Mi sei mancato

di Morebooks
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo al campo ***
Capitolo 2: *** Le storie ***



Capitolo 1
*** L'arrivo al campo ***


Ciao, spero tantissimo che la storia vi piaccia! Per favore, lasciatemi dei commenti!!!!!

L'arrivo al campo

 

Annabeth aveva controllato tutto sulla nave per più di una volta, si era assicurata che tutti gli altri sapessero cosa fare e che tutto risultasse il più innocuo possibile, sperava di irritare i romani il meno possibile per avere un incontro pacifico. 
Come lei, tutta la ciurma risultava molto agitata: Piper ripeteva ossessivamente le sue battute, se i romani avessero attaccato lei avrebbe provato ad usare la lingua ammaliatrice per calmarli, Leo non la smetteva di ricontrollare che le armi fossero spente e che tutto fosse ok, non volevano che la nave esplodesse durante la loro visita e il coach Hedge continuava a minacciare di morte con la sua mazza da baseball il povero pavimento della Argo II. L’unico che sembrava calmo era Jason che, indossando una toga e un mantello romano da pretore sopra alla maglietta del campo Mezzosangue, guardava l’orizzonte con tranquillità.
Annabeth non si era mai fidata del ragazzo, era troppo bello, troppo perfetto, troppo ligio: c’era qualcosa che non andava in lui. O forse era solo troppo diverso da Percy che con le sue bravate e il suo eccessivo eroismo le aveva rubato il cuore. Le  stava per avere un conato di vomito. Si era ripromessa di non pensare al suo Testa d’Alghe dato che ogni volta che rivedeva nella sua testa i suoi occhi verde mare, i suoi capelli neri e la sua bocca perfetta che aveva baciato centinaia di volte, diventava poco lucida. Quello che per i quattro mesi in cui erano stati insieme le era sembrato amore, non era nulla rispetto a quello che aveva iniziato a provare durante l'assenza di Percy. Puro bisogno. Aveva bisogno del suo sorriso, delle sue mani intorno al corpo quando l’abbracciava, della sua faccia da Testa d’Alghe quando non sapeva qualcosa, del suo carattere allegro e aperto e di come la faceva sentire completa. 
Sospiró e si sporse dalla barca per guardare il campo Giove che intanto era apparso all’orizzonte. Una parte di Annabeth ammiró la meravigliosa architettura di tutti gli edifici di Nuova Roma e rimase sorpresa nel vedere quante famiglie vivessero nella cittá, famiglie di semidei che vivevano una vita quasi normale, protetti e sicuri. Ma non riusciva a concentrarsi su questo: gran parte della sua attenzione era rivolta al gruppo di soldati che si stava accalcando sotto alla nave. Cercava disperatamente di scorgere qualcosa di Percy, ma più si affannava e si agitava cercando di notare qualcosa, più la folla si faceva una macchia indistinta. Poi finalmente vide che la folla si apriva per far passare una ragazza castana con un atteggiamento sicuro e forte, sicuramente la vecchia collega di Jason, Reina Ramirez Arellano e subito dietro di lei un ragazzo con i capelli neri che era abbracciato ad altri due. Il ragazzo alzó la testa e nonostante la lontananza Annabeth lo riconobbe.
Era Percy.
La ragazza avrebbe voluto bearsi per ore della bellezza del suo viso ma in quel momento sul ponte della nave apparve una statua animata e molto arrabbiata che agitava tutto il busto quasi cercasse di muovere le braccia che non aveva. La statua inveiva e si dimenava, minacciando di spaccare a metà la barca ma Jason aveva già spiegato loro chi era quel dio di pietra e lei si era preparata una risposta adeguata. “Divino Termine, signore, siamo terribilmente spiacenti, la prego ci lasci almeno far fluttuare la nostra nave sopra la sua cittá, noi scenderemo disarmati e parleremo con i cittadini, senza quindi infrangere le regole.” Il dio-statua sembró rifletterci e alla fine rispose “Tecnicamente hai ragione e io adoro i tecnicismi quindi va bene, permesso accordato, ma vedete di non distruggere la mia cittá”. I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, si disarmano come avevano deciso in precedenza e cominciarono a scendere. 
Jason fu il primo a toccare terra, avevano sperato infatti che vedendo il loro pretore i romani si rabbonissero, ma non fu cosí: tutti li guardavano storto, le mani giá sulle else delle spade pronti ad attaccare, si capiva che l’unica cosa che li tratteneva era la mano alzata della ragazza che Annabeth aveva visto prima sulla barca. Come aveva immaginato era proprio Reina, pretore di Nuova Roma e quasi-ex-fidanzata di Jason. La ragazza li stava studiando tutti con grande attenzione, soffermandosi piú volte sulle mani intrecciate di Jason e Piper. Il suo viso era una maschera, anche se Annabeth, che era brava a capire le emozioni, capiva che sotto quel fitto velo di durezza e coraggio vi fossero speranza, preoccupazione e paura. La figlia di Atena sapeva che quell'espressione era la stessa che anche lei aveva ogni giorno. Voleva continuare a studiare quella ragazza tanto simile a lei, ma le fu impossibile, tutto il suo campo visivo si era appena ristretto attorno al ragazzo appena comparso dietro a Reina. Annabeth singhiozzó per il sollievo. Percy era piú abbronzato e alto, piú snello e muscoloso, indossava una toga da pretore e aveva un tatuaggio sul braccio simile a quello di Jason, i suoi capelli erano spettinati da una parte come se si fosse appena alzato dal letto e i suoi occhi verde mare, ancora piú belli di quanto si ricordasse, erano puntati su di lei. Apparentemente la ragazza aveva creduto che fosse un buon segno ma poi aveva letto nello sguardo del ragazzo timore e curiosità. La stava studiando come se non si fossero mai visti o meglio, la stava studiando come quando si conosce qualcuno che si è certi di aver già incontrato senza ricordarsi dove, quando e perché. Ecco come la stava guardando: come uno sconosciuto curioso. 
Non ci poteva credere. Dopo tutto quel tempo, dopo tutte quelle ricerche il suo fidanzato non la riconosceva neanche. Una lacrima scese sulla guancia di Annabeth, ma nessuno la vide perché come era comparsa era anche prontamente scomparsa. La ragazza riguardó di nuovo Percy che le fece un mezzo sorriso come per dirle “non c’è di che” per poi girarsi verso una dei due ragazzi che gli erano affianco e sussurrarle qualcosa allàorecchio. La ragazza, che avrá avuto circa 13 anni, era molto carina e Annabeth fu presa da un moto di gelosia, chi era quella stronzetta? Poi però notó meglio come i due si guardavano, sembravano piú fratelli che piccioncini innamorati e in piú la ragazzina continuava a lanciare occhiate al terzo membro del loro terzetto, un quindicenne grande e grosso con una tenera faccia da panda, che ricambiava gli sguardi della ragazzina con sorrisi imbarazzati. Se Annabeth avesse dovuto tirare a indovinare erano due fidanzati che stavano da pochissimo insieme. Ma si capiva che in quel momento il loro primo pensiero non era la loro neo-relazione ma Percy, che continuavano a guardare con preoccupazione frapponendosi tra lui e l'equipaggio dell’Argo II con fare protettivo fissando lei con particolare insistenza. Annabeth si chiese se non sapessero qualcosa che agli altri sfuggiva. Avrebbe voluto continuare a studiare il trio alla ricerca di informazioni su cosa fosse accaduto al suo ragazzo quando notó che Reina, che fino a quel momento aveva intrattenuto una piatta conversazione di circostanza con Jason chiese “Ma quindi Jason, i tuoi amici chi sono esattamente?” Tutti si girarono verso l’ex pretore ma fu Annabeth a prendere la parola “Siamo semidei figli degli dei greci e veniamo dal Campo Mezzosangue dove ci addestriamo proprio come fate voi qui” Reina la squadró con astio senza peró mettere in discussione quello che aveva appena detto “E perché siete venuti qui con una nave da guerra in compagnia del mio vecchio collega?” A questo punto Annabeth avrebbe solo voluto scappare e piangere ma si costrinse a mantenere un atteggiamento sicuro e risoluto “Perché la divina Era, o Giunone se preferite, credendo che la collaborazione tra i nostri due Campi sia fondamentale, quindi ha fatto uno scambio di leader per indurci a fidarci gli uni degli altri. Il vostro pretore Jason Grace é stato mandato da noi, privo di memoria e ci ha aiutati sconfiggendo con Piper e Leo il gigante Porfirio, mentre io…” qui Annabeth non poté piú trattenere un singhiozzo “mentre io ero alla ricerca del nostro compagno scomparso, Percy Jackson.” Tutti si voltarono verso Percy come per chiedergli conferma di quanto appena detto ma lui si limitava a fissarla sbalordito. Gli unici che non erano nemmeno sembrati minimamente stupiti da quella rivelazione erano i due amici di Percy che come unica reazione si scambiarono uno sguardo eloquente. Di nuovo Annabeth si chiese se non sapessero qualcosa. Fu subito distratta da questo pensiero però da un ragazzo alto e magrissimo che, con un ghigno sul viso, prese la parola “Ah! Avevo ragione, il nostro pretore è un miscredente greco, mi sa che non potrá piú rimanere in carica e” probabilmente avrebbe aggiunto qualcosa ma Percy gli rispose secco “Stai zitto Octavian!”. Non aveva alzato la voce ne usato un atteggiamento particolarmente aggressivo ma tutti i romani, non solo Octavian, si zittirono all’istante e fecero un passo indietro, guardandolo con soggezione. Percy quindi aggiunse con fin troppa calma “Deciderá Reina”. La ragazza lo guardó attenta “Sei stato eletto per le tue azioni. Greco o non greco hai partecipato alla missione contro il gigante Alcione e hai vinto Polibote salvando la cittá, qualsiasi siano le tue origini, le tue azioni non cambiano. Fino a che non ci tradirai sarai Pretore.” Percy guardó la sua collega con gratitudine, cosa che stupí molto Annabeth: lui non era mai stato attaccato al potere, perché adesso vedeva in quella carica una salvezza? Annabeth si rifiutava di pensare che Percy fosse cambiato ma se cosí fosse stato? Se non avesse perso solo la memoria ma anche il suo carattere? Non poteva neanche pensarci. “Continueremo a parlare dell'intera situazione durante il banchetto” disse poi Reina e alle sue parole centinaia di Aure portarono fuori tantissimi divanetti e tavolini bassi. Annabeth ebbe l’impressione che li tenessero a mangiare fuori perché non si fidavano di farli entrare ma non si lamentó, era giá tanto che avessero concesso loro di rimanere. Tutti i ragazzi iniziarono a sedersi intorno ai vari tavoli e il loro si accomodarono nel tavolo riservato ai pretori insieme anche agli amici di Percy e a quel ragazzo alto, magro e insopportabile.
Non seppe mai se fu per pura casualitá, per intervento divino o per l’accortezza dei suoi amici che si ritrovó seduta vicino a Percy. 
Il suo ragazzo all’inizio l’aveva ignorata, impegnato a discutere sommessamente con quei due suoi amici, che a quanto pareva erano i due con cui aveva sconfitto Alcione ma poi, incoraggiato dalla ragazzina, Percy si era girato verso di lei e sorridendole imbarazzato le aveva chiesto “Noi ci conoscevamo bene?” Annabeth lo guardó cercandoli negli occhi almeno una scintilla di quei sentimenti che un tempo vi leggeva quando si guardavano. Non la trovó. Quindi con un sospiro gli rispose forse un po’ troppo bruscamente “Si, da quando avevamo 12 anni” lui la studió con attenzione e lei lo lasció fare “Eravamo amici?” Quella domanda le fece male e la mise in difficoltá: una parte di lei voleva solo dirgli la veritá, almeno per avere una scusa per toccarlo anche solo un secondo, perché se la lontananza l’aveva distrutta quella vicinanza la stava bruciando viva. Ma non poteva farlo a Percy. Aveva ben visto come gli era caduto il mondo addosso quando aveva scoperto di essere greco, forse si era creato una nuova vita a Nuova Roma e nonostante la gelosia lei non gliela avrebbe mai rovinata con scottanti rivelazioni sul suo passato. Quindi si limitó a rispondergli “Per un periodo sì, lo siamo stati” Lui aggrottò la fronte come se una parte di lui dissentisse da quella risposta, come se una parte di lui la pensasse diversamente. Una scintilla di speranza invase il cuore di Annabeth, ma la ragazza la spense prontamente, non si sarebbe illusa da sola.
Intanto le Aure avevano portato a tutti i loro piatti e le loro bibite, Annabeth si era presa una buonissima pasta carbonara e una Coca cola, uno dei suoi piatti preferiti e Percy una pizza e una Coca Blu. Annabeth non poté trattenere una risata che fece girare Percy di scatto “Cosa?” chiese allora lei “Non lo so, mi pareva… no lascia perdere, perché ridi?” “Perché alcune cose non cambiano mai” “Che intendi?” “Percy hai ordinato una Coca blu” “Quindi?” “Percy tu hai un’ossessione per il blu, da quando tua madre ti cucinava le cose di questo colore…” il figlio di Poseidone la guardava stranito “Lascia stare” “NO! Ti prego continua a raccontare” Il tono con cui lo disse era pieno di desiderio, gli occhi la supplicavano e lei non poteva resistergli “Allora essendo tu uno dei figli dei Pezzi Grossi” “dei che?” “Dei Pezzi Grossi, i tre dei piú forti dell’Olimpo Zeus, Ade e tuo padre Poseidone” Percy aprí la bocca una volta come per dirle qualcosa ma poi la richiuse e lei continuó “Essendo quindi figlio del dio del mare, dello scuotitore delle terre e signore dei cavalli, sei particolarmente forte, e lo é anche il tuo odore. Per evitare quindi che ti attaccassero tua madre, Sally Jackson, ha quindi deciso di sposarsi con un uomo terribile, il peggior umano della storia che con il suo tanfo mortale confondeva l’olfatto dei mostri. Quest’uomo era orribile, ti maltrattava e picchiava tua madre” gli occhi di Percy brillavano di rabbia ma dato che lui non mi interruppe lei proseguí “quindi lei, per tirarti su il morale cercava di cucinarti sempre cibi blu dato che era il tuo colore preferito, pancake blu, torte blu. Tutto blu.” Annabeth sorrise “Il giorno del tuo sedicesimo compleanno anche io e Tyson abbiamo provato a farti un pasticcino blu di compleanno, ma non siamo chef dotati come tua mamma,” la ragazza sorrise di nuovo al ricordo “Ce lo siamo smezzati e poi…” I ricordi iniziarono a riempirle la mente e le si ruppe la voce “Scusatemi” disse alzandosi di scatto e allontanandosi dall'area-cibo. Si stava incamminando verso una serie di edifici quando “All’inizio si ricordava di te” la ragazzina le si era appena avvicinata. Annabeth la osservó bene per la prima volta: era abbastanza bassa ma molto carina, con dei bellissimi boccoli castano dorato. Era snella ma muscolosa, si capiva che se avesse voluto sarebbe potuta essere pericolosa. “Come prego?” la ragazza sorrise debolmente “Sei quella Annabeth giusto? La sua ragazza” Annabeth la guardó sospettosa “Come fai a saperlo se neppure lui se lo ricorda?” “Perché me lo ha detto” Di nuovo una fiammella di speranza le inondò il cuore ma lei la spense nuovamente. “Durante la nostra impresa ad un certo punto ci siamo scontrati con un vecchio veggente cieco. Lui e Percy hanno scommesso, il veggente doveva scegliere tra due fialette perfettamente uguali una con il sangue velenoso di Gorgone e l'altra con il sangue curativo. Dato che è ancora qua, vivo e vegeto, puoi ben immaginare l'esito della scommessa. Percy bevendo quel sangue sperava di recuperare la memoria ma apparentemente non successe nulla, quindi ci rimettemmo in marcia. Dopo nemmeno dieci minuti peróci è apparsa Era che senza nemmeno degnare me e Frank di uno sguardo gli disse che adesso che aveva bevuto la sostanza curativa aveva due opzioni: o recuperare gradualmente tutta la sua memoria oppure, come dono concedutogli in esclusiva da lei, sarebbe diventato dieci volte piú potente.” Annabeth scoppiò a ridere istericamente “Percy non è mai stato attratto dal potere, e in piú é già potentissimo, avrebbe preferito ricordarci piuttosto che aumentare la sua forza, giusto?” il dubbio si stava lentamente insinuando dentro di lei, forse in quei sette mesi Percy era cambiato, forse era una persona diversa. Calde lacrime iniziarono a rigarle le guance. Una parte di Annabeth si vergognó di star piangendo di fronte alla ragazzina ma non ce la faceva piú, per tutta l’assenza di Percy si era data forza pensando a quanto sarebbe stato bello rivederlo, a come loro si sarebbero slanciati l'una verso l’altro baciandosi e a come poi lei lo avrebbe steso intimandogli di non lasciarla mai. L’altra opzione che aveva preso in considerazione era che lui fosse morto, ma mai e poi mai aveva creduto possibile che lui non si ricordasse di lei e tantomeno che preferisse il potere al rivedersi di loro. Però, Annabeth non poté non pensare che loro erano stati insieme solo quattro mesi, forse quello che per lei era stato il miglior periodo della sua vita per lui era stato poco o niente. Solo quando la ragazzina la prese per le mani lei si accorse di star singhiozzando “Percy ha deciso di abbandonare la sua memoria perché la dea gli ha detto che con i nuovi poteri la guerra sarebbe potuta forse essere meno sanguinosa e che tu Annabeth Chase, saresti stata piú al sicuro” Annabeth alzó tremante lo sguardo verso gli occhi dorati della ragazzina che le sorrise sommessamente “Sai, quando é arrivato qui Percy sembrava un piccolo cane bastonato, privo di ricordi e sicuro che tutto qui fosse pericoloso per lui, mi sembrava un po’ maldestro e imbranato. Pensa che ha addirittura fatto una pessima battuta sulla festa della dea della fortuna convinto che si trattasse de La ruota della fortuna” stavolta la figlia di Atena scoppió a ridere “Tipico di Percy” “Alla fine peró mi sono ricreduta: oltre a essere incredibilmente coraggioso e forte Percy si è dimostrato anche sicuro e determinato. Voleva a tutti i costi  recuperare i suoi ricordi, soprattutto per rivedere una certa Annabeth, l’unica di cui gli fosse rimasta memoria” Gli occhi della ragazza ripresero a essere pieni di lacrime ma stavolta erano accompagnati da un sorriso “Percy ha perduto tutti i ricordi, anche i pochi che gli erano rimasti per proteggerti” Annabeth sbuffó "È sempre stato il suo difetto fatale,” sospiró la ragazza “essere troppo fedele e iperprotettivo con le persone a cui tiene” "Beh, esistono difetti fatali peggiori dell’amore cieco e incondizionato non trovi?” le chiese lei facendo sorridere Annabeth “il mio è il rancore” Annabeth la guardó con attenzione “Figlia di Ade?” “Plutone” “Io di Atena”. La ragazza si asciugò velocemente le lacrime “Non ci siamo ancora presentate” disse quindi cercando di essere amichevole “io sono Annabeth Chase” la ragazzina sorrise “Hazel Levesque”. 

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Capitolo 2
*** Le storie ***


Spero veramente che questo secondo e ultimo capitolo vi piaccia, so che forse è un po’ sdolcinato e sbrigativo ma spero che lo leggiate comunque e che mi scriviate nei commenti cosa ne pensate. Grazie!!!

 

Le storie

 

Era successo tutto talmente in fretta che anche dopo, al sicuro nel suo letto sulla nave, Annabeth faticava a capire cosa fosse accaduto esattamente: un secondo prima Hazel la stava consolando e quello dopo stava correndo affiancata dalla ragazzina per raggiungere la scaletta della Argo II inseguita da un esercito di romani inferociti. E poi tutta quella storia di Leo, dell’attacco e delle riparazioni. Era stanchissima, ma anche troppo sveglia e piena di adrenalina per dormire. Decise quindi di andare nelle stalle dei pegasi, dove lo scorrere del paesaggio riusciva sempre a calmarla. 
Appena però aprí la porta si trovó davanti Percy, che disteso sopra una coperta a pancia in giú, ammirava l’oceano sotto di sé. Annabeth voleva andarsene, aveva passato la giornata a evitare il suo ragazzo e il suo ultimo desiderio era di rimanere in una stanza da sola con lui. Prima di tornare nella sua cabina peró si soffermó ad osservarlo, a guardare le sue braccia muscolose, i suoi bellissimi capelli neri, il riflesso del suo viso meraviglioso nel vetro… le uscí un gemito, un leggerissimo suono che peró portava con sé tutto il dolore della ragazza. Un leggerissimo suono che Percy sentì e lo fece girare di scatto. Annabeth ringrazió gli dei che la stanza fosse illuminata solo dalla luce della luna perché nel momento stesso in cui i loro sguardi si incrociarono, mare contro tempesta, lei divenne tutta rossa. Probabilmente era rimasta imbambolata a fissarlo perché Percy, visibilmente imbarazzato, si tiró su a sedere e le chiese “Ti va di sederti?”. Tutto il suo essere le diceva di andarsene consapevole di quanto sarebbe stato doloroso stargli vicino senza poterlo toccare, ma come se fossero guidate da Afrodite stessa, le sue gambe si mossero da sole facendola accomodare a fianco a lui. “Che giornata vero?" fece il ragazzo. La ragazza, forse nervosa per la loro vicinanza o forse semplicemente davvero troppo stanca, gli rispose molto bruscamente “No guarda Percy, sono qui per rilassarmi e non pensare al disastro che sono le nostre vite ok?” sbottó lei, lui la guardó interrogativo ma non disse niente. Rimasero quindi in silenzio alcuni minuti durante i quali Percy scrutó ogni centimetro del corpo della ragazza ritornando piú e piú volte ai suoi occhi come se fossero delle calamite “La smetti di guardarmi come se fossi un animale allo zoo Testa d’Alghe” gli chiese quindi lei, il povero ragazzo divenne tutto rosso e ritornó a guardare l’oceano. Poi si rigiró di scatto verso di lei come se fosse appena stato colpito da un fulmine “Perché mi chiami Testa d’Alghe” “Perché ti conosco abbastanza bene da sapere che hai solo alghe nella tua testa” Il ragazzo fece un piccolo ghigno “E tu che cos’hai nella tua testa?” “Tanta conoscenza, caro mio” “Buono a sapersi, Sapientona”. Il cuore di Annabeth perse un battito Sapientona. Voleva quasi chiedergli se sapesse che erano anni che la chiamava cosí ma aveva quasi troppa paura che lui le rispondesse che non ne aveva idea e che quel nome gli era appena venuto in mente casualmente, quindi lasciò correre. 
Tornando a fissare la distesa d’acqua sotto di loro Percy le chiese “Potresti per favore raccontarmi qualcosa della mia vecchia vita?” Annabeth sospiró “Cosa vuoi sapere?” “Tutto. Della mia famiglia, di questo famoso campo Mezzosangue, dei miei amici, delle mie imprese, della mia ragazza” Gli occhi della figlia di Atena si rabbuiarono ma, se Percy se ne rese conto non lo diede a vedere “E cosa ti dice di avere una ragazza?” Lui la guardó come per capire se potesse fidarsi di lei. Evidentemente credeva di sí perche le rispose “Beh, diciamo che all’inizio mi ricordavo di una ragazza, prima solo delle otto lettere del suo nome ma poi anche il suo viso e i suoi baci quando facevo qualcosa di stupido” Percy mi guardó di sottecchi imbarazzatissimo “Poi peró durante la nostra impresa ho avuto un colloquio con Era, sinceramente non mi ricordo nulla dell’incontro so solo che improvvisamente non mi ricordavo proprio nulla e avevo molti piú poteri. Tu la conoscevi la mia ragazza?” Una parte di Annabeth voleva dirgli la veritá ma non era cosí masochista. Aveva visto come Percy la guardava, come una sconosciuta, non voleva che di colpo iniziasse a comportarsi come un fidanzato solo perché pieno di sensi di colpa per essersi dimenticato cosa ci fosse tra loro. Così optó per un atteggiamento abbastanza aggressivo che di solito faceva lo faceva demordere “Senti Percy, non voglio che ne parliamo ok? Fai queste domande a qualcun’altro.” Percy la guardó infastidito “Ma se solo tu mi conoscevi prima di questo maledetto scambio” Annabeth sbuffó. “Eddai Sapientona. Senti facciamo un gioco, io ti dico una parola e tu mi racconti tutto quello che sai di me riguardo a quella parola” Annabeth lo guardó storto ma disse comunque “Una sola”. Il sorriso di Percy era smagliante “Va bene allora, famiglia”. Cosí la ragazza aveva iniziato a raccontargli di sua madre e di come fosse quasi morta, del primo patrigno e di Paul lo Stoccafisso, di Tyson e dei suoi incontri con Poseidone. Quando Annabeth finì di parlare non sapeva quanto a lungo fosse durato il racconto, le erano sembrati pochi minuti ma aveva la gola secca e le palpebre che si chiudevano. Quindi Percy, che per tutta la narrazione era rimasto zitto, si alzó, porgendole la mano per aiutarla a fare altrettanto e le sussurró all’orecchio “Grazie Sapientona” per poi ricondurla davanti alla sua cabina.
La notte dopo fu tutto uguale a quella precedente, la figlia di Atena, dopo una giornata fatta di combattimenti e fantasmi che si impossessavano dei suoi amici non riuscendo a dormire decise di tornare alla stalle, sperando in cuor suo di rivederci Percy. Desiderio avverato, la ragazza lo trovó nella stessa identica posizione della notte prima, stavolta peró era piú attento, non appena sentí i passi di Annabeth sul pavimento si giró a guardarla accogliendola con un sorriso talmente caldo da sciogliere il cuore della ragazza. Quella notte la parola fu Campo Mezzosangue, e la notte dopo Vello, e quella dopo ancora Cavalli, poi amici, labirinto, satiro, acqua e chi piú ne ha piú ne metta. Ogni notte la ascoltava rapito senza dire neanche una parola per tutta la durata dei racconti trasformando i dubbi nelle parole per giorni successivi in modo da averne una lista infinita. Annabeth vedeva che notte dopo notte il comportamento di Percy nei suoi confronti cambiava, era piú espansivo e protettivo, anche durante il giorno la cercava spesso, la abbracciava, le faceva domande, la divertiva, un po’ come ai vecchi tempi. Si giostravano tra lo stare insieme e i tanti combattimenti, di cui si erano tacitamente giurati di non parlare mai durante quelle loro notti speciali. Poi la notte prima del loro sbarco a Roma Percy le disse che la parola di quella notte era scuola. Lei quindi inizió a raccontargli, mentre lui giocava con uno dei suoi boccoli biondi, di tutte le scuole dalle quali era stato espulso, dei vari combattimenti contro i suoi compagni-mostri e della volta in cui erano andati alla scuola militare per salvare Bianca e Nico. Lei gli disse che loro due avevano ballato insieme, dato che era il ballo della scuola, come copertura per cercare i due ragazzi facendosi scappare che era un pessimo ballerino. Percy  aveva detto che non era possibile e con una faccia esageratamente offesa si era alzato porgendole la mano “Mi permette questo ballo, mia Sapientona? Le dimostreró che sono il miglior ballerino della storia.” Annabeth allora aveva sbuffato e con poca grazia si era issata in piedi. Pensava fosse una sciocchezza ma evidentemente il suo corpo non era d'accordo, appena la mano destra di lui si appoggiò alla sua schiena spingendola verso di sé e con quella sinistra le prendeva l'altra mano, tutto il suo corpo rabbrividí eccitato e il suo volto diventó porpora. Per una volta anche Percy notó questi chiari segnali del suo imbarazzo perché sogghignó soddisfatto prima di iniziare a ballare. Prima si mossero veloci, in un finto valzer davvero penoso, ma che tolse il fiato alla ragazza, per poi rallentare sempre di piú fino a fermarsi. Annabeth, che per tutta la danza aveva fissato la spalla di Percy, un po’ perché era concentrata sul non sbagliare i passi e un po’ perché era molto imbarazzata, alzó lo sguardo con fare interrogativo verso il ragazzo e si trovó il volto del ragazzo a due centimetri dal proprio. Incatenando il proprio sguardo a quello di lei, Percy le sussurró in faccia “ Mi stanno tornando alcuni ricordi Sapientona” il ragazzo le fece un sorriso sghembo “Dimmi se mi sbaglio, io ho una fidanzata?”  La ragazza lo guardó arrossendo “Sí” “E io la sto tradendo nell’essere qui con te?” “No” rispose lei, sempre piú imbarazzata “E io le piaccio ancora?” Dopo questa domanda anche Percy era tutto rosso  e piuttosto spaventato. La ragazza stava quasi per esplodere di gioia e di ansia ma gli rispose comunque con un sorriso di scherno “Non lo so proprio Testa d’Alghe” Lui la guardó storto e la strinse ancora di piú a sè "Stai ridendo di me Sapientona? Così non mi rendi le cose facili” I due ragazzi si guardarono sogghignando, mare contro tempesta, “Io non ti renderó mai le cose facili Testa d’Alghe” e detto questo lo bació, fu un bacio gentile e veloce. Percy rimase di stucco, forse voleva essere lui a baciarla per primo, ma Annabeth pensó che non facesse male al povero smemorato ricordare chi fosse il capo. Il ragazzo ripresosi dalla sorpresa sorrise e fece per baciarla di nuovo ma lei sgusció via dalla sua stretta sghignazzando “Vieni a prendermi se ci riesci” lui accettó ben volentieri la sfida e iniziò a rincorrerla per tutta la nave. 
Alla fine, sfiancati dalla corsa i due ragazzi tornarono alla stalla e parlarono, parlarono e parlarono, stretti l’uno tra le braccia dell’altra.
Annabeth non ricordava di aver mai passato una notte migliore di quella, lei, il suo Testa d’Alghe e l’oceano sotto di loro.

 

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