FAREMO CIO' CHE DEVE ESSERE FATTO

di Brume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LA LETTERA , PARTE I ***
Capitolo 2: *** LA LETTERA, PARTE II ***
Capitolo 3: *** DOVE TUTTO EBBE INIZIO ***
Capitolo 4: *** RITROVARSI - UN ABBRACCIO NELLA NEVE ***
Capitolo 5: *** FAREMO CIO' CHE DOVRA' ESSERE FATTO ***
Capitolo 6: *** LA VERITA' ***
Capitolo 7: *** VITA ***
Capitolo 8: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** LA LETTERA , PARTE I ***


                                                                                       


Premessa per il lettore
Storia decisamente AU, personaggi forse un filo OOC.
Rating Arancio giusto per qualche incontro, per cos' dire, romantico; per il resto, non ha alcun riferimento particolare ; collocatela a vostro piacimento. E' una storiellina senza pretese, scevra da patemi esistenziali.
Buona lettura










 LA LETTERA, PARTE I



 

Parigi, inverno , tempi moderni

 

Caro Andrè, 

        immagino fin da subito lo stupore di  questa mia; non so per quale motivo lo sto facendo, visto che abbiamo a disposizione smartphone dalle molteplici applicazioni..ma sai, ho trovato questa carta nel cassetto del mio secretaire e mi sono detta: “perchè no?” così eccomi qui.
 

Come avrai già saputo -se in questi giorni sei andato al lavoro e non sei a zondo per qualche indagine sul campo -  io mi trovo a casa, ammalata; nulla di grave suppongo e spero. Ancora non ho visto il medico  ma per tua nonna sono già diventata una paziente da seguire e supportare e… passo le mie giornate facendo la spola tra il letto, la cucina dove mangiamo insieme un boccone e la poltrona - quella nella mia stanza accanto al camino - dove leggo un buon libro se non sono stanca; ma…ti dico la verità: sto morendo di noia.
 

Mi manca la vita di sempre, il caos della città, gli appuntamenti.

 Anche se non facciamo un lavoro facile, mi manca non essere sul campo e non vedo l’ ora di tornarci.


Tu come stai? Non ci vediamo da un pò: spero di trovarti bene con questa mia e che non riderai troppo dell’ idea balzana che mi è passata per la testa.
Confido risponderai. 

 

Un abbraccio, Oscar. 



 


“Marie, Marie, sei già stata in paese?” chiese Oscar uscendo dalla stanza ed incrociando, provvidenzialmente, la governante.
“Oscar, mia cara…non ancora. Perchè’? “ rispose la donna, che si stava recando a controllare se nello studio privato di Madame Georgette, la madre di Oscar, tutto fosse apposto per
l’ incontro pomeridiano con una associazione di beneficienza

“Dovresti spedirmi questa…” le rispose allora Oscar, raggiungendola e consegnando la lettera nelle mani rugose.
Il viso già accaldato da qualche linea di febbre arrossì un pò.
Marie prese la lettera dalle mani della giovane Jarjayes,  infilandola subito nella tasca del grembiule.
“Ci andrò subito, ragazza mia” rispose lasciando stare le faccende che stava svolgendo 
“..tu, piuttosto, come stai? Devo chiamare il medico? Non dovresti fare questi sforzi”.

 

Oscar rivolse gli occhi al cielo. Un sorriso comparve sul suo viso come a rendere meno pesante quel gesto.
“Per adesso bene, a parte la noia. Al momento no, non credo di aver bisogno di un dottore” rispose; Marie sorrise a sua volta.
“Perfetto. Ascolta, in cucina è quasi tutto pronto. C’è Christine a badare al tutto. Io vado, tornerò quanto prima ” disse.
La giovane annuì; accompagnò  la vecchina fino alla porta e la osservò uscire ,beata lei, e poi andò in cucina a prendersi un bicchiere d’ acqua e attese che il pranzo fosse pronto: al rientro di Marie, avrebbero come al solito mangiato insieme. 


 

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Capitolo 2
*** LA LETTERA, PARTE II ***


                                                                                              LA LETTERA, PARTE II

 

Dopo essere passato dalla palestra per il consueto allenamento serale ( regola  che si era imposto visto il lavoro sedentario degli ultimi mesi)  Andrè , una volta uscito e sulla via del ritorno, si era fermato   per acquistare qualcosa per la  cena visto che il frigorifero era semivuoto. Poi,  una volta parcheggiata la macchina vicino a casa, aveva fatto due passi a piedi fino al pied à  terre dove viveva, nei Marais.
Che giornata! ….prima il profilo di quel pazzo criminale, poi un salto in tribunale, infine quattro ore ancora al pc...non vedo l ora di cucinare qualcosa e poi affondare sul divano fissando il soffitto si era detto  non appena aperto il portoncino del piccolo stabile in cui era collocata la sua abitazione; armeggiando con le chiavi che nel frattempo  gli erano cadute, si accorse quasi per caso (nel rialzarsi dopo averle raccolte) che nella casella delle lettere vi era…una busta.

Rimasto immobile per una frazione di secondo con le gambe e la schiena piegate, osservò la missiva.

No, non è una multa e nemmeno altro tipo di comunicazione per così dire  noiosa….ma….quindi…chi o cosa potrebbe essere? 

 

La sua vita sociale, da chè aveva lasciato la casa in cui era cresciuto insieme alla nonna, donna forte e volitiva nonchè governante in una casa borghese,  quella dei Jarjayes, comprendeva solamente un paio di persone: Oscar e Alain. La prima era la figlia del datore di lavoro di Marron Glacè, da tutti chiamata Marie. L’ altro, era un amico dei tempi del liceo.

Per il resto, nessuna amicizia particolare, nè per lavoro nè per …sfizio. Nessuna liaison.
Curioso, si raddrizzò del tutto e allungò la mano verso la busta, che sporgeva appena; la prese.

 

“Oscar?” esclamò ad alta voce, sorpreso.
Un sorriso si allargò sul volto.
Guardò la busta ancora una volta, ancora una volta sorrise…poi, recuperate le chiavi, la piccola borsa con la spesa e quella da palestra si avviò verso la porta d’ ingresso, che distava da li giusto un paio di metri.
Aprì.
Entrò nel piccolo open space  e  lasciata la sacca per terra e le chiavi in un portagioie li vicino, si recò in cucina per poggiare sul tavolo  la spesa; poi, scostata una sedia , si era seduto a quello stesso tavolo, mettendo la busta davanti a sè.

Non la vedeva da un pò, la sua Oscar.
Passando dal suo ufficio aveva notato l’ assenza negli ultimi 2, 3 giorni ma nessuno gli aveva detto nulla: che fosse successo qualcosa?

Aprì la lettera.

 

I suoi occhi osservarono la scrittura ordinata, precisa, elegante…quasi di altri tempi; le sue narici percepirono il delicato profumo di rosa e lavanda.

Che le è preso?  Poteva scrivermi…Comunque…che bel pensiero, Oscar. Sembra quasi…di essere nel passato, quando l’ unico modo per potere  sentirsi era questo. Grazie!  mormorò fra sè, posandola con cura.
Poi rimase li, contemplando il giardino oltre le vetrate della cucina, pensieroso.

 

“Ci siamo persi di vista un pò troppo, Oscar” disse ad alta  voce, consapevole di come la vita possa cambiare da un momento all’ altro, ripensando a quando erano bambini; infine, dimentico della cena, tornò in strada. Doveva recuperare qualcosa.
“.....da qualche parte ci sarà un posto aperto h24 ….“ disse, pensando al contempo dove poteva recarsi per comprare della carta da lettera: poi, l’ illuminazione. Più in là, nella via di lato, esisteva una piccola cartoleria, merceria, uno di quei posti dove si trovava di tutto ed in cui lui ogni tanto faceva una capatina.
Fece una corsa e lo raggiunse, senza nemmeno controllare se avesse i soldi in tasca.


Quando arrivò, la serranda era ancora alzata.


Madame Cleryon, Bonsoir…. per favore, avreste della carta da lettera?” domandò,  restando fermo sulla porta.
La vecchina, impegnata davanti alla cassa, annuì ed indicò un punto alla destra di Andrè; lui entrò, prese la prima confezione  che gli capitò a tiro e stava per andare a pagare quando la donna lo fermò.

“Sto chiudendo la cassa, , passa domani, Andrè” disse con un sorriso.
Lui preferì lasciare comunque  il denaro poggiandolo su un cartone di giornali vicino a lui; ; non gli interessava del resto.

 

 Infine, saltuo, uscì e tornò a casa.
 


Emozionato, spostò la spesa in frigo e , una volta liberato il tavolo, posò tutto l’ occorrente davanti a sè.
Cosa avrebbe potuto scrivergli?

Se avesse voluto seguire il suo cuore, sicuramente le avrebbe parlato di ciò che  fin             dall’ infanzia vi era racchiuso e che, con il passare del tempo, si era solo di un pò affievolito; ma non gli parve il caso.  Oppure…avrebbe potuto semplicemente rispondere alle sue domande.

Eppure…

Eppure questa rappresentava un'occasione ghiotta, così almeno gli dettava il cuore:  una missiva non proprio romantica, ma quasi. Ci pensò.

Si alzò, prese del tè freddo, ne bevve un sorso.

Tornò a sedersi, gambe distese sotto il tavolo e braccia incrociate sul petto; infine, dopo una ventina di minuti in cui era rimasto costantemente immerso nei suoi pensieri, allungò la mano per prendere la penna…ritrovandosi tra le dita una piuma d’ oca. 

 

Balzò dalla sedia.

Alzò lo sguardo davanti a sè e vi trovò un muro; alla sua destra, invece del piano ad induzione, vide un camino ad altezza umana e sopra di esso alcune padelle; sopra la sua testa, invece, penzolavano fagiani e anatre.

Si sentì il cuore in gola; una sensazione di panico lo avvolse, violentemente, tanto che fu costretto ad alzarsi e prendere aria; ma quando uscì dall’ unica porta in quella stanza dalle mattonelle a scacchi bianchi e neri, il panico si tramutò in terrore.

Un ampio spazio si apriva, coperto da marmi e carta da parati; alla sua sinistra una scala procedeva di qualche scalino per poi curvare, proprio sopra la sua testa. Più in la, sempre sulla sinistra, vi era una sorta di giardino d’ inverno. Infine, la casa si distribuiva in una miriade di stanze, almeno al piano terra, chiuse da pesanti porte.

 

“Andrè! Dove ti eri cacciato?” 


Una voce lo fece trasalire.
Pallido, si voltò; era sua nonna, tale e quale al solito. .. che lo fissava con aria minacciosa, le mani sui fianchi.

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Capitolo 3
*** DOVE TUTTO EBBE INIZIO ***


                                                                              DOVE TUTTO EBBE INIZIO


“Buongiorno Nonna “ disse Andrè, pallido come un cencio e con voce tremolante, , fissando la donna. Lei lo guardò squadrandolo  da capo a piedi, come se qualcosa non tornasse. 

“Ma che ti prende? Dove sei stato tutto il giorno? “ gli domandò “ Oscar è partita ormai da una settimana e tu in questa settimana avresti dovuto quantomeno accertarti che, prima del suo ritorno, i lavori nella dependance vadano avanti senza intoppi…” disse d’ un fiato.
 

Andrè si guardò in giro. Una casa nobiliare, mobili pesanti e scuri, marmi, gente che andava e veniva…avrebbe voluto chiedere alla nonna molte cose, ma decise di fare finta di nulla;  annuì e si allontanò, come se nulla fosse, uscendo dalla porta che reputò essere la principale e solo quando fu in giardino cercò di trovarsi un angolo nascosto da tutto e tutti dove poter riflettere un attimo. Lì, al riparo da occhi indiscreti e senza pensare allo strano abito di foggia settecentesca che indossava - e che gli provocava un gran prurito - si lasciò cadere a peso morto sulla terra battuta.

 

Dove sono? Perchè mi trovo qui? Cosa è successo? si domandò, osservando le mani, tremanti io…io stavo solo scrivendo una lettera, niente di più….

 

La sua mente cominciò a vagare.

Poteva essere, quello, un sogno?

 

Sicuramente ho bevuto qualcosa di strano a pranzo, con Etienne… uno scherzo dei ragazzi? Pesantino, però…pensò. No, non può essere questo….e allora cosa?

Ed Oscar? Anche lei è in questo mondo, qui, con me? 

 

Marron o meglio Marie aveva espressamente citato Oscar, dicendo anche che si trovava altrove e che lui avrebbe dovuto seguire lavori non ben precisati di una dependance….”Mamma mia che confusione” esclamò dandosi una pacca sulla fronte, , prima di rialzarsi e, visto che non aveva nulla da fare - teoricamente - si avviò per  cercare quella benedetta  struttura. 


Riguardo ad Oscar, anch’ essa si era risvegliata - dopo un sonnellino pomeridiano coadiuvato da un pranzo non proprio leggerno  - non solo in una stanza , ma addirittura in una casa completamente diversa dalla sua e , quando si era alzata intorno alle 18 per il consueto te,  ed era scesa per avvisare Marie che la sera non avrebbe cenato, non solo notò che quella casa era tutta su un piano e si affacciava sul mare, ma come di Marie non vi fosse traccia.
 

Anch’ essa, come Andrè, cadde comprensibilmente nel panico; la cosa peggiorò ulteriormente, quando nell’ angolo della camera, rientrando, notò una divisa in bella mostra su di un manichino ed alcune lettere dal comando di Parigi, Caserma della Guardia Francese, Compagnia B poggiate sulla scrivania.

 

Subito, ma proprio subito, tornò a cercare qualcuno: uscendo dalla stanza, andò diritta verso l’ uscita, in giardino.

“C’è nessuno?” chiese, dapprima bisbigliando poi alzando sempre più la voce.

 Da un angolo remoto di quel giardino, spuntando da un cespuglio di oleandro, emerse una figura.

“Mademoiselle, bonjour. Come state, stamane?” chiese una donna giovane, dai modi affabili e la faccia rubiconda. Tra le mani teneva un cestino carico di quei pochi prodotti dell’ orto che d’ inverno poteva offrire.

Oscar fissò la donna, ascoltando incredula le sue parole.

“...sto bene…ma…madame” aveva poi risposto “ …ma…”

La donna , stupida di essere chiamata con tale appellativo, sorrise.

“Chiamatemi come sempre avete fatto: Laetitia. Dunque, volete vi prepari qualcosa da mangiare? Mezzogiorno si avvicina” disse.

Oscar negò.

“No, grazie, non ho fame. Piuttosto, Laetitia…potreste darmi una mano? Purtroppo… ho un vuoto di memoria e non riesco a ricordare nulla. Perchè mi trovo qui? Che giorno…che anno è?” domandò.

Il cuore iniziò a battere forte nel petto.
Oscar non era stupida, conosceva a memoria la storia della sua famiglia - che fino ad allora aveva pensato fossero ricordi, passati di avo in avo, sfalsati ed ingigantiti - e… aveva uno strano sentore, addosso.

Immobile nell’ enorme camicione da notte, infreddolita, vide Laetitia avvicinarsi a lei.

“Mademoiselle, voi siete Oscar François de Jarjayes. Comandate le Guardie Francesi in quel di Parigi e vi trovate qui per una licenza. Siete stata presa da una febbre forte tempo fa e vostro padre,  non appena siete stata meglio,  vi ha ha fatto portare qui per la convalescenza. . Riguardo l’ anno….siamo nel 1789. Gennaio 1789” rispose: poi, la giovane donna riportò in casa Oscar, facendola sedere accanto al grande camino del salone, perennemente acceso.

“Aspettatemi qui: vi porterò un buon  brodo” le disse; Oscar ringraziò e poi tornò nei suoi pensieri. 

 

Ed ora?Cosa succederà? Dove…dove sarà Andrè? si chiese.
 

Le tornarono in mente le parole che il padre, quando aveva in corpo due goccetti in più di alcol, diceva: “Tra i nostri avi si dice di una donna, che portava il tuo nome, la quale ha combattuto durante la Rivoluzione! “ ed, allo stesso tempo, un brivido la prese.

 

Oscar gettò indietro la testa, fino ad osservare il soffitto.

Piano piano il cuore sembrò tornare ad un ritmo decente. 

 

E se tutto questo fosse partito da una lettera? si domandò;  tuttavia, pratica  com’era, si diede della stupida non appena recuperò un filo di razionalità….ma Oscar, non è che ci siano molte altre spiegazioni aggiunse.

Un gran mal di testa la prese; non aspettò il brodo di Laetitia e si alzò, tornando in camera.

 

Doveva fare una cosa: scrivere.

Scrivere una lettera ad Andrè, sperando si trovasse in quel mondo pure lui, e chiedere di potersi incontrare. 

 

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Capitolo 4
*** RITROVARSI - UN ABBRACCIO NELLA NEVE ***


                                                                   RITROVARSI - UN ABBRACCIO NELLA NEVE


Andrè cercò, come Oscar, di adattarsi a quella situazione senza fare domanda alcuna.
 

Appurata  la sua condizione di servo,  seppure con diversi benefici,  dovuti all' amicizia - se così si poteva definire- tra la nonna Marie  ed il loro padrone,  prese a fare ciò che era            l' unica cosa logica: iniziò a darsi da fare,  eseguendo tutto ciò che gli veniva richiesto,  seguendo passo passo la nonna ed il padrone  (che assomigliava davvero molto al pro pro pro nipote moderno)  e, nei momenti liberi,  dedicandosi ai lavori presso la dependance.
Che altro ?
Non aveva molte alternative.
Tra un impegno e l’ altro, la sua speranza ed il suo cruccio più grande era anche quello di ritrovare Oscar. Ma passarono  i giorni e nulla accade…finché una sera…

La sua richiesta fu tuttavia accolta, in modo se non altro parziale.

 

Era passata una settimana dal suo arrivo e si trovava in cucina aspettando che la nonna sistemasse la cena dei Signori sul consueto carrellino portavivande. Seduto al tavolo, lo sguardo perso oltre i vetri davanti a sè, trasalì quando Marie gli disse che aveva ricevuto una lettera.

"Una lettera?" Domandò. 

"Si. Di Oscar. Non capisco perché non abbia usato uno dei messi " bofonchiò la vecchina. 

Lui non ebbe nè modo nè tempo per rispondere: nel frattempo la cena fu pronta.

"Ora vai. Più tardi, quando avrai finito, te la consegnerò così potrai leggerla" tagliò corto Marie ed  Andrè annuì,  compiendo la sua routine serale senza battere ciglio.

Quando finalmente fu libero,  sistemate alcune cose e ricevuto il permesso e la lettera dalla donna, si recò in camera sua; si spoglio e preparò per la notte rimpiangendo ancora una volta il letto a due piazze al quale era abituato. Seduto sul bordo del giaciglio  dunque aprì quella lettera con una emozione ed una sorpresa ancora maggiori rispetto alla volta precedente: tutto era iniziato così. Piano piano poi,  con garbo, ruppe la ceralacca e  spiegò il foglio di carta pesante poi, finalmente  iniziò a leggere.
 

Reville, 14 gennaio 1789

 

Ti prego, Andrè, dimmi che anche tu sei qui, in questo che io posso solo definire un incubo. 

Dimmi che ci sei, che ti sei ritrovato tuo malgrado tra tutta questa gente - i miei avi - e che stai cercando un modo per uscire; io non faccio altro che pensare a questo. A tornare dove eravamo rimasti.
Incontriamoci, ti prego, a metà strada : credo che il borgo di Reville vada bene.  Parti quando riceverai questa lettera che, se non sbaglio i miei calcoli, dovrebbe arrivarti tra una settimana, il 21 gennaio 1789.
 

Oscar.


“La fai facile, Oscar” esclamò Andrè come se lei si trovasse li davanti e lo stesse ascoltando “ non è che posso prendere l’ auto e partire, così...come farò? Dovrò recuperare un cavallo….” disse osservando quelle righe; in ogni caso, felice per la lettera e per averla sentita, dopo il primo momento di sorpresa e sbandamento di diede subito da fare.


Si rivestì.


Una volta pronto controllò  che nel corridoio con le stanze dei servitori non vi fosse nessuno

( preparò in ogni caso  una scusa nel caso qualcuno lo avesse intravisto)  poi, una volta uscito, andò verso le scuderie.
Non vado a cavallo da anni ….accidenti a me!  pensò mentre camminava, ridacchiando tra sè immaginandosi in sella ad un destriero;  infine, una volta giunto nello stabile di mattoni rossi e legno, entrò.

 Fortunatamente la stalla era illuminata da una lanterna.
Nell’ angolo, Andrè notò un ragazzino.

 

“Ehi, tu! Sveglia, devo raggiungere subito Madamigella Oscar” disse, istintivamente. Il ragazzino, di cui non ricordava il nome, balzò in piedi.
“Andrè! Mi hai fatto spaventare! “ disse sgranando gli occhi “ credevo fosse il padrone!”

Andrè sorrise.
“...no, no….senti… puoi farmi un favore? mi prepareresti il cavallo?” domandò.

 

Il ragazzino lo guardò storto. Si alzò in piedi grattandosi il didietro e gli parlò.

“...di solito lo fai tu, personalmente…non stai bene?” chiese.

Andrè annuì.

 

“Ho un forte mal di schiena; mi faresti, davvero, una grossa cortesia” disse.

 

Il piccoletto, di nome Jean, si mise subito all’ opera: dopo meno di mezz’ora Andrè fu di viaggio, ballonzolando il sella come una damina alle prime armi, almeno per i primi chilometri,. Il ragazzino sapeva il fatto suo: se lo avesse fatto da solo, sarebbe ancora li a fissare i finimenti.

Senza sapere dove andare esattamente e nella notte più scura, ricacciò indietro ogni pensiero dalla sua testa  concentrandosi sulla strada; per fortuna, nonostante i tempi, non incappò in nessun tipo di problema. Con le terga dolenti e la schiena a pezzi nonostante le pause per poter lasciare riposare il cavallo, la sera successiva arrivò nei pressi di una locanda.

 

Le table …che fantasia! disse leggendo l’ insegna; poi, tra imprecazioni colorite, scese da cavallo cercando un posto dove legarlo. 

“Se vi fermate per poco, potete legarlo a quell’ anello” disse un uomo spuntato da chissà dove. Andrè ringrazio e fece come gli era stato suggerito; poi spinse la pesante porta ed entrò.

“Benvenuto, signore” disse una cameriera con un vassoio grande quasi quanto un tavolo tra le braccia “ sono subito da lei” .

Andrè rimase li fermo, immobile. 

Non aveva intenzione di gozzovigliare  ma solo di chiedere una informazione; tuttavia, su richiesta del proprio stomaco, pensò che forse mangiare del pane e del formaggio non fosse male, quindi si accomodò e si guardò in giro, facendo le considerazioni del caso. 

Non appena arrivò la donna, chiese se poteva avere del pane e del formaggio.

“... ed anche una informazione, per favore” disse.

“Ditemi, Monsieur….”

“Dovrei recarmi a Reville; quanto tempo potrei metterci, a cavallo?” chiese.

La donna lo guardò, stranita.

“Lo chiedete alla persona sbagliata ma laggiù” disse indicando un angolo della stanza “ vi è un mercante. Forse lui lo sa…” 

Andrè la ringraziò e si alzò. Un po impacciato andò verso l' uomo. Dopo essersi presentato, fece la sua domanda. 

"Reveille? Diciamo che è poco distante da Rouen. A cavallo ci metteraii ancora un giorno ma, se vuoi, possiamo andarci con il mio carretto.  Un paio di braccia in più mi faranno comodo nello s arcate la merce nelle tappe che devo fare…"

André accolse quelle parole come una sorta di miracolo.

"...siete sicuro?" Chiese.

Il mercante lo guardò negli occhi. 

"Certo che si. Io parto domattina alle 5" disse; infine, si alzò dal tavolo e tornò al suo posto.

Bene...forse, qualcosa, riusciremo a combinare eh André? Pensò. Il duo pane e formaggio arrivò più o meno in quell' istante.


A Reville , intanto, anche Oscar aveva trovato riparo in una locanda. Se la fortuna età dalla Sua parte entro il 26 di gennaio sarebbe arrivato André. 

I suoi giorni passavano lenti; sapeva - perché aveva trovato comunicazioni- che fino al 30 nessuno l' avrebbe cercata ed aspettò, dunque, che il suo amico arrivasse; nel mentre, pensò  a cosa si sarebbero detti….e cosa avrebbero fatto.

L' alba del giorno 27, con un po 'di ritardo sulla tabella di marcia, finalmente Oscar intravide una figura che sembrava di conoscere.


Stava passeggiando fuori il villaggio,  dopo aver lasciato la locanda, immersa nei suoi pensieri; con un pesante mantello addosso,  camminava sull’ unico sentiero libero dalla neve.  All’ improvviso, dalla piccola e lontana boscaglia alla sua sinistra, vide emergere un carro e, man mano che questo si avvicinava, cominciò a mettere a fuoco i lineamenti di Andrè.

Con il cuore in gola, aspettò che anche lui la vedesse: infine, dopo che Andrè ebbe salutato e ringraziato il mercante, poterono finalmente riabbracciarsi.
“Finalmente, Oscar! “ esclamò lui non appena la vide. Lei scoppiò in un pianto dirotto.

“Oscar, cosa c’è? Sono qui, non preoccuparti!” gli disse quasi in automatico. Le braccia di Andrè cinsero il corpo di Oscar. Da quanto tempo non la abbracciava? si chiese. Il cuore sembrò uscirgli dal petto.
Oscar lasciò fare.

“....Andrè, ho davvero paura…cosa ci è successo?” chiese, il viso appoggiato sul petto del caro amico.

“Non lo so, mia cara. Ora….direi che è il caso di andare da qualche parte a scaldarci e… ragionare con calma” rispose.

Andrè era da sempre la figura più pratica, tra i due. 

Mentre lei spesso e volentieri si lasciava trascinare dalla foga del momento, il carattere dell’ uomo era qualcosa di più ponderato, essenziale, pratico; la donna annuì, alle parole 

dell’ uomo e preso un grosso sospiro , si staccò da lui e lo fissò negli occhi.

“Non ci vediamo da molto tempo e la prima cosa che faccio è mettermi a piangere” disse, tirando su con il naso. Andrè la baciò sulla fronte, sorrise, poi la prese sottobraccio.

“Forza Oscar, ora andiamo a scaldarci. Dobbiamo parlare e capire un sacco di cose” disse; così, insieme, passo dopo passo raggiunsero la locanda dove la donna alloggiava e presero posto ad un tavolo. Si fecero portare qualcosa da mangiare anche se l’ ora di pranzo era lontana.

I loro sguardi si incrociarono, nel silenzio più totale,  più di una volta; che strano, ritrovarsi così, pensarono all’ unisono.
Ma ancora più strano fu quella sensazione che entrambi provarono  dopo essersi ritrovati: la voglia di tenersi la mano e stare vicini, come a rimediare del tempo passati distanti, come se quella faccenda avesse risvegliato sentimenti ormai sopiti…tuttavia, in quei momenti non vi era tempo per i sentimenti: dovevano assolutamente tornare a casa. 





 



 


 

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Capitolo 5
*** FAREMO CIO' CHE DOVRA' ESSERE FATTO ***


FAREMO CIO’ CHE DOVRA’ ESSERE FATTO

 

Seduti al tavolo della locanda in quella mattinate, Oscar e Andrè si guardarono, per un pò, curiosi delle rispettive mise. Mano  nella mano come spinti da qualcosa di atavico che neppure loro conoscevano, i due rimasero in silenzio, meditabondi, felici di essersi ritrovati.

 

“E’ davvero presto” disse Oscar. Fu lei a parlare per prima.

“Si….il mercante che mi ha dato un passaggio doveva essere qui per la fiera che si terrà questa domenica…siamo partiti praticamente a mezzanotte” rispose, stiracchiandosi al calduccio di quella stanza.

Oscar lo guardò.

“Sarai molto stanco…a proposito…cosa hai detto a tua nonna ed a mio padre per venire fino a qui?” domandò.

Andrè la fissò.

“Oh, niente. Ho preso un cavallo e mi sono messo in marcia” rispose.

Oscar aprì la bocca per lo stupore.
“Che c’è?” domandò lui.

“Forse sarebbe meglio fare sapere che sei qui con me, prima che pensino male…” rispose lei, che non sapeva se ridere o piangere. Le cose erano diverse in quell’epoca…

“...Tu dici? Effettivamente, in questa epoca pare che io sia il tuo…come si dice? attendente?” domandò lui.

Lei annuì.

“Ah dire la verità, Andrè…forse dovremmo parlare di alcune cose, oltre che di come trovare una via d’ uscita a questa faccenda…” disse lei.

Andrè si fece serio.
“...chissà perchè ho il sentore che…non si tratti di nulla di buono” disse.

 

Oscar non rispose.

Prese la mano dell’ amico e tornarono entrambi nel silenzio più totale; infine, dopo che la cameriera ebbe loro portato una sostanziosa colazione, si ritirarono nella stanza di lei.  Dovevano parlare in pace e quello sarebbe stato il luogo ideale.

 

Andrè , non appena entrato, ebbe la tentazione di stendersi sul letto a dormire; era stanco, stravolto. Tuttavia, prese posto su una sedia, intorno al tavolo tondo di quella sorta di suite.

“Non avrei mai pensato che ci fossero stanze simili nelle locande” disse guardandosi in giro. Lei sorrise.

“Ho voluto stare comoda….” aveva poi risposto “ …senti, Andrè…dobbiamo parlare di alcune cose, prima di tutto…”

Lui la fissò.

“Dimmi che hai la soluzione per uscire di qui, perchè io sto ammattendo” rispose. Con una mano sciolse il nastro che teneva legati i capelli lunghi; infine si spoglio della pesante marsina di velluto. Gli occhi dell’ uomo cercarono una risposta in quelli di Oscar.

Lei lo raggiunse al tavolo e prese posto di fronte.

“...No, Andrè. Non ho ancora una soluzione. Speravo che, scrivendo quella lettera dove ho chiesto di incontrarti, qualcosa potesse accadere ma nulla...e…a questo punto devo aggiornarti su alcune cose. Ti ricordi quella storia che ci raccontava tua nonna?” disse.

Era seria. Tremendamente seria.

“....ne raccontava tante. A quale ti riferisci?” disse.

“...quella leggenda di famiglia….” rispose lei.
Andrè rimase in silenzio, facendo mente locale. Solo dopo una decina di minuti annuì.

“Credo di aver capito. Mi stai parlando della tua ava, corretto? Colei che combatté nella Rivoluzione…” disse. Improvvisamente il viso di lui si incupì.

Oscar allungò la mano e gli sfiorò il viso.

“Si. Andrè, una serie di coincidenze e non solo mi…mi fanno pensare che ci siamo dentro in pieno. In quel baule “ disse indicandolo con la testa “ ho la mia divisa ed alcuni dispacci che mi dicono essere il Generale di Brigata di una compagnia della Garde Française…tutto torna…”

Andrè si alzò in piedi e camminò finchè non arrivò alla finestra.

“Ok. Quindi, se rimaniamo sulla storia, io sono di fatto il tuo attendende…corretto? Nonché uno dei tuoi soldati” rispose lui fissando il panorama oltre il vetro.

“Esatto. Ora, Andrè: dobbiamo essere pronti a tutto” disse lei.

L’ amico voltò il capo nella direzione della donna.

“Ovvero? Dovremo davvero combattere alla Bastiglia?”  domandò. 

Lei annuì.

 

Seguì un silenzio di tomba che durò parecchi minuti.

Soli, in quella stanza, ognuno raccolse i propri pensieri. 

Occhi colmi di domande e paura di tanto in tanto si incrociavano, passi risuonavano nervosi, avanti indietro sul pavimento della stanza. Mani strette in pugni che toglievano loro ogni colore erano lasciate cadere lungo i fianchi.

A porre fine a quegli attimi pensanti come un'agonia, fu Andrè.

“Senti, Oscar….è inutile pensarci. Se non abbiamo soluzioni , l’ unica cosa che ci resta da fare è viverla giorno per giorno e raccogliere ciò che il destino ha in serbo per noi. Non abbiamo una bacchetta magica, purtroppo…non sappiamo nulla di come sia potuto accadere tutto ciò…Faremo ciò che deve essere fatto” disse.

 

Oscar era in piedi dinnanzi all’ uomo, quando lui pronunciò queste parole. La prima cosa che fece , la  più istintiva, fu abbracciarlo.

“Ho paura” disse, con un filo di voce.

“...Non dirlo a me…” rispose lui, tenendola stretta e accarezzandole i capelli.

 

“...una cosa però…però è migliorata, dai” aggiunse dopo una manciata di secondi

Oscar si scostò da lui.

“....sarebbe?” domandò curiosa.

Andrè le prese il viso tra le mani. I suoi occhi verdi cercarono quelli di Oscar, pronti ad accoglierlo.
“....da tempo non…ci si abbracciava. Da tempo non ero così vicino a te…” disse.

Oscar abbassò lo sguardo.

Si allontanò.

“ Andrè, sai come la penso. Ci abbiamo provato, da ragazzi, ma non ha funzionato:  perchè dovrebbe funzionare ora?” domandò.

Lui allargò le braccia, alzò le spalle.

“Non lo so. Ma  ti voglio ancora bene….” rispose, solamente.

 

Oscar sorrise.

“Anche io te ne voglio, ma….”

“Ma cosa, Oscar? Hai ancora paura?” chiese.

Lei si avvicinò.

“...sono troppo confusa, Andrè. Davvero troppo confusa…e questa situazione….peggiora le cose” rispose.

 

Fu Andrè stavolta a girare le spalle.

“Per quale motivo?” domandò.

“Andrè, io e te…moriremo insieme. Prima morirai tu, per difendermi, poi morirò io, disperata. Anche se ora avessi una mezza intenzione di dirti che provo qualcosa di più, non potrei farlo: se lo facessi, le cose peggiorerebbero senza dubbio” rispose.

Andrè scoppiò in una risata e tornò a guardarla.

“Ma ti senti? Già è assurda questa situazione…. il tuo ragionamento, poi…”

Oscar rimase dov’ era, la testa china. Andrè capì che forse aveva esagerato e si voltò, tornò da lei.

“Oscar, Oscar…vedrai; ne usciremo. Lasciamo che il destino faccia ciò che deve” disse; poi si avviò verso la porta.

“...Andrè, ora dove vai?” domandò lei.

“...a cavalcare un pò. Magari imparo a stare decentemente in sella….ma più che altro, vorrei prendere un pò d’ aria” gli rispose, ormai già nel corridoio.




  Opera-senza-titolo-3

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Capitolo 6
*** LA VERITA' ***


Vi ringrazio di cuore  per le recensioni e ringrazio chiunque sia passato di qui anche solo per curiosità.
Purtroppo,  non essendo in buona salute - speriamo passi presto - la mia costanza è venuta un pò meno e dipende molto dalle condizioni di ogni giorno. Perdonate se non rispondo sempre. 
Detto ciò: siamo quasi alla fine di questa storia, manca davvero poco.... !!!

Barbara






LA VERITA'

 

Andrè riprese il cavallo, aggiustando la sella come sapeva fare, poi uscì. 

Troppe cose nella testa, troppi pensieri .e poi, quel sentimento forte più che mai che d' un tratto si era risvegliato e, forse anche per la situazione, amplificato lo rendevano nervoso. Era tutto così irreale: ringraziò il suo carattere e la sua forza per aver tenuto duro sino ad ora ma...si chiese, tuttavia, per quanto ci sarebbe riuscito.

Di lì a tre giorni sarebbe tornato a Parigi con lei.

 E poi?
Avrebbero atteso, tra un bicchiere di vino e l' altro, la data della loro morte, seguendo il destino di qualcun’ altro?
Ma poi, perchè…perchè loro?
Perchè erano stati riportati li?

Lui, che era parso così tranquillo, quasi rassegnato al destino.

Lui, che aveva detto ad Oscar che in una maniera o nell’ altra avrebbero fatto ciò che sarebbe stato richiesto…. 

Lui…fu colto da un terrore senza fine.
 

Fermò il cavallo, lo legò ad un albero; poi, nel mezzo di una radura lontana - dalla quale si poteva notare il profilo del villaggio con il campanile stagliato verso il cielo terso - urlò,  tutto il proprio dolore e la propria  impotenza; infine, una volta calmato, crollò sulle ginocchia, nella neve. 

Ma non sembrò servire a molto, anzi. Rimase così  immobile, per un pò, fissando la neve 

tutt’ intorno. Sentì suonare dapprima le dieci, poi le undici, infine il mezzogiorno.
Decise che forse era ora di tornare; si alzò, dunque, ma fu colto da un capogiro.

Gli mancò il fiato.

Tutto si fece nero. 

In ultimo,un dolore forte alla testa: poi, silenzio.



 

Quando si risvegliò, con sue enorme stupore, si trovava nel letto di casa sua. 

A Parigi.

Di sera.

 

In preda al panico, si levò a sedere; una fitta lo colse.

 

“Oscar!” urlò, quasi automaticamente. 

 

Dimmi che sei tornata anche tu….

 

“...sono qui…Andrè” sentì in risposta.

 

Si alzò, piano.

 Cercò di capire da che parte fosse arrivata la voce. Dopo aver vagato per le stanze aprì la porta del bagno e li  la trovò, rannicchiata in un angolo, gli occhi spiritati.

“..Oscar…vieni….” le disse, sollevandola.

 Una volta in piedi, la portò verso la camera e la fece stendere sul letto, dove si sistemò anch’ esso.

“....Che succede? Perchè….siamo qui?” domandò lei.

“Non lo so….non so cosa pensare” rispose lui, con un filo di voce. 

Allungò la mano verso di lei per darle una carezza e solo allora notò che aveva - anzi, avevano - recuperato abiti normali.

 

Oscar , stesa su di un fianco, si avvicinò ad Andrè che, istintivamente, la prese tra le braccia.

“Dove….dove eri andato? Dopo che sei andato via, ti ho aspettato…per tre ore. Stavo uscendo per venirti a cercare quando…un gran mal di testa mi ha colta e sono crollata, esanime…” 

 

Andrè sospirò.

 

“Ero…uscito a cavallo, mi trovavo poco distante dal paese…e ad un certo punto, quando stavo tornando da te…mi è accaduta la tua stessa cosa” rispose tagliando corto.

 

Oscar si strinse ancora di più a lui.

 

“...Non so se riuscirò ancora a reggere tutto questo, , Andrè: torniamo a casa mia, insieme, e cerchiamo una soluzione” disse lei.

Andrè pensò che sarebbe stata una buona idea, tuttavia si chiese cosa altro potessero fare. Non aveva molte idee e nemmeno speranze. 

“Va bene” rispose “ se stai meglio…possiamo tornarci anche ora.”

Oscar annuì; si sciolse da quell’ abbraccio e si mise a sedere, lo sguardo rivolto ai suoi piedi.

Andrè si alzò, cercando di cacciare via il mal di testa che stava diventando sempre più forte;  poi si recò da lei, alla quale porse la mano che Oscar accettò, calda ed avvolgente.

“Andiamo” le disse, dunque; i due, infilate le scarpe, uscirono nella sera, camminando fianco a fianco, finchè non trovarono un taxi.



 

Nanny fu sorpresa di vederli.

 Talmente sorpresa che quasi scoppiò a piangere.

 

“Non ti vedo da tempo, Andrè…ed anche tu, Oscar….che fine avete fatto?” domandò non appena li vide, sulla porta.

 Era pallida.

Oscar e Andrè si fissarono.

“....Nanny, scusaci. Abbiamo avuto molto lavoro da fare” disse lei dopo un momento di indecisione, entrando in casa. 

 

“Che può essere accaduto, anche qui?” domandò poi ad Andrè. Lui scosse la testa. 

 

“Venite, è giusto pronta la cena. Ditemi, cosa avete fatto negli ultimi due mesi? Oscar, tu mi sei sparita così, senza dire nulla…. “ disse Nanny.

 

Due mesi? pensarono, all’ unisono, dandosi una rapida occhiata. Brividi percorsero i loro corpi.
 

“Siamo stati sotto copertura, nonna” rispose pronto  Andrè. La curiosità della donna fu apparentemente colmata.

“Tu come stai? I miei genitori si trovano in casa?” domandò infine Oscar.

 Gironzolando per la casa notò che nulla era cambiato.

Tirò un sospiro di sollievo.

 

Nanny, davanti a loro, chiese se avessero mangiato. Al loro diniego si diresse in cucina chiedendo loro di seguirla.

“I tuoi genitori sono da tua sorella  Louise e rientreranno tra due giorni." rispose "voi, ditemi: vi fermerete qualche giorno?" 

Andrè guardò Oscar.

".... una settimana" buttò  lì l’ uomo  "abbiamo bisogno di riprenderci". 

Anche lei ripetè la stessa cosa.

 

Nanny lo fece accomodare: ritrovarsi tutti intorno a quel tavolo scaldò loro il cuore ed  il resto della serata passò dunque tra chiacchiere leggere. Per un attimo , parvero perfino  dimenticare quasi  tutto, complici anche parecchi bicchieri di cognac che sembrò aiutarli non poco. Ritrovarono persino il sorriso.

 

"Andrè, forse dovremo andare a dormire" disse Oscar ad un certo punto. 

Ancora padrona di sé ma con il volto colorito, provò ad alzarsi dal divanetto ma dovette subito ricredersi: tra la stanchezza, tutte le emozioni della giornata ed il bere, il suo corpo iniziava a dare  segni di cedimento.

"...Oscar, forse hai ragione" rispose lui alzandosi a sua volta avvicinadosi per sorreggere la donna. "...dai, ti accompagnò in camera…".

 

Oscar si lasciò condurre, sottobraccio, fino alla sua stanza. 

Dove tutto iniziò. 

 Ma prima che Andrè la lasciasse, lo trattenne.

"Resta. Ho paura" disse.

Andrè l' aveva davvero sentita e colta  poche volte in quello stato...Lei, che da piccola lo consolava quando aveva timore di qualcosa lei, che in età adulta fu la prima a scegliersi quel mestiere così pericoloso….Lei, che molte volte lo aveva spronato….

 

"Si, rimango" rispose;  entrò quindi e prese posto, senza aggiungere nulla, sulla chaise longue di fronte al letto. Oscar si assentò giusto un attimo e poi tornò, una volta messa in libertà, infilandosi subito a letto.

Non vi furono grandi chiacchiere; si diedero semplicemente la buonanotte e poi, dopo nemmeno pochi minuti, Oscar sprofondò nel sonno.

Andrè rimase a guardarla, teneramente, spinto dall’ istinto di stendersi accanto  e tenerla a sè, avvinta, stretta; tuttavia, pensò che forse era meglio se non si fossero addormentati entrambi , quasi se lo stare sveglio avesse potuto evitare ulteriori spostamenti nel tempo e nello spazio. Decise, quindi, di mantenersi attivo e di lì a poco gli balenò una idea: sarebbe andato in biblioteca a cercare notizie di questa assurda e strana leggenda. Avrebbe forse fatto qualcosa di utile.

 

Piano piano, in punta di piedi, uscì dalla stanza pregando la contempo che al suo ritorno Oscar fosse ancora li; quindi, si avviò verso la grande biblioteca dove, una volta accese le luci, ci rimase per almeno un’ ora e tre quarti.
Ispezionò con cura tomi conosciuti e sconosciuti; cercò nella sezione di famiglia, ovvero quella parte della biblioteca dedicata alla storia della famiglia Jarjayes, ma sembrò non trovare nulla di quando già sapesse.

Eppure dovrebbe esservi qualcosa pensò, frugando tra i libri; se vi è una leggenda che si tramanda, qualcuno l’ avrà pur scritta da qualche parte…

 

Ma nulla, davvero, sembrava potesse fare al caso suo.

 

Decise, deluso, che sarebbe ritornato nella stanza ed, eventualmente, avrebbe ripreso le ricerche l’ indomani.  Prima di uscire e spegnere le luci raccolse un libello, appoggiato sul tavolo, giusto per aiutarlo a tenersi sveglio ed infine, richiuso tutto, tornò da lei; tutto era a posto, Oscar dormiva beata. 

Senza pensarci più e facendo molta attenzione si infilò quindi sotto le coperte, accanto a lei; sistemò i cuscini in modo da poter mantenere una posizione semi- seduta e, dopo aver guardato il volto rilassato della  donna ancora una volta, prese a leggere.


Abbè Leonard

 Storie sacre e profane 

di Francia

1810


“...ma pensa un pò” disse a bassa voce, sorridendo “ beh…meglio che niente…magari…magari ci troverò qualcosa” .

 

Oscar forse sentì la sua voce, forse fu un caso…ma dopo pochi secondi aprì gli occhi. 


“Mi dispiace averti svegliato, me ne vado subito” disse Andrè senza neppure attendere che parlasse. La mano della donna lo fermò prima che scendesse dal letto.

 

“Devi aprire quel libro” disse Oscar o, meglio, una voce che uscì dal suo corpo ma che non sembrava appartenere a quel mondo e tantomeno alla donna che aveva vicino “ li troverai la soluzione”.

 

Andrè per poco non collassò.

 

Non posso crederci, non è vero. Sto sognando disse, mentre l’ eco di quelle parole si diffondeva nel suo cervello. 

Ebbe paura a voltarsi.

 Ma lo fece.

 

“Oscar, cosa dici? “ domandò.

Lei lo fissava quasi incredula, gli occhi sgranati.
“....non ho aperto bocca…” gli rispose con voce impastata “ mi sono svegliata ora e…ti stavo guardando…”

 

Andrè lanciò il libro lontano da loro.

 

“ma…ma che ti prende?” domandò la donna. Andrè si alzò, fece alcuni passi. Era fuori di sè.

 

“...Ho appena sentito una voce, non la tua,  arrivare dal tuo corpo: mi ha detto di aprire quel libro” disse indicandolo con la mano. Oscar, che ora stava seduta sul letto abbracciando le proprie ginocchia, osservò il libro.

 

“Dove lo hai preso?” chiese.

 

“...dalla biblioteca. Sono andato la per cercare qualcosa che potesse fare al caso nostro e , non trovando nulla, sono uscito. Ma prima ho preso dal tavolo , del tutto a caso, quel libello….”.

Oscar notò che era sconvolto più di quando desse a vedere.
Si alzò dunque, trascinandosi quei pochi metri, raccogliendo il libro.

“....lo ha scritto un prozio di mio padre, era un religioso” disse. 

Poi tornò a letto e con noncuranza appoggiò il libro davanti a sè.

 

“Andrè…vieni qui.  Cosa hai sentito, esattamente?” chiese.
Lui, riprendendo a camminare avanti e indietro, le rispose.

“...Ho sentito una voce. Ma non eri tu. Quella voce mi ha detto di leggere il libro, li troveremo la soluzione” rispose. 

Era pallido, sudava freddo.

 

Oscar sospirò.

Si, era decisamente una situazione pazzesca, assurda.

 Impossibile e incomprensibile, anche… 

 

“Andrè….”

La voce, che parve quasi una supplica, raggiunse il cuore dell’ uomo.

“Dimmi…” rispose. 

“Dobbiamo leggerlo….” disse lei “ a questo punto, dobbiamo davvero leggerlo….” 

 

Andrè reagì.

 

“Io non capisco, non riesco più a mantenere la calma…non so più cosa dire o pensare….” le urlò in faccia.

 

C’era da immaginarselo pensò lei prima o poi uno di noi doveva sbottare….Andrè, caro Andrè…vedrai, ce la faremo…

 

“ Ascoltami.  Credi non mi sia fatta mille domande? Credi non abbia paura? Ma che cosa dobbiamo fare? Andare dallo psicologo della sezione criminale e raccontargli tutto? Ti rendi conto? Andrè: proviamoci! Proviamo a fare qualcosa , ora che abbiamo un indizio” gli disse e poi, vedendo che restava immobile, lo raggiunse.

“Andrè…ti prego” gli disse.
Prese la sua mano e la poggiò sul suo cuore.

Andrè annuì. 

 

Si lasciò allora guidare da lei, verso il letto; una volta seduti sulla morbida superficie, Oscar si allungò per prendere il libro che poggiò sulle proprie gambe.

“Forza, leggiamolo” disse  sfiorando con le dita la copertina e aprendo la prima pagina.

 

Ebbero solo il tempo di guardarsi negli occhi: una luce li avvolse portandoli ancora una volta lontani. Quando il turbinio di luce e suoni si fermò, tuttavia, non si ritrovarono dove erano rimasti, no. 

Si trovavano in una stanza arredata in modo spartano: per la precisione, sembrava proprio essere  il quartier generale della Garde Française. Riconobbero alcune antiche insegne ma soprattutto Lei: China sulla scrivania, la donna stava vergando parole piene di rabbia e dolore su di un foglio immacolato; la penna d’oca si muoveva veloce, senza sosta.

 

Andrè ed Oscar si guardarono.

 

Quasi con timore, camminarono nella sua direzione; ma all’ improvviso una porta dietro di loro si aprì ed entrò un uomo, un marcantonio, che andò diretto verso la donna senza neppure degnarli di uno sguardo.

 

I due si strinsero la mano.

 

Comandante, è ora di andare disse l’ uomo alla Oscar di allora. 

Lei alzò il viso che scoprirono colmo di lacrime ed annuì; poi prese il mantello ed uscì.

 

Andrè fissò Oscar, la sua Oscar; era sconvolta, gli occhi fissi davanti a sè.

 

Poi la vide partire di gran carriera.

La sua Oscar raggiunse la scrivania e prese il foglio, che lesse d’ un fiato.


Mio caro Andrè, il mio cuore è andato in pezzi quando, stamane, ti ho salutato. Tu dormivi, beato, nel letto che è diventato nostro: non ho avuto il coraggio di svegliarti.
Perdonami.

Non è stato semplice fare questa scelta, lo sai. Ma almeno uno di noi deve sopravvivere.

Avrei voluto una vita diversa.

 

Ma è troppo tardi.

Avrei dovuto essere più leale con me stessa e magari meno verso la causa. Avrei dovuto avere più coraggio.

Ti amo.

 

Per sempre tua, Oscar.


L’ altra Oscar rialzò lo sguardo da quei fogli: fissò il suo Andrè, quello vestito in Jeans, camminando verso di lui con il braccio teso. Gli mostrò la lettera.

 

Andrè impallidì.

 

“Ed ora?” domandò con voce tremante.

Oscar lo guardò.

“.... Adesso ho capito cosa dobbiamo fare. Andrè, seguimi: dobbiamo fermare Oscar. Solo così potremo riportare le cose in stallo e far si che si ricongiunga con…te prima che sia troppo tardi” disse. 

La voce era rotta dal pianto.

 

Andrè si sentì avvolto da una immensa tristezza.
Guardò la donna davanti a sè.

“Facciamolo” disse; quindi, uscirono insieme , raggiungendo la folla per le strade, mano nella mano.

 

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Capitolo 7
*** VITA ***



                                                                                                       VITA

 

Oscar e Andrè recuperarono alla svelta dei mantelli, giusto un filo prima di uscire dalla sede della guardia. Non potevano di certo andarsene in giro vestiti come erano.
 

“Dimmi cosa vuoi fare, ora” gli chiese Andrè una volta che furono nel caos.

 Intorno a loro, qualsiasi tipo e genere di persona avesse raggiunto l’ età della ragione era per  strada, chi con un semplice bastone, chi con armi bianche o ancora, altre armi razziate chissà dove. Per un attimo furono storditi: ne avevano lette di cose nei libri di storia, ma mai avrebbero immaginato quello.

Dopo un primo attimo di smarrimento ed aver percorso qualche centinaio di metri, Oscar trovò un vicolo tranquillo.

 Vi si infilarono.

 Lei ancora non gli aveva risposto. 

 

Andrè le prese il viso tra le mani; non potendo più attendere oltre, la baciò come non aveva mai fatto: con passione, con impazienza. Con disperazione. 

 

“.....Non voglio finire come loro. Voglio dirti adesso , Oscar, che il sentimento che provo per te è cresciuto sempre di più in questi anni. Qualsiasi cosa succeda, ricordalo…” le disse non appena le rispettive labbra si furono allontanate. Oscar non disse nulla ma  era conscia, anche lei, di qualcosa che si stava risvegliando nel cuore, sopito da troppo tempo. Si limitò ad appoggiare la testa al petto dell’ uomo.
 

“...ora…che facciamo?” le chiese.

Oscar pensò, per lunghi, interminabili attimi. Verificò i pro e contro di qualsiasi scelta, cercò di capire cosa fare con precisione.

“...Dobbiamo farli incontrare, Andrè. Dobbiamo far sì che oggi decidano del loro destino, insieme. Prima di sera. Prima che sia troppo tardi…” disse Oscar.

 

Andrè sospirò

 

“Detta coì sembra facile…” rispose.

Oscar lo guardò negli occhi.

“Ce la faremo. Io…io ora cercherò Oscar. Tu fa di tutto per trovarlo…trova il vecchio Andrè…non so come , ma fallo! In ogni caso…ci rivedremo davanti la chiesa di Saint  Ambroise”  disse.

 Lui annuì e  lei fece per allontanarsi.

“Oscar, abbi cura di te! ” le disse Andrè; il volto tirato e le labbra serrate tradivano la forte tensione.
Oscar allungò una mano verso l’ uomo.

“Lo farò. A…Andrè….” 

“Cosa c’e?” chiese.

“...Credo di amarti, Andrè” gli disse solo ; dopo di chè, fu letteralmente travolta dalla folla.


Andrè non perse tempo. 

Stravolto e felice , viaggiando controcorrente cercò di correre con tutto il fiato che aveva in corpo tra la folla  urlante, soldati e cavalli; in qualche modo riuscì a guadagnare distanza e tempo e, mentre stava riprendendo fiato piegato su sè stesso sentì suonare la una.

Prima di sera. Prima della sera di questo 13  luglio pensò , facendo mente locale; non aveva tempo da perdere. Mancava qualche ora e l’ Altro sarebbe morto, colpito da una fucilata. Il giorno dopo sarebbe toccato a lei.

 

Si rialzò, ricominciò a correre. 


Un pensiero rivolto alla sua Oscar ed uno al suo omonimo e lontano avo, riuscì ad arrivare alle porte della città; ma ovunque, anche li, vi erano barricate, fumo, cadaveri, soldati.

Coperto dal mantello, accucciato in una delle viuzze di Faubourg di Saint- Antoine, prese tempo; in quel mentre i suoi occhi cercavano un appiglio, una soluzione.

 

Come farò ad uscire di qui? si domandò. Ma, soprattutto, quando vedrò qull’ Andrè, come farò?

 

All’ improvviso, uno scalpiccio richiamò la sua attenzione. 

Ancor di più lo fece una voce.

 

“Lasciatemi entrare!” urlò un uomo, fermato dalla folla.” Lasciatemi entrare, maledizione! “ ripetè. 

Il cavallo, spaventato ed ingovernabile, cominciò a sgroppare facendo così il vuoto intorno a sè.

 Il suo cavaliere lo tenne a malapena.


Andrè alzò lo sguardo.
E’ lui!  pensò, sgranando gli occhi e ringraziando il cielo; quindi  si alzò, si fece largo tra la gente.

“Ehi! Tu! Non fare domande e seguimi” urlò, richiamando la sua attenzione, sperando lo vedesse.

Il vecchio Andrè si voltò nella sua direzione e non appena lo vide impallidì.

 

“Non fare domande…ti prego…seguimi” ripetè l’ Andrè …giovane.

 

I due omonimi si allontanarono, quindi, cercando vie alternative a quel caos; non fu facile, ma ci riuscirono.

 

“Chi sei? Cosa vuoi? “ continuava a ripetere l’ avo, visibilmente agitato.


“Ti spiegherò…ora dobbiamo fare in fretta a trovare Oscar” gli fece  eco l’ Andrè del futuro.

 

“Ma io non so chi sei…cosa vuoi….” 

 

“Ascolta, vuoi salvare la tua Oscar? Volete salvarvi, entrambi, e vivere felici? Ti porterò da lei ma ti prego, fidati….”

 

L’ altro si fece il segno della croce.

 

“Lo prendo come un si. Forza, andiamo” rispose il Suo futuro.

 

Si incamminarono, dunque, cercando di restare vivi ed incolumi; camminarono per ore, stravolti, rimediando spinte ed alla fine qualche ferita. Meno di tre ore dopo, si fermarono finalmente davanti alla chiesa di Saint Ambroise, il luogo stabilito per l’ incontro con Oscar dove stanchi  si lasciarono andare su quegli scalini in pietra macchiati di ogni cosa, sangue compreso.

 

Per un istante, i loro occhi si incrociarono.

 

“Chi sei? Perchè stai facendo questo per me?” domandò l’ Andrè di quel tempo,

“Te l’ ho detto: ti spiegherò. Ma non ora. Adesso dobbiamo aspettare che arrivi Oscar…”

“Lei non verrà: lo so. Quando mi sono svegliato stamattina non la trovai al mio fianco…Lei ha deciso. Per entrambi”.

 

I due Andrè si guardarono.

Quanta sofferenza, quanto dolore; si poteva percepire, raccogliere. 

Andrè, l’ Andrè poliziotto, quello dei tempi moderni, si asciugò una lacrima che stava cadendo ai lati del suo viso. Poi, entrambi, tornarono a guardare ciò che accadeva davanti ai loro occhi. 





 

Oscar,da parte sua,  facendosi largo tra la folla, trattenendo l’ urto del vomito davanti ai cadaveri lasciati a marcire per la strada e schivando più di una volta le pallottole, riuscì a raggiungere uno dei posti di guardia della brigata che Oscar avrebbe dovuto comandare; contò i soldati, cercò quei capelli biondi tra le persone sedute intorno al fuoco ma…non la trovò.  Non potendo di certo andare da loro - la somiglianza avrebbe tratto in inganno e dato vita a nuovi problemi da dirimere - rimase li, nell’ angolo, in attesa. 

Dopo tre ore e mezzo fu ricompensata.

Stravolta come la prima volta che l’ aveva vista, Oscar comparve.

Un uomo si alzò ad accoglierla.

“Dove siete stata?” le domandò quest’ ultimo. 

L’ altra Oscar non rispose e andò a sedersi, lontana da loro, stringendosi nella cappa della divisa.

I suoi uomini non aggiunsero altro.

Dopo poco un paio di loro si alzarono, presero i fucili e iniziarono quello che doveva essere un turno di guardia. La vecchia Oscar si chiese quando avrebbe avuto modo di parlare con la sua omonima…Sempre che fosse riuscita a vederla; la situazione giusta arrivò quando la donna soldato si alzò per quello che doveva essere un bisogno fisiologico. Allora , nel momento in cui l’ altra  si allontanò recandosi in un vicolo vicino ma abbastanza lontano da sguardi indiscreti, la Oscar moderna si alzò e, stando attenta, la seguì.

 

“....Generale!” le disse non appena furono sufficientemente lontane “ ….Oscar!!!” 

L’ altra si girò.

 

“Buon Dio….chi siete? Co…cosa volete? “ disse non appena la notò, impallidendo.

 

“....Vi prego, seguitemi. Vi spiegherò tutto a tempo debito” 

 

“...io non vi conosco…io…ma chi siete? Perchè mi assomigliate così tanto?” domandò, ancora, indietreggiando.

 

“...E’ una storia assurda che, se vorrete, vi spiegherò. Ora, vi chiedo solo una cosa: volete salvare il vostro Andrè? Volete vivere con lui, il resto dei vostri giorni?”

 

La donna soldato spalancò gli occhi. 


Il viso stanco e tirato, la bocca pronta a pronunciare parole che però non uscirono…si accasciò a terra.


“Come lo sapete?” chiese.

 

L’ altra Oscar l’ aiutò a sollevarsi.

“...ce la fate a camminare? Seguitemi. Dobbiamo raggiungere la chiesa di Saint Ambroise al più presto” disse; detto ciò, le due donne riuscirono quindi a rimettersi in cammino, silenziose, meditabonde.

“Io non so perché lo stiate facendo, questa situazione è irreale e fuori da ogni nesso logico…ma vi ringrazio… “ pronunciò l’ altra ad un certo punto del cammino.

“...Non so darvi una spiegazione reale e soddisfacente…. Ma ne va delle nostre vite: lo capirete non appena arriveremo” disse ancora una volta.

Fare il cammino a ritroso non fu affatto semplice, esattamente come all’ andata.

 Le ore erano passate e Andrè era, purtroppo, ancora in pericolo; le due Oscar non vedevano davvero l’ ora di giungere davanti a quella chiesa. 

Ma una volta arrivate…cosa avrebbero fatto?

La Oscar più giovane fino ad ora aveva agito d’ impulso, seguendo una sorta di istinto, senza domandarsi nulla; tuttavia man mano si avvicinava al luogo di ritrovo questa domanda compariva sempre più nella sua mente.


Quando finalmente giunsero, la sera stava scendendo ed una sorta di calma era calata, lasciando spazio ad un irreale silenzio. Non appena girarono l’ angolo però non trovarono i due Andrè.

 

Ed ora? pensò Oscar, tenendo a bada il panico.

 

“Dove si trova il mio Andrè?” chiese l’ altra.

 

Un via vai di pensieri iniziò a viaggiare per le loro teste.

“Non lo so…dovevano trovarsi qui…entrambi” rispose la sua omonima.

 

Le donne si guardarono. Una scossa passò da parte a parte i corpi delle due. 

Ciò che Oscar riconobbe come quel fascio di luce le avvolse. 

Ancora.




 

Oscar si ritrovò in una stanza povera, modesta, dove in un letto sfatto e alla luce di alcune candere e di una leggera ed innaturale bruma si intravedevano due corpi.Accanto a sè ritrovò il suo Andrè: lo fissò, in attesa che almeno lui sapesse dirle qualcosa. Ma tutto ciò che disse fu una domanda, non una spiegazione. 

“....Ed ora?” domandò , guardando  quei corpi nudi e distesi e poi la sua donna. Oscar si spostò una ciocca di capelli dal viso.


“..Non lo so, Andrè. Non lo so” fu la risposta; ma non appena ebbe pronunciato quelle parole, notò che sia lei che Andrè stavano come… dissolvendosi ed uno sguardo pieno di terrore comparve sui rispettivi visi.
In seguito, fu come finire in un limbo; le loro esistenze passarono davanti ad  occhi increduli, i loro corpi si fusero in quelli dei loro avi. 

 

Fuoco, divampò loro nelle vene.

 

Aria, riempì i polmoni.

 

Acqua, li circondò come una placenta primordiale e poi terra, la terra li avvolse tra spire di fiori, radici, profumi, odori.
 

Come embrioni di un nuovo corpo, presero forma le loro nuove vite, i loro nuovi corpi; in quell’ amplesso caldo e sanguigno dove tutte le anime si erano fuse,   nacquero ancora. Ancora ed ancora. 

 

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Capitolo 8
*** EPILOGO ***



                                    EPILOGO    -  PARIGI,  TEMPI MODERNI



 

Oscar aprì gli occhi lentamente, beandosi del tepore delle coperte e di un corpo caldo e conosciuto che, accanto a lei, riposava beato. Sentiva solo un leggero cerchio alla testa , ma per il resto si sentiva bene;  sprazzi di un sogno, forse, comparivano di tanto in tanto nella sua mente ed al contempo  qualcosa di nuovo riempiva il suo cuore. Qualcosa che solo lontanamente aveva conosciuto ma che ora era più forte che mai.

Si mise a sedere.

 

Raccolse le ginocchia abbracciandole con le braccia nude; lasciò che i capelli ricadessero sulle spalle e sui seni e fissò la stanza, davanti a sè: vestiti sparsi ovunque, due bicchieri mezzi pieni di vino lasciati sul secretaire tra carte, portafogli ed un paio dei suoi orecchini…questo ciò che vide.

Sorrise.

Non ricordò come fossero finiti li, ma era felice. . Amava il suo  Andrè da tempo e, nonostante per qualche tempo  avesse combattuto contro questo sentimento senza nemmeno sapere il perchè, ora era serena e felice di quella conclusione inaspettata. 

 

Lo guardò. 


Il corpo dell’ uomo all’ inizio si mosse appena. 

 Poi, un movimento deciso, si voltò verso di lei.

 

“Buongiorno” le disse Andrè, i capelli scuri sul viso a coprirgli quasi gli occhi.

“Buongiorno…” le fece eco lei, stendendosi al suo fianco.

Lui la fissò, sorrise, si avvicinò per baciarla.
Lei lo lasciò fare; era la sua donna. Anelava quelle labbra.

 

“...alla fine…ci siamo riusciti” disse lui.

Oscar lo guardò con aria interrogativa.
“....riusciti…a fare cosa?” domandò lei.

“....Non ricordi nulla, Oscar? La lettera…il libro…” 

 

Lei si guardò intorno.

Provò a fare mente locale.

 

“...allora….tutto quello che ho sognato stanotte…non…non era un sogno?” domandò al suo uomo.

Lui non rispose. Si rigirò, raccolse qualcosa da terra; era un quadernetto, un libello. Lo diede alla donna.


Non appena le dita di Oscar sfiorarono la vecchia copertina fu travolta da emozioni e ricordi. Una ondata di calore la travolse; furono solo pochi secondi, ma a lei sembrarono una vita.

 

Guardò Andrè.

 

Insieme aprirono quel piccolo libro.


Grazie vi era scritto sulla prima pagina, tra nomi, date, sulla carta scurita dal tempo.

 

Si guardarono. Ora davvero era tutto chiaro.


“Abbiamo fatto ciò che dovevamo. Ora…tocca a noi” le disse Andrè; con le lacrime agli occhi, lui prese il testo e lo lasciò cadere dove prima lo aveva raccolto. Infine, posò il palmo della mano sul ventre nudo della donna. 


“Una cosa sola, per sempre” disse, pronunciando la frase quasi fosse quella di un antico rito, con solennità. Lei sentì i brividi stravolgere il suo corpo; posò la mano sopra quella dell’ uomo.

“Una sola cosa, per sempre” disse anch’essa; infine si guardarono, sorrisero e ripresero da dove erano rimasti: ricominciando a danzare, liberi, il ballo più antico del mondo e più forte di qualsiasi cosa. 

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