Lacrime di ghiaccio II

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Questa è una storia tradotta in italiano dallo spagnolo. Tutte le info subito qui sotto.
 
Titolo originale: Lágrimas de hielo 2
 
Ciao a tutti ^^ ecco il sequel di Lacrime di ghiaccio, spero possa piacervi.
 
Il rating della storia originale è arancione, anche se a me, dato i contenuti, sembra più rosso XD facciamo che è un arancione rinforzato...quindi attenzione, birichine amanti delle scene hot (come me d'altronde!). Inoltre il rating non rosso consente anche a chi non è registrato di leggere, e mi fa piacere...ma vi invito a iscrivervi e, perché no, lasciare una vostra impressione!
 
Grazie e buona lettura.
 
 
 
Erano quasi le undici del mattino, ma grazie alle fitte tende la camera da letto era al buio e non faceva troppo caldo.
Si girò nel letto, solo per scoprire che Kaede non era più con lui.
 
“Quella volpe...non sa cosa significa essere in vacanza”
 
Dopo mesi di faticosi allenamenti, partite di qualificazione, trasferte e play-off, la stagione del campionato ACB* in cui entrambi giocavano era finalmente finita. Ma quell'anno, invece di tornare in Giappone per qualche settimana per riposare e rivedere gli amici, avevano deciso di prendere una casetta sulla costa e trascorrere l'estate lì. La verità era che da quando la stampa giapponese aveva pubblicato una storia falsa che gli era quasi costata la sua relazione con Kaede, oltre a causare al marito una ricaduta e un fortissimo attacco d'ansia, Hanamichi non aveva alcun desiderio di tornare al suo paese.
 
Il luogo scelto per ricaricare le batterie era l'isola di Maiorca, in particolare una piccola e tranquilla cittadina chiamata Sa Rapita, composta per lo più da chalet unifamiliari, dove non si potevano costruire alberghi pur avendo nelle vicinanze delle belle spiagge. Nell'intera zona c'erano pochi bar e ristoranti e una discoteca, e a malapena passavano auto per strada, perlopiù bambini in bicicletta. Era quasi il paradiso.
 
Sbadigliò e si stirò sul letto. Poi piantò gli occhi sul piccolo calendario da parete appeso a lato della stanza. Anche se la data non era marcata, era sicuro che non l'avrebbe dimenticato.
 
Quel giorno era da un anno che erano sposati.
 
Chi gli avrebbe detto, alla fine del primo anno di liceo, in seguito a mesi di lotte e odio irrazionale da parte sua, che dodici anni dopo sarebbe stato felicemente sposato con Kaede Rukawa?
 
E tutto grazie al paese in cui si trovavano, la Spagna, che aveva concesso loro la cittadinanza e il diritto a sposarsi lì, dove per unirsi in matrimonio non importava il sesso delle persone ma solo che si amassero.
 
-Come noi- pensò Hanamichi sorridendo. In dodici anni ne avevano trascorso uno solo da separati, quando, dopo aver terminato gli studi presso l'università di Philadelphia negli Stati Uniti – Kaede in architettura e Hanamichi come insegnante – e dopo cinque anni spettacolari trascorsi a giocare nella NCAA – il primo aveva firmato con i Boston Celtics e il secondo con i Winterthur FC Barcellona. Kaede era stato quello che aveva preso peggio la separazione, e la stagione successiva, grazie a Yohei, ora manager di entrambi, era riuscito ad entrare nei DKV Joventut, una squadra molto vicina a quella di Hanamichi, e oltre ad essere entrambi nell'ACB, le squadre avevano la loro sede nella stessa provincia, Barcellona.
 
Un rumore interruppe i suoi ricordi. Era il suono dell'acqua che scorreva; proveniva dal cortile, quindi Hanamichi seppe che Kaede era tornato dal suo allenamenti mattutino e si stava facendo la doccia con il tubo esterno.
Solo immaginando il suo amato nudo e con l'acqua che correva lungo la sua pelle, il corpo di Hanamichi iniziò a reagire. Pur essendo insieme da tanto tempo, la passione che sentivano l'uno per l'altro non era diminuita neanche un po'. In quel momento anche Hanamichi era nudo proprio perché avevano passato la maggior parte della notte a fare l'amore.
 
Poco dopo, sentì dei rumori in cucina e un'idea gli passò per la mente. Si alzò dal letto senza emettere un suono, e più silenziosamente che poté, uscì e si diresse in cucina in punta di piedi, dove la sua volpe con i capelli bagnati, in maglietta e mutande, stava preparando la colazione. Quando lo raggiunse, lo abbracciò in vita, attirandolo a sé con forza; Kaede sussultò sbalordito e lasciò cadere il coltello con cui stava spalmando del burro sul pane tostato.
 
“Buongiorno” rise Hanamichi.
 
“Certo...mi hai fatto prendere un colpo” disse Kaede sorridendo.
 
“Buon anniversario, mio amore...” gli sussurrò all'orecchio.
 
“Buon anniversario, Hana...”

Kaede provò a voltarsi per guardarlo in faccia, ma il suo doaho non glielo permise.
 
“Che stai...?” si fermò quando si accorse dell'erezione nuda di Hanamichi che si strofinava sulle sue natiche, e il rossore inondò le sue guance.
 
“Qualcosa non va, volpe?” chiese beffardo.
 
“No...ah!” gemette quando la mano di Hanamichi lo accarezzò sopra le mutande.
 
“Ti piace?”

“Sì...”
 
Hanamichi continuò a massaggiarlo, sempre più forte, mentre con l'altra mano continuava a tenerlo stretto per la vita. Dopo pochi minuto, compiaciuto dai gemiti più intensi che gli stava causando, lo lasciò un momento per abbassargli le mutande, che caddero ai suoi piedi.
 
Incoraggiato da Hanamichi, che premeva con un ginocchio, Kaede tirò fuori un piede dalle mutande e allargò le gambe mentre appoggiava un gomito sul bancone e si chinava. Hanamichi si leccò due dita e le inserì delicatamente in lui per prepararlo, mentre Kaede iniziava a masturbarsi.
 
“Subito...” ansimò dopo pochi minuti.
 
Hanamichi non si fece pregare, tirò fuori le dita e, afferrandolo per un fianco, lo penetrò lentamente. Dovette usare tutta la sua forza di non volontà per non prenderlo selvaggiamente e ferirla, perché la posizione lo incoraggiava parecchio. Si trattenne il più possibile e dopo diverse spinte raggiunse l'orgasmo; senza uscire, si chinò sulla sua schiena, spinse via la mano di Kaede e continuò a masturbarlo fino a farlo terminare.
Caddero a terra semi abbracciati, sudando e respirando faticosamente.
 
“Mi ero appena fatto la doccia...” si lamentò Kaede con una smorfia divertita.
 
“Beh, adesso la rifacciamo insieme...” disse Hanamichi leccandogli il collo.
 
“Andiamo, ho già preparato la colazione”

Kaede si alzò per prima e aiutò Hanamichi a fare lo stesso. Uscirono dalla porta della cucina, che si affacciava direttamente in cortile, dove Kaede finì di spogliarsi togliendosi la camicia. Srotolò il tubo di nuovo e senza avvertire avviò il rubinetto dell'acqua fredda, puntando direttamente sulla testa di Hanamichi.
 
“ARGH!” gridò Hanamichi cercando di deviare il getto con le mani, “è freddissima!”
 
Kaede scoppiò a ridere mentre continuava a puntarlo.
 
“Dannata volpe!”

“È la mia vendetta per lo spavento che mi hai provocato prima!” rise. Hanamichi riuscì ad avanzare verso di lui attraverso l'acqua e iniziò una lotta per ottenere il controllo del tubo flessibile. Dopo diversi minuti di lotta, risate e baci, riuscirono a farsi la doccia e poi andarono a fare colazione.
 
^ ^ ^ ^
 
L'usanza spagnola alla quale si erano adattati meglio era la siesta estiva. E a Sa Rapita sembrava un atto sacro: tra le quattro e le cinque del pomeriggio non si sentiva anima viva per strada. Naturalmente, il più felice di obbedire a quell'usanza era Kaede.
 
Erano già le cinque e mezza quando Hanamichi si svegliò e, disposto a rischiare di ricevere uno schiaffo, scosse dolcemente Kaede.
 
“Che facciamo questo pomeriggio?” gli chiese, “ti va di andare in spiaggia?”
 
“Ok...” mormorò Kaede, stiracchiandosi, “dove?”

“A Sa Rapita, a Ses Covetes...non importa, quella che preferisci”
 
“Perché non a Es Trenc?”
 
“Quella nudista?” esclamò, “assolutamente no!”
 
“Perché no?” rise la volpe.
 
“Attiriamo già troppa attenzione in costume da bagno per andarci addirittura nudi...”
 
“Dai, la verità è che ti vergogni...”

Ma il doaho aveva ragione. Due orientali di un metro e novanta, uno dei quali con i capelli tinti rosso fuoco, non passavano esattamente inosservati. Erano lì da due settimane e finora la stampa non li aveva ancora scoperti, ma se fosse successo, sarebbe stato meglio non farsi sorprendere nudi sulla spiaggia. La stampa spagnola poi era molto sensazionalista e sicuramente, se fossero usciti in copertina, i loro club non l'avrebbero trovato divertente.
 
“E se andiamo a Colonia Sant Jordi?” chiese Hanamichi.
 
“È troppo lontano per la bicicletta” obiettò Kaede.
 
“Beh, andiamo in macchina”
 
Kaede fece una faccia disgustata. Odiava andare in auto se non era assolutamente necessario, Hanamichi lo sapeva e insisteva sempre.
 
“Non fare quella faccia” si lamentò Hanamichi.
 
“Sai che non mi piace andare in macchina”

“Meglio dire che hai paura...”

“Non è vero!” esclamò.
 
“Ah no? Allora spiegami perché a 28 anni non hai ancora preso la patente”

“Lasciami stare”

Kaede si alzò dal letto ma Hanamichi in un rapido movimento lo fece ricadere di nuovo e si mise sopra di lui.
 
“Non arrabbiarti, per favore” chiese con la sua migliore espressione di agnello al macello, alla quale sapeva che Kaede non avrebbe resistito, “oggi andiamo con la macchina al mare, per il resto della settimana faremo quello che vuoi ogni giorno”

“È sabato...” grugnì Kaede cercando di rimanere arrabbiato, ma il suo mezzo sorriso lo tradì.
 
“Beh dovrai approfittare di domani...” sorrise Hanamichi.
 
“Ne approfitto adesso”
 
Dopo un bacio furioso, entrambi si alzarono e si misero il costume da bagno con sopra una maglietta. Uscirono di casa ed entrarono nel garage, dove li attendeva la nuovissima Audi, orgoglio di Hanamichi, e che nonostante le lamentele di Kaede guidò con troppa eccitazione, arrivando dieci minuti dopo a Colonia Sant Jordi, una città vicina e più grande oltre che molto più turistica di Sa Rapita.
La spiaggia di Colonia Sant Jordi, come tutte quelle della zona, era straripante. Riuscirono però a trovare un buco e dopo essersi spalmati la crema a vicenda, approfittandone per mettersi le mani addosso, si sdraiarono sugli asciugamani a prendere il sole.
 
“Stasera andiamo a cenare al Ca'n Pep per festeggiare il nostro anniversario?” chiese Hanamichi sollevandosi un po' fino a mettersi seduto.
 
“Mmh...” mormorò Kaede, a faccia in giù sull'asciugamano. Hanamichi lo guardò per un momento e si trovò a invidiare la volpe già più abbronzata di lui. Poi si guardò intorno per la spiaggia e si fermò su una coppia maiorchina, un uomo e una donna sulla trentina, che parlavano e giocavano con i loro bambini sulla sabbia vicino a dove erano loro.
 
Osservò i bambini incantato. La bambina doveva avere circa quattro anni e il bambino sette.
Avvertì una fitta al petto ricordando che non avrebbe potuto avere figli biologici con Kaede, ma lo amava troppo per rinunciare a lui per quel motivo. Inoltre c'era sempre l'adozione, da quando in Spagna era stata approvata la legge sull'uguaglianza tra matrimoni eterosessuali e omosessuali, non avrebbero avuto problemi per quello.
 
Guardò di nuovo suo marito, che ancora sonnecchiava ignaro dei suoi pensieri, e provò l'improvviso bisogno di proporlo.
 
“Kae...”

“Mmh...”

“Che ne dici se adottiamo un bambino?”
 
Dalla sua posizione Hanamichi non lo vide, ma Kaede spalancò gli occhi. Rimase immobile per un momento, poi si voltò e si mise a sedere, guardandolo sconcertato.
 
“Come...?” balbettò.
 
“Mi hai sentito” disse Hanamichi con calma.
 
“M-ma...da dove ti è venuta quest'idea?”

“Dal fatto che voglio essere padre”
 
Kaede continuò a fissarlo per un momento senza dire nulla, poi guardò il mare.
 
“Lo so” sussurrò.
 
Hanamichi non si sorprese. “E tu?” chiese speranzoso, “vuoi essere padre?”
 
Kaede tardò a rispondere. Hanamichi iniziò a temere, ma con suo sollievo vide il marito che lentamente sorrise.
 
“Sì...” mormorò infine. Poi il suo sorriso si allargò. “Sì, lo vorrei...”
 
Hanamichi non si trattenne e lo abbracciò forte.
 
“Grazie...” gli sussurrò all'orecchio.
 
“Non ringraziarmi...” disse Kaede ricambiando l'abbraccio, “credi che saremo buoni genitori?”

“Certo che sì...saremo i migliori”.
 
 
 
*La Liga ACB è la massima divisione del campionato di basket spagnolo.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Il ristorante Ca'n Pepe si trovava sul lungomare. Furono fortunati e nonostante fosse abbastanza pieno riuscirono a trovare posto in terrazza. Per tutta la cena non smisero di parlare della decisione che avevano preso ore prima.
 
“Tu cosa preferiresti, un maschio o una femmina?” chiese Hanamichi.
 
“Non lo so...sono così diversi...” rispose Kaede.
 
“E se adottassimo un maschio e una femmina?”

“Ehi ehi, con calma...”
 
Hanamichi rise e guardò il mare, così buio a quell'ora che si confondeva con il cielo nero. Si fece improvvisamente serio.
 
“Se è una femmine, mi piacerebbe chiamarla Sayuri, come mia madre...” mormorò.
 
La madre di Hanamichi era morta quattro anni prima per un cancro fulminante. Era normale che ogni volta che pensasse a lei il giovane si intristisse, soprattutto perché non aveva potuto stare al suo fianco per tutto il tempo che avrebbe voluto.
 
“Va bene” mormorò Kaede.
 
“Se è maschio, scegli tu il nome” disse Hanamichi guardandolo di nuovo sorridendo, ma ancora tristemente.
 
“Eike...” disse il marito con lo stesso sorriso.
 
“Va bene...”
 
^ ^ ^ ^
 
Dopo cena tornarono a casa passeggiando. Il ristorante dove erano andati a festeggiare il loro anniversario non era molto lontano, per questo ci erano andati a piedi. In realtà in quella piccola urbanizzazione nessun luogo era granché lontano da un altro.
Non appena entrati in camera, Kaede si lanciò letteralmente su Hanamichi, facendolo cadere sul letto.
 
“E ora?” chiese perplesso Hanamichi, ma ugualmente deliziato dallo sfogo appassionato della sua volpe.
 
“È mezzanotte passata” disse Kaede, “quindi è già domenica...”
 
Dicendo ciò, Kaede si strofinò contro Hanamichi, provocando una rapida reazione da parte di entrambi. Hanamichi gemette piano.
 
“E stanotte faremo quello che voglio...” continuò con un sorriso malizioso.
 
“Mmh...” Hanamichi gemette di nuovo, “vedremo...”
 
Kaede prese le sue labbra possessivamente, leccandole e mordendole, strappando ulteriori gemiti a suo marito, sorpreso e allo stesso tempo compiaciuto del suo atteggiamento che quasi non si rese conto di aver alzato le braccia appoggiando le mani quasi a toccare la testiera in ferro battuto del letto, finché non sentì qualcosa di freddo contro il polso e uno strano 'clic'.
 
“Ma cosa...?” troppo tardi, si udì subito un altro 'clic'.
 
“Eravamo d'accordo che stanotte avremmo fatto quello che voglio io” sorrise la volpe, sedendosi sulle sue cosce.
 
Hanamichi provò ad abbassare le braccia ma qualcosa di freddo e metallico glielo impedì, gettò indietro la testa più che poté e vide che c'erano davvero delle manette intorno ai suoi polsi che lo legavano a una delle sbarre del letto.
 
“Dove le hai prese?!” esclamò, lottando inutilmente per liberarsi.
 
“Dal nostro vicino Joan, il poliziotto” il sorriso di Kaede non scomparve.
 
“Te le ha lasciate così?!” chiese Hanamichi sorpreso.
 
“Abbiamo fatto un piccolo accordo...”

“Che accordo?”

“Un pallone e una maglia autografati per suo figlio in cambio delle manette per stanotte”
 
Le guance di Hanamichi divennero di un rosso acceso mentre immaginava a cosa poteva aver pensato Joan di loro.
 
“E vi siete capiti?” chiese, ricordandosi delle difficoltà che entrambi avevano con la lingua.
 
“La lingua dei segni è internazionale...”

Stanco di parlare, Kaede decise di agire. Si inclinò sopra il marito e con uno strattone gli sbottonò la camicia, facendo saltare diversi bottoni, scoprendo il suo torso perfetto e i suoi addominali ben marcati.
 
“Ehi!” si lamentò Hanamichi divertito, “quella camicia mi piaceva molto!”
 
“Ne hai altre cinque uguali...” disse Kaede prima di iniziare a mordergli i capezzoli senza pietà.
 
Hanamichi era sempre più eccitato. Non era molto abituale che Kaede prendesse l'iniziativa così, ma quando succedeva, doveva ammettere che non gli importava affatto di essere il passivo. Ed evidentemente quella notte lo sarebbe stato.
 
Dopo diversi minuti di tortura, Kaede abbandonò i suoi capezzoli per scendere molto lentamente lungo l'addome, con piccoli morsi e leccate. Quando raggiunse l'ombelico vi immerse la lingua, disegnando movimenti circolari. Hanamichi inarcò la schiena preso dal puro piacere, la sua erezione cercava di forare il tessuto dei pantaloni.
 
“Vo-volpe...aah...” gemette senza sosta.
 
Senza lasciare il suo ombelico, Kaede sbottonò i propri pantaloni e quelli del marito. Poi fermò le sue umide carezze per alzarsi un po' e togliersi la camicia sensualmente.
 
“Mmh...per fortuna mi hai legato...” grugnì Hanamichi maliziosamente.
 
“Lo so” disse Kaede.
 
Lanciò la camicia dall'altra parte della stanza e abbassò i pantaloni di Hanamichi insieme ai boxer blu che indossava, lasciando scoperto il suo membro gonfio. Kaede si chinò di nuovo e Hanamichi, pensando che gli avrebbe fatto una fellatio, chiuse gli occhi per godersi maggiormente la carezza intima. Le sue labbra bagnate invece viaggiarono all'interno delle sue cosce, depositando piccoli baci sulla sua pelle bruna. Non che non gli piacesse, ma non era quello che voleva.
 
“Kae...non essere cattivo...dai...” ansimò, inarcandosi.
 
Ma Kaede lo ignorò e continuò a baciare le pelle intorno al suo sesso, senza mai toccarlo.
 
“Kae...per favore...” gemette sull'orlo della follia.
 
Alla fine Kaede acconsentì alla sua richiesta e di colpo avvolse il suo membro con la bocca, provocando un forte sussulto di Hanamichi.
 
Le labbra di Kaede iniziarono a scivolare rapidamente sopra il glande, fermandosi di tanto in tanto con piccole leccate. L'unica cosa che Hanamichi riusciva a pensare era che voleva liberarsi per tenergli la testa con le mani e obbligarlo ad andare più in profondità. Quando Kaede notò che Hanamichi stava cercando di liberarsi, si fermò.
 
“Non fermarti!” esclamò.
 
Kaede lo guardò divertito mentre si toglieva i pantaloni e i boxer bianchi. Poi si sdraiò su di lui finché le sue labbra non furono sul lobo del suo orecchio, e nel contempo si allungò verso il comodino per recuperare il tubetto di lubrificante.
 
“Non osare darmi ordini...” sussurrò fintamente arrabbiato.
 
Si staccò di nuovo, gli occhi fissi su di lui, e spalmò sia il proprio membro che due dita con il freddo unguento. Rimise il tubetto sul comodino e delicatamente cominciò a preparare Hanamichi. Non poteva comunque evitargli un po' di dolore, dato che non era così abituato come lui.
 
“Pronto?” chiese dopo qualche minuto.
 
Hanamichi annuì e Kaede si sistemò tra le sue gambe per penetrarlo. Lentamente entrò completamente in lui, poi riuscì e rientrò, ogni volta con più forza. Hanamichi sospirò e gemette, non solo per l'invasione nel suo corpo ma anche perché il suo sesso era intrappolato tra i loro ventri e la frizione lo stava facendo impazzire.
 
Kaede appoggiò i palmi delle mani su entrambi i lati della testa di Hanamichi, investendolo e guardando compiaciuto il volto estatico del suo doaho, con gli occhi castani serrati.
 
Pochi minuti bastarono ad Hanamichi per esplodere di piacere. Kaede notò il corpo di Hanamichi tendersi insieme all'umidità tra i loro addomi. Inclinandosi su di lui per leccargli il lobo dell'orecchio mentre spingeva ancora più forte, poco dopo anche lui finì con un orgasmo sconvolgente.
 
Uscì con cautela e cadde dolcemente su di lui, con la testa appoggiata sul suo petto, notando il suo respiro agitato come il proprio. Rimasero immobili per alcuni secondi, a riprendersi, quando Hanamichi si preoccupò che la volpe si addormentasse.
 
“E-ehi, volpe...non addormentarti, devi liberarmi...”

“Mmh...” mugugnò lui in risposta.
 
“Kaede!” esclamò inarcandosi di colpo in modo che Kaede quasi non rotolò giù dal letto.
 
“Va bene, va bene...” sorrise, mettendosi a sedere. Improvvisamente il suo viso mutò. “Oh merda...”
 
“Cosa?”

“Ho chiesto a Joan le manette, ma ho dimenticato di chiedere la chiave...”

Hanamichi guardò Kaede per un momento, vedendolo grattarsi la testa come a dire, 'Come sono sbadato'.
 
“COSA?!” gridò infine con la faccia sconvolta.
 
Kaede però aprì il cassetto del comodino, tirandone fuori una piccola chiave d'argento.
 
“Scherzavo” disse facendo oscillare la chiave davanti a sé, cercando di trattenere le risate.
 
“Ma sei...!”

Dopo una serie di, 'maledetto' e 'stupida volpe', Kaede finalmente si avvicinò ai polsi di Hanamichi con la chiave e aprì le manette, liberandolo. Hanamichi si raddrizzò, accarezzandosi i polsi mentre Kaede lasciava le manette e la chiave dentro il cassetto.
 
“Ti hanno fatto male le...?”

Ma Kaede non riuscì a finire la domande, perché non appena si girò, Hanamichi con un rapido movimento lo prese per le spalle e lo gettò supino sul letto, mettendosi sopra di lui, senza dargli il tempo di reagire gli bloccò le braccia ed entrò in lui in un colpo solo.
 
“Ah!” gridò Kaede, gettando la testa indietro e chiudendo gli occhi.
 
“Pensavi che la notte terminasse qui...?” soffiò Hanamichi nel suo orecchio.
 
Kaede non poté rispondere, perché le violente spinte di Hanamichi lo lasciarono senza fiato.
 
“Mi vendicherò per le manette...” continuò a sussurrargli, “non potrai sederti per una settimana...”

Un gemito strozzato sfuggì dalle labbra di Kaede.
 
Ma il ritmo frenetico che Hanamichi aveva imposto gli richiesero qualche altro minuto per un secondo orgasmo, poi si gettò esausto sopra di lui, schiacciandolo con il suo peso, che era abbastanza superiore.
 
Rimasero fermi per un po', Hanamichi perché dopo due orgasmi aveva la testa un po' obnubilata, Kaede perché era troppo dolorante per sposarsi.
 
Quando Hanamichi si schiarì, iniziò a pensare che forse aveva esagerato un po', soprattutto notando che Kaede era rimasto completamente immobile sotto di lui.
 
“Kae, stai bene?” chiese, raddrizzandosi un po' e guardando i suoi occhi chiusi.
 
Gli occhi blu si aprirono e Hanamichi fu sorpreso di vedere la sua espressione arrabbiata. Kaede si tolse Hanamichi di dosso con uno spintone e scese dal letto pronto a lasciare la stanza, ma il braccio destro di Hanamichi lo fermò.
 
“Kae, scusa!” esclamò, “ti ho fatto male, vero?”

“Certo che mi hai fatto male, doaho!” Kaede si divincolò dalla sua presa con uno strattone, “ma non è questo!”

“E allora...?”

“Allora, hai rotto l'accordo!”, quando vide l'espressione sconcertata di Hanamichi, aggiunse, “dovevi solo lasciarmi questa notte! Solo una notte! Ma come sempre alla fine hai dovuto dominare la situazione!”
 
Hanamichi non seppe cosa dire, quindi Kaede si infilò le mutande più rapidamente che poté per quanto il suo fondoschiena glielo permetteva e uscì dalla stanza sbattendo la porta. Hanamichi rimase immobile per alcuni secondi, poi anche lui si rimise i boxer e andò a cercare la sua volpe. Ma prima prese qualcosa dal comodino.
 
Lo trovò disteso sul divano in soggiorno, con il telecomando in mano sul punto di accendere la tv. Ma Hanamichi si inginocchiò davanti a lui, impedendogli di vedere lo schermo.
 
“Mi dispiace...”

Kaede si strinse nelle spalle, lasciò cadere il telecomando, chiuse gli occhi e si sistemò ulteriormente sul divano.
 
“Intendi dormire qui?”

“...”
 
“Come desideri”
 
Kaede spalancò immediatamente gli occhi sentendo un 'clic'. Il doaho aveva legato il suo polso sinistro al proprio destro.
 
“Che stai facendo?!” esclamò sconcertato.
 
“Se dormi qui, lo farò anch'io” disse con uno dei suoi speciali sorrisi calorosi capaci di scioglierlo.
 
Kaede sospirò, sorridendo leggermente. Era impossibile rimanere molto tempo arrabbiato con lui.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Il suono della televisione era un po' distante, ma abbastanza alto da sentire le notizie mentre lavava i piatti. Finì di sciacquare alcuni bicchieri e quando andò a posarli sopra lo scolapiatti, un doloroso pizzico al sedere gli fece esclamare un piccolo gemito. Kaede gli stava facendo ben pagare la notte del loro anniversario: una settimana da passivo e tutte le faccende domestiche erano la 'punizione' che la volpe gli aveva imposto come requisito indispensabile per ottenere pienamente il suo perdono.
 
Il telefono squillò. Hanamichi non si mosse pensando che Kaede in soggiorno avrebbe risposto, ma dopo parecchi squilli cominciò a dubitarne.
 
“Kae!” gridò girandosi, “rispondi tu?”
 
Nessuno gli rispose e il telefono continuò a squillare.
 
“Kaedeee!” gridò di nuovo.
 
Nessuna risposta. Hanamichi si asciugò rapidamente le mani con un panno e corse in soggiorno. Vide che Kaede era addormentato sul divano per la siesta, neanche i fastidiosi squilli lo avevano svegliato. Con il costume da bagno e una canotta, la sua piccola volpe sembrava adorabilmente più giovane.
Con una mano Hanamichi prese il telefono e con l'altra afferrò un cuscino dall'altro divano e lo lanciò in faccia a Kaede. Pensava che non si sarebbe svegliato neanche in quel caso, ma stranamente la volpe si alzò e si mise a sedere, con un'espressione poche amichevole. Stava per dirgliene quattro ma si fermò quando vide che era al telefono.
 
“Sì...sì, sono io...” disse Hanamichi in inglese. La sua faccia inizialmente perplessa si trasformò in un sorriso allegro. “Sul serio? Quando? Sì, sì, va bene...certo, ci saremo...arrivederci”
 
“Chi era?” chiese Kaede incuriosito appena riattaccò. Invece di rispondere, Hanamichi si lanciò sul divano e gli diede un lungo, furioso bacio. “Che succede?” chiese la volpe sempre più sorpresa.
 
“Abbiamo appuntamento oggi pomeriggio con l'agenzia” spiegò Hanamichi senza perdere il sorriso.
 
“Con quale agenzia...?”

“Quella per le adozioni”
 
Kaede lo guardò stupito, ma non per via dell'appuntamento.
 
“Quando hai contattato un'agenzia?”

“Lunedì. Yohei mi ha recuperato il numero di telefono. Ha sede a Barcellona, ma ha uffici anche a Palma. È perfetto per iniziare con le scartoffie prima di tornare dalle vacanze” Hanamichi parlò rapidamente ed eccitato, “e anche la donna con cui parlato, che è la stessa che mi ha chiamato oggi, parla inglese, quindi non avremo problemi”
 
“...” Kaede non disse nulla.
 
“Beh? Che te ne pare?”
 
“È un po' repentino...” ammise.
 
Lo sguardo di Hanamichi si intristì sentendo quelle parole ed era sul punto di alzarsi dal divano ma Kaede, rendendosi conto di aver sbagliato, lo tirò per la maglietta e lo fece ricadere.
 
“Non fraintendere” disse quasi appiccicando le labbra su quelle del marito, “sai che anch'io voglio adottare, solo che sono rimasto un po' sorpreso, tutto qui...”

“Davvero?” chiese Hanamichi poco convinto.
 
“Davvero...a che ora abbiamo appuntamento?” mentre parlava Kaede depositava piccoli baci agli angoli e sul labbro inferiore del suo amato.
 
“Alle cinque...ah...” gemette quando Kaede lasciò le sue labbra e cominciò a leccargli l'orecchio.
 
“Allora abbiamo ancora un po' di tempo prima di andare...”

“Mmh...sì...”

Hanamichi inclinò la testa e iniziò a mordergli dolcemente il collo, mentre una sua mano si infilava sotto la maglietta e lo afferrava con forza per un fianco. Ma Kaede con un rapido movimento gli agganciò le labbra con le proprie, rotolò ed entrambi caddero dal divano.
 
“Dannata volpe...per fortuna c'era un tappeto...” si lamentò Hanamichi strofinandosi la nuca.
 
“Decidi, lo facciamo a letto o proprio qui...” sussurrò Kaede leccandogli il mento e abbassandogli i pantaloncini.
 
“Qui...” gemette quando una mano cominciò ad accarezzarlo. Non se lo fece ripetere due volte, Kaede si separò e si tolse la maglietta. Poi lo fece girare sul pavimento per farlo mettere a pancia in giù e si tolse i pantaloni. Cominciò a baciargli la nuca, le spalle e la schiena, mentre due dita lo preparavano introducendosi in lui. Pochi minuti dopo, stavano facendo l'amore sul pavimento del soggiorno.
 
x x x
 
“Per colpa tua faremo tardi...” si lamentò Hanamichi mentre sorpassava una Citroen Saxo.
 
“Non sono stato io quello che ha voluto farlo due volte” rispose Kaede, “e per favore non andare così veloce”

“Mi hai provocato!” esclamò Hanamichi divertito. Ritornò sulla corsia di destra, ma poi sorpassò di nuovo, questa volta una Peugeot 206.
 
“Hanamichi, per favore non correre...”
 
Hanamichi smise di premere sull'acceleratore quando sentì la voce tremula di Kaede. Quella questione iniziava a preoccuparlo davvero. Erano passati molti anni da quando aveva preso la patente e Kaede, invece di abituarsi e di prenderla a sua volta, sembrava sempre più spaventato dalle auto e dalle strade, tentando sempre di muoversi con altri mezzi, e quando non era possibile, rimarreva sul sedile tutto teso e pallido, come adesso.
 
Raggiunsero il centro di Palma alle cinque meno dieci. Lasciarono l'auto nel parcheggio sotterraneo di un grande magazzino e si diressero all'agenzia, situata in una strada pedonale nelle vicinanze. L'edificio dall'esterno sembrava molto vecchio e annerito, ma dentro era molto ben conservato.
 
“Salve, buon pomeriggio” Hanamichi salutò in spagnolo la ragazza alla reception, “abbiamo un appuntamento con la signora Catherine”
 
“Buon pomeriggio. Potreste dirmi i vostri nomi, per favore?” chiese lei.
 
“Hanamichi Sakuragi e Kaede Rukawa”

L'addetta digitò al computer, chiedendosi dove avesse sentito quei nomi giapponesi.
 
“Seguitemi, per favore” disse alzandosi.
 
I due la seguirono lungo il breve corridoio a destra del banco della reception, raggiungendo una porta con un piccolo cartello che diceva 'Colloqui'. Entrambi deglutirono inconsciamente. La ragazza bussò piano la porta e subito si udì un 'Avanti'.
 
“Prego” disse la ragazza aprendo la porta.
 
Hanamichi e Kaede entrarono nell'ufficio. Era molto piccolo, c'era solo un tavolo con due sedie e un paio di scaffali. Dietro il tavolo c'era una donna giovane, con occhi chiari e gli occhiali, i capelli castani erano lunghi e raccolti in una crocchia che la facevano apparire più vecchia di quello che era. Appena li vide, si alzò e tese la mano.
 
“Salve, sono Catherine” salutò in inglese.
 
“Salve, io sono Hanamichi Sakuragi” disse, “abbiamo parlato al telefono”

“Kaede Rukawa”

“Piacere di conoscervi. Accomodatevi, per favore”

Tutti e tre si sedettero e Catherine aprì una cartella che aveva sul tavolo.
 
“Allora, secondo quello che ci siamo detti, siete sposati da solo un anno...” commentò leggendo le carte.
 
“Sì, ma viviamo insieme da dodici” si affrettò a dire Hanamichi.
 
“...”

I due iniziarono ad innervosirsi per il silenzio, avevano l'impressione di non rispondere più ai requisiti. Catherine lasciò le carte sul tavolo e si aggiustò gli occhiali con un dito.
 
“Ora dovrei chiedervi dei rispettivi lavori e stipendi, ma è ovvio che siete proprio Sakuragi e Rukawa dell'ACB...”
 
Entrambi annuirono, non sorpresi di essere riconosciuti. Nonostante in Spagna il basket non godesse della stessa popolarità del calcio, non c'erano molti giocatori giapponesi in nessun campionato.
 
“E per quello che so, avete la doppia cittadinanza, vero?” chiese Catherine.
 
“Esatto” rispose Hanamichi.
 
“A partire da quale età vorreste adottare?”

“Vorremmo che avesse tra i due e i cinque anni, vero Kaede?”, l'interpellato annuì.
 
“Spagnolo?”

“Sì”
 
“Parlate spagnolo?”

“Sì” dissero entrambi.
 
“Allora perché avete preferito che il colloquio fosse in inglese?”

“Beh...perché ci sentiamo più a nostro agio con questa lingua...”

“E il catalano o il maiorchino?”

“Ehm...non ancora”
 
“...”

Catherine guardò di nuovo le sue carte e la coppia diventò più nervosa.
 
“È un problema?” chiese Hanamichi senza trattenersi, “stiamo imparando...”

La donna alzò lo sguardo senza muoversi e prima scrutò lui con i suoi occhi chiari, poi Kaede. Rimase qualche secondo senza dire niente, continuando a far aumentare il nervosismo dei due, finché non lasciò giù di nuovo i fogli e incrociò le mani sul tavolo.
 
“Vedete, di solito il primo colloquio è il più lungo, per conoscere tutte le informazioni della coppia richiedente” spiegò, “non facciamo indagini per conto nostro senza il permesso della coppia, ma in questo caso, per via del vostro essere personaggi pubblici, abbiamo già abbastanza dati su di voi, che vorrei confermare”
 
“A quali dati si riferisce?” chiese Hanamichi senza capire. Kaede invece aveva una brutta sensazione.
 
“Ai suoi trascorsi clinici” rispose Catherine guardando Kaede.
 
“Trascorsi clinici?” chiese Hanamichi, cominciando a sua volta a temere qualcosa.
 
“Sono cose che dobbiamo sapere” rispose la donna.
 
“Perché?”

“È la politica dell'agenzia”
 
“Cosa volete sapere?” chiese Kaede all'improvviso.
 
Catherine si sistemò gli occhiali.
 
“Girano voci che lei abbia tentato il suicidio quando aveva quindici anni...e che ci abbia riprovato due anni fa...”

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Fu come un secchio d'acqua ghiacciata sulla coppia, specialmente su Kaede, che si disperava al pensiero che tutti i piani si stavano rovinando a causa sua. Non osò nemmeno guardare Hanamichi.
 
Il cuore gli batteva forte nelle orecchie e la sua bocca era secca, ma doveva fare qualcosa, o almeno provarci.
 
“Io non...” riuscì ad articolare con voce tremante e molta fatica, “non...non ho tentato il suicidio...sono state...crisi d'ansia...”
 
Hanamichi lo guardò ma non disse nulla.
 
“Crisi d'ansia?” ripeté Catherine chiaramente scettica.
 
“Sì...” continuò Kaede, anche se diventava sempre più difficile, “io ho...cominciato a soffrirne a quindici anni...” si passò nervosamente una mano tra i capelli. Errore. Catherine vide chiaramente la grande cicatrice sul suo braccio sinistro.
 
“E mi dica, signor Rukawa...quella cicatrice sul braccio è stata quindi il risultato di un attacco d'ansia?”
 
“Sì” ammise, maledicendo che fosse estate e quindi portasse le maniche corte.
 
“Ma è stato un primo tentativo, no?” chiese la donna, “perché due anni fa i giornali dicevano che aveva ingurgitato un'intera confezione di pillole”

-I giornali...- pensarono Kaede e Hanamichi. Era stata proprio la stampa a iniziare tutto.
 
 
x Flashback x
 
Hanamichi tornò a casa quel giorno senza avere la minima idea di ciò che lo aspettava. Era esausto dall'allenamento perché, a differenza dei DKV Joventut, la squadra di Rukawa, i Winterthur FC Barcellona si allenava al mattino e alla sera.
 
“Sono a casa!” annunciò con voce stanca, attraversando la porta. Si sorprese di non sentire la risposta. Ma c'era la luce nel soggiorno, quindi vi si diresse, preoccupato.
 
Seduto sul bordo del divano, con una rivista giapponese aperta tra le mani, e tremando, c'era Kaede. Alzò lo sguardo e Hanamichi sussultò vedendo i suoi occhi rossi e gonfi.
 
“Cosa succede?” chiese, vacillando.
 
“Leggi tu stesso” sibilò lui, lanciandogli la rivista in faccia. Hanamichi la raccolse prima che cadesse a terra, infastidito da quel gesto, ma decise di non precipitarsi.
 
“Pagina 8” disse Kaede a denti stretti.
 
Hanamichi aprì la rivista e impallidì quando vide le foto. Lui e una ragazza si stavano baciando in una discoteca di Barcellona. Lesse il titolo e gran parte della notizia in pochi secondi, mentre una parte della sua mente cercava di pensare a qualcosa per giustificarsi, ma l'articolo non diceva niente che non sapesse...tranne che la ragazza fosse formalmente la sua fidanzata, ovviamente.
 
“Le foto sono di quasi tre anni fa” sussurrò Kaede, incapace di trattenersi, “immagino che abbiano aspettato la tua notorietà per tirarle fuori”

“...” Hanamichi arrotolò la rivista e lo guardò negli occhi, non sapendo ancora come scusarsi.
 
“Io ero ancora in America, nei Celtics...” la voce di Kaede suonò più acuta del normale. “Come hai potuto...?”
 
“Kaede, io...” non sapeva proprio cosa dire.
 
“Dicevi che la distanza non ci avrebbe separato...che saremmo riusciti ad andare avanti...ma io non riuscivo a stare senza di te ed è per questo che sono venuto qui...e tu...” i suoi gesti si indurirono, “tu nel frattempo ne approfittavi per divertirti”

“Non è vero” reagì.
 
“L'hai scopata?”
 
Hanamichi si morse il labbro. Non voleva dirgli la verità, ma nemmeno mentirgli.
 
“Sì...”

Il dolore nei suoi occhi blu gli spezzò l'anima.
 
“Kaede, è stata solo una volta, lo giuro...” si affrettò a spiegare, “io...ti amavo, e ti amo...quello che è successo è stato...volevo...sperimentare...”

“Sperimentare?” ripeté Kaede, sentendo un gelo dolorante invadergli il cuore.
 
“Sì, vedi, io...non mi sono mai interessato a un ragazzo finché non mi sono innamorato di te...” continuò goffamente, “e iniziando a frequentarci così giovani, beh...non ho mai avuto la possibilità di...beh, stare con una donna...”

“E non potevi rimanere con il dubbio...” mormorò Kaede sarcasticamente, abbassando la testa in modo che la frangia gli coprisse gli occhi.
 
Hanamichi decise di mettere da parte le spiegazioni. Lasciò cadere la rivista e si inginocchiò davanti a Kaede, che non si era mosso. Gli prese entrambe le mani e lo guardò negli occhi che teneva ben chiusi mentre si inumidivano.
 
“Amore...” sussurrò. “Perdonami, ti prego. Non è più successo e non succederà mai più. Ti amo...”
 
“Cos'è, non ti è piaciuto?” chiese Kaede gelido, senza aprire gli occhi.
 
Hanamichi non sapeva cosa dire, nessuna risposta che gli passava per la testa sembrava appropriata.
 
“Amore mio, dimenticalo, per favore...”

Scoprì che nemmeno quella risposta era quella corretta. Kaede aprì gli occhi e si alzò, spingendolo indietro.
 
“Dimenticare?!” esplose, “come puoi essere così cinico?! Mi tradisci con altre donne approfittando della mia assenza, e io devo dimenticare?!”
 
Hanamichi, caduto sul fondoschiena, si alzò subito e lo affrontò.
 
“Ti ho detto che è successo solo una volta!” gridò, “non parlare al plurale, come se lo facessi ogni volta che te ne vai!”
 
“E non è così?!”
 
“No, dannazione, ti ho già detto di no!”
 
“E come ti aspetti che ti creda?!”
 
“PORCA PUTTANA, KAEDE, TI HO DETTO CHE È SUCCESSO SOLO UNA VOLTA!”
 
Hanamichi fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Provò ad avvicinarsi a Kaede, ma ricevette una nuova spinta. Entrambi erano tesi e con i pugni stretti; Hanamichi non voleva colpirlo ma dubitava che Kaede la pensasse ugualmente.
 
“SEI UNO STRONZO!” gridò Kaede, “UN BASTARDO E UNO STRONZO!”
 
Hanamichi decise di non continuare a discutere, non in quelle condizioni. Senza dire altro, si voltò e prese lo zaino che aveva riportato e lasciato all'ingresso del soggiorno.
Kaede si bloccò.
 
“Dove stai andando...?” chiese cercando di non farsi tradire dalla sua voce.
 
“A casa di Yohei” rispose Hanamichi, “quando ti sarai calmato, fammelo sapere e ne parleremo”

“Mi stai lasciando?” chiese in un sussurro assente.
 
“Non dire sciocchezze, Kaede. Basta. Ti ho detto che parleremo”

Kaede non disse altro e osservò immobile Hanamichi uscire di casa senza voltarsi indietro.
 
Anche se gli aveva detto che non lo stava lasciando, iniziò comunque a sudare freddo. Sentì le vertigini e dovette sedersi. Il cuore cominciò a fargli fisicamente male e fu invaso da un'ondata di panico.
 
“No, non di nuovo...” fece spaventato e tremante. La paura di soffrire un'altra crisi era più grande della crisi stessa. Corse verso il bagno cercando il suo ansiolitico, ma non lo trovò. Si ricordò poi che a causa del tempo trascorso da quando aveva avuto un attacco, le pillole erano scadute e le aveva buttate.
 
Si sentiva soffocare mentre frugava tra i cassetti per recuperare gli antidepressivi, che prendeva solo ogni tanto. Trovò la boccetta sotto alcuni fazzoletti, l'aprì e vide che erano rimaste solo cinque pillole. Le prese tutte pensando che avrebbero avuto lo stesso effetto dell'ansiolitico. Si sdraiò sul letto e aspettò pazientemente che facessero effetto, rannicchiandosi un po' per controllare i tremori.
 
Da parte sua, Hanamichi non arrivò a casa di Yohei. Si fermò in un bar vicino per bere qualcosa e pensare con calma. E decise di tornare a casa per chiarire le cose il prima possibile.
 
Quando entrò in camera da letto e vide Kaede steso sul letto con una boccetta di pillole vuota sul comodino, quasi ebbe un infarto.
 
“COS'HAI FATTO?!” gridò lanciandosi a guardare la boccetta, confermando il terribile sospetto che fossero antidepressivi. Kaede non rispose, non capì nemmeno la domanda. La sua mente vagava tra la coscienza e l'incoscienza, a malapena si era accorto della presenza di Hanamichi, finché il giovane non iniziò a scuoterlo e lui distinse i capelli rossi.
 
“Hana...” mormorò.
 
“Sì, sono io, Hanamichi! Mi senti?! Mi senti, Kaede?! Resisti, ti prego!”

Ma la sua voce lo raggiunse da molto lontano. Hanamichi tirò fuori il cellulare e compose rapidamente il numero per le emergenze. Poi rimase ad abbracciare Kaede e a cullarlo dolcemente fino all'arrivo dell'ambulanza, cercando di tenerlo sveglio e imprecando per quello che stava succedendo.
 
Una volta all'ospedale e passato lo spavento, Hanamichi credette a Kaede e ai medici che confermarono che non aveva preso una dose sufficiente per volersi suicidare. Ma qualche boccaccia lì presente non la pensava così e il giorno dopo la diceria del tentativo di suicidio di un giocatore del Joventut si diffuse a macchia d'olio su vari giornali, approfittandone per indagare e rivelare parte del suo passato, cominciando persino a sospettare della sua relazione amorosa con il connazionale Sakuragi, fino a che, stanchi dei pettegolezzi, i due confermarono tutto con niente meno che un matrimonio.
 
x Fine flashback x
 
 
“Due anni fa i giornali mentirono” disse Kaede con il tono più convinto e fermo che poteva, “non ci fu affatto un tentato suicidio. Fu solo un malinteso”

“Un malinteso?” Catherine inarcò un sopracciglio, “e anche la cicatrice è stata il prodotto di un malinteso?”
 
Kaede aprì la bocca per rispondere, ma Hanamichi, che era rimasto in silenzio per gli ultimi minuti, lo precedette.
 
“Basta” disse seccamente. Kaede lo guardò con gratitudine, ma Hanamichi stava fissando Catherine.
 
“Siamo venuti qui per il colloquio, per capire se abbiamo i requisiti adatti, non perché il mio consorte venga tormentato” aggiunse.
 
“Questo fa parte del colloquio” si difese la donna. “Dobbiamo conoscere le condizioni fisiche e mentali delle coppie che...”

“Stiamo perfettamente. Se vuole provarlo, ci sottoponga a visite mediche e la smetta con questa merda”
 
Catherine e Kaede strabuzzarono gli occhi, sorpresi dal suo tono. La donna fu sul punto di replicare, ma Hanamichi cambiò idea e si alzò.
 
“Andiamo, Kaede”

“Ma...” si fermò vedendo lo sguardo furioso che gli rivolse e obbedì.
 
Lasciarono Catherine con il saluto sulla punta della lingua e se ne andarono di corsa. Hanamichi camminò velocemente verso il parcheggio, con Kaede al seguito, che non osava chiedergli di aspettarlo e provava un enorme desiderio di scoppiare a piangere.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Stavano scendendo con l'ascensore nel parcheggio sotterraneo per raggiungere il punto in cui avevano lasciato l'auto quando Kaede non resistette più e in un improprio impulso premette il pulsante per l'arresto di emergenza. L'apparecchio sobbalzò e si fermò di colmo, costringendoli a fare qualche passo per non perdere l'equilibrio.
 
“Che stai facendo?” esclamò Hanamichi.
 
“Perché non mi parli?” chiese Kaede.
 
Hanamichi impiegò un paio di secondi per rispondere.
 
“Perché sono incazzato” disse.
 
“Con me...?” chiese Kaede timidamente.
 
“Certo che no” sospirò Hanamichi. Si appoggiò su una parete dell'ascensore, guardandolo, “perché lo pensi?”
 
“Perché è colpa mia se tutto è andato a rotoli” mormorò.
 
Ad Hanamichi sfuggì un altro sospiro.
 
“Non dire così...” sussurrò guardando per terra.
 
“Ma è la verità, è colpa mia...” ripeté Kaede, “se non avessi messo in scena quello show due anni fa, la stampa non avrebbe saputo niente”

“L'avrebbero scoperto prima o poi” fu interrotto, “e non hai messo in scena uno show...avevi tutte le ragioni per essere sconvolto...” aggiunse a bassa voce.
 
Kaede non disse altro. Quell'argomento era stato quasi un tabù fino ad allora, era la prima volta che ne riparlavano. Non era stupido, sapeva che il fatto di non parlarne non significava che il problema non fosse esistito, ma faceva così male ricordarlo...
 
Se Hanamichi non fosse stato con lui al suo risveglio in ospedale...
 
 
x Flashback x
 
Il suo corpo era pesante e non aveva alcuna voglia di muoversi. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu una macchia rossa che poco a poco focalizzò, distinguendo i capelli del suo compagno. Ricordava vagamente cos'era successo e capì dove si trovava.
 
“Hana...” mormorò con voce roca.
 
“Sì, sono qui” disse l'altro, stringendogli la mano, “come stai...?”
 
“Intontito...” ammise.
 
Ci furono alcuniminuti di silenzio, in cui nessuno dei due seppe cosa dire. Hanamichi gli accarezzava la mano, ma non lo guardava negli occhi. Alla fine fu Kaede a rompere il silenzio.
 
“Hanamichi...non voglio che pensi qualcosa che non è vero...io...credevo di avere un'altra crisi, non ho trovato l'alprazolam e mi sono spaventato e...”
 
“Lo so” lo interruppe Hanamichi. Kaede lo guardò senza capire, così si spiegò, “i dottori ti hanno fatto una lavanda gastrica e hanno verificato che avevi preso poca roba, quanto bastava per svenire...e farmi spaventare a morte”, disse infine con lieve rimprovero. Per un momento gli occhi blu balenarono di furia e Kaede stava per urlargli che era lui ad avere il diritto di rimproverarlo per qualcosa, ma si accorse poi delle occhiaie sul suo viso e della sua aria stanca.
 
Non seppe cosa fare.
 
Distolse lo sguardo dagli occhi castani alla sua mano, ancora tra quelle del compagno. Si chiese se Hanamichi fosse l' per compassione, perché si sentiva colpevole o perché lo amava davvero. Fino a poche ore prima non avrebbe dubitato dell'ultima opzione, ma ora...
 
“Ti amo, Kaede”, Hanamichi sembrò leggergli nel pensiero.
 
“Allora perché mi hai tradito...?” chiese in un soffio.
 
“Perché sono uno stupido” rispose convinto, “ed è sicuro che non ho altre scuse. Volevo provare, sapere cosa significava stare con una donna”, Kaede chiuse istintivamente gli occhi, come potendosi esimere dall'ascoltarlo, “e l'ho fatto. Sono andato a letto con quella ragazza per curiosità...”

Kaede represse un singhiozzo. Solo a immaginare Hanamichi tra le braccia di un'altra persona, uomo o donna, si sentiva morire. All'improvviso sentì un soffio sul viso, indicando che Hanamichi si era chinato su di lui.
 
“Ma sono rimasto senza sapere cosa significava fare l'amore con una donna...”
 
Kaede spalancò gli occhi, smarrito, ritrovando il volto del suo doaho con gli occhi umidi.
 
“Hai appena detto che sei andato a letto con lei...”
 
“Sì...e ho capito cos'era il sesso con una donna” disse Hanamichi, “ma finché sarò innamorato di te, Kaede Rukawa, non saprò mai cosa significa fare l'amore con un'altra persona”
 
Anche i suoi occhi blu diventarono lucidi e, chiudendoli, una lacrima scivolò lungo la sua guancia. Hanamichi l'asciugò teneramente, poi lo baciò con dolcezza, quasi con paura. Paura di essere respinto, di non essere perdonato. La paura divenne terrore al pensiero che quello potesse essere l'ultimo bacio con la sua volpe.
 
“Perdonami...” implorò, schiudendo appena le labbra e appoggiando la fronte alla sua, “perdonami, vita mia...non succederà più...”

“...”, Kaede si mosse il labbro. Come poteva non perdonarlo? Hanamichi era l'amore della sua vita.
 
“Ti perdono...” disse infine, provocando un'iniziale gioia nell'altro, “ma non chiedermi di dimenticare...non chiedermi di far finta che non sia successo niente...io...” deglutì, “penso che avrò bisogno di un po' di tempo per tornare a fidarmi di nuovo di te...”
 
“Va bene” concordò Hanamichi, “mi impegnerò a dimostrarti che puoi farlo” gli sorrise prima di baciarlo ancora.
 
x Fine flashback x
 
 
“Qui l'unico colpevole sono io” continuò Hanamichi dopo aver deglutito, “primo per averti fatto soffrire...e secondo per aver perso le staffe con quella tipa...”

“Perché hai reagito così?” chiese Kaede ignorando il primo motivo, cosa che non passò inosservata.
 
-Non me lo rinfaccerai più, vero?- pensò Hanamichi, non sapendo se sentirsi male o sollevato.
 
“Perché mi ha fatto saltare i nervi” rispose, “non aveva il diritto di istigarti così”

“Ma è normale che l'abbia fatto” replicò Kaede. Dato che Hanamichi non disse altro, chiese, “e adesso cosa facciamo?”

“Andremo in un'altra agenzia”

“Succederà la stessa cosa”

“O forse no”

“Ma...”
 
“E se succederà la stessa cosa, andremo a un'agenzia internazionale. Anche se suona male, sono meno esigenti. O potremmo provare a diventare genitori affidatari prima. Poi è più facile adottare” spiegò con un leggero sorriso.
 
Gli occhi blu di Kaede lo fissarono con stupore. Non solo per come si era ben informato, ma per via del suo ottimismo, che pareva non incrinarsi mai.
 
“Che ne dici?” domandò Hanamichi notando che Kaede rimaneva muto.
 
“Come fai?” chiese.
 
“Cosa?”
 
“A non perdere mai la speranza”

“L'ho imparato da te”

“Come?” si sorprese Kaede.
 
“Il coach Anzai una volta mi disse di imparare da te” spiegò. Kaede non capì. “Durante la partita contro il Toyotama, durante il torneo nazionale del primo anno. Ricordi?”
 
“Come potrei dimenticarlo” disse Kaede un po' ironicamente. Il capitano del Toyotama per poco non lo aveva accecato a causa di una gomitata.
 
“Il giorno dopo, contro il Sannoh, continuai a guardarti nel tuo duello contro Sawakita. Ti batté per la maggior parte delle volte” sorrise di fronte alla leggera irritazione che lesse nel suo sguardo, “ma gli ripetevi in continuazione che nulla era ancora deciso”

“Certo che no” concordò Kaede.
 
“Bene, è la stessa cosa”
 
Kaede rise.
 
“Trovi davvero qualche somiglianza con quello di cui stavamo parlando...?”

Invece di rispondere, Hanamichi si avvicinò a lui.
 
“Era ora che sorridessi un po', volpe” sussurrò, sorridendo a sua volta, afferrandolo per i fianchi.
 
“Tu mi fai sempre sorridere” rifletté Kaede, grato, allacciandogli le braccia al collo.
 
“Ma a volte ti faccio piangere...” rispose Hanamichi con voce molto bassa, continuando a guardarlo.
 
“È passato...” Kaede appoggiò la fronte contro la sua.
 
“Grazie per avermi perdonato”

“Ti amo...”
 
“Lo so. E io amo te...”

Si fusero in un bacio. Iniziò dolcemente, esprimendo l'amore che avevano professato, ma poi divenne selvaggio, dove dimostrarono anche quanto si desideravano. Cominciò a fare molto caldo all'interno dell'ascensore e la temperatura salì ancora mentre i loro corpi si cercavano attraverso i vestiti, abbracciandosi e baciandosi come a voler abbattere le barriere fisiche rappresentate dalle loro stesse pelli.
 
Kaede soffocò un gemito mentre la virilità dell'altro si premeva contro la sua, erano entrambi del tutto svegli. Hanamichi lasciò le sue labbra, ignorando le sue proteste, dirigendosi al suo collo sottile, leccando e mordendo dolcemente, mentre le mani scorrevano lungo la schiena e sotto la camicia, proprio come faceva anche Kaede.
 
Di colpo Hanamichi inchiodò Kaede contro la parete senza smettere di baciarlo e sfortunatamente la parte posteriore delle volpe premette il pulsante che ripristinò l'ascensore. Dopo una piccola scossa che a malapena notarono, l'ascensore proseguì, scendendo fino in fondo. Sapevano di doversi separare, ma prolungarono il momento così tanto che quando le porte si aprirono, erano ancora pienamente coinvolti.
 
“Oh madre...” si udì una voce femminile.
 
Per lo spavento, Hanamichi si staccò e liberò Kaede con tanta velocità da farlo cadere sul sedere. Fuori dall'ascensore c'erano una donna di mezza età con una bambina di circa quattro anni.
 
“Scu...scusi...” fece Hanamichi con un sorriso stupido, afferrando un Kaede un po' arrabbiato, scappando mentre fischiettavano e cercavano l'auto.
Kaede si strofinò la parte posteriore mentre Hanamichi rovistava nelle tasche alla ricerca delle chiavi.
 
“Porca vacca...”
 
“Non lamentarti tanto, vedremo a casa se ti farà ancora più male...” disse Hanamichi strizzandogli l'occhio.
 
“Doaho...la tua settimana di punizione non è ancora finita...” sorrise.
 
“Ahia” rise Hanamichi.
 
Salirono in macchina, come sempre Hanamichi come conducente e Kaede nel sedile accanto. Hanamichi accese la radio e si diresse verso l'uscita.
 
x x x
 
Il giorno seguente fu ugualmente splendido. Anche se l'auto aveva l'aria condizionata, entrambi preferirono tenere i finestrini abbassati e farsi rinfrescare dal vento che scompigliava anche i capelli, e nel caso di Kaede costituiva un'immagine molto sexy per Hanamichi.
Ma come sempre, quando andavano in auto, Kaede chiedeva ad Hanamichi di rallentare.
 
“Non sono neanche a 100” si giustificò Hanamichi.
 
“Beh, sembra di sì”
 
La vecchia strada Palma-Llucmajor era stata ricostruita tempo prima ed era in ottime condizioni, c'erano due corsie per ciascuna direzione, ma nemmeno quello sembrava rassicurare Kaede. Anche se in realtà era nervoso per via della presenza di un camion che trasportava tubi e che era davanti a loro da un po'. Non sapeva perché, ma gli faceva venire un brutto presentimento; ma se avesse chiesto ad Hanamichi di superarlo, si sarebbe contraddetto.
 
“Che facciamo oggi pomeriggio?” chiese Hanamichi abbassando un po' la musica, “andiamo a nuotare?”

“Va bene” rispose Kaede.
 
“Spiaggia di Sa Rapita?”
 
“Sì”
 
“Più tardi potremmo andare a giocare in quel campetto che abbiamo visto l'altro giorno, quando non farà più così caldo...a parte nuotare non stiamo facendo molto esercizio durante le vacanze, di questo passo quando torneremo in squadra, faremo fatica a riadattarci al ritmo...”
 
Tutto accadde molto velocemente. Improvvisamente una delle cinghie che teneva i tubi che il camion trasportava si allentò e un paio di tubi scapparono, dirigendosi verso di loro.
 
“ATTENTO!” esclamò Kaede terrorizzato. I tubi non erano grossi e sicuramente, anche se li avessero colpiti, non li avrebbero deviati né fatti uscire di strada, ma istintivamente Hanamichi sterzò e invase l'altra corsia senza guardare, speronando l'auto che lo stava sorpassando, ed entrambe sulla striscia mediana.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


 
Il tribunale di Barcellona non era decorato, ma il brillante sole di quel giorno d'estate filtrava dalle finestre e rallegrava tutta la stanza. C'erano solo loro, il giudice, i testimoni e una dozzina d'invitati: Ryota, Ayako, Mitsui, Akagi, Kogure e altri compagni di squadra. Il testimone di Kaede era suo zio mentre quello di Hanamichi era Yohei. La cerimonia fu semplice ma emozionante.
 
“Kaede Rukawa, accetti Hanamichi Sakuragi come legittimo sposo?”
 
“Sì”
 
“Hanamichi Sakuragi, accetti Kaede Rukawa come legittimo sposo?”
 
“Sì”
 
Mentre il giudice li dichiarava ufficialmente legati in matrimonio, Hanamichi e Kaede si guardarono sorridendo. Stavano facendo qualcosa che anni prima e nel loro paese sarebbe stato completamente impossibile.
Si scambiarono gli anelli, poi si scambiarono un breve ma appassionato bacio e Hanamichi sussurrò qualcosa all'orecchio del suo volpino.
Il ricevimento si svolse in un ristorante piccolo ma molto elegante. Purtroppo la stampa lo scoprì ma non riuscì ad entrare, e riuscirono a festeggiare in privato fino alle prime ore del mattino.
 
x x x
 
Tutto il corpo gli doleva, specialmente la testa. Poi sentì qualcuno toccargli il collo. Udì delle voci strane, non riconobbe nemmeno la lingua, ma immaginò fosse maiorchino. Aprì gli occhi e il sole lo accecò per un momento, poco a poco cominciò a comprendere cosa stava succedendo.
Era sdraiato sul ciglio della strada e un medico gli stava sistemando un collare ortopedico. Vedendo che apriva gli occhi e si tendeva, il dottore gli parlò in spagnolo.
 
“Piano, non si muova...come si chiama?”
 
“Kaede Rukawa...e la persona che era con me?” chiese angosciato.
 
“Non si preoccupi, si stanno prendendo cura di lui”
 
Ma Kaede avvertì qualcosa nella sua voce che gli fece venire la pelle d'oca.
 
“Dov'è...?”
 
“Si stanno occupando di lui...”
 
“Dov'è?!” urlò istericamente. L'infermiera che lo stava assistendo insieme al medico gli rispose.
 
“È ancora nel veicolo...”
 
Il dottore la guardò con aria di rimprovero per aver dato un'informazione che avrebbe innervosito l'uomo. Infatti quando Kaede la sentì, il sangue gli si gelò nelle vene e cercò di voltarsi verso l'auto.
 
“No, non si muova!” esclamò l'uomo cercando invano di prevenirlo.
 
Kaede si sentì annientato vedendo le condizioni dell'Audi, schiacciata su entrambi i lati e circondata da medici e vigili del fuoco, sapendo che Hanamichi era ancora lì dentro.
 
“Non è possibile, non è possibile...” singhiozzò, “dovete portarlo fuori, per favore tiratelo fuori da lì”
 
“Lo stanno facendo, per favore si calmi” disse l'infermiera che aiutava il dottore a tenerlo fermo.
 
“TIRATELO FUORI DA LI' PER FAVORE, TIRATELO FUORI!” urlò Kaede disperato, cercando di alzarsi, “VI PREGO!”
 
“Presto, un calmante” disse il dottore alla donna.
 
“ME L'HAI PROMESSO! NON PUOI FARMI QUESTO, HANAMICHI, ME L'HAI PROMESSO!”
 
Kaede continuò a gridare, cercando di alzarsi, finché il tranquillante che gli somministrarono non ebbe effetto. Il suo ultimo pensiero era che tutto ciò risultava dolorosamente familiare.
 
x x x
 
Un ragazzo bruno correva per i corridoio dell'ospedale Son Llatzer verso la stanza che gli avevano dato alla reception. Solo un'ora prima era a Barcellona, ma una telefonata dall'ospedale l'aveva informato dell'incidente stradale subito dai suoi due amici, quindi aveva preso il primo aereo diretto a Palma di Maiorca.
 
Raggiunse la stanza da cui proprio in quel momento usciva un medico.
 
“Mi scusi! È la stanza di Kaede Rukawa?” chiese senza fiato per la corsa. Non gli avevano detto nulla di Hanamichi, e non sapeva se fosse un bene o un male.
 
“Sì, esatto” rispose l'uomo, “lei è un parente?”
 
“No, lavoro per lui. Sono Yohei Mito, il manager. Come sta?”
 
“Sono il dottor Fiol. Sta bene, non si preoccupi. Ha solo qualche lieve contusione sulla testa e sul petto e una distorsione cervicale. Abbiamo dovuto sedarlo perché era troppo agitato”
 
“E Hanamichi Sakuragi?” chiese angosciato.
 
“L'uomo che era con lui in macchina?”

“Sì, è suo marito”
 
“Devo informarmi, penso che sia in terapia intensiva”
 
Yohei si passò le mani sul viso, provando a calmarsi, ma non ci riuscì, soprattutto quando si ricordò del poco che gli avevano detto sull'incidente.
 
“E l'altra macchina coinvolta? Ci sono altri feriti...?”
 
“Purtroppo sì” sospirò il dottore, “una coppia di mezz'età. Ma per fortuna le sue condizioni non sono gravi...se vuole posso cercare altre informazioni”
 
“Sì, per favore...grazie mille”
 
“Non c'è di che. Torno subito”
 
Il dottore si allontanò lungo il corridoio e Yohei, dopo un profondo respiro, entrò nella stanza. Kaede indossava un ingombrante collare ed era ancora intontito per la sedazione. Non appena Yohei si avvicinò al suo letto, Kaede gli afferrò il polso.
 
“Ehi Rukawa...”
 
“Mito...” sussurrò, “come sta Hanamichi...?”

Yohei gli prese la mano; da tempo aveva accettato Rukawa come compagno di Hanamichi e si era affezionato a lui, essendo inoltre anche il suo manager. Si rammaricò profondamente per non avere buone notizie da offrirgli.
 
“Non lo so...il dottore ha detto che me lo farà sapere a breve”
 
Kaede chiuse gli occhi e si morse un labbro. Era chiaramente sul punto di scoppiare in lacrima. Yohei gli strinse più forte la mano nel tentativo di rassicurarlo, anche se aveva a sua volta voglia di piangere.
 
“Yohei, se gli succede qualcosa...” singhiozzò improvvisamente Kaede, “se gli succede qualcosa...io...”
 
“Ssh” sussurrò Yohei, un po' sorpreso di essere stato chiamato per nome, “tranquillo...”
 
“Non posso stare tranquillo...non più di quanto non sia già per il dannato tranquillante che a malapena mi permette di muovermi” imprecò tra i denti.
 
-Meglio così- pensò Yohei, che sapeva bene cosa poteva fare Kaede quando si sentiva disperato. Qualche minuto dopo il dottore tornò nella stanza.
 
“Come sta Hanamichi?” chiese Kaede senza dargli tempo di parlare. Il dottor Fiol si avvicinò al letto e si fermò accanto a Yohei.
 
“Mi dispiace dovervi informare che il signor Sakuragi è in gravi condizioni”
 
Kaede impallidì al massimo.
“Ha subito un trauma craniofacciale multiplo, frattura delle costole con un polmone perforato e frattura di tre vertebre, ma fortunatamente senza compromettere le funzioni fondamentali”
 
“Si rimetterà?” chiese Yohei spaventato.
 
“Non lo sappiamo. Con il polmone perforato bisognerà aspettare e vedere come evolve per poterlo operare”
 
Yohei si passò una mano sul volto, mentre Kaede si zittì del tutto.
 
“E come sta l'altra coppia, quella dell'altro veicolo?” chiese Yohei.
 
“Stanno bene, solo qualche livido. È stata una fortuna che avessero tutti la cintura di sicurezza, altrimenti data l'entità dell'incidente...”
 
“Quindi Hanamichi è quello che ha avuto la peggio, vero?” mormorò Kaede, interrompendolo.
 
“Temo di sì” disse il dottore.
 
“Voglio vederlo”
 
“Mi dispiace, ma è in terapia intensiva, e anche lei necessita di riposo”

“Voglio vederlo” ripeté stringendo i pugni.
 
“Ma...”
 
“Per favore, non c'è alcuna possibilità?” intervenne Yohei, “troverà il modo di andarci comunque” aggiunse a voce bassa, e anche se Kaede lo sentì, non se la prese, perché era vero.
 
Il dottore ci rifletté prima di rispondere.
 
“Va bene” convenne, “ma solo attraverso il vetro, non potrà entrare nella stanza”
 
“D'accordo...”
 
x x x
 
Due infermieri aiutarono Kaede a sistemarsi su una sedia a rotelle e lo portarono alla stanza di terapia intensiva dove Hanamichi era sotto osservazione. Per Kaede fu uno shock vederlo in quello stato, mai in 12 anni Hanamichi era parso così vulnerabile. Posò entrambe le mani sul vetro che li separava e osservò con attenzione. Osservò i cavi, le macchine e i sieri che circondavano il suo amato, che immobile e con gli occhi chiusi, sembrava essere a chilometri di distanza e non a pochi metri.
 
“Quando si sveglierà?” sentì Yohei chiedere.
 
“Non lo sappiamo esattamente. Ma è stabile e al momento non ha bisogno di respirazione assistita”
 
“E quando lo opererete?”

“Dipende da come si evolve la situazione, potrebbe essere tra poche ore o qualche giorno”
 
“È un'operazione complicata?”

“Ogni operazione comporta un rischio”
 
Kaede appoggiò la fronte sul vetro e premette i pugni. Chiuse gli occhi, ma a differenza di quello che Yohei pensava, nessuna lacrima scese sulle sue guance.
 
“Voglio tornare nella mia stanza” mormorò.
 
“Cosa?” si sorprese Yohei.
 
“È meglio così, andiamo” concordò il dottor Fiol. Qualcosa diceva a Yohei che era meglio non lasciare Kaede da solo, quindi tornò in camera con lui.
 
x x x
 
Di notte, Kaede cercava di non pensare a niente e di dormire, ma senza molto successo. Il ricordo del matrimonio che aveva avuto quel pomeriggio al momento dell'incidente lo aggrediva in continuazione, soprattutto le parole di Hanamichi dopo il bacio, che ora sembravano vuote, una promessa senza senso.
 
“Sarò sempre con te...”

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Capitolo 7
*** Capitolo Otto ***


Era notte quando Hanamichi si svegliò. Yohei andò subito da lui e la prima cosa che Hanamichi gli chiese fu che cosa ci facesse lì, al che Yohei rispose con un 'Scemo, secondo te?!', mentre la seconda fu come stesse Kaede.
 
“Sta bene, non preoccuparti. Ha subito qualche colpo e una distorsione cervicale”
 
“Distorsione cervicale...?! E starebbe bene?!” Hanamichi si tese e provò dolore ovunque, “Ahi!”
 
“Non si muova, signor Sakuragi” intervenne la dottoressa che stava controllando le sue condizioni.
 
“Ma...”

“Ti dico che non ha niente, davvero” insistette Yohei.
 
“Non mi menti? Non lo dici solo per tranquillizzarmi? Perché altrimenti ti rifilo una di quelle testate che...”
 
“No, Hanamichi. Rukawa sta bene per davvero”, almeno fisicamente, pensò il giovane.
 
Hanamichi sospirò, un po' sollevato. Anche se ora temeva ciò che Kaede avrebbe detto sull'incidente. Prima i suoi genitori e il fratello, e ora loro, quasi...sicuramente non avrebbe mai più voluto salire in un'automobile con lui.
 
“Posso vederlo?”
 
“Lei non si muove di qui” disse la dottoressa.
 
“E lui può venire qui?”
 
Hanamichi guardò la dottoressa, che alzò le spalle, dando il suo permesso. Poi guardò Kaede e si sorprese di vedere che distoglieva lo sguardo a disagio.
 
“Che succede? Non può venire...?” domandò preoccupato.
 
“Ehm...sì, può...in effetti è venuto qualche ora fa, mentre ancora eri incosciente...”

“E allora?”
 
“Sono stato nella sua stanza quando ci hanno detto che ti eri svegliato e...”
 
“E...?” ripeté Hanamichi impaziente.
 
“Ha detto che...non vuole vederti...”
 
x x x
 
Kaede guardava fuori dalla finestra con occhi socchiusi e fissi, come se stesse dormendo ad occhi aperti. L'infermiera si preoccupò di vederlo così, e ancora di più quando seppe che non voleva andare a visitare suo marito.
 
“Ma si è appena svegliato, è molto importante che sappia che lei sta bene, se non va da lui si preoccuperà e non va bene nelle sue condizioni...” insistette la donna.
 
“...” Kaede rimase in silenzio.
 
“Bene, se cambia idea me lo faccia sapere e la porteremo” mormorò lei. Uscì dalla stanza e lo lasciò solo. Kaede continuò a guardare dalla finestra. Il cielo era completamente nero, non si vedeva nemmeno la luna. Gli sembrava di cattivo auspicio...come quando aveva visto Hanamichi in terapia intensiva e gli aveva ricordato suo nonno.
 
Non avrebbe mai dimenticato quella sera...né le sue ultime parole...
 
 
x Flashback x
 
Kaede prese una sedia e si sistemò accanto al nonno. Per i lunghi minuti che seguirono, non fu in grado di pensare a nulla, si limitò a osservare il viso dell'uomo. Sembrava più vecchio che mai. Improvvisamente e lentamente aprì gli occhi.
 
“Nonno...” mormorò, avvicinandosi e prendendogli la mano.
 
“Ehi Kae-chan...”
 
“Era da tanto che non mi chiamavi così...”
 
“Tu non me lo permettevi...”
 
“Mi facevi sentire un bambino...”
 
“Sei il mio bambino...”
 
“Nonno...”
 
Gli occhi di Kaede si inumidirono e l'uomo lasciò la sua mano per accarezzargli il viso. Era da sei anni che non lo vedeva piangere.
 
“Ascoltami, Kaede...ho fatto un'assicurazione sulla vita molti anni fa, dovrai parlare con il mio avvocato, il signor Eiri, troverai il suo numero nella mia agenda...”
 
“Non parlarmi di questo adesso, per favore...”

“Devo farlo...chiamalo e parlagli, sei l'unico beneficiario...chiama anche tuo zio Hisanobu, si prenderà cura di te finché non sarai maggiorenne...”
 
Kaede non resistette più e grosse lacrime rigarono le sue guance.
 
“Nonno, ti prego, non farmi questo, non puoi lasciarmi solo...” implorò con voce rotta.
 
“Non sarai solo, tesoro...” le forze dell'uomo iniziavano a cedere e Kaede se ne accorse.
 
“Sai che non ho nessuno, nonno, ti prego...”
 
“Spero che un giorno riuscirai a mostrare il tuo sorriso a qualcun altro...”
 
Kaede osservò con stupore gli occhi di suo nonno che si spalancarono vitrei, e per lo spavento gli lasciò la mano, che cadde pesantemente sul lenzuolo.
 
“Nonno...”
 
x Fine flashback x
 
Da quel momento non ricordava nient'altro, da quello che gli avevano detto aveva avuto la sua prima crisi e l'avevano dovuto sedare con la forza. Ma la seconda crisi la ricordava perfettamente. Ricordava il dolore al petto, il nodo in gola, i tremori del suo corpo, la voglia di piangere e piangere fino alla fine del mondo per smettere di soffrire.
 
Prima la sua famiglia e ora Hanamichi...
 
Perché?
 
Cos'aveva fatto per meritarsi tante disgrazie?
 
“Hana...” sussurrò.
 
“Cosa?”
 
Kaede sussultò e girò leggermente il capo, per quello che il collare gli consentiva, verso la porta, dove Yohei lo guardava con espressione preoccupata. Si avvicinò al letto e vi appoggiò i palmi.
 
“Opereranno Hanamichi” annunciò, “tra dieci minuti”
 
Kaede annuì e tornò verso la finestra.
 
“Tutto qui?” si esasperò Yohei.
 
“...” Kaede alzò le spalle.
 
“Rukawa, lui vuole vederti!”
 
“Ma io no”
 
“Lo hai già detto” si seccò, “e ho dovuto dirlo ad Hanamichi. Cosa credi che abbia pensato?!”
 
“...”
 
“Te lo dico io! Avrà pensato che te ne freghi! Che non lo ami!”
 
-Non lo amo...?- ripeté mentalmente, -lo amo così tanto che farei a cambio con lui subito...-
 
“Dannazione, Rukawa! Perché non vuoi vederlo?!”
 
“...”
 
“Ascolta...” Yohei non avrebbe voluto dirlo ma Rukawa non gli lasciava opzione, “l'operazione è piuttosto complicata. Che Dio non voglia, ma potrebbe anche andare male e...Rukawa, potrebbe essere l'ultima volta in cui lo vedi...” terminò in un sospiro.
 
Kaede chiuse gli occhi e gli sfuggì un gemito strozzato.
 
“È proprio per questo...” singhiozzò.
 
Yohei sbarrò gli occhi, capendo tutto.
 
“Quindi è di questo che si tratta...” mormorò, “temi che sia un addio...”
 
Kaede annuì, senza aprire gli occhi. Yoehi osservò le lunghe ciglia nere e gli parvero umide.
 
“Rukawa...posso comprendere la tua paura, ma...pensa a cosa succederà se non la superi...”
 
“...”
 
“Hanamichi entrerà in sala operatoria pensando che tu non lo ami...e se...”, Yohei prese aria, “e se dovesse accadere il peggio...morirebbe senza che tu abbia corretto il suo errore...”
 
“Sa che lo amo...” rispose debolmente.
 
“Ma in questo momento sono sicuro che abbia dei dubbi”
 
“...”
 
“Rukawa, se non vai da lui, potresti pentirtene a vita”
 
“...”
 
“Fai quello che vuoi...” disse Yohei sconfitto, prima di girarsi e tornare da Hanamichi.
 
x x x
 
Un paio di dottori stavano finendo di spiegare a Hanamichi come si sarebbe svolta la sua operazione, ma lui non stava ascoltando.
 
Non voleva vederlo.
 
Era così arrabbiato? No, non poteva essere l'unico motivo. Forse Yohei gli aveva mentito sulle sue condizioni e Kaede stava davvero peggio rispetto a lui...il solo pensiero lo consumava per l'angoscia...
 
“Bene, signor Sakuragi, è ora. Verrà un infermiere per portarla in sala operatoria”
 
“...”
 
“Signor Sakuragi?”
 
“Eh? Ah, va bene...”
 
I medici uscirono e poco dopo entrò l'infermiere. Mentre veniva trasportato sulla barella lungo il corridoio, Hanamichi fissava il soffitto bianco e contava le luci. Ad un tratto iniziò ad avere paura dell'operazione e si pentì di non aver ascoltato la spiegazione dei dottori. Un giovane dai capelli scuri gli si avvicinò e camminò accanto a lui prendendogli la mano.
 
“Andrà tutto bene...” disse con un sorriso rassicurante.
 
“Grazie Yohei...” Hanamichi era davvero felice che il suo amico fosse lì; ma mancava qualcuno di troppo importante, “e Kaede...?” chiese senza speranza.
 
Yohei scosse il capo tristemente.
 
“Mi dispiace, non sono riuscito a convincerlo...”
 
“Yohei, dimmi la verità. Kaede sta bene?”

“Lo giuro, Hanamichi...”
 
“Mi dispiace, deve fermarsi qui” intervenne l'infermiere, fermando la barella davanti ad una grande porta vetrata.
 
“D'accordo...Hanamichi, ci vedremo tra un paio d'ore, va bene?” gli sorrise.
 
“Okay...” Hanamichi ricambiò il sorriso a malincuore.
 
“Un momento!” si sentì a qualche metro di distanza.
 
Hanamichi e Yohei deviarono lo sguardo. Si sorpresero entrambi di vedere Kaede correre verso di loro con la camiciola e senza collare, evitando qualsiasi infermiera sul suo cammino. Dal respiro affannoso quando si fermò era evidente che fosse scappato dalla sua camera.
 
“Kaede...” sussurrò Hanamichi con un grande sorriso. Kaede compì un altro passo e si incollò alla barella, si chinò e gli piantò un lungo bacio sulle labbra. Yohei e l'infermiere non sapevano dove guardare.
 
“Mmh...che bel bacio, volpino. Me ne dai un altro?” scherzò Hanamichi.
 
“T-te ne darò un altro quando uscirai, va bene?” disse Kaede con voce rotta e cercando di sorridere, ma senza successo.
 
“Ascoltami Kaede...” Hanamichi si fece serio, “se qualcosa andrà male...”
 
“No, non dirlo” lo interruppe singhiozzando.
 
“Ma voglio...”
 
“Non dirlo!” quasi lo gridò.
 
“Va bene, va bene...” accettò Hanamichi, “a dopo, amore...”
 
“A dopo...”
 
L'infermiere aprì la porta e scomparve insieme alla barella di Hanamichi. Yohei e Kaede rimasero immobili per un momento, finché Yohei notò qualcosa e parlò.
 
“Ti sei tolto il collare?!” esclamò.
 
“M-mi dava fastidio mentre correvo...” sussurrò Kaede.
 
“Dannazione...beh, torniamo subito in camera tua...”, istintivamente Yohei afferrò con calma Kaede per un braccio per accompagnarlo, ma si spaventò dal suo tremore.
 
“Rukawa? Rukawa, calmati...” fece inquieto. Kaede però non si calmò, piegò le ginocchia, sentendo di non riuscire a rimanere in piedi e Yohei dovete afferrarlo per evitare che cadesse sulla faccia.
 
“Rukawa!” esclamò, attirando l'attenzione dell'unica infermiera che passava in quel momento. Si tranquillizzò notando che il ragazzo si stringeva a lui, il che significava che non era del tutto svenuto. “Tranquillo...andrà tutto bene...andrà tutto bene...”
 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


“Ora respiri...ecco...respiri ancora...molto bene...ancora...”
 
Kaede stava respirando secondo le istruzioni dell'infermiera che lo stava assistendo nel corridoio, perché si era rifiutato categoricamente di tornare nella sua stanza. Era seduto con la schiena contro una parete e la donna aveva una mano sul suo petto per controllare la sua respirazione.
Quando Yohei tornò, con il collare in mano, si sorprese. Aveva lasciato Kaede mezzo svenuto e tremante e ora sembrava calmo, come in una sessione di yoga. Si inginocchiò e porse il collare all'infermiera, che lo risistemò su Kaede, dicendogli di non smettere di respirare come gli stava indicando.
 
“Da quanto tempo soffre di ansia?” chiese l'infermiera.
 
“Da anni” rispose vagamente Kaede.
 
“È in cura?”
 
“Prima sì...era da tanto che non ne avevo bisogno...”
 
“Capisco...beh sono un'infermiera, non posso prescrivergli nulla. Ma con qualche semplice esercizio la respirazione può essere controllata abbastanza”

“Sì...vero...” rifletté Kaede, “grazie...”
 
“Prego...che ne dice se l'aiuto ad alzarsi e torniamo in camera sua?”

“No, voglio restare qui finché non esce...”

“È appena entrato...ci vorranno almeno un paio d'ore”
 
“Non m'interessa, voglio restare”

“Va bene, almeno si sieda su quella panca ad aspettare”
 
Kaede accettò e si alzò con l'aiuto dell'infermiera e di Yohei, fece un paio di passi finché non ricadde sulla panca vicino alla parete opposta.
 
“Io sono Monica. Se serve qualsiasi cosa, avvisatemi o ditelo a un qualunque collega” disse la donna prima di congedarsi.
 
“Certo, grazie mille” disse Yohei.
 
Kaede e Yohei rimasero soli in corridoio, in attesa che Hanamichi uscisse dalla sala operatoria.
 
“Stai bene?” chiese Yohei guardandolo.
 
“Credo che queste saranno le due ore peggiori della mia vita” ammise Kaede.
 
“Anche le mie” disse Yohei.
 
Kaede lo guardò di sbieco prima di continuare.
 
“Tieni molto a lui, vero?” chiese in un sussurro.
 
“Certo” rispose Yohei, “non sarai geloso, vero? Ricorda che anche io sono felicemente sposato” rise.
 
“Lo so” disse Kaede con un sorriso molto lieve.
 
“Hanamichi è come un fratello...”
 
“...”, sentendo quel termine, Kaede tornò serio. Yohei se ne accorse e capì il perché.
 
“A proposito, sono felice che tu abbia deciso di venire” disse Yohei, cambiando argomento. “Xosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese curioso.
 
“Hanamichi mi ama” rispose convinto. Yohei lo guardò un po' stupito, quindi spiegò: “e ho pensato che se non fossi andato a trovarlo, si sarebbe preoccupato per me. Avrebbe pensato che mi fosse successo qualcosa. E non volevo che entrasse in sala operatoria nervoso”
 
-Siete fatti l'uno per l'altro- si disse Yohei sorridendo, in effetti Hanamichi l'aveva pensato.
 
“Inoltre...” continuò Kaede, “avevi ragione, se non l'avessi visto, forse me ne sarei pentito per tutta la vita...”
 
“Tranquillo, sono sicuro che non gli succederà nulla” rispose Yohei, un po' dispiaciuto di avergli detto che forse Hanamichi non si sarebbe ripreso.
 
“Non possiamo saperlo...” sospirò Kaede. Ci fu un breve silenzio un po' imbarazzato. Benché lo dissimulasse meglio, Yohei era terrorizzato all'idea che il suo migliore amico non ne uscisse vivo.
 
“A proposito, Hanamichi mi ha detto che stavate pensando di adottare...” commentò. Non sapeva che l'incidente era accaduto proprio di ritorno dalla visita all'agenzia.
 
“Sì” confermò Kaede. L'idea lo colpì dolorosamente, come se fosse passato molto tempo. “Ma non è andata così bene...”

“Oh, mi dispiace”
 
Kaede avrebbe scosso il capo se non avesse avuto il collo immobilizzato.
 
“Non preoccuparti, continueremo a provare” disse appoggiandosi al muro, “se tutto andrà bene...”
 
Il silenzio si prolungò, ed era rotto solo dai passi di alcuni medici e infermieri che percorrevano il corridoio. Alla fine la paura e la stanchezza si unirono e Kaede si arrese a un sonno pesante ma irrequieto.
 
x x x
 
“Rukawa...Rukawa, svegliati...”
 
Kaede aprì gli occhi pigramente, chiedendosi a chi appartenesse quella voce familiare. Improvvisamente ricordò e si raddrizzò in fretta.
 
“C-cosa c'è?” chiese in ansia. Di fronte a lui c'era uno dei dottori che aveva operato Hanamichi, ma lui non lo sapeva.
 
“Il signor Sakuragi è già uscito dalla sala operatoria” lo informò, “l'intervento è andato alla perfezione” aggiunse con un sorriso. Amava dare buone notizie.
 
Kaede lo guardò senza sapere come reagire, ma il sollievo sul suo volto era più che palese.
 
“Quando è uscito...?” chiese perplesso.
 
“Poco fa. È in rianimazione e si sta svegliando dall'anestesia”
 
“N-non posso credere di essermi addormentato...” balbettò.
 
“Io sì” affermò Yohei al suo fianco, “sono quasi le cinque del mattino, sei stato seduto qui per quattro ore, ieri hai avuto un incidente, sei stanco e stressato...credimi, è alquanto normale”
 
“...” Kaede annuì, poco convinto, “possiamo vederlo?” chiese rivolgendosi al dottore.
 
“Tra poco verrà un'infermiera ad accompagnarvi”
 
“Grazie”
 
Poco dopo un'infermiera andò a recuperare Kaede per accompagnarlo dal suo amato. Dato che poteva entrare una sola persona alla volta, Yohei rimase fuori ad attendere. Con passi un po' incerti Kaede si avventurò dentro. Hanamichi aveva gli occhi chiusi, ma li aprì appena quando avvertì il suono dei passi. Kaede gli si avvicinò sul lato sinistro e gli afferrò la mano tra le sue.
 
“Buongiorno amore...” disse con un sorriso insolito da parte sua.
 
Nonostante lo stato di letargia causato dall'anestesia, Hanamichi non poté fare a meno di stupirsi nel contemplare un sorriso così bello.
 
“Buongiorno...” sussurrò, quasi senza voce.
 
“Come stai?” chiese Kaede accarezzandogli delicatamente la mano con il pollice.
 
“Mi sento strano...”
 
“Non preoccuparti, sarà l'anestesia”

“Sarà...”
 
Hanamichi alzò la mano tra quelle del suo compagno e gli accarezzò la guancia.
 
“Senti dolore?” chiese Kaede, osservando l'ampia fasciatura sul suo petto.
 
“No...” rispose Hanamichi, “in realtà a malapena sento il mio corpo...”
 
Kaede lo guardò un po' preoccupato ma di colpo risultò divertito.
 
“E questo?” gli chiese per poi baciargli la mano, “lo senti?”
 
“Sì, questo sì...” sorrise Hanamichi.
 
“E questo?” Kaede gli leccò giocosamente il dito.
 
“Ehi” si lamentò Hanamichi, allontanando la mano, sorpreso e un po' arrossito, “vuoi crearmi problemi? Non è chiaro che ora non potrei risolverli?”

“Haha, vedo che ti stai riprendendo” rise Kaede.
 
La sua risata in quel momento era musica per le orecchie di Hanamichi. Quel suono compensava qualsiasi situazione passata, anche quella. Gli faceva male il petto solo al pensiero di quanto lo amava...o forse stava cominciando a sentire i punti...
 
“Hanamichi” lo chiamò Kaede, vedendolo perso nei suoi pensieri.
 
“Uh?”

“Vorrei sapere una cosa”
 
“Cosa?”

“Cosa volevi dirmi prima di entrare in sala operatoria?”
 
“Eh...” Hanamichi finse di pensarci, “non ricordo...”
 
“Dannazione!” si lamentò Kaede, “come sarebbe?”
 
“...”
 
“Avevi iniziato con, 'Se qualcosa andrà male...'”
 
“Ma non è andata male” replicò Hanamichi.
 
“Lo so, ma perché non vuoi dirmelo?” insistette Kaede.
 
“Va bene, va bene...” cedette, “volevo dirti che...se mi fosse successo qualcosa...insomma, se non fossi uscito vivo...tu avresti dovuto proseguire con l'adozione”
 
Kaede sbatté le palpebre, sorpreso.
 
“Perché?”
 
“Perché so che senza il genio ti saresti sentito molto solo” rispose Hanamichi cercando di scherzare.
 
L'espressione di Kaede in quel momento era molto simile a quella mostrata anni prima al cimitero dove lo aveva presentati ai suoi genitori e a suo fratello. Hanamichi si sentì male.
 
“Volevo dire che...” cominciò per scusarsi.
 
“Pensi che non andrei avanti senza di te?” lo interruppe Kaede con voce neutra.
 
“Certo che sì...come ti ho già detto, sei molto più forte di quanto pensi, Kaede Rukawa”, Hanamichi gli riprese la mano, “ho solo pensato che anche in mia assenza, tu dovresti adottare comunque. Per noi due, capisci?”
 
Kaede annuì e gli strinse la mano.
 
“È vero che dipendo troppo da te” disse subito, “credo che dovrei farmi valere di più”
 
La faccina di Hanamichi lo fece ridere.
 
“Non fraintendermi” disse Kaede, “continuerò ad amarti lo stesso”
 
“Sarà meglio, volpe” ringhiò Hanamichi.
 
“Doaho...” sorrise, lasciandogli la mano per accarezzargli i capelli. Hanamichi chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò. Kaede continuò ad accarezzarlo per un po', pensando a quanto fossero stati frenetici quei giorni di vacanza, tra la decisione di adottare, lo stupido litigio al loro anniversario, la visita all'agenzia, l'incidente...non poté fare a meno di concordare con quel detto secondo cui non tutto il male veniva per nuocere, perché il loro rapporto si era rafforzato, dopo i due anni in cui i dubbi lo avevano assalito senza sosta. Ma ora era convinto: lo amava e Hanamichi amava lui, e le cose non sarebbero cambiate tanto facilmente.
Tutto ciò che doveva fare era godersi ogni momento.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove - Epilogo ***


Faceva un caldo terribile, il piccolo ventilatore sul tavolo della direttrice dell'orfanotrofio muoveva poca aria nella stanza, il che, aggiunto ai nervi, provocava un disagio generale sgradevole. Mai nella loro vita si erano sentiti così tesi.
 
Hanamichi continuava a lisciarsi i capelli, arruffandoli piuttosto che pettinarli, mentre Kaede si mangiava le unghie con tanta velocità che era al nono dito per la seconda volta. E a ragione, era da quasi un anno che aspettavano quel giorno.
 
Finalmente sarebbero diventati genitori. Il fortunato che sarebbe diventato loro figlio era un bellissimo bambino etiope di 14 mesi, Natil, che la direttrice era andata a recuperare.
 
“Perché ci mette tanto?” chiese Hanamichi a voce alta per l'ennesima volta, “non sopporto il clima di questo paese. Sto soffocando”

Kaede lo guardò di sbieco e sorrise. Sapeva che se Hanamichi aveva premura non era per il caldo ma perché era passato un mese dall'ultima volta che avevano visto il bambino, e sembrava essere trascorso un tempo lunghissimo.
 
“Credi che si ricorderà di noi?” domandò Kaede guardando il soffitto. Hanamichi lo guardò e, prima di rispondere, gli portò una ciocca dietro l'orecchio in un gesto affettuoso.
 
“Non lo so davvero. Lo scopriremo a breve”
 
Si chinò e gli diede un tenero bacio sulla guancia. Kaede sorrise e ricambiò. Poco dopo la porta finalmente si aprì ed entrò la direttrice con Natil in braccio. Hanamichi e Kaede si alzarono all'istante.
 
Il bimbo sembrò riconoscerli e li guardò curiosamente con i suoi grandi occhi neri. Sembrava anche inquieto. Forse intuiva che quel giorno avrebbe fatto un lungo viaggio.
 
“I documenti sono pronti” disse lei rivolgendosi a Kaede e porgendogli una cartella che era sul tavolo, “questi sono vostri”
 
“Grazie mille” disse Kaede.
 
“Per curiosità, intendete cambiargli nome?”

“No. Crediamo che non dovremmo cancellare una parte delle sue origini”
 
“Sono d'accordo” disse la donna, “inoltre Natil è un bel nome”
 
“È vero”
 
Kaede si voltò verso Hanamichi e accarezzò le manine di Natil, finché il piccolo non iniziò a muovere le braccia come fosse un uccello.
 
“Guarda, ha già voglia di salire sull'aereo” sorrise Hanamichi, “vuoi prenderlo?”
 
Con la cautela tipica dei neogenitori, Kaede prese Natil dalle braccia di Hanamichi. Avvertì un gradevole formicolio, non era la prima volta che lo faceva ma ora stava davvero tenendo suo figlio.
Hanamichi lo guardò incantato, Kaede aveva l'espressione così luminosa che anche se ci fosse stato un blackout, non sarebbero rimasti al buio. Si stava abituando a vederlo così, perché da tempo, cioè dalle ultime vacanze dell'estate precedente a Maiorca, Kaede sembrava più animato e sicuro di sé che mai.
 
“Che ne dici se andiamo?” chiese Kaede, tirandolo fuori dai suoi pensieri, “non vedo l'ora di tornare a casa”
 
“Sì” sorrise Hanamichi, “e torneremo tutti e tre insieme”
 
x x x
 
I primi giorni furono molto difficili. Natil piangeva senza sosta e il periodo per i poveri neogenitori fu tremendo. Più di una notte dovettero andare dal pediatra con urgenza, incapaci di capire il motivo del pianto. Alcuni giorni Yohei e sua moglie vennero ad aiutarli, ma finché non avessero dovuto tornare nelle rispettive squadre dopo le vacanze estive non avrebbero assunto una babysitter.
 
Gradualmente la situazione migliorò. Natil iniziò ad adattarsi alla sua nuova casa e Kaede e Hanamichi ad averlo con loro. Una notte, alla vigilia del secondo anniversario di matrimonio, Hanamichi era appoggiato alla culla e lo guardava dormire placidamente. Kaede si avvicinò da dietro e lo abbracciò, appoggiando il mento sulla sua spalla, osservando a sua volta il bambino.
 
“Ancora fatico a credere che ci siamo riusciti” mormorò Hanamichi.
 
“Ma se hai sempre detto che prima o poi ce l'avremmo fatta” si sorprese Kaede.
 
“Sì...ma in realtà ero arrivato a dubitarlo”
 
“Non devi più preoccuparti, è ora di godersi il momento”
 
“Hai ragione”
 
La mano destra di Kaede scivolò silenziosamente dal ventre di Hanamichi all'inguine, cogliendo l'altro completamente di sorpresa.
 
“Che stai facendo?” chiese con voce più alta del previsto, temendo di svegliare Natil.
 
“Te l'ho detto...” gli sussurrò all'orecchio, “godiamoci il momento...”
 
“Ma...c'è qui il bambino!”
 
“Sta dormendo” disse Kaede, “e poi non pensavo di farlo qui. Andiamo in camera”
 
Hanamichi avvertì un brivido. Ultimamente era sempre Kaede a prendere in mano le redini della situazione e in realtà non lo infastidiva assolutamente.
 
“Sai che quando Natil sarà un po' più grande non potremo farlo ogni volta che vorremo...dobbiamo approfittarne ora” continuò, “e poi non siamo più due adolescenti...”
 
“Stai dicendo che siamo vecchi?” chiese Hanamichi con tono lievemente piccato. In realtà non stava prendendo benissimo la consapevolezza di avvicinarsi ai trenta.
 
“Certo che no. Ma anche se siamo ugualmente o più arrapati di prima, non abbiamo più la stessa resistenza...”
 
Prima che Hanamichi, arrossendo all'estremo, potesse dirgli altro, Kaede lo prese per mano e lo condusse in camera da letto, attigua a quella di Natil, lo fece cadere sul letto e si mise a cavalcioni su di lui. Il corpo di Hanamichi reagì all'istante. Kaede lo abbracciò dal collo e gli baciò il lobo dell'orecchio, giocandoci e inumidendolo. Hanamichi gli strinse la vita, non smettendo di sussultare ed emettere piccoli gemiti. La mano destra di Kaede gli accarezzò il petto sopra la maglietta del pigiama, sbottonandogli lentamente i bottoni.
 
“Mmh...” gemette Hanamichi sentendo la mano fredda di Kaede sulla pelle nuova, “ah!” fece, sentendola poi nell'interno coscia.
 
Kaede abbandonò il suo collo e si abbassò con chiara intenzione su cosa fare. Dopo aver tirato fuori il membro gonfio di Hanamichi dai pantaloni e dai boxer blu, lo massaggiò qualche secondo, poi lo avvolse tra le labbra e cominciò a succhiarlo con forza, al punto che Hanamichi quasi gridò di piacere.
 
“Oh, volpe...” riuscì a dire. Con entrambe le mani istintivamente afferrò Kaede per i capelli, fermamente ma senza ferirlo. Kaede continuò a leccare e baciare, notando con soddisfazione la presa di Hanamichi, che prese poi ad ansimare e a gemere maggiormente, e poco dopo il sapore familiare gli si versò in bocca, e lo ingoiò con piacere.
Un forte sospiro sfuggì dalle labbra di Hanamichi, che si lasciò cadere sul letto, ansimando come se avesse appena giocato una partita intensa. Ma la volpe non aveva intenzione di lasciarlo riposare. Hanamichi alzò leggermente la testa e osservò in estasi Kaede che si toglieva il pigiama con movimenti sexy.
 
“Mi fai davvero impazzire...” confessò con un sorriso innamorato.
 
“Lo so” disse Kaede ricambiando il sorriso. Quando finì di sbottonare la parte superiore del pigiama, Kaede lo tolse e lo gettò dall'altra parte della stanza. Poi, prima di togliersi i pantaloni, eliminò quelli già mezzi abbassati di Hanamichi, i boxer, finendo con i propri indumenti, con una maestria tipica da vero spogliarellista.
 
Hanamichi si posizionò al centro del letto e lasciò che Kaede salisse su di lui. Osservò Kaede inumidirsi due dita di saliva, poi le sentì entrare delicatamente in lui per prepararlo. Quando fu pronto, Kaede si sostituì, e anche se Hanamichi aveva pensato ad un'altra cosa, cominciò a fare l'amore con lui molto dolcemente.
 
Hanamichi si aggrappò alla sua schiena, quasi conficcandogli le unghie, spingendosi verso di lui èer una penetrazione più profonda, di cui Kaede fu grato con un gemito. Hanamichi non provò alcun dolore, il suo membro era imprigionato e si risvegliò con la frizione, oltre a un punto dentro di lui che veniva stimolato. Hanamichi smise di ghermire la sua schiena e posò entrambe le mani sul suo viso, che era quasi incollato al proprio e gli occhi socchiusi, e cominciò a ripetere a voce molto bassa, “Ti amo, ti amo, ti amo...”
 
x x x
 
Il povero Hanamichi era esausto. Kaede aveva fatto l'amore con lui tre volte di fila. Si chiese da dove gli era uscita quella storia del non avere più tanta resistenza, perché non si applicava affatto al suo caso.
 
Guardò l'orologio sul comodino e vide che erano solo le sette del mattino. Dall'altro lato del letto, di schiena, Kaede dormiva ancora. Con attenzione, per non svegliarlo, gli diede un dolce bacio sulla guancia, poi si alzò per farsi una doccia, ma prima si fermò al lettino di Natil per controllarlo. Aveva sudato molto quella notte, e non solo per il caldo.
 
Quell'estate non erano tornati a Maiorca perché l'agenzia di adozioni internazionale con cui erano impegnati da quasi un anno e attraverso la quale erano riusciti ad adottare Natil era a Barcellona, la stessa città in cui vivevano. Ma mancavano ancora un paio di settimane prima che iniziasse la stagione, e Hanamichi aveva pensato di proporre a Kaede di andare all'isola per un paio di giorni, anche se in albergo.
 
Uscì dalla doccia con rinnovata energia, avvolto in un asciugamano, e trovò Kaede appoggiato alla porta del bagno con solo un paio di pantaloni addosso, mentre lo guardava da capo a piedi, mordendosi le labbra voglioso.
 
“Ehi, ehi, non pensarci proprio” disse allarmato, alzando la mano in segno di stop, “mi sono appena lavato”
 
“Beh...” disse Kaede avvicinandosi pericolosamente, “ti farai un'altra doccia...”
 
“Volpe pervertita! Non ne hai avuto abbastanza?!”
 
Dopo una lotta scherzosa e qualche risata, Hanamichi riuscì a 'sbarazzarsi' di Kaede e tornare in camera per vestirsi. In cucina Kaede aveva iniziato a preparare la colazione.
 
“Il bambino comincia ad assomigliarti” disse entrando, “dorme sempre di più”
 
“Molto divertente” disse Kaede, “non preoccuparti, lo sveglieremo tra un po'. Non dobbiamo lasciarlo dormire di giorno, altrimenti rimarrà sveglio di notte”
 
Hanamichi si avvicinò, lo abbracciò da dietro e gli diede un bacio sul collo.
 
“Buon anniversario, amore mio” gli sussurrò all'orecchio.
 
“Buon anniversario” Kaede inclinò leggermente la testa per permettergli di continuare a baciarlo.
 
“Per te” disse Hanamichi prendendo un pacchetto dalla tasca dei pantaloni.
 
Kaede si asciugò le mani, si girò e afferrò il pacchetto. Lo aprì e trovò un orologio da polso, molto bello e costoso.
 
“È bellissimo” disse senza smettere di guardarlo, “grazie mille”
 
“Guarda la scritta dietro”
 
Kaede girò l'orologio e vide che in caratteri giapponesi era inciso 'Ti amo, volpe'. Si lasciò sfuggire un sorriso.
 
“Lo metterò stasera quando usciremo a cena. E potremo usare il tuo regalo”
 
“E dov'è il mio regalo?” chiese Hanamichi con espressione da bambino.
 
“In garage” Kaede tirò fuori dalla sua tasca le chiavi di un'automobile. Hanamichi era sbalordito. Dall'incidente non aveva osato proporre di comprare un'altra macchina dopo che l'Audi era rimasta distrutta.
 
“Mi hai preso una BMW?” esclamò strappando le chiavi, verificando che si trattavano proprio di una BMW serie 1.
 
“Ci ho preso un'auto” rispose, “la userò anch'io. Anche se prima dovrò prendere la patente” rise.
 
Hanamichi lo guardò molto sorpreso, mentre Kaede alzò le spalle e aggiunse:
 
“Pensi sia ora, no?”
 
In risposta Hanamichi lo afferrò per la vita e lo coinvolse in un lungo bacio che li lasciò quasi senza fiato. Poi si separò da lui e quasi saltellò fuori casa.
 
“Ehi, aspettami!”
 
Lasciò l'orologio sul tavolo dalla cucina, ma prima di continuare a seguirlo, sentì dei rumori dalla stanza di Natil e capì che si era svegliato. Anche se andare in garage a vedere l'auto avrebbe richiesto un attimo, non volle lasciarlo solo in casa. Quindi andò a prendere Natil e insieme scesero nel garage, dove Hanamichi stava già girando intorno alla macchina, aprendo tutte le portiere, entrando ed uscendo, toccando ogni pulsante.
 
“Ti piace?” chiese Kaede.
 
“Se mi piace?” esclamò Hanamichi, “la adoro!”
 
Sembrava un bambino con un nuovo giocattolo. Mentre Hanamichi continuava a testare tutti gli extra dell'auto, una strana sensazione iniziò a prendere il sopravvento di Kaede, qualcosa che non sentiva da molto tempo. Mentre era lì in piedi nel garage della loro casa a Barcellona, con sui marito all'interno dell'auto che aveva appena preso, e con Natil in braccio che sbadigliava assonnato, Kaede Rukawa si rese conto che finalmente aveva di nuovo una famiglia.

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