della scrivania che non è mai stata così disordinata. Ma per la prima volta la cosa non lo turba.
Quella calma apparente dura poco, o almeno è quello che pensa Claudio, e viene interrotta dal bussare di sua madre che non aspetta un invito per fare il suo ingresso.
“Mamma!” rimprovera con poco impeto il ragazzo senza nemmeno girarsi verso di lei.
“Cosa, poteva esserci qualcuno? Questa camera ha dimenticato il significato di ospite.” non è arrabbiata, non ci vuole così poco, ma riesce a sentire nelle sue parole la stessa preoccupazione che legge negli occhi di suo padre.
“Mi spieghi come fai a studiare con quel tornado di fogli che hai davanti?” chiede interessata rimanendo qualche passo dietro di lui.
“Beh devo riuscirci io, no?” chiede retorico toccando senza alcuna logica tutti gli oggetti davanti a lui, l'immediata urgenza di sistemare tutto quel caos non riesce a farlo pensare.
“Vorrà dire che riporterò in cucina le fette di pane e Nutella che avrei voluto appoggiare in quella che una volta era la tua scrivania.” Veronica ridacchia quando suo figlio si gira in meno di un paio di secondi per sottrarle il vassoio e appoggiarselo sulle gambe.
Consumano la merenda con chiacchiere di poco conto, la donna davanti a lui lo intrattiene con domande inerenti a ciò che sta studiando e aspetta che Claudio faccia rifornimento di zuccheri prima di chiedergli ciò per cui è realmente in camera sua.
“Si è divertita Elisabetta a Natale?” chiede sperando di riuscire a carpire informazioni utili.
La mascella di Claudio si irrigidisce immediatamente, sapeva di dover affrontare quel argomento prima o poi ma c'è qualcosa che lo frena forse perché darebbe ragione ai suoi genitori quando pensavano che non fosse una buona ragione legarsi a lei.
“Credo di sì.” risponde cercando di ammorbidire il tono di voce ma non è convinto di esserci riuscito, in generale pensava sarebbe stato più bravo a fingere che nulla fosse successo.
“Non ti è sembrata un po' diversa dal solito? Come se fosse tesa.” Claudio sbuffa una piccola risata quando sua madre termina la frase. Come se si fosse mai lasciata andare pensa subito dopo.
“E' una novità?” Veronica sente chiaramente l'agitarsi di Claudio e vorrebbe con tutta se stessa chiudere quel discorso e fare finta di non averlo mai affrontato. Ma l'amore di una madre a volte si spinge oltre per il bene di un figlio.
“Con te non lo era da un po'” la voce è dolce e intenerita dal ricordo di un Claudio determinato e infatuato. “Ho parlato con papà.” confessa poco dopo.
Se possibile, Claudio diventa un blocco di marmo, non la guarda più in faccia e invece di cercare una via di fuga decide di rimanere completamente immobile e lo sguardo rivolto verso il libro aperto davanti a lui.
“Lo sai che con noi puoi parlare, che succede?” Veronica non vorrebbe risultare così disperata, ma il vuoto che prende possesso del corpo di Claudio la spaventa più di quanto dovrebbe.
“Che cosa dovrei dire? Avevate ragione.” sbotta di colpo alzando la voce più del necessario. “Mi avevate avvertito e io ho voluto sbattere la testa lo stesso. Non dovevo farmi trascinare, avrei dovuto concentrarmi più su me stesso e non l'ho fatto perché pensavo fosse più importante farmi carico dei suoi problemi. E' stata solo una perdita di tempo!” Claudio libera la scrivania lanciandone tutto il contenuto sul pavimento davanti agli occhi sbarrati di sua madre senza alcuna esitazione.
Esce dal suo attimo d'ira solo per dire “ho bisogno di aria” e abbandonare la stanza.
Veronica si rende conto di star fissando gli oggetti caduti a terra solo quando Franco la ridesta, ha lo sguardo stupito e le chiede più volte che cosa sia successo e se stia bene.
“Ho esagerato con le domande, credo.” è l'unica cosa che riesce a dire per poi cominciare a sistemare tutto il trambusto.
Non è sicura di star riordinando al meglio tutte quelle pagine di appunti, ma si sente relativamente meglio quando sul pavimento rimane solo qualche penna. Almeno finché non urta involontariamente la pila di fogli appena fatta. Si piega nuovamente in avanti cadenzando i movimenti con numerosi sbuffi finché qualcosa non cattura la sua attenzione, qualcosa che prima non aveva notato.
E' un semplice post-it e non ci sarebbe niente di sconvolgente se non facesse caso alle parole scritte sopra.

Hai imparato la differenza tra una pietra preziosa e un sasso?

Mi dispiace.

 

Non ha bisogno di alcuna spiegazione per capire da dove provenga quella piccola nota e si sente un po' infantile quando si accorge di avere gli occhi lucidi anche se non è convinta di capirne a pieno il significato, ma la domanda che ora le vortica in testa è se la reazione furiosa di suo figlio fosse legata a quel piccolo pezzo di carta.
Successivamente si chiede da che parte debba schierarsi e soprattutto se sia necessario farlo, perché se Claudio l'avesse lasciata parlare avrebbe assistito ad un piccolo Mea Culpa, ammettendo di aver esagerato con tutte quelle raccomandazioni e che lei insieme a suo padre l'avrebbero supportato facendosi carico di ogni problema.
Perché anche se distratto suo figlio non è mai stato così felice.

Veronica sobbalza al suono della porta di casa che viene richiusa, sembra muoversi anche il post-it spiegazzato nella sua tasca e subito nella testa si affollano paure a cui non riesce a stare dietro.
Sembra riuscire a far tacere tutta quella confusione solo l'abbraccio di Claudio e successivamente le sue scuse.
“Ho forzato un po' la mano, volevo solo ricordarti che sono qui.” spiega in un sussurro accarezzando la schiena del figlio che sospira rilassando leggermente i muscoli.
“Va bene, ma non ora.” sono le ultime parole che pronuncia prima di chiudersi nuovamente nella sua camera.
La stessa domanda spinge per essere pronunciata dalle labbra di Veronica, vuole solo assicurarsi che Claudio lo sappia, che sia a conoscenza di tutto prima di chiudere un capitolo così importante; ma d'altra parte non sembra essersi tranquillizzato abbastanza per affrontare l'argomento.

 

 

 




Sempre la stessa storia, millenni per aggiornare.
Ho realizzato, tra le tante cose, che potremmo essere in dirittura d'arrivo ma come per tante cose della mia vita: non ne sono così sicura.
Non che ci sia da disperarsi, ma è difficile non affezionarsi a ogni personaggio anche se petulante come la protagonista. Ma vogliamo parlare di Claudio? Esiste una pena per chi si inventa persone tanto belle che difficilmente esistono nella vita reale?
Però questo capitolo è la dimostrazione che anche con tutta la pazienza del mondo ogni tanto impazziamo, e come si può biasimarlo?
Piccola postilla a tema del capitolo(e non più della vita reale) GRAZIE A DIO E' FINITO DICEMBRE.

 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO TREDICI ***


CAPITOLO TREDICI

 

C'è qualcosa di rassicurante nel pensare che l'orribile periodo natalizio stia finendo, così come le solite cinque canzoni natalizie che finalmente vengono accantonate e l'eccessiva e finta gentilezza.
In effetti Elisabetta poteva dire di sentirsi meglio già dal giorno di Santo Stefano, una volta aver concluso le imbarazzanti telefonate di sua sorella che in tutti i modi cercava di intrufolarsi nella sua routine di giornate vuote e anche se la sera della vigilia di Natale è ancora impressa nella sua memoria, almeno adesso sa di poter tirare un sospiro di sollievo.
C'è una sola costante, ossia la mancanza ormai opprimente di Claudio.

Qualche volta ha davvero provato a scrivere qualcosa, addirittura chiamarlo, solo per sapere se avesse aperto quel piccolo regalo o per chiedere una volta per tutte un chiarimento. Ma a pensarci bene c'è ben poco da chiarire poiché la prospettiva di Elisabetta è rimasta la stessa se addirittura non si è rafforzata.
E' strano dire che adesso ogni pensiero che si aggira a quel temibile argomento è sempre più normale? Sarebbe un'ottima domanda da porre alla sua psicoterapeuta se solo si degnasse di prenotare una seduta.
Se prima Claudio poteva essere un motivo per stringere i denti e prendere in mano la propria vita, pensare adesso che lui stia tranquillamente voltando pagina la fa sprofondare in quella sua malsana certezza.
Vestita di tuta e scarpe da ginnastica esce dalla sua camera d''albergo, si dirige nel piccolo supermercato di fiducia e in vista del Capodanno fa provviste di tutte quelle piccole voglie che potrebbero nascere durante la serata. Non è certamente il primo Capodanno privo di festeggiamenti, ma è sicuramente il primo in totale solitudine e non vuole necessariamente vederlo come un lato negativo, riconoscere la situazione le dà la tranquillità di pensare che non poteva fare di meglio.
Forse un po' si vergogna quando arriva alla casa con la sua piccola spesa, un po' perché ormai il supermercato la conosce bene e un po' perché i suoi acquisti urlano a gran voce che la sera stessa ci sarà tutto tranne che una festa. La cassiera non sembra volerglielo far notare, quindi paga silenziosamente e si sente abbastanza in vena da fare una breve passeggiata nei dintorni.
Avrebbe voluto poter sentire i genitori di Claudio, anche solo un messaggio d'auguri, ma ripensandoci loro potrebbero già essere a conoscenza della situazione reale e il cuore accelera di qualche battito alla realizzazione di Veronica che scopre tutte le sue bugie. Forse non sentirli è la scelta migliore, vuole vivere nell'illusione di essere ancora apprezzata almeno da loro.
Nonostante gli impegni inesistenti e il suo continuo vagare senza alcuno scopo, il pomeriggio sembra volare ed ha assistito ad un numero sufficiente di gruppi di amici in procinto di iniziare la loro serata dell'ultimo giorno dell'anno per potersi ritenere soddisfatta e tornare indietro. Si chiede finalmente quali siano i veri piani di Claudio, se starà già festeggiando e se riuscirà almeno a chiudere l'anno in bellezza divertendosi, ma non può fare a meno di notare la sua gelosia nel momento in cui stringe i denti al solo pensiero.

 

Il passaggio tra un anno che finisce e il successivo che comincia viene sempre vissuto come l'epicentro della catarsi: inevitabilmente ci si ritrova ad analizzare tutto ciò che è successo e cosa ci si aspetta dal futuro. Claudio non riesce a catalogare in nessun modo l'anno che sta terminando ma ha capito solo una cosa: dissimulare non fa per lui.
Dal momento della sfuriata sono passati solo due giorni e pur non volendo affrontare le domande dei suoi genitori non è riuscito minimamente a rassicurarli con il suo ripetere di stare bene. Sarcasticamente pensa di voler chiedere ad Elisabetta un paio di lezioni.
Tenta di convincerli prendendo la decisione di festeggiare comunque con Riccardo e la sua cerchia di amici anche se il suo corpo ha a malapena le forze per vestirsi a dovere per l'occasione. Claudio non è mai stato colui che viene definito “l'anima della festa”, non è certo la persona che mantiene il ritmo della serata ma si è sempre fatto coinvolgere seppur in maniera responsabile, ma quella sera il solo pensare di dover interagire con il resto del mondo gli provoca la nausea.

“Sul serio, questa volta pensavo ti avessero rapito!” scherza Riccardo non appena Claudio fa il suo ingresso nella sua macchina. Dietro di lui ci sono già i sedili occupati da Monica, Elena e Giorgia impeccabilmente truccate e vestite a festa impegnate in una delle loro infinite conversazioni.
“Non è colpa mia se prendo sul serio lo studio.” cerca di schernirlo con poco entusiasmo ma Riccardo non sembra notarlo, forse troppo emozionato per ciò che la serata potrebbe offrire.
“Si, certo!” risponde alzando il volume della radio e unendosi al canticchiare delle ragazze.

Non capisce fin da subito dove stiano andando, sono nella periferia della città e il locale appare ai suoi occhi totalmente sconosciuto e anonimo, ma si impone nell'ambiente grazie ai numerosi ragazzi che lo stanno abitando.
E' tutto molto prevedibile, grossi tavoli con sopra stuzzichini e bibite con un piccolo angolo per i cocktail. Monica durante il viaggio ha ricordato circa una ventina di volta la presenza dell'open bar.
“Credevo che non saresti venuto da solo stasera.” confida Giorgia al suo orecchio, non capisce come sia riuscita ad avere un piatto pieno di ogni sorta. “Eravamo intenzionate a scommettere.”
“Fortuna che non l'abbiate fatto allora!” esclama con poco entusiasmo e accettando di buon grado il drink che gli viene offerto.
“Va tutto bene, è successo qualcosa?” chiede Giorgia preoccupandosi all'istante.
Claudio per la prima volta è quasi intenzionato a parlarne, tirare fuori ogni cosa che lo sta corrodendo dentro ma ci ripensa nel momento in cui Riccardo è di ritorno, anche lui con un piatto straripante di cibo.
“Avete lasciato qualcosa alle altre persone?” decide quindi di domandare retoricamente e ruba dalla piccola montagna un salatino che è sicuro non essere niente di diverso da quelli precotti e surgelati.
“Sei seduto su quel divanetto da almeno trenta minuti, scusa se non voglio farti morire di fame!” si giustifica prontamente il suo migliore amico che prende posto affianco a lui.
Vengono raggiunti infine anche da Monica ed Elena che monopolizzano immediatamente l'attenzione di Giorgia, Claudio capisce subito essere un cattivo segno.
“Bene. Devo sommergerti di domande o ti degnerai di darmi delle spiegazioni?” il tono di Riccardo non accetta repliche, per questo motivo Claudio non ha ancora risposto.
La musica alta gli fa perdere il senso del tempo e non capisce da quanto tempo Riccardo stia aspettando la risposta che si rivela essere un profondo sbuffo.
“Sembrava stesse andando tutto bene.” commenta infine dissetandosi con un sorso del suo drink che dal forte odore riconosce come il solito Negroni.
“Posso non doverci pensare almeno stasera?” supplica Claudio guardandolo finalmente negli occhi, spera in cuor suo che Riccardo capisca la situazione.
Sembra farlo dal momento che quel discorso non viene prolungato, anzi, se ne aggiungono tanti altri e il tempo scorre più facilmente accompagnandolo con l'alcol.

Non è la prima volta di Claudio in un locale, ma non ha mai sentito i bassi di ogni canzone scuotergli le ossa così profondamente anche se con un pizzico di lucidità saprebbe che la colpa è dei cocktail che ha bevuto in meno di due ore.
Ha trovato però quella condizione perfetta in cui è totalmente anestetizzato, incapace di pensare a qualsiasi cosa se non a ballare nella piccola pista facendosi sballottare ogni tanto dai corpi circostanti. Non ha idea di dove siano i suoi amici e nemmeno riesce a preoccuparsene così come non lo disturba il velo di sudore che la sua pelle produce.
C'è un momento però in cui il suo cervello gli impone di fermarsi, i battiti del cuore sono così accelerati da farlo respirare faticosamente e pur rimanendo sul posto la stanza continua a girare.
Nessuno intorno a lui sembra accorgersi del suo stato e subito dopo Claudio ne capisce il motivo, sono tutti troppo impegnati a ballare, baciarsi e urlare i testi delle canzoni che il dj sta facendo rimbombare da chissà quanto tempo.
Non è ancora la mezzanotte, o almeno non si ricorda di aver brindato a tal proposito, e barcolla quindi senza meta con le gambe che tremano e un leggero stato di agitazione per non aver mai provato sensazioni del genere, e capisce immediatamente di non saperle gestire.
Sembrano esser passati millenni quando finalmente riconosce la figura di Riccardo che ha lo sguardo totalmente concentrato sul viso di Giorgia, almeno fino a quando Claudio non lo urta involontariamente.
“Ehilà.” crede di aver borbottato e subito viene sorretto da due braccia forti.
“Claudio, stai bene?” gli chiede Giorgia avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire.
Nessuno dei suoi muscoli facciali sembrano voler collaborare e permettergli di rispondere o almeno sorridere per rassicurare la coppia di amici, si bea però del supporto fisico che ha trovato in Riccardo, ammorbidendo il corpo su di lui.
“Ragazzi, il flûte per mezzanotte!” esclama una ragazza dello staff del locale, lasciando in mano a Giorgia i piccoli bicchieri di plastica spessa.
Claudio viene ridestato con quelle semplici parole, si accorge subito di avere la gola secca e anche se ben consapevole di aver bevuto oltre il suo limite quelle bollicine sembrano fare il caso suo.
Ne toglie uno di mano all'amica già pronto per farlo scivolare sulla lingua quando una mano lo ferma duramente.
“Credo tu possa farne a meno.” commenta Riccardo con una smorfia di fastidio.
“E io credo tu debba pensare agli affari tuoi.” Claudio lo guarda sperando di trasmettergli tutta la rabbia che in questo momento è sedata dal tasso alcolemico, nella realtà da esterno saprebbe di starsi rendendo solo ridicolo con quella parlata biascicata.
Riccardo sbuffa in cerca di una risposta ma viene interrotto dall'arrivo del restante del gruppo, anche loro provviste del loro bicchiere di spumante e pronte per il brindisi.
Nonostante la discussione appena avvenuta, tutti vengono distratti dal conto alla rovescia che permette loro di mettere da parte ogni astio e a sorridersi a vicenda pronti a scontrare i bicchieri tra loro.
In pochi secondi tutti intorno a loro si stanno gridando gli auguri, abbracciandosi e confidando che l'anno che sta cominciando possa essere il migliore mai avuto. Tutti tranne Claudio.
Claudio che sperava di allontanare il senso di nausea con la dolcezza dello spumante e che credeva che la presenza dei suoi amici sarebbe stata sufficiente per colmare ogni mancanza.
Si dirige verso l'uscita e durante il percorso getta a terra il piccolo bicchiere di plastica, è una corsa contro il tempo causata dal suo corpo che si sta ribellando per ciò che ha dovuto sopportare ed è una strana sensazione di sollievo rigettare tutto una volta arrivato all'angolo della strada.
Una scia acida percorre lo stomaco passando per l'esofago fino alla sua bocca, la mano appoggiata al muro non riuscirà a tenere tutto il suo peso ancora a lungo. Si consola di non aver mostrato a nessuno quella scena squallida e si chiede come riuscirà a camuffare a lungo il suo reale stato d'animo, ma smette di pensarci quando voltandosi trova Riccardo con le braccia incrociate e uno sguardo di sdegno.
Lo sa che questo sarebbe il momento giusto per parlarne, tirare fuori tutto in ogni senso possibile ma la realtà è che non sa nemmeno da che parte cominciare. E' disgustoso, ma pulisce un angolo delle labbra con la manica prima di ricomporsi definitivamente.
“Cosa avrà mai fatto per ridurti così?” chiede senza forze l'amico, incapace di perdere l'attuale posizione.
“A quanto pare non sono abbastanza.” risponde Claudio realizzando solo successivamente il peso delle sue parole.
“Lo trovo difficile da credere, anche se non posso dire di conoscerla. Per come ne parlavi sembrava piuttosto presa da te.”
“Infatti, non sai niente.” commenta Claudio infastidito dall'intuizione di Riccardo.
“Quando la smetterai di voler fare sempre l'eroe?” Riccardo non ha paura di discutere con il suo migliore amico, anzi, il peggior scenario è allontanarsi a tal punto da non parlarsi più. Preferirebbe prendersi a pugni piuttosto che accettare quell'opzione.
“Sono stanco e parecchio ubriaco, non ho alcuna voglia di discutere.”
Si spinge in avanti per reggere il peso sui suoi stessi piedi e barcolla per qualche secondo mentre il cervello ripete più volte sempre le stesse parole.

Hai imparato la differenza tra una pietra preziosa e un sasso?

Da quando sua madre gli aveva mostrato quello stupido biglietto niente ha più avuto senso. Leggere quelle parole così tante volte ha montato dentro di lui un miscuglio di sentimenti contrastanti e una rabbia incommensurabile, soprattutto le scuse finali.
Di cosa scusarsi poi? Si sente uno schifo al pensiero che una persona con pensieri suicidi si scusi per quello, come se potesse farci qualcosa.
Lo sa che l'ha spinta lui a dire una cosa del genere, lo sa di aver esagerato l'ultima volta e a Natale.
“Torniamo dentro?” chiede in una sorta di supplica, sente solo in quel momento il freddo che si insinua nel colletto della camicia.
“Ho un'idea migliore.” ribatte Riccardo afferrando il suo polso con la forza necessaria per far sì che lo segua.

Dopo aver radunato il resto del gruppo, Riccardo fa strada verso il piccolo guardaroba e una volta pagato il servizio si fiondano nuovamente nella fredda aria di quello che ormai è già il mese di Gennaio.
“Servizio Taxi, ognuno ai propri posti!” annuncia il ragazzo sbloccando la macchina con il piccolo pulsante del telecomando.
Sembrano essere tutti un po' su di giri, ma evidentemente solo Claudio fa fatica a mantenere alta la concentrazione e nonostante la radio accesa e il continuo cantare delle amiche la celebre “I will survive”, riesce ad affondare in un sonno profondo.

Viene svegliato da un insistente Riccardo che lo spinge delicatamente dalla spalla. Aprire gli occhi sembra la cosa più difficile da fare grazie al mal di testa che non gli permette di stabilizzare ciò che si trova davanti. Fa freddo dentro la macchina spenta e sono fermi in un posto che non riesce pienamente a riconoscere almeno finché Riccardo non comincia a parlare.
“Ho pensato che casa tua non fosse la scelta più appropriata per smaltire la sbornia.” giustifica lasciando che sia lui a identificare l'edificio alla sua sinistra.
Ovviamente Claudio sa che quello non è l'unico motivo ma è ubriaco, e questo non impedisce al suo cervello di cominciare una lista di motivi per cui non dovrebbe scendere dal sedile. Ha paura che una volta davanti a lei, lui possa far cadere ogni facciata di indifferenza o scaricarle addosso ogni frustrazione. Non ha nemmeno la minima idea di come affrontare una conversazione con lei nonostante sia sempre stato lui a cercarla e a tenere in piedi entrambi. Ha solo voglia di dormire e per una volta non dover pensare sempre alle conseguenze.
“Cosa ti fa pensare che questa lo sia?” la voce è rauca e sarebbe difficile da sentire se attorno a loro ci fosse il minimo rumore.
Ma sono quasi le due di notte e nonostante l'ultimo giorno dell'anno quella zona della città non sembra in vena di festeggiamenti.
Riccardo lo invita a scendere dalla macchina e se Claudio lo segue senza alcuna obiezione è perché non sarebbe in grado di tornare a casa con le sue stesse gambe.
Vuole sorridere di soddisfazione quando arriva alla conclusione che la receptionist non li avrebbe mai lasciati salire al piano giusto solo sulla fiducia delle parole del migliore amico, ma si ricrede nel momento in cui vede la sua figura dal vetro delle pesanti porte dell'albergo con una giacca pesante addosso e un pantalone della tuta arricciato sulle scarpe da ginnastica slacciate.
“Hai proprio pensato a tutto.” commenta con un pizzico di rabbia a condire le parole, vorrebbe riuscire a vomitare anche quella tutta in una volta. Quel sentimento non gli è mai appartenuto così tanto.
Riccardo gli intima con freddezza di non parlare nel momento in cui tira la porta ed entra nella struttura.
Li accoglie con un sorriso di circostanza, la chiave tintinna tra le sue dita ed è palese la sua difficoltà nel tenere lo sguardo alto. Claudio nota le pupille spostarsi da un lato all'altro senza riuscire a fermarle per più di tre secondi.
“Grazie ancora per l'aiuto.” spezza il silenzio Riccardo, il suo braccio continua a tenere Claudio dalle spalle.
Elisabetta nega con le spalle il disturbo, ancora non riesce a credere alla scena davanti ai suoi occhi.
Riccardo va via augurando la buonanotte o almeno quel poco che rimane, subito dopo Claudio barcolla in direzione della stanza rifiutando qualsiasi tipo di aiuto. Elisabetta si stupisce del fatto che sia in grado di orientarsi anche in quello stato ma arriva prima di lei nella stanza e quando apre la porta Claudio non si fa alcun problema ad appoggiare il giubbotto dove capita e a sedersi sul bordo del letto.
Non sa esattamente come comportarsi, le uniche informazioni che ha sono che Claudio è evidentemente ubriaco e che Riccardo non se la sentiva di portarlo a casa sua o dei suoi genitori per non allarmarli.
Spogliandosi dei vestiti in eccesso si rende conto di essere davanti a lui in pigiama e con i capelli scompigliati, lo sguardo insolitamente vuoto nonostante lo stia guardando anche se lui ha la testa da tutt'altra parte.
“Puoi metterti comodo sul letto, posso stare sulla poltrona.” dice ad un tratto vedendo le sue palpebre fare fatica a rimanere aperte. Claudio sembra voler seguire le sue parole ma si alza rimanendo sul posto per qualche istante. Una smorfia indecifrabile staziona sul suo volto per un istante finché non corre nel piccolo bagno.
Elisabetta ha qualche attimo di smarrimento prima di seguirlo e di sentirlo rivoltare come un calzino il suo stomaco. E' dietro di lui, una mano timida a massaggiare la schiena come conforto e l'altra a tenere la fronte e i corti ciuffi di capelli notando solo in quel momento il sudore rendergli appiccicosa la pelle.
Il suo malessere dura giusto un paio di minuti, dopodiché fa appoggiare Claudio alle piastrelle della parete e si allontana il tempo sufficiente per bagnare un piccolo asciugamano.
Claudio tiene gli occhi chiusi, il respiro è ancora lievemente affannato e le gambe e le braccia sono totalmente rilassate.
“Come ti senti?” chiede Elisabetta sedendosi sui talloni. Non riceve risposta ma appena appoggia l'asciugamano tiepido sul viso lo sente sospirare e quello è abbastanza per provare a tranquillizzarsi anche se la destabilizza il pallore del suo viso.
E' una strana sensazione vedersi dall'altra parte, prendersi cura di qualcuno anche solo per una stupida sbornia. Mettere da parte il pessimo umore o la paura di fare la cosa sbagliata pur di aiutare la persona davanti a sé.
Si accorge di star indugiando più del dovuto sul suo viso e sul collo, ma rimane attirata dai muscoli del viso totalmente rilassati, per la prima volta dopo giorni non ha a che fare con il suo sguardo freddo.
Quando prova a sollevare Claudio dal pavimento lui sembra essere abbastanza collaborativo da farsi guidare nuovamente verso il materasso su cui poi affonda lasciando andare tutto il peso. Lo spoglia delle scarpe e della camicia notandola sporca e mentre lui si è già addormentato, ne approfitta accarezzando la zona delle clavicole per poi allontanarsi definitivamente.
Si sistema sulla poltrona con la testa su un bracciolo e le gambe a penzoloni, lo osserva dormire totalmente avvolto dal piumone se non per il profilo e si chiede per la prima volta cosa succederà una volta arrivata la mattina e il suo sobrio risveglio.

Si rende conto di non aver chiuso occhio nelle ultime ore nel momento in cui sente un telefono squillare. Si gira verso quel suono e si affretta a silenziarlo quando sente Claudio grugnire infastidito. Schiaccia il tasto laterale per fermare la suoneria e quando legge il nome di Veronica si chiede quale sia la cosa giusta da fare.
“Pronto?” sussurra spostandosi dalla stanza al bagno per riuscire ad affrontare quella telefonata.
“Dov'è Claudio?” la voce di Veronica è sul filo di un rasoio, riempita di panico.
“Sono Elisabetta, è qui da me.” non è sicura di poter usare questa frase come rassicurazione.
Un respiro tremolante si fa sentire dall'apparecchio, non riesce a immaginare a cosa stesse pensando notando l'assenza del figlio.
“Sta bene?” chiede con tono più controllato.
“Sì, ma sta ancora dormendo. Ti faccio chiamare appena si sveglia, d'accordo?” si guarda allo specchio notando come le dita stiano torturando una ciocca di capelli, vuole solo chiudere la chiamata il prima possibile. Chissà che opinione avrà di lei adesso.
“Forse non è stata una buona idea fargli vedere quel biglietto.” sospira Veronica sconfitta, allo stesso tempo Elisabetta processa quelle parole come se fossero la risposta al senso della vita.
“Pensavo fosse la spinta necessaria.” si giustifica subito dopo.
“Non l'ha letto prima di Natale?” chiede confusa Elisabetta, si costringe a sedersi in preda a un giramento di testa. La privazione di sonno si fa sentire prepotentemente.
“In realtà l'ho trovato un paio di giorni fa, ma ho avuto il coraggio di farglielo vedere solo ieri.” spiega Veronica, “Ma a quanto pare la crepa tra di voi è più profonda di quanto pensassi.” puntualizza.
Improvvisamente ricorda la loro conversazione di Natale, un nodo allo stomaco fa tornare il senso di colpa di aver mentito per l'ennesima volta e trova difficoltà a cercare una risposta soddisfacente.
“Dovrete risolvere una volta per tutte, il modo in cui la state affrontando adesso vi sta solo complicando le cose.”
“Io non volevo tutto questo.” confessa Elisabetta con la voce schiacciata e le lacrime in procinto di cadere, “Mi stavo illudendo che potesse funzionare, ma lui non merita questo.” le parole si chiudono in uno stridio quando si ricorda di non poter fare rumore.
“Sei sicura di non essere tu quella incapace a riconoscere il tuo valore?” risponde Veronica rifiutando di intromettersi troppo in quella situazione.
Il resto sono solo piccole raccomandazioni e saluti. Elisabetta è grata di poter rilasciare un sospiro singhiozzante e versare le ultime lacrime prima di trattenere il fiato. E' una pratica che ha scoperto essere utile per fermare il suo cervello quando ha troppe cose a cui pensare: trattiene il respiro fino a quando i suoi polmoni lo concedono, fino a che non sente la testa leggera.
Uscendo dal bagno si rende conto di aver fatto un buon lavoro tutto sommato, Claudio ha ancora gli occhi chiusi ed è sepolto dal piumone. Tutta la stanchezza della notte sembra piombarle sulle palpebre in quell'istante e la sua schiena urla infastidita dai dolori causati dalla poltrona.
Non riesce a fare a meno di stendersi sul materasso, il più lontano possibile da lui e senza farsi scaldare dalle coperte. Solo quando riesce finalmente a rilassare ogni muscolo del corpo si fa distrarre da un movimento brusco.
Claudio è sollevato su un gomito con lo sguardo confuso e accecato dalla poca luce nella stanza.
“Scusa” sussurra colpevole Elisabetta rialzandosi in poco tempo, fino a quando non viene fermata dalle sue dita deboli sul polso.
“Rimani.” borbotta con la voce ancora rovinata dal sonno mentre si stende sulla schiena.
Sembra servirgli parecchio tempo per riprendersi, si strofina più volte le mani sul viso e compie diversi respiri profondi intervallati da piccoli sbadigli.
“Come ti senti?” chiede timidamente, insicura se voler davvero tentare una conversazione con lui.
“Una merda.” risponde subito dopo senza nemmeno doverci pensare e chiudendo nuovamente gli occhi. “Hai qualcosa per il mal di testa?” Elisabetta rimane senza fiato quando Claudio le rivolge lo sguardo stanco e supplicante.
Non riesce a pronunciare nessuna parola, ma si alza immediatamente alla ricerca dei pochi farmaci che ha a disposizione e urlando internamente di gioia quando nota l'ultima pastiglia.
Subito dopo averla mandata giù, Claudio sente il proprio stomaco gorgogliare rumorosamente e in maniera infantile Elisabetta vorrebbe ridere soprattutto per la smorfia di imbarazzo comparsa sul suo volto.

Passa circa una mezz'ora da quando Elisabetta gli aveva promesso qualcosa per colazione e ritorna trionfante con cornetti di varie farciture e succo di frutta.
Considerando la neutralità delle espressioni di Claudio vuole quasi sperare che tra loro ci sia una tregua, forse possono fare finta che nulla sia successo e lei può smettere di sentirsi in colpa per aver ridotto Claudio in quello stato.
Per un attimo dimentica completamente le cose dette la mattina stessa con Veronica, soprattutto quando viene distratta dal piccolo sorriso di gratitudine del ragazzo.
“Penso sia arrivato il momento di parlare.” confessa dopo il primo boccone.

Fortunatamente Elisabetta è già seduta sulla sedia quando la sua testa inizia a girare.




Siamo in dirittura d'arrivo, eppure sento questa storia ancora in alto mare. Nemmeno io riesco a compiere una scelta per questi due.
Diciamo che questo doveva essere un assaggio del "lato oscuro" di Claudio, evidenziare come una delusione possa farci cambiare totalmente atteggiamento nei confronti delle persone più vicine a noi. Ovviamente definirlo lato oscuro è ridicolo, ma non sarebbe mai potuto diventare un bad boy tutto d'un tratto.
Nulla, spero solo che questo capitolo non risulti banale  almeno nel tratto riguardante la festa di  Capodanno, ma se così fosse allora prendetela come dimostrazione di quanti ne abbia passati in questo modo: ovvero mediocre.


 

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Capitolo 15
*** CAPITOLO QUATTORDICI ***


CAPITOLO QUATTORDICI

 

Nonostante sia stata un'idea di Claudio parlare a carte scoperte, è ancora in silenzio, seduto sul materasso in attesa che il medicinale faccia effetto. Il suo stomaco è totalmente svuotato e la brioche lasciata sul comodino non riesce ad allettarlo abbastanza da pensare di riuscire a mangiare qualcosa in quel momento.
Elisabetta cerca di rilassarsi con il thé caldo nel bicchiere di carta e pensa di aver accettato che dopo questo giorno le loro strade si separeranno per sempre.
Che cosa ti avevo detto? È quello che direbbe se incontrasse ancora la sua terapeuta. Era solo questione di tempo.

“Cosa provavi per me?” sputa Claudio, illudendosi che quella fosse la domanda più semplice da fare. Se facesse caso allo sguardo attonito di Elisabetta capirebbe che non è così.
“Perché parli al passato?” è la prima cosa che ha davvero notato, è più doloroso spiegargli che quelle sensazioni le prova ancora piuttosto che esprimerle a parole. Usare le solite due parole sarebbe riduttivo e non basterebbero tutte le pagine bianche del mondo.
“Se provassi qualcosa per me non saremmo in questa situazione.” il suo tono non ha intenzione di ammorbidirsi ma Claudio sa che se fosse completamente lucido non le parlerebbe in quel modo. Ma la rabbia è tanta.
“E' più complicato di così.” Claudio sbuffa una risata priva di allegria, ma non le impedisce di continuare, “Non avrei mai fatto a meno di te se la mia presenza non fosse stata così tossica.” Elisabetta può permettersi quasi di sussurrare, le sue parole risultano comunque chiare e udibili.
“Ma per rendere le cose più semplici: So per certo di essermi innamorata di te.” pronuncia Elisabetta con meno imbarazzo di quanto pensasse. Forse il fatto di essere arrivati al capolinea le dà abbastanza confidenza da tirare fuori ogni singolo pensiero le baleni in testa.
Claudio, a giudicare dall'espressione sul viso, non sembra particolarmente colpito da quelle parole ma il suo battito cardiaco pompa sangue più velocemente.
“Non c'è niente di peggio di proibire alle persone di scegliere.” sentenzia sistemandosi meglio sulle coperte, finalmente bagna le sue labbra con il suo thé ormai tiepido. “Hai ben pensato di allontanarti da me e avere la presunzione di sapere cosa o chi vada meglio per me senza curarti di pensare come le tue azioni mi avrebbero fatto sentire.” Claudio vorrebbe avere quel foglietto in mano per accartocciarlo e buttarlo ai suoi piedi, invece in maniera masochista preferisce tenerlo ben piegato nel suo portafoglio. Perché seppur doloroso è un ricordo.
Elisabetta sbuffa rilasciando un po' la tensione, non sa cosa potrebbe aggiungere per consolarlo o lenire la sua collera.
“Non era quello il mio intento.” fa fatica a mantenere la voce ferma, la delusione forse è anche peggio della rabbia.
“Allora dovevi impegnarti di più.” aggiunge sconfitto da un singhiozzo che non è riuscito a trattenere.
Si sarebbe aspettata tutto, ma non che Claudio cominciasse a piangere. Non è uno sfogo silenzioso perché i suoi lamenti smembrano sempre di più quel silenzio ed Elisabetta è totalmente scioccata da quella reazione.
“Che razza di persona confessa il suo amore se non è disposta ad amare?” chiede retoricamente asciugando le ultime lacrime. Appoggia i gomiti alle ginocchia e riversa tutto il peso in avanti.
Quelle parole sono la cosa più vicina ad una lama che lacera la carne, non sarebbe sorpresa di vedere rivoli di sangue colare dal suo corpo in questo momento.
Ha il coraggio di alzarsi dalla piccola poltrona ed accucciarsi davanti a lui cercando di entrare nel suo campo visivo. Il petto nudo di Claudio si muove in maniera convulsa mentre cerca di stabilizzare il respiro con scarsi risultati.
“Claudio...” lo chiama timorosa di quale possa essere la sua risposta, lentamente sfiora i suoi avambracci. Non sembra intenzionato a muoversi da quella posizione. “Guarda cosa ti sto facendo.”

Quelle parole fanno sì che Claudio afferri nello stesso momento entrambi i gomiti di Elisabetta e stringe poi leggermente la presa come a voler scaricare la miriade di pensieri che affollano la sua testa, non è doloroso ma è distante anni luce da ciò che è sempre stato il ragazzo davanti a lei.
“Non trattarmi come se fossi un bambino.” la rimprovera guardandola negli occhi, rinfacciandole così tutta la sofferenza.
Sono questi i momenti in cui quel sottile pensiero fa breccia nella sua mente, quando si rende conto di poter davvero ferire qualcuno. Diventa naturale desiderare di lasciare quel mondo e permettere alle persone restanti di essere felici senza la sua presenza pesante come una zavorra.
Non può fare a meno di prendere il viso di Claudio tra le mani e asciugare lentamente le guance sperando di riuscire a cancellare prima o poi questa particolare immagine. Claudio sospira e le sue labbra tremano mentre Elisabetta fa tutto il lavoro. E' sveglio da poco più di due ore ma tornerebbe a dormire volentieri.
“Tua madre aveva ragione,” mormora abbassando lo sguardo, le dita di Claudio comprimono leggermente la pelle delle sue braccia. “Sapeva che ti avrei spezzato il cuore.”
Mentre si toccano sembrano lontani anni luce e pur guardandosi negli occhi sembrano essersi annullati perché entrambi hanno il cervello affollato di ricordi e non riescono davvero a vedersi.
“E aveva ragione anche la mia quando ha detto che avrei prosciugato tutte le tue energie.” Elisabetta trova finalmente il coraggio di allontanarsi come se potesse prendere una boccata d'aria in quella stanza buia. “Vorrei tanto essere la persona accanto che meriti ma non credo potrò mai esserlo. Mi piacerebbe poterti dire che ho solo bisogno di tempo, che parlandone con qualcuno tutto si risolverà.” spiega con un filo di voce, in coda per il suo momento per crollare. “Io non so cosa sia una relazione, non ne conosco le regole. Non sono capace di dare incondizionatamente come fai tu.” Elisabetta sa che la neutralità del viso di Claudio è solo apparenza, quelle parole hanno infastidito anche se stessa ma ovviamente lei ne percepisce la verità.
Non è autocommiserazione, né un tentativo per essere smentita, in realtà vorrebbe che questo discorso portasse Claudio alla resa finale. Il ragazzo assimila in silenzio quelle parole affiancandole a tutti gli avvertimenti ricevuti nel corso di quei pochi mesi, ma ha sempre più l'impressione di star perdendo se stesso con l'allontanamento di Elisabetta.
“Mia madre?” è confuso da quel piccolo dettaglio, ma si ridesta l'attimo dopo.“Per te è più facile dire questo piuttosto che provarci sul serio, pensare di essere una persona mostruosa e priva di qualsiasi capacità emotiva. Non ti stanca?” ricorda solo in quel momento di essere ancora a petto nudo, un brivido improvviso lo porta a coprirsi con un angolo del piumone.
“Non ti sembra che anche questa sia privarmi di una scelta?” Elisabetta sa che quello è un colpo basso, che rigirare le sue stesse parole non può portare a niente di buono, ma questa si sta rivelando essere la conversazione più pesante mai avuta. Forse perché le importa troppo.
Claudio emette una risatina nervosa e guarda ancora il pavimento in cerca di una risposta che non riesce a formulare. Non vorrebbe dargliela vinta ma è vero che non può sempre interpretare l'eroe della situazione.
“Va bene, mi arrendo. Hai vinto.” sbotta poco dopo togliendo dalle spalle le coperte ignorando lo sbalzo di temperatura. “Se non ti dispiace mi do una pulita e tolgo il disturbo.” si dirige verso il bagno senza ricevere una vera e propria risposta.
Non appena si chiude la porta Elisabetta si rende conto di star irrigidendo ogni muscolo del corpo e riesce a trovare sollievo solo quando finalmente si stende sul materasso e respira profondamente.
Riesce a giudicare il suo alto livello di stanchezza dal fatto che i suoi occhi non riescano a spurgare le lacrime che in quel momento avrebbe voluto sfogare, allo stesso tempo il sapere che Claudio è ancora nelle vicinanze le impedisce di trovare una posizione comoda per sprofondare nel sonno che tanto sta desiderando.
Ci impiega una ventina di minuti e quando esce di nuovo vestito con gli indumenti della sera prima, tranne la camicia, Elisabetta tira su la schiena rimanendo seduta e osservando ogni singolo movimento. Si alza solo per porgergli una felpa nera oversize vedendolo ancora a petto nudo e la ringrazia sottovoce indossandola nonostante le maniche siano troppo corte. Lei torna poi a sedersi nella stessa e identica posizione.
Non sa esattamente cosa dire per uscire dalla stanza, per questo Claudio fa l'unica cosa che in quel momento sembra sensata. Le si para davanti, la guarda in tutta la sua timidezza e una mano non riesce a fare a meno di sfiorarle il profilo della mandibola.
Elisabetta è offuscata dalla confusione quando Claudio fa toccare entrambi le fronti e i respiri si amalgamano l'uno all'altro. E' solo uno sfioramento di labbra ma lei non può fare a meno che sospirare.
“Hai presente quel desiderio che ti fa venire il mal di stomaco?” deglutisce prendendosi del tempo prima di proseguire, “Senti talmente tanto la necessità di quella cosa da starci male finché non la ottieni, e questo ti sprona a lottare ogni giorno.”
Ogni parola si schianta sul viso di Elisabetta che rimane affascinata da quanto piacere possa provare a sentire quel tono di voce lento, quasi liquido, senza tralasciare la durezza del loro significato.
“Tu mi baceresti adesso?” chiede Claudio, riflettendo a quanto sia stupida quella frase se non considerasse il contesto e il punto a cui vuole arrivare. Elisabetta riesce solo ad annuire, e lo fa il più delicatamente possibile per non separare le loro fronti ancora attaccate.
“Ora sai davvero cosa si prova.” risponde eliminando ogni tipo di contatto, Elisabetta deve immediatamente ritrovare l'equilibrio.
Quelle sono le esatte parole che fanno crollare miseramente ogni suo autocontrollo sprigionando singhiozzi di dolore ancora prima che Claudio possa chiudersi la porta alle spalle.
La rigidità del suo collo per limitare ogni suono le fa credere di avere una decina di coltelli infilati nella sua gola. L'aria sembra sempre meno e neanche dei profondi respiri l'aiutano a tranquillizzare il battito cardiaco. Non sa come ci riesce, ma si addormenta definitivamente accucciata nello stesso lato in cui ha dormito lui fino ad un paio di ore fa. Nonostante il suo profumo sul cuscino.

 

Ciò che invece sembra calmare lo scompiglio nella testa di Claudio è il totale silenzio che trova per le strade di Torino. Pochi bar sono aperti per la colazione e solo ora si spiega la lunga attesa nella camera d'albergo e riconosce essere molto rilassante il viaggio in metropolitana in un vagone totalmente vuoto. L'unica distrazione è l'annuncio delle fermate dalla voce robotica e i messaggi di sua madre e Riccardo.
Non riesce a capire se la conversazione appena avuta sia stata catartica o meno, non riconosce alcun tipo di vuoto ma neanche la soddisfazione di aver finalmente chiuso un capitolo.
Ogni illusione di potersi sentire meglio in così poco tempo vengono distrutto dall'abbraccio urgente di sua madre non appena varca la porta di casa. Le mani grandi e sottili di Veronica si muovono veloci e lo tengono stretto come se potesse dissolversi in polvere da un momento all'altro, chiede ripetutamente se stia bene e sentirlo inerme tra le sue braccia le fa subito credere non ci sia stato alcun chiarimento.
“Tesoro, dì qualcosa.” lo implora la madre lasciando un piccolo bacio tra i suoi capelli.
Claudio non riesce a trovare una frase abbastanza confortante, la cosa più semplice da fare in quel momento è farsi stringere da suo madre, mentre dietro di lei suo padre cerca di confortarlo con un piccolo sorriso. Come se riuscisse a capire il suo dolore senza dover spiegare nulla.
“Sono un po' stanco.” bisbiglia poco dopo, per una volta non vuole sforzarsi a far sentire bene gli altri. Per una volta vuole essere lui il personaggio in difficoltà della storia.
Veronica annuisce provando a non spaventarlo con la sua preoccupazione, gli lascia semplicemente lo spazio per spogliarsi del cappotto e dirigersi verso la sua camera.

Sarebbe la situazione ideale rimanere sotto le coperte calde dopo aver sperimentato la temperatura bassa di quella mattina se riuscisse a smettere di pensare che sta indossando qualcosa di suo. Quella felpa odora di un qualsiasi detersivo generico, ma sapere che appartiene a lei lo porta in uno strano bivio per cui la stringe forte a sé e l'attimo dopo desidera bruciarla o disintegrarla con le sue stesse mani. Improvvisamente non sente più la stanchezza, al contrario i suoi occhi sono vigili e fissano lo stesso punto da parecchi minuti, incapace di muoversi o distrarsi con qualsiasi altra cosa.
Si sente un pugno bussare alla porta e subito dopo chiedere il permesso di poter entrare, il legno scricchiola silenziosamente.
“Posso?” chiede nuovamente sua madre. La guarda senza neanche dover muovere la testa e annuisce senza disturbarsi di dover dissimulare il suo stato d'animo.
“Mi dispiace tanto, Claudio.” non capisce perché sua madre si stia scusando ma almeno si rende conto di non esser stato l'unico a crederci davvero in un risvolto positivo. “Forse con un po' di tempo le cose si sistemeranno.”
“Dovresti sentirti sollevata.” riflette a voce alta osservandola ancora in piedi davanti a lui.
“Che cosa vuoi dire?” la sua faccia è visibilmente confusa, si avvicina di qualche passo in attesa di una delucidazione.
“Me ne sono liberato, no? Non dovrai più preoccuparti di lei.” la rabbia feroce che ieri l'aveva investito sembra essere tornata a fargli visita, usando toni di voce e parole che normalmente non avrebbe mai scelto, tanto meno con sua madre.
Veronica si siede sul pavimento mettendosi così alla stessa altezza del viso di Claudio, fa un profondo respiro prima di intraprendere quel discorso.
“Non pensare che il motivo della tua condizione mi faccia sentire bene.” chiarisce fin da subito, il pensiero di Claudio su di lei la fa rabbrividire. “Non ho mai voluto che finisse così, ma sapevo sarebbe stato difficile per lei stare al tuo passo e non volevo che tu rallentassi il tuo percorso.” ogni parola pronunciata davanti al volto deluso di Claudio risulta stupida o priva di senso, Veronica ha l'impressione di starsi solo scavando una fossa proprio sotto ai piedi.
“Se papà inciampasse tu non lo aspetteresti?” chiede improvvisamente Claudio con voce bassa, immaginando già la risposta.
“Mi rendo conto che questo discorso adesso non abbia più valore, non mi sono accorta che il tuo atteggiamento non fosse altro che una tua virtù. E me ne vergogno.” lo sguardo di sua madre è così penetrante da averne quasi timore di ciò che potrebbe trovare se scavasse nella sua testa. “Questa mattina ho cercato di aiutarla, di farle capire che vi meritate a vicenda... ma ho l'impressione che lei sia troppo chiusa nel suo pensiero per poter tentare di cambiare idea.”
“Quando le hai parlato?” è la domanda che gli sorge spontanea, come se la risposta potesse realmente cambiare la sorte.
“Stamattina ho scoperto che non hai dormito a casa e quando ti ho chiamato mi ha risposto lei. Per un attimo ho creduto che aveste risolto, ma sentendola parlare era chiaro che avesse preso una decisione.”
Le parole di Veronica sono attentamente misurate, ha seriamente paura di quella che potrebbe essere la reazione di suo figlio, stenta quasi a riconoscerlo. Ma adesso riesce a capire che Claudio sta solo crescendo, non cambiando.
Claudio annuisce in risposta prima di sospirare e aggiungere rassegnato “Io non so più che fare.”.
“A volte bisogna saper accettare di non poter fare nulla. Ti ho sempre visto farti in quattro, trovare una soluzione ancora prima che si creasse un problema, ma Elisabetta è una persona. E' complessa e probabilmente ha bisogno di tempo, di scavare dentro se stessa e convincersi finalmente che come tutti merita di amare e di essere amata.” Veronica è commossa nel vedere gli occhi lucidi di Claudio e non riesce a contenere la voglia di stringerlo tra le sue braccia anche se la posizione non lo consente perfettamente. Realizza in quel momento di star assistendo al primo cuore spezzato di suo figlio.
Rimane in quella stanza il tempo necessario di vedere suo figlio addormentarsi sotto le sue carezze costanti, flashback di quando era solo un bambino di cinque anni la investono rendendola emotivamente fragile o forse più forte. Ricorda quanto la gentilezza di suo figlio spiccasse tra i suoi coetanei assieme al fatto che cercasse sempre gente con cui circondarsi. La situazione diventa più semplice quando trova conforto tra le braccia di suo marito.

 

Si risveglia avendo la sensazione che siano passati giorni se non settimane, è frastornata e quasi si dimentica del luogo in cui si trova. Si chiede più volte se ciò che è successo non sia altro che un sogno piuttosto elaborato ma quando ritrova il messaggio di Claudio mandato da Riccardo ricollega ogni pezzo in pochi secondi, subito dopo vorrebbe assopirsi nuovamente.
Le fa rabbia pensare che in ogni fase di stallo della sua vita lei non riesca mai ad imparare la lezione. Nella sua testa comincia una litania di critiche verso se stessa, di prendere una decisione per una volta, di non parlare a vanvera e fare ciò che predica sia la sua soluzione.
Non sei altro che un'insulsa codarda, è ciò che rimbomba nelle sue orecchie, ha quasi l'impressione di starlo ripetendo ad alta voce. Fallo, in fondo cosa ti trattiene? Fallo una volta per tutte.
Improvvisamente si sente terribilmente sporca, a pezzi, e l'unico desiderio è quello di lavare via dalla pelle quella strana sensazione di pizzicore che la sta invadendo, barcolla quindi verso il bagno con il mal di testa provocato dal quel sonno turbolento. Si pone davanti allo specchio, come se fosse un rito, e si accorge di come la sua pelle riesca a dissimulare tutto il delirio che la sta consumando dall'interno. Il viso sembra addirittura più rilassato del solito, al confine con l'apatia.
Gli occhi scannerizzano ciò che si trovano davanti: lo spazzolino e il dentifricio dentro il bicchiere di plastica e tutti i flaconcini di shampoo e sapone solido targati con il nome dell'hotel. Il beauty case lasciato aperto con tutti quei trucchi che non usa da mesi e piccoli accessori. Gli occhi o forse il suo stesso cervello, difficile a dirsi, rimangono incantati dalle forbicine che spuntano scintillanti rispetto al resto.
Avevi la risposta davanti a te, ora non hai più scuse.
Forse lo sporco che sente addosso non può semplicemente lavarlo via con una spugna, nemmeno con l'acqua rovente. Bisogna estirparlo dalla radice così che non possa ripresentarsi. Le dita tremano quando toccano quel ferro così freddo, non sanno da che parte cominciare e continuano a rigirare l'oggetto tra loro mentre Elisabetta cerca la tecnica giusta.

Non puoi fallire anche in questo.

Comincia con il primo tentativo, tiene le corte lame tra di loro e osserva il piccolo solco che creano premendo sulla superficie della pelle. Serra le palpebre quando comincia a spingere, sempre più a fondo. Il dolore si propaga in modo strano e sembra insostenibile anche se quello più accentuato non è lungo il braccio ma all'altezza della gola.
Elisabetta irrigidisce il collo tanto da rendere sporgente ogni vena presente e tutto intorno brucia mentre vuole impedire alle lacrime di scendere.

E' quello che vuoi, che senso ha piangere?

Lascia la presa sulle forbici quando il tremore diventa troppo, si rende conto di avere gli occhi ancora chiusi e riprende a vedere solo quando sente l'oggetto cadere a terra.

Un piccolo segmento da cui a malapena sono uscite gocce scarlatte di sangue è tutto ciò che è riuscita a ottenere.

Non riesci ad impegnarti neanche in questo?

Le gira la testa e sa in cuor suo che la ferita non c'entra. A demolirla sono la miriade di insulti che lei stessa si sta affibbiando, tutto ciò che ha sempre creduto la gente pensasse di lei. Riesce a far tacere ogni suono attorno a lei solo quando prende da terra le forbicine e le scaraventa dall'altra parte della stanza facendole tintinnare sulle piastrelle.
Un nuovo pensiero si presenta nella sua testa, non riesce a capire cosa l'abbia trattenuta dall'arrivare fino in fondo. Nessuno avrebbe impedito la riuscita di quel gesto eppure la totale solitudine non è bastata.

 

 

“Questa situazione deve sembrarti piuttosto strana.” Elisabetta elimina il consueto saluto nel momento in cui si trova davanti a chi ha risposto alla sua richiesta d'aiuto. Non sa se sia stato più strano cercarlo o il fatto che ci sia stata un'effettiva risposta. “Non so nemmeno da che parte cominciare.”
“Per esempio perché hai scelto me.” risponde con il abituale tono calmo. “So quanto ti sia costato.”
Vengono interrotti brevemente dalla cameriera che prende le loro ordinazioni e solo quando questa si allontana ritornando al bancone, Elisabetta prende coraggio.
“Forse il motivo è proprio questo, non ho dovuto raccontarti ogni singola cosa per farmi conoscere da te. E ho sempre apprezzato la tua obiettività.”sorride amaramente nel pensare che il loro sia un rapporto d'amicizia troppo strano per essere pienamente compreso o definito tale.
“Se ti vedessi da fuori capiresti quanto i tuoi occhi siano in grado di parlare. Guardandomi indietro, grazie a loro, avrei dovuto fare qualcosa per risolvere i contrasti tra te e Maddalena.” il suo sorriso fisso sul viso è confortante, non si sente di dover dare spiegazioni e probabilmente non riuscirebbe a trovarle.
“Mi dispiace per come mi sono comportata con lei, non sono riuscita a gestirla diversamente e alla fine sono esplosa.” prende coscienza che se non fosse frastornata da Claudio forse prenderebbe in considerazione l'idea di una riappacificazione. In fondo all'inizio andavano relativamente d'accordo.
“E' quello che cercavo di dirti quando ti consigliavo di non fare tutto da sola, di cercare sempre qualcuno da avere intorno.” il suo non suona davvero come un rimprovero, ma ricorda di tutte quelle volte in cui l'era stato detto e probabilmente solo in questo momento riesce a capirne il significato. “Ma anche Maddalena poteva fare meglio.” aggiunge con una piccola risata.
“Ho sempre creduto che facendo tutto da sola avrei dimostrato qualcosa, ma adesso ne sto pagando le conseguenze.” spiega mentre vengono appoggiate davanti a loro le tazzine di caffè.
Federico sa che quello è solo un preambolo, la scusa perfetta per poter introdurre l'argomento che li ha portati a trovarsi in un piccolo bar sperduto. Non ha la minima idea di cosa si tratti, Elisabetta non si è mai spinta così tanto nel parlare con lui ma ha l'impressione che il solo essersi incontrati possa essere solo un sintomo positivo che potrebbe portare un cambiamento importante.

Federico non avrebbe mai pensato che il problema fosse di cuore. La sente raccontare di questa persona come se non fosse reale, come se potesse farle del male descrivendola con una parola sbagliata. Le vede gli occhi umidi ma mai decisi a spendere quelle lacrime e si sta chiedendo cosa si aspetti lei da lui in questo momento.
“E' ridicolo, non è vero?” chiede alla fine del suo racconto. Non ha niente a che vedere rispetto alle sedute di psicoterapia, qui non ci sono aspettative né la ricerca di un disturbo che possa giustificare i suoi comportamenti.
“Sinceramente non so cosa ti voglia sentir dire.” risponde con naturalezza. “Non immaginavo che ti sentissi così.”
Non hanno mai avuto un rapporto molto fisico, ma in questo momento la sua mano che nasconde la sua in una presa morbida è apprezzata.
“Cosa devo fare?” lo implora di darle una risposta quando sa bene anche lei che non saprà dargliela.
“Ammetto di sentirmi un po' sotto pressione... non sarò certo io a farti cambiare idea.” ha lo sguardo concentrato nel cercare seriamente la soluzione al dilemma. “Parli di lui con un tono e delle parole che mi fanno pensare. Se ti piace così tanto perché non ci provi?”
“Perché nel caso in cui non ce la facessi non voglio trascinarlo nel dolore con me. Quello che ho fatto ieri...” prende un piccolo respiro come se improvvisamente si trovasse con l'acqua alla gola. “Non voglio ritrovarmi a dare spiegazioni nel caso ci riprovassi.” Il tremore nella voce sembra essere sparito per lasciare spazio alla parte più risoluta, quella convinta delle sue parole. “Allo stesso tempo lui potrebbe essere l'unica persona a farmi dimenticare di quel pensiero.”
“Ma non ti rendi conto di esserti risposta da sola?” chiede incredulo, e continua attirando lo sguardo su di sé. “Ti sei fermata per un motivo. E non dico che la tua sofferenza non sia evidente, ma tutti noi abbiamo un fardello da portare avanti e a volte avere qualcuno accanto è il metodo migliore per alleggerirne il peso.”

Elisabetta scuote la testa in dissenso in procinto di smontare ogni sua tesi, ma si blocca quando Federico riprende la parola.
“Lui ha scelto di voler far parte della tua vita, di farsi carico anche del tuo bagaglio di sofferenze. Dovete semplicemente afferrare un manico a testa e permettervi di tanto in tanto di dimenticare quanto sia ingombrante.” ritorna a sorridere, gongolando internamente quando Elisabetta rimane nel completo silenzio, incapace di dire qualsiasi cosa. La vede riflettere, giudicare ogni singola parola pronunciata e rendersi conto che quella sembra essere la risposta più logica. “E comunque non ci credo che tu non abbia altro da offrire.”
“Non voglio fondare la mia serenità su una persona, potrebbe stancarsi in qualsiasi momento.” risponde dopo aver fissato per qualche istante il fondo di caffè incrostato.
“Non ti sto consigliando di annullarti, lui non deve essere l'unica fonte. Ma può essere una buona base di partenza.”

Se qualcuno in quel preciso istante le offrisse un metodo veloce e indolore, probabilmente lo userebbe. E questo la spaventa meno di quanto lo farebbe donarsi completamente a Claudio.



Non so quanto sia passato dall'ultima pubblicazione e onestamente non ho il coraggio di guardare. Non che questa fanfiction faccia numeri o recensioni stratosferiche, però vedo i passaggi e anche se sono pochi è bello pensare che qualcuno voglia sapere come andrà a finire.
Quindi, la conversazione che avrebbe dovuto segnare un punto importante nel percorso di Claudio ed Elisabetta non ha fatto altro che accentuare il problema tra loro senza dare la spinta necessaria per risolverlo una volta per tutte.
A chiunque stia leggendo, spero che questa storia non ti stia annoiando e che aspetterai con pazienza l'epilogo che penso arriverà tra pochi capitolo.
Non sembra, o magari non ci si pensa, ma è doloroso scrivere di questi argomenti soprattutto quando ti toccano da vicino quindi non vedo l'ora di scrivere il punto finale e definitivo di questa storia.
Buone vacanze!

 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO QUINDICI ***


CAPITOLO QUINDICI

 

Elisabetta conosce la sensazione dell'essere legati a dipendenze irrazionali. Quando in seconda media aveva provato la prima sigaretta non solo aveva sottovalutato il gusto del fumo in bocca, ma si rendeva anche conto di quando fosse stupido e inutile riporre speranze che una sigaretta la facesse sentire meglio. Così aveva smesso, e poi ricominciato. Ripetutamente.

Motivo per cui ora si trova appollaiata sul muretto dell'hotel con solo una felpa e undici gradi a farle compagnia. Non riesce a distinguere se il fumo che esce dalle sue labbra sia della sigaretta o legato al freddo ma pensa che quella sia l'accoppiata vincente. Il freddo che anestetizza e la sigaretta che la distrae dalle parole di Federico che ancora vorticano nella sua testa. L'aveva poi salutata augurandole buona fortuna e consigliandole di tornare in terapia.

Si sente in imbarazzo all'idea di ricontattarla, parlare di tutto ciò che è successo e sentirsi dire che va tutto bene quando forse nemmeno lei ci crede. L'unico bisogno che sente in questo momento è sentire la voce di Claudio o almeno sapere come sta.
Mentre torna in camera ha un'illuminazione nel ricordare il numero di Riccardo nella sua rubrica. Non sa perché sia così facile chiamare lui, forse perché è l'unica persona rimasta a tifare per il loro rapporto così assurdo.

“Pronto?” la voce è bassa, confusa dal non riconoscere l'interlocutore.
“Ciao Riccardo, Sono Eli.” risponde timidamente, all'improvviso non sa nemmeno da che parte cominciare, Riccardo sembra venirle in aiuto. “Ehi! Come va? Ho saputo che a Capodanno non è andata molto bene...” sembra comprensivo, per nulla arrabbiato nei confronti di chi ha disintegrato il suo migliore amico.
“Sì, beh. Forse non c'era da stupirsi.” Elisabetta sbuffa una risata imbarazzata cercando di portare avanti la conversazione.
“Forse è stato un errore portarlo da te in quelle condizioni. Claudio è una persona molto equilibrata ma è un essere umano e non può contrastare a lungo gli effetti dell'alcol.” ammette Riccardo sospirando.
“O forse è stato un bene discuterne una volta per tutte. Anche se non ti nego che avrei preferito un finale diverso. In realtà ti ho chiamato per sapere come stesse.”
Ci vuole qualche secondo prima di ricevere una risposta, ma alla fine sente “Ci ho parlato ieri. Per ogni domanda che gli ponevo lui mi rispondeva cambiando discorso. L'unico argomento trattato è stato lo studio.” Elisabetta non sa esattamente cosa provare o pensare.”Il fatto è questo: sta di merda. E non lo dico per farti sentire in colpa, ma forse nemmeno lui è davvero così bravo a gestire le sue emozioni. Non riesce ad accettare... come posso chiamarla? Sconfitta? Si è messo in testa fin da subito che sarebbe riuscito a risolvere ogni tuo problema. Ti sembra sano?”

Elisabetta non l'aveva mai pensata da quel punto di vista. Quello di cui ha sentito parlare come ottimismo tossico. L'ossessione che tutto debba andare sempre bene. Che non debba esistere la sofferenza.
“Ma almeno lui ci prova, no? E io ho apprezzato ogni suo singolo sforzo. Ma arriva sempre quel momento in cui nel mio cervello diventa tutto nero. E lui non merita questo.” la voce trema solo alla fine della frase.
“Perdonami, ma non si merita che cosa? Soffrire? Nessuno lo merita, in primo luogo. Quello che secondo me è stato il vostro sbaglio è stato di non godere dei momenti buoni, anche se sono stati pochi.” Riccardo sembra alterato, Elisabetta si chiede da quanto tempo abbia voluto esprimere una sua opinione data la velocità con cui la sputata fuori.
“Lo so Richi, però...” Elisabetta sbuffa un paio di volte prima di arrendersi a terminare la frase.
“Senti, facciamo così: forse io non ho capito un cazzo e sto superando ogni limite. Tu lo rivuoi, e non provare a negarlo. Lui ti ha sempre voluta ma ovviamente ora crede di non avere più nessuna occasione.” spiega ogni concetto come se dall'altro lato del ricevitore ci fosse un bambino di quattro anni. “Claudio tra una decina di giorni ha un esame, ti sconsiglio di vederlo prima. Ma l'esame finirà, almeno credo, per le due del pomeriggio. Forse se ti trovasse sotto casa quel giorno potreste provare a parlarne di nuovo.”

Elisabetta ne rimane colpita da tutta quella intraprendenza. Non riesce a trovare un motivo per smentire ogni parte del suo piano, forse si è semplicemente sentita dire ciò che voleva.
“Ok, ok. Ma se invece non volesse parlarmi?” quella paura c'è, la sente appollaiata sulla bocca dello stomaco.
“Facciamo finta che tu non mi abbia chiesto questa cosa.” liquida con facilità Riccardo. “La promessa che però devi farmi è che parlerete sul serio. Niente “e se poi”, niente “potrebbe succedere”. Parlate delle cose concrete: quelle che sono successe e cosa provate per l'altro. Adesso è questo quello che conta. Se poi va male almeno non avrete rimpianti.” Riccardo lascia tutto il tempo necessario ad Elisabetta per comprendere a pieno tutti ciò che ha detto. Lo sa che vorrebbe ribattere, annullare ogni singolo sforzo, ma sa anche che è tutto ciò che voleva sentirsi dire.

Forse Riccardo non ha fatto altro che sbatterle in faccia la consapevolezza di starsi auto-sabotando e di aver generato centinaia di motivi per allontanarsi da Claudio pur avendone altrettanti per stargli accanto. Per la prima volta, forse nella sua vita, sente la pelle pizzicare convinta di dover fare qualcosa all'istante ma ripete nella sua testa che deve lasciargli spazio. Almeno fino al giorno dell'esame.
Nulla però le vieta il giorno dopo di contattare la sua psicologa che senza indugi la inserisce nuovamente nei suoi appuntamenti. La prima seduta è il giorno stesso, e dal momento che Elisabetta è un fiume in piena di parole e concetti la psicologa non si permette di interromperla e chiederle cosa l'ha spinta a tornare indietro. La terapista riesce a vedere negli occhi della sua paziente la voglia di analizzarsi che da tempo aveva perso. E' tutto relativamente incentrato su Claudio, ma senza che lei se ne renda conto sta parlando anche di rimettersi in piedi, cercarsi nuovamente un lavoro e provare a non piangersi addosso quando qualcosa non va nel verso giusto.

 

Veronica invece è preoccupata. E nonostante il marito cerchi di consolarla, il non riconoscere più Claudio la fa sentire disorientata. Si ritrova in questa situazione in cui vorrebbe rimproverarlo, e dargli uno scossone, ma al tempo stesso non ha nessun motivo per farlo.
Suo figlio passa ogni sua giornata chiuso nella sua stanza in completo silenzio, prevalentemente a studiare. Ogni tanto percepisce dei movimenti, poi lo vede uscire dalla stanza con lo sguardo disorientato. Come se dovesse ricordarsi cosa c'è oltre le quattro mura della sua stanza.
“Ciao tesoro...” sospira Veronica costringendo il figlio in un abbraccio stretto. “Come va lo studio?”
“Mamma, sto bene.” risponde Claudio con voce attutita dal maglioncino della madre.
“Ho fatto un'altra domanda.” rimprovera bonariamente scompigliando i capelli castani.
“Va tutto bene, sarò pronto per il giorno dell'esame. Per il resto, non mi va di parlarne.” Veronica lo stringe ancora più forte prima di lasciarlo definitivamente “Però lo sai che puoi farlo. Vero?”
Claudio annuisce per poi superarla.

 

Sono passati solo quattro giorni, anche se sembrano secoli. Non pensava di potersi mai ritrovare a fermare il prurito delle sue mani che vogliono scrivergli un messaggio, o ancora peggio scattare fuori da quella camera d'albergo per presentarsi sotto casa sua. Ma sa di dover aspettare. Tante volte Claudio ha dovuto aspettare i suoi tempi ed è giusto che anche Elisabetta ricambi il favore, ma soprattutto solo ora ne capisce l'importanza e le sensazioni che si provano stando da questa parte.

Un'altra cosa che ha imparato è sfruttare al cento per cento il suo rapporto con la sua terapeuta, sentendola quotidianamente anche se non ci sono sedute fissate. L'aveva sempre definita una debolezza non riuscire nemmeno ad aspettare la seduta successiva prima di riversare ogni sua emozione, invece ha riscoperto il piacere di chiedere aiuto, di sentirsi accolta da qualcuno che vuole semplicemente il suo bene.
Non lo definisce un vero e proprio cambiamento, sia perché c'è ancora molto su cui lavorare, sia perché non è la sua persona a essere cambiata, solo la prospettiva. Il suo umorismo è rimasto pungente e sarcastico, la sua spavalderia è ancora perfettamente amalgamata alla sua timidezza ma può vantare un pizzico di sicurezza in più.

E se da una parte non vede l'ora di parlare a Claudio, dall'altra non può che innervosirsi nel sentirsi dire che anche i suoi familiari meritano un chiarimento.
Non riesce neanche a ricordare l'ultima volta che si sono sentiti visto che sono venuti a mancare sia gli auguri di Natale che di Capodanno, segnale che anche loro si sono arresi. Ma quello che ha capito è che non devono necessariamente ricucire il rapporto o fare finta di niente, come dice la sua terapista “Hai semplicemente bisogno di definire ogni rapporto della tua vita.”, ed è stancante, e a volte Elisabetta ritorna in quei cupi pensieri per ricordarsi la facilità con cui una persona può andarsene, ma il problema è sempre stato un solo: Elisabetta non ha mai voluto andarsene.
“Va bene sentirsi sopraffatti, la differenza sta nel reagire.” sono le parole della sua terapeuta, e ammette di averle voluto ridere in faccia o darle uno schiaffo per la semplicità con cui ha detto quella frase.
Ma per l'ennesima volta Elisabetta si stupisce di se stessa e all'ottavo giorno, due giorni prima che le sia permesso di parlare con Claudio, si sveste di tutto punto per dirigersi verso quella che una volta era casa sua. Ha persino chiamato la sorella che stranamente non le ha fatto troppe domande.
L'arrivo è surreale. Non è sicura di avere ancora il diritto di usare il suo mazzo di chiavi o se sia meglio suonare il citofono, motivo per cui si siede sul gradino del portone e decide di aspettare che arrivi anche sua sorella.

“Ciao Giorgia.”
Se non avessero anche loro un rapporto complesso e difficile da definire, si sarebbero abbracciate. Ma non è così che loro si dimostrano affetto, Giorgia si limita a tenderle la mano e a fare un sorriso triste. “Ciao Eli.”

Quando sente il rumore familiare della chiave che apre la serratura, gli occhi di Elisabetta volano verso il basso per vedere all'istante una testolina grigia e pelosa strusciare contro l'intercapedine. Rimane sull'uscio ad accarezzare il suo gatto che, per mancanza di una vera madre, la mordicchia facendole fare versi di dolore. Finché non sente la sua voce.
Si guardano intensamente, quasi a volersi sfidare, ma Elisabetta si arrende quasi subito pronunciando tre semplici parole. “Voglio solo parlare.”
Si siedono tutti, quasi come se volessero ignorare la sua presenza mentre lei rimane in piedi appoggiata con il fondo della schiena al mobile della cucina. Sua sorella le offre un bicchiere d'acqua prima di sedersi sul divano accanto al loro padre.
“Io volevo chiedervi scusa.” è bastato questo breve preambolo per far sussultare sua madre e far sbarrare gli occhi al resto della famiglia. “Ho capito di non aver reso la situazione più facile e mi dispiace.”
Incredibilmente Elisabetta ha lo sguardo alto, alterna la sua visuale tra tutti le persone che sono davanti a lei chiaramente in attesa delle prossime parole.
“Questo non significa che rimangio tutto ciò che ho detto. Ultimamente non ho trovato altro che porte chiuse da parte vostra, mamma e papà. Mi sono sempre sentita sbagliata, fuori luogo e impossibilitata a esprimere ciò che davvero pensavo, perché poi vedevo le tue reazioni.” l'attenzione è rivolta tutta verso sua madre che ha un'espressione gelida e illeggibile, sicuramente vogliosa di urlare in tutte le lingue del mondo il suo disappunto e la lista di cose che ha sempre fatto in quella casa.
“E tu, papà, avrei voluto delle parole di conforto, o che quanto meno ti esponessi. Ma va bene, adesso ho capito come funziona e siccome la mia parte di ingranaggio non combacia con la vostra è giusto che rimaniamo a distanza. Però voglio essere sicura che dopo essere uscita da quella porta, finalmente, ci saremmo chiariti. Perché questo è ciò che la mia terapeuta mi ha insegnato.”
Cala il silenzio più totale, Elisabetta comprende solo quello della sorella che da quando convive non è più stata troppo presente nelle vicende familiari. Forse bastava questo, comincia a pensare, e subito si dipinge nella sua testa un'immagine idilliaca e utopica di lei e Claudio che condividono una casa tutta per loro.
“Hai sempre avuto modo di criticare questa famiglia, qualsiasi cosa facessimo.” esordisce finalmente sua madre che si alza per recuperare una sigaretta dal suo pacchetto per accenderla subito dopo.

Se non fosse una situazione particolare, Giorgia l'avrebbe già rimproverata di non fumare in casa.
“Ma non vuoi vedere le cose come stanno. Ho sempre cercato di darti tutto e insegnarti tutto ciò che impedisse agli altri di parlare di te e questo è quello che mi torna indietro. Una ragazzina ingrata e che si sente incompresa.”
“Forse quello che non hai mai capito è che a me, degli altri, non può importare di meno. Eri così concentrata nei tuoi obiettivi da non vedere la mia sofferenza. Ci tenevi così tanto a disegnare un'immagine di questa casa e di questa famiglia completamente distorta solo perché forse immaginavi un futuro diverso.” risponde pacatamente Elisabetta, anche se seguendo l'istinto starebbe già urlando e distruggendo quella stanza.
“A te non dà fastidio che io viva fuori casa, non ti manca la mia presenza. Sei solo preoccupata di ciò che dovresti rispondere nel caso qualcuno ti chiedesse di me. E questo fa male, ma sarebbe più sopportabile se tu riuscissi ad ammetterlo, come io sto ammettendo di non riuscire a mantenere un rapporto con voi. Non pensare che questo mi faccia stare bene.”
Il padre si schiarisce la voce proprio nel momento in cui sua madre è intenta a rispondere. Il suono è paragonabile ad un tuono durante la tempesta data la sua voce profonda.
“Visto che mi chiedi di espormi: lo farò. Credo sia davvero il caso di prendere le distanze, ma non perché non abbiamo il minimo affetto nei tuoi confronti. Anzi. Ma se stare vicini comporta tirare fuori il peggio di noi e di non rispondere delle nostre azioni allora sono d'accordo con quello che dici.”
Elisabetta non sa se sentirsi sollevata o in pieno panico. Se fosse un videogioco, da qualche parte negli angoli della schermata, si riuscirebbe a leggere il passo successivo da fare. Ma considerato che questo non è un videogioco, chi le dice come muoversi ora? E' considerato fallimento se uscisse dalla stanza?
“Aspettate un attimo, non era questo lo scopo.” si intromette Giulia, reagendo in maniera nervosa.
“Il mio scopo era di chiudere questa cosa una volta per tutte, qualsiasi fosse la vostra risposta. E forse in fondo non mi aspettavo niente di diverso.”
Riprende la borsa in mano, riallaccia il giubbotto e dopo aver accarezzato, forse per l'ultima volta, il piccolo felino di casa si dirige davanti alla porta. Ma non la apre prima di potersi togliere un ultimo sassolino nella scarpa.
“Qualcuno è riuscito a vedere qualcosa di bello in me, ma a causa delle vostre critiche e le liste di difetti che mi avete sempre affibbiato rischio di perderlo.” gli occhi formano una leggera patina acquosa prima di farla continuare. “Dico di rischiare, perché ci metterò tutta me stessa per non darvi ragione e riuscire ad averlo accanto a me.”
La madre sembra sul punto di far esplodere una risposta, prima che Elisabetta la preceda concludendo “Se ti chiedono dove sono finita, ti do il permesso di creare il miglior scenario possibile.” la porta si chiude con il solito tonfo.

Ora riesce a dire di sentirsi meglio, di aver detto tutto senza dare libero sfogo ad una rabbia che le avrebbe solo confuso le idee. Le viene in mente di mandare un breve messaggio alla terapista, spiegandole brevemente ciò che ha fatto e che analizzeranno il tutto nella prossima seduta.
Il passo successivo sarebbe trovarsi un lavoro, perché non potrà continuare a vivere in hotel ancora a lungo. Decide quindi di camminare senza una vera e propria destinazione, osservando qualsiasi attività in cerca di personale che possa fare al caso suo. Non ci sono troppi annunci e i pochi a cui chiede informazioni la liquidano lasciandole una mail dove poter inviare il suo curriculum e sebbene si senta sconfitta decide di tornare in albergo così da cominciare a inviarli. Non c'è tempo da perdere.
Alla reception il ragazzo che l'accoglie è lo stesso che ha intravisto Claudio entrare la notte di Capodanno e uscire la mattina dopo con una felpa nera striminzita addosso. Elisabetta prova ancora un po' di imbarazzo al ricordo delle spiegazioni che ha dovuto dare, ma lui la saluta con il solito sorriso cordiale.
“Come va oggi?” le chiede mentre le porge le chiavi della stanza senza nemmeno chiederle di ricordale il numero.
“Bene, un po' alla volta. Non ricordavo che cercare lavoro fosse così sfiancante...”
“E' arrivato il momento, eh? Non esaltarti troppo, ma credo che il direttore stia cercando personale ma non ancora in che posizione.” abbassa il tono della voce nel darle quell'informazione.
“Farei quasi qualsiasi cosa per essere assunta, dove posso mandarti il curriculum?”
La sua memoria muscolare fatica a registrare l'enorme sorriso che compare sulla faccia.


Si rende conto che il tempo passa con più facilità quando la sua testa e impegnata a qualcosa di più utile che l'autocommiserazione. Si sveglia quella mattina quasi scordandosi che è il giorno in cui Claudio ha l'esame. L'idea malsana di mandargli un messaggio di auguri è come una piccola nuvola passeggera. Minaccia di piovere, ma alla fine porta solo una brezza leggera.
Fuori però piove sul serio, ed Elisabetta prega con tutta se stessa che quella non sia un'anticipazione del responso di quella giornata. Manca ancora qualche ora ed Elisabetta impiega il tempo per fare una lunga e rigenerante doccia per poi far asciugare i capelli con un asciugamano chiuso intorno mentre modifica il suo curriculum e lo manda nella mail che l'è stata indicata.
Rende tutto più facile non dover pensare ad un abbigliamento in particolare e non si preoccupa nemmeno di truccarsi, quello che però inevitabilmente continua a fare è pensare a cosa dire. Capisce che la cosa più brutta che possa a accadere è che lui non le creda, e quello potrebbe essere il colpo di grazia. Viene ridestata dalla suoneria del cellulare: è Lorenzo che le fa gli auguri e che si raccomanda che lei non abbia cambiato idea nel corso dei giorni. Lo rassicura ringraziandolo ancora per l'incoraggiamento.

Esce di casa in largo anticipo e camminando sente le gambe diventare gelatina nonostante non si sia mai sentita così risoluta e convinta. Compie l'intero percorso a piedi così da smaltire l'ansia e far sì che il freddo circostante la faccia rimanere lucida.
Ha perso il conto di quante cose le passano per la testa, sicura che nessuna di quelle opzioni verrà mai presa in considerazione. Arrivare lì davanti le fa ripercorrere lo scorso Natale, evento che sembra lontano secoli. Si chiede se Claudio abbia mai trovato il suo regalo lasciato in macchina.
E' a un passo dalle file di bottoni del citofono condominiale quando un movimento alla sua sinistra la distrae. L'indice è ancora sospeso nell'aria quando vede Claudio chiudersi il portone con un grosso tonfo. Lei ancora pietrificata.
Non nega di avere ripensamenti, all'improvviso non ricorda nemmeno perché lo stia facendo e l'unica cosa che sembra poterla aiutare è sedersi in cerca di aria sul piccolo gradino del negozietto affianco.
“Ho bisogno di aiuto.” ammette con la voce che trema e gli occhi sgocciolanti.
“Elisabetta che succede?” poche volte ha sentito la sua terapeuta così preoccupata.
“Che cosa sto facendo? Perché ho potuto credere che presentarmi a casa sua fosse una buona idea? Probabilmente lui sta solo cercando di andare avanti e invece arrivo io a creare ancora più confusione.” Sente Paola sospirare, forse di sollievo.
“Che cosa abbiamo detto nella scorsa seduta? Questo incontro serve per far sì che tu sia onesta con te stessa e con Claudio. Lui merita di sapere cosa provi per lui e cosa sei disposta a fare per averlo accanto.” Le tornano così in mente gli occhi commossi dalla realizzazione dei suoi sentimenti di quel giorno.
“Sono proprio senza speranza, eh?” borbotta ironicamente, sorride ancora di iù quando sente il tono di rimprovero dall'altro capo del telefono.
“A piccoli passi, sei un essere umano che può commettere errori ma adesso sei pronta a porre rimedio.”
Con quelle parole a rimbombare nella testa si decide a suonare il citofono. “Sì?” domanda la voce femminile lievemente robotica di Veronica.
“Sono Elisabetta. Posso salire?”
“Ciao Eli... non mi sembra il momento adatto.” la sua voce tentenna, non è sicura di ciò che sta dicendo.
“Veronica, so di aver fatto un gran casino. Ne ho fatti tanti. Ma mi serve un'altra opportunità, e se dopo oggi non vorrà più vedermi mi dissolverò.” le parole fluiscono senza che lei debba pensarle, sicura di sé abbastanza da credere di averla convinta.
“Le tue intenzioni sono genuine, lo so, ma Claudio ades-” il rumore della serratura del portone il legno la distrae, Veronica non dice più nulla.
Non ha tempo di riflettere, spinge con forza il portone e nel tempo in cui deve ancora chiudersi Elisabetta ha già compiuto di corsa una rampa e mezzo di scale con le scale e avvampando dal caldo. Alla porta l'aspetta Franco, aggrotta leggermente le sopracciglia prima di arrivare davanti a lui riprendendo fiato.

“Tu l'hai distrutto e tu lo ricomponi. Non mi fare pentire di questa scelta.” sancisce duro.
Elisabetta annuisce lentamente con un residuo di affanno ed entrando in casa oltre al calore l'accoglie Veronica a braccia conserte e uno sguardo indecifrabile.
Claudio dev'essere in camera sua perché non nota alcuna altra presenza. Bussa un paio di volte alla sua porta, Veronica e Franco sono spariti dalla sua vista.
“Mi cambio e vengo a mangiare.” sono le uniche parole che pronuncia.
Non ha il coraggio di annunciarsi ma non ne ha il bisogno nel momento in cui Claudio spalanca la porta, e insieme a questa le palpebre. Il tonfo della porta che si richiude la fa sobbalzare.
“Claudio ho bisogno di parlarti.” Sembra passare un'eternità dalla risposta.
“Pensavo l'avessimo già fatto, non credo sentirei qualcosa di nuovo.”
Cosa pensi adesso Riccardo? Lo chiamerebbe in quell'istante solo per dimostrarle che aveva ragione.
“Quello che ho detto era vero, ogni parola. Ciò che non sai è che dopo essertene andato tutti quei pensieri che tu odi sono tornati a mangiarmi la testa.” comincia mentre si spoglia del giubbotto e sedendosi sulle sue stesse gambe di fronte alla porta ancora chiusa. “Non te lo sto dicendo per farti pena o altro, però se non sono riuscita ad andare oltre a un piccolo graffio è perché poi ho pensato a te. E il solo pensiero di ferirti ulteriormente mi ha fermato da ciò che stavo facendo, e per la prima volta ho creduto davvero che ci fosse un'alternativa. Sai che ho ricominciato ad andare dalla psicologa? E' stato tutto frenetico e improvviso, tutto a un tratto avevo voglia di rialzarmi in piedi, ricominciare ad essere una persona e non materia che vaga.”

Nel momento in cui smette di parlare si rende conto del silenzio totale che regna in casa.
“Soprattutto sto cominciando a capire che chiedere aiuto non è una debolezza, che se ho bisogno di appoggiarmi a qualcuno è perché sto effettivamente vivendo. E vorrei che tu fossi accanto a me perché starti accanto quella notte, assicurarmi che tu stessi bene, è stata la sensazione migliore mai provata.”
“Cosa ti fa pensare che questo possa bastare? Che io voglia avere ancora a che fare con te?”
Claudio deve essere appena appoggiato alla porta, la voce è bassa ma è abbastanza vicino da farsi sentire.
“Perché questa volta tu non sarai una cura. Non ti dovrai fermare per far sì che io possa raggiungerti. Cammineremo insieme.”
Si sente così melensa, degna di qualsiasi film di Natale. Elisabetta appoggia la mano delicata sulla maniglia, la abbassa lentamente per dare il tempo a Claudio di capire le sue intenzioni e di fermala nel caso le sue parole non siano bastate.
Quando lo vede, seppur nella penombra della stanza, il suo cuore pompa ad una velocità quasi preoccupante.
“Mi dispiace essermi resa conto della tua importanza solo quando ti ho perso, non è questo quello che meriti. E sicuramente questo è solo l'inizio, sbaglierò ancora con l'unica differenza che questa volta sono forte abbastanza da riprovarci.
“Pensi che avrò tutta questa pazienza?” ribatte impassibile, l'unico movimento che Elisabetta riesce a rilevare è la sua mano destra che si muove in maniera nervosa. Solo in quel momento lei si priva di qualsiasi inibizione.
“Tu sei stato il solo ad affermare fortemente che io avessi un valore. Piuttosto che sottolineare le cose che andavano male o i miei cattivi atteggiamenti hai sempre e solo cercato di guidarmi verso una direzione che portasse a una soluzione. Io non sto dando per scontato la tua presenza, ho semplicemente imparato che con i giusti tempi tutti siamo in grado di riprendere il filo delle nostre vite.” Elisabetta si sente così sopraffatta e allo stesso tempo con la situazione in mano. La sua testa gira per tutto ciò che sta provando e anche se non sa a cosa stia pensando Claudio si sente improvvisamente più leggera e serena.
“Non sono venuta qui per convincerti, ma per permetterti di andare avanti perché è quello che d'ora in avanti farò anch'io. Non accetterò più che qualcuno oscuri se stesso o soffra solo perché io sono stata troppo cieca per vedere tutto intorno a me sfaldarsi.”
Tutto ciò che fa dopo è semplicemente osservarlo nella sua posa ed espressione imperscrutabile. Il suo inconscio vorrebbe scuotergli fuori dal corpo una risposta ma sa di non avere il diritto di forzarlo a parlare. Decide quindi di lasciargli spazio, raccogliere da terra il suo giubbotto insieme alla borsa e ringraziare Franco e Veronica per l'ennesimo atto di fede.

Si trova accanto alla porta di casa con entrambi i genitori ad osservarla con curiosità, incapaci di capire quale sia l'esito della loro conversazione. Elisabetta non ha il tempo di rispondere e se le braccia di Claudio non l'avessero completamente avvolta facendole cadere ogni cosa dalle mani, sarebbe riuscita a notare un sorriso timido sul volto di Franco. Rimane immobile a godere di quel calore che la circonda assieme al respiro leggermente affannato che sbatte ritmicamente tra i suoi capelli castani. Rimarrebbe così per sempre, anche se non sa questo abbraccio cosa possa significare.
Trova lo spazio per girarsi e abbracciarlo di conseguenza. Spinge forte le dita sui suoi vestiti incurante se possa provare dolore e sospira forte.

“Scusa se per un attimo ho creduto che non potessi farcela.” le sussurra dolcemente.

Tipico di Claudio chiedere scusa anche quando non ha nessuna colpa.

“Scusa se non ho avuto abbastanza fiducia in te da crederti.”



Ma io davvero sto aggiornando dopo più di un anno? Con che coraggio poi.
Comunque nel caso vi foste dimenticati di me: piacere sono una ritardataria cronaca e con così poca fiducia in se stessa da dovermi convincere ogni volta che questa storia merita una fine. 
A parte gli scherzi, non ho giustificazioni se non per gli ultimi mesi ma, ehi, ho caambiato lavoro lasciando un indeterminato "solo" perché rischiavo un esaurimento nervoso! ( vi faccio un po' di pena?)
Torno anche frescamente reduce ( si dice?) dalla conoscenza di un Claudio che non era minimamente simile al personaggio che ho creato io. Ovviamente. Eh va beh.
Ogni tanto vi ho osservato, quindi so che qualcuno mi ha letta e di questo sono molto grata. E forse il fatto di non avere molto seguito è un bene perché avrei deluso veramente tanto le vostre aspettative. Invece visto che non sono nelle priorità di nessuno posso portare a termine questa storia senza alcuna pressione.

Grazie per l'attezione e per chi è ancora curioso dell'epilogo di questa storia, beh forse riesco a terminarla prima che la Terra imploda o venga sommersa dalle acque. Saluti!

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