Uzi

di Mezzo_E_Mezzo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dannazione ***
Capitolo 2: *** Risa zitte ***
Capitolo 3: *** Misss.. ***
Capitolo 4: *** A Prua ***
Capitolo 5: *** Nuvola ***
Capitolo 6: *** Sovrappensiero ***
Capitolo 7: *** Avevo appena messo le ali ***
Capitolo 8: *** Villaggio, Amore ***
Capitolo 9: *** Ti Avvicini ***
Capitolo 10: *** Grandine ***
Capitolo 11: *** Passo. Passo. Passo! ***
Capitolo 12: *** Grani ***
Capitolo 13: *** Sogno/Singhiozzo ***
Capitolo 14: *** Se.. (un sorso) ***
Capitolo 15: *** Eppure ***
Capitolo 16: *** In.. vita..? no.. ***
Capitolo 17: *** Sfarfallio agro ***
Capitolo 18: *** Riposo (per addormentarmi) ***
Capitolo 19: *** Troppo Tardi ***
Capitolo 20: *** Plin ***
Capitolo 21: *** gROVIglio ***
Capitolo 22: *** Miasmi ***
Capitolo 23: *** tuM tuM tuM ***
Capitolo 24: *** XC ***
Capitolo 25: *** Quando ***
Capitolo 26: *** Ninfa ***
Capitolo 27: *** Trallallà ***
Capitolo 28: *** oh. ***
Capitolo 29: *** M_E_M ***
Capitolo 30: *** perdi ***
Capitolo 31: *** Luci(o) ***
Capitolo 32: *** Di là ***
Capitolo 33: *** Ognuno ***
Capitolo 34: *** Il mio verso ***
Capitolo 35: *** Fraintende ***
Capitolo 36: *** Io mi RIFIUTO ***
Capitolo 37: *** Se errassimo ***
Capitolo 38: *** Cercando che cosa ***
Capitolo 39: *** Intendo ***
Capitolo 40: *** Delta ***
Capitolo 41: *** Sempre ***
Capitolo 42: *** Principessa ***
Capitolo 43: *** Lama ***
Capitolo 44: *** Ostrica ***
Capitolo 45: *** M_E_M (di nuovo) ***
Capitolo 46: *** pitter patter ***
Capitolo 47: *** farfalle ***
Capitolo 48: *** Gran Maestro ***
Capitolo 49: *** Hai ragione ***
Capitolo 50: *** Linee ***
Capitolo 51: *** Congegno ***



Capitolo 1
*** Dannazione ***


Dannazione*





Ma se antropica esistenza
trasciniamo dalla zana
con identica apparenza -
perché tu mi vedi strana?


Sì, un fantasma mi dilania,
notte e dì, mi fa più estranea,
ormai arresa alla sua nenia
amo le ombre che in me minia



[sabbie d'ambra che impantana,
scaglie riarse che contaminano
l'anima, nell'ossa la genziana
germogliante col suo demone che sbrana
ogni cosa che non ama,
sgrana un'ora dopo l'altra, la fa vana,
più sul fondo gratta, grida, si rintana] -
MA



se la mia essenza allora
è d'aliena filigrana
perché mi ritrovo ancora
così fatalmente umana?





--------------------------------------------------- ---------------------------------------------------
* Vuol essere un richiamo all'amatissima omonima di Ungaretti,
cui sono profondamente, disperatamente legata


[Ho lievemente modificato l'ordine delle poesie di questa raccolta, perché avevo il bisogno di mettere questa per prima,
(era la n.26), ma dopo tanti anni la sento ancora come una delle cose più autentiche che abbia scritto su me stessa.]

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Capitolo 2
*** Risa zitte ***


Risa zitte

Dimezzata
da lame d'oro
colo
avida
lungo le tue braccia.
Pigra
resto annidata
nella mano in cui sbadigli.

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Capitolo 3
*** Misss.. ***


Misss..

Micio
acquattato cheto cheto
nel giardino.
Occhietti vispi,
linguetta ruvida si muove su e giù.
Gomito a gomito
con il mio gomito
poco dietro, nell'ombra.

Il dessert.

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Capitolo 4
*** A Prua ***


A Prua

Squadrami
sfilacciami.
Te ne stai immobile con le mani avvinghiate
alla balaustra di prua.

D i m e n t i c a m i .
... Provaci: non puoi.
Sono la terra che ti prude nell'occhio.
Fuori la tempesta infuria, ma
guardaci.
Dentro il tuo petto
siamo
splendidamente soli.

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Capitolo 5
*** Nuvola ***


Nuvola

Rimasugli di spavento
sul fondo della sera
accendono la quiete di sorpresa.
Arida la notte, tetra, e salvifica.
Vorrei
che ancora un po' restaste imbambolati
e andarmene ridendo silenziosa.

Appendermi ad un appiglio nella brezza
la camicia da notte si fà nuvola.

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Capitolo 6
*** Sovrappensiero ***


Sovrappensiero

Lasciami in pace!!
Toglimi subito le mani dai pensieri,
staccami la tua ombra dal collo,
smettila
di guardarmi dalla luna!
Vattene,
dai miei scarabocchi sovrappensiero, vattene.

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Capitolo 7
*** Avevo appena messo le ali ***


Avevo appena messo le ali

Mugghia, ferino
sanguina, imbronciato, livido,
grandina cenere e libidine.
Il cielo è geloso del tuono.
Avvampa, strattona ogni uccello!
Rovinosa, precipito,
rotolo bruciata e
non ho nè l'uno, nè l'altro.

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Capitolo 8
*** Villaggio, Amore ***


Villaggio, Amore

Si sparge
una litania superba e innamorata.
Una bambina mi disegna su un muro di mattoni.
Edera e ginestrone avvolgono la casa.
Dove sei, amore mio?
Voglio tenderti le mani per scaldarmi.

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Capitolo 9
*** Ti Avvicini ***


Ti Avvicini

Amalgamata a te
come il sonno al sogno.
Deraglia la mia ira
e fumi di loto
mi strappano ogni memoria dalle mani.
Goccia tremante
la paura mi strattona
come un principe galante in veste da sera, e io
non so ballare [e piango volteggiando].
Ciechi gli occhi imbalsamati dalla pena,
non sento nulla
tranne un violino, e il tuo passo
avvicinarsi.

Bando alle ciance.
T'amo.

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Capitolo 10
*** Grandine ***


Grandine

Cauterizzo
singhiozzi
con il pensiero di te.
Fendo
il palato della belva
col pensiero di te.
Esaspero
demenza
delirio
e struggimento.
Mi basta

il pensiero.

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Capitolo 11
*** Passo. Passo. Passo! ***


Passo.

Farsa lasciva povertà di lacrime livida. Le sue nocche grondano eresia. Il suolo regista scaltro e trucido non vuol lasciarmi andare.


Passo.

Farsa lasciva
povertà di lacrime
livida.
Le sue nocche grondano
eresia.
Il suolo
regista scaltro
e trucido
non vuol lasciarmi andare.

Passo!
Farsa!
Eresia!
Suolo,
lasciami andare!

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Capitolo 12
*** Grani ***


Grani

Spiacente.
La luna cola
sul prato.
Il cuore
si sgretola
in sale grosso.
Gli aranci
mi spazzano via.

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Capitolo 13
*** Sogno/Singhiozzo ***


Sogno/Singhiozzo

Occhi. Petto. Braccia. Cosce.
Chi sei? Chi sono? Chi è che
siamo?
L'immaginazione trema,
l'immaginazione
muore.
La solitudine raggrinza.
Rattrappisce. Raggruma.
S'intirizzisce.
Il calore si schiarisce.


L'ombra
non è più pudìca.

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Capitolo 14
*** Se.. (un sorso) ***


Se.. (un sorso)

Seguimi.
Crune di crine
ti solleticano.
Chiome d'incenso
s'avvicinano
t'accerchiano
ti tengono avvinto il petto.
Rombi d'oro
ti terrorizzano,
fili impalpabili
piovono, insensati.
Spade di spine
ti trapassano
e bevono di te-
vogliono guarirti!

Seguimi,
come puoi vedere:
tutto
il mio mondo ammattito
cerca di te.

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Capitolo 15
*** Eppure ***


Eppure



Eppure
s'eleva il canto.
In pubblico, o solo,
rivendica un ruolo.
Conquistano amori,
allori, tesori.
Scimitarre di parole
sfolgorano,
pare che possano incancrenire il cielo.
Nei tempi!
Nel mondo!

Eppure, alla fine,
il cuore accartoccia
la testa. E resta
sempre!
Ovunque!
...La domanda segreta:

ma quella pena
sulla pergamena
è meno terrena?


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Capitolo 16
*** In.. vita..? no.. ***


In.. vita..? no..

Crocicchi di dannazione
si susseguono
ossequiosi.
Cincischiano di facezie,
noncuranze,
libidini.
Gorgogliano scuse
e lacrime sbadate di solitudine,
sbatacchiano la mia disperazione inutile.

M'abbrancano -
distraggono -
s'insinuano -
saccheggiano (di me!).
M'adulano -
perseguitano -
languidi

invitano.

Crocicchi di dannazione
sciacquettano
in ogni calice.
Non so più se potrò non
lasciare
che s'intreccino
quelle dita umide
sulle mie palpebre.

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Capitolo 17
*** Sfarfallio agro ***


Sfarfallio agro



Rispondimi!
Mi manca terribilmente la tua luce.
Rubai le tue clavicole allo stagno,
cedendogli in cambio il respiro.

Ricordami!
Per farlo, le stelle sono troppo pure.
Latèbrami nel fastidio delle ciglia,
proteggi l'innamorata lebbra mia.

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Capitolo 18
*** Riposo (per addormentarmi) ***


Riposo
(Per addormentarmi)

Nel giaciglio
sospiro.
Mi giro,
sbadiglio,
sprimaccio
quel nuvolaglio
della Dentro-Me,
dove ho riposto
il sogno di te e,
nascosto,
il nome.

Mi stiro
rigiro
poi, m'accovaccio
e raggomitolo.
Nel mio pisolo,
mi basta
un mare a casaccio,
e saperti
(anche solo miraggio)
là,
aperto all'abbraccio.

Giglio di sale,
scegli
me, raggio di luna,
per addormentarti...

... Per addormentarmi.


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Capitolo 19
*** Troppo Tardi ***


Troppo tardi.



Sgranchisciti.
Hai flagellato le mie labbra
con marchi mistici,
e strali di polvere truce.
Luce, tu,
sciocco turbinio ingannevole
da cui la mia passione
si è lasciata premere
ad un angolo del buio.
Tu
figuro infido
dalla carezza funesta.
TU
mi hai fustigato
di amore sgranocchiato
lasciato ad invecchiare -

Bestia.

Rinvieni.
E scoprimi adesso, sgrana occhi di gesso.
E sbrigati,
fai schioccare. AlVuotoLeDita.
Per acchiapparmi al volo..
Ma sei già solo,
e io
sono già tempesta.

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Capitolo 20
*** Plin ***


Plin



Stride
il pulviscolo,
l'unghia,
il credo.

Mugola
l'aspide,
il sogno e
l'aedo.

Gratta
la striscia
del troppo
soffrire,

piovono
prismi
sul mio
non-finire.




--------------

[PiccolaNotaForseInutile
Mi sono accorta di tenere in modo particolare ad 'Eppure'. Mi trovo a ripetermela sottovoce tra me, un po' è come se fosse la mia rappresentazione esatta. E' buffo, ma sentivo il bisogno di scriverlo, a chiunque legga quello che scrivo. Tutto qua.]

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Capitolo 21
*** gROVIglio ***


gROVIglio



Ortiche d'altitudine
germogliano inerpicandosi in me,
crepitano
d'alluvioni a venire.

Mi piagano,
inarcano
le zanne a ogni bellezza.

Squassano la mia vanità,
sfavillano di delirio,
sono
delizia punitiva;
più si stringono
a me, affettuose,
più mi fanno sanguinare
d'attesa. E fluiscono,
gROVIglio unico, antìcheterno..

SOTto il SOLe FRAGorose -
nel mio sonno: sil en zsssiosse.




--------------

[A Fed, a cui "piacciono" :P i miei matti sperimentalismi da evitata implosione].

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Capitolo 22
*** Miasmi ***


Miasmi


Io
vivo!

M'inzacchero
nelle infanzie
dei miei meri
cataclismi.




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Capitolo 23
*** tuM tuM tuM ***


tuM tuM tuM.




Tarli.
Ma tu parli?

Mi ritorni dentro,
troneggi il mio Tum Tum
con tormenti
che non si spiegano,
mi trivellano;
pretendono che ciarli
di loro, del mio amarli.

Ma Tum Tum Tum,
tuM parli?




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Capitolo 24
*** XC ***


XC

[A Fed,
Perfavore, lasciami ancora dire]




Trafiggersi -
con petali -
di maggio.

[gratta stretta cigola e farfuglia]

cadere
cadere,
adagio.

[peste acerba azzurra che m'intruglia]


Cieca insalubre e immatura
cerco ancora un'arnia pura,
ma se stritolo quest'armonia tra i denti
mi senti?!



Tafiggersi -
con fiori di ciliegio, e

Abbragiacere

[brutte
giunture
accese]


sognambuli,

[e sognambulanti]

cercare
cercare

[io non lo so fermare]

ancora

[adagio]


un bacio.





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Capitolo 25
*** Quando ***


Quando

Il cuore è carta straccia,
si attacca a sogni umani,
ma quando sarò libera -
ma quando
sarò
libera.
Rigenerami.
Equilibrio che colma il petto degli alberi
con soffi di musica,
uccello ibrido
che riempie del cielo il suo grido

[e non: il cielo del suo grido]
e ancora rotola,
io
sono impura
ma quando sarò libera -
oh, quando sarò libera
potrei forse tornare,
potrei sì, ricordare.

Ma quando
ma quando sarai
armonia-
ma quando ma quando potrò
chinare il capo?


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Capitolo 26
*** Ninfa ***


Ninfa

Bianche dita rigano il fiume cinereo
di scarlatto.
Ciocche lilla, sparse, già tornano petali.
Denti verdi, aguzzi,
pietroline.
Labbra, lignee, sporche ancora
di quelle del Prode
poco prode, e più voglioso..
L'acqua sciacquetta cieca
sulla gola
A aperta.
Un satiro guarda

e piange.



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[Ho lievemente modificato l'ordine delle poesie di questa raccolta, perché avevo il bisogno di mettere Dannazione per prima,
al posto di Ninfa, perché dopo tanti anni la sento ancora come una delle cose più autentiche che abbia scritto su me stessa.]

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Capitolo 27
*** Trallallà ***


Trallallà

<< Trallallà >> cantava il Tuono,
ma con voce così tetra
che atterriva l'universo,
specchio opposto del mio verso:
questa agra ombra di cetra
mente all'uomo col suo suono.

Terra negra è l'uomo indegno
in cui o il male o il bene ha regno
(semi in fango senza senno) -
fiore e rovo pagan pegno
alla Sorte, al suo disegno.

Io CI vedo, e chiedo: anch'io?
pure io che - pur capisco?!
Ma mi sento anch'io pietrisco,
grumo acquoso che in me annego,
che vi abbraccio e vi rinnego,
maledetta, ingorda razza!
Preferisco un aspro liuto
in cui sanguino il rifiuto,
che la resa a esser persuasa
di esser tutta e solo umana,
ché su questa Terra insana
NO che non mi sento a casa!

Ora e sempre, fiera e pazza,
farò guerra d'armonia
contro il fato il mondo il sangue!
Per offrir con dignità
alla pura poesia
questa anima che langue,
solo un rauco Trallallà.

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Capitolo 28
*** oh. ***


oh.


Che armi hai tu, meraviglia,
che sorprendi cuore e ciglia,
che m'arruffa e mi scompiglia,
cosa sei tu, meraviglia?

In un mondo cosi' truce
dove trovi la tua luce?

Dovrei esser gia' corrosa
dall'amaro che ogni cosa
stringe, e non so non sentirlo
addosso, e poi devo ridirlo.


(Come fai tu, meraviglia?)

Dovrei aver l'alma a brandelli
per l'insana nostalgia
di cio' che non so che sia:
vedo solo i suoi coltelli.


(Perche' mai tu, meraviglia?)

Tuttavia ritorni ancora
quando tutto par piu' inviso
e la cosa piu' banale
splende forte, d'improvviso:
della pioggia sul giornale,
una faccia un sasso un fiore-
ti fai prepotente aurora
e mi strappi al mio torpore.

Mi fai amare controvoglia
l'universo della veglia,
sei bellezza che ingarbuglia,
sei stupore che si squaglia
e accompagni alla mia doglia
dolci mostri di ciniglia-


cosa sei tu, meraviglia?
Qual disegno a me t'impiglia?


- . - . - . - . - . - . - . - . - . - . - . - . -






[Alla meraviglia inimmaginata,
agli amici incontrati sulla strada,
ad Aletta, a Mabby.]







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Capitolo 29
*** M_E_M ***


M_E_M


Io son maestra di terrori irrivelati
in quest'orchestra di bei versi complicati,
io son bambina tra disegni colorati
che vede il mondo (o i mondi?) ad occhi dilatati.
Io vivo tutta un'esistenza di nascosto,
e dico agli altri solo ciò che sembra 'a posto'.

[non gli racconterò di squarci blu di nulla]

Come dir loro che quel cielo azzurro chiaro
talvolta no, non è sereno, ma un po' tetro:
distorto da una vibrazione, un morso amaro,
arso da vene di fuliggine e di vetro?
Come parlargli dei freschissimi bisbigli
di enigmi dolci confidatimi dai gigli?

[fragranze ruvide intessute in una culla]

Non li convincerei che, in barba alla ragione,
c'è un'energia, più spirituale, più profonda,
che si riverbera tra la mia percezione
e immaginaria o no, m'impregna e mi circonda.
Io non l'ho scelta, e non potrei mandarla via
anche se porta insieme ebbrezza ed agonia.

[storie e visioni spezzettate, tormentose]

Anche se porta in sé una nostalgia feroce -
poesia in disguisa, che consuma la mia voce,
e pur cantando un altro mondo e i suoi colori
non posso entrarvi, e pur da questo resto fuori;
così inadatta a entrambi, io e i miei buffi versi:
asola cheta e buia tra questi universi.

[spettro di maschere composte e fragorose]

Se cerco amore e non lo trovo, è questo il prezzo
di una ridicola e orgogliosa Mezzo_E_Mezzo,
(e so di dirlo in ugual modo a ogni mio pezzo),

ché sembro forte, ma sottile è la mia gruccia,
zuppa dei sogni astrusi a cui faccio da cuccia.
Ho un cuore mini come un fiore di mentuccia,
è fragilissimo, tu guardalo e si sbuccia,
e se mi soffi un corto addio sotto la piuggia,
si gela come sopra al naso lagrimuccia.






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Capitolo 30
*** perdi ***


perdi




Fruscia l'aria
come un gioco:
se non respiri, perdi.

Fruscia il cuore,
se l'hai corrotto
[ma io ce l'ho -
oppure l'ho - ?]
,
perdi.




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Capitolo 31
*** Luci(o) ***


Luci(o)




Lasciami, sono stanca
di camuffarmi.
Lasciami, sono stanca
di mostrarmi.
Il fato, tra buio, colori,
mi ingabbia, mi appanna, mi sfianca.

Ma ancora, ho solo i languori
di quanto mi manca.

Divampa, Infinità, ninnami.
Ombra di Nostalgia, lasciami.




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Capitolo 32
*** Di là ***


Di là




Grama gabbia di sangue.

Lo so di là il sole -




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Capitolo 33
*** Ognuno ***


[«Nessuno presta la dovuta attenzione alla circostanza, che sembra astrusa, che anche gli altri sono anime.» (F.Pessoa)]



Ognuno


[Un’inconscia, sciocca svista
rende illusa ogni coscienza
di esser la protagonista
della cosmica esistenza.]





Io lo SO, ratio m’insegna:
non son sola detentrice
di uno spirto che s’impregna
sia di tenebra che luce.

Ma poi guardo la sanguigna
giostra su cui l’uomo regna:
c’è chi invero mi ripugna,
chi ama solo se guadagna.
E il mio essere s’indigna!
Come può quella carogna
possedere una compagna
di quell’anima che, asprigna
in me mai (per esser degna
di poesia, pur se menzogna)
si rassegna: sé disdegna!
… Poi s’ingegna a nobil pugna
ché purezza ancora agogna,
preda di una sorte arcigna
finché, fradicia, ristagna
nell’oblio che tutto espugna?


Sì, saggezza ancor mi dice
che ogni uomo è possessore
di un’essenza a lui interiore.

Ma alla gogna del furore
perché, grido con vergogna,
il pensier che ognuno sogna
riesce a sgretolarmi il cuore?





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Capitolo 34
*** Il mio verso ***


Il mio verso




Dell'efemera imbelle
che sbraita alle stelle:

per sempre.




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Capitolo 35
*** Fraintende ***


Fraintende


Io sono il fragore che infuria,
naufragio di freddo e di frana -
io sono fedifraga ingiuria,
ruggito di fiera che sbrana.

Sono il prurito quando muoverti non puoi-
grumo di sale che esacerba la ferita.
Sono l'istante in cui quel "sì" diventa un "poi",
sono forchetta conficcata fra le dita.

Sono la fragola marcita sopra al ramo,
sono la frenesia che non ti fa dormire-
il tuo saperti in fondo frottola di fumo
per cui non riesci a porre fine all'infierire.

Io son lo sgretolarsi del tuo cuore
(fraintende il venire sfiorato)
se, cieco e intimorito dal calore
(farfuglia, isterico, ingrato)
bandisce ogni minuscola carezza
(si sente più fragile che amato)
finché di solitudine non muore
(sospira, sollevato, e lì si spezza).






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Capitolo 36
*** Io mi RIFIUTO ***


Io mi RIFIUTO


Ed io, ch’ero creatura di scrittura -
che torce ogni sventura in rima pura,
ero infelice, ma ero definita:
serbavo ogni tormento con premura,
nutrita - dalla mia stessa usura.

Ma adesso che, per casi della vita
mi trovo un po’ più umana, più inserita
e meno sola, o amata - addirittura!
Dovrei gioirne, ma sto qua, smarrita,
perché la penna giace, ammutolita.

[Come un guerriero a guerra ormai finita
sperso in un giardino, ché è buono a usare
solo la spada, e, senza l’armatura,
par che ogni fior lo voglia minacciare.]

La strada del poeta è una tortura -
clausura di solitudine e paura:
guardalo, ingenuo - nel suo masticare!
Perfetta miniatura di sciagura.

Ma ora il mio benessere è volgare?
Chi sono io, qual’è la mia natura?...
Io mi RIFIUTO di essere esaurita
in quello che mi era da ossatura!
Pur se la morsa d’angoscia è meno dura
Non scorderò l’affanno del frugare
in cerca dell’armonia ferita!

Sul vasto muro, ad ogni fenditura
cercherò sempre quella serratura,
che so che, anche se sorte avrò a mutare,
quest’anima ne è ancor chiave sicura.





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Capitolo 37
*** Se errassimo ***


Se errassimo


Noi, rosi dall’assenza di qualcosa,
offesi nell’essenza, e senza posa
protesi a un’esistenza vorticosa
che sazi quest’immensa fame ansiosa,

da troppe velleità penalizzati,
abnormi poliedri sfaccettati,
di cento identità mal mascherati,
ebbri, e distorti da mille falsi fati.

Se il nostro essere un puzzle fosse invero
che non dobbiamo mai trovar l’intero,
che non esiste un pezzo principale
su cui fondare il resto del frattale?

[Tra mille il sogno che più ci si addice-
degli altri, sì, carneficina atroce
ma sia, avendolo scelto, direttrice
a cui votarci- e di noi si faccia voce].

Se errassimo invece alla radice?
Non questo pezzo prima, quello il vice,
ma sia l’intrico che fra i pezzi giace
e allacci labirintica cornice
di ciò che in noi combacia e a noi conduce?

Se sia la nostra natura a esser scomposta,
mai paga, mai completa, e a questa giostra
d’identità molteplice e indifesa
dovessimo soltanto dar la resa?

Noi, in cerca di un centimetro di pace,
pagliacci incendiati da lucciola fugace,
ciarpame d’un collezionista audace,

se il senso fosse rintracciar la luce
in questo vorticar che un po’ ci nuoce-
precipitar con dignità contusa
che nel mosaico la caduta è inclusa?

Se errassimo, invece, alla radice?


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Capitolo 38
*** Cercando che cosa ***


Cercando che cosa


Cercando che cosa frugare ancora
fra queste fragili cianfrusaglie:
futuri infranti, fantasie, sbagli e
forme del cuore efferate e smarrite?

Cercando che cosa frugare ancora
'ché ad ogni fruscio infierisci ferite,
faglie, e dal fondo t'affanni, ti sento,
a comporre i feticci del tuo tormento?


[Cercavo frugali farfalle furenti
nel buio freddo fluorescenti,
cercavo filastrocche fumose,
strofe futili, ma ingegnose
con cui mostrare tutti i denti
agli animi indifferenti,
con cui tentare di scalfire
la finitudine delle cose,
con cui far finta di non soffrire.]

Ma della poesia chi mai se ne cura?!
Certo l'effetto non val la tortura!

[Ditelo a chi non la vede bruciare,
brace che sfrigolain ogni colore-
spettro che intossica di splendore
di frenesia che ossessiona d'incanto.
Ditelo a chi non ne sente il fragore
come una piena che cerca la foce,
ditelo a un altro che non tenga il conto
d'ogni millimetro che muore
se non lo amo, se non lo canto
se pur con questa misera voce.]


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Capitolo 39
*** Intendo ***


[Dedicato a S. Benaim, la sua poesia mi ha scossa e me ne sono lasciata contaminare,
solo per questa volta, solo per un po’.]



Intendo


Il mio cuore è un albero.
Un albero imponente, al centro di una foresta che non riesce a riconoscere,
e nella sua solitudine non sa
se sperare che, in fondo, gli altri alberi siano uguali a lui
o se essere terrorizzato dalla prospettiva.
E nella sua minacciosità non desidera altro
che qualcuno costruisca un’altalena su uno dei suoi rami contorti.

Ma quando dico ‘albero’, intendo
foglia, ogni singola foglia che si vivacizza al suo incancrenirsi;
ma quando dico ‘foglia’, intendo
nervatura, che si biforca e si assottiglia fino al punto che
anche il più pignolo degli studiosi si stancherebbe di seguirla;
ma quando dico ‘seguirla’, intendo
abbracciarla, ma quando dico ‘assottigliarsi’, intendo
cantare sottovoce.

E ‘sottovoce’ significa
con tutto il fiato che ho, fino a scorticarmi i polmoni per gridare,
ma quando dico ‘i polmoni’ intendo
le mani.
[Puoi chiedermi allora: ma perché ti ostini
a infilare le mani nel fuoco, non vedi che ti ustioni!?

Ma lo
so, solo che]
Ho veramente troppo FREDDO,
e quando dico ‘freddo’, intendo
fame, di uno che è stato nel deserto
e ora ruba biscotti
per ficcarseli in tasca,
ma quando dico ‘biscotti’ intendo
poesia e bellezza,
ma quando dico ‘ficcarseli in tasca’ intendo
ingozzarmene furiosamente fino a crepare soffocata,
ma quando dico ‘crepare’ intendo
essere salvata.

Il mio cuore è un albero, un albero, come ce ne sono tanti,
e le mie radici sono code di lucertola di cristallo fragilissimo,
che vorrebbero solo prendere un po’ di sole
ma devono crescere verso il basso,
e se si spezzano poi ricrescono
ma piene di zanne che mordono
dentro
e fuori.

Il mio cuore è un albero
ma è anche la corteccia,
ma è anche ogni singola incisione fatta sulla corteccia
da vandali o da innamorati,
anzi spesso è difficile riconoscere la differenza.

Ma quando dico ‘vandali’, intendo
altri cuori offensivamente identici al mio,
ma quando dico ‘identici’, intendo
alieni e mostruosi e irraggiungibili,
e quando dico ‘altri cuori’ intendo ovviamente sempre e comunque il mio.

Il mio cuore,
e quando dico ‘mio’, intendo
di tutti, è un albero.
Dovrebbe respirare anidride carbonica ed emettere ossigeno,
ma l’anidride non basta per tutta la foresta
e allora gli altri alberi la rubano
e anche lui la ruba quando può,
ma quando dico ‘foresta’, intendo
la chioma di questo singolo albero,
che soffoca se stesso per riuscire a respirare.
Ma quando dico ‘respirare’, intendo
sopravvivere. Ma quando dico ‘sopravvivere’, intendo
amare e essere amata.

Il mio cuore è un albero,
ma qualcuno lo ha già abbattuto
molto tempo fa,
ne ha fatto pagine di carta e io
speravo che fosse un libro di poesia,
ma
invece è la lista della spesa
per un’enorme festa di compleanno a cui non verrà nessuno.


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Capitolo 40
*** Delta ***


Delta


E tu, sciocco, che credevi
che la tua vita fosse un fiume -
ma il fiume è gigantesco,
un mondo enorme e fosco,
e noi, bestioline senza scelta,
ne attraversiamo il delta,
così vicini al mare, che ci atterrisce
come un’immensa fine,
che non comprendiamo:
una bocca ingorda, ignota, spalancata,
che ci soverchia con la sua ombra
e non ha niente di sublime.
E le lische variopinte delle nostre angosce
nuotano appena sotto la superficie di petrolio,
invisibili, scintille dormienti nel serbatoio,
noi guadiamo il pantano
tenendoci per mano
ma quelle ci azzannano le cosce
e siamo così stanchi!
Arrivano a banchi, furiose:
i desideri sono meduse
e nonostante le nostre scuse
ci paralizzano il cuore;
le ha usate come Muse
ed è ancora loro debitore.
Con tulle letale di spose
ci ustionano fino all’osso,
ed è tale l’urgenza
di strapparci il dolore di dosso
che rimaniamo senza
nulla, fantasmi, torsolo
dei nostri corpi, che son sparsi
come i vestiti nel percorso
degli amanti fino al letto,
e che in pochi istanti
si fanno banchetto
dei piranha del rimorso,
del tempo che va avanti.

Siamo fuochi fatui, nudi,
su vastissime paludi.
Perso a noi, nel limo scuro
dorme e aspetta un sogno puro.




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Capitolo 41
*** Sempre ***


Sempre


Non ti comprendo,
regno terreno,
ciò che è stupendo
in te, a me par veleno,
assurdo è, ti sfugge
ciò cui io tendo,
non puoi distruggermi,
mi metti al bando.

Dell'Eden del bardo
ricerco l'ebbrezza,
lo spirito ho ingordo
di quella carezza,
ma del suo traguardo
non sono all'altezza:
è tardi, il bugiardo
lo sterno mi spezza.

[Diseredata
dal sogno e dal mondo,
ostracizzata
dal primo e il secondo,
pazza di fame,
persa, allo stremo!]


Testardo stame
straziato all'estremo
ritorni stordito
dal tuo predatore

[tormento d'ordito
tramato nel cuore]
.

Limbo d'argento,
di canto e d'incendio,
ormai l'ho capito
che non ti appartengo

[pur se, a un tuo comando
m'accendo e mi spengo,
pur se, a un tuo capriccio
mi libo all'inchiostro]
:

fragile intreccio
di maschere mostro
e fiera brandisco
frustrato disastro,
ma cosa dimostro?!

Che strillo incastrata
restando sul posto
e pur non capisco
qual'è la mia strada.



[Sarà allora questo la poesia?

Il chiedermi ancora
il chiedermi sempre
che
cosa
io
sia].




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Capitolo 42
*** Principessa ***


Principessa


Mi hanno dato un'anima insonorizzata
in cui la solitudine grida e si dibatte
come un'isterica nella sua stanza bianca,
percuote le costole con i pugni
e cerca di impiccarsi alla trachea
ma assiste impotente mentre mi lavo i denti,
mentre passeggio con la faccia verso il sole.

Quando un giorno la libererò
potrà andare a infestare le città
e a terrorizzare la gente:
tutte le persone che lei odia
e la cui angoscia la divertirà.

Spero, prima di quel giorno,
di poterla consumare, di renderla impalpabile,
di modo che solo in pochi riescano a vederla
e la scambino magari
per un riflesso, per un mal di testa.

Ogni mio singolo tentativo di poesia
è per raggiungerla, sedare la sua rabbia.
Trovassi
il verso che la vince,
da cui si senta esausta,
che la addormenti come una principessa.



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Capitolo 43
*** Lama ***



Lama


Eppure l'incanto
dal cielo piovendo
squarciava il mio sguardo
con musica accesa.

Eppure la sfinge
intanata nell'ego
ringhiava al suo eco,
restava in attesa.

Eppure l'intesa,
fallace sorella
che univa noi, quella
ricerco, testarda.

Eppur con la stessa
consunta laringe
richiedo riscossa,
un verso soltanto
che espii la carcassa
di questa mia inedia
che ho preso nell'ossa.

Un verso, sol tanto,
che la solitudine
estinguere possa,
fosse anche illusorio,
fugace e bugiardo-
exploit conclusorio
di triste commedia.

[ 'ché pure mi pieghi
poesia, la coscienza,
ma poi più mi piaghi
se esisto in tua assenza ]



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Capitolo 44
*** Ostrica ***



Ostrica


E poi usignoli meccanici arrugginiti che gracchiano la nostra canzone
e poi fragole di pezza da annusare nel sonno
e poi schedari fragili di tutte le nostre lacrime
e poi pirati queer che ci fanno il baciamano
e poi clessidre di farfalle che lo scorrere del tempo è deciso dal profumo dei fiori
e poi abbracciare un amico fino a mandare a memoria il suo scheletro.

E poi intenerirsi per un affondo di sassofono
e sentire il potere innalzarsi a un crescendo di archi
e poi il calore selvaggio di una danza
e poi guardare due persone che si ritrovano
e poi una paperella di molliche
che nuota accanto ad una di punte di coltello.

E poi il sogno su altissime zampe di ragno variopinte
che mi morde lasciandomi nelle convulsioni
per un prurito in un posto dove non arrivo,
una ferita da qualche parte in me che non so nemmeno nominare
e poi l’infinito rosario delle maschere
da sgranare davanti al mondo pur di nasconderci
pur di salvare l’ultima ostrica della nostra luce
anche se minuscola e ridicola e sigillata per sempre dal dolore.

[La paura di soffrire è identica all’attesa del piacere:
imperatore eccentrico che ama vestirsi da maggiordomo per accogliere gli ospiti]


E poi disinstallarti dalla mia scheda madre
sovrascrivendo un momento alla volta
alterandone lo zoom per renderne sopportabile l’assenza.
E poi folletti, dispettosi giullari
che mi rapinano sulla strada di casa
lasciandomi addosso soltanto questa rabbiosa voglia di vivere
che pizzica come un maglione di lana sulla pelle nuda
e scortica le mani come i graffi di un gattino,
come leccare il sangue dopo essere caduti sull’asfalto
e poi concentrarmi per non gridare il tuo nome quando vengo
e poi evitare di scriverlo sui vetri appannati.

E poi trovare il tempo di essere fragile
cantare forte con il cuore nella scatola di Schrödinger
arruffare affettuosamente tutti i miei errori
e

ricominciare.




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Capitolo 45
*** M_E_M (di nuovo) ***



M_E_M (di nuovo)

(sono ancora lo stesso goffo, tragico, delicato, eccessivo ossimoro)



In questa stretta tagliola d’ombra,
tra ciò che è e quello che sembra
tra il buio del mondo e il suo barbaglio
tra il grido del sogno e il suo bisbiglio,
sto incagliata spirito e membra
ed entrambi gli opposti battaglio.

C’è l’abbagliante meraviglia
per lo splendore che tutto artiglia,
quella casuale dolcezza che imbriglia
le umane cose, ogni cianfrusaglia.

C’è l’oscura bestia che ruglia
e tutto ingoia e in ognuno caglia,
rende i colori una fosca grisaglia,
vile garbuglio di tenebra e doglia.

E non c’è istante in cui non siano entrambi ad
accapigliarmisi a canti e a crampi,
che sia luglio o che sia dicembre
sempre tagliata sto sulla soglia,
come ossessione che t’attanaglia
paralizzato nel dormiveglia.

Fra ciò che aggiusto e ciò che spezzo
io sono ancora mezzo e mezzo,
pagliaccio dell’uno e dell’altro palazzo,
d’incompatibili fili l’arazzo.
Tra ciò che ottengo e ciò che voglio,
quello che vivo o imbottiglio sul foglio,
quel che imparo da quello che sbaglio,
di forze contrarie giunzione e bersaglio,

strano rigoglio che germoglia
nello spiraglio d’una faglia.
Se nessuno dei due mi s’attaglia
resto fedele al mio parapiglia:
un ghezzo cuor che ancora barbuglia
e il suo ridicolo amore sparpaglia.





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Capitolo 46
*** pitter patter ***



pitter patter





pli pli pli pli
Placida la pioggia
picchietta sulla pelle
pizzica pianino
su ferite aperte,
pullula di pianti
e di promesse.

pli pli pli pli
Prude come peste
e piaga più nel profondo
sopra le aspettative
nel petto che sospira
su spalle compresse
su un piede che inciampa.

pli pli pli pli
Piena nell'aspettare,
spezzetta l'apparire
profuma di speranza
di piedi sporchi di bambini
e di porcellane.

pli pli pli pli
Spingimi nel buio pesto
cui appartengo,
non sono abbastanza pura,
non sono per niente in pace!
Spalancata nella paura
di sprecare un privilegio.

pli pli pli pli
Piccola come un verso
pronunciato appena
eppure prepotente
come un verso appena pronunciato -
spirito imperfetto
pulcioso di passioni

pli pli pli pli
in questo impervio limbo
di tamburelli
e petricóre
riposerò un pochetto
tra la tempesta e l'alba.





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Capitolo 47
*** farfalle ***



farfalle





Ho aperto la cerniera del cielo
per rovesciare la pioggia
e liberare le farfalle.
Ho fatto scappare le belve dal circo,
mi hanno seguito quando hanno visto
che anch'io avevo addosso
i segni di una gabbia.
Ho piantato la mia paura
in un campo di girasoli
per insegnarle a seguirmi
invece che il contrario.

Ma tu non ci hai fatto caso,
avevi altro a cui badare
e anche se le tue mani mi cercavano
i tuoi occhi erano altrove.

Mi sono puntata al petto
la pistola lanciarazzi di segnalazione.
Ti ho cercato
gattonando al buio
tentando di chiamarti ma
sbagliando il tuo nome con quello dei miei amanti,
con il fango fino alle ginocchia,
e dozzine di sanguisughe ammaestrate
che ho scelto
tra quelle in offerta.

Ho lasciato a essiccare
tutte le mie scuse
tra le pagine del diario
così quando le guarderò di nuovo
saranno scarnificate -
le vedrò per ciò che sono
mi vedrò per ciò che sono.

Lascio che la notte
sbocconcelli la mia impazienza,
posso vederla dal finestrino
sbriciolare l'ansia
su tutto il marciapiede del binario.
Il freddo -
l'odore di fumo -
continuo a desiderare cose che non posso avere
a scivolare nell'abitudine
e quando mi sveglio ho sempre sete.

Ho imparato a usare la mente
e la mia missione
è smettere di mentire a me stessa
ma c'è sempre qualche maschera
che non si lascia possedere,
quel vecchio dolore
che non si addomestica.





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Capitolo 48
*** Gran Maestro ***



Gran Maestro





Sussurrare le mie sciocchezze
nel sifone del subconscio
firulì firulà

una sofferenza soffusa
che sciacquetta, innocente-

Schiantarsi annichiliti
lasciarsi rovinare,
accostarsi alla colpa
per scaldarcisi come
di notte a un fuoco da campo,
le mani intirizzite
mai abbastanza vicine
e se poi ci si brucia
ci ricorda che ci siamo ancora.

La mia energia esplode
permea tutta la terra e il cielo
e canta
ma vacilla nel colmare un singolo ago di pino:

il cielo violaceo
piange sommesso,
risuono
di versi inconcludenti
come il Gran Maestro
di una stregoneria inesistente,

sono un dardo ultraterreno
un lampo irredimibile
creatura dell'impossibile


e poi inciampo nei miei stessi piedi
e quasi casco a faccia in giù
camminando sul marciapiede.





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Capitolo 49
*** Hai ragione ***



Hai ragione





Mi hai lasciato a marcire
nella nebbia dei giorni
nuda
vestita solo di polvere
e delle tue scuse.

E sì hai ragione
dovrei trovare il fegato
di urlare gli anatemi
che invece sussurravo,
dovrei osare
e sbagliare qualche parola
invece che invecchiare
per dosarne ogni millimetro.

Dovrei scaraventare
il cuore per la strada
in pasto ai ratti,
e rassegnarmi
a una vita senza incantesimi,
a una notte che non bisbiglia.

E sì hai ragione
che sono grande ormai
alle radici il petto sta stretto
e tra poco mi spaccheranno le costole.
Tra poco
perderò il riserbo
o forse vi annegherò
come una larva che soffoca
se non può lacerare
l'impenetrabile crisalide
con cui si era protetta-
tra poco
innescherò l'inedia
la guarderò inondare i corridoi
silenziosa come un'abitudine,
come un dovere sociale.

Ho nascosto il fulgore del giorno
in un barattolo di spezie amare
distillato la sua agonia
in un singhiozzo
scaldato sotto il cuscino-

E sì hai ragione
sono una sciocca e un'ingrata,
sono fatta di foglie cadute
nè verdi nè rosse-
di bambini distratti-
di vetri levigati sulla spiaggia
che taglierebbero soltanto
se li rompessi ancora-
del sospiro carnale che ti sfugge
nell'esatto momento in cui ti abbandoni-
di impazienza, controsensi e labirinti,
di un pastello a cera sciolto in una tasca,
della pioggia quando cade sulle labbra.

Ho saturato il tempo
con acquazzoni di luce
e sacchetti vuoti di patatine,
incastrato
la risata del buio
nello spartito
della mia circense orchestra:
l'arma che ho scelto di brandire
contro l'ombra di me stessa-
la maledizione che ha scelto di salvarmi
per nutrirsi di me.

E sì hai ragione
dovrei piantarla di nascondermi
anche se ho imparato presto
che a brillare tanto
vieni amato troppo
o odiato intensamente
ma distorto, in ogni caso-
essere invisibili è
un prezzo accettabile
per essere lasciati in pace-

dopotutto, da sempre l'ironia
del mio istinto di sopravvivenza
è la mia poesia più autentica.





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Capitolo 50
*** Linee ***



Linee





Mi hai distrutto di nuovo
ma io ero uno strappo che si allarga
un retrogusto assaporato tardi
una vertigine che recede lenta.

Ti ho perduto
eppure era una giornata così bella,
ricordavo le parole delle poesie
e sentivo il profumo dei tuoi capelli.

Il mio cuore era
una vecchia corda di chitarra
pizzicata dolorosamente
che rompe il silenzio, convulsa:
suona perché squassato via dalla sua pace.


Il mio cuore era
un teatro in disordine:
le sedie riverse sul palcoscenico,
dietro le quinte un caffè
rovesciato sul copione,
tre attori ubriachi in terza fila,
solo un faretto acceso
puntato sul sipario.

Mi hai sconfitto di nuovo
e io ho lasciato
che mi accartocciassi:
perché al riaprirmi,
con sofferta cautela
potrò guardare
le mie linee di frattura,
impararle bene-

e ancora mi sgretolerai:
sceglierò
di essere fatta a pezzi.
Ah, se solo
un'unica volta
non ne valesse la pena!





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Capitolo 51
*** Congegno ***



Congegno





Avevo provato ad essere normale,
consumata attrice -

Ma sento il fragore dei macchinari che schioccano:
impossibile ignorarne il frastuono,
il desiderio che frana
come cataste di rottami
a coprire il giorno.

Non riesco a sentire le voci degli altri,
a capire le loro parole,
fatico persino ad udire me stessa.
Tra i tarli e la ruggine il grido dei motori,
il ferro arroventato che marchia ogni protesta.

Irrespirabile precipitare nel ritorno sterile
a una cisterna vuota in cui riecheggia il rifiuto,
la mia miseria era una locomotiva enorme-
Ruggisce nel buio che rovina su di me.

Perfettamente lubrificata
e perfettamente lacera,

mi trascino
digrignando i denti degli ingranaggi,
e nascondendo il canto sul fondo dei serbatoi
da te
che sei il macchinista del mio furore.

Strapparsi il cuore a morsi-
Appesantire l’armatura
sostituendo cardini e rivetti-
Ambire a divorare il sole
ché tanto
ad ustionarci dal di dentro
siamo avvezzi-

Le mie canzoni come quelle dei grilli,
suono per lo sfregare delle mie parti difformi,
pezzi seghettati di un congegno estraneo
che sbuffa vapore alla luna e stride, male oliato,

questo ferrovecchio di un’anima.





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