Gli Dei Gemelli

di Paul Kramer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo o dove i ragazzi si trovano ***
Capitolo 2: *** Come siamo arrivati qua? ***
Capitolo 3: *** Intermezzo ***
Capitolo 4: *** Intermezzo II ***
Capitolo 5: *** Intermezzo III ***
Capitolo 6: *** Ricerca e perdita ***
Capitolo 7: *** La tua assenza brucia come ghiaccio. ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo o dove i ragazzi si trovano ***


                                                                               Gli Dei Gemelli.
Prologo.
 
 Era giorno appena iniziato, una di quelle giornate che sembrano fatte apposta per predisporre l’animo umano verso la bontà e l’amore: calda ma non troppo, un vento gentile che passava ogni tanto e lontano il mare che si frangeva dolcemente contro la spiaggia. Peccato che così non fosse per due persone molto particolari, forse anche troppo.
 

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Capitolo 2
*** Come siamo arrivati qua? ***


 La ragazza sospirò e distese le braccia dietro la nuca, rilassandosi sull’erba verde del prato che contrastava vivacemente con i suoi corti e sbarazzini capelli rossi. Accanto a lei c’era una maschera grigia che descriveva un volto forse femminile ma comunque inespressivo, vuoto. Ad un tratto però la sua calma venne infranta da un urlo piuttosto spaventato che la fece scattare in piedi e correre fino ad un posto vicino al prato in cui era dove poteva vedere e non venir vista cosa stava succedendo. “Che accidenti è quello!?” Gridò un ragazzino dai corti capelli rossi, nascondendosi in fretta dietro quella che, presumibilmente, era la sorella. Sorella che sbuffò e incrociò le braccia tentando di assumere un tono più serio del fratello. “Allora, caro Greg, dove ci troviamo? In un enorme altopiano che confina col mare, un cielo azzurro come gli occhi di un angelo e un sole caldo come l’inferno.. e dei templi greci in salita, che culminano con un enorme tempio sempre greco e una statua... dodici e il tredicesimo.. calma, Marta, calma.. “Purtroppo la sua calma apparente venne totalmente distrutta dall’apparire di un uomo, alto e con mossi capelli castani, il quale alzò le sopracciglia e cominciò a parlare in una lingua che lei non capiva. Respirando affannosamente, Marta trasse a raccolta tutto il coraggio di cui attualmente disponesse e gli chiese con il tono più controllato che potesse avere: “Excuse me, do you speak English? Sprechen Sie Deutsch? Habla español, señor? Italiano?” L’uomo la guardò e sospirò, chissà cosa pensava.. “I speak English-“ “Good, so I am Italian and I am Marta, he is my brother Gregorio. Excuse me, but where are we? In Italy? “ l’uomo scosse la testa, il suo inglese era molto chiaro a differenza del suo, non per nulla Gregorio la chiamava ‘la texana dagli occhi di fuoco.’ “In Greece, at the Sanctuary of the goddess Athena.” Marta strabuzzò gli occhi, ormai certa che avesse letto troppe fanfiction, ma l’arrivo di altre due persone le impedì di rispondere. Due persone vestite d’oro e quella sembrava proprio l’armatura del Cancro. Senza contare l’elmo con le corna che indossava l’altra persona, sospettosamente simile al tale Capricorn che aveva spesso pensato di studiare psicologicamente, idem con il Cancro. A questo pensiero, nonostante avesse addirittura il poster di tutti i cavalieri d’oro in camera (così poteva studiarli meglio), un brivido le attraversò sinistramente la schiena. Brivido che le fece prendere un vigoroso respiro e stringere i pugni, aveva un fratello e come sorella maggiore aveva il dovere di non farlo massacrare.
“Buongiorno, Marta-“ “Mi chiamo Marinelli, Marta e Gregorio Marinelli. Veniamo dall’Italia e per quanto possa sembrare assurdo, non abbiamo nessuna idea sul come e perché siamo qui in Grecia. “ Il Cancro sorrise, un sorriso quasi di sufficienza che le diede un altro brivido. Rasserenata dalla lingua natìa, riprese a parlare cercando di non commettere errori. “”E lei sarebbe il signor.. “ Il Cancro risucchiò sinistramente una guancia e la guardò, ignorando l’occhiata inorridita del Capricorno. Con nonchalance disgustosa, almeno secondo Marta, riprese: “Cancerri, Carmelo Cancerri.” Marta accennò un saluto con la testa e tese la mano, cercando di risultare educata: “Piacere di conoscerla, signor Cancerri. “ L’altro, quello che sembrava proprio Capricorn, lo guardò infastidito e impulsivamente si avvicinò, sfiorandole appena la mano. “Buongiorno, sono Michele Perezia.” Disse con un forte accento spagnolo che fece sudare freddo Marta: anche Capricorn era spagnolo, anche Cancro era italiano.. ah sì, e Ioria di Leo parlava inglese, giapponese e greco. Meno male che faceva il linguistico, si disse mentre cercava di non pensare alla mano dell’altro sulla sua, era veramente troppo imbarazzante. “Buenos dias, senor Perezia, yo soy Marta y soy italiana. Por favor, pueda ayudarme? Querrìa saber el porque estoy aquì.” Il (forse) Michele Perezia spalancò appena gli occhi e annuì, del tutto incurante della smorfia del Cancro e dello stupore dell’altro. Con un sorriso che voleva dire tutto e niente, allungò la mano maestoso verso i templi che Marta e Gregorio, ora timidamente affiancatole, avevano già notato. “Bienvenidos en el Grande Templo de Atene.” L’esclamazione incredula di Gregorio fece capire a tutti che i due estranei non sarebbero stati facili da convincere della realtà.
 
Pochi minuti dopo, lievemente più vicini alla Prima Casa.
 
 Marta voleva da molto tempo entrare nel mondo de I Cavalieri dello Zodiaco, ma come guerriera formidabile, come dea alleata di Atena, come.. insomma, come qualcuno di così importante da meritare inchini e rispetto, tanto rispetto. L’ideale sarebbe stato una guerriera sconosciuta che combatteva un po’ come Phoenix: arrivo, vi salvo tutti e me ne vado. In poche parole, bella-e-maledetta. Anzi no, carina-e-un-po’-bambina. Ma dopotutto era tutto solo un sogno, un gioco che faceva prima di dormire, un po’ come quando s’era infatuata di Mime nella saga di Asgard e faceva finta di essere appunto quella magnifica Guerriera e salvarlo. Invece ora era in quel mondo, vero e dannatamente vero, non come magnifica guerriera arrivo-nel-silenzio-vi-salvo-e-me-vado, ma come normalissima ragazzina di sedici anni che arrivava lì dal nulla e lasciava i suoi gatti, la sua casa, la sua famiglia.. altro che la Guerriera, le aveva pure dato un nome: Alyane, una ragazza che non voleva combattere e senza famiglia perché una febbre improvvisa le aveva portato via i genitori e i tre fratelli. Altro che la Guerriera, si disse mentre camminava accanto al Cancro, altro che la magnifica, dolce e spietata Alyane.
A voler proprio cercare un lato positivo, c’era eccome: lei nel mondo di I Cavalieri dello Zodiaco c’era, che poi invece della suddetta Alyane ci fosse una ragazzina ancora molto bambina era un’altra storia. Per di più con il fratello da proteggere!
Beh, si disse mentre tirava lentamente il fiato, almeno Gregorio era con lei e se Alyane combatteva per coloro che le erano cari (amici, innamorato e animaletti vari) lei avrebbe combattuto per sé e per il fratello. Metaforicamente, al massimo contro i calzini ribelli o i terribili Bottoni Staccati, però avrebbe combattuto. Se lo giurò in silenzio, il fiato non ce l’aveva ed era in compagnia, ma se lo giurò. Al suo fianco il Cancro la guardò per un istante e si chiese quanto tempo sarebbero rimasti al Grande Tempio, lui i bambini non li sopportava. A differenza del Capricorno che sembrava trasfigurato da quando lei gli aveva parlato in spagnolo e probabilmente stava già pensando a cosa parlare, chissà se conosceva Sepulveda.. “We are arrived at the First House. Its Knight is Mur. “ Ioria sembrava una guida turistica da come pronunciava la frasi, pensò divertito il Cancro. Marta annuì e tirò il fiato, ringraziandolo in inglese. Sul porticato c’era un citofono con tanto di ariete dipinto sopra e Gregorio sorrise. “Ehi Marta-“ “Ja, das Schaf. Ich habe es gesehen. Es ist schön, gut gemacht.” Gregorio alzò le sopracciglia, perplesso. “Ehh?” Marta alzò gli occhi al cielo e si chiese perché il fratello non avesse imparato almeno le frasi più comuni del tedesco, visto che aveva giurato di impararlo. “Visto. Participio passato di vedere, sehen in tedesco, ver in spagnolo, to see in inglese. In spagnolo invece è identico in italiano, sempre visto. “ “Capito.” Fu il laconico commento del fratello, tutto fuorché desideroso di assistere ad una lezione di lingua spagnola, inglese, tedesca e italiana. Al suo fianco Capricorn si tolse l’elmo e salutò Mur, nel frattempo comparso insieme ad un pestifero bambino dai rossi capelli e due nei azzurri sopra gli occhi. Marta sospirò, se era in ballo tanto valeva ballare, dopotutto parlava (forse A1 forse A2, sinceramente sperava la seconda) tre lingue oltre alla materna peraltro tale anche di una altra persona. E poi, non era detto che il tedesco non le risultasse utile.. sì, per chiedere a Pandora se stava bene forse poteva andare bene.
“..Marta Marinelli. Mistress Marinelli?” Marta arrossì come un pomodoro a quel mistress e s’inchinò lievemente all’indirizzo di Mur che le si avvicinò e accennò un sorriso. “Mistress Marinelli, Mur of Jamir. Mur, mistress Marta Marinelli.” Marta accennò pure un sorriso, constantando sorpresa che la voce di Mur era davvero profonda. Beh, si disse nascondendo un sorriso, era l’Ariete Dorato, la voce profonda era un po’ d’obbligo. Perciò si costrinse ad allargare il sorriso e allungare la mano per stringere quella che Mur le aveva posto davanti. Dietro sentì Gregorio tentare di parlare con quel bambino e sorrise, non ricordava che il fratello avesse un livello di inglese così basso. E l’accento, poi! Accennò un inchino e si ritirò di alcuni passi indietro mentre l’altro, oramai era certa si trattasse di Ioria, ricominciava a parlare con Mur in una lingua che era quasi certa fosse greco, probabilmente antico. Proprio quella bestia malefica di cui appena aveva intravisto l’alfabeto era scappata nel linguistico, meglio sudare per il tedesco e lo spagnolo piuttosto che imparare addirittura un altro alfabeto.. poco lontano il Capricorno era appoggiato indolentemente ad una delle colonne, intento a guardare ora la serie di scale che portava al Tredicesimo Tempio ora la collina ai loro piedi. il Cancro invece si osservava con aria interessata le mani, ponendo particolare attenzione a quelle unghie lunghe che Marta gli stava invidiando dla profondo del cuore. Le sue erano infatti corte e visibilmente mangiate, di dimensioni ridotte a voler essere magnanimi. E ciò nonostante per una settimana avesse sopportato addirittura lo smalto!
Sospirò e si voltò, riprendendo a guardare con aria fintamente serena i due che parlavano.
Forse avrebbero dovuto salire le Dodici Case fino a Atena con tanto di scorta dorata o più probabilmente Mur li avrebbe salutati, sarebbe tornato con calma nei recessi della prima casa e così avrebbero fatto tutti gli altri otto cavalieri d’oro. Anche se sperava di poter dire a Scorpio, magari in greco così lo capiva, che era anche lei dello scorpione e che era nata proprio l’otto novembre, dopotutto era pur sempre il suo segno zodiacale. E per fortuna che non era del cancro, o durante la serie si sarebbe vergognata mortalmente - no, questo magari non lo poteva dire, c’era il diretto interessato vicino a lei. Ed era pure italiano!
Ma a differenza dei suoi sogni, la scorta dorata apparve eccome. Anzi, a dirla tutta cominciò ad essere un circo ambulante tra i vari cavalieri che parlavano di lei e del fratello, Gregorio che parlava con Kiki grazie a Mur e Ioria che traducevano e lei che camminava in silenzio, la testa chinata per osservare il suolo ai suoi piedi e le braccia sui fianchi. Un papavero in mezzo alle rose, pensò divertita, non era male rimanere in silenzio, almeno così poteva tentare di capire cosa l’avesse trasportata lì e soprattutto quando sarebbe ritornata a casa. Sospirò e rialzò per un istante la testa, mancavano ancora pochi gradini. Pochi gradini.. la frase di Crystal negli ultimi episodi le tornò in mente facendola sorridere. Pochi gradini e avrebbe saputo come tornare a casa, che vedere i propri sogni realizzati è bello ma dipende in che modo. Anche se forse, forse eh, era meglio essere Marta Marinelli, comune ragazzina di terza liceo piuttosto che Alyane, guerriera dall’animo indomabile perché forgiato dal dolore.
 
“Athena…Marta Marinelli… Gregorio Marinelli.. “ Parlavano in greco antico, ormai era assodato come concetto e lo dimostravano le uniche parole che aveva capito. Atena, nella persona di Lady Isabel vestita come sempre (una Striffenmaedchen-ragazza da marciapiede sarebbe stata più elegante pensò nervosamente Marta), fece un maestoso cenno e Ioria, o forse Micene non aveva visto bene, le porse la mano e le mimò l’inginocchiamento. Marta annuì e s’inginocchiò, rialzandosi subito chiese: “Excuse me, when am I allowed to go to my family? It’s important for my brother and I.” Atena strinse appena la stretta sullo scetto di Thule e guardò Micene, che annuì e le si avvicinò. Marta strinse le labbra e cominciò a pregare in silenzio che la risposta fosse quella che desiderava.. ti prego, ti prego..”You will stay here. “ No, non era quella che desiderava. “How long will I stay here?” Micene strinse la bocca, improvvisamente come una riga incolore. “For much time. “
Decisamente non era ciò che desiderava.
 Annuì e con la bocca secca stava per chiedere dove avrebbe alloggiato (in una casetta piccola con nessuno o al massimo un’ancella che le insegnasse la cucina, un paio di libri e sarebbero stati benissimo) quando la voce del Cancro la prevenne. E vista la faccia di Atena non poteva essere qualcosa di buono. Il Cancro le si avvicinò e le tese la mano sorridendo. “Signorina Marinelli, ha dei bagagli?” Marta lo fissò come se fosse improvvisamente divenuto un alieno. “No.” Il sorriso del Cancro divenne, se possibile, ancora più sfavillante. “Bene, di portarle le valigie fino alla quarta casa non sono il tipo.” Ovvio: lui era italiano, loro erano italiani, era ovvio che lui se li prendesse. Un po’ meno ovvia la richiesta del Capricorno di essere lui ad ospitarli e a ciò Marta si sentì come una pallina che rimbalzava tra due avversari. Alla fine però la spuntò il Cancro con la frase ‘insomma, sono italiani, ho il diritto e il sacrosanto dovere di aiutare i miei compatrioti.‘ frase che stupì i presenti, nessuno escluso. Marta alzò gli occhi al cielo e strinse la bocca: non si ricordava che Cancer fosse così altruista.
Quando arrivarono a quella casa, Marta spalancò gli occhi e rimase immobile sulla porta di casa. davanti a lei si stendeva ciò che s’indovinava essere un’ampia stanza, forse addirittura il doppio di una stanza normale e ammobiliata con mobili massicci e forse centenari. Bene, si disse osservando con sguardo desolato la cucina piena di piatti non lavati, il tappeto davanti alla TV e le poltrone messe a soqquadro, qualcosa mi dice che Alyane qua non esiste e al suo posto c’è solo Marta Marinelli, la quale per fortuna sa lavare i piatti.
 
 Sono passati alcune settimane, non tante ma sufficienti affinché Marta e Gregorio si ambientassero. Ora vivevano alla casa del Cancro, a proposito il diavolo non è come lo si dipinge: Cancer aveva lasciato che gli consigliassero alcuni film e un paio di musica nuova (nuova come i Jefferson Airlplane e i Doors..) e non gli aveva tagliato la testa per farne una nuova carta da parati. Almeno per adesso, pensò Marta mentre tagliava indaffarata le patate e gettava intanto uno sguardo al forno in cui Gregorio aveva sistemato tre cosce di pollo e a Cancer che leggeva indolente un giornale abbandonato mollemente sulla poltrona di fronte alla cucina. Che poi tale cucina risultasse essere solo un angolo del salotto invece di una stanza a parte, è un dettaglio secondario; un po’ meno secondario è il fatto che Gregorio stesse leggendo uno dei suoi soliti fumetti: Topolino (e pensare che Capricorn le aveva prestato l’edizione spagnola di Anna Karenina, recuperata grazie a chissà quale bancarella di libri usati, Calderon de la Barca in lingua originale e perfino alcuni romanzetti minori di Salgari che pareva avesse ottenuto negli anni ’80 un successo straordinario in Spagna! Basta, la prossima volta gli bruciava i Topolini piuttosto che farglieli leggere, era ora che si facesse una cultura!) tanto dopo doveva ancora lavare il bagno e meno male che c’era solo un bagno o sarebbe impazzita. Sospirò e si lavò le mani dopo aver infornato la teglia di patate con abbondanti spezie; doveva ringraziare Castalia per alcuni preziosi consigli, ovviamente tradotti da Tisifone peraltro conterranea di suo padre, tipo quello di cospargere le patate al forno di sale, olio e un pizzico di pepe o di origano: l’alloro era ovvio.
 Buttò l’ultimo pezzo di carta e afferrò la scopa per finire di pulire mentre rifletteva. Dopo che Cancer li aveva presi in casa, Capricorn aveva inspiegabilmente iniziato a frequentarlo e a parlarle in spagnolo e a prestarle libri dicendole con un sorriso gentile (secondo lei vagamente galante leggi seducente, ma farle la corte era tempo perso dato che cascava regolarmente dalle nuvole su questo argomento). Poi avevano conosciuto il resto dei cavalieri d’oro: Mur, il cui fratello Kiki s’era affezionato a Gregorio e veniva spesso alla Quarta Casa per giocare, Taurus, che cucinava in maniera impeccabile e soprattutto godeva nel vedere il loro sano appetito (tutte quelle scale avevano il puro scopo di far dimagrire secondo Marta o almeno di farti affezionare alla tecnologia che ti permette di parlare con qualcuno che magari abita sei case sopra), Gemini, al cui riguardo Marta aveva alzato perplessa un sopracciglio chiedendosi intimorita se non fosse ancora posseduto da Arles, Cancer stesso, (.. va bene, alla fine si era rivelato una persona decente, anzi perfino gentile certe volte) Ioria, gentile e quasi paterno nonché pazzamente innamorato di Castalia, (chissà, forse faceva le prove per i futuri bambini quando stava con loro) Virgo (.. no, qui non poteva dire, l’unica volta in cui avevano parlato era per chiedersi chi fossero), Dhoko di Libra, un vecchietto a forma di prugna avvolto in un impossibile chang-shan color ‘verde palude al tramonto ma non troppo’, Scorpio, peccato che fosse greco o altrimenti ci avrebbe parlato tutto il giorno, Micene, per fortuna ritornato in vita; persona educata e rispettosa, geniale col tiro coll’arco (dire che era prevedibile era un po’ un eufemismo), Capricorn, Marta sospettava che il suddetto la stesse non tanto velatamente corteggiando, Acquarius, un po’ freddo ma per il resto educato, Fish, essere simpatico ma solo quando non le chiedeva di essere magnificamente abbigliata e truccata, chè lei per ‘trucco e parrucco’ non vi era mai stata portata. Poi gli altri cavalieri che conoscevano erano Tisifone, simpatica e apparentemente normale non fosse per quei capelli verde elettrico, Castalia, simpatica ma giapponese e quindi impossibilitata a comunicare con lei, i cinque di Bronzo ovvero Pegasus, un po’ spaccone ma capace di ammettere i suoi limiti, Sirio, cinesino dagli occhi verdi come la sua armatura e dall’ampio tunicone violaceo, Andromeda, sensibile, fragile, incapace di essere un buon Cavaliere se non veniva prima mazzolato a dovere, Phoenix, un tantino infuocato e cupo ma lo conosceva solo di vista, Crystal, ghiacciato giusto un poco meno del maestro e il Gran Sacerdote Sion, un ragazzo (beh, per modo di dire, aveva duecento anni e passa ma grazie ad un dono di Atena non li dimostrava minimamente) dai lunghi capelli verdi e due curiosi occhi viola come una melanzana. E poi direttamente Atena, ragazzina sulle cui spalle pesavano come un macigno la responsabilità del mondo, della salvezza dell’umanità, il governo della sua mega azienda e la vita dei suoi paladini. Sì, aveva letto troppe fanfiction e ora si ritrovava in una di quelle. Anche se le avessero dato solo l’ambientazione senza nemico da sconfigere o sgradite sorprese tipo che lei era la reincarnazione di chissà quale dio o dea lei non si sarebbe offesa, eh.. ad un tratto Cancer alzò la testa perplesso e ripose il giornale sul tavolo basso davanti al mobile della TV e chiese: “Marta, non è che sta bruciando qualcosa?” Marta alzò le spalle e aprì cautamente il forno per guardare dentro vedendo che le cosce s’arrostivano lentamente e che le patate si andavano cuocendo senza problemi. Si raddrizzò e scosse negativamente la testa e Cancer riprese a leggere soddisfatto il giornale mentre Gregorio s’alzava e camminava distrattamente per la stanza cercando forse un altro libro.. poi una voce purtroppo ben conosciuta risuonò nella torrida atmosfera greca dell’autunno appena iniziato e Cancer alzò gli occhi al cielo imprecando in qualche sconosciuto idioma della Trinacria mentre Marta sorrideva radiosa e correva incontro al nuovo arrivato: Capricorn, probabilmente con un nuovo libro e con lo stomaco ovviamente vuoto; forse non era un caso che il suo arrivo coincidesse quasi sempre con l’orario del pranzo. Pensò infastidito Cancer mentre si rituffava nel giornale come un vecchio padre di famiglia e Gregorio alzava lo sguardo radioso per seguire la sorella. “Capricorn!” “Hola amigos, como estàis?” Marta sorrise e gli porse timida la mano. “Bueno, y tu?” Capricorn sorrise e avanzò con passo sicuro dentro la casa. “Idem. Y Cancer?” Marta indicò per tutta risposta una sagoma cupa seduta comodamente nella poltrona che non dava segno d’essersi accorto dell’ospite. “Està aqui. Quieres sentarse sobre el sofa?” Capricorn salutò allegramente Cancer che alzò appena gli occhi e dopo aver borbottato qualcosa di incomprensibile tornò a leggere. Frattanto Gregorio aveva aperto il forno e aveva annuito con evidente soddisfazione, segno che oramai mancava poco al pranzo; nel frattempo Capricorn e Marta s’erano seduti comodamente sul sofa e s’erano messi a parlare animatamente in spagnolo di libri e film.
“Uhm.. no, no pienso que Tolstoj sea feo, es solo muy dificìl para comprenderlo.. ahh, pero tu estàs hablando de ‘Vojnà i mir, guerra y paz.’ Sì, lo he leido in una semana, todo todo eh! A mi me gusta muchisimo el personaje de Andrea Bolkonskij, y su amor con Natascia Rostova, ella es asì bella.. uhmm… Dostoevskij, has dicho? He leido ‘Delitto y castigo’, como es en espanol? No, aquello que habla de Sonia y Raskolnikov. Lo siento, no recuerdo muy buen sus nombres.. Sì, sì, ah, he leido ‘Anna Karenina’ tambièn, en italiano y despuès en espanol, gracias, verdaderamente. A ti te gusta ‘El tonto’, escrito por Dostoevskij? En italiano es ‘L’idiota.’, el libro del Prince Myskin, recuerdas? .. sìì, a mi me gusta muchisimo, creeme cuando dijo que cuando terminè de leerlo piensè ‘Freud es nada, Dostoevskij es quien sabe como funciona lo espiritu y el alma.’ Nahh, he leido un poquito de Goddreck, que fue su alumno, pero nunca he leido algo por Freud. No tenià sus libros y non me gusta, no.. / No, non penso che Tolstoj sia brutto, solo molto difficile da comprendere.. Ahh, ma tu stai parlando di ‘Vojnà i mir, Guerra e pace’, sì l’ho letto in una settimana, tutto tutto! a me piace moltissimo il personaggio di Andrea Bolkonskij, mi piace il suo amore con Natascia Rostova, lei è così bella... uhmm.. Dostoevskij hai detto? Ho letto’Delitto e castigo’, com’è in spagnolo? No, quello che parla di Sonia e Raskonlnikov. Mi dispiace, non ricordo molto bene i loro nomi. Sì, sì, ah, ho letto anche ‘Anna Karenina in italiano e dopo in spagnolo, grazie veramente. A te piace ‘L’idiota’, scritto da Dostoevskij? In italiano è ‘L’idiota.’, il libro del principe Myskin, ricodi? Sìì, a me piace moltissimo, credimi quando dico che quando terminai di leggerlo pensai ’Freud è niente, Dostoevskij è chi sa come funziona lo spirito e l’anima.’ Nahh, ho letto un po’ di Goddreck che fu suo allievo, però non ho mai letto qualcosa di Freud. ‘ non avevo i suoi libri e non mi piace, no..” Cancer sbuffò violentemente e girò aggrottato pagina del giornale mentre Gregorio attendeva un momento di interruzione per domandare a Marta di tradurre ciò che intendeva chiedere a Capricorn. Frattanto l’aroma di patate al forno faceva crescere l’acquolina a tutti i presenti, compreso Capricorn che attendeva solo il momento giusto per chiedere di restare; se Cancer avesse saputo che prendersi in casa i due compatrioti significava ospitare regolarmente anche Capricorn a pranzo (e solo perché Marta studiava spagnolo, tedesco e inglese al linguistico!) li avrebbe poco elegantemente rifilati al primo che passava, fosse stato anche Gemini o Kanon. Intanto però conosceva un paio di cavalieri che si mangiavano le mani di non essere tedeschi o inglesi, peraltro abbastanza facili da riconoscere dato che Acquarius era francese e aveva un’inspiegabile simpatia per Gregorio ma nessun interesse per Marta, Gemini e Kanon erano greci purosangue e non nutrivano interesse verso Marta, Taurus era brasiliano e felicemente innamorato della cucina (motivo per cui sarebbe fuggito davanti a Marta che a malapena sapeva accendere il fuoco), lui stesso la trovava graziosa ma era troppo giovane (lui aveva ventiquattro ed era già morto e resuscitato almeno due-tre volte, lei quindici ed era una normalissima studentessa), Ioria che era innamorato di Castalia dall’asilo e mai ricambiato (manco un San Bernardo era così fedele..), Virgo che era indifferente alla questione, Dhoko che aveva addirittura duecento anni e passa, Scorpio che nella generale sorpresa s’era premurato di dire che poteva stare tranquilla (d’altra parte erano tutti grandi per lei, forse Pegasus o Andromeda..).. insomma, solo Micene aveva chiaramente perso la testa per Marta (sì, proprio quel Micene), ma del resto lui aveva la stessa età di Gemini, circa trent’anni, mentre Fish aveva ventidue anni e quindi era più.. come dire, più possibile da sposare. Invece i cinque di bronzo erano felicemente spariti e avevano instaurato con i due solo una cortesia formale mentre Atena sembrava incline a diventarle amica. Amica.. ma poi, come si fa a dire ‘ehi Atty, che ne dici di farci una pizza mentre ci vediamo un film?’ quando tale Atty è la dea Atena? D’accordo che la gente moderna fa fatica perfino a credere che posssa esistere, meno male che loro avevano accettato ciò senza problemi, ma adesso pretendere una simile familiarità.. no, questo era davvero troppo. Cancer venne disturbato da un fastidioso annuncio di Capricorn, o meglio la sua quasi inutile richiesta di potersi fermare a pranzo, dato che sentiva un odore stuzzicante.. e poi, la sua casa era lontano, Micene e Acquarius come cuochi erano qualcosa di.. beh, saltiamo l’argomento.. Cancer appiattì le orechie come i gatti e se avesse potuto avrebbe soffiato, ma non saltò addosso allo spagnolo per corcarlo di botte, gli piaceva molto quell’imprecazione, né lo spedì in Ade. Anzi, con un’aria da martire che neanche San Pietro, indicò rassegnato il tavolo. “Prego, Voscenza. “ aggiunse a denti stretti mentre Marta e Gregorio lo fissavano storto. Capricorn finse di non accorgersene e si sedette elegantemente accanto a Marta che stava intanto apparecchiando la tavola insieme al fratello. Subito a denti stretti C¬ancer domandò a Capricorn se si trovava a suo agio con evidente sarcasmo al quale però l’altro non rispose limitandosi a pregare devoto insieme ai due prima del pasto. Quella nuova usanza commuoveva e insieme infastidiva Cancer, mostrandogli se ci fosse stato bisogno della differenza tra loro in generale e quei due – una differenza che superava l’età e la nazionalità, una differenza che s’esplicava soprattutto in momenti come quelli in cui loro pregavano prima del pasto. Per un attimo nella mente di Cancer s’agitarono confusi ricordi di una mano gentile che gli insegnava come farsi il segno della croce, un sorriso caldo e sereno insieme ad una carezza paterna sulla fronte.. poi mosse la testa e quei brevi frammenti caddero di nuovo nel vuoto da cui erano stati resuscitati. “Allora, si mangia?” Capricorn annuì sereno e osservò divertito Marta che si osservava perplessa le mani per poi alzare le spalle e cominciare a divorare il pollo con un appetito che avrebbe fatto la felicità di chiunque mamma, presto imitata dal resto dell’allegra compagnia.
Dopo pranzo sia Capricorn che Marta decisero di continuare a dialogare imitati da Gregorio mentre Cancer decise di riposare un poco. Purtroppo però mentre si adagiava con somma delizia sul letto e chiudeva gli occhi sentì il campanello che aveva installato da poco suonare con tanta veemenza che per un attimo rimase perplesso se fosse veramente il campanello o piuttosto un nuovo tipo di tuono. Poi sentì nuovamente il campanello e la voce cortese di Marta che dialogava in inglese con una voce che, purtroppo dato il suo proprietario estremamente noioso e impossibile da sopportare, conosceva assai bene. Imprecando in stretto dialetto favarese e atteggiandosi a martire, Cancer uscì dalla sua stanza per ritrovarsi faccia a faccia con il fratello maggiore di Ioria ovvero il salvatore/santo/mito-per-tutti-i-cavalieri Micene. Una delle persone che sopportava esattamente come la sabbia nei sandali o la spiaggia piena quando volevi andare al mare e per ciò hai viaggiato almeno tre o quattro ore. Altro che la Maddalena, la spiaggia a soli otto minuti di macchina di Favara, verde e blu con la spiaggia lunga e chiara, perennemente piena di locali che chiacchieravano amenamente.. “Ciao Cancer, novità?” chiese disinvolto Micene mentre osservava con un tenero sorriso Marta che rimaneva in un angolo a preparare il caffè mentre Capricorn e Gregorio parlavano in italiano e spagnolo cercando di capirsi. Cancer alzò gli occhi al cielo e frenò le mani che stavano per serrarsi una volta per tutte al collo del povero greco ignaro di ciò che stava immaginando l’altro. “Bene, grazie, e tu?” rispose allungando volutamente il ‘tu’ quasi a farlo sembrare la cornetta del telefono. Micene aveva imparato due frasi d’italiano, giusto la presentazione e sperava così di far colpo sulla giovane Marta che studiava ancora? Giammai! Prima andava a corteggiare qualcun’altra, che Marta era troppo giovane, e poi soprattutto aspettava di trovare almeno una laureata invece di una studentessa. Ma Micene sorrise innocente e porse un mazzo di fiori di campo alla suddetta seguito dallo sguardo affilato come Excalibur di Capricorn, Gregorio e Cancer. “E’ per ringraziarti di aver insegnato a Castalia alcune ricette italiane, mio fratello e io le abbiamo gustate enormente.” Bofonchiò imbarazzato Micene istantatenamente tradotto da Cancer con un sorriso malvagio e infastidito. Ovvio, insegnavi a fare il pane e quello ti arrivava come se gli avesse insegnato a cucinare l’arancina. Perciò afferrò il mazzo di fiori e lo mise nel bicchiere di ferro che Gregorio gli porse in silenzio mentre sorrideva radioso e correva incontro a Kiki. “Kiki!“ “Gregorio!” i due s’abbracciarono e Mur sorrise mentre chiudeva la porta e s’avvicinava calmo a Cancer e Capricorn. “Good morning.” Augurò in inglese dato che si era stabilito di parlare italiano, inglese, spagnolo o tedesco se vi erano anche Marta e Gregorio e se i cavalieri sapevano dette lingue. Con sorpresa generale però, Mur si era sforzato di imparare qualche frase di inglese e il risultato lo si era appena visto. Per carità, l’accento magari poteva essere rivisto, ma nessuno era perfetto. Nel frattempo Kiki e Gregorio parlavano in inglese, Capricorn seguiva attentamente ogni mossa di Micene e Cancer e Mur parlavano mentre Marta preparava il caffè e tirava fuori dall’anta preposta un piccolo vassoio di ferro e ci disponeva sopra alcuni biscotti che comprava regolarmente Cancer al supermercato più vicino di Atene; quelli casalinghi erano finiti o comunque proibiti da usare per eventuali ospiti eccettuata Atena in persona e qualcuno del genere. Poi Cancer sentì la voce concitata di Marta scusarsi del caffè e dire che navrebbe preparato subito un altro e gemette interiormente mentre udiva Micene scusarsi e con tono galante proporsi per aiutarla. ‘Bedda matri mia, aiuta a chisto mischino figghio tuo..’ pensò depresso Cancer mentre vedeva Gregorio e Marta dialogare animatamente, Capricorn e Mur fissare in silenzio Micene che si scioglieva come burro al sole nel vedere Marta preparare vicino a lui un altro caffè.
Era deciso, il giorno dopo avrebbe preso i due ragazzini e li avrebbe portati con lui a fare la spesa, chi sa mai cosa poteva succedere durante la sua assenza.. tipo che Mur li ospitava per il pranzo e lui finalmente potesse trascorrere un pomeriggio in casa da solo.. un sogno che ultimamente s’era dissolto miserabilmente dietro un sorriso divertito di Marta e Gregorio che ‘sì, anche nostro padre diceva la stessa cosa, anche lui era favarese di origini materne, ma suo padre veniva da Agrigento ed era un ‘razza gialla’.. e non hai visto i nostri cuginetti, sono cinque ragazzini d’argento vivo, ma sono simpatici, vedrai, ti sarebbero piaciuti..’ beh, magari in casa d’altri (questo andava sottolineato) sì.
 Il giorno seguente, dopo che Marta aveva poco gentilmente rilevato la mancanza di biscotti e in generale di alimenti mangerecci nonché appetitosi, Cancer tra imprecazione e preghiere che rimanevano inascoltate li buttò giù dal letto e gli ingiunse di mangiare velocemente qualcosa che quel giorno sarebbero andati a comprare qualcosa. Andarono a piedi fino alla fine del Grande Tempio, dopodiché presero l’auto che Cancer nascondeva gelosamente in una rimessa di Rodorio, quel piccolo e ameno villaggetto ai piedi del Grande Tempio situato su una collina non tanto ripida quanto piena di templi e colonne di puro marmo greco: se lo chiamavano ‘Grande Tempio’ ci doveva pur essere un motivo. Arrivati nel centro di Atene, città puzzolente e confondente come tutte le capitali se non le sapevi girare, Cancer posteggiò la macchina davanti ad un poco rassicurante edificio in cemento armato con un’incomprensibile insegna luminosa decisamente poco rassicurante ovviamente in caratteri greci. Insegna che sia Marta che Gregorio fissarono perplessi mentre Cancer si dirigenva con nonchalance verso le porte scorrevoli, si girava e li guardava come a dire ‘beh, non entrate?’Marta e Gregorio si riscossero e facendosi forza a vicenda seguirono con aria ansiosa Cancer dentro il supermercato. Le navate piene di gente e prodotti da selezionare erano cose abituali, un po’ meno l’idea che Cancer non avesse idea di cosa comprare; e di ciò i due pestiferi diavolett- ahem, fratellini si approfittarono indegnamente cominciando dal cioccolato alle nocciole per finire alla pretesa pasta al pesto. Mentre i due confabulavano su cosa comprare e ogni tanto litigavano a Cancer pareva di essere finito per un qualche assurdo caso a fargli da padre. E di sicuro fare da padre a quei due era la punizione peggiore che qualunque dio potesse architettare, peggiore anche della morte. Beh, forse adesso esagerava, ma doverli riprendere esasperato mentre la gente si voltava incuriosita e perplessa a guardarli era veramente imbarazzante. E mentre di solito captava commenti tipo ‘Ma che bel ragazzo’ e ‘Me lo mangio con gli occhi’ stavolta sentiva solo ‘Ma quella è la ragazza?’ ‘Povero ragazzo, così giovane e già padre’ ‘Io credevo di essere l’unico, ma questo mi batte’ mormorò perfino un ragazzo sconcertato con in braccio un bambino piccolo che strillava a pieno volume, una bambina che si aggrappava con vigore alla cintura dei pantaloni e un bambino, evidentemente suo gemello che afferrava qualcosa dalle pareti e lo ficcava dentro il carrello. Cancer fissò annichilito le due pesti (P.C.A; Piccole Creature Antipatiche) che gli chiedevano perplesse se avessero finito il sapone, al che Cancer sbuffò, si passò una mano tra i capelli già irti peggio di un porcospino e gli chiese sperando d’azzeccare la risposta: “Quello per piatti?” Marta scosse la testa e Gregorio rispose: “No, quello per il corpo, tanto una doccia a settimana-“ “Magari, almeno sareste più puliti..” sfuggì ad un Cancer ormai seriamente deciso a rifilare i due a Mur.. accidenti, le altre volte erano sereni e tranquilli, prendevano ciò che serviva senza fare storie assurde tipo pretendere il cioccolato alle nocciole italiane o il pesto! Che stessero tramando qualcosa? “Ehi! Noi siamo puliti e poi queste cose non si dicono in giro, siamo in pubblico! Comunque, va bene questo neutro?” “Ma tua sorella- “ “Non mi piacciono i saponi tutti fiocchi e nastri, uno neutro e che costi poco, mi raccomando Pena!” “Ehh?” chiese Cancer sbigottito mentre i due si giravano all’unisono peggio di una marionetta e più inquietanti di It gli chiedevano seccati: “Beh, che c’è? Sicuramente hai visto ‘Hercules’, io sono Panico, quello verde con due lunghe corna e Gregorio è Pena, quello rosso e grosso.” Cancer fissò disperato l’orologio e li spinse velocemente verso le casse speranzoso nel prossimo ritorno a casa. Mentre attendeva contava frenetico i minuti e pur nel suo silenzioso pregare notò che i due s’erano adoprati fin da subito e la spesa era già perfettamente allineata sul nastro scorrevole sotto lo sguardo ammirato del commesso. Dietro di lui una giovane signora di circa venticinque anni lo fissava seccata mentre la signora davanti chiacchierava garrula come un pappagallo con il commesso in un evidente tentativo di corteggiamento. ‘Pure la signora in versione ‘sbav-sbav-sbav‘ mi doveva toccare.. ma bedda matri mia, che male ti ho fatto?’ pensò Cancer mentre riprendeva Marta che sussurrava qualcosa divertita in tono complice al fratello e la signora dietro sorrideva intenerita. “Sono figli suoi? Complimenti, sono davvero carini, di sicuro dei veri angioletti..” Beh, si disse Cancer vedendo i due sorridere imbarazzati mentre furtivamente uno dei due gli schiacciava inavvertitamente le dita non protette dai sandali, magari angioletti proprio no.. Comunque annuì e passò oltre tirando fuori il portafoglio da sempre magro mentre rapidi come saette i due prendevano ogni cosa via via che arrivava e le mettevano in apposite borse di stoffa che chissà come Marta era riuscita a cucire. Una volta fuori e una volta seminata la signora che evidentemente voleva complimentarsi ancora con lui per ‘i suoi adorabili bambini’ Cancer prese un lungo respiro e chiuse gli occhi per un attimo. Mai più, si ripromise mentre apriva gli occhi e apriva la portiera per andarsene, mai più. Nei sedili di dietro, Marta e Gregorio si diedero il cinque con un malvagio sorrisetto non visti.
Era fatta.
 
 Il giorno Marta chiese a Cancer durante la colazione se per favore poteva accompagnare Gregorio a comprare un paio di scarpe decenti dato che i suoi zoccoli erano vecchi e non aveva in generale scarpe ad eccezione di un vecchio paio di sandali usati che Tisifone per pietà gli aveva regalato. Cancer smoccolò qualcosa d’irripetibile ma Marta insistette e Cancer capitolò, a condizione che comprasse anche lei delle scarpe decenti dato che quei sandali azzurri e rosa erano veramente inguardabili; cosa del resto vera, ma glieli aveva dato Castalia e sia pure per affetto nei confronti dell’amica aveva deciso di usarli fino alla fine. Perciò rimase irremovibile e salutò Cancer e Gregorio con un gioioso sorriso, poi afferrò la radio, mise su un disco dei Doors (Morrison Hotel, veramente magnifico) e prese la scopa. “Forza, cominciamo a preparare una bella sorpresina.” E quando poco dopo avvertì il respiro ansimante dei due e li vide entrare con una borsa gialla di plastica con dentro delle enormi scatole per scarpe, sorrise e senza scomporsi minimamente gli indicò la cucina sopra cui bolliva un enorme pentolone che sarebbe probabilmente bastato per un intero esercito. “Gazpacho, mi ha dato la ricetta Capricorn.” E Cancer desiderò follemente di avere un posto prenotato in rianimazione; dopo quella brodaglia che bolliva sinistra l’ospedale era il minimo. Poi sospirò e si diresse verso il bagno per farsi una doccia veloce prima di pranzo. Una volta soli, Marta si avvicinò complice a Gregorio e gli sussurrò: “Fidati, ho preparato tutto.” il fratello sorrise e l’abbracciò, ma l’urlo di Cancer li colse del tutto di sorpresa. Poi venne direttamente Cancer, evidentemente esasperato: “Chi sta lavando i piatti?! Avevo appena aperto l’acqua e cominciato a preparare il tutto!” Marta e Gregorio chinarono il capo dispiaciuti e specialmente Marta domandò con un filo di voce: “Scusa.. non hai notato allora che tutto splendeva?” chiese delusa mentre rialzava la testa. E Cancer sentì come una fitta allo stomaco mentre vedeva Marta voltarsi e apparecchiare la tavola con gesti decisi. Non era giusto trattarla così, dopotutto era davvero una Piccola Creatura Antipatica, ma era anche una normale studentessa di quindici anni che si trovava catapultata in un mondo del tutto estraneo con un ex-assassino a farle da balia e altri guerrieri esperti come amici con cui parlare come se fossero anche loro studenti. Perciò s’intenerì e la fermò mentre poggiava la brocca in tavola. “Scusa, la doccia non era così importante. Grazie, Marta.“ Lei allora sorrise e a Cancer parve che fosse diventata un’altra – una persona adulta, matura e capace di pensieri anche abbastanza profondi, non solo una P.C.A. Perciò abbracciò i due come avrebbe fatto un padre e chiusero tutti gli occhi per sentire meglio l’illusione che per un attimo (ma i sogni durano qualcosa di più?) fossero finalmente una sorta di famiglia o cher almeno sentissero meno la mancanza di quella vera.
 Poi Marta riaprì gli occhi e sciogliendosi dall’abbraccio tolse il gazpacho dal fuoco e lo mise in una caraffa in modo che si freddasse e davanti allo sguardo perplesso di Cancer e Gregorio spiegò paziente che il gazpacho veniva tassativamente servito freddo. Ma bene, pensò Cancer alzando gli occhi al cielo, pure le ricette straniere le passa quello spagnolo.. e meno male che non le piace il greco e lo svedese o qua mi ritrovo un mucchio di ragazzi sbavanti che manco i ragazzini delle medie! “Cancer? Ecco, io volevo chiederti se mi puoi insegnare greco antico o moderno, insomma quello che parlate qui.”
Bedda Matri mia, ma proprio il cavaliere di Atena dovevo essere? Non so, il venditore ambulante? Tanto qua lo stipendio è da lumicino e l’armatura è pure invendibile..
Ma soprattuto, fa sì che Micene e Fish scordino immediatamente tutto, ti prego! La mia casa è linda e pulita (grazie anche a Marta e Gregorio), di pulirla perché un branco di nanetti scuri e bavosi ci staziona regolarmente non ho voglia!
Pensò Cancer mentre pregava febbrilmente che il sagittario e il pesce venissero fritti da qualche parte purché fosse lontano, molto lontano.. l’Islanda era ricca di vulcani e geyser, sia mai che Fish venisse colpito per disgrazia da qulche getto d’aria calda che altro la permanente o qualcosa del genere..
Poi si sedette a tavola e cominciò a mangiare mentre Marta e Gregorio parlavano animatamente.
Finalmente una vita normale senza più orridi pulli d’avvoltoio tra i piedi ma solo i due angioletti (non si commenta, non si commette omicidio..) di sempre; la clausola c’era: ‘di sempre.’
 
 
Tutto questo accadde un venerdì mattina e già il sabato avevano dimenticato ogni cosa. Anzitutto Cancer s’era risvegliato con l’occhio a mezz’asta e una lieve bavetta che scendeva lungo il cuscino: effetti collaterali di una sana bevuta con gli amici (d’accordo, quel vino francese era eccessivo) invece di una altrettanto sana dormita. Quindi la colazione era stata arrangiata dai due con uova, latte e biscotti invece che con marmellata (quella di fichi era finita, quella alle arance era gelosamente nascosta da Cancer in chissà quale anfratto della cucina e quella ai mirtilli neri era pietosamente rimasta nel cassonetto del vetro), pane, miele, burro e un salutare caffè amaro all’italiana, mica la brodazza che Ioria propinava come ‘caffè’ ogni volta che affrontavano qualche gradino. Colazione che era rimasta sul tavolo fino alle otto e mezza passate quando finalmente Cancer aveva fatto capolino dalla porta della sua stanza e con occhio allucinato si era trascinato sulla sedia più vicina mentre una vocina fastidiosa gli sussurrava ‘mii-seria santa, che razza d’esempio gli dai a ‘sti ciaravedda (capretti in dialetto agrigentino) ?’ e per concludere la mattina in bellezza, Capricorn non era passato per la consueta chiacchierata nonché pranzo a scrocco ma in compenso erano arrivati Micene con un altro mazzolino da campo ‘regalo anticipato per il piacere che mi da poterti guardare’, al che Marta aveva compreso tutto e aveva sbarrato gli occhi per poi rinchiudersi in camera e Fish con un enorme mazzo di rose rosse e bianche ovviamente avvolte nella carta bianca con un nastro azzurro scuro e un biglietto scritto con una grafia raffinatissima in un italiano corretto (apriti cielo, devo aver visto un asino che vola!) su una carta profumata alle rose. Neanche nei film si vedono certe robe, pensò perplesso Cancer mentre osservava orripilato quelle rose, ovviamente tagliate della lunghezza giusta, ovviamente senza spine, ovviamente dai lunghi e carnosi petali dischiusi al punto giusto: né boccioli né rose quasi sfiorite.. Dovrebbero vietare certe cose, pensò mentre s’immaginava la faccia di Marta diventare rossa come quelle rose. Forse glielo dovevo dire che i due sono cotti di lei, poi non capisco perché ma va boh, certe volte il destino è veramente incomprensibile, tra tutti proprio il greco ‘perfettino-più-che-perfetto scansati’ e l’Ikea dorata.. mentre andava così rimuginando, Cancer mise su un caffè e osservò ora di buonumore la compagnia. Capricorn parlava animatamente in spagnolo con Marta che diventava rossa e s’affrettava a correggersi, Mur osserveva divertito e benevolo il fratello e Gregorio che giocavano assieme, Fish fissava teneramente Marta mentre Micene lo vedeva come il fumo negli occhi a giudicare da ciò che vedeva. Con un profondo respiro Capricorn guardò l’orologio di sfuggita e mentre gli sfuggiva un fischio si alzava di scatto in piedi e scusandosi se ne andava con Micene e Fish al seguito ‘per faccende che riguardano le nostre case.’ Modo educato per dire che non avevano nozioni di economia domestica e non sapevano neanche passare la scopa e quel giorno era pure il giorno libero della domestica della nona casa quindi Micene doveva (almeno tentare, sia mai che fossse capace eh) di lavare i piatti. Cancer sorrise e salutò Mur con un sorriso di convenienza, l’Ariete Dorato non gli era mai risultato molto simpatico, prima di voltarsi e finire il caffè. Davanti allo spettacolo del mare che Capricorn le aveva così bene descritto, Marta sognava ad occhi aperti finché, dopo un breve consulto con il fratello durante il quale Cancer beveva ignaro della prossima tegola, non gli si rivolse chiedendogli di andare al mare. Cancer sgranò gli occhi e fece per dire qualcosa ma Gregorio lo prevenne: “Sappiamo già nuotare e siamo andati a Recco e a San Fruttuoso in Liguria, volevamo vedere com’è il mare greco sebbene papà dica che è meno bello di quello siciliano.. “ Touché. Cancer non alzò lo sguardo mentre poneva la tazza nel lavandino e faceva scorrere l’acqua, ma quando si voltò e gli chiese: “I costumi, picciriddi?” i due sorrisero trionfanti e capirono che era possibile. Ma Cancer guardò fuori dalla finestra e scosse negativamente il capo. “Non oggi però, è già tardi. E poi, saremo anche in Grecia ma ormai è autunno, siamo a settembre.. domani vi porto al mare, così ci vado anch’io.. peccato che non siate Cavalieri, avremmo potuto andare in Sicilia.. “ “Veramente papà ha detto che la Maddalena era diventata spiaggia privata-“ A queste parole Cancer si voltò con gli occhi sgranati e con la voce incredula domandò: “Che? “Marta annuì seria e così Gregorio, al che Cancer si voltò e abbassò le spalle. “Vestitevi, si comprano i costumi.. o ce li avete già?” Marta sembrò riflettere poi scosse la testa e sorrise gaia: “Io sì! Me lo ha dato Tisifone adducendo come ragione che le stava troppo stretto e senza un costume da bagno stare in Grecia è inconcepibile.” Gregorio la guardò storto prima di illuminarsi e ricordare che ce lo aveva pure lui, grazie stavolta alla generosità di Micene che gli aveva regalato, forse per ingraziarsi la sorella ma di questo non si può essere certi, un vecchio costume da bagno di Ioria. Cancer sorrise e li congedò con una pacca paterna sulla schiena. “Va bene, domani sveglia presto e pranzo al sacco, ricordate la crema solare!” Marta sorrise e subito si defilò a preparare lo zaino con tutto l’occorrente mentre Gregorio rimaneva pensieroso a guardare Cancer finché questi non se ne accorse e gli puntò i suoi occhi così scuri nei suoi. “Che c’è?” “Niente.. assomigli un po’ a papà.” Gli rspose arrossendo involontariamente Gregorio prima di correre verso la camera della sorella. Cancer rimase bloccato al mobile della cucina, le mani conserte e un sorriso che si spegneva sul volto. Infine si riscosse e mosse la testa come ad allontanare un sogno mentre con aria seccata si dirigeva in camera sua. “Quel caffè era troppo pesante..”
 Il mattino dopo i due furono svegliati alle sei da un Cancer insolitamente tenero e non sarcastico o beffardo ( per non dir di peggio) per recarsi mediante macchina e piedi alla spiaggia da sogno che si stendeva davanti al Grande Tempio. Spiaggia enorme, a forma di una luna piena che s’allargava nel mare, con un lato protetto da una serie di rocce molto alte che ai due ricordarono San Fruttuoso mentre l’altro sfumava nell’oliveto incolto che correva pigramente lungo i pendii scoscesi della montagna. E soprattutto, cosa in altri luoghi inconcepibile, VUOTA.
 Inutile dire che, messi gli asciugamani in un angolo in ombra e gli zaini poco lontano al sole, tutti e tre si lanciarono in acqua con allegre strilla come bambini. Gregorio avanzò cauto per poi piano piano mettersi in acqua, Marta dopo neanche tre minuti si gettò in acqua e con un piccolo strillo iniziò a nuotare e Cancer infine saggiò incerto l’acqua con la mano per poi prendere la rincorsa e saltare da una delle rocce ivi presenti tra lo sbalordimento di Marta e Gregorio che poi gli si avvicinarono e gli spruzzarono dell’acqua in faccia per poi affrettarsi a scappare senza tenere conto della forza di Cancer che li afferrò subito e gli spruzzò a sua volta dell’acqua. Poi Marta si allontanò vero l’altro estremo della spiaggia per nuotare con tutto agio mentre Cancer s’avventurava un po’ più al largo e Gregorio rimaneva attaccato alla spiaggia peggio di una cozza. Verso le dieci smisero di nuotare e mangiarono dei panini farciti con Philadelphia e salmone (brillante idea di Gregorio che adorava il salmone e il Philadelphia) mentre Cancer rimpiangeva il ‘pani ca meusa’ del suo paese (pane con la milza, piatto tipico agrigentino) o il ‘pane, sale e olio’ che usava degustare alla merenda. Dopo ne approfittarono per stendersi come giovani gamberi (o appunto granchi) sulla spiaggia al sole e scambiare quattro parole in tono annoiato e di estasi profonda per il mare che quel giorno era liscio come l’olio, per il sole che scaldava la pelle, per la sabbia bollente e le rocce nere e calde.. Qualcuno, come Gregorio e Marta, si addormentò, qualcuno invece, come Cancer, rimase sveglio a riflettere sui due e per la prima volta si chiese perché dovessero restare al Grande tempio quando avrebbero potuto benissimo metterli su un aereo qualunque e spedirli di corsa a casa loro. D’accordo che lo aveva deciso Atena, però.. Mah, probabilmente aveva visto un cosmo in loro o più probabilmente voleva vedere delle persone normali invece dei soliti Cavalieri, magari una studentessa liceale come amica era più possibile rispetto ad una Sacerdotessa – Guerriero con tanto di maschera, valli a capire gli dei.. Sìì, considerando l’egoismo di tale dea questa era l’ipotesi decisamente più attendibile. Poi i due si svegliarono e Cancer li gettò in acqua con un malvagio sorrisetto che venne afferrato da Marta e Gregorio come una sfida, tanto che i due lo afferrarono per le braccia e lo tirarono in acqua ridendo come pazzi. E sebbene il suddetto fosse Cancer, trascorse l’intero pomeriggio a nuotare con quei due senza porsi problemi tipo il perché della loro permanenza. ‘dopo, ci penserò ‘cchiu tardu’ pensò mentre ormai al tramonto riemergeva sgocciolante d’acqua dal mare e dopo aver dato una rapida occhiata al bagaglio richiamava i due all’ordine e li accompagnava in casa. “Domani faremo anche il bagno sotto la luna, se vi sarà bel tempo.” Promise con un sorriso mentre scompigliava i capelli a Gregorio e Marta rideva della grossa, spensierata e felice come solo un innocente può essere.
 Cancer mantenne la promessa e il mattino dopo, non ostante le imprecazione furiose consuete per lo spazzolino scomparso, il dentifricio esaurito, la crema solare da comprare e i letti da rifare, li portò di nuovo al mare dove però stavolta si trattennero fino alla sera osservando ammutoliti la luna sorgere sopra il mare come una pallida e meravigliosa dea che apra gli occhi e con delicati gesti si levi e dica ‘buongiorno miei sudditi’. Nella semi-oscurità, il colore nero e blu scuro del costume di Marta (rigorosamente intero con pantaloncino e scollatura al mento, era risaputo che Tisifone e la mostra di sé erano due cose inconciliabili ad eccezione dell’armatura) sfumavano l’uno dentro l’altro e perfino l’arancione vivo del costume di Cancer sembrava attenuarsi per poi scomparire dentro la sabbia. Rimasero tutti e tre così, un bicchiere di caffè in mano per Cancer (grazie all’idea del thermos che gli aveva confidato Gregorio) e molti pensieri in testa a guardare sorgere la luna accompagnati da una fitta chioma di nuvole lontane che quando la offuscavano permettevano a occhi attenti di scorgere alcune rare stelle dal mesto bagliore. Il mare sembrava un placido lago e le lievi onde che passando accarezzavano con fare sinuoso la spiaggia erano lo sfondo sonoro ideale per quella sera. Poi Marta si alzò e dopo un attimo di indecisione si immerse silenziosa nell’acqua che ora era leggermente fredda, presto seguita da Gregorio mentre Cancer levava lo sguardo all’insù come un figlio verso la madre. “Bedda Matri mia, proteggi chisti carusieddi. “ interruppe la (forse) preghiera e guardò con sul volto un lieve sorriso i due fratelli che ridendo giocavano fra di loro, strane sirene che scivolavano leste fra i flutti ora lenti e cadenzati. E mentre finiva il bicchiere, terminò la breve frase in un sussurro: “E aiutami. Che non conoscano mai cosa significa uccidere..” abbassò lo sguardo e ripose il bicchiere in capo al thermos di ferro per poi allungarsi rilassato sul bagnasciuga e chiudere gli occhi cullato dalle onde ora nere.
Nel cielo lontano, la luna sembrò annuire e con tuttavia un cenno di dispiacere ricoprì le stelle di un manto di nuvole per poi salire e contemplare il mare, le rocce e quei due bambini che nuotavano divertiti e eccitati eppure silenziosi mentre sulla spiaggia un uomo apriva pigramente un occhio e la fissava forse ripetendo in silenzio la strana preghiera di prima.
 
 Il mattino dopo portò con sé un glorioso mattino che tuttavia si nascose ben presto dietro una coltre di nuvole, esattamente come volevano fare i due fratelli. Cancer però li tirò giù dal letto e trascinando seco i due marmocchi (P.C.A. era ormai troppo gentile come appellativo) arrivò in cucina. Qui si fermò, preparò la colazione per sé mentre i due si cucinavano la loro (uova sode e latte con una fetta di pane; l’ideale era l’uovo alla coque sopra il pane poi scottato in padella) aprì l’anta dove teneva di solito il caffè. E qui vide una cosa che mai si sarebbe aspettato di trovare: un vassoio minuscolo pieno di.. Cannoli. Sì, su questo non c’era dubbio, pensò incredulo mentre cauto allungava un dito e ne afferrava uno. Sì, la crosta era pure artigianale e la ricotta era fresca; ricotta di pecora, esattamente come doveva essere sebbene fosse chiaramente comprata. Per un attimo rimase incerto sul da farsi, poi l’apparentemente innocuo solpo di tosse di Marta e Gregorio (mai una volta che facessero una cosa da soli, sempre insieme quei due) lo fece voltare come una molla, in mano ancora il cannolo. “La ricotta l’abbiamo comprata al supermercato, la pasta dovrebbe essere venuta bene.. mamma li faceva sempre in casa, qualche volta aiutavamo e così abbiamo imparato.. sono buoni?” Cancer rise e sebbene provasse una stretta al cuore gli allungò il vassoio. “Comu li faceva ‘a mamma mia. Chiste sunnu pezzi di Paradiso.” Confermò italianizzando il dialetto che ora gli saliva così familiare alle labbra mentre i due divoravano come giovani lupi quegli squisiti dolcetti.
Dopo la colazione si misero d’impegno a pulire la casa in special modo la cucina poiché Cancer aveva promesso (forse un po’ incautamente..) di insegnargli a cucinare qualcosa di agrigentino. Mentre passava la scopa sul pavimeto già lustro, Marta pensò con divertita perfidia alla folla che si sarebbe presentata non appena avessero finito di cucinare. Chissà cosa avrebbe fatto Taurus pur di farsi dare la ricetta, lui ch’era l’appassionato di cucina.. Poi un tuono riverberò nel silenzio della vita immobile come sempre e Marta alzò perplessa gli occhi imitata da Gregorio mentre Cancer sgranò gli occhi e incredulo correva verso l’uscita intimandogli di restare dentro la casa. Che accidenti era quella nuvola scura che all’improvviso aveva coperto il sole?
  Thud.
Per un attimo pensò che aveva visto troppe volte ‘Indiana Jones’, poi vide due sinistre figure librarsi in aria come orridi avvoltoi e sospirare di soddisfazione come finalmente libere.
  Thud.
Alzò un braccio e l’armatura lo rivestì mentre sentiva di nuovo il familiare sapore del sangue in bocca: mai mordersi la lingua. La fredda consapevolezza della battaglia lo travolse e chiuse per un istante gli occhi mentre alle sue spalle iniziava a dipingersi un ammasso nero e sinistro.
 Poi riecheggiò una voce ardita e fredda, una voce già udita la cui proprietaria doveva essere tuttavia morta da un pezzo.
“Athena! Cedimi i contenitori degli Dei Gemelli!”
Pandora?!
 Dunque la Sacerdotessa degli Inferi, comandante in capo degli Specter e sorella minore di Hades, non era morta? Cancer non esitò e contattò mentalmente gli altri cavalieri i quali gli intimarono di restare al suo posto e se necessario difendere i due ragazzi, dato che altri non c’erano. Frattanto Pandora era apparsa alla Prima Casa per lasciare con aria sardonica un messaggio ed era subito svanita in un baluginare di nebulose stelle, tanto da far dubitare Mur della sua effettiva apparizione. Poi, quando si convinse che non v’era più traccia alcuna di Cosmo estraneo, si permise di chinarsi e raccogliere quel sinistro foglio piegato maldestramente in quattro il cui contenuto temeva e desiderava al tempo stesso. Foglio che conteneva solo quattro parole.
“Cedimi quei due ragazzi.
Pandora.“
 
 La sala delle riunioni alla Tredicesima Casa era ampia e maestosa con quel tappeto rosso che si srotolava lungo la sala dalla porta fino al trono di Atena o nel caso della sua assenza del Grande Sacerdote, ma a Cancer pareva una gabbia e ai due ragazzini spauriti che gli si aggrappavano come ad una madre probabilmente incuteva solo una paura folle. Infastidito e nervoso, allontanò brusco le mani umide di sudore di Gregorio dalle sue e sembrò scrollarsi di dosso il tocco ansioso di Marta che già si stava dondolando nervosa sui piedi.”Adesso basta, comportatevi come ragazzi, non siete bambini. E non rompetemi le scatole o vi fraccagno di mazzate.” E comunque lui non era mai stato un tipo tenero, ma questo non glielo aveva ricordato a sufficienza durante l’ultima settimana. Marta sgranò gli occhi e tolse offesa la mano da quella di Cancer per prendere quella del fratello. “non ti preoccupare, Greggi, andrà tutto bene. Vedrai che adesso si risolve tutto, basta solo aver un po’ di pazienza e dopotutto non saranno cavalieri solo per bellezza, no? Vedrai, quello di stamane è stato solo uno spiacevole incidente..” Gregorio annuì e abbassò lo guardo, improvvisamente affascinato dalle piastrelle in marmo. Ma sua sorella pensava davvero che un discorso del genere lo avrebbe rassicurato? Insomma, erano sotto minaccia di chissà chi, Cancer aveva finalmente svelato la sua faccia sadica/violenta/malvagia (non che ardessero dalla voglia di vederla, però..) e adesso dovevano stare lì dentro per chissà quanto tempo mentre Atena rifletteva se lasciarli andare (cosa improbabile ma meglio sperare comunque nell’impossibile) o farli rimanere sotto scorta armata. Ora che li vedevano con le loro armature, i dodici cavalieri d’Oro che prima erano solo degli amichevoli o fastidiosi conoscenti sembravano appartenere ad un altro mondo: un mondo più crudele, un mondo più deciso, un mondo in cui loro non avevano parte se non la minaccia di morte.
Mah, forse così era esagerato, però..
Finalmente Atena alzò il capo e ergendosi in tutta la sua statura (uno e sessanta se era tanto ma comunque la sua figura la faceva se era seduta sul trono) comunicò in tono fermo qualcosa di incomprensibile ma che fece impallidire Cancer mentre tutti si voltavano e con espressioni diverse li osservavano. Gli occhi verde cupo di Capricorn si fissarono in quelli di Marta e per un istante ci furono ricordi stesi fra di loro (i pranzi che non sarebbero più stati così spensierati, le risate per qualche errore di lingua, i libri da prestare e ridare come se fossero stati entrambi due studenti) poi Capricorn abbassò gli occhi e si mise a guardare il pavimento ai suoi piedi mentre gli occhi distaccati di Virgo prendevano il suo posto. Marta sbattè le palpebre e quasi impercettibilmente lo vide annuire. Taurus, il gigante buono che rideva benevolo vedendoli mangiare di gusto la sua cucina, Gemini e Kanon che sia pure solo formalmente erano risultati simpatici sebbene fosse difficile distinguere quale fosse l’uno e l’altro, Ioria che vedendoli forse vedeva i fratelli che lui e Micene non avevano potuto essere, Dohko che guardava sempre con piacere quei due teppisti che portavano una fresca ventata di gioventù dovunque andassero, Scorpio che guardava con affetto la sua ‘Scorpioncina’ come amava definirsi (peccato che il greco di Marta fosse allo stesso livello del suo italiano), Micene che guardava con occhio incredulo e atterrito Marta mentre si chiedeva angosciato ‘perché’ (Gregorio evidentemente non valeva un granché), Acquarius che sia pure glaciale come al solito pensava con rimpianto ai pomeriggi che erano passati senza che lui fosse andato da Gregorio a parlare francese (glielo voleva insegnare visto che gli piaceva, poi tra un motivo e l’altro non era mai andato), Fish infine che con occhio triste proprio da pesce li guardava pensando al mazzo che gli aveva dato giusto pochi giorni prima, Sion che abbassava distaccato le spalle e pensava con amarezza alla gioventù così spesso sacrificata ad Atena... perfino Atena sembrava intristita, al punto che non riusciva a sopportare lo sguardo incredulo e attonito dei due ragazzi. Per certe cose non c’è bisogno di traduttore, pensò Marta con desolazione mentre si guardava attorno, la mano ancora stretta infantilmente a quella di Gregorio. Possibile che la sua vita dovesse concludersi in quel modo? Stretta come un animale in gabbia, in un mondo che non le era proprio in un modo che le attanagliava le più intime fibre dell’anima.
Stranamente le ronzava in testa la canzone ‘In the End’ dei Linkin Park che suo fratello aveva sempre odiato. “Cancer, adesso cosa si fa?” “Si torna a casa, mocciosi. D’ora in poi sono la vostra guardia del corpo, la sacerdotessa di Hades ha reclamato i vostri corpi e bisogna che qualcuno vi difenda.” Gregorio abbassò la testa e pensò con amara tristezza a quando vedeva a casa ‘I Cavalieri dello Zodiaco’ e tutto emozionato ci giocava con i pupazzetti che gli aveva fatto la sorella. Non aveva mai letto le fanfiction che piacevano tanto a Marta, né si era mai vestito come loro per giocare, eppure in qualche modo era lì, nel loro mondo e adesso i cavalieri combattevano per difendere l’umanità. ‘Ti è piaciuta la parentesi? Bene, adesso si fa sul serio.’ Ecco, più o meno si sentiva così.
Marta invece percepiva tutta l’inadeguatezza del suo ruolo: un conto è giocare e inventarsi un personaggio, una magnifica guerriera che combatte magnificamente ed è pari ai cavalieri d’oro, un conto è trovarsi nel loro mondo come normalissima studentessa quindicenne del liceo. E questa cosa non le andava nè su nè giù. ‘Almeno, mandatemi con un Cosmo invece di essere pure la presunta reincarnazione di Artemide (gli dei gemelli sono Artemide e Apollo – no, devono essere Thanatos e Hypnos, ho sentito i loro nomi e vicino i nostri..’ Cancer alzò lo sguardo e con un cenno del capo portò fuori i due mentre gli altri cominciavano a parlare animatamente.
“Ragazzi, ora vi spiego tutto. Mi raccomando, non dimenticatelo.” E così Cancer narrò ai due stupefatti ragazzini chi era Hades, chi erano Hypnos e Thanatos, Pandora e gli Specter... Spiegò che ogni duecento anni, dal 1500 circa, Atena e Hades si affrontavano in una guerra mortale detta ‘Guerra Sacra’, al che Marta annuì come se già conoscesse tutta la storia mentre Gregorio la guardava storto, come l’ultima guerra sacra contro Hades fosse stata appena combattuta e finalmente vinta e come ora Pandora fosse evidentemente tornata. Alla fine Marta sollevò appena lo sguardo e chiese con voce fievole: “Sì, ma perché noi?” a questa dolente domanda Cancer non seppe rispondere. Allora Gregorio incrociò le braccia e guardò i monti con il riflesso lontano del mare. Sole, mare, rocce e ora anche radi alberi, ecco cosa era la Grecia lì. Guardò lontano, come a salutare almeno col pensiero i genitori che da mesi ormai non li vedevano. Ma alle sue domande inespresse rispose solo il beffardo vento che ora gli scompigliava i capelli con accenti quasi di derisione.
Lontano, la sua infanzia veniva mozzata di colpo e veniva precipitata in una guerra di cui era il fulcro.
Marta guardò il mare ricordando accorata la sera in cui s’erano bagnati sotto la luna nel mare. Era stata una sera magica, ammaliante come poche cose al mondo. Non ci sarebbero più stati pomeriggi annoiati sotto il sole ancora torrido, mattine lente e quasi noiose in cui lavare i piatti era una delle cose più orribili del mondo, pranzi con lo scroccatore ispanico a godersi il pasto sotto lo sguardo infastidito di Cancer..
Com’è difficile vivere un altro mondo all’improvviso.
Pensò malinconica mente uno sbuffo scherzoso di vento le scompigliava i capelli più disastrati di un porcospino.
 
Si vive ogni giorno, eppure ogni giorno è qualcosa di snervante.
No, non disse così un poeta.
Ogni giorno è unico,
ogni giorno è irripetibile ma io vivo come sigillato,
chiuso dentro un mondo che all’improvviso mi si è stretto attorno togliendomi il fiato.
Io non credevo di essere dentro un gioco, per me era una vita un po’ estranea e tuttavia carina, e adesso?
Adesso?
Adesso vivo in una gabbia, preda di un mostro che non conosco se non per sentito dire..
Cosa diamine è successo?
 
“Marta..” “Sì?” “Pensi che torneremo al mare? Io ho paura di come si possa evolvere la situazione, già siamo bloccati in casa di Cancer per paura di Hades..” “Non ti preoccupare, Cancer e gli altri mica sono cavalieri per niente.. Avranno sofferto come cani e lottato come tigri per quell’armatura ricoperta di sangue, ma adesso lotteranno ancora e ancora e proteggeranno l’umanità, altrimenti Kurumada ha sbagliato tutto!” “Hahah.. già, ma ripensandoci mi chiedo se non lo abbia fatto..”
 
Tu non sai la paura che mi attanaglia, a mala pena riesco a dormire la notte.
Ogni volta mi sveglio affannata, il respiro mozzo e la paura nel sangue.
Però non dovrei dirti queste cose, fratellino, non dovrei ma è più forte di me!
Vorrei proteggerti come facevano con noi mamma e papà, sono tua sorella maggiore eppure non ci riesco!
Posso solo restare a guardare e pregare che non accada niente, che tutto si fermi e ritorni così com’era prima..
Vorrei portarti via, vorrei scappare con te lontano e tornare da mamma e papà..
Talvolta mi sveglio ansante e fatico a calmarmi, la notte che prima era così bella ora è un incubo
Che torna ogni giorno..
Vorrei tenere per me tutto questo, ma so che non riesco e che tu conosci le mie parole.
Ed eccoci qua, due fratelli che si tengono per mano nella speranza che la tempesta passi oltre e non li noti.
Ho paura, Greggi, ho paura!
Eppure non posso fare niente..
 
“Credi che torneranno i prati?” “Che razza di battuta-“ “Esatto, mi dispiace che sia venuta male, volevo farti ridere-“ “Guardala così, almeno hai materiale per scrivere una storia sulla Seconda geurra mondiale.“ “Già, non ci avevo pensato.. hahaha, che divertente.. “ “Già, mi sto strozzando dalle risate.”
 
 
Will we die?
No, no y no!
No lo quiero, no ahora que estoy iniciando de amar esta vida.
y.. ahora.. que puedo hacer?
Sì, estoy piensando en espanol, ingles y alemàn..
Mein Gott, warum sind wir hier?
Warum?
Kannst du uns hören?
Kannst du uns helfen?
Du bist meine Hoffnung..
 
(Moriremo?
No, no e no!
Non lo voglio, non adesso che sto iniziando ad amare questa vita.
E.. adesso.. che posso fare?
Sì, sto pensando in spagnolo, inglese e tedesco..
Mio Dio, perché siamo qui?
Perché?
Puoi udirci?
Puoi aiutarci?
Tu sei la mia speranza..)
 
Passarono i giorni in una lenta e alienante cantilena di ore. Ore lunghe, monotone e asfissianti in cui era possibile solo pulire ossessivamente la casa e cucinare per evitare di perdersi in pensieri inutili tipo ‘forse non mangerò questa pasta che cucino, forse attaccheranno prima.’ Era così che vivevano le popolazioni in guerra? Momento per momento?
Sì, pensò cupa Marta mentre infornava un gateau di patate preparato da lei congiuntamente al fratello (Cancer ormai era sempre assente per quel discorso), la vita deve essere vissuta giorno per giorno, istante per istante, perché se non sai se l’istante esiste per te afferri bramoso l’istante che vivi adesso. Si consumarono le ore, i giorni, le settimane fino ad arrivare ad un mese e mezzo da quando Pandora aveva minacciato Atena; ormai se fosse davvero successo qualcosa forse Marta e Gregorio sarebbero stati in fondo più sereni piuttosto che rimanere impotenti dietro quello schermo di forzata immobilità che li faceva spasimare per un po’ di movimento.
Mentre si tirava su e prendeva una tazza per bere un po’, Marta avvertì come uno spiffero gelido e seccata si diresse verso la porta distrattamente aperta per chiuderla, eppure lo aveva già detto a Cancer di non lasciare aperta la porta.. poi quello spiffero diventò un freddo vento aromatico e Marta rimase immobile, costretta suo malgrado a rimanerlo mentre sentiva qualcosa di nero, di oscuro, di malvagio infilarsi dentro di lei e come una persona che si provi un abito rigirarsi dentro la stoffa, dentro di lei, aggiustarsi le maniche e decidere se la cintura va bene. Volle voltarsi e correre, ma scoprì con orrore che le era impossibile mentre quel qualcosa sorrideva e allungava le sue membra ripugnanti dentro le sue come un’essenza fin’allora nascosta.
“Athena..”
 Sussurrò con bramosia la voce di Marta mentre voltandosi vedeva Gregorio dibattersi violentemente dentro una nuvola color dell’oro. Finalmente si rialzò e sulla fronte gli comparve una stella a cinque punte dorata che pareva un sole minaccioso. Marta sorrise e tese la mano verso il fratello, dicendogli con voce profonda: “Bentornato... Hypnos.” A sua volta Gregorio sorrise e strinse la mano.
“Ben arrivato.. Thanatos.”
 Ci fu uno schianto, un lampo di luce e quando tutto ridivenne chiaro Cancer e altri cavalieri erano lì, i pugni stretti e l’occhio pronto a mirare. Ci fu un attimo di silenzio interrotto solo dalla distaccata risata di scherno di Marta mentre Gregorio pareva alzarsi e diventare più alto, gemello dai diversi colori della sorella sulla cui fronte comparve così come per Gregorio una stella nera a cinque punte che pareva un marchio d’infamia. Nel frattempo Gregorio sorrise freddo e agitando noncurante una mano in aria trasformò l’ampia maglia che indossava e i pantaloni in una tunica simile a quella della sorella ma con i bordi di un oro invecchiato e reso pesante dagli anni.
“Buongiorno cavalieri di Atena, come vedete abbiamo ripreso ciò era nostro senza che fosse necessaria questa accoglienza da parte vostra.” Cancer strinse i pugni e avanzò di mezzo passo prima che la mano ferma di Mur lo trattenesse e gli dicesse: “Aspetta, attaccheremo tutti insieme. Avremo più possibilità di salvarli, sempre che sia possibile. In ogni caso, preparatevi cavalieri!” ci fu un movimento unisono e i restanti otto comparvero, pronti alla lotta per difendere l’umanità e quei due ragazzi che loro malgrado avevano imparato ad amare. Marta rise sprezzante e scrocchiò le nocche delle mani mentre Gregorio la guardava con sufficienza: “Non essere precipitoso, Thanatos, ragiona sempre. Ricordi l’ultima volta?” Marta lo fulminò con lo sguardo e ghignando come un diavolo alzò lentamente un braccio: “Non ti preoccupare, stavolta nessuno mi imprigionerà. Nessuno.” Ripeté, il braccio ora levato nella posizione dell’Excalibur di Capricorn. Prima però che riuscisse ad abbassarlo, Ioria e Scorpio s’erano mossi fulmineamente e avevano scagliato i loro colpi mentre Virgo levitando cercava di strappare l’anima di Thanatos dal corpo di Marta e Mur alzava le braccia per attaccare insieme a Capricorn e Micene colei che un tempo si chiamava Marta; Gregorio guardava con vaga indifferenza la sorella attaccata da ben sei cavalieri e disinteressandosi degli altri sei che preparavano le armi e con coraggio (folli umani, non avete compreso ciò che sono diventato!) si lanciavano all’attacco per salvarlo ma lui mosse con aria di sufficienza un dito e una barriera invisibile che pareva vetro eppure non lo era si formò tra lui e loro, permettendogli di guardare con tutt’agio la sorella che combatteva. “Divertente.. Bravo, Thanatos.. Se non altro, sei migliorato dall’ultima volta.” Commentò sarcastico mentre Marta allontanava con un brusco cenno del capo Scorpio che cadde riverso sul pavimento per poi avvicinarsi scivolando elegantemente sul pavimento quasi come privo di consistenza. “Stavolta non sono stato imprigionato, non trovi?” ”Di certo non sei stato malaccorto..” sorrise freddo Gregorio mentre incrociava le braccia. “Chissà dove sono gli scacchi..” Aggiunse, lo sguardo perso dietro lontani ricordi. “Già, quel maledetto Cavaliere del Cancro ci ha interrotto.. che ne diresti di divertirci giusto un pò?“ Marta scrocchiò minacciosa le nocche e si mise in posizione d’attacco mentre Gregorio al suo fianco disincrociava le braccia e guardava con aria di superiorità i cavalieri a lui di fronte. “Umani.. cosa credete di fare ora?” “Quello che abbiamo sempre fatto: combattere affinché la malvagità non governi l’umanità!” rispose in tono fermo Micene mentre incoccava la freccia nell’arco e si preparava a scoccare; al suo fianco, Gemini gli scoccò un’occhiata preoccupata e strinse i pugni: le loro speranze erano riposte in quella freccia portatrice di luce che forse poteva operare un miracolo e distaccare l’anima di Thanatos dal corpo di Marta e ripetere ciò per Gregorio.
 La loro concentrazione fu spezzata dalla risata di scherno di Marta, ormai totalmente fuori d aogni controllo umano; al suo fianco Gregorio tremò mentre mentre gli occhi e i capelli diventavano oro puro dalle mille splendide sfumature. “Umani! Siete solo carne, carne come quella che mi ospita, cosa pensate di fare contro di noi? Contro la Morte e il Sonno, contro gli Dei Gemelli? Non volete raggiungere i vostri cari? Allora abbandonatevi a questo! Terrible Providence!” urlò trionfante Thanatos senza ormai nascondersi dietro il volto di Marta che stava assumendo lineamenti più fermi, marcati eppure aggraziati e sottilmente sensuali mentre la tuta blu scuro si tramutava in una tunica nera con larghi bordi blu scuro che pareva quasi velluto nero tanto era scuro e i capelli le diventavano lunghissimi e neri; simile cosa avvenne negli occhi. Anche il volto di Gregorio cambiava ma era come visto attraverso le palpebre di chi ormai esausto e accecato dal sonno tenti di guardare qualcosa e ogni volta nota che v’è un particolare nuovo. Cancer si rialzò e stringendo i denti rimise in piedi bruscamente Scorpio che lo guardò stupito. “Grazie.” Cancer annuì e si volse, il cosmo che ribolliva ansioso di scagliarsi contro quella coppia beffarda e sfuggente. Ad un tratto Thanatos smise di ridere e i tratti del volto sembrarono ondeggiare per poi ricomporsi quietamente in quelli di Marta e i capelli neri da signora oscura tramutarsi di nuovo in quelli consueti marrone scuro. Gregorio guardò vagamente preoccupato la sorella e fece per accorrere in suoi aiuto ma ratto come un fulmine comparve Ioria davanti a lui che lo colpì piuttosto duramente mentre Scorpio, Taurus, Micene e Fish lo aiutavano scagliando ogunno il suo colpo segreto. “Bisogna sigillarli di nuovo o tutto questo sarà stato vano!” disse con tono freddo Virgo mentre finalmente apriva gli occhi e come una cascata riversava addosso a Marta un colpo d’inaudita potenza. In seguito nessuno riuscì a ricordare esattamente cosa fosse successo a Thanatos e Marta, l’unica cosa certa fu che Gregorio respinse i colpi dei cinque cavalieri d’oro ma poi si fermò e come ferito svenne sul pavimento mentre uno spirito di luce dorata si toglieva dal suo corpo e si avvicinava a Marta che nel frattempo aveva espanso una sorta di cosmo alla cui vista tutti sgranarono gli occhi sbalorditi.
 Poi ci fu un lampo di luce bianca come la neve e quando poterono finalmente riaprire gli occhi, Gregorio era svenuto sul pavimento apparentemente senza ferite e loro stessi erano abbastanza in forze. Immediatamente Fish e Micene si misero a cercare Marta; Cancer ristette come inebetito mentre Ioria gli si avvicinava in silenzio e Scorpio chinava impotente il capo.
“Marta! Marta!“ Cancer scosse in silenzio il capo e Taurus s’inginocchiò incredulo. “Marta..” sussurrò Fish mentre stringeva una rosa rossa in mano così fermamente che le dita gli si macchiarono di nastriforme sangue vivido. Al suo fianco Micene si fermò come arrestato da una forza superiore e voltandosi bruscamente vide Fish abbassare rassegnato il capo.
“E’ morta.” La voce fredda di Cancer riportò tutti alla realtà e li costrinse ad ammettere ciò. “Ma perché l’ha fatto?” chiese con la voce suo malgrado incrinata Fish mentre s’inginocchiava accanto a Gregorio che Acquarius aveva nel frattempo preso in braccio per accompagnare a dormire nella sua stanza. Cancer scosse la testa e all’improvviso il ricordo dei suoi occhi ammutoliti dopo la riunione gli tornò in mente. Marta aveva degli stupendi occhi verde azzurro di varie e gaie tinte che si frammischiavano in un magnifico arcobaleno bi – tonale, ma quel giorno erano così addolorati e sbigottiti da apparire grigi. “Non vi sono ragioni spiegabili. Forse l’ha addirittura fatto incoscientemente.. ” aggiunse prima di raggiungere Gregorio in camera e togliendosi il diadema accarezzargli pensoso la fronte dove era scomparsa la funesta stella.
“Che prezzo può avere la libertà?” chiese retoricamente a Acquarius intento a raffreddare i polsi di Gregorio. Difatti costui scosse impercettibilmente la testa e aggiunse dolce: “Non è possibile deciderlo.. ora lui è libero, forse perdere Marta valeva davvero questo..” Cancer volle agiungere qualcosa, poi si fermò e con un gesto stanco si allontanò seguito dallo sguardo vigile di Acquarius.
“Perdere Marta non valeva ciò, sappilo.” Disse Cancer ormai sulla soglia prima di voltarsi e andarsene.
 
E ora che ho bisogno di te, dove sei?
Mi hai promesso il tuo aiuto per sempre, sorellina,
e adesso?
Adesso che sono solo, chi chiamo?
Cancer?
No, Io ho bisogno di te, Panico.
Hai mai visto Pena senza Panico?
Hai mai vissuto senza che ci fossi io al tuo fianco?
Eh?
Ma allora, perché adesso non sei qui?
Perché non mi rispondi?
Marta..
Votre frère est ici et veut vous parler,
pouvez - vous l’ècouter?
Ma soeur...
I lost you and
I miss you..
( tuo fratello è qua e vuole parlarti, puoi ascoltarlo?
Sorella mia..
Ti ho perso e mi manchi.)
 
Così ragionava inebetito Gregorio mentre piano riapriva gli occhi e scorgeva il bianco soffitto stendersi immoto sopra il suo capo. Al suo fianco Acquarius alzò appena la testa dal libro che leggeva e sorrise sollevato. “Gregorio, comme ça va?” Gregorio sbattè perplesso le palpebre poi sorrise e annuì. “Bien, merci Acquarius. Et toi?” Acquarius accennò di sì con palese soddisfazione e ripose il libro ai piedi del letto. “Toi.. est.. ici et no aller avec moi, claire?” Gregorio annuì, era evidente il tentativo di Acquarius di farsi comprendere.
“Ma soeur.. Marta.. where is she? Donde està? Ma soeur Marta, Marta-” Acquarius abbassò il capo e fece capire di aver compreso, difatti strinse un pugno e la sua voce risuonò fredda, chiusa; perché suo malgrado quella ragazzina l’aveva amata come si ama la sublime ingenuità della giovinezza che non si abbia mai conosciuto. “Elle est.. “ “Mort?” Domandò con gli occhi sbarrati Gregorio mentre subitaneamente il suo volto assumeva una tinta quasi cadaverica. Acquarius non potè far altro che annuire desolato e cercare imbarazzato delle parole abbastanza sincere e che non lo costringessero a parlare troppo, ma scorse gli occhi di Gregorio e si fermò. “Ta soeur, Marta, est morte, oui. Pour vous aider.” Gregorio sgranò gli occhi e tutto concitato scese dal letto con gli occhi gonfi d’amore e dolore. “Marta.. est.. mort?! Je ne comprends pas porquoi! Martaa!” gridò mentre si rigirava sul letto e scoppiava in un pianto dirotto Gregorio. Frattanto era comparso Cancer con un thermos di caffè bollente e un sacchetto di biscotti che appena vide Gregorio in quello stato alzò gli occhi al cielo e depose sgarbatamente il suo carico sulle braccia di Acquarius. “Porquoi-“ “Fatti gli affari to’, cumpareddu:” gli disse a denti stretti mentre posava una mano sul capo sussultante del misero e con un sospiro cercava di consolarlo. “Gregorio..” “Lasciami, non hai protetto Marta! Non l’hai aiutata, perché.. perché.. perché è morta, dannazione? Perché? “ strillò isterico Gregorio mentre recuperava a fatica l’aria dopo un paio di singhiozzi isterici. Cancer rimase immobile e sospirò, conscio che la situazione mal s’addiceva al suo status: il sadico assassino del Grande Tempio che tenta di consolare un ragazzino che ha perso la sorella? Questa era perfino meglio dell’italiano di Fish, peraltro reale. Perciò lasciò che si sfogasse in un bel pianto e dopo, quando ormai aveva perso le lacrime e necessitava di un fazzoletto, intervenne cercando di essere delicato e comprensivo (c’è sempre una prima volta, no?) “Ascolta, io non so cosa esattamente abbia portato tua sorella a.. ad abbandonarci, ma sono sicuro che non avrebbe voluto lasciarti così, che devi reagire e che se l’ha fatto è stato per aiutarti e stare qui a piangere non ti aiuterà. Perciò adesso alzati da questo letto macarì (beato, dialetto agrigentino), non fare ‘i babbaluci (la lumaca) che chiagne (piange) sempre e smettila di làstimari (lamentarsi) che tieni da pistiari tumazzu e cuddura! (mangiare formaggio e pane) Ti stroppiasti? (ti facesti male) Bene, adesso t’alzi!” lo esortò Cancer mischiando disinvoltamente dialetto materno e italiano sotto lo sguardo esterrefatto di Acquarius che non capiva una parola ma a giudicare dai toni non lo stava consolando. ‘abbi rispetto del suo dolore, lui non è come noi! Zotico..’ pensò insofferente Acquarius prima di assaggiare i biscotti e ammettere che erano buoni.
Poi udì Gregorio ricacciare le lacrime in gola e chiedere con tono esitante se v’erano ancora biscotti. ‘e beh, se dobbiamo ridurci a balie tanto vale con classe, parbleu..’ pensò sollevato Acquarius mentre furtivamente ingoiava un altro biscotto e poi porgeva il sacchetto a Cancer e Gregorio; se non altro, almeno aveva smesso di piangere e apparentemente aveva saputo frenare il dolore per la sorella scomparsa.
 
 Gregorio passò i seguenti giorni a vagare con aria spaurita dentro la Quarta Casa, come chi si fosse risvegliato in un mondo alieno e stesse cercando qualcosa di conosciuto. Qualche volta si voltava e credeva di vedere sua sorella correre, qualche volta percepiva la sua presenza ma spesso era solo Cancer che lo fissava sconcertato; qualche volta sentiva la sua risata, il suo passo così caotico e rumoroso come un’ombra se compariva quando era distratto. Allora si voltava, pieno di speranza priva di ragione e un insensato sorriso gli fioriva appassionato sul volto per rendersi conto successivamente che non c’era nessuno dietro di lui pronto a prenderlo in sorriso.
Finché un giorno udì una canzone siciliana che piaceva molto alla sorella e si precipitò verso la radio sorridente per poi vedere esterrefatto Cancer osservare con occhio pieno di contrito dolore sordo un disco ancora avvolto nella confezione dei Doors poggiato sul bancone lucido della cucina. In silenzio Cancer lo poggiò vicino alla radio, afferrò un tablet che giaceva lì vicino e fece partire ‘Vitti ‘na crozza’ che era finita. A Gregorio tornò in mente, come un quadro sbiadito che dal nulla totale riacquisti parte del proprio colore, che non gli piaceva quella canzone e che Marta l’adorava, tornò in mente che Marta avrebbe messo la canzone e una volta che la cucina fosse stata pulita avrebbe danzato senza chiedersi se qualcuno l’avrebbe vista.
 Già.. Marta.
Marta che era ora morta.
Marta è morta.
Morta.
 Morta.
 Nel silenzio mosso solo dalla canzone veloce e triste, Gregorio chinò la testa e si rincantucciò in un angolo a piangere in silenzio.
 “Marta..”
 
Sorella mia,
dicevi che saresti rimasto sempre con me.
Dicevi ciò per consolarmi o era verità?
E se è vero, perché allora voltandomi ti cerco e tuttavia non ti vedo?
Dicevi, Marta, che era ovvio rimanere insieme.
Dicevi, Marta, che noi siamo fratelli.
Dicevi, Marta, che dovevi ancora imparare il greco.
Dicevi, Marta, che volevi disegnare un autoritratto.
Volevi disegnare, danzare ancora alla luce artificiale dopo le pulizie casalinghe..
Ti piacevano gli gnocchi alla romana e il purèè di patate con la salsiccia,
ti piaceva alzarti tardi e stare alzato fino a tardi, ma solo durante il fine – settimana..
e adesso?
Adesso che sono solo..
 
Adesso che nessuno lo pigliava cordialmente in giro con vecchi scherzi, adesso che nessuno gli parlava nella stessa lingua (mamma, papà, film che avevano visto insieme, giochi che avevano fatto insieme), adesso che non c’era nessuno a lavare in piatti con Dvorak a palla seguito da Wagner e Chopin, adesso che nessuno per fare una sorpresa passava la mattina a lavare il bagno, adesso che nessuno gli ricordava ciò che era stato, adesso che nessuno viveva insieme a lui con il conforto degli anni passati assieme che formava un accogliente legame pieno di tepore fra di loro..
 
Marta..
Io vado, continuo a camminare e vivo, ma tu dove sei?
Io seguito a vedere il sole e le stelle sorgere dalla finestra della stanza, ma tu le vedi?
Io vivo, ma tu non cammini dietro di me per spingermi divertita dentro una pozzanghera.
Mi manchi come un arto tagliato via crudelmente..
Marta!
Panico!
 
 Ricordava che sua sorella usava lavarsi alla sera il giovedì e che adesso non c’era nessuno a urlare a squarciagola il giovedì sera dal bagno, ricordava che adesso nessuno gli avrebbe rotto le scatole con ‘Nicuzza’ e ‘Cocciu d’amuri’ a palla mentre leggeva Salgari in spagnolo, ricordava sua sorella che studiava concentrata il congiuntivo spagnolo nell’attesa di Capricorn con cui praticarlo, ricordava che sua sorella usava acconciarsi i capelli lunghi fin sotto le scapole in una pratica coda di cavallo...
 
E adesso devo andare avanti senza te al mio fianco.
Adesso tu non ci sei qua.
Sai, alla fine perfino ‘Vitti ‘na crozza’ è carina, però te lo avrei voluto dire prima di adesso.
In qualche modo, Marta, tu esisti ancora.
E sia pure come diabolico folletto dal ghigno felice e bastardo, tu esisti e simile a una scimmia sulla schiena mi stai accanto.
Credi che Capricorn possa imparare l’italiano?
Sai, io non lo so lo spagnolo..
Marta..
Mi manchi immensamente, ma soeur..
Ton frère est ici.
Ti voglio bene, ‘Panico.’
 
 Cancer guardò sconcertato Gregorio e evitando di guardarlo si servì un’altra volta di gnocchi alla romana. “Così, vorresti andare da Mur.” “Esatto.” Rispose a bassa voce Gregorio mentre deglutiva il boccone e afferrava la brocca per versarsi un bicchiere d’acqua. “A me va bene. Quando?” chiese Cancer mentre osservava per un momento assorto il bicchiere di ferro in cui l’acqua sembrava un laghetto sotterraneo. “Presto. Non resisto qui, preferisco cambiare e Kiki mi è molto simpatico, Capricorn era legato soprattutto a lei.. e poi, mi hai detto che forse cambiare ambiente può farmi bene, no?” Cancer annuì e bevve in un sol sorso il bicchiere d’acqua piacevolmente fredda. “Va bene; se non vuoi venire con me in Sicilia, prima di andare da Mur.. ti regalo questa vacanza, va bene?” Gregorio sgranò gli occhi e annuì estasiato. “Una settimana?” “Magari anche due..” lasciò in sospeso Cancer mentre si chiedeva sospettoso chi accidenti lo stesse manipolando per farlo diventare così zuccheroso e ben disposto verso insopportabili moccios- moccioso.
 
 Era fine ottobre e il mare si stendeva grigio e cupo davanti a loro. Gregorio saltellava come un cucciolo per un attimo dimentico della sorella e Cancer si sorprendeva a rivolgersi a Gregorio in dialetto invece che in italiano; effetto collaterale di casa. Gregorio vide con stupore le strette vie serpentine di Palermo, quasi dei pertugi come le calli di Genova e Venezia, le belle vie aperte e dritte che portavano alla Valle dei Templi.
 I templi greci che sembravano fatti di marzapane sbocconcellato dal tempo sorgevano un po’ in disparte con la consueta alterigia dei nobili sulla collina e il marmo bianco era stato accarezzato così tante volte dal sole che ne era stato quasi consumato. Cancer socchiuse gli occhi e dietro, come un refolo di vento gonfia una vela poc’anzi floscia e ripiegata su stessa, gli parve venire un lungo arazzo vivido di ricordi un tempo parte di lui.
“Papà, sugnu nu carusu!”l’uomo aveva sorriso e teneramente gli aveva carezzato i corti capelli neri; da grande s’erano fatti bluastri fino a divenire blu scuro verso i quattordici anni. “No, figlio mio. Tu si ‘u astro.”
 Poi s’era fatto grande e in quel tempio fresco d’ombra in Grecia aveva respinto quasi con orrore il ricordo della sua isola beffarda e velata dal mare, entrambi di gran più lunga più belli della Grecia. Poi udì la voce sottile e ebete dalla gioia di Gregorio e ritornò al presente: lui ormai ventiquattrenne con un ragazzino di quindici davanti ai Templi di casa sua. Sospirò e sorrise divertito di fronte al sorriso estasiato di Gregorio prima che questi si voltasse e con voce malinconicamente ferma gli dicesse a bassa voce ossevando i sassi ai loro piedi: “Sai, mia sorella aveva una grandissima passione per la Sicilia e voleva da sempre recarcisi. Sono contento di poterla vedere, anche se avrei voluto vederla con lei.. chissà le battute che avremmo fatto.. sono contento di vederla. Grazie.” Aggiunse guardandolo negli occhi che nonostante il dolore improvvisamente risvegliato erano asciutti. “Di niente.” gli rispose a bassa voce Cancer mentre guardava distratto l’orologio e rialzava lo sguardo per vedere quei templi orgogliosamente eretti non tanto lontani. E gli parve ad un tratto di vedere, quasi come una ninfa che timidamente si mostri agli uomini, un’ombra leggera di fanciulla che danzava come tante volte aveva fatto in Grecia tra le colonne come le ragazze vestite pittorescamente nei giorni delle feste agrigentine.
Il sangue non è acqua, dopotutto.
Al suo fianco Gregorio sgranò gli occhi e sorrise. “Marta?” sussurrrò mentre involontariamente stendeva la mano come a catturare una delicata farfalla d’illusione sotto la luce torrida del sole.
Di quel sole che si stendeva crudele e indifferente sopra quella terra poggiata nel mezzo del mare.
 
Sei un po’ qua, Marta.
Tra le colonne mi pare di vederti danzare, ombra che ridi e dimentichi cosa eri.
Ombra che simile a folletto balli tra le colonne e t’ammanti di mare per velare meglio la tua gioia di danzare.
Danza, sorellina, se potrò ti vedrò ancora.
Nel frattempo io vado avanti...
Da solo.
Poi forse, più avanti, no.
 
 Le due settimane passarono veloci come un sogno e prima che Gregorio potesse interiorizzare tutto ciò che aveva visto, udito e mangiato, si trovò in Grecia alla Prima Casa a insegnare l’italiano a Kiki e sforzarsi di parlare inglese con Mur. Cancer e Capricorn ogni tanto lo venivano a trovare, il primo per sincera simpatia e per ragioni linguistiche, il secondo per il ricordo di Marta e ritrovarne qualcosa nel fratello. Fu così che Gregorio un giorno trovò Capricorn comodamente seduto sul letto con un minaccioso pacco di libri enormi, difficili da comprendere e per di più scritti in spagnolo. Come se non bastasse ciò, anche Acquarius cominciò ad andare alla Prima Casa per lezioni di francese, cosa che faceva spuntare regolarmente il proverbiale ‘gocciolone sulla fronte’ a Cancer che non poteva vedere più di tanto il francese ghiacciato dagli impossibili gusti alimentari; esempio sovrano ne era il pranzo che Acquarius s’era offerto di imbandire ovviamente francese: baguette, formaggio d’importazione, patè di carni di porco salate da scaldare per mettere sul pane (ma Cancer non l’aveva capito e a cucchiaiate pesanti di roba fredda e gelatinosa s’era preparato un enorme panino), dulche de leche alla francese (Capricorn aveva aperto gli occhi come fulminato al nome) e un improponibile ‘Poulet au roquefort’. Pollo peraltro immangiabile in quanto duro come la pietra e in cui la cremina insidiosa di formaggio sembrava essersi ridotta a una sorta di olio appicicoso sulla superficie e qualcosa di sapido e bollente all’interno. Certe volte la realtà può essere più fantozziana di Fantozzi stesso, pensò Cancer sorridendo mentre beveva un bicchiere di zibibbo prima di andare a dormire.
E poi si stupiva di dormire benissimo..
 
Ad Atene non cadeva mai la neve come nel nord – Italia. Ad Atene non pioveva mai come lì (grigio, pesante, gocciole malinconiche che ricordavano nostalgicamente un pomeriggio passato vicino alla stufa a leggere un libro). Ad Atene non cadeva la pioggia o la neve come a casa; ad Atene non c’era più Marta e tra poco sarebbe stato il suo compleanno. Diciassette anni.. aspettava da tanto tempo di compierli e sperava di ricomprare l’ultimo libro di ‘Eragon’ per il suo compleanno dato che tutte le loro cose erano rimaste a casa loro ormai quasi quattro mesi.. o erano cinque? Non era importante, non adesso comunque.
Gregorio sorrise e posò un fiore nel vaso vicino al libro accuratamente incartato a draghi e unicorni con un bel nastro viola sullo sfondo bianco. Con un soffio spense la candela e augurò in silenzio alla sorella: “Buon compleanno, Marta. Buoni diciassette anni..“
Chissà, forse Marta lo stava guardando.
 
 Ad Atene nel frattempo cadeva la pioggia tipica di novembre ormai finito, come un cenno scherzoso di addio nascosto in un velo acqueo.
 
 E mentre il velo si chiude, danzi ancora un'ultima volta prima di scomparire, 
Ombra nell'ombra,
 essere che danzi fino a diventare acqua.
Piccola ninfa, non vorresti ritornare 
 alla terra
 
Così cantò Marta un giorno.

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Capitolo 3
*** Intermezzo ***


Il tempo trascorreva lento e ogni giorno si ripeteva ogni cosa: Mur che ammoniva Kiki di non infastidirlo, Kiki che rideva apertamente e suo malgrado giocava assieme come bambini, i pasti consumati in silenzio e il lieve imbarazzo della preghiera che ripeteva ogni giorno da solo.. Gregorio si sentiva sempre più stanco, come esausto da un continuo mentire e ingannare. Nascondere dietro un sorriso la malinconica nostalgia che lo attanagliava, ridere e sentire il cuore piangere, voler disperatamente piatti casalinghi italiani invece di quella cucina aliena orientale.
 
Quando dici ‘non è niente’ credi che io non veda?
Quando dici ‘va tutto bene’ credi davvero che io sia soddisfatto?
Quando dici ‘sì, è buonissimo’, credi ch’io non sappia che vorresti qualcos’altro?
Credimi, piccolo italiano, vorrei aiutarti ma non conosco la tua lingua né la tua cucina.
Mio fratello ride e scherza nonostante i sei anni che vi dividono, ma io sono troppo grande.
Scusami, Gregorio, ma io sono solo Mur, non un poliglotta.

E nelle lunghe sere d’inverno quando Kiki e Gregorio giocavano con i soldatini che il secondo usava dipingere mentre Mur leggeva, Mur sentiva acutamente il dolore che s’agitava nelle sfumature basilari di quell’anima. Le basi di quell’anima erano congiunte a quella di Marta, ma adesso Marta era morta e Gregorio non riusciva a superarlo, non ancora per lo meno.
 
 
Ricordo quell’accidente di tua sorella,
antipatica e ingenua anche se in realtà sei il più demoniaco tra i due.
Quella volta che mi avete ammattire al supermercato (avrei voluto far finta di niente) ma eravate così simpatici nella vostra magnifica innocente carognaggine che non ho potuto far a meno di affezionarmi.
Rompicollo, rompiscatole, P. C. A. che siete state le uniche nella mia vita..
Vi voglio bene, anche se siete ingenui e un po’ bambini,
anche se mi fate il verso quando parlo in dialetto (ecco, per queste cose potrei seriamente ammazzare), anche se mi fate andar matto..
Bedda Matri mia, ti voglio bene.
Non dimenticare però che dietro a questa nebbia di dolore che t’ottunde l’anima c’è il mondo.
Io non ho avuto questo lusso.
Alzati, P.C.A., ci sono i piatti da lavare.
 
Cancer non avrebbe mai detto che un giorno si sarebbe affezionato così a due ragazzini, eppure così era stato e vedere Gregorio sempre triste gli faceva doler in maniera sorda il cuore. Cuore che aveva ritenuto ormai vuoto, ormai inesistent - no, v’era stato un caso in cui aveva smesso di credere ciò. Quando aveva visto Marta alzare lo sguardo esterrefatta verso il cielo prima di esplodere e diventare una stella e Gregorio accasciarsi esangue al suolo freddo, per un momento aveva temuto che entrambi fossero morti e il cuore gli era tremato nel petto protetto dalla beffarda corazza. Poi s’era rassicurato e aveva battuto violentemente (un’altra ferita, un’altra cicatrice fra le tante) quando s’era reso conto che Marta era realmente morta.

Vedo te e mi viene istintivo cercare tua sorella a cui regalavo libri, tempo e affetto.
 Tua sorella parlava spagnolo con un dolce accento un po’ di Madrid e si correggeva spesso, timorosa di sbagliare.
Cosa vorresti ora, Gregorio?
Cerco di parlare con te, ma non parlo bene italiano né tu spagnolo.
Chino la testa, vorrei metterti a conoscenza delle emozioni che nascondo dietro questi occhi verdi ma non riesco a parlarti.
Non riesco a superare la mia stessa corazza.
Scusami, bambino che guardi il cielo come solevo fare io, 
scusami bambino che cerchi ciò che cercavo io, 
scusami bambino che un po’ sei com’ero io.
 scusami, Gregorio

Capricorn avrebbe voluto certe volte poter afferrare Gregorio e estirpargli quel dolore per poi sollevarlo in aria e farlo ridere, era così bello quando i due fratelli ridevano insieme.. Allora tutti loro si fermavano e come incantati li guardavano inteneriti, ciascuno perso dietro qualcosa (i ricordi di casa, una lingua che certe volte era completamente diversa da quella che parlavano..) ma non poteva e si limitava a portargli libri in silenzio nel tentativo di aiutarlo, di fargli capire che c’era anche lui ad aiutarlo.

 

 
 
 

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Capitolo 4
*** Intermezzo II ***


Tua sorella rideva come un angelo tra i fiori certe volte. Ricordo che quella ‘scorpioncina’ odiava truccarsi e io ridevo divertito quando arrivava Fish con una borsa piena di un odioso profumo
Ma adesso non v’è più traccia di una scorpioncina un po’ carogna che scappava furtiva..
Mi dispiace di non essere italiano, avrei voluto dirle ‘auguri Scorpioncina’.
Che dici, ora glieli potrei fare?
 
Mi dispiace.
Non vi conosco molto, ma vi voglio bene.
Me lo permetti questo ‘vi voglio bene’?
Com’è che dite voi italiani?
Ah sì..
Boh.

In effetti Scorpio avrebbe voluto per davvero parlare con Marta, una volta tanto che incontrava uno Scorpione invece del solito Aquario gelido con cui dialogava amichevolmente.. e ora invece aveva solo Gregorio che riacquistava dei colori in volto (ma erano così diversi dagli originali!) che parlava peraltro solo italiano, un po’ d’inglese e qualche frase smozzicata di spagnolo, francese e tedesco.

Un po’ mi ricordi il me di tanto tempo fa.
Anch’io avevo i capelli rossi, sai?
Poi crescendo mi sono diventati di questo color verde turchese che tanti ammirano e altri mi chiedono se mi tingo.
Vorrei aiutarti, ma a parte venire da te per insegnarti francese non so fare..
Non sono neanche così bravo in cucina come Taurus che vi imbandiva meglio di uno chef le vostre ricette preferite e adesso è disperato perché non sa più a chi preparare gli ‘gnocchi al gorgonzola o alla romana’.
Anch’io soffro, sai?
Ma per mia sfortuna sono molto Aquario e perciò mi ritiro in me stesso ancora più di Scorpio.
Dopotutto, perle e squali li trovi solo in profondità..
Ecco, sono Acquarius di nome e di fatto, perciò leggo e insegno nell’attesa di riuscire a tenderti una mano per aiutarti.
 
E anche se non l’avrebbe mai ammesso, ad Acquarius un po’ dispiaceva di vedere Gregorio così triste. Ma, si dovette confessare mentre con un elegante gesto si ravviava la camicia leggermente sgualcita dal vento che quel giorno soffiava impetuoso, che altro avrebbe potuto fare? Non era mai stato nelle sue corde di sorridere calorosamente e di aiutare il prossimo in maniera aperta, piuttosto avrebbe continuato ad andare su e giù per praticamente tutto il Grande Tempio finché Gregorio non avesse deciso di risollevarsi e di riprendere a sorridere. E silenziosamente, pregò affinchè quel giorno non fosse lontano.
 
Ricordo il sorriso caloroso e imbarazzato di te quando ti regalai quel mazzetto di fiori ‘per il piacere che mi da’ la tua vista’ mentre Fish (quell’antipatico! Primo o poi lo friggerò come un pesce, sì sì..) ti regalava un mazzo di rose bianche e rosse delle lunghezza esatta, senza spine, colte al punto giusto.. lo so, avrei dovuto impegnarmi di più, ma non sono mica il Cavaliere delle rose io, sono al massimo quello del Sagittario e quei fiori che ti portavo racchiudevano tutto ciò che potevo darti, magari era poco ma era raccolto con fatica e impegno solo per te.
Comunque..
No, niente. Solo..
Mi dispiace che tu non ci sia più qui, eri così innocente e ingenua nella tua bellissima giovinezza che me ne sono invaghito come un ragazzo che all’improvviso, scappato per cercare una capra smarrita, veda dinanzi a sé una ninfa silvana danzare. Gli altri dicono ‘ma non ti vergogni? Insomma, hai trent’anni e lei quindici..’ ma ho passato metà di questi trent’anni da morto e in qualche recesso della mia anima ero ancora un quattordicenne quando ti vidi per la prima volta, chi lo sa...
Chi lo sa..
 
Micene aveva pianto calde lacrime quando Marta era morta, come tutti del resto, ma non era riuscito ad affezionarsi anche al fratello a differenza come esempio di Cancer, Mur, Capricorn o Acquarius; Taurus provava una simpatia molto forte ma niente di più per entrambi, soprattutto perché gli apparivano più come ragazzini che come ragazzi con cui parlare seriamente. E ora, da sole nel silenzio confortante della sua stanza, poteva ammettere sereno che non s’era innamorato di Marta. Ma ciò nonostante, pensò mentre chiudeva gli occhi e stringeva i pugni impotente, non gli impediva di addolorarsi per la sua scomparsa. 
 
Non so se conosci Munthe, non so se conosci la mia terra o semplicemente qualcosa del mio mondo ad esclusione dell’Ikea. Mi sarebbe piaciuto farti conoscere il linguaggio segreto dei fiori e accrescere così la tua sapienza, la tua bellezza. 
Sì, mi piacevi e ti corteggiavo perché eri bella e io mi sono sempre sforzato di trovare la bellezza dappertutto. 
 E tu e tuo fratello eravate magnifici.. 
Parlo al passato anche per lui perché non è più lo stesso di prima. Perfino la luce maligna dei suoi occhi ora è scomparsa, sostituita da un grigiore opaco che offusca ogni cosa di quell’anima un tempo così brillante..
Sapevi cosa sarebbe accaduto?
Sapevi cosa avrebbe provocato la tua caduta?
O hai semplicemente giocato al guerriero senza averne le conoscenze?
Rispondimi, Marta!
 
Mi dispiace. 
Mi dispiace perché non ti potrò omaggiare più, perché la tua bellezza non rischiarerà più questa valle piena di tante cose ma non della bellezza della giovinezza pura, perché anche tuo fratello ora si è come spento, perché ora che te ne sei andata mi sono sorpreso a piangerti con un dolore che non ricordavo.
In Svezia avrei voluto congelare una rosa e spedirtela. Qualche volta di notte pensavo con un sorriso ‘quando si sposerà le farò io il bouquet, così la mia bellezza e quella delle mie rose saranno debitamente riconosciute al confronto con quella di una qualunque rosa da negozio.’ 
E adesso, adesso che mi sorprendo a cercarti, mi rendo conto che non potrò farti il bouquet perché non ti sposerai neanche. 
Fish socchiuse gli occhi e suo malgrado una lacrima macchiò lo splendore rosaceo della sua candida pelle. “Che senso può avere la perfezione se manca il cuore? Che senso avete voi se non avete un cuore che batte? Anche lei era bella, ma a differenza vostra aveva un cuore, una risata, uno spirito vivace e un po’ carogna.. voi invece siete solo delle piante.” Terminò mentre stringeva uno stelo così fortemente che le spine gli penetrarono a fondo nella pelle e gli lacerarono il polso delicato come quello d’una fanciulla. Le rose dondolavano pigre al vento dell’inverno mentre le altre fiorivano indisturbate dentro una serra di vetro spesso vicino alla casa. 
Le rose fiorivano e avrebbero continuato a fiorire, ma non avrebbero mai riso con tono squillante come soleva fare Marta certe volte. Fish chinò la testa e lasciò andare lo stelo dalla mano martoriata su cui il sangue dipinse qualcosa che nelle sua immaginazione parve raffigurare un delicato volto di fanciulla.
“Marta..”

 

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Capitolo 5
*** Intermezzo III ***


Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una cuna dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: intorno al tuo lettino c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
 
 E Gregorio vide con stupore la pioggia smettere un giorno di cadere per lasciar posto ad una neve friabile e leggera, pioggia che si mascherava da neve come già una volta aveva visto in Italia. La filastrocca ch’egli quello stesso pomeriggio aveva recitato a Kiki con grande sforzo gli tornò in mente e con suo sottile divertimento la recitò scioltamente davanti a quella neve un po’ birichina che ora scendeva a coprire le scalinate di marmo bianco e a preparare un bianco Natale come con una spolverata di zucchero a velo sulla torta. 
“Buon Avvento.. sorellina.”
 
Quell’anno il Natale giunse in ritardo, almeno in fatto di meteo: iniziò a nevicare infatti solo verso il ventiquattro dicembre, giusto in tempo per il Natale. Cancer per l’occasione passò tutta la giornata da Mur a parlare con Kiki e Gregorio insieme a Capricorn, Fish, Acquarius e Taurus che aveva approfittato dei fornelli praticamente intonsi per preparare un pranzo di gala con tutte le regole mentre Gemini e Kanon rimanevano nella loro casa, Micene andava a casa di Ioria, Virgo rimaneva impassibile in quanto buddhista, Dhoko rimaneva a casa sua ai Cinque Picchi insieme al suo allievo, Scorpio restava nella sua casa e Athena spendeva l’intera giornata in qualcosa di assolutamente poco consono al suo ruolo: stesa comodamente su un divano ampissimo con una vestaglia di lana calda e una serie di biscotti, dolcetti vari e panini per eventuali ‘morsi della fame’ mentre guardava film natalizi e si commuoveva come una bambina dinanzi al lungometraggio di ‘Canto di Natale Disney’.
Sì sì, molto divino, molto. Proprio un esempio eclatante di dignità e classe degne di Athena; dea che era peraltro molto seccata da come la sua incarnazione avesse lasciato completamente andare ogni controllo del culto, a cominciare nel ‘700 per finire nel presente. Culto ormai decaduto pure al Santuario di cui l’esempio più stupefacente era appunto l’introduzione di quel cristianesimo dentro le (teoricamente) sacre mura di Athena. Bah, misteri degli uomini, riflettè detta dea mentre osservava sconcertata le quantità di cibo e film che la sua incarnazione era rispettivamente in grado di mangiare e vedere. 
 Sion invece trascorse la giornata leggendo una Bibbia e decidendo che alla fine tutti gli dei avevano qualche zamp – (pardon, mano) in questo orrore di mondo accese un cero davanti ad un Cristo in croce grande come la sua mano situato nell’angolo di una finestra.  
“Buon Natale, chiuque tu sia.” Gli augurò alla fine.
 
 Alla Prima Casa intanto, tra le proteste di Fish che si era orgogliosamente professato protestante, tutti gli altri avevano intonato un canto alla Madonna veramente ammirevole, considerando le possibilità che avevano avuto di apprendere canto e la personale eccellenza in detto campo. Finché alla sera, proprio mentre Taurus decideva di imbandire la cena, Gregorio non chiese se poteva cantare un canto italiano natalizio e gli altri decisero di sì. Gregorio allora cantò, egregiamente sostenuto da Cancer, “Astro del ciel” mentre Capricorn ricordava con un dolce sorriso sua madre che accarezzandogli la testa gli preparava il regalo. “Feliz Navidad, mi tesoro.” 
“Feliz Navidad, Marta.” Augurò mentre levava silente il calice pieno di vino alla luce calda e accogliente del lampadario. E come se le sue parole l’avessero evocata, gli parve ad un tratto di vederla sorridere e agitare felice la mano nell’ombra scura solo debolmente illuminata dalla luce che fuoriusciva dalle finestre.
 Fuori la neve ricopriva come uno strano tappeto il marmo e a Capricorn venne naturale chiudere gli occhi e sorridere. “Feliz Navidad.” Ripetè mentre il dolore ormai sbiadito ricopriva di nuovo i suoi occhi verdi come lo smeraldo.
 
Venne e passò la settimana dopo Natale, venne e passò il Capodanno che ognuno visse a modo suo, venne e passò il primo gennaio, venne e passò pure febbraio e la Quaresima fino alla Domenica di Pasqua: domenica in cui Cancer poltrì fino a tardi, Capricorn portò Gregorio, Taurus, Fish e Acquarius alla messa cattolica mentre gli altri si recavano a quella ortodossa; inutile raccontare le proteste di Fish e la sua ferrea decisione di non partecipare a qualcosa di cattolico (piuttosto la morte!) al che Cancer, miracolosamente svegliato dal ‘gentile’ trattamento di Taurus (consistente in un sonoro urlo nelle orecchie che lo aveva fatto balzare fino al soffitto dalle coperte in cui era raggomitolato peggio di un gatto, più o meno come un pupazzo a molla) aveva scrocchiato felice le nocche e aveva risposto con tono mellifluo: “Oh, questo è fattibile.” Tale risposta era stata immediatamente seguita da una rosa comparsa chissà come nelle mani di Fish e da una gentile pacca di Taurus sulle spalle di entrambi per rispetto alla messa che si stava svolgendo.”Dopo una pacca simile, sputi anche i polmoni.” Dichiarò inacidito Cancer dopo suddetta pacca e prima di inginocchiarsi rispettosamente sull’inginocchiatoio per pregare che al pesciolino venisse un cancro terminale devastante – no dai, dopotutto era anche simpatico se teneva la bocca chiusa, restava fermo e si faceva infilzare senza problemi.. a questo punto s’immaginò Fish legato e imbavagliato su un bastone sopra un fuoco che lui faceva sadicamente rigirare nell’attesa che il detto fosse ben cotto. Avrebbe dovuto munirsi di limoni, sul pesce va il limone, poi un pizzico di pepe, sale e cuocere finché la pelle non si stacca a brani.
 Come se avesse indovinato ciò che pensava, Fish fece cadere una rosa con noncuranza al posto di Cancer che divenne rosso in viso non appena si sedette e come un bambino gliela tirò di nuovo. Queste monellerie che mal s’addicevano a guerrieri spietati com’erano (ma soprattutto in chiesa) vennero fermamente represse da Acquarius che espanse impercettibilmente il suo cosmo e congelò rosa e piedi dei contendenti che lo fissarono male, subitaneamente rabboniti dalla pacca di Taurus sulle spalle che per poco non gli fece davvero sputare un polmone; quello restante s’intende. 
 Sulla via del ritorno Mur salutò cortese come al solito i due contendenti e si mise comodo a cucinare qualcosa, validamente supportato in questo da Taurus che aveva appunto imparato una nuova ricetta spagnola di cucina tipica pasquale. Mentre rilassato usciva per prendere una boccata d’aria pulita (ma d’altra parte era anche colpa sua se in cucina non ci si poteva proprio stare, insomma quante volte Taurus gli aveva detto di pulire il forno?) vide avanzare lungo la via una figura snella e avvolta in un lungo velo azzurro chiaro che nascondeva a modo di sciarpa il volto e i capelli: senza esitare Mur si frappose fra la casa e la sconosciuta. “Chi sei-“ ma la domanda gli morì in gola non appena riconobbe i capelli marrone scuro venato d’oro rosso di Marta.
Marta che ora lo stava fissando incredula e felice, come chi ritrovi un vecchio amico in modo del tutto inaspettato. “Mur?” domandò mentre svolgeva il velo in modo che ricadesse morbido sulle spalle e non più sulla testa. E Mur riconobbe all’istante e senza esitare la voce ora stranamente distaccata di Marta. “Marta.. I am Mur. What do you do here now? I thought you were dead..” rispose con voce egualmente distaccata senza per questo muoversi dal suo posto. Davanti a lui Marta sorrise e sia pure con evidente sforzo riuscì a controllarsi. “Mur, I don’t know how I survived or if I am born again, but I am here. I live, Mur, I am alive!” Marta sorrise e incredula mosse alcuni passi verso Mur prima che scorgesse dei capelli ben noti fare capolino da una finestra. Subito il sangue le corse al volto per poi defluire bruscamente e a Mur parve per un istante di avere di fronte un cadavere tanto fu bianca la sua tinta. Poi Marta corse e come un razzo irruppe nella sala dove tuti stavano festeggiando, si fermò di fronte al fratello esterrefatto e lo guardò follemente felice. “Gregorio! Oh Gregorio, sono così contenta di essere di nuovo qua!” Gregorio era stretto a tal punto dalla sorella che ad un certo punto mosse la testa e disse: “Piano, non respiro!” e tutti si feero scappare una risatina per via della battuta che era identica a quella di Timon nel ‘Re Leone 3.’ Poi finalmente Marta lasciò andare il fratello e si voltò verso la platea ammutolita dei cavalieri. Con un sorriso incerto mosse due passi innanzi e poi si fermò, come a domandare il permesso di parlare. “Io non so come sono finita qui, se sono rinata o semplicemente in qualche modo sono sopravvissuta, ma.. “ deglutì e avanzò decisa verso il centro del salotto mentre gli occhi di tutti le si incollavano addoso. Prese un profondo respiro e sorrise dolcemente.
“Ma sono tornata, dai morti o da altro non so dirvi. “
Cancer fu il primo a farsi avanti e come trasfigurato abbbracciarla forte e sussurrarle paternamnete “Mischina, nun ti vergogni un poco di ciò che c’hai fatto provare? Ti vogghiu bene, ciaravedda.” Disse accentando l’italiano che parlava in maniera più forte del solito. Poi vennero tutti gli altri e ognuno salutò Marta a modo suo. 
E a tutti parve che come Cristo anche Marta fosse a modo suo resuscitata.
 
Il tempo riprese il suo corso e il dolore pesante come piombo che aveva appesantito tutti loro venne cancellato in un istante dalla gioia di averla ritrovata. Gregorio tornò a vivere alla Quarta Casa con Cancer e Marta, Capricorn riprese a scroccare regolarmente il pranzo, Acquarius continuò ad insegnare francese a Gregorio e Taurus riprese a invitarli a pranzo, specie la domenica mentre Fish e Micene smisero di corteggiare Marta, il primo perché si era accorto che le dava fastidio e non voleva deturpare la sua bellezza facendola arrabbiare, il secondo poiché proprio come un quindicenne l’invaghimento era passato. Atena decise che, dato che gli Dei Gemelli erano stati sigillati e altre minacce non ne si vedevano, si poteva considerare la loro situazione una situazione di pace ma con possibili capovolgimenti bellici. In sintesi, come spiegò poco elegantemente Cancer mentre sbranava un’innocente mela, vivevano in pace ma potevano ogni giorno svegliarsi immersi nel letame. Ma detta situazione non si avverò e alla fine perfino il suddetto Cancro pessimista decise che’ una rondine non fa primavera’, ergo poteva tranquillamente rilassarsi e badare solo con mezzo occhio alle due P.C.A. 
 Una mattina rovente di fine marzo, rovente per essere marzo e rovente soprattutto per i due ragazzi non ancora abituati al clima, Cancer e Mur decisero di sfidarsi in un amichevole scontro d’allenamento. Inutile aggiungere che a quelle parole sia Marta che Gregorio e per par condicio anche Kiki avevano sgranato gli occhi, brontolato che qualcuno si sarebbe rotto di sicuro le ossa e infine preparato i pop - corn da mangiare manco fossero al cinema.
 In effetti era ancora meglio, pensò Marta mentre masticava vigorosamente una manicata di pop - corn e Kiki urlava: “Vai forte, fratellone!” seguito da Gregorio che rideva apertamente finchè non si sbilanciò e cadde addosso a Marta che a sua volta fece un bel volo di schiena per atterrare pesantamente in mezzo allo spiazzo dove Cancer con un malefico ghigno aveva appena lanciato il suo colpo. Subito l’espressione vittoriosa e sicura di Cancer si tramutò in una smorfia di orrore e spasmodico desiderio di salvarla, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Marta era già sparita dentro un nugolo di polvere grigiastra che al solo vederla evocava l’Ade. Gregorio e Kiki si guardarono sconcertati e affranti mentre Mur chiudeva gli occhi per poi aprirli bruscamente e vedere Cancer smaterializzarsi in un nugolo di polvere dorata. “E adesso?” chiese titubante Kiki al fratello che sospirò: “Adesso aspettiamo.”
 
 Marta si tirò faticosamente in piedi e tossì per poi guardarsi sconcertata intorno: il suolo era grigio scuro con vaghi toni di marrone scuro, il cielo era inquietantemente blu scuro che giungeva quasi al nero, l’aria era pesante e acre senza un refolo di vento, come una stanza rimasta troppo tempo chiusa. Poi alzò gli occhi e er poco non gridò orripilata: dinanzi a lei c’era una lunga fila di ombre verde – acqua che camminavano senza espressione verso una specie di enorme vulcano. “La Bocca di Ade..” mormorò portandosi lentamente le mani al volto mentre gli occhi le si sgranavano come i fagioli. “E adesso?” si chiese prossima al panico prima che la sua attenzione fosse attirata da uno strano scintillio dorato che come uno spiritello spuntava da dietro una roccia. Incuriosita, mosse esitante e dubbiosa qualche passo innanzi e vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettata: un luogo desolato (non che il primo fosse tutta ‘sta allegria, comunque) costituito interamente di ghiaccio sotto cui poteva vedere delle ombre dal vago alone dorato che rimaneva fisso e che appena lei giunse vicino sembrò palpitare. Allungò incerta la mano, più per trovare un appoggio che per altro, ché le gambe cominciavano a venirle meno, ma trasalì udendo la voce amara e preoccupata di Cancer imprecare ansiosa nella sua ricerca. Per lo spavento cadde per terra e la mano urtò violentemente contro una pietra con un leone sopra che subito sembrò ritrarsi e all’improvviso esplodere. Con un grido di terrore Marta tentò di raddrizzarsi ma scoprì che le gambe tremavano e non riuscivano assolutamente a sorreggerla; assistè quindi all’inconsueto spettacolo delle altre quattordici pietre che s’illuminavano e esplodevano rivelando delle sagome (umane? non sembrava) se non altro vive. Al suo fianco percepì tutto lo stupore e lo sconcerto di Cancer a cui istintivamente si aggrappò come ad un padre. Poi udì qualcosa rabbrividire e quando alzò gli occhi vide altre otto persone guardarla con occhio vacuo che all’improvviso si riempì di colore e vita. Con un grido Marta retrocesse precipitosamente  e nascose il volto nell’armatura di Cancer circondandogli la vita con le braccia mentre udiva la sua esclamazione di sorpresa e percepiva il suo sguardo affilarsi come Excalibur. Poi udì solo un tonfo sordo come un corpo che fosse caduto per terra pesantemente e rialzando cautamente gli occhi ora timidamente aperti vide Gregorio fissarla esterrefatto, Kiki a bocca aperta e perfino il placido Mur con l‘espressione perplessa (ad essere maliziosi, si poteva ipotizzare che lo fosse perché era abbracciata – leggi attaccata peggio di una cozza allo scoglio – a Cancer) e per un attimo pensò che i problemi fossero spiegare che razza di paura boia avesse avuto e subire paziente la ramanzina di tutti, compreso suo fratello (che poi era stato lui a spingerla, ma dettagli..) dopodichè udì una serie di tonfi sordi e con un gemito si chiese se quel giorno non fosse per caso un venerdi 13 di anno bisestile durante una guerra.
Voltandosi (e staccandosi da Cancer per meglio sistemarsi al suo fianco, sempre con le mani saldamente inchiodate all’armatura) vide qualcosa di assolutamente imprevisto e al contempo esilarante: una montagna di uomini messi l’uno sull’altro che sbuffavano e si spintonavano per uscirne, comprese sette o otto ragazze con l’espressione assolutamente seccata. Poi finalmente una ragazza che sembrava Isabel emerse con fatica da quella montagna che sembrava l’inizio de ‘L’Hobbit’ e con disinvoltura chiese mentre si spostava una ciocca dall’occhio: “Buongiorno, è questo il Grande Tempio? Manigoldo, non ti facevo così cafone da arrivare prima- “ uno sbuffo l’interruppe e un altro personaggio uscì dalla montagna che piano s’iniziava a disfare. “Innanzittutto moderi il linguaggio, Divina Athena- “ “Io non sono un cafone-“ “Basta!” strillò Marta prima di correre dal fratello, sedersi e ingoiare ‘a scopo terapeutico, certo’ i pop – corn del suddetto per poi tacere e farsi piccola quando lo sguardo di Cancer, uno alto dai lunghi capelli grigi e una veste bianca come Sion, la nuova Athena e uno che sembrava il fratello gemello di Cancer fissi minacciosamente su di lei. “Ahem.. volevo ben dire.. insomma, chi siete?” domandò con un filo di voce mentre pregava che fosse il suo giorno fortunato e intanto imprecava contro Ade, Ares, Zeus e tanti altri (che male non gli fa di certo, visto quanto baccano creano pure adesso..). Mur s’avvicinò perplesso a quello dai lunghi capelli grigi e fece per dire qualcosa, ma l’interruppe concitato Cancer mentre si avvicinava minaccioso al fratel – ehm, a quello lì. Marta chiuse gli occhi e sgattaiolò lesta all’indietro seguita da Gregorio e Kiki prima di bloccarsi contro la tunica frusciante di Sion che fissava ad occhi stranamente lucidi il vecchio dinanzi a lui e tutti gli altri, perfino il gemello di Cancer che s’era bloccato e ora incredulo lo guardava. “Che ti dissi quel giorno Sion? ‘Forse un gjorno sarai tu a sedere su questo trono..’ vedo con piacere che tale profezia si è pienamente realizzata.. Grande Sacerdote- “ “No, perdonatemi ma voi siete il Grande Sacerdote, illustre Sage.” “Ehi! E a me niente?” con un balzo il gemello di Cancer s’era mosso e ora stava dinanzi a Sion con un allegro sorriso sul volto. “Sion Grande Sacerdote? Ahaha, questa è veramene buona. Vedi che avevo ragione quando quel giorno dissi ‘il resto spetta a voi’? Ahaha-“ “Manigoldo, adesso taci.” Gli ingiunse con tono severo Sage mentre s’avvicinava a Sion e guardava severo il fratello di Cancer alias ‘Manigoldo.’ Marta, Gregorio e Cancer non potevano credere alle proprie orecchie: chi è il disgraziato che chiamerebbe mai suo figlio ‘manigoldo’? Insomma, a questo punto potevano chiamarlo ‘Boia’ o ‘Delinquente’, invece di un banale ‘Manigoldo.’ Bah.. pensò perplesso Cancer mentre vedeva Sion illuminarsi e stringere con affetto la mano di detto Manigoldo; poi un ricordo lontano dei primi giorni d’apprendistato gli ritornò alla mente e piombò nella discussione con fare concitato: “Ehiehei, ma Manigoldo non era il cavaliere del Cancro durante l’ultima guerra? E Sage il.. Gran Sacerdote.. “ Manigoldo annuì con un caloroso sorriso venato di divertimento e rivolgendosi a Sage mormorò: “Accidenti, sapevo di essere famoso, ma non così, nevvero maestro?” Maestro?! Pensarono quasi contemporaneamente tutti tranne Marta e Gregorio che non intendevano il greco ma conoscevano perfettamente (o almeno Marta) la storia. Poi udirono una voce tossicchiare con intenzione e Sage con aria di scuse presentò la ragazza di prima a Cancer e Mur mentre Sion s’’inginocchiava reverente. “Costei è la reincarnazione della nostra dea Athena. Il suo nome è Sasha ed è italiana.” Al che Cancer sgranò gli occhi e aprì la bocca come per dire qualcosa mentre sentiva la canzone ‘Sarà perché ti amo’ rintronare fastidiosamente in testa come un martello; esattamente ciò di cui aveva bisogno in quel momento, pensò mentre Sion lo guardava come a dire ‘perché non t’inginocchi?’ ‘Eh caro mio, io non sono della tua generazione e poi il mio lavoro è proteggere la giustizia, mica sono neo – pagano.. ‘ pensò Cancer mentre malvolentieri poggiava con molta lentezza un ginocchio dopo l’altro a terra, chinava con palese insofferenza la testa e Sage lo guardava storto imitato da tutti gli altri. “Qualcuno mi può dire perchè siamo qui? Insomma, non che fosse un paradiso là sotto, ma un perché?” chiese con voce petulante uno che assomigliava moltissimo a Scorpio mentre uno che assomigliava a Acquarius con gli occhiali lo fissava severo come a rimproverarlo. “Contegno, Cardia, non vedi che vi sono delle persone ignare di ciò che significa il nostro ritorno? Senza dubbio è stata una saggia decisione di Athena-” Cancer tossicchiò e si rialzò nonostante lo sguardo affilato di disapprovazione che gli rifilarono praticamente tutti e si rivolse ai due. “Non esattamente, mentre io e questo qui, allievo di Sion e suo successore all’armatura di Aries di nome Mur, ci allenavamo, suo fratello e due suoi amici assistevano e ad un tratto uno di loro è caduto e per errore è finito nel mio colpo che l’ha precipitato nell’Ade; è possibile pertanto che sia successo qualcosa che non so come abbia portato alla vostra rinascita-“ Chiudi gli occhi, non ha la maschera!” strillò Acquarius (o il suo cosplay, almeno) mentre con un gesto rapidamente faceva voltare il suddetto Cardia e attirava l’attenzione di tutti su Marta che si era nel frattempo voltata. Cancer aggrottò le sopracciglia poi comprese e rise divertito. “Chi, Marta? Ahahah, non credo proprio, non è neanche un’ancella- “ “Cancer!” strillò nel frattempo Gregorio mentre Marta si metteva le mani nei capelli comicamente imbarazzata e Kiki fissava perplesso i quattordici cavalieri ovviamente in armatura ad eccezione di Sage che indossava una tunica simile a quella di Sion, sette ragazze di cui un paio molto giovani e un ragazzo dai lunghi capelli biondi che si guardava intorno spaesato mentre Sasha gli camminava incontro e tutti all’improvviso fecero silenzio. “Se ricordo bene, Alone, eri mio fratello- “ “Non sono venuto per combattere, non vi è più Hades in me. Hai vinto tu, Sasha.” Alone alzò il capo distaccato e sorrise mentre Sasha sbatteva incredula le palpebre per poi abbracciarlo con sincero affetto fraterno; vicino a lei Sage chinò reverente il capo. “Se così è, Sion deve mostrarci la nuova incarnazione di Atena.” Marta guardò Gregorio e s’intesero al volo: “Caro fratellino, comincio a pensare che sia doveroso iniziare a preparare la cena. “ “Ma certo mia devota sorella, senza dubbio è quasi ora.” Il loro scambio di ampollose frasi nascondeva un evidente desiderio di darsela a gambe nel modo più veloce possibile prima che Cancer o qualcun altro li agguantasse per la collottola costringendoli a fornirgli informazioni che non avevano neanche loro. Per loro somma sforuna però Cancer li vide e agguantandoli giustappunto per il colletto gli intimò con aria torva: “Carusi, a casa facciamo due conti.” 
 E Marta e Gregorio deglutirono a fatica mentre s’incamminavano verso la sala delle udienze della Trediceseima Casa dove Isabel e Sasha si sarebbero confrontate per decidere chi sarebbe stato la vera incarnazione di Athena; Marta sperava che la dea non scegliesse nessuna delle due e trovasse un lavoro a tutti, compreso il terzo cavaliere dell’Aquario, tale Krjest che era nato nel 1200, Sage e Hakurei, due gemelli del Jamir con le stesse sopracciglia di Mur. Mentre attendevano e Cancer li fulminava con lo sguardo, Marta si fece due conti mentalmente e risultò che inavvertitamente aveva riportato in vita quattordici cavalieri d’oro, tecnicamente Hakurei era d’argento, sette ragazze tra cui una fioraia di nome Agasha, una ladruncola di nome Gioca, una ex (forse) specter di Hades di nome Mia (un nome del cavolo..), una vecchia compagna d’allenamento del cavaliere del Capricorno ovvero El Cid chiamata Mine (un nome ancora peggio dell’altro.. non che Gioca fosse tutto ‘sto granché comunque..), la principessa di uno stato sperduto al Polo Nord di nome Seraphine (ma una normale no?!), ovviamente la precedente reincarnazione di Athena che pareva tale e quale a Isabel ma sembrava avere un po’ più di cervello, un cavaliere d’argento (ma non si chiamavano Sacerdotesse – Guerriero?) di nome Yuzuriha con un’armatura veramente orribile che copriva perfettamente le lunghe gambe affusolate ma non il resto, un paio di shorts e una maglietta nel più puro stile Sacerdotesse – Guerriero (una stoffa aderente e pure provocante: Atena e il buongusto non andavano d’accordo), la vecchia incarnazione di Ade (pure lui?) che era Alone (occhi di cielo, capelli di grano e sguardo dolce che il miele al confronto era un blocco di granito nero).. uhm, ah sì, pure quell’.. antipatico (ripieghiamo sulla cortesia – velata ipocrisia) di Tenm-, no per fortuna il cavaliere di Pegaso del ‘700 era morto e rimaneva tale; ci mancava solo un’altra serie di ‘ma questa è la mia armatura!’ ‘cretino, non vedi che è diversa?’ che s’erano scambiati Manigoldo e Cancer. Proprio miele e zucchero.. le sue riflessioni furono interrotte da Isabel che spalancò la porta e con sguardo fermo osservò tutti i cavalieri di fronte a lei mentre al suo fianco Sasha si stringeva nel mantello cercando evidentemente di convincersi che non faceva freddo. “Cavalieri- ” a Marta venne in mente l’inizio del video di Nanowar of Steel ‘Feudalesimo e Libertà – Inno’ “io e Sasha abbiamo convenuto che sia più conveniente per tutti voi dividervi equamente le rispettive case e ristabilire il Gran Sacerdote Sion come tale e nel caso che abbia bisogno di sostituto vi saranno Sage e Hakurei a consigliarlo; l’atipico caso di Krjest, cavaliere di Aquario del milleduecento, ci costringono tuttavia a consigliare Acquarius e Dègel, attuale e precedente cavaliere di Aquario, di accoglierlo fraternamente così come si conviene ad un fratello d’armatura e d’arme nella loro casa. Quanto alla principessa Seraphine, se così desidera può alloggiare con agio alla nostra casa mentre il nostro cavaliere Yuzuriha della Gru può scegliere se vivere presso la Prima Casa o presso di noi. In entrambi i casi saremmo egualmente felici della sua scelta. Per quanto riguarda la fanciulla di nome Agasha, può decidere se continuare il suo mestiere di fioraia, magari supportata in questo dal nobile Fish, o cambiarlo. Mine, desideri tu continuare il tuo addestramento o preferisci lasciarlo?” Mine arrossì e cercando di non guardare El Cid replicò convinta: “Chiedo un po’ di tempo per riflettere, mia dea, ma credo che la mia risposta sia positiva. “ Isabel sorrise benevola e le tese una mano che Mine baciò devotamente. “In tal caso, il tuo maestro sarà El Cid.” Voltandosi poi verso Gioca, una ragazzina dai corti capelli neri con vaghi riflessi blu - verde che si nascondeva torva presso Manigoldo, Isabel alzò una mano per aggiustarsi il colletto prima di incominciare a parlare. “Gioca, nobile figlia dell’acquea Venezia e custode della Maschera dei Guardiani dell’Isola della Regina Nera, desideri tu addestrarti per meglio controllare il tuo potere?” Gioca fece guizzare gli occhi come un serpente alla ricerca di quelli di Manigoldo che annuì rapidissimo per poi assumere una posa più rilassata. “No, ma vi ringrazio di cuore per la proposta.” Marta sorrise e deglutì: finalmente una che parlava in maniera normale! Isabel sbattè le delicate ciglia per poi annuire grave e rivolgersi finalmente ai cavalieri: “In quanto attuale reincarnazione, io rappresento Athena in terra; tuttavia, così come è stato deciso per Sion e Sage, in caso di bisogno Sasha potrà rappresentarmi. La decisione è stata presa nella speranza che solo i presenti lo sappiano, né desideriamo che altri lo vengano a sapere. “ ‘E una cosa così la sbandieri ai quattro venti? E meno male che sei la dea della strategia!’ pensò Marta mentre si poneva un dubbio atroce: lei e Gregorio sarebbero rimasti alla Quarta Casa? Come se l’avesse sentita, Isabel aggiunse: “ Ovviamente, data la sua decisione, Gioca rimarrà al Grande Tempio insieme ai qui presenti Marta e Gregorio alla Quarta Casa.”
‘Zeus, se ci sei fulminala. ‘ pensò disperata Marta mentre come morsi da un serpente Cancer e Manigoldo si voltavano inviperiti.
“E io dovrei stare con questo qua?”
“E io dovrei stare con questo qua?”
 Cominciamo bene, gemette Gregorio mentre involontariamente gli cadeva lo sguardo su Gioca. Manigoldo no, però lei era anche carina.
 
 L’inizio si rivelò veramente disastroso: Mur si trovò di fronte la sera stessa Gemini e Kanon con uno zaino pieno di viveri, un fornello da campo, una tenda e gli occhi iniettati di sangue per via di ‘Maschera di Ferro’ e ‘Il demone’, simpatici nomignoli per designare Aspros (nome che significava ‘bianco’, complimenti alla madre per la fantasia) e Defteros (che significava ‘secondo’, anche qui complimenti alla madre), entrambi uguali proprio come Gemini e Kanon (i capelli erano blu scuro, gli occhi idem, la corporatura era pressoché uguale), ma Defteros doveva portare una maschera di ferro per non meglio precisati motivi. Taurus si trascinò disperato fino alla Prima Casa (tanto Mur non aveva nessun predecessore in casa) in quanto Rasgado lo aveva sfidato a gara per chi mangiava di più e ora doveva cucinare altro perché la sua smisurata dispensa era completamente vuota. Ioria si ritrovò un ragazzino di nome Regulus dagli inquietanti occhi dalla pupilla verticale come i leoni in casa proprio mentre Castalia pareva incline ad accettare le sue avance (e meno male che non era resuscitato pure il padre, tale Ilias! Ma non era che lo volevano morto e avevano ideato ciò per attuare i loro biechi propositi?) a cui dovette cedere pure la biancheria intima in quanto il suddetto aveva solo l’armatura e pochi vestiti peraltro molto fuori moda; non che Ioria fosse un fanatico della moda, però il tricorno con la parrucca non rientrava esattamente in ciò che vedeva tutti i giorni ad Atene. Virgo si ritrovò in casa uno biondo come lui ma purtroppo veramente cieco che meditava tutto il tempo (in sintesi al massimo gli contendeva il titolo di guru) e che non aveva il bonus del Buddha (tiè!); tra tutti, escluso Dohko che viveva felicemente da solo, era quello con più fortuna. Scorpio invece ebbe come coinquilino un tale malato di cuore che mangiava solo mele e che sembrava vagamente psicopatico (e se lo diceva lui..); Micene era ovviamente in coppia con Sisifo, zio di Regulus e che (ahem!) provava una ‘lieve simpatia‘ verso Sasha. Alla faccia della lieve simpatia, pensò Micene non appena lo vide fissare con occhio incantato Sasha che a sua volta arrossiva non appena lo vedeva. Capricorn invece si trovò bruscamente in casa El Cid e Mine che pur sembrando due esseri simpatici erano in realtà due samurai della peggior specie: asceti convinti e interamente dediti al dovere che lo rimproveravano pure per una misera torta al limone brutalmente scopiazzata da Marta (in realtà pandispagna, ma soprassedere non ha mai ucciso nessuno) per non parlare dei loro orari impossibili: sei del mattino sveglia che manco dal militare (insomma era un cavaliere d’oro, se voleva dormire un po’ erano pure affari suoi, no?!) e andare a dormire alle otto e mezza di sera. Acquarius invece si trovò all’improvviso con tre persone in casa: Dègel (che leggeva continuamente e disponeva i libri in ordine di copertina, autore e data di uscita), Seraphine (che avrebbe potuto andare da Athena ma che era rimasta lì) e Krjest, impassibile essere congelato che passava il tempo a allenarsi e sbafare gelato in una maniera vergognosa. Veramente magnifico, disse un giorno a Fish che lo guardò con occhi di brace e strillò: “E io che dovrei dire? Ho una fioraia che devo aiutare a coltivare fiori altrimenti Athena mi spacca la testa!”
Finché un giorno, più o meno una settimana dopo, Cancer non indisse una riunione. Il motivo del perché proprio lui era semplice: da due (piccole, quasi sopportabili) P.C.A. era passato a una ragazza (uhmm.. vaabbene, ragazzina) che lo guardava storto ogni momento e un detestabile Manigoldo (se uno parte così siamo già messi bene) che oltre a parere il suo gemello era pure insopportabilmente simpatico (beffardo per non dir di peggio, ma comunque simpatico) e per di più con la reputazione di scavezzacollo ma in generale buono; in sintesi, non aveva tradito Athena e non s’era fatto lasciare dall’Armatura; senza aggiungere che Gioca voleva andare in camera con Marta che s’era opposta asserendo che lei stava bene così com’era con il fratello, Manigoldo voleva la sua vecchia camera che guarda caso era quella di Marta e Gregorio, Cancer aveva dovuto suddividere la sua roba e darne metà al suddetto, Marta aveva dovuto fare lo stesso con Gioca mentre Gregorio aveva dovuto regalare alcuni suoi vestiti vecchi (non che ne avessero molti, lui e la sorella) a Regulus dato che era un quattordicenne e nei pantaloncini di Ioria non ci stava.. insomma, dire che la resurrezione aveva provocato non pochi problemi non era del tutto falso, semmai era fin troppo vero.  
 Era una magnifica sera di fine marzo e Cancer era seduto alla finestra della sua camera attendendo in silenzio che fosse ora di andare alla riunione che era stata fissata alla casa di Virgo; essendo la sesta era a metà e nessuno avrebbe detto che c’erano favoritismi (anche perché Virgo e Asmita non si davano alcun fastidio.) La voce fastidiosa di Manigoldo gli trapanò le orecchie e imprecando si avvicinò lesto al salotto dove si fermò esausto per vedere Manigoldo parlare animatamente con Gioca, Marta e Gregorio che lo fissavano perplessi. Con occhio allucinato, Cancer s’infilò in silenzio la camicia e una leggera sciarpa, salutò con sguardo esausto i quattro e corse alla sesta casa dove lo attendevano tutti gli altri dodici.
Appena arrivato constatò con sollievo che tutti gli altri erano già arrivati e che quindi poteva iniziare la riunione. Fish si sedette giocherellando pensoso con una rosa, Acquarius sorseggiando un bicchiere di vino francese (ma una cosa normale no?), Micene masticando nervosamente una caramella alla menta, Ioria con il telefono pronto a chiamare Castalia per un caffè (tanto era solo la millesima volta che tentava di farsi dare il suo numero di telefono..), Capricorn con un sacchetto di bomboloni alla crema che masticava velocemente e subito ingoiava felice, Scorpio che si rimirava soddisfatto le mani ben curate, Gemini e Kanon con un thermos ciascuno di caffè spesso (all’italiana invece di quella brodazza greca) e lui stesso che succhiava una gelèè alla frutta come uno scoiattolo con una nocciola. “Allora, chi- “ “Iniziamo per ordine zodiacale: Fish.” Ordinò con gli occhi in fuori dall’esasperazione Gemini mentre Kanon addentava un innocente bombolone della riserva segreta di Capricorn. “E Mur e Taurus?” “Loro non verranno, Mur perché non ha nessun problema e Taurus perché si divide equamente la dispensa con Rasgado e ha risolto tutti i suoi problemi.” Aggiunse Fish con tono pedante. “Ordine zodiacale?” domandò Capricorn come per assicurarsi definitivamente della risposta e Acquarius annuì convinto. “Lo scopo di questa riunione è trovare una soluzione ai seguenti problemi. Fish, incomincia.” Ordinò Cancer mentre si palpava nevoso la tasca con dentro una bottiglietta di zibibbo. “Orbene, io mi ritrovo in casa tale Albafica dei Pesci, e il primo che ride lo strangolo, e una fioraia di nome Agasha. Come sapete tutti, per ordine della dea Athena io sono praticamente costretto ad aiutarla mentre il suddetto Albafica vorrebbe strangolarmi in quanto innamorato della ragazza ma impossibilitato a dichiararsi per via del suo sangue velenoso che potrebbe ucciderla.” Cancer alzò la mano da bravo studente.”E che accidenti c’entra il sangue con il dichiararsi?” Fish alzò le spalle e non rispose. “Ma vi lamentate? Io ho due perfetti piccionicini che girano tubando per casa ma quando s’incontrano non sanno dire altro che ‘oh nobile Dègel, vi trovo in perfetta forma’ ‘oh nobile Seraphine, vedo con piacere che state bene.’.. un po’ di vitalità, per Giove Pluvio!” esplose Acquarius con gli occhi di fuoco mentre Scorpio ironizzava: “Detto da te è veramente il colmo-“ “Silenzio!” urlò Gemini per poi ingoiare un’altra tazza di caffè. “Allora, voi vi lamentate di quei due ma io che ho due asceti in casa cosa potrei dire? Questa Mine è chiaramente innamorata di El Cid ricambiata, ma entrambi non si filano se non per dire ‘sei migliorata, brava.’ Capisco tutto, ma almeno lasciatemi mangiare in pace senza questo amore latente che fa venire veramente il diabete! “ “Già, per non parlare di Krjest che s’allena tutto il giorno e quando rientra mangia gelato come se fossimo ai tropici!” continuò acido Acquarius mentre Capricorn si scaldava. “E l’altro giorno quando sono riuscito a cucinare un pandispagna del cavolo, ecco arrivare quei due che dicono con sguardo severo ‘sei tu un cavaliere? Vergogna, dovresti essere ad allenarti per risvegliare la vera Excalibur e invece mangi una misera, incredibilmente povera, bieca TORTA!’ Sì, ma almeno sono felice non come voi antipatici che vi guardate solo per farvi i complimenti quando in realtà siete cotti l’uno dell’altra!” terminò mentre Micene sputava un capello che gli era entrato in bocca assieme alla caramella. “Già, per non parlare dei miei coinquilini! Questo Sisifo parla tanto di onore, di rispetto delle regole, di amore per la giustizia ma poi quando vede Athena alias Sasha diventa rosso paonazzo e la guarda come un affamato guarderebbe una tavola riccamente imbandita! Ma dirglielo no, perché lui è un fedele cavaliere di Athena e si porterà il suo segreto nella tomba.. seee, voglio proprio vedere se raggiunge l’indomani senza sospirare d’amore almeno una volta!” sputò velenoso Micene mentre Scorpio sbadigliava e Fish ridacchiava. “Ah beh, vedo che fra tutti io ho trovato uno ancora ancora normale. Questo Cardia mangia solo mele, è malato di cuore e dice che gli resta poco da vivere e secondo me è pure un poco psicopatico!” “Se lo dice lui..” sussurrò Ioria a Cancer che succhiava un’altra gelèè, stavolta all’arancia mentre Scorpio li fissava indispettito. “”E tu, Ioria?” Ioria alzò il capo perplesso. “Io?!”Fish sorrise divertito e accavallò elegantemente le gambe ricoperte alla perfezione da un magnifico pantalone di velluto verde turchese. “Sì, tu. Che ci racconti di bello?” Ioria era così sconcertato che distrattamente rubò una caramella al fratello. “Di bello? E cosa accidenti volete che vi racconti? Questo Regulus è un quattordicenne dagli occhi da gatto, mangia solo roba sana e ogni volta guarda quasi con orrore il caffè, m’impedisce di berlo serenamente, ho dovuto dargli perfino le mutande perché a parte l’armatura non aveva niente!” Ioria si prese la faccia tra le mani e pensò con selvaggio desiderio a una qualunque delle serate prima di quello: Castalia faceva il caffè, parlavano un po’ e poi si salutavano da bravi amici, poiché sebbene lui fosse seriamente ‘cotolato’ di lei, lei lo aveva sempre respinto (e qui verrebbe da dire: “trovatene un’altra!) “Gemini?” chiese incuriosito Cancer chinandosi in avanti. “Noi ci ritroviamo due gemelli in casa che ci assomigliano in un modo dannato, figuratevi che una volta ho scambiato Aspros per Kanon!” dissero all’unisono i due gemelli mentre finivano il caffè e con due occhi gonfi come due zampogne si guardavano l’un l’altro. “E tu, Canc- “ ma non finirono la frase perché Cancer balzò in piedi e con occhi rossi che al confronto Arles era solo un gattino spaventato, urlò: “E io cosa accidenti dovrei dire? In casa mi ritrovo un cavaliere piombato giù come una pera cotta dal cielo, una ragazza che forse è la sua ma non si capisce bene, due pesti che strillano appena li tocchi- “ “ E tu vuoi dirmi che li hai picchiati? Poveri piccoli.” Lo interruppe Fish disgustato mentre Cancer si fermava per riprendere fiato e lo fulminava. “Zitto tu, ventresca, lasciami finire.. e per di più questo qua si chiama Manigoldo!” Ioria sbattè perplesso le palpebre mentre Capricorn cominciava a capire. “Ma manigoldo non significa tonto?” Cancer scosse la testa irritato. “No, significa Boia. Che camurria (seccatura, dialetto agrigentino), lumaca senza corna, essere miscredente, facchino, malarucato..” (facchino in italiano e dialetto siciliano non hanno lo stesso significato, malarucato è l’adattamento di maleducato). Nell’eccitazione del momento Cancer s’era dimenticato il greco e sagrava furiosamente in siciliano frammischiato disinvoltamente all’italiano mentre gli altri lo fissavano sconcertati e incapaci di comprendere. Finché finalmente Cancer non si calmò e come se nulla fosse successo si sedette, guadò l’orologio e sospirando se ne andò. “Ragazzi, io sono stanco, ci vediamo domani.” E piano piano tutti gli altri si diressero alle rispettive case, litigarono con gli occupanti e poi finalmente il velo di Morfeo cadde sui loro occhi.
 
Nei giorni seguenti si verificarono strani incidenti che tanto casuali non parevano: una volta Manigoldo si trovò senza mutande e con tutti i pantaloni macchiati di caffè, una volta Cancer trovò un orrido romanzo melenso fra i suoi amati Sciascia e Pirandello, una volta Ioria rischiò seriamente di venir beccato da Regulus nella doccia, una volta Acquarius esasperato congelò per errore il frigo e Krjest dovette scongelarlo prima di abbuffarsi orrendamente di gelato, una volta Mine trovò nella biancheria delle cimici e urlò spaventata salvo farsi spiegare dall’esausto Capricorn che era perfettamente normale trovare delle cimici nella biancheria se prima non la si era scossa a sufficienza mentre El Cid lo fissava minaccioso attendendo in silenzio di allenarlo ‘amichevolmente’, una volta Fish scoprì per errore Albafica che sospirava languido dietro la foto di Agasha e ci rimise solo metà giardino da ripiantare completamente e ovviamente senza la fioraia che era pure caruccia, una volta Gemini rimproverò Kanon di aver disossato orrendamente il suo povero bagno salvo scoprire che erano stati ‘Il Demone’ e ‘Maschera di Ferro’ i colpevoli, una volta Scorpio scherzò con Cardia sul suo cuore e per poco non ci rimise l’armatura da come era ridotto (una sorta di ‘Johnny prese il fucile’), una volta Gemini scoprì che anche la ex – specter di Ade doveva venire a casa loro per ‘aiutarli nelle faccende domestiche’ in realtà per dialogare appassionatamente di un futuro matrimonio con ‘Il Demone’ (ma io ti facevo schifo? Pensava perplesso Gemini geloso di Aspros mentre Kanon sbavava dietro alla suddetta Mia che tra l’altro era pure una gran bella ragazza.. come si suol dire, piove sul bagnato e Aspros era simile a Cancer con però il bonus del pentimento finale che lo rendeva evidentemente molto attraente), una volta Ioria non trovò più il caffè e al suo posto solo un orribile ‘yerba mathe’ che gli sembrava fieno (lui era un leone mica un cavallo!) mentre Regulus sorrideva soddisfatto e beveva beato quell’intruglio da Apprendista Stregone.. insomma, una serie di problemi che fecero andare sottosopra le otto case (quella di Mur, Dohko, Virgo e Taurus erano serene) peggio di una bomba H. E nonostante Atena, Sasha e Alone stessero benissimo era evidente che gli altri non se la passavano così bene, specie perché tale condizione continuò per molto tempo. Inutile dire che Kanon ci rimise mezzo fegato per un attacco di bile, Gemini cominciò ad andare in giro con gli occhi schizzati fuori dalle orbite e un insistente tic all’occhio sinistro, Ioria a nuotare nel mare come balia al giovane Regulus che nel frattempo s’era pure innamorato di un’ancella e quindi s’era immalinconito, Scorpio saltava su per un qualunque accenno ad aracnidi vari ed eventuali, Micene leggeva Harmony per convincere Sisifo a dichiararsi (siete adulti e vaccinati, affari vostri!), Capricorn si vide costretto a nascondere la magre torte diplomaticamente chiamate ‘scottate’ dietro la pila di T – shirt nel suo armadio (e ciò spiegava molte cose tipo l’odore penetrante di forno che si portava addosso), Acquarius si dedicò alla preparazione di sorbetti che disgustavano Krjest e deliziarono Dègel e Seraphine che trascorsero romantiche serate intenti a parlare e ad imboccarsi reciprocamente con grande disgusto di Acquarius e Krjest, Fish camminava in punta di piedi per evitare di destare i bollenti spiriti di Albafica che lo desiderava ‘corcare de bbotte’ perché una volta lo aveva scorto vicino a (la sua) ragazza che gli stava porgendo un libro sul giardinaggio (proprio un biglietto amoroso, eh..).. 
Poi un giorno di inizio estate Marta scomparve e tutti quei piccoli problemi parvero rivelarsi che ciò che erano: sciocchezzuole che nessun conto avevano rispetto ad altre.
 

 

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Capitolo 6
*** Ricerca e perdita ***


Le ricerche furono organizzate in gran fretta e tuttavia non diedero alcun risultato se si eccettuano l’attacco di depressione di Gregorio, il generale sollievo per avere di nuovo qualcosa da fare e preoccupazione per la misteriosa scomparsa di Marta e l’improvvisa decisione di Athena di considerare il Santuario in stato di guerra. Decisione che venne attuata subitaneamente e che tuttavia non portò cambiamento alcuno. Finché un giorno Cancer non decise di andare nell’Ade per sfogarsi distruggendo qualcosa. E mentre era lì percepì un’aura conosciuta espandersi e ritrarsi, sommersa da un’altra assai più grande e visibilmente divina. Teso, Cancer si portò innanzi vicino alla Bocca di Ade e scrutò pensieroso il lontano orizzonte oscurato dalla polvere che si levava come mossa da un’agile danzatrice mentre aggrottava la fronte e all’improvviso come fulminato spalancò esterrefatto gli occhi. “Ma.. lei..” in quel momento come a confermare ciò che temeva un alito di vento che sapeva di primavera giunse alle sue narici e gli ricordò il sapore caldo e morbido dell’erba smossa dal vento sotto al sole nelle lunghe giornate di maggio, presto sopraffato da un pesante fetore acre di morte. Chinò sconfitto il capo beffardamente coronato e strinse impotente i pugni aurovestiti, poi rialzò il capo e un sorriso da carogna gli fiorì in volto.
“Stavolta non te la caverai così facilmente.”
 
Athena passeggiava agitata per la grande sala mentre Cancer aspettava in silenzio inginocchiato sul freddo pavimento pensando a Gregorio e a come dargli la notizia: di nuovo in guerra e questa volta non sapeva quando sarebbe potuta finire. Poi la porta sbatté violenta contro la parete di indifferente peitra e Sasha irruppe, le vesti scarmigliate e i capelli disciolti lungo i fianchi. “Allo, cosa sta succedendo? Sisifo mi ha avvisato che qualcosa si è risvegliato, di grazia Isabel potresti dirmi di chi si tratta?” in quell’istante arrivarono in un correre affannoso Manigoldo e Sage che chiamarono a gran voce Athena: “Thanatos s’è risvegliato!” a quella frase Athena si voltò dispiaciuta verso Sasha che si portò inorridita le mani al volto e cadde in ginocchio mentre Sisifo nel frattempo giunto le afferrava la mano e iniziava a parlarle. Athena le passò vicino e chinò il capo. “Mi dispiace.” Sussurrò mentre si sedeva sul trono e fissava senza vederla la porta da cui entrava il sole come ridente delle loro disgrazie.
 Athena ascoltò con attenzione il resoconto di Cancer e decise per un’azione breve ma potente sferrata prima che il nemico potesse riorganizzarsi. Fu così che i Cavalieri d’Oro, Athena, Sasha e Gregorio (non lo lasciarono a casa per tema che qualcuno lo potesse rapire) si trovarono ben presto negli Inferi avvolti da una notte sempiterna, o almeno così parve a coloro che da sempre erano abituati al caldo raggio solare. L’aria era greve e densa, irrespirabile ad un primo momento ma poi lentamente ci si abituava e si poteva perfino combattere; contrariamente però a quanto Athena e Sasha s’aspettavano, non trovarono alcun segno di un prossimo attacco, anzi Dohko confermò che tutti gli Specter erano ancora ferramente tenuti nella torre in Cina né davano segno di vita alcuno. Sentito ciò, Athena aggrottò le delicate labbra e se le strinse un poco come a manifestare il suo dispiacere. “Allora ci aspettano al palazzo di Ade, luogo a loro congeniale.” Dohko annuì e chinò con aria grave il capo. “In marcia, miei valorosi, senza aver timore della sconfitta giacchè arduo è il nostro compito.” Cancer si chiese insofferente quando Isabel avesse iniziato a leggere romanzi cavallereschi; al suo fianco, Gregorio soffocò una nervosa risatina prima di imitare il suo passo. Finchè all’improvviso non apperve una nera nuvola di fumo e possente Thanatos apparve, ridendo beffardo delle loro angustie. “Credete che mi fermerete, voi stupidi Cavalieri? Già una volta vi battei facilmente -, ah, ci sei anche tu Hypnos.” Disse guardando Gregorio mentre Cancer lo poneva dietro di sé per difenderlo, ma Gregorio scosse pallido la testa e in silenzio avanzò, sia pure visibilmente costretto. Cancer strinse i pugni e attaccò, ma Thanatos (chissà perché senza l’involucro di Marta) con un semplice gesto di noncuranza gli rispedì indietro il colpo. Cancer barcollò e sarebbe caduto se Manigoldo non l’avesse sostenuto per poi dirigersi deciso contro Thanatos. “Thanatos, “ scandì, la voce metallica e sicura come tutto il suo atteggiamento esprimeva, “io sono il tuo avversario.” Thanatos lo fissò senza riconoscerlo, poi ricordò e sorrise bieco. “Ah sì, quell’insignificante moscerino umano.. sei ancora vivo, spazzatura? Credevo che ormai fossi morto..” Manigoldo sorrise e sebbene il cuore gli dolesse pensando a Gioca da cui già una volta s’era dovuto separare, pure non esitò. Anzi, portandosi innanzi a Cancer come a volerlo difendere esclamò con voce forte e alta: “Cominciamo ad insegnarti le buone maniere.”
Sage lo guardò con preoccupazione e si schierò al suo fianco mentre Manigoldo lo guardava con ammirazione e rispetto mascherati come suo solito da carognaggine. “Non ti lascerò solo, non più.” “Come volete.. Maestro.” Gli rispose solo Manigoldo mentre puntava il braccio destro verso Thanatos. Cancer barcollò e gli si avvicinò deciso ad aiutarli, ma all’improvviso udirono un rombo sotterraneo e voltandosi videro Gregorio assumere il sinistro aspetto di Hypnos che tanto male gli aveva inferto con fredda professionalità. Sasha rabbrividì, alzò fiera il capo e si pose in posizione di attacco insieme ai suoi cavalieri: questa volta non si sarebbe fatta lasciare da parte, questa volta avrebbe combattuto. Al suo fianco Manigoldo si pose contro Thanatos insieme a Sage mentre Cancer e Sisifo ch’era tornato indietro per aiutarla si ponevano al suo fianco contro Hypnos. Thanatos rise e apparve Marta dietro quel polverone, vestita di pesanti paludamenti neri e velluto blu scuro, con in volto un’espressione mesta e tuttavia decisa che contrastava moltissimo con l’aura pesante che le fioriva intorno. Aura che Cancer fissò con orrore mentre Manigoldo alzava un sopracciglio e Sage spalancava gli occhi. “Thanatos!“ urlò Cancer mentre attaccava e colpiva Thanatos pieno di rabbia. All’improvviso però un fulmine squarciò l’oscurità e la voce chiara e penetrante di Isabel trafisse la polvere nera dell’aria. “Combatti, Thanatos, stavolta dovrai affrontare me!” un ghigno spavaldo si dipinse sul volto di Marta mentre scendeva sul terreno con passi lievi e aggraziati. “Certo, Athena, prima però concedimi di lasciarti piangere tutti i tuoi cavalieri.. così!” urlò ad un tratto lanciando un potentissimo raggio energetico contro chi di fronte. Cancer balzò indietro e con un’imprecazione espanse il suo Cosmo per contrattaccare mentre Sage, Manigoldo e Sisifo facevano lo stesso. Sull’arco dorato del Sagittario comparve una grande freccia dorata che sembrava poter rischiarare anche l’ambiante più oscuro e Sisifo gridò: “Preparati Thanatos, la tua corsa è giunta al termine!” ad un tratto però una grande nebbia dorata cominciò a serpeggiare lungo le caviglie dei cavalieri che sentirono avvicinarsi il sonno e Hypnos apparve, sorridente e quasi infastidito da quei moscerini umani. “umani.. buoni solo a divertirsi.” Mormorò mentre muoveva la mano come a scacciare una mosca divenuta ormai fastidiosa e Thanatos compariva di nuovo alle spalle di Marta con una vaga espressione di noia. “Ancora non ne hai preso totale possesso, mio inutile quanto terrificante fratello? Eppure è solo una ragazzina, non dovrebbe essere così difficile.. “Thanatos ghignò e gli scoccò un’occhiata fulminante mentre un’aura nera s’espandeva intorno al corpo di Marta come un lago d’olio. “Ecco fatto!” All’improvviso però Thanatos fissò sbigottito il corpo di Marta che si muoveva e Hypnos aggrottò perplesso le sopracciglia. Poi una voce che nessuno ormai pensava di udire risuonò nell’aria immobile degli Inferi: “Ahaha! Dunque è così che credi di sconfiggermi, Thanatos? Già una volta mi hai dominato, mi hai costretto a sottostare ai tuoi desideri, ma alla fine io mi sono liberata da sola! Credi che questa volta vincerai tu?” così dicendo Marta si divincolò e gemette di dolore mentre Hypnos strabuzzava gli occhi e con un filo di voce cercava di riprendere il controllo di Gregorio che ormai però era perfettamente conscio. “Non credere che ciò non valga per me, odioso giocattolo dorato! Aspettami Marta, non combatterai da sola!” Micene e gli altri si guardarono e tratto un profondo respiro scagliarono i loro colpi più potenti contro le aure dorate e nere che avvolgevano Marta e Gregorio nella speranza di aiutarli validamente supportati da Isabel e Sasha. All’improvviso però fu come se tutto si fosse congelato: Marta e Gregorio immobili che si guardavano tentando di liberarsi, gli altri che scagliavano i loro colpi, Athena e Sasha che attingevano al cosmo di Athena una e alla forza che aveva di suo l’altra. Su tutto, come il cielo sopra una battaglia, dominava l’aura morta di Thanatos e quella onirica di Hypnos. Poi Marta aprì gli occhi e sorrise dolcemente, come chi prima di dire addio tenti di addolcire il tragico momento, mentre tendeva le braccia verso il fratello e come chi nuoti riuscivano finalmente a toccarsi. Nel momento in cui le loro dita si toccarono, risuonò cupo un tocco di campana e si generò un’esplosione che coinvolse tutti. Per un attimo solo Cancer poté vedere i loro occhi sereni e sorridenti, per un attimo solo Scorpio poté assistere al sorriso di Marta, per un attimo solo Acquarius poté spalancare gli occhi e invano tendere le braccia per tentare di afferrare l’allievo, per un attimo solo Capricorn poté vedere gli occhi di Marta e Gregorio divampare e poi spegnersi, per un attimo solo Castalia poté tuffarsi negli occhi di colui che dominava il suo cuore, per un attimo solo Micene poté vederla innalzarsi nel cielo come una solitaria stella che avesse scaricato in un lampo tutta la sua energia. Poi il cielo stesso sembrò esplodere.
 
 Cancer tossì e si rialzò faticosamente mentre vagava con lo sguardo annebbiato lungo il consueto paesaggio che gli turbinava intorno. Poi mise a fuoco la vista e riuscì a riconoscere la sua Casa, il resto del Grande Tempio e lontano, come una rima lontana di luce riverberata, il mare sotto il sole ardente di mezzogiorno. Sorrise, poi gli vennero in mente Marta e Gregorio quando pieni di gioia s’erano tuffati in mare come bambini. Un lamento solitario s’innalzò diretto al cielo che immoto si stagliava sopra di lui, un lamento che in un greco puro di madrelingua ricordava la ragazzina una volta amata e mai dimenticata. Un lamento che Cancer non seppe riconoscere finché non scorse Micene camminare con espressione assente e un barlume di disperazione in volto, barlume che andava a svelare un mondo divelto e dilaniato. Dietro seguiva Ioria con un mesto compianto mentre Castalia era seduta in un angolo, il volto pietosamente coperto dalla maschera che ben nascondeva la sua anima infranta.
 Frattanto il lamento continuava, ma forse non era già più Micene a piangere, era il vento che sussurrava con voce di flebile pianto, era una ninfa che errava inquieta in terra straniera e cercava invano quel ragazzo latino di cui s’era scoperta innamorata, era il mare stesso che piangeva le sue lacrime salate su un’altra morte senza senso..
 
 

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Capitolo 7
*** La tua assenza brucia come ghiaccio. ***


                                                     La tua assenza brucia come ghiaccio.


Cancer fissò con occhio allucinato e incredulo Ioria che abbassò sconfitto lo sguardo. “Ti prego, non continuare, so già tutto. Micene si è innamorato di Marta, la mia ragazza si scopre innamorata di un ragazzino italiano che avrà visto si è no due volte, ma chissenefrega della disparità d’età, io le facevo proprio schifo.. “Cancer alzò le mani come in segno di resa e abbassò lo sguardo. Lontano Micene piangeva sommessamente e Castalia fissava immobile l’orizzonte come a convincersi che un giorno sarebbe tornato. Un giorno l’avrebbe visto arrivare, lui e il suo meraviglioso sorriso un po’ malandrino da Morrison rosso, almeno così una volta l’aveva definito Ioria; lei avrebbe ribattuto mentalmente che Gregorio era assai più bello. Ma non lo aveva mai detto né a Ioria né al diretto interessato e ora che sperava, ora che si era permessa di sperare dopo che s’era analizzata e scoperta dolcemente innamorata, ora ogni occasione era perduta per sempre. Gli occhi immoti della maschera fissavano il mare ancora calmo e tuttavia dolente, ma i vividi occhi della donna piangevano amaramente senza curarsi troppo del sapore salato e umido proprio come il mare che percepiva in bocca.
‘E il vento fa il suo giro’
Il vento si sarebbe curato di lei o di chiunque altro?
Avrebbe asciugato le sue lacrime con mano tenera di fanciullo? Avrebbe chiamato il suo nome nelle gelide notte invernali quando ogni cosa sembra spegnersi nell’oscurità? Avrebbe guardato ciò che guardavano i suoi occhi con un dolce sorriso da bambino?
‘Sai che niente rimane, quando passa il vento.’
No, non era rimasto nulla dal viaggio del vento sopra di lei e sopra gli altri.
 
 Micene non avrebbe mai potuto spiegarsi perché e in che modo s’era innamorato di una ragazza così diversa, eppure era successo e adesso che se n’era andata si scopriva innamorato. I presagi tuttavia li aveva già intuiti molto tempo prima, quando ancora Marta era solo una cotta passata, quando ancora la guardava e le sorrideva senza accorgersene, perduto nell’incanto di una grazia più grande di lui. Una grazia che ora non era più lì, perduta nelle fauci di un ingordo destino.
Volevo perdermi ogni giorno un po’ di più dentro i tuoi pensieri, dentro il tuo cuore e scoprire a poco a poco chi era l’essere chiamato Marta, nome dolce e sognante come il vento sul mare.
Volevo scoprire come pensi tu,
volevo amare quello che ami tu per farti poi amare quello che già amavo.
Volevo vivere insieme a te ma adesso sei andata via e non posso chiamarti indietro
perché dove sei tu non vi è telefono o messaggio che possa arrivare.
Vorrei portarti dentro il mio mondo e fartelo assaporare fino alle fondamenta,
ma adesso sei perduta ai miei occhi né ti posso ritrovare..

E Micene guardava il mare come se nel cielo o nel mare ivi riflesso potesse vedere dei strani e mistici occhi guardarlo, seguirne amorosi i passi, pur sapendo che la sua ricerca era vana. Ogni giorno era uguale, un sofferto ripetersi di routine che rimpiangeva amaramente di aver sprecato quando ancora Marta esisteva. Avrebbe voluto avere indietro ogni istante, ma non vi era reso.

Passano i giorni, consumo le ore in una disperata attesa che passino oltre
ma ogni istante è come una spina nelle carni.
E duole, duole tanto.
Ogni istante che vorrei indietro mi vedo costretto a ripeterlo nel solco del tempo e della memoria,
ogni istante che passa e io che scivolo all’indietro..
volevo amarti teneramente ogni giorno che avrei avuto,
ma tu non ci sei e la tua assenza brucia come ghiaccio.
 
Castalia voleva volare quando era piccola, volare come i gabbiani nelle tempeste e riportare a casa i suoi cari, ma adesso che aveva una possibilità di aiutare qualcuno per amore non ce l’ha fatta. Non le è mai interessato Ioria, la loro è sempre stata solo un’amicizia intensa e a cui lei tiene moltissimo, ma appunto solo un’amicizia; la stessa amicizia che stringono i naufraghi per paura di morire da soli, quasi più un cameratismo che un’amicizia normale, del resto non a caso sono militari. E adesso, pensa amareggiata mentre si leva la maschera e fissa in uno specchio opaco un volto dagli occhi spenti, non ha nessuno. Nessuno che la guardi con una luce particolare nello sguardo, nessuno che talvolta lei sogni, nessuno per cui lei volentieri si leverebbe la maschera rivelandosi come ragazza e non come alieno essere umano, nessuno.

Com’è possibile che la tua assenza sia ricordata solo con una sedia vuota?
Com’è possibile che ciò che amo ora non esista più?
Com’è possibile che io viva e tu no?
Cammino ogni giorno, il passo leggero di un’aquila, 
ma cosa batte dentro questo cuore?
Cosa resta dentro di me?
Cosa rimane di te?


 Castalia soleva camminare lungo il mare e osservare il cielo confondersi coll’acqua, ma non le garbava di tuffarsi e lasciare che l’acqua dissolvesse il suo dolore preferendo camminare. E mentre camminava in silenzio ogni lacrima usciva da sotto la maschera e si dissolveva nella sabbia, ardente come la sofferenza che si portava dietro.

Possibile che davvero tu sia defunto?
 Freddo corpo disperso in qualche luogo sconosciuto,
polvere che nessuno riconosce come sua,
polvere che adesso mi scivola tra le dita come sabbia di sangue bagnata..
eppure desidero vederti ridere, vederti ogni giorno!
Ma tu non ci sei e la tua assenza brucia come ghiaccio.

Il tempo passava e nonostante che a Castalia e Micene paresse eterno, in realtà scorreva veloce, tanto che arrivò in fretta settembre. Un giorno di inizio ottobre Micene stava camminando nel giardino di casa sua quando avvertì un rumore incerto di passi dietro i suoi e pensando con lieve esasperazione alla solita ancella distratta si voltò rimanendo attonito.
 Una fanciulla dal capo morbidamente avvolto da una sciarpa violacea che le scivolava lungo i fianchi lo fissava in silenzio, quasi attendente che parlasse per primo. Micene fissò a lungo quegli occhi che per molto tempo avevano fatto parte dei suoi sogni e prima che potesse dire qualcosa si fermò, incapace di crederlo. “Tu sei.. “ la ragazza annuì e sul volto le si accese un sorriso dolce e appassionato come solo quello di Lei poteva essere. Micene le si avvicinò cauto e timoroso di sbagliare persona mentre il cuore fremeva per rivelarle finalmente i sentimenti che provava per lei. Poi le prese le mani e mentre si tuffava senza ritorno in quei verde – azzurri occhi le carezzò dolcemente una guancia con il palmo della mano mentre lei gli sorrideva.
“Sono davvero tornata per sempre, Micene.”
E mentre la baciava, avvertì come in un sogno confuso le braccia di lei allacciarsi al suo collo indorato dagli ultimi raggi del sole.
“T’amo Marta.”
 
 Quella sera fu annunciato il fidanzamento tra Micene e Marta e Castalia sorrise malinconica per ciò che gli altri avevano avuto prima di avviarsi in silenzio verso la sua casetta sotto il bagliore lunare. Mentre posava la mano sopra la maniglia delle dita le sfiorarono le nocche della mano e una voce che ben conosceva le intimò in tono basso e rilassato: “Aspetta, prima devo parlarti.” E Castalia sussultò mentre nel cuore si riaccendeva la speranza. “N-non è possibile.. tu sei caduto..” fu lui a rispondere afferrandole dolcemente le mani per una volta scoperte. “Sì, ma sono ritornato e intendo dirti che.. che provo per te un sentimento la cui natura posso serenamente chiamare amore.” Castalia spalancò gli occhi emozionata e sconvolta per l’inattesa rivelazione che le era stata detta, poi indietreggiò e con mano che non tremava afferrò la sua maschera e se la tolse, rivelando così un volto ovale e allungato con dolci occhi color nocciola e morbide guance soffuse di un delicato rossore. Il ragazzo di fronte a lei le sorrise, poi con il labbro inferiore stretto tra i denti osò sfiorarle la guancia per chinarsi e baciarla a lungo sotto la luce chiara della luna che illuminava una pallida dea di orientale lucore indefinito e e un giovane dio con la bellezza della giovinezza.
 
 
 

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Epilogo.
 Quell’anno successero molte cose al Grande Tempio, non ultime un’epidemia di matrimoni che coinvolse specialmente i cavalieri d’oro; particolare notizia diede il matrimonio di Sisifo con Sasha, ma a parte quelle nozze non ci furono particolari scandalosi.
Castalia prese a viaggiare molto in Italia insieme a Gregorio, Marta riprese a studiare per completare al più presto gli studi per potersi così laureare in Lingue e stabilirsi definitivamente in Grecia, Gregorio ritrovò finalmente i genitori e traslocò dopo un’iniziale esitazione alla casa di Castalia che persuase a studiare italiano e Micene approfondì la sua conoscenza di tale lingua.
 
E dopo aver cercato di accontentare tutti i lettori con poche morti e molti matrimoni, lasciamo che il velo cali sulle vicende di Marta, Gregorio e i loro amici.
P.K.

FINE.

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