I ricordi di un grande amore (Alla ricerca della verità) di ELIOTbynight (/viewuser.php?uid=56070)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una bambina innocente ***
Capitolo 3: *** Domande ***
Capitolo 4: *** La libertà nella musica ***
Capitolo 5: *** Apparenze ***
Capitolo 6: *** Una sconosciuta verità ***
Capitolo 7: *** Lucy si dà da fare ***
Capitolo 8: *** L'investigatore ***
Capitolo 9: *** Apprensione e... interesse ***
Capitolo 10: *** Questione di orgoglio ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
La FFFEP (Fan Fiction Film Eliot
Production)
Presenta
I
ricordi di un grande amore
Alla
ricerca della verità
Ciaooooooooooo!!!
La Eliot è tornata, yeeeeeaaaaah!!! XD
L'idea per questa fan fiction la devo alla mia mitica sorellina...
Spero che vi piaccia!
Non scandalizzatevi, per una volta voglio metterci un po'
più di "tragedia" nelle mie storie! Anche se il prologo
è un po' drammatico, il resto vi piacerà (spero!)
Buona lettura, ditemi se vi ispira!!
Prologo
- Mamma,
perché sei così triste, oggi?-
La voce del piccolo
Jimmy interrompe i miei pensieri. Quella sua vocetta ingenua riesce
sempre a farmi sorridere, anche in un momento di tristezza come questo.
- Jimmy caro
… E’ naturale diventare tristi quando qualcuno
improvvisamente non c’è più
… -
- Ma mamma, quei ragazzi
mica li conoscevi!-
- Oh, invece
sì … -
- Davvero??? Max, Alys!
La mamma conosceva i … Come si chiamavano, mamma?-
- Tokio Hotel
… -
Non riesco a pronunciare
queste due parole normalmente. Tutto ad un tratto mi è
venuta la voce roca. Non avrei mai pensato che mi sarebbe addirittura
venuto da piangere. Ma le lacrime non rigano ancora il mio volto,
almeno non per il momento.
- Jimmy, cosa stavi
gridando? Che la mamma conosceva i Tokio Hotel??- dice la maggiore dei
tre, Alys, la mia adorata primogenita di dieci anni, con i capelli
dorati e gli occhi turchini di suo padre.
- Sì,
l’ha detto proprio lei! Vero, mamma?-
- Sì, tesoro.
Io li ho conosciuti, quei ragazzi.-
- Ci racconti
com’è successo, per favore?- mi chiede Max, il
più piccolo di sette anni, con i capelli nerissimi come i
miei e due occhietti nocciola, piccoli e curiosi.
- D’accordo.
Mettetevi comodi sul tappeto, io mi metto seduta vicino al termosifone.-
-
sìììììì!-
Il primo a prendere
posto è proprio Jimmy, il mio figlioletto di nove anni con
dei capelli castani che riflettono sempre dei bellissimi riflessi
bronzei. Seguono le mie altre due ragioni di vita.
E’ sera e al
telegiornale hanno annunciato che su MTV daranno in onda per diverse
volte degli speciali sulla band che a causa del decesso di uno dei
quattro membri si era sciolta.
Spengo la tv e mi siedo
sulla sedia accanto al termosifone. I tre bambini mi guardano curiosi e
in silenzio, aspettano che io cominci a raccontare. Ma inaspettatamente
Alys mi fa una domanda.
- Mamma, chi di loro
è morto?-
Sospiro.
L’ultimo che secondo me avrebbe potuto lasciare questo mondo
è stato invece il primo …
- Il chitarrista,
ragazzi … Tom. Tom Kaulitz.-
- So che il cantante era
il suo fratello gemello - mi dice Jimmy. - Come ha reagito?-
Sospiro di nuovo. Bill
… Senza suo fratello non sarà decisamente
più lo stesso.
- Ci è
rimasto davvero molto male. Erano uno la vita dell’altro, si
volevano un bene indescrivibile. Poverino … Anche il
batterista e il bassista saranno tristissimi … -
- Mi dispiace molto per
loro - mormora Max. - So che erano molto famosi … -
- Famosi? Più
che famosi! Il loro straordinario successo era arrivato tutto insieme e
cresceva ad una velocità vertiginosa. Non potete immaginare
la loro popolarità … -
Si guardano tutti e tre
con delle facce stupefatte che mi fecero ridere.
- Mamma, come
è morto il chitarrista? Ha assunto troppa droga? O ha avuto
un incidente stradale?-
- Niente di tutto
questo, Alys. Mi hai appena elencato due tra le più normali
cause di morte tra le celebrità. Invece Tom … Ha
voluto essere unico nel suo genere anche negli ultimi attimi della sua
vita … -
- E che cosa
è successo?-
Ho un tonfo al cuore.
Era prevedibile che succedesse una cosa del genere, dopotutto. Ma
perché? Perché a lui? Stava cercando solo di
proteggere suo fratello e invece …
- Suppongo che non
sappiate chi sono gli stalker … -
- No, chi sono?- domanda
mia figlia.
- Sono delle persone
talmente ossessionate da un‘altra da non lasciarle tregua. La
seguono ovunque, la tormentano, la fanno impazzire. Nel caso delle
celebrità, non si tratta di semplici fan accaniti
… Peggio. Molto peggio.-
I due maschietti fanno
una smorfia di spavento, ma Alys non si lascia intimorire
più di tanto.
- E’ stata una
stalker, quindi?-
- Sì.
E’ stato terribile. Lì, in mezzo alla folla
… Tutte si allungavano verso di loro e sfortunatamente Bill
era finito proprio nel mezzo del caos più totale. Tom lo
aveva raggiunto per portarlo via, quando si sentì uno
scoppio. C’erano i poliziotti che stavano cercando di fermare
la stalker, che dopo aver sottratto la pistola agli agenti aveva
sparato un colpo. Un colpo dannatamente mortale per Tom …
Mentre l’assassina se la dava a gambe Tom vacillava tra le
braccia del fratello … -
Scuoto la testa
lentamente. Non posso pensarci, non posso … Eppure continuo
a parlare.
- Bill era in lacrime,
implorava il gemello di resistere … Ma la mano di Tom, retta
da quella di Bill, mollò la presa e Tom chiuse gli occhi per
sempre … -
I visi dei miei bambini
diventano molto tristi. No, non voglio piangere davanti a loro.
Accidenti, maledette lacrime, tornatevene indietro …
- Mamma, non piangere
… -
Il piccolo Max si alza e
mi abbraccia teneramente. Io lo stringo forte e mi asciugo gli occhi.
- Te la senti ancora di
raccontarci come li hai conosciuti, mamma?- mi chiede Alys.
- Sì,
sì, non preoccuparti … -
Cala il silenzio. Faccio
un grande e lungo respiro e comincio a raccontare.
- E’ stato
molto tempo fa. Avevo appena compiuto 7 anni. La prima cosa che ricordo
è che all’inizio era successo tutto molto
velocemente, ma poi imparai a godermi il tempo passato con loro
… -
Allora???
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Capitolo 2 *** Una bambina innocente ***
Capitolo 1
UNA BAMBINA INNOCENTE
“Hey,
wir sind … Tokio Hotel!”
La prima cosa
che ricordo è che all’inizio era successo tutto
molto velocemente, ma poi imparai a godermi il tempo passato con loro
… Sarà perché sulle prime non capivo
bene cosa stava succedendo.
Chissà,
forse ero in vacanza e i miei genitori mi avevano persa …
Fatto sta che da quel giorno non li vidi più.
Ah,
sì, ora ricordo. Eravamo andati in vacanza in Germania. La
prima cosa che mi viene in mente è che faceva molto caldo e
non vedevo l’ora di rinfrescarmi in qualche modo.
Non saprei
dire con esattezza cosa accadde, ma tutti i miei ricordi cominciano
solamente dall’immagine di una grande porta di vetro. La
guardavo incantata, come se mi parlasse e mi chiedesse disperatamente
di aprirla e di entrare.
Mi guardavo
intorno, ma non c’era nessuno che si degnasse di accorgersi
di me. Ero stata portata via da alcuni uomini, sconosciuti, che si
erano intromessi nella nostra vacanza.
Ricordavo solo
che stavamo viaggiando verso il nostro albergo e io dormivo sul sedile
posteriore. Mi svegliai con un notevole urto e un rumore fortissimo.
Non so come mi
ritrovai seduta sull’asfalto. E poi c’era fuoco,
tanto fuoco. Le macchine erano diventate due. La gente si avvicinava
alle fiamme spaventata e io non capivo cosa era successo.
Mi sentii
improvvisamente sollevare per i fianchi, degli uomini mi misero in
piedi sul marciapiede e mi dissero qualcosa del tipo “non
muoverti”.
Ma io iniziai
a camminare lo stesso per allontanarmi. Quegli uomini non mi piacevano,
né tantomeno quelle fiamme che si alzavano sempre di
più. Avevo caldo e volevo allontanarmi per cercare un posto
fresco dove stare meglio.
Finché
camminando camminando non mi ritrovai di fronte quella grande porta. Mi
pulii il vestitino bianco con gli orli di pizzo, passai un paio di
volte la mano nei miei lunghi capelli neri e decisi di entrare.
Ah, che bello.
C’era l’aria condizionata. Mi sentii subito meglio
e dopo aver dato un’occhiata a destra e a sinistra mi
inoltrai nel palazzo. Era un atrio grande, dove non c’era
nessuno. Vidi una grande foto attaccata al muro e mi fermai ad
osservarla. Sbattei le palpebre attonita, chi potevano mai essere quei
ragazzi dai capelli strani? Uno brandiva un microfono e aveva un grande
ammasso di capelli neri in testa, un altro era tutto concentrato sulla
sua chitarra e … che aveva in testa? Degli spaghetti? No,
erano capelli biondi legati in delle trecce strane. Poi ce
n’era uno con i capelli lunghi lunghi. Lunghi e castani. E
infine un altro che sembrava il più normale tra i quattro,
con i capelli corti e biondi.
“Chi
saranno questi quattro? E perché sono su questa grande
foto?” mi chiedevo incuriosita.
Poi feci
scorrere le dita sulla grande scritta sotto di loro.
“CONCERTO”. Rimasi un po’ impressionata
da quel manifesto, me lo lasciai alle spalle e proseguii lungo il
corridoio che avevo appena imboccato.
Le pareti
erano tutte bianche e ogni cento metri c‘era una porta
chiusa. Mi sentivo molto a disagio. Quel posto non mi piaceva, era
troppo silenzioso, e poi non c’era nessuno. Finché
non mi soffermai a fissare una porta leggermente aperta. Senza pensarci
entrai dentro. Guardai in alto, ma dopo solo qualche metro inciampai in
un filo nero. Caddi per terra senza farmi niente, ma incuriosita
cominciai a guardare quella miriade di fili neri attaccati di qua e di
là. Mi rialzai e proseguii nella mia perlustrazione. Adesso
le pareti erano diventate nere, camminavo sempre più curiosa
e meravigliata, guardandomi i piedi quasi a ogni passo per evitare di
inciampare di nuovo.
Poi si
presentò davanti a me una stanza grande, grande, ma talmente
grande che dentro di essa avrebbero potuto starci tantissime persone.
Centinaia? No, di più, anche migliaia. Poi mi ricordai di
botto di aver visto delle stanze del genere in televisione e mi parve
che si chiamassero “sale da concerto”.
Concerto? Non
era la stessa parola scritta sul manifesto raffigurante i quattro
ragazzi strani? Probabilmente avevano a che fare con questa sala. Mi
girai e vidi un palco. Era enorme, mi faceva venire i brividi.
Però sopra c’erano delle cose strane. Sempre
più incuriosita, salii la scaletta e mi guardai intorno.
Anche lì c’erano tanti e tanti fili neri sparsi
per terra. Chissà a che cosa servivano?
Poi mi fermai.
Ero rimasta incantata alla vista di un grande ammasso di tamburi e
piatti dorati. C’era uno sgabello sistemato dietro e pensai
“Ma come farà la gente a sedersi qui e a suonare
questi tamburi tutti insieme? Devono fare certamente un gran
baccano!”
Mi sedetti
sullo sgabellino e scoprii che il tamburo più grande era
vuoto e dentro c’era solo un … Beh, veramente non
sapevo che cosa fosse, era un aggeggio che ricordava un pedale
… Sì, forse era un pedale. Provai ad allungarmi
per premerlo, ma avevo le gambe troppo corte. Dopotutto avevo solamente
sette anni, ero piccola ed ingenua. Siccome volevo riuscire a
schiacciare il pedale a tutti i costi, in preda alla
curiosità, finii per sedermi per terra e schiacciarlo con le
mani, perché mi risultava più comodo. Ogni volta
che lo premevo partiva un bastoncino a cui era stato fissato un
mini-cuscino che sbatteva contro il tamburo. Dunque era così
che si suonava, ecco come facevano a suonare più tamburi
contemporaneamente!
Tanto ero
presa da questo nuovo gioco che mi dimenticai di tutto. Mi isolai
completamente da tutto e da tutti. Perché si sa, quando un
bambino inizia un gioco che gli piace molto, non vuole più
smettere. E così accadde a me. Smisi di pensare, il mio
scopo di vita diventò premere senza interruzione quello
strano pedale, senza accorgermi che il tempo passava.
All’improvviso,
dopo una durata di tempo che non sapevo distinguere, sentii la presenza
di qualcuno. Alzai la testa e vidi spuntare dai tamburi un ragazzo.
Spalancai gli occhi attonita, era lo stesso con i capelli da leone che
avevo visto nella grande foto! Mi guardava anche lui, con due strani
occhi marroni pieni di stupore e curiosità. Simili ai miei.
- Ehi, tu! Da
dove salti fuori??- mi disse perplesso.
Io mi alzai in
piedi e mi sistemai il vestitino stroppicciato, presa alla sprovvista.
Poi continuai a guardarlo sorpresa, e anche leggermente impaurita.
- Allora? Mi
rispondi?-
Fece il giro
intorno ai tamburi e si avvicinò a me. Quella strana
criniera nera che aveva in testa mi preoccupava e d’impulso
feci qualche passo indietro per tenere le distanze. Senza fiatare.
- Oh, non devi
avere paura di me, sai? Se ti spaventano i miei capelli non devi avere
paura, io sono buono!-
Aveva una voce
che in effetti era dolce e angelica. E poi aveva dei begli occhi. Occhi
che ricordavano vagamente le tavolette di cioccolato che mi piacevano
tanto. Al cioccolato fondente, ripieno di nocciole intere. Quegli occhi
cioccolatosi mi osservavano quieti, per cercare di tranquillizzarmi.
Decisi che una
persona con una bella voce e dei begli occhi non poteva essere cattiva.
Feci un passettino in avanti, senza staccare lo sguardo da lui.
- Ma non
parli? … Dai, dimmi qualcosa. Come ti chiami?-
Ebbi un attimo
di smarrimento, era successo tutto talmente in fretta che stavo per
dimenticarmi il mio nome.
- …
Lucy … - mormorai con la mia solita vocina timida.
- Lucy? Ma che
bel nome!- disse lui sorridendo.
Continuai a
guardarlo meravigliata, mi sorprendeva sempre di più. Oltre
ad avere una bella voce e dei begli occhi aveva anche un bellissimo
sorriso. Ebbi un piacevole brividino lungo la schiena e sentii come una
mano calda che si appoggiava sul mio cuore. Poi mi lasciai sfuggire
anch’io un sorriso. Piccolo, ma sincero.
Lui sembrava
compiaciuto della mia reazione e si inginocchiò davanti a me.
- Ascolta,
Lucy. Sai dirmi dove sono i tuoi genitori?-
Quella domanda
mi spiazzò. Mi ero completamente dimenticata che ero rimasta
sola.
- No
… Tu li hai visti?- chiesi sperando in una risposta sensata.
- Ehm,
veramente no. Speravo che potessi dirmelo tu … -
Abbassai lo
sguardo. Mamma e papà mi avevano persa. O forse ero io che
avevo perso loro.
Vedendo il mio
disappunto, lo strano ragazzo cercò di tranquillizzarmi.
- Non
preoccuparti, vedrai che li troveremo. Nel frattempo che cosa vuoi
fare?-
Non ne avevo
idea. Trovare i miei genitori sapevo che sarebbe stato difficile e
avrebbe impiegato un lavoro lungo. Però fino a quel momento
non avevo pensato a un’eventualità del genere.
Cosa avrei potuto fare?
Uhm
… Avrei potuto provare a conoscere questo ragazzo
così gentile che voleva aiutarmi. Aveva qualcosa di speciale
che volevo scoprire. Ma non volevo risultare troppo sfacciata. Ero
piccola, ma educata.
- Posso
giocare con questo?- dissi indicando il pedale che stavo premendo
ripetutamente prima.
Lui mi
guardò imbarazzato. Si grattò la testa con
l’espressione di chi non sa se darmi il permesso oppure no.
- Vorrei farti
giocare con la batteria, ma se mi scopre Gustav scoppia una guerra
…!-
- Chi
è Gustav?- domandai d’impulso. Tutto a un tratto
la mia attenzione si era concentrata su quel nuovo nome.
- Gustav? Oh,
lui … lui è un mio carissimo amico. Lui
è specializzato nel suonare la batteria!- rispose
accarezzando la colonna che reggeva il Charleston.
- Ti va di
conoscerlo?- mi chiese lui prendendomi alla sprovvista.
Esitai. Era
quello che davvero volevo?
- Sono sicura
che lo troverai simpatico!- aggiunse lui orgoglioso.
E va bene
… In fondo non avevo nulla da perderci. Anzi, un
presentimento mi disse che sarebbe stata una bella esperienza.
Annuii e lo
seguii giù dal palco. Ripercorremmo il corridoio nero, che
altro non era che il backstage, sbucammo nuovamente nel lungo corridoio
dalle pareti bianche e quasi subito entrò in
un’altra stanza.
Rimasi fuori.
Ero molto timida e non sapevo cosa dire né cosa fare, quando
avrei incontrato questo Gustav.
- Coraggio,
vieni!- mormorò lui con un sorriso.
Alla vista di
quel sorriso non ebbi più esitazioni ed entrai.
Anche qui era
tutto bianco. O perlomeno, i muri erano tutti bianchi.
C’erano tanti attaccapanni appesi alle pareti, e un tavolo
con delle sedie. Però le tre persone che erano dentro la
stanza stavano stranamente in piedi. Li riconobbi subito, anche loro
erano sul manifesto che avevo visto nell’enorme ingresso.
Dovevano tutti essere dei grandi amici.
In un attimo,
tutti gli occhi erano puntati su di me. Mi sentii subito a disagio,
guardandomi attorno preoccupata. Dopotutto era normale puntare gli
occhi su una bambina di sette anni, sola, venuta da chissà
dove e in un momento che alla prima impressione sembrava non essere uno
dei migliori.
L’unico
soddisfatto era colui che mi aveva portata lì, che dopo
avermi rivolto un altro dei suoi magici sorrisi, annunciò:
- Ragazzi,
voglio presentarvi Lucy!-
Il primo,
quello con i capelli che ricordavano gli spaghetti, mi si
avvicinò e si inginocchiò squadrandomi
dall’alto in basso. Io continuavo a guardarlo senza fidarmi.
Dopo qualche istante cambiò espressione e con fare cordiale
mi porse la mano.
- Ciao, Lucy.
Io sono Tom, piacere di conoscerti.-
Con mio grande
stupore vidi che aveva gli occhi uguali uguali a quelli del ragazzo con
la criniera nera. Ero affascinata. Di sicuro anche questo Tom era buono
come lui.
Gli strinsi la
mano e mi rivolse un sorriso. Stupita come non lo ero mai stata,
guardai il ragazzo coi capelli neri, poi Tom, poi di nuovo il primo e
poi il secondo. Infine si guardarono loro due.
- Mi sa che si
è accorta del nostro legame di parentela, ihih!-
- Bill, non ti
intromettere … Sto facendo conoscenza!-
Appena si
rigirò verso di me incontrò il mio sguardo
arrabbiato.
- Ehm
… Che cosa ho detto?- chiese lui ingenuamente.
Io mi misi a
braccia conserte e sbottai:
- Non ti devi
arrabbiare con lui!-
Gli altri due
ragazzi cominciarono a ridere, mentre Tom, stupito, guardò
Bill con indignazione.
- Bill, che
cosa le hai fatto?? Un lavaggio del cervello?!?-
L’altro,
ridendo, rispose:
- Il primo che
la trova se la piglia, no?-
La risata di
Bill mi contagiò e Tom scosse la testa non sapendo
più che cosa rispondere.
Appena smisi
di ridere, indicai gli altri due dietro di lui.
- Chi sono
quelli?- domandai.
Tom si
alzò e appoggiò la mano sulla spalla del ragazzo
muscoloso con i capelli lunghi e lisci.
- Lui si
chiama Georg!-
Georg mi
salutò con la mano senza muoversi e fece sorridendo:
- Ciao, Lucy,
come va? E’ un piacere conoscerti!-
Accennai un
sorrisino e un gesto con la mano, poi mi concentrai sul ragazzo biondo
e robusto, al quale si avvicinò Bill.
- Lui, invece,
è Gustav!-
Eccolo, il
famoso Gustav. Camminai verso di lui meravigliata, con passi piccoli ed
incerti. Alzai la testa per vederlo meglio e gli porsi la manina.
- Ciao,
Gustav, io sono Lucy … -
Lui si
inginocchiò e mentre continuava a guardarmi compiaciuto
disse:
- Bill, cosa
le hai detto per suscitarle così tanto interesse per me?-
Io ero
leggermente delusa da quella reazione. Una persona educata avrebbe
dovuto prima di tutto salutare e sorridere come avevano fatto gli
altri, invece a me non aveva ancora rivolto la parola, nonostante tutto.
- Io? Niente!
E’ lei che ha fatto tutto da sola!!-
- Ah, capisco
… Beh, piacere di conoscerti, Lucy. Io sono Gustav!-
Finalmente,
soddisfatta, gli strinsi la mano energicamente. Infine li guardai tutti
uno per uno.
Certo che
erano proprio strani. Come mai avevano scelto di conciarsi i capelli in
quella maniera così buffa e insolita? E poi notai che Bill
si truccava anche. Sì, trucco nero intorno agli occhi e
fondotinta. Eppure non sembrava proprio che fosse una ragazza. Aveva un
viso angelico, ma nonostante il suo strano look avevo ben capito che
era un maschio. E anche carino …
Come quello
con i capelli a mò di spaghetti, Tom. Avevo subito visto che
c’era qualcosa che li collegava, perché avevano
gli occhi praticamente identici. Provai ad immaginarmi Bill senza
trucco per vedere se si assomigliavano … In effetti una
somiglianza c’era, ma non ne ero molto sicura. E poi mi aveva
spaventato un po’ il modo di fare di Tom. Ero rimasta non
poco spiazzata dal suo modo di fare così audace e
intraprendente. Sulle prime avevo pensato che avrebbe dovuto darsi una
bella calmata.
Il terzo,
Georg, mi convinceva poco. Non si era mosso dalla sua posizione e non
sembrava troppo stupito di vedermi. Chissà, forse aveva
qualcosa da nascondere … E infine Gustav, di cui mi aveva
parlato Bill, mi incuriosiva molto. Mi sarebbe piaciuto scoprire molte
cose di lui, per esempio come faceva a suonare quello strano strumento
… Come l’aveva chiamato Bill? Batteria?
Sì, mi parve di che si chiamasse così. Comunque
sia non vedevo l’ora di tempestarlo di domande.
E la prima
domanda non tardò a venire.
- Bill, quando
tornano i miei genitori a prendermi?-
Tom soggiunse
dicendo:
-
Già, è quello che mi chiedo anch’io!-
- Vedi, Lucy
… - mi disse il moro abbassandosi verso di me. - Non
sarà facile trovarli. Avremo bisogno del tuo aiuto per
cercarli e dire loro che sei qui. Credo che nel frattempo passerai un
pochino di tempo con i Tokio Hotel!-
- Con chi??
No, io voglio stare con voi!-
- Infatti
… - fece Georg con uno strano sorriso. - I Tokio Hotel siamo
noi!-
E
così dicendo quei quattro ragazzi si allinearono in fila, mi
allungarono l’indice ed esclamarono in coro:
- Hey, wir
sind … Tokio Hotel!-
Li guardai
affascinata, a bocca aperta.
Non sapevo
ancora chi erano veramente, non sapevo dov’erano i miei
genitori, non sapevo cosa ci facevo lì …
Ma una cosa
era certa.
Questi Tokio
Hotel erano straordinari.
^^
Prima che mi dimentichi, voglio ringraziare AntonellaandLasDivinas
e NICEGIRL... troppo
buone, commenti bellissimi!
Un saluto speciale alla mia fedele lettrice MissQueen! Che onore
la tua recensione, ti ringrazio infinitamente!
Beh, spero che la storia inizi a piacervi..... =P
Al prossimo capitolo
by Eliot ;D
|
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Capitolo 3 *** Domande ***
Capitolo 2
DOMANDE
“Dove sono
mamma e papà?”
- E’
stato un incontro assolutamente casuale … -
Un attimo dopo
stavamo tutti camminando di nuovo verso la sala da concerto. Tom, Georg
e Gustav erano tutti intorno a Bill, che stava descrivendo come mi
aveva incontrata. Invece io me ne stavo indietro, taciturna, ad
ascoltare.
Sotto sotto
non ero molto d’accordo con lui. Secondo me non è
stato poi il massimo del casuale …
- Come mi
aveva chiesto David ero andato a controllare se si potevano aprire i
cancelli dello stadio. Appena entrato nella sala per raggiungere i
responsabili ho sentito un rumore strano proveniente dal palco. Sono
salito su e non ho visto nessuno. Mah … Poi però
mi sono reso conto che il rumore proveniva dalla batteria e quando ho
guardato bene ho visto Lucy che giocava col pedale della grancassa!-
A quelle
parole Gustav si girò verso di me squadrandomi in maniera
stramba. Poi mi disse:
- Lucy,
perché stavi giocando con la grancassa?-
Io mi fermai,
intimorita. Il tono con cui me l’aveva chiesto era molto
autoritario e sembrava che fosse arrabbiato per ciò che
avevo fatto.
- Bill me
l’aveva detto che ti arrabbiavi, però …
Scusa … - risposi timidamente.
Stupendomi,
anziché rimproverarmi mi venne vicino e con gentilezza mi
fece:
- Non
preoccuparti, dai. In fondo non è successo niente, no?
Coraggio, andiamo.-
Riprendendo a
camminare pensai “E’ incredibile come cambi la
situazione quando si tratta di una bambina di sette anni!”.
Ai piedi del
palco, che parlava con dei signori, c’era un uomo molto
più vecchio dei Tokio Hotel. Aveva un’aria molto
autorevole, ma anche cordiale. Appena vide Bill si precipitò
verso di lui.
- Bill,
dov’eravate finiti?? Ti avevo mandato a parlare con questi
qui e sei sparito!-
- Perdonami,
David, noi … -
- Alla fine ho
controllato io stesso se si possono aprire i cancelli. Verranno aperti
tra neanche dieci minuti. Si può sapere dove siete stati?-
- Ehm,
è appunto di questo che ti dobbiamo parlare … -
Detto questo
tutti si girarono verso di me. Indescrivibile l’imbarazzo che
provai, anche se l’unico sguardo stupito era quello di David.
Gli altri quattro mi rivolsero un’espressione preoccupata.
- E chi
è questa bambina?-
- Vorremmo
tanto saperlo!- rispose Tom sull’orlo
dell’esasperazione.
- Sai
benissimo chi sono, io sono Lucy!-
Gli diedi un
calcio sulla caviglia che lo fece barcollare. Tutti si misero a ridere,
tranne David.
- E i suoi
genitori?- continuò l’uomo guardandomi con
disappunto.
- Non sappiamo
neanche questo. Però le abbiamo promesso che li troveremo!-
disse Gustav accarezzandomi la testa.
- Con tutto il
lavoro che abbiamo non poteva mancare un imprevisto del genere!-
sospirò infine David. - Avanti, Lucy, vieni con me. Insieme
troveremo la tua mamma e il tuo papà … -
Fece per
dirigersi verso l’entrata della sala aspettandosi di essere
seguito, ma io non mi mossi di una virgola.
- Avanti,
Lucy, seguimi!-
- No!!-
sbottai battendo i piedi.
Mi
lanciò un’occhiata di indignazione mista a
sorpresa.
- Lucy, vai
con David se vuoi trovare i tuoi genitori!- mi incitò Bill.
Ma io ribattei:
- Voglio che
siate voi a trovare mamma e papà! Non voglio andare con lui!-
Infine mi
girai e tesi le mani verso l’alto, pretendendo di essere
presa in braccio da Bill. Il mio sguardo supplichevole lo convinse e,
dopo avermi sollevata, con lo sguardo pregò David di
accontentarmi.
- Bill, non
vorrai sul serio prenderti l’incarico di … -
Si interruppe
quando vide che anche gli altri tre lo supplicavano con gli occhi.
Siccome ancora non si decideva ad acconsentire, Bill cambiò
espressione come per dire “Siamo in cinque contro uno, tanto
vale arrendersi, no?”
- Con tutte le
faccende che ho da sbrigare, quasi quasi è meglio che ve ne
occupiate voi!- fece infine David.
- Danke
schön!!- rispose Bill mettendomi giù.
- Che bello,
evviva!!- esclamai contenta iniziando a correre verso
l’uscita.
- Lucy, dove
vai?!?- fece Georg allarmato.
- Dobbiamo
trovare mamma e papà!- gridai senza fermarmi.
Subito udii i
passi dei ragazzi correre dietro di me. Ero appena uscita dalla sala
del concerto, quando due mani forti e robuste mi bloccarono.
- Ehi,
aspetta! Vai con calma, abbiamo tutto il tempo!- fece Gustav
leggermente divertito.
- Innanzitutto
bisogna denunciare la cosa alla polizia … - propose Bill.
- Se non
sbaglio il commissariato è proprio qui vicino,
all’angolo della strada!- disse poi Georg.
- Bene, allora
… andiamo.-
Eravamo tutti
un po’ imbarazzati. Loro dalla mia presenza, io dalla loro.
Era successo tutto così di fretta che non avevamo avuto bene
il tempo di reagire. In silenzio uscimmo dallo stadio dalla porta
dov’ero entrata io, dato che dall’altra parte
c’era l’interminabile folla di fan che aspettavano
di entrare.
Ripassando
davanti al manifesto che avevo visto prima, mi decisi a fare qualche
domanda a quegli strani ragazzi.
- Come mai
siete stampati lì sopra?- chiesi curiosamente.
A quella
domanda tutti e quattro sorrisero.
- Te lo
spieghiamo subito, Lucy … -
Appena usciti
sotto il solito sole cocente Bill cominciò a parlare.
- Noi siamo
una band. Amiamo suonare insieme. Tutto cominciò quando
eravamo solo dei ragazzini. Ci incontrammo e la passione per la musica
ci unì. Poi arrivò anche il successo. Diventammo
famosi talmente in fretta che ci sembrava di vivere in un sogno
… -
- E stasera vi
dovete esibire, giusto?-
- Esattamente.
Ma … tu non ci hai mai sentiti nominare?- domandò
Tom particolarmente speranzoso.
- No - dissi
pensierosa. - Ma secondo me siete molto bravi!-
- Davvero?
Come fai a dirlo? Non ci conosciamo nemmeno!- fece Gustav.
- Delle
persone così brave e gentili come voi devono suonare bene
per forza!- affermai con un sorriso.
- Oh,
grazie!!- dissero lusingati.
- Tranne Tom,
però! Lui è stato impertinente con me!-
- Ehi, Lucy,
neanche tu sei molto gentile!- ribatté lui. - E voi
piantatela di ridere!-
- Bwahahaha!
Lucy, battimi un cinque!-
Battei il
cinque a tutti e tre, poi ricominciai a fare domande.
- Posso
chiederti una cosa, Bill?-
- Certamente,
chiedimi pure!-
-
Cos’hai in testa?-
Bill si
passò una mano nei capelli perplesso e mi rispose:
- Questi,
dici? Sono i miei capelli. Lo so, è un taglio insolito, ma a
me piacciono così!-
- Caspita
… E perché Tom gira con gli spaghetti in testa?-
Improvvisamente
il moro scoppiò a ridere come un idiota e faticò
abbastanza prima di rispondere.
- Ihih, quelli
che tu chiami spaghetti, in realtà sono rasta!-
- Davvero??-
-
Sì, e non ti azzardare più a chiamarli spaghetti!
Questi sono i miei capelli autentici!- esclamò Tom indignato.
- Va beeeeeene
… - feci io mettendomi le mani dietro la schiena.
Poi mi venne
in mente un’altra domanda ancora più importante
delle altre, forse.
- Bill, puoi
spiegarmi una cosa?-
-
Sì, di che si tratta?-
- Voglio
sapere perché tu e Tom avete gli occhi uguali.-
- Beh
… è difficile da credere, ma … io e
Tom siamo gemelli.-
- Cooosa? Ma
non è possibile! Siete così diversi!-
- Eheh,
incredibile ma vero!- disse il rasta orgoglioso.
- Nono, io
intendevo che siete diversi in modo radicale: come fate ad essere
gemelli se Bill è bravo e Tom è cattivo??-
Bill fece una
smorfia di spavento.
- Lucy, non
devi dire queste cose! Tom non è cattivo. Lui è
solamente … -
Prima di
continuare cercò un’occhiata di approvazione dal
presunto fratello, il quale gli rivolse uno sguardo che diceva:
“Attento a te …!”
- Lui
è solo un po’ … estroverso!-
Sul momento
non ero convinta. Il fatto che fossero gemelli mi lasciò
molto sorpresa. Forse, però, era vero. Chissà,
forse erano così diversi proprio per il fatto di essere nati
lo stesso giorno.
Girammo
l’angolo ed entrammo nell’ufficio di polizia. O
comunque quei posti dove si fanno le denunce.
Mentre Bill
spiegava la situazione al tipo seduto dietro la scrivania, io
continuavo a fissare Tom. Era davvero solo un po’ estroverso?
Tutto faceva pensare di sì. Forse lo stavo giudicando male.
Forse Bill aveva ragione a mettermi in guardia. Forse …
avrei potuto scoprire molte cose positive in questo strano chitarrista.
Il tizio alla
scrivania si alzò e con tono gentile mi disse:
- Vieni con
me, tu mi descrivi i tuoi genitori e io userò la tua
descrizione per ritrovarli, ok?-
Annuii e lo
seguii nella stanza accanto. La porta rimase aperta e potei vedere
ciò che stavano facendo i ragazzi. Il piccolo televisore era
acceso sul telegiornale e mentre rispondevo alle domande
dell’agente vidi che i Tokio Hotel guardavano il servizio in
onda con particolare interesse, seduti ad aspettare.
Poi,
però … Bill si alzò in preda alla foga
e mise addirittura le mani sullo schermo. Cosa stava succedendo in tv?
Perché era così agitato? E perché
anche Tom, Georg e Gustav si erano alzati e si scambiavano occhiate di
panico? Ebbi un brutto presentimento. Una sensazione di paura
improvvisa. E questa paura crebbe, quando all’improvviso
tutti e quattro si girarono a guardarmi con sguardi tristi. Cosa era
successo??
I gemelli si
abbracciarono, Gustav si risedette con una mano sulla fronte e Georg
venne da me.
- Grazie, ma
ora … credo che i suoi genitori li abbiamo ritrovati
… -
- Oh, davvero?
Perfetto!- disse l’agente.
Venni presa
per mano e portata dagli altri.
-
Perché siete così tristi? Dove sono mamma e
papà?- domandai con voce lamentosa.
Tom mi
fissò come se gli facessi pena. Cos’aveva mai da
guardarmi in quel modo?
- Lucy
… ti dobbiamo dire una cosa importante … I tuoi
genitori … -
“Avanti,
finisci la frase, cos’è successo ai miei
genitori?!?” lo supplicavo con gli occhi. Poi capii e girai
lo sguardo verso il televisore.
Iniziai a
tremare. Il senso di paura cresceva. Quelle immagini continuavano a
scorrere nella mia mente come se mi stesse passando davanti tutta la
vita.
Ricordi
maledetti. Le stesse fiamme che mi avevano separata dai miei genitori
le rivedevo su quel piccolo e maledetto schermo luminoso.
L’auto di papà ridotta in cenere, gli uomini che
mi avevano portata sul marciapiede. La gente spaventata che urlava alla
tragedia, la giornalista scandalizzata.
E poi me.
Sì, la mia figurina innocente apparve sull’angolo
in basso dello schermo per poi scomparire come se niente fosse. Ma
quell’immagine non era sfuggita ai Tokio Hotel e avevano
capito quello che capii anch’io incollando le pupille a
quelle fiamme maledette.
- Mamma
… Papà … - mormorai tra i singhiozzi.
Adesso la
paura era diventata incontrollabile. Ero piccolina, non potevo
trattenere tutto dentro, non potevo. Dovevo sfogarmi, prendermela con
qualcosa o qualcuno.
No. Con loro
no. Loro mi avevano fatta sentire meglio, non potevo arrabbiarmi con
loro.
Con il volto
fradicio di lacrime gridai senza interruzione i nomi di mamma e
papà. Non c’erano più. Se
n’erano andati senza nemmeno salutarmi. Me la presi con il
tavolo, ci sbattei la testa, le braccia, le mani. Gridavo, gridavo,
gridavo come una forsennata senza verso di fermarmi. Gli urli dei
ragazzi che tentavano di calmarmi non erano abbastanza alti da
sovrastare il volume delle mie grida, era come se non li sentissi.
Cercavano di tenermi ferma, ma ero diventata più forte di
una iena.
Finii per
inginocchiarmi e rotolare per terra, senza smettere di gridare. La gola
mi faceva male, gli occhi mi bruciavano, il cuore che batteva forte mi
toglieva il respiro, ma non smettevo di gridare e di dimenarmi dalla
disperazione. Ero diventata una macchina indistruttibile senza
interruttore di spegnimento, le cui batterie erano cariche al massimo.
Urlavo, urlavo
a tutti, al mondo intero. Tutti dovevano essere al corrente della mia
disperazione, della mia collera. Collera verso il destino che era stato
cattivo con me e che mi aveva portato via i miei genitori.
- LUCY! LUCY,
BASTA!! CALMATI, PER FAVORE!-
Non li
sentivo, era inutile. Non potevano fermarmi. L’unica che
avrebbe potuto farlo ero io.
E infatti,
dopo minuti interminabili, strusciai la faccia sul pavimento e piansi.
Piansi normalmente, come una neonata. Anche se i lamenti non si
fermavano, le pile si stavano scaricando e le forze mi abbandonavano
lentamente sul pavimento freddo.
Sentii
all’improvviso una mano gentile che mi accarezzava la testa.
Mi aiutò a tranquillizzarmi, a tal punto che finalmente
alzai lo sguardo da terra e guardai tristemente i Tokio Hotel uno dopo
l‘altro.
Anche loro
erano tristi. Gustav prese un fazzoletto e mi asciugò il
viso, Georg chiese all’agente un bicchiere d’acqua
fresca e mi aiutò a bere, Tom mi accarezzava la testa senza
fermarsi e Bill, infine, mi prese in braccio. Mi abbandonai totalmente
a lui, dato che non avevo più la forza neanche di batter
ciglio. Quasi mi addormentai cullata dalle braccia di Bill, mentre
tornavamo allo stadio.
piccolinaaaaaa
*_*
ringraziamenti:
MissQueen:
ehilààà!!! XD Breve ma efficace, il
tuo commento! Vielen dank TVB!!!!
eleonor483:
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah sociaaaaaaaaaa!!!! Eccoti quiiiii che
meraviglia assoluta che bello vederti qui a recensireeee!!! ^^ e che
recensione! Graziee =D
NICEGIRL:
Grazie! Sono molto contenta che ti piaccia!!!
AntonellaandLasDivinas:
ihih!! la tua fretta mi lusinga ^^ grazie!!
little_illusion:
nuova lettriceee! ciaooo!!! Apprezzo non sai quanto la tua recensione,
grazie mille!!!
sto avendo un successo oltre ogni mia aspettativa! GRAZIEEE!!!
Il prossimo capitolo sarà interessante... alla prossima!!
by Eliot
;D
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Capitolo 4 *** La libertà nella musica ***
Capitolo 3
LA LIBERTA’
NELLA MUSICA
“Io
continuo a non fidarmi di lui …”
Mi risvegliai
qualche ora dopo, sdraiata su un divano di pelle nera. Di solito non mi
sveglio mai da sola, quindi doveva esserci stato un qualche rumore o
che altro che mi abbia fatto svegliare.
Infatti era
così. Un fracasso incredibile. Che però era
lontano, soffocato dalla distanza delle pareti.
Mi misi seduta
e mi strofinai gli occhi, ancora mezza addormentata. Poi notai con
sorpresa che non c’era nessuno con me nella stanza.
Dov’erano finiti i Tokio Hotel? Decisi di andare a cercarli,
mentre stranamente il fracasso lontano non si interrompeva.
Uscii e dopo
un po’ di vagare nei corridoi e nelle stanze giunsi a quello
che sembrava tanto uno studio. Alla scrivania c’era David, il
tipo che aveva tentato di portarmi con lui.
Dapprima lo
guardai silenziosa. Sembrava non essersi accorto di me, era troppo
indaffarato a guardare dei fogli sparsi davanti a lui. Poi
alzò la testa di colpo facendomi venire i brividi e mi disse:
- Lucy, vedo
che ti sei svegliata … -
-
Dov’è Bill? Dove sono tutti gli altri?-
Lui fece un
sorriso sornione che ancora mi convinceva poco.
- Ascolta!-
disse tendendo l’orecchio.
Calò
di nuovo il silenzio e sentii ancora quel lontano fracasso.
- …
Sono loro!- fece all’improvviso.
Lo fissai
perplessa e tesi di nuovo l’orecchio. Ascoltai meglio e in
quel casino riuscii a percepire la voce di Bill.
- Ha ragione!-
esclamai.
- Bravi, eh?-
-
Sì … Io lo sapevo che erano bravi!-
- Non per
niente io sono il loro manager … -
- Chi??-
- Non sai chi
è un manager?-
Scossi la
testa curiosa e lui mi spiegò:
- Il manager
è una persona che si occupa di tutti gli impegni e gli
appuntamenti di persone o società importanti. Nel mio caso
organizzo i concerti, gli eventi vari … -
- Ah
… Ho capito, grazie!-
- Non
c’è di che, piccola!- sorrise lui.
Accidenti a
me. Perché dovevo per forza avere il vizio di giudicare le
persone prima di conoscerle o scambiare quattro parole con loro?
L’avevo fatto con Bill, con Tom e con il manager. Mi sentii
improvvisamente in colpa. Vabè che “Fidarsi
è bene ma non fidarsi è meglio”,
però esageravo!
Mi sedetti
sulla sedia di fronte alla scrivania e incastrai la testa nelle spalle.
Incuriosito dal mio gesto, il manager mi domandò:
-
C’è qualcosa che posso fare per te? Va tutto bene?-
- Le chiedo
scusa. Oggi mi sono arrabbiata con lei senza motivo … -
ammisi.
- Oh, non
preoccuparti, non è nulla. In fondo è stato
meglio così … Che fossero i ragazzi ad occuparsi
di te … -
Annuii
decisamente più convinta e mi guardai intorno. Non notai
granchè di particolare, l’unica cosa che potevo
pensare era che quello era un bel posto dove lavorare, per un manager.
- Sai, ho
saputo dei tuoi genitori … Mi dispiace molto … -
Panico.
Ripensare a mamma e papà mi metteva i brividi. Non potevo
fare un’altra scenata, però. Quella fatta alla
polizia era bastata anche troppo. Mi limitai ad abbassare lo sguardo e
a stringermi le ginocchia con le mani.
Inaspettatamente
David si alzò e spostò la sedia, facendo in modo
che mi guardasse in faccia.
- Mi rendo
perfettamente conto che il dolore che provi è enorme, io
stesso non riuscirei ad immaginarlo. Sappi che i ragazzi ed io faremo
qualsiasi cosa per aiutarti, puoi starne certa.-
Almeno il
pregio di controllare le emozioni ce l’avevo, anche a
quell’età. Per il bene delle persone attorno a me
era decisamente meglio che non ci fosse stata un’altra
sfuriata come quella di qualche ora prima. Sapevo che avrebbe creato
problemi a chiunque, compresa me.
Fino a quel
momento mi era risultato difficile, però, mantenere la
calma. Finché non trovai le parole gentili e rassicuranti di
David, il manager di questa band che mi aveva salvata dalla solitudine.
- La ringrazio
… - mormorai riconoscente.
Sorridendomi,
mi accarezzò la testa e mi sentii molto più
sciolta. Da quando avevo appreso la notizia ero rimasta molto tesa. In
quel momento, però, mi sentii subito meglio. La presenza di
queste persone che pur essendo sconosciute volevano aiutarmi mi
rasserenò non poco.
- Adesso,
però … Cosa mi succederà? Dove
andrò? Cosa farò?- domandai presa da
un’illuminazione.
Senza i miei
genitori ero completamente sola. Dove sarei andata a finire? In
tribunale? Dai servizi sociali?
Feci lo stesso
quella domanda, ma qualsiasi risposta avessi sentito, avrei fatto di
tutto pur di rimanere con i Tokio Hotel. Erano le uniche persone di cui
sentivo di potermi fidare.
- Questo
è un problema a cui troveremo presto rimedio, vedrai. Tu
devi stare tranquilla, perché troveremo il modo di
sistemarti da qualche parte, ok?-
Annuii. Per il
momento non mi rimaneva altro da fare che adattarmi. Solo quando mi
avrebbero chiesto le mie volontà avrei detto tutto
ciò che sapevo di volere.
- Ehi, Lucy,
che ne dici di andare a vedere la performance dei ragazzi?-
-
Sì, evviva!!- esclamai contenta facendo un saltello di gioia.
Andammo
direttamente dietro le quinte, da dove si sentiva tutto.
Che musica!
Non avevo mai sentito una canzone così. E dalle parole
così pulite, poi. E sentirle cantare da Bill assumevano
ancora più credibilità.
-
Wir bleiben immer, schreiben uns in die Ewigkeit, ich weiss das immer,
irgendwo was bleibt, wir fühlen, wir sind fürs Ende
nicht bereit … -
Quelle parole
mi rimasero impresse. D’impulso ricordai le parole di Bill
…
“Noi
siamo una band. Amiamo suonare insieme. Tutto cominciò
quando eravamo solo dei ragazzini. Ci incontrammo e la passione per la
musica ci unì. Poi arrivò anche il successo.
Diventammo famosi talmente in fretta che ci sembrava di vivere in un
sogno …”
Mi sembrava di
risentire quelle frasi nelle parole di quella canzone. Allora mi
accorsi che era proprio tutto vero. L’avventura dei Tokio
Hotel era appena cominciata.
-
Wir sterben niemals aus, ihr tragt uns bis in alle Zeit … So
was wie wir geht nie vorbei … -
Sorrisi tra
me. Anche questo era vero. Avevo capito fin da subito che quei quattro
musicisti erano speciali e nessuno se li sarebbe mai scordati.
A partire da
me. Non avevo ancora idea di quanto avrebbero assunto importanza nella
mia vita …
- Vieni con
me, Lucy, ti porterò in prima fila … Anzi, no, in
un posto migliore!-
David mi prese
per mano e mi portò rapidamente all’interno della
sala. Che casino infernale! C’erano tante, ma tante, ma tante
ragazze che si scatenavano come delle matte e non facevano altro che
urlare e sbracciarsi verso il palco. Se non ci fossero state le
transenne, credo che avrebbero seppellito i Tokio Hotel sotto la folla!
E a proposito
di loro … Li vidi. Davanti a me. David mi aveva portato
davanti alle transenne, dove stavano le guardie del corpo.
- Guardali
… E goditi la scena!- mi fece all’orecchio.
La canzone era
finita. Georg e Tom si misero sul ciglio del palco e sorrisero, mentre
Bill scuoteva la testa meravigliato.
Lo capivo
benissimo. Trovarsi sopra il palco davanti a migliaia di persone che
urlano, si scatenano, vengono lì solo per vederti
… Deve essere una sensazione splendida.
- Danke
schön!!- esclamò il cantante al microfono prima di
allargare le braccia e sorridere.
Sui loro visi
notai un’espressione serena, felice. Libera.
La
libertà. Nei loro occhi leggevo libertà di
divertirsi, far divertire gli altri e stare insieme. Si sentivano
liberi, quando suonavano su quel palco.
Probabilmente
perché suonare sul palco era tutta la loro vita. Non
avrebbero mai potuto fare altro, perché altrimenti non si
sarebbero sentiti liberi. E per loro la libertà era tutto.
Devono averne
passate tante, pensai. Dovevano avere un lato triste dentro di loro e
per dimenticarsi di averlo cercavano la felicità facendo
ciò che desideravano, cioè esibirsi sul palco
davanti a tanta gente.
Sorrisi. La
loro felicità era contagiosa. Senza un motivo preciso mi
misi a ridere di gusto. Ridevo a bocca chiusa, come se sogghignassi. Ma
in realtà ero tanto felice per loro. E non mi fermavo,
continuavo a ridere. Ridendo auguravo loro tutto il bene possibile,
tanta fortuna e una vita piena di meraviglie.
- Yeeeeee,
braviiiiiiiii!!- esclamai appena li vidi entrare dietro le quinte.
Sorpresi di
vedermi, i Tokio Hotel si lasciarono abbracciare dalla sottoscritta
riempiendomi di ringraziamenti.
- Che ti
dicevo, piccola? Siamo una vera forza!!- fece Tom sorridendo orgoglioso.
- Tu non hai
fatto altro che strapazzarti la chitarra come non so cosa!- ribattei
facendo ancora capire che lo strano rasta mi stava antipatico.
Bill, Gustav e
Georg risero a crepapelle, fintanto che Tom mi fissava esasperato.
- Non la
smetti proprio mai, eh?- disse lui inarcando un sopracciglio.
Lo guardai con
aria di sfida. Non mi piaceva proprio il modo in cui si vantava e
faceva lo sbruffone. Ma lui mi rispose per le rime, dopo essersi
inginocchiato per potermi fissare bene in faccia.
- Comunque
sia, stammi bene a sentire. Hai criticato la mia audacia e si
può capire, hai criticato i miei capelli e ti ho lasciato
passare, ma il mio modo di suonare, e soprattutto la nostra musica
… Non merita di essere criticata, tantomeno da una bambina
piccola e inesperta come te!-
Dovetti
ammettere a me stessa, in quel momento, che non sapevo cosa dire. Non
avevo mai percepito tanta determinazione per una cosa che consideravo
scontata. Mi limitai ad aggrottare la fronte e a incrociare le braccia,
prima di girarmi e allontanarmi dal chitarrista.
- Ihih, quando
si tratta della nostra musica nessuno ci può dire niente,
vero ragazzi?- disse Tom soddisfatto.
-
L’hai lasciata finalmente senza fiato, quella lingua lunga
… E bravo Tom!- concordò Georg.
Ma Bill mi
mise un braccio attorno alle spalle e fece:
- Secondo me,
invece, hanno ragione tutti e due. E’ vero, la nostra musica
va rispettata e nessuno può dirci se va bene o non va bene,
quello lo decidiamo solo noi … Ma anche Lucy dice giusto, se
a lei non piace non possiamo farci nulla. Semplicemente non le va tanto
a genio mio fratello!-
- Oh, no, la
vostra musica mi piace tantissimo … - dissi io stupendo e
lusingando la band. - E’ solo Tom che dovrebbe comportarsi
meglio, secondo me!-
- Noi ti diamo
ragione, Lucy, e hai tutto il diritto di dire la tua opinione. Ma non
parlare prima di essere pienamente convinta di ciò che dici,
perché riguardo a Tom ti ho già detto che ti stai
sbagliando!- mi fece notare Bill.
- Uhm
… io continuo a non fidarmi di lui … - borbottai
decisamente poco convinta.
-
Vabbè, se non vuoi credere a Bill fai pure … -
disse Gustav mettendo le mani in tasca. - Ma col tempo ti accorgerai
che ha ragione e Tom non è la persona che tu pensi che sia!-
- Uff
… Ok, se lo dici tu … - conclusi io mettendo fine
all’argomento.
Però
… Da quel momento in poi … Presi in esame le
parole di Tom con più attenzione, perché mi
rimasero particolarmente impresse. E se non riuscivo a togliermele
dalla testa doveva esserci per forza un motivo …
ringraziamenti:
layla the punkprincess:
ma ciaoooo! oddio scusa se non ti ho vista =( che gioia averti qui a
recensire!! ^^
AntonellaandlasDivinas:
XD quasiquasi mi fa piacere che qualcuno mi metta fretta come te! =D
NICEGIRL:
sono contenta che tu riesca a immedesimarti così nella mia
ff!! Grazieee!!!
little_illusion:
ihihih!!! La tua fretta mi lusinga *_* grazie mille!!
Lucy si sta pian piano rendendo conto di quanto importanti diventeranno
i TH per lei....
al prossimo capitolo, e grazie di cuore a tutti!!
by Eliot
;D
|
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Capitolo 5 *** Apparenze ***
se
tarderò un po' per i prossimi capitoli è colpa
della scuola che mi ruba tutto il tempo libero ok?? XD
nel frattempo godetevi il quarto chappy!
Capitolo 4
APPARENZE
“Sorridi, e la
vita ti sorriderà!”
La mattina
dopo tutto lo staff era impegnato in degli strani preparativi, di cui
per il momento non mi importava più di tanto. Preferivo
starmene seduta sugli spalti con fogli e pennarelli intorno intenta a
scarabocchiare.
Non ho mai
avuto un gran talento per il disegno e sinceramente non avevo molta
intenzione di provare a realizzare qualcosa di davvero carino, ma
coprivo il mio vero stato d’animo con un comportamento da
vera bambina di sette anni.
Già,
perché più che a disegnare, pensavo a Tom. Questo
sconosciuto. Mi fidavo di Bill e gli altri e sapevo che dicevano la
verità, allora come mai continuavo ad essere io
l’unica a pensare che Tom avesse un brutto carattere?
Probabilmente
ero troppo piccola per giudicare una persona alla prima occhiata. Ma
dopotutto, anche a quell’età, ho sempre pensato
che non si dovrebbe mai giudicare una persona alla prima occhiata.
Semplicemente perché la maggior parte delle volte si sbaglia.
Niente da
fare. Le parole di Bill non smettevano di suonarmi strane. Decisi che
doveva essere Tom stesso, prima o poi, a dimostrarmi che mi sbagliavo
sul suo conto.
Ero talmente
immersa in questi pensieri che non mi accorsi della presenza di Gustav
davanti a me. Solo quando mi fece un gesto con la mano in segno di
saluto alzai la testa dal foglio e lo salutai a mia volta.
- Come ti
senti, oggi, piccola?- chiese sorridendo, rassicurandomi in anticipo.
Feci un
sospiro rassegnato. In fondo quel che era fatto era fatto.
- Sono ancora
molto triste … Non accade tutti i giorni a una bambina
piccola come me di perdere entrambi i genitori
all’improvviso!-
Certo, dentro
di me la tristezza c’era sempre. In buona parte del mio cuore
e della mia testa c’era costantemente la nostalgia e la
solitudine che poco servivano a riempire il vuoto lasciato dalla morte
di mamma e papà.
- Capisco.
Però anche la tua reazione non è normale, non
trovi?- osservò lui.
Aveva ragione
e lo sapevo. Alla mia età ero particolarmente matura. O
magari … ero semplicemente un po’ chiusa in me
stessa e odiavo mostrare le mie emozioni. Già, meglio la
seconda.
Non seppi cosa
rispondere, mi limitai ad alzare le spalle. Gustav si sedette accanto a
me e posò lo sguardo sul foglio che tenevo sulle gambe.
- Mi piace il
tuo disegno, Lucy!- fece sorridendo.
- Ma
è brutto … - dissi io stupita dal suo commento.
- Non
è vero, secondo me è bello. Tutte le cose sono
belle, in fondo.-
Che strane
parole … Ma mi piacquero.
- Cosa vuol
dire che tutte le cose sono belle?- domandai con la solita vocina
infantile e curiosa che hanno i bambini.
Gustav
spiegò, senza smettere di sorridere:
- In ogni
cosa, in ogni situazione, in ogni persona c’è
qualcosa di bello e di positivo. Basta solo capire che
cos’è … Non pensi anche tu?-
Nulla di
più vero. Un semplice esempio era che se non ci fosse stato
l’incidente non avrei mai incontrato delle persone speciali
come i Tokio Hotel.
Annuii sempre
più curiosa e con lo sguardo lo implorai di continuare a
parlare.
- Per esempio
… Noi quattro siamo molto famosi, ma capita spesso che i due
membri del gruppo che si notano di più sono Bill e Tom. In
questi casi io e Georg veniamo presi un po’ meno in
considerazione.-
- Davvero? E
non sei triste?-
- No.
Perché non è certo colpa della gente. Il motivo
di questa cosa è per il semplice fatto che sono un tipo
tranquillo e discreto e non capita che mi metta al centro
dell’attenzione come ci finiscono i gemelli. Capisci?-
-
Sì … Ma sei sicuro che non ti dia fastidio?-
- Certamente,
infatti in questo caso cerco di vedere le cose positive. Per esempio so
che le fan mi vogliono bene comunque, so che i miei compagni mi stanno
sempre vicino. E so anche che finché farò parte
dei Tokio Hotel e sarò il loro batterista sarò
felice. Quindi, anche se non sembra, questa non è una brutta
cosa.-
Il discorso di
Gustav mi fece sentire meglio. Anzi, mi fece addirittura sorridere come
faceva lui.
- Hai ragione!
D’ora in poi cercherò sempre le cose positive,
così le cose brutte diventeranno belle!-
Accarezzandomi
la testa continuò:
- Bravissima.
Mi raccomando, sii sempre ottimista e abbi fiducia. E per non
dimenticare questo discorso ti insegno un proverbio molto carino
… -
- Dai,
dimmelo!!-
- …
Sorridi, e la vita ti sorriderà!-
Che belle
parole. Già, proprio belle, come tutte le cose belle della
vita.
Lo abbracciai
felice e riconoscente.
- Grazie,
Gustav! Non me lo dimenticherò mai!!-
Rimanemmo in
quella posizione per più o meno dieci secondi. Forse
quell’abbraccio sarebbe durato di più, se Bill non
ci avesse chiamato a gran voce dal basso della scalinata.
- Ehi, voi due
lassù! Venite anche voi??-
Io e il
batterista ci sciogliemmo immediatamente dall’abbraccio e ci
alzammo in piedi.
- Venire
dove?- fece Gustav mentre io raccoglievo i fogli e le matite.
- Andiamo a
fare due passi!- rispose il cantante salendo i primi scalini. -
E’ il minimo che possiamo fare per rilassarci, non trovate?
Con tutto il lavoro che c‘è qui … -
-
Sì, che bello!- esultai. - Andiamo, Gustav!-
Ed ero
già giù per la scalinata per raggiungere gli
altri, mentre lo sentivo ridere tra sé alle mie spalle.
Camminammo per
i vialetti di Berlino a lungo e parlammo di tante cose. Mi raccontarono
alcune delle loro avventure e disavventure vissute durante la loro
carriera, assistevo ad alcuni battibecchi che nascevano tra i gemelli o
tra tutti e quattro. Io ascoltavo, li guardavo parlare, sorridevo e
talvolta annuivo.
- Lucy,
perché adesso non ci racconti qualcosa di te?- propose ad un
certo punto Gustav.
Su di me? Non
avevo granchè da dire, in fondo.
-
Sì, sono curioso anch’io di sentire qualcosa sulla
piccola impiastra!- fece Tom guardandomi con dispetto.
Eh, no! Non
potevo fargliela passare liscia dopo l‘ultima umiliazione
subita.
- A te non ho
intenzione di raccontare proprio niente, perché sei
antipatico!-
- Dai, Lucy,
non prendertela sempre con mio fratello … Raccontaci, fallo
per me … -
A Bill non
potevo dire di no … E ancora una volta mi chiesi come
facevano quei due ad essere gemelli, quando erano esattamente
l’opposto l’uno dell’altro. Mah!
- Dunque, con
mamma e papà abitavo in una grande casa in città.
Ricordo che papà lavorava sempre fino a tardi e tornava
tutte le sere con una valigetta piena di fogli. La mamma aveva sempre
la gonna e non c’era un momento in cui non fosse in bagno a
truccarsi o ad aggiustare i capelli.-
- Uh, allora
eravate ricchi?- domandò Georg.
-
Sì, penso di sì. Mi compravano sempre tutto
quello che volevo, così non mi annoiavo mentre loro erano
fuori per lavoro.-
- Ti
lasciavano da sola? Davvero??- Bill era stupito.
-
Sì, capitava sempre più spesso, ultimamente.
Però vi posso giurare che mi volevano bene, non lo facevano
apposta a lasciarmi sola!-
Sapevo che
mamma e papà erano molto impegnati, ma le poche volte in cui
riuscivo veramente a passare del tempo con loro mi dimostravano di
volermi bene più di quanto immaginassi.
Di questo ero
assolutamente convinta ed ero ben decisa a ribadirlo.
- Capisco
… E’ terribile averli persi così
all’improvviso, vero?- fece il rasta.
-
Sì … Hai ragione … -
Mentre dicevo
queste ultime parole guardavo Tom stupita. Non credevo che potesse
essere così comprensivo. Il tono con cui aveva parlato dei
miei genitori era dolce e triste. Quella fu la prima volta in cui Tom
mi dimostrò di essere un ragazzo diverso da quello che
pensavo.
All’improvviso
mi fermai, con gli occhi bassi e le mani strette in pugni.
- Lucy, che
cos’hai?- chiese Bill girandosi preoccupato verso di me.
Non ebbi il
coraggio di alzare lo sguardo, all’inizio. Venni nuovamente
sopraffatta dalla paura, dalla solitudine, dalla rabbia.
Gustav si
chinò su di me e mi cinse le spalle con il braccio.
- Ehi, Lucy,
come mai ti sei fermata? Cosa … -
Con la coda
dell’occhio vidi Gustav fare un cenno della testa per
indicare agli altri il motivo del mio improvviso silenzio.
Il marciapiede
era finito. La strada era a pochi metri da me. Quella maledetta strada.
Proprio
così, eravamo inevitabilmente arrivati in
prossimità del luogo in cui avvenne l’incidente.
Alzai
finalmente il capo, sull’orlo delle lacrime.
Non
so come mi ritrovai seduta sull’asfalto. E poi
c’era fuoco, tanto fuoco. Le macchine erano diventate due. La
gente si avvicinava alle fiamme spaventata e io non capivo cosa era
successo.
Sbarrai gli
occhi spaventata, mentre i ricordi riaffioravano nella mia mente.
L’auto
di papà ridotta in cenere, gli uomini che mi avevano portata
sul marciapiede. La gente spaventata che urlava alla tragedia, la
giornalista scandalizzata.
Irrigidita
dalla paura cominciai a tremare, senza speranza di riuscire a fermare
quelle immagini che mi scorrevano davanti, come un flash.
Sentii le
braccia di Bill avvolgermi teneramente, per consolarmi e farmi stare
tranquilla. Le mie manine vennero racchiuse da quelle di Georg e
Gustav, mentre Tom mi accarezzava la testa.
Sfoderando il
mio autocontrollo, mi limitai a far sgorgare una sola lacrima dalla
pupilla destra e abbracciai il cantante.
Mi sentii pian
piano piacevolmente accaldata tra le loro braccia. Tutti e quattro
erano su di me, racchiudendomi come in uno scudo protettivo.
- Va tutto
bene, Lucy … Va tutto bene … - mi sussurrava Bill
accarezzandomi la testa delicatamente.
Mi strofinai
gli occhi e l’enorme abbraccio si sciolse. Solo allora mi
accorsi della presenza di un’auto della polizia parcheggiata
accanto al marciapiede opposto con le quattro frecce.
Che ci
facevano lì?
- Bill,
possiamo andare a chiedere a quei poliziotti se sono qui per
l’incidente?-
- Ehm
… D’accordo, se proprio insisti … -
ringraziamenti:
NICEGIRL: adori Lucy?
Anch'io!!! XD
MissQueen: Ti ringraziooooo!! ^^
dalla prossima
puntata la situazione si farà interessante!
salutoni, un
bacio
by Eliot
;D
|
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Capitolo 6 *** Una sconosciuta verità ***
Capitolo 4
UNA SCONOSCIUTA
VERITÀ
“Ho
fretta di sapere!”
Sapevo che
probabilmente sarebbe stato inutile parlare con quei poliziotti, ma
volevo essere completamente certa dell’accaduto.
- Scusi,
signor poliziotto!-
L’agente
in divisa abbassò lo sguardo verso di me, decisamente
stupito della mia audacia.
- Siete venuti
per l’incidente?- domandai.
“Ditemi
di no, vi prego. Ditemi che è tutto finito
…” pensavo ansiosa.
-
Sì, piccola, siamo qui per l’incidente
d’auto che c’è stato ieri pomeriggio
… Perché me lo chiedi?-
- Non ditemi
che mamma e papà sono ancora vivi!!!- esclamai presa
dall’agitazione.
Perché?
Perché quegli agenti erano lì? Cos’era
successo?
- Lucy! Lucy,
calmati, per favore … - disse Bill mettendo le mani sulle
mie spalle per tranquillizzarmi.
- Vogliate
scusarci, non sappiamo cosa le sia preso … - fece Tom ai due
uomini facendomi alzare gli occhi al cielo.
“Simpatico
come sempre, eh?” pensai con ironia.
- Non
preoccupatevi, è tutto a posto.- disse l’altro
agente guardandomi con disappunto.
Poi si rivolse
a me:
- Mi dispiace
moltissimo, ma i tuoi genitori sono deceduti veramente … -
La mia
malinconia venne subito sostituita da un inaspettato stupore, appena
l’altro agente pronunciò queste parole:
- …
Probabilmente, però, non si è trattato di un
incidente.-
Tom, Bill,
Georg, Gustav e io nell’ordine, dicemmo:
- Eh?
- Che cosa?-
- Come?-
- Ripeta!?-
- Sta
scherzando, vero??-
- Non
scherziamo affatto, signori … - rispose il primo poliziotto.
- Chiediamo
scusa, la notizia ci sconvolge … Potete spiegarvi meglio?-
domandò gentilmente Gustav.
- Certamente.-
Non sapevo
cosa aspettarmi, ma una cosa era sicura: ero parecchio agitata.
- Vedete,
dalle nostre indagini abbiamo dedotto che molto probabilmente, dato che
l’automobile era a posto e l’uomo al volante stava
bene, è stata l’altra auto a venirle addosso.-
Di colpo
ricordai. Le macchine erano due. Quindi non era colpa di
papà che guidava, ma di chi era alla guida
dell’altra auto!
- E chi
c’era alla guida dell’altra auto?-
domandò Bill quasi al posto mio.
-
C’era una ragazza molto giovane, che adesso si trova in
ospedale nel quartiere qui vicino … -
- Andiamo a
trovarla!- esclamai girandomi verso i ragazzi.
- Che cosa? Ma
Lucy, non la conosci neanche!- replicò Gustav.
- Voglio
sapere se è stato veramente un incidente o se l’ha
fatto apposta! Per favore … -
Gli agenti mi
diedero ragione:
- Seguite il
consiglio della bambina. E’ probabile che sia stata tutta
colpa della ragazza, dato che anche la sua auto era a posto.-
Vidi i Tokio
Hotel sospirare scambiandosi occhiate rassegnate.
- E va bene,
piccola … Ma se non scopriamo niente di importante chiudiamo
la questione, d’accordo?- disse Bill.
- Ok, ma
adesso andiamo. Ho fretta di sapere!-
Mi stupivo da
sola di quanto potessi essere determinata, ma c’era un motivo
ben valido. Volevo sapere se i miei genitori erano morti per colpa di
quella ragazza o si era trattato solo di un incidente.
Ci
incamminammo in una direzione, mentre sentivo i due poliziotti
spettegolare sulle capigliature dei gemelli.
Stavamo per
raggiungere l’ospedale, quando Tom mi chiese:
- Lucy, sei
sicura di quello che fai? Insomma, sei veramente convinta che sia stata
colpa di questa ragazza che stiamo per vedere?-
- Siamo qui
appunto per scoprirlo!- risposi seccamente dirigendomi verso la porta
girevole.
Mentre gli
altri chiedevano informazioni alla segretaria seduta
nell’atrio, mi resi conto che in fondo non ero poi
così sicura di voler conoscere la verità. Forse
la tristezza mi stava giocando un brutto tiro e mi illudevo su qualcosa
di infondato. Mi stavo sbagliando? Stavo commettendo un errore
madornale facendo perdere tempo ai ragazzi che non
c’entravano niente?
- Andiamo,
Lucy!- fece Georg invitandomi a seguirli.
No, dopotutto
non c’è niente di male a volerne sapere di
più. Una piccola visita da questa ragazza misteriosa e la
cosa sarebbe finita lì … Forse.
Entrammo
nell’ascensore e guardai Bill premere il numero 4. Sospirai
ansiosa: cosa mi avrebbe aspettato?
Improvvisamente
sentii Georg accarezzarmi la nuca, accovacciato vicino a me.
- Via quella
faccia triste, dai! Vedrai che tutto si risolverà
… Promesso!-
Finalmente
incrociai i suoi magnifici occhi verdi. Dal tipo serio e misterioso che
avevo visto all’inizio non mi sarei aspettata un
incoraggiamento efficace come quello. Sorrisi e dentro di me lo
ringraziai.
Il dlong
dell’ascensore arrivato a destinazione mi
spaventò. “Coraggio, Lucy, finalmente saprai la
verità!” mi ripetevo fissandomi i piedi.
Arrivammo alla
camera dove stava la ragazza che si era scontrata con i miei genitori.
Il cuore mi batteva forte. E perché, poi? Cosa avrei potuto
dirle, che sospettavo di lei? Che ero venuta da lei anche se non la
conoscevo per darle la colpa di una tragedia che non ha colpevole?
Perché
il panico non la piantava di perseguitarmi? Perché non
smettevo di tremare pur sapendo che ero venuta lì per una
stupida idea infantile dovuta alla depressione?
- Vuoi entrare
prima tu da sola, Lucy?- domandò Bill interrompendo
l’interrogatorio a cui mi stavo sottoponendo.
Entrare da
sola? Oh, no, non se ne parlava neanche. Senza la benefica presenza di
quell’assurda band non avrei avuto il coraggio di spiccicare
una sola parola.
Ma poi,
constatando che entrare tutti insieme poteva essere traumatico per la
ragazza, annuii e appoggiai la mano sulla maniglia, infreddolita per
l’ansia.
Deglutii e
finalmente, con uno sforzo immane, tirai giù la maniglia
piano piano. Prima di spingere la porta per entrare, però,
mi girai preoccupata verso i ragazzi.
Dopo
un’occhiata rassicurante da parte di tutti loro mi decisi ed
entrai facendo il minimo rumore possibile.
Sul lettino
era adagiata una giovane ragazza dai capelli color bronzo scuro, lunghi
più o meno fino alle spalle. La corporatura slanciata era
avvolta in un lenzuolo bianco, teneva la mano sinistra sulla pancia e
un ginocchio piegato.
Subito dopo
aver richiuso la porta aprì gli occhi e girò
leggermente la testa verso di me, scrutandomi con un delicato paio di
occhi castani.
- Ciao
… - mormorò cordialmente vedendomi taciturna.
Non ebbi la
forza di muovere un muscolo, era già tanto se riuscivo a
guardarla in faccia.
- Hai
sbagliato stanza?- sussurrò gentilmente.
Feci no con la
testa e mi decisi a fare qualche passettino verso di lei.
- La mia mamma
e il mio papà sono morti nell’incidente che hai
appena avuto … - sparai tutto d’un fiato.
La sua
espressione si intristì improvvisamente e lei si mise
lentamente a sedere aiutandosi con le braccia, facendomi notare che
quello destro era fasciato fino al gomito.
Sull’orlo
delle lacrime disse:
- Oh, mio Dio
… Ho investito i tuoi genitori … Credimi, mi
dispiace infinitamente … -
Mi avvicinai e
appoggiai le manine sul lettino.
- Intendi dire
che è stato un incidente e che non è stata colpa
tua?- domandai con un filo di voce.
- Non ho detto
questo … - rispose in un soffio.
Ebbi un attimo
di smarrimento. Che cosa significava? Di che cosa si trattava veramente?
- Sei venuta
qui da sola?-
- No
… Sono venuta con i Tokio Hotel … - risposi come
se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Con chi?
… Stai scherzando?-
- Affatto. Te
li vado a chiamare … -
Era arrivato
il momento di chiarire le cose e parlare seriamente. E io non ero la
persona adatta per farlo. Queste erano cose da adulti.
- Venite
dentro!- li incitai.
Sapevo che lei
sarebbe rimasta stupita di vedere quel famosissimo gruppo.
- E tu
… Tu come conosci i Tokio Hotel??- domandò
fissandomi a bocca aperta.
- E’
una storia lunga. Adesso siamo venuti qui per parlare con te di una
cosa più importante.-
Bill si
sedette sulla sedia più vicina al lettino, Georg e Tom
rimasero in piedi appoggiati al muro e io mi accomodai sulle ginocchia
di Gustav, seduto su una sedia nell’angolo della stanza.
- Inizio col
dire che non c’è nulla di personale.- fece Bill un
po’ imbarazzato. - E’ la piccola Lucy che ha voluto
parlare con te.-
- Capisco
… Di certo non sarebbe potuta venire da sola, giusto?-
- Giusto.-
Cominciavo a
rendermi conto che non sapevo effettivamente cosa ci facevo
lì. Né perché avevo ingiustamente
immischiato i Tokio Hotel nella faccenda.
E dalla
domanda che mi fece Tom direi che se n’erano accorti tutti
…
- Allora,
Lucy, che cos’è che effettivamente desideri
sapere?-
Ecco. Lo
sapevo. Zero assoluto. Qualcosa già mi aveva detto che sarei
arrivata a fare scena muta.
Però
non dimenticai che era ancora tutto da vedere. Le parole della ragazza
non erano passate indifferenti.
- Ehm
… Posso sapere che cosa intendevi prima?- dissi rivolgendomi
a lei.
La vidi
turbata dalla mia domanda, quasi non volesse rispondere.
- E che cosa
ha detto lei che tu non hai capito?- mi domandò Bill.
- Ha detto che
le dispiace per i miei genitori, ma quando le ho chiesto se
è stato un incidente la risposta non l‘ho capita
… -
- E’
che non posso parlare … - fece timidamente la ragazza
suscitando la curiosità generale.
-
Perché???- esclamai.
La vidi
stringere i pugni con l’atteggiamento di chi non sa cosa
fare. Tutto a un tratto mi passò in testa l’idea
che poteva essere qualcosa di davvero importante anche per lei.
- Io
… Non so se … - biascicò lei a denti
stretti.
- Non sai se
fidarti di noi?- fece Tom leggermente irritato.
Mi chiedevo la
stessa cosa. Era brutto da pensare, ma non avevamo potuto fare a meno
di notare che lei non si fidava.
- Ma noi non
abbiamo niente contro di te, devi crederci … - disse Georg
cercando di convincerla.
Ma lei non
mollava. Dalla sua espressione si capiva che non era certa di voler
affidarsi a noi.
Doveva
parlare, metterci al corrente di ciò che non sapevamo.
Almeno per me era di vitale importanza.
Mi armai di
coraggio e feci:
- Devo sapere
tutta la verità! E’ importante!-
- La piccola
Lucy ha ragione.- disse Gustav. - E’ evidente che qualcosa o
qualcuno ti impedisce di rivelare tutto, ma stai tranquilla
perché noi ti aiuteremo.-
La ragazza si
mordicchiò l’unghia ancora un po’
nervosa. Ma qualcosa stava cambiando, la stavamo convincendo.
- Ti prego
… - la supplicai facendo la voce triste.
Finalmente lei
fece un respiro profondo e mormorò:
-
D’accordo … Vi dirò tutto … -
ringraziamenti:
layla the punkprincess:
già... Prima o poi Lucy si renderà conto di ki
è Tom veramente... Baciiiii t.v.b.!!!!
NICEGIRL: grazie
del commento! ^^
MissQueen: parole
sante socia!!! *annuisce e applaude* kuss tvtb
può darsi ke per i prossimi capitoli tarderò un
po'....
.... beh, meglio tardi ke mai, no? =D
un abbraccio
by Eliot
;D
|
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Capitolo 7 *** Lucy si dà da fare ***
Capitolo
5
LUCY SI DÀ DA FARE
“La cosa deve
finire entro una settimana!”
Ebbi i brividi e inghiottii la saliva prima che la ragazza potesse
cominciare a dire tutta la verità. Finalmente avrei saputo
ogni cosa. Anche i TH si prepararono ad ascoltare, ammutoliti.
- E’ andata esattamente come sto per
raccontarvi … Poco prima di scontrarmi con i genitori di
Lucy ho dato un passaggio a … a un uomo … -
“Sapevo che c’era qualcun altro di
mezzo!” pensai tra me e me. Però non emisi un
fiato e la lasciai continuare.
- Ha detto che era un autostoppista e mi sono offerta di accompagnarlo
fino in centro … Ma quando stavo per sorpassare
l’auto dove c’era Lucy … Lui
… -
La pregavo mentalmente di proseguire, ma di colpo scoppiò a
piangere e si mise le mani sulle tempie.
Chissà cos’era successo, per farla stare in quel
modo … Bill le si avvicinò e le mise un braccio
sulla schiena per incoraggiarla.
- Su, non fare così. Cosa ha fatto quell’uomo?
Diccelo!-
Ormai aveva capito anche lei che non avremmo avuto pace se non avessimo
saputo la verità.
- … lui ha girato il volante e mi ha fatto sbandare!!!-
gridò buttando subito tutto fuori.
Mentre continuava a piangere a dirotto, io e i Tokio Hotel non potevamo
credere alle nostre orecchie.
Dunque era quel farabutto il responsabile dell’incidente!
Finalmente lo sapevo. Mi sentii immediatamente inquieta e mi strinsi
nelle braccia di Gustav che aveva sempre continuato a tenermele intorno
alla vita.
- Allora è lui il responsabile di tutto questo!!-
esclamò Tom ancora sconvolto.
Io fissavo il pavimento con sguardo perso. Sentii gli altri girarsi
verso di me per vedere la mia reazione, ma io non mi muovevo. Ero
troppo terrorizzata.
L’idea che qualcuno aveva ucciso i miei genitori di proposito
faceva crescere dentro di me qualcosa di brutto. Simile a un miscuglio
tra ira e disperazione. Ma qualunque cosa fosse aumentava sempre di
più e a momenti avrebbe preso il sopravvento facendomi
perdere il controllo.
Sentendo che tremavo Gustav mi sussurrò:
- Lucy, ti senti bene?-
Non so proprio come trovai la forza di scuotere la testa anche solo di
poco. Sentivo la testa e il cuore scoppiare e forse avrei dovuto
sfogarmi come si deve, ma non riuscivo proprio a muovermi. A momenti
non ce la facevo neanche a sbattere le ciglia, talmente ero paralizzata.
- E’ stato lui … E’ stato lui
… - balbettai accorgendomi che singhiozzavo.
Bill intuì subito che la situazione stava degenerando e
corse ad abbracciarmi.
- Sssssh … Lucy, calmati, non ti agitare proprio ora
… - mi bisbigliò nell’orecchio prima di
prendermi in braccio.
Non riuscivo a smettere di tremare, di piangere, di sussultare. Stavo
per permettere alla paura di farmi esplodere.
- Non so dirvi altro … - continuò la ragazza. -
Non so perché l’ha fatto, né cosa
è successo dopo. Sta di fatto che mi sono risvegliata
stamattina in questo ospedale dopo aver perso i sensi quasi al momento
dell’impatto … -
Mi sentivo sempre peggio. Subito pensai che la faccenda sarebbe
diventata più complessa, più pericolosa. Sarebbe
diventata qualcosa di grosso.
- Lucy … -
La voce della ragazza mi distolse la mente dai miei pensieri
pessimisti, e curiosa di sentire cosa voleva dirmi mi girai verso di
lei.
- Voglio che tu sappia una cosa … -
Bill mi mise giù e io camminai silenziosamente verso di lei.
- Ti giuro che farò qualunque cosa per mettere fine alla tua
sofferenza … -
Un brivido mi fece spostare lo sguardo sui suoi occhi color caramello.
- Credimi, non avrò pace se quel farabutto non
pagherà per il suo gesto orribile … Ti prometto
che farò tutto il possibile per aiutarti …
D’accordo?-
Le sue parole erano sincere. Me lo sentivo dentro. Lei voleva davvero
aiutarmi, e le sue parole sciolsero il blocco di ghiaccio
all’altezza del petto che non mi faceva respirare
dall’agitazione. D’impulso la abbracciai, mentre
continuavano a scendere le lacrime sul suo volto.
- Grazie di cuore. Non ti ringrazierò mai abbastanza
… -
Quando mi staccai e mi girai verso i Tokio Hotel, mi sorrisero
sollevati.
- Andrà tutto bene e quel pazzo criminale la
pagherà, vero ragazzi?- disse Georg con entusiasmo.
Tom rispose, scrocchiandosi le dita con una smorfia arrabbiata:
- Oh sì! E se la polizia non lo punirà
abbastanza, ci penserò io a metterlo KO! Parola di Tom
Kaulitz!!-
L’esclamazione del chitarrista ci fece ridere.
Esattamente quello che mi ci voleva per tirarmi su il morale. Mi
è sempre piaciuto ridere, anche se non mi capitava molte
volte di mettermi a ridere di gusto come in quel momento con Tom. Avrei
tanto voluto ridere di cuore, per una cosa che mi piaceva e mi
divertiva sul serio.
E’proprio vero che ridere fa bene.
Da quando avevo conosciuto i Tokio Hotel, al di là di alcuni
momenti di tensione, avevo sempre riso tanto. Ridevo quando Bill e Tom
battibeccavano tra loro, avevo riso quando li avevo visti sul palco a
suonare, e ridevo anche in quel momento triste e doloroso.
Era un po’ come se ridessi in faccia al destino, che era
stato abbastanza crudele con me. Ma ridevo lo stesso, perché
avrei superato quella situazione a testa alta, con fiducia, speranza e
un pizzico di ottimismo.
Stavo finendo di ridere quando Bill guardò
l’orologio appeso al muro e tramutò il suo sorriso
in una smorfia spaventata.
- Uh, com’è tardi! Ragazzi, dobbiamo andare, allo
stadio ci staranno cercando come dei matti!!-
- Hai ragione, David starà dando i numeri per sapere dove
siamo!- esclamò Gustav.
Di colpo ricordai gli strani preparativi in cui era impegnato lo staff
della band. Chissà cosa stavano facendo …
- Significa che dobbiamo salutarci?- chiese un po’ sconsolata
la ragazza.
- Direi di sì … - fece Tom. - Che dire, rimettiti
in sesto e … Speriamo che la cosa si risolva in fretta!-
Lei annuì, sorridendo fiduciosa.
- Senti … -
Lei si girò verso di me per sentire cosa volevo chiederle.
- Posso sapere come ti chiami?-
- Certo, che sbadata! Mi chiamo Julia!-
- Che bel nome! Allora ci vediamo, Julia!-
- Senz’altro, Lucy … -
Appena usciti nel corridoio mi resi conto di quanto velocemente il mio
umore fosse cambiato. Se prima avevo il morale a terra quando uscii
dall’ospedale era arrivato alle stelle. Strabiliante!
- Allora, piccola, sei soddisfatta?- domandò Bill mentre ci
dirigevamo verso lo stadio.
Ci pensai un attimo, che bastò per capire che avevo
conosciuto una persona molto buona, immischiata ingiustamente in quella
brutta vicenda, che però mi aveva detto tutta la
verità e mi aveva promesso che sarebbe andato tutto bene.
- Sì … Sono soddisfatta!!-
- Benissimo! Siamo molto contenti, vero?- disse Tom allegramente.
- Sicuro!- fecero gli altri quasi in coro.
- Signor Jost … -
Il manager abbassò lo sguardo verso di me.
- Volevo chiederle un favore grande grande … -
- Oh, ma certo! Puoi chiedermi tutto quello che vuoi … -
- I Tokio Hotel possono rimanere qua?-
- … Tranne questo!-
Mi ero velocemente informata e i preparativi in cui tutti erano
impegnati significavano un trasferimento da una città
all’altra. La band era in tour e non potevano perdere un solo
minuto.
- Ascolta, Lucy, è una cosa complicata … -
- La prego, signor Jost! Farò la brava!!-
- Non si tratta di questo, so bene che saresti un angioletto, ma
… vedi, dobbiamo spostarci, perché i ragazzi
devono tenere un altro concerto ed è impossibile farli
rimanere qui. E se venisti tu con noi?-
- Non posso, Julia è in ospedale in questa città
e non ci possiamo allontanare da lei. E poi l’incidente
è avvenuto a pochi isolati da questo stadio, non possiamo
andarcene!!-
- E chi sarebbe Julia?-
- Una persona di vitale importanza, per motivi che lei non capirebbe!-
Mi fissò sbalordito dalla mia testardaggine e dalla mia
faccia tosta.
- Glielo chiedo per favore … Hanno promesso di aiutarmi
… -
L’idea che tutto finisse lì mi terrorizzava. Oltre
al pensiero che la morte dei miei genitori sarebbe rimasta un mistero
mi spaventava anche la sensazione di non avere più quella
band miracolata al mio fianco. Non poteva dirmi di no. Se
l’avesse fatto non mi sarei data pace.
- Lucy, ti rendi conto che se ti accontentassi smuoverei mezzo mondo?-
Annuii sempre più convinta. Sarei stata disposta a tutto pur
di concludere la faccenda fino in fondo. Non me ne fregava niente di
fan indignate, trambusti vari o che altro. Solo una cosa mi importava:
la verità che doveva essere scoperta.
- Siccome deduco che non smetterai di farmi impazzire finché
non avrò acconsentito … -
Quelle parole mi fecero sperare.
- … d’accordo.-
Esultai saltellando intorno a David con una tale felicità
che a momenti avrei dato una festa.
- A una condizione!-
Mi bloccai e lo guardai con disappunto.
- La cosa deve finire entro una settimana! Non di più!-
Sospirai di sollievo e con la tenerezza dei bambini abbracciai le gambe
del manager.
- Grazie, signor Jost … -
ringraziamenti:
little_illusion:
eh, è questo il bello! ^^ Spero che ti sia piaciuto, questa
parte!!!
layla the punkprincess: ihih!!!
Ti ringrazio!!!
NICEGIRL: è questa
la parte migliore del pubblicare storie, lasciare il pubblico con la
curiosità!!! XD
MissQueen: Stessa
cosa che ho detto alle altre recensitrici!! XDXD tvttb grazie mille!!!
bene... adesso è tutto da vedere... =D
non perdetevi il prossimo chappy, mi raccomando!!
ciau v.v.ttt.b.!!!
by Eliot
;D
|
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Capitolo 8 *** L'investigatore ***
scusate
il ritardooooo!!!!
La scuola è tremenda.... Ma eccovi un simpatico e
freschissimo chappy!!!
Capitolo 6
L’INVESTIGATORE
“Deve
trattarsi di qualcosa di serio …”
- Lucy, secondo
me guardi troppi film!-
- Tom, non prendermi in giro!! Abbiamo soltanto una settimana, non
c’è tempo da perdere!-
- Uffa, ma dobbiamo proprio?-
- Assolutamente sì! Io non vedo altro modo per cercare di
scoprire qualcosa!-
La mia richiesta di andare a parlare con la polizia della nostra
scoperta suonava loro un’idea piuttosto azzardata.
- In effetti, però, la bambina non ha tutti i torti
… -
Sospirai. L’affermazione di Gustav mi rasserenò.
- E va bene … - disse infine Bill mettendo le mani sui
fianchi. - In fondo cos’abbiamo da perdere? Stiamo solo
aiutando Lucy, giusto?-
- Uffa, non mi piacciono le questioni complicate … - si
lamentò il bassista spalleggiato da Tom.
- Dovrete farci l’abitudine, perché
sarà complicato fin dall’inizio!-
affermò il batterista.
Dunque era fatta. Dovevamo metterci subito al lavoro.
Innanzitutto avevo proposto di andare dalla polizia. Non capivo il
motivo della loro perplessità, a me sembrava una buona idea:
solitamente la polizia aiuta le persone e punisce chi fa del male, no?
- Buongiorno!-
Alla vista della band la ragazza dietro la scrivania sembrava
paralizzata.
- Vorremmo parlare con uno dei vostri agenti riguardo
l’incidente che è avvenuto ieri … -
chiese il cantante.
Ma la tipa continuava a guardare stralunata i ragazzi, come se fossero
stati dei marziani. Tom si abbassò e mi bisbigliò:
- O è una nostra fan, o si è spaventata a morte
vedendo il cespuglione sulla testa di mio fratello!-
Ridacchiai, anche se mi avrebbe dato un po’ fastidio la
seconda possibilità.
Stranamente, però, la ragazza strabuzzò gli occhi
e si precipitò in bagno tenendo la bocca chiusa con la mano.
Incredulo come gli altri, Georg fece:
- Non le sarà venuto da vomitare?!-
- Che maleducata, non è stata affatto carina!- sbottai
indignata.
- Altro che!- disse Gustav con un pizzico di divertimento.
- Ci toccherà chiedere a qualcun altro … -
osservò Bill, demoralizzato dalla presa in giro subita.
- Ma guarda guarda chi abbiamo qui!-
Una voce ci fece girare alla nostra destra, verso la porta
dell’ufficio dell’ispettore. Lui stesso, un uomo
dall’aria autoritaria di mezza età, ci venne
incontro e porse la mano a Bill.
- Mi presento: sono l’ispettore Tjark, comandante di questo
dipartimento!-
- Ehm … Molto lieti … - fece Tom mentre
l’ispettore stringeva la mano ai quattro ragazzi.
- Ciao, piccolina. Come ti chiami?- disse riferendosi a me.
Non era il massimo della simpatia, ma pensai
“Chissà, non si può mai dire
…” e salutai senza troppi scrupoli.
- Salve, mi chiamo Lucy … -
Di sicuro, come me, i Tokio Hotel si stavano chiedendo come mai tante
cerimonie. La risposta fu meno problematica di quanto pensassimo.
- Vi ho riconosciuti subito. Vi vedo ogni volta che entro nella camera
di mia nipote!-
Si riferiva al fatto che la camera di sua nipote aveva diversi poster
del gruppo appesi ai muri. A quell’affermazione i TH
sorrisero sollevati.
- Posso fare qualcosa per voi?- domandò gentilmente.
- Siamo qui per l’incidente di ieri, in cui hanno perso la
vita i genitori di questa bambina … - rispose Bill facendomi
appoggiare a lui.
- Ho capito. Venite pure nel mio ufficio, così potremo
parlare più tranquillamente.-
L’ispettore Tjark ci lasciò alle spalle il
trambusto della segreteria del commissariato per farci accomodare
davanti alla sua scrivania.
Dopo esserci tutti seduti cominciò col farmi le condoglianze.
- Innanzitutto voglio dire a questa bimba che mi dispiace molto per i
tuoi. E’ stato un brutto incidente e per te sarà
stato certamente un brutto colpo … -
Annuii rattristandomi un po’. Era tutt’altro che
piacevole sentire continuamente la stessa e tragica notizia.
- Avevo già sentito da alcuni dei miei agenti che
c’era qualcosa di strano in quell’incidente. Sapete
qualcosa che dovreste dirmi?-
- Per la verità sì. - disse Tom. - Siamo andati
in ospedale per parlare con la ragazza che ha avuto
l’incidente con la famiglia di Lucy … -
- … e ci ha detto che il responsabile è un
presunto autostoppista a cui lei aveva dato precedentemente un
passaggio. - proseguì Bill.
L’ispettore aveva l’aria seria e curiosa di chi
vuole vederci chiaro.
- Spiegatevi meglio, come potrebbe essere lui il responsabile?-
- Julia, la ragazza in ospedale, ha detto chiaramente che
l’uomo le ha girato volutamente il volante.- rispose Gustav.
- D’accordo. E’ tutto?-
Tom fece, sospirando preoccupato:
- Sì, per il momento è tutto.-
Dopo un attimo di esitazione, in silenzio, Tjark aprì un
fascicolo e lo sfogliò velocemente. Noi lo fissavamo col
fiato sospeso, nessuno aveva idea di cosa volesse fare.
Ad un tratto alzò gli occhi e sorrise.
- Ho trovato la persona che fa per voi!-
Mentre facevamo espressioni interrogative, l’ispettore
continuò a parlare.
- E’ uno nuovo, a cui ho sottoposto io stesso
l’esame di ammissione al corpo di polizia …
E’ piuttosto bravo a rintracciare gente scomparsa, penso che
questo caso sia l’ideale per lui … -
- Ha già deciso a chi affidare il caso??- fece Georg
sorpreso.
- Già. Ho pensato subito a questa nuova matricola. Se
volete, potete incontrarlo ora.-
- Ah … ehm, d’accordo … - fece Bill non
del tutto convinto.
Tjark ci diede altre indicazioni:
- Chiedete all’entrata, dovrebbero dirvi
dov’è in questo momento … -
- Ok, grazie!- disse Tom alzandosi seguito dagli altri.
Ma prima di uscire mi ricordai di un dettaglio importante e
intrascurabile.
- Ispettore, quel è il nome dell’agente?-
- … Joseph Hanisch!-
Joseph Hanisch …
- Joseph Hanisch? Uhm … Mamma,
perché questo nome non mi è nuovo?-
Non mi aspettavo di essere interrotta dal piccolo Max.
- Ve lo dico dopo, lo capirete man mano che vi racconto, ok?-
I miei bambini mi guardano strano, ma sembrano sorvolare sul dubbio
sollevato dal fratellino più piccolo.
- Bene, stavo dicendo … -
- Joseph Hanisch?-
Alla domanda di Bill l’agente alzò la testa.
Era appoggiato al muro davanti all’uscita laterale del
commissariato, le mani in tasca e lo sguardo pensieroso.
Aveva l’altezza di Bill e la corporatura di Tom. I capelli
corti e vivaci erano dello stesso colore di quello di Georg e un
atteggiamento timido e tranquillo come quello di Gustav.
Appena mi resi conto di tutte queste cose mi chiesi se era o meno
l’incrocio di tutti e quattro i membri dei Tokio Hotel. Lo
squadrai dal basso in alto, mentre ci pensavo.
- Sì, sono io … - disse staccandosi dalla parete
e guardandoci in modo strano.
Il cantante si mostrò molto disinvolto.
- Salve, siamo i Tokio Hotel. Io sono Bill Kaulitz, lui è
mio fratello Tom, mentre loro sono Georg Listing e Gustav
Schäfer!-
- Ah, già … Ho sentito molto parlare di voi
… - osservò Joseph con probabilmente finta aria
esperta.
- E questa bambina si chiama Lucy! E’ grazie a lei se siamo
qui … - disse poi Tom guardandomi con una faccia furba che
non capii.
Joseph mi fissò sbattendo le palpebre. Con tutta
probabilità si stava chiedendo come una bambina di appena
sette anni era riuscita a sopraffare una band di successo trascinandola
in quel commissariato.
- Salve … - mormorai porgendogli la mano per tentare di
rompere il ghiaccio.
- Ciao, piccola.- rispose stringendola. - Sai, appena ho visto questi
quattro zombie avrei voluto licenziarmi dopo nemmeno due giorni di
lavoro … -
Quell’affermazione mi irritò non poco. Mentre i TH
si scambiavano occhiate offese a bocca aperta, io saltai sul piede di
quel neopoliziotto facendo pressione con tutto il mio peso.
- Ahiaaaaa!!!- esclamò lui spingendomi via verso il muro con
una mano e portando l‘altra verso il piede. - Ma che cosa ho
detto di male?? E poi non avevo finito la frase!-
- Non me ne importa niente, i Tokio Hotel non vanno offesi da nessuno,
tantomeno da un inesperto come te!- feci io citando fedelmente le
parole di un chitarrista di mia conoscenza.
Mi stupii da sola. Potevo giurare di aver detto quella frase nel mio
modo più spontaneo, senza accorgermene.
Fintanto che Bill, Gustav e Georg si sorridevano, Tom mi venne vicino e
mi accarezzò teneramente la testa.
- Così si parla, Lucy … - disse orgoglioso e con
una punta di commozione.
Il tempo di alzare la testa per sorridergli e Joseph si
schiarì la voce per riottenere attenzione.
- Stavo dicendo … - fece ancora innervosito. - Siccome sei
tu la persona principale per cui presumo dovrei lavorare non mi
licenzierò, anzi! Per una bella bimba sarei ben lieto di
indagare sul tuo caso!-
- Non cercare di incantarmi facendo il leccapiedi!- ribattei
guardandolo dall’alto in basso.
I ragazzi si misero la mano sulla bocca per non ridere troppo forte,
anche se avrebbero proprio voluto scoppiare. Joseph sospirò
e appoggiando la mano alla parete disse:
- Ok … Mi dispiace, Lucy. Siamo partiti decisamente male. E
se devo svolgere il primo incarico da poliziotto della mia vita voglio
farlo come si deve, soprattutto andando d’accordo con le
persone per cui lavoro!-
- Così va meglio!- concluse Bill sorridendo compiaciuto
insieme agli altri, me compresa.
- Allora … Quale caso mi ha affibbiato Tjark?-
domandò l’agente strofinandosi le mani.
- Beh, non so se hai presente l’incidente avvenuto ieri
… - disse Georg girandosi verso di me.
- Ah, sì sì … I miei colleghi ne
parlano molto, dicono che ci sia qualcosa di strano … -
- Infatti.- sospirò Bill. - Forse è meglio che ti
descriviamo la situazione più tardi con calma … -
- Per me va bene. Dal tono che usate deve trattarsi di qualcosa di
serio … - osservò Joseph preoccupato.
Io mi limitai ad annuire. Feci scorrere nervosamente il ditino in mezzo
ai capelli, cominciando ad arrotolarne una ciocca.
Improvvisamente il cellulare del cantante squillò.
- Pronto?- rispose lui con cinque paia di occhi incuriositi puntati
addosso.
- Ok … Stiamo arrivando, saremo lì tra un quarto
d’ora al massimo … Va bene, David, a dopo!-
- Dobbiamo tornare allo stadio, giusto?- provai ad indovinare.
- No, Lucy. David ci aspetta nel nostro albergo per chiarire alcune
cosette senza le quali non potremmo rimanere qui ad aiutarti!-
- D’accordo, quindi muoviamoci!- fece Gustav iniziando a
camminare. - Spiegheremo tutto a Joseph lungo la strada.-
Inaspettatamente mi mancò l’asfalto sotto i piedi
e mi ritrovai presto con la faccia immersa nei rasta del chitarrista.
- Non ti dispiace, vero, se ti porto un po’ io?-
- Mmmmh … No, figurati … -
Percepii una sensazione strana, ma piacevole. Scoprii con sorpresa che
stare appoggiata alla spalla di Tom con le sue mani calde che mi
sorreggevano la schiena era piuttosto rilassante. Ancora una volta Tom
mi stupì facendomi lievemente cambiare opinione su di lui.
Un po’ perché mi sentivo giù di corda e
un po’ perché volevo scoprire qualcosa sul
chitarrista in XXL, poggiai l’orecchio sulla spalla, chiusi
gli occhi e inspirai profondamente il profumo che sentivo sul suo collo.
Per poco non mi addormentai cullata dal calore che pian piano mi
nasceva dentro.
ringraziamenti:
MissQueen:
Hai ragione, Lucy è un po' matura per la sua
età... Spero che questa pèarte ti sia piaciuta,
grazie per aver aspettato!!
layla the punkprincess:
ciauuuuuuu ^^ ti ringrazio tantissimo per la recensione!!!! E' vero,
quel tipo è uno stronzo forte...
mi scuso ancora per il ritardo, giuro che non lascerò questa
storia a metà, promesso!!!
nella prossima parte nuovi e importanti sviluppi!!!
Ciaooo un salutone e un abbraccio
by Eliot
;D
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Capitolo 9 *** Apprensione e... interesse ***
Capitolo 7
APPRENSIONE E …
INTERESSE
“E’
un piacere preoccuparmi per te!”
- Quindi
è tutto a posto, vero David?-
-
Sì, Bill. Adesso ho chiarito la situazione agli
organizzatori dei prossimi concerti e non ci saranno problemi a
rimandarli di una settimana, i biglietti rimarranno validi e le
reazioni non sono state troppo problematiche, per fortuna … -
Sospirai di
sollievo.
Io e Bill ci
trovavamo nella grandissima suite riservata ai Tokio Hotel,
nell’albergo poco distante dallo stadio. Gli altri tre erano
usciti, non mi era ben chiaro dove.
- Ci sentiamo,
ciao!- disse il manager prima di chiudere la porta e lasciare me e il
cantante da soli.
Io ero seduta
sull’enorme poltrona che troneggiava di fianco alla porta del
terrazzo. Bill si avvicinò e mi chiese:
- Allora, Lucy
… Che cosa vuoi fare adesso?-
-
Chiacchierare … -
E’
un passatempo insolito, ma almeno il tempo sarebbe passato
più in fretta.
-
D’accordo. E di che cosa vuoi parlare?-
- …
Non lo so … -
- Cosa ne
pensi di Joseph?-
Ci pensai su
un attimo. Anche se l’avevo inquadrato male per
ciò che aveva detto ai ragazzi, tutto sommato pensavo che
fosse un buon poliziotto.
- E’
a posto … - dissi vagamente rimanendo sovrappensiero.
-
Sì, lo penso anch’io … -
- Ma quando vi
ha detto che sembrate degli zombie non vi siete offesi?-
Lui sorrise.
- Non troppo.
Capita che qualcuno non ci apprezzi per quello che siamo, ma non
è colpa di nessuno.-
Quella frase
era tanto semplice quanto azzeccata. Lo guardai incuriosita.
- Giusto!-
esclamai indicandolo con sguardo illuminato.
Lui fece una
risatina divertita e si sedette sul bordo del divano lì
vicino.
- Sai, Lucy
… Voglio dirti la verità: ho un brutto
presentimento … - mormorò serio fissando un punto
impreciso del pavimento.
Un brivido mi
scosse. Non potevo dargli torto, la situazione non era delle migliori.
Sembrava piuttosto normale pensare negativo.
- Qualunque
cosa sia successo sarà certamente poco rassicurante
… - continuò mordendosi il labbro inferiore
nervosamente.
Annuii
comprensiva. In quel momento Bill mi faceva una gran pena. Si stava
preoccupando di una cosa di cui avrei dovuto essere io la
più provata. Invece sembrava che stesse peggio lui.
- Vedi, io ho
paura per te … - sussurrò tristemente alzando la
testa verso di me. - Hai già perso i tuoi genitori e
l’ultima cosa che voglio è che accada qualcosa
anche a te … Anzi, non lo voglio proprio!-
Sentii un
groppo in gola e accennai un gemito. Provai un’enorme
compassione.
Mi
sembrò di guardarmi allo specchio. Tutte le emozioni che
avevo vissuto dall’incidente, alla visita da Julia e al
momento di panico sul luogo della tragedia … le rivedevo in
Bill, attraverso quello sguardo preoccupato, quel triste tono di voce e
soprattutto quegli occhi color cioccolato, che quasi si fondevano
mischiati al velo d’acqua che li faceva diventare lucidi.
Non resistetti.
Mi alzai e
camminai silenziosamente verso il cantante, che rimaneva immobile.
- Non
preoccuparti, Bill … - pigolai teneramente prima di
schioccargli un bacino sulla guancia e abbracciarlo.
Aveva il petto
caldo, riuscivo a sentire chiaramente il suo battito cardiaco regolare,
ma veloce. Udii un sospiro e subito le sue braccia sottili mi avvolsero
lentamente. Percepii il respiro di Bill sulla nuca e d’impeto
lo strinsi più forte, chiudendo gli occhi.
- Non
rattristarti per colpa mia … - feci senza muovermi di un
muscolo. - Sono stata io a farvi entrare in questa storia e
neanch’io voglio che vi succeda qualcosa di brutto
… -
- Oh,
piccolina mia … -
Dopo un paio
di secondi mi afferrò per i fianchi e mi sollevò
fino a mettermi seduta sulla sua gamba sinistra.
- E’
un piacere preoccuparmi per te!- disse abbozzando un sorriso.
Felice, mi
accoccolai sul suo collo con una risatina.
-
Andrà tutto bene, vero?- chiesi.
- E’
ovvio che andrà tutto bene … Finché ci
saranno i Tokio Hotel a proteggerti nessuno potrà farti del
male!-
Gli schioccai
un altro bacetto vicino all’orecchio: - Grazie!!!-
Lui,
intenerito (perché si notava benissimo che era intenerito),
mi fece appoggiare la testa sulla sua spalla, permettendogli di
appoggiare la sua sulla mia.
-
Dov’è Joseph?- domandai dopo un po’.
Bill si
staccò e mi guardò in faccia.
- Sai che non
lo so? Se non si è ancora dato da fare con le indagini
dovrebbe essere in commissariato … Come mai me lo chiedi?-
- Volevo
andare a trovarlo!- risposi scendendo dalla sua gamba.
- Ok, come
vuoi. Andiamo a vedere in commissariato, domani?-
Il tempo di
annuire e stavo già aprendo la porta incitandolo ad andare a
sgranocchiare qualcosa al bar dell‘albergo.
Il giorno
seguente io e il gruppo lo vedemmo entrare in una volante blu
posteggiata davanti all’entrata sul retro del commissariato e
lo salutammo da lontano prima che potesse mettere in moto.
-
Salveeeeeeeeeeee!- esclamai correndo verso di lui.
- Oh, salve a
voi!-
Abbassò
il finestrino e mi affacciai. Intanto la band ci raggiunse. Tom
salutò e si abbassò mettendo le mani sulle
ginocchia.
- Buongiorno
Joseph! Come procedono le indagini?-
- Stavo
appunto per andare in ospedale da Julia per farle qualche domanda
… Volete venire?- propose con entusiasmo.
-
Sììììììììì!-
strillai aprendo la portiera senza dare ai ragazzi nemmeno il tempo per
rispondere.
Joseph mi
guardò stranito, poi si girò verso i TH e fece un
mezzo sorrisetto divertito, prontamente ricambiato.
- Mi dispiace,
ma l’orario delle visite del mattino è finito. Se
volete potete tornare oggi pomeriggio alle 16 … -
Provai uno
strano istinto di rabbia verso quella signora che ci si era parata
davanti appena avevamo tentato di entrare nel reparto di Julia.
- Sono della
polizia … - affermò serissimo Joseph tirando
fuori il distintivo dal taschino della camicia blu.
I TH, subito
dietro di lui rigorosamente incappucciati, se ne stavano zitti e
aspettavano che il poliziotto facesse il suo lavoro.
- La polizia?
E perché mai siete venuti qui??- esclamò la donna
con almeno un’ottava più alta di prima.
Sotto lo
sguardo divertito mio e dei ragazzi, Joseph inarcò un
sopracciglio in modo furbo e fece:
- E a lei cosa
interessa?-
Alla faccia da
pesce lesso della signora non seppi resistere e ridacchiai. Poi si
scostò e cambiando l’espressione scandalizzata in
un’altra stizzita ci fece passare squadrandoci
dall‘alto in basso.
Camminai
spedita verso la camera di Julia, almeno mezzo metro più
avanti rispetto agli altri. Arrivata lì davanti sentii
Joseph fare un respiro profondo e bussai.
- Avanti!-
Volevo
domandarmi il motivo del tono preoccupato con cui Joseph aveva
sospirato, ma dovetti aprire la porta per annunciare il nostro arrivo.
- Lucy!! Che
bellissima sorpresa!!-
D’impulso
sorrisi e corsi a salutare Julia, seduta sul lettino. Lei mi diede un
bacino sulla guancia e io prontamente ricambiai felice.
- Stai meglio,
oggi?- chiesi con una vocina piccola.
- Ora che ti
vedo sto benissimo! Però starò ancora meglio
quando domani pomeriggio mi dimetteranno!-
- Che bello!!!-
Mi voltai
verso i Tokio Hotel, che mentre entravano salutavano, si toglievano il
cappuccio e si sbottonavano le felpe. Mi aspettavo che Julia salutasse
a sua volta, ma non sentii né la sua voce, né
tantomeno quella di Joseph.
Mi accorsi con
grande stupore che i due, non appena i loro sguardi si erano
incrociati, avevano iniziato a guardarsi intensamente. Assorti,
ammutoliti, colti alla sprovvista. Mi misi un ditino sul mento
incuriosita dalle loro reazioni e più spostavo gli occhi
prima verso Julia e poi verso Joseph, più non ci capivo
niente.
- Julia,
questo è Joseph Hanisch. E’ della polizia e ci
aiuterà a risolvere il caso!- disse allegramente Tom.
- Ehm
… -
Il bello era
che lei non gli scollava minimamente gli occhi di dosso. I suoi occhi
non erano né lucidi, né tremanti. Erano immobili.
Fissi fissi contro quelli di lui, probabilmente. Socchiusi la bocca e
sbattei le palpebre, sempre più desiderosa di sapere che
stava succedendo.
- Julia,
piacere … -
Finalmente si
decise a sorridere cordiale e a stringergli la mano.
- Agente
Joseph Hanisch, piacere mio- rispose lui.
Anche un cieco
avrebbe potuto vedere che era imbarazzatissimo. E non lo dico per dire.
Si sarebbe potuto notare soprattutto dal suo tono di voce, basso e
quasi incantato.
Alla prima
impressione avrebbe potuto sembrarmi un colpo di fulmine. Ma questa
eventualità aveva occupato solo il vago 10% delle mie
ipotesi.
E il restante
90%?
Non ne avevo
idea e non ne ho la più pallida idea tuttora.
- Bene
… Posso darti del tu, Julia?-
- Ovvio, certo
che può!-
- Grazie,
anche tu puoi, non preoccuparti … -
- Ah, ok
… Dicevi?-
- Dunque, i
ragazzi mi hanno detto tutto. Ora voglio che tu sia sincera e che
risponda a tutte le mie domande. D’accordo?-
Vidi
chiaramente Julia rabbrividire e sussurrare un “ok”
non particolarmente sicuro.
Non potei fare
a meno di notare che forse Julia nascondeva qualcosa. E questo mi
preoccupava. In una situazione critica come quella ci mancava solo che
l’unica testimone dicesse bugie.
Solo che non
sapevo cosa fare. Dovevamo mettere Julia in condizione di poter dire
tutta la verità senza sentirsi insicura. Il problema era
come.
- Ehm
… -
Attirata dalla
sua voce mi voltai verso Bill. Come mai aveva la mia stessa
espressione? Forse pensava anche lui ciò che avevo
constatato io?
Inaspettatamente
si girò verso Tom e gli sussurrò qualcosa, che a
sua volta disse qualcosa a Georg e Gustav.
Inarcai un
sopracciglio sbalordita. Cos’avevano in mente?
Il batterista
si schiarì la voce. Stava per dire qualcosa e mi preparai
subito psicologicamente.
- Senti,
Joseph … Che ne diresti se vi lasciamo soli? Magari Julia si
sente un po’ osservata … -
D’istinto
abbozzai un sorrisetto compiaciuto. Era l’ideale!
- Quasi quasi
hai ragione. Julia, pensi di sentirti più a tuo agio se
rimango soltanto io?- fece l’agente con un tono
particolarmente dolce e rassicurante.
Ovviamente lei
non poteva rifiutare:
-
Sì, penso sia una buona idea … - disse
più serenamente.
Ringraziai i
Tokio Hotel mentalmente di quell’idea super geniale e mi
alzai dalla sedia per salutare Julia.
- Ci vediamo
dopo, va bene, piccola?-
Davanti a
quegli occhi sorridenti ebbi solo la forza di annuire convinta.
- Ciao,
Joseph! Fateci sapere, poi … Ok?-
-
D’accordo, Bill. A presto!!-
Uscii per
ultima ed esitai a chiudere la porta. Da un lato era un bene lasciarli
soli, così Julia avrebbe potuto parlare liberamente. Ma
dall’altro … Non dico che c’era un lato
negativo, ma avevo l’impressione che sarebbe successo
qualcos’altro che in quel particolare momento non era proprio
opportuno.
Insomma: detto
in parole povere, forse era arrivato Cupido.
ringraziamenti:
MissQueen: la tua fic!!!
*_________* troppo una comica... mi piacerebbe molto se la aggiornassi!
vabè XD intanto goditi la mia, se ti va!
layla
the punkprincess: ehi layla!!! ^^
eeeeh, quello è solo l'inizio, tra Lucy e Tom... ne
accadranno tante tra loro due!
_tom: nuova
recensitriceeee!!! =D ke gentile... ^^ spero ke continuerai a seguire
la mia storia... ciauuuuu
entschuldigung!!!
(scusate!)
es tut mir
Leid... (mi dispiace) dio, che idiotaaaa!!! Eh, ma la scuola non lascia
tregua a nessuno... ma chi l'ha inventata????? >.<
vabè...
meglio tardi ke mai, no? ^^
Spero ke mi
perdoniate x il mio grande ritardo, cercherò cmq di
aggiornarla presto!!!
ciaociao
salutoni a tutti e grazieeeeeeee XD
by Eliot
;D
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Capitolo 10 *** Questione di orgoglio ***
Capitolo 8
QUESTIONE DI
ORGOGLIO
“Ti
ho di nuovo mangiato la lingua, eh?”
- Schutz!-
Julia mi
guardò inarcando un sopracciglio con fare interrogativo.
- Lo fanno
sempre, i Tokio Hotel, quando ruttano!-
- Lucy, non
è proprio da persone educate … -
Appena ebbe
pronunciata l’ultima parola le arrivò un leggero
schiaffo sulla fronte.
- Ma
… Lucy, la smetti con queste stramberie?-
Per tutta
risposta ridacchiai, mettendo in mostra la mia faccia tosta.
- Ti stai
tokiolizzando un po’ troppo, mi sa!- disse contrariata.
- E ti
dà fastidio?-
- Dico solo di
non farti condizionare troppo … Non sono perfettamente
normali, quei quattro … -
- Ma se ti
piacciono!?-
- No
…! Mi piacciono alcune canzoni, però ho sempre
pensato che loro sono troppo strani per i miei gusti … -
- A me stanno
simpatici!!- affermai con convinzione. - E poi sono stati gentili con
noi due, vero?-
Julia sorrise:
- Questo
è vero … -
Avevo appena
mangiato e avevo chiesto ai TH di accompagnarmi in ospedale per fare
quattro chiacchiere con Julia. Era davvero amichevole e dolce, mi
sentivo magnificamente bene al suo fianco. Aveva 25 anni e si era
appena trasferita da un’altra città per studio.
Ci fu un breve
tempo morto, poi azzardai una domanda indiscreta.
- Di che cosa
avete parlato tu e Joseph?-
La sua
espressione compiaciuta si asserì all‘improvviso.
- Mi ha
chiesto alcune cose che riguardano l’incidente … -
fece a voce bassa con lo sguardo fisso sulla parete di fronte.
- Per esempio?-
Potevo
sentirmi tranquillamente una ficcanaso insensibile che lo fa apposta a
fare domande su domande per far sentir male Julia. Invece no.
Avevo tutto il
diritto di sapere cosa si erano detti. Perché
c’entravo anch’io in quella brutta storia.
Lei disse,
come se fosse tutto scontato:
- Gli ho
descritto nei particolari com’era la faccia e il fisico di
quell’uomo, così è possibile
rintracciarlo. E poi … altre cose … -
- Mmmh. Ho
capito.-
Julia sorrise
e con calma mi rassicurò:
-
Andrà tutto bene, stai tranquilla. Prima o poi quella faccia
di merda finirà al fresco!-
-
Juliaaaaaaa!! Non si dice quella parola!- borbottai.
- Ihihih,
scusami! E’ solo che quando sono arrabbiata con qualcuno non
riesco a tenere a freno la lingua tanto facilmente … -
Sorrisi
convinta e cambiai argomento:
- Scusa, ma
perché tu e Joseph vi guardavate in quel modo strano?-
La mia
domanda, rivolta con una naturalezza assurda, ebbe come risposta
soltanto un vago sospiro.
- BUH!-
Bill
sobbalzò e con uno strillo si staccò dallo
schienale, portandosi una mano al petto. Appena sentì le mie
risate si girò ed esclamò uno scocciatissimo
“Scheisse, Lucy!”.
Il bassista e
il batterista ridevano di gusto, mentre Tom mi porse una mano.
- Batti il
cinque, Lu!-
Feci per
scontrare la mia mano sulla sua, ma di colpo la ritirai e il rasta si
ritrovò col braccio a penzoloni oltre lo schienale del
divanetto rosso.
Fintanto che
ridacchiavo e facevo il giro del divanetto per sedermi in mezzo a loro,
Tom mi lanciava sguardi di fuoco.
Eravamo nella
sala bar. Al fondo l’enorme e lungo bancone luminoso, a lato
una miriade di tavolini e proprio nel mezzo un grande tavolo rotondo
circondato da due divanetti di pelle rossa.
Decisi di
sedermi in mezzo a Georg e Gustav. Quest’ultimo mi mise una
mano sulla testa.
- Ohi, Lucy!
Allora, Julia sta bene?-
-
Sì! Ah, e mi ha detto che anche se le piacciono alcune
vostre canzoni siete dei tipi strani!-
Inspiegabilmente
tutti e quattro si misero a ridacchiare a bocca chiusa.
- Ma
… Possibile che non ci sia niente che vi dia fastidio?
Insomma, se qualcuno vi dice qualcosa di spiacevole voi ridete!- feci
stupita.
- Stavolta
ridiamo perché troviamo che sia meglio che qualcuno odi le
nostre facce, piuttosto che odi la nostra musica … -
spiegò Georg.
- Ah, ho
capito … -
- …
BAAAAAAA!-
Con un grido
mi strinsi al braccio robusto del bassista, terrorizzata
dall’espressione maligna dipinta sul volto di Tom.
-
Così impari a prenderti gioco di me!- esclamò
mettendosi a braccia conserte guardandomi come se fosse superiore.
Come diavolo
aveva fatto a fare il giro e a spaventarmi da dietro senza che io me ne
accorgessi??
- Piantala,
hai cominciato tu!- provai a dirgli.
- Ah, questa
è buona … Sarei stato io a cominciare, quindi??-
-
Sì!!!- urlai arrabbiata.
- Lucy,
è inutile che ti fai accecare dall’orgoglio, tanto
non funziona … -
- …
-
- Piuttosto
… calmati e ragiona. E magari chiedimi anche scusa!-
Quelle parole
incredibilmente sagge mi fecero ammutolire, in preda ai sensi di colpa.
Ancora una
volta Tom mi aveva sorpreso.
- Lucy, che ti
succede? Hai la faccia di chi ha visto un fantasma!-
- Bill, tuo
fratello l’ha appena spaventata a morte: credimi,
l’effetto è lo stesso!-
-
Sì, hai assolutamente ragione, Gustav … -
Il chitarrista
replicò, risedendosi accanto al fratello davanti a me:
- E smettetela
anche voi di prendermi per i fondelli!! … Ti ho di nuovo
mangiato la lingua, eh, Lucy? Guarda che non hai ancora capito con chi
hai a che fare!-
- …
Scusami, Tom … Sono stata una bambina cattiva … -
Avrei voluto
sprofondare nel divanetto per poi scomparire tra le sue pieghe. Anche
volendo, non riuscivo a comportarmi amichevolmente con il rasta. Mi
suonava come una scocciatura, come se dovessi ingiustamente dargliela
vinta ogni volta.
Invece mi
sbagliavo. E ne ero consapevole. Però, nonostante questo,
continuavo a sottovalutare Tom: era più forte di me!
Ero arrabbiata
con me stessa e mi chiedevo come mai non riuscivo ad apprezzare
qualcosa di quel chitarrista scatenato.
- Non
preoccuparti, piccola … -
Inaspettatamente
Tom si avvicinò e mi schioccò un bacio sulla
fronte. Poi continuò, sorridendo allegro:
- In fondo
è una cosa di poco conto … Ma non farci
l’abitudine, altrimenti rischi davvero di diventare poco
simpatica!-
Alzai lo
sguardo e mi scontrai con gli occhioni nocciola del chitarrista. Erano
così sorridenti che più li guardavo e
più mi sentivo in colpa.
- Dai, non
fare quell’espressione disperata … Su, sorridi!-
Mi stupii e
venni presa dal panico, quando mi accorsi che non ci riuscivo neanche
se mi sforzavo.
- Andiamo, Lu
… Se mi fai un bel sorriso non mi arrabbierò
più con te!-
Quella
situazione era al limite dell’assurdo, cosa ci voleva a fare
un minuscolo e striminzito sorriso?
Il problema
è che io ho sempre sorriso solo spontaneamente. E proprio
non ce la facevo a fare un sorrisetto forzato.
Tutto quello
che riuscii a dare fu un improvviso ma caloroso abbraccio.
Gli altri tre
membri della band fecero un boato inteneriti e Bill disse con tono
sognante:
- Che scena
dolcissima!!-
Intanto Tom mi
accarezzava la schiena, sussurrandomi all’orecchio:
-
Sì, d’accordo, l’abbraccio è
gradito … Ma poi voglio anche il sorriso, ok?-
A quelle
parole mi staccai e prima di salire su nella suite del gruppo, lo
lasciai a bocca aperta con un:
- Non ti
illudere!-
Rimuginai
sulla discussione avuta con Tom per un’oretta buona. Per un
po’ morsicai gli angoli del cuscino del divano in preda al
nervosismo, poi decisi di incollare gli occhi alla finestra.
A forza di
pensarci mi accorsi di un particolare incredibile: io e Tom eravamo
molto simili. Entrambi avevamo problemi ad ammettere le nostre emozioni
ed avevamo una sostanziosa dose di orgoglio. La differenza,
però, era che lui era grande e sapeva controllarsi e
ragionare, io no.
Solo che a
quell’età era tutto molto difficile da
interpretare e, come ogni bambino farebbe, evitai di pensarci
ulteriormente per non complicarmi la vita. Specialmente se si trattava
di una bimba di 7 anni che aveva appena perso i genitori.
E poi avevo
altre complicazioni a cui pensare, come la telefonata che
arrivò alla suite pochi secondi dopo aver dimenticato
l’argomento.
Ipotizzando
che era il personale dell’hotel, o magari uno dei quattro
musicisti, scesi dal divano e risposi.
- Pronto, chi
parla?-
- Lucy, sei
tu? Sono Joseph!-
- Oh, ciao!!
Come stai??-
- Bene, bene.
Senti, Bill o uno dei ragazzi è lì?-
- No, sono
sotto al bar … Se vuoi te li vado a chiamare!-
- No,
figurati, se non ti dispiace posso parlare anche con te.-
- Va bene
… -
- Ascolta, hai
presente il tizio che ha girato il volante dell’auto di
Julia?-
-
Sì!!!-
Mi preparai
psicologicamente e feci aderire la cornetta del telefono
all’orecchio.
- Alla polizia
abbiamo scoperto che fa parte di un gruppo di … diciamo,
cattivi … -
-
Sì … ?-
- …
Che un paio di anni fa aveva rapito il giovanissimo figlio del sindaco
della città … Mi segui?-
- Come sono
stati cattivi!!-
- Puoi dirlo
forte, piccola. Ma per fortuna erano finiti in galera non appena il
ragazzino fu liberato. Sono usciti dalla prigione soltanto un mese fa e
noi poliziotti crediamo che questo qui, insieme alla sua banda, siano
tornati in azione … -
- Oddio,
speriamo di no!!-
- Eh
… Lo spero anche io … Beh, ora devo andare
… Dillo ai Tokio Hotel, così se vogliono
chiedermi qualcos’altro possono chiamarmi!-
-
D’accordo, ciao!!-
- Ciao, Lucy!-
Riattaccai e
mi chiesi quanto potesse essere importante quella informazione. Per
saperlo non mi restava altro che osservare bene la reazione dei TH.
ringraziamenti:
layla the punkprincess:
uhm, ipotesi interessante.... però... XD
MissQueen: ihihihih
XD vabè, carina come ipotesi, però ci
sarà ben altro!!
vi chiedo umilmente scusa *si prostra* non ho avuto internet per un
po', ecco il motivo del mio increscioso e inperdonabile ritardo
>.<
comunque sia spero ke vi godiate lo stesso la mia storia che, vi
ripeto, sarà aggiornata non spesso....
beh, grazie a tuti
ciauciau
by Eliot ;D
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