Legilimens Inc.

di Severa Crouch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come to the dark web - Bellatrix/Voldemort ***
Capitolo 2: *** NDA - Non Disclosure Agreement - Alexandra Turner/Rodolphus Lestrange ***
Capitolo 3: *** Conflict of interest - Bellatrix Black/Alexandra Turner ***
Capitolo 4: *** Breach of contract - Rodolphus Lestrange ***
Capitolo 5: *** Firewall - Bellatrix/Rabastan ***
Capitolo 6: *** Closing - Alexandra/Rodolphus ***
Capitolo 7: *** Penetration Test - Tom Riddle/Bellatrix Black ***
Capitolo 8: *** Third parties disclosure - Rodolphus/Alexandra ***
Capitolo 9: *** Export file - Bellatrix Black/Tom Riddle ***
Capitolo 10: *** Internal policy - Alexandra/Rodolphus ***
Capitolo 11: *** Black box - grey box - white box - Tom Riddle/Bellatrix Black ***
Capitolo 12: *** Social media strategy - Rodolphus/Alexandra ***



Capitolo 1
*** Come to the dark web - Bellatrix/Voldemort ***


Specchietto

Nome (Efp e Forum): Severa Crouch

Titolo: Come to the dark web 

Genere: Commedia, Romantico - Rating: Giallo - Fandom: Harry Potter Muggle!AU - Beta Reading: no

Introduzione: Bellatrix Black è un talento della programmazione, qualcuno dice che sia una vera e propria strega del codice sorgente, in grado di modellare e piegare le macchine secondo i propri desideri. Non è un caso che, non appena laureata, venga convocata per un colloquio dalla Legilimens Inc., la società che si occupa di profilazione approfondita, guidata dal guru della programmazione, Tom Riddle, un ex hacker, meglio noto nel dark web con il nome di Lord Voldemort. Riuscirà Bellatrix a superare la selezione? Questa storia partecipa al contest “Vorrei incontrarti tra Cent’anni” indetto da Nirvana_04 sul forum Feriscelapenna.

Le note sono in fondo.

 



 

Come to the dark web

Bellatrix/Voldemort

 

Bellatrix sospira mentre guarda il calendario sul telefono. Il cuore le batte forte, non riesce a credere di aver ottenuto un colloquio di lavoro con il suo mentore. È stata così abile da incuriosire la tizia delle Risorse Umane al punto da indurla a fissare un incontro proprio con lui, il mitico Lord Voldemort che, sì, per i comuni mortali sarà pure Tom Riddle, ma per lei, no, mai. 

Lord Voldemort è un mito nel dark web, Bellatrix lo ha visto in azione un paio di volte prima ancora di iscriversi all’università. Anzi, potrebbe dire che tutta la sua vita è stata ispirata dalla bravura e dal talento di quell’uomo e, proprio per questo motivo, freme al solo pensiero di incontrarlo.

Nel mondo dell’informatica - per così dire, legale - Lord Voldemort, anzi, Tom Riddle ha compiuto un miracolo: ha preso il codice sorgente di Unix e lo ha modellato per generare business, con buona pace dei puristi del software libero. 

Bellatrix lo ha sempre ammirato, anche nella sua versione imprenditoriale, al punto da renderlo l’oggetto della sua tesi di laurea. Ha sviluppato, come progetto di tesi, una libreria che potrebbe dare un valore aggiunto al software che attualmente utilizza la Legilimens Inc., la società fondata proprio da Tom Riddle. È stato questo elemento ha convinto la tizia delle Risorse Umane, la signorina Carrow, a fissarle un colloquio con il suo mentore in persona.

Il rumore della porta la distoglie dai suoi pensieri e la riporta al presente. Il suo fidanzato, Rodolphus, è appena entrato in casa con le brioche per la colazione e le sorride allegro: “Oggi bisogna festeggiare!”

Bellatrix, però, alza un sopracciglio e mormora: “Festeggeremo solo dopo l’incontro, se ci sarà qualcosa da festeggiare.” 

Rodolphus scuote la testa e cerca di tranquillizzarla, si avvicina a lei, le posa un bacio sul collo mentre con le mani le massaggia le spalle. “Senti come sei nervosa, non ti ho sentita così agitata nemmeno il giorno della tua laurea!”

“Per forza! Mica Tom Riddle avrebbe assistito alla mia discussione! Tu non sai cosa si prova!”

“A dir la verità, lavoro da oltre un anno alla Legilimens e sono stato io a mettere una buona parola con la signorina Carrow, quindi…” le rinfaccia con l’aria di chi si attende un grazie. Bellatrix, tuttavia, non deve ringraziare nessuno, ché l’incontro se l’è guadagnato da sola e sa che Tom Riddle non concede appuntamenti solo perché l’ultimo arrivato dell’ufficio legale ha chiesto un favore alla tizia delle Risorse Umane.

 

***

 

“Dottoressa Black, prego!”

Il cuore di Bellatrix palpita non appena la signorina Carrow esce dall’ufficio di Tom Riddle e le fa cenno di entrare. La targhetta sulla porta lo qualifica come CEO della Legilimens Inc. 

Se fosse più razionale, forse, proverebbe un timore reverenziale nei confronti del suo mentore e, anche se si sente come una fangirl davanti il suo idolo, Bellatrix è determinata a non lasciarsi sfuggire quella che è un’occasione più unica che rara. Respira profondamente ed entra sicura di sé. È una delle migliori programmatrici sul mercato, si dice, e Tom sarebbe veramente uno sciocco - e non lo è - a lasciarsela sfuggire. Lavorare insieme può portare solo dei vantaggi a entrambi.

L’ufficio di Tom Riddle è proprio come se l’era immaginato: minimalista e iper tecnologico. La vista angolare gli consente di avere la città ai suoi piedi e il computer posato sul tavolo di cristallo gli dà accesso al mondo che, presto o tardi, finirà per piegarsi al suo volere grazie a quel software di profilazione che permette di conoscere una persona meglio di quanto la stessa possa dire di conoscersi.

Dal vivo, Tom Riddle è ancora più affascinante delle poche foto che si trovano in circolazione. Possiede lineamenti eleganti, capelli scuri che gli scendono sulla fronte in un ciuffo ondulato, scuro come i suoi occhi. Sul volto, un sorriso sarcastico le toglie il respiro per un istante.

“E così, lei ha scritto una tesi sul mio software?” le domanda a bruciapelo senza nascondere un po’ di autocompiacimento.

“Sì, guardandomi intorno, mi è sembrata una delle innovazioni più interessanti sul mercato e, obiettivamente, perché avrei dovuto concentrarmi sul resto? Io voglio innovare, non riparare prodotti scadenti.”

Tom la osserva e sorride. “Ed è in grado?” Bellatrix esita a rispondere, perplessa dalla domanda che le ha rivolto. Così, lui precisa divertito: “Di innovare, intento, non certo di riparare prodotti scadenti. Quello lo dò per scontato.”

“Il progetto della mia tesi va in questa direzione, dopo tutto, è una libreria che può migliorare un prodotto già ottimo.”

“Se è ottimo non ha bisogno di miglioramenti.”

“Lei mi insegna che ogni business è… scalabile e che… innovare significa proprio sfidare i limiti dell’esistente e trovare nuove… soluzioni.”

“Ho già letto la sua tesi, signorina Black, e non è con le citazioni, o solleticando il mio ego che potrà lavorare per me. In azienda, voglio i migliori sulla piazza.”

“Io lo sono.”

Un ghigno sottile attraversa il volto di Tom Riddle e Bellatrix deve contenere l’effetto che fa su di lei. Si sorprende con il busto completamente proteso verso di lui, mentre lo guarda negli occhi e gli sorride divertita. 

“Le piacciono le sfide, dottoressa Black?”

Quella domanda la porta a mordersi il labbro. Sfidare un hacker è come invitarlo a fare sesso, anzi, meglio. Bellatrix ha avuto orgasmi più intensi violando un sistema che facendo sesso. È un appagamento mentale e fisico completo, fortissimo, sconvolgente e, dal modo in cui le sorride, Tom le ha appena promesso un’esperienza di quel tipo. Così, Bellatrix non esita a rispondere. Sfodera il suo sorriso migliore e gli occhi le scintillano di aspettativa mentre risponde: “Molto.”

“Se riesce a violare il mio sistema ed entrare tra i file della signorina Carrow, il posto è suo.” La scruta divertito e aggiunge: “Del resto, mi par di capire che lei conosce molto bene il codice di questo software.” Tom Riddle le gira il monitor e le passa la tastiera e il mouse aggiungendo: “Prego, mi faccia vedere come è migliorabile la mia creazione.”

Vorrebbe urlare per la domanda che lui le ha posto, perché lei, su quel codice, ha buttato l’anima e sì, la vulnerabilità l’ha trovata, ma non ha mai osato testarla. Così, inizia a scrivere furiosamente sui tasti, esegue alcune verifiche mentre il cuore le martella in petto. Programmare sotto lo sguardo del suo idolo è difficile, Tom Riddle è un fenomeno, e il modo in cui la guarda le fa semplicemente girare la testa. 

Un pensiero le affiora in mente: sta giocando con Lord Voldemort. Accanto a lei, non c’è più Tom Riddle, il CEO responsabile di Legilimens Inc. L’amministratore delegato ha lasciato il posto all’hacker. Comprende che in gioco non c’è solo la selezione come programmatrice back-end, e nemmeno come sistemista, lui sta reclutando programmatori da coinvolgere in altre operazioni. Non sa se è per scalare il business o per abbattere un competitor, a Bellatrix non importa, è tutta la vita che sogna di programmare con Lord Voldemort.

Sorride quando la falla è ancora là, lui se n’è accorto e le sfila la tastiera dalle mani.

“Non voglio farle commettere un illecito. I sistemi d’allarme scatterebbero e… beh… sarebbe imbarazzante dover spiegare al mio CISO cosa chiedo in fase di colloquio.”

Bellatrix deglutisce: “Lo chiede a tutti?” La voce le trema mentre pronuncia la domanda. È una sciocca sentimentale se pensava che lui la reputasse speciale. 

Tom Riddle sorride: “No. Non a tutti. Solo a quelli che mi intrigano particolarmente,” le confida. Si lascia andare con lo schienale sulla poltrona di pelle nera e le sorride: “Lei è la prima ad aver trovato una falla. La signorina Carrow si occuperà degli aspetti contrattuali. Lei non provi a violare il sistema.”

“La posso riparare, la falla.”

Le sopracciglia di Tom svettano in alto per la sorpresa. “Ma guarda, non ha ancora firmato il contratto e già vorrebbe un aumento?”

“Lo dico per la sicurezza della Legilimens. Come le ho detto, mi piace innovare, non mettere toppe.”

Tom Riddle, no, è certa che in quel momento davanti a sé ci sia Lord Voldemort, è divertito. Così, le ripassa la tastiera e le dice: “Attenta, dottoressa Black, non mi deluda.”

Bellatrix gli lancia uno sguardo compiaciuto e inserisce uno script che elimina la vulnerabilità. Tom le sorride compiaciuto. “Sarà un vero piacere averla a bordo. Credo che io e lei faremo molta strada insieme. Vero, BlackHat51?”

La bocca di Bellatrix si spalanca in un sorriso sorpreso e le guance si imporporano di rosso. Vorrebbe domandargli come fa a sapere che quello è il suo nickname da hacker, ma sa che sarebbe una domanda sciocca, perché nulla sfugge a Lord Voldemort. Sorride e mentre lui l’accompagna alla porta, un attimo prima di girare la maniglia, le rivela: “Il suo stile di programmazione è piuttosto raro. La tengo d’occhio da tempi non sospetti. Da quando si divertiva a buttare giù i siti internet costruiti con i piedi.”

“Ho avuto un buon maestro…” risponde senza riuscire a trattenere il rossore.

“Il migliore,” le risponde compiaciuto. Usciti dall’ufficio, non c’è più traccia di Lord Voldemort e di BlackHat51, ci sono solo Tom Riddle e la dottoressa Bellatrix Black. 

“Signorina Carrow, prepari un contratto per la dottoressa. Un paio di livelli più sopra di quanto immaginato.” La luce negli occhi di Tom Riddle la scuote fin nel profondo, Bellatrix non ha ancora iniziato a lavorare per lui, ma sa che per quell’uomo andrebbe persino in carcere, che può chiederle di violare qualsiasi sistema e lei lo farà senza esitazione. È una sensazione a pelle che non sa spiegare, una connessione profonda che non ha mai provato, nemmeno con Rodolphus.

Nota la smorfia infastidita che compare sul volto della signorina Carrow, il modo in cui risponde fingendosi cordiale con il suo capo e, non appena lui volta le spalle, la squadra dall’alto in basso. “Credevo che non fosse quel tipo d’uomo, e invece…” sospira la donna nel suo tubino nero mentre si sistema nervosamente gli occhiali che le scivolano su un naso aquilino.

“Il tipo d’uomo che riconosce il merito?” 

“Il tipo d’uomo che si fa influenzare… ah, ma lasciamo perdere. Inizierà lunedì, nei prossimi giorni le manderemo il contratto via e-mail e ci invierà tutta la documentazione.”

Bellatrix si sente offesa per il modo in cui… quella… ha messo in dubbio le intenzioni del suo futuro capo. Sospira, si morde le labbra e non risponde. Sa benissimo che, finché non avrà firmato il contratto, sarà la signorina Carrow ad avere il coltello dalla parte del manico. Sorride e la saluta con un: “Perfetto, a presto, allora!”

 

***

 

L’indomani viene contattata da una certa dottoressa Turner per l’invio del contratto.

“Come mai non mi ha telefonato la signorina Carrow?” domanda Bellatrix. 

Dall’altra parte del telefono, la sua interlocutrice esita, ma poi sembra prendere coraggio e, senza nascondere una certa soddisfazione nella voce - a conferma che la Carrow è proprio una stronza - le rivela perfidamente: “Ehm… ha avuto un piccolo incidente con l’impianto domotico di casa. Pare che non riesca a uscire e, la cosa più incredibile, il computer non si connette alla rete.”

Bellatrix si finge sorpresa: “Che strano, la domotica è connessa alla Rete!”

La dottoressa Turner annuisce: “Sì, infatti è un incidente molto strano,” c’è un filo di scherno nel rivelarle: “Crediamo che abbia preso un virus informatico.”

“Non bisogna mai sottovalutare gli aspetti di sicurezza, mai!” risponde Bellatrix mentre l’occhio le cade sullo script che ha lanciato la scorsa notte. Spedisce via e-mail il contratto sottoscritto e subito dopo preme invio sulla tastiera. Lo schermo del pc le mostra che il suo codice ha smesso di girare e ciò significa che la signorina Carrow è di nuovo libera. Presto telefonerà in azienda per poter avvisare che - miracolosamente - tutto è tornato in funzione.

Non appena Bellatrix chiude la telefonata con la dottoressa Turner, le arriva un messaggio sul telefono: “Sei una continua sorpresa, Bellatrix. Avrei dovuto essere io a punirla.”

“Lo sa come sono quelli di HR, finisce che mettono i sindacati di mezzo. Così è più semplice. Non doveva permettersi di fare certe insinuazioni.”

“La tua lealtà è commovente. Se non ti tenessi d’occhio da anni, crederei che sia il caso di temerti.”

Bellatrix sorride compiaciuta. Esita un attimo e poi digita sul telefono: “Saranno gli altri a temermi, non lei.” 

Non può vederlo, ma sa che, dall’altra parte dello schermo, Tom Riddle ha la sua stessa espressione. Non sa se sono anime gemelle, o cazzate del genere, sa solo che i loro destini sono legati da sempre e il loro cammino nel dark web è appena iniziato.









 


N.d.A.: Ho voluto mantenere l’ambivalenza del rapporto tra Bellatrix e Voldemort, quel piano di totale venerazione per lui che ho traslato in un contesto lavorativo.

È stato divertente provare a dare un ruolo ai Mangiamorte che li rispecchiasse e, al tempo stesso, li portasse in un contesto Babbano. Così, Alecto Carrow che conosciamo per il suo sadismo verso gli studenti di Hogwarts, diventa un’impiegata dell’ufficio Risorse Umane e già la immagino a divertirsi mentre irroga sanzioni disciplinari, richiami o licenziamenti.

Rodolphus che nel canon è uno dei Mangiamorte più fedeli a Voldemort, lavora nell’ufficio legale della società. Il fatto che Bellatrix lo consideri l’ultimo arrivato è indice solo del fatto che lei non conosce realmente la posizione di Rodolphus.

Un breve cenno anche alla dottoressa Turner, che è la mia OC, Alexandra Turner che in Kintsugi è un’impiegata del Ministero della Magia e in versione Babbana fa parte dell’amministrazione e la vediamo comparire in sostituzione della Carrow.

Ovviamente, Tom Riddle non può essere altro che il CEO, ovvero l’amministratore delegato della società che, tuttavia, oltre l’aspetto di facciata ha un lato oscuro, proprio come Bellatrix. 

Il nickname di Bellatrix BlackHat51 è un gioco di parole che mixa il cognome di Bellatrix con gli hacker che violano i sistemi informatici per profitto o solo per divertimento e nel gergo della sicurezza informatica sono chiamati black-hat hacker in opposizione ai white-hat hacker che sono coloro che violano i sistemi al fine di trovare le vulnerabilità e segnalarle perché vengano corrette. In tal senso, il nickname di Bellatrix è indicativo della sua natura di hacker per nulla etico.

Da ultimo, Lord Voldemort menziona il CISO che sta per Chief Information Security Officer, ovvero il responsabile della sicurezza informatica.

 
 

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Capitolo 2
*** NDA - Non Disclosure Agreement - Alexandra Turner/Rodolphus Lestrange ***


NDA -Non Disclosure Agreement
Alexandra Turner / Rodolphus Lestrange


Essere la responsabile dell’ufficio compliance della Legilimens Inc. è un incarico piuttosto complicato. Non solo perché il mondo dei software è per sua natura insidioso, ma anche perché il business model che Tom Riddle, il capo di Alexandra Turner, persegue è al confine tra la legalità e l’illegalità. 

La Legilimens vende, infatti, programmi che permettono ai clienti della società di scandagliare il web alla ricerca di informazioni su clienti, competitor, dipendenti, anche a loro insaputa (soprattutto a loro insaputa!) e questo porta una serie di problemi che richiedono una giustificazione legale. Infatti, per Alexandra non esistono cose illegali, basta solo saper spiegare la prospettiva legale da adottare e lei è piuttosto brava a trovare una spiegazione che renda perfettamente legale, o plausibilmente legale, ciò che a prima vista potrebbe non sembrarlo.

Sono due giorni che Alexandra è rinchiusa in un ufficio con un ispettore inviato dall’Autorità di Controllo, un certo Bertie Higgs. Alexandra, come prevede il protocollo, lo ha accolto insieme a Rodolphus Lestrange, il responsabile dell’ufficio legale, insieme lo hanno condotto in una sala riunioni e gli hanno messo a disposizione tutta la documentazione che l’ispettore Higgs ha chiesto di esaminare. 

Durante l’ispezione è stata paziente, precisa e non troppo dettagliata (gli ispettori si insospettiscono se vengono fornite troppe spiegazioni). Inoltre, anche i referenti delle funzioni aziendali sono stati preparati per tempo e hanno risposto in modo eccellente alle domande.

“È quasi un peccato andar via, dottoressa Turner, è difficile trovare persone così competenti e preparate.”

“Le Legilimens ha a cuore la privacy degli interessati. Il nostro CEO viene dal mondo della sicurezza informatica e noi questi temi li abbiamo nel DNA dell’azienda. Siamo felici di sapere che le nostre procedure incontrano l’approvazione dell’Autorità. Siamo molto attenti a recepire ogni minima indicazione e offrire la nostra più completa collaborazione.”

“Lo apprezziamo molto.” 

L’ispettore Higgs deve essere poco più grande di lei, è un uomo di media statura, dal fisico atletico e asciutto, tipico di chi ha una carriera militare, ma passa la vita tra i civili. La osserva con due occhi azzurri piuttosto vivaci e deve credersi bello, o affascinante, a giudicare dalla cura con cui pettina i capelli castano chiari. 

“Spero di vederla a qualche convegno dell’Autorità. Sa, la prossima settimana sarò relatore a un incontro sul trasferimento internazionale di dati, potrebbe interessarle. Il dirigente del mio ufficio, il dott. Scrimgeour, si occuperà di quelle che saranno le prossime linee di indagine dell’Autorità.”

Alexandra lo accompagna fino all’uscita e mentre cammina asseconda l’ispettore Higgs che sta per uscire dalla sua sfera d'influenza e non vuole indispettirlo prima che si metta a scrivere il verbale. Così, gli concede: “Sembra molto interessante. Cercherò di liberarmi ed essere presente.”

“Allora a presto!”

Non appena l’ispettore Higgs scompare dalla sua vista, Alexandra si lascia andare a un sospiro di sollievo. Quei due giorni sono stati stancanti e le hanno bloccato l’intera operatività dell'ufficio. Con la coda dell’occhio, ha visto le notifiche sul telefono e sa che la sua email trabocca di richieste di pareri da parte dei colleghi. Fa dietrofront, pronta a tornare in ufficio e recuperare la montagna di arretrato quando si trova davanti il sorriso di Rodolphus Lestrange. 

“Sei stata incredibile, come fai a non perdere mai la pazienza?” Il responsabile dell’ufficio legale le ha appena fatto un complimento con il suo delizioso accento francese. Alexandra finge indifferenza e simula sicurezza per nascondere le capriole che il suo stomaco sta facendo. “È il mio lavoro non perdere la pazienza.” 

Rodolphus continua ad osservarla con un sorrisino che non promette nulla di buono. Alexandra alza un sopracciglio, pronta a entrare sulla difensiva: “Tu mi hai raggiunto per rifilarmi quale fregatura?” 

“Nessuna fregatura, ho un invito a cena.”

“Addirittura?” Alexandra ignora lo stomaco in subbuglio, si dice che Rodolphus è un legale, che è abituato ad alterare la realtà, e che si diverte a flirtare. Decisamente, non è assolutamente serio. Alexandra, poi, sente odore di fregatura lontano un miglio. I suoi sensi non sono così storditi da non lanciarle l’allarme rosso. Incrocia le braccia e scuote la testa mentre domanda diffidente: “E sentiamo, con chi?”

Il sorriso di Rodolphus si allarga. Alexandra realizza troppo tardi di averlo appena invitato a nozze. Non doveva stare al gioco, doveva fuggire e inventare una scusa. Invece, dannazione, lei non sa mai dire di no a Lestrange, vuole vedere il suo gioco, e lei perde ogni volta. La voce di Rodolphus si abbassa e si fa complice, le si avvicina “Ti sto proponendo una serata solo io, te… e il contratto che dobbiamo chiudere con gli americani.”

“Lo sapevo che era una fregatura,” mormora mentre il cervello è inebriato dal profumo del dopobarba di lui. Alza gli occhi al cielo per non sembrare ipnotizzata da quegli occhi scuri e quelle labbra. 

“Ti aspetto nel mio ufficio dopo le 19.00. Io finisco la bozza, tu pensa a ordinare il cibo,” continua a suggerirle complice.

“Pizza? Hamburger?” Alexandra vorrebbe darsi dell’idiota. Si sta affossando con le sue stesse mani. Non è fuggita e ora prende anche gli ordinativi da lui? Come se fosse un’app di delivery? Ma quanto può essere sottona? Si fa rabbia da sola.

“Non scherzare, lo sai che tengo alla salute!”

Alexandra trattiene una risatina. Sa benissimo che se fosse stato Regulus Black a trattenerla in amministrazione per chiudere il bilancio gli avrebbe risposto qualcosa del tipo che non è la sua segretaria, ne avrebbe tirato su un caso al punto da indurre Regulus a chiederle scusa, avrebbe persino invocato le Risorse Umane. Invece, con Rodolphus finisce per ridacchiare, come una cretina qualsiasi.

"Poké, o sushi, e birra giapponese. Ce la meritiamo!”

Alexandra ne prende nota mentalmente. Sta davvero prendendo gli ordinativi per Rodolphus Lestrange senza dire una parola? Le esce solo un patetico “Dove stai andando?”, mentre lui si allontana in direzione opposta alla sua.

“Dal CEO!” le esclama allegro.

Una volta in ufficio, Alexandra si guarda intorno perché le pareti trasparenti non danno nessuna tregua, controlla che non ci sia nessuno che possa guardarla e nasconde il viso tra le braccia mentre sbatte la fronte contro la scrivania. Sospira, mentre si dice di dover controllare quella stupida infatuazione, che non è professionale e lei non vuole passare per un’idiota. Non ha avuto problemi a rimettere a posto l’ispettore Higgs, perché non sa dire di no a Rodolphus?

Verso le 19.00, mentre l’ufficio si svuota, prenota la cena secondo i desideri del suo collega, raccoglie il suo portatile e i documenti che hanno stampato e si trasferisce nell’ufficio di Rodolphus. Il responsabile dell’ufficio legale ha l’altro ufficio all’angolo, dalla parte opposta rispetto al CEO, a sottolineare quanto in alto sia. L’ufficio di Rodolphus, al contrario del suo, ha anche un tavolo per le riunioni con uno schermo a cui collegare il computer e sul quale proiettare il contratto. 

Nelle ore precedenti è riuscita a recuperare un po’ di lavoro arretrato, è stanca e vorrebbe solo infilarsi sotto le coperte, ma quando Rodolphus le sorride, il suo stomaco sobbalza e sa che se fosse tornata a casa, sarebbe sprofondata sotto i sensi di colpa. 

“Allora, ho sistemato gran parte della struttura del contratto e ho impostato gli allegati, mi manca tutta la parte sulla privacy - e qui mi rimetto alla tua sapienza - e la parte sulla riservatezza. Insomma, loro vogliono accedere al sorgente, ma con il cazzo che glielo diamo!”

È incredibile quanto si diventi sboccati durante una negoziazione. Alexandra annuisce e inizia a sistemare le clausole sulla privacy, secondo quello che è il loro standard contrattuale. Fanno una rilettura complessiva del contratto, spostano qualche clausola, altre le modificano, alcune le semplificano, molte le riformulano.

Dopo un’ora l’ufficio è deserto e il fattorino della società di delivery porta loro la cena. Sistemano le vaschette di sushi accanto al pc e continuano a lavorare mentre mangiano. Ogni tanto, commentano masticando un raviolo grigliato. Man mano che il contratto prende forma, l’entusiasmo cresce e la stanchezza inizia a farsi sentire. Rodolphus allenta la cravatta, Alexandra sfila le decolté sotto il tavolo e inizia a camminare scalza per la stanza ripetendo le clausole, immaginando possibili obiezioni e smontandole tutte. È assorbita completamente dalla fine di quella giornata che si inizia a intravedere, che la motiva a finire il prima possibile per tornare a casa. Rodolphus la osserva camminare lungo il perimetro del tappeto, in equilibrio come se fosse un acrobata, annota le sue osservazioni, fa qualche considerazione prima che passino a revisionare gli allegati. 

Verso mezzanotte sono entrambi distrutti. Alexandra si stiracchia e sente le mani di Rodolphus che le massaggiano la cervicale. Un brivido le scende lungo la schiena e annuisce cercando di nascondere il rossore quando lui si china a sussurrarle nell’orecchio se va meglio. Non riesce a evitare di voltarsi verso di lui, i loro sguardi si incrociano per qualche secondo e poi sente le labbra di Rodolphus contro le sue. 

Risponde al bacio con uno slancio che non credeva di avere, Rodolphus fa roteare la sua sedia verso di lui e le rotelle scivolano fluide sul pavimento. La solleva in braccio e si ritrova sulla scrivania mentre le mani di Rodolphus le sollevano la gonna del tailleur. Il peso delle loro giacche finisce per chiudere il monitor del portatile. 

“Si salva automaticamente sul cloud.” Alexandra lo rassicura, quando nota lo sguardo di Rodolphus correre verso il monitor della sala riunioni non appena diventa nero perché il suo portatile è andato in stand-by. Rodolphus torna a baciarla, la sua mano si infila sotto la blusa di seta e le dita si stringono intorno al seno strappandole un sospiro di piacere. Si stringono mentre i vestiti cadono uno dopo l’altro ai piedi della scrivania e loro finiscono per incastrarsi.

Fare sesso in ufficio è contrario a non sa bene quante policy aziendali. Le conosce tutte, le ha anche riviste insieme a Rodolphus e alla Carrow. Rischierebbero un richiamo disciplinare se Alecto li vedesse. Forse, potrebbero sperare nel buon cuore di Tom, lui sembra non formalizzarsi molto. L’affondo di Rodolphus le strappa un gemito e tutti i pensieri sulle policy aziendali scompaiono e in quel momento c’è solo Rodolphus con i suoi affondi, con i denti che le segnano il collo e le mani che le accarezzano il corpo. 

“Guardami, Alex,” le intima e lei obbedisce, mandando all’aria la paura di inibirsi e il terrore dell’indomani, quando si rivedranno in ufficio e dovranno fare i conti con il dopo. Dopo. Dopo. Dopo. Il dopo non esiste nella Rete. C’è solo un eterno qui, e ora, che si ripropone in un loop infinito, come i processi della RAM che tengono in piedi un sistema operativo. 

Alexandra allunga le braccia intorno al collo di Rodolphus, infila le dita tra i capelli scuri di lui e si morde le labbra nel sentirli soffici e nel realizzare che ha trascorso ore a guardargli la testa e immaginare la sensazione di far scorrere le dita tra quelle chiome scure. La barba di Rodolphus le solletica il viso, ma il modo in cui lui le morde le labbra la eccita e quando i loro corpi si sfiorano e i pettorali di Rodolphus premono contro i suoi seni, si lascia andare all’orgasmo.

Non è sazio, Rodolphus, la prende in braccio, la sistema sul divano del suo ufficio, affonda di nuovo in lei ed entrambi scivolano per terra, sul tappeto, accanto al tavolo da riunione di design italiano. La vista periferica le mostra dei chicchi di riso caduti per terra, le dita di Rodolphus le riportano il mento in direzione del suo sguardo e lei geme mentre sente arrivare il secondo orgasmo. Questa volta, Rodolphus la segue a ruota e mentre lui si lascia andare, il telefono vibra con una notifica. Gli occhi di entrambi finiscono sullo schermo e sorridono quando leggono un messaggio di Tom Riddle: “Ho girato il contratto agli americani. Hanno firmato. Ottimo lavoro.”

“Oh, Turner, siamo una coppia imbattibile,” le sussurra Rodolphus. Alexandra sorride, gli accarezza ancora la nuca e sospira: “Lo so.” 

Se Rodolphus glielo chiedesse, lei andrebbe da Alecto, affronterebbe il colloquio con l’Ufficio Risorse Umane e renderebbe pubblica la loro relazione. Solo che Rodolphus le posa dei baci e le sussurra: “Sei fantastica, Turner. Ti dispiace se non ne facciamo parola con nessuno? Sai, prima che HR monti un caso, teniamolo un po’ per noi…”

“Sì, certo. Una clausola di riservatezza…” lo prende in giro.

Rodolphus le risponde: “Ecco, sapevo che avresti capito.” Le posa un bacio sulla fronte e le sussurra: “Non ti preoccupare, è solo per i primi tempi.” Dopo, la riaccompagna a casa, come un perfetto cavaliere e prima che lei scenda dall’auto, si scambiano un ultimo bacio. 

Il vero problema sarà sopravvivere ai primi tempi.

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Capitolo 3
*** Conflict of interest - Bellatrix Black/Alexandra Turner ***


 

Conflict of interest

Bellatrix Black / Alexandra Turner


 

Bellatrix fissa la data sul calendario: sono trascorsi tre mesi da quando ha iniziato a lavorare alla Legilimens e la sua vita è diventata meravigliosa. Ama il suo lavoro, adora trascorrere le giornate con gli altri programmatori: Antonin Dolohov ed Evan Rosier sono tipi simpatici e le riunioni di staff con Tom Riddle sono il suo momento preferito della giornata. 

È così assorbita dal suo meraviglioso lavoro e dall’intesa che si sta creando con il suo affascinante capo, da non desiderare altro nella vita. In quel momento esatto, Tom è nell’ufficio dei programmatori, siede accanto alla scrivania di Dolohov, e quando lei spiega ciò a cui sta lavorando e i problemi che sta cercando di risolvere, la osserva interessato. Bellatrix sente lo sguardo di Tom su di sé, quelle labbra sottili incurvate in un sorriso obliquo che popolano le sue fantasie notturne e poi la rassicura dicendole: “Continua così e vedrai che riusciremo ad essere pronti per andare live con la nuova funzionalità prima dell’estate!” 

Dentro Bellatrix qualcosa si agita e lei sa che quella sera, prima di andare a dormire, dovrà concedersi delle attenzioni. Si volta verso lo scherma e fissa le righe di codice che non vogliono collaborare.

“Dovresti riposarti,” l’ammonisce Antonin.

Bellatrix scuote la testa esasperata: “Ho tutta la vita per riposarmi. Voglio che questa dannata libreria funzioni come si deve!”

“Ha ragione Antonin, dovresti dargli retta.” Tom Riddle interviene mentre si dirige verso la porta, si volta ad osservarla e continua: “E dovresti mangiare. Se non nutri il cervello non riuscirai a programmare come si deve.” 

Bellatrix sospira, pensa che se lui la invitasse a pranzo prenderebbe sul serio in considerazione l’idea di fare una pausa, ma di allontanarsi dal suo ufficio dalle pareti di cristallo e proprio accanto a quello di Tom Riddle, proprio non ne ha voglia.

Tom le sorride divertito, si volta verso il corridoio mentre passa una delle ragazze degli uffici e le dice: “Turner, perché non vai a pranzo con Bellatrix? Vedi come si trova in azienda, fate due chiacchiere e, mi raccomando, non farla parlare di programmazione.”

Bellatrix sente una punta di fastidio nello stomaco per il modo confidenziale con cui Tom ha fermato quella donna che è vestita elegantemente. Non conosce Tom così bene, dopo tutto, non sa in che rapporti sia con le altre dipendenti. Ha creduto di essere speciale finora solo per il fatto di trovarsi nella stanza accanto alla sua, ma forse si sbaglia. Può scoprire, però, se e quanto si sbaglia, se la sensazione che ha nello stomaco, la consapevolezza che lei e Tom sono su un altro piano rispetto al resto del mondo, sia solo frutto della sua fantasia o se sia qualcosa di concreto.

Alexandra annuisce a Tom ed esclama: “Prendo il cappotto e andiamo.” 

Bellatrix sospira rassegnata, lancia uno sguardo al suo schermo e mormora: “Ci vediamo dopo.”

Tom non la perde di vista, Bellatrix sente lo sguardo di lui cucito addosso e mentre esce dall’ufficio lui le punta un dito contro, un po’ scettico, e le ordina di mangiare e rilassarsi. Bellatrix cerca di non illudersi anche se il pensiero che lui sta dimostrando di tenere a lei, in qualche modo, è difficile da ignorare.

 

***

 

Il grattacielo in cui si trovano gli uffici della Legilimens è pieno di ristoranti, Alexandra ne sceglie uno al quarantaduesimo piano, con una vista sugli altri grattacieli della City e i tavoli inondati dalla luce tenue del sole invernale. 

Bellatrix osserva la sua collega mentre si sfila il cappotto grigio e prende posto di fronte a lei, indossa un tailleur grigio e una camicetta di seta rosa cipria, secondo lo stile tipico di chi lavora nell’amministrazione. Bellatrix, invece, si è adattata al codice dei programmatori, indossa un paio di pantaloni scuri e un maglione nero che lascia scoperte un po’ le spalle, nella patetica speranza che Tom un giorno possa sfiorarle il collo.

Bellatrix cerca di stimare l’età della collega. Probabilmente sono coetanee, solo che gli studi post-laurea di Bellatrix le hanno portato via un po’ più di tempo. Non la conosce e non sa bene come comportarsi.

“Qui non si mangia male e la vista è così bella che dovresti riuscire a non pensare al codice per un po’,” le dice Alexandra mentre sfoglia il menu.

“Sei sempre così diligente?” 

Bellatrix non nasconde il fastidio verso la collega che si è applicata per assecondare prontamente la richiesta di Tom Riddle. Alexandra ride, ordina un calice di vino bianco e le confessa: “Non potrebbe essere diversamente per la responsabile dell’ufficio compliance.”

Escludendo la telefonata in cui Alexandra le ha annunciato che il posto sarebbe stato suo, Bellatrix l’ha vista solo in qualche riunione mentre spiegava ad Antonin i requisiti previsti dalla normativa privacy. Tra i programmatori, la Turner è quella che frena i progetti e fa domande assurde sui rischi, di cui a loro importa il giusto, ma alle Autorità di controllo importa moltissimo. Durante la prima riunione, Evan Rosier le aveva consigliato di averci a che fare il meno possibile e, soprattutto, di non parlarle mai di ciò che stavano programmando perché altrimenti sarebbe andata in paranoia. Era Antonin che aveva il compito di rassicurarla e quando Antonin falliva, interveniva Tom. Gli sviluppatori come Evan e Bellatrix, invece, era meglio che tenessero un profilo basso, sia con l’ufficio compliance che con l’ufficio legale. In quei mesi Bellatrix si era attenuta a quel codice e aveva evitato accuratamente ogni rapporto. Senza contare che nell’ufficio legale lavorava Rodolphus, e lei non aveva alcuna voglia di vederlo né voleva che si sapesse che era la sua ragazza. Altrimenti, ogni chance con Tom sarebbe naufragata.

“Credevo fossi dell’ufficio risorse umane. Sai, mi hai telefonato per avvisarmi del contratto,” le rivela Bellatrix. Alexandra si guarda intorno per controllare che non ci siano orecchie indiscrete e le confida: “Beh, il nostro capo tiene molto a te. Quando Alecto non si è presentata in ufficio ha dato di matto. Voleva che il contratto ti arrivasse immediatamente!”

“Sul serio?” Lo stomaco di Bellatrix fa un balzo dalla gioia. “Tu lo conosci bene? Come fai a dire che tiene molto a me?” La bistecca che ha nel piatto non le interessa.

“Te lo dico se nel frattempo mangi, il capo è stato molto chiaro.” 

Nessuno alla Legilimens intende contrariare Tom e Bellatrix non sa se è per via del suo carisma, o se è perché lui è semplicemente il capo, o se effettivamente sono tutti innamorati di lui. Bellatrix, però, non è da meno e manda giù un pezzetto di bistecca sotto lo sguardo attento di Alexandra che, non appena si accerta che Bellatrix sta mangiando, riprende a parlare: “Come avrai capito, Tom è un uomo molto riservato. Nessuno sa nulla della sua vita privata, al di fuori di quello che si legge sui giornali, ma so di per certo che non ha una famiglia.”

“Come lo fai a dire?” 

Il cuore di Bellatrix inizia a palpitare. Alexandra la osserva e Bellatrix mangia la bistecca, un pezzo dopo l’altro, vuole ascoltare ciò che la sua collega ha da dire. “Prima di diventare la responsabile dell’ufficio compliance, lavoravo in amministrazione e, insieme a Regulus, ho chiuso i bilanci e nelle dichiarazioni fiscali non ci sono detrazioni per carichi di famiglia. Inoltre, da quando sono alla Legilimens, nessuna è mai andata a trovarlo né ha mai ricevuto telefonate o mandato fiori o preso una vacanza. Credo, semplicemente, che la sua vita sia quest’azienda.”

Lo stomaco di Bellatrix si stringe e un sorriso le spunta sul viso al punto che Alexandra le domanda divertita: “Ma non dirmi che ti sei presa una cotta per Tom Riddle?” 

Bellatrix prova un violento fastidio per quella presa in giro, scatta sulla difensiva: “La mia è ammirazione professionale. Mi domandavo come mai un uomo brillante come lui sia solo…” Alexandra le sorride accondiscendente, Bellatrix comprende di non averla convinta, così continua nelle sue giustificazioni, alla ricerca di una spiegazione razionale che possa dirle se esiste una qualche chance: “Magari gli piacciono gli uomini…”

“Non credo, sai? Barty, il responsabile dei social media, ha una cotta per lui da un po’ di tempo e le sue avances sono cadute sempre nel vuoto. Credo che nessuno possa competere con l’amore che Tom prova per il lavoro, per questo ti dico di stare attenta se hai una cotta per lui, perché potresti fare la fine di Alecto.”

A quel nome, Bellatrix strizza il tovagliolo sulle ginocchia. Fin dal primo istante ha sentito che quella megera l’odiava perché era gelosa, era una sensazione che avvertiva a pelle. Era una sensazione diversa dal fastidio che provava per la confidenza che Tom aveva dimostrato verso Alexandra.

“Ma…” domanda cauta, “per caso ci sono delle regole sui rapporti tra colleghi?”

Alexandra arrossisce e manda giù un sorso di vino con una veemenza che insospettisce Bellatrix. 

“Non dirmi che anche tu hai una cotta per Tom Riddle?” 

Alexandra scuote la testa con veemenza. “No, non è il mio tipo.”

Bellatrix alza un sopracciglio, le compare un sorriso obliquo, incuriosito e al tempo stesso sollevato dalla risposta, troppo veloce per essere meditata. 

“Non sarà quel Regulus dell’amministrazione?” 

“No.” 

La risposta di Alexandra è netta, Bellatrix la osserva tornare a concentrarsi sul riso basmati con pollo e verdure che ha nel piatto, come se volesse sfuggire all’occhio indagatore di Bellatrix che, tuttavia, non si arrende. “È evidente che ti piace qualcuno. Chi è? Non dirmi che è uno dei miei colleghi? Insomma, Rosier è carino, se vuoi organizziamo un’uscita dopo il lavoro!”

“La risposta è no, Bellatrix, non ti dirò se mi piace qualcuno.” Alexandra calca il tono su quel condizionale e continua. “Le regole prevedono che le relazioni ufficiali vengano comunicate a HR per evitare conflitti sul lavoro, mentre quelle ufficiose… beh, devono rimanere fuori dall’ufficio.”

Bellatrix la studia sospettosa, pensa che Alexandra sia coinvolta in una relazione ufficiosa e che non ne voglia parlare. Sbuffa sconfitta, sa che non caverà un ragno dal buco, così, sposta lo sguardo intorno e vede Rodolphus intento a prendere posto a un tavolo con il Times sotto il braccio. “Non ci posso credere!” sbuffa esasperata, “Che strazio!”

“Cosa succede?” domanda Alexandra.

“Lo vedi quello?” Bellatrix indica Rodolphus con lo sguardo. Alexandra domanda incerta: “Rodolphus Lestrange? Il responsabile dell’ufficio legale?”

“È il responsabile? Non fa lo stagista?” Bellatrix è sorpresa, ma Alexandra scoppia a ridere. “Rodolphus? Stagista? Oh, no! Lui è il braccio destro di Tom Riddle! Ecco, se c’è qualcuno che conosce bene… il tuo amato Tom Riddle, Lestrange e Dolohov sono le persone a cui rivolgerti. Anche se Rodolphus è molto discreto, come tutti i legali…”

Rodolphus si sente osservato, gira lo sguardo e con un po’ di imbarazzo saluta entrambe. Si alza e le raggiunge: “Ragazze, ma che sorpresa vedervi a pranzo insieme.”

“Alexandra, ti presento quello strazio del mio fidanzato,” sospira annoiata, “Come vedi, una non può godersi il pranzo con una collega senza che lui venga a ficcanasare.”

Rodolphus alza le mani in segno di resa e dice: “Vi lascio al vostro pranzo, signore.”

“Ma no, Rodolphus, unisciti a noi!” esclama Alexandra. “Non mi avevi mai detto di avere una fidanzata.”

Rodolphus si irrigidisce, Bellatrix lo osserva mentre risponde fingendo di stare sul vago: “Non è mai uscito l’argomento. Abbiamo cose più importanti da affrontare. Come il contratto con gli americani.” 

“Gli americani hanno firmato.”

“È arrivato un altro contratto. Sai com’è il nostro lavoro.”

Bellatrix sente che qualcosa le sfugge: “Aspettate, ma voi due vi conoscete?”

“È la mia vicina di ufficio,” le spiega Rodolphus improvvisamente taciturno. Bellatrix ha paura che tutte le sue domande e il suo interessamento su Tom Riddle possano giungere alle orecchie di Rodolphus. Insomma, il loro rapporto è appeso a un filo, soprattutto dopo il modo folle in cui si è comportato durante l’ultimo pranzo di famiglia. Se non hanno rotto è solo perché Bellatrix lo sta evitando con tutte le sue forze. Non ha nemmeno voglia di vederlo, di discutere con lui, di assistere ai suoi monologhi che l’annoiano a morte. 

“E dimmi, Bellatrix,” inizia Alexandra, “è un bravo fidanzato?” C’è una luce di perfidia nello sguardo di Alexandra che incuriosisce Bellatrix e la induce ad assecondare quella domanda, così, sospira: “È pesante, noioso e… sai cosa ha fatto di recente?”

“Ma devi proprio raccontarlo?” le domanda Rodolphus insofferente. 

Bellatrix non lo ha mai visto così nervoso. Di solito è piuttosto freddo. Decide di metterlo alla prova: “Insomma, Alexandra, dimmi tu come reagiresti… Qualche domenica fa…”

“Un mese fa,” ribatte Rodolphus.

“Insomma, un mese fa. Eravamo a pranzo con le nostre famiglie e a un tratto, a metà del secondo, lui prende e va via. Ti sembra normale?”

“Era una questione di lavoro,” puntualizza.

“La domenica non c’è il lavoro.”

“Beh, il Giappone ha un altro fuso orario.”

“Tu cosa ne pensi?”

Alexandra si irrigidisce sulla sedia e impallidisce. Raccoglie il cappotto e mentre si alza spiega: “Sono cose tra di voi. Io… io dovrei tornare in ufficio. Direi che la missione è compiuta, hai mangiato e non hai pensato alla programmazione. Con permesso.”

Bellatrix la osserva correre verso la cassa, pagare e allontanarsi velocemente. Non ha nemmeno finito il pranzo. Rodolphus non la perde di vista. “L’hai messa in imbarazzo con le tue recriminazioni, Bella, ma quando cresci?”

Bellatrix gli rifila un’occhiataccia e sbuffa. Non lo sopporta più. Lascia Rodolphus al tavolo e torna in ufficio. Sono giorni che si domanda che senso abbia trascinare quella relazione. È ormai evidente che nessuno dei due è più innamorato. Bellatrix non sente niente per Rodolphus, se non un discreto fastidio quando è costretta ad avere a che fare con le loro famiglie. Salva solo Rabastan, il fratello minore, che è il suo migliore amico. 

Cerca di allontanare dalla mente il pensiero del suo fidanzato, di prepararsi alla riunione del pomeriggio con Tom. Il solo pensiero le strappa un sorriso. Forse ha anche avuto un’idea su come sistemare l’impasse nel codice. Non appena rientra in ufficio si infila alla toilette per lavare i denti e trova Alexandra che esce dal cubicolo con gli occhi lucidi. La collega sobbalza nel vederla.

“Non volevo spaventarti,” le dice Bellatrix. “È successo qualcosa?”

Alexandra scuote la testa e sussurra: “Perdonami, devo proprio tornare in ufficio.” La voce le trema e Bellatrix è colpita da quel cambio improvviso di umore. Fino a qualche minuto prima era serena, entrambe scherzavano sulla sua cotta per Tom Riddle e adesso sembra che abbia appena ricevuto una notizia terribile. Decide che vuole saperne di più, così sbircia nel corridoio. 

Bellatrix osserva Rodolphus andare incontro ad Alexandra e dirle: “Lascia che ti spieghi.” In quel momento, Bellatrix realizza cosa sta accadendo.

“Non c’è niente da spiegare e la tua fidanzata è in bagno.” Alexandra sta per entrare in quello che deve essere il suo ufficio e Rodolphus la trattiene per un braccio. 

“Non mi importa di lei.”

Alexandra sfila il braccio dalla presa di Rodolphus e si chiude in ufficio. Bellatrix non riesce a vedere l’espressione di Alexandra, ma gli occhi lucidi che le ha visto prima e la reazione sofferente di Rodolphus, che rimane in silenzio a guardarla, deduce che sia piuttosto ferita. 

Che Rodolphus fosse pessimo, Bellatrix lo aveva intuito da tempo, così, esce a testa alta dal bagno, raggiunge Rodolphus ancora nel corridoio e gli dice: “Sparisci dalla mia vita.”

Rodolphus nemmeno commenta, continua a fissare la porta della Turner che, a sua volta, fissa ostinatamente il monitor. 

L’unica persona a cui ha confidato la sua cotta per Tom Riddle era l’amante del suo fidanzato. Bellatrix si dice che la vita ha un curioso senso dell’umorismo, che quel pranzo, però, le ha permesso di liberarsi di Rodolphus senza troppi drammi e senza passare dalla parte del torto. Quando Tom Riddle le sorride dall’uscio del suo ufficio, Bellatrix sente lo stomaco contrarsi dolcemente. 

“È andato bene il pranzo?”

“Illuminante,” gli confessa con un sorriso. “Credo di aver trovato anche la soluzione al bug, è sufficiente… eliminare l’elemento di troppo… e semplificare il processo.” Tom le sorride, le sfiora una spalla e le dice: “Brava, la mia Bella, sapevo che avresti trovato il modo per sbloccare… l’intoppo.”

Dal modo in cui la guarda, Bellatrix non sa se si stia riferendo alla sua vita privata o a quella professionale, ma le dita di Tom le sfiorano la spalla nuda e a lei non importa, perché di intoppi ne ha superati ben due durante quel pranzo.

 

***

 

Alla fine della giornata di lavoro, Tom Riddle propone ai programmatori di scendere al pub all’angolo per una meritatissima birra celebrativa. Hanno chiuso un importante stream di progetto, sono in anticipo sulla tabella di marcia, e devono tirare un attimo il freno e ricaricarsi di energia. 

“Servono momenti di convivialità per ritrovare la motivazione,” spiega mentre l’ascensore in cristallo li porta verso il piano terra. Lo skyline con le luci di Londra toglie il fiato a Bellatrix che, per un istante, si sorprende a pensare quanto la sua vita sia perfetta. Il pensiero della rottura con Rodolphus le si affaccia nella mente di tanto in tanto, ma le basta voltare lo sguardo verso Tom perché la delusione svanisca nel nulla.

“È tutto merito di Bella,” esclama Antonin allegro. “Da quando è entrata nel team, lavoriamo con più velocità.”

“Bella è una macchina da guerra,” commenta Evan mentre apre la porta del pub e le fa largo. Tom le sorride e annuisce. Il passaggio tra l’aria fresca di fuori e quella calda e rarefatta del locale le colora le guance di rosso. Non può fare a meno di ricambiare il sorriso di Tom. 

Si guarda intorno e vede Alexandra Turner seduta al bancone con un calice di vino bianco. Bellatrix vuole parlarle, così, prende le ordinazioni degli altri e la raggiunge. Si scambiano uno sguardo mentre Bellatrix ordina le birre e la invita a unirsi al tavolo.

“Bellatrix, mi dispiace, io non sono sono quel tipo di donna…” Bellatrix la osserva accigliata. “Quella che si ingerisce nelle coppie. Io non sapevo che… fosse il tuo fidanzato.”

“Non ti preoccupare. La storia con Rod si trascinava per inerzia. Almeno adesso potrò urlargli di starmi lontano e non dovrò ascoltare i suoi monologhi.” Bellatrix le sorride, “Unisciti a noi, non farti deprimere da quell’idiota!”

Il barista torna con le pinte che ha ordinato e Tom compare alle sue spalle. “Sono venuto a darti una mano con le ordinazioni,” le dice. Alza gli occhi verso Alexandra e aggiunge: “Turner, unisciti a noi, ma non voglio sentirti parlare di compliance!” 

Tom sembra di ottimo umore, al punto che Bellatrix si sorprende quando ordina la cena per tutti. È seduta al suo fianco, sul divanetto di velluto consunto del pub, ma le sembra di trovarsi nel posto più bello dell’intero universo. Le sue gambe sfiorano quelle di Tom che le lancia occhiate così intense da spingerla a domandarsi se lui abbia saputo della rottura con Rodolphus o della sua cotta. Allunga lo sguardo verso la Turner, seduta all’altro lato di Tom.

“Guardami, Antonin, beato tra le donne!” esclama divertito. 

“Lo sai che se Alecto ti vede così poi parte il pippone femminista.”

“Quale pippone femminista?” La voce di Alecto smorza le risate. Alexandra la invita a prendere il suo posto. Bellatrix la osserva tornare al bancone per farsi riempire nuovamente il calice di vino e al ritorno prende posto accanto ad Evan Rosier. Parla di vacanze e libri da leggere, scherzano su eventi del passato e Bellatrix vorrebbe sentirsi altrettanto inserita. Su quel divanetto, Alecto Carrow prova a coinvolgere Tom in una conversazione sull’importanza delle ferie, sta cercando di sondare che genere di interessi abbia in fatto di vacanze, ma Tom le risponde in modo sfuggente, ogni tanto si volta verso di lei e prova a coinvolgerla chiedendo a Bellatrix di rispondere. 

Bellatrix inizia a infastidirsi. Pensa che dovrebbe odiare la Turner che ha una storia con Rodolphus, mentre invece si trova a dispiacersi per la delusione di Alexandra - lei sa meglio di chiunque quanto Rod sia deludente - mentre odia profondamente Alecto che sbatte le ciglia finte e ride alle battute di Tom Riddle. Sta per intervenire quando la mano di Tom le sfiora il ginocchio sotto il tavolo e le accarezza l’interno coscia mentre il busto è voltato verso Alecto in una conversazione vuota.

“C’è qualcosa che non va, Bellatrix?” le domanda Dolohov. Bellatrix scuote il capo e dice solo: “Ho finito la birra, mi prendi un’altra pinta, per favore?” Al diavolo Rodolphus, al diavolo Alecto, quando Tom le sfiora il ginocchio lei allarga leggermente la gamba per invitarlo, ma riceve in cambio un pizzicotto che le manda quasi di traverso la birra. Non è il momento giusto, ha capito la lezione. Deve ancora attendere.

 

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Capitolo 4
*** Breach of contract - Rodolphus Lestrange ***


Breach of contract

Rodolphus Lestrange

 

Andare in ufficio è diventato incredibilmente faticoso. Ogni mattina, Rodolphus annoda la cravatta, indossa il suo abito dal taglio sartoriale, riordina la barba e va in ufficio. 

Ogni tanto, come quella mattina, deve incontrare Rabastan per colazione. Non si sorprende quando vede il sopracciglio alzato del fratello davanti il caffè e il croissant del loro caffè francese di fiducia. 

“Rod, che cazzo ti succede?” è la domanda con cui lo saluta. Rodolphus sorride mentre prende posto al tavolo, allontana la ciocca di capelli che gli è scesa sulla fronte e guarda il fratello. “Prima di tutto, non sono affari tuoi.”

“Hai rotto con Bellatrix, cosa ti è saltato in mente?”

“A voler essere precisi, mi ha lasciato lei.”

“L’hai tradita!”

“Mi stai facendo la morale, Rabastan? Tu?” 

Rodolphus si alza, prende un altro croissant da portare via e lascia il fratello al tavolo. Non aspetta nemmeno che lo rincorra, non è dell’umore giusto per avere a che fare con Rabastan. Non ha voglia di parlare e di vedere nessuno. Prenderebbe dei giorni di ferie e andrebbe via, se solo fosse abituato a farlo, invece, Rodolphus è abituato ad andare in ufficio e poi… non vuole andare via. Lo stomaco si stringe quando entra nell’ufficio ancora vuoto. Apre la porta della stanza di Alexandra e le lascia il croissant sulla scrivania. Torna nella sua stanza, accende il computer e inizia a leggere le mail. 

Rodolphus sposta lo sguardo dallo schermo solo quando intravede la sagoma di Alexandra che arriva. Sbircia con discrezione, cerca di non farsi vedere mentre una stretta al petto lo fa sentire un idiota. Lei si volta verso l’ufficio di lui, ha trovato il croissant, gli rivolge un sorriso che sa di nostalgia, sospira e accende il computer.

La comparsa di una notifica di Tom attira l’attenzione di Rodolphus. 

“Puoi venire nel mio ufficio?” 

“Di cosa volevi parlarmi?” Rodolphus fa capolino nell’ufficio di Tom. Asseconda il cenno che gli fa il suo CEO e siede dall’altro capo della scrivania, sulla poltroncina nera su cui Bellatrix ha fatto il colloquio tempo fa, se sposta lo sguardo a sinistra riesce a vederla intenta a picchiare i tasti della tastiera e imprecare contro il monitor mentre Dolohov la prende in giro. Tom però lo richiama: “Siamo pronti per la release, come sei messo con gli aggiornamenti della documentazione?”

“È pronta, manca solo l’aggiornamento dell’informativa, ma credo che Alexandra ci stia lavorando. A breve anche quella sarà completa. Abbiamo eseguito tutte le valutazioni d’impatto e possiamo procedere.”

“Ottimo.”

Il sorriso di Tom si allarga. Rodolphus fa per alzarsi credendo che la loro riunione sia finita quando Tom aggiunge: “Ho saputo che ti sei lasciato con Bellatrix.”

“Sì,” ammette. Non ha idea di cosa sappia di preciso, considerato che lui lavora con Bellatrix e Rodolphus non le ha più parlato da quando lei gli ha detto di stare alla larga. “È per questo che sei di pessimo umore in questi giorni?”

“No, Bellatrix non c’entra, la nostra storia era finita da tempo.”

Tom assottiglia gli occhi e domanda: “Sicuro? Non lo dici tanto per dire?”

“Sicuro, Tom. È una situazione schifosa: mi sono innamorato di un’altra e ho mandato tutto all’aria.”

“È Alexandra?” Rodolphus spalanca gli occhi sorpreso. Tom gli rifila un sorriso trionfante per aver indovinato. “Ha la tua stessa espressione depressa. Non bisogna essere psicologi per capirlo. Credo che tu abbia delle chance… Ammesso che tu lo voglia ancora.”

“Non credevo di dover affrontare questioni private con te.”

“Ne abbiamo passate tante insieme, Rodolphus. Io non mi dimentico che all’inizio c’era solo quest’ufficio con tre scrivanie: io, te e Antonin. Guarda dove siamo arrivati.”

“È merito del tuo genio.”

“E del tuo fiuto legale. Io so riconoscere i meriti. Tu hai sempre fatto gli interessi della Legilimens, hai creduto nel progetto e quando hanno provato a buttarci fuori dal mercato tu hai lottato al mio fianco. Io, te e Dolohov abbiamo fatto le notti in bianco per tirare su questa azienda, non lo dimentico.” Tom fa una pausa, sposta la testa verso l’ufficio accanto e lascia scivolare lo sguardo su Bellatrix. Rodolphus se ne accorge e gli dice: “Se ti piace, hai la mia benedizione. Lei non aspetta altro.”

“Tu non sei geloso?”

“Te l’ho detto, è una storia finita.”

“Da quanto va avanti questa storia con la Turner?”

“È iniziata a febbraio, con il contratto degli americani, è proseguita per tre mesi in modo estremamente discreto e poi Alexandra è andata a pranzo con Bellatrix ed è saltato fuori che ero fidanzato. Sono tre settimane che mi rivolge la parola solo se costretta da questioni di lavoro.”

“Ma non hai pensato che fosse una situazione esplosiva?”

“Sì, certo, non sono così folle. Il punto è che Bella le inventava tutte per non vedermi, io a un certo punto ho smesso di cercarla perché ero preso da Alex e la situazione si è trascinata. Non è una giustificazione, ma le cose sono andate così. Mi sento un idiota. Hai presente quando sai che devi mandare la disdetta e non lo fai? Ecco.”

“Per ogni inadempimento c’è un’azione di remediation. È solo questione di trovare il giusto… indennizzo. Ad ogni modo, Alecto non si è accorta di nulla, e vi ringrazio di tanta discrezione.”

“Grazie, Tom.”

“A proposito, questo fine settimana ci sarà la festa aziendale di inizio estate da me. Ti aspetto.”

 

***

 

Rodolphus non ha nessuna voglia di andare alla festa aziendale, ma ugualmente annoda la cravatta e indossa il suo completo scuro per gli eventi serali. 

Tom Riddle abita proprio come lui sulla sponda meridionale del Tamigi. Se Rodolphus è un fiero abitante di Southwark e dal suo appartamento riesce a vedere il Globe Theatre, Tom Riddle abita vicino il ponte di Blackfriars, in un attico con terrazzo che ha vista sul Tamigi e sulla skyline della City. Le feste a casa di Tom Riddle sono qualcosa di indimenticabile.

Così, si infila nella sua BMW e percorre il tratto di strada che separa le loro abitazioni. Saluta il portiere con un cenno del capo, prende l’ascensore e quando arriva trova il solito spettacolo: musica lounge e gente che chiacchiera. Alcuni sono vestiti in modo formale, gli informatici sono sempre i più strani. Hanno la maglietta con il logo aziendale. 

Lo sguardo attraversa la sala: Crouch chiacchiera con Regulus Black, Evan sta flirtando con una tizia dell’agenzia pubblicitaria, mentre Bellatrix, stretta in un tubino nero, sorride a Tom Riddle che la presenta a tutti come la nuova rivelazione dell’azienda. Rodolphus non si è mai sentito tanto fuori posto. Dovrebbe essere accanto a Dolohov a godere del successo del loro lavoro e invece vorrebbe solo sparire. Si dirige verso il terrazzo con la speranza che la bellezza delle luci di Londra possa risollevargli l’animo. Si immobilizza, indeciso su come muoversi, quando riconosce la sagoma di Alexandra che, come lui, è intenta a guardare il panorama. Indossa un abito da cocktail di seta nera che le scende morbido fino al ginocchio. Le gambe sono scoperte e messe in risalto da due splendide decolté rosa cipria. Persino di spalle la trova incantevole. Alexandra deve sentirsi osservata, si volta verso di lui che istintivamente le dice: “Scusami.” 

“Non devi scusarti.”

“Non volevo spaventarti.”

“Non l’hai fatto.”

“Posso rimanere?”

Alexandra si stringe nelle spalle e gli fa cenno che può rimanere. Rodolphus la raggiunge e si limita a guardare il paesaggio e di tanto in tanto si volta a sbirciare il profilo di lei. Tom ha ragione, ha lo sguardo triste e, nonostante il make-up curato, il suo viso non è radioso come al solito. 

“Vorrei poterti dire che c’è una ragione per quello che è successo, ma probabilmente l’unica spiegazione è che sono un idiota.”

“Rod, non mi devi nessuna spiegazione. È stato bello, ti sei divertito, io mi sono divertita, andiamo avanti.” La voce le trema mentre parla, si incrina su quell’invito ad andare avanti. Non ci crede nemmeno lei. 

“Io non voglio andare avanti, Alex. Ti ho ferita perché mi sono innamorato di te e non ho più capito niente. Te lo dico in questo modo, così puoi ferirmi a tua volta e, se proprio deve finire, almeno siamo pari.”

Alexandra si volta a guardarlo le sopracciglia alzate e la postura irrigidita da quella dichiarazione, lui continua: “È patetico, vero?”

“Un po’,” gli concede strappandogli un sorriso. “Mi sarei aspettata qualcosa di più… elaborato… da un legale come te.”

“Beh, sai come si dice, il calzolaio ha le scarpe rotte. In certe cose non riesco ad essere strategico. Guarda, ti sto persino rivelando informazioni confidenziali.”

“Magari lo fai per carpire la mia fiducia. Si sa che i maggiori truffatori ti riempiono di storie assurde.”

“Io non ho una storia assurda. Sapevo che dovevo parlare con Bellatrix, ma non l’ho fatto. Ora, potrei dire che Bella non volesse vedermi - ed è vero - ma io non ho insistito più di tanto, mi sono disinteressato di lei.” Rodolphus sospira. “Quella sera non avevo messo in conto quell’epilogo, ero convinto di poter gestire quella chiusura di contratto. Voglio che tu sappia che non era premeditato e non volevo approfittarmi di te o prenderti in giro. Non lo meriti.”

“Grazie, lo apprezzo molto.”

“Come posso farmi perdonare e avere un’altra chance?”

“È questione di fiducia, non di perdono. Io ero convinta che saremmo andati da Alecto a ufficializzare la nostra relazione e non solo scopro che una mia collega è la tua fidanzata, ma anche che le vostre famiglie si conoscono. Ti rendi conto quanto sia destabilizzante? Quante altre cose non so? Non sono mai nemmeno stata a casa tua! Venivi sempre tu da me e non ti sei mai fermato a dormire, hai idea di come mi sono sentita con il senno del poi? Usata, mi sono sentita usata e se pensi che bastino i fiori o i croissant, stai sbagliando.”

Rodolphus china il capo e chiude gli occhi. La sua idiozia vista con gli occhi di Alexandra è molto più dolorosa. 

“Le cose non dovevano andare così.”

Lo sguardo che gli punta addosso Alexandra lo ferisce. Si avvicina a lei e vorrebbe baciarla, ma lei lo allontana, gli posa una mano sul petto e recupera la distanza. Sospira e Rodolphus l’ha sentita tremare quando le dita di lei gli hanno sfiorato la seta della cravatta. 

“Facciamo così,” gli propone, “ricominciamo. Piacere, mi chiamo Alexandra Turner e sono la responsabile compliance della Legilimens.”

Rodolphus le stringe la mano: “Enchanté, mademoiselle. Rodolphus Lestrange, responsabile dell’ufficio legale. Avremo modo di lavorare insieme.”

Alexandra accenna un sorriso e poi rientra dentro, raggiunge Regulus Black che era sulla soglia del terrazzo ad assistere alla scena. Rodolphus si dice che è più di quanto potesse sperare e che questa occasione non la deve sprecare.

 

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Capitolo 5
*** Firewall - Bellatrix/Rabastan ***


Firewall
Bellatrix/Rabastan

Ci sono poche cose al mondo che Bellatrix adora più del brunch della domenica con Rabastan Lestrange, il suo migliore amico. Si vedono una o due volte al mese, rigorosamente di domenica - quando i rompiscatole stanno dormendo - ed è Rabastan a scegliere il posto, forte della sua carriera da giornalista di eventi e lifestyle. 

Questa volta l’ha trascinata in un hotel a Mayfair che ha una terrazza ristorante che, secondo le parole di Rabastan, le avrebbe quasi fatto dimenticare di essere a Londra, oppure le avrebbe ricordato che certi posti esistono solo a Londra.

“Prendi i pancake, mi raccomando,” l’ammonisce mentre attendono il tavolo. “Ho prenotato un tavolo riservato in cui poter chiacchierare con calma.”

“Credo che sia proprio lo scopo del brunch, quello di rilassarsi, no?” domanda prendendolo in giro. Rabastan le sorride e poi la cameriera torna per avvisarli che il loro tavolo è pronto e possono accomodarsi.

“È sempre un piacere vederla, signor Lestrange!” cinguetta mentre gli mostra il posto, “Ho scelto personalmente il tavolo migliore!”

“Grazie, lo apprezzo molto! Torno sempre nei posti in cui sono stato bene,” le risponde facendo un occhiolino e Bellatrix scuote la testa non appena vede la ragazza arrossire. Attende che la cameriera vada via e domanda: “Rab? Ma tu e lei…”

Rabastan si guarda intorno e si sporge sul tavolo, le sussurra sottovoce: “Mi ha fatto stare molto bene…”

“Sei il solito!”

“Ma non siamo qui per parlare della mia affollata vita sociale, ma della tua. Voglio sapere tutto. Lo sai che quell’idiota di mio fratello mi ha lasciato come un fesso alla nostra pasticceria francese e da allora mi evita?”

Bellatrix scuote la testa, la cameriera ha portato una bottiglia di acqua frizzante fresca e una caraffa di succo d’arancia. Rabastan alza lo sguardo verso di lei e le dice: “Cherie, possiamo avere anche dello champagne? La mia amica mi deve raccontare della sua rottura con mio fratello e dovremo berci su!” Se Bellatrix scuote la testa, la cameriera fa un sorriso enorme, forse sollevata dal sapere che Bellatrix non è la ragazza di Rabastan, forse è un messaggio in codice per chiederle delle attenzioni. Bellatrix è certa che i nodi verranno al pettine, ma il sorriso che la biondina rivolge a Rabastan fa intendere che sarà ben lieta di prendersi cura di loro. Dopo tutto, la cameriera li ha collocati all’interno, vicino le ampie vetrate che danno verso la terrazza, in mezzo a una cascata di piante e fiori che li fa sembrare in una serra, proprio come l’atmosfera che cerca di ricreare il ristorante.

“Champagne, french toast e pancake!” annuncia la ragazza poco dopo, insieme al tè per Bellatrix e l’immancabile caffè francese di Rabastan.

“Raccontami tutto!”

“C’è poco da raccontare, Rab, tuo fratello è un cretino.”

“E su questo siamo d’accordo, ma cosa ha combinato? Non è recuperabile la vostra situazione?”

“Ma sei matto? Lo sai che meditavo di lasciarlo da quasi un anno. Solo che ci sarebbero stati tutti i suoi mormorii, il suo Bella, ripensaci, e bla, bla, bla. Insomma, mi ha servito la rottura su un piatto d’argento ed era un peccato sprecarla.”

“Chiaro, ma perché proprio adesso?”

“Perché quell’idiota non solo si era innamorato di un’altra, ma aveva iniziato a uscirci senza dire niente a nessuno e la poveretta nemmeno sapeva che lui era fidanzato.”

“Cose che capitano,” disse Rabastan ridacchiando, lo sguardo corse verso la cameriera, Bella scosse la testa e mandò giù un sorso di champagne. “Questo va bene per le cameriere, ma la povera sventurata è una collega di lavoro, la sua vicina di ufficio.”

“No!” L’espressione sconvolta di Rabastan strappò un sorriso a Bellatrix. 

“Ebbene sì, per questo lui ora ha l’aria da cane bastonato. Ora, pare che lei gli stia dando una seconda chance, ma devono andarci piano e lui obbedisce!” Bellatrix assapora il pancake, chiude gli occhi mentre la bontà di quel piatto le scende per la gola. “Oh, cielo, è delizioso!” esclama. “Che ti avevo detto?” domanda Rabastan trionfante. “Sono una meraviglia! Anche il french toast non è male.”

“Ad ogni modo, non parliamo più di Rod, chiudiamo il capitolo e pensiamo ad altro!”

“Ad esempio?”

“Al lancio della nuova release e al fatto che Tom Riddle è fantastico. Lavorare con lui è qualcosa di grandioso, il modo in cui legge il codice sorgente…”

“Dillo che vorresti essere violata da lui come un sistema operativo…” la prende in giro Rabastan.

“Oh, Rab, lui troverebbe tutte le porte aperte, l’antivirus spento, può entrare nel mio sistema quando vuole e riprogrammarlo!” 

“Caspita, Bella, ma cosa vi fanno respirare alla Legilimens, sottoneria? Rod si è rincoglionito, ma era sulla buona strada, ma tu?”

“Smettila, Rab! Tu  non puoi capire! Vedrai, quando faremo la conferenza stampa per il lancio della nuova versione, lo conoscerai e mi saprai dire.”

“Guarda che lo conosco già. Rod, benché tu non voglia accettarlo, ci lavora insieme da anni e alcune volte è venuto anche a cena a casa nostra.”

“E perché io non c’ero?”

“Chiedilo a Rod. Forse ti aveva già rimpiazzata!”

Quella frecciatina fa più male del previsto a Bellatrix che stringe il tovagliolo sulle ginocchia e si alza di scatto urlando: “Certo che sei proprio uno stronzo, Rabastan!” Bellatrix, però, viene fermata, Rabastan la riporta al proprio posto. “D’accordo, scusa! Allora, quando me lo presenti?”

Bellatrix scuote la testa e non riesce a impedirsi di sorridere mentre confessa: “Vorrei che fossimo già al punto in cui posso presentartelo… invece la situazione è complicata.”



 

“Ha un’altra?” domanda Rabastan che in quel groviglio di relazioni inizia a perdersi.

“No, ma è ossessionato dal lavoro.”

“Ma ti ha notata.”

“Sì, ma non credo che lui sia il tipo da provarci. Sono solo una ragazzina ai suoi occhi.”

“Non direi se ti ha voluta al suo fianco. Sai, credo che tu sia troppo disponibile. Lui sa che può averti quando vuole, non c’è la sfida. Insomma, se prendi i tuoi esempi da nerd, che gusto c’è a violare un sistema aperto?” Il modo in cui Bellatrix sgrana gli occhi gli strappa una risata e gli conferma che la sua amica ha bisogno di una mano per gestire la strategia di comunicazione nei confronti del suo target. Rabastan le rifila un sorriso complice e le suggerisce: “Non dimostrarti troppo disponibile, diventa misteriosa. Insomma, tu hai dato dei segnali, se lui non li ha colti, puoi pensare che non sia interessato e guardarti intorno, no?” Ridacchia mentre gli viene in mente l’esempio perfetto. 

“Prendi esempio dalla tipa per cui ha perso la testa per Rod. Lei gli ha rinfacciato il modo in cui si è comportato, gli ha detto di non fidarsi di lui e lui è con le orecchie basse pronto a fare ogni cosa che lei desideri. Vedi? Funziona!”

Bellatrix beve il suo té con aria pensierosa, fa un lungo sorso mentre i suoi ricci scuri le circondano il viso. Rabastan si domanda in qual momento cosa le passi per la testa, ma non deve attendere molto. 

“Hai impegni oggi pomeriggio?” domanda improvvisamente.

“Ai suoi ordini, mademoiselle! Cosa hai in mente?”

“C’è un incontro di hacker, facciamo a gara a risolvere problemi, ci sfidiamo in velocità nella violazione di un sistema o nella generazione di uno script, ti va di accompagnarmi?”

“Ci sarà Tom?”

“Forse.”

È interessante scoprire il sottomondo nerd, pensa Rabastan mentre Bellatrix lo guida in un edificio anonimo in un vicoletto di Soho. Sono nel pieno centro di Londra, ma in quel vicolo minuscolo sembra di trovarsi in piena periferia. 

Rabastan si guarda intorno. Per l’occasione ha indossato un jeans e una felpa scura, adattandosi al pessimo look degli informatici. Bellatrix, invece, ha delle influenze punk, si definisce cyberpunk con il chiodo di pelle nera e un top che lascia ammirare il suo meraviglioso decolté. In quel momento, Rabastan pensa a quanto sia un idiota suo fratello che si è lasciato scappare una ragazza del genere. Bellatrix si volta e gli sorride mentre fa strada e saluta persone che Rabastan nemmeno conosce.

Vanno dritti verso un tavolo, Bellatrix sfila il suo zaino ed estrae il computer. L’atmosfera è strana, le luci sono basse tendenti al verde, l’aria è densa di fumo di sigarette e altre sostanze. Bellatrix sorride a due tizi che sembrano esaltati all’idea di vederla.

Il primo è un uomo alto e grosso, dai lunghi capelli scuri che viene chiamato Antonin, mentre l’altro è più giovane, Rabastan crede che sia un suo coetaneo. Si chiama Evan e osserva Bellatrix con occhi azzurri e sguardo famelico. Rabastan vorrebbe appenderlo al muro per quanto gli sta sul cazzo in quel momento. Poi, Bellatrix si volta verso di lui ed esclama: “Rab, ti presento Antonin Dolohov ed Evan Rosier, loro sono i miei colleghi sviluppatori alla Legilimens!” Continua con le presentazioni: “Ragazzi, lui è Rabastan Lestrange, il fratello di Rod, quindi niente battute su quel caso umano del mio ex.”

“Bella, sei tu che le fai di solito,” le ricorda Dolohov. “E Rodolphus non è un caso umano. Se non fosse stato per lui, non so dove saremmo a quest’ora.”

Bellatrix sbuffa: “Suvvia, il mondo è pieno di avvocati, non è mica l’unico.”

“È l’unico che non è scappato quando Tom gli ha spiegato cosa intendesse fare e che ha accettato la sfida di renderlo un progetto legale.” 

Rabastan ascolta divertito. Ci sono retroscena della vita di suo fratello che non conosce, riservato com’è sempre stato, ma gli fa piacere sapere che goda di una simile considerazione. “Mi par di capire che tu conosci molto bene Rod,” gli dice Rabastan.

“Sì, eravamo io, lui e Tom all’inizio. Solo noi tre e man mano siamo cresciuti. All’inizio lui curava tutta l’amministrazione della Legilimens: i contratti, i bilanci, le comunicazioni, la fatturazione, i rapporti con i fornitori e il fisco. Puoi solo immaginare il lavoro che ha fatto.”

Bellatrix sbadiglia annoiata e apre il computer. “Vediamo di divertirci un po’.”

“Che cosa siamo venuti a fare?” domanda Rabastan mentre si guarda intorno.

Evan socchiude gli occhi incuriosito. Ha smesso di fare lo stronzo da quando ha scoperto che è il fratello di Rodolphus. “Di cosa ti occupi di preciso?”

“Sono un fotografo e un giornalista,” spiega loro. “Qualcuno direbbe anche che sono uno scrittore.”

“Beh, fossi in te non proverei nemmeno a pensare di scattare foto. Potresti finire molto male. Se dovessi scrivere di questi incontri, lo stesso.” Rabastan aggrotta la fronte perplesso: “Dove mi trovo di preciso?”

Bellatrix interrompe il suo chiacchiericcio con Dolohov davanti lo schermo del pc ed esclama: “Ma te l’ho detto, siamo a un party di hacker.”

Evan scoppia a ridere: “Le hai descritto questa cosa come un party? Ci credo che è confuso!” 

“Beh, è molto meglio dei party, qua ci si diverte!”

“E si rimorchia?” domanda Rabastan che cerca di mettere a frutto il tempo che ha promesso di dedicare a Bellatrix. “Dipende dai tuoi gusti,” gli dice Dolohov ridacchiando. Evan scoppia a ridere: “Beh, di programmatrici come Bella ce ne sono ben poche…”

“E lei è tutta nostra!” aggiunge Dolohov allungando la mano sulla spalla nuda di Bellatrix. La mano viene prontamente allontanata dalla stessa Bellatrix e Rabastan le dà un’occhiata ammonitrice. Vorrebbe ricordarle del firewall, ma Bellatrix sembra troppo presa dal contesto in cui si trova. 

C’è un momento in cui i neon verdi che attraversano gli ambienti si spengono, rimangono accese solo le luci azzurrine dei pc. Subito dopo, alcuni schermi posti sulle quattro pareti, che fino a quel momento proiettavano sfondi astratti, si animano con scritte di benvenuto che si inseguono dando l’illusione che la stanza inizi a vorticare. C’è un conto alla rovescia che parte e una voce metallica che interrompe il vociare confuso dei presenti.

“Siete pronti?” domanda retorica. Un boato di esaltazione sorprende Rabastan che non comprende l’eccitazione. “Se siete qua è perché siete stati selezionati!” Un misto di risatine tra il compiacimento e lo scetticismo si agita in risposta. Evidentemente, non tutti sono della stessa idea. “Vediamo se avete la stoffa per diventare i migliori!” Lo schermo proietta stringhe di codice, si apre una finestra contenente un modulo e la voce annuncia: “Avete cinque minuti per iscrivervi alla prima sfida.” Il vociare viene sostituito dal rumore di dita che picchiettano sulle tastiere seguito da Bellatrix che esclama con voce tremante: “Non ci credo. Lui è qui.”

Antonin ed Evan alzano lo sguardo verso lo schermo e sorridono emozionati. Rabastan non ha mai percepito tanta eccitazione nell’aria. Pian piano, un mormorio che ripete “Lui è qui” si diffonde tra quelle parti di cemento grezzo, mentre sguardi nervosi ed eccitati corrono alla ricerca di quel fantomatico lui. Rabastan si china verso Bellatrix e le sussurra imbarazzato: “Lui chi?”

“Lui!” lo rimprovera Bellatrix, quasi indignata dalla sua ignoranza. “Lord Voldemort.” Le sopracciglia di Rabastan si aggrottano ancora di più. “E chi è?”

“Santo cielo, Bella, ma gli ignoranti non te li puoi scopare fuori di qui?” domanda Evan offeso. Lancia uno sguardo ad Antonin e gli dice: “Accompagnamolo fuori, non è degno di respirare la stessa aria!” 

Rabastan incrocia le braccia e si siede. Lancia uno sguardo torvo ad Evan e gli dice: “Io non vado da nessuna parte. Vorresti avere campo libero con Bella, eh? E invece no.”

“Lo vedremo, Lestrange. Tuo fratello è sparito, ed era meglio di te. Sparirai anche tu.” 

Rabastan sta per replicare quando Bellatrix gli dice: “Rab è il mio migliore amico, Evan, non dire fesserie. Non va da nessuna parte. È venuto qua per imparare.” Evan e Rabastan si scambiano uno sguardo di reciproco disprezzo. Rabastan, allora, decide di giocare le sue carte. Siede accanto a Bellatrix rivolgendo un’occhiata divertita ai due che sono alle prese con i rispettivi portatili, allunga un braccio sullo schienale di Bellatrix e si avvicina. Intercetta per un istante lo sguardo perplesso di Bellatrix e le sussurra: “Il firewall, Bella.”

Un sorriso incurva le labbra di Bellatrix. Ha compreso la sua strategia e decide di assecondarla. Nel frattempo, ha violato il sistema. 

Osservare Bellatrix superare le sfide, una dopo l’altra, è qualcosa che ha dell’incredibile. Le sue guance si arrossano e gli occhi sono illuminati da un entusiasmo che non le ha mai visto, un’esaltazione che non credeva le appartenesse. Rabastan la trova ancora più bella e non comprende come Tom Riddle possa resisterle. 

“Complimenti, Bella.” 

Una voce maschile alle spalle di Rabastan interrompe il flusso di pensieri. “Sei qui con il tuo fidanzato?” domanda. Rabastan volta lo sguardo e incontra quello sarcastico di Tom Riddle. “Rabastan, non credevo che avresti fatto qualcosa del genere a Rodolphus!” esclama divertito. 

Rabastan si alza e lo stringe a sé: “Ciao, Tom, è un piacere rivederti.”

Bellatrix apre la bocca sorpresa e domanda: “Tu lo conosci?”

“Ma scherzi? Dopo tutti gli anni che ha lavorato con Rod? Certo che lo conosco! A dirla tutta, io gli ho fatto la prima intervista!”

Tom Riddle annuisce divertito, guarda Rabastan e gli domanda: “Ti alzi?”

“Perché?”

“Perché Bellatrix è sprecata accanto a te.”

Quello stronzo di Evan Rosier ridacchia divertito e si attira uno sguardo gelido di Tom che lo induce ad abbassare lo sguardo e tornare a scrivere sul pc. Rabastan però non ci sta a incassare così facilmente, è venuto per fare il firewall, così si avvicina a Bellatrix e guarda Tom negli occhi, come per sfidarlo. “Mi piacerebbe,” gli dice, “ma vedi, sono qui per imparare da Bellatrix.”

“Puoi imparare da Antonin,” ribatte con un tono di voce freddo.

“Ma Bellatrix mi ha invitato.” Rabastan è deciso a non mollare, sa riconoscere il nervosismo mascherato e Tom lo sta detestando. 

“Rab, ti prego, spostati. Vai da Tony,” gli ordina Bellatrix. Rabastan sospira, alza le mani e si sposta mentre Evan continua a ridacchiare. “Non c’è un cazzo da ridere, Rosier.”

“Resteremo solo io e te, Bella,” le dice Tom. “Alla fine di questa serata, chi perde dovrà pagare penitenza.”

“In che modo?” 

“Lo scoprirai.”

La verità, pensa Rabastan, è che Tom Riddle ha la chiave di cifratura di tutti i sistemi di Bellatrix. Non c’è firewall che possa tenere di fronte a un attacco di tale intensità. Bellatrix diventa come creta tra le sue mani che la modellano. Il resto della serata lo trascorre osservando Tom che si avvicina sempre di più a Bellatrix, che le sussurra parole nell’orecchio mentre gli altri sfidanti man mano lasciano il campo. Le prove diventano sempre più difficili con il passare delle ore e alla fine, proprio come aveva predetto Tom, sullo schermo ci sono solo i nomi di Lord Voldemort e BlackHat51.

Dopo l’ultima sfida, sullo schermo rimane solo il nome di Lord Voldemort e il volto di Bellatrix è colmo di eccitazione. Rabastan non ha mai visto nessuno tanto eccitato dopo aver perso. Prima di andare via, Lord Voldemort si china su di lei e le lascia un pacchetto. Rabastan riesce a sentire che le sussurra: “Aprilo quando sei a casa e mandami un messaggio.”

Bellatrix annuisce eccitata e quasi nemmeno lo saluta. Corre a casa, mentre Tom si intrattiene con Evan e Antonin. Rabastan si unisce al loro invito a bere qualcosa di migliore dei cocktail di terz’ordine che servono in quella bettola. 

Aveva quasi dimenticato di essere a Soho. Pochi metri dopo è nel cuore pulsante di Londra. Tom Riddle li porta in un cocktail-bar dove servono drink miscelati per l’occasione e Rabastan si sorprende che ci siano così tante modelle in giro. Tom guarda i tre uomini e dice loro: “Vedete tutte queste modelle? Approfittatene per scopare, perché lunedì non vi voglio vedere fare i cretini con Bellatrix.”

“Che problema c’è nello scherzare con Bella?” domanda Rabastan, deciso a provocare fino in fondo. Se la sua amica ha abbassato le difese, lui è deciso a sondare il terreno per lei, così, continua provocatorio: “A quanto mi risulta, è una donna libera.”

“Non proprio.” Lo sguardo di Tom è gelido. “Ti ho già detto che non sei alla sua altezza.”

“Lascia decidere a lei.” Rabastan insiste, ignora il silenzio terrorizzato di Evan e Dolohov, li vede iniziare a guardarsi intorno, mentre Tom non sposta lo sguardo di un millimetro da lui. Il lampeggiare dello schermo del telefono lo distrae. Tom gli sorride divertito. “Buona serata, Lestrange. Devo andare.” Ruota un dito per indicare ciò che li circonda e gli sussurra: “Approfittane. Non essere testardo come tuo fratello."

Rabastan scoppia a ridere. A quanto pare, Tom ha deciso di passare all’azione. Gli occhi di Rabastan si soffermano su una biondina dai boccoli morbidi che gli sorride. Forse, la sua serata è appena migliorata.



 

 

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Capitolo 6
*** Closing - Alexandra/Rodolphus ***


Closing
Alexandra/Rodolphus


 

Alexandra si lascia sfuggire un sospiro.

“Non trovi che questa storia sia ridicola?” 

La voce di Barty la riporta con i piedi per terra e lei si ricompone, distoglie lo sguardo dalla parete di cristallo che separa l’ufficio di Rodolphus dal corridoio e lo sposta sul responsabile social della Legilimens che le rivolge un sorriso sarcastico, “Se ti piace tanto, vai da lui. Non ha senso tenere il punto e star male per principio.”

“Non è una questione di principio. Ho paura di essere presa in giro.”

“Non hai alternative: o vinci la paura o tiri una riga e vai avanti.”

“Da quando tu e Regulus avete iniziato a uscire, sei diventato improvvisamente più saggio,” nota, sospira nuovamente, e gli domanda: “Tu cosa faresti se avessi davanti la prospettiva di una serata con lui?”

Barty sbatte gli occhi e indietreggia di un passo, come per metterla meglio a fuoco. Passa una mano tra i capelli color paglia come per afferrare un pensiero che fino a quel momento non aveva colto. “Come, scusa? Esci con Lestrange?”

“Hai presente l’ingegner Tanaka?”

“Quello che sta sviluppando quelle librerie per noi?” 

“Esatto. Oggi pomeriggio verrà a discutere alcuni dettagli del contratto. Dobbiamo sistemare tutta la parte relativa ai trasferimenti di dati e ai tempi di conservazione e concordare i protocolli di cifratura. Tanaka è anche un amante di Shakespeare e Rodolphus ha organizzato una cena di lavoro, seguita dalla visione di Amleto al Globe.”

“Quindi hai la prospettiva di una tragedia.” La voce di Barty è scherzosa, ma Alexandra sente un brivido scenderle lungo la schiena, come se in quelle parole ci fosse un fondo di verità che lei intravede confusamente. “Pensi che sarà tanto tremendo?” 

“Beh, se pensi di andare a cena e a teatro vestita così…”

“Cos’ha che non va il mio tailleur?” 

“Sei molto più chic e più bella di questa versione basic che ti ostini a indossare da quando hai smesso di andare a letto con Lestrange. Approfitta di questa serata per schiarirti le idee, e fallo tirando fuori l’artiglieria pesante.”

“Cioè?”

“Seguimi.” Barty inizia a camminare lungo il corridoio trascinandola con sé e Alexandra sente le guance arrossarsi quando passano davanti l’ufficio di Rodolphus e i loro sguardi si incrociano per un istante. “Dove andiamo?” gli domanda nel tentativo di capire cosa abbia in mente il suo amico.

“A fare shopping, ovvio!”

Regulus li segue con le mani nelle tasche e Alexandra lo sente dire ad Alecto che escono per pranzo e che probabilmente rientreranno un po’ più tardi. Barty sembra avere le idee chiare e Regulus la prende in giro: “Hai visto come la guardava Rodolphus?”

“Sì, vedrai come la guarderà quando torneremo!” ridacchia Barty mentre la trascina verso il centro commerciale ai piedi del loro grattacielo. “So già dove andare.” Alexandra lo segue rischiando di inciampare, sfila la mano dalla presa di Barty e si massaggia il polso. “Va bene, ti seguo, non c’è bisogno che mi trascini,” esclama rassegnata. Sfilano tra i corridoi affollati del centro commerciale. In pausa pranzo molti impiegati degli uffici ne approfittano per fare compere, così che sembra di trovarsi nel weekend.

“Per prima cosa andiamo qui,” le dice Barty spingendola in un negozio di lingerie. Entra deciso e va al bancone a parlare con la commessa. Entrambi si voltano verso di lei che sorride nervosamente guardandosi intorno. Certe cose crede di non averle mai indossate, ha sempre pensato che servisse un’occasione speciale che non le si è mai presentata. Ai tempi dell’università, ci si amava con slanci dettati dall’alcol e con poca premeditazione, dopo, beh, non le è mai capitato di dover organizzare simili dettagli. Quando usciva con Regulus, prima che lui scoprisse di preferire Barty, era lui a regalarle della lingerie. Così, Alexandra non si era mai trovata nella situazione di dover scegliere. Regulus le si avvicina e le sussurra: “Secondo me, ti conviene avvicinarti, non farti controllare da Barty.” Alexandra annuisce e domanda: “Ehm… cosa siamo venuti a fare qui?”

“Beh, come le dicevo, la mia amica ha una serata molto importante. Ha bisogno di un completo che la faccia sentire al top, sicura di sé.”

“Qualcosa che sia comodo.”

Barty le rivolge un’occhiataccia e poi torna dalla commessa: “La ignori. Niente mutande della nonna. Deve far perdere la testa a un uomo.”

Alexandra protesta: “Ma non è in programma che le veda!”

“Non puoi saperlo e comunque tu saprai che potrebbe vederle e questo farà la differenza. Vero?” domanda alla commessa che annuisce mentre mostra dei completini di pizzo. Alexandra si limita a sussurrare la sua taglia con un certo imbarazzo. Prova il completo e Barty decide che dovrà indossare quello nero. “È più chic.”

Acquista anche delle calze di seta e un altro paio di slip, più semplici, su consiglio di Barty: “Tienile in borsa, ti servirà un cambio per il mattino dopo.” 

La commessa annuisce raggiante e prova a venderle anche una camicia da notte, un baby doll e altri accessori ma lei declina con la scusa che tutto deve essere naturale. Stranamente, Barty le dà ragione.

Continuano il loro shopping in un negozio di abiti e questa volta la costringe a provare un tubino nero che arriva sopra il ginocchio e delle decolté dello stesso colore. Aggiunge una giacca in seta nera, dal bavero morbido come quello di uno smoking e Alexandra domanda perplessa: “Ma non è un po’ troppo elegante?”

“Non si è mai troppo eleganti,” le risponde Regulus mentre prova un cappotto di lana antracite. Barty gli sorride e annuisce: “Valorizza i tuoi occhi, Reg, prendilo.”

Terminati gli acquisti, si fermano a mangiare un sandwich in un chioschetto del centro commerciale. Sono circondati dai pacchetti degli acquisti e Alexandra immagina la curiosità che proverà Rodolphus.

Non appena entrano in ufficio, Barty le ordina: “Adesso vai in bagno a cambiarti.” Regulus le impedisce di vedere Rodolphus, ma Alexandra sente il movimento della sua sedia e avverte una stretta allo stomaco. Entra dentro il bagno con i sacchetti e si cambia. Fuori dal cubicolo Barty le ricorda: “Non dimenticare la lingerie.”

“Io, forse è meglio se torno in ufficio,” mormora Regulus, a disagio per quella situazione. Barty è intento a scrivere sul telefono annuisce e poi esulta per le metriche dei suoi tweet. “Stiamo andando alla grandissima!” 

Alexandra, nel frattempo, è chiusa nel cubicolo del bagno, intenta a sfilarsi il tailleur, la sua biancheria comoda (dei normalissimi slip di cotone nero e un reggiseno altrettanto semplice in microfibra, con le coppe, che altrimenti ci sarebbe ben poco da vedere). Fa le contorsioni per infilare le calze di seta senza romperle, staccare le etichette, aprire le confezioni, infilare gli abiti nuovi. Fuori dal suo cubicolo, sente un andirivieni di persone e ogni tanto qualcuno chiede a Barty cosa stia accadendo e lui, con la sua consueta faccia tosta, risponde: “Alex si prepara per la serata con Tanaka. Diamo un’immagine professionale e di classe della Legilimens.”

Quando esce dal bagno, Alexandra non ha certezze. Si è vestita al buio, senza nemmeno l’ausilio di uno specchio. “C-come sto?” 

Barty le rivolge un ghigno trionfante e un cenno di approvazione: “Alla grande. Ti scoperei persino io che sono gay…”

“Sempre molto fine,” è il commento che si concede mentre piega i suoi vestiti, li infila nelle buste di cartone della boutique ed elimina tutte le confezioni che accompagnavano l’intimo. 

“Non dimenticare il cambio per domani!” le sussurra Barty che già raggiunge la porta per tornare nel suo ufficio. 

“Non mi servirà!” Alexandra ne è sicura: andrà a cena, accompagnerà Tanaka al Globe e poi ciascuno di loro si saluterà e torneranno a casa. Non ci sono altri programmi. Non ha nessuna intenzione di finire tra le braccia di Rodolphus. Hanno ricominciato a parlarsi e a mantenere un rapporto civile. Hanno ripreso a lavorare e una volta sono anche andati a un pranzo di lavoro insieme. Forse, dopo quella serata, accetterà un pranzo o un caffè con lui, ma nulla di più. Al contrario, Barty sembra molto convinto delle possibili evoluzioni della serata, le rivolge un occhiolino ed esclama: “Aspetta a dirlo!” 

Alexandra scuote la testa, va in ufficio, sistema il tutto nel suo armadietto con gli effetti personali e prende la documentazione relativa al contratto con Tanaka. Prima che arrivi il loro fornitore, vuole discutere alcuni aspetti con Rodolphus che guiderà la negoziazione. Afferra il pc sotto il braccio e bussa alla porta del suo collega. 

“Volevo rivedere con te alcuni aspetti relativi al contratto di Tanaka.”

Rodolphus annuisce e le fa cenno di entrare. Siedono al tavolo riunioni su cui tutto è iniziato. Alexandra si impone di non fare certi pensieri, anche se il pizzo della lingerie scivola sinuoso contro la sua pelle e le rende inevitabile pensare ai suoi desideri.

“Tutto questo per Tanaka?” le domanda Rodolphus ammirandola.

“Barty ha saputo che portiamo il cliente a cena e a teatro e ha detto che il mio outfit non era adeguato.”

“Sei sempre adeguata, ma devo ammettere che stai benissimo.”

Le guance le vanno in fiamme mentre sussurra un grazie imbarazzato. Si sforza di guardare lo schermo del suo computer, va alla clausola sui trasferimenti di dati e spiega a Rodolphus i parametri. “Vedi, è un argomento piuttosto caldo e sotto la lente di attenzione delle autorità di controllo. Ora, noi abbiamo due strade: possiamo minimizzare i dati, cifrarli o fare in modo che loro li tengano il meno possibile e per lo più in Europa.”

“Ma noi siamo inglesi, c’è stata la Brexit.”

“Sì, ma i nostri principali clienti sono europei e la legislazione è simile. Non voglio finire nei guai con Bruxelles.”

Rodolphus annuisce. Rileggono il contratto, discutono della strategia complessiva, e stanno ripercorrendo le priorità indicate da Tom Riddle quando viene annunciato l’arrivo del loro ospite. Chiudono i computer e si alzano per andargli incontro e accoglierlo. Chiedono allo stagista di portare del tè per tutti loro e iniziano a discutere di clausole contrattuali, dettagli tecnici e aspetti di compliance.

Tanaka è felice di andare loro incontro, conosce bene i requisiti per i trasferimenti di dati e prova a rassicurarla: “I nostri sviluppatori hanno già studiato alcune soluzioni. Siamo consapevoli di questo impasse con l’Europa e crediamo che se riusciamo a risolvere la questione, possiamo entrare nel mercato europeo.”

Ad Alexandra non sembra vero, quelle parole sono musica per le sue orecchie. Discutono di sistemi di cifratura, di pseudonimizzazione dei dati e di tempi di conservazione. Tanaka le mostra le certificazioni, gli standard di sicurezza e lei annuisce entusiasta mentre compila gli allegati contrattuali. Alla fine, Rodolphus e Tanaka firmano il contratto e sono pronti per la cena in cui brinderanno a quell’accordo.

“A Londra ci sono i migliori ristoranti del mondo,” spiega Rodolphus. 

“Basta che non mi portate in una di quei posti che fanno cucina molecolare con cui sono fissati nella Silicon Valley, voglio qualcosa di più tradizionale.”

“Allora ho prenotato nel posto giusto. Sa, mio fratello cura la rubrica di eventi sul Times e ha accesso ai ristoranti più esclusivi. Andremo a cena vicino il teatro, c’è uno dei migliori ristoranti di Londra.”

“Vedremo Amleto?” domanda Tanaka eccitato.

“Proprio così,” annuisce Rodolphus, entusiasta da quella scoperta. Vedere Amleto al Globe theatre è stato un colpaccio. Nessuno di loro sapeva che quell’opera fosse la preferita di Tanaka e la coincidenza ha voluto che la dessero proprio in occasione della firma del contratto. L’indomani, il teatro avrebbe avuto in calendario “La bisbetica domata”.

Alexandra li segue, chiacchiera, racconta aneddoti della vita a Londra. Lei e Rodolphus raccontano quanto sia diverso vivere nel Regno Unito rispetto a New York e come la California sembri un posto così lontano dal loro modo di vivere.

“L’Europa ha sempre un altro fascino,” sospira ammirato Tanaka. Alexandra e Rodolphus ignorano la gaffe e quel riferimento all’Europa che apre ferite non ancora sanate. La sconfitta del referendum brucia e l’incertezza del futuro un po’ spaventa chi sa intravedere le difficoltà. Ad ogni modo, non sono discorsi con cui celebrare il closing di un contratto importante, molto meglio parlare di attualità tecnologica, di viaggi, di curiosità e di tutto ciò che possa intrattenere un ingegnere newyorkese trapiantato a San Francisco, con un padre di origini giapponesi e una madre originaria del Brasile. 

Per fortuna, la cena è deliziosa e il discorso vira sul cibo, sui vini, quelli francesi, raccomanda Rodolphus, ma Tanaka ribatte che anche i californiani sono migliorati e Alexandra percepisce il risentimento di Rodolphus. 

Si spostano al teatro. Rodolphus, per il tramite di Rabastan, è riuscito a ottenere degli ottimi posti centrali. Tanaka è entusiasta come un bambino, lo si sente sussurrare le battute del copione e Alexandra e Rodolphus si scambiano uno sguardo e si sorridono. Rodolphus è seduto nel mezzo, tra lei e Tanaka, e quando le luci della platea si abbassano, le sfiora la mano. 

Se non avesse visto quella tragedia un’infinità di volte, Alexandra si sarebbe persa nel sentire le dita di Rodolphus che le accarezzano la mano e che si insinuano al di sotto del polso. Girare il palmo della mano verso di lui è un istinto che Alexandra non sa controllare. Si irrigidisce per la tensione quando le dita di lui corrono lungo il palmo e arrivano ad allargare le dita della sua mano. Si scambiano uno sguardo, Alexandra ha le guance in fiamme e ringrazia il buio del teatro, mentre Rodolphus le tiene la mano come se fossero due adolescenti. Il proposito di mantenere le distanze è naufragato.

Alla fine dello spettacolo, chiamano un taxi per Tanaka e lo osservano rientrare in hotel dopo un’infinità di ringraziamenti per la splendida ospitalità.

“Mi mancava venire a teatro,” le confessa Rodolphus.

“Anche a me. Da bambina, i miei erano abbonati alla stagione del Barbican e ci andavamo spesso.”

“Il Barbican? Interessante. Spesso venivo qui al Globe. I miei amavano cambiare e mia madre è un’appassionata di musical, quindi eravamo spesso in Shaftesbury Avenue.” 

È incredibile come le cose siano sempre semplici e naturali con Rodolphus. Hanno una tendenza naturale ad andarsi incontro. Parlare con lui è estremamente semplice, così Alexandra ricorda: “Fuori dal Barbican c’era un chioschetto che vendeva le Chicken Pie e dopo il teatro ne dividevo sempre una con mio papà.”

Rodolphus la osserva con le labbra incurvate nel sorriso che le toglie il respiro. Sembra un po’ incerto quando le dice: “Purtroppo qui il posto che vende le pie chiude verso le sei, ma se ti va, il mio freezer ha una Chicken Pie di Tesco che può essere pronta in pochi minuti di forno.”

Alexandra non sa come prendere quell’invito, rimane spiazzata. Nella sua mente, la voce di Barty esulta e la incita ad andare, ma lei si sente terrorizzata dalla paura che tutto quello che accadrà possa finire per spezzarle il cuore ancora una volta. Rodolphus intuisce qualcosa. Lui sa leggerle dentro come nessun altro, la rassicura: “Non ho secondi fini, Alex, mi sembra un invito carino per mantenere la tradizione della pie,” si giustifica. 

“Grazie, Rod. Abiti qui vicino?”

“Sì, sono nella via qui dietro. Ti va di salire? Ti prometto che dopo la pie chiamerò un taxi per riaccompagnarti a casa.”

Ha paura di finire con il cuore spezzato e, al tempo stesso, non vuole allontanarsi da Rodolphus. Così, sorride e annuisce cercando di lottare contro l’immagine che la sua mente le propone di Barty che balla la conga con Regulus.

Rodolphus è gentile e premuroso, le fa strada fino a un edificio moderno, di quelli che hanno il portiere anche la notte. L’uomo lo saluta ossequioso e gli lascia la posta. Rodolphus lo ringrazia e la guida verso l’ascensore. Arrivano al trentesimo piano, un corridoio di porte si susseguono tra le luci soffuse. Sembra di essere in un hotel di lusso. La porta si apre su un appartamento dall’arredamento di design minimalista che ricorda un po’ quello dell’ufficio.

“Hai scelto tu gli arredi alla Legilimens?” domanda Alexandra strappando una risata a Rodolphus. Il sorriso di lui che si allarga la incanta ogni volta. “No, e nemmeno quelli di questo appartamento. Era già così quando l’ho preso. L’ho scelto per la vista.” La guida fino alle ampie vetrate che danno sul Tamigi. Poco distante, si vede il Globe, quasi nascosto dagli altri palazzi. 

“I piani superiori erano tutti occupati, ma la vista di Londra è impagabile.”

“Sbaglio o è simile a quella di Tom?”

“Non sbagli, lui abita a qualche isolato da qua,” le confida mentre si dirige verso il freezer per estrarre la chicken pie. 

“Vuoi una mano?” domanda. Rodolphus scuote la testa. “No, sei mia ospite! Siediti!” La invita a prendere posto sullo sgabello posto davanti alla penisola di marmo bianco e le versa un calice di vino aggiungendo: “Altro che vini californiani!” Gli occhi scuri di Rodolphus sono luminosi e in pochi istanti sembra che quel mese trascorso a star lontani non sia mai esistito. Il trillo del forno li avverte che la pie è pronta, Rodolphus la sistema in un piatto e prova a tagliarla in due. Si volta a prendere un altro piatto per servirla anche a lei, ma Alexandra lo ferma: “La tradizione vuole che la dividiamo.” Rodolphus guarda il piatto incerto, Alexandra gli sfila il coltello dalle mani e la divide in piccole fette che possono piluccare da un piatto comune. Rodolphus sorride, prende il suo calice e la raggiunge sullo sgabello accanto.

“Al chioschetto prendevamo una pie da dividere.”

“È un po’ scomoda da mangiare in comune, non credi che ci sia il rischio di sporcarsi?” 

Alexandra non risponde, affonda la forchetta nella pasta sfoglia ripiena di pollo, ne prende un pezzetto e aspetta che si raffreddi un po’ prima di assaporarlo. Chiude gli occhi mentre mette in bocca il primo pezzo ed esclama sognante: “Mmm… ha lo stesso sapore di quella del chioschetto.”

“Dubito che ai chioschetti ci si possa attendere una pie artigianale,” le ribatte Rodolphus. Alexandra gli dà un colpetto al braccio e lo rimprovera: “Non distruggere le mie illusioni da bambina!” 

Rodolphus la osserva con un sorriso tenero che le provoca una capriola nello stomaco. “Sarai stata tenerissima.” Il modo in cui si guardano subito dopo le fa dimenticare persino la paura che ha di lasciarsi andare. Inizia a sentire che non è giusto rinunciare a quei momenti perché ha paura di uscirne con il cuore spezzato, che se deve soffrire, allora vale la pena vivere momenti come quelli. Rodolphus abbassa lo sguardo imbarazzato, esita nei gesti e nelle parole e Alexandra intuisce che teme di rovinare tutto. Lo osserva prendere un altro boccone di pie e una goccia di sugo rimane impigliata sulla barba senza che lui se ne accorga. 

Tra loro è sceso un silenzio ravvivato dagli sguardi teneri che si scambiano. Alexandra prende il coraggio a due mani, afferra il suo tovagliolo, scende dal suo sgabello e si avvicina al volto di Rodolphus per togliere quella goccia rimasta nella barba. Nonostante il tovagliolo, Rodolphus si blocca quando lei gli sfiora il volto, i suoi occhi si allargano e Alexandra sente ogni resistenza venirle meno. Si china su di lui e lo bacia.

C’è un istante che coglie Rodolphus di sorpresa ma poi le sue labbra rispondono al bacio e le braccia di lui la stringono di nuovo ed è bello tornare ad amarlo. Non appena le loro bocche si allontanano per riprendere fiato, Rodolphus le domanda: “Vuoi che ti chiami un taxi?”

“Non pensarci nemmeno,” gli risponde riprendendo a baciarlo. Contro la sua bocca, Rodolphus sorride e le sussurra: “Volevo essere sicuro.” Subito dopo, le dita di lui fanno scorrere la cerniera del suo tubino che scivola tra i piedi di lei.

“Santo cielo,” mormora quando la vede con la lingerie. Alexandra ringrazia mentalmente Barty e la sua previdenza. Trema quando Rodolphus le accarezza i fianchi e la prende per mano per condurla in camera da letto. È come se quel mese di separazione non fosse mai esistito. Tornare ad amare Rodolphus, sentirlo affondare dentro di lei le strappa gemiti di piacere che le tolgono il respiro. Non ci sono giochi di letto, non hanno il tempo, la voglia o la fantasia. In quel momento c’è solo la nostalgia che hanno l’uno dell’altra, il bisogno impellente di tornare a incastrarsi e azzerare le distanze che si sono insinuate tra loro. Persino dopo, rimangono stretti l’uno all’altro e Rodolphus si sveglia preoccupato quando la sente muoversi sul materasso. 

“Vado un attimo in bagno,” gli sussurra. 

“Non andare via,” la implora.

Alexandra scuote la testa, lo rassicura: “Non vado da nessuna parte.” 

La mattina seguente, quando Alexandra si sveglia, trova il letto vuoto e il profumo di caffè pronto che arriva dalla cucina. Infila gli slip di emergenza, proprio come aveva previsto Barty, e indossa la camicia azzurra di Rodolphus. Le piace sentire il profumo di lui addosso. 

Prima di farsi vedere, l’osserva per qualche istante intento ad armeggiare con una ciotola, uova, latte e farina. Nota il modo in cui lo sguardo di lui si illumina quando la vede e il sorriso si allarga. Decide che quella è l’espressione che vuol vedere su Rodolphus, per tutta la vita. 

“Il caffè è pronto,” le dice riempiendo una tazza. Alexandra lo raggiunge, si scambiano un bacio e lei afferra la sua tazza di caffè mentre domanda: “Cosa prepari?”

“Pancake.”

“Wow! Vuoi una mano?”

Rodolphus annuisce, la prende in braccio e la fa sedere sul marmo bianco della penisola della sua cucina. “Baciami,” le sussurra. I loro nasi si sfiorano, le loro labbra si incontrano e poi Alexandra gli sussurra: “Non bruciarli.” Così Rodolphus toglie i primi pancake dalla padella e ne fa degli altri prima di tornare a baciarla. Alexandra attira Rodolphus a sé, ama sentirlo addosso, adora sentire la sua barba sfiorarle il viso e le loro bocche che si cercano con impazienza.

“Rod, stai bene?” Una voce di donna li interrompe e Alexandra ha una orribile sensazione di deja vu. Scende dalla penisola mentre sente Rodolphus domandare: “Maman? Ma cosa ci fai qua?”

Dal corridoio spuntano i genitori di Rodolphus e il fratello. Alexandra vorrebbe seppellirsi sotto terra. Se mai ha fantasticato sul conoscere la famiglia di Rodolphus, di certo non era mentre lei era in mutande con indosso solo la camicia di lui.

“Oh, ti abbiamo disturbato!” esclama la madre non appena mette a fuoco la sua presenza. “Scusaci, Rabastan ieri sera aveva proposto un brunch ma non ti vediamo connesso dalle 6 di ieri sera e ci siamo preoccupati.” La madre di Rodolphus è una signora elegante dai capelli castani ancora tinti e acconciati in una piega perfetta. Indossa gli orecchini e un filo di perle grigie sopra un completo in cashemere blu che la rendono elegante e sofisticata.

“Invece era in ottima compagnia,” aggiunge il padre lanciando un’occhiata di intesa al figlio. “La signorina è?”

“Alexandra Turner, piacere,” risponde cercando di mascherare l’imbarazzo. Dentro di sé vorrebbe scomparire. E scuote la testa implorante quando osserva la madre di Rodolphus che si avvicina alla penisola. Istintivamente incrocia le gambe e si sporge verso la donna per darle la mano attraverso il bancone di marmo. La donna comprende che non è il caso di raggiungere il figlio, rimane al suo posto e le va in salvo Rabastan, il fratello minore di Rodolphus. Ha un sorrisetto divertito che innervosisce Rodolphus, Alexandra riesce a sentire quella specie di respiro irritato che sfugge a Rodolphus ogni volta che cerca di mantenere la calma. Di solito, sono le provocazioni di Barty durante le riunioni, o i commenti acidi di Evan Rosier, ma questo contesto le è nuovo e non conosce la natura dei rapporti esistenti. “Beh, appurato che Rod sta benissimo, potremmo trasformare il brunch in un pranzo,” propone. “Chiamo il ristorante per spostare la prenotazione.”

“Sì, invita anche… Alexandra, se vuoi, sarebbe un piacere averla ospite e conoscerla un po’. Pare meno musona di quella,” commenta la signora Lestrange. Alexandra sorride imbarazzata, pensa che dovrebbe passare da casa e recuperare un cambio, si augura che la madre di Rod non stia guardando il suo tubino nero che è rimasto a terra, dall’altra parte della penisola, tra i due sgabelli. Ovviamente, è una speranza vana. La donna si china a raccoglierlo e le fa un commento per il buon gusto prima di posarlo sullo sgabello. È il signor Lestrange a tirarli tutti fuori dall’imbarazzo e spingere la moglie e il figlio fuori dall’appartamento di Rodolphus, sostenendo che avranno modo di chiacchierare a pranzo e che forse è il caso di dar modo ai due di ricomporsi. 

Quando la porta dell’ingresso si chiude, Rodolphus sorride imbarazzato: “Adesso hai visto dove vivo e hai persino conosciuto la mia famiglia. Lunedì andiamo a parlare con Alecto.”

“Non dovevamo andarci piano?”

“Non voglio nemmeno pensare di trascorrere del tempo senza di te.” Alexandra si lascia abbracciare, attira a sé Rodolphus e sente la bocca di lui sul collo, mentre le mani le sollevano i lembi della camicia. “Abbiamo un po’ di tempo prima del pranzo,” le sussurra mentre la guida di nuovo in camera da letto. 

I pancake possono aspettare.













 


Note:
Chi non ha letto Kintsugi sicuramente non sa che il 24 febbraio è il giorno del compleanno di Rodolphus nel mio universo narrativo. Per l'occasione ho quindi deciso di aggiornare con un capitolo tutto dedicato a Rod e dargli qualche gioia. 
Nell'inglese degli affari, il closing è la data finale in cui viene chiusa un'operazione. Indica anche il termine finale entro cui deve essere fatto un determinato atto (ad esempio la sottoscrizione del definitivo). In questo caso indica sia il motivo per cui l'ingegner Tanaka va a Londra, sia la chiusura definitiva dei dubbi di Alex e l'inizio della storia con Rod.
Sperando che Clo non ne abbia tanto a male! Ahahahaha
Un abbraccio,
Sev

 

 

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Capitolo 7
*** Penetration Test - Tom Riddle/Bellatrix Black ***


Penetration Test

Tom Riddle/Bellatrix Black


 

Nella sua vita, Tom Riddle ha sempre ottenuto ciò che desidera ed è dipeso unicamente dal suo talento e dalle sue abilità. Certo, qualche pusillanime ha persino sostenuto che nascere con una certa intelligenza, o un determinato talento, sia stata di per sé una fortuna, paragonabile all’essere nato in una famiglia agiata o in una certa parte del mondo. Tuttavia, nessuno conosce il passato di Tom e lui ci tiene a lasciarselo alle spalle una volta per tutta: una famiglia inadeguata con cui ha tagliato i ponti non appena ha messo insieme i primi proventi delle truffe online. 

È sopravvissuto da solo, nel web degli anni Novanta, ha assistito alla crescita di Internet. In quegli anni ha fatto di tutto. Il phishing lo commuove ancora e ricorda con una certa nostalgia i tempi in cui otteneva i codici delle carte di credito delle vecchiette e programmava minuscole transazioni. Tutte quelle nonne amorevoli che gli inviavano microdonazioni di poche sterline o pence al mese e che, su una popolazione di 100.000 vittime, facevano una cifra non indifferente.

Il problema del crimine, però, è riuscire a giustificare i soldi, renderli liquidi, poterli spendere senza destare sospetti. Con il passare del tempo e l’intensificarsi dei controlli, Tom si è trovato costretto ad aprire un’azienda e rendersi rispettabile. La parcella che ha pagato al commercialista che ha seguito l’operazione eè stata sfacciatamente alta, ma come gli ha detto quell’uomo: “Lui era un uomo sfacciatamente ricco,” e poteva permettersela.

Ogni istante della sua vita è stato dedicato allo smontare e rimontare le cose: violare un sistema, smantellare le difese, portare via qualcosa che lui desidera e poi metterla al sicuro, tra ciò che lui possiede. Il suo conto corrente alle Caymann è pieno di tesori messi in sicurezza. Ha la certezza che quando si fosse stancato avrebbe potuto ritirarsi a vita privata in un paradiso tropicale. La verità, però, è che non si stanca, sente continuamente l’adrenalina della sfida che lo accende e ama il momento in cui la sua mente inizia a ponderare scenari, immaginare soluzioni che lo portino all’obiettivo che si è prefisso. Le altre persone si lasciano distrarre dal contesto, dall’ambiente che li circonda, ma lui, che dagli ambienti è fuggito, ha la mente focalizzata completamente sull’obiettivo. 

Sono poche le persone in grado di mostrare una simile dedizione e concentrazione. Lui le chiama “anime affini” e nel corso della sua vita ne aveva incontrate ben poche: Antonin, Rodolphus e poi, dopo moltissimo tempo, Bellatrix. L’incontro con quella ragazza lo ha sorpreso sotto molteplici punti di vista. Ha impiegato pochissimo tempo a capire che si trattasse di BlackHat51, un hacker che aveva incrociato diverse volte e di cui aveva letto la fama su diversi blog. L’aveva sempre immaginata come il suo avatar, una sorta di Cappellaio Matto dai toni dark e si era sorpreso nello scoprire che fosse una ragazza estremamente sexy.

Bellatrix Black è dannatamente sexy, non solo per il fisico tonico e la bellezza del volto, per i lineamenti aristocratici e la postura dritta. Non lo è nemmeno per la camminata sicura di sé, o per l’indifferenza con cui tratta gli altri uomini. No, Belltrix Black è sexy perché si accende quando viola un sistema. Forse lei non lo ricorda, ma in chat, diversi anni prima, lei gli ha confessato che violare un sistema l’eccita sessualmente. 

Ai tempi, Lord Voldemort si era immaginato una donna triste e sola che non poteva avere altra gratificazione che il brivido dell’illegalità, ma quando i suoi occhi si sono posati su BlackHat51, ovvero su Bellatrix Black, Tom Riddle ha riconsiderato il giudizio affrettato e ha iniziato a elaborare un piano per violare il primo sistema operativo biologico.

Ha dovuto disattivare il firewall rappresentato da Rodolphus. Ora, un moralista potrebbe dire che rubare la fidanzata ad uno dei suoi più stretti e fidati collaboratori sia una carognata, ma invece è un atto di generosità. Tom ha guidato Rodolphus verso una donna che è alla sua altezza e che lo sta facendo rinascere. Bellatrix è rimasta esposta e benché diverse persone abbiano notato l’accessibilità del sistema, nessuno è in grado di competere con lui. Tom sa di avere la chiave di cifratura del sistema di Bellatrix e finalmente avrebbe realizzato la fantasia che lei gli aveva confessato anni prima.

L’arrivo di una notifica illumina lo schermo del telefono di Tom. Un leggero scroll del pollice e il messaggio di Bellatrix gli strappa un sorriso. “Sono a casa.”

“Apri il pacchetto.”

La sera prima ha consegnato quel pacchetto davanti a Evan e Antonin perché sappiano che devono distogliere gli occhi da Bellatrix. Tom si è innervosito quando quel rompiscatole di Rabastan ha provato a interferire con i suoi propositi. Guarda lo schermo del telefono e le labbra si incurvano in un sorriso nel vedere l’emoticon imbarazzata che Bellatrix gli invia.

“Hai capito che cos’è?”

“È per caso… un vibratore?” 

“Hai sempre detto che violare i sistemi ti eccita. Ti va di fare un gioco?”

“Può controllarlo da remoto?” 

“Tu preparati e dimmi quando sei pronta. Ti mando le istruzioni. Tieni la camera del pc accesa. Voglio vederti.”

“Agli ordini.”

Tom si lascia sfuggire un sorriso pieno di brama. Apre il computer, collega due schermi: sul primo la consolle, sul secondo la finestra con la chat e la cam di Bellatrix. Indossa una lunga canotta nera ampia e scollata, i capelli sono legati in una treccia scomposta che gli fa venire voglia di disfarla del tutto. Tom vorrebbe affondare il viso tra i seni di Bellatrix, sente l’erezione gonfiarsi quando vede le cosce bianche di lei che è seduta sulla punta della sedia. Sulla scrivania intravede il lubrificante che ha utilizzato. 

“Sono pronta.”

“Ottimo. Adesso copio-incollo le istruzioni in chat. La regola del gioco è molto semplice: non puoi raggiungere l’orgasmo finché non sei dentro il sistema. Sei pronta?”

“Sono pronta.”

Tom aziona da remoto il vibratore, osserva gli occhi di Bellatrix che si spalancano e le bocca che si socchiude per il piacere mentre avvicina la tastiera sulle ginocchia e tra uno spasmo e l’altro inizia a lanciare i comandi. Lo schermo con la consolle monitora i comandi dati da Bellatrix, Tom annuisce divertito e regola la velocità del vibratore secondo i progressi di lei. La vede andare in crisi, ansimare, essere sul punto di raggiungere l’orgasmo e quando lei prova a infilare una mano tra le gambe, Tom le scrive: “Non provare a toglierlo per prendere fiato.”

Bellatrix gli lancia un sorriso malizioso e Tom sente l’erezione nei suoi pantaloni che pulsa. La vorrebbe lì, in ginocchio tra le sue gambe, pronto a soddisfarlo. Sa che per quello ci vuole ancora un po’ di tempo, che lei non è del tutto piegata al suo volere. L’occhio si alterna tra i comandi e le espressioni di Bellatrix, Tom non sa cosa sia più eccitante. Entrambe le cose sono estremamente divertenti. Osserva il momento in cui entra nel sistema. Tom aumenta la velocità e Bellatrix ansima rumorosamente, si aggrappa ai braccioli della poltrona e si lascia andare del tutto. 

Tom si rilassa, osserva la scena, si accarezza e si lascia andare anche lui a quello spettacolo che si ripromette di provare dal vivo quanto prima.

L’indomani si incontrano in ufficio. Bellatrix gli lancia sorrisi languidi e lui scherza: “Sei molto rilassata, oggi, Bellatrix.”

“Sì, ho avuto una serata piuttosto gratificante,” ribatte. 

“Sei sempre la solita hacker cattiva, Bella…” La osserva mordersi un labbro ed esitare prima di dirgli: “Beh, sa com’è, Tom, nel mondo di tutti i giorni certe gratificazioni è difficile averle.”

In quel momento, Tom maledice la scelta delle pareti di cristallo. Se solo potesse, prenderebbe Bellatrix sulla sua scrivania e le insegnerebbe a smettere di provocarlo in quel modo. Poi, ha un’idea migliore. “Vieni, Bella,” le sibila in un orecchio e la sente fremere. Bellatrix gli va dietro senza dire nulla. 

Tom vede Evan e Antonin sporgersi con il collo e poi Antonin fa segno ad Evan di lasciar perdere. Tom prende l’ascensore e ammira la sua capacità di dominarsi mentre vorrebbe vederla in ginocchio a venerarlo. 

Si ferma al ventesimo piano, dove c’è un hotel cinque stelle. La ragazza della reception le sorride. “Buongiorno, signor Riddle, ecco la sua suite.”

Bellatrix si guarda intorno perplessa, ma continua a seguirlo. Ha sicuramente intuito qualcosa, Tom lo capisce dal modo in cui lei lo guarda, dall’aspettativa che le legge negli occhi. 

“Vengo qua in pausa pranzo. Il servizio in camera è eccellente ed è possibile riposare, fare una doccia e prepararsi al pomeriggio.”

“Non riuscivamo a capire come facesse a cambiarsi,” gli confessa Bellatrix. 

“Quando dicono che vivo alla Legilimens non vanno poi molto lontano. In realtà, abito nell’appartamento in cui ho fatto una festa, questo è più un pied à terre per quando ho bisogno di concentrarmi per qualche ora senza dover andare a casa.”

“È qua che incontra le sue amanti?”

“Io non ho amanti. Non mi interessano certe cose.”

“Perché siamo qui, allora?”

“Perché mi par di capire che tu abbia bisogno di una gratificazione nel mondo reale.”

“È un capo così magnanimo, fa così con tutte le dipendenti?”

“No. Solo con quelle che necessitano queste gratificazioni e se le meritano.”

“Anche la Turner?”

“È qualcun altro che pensa alle gratifiche della Turner. Sei gelosa?”

Bellatrix sembra sollevata, le labbra si distendono in un sorriso e tira fuori quell’aria altezzosa che lo fa eccitare. Tom le si avvicina, ne ispira il profumo e sente il calore che emana il corpo di lei. Si guardano negli occhi, studiandosi attentamente. Tom soppesa i rischi. Non si è mai spinto oltre, non con una sua dipendente. Ha sempre evitato di fare passi che potrebbero metterlo nei guai con un’accusa per molestie, ma Bellatrix è su un altro livello, Bellatrix si è lasciata masturbare in diretta mentre violava il sistema di un competitor. Prima dell’orgasmo ha copiato tutti i segreti industriali di quello stronzo, gli ha cancellato i database e ha messo in vendita i dati dei clienti sul darkweb e ha fatto tutto questo mentre lui controllava il vibratore che era dentro di lei. 

“Sì, sono gelosa,” confessa. “Non mi è mai piaciuto condividere.”

Tom la guarda, inclina la testa di lato e le sibila all'orecchio: “Nemmeno a me.”

Bellatrix freme per la vicinanza dei loro corpi. Tom le accarezza le braccia e si china a baciarla. Sente le labbra di lei rispondere al bacio, prima teneramente, poi in modo più passionale. Bellatrix si abbandona, prova ad allungare le mani verso di lui, ma Tom non ama essere toccato, deve essere lui a decidere. Così, le afferra le mani e le dice: “Non mi toccare, sono io che decido quando e come potrai farlo. Chiaro?”

“Attenderò le sue istruzioni, allora.” Tom le afferra il mento e le sussurra sulle labbra: “Brava.” Osserva divertito le labbra di lei che si socchiudono in attesa di un altro bacio a cui lui si sottrae solo per compiacersi del disappunto di lei. Si china a baciarla lungo il collo, a sollevarle quel maglione che lascia le spalle scoperte, interrotte solo dalle spalline del reggiseno. Bellatrix si sfila i pantaloni mentre Tom inizia a spogliarsi. La prende in braccio e la porta sul letto e la libera anche dalla lingerie. Sotto il suo sguardo, Bellatrix è un sistema completamente aperto, pronto per essere violato. Tom si lascia andare, entra in lei strappandole un gemito di piacere. È tutto molto più intenso rispetto alla sera precedente. Tom affonda in lei e pensa che le casse del suo pc non riescono a riprodurre fedelmente le sfumature di piacere che emette Bellatrix mentre geme. 

Quando tornano in ufficio, il sorriso e i segni sul collo di lei lasciano poco spazio all’immaginazione. Lavorare ha assunto tutto un altro sapore, si dice mentre apre il computer e legge la notizia del data breach del suo competitor. Allunga lo sguardo verso l’ufficio di Bellatrix, i loro occhi si incrociano e lei gli rivolge un sorriso complice: ha letto anche lei la notizia.

Oltre la parete, Evan e Antonin discutono della vicenda: “Hai visto? E dire che loro sono abbastanza sensibili alla sicurezza.”

“Sì, avevano appena rinnovato le certificazioni, chissà come hanno trovato la falla!”

“Beh, non lo sapremo mai, a volte, per trovare le falle,” dice Bellatrix, “un penetration test è il modo migliore, ma poi tocca sistemare le magagne e scoprire di non essere poi così invulnerabili.” 

Tom, nascosto dallo schienale alto della sua poltrona, ascolta attentamente la conversazione, si passa le dita sottili tra i capelli scuri ondulati e sorride divertito dal commento di Bellatrix. Sì, in effetti, un test è proprio quello che ci vuole per scoprire quanto è vulnerabile un sistema. Quello di Bellatrix, oramai, è nelle sue mani.








 


Note:
Questo capitolo lo dedico a Clo che oggi non si sente bene. Spero che i Patatini l'aiutino a rimettersi, un po' come stanno facendo con me. 
Grazie a tutti coloro che stanno leggendo questa storia, per i commenti, gli scleri e anche per i lettori silenziosi. È bello sapere che qualcuno ama trascorrere il tempo con ciò che fa star bene anche a te.
Un abbraccio,
Sev


 

 

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Capitolo 8
*** Third parties disclosure - Rodolphus/Alexandra ***


Third parties disclosure

Rodolphus/Alexandra

 

Rodolphus aprì gli occhi e non appena realizzò di non trovarsi nel suo appartamento, sorrise. Si voltò su un fianco per incontrare lo sguardo ancora assonnato di Alexandra. 

“Bonjour, chérie,” le sussurrò prima di sporgersi per darle un bacio a fior di labbra.

“Buongiorno,” gli rispose con un sorriso sulle labbra. Alexandra si stropicciò gli occhi ancora sporchi di matita, segno che la sera prima non le aveva lasciato nemmeno il tempo di struccarsi. Era sempre così, nonostante le settimane che erano trascorse da quella prima notte insieme. Rodolphus aveva ricevuto persino la benedizione dei suoi genitori che trovavano “adorabile” la sua nuova ragazza e delle Risorse Umane che consideravano corretta la politica di comunicazione della loro relazione. Staccarsi da lei era difficile.

“Oh, cielo, non mi sono struccata!” ridacchiò guardando il soffitto. “Sono proprio stordita.”

“Potrei essere colpevole di questa tua dimenticanza.”

“Sarà meglio rimediare, non vorrei che mi confondessi con un panda.”

“I panda sono adorabili.” Ridacchiò per l’occhiataccia che lei gli rivolse mentre correva in bagno. 

“Se ti serve il bagno, ce n’è un altro in corridoio,” si premurò di avvisarlo mentre chiudeva la porta alle spalle. Rodolphus si sollevò sulla schiena e osservò la stanza intorno a sé. Non aveva prestato molta attenzione la sera prima, troppo preso dalla voglia di stringere Alexandra e di riempirla di baci e di fare l’amore con lei, ma adesso, nella penombra che filtrava dalle tende oscuranti, era incuriosito.

La prima cosa che notò fu la differenza tra occupare un posto e abitarlo. Si rese conto che se lui occupava il suo appartamento, quasi come se fosse un ufficio a lui assegnato, Alexandra lo abitava. 

La stanza era piena di libri e di oggetti che raccontavano le sue passioni. C’erano i gadget nerd, una bacheca con le foto di Alexandra che lo convinse ad alzarsi per osservarle. Raccolse i suoi boxer grigi che erano finiti sotto il letto, sorrise nel ritrovare anche la lingerie di Alexandra e la posò sul letto mentre indossava la camicia azzurra della sera prima. 

La bacheca era posizionata sulla parete accanto alla finestra, tra un tavolo che doveva essere la scrivania e delle mensole cariche di libri che mescolavano gli studi giuridici alla passione per la tecnologia. Osservò le fotografie incuriosito. In una c’era una giovane Alexandra con delle ragazze, fu inevitabile domandarsi se fossero le sue amiche, se un domani sarebbe stato presentato a loro. Che tipe erano? Cosa avrebbero detto ad Alexandra di lui? Era difficile capirlo da una foto in cui le quattro ragazze brindavano su una tavola piena di piatti giapponesi. 

C’erano altre foto. Una era della laurea di Alexandra. Era con Barty e con Regulus, dovevano essere i suoi migliori amici e, poi, c’era un ragazzo biondo dagli occhi azzurri che abbracciava Alexandra e una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi chiari. Rodolphus avvertì una punta di gelosia. Non gli piaceva il modo in cui quel biondino baciava la guancia della sua Alex. Perché quella foto era ancora su quella bacheca?

Lo scrosciare dell’acqua della doccia si interruppe e Rodolphus si allontanò dalla bacheca e andò in bagno. Non voleva essere considerato un ficcanaso, ma il pensiero di conoscere così poco Alexandra iniziò a tormentarlo. Ancora di più, l’immagine di quel ragazzo, il modo in cui la stringeva a sé, continuava a infastidirlo.

Il secondo bagno era un trionfo di bianco e colori neutri. 

I teli erano di un celeste chiaro, quasi grigio, che addolciva il rigore del bianco dei mobili. Alle pareti c’era uno scaffale su cui erano ordinatamente piegati gli asciugamani e sull’ultimo ripiano c’era una bottiglia di profumo per ambienti alla lavanda. Si infilò nella doccia dal box in cristallo immacolato e lasciò scorrere l’acqua. Fu inevitabile domandarsi quanti ospiti ricevesse Alexandra per avere una casa così pronta ad accogliere qualcuno. Era abituata a trascorrere la notte con conoscenze occasionali? Aveva avuto dei compagni? Rodolphus si accorse di conoscerla troppo poco. La paura che si rivelasse una delusione come lo era stata Bellatrix si affacciò in lui. Forse non doveva correre.

Indossò nuovamente i vestiti della sera prima e mentre usciva dal bagno sentì suonare il campanello. La voce di Alexandra che si domandava ad alta voce: “Chi sarà mai? Non aspetto nessun corriere… Mi sono forse dimenticata di aver ordinato qualcosa?” gli strappò un sorriso.

Uscì dal bagno e la voce di lei e del visitatore - un uomo - gli arrivò forte e chiara. Una fitta di fastidio gli strinse la bocca dello stomaco. La voce di Alexandra, però, era altrettanto infastidita. 

Rodolphus sapeva che non doveva intromettersi, che la loro relazione era agli inizi e che, dopo tutto, doveva fidarsi di lei che gli aveva dimostrato quanto fosse innamorata di lui. Le settimane trascorse a ignorarsi, la tristezza composta che avvertiva quando dovevano lavorare insieme gli tornarono alla mente. Come poteva essere una finzione?

“Cosa vuoi?”

“Ti vedi con qualcuno?”

“Non sono affari tuoi, sparisci.”

“Se non volevi farmelo sapere, non avresti postato quelle storie su Instagram!”

“Ah! Ma che presuntuoso! Secondo te, io decido cosa pubblicare in base a come potresti reagire tu? Desmond, è finita, fattene una ragione e sparisci!”

“Ma almeno dimmi se ti frequenti con qualcuno!”

“Perché dovrei dirtelo? Io non ti voglio a prescindere da qualsiasi frequentazione! Non ti vorrei nemmeno se fossi l’ultimo uomo sulla faccia della Terra! Sparisci!”

“Alex!”

“Togli la mano dalla porta, Desmond!”

Rodolphus decise che ne aveva fin troppo di aspettare. Quel Desmond doveva imparare a stare al suo posto. Decise di interrompere quella conversazione. Così, fingendo di non aver sentito nulla, scese le scale che portavano all’ingresso ed esclamò: “Chérie, faremo tardi per il brunch!” 

Finse di fermarsi a guardare l’uomo davanti a lui: alto, capelli scuri, occhi azzurri, una leggera barba a contornare il viso. Lo odiava. “Ci sono problemi?” domandò cambiando espressione e avvicinandosi ad Alexandra che lanciava sguardi carichi di odio al suo interlocutore.

“Il mio ex voleva sapere se, dalle storie che postavo su Instagram, vedessi qualcuno. Credo che abbia appena avuto le risposte che cercava. Vero, Desmond?”

“Beh, Alex è una ragazza speciale, volevo accertarmi che stesse bene,” quasi balbettò quel Desmond - quel nome era appena entrato nella sua lista nera - nascose le mani nelle tasche del suo completo in tweed marrone, segno che non ci si potesse fidare di lui. 

Rodolphus sorrise, come era solito fare in tribunale o con le controparti. Tirò fuori tutta la sua diplomazia nel dire: “Molto gentile da parte tua ma, come vedi, sta benissimo.” Una parte di lui gli domandava perché non lo stava sbattendo fuori a calci. “Scusaci, ma abbiamo l’agenda fitta di impegni.” 

Gli chiuse la porta in faccia.

“Non era necessario che corressi a salvarmi, Rod,” sospirò Alexandra.

“Hai sprecato fin troppo tempo con quello lì,” le disse. Si fermò a osservarla meglio e diede voce al tarlo che gli stava lacerando la mente da quando aveva visto le foto sulla bacheca. “C’è per caso ancora qualcosa tra di voi?”

“Cosa?” domandò Alexandra incredula. “No! Assolutamente no! Quel verme si è anche sposato, ma ora prova a strisciare tornando da me, ma è  finita! Non voglio più nemmeno sentire il suo nome e sai una cosa? Hai ragione, ho sprecato fin troppo tempo con lui e quindi spero che non dovremo più tornare sull’argomento.”

“Come? No, mi interessa, perché vi siete lasciati? Perché lo odi così tanto?”

“Perché mi ha tradita. Con una che credevo fosse una mia amica.”

“Sul serio?”

“Sul serio. Ti sembra un motivo sufficiente per odiarlo?”

“Beh, sì.” Il ricordo di Augustus e Rosalie gli tornò alla memoria, ma si decise a scacciarlo.

Si trovavano al piano di sotto e quella era un’altra differenza tra il posto che occupava Rodolphus e quello che abitava Alexandra. Se lui aveva scelto un modernissimo appartamento in un grattacielo, Alexandra viveva in una tipica casetta inglese. Era una strada residenziale piena di case a due piani dalle facciate bianche e le porte colorate, quella di Alexandra era di un bel verde scuro. La porta del sottoscala in legno laccato di bianco lasciava intravedere una bicicletta, indizio che Alexandra amasse muoversi in bici. Venne condotto in un salotto piccolo e confortevole dalle pareti chiare, i mobili in legno chiaro e i colori altrettanto tenui: grigio, rosa cipria, bianco. Una parete era interamente occupata da una libreria accanto alla quale c’era un mobiletto basso con un giradischi e dei vinili, seguito da un carrello con dei liquori. I divani erano in tessuto, pieni di cuscini e coperte piegate in modo ordinato. La stanza era decorata da stampe astratte che stilizzavano alcune viste di Londra. La televisione con una serie di consolle da gioco era al centro del divano. Sul tavolino c’erano alcuni libri di fotografia di interni dedicati al minimalismo, allo stile scandinavo e uno intitolato Hygge. Dovevano essere l’ispirazione per quegli ambienti. In fondo, una piccola veranda affacciava sul giardino curato.

Alexandra lo guidò nella piccola cucina bianca con alcuni accessori come il frigorifero dei colori pastello della sala. Aprì uno sportello per estrarre due tazze e versò due generosi dosi di caffè. Quel gesto, senza dover chiedere nulla, fu il primo momento in cui Rodolphus rivide affiorare quella complicità che era naturale nel suo appartamento. 

Alexandra iniziò a preparare i pancake e Rodolphus si lasciò distrarre da alcune fotografie fermate al frigorifero con delle calamite. C’erano sempre le sue amiche, Alexandra che stringeva alcuni bambini e poi, nuovamente, il ragazzo biondo. Questa volta era lei a baciarlo mentre lui si laureava. Doveva essere molto importante per lei.

C’erano anche i genitori di Alexandra, segno che il rapporto doveva essere proprio stretto. 

“Quella l’abbiamo fatta alla laurea di mio fratello,” esclamò Alexandra che lo aveva sorpreso a fissare quella foto. “La tengo perché è una delle poche foto che ho con la mia famiglia al completo. I bambini che vedi nelle foto, Edward e Annie, sono i miei nipotini!”

Rodolphus nascose il sorriso dietro la tazza di caffè. Il sollievo che provò nel sapere che il biondino era solo un fratello, migliorò di molto l’umore. “Non vi assomigliate molto,” notò mentre Alexandra cuoceva i pancake.

“No, in effetti no. Lui è identico a mia mamma, io a mio papà.” 

Rodolphus tornò ad osservare meglio la foto con i genitori e notò che la mamma di Alexandra era una bella signora distinta dai capelli biondi e gli occhi glaciali, mentre il padre aveva gli stessi colori caldi della figlia e la stessa aria gentile.

Un ex idiota, un fratello, due amici gay che conosco, delle amiche che presto o tardi conoscerò. Rodolphus fece mente locale sulle informazioni che aveva acquisito in quella mattina turbolenta, iniziò a rilassarsi e godersi la colazione al tavolo in legno chiaro della cucina di Alexandra. 

“Pensavi che Robert fosse un mio ex?” gli domandò Alexandra ridacchiando dopo aver mandato giù un boccone di pancake. La domanda gli fece cadere un po’ troppo sciroppo d’acero. Sollevò lo sguardo perplesso. Robert era suo fratello?

“Sai,” lo anticipò Alexandra continuando a ridere, “quell’idiota di Desmond, il tizio che ha suonato prima, la prima volta che ha visto la foto in camera mia, mi ha fatto una scenata pensando che fosse un mio ex.”

Rodolphus nascose la vergogna per aver avuto lo stesso pensiero simulando del sarcasmo: “Mi stai paragonando a quell’idiota?” Alexandra scosse la testa ridendo e si sporse per dargli un bacio. Rodolphus assaporò la bocca che sapeva di sciroppo d’acero e pancake e le sorrise. “Vorrei passare da casa e cambiarmi e poi potremmo andare a pranzo a Chelsea in quel ristorante con il giardino interno e poi fare una passeggiata al parco, cosa ne pensi?”

“Sarebbe splendido!” esclamò allegra. 

Quando Rodolphus rimise piede nel suo appartamento minimalista, lo sentì vuoto e tremendamente freddo. Non c’erano coperte sui divani, non c’erano foto alle pareti, non c’erano libri. Tutti i suoi ricordi, i libri, tutto ciò di cui necessitava era nella tasca dei suoi pantaloni o nella borsa da lavoro, comodamente conservato nel cloud. Si vestì in modo informale, con un maglioncino sotto la giacca del completo spezzato, cambiò la camicia, calzò le scarpe scamosciate del weekend mentre Alexandra lo aspettava in soggiorno.

“Il tuo appartamento è molto più confortevole,” le disse mentre la raggiungeva.

“Sì, è lo stile nordico. Hanno questa filosofia, hygge, che vuole descrivere quella sensazione di felicità e benessere che si prova quando sei a casa, con una coperta sulle gambe, una tazza di tè, mentre fuori piove e tu hai gli amici, o un bel film, o quello che vuoi e non ti serve niente.”

“Dimostra quanto sei premurosa. Vuoi far star bene i tuoi ospiti. Ne ricevi molti? Il bagno era super organizzato.”

Alexandra sorrise. “In realtà non molti, ma una mia amica è stata trasferita a Barcellona per lavoro e almeno due volte al mese viene qui a Londra e si appoggia nella stanza in fondo al corridoio e usa il bagno che hai usato tu. Magari la prossima volta che viene a Londra organizziamo una cena e te la presento. Lizzie è sposata con un ragazzo inglese cresciuto in Spagna, Ezra, molto simpatico.”

Man mano che Alexandra gli raccontava aneddoti della sua vita, Rodolphus iniziava a conoscere e intravedere altri aspetti del suo carattere e della sua vita privata. Notò quanto fosse discreta sul lavoro considerato che, in tutti gli anni di lavoro insieme, non le aveva mai sentito far riferimento né al fratello né ai nipoti e nemmeno alle amiche.

“Sei piena anche di foto dei tuoi nipoti. Ti piacciono i bambini?” le domandò. Bellatrix era sempre stata contraria alla sola idea di diventare madre. Rodolphus era convinto che presto o tardi avrebbe cambiato idea, allo stesso modo Rabastan che, insieme a Bellatrix, si prendevano gioco del fatto che a lui non sarebbe dispiaciuto, un giorno, diventare padre.

“Mi sembra un po’ prematuro come discorso, non trovi?” gli domandò.

“Beh, dipende, metti che abbiamo visioni completamente diverse. Sarebbe utile per non farsi pressioni o coltivare aspettative. Solo per curiosità.” Rodolphus la osservò con la coda dell’occhio mentre era intento a parcheggiare. Attese la sua risposta prima di scendere. Non voleva metterle fretta ma nemmeno costringerla a rispondere. 

Alexandra sospirò: “Prometti di non prendermi in giro?”

Rodolphus sorrise mentre scendevano dall’auto. Notò l’aria risentita di Alexandra che, non appena vide il sorriso sul suo volto, esclamò: “Ehi! Le premesse sono pessime, non so se potrei fidarmi di te, dopo tutto, sei un legale!”  

“Proprio come te,” rise Rodolphus stringendola a sé. “Sai che non mi permetterei mai di prenderti in giro,” aggiunse aprendole la porta del ristorante. 

“La risposta è sì, almeno due,” gli rivelò, “ma tutti mi dicono che di questi tempi devo essere pazza.” 

Rodolphus fece cenno al cameriere di volere un tavolo per due e vennero condotti lungo la sala ristorante che iniziava ad affollarsi di avventori. Lungo il percorso, Alexandra si fermò esclamando: “Mamma, papà! Che sorpresa! Robert?”

Rodolphus osservò il tavolo e notò che i protagonisti della foto sul frigorifero, più vecchi di diversi anni, erano lì presenti. “Buongiorno,” li salutò sentendosi osservato. 

“Siamo di ritorno da un convegno medico, Robert ci ha portato a pranzo in questo ristorante molto carino. Tu cosa ci fai qua?”

Rodolphus osservò Alexandra imbarazzarsi. “Beh, Rodolphus mi ha invitata a pranzo in questo posto.” Robert lo squadrò attentamente e domandò alla sorella: “È il tuo ragazzo?”

“Robert!” esclamò la madre, “Non metterla a disagio, magari è solo un amico!” 

“No, mamma, ha ragione Robert,” disse Alexandra, “Rodolphus è… beh… noi abbiamo iniziato a frequentarci da qualche settimana, quindi possiamo dire che sia… sì, insomma, che sia il mio ragazzo.”

“È un vero piacere, signori Turner,” intervenne Rodolphus che fino a quel momento si era limitato a osservare la scena. 

“Molto piacere, Rodolphus, e dicci cosa fai, sei un medico?”

Rodolphus rimase sorpreso per la domanda. “No, sono un legale. A dire il vero io e Alexandra siamo colleghi di lavoro alla Legilimens. Sono diversi anni che lavoriamo insieme.” Il disappunto che lesse sul volto della madre fu eloquente. Notò che nessuno di loro li invitò a sedersi al tavolo così Rodolphus aggiunse: “È stato un piacere, signori Turner, temo però che daranno via il nostro tavolo se non raggiungiamo il cameriere.”

“Volete unirvi a noi?” domandò il padre.

“Oh, no, Ed, abbiamo quasi finito. Loro non vorranno sorbirsi il commento del congresso. Lasciali al loro pranzo!” esclamò la signora Turner sporgendosi verso il marito. Alexandra e Rodolphus sorrisero imbarazzati e, mentre salutavano con un cenno del capo, la signora Turner richiamò la figlia: “Alex, mi raccomando, non esagerare con il dessert, ti conosco.”

Rodolphus sorrise cortese e mise una mano sulla spalla di Alexandra per guidarla verso il tavolo. L’aria allegra e spensierata che avevano prima di entrare in quel posto era stata sostituita da un velo di imbarazzo. Rodolphus prontamente le disse: “Sai che mi viene voglia di ordinare solo dessert dopo quel commento?”

“A me rischia di passare la fame,” commentò versandosi un bicchiere d’acqua per calmarsi. “Sono mortificata, i tuoi genitori sono stati così adorabili con me. Il brunch con loro è stato meraviglioso, mentre i miei…”

“Non preoccuparti, magari quel convegno era veramente interessante.”

Alexandra alzò gli occhi al cielo per mostrare il suo scetticismo e Rodolphus si divertì a pungolarla: “Scommetto che avrebbero voluto che studiassi medicina.”

“Sì, o che sposassi un medico. Sappi che rivelando di essere un legale ti sei giocato tutti i punti con mia madre.”

“Noi legali siamo abituati a questi pregiudizi,” le rivelò scrollando le spalle. Alzò lo sguardo dal tavolo e notò che, fortunatamente, i Turner non erano visibili, abilmente nascosti da alcune piante in vaso che delimitavano i corridoi di quel giardino d'inverno. 

I tavoli erano di legno laccato nero, apparecchiati con posate dorate e piatti sulle tinte del verde petrolio, del prugna e altri colori che ricordavano la terra. In piccole ampolle di vetro grigio scuro c’erano dalie e peonie che risaltavano in quel contrasto. Intorno a loro, palme, piante sempreverdi dalle foglie larghe, rose, dalie, peonie ricreavano l’idea di una serra rigogliosa, mentre dal soffitto pendevano lampadari circondati di fiori chiari. Il posto era bello proprio come aveva raccontato Rabastan. 

Fu mentre si guardò intorno che quasi non gli andò di traverso il vino nel vedere a qualche tavolo di distanza Augustus Rookwood e sua moglie Rosalie Yaxley. Erano stati amici, un tempo, quando lui usciva con Augustus e Rosalie era la sua ragazza. 

Alexandra, di fronte a lui, si accorse della reazione e gli domandò preoccupata: “Non dirmi che si stanno avvicinando i miei genitori?”

Rodolphus scosse la testa.

“Non dirmi che mia madre sta fingendo di andare in bagno per vedere cosa ho nel piatto?”

Rodolphus sorrise ancora e le disse: “No, ma a quanto pare oggi è la giornata degli ex.” Indicò con lo sguardo il tavolo in cui Augustus e Rosalie pranzavano e sospirò: “Anch’io ho un’ex che si è messa con qualcuno che era un mio amico.”

“Ma quello è Rookwood dell’Ufficio Marchi e Brevetti?”

Rodolphus si sorprese che Alexandra lo conoscesse. “Come fai a conoscerlo?”

“Lo vedo ogni volta che vado nel suo ufficio per per il rinnovo del marchio o quando depositiamo i loghi delle app. È in gamba, e anche molto simpatico.” Alexandra si rese conto di quanto aveva appena detto e si affrettò ad aggiungere: “Beh, tu sei molto meglio. Lei ti ha lasciato per lui?”

“No, io l’ho lasciata per Bellatrix, lei ha provato a tornare e poi si è lasciata consolare da Augustus e i due si sono anche sposati.”

“Beh, è meno imbarazzante di quanto è successo con Desmond,” gli disse accarezzandogli la mano per tranquillizzarlo. Alexandra sospirò e gli domandò: “Torniamo alla spensieratezza che avevamo prima di entrare in questo posto?”

Forse fu merito del vino, o del pesce arrosto con contorno di patate che il cameriere servì accompagnato da una salsa deliziosa, ma riuscirono a ignorare la presenza di Rosalie e Augustus, quella dei genitori di Alexandra e Rodolphus riuscì persino a dimenticare il ghigno odioso di quel Desmond che continuava ad affiorargli in mente. Detestava il pensiero che quello lì avesse messo piede nell’adorabile casa di Alexandra.

“Quindi almeno due bambini,” disse riprendendo il filo del discorso che era rimasto interrotto. Quel pensiero lo rallegrava. Tutte le ragazze che aveva incontrato gli avevano sempre detto che “al massimo, un figlio,” mentre lui avrebbe amato avere una famiglia numerosa.

“Ti ho avvisato, non voglio essere presa in giro,” intimò Alexandra puntandogli contro una forchetta con un pezzo di torta infilzato.

“Non sarei credibile, Rabastan e Bellatrix, e persino Rosalie là giù, mi hanno sempre preso in giro per lo stesso motivo. Dicono che è da pazzi voler rinunciare alla bella vita per mettere su famiglia e finire come i nostri genitori.” 

“Oh, cielo, io spero proprio di non diventare come mia madre!”

“Non la conosco, ma da quel che ho visto, non avete molto in comune.”

Quanto accaduto quella mattina aveva fatto fare un passo ulteriore al loro rapporto. Decise di togliersi uno sfizio, prima che quel pranzo terminasse. 

“Facciamo una foto,” le propose raggiungendola dal suo lato del tavolo. Presero i calici di vino e brindarono alla fotocamera. Rodolphus si chinò a baciarla e poi caricò le foto su Instagram taggandola. Desmond, e qualsiasi altro Desmond, avrebbe saputo di non doverla più disturbare.

“Oh, Rod, ma perché mi hai taggato?” domandò Alexandra. “Adesso tutti sapranno che stiamo insieme.”

“C’è qualcosa che non va?”

“No, ma hai idea di cosa succederà a breve?” Alexandra non fece in tempo a finire la frase che il telefono iniziò a suonare. Le amiche di Alexandra, dalle varie parti del mondo e di Inghilterra, iniziarono a riempirla di messaggi. L’autostima di Rodolphus salì nel momento esatto in cui lesse l’anteprima di un messaggio che esordiva “chi è quel figo?”

Ciò che non calcolò fu che nello stesso momento anche il suo telefono iniziò a ricevere messaggi da parte dei suoi amici con apprezzamenti più o meno velati alla sua nuova ragazza. Rosalie e Augustus alzarono lo sguardo dal loro tavolo e prima di andare via passarono a salutarlo. Così, anche l’ultima barriera era caduta e anche Alexandra ebbe modo di conoscere Rosalie che, a differenza di Desmond, fu compita. Lei e Augustus si congedarono dopo poco, lasciando che Rodolphus e Alexandra continuassero il loro pomeriggio con la passeggiata al parco, seguita da una birra, una cena e un’altra notte insieme.

 

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Capitolo 9
*** Export file - Bellatrix Black/Tom Riddle ***


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Bellatrix Black/Tom Riddle


Bellatrix non poteva essere più felice di così. Da quando aveva iniziato a vedersi con Tom la sua vita era diventata praticamente perfetta: adorava il suo lavoro, il clima con i colleghi era meraviglioso e le notti con Tom erano abbastanza… beh… alternative.

Nel suo menage non c’erano cene a lume di candela, o weekend in campagna, o quelle cose che sembravano interessare Rodolphus e Alexandra. Le serate erano fatte di giochi erotici che ogni sera spostavano più in là il limite del piacere e che le rivelavano qualcosa di se stessa che non conosceva. Mai avrebbe creduto di poter trascorrere una serata sulle ginocchia, bendata, completamente nuda, in attesa di essere sfiorata da Tom. Mai avrebbe creduto che il pensiero e l’attesa fossero fattori in grado di stimolarla in quel modo. Prima di allora, era convinta che si sarebbe annoiata o infuriata, che avrebbe considerato una simile pratica un’umiliazione gratuita, ma invece Tom, con la sua voce suadente, riusciva sempre a trovare le parole giuste, che pronunciava nel momento perfetto per mantenere alta la soglia dell’attenzione. Era come quando uscivano i teaser trailer dei videogame che ne preannunciavano sapientemente l’uscita e mantenevano alto l’hype con piccole e continue anteprime. Dopo tutto, Tom Riddle era un mago del marketing e con il BSDM non era da meno.

Quel fine settimana, tuttavia, avrebbero dovuto rinunciare alle loro sessioni perché la Legilimens Inc. compiva i suoi primi cinque anni e l’evento andava celebrato alla grande, insieme alle società partner. Tra i motivi per i festeggiamenti in grande vi era anche il fatto che avevano superato il miliardo di sterline di valore e quindi erano diventati a tutti gli effetti un unicorno.

Per l’evento non avevano badato a spese: Tom li avrebbe portati in Costa Azzurra, sembrava che il posto lo avesse suggerito Evan Rosier, e lì avrebbero trascorso un weekend in cui avrebbero progettato il futuro.

L’invito che aveva ricevuto riportava: “Unicorns: the path to immortality.” La grafica mostrava unicorni stilizzati in verde acido su fondo grigio antracite, per rendere chiaro che erano sempre i soliti nerd. Gli unicorni seguivano un cartello che indicava il futuro. Bellatrix alzò un sopracciglio mentre osservava quell’invito. “Chi diamine ha pensato agli unicorni?”

“Ti piacciono, Bella?” 

Il sorriso trionfante di Barty le rivelò chi fosse la mente creativa dell’evento. Barty lasciò sedere Regulus vicino il finestrino e lui prese posto dal lato del corridoio, proprio alla stessa altezza del posto di Bellatrix. Quel maledetto lecchino voleva sedere vicino a Tom, Bellatrix ne era certa. 

“Unicorni, Bartino?” domandò sarcastica. “Alla prossima convention cosa devo aspettarmi, le fatine?” 

Regulus, accanto all’altro finestrino, soffocò una risata, ma Barty si limitò a dire: “Non si finisce su Wired tutti i mesi venendo definiti il miglior unicorno dell’anno. Questo evento andava celebrato. Sappi che i nostri follower ci stanno chiedendo un sacco di merchandise con questi unicorni verdi!”

Tom arrivò con l’aria annoiata. Prese posto davanti a Bellatrix e sistemò le borse sui sedili dall’altro lato del pullman in un chiaro invito a non disturbarlo. “Non ho intenzione di fare il viaggio con voi che battibeccate, sia chiaro!” disse mentre apriva il pc. Bellatrix sentì il rumore dei tasti e chiuse gli occhi per assaporare la velocità di scrittura che aveva. Non aveva mai visto nessuno battere al pc come Tom. 

Per il viaggio, Tom non indossava nulla di formale, ma una felpa nera con un cappuccio, morbidi pantaloni neri e un paio di scarpe da ginnastica bianche che spiccavano insieme al pallore del suo volto sotto i ricci neri. Bellatrix avrebbe voluto sedersi su di lui, lasciar scivolare la zip della felpa e infilare le mani sotto la t-shirt. Si eccitava al pensiero di accarezzare quel petto esile e pallido. 

Una vibrazione dentro di lei le ricordò del sex-toy che Tom le aveva chiesto di indossare. Bellatrix sorrise, calò gli occhiali da sole, infilò il cappuccio della sua felpa e sollevò i piedi appoggiandoli sul poggiapiedi del sedile di fronte a sé, pronta ad assaporare l’orgasmo che Tom le avrebbe regalato.

L’arrivo di altri colleghi la distrasse, notò Alexandra e Rodolphus prendere posto dietro Barty e Regulus, con l’aria di chi avesse appena avuto un orgasmo. Seguirono Antonin Dolohov ed Evan Rosier. Accanto all’autista, Alecto Carrow con la sua voce noiosa faceva l’elenco dei presenti e invitava i ritardatari ad affrettarsi.

Avrebbero preso il volo per Marsiglia in partenza da Heathrow e una volta arrivati avrebbero trovato un altro pullman che li avrebbe portati all'hotel di Saint Tropez che Tom aveva scelto. La vibrazione intensificò la potenza e Bellatrix dovette sospendere ogni pensiero e concentrarsi sul piacere che cresceva dentro di lei sempre di più. 

Una parte di lei sapeva che Tom voleva discrezione, che l’avrebbe punita se si fosse lasciata andare a gemiti o avesse lasciato trapelare il loro gioco. Dopo tutto, il bello di quel gioco era proprio che fosse una cosa segreta tra lei e Tom. Tuttavia, il solo pensiero di vedere l’espressione scandalizzata di Barty, di mostrargli quanto lei fosse più importante per Tom, l’allettava enormemente. Avrebbe visto quell’espressione da cucciolo ferito, innamorato di Tom senza alcuna speranza. Riconosceva che doveva essere frustrante, ma ad ogni modo vederlo soffrire le rallegrava le giornate. 

“Oh, cielo,” mormorò voltandosi verso il finestrino per non farsi vedere.

“Tutto bene, Bella?”

La voce di quell’impicciona della Carrow la esasperò. “Sì, tutto bene,” rispose senza distogliere lo sguardo da fuori il finestrino. La vetrina dell’agenzia immobiliare di fronte il parcheggio del pullman sembrava essere più interessante. Sperava che quella rompiscatole non le rovinasse l’orgasmo più di quanto non stesse facendo. La risatina di Tom dal sedile davanti al suo sembrò rivelare quanto lui comprendesse il suo stato d’animo. 

Alecto prese la borsa e si sedette accanto a Bellatrix tirando fuori le cartellette con tutto il programma del weekend. “Direi che siamo in orario perfetto. Speriamo di non trovare traffico così avremo il tempo di fare un giro per i negozi dell’aeroporto.”

“Vuoi fare shopping ancora prima di partire?” le domandò Barty.

“Beh, si sa che in aeroporto si trovano cose interessanti. Ho adocchiato i nuovi costumi di Victoria Secrets e sono fantastici!”

Oh mio dio… 

Bellatrix non avrebbe retto a un viaggio fino a Heathrow con la Carrow che chiacchierava con Barty e Tom che continuava a divertirsi con il mini vibratore che Bellatrix aveva dentro di sé. Era completamente bagnata e si sentiva sul punto di venire. 

“Hai un’aria strana, Bella, soffri il pullman?” le domandò Alecto.

“Quanto manca per l’aeroporto?” domandò con un filo di voce. 

Barty dietro le spalle di Alecto aveva l’aria di chi avesse capito. Bellatrix pensò che sarebbe stata punita per aver lasciato che quell’impiccione scoprisse il suo gioco con Tom. Vide Barty confabulare con Regulus, che divenne rosso come un peperone e lanciò uno sguardo ammonitore a Barty che, tuttavia, sembrava divertirsi un mondo dell’imbarazzo che avvertiva intorno a sé.

“Un’ora, traffico permettendo,” disse Alecto premurosa. “Puoi resistere? Puoi farlo per me?” Alecto le sfiorò la mano con la propria, e chissà che idee doveva aver in mente per quel weekend a Saint Tropez se la stava implorando di non fermare il pullman. Bellatrix annuì. “Sì, credo di poter resistere, perdonami, ma credo che proverò a chiudere gli occhi.”

“Oh, certo, venite ragazzi, andiamo dietro, lasciamola riposare!” disse Alecto a Barty e Regulus, trascinandoli con sé. L’ultima cosa che vide Bellatrix prima di lasciarsi andare all’orgasmo più silenzioso della sua vita, fu lo sguardo irritato di Barty, costretto ad allontanarsi da Tom. Insieme alle vibrazioni, quella fu una fonte di piacere impagabile.

Quando scesero dal pullman, Bellatrix incontrò lo sguardo trionfante di Tom che con la sua dannata voce suadente le disse: “Credo di aver trovato il modo per avere un po’ di tranquillità, anche se non sei stata molto discreta e per questo ti punirò questa sera, quando saremo in camera da letto.” Bellatrix avvertì un brivido scenderle lungo la schiena mentre osservava le labbra di Tom incurvarsi all’insù in un ghigno divertito. 

Alecto Carrow li mise in fila dando loro i biglietti aerei e guidandoli verso l’imbarco. Prima di andare a fare i controlli di sicurezza, Bellatrix dovette andare in bagno per togliere il mini-vibratore e lo conservò in borsa nel suo astuccio che lo rendeva simile a un rossetto. Fortunatamente, il suo finto malessere rendeva assolutamente credibile il suo bisogno di andare in bagno e nessuno osò farle delle domande in proposito. 

La Carrow tuttavia era diventata così insopportabile che, non appena passarono i controlli di sicurezza, Bellatrix le disse: “Andiamo da Victoria Secrets, voglio proprio vedere che costume comprerai! Hai reso la vita insopportabile a tutti noi! Turner, vieni con noi?”

Alexandra si scambiò uno sguardo con Rodolphus e Bellatrix riuscì a non alzare gli occhi al cielo. Quanto era patetico cercare l’approvazione di Rod anche per un misero giro per negozi?

“Possiamo unirci, ragazze?” Bellatrix fulminò con lo sguardo prima Barty e subito dopo Evan. Indicò un negozio di costumi da surfista e disse: “Vai a cercare un costume con gli unicorni, Bartino, su!” Fece cenno alle ragazze di seguirla e andarono dirette nel negozio di intimo. Alexandra sembrava affascinata da alcuni completini in pizzo velato, osservava dei reggiseni che sembravano praticamente trasparenti, mentre la Carrow era andata diretta ai costumi da bagno. 

“Secondo te cosa ha in mente Alecto?” domandò Bellatrix ad Alexandra. 

“Pensi che sia interessata ad Evan?” domandò Alexandra. “Insomma, andando per esclusione. A meno che non sia qualcun altro delle società del gruppo. Sai, tipo Yaxley della società di consulenza, o Rookwood, o forse sono Jugson o Goyle.”

“Voglio sperare che non sia Goyle!” Entrambe guardarono verso Alecto e notarono che chiedeva di poter misurare un costume nero intrecciato.

“Con quel costume avrà un’abbronzatura da zebra,” notò Alexandra facendo ridere Bellatrix che approfittò dell’occasione per chiederle: “Come sta andando con Rod?”

“Bene! Lui è… beh… fantastico!” esclamò con aria trasognata. Bellatrix sollevò un sopracciglio perplessa, ma si disse che, dopo tutto, era felice per Rod, meritava una ragazza che sapesse apprezzarlo e che fosse noiosa quanto lui. “A te come va con Tom?”

“Cosa?” domandò Bellatrix sorpresa.

“Lo abbiamo capito tutti in ufficio,” le rivelò con un sorrisetto divertito. “Insomma, noi lo conosciamo e ti posso assicurare che non ha mai fatto pause pranzo tanto lunghe prima d’ora, ed è molto rilassato.”

“Non essere impertinente, Turner, anche tu e Rod siete fin troppo rilassati. Prenditi quel completino e smettila di farneticare di cose che non sai!” 

Bellatrix sbuffò mentre si guardava in giro. Non aveva nessuna voglia di confidarsi con la Turner, non erano amiche, erano colleghe e quella gatta morta si era presa Rodolphus e non le piaceva il modo in cui le aveva chiesto delle informazioni su Tom. Bellatrix si domandò se il completino che Alexandra stava chiedendo alla commessa fosse effettivamente per Rodolphus o se pensasse di infilarsi nel letto di Tom. 

E Alecto? Cosa voleva fare con quel costume che lasciava intravedere decisamente troppo del seno? Insomma, Alecto aveva da sempre una mira su Tom e oggi era stata fin troppo amichevole. Bellatrix si guardò intorno domandandosi cosa ci facesse in quel posto, perché avesse lasciato Tom per seguire quelle due oche. 

Una commessa le si avvicinò e le domandò se per caso volesse dare un occhio alla nuova collezione, c’era una linea più decisa e meno romantica. Bellatrix osservò quella ragazzetta con i boccoli scuri sorriderle con delle labbra di un rosa nauseante. Si disse che doveva attendere Alex e Alecto, che non poteva andar via perché altrimenti le avrebbero chiesto delle spiegazioni che lei non aveva voglia di dare. Così, si lasciò convincere dalla commessa e la seguì in un angolo dove c’era un completino intimo in cui il reggiseno aveva delle stringhe di raso che enfatizzavano le curve del seno, mentre sotto, beh, sembrava un incastro di stringhe e una porzione striminzita di pizzo che non copriva proprio nulla. Bellatrix immaginò lo sguardo che le avrebbe riservato Tom nel vederla con indosso quella lingerie e si decise ad acquistare il completino.

“Ero certa che anche tu avresti trovato qualcosa!” esclamò Alecto mentre tornavano insieme verso il gate. I colleghi le attendevano lì e persino Barty sembrava aver fatto compere. “Hai trovato qualcosa, Bartino?”

“Il costume con gli unicorni, in perfetto spirito della nostra convention!” Esclamò allegro, “Grazie per l’idea, Bella!”

“Almeno qualcuno che si ricorda che stiamo andando a un evento aziendale e non è la gita delle scuole medie è rimasto…” mormorò Tom. Bellatrix avvertì una punta di vergogna, mentre Alecto minimizzò: “Suvvia, Tom, sai benissimo che noi puntiamo proprio sull’essere versatili! Il lavoro viene meglio quando ci si gratifica!”

Bellatrix non l’aveva mai vista così decisa e impertinente, al punto che lo stesso Tom se ne sorprese. “C’è un ammutinamento?” le domandò sottovoce. Bellatrix scosse la testa e gli rivelò: “La Turner crede che abbia puntato qualcuno, ma non sappiamo chi.”

“Antonin, ovvio,” le rivelò Tom mentre indicava con lo sguardo le hostess che iniziavano le procedure di imbarco. Bellatrix corse dietro Tom e, mentre erano in fila, domandò: “Come sarebbe a dire, Antonin, ovvio?

“Hanno lavorato molto tempo insieme per questo evento.” 

Tom sorrise alla hostess mentre le porgeva il passaporto e la carta di imbarco.

“Anche Crouch ha lavorato a questo evento, ma non è detto che la Carrow gli faccia gli occhi dolci.” 

Bellatrix porse il suo passaporto e il biglietto alla hostess che le sorrideva gentile. Tom si voltò indietro e le lanciò un’occhiata esasperata: “Crouch è gay, e lo sappiamo tutti, smettila di stuzzicare la mia pazienza, Bellatrix.”

Bellatrix annuì e preferì concentrarsi sulla ricerca del posto in aereo. Sorrise quando si accorse di essere seduta vicino il finestrino, proprio accanto a Tom. Lui si sporse verso di lei e le sussurrò: “Non appena l’aereo decolla, voglio che tu vada in bagno e rimetta il vibratore dove deve stare. Ti farò passare la voglia di pensare alla Carrow.”

Avrebbe voluto saltellare per tutto l’aereo tanto era felice, ma si limitò ad annuire con il cuore in gola e un subbuglio dentro lo stomaco. In hotel le avrebbe fatto pagare la sua impertinenza, ma Bellatrix sperava vivamente che il completino intimo potesse in qualche modo placare la furia di Tom. Voleva sorprenderlo.

Non appena furono terminate le operazioni di decollo, Bellatrix eseguì gli ordini e si chiuse in bagno dove infilò il vibratore senza nessuna difficoltà, tanto era eccitata. Controllò il volto allo specchio per cercare tracce che potessero compromettere la discrezione che Tom ricercava: era perfetta. Sfilò fuori dal cubicolo del bagno e ritornò al posto accanto a Tom che fingeva di leggere un ebook.

Tom aveva crackato e modificato uno di quei ebook reader per il gusto di alterarne la natura e corromperlo. Dentro, vi appuntava ricordi, idee, progetti e vi aveva installato anche un software in grado di controllare il vibratore. Come facesse senza ricorrere a una connessione Wi-fi, Bellatrix lo ignorava, ma con l’inizio delle vibrazioni quel quesito divenne del tutto secondario. Bellatrix si aggrappò al bracciolo e Tom le strinse la mano con un ghigno. Si voltò verso di lei e le domandò affabile: “Paura del volo, cara?”

Bellatrix sentiva l’aria mancarle sotto la felpa spessa, avrebbe voluto spogliarsi e togliere quei jeans che le impedivano di controllare quello strumento di tortura. Avrebbe voluto sentire la lingua di Tom correre lungo le sue cosce, proprio dove gli umori iniziavano a colare. “Oh, mio Signore…” ansimò.

“Mi piace questo appellativo, dovresti chiamarmi sempre così,” le disse divertito mentre Bellatrix gli stringeva la mano e si lasciava andare ancora una volta al piacere. 

All’atterraggio si sentì completamente sconvolta e fu quasi un sollievo per lei rivedere Alecto Carrow che li attendeva con la sua cartellina dalla quale faceva l’appello di coloro che man mano arrivavano. “E con Lestrange e Turner siamo al completo!” esclamò allegra.

“Non vedo l’ora di essere in hotel!” esclamò Rodolphus che si avvicinò ad Alexandra e le sussurrò: “Magari potremmo fare la doccia insieme.”

Bellatrix alzò gli occhi al cielo. Rod si confermava il solito pesantone: erano atterrati letteralmente da dieci minuti e lui già riempiva l’agenda di programmi e di cose da fare insieme. Presto o tardi, Alexandra sarebbe fuggita, proprio come era fuggita lei con Tom, che invece era del tutto imprevedibile e i programmi li lasciava scoprire, senza darti l’angoscia di un’immensa to-do list.

“Spiacente di deluderti Lestrange, ma la doccia potrai farla con Dolohov,” si intromise la Carrow. Rodolphus e Antonin si guardarono ed entrambi esclamarono in sincrono: “No, grazie, proprio per niente!”

E poi: “Senza offesa, ma non sei il mio tipo.”

“Nemmeno tu sei il mio, Lestrange…” concordò Antonin. 

Alecto continuò: “Turner, tu sarai in camera con me! Crouch, tu con Black,” ignorò le proteste di Rodolphus che cercava di far notare che Barty e Regulus erano una coppia a tutti gli effetti. “Dolohov e Lestrange, Rosier e Mulciber e direi che ci siamo tutti.”

“Aspetta e Bellatrix?”

“Beh, lei dormirà con Tom, ovvio, no?”

Rodolphus assunse la sua aria polemica, tipica da avvocato, e Bellatrix si gustò la scena divertita perché, per una volta, lei non c’entrava assolutamente nulla. Lo vide incrociare le braccia e fissare Alecto esordendo: “Fammi capire: Bella dorme con Tom, Barty dorme con Regulus e l’unica coppia divisa siamo io e Alex che, per inciso, siamo gli unici ad aver seguito le dannate policy sulle relazioni in ufficio?”

“Se hai letto la policy, ricorderai che a pagina 43, nel capitolo sulle trasferte, c’è scritto che le coppie dormiranno in camere separate per non creare disagio agli altri.”

“Non mi sembra che qualcuno starebbe a disagio.”

“Io, sarei a disagio e io sono la responsabile delle Risorse Umane. Se non ti sta bene, apri una vertenza, Lestrange!”

Alexandra tirò per un braccio Rodolphus e gli disse di lasciar perdere, che erano appena arrivati e che comunque l’indomani sarebbero tornati a Londra. Bellatrix, invece, ridacchiava e Tom non esitò a prenderla per mano mentre si incamminava verso l’uscita dell’aeroporto. Era certa che fosse una mossa per dare ancora più noia a Rodolphus.

L’arrivo in hotel fu accompagnato dall’incontro con gli appartenenti alle altre società con cui la Legilimens aveva stretto degli accordi di collaborazione e che erano state invitate all’evento. C’era Rabastan con la sua società di comunicazione e persino quei due marpioni di Yaxley e Rookwood con il loro studio di consulenza. In più, una serie di altri addetti che Bellatrix conosceva solo di vista. 

“Vi chiediamo un attimo di attenzione prima di lasciarvi andare nelle vostre camere!” esclamò Alecto accanto a Barty. 

“Vuoi proprio abusare della nostra pazienza, Carrow…” esclamò Tom. “Scommetto che tutti loro non vedono l’ora di andare in piscina!” Un coro di voci, guidato da Evan, Antonin e Rodolphus annuì in direzione di Tom, ma Alecto sembrò non curarsene proprio.

“Vi diamo le t-shirt dell’evento che ha realizzato il nostro Barty e che dovrete indossare dopo pranzo per l’incontro che ci sarà nella sala congressi.” Ci sarà anche un badge con il vostro nome, così sarà più semplice riconoscervi. 

“Ma ci conosciamo già…” osservò Alexandra.

“Ma non con i referenti delle altre società, Turner, si chiama fare networking. Guarda che siamo a un evento di lavoro, mia a fare il weekend con il fidanzato.”

Bellatrix nascose una risatina mentre Alexandra arrossiva, piccata dall’osservazione. 

“Non eri tu che dicevi che si potevano fare entrambe le cose, Alecto?” Tom la interruppe di nuovo, afferrò due t-shirt e trascinò Bellatrix fuori da quella hall, diretto in camera, superando la fila e avvisando gli altri: “Cambiatevi. Ci vediamo in piscina. Siamo liberi fino a pranzo e alle 14.30 vi voglio in sala congressi pronti per il nostro approfondimento di business.”

Bellatrix lo seguì con il cuore che le palpitava. Avrebbe rinunciato volentieri alla piscina per stare in camera a rotolarsi tra le lenzuola con Tom. In realtà, non toccò affatto il letto. Appena varcata la soglia della suite che era stata riservata al CEO della Legilimens, Tom la spinse contro la parete, le sfilò i pantaloni, l’intimo e persino il vibratore per poi soffermarsi su quanto fosse bagnata. “Oh, Tom…” mormorò Bellatrix, la cui pelle fremeva per le carezze che lui le somministrava.

“Sei stata molto impertinente, Bella, questa sera verrai punita a dovere,” le sussurrò nell’orecchio per poi fiondarsi a morderle il collo. Bellatrix si aggrappò alle spalle di Tom, sollevò le gambe e cinse la vita di lui mentre la penetrava inaugurando quel weekend in Costa Azzurra.



 

Note: 

Questo capitolo è dedicato a Clo che ha scritto una Alecto/Antonin meravigliosa che vi invito a leggere (è anche una Bellamort) e si intitila “Un’uscita a quattro”. 

Inizialmente, doveva essere un unico capitolo, ma mi sono resa conto che il viaggio aveva occupato troppo spazio e che volevo anche mostrare la convivenza in camera di Alex e Alecto, quindi presto arriverà la seconda parte del capitolo.

Un abbraccio,

Sev

 

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Capitolo 10
*** Internal policy - Alexandra/Rodolphus ***


Internal policy

Alexandra Turner / Rodolphus Lestrange

 


L’idea di celebrare il titolo di “Unicorno dell’anno” a St. Tropez era stata geniale. 

Il giorno in cui discutevano dell’organizzazione dell’evento in Consiglio di amministrazione, mentre Dolohov proponeva di rimanere a Londra, Alecto di andare in Scozia, Rodolphus suggeriva la Cornovaglia e Bellatrix il kayaking nelle foreste della Nothumbria, Evan si era affacciato per dare un messaggio a Dolohov e, ascoltando i borbottii, aveva pronunciato due parole dolcissime: “Saint Tropez”. 

Era cool, era chic, era perfetto. Persino Tom, che fino a quel momento era stato in silenzio, aveva detto: “Finalmente un’idea sensata.”

Alexandra avrebbe voluto abbracciarlo, soprattutto per averle evitato qualcosa di sportivo e al di là della sua portata come il team building in montagna, l’arrampicata, o le ripide in canoa. Il solo pensiero di un weekend con i colleghi a Saint Tropez mandava in visibilio. 

Arrivati in hotel, poi, aveva saltellato dalla gioia e fatto rosicare le sue compagne di università che al massimo potevano andare a Brighton. L’hotel era un resort a cinque stelle, con le stanze ampie, luminose e dal design minimalista e moderno come piaceva a Tom. La sua stanza aveva due ampi letti posti uno accanto all’altro. Alexandra si era messa vicino alla finestra perché non sapeva quante volte nel corso della notte Alecto si sarebbe alzata per andare in bagno e quindi preferiva lasciarle campo libero per non essere svegliata.

Sollevò lo sguardo dalla valigia e vide la sua compagna di stanza intenta a sistemare la camicia da notte sotto il cuscino. 

“Ci prepariamo per la piscina?” domandò mentre recuperava il suo bikini e il copricostume. Alecto estrasse il costume acquistato in aeroporto dal sacchetto di Victoria Secret con un sorriso a trentadue denti e si avviò ancheggiando verso il bagno. 

“Ti vedo molto agguerrita,” esclamò Alexandra ridacchiando. “Adesso che siamo sole, puoi dirmelo, chi hai puntato?”

“Nessuno, Alex, voglio solo divertirmi. Sono stanca di essere rifiutata! Voglio guardarmi allo specchio e sentirmi figa. Al diavolo gli uomini!”

“Mi sembra un approccio molto saggio. Insomma, se non fosse accaduto quello che sai con Rodolphus… e poi, a dirla tutto, chi mai si aspettava che con Rod sarebbe accaduto… beh… questo… Meglio le cose inaspettate, no?” 

“Decisamente.”

“Com’è Rodolphus?” domandò Alecto, “Come fidanzato, intendo, è noioso come dice Bellatrix?” 

Era qualcosa di cui non riusciva a capacitarsi, tutti le dicevano che Rodolphus era noioso, ma lei non si era mai divertita tanto in compagnia di qualcuno. Anzi, per la prima volta, non sentiva il bisogno di fuggire via e di ritagliarsi spazi per stare da sola. C’erano dei momenti in cui condividevano il silenzio, immersi nelle loro letture, e questa le sembrava la più intensa forma di intimità che avesse mai raggiunto con qualcuno. 

“Io lo trovo perfetto,” sospirò.

“Si vede che siete noiosi uguale.”

“Non è da escludere,” convenne. Tuttavia, lei non si sentiva noiosa, faceva tantissime cose interessanti con Rodolphus. Provò a metterne al corrente Alecto per sondare la reazione mentre infilava il bikini. “In questi giorni abbiamo prenotato i biglietti per la stagione teatrale dividendoci tra prosa, musical, concerti e opera.”

“Noiosi!” le arrivò l’urlo dal bagno strappandole una risatina. 

Chissà cosa facevano le persone divertenti, si trovò a domandarsi.

In pochi minuti, erano in direzione della piscina: avevano appena due ore di relax prima del pranzo e prima di doversi preparare per la sessione pomeridiana degli incontri nella sala congressi. 

Quando arrivarono a bordo piscina, Regulus e Barty avevano preso il controllo di tutta l’area insieme ad Evan Rosier e quello che aveva tutta l’aria di essere il fratello di Rodolphus. Alexandra cercò con lo sguardo il suo fidanzato e lo trovò intento a polemizzare con Antonin Dolohov.

“Siamo appena arrivati, siete già alle strette?” domandò scherzando, posò una mano sul braccio di Rodolphus per cercare un contatto fisico e riportarlo con i piedi per terra.

Dolohov però sembrava non intenzionato a desistere: “Io non so come fai a sopportarlo, Alex. Sei una santa, te lo dico! Non ha fatto altro che lamentarsi.”

“Aspetta che si accorga che c’è suo fratello…” scherzò attirandosi un’occhiata allarmata da parte di Rodolphus che, dopo pochi istanti, mise a fuoco la presenza del nuovo arrivato. “Tu cosa ci fai qui?” 

“Ciao, Rodolphus, anch’io sono felice di vederti.” Il sorriso sarcastico di Rabastan sembrava in cerca di un appiglio per pungolare il fratello. Alexandra comprese di essere finita nei guai quando gli occhi verdi di lui si posarono proprio su di lei. “Uh, Alex, che piacere rivederti. Un giorno ti incontrerò vestita e non ti riconoscerò!”

Arrossì per l’imbarazzo. A peggiorare le cose, la battuta era stata ascoltata praticamente da tutti i colleghi, Bellatrix compresa che si avvicinò incuriosita, gustandosi l’imbarazzo di Rodolphus: “In che senso l’hai vista svestita?” 

Rabastan, evidentemente, non vedeva l’ora di raccontare di quando si era precipitato a casa di Rodolphus, allarmato dal fatto che non rispondesse al telefono e di come l’avesse trovato impegnato a fare i pancake a una fanciulla in deshabillé. 

“I pancake?” domandò Bellatrix con un sopracciglio alzato. “Rod, stavi sul serio preparando i pancake?”

“Ci sono persone, persone deliziose, che apprezzano questi pensieri, sai, Bellatrix?” rispose Rodolphus evidentemente piccato per i suoi trascorsi con Bellatrix.

Alexandra decise di sostenerlo e aggiunse allegra: “Ed erano anche buoni!” Allungò una mano verso Rodolphus e gli fece segno di seguirla in piscina. In certi casi, la fuga era la migliore soluzione possibile. 

“Ma Rabastan non ci ha ancora detto cosa ci fa qui!” esclamò Rodolphus che aveva interrotto la sua fuga verso l’acqua e la teneva ferma con un braccio intorno alle spalle.

“Perdi colpi, fratello, sono stato invitato per fare la cronaca di questo evento,” ridacchiò mentre Bellatrix punzecchiava il fianco di Rabastan e gli faceva cenno di andare in piscina. 

Uno dopo l’altro, finirono tutti in acqua, chi tuffandosi, chi entrando cautamente, chi, come Alexandra, gettata di peso da Evan Rosier che approfittò della distrazione di Rodolphus per prenderla in braccio e farla precipitare in acqua tra le urla e gli insulti di lei. Evidentemente, non voleva restare troppo a lungo tra le sue grazie, tornando a prendere posto nella lista nera di colleghi da evitare. 

Seduto sul bordo della piscina, con i piedi ammollo nell’acqua, Regulus Black si stava godendo il primo aperitivo della giornata quando Barty gli afferrò i piedi e lo tirò dentro l’acqua tra le risate e gli schiamazzi di Rodolphus, Rabastan ed Evan.

Barty tirò fuori dei palloni gonfiabili con gli unicorni disegnati, proprio quelli dell’invito, impressionando Rabastan per la coerenza dell’immagine e per il tipo di merchandising che era stato ideato in correlazione con l’evento. 

“Non si diventa unicorni tutti i giorni!” esclamò Barty allegro lanciando i palloni. 

Fu l’arrivo di Alecto Carrow in piscina con il suo nuovo costume da bagno a far cadere un silenzio strano tra i ragazzi. 

“Alecto… wow!” esclamò Evan.

“Stai benissimo!” aggiunse Rabastan, attirandosi un’occhiataccia da Evan. “Lestrange, stai lontano dal nostro ufficio Risorse Umane!”

In quel contesto rilassato, il taglio sexy del costume di Alecto non era passato inosservato. Alexandra controllò la reazione di Rodolphus che, tuttavia, sembrava più divertito dal battibeccare di Rabastan ed Evan che dal costume di Alecto. Si scoprì a tirare un sospiro di sollievo benché razionalmente sapesse di non avere motivi per essere gelosa. Eppure, quella sua insicurezza la portava ad attendersi il peggio quando c’era Bellatrix, o quando tutti avevano apprezzato Alecto, perché dopo tutto, lei non era appariscente, e c’era una vocina dentro di lei che le sussurrava che se Rodolphus stava con lei era frutto di un caso e che sicuramente nel mondo c’era una donna più bella, più intelligente, più sensuale di lei che sarebbe stata una fidanzata migliore.

Fu Barty a riportarla al presente saltandole addosso e facendola finire con la testa sott’acqua. 

“Lo so che stai pensando a qualcosa!” le urlava da sopra l’acqua mentre Alexandra si dimenava per tornare in superficie. Non appena ebbe ripreso fiato gli urlò: “Puoi stare certo che ora penserò solo a come eliminarti!”

Barty rideva e si faceva scudo con Regulus degli schizzi di Alexandra che nella sua foga vendicativa non si accorse di finire contro Tom.

“Turner!” la riprese seccato dagli schizzi. “Almeno da te mi aspetto un certo contegno! Crouch, smettila di fare il clown, hai trasformato una convention di nerd in un asilo!” 

Bellatrix ridacchiava dal lettino su cui era stesa.

“S-scusa, Tom,” mormorò Alexandra riprendendo un immediato contegno. Decise di uscire dall’acqua e di raggiungere Rodolphus che era appena tornato dalla doccia. “Cosa è successo? Cos’è quell’espressione?” le domandò non appena la vide.

“Beh, Barty ha tentato di affogarmi e mentre cercavo vendetta sono finita addosso a Tom.” Rodolphus ridacchiò mentre Alexandra si mostrava offesa: “Non è divertente!”

“Dipende da come immagini la scena,” le obiettò.

Alexandra alzò gli occhi al cielo. “Oh, non fare il legale!” 

Scoppiarono a ridere insieme. Rodolphus l’attirò a sé per posarle un bacio sulla fronte. “Vieni, approfittiamo di ogni minuto possibile, prima che ci separino.”

Un tossicchiare imbarazzato interruppe il loro contatto, costringendoli a recuperare una distanza di sicurezza decorosa. “Desolata di dovervi interrompere, ma dobbiamo andarci a preparare per il pranzo.”

“Carrow, tu vuoi proprio farti odiare, vero?”

“Scusa, Lestrange, niente di personale, ma Tom mi ha dato il compito di gestire l’organizzazione e capirai che non posso deluderlo.”

Alexandra e Rodolphus si scambiarono un’occhiata mentre si alzavano con gli altri e si incamminavano verso l’hotel. “A che piano sei?” le domandò mentre aspettavano l’ascensore. “Al settimo, stanza 708.”

“Stanza 709,” le sussurrò. “Mi permetta, mademoiselle, di scortarla fino in camera.” Alexandra annuì divertita: “Oui, merci, monsieur!” 

Cercava di fingere indifferenza mentre Rodolphus le sfiorava la schiena e la guidava verso l’ascensore che, in modo del tutto insperato, riuscirono a prendere da soli approfittando della poca intimità per scambiarsi qualche bacio. Sapere che in quelle poche ore avrebbero dovuto dormire in camere separate non faceva altro che incrementare il desiderio che Alexandra aveva di Rodolphus. Lo aveva osservato in piscina e aveva tremato sotto il tocco di lui in acqua, nulla di paragonabile agli agguati di Barty o allo scontro con Tom che pure aveva fatto balzare Bellatrix come se si fosse seduta sugli spilli. E nemmeno era paragonabile al modo in cui Evan Rosier l’aveva fatta precipitare nella piscina. 

Camminavano lungo il corridoio scambiandosi sguardi mentre cercavano di portare la mente verso un terreno meno pericoloso e più consono a eventuali incontri fortuiti: il discorso che Rodolphus avrebbe dovuto tenere sul palco della convention. Avevano provato quel discorso un’infinità di volte e lo avevano costruito lavorando sui messaggi, il ritmo, l’intonazione della voce fino a renderlo perfetto per Rodolphus che, adesso, era fantastico.

Davanti la porta della camera venne intercettata da Alecto che lanciò un’occhiata ammonitrice a Rodolphus e Antonin ricordando loro che tutti, indefettibilmente, dovevano indossare la t-shirt con gli unicorni. 

Così, si asciugarono, si cambiarono e indossarono un paio di pantaloni e la t-shirt nera con gli unicorni stilizzati verde acido, per richiamare i colori dei primi schermi, il codice di programmazione, alla Matrix, il film con cui Barty era fissato. 

Quando scesero a pranzo, notarono che il ristorante dell’hotel si era riempito di giovani con le magliette nere e gli unicorni e Alexandra rimase impressionata dal constatare quante persone lavorassero per la loro azienda. Negli uffici amministrativi erano il solito gruppetto, ma ai piani inferiori o dalle più disparate località del mondo, stuoli di programmatori, tecnici, content creator, creativi, grafici e impiegati davano vita e corpo a quelle che erano le loro direttive.

“Siamo tantissimi,” mormorò sorpresa guardandosi intorno.

“Non dirlo a me che ho dovuto assumerli uno dopo l’altro,” sospirò Alecto un po’ annoiata mentre cercava un tavolo in cui potersi sedere. Trovarono un lungo tavolo occupato solo da Evan Rosier che chiacchierava con Rabastan Lestrange, Barty e Regulus e decisero di unirsi al gruppetto di colleghi. Rodolphus e Antonin si unirono a loro poco dopo, quando loro avevano già finito di mangiare gli antipasti.

“Avete fatto ritardo per via della doccia?” li provocò Alecto. Barty ridacchiò e diede una gomitata a Regulus, sembrava che loro due sotto la doccia si fossero divertiti molto, a differenza di Rodolphus e Antonin che avevano un’espressione torva.

“L’ingegner Dolohov impiega un sacco di tempo sotto la doccia.”

“Ho detto che mi stavo sistemando la barba. Se ti serviva la doccia potevi accomodarti.” Rodolphus alzò gli occhi al cielo e si fermò dal dire qualcosa che, a giudicare dalla sua espressione, non doveva essere nulla di carino. 

“Alla fine sei riuscito a fare la doccia?” gli domandò Alexandra, curiosa di sapere se fosse riuscito a eliminare il cloro della piscina. Rodolphus annuì mentre infilzava il merluzzo con la forchetta, domandò risentito: “Non si vede?”

“Sì, mi sembravi troppo in ordine per essere reduce dalla piscina,” si affrettò a dire, cercando di essere diplomatica e di non peggiorare l’umore di Rodolphus. C’era da dire che quel contrattempo doveva averlo distratto dalla tensione per il discorso da tenere sul palco.

Regulus cercò di riportare l’argomento su terreni più piacevoli chiedendo a Evan Rosier se venisse spesso in Costa Azzurra. Evan sembrava non aspettare altro e monopolizzò il resto del pranzo raccontando gli aneddoti delle sue estati passate al punto che si ritrovarono poco dopo nella sala congressi senza quasi accorgersene.

Il pomeriggio venne inaugurato da un discorso introduttivo di Tom Riddle che diede la visione dei prossimi anni e su ciò che attendeva la Legilimens. Lo scenario del mercato era in rapido cambiamento, così come i bisogni dei clienti ed era necessario farsi trovare preparati. Illustrò alcuni elementi tecnici del nuovo software che mandarono in brodo di giuggiole Bellatrix, Barty e gran parte dei programmatori presenti. 

Alexandra ascoltava interessata e cercava di comprendere le implicazioni in termini di conformità alle normative sulla protezione dei dati personali. Alcuni progetti li aveva esaminati allo stato embrionale ed era incredibile osservare il modo in cui avevano preso corpo. 

Tom invitò Antonin e Rodolphus a salire sul palco: il momento dei loro discorsi era arrivato. Antonin iniziò a illustrare il percorso di crescita che aveva fatto l’azienda, dai primi prodotti a quelli attuali e mentre parlava si sentivano i gruppi di programmatori lasciarsi andare a esclamazioni di soddisfazione ogni volta in cui veniva citato un loro progetto. 

“Certo che Tom è un figo…” disse Barty sottovoce a Regulus. “Guarda bene il suo profilo, l’eleganza con cui si muove sul palco…”

“Beh, nemmeno Rodolphus è male,” gli rispose Regulus. Alexandra cercò di resistere all’impulso di voltarsi verso Barty e Regulus. Era palese che quello fosse uno sciocco tentativo di Barty di provocarla e che Regulus, come sempre, stava al gioco. Lo sguardo, tuttavia, cadde sul bicipite di Rodolphus, sul suo petto ampio, enfatizzato dalla t-shirt leggermente stretta. Alexandra sentì il respiro mancarle. 

“Insomma, capisco perché Alex è così presa da lui. Se osservi il suo bicipite puoi immaginare di essere alzato contro il muro…” 

Uno sbuffo divertito di Bellatrix interruppe il discorso di Regulus. “Suvvia, Rod può alzare al massimo il bicchiere… è grosso ma innocuo…” 

Alexandra si morse un labbro infastidita da quel commento che sottolineava ancora una volta i trascorsi passati con Rodolphus. Se c’era qualcuno che avrebbe avuto il diritto di commentare il braccio di Rodolphus, o qualsiasi altra cosa relativa a Rodolphus, era proprio lei, la sua attuale fidanzata e non i colleghi o, men che meno, la sua ex ragazza. 

La sua mente la distrasse da quei pensieri e le offrì il ricordo di tutte le volte in cui Rodolphus l’aveva sollevata sulla scrivania dell’ufficio, contro la porta di casa, tra gli scaffali dell’archivio contratti. Alzò lo sguardo verso Rodolphus che aveva appena terminato il suo discorso tra gli applausi del pubblico. Tornò a prendere posto accanto a lei e le domandò: “Come sono andato?”

“Alla grande,” mormorò prima che le sue labbra venissero chiuse da un bacio. “A cosa pensavi mentre parlavo? Avevi l’espressione di quando sei eccitata.”

“Che questa maglietta ti sta molto bene… e che vorrei togliertela…” sussurrò in rimando. Si scambiarono un sorriso e intrecciarono le dita. Dovevano fare i bravi e comportarsi da persone civili che sapevano stare in compagnia degli altri. Alexandra trasse un profondo respiro e si disse che l’indomani si sarebbe fatta sollevare contro tutte le pareti di casa. 

Il resto del pomeriggio trascorse con i discorsi delle altre divisioni e delle varie società del gruppo. La Legilimens avrebbe dato corso a una serie di acquisizioni per consolidare la posizione e affermarsi come punto di riferimento del mercato. Persino il gruppo editoriale per cui lavorava Rabastan era stato acquistato. 

“Altro che fare la cronaca…” commentò Rodolphus con un filo di sarcasmo nella voce mentre stringeva ancora di più la sua mano e si sporgeva verso di lei per commentare passo passo i discorsi degli altri. Era bello sentirsi complici, sentire il resto del mondo svanire intorno a loro, almeno finché le sessioni pomeridiane non terminarono e dovettero tornare in camera a cambiarsi per la cena e la serata danzante.

Alecto, come si suol dire, aveva sfoderato l’artiglieria pesante: per la cena e il dopocena aveva deciso di indossare un abito fasciante bianco che le arrivava sotto il ginocchio e che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.

“Caspita,” mormorò Alexandra nell’osservarla. Lei, come sempre, aveva optato per un abito blu con la gonna che scendeva morbida sui fianchi. Insomma, era pur sempre una festa aziendale e si sarebbe sentita a disagio nell’eccedere solo perché erano a Saint Tropez. Tirò un sospiro di sollievo nel momento in cui vide Rodolphus che indossava il solito completo blu con una semplice camicia bianca. Si sorrisero nel vedere che avevano fatto valutazioni del tutto simili e mantenuto un look business. Qualcuno li avrebbe definiti noiosi e il pensiero le strappò un sorriso.

Allo stesso modo, Tom indossava un completo giacca e pantalone nero abbinato a una camicia altrettanto nera con un look total black che lasciò Barty a bocca aperta. Bellatrix indossava un abitino corto e scollato, nero come l’abito di Tom, e sedeva al suo fianco con il solito sguardo compiaciuto. 

Alexandra continuava a ripetersi di non dover temere il confronto con Bellatrix, che Rodolphus aveva scelto e voleva lei e soprattutto Bellatrix era stata ben felice di liberarsi del suo fidanzato. Eppure, la trovava così bella, geniale e sexy da sentirsi continuamente inadeguata. Il più delle volte scacciava quella sensazione osservando Rodolphus e sentendosi grata per le attenzioni e l’amore che riceveva da lui. Persino in quel momento, mentre cenavano tutti insieme, Rodolphus cercava di coinvolgerla in una discussione che aveva intavolato con Regulus su alcuni punti da portare in Consiglio di Amministrazione. 

“Smettetela di parlare di lavoro,” intimò Antonin, seduto accanto a Bellatrix che, invece, era intenta a raccontare a Evan e Rabastan l’ultima impresa che aveva compiuto blackhat_51. 

Fortunatamente, il resto della serata fu più movimentato della cena. La sala congressi si era trasformata in una specie di discoteca con tanto di luci stroboscopiche e dj-set. 

Rodolphus si presentò con un paio di gin tonic e bevvero mentre osservavano gli altri riscaldarsi. Solo quando l’alcol iniziò a fare effetto si lasciarono andare e danzarono insieme ai colleghi. Era divertente volteggiare e saltellare insieme a Rodolphus, Evan, Barty, Regulus. Alecto era scatenata e persino Bellatrix e Tom erano stati visti ballare. 

Rabastan diede il meglio di sé coinvolgendo delle ragazze dello staff di comunicazione e mandando su tutte le furie Barty che era gelosissimo delle sue content creator. “Non me le rovinare, Lestrange!” gli urlava mentre le due ragazze ridevano e cercavano di tranquillizzare il loro capo. Evan si unì al gruppetto che si allargò ulteriormente mentre Rodolphus la prese per mano e le chiese se aveva voglia di fare due passi con un altro bicchiere di gin tonic.

Le luci del giardino illuminavano fiocamente la piscina creando un’atmosfera intima; sui lettini, ancora sparsi lungo il perimetro, c’erano gruppetti di persone intenti a fumare, chiacchierare e qualche coppietta che si lasciava andare ad alcune effusioni.

“Questa situazione mi ha fatto riflettere, sai?” le disse Rodolphus mentre si fermava vicino il trampolino, in disparte rispetto alle altre persone. Alexandra prese un sorso di gin tonic e sollevò un sopracciglio incuriosita. “Su cosa?” 

“Pensavo che non mi piace questa separazione.”

“Rod, è solo una notte. Domani saremo a casa.”

“Non mi riferivo solo a questa notte.” 

Rodolphus si soffermò a guardare l’acqua immobile della piscina, alzò lo sguardo verso il bar affollato di colleghi in fila per l’ennesimo cocktail. “Oramai sono trascorsi sei mesi da quando stiamo insieme, anche se consideriamo le tre settimane di… ehm… interruzione.” Non amavano ripensare a quel periodo, ogni volta che vi facevano riferimento finiva per scendere un silenzio carico di tristezza al ricordo di tutto quel dolore che avevano provato.

“Ma ci vediamo praticamente tutte le sere,” provò a ricordargli. Non aveva assolutamente idea di dove volesse arrivare. Era forse scontento del loro rapporto? Alexandra iniziò a preoccuparsi.

“A casa tua, o a casa mia,” le disse. Rodolphus le prese una mano mentre la guardava con i suoi occhi neri e profondi. “Quello che sto cercando di dire è che questa separazione mi ha fatto pensare a quanto vorrei una casa nostra.”

“Mi stai chiedendo…” Alexandra non sapeva come formulare quella frase, aveva paura di terminarla, di fraintendere, di scoprire di non essere pronta.

“Di andare a vivere insieme, Alex.”

Il primo pensiero che le attraversò la mente fu la consapevolezza che un affitto vantaggioso come quello che aveva non lo avrebbe trovato in tutta Londra e che, dopo tutto, lei non voleva lasciare la sua casa. 

“Cosa ne pensi?”

“Rod, è… è un passo importante. Mi piacerebbe, sì, ma mi spaventa lasciare la mia casa, il mio quartiere.”

“Posso venire a stare da te e se valuteremo di aver bisogno di una casa più grande, ci trasferiremo, anche rimanendo a Bloomsbury.”

“Vuoi lasciare Southwark?”

“Voglio stare con te, Alex, non mi importa dove o in quale casa. Voglio solo sapere che ogni mattina mi sveglierò con te e ogni sera ci coricheremo nello stesso letto.”

“Oh, Rod…” Alexandra si strinse a lui e inspirò il profumo che tanto amava. Sentì le braccia di Rodolphus stringerla e le mani accarezzarle la schiena. Sì, anche lei voleva dormire tutte le sere con lui, fare colazione mentre organizzavano la loro giornata, pianificare i fine settimana o semplicemente cenare insieme e guardare un film.

Si allontanò da lui per guardarlo negli occhi e strinse le sue mani tra le proprie mentre gli diceva: “Lo voglio anch’io. Va bene, domani andremo a prendere le tue cose e le porteremo a casa a Bloomsbury.” Non voleva partire chiamando mia quella che sarebbe diventata la loro casa.

Rodolphus ricambiò la stretta delle sue mani, scosse la testa, il sorriso assunse una punta di malizia: “Oh, no, Alex, domani torniamo a casa, a Bloomsbury, e io voglio recuperare il tempo di questo weekend.” Alexandra trattenne una risata per dargli modo di continuare. “In settimana passerò a recuperare le mie cose. Posso anche tenere la casa per un po’ di tempo, se vuoi vedere come va e stare tranquilla.” Scosse la testa e lo rassicurò: “Non ho bisogno di tempo, sono sicura, sarà la nostra casa.” 

Si sollevò sulle punte per andare incontro a Rodolphus, si scambiarono un bacio nella penombra della piscina. Non si era mai sentita tanto felice.

“Ragazzi, vi siete imboscati?” 

La voce di Rabastan li riportò bruscamente al presente. Alexandra si voltò verso il nuovo arrivato e notò che Rodolphus le impedì di sfilare la mano dalla propria continuando a stringerla. 

“Stavo chiedendo una cosa ad Alexandra,” commentò seccato.

“E non potevi aspettare?”

“No. Non potevo aspettare.”

“Venite?”

Alexandra sorrise a Rodolphus e gli domandò: “Andiamo?” Trattennero un sorriso ma poi entrambi annuirono in direzione di Rabastan. 

Quanto accadde dopo fu piuttosto confuso. Ci fu un altro gin tonic e tanta musica, e risate, e Bellatrix che ballava in modo indecente addosso a Tom che, tuttavia, non sembrava affatto infastidito da quel contatto fisico. 

Rodolphus però non guardava minimamente la sua ex fidanzata, era concentrato su di lei, forse già proiettato alla loro imminente convivenza. Fu proprio il sorriso di Rodolphus, il solletico di Regulus e il modo in cui Barty la riportava con i piedi per terra a farle perdere la cognizione del tempo.

Solo verso le tre di notte, quando la stanchezza iniziò a prendere il sopravvento, Alexandra si voltò verso Barty: “Hai visto Alecto?” Il suo amico scosse la testa e Regulus aggiunse: “Credo che sia tornata in camera, perché?”

“Ha lei le chiavi della stanza,” mormorò mentre si incamminava verso gli ascensori. Si voltò verso Rodolphus che era intento a parlare con Rabastan e si disse che si sarebbero visti l’indomani, che non aveva senso distrarlo e ricordargli che non avrebbero dormito insieme. 

Avrebbe mandato un messaggio della buona notte sul telefono, le sembrava qualcosa di romantico. 

Nell’ascensore sorrideva allo specchio e sospirava nel pensare che lei e Rodolphus avrebbero iniziato a vivere insieme. Se ripensava al giorno in cui era entrata alla Legilimens e il suo sguardo aveva incrociato quello di Rodolphus, al modo in cui il suo stomaco aveva sobbalzato quando lui le aveva rivolto la parola, Alexandra era pronta a giurare che l’amore a prima vista esistesse, anche se aveva bisogno dei suoi tempi. Erano trascorsi due anni da quel giorno, durante i quali Alexandra aveva soppresso sistematicamente ogni speranza e aspettativa su Rodolphus, nonostante ignorasse che lui fosse impegnato con Bellatrix. Si era ripetuta fino allo sfinimento che le relazioni con i colleghi erano sbagliate e che lei non era il genere di persona che ci provava con uno della dirigenza. Aveva mantenuto un atteggiamento cortese e professionale, finché tutto non era precipitato durante l’ultima negoziazione con gli americani. 

Scacciò il ricordo di Rodolphus che la sollevava sul tavolo della sala riunioni mentre la baciava, altrimenti Alecto l’avrebbe presa in giro o, peggio ancora, costretta a raccontare l’accaduto elencando, punto per punto, le norme delle policy interne che avevano violato. 

Si sorprese quando trovò la serratura chiusa. Sospirò pensando a quanto sarebbe stato spiacevole svegliare Alecto. Guardò il suo telefono. Era pieno di notifiche: nel gruppo dei colleghi Barty aveva condiviso una marea di foto buffe. Trattenne una risatina e poi sentì un sospiro provenire dalla sua camera. Avvicinò l’orecchio alla porta e sentì quelli che, al di là di ogni dubbio, erano dei gemiti di piacere.

Lasciò aderire l’orecchio contro la porta cercando di amplificare i suoni creando una specie di cono con le mani e sentì che Alecto non era sola, era con qualcuno. 

“Cosa stai facendo?”

La voce di Rodolphus la fece sobbalzare. “Shhh!” sottovoce aggiunse: “Alecto sta facendo sesso con qualcuno e io sono rimasta chiusa fuori.”

“Non sarebbe successo se ci avesse messo in camera insieme e se lei si fosse presa una stanza singola. Vedi perché stamattina ero arrabbiato?”

“Non mi pare il momento di polemizzare, Rod, sono senza un posto dove dormire.”

“Ti posso ospitare io.”

“Ma dormi con Dolohov.”

“Si ma sono letti separati, per fortuna, e anche abbastanza ampi. Insomma, non credo che Tony possa rifiutarti un po’ di ospitalità. Probabilmente starà già dormendo.” Rodolphus aprì la porta ed esclamò: “In realtà non è nemmeno tornato. Dai vieni.”

“Ma non ho niente per la notte, non posso nemmeno struccarmi!”

Rodolphus alzò gli occhi al cielo: “Non vedo come rimanere nel corridoio possa cambiare queste cose. Vieni, ti presto una maglietta e il bagno, mi perdonerai se sono sprovvisto di struccante, ma ti ho già vista con i postumi di una serata impegnativa.”

Non era in grado di resistere all’ironia di Rodolphus che riusciva a rendere bello anche un momento del genere. Certo, avrebbe potuto bussare alla porta e costringere Alecto a interrompere lo spasso, perché se quella mattina proprio la Carrow aveva sottolineato che erano lì per stare con i colleghi e non per divertirsi, e allora doveva essere coerente. Tuttavia, lo sguardo di Rodolphus, con cui la invitava a entrare in camera sua e la prospettiva di dormire stretta a lui, di svegliarsi tra le sue braccia ebbero la meglio.

Cercò di struccarsi alla meno peggio strofinando acqua, sapone e carta igienica sul viso, sicura che l’indomani avrebbe avuto la pelle arrossata. Infilò la t-shirt di Rodolphus e lo raggiunse sotto le coperte il prima possibile, temendo di essere sorpresa da Dolohov. Bastò poggiare la testa sul cuscino e scambiarsi il bacio della buonanotte con Rodolphus per scivolare in un sonno profondo.

La mattina seguente, Alexandra si risvegliò riposata e sufficientemente lucida da accorgersi che doveva entrare in camera per recuperare le sue cose, fare colazione e lasciare la camera. 

Così, recuperò il suo abito e uscì diretta verso la sua stanza con la stessa foga che avrebbe avuto se l’hotel stesse andando a fuoco. 

“Apri! Alecto, apri!” urlò battendo la mano contro la porta. “Apri! Non mi importa se stai dormendo!”

“Cos’è questo casino?” La voce di Alecto arrivò alle sue spalle, Alexandra si voltò verso la collega e la vide sorridente, riposata che rientrava dalla colazione con Dolohov. “Sembri un panda, Turner,” le fece notare, mandandola ancora di più su tutte le furie.

“Mi hai chiuso fuori per tutta la notte!” obiettò ancora più arrabbiata. “Dammi la chiave della stanza!”

Alecto le passò la chiave e le domandò: “Dove hai trascorso la notte?”

“Ringrazia Rodolphus che mi ha ospitato o sarei rimasta nel corridoio,” disse mentre correva in bagno a recuperare il suo beauty case. Inorridì nel vedere che i teli erano stati utilizzati. “Chi ha usato il telo della doccia?”

“Tu dopo la piscina?” 

“Li hanno cambiati durante la cena, siamo in un cinque stelle, non in una pensione.”

Alecto alzò gli occhi al cielo e ammise riluttante: “L’ho prestato ad Antonin.”

“Cosa? Eri con Antonin?”

“Non sono affari tuoi, Turner!”

“Oh, sì che lo sono, io e Rodolphus siamo stati buoni e in silenzio perché credevamo che da un momento all’altro sarebbe arrivato Dolohov in camera e invece voi eravate qui a divertirvi! Potevate mandarci un messaggio!”

“Ti pare che siano cose premeditate? Sono cose che capitano sull’impulso del momento!”

Alexandra scosse la testa e si fermò, consapevole che a polemizzare con Alecto avrebbe perso solo il tempo per fare colazione. Si infilò una maglietta e un pantalone, chiuse la valigia e andò verso la sala ristorante con un nervo per capello. Fu accolta dallo sguardo preoccupato di Barty: “Sembri un panda, tesoro, chi ti ha fatto piangere?”

Alexandra si versò una dose generosa di caffé e sbuffò: “Nessuno. Ieri sera Alecto ha pensato bene di chiudersi in camera mia con Dolohov e fare baldorie per tutta la notte.”

Le sopracciglia di Regulus e Barty scattarono in alto in sincrono e Regulus aggiunse: “Ti prego, mi va di traverso la colazione. Non voglio immaginare certe scene.”

“Non sarai rimasta chiusa fuori?”

“Sì, per fortuna Rodolphus mi ha ospitata,” continuò rivolgendo uno sguardo carico di gratitudine a Rodolphus che stava prendendo posto accanto a lei. Barty e Regulus lo salutarono con un cenno del capo. “Resta il fatto che mi sono struccata solo stamattina, in fretta e furia, per non perdere la colazione.”

“Io non vorrei dirti che mi devi dare retta,” le disse Barty, “ma, sì, mi devi dare retta: quante volte ti ho detto che in borsa devi tenere sempre le salviettine umidificate? Non puoi mai sapere come evolve una serata e rischiare di svegliarti accanto a un uomo con la tua forma panda.”

“Scusa se ho pensato che a una convention aziendale non ne avrei avuto bisogno perché avevo una stanza con tutte le mie cose.” Il sarcasmo era il solo freno che le impediva di perdere del tutto le staffe anche con Barty e Regulus. Perché nessuno si mostrava solidale con lei? Stavano a sindacare cosa avrebbe o non avrebbe dovuto fare, ma nessuno sembrava capire il suo fastidio.

“Avresti dovuto andare alla reception e farti dare una seconda chiave,” le disse Regulus.

“E assistere all’accoppiamento Carrow-Dolohov? No, grazie.”

“Però le avresti dato fastidio…” aggiunse Barty con l’aria divertita. 

“Alex non è come Alecto,” intervenne Rodolphus. “Antonin poteva avvisare, Alecto poteva avvisare, avremmo capito, ci saremmo rilassati e non avremmo dormito immaginando che Antonin potesse tornare in camera da un momento all’altro. L’irritazione di Alexandra va oltre lo struccante, e non è un po’ di matita sotto gli occhi a farmi fuggire.”

“Oh, cielo, non iniziate,” intervenne Barty mimando un conato di vomito. “Lestrange, io te lo dico, ho sopportato tre settimane di pianto, lamentele e serate alcoliche per consolarla e poi altrettante in cui mi raccontava persino i colori delle sue dannate farfalle nello stomaco. Non voglio sapere più niente, io ho dato. Finito. Chiuso. Tieniti Alex e non farla soffrire che diventa insopportabile.”

Il braccio di Rodolphus si allungò sulla sua spalla, le posò un bacio sulla guancia e poi Rodolphus si sporse verso Barty per dirgli: “Non ci penso nemmeno e, anzi, tu e Regulus sarete tra i primi ospiti delle nostre cene.”

“Cosa? Avete deciso di andare a vivere insieme?”

“Sì, diciamo che questa disavventura è stata illuminante sotto molti aspetti.”

Tra le braccia di Rodolphus, era impossibile rimanere di cattivo umore.

 

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Capitolo 11
*** Black box - grey box - white box - Tom Riddle/Bellatrix Black ***


Black box - grey box - white box

Tom Riddle / Bellatrix Black

 

Tom non era mai stato un tipo da cene in casa, tranne i primi tempi, quando con Antonin e Rodolphus stavano tirando su la Legilimens Inc. e il lavoro da fare era talmente tanto che trascorrevano i weekend e le vacanze insieme continuando a lavorare per quella piccola start up.

Adesso erano diventati l’unicorno dell’anno e questo riconoscimento era giunto dopo anni di sacrifici, di duro lavoro e di concorrenti spietatamente eliminati dal mercato con le buone o con le cattive.

Pertanto, non c’era un reale bisogno di organizzare quella cena, eppure, Tom l’aveva proposta a Dolohov e Bellatrix perché, dopo tutto, aveva piacere a trascorrere del tempo con loro e, anche se faticava ad ammetterlo, voleva mostrare ad Antonin le abilità da hacker di Bellatrix. 

Dolohov non la conosceva ancora troppo bene sotto quel punto di vista. Sì, l’aveva vista a qualche incontro, ma vederla smontare e violare il frutto del proprio lavoro, quello che si conosce a menadito, era un’altra cosa. Così, prima di formalizzare i nuovi aggiornamenti a cui aveva lavorato Dolohov, Tom aveva organizzato una sessione di testing su tre livelli: Bellatrix sarebbe stata la black box, l’hacker totalmente all’oscuro del funzionamento del sistema, avrebbe cercato di trovare le vulnerabilità e di bucare il sistema. Era importante perché poteva portare a scoprire elementi su cui non ci si concentrava abbastanza.

Tom, che aveva qualche dettaglio del progetto, sarebbe stato il grey box, ovvero colui che conosce a grandi linee le caratteristiche del sistema, immagina le vulnerabilità e prova a testarne la resistenza agli attacchi. 

Infine, Dolohov, il programmatore, colui che conosce il codice nella sua interezza, sarebbe stata la white-box, colui che sa in caso di attacco dove andare a guardare. Certo, di solito era sufficiente ricorrere alla grey-box, ma un test su tre livelli era più che indicato per unire l’utile (andare avanti con il lavoro) al dilettevole (guardare Bellatrix all’opera).

Il tavolo di cristallo nero del suo salotto era stato apparecchiato con tovagliette di lino nero. Bellatrix, in bagno, si stava rendendo presentabile dopo il pomeriggio che avevano passato tra le lenzuola. Tom era colpito. Non aveva mai incontrato una ragazza, anzi, una donna sensuale e disinibita come Bellatrix, instancabile e continuamente vogliosa di lui. Di solito, dopo un paio di volte in cui si finiva a letto insieme, le donne di Tom iniziavano ad avanzare pretese, diradare gli incontri, mettere paletti. Al contrario, Bellatrix era sempre accogliente, disponibile e genuinamente devota. Il suo talento nella programmazione, poi, ne faceva un asset prezioso all’interno del suo impero e la sua bravura come hacker la rendeva una perfetta compagna di scorribande clandestine. Non avrebbe mai creduto possibile che nel mondo sarebbe esistita una donna tanto perfetta quanto lo era Bellatrix. Sembrava che fosse stata creata su misura per lui, per compiacerlo. La sola domanda che si poneva, e che apriva possibilità progettuali infinite, era: ma un sistema di intelligenza artificiale, con la giusta dose di informazioni su di lui, sarebbe stato in grado di dargli un output virtuale perfetto tanto quanto Bellatrix? 

Dopo tutto, il settore del porno era sempre stato uno dei settori trainanti del web e creare una piccola start-up in quel settore e sviluppare partner virtuali su misura delle esigenze del cliente poteva essere un business non indifferente. 

Il suono del campanello lo riscosse da quelle fantasie.

“Alecto, che sorpresa,” salutò lanciando uno sguardo interrogativo a Dolohov. Come gli era saltato in mente di estendere l’invito alla Carrow? Antonin pensava sul serio che l’invito a cena avesse un solo intento conviviale?

“Antonin mi ha detto che era a cena da te, che ci sarebbe stata anche Bellatrix…”

“Sì, insomma, le ho chiesto se avesse voglia di unirsi a noi.”

“Dovevamo testare il tuo progetto, però, non credi che Alecto possa annoiarsi?”

“Non ti preoccupare, Tom, so bene che quando c’è una tastiera di mezzo, io scompaio. Non vi darò noia.”

Tom alzò le sopracciglia perplesso e li fece entrare senza nascondere la propria irritazione. Non voleva tra i piedi la Carrow. Era già tanto doverla sopportare in ufficio. Se avesse voluto fare una rimpatriata, avrebbe esteso l’invito anche a Lestrange, Rosier, e la Turner. 

“Alecto.” La voce piatta di Bellatrix ebbe il merito di farlo sorridere. Dopo tutto, era confortante il pensiero di condividere la medesima irritazione.

“Sorpresa!” esclamò allegra Alecto che si diresse verso la cucina, probabilmente per recuperare un’altra tovaglietta e un coperto da aggiungere a tavola. Bellatrix anticipò la sua irritazione e le disse: “Faccio io, non preoccuparti, voi…” alzò lo sguardo verso di lui e Tom comprese che - dopo tutto - era lui il padrone di casa. “Sediamoci in soggiorno, vi va qualcosa da bere? Apro del vino?”

Bellatrix, perfetta come sempre, sistemò la tovaglietta di lino sul tavolo di cristallo e poi li raggiunse con quattro calici e gli stuzzichini che avevano preparato. Indossava uno dei suoi vestitini neri, con lo scollo ampio che valorizzava il suo bel decolté e che lasciava scoperti alcuni segni alla base del collo, parzialmente nascosti dai lunghi capelli neri. Tom la osservò prendere posto sul divano, scrutare gli ospiti mentre aveva in mano il suo smartphone e domandare: “Allora, cosa vogliamo mangiare?”

“Sushi?” domandò Alecto.

Tom e Antonin ridacchiarono per la proposta e Dolohov le spiegò: “Ci serviranno un po’ di energie per la serata che ci si prospetta innanzi, che ne dite di hamburger e pollo fritto?”

“Può andare se ci aggiungiamo della pizza,” concesse Bellatrix. Il sorriso di Tom si allargò: “Però ordina anche birra e un po’ di bevande energetiche per il dopocena. Le ultime le abbiamo finite ieri.” Il sorriso di Bellatrix si allargò sul volto al ricordo della notte scorsa. 

Avevano fatto l’alba cercando di buttare giù i server della Phoenix ltd., i loro maledetti competitor guidati da Albus Silente, un vecchio guru dell’informatica, ex docente universitario che invece di andare in pensione a fare la calzetta, continuava a infestare il mercato con i suoi prodotti “eticamente corretti”.

Avevano impiegato tutta la notte nel cercare di trovare una vulnerabilità e poi, come era prevedibile, ne avevano trovata una nel solito posto, tra la sedia e la tastiera. Uno degli sviluppatori del software, tale Peter Pettigrew, aveva avuto la splendida idea di usare come password di accesso all’ambiente di sviluppo Phoenix1234, da lì, Lord Voldemort e blackhat_51 avevano trascorso la notte a installare back doors da cui accedere a piacimento ai sistemi. Alla fine, erano così carichi di adrenalina che avevano fatto sesso fino all’alba per poi assopirsi esausti e soddisfatti. La prospettiva di replicare la notte precedente era troppo allettante per Bellatrix.

“Avremo la consegna in 40 minuti, possiamo rilassarci.” Bellatrix lasciò lo smartphone sul tavolino e si concesse un sorso di vino. Scalò di un posto per fargli spazio sul divano e Tom vi prese posto concedendosi un brindisi preliminare.

“Alla nostra splendida serata,” disse Tom, “che, fin dal principio, si sta dimostrando ricca di sorprese,” concluse posando gli occhi su Alecto. La osservò arrossire imbarazzata, e forse aveva compreso di aver fatto la mossa sbagliata. L’ennesima. 

“A proposito di sorprese, venendo in macchina abbiamo visto Rodolphus con una ditta di traslochi sotto casa sua. Sta cambiando casa?” La domanda di Antonin era un patetico tentativo di portare avanti la conversazione su temi a cui Alecto avrebbe potuto partecipare.

Bellatrix mandò giù il vino e annuì: “Sì, si trasferisce a vivere con la Turner.”

“E tu come lo sai?” domandò Alecto, “Mi pareva che non parlassi con Rodolphus dopo… beh… quello che ha fatto.”

L’ennesimo passo falso di Alecto. Tom stava perdendo la pazienza. Se c’era una cosa che non tollerava, era pensare ai tempi in cui Bellatrix non era sua e in particolare al fatto che uno dei suoi più fidati collaboratori avesse avuto per le mani un simile talento senza essere in grado di apprezzarlo e valorizzarlo. Lestrange si meritava la Turner. 

“Me l’ha detto Rabastan, infatti,” commentò Bellatrix che aggiunse: “E, per la cronaca, avrei mollato Rodolphus a prescindere da quello che è successo.” 

“A proposito di cose che sono successe…” esordì Tom che era al limite della sopportazione. “Alecto, non mi sarei mai aspettato un simile comportamento da parte tua con la Turner. Chiuderla fuori dalla stanza, da parte dell’organizzatrice dell’evento e la responsabile delle Risorse Umane. Per cosa, poi? Divertirti con Antonin?”

Alecto balbettò davanti lo sguardo serio di Tom. “Beh, n-no-non era p-preventivato…”

Tom ridacchiò, la osservò mentre mandava giù un altro sorso di vino e le riservò uno dei suoi sorrisi freddi e falsamente cortesi. “Andiamo, Alecto, non prendere in giro la nostra intelligenza. Era tutto premeditato. Io l’ho detto a Bellatrix sul pullman mentre andavamo all’aeroporto.”

“Verissimo!” Bellatrix si affrettò a confermare e poi, con la luce sadica che Tom adorava, aggiunse perfidamente: “Per non parlare di quando ci hai trascinate da Victoria Secret’s in aeroporto.”

“M-mi dispiace, ma non era mia intenzione… io non ho pensato…”

“Ecco, Alecto, non hai pensato,” aggiunse Tom, “non voglio mai più sentire che una dirigente della mia azienda rimane chiusa nel corridoio dalla sua collega, dirigente, perché si sta divertendo con un altro collega. Intesi? Se la Turner non fosse stata con Lestrange, cosa sarebbe accaduto? Avrebbe dovuto passare la notte nella hall perché tu eri troppo impegnata a divertirti? Il senso delle camere doppie, ti ricordo, non è quello di divertirsi, ma di non lasciare solo nessuno. Avrebbe potuto sentirsi male, venire importunata e tu l’hai lasciata da sola.”

“Mi dispiace, Tom, hai ragione. Non si ripeterà più.”

“Voglio sperarlo, perché altrimenti dovrò fare a meno di te.” 

Alecto, finalmente, aveva smesso il sorriso e aveva compreso quanto lui fosse infuriato. “Se la mia presenza è di troppo…” disse mentre Antonin le stringeva la mano per indurla a rimanere. “Abbiamo ordinato anche per te,” le disse e sembrava tenere molto a che Alecto rimanesse. Tom non aveva mai visto Antonin così coinvolto. In tanti anni di collaborazione, nonostante le diverse storie che l’uomo aveva avuto, non aveva mai portato con sé una ragazza né si era lasciato andare a sentimentalismi. Questa volta, evidentemente, doveva essere diverso, così Tom intervenne in qualità di padrone di casa. “Ho preferito che chiarissimo tutto subito, Alecto, puoi rimanere se lo desideri.”

“Rimani,” insistette Dolohov. 

“D’accordo.”

La notifica sul telefono di Bellatrix li informò che la cena era giunta. L’arrivo del fattorino fu propizio per stemperare l’atmosfera e far rilassare Alecto e Antonin. 

Tom aiutò Bellatrix nel distribuire le ordinazioni sul tavolo e la sentì borbottare: “Che pesantezza Alecto!”

“Non ho mai visto Antonin così preso,” le rivelò. “Guardalo.” Si erano entrambi alzati dai divani di pelle nera e in quel momento Dolohov cedeva il passo ad Alecto che gli sorrideva quasi timida, una ciocca di capelli biondi ferma dietro l’orecchio. Si sfioravano continuamente mentre parlavano e sembravano sinceramente legati.

“Ha pessimi gusti in fatto di donne,” mormorò Bellatrix strappandogli una risata. Tom la osservò e le disse: “Bella, non essere impertinente o dovrò insegnarti un po’ di disciplina.” La osservò sottecchi e continuò: “Non c’è proprio niente di cui sorridere.”

“Voglio che tu vada in camera da letto e che ti sfili le mutandine da sotto l’abito. Quando tornerai, me le darai.” Bellatrix lo osservava con una nota di preoccupazione nello sguardo e, al tempo stesso, un lampo di eccitazione. Se dovevano giocare al gioco delle coppie, tanto valeva trasformarlo in una delle loro sessioni. La guardò alzando le sopracciglia senza nascondere la sua impazienza per quell’esitazione.

“Non è una richiesta, Bella,” le sussurrò nell’orecchio, “è un ordine del tuo Signore.”

Il sorriso che comparve sul volto della sua sottomessa gli confermò che lei aveva capito e si affrettò ad allontanarsi per obbedire alla sua richiesta. Tornò poco dopo, riprendendo posto a tavola accanto a lui e passandogli sotto la tavola lo slip di pizzo nero che indossava. Tom lo mise in tasca. Saperla esposta e alla sua mercé, lo eccitava tremendamente.

Di fronte a loro, Antonin e Alecto avevano finito di comporre i loro piatti: doppio cheeseburger per Antonin e un wrap al pollo grigliato per Alecto, entrambi accompagnati da una generosa porzione di patatine fritte. Al centro del tavolo, c’era la pizza che Bellatrix aveva ordinato da dividere: al salame piccante e funghi. 

Tom addentò il suo hamburger di un selezionatissimo wagyu giapponese, condito con salsa al tartufo che esaltava il gusto della carne. Non aveva mai amato i cibi troppo elaborati, ma da quando la sostenibilità economica non era diventata un problema, aveva iniziato ad apprezzare gli ingredienti di prima scelta. Nel mondo dei programmatori, poi, il cibo spazzatura aveva dominato a lungo negli anni e non era un caso che fosse stato proprio Rodolphus, un legale, a fargli scoprire il gusto di una cucina più ricercata. Adesso, però, i programmatori di ultima generazione erano attenti alla linea, sportivi e prediligevano il cibo salutare e così persino alla Legilimens c’era varietà. Le sere con Antonin, però, si ritornava ai vecchi tempi, perché l’hacking chiedeva sostanza e non si poteva violare un sistema con un’insalata nello stomaco.

Bellatrix, al suo fianco, addentò il bacon burger con l’aria di chi stesse provando un piacere immenso. Tom la osservò soffermandosi sul modo in cui le labbra di lei si sporcavano di salsa. Avrebbe voluto leccargliela via, mangiarla allo stesso modo in cui lei stava mangiando quel panino. 

“Allora, Antonin, raccontaci un po’ come è nata questa… intesa? Liason? Storia? Con Alecto,” disse Bellatrix nel tentativo di fare un po’ di conversazione e mettere in imbarazzo il collega. Tom ridacchiò, se Antonin e Alecto erano distratti nel raccontare la loro storia d’amore, lui poteva approfittarne per sfiorare Bellatrix.

“Beh…” esordì Antonin, “come diceva Alecto, non sono cose premeditate… Insomma, mentre organizzavamo la convention a Saint Tropez, ci siamo resi conto che era bello lavorare insieme.”

Tom sentì il ginocchio di Bellatrix tremare al contatto con le sue dita, tuttavia, si allargò lasciandogli accesso all’interno coscia, sotto la veste.

“Avrei voluto fare le cose con calma,” continuò, “ma quando l’ho vista in piscina con quel costume…” sorrise. 

“Stavi molto bene, in effetti,” concesse Tom. “Verrebbe da pensare che fosse premeditato.”

“Tom, credimi, non lo era. Non avevo intenzione di far finire la serata come è finita,” continuò, “non so se sai come ci si sente quando si è presi: volevo sentirmi bella, questo sì, e volevo sentirmi ammirata, almeno per una volta, ed essere libera di uscire dallo schema rigido del capo delle risorse umane.”

“Lo capisco. Come dico sempre, l’amore rischia di essere una debolezza, per questo abbiamo le policy interne.”

“Sì, e faremo qualsiasi cosa sia necessaria a non pregiudicare la società,” si affrettò a precisare Dolohov. 

Le dita di Tom erano arrivate a sfiorare il clitoride di Bellatrix che sussultò afferrando un bicchiere di birra.

“Tutto bene?” domandò Alecto.

“Mai stata meglio,” affermò Bellatrix, la voce più alta di un tono. Tom lasciò scivolare le dita inumidite degli umori di Bellatrix lungo la coscia di lei, in modo che sentisse quanto fosse bagnata e tornò a concentrarsi sulle patatine fritte nel suo piatto.

“E voi?” domandò Alecto. “Com’è nata tra di voi?”

Tom e Bellatrix si scambiarono un sorriso. Come raccontare quanto esisteva tra di loro? “Credo che tutto sia nato nel dark web,” disse tranquillamente. “Il talento di Bellatrix è così raro che è impossibile non notarlo e quando ho scoperto che oltre ad essere talentuosa era anche affascinante, beh, non potevo lasciarla sfuggire.”

“Aw, ma che cosa romantica, Tom! Sono così contenta per voi!” cinguettò Alecto, beccandosi un’occhiataccia da Bellatrix. Tom ridacchiò. Poteva essere definito in tanti modi, il più delle volte l’appellativo usato era stronzo, insensibile, egoista, narcisista, ma romantico non l’aveva mai utilizzato nessuno. Solo chi non lo conosceva poteva usare un aggettivo tanto a sproposito.

Bellatrix, però, non disse niente. 

“Devo ammettere che Bellatrix è stato un ottimo acquisto per la Legilimens,” disse Antonin. “Hai sempre avuto fiuto per le persone, Tom.”

“Parli così perché ti ho convinto a lavorare con me?”

“Non solo, noi eravamo compagni di college, ma io parlo anche di Rodolphus, Regulus, Barty, Alexandra e Alecto naturalmente. Le persone ti seguono e credono nel tuo progetto, nella Legilimens che è diventato anche un nostro progetto. Stiamo cambiando il mondo, lo sai.”

“Lo so, ma ti ricordo che non siamo gli unici sul mercato, anche se il nostro prodotto è migliore.”

“Avete visto la campagna della Phoenix ltd?”

“Sì, esatto. Sta iniziando a creare contatti con gli attivisti per i diritti umani e la cosa non mi piace, vogliono boicottare i nostri algoritmi, è palese.”

“Dici che dobbiamo tenerci pronti?”

“Hanno già sollecitato le Autorità di controllo. Ricordi l’ispezione che Rodolphus e Alexandra hanno gestito?”

Antonin annuì pensieroso. “Allora quando vedranno la nuova funzionalità, impazziranno!” Tom sorrise. “E proprio questo è lo scopo della serata. Siamo pronti per il test? Ci trasferiamo di là?”

“Nella stanza del coding?” domandò Alecto incuriosita. Tom annuì mentre Bellatrix, Antonin e Alecto infilavano velocemente gli involucri dei panini nelle buste di carta e radunavano gli avanzi: li avrebbero portati con sé nell’altra stanza e smangiucchiati mentre procedevano alle verifiche del software. 

“Sei sicura di non voler andare a casa?” domandò Antonin. “Potresti annoiarti.”

“Scherzi? Quella stanza è leggendaria in azienda! Sono tra le collaboratrici storiche e non ci ho mai messo piede! Non vedo l’ora di poter dire di aver assistito a una serata di test! Per me è un’iniziazione!” Gli occhi di Alecto brillavano per l’emozione mentre Tom guidava tutti loro in quello che non era nulla di più di un ufficio domestico.

La stanza era stretta e lunga, la parete lunga di destra aveva un lungo tavolo che la percorreva nella sua interezza, sul quale, in un angolo, vi era un computer fisso. Era il suo computer preferito per l’hacking, il computer di Lord Voldemort. 

C’erano diverse sedie da gaming e spazio per collocare altri computer portatili per le serate che organizzava di tanto in tanto. C’erano anche diversi punti con prese per l’alimentazione dei dispositivi. 

La parete lunga alle spalle del tavolo era percorsa da uno scaffale pieno dei suoi vecchi computer che aveva sempre conservato per collezionismo. Nell’angolo vicino la finestra, vi era un divano e degli scaffali più bassi pieni di libri su giochi di ruolo, fumetti e la sua collezione di numeri di Wired. Di tanto in tanto, sugli scaffali più ampi, c’era qualche action figure, mentre alle pareti erano appesi diversi poster con frasi dei più importanti hacker della storia.

Alecto sembrò delusa da quello che, dopo tutto, rimaneva pur sempre il covo di un nerd. Bellatrix, al contrario, era eccitata e lo si capiva dai capezzoli turgidi che premevano contro la stoffa dell’abito che indossava. La invitò a prendere posto su una sedia da gamer simulando un gesto di cavalleria che voleva prendere in giro Alecto. “Visto che sono romantico, prego, Miss Black, si accomodi.”

Bellatrix gli rivolse uno sguardo complice, non disse nulla e andò dritta al punto: prese il suo portatile e lo sistemò sul tavolo, circa all’altezza di metà parete, in modo da non vedere lo schermo di quello di Lord Voldemort e nemmeno di quello di Antonin che si era installato proprio davanti il divanetto su cui Alecto aveva preso posto. Sarebbe stata una lunga serata.

Tom si sorprese della resistenza di Alecto e della sua devozione a quella serata. La sua presenza, dopo tutto, si rivelò utile, visto che provvedeva a rifornirli di cibo, bevande energetiche, prendeva appunti e annotava elementi su cui Antonin avrebbe dovuto lavorare successivamente.

Dolohov aveva fatto un ottimo lavoro. Bellatrix riuscì a bucare il sistema solo verso l’alba, quando Alecto si era profondamente addormentata sul divanetto e in un momento di pausa, Antonin le aveva posato una coperta di lana sulle spalle.

Con le prime luci del giorno, si salutarono. Il test aveva mostrato poche falle e quindi era stato un vero e proprio successo. Tom era entusiasta della bravura di Antonin e persino Bellatrix quando, alla fine, aveva dato un occhio al codice sorgente, si era sorpresa della logica impeccabile con cui Antonin aveva progettato la nuova funzionalità del loro software.

Quando andarono via, Tom osservò il viso stanco e felice di Bellatrix, le domandò: “Hai sonno?”

“Ho troppa adrenalina in corpo per poter addormentarmi.”

“Io non riesco a dormire per un altro motivo,” le sussurrò. “Il pensiero di te senza mutandine, da ieri sera, mi tormenta.” Portò la mano di Bellatrix sui suoi pantaloni e lei si sorprese nel vederlo eccitato.

“Posso, mio signore?” gli domandò con un sorrisetto che sembrava aver scacciato la stanchezza dai suoi occhi. Tom scosse la testa in segno di diniego: “Siedi sul tavolo, Bellatrix.” La vide obbedire e prendere posto accanto al computer di Lord Voldemort. Tom stese la schiena contro la sedia da gamer. “Allarga le gambe.” Si collocò proprio davanti a lei, le prese i piedi, uno alla volta e le sfilò le scarpe per poi posarli sul bracciolo della sua sedia.

Bellatrix lo guardava impaziente, ma Tom decise di prendersi qualche momento per ammirare Bellatrix in quella stanza, con le gambe aperte e completamente esposta al suo desiderio. Vedeva l’eccitazione della ragazza, il modo in cui il respiro di lei si faceva lento e i capezzoli premevano ancora di più contro la stoffa dell’abito. Tom allungò il braccio, continuando a studiare il corpo di Bellatrix, le scoprì un seno, poi l’altro. Tornò a contemplarla. 

“Sei mia,” le disse. In quella stanza erano conservati i suoi cimeli. I vecchi computer che, poteva dire, contenessero frammenti della sua anima, i suoi dati, il suo passato. I primi acquisti, fatti con i soldi che si era guadagnato da solo. Pezzi da collezione dal valore inestimabile e adesso c’era anche Bellatrix, la nuova promessa dell’hacking che era completamente e totalmente sua. Sorrise.

Voleva averla.

Affondò il viso tra le gambe di lei e iniziò ad assaporarla, a inebriarsi del suo profumo e dei suoi umori. Adorava leccarla e ancora di più amava sentirla gemere e tremare per il piacere che lui, e solo lui, poteva impartirle. Nei pantaloni, la sua erezione premeva contro la stoffa, causandogli un senso di oppressione che voleva controllare mentre si saziava dell’intimità di Bellatrix e le mordeva, leccava e baciava quelle cosce morbide. Si alzò, solo quando la sentì sul punto di abbandonarsi all’orgasmo.

Si prese del tempo per calmarsi, per far scemare un po’ l’eccitazione e poter continuare. Tornò ad ammirare Bellatrix, il modo scomposto e sfrontato con cui lei lo guardava. “Sei una ragazzina impertinente,” le sussurò. “Non dovresti guardarmi così.” Bellatrix sorrise, in tutta risposta. 

Tom tamburellò l’indice sul naso, come se stesse ammonendo una bambina capricciosa, lo lasciò scivolare sulle labbra di Bellatrix e si soffermò a giocare con la bocca di lei, l’accarezzò sentendo la morbidezza delle labbra, infilò il dito dentro, lasciò che lei lo succhiasse lasciva per poi sfilarlo e darle un buffetto sulla guancia. “Ti ho detto che non devi essere così impertinente,” le ripetè. 

“Altrimenti cosa succede?”

Il sorriso sul volto di Tom si allargò. Si chinò sul collo di Bellatrix mentre una mano le afferrava un seno e lo schiaffeggiava. La sentì sussultare ma non dismettere quello sguardo sfrontato. 

“Potrei mandarti a letto così, e vietarti di gratificarti,” le disse infine, riuscendo a cogliere la paura dietro agli occhi di lei che, tuttavia, si riprese subito e allungò una mano sui suoi pantaloni. L’attenzione di Tom tornò alla sua erezione. Si slacciò i pantaloni e le domandò: “Questo è quello che vuoi?”

Bellatrix annuì sorridendo: “Sì, mio signore, voglio essere scopata.”

“Sai di non meritarlo, vero?”

“Confido nel suo essere magnanimo, mio signore.”

Quando faceva la sottomessa in quel modo, mentre lui si accarezzava l’erezione, rischiava di farlo venire in un modo molto poco decoroso. Così, si decise ad accontentarla. Dopo tutto, era l’alba ed entrambi erano desiderosi di scaricarsi e andare a letto. Entro dentro di lei guardandola negli occhi, soffermando lo sguardo su ogni dettaglio del volto di lei che trasudava piacere. Le palpebre pesanti enfatizzavano ancora di più quello stato di totale abbandono in cui Bellatrix versava mentre si lasciava prendere da Tom.

“Chiamami mio padrone,” le ordinò e mentre lei obbediva, Tom Riddle si abbandonava all’orgasmo.

 

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Capitolo 12
*** Social media strategy - Rodolphus/Alexandra ***


Social media strategy

Rodolphus Lestrange/Alexandra Turner



 

“Hai sentito l’ultima?”

Alexandra aveva fatto irruzione nel suo ufficio il suo meraviglioso sorriso sconcertato. Rodolphus spostò lo sguardo dal monitor dove le modifiche al contratto con un fornitore richiedevano più concentrazione di quanta lui ne avesse in quel momento. “A proposito di cosa?”

“Pare che Barty abbia deciso che dobbiamo essere presenti anche su TikTok.”

“Il social per i ragazzini?”

“Proprio quello. L’algoritmo adora i ragazzini, perché sono senza filtri e si lasciano scandagliare come un fondale marino, e questo è oro per i nostri clienti.”

“Sei sempre la responsabile compliance o sei passata al marketing?” domandò sarcastico, considerato il troppo entusiasmo che Alexandra manifestava verso le idee malsane di Barty. Sospirò: “Quanto ci costerà questa ennesima idea geniale?”

“Niente.”

“Non è possibile.”

“No, Rod, non hai capito. Dobbiamo essere presenti su TikTok. Noi. Noi della Legilimens. Ognuno di noi deve fare un contenuto video, breve, che andrà pubblicato poi da Barty.”

Sospirò. 

Il contratto che lo stava facendo dannare, improvvisamente, era diventato più attraente di qualsiasi altra cosa. “Scordatevelo. Io non mi metto a fare i balletti come un deficiente.”

“Beh ma non deve essere un balletto. Io pensavo ad un'intervista doppia. Sai, come quelle che facciamo per le giornate di orientamento. Possiamo dare un’immagine diversa della nostra professione.” 

Rodolphus sorrise sollevato. Se dovevano fare un video, fidarsi di Alexandra non sarebbe stata una pessima idea. Lei non si sarebbe mai resa ridicola sul web. “Immagino che tu abbia già un piano in mente, giusto?”

“Esattamente. Ti fidi di me?”

“Ciecamente.” 

“Ottimo, ci lavoreremo domani pomeriggio.” Alexandra si sporse per dargli un bacio veloce e poi rientrare nel suo ufficio. Rodolphus la vide fermarsi sulla porta ed esitare prima di andar via: “Non dimenticare il vino per stasera, mi raccomando. Io devo tornare a preparare, non riesco a passare in enoteca.”

“Non ti preoccupare. Sono io il francese, dopo tutto,” la rassicurò con un sorriso.

Sarebbe stata la prima cena organizzata con ospiti da quando avevano iniziato la convivenza. Quel giorno, inoltre, Rodolphus avrebbe conosciuto la famosa Elizabeth o Lizzie, l’amica di Alexandra che viveva a Barcellona e che di tanto in tanto veniva a Londra per lavoro. Alexandra non aveva voluto che la sua amica potesse sentirsi a disagio nello stare in casa con lei e Rodolphus, così avevano organizzato una cena invitando anche Barty, Regulus ed Evan Rosier. Rodolphus non aveva voluto estendere l’invito a Bellatrix, certo che non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione di metterlo in ridicolo, e nemmeno a Rabastan. 

Quella cena sarebbe stato un nuovo inizio, la versione adulta di Rodolphus Lestrange che prendeva le proprie responsabilità con la donna che amava. Sospirò. 

“Hai un sorriso idiota, lo sai?”

Rodolphus portò nuovamente lo sguardo verso le pareti di cristallo del suo ufficio. Sulla porta, Bellatrix lo osservava con il suo sorrisino ironico. “Cosa vuoi, Bella?”

“Antonin vuole sapere se sono pronte le informative.”

“Devi chiedere ad Alex, non sono il suo segretario.”

“Pensavo che la richiesta di passare in enoteca fosse una mansione lavorativa,” commentò sarcastica. Rodolphus si lasciò sfuggire un sospiro di esasperazione. “Sei venuta a ficcanasare? Cosa vuoi sapere?”

“Niente, so già tutto, Barty ha spifferato che viene a cena da voi. Congratulazioni, è quello che volevi, giusto?”

“Esattamente. Sei gelosa?”

“No, anche perché Tom vorrebbe invitarvi a cena una delle prossime volte.”

“Perfetto, così avremo modo di ricambiare l’invito.”

“Bene.”

“Bene.”

Rodolphus portò lo sguardo di nuovo sul monitor. La conversazione era finita. Se Bellatrix aveva intenzione di farlo sentire a disagio, o farlo ingelosire per rivendicare la sua storia con Tom, o qualsiasi altra cosa volesse intendere, beh, si sbagliava di grosso. Il giorno stesso della laurea di Bellatrix le aveva proposto di andare a vivere insieme, di iniziare a sperimentare lo stare insieme come una coppia adulta e lei aveva rifiutato. Non poteva di certo lamentarsi che lui avesse trovato una compagna che non lo considerava pesante. Nemmeno gli importava che lei si fosse praticamente trasferita a casa di Tom, però quell'atteggiamento dispettoso, lo infastidiva. 

Tornò a concentrarsi sul lavoro e riuscì a finire tutto un po’ prima, in tempo per passare dalla sua enoteca preferita e prendere qualche bottiglia di vino per la cena.

Al rientro nella sua nuova casa a Bloomsbury, trovò Alexandra alle prese con la sistemazione della tavola. Si era cambiata e indossava un abito nero che arrivava al ginocchio e aveva le maniche corte. Si era raccolta i capelli in uno chignon che lasciava libero il collo e probabilmente era più comodo per la cucina. La trovava deliziosa con l’aria indaffarata, mentre contava sulle dita delle mani quello che aveva preparato. “Ho la pie nel forno, le patate sono pronte, la salsa di carne è uscita deliziosa, ho anche un po’ di arrosto con contorno di piselli e carote.”

“Tipica cena britannica,” commentò divertito.

“Ti ricordo che la chicken pie ha un significato speciale per noi, ci tenevo che fosse la protagonista della nostra prima cena.”

Rodolphus rischiò di arrossire nel ricordare la sera a teatro con Tanaka, quando avevano portato a casa il closing del contratto con gli americani. Dopo lo spettacolo avevano affidato il cliente al taxi e avevano proseguito la serata nel vecchio appartamento di Rodolphus che, a pensarci adesso, sembrava così freddo e vuoto, rispetto al calore di quello che condivideva con Alexandra. Certo Southwark era molto più bella di Bloomsbury, ma la casa, che un tempo era di Alex e che adesso dividevano, era molto più calda e accogliente.

I pensieri vennero interrotti dal suono del campanello. Rodolphus le posò un bacio sulla guancia e corse ad accogliere gli ospiti. Barty e Regulus comparvero portando con loro la confezione di una pasticceria.

“Abbiamo portato il dolce!” esclamò Regulus entrando in casa. Camminavano come se fossero a casa loro, segno delle innumerevoli serate trascorse con Alexandra, quando Rodolphus non faceva ancora parte della sua vita. 

“Quante cose hai preparato? Sei sempre la solita,” mormorò Regulus andando a salutarla. Alexandra gli sorrise e porse le braccia per prendere la confezione della pasticceria: “Devo conservarla in frigorifero?” 

“No, è una cheesecake ai mirtilli. La tua preferita, no?”

Rodolphus si inserì: “Sì, è la sua preferita, grazie. Venite, accomodatevi in salotto, apriamo qualcosa da bere mentre attendiamo gli altri.” Non gli piaceva la confidenza con cui Barty e Regulus si comportavano, dovevano capire che adesso quella era diventata la loro casa e lui non era un ospite, ma il padrone di casa e Alexandra era la sua compagna.

Il campanello suonò un’altra volta e Barty si alzò dal divano esclamando: “Questo è Evan, stava parcheggiando. Vado io.” Lo si sentì salutare il collega fin dal corridoio, mentre Rodolphus era impegnato ad aprire il vino. Sentì la mano di Alexandra sfiorargli il braccio e incontrò il suo sorriso. “Coraggio, Rod, Barty è come un fratello.”

“Non sono un ospite.”

“Per fortuna non lo sei.” Il sorriso sulle labbra di Alexandra e il modo in cui lei lo stava guardando riuscirono a tranquillizzarlo. Barty poteva pensare quello che voleva, ciò che importava era quello che esisteva con Alexandra.

“Benvenuto,” esclamò Rodolphus andando incontro ad Evan. “Siamo in salotto.” 

Evan si guardò intorno ed esclamò: “Questa sì che è una casa, non come quella specie di hotel dove stavi prima! Complimenti, è proprio carino, vi siete sistemati bene.”

A Rodolphus non sfuggì la gomitata che Alexandra rifilò a Barty per impedirgli di parlare. Cercò di cambiare argomento mentre prendevano posto in soggiorno, domandò: “Allora, come procedono i video per TikTok?”

Barty esclamò: “Benissimo! Io e Bellatrix abbiamo fatto già il primo video e stiamo avendo un sacco di reaction.”

“Hai fatto un video con Bellatrix?” domandò Regulus. 

“Sì, avevo bisogno di una compagna e Alex non mi avrebbe mai assecondato. Bellatrix è sufficientemente…” esitò per qualche istante, alla ricerca della parola corretta e proseguì: “...informale per seguirmi.”

“Cosa volevi dire realmente?” domandò Alexandra con un calice di vino. “Pensi che io non sia sufficientemente informale?” 

“Ehm… volevo dire, fuori di testa. Insomma, tu non avresti mai registrato questa coreografia.” Barty mostrò lo schermo del suo telefono sul quale c’era una specie di video musicale girato da lui e Bellatrix che facevano gli scemi sulle note di una canzone mai sentita. Si muovevano all’unisono agitando le braccia e la testa, facevano le stesse mosse con l’espressione serissima. In quel momento Rodolphus ringraziò la sorte per questo capovolgimento della vita: Bellatrix che girava video con Barty, e Alexandra che li osservava insieme a lui con la stessa espressione perplessa.

“Non ti aspetterai qualcosa del genere?” domandò Alexandra.

“Certo che sì,” intervenne Evan. “Insomma, tutti noi dobbiamo ballare. Voglio vedere Tom che balla!”

“No, Tom ha preparato un video animato molto carino,” lo corresse Barty. 

“Io e Rod pensavamo a un’intervista doppia.” Il campanello suonò suscitando l’espressione sorpresa di Evan che domandò: “Chi stiamo aspettando?”

“Lizzie, ehm… Elizabeth” disse Alex, “è una mia amica dei tempi dell’università. Siamo state coinquiline per un certo periodo. Ora vive a Barcellona, ma di tanto in tanto è a Londra per lavoro e io la ospito. Sono anni che le parlo di voi!” 

Dal corridoio si sentirono una serie di gridolini di gioia e di saluti entusiasti. Dire che era emozionato, era poco. Era la prima amica di Alexandra che aveva avuto modo di conoscere, le altre si erano trasferite in varie parti del mondo e i collegamenti erano diventati sporadici. 

Dicono che quando due donne sono amiche, si vede immediatamente perché ci sono alcune cose che tornano, delle affinità che emergono. Alexandra e Lizzie, però, sembravano sorelle molto più di quanto lo sembrassero Alexandra e Robert, il fratello medico, il preferito dai genitori di Alex. Lizzie, proprio come Alexandra, era una donna esile e longilinea, con capelli castani portati un po’ mossi fin sopra le spalle, proprio come Alex, e vivaci occhi marroni. Sembrava felicemente sorpresa di conoscere tutte quelle persone. Alexandra le cinse le spalle e la guidò nella sua direzione dicendo emozionata: “Vieni, Lizzie, lui è Rodolphus.”

Rodolphus le tese la mano: “Piacere, Alex mi ha parlato molto di te.”

“Potrei dire la stessa cosa,” rispose con l’espressione diffidente. Strinse la mano, come se lo stesse studiando e, quasi certamente, ciò era dovuto al periodo in cui aveva fatto soffrire Alexandra. Quella reazione non sfuggì ad Alexandra che alzò gli occhi al cielo. Se lo meritava, dopo tutto, lo stigma di traditore e fedifrago. Non aveva avuto il coraggio di lasciare Bellatrix e aveva trascinato la storia con Alex fino a quando lei e Bellatrix non avevano scoperto di essere impegnate con lo stesso uomo. 

“E poi ci sono Barty, Regulus ed Evan,” continuò Alexandra per interrompere la diffidenza con cui Lizzie lo studiava. Alexandra cercò di rassicurarlo con lo sguardo e prese posto sul divano al suo fianco, per non lasciarlo da solo.

“Cosa fai di bello nella vita?” le domandò Barty. 

“Mi occupo di SEO.”

“Ma dai!” esclamò entusiasta. “Io di social media! Cosa ne pensi di questo video?” Barty mostrò il TikTok che aveva realizzato con Bellatrix e Rodolphus sentì Lizzie ridere e definirlo divertente. 

“Questa tua amica mi piace!” esclamò Barty, suscitando la gelosia di Regulus.

“Proseguiamo a tavola?” propose Alexandra invitando gli ospiti a prendere posto in sala da pranzo. Avevano apparecchiato un servizio di piatti che avevano scelto insieme su una bella tovaglia di lino bianco. A decorare la tavola c’erano piccoli vasetti di fiori freschi che correvano lungo il tavolo e non ostacolavano la visuale tra gli ospiti. Rodolphus aiutò Alexandra a servire la cena, fu un lavoro di squadra perfetto e, proprio come sul lavoro, riuscivano a capirsi anche senza parlare. 

La cena trascorse con naturalezza e Rodolphus sorprese Lizzie ad osservarlo senza avere l’aria risentita. Forse, dopo tutto, era riuscito a dimostrare quanto fossero serie le sue intenzioni con Alexandra. Da un certo punto di vista, sapeva che le resistenze che stava vincendo - Barty, Regulus, Lizzie - erano il segno di quanto fosse speciale Alexandra, dell’affetto che la circondava e di quanto i suoi amici tenessero a lei. Era bastato un passo falso perché si attivasse una rete di protezione intorno ad Alex e lui doveva solo dimostrare di non essere un pericolo. Se ne sarebbero convinti con il tempo, quando avrebbero compreso quanto fosse innamorato della sua fidanzata.

C’era una cosa che, tuttavia, non avevano previsto. A tavola si era creata la stessa spaccatura che c’era a lavoro e così se da una parte Rodolphus era rimasto a far conversazione con Alex e Regulus di argomenti ordinari come le vacanze e il tempo, dall’altra parte del tavolo, Evan e Barty avevano monopolizzato Lizzie con i soliti discorsi tecnologici.

“Ehi!” esclamò Regulus. “Avevamo una regola in queste cene: non si parla di lavoro!”

“Non stiamo parlando di lavoro,” ribatté Barty, “Lizzie ci sta raccontando dell’ultimo seminario a cui ha partecipato a Mountain View. Capito? Da Google!”

Rodolphus, Alexandra e Regulus alzarono gli occhi al cielo in sincrono e Alex esclamò: “Vado a prendere la cheesecake.”

“La tua amica ha monopolizzato Evan, hai visto come la guarda?” le domandò Rodolphus che la seguì con la scusa di aiutarla con i piattini del dessert. Alexandra annuì mentre preparava la torta su un’alzata da portare in tavola. “Sì, Barty sta cercando di far da cupido, hai visto come li coinvolge entrambi?”

“Credi che Evan abbia delle chance?”

“Anche più di una, Lizzie non riesce a staccargli gli occhi di dosso.”

“Ma non è sposata?”

“E tu non eri fidanzato con Bellatrix?”

Rodolphus alzò le mani in segno di resa: “D’accordo. Questa macchia non verrà mai lavata, l’ho capito.” Era irritato per quel continuo rinfacciargli il passato. Prima Lizzie, adesso Alexandra che, tuttavia, scuoteva la testa come se fosse stata fraintesa. “No, Rod, quello che voglio dire è che non puoi impedirti che una persona ti piaccia. Quando ho saputo che eri fidanzato con Bellatrix, io ho cercato di fare in modo che non mi piacessi più, ma non ci sono riuscita. Ero arrabbiata con te, perché mi avevi mentito, ma ero arrabbiata anche con me perché non riuscivo a lasciarti andare.”

“Sono felice che tu non l’abbia fatto,” le disse.

“Anch’io.” Alexandra lo osservava rivolgendogli un sorriso complice mentre tornava verso i loro ospiti con la cheesecake in mano. Rodolphus la seguì con i piattini e le posate da dessert. 

Alexandra lo aveva perdonato per quei tempi nel momento esatto in cui aveva accettato di convivere, ma era Rodolphus che non si perdonava per aver perso tempo, imbrigliato in un rapporto tossico e distruttivo, per essersi privato per anni di una simile felicità. Osservò i volti rilassati dei loro ospiti mentre apparecchiava per il dessert e si disse che era decisamente stupido continuare a rivangare un passato tossico e non godersi un presente tanto meraviglioso.

Fu quando assaporò la cheesecake ai mirtilli che sentì che era giunto il momento di lasciare andare il passato. Osservò Alexandra ridere a una battuta di Regulus e vi si unì lasciando da parte la gelosia e le insicurezze di un tempo.

Dopo il dessert tornarono in salotto e Barty propose di guardare uno dei film che avevano appena ricevuto la candidatura ai BAFTA. Alexandra si assicurò che Lizzie non fosse eccessivamente stanca dopo il viaggio, ma l’amica le disse che era d’accordo e che un film in compagnia poteva essere meno impegnativo della partita a Risiko proposta da Rodolphus o della sfida alla PlayStation proposta da Evan.

Così, Rodolphus allestì il salotto in forma di cinema e tutti loro si divisero tra i divani e le poltrone disponibili. Alexandra distribuì coperte e domandò se qualcuno volesse una tazza di tè o di tisana. La seguì in cucina e mentre passò dalla sala da pranzo si fermò a ritirare un po’ di piatti e sparecchiare. Mentre attendevano che l’acqua raggiungesse la temperatura, finirono di sistemare la sala da pranzo. Barty li raggiunse con un sorrisetto trionfante: “Chiamatemi Cupido, d’ora in poi.”

“Parli di Evan?” domandò Rodolphus.

“Credo che abbia fatto colpo,” esclamò Barty soddisfatto.

“Eccome. Colpita e affondata,” confermò Alexandra. “Quasi non riconosco la mia amica. Non l’ho mai vista così assente, è completamente rapita da Evan.” 

Rodolphus tirò fuori il vassoio mentre Alexandra sceglieva il servizio da tè che avrebbero utilizzato. “Porto io il vassoio?” le domandò.

“E mettere in pericolo le mie preziose tazze di tè? No, grazie.”

“So portarlo senza farle cadere!” protestò. Tornarono insieme di là. Barty portava alcuni biscotti, Alexandra la scatola con i tè e le tisane, mentre Rodolphus portava il vassoio con la teiera, la zuccheriera, le tazze e un bricco di latte sotto lo sguardo preoccupato di Alexandra. Riuscì a portare il tutto senza minimamente porre in pericolo le tazze e notò il sollievo di Alexandra, non appena entrambi si sedettero sul divano, e lo stupore di Lizzie che, quasi certamente, si era sorpresa nel vedere l’amica affidare le sue porcellane a un’altra persona. Fu meraviglioso quando, finalmente, riuscirono a far partire il film. In quel momento, con il braccio sinistro che circondava le spalle di Alexandra, la tazza di tè saldamente in mano nella destra e la coperta di lana morbida sulle gambe, sentì che tutto era perfetto. Persino il film scelto da Barty si inseriva perfettamente in quell’equilibrio.

Fu verso la metà del film che Rodolphus sentì una gomitata nel fianco da parte di Barty che era seduto insieme a Regulus sullo stesso divano. Con lo sguardo, Barty indicò Lizzie ed Evan, seduti sul divanetto da due, intenti a baciarsi. 

“L’aria si sta facendo elettrica,” sussurrò divertito.

“Decisamente,” gli fece eco Alexandra. 

“Dovremmo interromperli?” domandò Regulus. “Insomma, lei è una tua amica, dovresti per caso…”

“...Vegliare sulla sua virtù?” Alexandra domandò ironicamente, prima di aggiungere con la stessa sicurezza che aveva in ufficio: “Le amiche non si interrompono, Reg.” Cercò di intercettare prima lo sguardo di Rodolphus e poi quello di Barty e propose loro: “suggerisco di lasciar loro un po’ di intimità.”

“Sono d’accordo,” annuì Barty.

Parlavano sottovoce per non farsi ascoltare e non interrompere i due piccioncini. Rodolphus era stretto tra Alex e Barty che stavano confabulando e disse: “D’accordo, allora, vediamo di liberare il campo.” Si alzarono lentamente e silenziosamente. Prima Alexandra, con la scusa di portare le tazze di tè ormai freddo in cucina, poi, Rodolphus e quindi Barty, seguiti da Regulus che attese il momento in cui i due avevano ripreso a scambiarsi dei baci.

Arrivò in cucina con l’espressione turbata. “Caspita, Black, non ti facevo così impressionabile,” scherzò Rodolphus. 

“L’atmosfera si sta surriscaldando di là. Credo che io e Bartemius proseguiremo la serata a casa,” aggiunse con un’espressione maliziosa. 

“Quindi non vuoi andare in quel nuovo locale?” 

“No, voglio andare a casa e non credo di poter dichiarare in pubblico le mie intenzioni.”

Alexandra si lasciò sfuggire una risatina e aggiunse: “In tal caso, vi prendo i cappotti.” Scivolarono in corridoio senza accendere le luci, si salutarono sottovoce e lasciarono andare Barty e Regulus. 

Nell'atrio stretto e lungo della tipica casa di ringhiera inglese in cui abitavano, illuminati dalla luce dei lampioni esterni che trapelava dal lucernaio sopra la porta, Rodolphus strinse a sé Alexandra, le sussurrò: “La nostra prima cena è riuscita.”

“È andata alla grande e siamo una squadra fenomenale!” 

Rodolphus sentì Alexandra avvicinarsi e sollevarsi sulle punte. Le braccia di lei cinsero il collo e lui si chinò per baciarla. Assaporò il gusto di bergamotto che l’earl grey aveva lasciato sulle sue labbra e la strinse a sé. “Cosa facciamo?” le domandò.

Il sorriso malizioso di Alexandra gli lasciò intuire la risposta. Si lasciò condurre al piano di sopra, lasciando ad Evan e Lizzie tutta l’intimità necessaria. Rodolphus, però, non era pronto a scoprire quanto Alexandra fosse entusiasta dell’esito della loro cena. 

La sua fidanzata lo guidò fino al letto mentre continuava a baciarlo, sulla bocca, sotto il mento, sul collo appena sopra l’attaccatura del colletto, gli sbottonò la camicia alla ricerca di un po’ di pelle. 

“Alex…” mormorò Rodolphus.

“Siamo stati due padroni di casa incredibili, Rod,” gli soffiò vicino l’orecchio causandogli un brivido. La lingua di Alexandra gli sfiorò il lobo e Rodolphus emise un gemito. “Non credevo che le cene ti facessero questo effetto.” Si scambiarono un sorriso mentre Rodolphus si sistemava meglio sul letto e Alexandra saliva su di lui.

“Lascia che ti dimostri l’effetto che mi fai,” fu la risposta di lei che iniziò a spogliarlo lentamente, scoprendo il petto, bottone dopo bottone, liberandolo dalla camicia.

“Vuoi rimanere vestita?” le domandò provocatoriamente. Alexandra scosse la testa e sfilò il vestitino che indossava, si alzò velocemente per liberarsi dei collant e Rodolphus apprezzò la vista di lei che si spogliava. I pantaloni iniziavano ad opprimerlo e quando portò le mani alla cintura, Alexandra gliele prese e disse: “Lascia che sia io a spogliarti.”

“Alex, mi stai facendo impazzire, cosa ti succede?”

“Ho voglia di te.” 

Tornò su di lui e lo guidò con la schiena sul materasso. Rodolphus sentiva il corpo di Alexandra contro il suo, impazziva nel sentire la pelle di lei che sfiorava il suo corpo, l’erezione che pulsava nei suoi boxer contro la pancia di lei che continuava a sfiorarlo mentre gli teneva fermi i polsi ai lati della testa. 

“Stai fermo,” gli ordinò e Rodolphus alzò le sopracciglia sorpreso. “Vuoi essere legato?” Rodolphus scosse la testa, quei giochi non gli piacevano e detestava non avere il controllo. “No, sto fermo.” Portò le mani sotto la testa, incuriosito dal genere di attenzioni che Alexandra aveva in mente. 

Era estremamente difficile rimanere fermo mentre Alexandra gli accarezzava e baciava il corpo. Aveva voglia di stringerla a sé, slacciarle il reggiseno, sfilarle gli slip neri che continuavano a sfiorare i suoi boxer causandogli un tormento estremamente piacevole. Quando le dita di Alexandra iniziarono a giocare con l’elastico dei suoi boxer, Rodolphus si lasciò sfuggire un gemito. 

“Cosa ho fatto per meritare una simile tortura?” le domandò lasciando trasparire tutta la sua impazienza. Non era mai stato bravo con i giochi a letto, Bellatrix glielo rinfacciava perennemente.

“Non voglio torturarti,” rispose Alexandra con un sorriso malizioso. Si slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere sul viso di Rodolphus mentre una mano si infilava ad accarezzare la sua erezione. “Caspita, Rod…” si lasciò sfuggire.

“Mi stai torturando, lo sai?”

“Lo sento. Lascia che ti dia un po’ di sollievo,” gli sussurrò nell’orecchio. Si sollevò velocemente da lui, il tempo per sfilarsi l’intimo e abbassargli i boxer. Senza il cotone che lo opprimeva, Rodolphus emise un sospiro di sollievo. Fu una questione di pochi istanti, perché Alexandra avvicinò le sue labbra alla punta e iniziò a percorrere la lunghezza sfiorandolo con la lingua. Le mani di Rodolphus lasciarono la testa, si coprì gli occhi gemendo di piacere. “Ti supplico, Alex… Questo non è sollievo.” La voce gli uscì più roca del previsto. Alexandra gli si avvicinò al viso e sussurrò nell’orecchio: “D’accordo.”

Quando lei si calò su di lui e l’erezione finalmente entrò dentro di lei, Rodolphus si sentì a metà tra il piacere e il punto di non ritorno. Alexandra gli teneva fermi i polsi mentre si muoveva lentamente, lui la osservava godere e abbandonarsi al piacere. Era così presa che lasciò i suoi polsi e iniziò a muoversi sopra di lui inarcando la schiena e portando la testa all’indietro, gli occhi chiusi e persi nel piacere. Fu quello il momento in cui approfittò per ribaltare le posizioni.

Rodolphus bloccò i polsi di Alexandra e le sorrise: “Adesso sei tu che non puoi muoverti. Vuoi che ti leghi?” Si sorprese nel vederla annuire. Non aveva idea che si potesse eccitare con quel genere di cose. Afferrò un foulard che Alexandra aveva dimenticato sulla poltroncina accanto al letto e le bloccò i polsi sopra la testa. Ne approfittò per accarezzarla, per scendere a baciarle e stringere i seni e lasciarle baci lungo tutto il corpo mentre il corpo di lei fremeva di piacere. 

Entrò dentro di lei e iniziò a muoversi lentamente per poi aumentare l’intensità degli affondi. Alexandra gemeva e le sue braccia si sollevavano dal cuscino nel tentativo di muoversi. Rodolphus amava le carezze di Alexandra e non gli piaceva quel modo distaccato di fare l’amore. Così, la liberò dal foulard e le disse: “Voglio sentire i tuoi abbracci.” Si strinsero l’uno all’altro e, anche se potevano sembrare noiosi e banali, quello era il modo che prediligeva per fare l’amore con Alexandra. Stretti l’uno all’altro, si abbandonarono all’orgasmo. 

L’indomani mattina trovarono il salotto ordinato e si domandarono come era andata la notte di Lizzie ed Evan. Iniziarono a preparare la colazione: Alexandra armeggiava con il bollitore per il caffè, mentre Rodolphus tirava fuori i biscotti e la cheesecake che era avanzata dalla sera prima quando sentirono dei passi scendere lungo le scale.

L’espressione imbarazzata di Lizzie, stretta in una vestaglia a quadri di flanella, fu anticipata da Alexandra che la rassicurò: “Questo è un posto sicuro, Lizzie, nessuno ti giudica.”

“Io… Io volevo chiedere scusa a Rodolphus,” disse l’amica. “Sono stata presuntuosa, ieri sera quando ci siamo presentati, ed ero diffidente, perché ero preoccupata per Alex, però ho sbagliato a giudicarti e ho visto il vostro affiatamento. E poi…” scrollò le spalle imbarazzata, “la vita mi ha appena dimostrato che tutti commettono errori.”

“È stato un errore?” domandò Rodolphus. “O forse è il segno che c’è altro da mettere a posto?”

Alexandra le passò una tazza di caffè fumante mentre prendevano posto intorno al tavolo della cucina. Lizzie si strinse nelle spalle. “Sicuramente le cose con Ezra non vanno benissimo, ma quello che è successo ieri non era previsto.”

“Non credo che sia un errore, Lizzie,” sospirò Alexandra. 

“Ha ragione Alex, credimi, io ci sono passato e so come ti senti, ma non è sbagliato, non lo è mai, e noi saremo dalla vostra parte, comunque andranno le cose.” Gli occhi di Lizzie si spalancarono per la sorpresa, nello stesso modo in cui si sorprendeva Alexandra quando lui diceva qualcosa di sensato. Un rumore di passi per le scale annunciò che Evan aveva trascorso la notte qui.

“Niente camminata della vergogna, sei tra amici,” gli disse Rodolphus.

“Abbiamo il caffè!” aggiunse Alexandra che tirò fuori un’altra tazza per quell’ospite inatteso. 

Evan entrò in cucina stiracchiandosi. “Buongiorno,” mormorò. “Turner, hai un letto veramente comodo.” Lo osservarono avvicinarsi a Lizzie e posarle un bacio sulla fronte prima di accertarsi che stesse bene. Afferrò la tazza di caffè fumante che Alexandra gli passò e Rodolphus notò il modo in cui Alex rispose: “Grazie, Rosier, ti giro il nome della ditta, nel caso volessi cambiare il tuo materasso.” Era come se per lei, il fatto che Evan e Lizzie fossero nella sua cucina dopo una notte di sesso, fosse perfettamente normale. Rodolphus, invece, conosceva a sufficienza Evan per preoccuparsi per Lizzie e lo studiava con attenzione. Forse aveva preso a cuore la migliore amica della sua fidanzata, forse era solo perché lui era stato al posto di Lizzie e non poteva fare a meno di domandarsi quanto avrebbe sofferto se Alex l’indomani avesse fatto finta di nulla, se si fosse tirata indietro perché voleva rimanere single. Non aveva notizie di ragazze che fossero durate più di una notte con Evan e i motivi di preoccupazione gli sembravano fondati.

“Allora, come vogliamo trascorrere questo weekend londinese, Lizzie?” domandò Alexandra. “A pranzo potremmo portarla in quel posto che sembra un giardino fiorito, che ne dici, Rod?”

“Sono invitato anch’io? Non volete una giornata tra amiche per sparlare di me?” domandò divertito. Lizzie sospirò: “Alex non parla mai male di te, è diventata smielata in un modo imbarazzante. Ai tempi in cui usciva con Barty aveva un eccessivo livello di cinismo, ma adesso, fa venire il diabete.” Lizzie sospirò e accarezzò la tazza confessando: “Evan si era offerto di portarmi a Greenwich.”

“Ah, beh, allora suppongo che pranzerò con Rodolphus,” commentò Alexandra. 

“Poi dovrò fare un salto in Oxford Street dal mio sarto a ritirare il completo blu.”

“L’ennesimo completo blu?” domandò Evan. 

“Scusa se da responsabile dell’ufficio legale tengo a mantenere un certo decoro.”

“Non litigate, voi due,” intervenne Alexandra con lo stesso sguardo con cui sedava le discussioni in consiglio di amministrazione. “Rod, andiamo dal sarto. Evan, ti affido la mia migliore amica. Attento, perché è come se stessi uscendo con mia sorella. Avrai complicità da parte mia, supporto e aiuto, ma se la fai soffrire, beh, sappi che te ne pentirai amaramente.”

“Mi sembra un discorso prematuro, Turner, ma d’accordo, farò il bravo.” Si girò verso Lizzie e le domandò: “Ora che ci penso, perché non vieni a stare da me questa sera? Domani trascorreremo una splendida domenica londinese e lunedì potrai tornare in ufficio, fare le tue riunioni e spezzarmi il cuore tornando in Spagna.”

“Dovrò tornare in Spagna, sì, ma non ho intenzione di spezzarti il cuore.” Il modo in cui i due si guardavano lasciava trasparire il loro coinvolgimento e, cosa più incredibile, quello di Evan che solitamente era piuttosto rilassato con le ragazze. Forse, frequentare una donna sposata che abitava dall’altra parte di Europa, per Evan, era un modo per avere una relazione che non lo soffocasse, di prendersi solo il meglio, lasciando da parte la routine. 

Rodolphus si disse che non erano affari suoi, dopo tutto, che quanto aveva passato con Bellatrix gli aveva insegnato che nella vita capitano le cose più incredibili e che non sempre il vero amore si incontra in modo lineare, come ci viene insegnato. A volte, il percorso che ci conduce verso la persona giusta è tortuoso, comprende sbagli, sofferenza e peccati da espiare prima di arrivare ad assaporare una felicità intensa e appagante come quella che lui stava vivendo con Alexandra.

Attesero che Lizzie ed Evan finissero di prepararsi, sistemarono la cucina e quando la loro casa tornò ad essere solo loro si scambiarono un bacio intenso. Rodolphus sollevò il mento di Alexandra con un dito e la guardò negli occhi: “Quindi ti piace essere legata?”

Alexandra sorrise: “Era una fantasia, più che altro, ma non mi è piaciuta come credevo che mi sarebbe piaciuta.”

“Meno male, perché io amo il modo in cui mi accarezzi.” Le labbra di Alexandra si incurvarono in un sorriso malizioso e Rodolphus le disse: “Risparmia quel sorriso per questa sera, abbiamo un programma serrato per oggi che è sabato. Domani, potremo stare tra le coperte per tutto il giorno.”

“D’accordo…” sospirò divertita. 

Chi aveva detto che la routine non era meravigliosa?





 

Note: Niente, Lizzie ed Evan mi mancavano troppo da "Tutta colpa dei Rosier" e quindi ho dovuto farli incontrare anche in questo universo.

In attesa del nuovo capitolo di Legilimens, vi segnalo che ci sono due one-shot collegate alla long.
Networking natalizio: Tom accompagna Bellatrix al party di Natale dei Black, per aumentare la sua rete di contatti e imparerà qualcosa di nuovo.
Come una stupida commedia romantica: tutta su Evan Rosier e Elizabeth Lizzie Nott. 
 

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