La Galassia del Sole

di Shade Owl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1: La Figlia del Sole ***
Capitolo 3: *** Cap. 2: Viaggio in navetta ***
Capitolo 4: *** Cap. 3: La spada dai mille volti ***
Capitolo 5: *** Cap. 4: La tigre ***
Capitolo 6: *** Cap. 5: Lo stratega ***
Capitolo 7: *** Cap. 6: Il pianeta desertico ***
Capitolo 8: *** Cap. 7: Inseguimento ***
Capitolo 9: *** Cap. 8: L'alterazione del deserto ***
Capitolo 10: *** Cap. 9: La rabbia di Leon ***
Capitolo 11: *** Cap. 10: Una chiacchierata sotto le stelle ***
Capitolo 12: *** Cap. 11: Riparazioni ***
Capitolo 13: *** Cap. 12: Faccia a faccia col nemico ***
Capitolo 14: *** Cap. 13: Ritorno ad Ironglass ***
Capitolo 15: *** Cap. 14: La leggenda di Letar ***
Capitolo 16: *** Cap. 15: Incarnazione ***
Capitolo 17: *** Cap. 16: Nella notte ***
Capitolo 18: *** Cap. 17: La Academy ***
Capitolo 19: *** Cap. 18: La biblioteca ***
Capitolo 20: *** Cap. 19: Il professor River ***
Capitolo 21: *** Cap. 20: Il punto debole ***
Capitolo 22: *** Cap. 21: Il segreto di Dylan River ***
Capitolo 23: *** Cap. 22: Caduta libera ***
Capitolo 24: *** Cap. 23: Riorganizzarsi ***
Capitolo 25: *** Cap. 24: In autobus ***
Capitolo 26: *** Cap. 25: Le strade della città ***
Capitolo 27: *** Cap. 26: La proposta di Orfeo ***
Capitolo 28: *** Cap. 27: Chiacchiere sulla famiglia ***
Capitolo 29: *** Cap. 28: Il piano di Drake ***
Capitolo 30: *** Cap. 29: Lacrime al gusto di muffin ***
Capitolo 31: *** Cap. 30: Esercitazione finale ***
Capitolo 32: *** Cap. 31: Il colpo ***
Capitolo 33: *** Cap. 32: Imprevisto ***
Capitolo 34: *** Cap. 33: La cattura ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Otto… nove… dieci… erano dieci.
Dieci le piccole tacche lasciate sulla stecca di legno dalla lama del temperino, che ostinatamente aveva inciso il morbido bastone col suo metallo freddo e tagliente. Per ogni tacca, il vecchio uomo dalla lunga barba candida aveva seppellito un Figlio del Sole andato incontro ad un fallimento.
Seduto sul suo scranno di pietra dall’alto schienale, il vecchio osservava sotto di sé i preparativi dell’assemblea che, senza fiatare, si riuniva con rapidi movimenti e brevi cenni di indicazione nella sala circolare dall’altissimo soffitto, talmente illuminata da abbagliare coloro che vi entravano grazie alle ampie finestre e ai lucernari. E intanto lui, il vecchio dalla lunga barba candida, contava le tacche, ripensando ad ognuno dei Figli del Sole che era stato costretto a seppellire.
Solo per coloro la cui morte era stata dall’età erano stati lanciati fuochi nel cielo ed aperte casse di vino d’annata, perché erano i soli a non aver perso la via, a conquistare un posto nelle storie con cui i loro nomi venivano tramandati, e ad aver trovato la sola morte che possa essere ritenuta una degna morte, la morte di coloro che se ne andavano dopo tante opere buone e altrettante prove difficili, il meritato riposo al finire di una dura giornata di fatiche, la morte dei giusti.
Coloro che se ne erano andati troppo presto, invece, avevano ricevuto lacrime e solidarietà per gli amici, compassione e rimpianto per loro stessi, ma anche risentimento e delusione per il non essere stati in grado di terminare ciò che avevano cominciato, lasciando ad altri l’amara sofferenza delle conseguenze.
Ecco, l’assemblea era totalmente quieta, adesso. I novanta membri osservavano il vecchio dalla lunga barba candida, avvolto nel mantello color porpora, seduto sul suo duro scranno di pietra che, al di sopra di tutti loro, nelle mani stringeva il pomo d’ottone del bastone di legno dolce. A quel punto aprì la bocca per parlare.
- Che entri.- sentenziò.

La stanza di pietra, ampia come una cattedrale, risuonò per il rumore dei cardini smossi, quando i pesanti battenti dorati alti fino a metà parete si aprirono contemporaneamente. Una donna avvolta in un saio candido con il cappuccio calato fin sopra gli occhi avanzò a passi lenti e decisi lungo il tappeto bianco che non smorzava completamente il rumore dei suoi sandali, stringendo un fagotto color sole tra le braccia. Alcuni boccoli biondi sfuggivano da sotto la stoffa del cappuccio, rimbalzandole sul seno e sulle spalle ad ogni passo. Si fermò al centro esatto dell’assemblea, sotto gli sguardi silenziosi degli uomini e delle donne riuniti lì.
- È nato?- chiese il vecchio uomo, attenendosi alla tradizione, malgrado conoscesse già la risposta.
- È tra le mie braccia, mio signore Aulos.- disse la donna, facendo altrettanto.
- Si tratta di un maschio o di una femmina?-
- Femmina.-
- Quanto tempo fa?-
- Venti giorni, mio signore.-
- Il suo nome?-
La donna guardò qualche momento il faccino addormentato che faceva capolino dal fagotto, succhiandosi il pollice. Sopra la testa c’era una chiazza bionda come la sua. In quei brevi momenti, l’unico suono a pervadere la stanza fu quello del cancelliere che, scrupolosamente, riportava tutto ciò che stava accadendo in quella stanza.
- Leonella.- rispose. - Il suo nome è Leonella, mio signore.-
Il vecchio si accarezzò la barba ed annuì, mentre le sue folte sopracciglia tremolavano.
- E così sia.- disse - Che la tua Leonella cresca sana e forte, e diventi una degna Figlia del Sole. Quando il giorno verrà, chiederemo di lei.-
La donna annuì una volta e si voltò, ripercorrendo a ritroso il percorso fatto all’andata. Le porte si richiusero dietro di lei e la sua bambina.
- Un’altra figlia è nata.- proclamò l’uomo, alzandosi in piedi - Che il suo cammino abbia a cominciare tardi, tra i migliori auspici, e che non porti invero a ciò che disgraziatamente accadde a Letar.-
Un breve mormorio d’assenso accolse le sue parole, soffocando il brivido di tale orribile pensiero.

So di avere un'altra storia in corso, ma ho dovuto sospenderla. Ho pochissimi capitoli già pronti, e non sto facendo molti progressi, dato che non riesco a trovare le energie per scrivere. Così, mentre cerco di andare avanti, vi lascio nell'attesa quest'altra storia che, a differenza della prima, non devo scrivere d'accapo, essendo stata completata nell'ormai lontano 2012. Al massimo ha bisogno di qualche aggiustatina, sì... potreste trovare lo stile un po' acerbo, è piuttosto vecchia, ma ci tengo particolarmente. Prometto che tornerò a parlare di Sid e dei suoi amici quanto prima, intanto godetevi questi capitoli, che dalla settimana prossima torneranno a essere postati di lunedì.
Grazie, a presto!

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Capitolo 2
*** Cap. 1: La Figlia del Sole ***


Dal giorno dell’assemblea erano ormai passati vent’anni. Venti anni dal Battesimo del Sole, l’insolito rituale a cui le madri desiderose di consacrare i propri figli neonati alla causa dei Figli del Sole sottoponevano i nascituri, entro e non oltre un mese dal parto. Così voleva la tradizione.
Leonella era ormai cresciuta, e aveva raggiunto e superato la maggiore età. Come sua madre aveva i capelli biondo cenere e solo un po’ arricciati. Al contrario di lei che li aveva sempre portati lunghi sulle spalle, tuttavia, Leonella li aveva sempre tenuti un po’ più corti, appena sotto le spalle e con una piccola frangia incolta e selvaggia. Sempre come sua madre era di statura e corporatura media, con profondi occhi blu. Il viso, ovale e sottile, non aveva alcunché di speciale o fuori dall’ordinario, relativamente parlando: una minuscola spruzzata di lentiggini sbiadite sul naso, appena appuntito, e un mento poco pronunciato. Qualcuno avrebbe potuto dire che era una versione più giovane di sua madre.
Per l’appunto, avrebbe potuto. Se avesse voluto farsi male.
Leonella non era mai stata una persona particolarmente socievole, questo bisognava ammetterlo: il suo volto, quasi sempre corrucciato e malinconico, appariva distante a chiunque non la guardasse con attenzione, e rabbioso per chi invece si dava la pena di osservarla meglio. Ma Leonella non era né distante né arrabbiata, benché una parte di lei volesse allontanarsi da tutto e un altra fosse spesso furente col mondo: era solo stufa e rassegnata.
Perché devo farlo?
Questa domanda era una delle ricorrenti, nella sua mente: fin da quando aveva memoria, aveva seguito il cammino dei Figli del Sole, ma quasi subito aveva iniziato a chiedersi il perché. Non per voglia, certo: non era stata lei a scegliere.
D’altra parte, non se n’era mai andata. Non perché volesse restare, ma in cuor suo sapeva di non conoscere altra vita e così, non potendo scegliere la strada da seguire, aveva optato per qualcosa di più semplice, ovvero il suo nome: da Leonella, lo aveva accorciato nella forma più mascolina di Lèon.
Fin da quando era piccolissima era stata cresciuta come una Figlia del Sole, e come tale aveva vissuto per molto tempo lontana da tutti, circondata soltanto da altri cadetti come lei che, sempre come lei, venivano addestrati per pensare soltanto a ciò che veniva loro richiesto, a ciò che doveva essere fatto e al come dovevano farlo.
Ora era alla vigilia della sua consacrazione come Figlia del Sole Attiva, una carica per cui molti suoi conoscenti avrebbero ceduto un braccio.
Poteva esistere, secondo le tradizioni della confraternita, un solo Figlio del Sole Attivo, scelto tra coloro che, durante l’addestramento, si erano distinti come i migliori e i più qualificati, o che comunque avevano colpito positivamente gli insegnanti. Il compito di un Figlio del Sole Attivo era quello di andarsene in giro e compiere missioni per l’Assemblea del Sole.
Ironia della sorte, Leon non aveva mai avuto alcun reale interesse a diventare una Figlia del Sole Attiva. Aveva seguito quel tipo di addestramento per volontà di sua madre, ma non aveva né sperato né desiderato di riuscire.
La mia solita fortuna. Pensò, fissando il soffitto della stanza.
Sdraiata in branda, ascoltando il respiro regolare dell’altra cadetta con cui condivideva l’alloggio, pensava al giorno dopo mentre la notte scorreva via silenziosa, passandosi tra le mani la sola cosa di sua madre che potesse portare sempre con sé, un minuscolo ciondolo di vetro con dentro una sua ciocca di capelli.
Non riusciva a dormire, non in quello stato: troppi pensieri si accavallavano nella sua mente, e troppe emozioni la stavano assalendo tutte in una volta.
Non voleva la carica di Figlia del Sole Attiva, ma rifiutare avrebbe deluso sua madre. Il che, onestamente, sarebbe stata un’altra contraddizione.
Colta da un irrefrenabile impulso, si sporse oltre il bordo del letto e afferrò la scatola di metallo subito là sotto, portandola davanti agli occhi: dentro c’erano delle lettere, lettere a cui aveva smesso di rispondere anni prima e che, alla fine (circa un anno più tardi), avevano smesso di arrivare. Ovviamente, erano tutte di sua madre.
Una parte di lei avrebbe voluto buttarle nel fuoco, ma un’altra non era riuscita a convincersi, e anche se non ne apriva una da almeno tre anni le aveva conservate tutte. Il perché non le era chiaro, ma le aveva tenute, così come aveva tenuto il ciondolo.
Ti farò vedere. Pensò. Ti farò vedere io.
D’altra parte, neanche lei sapeva bene di cosa stesse parlando.

Proprio come sua madre circa vent’anni prima, Leon attraversò l’alto portale con addosso soltanto il saio immacolato e i sandali, fermandosi non appena fu al centro dell’assemblea. Davanti a lei, in piedi, c’erano due uomini ed una donna, entrambi con indosso lunghe tuniche dell’identico colore e le teste completamente rasate; poco distante riposava un braciere pieno di tizzoni ardenti. Alle loro spalle, il vecchio uomo di nome Aulos la osservava, mentre i raggi del sole entravano dai lucernari e dalle vetrate, infondendo una potente aura luminosa a tutto ciò che colpivano.
- Leon Atleé of Cèlenty.- disse il vecchio - Il momento di diventare una vera Figlia del Sole è dunque giunto. Sei tu pronta a riceverne il potere e l’autorità derivanti da ciò?-
Come se avessi scelta… Si ritrovò a pensare Leon.
- Lo sono.- rispose.
Aulos non disse una parola, ma le tre persone davanti a lei sapevano già cosa fare: la cintura del saio venne slacciata ed esso fu rimosso, lasciandola quasi nuda di fronte all’intera assemblea, poi la donna le porse un’ampolla piena di un liquido verdastro che lei bevve tutto d’un fiato, mentre uno dei due uomini raccoglieva, dal braciere, un lungo ferro alla cui estremità era fissato un simbolo rovente, a forma di sole; contemporaneamente, il suo compagno ripose con cura il saio su un panchetto vicino, da cui poi raccolse altri abiti.
- Che questo marchio possa sostenerti e ricordarti il tuo compito, Leon Atleé of Cèlenty.- proclamò Aulos.
Leon accolse il dolore provocato dall’ustione con moderato stoicismo, grazie al liquido analgesico che aveva bevuto poco prima, distorcendo solo un po’ la faccia e lasciandosi sfuggire un lieve grugnito quando il ferro incandescente le venne premuto sul petto, dove si disegnò una scottatura a forma di sole perfettamente delineata sulla pelle.
Quando il marchio fu allontanato la donna tornò da lei e le applicò unguenti taumaturgici per accelerare la cicatrizzazione, poi le mise delle bende a medicare la ferita e si allontanò, mentre il terzo uomo le porgeva gli abiti e gli stivali, che lei prese ed indossò, allacciando le fibbie e facendo scorrere le cerniere. Erano comodi, caldi e puliti. Consistevano in un paio di corti calzoni che le arrivavano sopra il ginocchio, color marrone polvere, così come la casacca, una tunica rossa da indossare sotto e, infine, gli stivali di cuoio e la cintura.
- Il tuo viaggio è cominciato fin da quando sei stata condotta qui, in fasce, tra le braccia di tua madre.- riprese Aulos - Come finirà, sarai solo tu a deciderlo.-
Come no…
- Il tuo primo compito è il seguente.- continuò l’uomo, ignaro dei suoi pensieri - Dovrai recarti ad Ironglass, la grande città dell’industria. Laggiù potrebbe venirti consegnato qualcosa che dovrai custodire con la massima cura. Incontrati con il Mastro Armaiolo, chiedi di lui alla bottega di Rowan Black, e fa che ti riconosca per ciò che sei. Egli ti darà ciò che ti occorre.-
Leon chinò leggermente il capo.
- Molto bene.- disse.
- Ora va. Sei congedata fino al tuo ritorno da lì. Che il Sole ti sia di guida.-
- E il mio cammino non vacilli.- rispose lei, secondo la consueta formula.
Detto ciò, si voltò e uscì per raggiungere le sue stanze e prendere ciò che le occorreva, prima di andare incontro all’incarico che doveva assolvere.

Alcune ore più tardi Leon si ritrovò su uno scomodo sedile di una delle navette del trasporto pubblico, così da poter coprire la distanza che la separava dalla propria meta. In qualità di Figlia del Sole non le costava niente, in termini di denaro, ma molto in termini di pazienza: schiacciata tra gli altri viaggiatori, seduta su una poltrona posta, come tutte le altre, su uno dei lati della piccola navetta passeggeri della monorotaia, doveva sopportare l’intero viaggio legata con le cinture di sicurezza, sballottata per via della turbolenza durante il percorso e irritata dalla costante tensione di perdere la propria sacca da viaggio, stretta tra le sue ginocchia e bloccata dalle mani.
La destinazione della navetta era uno degli altri dodici pianeti (i quali a loro volta avevano diversi satelliti abitabili) del Sistema Helios, nello specifico Bakhel, su cui sorgeva la città di Ironglass, una delle più avanzate e industriose metropoli del sistema. Per arrivare, fortunatamente, non era necessario compiere un viaggio interplanetario nello spazio, non più da almeno un centinaio d’anni: i progressi scientifici e tecnologici, dovuti in gran parte ai Figli del Sole stessi (i quali vantavano tra le proprie fila i migliori scienziati del sistema) avevano consentito di mettere a punto un sistema di portali di trasferimento che, grazie alle navette della monorotaia, potevano consentire alle persone di spostarsi molto rapidamente tra i pianeti. Ciò che un tempo richiedeva giorni (o settimane) di viaggio nel vuoto siderale, ora poteva essere fatto in una manciata di ore al massimo.
Certo, era un viaggio scomodo se lo si faceva in classe turistica, ma le sue alternative erano alquanto limitate…

Bene, inizia l'avventura. Sarà lunga, e sarà intensa, ve lo garantisco.
Ringrazio già i primi lettori, ovvero John Spangler, Easter_huit, ormai storici, e anche Biscottoalcioccolato, che già mi stanno seguendo.
A presto!

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Capitolo 3
*** Cap. 2: Viaggio in navetta ***


Leon, seduta su uno dei sedili montati lungo un lato della navetta (davanti a lei, sul lato opposto, c’era un’altra fila di passeggeri), ascoltò distrattamente la voce fredda e meccanica dell’altoparlante annunciare che la monorotaia sarebbe partita entro pochi minuti, e che era necessario avere solo un altro po’ di pazienza. Pazienza che lei, personalmente, stava già esaurendo: era lì da almeno dodici minuti, e secondo il programma sarebbero dovuti partire da un pezzo. Scocciata, infilò il proprio bagaglio sotto il sedile, sbuffando forte e trattenendosi dall’imprecare.
- Sempre così, queste navette…- commentò l’uomo seduto accanto a lei, con tono tranquillo - Mai una volta che partano in orario.-
Leon si voltò appena per guardarlo bene: aveva un’espressione placida quanto la voce e le palpebre erano calate a metà sugli occhi come serrande non del tutto abbassate. Sembrava assonnato, o semplicemente in pace col mondo, chissà…
- Prima volta?- chiese lui - Che viaggia, intendo.- teneva i capelli, castano scuro, raccolti dietro la testa in una coda di cavallo piuttosto corta ma folta, ed era anche leggermente abbronzato.
Sembrava più vecchio di lei. Forse di una decina (o una ventina) d’anni, ma era impossibile dirlo
- No.- rispose Leon - Ma non amo farlo, infatti non prendo spesso la navetta. Sono solo seccata.-
- Ci faccia l’abitudine.- disse l’uomo, incrociando le braccia sul petto ed appoggiandosi al sedile, stendendo le gambe. I suoi muscoli, non sottili ma nemmeno esagerati, rivelavano l’abitudine al combattimento. Forse un mercenario, o un soldato - Niente, qui, funziona quando o come dovrebbe, se non si hanno i soldi per pagare, e le navette per il trasporto sono in cima alla lista.- la guardò bene con i suo occhi pigri, permettendole di vedere che erano color nocciola scuro. Per un soldato sembrava anche troppo filosofo, a dire la verità - Lei non mi pare una povera stracciona come molti di noi. Usa il trasporto pubblico per risparmiare?-
- No.- rispose seccamente Leon - Sono costretta perché il mio Visto vale solo per questo tipo di mezzo.-
I Figli del Sole potevano sfruttare gratuitamente un certo numero di servizi, che comprendevano la sanità e i trasporti, l’alloggio e il ristoro, tramite un Visto Diplomatico che veniva loro fornito appena diventavano tali. Tuttavia, i migliori risultati, quasi sempre, erano dati dal denaro, sonante o frusciante che fosse.
- Ah, dunque è una diplomatica.- constatò l’uomo, colpito - Complimenti. Sembra così giovane…-
Leon distolse lo sguardo, arrossendo leggermente.
Ora basta.
- Siamo seduti vicini per uno scherzo del caso.- disse con voce piatta - Nient’altro.-
L’uomo non parve minimamente impensierito da ciò, ma non insisté, limitandosi a voltarsi e a ridacchiare con leggerezza, ma non per arroganza o altro: Leon sbirciò il suo volto, disteso e tranquillo, e non vide altro che sincero divertimento. A quanto sembrava, si era reso conto anche lui di essere stato inopportuno, e ci scherzava su.
Una parte di lei dovette comunque ammetterlo, sembrava una persona piacevole. Di certo, se non fosse stata di un umore così nero, avrebbe accettato di bere qualcosa con lui.
Dacci un taglio, Leon! Si disse. Non sei più una scolaretta!
La navetta partì dopo pochi minuti, sferragliando leggermente e prendendo sempre più velocità.
- Mi chiamo Leon.- disse alla fine, sentendo che era giusto scusarsi per essere stata sgarbata.
L’uomo annuì, senza guardarla. Se trovò strano il suo nome, non lo diede a vedere.
- Drake Kylyon.- rispose lui, tendendole la mano.
Lei la afferrò e la strinse brevemente. Per il resto del viaggio, non si parlarono più.

Dal punto di vista della partenza Il passaggio tra un pianeta e un altro avvenne senza particolari scatti della vettura o traumi per i passeggeri, persino per gli standard della classe turistica: come era normale, una luminosità sempre più intensa avvolse ogni cosa a partire dalla cima del veicolo, abbagliando di conseguenza coloro i quali si trovavano nel punto della navetta che attraversava il varco in quel preciso istante, disorientandoli per pochi secondi. Poi ci furono un paio di tremiti dovuti al cattivo stato della vettura e allo spostamento da un pianeta all’altro, mentre erano immersi nel corridoio lucente che permetteva loro di compiere il viaggio, il quale durò meno di cinque minuti circa. Nulla di fuori dall’ordinario.
Subito dopo, però, ci fu un breve atterraggio dovuto alle pessime condizioni della classe turistica.
Il binario della monorotaia di partenza non era perfettamente allineato con quello di arrivo, e questo causò uno scossone che fece sbandare la vettura, la quale finì con l’accasciarsi su un lato, mentre i passeggeri urlavano di paura e le loro cose si spargevano per tutto il vagone. Leon riuscì ad afferrare al volo il proprio sacco, mentre Drake, che aveva chiuso gli occhi come se dormisse, fu ancora più fortunato: il suo bagaglio, posto sotto il sedile, era bloccato da una sorta di asse avvolta in un drappo di stoffa dall’aria vissuta, e rimase fermo sotto di lui. Un lembo della coperta si scostò, rivelando una lama metallica simile ad un’ascia. Forse era la sua arma.
Leon ammirò per un istante la calma che dimostrò in quella situazione: era il solo a non perdere il controllo oltre lei, che aveva comunque dovuto lanciarsi in avanti per evitare di perdere le sue poche cose. Un ribaltamento del vagone della monorotaia non era un avvenimento molto comune, per quanto orrido potesse essere il servizio pubblico: prendere precauzioni del genere e rimanere così tranquilli non era da tutti.
Intanto, la voce dell’altoparlante raccomandò ai passeggeri di mantenere la calma e rimanere al proprio posto, in attesa di qualcuno che venisse a prenderli.
Al diavolo… Pensò tra sé Leon, cominciando ad armeggiare con la cintura di sicurezza. Io qui non ci rimango, grazie.
Quando si fu liberata saltò sulla parte opposta del vagone, provocando l’urlo della vecchia signora alla quale aveva quasi schiacciato la testa, si caricò il sacco sulla spalla e si diresse verso il fondo della vettura, dove aprì il portello d’uscita e si diresse all’esterno. Nessuno la fermò: gli “aiuti” avevano ancora da arrivare.

Oggi il capitolo è leggermente più corto. Non sono riuscito ad allungarlo oltre.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit e Biscottoalcioccolato, che mi stanno seguendo. A presto!

 

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Capitolo 4
*** Cap. 3: La spada dai mille volti ***


Ironglass era una ricca e fiorente città posta sul terzo pianeta a partire dal Sole, una metropoli di metallo e vetro piena di palazzi così alti da raggiungere il cielo.
Il centro della città, che ne rappresentava la parte più moderna e ricca, era composto da palazzi elaborati ed eleganti, che riflettevano la luce del sole e mostravano l’aspetto più frenetico e operoso dell’agglomerato, più trafficato e rumoroso della periferia.
All’esterno del centro, invece, nel quartiere degli artigiani e dei meno abbienti, c’erano costruzioni più basse e di foggia inferiore, essendo essa la parte più vecchia della città, e un bosco che lei sapeva essere dimora di molti animali selvatici, alcuni anche piuttosto feroci, cresceva a breve distanza, sopravvivendo grazie all’evoluzione e ad alcuni programmi di protezione ambientale. Ed era proprio lì, in periferia, che Leon si trovava, camminando per le strade asfaltate e trafficate da autovetture vecchie e meno pregiate di quelle della Città Nuova, diretta alla bottega di Rowan Black. Secondo l’elenco informativo cittadino della stazione c’era solo un uomo con quel nome, e quindi sarebbe andata a colpo sicuro, sapendo già dove recarsi. La raggiunse in venti minuti di marcia.

In vetrina, saldamente assicurate dietro il vetro speciale per cui Ironglass era tanto famosa (più facile colpire una tigre nel didietro e riuscire a raccontarlo che sfondarne una lastra di un paio di centimetri), facevano la loro bella figura molte armi di ogni genere e foggia: armi bianche dalla lunga lama sottile, fucili e pistole, coltelli da lancio ed armature da guerra, mazze e grandi sciabole… un miscuglio di antico e moderno, forgiato nell’acciaio e modellato con abilità, assicurato nella vetrina in un’esposizione di eccellente e scintillante maestria mortale.
Chiunque fosse, Rowan Black decisamente ci sapeva fare, se davvero era stato lui a mettere insieme tutta quella roba.
Smise di guardare la vetrina e spinse la porta per entrare. Uno scampanellio accompagnò il suo ingresso, e il grande ambiente appena illuminato accolse la sua presenza. Oltre un lungo bancone di legno scuro e tarlato un uomo dalla pelle nera sedeva fumando una sigaretta e leggendo un giornale. I piccoli occhiali quadrati senza montatura gli oscillarono pericolosamente quando spostò il quotidiano per guardare chi era entrato. Sulla testa aveva una corta zazzera nera, dall’attaccatura alta per via dell’incipiente calvizie, che cercava di coprire con una vecchia coppola color marrone chiaro. Era chiaramente sulla cinquantina, ma poteva anche essere più vecchio, difficile a dirsi.
- Posso esserti d’aiuto?- chiese. Aveva una bella voce profonda e rassicurante, e mani nodose e piene di calli, abituate al lavoro - Cerchi qualcosa?-
- Cerco qualcuno.- rispose lei - Sono venuta per il Mastro Armaiolo. Ha qualcosa per me.-
L’uomo diede una profonda boccata alla sigaretta e si appoggiò allo schienale della vecchia e lisa poltrona girevole, osservandola con i suoi occhi scuri.
- Tu non sei di queste parti.- disse - Come mai cerchi il Mastro Armaiolo?-
- Glie l’ho già detto.- disse Leon, cominciando a spazientirsi - Ha qualcosa per me.-
L’altro si sporse in avanti, appoggiandosi con i gomiti al bancone e tenendo sollevata la sigaretta davanti al volto, con due dita.
- Togliti la tunica.- ordinò, serissimo.
Non avendo voglia di spogliarsi, Leon si limitò a sollevarla quel tanto che bastava da mostrare il bendaggio, subito sotto il ciondolo di vetro che aveva indossato una volta tornata nella sua camera, prima di partire.
- Non è ancora cicatrizzato.- disse, rimettendo a posto l’indumento - Ma è il Marchio del Sole. Se non mi crede, dovrà aspettare che i medicamenti facciano effetto, perché non ho voglia di togliere le bende.-
L’uomo la guardò per qualche tempo.
- Molto bene.- disse - Sei piuttosto giovane per essere una Figlia del Sole. Quanto hai, diciotto? Diciannove?-
- Ce ne sono stati di più giovani.- ribatté spazientita lei - Jeremy il Rosso, per esempio. O Benjamin Relean. Io non ho niente di diverso da loro, né da quelli più vecchi. Quentin Madregòd aveva appena sedici anni.-
Lui annuì lentamente, a quel che pareva vagamente impressionato.
- Molto bene.- ripeté, stavolta con più convinzione - Allora, credo di essere io colui che cerchi.-
Prese qualcosa da sotto il bancone, avvolto in un panno rosso scuro e legato con uno spago. L’involto era di forma prismatica leggermente squadrata.
- Questo è tuo, ora.- disse - Sarà utile per la tua missione, qualsiasi essa sia.-
Leon aggrottò un sopracciglio.
- Credevo di dover proteggere questo oggetto.- disse.
- Ah sì?- chiese il Mastro Armaiolo, appoggiandosi di nuovo alla sedia, senza manifestare alcuno stupore alla notizia - Io non ne so niente, signorina. Il mio compito è finito: ti ho fornito qualcosa con cui difenderti, come faccio sempre. I tuoi predecessori sono tutti passati da me, e quasi tutti loro credevano, sulle prime, di dover prendere in consegna uno dei miei manufatti per proteggerlo. Ma nessuno di essi ha saputo dirmi fino a quando, né il perché, e nemmeno di cosa si trattasse.-
Riflettendoci, nemmeno Leon sapeva per quanto tempo dovesse custodire l’oggetto. Né, in verità, di cosa si trattasse. Tutto ciò che sapeva, ad essere sincera, era che doveva andare dal Mastro Armaiolo per farsi dare…
- … ciò che mi occorre…- recitò lentamente, soppesando il piccolo involto, non più pesante di un pugno di biglie.
- Esattamente.- annuì lui, come se le avesse letto il resto della frase dalla mente - Io vi armo e basta, come hanno fatto coloro che mi hanno preceduto. Non vi consegno niente di vitale, tranne ciò con cui vi potrete difendere.-
Lei intascò l’oggetto, ancora confusa: allora, di cosa stava parlando Aulos? Cosa doveva proteggere? E, adesso che ci pensava, perché aveva usato il condizionale?
- Va bene.- disse alla fine Leon - Non c’è altro?-
- Mmmh…- disse il Mastro Armaiolo, pensieroso - Forse sì.- rispose. Prese qualcos’altro da sotto il bancone e lo lasciò sul ripiano: era una sorta di cintura, da indossare sopra a quella che già aveva, con una tasca speciale dalla forma quasi identica a quella dell’involto, e una piccola borsa dalla parte opposta, dalla fibbia in ottone - Potrebbe servirti a non perdere le tue cose. Io non ci faccio niente, e sarebbe inutile senza un’arma adatta alla sua tasca destra. E ti do anche un consiglio…- aggiunse - Se non sai che fare, torna da loro, e fai finta di niente. Molti degli altri fecero in questo modo, al tuo posto.- detto ciò tornò a leggere il giornale, senza più badare a lei.
Leon prese anche quella strana cintura e lo ringraziò, poi uscì dalla bottega, allacciandosela alla vita, anche se non sapeva bene cos’altro fare: non le era stato consegnato niente all’infuori del piccolo involto che, a quanto pareva, era un’arma da usare per difendersi. Forse avrebbe fatto meglio ad ascoltare il consiglio del Mastro Armaiolo che, per quanto strano, era l’unico che potesse seguire in quel momento. Non c’era altro che la trattenesse lì, tranne la scarsa voglia di tornare a bordo di quell’infernale trabiccolo che era il vagone della monorotaia per il trasporto pubblico.
Scelse dunque di prendersi cinque minuti di pausa per rilassarsi un po’ e posticipare la sgradevole esperienza, passeggiando senza meta tra le vie della periferia fino a trovare un parco pubblico dove le foglie avevano quasi totalmente abbandonato gli alberi.
Già… tra un mese qui sarà inverno… Pensò.
Era l’aspetto più disorientante del viaggio interplanetario: i periodi di rotazione e rivoluzione dei pianeti non erano tutti uguali, così come il loro clima. Capitava spesso di partire in estate e ritrovarsi in piena tormenta di neve.
Si sedette su una dura panchina di metallo, lasciando il suo sacco a terra lì vicino. Attorno a lei non c’era quasi nessuno, tranne un gruppetto di ragazzi, all’apparenza un po’ più vecchi di lei, che si divertivano a giocare a pallacanestro su un campo di cemento scrostato e umido.
Trasse l’involto fuori dalla tasca e lo osservò per qualche momento, poi ne svolse lo spago e la stoffa per esaminarne il contenuto: se era la sua arma, era necessario che la controllasse bene, almeno.
Un piccolo prisma di forma leggermente squadrata le rotolò in grembo; era lungo una ventina di centimetri o poco più, color rosso cupo come la stoffa in cui era avvolto, e si adattava perfettamente alla cintura. Alcune striature erano sagomate a intervalli regolari in orizzontale, forse per decorazione, forse perché avevano uno scopo pratico. A parte queste caratteristiche, non era affatto rilevante né per aspetto né per minacciosità. Non era un’arma… anzi, non serviva a niente. Lo prese in mano e lo strinse forte (e la sua non era una stretta da poco), e ancora non accadde nulla che fosse degno di nota, se non che lei si fece lievemente male al palmo. Scosse l’oggetto con energia, e il risultato fu sempre lo stesso.
- Bah…- sbuffò - Inutile.-
Sentì, alle sue spalle, il rumore di passi che calpestano la ghiaia, e si voltò lentamente: uno dei ragazzi che aveva visto giocare a pallacanestro si stava avvicinando a lei, le mani affondate nelle tasche del giubbotto. Si alzò in piedi, guardandolo negli occhi.
- Posso aiutarti?- chiese.
- Dipende.- disse lui. Aveva una voce ansimante, quasi isterica. Comprese subito che era un tossico in cerca di grana - Molla il malloppo, e potrò dirti se puoi o no.- e fece uscire di scatto una mano dalla tasca, impugnando un coltello a serramanico.
Leon non si lasciò impressionare da quello stuzzicadenti, ma quando sentì i passi del resto del gruppo, che evidentemente si era allontanato per fare il giro e prenderla alle spalle, non poté non pensare che senza qualcosa da usare come arma le sue possibilità di riuscire senza farsi niente si riducevano. Non che avesse paura di loro, ma erano cinque ragazzi più grossi di lei, e almeno uno aveva un coltello. Affrontarli a mani nude la seccava parecchio, e non aveva intenzione di ricorrere alle abilità dei Figli del Sole per così poco.
Una mano le calò sulla spalla, e lei si mosse con un’agilità talmente fulminante che quasi non riuscirono a vederla: si voltò, colpendo il braccio sull’incavo del gomito, poi diede un pugno alla mascella del suo proprietario e lo percosse di palmo al plesso solare, talmente forte da spedirlo lungo disteso, rantolante, indolenzito e momentaneamente incapace di parlare.
Per un istante i suoi compagni lo osservarono attoniti, poi decisero di lanciarsi all’attacco, e Leon ne stese due con un colpo a testa prima che gli ultimi rimasti (entrambi armati di un piccolo coltello a serramanico) le fossero addosso, sferzando l’aria con le minuscole lame, nel perfetto stile da rissa di strada, utile con chi non sa il fatto suo. Per lei non fu difficile evitare di venire tagliata, e si stava quasi annoiando, ma i due ragazzi davanti a lei erano ancora più stupidi di quanto avesse pensato all’inizio: scambiarono la sua espressione seccata per una concentrata e tesa, e cominciarono a sogghignare con aria di superiorità.
- Fai fatica, eh?- sghignazzò quello con la voce ansimante.
- Già… vedi che sudi…- ridacchiò l’altro, che stava già grondando come una fontana e faticava a parlare - Ti ci… vorrebbe proprio… una spada… magari…-
Schivato l’ennesimo fendente, Leon lo guardò inarcando un sopracciglio.
Ma si può essere più idioti? Pensò.
- Che me ne faccio di una spada, quando…?-
Appena le sue labbra pronunciarono la parola “spada”, sentì il braccio destro vibrare per le scosse provenienti dallo strano oggetto datole dal Mastro Armaiolo, e subito guardò la propria mano, ancora stretta lì attorno: dalla cima del prisma smussato stavano uscendo sottilissime bende che parevano fatte di metallo liquido, sinuose e rapide, le quali andarono ad unirsi e a fondersi sotto i loro sguardi increduli, modellandosi sotto la guida di una vita che parevano avere intrinseca nella loro stessa struttura. In pochissimo tempo, una spada era ben stretta nella sua mano, dalla lunga lama ondulata, simile a un raggio di sole, la guardia leggermente ricurva verso il basso. L’impugnatura, invece, era sempre e comunque il solito prisma smussato di poco prima.
quando ho questa? Pensò tra sé, terminando mentalmente la frase.
Sollevò la spada, più lunga di un suo braccio ma decisamente leggera. Quel gesto, atto solo ad osservare meglio la nuova arma, terrorizzò a morte gli ultimi due aggressori, che se la diedero immediatamente a gambe (uno dei due lasciò anche cadere il coltello). Sotto lo sguardo attonito della Figlia del Sole, la spada si ritrasformò quasi subito nelle bende di metallo liquido, che rientrarono nell’impugnatura senza lasciar traccia, e nel suo pugno ora c’era di nuovo il prisma smussato di prima. Del tutto dimentica di avere intorno tre persone svenute, si risedette un istante sulla panca ed esaminò meglio la strana arma.
- Spada.- disse forte e chiaro.
In un baleno, questa rispose alla sua chiamata, ritornando a configurarsi con rapidità ed obbedienza. Sentendo un certo fiotto d’eccitazione provenirle da questa nuova scoperta, Leon decise di fare un piccolo esperimento.
- Coltello.-
Di nuovo, il metallo si scompose in bende scintillanti e si riformò in fretta, in un lungo e affilato coltello da caccia, seghettato da un lato e liscio dall’altro. Incredibilmente, il prisma rispondeva ai suoi comandi come se niente fosse, assumendo la forma che lei gli chiedeva. Avrebbe potuto (e voluto) continuare per ore, ma un gemito proveniente da uno dei tre corpi lì attorno le ricordò che sarebbe sembrato strano, se qualcuno fosse passato e l’avesse vista lì, a fare esperimenti con un’arma che nemmeno conosceva, circondata da un gruppo di tossici svenuti, e a lei non andava di dare spiegazioni. Raccolse in fretta il suo sacco e si allontanò, decidendo di dirigersi alla navetta per tornare dai Figli del Sole e farsi dare maggiori istruzioni, seguendo il consiglio del Mastro Armaiolo. Ma, per quel che riguardava il fare finta di niente, non era sicura di riuscirci: una missione, lì ad Ironglass, doveva esserci per forza, era logico! Perché accidenti avrebbe dovuto fare tanta strada, altrimenti? Per un’arma che avrebbero potuto consegnarle senza tante cerimonie?

Era quasi arrivata alla stazione quando comprese che era bene rimandare ulteriormente la propria partenza: tutti i pianeti, dentro e fuori Helios, avevano molte forme di vita non umana, di origine animale e vegetale. Durante l’evoluzione naturale e l’industrializzazione del sistema, diverse specie si erano modificate e rafforzate per effetto della normale sopravvivenza del più forte e della nuova varietà di veleni e sostanze chimiche prodotti. Di conseguenza, quasi ogni pianeta di Hellios era popolato anche da esseri selvatici notoriamente indifferenti alle attività dell’uomo ma che, tuttavia, se feriti, arrabbiati o affamati tendevano ad attaccare ciò che trovavano.
Fu questo il caso della tigre.

Stavolta il capitolo è venuto più lungo.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit e Biscottoalcioccolato, e anche Bindaz, ultima aggiunta. A presto!

 

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Capitolo 5
*** Cap. 4: La tigre ***


Stando a quanto aveva studiato, Leon sapeva bene che molti secoli prima le tigri erano poco diverse dai comuni gatti domestici, fatta eccezione per le dimensioni superiori. Nel corso del tempo, tuttavia, gli animali selvatici si erano evoluti ed erano mutati, adattandosi all’ambiente e alle condizioni di vita.
Di conseguenza, le tigri come quella che adesso si aggirava in strada misuravano da terra non meno di tre metri per cinque di lunghezza, quando erano di medie dimensioni, e il pelo si era fatto più lungo e ispido. Il mantello, blu scuro a righe grigie, ondeggiava ad ogni movenza dell’animale, mentre esso avanzava lentamente nelle strade che, rapidamente, si svuotavano di tutto ciò che respirava, tra grida impaurite e isteriche, avvertimenti e un fuggi fuggi disordinato.
Certo che sono proprio fortunata… Pensò Leon. Ci saranno tipo tre attacchi l’anno e io capito proprio durante uno di questi…
Solitamente le tigri stavano isolate, nel profondo del bosco o delle foreste dell’entroterra. Di rado si facevano vedere nelle città: forse si era trovata costretta a spostarsi per via della fame, o magari aveva perso la strada, confusa dai forti odori e dai rumori prodotti dagli abitanti di Ironglass.
Leon, nascosta dietro l’angolo di un edificio, scrutava il gigantesco felino con attenzione, pronta ad attaccarlo non appena avesse abbassato la guardia o le avesse voltato le spalle: senza un attacco di sorpresa aveva ben poche possibilità di avere successo, a meno di non utilizzare i propri poteri di Figlia del Sole, e questa era una cosa decisamente poco intelligente da fare, almeno per il momento.
Se i cittadini l’avessero riconosciuta, sarebbe probabilmente scoppiata l’isteria di massa: normalmente quelli come lei si identificavano solo davanti alle autorità e solo in caso di bisogno. Malgrado l’ammirazione di molti e il rispetto che la confraternita riscuoteva nel sistema, un Figlio del Sole Attivo era sempre accompagnato da un’aura di timore: la gente spesso aveva paura che la sua presenza significasse guai, dato che le missioni, spesso, potevano ripercuotersi sulla popolazione locale.
Non si trattava sempre di predoni e banditi, o di animali inferociti: quelli come lei, talvolta, si ritrovavano coinvolti in conflitti su vasta scala, problemi politici, spionaggio e altro. Le persone non amavano frequentare persone con quel tipo di stile di vita, generalmente.
Per questo, il più delle volte, restavano in incognito.
Si ritirò dietro l’angolo dell’edificio e prese la sua arma, pensando di cercarle un nome non appena ne avesse avuto il tempo, poi chiuse gli occhi e tirò un respiro profondo. La sua mente si sgombrò del tutto, chiudendo fuori paura, rabbia, eccitazione o qualsiasi altro sentimento, cercando di non pensare al fatto che quello sarebbe stato il primo, vero scontro dopo anni di addestramento, estendendo i propri pensieri e le proprie sensazioni per cogliere i movimenti del felino con sensi che non erano la vista, troppo facile da ingannare, così come le avevano insegnato.
Sentiva distintamente il terreno tremare ad ogni passo della tigre… alle orecchie giungeva il suono smorzato dai cuscinetti delle sue zampe contro il suolo… il suo naso percepì l’odore della bestia, un misto di resina d’alberi, sangue e selvatico… strinse il prisma smussato…
- Spada.- mormorò, e pronta le giunse la risposta dell’arma.
Saltò fuori dal proprio nascondiglio, di fronte alla belva, che ancora non l’aveva fiutata perché sottovento, pronta a colpirla…
Fu però troppo approssimativa nel calcolare le distanze tra lei e la tigre, che era più lontana di quanto non si fosse aspettata, e offrì al gigantesco avversario il tempo di alzare l’artigliata zampa anteriore per colpirla da destra. La botta la fece rotolare sull’asfalto per un attimo, ma poi fu subito in piedi, anche se più lentamente di quanto avrebbe voluto, e il grosso felino le si lanciò addosso. Leon non esitò un istante e spiccò un salto quasi rasoterra in avanti, così da finire precisamente sotto il ventre della creatura mentre quella mordeva l’aria dove, un momento prima, c’era lei.
Senza esitare, la Figlia del Sole piantò la spada nel petto del mostro , che ruggì dal dolore e s’impennò sulle zampe posteriori, facendo uscire la lama, sporca di rosso. Leon si allontanò di corsa, mentre il sangue cominciava a colare regolarmente ma in modo non particolarmente copioso e la tigre, furiosa e resa ancora più feroce dall’odore dell’emoglobina, si spostava per esserle nuovamente di fronte, ringhiando piano e acquattandosi: stava per saltare di nuovo.
Incredula che un colpo diretto al cuore non avesse funzionato, Leon balzò di lato per evitare la carica della tigre, rotolando di nuovo sull’asfalto senza farsi un graffio ma ritrovandosi ora troppo vicina alle zampe artigliate. Una di esse la colpì di dorso e lei finì sulla schiena un metro più indietro, perdendo la presa sull’arma, che cadde a terra e tornò un inutile prisma rosso.
La creatura si lanciò su di lei, pronta ad affondare denti e artigli nel suo corpo…
Un lampo metallico baluginò un istante, e un uomo si frappose tra lei e la tigre, puntellando una strana arma contro il suo petto, costringendola a restare in equilibrio su due zampe, incapace di avvicinarsi. A bloccare l’animale era un solido bastone di metallo resistente, lungo circa un metro e mezzo, alle cui estremità erano fissate due lame di ascia bipenne, ciascuna grande come un suo avambraccio. Senza perdere tempo, afferrò di nuovo il prisma e si rialzò, spostandosi dalla traiettoria. Un attimo dopo, l’uomo diede un ultimo, possente spintone alla tigre, che indietreggiò un istante, ruggendo furiosa ma adesso esitante ad attaccare: l’uomo la fissava negli occhi senza alcun timore, e questo era probabilmente qualcosa che quell’animale riteneva un chiaro segno della superiorità dell’avversario, poiché non osava avvicinarsi. Tuttavia, non sarebbe stato sufficiente a lungo, lo si capiva da come lei scopriva i denti e andava avanti e indietro, grugnendo inferocita: presto avrebbe sfidato il nuovo rivale.
- Bisogna metterla fuori combattimento.- disse Drake, senza voltarsi. Leon l’aveva già riconosciuto dalla corporatura e dai capelli, ma ora era certa che fosse lui - Credo di sapere come, ma tu dovrai distrarla.-
- Cosa?- sbottò Leon, riprendendo l’arma.
Ma non aveva nemmeno finito di parlare che lui era già sparito con un’agilità che non aveva niente da invidiare alla sua e la tigre, non meno sconcertata di lei, si concentrò sull’unica preda ancora disponibile, caricandola con possenti ruggiti. Leon ebbe appena il tempo di rendersene conto, e quella le fu subito addosso.
- Scudo!- gridò senza nemmeno riflettere.
Non era certa che funzionasse, ma il prisma non la deluse, e una copertura metallica leggermente concava, di circa un metro di diametro, si materializzò sopra e attorno al suo braccio, che portò davanti alla faccia e al collo in un movimento istintivo mentre la tigre la atterrava. Sentì le zampe schiacciarla e renderle difficile respirare, ma le zanne erano bloccate dallo scudo, che lei spingeva con entrambe le mani per allontanare il possente predatore. Il felino, non ancora sconfitto, alzò la zampa sinistra per colpirla, ma improvvisamente una robusta corda le si attorcigliò attorno come un serpente, sbucando fuori dal nulla, e l’animale si distrasse un secondo di troppo per guardare quel curioso ed incomprensibile fenomeno, così che lei potesse indietreggiare spingendo con i tacchi degli stivali verso il suolo, portandosi fuori tiro in un solo scivolone.
Intanto, la corda era passata sopra il corto collo della tigre e Drake, ricomparso da chissà dove e sprezzante di ogni pericolo, la sua doppia ascia appesa alla schiena con una cinghia, ne legava l’altro capo alla zampa sinistra. Tempo che ci mise la creatura a rendersene conto, lui era già indietreggiato. La tigre abbassò la zampa destra, ma ricevette uno strattone alla sinistra e cadde col muso a terra: la corda che Drake aveva assicurato ai suoi arti era troppo corta perché potesse stare in piedi, e non sarebbe nemmeno riuscita a sfilarsela né a morderla, sempre per lo stesso motivo. Sempre più furiosa, strattonò per un po’ i due capi della fune nel vano tentativo di romperla, poi si inarcò all’indietro sollevandosi da terra, ruggendo per l’esasperazione, e Drake ne approfittò per prendere la propria doppia ascia e colpirla con l’estremità smussata dell’arma, dritto dritto alla gola.
L’animale gemette un istante, strabuzzando gli occhi gialli, poi indietreggiò e cadde sulla schiena, privo di sensi.

La tigre è stata battuta. E magari presto sapremo un paio di cose in più su Drake.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi  stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 6
*** Cap. 5: Lo stratega ***


- Andata.- commentò soddisfatto Drake, riponendo la doppia ascia e voltandosi verso Leon - Sei ferita?-
- No.- rispose lei, rialzandosi in piedi. In realtà si sentiva piuttosto ammaccata, dopo essere stata schiacciata a terra, ma non voleva ammetterlo davanti a lui Guardò la tigre incosciente e aggrottò la fronte - Come hai fatto?-
- Te lo dirò volentieri…- rispose l’uomo, raccogliendo il grosso zaino da terra - … ma solo dopo che ci saremo allontanati, a meno che tu non voglia spiegare perché una Figlia del Sole è qui ad Ironglass.-
Detto ciò, Drake si mise in spalla uno zaino abbandonato in un angolo e cominciò ad allontanarsi di corsa nella direzione da cui era venuta la tigre, verso i confini della città. Senza farselo ripetere due volte, Leon corse a prendere il suo sacco da viaggio e inseguì il misterioso combattente, che si fermò un momento ad attenderla prima di proseguire. Si fermarono solo quando ebbero raggiunto una piccola macchia d’alberi appena fuori da Ironglass, e solo perché Drake aveva fame, non avendo ancora pranzato né cenato.
Siccome Leon era nelle sue stesse condizioni e non vedeva l’ora che lui le spiegasse chi era e come faceva a sapere che lei era una Figlia del Sole, accolse ben volentieri la sosta, pur non avendo alcuna intenzione di mangiare. Lui, al contrario, tirò fuori dallo zaino una pagnotta, del formaggio, un pezzo di salame e un coltellino e cominciò il proprio pasto, sedendosi su un vecchio ceppo contorto.
- Allora?- sbottò lei, prendendo posto di fronte a Drake - Chi sei, cosa sai dei Figli del Sole e come accidenti hai capito che lo sono anche io?-
Lui si strinse nelle spalle, l’espressione rilassata identica a quando l’aveva conosciuto sulla navetta. Sembrava che quanto era appena accaduto non gli interessasse granché.
- Cominciamo da chi sono io.- disse - E da come ho steso il gattone.- aggiunse, staccando un morso dalla pagnotta - Il mio nome lo sai già. Ciò che faccio, invece, è viaggiare un po’ in giro, vedere posti e mondi diversi… e imparare.- spiegò, prendendo una fetta di salame e mandandola giù.
- Imparare cosa?-
- A vivere. A sconfiggere bestie grosse tre volte me, come un attimo fa.- rispose - E a conoscere la gente e gli esseri che popolano Helios. Le Tigri Blu, per esempio: le puoi trafiggere tutte le volte che ti pare, ma se vuoi finirla subito ti conviene colpirle alla gola. È la parte più sensibile, e se le prendi lì vanno al tappeto per ore, visto che il cuore e gli altri organi vitali sono troppo in profondità per essere colpiti facilmente. Inoltre il loro sangue ha un fattore di coagulazione molto alto, e le ferite si chiudono in fretta. Colpirle alla gola è solitamente il modo migliore per fermarle. Per questo motivo le tigri da combattimento hanno dei collari di metallo.-
- E tutte queste cose le sai perché…?-
- Perché ho combattuto spesso.- replicò lui - E ho imparato che c’è sempre un modo per vincere un nemico, o almeno per limitare i danni. La strategia esiste, e io mi sono abituato a trovarla. Alcuni di quelli che ho incontrato mi hanno addirittura dato un soprannome…-
- Lo Stratega.- disse meccanicamente Leon.
Non era un personaggio sconosciuto, ai Figli del Sole: colui che veniva chiamato lo “Stratega” aveva fatto la sua comparsa, ogni tanto e per brevi periodi, su uno dei vari pianeti di Helios, incrociando ogni volta un diverso Figlio del Sole, e tutte le volte si era distinto per la propria conoscenza degli animali selvaggi, dei mostri e dei pericoli di vari territori. Ma, soprattutto, per la sua capacità di trovare un modo per sconfiggere qualsiasi nemico, pur essendo incapace di usare facoltà pari a quelle dei Figli del Sole o di tante altre figure di rilievo.
Era solamente molto abile nello scovare e sfruttare le debolezze avversarie, ma questo lo rendeva un avversario come pochi: non c’era guerra che non avesse combattuto, o scontro che non avesse sostenuto. Un soldato di ventura che conosceva ogni tattica e ogni strategia esistente, e che stando alle voci aveva militato anche nell’esercito di un qualche pianeta, scalandone i ranghi rapidamente grazie alle sue capacità tattiche.
Tanto che si era guadagnato il nome di Stratega.
- Bene.- disse Drake, col il tono di chi parla del tempo. Era snervante vederlo sempre tanto tranquillo - Allora mi conosci già.-
- Solo di fama.- rispose Leon - Ti facevo più vecchio.-
- Beh, i miei genitori hanno fatto quanto potevano, ma non è sempre facile.- scherzò lui, facendo un sorriso paziente e mettendo via gli avanzi della frugale cena, ormai conclusa.
- E come sapevi che ero una Figlia del Sole?- chiese.
- Ho passato la vita a viaggiare.- rispose - E ho incontrato abbastanza di voi da riconoscervi. L’ultimo è morto tre anni fa, credo. Non so se l’hai mai sentito nominare, si chiamava Ross.-
Leon annuì: Ethan Ross era stato Figlio del Sole per molto tempo, e si era ritirato diversi anni prima. Era morto di vecchiaia anni dopo il proprio ritiro, e per coloro che avevano svolto il servizio attivo questa non era una cosa da poco.
- Appunto.- annuì a sua volta Drake - Ormai so riconoscervi dall’odore e dal vostro stile. E poi, ho visto il tuo Marchio del Sole.- aggiunse a bruciapelo.
Leon arrossì leggermente.
- Cosa?- sbottò - E quando l’avresti visto, sentiamo?-
- Alla bottega di quel Rowan Black.- rispose vago l’uomo, prendendo delle coperte dallo zaino - Da anni sento parlare del vostro Mastro Armaiolo, ma è persino più sfuggente di me, e incontrarlo senza essere un Figlio del Sole è un’impresa, non sta mai nello stesso posto troppo a lungo, e quando oggi l’ho finalmente trovato sei entrata tu. Ho pensato di lasciarvi da soli per qualche momento.-
- E ci sei arrivato prima di me?- sbottò lei, sorvolando sul fatto che l’aveva vista mezza nuda - Ma se eri ancora bloccato sulla navetta!-
- Il tuo percorso era un po’ troppo lungo e tu te la sei presa anche troppo comoda.- rispose semplicemente Drake.
Stese le coperte a terra e si fece un giaciglio.
- Io dormirò qui.- annunciò - Tu naturalmente puoi fare come vuoi, ma la compagnia di qualcuno non è cosa comune, di questi tempi, e sarei ben lieto di parlare ancora con te, domani, se sarai disposta a conversare.-
Leon sbuffò, ma poi prese la sua sacca da viaggio e ne trasse un sacco a pelo arrotolato. Il sole, ormai quasi totalmente sparito dietro la linea dell’orizzonte, illuminò il piccolo accampamento improvvisato e i due momentanei compagni di bivacco che ben presto si sarebbero divisi nuovamente, come Leon continuava a ripetersi: uno spreco, si disse, incontrare il più grande esperto di strategia tattica e militare e non aver alcun reale bisogno di lui.
Rimuginando sullo scomodo viaggio che la attendeva il giorno dopo per tornare alla presenza dei Figli del Sole, rimase distesa nel sacco a pelo finché il sonno non sopraggiunse.

Si svegliò presto, quando ancora il sole stava sorgendo e il cielo era coperto da nuvole plumbee, ma nonostante ciò Drake aveva già finito di fare colazione, di riporre la propria roba e di lavarsi ad un torrente lì vicino.
- Ben svegliata.- le disse.
Chiedendosi se avesse dormito ma senza rispondergli, Leon andò a lavarsi a sua volta, poi raccolse il sacco a pelo e ingurgitò un po’ di pane che aveva tra i bagagli. Subito dopo, entrambi tornarono ad Ironglass, dirigendosi verso la stazione delle navette. Avrebbe mangiato qualcosa di meglio una volta tornata indietro.
- Cosa pensi di fare adesso?- chiese Drake, quando furono ormai a poche centinaia di metri di distanza dalla meta.
- Come mai ti interessa?- fece lei in risposta.
- Chissà…- ridacchiò tranquillamente lui - Di solito, voi… “tu sai cosa”… non state mai fermi, quindi se non avevi niente di importante da fare qui mi manca un pezzo del mosaico.-
Lei sbuffò.
- Sì, anche a me.- ammise.
- Anche a te?- ripeté lui - Ora credo che i pezzi siano due.-
- Non hai detto che eri nel negozio di Rowan Black?- sbottò Leon, irritandosi - Credevo che sapessi già tutto.-
- Ho solo guardato chi era, non ho ascoltato le vostre conversazioni.- rispose pacatamente Drake.
- E guarda caso hai sbirciato mentre mi tiravo su la tunica?-
- Che colpa ne ho io se ti stavi rivelando per ciò che eri?- chiese l’uomo in risposta - Dovreste trovare un altro punto su cui marchiarvi a fuoco.-
- Parla più piano!- ringhiò lei - E poi, non sono affari che ti riguardano!-
Lui tacque, e guardando il suo volto non sembrava né offeso né arrabbiato, ma il silenzio che calò tra loro le parve incommensurabilmente pesante. Era ridicolo, essere in compagnia di una persona come lui a parlare di quanto poco riusciva a capire dei Figli del Sole e di quando si era dovuta sollevare la tunica fin quasi sopra il collo per mostrare i bendaggi. Come incontrare un noto esperto di cucina e parlare di sport.
In più, il suo atteggiamento così controllato e condiscendente la irritava da matti. Fu quasi un sollievo quando raggiunsero la stazione delle navette e presero strade diverse per la seconda volta in due giorni.
Con la fortuna che mi ritrovo, lo incontro anche su Sol… Pensò.
Sol era il nome del pianeta dove, tra alcune altre comunità civili, risiedevano i Figli del Sole, nonché casa sua, anche se quest’ultima si trovava nella direzione opposta rispetto al palazzo dell’assemblea, ed era abbastanza lontana da quel luogo preciso.
In effetti, nemmeno aveva voglia di andarci.
Una volta entrata nella navetta (e dopo aver seguito l’esempio di Drake di bloccare preventivamente il bagaglio con qualcosa, in questo caso con una cintura di scorta) attese pazientemente la partenza, cercando di immaginare la conversazione con Aulos al suo ritorno:
- Salve, sono stata dal Mastro Armaiolo che mi ha dato l’arma di turno, ma non ho ricevuto niente altro da custodire.-
- Bene, allora passiamo alla prossima missione…-
Se doveva dar fede alle parole di Rowan Black, quella sarebbe stata la scena. Tuttavia, lei non poté non chiedersi (con una certa dose di rabbia) come quella sottospecie di gita fuoriporta potesse definirsi “missione”. Ridicolo, ridicolo, ridicolo!
La navetta partì e lei, sperando con tutto il cuore che stavolta avessero fissato meglio i binari, cercò di calmarsi e di prepararsi al passaggio… passaggio che, tuttavia, non avvenne.
Sorpresa, cominciò a chiedersi cosa stesse succedendo là fuori: in media, una navetta ci metteva dai dieci ai quindici secondi ad arrivare al varco interplanetario, una volta partita, ma questa volta, di secondi, ne stavano passando molti di più. Intanto, la monorotaia continuava a correre, seguendo un percorso che, sicuramente, non era quello prestabilito. I vari passeggeri cominciarono subito a borbottare e a chiedersi che cosa stesse succedendo, poi una voce parlò dall’altoparlante, e non era quella del conducente né, per quanto femminile e autoritaria, quella degli annunci:
- crrr… ate tanto per il disagio scrrrori passeggeri.- gracchiò chiunque fosse al microfono, che ovviamente funzionava bene quanto il resto di quel misero trabiccolo - La crrrrotaia sospenderà momentaneacrrr il servizio. Verrete fatti scendere appena possibile. Nel frattempo, godetevi lcrrrita.-
Qualcosa non torna… pensò Leon tra sé.
La voce all’altoparlante era diversa da quella che avrebbe dovuto avere l’anziano conducente che aveva visto salire poco prima di imbarcarsi. Si slacciò le cinture e si alzò in piedi, con l’intenzione di andare a controllare in cabina: voleva vederci chiaro, in quella storia.
- Signorina, cosa fa?- chiese qualcuno.
Lei si voltò a guardare: era un ragazzo, di quindici o sedici anni al massimo, dai cespugliosi capelli castani e un naso appuntito. Sopra gli abiti indossava una casacca bianca con una striscia rossa verticale sul lato destro: un giovane Guaritore, o forse un aspirante tale. La fissava stupefatto, quasi gli fosse apparsa una figura mistica.
- Il mio lavoro.- sbuffò lei, un po’ irritata dal suo sguardo strano - Sono una Figlia del Sole, contento?-
E, senza aspettare risposta (anche se sentì chiaramente qualcuno cominciare a borbottare agitato), raggiunse la porta metallica e la aprì. Oltre, svenuto, c’era il conducente, facilmente riconoscibile per la divisa, ma privo del cappello blu previsto dal regolamento, abbandonato sulla poltrona vuota a destra, dove normalmente avrebbe dovuto essere seduto il controllore, che ovviamente doveva aver preferito stare a letto, quel giorno. Al posto di guida, sulla poltrona di sinistra, c’era una ragazza dai lunghi capelli rossi raccolti in una treccia che le arrivava a metà schiena e coperti da una bandana verde, sopra la quale era sistemato il berretto del guidatore sulle ventitré. Stava manovrando la navetta della monorotaia come se sapesse cosa faceva, dirigendola verso un varco sulla cui sommità era appeso un cartello che, decisamente, non recitava “Sol”.
- Cosa sta succedendo?-
- Prego, signorina, torni al suo posto.- disse ridacchiando la ragazza, senza voltarsi, col tono autoritario di un vero conducente. Dalla voce, non sembrava avere più della sua età… anzi, era evidentemente più giovane. Probabilmente aveva una quindicina d’anni - Sa com’è, queste schifezze sono famose per ribaltarsi ogni cinque minuti o poco più.-
- Ti consiglio di dirmi chi sei.- le intimò, avvicinandosi tanto da vederle il volto. Aveva gli occhi, grandi e scuri, concentrati sul percorso - E anche di fermarti. Io devo andare su Sol!-
- Eh, sai che tragedia…- sbuffò lei - Ci vai dopo, capirai…-
- Io preferirei andarci subito, invece!- sbottò Leon, cominciando a spazientirsi e prendendo il prisma dalla cintura.
- E chi sarai mai, una Figlia del Sole?- ridacchiò lei, con una curiosa sfumatura amara.
- Già, indovinato.- annuì Leon, minacciosa - E se non torni indietro…-
- Troppo tardi.- rise la ragazza.
Leon si voltò appena in tempo per vedere il passaggio, simile ad una pozza di luce liquida, arrivare incontro alla navetta, poi fu accecata per qualche istante, ci fu un sussulto accompagnato da un botto, lei cadde e infine la vettura si ribaltò.

Proprio non si riesce a fare un viaggio decente, sulle navette...
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che seguono la storia. A presto!

 

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Capitolo 7
*** Cap. 6: Il pianeta desertico ***


Non seppe dire per quanto tempo dormì, ma sbattendo la testa perse i sensi, e di questo fu più che sicura visto che il dolore riuscì ad avvertirlo per appena qualche secondo prima di partire per il mondo dei sogni. Le parve anche di avvertire un bruciore al fianco, ma non ne fu sicura, perché svenne un attimo dopo.
La sola cosa certa fu che sognò di essere immersa in una enorme distesa d’acqua, così alta che non riusciva a toccare il fondo, e cercava in tutti i modi di tenersi a galla anche se non c’erano appigli. All’improvviso, dall’alto, una scaletta di corde la colpì sulla testa, e alzando lo sguardo intravide la sagoma di una donna.
Pur non riuscendo a vederne il viso fu certa che fosse sua madre, la quale le faceva cenno di salire ma, non appena cercava di arrampicarsi, lei tirava via la scaletta, allontanandola. Poi uno dei varchi interplanetari comparve dal nulla e la inghiottì, e lei si svegliò.
Era in una casa di pietra dal tetto in paglia, distesa su un giaciglio rudimentale di legno e fieno. L’edificio era formato da una sola stanza, e l’unica finestra era chiusa, così che la luce entrava appena da uno spiraglio tra le assi. Portandosi una mano alla testa dolente sentì un piccolo bozzo, e avvertì un dolore ancora più acuto poco sotto l’ascella, come se la pelle si fosse accorciata di botto. Si tolse la tunica (la casacca era ripiegata in fondo al letto) e vide un bendaggio coprirle quella che, senza dubbio, era una ferita, posta poco sotto il seno destro. Si rivestì e andò all’esterno, cercando di capire dove accidenti fosse finita.
Si ritrovò nel deserto.

Non nel deserto deserto… intendiamoci, le dune erano visibili in lontananza e la sabbia era un po’ ovunque, ma lei si era svegliata in una delle uniche quattro costruzioni nel raggio di moltissimi chilometri: un edificio più grande degli altri, sopra cui era incisa una scritta in una lingua simile a una serie di ghirigori e tratti rapidi che probabilmente voleva dire “stazione” (vedeva un varco interplanetario dietro l’edificio) incombeva su di lei a destra. Davanti e a sinistra, invece, c’erano altre due costruzioni quasi identiche a quella da cui era appena uscita, in pietra chiara e squadrata. Sedute vicine alle porte c’erano alcune persone coperte da capo a piedi con abiti di lana, così da resistere al caldo incessante di quel deserto, che parlavano tra di loro. Tutto intorno alle costruzioni c’era una piccola baraccopoli in legno, fango e pelli d’animale, piena di gente vestita in modo simile a loro.
- Ben svegliata… di nuovo. Saranno già due ore che dormi.-
Sussultò e si voltò: seduto a terra, la schiena appoggiata alla parete, c’era Drake.
- Tu!- esclamò - Cosa diamine fai qui?-
- Io?- ridacchiò, alzandosi - Che ci fai tu, piuttosto. Io ero diretto su questo pianeta, tu no.-
Leon per un attimo non seppe bene che dire, quindi rimase zitta per qualche secondo.
- Cos’è successo?- chiese infine.
- Siete stati dirottati.- rispose semplicemente lui - A quello che ho capito, una ragazza ha “preso in prestito” la navetta per venire fin qui.-
Già, la ragazza. Pensò. Se le metto le mani addosso…
- Dov’è ora?-
Drake guardò verso le dune, stringendo gli occhi per vedere meglio.
- Quei puntolini laggiù credo che siano i Rashers che le sono andati dietro.- rispose.
Leon si voltò a guardare da quella parte: in lontananza, su una delle dune più alte, si vedevano alcune persone, a cavallo di bestie di cui lei aveva solo sentito parlare ma che non aveva mai visto, scendere il fianco della montagna di sabbia. Impossibile capire se avessero avuto successo o no.
- Cosa sono i Rashers?- chiese.
- Loro.- disse semplicemente Drake, facendo un gesto vago verso i quattro edifici e le poche persone lì in giro - Sono gli abitanti del deserto. Comunità piccolissime, ma molto più forti di quanto si possa immaginare. Ho avuto modo di stare con loro varie volte.-
- E cosa ci faccio io qui?- sbuffò Leon.
- Non chiederlo a me.- ridacchiò lui - Non sono io ad averti dirottata.-
La Figlia del Sole incrociò le braccia, scocciata, e sentì di nuovo la fasciatura.
- Cosa mi è successo?- chiese - Bernoccolo a parte.-
- Sei finita su un taglierino… non chiedermi cosa ci facesse lì.- rispose lui - Anzi, ti è andata anche bene, perché poteva essere peggio.-
Lei annuì, prendendo mentalmente nota di far pagare anche questa alla misteriosa dirottatrice.
- I ringraziamenti sono sempre bene accetti.- aggiunse lui.
- Dimmi chi ringraziare e lo farò.-
- Prova con me, potrebbe andarti bene.-
Leon sentì un calore provenire da sotto il colletto che niente aveva a che vedere col clima.
- Cosa?- sbottò, guardandolo furiosa - Sei stato tu?-
- Il Guaritore dei Rashers è fuori.- spiegò Drake, sulla difensiva - Ce n’era uno sulla tua navetta, ma era poco più di un ragazzino, ed è svenuto anche lui per un colpo alla testa. A quanto ne so, dorme ancora, è in una delle baracche. Tu ti stavi dissanguando, e non potevo certo aspettare.-
Trattenendosi dalla voglia di prenderlo a sberle (Due volte nuda in due giorni davanti a lui…) cercò di concentrarsi su qualcos’altro che le facesse aspettare l’arrivo della ladra di navette senza cercare di spargere il sangue di uno che, molto probabilmente, avrebbe fatto scorrere il suo.
- Dove sono tutti?- ringhiò - C’erano almeno altri dieci passeggeri e il conducente, con me.-
- Ah, sì, loro…- disse Drake - Dopo che mi avete tamponato… ero appena arrivato con la navetta pubblica… io e i Rashers abbiamo tirato fuori tutti quanti, e tranne te e il ragazzo, stavano tutti bene. Li abbiamo rispediti indietro, conducente compreso, mentre la ragazza scappava.-
- Credevo fosse svenuto.-
- Ironia della sorte, l’impatto lo ha svegliato.- ridacchiò Drake - Ora guarda…- disse, indicando i Rashers in arrivo - … magari hanno avuto fortuna.-
Ma, purtroppo, i Rashers che scesero dalla groppa delle loro bestie da monta non parevano aver portato la caccia a buon fine: chiunque fosse, quella ragazza aveva gabbato anche loro.
- Come accidenti ha fatto?- sbuffò Leon, mentre i cacciatori rientravano nelle case dopo aver legato gli animali o si sedevano al fianco dei loro compagni all’esterno - Loro vivono qui, conoscono il territorio meglio degli altri!-
- Beh, i casi sono due…- disse Drake - O lei è maledettamente brava, o ha dato loro del denaro… e questa è un’ipotesi molto più plausibile, visto che sono principalmente un popolo mercenario, oltre che molto superstizioso.-
Lei sbuffò spazientita.
- Allora non c’è più niente che mi trattenga qui.- sentenziò - Me ne ritorno a casa mia.-
- Non credo che tu possa.- la contraddisse lo Stratega.
- Cosa?- esclamò la Figlia del Sole - E perché?-
- Perché c’è una sola navetta da e per Narthill, che tra parentesi è il pianeta dove siamo ora.- le spiegò con la sua solita pazienza - Navetta che, per almeno venti giorni, sarà inservibile, visto che ci siete arrivati voi. Solo una delle due è rimasta intera, e l’abbiamo usata per gli altri passeggeri.-
Venti giorni?- chiese con voce strozzata ed incredula lei, spalancando gli occhi.
- Eh, sì.- annuì tristemente Drake - Qui non siamo ad Ironglass, ci vorrà un po’ perché la riparino abbastanza da mandarla lì, dove la possono risistemare davvero. Non so se ci hai fatto caso, ma questo qui è un deserto.-
Leon fece un verso esasperato.
- D’accordo, allora la acciuffo io!- sbottò.
Drake aggrottò la fronte.
- Chi?- chiese.
- Quella dannata mocciosa, ecco chi!- esclamò - Visto che non posso andarmene, allora vale la pena inseguirla!-
- Senza una guida ti perderesti nel giro di due ore.- la ammonì lo Stratega.
- E allora ne assumerò una!-
- Perché, parli il Rashers?-
Questo particolare scoglio la lasciò a bocca spalancata per qualche attimo, sul punto di lanciare una replica che, in realtà, non venne fuori. Alla fine si voltò, sbuffando, e diede un calcio alla sabbia.
- Posso aiutarti io.- disse poi Drake.
Lei lo guardò di traverso.
- Perché, sai orientarti in pieno deserto?- chiese.
Lo Stratega annuì.
- Sì.- rispose - Ho passato del tempo con i Rashers, te l’ho detto. Conosco la lingua, le usanze e il territorio. E, a differenza di loro, non ti costerò un soldo.-
- Ma davvero?- sbuffò sarcastica - E come mai tanta generosità?-
- Prima di tutto, perché mi sei simpatica.- spiegò con una schiettezza disarmante, guardandola con i suoi occhi dalle palpebre simili a serrande mezze abbassate - In secondo luogo, tu e io continuiamo ad incrociarci. Non può essere una coincidenza.-
- No, magari è il destino…- grugnì sarcastica Leon.
- Magari tu non ci credi, ma io sì.- obbiettò lui - In ogni caso, se non vuoi il mio aiuto…- e fece per andarsene.
- Aspetta!- sbottò. Drake si fermò e tornò a guardarla - Ho solo sottinteso che questa cosa del destino è una scemenza, non che non voglio il tuo aiuto.- ammise - Allora, quando si parte?-
- Un’ora al massimo.- rispose lo Stratega, andando verso un gruppo di Rashers lì vicino - Raccolgo quanto ci serve e si va.-

Inizia il viaggio di Drake e Leon. Vediamo cosa succederà.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, i lettori che mi stanno seguendo.
A presto!

 

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Capitolo 8
*** Cap. 7: Inseguimento ***


Le cavalcature Rashers erano creature simili a sciacalli, dal lucido e liscio mantello nero ma con la stazza di un purosangue. Si chiamavano Hurabèsh che, in lingua Rashers, significava “segugi del deserto”. Secondo Drake, che istruì brevemente Leon su come accudirli e come cavalcarli, si trattava di bestie molto intelligenti e scaltre, dall’acuto senso dell’olfatto e dall’eccellente resistenza, che niente aveva da invidiare ai cavalli o ai cammelli, entrambe bestie rare e costose per quel pianeta. Essendo facili da sfamare non avrebbero creato particolari problemi per la loro alimentazione, quindi fu sufficiente procurarsi un po’ di carne secca extra per poter partire.
Fissarono i bagagli dietro la sella (il sacco di Leon era stato recuperato da Drake prima che spedissero tutti a casa) e si avviarono verso il deserto, pronti a cominciare l’inseguimento, quando sentirono qualcuno gridare alle loro spalle.
- Fermi! Fermi, aspettate!-
I due si voltarono e videro il giovane Guaritore, con un cerotto ancora incollato sulla testa cespugliosa, correre loro incontro trascinandosi dietro un fagotto, la giubba del suo ordine infilata a metà.
- Cosa c’è?- gli chiese pazientemente Drake.
- Voglio venire con voi.- rispose, spostando i piccoli occhi verdi dall’uno all’altra - Mi hanno detto che non c’è possibilità di ritornare ad Ironglass per almeno un paio di settimane, quindi…-
- Hai pensato di venire con noi?- chiese Leon - Scordatelo, ragazzino. Non stiamo andando a fare una gita, ma ad inseguire la dirottatrice.-
- Beh… io sono un Guaritore….- disse timidamente lui - Insomma… posso esservi utile. Ho già affrontato viaggi lunghi, un paio di volte… non sono un Figlio del Sole o un esploratore o un soldato, ma so cavarmela…-
- Non sarà una cosa lunga, credo, ma decisamente non sarà nemmeno divertente.- disse lo Stratega, con la consueta pazienza - Come mai vuoi accompagnarci?-
- Meglio che restare qui.- spiegò - Voglio dire… non conosco bene la lingua, non saprei orientarmi. Mi troverei peggio ad aspettare senza fare niente. E poi, anche io ho qualcosa da ridire per il dirottamento.- aggiunse irritato, massaggiandosi il bernoccolo - Volevo andare su Sol, invece sono dove di sole ce n’è anche troppo!-
Leon sbuffò, irritata a sua volta, ignorando il gioco di parole; guardò Drake, che si strinse nelle spalle.
- E va bene.- disse alla fine - Ma non ci rallentare.-
- Non lo farò.- annuì lui, grato - Mi chiamo Gareth.-
- Drake.- disse lo Stratega - Lei è Leon.-
Drake lo fece salire alle sue spalle sul suo Hurabèsh, dopodiché partirono all’inseguimento della dirottatrice. A quanto pareva, era fuggita a piedi prima che Drake e i Rashers potessero rendersi conto che era stata lei a rubare la navetta, senza fermarsi a prendere alcunché, zaino in spalla e con l’aspetto di chi ha una ben precisa destinazione. Secondo lo Stratega la città più vicina era a tre giorni da lì, ma solo se si aveva una cavalcatura e una buona conoscenza del territorio.
Siccome lei, nel migliore dei casi, poteva vantare al massimo la seconda, le ci sarebbe voluta come minimo una settimana per raggiungere la meta. Avevano il vantaggio della velocità.
Cavalcarono per tutto il giorno, sotto il sole cocente e impietoso, a cui solo i loro destrieri sembravano resistere, seguendo le orme lasciate nella sabbia dalla fuggitiva e, per buona misura, anche quelle dei Rashers che l’avevano inseguita, fino a quando non trovarono le prove della teoria dello Stratega: i cacciatori l’avevano raggiunta, ma poi erano tornati indietro subito dopo averla circondata, segno evidente che li aveva pagati per lasciarla andare. Drake stesso ammise che era stata furba a non dare loro del denaro fin da subito: così facendo, nessuno oltre loro si era lanciato all’inseguimento finché essi non avevano fatto il percorso all’andata e poi al ritorno, guadagnando alcune ore di vantaggio su altri eventuali inseguitori non interessati ai soldi.
Giunti in cima a una duna a poca distanza da una montagna di pietra scura, poco prima del tramonto, videro un puntino in lontananza che si muoveva costeggiando l’altura rocciosa, probabilmente alla ricerca di un posto per riposare.
- Penso che sia lei.- disse Drake, fermando un istante il proprio Hurabèsh - Ma ha fatto molta più strada di quanta non credessi, e senza perdersi. Si muove velocemente, non c’è che dire.-
- E questo è un male?- chiese Gareth.
- No, visto che è a piedi.- rispose lo Stratega, mentre Leon passava loro accanto senza fermarsi - È solamente notevole.- aggiunse, facendo ripartire la propria cavalcatura.
Quando ebbero coperto un altro po’ di distanza, la Figlia del Sole scaricò i propri bagagli per alleggerire il suo Hurabèsh e partì al galoppo, lasciando indietro i due che la accompagnavano. La raggiunse nel giro di pochi minuti, ma lei se ne accorse quando era ormai troppo vicina per sfuggirle. Si trovava in un piccolo affioramento di rocce tra la sabbia, un luogo riparato e ideale per fare un campo, ma dal quale non si poteva uscire facilmente se non dalla sola parte libera dalle pietre, ovvero quella bloccata da Leon.
Sentendosi in trappola, la ragazza si liberò dei bagagli e prese dalla cintura due grossi e spessi anelli di metallo, color arancione chiaro tagliati trasversalmente da una sbarra più sottile che serviva da impugnatura. Fuse insieme ai due anelli c’erano due lame di forma triangolare, lunghe una trentina di centimetri circa. Praticamente dal lato opposto c’erano invece due bocche da fuoco. Armi per combattere.
Leon scese al volo e agguantò il prisma, sussurrando la parola “spada”, mettendosi in guardia.
- Non voglio lottare con te!- esclamò la ragazza, alzando le armi - Lasciami in pace!-
- Hai dirottato una navetta, messo in pericolo una decina di persone e ferito me!- sbottò lei - Per tutti questi motivi non posso lasciarti andare!-
Per questi e per aver dato modo a Drake di vedermi ancora mezza nuda… Pensò tra sé, amaramente.
- Mi dispiace.- disse l’altra, seccata - Senti, volevo venire qui, ma ho perso la navetta, e non potevo aspettare che tornasse. Non volevo fare male a nessuno, non mi aspettavo di tamponare! Prometto che ripagherò le riparazioni, anzi, le eseguirò io stessa al mio ritorno…-
- Bene.- annuì Leon - Allora andiamo, forza.-
- No!- sbottò la ragazza - Non posso, accidenti a te! Vuoi capirlo o no che devo fare una cosa importante, qui?-
- Anche io dovevo fare una cosa importante!- ribatté la Figlia del Sole - Ma, grazie a te, sono bloccata qui!-
- Leon!- la chiamò Drake, che finalmente era riuscito ad arrivare - Aspetta.- aggiunse, scendendo.
- Aspetta che?- sbottò lei, voltandosi a guardarlo - Non l’ho inseguita solo per lasciarla andare!-
- Volevo dire che devi aspettare domani.- obbiettò lui, accennando al cielo, che cominciava ad oscurarsi - Se vuoi tornare con la notte, lo farai da sola. Qui si gela, ed è impossibile viaggiare senza la luce del sole: questo pianeta non ha la luna.-
Lei guardò la ragazza, che annuì.
- Ovvio.- disse - Sennò non mi sarei fermata tanto presto. Credevo che lo sapessi, essendo una Figlia del Sole.-
Preferendo non darle la soddisfazione di sentirla ammettere che lo era da solo un paio di giorni, Leon ripose l’arma.
- D’accordo.- ringhiò - Per oggi non te le suono… ma domani riprenderemo il discorso.-
Rimontò sul suo Hurabèsh e andò a riprendersi i bagagli, mentre Drake si inventava qualcosa per accendere un fuoco. Tornata al campo trovò ad aspettarla un piccolo falò, che sembrava apparso dal niente. Gareth si era seduto in un angolo, vicino a una pietra e guardava le fiamme con occhi smarriti, mentre la ragazza si stava sistemando il sacco a pelo.
- Come hai fatto?- chiese rivolta allo Stratega, scendendo dal grosso sciacallo.
- Ho fatto scorta di questi.- rispose lui, tirando fuori dal bagaglio una scatoletta di legno da chi trasse una manciata di piccole sfere di vetro piene di luce arancione incandescente - Falò istantanei, utili per quando non si hanno combustibili a portata di mano. E sapendo dove andavo…-
- Okay, ho capito.- sbuffò lei, sedendosi.
Durante la cena rimase in silenzio per tutto il tempo, ancora irritata con Drake per aver spalleggiato la ragazza e con lei per aver dirottato la navetta. Quest’ultima, d’altro canto, sembrò indifferente al clima gelido sceso non soltanto per l’atteggiamento della Figlia del Sole, ma anche per l’improvviso calo della temperatura, quando il sole cominciò a toccare l’orizzonte, e decise di parlare di nuovo.
- Io mi chiamo Marie.- disse all’improvviso - Voi chi siete?-
Il primo a rispondere fu il giovane Guaritore, che sembrava un po’ impacciato, come se la compagnia di tanti estranei, che lui stesso aveva cercato, lo rendesse nervoso.
- Gareth.- disse - Gareth Aton. Sono un Guaritore di Gase, il quinto pianeta del sistema.-
- E che andavi a fare a Sol?-
- Pratica.- rispose lui, sorridendo imbarazzato - Speravo che i Maestri Guaritori dei Figli del Sole sapessero colmare alcune mie lacune. Ho ottenuto il brevetto solo da una settimana.-
- Beh, se vuoi imparare davvero, vai su Ohl Mahen.- gli consigliò Marie - Lì ci sono i migliori Guaritori, persino più bravi di quelli di Sol, a quanto ho sentito.- guardò Drake - E tu, invece? Non mi sembri di queste parti.-
- No, ma ci sono venuto spesso e conosco la zona.- sorrise pazientemente lui - E Leon aveva tanta voglia di rivederti, quindi…-
- Piantala, Drake!- sbottò lei.
- Uuh… come siamo nervose…- rise Marie.
Leon le scoccò un’occhiataccia.
- Che accidenti fai qui?- chiese - Cosa c’è di tanto importante su Narthill?-
La domanda le fece scivolare via il sorriso dalla faccia con la stessa rapidità di una macchia di fango fresco su un vetro verticale.
- Un Alterato.- disse laconicamente.
Leon sentì un leggero brivido percorrerle la schiena, e non era per il freddo. Riuscì a non darlo a vedere, tuttavia, ma Gareth fu meno bravo di lei: poco mancò che si strozzasse con il frutto che stava mangiando, e Drake dovette lanciargli una borraccia per farlo deglutire meglio. Persino lui pareva guardingo, adesso.
- Un Alterato?- ripeté lo Stratega, inarcando un sopracciglio - Non è facile trovarne uno. Sono creature rare.-
Rare è dir poco… Pensò Leon.
Gli Alterati, un tempo, erano molto diffusi in giro per il Sistema Helios ma poi, con l’aumento di numero degli umani e, conseguentemente, con l’aumento dei Figli del Sole, la loro specie era stata decimata nel corso degli anni, portandoli sull’orlo dell’estinzione.
Non che fosse stata una cosa facile: l’origine esatta degli Alterati era sconosciuta (per alcuni si trattava di alieni, creature provenienti dai pianeti oltre il Sistema Helios, per altri invece erano gli abitanti originari di quei mondi, che vivevano lì ben prima dell’arrivo dei primi coloni umani, centinaia di anni prima), ma la cosa certa era che si trattasse di creature incredibilmente pericolose, difficili da uccidere e molto forti. L’unico vantaggio che umani e Figli del Sole potevano vantare nei loro confronti era il numero e, col tempo, erano riusciti a ridurre il loro così tanto che, ormai, non ne rimanevano quasi più.
I pochi rimasti se ne stavano per lo più nascosti, in attesa di non si sa bene cosa, ma di certo erano i più forti che la loro razza avesse, poiché non erano ancora morti. Persino i Figli del Sole cercavano di tenersene al largo. Quantomeno, questo era ciò che si trovava sui libri o che veniva raccontato dai più anziani, e non esistevano prove materiali di questi fatti, né a qualcuno interessava davvero saperne niente.
- Posso chiederti come mai cerchi un Alterato?- chiese Gareth.
- Motivi personali.- rispose Marie.
Non aggiunse altro, e nessuno le chiese niente di più. Intanto, il sole continuò a tramontare. Il cielo aveva quasi cominciato a diventare viola quando furono raggiunti da una sferzata di sabbia.

Stiamo entrando nel vivo della storia. Presto inizieremo a vedere seri sviluppi per i personaggi, Leon in particolare.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 9
*** Cap. 8: L'alterazione del deserto ***


La polvere scoppiò attorno a loro come se fosse animata, seguendo una scia che si muoveva rapidissima attorno al gruppo, e fecero appena in tempo ad alzarsi per evitare di trovarsi sulla sua traiettoria.
Le cavalcature guairono e scapparono, terrorizzate dal fenomeno mentre Gareth lanciò un grido stridulo, colto di sorpresa, e incespicò all’indietro, finendo lungo disteso in mezzo alla sabbia e alla ghiaia.
Svelta come una folgore, Leon rotolò via per schivare l’ennesima carica della cosa e afferrò il prisma, ma prima che le potesse venire in mente il nome di un’arma con sufficiente penetrazione da perforare il suolo sabbioso e ferire sul serio ciò che li stava attaccando, Marie prese le sue armi a forma di anello munite di punta e, orientando la lama verso gli incavi delle braccia, puntò le bocche da fuoco direttamente verso il suolo, dove ancora la scia di sabbia continuava a zigzagare. Un attimo dopo, con un rumore ripetitivo e rapidissimo simile al verso di una rondine, due raffiche di proiettili si lanciarono contro il terreno, sollevando altra sabbia. Continuò a sparare, inseguendo la scia nefasta, che cercò di schivare i colpi andando a destra e a sinistra, muovendosi in maniera casuale, ma la ragazza non smise di fare fuoco fino a quando il movimento non finì e la scia non si arrestò.
Il silenzio calò sul loro accampamento semismantellato, e Leon poté rialzarsi senza pericoli, imitata da Gareth, ancora stravolto. Drake, ancora in piedi, si guardava intorno con circospezione, ascoltando rumori che parevano essere cessati; Marie ansimava leggermente, i capelli in disordine e la bandana sulle ventitré, le armi ancora strette nelle mani ma le braccia abbassate.
- Cosa accidenti era?- esclamò la ragazza dopo un attimo, prima di guardare Leon.
- Che ne so!- sbottò lei - Non sarei nemmeno qui se non fosse stato per te!-
Un momento dopo, un’autentica eruzione sabbiosa scoppiò a pochi passi dalla Figlia del Sole; Marie e Gareth gridarono, Drake le urlò di stare attenta, e lei si sentì sollevare da una possente mano che la afferrò per il collo da dietro, portandola in alto, molto più in alto di quanto avrebbe mai potuto saltare. A terra, vide Drake prendere la sua doppia ascia e Marie puntare le mitragliatrici ma esitare a sparare per paura di colpirla. Gareth, invece, osservava con il terrore dipinto sul volto.
- In tal caso hai avuto una grande sfortuna, Figlia del Sole…- le mormorò una voce orribile all’orecchio - Proprio una grandissima sfortuna…-
- S…pa…da…- esalò, semisoffocata dalla stretta.
Il prisma, ancora stretto nella sua mano, reagì prontamente, riconfigurandosi subito. Voltò l’arma con la lama verso le proprie spalle ed affondò accanto al suo orecchio, strappando un ruggito di dolore al proprio avversario: l’aveva preso. Sentì la presa allentarsi, ed immediatamente precipitò verso il basso, finché qualcuno non l’afferrò prontamente al volo, e si ritrovò tra le braccia di Drake, che aveva gettato via l’arma per correre a prenderla. Intanto, Marie aveva ripreso a sparare verso il vortice sabbioso, con le mitragliatrici che producevano quel loro rumore caratteristico:
ziuziuziuziuziuziuziuziu…
Ciò che era nel centro del ciclone di sabbia ruggì rabbioso e si inabissò nel terreno, girando attorno al gruppo. Drake lasciò andare Leon (a dire il vero, fu lei ad agitarsi finché non l’ebbe fatta scendere) e raccolse la doppia ascia, mentre Marie seguiva la corsa dell’essere, che sembrava avere acquistato molta più forza e vigore di quando non aveva attaccato la prima volta: i colpi non erano abbastanza precisi o veloci, e lui si diresse indisturbato verso Leon, con la quale sembrava essere particolarmente in collera.
Lei spiccò un salto in avanti, facendo la capriola in atterraggio, passandogli sopra. Quello piegò rapido a sinistra, costringendo Drake a lanciarsi di lato, e rincorse la Figlia del Sole. Marie dovette smettere di sparare per non colpire qualcuno, ed il loro nemico ebbe campo libero per lanciarsi contro Leon, che dovette saltare ancora una volta. Gareth, alle sue spalle, non fu abbastanza rapido, e venne investito dalla scia. Il ragazzo fu lanciato all’indietro ed atterrò su una roccia, sbattendo la testa.
- Gareth!- esclamò Marie.
- Leon!- gridò Drake - Di qua!-
Senza aspettare né chiedere niente, la Figlia del Sole corse verso di lui, che stava in piedi davanti ad un enorme macigno: lui era lo Stratega, e qualsiasi cosa dicesse in battaglia era legge.
- Stai qui.- disse, mettendola accanto a sé - E aspetta.-
Rimasero fermi a guardare la scia scoppiettante di sabbia che correva loro incontro, sollevando polvere come se sotto la superficie fosse pieno di petardi. Leon non poté non provare una certa dose di apprensione, anche perché l’uomo non pareva volersi muovere, e la tratteneva saldamente per un braccio.
- Drake…- disse, cercando di nascondere il tremito nella voce.
- Aspetta…- rispose lentamente lui.
La scia era meno di un metro da loro…
- Drake…- lo chiamò ancora, adesso senza più cercare di nascondere l’ansia.
- Non ancora…- disse piano lo Stratega.
La scia era a pochi passi…
- DRAKE!-
- ORA!-
Si lanciarono ognuno da una parte diversa, e la scia si schiantò contro la roccia alle loro spalle, che esplose in mille pezzi, sgretolandosi. Le esplosioni di sabbia si arrestarono, come se non ci fosse più niente che potesse minacciarli. Intanto, era calata del tutto la notte, ed il sole era sparito. Il debole fuoco, quasi spento dal tumulto provocato dall’aggressione, era l’unica fonte di luce rimasta. Il silenzio permeò l’aria.
- Andato.- sentenziò Drake, rialzandosi ed aggrottando un sopracciglio, quando fu chiaro che non avrebbe più ripreso l’attacco - Se l’è svignata.-
- Che diavolo era?- sbottò Leon, rimettendosi freneticamente a sedere.
Lui scosse la testa.
- Non lo so.- rispose, guardandola - Ma ce l’aveva con te.-



Oggi il capitolo è un po' più corto, ma dovrebbe andare. Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che seguono la storia. A presto!

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Capitolo 10
*** Cap. 9: La rabbia di Leon ***


Drake aveva avuto ragione dicendo che era impossibile viaggiare di notte, in quel deserto: la temperatura scese sotto i venti gradi nel giro di pochissimi minuti, costringendo i quattro a stringersi attorno al fuoco che lo Stratega aveva ravvivato rompendo altre tre sfere di vetro. Altre tre perché, oltre al gelo calato attorno a loro, c’era Gareth che era ancora incosciente ed era essenziale tenerlo al caldo. La ferita alla testa non era profonda, ma l’aveva mandato nel mondo dei sogni per parecchio tempo, e poteva anche andare in ipotermia. Se si aggiungeva la già presente botta presa per colpa di Marie, si capiva che era bene preoccuparsi per le sue condizioni. Fortunatamente si svegliò da solo, circa due ore dopo, indolenzito e spaesato.
- Ahia…- gemette, portandosi la mano alla testa.
- Stai giù.- disse qualcuno sopra di lui - A meno che tu non voglia aggravare l’emicrania.-
Gli ci volle qualche minuto per riuscire a rimettere a fuoco Marie, seduta lì accanto con le gambe tra le braccia.
- Ciao…- le disse - Cos’è successo?-
- Non saprei dirti, sinceramente.- rispose lei - La cosa è sparita dopo che Drake l’ha mandata a sbattere contro un macigno, ma non ho idea di cosa fosse. I nostri adulti ci stanno pensando proprio adesso.-
E si voltò verso la propria destra per guardarli. Gareth si mise cautamente a sedere, appoggiando la schiena allo zaino che aveva alle spalle, e vide Drake e Leon che discutevano animatamente ma a voce relativamente bassa, tanto che non li sentivano sotto il crepitio del fuoco.
- Non hanno capito cosa volesse o fosse quell’essere?- chiese.
- No. Forse hanno delle idee, ma non mi hanno ancora detto niente. Di certo, sembrava avercela con Leon.-
E quest’ultimo pensiero, alla Figlia del Sole, risultava come il più scomodo e allarmante. Seduta su un’alta roccia, parlava con lo Stratega dell’accaduto, in toni sempre più tesi mentre lui, d’altra parte, ancora non perdeva la sua storica calma.
- Doveva essere un Alterato.- sentenziò infine, sulla sabbia dove si trovava, incrociando le braccia e guardando tranquillamente il cielo stellato e nero - Non esistono animali selvaggi o creature in grado di provocare un simile macello, soltanto loro ne sono in grado. La cosa che ci va più vicina sono gli Striscianti, e quelli non attaccano mai l’uomo.-
- Inoltre, dubito che abbiano le mani.- disse Leon, che a differenza di Drake non era affatto calma: a malapena riusciva a nascondere un tremito che la scuoteva fin nelle ossa, ed era ancora pallida come un cencio. Lo scontro l’aveva profondamente scossa, anche se non voleva ammetterlo - La cosa che mi ha sollevata aveva le dita, e nessun verme può dire lo stesso.-
- Già, l’ho notato.- annuì Drake, senza guardarla.
- Davvero?- chiese lei - Credevo che il vortice fosse troppo fitto.-
- Ah, credimi, lo era.- annuì lui - Non ho visto niente, tranne quei lividi.- e le indicò il collo.
Istintivamente, la Figlia del Sole si portò una mano sulla gola, ancora un po’ dolorante, e le sembrò quasi di sentire i segni sotto le dita.
- Tu ne sai più di me.- disse, cercando di non guardarlo, perché ora era sicura che lui stesse osservando le sue mosse - Quante possibilità ci sono di trovare due Alterati diversi nello stesso posto?- e portò lo sguardo su Marie, che stava aiutando Gareth a sistemarsi meglio.
Drake rimase in silenzio per qualche istante: forse stava ponderando la risposta, forse cercava di capire cosa pensasse lei, o magari entrambe le cose.
- La popolazione degli Alterati…- disse infine - … ha subito un drastico calo, negli ultimi duecento anni. Conobbe la sua massima espansione con la presunta catastrofe di Letar e le successive conseguenze…-
Il solo nominare quel pianeta le diede un brivido, ma non lo interruppe.
- … poi, però, ci fu una tremenda riduzione del loro numero e dei relativi avvistamenti.- continuò Drake - I Figli del Sole come te, le cacce dei mercenari e i viandanti vendicativi di ogni specie li perseguitarono per decenni. All’inizio la densità media delle Alterazioni era di circa tre, quattrocento per pianeta, con poche eccezioni. Ora, invece, è raro trovarne uno solo ogni sei pianeti.- sospirò e scosse la testa - In parole povere, se quello era un Alterato, e lo era di certo, allora era senza ombra di dubbio lo stesso che sta inseguendo Marie.-
Ci fu un istante di silenzio, poi Leon saltò giù dal macigno ed afferrò il prisma.
- Spada.- disse, provocandone l’immediata reazione.
Attraversò con un paio di falcate l’accampamento e raggiunse i due ragazzi. Prima che chiunque di loro potesse dire una parola, prima ancora che Drake potesse finire di chiamare il suo nome, prima che Marie riuscisse ad alzarsi in piedi, la calciò sul petto tanto forte da spedirla lunga distesa a terra e le puntò Raggio sulla gola (Raggio era il nome che aveva deciso di dare alla spada), premendola al suolo col piede.
- Ora ascoltami, ragazzina…- ringhiò - … perché ne ho abbastanza di te e delle tue pazzie!-
Marie la guardava con occhi sgranati, sollevando il mento per evitare la punta dell’arma. Gareth, incredulo, spostava lo sguardo dall’una all’altra, e Drake si stava avvicinando alle sue spalle.
- Leon…- chiamò, ma lei fece finta di non sentirlo.
- Voglio sapere cosa sai di quella cosa!- continuò - Tutto ciò che puoi dirmi, e farai meglio ad essere esauriente, sennò ti infilzo e ti lascio qui per i mangiacarogne!-
- Leon!- sbottò Drake, prendendola per una spalla e costringendola a voltarsi.
Lei reagì d’istinto, serrando la mano attorno alla spada e colpendo Drake al mento con un pugno che lui sembrò a malapena sentire, poiché non barcollò quasi per niente. Tuttavia, non poté ignorare il filo della lama che lei gli appoggiò ad un lato del collo.
- Stai indietro!- esclamò - Resta fermo dove sei! Non sto scherzando, Drake!-
- Ne sono ben consapevole.- annuì lui, incurante dell’arma puntata alla giugulare - E se ti fa stare meglio, puoi anche colpirmi di nuovo. Urlami contro, arrabbiati. Non ho nessun problema. Solo, non prendertela con Marie. Lei non ti ha chiesto di seguirla come non ha chiesto a quella cosa di attaccarti. So che è frustrante…-
- Lo sai?- chiese, con voce falsamente calma - Sai cosa? Cos’è che sai?- si allontanò da Marie, che poté finalmente rimettersi a sedere, e si avvicinò talmente tanto a Drake che poteva quasi sfiorargli il volto col naso, anche se era più alto di lei - Allora?- sbottò, la voce che cominciava a tremare per la rabbia - Cosa accidenti sai, tu, di me?-
- So che sei una Figlia del Sole.- rispose tranquillo - Non sei cresciuta per uccidere le persone.-
- No, ma non sono nemmeno cresciuta per vivere.- ringhiò piano - Credi che l’abbia chiesto io? Che mi diverta? È stata mia madre a mettermi a disposizione dei Figli del Sole, e nessuno mi ha mai chiesto alcunché!- abbassò la spada, ma non smise di guardarlo furente - Non ho mai detto di essere pronta a morire, Drake.-
Lui non disse niente, e Leon si sedette di nuovo sul sasso di prima, dando le spalle a tutti. Lo Stratega scosse la testa, sospirando, e aiutò Marie ad alzarsi in piedi.
- Stai bene?- le chiese.
La ragazza annuì, ancora leggermente spaventata.
- Che le prende?- borbottò, guardando arrabbiata la schiena di Leon.
- L’aggressione l’ha scossa.- rispose lui - Non è piacevole rischiare la vita, e quell’essere voleva lei più di noi.- la condusse a sedere, accanto a Gareth, che non aveva detto nulla, spaventato dal litigio tra Leon e Drake - Ora, parliamo.- proseguì lo Stratega - Perché Leon ha ragione, devi dirci ciò che sai di lui, dell’Alterato che stai inseguendo.- si sedette a sua volta, sospirando - Tornerà. Prima o poi lo farà, e noi siamo bloccati su questo pianeta per un bel po’ ancora.-
Marie si strinse le ginocchia al petto e guardò a terra: sembrava cercare di raccogliere tutto il coraggio che possedeva per rispondergli. Drake, con la coda dell’occhio, riuscì a scorgere un movimento che poteva essere interpretato come Leon che voltava appena la schiena.
- Non so niente di lui.- ammise Marie - Non ho idea di come sia fatto, non so come si chiama, e non conosco molto bene i suoi poteri. Ho la certezza che è una creatura molto antica e pericolosa. E che gli piace uccidere i Figli del Sole.-
Leon fece un verso sarcastico.
- Beh, questo mi sembra chiaro.- sbottò.
Drake la ignorò.
- Come mai lo insegui?- chiese.
Marie sospirò e guardò altrove. Aveva una faccia davvero al limite della depressione.
- Ha ucciso Michael e Paul.- rispose pianissimo.
Gareth aggrottò la fronte.
- Chi?- domandò.
- Due Figli del Sole.- rispose Leon, a sorpresa.
Tutti e tre si voltarono verso di lei, che adesso guardava apertamente Marie, non più con rabbia ma con sincera curiosità.
- Paul e Michael Whitehorse.- spiegò - Erano due Figli del Sole. Paul Whitehorse è stato il mio predecessore. È morto un mese fa, e Michael, suo fratello maggiore, è stato nominato Attivo molto prima di me. Circa dieci anni, credo.-
- Dodici.- corresse Marie - Aveva dieci anni più di Paul, ed è stato ucciso da un Alterato sei anni fa. Lo stesso che poi ha ucciso lui.-
- Questo non lo sapevo.- disse Leon, scendendo dal sasso ed avvicinandosi lentamente agli altri - I due fratelli sono morti, punto. Quasi nessuno ha mai reso note le circostanze della loro morte, Aulos ha detto queste cose a pochissime persone.-
- L’ha detto ai loro genitori.- annuì Marie - E loro l’hanno detto a me.-
- Perché a te?- chiese Gareth.
- Beh, mi pare ovvio.- rispose Drake - Erano i tuoi fratelli, vero?-
Lentamente, la ragazza annuì.
- Quindi è per questo che sei venuta qui.- disse lentamente Leon, sedendosi sulla sabbia
- Sì.- rispose, alzando lo sguardo su di lei - Mi dispiace che tu ci sia andata di mezzo, non credevo che ti avrebbe presa di mira.-
Leon sospirò, appoggiando la testa sul palmo di una mano.
- D’accordo…- disse stancamente - Se ha ucciso due di noi allora forse i Figli del Sole sanno qualcosa su di lui. Vedrò di chiedere, appena riusciremo a tornare a Sol.-
Il volto di Marie s’illuminò con un sorriso.
- Grazie.- disse.
- Vacci piano.- brontolò Leon - Non lo faccio per te, ma per salvarmi la pelle.-
- Qualunque sia il motivo, è un bel gesto, da parte tua.- disse Drake - Ora però farete meglio a riposare. Farò io la guardia.-
Prese la sua doppia ascia e si rialzò, sedendosi sulla roccia lasciata da Leon.

Se non altro adesso sappiamo cosa è venuta a fare Marie da queste parti. Ma la storia è appena iniziata, e ancora dobbiamo scoprire molte cose su questo Alterato...
Come al solito ringrazio John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi stanno seguendo. A presto!

 

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Capitolo 11
*** Cap. 10: Una chiacchierata sotto le stelle ***


Passarono meno di tre ore, durante le quali il fuoco si spense e la temperatura calò ancora di più. Avvolta tra coperte e sacco a pelo, Leon rabbrividì un poco, insonne e agitata, ancora piena di adrenalina per lo scontro e il successivo litigio. Soprattutto per lo scontro.
Non era abituata a lottare in quel modo per la propria vita: fin da quando le avevano imposto l’esistenza da Figlia del Sole, all’età di pochissimi anni, non aveva mai fatto niente di diverso che studiare, allenare il proprio corpo, imparare a conoscere le armi e sviluppare la Psicocinesi, il potenziale nascosto della mente umana che consentiva alle persone di sfruttare capacità altrimenti inaccessibili. Sì, a volte aveva sostenuto prove piuttosto dure, come parte dell’addestramento aveva imparato a lottare e a sopravvivere in ambienti ostili, ma a parte qualche animale selvatico, creature che uccidevano per fame o difesa, non aveva mai dovuto sostenere un vero scontro in cui il suo avversario mirava a uccidere perché sì.
Dopo tanto tempo passato a rigirarsi sulla sabbia, decise infine di smetterla di provare ad addormentarsi e si tirò su, stringendosi meglio le coperte attorno al corpo; rabbrividendo ulteriormente si avvicinò a Drake, anch’egli imbozzolato in vari strati protettivi per resistere al freddo, il capo chino sul petto, ma seduto e, lei ne era certa, perfettamente sveglio.
- Vai a letto.- gli disse - Faccio io la guardia, ora.-
- No.- disse lentamente Drake - Sei a pezzi, Figlia del Sole, sia fisicamente che psicologicamente.-
- Non ho sonno.- borbottò lei.
- Beh, nemmeno io.- sorrise lo Stratega, alzando la testa per guardarla - Ma se proprio non vuoi andare a riposare, allora siedi accanto a me. Sarò ben lieto di averti al mio fianco.-
Lei non rispose e si sistemò su una porzione di roccia libera.
- Allora…- cominciò lui, con voce tranquilla - Come hai giustamente detto, non so molto di te. Ti piacerebbe colmare questa mia lacuna?-
- Perché lo dovrei fare?- sbottò Leon - Non ti conosco. Non siamo amici.-
- Perché te l’ho chiesto.- rispose Drake - E perché vorrei diventarlo.-
Lei sbuffò e si voltò dalla parte opposta, seccata.
- Non sono affari tuoi, Drake.-
- Va bene.- disse lui, senza tradire alcuna delusione - Allora fai tu, bambina.-
Leon provò una forte fitta di irritazione, tanto che lo fissò rabbiosamente.
Bambina?
- Non sono una bambina, Drake!- sbottò - Sono una donna adulta, se non l’hai notato!-
- Fisicamente parlando non posso che concordare.- annuì lui pacatamente, senza guardarla: scrutava il cielo, immensamente interessato alle stelle sopra di loro - Come Figlia del Sole, sei appena nata.-
- D’accordo, ora basta!- esclamò, facendo di tutto per non gridare. Si alzò in piedi, furente, e le coperte caddero a terra. Il freddo la assalì subito, ma lei lo ignorò - Basta così! Smettila di dire che sono una Figlia del Sole! Non ne posso più!-
- Perché mai?- chiese con estrema educazione lo Stratega, abbassando finalmente lo sguardo su di lei - Non è forse ciò che sei? Ti hanno cresciuta per questo, in fondo.-
- Sì.- ringhiò sdegnosamente - Mi hanno cresciuta per questo. Per essere una schiava, una vita sacrificabile! Non l’ho voluto io, Drake! Nessuno si è mai preso la briga di chiedermi cosa volessi fare!-
- Quindi sei sempre dovuta sottostare agli ordini altrui?-
- Sì! In vita mia non ho mai potuto decidere niente!- esclamò con estrema amarezza - E adesso è stato anche deciso come dovrò morire! Non puoi pretendere che me ne stia tranquilla ad aspettare, accidenti!-
Marie si agitò nel sonno, disturbata dalla discussione, e Leon, in un lampo di lucidità, si accorse del tranello tesole da Drake: lui non l’aveva chiamata “Figlia del Sole” perché la reputava tale, ma soltanto perché aveva previsto la sua reazione. L’aveva fatta arrabbiare perché gli dicesse ciò che voleva sapere, sfruttando i suoi punti deboli a proprio favore. Non per niente era lo Stratega.
Evidentemente lui sapeva che lei sapeva, perché fece un sorriso di scuse e distolse lo sguardo.
- Mi dispiace.- disse - Volevo solo capirti un po’ meglio. Ti prego di non arrabbiarti.-
A dire il vero, Leon aveva tanta voglia di prendere la sua doppia ascia e di spaccargli l’asta sulla testa. Comunque, raccolse le coperte e si sedette accanto a lui, avvolgendosi di nuovo nella lana. Non se n’era accorta, ma stava davvero tremando: aveva le braccia blu.
- Mia madre era una Figlia del Sole.- disse dopo un po’ - Riteneva la sua una sacra missione, una specie di compito imprescindibile, e niente le poteva far cambiare idea, nemmeno…-
- … sua figlia?- terminò Drake.
Lei annuì.
- Ero solo un altro pretesto per servirli meglio.- spiegò - Una figlia da offrire loro come sua erede. Niente di più onorevole, secondo lei.-
- Ed è stata tua madre a dirtelo?- chiese lo Stratega.
- Non è mai stato necessario.- rispose Leon - A che le servivano giustificazioni?-
- A non odiarla, tanto per cominciare.-
Lei sospirò ed alzò lo sguardo al cielo. Era incredibile quante stelle ci fossero.
- Beh, non tornerò a chiederglielo.- disse amaramente - Non l’ho mai fatto prima, e non lo farò ora.-
Drake inarcò un sopracciglio.
- È ancora viva?-
- Sì.- rispose Leon, guardandolo - Credevo che sapessi tutto dei Figli del Sole.-
- No, non proprio tutto.- ammise lui, sorridendo mestamente.
- Non tutti rimangono fino alla morte.- spiegò - Il servizio termina non appena il fisico mostra segni di cedimento. Alcuni resistono fino alla veneranda età di ottant’anni, per esempio. Aulos è un caso a parte… ha servito come Attivo per oltre sessant’anni, e ora credo ne abbia più di novanta… e credo che a volte gli capiti di combattere ancora. Le donne, invece, vengono indotte a ritirarsi poco dopo essere rimaste incinte.- fece una pausa per sbuffare di nuovo - Ecco un altro ottimo motivo per mettermi al loro servizio: supplire la sua assenza.- altra pausa, stavolta più lunga - Non ci parlo da più di dieci anni.-
Drake non disse niente, ascoltando uno sfogo che lei sentiva come dolorosamente necessario, e non aprì bocca nemmeno dopo che la scontenta Figlia del Sole ebbe terminato. Lasciò che si appoggiasse con la schiena alla sua spalla, e non fece una mossa nemmeno quando lei si addormentò in quella posizione. Rimasero così per il resto della notte.

Alla fine ho postato con un giorno di ritardo. Chiedo scusa, ieri non ci sono riuscito.
Ringrazio, come sempre, John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, i lettori che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 12
*** Cap. 11: Riparazioni ***


Il mattino arrivò con i primi, tiepidi raggi solari, che in capo a un’ora divennero roventi. Il gruppo si svegliò molto presto, e fortunatamente poterono tutti dire che era stata una nottata tranquilla, priva di ulteriori incursioni dell’Alterato.
Tornarono rapidamente alla baraccopoli, dove Marie annunciò che forse poteva aggiustare la navetta danneggiata quanto bastava per portarli ad Ironglass entro la fine della giornata grazie alle proprie conoscenze di meccanica. Siccome sapevano che l’alternativa era aspettare una ventina buona di giorni (gli abitanti del pianeta non erano particolarmente abili con la tecnologia) non trovarono niente da obbiettare, e si diressero con lei alla stazione.
Il rottame della navetta giaceva abbandonato da una parte, sotto un telo che lo riparava dalle eventuali tempeste di sabbia, non lontano dal binario principale. Alcuni attrezzi erano sparsi in giro, e le lamiere erano contorte come quando si era scontrata con la sua gemella. Il parabrezza era distrutto, il muso schiacciato da una profonda ammaccatura, e molte falle si aprivano nello scafo.
- Non male per un semplice tamponamento.- commentò Gareth.
- Che vuoi, ho un dono per aggiustare, superato solo da quello per rompere.- replicò Marie - Mi servirà anche il vostro aiuto, o ci vorrà parecchio.- aggiunse, guardando gli altri. Si rivolse a Leon un istante, aggrottando le sopracciglia - Tu che tipo di Psicocinesi sai usare?-
Leon fece una smorfia, per nulla sorpresa dal fatto che Marie fosse al corrente delle sue abilità. Dopotutto, aveva avuto due fratelli che facevano il suo stesso lavoro.
Non che la Psicocinesi fosse proprio un segreto: quando la razza umana aveva iniziato a espandersi nel Sistema Helios, si era accorta rapidamente che alcuni riuscivano improvvisamente a fare cose fuori dall’ordinario, e dopo una lunga serie di studi si era giunti a una conclusione: la loro mente si era evoluta.
Nessuno aveva chiaro il come, né tantomeno il perché, ma il sole di Helios emetteva una particolare radiazione, forse un tipo di spettro luminoso impercettibilmente differente da quello di qualsiasi altra stella, che stimolava il cervello in modi mai visti prima, spingendolo ad attivare aree altrimenti inutilizzabili.
Da lì veniva la Psicocinesi, e ne esistevano differenti, probabilmente basate sulle attitudini della persona in questione. La Criocinesi, ad esempio, era la capacità di manipolare e creare ghiaccio, inversa alla Pirocinesi, che si basava sul fuoco. Altri due tipi erano invece l’Idrocinesi e l’Aerocinesi.
Ogni facoltà Psicocinetica poteva essere sviluppata in maniere diverse, talvolta mescolandola anche ad altre, e di rado si potevano avere due persone diverse che, pur avendo gli stessi poteri, possedevano anche le stesse capacità. Le variabili erano tantissime, e soprattutto una mente più sviluppata era in grado di ottenere poteri più forti di quelli di altre persone.
Potenzialmente chiunque poteva imparare a usare la Psicocinesi, ma non tutti la studiavano, e solo i Figli del Sole come lei vi dedicavano anni e anni di addestramento approfondito. Tutti i membri della confraternita sapevano usarla, e Leon aveva ereditato da sua madre (che sapeva usare fuoco ed elettricità) un unico potere.
- Elettrocinesi.- rispose lei - Perché me lo chiedi?-
- Beh…- ridacchiò lei - Perché se sei Elettrocinetica, come speravo, allora faremo molto prima.-
Gareth, appoggiato alla carcassa metallica, guardava con vaga sorpresa Marie.
- Dici?- chiese - Come mai? E cos’è l’Elettrocinesi?-
- La capacità Psicocinetica di manipolare o generare l’elettricità.- spiegò Drake - Un po’ come la tua capacità di guarire, solo che quella può essere imparata. L’Elettrocinesi no.-
- Beh, non è che ci voglia molto.- disse Gareth, in lieve imbarazzo - La Guarigione possono impararla tutti.-
In effetti, la capacità Psicocinetica di guarire era la sola a poter essere insegnata e trasmessa tramite i libri e l’esercizio. Tutte le sue altre forme, invece, erano totalmente innate e uniche, e ognuna di esse richiedeva tempo per essere portata pienamente alla luce, benché esistessero persone più portate di altre nel campo della Guarigione e, quindi, capaci di svilupparla meglio.
- Non ti abbattere!- esclamò allegramente Marie, dando al ragazzo una bella pacca sulla spalla che quasi lo fece cadere - Ora forza, dacci una mano e andiamo via di qui!-
Si misero all’opera fin da subito: essendoci una grave penuria di pezzi di ricambio, dovettero accontentarsi di raddrizzare le lamiere storte per quanto era loro possibile, risaldandole e riavvitando i bulloni allentati con alcuni attrezzi che Marie si era portata da casa o col poco che trovarono in giro. Il parabrezza, per fortuna, poterono cambiarlo subito con uno un po’ vecchio ma integro, che i Rashers tenevano da parte. Il motore, piuttosto danneggiato, occupò buona parte del tempo, ma Marie dimostrò un’incredibile capacità di adattamento, rimettendo insieme cavi e tubi scollegati in un tempo relativamente breve. Sotto le sue direttive, Leon e Gareth smontarono tutti i sedili del vano di carico, mentre Drake sigillava quei buchi che non erano riusciti a riparare con una sostanza liquida e densa che, una volta applicata e lasciata seccare, divenne resistente come corteccia d’albero. Quando Gareth gli chiese cosa fosse, lui spiegò che era del semplice mastice mescolato ad escrementi di Hurabèsh i quali, una volta disidratati, diventavano estremamente duri.
Il motivo per cui si prendeva tanto disturbo era dovevano necessariamente passarlo sopra alle crepe o non sarebbero riusciti a viaggiare, non con uno scafo tanto sforacchiato.
L’informazione giunse nuova quanto disgustosa al ragazzo, che dopo quella risposta prese mentalmente nota di non chiedere più allo Stratega cosa fosse cosa.

Fecero ben poche pause, una per mangiare e una per riposare un po’ i muscoli, mezzi disidratati per i raggi del sole bruciante, lavorando alacremente e senza lamentarsi, ben decisi ad andarsene il prima possibile.
- Ehi, Leon…- sbuffò Marie, seduta con la schiena contro lo scafo della navetta in riparazione, alla disperata ricerca di un po’ d’ombra - Sei sicura di non essere anche Criocinetica, per caso?-
Lei scosse la testa, seduta sulla soglia della navetta per stare un po’ più al fresco.
- No.- rispose, sudata fradicia - E comunque, non potrei usare le mie facoltà solo perché ho caldo. I Figli del Sole…-
- … non possono rivelare la loro presenza, quando questa rischia di seminare il panico, lo so.- recitò Marie - Ma qui sappiamo tutti cosa sei, e la situazione è veramente drammatica, nel caso tu non te ne fossi accorta.-
- Gareth e Drake non mi sembra che si lamentino.- osservò Leon.
Marie gettò uno sguardo ai due: se Gareth non si lamentava, era perché sedeva in stato di semincoscienza, all’ombra del telo parasole, sventolandosi un fascio di fogli trovati alla stazione davanti alla faccia. Drake, invece… beh, a lui sembrava non dar fastidio niente… e comunque, non era proprio lì, ma al pozzo a prendere un po’ d’acqua, visto che quella che avevano era finita, qualche metro più lontano.
- Non credo che Gareth sia in condizioni di dire alcunché.- osservò la ragazza.
- Comunque io non sono Criocinetica.- sbottò Leon - Quindi, chiuso il discorso.-
Si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore (dal caldo si era dovuta togliere diversi strati, rimanendo solo in pantaloncini e canotta) e finì con lo sporcarsela di olio per motore. Guardò Marie, la sua faccia impiastricciata di sudore e lubrificante, rendendosi conto che forse erano in uno stato molto simile. Tutto sommato, quella ragazza aveva dei numeri: trovare il coraggio per rubare una navetta da trasporto con tanto di passeggeri a bordo (tra i quali una Figlia del Sole) per poi farla schiantare e scappare a piedi nel deserto corrompendo quelli che erano partiti al suo inseguimento non era una cosa da tutti. Inoltre, sapeva guidare una di quelle trappole infernali ed era anche in grado di ripararla.
- Dove hai imparato queste cose?- le chiese - A riparare e guidare navette della monorotaia e ad aggiustarle?-
Lei si strinse nelle spalle.
- Mio padre guidava la monorotaia.- spiegò - Ora è in pensione. Mia madre, invece, lavorava in officina, e si sono conosciuti alla stazione. Ora hanno un’officina privata, li aiuto ogni tanto, faccio qualche lavoro sui motori, mi infilo un po’ dovunque… sono piccoletta, non è difficile. E poi mi è sempre piaciuto lavorare con gli attrezzi.- disse, quasi tutto d’un fiato - E i tuoi? Che tipi sono?-
Lei distolse lo sguardo.
- Mio padre colleziona funghi.- grugnì prima di allontanarsi.

Nuova settimana, nuovo capitolo. Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 13
*** Cap. 12: Faccia a faccia col nemico ***


Poco prima che il sole cominciasse a calare poterono dire di aver praticamente terminato il lavoro di riparazione sulla navetta. Il solo problema rimasto, come dichiarò Marie, era che mancavano le candele d’avviamento.
- Il motore è quasi intatto e c’è abbastanza carburante per alimentarlo. Ci permetterà un solo viaggio, ma non partirà mai senza le candele che generino una scintilla.- spiegò la ragazza, accendendo il quadro comandi - Per questo ho chiesto che poteri avevi, o mi sarei dovuta inventare qualcos’altro.-
Leon, ben legata al sedile accanto al suo, annuì.
- D’accordo. Cosa dovrei fare?- chiese.
- Un secondo…- si chinò sotto il pannello e trasse due cavi di rame avvolti nella protezione per tutta la loro lunghezza tranne i capi, scoperti e sfilacciati - Tieni, prendili.- disse, porgendoglieli - Se dai un briciolo di corrente quando te lo dico, dovrebbe partire.-
- Va bene.- rispose Leon - Ma non c’è il rischio di un’esplosione troppo potente?-
- Oh… è probabile.- ammise tranquillamente Marie, con noncuranza anche troppo evidente. Si affacciò alla porta della cabina e guardò Gareth e Drake, legati agli unici due sedili rimasti: avevano tolto tutti gli altri perché il loro viaggio doveva essere il più leggero possibile, essendo tanto rattoppata e malandata la navetta, o il passaggio sarebbe stato assai più pericoloso di quanto già non lo fosse - Com’è là dietro?- chiese.
- Scomodo.- rispose Gareth.
- Beh, questi cessi su rotaia sono sempre scomodi.- replicò lei - Tenetevi, stiamo per partire.- mise il dito sul bottone d’avviamento - Al tre.- disse, rivolgendosi a Leon - Uno… due…-
Nell’attimo in cui Marie finì di dire “due”, la navetta venne scossa da un colpo che per poco non la rovesciò, facendola tremare tutta quanta.
- Ehi!- gridò Marie - Ma che cavolo…?-
Un altro colpo, e stavolta si rovesciò davvero sul fianco sinistro, piegandosi lentamente fino a ribaltarsi, come se qualcosa la stesse spingendo, e Gareth lanciò un grido. Quando fu capovolta completamente ci fu un attimo di calma, in cui si ritrovarono tutti e quattro appesi a testa in giù, legati ai sedili.
- Cosa accidenti sta succedendo?- sbottò Marie - Questo non è opera mia, no no!-
Slacciatasi la cintura e chiedendosi se sarebbe mai riuscita a fare un viaggio privo di incidenti, Leon scese a terra non senza qualche difficoltà, furiosa ed anche timorosa di sapere cosa stesse accadendo lì fuori.
- Resta lì.- disse alla ragazza.
- Eh, certo…- borbottò lei - Dove vuoi che vada, tanto? Ho la cintura bloccata, accidenti…-
Ignorandola, Leon prese il prisma e gettò uno sguardo al vano passeggeri, dove Drake aveva fatto scendere Gareth, il quale si era rannicchiato vicino alla porta della cabina di comando, e si stava avviando al portello in fondo, doppia ascia in mano.
- Dà una mano a Marie.- ordinò la Figlia del Sole al ragazzo, raggiungendo Drake.
Lo Stratega afferrò la maniglia e guardò Leon.
- Pronta?-
- Spada.- disse lei per tutta risposta.
Aperto il portello, l’uomo diede un’occhiata all’esterno.
- Sabbia smossa.- decretò - Deve essere lui. E credo che sia Geocinetico. È troppo bravo e veloce, non credo che si sposti scavando.-
Grandioso… Pensò amaramente Leon: la terra era un isolante, e se l’Alterato era Geocinetico la poteva usare per contrastarla. Se gli avesse dato la scossa non sarebbe servito a niente: un Geocineta abbastanza potente possedeva un isolamento naturale contro l’elettricità.
Uscirono lentamente e con circospezione, guardandosi attorno: il sole aveva iniziato la discesa oltre l’orizzonte, e la luce non era dunque massima. Inoltre, iniziava già a fare freddo. Tutto intorno a loro non si vedeva un’anima, e anzi l’insediamento pareva più silenzioso che mai, come se gli abitanti si fossero rintanati al coperto quando la navetta si era rovesciata di nuovo.
- Lo vedi?- chiese Leon.
Drake scosse la testa.
- No. E questo mi preoccupa.-
Rimasero in silenzio un paio di secondi, cercando il loro nemico con lo sguardo, pronti a rientrare in caso di bisogno. Un rumore strano, basso e singhiozzante, risuonò attorno a loro.
- Cos’è?- chiese Drake.
Leon scosse la testa.
- Non saprei. Somiglia… a un pianto, forse.-
- No… è più una risata trattenuta…-
I due si scambiarono un’occhiata e alzarono di scatto lo sguardo: sopra di loro, sulla cima della navetta ribaltata, c’era ciò che li stava inseguendo.

Leon non poté non indietreggiare atterrita di fronte a tanta ferocia animale e bestiale combinata con le fattezze di un uomo di grande bellezza. Aveva un aspetto cangiante e indefinibile, di impossibile inumanità.
Era in piedi a gambe lievemente divaricate, le braccia incrociate sul suo petto largo e forte, le spalle dritte e ferme. Era muscoloso, anche se meno di Drake, e alto quasi altrettanto. Il suo volto perfetto era atteggiato in un cipiglio arrogante e sicuro che gli donava in un modo inaudito, mentre li osservava dall’alto in basso, con i suoi tratti un po’ squadrati e simmetrici. Se non avesse saputo cosa fosse davvero, Leon lo avrebbe preso per un uomo sulla quarantina come Drake, ma più affascinante e magnetico dello stesso Stratega.
I folti capelli neri e ondulati gli ricadevano morbidamente sul capo, mentre una frangia accennata gli copriva elegantemente la fronte.
In qualche modo le ricordava un professore per il quale, qualche anno prima, aveva avuto una mezza cottarella, soffocata solo dal pensiero che si trattava di un insegnante, ma che le era ugualmente rimasta nel profondo senza mai andarsene, sepolta ma non dimenticata.
Ma la sua faccia, per quanto fosse bella, non nascondeva ciò che era realmente: un istante prima era l’affascinante uomo con l’aspetto da ribelle che la scrutava da lassù, un attimo dopo era un orribile diavolo dagli occhi di fuoco e le zanne in bocca. Più lo fissava, e meno capiva: l’aspetto di lui le mutava davanti mentre ancora cercava di definire come fosse avvenuto il cambiamento, addirittura prima che si rendesse davvero conto di avere assistito a una variazione. Era impercettibile, impossibile da vedere mentre si svolgeva, eppure chiaro ed evidente, una volta terminato.
Addosso portava abiti leggeri e non adatti al freddo incipiente: un semplice gilet aperto che mostrava il petto muscoloso e l’addome, stivali e un paio di lunghi calzoni di cotone, assolutamente inutili per la notte di quel deserto. Non c’era niente di particolare in quei vestiti, eppure gli donavano in un modo che nessuno avrebbe mai potuto sperare per se stesso. Leon era certa che fosse lui l’Alterato dal quale si doveva difendere, eppure non poteva distogliere lo sguardo. Arrivò persino ad abbandonare l’arma lungo il fianco, il braccio molle e inutile. Se l’avesse aggredita, sarebbe morta.
Drake, invece, non pareva affatto essere in quelle stesse condizioni, e ostentava un’espressione concentrata e preoccupata, le mani ben salde attorno alla propria arma.
- Ti saluto, Alterato.- disse con voce alta e forte, guardandolo in volto - Sono onorato di fare la tua conoscenza.-
Lui portò lo sguardo sullo Stratega e sorrise con la stessa arroganza che aveva nell’osservare Leon.
- Il piacere è unicamente mio.- disse lentamente. Aveva una voce bassa e morbida, priva di imperfezioni - Tu sei lo Stratega.- non era una domanda - Mi complimento con te per l’idea di attirarmi contro la roccia. Ho sentito il colpo fin nelle ossa.-
- Dunque mi conosci.- constatò Drake - Io, tuttavia, non conosco te.-
L’altro sorrise ancor di più.
- Il mio nome è ciò che accade in questo momento.-
Drake parve non comprendere che cosa volesse dire. Di certo, Leon non riuscì quasi a registrare neanche mezza parola.
- Temo di non aver capito.- disse lo Stratega - Comunque, non importa. Ora, per favore, vorremmo lasciare questo luogo.-
Lui, inaspettatamente, annuì.
- Ma certamente.- rispose, scendendo con incredibile agilità, atterrando in piedi di fronte a loro.
Drake allungò un braccio per spingere indietro Leon, che non credeva di essere neanche in grado di muoversi. Era come se la sua testa si fosse totalmente svuotata all’improvviso di ogni pensiero razionale. A malapena riusciva a seguire la conversazione.
- Ci lasci andare, dunque?- chiese lo Stratega - E a cosa dobbiamo tanta cortesia?-
Lui rise piano, senza scomporsi.
- Al fatto che io non ho motivo di odiarti, Stratega.- spiegò - Sei un valente guerriero. Io rispetto la tua fama e le tue capacità, e non oserei toccarti con un dito senza una ragione valida. E puoi portare al sicuro i ragazzi che sono con te in quanto non ho interesse nel prendermi la loro vita. Il piccolo Guaritore non ha niente che mi attragga, e la giovane che vuole vendetta non può costituire minaccia per me.-
- Ma vuoi lei, scommetto.- aggiunse Drake, sapendo bene che non c’era bisogno di accennare a Leon, immobile al suo fianco.
L’Alterato sorrise anche di più.
- Sì.- rispose - Oggi vi lascerò in pace, come gesto di buona volontà, e vi permetterò di lasciare il pianeta. Presto tornerò, e reclamerò la Figlia del Sole. Se non me la consegnerai, non potrai più contare sul mio rispetto per te.-
Poi, in uno sbuffo di sabbia, mentre il sole scompariva, il loro incredibile avversario si dileguò.

Finalmente lo vediamo di persona, questo fantomatico nemico... e non sarà l'ultima volta.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 14
*** Cap. 13: Ritorno ad Ironglass ***


L’incantesimo che sembrava aver preso Leon si ruppe, e lei si ritrovò imbambolata accanto a Drake a fissare il punto in cui fino a un istante prima c’era l’Alterato.
- Ehi!- esclamò preoccupato lo Stratega, dandole uno scrollone - Ehi, Leon? Stai bene?-
La Figlia del Sole annuì lentamente, lo sguardo ancora fisso, senza cambiare espressione.
- S… sì…- rispose distrattamente - È solo… cioè… non so bene cosa fosse…-
Drake sospirò e guardò a sua volta il punto in cui era sparito l’Alterato, mentre la sua espressione diventava sempre più preoccupata.
- Geocinesi e Biocinesi.- decretò - Ora abbiamo un’idea di due dei suoi poteri. Di solito quel tipo di creature non arriva oltre i quattro talenti, quindi siamo già a buon punto.-
- Ehi!- gridò Marie, da dentro la navetta: Gareth, finalmente, era riuscito a liberarla dalla cintura, e adesso i due si stavano avvicinando all’uscita del veicolo - Che succede? Abbiamo sentito delle voci.-
- Era lui.- spiegò lo Stratega, rimettendo a posto la doppia ascia.
- E non avete lottato?- chiese stupito Gareth - Insomma, non ha tentato di uccidervi?
- Non stavolta.- rispose Drake - Ma tornerà domani, credo. Dobbiamo andare subito via.-
- Eh, vacci piano!- esclamò la ragazza - Non so se hai notato, ma siamo sottosopra! E quei fifoni dei Rashers hanno troppa paura degli Alterati, li ritengono divinità, non ci aiuteranno per tutto l’oro del mondo!-
- Beh, dobbiamo arrangiarci.- rispose lui - Mettiamoci d’impegno e risistemiamo il veicolo sul binario, forza!-

Rimettere sul binario la navetta fu un lavoro non da poco, che li fece sudare nonostante il gran freddo e gli accorgimenti di Drake (usando un semplice ma ingegnoso sistema di corde riuscì a dimezzare la fatica, sfruttando una colonna della rudimentale stazione come perno). Quando finalmente Marie ebbe constatato che il motore non aveva subito danni e che non erano necessarie ulteriori riparazioni, poterono tornare a bordo per ripartire.
- Al tre.- disse a Leon, che di nuovo stringeva in mano i cavi collegati al motore - E speriamo che non ci siano altri inconvenienti. Uno… due… tre!-
Mentre Marie innestava le batterie, Leon emise una breve carica a basso voltaggio dalle dita, quanto bastava per far scattare i relè e permettere al motore di avviarsi. Con qualche piccolo singhiozzo e un sussulto, la navetta si animò, mentre le spie della consolle di comando si accendevano tremolando.
- Evvai!- esclamò contenta Marie - Tenetevi forte, là dietro… cioè…- sbuffò, rendendosi conto che un catorcio del genere, già in condizioni ottimali, raggiungeva a malapena i venti chilometri orari durante un passaggio, e in alcuni casi nemmeno quelli - … preparatevi a partire.- grugnì.
Il passaggio davanti a loro si ingrandì mano a mano che si avvicinavano, e quando entrarono in contatto con la sua superficie lucente l’intera navetta cominciò a tremare violentemente, gemendo e protestando per la pressione dovuta al trasferimento.
Leon incrociò le dita, sperando che il loro mezzo di trasporto rattrappito e malandato reggesse lo sforzo: per quel giorno aveva avuto la sua dose di disgrazie, e onestamente non ne poteva più di andare a sbattere.
Fu con estremo sollievo che rivide dunque la moderna e rumorosa stazione di Ironglass, affollata da migliaia di persone e decine di navette, i palazzi alti e la cortina di smog cittadino, la scarsa visibilità del cielo e del sole che lì, su quel pianeta, non aveva nemmeno cominciato a calare e, soprattutto, la temperatura più mite, non soggetta ai tremendi sbalzi termici del deserto. Aveva appena tirato un sospiro di sollievo e si stavano fermando quando un gran numero di uomini, armati di pungoli elettrici e vestiti con divise blu acceso, circondarono la navetta.
- E questi che vogliono?- si sorprese Marie.
- Hai dirottato una navetta, ricordi?- sbuffò la Figlia del Sole - E abbiamo dovuto informarli del nostro arrivo perché la rotaia fosse libera. Era ovvio che ci aspettassero.-
- Ah, già…- fece lei - E ora?-
Leon sbuffò di nuovo, slacciandosi la cintura.
- Ci parlo io.- disse - Anche se sarebbe più facile andarmene e basta…-
Si diresse all’uscita, mentre anche Drake e Gareth si alzavano.
- Ci sono gli agenti della sicurezza, qui fuori.- annunciò - Gareth, resta qui. Drake, vieni con me.-
Entrambi annuirono e fecero come era stato detto loro.
- Cosa gli dirai?- chiese lo Stratega.
- Che ho preso in custodia la dirottatrice.- rispose lei - Spero che basti.-

- Perché mai dovrei lasciarla andare?- brontolò il capitano della sicurezza, un uomo sovrappeso e scontroso che puzzava di alcool e di tabacco - Ha rubato una navetta e ne ha danneggiate gravemente due!-
- La lascerà andare perché sono io a chiederglielo.- ribatté Leon, con tutta la pazienza che riuscì a trovare - Sono una Figlia del Sole, e in base al Trattato dei Sistemi ho l’autorità di prendere in consegna qualsivoglia criminale io ritenga opportuno, nel caso esso sia direttamente implicato in faccende concernenti la nostra confraternita.-
Il suo interlocutore la guardò con un’espressione che diceva quanto fosse limitato il suo vocabolario: probabilmente non aveva mai sentito, in vita sua, parole come “concernente” o “qualsivoglia”, e proprio per questo Leon le aveva usate: se non altro, forse, i paroloni lo avrebbero confuso a tal punto da convincerlo a lasciar andare Marie.
Tuttavia, malgrado fosse evidentemente frastornato, pareva aver compreso almeno il succo del discorso, perché ripartì alla carica un attimo dopo.
- Beh, comunque è una ragazzina!- esclamò - Cosa può avere a che fare con voi stregoni da quattro soldi?-
- Prima di tutto, non siamo stregoni!- sbottò Leon, inacidita - In secondo luogo, non sono autorizzata né tenuta a dare spiegazioni a un corpo di sorveglianza civile senza alcuna autorità militare!-
Questo parve fare imbufalire ulteriormente il grasso capitano, che si gonfiò come un tacchino arrabbiato. Sembrava pronto ad esplodere, ma intervenne Drake:
- Ciò che vuole dire la mia amica…- si affrettò a spiegare in tono conciliante - … è che la ragazza era in fuga da lei, e possiede importanti informazioni su alcune attività illecite che i Figli del Sole stanno cercando di sventare.-
- Mh… in tal caso potete venirvela a riprendere quando avremo finito.- obbiettò l’uomo - Il tempo di processarla e…-
- Ma non abbiamo tanto tempo!- disse Drake, con tono falsamente implorante - Vede, se la consegniamo a voi rischiamo di farcela scappare… o, peggio ancora, di farla uccidere durante la detenzione, abbiamo a che fare con persone che non amano le fughe di notizie.- fece una pausa evidentemente calcolata, durante la quale gettò all’uomo un finto sguardo di supplica - Se invece ce la lasciate condurre via, su Sol, potremo ottenere immediatamente le informazioni che ci servono. E non mancheremmo certamente di segnalare quanto il corpo di sorveglianza da lei capitanato ci è stato d’aiuto, venendoci incontro.-
L’uomo parve riflettere intensamente, forzando il suo limitato cervellino a prendere una decisione che per lui sembrava essere anche troppo complessa. Leon, intanto, si chiese come potesse sperare Drake di convincerlo tanto facilmente: Marie implicata in attività illecite gestite da persone tanto potenti che potevano ucciderla anche in galera? Chi era così stupido da crederci?

Oggi il capitolo era un po' più corto, ma prometto che il prossimo sarà davvero interessante. Ringrazio come al solito John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, i miei lettori. A presto!

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Capitolo 15
*** Cap. 14: La leggenda di Letar ***


- Ora mi spieghi come lo hai convinto!- sbottò Leon, un quarto d’ora dopo
Erano seduti su una fila di sedie attaccate a una parete della sala d’aspetto deserta, e attendevano la partenza della navetta privata messa a loro disposizione gratuitamente dalla dirigenza della stazione. A quanto pareva, non solo avevano creduto al fiume di balle raccontate da Drake, ma stavano tentando di fare l’impossibile pur di venire elogiati.
Per tutta risposta lo Stratega si strinse nelle spalle, facendo un mezzo sorriso modesto.
- Intelletto limitato ed ego smisurato sono una brutta accoppiata.- ridacchiò - Non sai quanti idioti ho raggirato con questo metodo. A volte è più facile superare un ostacolo con le chiacchiere che con la forza.-
Marie e Gareth, seduti sulle sedie metalliche accanto a loro, scoppiarono a ridere.
- Dacci un taglio tu!- ordinò Leon a Marie - Sei una prigioniera, ricordi? Non devi sembrare felice!-
La ragazza s’incupì e si agitò un poco sulla sedia: aveva i polsi legati al bracciolo tramite un paio di manette, cosa che ovviamente non le era molto gradita.
- Vi sono grata per avermi tolto di torno quel panzone, ma avrei preferito che trovaste una scusa migliore, sinceramente.- sbuffò.
Leon aprì la bocca per ribattere, ma Drake le fece cenno di lasciar perdere: era inutile discutere, e non era il caso di farsi sentire da altri, specie quando una coppia di guardie piantonava la porta della sala, appena lì fuori. Non erano proprio a portata d’orecchio, ma era meglio non rischiare.
- Allora, quando arriverà il nostro passaggio?- chiese Gareth.
- Tempo un paio d’ore.- rispose lo Stratega - Ce ne sono pochi, e sono quasi tutti prenotati. Le navette privilegiate sono rare da trovare. Il fatto che ce ne diano una gratuitamente è un evento non da poco.-
- Che farai, una volta su Sol?- chiese Marie al ragazzo - Io ti avevo consigliato di andare a Ohl Mahen.-
- Lo so…- ammise, sorridendo a disagio - Beh… sinceramente il fatto è che, ormai, avevo deciso di andare lì… e poi, voglio vedere come finisce…-
- Molto male, se quel coso ci raggiunge.- grugnì Leon - Dannato Alterato…- aggiunse tra sé.
- Oh, ma dai, rilassati!- esclamò allegramente Marie - Come pensi che possa inseguirti fin qui? Non ci sono più navette, e non può fare il passaggio senza. Sei totalmente al di fuori della sua portata, ormai!-
- Lo pensavano anche i tuoi fratelli?- sbottò lei - O erano entrambi andati su Narthill?-
La ragazza s’incupì di nuovo, e la sua faccia si fece feroce.
- Non c’è bisogno di punzecchiarsi così.- osservò Drake, conciliante.
- Vero!- annuì energicamente Gareth, allarmato al possibile scoppio di una nuova lite - Insomma, Marie non voleva certo dire niente di offensivo, giusto?-
Lei annuì, e Leon sbuffò di nuovo, incrociando le gambe e le braccia.
- Gli Alterati sono scaltri.- sbottò - Ho studiato molto bene la xenobiologia che mi hanno insegnato… se ti inseguono, il modo per raggiungerti lo trovano, chi se ne importa se devono cambiare pianeta… quello è Geocinetico, potrebbe imbozzolarsi nella roccia e passare così, magari…-
Drake annuì lentamente ma non disse nulla, e ognuno rimase a riflettere su questo, alquanto in pensiero per ciò che Leon aveva detto.
- Come passiamo queste due ore?- chiese esitante Gareth, dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio - Insomma, non possiamo restarcene qui seduti e basta…-
- Possiamo fare il gioco “indovina a chi penso”.- propose Marie - Peccato che sia decisamente per bambini.- aggiunse amara.
- Direi che non c’è molto che possiamo fare.- sospirò Drake - Tranne…-
- Sì?- chiese Marie, raddrizzandosi.
- Conosco un bel po’ di storie.- spiegò - Potrei raccontarvene una, magari.-
- Hai qualcosa in mente?-
- Beh…- rispose - Forse sì… è una leggenda dei Figli del Sole…- disse lentamente, più serio - E non è proprio una bella storia… non so nemmeno se è veritiera. Mi è stata raccontata molti anni fa da Ma… una Figlia del Sole che conoscevo.-
- Che storia?- chiese Leon - Ne conosco tante, magari la conosco.-
- Non ne dubito.- annuì lo Stratega - Perché questa è forse la più terribile di tutte.- lanciò alla Figlia del Sole uno sguardo penetrante - Si tratta della Leggenda di Letar.-
Leon trattenne il respiro, tanto sgomenta da sciogliere gambe e braccia, fissando Drake ad occhi sgranati.
- Cos’è Letar?- chiese Marie.
- Sì… cos’è?- fece eco Gareth, che aveva gli occhi spalancati quasi quanto quelli di Leon, e che saettavano da lei allo Stratega - È un pianeta? Cioè… dal nome lo sembra…-
- Non mi ricordo nessun pianeta con questo nome.- disse Marie - Nemmeno tra quelli minori…-
- Non è un pianeta minore, né tantomeno una luna.- disse Drake, voltandosi verso di loro - Non è nemmeno più un corpo celeste, ad essere sinceri…- aggiunse amaramente - Ormai, non esiste più, se davvero è esistito.-
- Che cosa gli è successo?-
Lui sospirò e guardò ancora Leon.
- Chi racconta, io o te?-
- Perché cavolo hai tirato fuori Letar?- sbottò lei.
Lo Stratega si strinse nelle spalle.
- Volevano qualcosa per passare un po’ di tempo… e io glielo sto dando.- la Figlia del Sole continuò a guardarlo male - Va bene, racconto io.-
Prese fiato e cominciò la storia…

Letar era il tredicesimo pianeta dei quattordici del grande Sistema Helios, situato tra Narthill e Ohl Mahen, a distanza di altri dodici astri dal sole. Di tutti i pianeti, Letar era il più ricco in termini di risorse naturali, il più grande per misurazione metrica e aveva il clima più mite, grazie allo spessore particolare dell’atmosfera e a tanti altri fattori. Molti dei suoi abitanti erano stati, un tempo, Figli del Sole di grande prestigio, essendo quello della Psicocinesi uno studio incoraggiato e assai diffuso su tutta la sua superficie. Non era raro incontrare Policineti, persone in grado di usare ben più di un talento, anche se non più di due o tre, in casi ancor più rari. L’economia era molto florida e il sistema politico uno dei più stabili e invidiati di tutti. Niente sembrava poter turbare l’equilibrio del pianeta, i cui abitanti trascorrevano la loro vita in tranquillità, al riparo da guerre o minacce, e persino gli Alterati si tenevano al largo dalla gente che vi risiedeva, ritenendo tali persone degli avversari troppo pericolosi anche per loro.
Poi, un giorno, nacque un essere noto come Incarnazione.
Nessuno ha mai compreso la vera natura delle Incarnazioni, ma si dice che possiedano l’innata conoscenza della Psicocinesi e la capacità di sfruttarne ogni tipologia. Esse sono esseri leggendari, per non dire mitici, creati dalla natura stessa e cresciuti per diventare Dei tra gli uomini, l’ultimo stadio dell’evoluzione umana.
Tuttavia, le Incarnazioni non sono totalmente umane, e il loro potere non può essere compreso, così come il mistero dietro la loro esistenza.
Ma per sviluppare il loro pieno potenziale hanno bisogno di anni, e l’Incarnazione di Letar non ne ebbe, poiché un giorno la più grande coalizione di Alterati mai creata invase il pianeta e ne sterminò la popolazione. Ogni donna, bambino, uomo e anziano fu trucidato senza alcuna pietà, consumato dalla ferocia di quella moltitudine oscura. La sua famiglia, l’ultima ad essere scovata e l’unica a resistere ancora, venne massacrata nell’estremo e disperato tentativo di usare una navetta per far scappare l’Incarnazione neonata.
Così Letar morì, deperendo per il potere dell’orda, sparendo per sempre dal sistema solare, dalla galassia e dall’universo stesso.

Questa è la storia di Letar, che abbiamo già nominato di sfuggita in passato, almeno una volta o due. Una leggenda che verrà ripresa di tanto in tanto durante la storia.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 16
*** Cap. 15: Incarnazione ***


Drake finì di parlare e si voltò verso i due ragazzi, che per tutto il tempo lo avevano ascoltato in perfetto silenzio, senza mai interrompere. Entrambi lo fissavano ad occhi sgranati, pendendo dalle sue labbra, Gareth con un’espressione stravolta e pallido in volto, quasi la sola idea lo avesse colpito profondamente.
Leon, per parte sua, se ne stava ancora con le braccia serrate, ingrugnita: non le piaceva quella storia, come non piaceva a nessun Figlio del Sole.
- L’hanno ammazzato?- chiese Marie in un sussurro - Cioè… il bambino incarnato… o quello che era… è morto?-
Lui si strinse nelle spalle.
- Non si sa.- rispose semplicemente: al contrario di tutti loro sembrava non dar molto peso alla storia che aveva raccontato. Forse essendo un soldato ne aveva viste così tante che ormai per lui storie come quelle non erano una novità - Forse sì, forse no, ma in ogni caso sono passati molti secoli, da allora.-
- Circa novecento anni.- precisò Leon, scura in volto, lo sguardo al pavimento - O almeno, così si dice, perché nessuno ha mai conosciuto la verità. Non si sa nemmeno se Letar sia mai esistito.-
- Come?- esclamò Gareth - Non sai se è esistito o no? È impossibile!-
- Letar era un pianeta esemplare, Gareth.- spiegò lei - Dicono che fornì molti ottimi Figli del Sole al nostro ordine, ma non esiste alcuna traccia di questo, perché ogni documento è stato distrutto, o almeno così dicono. Inoltre, la confraternita non mantiene traccia scritta dell’identità dei singoli Figli del Sole Attivi: non ci sono prove registrate, tra di noi, del nostro passaggio nel corso della storia. I nostri nomi vengono trasmessi quasi solo per cultura orale, e solo le imprese compiute contano qualcosa. Di conseguenza, nessuno può dimostrare l’esistenza di Letar, visto che non compare nemmeno in un qualche documento di geografia astrale.-
-Sì, ma… un pianeta?- chiese Marie - Insomma… esiste sempre, no? Non basta cercarlo col telescopio o roba simile? Non si può semplicemente… nascondere!-
- Hai sentito Drake.- rispose Leon - Il pianeta è sparito. Non ha lasciato alcuna traccia: dovrebbe essere tra Narthill ed Ohl Mahen, ma non c’è. Secondo alcuni di quelli che credono nella sua esistenza è uscito dall’orbita, mentre secondo altri si è soltanto dissolto nel niente. Altri ancora dicono che esiste sempre, ma tutti i passaggi sono stati fatti sparire per impedire all’orda di riversarsi su altri mondi, tutti meno potenti di quello che, pur essendo il più forte, è stato cancellato senza alcuna possibilità di sopravvivenza, e che per impedire a qualche folle di ripristinare il collegamento noi Figli del Sole fingiamo che non esista. In ogni caso, Letar non viene segnato in nessun libro di cartografia planetaria, ed io ne ho studiati molti. In realtà, la sua storia è solamente un monito… uno spauracchio che la confraternita usa per spaventarci e per ricordarci il prezzo del fallimento. Per questo non ci piace parlarne.-
Marie e Gareth si guardarono per qualche istante.
- Non riesco a credere che sia sparito in quel modo.- disse la ragazza - Nessuno potrebbe far cambiare l’orbita a un pianeta, o farlo… evaporare.-
- Tranne un’Incarnazione.- disse Drake.
Gareth inarcò un sopracciglio, sorpreso.
- Possibile?- chiese.
- Certo.- annuì lui - I poteri di quegli esseri sono paragonabili a niente di ciò che conosciamo. I più potenti Alterati sono solo delle nullità, al confronto. Per questo ne hanno tanta paura: non aspettano nemmeno di vedere cosa potrebbe diventare un’Incarnazione, la ammazzano e basta. La sola idea li terrorizza.-
- Sì, ma… Incarnazione di cosa?- chiese Marie.
Drake scosse la testa, guardando poi Leon.
- Mai saputo.- rispose - La… persona che mi raccontò questa storia non me l’ha mai detto. Tu cosa ne pensi?-
Leon si strinse nelle spalle, senza guardare nessuno.
- Ci sono delle teorie.- rispose lei - E tutte riguardano la Psicocinesi e il motivo per cui gli umani hanno iniziato a sviluppare poteri nel Sistema Helios. Ma non ne so molto… bisognerebbe parlare con chi studia la materia in modo approfondito.-
- Va bene, ma il pianeta?- chiese ancora Marie - Drake ha detto che probabilmente è stata l’Incarnazione a farlo sparire. Come ha fatto? Insomma… è morta, no? L’ha uccisa l’orda, giusto?-
- Forse no.- rispose lo Stratega, stringendosi nelle spalle - Forse c’è riuscita prima di morire, o magari ha attraversato il passaggio e si è salvata. Chi lo sa?-
- Ma l’avrebbero saputo tutti, no?- chiese Gareth, che sembrava sudare alla sola idea - Non passerebbe inosservato, un essere come quello là.-
- Tranne nel caso in cui non cerchi di nascondere la propria natura.- corresse l’altro.
Un pensiero del genere parve procurare ulteriore apprensione nel ragazzo, che deglutì sonoramente: tutta quella storia, chiaramente, lo stava spaventando parecchio.
- Cosa ne sai tu?- sbottò Leon - Hai mai visto un’Incarnazione?-
- Io… no…- disse lentamente lui, esitante - Non ne ho mai vista una.- rincarò, più sicuro, adesso, ma lo sguardo perso nel vuoto - Non ne esiste nessuna, l’hai detto tu. Sono solo leggende, e io sto solo facendo un po’ d’accademia. È tutta teoria.-
Leon grugnì, senza dire niente. Onestamente, non le andava molto di far proseguire quella conversazione.
- Andiamo.- disse alla fine Drake, cominciando a sciogliere Marie - La navetta sarà pronta, ormai.-
Si avviarono verso il binario prestabilito, dove trovarono ad attenderli due guardie in divisa blu che li aspettavano all’entrata di una navetta dall’aria pulita, comoda e decisamente meno precaria di quelle del trasporto pubblico, sempre rattoppate e pericolanti. Era anche grande circa il doppio, e oltre la soglia era persino possibile vedere dei lindi divanetti foderati in pelle.
- Questa navetta vi è stata messa a disposizione per la durata del viaggio da qui a Sol.- spiegò una delle guardie, facendo cenno di entrare - Siamo sicuri che la troverete confortevole.-

Oggi il capitolo è uno di quelli brevi, lo so. Ho dovuto tagliarne in due uno, sennò sarebbe stato troppo lungo, e questo era il punto migliore per il taglio.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che seguono la storia. A presto!
 

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Capitolo 17
*** Cap. 16: Nella notte ***


Confortevole era dire poco: la sola cabina di guida era grande quanto metà di una navetta pubblica, e i sedili avevano un’imbottitura di prim’ordine e persino i portabicchieri. Senza contare che la consolle di comando non sembrava essere stata composta con vecchi pezzi riciclati e colla da modellismo.

La parte passeggeri, invece, non aveva sedili, ma lunghi divanetti morbidi che, all’occorrenza, potevano diventare anche dei perfetti lettini, cosa di cui avrebbero avuto bisogno entro breve. Appena ne ebbero la possibilità, slegarono Marie e la misero ai comandi con Gareth (il quale più che altro le avrebbe fatto compagnia) così che facesse partire il mezzo di trasporto per Sol, mentre gli altri si stendevano dietro. Non sarebbe stato un viaggio lungo, ovviamente, ma potersi finalmente sistemare su qualcosa di morbido e che non fosse polveroso o eroso fu un sollievo: tutti loro avevano bisogno di una doccia, di qualche ora di sonno decente e di mangiare un po’ di cibo vero, soprattutto dopo gli eventi degli ultimi due giorni.
Mentre la navetta si metteva in moto, comunque, Leon si sdraiò e chiuse le palpebre, calandosi un fazzoletto pulito (l’ultimo che aveva) sugli occhi per smorzare la luce e cercare di riposare un po’. Sforzo vanificato all’istante da Drake.
- Che cosa conti di fare?-
Lei sbuffò e sollevò un angolo del fazzoletto per scoccargli un’occhiataccia.
- Cosa vorrò fare, secondo te, Drake?- ringhiò - Voglio cercare di riposarmi qualche minuto.-
- Intendo dire dopo, quando saremo su Sol.- spiegò - Non potrai restare lì in eterno, ovviamente, ma altrove l’Alterato ti cercherà ancora.-
- Chiederò ai miei confratelli di aiutarmi.- rispose - Gli anziani sapranno come fare, no?-
Lui non la stava guardando: era steso sul suo divanetto con la schiena appoggiata al bracciolo e le braccia incrociate. Fissava un punto nel vuoto, poco sopra le sue ginocchia, e sembrava pensare a qualcosa.
- No.- disse infine.
Leon attese che dicesse qualcos’altro, ma lui tacque. Scocciata, e anche un po’ nervosa per via della risposta, si alzò a sedere.
- Perché?- chiese - Cosa ti fa pensare che…-
- Ha ucciso i fratelli di Marie.- la anticipò lui - E forse anche altri Figli del Sole. Deve essere molto vecchio. Nessun Alterato sfida così la tua confraternita e sopravvive a lungo. Non sono rimasti in pochi per caso. Ha un metodo per eludervi, o comunque per tenervi a bada e rimanere al sicuro mentre vi uccide uno alla volta.-
- Quindi dici che sono già morta?- ringhiò lei.
- Sì.-
Leon sgranò gli occhi: si era aspettata una qualche rassicurazione, o almeno una pietosa bugia per tirarla un po’ su… non la dura e diretta verità.
- Così non sei d’aiuto!- disse, infuriata.
- Non mi fraintendere, Leon, non ti auguro alcun male.- disse lui, voltandosi a guardarla - Ma non puoi seriamente pensare di avere possibilità contro un simile avversario. Sei una Figlia del Sole da pochissimo tempo, e sei Elettrocinetica, mentre lui ha almeno due capacità, quella di controllare e manipolare la terra, totalmente opposta alla tua, e la Biocinesi… che nemmeno so quali limiti abbia. Di sicuro riesce a cambiare aspetto a comando, visto che si è presentato a noi con una faccia umana, ma considerando che la Biocinesi influenza essenzialmente tutto ciò che è organico… chissà di cosa è realmente capace. È un avversario incredibilmente forte. Troppo per te.-
- Ma tu sei lo Stratega!- esclamò disperata Leon - Sei in grado di elaborare qualsiasi strategia, hai suggerito mosse vincenti ad altri, prima di me… puoi sconfiggere da solo una Tigre Blu e fare fesso un Alterato potente come il nostro… possibile che tu non sappia come…?-
La sua voce si spense, mentre Drake la guardava impassibile. Abbassò lo sguardo, serrando i pugni.
- Mi dispiace molto.- disse lui - Potrei esserti di aiuto solo se sapessi qualcosa di lui, e fino ad ora non ho visto molto che possa essere utile per formulare una strategia.- si passò una mano sul capo e parve riflettere intensamente - Ma c’è ancora la Academy.- disse poi.
Leon alzò lo sguardo, aggrottando la fronte: la Academy era il luogo dove i Figli del Sole imparavano le loro arti, trasmettevano le conoscenze apprese e conservavano tutto il loro sapere. Situata su Sol, anche se ben lontana dalla sede del consiglio anziano, conteneva un’immensa raccolta di testi e trattati su ogni genere di argomento. Forse anche sul demone che la inseguiva.
- Pensi che lì ci sia qualche indizio?- chiese.
- Lo spero.- rispose - Se non ricordo male, la stazione delle navette è lì vicino, vero?-
Lei annuì.
- Sì, a circa tre ore di viaggio a piedi. Potremo prendere dei cavalli per arrivare prima, non ci costerà niente. Su Sol noi Figli del Sole siamo molto avvantaggiati.-
- Ottimo.- disse lo Stratega, alzandosi in piedi - In questo caso, vado a dirlo ai ragazzi.-
Leon raddrizzò di scatto la schiena, aggrottando la fronte.
- Cosa?- chiese - Perché?-
- Perché dovranno venire.- spiegò con calma - Marie lo vorrà sicuramente. È lei che ci ha fatti imbattere nel demone. E Gareth, invece, vuole perfezionarsi come Guaritore, è per questo che andava su Sol. Il solo posto dove può studiare è l’Academy. I Guaritori e i loro trattati sono lì.-
Detto ciò raggiunse i due ragazzi, proprio mentre la navetta attraversava il passaggio per raggiungere il pianeta. Leon, per la prima volta da quando usava il sistema di trasporto, non sentì alcuno scossone o tremore, segno evidente che c’era un’immensa differenza tra pubblico e privato. Infilò una mano sotto la tunica e strinse il ciondolo con dentro i capelli di sua madre, sperando che riuscissero a darle la forza e la devozione che la loro padrona aveva dimostrato vent’anni prima. Ne avrebbe avuto davvero bisogno, in quel momento.

Rowan Black girò il cartello dalla parte della scritta “chiuso” e chiuse a chiave la porta della bottega, pronto ad andarsene. La sua destinazione era ignota anche a lui (avrebbe deciso a istinto), ma non aveva importanza, al momento, poiché sapeva sempre quando qualcuno lo stava cercando, e non aveva bisogno di sentirsi dire “fatti trovare, vieni da noi, forgia qualcosa”. Appena aveva notizie sicure, mandava un recapito e aspettava. Avrebbe di nuovo fatto così.
Aveva ritardato la partenza, normalmente fissata per la fine della giornata in cui effettuava la consegna, solo perché ci stava bene, ad Ironglass. Gli sarebbe mancato, quel posto.
Si diresse verso la porta sul retro, infilandosi la consunta giacca scura di lana e prendendo una vecchia valigia, gettando appena uno sguardo alle sue spalle prima di chiudere anche quell’ultima soglia e dirigersi alla stazione. Ripensò all’ultima Figlia del Sole che aveva servito, non senza chiedersi se sarebbe stata all’altezza del suo compito.
In vita sua ne aveva viste molte, e aveva incontrato tantissime persone. Ricordava uno a uno anche i Figli del Sole con cui si era intrattenuto nel corso degli anni, persino la madre di quella ragazza. Sì, l’aveva riconosciuta subito… si somigliavano tantissimo: Marion Atleé of Celenty era entrata due volte nel suo negozio, in un certo senso.
Tuttavia sua figlia, Leon, sembrava estremamente diversa da lei… mentre Marion le era parsa una ragazza energica, decisa ed entusiasta di ciò che stava facendo, Leon aveva gli occhi di chi non si sta divertendo, di chi non vorrebbe assolvere un compito ritenuto ingrato, e soprattutto di chi avrebbe preferito qualcos’altro. Nella sua esperienza, persone così non duravano a lungo, non in quel tipo di situazione.
Non aveva dubbi, sarebbe morta.
- Chiedo scusa…-
Aggrottando la fronte, Rowan Black si voltò lentamente verso il muro del vicolo a cui era appoggiato un uomo. Era appena al di fuori del cono di luce del lampione sotto cui si era fermato lui, quindi non scorgeva altro che una sagoma indistinta. Comprese subito di chi si trattava.
- Non ho niente da dirti.- disse subito.
- Io sì, Black... ora ti chiami così, vero?- rispose lui, avanzando di un passo, mentre il suo corpo dimostrava molta meno umanità di quanta ne rivelasse inizialmente - Voglio che tu spieghi ai tuoi amici che è inutile mandare qualcuno a cercarmi. Sarò io a trovare loro.-
- Nessuno ha mandato nessuno a cercare nessuno.- disse Rowan Black - E ti garantisco che nemmeno tu troverai nessuno, e non parlo di Figli del Sole.-
Una lieve risata grugnente si levò dal demone.
- Sì, so di che cosa parli.- ridacchiò - Dici che non ci riuscirò, vero?-
- Nessuno può trovarla, e spero che tu non sia così stupido da provarci.- spiegò semplicemente l’armaiolo - Non è un obbiettivo intelligente. Rischi parecchio, e se ottenessi ciò che cerchi finiresti col ritrovarti padrone di un potere che non puoi controllare.-
Ancora, l’Alterato rise, cominciando ad indietreggiare.
- Dì ai tuoi amici che la troverò.- disse, mentre si ritirava - E che la userò contro di loro. Ormai manca poco… sento di esserci quasi. E la prima vita che mi prenderò sarà della giovane Leonella.-
La sua voce si fece sempre più distante, mentre lui scompariva tra le tenebre della via. Rowan Black seguì i suoi passi con l’udito, fino a perderlo completamente. Sapeva chi era poiché l’aveva già incontrato anni prima, e nel corso del tempo avevano avuto molte conversazioni. Inoltre ne conosceva l’obbiettivo, poiché era noto anche ai Figli del Sole più anziani.
Trovare l’armata definitiva, e spazzare via l’ordine.
Sperando ardentemente che l’esercito gli si rivoltasse contro prima di essere portato dove poteva fare danno, Rowan Black si voltò e andò via, sparendo nella notte a sua volta.

Sì, lo so... il ritardo è tremendo. Non sapete cos'è il mio lavoro, mi ero del tutto dimenticato, lo ammetto.
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 18
*** Cap. 17: La Academy ***


Dopo essere arrivati affittarono dei cavalli e in breve tempo raggiunsero una piccola locanda non lontana dalla Academy, dove non ebbero bisogno di sborsare nemmeno un soldo per la notte grazie al Visto Diplomatico di Leon, che su Sol aveva più valore che su qualsiasi altro pianeta del sistema. Il giorno dopo Drake li fece alzare tutti di buon’ora, così che potessero recarsi alla Academy.
- Ma perché così presto?- mugugnò Marie, assonnata, tirando su la testa scarmigliata dal cuscino in cui si era lasciata sprofondare - Che ore sono?-
- Chiedi che ore sono dopo aver detto che è presto?- chiese Gareth, che già si stava infilando le scarpe dopo aver rifatto il letto.
- Il mio orologio interno dice che è presto!- protestò lei.
- Per essere presto è presto.- concesse tranquillamente Drake, già vestito di tutto punto, spalancando le tende e lasciando entrare un po’ di luce - Ma sono già le sette, io sono abituato ad alzarmi molto prima… sono stato buono. Capitemi, dobbiamo andare alla Academy il prima possibile… Leon è in pericolo, e non può rimanere su Sol in eterno, né quell’Alterato può restare impunito.-
Il pensiero dell’Alterato parve ridare vigore a Marie, che spostò le coperte con un colpo netto e scese dal suo letto in un solo salto, incurante del fatto che indossava solo una maglietta sopra la biancheria. A quella vista Gareth si paralizzò, assumendo una delicata sfumatura color pomodoro, e dopo un attimo si voltò con uno scatto secco, talmente in fretta che andò a sbattere contro il comodino
- Dov’è Leon?- chiese la ragazza, mentre il guaritore saltellava su un piede solo, tenendosi il ginocchio.
- Non lo so.- rispose lo Stratega - Quando mi sono alzato lei si stava già allacciando gli stivali, e non ha voluto dire una parola. E io mi sono alzato presto.-
Marie sbuffò e afferrò la sua bandana, finita in qualche modo sotto il letto.
- Ma qual è il suo problema?- chiese.
Drake sorrise con fare conciliante, incrociando le braccia.
- Non avercela con lei.- rispose - Sono certo che non è così male, se la conosci.-
- … disse quello che non sapeva niente di lei.- grugnì seccata Marie.

Leon non era andata poi tanto lontano. In realtà, dopo essersi svegliata alle cinque, aveva fatto una corsa di un chilometro per svegliarsi e riempirsi i polmoni d’aria, concedendosi un momento per se stessa. Non aveva nemmeno sudato, durante gli studi aveva compiuto sforzi peggiori, ma se non altro le era servito per stendere un po’ i nervi, rimettere insieme i pensieri e trovare un attimo di quiete lontana dai tre estranei che avevano deciso di seguirla pressoché ovunque.
Dopo la corsa aveva sentito lo stomaco brontolare (anche la sera prima aveva mangiato davvero poco, in fondo), così si era diretta alla zona ristoro della locanda per mangiare qualche muffin e bere un bel caffè forte.
L’unico motivo per cui non aveva detto niente a nessuno era che voleva stare da sola: normalmente, la vita di un Figlio del Sole era solitaria, vita a cui si era abituata, ma negli ultimi giorni aveva avuto contatti piuttosto stretti con tre perfetti sconosciuti dei quali non riusciva a liberarsi in alcun modo. Voleva un po’ di tempo per sé, tutto qui… e, soprattutto, voleva potersi liberare dei bendaggi, finalmente inutili, senza rischiare che Drake la vedesse di nuovo senza la sua tunica: gli unguenti avevano finalmente fatto effetto, e il Marchio del Sole si era rimarginato. Peccato non poter contare su quelle misture in ogni occasione, erano davvero efficaci.
Seduta da sola a un tavolo isolato, diede un gran morso a un muffin e osservò la poca clientela presente nella locanda, continuando a mangiare finché non vide Drake, Marie e Gareth entrare a loro volta. Appena l’ebbero individuata presero da mangiare anche per loro, poi si diressero verso di lei e si sedettero attorno al tavolo.
- Dormito bene?- chiese Gareth.
Lei fece un cenno non compromettente con la testa e buttò giù un boccone pastoso di muffin che quasi la strozzò. Drake aggrottò la fronte, un po’ divertito.
- Riesci a respirare?- domandò.
- Sì.- rispose secca lei, prendendo il terzo muffin - È solo che mi piacciono.-
- Così tanto da rischiare il soffocamento?- fece Marie, spalmando su una fetta di pane una bella dose di burro e marmellata.
- Marie, taci!- sbottò Leon.
La ragazza aprì la bocca per ribattere, ma un’occhiata eloquente di Drake la convinse a tacere.
- Quando saremo all’Academy dovremo separarci.- disse Garet,h forse per smorzare un po’ la tensione - A me interessa il reparto guarigione, a voi quello di xenobiologia. Saranno certamente in due zone diverse.-
- Più che diverse.- disse seria Leon - La sezione sulla fauna xenobiologica è riservata. Non più di due persone, se uno dei due è un Figlio del Sole.-
- Beh, nessun problema, allora.- disse Marie - Andiamo tu e io, no?-
Leon non rispose: sinceramente, avrebbe preferito andare da sola, anche se l’esperienza e le doti di Drake le avrebbero fatto comodo nello studiare le possibili informazioni che avrebbe trovato. Dovendo scegliere, era meglio lui. La seccatura di doverlo dire ad alta voce, comunque, le fu risparmiata proprio dallo Stratega.
- No, Marie.- disse gentilmente questi - Per prima cosa, i soli minori accettati nelle zone riservate sono i Cadetti del Sole. In secondo luogo, temo di poter essere di utilità maggiore della tua. Ma non preoccuparti, saprai tutto quello che sapremo noi.-
La cosa non sembrò piacerle affatto, ma non disse niente e si concentrò sulla colazione.

La Academy era un grande edificio simile a un castello, appollaiato sulla cima di un picco che sovrastava la cittadina. I suoi tetti color ardesia rilucevano alla luce del sole mattutino, e le finestre ne riflettevano i raggi ammiccando con fare invitante. Innumerevoli torri e torrette facevano capolino qui e lì, con le cime appuntite che svettavano nel cielo, e la sola vista di quel grande ammasso di mura impressionava non poco chi non vi era abituato. Leon c’era stata a lungo fino a poco tempo prima, girovagando per le sale e i corridoi, chiamando “casa” quel luogo di apprendimento, e Drake non era tipo da lasciarsi sbalordire per così poco, ma Gareth e Marie ebbero qualche difficoltà a non rimanersene impalati ai piedi del sentiero che si arrampicava su per il pendio, e solo quando la Figlia del Sole, già diversi metri più avanti, si voltò per gridargli di darsi una mossa, affrettarono il passo e raggiunsero lei e lo Stratega. Drake, che dal canto suo non sembrava avere alcuna fretta, fece un sorrisetto, guardando il castello davanti a loro.
- Sono almeno due anni che non vengo qui.- disse - E non sono nemmeno entrato, l’ultima volta.-
- Se non sei entrato, che sei venuto a fare?- chiese Leon.
- Turismo.- rispose lui - Come ogni altra cosa nella mia vita, dopotutto. E poi cercavo… una persona. Ma non volle vedermi, così me ne andai senza fare soste.-
Leon aggrottò la fronte.
- Davvero?- chiese - Devo credere che hai fatto tanta strada solo per incontrare una persona che non ti ha voluto vedere e per fare del turismo?-
- Certo. O credi forse che il solo scopo dei miei viaggi sia trovare una guerra e prendervi parte?-
Lei non disse niente, ma fu Marie a parlare.
- Perché, allora, sei diventato lo Stratega?- chiese - Insomma… se non viaggi per combattere, a che ti serve elaborare un piano?-
- A vivere.- spiegò lui, tranquillamente - Sono molto sfortunato, purtroppo, e in tanti posti ci sono problemi d’ogni tipo, in cui può capitare di rimanere invischiati. Sapere sempre cosa fare e come farlo mi ha tratto d’impaccio durante gli imprevisti. Specie quando torno a casa… sul mio pianeta c’è spesso una qualche guerra. Al momento sono in congedo temporaneo, ma so già che presto mi richiameranno in servizio… e col grado di Generale di Brigata, temo.- aggiunse, mentre l’espressione serena si sul suo volto si adombrava per un istante. Sembrava che il solo pensiero lo intristisse - Beh… se non altro, in questo mio ultimo viaggio ho avuto modo di incontrare qualcuno che speravo di conoscere da molto tempo.- aggiunse, tornando a sorridere con quella sua insopportabile tranquillità.
- E chi, Rowan Black? Eri così ansioso?- grugnì Leon, ripensando al breve e sterile scambio di battute che aveva avuto col Mastro Armaiolo.
Drake si lasciò scappare una risata, ma non rispose.
Raggiunsero il grande cancello in ferro battuto, in quel momento aperto, ed entrarono nell’ampio cortile del castello. Dentro trovarono innumerevoli Cadetti del Sole, coloro che erano in attesa di diventare dei veri Figli del Sole, i quali passeggiavano nell’erba e tra i radi alberi, sedevano sulle panche di pietra per leggere, conversavano o semplicemente si avviavano da qualche parte. Nessuno fece troppo caso a loro, ma Leon non poté non guardarsi intorno mentre attraversava il cortile, dirigendosi alla grande porta di legno scuro che permetteva di entrare nell’edificio.
- Ti manca tutto questo?- chiese Drake - Correre a lezione, addestrarsi ogni giorno, studiare…-
- No.- rispose subito lei - Non mi manca affatto.-
In realtà, non c’era molto di cui avere nostalgia: la scuola, in qualsiasi sua forma, era noiosa, e non aveva mai stretto grandi legami degni di tale nome all’interno della Academy, in passato. Non ci aveva mai tenuto particolarmente, né aveva mai sentito il bisogno di farlo. Di conseguenza, anche se qualcuno alzò lo sguardo quando passò, nessuno le rivolse la parola. Forse, quelli che l’avevano avuta come compagna di corsi neanche la riconobbero.
Entrarono nel castello, ritrovandosi in un ampio atrio pieno di porte, in fondo al quale c’era una grande scala che saliva ai piani superiori. Leon si diresse subito di sopra, e guidò i suoi compagni attraverso i corridoi della Academy fino ad arrivare davanti ad un grande portone in legno scuro. Oltre c’era la biblioteca, piena di scaffali e scaffali di libri. Centinaia e centinaia di volumi. Migliaia di tomi e pagine da consultare.
Era un ambiente enorme, che forse era stato scavato parzialmente anche nel fianco stesso della montagna, dal soffitto altissimo, tanto che ben tre piani rialzati erano stati eretti all’interno, e le stanze e i corridoi di quel luogo erano tutti composti da scaffali ricolmi di tomi delle dimensioni e dei colori più vari, il tutto immerso in un grandissimo silenzio.
Malgrado Leon non si fosse mai considerata una studiosa, né un’amante dei libri, le era sempre piaciuto trascorrere il proprio tempo libero là dentro. Se non altro, era più facile trovare un angolino tranquillo in cui starsene per conto proprio.
- Ora noi andiamo alla sezione dedicata alla xenobiologia.- disse Leon, guardando Gareth - Tu cerchi quella che parla di Guarigione, quindi vai a destra e prosegui dritto fino al reparto ventinove. Non puoi sbagliare, ma se dovessi incrociare la sezione sulla Criocinesi allora devi tornare indietro per un tratto.-
Lui annuì.
- Va bene. Tu che fai, Marie, vieni con me?-
Lei sbuffò.
- Ma sì, via…- disse - Tanto, non ho granché da fare…-
- Allora, ci vediamo in cortile tra un paio d’ore.- disse Drake - A più tardi.-

Lo so, lo so... un altro ritardo. Perdonatemi, come vi ho detto l'ultima volta non è un periodo facile. Ringrazio comunque John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi stanno seguendo malgrado tutto. A presto!

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Capitolo 19
*** Cap. 18: La biblioteca ***


Drake e Leon si separarono dai ragazzi e si diressero a sinistra, verso una rampa di scale dietro alcuni scaffali, e salirono al piano superiore per poi attraversare una porta che li fece accedere alla parte riservata della biblioteca. Quella zona era molto più piccola e silenziosa della sezione principale, oltre che meno luminosa, a causa del minor numero di finestre e del maggior numero di scaffali C’erano meno persone, lì, e un solo uomo, abbastanza anziano ed occhialuto, sedeva a un bancone vicino all’ingresso. Quando Drake e Leon entrarono alzò subito lo sguardo e fece loro cenno di avvicinarsi.
- Salve.- disse lui - Posso aiutarvi?-
- Sono una Figlia del Sole.- disse subito Leon - Leon Atleé of Cèlenty. Questo qui è con me.- aggiunse, accennando a Drake - Devo consultare alcuni libri per identificare un Alterato.-
Lui aggrottò la fronte.
- Un Alterato?- chiese - Che Alterato? Non ne sono rimasti tanti.-
- Non so che genere di Alterato sia.- rispose Leon - Ma sembra essere piuttosto potente.-
- Senza informazioni su di lui, ci vorrà molto tempo.- osservò l’uomo - Ne conoscete l’identità, quantomeno?-
- No.- disse Drake - Ma ne conosciamo i poteri, o almeno una parte.-
L’uomo sospirò.
- Beh, è qualcosa… descrivetemeli e vedremo cosa riuscirò a consigliarvi.-
- Geocinesi e Biocinesi, stando a quanto abbiamo constatato. E ce l’ha con me.- rispose Leon, in tono amaro.
L’uomo scosse la testa.
- Troppo poco.- disse - Non c’è altro?-
Leon scosse la testa a sua volta e guardò Drake: lui era lo Stratega, e questo significava grande capacità di osservazione. Forse aveva notato qualcosa che a lei era sfuggito.
Lui parve capire la sua muta richiesta, perché si accigliò un momento, riflettendo tra sé.
- Ha attaccato solo due volte.- disse infine - Ed era sempre il tramonto.-
Stavolta, gli occhi del bibliotecario ebbero un guizzo.
- Il tramonto, dite?- chiese - Siete sicuri?-
Entrambi annuirono. L’uomo si alzò di corsa.
- Venite con me.- disse - Forse so di chi parlate.-
Si avviò rapido lungo un corridoio. Leon e Drake lo seguirono subito, ma era più veloce di quanto la sua figura rugosa lasciasse trasparire, perché in un baleno era già dietro l’angolo in fondo, mentre loro erano appena a metà dello scaffale. Riuscirono a tenergli dietro solo allungando il passo, e quando lo raggiunsero si stava arrampicando su per una scaletta, stiracchiandosi verso un libro nero dalla copertina così rovinata che Leon si sorprese che stesse ancora insieme. Quando scese, lo pose sul tavolo più vicino e lo aprì, cominciando a sfogliarne le pagine ingiallite alla ricerca del capitolo giusto.
- Questo è stato scritto parecchio tempo fa.- disse il vecchio - Quindi è un po’ superato, e potrebbe non contenere tutte le informazioni che cercate… parla di certi Alterati, in un passaggio, che avevano un qualche legame col tramonto… ah, eccolo.-
Erano arrivati a una pagina particolarmente sbiadita, ed era l’unica parte di quel capitolo. In tutto saranno state una decina di righe o poco più.
- Tutto qui?- chiese Leon, delusa - Non c’è altro?-
- Come ho detto, questo libro è superato.- spiegò il bibliotecario - Però, se ne volete sapere di più, forse potete chiedere al professor River.-
- Uno degli insegnanti della Academy?- chiese Drake, avvicinando a sé il libro per leggere.
- Il docente di Xenobiologia per i corsi avanzati.- annuì il bibliotecario - Se la sua amica ha studiato qui, di certo lo conosce.-
Leon non rispose, ma lo conosceva. Eccome se lo conosceva.
Dylan River era stato un suo insegnante, forse il suo preferito: non era tanto vecchio, forse un anno o due più di Drake, se aveva giudicato bene le rispettive età, ma aveva una lunga carriera alle spalle come Figlio del Sole.
Era uno dei pochissimi Figli del Sole Attivi del passato ancora in vita, cosa che lo rendeva un esemplare quasi unico: si era ritirato dal servizio per via di una ferita che gli era stata inflitta durante una missione, e quando si era ripreso, quasi un anno dopo, aveva preferito cominciare a insegnare, soprattutto perché ormai era già stato sostituito. Leon aveva frequentato i suoi corsi per anni, ed era stato l’unico a piacerle, là dentro… per tanti motivi.
- Credo che daremo un’occhiata a questo, prima di parlare con lui.- disse Drake - Possiamo fare da soli, adesso. Grazie per l’aiuto.-
L’uomo annuì.
- Se posso fare altro, sapete dove trovarmi.- disse, allontanandosi.
Leon si avvicinò a Drake, che aveva iniziato a leggere, e ad ogni riga si accigliava sempre di più.
- Cosa dice?- chiese lei.
- Nulla di buono.- rispose, girando il libro - Guarda tu stessa.-
Leon si chinò sulla pagina. La combinazione di scarsa luce e inchiostro sbiadito non fu d’aiuto alla lettura:

Cultori del Crepuscolo

Tra le varie tipologie di Alterati, i Cultori del Crepuscolo, per quanto rari siano, sono tra i più insidiosi che si conoscano. Essi possiedono un alto potenziale, poiché la loro mente ha conosciuto uno sviluppo superiore alla media: aumentando le sinapsi, aumentano le facoltà, sia fisiche che mentali. Ciò spiega perché essi siano tanto forti e perché possiedano abilità Psicocinetiche in numero tanto elevato e di tale intensità.
Fino ad ora sono state documentate solo cinque diverse facoltà, ma non ne possiedono più di tre per volta, tranne che in rarissimi casi eccezionali: Pirocinesi o Criocinesi (mai entrambe), Geocinesi, Idrocinesi e, raramente, Biocinesi (tipologia di Psicocinesi non Umana). In un solo caso è stato riscontrato un sesto potere, ma le fonti non ne riportano l’esatta entità o identificazione (cfr. pp. 124 e 452).
Stando alle tradizioni orali di alcune popolazioni, la forza di tali Alterati aumenta in prossimità delle ore di declino del sole, ed è il momento che prediligono per le aggressioni, ma non esistono prove concrete di tali affermazioni, motivo per il quale non vanno sottovalutati neanche durante il giorno.
Secondo altre fonti, difatti, il nome “Cultori del Crepuscolo” non deriva tanto dal loro modo di agire quanto dalla profonda ostilità che nutrono nei confronti della confraternita dei Figli del Sole, ostilità che è spesso sfociata in autentiche persecuzioni nei confronti di tutti i suoi membri, in particolare dei Membri Attivi . Non si conosce l’origine esatta di tale ostilità o l’esatto legame che hanno con il tramonto, ma è ben noto che la faida tra loro dura da generazioni.

N.B.: MAI AFFRONTARE DA SOLI, SCAPPARE A VISTA

Il testo finiva lì, e non diceva altro. Il resto della pagina era occupata da un’immagine così sbiadita e sbaffata che era impossibile capire cosa rappresentasse. Persino la didascalia era illeggibile.
- Non molto esauriente.- ammise Drake - Ma almeno ci dà un’idea del motivo per cui ti voglia morta e di quali siano i suoi poteri, seppure in modo vago.-
Questo non fu di alcun conforto a Leon, ma non disse niente e chiuse il libro, rimettendolo a posto.
- Andiamo dal tuo professore, adesso.- propose lo Stratega - Forse potrebbe sapere qualcosa di più.-

Notizie scarse e vaghe, ma chissà che Dylan River non sappia dirci di più... beh, lo sapremo tra una settimana.
Ringrazio, al solito, John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi stanno seguendo, e aggiungo anche Sakuminitan, che mi ha recentemente lasciato una gran bella recensione nel prologo. A presto!

 

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Capitolo 20
*** Cap. 19: Il professor River ***


L’ufficio del professor River era situato ad uno dei piani più alti della Academy, in una delle numerose torrette lì presenti. Quasi isolato dal resto dell’edificio, era forse il luogo più tranquillo di tutto il castello, e l’insegnante vi si ritirava spesso e volentieri, a studiare sui suoi libri e a preparare le lezioni successive. A volte, così si diceva nei corridoi, diverse studentesse si erano recate fin lì non tanto per discutere di materie accademiche quanto per collaudare le molle del divano.
Leon, personalmente, non aveva mai avuto modo di scoprirlo personalmente: non che non ci avesse mai pensato (il professor River non era certamente un uomo sgradevole) ma considerando il fatto che era un suo insegnante non se l’era sentita di correre il rischio di complicare i loro rapporti.
Lei e Drake attraversarono quasi metà della Academy prima di ritrovarsi davanti alla porta del suo studio; prima di bussare, lo Stratega guardò Leon, incrociando le braccia.
- Che tipo è?- chiese.
- A posto.- rispose lei - E piuttosto interessante, per certi versi. Sa il fatto suo, e sa di cosa parla, a lezione. Si capisce che è stato Figlio del Sole prima di noialtri. E ha anche un certo seguito tra le ragazze.-
- Inclusa te?-
Leon gli scoccò uno sguardo infuocato, sentendo un certo calore sotto il colletto.
- Questi… non sono affari tuoi!- rispose, seccata.
Drake si lasciò scappare una risatina.
- Scusa. Scherzavo.- disse - Non te la prendere. Tornando a lui, è una persona ragionevole e competente, giusto?-
- Sì.- grugnì Leon, ancora piccata - Era in Servizio Attivo come me, ma è stato ferito e si è ritirato, ma ha avuto tipo dieci anni di servizio prima di doversi dimettere, per questo conosce gli Atlerati come pochi… e insegna da quasi altrettanto tempo. Inoltre è un ottimo Pirocineta.-
Drake annuì.
- Bene. Un solo insegnante preparato sul campo è meglio di mille preparati solamente sui libri.-
Leon sentì di essere pienamente d’accordo, ma non lo disse ad alta voce e bussò. Una voce disse loro di entrare, e aperta la porta furono nello studio del professor River.
Era una stanza stretta, di forma rettangolare, ma dal soffitto alto e bene illuminata. La porta si apriva su uno dei lati corti, mentre di fronte c’era, invece, una scaffalatura a muro piena di libri. Alla sinistra della porta c’era non un’altra parete in muratura, ma un finestrone piombato che dava sul cortile della Academy, da cui si godeva di un ottimo panorama, mentre a destra c’era invece una sorta di parete a gradoni, e su ogni nuovo piano c’era un nuovo scaffale di libri, tutti diversi e suddivisi ognuno per categoria. Vi si accedeva tramite un complesso sistema di scale a pioli scorrevoli, con le quali si poteva raggiungere anche l’ultimo gradone, subito sotto il soffitto.
Al centro della stanza, sopra un tappeto, erano sistemati un divanetto e una poltroncina, mentre davanti alla finestra c’era una bella ed elaborata scrivania in legno, alla quale era seduto un uomo più o meno dell’età di Drake, dai capelli più corti e più scuri. Sul naso ben dritto portava un paio di sottili occhiali da lettura, mentre addosso aveva una camicia bianca così pulita che quasi abbagliava alla vista.
Leon non lo vedeva da mesi, ormai, e quando i loro sguardi si incrociarono sentì per un istante un groppo in gola, che fece di tutto per controllare: si sentiva già abbastanza a disagio.
- Ehm… Professor River, forse non si ricorda di me…- disse schiarendosi la gola, avvicinandosi alla scrivania, ma lui si alzò in piedi aggrottando la fronte e levandosi gli occhiali.
- Ma certo che mi ricordo di te…- sorrise, con un’espressione un po’ ribelle che gli donava moltissimo - Leonella Atleé of Cèlenty. La figlia di Marion. L’unica studentessa che al suo primo anno di Addestramento Psicocinetico Avanzato sia riuscita a battere un suo insegnante.-
Leon arrossì un poco: si era scordata che era il solo a ostinarsi a chiamarla con il suo nome completo, nonché un conoscente di sua madre. Non che la menzionasse continuamente, ma la cosa non le faceva ugualmente piacere.
Drake, al suo fianco, fece un mezzo sorriso e la guardò.
- Beh, si ricorda sicuramente, mi sembra.- disse - Leonella, eh?-
- Taci!- sbottò seccata lei - Professore, questo è Drake Kylyon, lo Stratega.-
Il professore si allungò e gli strinse la mano.
- Molto piacere di conoscerla.- disse con un sorriso - Sento spesso parlare di lei. So che ha preso parte alle Guerre del Margine su Shyka’dahan.-
Lo Stratega aggrottò la fronte, ed esitò un attimo prima di rispondere.
- Non è stato divertente.- commentò alla fine - Ad ogni modo, è stato istruttivo.-
- Sì, ho saputo. Una vera strage.- annuì cupo il professore - Allora, cosa posso fare per voi?-
- Abbiamo bisogno di un po’ di aiuto.- spiegò Leon - Ho incontrato un Alterato, un essere molto potente che ha deciso di uccidermi, e sembra non volersi arrendere finché non ci sarà riuscito.-
Il professor River si accigliò.
- Accidenti… sei appena diventata Figlia del Sole e hai già un persecutore… potrò sembrare poco delicato, ma non è proprio quel che si dice un buon inizio.-
Leon non rispose e gli tese il libro nero preso in biblioteca.
- L’Alterato è questo qui.- disse, aprendolo alla pagina segnata.
Il professore si rimise gli occhiali e guardò il testo.
- Un Cultore del Crepuscolo…- recitò lentamente - Crepuscolo…-
Sul suo volto si delineò un’espressione piatta e dura; non aggiunse altro, e i suoi occhi si fecero distanti per un momento.
- Speravamo che lei sapesse dirci qualcosa di più.- disse Drake - Come vede, questo libro non è molto aggiornato, e tratta l’argomento in modo esclusivamente superficiale. Ci servono maggiori informazioni.-
- Beh, siete fortunati…- disse lentamente il professore. Posò il volume e poi aggirò la scrivania per dirigersi alla scaffalatura in fondo alla stanza - Ho un libro, qui in giro… non è in biblioteca perché tratta di Alterati ritenuti estinti, o comunque particolarmente difficili da incontrare o affrontare, e non sono creature che tratto normalmente a lezione. Di certo avete avuto sfortuna nell’incontrare un Cultore del Crepuscolo… credo che sia l’ultimo rimasto.-
Cominciò a cercare qualcosa tra i volumi, frugandoli con attenzione.
- Mmmh… no, qui no.- disse dopo qualche minuto - Prego, sedete…- aggiunse, mentre cominciava a salire su per la prima scala a pioli - Potrebbe volerci qualche minuto, forse…-
Drake e Leon si sedettero sul divanetto, guardando il professore cercare il libro in questione nello scaffale più basso. Ne raggiunse quasi la metà quando si voltò di nuovo verso di loro.
- Oh, giusto…- disse - Che sbadato… temo di averlo prestato a un collega.-
- Che collega?- chiese Leon, sentendo un peso depositarsi dritto sul cuore.
- Uno del terzo piano, il professor Olsen… alcuni suoi allievi anziani volevano documentarsi per motivi storiografici.- spiegò - Ma forse ricordo male…- guardò Drake - Potrebbe andare a cercarlo, per favore? Non è difficile trovare il suo ufficio, è subito in fondo alle scale, al terzo piano, sulla destra. Io intanto continuerò a cercare qui, tanto per essere sicuri. Manderei Leonella, ma temo di doverle dire qualche parola.-
Drake aggrottò la fronte per un istante, ma alla fine annuì e si alzò in piedi.
- Starò via pochissimo.- disse a Leon.
- Eh, sento già la mancanza di papino…- grugnì lei, seccata.
Lo Stratega fece un sorrisetto e lasciò l’ufficio, così Leon e il professor River rimasero soli.
- Non hai avuto molta fortuna, Leonella.- disse quest’ultimo dopo qualche istante - Crepuscolo è un Alterato molto potente e pericoloso. Per sua stessa natura odia i Figli del Sole, e possiede un unico scopo, nella vita, ovvero la loro totale distruzione.-
- Si, il libro lo accennava.- annuì Leon - Ma era anche l’ultima cosa di cui parlava.-
Il professore annuì, salendo ancora.
- Se non è qui, non c’è proprio…- commentò tra sé - Dove l’hai incontrato? Crepuscolo, voglio dire.-
- Su Narthill. Lo conosce?-
- Ci sono stato una volta, poco prima di ritirarmi.- annuì lui, senza voltarsi. Un piccolo scatto risuonò nell’aria, forse dovuto alla scaletta di metallo che si spostava - Mmmh… no, non c’è.-
Scese giù da dove si trovava, e mentre tornava da Leon continuava a parlare.
- Si tratta di uno dei più scaltri e determinati tra tutti gli Alterati, e questo è anche molto più pericoloso di ogni altro Cultore del Crepuscolo, poiché ha un obbiettivo sconvolgente… conoscerai senz’altro la storia di Letar, vero?-
- Letar è la prima storia che viene insegnata a tutti noi, qui dentro.- annuì Leon, mentre il professor River si sedeva al posto di Drake - E anche la meno amata. Perché? Ha preso parte alla sua distruzione?-
- Certamente no.- rispose lui - Tuttavia, è convinto che sia esistito, e vuole qualcosa che ha a che fare con quel pianeta, e per questo è noto ad ogni singolo anziano della confraternita. Chiedi a chi vuoi, ma penso che persino il Mastro Armaiolo lo conosca.-
- Davvero?- chiese Leon - Seriamente?-
- Certo che sì.- annuì lui - Vedi, Leonella, Crepuscolo ha una sola ambizione, oltre a quella di distruggerci, strettamente legata alla prima.- si passò una mano sul mento leggermente cosparso di barba - Dopo che Letar perì, l’esercito noto come Orda Oscura scomparve in qualche modo. Tuttavia non è irraggiungibile, a quanto si racconta. Qualsiasi cosa successe sul pianeta, l’Incarnazione riuscì a relegare l’Orda dove non avrebbe mai più potuto causare danni, senza però distruggerla.-
- Cosa?- esclamò Leon - Non l’ha distrutta? Perché?-
- Non so dirti, sinceramente.- rispose il professor River - Ma presumo fosse dovuto alla sua età e alla totale inesperienza. Ad ogni modo, l’Orda è ciò a cui mira Crepuscolo. Vuole usarla per cancellare i Figli del Sole.-

Ed ecco che, finalmente, ne sappiamo di più...
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che mi stanno seguendo. A presto!

 

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Capitolo 21
*** Cap. 20: Il punto debole ***


Leon rimase talmente stupefatta e inorridita da quell’affermazione che per qualche momento non disse niente, ma seppe all’istante di essere impallidita. I muffin di quella mattina le sembravano anche troppo pesanti, adesso.
- Vuole… vuole quell’esercito?- chiese, sperando di aver capito male.
River annuì.
- Ma… professore, questo è…-
- Leonella, ti prego, chiamami pure Dylan.-
- O… okay… insomma… Dylan, questo è folle!- sbottò - Come può pensare di poter controllare quel…-
- Lo so.- disse lui - Ma questo è il suo obbiettivo. Dopo la purga avvenuta nel corso degli anni, le faide interne, il basso tasso di natalità, la popolazione degli Alterati è diminuita drasticamente, e al giorno d’oggi ne rimangono pochi. Alcuni di essi si riunirono e fondarono la setta dei Cultori del Crepuscolo, il cui obbiettivo era quello di spazzare via il più grande ostacolo alla popolazione degli Alterati, ovverosia i Figli del Sole. Crepuscolo è forse l’ultimo rimasto, ma è estremamente potente e pericoloso. Sa che uccidere i Figli del Sole in cui s’imbatte di tanto in tanto non gli permetterà mai di raggiungere il suo obbiettivo. Gli omicidi che commette sono gocce nel mare.- si sfilò gli occhiali e si passò una mano sul viso - Vuole una soluzione drastica, e nessuno riesce a fermarlo. Chi l’ha cercato è morto, chi l’ha incrociato per caso è morto, chi ha tentato di ostacolarlo è morto. Probabilmente, il suo potere è degno di rivaleggiare con quello di Aulos in persona… o forse è anche maggiore.-
Leon sentì girare la testa, e adesso comprese di avere cambiato di nuovo colore: dal bianco al verde. Si prese il volto tra le mani, cercando di non vomitare, e sentì la mano di Dylan posarsi gentilmente sulla sua spalla. Già da prima aveva paura. Adesso stava andando veramente nel panico.
Un Alterato la voleva morta, e questo era qualcosa. Un Alterato la voleva morta ed era famoso per avere ucciso altri due Figli del Sole, e questa era un’altra. Un Alterato la voleva morta, aveva già ucciso un numero imprecisato di Figli del Sole, era potente quanto il più grande e anziano Figlio del Sole tutt’ora in vita, se non di più, e voleva richiamare a sé il più terribile esercito conosciuto pur di sterminarli tutti quanti. Si accorse di tremare.
- L’ho incontrato anch’io, una volta.- confessò a sorpresa il professore.
Leon alzò lo sguardo su di lui, e vide i suoi occhi illuminarsi di sincera comprensione per come si sentiva.
- Davvero?- chiese, cercando di non suonare troppo lamentosa.
- Assolutamente.- annuì Dylan - Fu lui a ferirmi e a costringermi al ritiro.-
- E come ti sei salvato?-
- Si tratta di una lunga storia…- disse lui con una smorfia. Si appoggiò allo schienale, sospirando, e fissò il suo sguardo oltre la finestra, direttamente nel cielo.
- Avevo la tua età o poco più, quando divenni Figlio del Sole.- raccontò - Andai dal Mastro Armaiolo, che mi fornì ciò che mi serviva, e alcuni anni di servizio dopo incontrai un paio di… colleghi, per così dire.-
Leon annuì, capendo la sua scelta di parole. I Figli del Sole Attivi, come lo era lei, ricevevano quella nomina solo uno alla volta. Tutti gli altri, dopo aver terminato il periodo di studi obbligatorio, potevano o continuare a studiare, cominciare a insegnare o essere assegnati a compiti vari. Tra questi vi erano le ambascerie, gli impieghi nelle banche (i Figli del Sole gestivano la maggior parte degli istituti di credito migliori, grazie alla fiducia che la gente nutriva nei loro confronti) o la documentazione e lo studio di flora, fauna e popolazione di svariati pianeti. Non era così raro incrociare altri membri della confraternita in giro per il Sistema Helios, se si viaggiava a sufficienza.
- Erano in tre, come per i tuoi compagni di viaggio.- continuò Dylan - Io ero il combattente, il Membro Attivo. Mi ritenevano tutti il migliore del mio corso, per questo venni scelto, quando ebbi l’età giusta.- sorrise tra sé e sé - Uno di loro, invece, era un uomo più anziano, uno storiografo di nome Adder Tam. Gli altri due erano poco più che ragazzi, Maryl e Luke. Non ricordo i cognomi…- ebbe un breve sospiro triste - Poveri ragazzi. Erano tanto cari… il loro incarico era quello di documentare lo sviluppo della flora selvatica su Shyka’dahan, lo stesso pianeta di cui parlavamo io e il tuo amico. Ancora non c’era la guerra, ovviamente, o almeno non in quel periodo.- aggiunse in fretta - Siccome tutti noi avevamo quasi la stessa destinazione, viaggiammo insieme, e alla fine ci imbattemmo in Crepuscolo.-
- Avete lottato con lui?-
- Naturalmente sì.- annuì Dylan - Ma era un avversario davvero forte. Ci sorprese al tramonto, il momento ideale, per lui, quando vuol tendere un agguato. Tuttavia anche dopo, quando il sole era già sparito, non si ritirò. Era decisamente superiore alle nostre forze. Due di noi, come te, erano Elettrocinetici, e né il ghiaccio né la terra conducono l’elettricità, mentre io e Maryl avevamo poteri diversi… io ero Pirocinetico, e lei era Fotocinetica. Troppo poco per uno come lui. Ci ha sconfitti in fretta.-
Leon lo guardava fisso, incapace di distogliere gli occhi.
- Ha ucciso i tuoi compagni?- chiese a bassa voce.
- Non proprio.- spiegò - Io ero il solo attivo, tra loro, quindi il più preparato in fatto di combattimento, nonché immune o quasi alla Criocinesi. Ero il pericolo maggiore, per come la vedeva, così mi ha ferito.-
Sbottonò la camicia, continuando a fissare fuori dalla finestra, mostrando un torace ancora tonico nonostante il tempo passato lontano dall’azione. Il Marchio del Sole era sempre impresso sul suo petto. Scostò la stoffa dal fianco e mostrò una profonda e lunga cicatrice che lo sfigurava, partendo da un punto poco sopra l’ombelico e arrivando dietro verso il centro dello sterno.
- Questo mi ha fermato.- spiegò - Non riuscivo quasi a camminare, figuriamoci scappare. È un miracolo che sia sopravvissuto.-
Leon annuì lentamente, allungando la mano fino a sfiorarla. Quando si rese conto di cosa stesse facendo, ritrasse in fretta il braccio e distolse lo sguardo, leggermente in imbarazzo.
- Poi cos’è successo?-
- Beh, ovviamente gli altri hanno cercato di aiutarmi.- spiegò lui - C’era ben poco che potessero fare, così mi caricarono in spalla e cominciarono a correre. Adder era molto intelligente, quasi quanto il tuo amico Drake, e si rese conto di una cosa, mentre fuggivamo.-
- Quale cosa?-
- C’era un oggetto di cui Crepuscolo aveva paura.- spiegò - Un suo pendente, cimelio di famiglia. Quando glie l’ha visto al collo è inorridito, e la sua esitazione ha permesso a Maryl di accecarlo, così che potessimo scappare via.-
- Perché? Cos’aveva di speciale?-
- Era in Clumnite. E, a quanto pare, lui era allergico. Quando ci ha raggiunti abbiamo pensato per un istante di usarla per seminarlo, ma prima che Adder potesse provarci lui l’ha congelato all’istante e poi l’ha scaraventato in un burrone con un terremoto.- scosse la testa - Povero Adder…-
- Come ne siete usciti?- chiese Leon.
- Ho avuto fortuna.- rispose Dylan - Come l’hai avuta tu, immagino.-
Si voltò a guardarla, e Leon, che ancora lo fissava, distolse lo sguardo arrossendo un poco.
- Sì.- ammise - Senza Drake non ce l’avrei fatta.-
Dylan sorrise gentilmente.
- So che hai paura.- disse, passandole un braccio attorno alle spalle - Lo capisco, Leon. Quel giorno l’ebbi anch’io, e molta. Ero poco più di un ragazzino, come lo sei tu, e entrambi non avevo alcuna esperienza, proprio come te.-
Leon si voltò verso di lui, anche se mantenne lo sguardo basso.
- La Clumnite è l’unica cosa che tema?- chiese, faticando a guardarlo in faccia: si sentiva in imbarazzo.
- Questo è ciò che so.- confermò piano Dylan - Odi essere una Figlia del Sole, vero?-
Leon si accorse di tremare.
- Sì…-
- Sì.- ripeté il professore - Sì, tu stai odiando ciò che sei. Vorresti non esserlo, così saresti libera, giusto?-
Stavolta Leon annuì senza rispondere.
- Non mi piace.- ammise alla fine.
Dylan si allungò ancora, e senza che lei lo fermasse posò le sue labbra sulle sue.

Ieri non ce l'ho fatta a postare, quindi rimedio oggi.
Ringrazio, come sempre, John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, che seguono la storia. A presto!

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Capitolo 22
*** Cap. 21: Il segreto di Dylan River ***


Drake attraversò i corridoi dell’Academy in silenzio, ignorando i pochi studenti e insegnanti in cui s’imbatteva, seguendo le vaghe indicazioni dategli da Dylan River.
Doveva ammetterlo, qualcosa non gli quadrava: il professore aveva mandato lui, un estraneo che non era mai stato lì, a cercare un uomo che non aveva mai visto. Vero, stando a quanto gli aveva detto trovare l’ufficio non era difficile… ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che lo avesse fatto soprattutto perché voleva rimanere da solo con Leon.
E lei sembrava anche piuttosto presa… Pensò Drake, sempre più preoccupato. Non mi piace… da sola nell’ufficio di un uomo più anziano di lei, affascinante e maturo…
Scosse la testa con energia, sentendosi un idiota: Leon non era una ragazzina in preda agli ormoni, e sapeva cosa rischiava. Doveva fidarsi di lei.
Anche se, tutto sommato, persone come Leon tendevano spesso a cercare figure paterne…
Piantala, Drake!
Finalmente il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla targhetta su una porta, la quale gli preannunciava di aver raggiunto l’ufficio del professor Olsen, proprio in fondo a un corridoio cieco situato in un angolo abbastanza tranquillo del piano.
Bussò rapidamente, e quando una voce lo invitò a entrare non si fece attendere, quasi fiondandosi all’interno, che si rivelò essere un po’ opprimente: più buio dell’ufficio di River, con una sola finestra, era arredato da alcune librerie un po’ disordinate, sulle quali c’erano alcuni libri disposti alla rinfusa. Dal soffitto penzolava un grande candelabro acceso, e sulla parete di fondo, proprio sopra la porta, era appeso lo scheletro di una creatura grande quanto un cane di piccola taglia con ben sei zampe, a cui Drake dedicò poca attenzione, rivolgendosi subito all’uomo che aveva davanti.
- Salve, professore.- disse subito - Mi chiamo Drake Kylyon, mi ha mandato il suo collega, il professor River.-
Olsen, seduto alla scrivania con alcune carte in mano, era un ometto basso e sottile, completamente calvo, forse sulla settantina, con un paio di occhiali sottili sul naso carnoso che gli copriva i suoi piccoli occhi acquosi.
- Il… professor River?- ripeté l’uomo.
- Sì, professore. Mi ha detto di averle prestato un libro l’altro giorno, uno che parla dei Cultori del Crepuscolo.-
Il professore si tolse rapidamente gli occhiali, aggrottando la fronte.
- Un libro… sui Cultori del Crepuscolo?- ripeté - Capisco.- aggiunse poi, sospirando.
Mise una mano sotto la scrivania, e subito dopo Drake sentì uno scatto metallico provenire dalla porta: la serratura si era chiusa.
- Non so chi lei sia...- disse il professore, mentre l’altra mano, quella che era rimasta in vista, veniva avvolta da una nube d’acqua - … ma temo che non potrò lasciarla uscire.-
Drake serrò la mascella, accigliandosi.
La mia solita fortuna…

Leon sentì il proprio corpo irrigidirsi per la sorpresa mentre Dylan le passava una mano dietro la nuca, tenendola stretta a sé; durò solo un istante e poi, a poco a poco, cominciò a rispondere al suo bacio, mentre la tensione la abbandonava a ondate.
In quel momento ogni cosa, ogni preoccupazione, svanì dalla sua mente: Crepuscolo, la Confraternita, sua madre… tutto scomparve, almeno per un momento, e rimasero solo lei , Dylan e quell’ufficio.
Una delle mani del professore le passò sul viso, carezzandola con dolcezza, mentre l’altra scendeva rapidamente fino al fianco, slacciando il cinturone ed abbassandole i calzoni; lentamente Leon si lasciò stendere sul divanetto, mentre anche lei passava le mani lungo il petto di Dylan, sulle sue spalle, sulla sua schiena.
- C’è dell’altro nella mia storia che dovresti sapere.- aggiunse, staccandosi un momento.
Leon non rispose, troppo presa dalla situazione per riuscire a registrare completamente le sue parole. Lui cominciò a darle dei leggeri baci sul collo.
- Quello che successe mi costò più di quanto non immagini…- sussurrò, continuando a baciarla - Lui ci pose di fronte ad una scelta.-
Leon ascoltava a malapena le parole di Dylan. Era cosciente del fatto che stava parlando, ma i suoi sensi erano ottenebrati, intorpiditi. Per la prima volta da anni si stava lasciando andare. Prese la sua testa tra le mani e lo baciò a sua volta.
- Se uno di noi avesse accettato di aiutarlo, se avesse ucciso gli altri due, sarebbe sopravvissuto al massacro che progettava…-
Leon emise un verso per dire che aveva capito, sperando che smettesse di parlare, mentre Dylan le cominciava a sfilare la giubba. Ma perché continuava col suo racconto? Perché proprio adesso?
- Io amo la vita.- le soffiò all’orecchio, accarezzandole il collo - Per questo ho accettato.-
La mano sul collo di Leon si serrò all’improvviso, e le si mozzò il fiato.

Un flusso d’acqua partì dalla mano del professor Olsen e si diresse verso Drake, il quale si piegò rapidamente verso la propria destra, schivando con una piccola piroetta. L’acqua andò ad abbattersi contro il legno della porta, con talmente tanta violenza che quella tremò per un istante: se lo avesse preso gli avrebbe schiacciato la testa.
Mentre ancora stava girando su se stesso, lo Stratega infilò una mano nella cintura, dove aveva nascosto un piccolo coltello da lancio per le emergenze, portandolo all’altezza dell’orecchio, mettendosi in posizione di tiro.
Il professore fece una smorfia.
- Pensa davvero che quel minuscolo coltello sia sufficiente a uccidere un Figlio del Sole?-
Drake scrollò una spalla.
- In effetti sì.- ammise.
Lanciò rapidamente il coltello, mirando alla corda che teneva sospeso il candelabro. Quella si ruppe con uno schiocco, e subito il lampadario crollò sulla testa del professore, schiantandolo sul pavimento.

Leon cercò di muovere le mani per afferrare la sua e toglierla, ma erano bloccate dalla giubba, sfilata solo a metà e schiacciata sotto il suo corpo, il quale a sua volta era schiacciato da quello di Dylan. Provò a colpirlo con un calcio, ma anche i movimenti delle gambe erano limitati a causa dei calzoni. Cercò Raggio, ma il cinturone le era stato sfilato. Non poteva toccarlo, quindi non sarebbe riuscita a dargli la scossa, e non riusciva a liberarsi.
Dylan incombeva sopra di lei, e la stava strangolando.
- Mi dispiace, Leonella.- disse con tono sincero, benché il suo sguardo fosse gelido - Quel giorno fui costretto a scegliere: o vita o morte. Aiutare Crepuscolo significa vita. Decidere di non farlo, morte.-
Leon annaspò, alla ricerca d’aria, agitandosi debolmente. La vista le si stava oscurando. I suoi movimenti si indebolivano.
- Cerca di capire.- continuò - Anche volendo, non potrei fare niente per salvarti. Come con altri prima di me, il nostro accordo non è solo verbale… la sua Biocinesi mi ucciderebbe all’istante se lo tradissi. Il suo potere è troppo grande… e io non voglio morire.-
Stava per perdere conoscenza… non avrebbe resistito ancora a lungo…
Qualcosa colpì con forza la porta, che si spalancò di botto, e subito dopo Dylan venne afferrato per il colletto della camicia e scaraventato contro la sua scrivania. Ci rotolò sopra, rompendo tutto quello che si poteva rompere, e cadde dall’altro lato.
Leon inspirò bruscamente, cercando disperatamente di riprendere aria. Drake si inginocchiò accanto a lei e l’aiutò a mettersi a sedere.
- Tranquilla, tranquilla…- disse - Non preoccuparti, è passata… respira, adesso. Respira.-
Dylan intanto si rimise in piedi, e Drake lo imitò, ponendosi tra lui e Leon. Si stava tenendo la testa, aveva un taglio sullo zigomo e la camicia strappata. Si rivolse allo Stratega con uno sguardo un po’ confuso, ancora frastornato da quanto era successo.
- Come hai fatto ad aprire?- chiese - Ho bloccato la serratura.-
- Sì, nello stesso modo del professor Olsen, immagino.- rispose Drake - Ma è una porta di legno… credevi davvero che non l’avrei sfondata?-
Il professore grugnì appena, rabbuiandosi.
- Quindi sei stato da Olsen.- disse - Che ne è di quel vecchio?-
- Non credo che sia importante, in questo momento.- rispose Drake - Immagino che tu e lui abbiate tradito la Confraternita, dico bene?-
- O questo o morte.- rispose River - Se non altro Crepuscolo offre una via d’uscita, riconosce i meriti… i Figli del Sole ti trattano come un pezzo di carne, e quando non gli servi più si disinteressano totalmente. Almeno, Crepuscolo è onesto.-
Rimasero in silenzio per un momento, fino a quando Dylan non decise di parlare di nuovo:
- Allora, cosa conti di fare? Io sono ancora in grado di lottare come un Figlio del Sole, e sono Pirocinetico. Cosa vorresti fare, Stratega?-
Lui aggrottò la fronte.
- Beh…- disse lentamente - Pensavo a qualcosa di semplice…-

Fare arrabbiare Drake non è proprio una buona idea...
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindazm, i lettori che mi stanno seguendo. A presto!
 

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Capitolo 23
*** Cap. 22: Caduta libera ***


Marie e Gareth si sedettero su una panchina, leggermente in ritardo rispetto all’appuntamento dato da Drake perché il ragazzo si era attardato a prendere appunti: aveva finito quasi due blocchi (di quelli grandi) scrivendo anche sul retro delle pagine.
C’era da dire, a suo favore, che sapeva davvero scrivere in fretta.
- Sei maniacale, lo sai?- chiese Marie, mentre lui scorreva rapidamente i fogli.
- Mmmh?- mugugnò lui - Perché?-
- Perché?- ripeté incredula lei - Andiamo, Gareth, hai scritto quasi più tu in due ore che io in tutta la vita!-
- Non è colpa mia se sei analfabeta.- rispose il ragazzo.
Marie non apprezzò granché la battuta, e lo afferrò per un braccio, torcendoglielo dietro la schiena e mettendolo in ginocchio.
- Ahi! Marie, mi fai male!- esclamò lui, mentre alcuni studenti della Academy si voltavano a guardarli.
- L’idea è proprio quella, pensa un po’!- sbuffò lei, lasciandolo andare.
Il ragazzo si rialzò massaggiandosi il gomito e riprese gli appunti caduti.
- Non è strano?- chiese, guardandosi attorno - Insomma, sono spariti. Drake e Leon, intendo.-
L’espressione accigliata di Marie si sciolse e si guardò attorno.
- Sì, hai ragione.- annuì - E noi eravamo già in ritardo… dici che dovremmo cercarli?-
Lui si strinse nelle spalle.
- Non so.- rispose - Chissà dove sono.-
Ci fu un rumore di vetri infranti, da qualche parte sopra di loro, e poco dopo l’aria fu squarciata da un grido. Un attimo dopo, in una pioggia di schegge luccicanti, qualcosa colpì il suolo con violenza, e il grido si spense.
Quando tutti realizzarono che era un uomo, scoppiò l’inferno.

Drake si rialzò in piedi, sporgendosi dalla finestra sfondata per guardare giù: una bella folla di persone si stava raccogliendo attorno al corpo di Dylan River, e presto sarebbero arrivate le autorità della scuola.
Nell’attimo in cui il professore aveva lanciato il suo attacco lui aveva calciato la sedia più vicina verso l’alto, intercettando la palla di fuoco. L’esplosione conseguente aveva ostruito per un istante la vista del suo avversario, istante che lui aveva sfruttato appieno.
Con uno scatto fulmineo era saltato oltre la scrivania, slittando sopra di essa con un’agilità che nulla aveva da invidiare a un uomo con la metà dei suoi anni, e aveva calciato Dylan proprio sul petto, sbattendolo contro la finestra, che aveva scricchiolato nell’impatto.
Subito dopo il professore aveva scagliato una fiammata per bloccarlo, ma nella foga non si era preoccupato di prendere la mira, come previsto, e gli era bastato scansarsi appena, così che il colpo andasse a incendiare invece i libri dall’altro lato della stanza.
Così Drake, senza incontrare ostacoli, aveva semplicemente compiuto una rotazione su se stesso per poi calciare di nuovo Dylan River sul petto, sfondando la finestra.
Ora lo fissava dall’alto, il volto privo di emozioni, mentre sotto di lui i Cadetti del Sole si raccoglievano attorno al punto d’impatto.
- Te l’avevo detto che ti avrei scaraventato di sotto, professore.- disse piano.
Si voltò verso Leon, che non aveva mosso un muscolo: era ancora seduta sul divanetto, ansimando con una mano alla gola, nuovamente segnata da una serie di lividi rossi che presto sarebbero diventati viola, ignorando l’incendio che stava divorando la biblioteca privata di Dylan River. Tornò rapidamente da lei e l’aiutò a rivestirsi senza dire una parola, poi raccolse il cinturone di Raggio e glie lo tese. Leon se lo allacciò alla vita con lo sguardo basso.
- Il professor Olsen non aveva alcun libro.- disse Drake - Immagino che sia qui e basta.-
- Non ci serve.- disse Leon, sempre senza guardarlo - Quell’idiota… mi ha raccontato tutto quello che sapeva.-
Lo Stratega annuì.
- Certo. Era convinto che non saresti vissuta per raccontarlo, quindi non gl’importava dirti quello che sapeva e conquistarsi la tua fiducia.-
Ora che lo diceva lui, le pareva la cosa più ovvia del mondo. Durante tutta la conversazione avrebbe dovuto sentire un sacco di campanelli d’allarme: il fatto che sapesse di Marie e Gareth quando in realtà non li aveva mai visti, per esempio. O il fatto che chiamasse quell’Alterato solamente “Crepuscolo” e non “Cultore del Crepuscolo”, come se lo conoscesse bene. O anche il fatto che fosse a conoscenza della sua rabbia, del suo odio per i Figli del Sole di cui faceva parte: non l’aveva confidato a nessuno, nell’Academy. Come faceva a saperlo, allora?
- Meglio se andiamo via.- disse Drake - Era un professore, dopotutto. Traditore, ma professore lo stesso. Ci faranno delle domande.-
- Possiamo spiegare.- osservò Leon.
Drake sospirò.
- Ma certo che possiamo spiegare.- disse con pazienza, incrociando le braccia - Ma davvero te la senti di affrontare la cosa adesso?-
Leon non rispose.
- Ti porto di sotto.- disse - Se fai in fretta tu, Marie e Gareth potrete uscire dai confini dell’Academy senza pericolo. Io spiegherò cos’è successo dal mio punto di vista e vi raggiungerò. Aspettatemi alla locanda, ci vedremo lì.-
Leon annuì, e insieme corsero fino alle scale. Ancora non c’era nessuno in giro, e questo era dovuto al fatto che quel punto del castello era piuttosto isolato rispetto al resto dell’edificio, e quindi la strada era ancora libera. Drake imboccò la via più lunga, facendo un largo giro, che certamente nessuno o quasi avrebbe percorso, preferendolo alla strada più breve e diretta per l’uscita così da non dare nell’occhio, ma muovendosi abbastanza in fretta per evitare che qualcuno bloccasse le porte della Academy. Ben presto furono nell’atrio principale, e si insinuarono tra la folla che si dirigeva all’esterno e tra quella raccolta attorno al cadavere di Dylan; infine, Drake mise una mano sulla spalla di Leon.
- Trova Marie e Gareth.- disse - Ci vediamo dopo.-
Prima che Leon potesse dire alcunché, lo Stratega scomparve tra la gente. Inutile cercarlo, meglio muoversi.
Trovò i due ragazzi poco dopo, vicino ad una delle panche di pietra, in mezzo alla folla: Marie c’era salita sopra e si stava allungando per vedere, mentre Gareth, le mani sporche di sangue non suo, sedeva fissando sconfortato il terreno. Agguantò lui per un braccio e lei per la cintura, e li trascinò via di peso.
- Andiamo!- sbottò - Muoviamoci, non voglio restare bloccata qui!-
- Cosa?- chiese Marie - Ma che succede? Dov’è Drake?-
- Lui ci raggiungerà tra poco.- rispose Leon.
Gareth la guardò aggrottando la fronte.
- Leon, stai bene?-
Sapeva di essere pallidissima. Sapeva di avere gli occhi rossi, anche se così asciutti da sentirli aridi. Sapeva di essere scarmigliata e con gli abiti ancora in disordine. Sapeva che la sua gola era segnata come quel giorno nel deserto, se non di più. Era piuttosto sicura che la cintura dei calzoni non fosse nemmeno allacciata bene, e che la parte che usciva dalla fibbia non fosse nemmeno infilata nel passante. Comunque, non le interessava affatto.
- Ve lo spiego più tardi.- rispose, sperando che non notassero il nodo che aveva in gola - Adesso andiamo via, non voglio rimanere oltre.-

Mi spiace se il capitolo sembra poco significativo, ma putrtoppo ho dovuto spezzarlo. Era decisamente troppo lungo.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindazm, come sempre. A presto!

 

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Capitolo 24
*** Cap. 23: Riorganizzarsi ***


Continuò a camminare un po’ spingendoli, un po’ tirandoli e un po’ aggrappandosi a loro finché non furono alla locanda, al sicuro dentro la loro camera, dove li lasciò andare e barcollò fino al suo letto, lasciandocisi cadere a sedere sopra.
- Allora, ci dici cos’è successo?- chiese Marie, mettendo le mani sui fianchi e accigliandosi - Sei sconvolta, accidenti!-
Leon trasse un profondo respiro per cercare di calmarsi e si risistemò alla meglio i capelli, mentre i due si sedevano sul letto accanto.
- Stava con lui.- spiegò - Quello che è caduto di sotto, stava con l’Alterato. E credo anche un suo collega… se ho capito com’è andata.-
Spiegò ai ragazzi qual’era la situazione, riferendo ciò che Dylan River le aveva raccontato prima di cercare di ucciderla, anche se non disse loro di preciso come avesse fatto a renderla così inerme né si perse a raccontare dell’Orda, ritenendo la notizia troppo scioccante per loro, in quel momento. Poi mentre finiva di parlare arrivò Drake, un po’ provato anche lui, dall’aspetto, e si sedette a sua volta su un letto.
- Ho dato una versione convincente al direttore dell’Academy.- disse subito - Ma non ho raccontato tutta la storia.-
- Cosa?- esclamò Marie - Perché?-
- Perché due professori lavoravano per Crepuscolo.- rispose Drake, passandosi una mano tra i capelli e sospirando - E non posso sapere quanti altri. Ho detto semplicemente che lavoravo con Leon, e che la sua missione non poteva essere divulgata. Mi ha promesso di mantenere riservato il nostro coinvolgimento, ma tu dovrai contattare il Consiglio di Confraternita al più presto.- aggiunse, guardando direttamente Leon - La mia è una balla bella e buona, al momento… e devono sapere che cos’è successo. È importante.-
Leon annuì, ma non rispose. A dir la verità, sentiva all’improvviso un gran moto di nausea.
- Gareth, cos’hai alle mani?- chiese poi lo Stratega, notando che erano sporche di sangue.
La Figlia del Sole ebbe un breve sussulto: l’aveva notato anche lei, ma dopo che si erano incamminati aveva smesso di pensarci. Tuttavia, il ragazzo non sembrava ferito. Lui si guardò le mani vagamente stupito (così parve) e scosse la testa.
- Niente, non è sangue mio.- disse - Quando quello è caduto ho provato a rianimarlo in qualche modo. Inutilmente, tra l’altro.-
- Lo credo. L’ho scaraventato giù da una torre, e nessuno sopravvive a una caduta del genere.-
Marie fece una smorfia.
- Beh, a questo punto siamo proprio messi male, mi sembra.- disse - Chi ci dice che non ci siano altri Figli del Sole che hanno tradito?-
Tutti la guardarono, certi che avesse toccato un nervo scoperto ma anche un punto focale: aveva ragione lei, chissà quali e quanti altri erano, come Dylan, passati dalla parte del nemico.
- Non possiamo saperlo.- disse lentamente Drake - Proprio per questo non ho voluto dire nulla… non possiamo sapere quanti altri sono passati dalla parte di Crepuscolo.- si passò una mano tra i capelli, di nuovo - Mi costa ammetterlo, ma è stato dannatamente furbo: non può raggiungere una preda quassù in sicurezza, ma con dei servitori sparsi in giro può impedire loro di nascondersi. Persino questo pianeta è diventato poco sicuro.- guardò Leon - Non possiamo restare.-
Lei annuì lentamente.
- Certo.- disse - Chiaro.-
Gareth sospirò rabbioso.
- Accidenti…- gemette - Ma perché stare con quell’essere?- eruppe poi - Insomma, cosa pensano, che li risparmierà davvero? E poi, perché nessuno ha pensato di consegnarsi… di pentirsi per le sue azioni, magari!-
- Cose del genere sono molto complicate, Gareth.- rispose Drake, sospirando - C’è chi è attaccato alla propria vita, e cerca in ogni modo di non perderla. Anche Leon potrebbe decidere d passare dalla parte di Crepuscolo, se messa alle strette.-
- Ma non diciamo sciocchezze!- sbottò Marie, guardandola - Tu non lo faresti mai, vero?-
Lei non rispose, massaggiandosi la gola ancora indolenzita: aveva ragione Marie, non l’avrebbe mai fatto… ma non perché fosse disposta a morire piuttosto che servirlo tanto quanto perché dubitava che sarebbe servito a qualcosa. Oltretutto, Crepuscolo non aveva nemmeno cercato di stringere un simile patto, e di occasioni ce n’erano state. Per qualche motivo, era piuttosto sicura che non avrebbe mai accettato di averla come servitrice.
- Inoltre, Dylan ha detto una cosa.- disse dopo qualche secondo di silenzio.
Drake aggrottò la fronte.
- Dylan?- ripeté.
- Sì, il… il professor River…- si corresse distrattamente - Ha accennato a… alla Biocinesi. Credo che gli avesse… fatto qualcosa… qualcosa che lo avrebbe ucciso se avesse parlato… se lo avesse tradito.-
Drake annuì lentamente.
- Una sorta di… assicurazione. Un qualche tipo di tossina o che so io che si sarebbe attivato a determinate condizioni.-
- Davvero è possibile?- chiese Marie, sgranando gli occhi.
- Chissà… forse.- rispose Drake - Vedi, Marie… lo studio sulla Psicocinesi è incompleto. Gli umani sanno usare fuoco, acqua, vento, terra, elettricità, luce, ghiaccio e la guarigione… gli Alterati però sono in grado di usare anche altre tipologie di poteri… cose che noi non saremmo mai in grado di fare. Quindi sì, potrebbe essere possibile. La Biocinesi non è uno dei poteri che gli umani possono usare, quindi non se ne conoscono i limiti precisi. È impossibile dire fin dove arrivi il potere di Crepuscolo.-
Marie imprecò a bassa voce. Gareth impallidì, voltandosi verso di lei.
- E tu volevi ucciderlo… da sola?!- esclamò con voce strozzata.
- Sta’ zitto, Gareth!- sbottò la ragazza.-
- Ha detto anche un’altra cosa.- aggiunse Leon, ignorandoli tutti quanti - A quanto pare… è allergico alla Clumnite. Un solo ciondolo è sufficiente a spaventarlo.-
Lo Stratega aggrottò la fronte, sorpreso.
- Davvero?- chiese - Sorprendente… una grave leggerezza da parte del professore… ti ha rivelato un suo punto debole… la Clumnite!-
- Cos’è la Clumnite?- chiese Gareth.
- Un metallo.- rispose subito Marie - Viene usato di rado per costruire certi tipi di gioielli o oggetti di arredo, mia madre ha un paio di collane.-
- Ed è molto raro.- aggiunse Drake - Più dell’oro o dell’argento. Quanto è estrema la sua allergia?-
- Non così tanto da fermarlo con un semplice pendente.- rispose tristemente Leon - L’ha spaventato un po’, ma non sconfitto.-
Drake sospirò.
- Questo vuol dire che ne serve una quantità maggiore… una degna di essere chiamata “quantità”, quantomeno.-
- E dove andiamo a pescarla?- chiese Gareth - Non è che disponiamo di molto denaro. E immagino che il tuo Visto non basti per queste cose, vero Leon?-
Lei scosse la testa.
- No.- rispose - Ci vogliono autorizzazioni, burocrazia, funzionari… se quell’Alterato ha abbastanza gente dalla sua, ci ritroveremo lui o i suoi scagnozzi tra capo e collo prima di poterci lamentare del fatto che i tempi burocratici sono troppo lunghi.-
- Allora dobbiamo trovare un altro modo.- sospirò Marie.
Drake annuì.
- Sì, e purtroppo ci siamo invischiati tutti, a questo punto.-
- Perché?- chiese Gareth.
- Marie lo vuole morto per vendetta.- rispose lo Stratega, senza alzare lo sguardo - Leon deve ucciderlo per sopravvivere. Io ho… poca voglia di lasciarla nei guai, diciamo. E tu, Gareth, sei stato visto con noi, questo è certo. Bene o male, per quanto quell’Alterato dica di non volere la nostra morte, siamo coinvolti. Se uno di noi lasciasse gli altri, Crepuscolo potrà usarlo a suo vantaggio.-
- In tal caso, è meglio restare uniti.- disse subito Gareth.
Non c’era né amarezza ne rabbia o altro nella sua voce. A Leon parve strano, questo, poiché sarebbe stato più ovvio se si fosse rammaricato della propria scelta di seguire lei e Drake quel giorno nel deserto. Invece, sembrava accettare senza problemi di restare con loro e di rendersi utile all’uccisione del nemico. Sentì qualcosa di strano nel petto, come una sorta di calore diffuso e piacevole, che la fece sentire un po’ meglio. Le ci volle parecchio per capire che era gratitudine.
- Resta ancora il problema principale, comunque.- disse Marie - Come troviamo una quantità sufficiente di Clumnite?-
- Andando su Britistas.- rispose subito Drake - Conosco una città del pianeta dove hanno quello che cerchiamo. Il suo nome è Aldhege’s Dawn.-
- Aldhege Down?- ripeté Leon, aggrottando la fronte.
Non c’era mai stata, né conosceva nessuno che ci fosse andato, ma durante l’addestramento le era stato spesso ripetuto che, di tutti i posti che avrebbe potuto decidere di visitare, quello era l’ultimo dove un Figlio del Sole dovesse andare a rifugiarsi. Patria del gioco d’azzardo e del contrabbando, nonché casa dei baroni della droga, Aldhege Down era come una tana di lupi per un agnello e, per quanto abile e potente, nessun Figlio del Sole doveva osare mostrarsi lì, perché altrimenti l’avrebbero linciato all’istante.
Una o due volte i Figli del Sole, collaborando con i pochi rappresentanti dell’ordine ancora onesti in città, erano riusciti a sconfiggere qualche potente capomafia o a sradicare due o tre case da gioco, ma per il resto Aldhege’s Dawn era terreno minato.
- Andare lì per me è quasi peggio che gettarmi tra le braccia di Crepuscolo.- osservò amaramente, recuperando un poco del suo vecchio carattere - L’ultimo di noi che è stato beccato ad aggirarsi da quelle parti lo hanno tenuto in vita una settimana, prima che la tortura lo uccidesse.-
- E allora staremo attenti a non farti prendere.- rispose Drake - Ma è il solo posto in cui possiamo procurarci della Clumnite senza essere milionari. Lì c’è di tutto.-
Lei sospirò.
- D’accordo.- disse - Quando andiamo?-
- Immediatamente.- disse lo Stratega, alzandosi - Prima che tu venga localizzata.-
Si diresse verso il suo zaino e ci rimise dentro tutto quello che aveva. Marie aggrottò la fronte e guardò Leon.
- C’è una cosa che non ho ancora capito. - disse - Come ha fatto quel professore a beccarti da sola?-
Leon s’incupì e abbassò lo sguardo.
- Lasciamo stare, Marie.- rispose - Piuttosto, diamoci una mossa. Prima partiamo e meglio è.-

I nostri hanno ora una nuova destinazione. Vediamo dove li porterà.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindazm, che seguono la storia, e anche Clo_smile, che l'ha appena inserita tra le ricordate. A presto!

 

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Capitolo 25
*** Cap. 24: In autobus ***


Recarsi ad Aldhege’s Dawn non era esattamente in cima alla lista di cose da fare di Leon, ma considerata la situazione generale le sue scelte erano piuttosto limitate.
La Clumnite era un minerale piuttosto raro, e ottenerla tramite canali ufficiali, oltre che richiedere tempo, avrebbe potuto mettere in allerta Crepuscolo, spingendolo a farsi più audace. Considerate le sue capacità, dubitava di essere in grado di respingerlo a lungo, anche con l’aiuto di uno come Drake, quindi non aveva scelta: doveva recarsi in quella dannata città.
Non confidò le sue paure agli altri, ma conosceva bene le storie che circondavano quel posto, venivano usate per terrorizzare i novellini e ammonire chi era in procinto di prendere servizio attivo, quindi le erano state raccontate almeno venti volte ciascuna, per essere certi che le ricordasse.
Una decina d’anni prima che sua madre diventasse Figlia del Sole, per esempio, uno di loro aveva commesso la leggerezza di inseguire fin lì un criminale omicida, l’aveva catturato e si era apprestato a tornare indietro, ma poi era stato intercettato da una banda che l’aveva accerchiato, pestato a sangue, mutilato ripetutamente e, dopo qualche giorno, decapitato. Il fatto che fosse Elettrocinetico come lo era lei non migliorava affatto la situazione.
Un’altra storia, invece, parlava di una donna, poco successiva a sua madre, stavolta, con capacità Pirocinetiche e Aerocinetiche. Si era infiltrata molto a fondo in un’organizzazione che gestiva il traffico di droga e del gioco d’azzardo, era quasi arrivata ad incontrarne i capi, e poco mancava che non li catturasse. Il giorno prima di poterli anche solo vedere, però, un loro uomo riuscì a farle saltare la copertura. Le ci vollero quasi tre settimane per morire, e per tutto il tempo i membri della banda si diedero il turno per torturarla e violentarla.
Fu tenendo a mente tutte queste cose che Leon prese la navetta per Ironglass e poi, da lì, quella per Britistas. Decisero che anche lei, questa volta, avrebbe pagato come tutti gli altri, senza usare il Visto Diplomatico di cui era fornita (se avesse fatto diversamente, sarebbe stato come sparare un razzo e dire “ehi, guardate, sono una Figlia del Sole”), e raggiunsero così Shirtan Aht, la più vicina città che ci fosse ad Aldhege Down, dove il servizio navetta non veniva effettuato se non per i servizi postali e alcuni viaggi straordinari.
Così fu tramite corriera che Leon, Drake, Marie e Gareth si trovavano in quel momento, strizzati su quattro sedili in fondo con i loro miseri bagagli. Fuori, il cielo era leggermente più chiaro che su Sol, avendo quel pianeta un tempo di rotazione leggermente più lungo; ciononostante presto sarebbe stato il tramonto, e non avrebbero raggiunto Aldhege’s Dawn prima di notte. Per tutto il viaggio Leon fissò il paesaggio fuori dal finestrino, paesaggio composto da polvere, cactus e pietre affilate, a causa del fatto che la città si trovava nell’entroterra del continente, dove il clima era generalmente secco e con rare ma copiose precipitazioni.
- Presto sarà il crepuscolo.- osservò Marie, seduta vicino a Gareth, dietro Leon e Drake - E lo dico in tutti i sensi. Pensate che dovremmo preoccuparci?-
Drake guardò fuori dal finestrino, al disopra della testa di Leon, aggrottando la fronte.
- Non so.- ammise - Dovrebbe sapere che siamo qui. Di certo, non ci ha seguiti fin su Sol, non avrebbe mai potuto, è troppo pericoloso anche per lui andare lì di persona. Meglio tenere gli occhi aperti, tanto per essere sicuri.-
Leon annuì, ma non disse niente.
- Quando arriveremo, cosa pensate di fare?- chiese Gareth - Insomma, non possiamo certo presentarci e dire che vogliamo della Clumnite, no?-
- Basterà spargere la voce che cerchiamo qualcosa.- rispose lo Stratega - Il resto verrà da sé.-
Il sole, intanto, si avvicinò sempre più alla linea dell’orizzonte. Ne osservarono la discesa con apprensione, ma quando raggiunse il punto di inizio del tramonto vero e proprio, tingendo il cielo di rosso non accadde niente di eclatante, se non che l’autista prese una buca che fece sussultare l’autobus.
- Forse l’abbiamo seminato.- ipotizzò contenta Marie.
- Ci può ritrovare?- domandò Gareth.
Drake si strinse nelle spalle.
- Forse. Per adesso, respiriamo.-
Finché possiamo… Pensò amaramente Leon.
La gola le faceva ancora un male tremendo. Per coprire i segni aveva avvolto il collo in una sciarpa, ma non poteva fare niente per il resto del suo aspetto, che appariva chiaramente devastato e disordinato. Lo capiva da come Marie e Gareth la guardavano, e per buona misura anche dai radi sguardi di comprensione di Drake. Forse erano preoccupati, ma non aveva alcuna voglia di parlare dell’accaduto.
Alla notte, la corriera terminò la propria corsa in una stazione degli autobus squallida e male illuminata da diverse lampade al neon malandate, alla periferia di Aldhege’s Dawn, e il quartetto scese con una certa dose d’ansia in corpo, poiché adesso non erano più al sicuro di prima.
Aldhege’s Dawn era una città piena di insegne lampeggianti e voci, suoni disparati che andavano dal molesto all’inquietante. I motori di parecchie autovetture ruggivano sfrecciando a più non posso lungo l’autostrada lì vicino, ma anche sulla strada normale non c’era da scherzare, tanto che i pedoni facevano bene a stare attenti anche quando il semaforo pedonale era verde. Usciti dalla stazione si ritrovarono in una via buia, con pochi lampioni, che si avviava direttamente verso il centro, snodandosi tra rotonde, svincoli, traverse ed edifici malmessi. Ogni tanto si udiva lo sporadico suono di qualche sirena, segno che le forze dell’ordine locali cercavano (o almeno facevano finta) di limitare un poco la criminalità del posto. Cosa inutile visto che tutti o quasi, dai più bassi in grado fino al capo dell’autorità locale, erano sul libro paga di qualcuno, e al massimo arrestavano i poveri ladruncoli da quattro soldi o i corrieri drogati. Chi non era corrotto faceva raramente vita, e i pochi che ci riuscivano non la conducevano né facilmente né tranquillamente.
- Propongo di trovare un posto per dormire.- disse Drake - Cominceremo domani. Adesso potrebbe essere pericoloso, con il buio. Girano persone non raccomandabili già di giorno, ma ora è un suicidio, specie se si è donna.-
- Se qualcuno prova a toccarmi, stavolta gli spezzo le braccia prima che possa dire “A”!- disse Leon, furiosa - Non sono un’incapace, sai?-
- Infatti parlavo di Marie.- rispose lui, avviandosi lungo la strada.
Marie aggrottò la fronte e fece per dire qualcosa, ma Leon le intimò di tacere: aveva ragione Drake. Lei era più vulnerabile di tutti loro, almeno secondo eventuali malintenzionati. Meglio non correre rischi e riposare. E poi, era stata una giornata lunga, e avevano bisogno di fare un po’ di mente locale, prima di inoltrarsi tra le strade ostili di Aldhege’s Dawn.

Di nuovo ho dovuto spezzare un capitolo. Ringrazio come al solito John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 26
*** Cap. 25: Le strade della città ***


Per dormire affittarono una stanza in un albergo a ore. Non era né grande né attrezzata per tutti loro, ma non importava a nessuno, e dovevano fare economia col poco denaro ancora in loro possesso. Dentro c’erano soltanto un paio di letti e un divano malmesso; una porta si apriva sul piccolissimo bagno, in cui si trovavano una doccia ed un lavandino. Drake decise che avrebbe dormito nel sacco a pelo sul pavimento di moquette stinta, mentre loro potevano sistemarsi dove e come volevano. Anche Leon, in uno slancio di generosità che sorprese persino lei stessa, decise che avrebbe lasciato i letti ai ragazzi. Dormirono solo qualche ora, poi uscirono presto, quando ancora l’aria era piena del freddo notturno e il resto del motel non si era ancora svegliato.
- Destinazione?- chiese Marie.
- Qualsiasi posto sia adatto a condurre affari poco puliti.- rispose lo Stratega - Vado a parlare un attimo col portiere, magari può esserci d’aiuto.-
Andò a bussare alla porta del suo ufficio, che si aprì poco dopo; Drake entrò nella stanza, e non tornò prima di qualche minuto.
- Dice di cercare un certo Orfeo.- disse subito, quando fu di nuovo da loro - Non credo che sia il suo vero nome, ma sembra essere uno che sa sempre tutto, qui nel quartiere. Chiunque cerca qualcosa deve chiedere a lui.-
- E sai dove si trova?- domandò Gareth.
- Gira per locali, quando non si rintana nella sua topaia.- rispose alzando le spalle.
Si avviarono lungo la strada, entrarono nella prima bettola che incrociarono, a quell’ora quasi vuota, e si sedettero davanti al sudicio bancone. Leon passò rapidamente in rassegna l’ambiente male illuminato con lo sguardo, adocchiando i pochi ubriaconi nullafacenti che, già a quell’ora, si erano infilati nel locale per cominciare a bere, cercando di ignorare l’odore di quel posto e l’aspetto poco pulito. Onestamente avrebbe di gran lunga preferito non trovarsi là dentro, ma considerato che non aveva idea di come fare a trovare la Clumnite doveva davvero lasciare che fosse Drake a occuparsi di tutto e affidarsi alle sue decisioni.
Lo Stratega, nel frattempo, fece un gesto veloce verso il tarchiato barman, in quel momento intento a sciacquare sommariamente alcuni bicchieri.
- ‘Giorno.- grugnì l’uomo, avvicinandosi e grattandosi il molle pancione da sopra il grembiule malconcio che indossava - Che volete?-
- Per ora ci accontentiamo di qualche bottiglia di succo.- rispose Drake - E di qualche dritta. Vorrei incontrare un certo Orfeo.-
L’uomo si accigliò.
- Chi lo cerca?- chiese.
- Uno che ha un affare da proporgli. Puoi aiutarmi?-
Lui scosse la testa.
- No, amico. Non lo vedo da tre giorni, ma se si fa vivo gli parlo di te.- rispose, voltandosi per afferrare quattro bottiglie da un frigorifero.
Drake non rispose e attese che l’uomo finisse di servirli, ma nessuno di loro toccò un solo sorso delle bevande: il colore era troppo scuro, e qualcosa che di certo non somigliava a polpa di frutta galleggiava nel collo delle bottiglie.
Uscirono poco dopo, con Marie che ostentava un’espressione disgustata.
- Un buco nell’acqua.- disse Gareth con un sospiro.
- Normale, non è possibile trovare gente così, al primo colpo.- disse Drake - Tranquillo, più chiediamo in giro e più sarà possibile scovarlo. La voce di quattro stranieri che lo cercano giungerà certamente alle sue orecchie, e se riterrà che non siamo pericolosi allora ci cercherà di persona. E considerando che due di noi sono ragazzini, è altamente probabile che succeda.-
Marie sbuffò.
- Mi sa che sarà una cosa lunga.-
- Un po’.- ammise lo Stratega.
Entrarono in altri locali, altrettanto malmessi quanto il primo, e in tutti quanti ricevettero le stesse risposte, ovvero che non c’era, che non lo vedevano da giorni o che non l’avevano mai sentito prima. Più si facevano vedere, tuttavia, e più Leon si rendeva conto che la gente attorno a loro gettava occhiate a tutto il gruppo, e in un paio di occasioni ebbe modo di riconoscere qualche faccia: c’era qualcuno che li seguiva.
A metà della giornata, quando era ormai passata l’ora di pranzo e stavano cominciando a pensare di cercare un posto dove mangiare, finalmente ebbero successo: entrati nell’ennesimo bar non riuscirono a fare più d’un passo dalla porta che un grosso energumeno calvo dalla pelle pallida si parò davanti a Drake, squadrandolo da capo a piedi.
- Sei tu che cerchi Orfeo?- chiese con voce bassa e di gola.
Drake annuì lentamente.
- Sai dov’è?-
- Forse.- rispose lui - Che vuoi da lui?-
- Ho bisogno di informazioni, e lui può darmene in quantità.-
- Certo che può, se tu puoi pagare.-
Lo Stratega annuì di nuovo.
- Portaci da lui.- disse.
- Solo uno.- grugnì l’uomo - Solo tu. Gli altri aspettano lì.- e fece un cenno verso un punto qualsiasi del locale.
Drake sospirò.
- D’accordo.- si voltò verso Leon, al suo fianco - Resta con loro due, mi raccomando.- disse.
Lei annuì.
- Tranquillo.-
Lo Stratega si allontanò con il grosso gorilla, mentre Leon portava Gareth e Marie a un tavolo libero e si sedeva con loro. Molti li guardavano di sottecchi.
- Non mi piace questo posto.- disse Gareth a bassa voce - E nemmeno gli altri in cui siamo stati fino ad ora.-
- Non piacciono a nessuno, se proprio vuoi saperlo…- brontolò Marie - Ma non c’è troppa scelta, mi sembra.-
- No, non c’è.- annuì cupamente Leon - Ora statevene buoni, appena torna Drake mangiamo qualcosa.-
Rimasero in silenzio qualche minuto, finché qualcuno non si avvicinò. Erano tre persone, tutti uomini, abbastanza grossi e dall’aspetto sciatto. Uno ostentava una brutta cicatrice sulla guancia, e tutti puzzavano in modo osceno di birra scadente. Probabilmente erano strapieni d’alcool.
- Ehi…- grugnì quello più vicino, il più basso del gruppo, rivolgendosi a Leon. Sulla testa aveva pochi fili scuri e unti a coprirgli la fronte, e indossava una tuta da meccanico macchiata di olio - Ti stavo osservando. Perché non mi offri da bere?-
Leon aggrottò la fronte.
- No.- rispose seccamente.
Lui sogghignò, e Marie fece per afferrare le sue armi, che portava nascoste sotto una felpa che si era legata alla vita. Gareth osservava la scena intimorito.
- Oooh, fa la difficile, la signorina…- borbottò l’uomo, mentre i suoi compagni ridacchiavano - Non c’è bisogno di essere sgarbati, sai… siamo solo tre amiconi che cercano di divertirsi un poco, dopotutto.-
Leon gli lanciò uno sguardo scocciato: iniziava davvero ad averne piene le scatole. Tra Crepuscolo che le dava la caccia, il suo vecchio professore che cercava di ucciderla e lo stress di trovarsi in una città dove chiunque le avrebbe fatto la festa se avessero scoperto chi era davvero i suoi livelli di sopportazione erano ai minimi storici. E quell’idiota non aiutava affatto.
- Mi sorprendi.- disse - Sai contare fino a tre. Complimenti.-
I suoi due compagni scoppiarono a ridere sul serio, mentre lui s’incupiva.
- Questa te la potevi risparmiare.- disse, mettendo una mano sul tavolo - Mi sono offeso. Devi farti perdonare.-
- Bene.- disse Leon, distogliendo lo sguardo - Mi farò perdonare non tagliandoti via quella mano, sempre che tu la tolga di lì.-
- Leon…- gemette Gareth in tono d’allarme.
Lo sconosciuto cominciò ad irritarsi davvero, anche se i suoi amici parevano divertirsi come mai, attirando così l’attenzione di qualche persona.
- Hai voglia di fare la dura, ragazzina?- sbottò - Ti avverto, cambia tono o…-
- Sono io che avverto te.- ribatté quietamente Leon, tornando a guardarlo negli occhi - Sparisci.-
Si fissarono per alcuni istanti stracolmi di tensione. Marie serrò ancor di più le mani sui manici delle armi, e Gareth si guardò attorno, forse alla ricerca di qualcosa da usare anche lui o forse di una via di fuga.
- Mi stai stancando.- disse lui.
Leon si alzò in piedi con un sospiro stanco, cercando di non gridare per la frustrazione.
- Sì, anche tu.- rispose - Sono qui per motivi che non riguardano certamente te, e non mi interessa né averti attorno né avere attorno nessun altro. Specie quando puzza così.-
Appena finita la frase, lui alzò la mano come per tirarle uno schiaffo. Marie e Gareth gridarono, e forse anche il barista, ma Leon lo lasciò fare, e quando l’uomo colpì quasi non se ne accorse, anche se voltò la testa. Riportò lentamente lo sguardo su di lui, aggrottando la fronte e serrando i pugni.
- Vedo che non ci siamo capiti…-
Serrò il destro e immise tutto il proprio peso in un potente montante che gli sferrò proprio al mento, spedendolo a ridosso di un tavolo alle sue spalle, mentre i suoi due amici smettevano di ridere e facevano un balzo indietro per la sorpresa. Qualcuno al bancone scoppiò a ridere per l’umiliazione subita dall’uomo, ma generalmente non ci furono altre reazioni degne di nota: probabilmente scene del genere non erano così strane da quelle parti.
Mentre i due uomini aiutavano il loro amico a rialzarsi e lo portavano via quasi di peso, Leon sentì qualcuno tossire alle sue spalle. Voltandosi, vide Drake che la fissava rassegnato.
- Beh?- sbuffò.
- Meno male che non dovevate dare nell’occhio.- commentò lui con un sospiro - Venite.- disse, facendo cenno di seguirlo.
Leon si avviò senza degnare d’uno sguardo nessuno, e Marie e Gareth non poterono che seguirla. Quando furono oltre la porta, in un piccolo corridoio buio, Drake si rivolse alla Figlia del Sole.
- Sto per portarvi da Orfeo. Dice che forse può aiutarci, ma non ha promesso niente.-
- Beh, meglio che essere sbattuti fuori, no?- chiese Gareth.
- O su un tavolo…- aggiunse Marie.
Nessuno replicò, e Drake si diresse alla porta in fondo al corridoio, scrostata e malandata come tutto il resto del locale. Sopra, una targa sbiadita diceva “privato”. Si ritrovarono in un piccolo retrobottega pieno di stracci, scaffali di metallo e vecchi flaconi semivuoti; alcuni uomini se ne stavano raccolti in un angolo, e giocavano a dadi; un altro si era appartato dietro diversi scaffali, e stava armeggiando con un ago; una ragazza dormiva per terra, seminuda e pallida.
L’ambiente era ancor più cupo e sudicio del resto del locale, e l’umidità, lì dietro, penetrava fin dentro le ossa, rendendo appiccicosa la pelle, filtrando dai muri e dalle prese d’aria rotte, o dai tubi vecchi e corrosi sul soffitto.
Drake non stette a guardare niente di tutto ciò e si diresse subito verso una destinazione ben nota, in un piccolo sgabuzzino all’angolo, dentro il quale quattro ubriaconi giocavano a poker. Un solo uomo stava lì a guardarli, appoggiato ad una mensola con le braccia incrociate. Era sottile e muscoloso, ben alto, dalla pelle nera e la testa perfettamente rasata. Quando entrarono gettò loro un’occhiata e si alzò in piedi per raggiungerli.
- Sono Orfeo.- disse subito a Leon. Aveva due piccoli occhi chiari ed una voce giovane ed acuta, che si confaceva al suo aspetto - Tu sei quella che vuole la Clumnite, invece?-
Lei annuì.
- Beh, come ho detto al tuo amico, non ti prometto niente, ma forse posso darti una dritta. Solo, non sarà gratis.-
- Non posso pagare molto.- disse lei.
- Non voglio soldi.- rispose Orfeo - Ho bisogno di un favore.-
- Sì, lo avevi accennato.- disse Drake - Di che favore si tratta?-
- Di uno che non posso farmi da solo, ovvio.- sogghignò lui - Venite con me.- disse, avviandosi verso una porta in fondo.

Tra non molto inizieremo una parte molto interessante della storia, quindi non ve la perdete! Intanto ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile. A presto!

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Capitolo 27
*** Cap. 26: La proposta di Orfeo ***


Orfeo li superò senza aggiungere una parola e si diresse dalla parte opposta del retrobottega, dove quello che sembrava un ubriacone dormiva imbozzolato in una coperta, a ridosso del muro, ma che emise uno strano scricchiolio quando Orfeo gli ordinò di aprire. Probabilmente sotto la coperta c’era una qualche manovella, e lui era posto lì di guardia; fatto sta che una parte di muro si aprì abbastanza da far passare un uomo di profilo, e Orfeo vi s’infilò rapido, facendo cenno di seguirlo. Il gruppo si insinuò nel piccolo corridoio buio, che presto declinò in una scala che condusse tutti in un passaggio sotterraneo e infine a un’altra porta. Quando ebbero varcato anche quella si ritrovarono in un tunnel umido e puzzolente, appena illuminato da alcuni sfiati e un paio di luci di servizio malfunzionanti.
- Ma qui siamo nelle fogne!- sbottò Marie quando i loro occhi si furono adattati.
- Però, sveglia la piccolina…- commentò Orfeo, aggrottando la fronte.
- Sì, è fatta così.- disse stancamente Leon - Allora, perché siamo qui?-
- Non per l’odore o il panorama, questo è certo.- rispose lui, accendendo una torcia - Ancora due secondi e vi faccio vedere…-
Si avviò lungo il camminamento di servizio al lato del canale maleodorante, poi voltò a destra e si ritrovarono di fronte a un muro. Spinse un mattone particolare e subito la parete si scansò di lato, rivelando un altro passaggio segreto. Oltre quello, c’era stanza ampia e molto meglio illuminata del resto di quei tunnel. Doveva essere una sorta di magazzino, o di deposito, e al suo interno c’erano delle scaffalature metalliche ricolme di tantissimi strumenti musicali
Sax, bassi, chitarre, flauti, clarinetti, batterie, persino un triangolo con tanto di batacchio, ognuno sistemato con cura in apposite custodie etichettate C’era di tutto, là dentro, e stando a quanto riportato dalle targhette alcuni pezzi erano stati firmati da grandi artisti, deceduti o ancora in vita, segno che erano passati per le loro mani.
- Accidenti…- commentò Marie.
- Questa è… una collezione?- chiese Drake, raccogliendo un registro da uno scaffale vicino alla porta e dandogli una rapida scorsa - Raccogli questi strumenti?-
- Già. È il mio tesoro personale… ma si trova qui in via temporanea.- rispose Orfeo - Queste cose sono quaggiù solamente perché è un posto sicuro. Appena avrò anche l’ultimo pezzo della collezione potrò andarmene, e portare tutto con me. Lascerò questa città del cazzo, finalmente.-
Leon aggrottò la fronte.
- Perché ci mostri questa roba?- chiese - A noi cosa importa?
- Vi importa perché il favore riguarda la mia collezione.- rispose lui - Mio nonno era un Figlio del Sole, come te.-
L’affermazione la colse di sorpresa, anche perché non si aspettava che sapesse chi era lei. Guardò Drake, che scosse la testa.
- Come l’hai capito?- chiese lo Stratega.
- Ve l’ho detto, lo era anche mio nonno.- rispose Orfeo - Ci sono cose che chi conosce bene i Figli del Sole non tarda a notare… il portamento, l’espressione, come ha steso quel tizio al bar…-
- Parole sante…- mormorò Drake.
Leon gli diede una gomitata.
- Tornando a mio nonno…- continuò Orfeo - … forse lo conosci di fama, anche se è molto precedente a te. Aveva il mio stesso nome… o meglio, era lui a chiamarsi Orfeo, io ho solo deciso di farmi chiamare così.-
- E questo che c’entra, adesso?- chiese Marie.
- Nulla, sto divagando…- disse subito lui - Ad ogni modo, era conosciuto come l’Ammaestratore. L’hai mai sentito prima?-
Leon annuì lentamente: era stato un grande Figlio del Sole, dotato di elevato talento musicale, tanto che riusciva ad acquietare anche le bestie più feroci.
- Morì qui.- proseguì l’Orfeo che avevano davanti - Non nelle fogne, certo… ma su, in strada. Non perché l’avevano scoperto, fu un incidente, purtroppo… seppero chi era solo dopo, e presero qualcosa dal cadavere, prima che tornasse su Sol.-
- Cosa presero?- chiese Drake.
- La sua arpa.- rispose - Sapeva suonare moltissimi strumenti, forse tutti quelli che sono qui dentro, ma quella era la sua preferita. La mia famiglia non è mai riuscita ad averla, e così sono venuto qui io e ho iniziato a cercarla.-
- E l’hai trovata?-
- Più o meno.- ammise - Ho raccolto tutti gli strumenti che ho potuto, per far credere alla gente che mi interessassi di musica e basta. Troppo pericoloso far sapere chi ero.-
Dentro di sé, Leon non poté non dirsi d’accordo.
- Alla fine ho cominciato a prenderci gusto, ma… questo non c’entra.- proseguì Orfeo - Il punto è che sono riuscito a trovare chi possiede quell’arpa.-
- Beh, buon per te.- disse Marie, incrociando le braccia - Ma noi che cosa c’entriamo?-
- Si trova nelle mani di uno dei capimafia della città.- spiegò - E non vuole cederla. La ritiene un trofeo.-
- Ovvio… è stata rubata a un Figlio del Sole…- osservò saggiamente Gareth - Un simile cimelio non è per tutti.-
- Già.- annuì Orfeo - Ho tentato in tutti i modi di convincerlo a vendermela, ma è stato inutile. L’unica e rubarla.-
- E vorresti che noi la prendessimo per te?- sbottò Leon, allibita - A un capomafia?-
- Non uno qualsiasi.- disse Orfeo - Lui, al momento e per ancora diverse settimane, è e sarà l’unico ad avere un po’ di Clumnite.-
Drake aggrottò la fronte, passandosi una mano sul mento.
- Vediamo se ho capito bene…- disse lentamente - Una sola persona, al momento, possiede della Clumnite, qui in città, e questa persona è un potente capomafia, che per combinazione è anche quello che ha l’arpa di tuo nonno. Siccome entrambi dobbiamo rubare qualcosa a lui, allora ci stai chiedendo aiuto, giusto?-
Lui annuì.
- Sì, è così.-
Drake sospirò.
- Mi sembra una mossa pericolosa, quella di rubare qualcosa a un uomo come lui.- disse.
- Anche a me…- disse Leon a denti stretti - Ma immagino che non abbiamo scelta, vero?- chiese, guardando Orfeo, che annuì.
- No, a meno che non vogliate aspettare dalle otto alle dodici settimane. Quell’uomo è pericoloso, e ha imposto una specie di embargo, accordandosi con alcuni rivali e soci o minacciando bande minori. Non so ancora bene perché, purtroppo, ma vuole essere il solo, per qualche mese, ad avere quel minerale, che comunque non gira spesso nemmeno da queste parti.-
Marie scosse la testa.
- Questa è una follia bella e buona!- sbottò - La Clumnite ci serve, ma è troppo pensare che saremo in grado di rubarla!-
- Ma non c’è altro modo, e noi non abbiamo due o tre mesi.- osservò Drake. Si voltò verso Gareth, rannicchiato un po’ in disparte - E tu che dici, Gareth?-
Lui scosse la testa.
- Non lo so…- rispose esitante - A me sembra pericoloso, davvero… però se è l’unica strada che possiamo percorrere…-
- Allora siamo d’accordo?- chiese Orfeo, rivolgendosi a Leon - Organizziamo il colpo?-
La Figlia del Sole sospirò: era ad Aldhege’s Dawn da meno di ventiquattr’ore e già si apprestava a diventare una ladra con tendenze suicide. Proprio brutta, l’influenza di quel posto…

Ci siamo... il gruppo sta per compiere un'azione molto pericolosa.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 28
*** Cap. 27: Chiacchiere sulla famiglia ***


Drake non era abituato a escogitare piani che prevedevano furto con scasso (o il furto in genere, per quel che poteva valere), ma quando fu il momento di decidere chi avrebbe ideato i dettagli del piano la scelta fu scontata. Orfeo disse loro di tornare al loro albergo, dove li avrebbe contattati, e meno di un’ora e mezza più tardi gli fornì ogni genere di dettaglio utile, raccolto in tanto tempo che osservava il suo obbiettivo, aspettando l’occasione buona per colpire.
Le informazioni che fornì non si rivelarono poche: andavano dal numero di guardie presenti su ogni piano del palazzo in cui avrebbero fatto il colpo fino alla posizione delle telecamere di videosorveglianza. Aveva preparato procurato piantine dei piani più importanti, segnando ciò che meritava menzione, e si era curato di prendere nota della durata dei turni di sorveglianza. La sola pecca che trovarono in quel mare di informazioni fu che erano tutte un po’ datate: il contatto di Orfeo, un guardaspalle di medio livello, era sparito un paio di anni prima, forse ucciso, forse fuggito.
Da quel giorno poteva essere cambiato anche tutto, e il problema principale era che nessuno, tra i contatti del loro informatore, poteva dirsi sufficientemente vicino al bersaglio da fornirgli lo stesso tipo di informazioni. In ogni caso, Drake prese tutto e si sistemò sul letto di Gareth, cominciando a leggere in silenzio, e non fiatò quasi per niente finché non ebbe finito, eccezion fatta per quando chiese che gli passassero la bottiglia d’acqua.
Nel frattempo, Leon cercò di non rimanere lì con le mani in mano: il nome del loro bersaglio era Don Alfonso Rizzo. Non l’aveva mai sentito nominare, ma secondo Orfeo era uno dei più importanti boss della città. Conoscerne le abitudini, se anche non l’avessero incrociato, avrebbe potuto essere di aiuto, e così si occupò della lettura dell’altra catasta di appunti, quella che riguardava proprio lui, separata dal resto, poiché ritenuta secondaria… opinione con cui concordò dopo cinque pagine appena: niente, di quella roba, le sembrava utile.
Stando ai dati di Orfeo, Don Rizzo era un tipo spietato e pericoloso, ma che seguiva un codice d’onore personale a cui aderiva piuttosto rigidamente. Era anche abbastanza scaltro ed attaccato ai soldi, e sapeva sfruttare le buone occasioni, quando queste si presentavano alla sua porta, cosa che gli aveva permesso di scalare le gerarchie. Non c’era granché da usare, lì in mezzo.
Gareth e Marie, invece, furono tagliati pressoché fuori da questa fase. Il ragazzo non se ne ebbe particolarmente a male, e si limitò a prendere le proprie cose e a ripassare ciò che aveva letto alla Academy, cercando di mandare a mente quanta più teoria possibile prima di recarsi ad Ohl Mahen come gli era stato consigliato. A questionare sul serio, invece, fu Marie, che si buttò sul letto a pancia in su, sbuffando e ripetendo che si annoiava; continuò così finché Drake non le trovò qualcosa da fare, più o meno a metà dei suoi appunti (e quasi alla fine della pazienza di Leon).
- Chiama Orfeo.- disse lo Stratega, senza staccare gli occhi dai fogli ma aggrottando la fronte - E digli che dovete procurarvi queste cose.-
Continuando a leggere, scarabocchiò qualcosa su un foglio e poi lo tese a Marie, che lo lesse aggrottando la fronte.
- Cos’hai intenzione di fare, volare?- chiese - Perché nemmeno Leon è Aerocinetica, sai?-
- Non pretendo Aerocinesi da parte di nessuno, ma quelle cose servono, così come serve quello che sta facendo ora Gareth.-
Gareth alzò di scatto lo sguardo dalla sua catasta di appunti, improvvisamente pallido.
- Eh?- chiese - Che? Io sto solo studiando!-
- Lo so.- annuì Drake - Ma se qualcosa andasse storto, ci servirai.-
La prospettiva di doversi mettere all’opera per riparare ad eventuali danni causati dalle pallottole di guardie armate al servizio di un mafioso sembrò terrorizzare Gareth, il quale comunque non disse niente e riprese a studiare. Tuttavia, da pallida la sua carnagione aveva improvvisamente assunto una delicata sfumatura verdastra.
- Vado con Marie.- annunciò Leon, alzandosi dal divano su cui si era sdraiata di nuovo - Voglio prendere un po’ d’aria, e poi qui ho quasi fatto.-
Drake annuì.
- Non pestare nessuno, stavolta.-
Lei lo ignorò.

Orfeo, che si nascondeva ancora nelle fogne, nella sua stanza segreta (aveva spiegato al gruppo come arrivarvi dal motel), consigliò a Leon e Marie di andare in un negozio a circa cinque isolati di distanza da loro e dire che le mandava lui. Diede anche alle due un po’ di denaro, poiché quello che era rimasto al gruppo non sarebbe stato sufficiente (Marie l’aveva speso quasi tutto nel deserto, e ormai anche Leon ne aveva poco). La Figlia del Sole diede un’occhiata al foglio che Drake aveva dato a loro: c’era scritta sopra una breve lista che comprendeva moschettoni da scalata, corde robuste e imbracature. Ci mancava solo il paracadute, e sarebbero stati pronti per fare parapendio.
- A mio fratello piaceva fare parapendio.- disse Marie quando Leon ebbe fatto tale osservazione ad alta voce - Paul. Era Aerocinetico, e spesso usava i suoi poteri per sospingersi più in alto e planare. Credi che ci fosse un nesso tra le due cose?- chiese.
Leon si strinse nelle spalle.
- Non so dirti, ad essere sincera.- rispose - Non so come funziona la mente umana, e non ho mai conosciuto Paul Whitehorse, se non di nome. La Psicocinesi forse è collegata al carattere e agli interessi… dopotutto, riguarda il cervello. Ma come ho detto, non lo so. Io non m’intendo di impianti elettrici, dopotutto.-
Marie sorrise tra sé, e per un istante sul suo volto passò un’ombra di tristezza.
- Era il mio fratello preferito.- disse, quasi rivolta al vento - A volte mi portava con sé, quando volava… ma anche Michael mi piaceva.-
Ecco… ora vuole parlare della famiglia…
Per quanto la cosa non l’attirasse poi molto, Leon si sentì in dovere di incoraggiare la conversazione. Qualcosa le diceva che tanto avrebbe continuato lo stesso, e forse, senza una qualche replica da parte sua, avrebbe finito col crollare. E poi, tutto sommato, le sembrava un po’ un obbligo.
- L’hai conosciuto?- chiese - Michael, intendo. Pensavo che fosse molto più grande di te.-
- Sì… non ero così piccola quando è morto.- rispose - E Paul è stato scelto qualche anno dopo di lui… credo che volesse vendicarlo come me, per questo è durato solo tre mesi.-
Leon non disse niente: intimamente, aveva paura di non durare nemmeno la metà di quel tempo. Già l’idea del furto con scasso le faceva sentire i nervi a fior di pelle, figurarsi…
- E tu?- chiese all’improvviso Marie - Mi hai detto che tuo padre colleziona funghi, ma il resto della tua famiglia?-
Lei sbuffò, ancor più scocciata: lo sapeva che sarebbe finita così.
- Non era vero.- disse - Volevo solo evitare queste domande.-
Marie aggrottò la fronte.
- Perché?- chiese - Dai, cosa c’è che non va? Hai litigato con qualcuno?-
- Sì.- rispose lei - In un certo senso sì, ma non mi va di spiegartelo.-
- E allora parlami di quelli con cui non hai litigato.-
- Non c’è nessuno con cui non abbia litigato!- sbottò cupamente Leon, sentendosi sempre più frustrata - Senti… io non… non ho mai neanche visto mio padre, nemmeno so chi sia, okay? Di certo mia madre non ne ha mai parlato… e quando ho iniziato a farmi certe domande lei e io già non ci parlavamo più… se avesse voluto dirmi qualcosa lo avrebbe fatto. E non ho altri parenti… quindi non c’è niente da dire.-
Marie la guardò per qualche istante, mentre camminavano lungo il marciapiedi, incrociando ogni tanto qualche passante come loro o un paio d’auto. Non era una giornata particolarmente trafficata. Forse dipendeva dal fatto che l’attività vera e propria si aveva di notte, da quelle parti.
- E quindi non parli con tua madre?- chiese alla fine Marie - L’unica famiglia che hai?-
Leon serrò i pugni, trattenendosi dall’usarli contro di lei.
- Marie…- sbuffò - … non ho deciso di venire con te perché mi andava di fare conversazione quanto perché è la mia vita che sto cercando disperatamente di salvare, e voglio accertarmi che tutto fili liscio! Quindi piantala di chiedermi della mia famiglia, d’accordo?-
La ragazza capì che quello era terreno minato e tacque. Dopo poco, comunque, Leon comprese che forse avrebbe dovuto sentirsi in colpa. Dopotutto, Marie non voleva essere maleducata. Era solamente curiosa.
- Hai delle strane armi con te.- disse alla fine, riferendosi a quelle curiose mitragliatrici che adesso erano sotto il suo letto.
- Eh?- fece lei - Ah, le Rondini? Ti piacciono?-
- Rondini?-
- Le chiamo così per il suono che fanno.- spiegò lei - Sai, ziuziuziu… Le ho fatte io. Sono brava a costruire le cose, e Paul mi ha insegnato qualcosina per difendermi, ogni tanto, quando passava da casa.-
Leon aggrottò la fronte: e così, aveva ricevuto un briciolo di addestramento da un Figlio del Sole? Ovviamente non aveva imparato a riconoscere e sviluppare la propria Psicocinesi, o l’avrebbe ostentata fin dall’inizio, e di certo tra loro due non poteva esserci paragone in combattimento, ma doveva essere piuttosto in gamba (o quantomeno fiduciosa nelle proprie capacità) anche solo per sperare di poter sopravvivere da sola in una missione di vendetta, benché inizialmente non sapesse quanto fosse pericoloso Crepuscolo. Chissà, magari avrebbe potuto diventare, col suo entusiasmo e la sua energia, una Figlia del Sole migliore di lei, se si fosse applicata.
Appena ebbe formulato questo pensiero, Leon decise che non sarebbe mai entrata a far parte della Confraternita, o quantomeno non su suo suggerimento. Non avrebbe mai incoraggiato nessuno a seguire una strada che lei aveva odiato per tutta la vita. Inoltre, se avesse voluto diventare Figlia del Sole si sarebbe iscritta alla Academy tempo prima.
- Perché non hai mai fatto domanda di ammissione alla Academy?- chiese dopo un paio di secondi, decidendo di essere troppo curiosa per non porle la domanda - Non ti interessava seguire le orme dei tuoi fratelli?-
Lei scosse la testa.
- No.- rispose subito - Affatto. Mi piace di più lavorare con le chiavi inglesi. Ho imparato una cosa o due per non essere indifesa se mi trovassi nei guai, ma non è che mi piaccia troppo la tua vita.-
Leon dovette fare uno sforzo per non ammettere che non piaceva affatto neanche a lei.

Il gruppo comincia a pianificare, e presto si ritroverà a dover mettere in atto un autentico furto...
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile, a cui aggiungo LadyTsuky, che mi legge ancora una volta. A presto!

 

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Capitolo 29
*** Cap. 28: Il piano di Drake ***


Non appena tornarono all’albergo trovarono Drake e Gareth chini su alcuni fogli nuovi, intenti a disegnare e scribacchiare cose diverse, come se si stessero impegnando nell’ideare un piano. A quanto pareva, lo Stratega aveva deciso la mossa successiva.
- Non sarà facile.- disse subito, quando furono entrate e Marie ebbe chiuso la porta della stanza alle sue spalle - L’arpa di Orfeo e la Clumnite sono su due piani diversi. La prima è più in basso, nell’ufficio personale di Don Alfonso, in una teca. L’altra, invece, è in cima al grattacielo, nella sua cassaforte privata.-
- Nella sua cassaforte privata?- ripeté Marie, lasciandosi cadere sul letto vicino a Gareth - Perché, dorme dove lavora?-
- Non è così raro.- osservò Leon, prendendo la piantina del piano dell’ufficio e studiandola - Ha un attico, immagino.-
- Certo. E pure discretamente attrezzato.- rispose Drake.
- Allora, hai già pensato a qualcosa?-
- Sì ma, come dicevo, è difficile. Ci sono guardie ad ogni piano, più un servizio di sorveglianza molto efficiente e ben preparato. Secondo Orfeo, ha anche alcuni automi pronti a catturare qualsiasi intruso… ma, ovviamente, le informazioni potrebbero non essere più attuali.-
- Grande.- sbuffò Leon - Dai, spara quest’idea.-
- Cominciare dall’alto.- disse Drake - Arrivare dal basso e salire è pressoché impossibile, c’è troppa sorveglianza e troppa strada da fare, ci metteremmo una vita e rischieremmo di essere scoperti ad ogni passo. Se invece ci calassimo dall’alto e scendessimo, eviteremmo molti problemi.-
- Ripeto…- disse subito Marie, accigliandosi - … qui nessuno è Aerocinetico e i tetti, solitamente, stanno in cima ai palazzi, a molti metri da terra.-
- Non solo gli Aerocinetici col paracadute volano.- osservò quietamente Drake.
- Stavamo pensando di procurarci un elicottero o qualcosa del genere.- spiegò Gareth - Orfeo avrà di certo qualcuno che gli deve un favore, tra i piloti o gente simile… o magari sa dove trovarlo.-
- D’accordo, quindi arriviamo dall’alto.- disse Leon - E poi? Buchiamo il tetto?-
- No, un vetro. Le attrezzature che avete comprato le useremo per calarci giù.- spiegò lo Stratega - Ci divideremo in due gruppi: uno andrà a cercare la cassaforte, così prenderà la Clumnite, mentre l’altro scenderà di più, fino all’ufficio di Don Alfonso Rizzo.- prese un pacco di fogli e li mise davanti a loro, cominciando a indicare alcuni segni - Questo è uno schema tecnico che Orfeo ha fotocopiato sottobanco del sistema d’allarme di quel piano, e fortunatamente risale all’anno scorso, quindi credo sia ancora utilizzabile. Purtroppo, però, è molto ben sorvegliato… per certi versi, anche più dell’appartamento del boss.-
- In che modo?- domandò Marie.
- Tanto per cominciare, ci sono molte guardie.- rispose lui - Moltissime. Dopotutto, quello è il suo ufficio, il luogo da cui gestisce i suoi affari, e ci tiene che sia ben protetto. Probabilmente si trovano lì molte delle sue cose più importanti. I sorveglianti pattugliano i corridoi continuamente, e quello che non vedono loro lo vedono le telecamere. Le porte del piano sono chiuse con serrature estremamente complesse, e se anche qualcuno tentasse di forzarle o dovesse essere scoperto, scatterebbe un blocco di sicurezza che sigillerebbe l’intero piano fino alla cattura del malcapitato. Forse Leon potrebbe farle cortocircuitare, ma credo sia meglio non rischiare, se possiamo. Sarà un eventuale piano di emergenza.-
- Il bello è che Orfeo sa queste cose perché qualcuno ci ha già provato prima di noi.- disse Gareth, cupo, prendendo in mano un’altra manciata di appunti e cercando il foglio giusto - Sì, ecco… tre ladri si sono infiltrati passando da un montacarichi dimenticato da tutti, ma si sono traditi poco dopo, stordendo troppe guardie e lasciandole troppo in vista.-
- Un montacarichi dimenticato?- ripeté Marie, aggrottando la fronte.
- So cosa stai pensando…- disse Drake - … ma è meglio se lasci perdere, Marie. Ormai l’avranno sistemato, chiudendolo o rendendolo meno vulnerabile. Ci conviene fare come ho suggerito io.-
- D’accordo.- disse Leon - C’è altro?-
- A parte un reticolo di sensori laser, no.- rispose lo Stratega - Si trova nell’ufficio vero e proprio, a partire da pochi passi dopo la porta. Non è possibile disattivarlo senza un telecomando adeguato, e quello ce l’hanno solo il braccio destro di Don Alfonso, che a quanto pare è fuori città, e lo stesso Don Alfonso, che ci dorme addirittura insieme, circondato da un altro reticolo del genere.-
- Quindi qual è la tua idea per questo genere di problemi?-
- Dobbiamo suddividerci in maniera intelligente.- disse Drake, lentamente, come se stesse riflettendo in quello stesso momento - Marie, tu sei molto brava con i macchinari, mi par di capire.-
- Sì, perché?-
- Sei in grado di forzare una cassaforte?-
Lei sgranò gli occhi.
- Beh… non lo so… com’è fatta?-
Lui prese quella che sembrava una pubblicità ritagliata da un catalogo e scarabocchiata con la penna, di un modello di caveau privato abbastanza grande da contenere una piccola fortuna.
- Così.- disse - Orfeo ha preso nota di tutto ciò che poteva essere utile. Qualcuno l’ha aperta, una volta. Pare che questo modello abbia un difetto strutturale interno, e se si fa scattare nel modo giusto il primo perno gli altri lo seguono di conseguenza, anche se non si è inserita la combinazione. Però, non è sicuro che non sia stato sostituito, sta cercando di informarsi mentre parliamo.-
Marie annuì.
- È un po’ più grossa di quello a cui sono abituata io…- ammise - … però penso di poterci riuscire, anche se mi serviranno alcuni attrezzi.-
- A quelli penseremo dopo.- disse Drake, annuendo a sua volta con fare conciliante - Comunque, anche su quel piano avremo qualche difficoltà… le telecamere abbondano, e ci sono uomini armati davanti alle porte delle stanze più importanti, come appunto l’anticamera del caveau o la camera di Don Alfonso.-
- E se prendessimo il boss e lo usassimo per farci dare quello che vogliamo?- chiese Leon - Ci risparmieremmo un sacco di grane, così.-
- Non è una buona idea, Leon.- disse Drake - Don Alfonso ci farebbe dare la caccia anche dopo la fuga, e di solito gli ostaggi riescono a vedere in volto i ladri, se non sono professionisti, come nel nostro caso. Anche soltanto le voci ci tradirebbero. Marie e Gareth sono solo due ragazzi, se ci pensi bene.-
Lei sospirò.
- Va bene…- disse stancamente, lasciandosi cadere di schiena e fissando il soffitto - Spara, come facciamo a passare?-
Decisero che, prima di effettuare il colpo vero e proprio, avrebbero fatto meglio a prepararsi per qualche giorno. A detta di Drake sarebbe stato meglio aspettare almeno qualche settimana, ma con la possibilità di venire aggrediti ad ogni tramonto e il costante pericolo che qualcuno si accorgesse che Leon era una Figlia del Sole il tempo a loro disposizione diminuiva drasticamente. Di conseguenza, decisero di aspettare la sera del giorno successivo, dedicando il resto del tempo alla raccolta di attrezzature e alla preparazione psicofisica. Il piano nel dettaglio era, tutto sommato, abbastanza buono, ma come disse lo stesso Stratega non era garantito che funzionasse… anzi, c’erano ottime probabilità di fallimento. Si trattava solo del modo di agire con la possibilità di rischio meno elevata, l’unico che garantisse maggiori vantaggi e minori problemi sia durante il furto che in caso di fallimento.
I generale, secondo lui, non esisteva la strategia perfetta, ma solo la strategia meno rischiosa e più efficace. Il trucco era riconoscerla ed essere bravi ad usarla. Il meglio che poteva fare, nei combattimenti come in qualsiasi altra cosa in cui si poteva rischiare la vita, era limitare i danni.
Leon fu costretta ad ammettere che aveva perfettamente ragione lui, così come fu costretta ad ammettere che sapeva veramente il fatto suo. Poteva essere fastidioso, a volte, se non addirittura molesto, sempre tanto calmo e dannatamente educato, arrivando a diventare persino snervante, ma averlo intorno era utile, in situazioni tanto critiche.
Di conseguenza, nessuno obbiettò quando decise che avrebbero passato i tre giorni successivi a fare pratica con l’attrezzatura da scalata, andando nel deserto la mattina per cercare pareti rocciose abbastanza alte e poi calarsi verso il basso. Quella fu una parte anche piuttosto divertente, soprattutto quando Gareth si impigliò nella sua corda e scivolò dal costone, ritrovandosi appeso a testa in giù a diciotto metri da terra.
Meno divertente fu la parte teorica: prima di dormire, Drake insistette perché tutti ripetessero più volte il piano, fino a memorizzarlo e a recitarlo ad alta voce senza usare gli appunti.
Sfruttando un elicottero avrebbero raggiunto il tetto del palazzo, si sarebbero calati con l’attrezzatura fino ai piani giusti e, mentre il primo gruppo si sarebbe infiltrato nella cassaforte privata del boss, il secondo avrebbe raggiunto il suo ufficio.
Le telecamere sarebbero state disabilitate da Orfeo stesso, che aveva già avuto modo di studiare la rete di sorveglianza e di trovare un punto di accesso. A loro invece stava evitare le griglie laser e i sensori. Per le guardie sarebbe stato sufficiente un diversivo in caso di bisogno, come un piccolo incendio apparentemente casuale o un corto circuito.
Sulla carta non era un piano complesso, ma nel concreto, anche alla luce del fatto che nessuno di loro era un ladro, molte cose sarebbero potute andare storte. Anche per questo, ogni sera, Leon andava a letto con il fiato corto, fissando il soffitto per ore prima che la stanchezza, finalmente, avesse la meglio su di lei…

Le cose si muovono e, tra non molto, Leon avrà parecchio da fare... intanto ringrazio John Spangler, Easter_huit, LadyTsuky, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 30
*** Cap. 29: Lacrime al gusto di muffin ***


I giorni si fecero lunghi e frenetici, e ormai la testa di tutti era piena delle nozioni su casseforti, sistemi di sicurezza, attrezzature da scalata e furtività. Inoltre, a furia di andare nel deserto per allenarsi nella discesa in corda, tutti loro avevano preso un sacco di sole, finendo con lo scurirsi almeno un po’.
Alla fine Drake aveva concesso a tutti un minimo di tempo libero per scaricare la tensione accumulata e Leon, in quel momento, era da sola, in strada: era uscita dieci minuti per prendere un caffè ed un po’ d’aria, mentre Drake, Gareth e Marie si dedicavano a propria volta agli affari loro.
Nei giorni passati si erano procurati di tutto, chiedendo a Orfeo di prendere cose come attrezzi da scasso particolari, di cui avrebbe avuto bisogno Marie per la cassaforte, o lame per tagliare le finestre e ventose per rimuoverle. Mentre giravano per le strade, Drake aveva indicato a tutti il loro obbiettivo: un grattacielo ben alto e scuro, quasi al centro di Aldhege’s Dawn, in cima al quale si trovava l’appartamento di Don Alfonso e, pochi piani più sotto, il suo ufficio. Leon gli gettò un’occhiata svogliata: entro poco avrebbero dovuto penetrare all’interno di quel pilastro in vetro e metallo calandosi come dei ragni dal tetto.
Solo mentre lo osservava si rese conto con un sussulto del colore del cielo: si stava arrossando ed il sole aveva iniziato il suo declino.
Accidenti…
Ultimamente aveva fatto di tutto per non farsi trovare da sola al tramonto, e soprattutto all’aperto, una sorta di misura di sicurezza nel caso in cui Crepuscolo si fosse fatto vedere… ma, per una volta, aveva dimenticato le regole che si era autoimposta.
Si guardò freneticamente intorno, cercando di ricordarsi dove fosse il motel, la mente offuscata dal panico, e cominciò a correre in una direzione qualsiasi, senza quasi sapere quel che faceva, agendo d’istinto. Svoltato un angolo andò a sbattere contro qualcuno, ma non si fermò a scusarsi e continuò a correre… o almeno, questo è ciò che avrebbe fatto, se quel qualcuno non l’avesse afferrata per il colletto e tirata indietro, dandole uno strattone che le fece male alla gola ancora segnata e coperta dalla sciarpa.
Venne inchiodata schiena al muro da una mano che la spinse per la spalla, e si ritrovò di fronte il sorriso ribelle di Crepuscolo.

- Ho saputo della tragica dipartita di Dylan River.- disse piano, così vicino che quasi la sua fronte toccava quella di Leon - E che il professor Olsen è attualmente in coma dopo un grave trauma alla testa. Ma immagino che ora tu sappia che avevamo fatto un accordo, vero?-
Lei gli afferrò il polso per cercare di liberarsi (la spingeva tanto forte che non riusciva a muoversi), ma sembrava che la sua mano fosse piantata tanto a fondo nella spalla da essere inchiodata.
- Ti sei chiesta perché non ho fatto un simile accordo con te, Leonella Atleé of Cèlenty?-
Il suo nome la fece scattare, dandole un’improvvisa sferzata d’energia e di rabbia.
- Io mi chiamo LEON!-
Spinse il petto del demone con una gamba, riuscendo finalmente a scrollarselo di dosso, e riprese a correre cercando di distanziarlo, ma dopo pochi passi si sentì sdrucciolare, il terreno improvvisamente liscio e scivoloso, e non cadde solo perché una mano la agguantò per il gomito, anche se venne costretta in ginocchio e il braccio le fu piegato dietro la schiena. Crepuscolo le cinse il collo ed avvicinò la bocca al suo orecchio, ridacchiando.
- Dove vai?- mormorò - Proprio ora che sei diventata abbastanza interessante? Ora come ora, potrei anche accettare di fare un accordo con te, mia cara. Sei molto meno noiosa, adesso.-
- Vai al diavolo…- ringhiò lei, cercando di liberarsi.
Lui ridacchiò ancora e le sfilò la sciarpa, rivelando i segni sul collo.
- Sembra che anche il mio vecchio amico abbia tentato lo strangolamento…- disse piano - Ma ha usato più veemenza di me, direi. Conoscendolo, suppongo che abbia sfruttato anche un po’ del suo famoso ascendente. Mi pare di aver sentito dire che su di te abbia sempre avuto un certo effetto…-
A quel punto Leon divenne una vera furia. Con un grido rabbioso diede una gomitata allo stomaco di Crepuscolo, e non appena sentì la stretta sul braccio allentarsi si liberò, si voltò di scatto e lo spinse a terra, cominciando a colpirlo con l’elettricità, premendo con forza le palme delle mani sul suo viso, le gambe divaricate e ben piantate a terra per non toccarlo con nessun’altra parte del proprio corpo.
Subito dopo, con una nube di scintille elettriche, scatenò l’equivalente di tremila watt su di lui. Almeno seimila volt.
Quello era il suo potenziale massimo, la quantità più elevata di corrente che poteva generare dalle mani senza risentirne lei stessa, una delle regole che limitavano i suoi poteri, ma più che sufficiente per combattere… per uccidere.
Ciononostante, non bastò a fermarlo.
Normalmente, se anche non lo avesse ucciso, avrebbe dovuto quantomeno paralizzarlo, bloccandogli ogni muscolo del corpo per i dolorosi spasmi della tetanizzazione, ma lui riuscì tranquillamente ad alzare le mani e ad afferrarle i polsi come se nulla fosse, respingendola senza il minimo sforzo.
Dopotutto, lui era Geocinetico: stava usando la sua Psicocinesi per contrastare quella di Leon.
Malgrado la facilità con cui riusciva a resistere, comunque, ora non sorrideva più: era serio e cupo.
Sollevando un piede fino a premerglielo sull’addome, la tirò per i polsi spingendola contemporaneamente con la gamba, facendole compiere una parabola che la fece atterrare sulla schiena; subito dopo si alzò con rapidità e la ribaltò con un calcio al fianco per poi premerle il ginocchio sulla schiena, schiacciandola contro il suolo congelato dalla Criocinesi, bloccandole la mano prima che arrivasse a Raggio.
- Ora ascoltami.- disse, schiacciandole la testa a terra con la mano libera, guardandola nell’unico occhio visibile - Ti sto dando la possibilità di ragionare lucidamente. Le Figlie del Sole come te di solito le paralizzo coi feromoni, l’hai già visto quando ho parlato con Drake Kylyon l’ultima volta. Ora invece riesci a pensare chiaramente, no?-
Lei smise per un istante di lottare, riflettendo: quando si erano incontrati nel deserto e avevano parlato faccia a faccia, Drake aveva detto che stava usando la Biocinesi. Inizialmente aveva creduto si riferisse solo all’alterazione del proprio aspetto fisico, ma forse stava parlando anche del modo in cui l’aveva imbambolata durante tutta la conversazione.
- Perché?- chiese.
- Perché non ti ucciderò, oggi.- rispose lui - Mi sembra di capire che non ti interessi stringere accordi. Forse sei troppo furba per credere che lascerò vivere anche uno solo di voi, e questo io lo ammiro, in te. Ad ogni modo, adesso ti lascerò andare.-
- Perché?- chiese di nuovo.
- Come ho detto, sei diventata interessante.- rispose lui, riprendendo a sorridere - E poi, ho in mente altro, per te… una sorta di collaudo. Ci rivedremo presto, Leon, e tra poco vedrai il peggio di me. Hai una settimana di tempo. A quel punto, l’ottavo giorno, tornerò.-
Detto ciò, si rialzò e indietreggiò con calma fino a svoltare l’angolo, sparendo subito dopo. Leon rimase immobile a terra qualche istante, poi si mise a sedere lentamente e recuperò la sciarpa, nascondendo di nuovo i segni sul collo. Un rumore di passi alle sue spalle la fece voltare, mentre la mano subito scattò verso Raggio, ma era solamente Drake.
- Ti ho trovata, finalmente!- esclamò agitato, raggiungendola - Stai bene?-
Leon non rispose, limitandosi ad avvolgere la sciarpa intorno al suo collo. Drake, ora molto vicino, vide la porzione di ghiaccio sul marciapiede e si accigliò.
- Cos’è successo qui?-
Lei si rialzò, stando attenta a non scivolare ancora sull’asfalto liscissimo. Non si era accorta di quanto freddo le procurasse quella piccola pozza gelata, né di avere le mani blu.
- Niente.- disse - A chi hai detto cos’è successo all’Academy? Nello studio di Di… del professor River?- chiese invece.
Drake incrociò le braccia e aggrottò la fronte.
- Leon…-
- Ha chi l’hai detto?-
Lui la guardò negli occhi un momento, senza cambiare espressione.
- A nessuno.- rispose - Perché, cos’ha detto Crepuscolo?-
Lei scosse lentamente la testa.
- Niente che valga la pena di riferire.- rispose.
- Come ne sei uscita?-
Ancora, Leon scosse la testa.
- Sta giocando.- rispose soltanto, con lo sguardo fisso nel vuoto - Solo giocando. Non credo che sappia della Clumnite, comunque, o non avrebbe perso tempo.-
Drake annuì.
- Bene.- disse - Almeno, abbiamo ancora questo vantaggio.-
Tese una mano, prendendola gentilmente per una spalla, con un tocco estremamente diverso da quello dell’Alterato, e la sospinse lungo la strada.
- Andiamo.- disse - Gareth e Marie erano preoccupatissimi quando hanno visto il cielo. Volevano venirti a cercare anche loro.-
Leon non disse niente, ma sentì un moto di sorpresa: Gareth e Marie preoccupati per lei, sempre così scontrosa e rabbiosa…
Qualcuno doveva insegnargli come trattare certe persone prepotenti.

Entrarono nella stanza dell’albergo, e non appena ebbero chiuso la porta Marie saltò al collo di Leon, strizzandola forte.
- Oh, Leon, sei viva!- gridò.
- Marie… sto bene!- sbottò lei, cercando di strapparsela di dosso - Marie, sono tre giorni che qualcuno cerca di strozzarmi…- esclamò, riuscendo finalmente ad allontanarla - … ti sarei grata se non ci provassi anche tu!-
Lei indietreggiò, un po’ imbarazzata dalla propria reazione. Gareth, alle sue spalle, sorrise.
- Scusa…- disse - Avevamo un po’ paura… sai… eri fuori da tanto… tutta sola al tramonto, con Crepuscolo in giro…-
- Sto bene!- ripeté con una punta di fastidio.
- Cos’è quest’odore?- chiese Drake all’improvviso.
Gareth ebbe un sussulto.
- Ah, giusto!- esclamò - Sì, stavo dimenticando…-
Si avvicinò al tavolino vicino al divano e prese un sacchetto di carta, che poi tese a Leon.
- Drake ci aveva detto di non uscire…- disse in tono di scusa - … ma poi abbiamo pensato che forse poteva farti piacere, se fossi tornata da… insomma, magari ti eri davvero imbattuta in Crepuscolo, sai…-
Lei aggrottò la fronte e prese il sacchetto, che emanava un odore caldo e dolce. Lo aprì e, con suo grande stupore, lo trovò pieno di muffin.
- Non garantiamo la qualità…- stava dicendo Marie - Sai, qui non siamo su Sol, né in un posto civile… ma ne ho assaggiato uno, prima…-
- Diciamo che l’hai divorato.- disse Gareth, dando un’occhiata al cestino, dentro cui era stata gettata una carta piena di briciole - Dai, assaggia.-
Leon, incapace di dire alcunché o di alzare lo sguardo, infilò una mano tremante nella busta e afferrò il primo muffin che le capitò di sfiorare, tirandolo fuori lentamente: era ai mirtilli. Marie, Gareth e Drake la guardavano, i primi due un po’ trepidanti e il terzo a metà tra l’incuriosito e il piacevolmente sorpreso.
Diede un morso al dolce. Era morbido e caldo. Non era di una qualità simile a quella dei muffin che mangiava su Sol, ma di certo non era cattivo. D’improvviso, la sua memoria le fece balenare davanti agli occhi una scena che credeva di avere rimosso, così lontana da sembrare a malapena un sogno fatto una notte e subito dimenticato…
Una bambina con non più di tre o quattro anni dai capelli biondo cenere sedeva a tavola, sporgendosi oltre il bordo di legno, e afferrava con le manine paffute un muffin posto sul vassoio quasi al centro del ripiano davanti a lei, affondandoci dentro il viso. Era così piccola che quel muffin, al confronto, pareva gigante.
Era il più buono che avesse mai mangiato, appena uscito dal forno, ancora caldo, con la marmellata morbidissima e così bollente che quasi scottava sulla lingua. La pasta era tanto morbida che poteva quasi essere ingoiata direttamente. Niente sembrava poter intaccare quell’innocenza…
Ma sedici anni dopo non c’erano più i muffin caldi di Sol, le bambine piccole che si sporgevano impazienti sul tavolo o l’innocenza di quel semplice gesto.
La bambina era cresciuta, l’innocenza sparita, e i muffin non venivano dal forno di casa, ma da una qualsiasi pasticceria di quartiere. Un Alterato inseguiva quella bambina, la cui vita avrebbe avuto termine di lì a una settimana. Vita che era stata scelta senza il suo permesso, che non le piaceva e che non voleva fare.
Non riuscì a impedire alle lacrime di scorrere, e prima di accorgersene stava singhiozzando come quando, una volta, era caduta sulla ghiaia e si era sbucciata un ginocchio. Non riuscì a capire quando, ma Drake l’aveva abbracciata, e adesso stava affondando la faccia nella sua spalla, stringendo così forte il muffin mezzo morsicato da ridurlo in poltiglia.

Questa è una delle scene migliori, secondo me... in passato la feci leggere ad alcune persone, per vari motivi (da alcune volevo un giudizio, altre volevano una dimostrazione di quello che sapevo fare) e ho sempre avuto buoni responsi. Spero che vi sia piaciuta.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, LadyTsuky, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile, che mi stanno seguendo. A presto!
 

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Capitolo 31
*** Cap. 30: Esercitazione finale ***


Era il giorno in cui avevano stabilito di rubare l’arpa e la Clumnite, e l’ultima occasione per accertarsi di avere imparato correttamente il piano e in che modo eseguirlo.
Si svegliarono poco prima dell’alba per recarsi in uno spazio sicuro procurato loro da Orfeo, un locale sfitto e lontano da occhi indiscreti, dove passarono ore a esercitarsi nell’evitare i campi visivi di finte telecamere o di guardie in cartone, spostandosi nella maniera più silenziosa possibile, con Drake come arbitro supremo pronto a farli ricominciare a ogni minimo errore.
Non era la prima volta che facevano una cosa del genere, ma era importante che fosse l’ultima, e soprattutto che riuscissero: malgrado gli sforzi fatti fino a quel momento, Gareth continuava a essere estremamente goffo, e Marie peccava in prudenza. Persino Leon, più preparata di entrambi, commetteva alcuni errori e, più questo accadeva, si innervosiva ed era facile che perdesse la pazienza.
In effetti i primi risultati dell’allenamento furono esasperatamente deludenti, ed entro le prime tre ore Leon si autoconvinse di essere già spacciata. Fortuna volle che ognuno di loro fosse abbastanza motivato da continuare a provare fino a che non furono riusciti tutti ad ottenere un risultato decente per almeno quattro tentativi di fila.
Così, quando finalmente si fermarono, ben oltre l’ora di pranzo, erano tutti stanchi, sudati e ansimanti.

- Sono a pezzi…- grugnì Marie, stendendosi sulla schiena, fissando l’alto soffitto della stanza.
Leon si sedette accanto a lei, sporca di polvere e sudaticcia. Sentiva l’immediato bisogno di una doccia, lanciando un’occhiata ostile ai tanti attrezzi e sagome di cartone o legno con cui si erano esercitati. Non voleva vederli mai più.
- Siamo tutti stanchi.- disse Drake, che invece era ancora in piedi, anche se sudato quanto loro - Il mio consiglio è quello di riposare un poco. Stanotte dovremo essere nel pieno delle forze.-
Gareth era sdraiato dal lato opposto della sala, e respirava pesantemente, aggrovigliato in una matassa di corde e imbragature. Malgrado l’allenamento dei giorni scorsi nel deserto aveva incontrato un sacco di difficoltà nelle prove di discesa e di risalita, e aveva dovuto esercitarsi molto più di tutti loro.
- Sei sempre vivo, Testa a Spugna?- chiese Marie, sollevandosi su un gomito.
- Eh?- fece lui - Cosa?-
Si tirò faticosamente su, guardandosi attorno confuso.
- Come hai detto?- chiese, individuando la ragazza.
- Ti ho chiamato “Testa a Spugna”.- rispose lei, senza alcuna traccia di scherno nel tono - Perché hai la testa che somiglia a una spugna di mare. Hai presente?-
Lui sollevò le sopracciglia, sorpreso.
- Ehm… sì.- disse - Capito.-
Leon sbuffò.
- Se vuoi evitare di essere preso in giro in eterno, impara a reagire.- grugnì, alzandosi in piedi.
Il ragazzo chinò il capo, un po’ imbarazzato.
- Non mi sento preso in giro, però…- mormorò in tono di scusa.
Drake lanciò a Leon un’occhiata che equivaleva a “lascialo stare” e fece cenno verso la porta.
- Meglio darsi una lavata.- disse - Siamo tutti stanchi e sporchi, e non è il caso di andare troppo in giro, non dopo quello che è successo ieri.-
Leon chinò il capo: non aveva detto niente dell’ultimatum lanciato da Crepuscolo. Sapeva che sette giorni erano davvero pochi per organizzare una resistenza, ma anche che Drake avrebbe fatto quanto era in suo potere per trovare una soluzione. Sapeva che Gareth e Marie avrebbero fatto volentieri la loro parte. Si sarebbero ammazzati di fatica quanto e più che quel giorno per fermare Crepuscolo. Marie magari non tanto per lei quanto per i fratelli morti, ma Drake e Gareth…
Quella era la sua vita, e la sua battaglia per tenersela. Si stavano già impegnando molto per trovare il modo di uccidere quell’Alterato maledetto, e fare di più era ingiusto. Non aveva mai voluto avere dei compagni di viaggio, né tantomeno quei tre attorno, ma adesso erano lì con lei, e la stavano aiutando a sopravvivere. Già questo era tanto… anche troppo.
- Oggi non verrà, secondo me.- disse prima di uscire dalla stanza - Possiamo stare tranquilli, per adesso.-
Drake la seguì con lo sguardo.
- E tu lo sai perché…?-
- Lo so e basta.- sbottò - Me l’ha fatto capire chiaramente.- aggiunse sulla porta.

Una bella doccia calda non l’avrebbe mai rimessa al mondo, a dispetto del famoso detto, per quanto le potesse fare piacere lavarsi via il velo di polvere e sudore che aveva addosso, ma fu comunque un sollievo per il suo corpo stanco. Subito dopo si buttò sul letto, e rimase pancia all’aria per delle ore, assopendosi nel frattempo.
Tutti loro rimasero in camera senza parlare granché, recuperando le forze e il sonno perso, in preparazione di ciò che stavano per fare.
Quella sera, quando il sole fu abbastanza basso, andarono all’appuntamento per salire sull’elicottero, in un piccolo eliporto privato poco fuori città. Lì trovarono il velivolo in attesa, il pilota che già li attendeva in cabina, intento a parlare con Orfeo.
A prima vista sembrava essere un uomo silenzioso e cupo, e aveva la parte superiore del volto coperta con un casco scuro. Quando li vide si limità a fare un cenno col capo prima di passare alle sue manopole e interruttori, e non disse alcunché.
- Siete certi di essere pronti?- chiese Orfeo, mentre salivano a bordo.
- No.- rispose Drake, passando a Leon la borsa con le imbragature - Avremmo avuto bisogno di più tempo.-
- Ma non l’avevate, se non sbaglio.- sospirò l’altro - Beh, non mi resta che augurarvi buona fortuna.-
Leon, appollaiata sul bordo dell’elicottero, fece una smorfia.
- Gli attori non si fanno mai gli auguri. Porta solo sfortuna.- disse - Se vuoi aiutarci, fa la tua parte e basta.-
Prese la mano di Drake e lo aiutò a salire, mentre le pale del motore cominciavano a girare. Il pilota gridò un avvertimento e Orfeo si chinò, allontanandosi rapidamente dall’elicottero. Drake chiuse il portello con uno strattone e si sedette di fronte a Leon.
- Okay.- sospirò - Sappiamo cosa fare e come farlo. Ci è già andata bene con Crepuscolo che non si è fatto vivo e con il passaggio che è stato rimediato. Potrebbe filare tutto liscio, ma non contiamoci troppo e impegniamoci al massimo, d’accordo? Se seguiamo il piano ce la faremo, purché facciamo attenzione.-
Tutti annuirono. Gareth era piuttosto pallido e Marie, per contro, molto rossa. Leon, invece, era perfettamente normale a vederla, ma solo perché ormai era così abituata alla paura, alla foga e all’agitazione da riuscire a non dimostrarlo apertamente, nella maggior parte dei casi. In realtà, aveva lo stomaco sottosopra per il nervosismo.

So di mancare da una settimana. Purtroppo non sono riuscito a fare molto l'altra volta, ho lavorato davvero troppo ultimamente. Comunque, ecco il capitolo.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, LadyTsuky, Biscottoalcioccolato, Bindazm e Clo_smile, i lettori che mi seguono, a cui aggiungo LadyTsuky, vecchia  conoscenza, e Highwaytohell. A presto!

 

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Capitolo 32
*** Cap. 31: Il colpo ***


L’elicottero li portò sopra la città, e poi sopra il grattacielo, mentre il sole scompariva del tutto e tingeva il manto celeste di nero e di stelle.
- Ci siamo!- gridò il pilota - Devo atterrare?-
- No, faranno troppe domande!- rispose Drake, aprendo il portello - Saltiamo!-
Si lanciò per primo, senza aggiungere altro, rotolando per assorbire l’impatto: erano almeno a cinque metri dal tetto, un’altezza sufficiente a farsi male, se non fossero stati attenti.
Subito dopo di lui, Leon fece saltare Marie, poi scaricò le borse con gli attrezzi e tese la mano a Gareth. Il ragazzo esitò.
- Che c’è?- chiese lei.
Lui si massaggiò il collo, a disagio.
- Beh… è una bella caduta…-
- Che c’è, hai paura?- sbuffò.
Gareth annuì lentamente.
- Senti…- grugnì Leon - Ormai siamo qui. So che stiamo per fare qualcosa di estremamente stupido e pericoloso, ma se ti spaventi già adesso, allora puoi anche restare quassù e tornartene indietro!-
Non attese la risposta e saltò giù a sua volta, rotolando per assorbire il contraccolpo, anche se avvertì lo stesso una spinta dal basso verso l’alto ripercuotersi nella sua struttura ossea.
- Non toccava a Gareth?- chiese Marie.
Lei si rialzò senza rispondere. Un momento dopo, il ragazzo atterrò accanto alla Figlia del Sole, molto peggio di lei, facendosi visibilmente del male ma sopravvivendo. Si limitò a gemere un poco, rotolando sulla schiena, mentre l’elicottero si allontanava. Marie si chinò accanto a lui.
- Ehi, stai bene, Testa a Spugna?- gli chiese gentilmente.
Lui annuì.
- Ah… sì…- grugnì - Ma forse ci ho rimesso le costole…-
- Sei in anticipo per farti del male, Gareth.- sorrise Drake - Aspetta almeno che qualcuno cominci a sparare.-
Lui sorrise a sua volta, un po’ imbarazzato, e si tirò su.
- Andiamo, coraggio.- disse lo Stratega - Comincia la prima fase.-
Aprì le borse e passò le imbragature a tutti, che se le infilarono in fretta: avevano un’ora circa, prima che l’elicottero tornasse, quindi dovevano fare in fretta.
Una volta sistematisi nelle cinghie di kevlar, fissarono le corde ad alcune tubazioni, su due lati diversi del tetto: Leon sarebbe scesa con Gareth, puntando all’arpa, mentre Drake e Marie avrebbero cercato la cassaforte con la Clumnite.
- Quanti piani dobbiamo scendere?- chiese Gareth, guardandosi alle spalle per osservare sotto di sé.
- Tre.- rispose Leon - Pronto?-
Lui annuì. Insieme, si diedero una spinta con le gambe e cominciarono a scendere a piccoli balzi, facendo scorrere le funi, contando le finestre che procedevano davanti a loro fino a raggiungere quella di cui avevano bisogno.
- Ci siamo.- annunciò Leon - Passami la ventosa.- disse, prendendo Raggio.
Il ragazzo aprì lo zaino che portava sulla spalla e, cautamente, ne trasse fuori una grande ventosa, che lei afferrò subito ed attaccò al vetro.
- Tagliavetro.- mormorò.
Raggio rispose all’istante, modellando la lama di metallo fino a farle assumere una forma molto piccola, simile a quella di un trapezio con una punta sul lato diagonale. Tagliò via una bella sezione del vetro, muovendo il braccio in circolo, e poi lo tirò via con la ventosa, aprendo la strada.
- Dentro!- disse perentoria.
Il ragazzo, con qualche difficoltà, sollevò le gambe e si proiettò all’interno del foro praticato da Leon, che si spostò per fargli spazio. Quando fu entrato, Gareth sganciò il moschettone, anche se lo fece prima di essersi rimesso in posizione d’equilibrio, e cadde sulla schiena con un piccolo sbuffo. Leon entrò dopo di lui, portandosi dietro il vetro tagliato, e si liberò dalla corda con molta più grazia del Guaritore.
- Alzati, su.- gli intimò senza guardarlo, cominciando a togliersi l’imbragatura, che più avanti l’avrebbe ostacolata - Siamo a malapena entrati. Dobbiamo ancora trovare l’arpa.-
La stanza in cui si trovavano era ampia, ma vuota. Secondo le loro informazioni non veniva usata e la sorveglianza, in quel periodo, era minima, tant’è vero che c’erano pochissime telecamere, che Leon riuscì ad individuare subito, e nessuna guardia. La porta si trovava proprio di fronte alle finestre, ma non era consigliabile correre subito lì: meglio fare un giro un po’ più lungo per evitare le pattuglie lungo il percorso.
Per quanto riguardava le telecamere, a quelle doveva aver già pensato Orfeo… ammesso e non concesso che fosse una persona affidabile.
- Vieni.- mormorò, facendo cenno a Gareth di seguirla.

- Credo che ci siamo quasi.- mormorò Drake - Orfeo dovrebbe togliere la corrente ora.-
Avendo il nascondiglio nelle fogne, Orfeo conosceva molto bene la geografia sotterranea, e sapeva dov’era la centralina elettrica a cui era collegato il palazzo. Senza corrente si sarebbe inserito un generatore privato, ma perché potesse avviarsi ci sarebbero voluti almeno dieci secondi. Non un tempo particolarmente lungo, ma sufficiente a garantire un passaggio sicuro a lui e Marie attraverso il lungo corridoio illuminato e sorvegliato da tre guardie armate. In quel breve lasso di tempo, inoltre, sarebbe riuscito a inserirsi nel circuito chiuso delle telecamere senza che le guardie notassero cambiamenti o stranezze, rendendoli così, di fatto, invisibili.
Marie sbirciò un istante oltre l’orlo del muro, gettando un rapido sguardo ai tre uomini, tutti vestiti di nero e visibilmente armati, poi si ritrasse.
- Come se la staranno cavando Gareth e Leon?- sussurrò.
- Lascia stare.- disse Drake - Concentrati su quello che devi fare. Al resto, pensa dopo.-
Appena lo Stratega ebbe smesso di parlare luce saltò senza preavviso, facendo piombare il corridoio nell’oscurità. Qualche breve esclamazione delle tre guardie risuonò nell’aria, e sentirono uno di loro togliere la sicura alla pistola. Senza aspettare, entrambi si precipitarono al centro del corridoio e si mossero il più in fretta possibile, cercando di evitare di urtare qualsiasi cosa, ma ci fu il primo intoppo: Drake non aveva previsto che una delle guardie si sarebbe mossa, e se anche l’avesse fatto non avrebbe potuto farci nulla.
Forse era nuova, forse più sorpresa delle altre, forse aveva voglia di spostarsi… i motivi erano milioni, fatto sta che si staccò dal muro al quale era appoggiata, e Marie la urtò con la spalla. Entrambi lanciarono brevi grida di sorpresa e dolore, e Marie cadde a terra. Drake si trattenne dall’imprecare e sollevò la ragazza di peso, trovandola seguendo la sua voce, per poi riprendere a correre. Appena svoltato l’angolo, la luce tornò.

Leon e Gareth sgusciarono oltre la porta e la richiusero all’istante, approfittando degli ultimi quattro secondi di buio per sgattaiolare oltre un’altra telecamera, nel corridoio, ma poi furono costretti a fermarsi e ad aspettare che la via fosse libera: in seguito al breve blackout, un guardiano era uscito nei corridoi, e si aggirava con la torcia in mano alla ricerca di qualche potenziale problema. Si stava avvicinando al pilastro dietro il quale si erano nascosti, e presto li avrebbe scoperti. Poi, però, ci fu un’improvvisa botta di fortuna: proprio quando la luce rischiò di colpirli, svelando la loro presenza, la lampadina scoppiò senza preavviso.
- Eh?- borbottò quello, sollevando la pila e scuotendola - Che ti prende?-
La colpì una o due volte, poi si voltò e andò via, scocciato.
- Cavolo…- mormorò Gareth - Ben fatto.-
- Non è opera mia, non lo so fare senza contatto fisico.- sussurrò Leon - Ringraziamo la nostra buona sorte e andiamo.-
Mancavano solo pochi metri alla porta dell’ufficio, ma quei metri potevano essere seriamente compromessi da un piede messo male o un passo troppo lento: le telecamere lungo la strada non erano più un problema, ma di sicuro avrebbero trovato altre guardie. La faccenda della lampadina fulminata era stata provvidenziale, ma sperarci ancora era troppo: i miracoli non capitavano a comando.

Ci siamo, il colpo è cominciato. C'è da chiedersi se il gruppo sarà all'altezza, adesso.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato, Bindaz, Clo_smile, LadyTsuky e Higwaytohell, che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 33
*** Cap. 32: Imprevisto ***


Drake e Marie si infilarono nella prima porta che trovarono, mentre i passi affrettati delle guardie superavano il loro nascondiglio senza trovarli. La ragazza esalò un respiro trattenuto troppo a lungo, accasciandosi lungo il muro.
- Mi dispiace.- disse - Davvero.-
- Lascia stare, non è colpa tua.- disse Drake - Poteva succedere a me.-
Aprì la porta e sbirciò: il corridoio era vuoto.
- Dobbiamo raggiungere il caveau.- disse piano, aprendola del tutto - Si trova vicino alla stanza di Don Alfonso.-
- Non hai detto che lì ci sono anche un sacco di guardie?-
- Sì.- rispose semplicemente lui.
Si diressero verso la loro meta stando attenti a non fare rumore, soprattutto adesso che i sorveglianti di quel piano erano in stato di allarme. Probabilmente, avevano già chiamato i rinforzi, o quantomeno l’avrebbero fatto presto. C’erano tutti i presupposti per andare via, ma ormai erano dentro e non potevano sperare di riprovarci tanto presto.
Oltretutto, avrebbero dovuto aspettare l’elicottero, prima. Non avendo molta scelta, raggiunsero l’anticamera del caveau, fortunatamente senza ulteriori intoppi, e si trovarono davanti a una porta in metallo sorvegliata da due guardie armate che molto probabilmente, fino al momento del blackout, stavano giocando a carte, a giudicare dal tavolino accanto a loro.
In quel momento i due uomini erano in piedi, evidentemente nervosi, e si stavano guardando intorno con circospezione, forse consapevoli che c’era qualche intruso, in giro.
- Come ce ne sbarazziamo?- chiese Marie.
- Ci ho pensato io…- disse Drake, prendendo lo zaino - Prendi questa.-
Le tese una specie di grossa torcia elettrica, tozza e larga all’estremità, con due diversi pulsanti sul manico.
- Cosa ci faccio?- chiese.
Drake non rispose subito, sporgendosi a guardare i due in fondo al corridoio.
- C’è già luce qui!- esclamò pianissimo Marie, ancora confusa - E comunque ci vedrebbero!-
- Non è per vedere meglio che ci serve.- disse Drake - Ehi, aiuto!-
Marie si sentì gelare al suono della sua voce, che non era più bassa e prudente, ma alta e allarmata. I due di guardia si misero ancor più in guardia di prima, puntando le pistole verso l’angolo del corridoio, e dopo un momento di esitazione cominciarono ad avvicinarsi al loro nascondiglio.
- Preparati a premere il pulsante più piccolo, Marie.-
- E cosa dovrebbe succedere?-
- Tu fallo e basta.-
I due superarono l’angolo, e in quello stesso istante Marie premette più piccolo tra i due pulsanti della torcia. Quella emise un flash potentissimo, più forte di quanto si fosse aspettata, tanto da abbacinarla per un secondo, flash che abbagliò anche le due guardie.
Subito Drake allungò le mani, afferrando le loro spalle e sbattendoli contro il muro, così forte che svennero.
- Prendi questa.- tese una corda presa dallo zaino alla ragazza e cominciò a legarne uno con un’altra, togliendole però la radio e mettendola in tasca.
Quando entrambi i guardiani furono legati come salami e imbavagliati, Marie guardò la porta davanti a loro, adesso sguarnita.
- Quindi ci siamo?- chiese.
Drake annuì.
- Datti da fare.-

Marie corse alla porta esterna in legno, già aperta, per fortuna, ed entrò dentro l’anticamera, trovandosi in una stanza piccola dal pavimento di metallo. Davanti a lei, nella parete, c’era un’altra porta, rettangolare e grande quasi due volte lei, lucidissima, dall’aspetto inviolabile. Una sola serratura, elettronica e a combinazione, ne permetteva l’accesso. Si tolse lo zaino e ne trasse fuori un oggetto rettangolare, simile ad una grossa calcolatrice, che le aveva fornito Orfeo. Aveva imparato presto ad usarlo: serviva ad individuare le combinazioni nelle serrature elettroniche, e avrebbe aperto la porta entro cinque minuti. Era stato un sollievo, per lei, sapere che avrebbe potuto contare su un congegno simile: si era aspettata di doversi dare da fare con fiamme ossidriche, piedi di porco, cacciaviti e quant’altro. Ore e ore di fatica, mentre loro dovevano fare in fretta. Inizialmente avrebbe dovuto essere, in effetti, una normale cassaforte a serratura meccanica, ma Orfeo aveva scoperto, quello stesso giorno, che Don Rizzo l’aveva fatta cambiare con una più nuova e resistente alle forzature manuali.
Questo, tutto sommato, li aveva facilitati, perché quel particolare modello aveva una certa vulnerabilità ad alcuni strumenti di decrittaggio, come aveva scoperto il loro alleato.
Mentre Marie lavorava, Drake trascinò le guardie svenute all’interno dell’anticamera e le lasciò contro un muro, mentre il marchingegno individuava il primo numero.
- Ci vorrà poco.- disse la ragazza - Speriamo che gli altri stiano bene.-
Drake annuì, chiudendo la porta.
- Sono certo che è così.- disse - Leon penserà a Gareth.-
- A dire il vero, è proprio perché c’è lei che mi preoccupo.- disse Marie, cupa - Insomma, so di essere avventata, ma lei… sa darmi i brividi, a volte.-
Lo Stratega sorrise con indulgenza.
- Ha paura.- disse - Lo dovresti sapere bene, ormai. L’hai anche vista piangere. Questa storia la sta provando tremendamente. Non essere dura con lei.-
- Non sono dura!- protestò Marie - Quello è compito suo!-

L’ufficio aveva finestre protette da griglie laser che, se attivate, sigillavano tutto ed intrappolavano i ladri che eventualmente si sarebbero introdotti da lì, e questo era il solo motivo per cui Gareth e Leon avevano fatto un giro leggermente più lungo. Adesso erano sulla porta e davanti a loro c’era un altro reticolo invisibile che li avrebbe messi seriamente alla prova, stando alle loro informazioni.
Prima di procedere osservarono la stanza con attenzione: lunga, dal pavimento lucido e pulito, era arredata con molti quadri e sculture. Alcune teche di vetro si trovavano sparse a ridosso dei muri o delle due colonne portanti non lontane dalla porta. Accanto ad una di esse c’era quella che stavano cercando loro, all’interno della quale riposava un pezzo di legno ricurvo con diverse corde sottili di varia lunghezza, molto semplice all’aspetto, sorretto da un piccolo piedistallo. Non c’era niente che avvertisse della presenza del reticolo di sensori.
- Come lo superiamo se non lo vediamo?- chiese Gareth.
- Drake dice che è visibile con questi.- disse Leon, prendendo qualcosa dallo zaino - Tieni, ma resta qui e sorveglia la porta.-
Gli tese una sorta di grossa maschera dotata di lenti colorate, simile a una sorta di piccolo binocolo, e ne prese un’altra per sé.
- Cosa sono?- chiese lui, indossando lo strano congegno.
- Non lo so per certo, ma dovrebbero…-
Alzò lo sguardo e tacque: nel suo campo visivo, la cui colorazione adesso deviava verso un colore più verdastro, era comparso un fitto reticolo di linee dalla disposizione casuale e complessa, che andava a occupare quasi l’intera stanza lasciando veramente pochissimo spazio per muoversi.
- Bene.- disse, quasi soddisfatta per come andavano le cose - Io vado. Tu avvertimi se sta per arrivare qualcuno e tieni il tempo.-
Gareth annuì senza rispondere; Leon si raccolse i capelli con un elastico e si avvicinò al reticolo con attenzione, sentendosi un po’ in ansia per quanto stava per fare. Quando fu abbastanza vicina si infilò sotto al primo laser chinandosi, poi ne scavalcò un secondo e ne evitò un terzo torcendosi e poi alzandosi in piedi. Poco dopo, fu circondata da tutte le parti.
- Ce la fai?- chiese Gareth.
Lei non rispose, troppo concentrata per farlo: la realtà era che sì, ce la faceva. Allenarsi per quindici anni a fare qualcosa che non le piaceva le aveva comunque donato una buona flessibilità muscolare e una grande agilità. Quella foresta di sensori laser era, per lei, appena una passeggiata. L’allenamento fatto con fili di stoffa e campanelli, quel giorno, lo aveva a stento sentito. Il problema era fare tutto entro l’orario prestabilito, e secondo Drake avrebbe fatto meglio a non metterci più di cinque minuti.
- Quanto tempo?- chiese.
Gareth guardò l’orologio.
- Due minuti e mezzo!- esclamò - Spicciati, Leon!-
Era ancora troppo lontana dalla teca per prendere l’arpa, ma raddoppiò gli sforzi e non si perse d’animo: se continuare presentava poche speranze di successo, fermarsi non ne presentava nessuna. Era come aveva detto Drake: quel piano aveva un sacco di cose che potevano andare storte, ma era anche quello con più possibilità di andare a buon fine. Il suo record, durante l’allenamento, era stato di quattro minuti e sette secondi, ma era certa di poterlo ridurre a…
D’improvviso un suono lungo e penetrante, che minacciò di assordarli, riempì completamente l’aria fino a quel momento immobile: l’allarme, in qualche modo, era scattato.
- Oh, no!- esclamò Gareth.
Leon imprecò: Drake e Marie dovevano aver fatto qualche errore, dalle loro parti e, adesso, erano stati scoperti.
Mentre la sirena continuava a suonare, la porta si bloccò all’istante, sigillata da una serratura di sicurezza, e una grata metallica calò dal soffitto sopra la teca, imprigionandocela dentro, così come successe a tutte le statue e alle altre vetrinette. Trattenendosi dal gridare esasperata, Leon prese Raggio e si avvicinò alla porta a grandi passi, strappandosi di dosso gli occhiali.
- Bastone!- sbottò.
L’arma si riconfigurò in un lungo bastone metallico, leggero come se fosse stato fatto di legno ma molto più resistente, e lei ci colpì con forza la porta, mancando Gareth, così agitato da sembrare sul punto di svenire, veramente per un soffio. La serratura resse, come se niente fosse successo.
- Spostati!- esclamò, mettendo via Raggio.
Pose una mano sulla serratura e scatenò un potente flusso elettrico. La fortuna, finalmente, le venne in aiuto, perché non ne servì troppa per mandarla in corto, e si aprì con una scintilla e uno sbuffo di fumo.
- Dai, corriamo!- disse, uscendo fuori.
Appena furono in corridoio, degli spari risuonarono dal fondo della via, fortunatamente dal lato opposto a quello rispetto a quello verso cui sarebbero dovuti scappare.
- Corri!- gridò Leon, prendendo una scatola di legno dallo zaino.
Era la stessa che Drake aveva tirato fuori nel deserto, dove c’erano sfere di falò istantanei. Se rotte tutte insieme…
Lanciò la scatola verso i loro inseguitori, il più violentemente possibile, e quando urtarono il pavimento si udì il rumore di vetri rotti. Subito dopo ci fu un’esplosione, e le guardie vennero spazzate via dall’onda d’urto, mentre l’impianto antincendio partiva. Anche Leon cadde a terra, ma si rialzò subito e raggiunse Gareth.
Sanguinava.

Come previsto, qualcosa è andato storto. Purtroppo non sempre le cose vanno come previsto.
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato, Bindaz, Clo_smile, LadyTsuky e Higwaytohell, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 34
*** Cap. 33: La cattura ***


Un proiettile vagante aveva colpito Gareth, ferendolo alla gamba qualche centimetro sopra il ginocchio. Se fosse stato più basso avrebbe frantumato la rotula.
Leon si inginocchiò accanto a lui, mentre dal fondo del corridoio arrivavano rumori di persone che correvano nella loro direzione, segnalando la presenza di guardie in arrivo; acqua e fumo oscuravano la visuale, quindi era impossibile dire dove fossero precisamente, ma almeno anche loro erano nascosti alla loro vista, tanto che adesso avevano smesso di sparare.
Fortunatamente, la ferita di Gareth non sembrava grave, a vedersi: non usciva molto sangue (forse aveva mancato l’arteria, per fortuna), ma questo non significava che non fosse un problema. In quelle condizioni non sarebbe mai riuscito a correre.
Senza perdere tempo, Gareth tirò fuori da una tasca un rotolo di garza, strappò la confezione coi denti e cominciò subito ad avvolgerla intorno alla ferita, serrandola forte.
- Non è niente…- disse subito, la voce contratta dal dolore - Ha mancato la femorale… ma è ancora dentro… e fa male…-
- Ce la fai a camminare?-
Lui annuì e cercò di tirarsi su, anche se poi ricadde a terra. Leon si guardò alle spalle, nervosa: stavano arrivando altre guardie.
- Lasciami qui, se vuoi.- disse lui, cogliendo il suo sguardo - Ti raggiungerò tra poco.-
Leon lo guardò.
- Gareth, noi siamo amici.- disse secca - Non ti lascio qui.-
Gli afferrò il braccio, passandoselo sulle spalle, e lo tirò su. Lui gemette un momento.
- Allora… è così che ci consideri, eh?- ridacchiò dolorosamente.
Lei aggrottò la fronte.
- Cosa?- chiese.
- “Amici”.-
Lei sbuffò.
- Se non vuoi che ti lasci qui davvero, allora sta zitto e cammina.-
Qualcuno riprese a sparare, ma ormai Leon era riuscita a svoltare oltre un angolo, e lei e Gareth, bagnati dall’acqua che pioveva dal soffitto e pieni di polvere, si trascinarono fino alla porta da cui avrebbero potuto uscire. Leon dubitava che Gareth sarebbe riuscito ad arrampicarsi bene, con quella gamba, ma quello era il solo modo che avevano per scappare, specie adesso che il piano era stato sigillato. Per aprire la porta dovette usare di nuovo l’Elettrocinesi, e non appena furono passati se la chiuse dietro. Non avrebbe retto ad una carica, purtroppo.
- Mettiti l’imbragatura.- disse Leon, portandolo vicino alla finestra - Ti aiuto io a sali…-
Non avevano fatto in tempo ad allontanarsi dalla porta, e la carica temuta dalla Figlia del Sole giunse fin troppo presto. Entrambi caddero a terra, mentre tre uomini facevano irruzione nella stanza.
- Scudo!- gridò Leon, afferrando Raggio e sollevandola.
Un paio di pallottole rimbalzarono sulla superficie metallica, che aveva alzato per proteggere la testa sua e del ragazzo, poi lanciò lo scudo verso la porta. Le guardie alzarono le braccia istintivamente, e lei ne approfittò, buttandosi a testa bassa e spingendoli con forza. Sorpresi da quanto stava accadendo non riuscirono a reagire in tempo, e due di essi caddero a terra sotto il suo peso, mentre solo il terzo riuscì a sgusciare via.
Prima che potesse puntare bene la pistola, comunque Leon, che ancora stava spingendo lo scudo sopra gli altri due, afferrò rapidamente la sua arma per la canna.
- Per questo non uso armi da fuoco.- mormorò lei, seria.
Un attimo dopo rilasciò un torrente di elettricità dalle mani, stordendo i due che teneva inchiodati a terra; la polvere da sparo nei proiettili della pistola, invece, reagì più violentemente e, con un fracasso tremendo, fece esplodere la pistola nella mano della terza guardia, che venne anche investita dall’elettricità.
La combinazione di cose scaraventò il poveretto contro un muro con una mano che sanguinava, e quando si accasciò rimase immobile senza fiatare, mentre gli altri due rimasero a terra, mugolanti e incapaci di orientarsi dopo l’elettrocuzione subita.
Illesa ma sempre più agitata, Leon si alzò in piedi rapidamente, dirigendosi verso Gareth.
- Ci dobbiamo sbrigare!- esclamò - Dai, muoviti!-
Il ragazzo si rialzò come meglio poté e corse alla maggior velocità permessa dalla gamba ferita verso la finestra rotta, mettendosi l’imbragatura il più rapidamente possibile.
- Arrampicati!- disse Leon, prendendo l’estintore più vicino e usandolo per colpire la serratura della porta, ora chiusa.
I colpi deformarono quel punto della soglia, che essendo in metallo non si ruppe, ma rimase incastrata. Con un po’ di fortuna, aprirla sarebbe stato difficile.
- Leon!- gridò Gareth, che si stava già agganciando alla corda che penzolava di fuori - Sbrigati, dai!-
Leon corse verso la finestra, ma la porta cominciò a tremare: qualcosa l’aveva colpita, ed era molto più forte di un paio di guardie della sicurezza. Dopo appena un altro colpo si spalancò completamente, uscendo addirittura fuori dai cardini, e qualcosa entrò con lentezza: non era un uomo, ma un automa.
- Oh, ma che cavolo…- gemette lei.
Era alto almeno il doppio di Leon, una figura meccanica composta da uno scheletro di acciaio sottile e scuro dalla forma vagamente simile a quella di una persona. Al posto della testa aveva una grossa lente, sicuramente il sensore ottico principale, e le sue braccia terminavano di una coppia di armi dotate di enormi tamburi di proiettili, forse delle mitragliatrici.
Entrò con dei movimenti a scatto, meccanici, tipici di una macchina; dietro di lui fecero irruzione anche altri due uomini, che subito puntarono contro di loro le armi.
- Fermi!- gridò una delle due guardie.
Leon aveva rimesso a posto Raggio, e stavolta non sarebbe riuscita a raggiungerla prima che quei due o l’automa aprissero il fuoco. Oltretutto, altre guardie stavano entrando dietro di loro, non meno di tre, anch’esse armate. Erano in trappola, purtroppo.

La porta blindata si aprì, ma poi scattò l’allarme. Drake e Marie sussultarono, alzando lo sguardo.
- Non è colpa mia!- disse subito Marie - Non ho fatto niente di strano!-
- Lo so…- disse Drake, cercando di mantenere la calma - Devono essere Leon e Gareth. Sono stati scoperti.-
Poco dopo udirono un’esplosione da qualche parte sopra di loro, anche se le vibrazioni furono quasi totalmente assorbite dalla struttura del palazzo e il suono fu soffocato dalla sirena. Marie divenne pallidissima.
- Abbiamo poco tempo.- disse Drake, aprendo la porta.
Entrarono nella camera blindata e si guardarono intorno: c’erano montagne di mazzette di banconote, alcuni lingotti, valigette varie e quelli che sembravano panetti di droga. Poi, in un angolo, c’era una grossa valigia quadrata in metallo, spessa almeno venti centimetri.
- Dici che è lì?- chiese Marie.
- Se non è lì, l’hanno spostata.- rispose Drake - Vai alla porta, guarda se la via è libera.-
Mentre la ragazza eseguiva, lo Stratega prese la valigetta e la aprì: dentro c’era un blocco di metallo, a metà tra il grigio ferro e il verde, scintillante e pieno di formazioni cristalline dagli angoli leggermente affilati. Era senz’altro quello.
- Ci siamo.- disse tra sé.
Chiuse la valigetta e corse alla porta, uscendo di corsa, ma fuori dall’anticamera trovò ad aspettarlo una coppia di automi da guardia e cinque uomini, quattro di essi in divisa e armati, un altro in vestaglia. Marie era ferma davanti a loro, le mani alzate.
L’uomo in vestaglia fece qualche passo avanti. Era più basso di Drake, un po’ robusto di costituzione, forse sulla cinquantina, i capelli color grigio ferro. I suoi occhi acquosi indugiarono sulla valigetta che Drake teneva in mano, poi guardò lo Stratega.
- Potrei sapere cosa vuoi farci con la mia Clumnite?-

Problemi, problemi, problemi... sempre e solo problemi. Beh, che dire... ringrazio John Spangler, Easter_huit, Biscottoalcioccolato e Bindaz, i lettori che mi seguono.
A presto!

 

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