Il colore delle emozioni: dal bronzo all'oro

di Effye90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La prima ora ***
Capitolo 2: *** La lealtà del toro ***
Capitolo 3: *** La doppia faccia della sfrontatezza ***
Capitolo 4: *** Quarta casa significa morte? ***
Capitolo 5: *** Il ruggito del leone ***
Capitolo 6: *** Golden Tears ***
Capitolo 7: *** I dubbi dello scorpione ***
Capitolo 8: *** Ghiaccio interiore ***
Capitolo 9: *** La rosa che profumava di morte ***



Capitolo 1
*** La prima ora ***


"Un'ora per riparare le vostre armature!"; questo disse Mu a Seiya e agli altri cavalieri di bronzo.

Accettarono la sua proposta e lo seguirono all'interno della prima casa, quella dell'Ariete.

Seiya era visibilmente il più preoccupato e sconvolto da quanto successo. La vita della dea Athena dipendeva ancora una volta dall'esito della loro missione e lui doveva guidare Shun e gli altri in una scalata assai pericolosa.
Osservava Mu sistemare l'armatura di Pegasus ma era una visione lontana e sfocata. Riusciva solo a pensare alle numerose difficoltà che avrebbero incontrato dalla seconda casa alle stanze di Arles.
Continuava a chiedersi (o meglio a sperare) se tutti i cavalieri d'oro fossero come quello dell'Ariete, disposti ad aiutarli e a lasciarli passare magari dando loro qualche buon consiglio. Sapeva però che non era così, se lo sentiva e questo pensiero in parte lo terrorizzava.

Shiryu dal canto suo, era invece il più calmo. Si era allenato duramente sin da bambino per non cedere alla pressione in momenti delicati come questo. Rimase in silenzio per tutta l'ora osservando Mu che riparava le armature come solo gli antichi alchimisti sapevano fare.

Shun invece pensava solo al fratello. Dov'era Ikki in quel momento? Sarebbe riuscito a raggiungerli? Quando? Sapeva che il suo aiuto sarebbe stato fondamentale sia per sé stesso, che per gli altri cavalieri.
In quel momento, si sentì solo come non mai. Avvertì la lontananza del fratello maggiore e venne colto dalla paura. Strinse i pugni e digrignò i denti per un istante poi si rilassò. Ikki gli impedirebbe di cedere alla paura.

Hyoga sapeva che non sarebbe stato facile arrivare fino alla dodicesima casa; sapeva che prima o poi lui o un altro dei suoi compagni si sarebbe ritrovato faccia a faccia col suo maestro Camus.
Si chiese a bassa voce se sarebbe riuscito ad affrontarlo; se sarebbe stato alla sua altezza.
In quel momento, venne colto da molti dubbi e paure. Cosa avrebbe pensato il suo maestro di lui? E se lui, un semplice cavaliere di bronzo, non fosse abbastanza forte?
Si guardò intorno, ignorando ciò che stava facendo Mu e vide gli altri in apparenza tranquilli; Seiya un po' meno.

Si calmò di conseguenza e poco dopo Mu iniziò parlare consigliando loro su come comportarsi durante le battaglie che li attendevano e soprattutto, su cosa fosse il settimo senso e su come acquisirlo.

Sussultarono i 4 cavalieri quando vennero a conoscenza del settimo senso e tutti iniziarono a chiedersi se lo avrebbero mai raggiunto.

Ma l'ora era finita e il tempo scaduto. Ripresero possesso delle loro armature che quasi parevano appena forgiate, ringraziarono Mu e si avviarono verso la seconda casa: quella del Toro.

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Capitolo 2
*** La lealtà del toro ***


Mu si era ormai congedato da Aldebaran tornando di corsa a soccorrere e proteggere Athena da eventuali attacchi.
Il cavaliere del toro, rimase invece seduto a lungo sulla scalinata posta appena fuori l'entrata della seconda casa.

Rifletteva ad occhi chiusi, serio in viso.

"Sono stato stupido a non capire che il vero traditore fosse Arles. Io sono un servitore della dea Athena ed il mio compito è proteggerla! A lei sono devoto non ad Arles.". Sbuffó.

Subito dopo, si voltó verso la casa di Gemini e pensò: "Chissà se saranno riusciti ad uscirne. Chissà se almeno uno di loro ci sarà riuscito!".
Si mise a ridere e si disse tra sé e sé : "Andiamo 'vecchio' Aldebaran, Seiya è riuscito a metterti alle strette e lui ed i suoi amici sono fedeli difensori di Athena; certo che avranno superato la terza casa o staranno per uscirne!".

Si voltó nuovamente in direzione della prima casa. Pensó che Mu, comunque, aveva ragione; aveva lasciati passare di sua spontanea volontà. Avrebbe potuto benissimo sconfiggerli tutti se fossero stati veri traditori della Dea.

E ora cosa doveva fare? Andare a sua volta a proteggere Athena? Attendere nella seconda casa nuovi avvicendamenti?
"Cosa fare dunque?" si disse a bassa voce.
Alla fine, decise di rimanere a presiedere la sua casa. Sperando nel buon esito della missione affidata ai 4 cavalieri di bronzo: lo smascheramento di Arles. Rimase tutto il tempo seduto a riflettere e non si tolse mai il suo elmo a cui ormai era rimasto un solo corno. Delle volte, cercava quello mancante con la speranza di ritrovarlo al suo posto.
Le ore passavano inesorabili e per quanto impensierito, Aldebaran sapeva che doveva aver fiducia in Seiya e negli altri cavalieri. Preoccuparsi troppo era inutile e così rimase lì, alla seconda casa, paziente.

Il cavaliere del toro, per quanto forte e devastante, quel giorno dimostrò che sotto la sua spessa armatura, si celava un uomo buono d'animo e razionale.

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Capitolo 3
*** La doppia faccia della sfrontatezza ***


Quando Seiya e gli altri cavalieri di bronzo varcarono la soglia della prima casa, qualcuno in lontananza, senza essere udito da nessuno, pronunció queste parole: "Sei una sciocca Lady Isabel. Pensi veramente che un manipolo di semplici omuncoli possa fronteggiare il Grande Sacerdote ed i suoi cavalieri d'oro? Pensi veramente che i tuoi adorati cavalieri riusciranno a salvarti? ".
A pronunciare queste esatte parole fu Arles.

Già in partenza, pensó di avere la vittoria in pugno con Athena ormai prossima alla morte. Riteneva infatti Seiya e gli altri cavalieri inferiori, indegni delle stesse armature che indossavano.
Pazientó nella sala del trono per parecchie ore, sicuro del suo trionfo. Quando però passarono indenni la prima casa, rivolgendosi ad Athena, che ovviamente non poteva sentirlo, disse: "Lo sapevo che il grande Mu li avrebbe aiutati. Ci penseranno Aldebaran, Gemini e Death Mask a mandarli all'altro mondo. Cavalieri di bronzo, indegni persino di finire nel glorioso paradiso dei cavalieri!".
Rise molto forte.

Il tentativo di Seiya di salvare la Dea, per Arles era semplicemente patetico. Non sarebbe durato più di tre ore, ne era certo; avrebbe trovato la morte in una delle prime 4 case.
Si sbagliava.

Aldebaran li fece a sua volta passare ed Arles si arrabbió, ma per poco. La prossima casa che li avrebbe messi a dura prova e probabilmente ne sarebbe diventata la tomba (o almeno questo pensó e speró Arles), era quella di Gemini. Questa volta non aveva dubbi, sarebbero stati tutti e 4 sconfitti. Rise di nuovo e tra sé e sé si disse: "Nessuno è mai sopravvissuto nello scontro con Gemini; NESSUNO!".
Rise più fragorosamente e poi continuó: "Ormai ci siamo. Stupidi ragazzini, per voi è la fine. Nella terza casa il vostro cosmo si estinguerá. PER SEMPRE!". Rise nuovamente.

Nel frattempo di fronte alla terza casa Seiya, Shun, Shiryu e Hyoga si stanno dividendo carichi di speranza e paura. Il terzo cavaliere d'oro li attendeva.

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Capitolo 4
*** Quarta casa significa morte? ***


La scala che conduceva alla quarta casa sembrava interminabile; una svolta a sinistra, poi a destra, poi di nuovo a sinistra. Seiya non aveva idea di quanti gradini già avessero fatto ma lui riusciva solo a pensare a cosa stesse succedendo ai suoi due amici rimasti nella terza casa.
Si chiedeva se stessero affrontando il vero Gemini, se fossero in pericolo e se fosse il caso di tornare indietro.
Si voltò verso la casa e pensò: "NO Seiya! Devi aver fiducia nei tuoi compagni!"

Fece una smorfia e continuò ad avanzare assieme a Shiryu.
Quest'ultimo però non si preoccupava di ciò che stava accadendo alle loro spalle, ma bensì di chi si sarebbero trovati loro d'innanzi.
Conosceva molto bene Death Mask; combattè contro di lui tempo addietro affianco al suo maestro. Sapeva quanto potesse essere pericoloso.
Pensò anche a Shunrei; sapeva benissimo che era preoccupata per lui e sarebbe rimasta in silenziosa preghiera fino al suo ritorno. Ma sarebbe tornato?

Venne colto da un brivido di paura. Quello sarebbe stato il suo ultimo combattimento? Seiya sarebbe riuscito a proseguire da solo?

Seiya si accorse che per un attimo, l'amico ebbe un sussulto e gli chiese: "Va tutto bene Shiryu? Cosa ti spaventa, sii sincero!"
Ma Shiryu non voleva dargli ulteriori preoccupazioni così gli rispose: "Nulla, pmi son preoccupato per Hyoga e Shun, ma staranno sicuramente bene. Continuiamo, la casa di Cancer è ormai vicina!"

Il cavaliere del segno del cancro dal canto suo era lì, nella sua casa, in attesa di combattere chiunque avrebbe osato oltrepassare quella soglia. Chi poteva avere così tanto coraggio o essere così tanto ingenuo?

Un'ultima scalinata ed eccola, la quarta casa. Seiya e Shiryu entrarono.

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Capitolo 5
*** Il ruggito del leone ***


Aiolia sapeva che qualcuno era impegnato in combattimento alla quarta casa; sarebbe stata una questione di minuti e forse un cavaliere avrebbe presto passato anche la soglia della quinta. Soggiogato da Arles, non aspettava altro che combattere contro coloro che venivano definiti nemici di Athena.
Se ne stava appoggiato ad una delle colonne con le braccia conserte e guardando verso il basso. Doveva per forza fermare i nemici, non importa quanti fossero; li avrebbe affrontati tutti.
Il suo sguardo era privo di emozione, quasi etereo ma con una punta di cattiveria.

Intanto, Seiya saliva la scalinata che portava alla casa del leone ignaro del pericolo. Era contento di rivedere il suo amico e non si aspettava altro che una stretta di mano e un buon consiglio per affrontare la casa successiva, quella di Shaka.
Quando arrivó sull'uscio, per un attimo si fermò. Non vedeva Aiolia e il che, era strano. Sicuramente il cavaliere d'oro, accorgendosi del suo arrivo, gli sarebbe andanto incontro ma così non successe. Le mani iniziavano a tremare e tra sé e sé si disse: "C'è qualcosa che non va. Perché stai tremando come un codardo Seiya? Aiolia è un tuo alleato, sicuramente ti attenderà all'interno della casa! Coraggio Seiya, ENTRA!"

Si fece coraggio ed entrò.

Non sapeva che in suo aiuto stava giungendo colui che da sempre era il suo nemico numero uno: Cassios. L'uomo era infatti prossimo all'arrivo spinto solamente dal grande amore che provava per Shaina. Riluttante all'idea di aiutare Seiya non si tirò tuttavia indietro ed affrontó il leone faccia a faccia.

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Capitolo 6
*** Golden Tears ***


Fu un attimo.
I loro sguardi si incrociarono.
Il viso di Camus era solcato dalle lacrime e Milo mai lo aveva visto con quell'espressione affranta e devastata.

Tra sé e sé pensò: "Forse dovrei dirgli qualcosa o forse, meglio di no."

Si avvicinò all'amico in un rispettabile silenzio e si sedette al suo fianco sulla scalinata che conduceva alla nona casa.
Milo non parlò e pose la sua mano sulla spalla di Camus.
Continuò a rimanere in silenzio; non si aspettava che l'amico gli desse spiegazioni, non ve n'era bisogno.

Alla fine si limitò a dire un flebile: "Mi dispiace".

Camus a quel punto si coprì il volto come a provare a nascondere il dolore di quel momento. Il senso di colpa lo tormentava nonostante continuasse a ripetersi che evidentemente, doveva andare così.
In cuor suo sapeva di doversi rialzare e di dover ritornare al più presto all'undicesima casa ma il tempo, in quel momento, sembrava essersi fermato.
A quel punto, si rivolse all'amico e disse: "Sono solo un debole; queste lacrime sono da deboli!"

Milo non sapeva cosa rispondere. Avrebbe voluto confortarlo ma quali parole lo avrebbero aiutato e rallegrato?
Camus allora gli chiese: "Dimmi amico mio: secondo te sono un debole? Secondo te sto sbagliando a disperarmi per il mio allievo?"
Milo allora gli rispose: "Sei un cavaliere d'oro ed è vero che le lacrime possono essere un segno di debolezza ma non in questo caso. Hai fatto quello che ritenevi più giusto ovvero aiutare Hyoga ad acquisire il settimo senso; non puoi fartene una colpa, se lui ha fallito in questo."

E per provare a distrarlo, continuó dicendogli: "E poi, Camus, lasciatelo dire padroneggi le energie fredde, le sacre acque, ma non sai padroneggiare le tue stesse lacrime." Ed accennò una breve risata.
Il cavaliere dell'acquario allora lo guardò, prima con sguardo cupo, ma dopo un attimo si lasciò andare in una flebile risata. Le lacrime si fermarono.
A quel punto i due si alzarono e Camus disse: "E' il momento che ritorni a presiedere la mia casa. Seiya e gli altri cavalieri di bronzo continuano ad avanzare."

Prima che potesse andarsene, Milo non con poca timidezza, lo abbracciò.
Camus lo guardò e poi sorridendo gli disse una sola parola: "GRAZIE!"

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Capitolo 7
*** I dubbi dello scorpione ***


Una volta terminata la battaglia contro il cavaliere del cigno e dopo averlo lasciato passare, ma non prima di avergli salvato la vita, Milo rimase da solo nell'ottava casa.
Il suo cuore e la sua mente provavano ora emozioni contrastanti. Hyoga era davvero un servitore di Athena? Il Gran Sacerdote per tutto questo tempo poteva aver mentito ai suoi stessi cavalieri?
I dubbi e le domande si moltiplicarono ed infine egli urlò preso dalla rabbia che provava verso sé stesso.
Iniziò a riflettere ad alta voce senza che nessuno lo sentisse dicendosi:

"Forse Hyoga e gli altri cavalieri di bronzo sono davvero alleati dei cavalieri d'oro e difensori di Athena. Ma il ragazzo riuscirà a superare le case successive? Riusciranno a salvarla? Chi è il nostro vero nemico?"

Continuó poi: "Perché lo hai lasciato andare? Perché gli hai salvato la vita per poi mandarlo a morire per mano di un altro cavaliere? Oh Milo, che cosa hai fatto!".
E poi aggiunse: "Camus, perdonami! Forse sarò io colui che avrà il peso della morte del tuo allievo sulla coscienza.".

Gli occhi gli diventarono lucidi dopo quel terribile pensiero.

Adesso, era lui ad avere estremo bisogno di parlare con il suo amico Camus, ma non poteva farlo, lo sapeva. Seiya e gli altri cavalieri erano a sole due case di distanza da quella dell'acquario.
I sensi di colpa ormai stavano per avere la meglio sul suo pensiero razionale; pensò di correre alla nona casa per fermare i cavalieri di bronzo, per fermare Hyoga.
Era ormai in preda alle lacrime e pronto per avviarsi verso la casa del sagittario; si alzò.

Qualcosa però gli impedì di fare anche solo un passo verso l'uscita.

Rimase fermo a pensare a quello che si dissero proprio lui e Camus seduti sulla scalinata della nona casa.
Ripensò all'abbraccio che si diedero durato pochi secondi ma che a loro sembró durare ore. Si ricordó infine di quel grazie detto sinceramente dall'amico; la sua vicinanza gli era stata utile. Lo confortó quel pensiero.

Così guardò verso l'uscita della casa, accennò un sorriso ripensando a quel momento e rimase fermo.
"Non spetta più a me fermarli! Nessuno dovrebbe fermarli, forse."

Tornò a sedersi sul freddo pavimento dell'ottava casa, fece dei respiri profondi, pensò ai cavalieri di bronzo e si disse: "In fondo, Hyoga ce l'ha fatta anche stavolta. Supererà assieme a Seiya e agli altri sia la nona che la decima casa e finalmente avrà, dal suo maestro, le risposte che da tanto va cercando! "
Poi disse a bassa voce un'ultima frase: "In bocca al lupo, amico mio!"

. Ma tale frase era rivolta a Camus o Hyoga?

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Capitolo 8
*** Ghiaccio interiore ***


Sulle scale che conducevano all'undicesima casa, Milo inizió ad agitarsi e ad angosciarsi. Sapeva molto bene che non avrebbe trovato Camus pronto ad accoglierlo. Un nodo alla gola, il cuore che gli batteva all'impazzata.

Athena entrò per prima nella casa seguita dagli altri cavalieri; Milo per un attimo esitó. Non poteva entrare, non sopportava l'idea di vedere Camus privo di vita.
Mentre la Dea si fermò per aiutare Hyoga, il cavaliere dello scorpione la superó e da solo si diresse verso il corpo dell'amico. Tutti lo seguirono con lo sguardo ed in silenzio. Capivano quanto per lui fosse difficile quel momento.
Milo venne come trafitto da una punta di ghiaccio dritta nel cuore. Era troppo. Camus giaceva a terra congelato, privo di vita. Pianse. Si girò per un attimo verso Hyoga anch'esso a terra esausto. Lo sguardo del cavaliere d'oro era un misto di rabbia e di tristezza. Non poteva perdonargli il fatto di aver ucciso il suo migliore amico. Continuó a piangere; non gli importava di essere visto da tutti

Quando Hyoga si riprese, si avviarono verso l'ultima casa. Tutti tranne Milo. Il dolore stava diventando insopportabile.
Le uniche parole che riuscì a pronunciare rivolgendosi all'amico, con un filo di voce, furono: "Mi dispiace amico mio, non... Non... Non doveva finire così!". Il pianto si fece più intenso.

Per un attimo, Mu si voltó e lo vide ancora in lacrime. Gli si strinse il cuore, tuttavia non ebbe il coraggio di tornare indietro per consolare l'amico.

Milo provò ad asciugarsi le lacrime ma inutilmente. Non poteva lasciare il corpo così, abbandonato a sé stesso.
Allora prese il mantello di Camus e lo usò per ricoprirne il corpo. Prima di coprirgli il viso, gli diede un bacio sulla fronte. Fu un momento molto delicato per il cavaliere dello Scorpione.

Non era pronto a dirgli addio, non voleva, non poteva. Gli coprì il volto con l'ultimo lembo di mantello rimasto libero e si alzò.

Non uscì subito dall'undicesima casa; rimase in piedi accanto al suo migliore amico per un tempo indefinito.
Ripensó a quando si erano conosciuti da bambini, al legame che col passare degli anni si era rafforzato.
Si ricordó le lacrime che Camus aveva versato quando sconfisse la prima volta Hyoga e di nuovo, in ultimo, pensò all'ultima parola che gli disse poco prima di tornare a presiedere la propria casa; gli disse grazie.

Per un attimo, prima di congedarsi, Milo capì che il sentimento che lo legava a Camus, forse non era di semplice amicizia. Con un ultimo gesto d'amore, per rivedere il viso dell'amico un'ultima volta, gli spostò il mantello e lo accarezzó delicatamente.

Era ormai il momento di dirgli addio. Si rialzó, trattenne a stento le lacrime e a dimostrazione del profondo sentimento che li legava, con voce strozzata gli disse: "Eri più di un semplice amico per me, volevo che tu lo sapessi!". Poi avviandosi verso l'uscita si rivolse a lui con un'ultima parola: "Grazie!"

Le stanze di Arles lo attendevano, determinato ora a combattere in memoria del suo compagno.

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Capitolo 9
*** La rosa che profumava di morte ***


Aphrodite era quasi certo che nessun misero cavaliere di bronzo avrebbe mai potuto raggiungere la dodicesima casa.

Quando la lunga salita fino alle stanze di Arles iniziò, il cavaliere dei pesci pensò:
"Quello sciocco di Mu li starà aiutando a riparare le armature, tipico. Vede sempre del buono anche là dove non vi è. Ma Aldebaran, non sarà altrettanto gentile!"

Se ne stava all'entrata dell'ultima casa, paziente. Sapeva che era solo una questione di tempo e che presto lo avrebbero avvisato dicendogli che la missione di Seiya era fallita.

" Traditori di Athena!" ripeté più volte in quelle lunghe ore.

Voleva che i suoi capelli rimanessero in perfetto ordine e teneva sempre tra le mani la sua rosa più bella.
Si disse:

"Alcuni penseranno che sono vanesio, ma parlano solo per invidia. Anche Seiya e gli altri se mai arriveranno così in alto, non potranno fare a meno di ammirare la mia bellezza, le mie rose e ammettere il loro essere inferiori!".
Proseguì poi: "Ma tanto, non supereranno mai tutte le case!".
Ridacchió.

Si sbagliava.

Ogni ora che passava si avvicinavano sempre di più, forse li aveva sottovalutati ma non si scompose mai Aphrodite, li attendeva.

Lucidó un'ultima volta la sua armatura ed il suo elmo; diede un'occhiata alle sue rose e si preparò.
Attese con compostezza e pazienza l'arrivo di un qualsiasi nemico; sapeva che grazie alle sue rose, nessuno avrebbe mai raggiunto Arles. Sarebbero tutti morti nel tentativo.

"Così belle, così fatali!" disse un attimo prima che Seiya e Shun sopraggiungessero.

L'ultimo scontro che avrebbe portato alle stanze di Grande Tempio, stava per iniziare ed il tempo a disposizione per salvare Athena, stava per scadere.

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