I ricordi di un grande amore (Alla ricerca della verità)

di ELIOTbynight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una bambina innocente ***
Capitolo 3: *** Domande ***
Capitolo 4: *** La libertà nella musica ***
Capitolo 5: *** Apparenze ***
Capitolo 6: *** Una sconosciuta verità ***
Capitolo 7: *** Lucy si dà da fare ***
Capitolo 8: *** L'investigatore ***
Capitolo 9: *** Apprensione e... interesse ***
Capitolo 10: *** Questione di orgoglio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La FFFEP (Fan Fiction Film Eliot Production)
Presenta




I ricordi di un grande amore
Alla ricerca della verità



Ciaooooooooooo!!!
La Eliot è tornata, yeeeeeaaaaah!!! XD
L'idea per questa fan fiction la devo alla mia mitica sorellina... Spero che vi piaccia!
Non scandalizzatevi, per una volta voglio metterci un po' più di "tragedia" nelle mie storie! Anche se il prologo è un po' drammatico, il resto vi piacerà (spero!)
Buona lettura, ditemi se vi ispira!!





Prologo

- Mamma, perché sei così triste, oggi?-
La voce del piccolo Jimmy interrompe i miei pensieri. Quella sua vocetta ingenua riesce sempre a farmi sorridere, anche in un momento di tristezza come questo.
- Jimmy caro … E’ naturale diventare tristi quando qualcuno improvvisamente non c’è più … -
- Ma mamma, quei ragazzi mica li conoscevi!-
- Oh, invece sì … -
- Davvero??? Max, Alys! La mamma conosceva i … Come si chiamavano, mamma?-
- Tokio Hotel … -
Non riesco a pronunciare queste due parole normalmente. Tutto ad un tratto mi è venuta la voce roca. Non avrei mai pensato che mi sarebbe addirittura venuto da piangere. Ma le lacrime non rigano ancora il mio volto, almeno non per il momento.
- Jimmy, cosa stavi gridando? Che la mamma conosceva i Tokio Hotel??- dice la maggiore dei tre, Alys, la mia adorata primogenita di dieci anni, con i capelli dorati e gli occhi turchini di suo padre.
- Sì, l’ha detto proprio lei! Vero, mamma?-
- Sì, tesoro. Io li ho conosciuti, quei ragazzi.-
- Ci racconti com’è successo, per favore?- mi chiede Max, il più piccolo di sette anni, con i capelli nerissimi come i miei e due occhietti nocciola, piccoli e curiosi.
- D’accordo. Mettetevi comodi sul tappeto, io mi metto seduta vicino al termosifone.-
- sìììììì!-
Il primo a prendere posto è proprio Jimmy, il mio figlioletto di nove anni con dei capelli castani che riflettono sempre dei bellissimi riflessi bronzei. Seguono le mie altre due ragioni di vita.
E’ sera e al telegiornale hanno annunciato che su MTV daranno in onda per diverse volte degli speciali sulla band che a causa del decesso di uno dei quattro membri si era sciolta.
Spengo la tv e mi siedo sulla sedia accanto al termosifone. I tre bambini mi guardano curiosi e in silenzio, aspettano che io cominci a raccontare. Ma inaspettatamente Alys mi fa una domanda.
- Mamma, chi di loro è morto?-
Sospiro. L’ultimo che secondo me avrebbe potuto lasciare questo mondo è stato invece il primo …
- Il chitarrista, ragazzi … Tom. Tom Kaulitz.-
- So che il cantante era il suo fratello gemello - mi dice Jimmy. - Come ha reagito?-
Sospiro di nuovo. Bill … Senza suo fratello non sarà decisamente più lo stesso.
- Ci è rimasto davvero molto male. Erano uno la vita dell’altro, si volevano un bene indescrivibile. Poverino … Anche il batterista e il bassista saranno tristissimi … -
- Mi dispiace molto per loro - mormora Max. - So che erano molto famosi … -
- Famosi? Più che famosi! Il loro straordinario successo era arrivato tutto insieme e cresceva ad una velocità vertiginosa. Non potete immaginare la loro popolarità … -
Si guardano tutti e tre con delle facce stupefatte che mi fecero ridere.
- Mamma, come è morto il chitarrista? Ha assunto troppa droga? O ha avuto un incidente stradale?-
- Niente di tutto questo, Alys. Mi hai appena elencato due tra le più normali cause di morte tra le celebrità. Invece Tom … Ha voluto essere unico nel suo genere anche negli ultimi attimi della sua vita … -
- E che cosa è successo?-
Ho un tonfo al cuore. Era prevedibile che succedesse una cosa del genere, dopotutto. Ma perché? Perché a lui? Stava cercando solo di proteggere suo fratello e invece …
- Suppongo che non sappiate chi sono gli stalker … -
- No, chi sono?- domanda mia figlia.
- Sono delle persone talmente ossessionate da un‘altra da non lasciarle tregua. La seguono ovunque, la tormentano, la fanno impazzire. Nel caso delle celebrità, non si tratta di semplici fan accaniti … Peggio. Molto peggio.-
I due maschietti fanno una smorfia di spavento, ma Alys non si lascia intimorire più di tanto.
- E’ stata una stalker, quindi?-
- Sì. E’ stato terribile. Lì, in mezzo alla folla … Tutte si allungavano verso di loro e sfortunatamente Bill era finito proprio nel mezzo del caos più totale. Tom lo aveva raggiunto per portarlo via, quando si sentì uno scoppio. C’erano i poliziotti che stavano cercando di fermare la stalker, che dopo aver sottratto la pistola agli agenti aveva sparato un colpo. Un colpo dannatamente mortale per Tom … Mentre l’assassina se la dava a gambe Tom vacillava tra le braccia del fratello … -
Scuoto la testa lentamente. Non posso pensarci, non posso … Eppure continuo a parlare.
- Bill era in lacrime, implorava il gemello di resistere … Ma la mano di Tom, retta da quella di Bill, mollò la presa e Tom chiuse gli occhi per sempre … -
I visi dei miei bambini diventano molto tristi. No, non voglio piangere davanti a loro. Accidenti, maledette lacrime, tornatevene indietro …
- Mamma, non piangere … -
Il piccolo Max si alza e mi abbraccia teneramente. Io lo stringo forte e mi asciugo gli occhi.
- Te la senti ancora di raccontarci come li hai conosciuti, mamma?- mi chiede Alys.
- Sì, sì, non preoccuparti … -
Cala il silenzio. Faccio un grande e lungo respiro e comincio a raccontare.
- E’ stato molto tempo fa. Avevo appena compiuto 7 anni. La prima cosa che ricordo è che all’inizio era successo tutto molto velocemente, ma poi imparai a godermi il tempo passato con loro … -




Allora???

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Capitolo 2
*** Una bambina innocente ***


Capitolo 1
UNA BAMBINA INNOCENTE

“Hey, wir sind … Tokio Hotel!”


La prima cosa che ricordo è che all’inizio era successo tutto molto velocemente, ma poi imparai a godermi il tempo passato con loro … Sarà perché sulle prime non capivo bene cosa stava succedendo.
Chissà, forse ero in vacanza e i miei genitori mi avevano persa … Fatto sta che da quel giorno non li vidi più.
Ah, sì, ora ricordo. Eravamo andati in vacanza in Germania. La prima cosa che mi viene in mente è che faceva molto caldo e non vedevo l’ora di rinfrescarmi in qualche modo.
Non saprei dire con esattezza cosa accadde, ma tutti i miei ricordi cominciano solamente dall’immagine di una grande porta di vetro. La guardavo incantata, come se mi parlasse e mi chiedesse disperatamente di aprirla e di entrare.
Mi guardavo intorno, ma non c’era nessuno che si degnasse di accorgersi di me. Ero stata portata via da alcuni uomini, sconosciuti, che si erano intromessi nella nostra vacanza.
Ricordavo solo che stavamo viaggiando verso il nostro albergo e io dormivo sul sedile posteriore. Mi svegliai con un notevole urto e un rumore fortissimo.
Non so come mi ritrovai seduta sull’asfalto. E poi c’era fuoco, tanto fuoco. Le macchine erano diventate due. La gente si avvicinava alle fiamme spaventata e io non capivo cosa era successo.
Mi sentii improvvisamente sollevare per i fianchi, degli uomini mi misero in piedi sul marciapiede e mi dissero qualcosa del tipo “non muoverti”.
Ma io iniziai a camminare lo stesso per allontanarmi. Quegli uomini non mi piacevano, né tantomeno quelle fiamme che si alzavano sempre di più. Avevo caldo e volevo allontanarmi per cercare un posto fresco dove stare meglio.
Finché camminando camminando non mi ritrovai di fronte quella grande porta. Mi pulii il vestitino bianco con gli orli di pizzo, passai un paio di volte la mano nei miei lunghi capelli neri e decisi di entrare.
Ah, che bello. C’era l’aria condizionata. Mi sentii subito meglio e dopo aver dato un’occhiata a destra e a sinistra mi inoltrai nel palazzo. Era un atrio grande, dove non c’era nessuno. Vidi una grande foto attaccata al muro e mi fermai ad osservarla. Sbattei le palpebre attonita, chi potevano mai essere quei ragazzi dai capelli strani? Uno brandiva un microfono e aveva un grande ammasso di capelli neri in testa, un altro era tutto concentrato sulla sua chitarra e … che aveva in testa? Degli spaghetti? No, erano capelli biondi legati in delle trecce strane. Poi ce n’era uno con i capelli lunghi lunghi. Lunghi e castani. E infine un altro che sembrava il più normale tra i quattro, con i capelli corti e biondi.
“Chi saranno questi quattro? E perché sono su questa grande foto?” mi chiedevo incuriosita.
Poi feci scorrere le dita sulla grande scritta sotto di loro. “CONCERTO”. Rimasi un po’ impressionata da quel manifesto, me lo lasciai alle spalle e proseguii lungo il corridoio che avevo appena imboccato.
Le pareti erano tutte bianche e ogni cento metri c‘era una porta chiusa. Mi sentivo molto a disagio. Quel posto non mi piaceva, era troppo silenzioso, e poi non c’era nessuno. Finché non mi soffermai a fissare una porta leggermente aperta. Senza pensarci entrai dentro. Guardai in alto, ma dopo solo qualche metro inciampai in un filo nero. Caddi per terra senza farmi niente, ma incuriosita cominciai a guardare quella miriade di fili neri attaccati di qua e di là. Mi rialzai e proseguii nella mia perlustrazione. Adesso le pareti erano diventate nere, camminavo sempre più curiosa e meravigliata, guardandomi i piedi quasi a ogni passo per evitare di inciampare di nuovo.
Poi si presentò davanti a me una stanza grande, grande, ma talmente grande che dentro di essa avrebbero potuto starci tantissime persone. Centinaia? No, di più, anche migliaia. Poi mi ricordai di botto di aver visto delle stanze del genere in televisione e mi parve che si chiamassero “sale da concerto”.
Concerto? Non era la stessa parola scritta sul manifesto raffigurante i quattro ragazzi strani? Probabilmente avevano a che fare con questa sala. Mi girai e vidi un palco. Era enorme, mi faceva venire i brividi. Però sopra c’erano delle cose strane. Sempre più incuriosita, salii la scaletta e mi guardai intorno. Anche lì c’erano tanti e tanti fili neri sparsi per terra. Chissà a che cosa servivano?
Poi mi fermai. Ero rimasta incantata alla vista di un grande ammasso di tamburi e piatti dorati. C’era uno sgabello sistemato dietro e pensai “Ma come farà la gente a sedersi qui e a suonare questi tamburi tutti insieme? Devono fare certamente un gran baccano!”
Mi sedetti sullo sgabellino e scoprii che il tamburo più grande era vuoto e dentro c’era solo un … Beh, veramente non sapevo che cosa fosse, era un aggeggio che ricordava un pedale … Sì, forse era un pedale. Provai ad allungarmi per premerlo, ma avevo le gambe troppo corte. Dopotutto avevo solamente sette anni, ero piccola ed ingenua. Siccome volevo riuscire a schiacciare il pedale a tutti i costi, in preda alla curiosità, finii per sedermi per terra e schiacciarlo con le mani, perché mi risultava più comodo. Ogni volta che lo premevo partiva un bastoncino a cui era stato fissato un mini-cuscino che sbatteva contro il tamburo. Dunque era così che si suonava, ecco come facevano a suonare più tamburi contemporaneamente!
Tanto ero presa da questo nuovo gioco che mi dimenticai di tutto. Mi isolai completamente da tutto e da tutti. Perché si sa, quando un bambino inizia un gioco che gli piace molto, non vuole più smettere. E così accadde a me. Smisi di pensare, il mio scopo di vita diventò premere senza interruzione quello strano pedale, senza accorgermi che il tempo passava.
All’improvviso, dopo una durata di tempo che non sapevo distinguere, sentii la presenza di qualcuno. Alzai la testa e vidi spuntare dai tamburi un ragazzo. Spalancai gli occhi attonita, era lo stesso con i capelli da leone che avevo visto nella grande foto! Mi guardava anche lui, con due strani occhi marroni pieni di stupore e curiosità. Simili ai miei.
- Ehi, tu! Da dove salti fuori??- mi disse perplesso.
Io mi alzai in piedi e mi sistemai il vestitino stroppicciato, presa alla sprovvista. Poi continuai a guardarlo sorpresa, e anche leggermente impaurita.
- Allora? Mi rispondi?-
Fece il giro intorno ai tamburi e si avvicinò a me. Quella strana criniera nera che aveva in testa mi preoccupava e d’impulso feci qualche passo indietro per tenere le distanze. Senza fiatare.
- Oh, non devi avere paura di me, sai? Se ti spaventano i miei capelli non devi avere paura, io sono buono!-
Aveva una voce che in effetti era dolce e angelica. E poi aveva dei begli occhi. Occhi che ricordavano vagamente le tavolette di cioccolato che mi piacevano tanto. Al cioccolato fondente, ripieno di nocciole intere. Quegli occhi cioccolatosi mi osservavano quieti, per cercare di tranquillizzarmi.
Decisi che una persona con una bella voce e dei begli occhi non poteva essere cattiva. Feci un passettino in avanti, senza staccare lo sguardo da lui.
- Ma non parli? … Dai, dimmi qualcosa. Come ti chiami?-
Ebbi un attimo di smarrimento, era successo tutto talmente in fretta che stavo per dimenticarmi il mio nome.
- … Lucy … - mormorai con la mia solita vocina timida.
- Lucy? Ma che bel nome!- disse lui sorridendo.
Continuai a guardarlo meravigliata, mi sorprendeva sempre di più. Oltre ad avere una bella voce e dei begli occhi aveva anche un bellissimo sorriso. Ebbi un piacevole brividino lungo la schiena e sentii come una mano calda che si appoggiava sul mio cuore. Poi mi lasciai sfuggire anch’io un sorriso. Piccolo, ma sincero.
Lui sembrava compiaciuto della mia reazione e si inginocchiò davanti a me.
- Ascolta, Lucy. Sai dirmi dove sono i tuoi genitori?-
Quella domanda mi spiazzò. Mi ero completamente dimenticata che ero rimasta sola.
- No … Tu li hai visti?- chiesi sperando in una risposta sensata.
- Ehm, veramente no. Speravo che potessi dirmelo tu … -
Abbassai lo sguardo. Mamma e papà mi avevano persa. O forse ero io che avevo perso loro.
Vedendo il mio disappunto, lo strano ragazzo cercò di tranquillizzarmi.
- Non preoccuparti, vedrai che li troveremo. Nel frattempo che cosa vuoi fare?-
Non ne avevo idea. Trovare i miei genitori sapevo che sarebbe stato difficile e avrebbe impiegato un lavoro lungo. Però fino a quel momento non avevo pensato a un’eventualità del genere. Cosa avrei potuto fare?
Uhm … Avrei potuto provare a conoscere questo ragazzo così gentile che voleva aiutarmi. Aveva qualcosa di speciale che volevo scoprire. Ma non volevo risultare troppo sfacciata. Ero piccola, ma educata.
- Posso giocare con questo?- dissi indicando il pedale che stavo premendo ripetutamente prima.
Lui mi guardò imbarazzato. Si grattò la testa con l’espressione di chi non sa se darmi il permesso oppure no.
- Vorrei farti giocare con la batteria, ma se mi scopre Gustav scoppia una guerra …!-
- Chi è Gustav?- domandai d’impulso. Tutto a un tratto la mia attenzione si era concentrata su quel nuovo nome.
- Gustav? Oh, lui … lui è un mio carissimo amico. Lui è specializzato nel suonare la batteria!- rispose accarezzando la colonna che reggeva il Charleston.
- Ti va di conoscerlo?- mi chiese lui prendendomi alla sprovvista.
Esitai. Era quello che davvero volevo?
- Sono sicura che lo troverai simpatico!- aggiunse lui orgoglioso.
E va bene … In fondo non avevo nulla da perderci. Anzi, un presentimento mi disse che sarebbe stata una bella esperienza.
Annuii e lo seguii giù dal palco. Ripercorremmo il corridoio nero, che altro non era che il backstage, sbucammo nuovamente nel lungo corridoio dalle pareti bianche e quasi subito entrò in un’altra stanza.
Rimasi fuori. Ero molto timida e non sapevo cosa dire né cosa fare, quando avrei incontrato questo Gustav.
- Coraggio, vieni!- mormorò lui con un sorriso.
Alla vista di quel sorriso non ebbi più esitazioni ed entrai.
Anche qui era tutto bianco. O perlomeno, i muri erano tutti bianchi. C’erano tanti attaccapanni appesi alle pareti, e un tavolo con delle sedie. Però le tre persone che erano dentro la stanza stavano stranamente in piedi. Li riconobbi subito, anche loro erano sul manifesto che avevo visto nell’enorme ingresso. Dovevano tutti essere dei grandi amici.
In un attimo, tutti gli occhi erano puntati su di me. Mi sentii subito a disagio, guardandomi attorno preoccupata. Dopotutto era normale puntare gli occhi su una bambina di sette anni, sola, venuta da chissà dove e in un momento che alla prima impressione sembrava non essere uno dei migliori.
L’unico soddisfatto era colui che mi aveva portata lì, che dopo avermi rivolto un altro dei suoi magici sorrisi, annunciò:
- Ragazzi, voglio presentarvi Lucy!-
Il primo, quello con i capelli che ricordavano gli spaghetti, mi si avvicinò e si inginocchiò squadrandomi dall’alto in basso. Io continuavo a guardarlo senza fidarmi. Dopo qualche istante cambiò espressione e con fare cordiale mi porse la mano.
- Ciao, Lucy. Io sono Tom, piacere di conoscerti.-
Con mio grande stupore vidi che aveva gli occhi uguali uguali a quelli del ragazzo con la criniera nera. Ero affascinata. Di sicuro anche questo Tom era buono come lui.
Gli strinsi la mano e mi rivolse un sorriso. Stupita come non lo ero mai stata, guardai il ragazzo coi capelli neri, poi Tom, poi di nuovo il primo e poi il secondo. Infine si guardarono loro due.
- Mi sa che si è accorta del nostro legame di parentela, ihih!-
- Bill, non ti intromettere … Sto facendo conoscenza!-
Appena si rigirò verso di me incontrò il mio sguardo arrabbiato.
- Ehm … Che cosa ho detto?- chiese lui ingenuamente.
Io mi misi a braccia conserte e sbottai:
- Non ti devi arrabbiare con lui!-
Gli altri due ragazzi cominciarono a ridere, mentre Tom, stupito, guardò Bill con indignazione.
- Bill, che cosa le hai fatto?? Un lavaggio del cervello?!?-
L’altro, ridendo, rispose:
- Il primo che la trova se la piglia, no?-
La risata di Bill mi contagiò e Tom scosse la testa non sapendo più che cosa rispondere.
Appena smisi di ridere, indicai gli altri due dietro di lui.
- Chi sono quelli?- domandai.
Tom si alzò e appoggiò la mano sulla spalla del ragazzo muscoloso con i capelli lunghi e lisci.
- Lui si chiama Georg!-
Georg mi salutò con la mano senza muoversi e fece sorridendo:
- Ciao, Lucy, come va? E’ un piacere conoscerti!-
Accennai un sorrisino e un gesto con la mano, poi mi concentrai sul ragazzo biondo e robusto, al quale si avvicinò Bill.
- Lui, invece, è Gustav!-
Eccolo, il famoso Gustav. Camminai verso di lui meravigliata, con passi piccoli ed incerti. Alzai la testa per vederlo meglio e gli porsi la manina.
- Ciao, Gustav, io sono Lucy … -
Lui si inginocchiò e mentre continuava a guardarmi compiaciuto disse:
- Bill, cosa le hai detto per suscitarle così tanto interesse per me?-
Io ero leggermente delusa da quella reazione. Una persona educata avrebbe dovuto prima di tutto salutare e sorridere come avevano fatto gli altri, invece a me non aveva ancora rivolto la parola, nonostante tutto.
- Io? Niente! E’ lei che ha fatto tutto da sola!!-
- Ah, capisco … Beh, piacere di conoscerti, Lucy. Io sono Gustav!-
Finalmente, soddisfatta, gli strinsi la mano energicamente. Infine li guardai tutti uno per uno.
Certo che erano proprio strani. Come mai avevano scelto di conciarsi i capelli in quella maniera così buffa e insolita? E poi notai che Bill si truccava anche. Sì, trucco nero intorno agli occhi e fondotinta. Eppure non sembrava proprio che fosse una ragazza. Aveva un viso angelico, ma nonostante il suo strano look avevo ben capito che era un maschio. E anche carino …
Come quello con i capelli a mò di spaghetti, Tom. Avevo subito visto che c’era qualcosa che li collegava, perché avevano gli occhi praticamente identici. Provai ad immaginarmi Bill senza trucco per vedere se si assomigliavano … In effetti una somiglianza c’era, ma non ne ero molto sicura. E poi mi aveva spaventato un po’ il modo di fare di Tom. Ero rimasta non poco spiazzata dal suo modo di fare così audace e intraprendente. Sulle prime avevo pensato che avrebbe dovuto darsi una bella calmata.
Il terzo, Georg, mi convinceva poco. Non si era mosso dalla sua posizione e non sembrava troppo stupito di vedermi. Chissà, forse aveva qualcosa da nascondere … E infine Gustav, di cui mi aveva parlato Bill, mi incuriosiva molto. Mi sarebbe piaciuto scoprire molte cose di lui, per esempio come faceva a suonare quello strano strumento … Come l’aveva chiamato Bill? Batteria? Sì, mi parve di che si chiamasse così. Comunque sia non vedevo l’ora di tempestarlo di domande.
E la prima domanda non tardò a venire.
- Bill, quando tornano i miei genitori a prendermi?-
Tom soggiunse dicendo:
- Già, è quello che mi chiedo anch’io!-
- Vedi, Lucy … - mi disse il moro abbassandosi verso di me. - Non sarà facile trovarli. Avremo bisogno del tuo aiuto per cercarli e dire loro che sei qui. Credo che nel frattempo passerai un pochino di tempo con i Tokio Hotel!-
- Con chi?? No, io voglio stare con voi!-
- Infatti … - fece Georg con uno strano sorriso. - I Tokio Hotel siamo noi!-
E così dicendo quei quattro ragazzi si allinearono in fila, mi allungarono l’indice ed esclamarono in coro:
- Hey, wir sind … Tokio Hotel!-
Li guardai affascinata, a bocca aperta.
Non sapevo ancora chi erano veramente, non sapevo dov’erano i miei genitori, non sapevo cosa ci facevo lì …
Ma una cosa era certa.
Questi Tokio Hotel erano straordinari.




^^
Prima che mi dimentichi, voglio ringraziare AntonellaandLasDivinas e NICEGIRL... troppo buone, commenti bellissimi!
Un saluto speciale alla mia fedele lettrice MissQueen! Che onore la tua recensione, ti ringrazio infinitamente!
Beh, spero che la storia inizi a piacervi..... =P
Al prossimo capitolo
by Eliot ;D

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Capitolo 3
*** Domande ***


Capitolo 2
DOMANDE

“Dove sono mamma e papà?”



- E’ stato un incontro assolutamente casuale … -
Un attimo dopo stavamo tutti camminando di nuovo verso la sala da concerto. Tom, Georg e Gustav erano tutti intorno a Bill, che stava descrivendo come mi aveva incontrata. Invece io me ne stavo indietro, taciturna, ad ascoltare.
Sotto sotto non ero molto d’accordo con lui. Secondo me non è stato poi il massimo del casuale …
- Come mi aveva chiesto David ero andato a controllare se si potevano aprire i cancelli dello stadio. Appena entrato nella sala per raggiungere i responsabili ho sentito un rumore strano proveniente dal palco. Sono salito su e non ho visto nessuno. Mah … Poi però mi sono reso conto che il rumore proveniva dalla batteria e quando ho guardato bene ho visto Lucy che giocava col pedale della grancassa!-
A quelle parole Gustav si girò verso di me squadrandomi in maniera stramba. Poi mi disse:
- Lucy, perché stavi giocando con la grancassa?-
Io mi fermai, intimorita. Il tono con cui me l’aveva chiesto era molto autoritario e sembrava che fosse arrabbiato per ciò che avevo fatto.
- Bill me l’aveva detto che ti arrabbiavi, però … Scusa … - risposi timidamente.
Stupendomi, anziché rimproverarmi mi venne vicino e con gentilezza mi fece:
- Non preoccuparti, dai. In fondo non è successo niente, no? Coraggio, andiamo.-
Riprendendo a camminare pensai “E’ incredibile come cambi la situazione quando si tratta di una bambina di sette anni!”.
Ai piedi del palco, che parlava con dei signori, c’era un uomo molto più vecchio dei Tokio Hotel. Aveva un’aria molto autorevole, ma anche cordiale. Appena vide Bill si precipitò verso di lui.
- Bill, dov’eravate finiti?? Ti avevo mandato a parlare con questi qui e sei sparito!-
- Perdonami, David, noi … -
- Alla fine ho controllato io stesso se si possono aprire i cancelli. Verranno aperti tra neanche dieci minuti. Si può sapere dove siete stati?-
- Ehm, è appunto di questo che ti dobbiamo parlare … -
Detto questo tutti si girarono verso di me. Indescrivibile l’imbarazzo che provai, anche se l’unico sguardo stupito era quello di David. Gli altri quattro mi rivolsero un’espressione preoccupata.
- E chi è questa bambina?-
- Vorremmo tanto saperlo!- rispose Tom sull’orlo dell’esasperazione.
- Sai benissimo chi sono, io sono Lucy!-
Gli diedi un calcio sulla caviglia che lo fece barcollare. Tutti si misero a ridere, tranne David.
- E i suoi genitori?- continuò l’uomo guardandomi con disappunto.
- Non sappiamo neanche questo. Però le abbiamo promesso che li troveremo!- disse Gustav accarezzandomi la testa.
- Con tutto il lavoro che abbiamo non poteva mancare un imprevisto del genere!- sospirò infine David. - Avanti, Lucy, vieni con me. Insieme troveremo la tua mamma e il tuo papà … -
Fece per dirigersi verso l’entrata della sala aspettandosi di essere seguito, ma io non mi mossi di una virgola.
- Avanti, Lucy, seguimi!-
- No!!- sbottai battendo i piedi.
Mi lanciò un’occhiata di indignazione mista a sorpresa.
- Lucy, vai con David se vuoi trovare i tuoi genitori!- mi incitò Bill.
Ma io ribattei:
- Voglio che siate voi a trovare mamma e papà! Non voglio andare con lui!-
Infine mi girai e tesi le mani verso l’alto, pretendendo di essere presa in braccio da Bill. Il mio sguardo supplichevole lo convinse e, dopo avermi sollevata, con lo sguardo pregò David di accontentarmi.
- Bill, non vorrai sul serio prenderti l’incarico di … -
Si interruppe quando vide che anche gli altri tre lo supplicavano con gli occhi. Siccome ancora non si decideva ad acconsentire, Bill cambiò espressione come per dire “Siamo in cinque contro uno, tanto vale arrendersi, no?”
- Con tutte le faccende che ho da sbrigare, quasi quasi è meglio che ve ne occupiate voi!- fece infine David.
- Danke schön!!- rispose Bill mettendomi giù.
- Che bello, evviva!!- esclamai contenta iniziando a correre verso l’uscita.
- Lucy, dove vai?!?- fece Georg allarmato.
- Dobbiamo trovare mamma e papà!- gridai senza fermarmi.
Subito udii i passi dei ragazzi correre dietro di me. Ero appena uscita dalla sala del concerto, quando due mani forti e robuste mi bloccarono.
- Ehi, aspetta! Vai con calma, abbiamo tutto il tempo!- fece Gustav leggermente divertito.
- Innanzitutto bisogna denunciare la cosa alla polizia … - propose Bill.
- Se non sbaglio il commissariato è proprio qui vicino, all’angolo della strada!- disse poi Georg.
- Bene, allora … andiamo.-
Eravamo tutti un po’ imbarazzati. Loro dalla mia presenza, io dalla loro. Era successo tutto così di fretta che non avevamo avuto bene il tempo di reagire. In silenzio uscimmo dallo stadio dalla porta dov’ero entrata io, dato che dall’altra parte c’era l’interminabile folla di fan che aspettavano di entrare.
Ripassando davanti al manifesto che avevo visto prima, mi decisi a fare qualche domanda a quegli strani ragazzi.
- Come mai siete stampati lì sopra?- chiesi curiosamente.
A quella domanda tutti e quattro sorrisero.
- Te lo spieghiamo subito, Lucy … -
Appena usciti sotto il solito sole cocente Bill cominciò a parlare.
- Noi siamo una band. Amiamo suonare insieme. Tutto cominciò quando eravamo solo dei ragazzini. Ci incontrammo e la passione per la musica ci unì. Poi arrivò anche il successo. Diventammo famosi talmente in fretta che ci sembrava di vivere in un sogno … -
- E stasera vi dovete esibire, giusto?-
- Esattamente. Ma … tu non ci hai mai sentiti nominare?- domandò Tom particolarmente speranzoso.
- No - dissi pensierosa. - Ma secondo me siete molto bravi!-
- Davvero? Come fai a dirlo? Non ci conosciamo nemmeno!- fece Gustav.
- Delle persone così brave e gentili come voi devono suonare bene per forza!- affermai con un sorriso.
- Oh, grazie!!- dissero lusingati.
- Tranne Tom, però! Lui è stato impertinente con me!-
- Ehi, Lucy, neanche tu sei molto gentile!- ribatté lui. - E voi piantatela di ridere!-
- Bwahahaha! Lucy, battimi un cinque!-
Battei il cinque a tutti e tre, poi ricominciai a fare domande.
- Posso chiederti una cosa, Bill?-
- Certamente, chiedimi pure!-
- Cos’hai in testa?-
Bill si passò una mano nei capelli perplesso e mi rispose:
- Questi, dici? Sono i miei capelli. Lo so, è un taglio insolito, ma a me piacciono così!-
- Caspita … E perché Tom gira con gli spaghetti in testa?-
Improvvisamente il moro scoppiò a ridere come un idiota e faticò abbastanza prima di rispondere.
- Ihih, quelli che tu chiami spaghetti, in realtà sono rasta!-
- Davvero??-
- Sì, e non ti azzardare più a chiamarli spaghetti! Questi sono i miei capelli autentici!- esclamò Tom indignato.
- Va beeeeeene … - feci io mettendomi le mani dietro la schiena.
Poi mi venne in mente un’altra domanda ancora più importante delle altre, forse.
- Bill, puoi spiegarmi una cosa?-
- Sì, di che si tratta?-
- Voglio sapere perché tu e Tom avete gli occhi uguali.-
- Beh … è difficile da credere, ma … io e Tom siamo gemelli.-
- Cooosa? Ma non è possibile! Siete così diversi!-
- Eheh, incredibile ma vero!- disse il rasta orgoglioso.
- Nono, io intendevo che siete diversi in modo radicale: come fate ad essere gemelli se Bill è bravo e Tom è cattivo??-
Bill fece una smorfia di spavento.
- Lucy, non devi dire queste cose! Tom non è cattivo. Lui è solamente … -
Prima di continuare cercò un’occhiata di approvazione dal presunto fratello, il quale gli rivolse uno sguardo che diceva: “Attento a te …!”
- Lui è solo un po’ … estroverso!-
Sul momento non ero convinta. Il fatto che fossero gemelli mi lasciò molto sorpresa. Forse, però, era vero. Chissà, forse erano così diversi proprio per il fatto di essere nati lo stesso giorno.
Girammo l’angolo ed entrammo nell’ufficio di polizia. O comunque quei posti dove si fanno le denunce.
Mentre Bill spiegava la situazione al tipo seduto dietro la scrivania, io continuavo a fissare Tom. Era davvero solo un po’ estroverso? Tutto faceva pensare di sì. Forse lo stavo giudicando male. Forse Bill aveva ragione a mettermi in guardia. Forse … avrei potuto scoprire molte cose positive in questo strano chitarrista.
Il tizio alla scrivania si alzò e con tono gentile mi disse:
- Vieni con me, tu mi descrivi i tuoi genitori e io userò la tua descrizione per ritrovarli, ok?-
Annuii e lo seguii nella stanza accanto. La porta rimase aperta e potei vedere ciò che stavano facendo i ragazzi. Il piccolo televisore era acceso sul telegiornale e mentre rispondevo alle domande dell’agente vidi che i Tokio Hotel guardavano il servizio in onda con particolare interesse, seduti ad aspettare.
Poi, però … Bill si alzò in preda alla foga e mise addirittura le mani sullo schermo. Cosa stava succedendo in tv? Perché era così agitato? E perché anche Tom, Georg e Gustav si erano alzati e si scambiavano occhiate di panico? Ebbi un brutto presentimento. Una sensazione di paura improvvisa. E questa paura crebbe, quando all’improvviso tutti e quattro si girarono a guardarmi con sguardi tristi. Cosa era successo??
I gemelli si abbracciarono, Gustav si risedette con una mano sulla fronte e Georg venne da me.
- Grazie, ma ora … credo che i suoi genitori li abbiamo ritrovati … -
- Oh, davvero? Perfetto!- disse l’agente.
Venni presa per mano e portata dagli altri.
- Perché siete così tristi? Dove sono mamma e papà?- domandai con voce lamentosa.
Tom mi fissò come se gli facessi pena. Cos’aveva mai da guardarmi in quel modo?
- Lucy … ti dobbiamo dire una cosa importante … I tuoi genitori … -
“Avanti, finisci la frase, cos’è successo ai miei genitori?!?” lo supplicavo con gli occhi. Poi capii e girai lo sguardo verso il televisore.
Iniziai a tremare. Il senso di paura cresceva. Quelle immagini continuavano a scorrere nella mia mente come se mi stesse passando davanti tutta la vita.
Ricordi maledetti. Le stesse fiamme che mi avevano separata dai miei genitori le rivedevo su quel piccolo e maledetto schermo luminoso. L’auto di papà ridotta in cenere, gli uomini che mi avevano portata sul marciapiede. La gente spaventata che urlava alla tragedia, la giornalista scandalizzata.
E poi me. Sì, la mia figurina innocente apparve sull’angolo in basso dello schermo per poi scomparire come se niente fosse. Ma quell’immagine non era sfuggita ai Tokio Hotel e avevano capito quello che capii anch’io incollando le pupille a quelle fiamme maledette.
- Mamma … Papà … - mormorai tra i singhiozzi.
Adesso la paura era diventata incontrollabile. Ero piccolina, non potevo trattenere tutto dentro, non potevo. Dovevo sfogarmi, prendermela con qualcosa o qualcuno.
No. Con loro no. Loro mi avevano fatta sentire meglio, non potevo arrabbiarmi con loro.
Con il volto fradicio di lacrime gridai senza interruzione i nomi di mamma e papà. Non c’erano più. Se n’erano andati senza nemmeno salutarmi. Me la presi con il tavolo, ci sbattei la testa, le braccia, le mani. Gridavo, gridavo, gridavo come una forsennata senza verso di fermarmi. Gli urli dei ragazzi che tentavano di calmarmi non erano abbastanza alti da sovrastare il volume delle mie grida, era come se non li sentissi. Cercavano di tenermi ferma, ma ero diventata più forte di una iena.
Finii per inginocchiarmi e rotolare per terra, senza smettere di gridare. La gola mi faceva male, gli occhi mi bruciavano, il cuore che batteva forte mi toglieva il respiro, ma non smettevo di gridare e di dimenarmi dalla disperazione. Ero diventata una macchina indistruttibile senza interruttore di spegnimento, le cui batterie erano cariche al massimo.
Urlavo, urlavo a tutti, al mondo intero. Tutti dovevano essere al corrente della mia disperazione, della mia collera. Collera verso il destino che era stato cattivo con me e che mi aveva portato via i miei genitori.
- LUCY! LUCY, BASTA!! CALMATI, PER FAVORE!-
Non li sentivo, era inutile. Non potevano fermarmi. L’unica che avrebbe potuto farlo ero io.
E infatti, dopo minuti interminabili, strusciai la faccia sul pavimento e piansi. Piansi normalmente, come una neonata. Anche se i lamenti non si fermavano, le pile si stavano scaricando e le forze mi abbandonavano lentamente sul pavimento freddo.
Sentii all’improvviso una mano gentile che mi accarezzava la testa. Mi aiutò a tranquillizzarmi, a tal punto che finalmente alzai lo sguardo da terra e guardai tristemente i Tokio Hotel uno dopo l‘altro.
Anche loro erano tristi. Gustav prese un fazzoletto e mi asciugò il viso, Georg chiese all’agente un bicchiere d’acqua fresca e mi aiutò a bere, Tom mi accarezzava la testa senza fermarsi e Bill, infine, mi prese in braccio. Mi abbandonai totalmente a lui, dato che non avevo più la forza neanche di batter ciglio. Quasi mi addormentai cullata dalle braccia di Bill, mentre tornavamo allo stadio.



piccolinaaaaaa *_*

ringraziamenti:
MissQueen: ehilààà!!! XD Breve ma efficace, il tuo commento! Vielen dank TVB!!!!
eleonor483: aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah sociaaaaaaaaaa!!!! Eccoti quiiiii che meraviglia assoluta che bello vederti qui a recensireeee!!! ^^ e che recensione! Graziee =D
NICEGIRL: Grazie! Sono molto contenta che ti piaccia!!!
AntonellaandLasDivinas: ihih!! la tua fretta mi lusinga ^^ grazie!!
little_illusion: nuova lettriceee! ciaooo!!! Apprezzo non sai quanto la tua recensione, grazie mille!!!

sto avendo un successo oltre ogni mia aspettativa! GRAZIEEE!!!
Il prossimo capitolo sarà interessante... alla prossima!!
by Eliot
;D

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Capitolo 4
*** La libertà nella musica ***


Capitolo 3
LA LIBERTA’ NELLA MUSICA

“Io continuo a non fidarmi di lui …”


Mi risvegliai qualche ora dopo, sdraiata su un divano di pelle nera. Di solito non mi sveglio mai da sola, quindi doveva esserci stato un qualche rumore o che altro che mi abbia fatto svegliare.
Infatti era così. Un fracasso incredibile. Che però era lontano, soffocato dalla distanza delle pareti.
Mi misi seduta e mi strofinai gli occhi, ancora mezza addormentata. Poi notai con sorpresa che non c’era nessuno con me nella stanza. Dov’erano finiti i Tokio Hotel? Decisi di andare a cercarli, mentre stranamente il fracasso lontano non si interrompeva.
Uscii e dopo un po’ di vagare nei corridoi e nelle stanze giunsi a quello che sembrava tanto uno studio. Alla scrivania c’era David, il tipo che aveva tentato di portarmi con lui.
Dapprima lo guardai silenziosa. Sembrava non essersi accorto di me, era troppo indaffarato a guardare dei fogli sparsi davanti a lui. Poi alzò la testa di colpo facendomi venire i brividi e mi disse:
- Lucy, vedo che ti sei svegliata … -
- Dov’è Bill? Dove sono tutti gli altri?-
Lui fece un sorriso sornione che ancora mi convinceva poco.
- Ascolta!- disse tendendo l’orecchio.
Calò di nuovo il silenzio e sentii ancora quel lontano fracasso.
- … Sono loro!- fece all’improvviso.
Lo fissai perplessa e tesi di nuovo l’orecchio. Ascoltai meglio e in quel casino riuscii a percepire la voce di Bill.
- Ha ragione!- esclamai.
- Bravi, eh?-
- Sì … Io lo sapevo che erano bravi!-
- Non per niente io sono il loro manager … -
- Chi??-
- Non sai chi è un manager?-
Scossi la testa curiosa e lui mi spiegò:
- Il manager è una persona che si occupa di tutti gli impegni e gli appuntamenti di persone o società importanti. Nel mio caso organizzo i concerti, gli eventi vari … -
- Ah … Ho capito, grazie!-
- Non c’è di che, piccola!- sorrise lui.
Accidenti a me. Perché dovevo per forza avere il vizio di giudicare le persone prima di conoscerle o scambiare quattro parole con loro? L’avevo fatto con Bill, con Tom e con il manager. Mi sentii improvvisamente in colpa. Vabè che “Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”, però esageravo!
Mi sedetti sulla sedia di fronte alla scrivania e incastrai la testa nelle spalle. Incuriosito dal mio gesto, il manager mi domandò:
- C’è qualcosa che posso fare per te? Va tutto bene?-
- Le chiedo scusa. Oggi mi sono arrabbiata con lei senza motivo … - ammisi.
- Oh, non preoccuparti, non è nulla. In fondo è stato meglio così … Che fossero i ragazzi ad occuparsi di te … -
Annuii decisamente più convinta e mi guardai intorno. Non notai granchè di particolare, l’unica cosa che potevo pensare era che quello era un bel posto dove lavorare, per un manager.
- Sai, ho saputo dei tuoi genitori … Mi dispiace molto … -
Panico. Ripensare a mamma e papà mi metteva i brividi. Non potevo fare un’altra scenata, però. Quella fatta alla polizia era bastata anche troppo. Mi limitai ad abbassare lo sguardo e a stringermi le ginocchia con le mani.
Inaspettatamente David si alzò e spostò la sedia, facendo in modo che mi guardasse in faccia.
- Mi rendo perfettamente conto che il dolore che provi è enorme, io stesso non riuscirei ad immaginarlo. Sappi che i ragazzi ed io faremo qualsiasi cosa per aiutarti, puoi starne certa.-
Almeno il pregio di controllare le emozioni ce l’avevo, anche a quell’età. Per il bene delle persone attorno a me era decisamente meglio che non ci fosse stata un’altra sfuriata come quella di qualche ora prima. Sapevo che avrebbe creato problemi a chiunque, compresa me.
Fino a quel momento mi era risultato difficile, però, mantenere la calma. Finché non trovai le parole gentili e rassicuranti di David, il manager di questa band che mi aveva salvata dalla solitudine.
- La ringrazio … - mormorai riconoscente.
Sorridendomi, mi accarezzò la testa e mi sentii molto più sciolta. Da quando avevo appreso la notizia ero rimasta molto tesa. In quel momento, però, mi sentii subito meglio. La presenza di queste persone che pur essendo sconosciute volevano aiutarmi mi rasserenò non poco.
- Adesso, però … Cosa mi succederà? Dove andrò? Cosa farò?- domandai presa da un’illuminazione.
Senza i miei genitori ero completamente sola. Dove sarei andata a finire? In tribunale? Dai servizi sociali?
Feci lo stesso quella domanda, ma qualsiasi risposta avessi sentito, avrei fatto di tutto pur di rimanere con i Tokio Hotel. Erano le uniche persone di cui sentivo di potermi fidare.
- Questo è un problema a cui troveremo presto rimedio, vedrai. Tu devi stare tranquilla, perché troveremo il modo di sistemarti da qualche parte, ok?-
Annuii. Per il momento non mi rimaneva altro da fare che adattarmi. Solo quando mi avrebbero chiesto le mie volontà avrei detto tutto ciò che sapevo di volere.
- Ehi, Lucy, che ne dici di andare a vedere la performance dei ragazzi?-
- Sì, evviva!!- esclamai contenta facendo un saltello di gioia.
Andammo direttamente dietro le quinte, da dove si sentiva tutto.
Che musica! Non avevo mai sentito una canzone così. E dalle parole così pulite, poi. E sentirle cantare da Bill assumevano ancora più credibilità.
- Wir bleiben immer, schreiben uns in die Ewigkeit, ich weiss das immer, irgendwo was bleibt, wir fühlen, wir sind fürs Ende nicht bereit … -
Quelle parole mi rimasero impresse. D’impulso ricordai le parole di Bill …

“Noi siamo una band. Amiamo suonare insieme. Tutto cominciò quando eravamo solo dei ragazzini. Ci incontrammo e la passione per la musica ci unì. Poi arrivò anche il successo. Diventammo famosi talmente in fretta che ci sembrava di vivere in un sogno …”

Mi sembrava di risentire quelle frasi nelle parole di quella canzone. Allora mi accorsi che era proprio tutto vero. L’avventura dei Tokio Hotel era appena cominciata.
- Wir sterben niemals aus, ihr tragt uns bis in alle Zeit … So was wie wir geht nie vorbei … -
Sorrisi tra me. Anche questo era vero. Avevo capito fin da subito che quei quattro musicisti erano speciali e nessuno se li sarebbe mai scordati.
A partire da me. Non avevo ancora idea di quanto avrebbero assunto importanza nella mia vita …
- Vieni con me, Lucy, ti porterò in prima fila … Anzi, no, in un posto migliore!-
David mi prese per mano e mi portò rapidamente all’interno della sala. Che casino infernale! C’erano tante, ma tante, ma tante ragazze che si scatenavano come delle matte e non facevano altro che urlare e sbracciarsi verso il palco. Se non ci fossero state le transenne, credo che avrebbero seppellito i Tokio Hotel sotto la folla!
E a proposito di loro … Li vidi. Davanti a me. David mi aveva portato davanti alle transenne, dove stavano le guardie del corpo.
- Guardali … E goditi la scena!- mi fece all’orecchio.
La canzone era finita. Georg e Tom si misero sul ciglio del palco e sorrisero, mentre Bill scuoteva la testa meravigliato.
Lo capivo benissimo. Trovarsi sopra il palco davanti a migliaia di persone che urlano, si scatenano, vengono lì solo per vederti … Deve essere una sensazione splendida.
- Danke schön!!- esclamò il cantante al microfono prima di allargare le braccia e sorridere.
Sui loro visi notai un’espressione serena, felice. Libera.
La libertà. Nei loro occhi leggevo libertà di divertirsi, far divertire gli altri e stare insieme. Si sentivano liberi, quando suonavano su quel palco.
Probabilmente perché suonare sul palco era tutta la loro vita. Non avrebbero mai potuto fare altro, perché altrimenti non si sarebbero sentiti liberi. E per loro la libertà era tutto.
Devono averne passate tante, pensai. Dovevano avere un lato triste dentro di loro e per dimenticarsi di averlo cercavano la felicità facendo ciò che desideravano, cioè esibirsi sul palco davanti a tanta gente.
Sorrisi. La loro felicità era contagiosa. Senza un motivo preciso mi misi a ridere di gusto. Ridevo a bocca chiusa, come se sogghignassi. Ma in realtà ero tanto felice per loro. E non mi fermavo, continuavo a ridere. Ridendo auguravo loro tutto il bene possibile, tanta fortuna e una vita piena di meraviglie.

- Yeeeeee, braviiiiiiiii!!- esclamai appena li vidi entrare dietro le quinte.
Sorpresi di vedermi, i Tokio Hotel si lasciarono abbracciare dalla sottoscritta riempiendomi di ringraziamenti.
- Che ti dicevo, piccola? Siamo una vera forza!!- fece Tom sorridendo orgoglioso.
- Tu non hai fatto altro che strapazzarti la chitarra come non so cosa!- ribattei facendo ancora capire che lo strano rasta mi stava antipatico.
Bill, Gustav e Georg risero a crepapelle, fintanto che Tom mi fissava esasperato.
- Non la smetti proprio mai, eh?- disse lui inarcando un sopracciglio.
Lo guardai con aria di sfida. Non mi piaceva proprio il modo in cui si vantava e faceva lo sbruffone. Ma lui mi rispose per le rime, dopo essersi inginocchiato per potermi fissare bene in faccia.
- Comunque sia, stammi bene a sentire. Hai criticato la mia audacia e si può capire, hai criticato i miei capelli e ti ho lasciato passare, ma il mio modo di suonare, e soprattutto la nostra musica … Non merita di essere criticata, tantomeno da una bambina piccola e inesperta come te!-
Dovetti ammettere a me stessa, in quel momento, che non sapevo cosa dire. Non avevo mai percepito tanta determinazione per una cosa che consideravo scontata. Mi limitai ad aggrottare la fronte e a incrociare le braccia, prima di girarmi e allontanarmi dal chitarrista.
- Ihih, quando si tratta della nostra musica nessuno ci può dire niente, vero ragazzi?- disse Tom soddisfatto.
- L’hai lasciata finalmente senza fiato, quella lingua lunga … E bravo Tom!- concordò Georg.
Ma Bill mi mise un braccio attorno alle spalle e fece:
- Secondo me, invece, hanno ragione tutti e due. E’ vero, la nostra musica va rispettata e nessuno può dirci se va bene o non va bene, quello lo decidiamo solo noi … Ma anche Lucy dice giusto, se a lei non piace non possiamo farci nulla. Semplicemente non le va tanto a genio mio fratello!-
- Oh, no, la vostra musica mi piace tantissimo … - dissi io stupendo e lusingando la band. - E’ solo Tom che dovrebbe comportarsi meglio, secondo me!-
- Noi ti diamo ragione, Lucy, e hai tutto il diritto di dire la tua opinione. Ma non parlare prima di essere pienamente convinta di ciò che dici, perché riguardo a Tom ti ho già detto che ti stai sbagliando!- mi fece notare Bill.
- Uhm … io continuo a non fidarmi di lui … - borbottai decisamente poco convinta.
- Vabbè, se non vuoi credere a Bill fai pure … - disse Gustav mettendo le mani in tasca. - Ma col tempo ti accorgerai che ha ragione e Tom non è la persona che tu pensi che sia!-
- Uff … Ok, se lo dici tu … - conclusi io mettendo fine all’argomento.
Però … Da quel momento in poi … Presi in esame le parole di Tom con più attenzione, perché mi rimasero particolarmente impresse. E se non riuscivo a togliermele dalla testa doveva esserci per forza un motivo …



ringraziamenti:
layla the punkprincess: ma ciaoooo! oddio scusa se non ti ho vista =( che gioia averti qui a recensire!! ^^
AntonellaandlasDivinas: XD quasiquasi mi fa piacere che qualcuno mi metta fretta come te! =D
NICEGIRL: sono contenta che tu riesca a immedesimarti così nella mia ff!! Grazieee!!!
little_illusion: ihihih!!! La tua fretta mi lusinga *_* grazie mille!!

Lucy si sta pian piano rendendo conto di quanto importanti diventeranno i TH per lei....
al prossimo capitolo, e grazie di cuore a tutti!!
by Eliot
;D

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Capitolo 5
*** Apparenze ***


se tarderò un po' per i prossimi capitoli è colpa della scuola che mi ruba tutto il tempo libero ok?? XD
nel frattempo godetevi il quarto chappy!

Capitolo 4

APPARENZE

“Sorridi, e la vita ti sorriderà!”


La mattina dopo tutto lo staff era impegnato in degli strani preparativi, di cui per il momento non mi importava più di tanto. Preferivo starmene seduta sugli spalti con fogli e pennarelli intorno intenta a scarabocchiare.
Non ho mai avuto un gran talento per il disegno e sinceramente non avevo molta intenzione di provare a realizzare qualcosa di davvero carino, ma coprivo il mio vero stato d’animo con un comportamento da vera bambina di sette anni.
Già, perché più che a disegnare, pensavo a Tom. Questo sconosciuto. Mi fidavo di Bill e gli altri e sapevo che dicevano la verità, allora come mai continuavo ad essere io l’unica a pensare che Tom avesse un brutto carattere?
Probabilmente ero troppo piccola per giudicare una persona alla prima occhiata. Ma dopotutto, anche a quell’età, ho sempre pensato che non si dovrebbe mai giudicare una persona alla prima occhiata. Semplicemente perché la maggior parte delle volte si sbaglia.
Niente da fare. Le parole di Bill non smettevano di suonarmi strane. Decisi che doveva essere Tom stesso, prima o poi, a dimostrarmi che mi sbagliavo sul suo conto.
Ero talmente immersa in questi pensieri che non mi accorsi della presenza di Gustav davanti a me. Solo quando mi fece un gesto con la mano in segno di saluto alzai la testa dal foglio e lo salutai a mia volta.
- Come ti senti, oggi, piccola?- chiese sorridendo, rassicurandomi in anticipo.
Feci un sospiro rassegnato. In fondo quel che era fatto era fatto.
- Sono ancora molto triste … Non accade tutti i giorni a una bambina piccola come me di perdere entrambi i genitori all’improvviso!-
Certo, dentro di me la tristezza c’era sempre. In buona parte del mio cuore e della mia testa c’era costantemente la nostalgia e la solitudine che poco servivano a riempire il vuoto lasciato dalla morte di mamma e papà.
- Capisco. Però anche la tua reazione non è normale, non trovi?- osservò lui.
Aveva ragione e lo sapevo. Alla mia età ero particolarmente matura. O magari … ero semplicemente un po’ chiusa in me stessa e odiavo mostrare le mie emozioni. Già, meglio la seconda.
Non seppi cosa rispondere, mi limitai ad alzare le spalle. Gustav si sedette accanto a me e posò lo sguardo sul foglio che tenevo sulle gambe.
- Mi piace il tuo disegno, Lucy!- fece sorridendo.
- Ma è brutto … - dissi io stupita dal suo commento.
- Non è vero, secondo me è bello. Tutte le cose sono belle, in fondo.-
Che strane parole … Ma mi piacquero.
- Cosa vuol dire che tutte le cose sono belle?- domandai con la solita vocina infantile e curiosa che hanno i bambini.
Gustav spiegò, senza smettere di sorridere:
- In ogni cosa, in ogni situazione, in ogni persona c’è qualcosa di bello e di positivo. Basta solo capire che cos’è … Non pensi anche tu?-
Nulla di più vero. Un semplice esempio era che se non ci fosse stato l’incidente non avrei mai incontrato delle persone speciali come i Tokio Hotel.
Annuii sempre più curiosa e con lo sguardo lo implorai di continuare a parlare.
- Per esempio … Noi quattro siamo molto famosi, ma capita spesso che i due membri del gruppo che si notano di più sono Bill e Tom. In questi casi io e Georg veniamo presi un po’ meno in considerazione.-
- Davvero? E non sei triste?-
- No. Perché non è certo colpa della gente. Il motivo di questa cosa è per il semplice fatto che sono un tipo tranquillo e discreto e non capita che mi metta al centro dell’attenzione come ci finiscono i gemelli. Capisci?-
- Sì … Ma sei sicuro che non ti dia fastidio?-
- Certamente, infatti in questo caso cerco di vedere le cose positive. Per esempio so che le fan mi vogliono bene comunque, so che i miei compagni mi stanno sempre vicino. E so anche che finché farò parte dei Tokio Hotel e sarò il loro batterista sarò felice. Quindi, anche se non sembra, questa non è una brutta cosa.-
Il discorso di Gustav mi fece sentire meglio. Anzi, mi fece addirittura sorridere come faceva lui.
- Hai ragione! D’ora in poi cercherò sempre le cose positive, così le cose brutte diventeranno belle!-
Accarezzandomi la testa continuò:
- Bravissima. Mi raccomando, sii sempre ottimista e abbi fiducia. E per non dimenticare questo discorso ti insegno un proverbio molto carino … -
- Dai, dimmelo!!-
- … Sorridi, e la vita ti sorriderà!-
Che belle parole. Già, proprio belle, come tutte le cose belle della vita.
Lo abbracciai felice e riconoscente.
- Grazie, Gustav! Non me lo dimenticherò mai!!-
Rimanemmo in quella posizione per più o meno dieci secondi. Forse quell’abbraccio sarebbe durato di più, se Bill non ci avesse chiamato a gran voce dal basso della scalinata.
- Ehi, voi due lassù! Venite anche voi??-
Io e il batterista ci sciogliemmo immediatamente dall’abbraccio e ci alzammo in piedi.
- Venire dove?- fece Gustav mentre io raccoglievo i fogli e le matite.
- Andiamo a fare due passi!- rispose il cantante salendo i primi scalini. - E’ il minimo che possiamo fare per rilassarci, non trovate? Con tutto il lavoro che c‘è qui … -
- Sì, che bello!- esultai. - Andiamo, Gustav!-
Ed ero già giù per la scalinata per raggiungere gli altri, mentre lo sentivo ridere tra sé alle mie spalle.

Camminammo per i vialetti di Berlino a lungo e parlammo di tante cose. Mi raccontarono alcune delle loro avventure e disavventure vissute durante la loro carriera, assistevo ad alcuni battibecchi che nascevano tra i gemelli o tra tutti e quattro. Io ascoltavo, li guardavo parlare, sorridevo e talvolta annuivo.
- Lucy, perché adesso non ci racconti qualcosa di te?- propose ad un certo punto Gustav.
Su di me? Non avevo granchè da dire, in fondo.
- Sì, sono curioso anch’io di sentire qualcosa sulla piccola impiastra!- fece Tom guardandomi con dispetto.
Eh, no! Non potevo fargliela passare liscia dopo l‘ultima umiliazione subita.
- A te non ho intenzione di raccontare proprio niente, perché sei antipatico!-
- Dai, Lucy, non prendertela sempre con mio fratello … Raccontaci, fallo per me … -
A Bill non potevo dire di no … E ancora una volta mi chiesi come facevano quei due ad essere gemelli, quando erano esattamente l’opposto l’uno dell’altro. Mah!
- Dunque, con mamma e papà abitavo in una grande casa in città. Ricordo che papà lavorava sempre fino a tardi e tornava tutte le sere con una valigetta piena di fogli. La mamma aveva sempre la gonna e non c’era un momento in cui non fosse in bagno a truccarsi o ad aggiustare i capelli.-
- Uh, allora eravate ricchi?- domandò Georg.
- Sì, penso di sì. Mi compravano sempre tutto quello che volevo, così non mi annoiavo mentre loro erano fuori per lavoro.-
- Ti lasciavano da sola? Davvero??- Bill era stupito.
- Sì, capitava sempre più spesso, ultimamente. Però vi posso giurare che mi volevano bene, non lo facevano apposta a lasciarmi sola!-
Sapevo che mamma e papà erano molto impegnati, ma le poche volte in cui riuscivo veramente a passare del tempo con loro mi dimostravano di volermi bene più di quanto immaginassi.
Di questo ero assolutamente convinta ed ero ben decisa a ribadirlo.
- Capisco … E’ terribile averli persi così all’improvviso, vero?- fece il rasta.
- Sì … Hai ragione … -
Mentre dicevo queste ultime parole guardavo Tom stupita. Non credevo che potesse essere così comprensivo. Il tono con cui aveva parlato dei miei genitori era dolce e triste. Quella fu la prima volta in cui Tom mi dimostrò di essere un ragazzo diverso da quello che pensavo.
All’improvviso mi fermai, con gli occhi bassi e le mani strette in pugni.
- Lucy, che cos’hai?- chiese Bill girandosi preoccupato verso di me.
Non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo, all’inizio. Venni nuovamente sopraffatta dalla paura, dalla solitudine, dalla rabbia.
Gustav si chinò su di me e mi cinse le spalle con il braccio.
- Ehi, Lucy, come mai ti sei fermata? Cosa … -
Con la coda dell’occhio vidi Gustav fare un cenno della testa per indicare agli altri il motivo del mio improvviso silenzio.
Il marciapiede era finito. La strada era a pochi metri da me. Quella maledetta strada.
Proprio così, eravamo inevitabilmente arrivati in prossimità del luogo in cui avvenne l’incidente.
Alzai finalmente il capo, sull’orlo delle lacrime.

Non so come mi ritrovai seduta sull’asfalto. E poi c’era fuoco, tanto fuoco. Le macchine erano diventate due. La gente si avvicinava alle fiamme spaventata e io non capivo cosa era successo.

Sbarrai gli occhi spaventata, mentre i ricordi riaffioravano nella mia mente.

L’auto di papà ridotta in cenere, gli uomini che mi avevano portata sul marciapiede. La gente spaventata che urlava alla tragedia, la giornalista scandalizzata.

Irrigidita dalla paura cominciai a tremare, senza speranza di riuscire a fermare quelle immagini che mi scorrevano davanti, come un flash.
Sentii le braccia di Bill avvolgermi teneramente, per consolarmi e farmi stare tranquilla. Le mie manine vennero racchiuse da quelle di Georg e Gustav, mentre Tom mi accarezzava la testa.
Sfoderando il mio autocontrollo, mi limitai a far sgorgare una sola lacrima dalla pupilla destra e abbracciai il cantante.
Mi sentii pian piano piacevolmente accaldata tra le loro braccia. Tutti e quattro erano su di me, racchiudendomi come in uno scudo protettivo.
- Va tutto bene, Lucy … Va tutto bene … - mi sussurrava Bill accarezzandomi la testa delicatamente.
Mi strofinai gli occhi e l’enorme abbraccio si sciolse. Solo allora mi accorsi della presenza di un’auto della polizia parcheggiata accanto al marciapiede opposto con le quattro frecce.
Che ci facevano lì?
- Bill, possiamo andare a chiedere a quei poliziotti se sono qui per l’incidente?-
- Ehm … D’accordo, se proprio insisti … -




ringraziamenti:
NICEGIRL: adori Lucy? Anch'io!!! XD
MissQueen: Ti ringraziooooo!! ^^

dalla prossima puntata la situazione si farà interessante!
salutoni, un bacio
by Eliot
;D

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Capitolo 6
*** Una sconosciuta verità ***


Capitolo 4
UNA SCONOSCIUTA VERITÀ

 “Ho fretta di sapere!”


Sapevo che probabilmente sarebbe stato inutile parlare con quei poliziotti, ma volevo essere completamente certa dell’accaduto.
- Scusi, signor poliziotto!-
L’agente in divisa abbassò lo sguardo verso di me, decisamente stupito della mia audacia.
- Siete venuti per l’incidente?- domandai.
“Ditemi di no, vi prego. Ditemi che è tutto finito …” pensavo ansiosa.
- Sì, piccola, siamo qui per l’incidente d’auto che c’è stato ieri pomeriggio … Perché me lo chiedi?-
- Non ditemi che mamma e papà sono ancora vivi!!!- esclamai presa dall’agitazione.
Perché? Perché quegli agenti erano lì? Cos’era successo?
- Lucy! Lucy, calmati, per favore … - disse Bill mettendo le mani sulle mie spalle per tranquillizzarmi.
- Vogliate scusarci, non sappiamo cosa le sia preso … - fece Tom ai due uomini facendomi alzare gli occhi al cielo.
“Simpatico come sempre, eh?” pensai con ironia.
- Non preoccupatevi, è tutto a posto.- disse l’altro agente guardandomi con disappunto.
Poi si rivolse a me:
- Mi dispiace moltissimo, ma i tuoi genitori sono deceduti veramente … -
La mia malinconia venne subito sostituita da un inaspettato stupore, appena l’altro agente pronunciò queste parole:
- … Probabilmente, però, non si è trattato di un incidente.-
Tom, Bill, Georg, Gustav e io nell’ordine, dicemmo:
- Eh?
- Che cosa?-
- Come?-
- Ripeta!?-
- Sta scherzando, vero??-
- Non scherziamo affatto, signori … - rispose il primo poliziotto.
- Chiediamo scusa, la notizia ci sconvolge … Potete spiegarvi meglio?- domandò gentilmente Gustav.
- Certamente.-
Non sapevo cosa aspettarmi, ma una cosa era sicura: ero parecchio agitata.
- Vedete, dalle nostre indagini abbiamo dedotto che molto probabilmente, dato che l’automobile era a posto e l’uomo al volante stava bene, è stata l’altra auto a venirle addosso.-
Di colpo ricordai. Le macchine erano due. Quindi non era colpa di papà che guidava, ma di chi era alla guida dell’altra auto!
- E chi c’era alla guida dell’altra auto?- domandò Bill quasi al posto mio.
- C’era una ragazza molto giovane, che adesso si trova in ospedale nel quartiere qui vicino … -
- Andiamo a trovarla!- esclamai girandomi verso i ragazzi.
- Che cosa? Ma Lucy, non la conosci neanche!- replicò Gustav.
- Voglio sapere se è stato veramente un incidente o se l’ha fatto apposta! Per favore … -
Gli agenti mi diedero ragione:
- Seguite il consiglio della bambina. E’ probabile che sia stata tutta colpa della ragazza, dato che anche la sua auto era a posto.-
Vidi i Tokio Hotel sospirare scambiandosi occhiate rassegnate.
- E va bene, piccola … Ma se non scopriamo niente di importante chiudiamo la questione, d’accordo?- disse Bill.
- Ok, ma adesso andiamo. Ho fretta di sapere!-
Mi stupivo da sola di quanto potessi essere determinata, ma c’era un motivo ben valido. Volevo sapere se i miei genitori erano morti per colpa di quella ragazza o si era trattato solo di un incidente.
Ci incamminammo in una direzione, mentre sentivo i due poliziotti spettegolare sulle capigliature dei gemelli.
Stavamo per raggiungere l’ospedale, quando Tom mi chiese:
- Lucy, sei sicura di quello che fai? Insomma, sei veramente convinta che sia stata colpa di questa ragazza che stiamo per vedere?-
- Siamo qui appunto per scoprirlo!- risposi seccamente dirigendomi verso la porta girevole.
Mentre gli altri chiedevano informazioni alla segretaria seduta nell’atrio, mi resi conto che in fondo non ero poi così sicura di voler conoscere la verità. Forse la tristezza mi stava giocando un brutto tiro e mi illudevo su qualcosa di infondato. Mi stavo sbagliando? Stavo commettendo un errore madornale facendo perdere tempo ai ragazzi che non c’entravano niente?
- Andiamo, Lucy!- fece Georg invitandomi a seguirli.
No, dopotutto non c’è niente di male a volerne sapere di più. Una piccola visita da questa ragazza misteriosa e la cosa sarebbe finita lì … Forse.
Entrammo nell’ascensore e guardai Bill premere il numero 4. Sospirai ansiosa: cosa mi avrebbe aspettato?
Improvvisamente sentii Georg accarezzarmi la nuca, accovacciato vicino a me.
- Via quella faccia triste, dai! Vedrai che tutto si risolverà … Promesso!-
Finalmente incrociai i suoi magnifici occhi verdi. Dal tipo serio e misterioso che avevo visto all’inizio non mi sarei aspettata un incoraggiamento efficace come quello. Sorrisi e dentro di me lo ringraziai.
Il dlong dell’ascensore arrivato a destinazione mi spaventò. “Coraggio, Lucy, finalmente saprai la verità!” mi ripetevo fissandomi i piedi.
Arrivammo alla camera dove stava la ragazza che si era scontrata con i miei genitori. Il cuore mi batteva forte. E perché, poi? Cosa avrei potuto dirle, che sospettavo di lei? Che ero venuta da lei anche se non la conoscevo per darle la colpa di una tragedia che non ha colpevole?
Perché il panico non la piantava di perseguitarmi? Perché non smettevo di tremare pur sapendo che ero venuta lì per una stupida idea infantile dovuta alla depressione?
- Vuoi entrare prima tu da sola, Lucy?- domandò Bill interrompendo l’interrogatorio a cui mi stavo sottoponendo.
Entrare da sola? Oh, no, non se ne parlava neanche. Senza la benefica presenza di quell’assurda band non avrei avuto il coraggio di spiccicare una sola parola.
Ma poi, constatando che entrare tutti insieme poteva essere traumatico per la ragazza, annuii e appoggiai la mano sulla maniglia, infreddolita per l’ansia.
Deglutii e finalmente, con uno sforzo immane, tirai giù la maniglia piano piano. Prima di spingere la porta per entrare, però, mi girai preoccupata verso i ragazzi.
Dopo un’occhiata rassicurante da parte di tutti loro mi decisi ed entrai facendo il minimo rumore possibile.
Sul lettino era adagiata una giovane ragazza dai capelli color bronzo scuro, lunghi più o meno fino alle spalle. La corporatura slanciata era avvolta in un lenzuolo bianco, teneva la mano sinistra sulla pancia e un ginocchio piegato.
Subito dopo aver richiuso la porta aprì gli occhi e girò leggermente la testa verso di me, scrutandomi con un delicato paio di occhi castani.
- Ciao … - mormorò cordialmente vedendomi taciturna.
Non ebbi la forza di muovere un muscolo, era già tanto se riuscivo a guardarla in faccia.
- Hai sbagliato stanza?- sussurrò gentilmente.
Feci no con la testa e mi decisi a fare qualche passettino verso di lei.
- La mia mamma e il mio papà sono morti nell’incidente che hai appena avuto … - sparai tutto d’un fiato.
La sua espressione si intristì improvvisamente e lei si mise lentamente a sedere aiutandosi con le braccia, facendomi notare che quello destro era fasciato fino al gomito.
Sull’orlo delle lacrime disse:
- Oh, mio Dio … Ho investito i tuoi genitori … Credimi, mi dispiace infinitamente … -
Mi avvicinai e appoggiai le manine sul lettino.
- Intendi dire che è stato un incidente e che non è stata colpa tua?- domandai con un filo di voce.
- Non ho detto questo … - rispose in un soffio.
Ebbi un attimo di smarrimento. Che cosa significava? Di che cosa si trattava veramente?
- Sei venuta qui da sola?-
- No … Sono venuta con i Tokio Hotel … - risposi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Con chi? … Stai scherzando?-
- Affatto. Te li vado a chiamare … -
Era arrivato il momento di chiarire le cose e parlare seriamente. E io non ero la persona adatta per farlo. Queste erano cose da adulti.
- Venite dentro!- li incitai.
Sapevo che lei sarebbe rimasta stupita di vedere quel famosissimo gruppo.
- E tu … Tu come conosci i Tokio Hotel??- domandò fissandomi a bocca aperta.
- E’ una storia lunga. Adesso siamo venuti qui per parlare con te di una cosa più importante.-
Bill si sedette sulla sedia più vicina al lettino, Georg e Tom rimasero in piedi appoggiati al muro e io mi accomodai sulle ginocchia di Gustav, seduto su una sedia nell’angolo della stanza.
- Inizio col dire che non c’è nulla di personale.- fece Bill un po’ imbarazzato. - E’ la piccola Lucy che ha voluto parlare con te.-
- Capisco … Di certo non sarebbe potuta venire da sola, giusto?-
- Giusto.-
Cominciavo a rendermi conto che non sapevo effettivamente cosa ci facevo lì. Né perché avevo ingiustamente immischiato i Tokio Hotel nella faccenda.
E dalla domanda che mi fece Tom direi che se n’erano accorti tutti …
- Allora, Lucy, che cos’è che effettivamente desideri sapere?-
Ecco. Lo sapevo. Zero assoluto. Qualcosa già mi aveva detto che sarei arrivata a fare scena muta.
Però non dimenticai che era ancora tutto da vedere. Le parole della ragazza non erano passate indifferenti.
- Ehm … Posso sapere che cosa intendevi prima?- dissi rivolgendomi a lei.
La vidi turbata dalla mia domanda, quasi non volesse rispondere.
- E che cosa ha detto lei che tu non hai capito?- mi domandò Bill.
- Ha detto che le dispiace per i miei genitori, ma quando le ho chiesto se è stato un incidente la risposta non l‘ho capita … -
- E’ che non posso parlare … - fece timidamente la ragazza suscitando la curiosità generale.
- Perché???- esclamai.
La vidi stringere i pugni con l’atteggiamento di chi non sa cosa fare. Tutto a un tratto mi passò in testa l’idea che poteva essere qualcosa di davvero importante anche per lei.
- Io … Non so se … - biascicò lei a denti stretti.
- Non sai se fidarti di noi?- fece Tom leggermente irritato.
Mi chiedevo la stessa cosa. Era brutto da pensare, ma non avevamo potuto fare a meno di notare che lei non si fidava.
- Ma noi non abbiamo niente contro di te, devi crederci … - disse Georg cercando di convincerla.
Ma lei non mollava. Dalla sua espressione si capiva che non era certa di voler affidarsi a noi.
Doveva parlare, metterci al corrente di ciò che non sapevamo. Almeno per me era di vitale importanza.
Mi armai di coraggio e feci:
- Devo sapere tutta la verità! E’ importante!-
- La piccola Lucy ha ragione.- disse Gustav. - E’ evidente che qualcosa o qualcuno ti impedisce di rivelare tutto, ma stai tranquilla perché noi ti aiuteremo.-
La ragazza si mordicchiò l’unghia ancora un po’ nervosa. Ma qualcosa stava cambiando, la stavamo convincendo.
- Ti prego … - la supplicai facendo la voce triste.
Finalmente lei fece un respiro profondo e mormorò:
- D’accordo … Vi dirò tutto … -



ringraziamenti:
layla the punkprincess: già... Prima o poi Lucy si renderà conto di ki è Tom veramente... Baciiiii t.v.b.!!!!
NICEGIRL: grazie del commento! ^^
MissQueen: parole sante socia!!! *annuisce e applaude* kuss tvtb

può darsi ke per i prossimi capitoli tarderò un po'....
.... beh, meglio tardi ke mai, no? =D

un abbraccio
by Eliot
;D

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Capitolo 7
*** Lucy si dà da fare ***


Capitolo 5
LUCY SI DÀ DA FARE

“La cosa deve finire entro una settimana!”


Ebbi i brividi e inghiottii la saliva prima che la ragazza potesse cominciare a dire tutta la verità. Finalmente avrei saputo ogni cosa. Anche i TH si prepararono ad ascoltare, ammutoliti.
- E’ andata esattamente come sto per raccontarvi … Poco prima di scontrarmi con i genitori di Lucy ho dato un passaggio a … a un uomo … -
“Sapevo che c’era qualcun altro di mezzo!” pensai tra me e me. Però non emisi un fiato e la lasciai continuare.
- Ha detto che era un autostoppista e mi sono offerta di accompagnarlo fino in centro … Ma quando stavo per sorpassare l’auto dove c’era Lucy … Lui … -
La pregavo mentalmente di proseguire, ma di colpo scoppiò a piangere e si mise le mani sulle tempie.
Chissà cos’era successo, per farla stare in quel modo … Bill le si avvicinò e le mise un braccio sulla schiena per incoraggiarla.
- Su, non fare così. Cosa ha fatto quell’uomo? Diccelo!-
Ormai aveva capito anche lei che non avremmo avuto pace se non avessimo saputo la verità.
- … lui ha girato il volante e mi ha fatto sbandare!!!- gridò buttando subito tutto fuori.
Mentre continuava a piangere a dirotto, io e i Tokio Hotel non potevamo credere alle nostre orecchie.
Dunque era quel farabutto il responsabile dell’incidente! Finalmente lo sapevo. Mi sentii immediatamente inquieta e mi strinsi nelle braccia di Gustav che aveva sempre continuato a tenermele intorno alla vita.
- Allora è lui il responsabile di tutto questo!!- esclamò Tom ancora sconvolto.
Io fissavo il pavimento con sguardo perso. Sentii gli altri girarsi verso di me per vedere la mia reazione, ma io non mi muovevo. Ero troppo terrorizzata.
L’idea che qualcuno aveva ucciso i miei genitori di proposito faceva crescere dentro di me qualcosa di brutto. Simile a un miscuglio tra ira e disperazione. Ma qualunque cosa fosse aumentava sempre di più e a momenti avrebbe preso il sopravvento facendomi perdere il controllo.
Sentendo che tremavo Gustav mi sussurrò:
- Lucy, ti senti bene?-
Non so proprio come trovai la forza di scuotere la testa anche solo di poco. Sentivo la testa e il cuore scoppiare e forse avrei dovuto sfogarmi come si deve, ma non riuscivo proprio a muovermi. A momenti non ce la facevo neanche a sbattere le ciglia, talmente ero paralizzata.
- E’ stato lui … E’ stato lui … - balbettai accorgendomi che singhiozzavo.
Bill intuì subito che la situazione stava degenerando e corse ad abbracciarmi.
- Sssssh … Lucy, calmati, non ti agitare proprio ora … - mi bisbigliò nell’orecchio prima di prendermi in braccio.
Non riuscivo a smettere di tremare, di piangere, di sussultare. Stavo per permettere alla paura di farmi esplodere.
- Non so dirvi altro … - continuò la ragazza. - Non so perché l’ha fatto, né cosa è successo dopo. Sta di fatto che mi sono risvegliata stamattina in questo ospedale dopo aver perso i sensi quasi al momento dell’impatto … -
Mi sentivo sempre peggio. Subito pensai che la faccenda sarebbe diventata più complessa, più pericolosa. Sarebbe diventata qualcosa di grosso.
- Lucy … -
La voce della ragazza mi distolse la mente dai miei pensieri pessimisti, e curiosa di sentire cosa voleva dirmi mi girai verso di lei.
- Voglio che tu sappia una cosa … -
Bill mi mise giù e io camminai silenziosamente verso di lei.
- Ti giuro che farò qualunque cosa per mettere fine alla tua sofferenza … -
Un brivido mi fece spostare lo sguardo sui suoi occhi color caramello.
- Credimi, non avrò pace se quel farabutto non pagherà per il suo gesto orribile … Ti prometto che farò tutto il possibile per aiutarti … D’accordo?-
Le sue parole erano sincere. Me lo sentivo dentro. Lei voleva davvero aiutarmi, e le sue parole sciolsero il blocco di ghiaccio all’altezza del petto che non mi faceva respirare dall’agitazione. D’impulso la abbracciai, mentre continuavano a scendere le lacrime sul suo volto.
- Grazie di cuore. Non ti ringrazierò mai abbastanza … -
Quando mi staccai e mi girai verso i Tokio Hotel, mi sorrisero sollevati.
- Andrà tutto bene e quel pazzo criminale la pagherà, vero ragazzi?- disse Georg con entusiasmo.
Tom rispose, scrocchiandosi le dita con una smorfia arrabbiata:
- Oh sì! E se la polizia non lo punirà abbastanza, ci penserò io a metterlo KO! Parola di Tom Kaulitz!!-
L’esclamazione del chitarrista ci fece ridere.
Esattamente quello che mi ci voleva per tirarmi su il morale. Mi è sempre piaciuto ridere, anche se non mi capitava molte volte di mettermi a ridere di gusto come in quel momento con Tom. Avrei tanto voluto ridere di cuore, per una cosa che mi piaceva e mi divertiva sul serio.
E’proprio vero che ridere fa bene.
Da quando avevo conosciuto i Tokio Hotel, al di là di alcuni momenti di tensione, avevo sempre riso tanto. Ridevo quando Bill e Tom battibeccavano tra loro, avevo riso quando li avevo visti sul palco a suonare, e ridevo anche in quel momento triste e doloroso.
Era un po’ come se ridessi in faccia al destino, che era stato abbastanza crudele con me. Ma ridevo lo stesso, perché avrei superato quella situazione a testa alta, con fiducia, speranza e un pizzico di ottimismo.
Stavo finendo di ridere quando Bill guardò l’orologio appeso al muro e tramutò il suo sorriso in una smorfia spaventata.
- Uh, com’è tardi! Ragazzi, dobbiamo andare, allo stadio ci staranno cercando come dei matti!!-
- Hai ragione, David starà dando i numeri per sapere dove siamo!- esclamò Gustav.
Di colpo ricordai gli strani preparativi in cui era impegnato lo staff della band. Chissà cosa stavano facendo …
- Significa che dobbiamo salutarci?- chiese un po’ sconsolata la ragazza.
- Direi di sì … - fece Tom. - Che dire, rimettiti in sesto e … Speriamo che la cosa si risolva in fretta!-
Lei annuì, sorridendo fiduciosa.
- Senti … -
Lei si girò verso di me per sentire cosa volevo chiederle.
- Posso sapere come ti chiami?-
- Certo, che sbadata! Mi chiamo Julia!-
- Che bel nome! Allora ci vediamo, Julia!-
- Senz’altro, Lucy … -
Appena usciti nel corridoio mi resi conto di quanto velocemente il mio umore fosse cambiato. Se prima avevo il morale a terra quando uscii dall’ospedale era arrivato alle stelle. Strabiliante!
- Allora, piccola, sei soddisfatta?- domandò Bill mentre ci dirigevamo verso lo stadio.
Ci pensai un attimo, che bastò per capire che avevo conosciuto una persona molto buona, immischiata ingiustamente in quella brutta vicenda, che però mi aveva detto tutta la verità e mi aveva promesso che sarebbe andato tutto bene.
- Sì … Sono soddisfatta!!-
- Benissimo! Siamo molto contenti, vero?- disse Tom allegramente.
- Sicuro!- fecero gli altri quasi in coro.

- Signor Jost … -
Il manager abbassò lo sguardo verso di me.
- Volevo chiederle un favore grande grande … -
- Oh, ma certo! Puoi chiedermi tutto quello che vuoi … -
- I Tokio Hotel possono rimanere qua?-
- … Tranne questo!-
Mi ero velocemente informata e i preparativi in cui tutti erano impegnati significavano un trasferimento da una città all’altra. La band era in tour e non potevano perdere un solo minuto.
- Ascolta, Lucy, è una cosa complicata … -
- La prego, signor Jost! Farò la brava!!-
- Non si tratta di questo, so bene che saresti un angioletto, ma … vedi, dobbiamo spostarci, perché i ragazzi devono tenere un altro concerto ed è impossibile farli rimanere qui. E se venisti tu con noi?-
- Non posso, Julia è in ospedale in questa città e non ci possiamo allontanare da lei. E poi l’incidente è avvenuto a pochi isolati da questo stadio, non possiamo andarcene!!-
- E chi sarebbe Julia?-
- Una persona di vitale importanza, per motivi che lei non capirebbe!-
Mi fissò sbalordito dalla mia testardaggine e dalla mia faccia tosta.
- Glielo chiedo per favore … Hanno promesso di aiutarmi … -
L’idea che tutto finisse lì mi terrorizzava. Oltre al pensiero che la morte dei miei genitori sarebbe rimasta un mistero mi spaventava anche la sensazione di non avere più quella band miracolata al mio fianco. Non poteva dirmi di no. Se l’avesse fatto non mi sarei data pace.
- Lucy, ti rendi conto che se ti accontentassi smuoverei mezzo mondo?-
Annuii sempre più convinta. Sarei stata disposta a tutto pur di concludere la faccenda fino in fondo. Non me ne fregava niente di fan indignate, trambusti vari o che altro. Solo una cosa mi importava: la verità che doveva essere scoperta.
- Siccome deduco che non smetterai di farmi impazzire finché non avrò acconsentito … -
Quelle parole mi fecero sperare.
- … d’accordo.-
Esultai saltellando intorno a David con una tale felicità che a momenti avrei dato una festa.
- A una condizione!-
Mi bloccai e lo guardai con disappunto.
- La cosa deve finire entro una settimana! Non di più!-
Sospirai di sollievo e con la tenerezza dei bambini abbracciai le gambe del manager.
- Grazie, signor Jost … -


ringraziamenti:
little_illusion: eh, è questo il bello! ^^ Spero che ti sia piaciuto, questa parte!!!
layla the punkprincess: ihih!!! Ti ringrazio!!!
NICEGIRL: è questa la parte migliore del pubblicare storie, lasciare il pubblico con la curiosità!!! XD
MissQueen: Stessa cosa che ho detto alle altre recensitrici!! XDXD tvttb grazie mille!!!

bene... adesso è tutto da vedere... =D
non perdetevi il prossimo chappy, mi raccomando!!
ciau v.v.ttt.b.!!!
by Eliot
;D

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Capitolo 8
*** L'investigatore ***


scusate il ritardooooo!!!!
La scuola è tremenda.... Ma eccovi un simpatico e freschissimo chappy!!!

Capitolo 6
L’INVESTIGATORE

“Deve trattarsi di qualcosa di serio …”


- Lucy, secondo me guardi troppi film!-
- Tom, non prendermi in giro!! Abbiamo soltanto una settimana, non c’è tempo da perdere!-
- Uffa, ma dobbiamo proprio?-
- Assolutamente sì! Io non vedo altro modo per cercare di scoprire qualcosa!-
La mia richiesta di andare a parlare con la polizia della nostra scoperta suonava loro un’idea piuttosto azzardata.
- In effetti, però, la bambina non ha tutti i torti … -
Sospirai. L’affermazione di Gustav mi rasserenò.
- E va bene … - disse infine Bill mettendo le mani sui fianchi. - In fondo cos’abbiamo da perdere? Stiamo solo aiutando Lucy, giusto?-
- Uffa, non mi piacciono le questioni complicate … - si lamentò il bassista spalleggiato da Tom.
- Dovrete farci l’abitudine, perché sarà complicato fin dall’inizio!- affermò il batterista.
Dunque era fatta. Dovevamo metterci subito al lavoro.
Innanzitutto avevo proposto di andare dalla polizia. Non capivo il motivo della loro perplessità, a me sembrava una buona idea: solitamente la polizia aiuta le persone e punisce chi fa del male, no?

- Buongiorno!-
Alla vista della band la ragazza dietro la scrivania sembrava paralizzata.
- Vorremmo parlare con uno dei vostri agenti riguardo l’incidente che è avvenuto ieri … - chiese il cantante.
Ma la tipa continuava a guardare stralunata i ragazzi, come se fossero stati dei marziani. Tom si abbassò e mi bisbigliò:
- O è una nostra fan, o si è spaventata a morte vedendo il cespuglione sulla testa di mio fratello!-
Ridacchiai, anche se mi avrebbe dato un po’ fastidio la seconda possibilità.
Stranamente, però, la ragazza strabuzzò gli occhi e si precipitò in bagno tenendo la bocca chiusa con la mano.
Incredulo come gli altri, Georg fece:
- Non le sarà venuto da vomitare?!-
- Che maleducata, non è stata affatto carina!- sbottai indignata.
- Altro che!- disse Gustav con un pizzico di divertimento.
- Ci toccherà chiedere a qualcun altro … - osservò Bill, demoralizzato dalla presa in giro subita.
- Ma guarda guarda chi abbiamo qui!-
Una voce ci fece girare alla nostra destra, verso la porta dell’ufficio dell’ispettore. Lui stesso, un uomo dall’aria autoritaria di mezza età, ci venne incontro e porse la mano a Bill.
- Mi presento: sono l’ispettore Tjark, comandante di questo dipartimento!-
- Ehm … Molto lieti … - fece Tom mentre l’ispettore stringeva la mano ai quattro ragazzi.
- Ciao, piccolina. Come ti chiami?- disse riferendosi a me.
Non era il massimo della simpatia, ma pensai “Chissà, non si può mai dire …” e salutai senza troppi scrupoli.
- Salve, mi chiamo Lucy … -
Di sicuro, come me, i Tokio Hotel si stavano chiedendo come mai tante cerimonie. La risposta fu meno problematica di quanto pensassimo.
- Vi ho riconosciuti subito. Vi vedo ogni volta che entro nella camera di mia nipote!-
Si riferiva al fatto che la camera di sua nipote aveva diversi poster del gruppo appesi ai muri. A quell’affermazione i TH sorrisero sollevati.
- Posso fare qualcosa per voi?- domandò gentilmente.
- Siamo qui per l’incidente di ieri, in cui hanno perso la vita i genitori di questa bambina … - rispose Bill facendomi appoggiare a lui.
- Ho capito. Venite pure nel mio ufficio, così potremo parlare più tranquillamente.-
L’ispettore Tjark ci lasciò alle spalle il trambusto della segreteria del commissariato per farci accomodare davanti alla sua scrivania.
Dopo esserci tutti seduti cominciò col farmi le condoglianze.
- Innanzitutto voglio dire a questa bimba che mi dispiace molto per i tuoi. E’ stato un brutto incidente e per te sarà stato certamente un brutto colpo … -
Annuii rattristandomi un po’. Era tutt’altro che piacevole sentire continuamente la stessa e tragica notizia.
- Avevo già sentito da alcuni dei miei agenti che c’era qualcosa di strano in quell’incidente. Sapete qualcosa che dovreste dirmi?-
- Per la verità sì. - disse Tom. - Siamo andati in ospedale per parlare con la ragazza che ha avuto l’incidente con la famiglia di Lucy … -
- … e ci ha detto che il responsabile è un presunto autostoppista a cui lei aveva dato precedentemente un passaggio. - proseguì Bill.
L’ispettore aveva l’aria seria e curiosa di chi vuole vederci chiaro.
- Spiegatevi meglio, come potrebbe essere lui il responsabile?-
- Julia, la ragazza in ospedale, ha detto chiaramente che l’uomo le ha girato volutamente il volante.- rispose Gustav.
- D’accordo. E’ tutto?-
Tom fece, sospirando preoccupato:
- Sì, per il momento è tutto.-
Dopo un attimo di esitazione, in silenzio, Tjark aprì un fascicolo e lo sfogliò velocemente. Noi lo fissavamo col fiato sospeso, nessuno aveva idea di cosa volesse fare.
Ad un tratto alzò gli occhi e sorrise.
- Ho trovato la persona che fa per voi!-
Mentre facevamo espressioni interrogative, l’ispettore continuò a parlare.
- E’ uno nuovo, a cui ho sottoposto io stesso l’esame di ammissione al corpo di polizia … E’ piuttosto bravo a rintracciare gente scomparsa, penso che questo caso sia l’ideale per lui … -
- Ha già deciso a chi affidare il caso??- fece Georg sorpreso.
- Già. Ho pensato subito a questa nuova matricola. Se volete, potete incontrarlo ora.-
- Ah … ehm, d’accordo … - fece Bill non del tutto convinto.
Tjark ci diede altre indicazioni:
- Chiedete all’entrata, dovrebbero dirvi dov’è in questo momento … -
- Ok, grazie!- disse Tom alzandosi seguito dagli altri.
Ma prima di uscire mi ricordai di un dettaglio importante e intrascurabile.
- Ispettore, quel è il nome dell’agente?-
- … Joseph Hanisch!-
Joseph Hanisch …




- Joseph Hanisch? Uhm … Mamma, perché questo nome non mi è nuovo?-
Non mi aspettavo di essere interrotta dal piccolo Max.
- Ve lo dico dopo, lo capirete man mano che vi racconto, ok?-
I miei bambini mi guardano strano, ma sembrano sorvolare sul dubbio sollevato dal fratellino più piccolo.
- Bene, stavo dicendo … -





- Joseph Hanisch?-
Alla domanda di Bill l’agente alzò la testa.
Era appoggiato al muro davanti all’uscita laterale del commissariato, le mani in tasca e lo sguardo pensieroso.
Aveva l’altezza di Bill e la corporatura di Tom. I capelli corti e vivaci erano dello stesso colore di quello di Georg e un atteggiamento timido e tranquillo come quello di Gustav.
Appena mi resi conto di tutte queste cose mi chiesi se era o meno l’incrocio di tutti e quattro i membri dei Tokio Hotel. Lo squadrai dal basso in alto, mentre ci pensavo.
- Sì, sono io … - disse staccandosi dalla parete e guardandoci in modo strano.
Il cantante si mostrò molto disinvolto.
- Salve, siamo i Tokio Hotel. Io sono Bill Kaulitz, lui è mio fratello Tom, mentre loro sono Georg Listing e Gustav Schäfer!-
- Ah, già … Ho sentito molto parlare di voi … - osservò Joseph con probabilmente finta aria esperta.
- E questa bambina si chiama Lucy! E’ grazie a lei se siamo qui … - disse poi Tom guardandomi con una faccia furba che non capii.
Joseph mi fissò sbattendo le palpebre. Con tutta probabilità si stava chiedendo come una bambina di appena sette anni era riuscita a sopraffare una band di successo trascinandola in quel commissariato.
- Salve … - mormorai porgendogli la mano per tentare di rompere il ghiaccio.
- Ciao, piccola.- rispose stringendola. - Sai, appena ho visto questi quattro zombie avrei voluto licenziarmi dopo nemmeno due giorni di lavoro … -
Quell’affermazione mi irritò non poco. Mentre i TH si scambiavano occhiate offese a bocca aperta, io saltai sul piede di quel neopoliziotto facendo pressione con tutto il mio peso.
- Ahiaaaaa!!!- esclamò lui spingendomi via verso il muro con una mano e portando l‘altra verso il piede. - Ma che cosa ho detto di male?? E poi non avevo finito la frase!-
- Non me ne importa niente, i Tokio Hotel non vanno offesi da nessuno, tantomeno da un inesperto come te!- feci io citando fedelmente le parole di un chitarrista di mia conoscenza.
Mi stupii da sola. Potevo giurare di aver detto quella frase nel mio modo più spontaneo, senza accorgermene.
Fintanto che Bill, Gustav e Georg si sorridevano, Tom mi venne vicino e mi accarezzò teneramente la testa.
- Così si parla, Lucy … - disse orgoglioso e con una punta di commozione.
Il tempo di alzare la testa per sorridergli e Joseph si schiarì la voce per riottenere attenzione.
- Stavo dicendo … - fece ancora innervosito. - Siccome sei tu la persona principale per cui presumo dovrei lavorare non mi licenzierò, anzi! Per una bella bimba sarei ben lieto di indagare sul tuo caso!-
- Non cercare di incantarmi facendo il leccapiedi!- ribattei guardandolo dall’alto in basso.
I ragazzi si misero la mano sulla bocca per non ridere troppo forte, anche se avrebbero proprio voluto scoppiare. Joseph sospirò e appoggiando la mano alla parete disse:
- Ok … Mi dispiace, Lucy. Siamo partiti decisamente male. E se devo svolgere il primo incarico da poliziotto della mia vita voglio farlo come si deve, soprattutto andando d’accordo con le persone per cui lavoro!-
- Così va meglio!- concluse Bill sorridendo compiaciuto insieme agli altri, me compresa.
- Allora … Quale caso mi ha affibbiato Tjark?- domandò l’agente strofinandosi le mani.
- Beh, non so se hai presente l’incidente avvenuto ieri … - disse Georg girandosi verso di me.
- Ah, sì sì … I miei colleghi ne parlano molto, dicono che ci sia qualcosa di strano … -
- Infatti.- sospirò Bill. - Forse è meglio che ti descriviamo la situazione più tardi con calma … -
- Per me va bene. Dal tono che usate deve trattarsi di qualcosa di serio … - osservò Joseph preoccupato.
Io mi limitai ad annuire. Feci scorrere nervosamente il ditino in mezzo ai capelli, cominciando ad arrotolarne una ciocca.
Improvvisamente il cellulare del cantante squillò.
- Pronto?- rispose lui con cinque paia di occhi incuriositi puntati addosso.
- Ok … Stiamo arrivando, saremo lì tra un quarto d’ora al massimo … Va bene, David, a dopo!-
- Dobbiamo tornare allo stadio, giusto?- provai ad indovinare.
- No, Lucy. David ci aspetta nel nostro albergo per chiarire alcune cosette senza le quali non potremmo rimanere qui ad aiutarti!-
- D’accordo, quindi muoviamoci!- fece Gustav iniziando a camminare. - Spiegheremo tutto a Joseph lungo la strada.-
Inaspettatamente mi mancò l’asfalto sotto i piedi e mi ritrovai presto con la faccia immersa nei rasta del chitarrista.
- Non ti dispiace, vero, se ti porto un po’ io?-
- Mmmmh … No, figurati … -
Percepii una sensazione strana, ma piacevole. Scoprii con sorpresa che stare appoggiata alla spalla di Tom con le sue mani calde che mi sorreggevano la schiena era piuttosto rilassante. Ancora una volta Tom mi stupì facendomi lievemente cambiare opinione su di lui.
Un po’ perché mi sentivo giù di corda e un po’ perché volevo scoprire qualcosa sul chitarrista in XXL, poggiai l’orecchio sulla spalla, chiusi gli occhi e inspirai profondamente il profumo che sentivo sul suo collo.
Per poco non mi addormentai cullata dal calore che pian piano mi nasceva dentro.


ringraziamenti:
MissQueen: Hai ragione, Lucy è un po' matura per la sua età... Spero che questa pèarte ti sia piaciuta, grazie per aver aspettato!!
layla the punkprincess: ciauuuuuuu ^^ ti ringrazio tantissimo per la recensione!!!! E' vero, quel tipo è uno stronzo forte...

mi scuso ancora per il ritardo, giuro che non lascerò questa storia a metà, promesso!!!
nella prossima parte nuovi e importanti sviluppi!!!
Ciaooo un salutone e un abbraccio
by Eliot
;D

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Capitolo 9
*** Apprensione e... interesse ***


Capitolo 7
APPRENSIONE E … INTERESSE

“E’ un piacere preoccuparmi per te!”


- Quindi è tutto a posto, vero David?-
- Sì, Bill. Adesso ho chiarito la situazione agli organizzatori dei prossimi concerti e non ci saranno problemi a rimandarli di una settimana, i biglietti rimarranno validi e le reazioni non sono state troppo problematiche, per fortuna … -
Sospirai di sollievo.
Io e Bill ci trovavamo nella grandissima suite riservata ai Tokio Hotel, nell’albergo poco distante dallo stadio. Gli altri tre erano usciti, non mi era ben chiaro dove.
- Ci sentiamo, ciao!- disse il manager prima di chiudere la porta e lasciare me e il cantante da soli.
Io ero seduta sull’enorme poltrona che troneggiava di fianco alla porta del terrazzo. Bill si avvicinò e mi chiese:
- Allora, Lucy … Che cosa vuoi fare adesso?-
- Chiacchierare … -
E’ un passatempo insolito, ma almeno il tempo sarebbe passato più in fretta.
- D’accordo. E di che cosa vuoi parlare?-
- … Non lo so … -
- Cosa ne pensi di Joseph?-
Ci pensai su un attimo. Anche se l’avevo inquadrato male per ciò che aveva detto ai ragazzi, tutto sommato pensavo che fosse un buon poliziotto.
- E’ a posto … - dissi vagamente rimanendo sovrappensiero.
- Sì, lo penso anch’io … -
- Ma quando vi ha detto che sembrate degli zombie non vi siete offesi?-
Lui sorrise.
- Non troppo. Capita che qualcuno non ci apprezzi per quello che siamo, ma non è colpa di nessuno.-
Quella frase era tanto semplice quanto azzeccata. Lo guardai incuriosita.
- Giusto!- esclamai indicandolo con sguardo illuminato.
Lui fece una risatina divertita e si sedette sul bordo del divano lì vicino.
- Sai, Lucy … Voglio dirti la verità: ho un brutto presentimento … - mormorò serio fissando un punto impreciso del pavimento.
Un brivido mi scosse. Non potevo dargli torto, la situazione non era delle migliori. Sembrava piuttosto normale pensare negativo.
- Qualunque cosa sia successo sarà certamente poco rassicurante … - continuò mordendosi il labbro inferiore nervosamente.
Annuii comprensiva. In quel momento Bill mi faceva una gran pena. Si stava preoccupando di una cosa di cui avrei dovuto essere io la più provata. Invece sembrava che stesse peggio lui.
- Vedi, io ho paura per te … - sussurrò tristemente alzando la testa verso di me. - Hai già perso i tuoi genitori e l’ultima cosa che voglio è che accada qualcosa anche a te … Anzi, non lo voglio proprio!-
Sentii un groppo in gola e accennai un gemito. Provai un’enorme compassione.
Mi sembrò di guardarmi allo specchio. Tutte le emozioni che avevo vissuto dall’incidente, alla visita da Julia e al momento di panico sul luogo della tragedia … le rivedevo in Bill, attraverso quello sguardo preoccupato, quel triste tono di voce e soprattutto quegli occhi color cioccolato, che quasi si fondevano mischiati al velo d’acqua che li faceva diventare lucidi.
Non resistetti.
Mi alzai e camminai silenziosamente verso il cantante, che rimaneva immobile.
- Non preoccuparti, Bill … - pigolai teneramente prima di schioccargli un bacino sulla guancia e abbracciarlo.
Aveva il petto caldo, riuscivo a sentire chiaramente il suo battito cardiaco regolare, ma veloce. Udii un sospiro e subito le sue braccia sottili mi avvolsero lentamente. Percepii il respiro di Bill sulla nuca e d’impeto lo strinsi più forte, chiudendo gli occhi.
- Non rattristarti per colpa mia … - feci senza muovermi di un muscolo. - Sono stata io a farvi entrare in questa storia e neanch’io voglio che vi succeda qualcosa di brutto … -
- Oh, piccolina mia … -
Dopo un paio di secondi mi afferrò per i fianchi e mi sollevò fino a mettermi seduta sulla sua gamba sinistra.
- E’ un piacere preoccuparmi per te!- disse abbozzando un sorriso.
Felice, mi accoccolai sul suo collo con una risatina.
- Andrà tutto bene, vero?- chiesi.
- E’ ovvio che andrà tutto bene … Finché ci saranno i Tokio Hotel a proteggerti nessuno potrà farti del male!-
Gli schioccai un altro bacetto vicino all’orecchio: - Grazie!!!-
Lui, intenerito (perché si notava benissimo che era intenerito), mi fece appoggiare la testa sulla sua spalla, permettendogli di appoggiare la sua sulla mia.
- Dov’è Joseph?- domandai dopo un po’.
Bill si staccò e mi guardò in faccia.
- Sai che non lo so? Se non si è ancora dato da fare con le indagini dovrebbe essere in commissariato … Come mai me lo chiedi?-
- Volevo andare a trovarlo!- risposi scendendo dalla sua gamba.
- Ok, come vuoi. Andiamo a vedere in commissariato, domani?-
Il tempo di annuire e stavo già aprendo la porta incitandolo ad andare a sgranocchiare qualcosa al bar dell‘albergo.

Il giorno seguente io e il gruppo lo vedemmo entrare in una volante blu posteggiata davanti all’entrata sul retro del commissariato e lo salutammo da lontano prima che potesse mettere in moto.
- Salveeeeeeeeeeee!- esclamai correndo verso di lui.
- Oh, salve a voi!-
Abbassò il finestrino e mi affacciai. Intanto la band ci raggiunse. Tom salutò e si abbassò mettendo le mani sulle ginocchia.
- Buongiorno Joseph! Come procedono le indagini?-
- Stavo appunto per andare in ospedale da Julia per farle qualche domanda … Volete venire?- propose con entusiasmo.
- Sììììììììì!- strillai aprendo la portiera senza dare ai ragazzi nemmeno il tempo per rispondere.
Joseph mi guardò stranito, poi si girò verso i TH e fece un mezzo sorrisetto divertito, prontamente ricambiato.

- Mi dispiace, ma l’orario delle visite del mattino è finito. Se volete potete tornare oggi pomeriggio alle 16 … -
Provai uno strano istinto di rabbia verso quella signora che ci si era parata davanti appena avevamo tentato di entrare nel reparto di Julia.
- Sono della polizia … - affermò serissimo Joseph tirando fuori il distintivo dal taschino della camicia blu.
I TH, subito dietro di lui rigorosamente incappucciati, se ne stavano zitti e aspettavano che il poliziotto facesse il suo lavoro.
- La polizia? E perché mai siete venuti qui??- esclamò la donna con almeno un’ottava più alta di prima.
Sotto lo sguardo divertito mio e dei ragazzi, Joseph inarcò un sopracciglio in modo furbo e fece:
- E a lei cosa interessa?-
Alla faccia da pesce lesso della signora non seppi resistere e ridacchiai. Poi si scostò e cambiando l’espressione scandalizzata in un’altra stizzita ci fece passare squadrandoci dall‘alto in basso.
Camminai spedita verso la camera di Julia, almeno mezzo metro più avanti rispetto agli altri. Arrivata lì davanti sentii Joseph fare un respiro profondo e bussai.
- Avanti!-
Volevo domandarmi il motivo del tono preoccupato con cui Joseph aveva sospirato, ma dovetti aprire la porta per annunciare il nostro arrivo.
- Lucy!! Che bellissima sorpresa!!-
D’impulso sorrisi e corsi a salutare Julia, seduta sul lettino. Lei mi diede un bacino sulla guancia e io prontamente ricambiai felice.
- Stai meglio, oggi?- chiesi con una vocina piccola.
- Ora che ti vedo sto benissimo! Però starò ancora meglio quando domani pomeriggio mi dimetteranno!-
- Che bello!!!-
Mi voltai verso i Tokio Hotel, che mentre entravano salutavano, si toglievano il cappuccio e si sbottonavano le felpe. Mi aspettavo che Julia salutasse a sua volta, ma non sentii né la sua voce, né tantomeno quella di Joseph.
Mi accorsi con grande stupore che i due, non appena i loro sguardi si erano incrociati, avevano iniziato a guardarsi intensamente. Assorti, ammutoliti, colti alla sprovvista. Mi misi un ditino sul mento incuriosita dalle loro reazioni e più spostavo gli occhi prima verso Julia e poi verso Joseph, più non ci capivo niente.
- Julia, questo è Joseph Hanisch. E’ della polizia e ci aiuterà a risolvere il caso!- disse allegramente Tom.
- Ehm … -
Il bello era che lei non gli scollava minimamente gli occhi di dosso. I suoi occhi non erano né lucidi, né tremanti. Erano immobili. Fissi fissi contro quelli di lui, probabilmente. Socchiusi la bocca e sbattei le palpebre, sempre più desiderosa di sapere che stava succedendo.
- Julia, piacere … -
Finalmente si decise a sorridere cordiale e a stringergli la mano.
- Agente Joseph Hanisch, piacere mio- rispose lui.
Anche un cieco avrebbe potuto vedere che era imbarazzatissimo. E non lo dico per dire. Si sarebbe potuto notare soprattutto dal suo tono di voce, basso e quasi incantato.
Alla prima impressione avrebbe potuto sembrarmi un colpo di fulmine. Ma questa eventualità aveva occupato solo il vago 10% delle mie ipotesi.
E il restante 90%?
Non ne avevo idea e non ne ho la più pallida idea tuttora.
- Bene … Posso darti del tu, Julia?-
- Ovvio, certo che può!-
- Grazie, anche tu puoi, non preoccuparti … -
- Ah, ok … Dicevi?-
- Dunque, i ragazzi mi hanno detto tutto. Ora voglio che tu sia sincera e che risponda a tutte le mie domande. D’accordo?-
Vidi chiaramente Julia rabbrividire e sussurrare un “ok” non particolarmente sicuro.
Non potei fare a meno di notare che forse Julia nascondeva qualcosa. E questo mi preoccupava. In una situazione critica come quella ci mancava solo che l’unica testimone dicesse bugie.
Solo che non sapevo cosa fare. Dovevamo mettere Julia in condizione di poter dire tutta la verità senza sentirsi insicura. Il problema era come.
- Ehm … -
Attirata dalla sua voce mi voltai verso Bill. Come mai aveva la mia stessa espressione? Forse pensava anche lui ciò che avevo constatato io?
Inaspettatamente si girò verso Tom e gli sussurrò qualcosa, che a sua volta disse qualcosa a Georg e Gustav.
Inarcai un sopracciglio sbalordita. Cos’avevano in mente?
Il batterista si schiarì la voce. Stava per dire qualcosa e mi preparai subito psicologicamente.
- Senti, Joseph … Che ne diresti se vi lasciamo soli? Magari Julia si sente un po’ osservata … -
D’istinto abbozzai un sorrisetto compiaciuto. Era l’ideale!
- Quasi quasi hai ragione. Julia, pensi di sentirti più a tuo agio se rimango soltanto io?- fece l’agente con un tono particolarmente dolce e rassicurante.
Ovviamente lei non poteva rifiutare:
- Sì, penso sia una buona idea … - disse più serenamente.
Ringraziai i Tokio Hotel mentalmente di quell’idea super geniale e mi alzai dalla sedia per salutare Julia.
- Ci vediamo dopo, va bene, piccola?-
Davanti a quegli occhi sorridenti ebbi solo la forza di annuire convinta.
- Ciao, Joseph! Fateci sapere, poi … Ok?-
- D’accordo, Bill. A presto!!-
Uscii per ultima ed esitai a chiudere la porta. Da un lato era un bene lasciarli soli, così Julia avrebbe potuto parlare liberamente. Ma dall’altro … Non dico che c’era un lato negativo, ma avevo l’impressione che sarebbe successo qualcos’altro che in quel particolare momento non era proprio opportuno.
Insomma: detto in parole povere, forse era arrivato Cupido.



ringraziamenti:
MissQueen: la tua fic!!! *_________* troppo una comica... mi piacerebbe molto se la aggiornassi! vabè XD intanto goditi la mia, se ti va!
layla the punkprincess: ehi layla!!! ^^ eeeeh, quello è solo l'inizio, tra Lucy e Tom... ne accadranno tante tra loro due!
_tom: nuova recensitriceeee!!! =D ke gentile... ^^ spero ke continuerai a seguire la mia storia... ciauuuuu

entschuldigung!!! (scusate!)
es tut mir Leid... (mi dispiace) dio, che idiotaaaa!!! Eh, ma la scuola non lascia tregua a nessuno... ma chi l'ha inventata????? >.<
vabè... meglio tardi ke mai, no? ^^
Spero ke mi perdoniate x il mio grande ritardo, cercherò cmq di aggiornarla presto!!!
ciaociao salutoni a tutti e grazieeeeeeee XD
by Eliot
;D

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Capitolo 10
*** Questione di orgoglio ***


Capitolo 8
QUESTIONE DI ORGOGLIO

“Ti ho di nuovo mangiato la lingua, eh?”


- Schutz!-
Julia mi guardò inarcando un sopracciglio con fare interrogativo.
- Lo fanno sempre, i Tokio Hotel, quando ruttano!-
- Lucy, non è proprio da persone educate … -
Appena ebbe pronunciata l’ultima parola le arrivò un leggero schiaffo sulla fronte.
- Ma … Lucy, la smetti con queste stramberie?-
Per tutta risposta ridacchiai, mettendo in mostra la mia faccia tosta.
- Ti stai tokiolizzando un po’ troppo, mi sa!- disse contrariata.
- E ti dà fastidio?-
- Dico solo di non farti condizionare troppo … Non sono perfettamente normali, quei quattro … -
- Ma se ti piacciono!?-
- No …! Mi piacciono alcune canzoni, però ho sempre pensato che loro sono troppo strani per i miei gusti … -
- A me stanno simpatici!!- affermai con convinzione. - E poi sono stati gentili con noi due, vero?-
Julia sorrise:
- Questo è vero … -
Avevo appena mangiato e avevo chiesto ai TH di accompagnarmi in ospedale per fare quattro chiacchiere con Julia. Era davvero amichevole e dolce, mi sentivo magnificamente bene al suo fianco. Aveva 25 anni e si era appena trasferita da un’altra città per studio.
Ci fu un breve tempo morto, poi azzardai una domanda indiscreta.
- Di che cosa avete parlato tu e Joseph?-
La sua espressione compiaciuta si asserì all‘improvviso.
- Mi ha chiesto alcune cose che riguardano l’incidente … - fece a voce bassa con lo sguardo fisso sulla parete di fronte.
- Per esempio?-
Potevo sentirmi tranquillamente una ficcanaso insensibile che lo fa apposta a fare domande su domande per far sentir male Julia. Invece no.
Avevo tutto il diritto di sapere cosa si erano detti. Perché c’entravo anch’io in quella brutta storia.
Lei disse, come se fosse tutto scontato:
- Gli ho descritto nei particolari com’era la faccia e il fisico di quell’uomo, così è possibile rintracciarlo. E poi … altre cose … -
- Mmmh. Ho capito.-
Julia sorrise e con calma mi rassicurò:
- Andrà tutto bene, stai tranquilla. Prima o poi quella faccia di merda finirà al fresco!-
- Juliaaaaaaa!! Non si dice quella parola!- borbottai.
- Ihihih, scusami! E’ solo che quando sono arrabbiata con qualcuno non riesco a tenere a freno la lingua tanto facilmente … -
Sorrisi convinta e cambiai argomento:
- Scusa, ma perché tu e Joseph vi guardavate in quel modo strano?-
La mia domanda, rivolta con una naturalezza assurda, ebbe come risposta soltanto un vago sospiro.

- BUH!-
Bill sobbalzò e con uno strillo si staccò dallo schienale, portandosi una mano al petto. Appena sentì le mie risate si girò ed esclamò uno scocciatissimo “Scheisse, Lucy!”.
Il bassista e il batterista ridevano di gusto, mentre Tom mi porse una mano.
- Batti il cinque, Lu!-
Feci per scontrare la mia mano sulla sua, ma di colpo la ritirai e il rasta si ritrovò col braccio a penzoloni oltre lo schienale del divanetto rosso.
Fintanto che ridacchiavo e facevo il giro del divanetto per sedermi in mezzo a loro, Tom mi lanciava sguardi di fuoco.
Eravamo nella sala bar. Al fondo l’enorme e lungo bancone luminoso, a lato una miriade di tavolini e proprio nel mezzo un grande tavolo rotondo circondato da due divanetti di pelle rossa.
Decisi di sedermi in mezzo a Georg e Gustav. Quest’ultimo mi mise una mano sulla testa.
- Ohi, Lucy! Allora, Julia sta bene?-
- Sì! Ah, e mi ha detto che anche se le piacciono alcune vostre canzoni siete dei tipi strani!-
Inspiegabilmente tutti e quattro si misero a ridacchiare a bocca chiusa.
- Ma … Possibile che non ci sia niente che vi dia fastidio? Insomma, se qualcuno vi dice qualcosa di spiacevole voi ridete!- feci stupita.
- Stavolta ridiamo perché troviamo che sia meglio che qualcuno odi le nostre facce, piuttosto che odi la nostra musica … - spiegò Georg.
- Ah, ho capito … -
- … BAAAAAAA!-
Con un grido mi strinsi al braccio robusto del bassista, terrorizzata dall’espressione maligna dipinta sul volto di Tom.
- Così impari a prenderti gioco di me!- esclamò mettendosi a braccia conserte guardandomi come se fosse superiore.
Come diavolo aveva fatto a fare il giro e a spaventarmi da dietro senza che io me ne accorgessi??
- Piantala, hai cominciato tu!- provai a dirgli.
- Ah, questa è buona … Sarei stato io a cominciare, quindi??-
- Sì!!!- urlai arrabbiata.
- Lucy, è inutile che ti fai accecare dall’orgoglio, tanto non funziona … -
- … -
- Piuttosto … calmati e ragiona. E magari chiedimi anche scusa!-
Quelle parole incredibilmente sagge mi fecero ammutolire, in preda ai sensi di colpa.
Ancora una volta Tom mi aveva sorpreso.
- Lucy, che ti succede? Hai la faccia di chi ha visto un fantasma!-
- Bill, tuo fratello l’ha appena spaventata a morte: credimi, l’effetto è lo stesso!-
- Sì, hai assolutamente ragione, Gustav … -
Il chitarrista replicò, risedendosi accanto al fratello davanti a me:
- E smettetela anche voi di prendermi per i fondelli!! … Ti ho di nuovo mangiato la lingua, eh, Lucy? Guarda che non hai ancora capito con chi hai a che fare!-
- … Scusami, Tom … Sono stata una bambina cattiva … -
Avrei voluto sprofondare nel divanetto per poi scomparire tra le sue pieghe. Anche volendo, non riuscivo a comportarmi amichevolmente con il rasta. Mi suonava come una scocciatura, come se dovessi ingiustamente dargliela vinta ogni volta.
Invece mi sbagliavo. E ne ero consapevole. Però, nonostante questo, continuavo a sottovalutare Tom: era più forte di me!
Ero arrabbiata con me stessa e mi chiedevo come mai non riuscivo ad apprezzare qualcosa di quel chitarrista scatenato.
- Non preoccuparti, piccola … -
Inaspettatamente Tom si avvicinò e mi schioccò un bacio sulla fronte. Poi continuò, sorridendo allegro:
- In fondo è una cosa di poco conto … Ma non farci l’abitudine, altrimenti rischi davvero di diventare poco simpatica!-
Alzai lo sguardo e mi scontrai con gli occhioni nocciola del chitarrista. Erano così sorridenti che più li guardavo e più mi sentivo in colpa.
- Dai, non fare quell’espressione disperata … Su, sorridi!-
Mi stupii e venni presa dal panico, quando mi accorsi che non ci riuscivo neanche se mi sforzavo.
- Andiamo, Lu … Se mi fai un bel sorriso non mi arrabbierò più con te!-
Quella situazione era al limite dell’assurdo, cosa ci voleva a fare un minuscolo e striminzito sorriso?
Il problema è che io ho sempre sorriso solo spontaneamente. E proprio non ce la facevo a fare un sorrisetto forzato.
Tutto quello che riuscii a dare fu un improvviso ma caloroso abbraccio.
Gli altri tre membri della band fecero un boato inteneriti e Bill disse con tono sognante:
- Che scena dolcissima!!-
Intanto Tom mi accarezzava la schiena, sussurrandomi all’orecchio:
- Sì, d’accordo, l’abbraccio è gradito … Ma poi voglio anche il sorriso, ok?-
A quelle parole mi staccai e prima di salire su nella suite del gruppo, lo lasciai a bocca aperta con un:
- Non ti illudere!-

Rimuginai sulla discussione avuta con Tom per un’oretta buona. Per un po’ morsicai gli angoli del cuscino del divano in preda al nervosismo, poi decisi di incollare gli occhi alla finestra.
A forza di pensarci mi accorsi di un particolare incredibile: io e Tom eravamo molto simili. Entrambi avevamo problemi ad ammettere le nostre emozioni ed avevamo una sostanziosa dose di orgoglio. La differenza, però, era che lui era grande e sapeva controllarsi e ragionare, io no.
Solo che a quell’età era tutto molto difficile da interpretare e, come ogni bambino farebbe, evitai di pensarci ulteriormente per non complicarmi la vita. Specialmente se si trattava di una bimba di 7 anni che aveva appena perso i genitori.
E poi avevo altre complicazioni a cui pensare, come la telefonata che arrivò alla suite pochi secondi dopo aver dimenticato l’argomento.
Ipotizzando che era il personale dell’hotel, o magari uno dei quattro musicisti, scesi dal divano e risposi.
- Pronto, chi parla?-
- Lucy, sei tu? Sono Joseph!-
- Oh, ciao!! Come stai??-
- Bene, bene. Senti, Bill o uno dei ragazzi è lì?-
- No, sono sotto al bar … Se vuoi te li vado a chiamare!-
- No, figurati, se non ti dispiace posso parlare anche con te.-
- Va bene … -
- Ascolta, hai presente il tizio che ha girato il volante dell’auto di Julia?-
- Sì!!!-
Mi preparai psicologicamente e feci aderire la cornetta del telefono all’orecchio.
- Alla polizia abbiamo scoperto che fa parte di un gruppo di … diciamo, cattivi … -
- Sì … ?-
- … Che un paio di anni fa aveva rapito il giovanissimo figlio del sindaco della città … Mi segui?-
- Come sono stati cattivi!!-
- Puoi dirlo forte, piccola. Ma per fortuna erano finiti in galera non appena il ragazzino fu liberato. Sono usciti dalla prigione soltanto un mese fa e noi poliziotti crediamo che questo qui, insieme alla sua banda, siano tornati in azione … -
- Oddio, speriamo di no!!-
- Eh … Lo spero anche io … Beh, ora devo andare … Dillo ai Tokio Hotel, così se vogliono chiedermi qualcos’altro possono chiamarmi!-
- D’accordo, ciao!!-
- Ciao, Lucy!-
Riattaccai e mi chiesi quanto potesse essere importante quella informazione. Per saperlo non mi restava altro che osservare bene la reazione dei TH.

ringraziamenti:
layla the punkprincess: uhm, ipotesi interessante.... però... XD
MissQueen: ihihihih XD vabè, carina come ipotesi, però ci sarà ben altro!!

vi chiedo umilmente scusa *si prostra* non ho avuto internet per un po', ecco il motivo del mio increscioso e inperdonabile ritardo >.<
comunque sia spero ke vi godiate lo stesso la mia storia che, vi ripeto, sarà aggiornata non spesso....
beh, grazie a tuti
ciauciau
by Eliot ;D

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