One Shot

di ame_vuiller003
(/viewuser.php?uid=1205654)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Timori - Marichat ***
Capitolo 2: *** Non siamo la stessa persona - Adrienette ***
Capitolo 3: *** Incontro notturno - Ladynoir ***
Capitolo 4: *** Rivelazione ***



Capitolo 1
*** Timori - Marichat ***


-AAAAAAAAAAAAAA!- urlò  Marinette mentre, a causa di una Akuma che si era appena impossessata di un uomo sulla cima della Tour Eiffel, cadeva nel vuoto.
Non avrei mai pensato di morire per una cosa tanto stupida, pensò mentre il terreno si faceva sempre più vicino.
-Finiremo spiaccicate Marinette!- le urlò Tikky tentando di non volare fuori dalla borsetta della sua portatrice. Avrebbe potuto trasformarsi, ma la battaglia era trasmessa su tutte le televisioni, con Nadja Chamack che commentava, e non poteva rivelarsi così.
Quando mancavano una decina di metri, Marinette chiuse gli occhi aspettando il colpo fatale. Ma non arrivò. Si sentì prendere per un braccio e in pochi secondi sentì qualcuno che la abbracciava forte respirando affannosamente. Aprì lentamente gli occhi mentre, tremante, si allontanava quanto bastava per vedere in faccia il suo salvatore. Chat Noir la fissava con un'immensa preoccupazione negli occhi, spaventato. Quando l'aveva vista cadere aveva subito capito di chi si trattava. Chi altro poteva essere tanto goffo da cadere nonostante una ringhiera? Era corso a trasformarsi e poi si era lanciato alla velocità della luce per prendere al volo la ragazza che, nelle sere trascorse insieme, lo aveva fatto innamorare perdutamente. Per mesi non aveva fatto altro che saltare sul suo balcone e lei lo aveva ospitato, le aveva raccontato delle sue avventure con Ladybug, delle sue pene d'amore, e lei lo aveva consolato, aiutandolo a guarire passo dopo passo, fino a fargli dimenticare completamente l'eroina. Una sola persona occupava ora la mente di Chat Noir, e altre non era che la ragazza più goffa e timida di Parigi. Come era possibile dimenticarsi la propria anima gemella, questo Adrien non lo sapeva. Ma finalmente aveva cominciato a vederla per quella che era davvero, oltre la timida e balbettante compagna di classe. Se con Adrien era sempre stata imbarazzata e piena di insicurezze, con Chat Noir era completamente diversa, più se stessa. Non aveva mai capito il motivo di ciò, e lei non aveva mai voluto dirglielo, sostenendo che fosse poco importante. In realtà, Marinette non aveva nessuna voglia di pensare ad Adrien quando era con Chat Noir, soprattutto visto che era finalmente riuscita a superare la sua terribile cotta. Chissà come mai non si era mai accorta di quanto il suo Chaton fosse fantastico quando combattevano fianco a fianco. O meglio: che Chat Noir fosse fantastico lo aveva sempre saputo, però non si era mai accorta di cosa in realtà provasse per lui.
E ora Marinette era lì, tremante tra le sue braccia, e lo fissava respirando a fatica.
Chat Noir si guardò rapidamente intorno, tentando di stabilire quanto l'akumizzato fosse lontano. Aveva tempo di portare la sua principessa a casa? Intorno a loro, i parigini applaudivano.
-Ti porto a casa.- le disse semplicemente prima di circondarle la vita con un braccio e di afferrare il suo bastone con la mano libera. Si librarono in aria e un attimo dopo atterrarono con leggerezza sul balcone della camera della ragazza.
-Devo andare, Ladybug arriverà presto.- disse, -Io tornerò stasera, se non è un problema.- Marinette sorrise. Come poteva credere di essere un problema?
-Un problema? Da quando lo è? Negli ultimi tre mesi non ti sei mai posto questa domanda...- gli disse ridacchiando, -Comunque, grazie per avermi presa, Chat...-
Il ragazzo sorrise sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Scherzi, vero? Non ti avrei permesso di morire, non te lo permetterò mai. Sopporterei qualsiasi cosa, fuorché il perderti.- sussurrò.
Marinette sorrise, come faceva ad essere così dolce anche nel mezzo di una battaglia? Battaglia che, tra l'altro, dovevano entrambi andare a combattere.
Però Chat Noir era lì, appollaiato come un vero gatto sulla ringhiera, a qualche centimetro da lei. Non pensò molto, decise di seguire, per una volta, i suoi sentimenti.
Lo afferrò per il campanellino e lo trasse a sé. Rimase un secondo ad osservare la sua faccia stupita.
-Come porta fortuna.- gli sussurrò a qualche centimetro dal volto prima di baciarlo. Chat Noir spalancò così tanto gli occhi che per un momento temette gli sarebbero caduti. Marinette, la ragazza di cui era innamorato, lo stava baciando. Le mise le mani sui fianchi e la avvicinò ancora di più a sé. Le labbra della corvina erano così morbide, così calde... gli sembrava di essere in Paradiso.
-Forse ora dovresti andare, Chat.-
-Hai ragione, Ladybug arriverà presto, non vorrei mai farla aspettare. Spero tu non sia gelosa.- scherzò piano allontanandosi appena da lei.
Marinette arrossì violentemente abbassando il volto.
Chat Noir scoppiò a ridere sul serio mentre le metteva due dita sotto al mento, alzandoglielo per poterla vedere in faccia.
-Felice che finalmente tu abbia capito quanto il mio charme sia irresistibile, principessa. Ci vediamo dopo.- le disse lasciandole un ultimo bacio a fior di labbra prima di saltare su un tetto e correre verso il centro, dove l'akumizzato continuava a terrorizzare le persone.
-Sei felice, Marinette?- chiese una vocina acuta dalla sua borsetta.
-Sì, Tikky, ora che l'ho fatto sì.- le rispose accarezzandole la testolina, -Ma ora quel gatto spelacchiato ha bisogno del nostro aiuto. Tikky, trasformami!-
Marinette si beò del familiare formicolio che avvertiva su tutto il corpo durante i pochi secondi in cui si trasformava in Ladybug, la supereroina di Parigi. Chi era stato akumizzato, questa volta? Se non altro, poteva almeno escludere che si trattasse di un nuovo attacco di Mr. Piccione, considerando che stava amabilmente spargendo mangime nel parco sotto casa sua.
Lanciò il suo yo-yo sui tetti e si librò nel cielo uggioso di quella giornata di aprile. Chat Noir aveva appena sferrato un attacco contro una specie di grande panda. Panda? Se era un altro in fissa con gli animali, avrebbe dato di matto.
-Chat Noir, che diamine è questa cosa?- lo raggiunse dietro ad un comignolo.
-Buongiorno Insettina. Allora... non ho esattamente capito cosa dovrebbe fare, però so che è indignato per qualcosa riguardo ai panda. Credo. Sinceramente, sono appena arrivato. Ho... salvato una persona.- spiegò.
Salvato una persona... come mai non faceva il suo nome? Evidentemente, voleva proteggerla da chiunque fosse anche solo un potenziale pericolo. Forse, voleva mantenere segreto il suo nuovo legame sentimentale. Dopotutto, uno dei principali motivi per cui aveva esitato con lui era proprio questo: se avessero portato la loro relazione ad un livello superiore, si sarebbero esposti a Papillon.
-A destra!- urlò Chat Noir spingendola di lato.
-Non mi sfuggirete! Nessuno può sfuggire all'estinzione!- urlò il panda.
-L'unico che si estinguerà qui sarai tu, piccoletto!- ironizzò Chat Noir.
-Piccoletto? Io sono Panda Gigante, come osi?- tuonò Panda Gigante, -Nessuno sminuirà l'estinzione dei miei amici, da adesso. L'uomo sta portando i panda giganti all'estinzione, e io estinguerò l'uomo!-
Sì, è decisamente un altro fanatico degli animali, pensò Ladybug.
-Tienilo occupato, Chat Noir. Devo trovare una visuale completa. Teniamoci in contatto.- gli disse brevemente. Si infilarono i loro auricolari e si separarono.
Dove poteva essere l'akuma? Davanti a lei non c'era che un enorme panda... con un anello. Come aveva fatto a non notarlo prima? Ovviamente, l'akuma doveva essersi infilata là. Ma come faceva a romperlo? Sicuramente, il cataclisma di Chat Noir sarebbe stato utile, e forse non avrebbero nemmeno avuto bisogno del suo lucky charm.
-Mi senti, Chaton?- chiese.
-Al tuo servizio, insettina.- la voce del supereroe le risuonò nell'orecchio destro.
-Usa il tuo potere sul suo anello, lo vedi? Alla mano sinistra. Io lo distraggo.-
-Visto, vado.-
Ladybug si lanciò verso Panda Gigante, dritta di fronte a lui, proprio mentre Chat Noir attivava il suo potere e gli girava intorno ad una caviglia. Come poteva fare? Arrampicarsi sarebbe stato rischioso, avrebbe potuto essere visto. Però che alternativa aveva? Il bastone... sì, poteva funzionare.
Puntò la sua arma al terreno e si innalzò fino all'altezza delle spalle di Panda Gigante. Aveva ancora pochi minuti prima di ritrasformarsi. Sperava di averne abbastanza.
Sorprendentemente, il banale piano funzionò al primo colpo. Era piuttosto raro che Ladybug non usasse il suo potere, e cosa ancora più rara che un'akuma non causasse danni.
-Ben fatto!- dissero i due supereroi dandosi il pugno.
-Però, Insettina... è stato più veloce di quanto avessi immaginato.- comentò Chat Noir mentre insieme si avvicinavano all'uomo rimasto vittima di Papillon: doveva avere circa trent'anni, e sul petto portava la spilla di un gruppo di animalisti che aveva sede proprio nella capitale francese.
-Si sente bene, signor...?-
-Gautier*, Ladybug. Cosa mi è successo? E perché sono qui?-
-Lei è stato akumizzato da Papillon, signor Gautier, ma abbiamo sistemato tutto. Spero che i panda giganti si salvino dall'estinzione.-
Il signor Gautier sorrise.
-Grazie, Ladybug e Chat Noir, farò tutto il possibile.- disse prima di allontanarsi.
-Devo andare anche io, Insettina, ci vediamo la prossima volta.- disse Chat Noir salutandola con la mano mentre il suo anello suonava. Corse fino a casa sua e fece appena in tempo a toccare terra che Plagg volò fuori dal suo anello, sfinito.
-Vado a farmi una doccia, tu vai a mangiare, stasera si esce.- gli disse sorridendo, felice come non mai.
-Oh Adrien, ma dai, per una volta non possiamo rimanere a casa a dormire?- gli rispose Plagg mentre prendeva un pezzo di Camembert e lo seguiva in bagno.
-No, Plagg, non possiamo. Oltre ad aver promesso a Marinette che sarei andato a trovarla, non ho intenzione di perdermi la serata con quella che potrebbe essere appena diventata la mia ragazza. Quindi, se vuoi riposarti, ti conviene farlo ora.- gli spiegò brevemente e con un sorriso sul volto il ragazzo.
Adrien si infilò sotto l'acqua calda della doccia. Si lavò velocemente e poi rimase immobile a godersi il calore bollente mentre pensava: Marinette lo aveva baciato, lo aveva baciato! Quindi, alla fine ci era riuscito davvero a farla innamorare. Era un sogno che si realizzava... però, nessuno avrebbe potuto sapere nulla, lei non avrebbe potuto parlarne con i suoi migliori amici, con i suoi genitori... con nessuno. Era davvero disposto a condannarla ad una simile cosa? Lui sapeva bene cosa volesse dire non poter dire la verità a coloro che si amava: non poteva mai dire nulla a Nino e aveva perso non solo l'amore ma anche l'amicizia di Katami per le sue continue bugie. E soprattutto sapeva che le bugie portavano alla solitudine, cosa che non augurava a nessuno.
-Che ti prende, Adrien?- gli chiese gentilmente Plagg.
-Non so se è la cosa giusta.- sussurrò Adrien.
-Stai scherzando vero? Finalmente, dopo tuuutto questo tempo, la ragazza che ti piace di bacia e tu vuoi tirarti indietro? Voi umani, non vi capirò mai...- sbuffò.
-No che non mi voglio tirare indietro! Io voglio solo proteggerla... e che sia felice.-
-Quindi in pratica credi che spezzandole il cuore in una città in cui Papillon akumizza le sue vittime grazie ai loro sentimenti negativi la renderai felice? E la terrai al sicuro? L'amore ti avrà anche dato alla testa, ma qui deve esserci qualcosa di biologico. Devi essere così di natura, altrimenti non si spiega.- Plagg scosse la testa. Sebbene non potesse negare che Adrien fosse il miglior portatore che avesse mai servito, certe volte era davvero uno stupido.
-Io.. hai ragione.. però se ci mettiamo insieme lei sarà costretta a mentire a tutti, non potrà mai confidarsi con nessuno, nemmeno con Alya. Non voglio obbligarla a rinunciare alle sue confidenze con la sua migliore amica. So quanto ci tiene.- disse Adrien serio.
Come se già non fosse super abituata a mentire a tutti... se solo aprissi gli occhi, una buona volta, si ritrovò a pensare Plagg, ben consapevole che questo suo desiderio sarebbe stato irrealizzabile fintanto che Papillon non fosse stato sconfitto.
-Non lo so Adrien, i kwami non si innamorarono. Grazie al cielo, tutte queste pene inutili non le capisco proprio.- sospirò mentre si godeva i vapori caldi che uscivano dalla doccia.
-Grazie comunque, Plagg.- rispose mesto Adrien mentre chiudeva l'acqua e usciva. Rabbrividì mentre si infilava l'accappatoio. Non aveva idea di cosa fare.

***

Marinette era sdraiata sul letto e continuava a guardare l'orologio. A che ora pensava di venire quell'inutile felino? Lei non aveva mica tutta la notte.
Certo, come se non avessi già sprecato intere ore di sonno a parlare con lui... ma chi voglio prendere in giro?, pensò mentre si girava a pancia in giù.
-Ma quando viene?- sussurrò, più a se stessa che a Tikky.
-Arriverà presto, Marinette. La pazienza è una virtù.- ridacchiò l'esserino rosa.
-La pazienza è una virtù e io in questo momento mi sento molto poco virtuosa. Inoltre, lo hai detto anche venti minuti fa che sarebbe arrivato presto. E non è ancora...-
-Eccolo.- sussurrò Tikky scomparendo alla vista della sua portatrice.
Un piccolo tonfo la fece sedere e alzare lo sguardo verso la botola che dava sul terrazzo. Chat Noir era appena atterrato sulla ringhiera e stava agilmente scendendo sul letto.
-Parlavi con qualche ragazzo, principessa? Potrei essere geloso, sai..- disse. Marinette ridacchiò.
-Non parlavo proprio con nessuno, ma se vuoi posso prenotarti una visita dall'otorino. Cominciavo a pensare che sarei dovuta venire a cercarti, sai? Ti sei perso a giocare con le luci o con i topi?- gli chiese sedendosi contro alla parete.
Chat Noir mise il broncio.
-Non prendermi in giro, ho fatto la doccia ma ci ho messo più tempo del solito, poi ho cenato ma ho dovuto aspettare che la mia gu... ehm, voglio dire, la mia graziosa sorellina andasse a dormire, eh eh.- rispose grattandosi la nuca. Per poco non le aveva rivelato di avere una guardia del corpo.
Marinette sorrise mentre lo osservava.
-Non volevo prenderti in giro, Chat.- gli disse semplicemente.
Si sorrisero entrambi, uno vicino all'altra sul letto di Marinette, i visi poco distanti. Si osservavano, e i loro sguardi esprimevano calma, pace e felicità. Per tanto tempo Chat Noir aveva immaginato quel momento, ma non lo aveva mai pensato così. Così dolce, tenero, intimo. E allo stesso tempo, con una punta di amarezza.
-Mari... vorrei parlarti, se per te va bene.- le disse semplicemente, cercando di non smettere di sorridere per non allarmarla. Marinette lo guardò confusa. Parlare? Una strana ansia la sorprese allo stomaco.
-Ehm... va bene. Scendiamo?- chiese indicando le scale.
-Non è necessario, credo.- sospirò, -Ci ho pensato molto, è principalmente per questo che ho fatto tardi. Per un momento... ho creduto che non sarei venuto.-
Il cuore di Marinette accelerò.
-C'è qualche cosa che non va, Chat?- gli domandò, preoccupata, -Lo sai che puoi dirmi tutto, vero?-
Chat Noir annuì. Eccome se lo sapeva. Negli ultimi mesi, le aveva confidato i suoi segreti più profondi, quelli che non conosceva nessuno. L'unica cosa che non sapeva era la sua identità e tutto ciò che avrebbe potuto farglielo intuire.
-Io... riguarda prima. Il bacio sul balcone, intendo.-
Marinette si irrigidì appena. Cosa stava succedendo?
-Okay.... quindi, di cosa volevi parlare?- chiese titubante, sempre più preoccupata.
Chat Noir sospirò profondamente.
-Non credo che sia il caso.- disse solo.
A Marinette mancò il respiro. Non credeva che fosse il caso?
-Il caso di cosa?-
-Il caso di, ehm... sì, insomma... di noi.- balbettò il ragazzo abbassando le orecchie e evitando gli occhi chiari di Marinette. Il sangue le si gelò nelle vene a quelle parole, come se avesse aperto l'acqua della doccia sulla gradazione più fredda possibile.
-Cioè, fammi capire. Sei venuto qui ogni sera negli ultimi tre mesi, ti sei innamorato di me, non hai fatto che cercare di farmi cadere ai tuoi piedi, e ora che finalmente te la do vinta tu ti tiri indietro perché non è il caso? Non capisco, Chat... ho fatto qualcosa di...?-
-No!- la interruppe lui, -Tu non hai mai fatto nulla di sbagliato, tu sei fantastica, principessa. Solo che...-
-Solo che cosa? Se non credi che sia il caso, dammi almeno una spiegazione che mi convinca. Se sono fantastica, come dici tu, perché mi stai... rifiutando?- gli chiese in un sussurro.
Chat Noir si morse le labbra. Sapeva quanto Marinette stesse soffrendo, perché probabilmente se in quel momento qualcuno avesse deciso di strappargli il cuore dal petto gli avrebbe fatto meno male. Gli avrebbe fatto quasi un favore.
-Hai ragione, sono innamorato di te, principessa. Però sono un supereroe, se ci mettessimo insieme tu non potresti parlarne con nessuno, neanche con Alya o con tua madre. La nostra sarebbe una relazione segreta, clandestina. Non potremmo mai uscire insieme, non potremmo mai prenderci un gelato o passeggiare lungo la Senna, non potremmo fare nulla di tutto questo. E non posso farti una cosa del genere.- le disse prendendole una mano.
Ma che diamine stava dicendo? Marinette era incredula. Lui credeva seriamente che una loro possibile relazione sarebbe stata una specie di maledizione per lei? Aveva impiegato quasi due mesi per ammettere a se stessa di essersi innamorata di lui, aveva passato notti insonni a pensare a cosa fare e a cosa non fare, e dopo che lei aveva deciso cosa era meglio per lei, lui la rifiutava per il suo bene?
-Stai scherzando, vero?- gli domandò mentre fissava insistentemente i suoi occhi verdi. Ma lui non disse nulla, e quel silenzio valse più di mille parole, -Quando mi hai chiesto cosa mi sarebbe piaciuto in una relazione, ti ho risposto che mi piaceva l'idea di parlarne con la mia migliore amica, magari con mia madre, è vero. Ma ora rispondi: pensi che io non ci abbia pensato, a cosa una relazione con il supereroe di Parigi avrebbe portato? Pensi che se non fossi stata disposta a tenere tutto segreto, senza mai uscire allo scoperto, questo pomeriggio ti avrei baciato lo stesso? Sono mesi che ci penso, Chat, sono mesi che cerco di capire cosa fare. E a me va bene.-
Chat Noir scosse la testa.
-Non lo sai, se ti va bene o no, non sai cosa significhi dover mentire sempre a tutti, non poterti confidare con i tuoi migliori amici. Io lo so, e non è una cosa bella. E non voglio costringerti a fare qualcosa di cui poi potresti pentirti.- le rispose, più bruscamente di quanto avesse intenzione.
-Non lo so perché non mi dai altra scelta! Come posso conoscere qualcosa che mi impedisci di conoscere? Credi davvero di essere l'unico ad avere dei segreti? Okay, saranno segreti più grandi dei miei, non lo metti in dubbio. Ma sul serio pensi che Alya sappia ogni singola cosa di me? O che mia madre conosca ogni pensiero che mi passa per la mente? L'unico a sapere tutto ciò che la mia migliore amica non sa, sei tu.- lo aggredì, arrabbiata. Con che faccia veniva e le diceva quelle cose?
Chat Noir rimase in silenzio, preso in contropiede. Si stava arrabbiando. Possibile che non capisse che stava facendo tutto quello per lei? Che non stava facendo altro che cercare di proteggerla, perché l'amava?
-Smettila, Marinette.- le disse, per poi aggiungere, brusco -Tu non sai chi sono, chi si nasconde dietro alla maschera! Tu non mi conosci!- ma se ne pentì subito.
Marinette rimase ferma, immobile, col fiato sospeso. Una pugno allo stomaco le avrebbe fatto meno male.
-Mari...- sussurrò Chat Noir. Una lacrima rigò il volto della ragazza che, pietrificata, lo guardava ad occhi spalancati.
-Io non...- sussurrò di nuovo.
-Non so chi sei? Non ti conosco?- sussurrò lei in risposta, premendosi le mani sul ventre, -Ogni sera, negli ultimi tre mesi, sei venuto da me. Ogni sera, negli ultimi tre mesi, ti ho fatto entrare e sono restata con te a parlare per ore. Parlando con te, ho visto più albe di quante avrei mai potuto immaginare, invece di dormire. Ti ho ascoltato, ho imparato a conoscerti giorno dopo giorno, e hai il coraggio di dirmi che non ti conosco? Non so chi si nasconde dietro alla maschera, su questo hai ragione. Ma ti conosco, ti conosco meglio di quanto io stessa creda. Conosco chi sei, chi sei veramente. So quali sono i tuoi generi musicali preferiti, so quali sono i tuoi piatti preferiti, so quali sono i tuoi progetti, i tuoi sogni. Per tre mesi mi hai detto tutto, tutto, di te, e ora hai il coraggio di dirmi che io non ti conosco?-
Chat Noir la fissò, incapace di dire altro, mentre guardava gli occhi pieni di lacrime di Marinette, lacrime che ancora non avevano rigato il suo volto, ad eccezione di quell'unica goccia. Tutto ad un tratto, il volto di lei si indurì.
-Va' via.-
-C.. cosa?- sussurrò Chat Noir.
-Non so chi sei, sei uno sconosciuto. Vattene. Adesso.- gli disse alzandosi in piedi e aprendo la botola che dava sul terrazzo. Chat Noir rimase immobile ad osservarla. Marinette era rigida, e nei suoi occhi non c'era più neanche una lacrima.
Il ragazzo si alzò mesto e, con un ultimo sguardo, si slanciò nella notte senza luna di Parigi.
Marinette strinse i denti mentre cadeva in ginocchio, scoppiando a piangere. Si passò le braccia intorno al busto e si strinse forte le spalle.
-No, Marinette..- sussurrò Tikky volando velocemente verso di lei e accoccolandosi nell'incavo del suo collo.
E intanto, sul tetto di fronte alla casa della giovane, Chat Noir ascoltava la sua amata piangere, cercando di farlo il più silenziosamente possibile per non svegliare i suoi genitori.
Cosa ho fatto?, si domandò, consapevole di aver appena commesso un gravissimo errore.

***

Il mattino dopo, Marinette aveva una faccia impresentabile. Aveva cercato di convincere sue madre a lasciarla a casa, ma non c'era stato verso. Non aveva chiuso occhio tutta la notte e, sebbene non avesse particolari residui delle ore passate piangendo, sapeva che i suoi migliori amici se ne sarebbero accorti. Che cosa avrebbe detto ad Alya? E ad Adrien e Nino? Avrebbe chiesto loro di lasciarla in pace, avrebbe detto di stare bene e che non era niente. Avrebbe mentito, come al solito. Perché, rispetto a qualsiasi cosa Chat Noir avesse da dirle, lei sapeva bene cosa significava non poter parlare con nessuno, dover tenere sempre tutto segreto. E sapeva quanto duro, difficile e doloroso fosse dover sempre mentire a tutti, senza avere la possibilità di essere veramente sincero con i propri migliori amici.
Ma ancora più duro sarebbe stato stare lontano dal ragazzo che amava, dal portatore del miraculous complementare al suo, dalla persona che la completava in tutto e per tutto. Ma lui non era d'accordo. No, lui le aveva letteralmente impedito di scegliere da sé cosa fare della sua vita. Sapeva bene che lo faceva per proteggerla, ma proprio non lo sopportava. Chi credeva che fosse? Chi si credeva di essere, soprattutto? Se credeva che si sarebbe lasciata sopraffare così, si sbagliava di grosso. Non gliela avrebbe data vinta, non questa volta. Non dopo quello che lui le aveva detto.
-Marinette, santo cielo, cosa ti è successo?!- esclamò Alya non appena la vide avvicinarsi a lei e ai loro amici. Nino la guardava a bocca aperta, senza parole. Mai, in tutti quegli anni, aveva visto Marinette Dupain-Cheng in quello stato.
-Buongiorno. Sono stata sveglia tutta la notte.- rispose Marinette senza particolare enfasi nella voce. Si sentiva gli occhi stanchi e secchi, non avrebbe retto tutta la giornata scolastica.
-Hai pianto. Perché hai pianto?- le chiese di nuovo. Marinette, che fino a quel momento aveva guardato per terra, alzò lo sguardo.
-Ho guardato un finale di stagione, che è finita malissimo, con la morte del mio personaggio preferito nell'ultima puntata. Quindi ho pianto per quello, e visto che non ho dormito, ho questa faccia con effetto zombie incluso.- tentò di scherzare.
-Sei sicura di stare bene?- le domandò comunque Nino. Marinette si stampò in faccia il sorriso più credibile e falso che riuscì a trovare nel suo repertorio.
-Tranquillo Nino. Devo andare in bagno, ci vediamo dentro.- disse allontanandosi.
Adrien, Nino e Alya rimasero in silenzio, osservandola andare via.
-Qui è successo qualcosa, qualcosa che non mi dice.- mormorò Alya attirando l'attenzione dei due amici, -Nell'ultimo periodo è stata più felice che mai, non l'avevo mai vista così. Diceva di non sapere perché, ma secondo me lo sapeva eccome. In ogni caso, adesso lei è... è...- si fermò, non trovando le parole.
-Distrutta.- suggerì Adrien, mormorando a sua volta, mentre guardava il punto in cui fino ad un attimo prima c'era stata Marinette. Per la seconda volta dalla sera precedente, si chiese cosa aveva fatto. L'aveva riconosciuto subito, il suo bellissimo volto rovinato da una notte insonne passata a piangere a causa sua. Che cosa le aveva fatto? Plagg aveva ragione, era stato un emerito idiota. Le aveva spezzato il cuore, rendendola triste come non mai, per cosa? Per proteggerla? Come pensava di proteggerla da Papillon se non faceva che farla soffrire?
Doveva rimediare, andare da lei, parlarle. Per un momento, le venne in mente di andare da lei da Adrien e di offrirle la sua spalla. Ma si rese conto che non avrebbe fatto altro che prenderla in giro: le si era avvicinato come Chat Noir perché quando era Adrien lei non faceva che balbettare, e ora che il casino era sul fronte Chat Noir voleva ritirare fuori la carta della sua vera identità? Sarebbe stato da folli, sarebbe stato da stupidi. E soprattutto, avrebbe potuto compromettere tutto ciò che c'era tra di loro, e non avevano sicuramente bisogno di altri problemi.
-Entriamo, forza... magari riusciamo a parlarle.- suggerì Nino.
-Hai ragione, anche se non mi è sembrata molto in vena di confidarsi.- disse Alya, -Vorrà dire che la torchierò. Vi farò sapere se parla o se si ostina, ci risentiamo dopo.-, poi corse via, sulle orme dell'amica.
Cosa poteva esserle successo? Non aveva creduto nemmeno per un secondo alla banale scusa del finale di stagione, per quanto questi potessero essere davvero tristi.
Marinette era seduta al suo banco, con il quaderno e il libro aperti e lo sguardo perso nei suoi turbolenti pensieri. Alya camminò con calma fino al banco e vi si sistemò. La sua amica non parve accorgersene. Erano da sole, ideale per parlare.
-Hey, Mari..- le disse Alya sfiorandole un braccio. Marinette sobbalzò, guardando l'altra ragazza ad occhi sbarrati.
-Quando sei arrivata?-
-Qualche minuto fa. Non te ne sei accorta?- le chiese. Marinette scosse il capo, -Mari, sei sicura che sia tutta okay? Sono preoccupata... sembri così triste, così.. a pezzi.- le disse sfiorandole le occhiaie sotto agli occhi.
Marinette sorrise.
-Mi fa piacere che ti preoccupi per me, ma stai tranquilla, va tutto bene. Sono solo molto stanca, vedrai che domani starò meglio. Non ti voglio in pensiero solo perché ho guardato una stupidissima serie tv.- le disse prendendole una mano. -Davvero. Per favore, credimi. Non è successo nient'altro.-
Alya annuì, sebbene controvoglia, in parte perché sapeva che non avrebbe cavato nulla di buono, in parte perché Marinette non aveva mai pregato di essere creduta.
I loro compagni cominciarono ad entrare un po' alla volta. Quando Nino ed Adrien si avvicinarono, Alya scosse impercettibilmente il capo. Non ne parlarono più.

***

Sorprendentemente, Marinette non si era addormentata nemmeno una volta in tutta la giornata scolastica, il che era praticamente un record considerando il fatto che aveva passato la notte in bianco.
Doveva assolutamente mettersi a studiare, ma era così stanca!
Salì sul balcone e si sedette sulla sdraio con il libro di storia aperto sulle gambe. Certo, l'impero di Napoleone III era interessante (più o meno), ma non ce la fece proprio. Chiuse gli occhi.
Solo per un momento, si disse.
Finì con l'addormentarsi.
In sogno, vide il suo Chaton, con il solito sorriso beffardo che aveva imparato ad amare. Erano in un prato sconfinato, al cui orizzonte altro non si vedeva che luce. In alto nel cielo splendeva un caldo sole. Lei e Chat Noir erano lì fermi uno di fronte all'altro, semplicemente a guardarsi: lei osservò gli occhi verdi del ragazzo, le sue labbra color pesca, gli addominali scolpiti sotto al costume.Avvertiva lo sguardo di lui su di sé, sul suo volto, sulle sue curve. Non le dispiaceva. Ma, nonostante il bel tempo e la calma che quel paesaggio emanava, Marinette si sentiva irrequieta. Una strana sensazione le attanagliava le viscere, quasi come se profetizzasse qualcosa di brutto.
Marinette mosse un passo verso Chat Noir, poi un altro e un altro ancora. Si rese subito conto del problema: non riusciva ad avvicinarsi a lui. Per quanto si impegnasse, la distanza tra loro due era incolmabile.
Un grande fragore la fece voltare verso sinistra. Un akumizzato stava correndo verso di loro. Chat Noir si mise in posizione di difesa, pronto per proteggere Marinette.
-No!- urlò lei mentre lui veniva colpito al petto e mandato lontano. Corse verso di lui ma, di nuovo, non ci riuscì. Marinette percepì il cuore che accelerava insieme al respiro. -Chat!-
Chat Noir si rialzò, ma non durò molto. Chiunque fosse il cattivo, era molto più forte di quelli che avevano affrontato fino a quel momento.
Devo fare qualcosa, devo aiutarlo, pensò Marinette. Chat Noir si girò verso di lei.
-No, Marinette, non possiamo sapere l'identità l'uno dell'altro, ricordi?- le disse mentre combatteva, -Con lui me la cavo io.-
Ma non se la stava cavando per niente. Marinette continuava a cercare di correre da lui, ma come una forza resistente opposta le impediva di muoversi. Il fatto che lui sembrava conoscere la sua identità non la sfiorò nemmeno.
-Chat Noir!- gridò di nuovo mentre il ragazzo veniva colpito al ventre e scaraventato ai suoi piedi.
-Milady...- sussurrò lui, un rivolo di sangue che gli bagnava le labbra e la guancia.
-...Chaton.... no...- sussurrò a sua volta, sconvolta. Poi urlò, di nuovo, dando sfogo al suo dolore: -No!-
-Marinette!- disse Chat Noir. La voce veniva sicuramente da lui, ma il ragazzo era morto ai suoi piedi, con gli occhi e le labbra serrati. Come poteva aver parlato?
-Marinette!- sentì di nuovo, seguito da qualcosa di incomprensibile. Marinette si agitò qualche secondo.
-Marinette, svegliati!- udì di nuovo. A quel punto spalancò gli occhi: si trovava in camera sua, fuori era già calato il buio e sopra di lei torreggiava la faccia preoccupatissima di Chat Noir.
Ci mise un po' a rendersi conto di essere sdraiata sul suo letto, di avere il cuore a mille, il volto bagnato dalle lacrime e di essere matita di sudore.
-Chat...?- biascicò senza capire cosa stesse accadendo, perché lui non fosse morto ai suoi piedi e che diamine ci facesse in camera sua. Ci mise un po' a rendersi conto di aver sognato.
-Principessa...- sussurrò Chat Noir spostandole i capelli dal volto, -...stai bene?-
Marinette si tirò a sedere e, passatogli le braccia attorno al corpo, lo strinse forte a sé. Singhiozzò brevemente sul suo petto.
-Shh.- le disse lui stringendola e accarezzandole i capelli, -Va tutto bene, principessa, sono qui. Ora sono qui, e non me ne andrò mai più.-
Marinette tirò su col naso, tremando. In quel momento non gliene fregava proprio nulla di quello che era successo il giorno prima: il dolore della perdita, seppur irreale, era ancora troppo vivo in lei. Aveva provato quasi un dolore fisico nel rimanere lì ferma senza poter intervenire, nel vederlo morire senza poterlo stringere tra le braccia, senza potergli dire quanto importante lui fosse per lei.
-Stai bene, principessa?- chiese di nuovo Chat Noir affondando la testa nei suoi capelli. Marinette annuì senza lasciarlo andare.
-Io... un brutto sogno.- spiegò brevemente.
Chat Noir rimase un attimo in silenzio.
-C'ero anche io.- disse. Se voleva farla sembrare una domanda non ci riuscì.
-Come lo sai?- domandò lei.
-Parlavi. Ero venuto da te, volevo parlarti, e ti ho trovata addormentata sulla sdraio. Ti ho presa in braccio per portarti nel tuo letto ma hai cominciato ad agitarti. Ho pensato di averti svegliato perché mi chiamavi. Però avevi gli occhi chiusi... non riuscivo a capire. Ti ho messa a letto e ti ho chiamata, tu ti sei raggomitolata su te stessa, agitandoti sempre di più. Ho... ho avuto paura. Ci ho messo quasi dieci minuti a svegliarti... ho seriamente considerato l'idea di andare a chiamare tua madre, non sapevo cosa fare. Eri tutta sudata e continuavi a dire il mio nome. Poi ti sei svegliata.- le raccontò cullandola dolcemente.
-Non volevo spaventarti...- si scusò.
Chat Noir ridacchiò.
-Mi importa solo che tu stia bene, principessa, nient'altro.- le confessò.
Continuando a stringerlo tra le sue braccia, Marinette inspirò il suo profumo. Era sempre stato così dolce? O era lei, un effetto collaterale del sogno?
-Di che cosa eri venuto a parlarmi?- gli chiese lasciandolo andare, dopo qualche minuto.
Chat Noir strofinò le labbra tra di loro, guardandosi intorno per evitare lo sguardo di Marinette.
No, si disse, la devo guardare in faccia, altrimenti non mi crederà mai.
-Di ieri. Non avrei mai dovuto dire quelle cose. Quello che ho detto... è stato imperdonabile da parte mia. Prima di tutto perché nulla di ciò che ho detto era vero, neanche un idiota potrebbe dire che non mi conosci. E soprattutto, perché io non ci credo neanche un po'. Volevo convincerti a lasciare perdere, nonostante volessi e voglia stare con te. Avevo paura di ciò che una relazione avrebbe potuto portare, perché non ne ho mai avuto una. Non so come ci si comporta, non ho mai neanche baciato una ragazza, tolto il tuo bacio portafortuna.- confessò, lasciando Marinette più sorpresa che mai, -Volevo che fossi tu a tirarti indietro, perché sapevo che non avrei mai avuto la forza né la voglia di farlo io. Ho sempre saputo che sei molto più forte di me, ma ho commesso un errore imperdonabile.- terminò abbassando il capo e le orecchie.
Marinette rimase in silenzio, poi sorrise dolcemente.
-Non c'è nulla di imperdonabile, tutti commettono degli errori.- lo rassicurò mettendogli una mano sul braccio. I suoi occhi erano sempre stati così verdi? -Ciò che importa è riconoscere di aver sbagliato, di avere torto. Non è una cosa nuova solo per te, comunque. Non sei l'unico ad avere dei dubbi al riguardo. E non sarà una relazione come le altre. Ma ciò non vuol dire che non possa funzionare, non trovi?-
Chat Noir sorrise senza dire nulla, grato della sua comprensione. Le accarezzò una guancia. Marinette deglutì.
-Riusciremo a farla funzionare, insieme. O quanto meno, ci proveremo. Non ne potremo far parola con nessuno, lo so, e almeno per ora a me va bene. E per quanto riguarda la paura, la supereremo. Ti aiuterò a superarla.-
Chat Noir la trasse a sé, abbracciandola.
-Grazie, principessa. Non so cosa farei senza di te.- le sussurrò.
Marinette si sdraiò sul letto, tirandoselo dietro e accoccolandosi sul suo petto. Nonostante avesse dormito tutto il pomeriggio, era ancora molto stanca.
-E comunque, sei molto più forte di quanto credi, Chat. Fidati di me.- gli disse mentre si addormentava.

———————
Buongiorno a tutti/e,
spero che la nuova one shot vi sia piaciuta.
Ho appena notato che ho scritto "Papillon" ma che ho fatto riferimenti ad un avvenimento di "Lies", perdonatemi. Forse, quando avrò un po' più di tempo, lo rimetterò a posto, ma per il momento voglio concentrarmi sulle altre one shot.
Buona giornata!

*Gautier:  francese, si legge "Gotié"

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Non siamo la stessa persona - Adrienette ***


Le lacrime bagnavano il cuscino da più di un'ora e, nonostante tutti i tentativi della povera Tikky, Marinette era disperata. Non poteva assolutamente credere a ciò che era successo. E, cosa peggiore, Adrien si era accorto di lei!
"Che razza di stupida che sono... come potevo sperare che lui si innamorasse di una ragazza timida e goffa come me?" continuava a pensare Marinette, senza darsi pace.
Era deciso: avrebbe passato il resto dei suoi giorni a piangere su quel letto, senza più farsi vedere in giro, senza più vedere lui.
Sfortunatamente per lei, Alya la chiamò proprio il quel momento e lei, controvoglia, rispose al telefono.
-Ehi Mari! Come sta la mia migliore amica?-
-Male.- rispose lei singhiozzando. Alya, che fino a quel momento era stata sdraiata sul suo letto, si tirò su a sedere.
-Mari? Marinette che cavolo sta succedendo? E perché piangi? Mari CHI È STATO.-
Marinette trasse un respiro profondo.
-Adrien.-
Silenzio. Alya non rispose, con gli occhi sbarrati a quella rivelazione.
-Che ha fatto?- chiese dopo un po'.
Marinette trattenne un singhiozzo e incominciò a raccontare...

Inizio Flashback
Era una giornata magnifica. Il sole splendeva fuori dalle finestre scaldando le vie parigine e le poche persone che erano in giro. Era il 26 maggio, mancava poco alla fine della scuola, e i ragazzi che di solito occupavano i parchi e le panchine adesso erano a casa a studiare per le ultime valutazioni. Un vero peccato, visto il tempo.
-Che cosa vuoi fare, Marinette?- chiese Tikky svolazzando intorno alla testa della padrona che, esausta e stufa di studiare storia, si era abbandonata sulla sedia ad ammirare le foto del giovane Agreste.
-Non lo so, Tikky, è fuori discussione che mi rimetta a studiare. I moti del '48 sono belli, per l'amor del cielo, ma sono di una pesantezza inaudita quando fuori c'è questo sole...- sbuffò, poi aggiunse, saltando in piedi: -E sai chi altro non sta studiando oggi? Adrien! Oggi ha un servizio fotografico al parco. Gli porterò qualcosa da mangiare e ne approfitterò per fare un giro e magari disegnare qualche bozzetto. Che ne dici Tikky?-
-È un'ottima idea, Marinette. Cosa porterai ad Adrien?-
Marinette le sorrise dolcemente. Tikky volò rapidamente nella borsetta a tracolla mentre la sua padrona scendeva la scale e entrava in pasticceria. Si sporse per prendere un paio di croissant al cioccolato appena sfornati .
-Prendiamo anche un po' di questi, ti va?- chiese Marinette prendendo un sacchettino di carta e infilandoci dentro dei macarons. Sorrise osservando il sorriso che stava illuminando il volto del suo kwami. -Mamma, esco!- urlò, giusto per avvertire.
La temperatura era decisamente gradevole. Camminò beandosi del calore sul suo viso e sulle sue braccia. Chissà se Adrien sarebbe stato contento di vederla, chissà se avrebbe apprezzato i croissant che gli stava portato.
Eccolo, il parco: sulla labbra di Marinette si aprì un timido sorriso pregustandosi il viso sorridente e sporco di cioccolata di Adrien. Era stata un'ottima idea andare al parco.
Non lo avesse mai fatto.
Adrien era là, proprio come se lo era immaginato, vestito per il servizio fotografico. Ma con lui c'era un'altra persona. Aveva lunghi capelli bruni, e Marinette riusciva a intravedere il motivo a pois del suo abito. Lila Rossi, la persona più antipatica che esistesse sulla faccia della Terra di Marinette.
Il cervello di Marinette ci mise qualche secondo a capire che cosa stava osservando. La prima cosa a cui pensò fu "Perché sono così vicini?". Perché si stavano baciando. Lila e Adrien. Adrien e Lila.
La prima lacrima scese prima che lei potesse anche solo aver intenzione di fermarla.
-Marinette...- disse piano Tikky sporgendosi appena dalla borsa.
Lei indietreggiò. Doveva andarsene, possibilmente senza essere vista. Ma lei era Marnette Dupain-Cheng, la ragazza più goffa di tutta Parigi, se non dell'intero mondo.
Imprecò mentalmente mentre urtava contro un bidone della spazzatura e inciampava.
"Altro che kwami della fortuna. Ho più sfiga io di Papillon!"
Adrien e Lila si voltarono immediatamente verso il rumore, colti sul fatto.
-Ciao Marinette! Che cosa fai..?- il ragazzo si interruppe. Perché la sua amica stava piangendo? -Mari? Cosa succede?-
Il suo tono era preoccupato. Ma Marinette non rispose, si voltò e corse via.
-Marinette aspetta!-
Marinette correva, dalla parte opposta rispetto a quella di casa sua, e non avvertiva il rumore dei passi di Adrien. Aveva la vista annebbiata dalle lacrime e l'aria le sferzava i capelli.
Poco più avanti, sulla destra, un vicolo buio si faceva strada tra due case. Marinette non ci pensò due volte prima di buttarcisi dentro. Adrien la seguiva pochi metri dietro.
-Oh Marinette, mi dispiace così tanto.- stava dicendo Tikky asciugando le lacrime della sua portatrice nel momento in cui Adrien si affacciava sul vicolo buio.
Il sangue gli si gelò nelle vene. Fu allora che vide una cosa che mai si sarebbe aspettato di vedere. Non da Marinette. Non in quelle circostanze.
-L'hai vista anche tu la sua faccia, Tikky, e aveva ragione! Andiamo a casa. Trasformami.-
-No...- sussurrò appena mentre Ladybug lanciava il suo yo-yo oltre i comignoli e scompariva tra i tetti parigini, con il volto in lacrime e il cuore spezzato dal ragazzo che amava e dal suo mascherato migliore amico.
Dopotutto, come dimenticare la faccia che aveva fatto Chat Noir quando aveva saputo di Adrien? Era successo qualche settimana prima: -Eddai Milady, cosa vuoi che capiti? Non sarai mica l'unica ragazza del mondo a conoscerlo! Sono certo che non rivelerà poi così tanto di te...- le aveva detto, quasi implorando, Chat Noir. Ladybug ci aveva pensato un po': era innamorata di un modello super famoso che aveva girato il mondo. Avrebbe potuto averlo incontrato ovunque nel corso della sua vita. -E va bene, ma in ogni caso non voglio essere giudicata. E inoltre, ti proibisco di farmi altre domande al riguardo.- aveva detto, poi aveva fatto un respiro profondo prima di annunciare il nome del suo amato -A-Adrien Agreste.-
-Il modello?- aveva risposto Chat Noir con sorpresa. Sorpresa data dal fatto che l'amore della sua vita lo amasse; sorpresa che venne interpretata dalla ragazza come incredulità. Però forse non era poi così vero, si era detta, forse lei in realtà amava Chat Noir e non voleva ammetterlo a se stessa. Sarebbe stata la situazione più semplice, avrebbe reso tutti felici. Ma era irrealizzabile.
E in ogni caso, ora lei soffriva. E con lei, Adrien che, consapevole di aver appena infranto il cuore dell'insicura e goffa ragazza che si nascondeva dietro la maschera di Ladybug, scivolava a terra in quel vicolo.
Fine Flashback

-Marinette... è uno stupido. Uno stupido colossale. Non piangere Mari..- tentò di consolarla dolcemente Alya al telefono. Di una sola cosa era certa: Adrien Agreste l'avrebbe pagata cara.

***

La mattina del 27 maggio, Marinette si svegliò in anticipo, addirittura prima della sveglia.
-Wow Marinette, questo è praticamente un miracolo!- le diede il buongiorno Tikky.
-Già... sarà una giornata eterna. Non posso saltare scuola, vero?- chiese gettandosi il cuscino sulla faccia con un gran sospiro.
-Temo di no, Marinette. Tu sei Ladybug, e Ladybug compie sempre il suo dovere.- la incoraggiò.
-Beh, in questo caso Ladybug non mi sta simpatica.- tentò di scherzare. Ma come poteva scherzare, essendo consapevole che di lì a poco avrebbe incontrato Adrien? Che spiegazione gli avrebbe dato? Era da escludere che gli confessasse il suo amore e la ragione della sua reazione del giorno prima.
-Cosa dirò ad Adrien?- domandò ad alta voce, un po' a Tikky, un po' a se stessa.
-Marinette? Che ci fai già sveglia?- le chiese stupefatta Sabine.
-Vorrei saperlo anche io. Avrei potuto saltare scuola con la scusa che non ho sentito la sveglia.- disse con il solito tono apatico da mi-sono-appena-svegliata-lasciatemi-in-pace.
-Ad Adrien? Cosa devi dire ad Adrien?- le domandò sua madre.
-Uh, ehm... nulla di importante. Volevo chiedergli di rispiegarmi la lezione di fisica, visto che lui va così bene e visto che io non ho capito nulla.- mentì, sapendo di poter dire, una volta tornata a casa, di aver fatto un ripasso con Adrien dato che aveva capito la materia.
-Potresti chiederglielo così e basta, cosa ne pensi?- le propose Sabine mentre le passava il latte.
-Hai ragione mamma, è un'ottima idea. Avrei dovuto pensarci da sola.-
Sua madre le sorrise, e lei tentò di ricambiare il sorriso. Era diventata un'esperta nel mentire da quando era diventata Ladybug, tutto ciò che doveva fare era inventare una scusa plausibile per Adrien. Stava piangendo, cosa avrebbe potuto dirgli?
-Vado ad aiutare tuo padre di sotto, per una volta cerca di essere in anticipo!- le disse sua madre.
-Sì, mamma. Giuro che lo sarò.- promise Marinette mentre guardava la donna allontanarsi, -Sono disperata.- aggiunse poi prendendo i cereali e guardando Tikky svolazzare fuori dalla tasca del suo pigiama.
-Non esserlo Marinette, vedrai che andrà bene.- tentò di sollevarle il morale.
-E come può andare bene? Cosa dovrei dirgli? "Ciao Adrien, scusa se ieri sono corsa via come una stupida con i croissants che ti avevo preso, ma sai com'è... sei l'amore della mia vita e stavi limonando con Lila, non mi sembrava il caso di fare la terza incomoda. Ah già, e stavo piangendo perché mi hai spezzato il cuore"?- disse sarcastica. Tikky la guardò tristemente.
-Non so come aiutarti, scusami.-
Marinette sorrise: -Non devi scusarti, Tikky. Apprezzo tutto quello che fai per me. Non so cosa farei senza di te.-
-Sicuramente non salveresti Parigi ogni giorno.- commentò il kwami. Scoppiarono entrambe a ridere.
-Coraggio, a vestirsi. E poi si parte alla volta dell'Inferno Dantesco.- disse tetra Marinette mentre si alzava dal tavolo e cominciava a salire le scale.
-Sai, io l'ho conosciuto Dante. Certo, di sfuggita tramite la mia portatrice. Pensa che lui le ha perfino dedicato delle rime perché lei continuava a rifiutarlo! Come darle torto, il Chat Noir di quell'epoca era davvero affascinante...- commentò con aria sognante Tikky.
-Tikky! Comunque, parlando di cosa serie: le ha dedicato delle rime? Intendi quelle rime?!- le chiese entusiasta. Pensare che qualcuno come Dante Alighieri avesse dedicato un'opera intera ad una precedente Ladybug la eletrizzava.
-Sì, proprio quelle. Le tue amate Rime Petrose. Sono contenta che ti piaccia così tanto la letteratura straniera, ho così tante storie da raccontare a riguardo!- esclamò Tikky mentre Marinette si vestiva.
-Io... wow! Non riesco a crederci, ma perché non me lo hai mai detto?! Se solo la nonna potesse saperlo... è stata lei a convincermi a leggere Dante. Sarebbe entusiasta di sentire i tuoi racconti su di lui. Ma nel dubbio, posso farlo tranquillamente io.- disse mentre scendeva le scale.
-Ciao mamma, ciao papà!- salutò velocemente mentre usciva.
-Ciao tesoro!-
L'aria era calda anche quella mattina e, come sempre nelle ultime settimane, il sole splendeva alto nel cielo già alle 7:40 di mattina. Gli uccellini volavano già di qua e di là e Marinette, seduta sui gradini di scuola, fu ben presto raggiunta dai suoi compagni.
-Come mai già sveglia?- le chiese Alya stupida non appena arrivò.
-Come ho già detto a mia madre, non ne ho idea. Avrei voluto rimanere a dormire e basta, e invece eccomi qui con ben venti minuti di anticipo.- commentò con un sorriso.
-Cavolo, se la fine della scuola ti fa questo effetto, dovrebbe essere la fine della scuola tutto l'anno.- rise Alya.
-Per quanto impossibile questa prospettiva possa essere da un punto di vista logico, sarebbe stupendo.- commentò Nino avvicinandosi all'amica e alla fidanzata, -Buongiorno.-
-Buongiorno a te.- lo salutò Marinette mentre Alya lo baciava.
Parlarono del più e del meno: come avevano trovato gli esercizi assegnati, cosa ci sarebbe stato di pranzo... Il cuore di Marinette batteva forte nel suo petto mentre sentiva i minuti passare, e l'arrivo di Adrien sempre più imminente. Quando da lontano vide sbucare l'auto degli Agreste prese la mano di Alya.
-Ti supplico, ti scongiuro, non fare nulla. Me ne occupo io, voglio evitare ieri, fai come se non lo sapessi. Non iniziare a sbraitare, non picchiarlo. Nulla.- la pregò. Alya guardò di sbieco l'auto e il ragazzo che ne scese.
-Posso almeno fare l'arrabbiata, se proprio non vuoi che gli urli contro?- Marinette annuì.
-Cosa sta..?- fece per chiedere Nino.
-Dopo.- lo stroncò Alya.
Adrien si stava avvicinando come suo solito a passo spedito. Nessuno poteva sapere come si sentiva in quel momento, forse solo il piccolo esserino nero che dormicchiava nella tasca interna delle sua felpa.
-Buongiorno ragazzi.-
-'Giorno amico.- lo salutò Nino.
-Ciao.- disse rapidamente Marinette.
Alya non disse nulla. Adrien la osservò un attimo: come mai stava lì ferma senza fare nulla? Era da escludere che Marinette non le avesse parlato, loro si dicevano tutto. Perché allora non gli urlava contro? Probabilmente una richiesta della mora per non attirare l'attenzione della scuola radunata.
-Come è andato il servizio fotografico di ieri?- si interessò Nino. Adrien rimase un momento spiazzato, Marinette per poco non si strozzò e Alya strabuzzò gli occhi.
-Ehm.. è andato tutto bene, i soliti scatti.- commentò brevemente guardando in basso.
-Entriamo? La prima è suonata.- propose Alya tirando Marinette in piedi e iniziando a camminare, seguita a ruota dai due ragazzi.
Era il momento giusto, si disse Adrien. Afferrò delicatamente il polso di Marinette, quel tanto che bastava per farla voltare e per far proseguire i due di qualche passo. Solo Alya era a portata d'orecchio.
-Mari, va tutto bene?- le chiese, -Ieri sei andata subito via... volevo solo assicurarmi che fosse tutto okay.-
Marinette abbassò gli occhi e si sentì arrossire. Pensa, Marinette, Pensa.
-Io, ehm, sì, tutto bene! Alla grande, oserei dire! Ieri... sì... ecco... devo essere passata sotto ad un ciliegio! Sai, sono allergica al polline del ciliegio, deve essermene entrato un po' negli occhi e sono stata male. Sì, e poi sono subito andata in farmacia a comprare l'antistaminico. Sai, l'avevo finito...- disse velocemente, come suo solito in presenza di Adrien.
Il ragazzo tirò un falso sospiro di sollievo, consapevole che ciò che lei gli aveva detto non era vero. Ma a che scopo farle notare che il giorno prima stava piangendo, che al parco non c'erano ciliegi, e che la farmacia era dal lato opposto a quello in cui era corsa?
-Ahn, menomale. Temevo fosse qualcosa di più serio. Sono felice che ora tu stia bene, Marinette.- disse. La sorpassò ed entrò in classe.
-Allergia al polline del ciliegio? Tu non sei allergica a nulla, Marinette. Avresti dovuto lasciarmi carta bianca, nessuno può far soffrire la mia migliore amica.- sibilò Alya afferrando la mora per un polso e trascinandola dietro ai ragazzi.

***

La cosa che in assoluto Ladybug amava di più del suo costume, era la sua capacità di adattarsi al clima esterno. Era inverno? Sembrava di avere un piumone addosso. Era estate? Sembrava di essere in costume. Certo, non era mancata la volta in cui aveva avuto freddo o caldo, ma era spettacolare lo stesso.
Quella notte, la ronda era stata diversa. Chat Noir aveva fatto le sue solite battute, le aveva raccontato un sacco di cose, ma lei aveva riconosciuto di non essere presente. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era Adrien, al suo amore per lui, e a quando avrebbe voluto non amarlo. Per la seconda volta in quei due giorni si chiese come mai non potesse innamorarsi di Chat Noir, il suo fedele compagno per il quale avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ma la risposta era ovvia: sarebbe stato troppo semplice, troppo ovvio, troppo giusto. E il mondo non è mai né ovvio né giusto, non lo era mai stato e mai lo sarebbe stato. Altrimenti, se fosse stato così ovvio e facile, molti problemi non si sarebbero presentati, tutti avrebbero goduto degli stessi diritti, la creazione dei Miraculous e dei supereroi non sarebbe stata necessaria e Papillon sarebbe stato sconfitto da mesi, o forse non sarebbe mai esistito. Ma in quel caso, nemmeno Ladybug e Chat Noir sarebbero stati lì. Chat Noir non si sarebbe innamorato di lei, lei non avrebbe mai acquisito l'autostima necessaria per andare avanti. Chissà come sarebbe andata con Adrien, se tutto fosse stato semplice e giusto.
-A cosa pensi, Milady?- le domandò dolcemente Chat Noir atterrando su un tetto.
-È complicato.- rispose lei sedendosi.
-Tante cose lo sono. Ma non possiamo lasciarci sopraffatte.- si sedette accanto a lei.
-È più facile a dirsi che a farsi, Chaton. Tu la fai facile.- disse Ladybug ridendo amaramente.
-Ne vuoi parlare?-
Sì, avrebbe tanto voluto. Ma che diritto aveva lei di parlare a lui delle sue delusioni d'amore, quando lei stessa era per il suo Chaton una delusione? Che diritto aveva di tirare fuori l'argomento per cercare di stare meglio, sapendo di aver fatto star male lui?
D'altro canto, Chat Noir sapeva bene cosa la sua amata stesse pensando. Sapeva che voleva parlare ma che non voleva ferirlo.
-Ho tanti amici, sai?- le disse allora, -La tua non è la prima delusione d'amore che vedo. Cos'è successo?-
Ladybug lo guardò per qualche secondo, poi tornò a guardare davanti a sé la Tour Eiffel illuminata, e la Luna sopra di essa.
-Nulla di che, in realtà.-
-Ma fa male lo stesso. Parlamene, forse starai meglio.-
Ladybug trasse un profondo respiro.
-Baciava un'altra. Che conosco. E che detesto.- confessò allora, di getto, mentre si sdraiava.
Lila Rossi, proprio non la sopportava. Come aveva fatto Adrien, il suo dolce, premuroso e gentile Adrien Agreste, ad innamorarsi di una strega perfida e bugiarda come lei?
-E quindi credi che ora stiano insieme?-
-Non lo so.- ammise, non ci aveva pensato, -Ma non è questo il punto, Chaton.- disse scuotendo la testa.
Chat Noir si sdraiò accanto a lei.
-E quale è il punto, milady?-
Ladybug non sapeva bene come esprimere a parole il pensiero e la consapevolezza che aveva maturato nel suo cuore durante il giorno.
-Io... non so come spiegarmi.- confessò ridacchiando, tentando di alleggerire l'atmosfera e il suo stato d'animo, -A me non importa con chi sta. Pensavo mi importasse, pensavo di volerlo con me. Ma mi sbagliavo. Non è ciò che desidero. Io... voglio che lui sia felice. Voglio la sua felicità. Voglio dire, questo già lo sapevo... una volta gli ho fatto un regalo, e lui è tutt'ora convinto che glielo abbia fatto un'altra persona. Ma ciò lo rende felice, e a me va bene così.-
Chat Noir era confuso. Regalo? Di che regalo parlava?
-Quindi... vuoi che lui sia felice con il tuo regalo anche se non sa che lo hai fatto tu?- domandò perplesso.
-Sì e no. È un tipo di felicità diversa. Quella che nasce da un regalo, possiamo definirla come materiale. Fino a pochi giorni fa, credevo di volere questo tipo di felicità per lui, che mi bastasse, e di volere che lui stesse con me. Ma mi sbagliavo, totalmente.- riprese, -Quando l'ho visto con lei, ci sono rimasta malissimo. Però ho realizzato che voglio che lui sia felice, con la persona che ama. Per questo, per quanto io detesti quella persona, non riesco a volergliene. Ad Adrien intendo.-
Non si stavano guardando, ma se Ladybug provava sollievo nell'aver finalmente esternato i suoi sentimenti, Chat Noir non riusciva a capire cosa provava nel suo petto. Il suo amore per quella piccola e goffa ragazza che in realtà salvava costantemente Parigi gli invase ogni singola parte del corpo, scaldandolo. Ma allo stesso tempo, si chiese cosa aveva portato la dolce Marinette ad odiare a tal punto Lila.
-Credo di cominciare a capire... posso farti una domanda?-
-Certo.-
-Perché odio così tanto lei? Se non è per via del bacio... deve esserci qualcos'altro.-
Ladybug ridacchiò.
-Oh, sì, c'è qualcos'altro. Ecco... non mi è mai andata a genio, sin da subito, ma non so perché. Poi ha detto ad Adrien che eravamo migliori amiche ed un sacco di altre bugie. Tutta la sua vita è basata sulla menzogna, non racconta mai a nessuno la verità. Ed è una cosa che non riesco a concepire. Non sono contro al mentire, e questo lo sai viste tutte le cose e scuse che dobbiamo inventare per celare la nostra doppia vita, ma mentire per apparire migliori, per essere al centro dell'attenzione o per ricevere dei favori, questo proprio non lo riesco ad accettare. E il problema più grande è che non posso provare che mente. È astuta, è brava. Mi ha perfino chiesto di schierarmi: con lei, o contro di lei.-
-Non c'è bisogno di esplicitare cosa hai scelto.- la interruppe Chat Noir con un sorriso, conosceva abbastanza bene Marinette e Ladybug da sapere che mai si sarebbero abbassate al livello di Lila.
-Già... comunque, tornando alla domanda. Mi ha detto che alla fine avrebbe messo tutti contro di me, e per un po' c'è quasi riuscita. Provare che mentiva è stato impossibile, non c'era alcuna traccia che portasse a lei, portavano sempre tutte a me. Mi ha quasi fatta espellere da scuola per questo, e poi ha mentito per giustificare le sue azioni, come sempre. E infine, mi ha detto che la resa dei conti sarebbe stata una: la scelta di Adrien. E ora lui ha scelto.-
Chat Noir non disse nulla, senza parole. Lila aveva davvero detto questo a Marinette? E lei ora era convinta di aver perso contro Lila.
-Quindi... a te non da fastidio che Adrien abbia scelto qualcun'altra, ma che abbia scelto questa ragazza?-
Ladybug annuì.
Per un po', rimasero entrambi in silenzio ad ammirare la notte. Le stelle che luccicavano in cielo li facevano sentire così piccoli ed insignificanti rispetto all'universo. Possibile che dei problemi di cuore, insignificanti di fronte alla piccolezza dell'uomo rispetto alla natura e all'universo, potessero fare così male? Loro, un granello di sabbia in mezzo all'universo, stavano ora provando emozioni che non avevano mai provato prima, e che stavano aprendo definitivamente loro gli occhi su quello che era l'amore: perché l'amore è essere felice per qualcosa che si è fatto e non che si ha ricevuto, volere la sua felicità anche se non sei tu.
-In definitiva...- sussurrò poco dopo Ladybug osservando le stelle, stanca -...credo di aver capito che ciò che realmente desidero sia la sua felicità, anche se io non ne faccio parte. E mi va bene così. Ma un po' fa male comunque.-
Chat Noir la ascoltò in silenzio, sapendo che in realtà quelle parole era destinate a lui, e a lui solo.
-Tu lo ami, milady, è normale che faccia male. Ma ciò che hai detto... sono parole bellissime. A volte mi chiedo come tu faccia ad esprimerti così bene a parole... io sono un incapace, e non faccio che danni.- le confidò.
Ladybug si voltò su un fianco e lo osservò trattenendo uno sbadiglio.
-Che succede? Siamo in vena di confidenze oggi, dovremmo approfittarne entrambi. Racconta, avanti.-
-Ho ferito una persona a me cara, ma non so come rimediare. L'ho fatta piangere, involontariamente.-
Ladybug lo guardò corrucciata.
-Cosa hai fatto?- domandò.
-Piuttosto, cosa non ho fatto.- la corresse lui. -Non mi sono accordo che era innamorata di me, e l'ho involontariamente rifiutata. Non credo di poter scendere più nei dettagli, scusa, milady.-
Lei annuì.
-Non scusarti, non ne hai bisogno. Comunque, penso che la cosa migliore sia parlarle. Voglio dire... non è stato intenzionale. Non so chi c'è sotto a quella maschera, ma so che non sei il ragazzo che fa soffrire volontariamente le persone.- gli disse. Poi, posandogli la mano sulla spalla, gli disse: -Parlale, sii onesto con lei, e vedrai che andrà bene. Non prometto che la prenderà bene, però sarete stati onesti l'uno con l'altro.-
Socchiuse gli occhi, mentre il sonno la assaliva.
-Forse hai ragione, insettina. Ci proverò.- le disse sottovoce, osservandola. Forse, sarebbe davvero andato a parlarle il giorno dopo. Le avrebbe detto che tra lui e Lila non c'era nulla, che era stata lei a saltargli addosso in quel modo e a baciarlo. Le avrebbe detto che era stato tutto un terribile malinteso e che aveva scoperto la sua identità segreta per sbaglio, cercando di assicurarsi che stesse bene.
Ma per il momento, si disse, doveva occuparsi della sua lady, addormentata al suo fianco.
Si tirò a sedere.
-Milady?- sussurrò piano, per assicurarsi che dormisse. Avrebbe dovuto svegliarla, lo sapeva, ma proprio non ci riuscì. Si alzò in piedi e poi si abbassò su di lei, le passò un braccio sotto alle ginocchia e uno intorno alle spalle e la posò sulle sue ginocchia. Si mise la sua testa sul petto, in modo che non scivolasse giù facendole male al collo, e le incrociò le braccia sul ventre.
-Coraggio, milady, andiamo a casa.- sussurrò di nuovo al corpo dormiente della sua amata prima di prendere il bastone e volare verso casa di Marinette. Si sarebbe trasformata a breve, senza dubbio. Anche senza il lucky-charm, Tikky doveva aver bisogno di riposo.
Il balcone della casa dei Dupain-Cheng non gli era mai sembrato tanto scomodo, con la piccola botola che dava sul letto. Ci mise un po' a scendere con Marinette, in procinto di ritrasformarsi, in braccio. Alla fine, calando prima se stesso e poi lei, riuscì a portarla a letto.
La trasformazione si dissolse nel momento stesso in cui Chat Noir le tirava il lenzuolo sopra alle spalle.
-Non dovresti saperlo.- gli sussurrò una vocina. Il kwami di Ladybug, Tikky, era seduto sul cuscino.
-Lo so, Tikky. Non l'ho fatto a posta. È stato un caso. Ma per ora, è meglio lasciarla dormire. Penserò domani al resto.-
-Ti rivelerai a lei, Adrien?-
Marinette mugolò qualcosa nel sonno.
-Sempre che lei non lo capisca prima, dopo quello che ci siamo detti oggi. È la ragazza più intelligente che conosca.- le disse, -Notte, principessa.- sussurrò a Marinette baciandole i capelli.
Poi scomparve nella notte.

***

-Mh, no, ti prego...- mugolò Marinette mentre a tentoni cercava la sveglia. -Stai zitta, voglio dormire...-
Era così stanca... A che ora era andata a dormire? Non se lo ricordava.
-Buongiorno Marinette.- la salutò Tikky svolazzando intorno al suo volto, -Coraggio, alzati! C'è scuola oggi.-
-E io non ci voglio andare. Non posso semplicemente dormire?- le chiese tirandosi su a sedere.
Perché era andata a dormire tardi, la sera prima? C'era stata una akuma? No, era serata di ronda.
Ma perché non ricordava di essere tornata a casa? Era su un tetto a parlare con Chat Noir, lui l'aveva ascoltata e consigliata e poi le aveva confidato di aver spezzato il cuore di una sua amica... e poi il vuoto. Non ricordava di essere tornata a casa. Spalancò gli occhi.
-Tikky, cosa è successo stanotte?- domandò.
-Che intendi, Marinette?- rispose con finta noncuranza il suo kwami. Aveva sperato in una presa di coscienza più lenta.
La ragazza non le rispose, scese in tutta fretta le scale di camera sua e si vestì, poi scese di sotto.
I suoi genitori non c'erano, dovevano essere già in pasticceria.
-Rispondimi. Cosa è successo stanotte?- le chiese di nuovo, -Ricordo il tetto, la conversazione con Chat Noir. Ma non ricordo di essere tornata a casa. Ti prego Tikky, dimmi che sono tornata a casa sulle mie gambe.-
L'esserino non rispose, ma il suo sguardo fu molto eloquente.
-Oh no... oh no, oh no. Questo vuol dire che lui sa chi sono, altrimenti non sarebbe riuscito a portarmi a casa. È una catastrofe!- esclamò prendendosi il volto tra le mani. Tikky volò al suo fianco.
-No Marinette, non ti preoccupare adesso. Lo vedrai presto, ne sono sicura. E allora ne parlerete, e capiremo cosa è successo. Ne sono assolutamente certa.- tentò di calmarla.
Marinette aveva lo stomaco chiuso, ma nonostante ciò si sforzò di mangiare qualcosa. Non poteva digiunare, o sarebbe stata male.
Come aveva fatto Chat Noir a scoprire la sua identità? C'entrava forse l'avergli confessato il suo amore per Adrien? Ma no, era impossibile, come poteva essere risalito a lei basandosi su un modello famosissimo? Improbabile. Ma allora come?
Non smise di domandarselo mentre prendeva lo zaino e camminava verso scuola, né quando si sedette sulle gradinate ad aspettare i suoi amici. Doveva trovare una scusa, Alya avrebbe sicuramente capito che c'era qualcosa che non andava. Ma ne aveva forse il tempo? Con Chat Noir a conoscenza della sua identità, Alya era l'ultimo dei suoi problemi.
-Tikky, come è stato possibile? Come ha fatto?- continuava a sussurrare.
-Buongiorno! Sono ogni mattina più stupida, Mari.- urlò Alya in quel momento. Marinette alzò lo sguardo, non si era accorta di lei.
-Alya, buongiorno.- rispose cercando di sembrare normale.
Alya la guardò con un sopracciglio alzato.
-Va tutto bene?-
-Sì.- si affrettò a rispondere.
-Sicura?- chiese con voce indagatrice. Marinette annuì, distratta. Se non altro, il problema Adrien Agreste era più o meno risolto: sembrava aver creduto alla storia del giorno prima, il che era decisamente un bene.
-Nino è stato male, oggi non viene a scuola...-
-Va' a trovarlo dopo le lezioni.- le consigliò Marinette.
-Ma dovevo venire da te...- le ricordò l'altra.
-Lo so, ma non importa. Mi interessa sapere come sta, ma devo finire un abito per il compleanno di Manon... mi assilla da mesi, e devo farci gli ultimi ritocchi, così domani posso portarglielo.- le disse tentando di rimanere credibile. Il vestito lo aveva finito da giorni, ma doveva attirare l'attenzione di Chat Noir. Come? Volteggiare tra i tetti per tutto il pomeriggio sarebbe bastato, subito dopo aver finito di studiare biologia.
-Se sei sicura.. ti terrò aggiornata. Comunque, stai meglio sul fronte Agreste?-
-Sì, direi di sì. Dopotutto, ho sempre saputo che alla fine mi avrebbe rifiutata... se non altro, non lo ha fatto direttamente. Non avrei retto l'imbarazzo.- cercò di ridere.
In quel momento, l'auto del ragazzo interessato di fermò davanti alla scuola, insieme a quella di Katami. Scesero insieme, e Marinette non riuscì a fare a meno di guardare Adrien, con i suoi capelli biondi e con i suoi occhi verdi.
Fu allora che qualcosa, dentro di lei, scattò.
"Ho ferito una persona a me cara, ma non so come rimediare. L'ho fatta piangere, involontariamente", le aveva detto Chat Noir la sera prima. Non che lei pensasse che Adrien e Chat Noir fossero la stessa persona, questo no, però c'era qualcosa di strano nella conversazione avuta la sera prima con il suo chaton, qualcosa che non riusciva a cogliere. Non ancora, per lo meno.
Adrien e Katami stavamo ridendo insieme di qualche cosa detta da lui, e il ragazzo si era appena portato la mano destra sotto il mento, come se stesse pensando. Lui non era Chat Noir, eppure...
Marinette scosse la testa. No, non poteva entrare in un loop del genere oppure sarebbe rimasta delusa nello scoprire che Chat Noir non era chi pensava che fosse. E poi, se così fosse stato, non avrebbe mai baciato Lila. Non avrebbe scelto lei perché sarebbe stato innamorato di Ladybug, cosa che Adrien non era.
Marinette continuò a fissarlo mentre si avvicinava a loro con passo tranquillo e con un sorriso sghembo sul volto, un sorriso quasi malandrino.
-Che ti prende oggi? Perché siete tutti strani?- domandò Alya quando lo vide.
-Strani? In che senso?- chiese Adrien.
-Tu che sorridi in quel modo strano che, giuro, non avevo mai visto, lei che sembra una statua di sale da quanto è rigida... siete strani.-
-Alya, io sto...-
-Sì, stai bene, lo so. Ma io non ci credo comunque. C'è qualcosa che non mi dici, e va bene così.- le rispose con un sorriso.
-No, non c'è nulla che non ti dico. È solo che ho paura di non finire in tempo biologia e l'abito per Manon.- inventò. Alya annuì, ma era ovvio quanto poco credesse a quella inutile scusa.
-Va bene, se lo dici tu.- disse con un'alzata di spalle.
-Stai cucendo un nuovo abito?- le domandò Adrien.
-I-io, s-s-sì. Per il com-compleanno di M-Manon.- balbettò.
-Sono sicuro che ce la farai, vedrai. Sei la ragazza più dotata che conosco, Marinette.- le disse sorridendo. E ora? Cosa doveva rispondere?
Fu la campanella a salvarla. Si alzò in fretta e furia e si lanciò dentro scuola, quasi correndo verso la sua classe.
-Ma che le prende?- chiese Alya.
-Non ne ho idea.- mentì Adrien. Aveva capito chi si celava dietro la maschera di Chat Noir? Forse non ancora.
Seguendo l'esempio di Marinette, si incamminarono insieme in classe, trovando la loro amica già seduta al suo banco.
-Lila ci sarà, oggi?- chiese Alya mentre si sedeva al fianco della corvina.
-Non lo so. Ma spero di no.- disse Adrien. Entrambe le ragazze lo fissarono stupite. Adrien Agreste che sperava nell'assenza di qualcuno? Questa era una novità.
-E perché? Avete litigato?- chiese Marinette abbassando lo sguardo sul quaderno chiuso, sperando che non si sentisse troppo quando quelle parole le erano costate.
Adrien se ne accorse, eccome se se ne accorse.
-No. Semplicemente, non mi va di vederla.-
Ce la stava mettendo tutta, per farle capire che Lila non contava nulla per lui. Sperava solo che lei se ne accorgesse.

***

Finalmente, dopo un'ora di lezione di letteratura francese, la campanella del cambio d'ora suonò. Marinette trasse un sospiro di sollievo mentre chiudeva il libro e lo riponeva nello zaino, estraendo quello di storia.
Aveva passato tutta l'ora a pensare a Chat Noir, a chi potesse essere, a come avesse fatto a scoprire chi si celava sotto la maschera di Ladybug. Tra l'altro, se Chat Noir sapeva che lei era Ladybug, voleva dire che o ne era rimasto deluso, o si era innamorato della sua "lei quotidiana". Era decisamente una catastrofe. Sotto ogni aspetto.
-Oh, è arrivata.- sussurrò Alya quando la porta si aprì. Marinette alzò la testa. Adrien era voltato verso di loro e, sulla soglia, c'era Lila. Sentì un colpo al cuore. Ma per una volta che tutti la volevano distante, non poteva partire per uno dei suoi stupidi viaggi? Certo che no, ora c'era Adrien da conquistare.
-Mi chiedo cosa faccia lì ferma sulla porta.- sussurrò di nuovo Alya ai suoi due amici.
-Perché non glielo chiedi? Viene verso di noi.- sussurrò mesta Marinette.
-Adrien! Sei da solo? Nino non sta bene?-
-No, è stato male questa notte, oggi non è potuto venire.- rispose Alya.
-Sono molto dispiaciuta, spero si rimetta presto. Se non altro, chiederò alla professoressa Bustier se oggi posso sedermi qui davanti, così Adrien non starà da solo!- disse con la sua solita voce fastidiosa, -Che ne pensi, Marinette?- aggiunse poi.
Marinette la guardò. Vedeva Alya osservarla, e sentiva lo sguardo di Adrien su di sé.
-Sinceramente, Lila, non vedo come la mia opinione personale possa in qualche modo influenzarti.- rispose pacata, -Ma se proprio ci tieni, credo che l'assegnazione dei posti dovrebbe essere mantenuta. La rispettano tutti, non vedo perché tu non possa comportarti come gli altri, per una volta.- poi cominciò a sfogliare l'ultimo capitolo del libro di storia.
Lila non disse nulla, si limitò a sorridere, poi si girò verso Adrien.
-Sono così felice di poter stare vicino a te, Adrien! Sai, vorrei parlare con te... da dopo il servizio fotografico non abbiamo più avuto modo di...-
-Sì, magari in un altro momento, Lila. Credo che Marinette abbia ragione: dovresti sedere al tuo posto, non a quello di Nino.- la interruppe rapidamente Adrien, conscio di che effetto quella conversazione doveva avere su Marinette.
Infatti, la giovane stava cominciando a trovare complicato reprimere le sue emozioni, tant'è che, non appena l'insegnante entrò, alzò la mano.
-Sì, Marinette?- chiese la professoressa.
-Potrei andare in bagno?-
Alya la guardò confusa: lei non andava mai in bagno al cambio d'ora.
-Certo, vai pure.-
Marinette si alzò, ignorando la mano di Adrien che le sfiorava il braccio e il suo "Mari" sussurrato.
Camminò rapidamente e si sedette sulla tavoletta del wc. Una lacrima le rigò il volto.
-Io non ce la faccio, Tikky, non con lei.- sussurrò mentre l'esserino rosa volava fuori dalla sua borsa e le asciugava la guancia.
-Lo so che è difficile, ma non puoi dargliela vinta così.-
-E cosa dovrei fare? Adrien ha scelto lei, l'ha baciata.-
-Davvero? E allora perché sperava che non venisse a scuola? Perché ha rifiutato di farla sedere al suo fianco? Se fossero davvero innamorati, non pensi che lui avrebbe il desiderio di averla sempre accanto, come lo hai tu?-
Effettivamente, si disse Marinette, Tikky aveva ragione. Ora che aveva finalmente un minuto di pausa, doveva riflettere. Chat Noir le aveva fatto un sacco di domande riguardo alla sua relazione con la ragazza di Adrien, cose che nessuno sapeva. Le aveva detto di aver combinato un casino, ferendo involontariamente una persona a lui cara.
-Cosa hai fatto?- gli aveva domandato.
-Piuttosto, cosa non ho fatto.- l'aveva corretta lui. -Non mi sono accordo che era innamorata di me, e l'ho involontariamente rifiutata. Non credo di poter scendere più nei dettagli, scusa, milady.-
Perché non aveva potuto scendere nei dettagli? Cosa avrebbe potuto dire che lo avrebbe tradito? L'unica risposta sensata era che lei stessa, Ladybug, fosse a conoscenza della situazione e, sentendola raccontare, l'avrebbe riconosciuta. E ciò significava che o le era stata raccontata, oppure l'aveva vissuta in prima persona.
Nessuno le aveva raccontato nulla, e a lei era recentemente capitato di trovarsi in una situazione simile. Quindi, era forse possibile che Adrien fosse Chat Noir e che, attraverso la sua doppia identità, avesse tentato di chiederle consiglio per rimediare ad una situazione scomoda in cui lei stessa era finita in mezzo?
A questo punto, si disse Marinette, tutto era possibile. Fisicamente, non poteva negare nulla: biondi, alti, con gli occhi verdi. C'era solo una cosa che avrebbe potuto confermare la sua teoria, ma come avrebbe fatto? Avrebbe dovuto aspettare l'intervallo.
Con un sospiro uscì dal bagno e tornò in classe. Non ascoltò mezza parola della lezione di storia, e fortunatamente l'insegnante non la beccò a non seguire.
Poco prima del suono della campanella, prese un pezzo di carta dal suo diario e scrisse:

Quando suona, lasciami sola con Adrien. Devo parlargli. E trova un modo per allontanare Lila

Lo fece scivolare sul banco di Alya. Lo lesse e rispose:

Va bene, cosa vuoi fare? Non vorrai fare tu-sai-cosa

Marinette non rispose, limitandosi ad annuire. Non era assolutamente vero, non voleva dichiararsi, ma era necessario che rimanesse da sola con lui. Se non altro, se si fosse sbagliata avrebbe dovuto giustificarsi con una sola persona e non con due.
La campanella suonò, precisa come al solito.
-Bene ragazzi, andate pure a fare l'intervallo, ci rivediamo dopo per la lezione di respirazione in cortile.- disse la professoressa Bustier
Pian piano, la classe cominciò a svuotarsi. Alya scrisse velocemente qualcosa sul cellulare, poi si voltò verso il fondo della classe.
-Lila, ti va di venire con me?- domandò Alya facendo cenno alla ragazza di seguirla, -Ho detto a Nino che lo avrei videochiamato e che ti dispiace che sta male e ha detto che sarebbe felice di salutarti!-
Lila rimase ferma, fissando prima Adrien, poi Marinette e infine Alya.
-Ehm, in realtà ora volevo parlare con Adrien.- rispose poi alzando le spalle a mo' di scusa.
-Spiacente deluderti, Lila, ma dovrai metterti in fila. Devo già parlarci io.- rispose senza preamboli Marinette, lasciando stupiti tutti. Le sue amiche, Alyx e Milène, la guardavano eccitate sulla soglia della porta, Alya fissava Lila che la stava fulminando con lo sguardo, e Adrien la guardava, più sorpreso di chiunque altro.
Lila avrebbe voluto dirgliene quattro, a quella ficcanaso, ma non poteva permetterselo davanti a tutta la classe.
-Oh, ehm, va bene. Gli parlerò al prossimo intervallo, andiamo a salutare il povero Nino.- commentò allora gentilmente scendendo i gradini dell'aula. Ma, arrivata al fianco di Marinette, le si avvicinò all'orecchio.
-Inutile che ci provi, Marinette. Come hai ben potuto vedere con i tuoi occhi, ho vinto. Hai deciso di schierarti contro di me, e ora lui mi ha preferito alla povera, goffa, timida, imbarazzante Marinette Dupain-Cheng. Hai perso, e ora perderai tutto ciò che ti rimane.- le sussurrò maligna.
Doveva rispondere, non poteva rimanere lì senza fare nulla. Ma cosa poteva dire? Lei non era ancora certa di nulla.
No, si disse, non è vero: Adrien l'ha rifiutata tre volte solo oggi.
Allora alzò lo sguardo verso Lila e le sorrise, nascondendo tutto ciò che in realtà provava dietro a quel sorriso.
-Ne sei davvero sicura?- le rispose soltanto, pacatamente, con gentilezza. Poi le si avvicinò, in modo che nessuno potesse sentire eccetto lei e, a sua insaputa, Adrien, -Oserei quasi dire che sarebbe inutile che ci provassi tu perché, nel caso tu non l'avessi ancora capito, siamo ancora nel pieno della partita. Partita che tu stai per perdere.-
Si sedette comodamente al suo banco, voltandosi a guardare Adrien che la fissava, stupito.
-Ora dovreste andare, o Nino inizierà a preoccuparsi.- consigliò loro, senza perfidia.
Alya annuì e fece cenno a Lila di seguirla la quale, seppur malvolentieri, le andò dietro.
-Cavolo...- disse Adrien non appena furono rimasti soli nell'aula, -Sei stata fantastica! Non aveva mai visto qualcuno tenere testa così a Lila.-
Ed era vero. Nessuno lo aveva mai fatto perché con nessuno lei era stata davvero se stessa. Ma dopo aver saputo cosa Lila aveva detto in passato a Marinette, non riuscì che a stimare la corvina di fronte a lui.
-Volevi parlare?- chiese poi con aria innocente. Che avesse finalmente capito?
-Sì, cioè, no. Cioè... non voglio parlare parlare, volevo solo chiederti... è una domanda un po' strana...- si incespicò Marinette. Poi trasse un respiro profondo: -P-puoi m-mostrarmi le m-m-mani?-
Adrien sorrise stranito.
-Ehm.. certo..- rispose posando le sue mani sul banco della ragazza. La mano sinistra era assolutamente normale, rosea, curata. Alla destra, al contrario, spiccava un delicato anello argentato.
-Mari?- chiese Adrien, più per vedere che scusa si era preparata per una domanda tanto stramba che perché fosse realmente stranito.
-Sto.. ehm.. preparando l'outfit per l'amico di una amica, e mi ha chiesto di includere un anello, quindi mi sto guardando in giro.- inventò, poi aggiunse, -Dove lo hai preso?-
Adrien rimase momentaneamente pietrificato. E adesso?
-Me lo hanno regalato. Non so esattamente da dove arrivi.- disse, il che era vero. Il miraculous gli era stato donato dal Maestro Fu, che lo custodiva da più di un secolo.
-Capisco. Posso vederlo più da vicino?- chiese di nuovo. Il momento della verità era sempre più prossimo poiché, oltre ad aver già usato lei stessa il miraculous del gatto nero, ed essendo quindi in grado di riconoscerlo, il vero Chat Noir non avrebbe permesso a nessuno di sfilarglielo.
-Ehm, okay..- rispose Adrien avvicinando di più la mano a Marinette che, in un solo gesto, lo prese tra il pollice e l'indice e fece per tirarlo verso di sé.
Adrien ne era sicuro, voleva vedere come avrebbe reagito. Sospettava che dietro la maschera di Chat Noir ci fosse lui, così decise di lasciar cadere ogni bugia.
-Sai che non te lo lascerò fare, Mari, è inutile che ci provi. Bella scusa, comunque.- le disse con un calmo sorriso chiudendo la mano a pugno. Marinette la lasciò andare, continuando ad osservare l'anello che lei stessa aveva indossato per combattere Juleka akumizzata. Sapeva di riconoscerlo, sapeva che cosa aveva davanti.
-Perché?- domandò piano.
-Credo che tu lo sappia, Mari. Lo sai da almeno un'ora, oserei dire. Ma non vuoi vederlo.- le rispose gentilmente prendendole una mano. Si osservarono per qualche secondo.
-Credi che io sappia che cosa, Adrien?- domandò di nuovo, con voce tremante.
Adrien le sorrise, ma non nel tipico modo gentile e pacato solito del ragazzo. No, quello era il classico sorriso alla Chat Noir. Marinette si sedette più dritta, più composta, inspirando profondamente. Adrien era Chat Noir, Chat Noir era Adrien. Il consiglio che Chat le aveva chiesto, la sera prima, era riferito a lei. Perché lui sapeva del suo amore, e ora sapeva anche che cosa Lila le aveva detto, sapeva i segreti più profondi del suo cuore che di norma lei non gli avrebbe mai rivelato. Chiuse gli occhi, cercando di gestire tutte le emozioni che provava.
-Come lo hai scoperto?- domandò piano.
Adrien abbassò lo sguardo.
-Dopo il servizio fotografico, quando sei corsa via... ti sono venuto dietro. Ti ho chiamato, non so se mi hai sentito. Fatto sta che ad un certo punto ti ho vista lanciarti in un vicolo, e ho continuato a seguirti. Quando sono arrivato, stavi parlando con Tikky, e ti sei trasformata. È stato allora che l'ho scoperto, e che ho capito tutto quanto.- disse abbassando il capo, come se si volesse scusare di aver scoperto la sua identità.
Rimasero in silenzio per un po'. Lui, a pensare a come sarebbero state le cose adesso, entrambi consapevoli di amarsi, di volersi. Lei, al contrario, a pensare a quanto quella situazione fosse difficile, con lui innamorato di Ladybug anziché di lei, con Lila che faceva di tutto per rovinarle la vita.
La campanella suonò proprio mentre Adrien apriva la bocca per parlare. Lila fu la prima a fiondarsi in aula, seguita da Chloé, Sabrina e Alya.
-Allora?- domandò piano Alya mentre si sedeva al banco.
-Non lo so.- rispose semplicemente Marinette, ed era la verità. Ora che conoscevano l'uno l'identità dell'altra, cosa sarebbe successo?

***

Lila l'aveva guardata male per tutta la giornata. Dopo quella conversazione con Adrien, i due non avevano più detto una parola: Marinette era stata con Alya e Adrien con Kim.
-Quanti tipi di riproduzione esistono?- la interrogò Tikky, tenendo tra le zampe il libro di biologia, mentre Marinette toglieva un po' di foto di Adrien dal muro in attesa di rimpiazzarle con quelle scattate durante l'ultima uscita con Nino e Alya.
-Sessuata e asessuata.- rispose prontamente.
-Esatto! Mitosi e meiosi: la differenza?- domandò nuovamente.
-Ehm... la meiosi è il processo attraverso cui si formano i gameti, la mitosi... il processo di divisione cellulare?- chiese.
Tikky posò il libro sulla scrivania.
-Forse dovresti iniziare a studiare l'ultima parte, quella sulla genetica animale e umana. Magari poi riuscirai comunque a vederti con Alya, nonostante Nino stia male.- le disse.
-Hai ragione, Tikky. Per Alya vedrò più tardi, prima devo finire qui.-
Si sedette alla scrivania e sfogliò il quaderno fino ad arrivare alla parte in cui aveva preso gli appunti di genetica animale, per poterli confrontare con quello che c'era scritto sul libro di testo.
Si parlava di Gregor Mendel, piante di piselli, genotipi e fenotipi, alleli dominanti e recessivi, legge della dominanza, dell'assortimento indipendente...
Marinette prese una matita e cominciò a sottolineare le informazioni salienti del libro: possibile che un monaco dell'Ottocento avesse capito così tante cose attraverso delle piante di piselli? Mendel capiva che alcuni geni rimangono "nascosti" per riapparire nelle generazioni future semplicemente coltivando le sue piantine, lei riusciva a confondere le primule con le ortensie. Sarebbero indubbiamente stati grandi amici, se fossero vissuti negli stessi anni.
Sentì i suoi genitori parlare con qualcuno, al piano di sotto. Un'amica di sua madre in visita? Probabile.
-Marinette!- la chiamò un attimo dopo.
-Dimmi!- gridò lei in risposta.
-Il tuo amico è arrivato!-
Amico? Quale amico? Aveva un terribile presentimento al riguardo, perché c'era un unico "amico" che avrebbe avuto la faccia tosta di presentarsi senza invito.
Si alzò dalla scrivania e aprì la botola della sua camera. In fondo alle scale, davanti alla porta, c'era Adrien.
-Non mi avevi detto che lo avevi invitato per studiare biologia, avrei cucinato qualche biscotto.- le disse sua madre con un sorriso.
Certo che non glielo aveva detto, non lo aveva fatto.
-Tolgo il resto delle foto.- sussurrò Tikky volando verso la scrivania e mettendosi al lavoro.
-Ehm.. sì, mi sono dimenticata. Ma non importa, tranquilla, andate pure in pasticceria, qui me la cavo da sola.- la rassicurò, -Sali.- ordinò poi ad Adrien.
Mentre Adrien saliva le scale e chiudeva la botola, Marinette si rimise alla scrivania a studiare. La camera era del tutto pulita, non c'era più neanche mezza foto di Adrien in giro, tolte quelle in cui era con i suoi amici e in cui c'era anche Marinette.
-Cosa ci fai qui?- chiese Marinette senza alzare lo sguardo dal quadrato di Punnet che illustrava la prima legge della genetica mendeliana.
-Volevo parlarti dopo scuola, ma sei fuggita via. Quindi, ti cercavo. Se vuoi posso aiutarti a studiare.- le propose.
-Non ho bisogno del tuo aiuto, Adrien, trovo genetica piuttosto semplice da capire.- rispose secca Marinette. Lei non lo voleva lì, non dopo quello che aveva scoperto quella mattina. Non lo voleva lì perché le faceva male sapere che si era innamorato del suo alter ego coraggioso, altruista, sicuro di sé. Ma lei non era tutte quelle cose, lei era goffa, imbranata, timida, insicura. E il fatto che Adrien non si fosse innamorato di Marinette, significava che non amava la vera lei. E questo era doloro. Ma, più doloroso di qualsiasi cosa, era la consapevolezza di aver perso il suo confidente segreto, quello a cui poteva dire tutto, a prescindere da quanto brutta la cosa fosse. Chat Noir non c'era più, non poteva più confidargli i suoi problemi d'amore, ora che era consapevole che dietro alla maschera c'era il ragazzo che amava.
-D'accordo. Mi posso sedere?- le chiese gentilmente.
-Sì, certo che ti puoi sedere, scusami.- non riuscì a fare a meno di scusarsi per la sua maleducazione che, nonostante tutto, lui non meritava affatto. Si alzò e andò a prendere la seconda sedia, che teneva dietro al cartonato di Jagged Stone.
Si sedettero insieme alla scrivania. Marinette, per quanto lo volesse, non riusciva a studiare, non con Adrien Agreste in camera.
-Quando hanno mandato in onda camera tua, durante la trasmissione con Jagged, non c'erano più foto? Perché le hai tolte? Ero venuto tutto sommato bene.-tentò di scherzare.
-Sei un modello, Adrien, certo che eri venuto bene.- rispose ovvia Marinette chiudendo il libro di biologia, rinunciando del tutto a studiare, -Però non mi soddisfacevano. Erano delle foto false.-
-False? Giuro che ero io, nessuna controparte.- scherzò di nuovo, facendo sbuffare la ragazza.
-Santo cielo, non era quello che intendevo! Intendevo dire che non eri davvero te. Sorridevi e tutto il resto, ma le foto di quando siamo tutti insieme io, te, Alya e Nino, sono più belle. Sei più naturale, più tu.- rispose con calma, -Quelli delle copertine sono sorrisi falsi, è facile da notare, se ci fai attenzione.-
Adrien aveva la bocca secca. Era innamorata di lui a tal punto da riconoscere se un suo sorriso era vero o meno? Sorrise.
-Nessuno se ne era mai accorto. Non hai idea di quanto questa cosa mi faccia piacere. Comunque, non ero qui per parlare di questo. Io volevo parlare di...-
-So di cosa volevi parlare, ma no, ti prego.- lo interruppe Marinette.
-Perché no?- le chiese Adrien stranito. Non aveva nulla di brutto da dirle, a meno che lei non trovasse negativo il fatto che il ragazzo di cui era innamorata si fosse innamorato di lei.
-Perché fa già abbastanza male così, senza metterci anche il carico da undici.- disse brevemente.
-Metterci il carico da undici? Ma di cosa parli? Perché fa già male così?- chiese senza capire Adrien, -Marinette, io non ti sto rifiutando.-
Quindi, si era giunti subito al sodo. Voleva parlare chiaro? E allora avrebbero parlato chiaro.
-No, non lo stai facendo, hai ragione. Lo sto facendo io.-
Per Adrien fu come una pugnalata al cuore.
-Cosa? Perché? Credevo fossi innamorata di me... tu hai detto a Chat Noir di amarmi. Credevo ti avrebbe fatto piacere sapere che ero innamorato di te. Non capisco...-
Marinette girò sulla sua sedia fino a dare le spalle ad Adrien, poi tornò a guardarlo.
-Certo che sono innamorata di te, Adrien, lo sono da quando mi hai dato il tuo ombrello, il primo giorno di scuola.- confessò per la prima vera volta, -Ma tu non ami me, tu ami Ladybug.-
-Ma tu sei Ladybug.-
Marinette strinse le labbra, non doveva piangere.
-Io non sono Ladybug, non sono coraggiosa, sicura di me e altruista come lo è lei. Io sono goffa, timida, imbranata, faccio un casino dopo l'altro. Ed è questa la vera me, Adrien. Tu ti sei innamorato di Ladybug, non di Marinette. Per questo ti sto rifiutando.- disse, sempre più piano.
Adrien non disse nulla per un po', pensando a quello che Marinette gli aveva detto.
-Ti sbagli.- disse poi, attirando nuovamente la sua attenzione, -Hai ragione, mi sono innamorato di Ladybug, e tu di Adrien, ragione per cui hai sempre rifiutato Chat Noir. Ma ti ricordi cosa ti ho detto, al picnic che hai organizzato nel giorno degli eroi? Ho detto che era giusto che, per una volta, fossimo noi ad aiutare te, perché tu ci aiuti tutti i giorni. Poi ti ricordi cosa ho detto?- le chiese.
Marinette giocava con la penna senza guardarlo.
-Hai detto che io sono la vostra Ladybug di tutti i giorni.- disse in un sussurro.
Adrien annuì.
-Credevo davvero in quello che stavo dicendo. Tu sei Ladybug, Marinette, con o senza la maschera. Hai ragione, sei la ragazza più timida e imbranata che conosca, ma questo ti rende speciale, di rende unica. L'unica cosa che la maschera ti ha permesso di fare, è stato vincere la tua timidezza. Con la maschera, quando nessuno può riconoscerti, sei formidabile. Ma nonostante questo, ci sono stati dei momenti in cui sei stata Marinette. La prima akuma, ad esempio: non l'abbiamo purificata, e tu ti sei incolpata di quello che è successo dopo. E ci sono stati momenti in cui Marinette si è atteggiata tale e quale a Ladybug, come quando Evil Illustrator ti ha attaccata e siamo rimasti chiusi in una scatola sulla Senna. Non sono io che ti ho salvato, l'idea per uscirne è stata tua. Le idee per uscirne sono sempre state tue.- le disse posando la penna sulla scrivania e prendendole le mani, -E, altra cosa su cui ti sbagli: non è vero che mi sono innamorato solo di Ladybug, sono solo stato troppo cieco per accorgermi di quello che provavo per te. Come Adrien era difficile, tu eri sempre timida e balbettavi, ma quando stavo con te come Chat Noir eri una persona completamente diversa. Durante quei momenti passati con te, a parlare sul tuo balcone, ho iniziato a provare qualcosa per te. Ho sempre creduto che fosse amicizia. Non ne sono più così sicuro.-
Marinette non rispose, e Adrien ne approfittò. Puntò i piedi a terra, contro le ruote della sedia della ragazza, e tirò le sue mani. Poi, in un solo gesto, la girò e la fece sedere di fianco sulle sue gambe. Era rigida, lo sentiva. Le passò una mano intorno alla vita mentre con l'altra continuava a tenerle la mano. Con il pollice cominciò ad accarezzarle il fianco, tentando di farla rilassare. Ci volle un po' ma, alla fine, Marinette si lasciò andare con un sospiro e abbandonò la sua testa sulla spalla del ragazzo.
-E infine, ultima cosa su cui ti sbagli clamorosamente: io non ho affatto scelto Lila, nessuna persona sana di mente scegliere lei tra voi due. Io ho scelto te, milady, e continuerò a farlo.- sussurrò contro il suo orecchio.
Il cuore di Marinette ebbe un sussulto nel sentire quelle parole e, con gli occhi lucidi, alzò la testa per guardarlo. Gli occhi verdi erano calmi, e lui sorrideva tranquillo. Marinette annuì. Un gesto banale che però, in quella circostanza, per Adrien significò tutto.
Lentamente, con delicatezza, avvicinò il suo volto a quello di Marinette. Non la baciò, rimase fermo a qualche centimetro dalle sue labbra e la guardò: aveva gli occhi chiari lucidi, le gote arrossate e Adrien non riusciva a capire se fosse sul punto di piangere o di morire dall'imbarazzo. In ogni caso, più o meno volontariamente, Marinette inclinò leggermente il volto verso di lui, come una calamita attratta dalle sue labbra carnose.
Sua madre, a giudicare dal rumore di stoviglie, doveva essere tornata di sopra. Ma nessuno dei due ci fece caso, occupati a pensare a tutt'altro. Fu Adrien ad annullare le distanza tra loro, coinvolgendola in un dolce bacio. Le farfalle che Marinette aveva provato sin da quando aveva toccato le gambe di Adrien esplosero nel suo stomaco mentre lei si stringeva di più a lui, passandogli le mani sulla nuca, assaporando quel bacio agognato per mesi.
Adrien le strinse di più la vita nel suo abbraccio mentre la baciava. Le labbra di Marinette erano morbide e sapevano di dolce, probabilmente a causa di qualche biscotto cucinato dai suoi genitori.
Non parlarono, neanche quando alla fine si separarono. Marinette posò di nuovo la sua testa sulla spalla del ragazzo e Adrien continuò a stringerle la vita.
Non un suono, non un movimento escluso quello della sedia girevole. Intorno a loro, un silenzio che valeva più di mille parole.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incontro notturno - Ladynoir ***


Cinque giorni. Cinque giorni e sarebbe finita la scuola. Questa era l'unica cosa che dava la forza a Marinette di alzarsi dalla sua sdraio sulla terrazza per studiare per le ultime interrogazioni. Nonostante i tentativi di non godersi il caldo di Giugno, non ne poteva fare a meno. Le voci che aleggiavano per la città fino a notte inoltrata, la musica nei bar... amava tutto dell'estate. E, oltre a tutto ciò, era finalmente riuscita a dimenticare Adrien. Per mesi, forse anni, aveva relegato Chat Noir nella friendzone e iniziava a pensare di averlo fatto per troppo tempo. Nelle ultime settimane aveva legato molto con il suo biondo compagno di classe, ora che finalmente era stat superata la fase del balbettio cronico.
Erano circa le nove e mezza di sera e Marinette si era appena infilata il piagiama estivo e ora stava seduta sulla sedia a sdraio con i piedi appoggiati alla ringhiera. Quella mattina a scuola si era messa d'accordo con Adrien per una telefonata fiume perché, a quanto pareva, il ragazzo aveva un disperato bisogno di consigli. La ragazza sorrise quando, puntualissimo, il telefono squillò e sulla schermata principale apparve il nome di Adrien Agreste. Prese il telefono e si sistemò meglio prima di rispondere.
-Non ti facevo così puntuale sai, Agreste?- disse mentre si allungava per avvicinare il bicchiere di acqua gelida che si era portata di sopra.
-Davvero? Con tutti gli appuntamenti per servizi fotografici e sfilate avresti potuto immaginarlo...- rispose il ragazzo ridacchiando.
-Forse hai ragione.. come stai?-
-Abbastanza bene dai... non ce la faccio più a stare sui libri...- disse Adrien sospirando rumorosamente.
-A chi lo dici.. sono stata tutto il pomeriggio a studiare storia e chimica... speravo che almeno adesso avrei avuto più tempo per buttare giù qualche bozza di vestiti, e invece pare mi toccherà aspettare l'estate.-
-Già, a proposito dell'estate...- disse Adrien evasivo.
-Si?- chiese curiosa Marinette.
-Beh.. hai presente i bozzetti che mi avevi dato da guardare? Ecco, mio padre li ha visti e ha detto che sarebbe felice di conoscerti meglio perché hai talento. Ha detto che sarebbe felice se questa estate venissi da noi qualche giorno a settimana come "apprendista".- Adrien tacque. Marinette si stava sentendo male. Nella sua testa continuava a sentire quelle parole ...perché hai talento... ...qualche giorno a settimana come apprendista... Respirò affannosamente.
-Non.. non mi prendi in giro vero, Adrien Agreste? Perché se è così giuro sulla testa di Chloé che vengo sotto casa tua e ti prendo a calci!- disse mentre tremava tutta dalla gioia.
Adrien rise di gusto.
-Ti giuro che sono serio, Marinette. Deduco che ti farebbe piacere.-
-Se mi farebbe piacere? È il mio più grande sogno. Passare l'estate a sentire i consigli del mio idolo della moda? Gabriel Agreste mi prenderebbe come apprendista?! È un sogno ad occhi aperti. Non ci credo. Sono sicura che io me lo stia sognando. Assolutamente.- disse con la voce più alta di qualche ottava facendo nuovamente ridere il biondo.
Dopo diversi miuti riuscì a calmarsi.
-Comunque. Vuoi un consiglio. Parla.- disse poi.
-Giusto... beh, hai presente Katami?-
-Certo che ho presente Katami.-
-Beh ecco.. diciamo che ci prova un po' tanto e in modo evidente con me da qualche giorno.-
Marinette rise.
-Che cosa c'è?- disse Adrien sorridendo.
-Beh, diciamo che hai finalmente aperto gli occhi. Sono mesi che ci prova.- disse Marinette continuando a ridere.
-Oh, piantale di ridere! Non prendermi in giro! Comunque, non so come dirle di no.-
La ragazza smise immediatamente di ridere e si tirò su a sedere.
-Mi vuoi dire che non ti piace?!- chiese stupita.
Adrien sospirò.
-No, certo che no. Voglio dire: come amica magari, ma sono innamorato di un'altra.-
Marinette si rimise stravaccata sulla sdraio.
-Ero convinta ti piacesse più di una amica... vabbè, torniamo al tuo problema: credo tu debba essere sincero con lei. So quanto sia difficile rifiutare qualcuno, ti ricordi quando Nathaniel è stato akumizzato? Beh, appena dopo ho dovuto rifiutarlo. È stato terribile, però ora siamo amici. È come una spina: devi toglierla o ti farà male.- disse bevendo un goccio di acqua fresca mentre accarezzava la testolina di Tikky che si era accoccolata sul suo ventre.
Adrien non disse nulla per un po'.
-Hai ragione sai? Bisogna essere sinceri con le persone a cui si vuole bene. Grazie Mari, ti devo un favore.-
Marinette ridacchiò.
-Ma figurati.- disse.
-No, davvero. Tu?-
-Cosa?-
-C'è qualcuno?- chiese con lo stesso tono di voce che usava Alya quando le chiedeva di Adrien. La ragazza non disse nulla per un po': doveva rimanere sul vago.
-In realtà un ragazzo c'è... è un sacco gentile con me, mi protegge sempre.. e sa farmi ridere. Da sempre.- disse guardando il profilo della Tour Eiffel dal suo balcone con occhi sognanti mentre pensava a quel gatto.
-Beh, da come ne parli sembra contare molto per te... cosa ti frena?- chiese dolcemente Adrien.
-Conta molto per me, però è una situazione un po' complicata. Lui ci prova con me da un po' ma io ero innamorata di un altro e l'ho superata da qualche settimana... quindi non so se potrebbe funzionare con lui. Non sono sicura di cosa provo per lui.- disse con un sorriso triste.
Adrien ci pensò un po' su.
-Prova a descrivermelo. Caratterialmente.-
Marinette sorrise.
-Oh, è fantastico. È irritante, ma sa sempre come farmi tornare il buon umore. Con lui posso essere me stessa, non mi giudica mai e quando perdo fiducia in me stessa sa farmela tornare con due parole. Sa essere dannatamente dolce e romantico quando vuole e..-
-E?-
-Farei qualsiasi cosa per lui. Voglio solo che lui sia davvero felice. Mi fa stare bene vederlo felice.-
Dall'altro capo del telefono Adrien rise.
-Beh, benvenuta nel club degli innamorati Marinette. Hai gli occhi a cuore mentre parli di lui.-
-Non puoi vedere i miei occhi...-
-Ma posso sentire la tua voce che dice che vorresti che facesse il primo passo. Quando lo farà, perché da quanto ho capito lo fa sempre, assecondalo.-
-È una cosa più complicata di così Adrien. Io e lui... ci conosciamo come nessuno ci conosce ma allo stesso tempo siamo dei perfetti sconosciuti. Abbiamo interessi completamente diversi e ci vediamo sempre in un solo modo.-
Adrien ci stava campendo sempre meno.
-Devi fare ciò che ritieni più giusto per te e per lui. Non importa cosa, purché ti faccia stare tranquilla.-
-Grazie Adrien..-
Adrien sorrise e così fece Marinette. Per qualche secondo non dissero nulla ma poi, in lontananza, sentirono un boato.
-'Notte Mari, credo che andrò a dormire.-
-'Notte, a domani.- disse anche lei in fretta. Si legò i capelli che aveva lasciato sciolti e poi si preparò a trasformarsi. Prima di saltare oltre la ringhiera e andare a combattere il cattivo, vide che Adrien le aveva mandato un messaggio. Lo lesse in fretta e decise che aveva ragione.
Solo una cosa Mari, non permettere a niente e nessuno di mettersi tra te e le cose che ami.

***

Quella sera l'akuma era stata particolarmente difficile da sconfiggere. A quanto pareva, Papillon stava prendendo sempre più potere.
Ladybug si tirò in piedi dopo una caduta di qualche metro su una aiuola.
-Tutto bene Milady?- chiese preoccupato Chat Noir atterrando vicino a lei e aiutandola.
-Sto bene Chat, grazie.- disse pulendosi la tuta rossa dalle foglie e dalla terra.
Tra di loro calò un silenzio imbarazzante fino a quando Chat Noir non parlò.
-Senti, stavo pensando... ormai è estate e non abbiamo più molto da fare quindi magari potremmo fare una passeggiata.- disse, sapendo che la ragazza avrebbe rifiutato come sempre.
-Si, va bene. Posso solo andare a casa veloce a lavarmi e a dare da mangiare a Tikky?- chiese guardandolo. Chat Noir aveva la bocca aperta. Mai si sarebbe aspettato una risposta affermativa dalla ragazza.
-Ehm, si certo!- disse con la voce di un'ottava più alta. Ladybug sorrise mentre lanciava il suo yo-yo.
-Alle 23:00 sulla Tour Eiffel.- disse prima di scomparire.
Quando si detrasformò corse in bagno per ispezionarsi la schiena che le faceva male.
Si tolse la maglia e il reggiseno e si guardò allo specchio. Sul lato sinistro aveva diversi graffi che sanguinavano.
-Fatti la doccia, così dopo ti posso medicare.- le disse dolcemente Tikky. Marinette annuì e finì di spogliarsi per poi gettarsi sotto al getto d'acqua. La ferita le doleva terribilmente al contatto con l'acqua e, mentre si ripuliva dai residui della battaglia storse il volto. Prese un asciugamano e uscì dal alla doccia asciugandosi velocemente. Erano le 22:45, aveva poco tempo. Si infilò le mutande e si girò verso Tikky. La piccola creatura a aveva in mano un pezzo di cotone impregnato di disinfettante grande come la sua testolina rosa. Pulì delicatamente la ferita e poi prese un grosso cerotto medico e glielo mise sopra.
-Meglio?-
-Abbastanza. Pronta?-
Tikky annuì.
-Bene. Tikky, trasformami!-
In pochi minuti era diventata Ladybug e, volteggiando sui tetti della bella Parigi, era arrivata sulla Tour Eiffel. Era, stranamente, in anticipo di cinque minuti. Si sedette sul parapetto e sorrise, felice di trascorrere un po' di tempo con quel rompiscatole di Chat Noir.
-Ci hai messo poco a farti la doccia... non pensavo che le ragazze ci riuscissero.- disse Chat Noir arrivando e sedendosi al suo fianco.
Ladybug sorrise.
-Già, beh... nessuna ragazza fa le cose che faccio io.- disse ridacchiando.
-Hai ragione. Tu sei speciale.- disse il biondo. Ladybug abbassò gli occhi arrossendo appena. Una strana sensazione di calore le scaldò il petto.
-Non è vero. Sono solo una ragazza che ha tante cose da fare e non vede l'ora che arrivi l'estate.- disse semplicemente.
-Forse. Ma per me sei speciale Milady. Lo sarai sempre. Anche se non ricambi i miei sentimenti.-
E ora, cosa avrebbe dovuto dirgli? "Hey Chat, a tal proposito credo di volerti limonare peggio di Ron e Lavanda in Harry Potter e il Principe Mezzosangue"? No, forse era meglio "Un amico mi ha aperto gli occhi e ho deciso che voglio stare con te perché sono una stupida idiota e non ho mai capito che tra me e il famoso Adrien Agreste non avrebbe mai funzionato"? No, forse era meglio la prima. Meglio tenere fuori Adrien. Fece un respiro, pronta a dirgli tutto, e poi...
-Facciamo un giro sui tetti, ti va?- chiese Ladybug, automaledicendosi per non aver avuto il coraggio di farsi avanti.
-Certo.- disse il ragazzo saltando giù dal parapetto e porgendole le mani per scendere a sua volta. Ladybug accettò. Fu un breve, rapido, istante. Quando le mani dei due si toccarono, una leggera scossa percorse la giovane eroina che si ritrovò ad alzare gli occhi verso il partner di tante avventure.
Il quel preciso istante, Marinette capì di non voler nessun altro al suo fianco. Non sapeva se una relazione tra quei due sarebbe mai durata, ma al momento non le importava.
Dal canto suo Adrien, ignaro di avere tutto il merito per la conquista, quando la ragazza lo guardò lesse nel blu dei suoi bellissimi occhi tutto quello che aveva da tempo bramato di trovarci. Amore. Ora che lei era scesa dalla balaustra i loro corpi si trovavano terribilmente vicini. Entrambi avvertivano un forte calore in tutto il corpo e una strana tensione al ventre. Chat Noir non lasciò le mani della ragazza neanche per un momento mentre si avvicinava impercettibilmente. Aveva un gran paura di essercelo sognato ma poi, sorprendendo entrambi, Ladybug si buttò su di lui posando le mani sul petto del ragazzo. Quando lei fece scontrare le loro labbra, Chat Noir decise che era decisamente morto e che quello era il paradiso. Non poteva essere altrimenti. Strinse le sue braccia intorno al corpo minuto di lei e approfondì il bacio. Si staccarono solo dopo diversi minuti, quando finalmente decisero che era giunto il momento di guardarsi negli occhi.
Chat Noir era fuori di sé dalla gioia. Anche Ladybug era felice, ma terribilmente in imbarazzo. Fece scivolare le mani sulle braccia del ragazzo senza riuscire ad alzare lo sguardo. Chat Noir sorrise nel vederla così imbracciata. Le spostò una ciocca sfuggita dai due codini e le sorrise.
-Allora, passeggiata sui tetti?- chiese dolcemente. Ladybug annuì e, meno di un secondo dopo, entrambi i giovani eroi stavano volteggiando tra le vie della città illuminata.
Talvolta si fermarono per baciarsi e sussurrarsi parole dolci e, per tutta la notte, se qualcuno si fosse svegliato avrebbe potuto avvertire in lontananza le risate felici di due giovani amanti.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Rivelazione ***


Quella battaglia, che all'inizio era sembrata semplice e veloce, si era presto trasformata in uno scontro diretto con Papillon e Mayura, la portatrice del miraculous del pavone.
Tutto era iniziato con l'akumizazzione di August, bambino desideroso di lecca-lecca, sproporzionatamente più forte delle volte precedenti. Avevano combattuto contro di lui per quasi un'ora, quando all'improvviso Chat Noir aveva avvistato Mayura su un tetto.
Cosa ci faceva lì? Se lo erano domandati entrambi. L'avevano seguita, attirando il bambino gigante verso la periferia della città, alla disperata ricerca di uno spazio grande dove poterlo far giocare, fino ad arrivare in un complesso industriale pieno di capannoni. Non era il massimo, ma era qualcosa.
-Occupati di lei, ci teniamo in contatto!- aveva gridato Ladybug a Chat Noir. Il piano non doveva essere troppo complicato: lui seguiva Mayura, lei prendeva il ciuccio del bambino gigante.
-Chat Noir, mi senti?- chiese mentre sferrava l’ennesimo colpo. Doveva riuscire a creare un lecca-lecca gigante.
-Forte e chiaro. La sto inseguendo a Nord, si allontana da Parigi.-
-Deve essere un diversivo per non portarci al rifugio di Papillon, e lui è di sicuro a Parigi.- gli rispose, -Lucky Charm!-
-Qualcosa di utile, milady?- domandò Chat Noir.
Ladybug non rispose, incredula. Per una volta, il suo potere le aveva fornito direttamente la cosa di cui aveva bisogno: un lecca-lecca gigante. Non credeva fosse possibile.
-Utilissimo, Chaton.- commentò lei cercando di non inciamparsi sotto al peso del lucky charm.
-’ecca-’ecca!- gridò August tutto felice prima di afferrarlo con una mano e infilarselo in bocca. Il ciuccio gli cadde di mano, ma lui non ci prestò molta attenzione.
-Con lui ho fatto, ti raggiungo.- lo informò mentre purificava l’akuma, -Dici che ho il tempo di riportarlo in città?-
August, tra le sue braccia, si guardò intorno senza riconoscere il luogo.
-Stiamo tornando indietro, milady.. non capisco che diamine stia facendo. Sbrigati con il bambino, non so per quanto riuscirò a starle dietro.-
Con un balzo, Ladybug saltò sui capannoni dell’area industriale e si mise a correre verso la città. Doveva sbrigarsi, Chat Noir aveva bisogno di lei.
-Eccolo qua, tutto intero. Abbiamo fatto un giro in periferia, vero August?- disse Ladybug sorridente mentre porgeva il bambino alla madre.
-Grazie, Ladybug. Ringrazia anche Chat Noir.- rispose la donna. Ladybug annuì.
Bene, torniamo indietro, pensò ricominciando a correre verso i capannoni. I suoi orecchini suonarono. No, non aveva il tempo di andare e sconfiggere Mayura prima di ritrasformarsi.
-Chat Noir, devo ricaricarmi. Ci risentiamo tra cinque minuti.- informò il suo compagno, -Tikky, ritrasformami.- sussurrò poi nascondendosi in un vicolo. L’esserino rosa volò fuori dai suoi orecchini.
-Tieni, mangia.- le disse Marinette frettolosamente guardandosi attorno. Aveva una strana sensazione, ma non avrebbe saputo spiegarla.
Il cielo era intonso sopra di lei, e lei non poté fare a meno di pensare che forse, lì da qualche parte, Adrien stava guardando quello stesso cielo in quel momento. Quel pensiero glielo fece sentire un po’ più vicino. Non sapeva esattamente per quale ragione sentisse il bisogno di sentire il ragazzo più vicino dato che lo aveva visto giusto qualche ora prima. Forse era semplicemente un momento di intenso innamoramento, oppure era il suo istinto che tentava di lanciarle dei segnali, come se fosse stato consapevole di ciò che sarebbe accaduto di lì a breve.
Non appena Tikky ebbe mangiato, Marinette ritornò Ladybug. Preso l’auricolare per contattare Chat Noir, si rimise a correre verso la periferia in cui aveva abbandonato il suo amico.
-Chat Noir, mi senti? Sono tornata.- lo informò.
-Appena in tempo, Insettina. L’ho seguita di nascosto, non sa che sono qui. C’è Papillon. Chiama gli altri, potrebbe essere la nostra occasione.- le sussurrò lui. Ladybug si arrestò.
-Corro. Tieni duro, mon Chaton.-
Due isolati da casa di Rena Rouge, tre da quella di Carapace e cinque da quella di Vesperia*. Poteva riuscirci. Doveva riuscirci, non poteva lasciarseli sfuggire.
Corse più veloce che potè e si lanciò all’interno della camera della sua migliore amica attraverso la finestra aperta.
-Ladybug? Tutto okay?- chiese un’incredula Alya Césaire affiancata da un altrettanto incredulo Nino Lahiffe.
-Siete insieme, fantastico!- sospirò sollevata, -Rena Rouge, Carapace, ho bisogno di voi. Non vorrei mai parlare troppo presto, ma potremmo averli in pugno tutti e due.- disse porgendo loro i miraculous della volpe e della tartaruga.
-Intendi…?- domandò Nino mentre si infilava il gioiello al polso liberando Wayzz.
-Esatto.- disse, -Trasformatevi e raggiungete Chat Noir senza farvi vedere, io vado a recuperare Vesperia. Teniamoci in contatto, ci vediamo lì.-
Era un'occasione d’oro, non potevano sprecarla. Non ora che Papillon si era offerto loro su un piatto d’argento. Cinque contro due, senza nessuna akuma a disposizione. Avrebbero dovuto mettere fuori gioco Mayura per impedirle di creare sentimostri, poi avrebbero pensato a Papillon.
Ladybug balzò sopra i comignoli di Parigi così veloce che parve volare.
-Zoe, desolata di disturbare. Cambio di programmi per questa sera. Ho bisogno di Vesperia.- le disse. Zoe era stravaccata sul suo divano con in mano il suo computer ed era intenta a guardare l’ultima puntata di New Amsterdam.
-Non potevi arrivare in un momento meno opportuno, ma sono a tua disposizione, Ladybug. Pensavo aveste sconfitto il bambino gigante, visto che non era più in giro.-
Ladybug rise.
-Lo abbiamo sconfitto, ma abbiamo cattivi per più importanti da sconfiggere a portata di mano.- le disse mentre le porgeva il fermaglio, miraculous dell’ape. Zoe lo prese: -Pollen, trasformami!- recitò.
Qualche secondo dopo, Ladybug e Vesperia correvano sui tetti di Parigi.
-Nel tuo yo-yo, prendi l’auricolare. Saremo tutti in contatto così.- le spiegò Ladybug mentre saltavano un comignolo.
-Ragazzi, mi sentite?- domandò poi.
-Forte e chiaro, Insettina.- rispose Chat Noir, seguito da Rena Rouge e Carapace.
-Siete tutti là? Io e Vesperia stiamo arrivando.-
-Tutti qui, come ci avevi detto.- rispose Rena Rouge a bassa voce.
-Bene, ecco il mio piano: prima neutralizziamo Mayura, così da impedirle di creare un nuovo sentimostro, poi ci concentriamo su Papillon.-
Seguirono alcuni secondi di silenzio.
-E se io e te ci occupassimo di Papillon e loro tre di Mayura?- domandò Chat Noir.
-No, per sconfiggere lui sarà necessario il potere di Vesperia… dividiamoci diversamente. Io, Rena Rouge e Carapace ci occuperemo di Mayura, mentre tu e Vesperia andrete dritti da Papillon.- suggerì.
Vesperia, al suo fianco, annuì.
-Molto bene, milady. Vi prego però, datevi una mossa.-
Corsero più in fretta possibile, allontanandosi inizialmente dal luogo dove tutti erano radunati per non rischiare di essere intravisti da uno dei due supercattivi. Corsero in mezzo agli alberi fino a raggiungere il resto della squadra.
-Descrivetemi la situazione.- disse mentre si sistemava a fianco di Chat Noir su un ramo. Vesperia raggiunse Rena Rouge e Carapace su quello accanto.
-Sono fermi lì a parlare da quasi mezz’ora.- disse semplicemente Chat Noir, mentre osservava Mayura e Papillon parlare sulla porta socchiusa del capannone.
Papillon, a circa dieci metri da loro, stava camminando avanti e indietro facendo oscillare il suo bastone a destra e sinistra mentre parlava con Mayura che, ferma sulla porta del capannone, lo guardava.
Ladybug toccò leggermente la spalla di Chat Noir che, dopo essersi voltato a guardarla, annuì. Piano, muovendosi lentamente e il più silenziosamente possibile, avanzarono insieme facendo segno agli altri di aspettare. Volevano avvicinarsi abbastanza da poter ascoltare le loro conversazioni.
-...un modo. Funzionerà. Deve funzionare.- stava dicendo Papillon, -Non posso permettermi di aspettare ancora… potrebbe non reggerlo, se continuiamo ad avere problemi con l’elettricità.- Elettricità? Che significava?
-Ce la farete, signore, ne sono sicura. Siete ad un passo dal riuscire a catturare i miraculous di Ladybug e Chat Noir, non ci vorrà ancora molto. Oggi abbiamo fatto passi da gigante, August ha solo due anni e guardate che cosa è riuscito a fare. Per poco non li ha messi in ginocchio.- gli rispose Mayura, -Credo che ora debba concentrarsi sul dirlo a lui.-
Papillon volse le spalle alla donna, come se non volesse sentire quello che lei gli stava dicendo.
-Ha il diritto di esserne informato, più tempo aspetterà più difficile sarà per lui da accettare, lo sapete.- insistette Mayura.
Papillon sospirò.
-Sì, lo so. Informerò mio figlio entro la fine della settimana.-
Ladybug e Chat Noir si guardarono sorpresi. Papillon aveva un figlio? Come poteva un uomo che, a detta sua, non aveva nulla da perdere avere un figlio?!
-Quando ve lo dico, attacchiamo. Manteniamo il piano come lo avevamo stabilito all’inizio, okay? Chat Noir e Vesperia, voi concentratevi solo su Papillon. A lei pensiamo noi tre.- sussurrò ai compagni, -Ora!-
Papillon e Mayura si voltarono nella direzione da cui era arrivata la voce, sorpresi e spaventati.
-Ti hanno seguita!- disse Papillon mentre prendeva il polso di Mayura, pronto a correre via.
Come in una coreografia provata cento volte, Chat Noir e Vesperia si tuffarono su Papillon, costringendolo a lasciare la sua presa sul polso della compagna per proteggersi.
E mentre loro combattevano, Rena Rouge e Carapace si concentrarono su Mayura insieme a Ladybug. La donna era indubbiamente molto forte e molto ben addestrata. Riusciva a prevedere alcune delle loro mosse sufficientemente bene da contrastarle con forza.
Volarono calci e pugni da ambe le parti e in ambo i combattimenti, fino a quando Papillon non venne spinto all’interno del capannone alle sue spalle uscendo dal campo visivo di Ladybug. Da adesso, non era più un problema suo. In teoria, non lo era mai stato. Ma non poteva farci nulla: quando combattevano fianco a fianco, Ladybug aveva sempre l’occhio puntato anche sul nemico del suo collega, e così era per Chat Noir. Nessuno dei due riusciva mai a concentrarsi completamente su qualcosa che non riguardasse l’altro.
-Disarmatela, prendete il ventaglio!- urlò Ladybug ai due supereroi che la fiancheggiavano. Ma era più semplice a dirsi che a farsi. Tutto il potere di Mayura era racchiuso nelle piume del ventaglio.
-Non ci riuscirai, Ladybug. Siete troppo deboli, non siete altro che un gruppo di ragazzini travestiti che giocano a fare gli eroi. Non sapete ancora com’è la vita vera.- disse Mayura prendendo un amok dal ventaglio e stregandolo.
-Scudo protettivo!- disse Carapace mentre dalla piuma, che ora si trovava all’interno di un ciondolo al polso di Mayura, nasceva un sentimostro dalle dimensioni di una libreria.
-Cosa facciamo, Ladybug?- domandò Rena Rouge cercando di ignorare ciò che Chat Noir e Vesperia si stavano dicendo.
-Non lo so… Rena Rouge, tieniti pronta ad usare il tuo potere.- disse piano, in modo tale che Mayura non potesse sentire: -Dovrai accecarla. Un’illusione qualsiasi, non mi importa. Deve essere presa in contropiede per qualche secondo, giusto il tempo di prendere l’amok. Carapace, tu mantieni lo scudo fino a quando il sentimostro non sarà scomparso.-
Già, il sentimostro. Quella cosa enorme che si trovava proprio sopra lo scudo di Carapace. Era viola, grosso e brutto: aveva due paia di ali semi trasparenti simili a quelle di una libellula, un lungo corpo simile a quello di un ragno (con tanto di otto zampe annesse) e una coda che ricordava spaventosamente quella di uno scorpione. Mayura si era davvero impegnata, non glielo si poteva negare.
-Adesso, Rena Rouge.- disse Ladybug.
Il flauto volò nella mano della portatrice del miraculous della volpe così velocemente che parve quasi invisibile: -Miraggio!-
Davanti a sé, Ladybug vide l’immagine sfocata di una donna di spalle. Non la riconobbe, nonostante i capelli biondi e l’abito elegante le fossero familiari.**
Mayura indietreggiò di qualche passo, confusa. Lei... era impossibile! Ci mise un secondo di troppo a capire che si trattava di un’illusione, secondo cui Ladybug approfittò per lanciarsi avanti e affermare tra le mani il bracciale che conteneva l’amok. Qualche secondo dopo, il mostro era sparito. Rena Rouge si lanciò in avanti e, con un solo colpo di flauto, scaraventò il ventaglio di Mayura ad una decina di metri di distanza.
-Ladybug, vieni!- Ladybug sentì Chat Noir nel suo orecchio.
-Qui ce la caviamo, Ladybug, vai.- la rassicurò Carapace.
Ladybug annuì, poi, con un balzo, superò il combattimento e si diresse correndo verso il capannone. L’interno era alquanto buio, ma Chat Noir e Vesperia avevano aperto uno squarcio sul tetto per far entrare un po’ di luce. Ladybug si fermò di fronte a Papillon.
-Forza, dillo, siamo stati fantastici.- sogghignò Chat Noir mentre, vicino a Vesperia, ammirava l’opera fatta: Papillon, ai loro piedi, era in ginocchio, disarmato e immobilizzato dal potere di Vesperia.
-Voi.. siete fantastici.- disse Ladybug a bocca aperta.
Chat Noir rise: -Non volevo iniziare la festa senza di te, milady. A te l’onore.-
Papillon la osservava torvo mentre lei gli si avvicinava sempre di più. Quindi, alla fine, la resa dei conti era arrivata. Non era stata come se l’erano immaginata, ma ciò non importava poi così tanto. Papillon era lì ai suoi piedi, incapace di difendersi. Il miraculous della farfalla era a pochi centimetri dalla sua guardiana, dopo più di un secolo. Ladybug allungò la mano con determinata calma. Gli occhi di Chat Noir e Vesperia erano fissi sull’uomo.
E poi, in un secondo, la spilla fu tolta. Un momento di profondo silenzio seguì la rivelazione.
-...papà?…- sussurrò poi Chat Noir, il ghigno che aveva avuto in volto fino ad un momento prima ormai morto sul suo volto, così impercettibilmente che gli auricolari non lo colsero. Fuori infuriava ancora la battaglia, a giudicare dai rumori.
-Gabriel Agreste?- sussurrò a sua volta Ladybug, -Quindi avevo ragione, l’ho sempre avuta. Chat Noir, hai visto? Alla fine..- ma si interruppe. Chat Noir era rimasto pietrificato vicino a Vesperia che, unica ad aver sentito quello che aveva detto il ragazzo, ora lo guardava quasi spaventata.
-Chaton, tutto..?- ma di nuovo non riuscì a terminare la frase che Chat Noir aveva spiccato un balzo ed era scomparso nel buco del tetto in direzione di Parigi.
Suo padre. Suo padre e, sicuramente, Nathalie. Non sapeva chi dei due lo avesse deluso di più. Un dolore che non aveva mai provato prima gli stava dilaniando il petto. Papillon, il super cattivo di Parigi, era suo padre. Suo padre aveva cercato per tutto quel tempo di rubare i miraculous suo e di Ladybug per esaudire un desiderio. Quale? Lui lo sapeva bene quale, perché era anche il suo: riportare indietro sua madre, la bella Emilie Agreste. Ma la differenza fra lui e suo padre era che suo padre aveva fatto del male pur di giungere a ciò che desiderava, mentre lui non ci avrebbe neanche provato. Cosa ripeteva sempre Ladybug? Ogni desiderio ha un prezzo. Per ogni vita salvata un’altra verrà sacrificata. E lui non era nessuno per poter decidere chi poteva e chi non poteva avere una madre. Anzi, la faccenda era ancora diversa: nessuno sarebbe dovuto crescere senza sua madre, e lui non avrebbe sicuramente condannato qualcun altro a patire quello che aveva patito lui.
Un’immagine di Ladybug gli balenò nella mente. La sua faccia prima stupita e poi confusa gli si piazzò davanti così chiaramente che per poco non inciampò.
Cosa farò adesso?, si chiese mentre si sedeva sul tetto sul quale aveva preparato una sorpresa a Ladybug tanto tempo prima. Quando avrebbe voluto poter tornare a quel momento…
-Plagg, ritrasformami.- mormorò.
Per la prima volta in tutta la sua esistenza, Plagg non domandò del cibo. Rimase fermo a guardare il suo portatore portarsi le ginocchia al petto e posarci la testa sopra.
-Adrien… mi dispiace tanto…- gli disse, sincero, mentre gli volava accanto e si intrufolava tra le sue braccia serrate.
-Perché, Plagg, perché?- continuava a domandare Adrien mentre piangeva.
-Vorrei tanto poterti rispondere, Adrien.- gli rispose il Kwami asciugandogli una lacrima. Ed era vero: in quel momento, non c’era nient’altro che Plagg avrebbe voluto fare. Cosa poteva rispondergli? Che suo padre lo aveva trascurato tutto quel tempo per poter essere Papillon e che Natalie lo aveva coperto? Che ogni cosa che suo padre gli aveva lasciato fare era stata dettagliatamente architettata in modo da poterne avere un tornaconto come Papillon? Che suo padre teneva più alla sua felicità che a quella di suo figlio?
Adrien stava male come mai prima d’allora, e l’unica persona che poteva migliorare la situazione si trovava da tutt’altra parte. Plagg abbracciò il collo di Adrien e stette in silenzio.

***

Ladybug era rimasta interdetta. Ciò che le era chiaro era che, se Papillon era Gabriel Agreste, Mayura doveva essere Natalie, la sua assistente. Ma per quale motivo Chat Noir si era comportato in quel modo? E perché Vesperia aveva quell’espressione spaventata e impietosita allo stesso tempo in volto?
-Vesperia?- chiese Ladybug osservandola con un sopracciglio alzato. La ragazza non disse nulla, limitandosi a guardare il punto in cui era scomparso Chat Noir, Gabriel Agreste e Ladybug. Le ci volle un po’ per capire cosa Vesperia stava cercando di comunicarle. Ovviamente, non voleva che l’uomo sentisse.
Mettere tutti i pezzi al loro posto fu quasi doloroso: Papillon che dice di avere un figlio, Adrien; Chat Noir che rimane sconvolto nel riconoscere Gabriel Agreste sotto la maschera del super cattivo. In un breve, intenso istante Ladybug si rese conto che, tra i tanti che aveva salvato, Adrien non c’era. Si rese conto che non aveva mai visto Chat Noir e Adrien insieme contemporaneamente. Si rese conto che, quando aveva pensato che Chat Noir avesse scoperto la sua identità segreta perché Adrien, una volta scoperta, l’aveva detto a qualcuno che lo aveva detto a qualcun altro fino a creare una catena, aveva commesso un enorme errore. Perché Adrien era troppo nobile e puro per fare una cosa simile. Adrien non sarebbe mai andato in giro a raccontare a tutti che aveva scoperto l’identità segreta di Ladybug. L’unico modo che Chat noir aveva per scoprire l’identità della sua lady era scoprirlo da sé.
Vesperia annuì quando vide, sul volto di Ladybug, maturare la dolorosa consapevolezza di aver combattuto, per tutto quel tempo, al fianco di Adrien Agreste. In quel momento, poco importava cosa Chat Noir avesse o meno sussurrato.
-Trova una corda, poi nasconditi e ricarica il tuo kwami.- disse mesta, quasi preoccupata, mentre si guardava intorno. Se Adrien era Chat Noir, voleva dire che pochi istanti prima aveva perso suo padre e la donna che, da quando sua madre era morta, più si era presa cura di lui. Fuori dal capannone, Alya e Nino combattevano contro Natalie. Non poteva lasciare che i due scoprissero le vere identità di Papillon e Mayura: per Adrien sarebbe stato già abbastanza complicato superare tutto senza doversi sorbire la pietà dei suoi migliori amici.
-Ho trovato queste.- disse Vesperia porgendo a Ladybug delle fascette stringicavo.
-Mettigliele intorno ai polsi e intorno alle caviglie, dobbiamo impedirgli di muoversi.- le spiegò. Poi, mentre Vesperia si inginocchiava e si metteva all’opera, Ladybug disse, senza avere l’energia di urlarlo: -Lucky Charm.-
Una corda rossa a pois neri le ricadde in mano. Esattamente ciò che le serviva. Forse, come aveva già sperimentato nel combattimento contro il piccolo August, a volte bastava davvero solo chiedere. Si avvicinò allora a Gabriel Agreste e lo trascinò fino a quella che sembrava una ringhiera di ferro dismessa e ve lo legò contro mentre Vesperia si ritrasformava e tornava, qualche minuto più tardi, nel pieno delle sue energie.
-Ora cosa facciamo?- domandò avvicinandosi a Ladybug.
-Ora prendiamo Mayura. Ma solo io e te, okay?- le rispose. Vesperia annuì. Si tolsero entrambe gli auricolari, ignorando Gabriel che, dietro di loro, si contorceva e agitava per liberarsi.
-Userai subito il tuo potere su di lei, poi manderò a casa Rena Rouge e Carapace. Solo allora le prenderemo il miraculous, chiaro? Nessuno, oltre noi due e Chat Noir, deve conoscere le loro vere identità.-
Le istruzioni erano chiare. Lasciarono perdere il signor Agreste e si diressero correndo piano verso la porta del capannone.
-Veleno- sussurrò Vesperia tenendo in mano il suo yo-yo. Quando Ladybug si voltò a guardarla, Vesperia annuì e insieme uscirono alla calda luce del tramonto. Mayura ebbe solamente il tempo di voltarsi prima che il pungiglione della supereroina la toccasse proprio in mezzo alle scapole, pietrificandola.
-Avete già finito con Papillon?- domandò stupito Carapace.
-Sì, e ora vi devo chiedere un favore. Gradirei non discutere le mie scelte, okay?-
Rena Rouge e Carapace si guardarono confusi, poi annuirono.
-Ora voi tornate a casa, a quella in cui vi ho trovato, io passerò tra poco a riprendere i vostri miraculous.- disse Ladybug con una certa fretta nella voce, i pensieri costantemente rivolti verso Chat Noir.
-Cosa? E lei?- domandò Rena Rouge.
-Di lei ce ne occupiamo io e Vesperia, Rena Rouge, non ti preoccupare.- le rispose frettolosamente.
L’eroina la guardò con la bocca aperta. Stava davvero ordinando a loro due, i primi due supereroi che aveva scelto, di andarsene senza scoprire l’identità segreta di Mayura?
-Stai scherzando, vero?- domandò, alterata, -Siamo rimasti a combattere contro di lei per quasi un’eternità, e ora dovremmo andarcene senza nemmeno conoscere il suo vero nome?-
Anche Ladybug divenne irascibile.
-Sì, esatto, qualche problema la riguardo? Ho detto che non avrei discusso le mie scelte, e non lo farò.- rispose secca.
-Sì, ho qualche problema al riguardo. Perché lei sì e noi no? Pensavo fossimo una squadra. E dov’è Chat Noir?-
In quel momento, nel petto di Ladybug si fece strada una protettività e una rabbia che non aveva mai provato prima.
-Chat Noir deve essere l’ultimo dei tuoi problemi, okay?- la aggredì, e Rena Rouge sussultò, -E ora, o ci andate da soli a casa, o vi riporto io uno alla volta prima di concludere con lei.-
Un silenzio glaciale calò, come se lo spuntare della luna avesse portato con sé tutto il freddo del mondo. Ladybug e Rena Rouge si fronteggiavano, fissandosi negli occhi, entrambe arrabbiate mentre Carapace e Vesperia guardavano intimoriti la scena.
Poi, mentre Rena Rouge si preparava a rispondere, Vesperia si intromise tra le due.
-Basta. Calmatevi entrambe, la rabbia non ci aiuterà.- disse, comprendendo tuttavia tutti i motivi per i quali Ladybug fosse così irascibile, -Rena Rouge… non ti conosco, non so chi tu sia nella vita di tutti i giorni, ma so che senza Ladybug non saresti qui ora. Senza si lei, nessuno di noi tre sarebbe qui, oggi. Ci ha scelto personalmente perché credeva di potersi fidare di noi, ha riposto in ognuno di noi la sua fiducia. E noi, accettando i miraculous, abbiamo scelto di fidarci di lei allo stesso modo. Abbiamo scelto di unirci alla sua squadra, di diventare supereroi e di sottostare alle sue decisioni in quanto leader. Vi ha chiesto un favore, non ve lo ha ordinato, proprio in memoria della fiducia che ha riposto in voi la prima volta che vi ha affidato i miraculous. Te lo ha ordinato perché ti ritiene sua amica, e sa che ci sarai sempre nel momento del bisogno. Ora, lei ha bisogno di questo favore. Non pensi di poter fare ciò che ha chiesto?-
Ladybug fissò Vesperia senza parole e, a giudicare dallo sguardo di Rena Rouge, le sue parole dovevano aver toccato anche lei.
Senza dire una parola, Rena Rouge annuì. Poi afferrò Carapace per un polso e insieme scomparvero in direzione di Parigi. Ladybug volse a Vesperia uno sguardo pieno di riconoscenza.
-Io…- tentò di ringraziarla, ma l’altra scosse il capo.
-Non ti preoccupare, ho solo detto la verità. Ora occupiamoci di lei.- le sorrise Vesperia.
Qualche secondo dopo, anche il miraculous del pavone era tornato tra le mani del guardiano.
-Bene, riportiamoli in città. Come facciamo a farli passare inosservati?- domandò Ladybug.
Vesperia osservò per un attimo la donna pietrificata davanti a sé.
-Un modo si trova sempre. Ad ogni problema c’è una soluzione, giusto? E comunque, con loro me la cavo io. Tu hai una missione più importante da compiere.- le disse voltandosi a guardarla: -Va’ da Chat Noir, Ladybug. Quando avrai fatto, potrai passare da me quando vorrai.-
Ladybug fu presa in contropiede. Il suo dovere era quello di sistemare i due cattivi, ma ormai senza poteri cosa potevano fare? E Chat Noir era là fuori da qualche parte, probabilmente ritrasformato, senza cibo su qualche tetto, dove nessuno poteva raggiungerlo.
-Grazie, Vesperia, grazie davvero. Devi prendere una cosa, quando andrai a casa loro: ci deve essere una cassaforte da qualche parte, probabilmente nello studio del signor Agreste. All’interno, presumo, dovrebbe esserci un libro con il simbolo dell’ordine dei guardiani. Tienilo fino a quando non arriverò a prenderlo insieme al tuo miraculous, okay?-
Vesperia annuì avvicinandosi al capannone per andare a prendere l’uomo. Si salutarono con la mano, poi Ladybug lanciò il suo yo-yo e saltò sui vari capannoni dell’area industriale verso Parigi.
Prima tappa: casa di Alya.
Seconda tappa: casa sua.
Terza tappa: ovunque si trovasse Adrien.
Non ci mise molto a raggiungere la sua amica. Entrò dalla finestra aperta, proprio come qualche ora prima. Nino e Alya erano seduti per terra a ridere con Trixx e Wayzz. Non appena videro la supereroina si alzarono e si sfilarono i miraculous, porgendoli a lei.
-Scusa per prima, Ladybug. Mi sono lasciata trasportare.- si scusò Alya mentre Ladybug prendeva il suo miraculous. L’altra ragazza sorrise.
-Sono io che devo scusarmi con te per essermi arrabbiata. È stata una rivelazione complicata…- tentò di spiegarsi, finendo solo con l’incespicarsi ancora di più.
-...e rimanere avrebbe portato alla rivelazione dell’identità di uno di noi, probabilmente. Non c’è nulla che devi giustificare, Ladybug, non ti preoccupare.- terminò Nino al posto suo. Tutti e tre colsero la sottile allusione a Chat Noir.
-Sì, beh, grazie ragazzi. Ora devo andare, verrò a trovarvi di nuovo, magari per un gelato!- salutò, poi saltò di nuovo fuori dalla finestra.

***

Era ormai tardi quando Ladybug tornò a casa sua entrando dalla finestra della cucina che aveva lasciato aperta. Fortuna che i suoi genitori erano fuori città qualche giorno per un corso di formazione.
Il volto di Chat Noir, sovrapposto a quello del suo compagno di classe, era ormai indelebile nella sua mente e lo vedeva ovunque guardasse. Si diresse a passo spedito, senza nemmeno ritrasformarsi, verso il frigorifero e lo aprì guardando cosa c’era dentro: due porzioni e mezza del polpettone cucinato da sua madre, succo di frutta, verdure varie, camembert e latte. Afferrò il formaggio e il polpettone. Vi tolse il coperchio, poi lo mise nel forno a microonde per riscaldarlo. Nel mentre, corse giù per le scale fino in pasticceria dove, quella mattina, aveva messo una crostata a raffreddarsi dopo averla tirata fuori dal forno. La prese e tornò di sopra. Il polpettone si era scaldato. Prese una borsa e, sistemati il polpettone e la crostata in due contenitori termici, ve li inserì in modo tale da farci stare anche delle posate, dei piatti e una bottiglia di acqua.
Quando salì in camera sua, diretta sul suo terrazzo, si rese conto di aver dimenticato una coperta. Da qualche parte, nel suo armadio, doveva esserci anche un sacco a pelo. Meglio abbondare che deficere, si disse e, preso uno zaino dismesso da secoli, vi infilò una coperta di pile e un sacco a pelo non troppo pesante.
Uscire dalla botola sopra al suo letto fu più complicato del previsto.
Si guardò intorno.
Sul tetto di fronte a casa sua, Adrien stava appoggiato alla ringhiera e guardava verso la Tour Eiffel. Non lo aveva mai visto così, con le spalle curve e le mani che tremavano appena, come se stesse sorreggendo sulle sue spalle il peso del mondo intero.
-È la cosa giusta da fare?- si domandò in un sussurro. Nessuno le rispose. Forse preferiva rimanere da solo, forse non voleva vedere la ragazza che aveva sempre sospettato di suo padre. Ma lei ormai era lì, con la borsa in una mano e lo zaino nell’altra. Non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento.
E poi, in un modo o nell’altro il giovane doveva pur mangiare qualcosa.
Con un balzo atterrò sul tetto a qualche metro da lui. Quando Adrien si voltò, Ladybug si accorse che aveva pianto: gli occhi erano gonfi e arrossati, gli angoli della bocca sporgevano leggermente in giù e aveva i capelli spettinati, come se avesse appoggiato la fronte da qualche parte.
-Cosa ci fai qui?- le chiese, -E cosa sono quelle cose?- domandò di nuovo guardando le sue mani piene che appoggiavano tutto per terra. Nella sua voce non c’era cattiveria, solo un pizzico di curiosità e tanta, tantissima gentilezza. Come faceva ad essere immancabilmente gentile anche dopo aver passato una giornata come quella? Il cuore di Ladybug si strinse a quella vista.
-Queste cose sono essenzialmente cibo, con alcune coperte. Rischi di prendere freddo altrimenti.- rispose Ladybug abbassando gli occhi. -E per quanto riguarda l’altra domanda, pensavo avresti gradito un po’ di compagnia. Ma se non è così me ne vado, nessun problema.- si affrettò ad aggiungere. Adrien sorrise leggermente.
-Mi farebbe piacere un po’ di compagnia, in effetti. È stata una brutta serata.- le confidò, -Ma questo credo che tu lo sappia già, o non saresti qui ora.- aggiunse sedendosi per terra.
Ladybug non rispose, limitandosi a prendere una coperta e a stenderla accanto ad Adrien, facendogli segno di sedersi sopra. Vi si sedettero entrambi, uno accanto all’altro.
-Non avevo mai pensato che tu potessi essere Chat Noir.- decise di dirgli, evitando di parlare di suo padre, almeno per il momento, -Non che tu non abbia la stoffa del supereroe e quant'altro!- si affrettò ad aggiungere, -Solo che… non lo so neanche io. Era probabilmente troppo ovvio e troppo improbabile per essere vero.-
Sorprendentemente, Adrien si mise a ridere.
-Sì, credo di capire.- poi, improvvisamente, si fece più serio e si voltò verso la ragazza, -In che senso troppo ovvio e troppo improbabile?-
Ladybug alzò lo sguardo verso la luna e in quel momento parve realizzare che il ragazzo che aveva sempre amato non era altro che quello che aveva sempre rifiutato.
-Ecco… troppo ovvio se penso al fatto che non sei mai stato akumizzato, che non ho mai visto te e Chat Noir contemporaneamente e un sacco di altre sottigliezze come queste. I tuoi ritardi e tutto il resto, intendo.- spiegò, dimenticandosi del fatto che lui non avesse la minima idea di chi fosse lei in realtà, -E troppo improbabile se penso al tuo carattere. Da Chat Noir sei completamente diverso rispetto a quando sei nelle tue vesti civili.-
Anche Adrien volse il suo sguardo alla luna, poi tornò ad osservare la sua amata non appena gli orecchini di lei cominciarono a suonare.
-Parli come se mi conoscessi.- le fece notare.
-Perché ti conosco. E non perché la tua faccia è su tutte le riviste di Parigi.- confessò lei girandosi verso di lui che era più sorpreso che mai. Lui e Ladybug si conoscevano anche nella vita reale? E da quanto? Come si erano conosciuti? Erano amici o semplici conoscenti?
-I tuoi orecchini…- cominciò, ma si bloccò non appena la vide alzare le spalle.
-Non ha importanza ormai. Non volevo che scoprissi chi ero perché era già successo una volta e… beh, era finita malissimo. Ma ora non c’è pericolo. E poi, ora so chi sei. Sarebbe ingiusto tenertela segreta.-
Adrien si mise in ginocchio, ancora più stupido dalle parole appena uscite dalla bocca di lei.
-Era già successo? Non è vero. Me lo ricorderei, se fosse successo.-
Ladybug scosse la testa mentre si sedeva su un fianco, sorreggendosi con un braccio. Un sorriso triste le si dipinse sul volto.
-No, invece. Non puoi ricordartelo. Ti ricordi quella volta che ti ho chiamato all’improvviso? Era sera, e quando ci siamo visti sulla torre di Montparnasse ti ho detto di aver risolto tutto. Tu non avevi idea di che cosa stessi parlando. In pratica, quel giorno Bunnix era venuta da me perché avevo fatto una cosa che aveva compromesso il futuro. Avevo fatto una cosa che ti aveva portato a scoprire la mia identità segreta. Non so come sia successo perché io stessa non sapevo praticamente nulla di ciò che avevo combinato. So solo che eri stato akumizzato, ad un certo punto. Bunnix era venuta da me per portarmi nel futuro a combattere contro di te. Per questo non potevamo conoscere le identità l’uno dell’altro…- e si interruppe, conscia che quello che avrebbe detto dopo avrebbe potuto essere doloroso per Adrien.
-...fino a quando Papillon non fosse stato sconfitto, sì. E ora che lo abbiamo sconfitto, finalmente potrò scoprire chi sei, quindi.- concluse Adrien. Ladybug annuì.
Gli orecchini suonarono di nuovo.
-Che cosa è successo, dopo che me ne sono andato?- domandò Adrien per ingannare i pochi minuti di attesa. Non riusciva a capire se la cosa gli interessava davvero o meno.
Ladybug esitò un attimo, timorosa di recargli nient’altro che dolore.
-Ti prego.- le disse Adrien.
La ragazza sospirò.
-Lo abbiamo legato, poi ho chiesto a Rena e a Carapace di andare via e io e Vesperia abbiamo ripreso il miraculous del pavone. Vesperia poi ha insistito per portare via tutti e due, e io sono venuta da te.- riassunse, -Le ho detto di prendere il grimorio nella cassaforte, lo custodirà insieme al miraculous dell’ape fino a quando non andrò a riprendermeli.-
Gli orecchini ripresero a suonare. Nessuno disse più nulla. Ladybug abbassò gli occhi, con lo stomaco in subbuglio per l’emozione. Come avrebbe reagito Adrien nello scoprire che per tutto quel tempo era stato innamorato della sua compagna di classe? Temeva la sua reazione e, al tempo stesso, non poteva aspettare per vederla.
Quando la trasformazione si sciolse, Ladybug trattenne il respiro. Ancora una volta si chiese come avrebbe reagito il suo compagno di avventure.
Adrien rimase fermo, immobile, impassibile quando davanti a lui comparve Marinette. Una meraviglia mai provata prima lo colse nel realizzare che la sua goffa compagna di classe, timida ed insicura, non era altro che la supereroina di Parigi. Il suo cuore fece una capovolta quando si rese conto che per tutto quel tempo, un solo banco li aveva separati.
-Adrien?- sussurrò la ragazza timidamente, quasi avesse paura, -Ti prego, dì qualcosa.- disse ancora più piano, con un velo di delusione nella voce.
Adrien parlò piano, tranquillo, cautamente.
-Capisco cosa intendevi dire con il fatto che era troppo ovvio e troppo improbabile allo stesso tempo.-
Marinette non alzò gli occhi, e la domanda le venne fuori così tranquillamente che lei stessa se ne stupì:
-Sei deluso, vero?- mormorò mordicchiandosi il labbro. -Io… ti ho portato del polpettone, dell’acqua e una crostata che ho fatto questa mattina. C’è anche un sacco a pelo, nel caso non volessi tornare a casa né andare a dormire da Nino o venire da me. Quindi io…-
-Quindi tu rimarrai a mangiare con me.- la interruppe lui dolcemente. Marinette alzò gli occhi su di lui. -Come puoi pensare che sia deluso, Mari?- le domandò.
Marinette aprì e chiuse un paio di volte la bocca prima di parlare.
-Io non sono la ragazza coraggiosa e determinata che sei abituato a vedere al tuo fianco. Pensavo ti aspettassi qualcuno di più… di più… di più di me.- confidò.
Adrien sorrise.
-Tu sei completamente fuori.- ridacchiò, -Sono felicissimo che sia tu. E sono certo di averti definita la nostra Ladybug di tutti i giorni, una volta.-
Anche Marinette sorrise, poi si allungò a prendere il cibo. Tirò fuori i piatti e le posate e poi servì il polpettone.
-Siamo stati degli stupidi.- aggiunse dopo un po’ Adrien ridendo.
-Già. E pensare che loro due sapevano tutto.- fece notare Marinette indicando i due kwami che, poco distante da loro, mangiavano e chiacchieravano.
-Raccontami ancora della volta in cui ho scoperto la tua identità.- le domandò mentre mangiava.
-Beh… ti ricordi quando sono venuta da te come Ladybug, il giorno dell’onomastico del tuo quinto nome, portandoti un regalo del tuo fan club del Brasile?-
Adrien annuì.
-Ecco. Era quel giorno. In realtà, il regalo era mio. Avevo scritto il mio nome sulla carta e tu mi avevi visto uscire dalla finestra e, beh, suppongo tu abbia fatto 2+2. Io però non lo sapevo ancora. All’improvviso, mentre tornavo dalle ragazze al Trocadero, è spuntata fuori Bunnix e mi ha portata nel suo rifugio. Mi ha detto che qualcosa era successo quel giorno, qualcosa che nel futuro aveva causato la fine del mondo. Mi ha detto che qualcuno era stato akumizzato e che dovevo andare e fare quello che faccio sempre: liberare l’akuma. Mi ha fatto uscire dal suo rifugio e intorno a me era tutto… tutto…- pensò un attimo a come descrivere la desolazione dello scenario che le si era aperto davanti agli occhi, -... tutto così desolato! Parigi era allagata, la Tour Eiffel era ribaltata e in giro non c’era nessuno. C’eri solo tu. O meglio, il te akumizzato.-
-Akumizzato? Ma perché ero stato akumizzato?-
Marinette alzò le spalle.
-Questo non l’ho mai saputo. Bunnix non voleva che sapessi nulla, perché avrei potuto combinare qualche altro casino suppongo.-
-E com’ero? Da akumizzato intendo.-
Marinette posò il suo piatto. Le si era chiuso lo stomaco a pensare a Chat Blanc, che ancora infestava i suoi incubi.
-Non molto diverso da come sei di solito, in realtà. Solo, eri tutto bianco e avevi gli occhi di un azzurro chiarissimo. Ti facevi chiamare Chat Blanc.- disse in un sussurro. Per qualche secondo, Marinette rimase in silenzio.
-Mari.. va tutto bene?- chiese Adrien titubante.
Lei annuì.
-Sì, scusa, è solo che… è stato orribile. Per dei mesi non ho fatto altro che sognarti, ogni volta che chiudevo gli occhi ti rivedevo davanti a me. A volte mi succede ancora.- disse ricominciando a mangiare. Non poteva digiunare, non dopo una giornata come quella. Sarebbe stata male.
-Io… mi dispiace. Possiamo parlare d’altro.- disse Adrien, rendendosi conto in quel momento che ripercorrere certi avvenimenti non doveva essere stato semplice per la sua compagna di avventure.
-No, non ti preoccupare. È giusto che anche tu sappia queste cose. Dopotutto, riguardano principalmente te.- sorrise, un poco forzatamente, -Dove ero rimasta?-
Adrien la osservò per assicurarsi che davvero per lei non fosse un problema. Marinette lo guardava sorridendo dolcemente, tranquilla.
-Stavi descrivendo il mio aspetto. Avevi detto che non c’era nessuno, tutto era inondato e la Tour Eiffel era caduta.-
Marinette annuì.
-Ah sì, ecco. Ti ho trovato su un tetto che cantavi. Mi hai detto di voler prendere il mio miraculous. Abbiamo combattuto a lungo e ad un certo punto mi hai fatto cadere in acqua. Sott’acqua, la città non era cambiata molto… se non fosse per tutti gli abitanti ridotti a delle statue di pietra.-
-Statue di pietra?- domandò Adrien allibito.
Marinette annuì.
-Non sono risalita e ho cominciato a esplorare quel che rimaneva della città. Ai piedi della Tour Eiffel c’eravamo io e Papillon. Cioè, la mia statua e quella di Papillon. Lui sembrava volersi proteggere da qualcosa con le mani, era messo più o meno così.- disse mimando la posizione dell’uomo. Poi continuò:
-La mia statua sembrava spaventata, pietrificata nel momento in cui stava per fare qualche cosa. Quando l’ho toccata, si è polverizzata.-
Fece una pausa per bere un po’ di acqua, e Tikky le volò sulla spalla. Percepiva la difficoltà di Marinette nel ricordare certi particolari.
-Quando ti ho chiesto cosa avessi fatto, mi hai risposto che era stato un’incidente, che tu non volevi. Allora ti ho detto che ti avrei dato il mio miraculous. Mi sono avvicinata e ho rotto il tuo campanello. Quando sei tornato in te, tu mi hai chiesto cosa fosse successo. Ma mi hai chiamata Marinette. Non dovevi saperlo. Con Bunnix sono tornata indietro nel tempo e con il mio lucky charm, una gomma, ho cancellato il mio nome sul regalo. Credevo che l'avessi scoperto e detto a qualcuno, che a sua volta lo aveva confidato a qualcun’altro e così via.-
Adrien rimase fermo a guardarla.
-Non l'avrei mai fatto.-
-Lo so.- gli rispose Marinette vergognandosi, -Ma l’ho capito solo oggi. Ed è meglio così: se lo avessi sospettato prima, probabilmente avrei scoperto la tua identità.-
Non dissero più nulla.
Marinette continuava a pensare a Chat Blanc, al suo “Il nostro amore ha fatto questo al mondo, Milady”. Cosa sarebbe successo adesso? Certamente, Papillon e Mayura erano stati sconfitti e non c’era più alcun pericolo, ma si sarebbe fidata adesso ad andare a casa loro, anche se con Alya e Nino? E soprattutto, ora che tutto era finito, sarebbe stata pronta a limitarsi a rivestire il ruolo di Guardiana, senza altre preoccupazioni che non fossero le ronde periodiche?
Adrien, dal canto suo, si domandava come doveva essere stato per la ragazza combattere contro di lui. Entrambi, da dopo l’attacco del Bambino di Sabbia, erano consci del fatto che il peggior incubo di Chat Noir era quello di combattere contro la sua lady. Doveva essere stato terribile. Improvvisamente, si rese conto dei danni e delle sofferenze che Papillon aveva provocato a tutti e la fame gli passò. Di nuovo si chiese come quell’uomo avesse potuto fare quello che aveva fatto, passando sopra a tutti, ai parigini, ai suoi collaboratori, al suo stesso figlio.
Rimasero in silenzio mentre Marinette tagliava la crostata e ne serviva una fatta ad Adrien, una ai due piccoli kwami ed una a sé stessa.
-Domani non verrò a scuola.- la informò ad un certo punto.
-Dirò alla professoressa che sei stato male questa notte. Ti passo gli appunti. Tornerai a casa?- chiese.
Adrien scosse la testa.
-No, penso che starò un po’ da solo. Non ho molta voglia né di vedere loro, né di dovermi subire la compassione di qualcuno.- commentò mesto.
Marinette annuì.
Nel frattempo, nel cielo erano spuntate le stelle. Non erano molto visibili, vista la luce della Tour Eiffel che brillava in lontananza.
-Grazie per la cena, e anche per il sacco a pelo. Mi sistemerò su un tetto riparato.- le disse mentre si alzava e le porgeva una mano. Marinette accettò di buon grado.
-Figurati, era il minimo che potessi fare. Mi sa che è meglio se ora vado a recuperare il miraculous e il Grimorio da Vesperia.- rispose Marinette. Un velo di imbarazzo scese tra di loro. Poi, Adrien annullò le distanze tra di loro e la strinse in un abbraccio.
Si abbracciarono per qualche minuto, respirando l’uno il profumo dell’altra, poi si separarono. Tikky volò al fianco della sua portatrice e aspettò che Marinette pronunciasse le consuete parole.
-Tikky, trasformami.- sussurrò, e in meno di un secondo davanti a Adrien era tornata Ladybug, -Se hai bisogno, sai dove trovarmi. I miei sono via qualche giorno, quindi non farti problemi, okay?-
Adrien annuì.
-Notte Adrien.- le disse poco prima di librarsi in aria per raggiungere il suo balcone, dove avrebbe lasciato le cose sporche e una coperta avanzata.
-Notte Milady.- rispose lui, osservandola scomparire nella notte.
 
***

Sperò che non fosse troppo tardi e che Zoe fosse ancora sveglia. Al Grand Hotel vi erano diverse luci ancora accese, ma solo una, all’ultimo piano, faceva presumere che il suo occupante non fosse ancora caduto tra le braccia di Morfeo.
Ladybug scese con molta calma sul grande terrazzo della stanza di Zoe e, sbirciando all’interno, la vide sdraiata sul letto intenta a parlare con qualcuno. Che vi fosse qualcuno in camera con lei? Oppure si stava rivolgendo a Pollen?
Doveva presumere che la missione si fosse conclusa nel migliore dei modi.
Bussò piano alla porta a vetri che dava sull’elegante salotto e aspettò. Zoe si era voltata di scatto, rigida ed attenta, e stava perlustrando con gli occhi ogni centimetro della stanza. Poi, finalmente la vide. Un enorme sorriso le si aprì sul volto e con un balzò saltò giù dal letto.
-Ladybug!- esclamò aprendo la porta ed invitandola ad entrare.
-Scusa per l’ora, non ci avevo fatto caso.- si scusò l’eroina.
Pollen svolazzava tranquilla in giro per la stanza.
-Immaginavo che non saresti arrivata troppo presto. Come sta?- chiese, sinceramente preoccupata.
Ladybug si abbandonò su una poltrona.
-Male. Non lo dà a vedere molto, ma lo conosco troppo bene per non accorgermene. Gli ho portato da mangiare e qualcosa per dormire. Mi ha detto che avrebbe dormito su un tetto, voleva rimanere un po’ da solo. Mi ha anche detto che non si farà vedere a scuola per un po’, nel caso qualcuno facesse domande…-
-Ci penserò io, non ti preoccupare. Lui non sa chi sono, vero?- domandò.
-No, non che io sappia. Io non gli ho rivelato alcuna identità. Sa solo la mia, da oggi. E quella di Viperion e di Ryuko.- rispose, evitando lo sguardo di sorpresa della ragazza.
-Ho trovato quello che mi avevi detti. Ci ho messo un po’, ma alla fine sono riuscita ad aprire la cassaforte.- la informò Zoe sorridendo e avvicinandosi al suo letto. Infilò la mano sotto al suo giaciglio e, dopo pochi secondi, ne tirò fuori un grosso libro con il simbolo dei Guardiani.
Ladybug saltò in piedi.
-È proprio lui! Oh Zoe, grazie mille. Erano anni che non tornava nelle mani di un Guardiano. Chissà che cosa potrei scoprire decodificandone le pagine…- disse con tono sognante sfogliandolo.
-Mi dispiace di averti lasciato così, prima.- le confidò poi. Zoe sorrise.
-Avevi cose più importanti da fare. Anche ora che Papillon non c’è più e che non può più akumizzare nessuno, un ragazzo da solo, dopo aver subito un colpo del genere, è una minaccia. Più per sé stesso che per gli altri.- rifletté la bionda, -Non che creda che possa volersi fare del male, questo no… però è senza dubbio stata la battaglia peggiore della sua vita.-
-Battaglia che ha segnato l’inizio di una ancora più importante. Sarà molto vulnerabile, temo.. dobbiamo stargli vicino il più possibile.- concordò Ladybug, -Ma ora va’ a dormire. È stata una giornata lunga anche per noi.-
E con un caloroso sorriso, preso il miraculous e il Grimorio, si congedò.

***

Arrivò a casa che era mezzanotte passata. Per prima cosa sistemò il Grimorio al sicuro insieme alla Miracle Box, poi si ritrasformò e, dopo essersi cambiata, scese al piano di sotto per sistemare i piatti usati quella sera. Li lavò ad uno ad uno e li sistemò nella credenza senza parlare. Era esausta. Aveva provato così tante emozioni quella sera, che non vedeva l’ora di coricarsi e dormire un po’. Il suo letto ad una piazza e mezza al piano di sopra era diventato un chiodo fisso nella sua mente.
Si era dimenticata di chiamare sua madre e suo padre. Sperò che non si fossero preoccupati troppo. Se non altro, aveva avuto la lungimiranza di finire in anticipo i compiti per il giorno dopo.
-Domani non lasciarmi dormire più del dovuto, okay? Sii cattiva.- disse a Tikky mentre si lavava.
-Posso davvero essere cattiva? Non me lo avevi mai detto. Non temere, domani ti alzerai.- le rispose la creaturina appoggiata vicino al lavabo.
Marinette sorrise.
-Non troppo cattiva, solo il necessario per farmi arrivare alle 7:55 a scuola.- la corresse ridacchiando.
Salì sbadigliando in camera sua e si cambiò.
Chissà dov’era in quel momento Adrien. Chissà se era riuscito a prendere sonno, dopo gli avvenimenti di quella terribile giornata.
Si stava per mettere a dormire quando, quasi per sbaglio, sentì un rumore fuori dalla botola che dava sul suo balcone. Controvoglia si alzò e, rapidamente, fece scattare il chiavistello.
Davanti a lei, Chat Noir la guardava con le orecchie basse.
-Chat…- mormorò Marinette, -Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?-
Per un momento, Chat Noir non disse nulla, poi sussurrò:
-Il tuo invito per dormire è ancora valido? Mi sbagliavo… non mi va affatto di rimanere da solo, stanotte.-
Marinette lo osservò. Lui non voleva la pietà di nessuno, e sicuramente non avrebbe avuto la sua. Avrebbe avuto la sua amicizia, la sua lealtà, il suo amore. Ma non lo avrebbe guardato con compassione.
-Certo, entra. Neanche a me va di stare da sola.- gli rispose facendosi da parte.
Chat Noir entrò con un balzo, lasciando le cose che l’amica gli aveva dato sul balcone. Quella notte era limpida, non avrebbe piovuto. Avrebbero potuto tranquillamente recuperarle il giorno seguente.
-Quando tornano i tuoi genitori?- domandò titubante dopo aver annullato la trasformazione.
-Tra tre giorni. Fino ad allora, puoi restare qui tutto il tempo. Io andrò a scuola e ti passerò gli appunti, se vorrai.-
Adrien annuì.
-Non voglio rimanere indietro.- disse. Poi aggiunse: -Dove posso dormire? Mi accontento del fondo del letto.-
Marinette ridacchiò.
-Ma che padrona di casa pensi che sia? Non ti farei mai dormire in fondo al letto. In ogni caso, per questa notte dovrai accontentarti di dormire con me, se non è un problema. Non ho le forze di farti il letto dei miei.- ammise.
Adrien sorrise riconoscente.
-Non è assolutamente un problema, anzi. Grazie.-
Marinette andò a prendergli un pigiama estivo di suo padre che, di fatto, gli arrivava alle caviglie.
Poi si coricarono uno di fronte all’altro.
Tikky e Plagg si sistemarono sul lettino che Marinette aveva cucito per il suo kwami e spensero le luci.
Circondato dal buio, di nuovo, Adrien sentì un groppo alla gola. Le emozioni provate quel giorno gli tornarono alla mente facendogli rivivere quegli spiacevoli avvenimenti. Una lacrima calda gli rigò il volto, seguita da un’altra e da un’altra ancora. Immediatamente, Plagg fu al suo fianco. Si sistemò sui suoi capelli, tentando di consolarlo con la sua piccola zampina.
Anche Marinette se ne accorse. Sapeva che, da quel momento, avrebbe dovuto fare di tutto perché Adrien tornasse quello gioioso di un tempo. Ci sarebbe voluto un po’. Poi, magari, sarebbe riuscito a riappacificarsi con il padre e a capire i suoi motivi, ma intanto doveva guarire. Stese le braccia avanti e lo strinse forte nel suo abbraccio.
Rimasero così, lei con le braccia avvolte intorno alle sue spalle e lui che le cingeva la vita, per molto tempo. E così si addormentarono.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4007848