Qualcuno da amare

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Le mani di Jared si muovevano decise ma delicate lungo la schiena di Jensen che, stretto a lui , rispondeva a quel bacio appassionato.

 

Era il loro primo bacio. Il primo bacio vero.

Fino ad allora, si erano sfiorati, si erano avvicinati con più complicità, le loro mani si erano prima sfiorate e poi toccate sentendo, ogni volta, meno imbarazzo.

Il loro stare vicini aveva smesso di essere impacciato.

 

Jensen era proprietario, insieme al suo amico e socio Rich, di un bar molto ben avviato. Frequentato da brave persone, tra cui Jared, intermediatore finanziario.

Si erano conosciuti una sera, quando Jared era con dei suoi colleghi a festeggiare i fondi che erano riusciti a fare avere ad una cooperativa sociale che avrebbe aiutato chi ne aveva bisogno: senzatetto, donne maltrattate, madri singole.

“Il primo giro lo offre la casa!” aveva esclamato Jensen, colpito dal motivo di quell’incontro tra colleghi.

“Grazie!” aveva risposto Jared porgendogli la mano in segno di saluto.

“Il mio piccolo sostegno per una buona causa!!” scherzò il biondo.

Jensen sorridendogli sinceramente, aveva risposto al saluto di quella mano.

 

Fu quello il loro primo toccarsi. Fu quella la prima volta che entrambi sentirono una sorta di scarica elettrica piacevole, scorrere lungo tutta la spina dorsale.

Da allora Jared aveva preso a frequentare il bar. Aveva preso a confidarsi con Jensen, ammettendo con il barista di essere interessato al mondo maschile invece che a quello femminile e si era sentito più che sollevato quando Jensen gli aveva risposto un allegro: “Cavolo che sollievo!! quando ti ho visto entrare ho subito pensato che avrei dovuto dividere le conquiste e invece ho ancora campo libero!!” e avevano riso.


Poi , però, settimane dopo, era successo qualcosa.

Jared aveva scoperto che la persona con cui stava lo tradiva e quando, una volta seduto al bancone del bar di Jensen, aveva ordinato “qualcosa che mi spenga il cervello per una settimana”, il biondo aveva capito che c’era qualcosa che decisamente non andava.

“Ok!” fece mettendogli di fronte un’intera bottiglia di scotch e un bicchiere e quando Jared fece per afferrarla , il barista mise una mano sulla bottiglia e : “Oppure puoi parlarne con un amico!” fece sorridendogli amichevolmente. “Dicono che i baristi siano dei provetti Freud. Che ne dici di vedere se è vero?!”

“Più che Freud , ora come ora, vorrei un sicario professionista!” sibilò con rabbiosa amarezza.

“Wow!! andiamo sul pesante.” ironizzò Jensen, aprendo la bottiglia, togliendo, però, di mezzo il bicchiere da 125 per sostituirlo con uno da shot. Aveva intuito il problema e convenne che l’amico aveva davvero bisogno di qualcosa di forte, ma non gli avrebbe permesso di superare il segno. “Ok! Da quanto tempo ti cornificava lo stronzo?!” chiese poi, spiazzando il suo interlocutore.

Jared lo fissò incredulo. Strabuzzò gli occhi per la sorpresa.

“Ma come...Gesù!! cos’è? Ce l’ho stampato in fronte che mi ha cornificato?!” domandò sarcastico.

“No, ma che siano dei bastardi o delle puttane, quando cornificano, la cicatrice che lasciano è sempre la stessa!” affermò Jensen.

Jared buttò giù tutto di un fiato il contenuto del bicchierino e lo poggiò con un colpo secco sul legno lucido del bancone.

Abbassò lo sguardo verso un punto indefinito tra il pavimento e il niente intorno a lui.

“Fa male!” disse poi in un sussurro, confessando in lieve imbarazzo quello che provava davvero. “Fa male, cazzo!”

“Lo so.” rispose a bassa voce Jensen, comprendendo quello stato d’animo. “Ma credimi…spaccarti il fegato stasera farà del male solo a te e non a lui. Quello stronzo non ti merita. Tu sei speciale, sei una persona buona , bellissima sia dentro che fuori….” scherzò e strappando un sorriso anche al più giovane. “Fregatene di lui….se ti ha fatto quello che ha fatto vuol dire che non era l’amore della tua vita!”

“E come farò a capire chi sarà l’amore della mia vita, o grande saggio!” rispose Jared, ironico, ma comunque colpito da quelle parole e dalla sincerità con cui erano state pronunciate.

“Lo capirai, Jared. Lo capirai!!” fece l’altro mettendo la sua mano su quella di Jared.

Non si spiegarono perché, ma nessuno dei due si sottrasse a quel contatto. Anzi, restarono per alcuni interminabili momenti a guardarsi negli occhi. Smeraldo contro ambra.

Luce contro luce.

 

Jared era senza parole, quasi privo di respiro perché Jensen non si era mai approcciato a lui in quel modo. Lo aveva sempre visto flirtare con ogni ragazza che gli capitava a tiro o che si sedeva al suo bancone. Quindi sentirlo così vicino , sentire il calore della sua mano contro la propria, la decisione con cui quel tocco continuava, sentire la forza del suo sguardo su di lui, dentro di lui lo destabilizzava profondamente.

Anche Jensen si sentì strano in quel momento, ma stranamente, per quanto non si fosse mai avvicinato ad un uomo in quel modo, sentendo quello che sentiva per Jared in quel momento, non riusciva a sottrarsi a quel semplice contatto.

Jared deglutì.

“Jensen...ma...”

“Non chiedere niente!” lo fermò Jensen sfilando piano e gentilmente la mano da quella dell’altro. “Anche perché , onestamente , non saprei cosa e come risponderti. So solo che è….è qualcosa che si mette a prendermi a pugni lo stomaco...ogni volta che ti vedo! Succede solo con te.” confessò arrossendo appena. “Ed è qualcosa che ho bisogno di capire. Io per primo!” ammise.

“Sì...sì. E’ giusto che sia così!” e cos’altro poteva dire ?!

Rimasero per un po’ in silenzio. A guardarsi , a fissare i bicchieri vuoti, la punta delle loro dita che tentavano, timorose, di toccarsi ancora.

Poi, fu Jensen a riprendere il discorso.

“Ascolta...tra mezz’ora Rich viene a darmi il cambio per il serale. Ti va di aspettarmi? Credo...credo che dovremmo parlare.” azzardò.

“Sì...certo. Sì...ti aspetto.” convenne Jared. “Mi metto a quel tavolo...ho delle ….delle telefonate da fare.”

“Se vuoi... il mio ufficio è libero. Starai più tranquillo lì.” propose Jensen.

“Non ti scoccia?!”

“Affatto. Va’ pure. Vengo a chiamarti quando ho finito.”

“Ok, grazie. Ti aspetto, allora!”

“Sì.”

Jared sorrise grato e si avviò verso l’ufficio. Quando si chiuse la porta alle spalle, sentiva ancora lo sguardo di Jensen su di lui, sulla sua schiena.

 

Fece un respiro profondo e prese il suo cellulare. Si sedette al piccolo divano che c’era nella stanza e attese risposta alla sua chiamata.

Ehi, Jay!!??” fece una voce affaticata dall’altro capo del telefono.

“Mish….Mish? Mi sembri affannato….” e poi, come se avesse avuto un’illuminazione, si mise una mano sulla fronte e: “Oddio...ti prego dimmi che non sei in compagnia e ho interrotto qualc….”

Calma, calma idiota. Uno: sono in palestra. Due: se fossi stato impegnato in ben altra attività fisica di certo non l’avrei interrotta per rispondere al telefono!!” fece l’amico ridendo sommessamente.

“Sì..sì...scusa Mish. Ma mi è successa una cosa che...io...io non so...come...”

Amico puoi smettere di balbettare e spiegarmi che cavolo ti è successo? E se mi dici che stai ancora rimuginando su quello stronzo di Matt vengo lì, ovunque tu sia, e ti prendo a pugni.” fu il poco amichevole ammonimento.

“No, no, non si tratta di Matt o per lo meno non si tratta più di Matt!”

E allora cosa?!

“Ti ricordi di Jensen?!”

Il barista?!

“Sì, lui.”

Cosa? Ha provato a fissarti un appuntamento consolatore con una dolce donzella?!” scherzò Mish...Misha.

“In un certo senso!” asserì ancora perplesso.

Davvero? E con chi?Una del suo bar?” ridacchiando.

“Con lui.” confessò. “Credo!” tentennante.

Ok!” disse perplesso e poi , curioso: “Questa me la devi davvero spiegare!

“Ero qui al bar...volevo prendermi una sbornia colossale a causa di Matt...lui mi ha fermato..abbiamo parlato...è venuto fuori il discorso sul vero amore...lui mi ha preso la mano...ha detto che però deve ancora capire...io ho balbettato...e ora sono nel suo ufficio ad aspettare che Rich gli dia il cambio perché ne dobbiamo parlare!” riassunse leggermente isterico.

D’accordo, ma spero per te , amico, che tu non sia conciso a letto come lo sei nel raccontare le cose!!” scherzò comunque Misha , che si era fatto un’idea di quello che era successo. Anche se quell’ “approcciarsi” di Jensen a Jared , aveva sorpreso anche lui.

“Non è il momento di scherzare, Mish!” lo ammonì Jared.

Va bene. Ma onestamente, mi dici cos’è che ti sconvolge tanto? Jensen , per quanto posso conoscerlo , è una brava persona, un bel ragazzo, lavora sodo. E’ onesto, simpatico, affascinante sotto molti tanti aspetti e… dai commenti che ho sentito quelle volte che sono venuto con te al bar, ci sarebbe chi farebbe carte false per avere le sue attenzioni e...amico...erano commenti sia maschili che femminili!!!” ci tenne a precisare per alleviare le perplessità del giovane amico.

“ Ma fino qualche giorno fa usciva da questo bar con una ragazza diversa ogni sera!” lo fermò Jared.

Jared, quando hai fatto coming out, lo hai fatto dopo essere stato con una ragazza per ben un anno e mezzo, se non ricordo male.” gli fece presente l’amico. “E non penso che per un anno e mezzo tu abbia fatto vita monacale!

“No...ma Mish...”

E poi siamo onesti e cerchiamo di vedere le cose come stanno sul serio.

“Che significa?!”

Hai visto spesso uscire Jensen con una ragazza diversa, giusto?!

“Sì!”

“Ok! Lasciami dire solo che uscire da un bar con una ragazza, non significa arrivarci per forza in quarta base!!

“Tu vuoi dire che...”

Voglio solo dire che solo gli stupidi non cambiano mai idea e se Jensen, dopo averti conosciuto , ha capito o sta capendo che può cambiare idea, beh!!, chi sei tu per non aiutarlo?!

“E se si sbagliasse?”

Questo non posso saperlo io, non puoi saperlo tu e non può saperlo nemmeno Jensen. Potete solo provarci, amico mio.

“Il fatto è che …”

Cosa?!

“...che lui mi piace e che se le cose non dovessero andare...potrei perderlo anche come amico.”

Jared...” sospirò comprensivo l’altro. “Hai detto che Jensen ne vuole parlare.

“Già!”

Perfetto. Fatelo!” asserì deciso. “Mettete sul tavolo tutte le carte , anche quelle scomode di un possibile fallimento e scegliete la strada da prendere in qualunque caso. Poi le cose verranno da sole!, nel bene e nel male.

“Dici?!”

La mia è vecchia saggezza russa!

“Già!”

Ok! Ora scusami ma l’interessante attività fisica che pensavi di aver interrotto potrebbe realizzarsi se riesco ad affascinare l’avvenente brunetta che è appena salita sul tapis roulant di fronte a me!

“Buona fortuna!”

Grazie!!” e poi: “E chiamami domani!

“Lo farò!” e mise giù.

Il ragazzo rimase per alcuni minuti a fissare il vuoto, pensando a quello che stava per accadere. Alle parole che Jensen gli avrebbe detto, a quello che lui stesso avrebbe potuto e dovuto dirgli. A come tutto sarebbe dovuto proseguire se avessero deciso di intraprendere quella strada così nuova per entrambi. Jensen sarebbe stato decisamente nuovo in quei sentimenti e in quegli approcci. Jared, dal canto suo, si sarebbe ritrovato da fare da guida e non sapeva se sarebbe stato in grado di farlo nel modo giusto.

Fece un respiro profondo. Doveva per un momento smettere di pensarci, così chiamò un suo collega per ricordargli di alcuni documenti, che comunque sapeva già essere pronti, ma aveva bisogno di distrarsi.

 

Quando Jensen, una volta sostituito da Rich, entrò nel suo ufficio, trovò Jared ancora al telefono.

“...si, Jeff...Lunedì dobbiamo assolutamente portare quei resoconti in banca, o il progetto potrebbe avere altri ritardi. Se ritardo deve esserci non voglio che dipenda da noi. …..Sì, sì...perfetto….ok, va bene!!” e in quel momento si voltò e vide Jensen che lo guardava sorridente. “D’accordo...io...io devo andare adesso. Ci sentiamo domani!” e concluse la chiamata. “E’ un progetto importante e ….”

“Ehi! Non devi scusarti se ci tieni al tuo lavoro. So di che cosa ti occupi, quindi, tranquillo!” lo giustificò serenamente Jensen, facendo qualche altro passo verso l’altro.

“Jensen...” sospirò, decisamente nervoso, Jared.

“Lo so, lo so. Sono nervoso anche io.” confessò il biondo. “Che ne dici? Ne parliamo qui o ti farebbe sentire meglio se lo facessimo mentre andiamo a farci un giro?!” e poi prima che Jared potesse rispondere: “Io preferirei decisamente la seconda opzione. Stare all’aria aperta ci schiarirà le idee!”

“Concordo!” convenne prendendo il suo giacchetto. “Andiamo. Potremmo andare al parco. E’ tranquillo lì a quest’ora!”

“Ottima idea!”

 

 

Da quella sera, tutto accadde naturalmente. Con i tempi che servivano ad entrambi.

A Jared per mostrare a Jensen quello che poteva essere un nuovo “stile” di vita, ma mai senza oltrepassare il limite. Stavano insieme, parlavano, si confidavano, a volte litigavano anche su alcuni punti di vista, ma riuscivano sempre a ritrovare quel loro equilibrio di “coppia/ non coppia”.

Jensen, cercava , aiutato da Jared, di capire i suoi sentimenti, quello che provava. Cercava di mettersi a confronto con quello che poteva essere un cambiamento decisamente radicale della sua vita.

Parlavano di tutto. Da quel sogno realizzato che era stata l’apertura del bar, insieme con Rich. all’insolita passione di Jared per le canzoni straniere, tra cui le ballate romantiche italiane.

 

Ma come fai a capirle??!” chiedeva Jensen ogni volta che Jared gliene faceva ascoltare una.

Con una paziente e precisa traduzione.” rispondeva semplicemente Jared, continuando a canticchiare con quel suo strascicato accento, la canzone appena ascoltata.

 

E Jensen rideva. Rideva di cuore. Dell’accento sforzato dell’altro, dell’evidente non proprio tono azzeccato. E lo abbracciava forte quando si rendeva conto che l’altro ci rimaneva fintamente offeso. Per poi finire a ridere entrambi.

Tutto, dalle cose semplici a quelle più complicate, sembrava aver trovato una sua giusta strada.

 

Fino a quel pomeriggio di qualche mese dopo.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Jared aveva raggiunto Jensen a casa sua per il solito appuntamento ma il biondo non era ancora pronto e lo aveva accolto solo in jeans. Ancora a torso nudo.

Per un momento , entrambi erano avvampati, e dopo quel momento Jensen aveva deglutito e aveva invitato il più giovane ad aspettarlo in soggiorno, promettendo che avrebbe finito di prepararsi in fretta.

Successe allora.

Jared , nel momento in cui Jensen gli diede le spalle per andare in camera, lo aveva fermato per una mano e lo aveva costretto a guardarlo.

“Perdonami...ma non resisto più!! Studiamo questa tattica di gioco da mesi ma ora...ora ho bisogno di un test. Ho bisogno di capire se è possibile segnare un punto vincente.” era stata la sua giustificazione a quello che stava per fare.
Aveva attirato a sé, al suo corpo, il corpo dell’altro e incorniciandogli con ferma dolcezza il viso, aveva poggiato cautamente le proprie labbra a quelle di Jensen.
Aveva sentito all’inizio una sorta di sorpresa, di timore, di ritrosia ma poi , quando iniziò ad accarezzargli la guancia, la titubanza di Jensen sembrò sparire.

Il biondo fu preso alla sprovvista. Sapeva , in cuor, suo , che prima o poi quel passo doveva essere fatto. Ma che potesse accadere così, dopo essersi sentito sopraffare dallo sguardo accalorato e predatorio di Jared, non se lo aspettava. Come non si aspettava di essere pronto e soprattutto capace di rispondere al bacio, anzi, altrettanto inaspettatamente, lo rese più intimo, più ...concreto.

Le labbra si allontanavano appena. Le braccia tenevano i corpi vicini. Il respiro affannava entrambi. Il fiato che si scambiavano cercava di appagare entrambi pur di riuscire a dare ossigeno per non interrompere quel momento.
Le mani di Jensen si ancorarono ai fianchi di Jared. Quelle di Jared non riuscivano a smettere di accarezzare con voluttà la schiena possente di Jensen.
Tutto sembrava stesse prendendo la strada per il passo successivo.

Sembrava…

Infatti in un momento in cui i loro corpi si ritrovarono ad essere separati solo da un lieve spazio ma che comunque non evitò ad entrambi di intuire come i loro corpi stavano reagendo, fu Jensen a mettere fine al momento e allo spazio tra loro.

Lo allontanò.
Jensen allontanò Jared , discostandolo da lui di un metro buono. Quasi spingendolo via.
sembrava quasi si fosse appena reso conto di quello che era successo.

“Jensen?...ma...” balbettò, sebbene ansimante, Jared.

Anche Jensen aveva il fiato corto, ancora palesemente emozionato per il bacio.

Il biondo abbassò gli occhi. In imbarazzo. Tutto era scoppiato in un attimo nella sua mente.

“Jensen che hai?...che...succede?” chiese con una punta di panico Jared. “Io pensavo che….insomma ...sì, lo so...sono stato avventato...non ti ho chiesto se...se tu….ma da come mi hai risposto...io...io ho pensato che….”

“No, no, no...Io...io non….E’ colpa mia!” lo fermò Jensen. “E’ colpa mia!” ripetè in colpa.

“Colpa tua? In che senso è colpa tua?”

Jensen fece un respiro profondo. Quasi a prendere coraggio.

“In questo periodo...una parte di me, e ti prego di credermi sono sincero, ha capito cosa provo per te...” fece con convinzione.

“Ok...ma cosa...”

“Tu...tu non hai colpa...”

“Jensen smettila...non ti seguo!” disse chiedendo chiarezza in quelle che erano o sembravano frasi senza senso.

“Io so cosa provo qui...” rispose Jensen indicandosi il petto. “...e so cosa sento qui!” continuò mettendosi una mano appena sotto la pancia come ad indicare una sensazione più ….carnale.

“Jensen anche io sento...” ma venne fermato.

“ E dopo questo bacio, io so….io...c’è una parte di me che...” e si fermò affranto. Occhi bassi.

“Continua!!” lo spronò Jared.

“Che non vuole accettarlo!” disse tutto di un fiato. “Non riesce ad accettarlo!” finì prima di perdere il coraggio.

Gli si spezzò il cuore quando vide Jared traballare appena sulle gambe come se una folata di vento violento lo avesse appena investito.

“Io...io non capisco….Jensen, cosa….tu...io e te...io pensavo che noi...dopo questi mesi di...” cercò spiegazioni anche se in quel momento anche lui non riusciva a mettere insieme una frase o una domanda coerente.

“Jared , fino a qualche mese fa io ero in giro a fare baldoria in cerca di ragazze anche per una sola notte.” provò a spiegare.

“E questo cosa significa?!” iniziò ad irritarsi.

“Poi ti ho conosciuto, siamo diventati amici, confidenti, complici in alcune situazioni...e poi….”

“E poi abbiamo capito che la nostra non era solo amicizia. O almeno io ho capito così e tu...tu me lo hai lasciato credere, Jensen! Sei stato tu a voler dare inizio a..”

“Io non sapevo quello che sentivo allora….”

“Ma hai appena detto che sai quello che senti per me!!” quasi gridò il giovane.

“Oddio!!” esclamò frustrato Jensen passandosi una mano tra i capelli e afferrando una maglietta che era poggiata su una sedia e infilandosela velocemente. “Io sto cercando ancora di capire quello che sento, quello che provo in me...per te...per noi!”

“Non ha senso quello che dici!”

“Ne ha per me.” fece il biondo. “Ascolta….”

“No!”

“Ti prego , ascoltami!!”

“No, no, no!!” fece ormai decisamente irato.

“Per favore, cerca di capire!”

“Capire? Capire???” gridò con una lieve punta di offesa nel tono. “Quello che capisco è quello che mi hai appena detto. Sei andato a puttane fino a poco tempo fa, poi è arrivato un bel faccino diverso dagli altri, ti sei sentito gratificato dalle mie attenzione e hai provato a vedere come si sta dalla mia parte della barricata!”

“No, no...non è così!” provò a giustificarsi.

“Mi stavi usando per provare nuove sensazioni….vero?” e ora la sua voce era incrinata dalla rabbia e dalla frustrazione. “ E adesso che stupidamente ho fatto il primo vero passo verso di te...ti sei reso conto che non è quello che vuoi. Che potresti ...e scusa la franchezza...rimetterci il culo?” fece sprezzante.

“No, ti supplico. No!! io non ho mai….” e cercò perfino di avvicinarsi al ragazzo per cercare di farlo calmare ma...

“Sei un figlio di puttana!!” ricevette in cambio per quel tentativo di conforto.

“Jared, ti prego...”

“Sei un bastardo. Sapevi quello che iniziavo a provare per te, te l’ho confidato e ti avevo giurato che avrei aspettato i tuoi tempi. Non ho mai fatto un passo verso di te che tu non volessi. Le mie mani non si sono mai azzardate a toccarti dove tu non volessi. Sapevi che qualcosa stava accadendo anche senza toccarti o baciarti o solo sfiorarti….”

“Mio Dio, Jared….” sussurrò consapevole della colpa enorme di cui si era macchiato nei confronti dei sentimenti di Jared. “Io...io..”

“Tu ...un corno. Vaffanculo, Jensen. Adesso? Solo adesso ti rendi conto che forse sei dalla parte sbagliata del campo da gioco? Solo dopo che ti ho baciato??!” lo incalzò sarcastico.

E quando si rese conto che Jensen non riusciva a rispondergli continuò: “Beh!! il mio caro “fino a qualche mese fa andavo a caccia di ragazze” ti dico solo che hai risposto al bacio. E lo hai fatto con tutti i sacri crismi.” gli ringhiò contro. “Se avevi tutti questi timori, tutti questi dubbi, se ti sentivi ancora così...confuso...perchè non me ne hai parlato? Perché non ti sei confidato con me come avevi giurato di fare?” lo rimproverò amaramente. “Perchè mi hai lasciato credere che le cose stessero andando bene? Che l’idea che ci potesse essere un “noi” potesse diventare reale? Perchè??!” finì con tono frustrato.

“Perchè mi hai confessato che stavi iniziando a provare qualcosa per me!” lo spiazzò Jensen, sebbene in colpa.

“E cosa? Non volermi ferirmi?!”

E l’altro potè solo annuire mestamente.

“E cosa pensi di aver fatto adesso?!” domandò dolorosamente ironico. “Ti sentivi in questo modo ma hai lasciato comunque che mi avvicinassi a te, che quello che sentivo per te diventasse più forte. Tutte quelle sere seduti vicini, mano nella mano. Tutti quei discorsi su ciò che sentivamo e provavamo quando stavamo insieme. Tutti….”

“Jared...”

“Tutti quei progetti su quello che avremmo fatto quando e se noi fossimo...”

“Ti prego...”

“Dio..come sono stato stupido e ingenuo!!” si rimproverò.

“Io non volevo!” riuscì solo a dire come per cercare una pallida giustificazione del dolore che aveva causato.

“No, tu non volevi. Ma sapevi. “ gli rispose severamente, Jared. “E non hai fatto niente per evitare tutto questo.”

“Proviamo a parlarne!” tentò ancora.

“Parlarne? Parlarne??...sono stanco di parlare Jensen. Ora, in questo momento, la mia mente non fa che sbattermi in faccia solo un’immagine. Tu al tuo bancone del bar, di nuovo a fare il cascamorto con ogni minigonna che ti si struscerà addosso e io additato come il povero ragazzo gay che credeva di poter conquistare e convertire il bel barista!”

“No, no, no….per l’amor di Dio. Non è così e sai che non permetterei mai a nessuno di dire una cosa simile di te.”

“Non ce n’è bisogno, perché sono io il primo a pensarlo di me, Jensen.” e detto questo si apprestò ad andarsene.

“Jared, ti prego. Jared...non voglio perderti. Non voglio perdere quello che c’era tra noi!” lo supplicò.

“Troppo tardi , Jensen. Matt almeno ebbe il coraggio di dirmi quello che aveva fatto, tu….beh!, tu amico mio, sei stato perfino più crudele. Hai aspettato che lo scoprissi da solo e nella maniera più penosa e imbarazzante.”

“Jared...”

“Addio Jensen e spero per te che tu capisca presto, cosa vuoi e chi sei, prima o poi. Perché una vita sulla soglia del Purgatorio non è vita, è solo del tempo passato a non fare le proprie scelte.” e andò via.

Jensen rimase senza fiato fin quando la porta di casa sua non si richiuse tuonando della stessa rabbia che aveva avuto la voce di Jared in quei momenti assurdi.
Fu solo un mal trattenuto singhiozzo a riportargli aria nei polmoni.

 

Jared guidò senza meta per un po’ provando a sbollire la rabbia che ancora provava per Jensen, per le sue parole. Per tutto.
Senza sapere come, si ritrovò davanti la porta di Misha.
Bussò. Attese che l’amico aprisse. Sperando che fosse in casa.

Quando Misha, fortunatamente , aprì, si ritrovò di fronte lo sguardo stravolto del giovane amico.

“Ma che è successo?!” chiese senza esitare.

“La tua vecchia saggezza russa fa schifo!” fu la risposta criptica data mentre entrava in casa dell’altro.

“Ok!! ciao anche a te!!” fece Misha chiudendosi la porta alle spalle e quando vide il ragazzo sedersi pesantemente sul divano cercò una qualche spiegazione. “Mi dici che è successo?”

“Jensen!” disse solo l’altro.

“Jensen...cosa?!” chiese incuriosito ma rimase perplesso quando non ebbe risposta. “Senti se vuoi che ti aiuti o che solo ti ascolti, devi parlare con me, amico!” fece comprensivo.

Jared lo guardò prima con una certa rabbia, certo non rivolta a lui ma a quello che era successo e poi quando vide gli occhi dell’amico che lo scrutavano gentili e amichevoli, anche il suo sguardo si addolcì.

Fece un respiro profondo e raccontò tutto.

Misha lo fece parlare, lo fece sfogare più che altro perché aveva capito che Jared aveva bisogno anche di quello. Forse soprattutto di quello.
E quando si rese conto che la tempesta emozionale era per lo più passata, si alzò dalla sua poltrona, andò al frigo e tirò fuori due birre. Le aprì e una la passò all’amico.

“Bevi!”

“Ma...”

“Zitto e bevi!” ordinò amichevole.

Jared obbedì. Bevve un lungo sorso e poi, sospirando profondamente, gustandosi il sollievo che la birra gli aveva portato alla gola, affondò nello schienale del divano.

“Come va?!” chiese comprensivo Misha.

Jared bevve ancora e poi lo guardò triste.

“Perchè mi ha fatto una cosa del genere?” chiese in risposta. “Perchè...”

“Ascolta...”

“Se non voleva che...”

“Jared, ascoltami.”

“Se io non ero quello che lui...”

“Sta’ zitto e fammi parlare!” esclamò a quel punto, Misha.

Jared si zittì immediatamente. “Scusa!” sussurrò.

“Dio!!” sbuffò frustrato, Misha. “Spero che tu non abbia fatto così anche con Jensen….che tu lo abbia fatto parlare!!” e quando vide Jared abbassare un tantino lo sguardo come se fosse stato colto in magagna, sospirò sconfitto. “Ora ascoltami!”, fece andandosi a sedere accanto all’amico. “Non che io voglia giustificare Jensen per come si è comportato ma vorrei che tu provassi, per quanto possibile, a provare quello che lui ha provato!”

“Io non...”

“Jared, tu non eri da solo quando hai capito i tuoi gusti e come dovevi affrontare tutto. E ce ne hai messo di tempo, io lo so, ero con te, al tuo fianco.” gli ricordò.

“Si, e te ne sarò grato per sempre!”

“Ok, ma ora pensa a Jensen.” e si fermò , quel tanto da far riflettere il giovane sul punto a cui voleva arrivare. “Lui è da solo, con nessuno con cui confidarsi.”

“Ma c’ero io!!” provò a giustificarsi, Jared.

“Jared...tu eri e sei il motivo per cui lui aveva e ha bisogno di confidenti. Si potrebbe azzardare una specie di conflitto di interessi!” provò ad alleggerire la situazione.

“Mish, io avevo chiesto a Jensen di essere sincero con me, nel bene o nel male!”

“Sì e io ho chiesto alla mia ex moglie di non sparlare di me.” ironizzò e Jared capì il senso di quella battuta.

“Ok...ok...ma perché ...perchè farsi baciare!?”

“Onestamente ...da quello che mi hai raccontato non è che abbia avuto molta scelta!” disse con cautela

“Detta così sembra che io ne abbia abusato...ma ti ricordo che lui ha risposto al bacio e lo ha fatto...lo ha fatto alla grande!”

“E forse è proprio questo che lo ha “sconvolto”!” gli fece presente.

“Poteva respingermi!”

“E avresti reagito in maniera diversa?!”

“Io...”

“Sii onesto!” lo avvertì, Misha.

A quell’esortazione, Jared stava per rispondere che avrebbe reagito diversamente, ma poi lo sguardo indagatore ma comunque amichevole di Misha, lo fece riflettere e in tutta onestà, il giovane, si ritrovò a rispondere sinceramente.

“No...penso che avrei reagito nella stessa maniera. Credo...”

“Jared...essere respinto è qualcosa che ferisce tutti. Etero e non. Non fartene una colpa. Forse l’unica cosa che devi rimproverarti è l’aver reagito in maniera troppa istintiva!!” azzardò Misha notando l’espressione colpevole di Jared.

“Io...mi sono sentito...”

“Offeso?!” provò.

“Anche!” convenne. “Ma ciò non toglie che lui mi abbia detto che non riesce ad accettare ciò che sente!”

“No, lui ti ha detto che una parte di lui non lo accetta.” precisò ammiccante, Misha.

“Ma...”

“Questo vuol dire che una parte di lui sa benissimo cosa vuole e cosa sente per te. E quello che vuole e che sente per te, sono la ragione per cui quell’altra parte è spaventata.”

“ E cosa potrei o dovrei fare io?!” esclamò frustrato Jared.

“Niente!” rispose deciso, Misha.

“Cosa??!” esclamò quasi sconvolto il giovane. “Dopo tutto questo parlare e riflettere e cercare di capire e comprendere...la risposta è: niente!”

“Jared non puoi dire a Jensen cosa fare o cosa provare. Non puoi spiegarglielo. Non sarebbe giusto. Deve arrivarci da solo. Deve capire da solo cosa vuole, cosa sente, cosa prova per te. Esattamente come hai fatto tu. Ci sei arrivato da solo. Hai raggiunto da solo quella tua nuova consapevolezza. E dovrà farlo anche Jensen. Nel bene o nel male.”

Jared stava per replicare, ma non ci riuscì perché sapeva che Misha aveva ragione.

A suo tempo anche lui aveva avuto i suoi dubbi su ciò che provava e per chi lo provava e ora , quella strada, doveva percorrerla anche Jensen. Come diceva Misha, “nel bene o nel male”, se quella strada avrebbe portato Jensen da lui o meno.

Jared tornò a sprofondarsi nei grandi cuscini del divano. Chiuse per un attimo gli occhi e fece un respiro profondo.

“Odio la tua vecchia saggezza russa!”

“Lo so!” rispose sorridente Misha battendogli amichevolmente la mano al centro del torace. “Ti prendo un cuscino e una coperta.” offrì , invitando il giovane amico a non andare via per la notte.

“Grazie, Mish!” accettò Jared. “Cosa farei senza di te!?” domandò quando vide ritornare l’amico con cuscino e plaid.

“La lista è lunga , idiota.” rispose ghignando. “Ora, molla quella birra, mettiti giù e vedi di dormire.” rispose sorridendo l’altro, tirandogli addosso quello che aveva in mano.

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Da quella sera, da quella lite con Jensen e il confidarsi con Misha, passò circa un mese.

Jared andava di rado al bar di Jensen un po’ per orgoglio, un po’ perché ancora non sapeva come comportarsi con l’altro. Un po’ e soprattutto perché non sapeva a quali conclusioni era arrivato Jensen.

E nonostante Misha, più pratico, gli aveva fatto presente che se nessuno dei due faceva la prima mossa, quella situazione di stallo sarebbe andata avanti per sempre, Jared aveva ancora remore su cosa fare o non fare.

Jensen, da parte sua, non era messo meglio emotivamente su quello che era successo e su quello che stava provando.

Non poteva negare a sé stesso che Jared gli suscitava delle emozioni forti, delle sensazioni che non provava da tempo. Non poteva negare che quel bacio gli aveva fatto tremare lo stomaco. Che era stato così istintivo rispondere al tocco delle labbra di Jared, cercare di trovare l’incastro perfetto, assaporare quel sapore così forte e dolce al tempo stesso.

Non poteva negare che Jared gli piaceva e che erano secoli che qualcuno o qualcuna , non gli piaceva in quel modo.

Ma non poteva nemmeno sottrarsi a quella parte di lui che aveva ancora un gran timore di tutte quelle nuove sensazioni.

Dopo che Jared se ne era andato così arrabbiato, o meglio, offeso, dal suo appartamento la sera che avevano litigato, la sera che lui aveva ferito il giovane in quella maniera, Jensen aveva passato giorni a riflettere, a pensare, a passare al microscopio ogni singola sensazione, emozione, ragione o dubbio che in quel periodo lo stavano investendo.

Erano stati giorni pesanti emotivamente, giorni che divennero settimane, settimane che divennero oltre un mese. E vedere Jared di tanto in tanto al suo bar , ma al tempo stesso saperlo così distante, estraneo a quello che avevano condiviso anche se solo platonicamente, non migliorava la situazione.

 

Fin quando un giorno, o meglio una notte, Jensen si svegliò di soprassalto.

Aveva sognato.

Non ricordava il sogno ma davanti agli occhi aveva una sola e unica immagine.

Jared!! Un volto sorridente, due occhi dolci e vivaci, un sorriso avvolgente. Sentiva perfino ancora la sua voce dolce e suadente nelle orecchie: “Andrà tutto bene. Risolveremo tutto!Io ci tengo ancora a te!” o almeno era quello che il Jared del suo sogno gli diceva amorevolmente.

Ma quello che più lo scombussolò fu quello che stava provando in quel momento. Non era rabbia o paura. Né timore o confusione.

No!

Quello che stava provando era assoluta serenità. Fiducia in quel volto e in quella voce e soprattutto in quelle parole che Jared , in sogno, gli aveva sussurrato così dolcemente.

 

Fu allora che chiuse gli occhi, si guardò dentro, fin dove la sua anima arrivava e non vi trovò più nessuna riluttanza nei confronti di Jared o di quello che aveva ormai capito provare per lui.

Ora doveva solo trovare il modo e il coraggio di confessarlo a Jared e di conseguenza chiedergli perdono per non averlo capito prima.

Quella notte non riuscì più a dormire. Aspettò che il mattino arrivasse, pensando e ripensando a come fare quel primo passo e non appena l’orologio segnò le otto, prese il suo cellulare e compose il numero.

Attese con ansia che gli venisse risposto.

Pronto?

“Sì..sono Jensen.”

Ehi!! questa si che è una sorpresa!

“Dobbiamo parlare!”

Mi sembri serio!

“Lo sono!”

Sei ubriaco?!

“Mai stato così lucido!”

Ok! Dove ci vediamo?!

“Da me...no, no, no! E’ meglio al mio bar. Tra un’ora!”

Ci sarò!

“Grazie! Davvero….grazie!”

Aspetta a ringraziarmi!

 

Circa una settimana dopo, Misha entrava nel bar di Jensen in compagnia di Jared. Come tutte le volte accadeva tra i due c’era un mutuo scambio di sguardi e come ogni volta i due si ignoravano civilmente.

Misha fece cenno a Jared di seguirlo ad un tavolo centrale. Il giovane notò che il bar quella sera era sistemato in maniera diversa. Era stato creato un angolo dove erano stati messi delle attrezzature per quello che sembrava essere un Karaoke e poi anche una chitarra acustica.

“Ma che cosa….” fece perplesso, rivolto a Misha.

“Non lo so...magari Rich e Jensen hanno organizzato una serata karaoke. Tutta pubblicità.” rispose con nonchalance. “Perchè? Ti andrebbe di cantare?!”

“Neanche morto!” lo fulminò Jared. “E non ti azzardare a...”

“Oooh!!!! calma, Tigre. Sono qui solo per bere qualcosa con te. Se poi c’è anche della buona musica….ben venga!!” lo tranquillizzò, Misha, ridendo del momentaneo terrore che aveva visto sul volto del giovane amico.

Presero un paio di birre, naturalmente servite da Rich, dato che Jensen non sembrava voler mettere piede fuori da dietro il bancone.

“Ehi? Allora quando inizia lo spettacolo?!” chiese Misha al barista.

“Ah! sì...tra pochi minuti...si sono prenotati in molti...non pensavamo ad una simile accoglienza!” rispose. “Immaginavamo più una cosa da poche persone e invece a quanto pare...” continuò soddisfatto.

“L’idea è piaciuta!”

“L’idea è piaciuta!” convenne Rich, soddisfatto. “Ti porto altro , Jared?!” fece poi rivolto al giovane che durante quello scambio, di tanto in tanto , lanciava occhiate a Jensen.

“No, no...sono a posto per adesso!” rispose cordiale. E poi: “Posso chiederti una cosa?!”

“Certo!”

“So che non sono affari miei ma….”

“Tranquillo se non lo sono non ti risponderò!” fece Rich ironico.

“Già…..comunque...” e riprese timoroso. “Che cos’ha?” indicando discretamente Jensen.

“Chi? Jensen?!”

“Sì!” rispose Jared. “Lo vedo ….strano!!”

“In effetti è stato davvero impegnato in questi ultimi dieci giorni. È andato in giro parecchio per magazzini e recuperare quello che serviva per l’angolo musica e per organizzare tutto e con il gelo che c’è fuori, credo sia un po’ influenzato. Gli ho detto di starsene a casa per un paio di giorni, ma mi ha risposto che stasera non sarebbe mancato per nulla al mondo!”

“Ohw!” sussurrò Jared.

“Deve essere davvero importante questa serata per lui!” fece presente Misha.

“Importante???” esclamò Rich. “Quando ho provato a dirgli di rimandarla finchè non stesse meglio, per poco non mi sbranava!” rivelò e poi li lasciò da soli perché fu richiesta la sua presenza per dare inizio ai cosiddetti “dilettanti”

 

I primi neo cantanti si diedero il cambio su canzoni di vario genere: pop, classici, country...

Qualcuno venne anche simpaticamente invitato a scendere dal palco quando intonò “a modo suo” la canzone Imaginary Lover, ma forse era più che altro l’alcool a cantare per lui.

Poi Jared vide Rich discutere con Jensen che sembrava da un certo punto di vista ..terrorizzato dal dover spostarsi da dove si trovava, mentre Rich gli indicava il palco.

Non riusciva a comprendere quei gesti, fin quando non vide Jensen arrendersi o forse convincersi a mettere da parte quella sua palese timidezza e avviarsi verso il palco.

Jared lo seguì sbalordito con lo sguardo, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, nemmeno quando Jensen si sedette sullo sgabello posizionato ad arte sul piccolo palco e imbracciò la chitarra. Il biondo tossì cercando di nasconderlo e sembrava così nervoso.

“Oddio!” sussurrò Jared.

“Qualcuno sta trovando il coraggio!” fece Misha che non sembrava per niente sorpreso

“Ma cosa...tu sai cosa sta per...?...anche lui vuole...?...”

“Ambasciator non porta pena!!” si giustificò Misha alzando le mani in segno di resa.

E a quella battuta , Jared capì che Misha sapeva e si spiegò il perché quella sera aveva voluto per forza andare al bar.


Jensen tossì ancora e Jared scattò con lo sguardo su di lui e quando i loro sguardi si incrociarono, Jensen gli sorrise appena mentre Jared deglutì una strana forma di terrore.

“No, no, no...non così...lui...” e senza spiegarsi come o senza trovare le parole giuste per spiegarlo a Misha che lo fissava sbalordito per quella reazione, Jared si alzò dalla sedia e si avviò verso l’uscita.

“Jared ma cosa...” provò a fermarlo Misha, alzandosi subito dopo di lui.

 

“Non te ne andare!” risuonò la voce al microfono.

 

La voce appena roca di Jensen lo raggiunse in pieno bloccandolo sulla soglia della porta del locale. Jared si voltò piano. Guardò il modo dolce e colmo di speranza con cui Jensen lo stava guardando.

Il giovane ricambiò quello sguardo con uno che sembrava quasi lo stesso di uno che supplica di fermare quella che sembrava una romantica follia.

“Dammi la possibilità di chiederti scusa ...di farmi perdonare. Di aggiustare le cose tra noi.” disse Jensen senza preoccuparsi di chi lo stesso ascoltando.

E Jared non potè non notare che non c’era paura o vergogna sul volto del biondo. Sospirò profondamente.

“Non così!” rispose senza astio.

“Tempo fa non ho saputo decidere e ti ho ferito!” replicò Jensen dal palco. “Ora...non ho dubbi e ho bisogno di chiederti perdono!”

Jared, colpito da quelle parole, abbassò per un attimo lo sguardo al pavimento come se su quelle assi di legno ci fosse scritto cosa doveva decidere.

 

Alzò di nuovo gli occhi sull’altro. Guardò Misha che lo invitò tacitamente a concedere quell’opportunità e a riprendere il suo posto.

Lentamente tornò al tavolo e solo allora si rese conto della incredibile cappa di silenzio che era calata nel locale, di solito, invece, sempre gioiosamente chiassoso.

Si sedette nel momento in cui Jensen iniziò a suonare. Le sue dita scivolavano abili sulle corde della chitarra, creando un dolcissimo arrangiamento. Jared sapeva che Jensen sapeva suonare ma nel periodo in cui erano stati vicini non era mai riuscito a convincere l’altro a suonare. Tanto meno a cantare.

Poi arrivò anche la voce di Jensen.

Calda, piacevolmente graffiata, roca, forse a causa di quel suo stato influenzale, ma comunque dolce.

 

Il mio cuore sta battendo

e tu sei la ragione per cui sto perdendo il sonno…

Per favore torna….

...tu sei la ragione per cui sto respirando…

Scalerei ogni montagna,

attraverserei a nuoto ogni oceano per stare con te

per aggiustare quello che ho rotto…”

 

E Jared chiuse gli occhi a quella frase a quelle parole che sembravano scritte apposta per la loro situazione. Per dare una possibilità a Jensen di spiegarsi e scusarsi e una possibilità a lui per capire e perdonare.

 

Se potessi far tornare indietro l’orologio…

non voglio più nascondermi, non voglio più piangere…

Il mio cuore continua a battere…

..e ho bisogno di te...

Torna, ho bisogno che tu mi stia vicino, solo più vicino…

Ho bisogno che tu veda che sei la ragione.

 

La voce di Jensen aveva riempito di amore, rimpianto, colpa e richiesta di perdono il locale e Jared aveva ascoltato e racchiuso gelosamente dentro di lui, ogni parola, ogni nota, ogni abbellimento che quella voce aveva creato in quella canzone, ogni colore che aveva colorato quelle sensazioni che gli avevano colpito in pieno il cuore.

Il giovane non sembrò l’unico ad essere rimasto colpito , tanto che servì qualche istante perché un caloroso applauso riempisse il locale.

Qualcuno si alzò in piedi, qualcuno gridò “Sei un grande!!” con entusiasmo.

Anche Misha applaudiva con sincero apprezzamento.

Jensen ringraziava solo con lo sguardo, annuendo impacciato, forse imbarazzato da una simile accoglienza, e poi tornò a guardare Jared che non aveva mai smesso di guardare durante tutto il tempo della canzone che aveva appena cantato.

Il giovane era fermo, sembrava pietrificato sulla sua sedia. Ma non riusciva a smettere di guardarlo.

Non sapendo cosa fare, Jensen, sistemò la chitarra sulla sua base e dopo aver ringraziato l’ennesima volta lasciò, al cantante successivo, il posto. Avrebbe voluto raggiungere subito Jared e parlargli ma un gruppetto lo fermò per complimentarsi, per stringergli la mano.

Poco distanti, Misha e Jared si guardarono. Il primo sorrideva soddisfatto, sul volto dell’altro ancora sorpresa ma anche una , anche se velata, felicità.

“Credo che qualcuno abbia decisamente fatto un enorme passo verso di te!” sostenne Misha, che oramai , era chiaro, sapeva tutto. Dopo che Jensen lo aveva chiamato quella mattina, si erano messi d’accordo sulla sera e su quello che sarebbe successo.

“Credo che qualcuno debba fare prima qualche passo verso uno studio medico. Potrebbe essere la febbre alta ad averlo fatto fare una cosa del genere!” ironizzò, Jared.

“Uomo di poca fede!” rispose a tono Misha ben sapendo però che Jared non pensava quello che aveva appena detto.

Poi….

“Oddio!! chiamate aiuto!!” si sentì gridare dall’angolo dove c’era la postazione Karaoke.

 

Jared e Misha si alzarono attirati da quella confusione, stavano per avvicinarsi ma quando videro avanzare con decisione Rich, essendo lui il responsabile del locale, gli diedero la precedenza.

Rich, infatti , spostò con decisione alcuni clienti che formavano quella piccola calca.

“Che succede?!” lo sentirono chiedere e poi: “..Ma cosa….Jensen!!” chiamò allarmato. “Chiamate un’ambulanza!!” fece in cliente e questo era decisamente un grido apprensivo. Grido che fece scattare immediatamente i due amici.

A Jared bastarono poche falcate per raggiungere Rich.

Misha, appena dietro di lui.

“Fate largo...sono un paramedico. Fatelo respirare!” si fece immediatamente avanti il bruno.

Misha si chinò sul corpo senza conoscenza di Jensen. Notò il respiro corto, affaticato. Il pallore ora più visibile. La mano di Jensen, tra il pollice e l’indice era sporca di sangue e anche il lato della bocca lo era. Aveva evidentemente tossito sangue. Gli toccò la fronte e si rese conto che il ragazzo bruciava letteralmente. Si girò verso Jared appena dietro di lui.

“Misha ma cosa….”

“Chiama immediatamente un’ambulanza. Fa’ il mio nome, riferisci che sono sul posto e comunica un codice rosso. Manderanno l’unità mobile dell’ospedale più vicino. Saranno qui in pochi minuti!”

“Oddio!” esclamò preoccupato Jared , per quella precisazione medica.

“Muoviti!!” gli intimò Misha. “Che cosa è successo?!” chiese poi a chi era stato presente al malore di Jensen. Si fece avanti un ragazzo.

“Una ragazza gli stava facendo i complimenti. Lui...lui sudava...pensavo fosse l’agitazione dell’esibizione. Ha iniziato a tossire. Sembrava sconcertato quando ha visto il sangue sulla mano...”

“Dannazione!!” imprecò Jared.

“Cosa?” fece Misha.

“Questo dannato cellulare è scarico.” fece nel panico. “Io cerco...” ma quello stesso ragazzo gli porse un cellulare.

“Tieni... prendi il mio!”

Jared , allarmato com’era , lo prese senza esitare. “Grazie ! Grazie!” e chiamò.

Misha , invece , tornò a parlare con il ragazzo. “Poi?”

“Poi...io..io gli ho passato un tovagliolino e un secondo dopo, si è messo una mano al centro del petto e poi...poi...”

“Poi cosa??!” chiese ancora.

“E’ svenuto. Lui è svenuto!” concluse il ragazzo.

“Misha che succede? Che ha?!” chiese preoccupato Jared tornando vicino a lui mentre solo con la mano cercava di restituire il telefono appena usato. Sentì solo che qualcuno glielo toglieva dalle mani.

“Sembra essere un collasso respiratorio, ma così...senza apparecchiatura o esami...non posso dirlo.” spiegò quasi in colpa. “Hai chiamato?!” chiese poi.

“Sì, sì...mi hanno detto due minuti!” e in quel momento le porte del locale si aprirono e Rich, che era uscito per farsi vedere dall’ambulanza, fece strada ai due paramedici.

“Tom...Stephen..siete voi!!” fece Misha riconoscendo i suoi colleghi.

“Ok! Ragguagliaci Misha!” fece Tom mentre applicava a Jensen una flebo , molto probabilmente di fisiologica.

“Difficoltà respiratoria, sudorazione, febbre alta, perdita di conoscenza da circa dieci minuti.”

“E questo?” fece Stephen indicando il sangue, che nel frattempo collegava Jensen ai monitor che avrebbero indicato i suoi parametri vitali.

“Da quello che mi hanno detto , ha tossito sangue un attimo prima di perdere i sensi!” riferì Misha.

“Come sta!?” si intromise Jared, decisamente preoccupato.

“Non bene. Lo portiamo via.” rispose Tom.

“Parametri?” volle informarsi Misha che di tanto in tanto guardava Jared e cercava di rassicurarlo solo con qualche cenno.

“Pressione in calo, battito accelerato!” rispose Amell.

“Dove lo portate?” chiese Rich.

“Siamo di turno al Nostra Signora dei Miracoli.” rispose Stephen.

“Ottimo!” convenne Misha. “E’ qui vicino.” specificò, sperando che anche questo fosse di conforto a Jared che vedeva decisamente in agitazione.

 

I due paramedici issarono Jensen sulla lettiga e lo portarono via.

“Misha?!” fece stranito Jared.

“Tranquillo. Ellis e Amell sanno il fatto loro. Tom è un diavolo al volante, sarà in ospedale in pochi minuti e Amell, beh!, lui non ha mai perso nessuno sulla sua ambulanza.” lo rassicurò. “Vieni! Andiamo anche noi!”

“Sì!” fece esalando un respiro profondo Jared, per calmarsi. Afferrò i loro giubbetti dalle sedie e seguì Misha nel parcheggio.

“Jared??!” lo richiamò Rich.

“Sì, ti faccio sapere non appena so qualcosa!” fece Jared sapendo già cosa volesse chiedergli il barista.

“Grazie!”





N.d.A.: per chi avesse piacere di ascoltare la canzone che canta Jensen...

https://www.youtube.com/watch?v=gFBpr5F8NhU
Baci!!!
 

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Capitolo 4
*** 4 ***


Una volta giunto in ospedale, Jensen fu portato immediatamente oltre le grandi porte del reparto che lo avrebbe poi ospitato.

Tom, mentre Stephen seguiva la lettiga su cui era il paziente, rassicurò sia Misha che Jared che avrebbe fatto sapere loro quello che era successo all’amico.

Passarono più di due ore da quando erano arrivati e mentre Jared faceva avanti e indietro nella piccola sala di attesa, Misha , seduto alla sedia, lo guardava in silenzio e poi: “Andiamo siediti. Finirai per consumare sia scarpe che pavimento!” cercò , non di sdrammatizzare, ma almeno di alleggerire la situazione.

Jared si bloccò sul posto e lo guardò impietrito. “E’ stata colpa mia!”

“Cosa?” stralunò, l’altro.

“Se non avesse dovuto dimostrarmi qualcosa, se io non avessi reagito in quel modo quella sera, se magari io….”

“Ma stai dicendo sul serio??!”

“Sì!” affermò con decisione. “Se io non mi fossi comportato da isterico quella sera, se magari avessi cercato di...non lo so….forse...parlare!!!!” affermò quasi isterico.

“E invece sai che ti dico?” domandò retorico Misha. “Che è meglio che sia andata così!”

“Cosa? Perchè?” fece stranito Jared.

“Tralasciando la situazione di base che c’è o non c’è tra te e Jensen..se tu come dici, non avessi fatto l’isterico, Jensen non avrebbe dovuto chiederti scusa e magari quando Rich gli ha detto di starsene a casa, lo avrebbe fatto e stasera invece di svenire dove c’era qualcuno che lo ha potuto aiutare, sarebbe finito sul pavimento di casa sua, da solo, senza nessuno a soccorrerlo e le cose sarebbero potute andare peggio di come sono andate!” ipotizzò, facendo pensare Jared , che rimase colpito da quel, non tanto insensato, punto di vista.

“Io..io non...” provò a dire quando in quel momento , i due, furono raggiunti da Ellis e un medico che Misha conosceva.

Il paramedico si sporse verso Misha e gli sussurrò: “Mi devi un favore e io sono un diavolo che ci tiene a riscuotere!”

“Chiamami e pagherò il mio debito, amico!” rispose Misha stringendogli la mano in segno di ringraziamento.

“Collins??!” fece il medico, riconoscendolo.

“Dott. Sheppard. Sono felice che sia lei a prendersi cura del mio amico.”

“Sono il capo di chirurgia...come minimo devi esserne felice!” scherzò ironico sulla sua posizione. “E lui?!” fece indicando Jared.

“Lui...lui è ...il compagno di Jensen!” disse senza guardare Jared che a quell’uscita si sentì il volto in fiamme. “Aveva paura che nessuno gli dicesse niente e quindi...”

“Venite con me. Decido io chi può o non può sapere qualcosa sui miei pazienti!” e avanzò con sicurezza lasciando Misha e Jared dietro di lui di alcuni passi.

“Ma che ti è saltato in mente!” lo riprese con fermezza, ma sottovoce, Jared.

“Se gli avessi detto che eri solo un amico..” dicendo però quella parola ammiccando. “..e che nemmeno frequentavi Jensen da tempo, ti avrebbe lasciato fuori. Volevi restare ancora in quella sala!?!”

“No!” rispose ammettendolo.

“Ok! Allora sta’ zitto, fa il fidanzato preoccupato e reggimi il gioco!” e così dicendo ripresero entrambi a seguire il chirurgo.

 

Una volta nell’ufficio di Sheppard, il medico si chiuse la porta alle spalle e fece cenno ai due di accomodarsi.

“Mi sbaglio o lei è anche uno specialista in pneumologia?” chiese Misha.

“Non sbagli!” convenne il medico.

“E il fatto che lei sia qui ha a che fare con Jensen?” azzardò Jared.

“E’ sveglio il ragazzo!” fece guardando Misha e poi Jared. “Sì, ha a che fare con Jensen.”

“Ok! Niente giri di parole. Cosa è successo a Jensen? Che cosa ha?!” chiese Misha.

Sheppard prese la cartella clinica di Jensen, si sedette alla sua scrivania. Diede ancora una lettura agli ultimi aggiornamenti e poi la richiuse. “Polmonite. Bilaterale.” disse solo. “In uno stadio decisamente avanzato. Non per tempo ma per potenza virale” volle precisare.

I due di fronte a lui, tacquero. Misha pensieroso. Jared deglutì e cercò di restare calmo.

“Polmonite? Ma come….lui... non….”

Sheppard sospirò spazientito, forse stanco di dover sempre spiegare l’inverosimilità di alcune credenze riguardo certe malattie.

“Caro il mio ragazzo, al contrario di quello che si possa pensare, la polmonite non si prende solo perché uno va in costume da bagno al Polo nord , o gira in mezze maniche sotto la neve. Alla polmonite basta un ambiente in cui un agente patogeno è riuscito a sopravvivere o anche ad una semplice influenza curata male, trascurata e...” ma non disse altro poiché vide letteralmente trasalire Jared. “E questo?!” fece indicando quel gesto. “Era malato? Aveva dei sintomi? Da quanto? Ha preso qualcosa?” lo investì di domande più che lecite.

“Io...io non...non saprei...non so bene cosa...mi hanno detto che lui..” balbettò in imbarazzo

“Jared!” lo richiamò piano Misha, conscio dell’errore che aveva appena fatto Jared.

Ma Sheppard non era stupido. E capì che c’era qualcosa sotto.

“Aspetta aspetta un attimo. “Tu non sai bene”? “Ti hanno detto”?” ripetè con severità. “Sei o non sei il suo ragazzo? com’è possibile che tu non ti sia accorto che stava male? La situazione clinica di Jensen andava avanti come minimo da almeno una settimana buona , la febbre alta, l’affanno, la sudorazione, per non parlare della tosse...sarebbe stato impossibile non notarlo. Che razza di fidanzato non si accorge che il suo comp...”

“Non sono il suo ragazzo!!” sbottò Jared messo alle strette.

“Cazzo!” sussurrò Misha quando lo sguardo di rimprovero di Sheppard lo raggiunse. “Senta...io posso spiegarle.”

“No.” lo fermò il medico. “Lui deve farlo!” fece austero puntando l’indice verso Jared. “Andiamo, sputa il rospo, prima che dica alla sorveglianza di non farti più mettere piede qui dentro.”

Jared lo guardò quasi terrorizzato. Lui e Jensen non erano effettivamente niente, ma l’idea di non potergli stare accanto in quella situazione o solo sapere come stesse, lo metteva in agitazione.

“Ok!Ok!” fece alzando le mani in segno di resa. “Io e Jensen non stiamo insieme. Non lo siamo mai stati.”

“Sei un perfetto estraneo per lui?” domandò alterato il primario.

“Io...” fece Jared a quel tono severo.

“Una cosa è un amico stretto, un compagno anche se senza legami ufficiali...posso gestire la cosa. Ma riferire lo stato clinico di un paziente a qualcuno completamente estraneo, senza alcun legame, è reato. Misha è uno dei paramedici che lo ha soccorso e non fa testo. Potrei passare dei guai se si venisse a sapere , lo sai questo, ragazzino??” fece furioso puntandogli il dito contro, mentre con l’altra prendeva il telefono pronto a chiamare la sorveglianza.

Jared investito da quel rimprovero capì di dovere a quel medico una spiegazione sincera.

“Non sarò io dire che lei mi ha parlato di Jensen. Lo giuro. Ma mi lasci spiegare.” chiese sincero.

Sheppard chiuse con stizza la cartella clinica di Jensen e si spinse contro lo schienale della sua poltrona. Tra le mani ancora il cordless del suo ufficio. Avrebbe dovuto sbattere fuori quel ragazzo e richiamare con un ammonimento scritto Misha. Ma si ritrovò a guardare gli occhi sinceramente dispiaciuti di Jared, vide sul suo giovane volto il desiderio di potersi spiegare e giustificare oltre alla preoccupazione per le sorti di Jensen.

“Ti ascolto!” proferì deciso senza mettere giù il telefono. “E che sia qualcosa di convincente!” lo avvertì facendo ondeggiare il cordless

Jared sospirò, lieto comunque di potersi spiegare.

“ Ho conosciuto Jensen qualche mese fa. Ci siamo avvicinati, ci siamo confidati, pensavamo che magari ...tra noi..insomma potesse...”

“Non ha funzionato?!” fece Sheppard.

“Circa un mese fa abbiamo avuto una lite, una brutta lite e ci siamo persi di vista. A parte per un paio di volte che ci siamo incrociati al suo bar , non ci siamo più parlati. Fino a ieri sera.”

“Ok. E?”

“Il fatto è che io mi sono dichiarato anni fa ormai. Jensen non ha ancora...”

“….fatto coming out?” domandò azzardando sbalordito.

“No. Non fino a ieri sera, come le dicevo, nel suo bar davanti a tutti. In effetti lui non si è mai avvicinato ad un uomo in quel senso!” precisò in lieve imbarazzo.

“Ohw!!” sussurrò il primario. “D’accordo. Stava male?!” riprese il discorso.

“Sì. Senza ombra di dubbio e l’ho chiesto anche a Rich, il suo socio del bar. Quando sono entrato e l’ho visto ..lui...lui era visibilmente accaldato, sudato. Lo vedevo che di tanto in tanto tossiva e che in alcuni momenti sembrava fin troppo affaticato. Ma c’era il pienone e a parte capire che era influenzato, pensavo che tutto il resto fosse legato alla stanchezza della serata. Rich mi ha detto che gli aveva chiesto di starsene a casa ma Jensen non aveva voluto e poi...poi , dopo la canzone...è successo tutto.” raccontò in breve Jared.

“Chissà da quanto tempo stava male ma credeva che fosse solo un’influenza!” si ritrovò a riflettere ad alta voce Misha.

“E di certo quello era. Almeno all’inizio: un’influenza. Ma deve averla completamente trascurata. Inoltre deve essere stato a contatto con un qualche ambiente poco salubre...”

“Sì...sì!” esclamò Jared a quell’affermazione. “Rich mi ha detto che tra i tanti giri, Jensen era andato anche in alcuni vecchi depositi per recuperare non so cosa e ...”

“Molto probabilmente è entrato in contatto con un qualche batterio che ha spianato la strada al virus che gli ha colpito i polmoni.” asserì il medico.

“A che stadio è?” chiese Misha, sapendo che la situazione di “violata privacy” di Jared non era ancora passata.

Sheppard lo guardò, quasi fulminandolo e Jared intercettò quello sguardo.

“Mi ascolti...la prego. E’ vero, lei ha ragione. Ho sbagliato e sbaglio ancora ad essere qui. Ma Misha non c’entra. Lo ha fatto per me. E Jensen...beh!, se Jensen è in queste condizioni è anche ...colpa mia. Ha organizzato quella serata per riallacciare i rapporti con me, ha fatto coming out per me, lui...”

“ Jared ti ho già spiegato che...”

“Lo so, amico. Lo so...ma non posso non sentirmi almeno responsabile.” lo fermò Jared. Poi, tornò a guardare il chirurgo. “Se devo andare via. Lo farò. Ma la prego mi dica come sta Jensen. Mi dica che non rischia la...” ma il resto della frase, troppo assurda da accettare, gli morì in gola.

Il primario lo scrutò a lungo. Strinse appena gli occhi come se lo stesse mettendo a fuoco.

Si arrese. Mise giù il telefono.

“L’infezione polmonare è bilaterale. A causa del fatto che è stata trascurata è in uno stato avanzato. Non nego che se non fosse collassato oggi forse la situazione sarebbe potuta diventare irreversibile e lui...”

“Poteva morire?” azzardò Jared atterrito.

“Non lo escludo. Nelle condizioni in cui è, se non fossimo intervenuti , un blocco respiratorio irreversibile sarebbe stato più che probabile. Ora lo stiamo praticamente bombardando di antibiotici, antibatterici e tutto quello che serve. Il che lo aiuterà a rimettersi ma di contro lo fiaccherà decisamente. Dovrà prendersi un bel po’ di ferie una volta uscito da qui!” riferì e sorridendo appena quando vide Jared chiudere gli occhi e sospirare sollevato.

“Dio ti ringrazio!” esalò più tranquillo Jared. “Ma è ancora a rischio?!” si ritrovò comunque a chiedere in apprensione.

“Lo terremo intubato. Vediamo come vanno le prossime 24 ore che ritengo siano quelle critiche. In queste ore lo aiuteremo con un respiratore.”

“Percorso clinico?!” volle informarsi Misha, anche lui, appena più sereno.

“Di sicuro andremo avanti con antibiotici anche ad ampio spettro. Lo terremo sotto controllo per le prossime 72 ore, poi , se risponderà bene alla terapia, come mi auguro, lo sposteremo dall’intensiva ad una stanza in reparto. Ma comunque , anche dopo che sarà dimesso, come già vi accennavo prima, dovrà prendersela con molta calma. I suoi polmoni hanno avuto una bella botta.” ricordò quasi con severità.

“Faremo in modo che sia così! Che faccia un passo alla volta.” disse Misha.

“E come?” chiese ironico Sheppard. “Jensen darà ascolto ad un amico che è un amico solo da poco?” disse indicando proprio Misha. “O ascolterà un ragazzo che non è il suo ragazzo?” puntando verso Jared.

“Glielo giuro. Che voglia o non voglia, con me o senza di me, lo costringeremo a fare quello che lei gli dirà di fare una volta fuori di qui!” e questo lo disse con una tale convinzione che Sheppard ne rimase sinceramente spiazzato. Ma anche positivamente colpito.

“Ti prendo in parola ragazzo. Fuori di qui, Jensen , sarà una tua responsabilità. Mettila così: ha fatto coming out per te ? Avrai modo di ricambiare.” e detto questo si alzò e guadagnò l’uscita del suo ufficio, invitando anche i suoi due interlocutori a seguirlo. “Ma ora andatevene a casa. Non voglio anime in pena nei corridoi del mio reparto, anche perché Jensen è ancora in intensiva, quindi non potreste nemmeno vederlo.” li avvisò.

“Ma io...” fece Jared cercando di sottrarsi a quell’ordine.

“Niente ma. Non è contrattabile!” fece autoritario verso il ragazzo. “Ma tranquillo….” fece poi guardando Misha. “So della vostra...linea massonica di informazioni e quindi so che in un modo o nell’altro riuscirete a sapere delle condizioni di Jensen.”

“Dottor Sheppard, ascolti ...” si scusò Misha, scoperto. In effetti lui e gli altri paramedici si informavano sempre dei pazienti che soccorrevano per sapere se erano fuori pericolo o se loro o le loro famiglie avevano bisogno di qualcosa. E Misha sapeva che avrebbe potuto contare su Tom e Stephen per sapere di Jensen.

“Non c’è bisogno di spiegare niente. Lasciamo le cose come stanno, fin quando queste cose rimangono nella….massoneria!” fece, facendo l’occhiolino al paramedico che si ritrovò ad annuire semplicemente, grato. “Ora andate. Vi farò avvisare non appena Jensen lascerà l’intensiva e verrà portato in reparto.”

Jared annuì, certo ormai che altro non avrebbe ottenuto. Quindi porse la mano al medico. “Grazie dottore. Grazie di tutto.”

Il chirurgo sorrise appena e poi ricambiò il gesto di Jared e gli strinse la mano. Poi andò via.


Misha fece un respiro profondo. “Dai! Ti riporto a casa. Domani chiamo Tom e mi faccio dare notizie!”

Jared acconsentì e lanciando un ultimo sguardo verso quello che sapeva essere il reparto in cui era Jensen, infilò le mani nelle tasche dei jeans e seguì l’amico verso l’uscita dell’ospedale.

 

Come promesso, a volte Tom, a volte Stephen, tenevano aggiornato Misha che poi informava Jared sulle condizioni di Jensen. E ogni giorno che passava le notizie sulle condizioni del biondo lo tranquillizzavano di volta in volta.

Un giorno, Jared, si ritrovò perfino a perdersi nei suoi pensieri verso Jensen, quando, dalla radio, una canzone non gli inondò l’abitacolo della sua macchina in cui era rimasto proprio perché perso in quei pensieri.

Amando e lottando
Accusando, negando
Non posso immaginare un mondo senza di te..

riesci a sentirmi urlare "per favore non lasciarmi”…

Resisti, ti voglio ancora
torna indietro, ho ancora bisogno di te…

Nascondo lo choc e il freddo nelle mie ossa

da quando ti hanno portato via con la barella...
Lascia che prenda la tua mano …

Resisti , ho ancora bisogno di te”

 

E ancora sopraffatto dalle emozioni che quella canzone gli aveva suscitato, Jared, ci mise qualche momento a sentire il suo cellulare che squillava. Lanciò un occhiata veloce al display che si illuminava, ma non riconobbe il numero. Attivò comunque la comunicazione.

Jared?!

“Sì, sono io. Con chi parlo?!” chiese non certo di chi fosse la voce.

Sono il dott. Sheppard

“Dott. Sheppard...che succede? Jensen ?!”

Tranquillo...tranquillo...ho chiamato solo per dirti che alle belle notizie che sicuramente ti hanno dato le tue spie in questi giorni, puoi aggiungere anche questa che sto per darti io.” fece con tono soddisfatto.

“Cosa...”

Il tuo….amico..” riferì ironizzando sulla parola “amico”. “ ..sta decisamente meglio. Le sue condizioni sono stabili e da stamattina è stato portato in reparto. Quindi se vuoi puoi venire a trovarlo!

“E’ una notizia stupenda. Grazie….grazie mille dottore!”

Ok! Ok...ci vediamo in ospedale. Ti metterò al corrente delle sue condizioni e di quello che dovrà fare una volta fuori di qui!!” riferì il medico.

“Verrò di sicuro!”

Ne sono certo!” rispose l’altro, con tono scherzoso e mise giù.




N.d.A.: non so perchè , ma questa canzone mi spezza il fiato ogni volta.
https://www.youtube.com/watch?v=8ofCZObsnOo
 

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Capitolo 5
*** 5 ***


Naturalmente Jared attese con ansia l’orario di visita della mattinata e quando glielo permisero entrò nella stanza di Jensen.

Il ragazzo dormiva. Il viso era ancora palesemente provato da quello che aveva passato e che stava ancora affrontando, ma da quello che gli avevano riferito alcuni infermieri, la sua infezione polmonare era ormai sotto controllo. Jared, senza fare rumore andò a sedersi ad una poltroncina poco distante dal letto di Jensen. Prese una rivista e iniziò a sfogliarla distrattamente ma facendo attenzione a non far rumore con i fogli.

Fin quando , alzando gli occhi, non si accorse che Jensen era sveglio.

Il ragazzo stava guardando verso la finestra. I suoi occhi brillavano lucidi - forse a causa della febbre ancora presente anche se meno alta - alla luce del sole che li illuminava filtrando dalle persiane semichiuse. Il suo respiro era regolare, tranquillo e non più quello spezzato di quella sera assurda in cui il fisico aveva ceduto.

“Jensen?!” lo richiamò piano Jared, temendo di spaventarlo, ma Jensen sembrò non udirlo affatto, anzi chiuse perfino di nuovo gli occhi e poi li riaprì piano. “Jensen?!” lo chiamò ancora.

E solo allora, Jensen si voltò , sorpreso, verso di lui.

Restò in silenzio, colpito da quella presenza inaspettata.

Jared gli sorrise appena, in maniera dolce.

“Mi hai chiamato tu prima?!” chiese Jensen , mettendolo meglio a fuoco.

“Sì.”

“Credevo di averlo immaginato!”

“ Non volevo spaventarti...ti eri appena svegliato.”

“Come mai sei qui?” domandò poi, Jensen.

“Sei stato male, parecchio e io volevo sapere come stavi!” rispose Jared, alzandosi e avvicinandosi al letto.

“Perchè?!” chiese ancora, stranamente.

“Senti..lo so che l’ultima volta che ci siamo visti non è andata come...”

“Jared...”

“Te l’ho detto. Io volevo...”

“Perchè?!” insistette Jensen.

“Jensen io...” cercò di non rispondere Jared.

“Perchè?!” e questa volta era una domanda precisa. Decisa.

“Perchè hai cantato per me!” rispose finalmente, Jared.

I due per un attimo restarono in silenzio. Per un attimo quello stesso identico scambio di sguardi che si erano ricambiati quando Jensen aveva finito di cantare ...per lui.

 

“Ecco che il nostro principe azzurro si è svegliato!!” fece una voce alle loro spalle. Misha. “Spero di non essermi perso il bacio!” continuò scherzando ed entrando in stanza.

“Misha, smettila!” lo riprese Jared, fulminandolo con lo sguardo.

“Sì, Misha, smettila!” si accodò anche Jensen, e arrossendo di più quando Misha notò il rossore che già li accaldava il viso.

E non era febbre.

 

Come preventivato da Sheppard l’ultima volta che andò a visitare Jensen e prendere visione della sua cartella clinica, il biondo fu dimesso circa due settimane dopo, ma con la severa raccomandazione di seguire la terapia antibiotica anche a casa e naturalmente ...assolutamente riposo.

Quella mattina lo riportò a casa Rich, anche se Jensen, che in quei giorni aveva ricevuto spesso la visita di Jared, si aspettava che fosse il ragazzo ad offrirsi di riportarlo a casa, non fosse altro per parlare di quello che era successo al bar, prima che collassasse.

Quando Rich, poggiò il borsone di Jensen sul divano, notò che l’amico era più silenzioso del normale.

“Ehi!! Mr. Meraviglia?? tutto ok?” richiamandolo con tono scherzoso.

Jensen trasalì e si voltò verso l’altro, sorridendogli. “Sì, amico. Tutto ok! Ho solo voglia di un bel po’ di cibo spazzatura , un film d’azione alla tv, qualche birra e riprendermi la mia vita!” rispose aprendo il frigo e tirandone fuori una bottiglia di birra ma in quel preciso momento, Rich gli si fece vicino sfilandogli di mano la bottiglia.

“Ma cosa….” replicò stranito Jensen.

“Passino hamburger, patatine e cipolle fritte, passi il divano e la tv invece di una bella notte di riposo, ma hai fatto male i conti se pensi che io ti lasci bere questa o altro. Sei ancora sotto antibiotici, fratello!!” lo ammonì fin troppo serio Rich.

“Ma stai dicendo sul serio?!”

“Mai stato così serio...anzi, lo sono talmente tanto che non mi riconosco e mi faccio paura!!” asserì Rich, svuotando il frigo dalle altre birre e prima che Jensen potesse controbattere ancora, gli puntò l’indice contro e: “...e per ora prendo queste." precisò indicando le due bottiglie. "Ma non costringermi a svuotarti anche il mobiletto bar. So esattamente cosa hai lì sotto e in che quantità. Quindi...vedi a come ti comporti!” lo avvisò.

“Questo è uno strazio!” esclamò Jensen, sconfitto da tanta apprensione.

“Lo so!” fece Rich.

“E tu sei uno stronzo!”

“So anche questo, ma non cambierà quello che ti ho appena detto.” fece incrociando le braccia al petto, vestendosi di amichevole autorità.

Jensen lo fissò e intuendo che non l’avrebbe sfangata, si gettò sulla sua poltrona e fece un broncio accennato. “Che palle!!” esalò sconfitto.

La risata di Rich, fece comunque sorridere anche Jensen, che però, dopo pochi momenti ritornò di nuovo pensieroso.

“Ehi, Rich?”

“Non te la do una birra Jensen!” rispose d’istinto Rich sorridendo alla risata sommessa di Jensen. E poi: “Che c’è?”

“Senti...cioè non è che non ti sia grato per avermi scarrozzato fino a casa, ma è che….sì, ..insomma….”

Rich era al corrente di quello che ci sarebbe potuto essere tra Jared e Jensen, di quella fatidica discussione, della presa di coscienza "sentimentale" dell’amico d’oltre data nonché socio in affari rispetto ai sentimenti che aveva capito di provare per Jared, della decisione di esporsi pubblicamente con quella canzone e quindi capì anche quello che voleva chiedergli Jensen.

“Jensen...lui aveva un appuntamento importante in banca per rinegoziare quel nostro prestito fatto per ristrutturare il bar. Mi ha chiamato e mi ha chiesto di venirti a prendere. È solo per questo che ci sono io e non lui qui!” sembrò volerlo tranquillizzare.

“Perchè allora non lo ha detto a me!?”

“Non vuole darti tanta importanza. Il giovanotto vuole farsi desiderare e onestamente da quello che so, te lo meriti, amico mio!” lo prese in giro Rich.

Jensen, si sentì più tranquillo e poggiò rilassato la testa allo schienale. “Già!! credo davvero che dovrò penare parecchio per rimettere le cose a posto con lui!”

“Ci riuscirai, Jensen.” fece l’amico raggiungendolo alla poltrona e sedendosi sul bracciolo, porgendogli una soda che Jensen accettò senza fare storie. “Non c’è stato giorno, da quando sei finito in ospedale, che quel ragazzo non sia venuto a trovarti, anche quando eri incosciente...”

“Sul serio?!” chiese, sorpreso Jensen, guardandolo con curiosità.

“Sì, certo. Non te lo ha detto?!” e Jensen negò semplicemente col capo. “E' rimasto in corridoio aspettando di avere tue notizie quella sera e da quello che mi ha detto Misha si è spacciato per il tuo ragazzo pur di farsi dire da Sheppard le tue condizioni!” rivelò.

“Sul serio?!” ripetè con più decisione e questa volta fu Rich ad annuire semplicemente.

“Cavolo se è vero!! Misha mi ha detto che Sheppard lo stava incenerendo solo con lo sguardo quando ha capito che Jared gli aveva mentito sulla vostra relazione. Comunque….morale della storia: dagli tempo, Jensen.”

“Credo di doverglielo!”

“Già!” fece battendo il collo delle loro bottiglie di acua tonica. Bevvero insieme e poi Rich gli battè una mano sulla spalla. “Ok, amico. Io vado. Chiamami se hai bisogno di qualcosa!”

“Ok! Grazie di tutto Rich!”

 

Passò qualche giorno e Jared si era fatto vivo con Jensen solo via telefono. Chiamate per lo più di cortesia: come stai?, ti serve qualcosa?, hai tutto i tuoi medicinali?

E ogni volta che Jensen lo rassicurava , Jared metteva educatamente fine alla conversazione.

E ogni volta che Jensen provava a chiedergli di passare per poter parlare, Jared riusciva diplomaticamente a trovare una scusa plausibile.

E ogni volta quel “si sta facendo desiderare” profetizzato da Rich diventava sempre più frustrante.

Jensen voleva dare a Jared tutto il tempo per rimettere a posto i suoi pensieri, ma cavolo!!, aveva davvero voglia di rivederlo al di fuori di quella stanza di ospedale in cui non avevano avuto modo di parlare sul serio. E quel “Hai cantato per me!” gli vorticava ancora nella testa, così come aveva davanti agli occhi lo sguardo dolce con cui Jared glielo aveva detto.

Ma allora perché tanta distanza?

La paura che i sentimenti del più giovane fossero mutati in quei mesi, gli bloccava lo stomaco e che Jared gli fosse stato così vicino solo perché ci teneva comunque a lui, oramai , solo come amico.

 

Qualche giorno dopo, Jensen, che stava letteralmente impazzendo a stare chiuso in casa, disse a Rich che , in mattinata, sarebbe passato al bar. Nonostante le proteste dell’amico socio, Jensen lo rassicurò che non avrebbe fatto niente di faticoso se non stare dietro al bancone e rimettere qualche bottiglia o bicchiere al loro posto.

Anche perché di mattina, la clientela era decisamente poca. Sì, servivano la colazione , ma ad occuparsene c’erano Alex e Osric - Oz, come lo chiamavano tutti – due ragazzi dell’alberghiero che recuperavano crediti lavorando lì qualche ora la mattina. Quindi Jensen faceva più che altro da baby-sitter.

“Ehi!! Cip e Ciop...sono quasi le undici. Date una ripulita lì dentro e sparite. Devo chiudere. Non ho voglia di perdere la mia licenza!” fece Jensen, ad un certo punto. L’accordo con le associazioni scolastiche era che i due non potevano stare da lui oltre le undici del mattino, pena la sospensione della licenza del bar.

“Qui è già tutto in ordine, Boss. Ti abbiamo lasciato un paio di club sandwich da urlo. Ci vediamo mercoledì, ok?!” fece Oz.

“Ciao, Mister J !” fu il saluto da parte di Alex.

“Ciao, ragazzi. E ….grazie per i panini!” fece mentre i due andavano via.

Dopo aver sentito la porta sul retro chiudersi, Jensen sentì quella del locale aprirsi. Si girò pronto ad avvisare chiunque fosse entrato che erano chiusi, ma quando alzò lo sguardo, rimase senza parole.

“Tu...tu che ci fai qui?” chiese.

Jared era di fronte a lui, con tra le mani uno scatolo che Jensen conosceva bene. Una consegna di super alcolici.

“No. Tu che ci fai qui?? dovresti stare a casa….a riposo...come ti ha ordinato Sheppard.” replicò il più giovane.

“Scusa tanto, ma...” e allargò le braccia come ad indicare quello che aveva intorno. “….se le cose non sono cambiate in queste settimane..questo dovrebbe essere ancora il mio bar e quindi ho più diritto io a chiederti cosa ci fai qui e tra l’altro con in mano la mia consegna di alcolici!”

Solo allora Jared si rese conto che aveva ancora in mano lo scatolo. Lo poggiò a terra e si avvicinò al bancone.

“Rich aveva un impegno in banca e mi ha chiamato chiedendomi se potevo essere qui per la consegna, che avrebbe chiamato il fornitore per comunicare che avrei preso io la consegna.” spiegò.

“Ma c’ero io...perchè chiamare te?!” si chiese Jensen. “L’ho sentito ieri sera...perchè non...”

“A me lo ha chiesto tre giorni fa!” lo interruppe Jared.

“Dio!! quel tipo dimenticherebbe di respirare se non fosse automatico!” capendo che l’amico e socio aveva dimenticato di aver avvisato Jared della consegna.

“Comunque….” riprese Jared. “Perchè sei qui? Dovresti riposare ancora!” fece con tono apprensivo.

“Sì, lo so. Ma in casa stavo impazzendo e qui la cosa più pesante che ho preso e sistemato sono i bicchierini da shot. Quindi puoi stare tranquillo!” lo tranquillizzò.

Jared sospirò, arreso. Guardò di sottecchi il barista e poi…

“Come stai, Jensen?!”

Il biondo smise di fare quello che facendo, poggiò lo straccio su un ripiano sotto il bancone e si poggiò con la schiena alla parete bar che aveva alle spalle, incrociò le braccia al petto.

“Sul serio? “Come stai, Jensen?” ripetè ironico.

“Sì..insomma..” sorpreso da quel tono.

“Davvero ti interessa?!” si ritrovò a chiedere perplesso e con decisione.

“Cosa??...ma ...”

“Oh andiamo!! so che sei venuto in ospedale quando stavo male, e quando mi sono ripreso mi hai detto quella cosa...”

“Io...”

“...e in quel modo. Ma poi mi hanno dimesso e tu?!” fece sconcertato. “Tu sei letteralmente sparito. Qualche messaggio, una o due telefonate che paragonarle a telegrammi è tanto.” sembrò volerlo rimproverare. “Rich mi ha detto di darti tempo…” continuò.

“Rich?”

“Misha mi ha detto di darti spazio...”

“Lui cosa???”

“..e io? Io l’ho fatto. L’ho fatto perché sapevo di meritarmelo. Di meritarmi la tua assenza. Sono stato uno stronzo, un perfetto emerito stronzo con te e sapevo che non avevo nessuno diritto di pretendere qualcosa. Ma andiamo!! così….così è troppo!” fece frustrato.

“Troppo?!” e a questo punto era il tono di Jared ad essere mutato.

“Ci sei...e poi non ci sei. Sembra che tu ci tenga a me...e poi sparisci nel nulla. E io?..io sto dando di matto perchè ora che ho capito che...” ma si fermò incerto. “Perché vorrei...io...io vorrei….”

“Cosa vuoi Jensen!?” fece a quel punto, curioso, Jared.

“Io vorrei ….cioè...”

“Cosa vuoi?!” ripetè con più decisione, avvicinandosi ancor di più al bancone oltre cui un Jensen decisamente più nervoso che strafottente, cercava di trovare la risposta a quella domanda. “Che cosa vuoi?!”

E a quel punto , Jensen, alzò lo sguardo verso l’altro ma non si mosse dalla sua posizione.

Nella sua mente, dentro di lui, un’improvvisa quanto risoluta decisione.

“Voglio te!” disse in un solo fiato. “Voglio stare con te!” trovò il coraggio di precisare.

Gli occhi verdi fissi in quelli ambrati di Jared che lo guardavano stupiti.

Jared annullò lo spazio tra lui e il bancone. Poggiò le mani sul piano di legno levigato e strinse appena un po’.

“Tu vuoi stare con me?!” chiese come se non avesse capito.

E allora Jensen, finalmente, si mosse e prese una posizione speculare a quella del ragazzo. Mani sul bancone e busto appena sporto verso l’altro.

“Sì!” rispose. “O per lo meno ci voglio provare!” precisò ancora e quando vide le sopracciglia di Jared alzarsi incredule capì di aver sbagliato ancora nel parlare. Infatti…

“Provare?? credi che io voglia ancora darti lezioni di vita gay o bisessuale o qualunque cosa tu pensi di essere, dopo come è finita l’ultima volta?!” ironizzò.

“No, non ti farei mai una cosa del genere!” replicò prontamente.

Sì, prontamente. Senza esitare. Perché questa volta dentro di lui non c’era una parte che voleva e una parte che non voleva.

Questa volta tutto di lui voleva Jared.

“Ma hai appena detto che...”

“Provare, sì. Ma non perché io sia ancora confuso. So cosa voglio e so chi voglio. Ho usato la parola "provare", perché se, e so che è un grande se, ...se tu mi concederai questa possibilità, potresti essere tu quello che , dopo avermi conosciuto, potrebbe farsi venire dei dubbi.” spiegò con calma.

Jared non poteva crederci. Sapeva che sarebbe arrivato il momento di chiarirsi con Jensen, ma che l’altro avrebbe accorciato di così tante tappe il loro riavvicinamento davvero non se lo aspettava.

Calò il capo tra le spalle contratte e lo scosse appena.

Jensen vide quel gesto e nella sua mente un unico pensiero: E’ troppo tardi.

Così azzardò a chiederlo.

“A meno che non sia troppo tardi. È passato tempo dal nostro ultimo appuntamento...” disse virgolettando la parola appuntamento. “Non ti biasimerei se ci fosse qualcun altro.” fece senza riuscire a nascondere una punta di terrore in quella prospettiva.

Allora Jared, rialzò la testa e Jensen potè vedere una bellissima luce nei suoi occhi. Quella luce che sapeva già gli sarebbe mancata terribilmente.

Il più giovane si drizzò, in tutta la sua prestanza fisica.

Sembrò che stesse per parlare e invece si girò su sé stesso e si avviò all’uscita e in quel momento Jensen si sentì come si era sentito un attimo prima di perdere i sensi la sera del karaoke. Senza forze!

Non riusciva a muoversi. Non riusciva a distogliere lo sguardo da Jared. Dalla sua schiena che si faceva via via sempre più lontana man mano si avvicinava alla porta. Non riusciva a trovare il fiato o la forza di chiamarlo e convincerlo a ripensarci. A supplicarlo di dargli quella maledetta possibilità.

Quando ad un tratto vide Jared fermarsi e voltarsi piano verso di lui.

“Jared...” sussurrò.

“Da lunedì sono in ferie per una settimana. E tu devi ancora stare lontano dal bar. Staremo insieme. Parleremo. Chiariremo. Ma ti giuro , Jensen...” e gli puntò un dito contro e a quel gesto Jensen si ritrovò, istintivamente, a mettersi dritto. “Ti giuro che se te ne vieni fuori con un’altra stronzata alla “Una parte di me vuole ...una parte di me, no!”, noi due abbiamo chiuso. Non mi rivedrai mai più.”

“Niente stronzate!” promise immediatamente Jensen, come a voler dar credito al suo cambiamento.

“Ok!” fece convinto Jared. “A lunedì allora. Vengo a prenderti a casa tua verso le nove del mattino!” fece.

“Vieni...vieni a prendermi? E dove….” chiese stranito ma al tempo stesso emozionato.

“Lo vedrai lunedì.” e aprì la porta.

“Jared?” lo richiamò con la voce che tremava appena.

Jared si voltò verso di lui. Lo scrutò e il suo sguardo non era duro ma deciso in una maniera splendidamente dolce.

Non disse niente ma attese solo che Jensen parlasse.

“Abbiamo un appuntamento?” e prima che l’altro gli rispondesse: “Un appuntamento vero?”

Jared sorrise.

“Sì, Jensen, abbiamo un appuntamento vero.”

“Non vedo l’ora!” fece sorridendo felice che non riusciva però a nascondere un certo nervosismo. Ma era un nervosismo dovuto all’eccitazione e non alla paura.

“Anche io!” rispose Jared e andò via.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Jensen avvisò Rich che si sarebbe preso un’altra settimana giusto per andare sul sicuro e quando Rich, senza volerlo, accennò a Jared e a come andava tra loro e sentì l’amico iniziare a balbettare in imbarazzo, fece due più due e concluse la telefonata con un provocatorio: “Usate precauzioni!!” e mise giù prima che Jensen potesse rispondergli : “Maniaco!”

 

Lo stesso fece Jared, avvisando Misha che sarebbe stato via per qualche giorno e quando l’amico gli chiese solo per curiosità dove sarebbe andato, Jared non riuscì a tenergli nascosto il motivo. Il parere di Misha era troppo importante per lui. E quando il moro seppe il vero motivo di quella vacanza non potè fare altro che esserne felice. Ma naturalmente da bravo “amico maggiore” ricordò al minore di lasciar parlare l’altro e non agire di istinto come era nel suo carattere. “Sì, Yoda!” lo rassicurò Jared ricevendo in cambio un divertito: “Che la forza sia con te, giovane Skywalker!”

 

 

Il week-end non fu mai così lungo per entrambi i ragazzi che cercavano di ignorare il piacevole nervosismo che provavano nell’attesa di rivedersi e di passare quei giorni insieme. Ma se Jared sapeva che avrebbe dovuto mettersi in modalità ascolto, Jensen sapeva che , ora come non mai, avrebbe dovuto dar fondo a tutta la sua sincerità.

Quella settimana sarebbe stata la prova del fuoco. Per entrambi.

 

Il lunedì arrivò e quando Jared bussò alla porta dell’appartamento di Jensen, il biondo gli aprì sorridente. Si spostò di lato per farlo passare e poter chiudere la porta.

“Sono quasi pronto. Scusami ma non trovavo il carica batteria del cellulare.” si giustificò Jensen, oltrepassando l’altro, quando all’improvviso si sentì afferrare per un polso.

Si fermò, si voltò verso Jared e deglutì quando vide , negli occhi dell’altro, una luce tutta nuova.

Stava per chiedergli se fosse successo qualcosa, se doveva dirgli qualcosa, quando si sentì tirare verso di lui. Con forza. Ma non con rudezza.

“Jared...” sussurrò con un fil di voce Jensen, prima di accorgersi che il volto di Jared era talmente vicino al suo che non aveva più visuale su niente del suo appartamento. C’era solo il viso di Jared, i suoi occhi che brillavano, le sue labbra lucide, il suo odore fresco e avvolgente, il calore del suo corpo vicino al proprio.

Poi, più nulla.

Poi, la bocca di Jared sulla sua. Dolce, decisa, pressante. Calda.

Attimo speculare di un bacio già ricevuto. Solo che questa volta era diverso. Quello che Jensen sentiva era diverso, il modo in cui Jared lo baciava era diverso.

Le mani del più giovane si attardavano sulle spalle dell’altro e provò un fremito quando sentì le mani di Jensen poggiarsi sui suoi fianchi.

Fu allora che si allontanò piano da quelle labbra così piene. Jared lo guardò. Attese una reazione. Sperando in una diversa questa volta.

E diversa fu.

Jensen spostò una sua mano dal fianco di Jared alla sua nuca. Gli carezzò piano i capelli, infilando lentamente le mani tra le ciocche morbide.

Un sorriso malizioso su quelle labbra lucide.

E poi fu Jensen a baciarlo. A baciarlo sul serio.

E fu meraviglioso perché Jared non sentì timore in quel bacio. Non sentì ritrosia o incertezza. Le labbra di Jensen chiedevano le sue. Chiedevano di assaporare il suo sapore e qualcosa vibrò nello stomaco del più giovane quando sentì la lingua di Jensen chiedere accesso gentilmente, carezzandogli piano le labbra.

Si arrese. E si lasciò trasportare da quelle sensazioni e paradossalmente era Jensen che aveva il controllo di quel momento, pur essendo Jared il “maestro”.

Baciare Jensen in quel modo, con quella nuova consapevolezza che non sarebbe stato respinto fu come un’iniezione di adrenalina. Le labbra del biondo sembravano essere fatte apposta per incastrarsi alla perfezione con le sue. Il loro sapori sembravano fatti apposta per crearne uno così intenso e avvolgente da stordirli e soggiogarli all’incantesimo di quel contatto finalmente intimo. Sentì il bisogno di respirare, ma sorprendentemente, fu Jensen ad impedirgli di allontanarsi troppo dalla sua bocca.

 

Ritrovarsi a voler baciare Jared a tutti i costi, assaporando ogni parte di lui, sembrava essere diventata una cosa che sapeva di indispensabile per Jensen. Un secondo dopo che Jared lo aveva baciato, una delle più belle sensazioni di piacere ed eccitazione lo avevano invaso fin dentro lo stomaco. Poi Jared si era staccato appena un po’ e allora lui aveva sentito una voce nella sua testa gridargli che non ne aveva ancora abbastanza, che la sua bocca aveva ancora bisogno del calore e del contatto della bocca di Jared e così aveva preso l’iniziativa e ora...ora era alle porte del Paradiso. Con le mani di Jared intorno alle spalle, la sua bocca sulla propria, la sua lingua che stuzzicava e veniva stuzzicata dalla sua di lingua. E poi il caldo, un bellissimo eccitante caldo.

E la paura?

Di quella non vi era più traccia.

Quando si allontanarono, i due ragazzi , restarono in silenzio a guardarsi. Appena sorridenti, appena arrossati. Decisamente accaldati.

Jared si ricompose. E mise un passo di distanza tra lui e Jensen che comunque lo guardava con aria soddisfatta.

“Ok! Cominciamo bene!” asserì il più giovane. Nonostante tutto quello che aveva appena provato, proprio non gliela voleva dare la soddisfazione di aver ceduto a quel bacio quando invece avrebbe voluto guidarlo.

 

Dopo circa venti muniti in macchina, i due entrarono in una piccola baita che apparteneva ai genitori di Jared. Era una proprietà immersa nel verde. Quando erano morti la madre e il padre, Jared, non se l’era sentita di venderla e ogni tanto ci andava per schiarirsi le idee o solo per staccare la spina. Era abbastanza isolata, appena vicino ad un sentiero che portava ad una spiaggia non tanto visibile. E poi uno splendido lago.

“Questo posto è bellissimo!” esclamò Jensen guardandosi intorno.

“Era dei miei genitori. Non mi andava di venderlo dopo la loro morte!” disse solo poggiando il suo borsone su una sedia. “L’ho sistemato qualche anno fa e di tanto in tanto ci vengo!”

“Fai bene. Sembra il posto adatto per riposarsi!” convenne poggiando il suo borsone accanto a quello dell’altro. Poi alzò lo sguardo ad una parete e vide poggiate un paio di canne da pesca. Le indicò a Jared. “Sono solo per arredamento?!”

Jared voltò lo sguardo verso quello che indicava Jensen e capì.

“No, affatto. Se il lago non se l’è mangiato, in fondo al sentiero qui fuori dovrebbe esserci un pontile. Domani mattina se ti senti fortunato, puoi tentare e vedere se riesci a procurare il pranzo!” scherzò, provocandolo.

“Accetto la sfida!” asserì con sicurezza e poi si guardò un po’ in giro.

Un attimo di imbarazzo o forse indecisione che Jared notò.

“Che c’è?” fece avvicinandosi appena. “Ripensamenti?!” azzardò.

Jensen lo guardò, gli sorrise e poi prese il suo borsone.

“No, mi stavo solo chiedendo dove posso sistemare le mie cose!” fece con un pizzico di malizia.

Jared sorrise compiaciuto.

“Puoi usare quella stanza!” disse indicando il breve corridoio e una porta appena poco lontana. “Io prenderò quella che prima era dei miei genitori.” e indicò la porta di fronte alla stanza che avrebbe occupato Jensen.

 

I primi due giorni, per i due, servirono a conoscersi al meglio. Parlarono tanto. Jensen chiese scusa del suo assurdo ma , sperava, comprensibile dietro front. Jared, invece, chiese scusa per la sua reazione così affrettata, ma anche lui si augurò che fosse compresa.

Si confidarono le loro sensazioni, i loro timori, le insicurezze su quello che poteva accadere tra loro, ma mai, nessuno dei due, disse di non essere pronto ad affrontare tutto. Jensen gli assicurò di aver capito, durante quella loro lontananza, che ci teneva a lui e anche tanto e che avrebbe fatto di tutto per far funzionare le cose tra loro e questa sorta di “presa di posizione” non potè che rendere felice Jared che gli confidò che anche lui voleva davvero che funzionasse.

Una sera , dopo che misero in ordine la cucina, si sedettero entrambi sul divano. Vicini. Spalla a spalla. Gamba contro gamba. Senza sentirsi a disagio per quella vicinanza così intima.

Per Jensen una sorpresa.

Per Jared un enorme sollievo.

Guardando un vecchio film, nessuno dei due si accorse di essersi appisolato.

Fu Jensen a svegliarsi per primo. Erano le due di notte. Si rese conto che anche Jared dormiva profondamente e tranquillamente.

Gli si avvicinò piano, temendo di svegliarlo. Gli mise una coperta addosso, gli carezzò piano la testa e gli lasciò un bacio dolce sulla guancia e poi sorridendo al sorriso beato che era comparso sulle labbra del più giovane, senza fare rumore andò verso la sua stanza.

Quel gesto fatto così naturalmente nei confronti di Jared, gli tolse definitivamente il sonno e Jensen passò quasi tutta la notte a pensare a quello che provava, a quel sentimento così particolare che ormai si era insediato dentro di lui e che , sorprendendolo oltre ogni limite, lo faceva sentire sempre meglio.

In quella sorta di notte delle consapevolezze, si ritrovò ad uscire di nuovo dalla sua stanza e senza fare rumore, andò verso la cucina per prendersi qualcosa da bere. Mentre stava per aprire il portello del frigo, sentì un leggero borbottio.

Con passo leggero si sporse oltre il divano e si rese conto che Jared era ancora lì, addormentato profondamente. Anzi, sembrava stesse addirittura sognando.

Jensen si abbassò ancora, incuriosito dal voler capire quello che Jared diceva nel sonno. Magari era qualcosa di buffo con cui avrebbe potuto prenderlo in giro il giorno dopo ma quello che sentì, invece, gli formò un groppo in gola.

Mi dica...mi dica che Jensen ...sta bene...lui ...lui è importante...lui è...” mugugnava Jared, agitandosi appena. Jensen vide il volto dell’altro preoccuparsi mentre parlava e poi rilassarsi mentre diceva: “Grazie a Dio...Grazie a Dio...

Quelle parole lo colpirono giusto al cuore. Jared sognava lui, o per lo meno, quello che gli era successo e che li aveva , in qualche modo, avvicinati e portati a quei giorni che stavano passando insieme.

Si ritrovò a sorridere e ad emozionarsi.

Poi, un pensiero si fece largo, come fatto di vita propria.

“Forse sei davvero tu. Forse, davvero, stavo solo aspettando te!!” e riflettendo sul quel dolce pensiero, ritornò senza fare rumore, nella sua camera.

Adesso, era consapevole. Jared aveva fatto il primo passo, portandolo in quella casa. Ora, toccava lui, fare il passo successivo. Un passo che solo lui poteva decidere di fare.

 

La mattina quando ritornò in cucina, Jared sonnecchiava ancora sul divano, così Jensen, iniziò a preparare la colazione e mentre passava tra i pancake, il bacon e la caraffa del caffè, battè più forte, appositamente, le due tazze sul bancone e scoppiò in una risata fragorosa quando vide Jared scattare in piedi dal divano gridando un allarmato: “Dai mamma!! sono grande, smetti di chiamarmi cucciolo. Io...” e si fermò quando si rese conto della situazione e di dove fosse realmente. Si strofinò la faccia con le mani e poi guardò sconfitto, l’altro.

“Divertente...sì, molto molto divertente!!”

“Ci puoi giurare che lo è.” rispose tra le risate Jensen. Poi, tornando appena appena serio: “Dai!! datti una sistemata e vieni a fare colazione...cucciolo!”

“Ahahaha!” rise fintamente Jared, raggiungendolo al tavolo della cucina.

I due fecero colazione ridendo di quello che era successo e programmando la mattinata.

“Wow!! so che sei un ottimo barman, ma che tu fossi anche un bravo cuoco...non lo sospettavo!” fece , come complimento a quello che aveva mangiato.

“Grazie ma...niente di che!! Merito delle sbirciatine nel retro mentre Cip e Ciop fanno le loro cose culinarie!!” rispose Jensen.

“Quando la smetterai di chiamarli così!?” chiese affranto Jared.

“Quando loro smetteranno di assomigliare a due scoiattoli indaffarati!” replicò pronto, Jensen, mentre sistemava le poche stoviglie nel lavandino. “Dai...va’ a farti una doccia. Io rimetto in ordine qui e poi usciamo, ti va?!”

“Decisamente sì!!” convenne Jared. “Ma posso riordinare io. Tu hai cucinato, quindi, come minimo...”

“Jared...va’. Ci penso io qui!!” insistette Jensen, spingendolo gentilmente verso il bagno.

 

Circa un quarto d’ora dopo, Jared dovette uscire di corsa dal bagno perché aveva sentito Jensen urlare.

“Dio...ma cosa sta...succedendo?!” si chiese legandosi di tutta fretta un telo intorno ai fianchi e correndo nel corridoio chiamando Jensen. “Jensen?? ma cosa...” e non potè dire altro quando entrò in cucina. Jensen era braccato all’angolo del piano cucina, guardava decisamente allarmato verso il basso, ma dal punto della stanza in cui era, Jared non riusciva a vedere che cosa stesse fissando Jensen e che cosa , molto probabilmente stava fissando lui. Si preoccupò pensando ad un probabile serpente infilatosi in casa.

Fece un passo avanti , ma un avvertimento di Jensen lo bloccò sul posto.

“No!!!” sibilò Jensen. “Non muoverti...non venire qui...potrebbe ...potrebbe attaccare anche te!” lo avvertì preoccupato.

“Cosa??!!” sibilò stranito Jared.

“Va’ via. Corri fuori e chiama qualcuno...io...se resto fermo...non si muoverà. Continuerà a puntarmi, a...”

“Ma cosa ...cosa c’è?!” fece , a questo punto, troppo curioso di capirci qualcosa.

“Jared...Jared...no!!!” lo avvertì ancora alzando con cautela il braccio come per mantenere lo spazio tra lui e Jared.

Ma a quel movimento, Jared sentì un verso, una sorta di guaito, o ringhio addolcito e qualcosa scattò nella sua mente.

“Aspetta...aspetta un attimo!” fece sporgendosi oltre la piccola isola della cucina.

E tutto fu chiaro!

“Jay!!!” esclamò felice. “Ehi!! cucciolone!!!” e a quel richiamo festoso ne seguì l’attacco altrettanto festoso del cane , nei suoi confronti.

Il cane gli saltò letteralmente addosso, iniziando a leccarlo ovunque riuscisse ad arrivare, fermato solo dalla distanza che cercava di mettere Jared.

“Ma cosa...cosa….” balbettò Jensen, completamente sconvolto da quello che stava vedendo. “E’ tuo?...tu….tu hai un cane?” chiese spostandosi appena da dove il cane lo aveva bloccato prima. “Come...come fai ad avere un cane?….qui?...”

“No..no...non è mio!” rispose Jared, accarezzando la testa del cane e ordinandogli di mettersi seduto. Il cane obbedì sapendo che presto sarebbe arrivata la ricompensa, cosa che accadde, dopo che Jared tirò fuori da una dispensa uno scatolo di biscotti per cane.

“Questa devi spiegarmela.” disse Jensen, ormai sicuro che il pericolo era decisamente passato.

“Jay è il cane di un mio amico, Jim, che vive nel cottage in fondo al viale. In verità lo trovai io circa un anno fa, ma non potevo portarlo nel mio appartamento perché il regolamento non lo permette e di certo non potevo tenerlo qui, perché ci vengo di tanto in tanto. Così, proposi a Jim di tenerlo e lui accettò di buon grado anche perché vive da solo e gli avrebbe fatto piacere un po’ di compagnia e come vedi….questo monello….” fece facendo delle allegre coccole al cane che immediatamente si mise pancia all’aria, beandosi di quelle attenzioni. “...è molto di compagnia.” finì di raccontare.

“Sì….quando non è impegnato a far venire un infarto al povero ospite del suo salvatore!!” ironizzò, guadagnando terreno verso Jared e verso l’animale scodinzolante.

“Non voleva spaventarti...è solo che Jay, ormai ha capito quando c’è qualcuno in casa e allora è entrato dal retro dove c’è l’ingresso per lui. Deve aver sentito il mio odore ma poi ha visto te e devi averlo preso di sorpresa...”

“Io?” esclamò Jensen, accarezzando ora anche lui la pancia del cane. “Io ho preso di sorpresa lui??!!”

Jared rise e poi , rimettendosi dritto e portandosi dietro anche Jensen, si sistemò il telo ancora stretto ai fianchi. “Senti….ora vado a vestirmi e riportiamo questo mascalzone al suo padrone così passiamo al nostro programma, ok?!”

“Ok!” convenne Jensen e prima che Jared sparisse di nuovo verso la sua camera, il biondo lo fermò per un braccio.

Jared , costretto, seguì quel movimento e si voltò verso l’altro. “Cosa..” ma un attimo dopo , le labbra di Jensen erano sulle sue per un bacio dolce, ma deciso. La sua mano ancora stretta al braccio , mentre l’altra raggiunse la nuca di Jared così da tenerselo vicino. Così da far durare quel bacio ancora qualche momento.

Jared sentì le corde del suo stomaco contrarsi e tirare in una maniera meravigliosa. Quel bacio non se lo aspettava proprio, ma se tutte le sorprese che Jensen poteva fargli erano così, sarebbe diventato ben presto un fan di qualsiasi sorpresa.

Quando Jensen lo lasciò libero dal tocco della sua bocca, fu felice di notare un sorriso appagato sul volto del più giovane.

“Ancora non ti avevo dato il mio buongiorno!” gli sussurrò alla distanza di un respiro, Jensen.

Jared sorrise ancora e deglutì l’emozione provata anche dopo quella frase.

“Se questo è il tuo modo per dare il buongiorno, non posso chiedere di meglio!”

“In effetti ne ho anche altri...ma scoprirò le mie carte un po’ alla volta!” fece ammiccante mentre gli dava un bacio a stampo e lo spinse scherzosamente verso la stanza. “Ora va...così riportiamo Lassie a casa!!”

 

Si fermarono a pranzo da Jim, che fu ben lieto di ospitarli e non perdersi l’occasione di prendere in giro quelli che aveva simpaticamente definito i nuovi “Mr. e Mr. Smith” e nel pomeriggio Jared portò Jensen a fare un giro sul lago sulla barca di Jim. Il vecchio amico insistette perché la usassero dato che era da un po’ che lui non lo faceva.

“Ehi, Jim...è un modo per vedere se quella bagnarola ce la fa ancora a stare a galla?!” scherzò Jared.

“Anche, ragazzo.” replicò ironico il vecchio. “Ma voi ragazzoni siete talmente giovani e prestanti che se dovesse andare a fondo, riuscireste a cavarvela.”

“Che consolazione!!” scherzò Jensen.

 

Quando verso sera tornarono a riva, Jensen era al settimo cielo. Aveva adorato ogni momento passato su quella barca. Osservare il cambio di colore dell’acqua dal pomeriggio al tramonto, le insenature del lago, la pace e la calma che aveva provato quando Jared fermò la barca al centro dello specchio d’acqua. La meravigliosa sensazione di quel tremore allo stomaco quando Jared lo aveva baciato, dopo averlo abbracciato da dietro e lo aveva tenuto stretto per un po’, come per godersi quella loro vicinanza. Poi Jensen si era rigirato piano tra le sue braccia e tutto era successo così naturalmente. Le loro labbra vicine, poi insieme. Unite alla perfezione. Le loro lingue che giocavano lentamente per studiarsi, stuzzicarsi, sentirsi e creare una sensazione del tutto nuova. Quasi adrenalinica.

I due ragazzi riportarono le chiavi a Jim.

“Eccovi...stavo quasi per chiamarvi!” fece l’amico.

“Non sapevo di avere il coprifuoco!” replicò scherzano Jared.

“No, idiota. È che hanno avvisato di un temporale in arrivo e tu non è che sei proprio il capitano Acab!!” disse indicando loro le nuvole nere che si erano appena addensate sul lago.

“Ohw!!” esclamarono Jared e Jensen guardando fuori.

 

Il temporale scoppiò appena un’ora dopo, e Jared e Jensen erano rientrati da meno di mezzora. Jensen ne aveva visti di temporali e anche forti ma la bellissima violenza che si stava scatenando aiutata anche dalla presenza del lago, era qualcosa di affascinante.

Cenarono quasi in silenzio, attratti entrambi dal susseguirsi di lampi e tuoni che si avvicendavano al rumore dello scrosciare della pioggia contro le finestre.

“Io sono cotto. Vado a letto!” fece Jared.

“Sì, sì...chiamò Rich per assicurarmi che al bar sia tutto in ordine e crollo anche io!”

“Ok, buonanotte...” disse avvicinandosi a Jensen. “...allora!”

Jensen non arretrò ma attese che i loro corpi fossero vicini e lasciò che questa volta fosse Jared a fare un passo e lo fece, cavolo!!, se lo fece.

Jensen si aspettava un bacio come quello che si erano scambiati quella mattina, ma questo...questo fu ben diverso.

Jared gli infilò un mano sotto la camicia, raggiungendo il centro della schiena, sorridendo appena ai brividi che sentì vibrare sotto il tocco della sua mano. L’altra , la posò delicatamente dietro la nuca di Jensen.

Jensen deglutì e… “Sì...buonanotte!” sussurrò appena, completamente rapito dalle labbra di Jared così dannatamente invitanti e allo stesso tempo odiando il modo in cui Jared non si decideva a baciarlo e il modo in cui la sua mano sulla sua schiena lo carezzava sensualmente facendolo rabbrividire. Non resistette…

“Cavolo, Jared….o ti decidi a baciarmi o...” e Jared si decise.

Il bacio arrivò. Forte. Gentile. Dolcemente prepotente.

E tutto divenne ancora più magico quando la stretta delle braccia di Jared sulla schiena e dietro al collo di Jensen, divenne più forte e possessiva. Jensen , guidato dal puro istinto, allacciò le braccia intorno alla vita del compagno, avvicinandosi il più possibile al suo corpo. Il bacio continuò in quell’abbraccio quasi possessivo. Le bocche si cercavano affamate. Le lingue si stuzzicavano lentamente, assaporandosi languidamente. Le mani di Jensen si muovevano piano nella parte bassa della schiena di Jared. Quelle di Jared premevano con decisione la schiena contratta e muscolosa di Jensen, spingendoselo sempre più addosso. Fin quando fu proprio il giovane a fermarsi e mettere un po’ di distanza tra loro.

“Jared….cosa...” ansimò Jensen, cercando di baciarlo ancora.

“Fermo...fermo...” ansò anche Jared. “Credo...credo che sia meglio fermarsi.”

“E se io non volessi?!” azzardò Jensen.

“Non ti fermerei...ti garantisco che non sarei io a fermarti. Ma...”

“Ma?”

“Ma voglio che tu ne sia convinto. Che sia una scelta ben ponderata!” e quando vide Jensen non insistere, capì, che il biondo stava agendo per un puro istinto del momento.

Forse non era ancora pronto a….quel passo così definitivo.

Ma questo non voleva dire che Jensen non ci tenesse a lui. Per questo, quando si allontanò da lui, e l’altro non si mosse, gli sorrise dolcemente. Gli lasciò un altro bacio leggero a fior di labbra e: “Buonanotte Jensen.!” e andò in camera sua.

 

Jensen sussurrò un “Buonanotte!” anche se non ero sicuro di averlo detto o solo pensato.

Non era arrabbiato. Non era offeso. Non era deluso. Sapeva che Jared non lo aveva rifiutato perché non lo desiderava. Jared aveva fermato quel momento solo per dare a lui il tempo di prendere una decisione fondamentale e importante per la sua vita.

Non si rese conto di quanto tempo resto fermo nel piccolo leaving, alla penombra della sera, illuminata solo dai lampi del temporale. Fermo a pensare, a soppesare ogni possibilità, a valutare ogni sentimento e ogni sensazione. A considerare quel suo possibile nuovo futuro, in quella futura nuova vita.

 

Ad un certo punto, inspirò a fondo e si avviò piano verso la sua stanza. Fece un passo per entrarci quando il suo sguardo si posò sul suo letto. Improvvisamente , dopo essersi fatto quella specie di esame di coscienza, tutto fu chiaro.

Voleva Jared. Lo voleva al suo fianco, nella sua vita, sulle sue labbra. Dannazione!! lo voleva anche fisicamente, al punto di vergognarsene, quando a quel pensiero qualcosa vibrò nel profondo delle sue viscere.

Restò fermo sotto l’uscio della porta e poi si voltò verso la camera da letto di Jared.

 

Un luce fioca affiorava dal basso. Jared era ancora sveglio.

“So cosa sento...so cosa voglio...so che è lui!” si disse non per convincersi, ma solo perché era davvero quello che ormai sentiva.

Fece qualche passo.

 

Jensen entrò nella stanza di Jared.

 

Era buio ma la luce notturna della luna e delle stelle data dall’incredibile serenità del cielo, nonostante il temporale appena passato, dava alla stanza una leggera penombra.

Jared era seduto su una piccola poltrona. Indossava solo una maglietta e il solito pantalone della tuta che usava per dormire. Era appena voltato verso la finestra ma non tanto da non vederlo entrare. Se ne sorprese.

Anche il giovane , dopo quel bacio, così diverso dagli altri, stava faticando a darla vinta al sonno. Una cosa era corteggiare Jensen e farsi corteggiare da lui “a distanza”, in un bar, durante una passeggiata, una serata tra loro. Ma in questa situazione, da soli, in casa. E ci si metteva anche quel maledetto temporale che rendeva tutto ..magico. Così si era cambiato e non riuscendo a trovare una posizione comoda a letto, aveva optato per la poltrona accanto alla finestra.

Stava ancora ripensando a come fosse difficile resistere a Jensen, quando sentì una presenza timida, poco lontano da lui.

“Ehi?! Tutto ok? Ti serve qualcosa?!” chiese notando il biondo sulla soglia della sua porta.

Jensen non rispose. Fece solo qualche altro passo verso il centro della stanza. Si guardò un po’ in giro e poi fissò lo sguardo al letto. Ci si avvicinò e con movenze lente ci si sedette sopra. Dal lato dove Jared era seduto.

“No, sto bene. Volevo solo sapere come sarebbe dormire nel tuo letto...” disse con un tono di voce calmo e appena roco. E non appena si rese conto che Jared stava per rispondergli, lo anticipò: “...con te!”

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Capitolo 7
*** 7 ***


Jared scattò con lo sguardo in quello più languido con cui Jensen lo stava guardando. Poggiò i gomiti alle ginocchia e nascose il viso tra le mani , strofinandoselo , come per schiarirsi le idee, come per decidere cosa fare, come per cercare di mantenere il controllo su quelle sensazioni di paura ed eccitazione che gli erano appena esplose dentro.

Non sarebbe riuscito a rifiutare Jensen una seconda volta. Non con quello che provava sentimentalmente e sentiva fisicamente per lui.

Tornò a fissare l’uomo che era rimasto seduto sul bordo del suo letto maledettamente sicuro di sè.

Jared teneva le mani chiuse a coppa sul viso, lasciando scoperti solo gli occhi emozionati. Poi si alzò piano dalla poltrona.

“Jensen...” sussurrò e si rese conto che la voce aveva appena tremato. Soprattutto perché gli occhi verdi di Jensen - dannati occhi che brillavano anche al buio – non smettevano mai di guardarlo. “Non ti ho portato qui per spingerti a fare un passo che magari ancora non ti senti pronto a fare e...”

“E io non sono venuto qui perché tu mi spingessi a fare niente. Se sono qui, in questa stanza, su questo letto e ti sto chiedendo di fare questo passo con me, è solo perché lo voglio. Ho deciso io e lo voglio.” lo fermò e poi colpì definitivamente: “Ti voglio!” e deglutì appena quando si rese conto che mentre parlava, Jared gli era arrivato di fronte e lo fissava con negli occhi un misto di aspettativa e timore.

Il biondo sapeva che Jared non avrebbe fatto il primo passo perché ancora scottato dal suo primo dietro front e allora decise lui. Si sporse piano, senza alzarsi e poggiò la mano sulla cintura dell’altro, giocò per un attimo con il laccetto dell’elastico dei pantaloni e poi infilò il pollice in uno degli occhielli del fiocco, forzando appena e lo sfilò, sorridendo soddisfatto del respiro stentato con cui Jared accompagnò quel gesto che altro non era che un invito più che esplicito.

Jared fece un passo indietro e allungò una mano verso Jensen. Invito chiaro a stringerla. Jensen prese la mano di Jared e si sentì tirare su, in piedi e invitato ad allontanarsi appena dal bordo del letto.

Il biondo, appena confuso da quel gesto, pensò che Jared lo stesso per accompagnare fuori dalla sua stanza, invece il più giovane , piano, con movenze lente, gli lasciò la mano e si portò alle sue spalle.

Jensen fece per girarsi, ma le mani di Jared sui fianchi, decise ma gentili, glielo impedirono.

Jared si sporse appena , il tanto che gli permise di baciargli il collo, godendo del brivido sulla pelle di Jensen , che ne seguì immediatamente. Poi le sue mani, lentamente salirono verso i piccoli bottoni della camicia e piano, quasi impercettibilmente li liberarono tutti dalle loro asole. Le dita, delicate, ma sicure, si intrufolarono al di sotto della camicia aperta sul petto e risalendo sensualmente verso le spalle, carezzavano ogni lembo di pelle che sembrava aspettasse solo di essere toccato. Attardandosi maliziosamente sui capezzoli che reagirono immediatamente al loro tocco stuzzicante.

Jared sentì Jensen appoggiare la schiena completamente contro il suo petto, abbandonando la testa all’indietro, sulla sua spalla, così da lasciare completamente scoperto il suo collo.

Il giovane non si lasciò sfuggire il momento e posò su quella pelle tesa un bacio deciso che fece sospirare e gemere a denti stretti il compagno.

“Ti piace?!” chiese a bassa voce.

“Sì..sì...” rispose sospirando Jensen, che tentò ancora di girarsi.

“No!” lo fermò, di nuovo, Jared. “Non ho finito!”

“Ohw!” e tremò quando le mani di Jared con un gesto veloce e deciso lo spogliarono della camicia, dimenticandola a terra tra i loro piedi e altrettanto velocemente tornarono a poggiarsi sul basso ventre del biondo, avvicinandolo quanto più possibile al proprio corpo.

In quel modo, in quella posizione, Jensen potè chiaramente sentire l’eccitazione palese di Jared contro il suo fondo schiena. “Dio...” esalò.

Con i sensi sempre più annebbiati da quella sorta di danza dei preliminari messa in scena da Jared, Jensen portò una mano su quelle di Jared ferme sul suo ventre, mentre l’altra la alzò fino a raggiungere la nuca del suo compagno. Girò appena la testa. Verso il volto di Jared. Chiaro invito a voler essere baciato. Invito che non venne ignorato. Le loro labbra si scontrarono in modo appassionato, disordinato – data la loro posizione – ma comunque quasi fameliche , ansiose di potersi unire, saggiare, sentire.

Poi, quando le mani di Jared si liberarono da quella di Jensen e andarono , caute, a sbottonargli il bottone dei jeans, aprendolo quel tanto che bastava per intrufolarsi nell’elastico dei boxer, Jensen esalò un respiro che fece sorridere Jared.

“Spero sia un altro sì!” scherzò Jared.

“Sì...ancora sì. Ma tu...” e deglutì eccitazione quando sentì un dito di Jared stuzzicargli appena la sua , comunque, ormai, presente virilità eccitata.

“Ma io.., cosa?!”

“...smettila di giocare. Mi stai torturando.”

“E’ la tua prima volta...” gli sussurrò nell’orecchio, mordicchiandogli il lobo subito dopo. “...e voglio che tu goda di tutto!”

“Oddio!...mi ucciderai!” esclamò quasi con fare frustrato Jensen, tremando per l’aspettativa.

“No, credimi...no. Ma ..” e questa volta fu Jared a dirlo.

“Cosa?!”

“Ma , devi giurarmi che se vorrai che io mi fermi, dovrai dirmelo.”

“Jared...”

“Giuramelo!”

“Te lo giuro!” disse deciso, riuscendo finalmente a girarsi e sorprendendo il giovane, Jensen lo allontanò appena, così da potersi mettersi di nuovo a letto.

Fu solo allora che Jared si avvicinò a lui e poggiò un ginocchio sul letto, sovrastando quasi del tutto il compagno.

“Va’ indietro!” ordinò con un sussurro deciso.

Jensen obbedì , spingendosi con le mani fino a raggiungere il centro del letto, rimanendo appoggiato sui gomiti e lì attese che Jared lo raggiungesse gattonando sensuale sopra di lui.

Il più giovane , gli mise una mano al centro del petto e cautamente lo spinse giù, verso il materasso.

“Ricorda la tua promessa, Jensen... o uscirò da questa stanza adesso!” sembrò minacciarlo.

“Te lo prometto, Jared. Te lo prometto. Tutto quello che accadrà tra me e te stanotte, adesso...accadrà perché io lo voglio. Se tu lo vuoi, Jared. Lo vuoi?” azzardò trepidante in una risposta che avrebbe dato inizio a tutto.

“Lo voglio.” e poi: “Ti voglio!” e iniziò a spogliarlo, togliendogli ciò che gli era rimasto addosso. Pantaloni e intimo e quando vide la bellezza di Jensen, la sua nudità, la sua muscolatura meravigliosamente definita, per qualche momento, rimase ad ammirarlo e senza rendersene sospirò ammaliato.

Jensen, se prima si sentì , giustificatamente, in imbarazzo, quando vide Jared sospirare così, sorrise, riacquistando la sua sicurezza.

“A quanto pare ti piace quello che vedi!” lo stuzzicò.

“Tu non immagini quanto!!” sembrò quasi ringhiare Jared. Avrebbe voluto buttarglisi addosso e arrivare al sodo immediatamente. Ci avrebbe pensato in un sicuro secondo round a svelare tutto ciò che ci poteva essere di meraviglioso nel fare l’amore tra loro.

Ma se Jensen aveva giurato di fermarlo ad ogni possibile sua insicurezza, Jared si era ripromesso che ci sarebbe andato piano. Così si sfilò la maglietta, piano , con movimenti lenti. Poi , passò ai suoi pantaloni.

Muovendosi ad arte , Jared si spogliò del tutto, rimanendo nudo di fronte a Jensen.

E questa volta fu il biondo a deglutire. Aveva visto Jared sempre vestito. Non era un segreto che il suo fisico fosse ben fatto e asciutto, ma vederlo così, prestante, lucido alla luce della penombra dello stanza, era quasi una visione.

Avrebbe voluto adularlo, vezzeggiarlo magari, per far capire a Jared che si sentiva a proprio agio con lui anche in quel momento, ma Jared fu più veloce dei suoi pensieri e si stese piano su di lui. Rimanendo appena su un fianco. Una sua gamba andò ad insinuarsi tra quelle di Jensen che trovarono immediatamente il loro giusto incastro con quella del giovane.

Baciare Jensen in quel frangente, per Jared, fu qualcosa di estremamente appagante perché Jensen non si ritraeva, non mostrava timore nei suoi tocchi sempre più intimi. Era entusiasmante sentire la sua sensuale partecipazione a quella loro prima volta. Le mani di Jensen vagavano curiose e decise su tutto il corpo di Jared. Premevano e toccavano parte di quel corpo che si tendeva come una molla al loro passaggio.

I loro respiri si rincorrevano sulla loro pelle coperta già da una leggera patina di sudore. I baci erano sempre più intimi, più sensuali. E quando una mano di Jared abbracciò la virilità di Jensen, questi trasalì. Il suo fiato si spezzò. E la sua mano scattò sul polso di quella stessa mano.

A quel gesto, Jared si fermò immediatamente. Forse era presto per andare oltre, si ritrovò a pensare.

Il tempo sembrò fermarsi per qualche secondo.

“Jensen...Jensen...” ansimò preso dal momento e notando che il compagno teneva gli occhi chiusi e si mordeva il labbro superiore come se si stesse costringendo a fare qualcosa. “Dimmi….dimmi cosa c’è….dimmi se devo...”

“Oh...ti prego...” sussurrò Jensen, aprendo gli occhi e rivelando il loro luccichio eccitato. “...fallo ancora!” confessò guidando la mano di Jared ancora stretta dalla sua stessa mano.

Jared non disse altro. Capì. Gli baciò le labbra piene e riprese a massaggiarlo intimamente, con movimenti lenti, fluidi, in sincrono con il piacere che vedeva sul volto di Jensen.

Il piacere dell’uno, ormai era il piacere dell’altro.

Tant’è che Jensen, del tutto ammaliato da quello che stava provando grazie al tocco lussurioso di Jared, dal suo muoversi al fianco, dai suoi baci, dalle sue attenzioni, prese l’iniziativa. Mise le mani alle spalle del giovane e lo sospinse al materasso, rotolandogli sopra.

“Vediamo se ho capito come si gioca!” lo stuzzicò, prima di baciarlo sensualmente. Quel bacio divenne un bacio alla base del mento, poi sul collo, poi nell’invitante incavo della spalla. Fino a scendere al centro del torace affannato e poi , malizioso, a stuzzicare un capezzolo fino a farlo diventare turgido e ancora più invitante. E poi...e poi fino ad arrivare su quella parte di corpo che fremeva solo di essere soddisfatta o per lo meno non trascurata.

“Jensen...cosa….” provò ad articolare Jared ma quello che fece Jensen lo prese del tutto contro piede.

La bocca del biondo lo conquistò con lentezza facendolo annaspare in cerca di aria.

Jensen non era pratico di quella situazione tra uomini ma di sicuro certe attenzioni le aveva ricevute durante le sue avventure da barista. Perciò sapeva cosa un uomo voleva in quella circostanza così intima. La bocca riscaldò con soffi carezzevoli l’intera lunghezza del suo amante, la lingua lo carezzava lungo le vene pulsanti, i denti stringeva appena per far rabbrividire di piacere. E le mani, strette ai fianchi, per impedire a Jared i muoversi troppo, arrivarono ad accarezzare dove la lingua lasciava spazio.

“Oddio!!!” sibilò Jared, contorcendosi sotto il peso di Jensen. Il giovane gli mise le mani tra i capelli corti e scompigliati, toccandoli come a volersi imprimere la forma della sua testa, invitante sopra di lui.

Jensen abbandonò il suo agire voluttuoso, baciando la pelle arrossata della virilità di Jared e lasciando piccoli baci sul basso ventre ansimante.

Sorrise sghembo, soddisfatto delle condizioni in cui era Jared.

“Vado bene oppure ho bisogno di ripetizioni!?” lo provocò malizioso.

Per tutta risposta, Jared agì d’istinto, completamente perso nel verde che brillava negli occhi di Jensen. Si puntellò sui gomiti per tirarsi su. Afferrò Jensen per le braccia e lo spinse spalle al materasso, capovolgendo di nuovo le loro posizioni.

“Che ne dici di passare alle cose serie!?” chiese quasi famelico, prima di baciarlo con forza e passione.

“Sono qui per questo!” rispose malizioso Jensen, per niente spaventato da ciò che di lì a poco sarebbe accaduto.

Jared continuò a baciarlo, a prendersi cura di lui, a carezzarlo appassionatamente ovunque Jensen gli facesse capire di voler essere toccato. E Jensen, di suo, ormai schiavo delle sensazioni e dell’emozioni fortissime che stava sentendo , del senso di eccitamento che stava provando, ricambiava con altrettanta passione , con baci e carezze. Offrendo il suo corpo all’esperienza di Jared.

Quasi come una magia, i loro corpi sembravano muoversi in perfetto sincrono, i loro respiri e i loro chiamarsi affannato, unisono.

Poi, Jared, si fermò, dopo aver baciato languidamente le labbra arrossate e tumide di Jensen. Si issò piano su di lui. Lo fissò. Sul suo volto una semplice muta richiesta di poter andare oltre.

Sul volto di Jensen, stravolto dall’eccitazione e dall’affanno, un semplice muto consenso a voler andare oltre.

Jared allora, si posizionò cautamente tra le gambe del suo amante, cercò la posizione più giusta, ma prima di fare altro, con la mano carezzò lentamente l’intimità segreta di Jensen. Lo baciò quando lo avvertì tremare. Poi, con altrettanta cautela, iniziò a massaggiare quel caldo valico, a vezzeggiarlo, a conquistarlo fremito dopo fremito e quando lo vinse, Jensen ormai era completamente abbracciato a lui, come se stesse cercando sostegno a quella magnifica intrusione.

“Se vuoi che mi fermi devi...devi dirmelo adesso o non so se ...se io...” ansimò Jared, anche lui perso in quelle emozioni sia fisiche che mentali che stava provando.

“Se vuoi che ti uccida….prova a fermarti...” replico con ironia e annaspando , un attimo dopo, in cerca d’aria e stringendo le labbra per soffocare una sferzata di piacere dopo che Jared flettè le dita dentro di lui, andando a solleticare quel punto magico nascosto in ogni uomo.

“Oh sì!” esalò Jared, soddisfatto di ciò che aveva trovato e continuando a stuzzicarlo, ancor più soddisfatto di vedere in che maniera magnificamente lasciva reagiva Jensen.

“Per favore….non resisto...io non...” ansimò Jensen e rendendo quel suo desiderio decisamente più concreto sollevando appena le gambe attorno ai fianchi di Jared così da cingerlo e tirandoselo il più vicino possibile.

Quel movimento, quel gesto così intimo e inaspettato, prese infatti di sorpresa il più giovane, che si ritrovò ad ansimare e a dover nascondere la testa nell’invitante piega tra spalla e collo dell’avvenente amante.

“Scus...scusa...” si ritrovò a dire Jensen, pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato. “Forse io...io ho fatto….qualcosa di...”

Ma Jared si riprese subito, baciandolo, adorandolo.

“No, no, no...anzi...Tu...tu sei magnifico!”

Poi Jensen sospirò, si mosse cautamente andando incontro alle dita di Jared che ancora lo stavano preparando.

“Voglio di più...” gli sussurrò. “Voglio...te….” disse baciandolo appena dietro l’orecchio. “...in me!” concluse, sistemandosi come poteva, contro il corpo di Jared.

Il giovane non seppe cosa altro rispondere ad un così palese invito e allora lo baciò e nello tempo di quel bacio, le sue dita abbandonarono il loro blandire l’intima apertura e lasciarono che fosse la virilità di Jared a sostituirle. L’intimità vigorosa del più giovane spinse appena contro il corpo da conquistare e Jensen sentendo quella pressione così strana si ritrovò istintivamente ad irrigidirsi.

Jared lo percepì e arretrò appena.

“Rilassati….respira...” e si mosse di nuovo e questa volta, sentì di aver oltrepassato il primo valico.

Jensen era teso sotto di lui, palesemente nervoso, naturalmente dolorante.

“Lo so...lo so...” disse massaggiandogli delicatamente il fianco. “Ma passerà...io...però non mi muovo fin quando non mi dirai che posso muovermi.” e così fece. Restò immobile fin quando non fu Jensen a dargli il consenso a proseguire dopo essersi abituato all’inizio di quella conquista.

Poi, il minore, si mosse. Arretrò appena e avanzò ancora. Un po’ di più. Conquistò di più e questa volta notò che Jensen sembrava meno teso.

“Ok...ok..” ne fu lieto e di nuovo promise al suo amante di non fare niente senza il suo permesso. E quando fu Jensen a muovere i fianchi cercando maggior contatto, Jared capì, che quel naturale dolore aveva appena lasciato il posto al mero piacere.

Così, piano, senza spezzare quella magia, prese a muoversi lentamente, ritmicamente, seguendo gradualmente i movimenti stessi di Jensen. I suoi gemiti, simili ai propri. Il suo respiro sempre più affannato, come il proprio. I muscoli che reagivano al piacere. La mente sempre più annebbiata. Il cuore che pompava impazzito. Le mani che si cercavano per sostenersi e sopportare insieme il meraviglioso tremore alla bocca dello stomaco. I bacini che si muovevano uno contro l’altro. Le bocche che si cercavano. I loro nomi che si rincorrevano. L’eccitazione sempre più insopportabile. Il piacere che raggiungeva l’acme. Il sudore che faceva brillare i loro corpi. Il loro profumo mascolino che ormai impregnava l’aria che respiravano. I movimenti sempre più cadenzati, appassionati, veloci ma non volgari.

E poi, impietosa, implacabile, quella meravigliosa scossa elettrica che iniziò a salire dal centro delle loro viscere, scorrendogli lungo la colonna dorsale fino ad esplodere nel cervello. Spegnendo per alcuni estatici attimi ogni cosa potesse avere senso in quel momento. Ogni cosa , tranne loro. Insieme. Uniti. Amanti.

Tutto sembrò fermarsi in una bolla estatica.

Perfino loro, il loro respiro.

Troppo intenso quello che avevano provato. Troppo forte quella sensazione di unione in cui si erano ritrovati.

Poi un bacio, leggero. Soffice. Meravigliosamente languido. Riattivò il tempo, le menti. Il mondo intero.

 

Caddero sfiniti tra le lenzuola. Jensen schiacciò la testa contro il suo cuscino, Jared scivolò , affannato, al suo fianco.

I respiri ancora ansanti. I cuori che ancora battevano veloci.

Il giovane si portò un braccio sotto la testa per stare più comodo e rimase su un fianco per poter guardare il suo amante. Per poter contemplare quello sguardo completamente appagato e lucido di quel sudore che la loro lussuria aveva provocato bagnando i corpi di entrambi.

“Come stai?!” chiese , poi, quando si rese conto che il respiro di Jensen, e anche il suo, era più regolare.

Jensen non rispose. L’unico segno che il biondo lo avesse sentito fu un suo sbuffo quasi liberatorio.

Allora Jared azzardò per l’ennesima volta. “Ripensamenti?” disse nascondendo metà del volto ancora arrossato e guardando l’altro con gli occhi appena nascosti dal suo avambraccio.

Jensen sorrise impercettibilmente. Girò il volto verso di lui e il suo cuore si riempì di un inaspettato senso di tenerezza quando vide sia il gesto che l’espressione che aveva assunto Jared. Ma nonostante quella bellissima sensazione, non riuscì a trattenersi dal prendere in giro il compagno.

“ Anche se fosse, non penso potrei fare più niente adesso...”

Jared a quella parole scattò su con la testa. “Cosa?!” esclamò con una punta di terrore.

“Quel che è fatto è fatto. Devo solo accettare e convivere con quello che è successo e ...”

“ Ma cosa...” e a questo punto Jared era decisamente sconcertato.

“...e ammettere con me stesso che...”

“Jensen...”

Jensen a quel nome detto in quella maniera quasi disperata , si voltò e vedendo il panico puro sul volto di Jared, mise fine a quello scherzo decisamente sadico. “...che non esisterà mai nessuno al mondo che mi possa far provare quello che mi hai fatto provare tu, Jared. Quello che è successo tra me e te stanotte, è un mondo nuovo. Un mondo che voglio vivere a pieno e che voglio viverlo con te , solo con te, se vorrai!”

Jared lo guardò incredulo, scioccato e conscio di essere stato preso in giro. Tuffò la testa sul cuscino nascondendo il viso e in quella posizione , mugugnò un più o meno comprensibile “Ti odio!!”

“Lo so, lo so!” asserì soddisfatto Jensen e scoppiando subito dopo in una risata cristallina che coinvolse anche Jared e quando quel momento di ilarità smise di essere tale, Jensen guardò Jared.

“Quando la smetterai di pensare che , ormai, arrivati, al punto in cui siamo, io possa avere ancora dei ripensamenti, su te, su me, su noi insieme!”

Jared comprese quel lieve monito del maggiore e comprese che doveva smettere di provare ancora quel timore, oramai più che infondato.

“Hai ragione….scusa!” rispose, mentre una sua mano si avventurava sul torace ormai pacato di Jensen, coprendolo di lente carezze.

“Jared...” fece ora , decisamente serio, ma sempre con tono dolce, Jensen. “..voglio che funzioni.”

“Anche io, Jensen!” rispose l’altro rendendo quella sua carezza più pressante.

“Davvero. Voglio che funzioni sul serio tra noi!!”

“Anche io, Jensen. Anche io!” ripetè usando la stessa decisione con cui Jensen gli stava parlando

“Quello che ho provato con te e non parlo del semplice piacere fisico...parlo delle sensazioni, delle emozioni, di brividi mai provati, di quella sensazione di starsi perdendo e poi ritrovarsi al sicuro che ho provato...solo tu, Jared. Solo con te. Non mi era mai successo,..non lo avevo mai provato e ...chiamami egoista, ma mi piace , mi fa stare bene e non voglio perderlo. Non voglio perderlo mai più e mi dispiace per te che dovrai sopportarmi.” confessò con tutta la sincerità che poteva dimostrare in quel momento.

E Jared comprese e ne fu conquistato completamente.

“Non chiedo di meglio che farti stare bene e ...ahimè!! sopportarti!!” fece sorridendogli dolcemente anche se un attimo dopo una scintilla maliziosa gli illuminò gli occhi. “E a tal proposito...” e un momento dopo Jensen si ritrovò con il compagno seduto cavalcioni su di lui.

“Whoa!!!” esclamò preso di sorpresa. “Calma cowboy!!” scherzò poggiandogli le mani sui fianchi torniti. “Hai davvero la faccia di uno che ha cattive intenzioni!”

“In effetti, avrei una o due cattive intenzioni in mente in questo momento!!”

“Ma davvero!?” scherzò ironico Jensen sistemandosi meglio sotto il corpo del compagno. “Non ti è bastata la cattiva intenzione che hai appena compiuto?!” e dicendo questo , credette in un glorioso secondo round, ma quello che fece Jared lo sorprese. Decisamente.

Il giovane , imitando l’altro, gli mise le mani sui fianchi, in un chiaro gesto che lo obbligava a restare esattamente in quella posizione.

“Jared ma cosa...” sussurrò Jensen, non sapendo letteralmente cosa fare.

Jared si chinò verso di lui, verso il viso di Jensen, si sporse ancora per poterlo baciare, piano , dolcemente, profondamente e godendo della stessa profonda risposta che riceveva dalle labbra del compagno.

Jensen lo sentì muoversi appena sopra di lui, come se stesse cercando una posizione più comoda o forse….

E a quel punto , Jensen , capì le intenzioni del suo amante e mise fine a quel bacio.

“Jared...Jared non devi farlo...non sei tenuto a..”

“Ssshh!” gli sussurrò a fior di labbra. “Voglio che tu provi tutto. Che senta quello che sento io quando ….” sistemandosi, finalmente, con la virilità di Jensen appena a contatto con la sua intimità più nascosta. Fermi, congelati in una posizione di stasi.

“Ma tu non...” sospirò nervoso, intendendo che Jared non era fisicamente pronto ad accoglierlo.

“Faremo...farai piano….così da provare ogni singola sensazione. Così da farmi provare ogni tua sensazione. Dal tremore al piacere!!”

“Oh Dio!!” esalò ansante Jensen

“E sì….così da invocare anche Dio insieme!” asserì suadente, mentre piano si spingeva verso il basso.

“Jared...” sentendo dentro di lui, l’istintiva necessità di spingere il proprio bacino verso quel corpo che lo sovrastava. Sentendo dentro di lui, una forza che lo calamitava verso quel futuro piacere e che gli gridava di dare piacere.

“Piano...piano...” lo incoraggiava Jared e ad ogni incoraggiamento quell’unione tra loro diventava sempre più concreta e presente. “Lascia che io ti senta , Jensen.”

“Dio!, come ti voglio...fa..fa quasi...”

“...male?!”

“Sì!!” spingendosi ancora, conquistando ancora. Godendone ancora.

“Allora lascia che il dolore diventi solo piacere!” e dicendo così , fu Jared a fare il passo successivo, lasciandosi scivolare completamente sulla virilità dell’altro.

Un respiro spezzato, un sorriso nervoso, le mani contratte - quelle di Jensen sui fianchi di Jared come a non volerlo mai lasciare andare, quelle di Jared sul petto impazzito di Jensen come a voler impedire al cuore di scappare via - , le gambe serrate ai fianchi di Jensen, il bacino di Jensen in tensione a sostenere il peso di Jared. I respiri affannati. Gli occhi di uno fissi in quelli dell’altro. Un’unione chimica forte quanto quella fisica. Un ritmo che si faceva sempre più sensuale e incalzante. Il piacere sempre più presente.

E poi di nuovo, la magia.

 

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Capitolo 8
*** 8 ***


La mattina dopo, Jared, aprì gli occhi. Si sporse per vedere l’ora dalla piccola sveglia che aveva sul comodino e si rese conto che era ancora presto. Appena le 6.45 !

Sorrise e si girò pronto a rifugiarsi accanto al corpo del suo amante. Ma rimase deluso, poiché voltandosi, si rese conto di essere solo a letto.

Si alzò, andò verso la cucina e vide che solo la brocca del caffè era stata preparata. Si guardò in giro alla ricerca di Jensen e solo quando si sporse verso il piccolo soggiorno si rese conto che mancava la canna da pesca e capì. Si infilò una felpa , i pantaloni della tuta ma rimase a piedi scalzi perché adorava la sensazione della terra fresca sotto i piedi.

Una volta arrivato in vista del pontile, vide Jensen alla fine del piccolo molo e lo raggiunse.

Il biondo, alla prima occhiata anche lui scalzo, era seduto con i piedi a penzoloni che appena toccavano il velo dell’acqua placida a quell’ora del mattino. Jared gli arrivò alle spalle silenziosamente dato che Jensen sembrava assorto nei suoi pensieri. Ebbe una sorta di timore a toccarlo, temendo di spaventarlo. Quando…

“Tranquillo...non hai il passo così felpato!” lo anticipò Jensen voltandosi appena verso di lui.

Jared gli sorrise felice e rassicurato.

“Buongiorno, Jensen!” disse.

“Buongiorno, Jared!” rispose con un tono che sembrava dire “sì, è davvero un buongiorno!

“E’ da tanto che sei qui!?”

“Mezz’ora ...forse!” e poi battendo il palmo della mano sul legno invitò Jared a sederglisi accanto.

Il più giovane gli si sedette accanto. Anche lui si sistemò con le gambe penzoloni e i piedi che appena sfioravano l’acqua.

Guardò lo sguardo assorto con cui Jensen fissava il punto in cui il galleggiante attaccato alla sua lenza giocava tra le leggere increspature del lago.

“Cos’è? Stai cercando di attirare mentalmente qualche carpa stile Professor Xavier?” lo prese in giro.

“Non sfottere. La pesca è un’arte!” provò a difendersi, giustificando il nulla che aveva pescato.

“Ok, ma la tua arte non ci sfamerà a pranzo!” replicò Jared, urtando la sua spalla contro quella dell’altro.

Jensen sconfitto, sbuffò frustrato, poggiò la canna da pesca nell’apposito blocca canna che c’era su una trave del pontile e alzandosi in piedi, si ripulì i pantaloni della tuta e con fare deciso: “Beh!..vuol dire che andrò in città a fare un po’ di scorte per questi restanti giorni!”

Jared sorrise e dopo essersi alzato anche lui: “O potremmo utilizzare le scorte che ho fatto prima di portarti qui e che sono in dispensa.”

“Previdente!” lo canzonò Jensen, mettendogli le mani sui fianchi per avvicinarselo. “Proprio come un bravo boy-scout!” fece poi, prima di schioccargli un bacio a stampo.

Jared rispose al bacio passandogli le braccia al collo. Un bacio semplice ma al tempo stesso , così pieno di sensazioni ed emozioni.

“Sì...” fece poi, distanziandosi appena dal volto del biondo. “Il tuo boy-scout sta morendo di fame.”

“Davvero?!” esclamò con fare scioccato Jensen.

“Beh! Abbiamo avuto una nottata impegnativa e...” gli ricordò malizioso.

“Non devi dire altro!” fece Jensen deciso. Si allontanò da lui e prese la strada del ritorno al piccolo cottage. “Colazione da campione per il signore in arrivo!”

 

Mezzora dopo un Jensen indaffarato ai fornelli, si muoveva tra pancake, bacon, frittelle, caffè e spremute.

“Ehi!!” fece Jared poco distante da lui. “Non sapevo di questa tua vena culinaria!”

“A forza di guardare Cip e Ciop la mattina...”

“Jensen...quando la smetterai di chiamare Alex e Oz, Cip e Ciop?!” lo rimproverò Jared.

“Andiamo!! E’ divertente!”

“No, non lo è!”

“Sì, invece. Quando li vedo nella cucina del bar è come vedere due scoiattoli laboriosi che si rincorrono sulla ruota!” riferì posando la paletta con cui stava girando i pancake e mimando con le dita quelli che dovevano essere piccoli passi di scoiattoli.

I due risero e poi Jensen si rimise all’opera, quando ad un certo punto, non sentendo più nessun commento da parte del compagno, si girò verso di lui e scorse sul viso dell’altro uno sguardo un po’ troppo languido.

“Cosa….cosa c’è?” si ritrovò a balbettare senza volerlo.

Niente. Nessuna risposta. Solo uno sguardo ancora più predatore.

“Jared?!”

“Non credo ti abbiano mai detto che sei maledettamente sexy mentre cucini!”

Jensen sospirò o forse tremò. O forse entrambe le cose.

“No... non ricordo che qualcuno mi abbia mai detto una cosa del genere!”

“Ottimo!” rispose Jared. “Mi fa piacere!”

“Perchè?” domandò ormai anche lui malizioso.

“Perchè vorrebbe dire che è una cosa di cui ne ho goduto solo io e di cui solo io ne vorrei godere!”

“Siamo possessivi, Padalecki?!” lo provocò l’altro mentre lo vedeva avvicinarsi con passi quasi felpati.

“Molto. Non ne hai ancora idea!” e ormai le sue mani erano poggiate sul bancone della cucina , ognuna ai lati del corpo di Jensen. Imprigionandolo.

Jensen deglutì alla luce predatoria che vedeva negli occhi del compagno.

Poi, senza rendersene conto, spostò lo sguardo alla paletta che ancora teneva tra le mani.

“I pancake bruceranno!”

A Jared bastò un leggero movimento della mano per arrivare alla manopola del gas e spegnere tutto.

“Ora non brucerà niente...” fece rassicurandolo e poi avvicinandosi all’orecchio dell’altro: “Ma vorrei far bruciare te in ben altro modo!” e passandogli una mano intorno alla vita, se lo tirò, con uno scatto, addosso.

“Davvero?!” fece Jensen, preso di sorpresa ma senza lesinare in malizia. Jared annuì solo, felino. Predatore. “Ma non avevi fame?!” azzardò ancora il biondo.

“Sì, di te!” gli ringhiò sulle labbra piene e umide.

Lo baciò, con forza. Con passione. Richiedendo immediatamente accesso al suo sapore. Alla sua lingua. E divenne ancora più famelico quando da Jensen non ricevette alcun impedimento. Anzi!!!

Le mani presero immediatamente a rincorrersi lungo le schiene, carezzando e pressando ogni muscolo in tensione.

I corpi già si spingevano per sentire l’uno la presenza dell’altro.

E la temperatura iniziava a salire, pronta a bruciarli.

Quando solo la necessità d’aria li fece distanziare, una muta richiesta era dipinta sul volto del più giovane. Richiesta a cui Jensen fu ben lieto di rispondere.

“Allora ….mangiami!” gli sussurrò suadente.

“Giuro che mi farò venire un’indigestione!!” si ripromise il giovane dopo aver deglutito puro piacere. Un attimo dopo si ritrovò ad accompagnare Jensen verso il pavimento, mentre gli sfilava la maglietta e il biondo armeggiava con il suo pantalone della tuta.

Troppa urgenza nei loro corpi, per arrivare alla camera da letto.

 

Circa mezzora dopo, finirono per mangiare bacon, pancake e caffè seduti sul pavimento della cucina.

Decisamente affamati, decisamente appagati.

 

 

Due giorni dopo, quella settimana , che si rivelò sotto ogni aspetto idilliaca, ebbe purtroppo fine.

Jared doveva tornare a lavoro così come Jensen.

Partirono il pomeriggio della domenica così da poter iniziare la loro nuova vita con l’inizio della nuova settimana.

Jared accompagnò Jensen a casa e senza , ormai, più reticenza o vergogna, il biondo si fece avanti.

“Vuoi salire? Potresti dormire da me!”suggerì, mentre dopo essere sceso dalla macchina, recuperava il suo borsone dal bagagliaio.

Jared sorrise a quell’invito davvero tentato di accettarlo.

“Mi piacerebbe Jensen. Mi piacerebbe tanto. Ma domani mattina presto ho un incontro in banca e ho tutti i documenti a casa. Ma potremmo vederci a pranzo se ti va!?” fece.

“Domani mattina vado al bar, sistemo un po’ di cose. Ti aspetto lì e andiamo a pranzo insieme. Offro io!!”

“Grandioso e dove mi porti?!” domandò curioso Jared.

“Hai presente quel parco sulla Boulevard?!” gli fece fare mente locale Jensen.

“Sì?!” fece dubbioso perché non ricordava che ci fosse un ristorante su quella strada. Infatti...

“C’è un chiosco che fa i migliori hamburger della città!” fece orgoglioso.

“Ma che classe!” lo prese in giro Jared. “Mi inviti per la prima volta a pranzo e mi porti a mangiare un panino ad un chiosco in un parco?!” e poi vestendosi di finta delusione: “Credo di aver fatto il più grosso errore della mia vita con te , Ackles!”

“Ehi! Aspetta di mangiare quegli hamburger e ne riparliamo e poi...”

“E poi?”

“E poi, come hai detto tu... nel pomeriggio di certo lavorerai ancora, io alle cinque devo aprire il bar e non voglio sprecare il tempo libero che abbiamo a star seduto in qualche ristorante. Non avremmo tempo per il dolce!”

“Il dolce?!” domandò perplesso Jared per quella precisazione.

E infatti, non fece in tempo a chiedere spiegazione che si ritrovò le labbra di Jensen sulle sue. Affamate, calde, vogliose. Il biondo lo stava baciando con un’appassionata dolcezza che gli aveva tolto letteralmente il fiato. E allora non gli restò che rispondere a quel bacio nella stessa maniera e sperare che il respiro di Jensen facesse respirare anche lui.

Quando Jensen, lentamente e non dopo aver mordicchiato cautamente le labbra oramai arrossate e tumide del compagno, si allontanò da lui, sorrise soddisfatto dell’espressione che Jared aveva ancora in volto.

Sorpresa e voglia.

“Ok! Consideralo un anticipo del dolce. Ma se vuoi andare al ristorante...” lo provocò, però.

“No, no, no...” replicò ancora affannato Jared. “Il chiosco va benissimo. Ho voglia del tuo dolce!”

“Perfetto!” e lasciandogli un ultimo bacio a stampo. “Ci vediamo domani?” prese la sua borsa e si avviò al portone di ingresso.

“Ci vediamo domani!” rispose Jared mentre lo vedeva entrare.

Dire che aveva letteralmente le farfalle nello stomaco mentre si infilava in macchina per tornare a casa sua, sarebbe stato un eufemismo.

Si ritrovò a pensare a come la storia con Jensen era iniziata. Alla litigata, al rifiuto, ai timori e i dubbi dell’altro e ora...ora ...non gli sembrava vero.

Non si sentiva così da tanto tempo e la cosa gli piaceva. Dio!!, se gli piaceva e sapeva che anche Jensen stava bene e glielo aveva dimostrato e confessato più e più volte in quella settimana.

 

Il giorno dopo come d’accordo, Jared, che fu raggiunto da Misha, che aveva voglia di salutarlo, entrò nel bar di Jensen e Rich. I due , come al solito, si punzecchiavano su tutto. Era davvero divertente vederli lavorare insieme.

I quattro si salutarono calorosamente. Jensen strinse la mano di Misha di fronte a lui, Rich quella di Jared, ma per un motivo che Jared non riuscì a spiegarsi, non si avvicinò a Jensen.

A lui riservò un “Ciao!” quasi timido.

Ma fu Jensen a capire e quella sorta di timore da parte di Jared gli fece comprendere che persona speciale fosse il ragazzo. Jared non si era avvicinato a lui per paura che il biondo volesse tenere ancora per un po’ le cose private tra loro due. Così fu lui a fare il passo.

Si avvicinò al bancone, poggiò i gomiti sul legno e poi suadente, con il classico gesto del dito indice che richiama qualcuno , invitò il giovane ad avvicinarsi.

Jared deglutì anche se dentro gli esplose un’immensa felicità. Si avvicinò anche lui al bancone, ignorando la presenza di Misha e Rich, restando fisso con lo sguardo sullo sguardo di Jensen.

“Non mi basta un “ciao”!!” fece il biondo che lo afferrò per il colletto della camicia e lo avvicinò a lui quel tanto che bastava per poterlo baciare.

Sotto lo sguardo attonito degli altri due, Jared e Jensen si scambiarono un dolcissimo bacio. Niente di appassionato ma bastò a rispondere alle mille domande che Misha e Rich si stavano ponendo in quel momento.

La settimana insieme aveva compiuto il miracolo. Ormai era chiaro!

Quando i due si separarono…

“Ciao!” fece Jensen ancora con il viso vicino al viso di Jared che lo guardava trasognante

“Scusa!” si ritrovò a dire il più giovane. “Io non sapevo se tu volevi...”

“..se volevo baciare il mio bellissimo ragazzo?!” lo sorprese Jensen, che disse quella frase senza sentire o mostrare il minimo imbarazzo ai due muti spettatori.

 

“Cazzo!!! Avete ballato il tango orizzontale!!!” fu l’esclamazione festosa da parte di Rich che spezzò definitivamente il momento.

 

“Cosa?!” fecero all’unisono i due e Misha.

“L’avete fatto, vero? Avete fatto boom boom boom, zum zum zum? Avete...”

“Sei un pervertito!!” esclamò con fare nauseato Misha.

“Mai dai!!” si difese Rich. “Dimmi che non lo hai pensato anche tu vedendo come si sono baciati e guardati!!”

Misha si sentì all’angolo. Certo che ci aveva pensato, ma non voleva darla vinta al barista. “Anche se lo avessi fatto, ed è un grande SE, io almeno ho avuto la decenza di tenerlo per me!”

“Santarellino!” lo sfottè.

“Depravato!” ribattè, l’altro.

E mentre i due si beccavano amichevolmente, Jensen fece il giro del bancone e raggiunse il fianco di Jared.

“Ok! Ragazzi, voi continuate pure. Noi ce ne andiamo a pranzo!” e poi rivolto solo a Rich. “Apro io alle cinque. Ci vediamo stasera!”

“Ok!” fece Rich. “A dopo!” e poi tornò a focalizzarsi su Misha. “Devo portarti un po’ in giro con me, amico! Ti farei conoscere tante belle persone.”

“No, grazie. Ho già il mio giro e mi basta!”

“Fammi indovinare: tutti santi ed educandi come te!”

“Ne resteresti sorpreso invece!” andarono avanti fin quando non fu Jensen, prima di uscire dal locale a richiamare il collega.

“Eh….Rich?!”

“Si?!”

“Ti garantisco che in orizzontale vengono bene tutti i balli e non solo il tango!” e sorridendogli malizioso, gli fece l’occhiolino e si trascinò dietro un Jared letteralmente basito. Lasciandosi alle spalle sia Rich che Misha praticamente a bocca aperta.

“Guarda un po’ come va il mondo. Il ragazzo è partito come un verginello ed è tornato come...” asserì piacevolmente sconcertato Rich

“ Oh, ti prego!! Non dire niente , altrimenti non riuscirò a togliermi l’immagine dalla testa!” lo bloccò supplichevole Misha. “Jared è come un fratello minore quindi vorrei evitare di….pensarlo in certe situazioni!”

“Ok! Ti offro un’altra birra, Candy Candy!!”

“Fottiti!”

“Ah no!! a quante pare ci pensano quei due a farlo tra loro alla grande!” fece indicando i due appena usciti!

“RICH!!!!!” gridò frustrato Misha mentre Rich scoppiava a ridere.

 

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Capitolo 9
*** 9 ***


Da quel momento, ogni cosa, ogni sentimento, ogni sensazione o emozione , sembrava aver preso e trovato il suo giusto equilibrio. Jared aveva ormai gettato via ogni senso di sfiducia nei confronti dei sentimenti che Jensen mostrava di provare per lui. Oramai si fidava completamente di quello che c’era tra loro e quello che sentiva dentro di lui , lo aveva portato a capire una cosa molto chiara: non poteva rinunciare a più nulla di quello che riguardava Jensen.

Jensen, d’altro canto, aveva smesso di ascoltare quella vocina dentro di lui, che voleva metterlo in guardia su quella nuova vita. Stare con Jared ormai era un’esigenza, amarlo una necessità, viverlo era indispensabile. E anche per lui, ormai chiaro nella sua mente: non poteva rinunciare a più nulla di quello che riguardava Jared.

 

E poi...poi c’era anche il lato meramente fisico. La chimica che c’era tra loro, era qualcosa che a volte lasciava senza fiato perfino loro stessi. Sembrava come se stessero insieme da anni invece che solo pochi mesi. Eppure ormai conoscevano l’uno i punti “strategici” dell’altro. Quel punto sul corpo che faceva fremere e tremare di piacere, o solo semplicemente ridere di solletico. La voglia di essere baciati, quella di essere toccati, il modo in cui essere amati. Bastava uno sguardo per capire se era il momento della passione focosa o di quella languida.

Ed era uno spettacolo comico , per gli amici quando erano al bar, vederli sparire per un po’ nell’ufficio di Jensen e poi tornare fuori con una maglietta al contrario o , come accadde una volta, Jensen con la camicia di Jared - maniche decisamente lunghe -, e Jared con la camicia di Jensen - maniche decisamente corte- .
Vederli arrossire come pomodori maturi non appena qualcuno glielo faceva notare era da sbellicarsi, anche perché poi Rich ci metteva il suo.

Quando erano da soli era difficile stare lontani, forse l’euforia dei primi tempi, forse l’entusiasmo per quel legame che si faceva sempre più forte, forse il fatto di sentirsi dannatamente bene quando stavano insieme, tant’è che un pomeriggio , dopo che non si erano visti per quasi una settimana a causa di un viaggio di lavoro di Jared, si ritagliarono un po’ di tempo a casa di Jensen.

Il biondo fece appena in tempo a chiudersi la porta del suo appartamento alle spalle, che si ritrovò il compagno, letteralmente schiacciato addosso e ringraziò la parete dietro di lui per averli sorretti.

“Ciao!!” sibilò Jared dopo aver liberato le labbra su cui si era avventato.

“Ciao anche a te!!” rispose Jensen, rinsaldando la sua posizione contro il corpo dell’altro.

“Quando devi tornare al bar?!” si informò mentre insinuava le mani al di sotto della maglietta di Jensen.

Jensen sorrise malizioso e mettendo le mani sulla cinta dei pantaloni del compagno rispose: “Farebbe differenza se fosse tra mezzora o due ore?!”

“Molta!” fece Jared ammiccando.

“Davvero?!”

“La differenza è tra il farlo velocemente o prenderci tutto il tempo che occorre!” asserì sfilandogli con un gesto deciso la maglietta e togliendosi la sua altrettanto velocemente.

Jensen fissò quel torace già affannato e lucido e pregustò il fatto di poterselo godere sopra e sotto di lui.

Deglutì e rispose.

“Ho un’ora, ma Rich se ne farà una ragione se dovessi tardare!” disse deciso e in quel momento , mentre Jared gli faceva uno di quei suoi sorrisi predatori, il cellulare di Jensen squillò.

“Oh no...ti prego!!” fece frustrato Jared. “Lascialo squillare!” continuando a spogliarlo.

Jensen , sebbene, cercasse di fare lo stesso con i vestiti di Jared, cercava anche di recuperare il cellulare che lo richiamava insistentemente.

“Aspetta...aspetta...è Rich...maledetto...”

“Jensen...andiamo….ti voglio….finirò per impazzire...è quasi una settimana che non ci vediamo...”

“Anche io...anche io...ma se non rispondo o metto giù , il bastardo capirà perché non rispondo e continuerà a chiamare...e onestamente...” disse mentre baciava il collo di Jared che respirava in estasi. “Non mi va di farlo sentendo per tutto il tempo la sigla de I Simpson come sottofondo!”

“Solo tu potevi sceglierla come suoneria!” rise Jared, mentre spingeva il compagno verso la camera da letto.

Jensen prese il cellulare e finalmente rispose, cercando di nascondere l’evidente affanno.

“Rich?”

Jensen ascolta...quando torni, dovresti passare per..” e poi notando il respiro accelerato. “Jensen stai bene?

“Cos..?...sì, sì è che...insomma, amico ...sarei un attimino impegnato in questo momento!” fece infilando una mano nei pantaloni di Jared per poterli strattonare verso il basso. “Ho letteralmente le mani occupate con altro adesso e non...” e Jared rise cercandosi di nascondere sul torace di Jensen, ma finì solo per mordergli un capezzolo. Cosa che fece sussultare di sorpresa Jensen. “Ooohh caz...” esclamò infatti.

Jensen?

“Scusa...scusa….mi stavano per cadere delle cose e ….oohh sìììì!!!” finì poi per esalare soddisfatto dato che Jared dopo avergli sfilato i boxer lo stava baciando ovunque consapevole di star azzerando la capacità dell’altro di proferire una frase sensata

Ma cosa succede? E’ tutto ok!?” fece la voce quasi apprensiva di Rich.

“Niente...niente...sto bene…..cazzo, se sto bene. Anzi...penso che se va avanti così...tra un po’ starò anche...meglio!!” ansimò guardando rapito il modo lussurioso con cui Jared lo stava...distraendo. “Senti...Rich..” cercò di continuare sempre più affannato. “Io...io sto per..” e questo non era di certo rivolto al socio.

“Non così in fretta, mio caro!!” fece Jared, dopo aver schioccato un bacio sul ventre contratto del suo amante. “Ok...ora basta!” sibilò poi, ormai stanco e pronto per andare decisamente oltre. Si tirò su, sfilò il cellulare di mano a Jensen e con l’altra spinse il compagno sul letto dove questi crollò in trepidante attesa , portandosi al centro del materasso.

Sapeva cosa stava per dire Jared.

“Rich?”

Jared?!” fece a quanto pare sorpreso, Rich.

“Ok, amico. Ascoltami. Sono giorni che io e Jensen non ci vediamo. E vedi...stiamo per fare sesso. Tanto sesso. Del sesso grandioso. Del sesso strepitoso. Quindi se tu per la prossima ora…”

“Due!!” suggerì ad alta voce Jensen dalla sua posizione.

“Ok! Se per le prossime ore…” tagliò la testa al toro, Jared. “ ...se tu potessi evitare di chiamare lui o me o se potessi proprio dimenticarti di noi...lo apprezzeremmo.”

Ma io volevo solo...

“Ciao, Rich!” e mise giù. Spense del tutto il cellulare, fece lo stesso con il suo e poi tornò a fissare Jensen che lo aspettava con un sorriso enorme in viso.

“Niente più interruzioni!”

“Niente più interruzioni.” gli fece eco già eccitato. “Vieni qui...abbiamo parecchio da recuperare!”

 

Nel bar, Rich, guardò per un attimo il suo cellulare spegnersi e poi deluso guardò la persona che aveva di fronte.

“Cavolo, ho appena perso 50 dollari!” asserì sconfortato.

“Te l’avevo detto che quei due non avrebbero resistito a starsi ancora lontani!” fece soddisfatto Misha, mentre prendeva la banconota dalle mani del barista.

“Quel figlio di buona donna mi aveva detto che doveva fare dei controlli di routine dopo che è stato male!”

“Rich...Jensen non fa più controlli da settimane ormai!” gli fece presente il paramedico. “Stai diventando vecchio, amico mio!”

“Mi rifarò. Stanne certo, mi rifarò...per adesso...ti va una birra?”

“Certo, offro io!” scherzò mostrando la banconota appena vinta.

“Ma che simpatico!!”

 

Ormai nelle loro vite non poteva esserci normalità più felice. Una splendida routine fatta di amici, lavoro, risate, litigate e riappacificate decisamente appassionate.

Consapevoli di quello che provavano, ma ignari di provare la stessa cosa l’uno per l’altro, Jared e Jensen, un giorno, si ritrovarono a chiedere aiuto ai rispettivi “miglior amici” di entrambi.

Jensen chiamò Misha. Jared chiamò Rich.

 

“Ehi, Misha!!”

“Ciao...ti confesso che sono davvero curioso di questo tuo appuntamento!” fu il saluto dell’altro che fu accompagnato da un amichevole abbraccio. “L’ultima volta che abbiamo avuto un incontro del genere, hai un organizzato un karaoke per Jared!!”

“Sì, già!” ricordando quella sera fatidica. “...ma non ti disturbo vero?!” chiese poi il biondo , dato che lo aveva raggiunto al parcheggio ambulanze, dove lavorava Misha.

“No, tranquillo. Sono in pausa. Riprendo tra mezz’ora. Ma dimmi. Cosa succede? Come mai questo incontro che sa tanto di furtivo.” scherzò. “Problemi in paradiso?!”

“No..no..no...” esclamò Jensen. “Al contrario. Con Jared non potrebbe andare meglio.” lo rassicurò sorridente.

“Mi fa piacere!” e Jensen vide del puro sollievo sul viso dell’amico. “Ok! Vieni. Ti offro un caffè, ti va?!” indicando il chiosco poco distante dal parcheggio.

“Sì….sì...mi va un caffè.”

“Ok!...sputa il rospo!”

Jensen , dopo aver buttato giù un sorso di caffè, sospirò e sembrò prendere coraggio.

Misha se ne rese conto e cercò di tranquillizzare l’altro.

“Tranquillo...parla con me. Jared ti avrà sicuramente raccontato della mia proverbiale saggezza russa quindi, magari posso aiut….” e a quel punto fu interrotto da Jensen.

“Voglio chiedere a Jared di venire a vivere con me!” disse tutto di un fiato.

Misha si ritrovò a sputacchiare quel po’ di caffè che aveva appena bevuto. Si portò immediatamente una mano alla bocca per pulirsi e trattenere quei colpi di tosse che ancora gli solleticavano la gola.

Strabuzzò gli occhi e il blu che li distingueva si puntò come un faro sul viso di Jensen.

“Che cosa?!” domandò incerto.

Jensen deglutì e ripetè con calma: “Voglio chiedere a Jared di venire a vivere con me!” e poi riacquistando sicurezza, continuò perché aveva bisogno di sapere. “Credi che sia un errore?, che sia avventato?, prematuro? Tu sei il suo migliore amico e lo conosci meglio di chiunque altro. Pensi che Jared potrebbe non sentirsi pronto?” fu l’elenco di domande a cui Jensen cercava urgentemente risposta. “So che Jared ci tiene a me come io tengo a lui. So che quello che ci lega è forte e sta diventando sempre più forte, ma non voglio rovinare tutto, anticipando i tempi con qualcosa che potrebbe metterlo a disagio.”

Misha lo fece parlare, perché aveva capito che Jensen aveva bisogno anche di sentirsi fare quelle domande, di tirare fuori ogni dubbio, ma poi, quando lo vide sospirare quasi di frustrazione, bevve un altro po’ di caffè e fece cenno all’amico di sedersi alla panchina poco distante da loro.

“Prima di risponderti ho bisogno che tu mi dica una cosa e voglio che tu sia sincero con me!” fu il preambolo a quella richiesta.

“Certo!” rispose senza nemmeno pensarci.

“Giurami che non hai più dubbi. Che dentro di te non esiste più nemmeno un ragionevole dubbio che ti possa far tornare indietro sui tuoi passi, che Jared non rischia di nuovo di ritrovarsi a dover fare i conti con quella parte di te che ancora non è sicura di quello che è o quello che prova!” fece con pacata fermezza. “La prima volta sono riuscito a rimettere i pezzi insieme, ora, dopo tutto questo tempo, tutto quello che c’è tra voi...non so se ci riuscirei di nuovo!”

Jensen fu profondamente colpito da quelle parole. Non ce l’aveva con lui, anzi, ammirava la lealtà e la fraterna amicizia che lo legava a Jared.

“Allora?!” lo incalzò Misha.

“Mai e poi mai, provando quello che provo per Jared, non potrei mai fargli del male. In qualsiasi modo. Non potrei. Non ci riuscirei.”

“Non è quello che ti ho chiesto, Jensen!” lo redarguì l’altro.

Jensen annuì. “Non c’è più una parte dentro di me che non voglia stare con Jared. Nessun dubbio. Nessun timore. Nessuna incertezza. Voglio lui. Voglio stare con lui. Non chiedo altro, alla vita, che averlo al mio fianco.” e lo disse con una tale decisione che Misha non potè replicare in alcun modo.

Il moro sorrise sornione. Soddisfatto di quella risposta. Ma c’era anche altro che pensava di aver scorto tra le righe di quelle frasi.

“Ok! Ma onestà per onestà, questa non mi sembra la risposta di uno che vuole solo andare a convivere. C’è altro che dovrei sapere?” lo stuzzicò.

Jensen si sentì scoperto, perché sapeva cosa provava davvero per Jared. Ma ancora non si era confessato all’altro.

“Cosa?..no!!” esclamò quasi in imbarazzo, facendo spallucce. “Io...io ti ho detto...tutto!”

“E perché stai arrossendo?!”

Jensen ingoiò la risposta sagace che stava cercando e incoraggiato dal solo sguardo di Misha, decise di confidarsi completamente.

“Io penso...io credo di...io...”

“Sai?..c’è un vecchio detto russo...”

“Saggezza russa!” sbuffò Jensen.

“Già!” e poi facendo mente locale: “L’amore può rovinarti la vita. O può essere talmente forte e potente da sconfiggere tutto quello che può rovinarti la vita!” recitò. “Ora...tu come ti senti? Rovinato dall’amore o forte e potente?!”

Jensen lo guardò. Ripensò a quel proverbio appena sentito e passò il dito sul nome di Jared che campeggiava tra le ultime chiamate fatte dal suo cellulare.

“Forte e potente….decisamente forte e potente!” disse convinto e sorrise quando vide il sorriso radioso con cui Misha lo ricambiava.

“Ok e a quanto il gran momento?!”

“Tu dici che Jared….”

“Jensen….Jared già provava qualcosa per te all’epoca del vostro famoso litigio...”

“Dio...non mi ci far pensare!!!” sussurrò Jensen, sentendosi ancora in colpa.

“Ora, credimi….voi due mi sembrate davvero persi uno dell’altro, quindi fa’ la tua mossa cowboy!” e questo suonò a Jensen come un vero e proprio “via libera”.

 

Con le stesse intenzioni di chiedere consiglio, un Jared , forse più nervoso di Jensen, entrava nel bar dove Rich era intento a rimettere a posto l’ultima consegna di bevande varie.

“Ehi, barista!!” fu l’amichevole richiamo.

“Ehi, a te spilungone!” fu l’altrettanto amichevole risposta. “Allora , ho la curiosità che mi sta mangiando lo stomaco. Sputa subito il rospo o non arrivo a stasera!!”

“Wow!!” sorrise Jared a quell’esortazione. “Che entusiasmo!” fece mentre si accomodò al bancone. “Ma dammi una birra prima!”

“Sicuro di non volere qualcosa di più forte?!” azzardò l’altro.

“Diciamo che dipende da quello che mi dirai!”

“Che...ti dirò?!” ripetè sorpreso Rich. “Pensavo fossi tu quello che doveva parlare!”

“Sì...in effetti , sì!” ammise poi, Jared.

Rich notò un’agitazione diversa da un semplice nervosismo. Così, ignorando la sua indole scherzosa, divenne serio.

“Ok, Jared. Facciamo i seri. Che succede, amico?!”

“Io...io non so... insomma...vedi Jensen ...lui...”

“Jared ...per favore , dimmi che non vuoi rompere con Jensen!” lo bloccò.

“Cosa????” esclamò sconcertato. “No, no...assolutamente no!” rispose con decisione.

“Dio!!! stavo per avere un infarto!” fece , riempiendosi uno shot di scotch e buttandolo giù tutto di un fiato. “Ok! dall’inizio ma cerca di non fare queste pause o non arriverò a fine discorso!”

“Ok, ok...hai ragione.” e fece quindi un respiro profondo. “So che Jensen ci tiene a me, lo so. Ne sono sicuro!”

“Ed è così, credimi!” confermò Rich. “E tu? Ci tieni a lui?”

“Non sarei qui se così non fosse!” rispose senza esitare.

“Ok! Veniamo al sodo allora!” lo incoraggiò il barista.

“Sì, vedi io... io ho bisogno di sapere se lui….insomma se lui prova qualcosa che possa andare oltre il “tenerci a me”!”

“Cavolo, Jared….mi stai chiedendo se Jensen è innamorato di te?!” sbottò sorpreso Rich.

“Io...cioè...vedi...”

“Non credi che sarebbe meglio fare questa domanda al diretto interessato?!”

“Lo so, Rich...hai ragione. Ma vedi...sai come è iniziata tra noi e io ...io ho paura che se mi spingo oltre...potrei spaventarlo. Le cose vanno così bene tra noi che non voglio rovinare tutto dichiarandomi e dicendogli qualcosa che lui, magari, non è ancora pronto a sentire.” gli spiegò Jared.

“Jared ascoltami...”

“Rich, io...”

“Jared, zitto a fammi parlare!” e Jared si ammutolì immediatamente. “Conosco Jensen da quando andava al liceo. Io lavoravo nella caffetteria della scuola e lui quando poteva mi dava una mano. Magari nelle vacanze estive ...per racimolare qualche soldo per la macchina, la benzina...non voleva pesare sulla sua famiglia...e guardaci, lavoriamo ancora insieme. Lo conosco bene, la maggior parte delle volte so quello che vuole fare solo guardandolo in faccia e so capire quello che gli piace e quello che non gli piace.” raccontò fiero di quell’amicizia così consolidata negli anni.

“Rich, ma...”

“E credimi quando ti dico che tu vai oltre al “piacere”. Jensen è andato, perso, perduto, cotto, rincretinito...”

“Ok, ok ...ho capito, grazie!!” fece ridendo felice di quella rivelazione.

“Perfetto. E quando la grande rivelazione?”

“Io...sì, insomma….sabato diamo una festa a casa di Jensen, per ...lui dice “festeggiare l’inizio dei lavori qui al bar”...ma vuole solo fare una festa. Credo che sarebbe il momento opportuno. Saremo insieme, staremo bene e...”

“Io lo farei dopo la festa!” fece , interrompendolo Rich, con tono serio.

“Dopo la...” ripetè perplesso per quel suggerimento. “Perchè?” e questa volta era curioso.

“Perchè quando gli dirai che lo ami, credimi, Jensen vorrà sdraiarti sulla prima superficie verticale che avrà a disposizione!!” rispose con naturalezza e tronfio della sua solita ironia.

“Lo sapevo….lo sapevo...sei il solito maniaco!!” ma non potè evitare di dirlo senza ridere.

Poi l’amico alzò il bicchieri in segno di brindisi e : “Che la forza sia con te, giovane Jedi!”

“E con te, saggio Yoda!!” replicò Jared ghignando.

“Ehi!!! non sono così basso. Sei tu che sei maledettamente sproporzionato!!” gesticolando e indicando la palese altezza di Jared.

“Sarà!!, ma Jensen non ha mai avuto niente da dire sulle mie ….proporzioni!!” rispose malizioso.

Rich lo guardò stupito e anche soddisfatto: “Ma sentitelo!!! e poi sarei io il maniaco.” e ripresero a ridere.

 

 

Il giorno della sospirata festa e anche se i due avevano entrambi quel loro piccolo segreto, non riuscivano a guardarsi senza avere gli occhi brillanti di una bellissima aspettativa.

Quella mattina, Jensen doveva andare al bar per prendere i progetti della ristrutturazione del lato ovest del locale.

“Ehi, devo andare da quelle parti, ti ci porto io, se vuoi?!” fece Jared mentre si rivestivano, dato che avevano passato la notte a casa sua e Jensen era senza macchina.

“Non hai quell’appuntamento con Jeff?!”

“No, rimandato alla settimana prossima. Alcuni documenti sono ancora da definire, quindi….” e lo raggiunse, abbracciandolo alle spalle: “...mattinata libera e se mi vuoi sono tutto tuo!!” disse baciandogli il collo.

Jensen chiuse gli occhi, gustandosi quel bacio e poi si rigirò piano tra le braccia del compagno.

“Lo sa che se mi dici così...mando a quel paese ogni impegno e ti infilo di nuovo in quel letto!”

“E tu lo sai che mi piacerebbe infilarmi con te di nuovo in quel letto, ma tu devi prendere quei progetti da consegnare all’architetto lunedì, e dobbiamo prendere ancora parecchia roba per la festa di stasera!” gli fece presente Jared, senza però, allontanarsi da Jensen, anzi, sistemandosi meglio contro di lui.

“Che vadano a farsi….”

“Jensen!!” lo fermò Jared credendo in arrivo una ben altra esclamazione.

“... a farsi una birra da qualche altra parte.” lo tranquillizzò Jensen, sorridendo. “Gliela pago io. Restiamo qui. Io e te. Da soli!!” suggerì quasi capriccioso, poi.

“Scordatelo. Ho dei progetti ben definiti per stasera...quindi vedi di muovere quel tuo bel culetto texano e usciamo da questo appartamento.”

“Dittatore!”

“Sì, sì...come vuoi!” lo liberò dal suo abbraccio non prima di avergli scoccato un bacio a stampo che lasciò decisamente insoddisfatto il biondo.

“Io faccio quello che vuoi ma tu….” e con due falcate raggiunse il più giovane.

“...mai io, cosa?” gli fece eco Jared voltandosi verso Jensen. Non ebbe bisogna di risposta.

Un bacio ben più importante dell’ultimo lo zittì definitivamente. Le labbra di Jensen erano morbide e esigenti sulle sue. La loro morbidezza era un tocco irresistibile. Il loro sapore, un gusto inebriante. Il tocco stuzzicante della sua lingua, un afrodisiaco difficile da ignorare.

Quindi completamente soggiogato dall’assalto di Jensen, il più giovane non potè fare altro che rispondere al bacio con tutta la passione che riusciva a dimostrargli.

I loro respiri si affannarono nel rincorrere il ritmo delle loro labbra. I loro cuori trovarono un battito fatto apposta per quell’emozione che li stava incendiando pian piano, fin quando fu solo la naturale richiesta di ossigeno a costringerli a distanziarsi.

“Wow!!” esclamò con un fil di voce Jared.

“E’ quello che volevo!” rispose soddisfatto e orgoglioso Jensen, prima di mordicchiarli delicatamente il labbro inferiore e poi lasciarlo andare definitivamente e raggiungendo il suo giacchetto. “Allora? Andiamo??” lo provocò.

“Ti odio!!” fece fintamente offeso Jared.

“Sì, lo so!” e lo anticipò nell’uscire dall’appartamento.

Jared afferrò la sua giacca, il telefonino e le chiavi di casa e della macchina e raggiunse il compagno sul pianerottolo. I due andarono in giro per fare commissioni e compere vari quasi tutta la mattinata , poi andarono al locale di Jensen per prendere i progetti di ristrutturazione.

Mentre Jensen infilava i documenti nel suo zaino alzò lo sguardo e vide che Jared era preso a cliccare qualcosa al suo cellulare. Il tempo di metterlo via che quell’affare trillava di nuovo e Jared rispondeva di nuovo, a volte sorridendo , a volte alzando gli occhi al cielo.

“Ma si può sapere con chi diavolo stai chattando?” fece esasperato ad un certo punto.

“Sì...scusa...hai ragione. E’ Rich!!” disse senza problemi.

“Rich?”

“Sì!” confermò

“Il ...mio Rich? Il mio socio?”

“Sì, Jensen. Il tuo Rich...il tuo socio!” ripetè divertito Jared.

“E che vuole da te Rich?!”

“E’ assurdo. La festa la facciamo noi ma sembra che sia lui a voler organizzare tutto. È da un’ora che mi sta tempestando di messaggi del tipo “compra questo...compra quello...serve questo….serve quello...”, cioè..fosse per lui dovremmo comprare anche dei fuochi d’artificio!”

“Sì, è da Rich!” convenne Jensen, ironicamente, riconoscendo l’esagerazione festaiola dell’amico. Poi però divenne serio e Jared lo notò.

“Che c’è?!”

“Ma com’è che Rich chiama te e non me?!”

“Perchè dice che il tuo cellulare è irraggiungibile e quindi….” e poi, notando lo sguardo attento e sospettoso, di Jensen, alla risposta che stava dando: “Aspetta!!! sei ...geloso? Tu sei geloso?!” ripetè con più enfasi.

“Cosa??” esclamò con un tono esagerato nel tentativo di nascondere l’effettiva sensazione di gelosia. “Io? Geloso?”

“Sì. Tu. Geloso!!” lo provocò Jared, lasciando il cellulare sul bancone e avvicinandosi al compagno. “Sei geloso!” e questa volta non era una domanda.

Jensen lo guardò prima con aria di sfida e poi , quando si ritrovò il volto di Jared a pochi centimetri dal suo, si rese conto che gli occhi di Jared lo guardavano con una tale intensità che avrebbero potuto leggergli la mente e scoprire ogni più profondo sentimento lui stesse provando in quel momento.

Abbassò un attimo lo sguardo e poi, confesso.

“Sì...cavolo, sì. Sono geloso, ok?...fammi causa!” rispose con fare sconfitto, mentre poi le sue mani andavano a posarsi sui fianchi di Jared che istintivamente compiva lo stesso gesto.

“Di Rich?!” chiese perplesso. “Rich è etero!” gli fece presente.

“Credevo di esserlo anche io, prima di conoscerti. E guardaci ora! E poi...”

“E poi?”

“E poi a Rich piace giocare in due squadre. Dice che fin quando non trova la squadra giusta, perché precludersi ogni partita. Quindi….” rivelò dell’amico.

Jared strabuzzò gli occhi a quella rivelazione e : “Ohw!!” disse solo, preso di sorpresa. “Non avevo capito.”

Poi, colpito da quell’ennesima conferma di quanto Jensen tenesse a lui sentimentalmente, gli si strinse vicino, lo abbracciò forte, gli baciò la base del collo, gli carezzò la schiena contratta che sentì lentamente rilassarsi sotto il suo tocco. Sentì Jensen sospirare di puro sollievo.

“Non essere geloso Jensen. Non ne hai motivo!” gli sussurrò dolcemente mentre lo baciava piano sulle guance e sulla fronte, godendo dell’altrettanta dolce arrendevolezza che sentiva provenire da Jensen.

“Vorrei….ma...”

“Ma?”

“Non ci riesco. Dopo quello che abbiamo passato per stare insieme, di cui...il 70% per causa mia….io..io ho paura che..” ammise in sincero imparazzo.

“Jensen...” lo fermò Jared, mettendogli le mani intorno al viso e costringendo il biondo a guardarlo. “Io non ti lascio. Non l’ho fatto davvero quando “una parte di te non accettava quello che sentivi per me”!” gli ricordò, citandogli quelle che furono proprio le parole di Jensen durante la prima storica lite che li allontanò per mesi.

“Oh ti prego!! non me lo ricordare!!” abbassò lo sguardo il biondo

Jared lo costrinse a guardarlo e Jensen si ritrovò immerso in una immensa dolcezza.

“E non lo farò adesso che ti ho tutto per me. Non ti libererai di me tanto facilmente.” e detto questo si abbassò quel tanto che gli permise di baciarlo.

Jensen sospirò in quel bacio, ormai sereno. Decisamente felice.

“Ok!” fece Jensen, gustando almeno un altro po’ con la memoria le sensazioni di quel bacio appena ricevuto. Si diede una sistemata e afferrò lo zaino. “Andiamo? Prima che Rich ricominci con i suoi messaggi!!”

“Fammi strada!!” concordò Jared ridendo.

 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Il pomeriggio erano a casa di Jensen, come previsto per la festa. C’erano i loro amici più stretti. Era giusto una scusa per stare insieme e festeggiare l’inizio dei lavori al bar. C’erano Misha, Alex, Oz, Stephen, Tom e qualche altro amico. Rich, che era stato il primo ad arrivare, era già pronto a distribuire alcool e stuzzichini a tutti.

“Cavolo….dannazione!!” esclamò Jared.

“Che succede?!” gli chiese Jensen vedendolo frugare nervosamente nelle tasche della sua giacca.

“Il cellulare….non trovo il mio cellulare.”

“Ma stamattina lo avevi!!” asserì Jensen.

“Lo so!!” fece con tono seccato rendendosene immediatamente conto. Guardò Jensen. “Scusa...scusa...è che aspetto una chiamata che mi confermi l’appuntamento in banca per lunedì e se non rispondo, sperando che non abbiano già chiamato...” precisò frustrato. “Salta tutto e dovrò ricominciare d’accapo.”

Jensen, che conosceva ormai l’abnegazione al lavoro del compagno, comprese quella preoccupazione nervosa.

“Ok! Calmati e stammi a sentire. Stamattina, quando siamo usciti dal tuo appartamento, lo avevi!”

“Si!” confermò Jared, calmandosi come gli aveva detto di fare Jensen.

“Al locale dove abbiamo fatto colazione lo avevi. Hai risposto a Jeff!” gli fece ricordare.

“Sì, sì!!”

“Quando siamo andati al bar per prendere i documenti , lo avevi anche lì, perché hai chattato con Rich!” gli fece fare ancora mente locale.

“Sì, è vero...sì!”

“Dal locale siamo venuti direttamente qui, quindi...” e alzò le spalle

“E’ al bar. Sì!!” fece con entusiasmo. “L’ho poggiato sul bancone e devo averlo lasciato lì!”

“Bravo il mio Watson!” sorrise Jensen prendendo da un cassetto le copie delle chiavi del bar in ristrutturazione e lanciandole all’altro.

Jared le prese al volo. “Grazie Sherlock!” e prendendo il giacchetto, schioccò un bacio veloce al compagno e : “Torno tra mezzora!”

“Vedi di sbrigarti...ho dei programmi anche io per questa serata!”

Jared si voltò, sorpreso.

“Davvero?” e poi vestendosi di malizia. “Camera da letto, divano o doccia!?”

“Nessuna delle tre, se fai tardi!!” rispose facendogli l’occhiolino.

 

Poco dopo che Jared se ne fu andato, Jensen raggiunse gli altri e Misha gli si fece vicino.

“Dove è andato?!”

“Ha lasciato il suo cellulare al bar stamattina. Dice che aspetta una telefonata importante e...”

“...e non poteva fare a meno di rispondere!” finì per lui , Misha, conoscendo Jared.

“Già!” sorridendo Jensen e incrociando il collo della bottiglia di birra con quello di Misha. “Ma tornerà presto.” disse fiducioso. Jensen aveva progettato tutto e benchè non lo desse a vedere, ripassava a mente ogni parola che aveva deciso di dire, ignaro che Jared faceva esattamente la stessa cosa.

 

La serata proseguiva bene, e dopo oltre un’ora, Rich , ormai, sembrava essere il mastro di festa e quando si rese conto di non avere più birre a disposizione, disse a Jensen di dargli cambio perché lui sarebbe andato a prendere rifornimenti in cucina.

“Ehi, ma la festa è mia!” si lamentò Jensen, ma con tono scherzoso.

“Ascolta... Jared ancora non torna. Di sicuro è imbottigliato sulla Quinta a quest’ora e quindi tu sei qui solo soletto e poi...le tue feste sono pallose, quindi meno male che ci sono io. Muovi il culo e dammi il cambio!!”

“Ti ricordo che io ho il 70 % del bar, quindi non dovresti darmi ordini!” finse minaccioso.

“Licenziami!!” lo provocò Rich, sapendo benissimo che Jensen non lo avrebbe mai fatto. Tra loro non c’era solo un legame d’affari, ma uno ben più forte, fatto di vera amicizia consolidata da tanti anni passati insieme a conoscersi , a capirsi, a confrontarsi e ad accettarsi.

“Potrei farlo, sai?!” fece il biondo raggiungendolo alla “postazione” bar.

“Seh!! come no!” ghignò l’altro andando verso la cucina.

 

 

Rich recuperò tre dei cartoni di birra che erano impilati in un angolo della stanza e sistemò anche l’ennesimo vassoio di tacos, tartine, panini assortiti vari. Stava per ritornare dagli altri quando il suo cellulare squillò, ma non riconobbe il numero.

Lo prese e attivò la comunicazione.

“Chiunque tu sia, se vuoi propormi un qualsiasi cambio tariffa o enciclopedia o premio, ti risparmio tempo. Non mi interes...”

Sig. Speight ? Richard Speight Jr. ?” fece la voce all’altro capo del telefono.

Rich si ammutolì ad un richiamo così formale e rispose.

“Sì, sono io. Posso sapere con chi parlo?”

Sono il detective Abel, del dipartimento di polizia di Austin.

“Ok!!” rispose incerto. “Cosa posso fare per lei detective Abel?”

Sig. Speight mi rincresce informarla che qualcuno, stasera, si è introdotto illegalmente nel suo locale.

“Cosa???!” e subito dopo. “Un attimo, io ho un socio...mi dia un secondo che lo chiamo e la metto in viva voce.” fece Rich, avviandosi già alla porta della cucina.

No, no...sig. Speight devo fare rapporto e non posso spiegarle tutti i particolari, ma quello che devo per forza di cose dirle è che purtroppo uno dei suoi dipendenti è rimasto ferito. Non sappiamo se lui ha sorpreso il ladro o il ladro ha sorpreso lui.

Rich stava andando da Jensen ma quando il poliziotto gli fece quella comunicazione si bloccò sul posto. Una mano al cellulare e una sulla porta appena aperta sulla stanza con gli amici. “No, no, no...aspetti. Ci deve essere un errore. Tutti quelli che lavorano al bar sono qui, li ho qui davanti a me. Chi cavolo c’era...”

Speight….conosce un certo….” fece il detective e nel frattempo Rich lo sentì dire “ehi...passami il documento della vittima” e a Rich gli tremò lo stomaco a sentire quella parola: vittima.

Poi: “Dicevo...conosce un certo...Padalecki, Jared Padalecki?

 

Circa mezzora prima
……..“Potrei farlo, sai?!” fece il biondo raggiungendolo alla “postazione” bar.

Seh!! come no!” ghignò l’altro andando verso la cucina.

 

In quel momento, al locale, ben altra conversazione stava avendo luogo. Una più assurda e con un finale molto più tragico.

Per favore….no, non farlo. Qui non c’è niente….non…..”

Poi un rumore forte, assordante.

Jared vide la fiammata. Gli arrivò l’odore della polvere da sparo.

Poi...poi un dolore altrettanto forte. Altrettanto assordante.

Capì di essere sul pavimento. Sentì i passi di chi gli aveva sparato, allontanarsi. Sentì la porta del locale richiudersi.

Capì di avere ancora tra le mani il suo cellulare. Facendo ricorso a quella poca lucidità che ancora sentiva di avere, digitò il 911 anche se il suo braccio non rispose al comando di portare il telefono vicino al viso, rimanendo esausto al pavimento.

“911, come posso aiutarla?

A...iu..to...”

“Signore che cosa le è successo? Può dirmi il suo nome? Da dove sta chiamando?” domande di rito, fatte più che altro per tenere in linea il chiamante e rintracciare la telefonata.

Aiu..to….aiuta..temi..per favo..re”

“Signore, stia tranquillo. Un’unità di pronto intervento sta raggiungendo il posto da cui sta chiamando. La sto tracciando…. Il “The Club” sulla Roselynn Avenue?

Sì...sì..”

“Riesce a dirmi come si chiama?

Ja...Jared...”

“Jared?

Mmhh!” ebbe come assenso

Ok, Jared. Riesce a dirmi il cognome?” ma a questo ebbe come risposta solo un ansito di dolore.

“Ok! Non importa. L’unità sarà lì in pochi minuti. Mi dica se è ferito.

Sì...sì...sparato...mi hanno….”

“Le hanno sparato?

Sì….” e oramai era più che altro sussurri. Ma l’addetta al centralino non demordeva. Continuava a fare domande per tenere Jared al telefono. Era questo che insegnavano al corso.

“Riesce a tamponarsi la ferita? I soccorsi stanno arrivando, ma lei riesce a tamponarsi la ferita?

No...no...vi prego..vi….” poi più nulla.

“Jared? Jared mi risponda. Jared i soccorsi sono sul posto. Jared?? Risponda!!!” lo richiamò con più forza.

Pochi momenti dopo, dal telefono sentì un paramedico riferirle che stavano agendo per prestare soccorso e che il ferito era già in arresto.

Poi la chiamata finì.

 

A casa di Jensen...

Jared Padalecki

Rich smise per un attimo di respirare. Sentì quel nome e in quell’esatto istante un forte calore di puro panico gli gelò paradossalmente il cervello.

“Jared?” sussurrò incredulo.

Speight? Lavora per lei e il suo socio? E’ collegato in qualche modo al locale?

“Oddio...oddio...” ripeteva sotto choc.

Speight mi risponda! Lo conosce ?

“Sì...sì...”

Lavora per lei?

“No...no..lui..lui è il compagno del mio socio.” e solo in quel momento si rese conto che avrebbe dovuto dire a Jensen di Jared. Si passò istintivamente la mano sul viso ormai madido di sudore nervoso. “Per l’amor di Dio..mi dica che sta bene. Che lui non è...” ma non ebbe nemmeno il coraggio di finire.

Sig. Speight, il suo amico è grave. Il proiettile lo ha raggiunto in pieno petto. Lo hanno appena portato al Mercy Hospital. Ma non so se lui è...

“Oddio….come ...come lo dico a Jensen. Mio Dio!!”

Sig. Speight..

“Maledizione...”

Speight. Mi ascolti!” lo richiamò autoritario dato che anche per telefono , Rich, sembrava più che agitato.

“Sì...sì. L’ascolto.”

Ho bisogno che lei mi raggiunga al locale. Il suo socio , data la situazione, se vuole, può raggiungere il Mercy. Gli parlerò in un secondo momento.” suggerì.

“Sì, sì..ok. Mi dia il tempo di avvisarlo. Io...io sarò lì quanto prima.”

L’aspetto!” e mise giù.

Rich, non sapeva davvero come dare quella notizia a Jensen. Perchè? Perchè era capitata una cosa così assurda proprio ora che quei due erano così felici e pronti ad una vita insieme? Perché il destino doveva essere così crudele?

 

Ancora con il cellulare stretto tra le mani nemmeno si rese conto di essere di nuovo nel soggiorno dove il gruppo di amici chiacchierava allegramente. Jensen gli dava le spalle. Fu Misha, di fronte a Jensen, a notare lo sguardo sconvolto dell’amico. Fece cenno solo con lo sguardo al biondo di girarsi.

Jensen lo fece. Vide la confusione assoluta sul volto del socio.

“Rich, amico...che succede?”

Rich alzò solo il cellulare come a voler indicare che aveva solo avuto una chiamata.

“Chi era al telefono?!” chiese Misha.

Rich prese fiato, fece un respiro profondo.

“La polizia.”

“ La polizia?” gli fece eco Jensen, andandogli vicino, mentre gli invitati, si zittivano a quello scambio tra i due. “E che voleva la polizia da te? Che hai combinato?” scherzò perfino.

“Loro….sì, il detective che mi ha chiamato...”

“Un detective?!” si fece avanti Misha. Dato il lavoro che faceva, sapeva che quando era un detective a chiamare non c’era niente di buono sotto.

“Sì, lui...lui ha detto che hanno tentato di rubare al locale e...”

“Cosa??!” domandò esterrefatto Jensen. “Ma chi cavolo va a rubare in un locale in ristrutturazione. Porca di quella...” ma poi si zittì immediatamente. Come se qualcosa gli fosse , all’improvviso, venuto in mente. “Un attimo...”

“Che c’è?” domandò perplesso Misha, notando il repentino cambio di espressione e di tono di Jensen.

“Quando è successo?!” chiese, quasi con timore.

Rich, in quel momento, capì che Jensen stava pensando a ben altro che al locale. Ma non poteva esimersi dal rispondere.

“Circa tre quarti d’ora fa!” rispose senza distogliere lo sguardo.

Jensen tacque per un attimo. Guardò l’ora. Guardò Rich. Sentì il respiro e il cuore accelerare istintivamente.

“C’era Jared al bar..Jared è andato al bar a recuperare il telefono...Non sarà stato mica presente al furto?” disse prendendo il suo cellulare e cliccando tra le chiamate rapide. Tutti i prsenti ormai, in un silenzio attonito, aspettavano lo svolgimento delle cose, sperando in meglio.

Rich cercò di richiamarlo. “Jensen...”

“Andiamo rispondi!” fece Jensen ad un Jared assente che non rispondeva al telefono.

“Jensen….”

“Maledizione rispondi al telefono!!” imprecò.

“Jensen!!!” alzando la voce per farsi ascoltare.

“Aspetta Rich, devo assicurarmi che Jared...”

“Jared non ti risponderà!” fece Rich , senza capire come gli fosse uscita una frase simile dalla bocca. “Non può risponderti!” azzardò timoroso.

“Cosa?!” e stranamente furono Misha e Jensen a sussurrarlo all’unisono.

“Jared non può risponderti!” ripetè cauto.

“Perchè?!” e ora c’era già timore in quella domanda.

“Il detective non mi ha detto se Jared ha sorpreso il ladro o il ladro ha sorpreso Jared, ma è successo qualcosa e…”
“Qualcosa?!” esalò Jensen, terrorizzato dal voler sentire oltre.

“Che cosa è successo, Rich?!” chiese Misha, avanzando appena.

“Il ladro...sì, insomma...il ladro aveva una pistola e lui...lui...”

“Cazzo!!” imprecò Misha, mentre un'esalazione di sgomento salì dalle gole di tutti gli altri nella stanza.

Jensen a quelle parole, prima rimase senza respiro e poi venne come preso da una furia inarrestabile. Rich non riuscì a dirgli altro , poiché vide l’amico allontanarsi velocemente, afferrare il suo giubbotto e prendere le chiavi della macchina, ignorando tutti gli altri presenti.

“Dove lo hanno portato?!” chiese in uno stato di lucidità da far quasi spavento.

“Jensen...”

“Dove cazzo lo hanno portato?!” gridò il biondo.

Rich sussultò preso alla sprovvista da una tale rabbia. “Al Mercy. Lo hanno portato al Mercy Hospital!!” e un secondo dopo , Jensen era già fuori dal suo appartamento.

Misha gli andò dietro ma prima guardò Rich , che aveva comunque gli occhi lucidi.

“Che cosa non gli hai detto?!” azzardò.

Rich ne fu sorpreso. Sorpreso di essere stato scoperto.

“Il detective mi ha detto che Jared è messo male, Misha. Il proiettile lo ha preso in pieno. In effetti non sa nemmeno se lui è ...” ma un singhiozzo spezzato gli si bloccò in gola.

“Rich...”

“... se è arrivato vivo all’ospedale!” ammise affranto, riprendendo un minimo di controllo.

“No, no, no...Jared!!” e corse dietro a Jensen.

 

Misha riuscì a fermarlo alla macchina, ma solo perché le mani di Jensen tremavano e il ragazzo non era riuscito ad infilare la chiave nel quadro di accensione.

“Spostati... guido io!” fece, aprendo lo sportello al lato guidatore.

“Non sono un bambino, levati. Posso farlo da solo! Levati, devo andare da Jared!!” disse tra il furioso e il panico, senza però riuscire a guardare Misha.

“Jensen spostati, non ti farò guidare in questo stato. Vuoi andare da Jared? Ok! Ma ti ci porto io.”

“Misha levati dalle scatole!!”

“Ok...o ti sposti con le buone o ti giuro che ci andrai in ospedale , ma in ben altro modo. Come paziente. Non mettermi alla prova, Ackles!!” e questa volta fu davvero minaccioso e serio.

Jensen strinse con forza il volante tra le mani e solo allora alzò lo sguardo verso l’amico e solo in quel momento Misha potè guardarlo davvero.

Jensen aveva un’espressione stravolta dalla preoccupazione, gli occhi lucidi di lacrime, le labbra che tremavano dall’ansia.

“Jensen...” sussurrò non avendolo mai visto in quello stato.

“Non posso perderlo...non riesco nemmeno a pensare di poterlo perdere…..io….io...”

Misha, dopo quello che gli aveva rivelato Rich, non se la sentiva di dire la solita frase che diceva a chi soccorreva durante il suo lavoro “Starà bene, andrà tutto bene!”, perché un proiettile in pieno petto non dava mai molte speranze.

“Ascolta….prima andiamo al Mercy, prima ci rendiamo conto di quale sia la situazione di Jared, ok!?” e così dicendo poggiò una mano sulla spalla dell’altro, per invitarlo a spostarlo al lato passeggero. “Sai ciò che Jared è per me, è come un fratello...” e Jensen annuì. “Perciò lascia che guidi io prima che mi renda conto sul serio di quello che è successo e vada fuori di testa.”

Jensen capì. Misha aveva a che fare con quella specie di dolore quasi ogni giorno, riusciva a rimanere lucido , freddo, ma ora...ora quel dolore era suo. Si trattava di Jared. Quindi, annuì ancora e si mosse e lasciò la guida al paramedico.

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


Circa un quarto d’ora dopo, i due , entrarono dall’ingresso del pronto soccorso e si diressero velocemente alla reception ospedaliera.

L’infermiera di turno alzò lo sguardo

“Collins?? che ci fai qui, tesoro!!?” chiese riconoscendo il paramedico che di tanto in tanto faceva servizio con una delle loro unità mobili.

“Brianna...ciao.” rispose al saluto , tirandosi dietro Jensen che stava per correre verso uno dei corridoi di reparto.

“Mi sembri preoccupato. Come posso aiutarti!?!”

“Hanno portato qui un mio caro amico. Jared Padalecki. Ferita di arma da fuoco al petto e...”

“Al petto?!” gli fece eco Jensen che solo ora sapeva di dove Jared fosse stato ferito.

Misha non disse niente, ma tornò a concentrarsi sull’infermiera.

“Per favore...abbiamo bisogno di sapere come sta!”

“Misha lo sai che non posso dare informazioni...”

“Ascolta...mi conosci, sai che non mentirei su cose del genere, ma Jared è come se fosse mio fratello e lui...lui si chiama Jensen ed è il fidanzato di Jared. Ci hanno avvisati per telefono e ci hanno detto solo che Jared era stato ferito e portato qui. Puoi solo immaginare in che stato siamo!” e poi cercando di essere più discreto , fece cenno alla ragazza, solo con lo sguardo, di notare la condizione di apprensione in cui era Jensen.

La donna spostò lo sguardo su Jensen. Lo vide letteralmente stravolto, preoccupato. Decisamente nel panico.

Misha non stava mentendo. E non stava meglio dell’altro.

Picchiettò le dita sulla tastiera e i due la videro rabbuiarsi.

“Brianna?!” la richiamò Misha.

“Oddio...no...” balbettò Jensen, pensando purtroppo al peggio. “La prego...la prego non mi dica che lui è...” fece con la voce rotta.

“E’ ancora in sala operatoria, da quello che leggo, la ferita è stata causata da una calibro 9…”

“Cazzo!!” sibilò il paramedico.

“Zona toracica. Era in arresto quando è stato trovato. È andato in arresto in ambulanza ed era ancora in arresto quando è arrivato qui. Lo hanno portato direttamente in sala operatoria. La cartella non viene ancora aggiornata , quindi presumo che sia ancora in sala!” continuò lei.

“Dove?!” chiese Misha.

“Corridoio est. Ma non vi faranno entrare, lo sai!” l’avvertì.

“Lo so, ma almeno saremo già lì quando escono.” e si avviò richiamando Jensen a seguirlo.

Poi si girò e richiamò l’infermiera.

“Brianna?...chi c’è in sala?!”

“Pellegrino.” rispose lei.

“Ottimo, grazie!”

 

Quando arrivarono nel corridoio che portava alla sala operatoria in cui c’era Jared, Misha disse a Jensen che oltre non potevano andare.

“Possiamo solo aspettare qui.”

“Misha….” fece pensieroso , Jensen, cercando lo sguardo dell’altro.

“Che c’è?” fece l’altro, che spostava l’attenzione dal corridoio, alla grande porta automatica, alla vetrata che avevano di fronte e che era della rianimazione dove di certo avrebbero sistemato Jared se non fosse...se lui...ma a questo non voleva nemmeno pensarci.

“Misha?!” lo richiamò Jensen notando quella sorta di perlustrazione che stava compiendo solo con gli occhi l’amico.

“Sì...che c’è?!” dandogli finalmente attenzione.

“Prima ...quando la tua amica ti ha detto che Jared era stato ferito da una calibro 9, tu ...insomma...il modo in cui tu hai reagito...cosa, cosa vuol dire che...” ma non sapeva come andare avanti.

Misha lo fissò e sospirò. “Senti...non è importante...è stato il momento...era...”

“Non prendermi per il culo, Misha. Tu raccogli feriti di ogni genere per strada con il tuo lavoro e di sicuro avrai soccorso decine e decine di feriti da armi da fuoco. Quindi non venirmi a dire che “è stato il momento”!” lo rimproverò Jensen.

Misha cercò di controllare il respiro e poi sbuffò cercando di buttare fuori almeno un po’ di quell’ansia che gli tormentava lo stomaco.

“Ascolta...Un proiettile calibro 9 può avere due effetti. Se lo si vuole usare per ferire si mira al braccio, alla spalla. Al massimo all’anca. Ma se si vuole uccidere, si mira alla faccia, al collo o al...” e sentì di non avere coraggio per andare avanti.

“Al..?”

“Al petto.” disse infine.

Jensen allora fece mente locale e un panico silenzioso gli attanagliò lo stomaco.

“Voleva ucciderlo? Quel bastardo voleva ucciderlo per rubare in un locale vuoto?” iniziò a dire, sentendo crescere dentro di lui una rabbia furiosa. “Quel grandissimo figlio di puttana ha sparato per uccidere, perché il locale era vuoto?” e ora stava gridando.

“Jensen...” iniziò Misha, per cercare di calmarlo.

“Bastardo….figlio di puttana...maledetto figlio di...”

“Jensen..” e cercò di afferrarlo dalle spalle per cercare di trattenerlo, dato che ormai Jensen andava avanti e indietro come un leone in gabbia. Poi notò qualcosa in sala rianimazione. Qualcuno veniva sistemato accanto ai macchinari. “Jensen??!”

“Lo ammazzerò...lo troverò e lo...”

“Jensen!!!” lo richiamò con decisione e solo allora Jensen si zittì.

“Cosa c’è?!” notando lo sguardo perplesso di Misha.

“Jared.” disse solo, indicando la persona al di la del vetro.

Jensen guardò con ansia oltre la vetrata, ma i medici che si affaccendavano attorno a quel letto non gli permettevano di vedere chi vi era disteso.

Poi finalmente tra un camice e l’altro, vide il volto di Jared.

Addormentato. Assurdamente rilassato. Paradossalmente assente.

“Jared!!” sussurrò. “E’ vivo!….è vivo!?” sembrò poi chiedere come conferma.

“Sì..sì. Lo è!” confermò Misha e in quel momento un medico, presumibilmente un chirurgo, venne fuori dal reparto in cui erano le sale operatorie.

“Il dott. Pellegrino. Jensen il dottore che ha operato Jared..” gli fece notare e i due gli andarono incontro.

“Collins!” lo salutò il chirurgo. “Che ci fai qui?!”

Misha non ebbe tempo di rispondere che Jensen lo anticipò, in ansia.

“Jared...Jared come sta?!” chiese in apprensione indicando il ragazzo al di la del vetro.

“E lei è?!” fece il medico.

“Dott. Pellegrino, lui è Jensen Ackles. È il compagno di Jared. Il ferito che lei ha appena operato. Eravamo a casa sua quando la polizia ci ha avvisati. Ci hanno detto che è stato ferito al torace da una calibro...”

“Sì, una calibro 9.”

“Ma come sta? Quando posso vederlo? É cosciente? Posso parlargli?...deve sapere che sono qui...che sono...” ma l’agitazione e la mancanza di una risposta, fermò tutto quello che voleva ancora dire.

Pellegrino si sentì quasi in colpa vedendo la speranza sul volto di Jensen e sapendo che quello che stava per dirgli avrebbe mandato in frantumi quella stessa speranza.

Misha riconobbe quello sguardo sul viso del medico e qualcosa tremò dentro di lui.

“Dottore...” cercò anche lui una risposta.

Il chirurgo sospirò e poi gli fece cenno di spostarsi per farsì che altri macchinari passassero per essere portarti in sala rianimazione e avvicinati al letto di Jared.

“Ok...statemi a sentire. Il proiettile ha fatto molti danni. Jared ha perso molto sangue. Era in arresto..è andato in arresto in ambulanza e...”

“Sì, sì sì….lo sappiamo. Era ancora in arresto quando è arrivato qui!” lo fermò Jensen. “Voglio sapere come sta adesso.”

“D’accordo. Non ho potuto estrarre il proiettile perché è in una posizione che al momento non posso raggiungere. O meglio, Jared è in una condizione in cui non può sopportare un’operazione più lunga di quella che ha appena sopportato. La pressione era bassa, la saturazione anche, per non parlare della mancanza di liquidi. Troppo pericoloso andare avanti. Per adesso lo teniamo sedato, intubato e vediamo come va.” spiegò e fu con quella spiegazione che Misha spostò lo sguardo al ragazzo ferito e notò la coperta termica che aveva addosso.

Poi tornò a guardare il medico.

“Vuol dire che lui è in una situazione di...”

Pellegrino capì e disse solo: “Sì!”

Jensen, stranito, spostava lo sguardo tra il paramedico e il chirurgo e notò l’apprensione su entrambi i volti.

Esplose.

“Ok! Smettetela con questo gioco del cazzo delle cose dette non dette. In che situazione è Jared?” ringhiò furioso.

“Campo operatorio attivo.” disse Pellegrino.

“ E che diavolo significa?!” insistette Jensen.

“Significa che abbiamo praticato un taglio sul torace per tamponare tutto il possibile, sistemare tutti i danni che ci era possibile sistemare. Localizzare con precisione dove si fosse incastrato il proiettile, ma che, per evitare altro stress al fisico già provato, abbiamo fermato tutto. Ora aspettiamo che la situazione si stabilizzi lasciandoci una finestra di azione favorevole per finire il lavoro.”

Jensen aveva ascoltato ogni parola. Sapeva di aver capito. Lo sapeva. E le mani tra i capelli di Misha gliene dava la conferma. Ma voleva sentirselo dire. Aveva bisogno che quelle parole diventassero reali così da poter affrontare tutto il resto.

“Ok! Lei mi sta dicendo che Jared è di là, in quella stanza. E che sotto quella strana coperta ha il torace aperto?”

“Jensen...” cercò di calmarlo Misha, notando già il panico crescere nell’amico.

“Mi sta dicendo...mi sta dicendo che.. che Jared, il mio...che Jared….in questo momento...lui...lui è..” e il respiro si fece pesante. “Che lui è...che sembra un fottutissimo pupazzo dell’Allegro Chirurgo?...che lui…” rise nervosamente. Istericamente. “Che lui non...non può...che lui….lui” e a questo punto iniziò ad inspirare rumorosamente. Quasi a boccheggiare.

Sia Pellegrino che Misha si resero conto di quello che stava accadendo ed intervennero immediatamente.

“Prendi dell’acqua!” ordinò il medico e Misha corse al distributore. Poi tornò ad interessarsi di Jensen. “Ok, Jensen. Piegati in avanti e poggia le mani sulle ginocchia!” disse deciso.

“No...no...io devo fare...io ...io devo andare...” ansimava rumorosamente il biondo.

“ Sì..sì...andrai e farai tutto dopo. Per adesso stai avendo un attacco di panico. Quindi fa’ quello che ti dico. In avanti e mani sulle ginocchia. Respiri profondi e regolari.”

“Io...io...”

“Respiri profondi e regolari!” gli intimò ancora e ancora fin quando non vide Jensen fare come gli ordinava. “Ok!...bene...vedrai che tra un po’ andrà meglio.”

E Jensen effettivamente sentiva di riuscire a respirare di nuovo in modo abbastanza regolare. E anche i pensieri iniziarono di nuovo ad essere lucidi. Per quanto , di nuovo, orribili.

Il biondo alzò lo sguardo verso il chirurgo che lo stava aiutando a riprendere il controllo.

“Mi dispiace...mi dispiace...” iniziò.

“Ok. È tutto ok, Jensen. Tranquillo!!”

“Ma lui...Jared...Jared mi ha cambiato la vita...io non posso ...non posso perderlo...” fece rimettendosi dritto. “Lui...lui mi ha dato una possibilità e io...io ho cambiato la mia vita per poterla passare con lui..” si ritrovò a confessare. Forse , il fatto che il chirurgo fosse un perfetto estraneo, gli rese facile quella confessione.

“Jensen...” fece l’altro carezzandogli la spalla in segno di conforto.

“Deve salvarlo, dottore. La prego, salvi Jared!!” supplicò molto semplicemente.

Il chirurgo sentì su di lui una responsabilità diversa questa volta.

Sì, aveva a che fare con parenti imploranti quasi tutti i giorni, ma questa volta era diverso.

Sentiva che era diverso.

Diverso era il tono disperato con cui Jensen gli aveva parlato. Diverso il modo in cui Jensen lo aveva guardato. Diverso la disperazione con cui Jensen lo aveva appena implorato. Davanti a lui aveva qualcuno che stava per perdere tutto e sapeva di non avere nient’altro.

 

Gli mise entrambe le mani sulle spalle e lo guardò con una ritrovata decisione.

“Sai qual’è la prima regola che ci insegnano alla facoltà di medicina , Jensen?” chiese e il biondo negò con la testa.

Pellegrino sorrise. “Mai dare speranze che non si possono dare.”

“No.. no..no...” si agitò di nuovo Jensen.

“Sai che ti dico io?!” e lo incitò a riprendere il controllo. “Fanculo la prima regola!”

“Co..sa?” balbettò Jensen.

“Salverò il tuo Jared, dovesse costarmi un biglietto per l’inferno!!”

“Salvi Jared e io chiuderò per lei le porte dell’inferno!!”

“Abbiamo un patto?”

“Abbiamo un patto!” e in quel momento tornò Misha con l’acqua e anche un paio di bibite.

“Ehi!!” fece mostrando entrambe le bevande, lasciando all’altro la scelta. “Come va? Come ti senti?!”

“Meglio….meglio grazie!” rispose Jensen propendendo comunque per l’acqua.

“Ok! Io vi lascio. Ho una vita da salvare!” e andò via.

Misha non capì quel tono e guardò Jensen.

“Mi sono perso qualcosa?”

“Solo una promessa.” fu la risposta criptica.

“Già!! Immagino….senti...io vado a chiamare Rich. Qui non si possono usare i cellulari. So che doveva raggiungere quel detective al locale, ma sarà sulle spine..”

“Sì...se non ti dispiace aggiornalo tu. Io ….io voglio stare qui!” disse mettendosi vicino alla vetrata che gli permetteva di vedere Jared.

“Sì, si...ok. Torno tra un po’. Ti serve qualcosa?!” chiese prima di allontanarsi di nuovo.

Jensen non rispose, ma si limitò a guardare Jared.

“Sì!” rispose sottovoce fissando il ragazzo inerme.

Gli serviva Jared, vivo.

Ma Misha intuì lo stesso.

Non disse altro e andò a chiamare Rich.

Jensen , fronte appoggiata al vetro, sospirò affranto.

“Ho bisogno di te. Mi servi tu.” e chiuse gli occhi sperando che quella sua supplica arrivasse a Jared.

 

Durante quei momenti, lunghissimi frustranti momenti, in cui Jensen rimase solo, qualcuno lo notò seduto ad una sedia di quel corridoio asettico.

Il medico mise a fuoco e riconobbe in quella persona così amareggiata quello che fu un suo paziente. Consegnò la cartella che aveva tra le mani e si avvicinò al biondo che aveva ancora la testa tra le mani con i gomiti poggiati sulle ginocchia.

“Ackles? ….Jensen?” lo chiamò.

Jensen alzò la testa a quel richiamo.

“Dott. Sheppard?...come mai….lei qui?” domandò sorpreso. “Non sapevo lavorasse qui adesso!” e gli andò incontro per stringergli la mano che il medico già sporgeva verso di lui.

“E non lo faccio in effetti. Sono qui per una consulenza pneomatologica. Ma tu? Come mai sei qui?” fece scrutandolo letteralmente. “Non stai bene? Hai di nuovo un qualche….”

“No, no, no...” lo fermò Jensen. “Io sto bene, più o meno, data la situazione!”

“Spiegami!” fece poggiando a terra la sua ventiquattrore medica e mettendosi in ascolto.

“Ricorda Jared?”

 

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Capitolo 12
*** 12 ***


...."Ricorda Jared!?"
“Il ragazzo che si fece passare per il tuo compagno pur di sapere come stavi?!” domandò ironicamente retorico, il medico.
“Sì!” rispose sorridendo la prima volta da ore.
“E allora?!”
“Beh! Ora ...cioè..ora...lui è...è il mio compagno e ieri sera...sì...insomma….ieri sera...”
“Jensen smettila di balbettare e sputa il rospo!”
“Gli hanno sparato.” disse tutto di un fiato.
“Cosa?” fece sconvolto il chirurgo.
“Era nel mio locale, è entrato un ladro, gli ha sparato e...”
“Ma è assurdo.” fece turbato. “E come sta?”
“Non bene...il medico che lo ha in cura ha detto che hanno dovuto sospendere l’operazione perché Jared era troppo debole e ora è lì...” disse indicando la rianimazione alle spalle di Sheppard. Il medico si girò e notò immediatamente la copertura termica che copriva il paziente.
“Campo operatorio attivo!” disse piano.
“Sì.” confermò Jensen. “Il chirurgo non ha potuto estrarre il proiettile. Dice che ha una...non ricordo bene come ha detto….sì, insomma una finestra….”
“Sì, sì...ho capito. Una finestra di azione.”
“Sì, ha detto così.”
“Chi è il chirurgo?”
“Pellegrino!”
“E’ un ottimo chirurgo. E’ stato un mio allievo in chirurgia generale fin quando non ha scelto cardiochirurgia.”
“Non mi serve che sia un ottimo chirurgo. Ho bisogno che sia il migliore!” lo spiazzò Jensen.
“Sono stato il suo maestro e mentore. Lui non può essere il migliore.”
Jensen strabuzzò gli occhi a tanta audacia, ma la bravura di Sheppard era indiscussa.
“Ma...”
“Ascolta...per quel poco che ho potuto conoscerlo, ho capito che Jared è un bravo ragazzo, di buon cuore. In pochi avrebbero fatto quello che ha fatto lui con te.”
“E’ così...è così!” sussurrò Jensen , amaramente triste.
“Ti farebbe stare più tranquillo se chiedessi al dott. Pellegrino di unirmi alla sua equipe quando riporterà Jared in sala?!”
Jensen non riuscì a dire niente, ma annuì grato.
“Ok!” disse battendogli una pacca paternale sulla guancia. “Vado ad informarmi e a parlare con Pellegrino.”
“Grazie. Grazie mille!” fece Jensen mentre vedeva Sheppard allontanarsi e raggiungere la postazione dove medici e infermiere archiviavano le cartelle mediche.


Si rivolse al giovane medico seduto al pc.
“Salve. Mi occorre la cartella clinica di Jared Padalecki”
Il medico picchiettò sui tasti e poi: “Ohw… mi dispiace ma è un paziente del dott. Pellegrino.”
“Lo so!”
“E al dott. Pellegrino non piace che qualcuno non autorizzato controlli le cartelle dei suoi pazienti!” fece educatamente presente , lo spacializzando.
“Mick..sta’ zitto e dagli la cartella!” fece con discrezione l’altro medico presente.
“Mi creda, non se la prenderà se la visionerò io!”
“Mi dispiace signore ma non...”
“Mick...” lo richiamò di nuovo l’altro collega.
“Dottor..” fece Sheppard e si sporse per leggere il nome sulla targhetta. “Davis...Mick Davis...”
“Sissignore”
“Conosce il Nostra Signora dei Miracoli?”
“Si, ho fatto richiesta per fare il secondo anno di tirocinio lì.”
“Ma non mi dica.” fece ironicamente soddisfatto. “E sa chi è il dott. Sheppard?!”
“Si, non lo conosco di vista ma so chi è. La sua fama lo precede ovunque!”
“Già!” ghignò il medico non ancora riconosciuto. “E mi dica...sa come lo chiamano?”
“Oh sì!!!...il Re dell’Inferno, perché se qualcosa va storto con lui, può renderti la vita un inferno. Se sbagli con lui, hai chiuso. Dritto dritto a vendere panini all’Olimpic Stadium!”
“Esatto!” convenne l’altro. “E sa come mi chiamo io?!”
“No, signore, mi dispiace.”
“Oddio...” sussurrò frustrato il medico che stava assistendo a quella prossima disfatta.
Sheppard si aprì appena il cappotto che indossava e lasciò che la targhetta appuntata sulla tasca della sua giacca fosse visibile così da poter leggere il nome.
Il tirocinante si sporse e lesse e il suo collega potè giurare di averlo visto sbiancare istantaneamente.
“Oh cazzo...” fu la sola esclamazione che Davis riuscì a proferire.
“Già!” fece soddisfatto il primario. “Ora...” continuò Sheppard poggiando le mani al bancone. “Mi dia...” e alzò di più la voce. “...quella...” e ancora più alta. “...dannata…” e ancora. “..cartella!” e ormai il suo era un urlo rabbioso che alla fine costrinse il mal capitato medico a curvare le spalle.
“Mi scusi signore!” fece mesto porgendo i documenti richiesti.
Sheppard glieli sfilò dalle mani con un gesto stizzito e andò via, dopo aver richiesto all’altro medico presente di avvisare Pellegrino della sua presenza e che lo avrebbe aspettato nel suo ufficio.
Quando i due tirocinanti furono da soli, Davis guardò il collega.
“Che cazzo , Ketch!!...non potevi avvisarmi?”
“Beh! Scusami tanto ma “Mick sta’ zitto e dagli la cartella” credo che si possa considerare un avviso ben chiaro!”
“No.. “Mick sta’ zitto e dagli la cartella perché lui è il re dell’Inferno” è un avviso.” lo rimproverò Davis. “E’ finita...” fece poi scoraggiato. “...dovrò imparare a fare hot dog. L’Olimpic Stadium mi aspetta.”


Come promesso da Sheppard, i due chirurghi si confrontarono e il più anziano chiese di essere avvisato non appena la famosa finestra di azione fosse stata favorevole a riportare Jared sotto i ferri.
Questo accadde il giorno dopo.
Pellegrino avvisò Jensen che la pressione del ragazzo era stabile e i valori di saturazione permettevano al fisico di sopportare la sedazione e l’operazione stessa. Gli comunicò che aveva già allertato Sheppard e che lo stesso stava raggiungendo l’ospedale per unirsi all’equipe operatoria.


“La prego me lo faccia vedere...me lo faccia salutare….” sembrò supplicare Jensen. “Un secondo...un solo secondo...” provò anche ad insistere.
“Mi dispiace, Jensen. Se potessi...se Jared potesse..” specificò. “..te lo lascerei fare. Ma nelle condizioni in cui è non possiamo rischiare. Ma ricorda che ti ho fatto una promessa.” ribadì sperando di portare speranza e conforto. “Avvisa i tuoi amici. Non stare qui da solo. Sarà un intervento lungo.” e andò via.


Jensen restò per un attimo a fissare il medico che si allontanava e poi come un automa prese il cellulare e chiamò Rich.
Ehi, Jens!!” fece la voce dell’amico. “Che succede? Jared? Novità?” chiese telegrafico.
“Sì, fra meno di un’ora lo riportano in sala operatoria per estrarre il proiettile e finire tutto e...”
Dio!!!” esclamò apprensivo l’amico.
“Rich?!” lo richiamò Jensen.
Dimmi!!
“Non ce la faccio ad aspettare qui da solo...io non...io non riesco nemmeno a muovermi….sono...sono terrorizzato!” ammise vergognandosi di quella debolezza che sentiva. Voleva essere forte, ma non ci riusciva. Non con Jared in quelle condizioni.
Tranquillo, fratello. Sono già in macchina.” lo tranquillizzò Rich.
“Grazie!”
Hai avvisato Misha?
“No...no...ho chiamato prima te!” rispose.
Ok! Lui doveva passare al parcheggio ambulanze per dei documenti, lo chiamo e gli dico che passo a prenderlo e ci vediamo in ospedale tra un po’.
“Grazie!” ripetè ancora Jensen, non riuscendo a dire altro.


Circa venti minuti dopo, Misha e Rich, raggiungevano Jensen. Chiesero di Jared ma il biondo, da quando aveva parlato con Pellegrino non sapeva altro. Poco dopo si avvicinò loro un’infermiera avvisandoli che Jared era in sala operatoria e che l’intervento era appena iniziato.


Due trattennero per qualche secondo il fiato.
Uno, sentì il cuore smettere di battere.


I minuti iniziarono a diventare lunghi…


La pressione è in calo….”
C’è un’emorragia ...il proiettile ha fatto parecchi danni... più di quelli visibili dalla TAC.”
Dobbiamo clampare ogni vaso danneggiato o finirà per morire dissanguato...”


Poi divennero ore…


La saturazione scende...”
Se continua così...rischiamo di perderlo!”
No. Ho fatto una promessa!”
Hai ancora questo dannato vizio, ragazzino!!”
L’ho imparato da lei ...nonnetto!!”


E le ore divennero lunghe attese….


Dobbiamo cambiare strategia, siamo alla nona sacca di sangue!”
Me ne viene in mente solo una. Azzardata , ma possibile!”
I due si guardarono: “Resezione dell’aorta!” dissero all’unisono.
Preparate il campo operatorio per una resezione aortica.” fece il chirurgo anziano.
Seghetto sternale e preparate il divaricatore!” ordinò quello più giovane. “Lama dieci, per favore.”



E poi Jensen cominciò a perdere la cognizione del tempo. L’ultima infermiera che era passata, aveva avuto ordine di non riferire che cosa stesse accadendo, ma solo del tempo che presumibilmente ci sarebbe voluto. E aveva parlato ancora di ore.


Pressione troppo bassa...troppo bassa!!”
Lo so, lo so...ma non possiamo fermarci. Non adesso!”
Se va in arresto lo perdiamo...”
Beh! Vediamo di non farlo andare in arresto...”


Qualcosa non andava. Troppo tempo per tirar fuori un proiettile. Qualcosa non andava e Jensen iniziò a sentire il panico farsi di nuovo strada dentro di lui.


Tachicardia ventricolare!!”
Dannazione, no no no...”
E’ in asistolia!!”
Piastre interne, veloci. VELOCI!!”
E’ in arresto...”
No, no, no…..non mollare Jared. Non mollare!!! No, no...”
Parametri vitali assenti….”
Sheppard, un’altra di adrenalina!”
Adrenalina in vena!”
Ancora niente! Parametri...”
Lo sappiamo!” fecero all’unisono i due chirurghi , fermando l’infausto ragguaglio.
DANNAZIONE!! No! Nooo!”
Basta così. Spegnete tutti i monitor...”

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Capitolo 13
*** 13 ***


“Misha...” fece avvicinandosi all’unico che forse poteva ipotizzare su cosa poteva star accadendo al di la di quelle porte.
Misha lo guardò, fece un respiro profondo e decise che addolcire la pillola non sarebbe servito a niente e a nessuno.
“Forse non era così difficile tirar fuori quel maledetto proiettile, forse era incastrato da qualche parte. Ci sono tanti motivi per cui ci stanno mettendo così tanto tempo, ma Jensen...” fece mettendogli le mani sulle spalle. “...fin quando sono ancora dentro, vuol dire che non si stanno arrendendo, che Jared non si sta arrendendo.”
“Sta lottando, sì. Lui ...lui è forte!”
“Lui è molto forte.” convenne per tranquillizzarlo e forse tranquillizzare se stesso. “Non ha mollato con te. E gliene hai dato di filo da torcere!!” provò anche a scherzare.
“No, lui non è un tipo che molla !!” fece deciso, il biondo.
Rich si alzò dalla sedia su cui era seduto per andare a chiedere ai due amici se volevano un caffè.
“Ehi!! mi si sa intorpidendo il culo a stare seduto li sopra e poi non resisto più a fissare quelle por...” e poi smise di parlare, sbiancando.
I due lo guardarono straniti.
“Rich?” lo richiamò Jensen e mettendogli una mano sulla spalla.
“Ehi??!, stai bene?!” si accodò Misha.
“E’ finita!” sussurrò allora Rich tenendo lo sguardo fisso alla grande porta alle spalle di Jensen e Misha.
“Come?” fece Misha.
“L’operazione è finita!” ripetè con più convinzione ma comunque a voce bassa guardando oltre le loro spalle.
“Ma come fai a ...” stava per chiedere Misha mentre vide, un secondo dopo, Jensen girarsi di scattò. Seguì il movimento e tutti si ritrovarono a fissare i due chirurghi avanzare verso di loro.
I due medici sembravano, o forse lo erano, sfiniti. Sui loro volti impassibili fu difficile leggere l’esito dell’operazione.
Pellegrino si tirò via la mascherina e la lanciò con un gesto frustrato nell'apposito contenitore medico. 
"Oddio!" esalò Rich.

Jensen , invece, respirò a forza, si fece coraggio, gli corse quasi incontro.
“Come sta? Come è andata?!” disse senza aspettare che fossero i due medici a farsi avanti. “Vi prego ditemi che lui...che lui è...”
I due si guardarono, sembrava come se stessero decidendo in quel momento chi dovesse dare la notizia.
Ma quella pausa gettò nel panico Jensen.
“Mio Dio….no, no,no...” sussurrò terrorizzato.
Poi…
“E’ vivo, Jensen!” fece Sheppard.
“Oddio, sì!!” esclamò al cielo. Lo stesso fecero gli altri due , abbracciandosi.
“Il tuo Jared è vivo.” continuò il chirurgo anziano e poi spostando lo sguardo sul suo collega più giovane: “A te la parola, ragazzino!”
“Grazie, nonnetto!” e poi guardando lo sguardo trepidante di Jensen gli spiegò tutto quello che era successo in sala operatoria e di che svolta aveva preso l’operazione stessa.
“Sembra una cosa complicata.” azzardò Jensen.
“Come mai la scelta di una resezione aortica!?” chiese Misha.
“Abbiamo cercato di tamponare e aggiustare tutti i danni fatti da proiettile, ma i vasi erano talmente danneggiati che non tenevano le suture. Quindi abbiamo deciso che la resezione era l’unica strada da prendere o sarebbe morto dissanguato!” rispose Pellegrino. “Ma il fisico ha retto superando una tachicardia ventricolare e un altro arresto. Ci fa sperare in bene!”
“Sì...sì...” concordò Misha e Jensen si sentì decisamente più tranquillo dato che anche Misha concordava con quella scelta. Ma non perché non si fidasse dei due chirurghi ma perché non ci aveva capito molto in quelle spiegazioni mediche e il fatto che Misha fosse stato d’accordo , lo tranquillizzava. E poi la sua mente si era come bloccata all’unica cosa che di più gli importava: Jared era vivo.
“Dottor Pellegrino...dottor Sheppard...so che dirvi grazie non è abbastanza, ma ora come ora io...io non riesco a farmi venire in mente niente di meglio che “Grazie , grazie di cuore”!!” fece decisamente emozionato e grato.
“Avevo fatto o no una promessa!?” scherzò Pellegrino.
“E io manterrò la mia se mai dovesse servire!” rispose Jensen stringendogli la mano. “Ora che cosa succederà?!”
“A causa dell’operazione subita, la prassi vuole che Jared rimanga in rianimazione , intubato, per almeno 72 ore. Poi, se i suoi valori e i suoi parametri vitali saranno soddisfacenti lo staccheremo dal respiratore, ma dovrà stare comunque in intensiva.”
“Perchè?!” chiese Rich , anticipando Jensen che annuì in accordo con la domanda.
“Devono essere sicuri che il tubo del respiratore non provochi infezioni, come a volte può succedere.” spiegò Misha.
“Esatto!” concordò Pellegrino. “ Prima di sciogliere la prognosi dobbiamo essere certi al 100% che vada tutto bene. Che ogni parametro vitale sia nella norma e solo allora lo sposteremo in reparto.”
“Ma lui...” azzardò Jensen, volendo sapere in che modo Jared aveva reagito a tutto.
“Jensen...” intervenne Sheppard. “Quando sei stato male, ho parlato con lui qualche volta e ti posso garantire che la stessa tenacia che ha usato per prendere per il culo me pur di starti vicino, l’ha usata per non mollare in sala operatoria!” rispose sapendo che era quello che Jensen voleva sapere. “Il tuo ragazzo è forte, ha reagito bene ad un’operazione importante come quella che ha subito. Ora dobbiamo dargli solo il tempo di recuperare.”
“Quando potrò vederlo?!” chiese Jensen.
“Quando sarà in reparto. Non prima e su questo non transigo!” fece Sheppard, anticipando Pellegrino che annuì in accordo. “Non possiamo rischiare ora che è intubato. Meno ha contatti con l’esterno, meglio è!” fece irremovibile.

Il medico più anziano si congedò, alcuni minuti dopo.
“Il trucco dei monitor ha sempre un suo perché!” fece Pellegrino rivolto all’ex mentore.
“Bisogna ascoltare il vero suono e il vero ritmo del corpo umano, te l’ho sempre detto. E poi con tutti quei bip mi sembrava di essere in una sala di slot machine.”
“Grazie per l’aiuto.”
“Ce l’avresti fatta anche da solo, ragazzino.” e poi puntò il dito indice verso Jensen.
“Niente contatti!” ribadì severo e andò via.
Jensen si trovò costretto ad annuire.


Di certo non poteva opporsi ad un tale ordine e così mentre Rich e Misha ringraziavano ancora il cardiochirurgo, lui si voltò verso la grande vetrata che dava nella sala dove Jared era stato portato e collegato ai vari macchinari e al respiratore.
Gli si spezzò il cuore a vederlo così. Ora, non aveva più quella strana coperta termica, ma vederlo collegato a tutti quei tubi e macchinari, lo rendevano così vulnerabile. Lui che era l’energia fatta persona, che riusciva a portare allegria anche quando uno voleva stare solo a piangersi addosso. Gli mancava la sua voce, la sua risata, il suo bellissimo casino quando la mattina, dopo aver dormito da lui, si rendeva conto che era tardi e imprecava perché sarebbe dovuto prima andare a casa sua a cambiarsi e poi andare in ufficio. E gli mancava il modo in cui gli urlava contro quando, in quelle mattine, se la rideva a vederlo così impacciato e confusionario. Gli mancava. Dio, quando gli mancava!! Gli mancava tutto di lui e questa consapevolezza altro non fece che confermare quello che ormai provava per Jared.
Lo amava. Senza più ombra di dubbio , lo amava. E anche tanto.


Quei giorni di stasi medica passavano maledettamente lenti. Come sembravano fatti a rallentatore i movimenti che medici e infermieri compivano quando erano attorno al letto di Jared, per controllarlo, monitorare i suoi parametri, cambiare le bende chirurgiche.
Jensen non ne aveva voluto sapere di andare via dall’ospedale. La giornata la passava tra il corridoio e la vetrata dell’intensiva, andando a mangiare un panino o al bar o preso alla macchinetta automatica. La notte , la trascorreva su una delle poltroncine della sala di attesa dato che non gli era permesso rimanere in reparto.
La mattina, Rich, prima di andare a controllare i lavori al bar , passava in ospedale e gli portava un cambio. O a volte era Misha a portargli il cambio prima di attaccare con il suo turno in ambulanza.
Con Rich, quel giorno, si spostarono vicino alla porta del bagno del reparto, dove Jensen ormai si cambiava tutte le mattine.
Quella mattina gli portò anche il rasoio, dato che Jensen ne aveva decisamente bisogno.
Quando lo passò all’amico, notò che la mano di Jensen tremava, anche se impercettibilmente.
“Ehi? Che hai?!” chiese indicando quel leggero tremore dovuto sicuramente allo stress e alla stanchezza.
Jensen guardò la sua mano. La vide tremare. Sospirò preoccupato. “Il medico che ha visitato Jared stamattina ha detto che la pressione era bassa e che non gli piaceva e che avrebbe avvisato Pellegrino.” riferì.
“Jensen, vedrai che...”
“Credevo che fosse fuori pericolo ormai e invece...lui...lui...”
“Ascoltami!” lo richiamò risoluto Rich, mettendogli le mani attorno alle spalle. “Non crollare adesso. Jared se la caverà. Se qualcosa doveva andare male, sarebbe già accaduta...”
“Come...come fai a dirlo? Come puoi esserne così sicuro?!” chiese quasi come se volesse sapere dall’amico come avere tutta quella sicurezza, così da averne anche lui.
“Perchè Jared è sopravvissuto ad un proiettile in pieno petto, ad un’operazione a cuore aperto , a due o forse più collassi e di certo non mollerà adesso solo per un semplice calo di pressione!” disse con decisione.
Jensen ascoltò ogni parola, ripercorrendo con quelle parole tutto quello che aveva passato Jared e in qualche modo si sentì appena appena più sicuro. No!, Jared non avrebbe mollato...non avrebbe smesso di lottare solo per un calo di pressione.
“Ok! Ok!” disse convenendo con l’amico. “Andrà tutto bene!”
“Sì. Cazzo. Sì!!” fece deciso Rich. “Ora ...dammi quel rasoio, perché di certo quando Jared aprirà gli occhi non vogliamo fargli trovare accanto a letto il fratello biondo di Edward mani di forbici.”
Jensen sorrise a quel paragone, ma dopo aver fatto un respiro profondo, riprese il rasoio dalla busta e rassicurò l’amico: “Tranquillo...posso farlo da solo.”
“D’accordo!” e in quel momento videro arrivare anche Misha.
Il paramedico notò gli sguardi tra i due.
“Che succede?” chiese allarmato. “Jared?”
“Il medico che lo ha visitato ha detto che ha la pressione un po’ bassa e..”
“Ma può essere più che normale dopo tutto quello che il suo fisico ha patito in questi giorni!” affermò Misha.
“E quello che gli ho detto anche io e non sono del settore!” intervenne Rich.
Poco dopo videro entrare Pellegrino nella stanza di Jared ma non vollero chiamarlo. Avrebbero aspettato che uscisse per avere notizie.
Dopo circa venti minuti , il chirurgo uscì dalla stanza e notò i tre.
“Ecco i tre amigos!” scherzò.
Jensen non capì. Jared aveva la pressione bassa, sintomo chissà di che cosa e il medico scherzava!?
Ma si trattenne e domandò solo come stava il suo ragazzo.
“Procede tutto alla grande. Anzi, anche meglio di come avevo messo in conto!” fece tranquillo Pellegrino.
“Sul serio?!”
“Davvero?”
Il chirurgo ne fu colpito. “Perchè sembrate così stupiti?!”
“Stamattina , il medico che ha visitato Jared mi ha detto che aveva la pressione bassa , che quel valore non gli piaceva e che si sarebbe consultato con lei.” riportò Jensen.
Pellegrino lo guardò e poi lesse dalla cartella di Jared.
“Oh sì!! il dott. Singer. E’ un bravo dottore, ma è vecchio stampo. Con una visione ancora tutta sua di come debbano andare alcune cose e alcuni valori. Tranquilli, Jared sta andando alla grande!” disse , vedendo un sospiro liberatorio lasciare tutti e tre i ragazzi. “Jared sta raggiungendo tutti i traguardi a pieni voti. Anzi, vi dirò, io finisco il turno mezzogiorno, ma in serata chiamerò Sheppard, lo aggiornerò sulle condizioni di Jared e se anche lui concorda, domani mattina lo estuberemo e lo porteremo in reparto!”
Jensen ebbe un tuffo al cuore per la contentezza. Se Jared veniva spostato in reparto voleva dire che davvero stava migliorando e non era più in pericolo di vita.
“Domani...domani mattina?!” ripetè emozionato il biondo.
“Sì, quindi preparati a vederlo!” disse facendogli l’occhiolino.
“Sì, sì, sì!!” esclamò di pura gioia, mentre Misha e Rich gli battevano una mano sulla spalla, felici anche loro.
“Ad una condizione però!” aggiunse il chirurgo.
“Quello che vuole!” fece Jensen.
“Sei qui da oltre una settimana, in pianta stabile. Sei stanco, sfinito e hai decisamente l’aspetto di un barbone.” alludendo palesemente alla barba lunga. “Devi andare via per un po’, farti qualche ora di sonno come si deve e domani..”
“No..no...no...”
“Jensen!” fece apprensivo il medico. “Non costringermi a chiamare la sorveglianza! Hai bisogno di riposare.”
“La prego, no...” esordì Jensen, davvero supplichevole. “La prego non mi faccia andare via. Non ora. Non adesso. Io devo...io devo essere qui quando si sveglia...io devo parlargli appena si sveglia….Per favore...per favore non mi mandi via.”
“Ma tu..”
“Non appena avrò parlato con lui...lo giuro..lo giuro...mi vedrà solo nell’orario di visita.” promise.
Pellegrino guardò dubbioso sia Misha che Rich che ricambiarono con i soli sguardi la perplessità del chirurgo.
“La prego!” supplicò ancora Jensen, sentendosi in minoranza.
Il chirurgo lo guardò, o meglio, lo scrutò. Si infilò una mano in tasca e prese il suo cellulare.
Jensen esalò un “no” temendo che stesse per chiamare la sorveglianza.
Il medico passò il cellulare nell’altra mano e dalla tasca da cui aveva tirato fuori il telefono , estrasse un tesserino magnetico. Lo porse a Jensen.
“Questo tesserino apre il mio ufficio. C’è un bagno decente, privilegi del capo di cardiochirurgia. Lavati, rasati e datti una sistemata.”
Jensen lo fissò stranito. “No, no...grazie. Non c’è bisogno di tanto. Posso usare il bagno del corridoio.”
“No. Nel mio c’è una piccola doccia e credimi ne hai davvero bisogno! E a questa richiesta non accetto un NO come risposta. Intesi?”
“Ma io...”
“Intesi?!” ripetè con più autorità.
Jensen annuì sconfitto e comunque grato. “Sì, intesi!” rispose.
Poi , Pellegrino, si rivolse a Misha.
“Tu sai dov’è il mio ufficio. Accompagnalo e quando avete finito, riportami il tesserino per favore.”
“Sì, sì. Certo!” fece Misha, facendo strada a Jensen.
“Io vado..fatemi sapere!” si accomiatò anche Rich.
“Ok! Ti chiamo.” gli rispose Jensen prima di seguire Misha.

Quando Jensen infilò il tesserino nella serratura elettronica dell’ufficio, entrò quasi come un’automa all’interno.
Misha alle sue spalle.
“Tieni!” fece il paramedico, passandogli la busta con i vestiti puliti e il rasoio.
Jensen la prese, senza dire niente. Ringraziò solo con lo sguardo e poi sparì al di la della porta del bagno.
Misha , da quei movimenti, da quel comportamento spento e fin troppo pacato, intuì che l’amico stava finalmente lasciando che l’adrenalina che l’aveva tenuto in piedi e lucido in tutti quei giorni scemasse lentamente.
Infatti non fece in tempo a sedersi al piccolo divano dell’ufficio che sentì provenire dal bagno dei suoni inequivocabili. Singhiozzi spezzati, respiri affannati.
Si alzò di scatto, consapevole, ma comunque preoccupato.
Bussò alla porta, non ricevendo risposta.
Ancora singhiozzi, ancora ansiti dolorosi.
Ancora richiamando il nome di Jensen.
Bussò ancora. Niente!
Decise. Aprì la porta ed entrò.
Jensen era lì, seduto a terra. Nell’angolo tra il piccolo lavabo e la doccia ad angolo. Gambe piegate. Schiena alla parete. La testa nascosta tra le ginocchia strette al petto.
“Jensen...” sussurrò andandogli vicino e accovacciandosi. Gli si spezzò il cuore a vederlo in quelle condizioni. In quel momento vide Jensen tanto vulnerabile come lo era Jared in quel letto in intensiva.
Sapeva che ora come ora, tutto quello di cui Jensen aveva bisogno, era sfogarsi e buttare fuori in qualsiasi modo, tutta la preoccupazione, la stanchezza, e anche la rabbia per quello che era successo. E se piangere serviva a farlo star meglio, lo avrebbe fatto piangere. Infondo era la stessa cosa che aveva fatto lui, nel segreto del suo appartamento solo pochi giorni prima.
E quello accadde.
Non appena Jensen sentì Misha sederglisi accanto e passargli un braccio attorno alle spalle, si lasciò andare.
Pianse. Buttò fuori tutto.
La preoccupazione e il sollievo. La rabbia e la pace. La stanchezza e la forza.

Poi quando la tempesta fu passata e Misha si rese conto che di quel temporale erano rimasti solo lievi tremori, senza dire niente, rafforzò la presa intorno alle spalle del biondo e con gesti gentili ma decisi, lo costrinse ad alzarsi , gli sfilò con movimenti cauti la camicia e poi riuscì a tirargli via anche i jeans, lo infilò sotto la doccia con maglietta e boxer, sapendo che l’altro non si sarebbe opposto, ormai troppo svuotato di ogni resistenza.
L’acqua prima tiepida e poi piacevolmente calda ebbe su Jensen in effetto rinfrancante.
Misha lo lasciò alla sua privacy , uscendo dal bagno, non appena si rese conto che Jensen ormai respirava regolarmente e stava permettendo alla carezza dell’acqua di portare via quello che di quella tempesta era rimasto.
Circa dieci minuti dopo, Jensen venne fuori. Aveva indosso i vestiti che gli aveva portato Rich e nella busta , ammucchiati, i vestiti tolti e quelli con cui Misha l’aveva messo sotto la doccia.
“Meno male che la busta è impermeabile!” disse , con una lieve punta di imbarazzo, indicando la borsa.
“Già! Meno male!” rispose ironico Misha. E poi : “ Come stai?”
“Meglio…credo...forse avevo bisogno di buttare fuori tutto...”
“Sì.”
“Sai?..lo stress...quello che è successo...la paura di..” e deglutì ancora un velato senso di terrore.
“Jensen...”
“Ho avuto una paura fottuta di perderlo, Misha e anche se Pellegrino ci ha garantiti che ormai è fuori pericolo, a pensare quello che gli è successo...mi viene ancora….il panico!” confessò, riuscendo però a tenere sotto controllo quel panico di cui parlava.
“Jensen...Jared ha superato tutto. Ora ha solo bisogno di riprendersi e ha bisogno che tu gli stia accanto. Non puoi crollare ora! Non farebbe bene né a te né a lui.” cercò di infondergli forza.
“No. No. Non crollerò. Non più. Puoi starne certo!” lo rassicurò Jensen, passandosi una mano sul viso come per portarsi via l’ultimo stralcio di timore che si sentiva dentro. Ora, doveva riprendersi e tornare al fianco di Jared. “Andiamo da lui!”
“Ok!” fece Misha con convinzione. “Andiamo a vedere come sta Mr. Meraviglia!”

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Capitolo 14
*** 14 ***



Come preannunciato da Pellegrino, Jared venne estubato il mattino dopo e con grande soddisfazione del cardiochirurgo, fu possibile spostarlo in una stanza di reparto.
Inutile dire che Jensen, un minuto dopo che Jared fu sistemato in camera, era già al suo fianco.
“Jensen...” lo richiamò Pellegrino. “Stanotte ti permetto di stare qui, ma da domani sera te ne vai a casa tua!” ed era decisamente categorico.
“Ma io…lui..” balbettò Jensen.
“Lui ora sta bene e deve solo recuperare. E anche tu. Domani sera te ne torni a casa!” e andò via senza dare al biondo la possibilità di perorare la sua causa.
Jensen lo vide uscire. Sbuffò. “Che palle!!” sbottò, indispettito. Ma subito dopo tornò a concentrarsi sul volto decisamente più sereno di Jared. Ora, sembrava davvero stesse solo riposando.
“Vado a prenderti qualcosa da mangiare e poi vado. Sono di turno tra un’ora , ma smonto nel pomeriggio, verso le tre circa. Ma voglio che tu mi chiami ad ogni sua variazione!” lo avvertì Misha.
“Contaci!”

Jensen passò così la sua giornata. Seduto accanto a Jared. Osservando i vari medici che si alternavano nei controlli, a sospirare sollevato ogni volta che Pellegrino gli sorrideva soddisfatto dicendogli che tutto andava bene.
Mangiò il panino che gli aveva preso Misha vicino alla finestra che dava su un piccolo cortile in cui i vari pazienti che se lo potevano permettere, trascorrevano un po’ di tempo con i familiari o a leggere il giornale o gettando delle briciole ai piccioni che svolazzavano tranquilli tra le fronde degli alberi.
Nella sua mente la tranquillità sul fatto che Jared ne stava uscendo, e la consapevolezza che aveva perso del tempo prezioso e quello che si portava dentro , avrebbe dovuto confessarlo subito.
Una volta finito tornò a sedersi vicino al letto. Prese con delicatezza la mano di Jared e ne accarezzò piano i contorni.
“Andiamo...andiamo…non farmi aspettare ancora. Apri gli occhi, Jared. Torna da me. Devo dirti tante cose e una è...è davvero importante. Andiamo...andiamo...” sussurrava senza rancore, baciandogli sofficemente le nocche.

Erano circa le quattro del pomeriggio quando Misha si affacciò nella stanza di Jared e ciò che vide gli intenerì il cuore.
Jensen stava cantando per Jared. Di nuovo.
Ma questa volta cantava una di quelle canzoni che Jared amava tradurre e cantare con un accento tutto suo.

Fai rumore...e non lo se si mi fa bene
...se il tuo rumore mi conviene…
Ma fai rumore, qui...” cantò Jensen indicandosi il cuore.
...e non lo posso sopportare
questo silenzio innaturale, tra me e te…
...ma non ne voglio fare a meno oramai…
di quel bellissimo rumore che fai...

Anche l’accento di Jensen era stentato. Incerto. Decisamente buffo.
Ma Misha trovò comunque la cosa estremamente romantica.
E quando si rese conto che nella voce del barista si era palesata una nota troppo forte di emozione , fece notare la sua presenza schiarendosi la voce.
“Jensen...” lo richiamò piano.
Jensen non si voltò verso l’altro, ma rimase fermo a fissare Jared. Gli sorrideva dolcemente, continuava a carezzargli piano il dorso della mano, leggermente segnato dalla presenza dell’ago della flebo.
“Sai cosa significa questa canzone?” chiese pacato.
“No.”
“Jared me l’ha tradotta circa un mese fa...gli piace questa canzone. Dice che è così struggente paragonare l’amore che si prova ad un rumore di cui non si può più fare a meno. L’amore che noi di solito paragoniamo alla pace dei sensi….in questa canzone invece è un bellissimo rumore che diventa parte della vita stessa.” spiegò usando il verbo “piace” e non piaceva. O “dice” invece di “diceva”...perchè Jared non era andato via...era lì. Ancora. Ed era vivo.
“E’ molto bello e Jared ha ragione. E’ bellissimo e struggente!”
Per un momento , nella stanza, solo i loro respiri regolari insieme a quello di Jared.
“E’ così strano vederlo così calmo...tranquillo...” disse piano Jensen.
“Sì, lo so.!” gli diede ragione Misha avvicinandosi al letto.
“Lui è sempre così allegro..vivace...è..è una sorta di temporale. Un bellissimo temporale. E’ così strano questo suo silenzio. Così non ….suo!”
“Già!” convenne ancora il paramedico, capendo cosa l’amico volesse dire. Gli mise una mano sulla spalla come a supportare quei suoi sentimenti malinconici. “Jensen vedrai che...”
“Ho bisogno che lui torni a fare rumore, Misha. Ne ho bisogno. Non posso più fare a meno del suo bellissimo rumore.” fece, facendo sue le parole di quella canzone.

Poi quel silenzio divenne anche loro. A renderlo meno pesante, i macchinari da cui proveniva il ritmo regolare del cuore di Jared.

La sera , verso le sei, il cardiochirurgo entrò nella stanza. Jensen si allontanò dal letto e fece spazio al medico così che potesse visitare Jared.
Quando questi ebbe finito, li richiamò fuori dalla stanza.
Ma se Jensen era comunque sempre in allerta quando Pellegrino doveva riferirgli delle condizioni di Jared, il medico, dal canto suo, sembrava davvero rilassato.
“Ok! Ora voglio che tu vada dentro, lo saluti e poi te ne vada a casa, perché...”
“La prego, dottore...io non...”
“Fammi finire!!” lo fermò il medico. E Jensen tacque. “Voglio che tu te ne vada a casa e che riposi, perché le cose vanno decisamente bene e domani sospenderò definitivamente la sedazione. Lasceremo che Jared si risvegli da solo, con i suoi tempi, ma dato come sta reagendo, lo farà in fretta. Quindi non voglio che accanto a lui si ritrovi uno zombie sfinito invece che il suo ragazzo in piena forma.”
Jensen strabuzzò gli occhi a quella notizia. Incredulo.
“ Vuole dire che domani...che ...che domani...”
“Che domani, se il bell’addormentato se la sente, potrete scambiarvi anche qualche parola.”
“Sììììììììì!!!!” urlò letteralmente Jensen, abbracciandosi a Misha e poi anche al medico che se la rise di cuore a quell’entusiasmo. “Grazie!! Grazie!!!” ripeteva Jensen. “Mio Dio!!! Grazie dottore.” e senza pensarci troppo ritornò nella stanza di Jared.
Misha rimase con il medico e quando questi fece per andare, Misha lo fermò dal braccio, chiedendo scusa, immediatamente dopo, per quel gesto.
“Problemi?!” fece Pellegrino.
“Non mi fraintenda...ma ci ha detto tutto?” azzardò.
“Che cosa intendi, Collins?!”
Misha lo invitò ad allontanarsi dalla porta della stanza dell’amico. “Faccio il paramedico da oltre quindici anni e so per esperienza, che gli arresti respiratori non sono mai una bella cosa!”
“ Collins, ascolta...”
“Jared era in arresto..ed è andato in arresto in ambulanza quando è stato soccorso e poi ancora prima di arrivare qui. Lei e Sheppard ci avete detto che è collassato anche in sala operatoria...” riassunse i suoi pensieri e quello che era successo.
“Ascolta..” cercò di fermarlo il medico, che aveva già capito dove l’altro volesse arrivare.
“Un arresto o un collasso significano assenza di ossigeno al cervello. E Jared… lui...lui ha...”
“Ascolta, hai ragione!”
“Cosa?!” fece spaurito Misha.
“Hai ragione quando dici che l’arresto respiratorio potrebbe aver causato danni a livello celebrale. Ma dagli esami che abbiamo fatto non ce ne sono tracce e fin quando non si sveglia non ne possiamo avere conferma. Ora….” fece risoluto. “Hai visto la reazione di Jensen? Vuoi davvero dirgli che, anche se non ne siamo certi, c’è la possibilità che il suo ragazzo possa aver avuto danni al cervello?”
“Io...io non..”
“Aspettiamo domani. Aspettiamo che Jared si svegli. Dopo di che agiremo in base alla situazione che ci si prospetterà. Ok?!”
Misha non rispose, pensando a quello appena detto.
“Ok!?” ripetè con più decisione il cardiochirurgo.
“Sì..sì..Ok!” rispose Misha.

Quella notte fu per lo più insonne per tutti.
Jensen non riuscì a dormire quasi per niente, nonostante la stanchezza, per l’agitazione e l’ansia di rivedere Jared.
Misha non dormì a causa di quello che lui e Pellegrino si erano detti.
Rich, messo al corrente da Misha , ma più che altro perché il paramedico aveva avuto bisogno di sfogarsi, era nelle stesse sue condizioni.

Quando la mattina, tutti e tre, arrivarono in ospedale, Pellegrino era già fuori dalla porta della stanza di Jared.
Jensen aumentò istintivamente il passo per raggiungerlo.
“Sta per iniziare?!” chiese ansioso.
Pellegrino sorrise, finendo di appuntare qualcosa sulla cartella clinica che aveva tra le mani.
“In verità ho già finito!” rispose, guardando i tre.
“Cosa?...lei..lei lo ha già...”
Il volto del medico divenne decisamente divertito. “Sì. Io lo ho già!!” convenne ironico. “E onestamente Jared si è dimostrato molto più lucido di voi tre messi insieme!” asserì.

In effetti, Pellegrino aveva deciso di risvegliare Jared prima dell’arrivo dei suoi amici e di Jensen. Era certo che il ragazzo avrebbe risposto bene al risveglio, ma andare sul sicuro e non mandare in panico i “parenti” era sempre una carta da tenere ben stretta.
Una volta diminuito il sedativo, il chirurgo rimase in attesa accanto al letto del suo paziente e quando fu passato un giusto lasso di tempo, iniziò a richiamare cautamente Jared.
“Jared?...Jared mi senti? ...Jared prova ad aprire gli occhi...Mi senti?!”
Da parte del giovane prima un leggero mormorio, quasi un mugugno per essere stato distolto da quel sonno pacifico che la sua mente ancora ignorava da cosa era stato provocato.
Poi all’ennesimo richiamo del medico, Jared, lentamente iniziò ad obbedire e ad aprire gli occhi.
La luce era forte e non riusciva a non stringerli di nuovo.
“Infermiera, tiri le tende per favore!”
Ora che la stanza perdeva un po’ di quella luce mattutina, Jared, richiamato ancora, riuscì finalmente ad aprire gli occhi.
Cercò perfino di parlare ma una leggera fitta alla gola lo fece desistere. La sua mano provò ad arrivare al collo per capire cosa provocasse quel fastidio, quando, quello che sembrava in tutto e del tutto un medico, parlò, rispondendo al suo tacito sconcerto.
“Ascoltami, Jared...” iniziò. “ Sei in ospedale, al Mercy. Io sono il dott. Marcus Pellegrino. Ti ho preso in cura da quando sei arrivato qui ferito da un colpo di pistola.” e solo allora lo sguardo attento di Jared, divenne allarmato, più che altro consapevole come la sua mente avesse appena ritrovato e ricordato tutto. Pellegrino capì quel muto allarmismo e cercò di tranquillizzarlo. “ Ascoltami...ascoltami….eri grave ma abbiamo rimesso tutto a posto e ora devi solo riprenderti!!” disse senza entrare nei particolari. Per quelli ci sarebbe stata un’altra occasione.
“Io...io...non...” provò a dire, Jared, alludendo al fatto che non riusciva a parlare.
“Lo so, lo so. Il bruciore che senti è dovuto al fatto che fino a qualche giorno fa sei stato intubato. Passerà, tranquillo. Ti andrebbe di bere un po’ d’acqua?!” e Jared annuì. Pellegrino fece cenno all’infermiera che si attivò immediatamente, porgendo al ragazzo un bicchiere con una cannuccia.
Jared riuscì a buttare giù un paio di sorsi , ma quel poco che riuscì a rinfrescargli la gola sembrò il fresco del Paradiso dopo il fuoco dell’Inferno.
“Ok, ok...bene così. Un po’ alla volta. Ora ...” fece ritornando focalizzato su quello che più gli interessa di più, ossia, le funzionalità neurologiche. “..ho bisogno di farti qualche domanda. Domande di routine. Semplice prassi. So che ti senti comunque stanco e anche confuso, ma sii paziente, ok?”
Jared annuì sistemandosi contro il cuscino. L’infermiera lo aiutò, sollevandogli appena il guanciale e lui la ringraziò solo con uno sguardo grato.
“Bene!” fece Pellegrino. “Sai dirmi il tuo nome completo?!”
“Jared…Padalecki. Jared...Tristan Padalecki.” precisò.
Sul volto del medico piena soddisfazione.
“Ok. Sai in che città siamo?”
“Se questo...è il Mercy...che conosco..io, siamo...siamo ad Austin, Texas!”
“Perfetto.” a spuntò ancora sul suo foglio. “ Sai dirmi in che anno siamo?”
“2019…settembre...il...” ma poi si fermò perché era il 15 settembre la sera della festa, ma poi non poteva sapere da quanto era in ospedale. “Era il 15 ...oggi...oggi che giorno è?….da quando….da quando sono qui?!”
Pellegrino se un attimo prima era decisamente entusiasta della lucidità spazio temporale di Jared, che significava niente traumi celebrali, ora sapeva che doveva entrare nei particolari della sua situazione clinica. Chiuse la sua cartella medica e la passò all’infermiera che si allontanò capendo che discorso si apprestava a fare il medico.
“Dal punto di vista neurologico va tutto bene. Davvero davvero bene.” fece avvicinandosi al letto.
“E dal punto di vista fisico?!” azzardò Jared.
Pellegrino lo fissò, notò la sua apprensione. “Ti va se ti alzo appena un po' il letto per farti stare più dritto?”
“Se è possibile...lo vorrei davvero!” convenne il giovane e sospirò di sollievo quando sentì il materasso aderire meglio alla sua schiena e tenerlo su un po’ più dritto.
“Va bene.” fece il medico e si sedette sul bordo del letto. “Questo è quanto: ti hanno portato qui la sera del 15. Avevi un proiettile calibro 9 in pieno petto. Ti abbiamo soccorso ma in un primo momento non è stato possibile estrarlo. Eri troppo debole e avevi perso troppo sangue. Sei stato per quasi un giorno in una sorta di stasi medica che ci ha permesso di stabilizzarti e ha permesso al tuo corpo di combattere lo choc. Quando sei stato più stabile , con il dott. Sheppard, abbiamo deciso di..”
“Un attimo...un attimo….il dott. Sheppard? Ma lui è al...”
“Sì, ma era qui per una consulenza esterna quando sei arrivato e ha chiesto di far parte dell’equipe medica. Mi è stato di grande aiuto specie nella seconda operazione.”
Jared sospirò cercando di assimilare tutto quello che stava venendo a sapere.
“Seconda operazione?” chiese poi.
“Sì, dovevamo tirare fuori quel maledetto proiettile , ma aveva fatto davvero tanti danni e tu stavi collassando a causa dell’emorragia. Io e Sheppard abbiamo optato per l’unica delle soluzioni chirurgiche possibili in quella situazione e ti abbiamo praticato una resezione aortica.”
“Una resezione ...”
“In pratica abbiamo preso la parte di aorta danneggiata e l’abbiamo sostituita con una parte di vena sana.”
“Una sorta di operazione a cuore….aperto?!”
“Meno complicato ma comunque bella tosta, anche perché tu hai fatto parecchi capricci in sala.” alludendo alla situazione critica per cui quella decisione medica era stata presa.
“Oddio!!” sospirò Jared, portandosi una mano al petto e sentendo sotto le dita il leggero strato di benda chirurgica che gli copriva la ferita.
“Ma ti ripeto che ormai è tutto finito e devi solo riprenderti. Sei stato in coma farmacologico, intubato ma hai superato alla grande ognuno di questi passaggi clinici.”
“Mi...mi sembra una...cosa lunga?!”
“Abbastanza. Sei qui da quasi due settimane, Jared!” disse infine il medico.
Jared rimase per qualche attimo interdetto. Per un attimo la sua mente si divise su due pensieri.
Uno: aveva perso giorni interi della sua vita in un modo assurdo.
Due: anche se era assurdo quello che gli era successo, era comunque vivo.
E poi , ad un tratto, qualcosa sembrò illuminarglisi nella testa.
“Jensen?!” nominò, guardando il medico seduto ancora accanto a lui. “Lui...lui è...” balbettò tra l’ansioso e l’apprensivo.
“Se ti riferisci a quel ragazzo decisamente di bell’aspetto, decisamente testardo, decisamente interessato a te?” domandò come se volesse una risposta ma avendo in cambio solo un’espressione di ansiosa attesa.
“...sì, è qui. In verità è qui in pianta stabile da quando ti hanno ricoverato. Ho provato a mandarlo via innumerevoli volte, anche solo per un caffè da prendere in un posto che non fosse il bar dell’ospedale o la macchinetta qui al piano, ma non c’è stato verso. Me lo ritrovavo ovunque...di giorno davanti alle porte della terapia intensiva, di notte sulle poltroncine della sala d’attesa. Cavolo, ragazzo!! te ne sei trovato uno davvero caparbio!!” disse cercando di far sorridere Jared che sembrava essersi preoccupato per quello che stava sentendo.
“Lui non è ...mai...” azzardò emozionato.
E a quel punto anche il viso del chirurgo sembrò addolcirsi.
“Mai. Non ti ha mai lasciato, Jared. In modi diversi ha lottato con te. Sempre!”
Jared rilassò per un attimo la testa contro il cuscino, chiuse gli occhi, quasi gustandosi quella confessione del medico che lo vide perfino, e finalmente , sorridere.
“Jared, tutto ok?” chiese solo per riportare il giovane al presente.
Jared riaprì gli occhi. Sorrise.
“Posso vederlo ? Io..io vorrei davvero vederlo!” chiese
“Ascoltami, il tuo Jensen sarà qui a momenti. Ieri sera l’ho letteralmente minacciato di non farlo più entrare qui dentro se non se ne fosse andato a casa a riposare almeno qualche ora. Tu eri stabile e definitivamente fuori pericolo e lui era decisamente esausto. Ma ormai penso che sarà qui a momenti.”
Jared sorrise e nel mentre quella conversazione aveva luogo, Jensen davvero era appena arrivato in ospedale.

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Capitolo 15
*** 15 ***


Una volta fuori dalla stanza aveva trovato, infatti, Jensen e gli altri due ad attenderlo e aveva detto loro che Jared era sveglio, reattivo e ben cosciente.

A quel punto Jensen sembrava avere i carboni ardenti sotto i piedi e non aspettava altro che qualcuno gli dicesse di muoversi.
“Beh!!” fece Pellegrino. “Che ci fai ancora qui? Va’ dentro. Il tuo Jared ti sta aspettando!!” e non fece in tempo a finire la frase che Jensen scattò verso la stanza del compagno.
Misha e Rich invece, al corrente di altro, rimasero ancora vicino al cardiochirurgo. Pellegrino che stava finendo di aggiornare la cartella di Jared, alzò lo sguardo sui due.
“E voi due?!” chiese perplesso.
“Sì…ma per quell’altra questione?!” si fece avanti Rich.
“Come sta Jared?!” fu più pratico e chiaro , Misha.
“Non c’è nessun’altra questione da risolvere. Gli arresti che ha avuto a quanto pare non hanno causato nessuno danno a livello celebrale. La sua situazione cognitiva è assolutamente nella norma.”
“Dio ti ringrazio!!” esclamò Rich, mentre anche Misha si sentì profondamente sollevato e felice.
“Ora andate, forza!!” li incoraggiò.

Quando i due arrivarono alla porta della stanza assistettero a ben altro che ad un normale ricongiungimento. Rimasero a distanza. Non trovando però la forza per andare via. Era un momento talmente bello!!!

Jensen si avvicinò al letto facendo attenzione a non fare troppo rumore, ma non appena sfiorò la coperta leggera , Jared si voltò a guardarlo.
Jensen sembrò bloccarsi sul posto. Poi sul suo viso apparve un enorme sorriso fatto di pura felicità.
E pure Jared, anche se palesemente ancora sfinito da tutto, gli accennò un sorriso dolcissimo.
“Ehi...ehi...ciao!!” gli disse felice, Jensen.
“Ciao.” sussurrò Jared.
“Ora...ora...prima di dire qualsiasi altra cosa, su quello che è successo, su come ne sei uscito...io...io ho bisogno di dirti una cosa...importante. Molto importante..” iniziò Jensen, decisamente nervoso.

Jared iniziò a fissarlo con una certa apprensione perché gli sembrava di vedere il Jensen del loro primo assurdo appuntamento. Quello che finì decisamente male. Il nervosismo, l’indecisione, la confusione.
No! Non poteva essere. Jensen non poteva fargli una cosa del genere adesso. Mentre era in un letto di ospedale. Dopo aver schivato la morte di un soffio.
“Jensen, ma cosa...”
“Io ti amo!” disse tutto di un fiato e poi sorrise. Si sentì magnificamente e magicamente tutto il nervosismo, l’ansia, la preoccupazione sembrò scivolare via e allora , il biondo, si sedette sul bordo del letto , incorniciò il viso di Jared tra le sue mani e sospirò sollevato. “Io ti amo!” ripetè con una dolcissima convinzione.
“Jensen...” fece Jared cercando, con gesti lenti, di raggiungere con la sua mano , quella che Jensen gli teneva ancora. Ci riuscì e la strinse , per quello che gli per possibile con le forze che aveva adesso.
“Dovevo...volevo dirtelo tempo fa, ma avevo paura...paura che tu non mi credessi, paura di metterti a disagio, che non ti sentissi pronto a sentirtelo dire da me. Volevo dirtelo la sera della festa ma tu...tu hai combinato tutto questo casino e allora...quindi mi dispiace...mi dispiace ma ti amo, io ti amo e te lo dirò adesso e poi ancora e ancora e...”
“Ti amo ...anche io... idiota!” lo fermò Jared aggrappandosi alla mano di Jensen, che ricambiò la stretta.

Poi il biondo, si abbassò piano verso il viso dell’altro.
“Vorrei tanto baciarti!” gli sussurrò a fior di labbra, Jensen.
“Lo...vorrei tanto...anche io!!” replicò pacifico.
E Jensen lo baciò. Con un bacio dolcissimo, leggerissimo. Con una delicatezza che lo rese quasi etereo. Poi, mentre quel bacio delicato si attardava sulle loro labbra , Jensen si allontanò piano da Jared.
Il più giovane si rese conto che Jensen lo guardava quasi sbalordito.
“Cosa...c’è?!” chiese piano.
“Un attimo...tu...tu mi hai ...tu mi hai appena detto che...mi ami?!” chiese con un misto tra eccitazione e confusione.
“E anche tanto!!” precisò dolce ma deciso Jared.
Jensen tornò a sorridere con entusiasmo. Ad accarezzargli il viso dolcissimo ma comunque palesemente ancora provato da quei giorni di operazioni e cure mediche.
“Tu mi ami!”
“Sì, ti amo!” gli fece eco Jared sorridendo.
“E io amo te!”
“A quanto pare!” scherzò , perfino, l’altro.
“Ed è magnifico!!” convenne Jensen , baciandolo di nuovo ma comunque facendo attenzione.

Appena poco distanti da loro e da quello che era appena successo, Rich e Misha non poterono fare altro che sorridere e aspettare un altro po’ prima di entrare. Volevano dare a quei due ancora un po’ di tempo per godersi quella sospirata dichiarazione.



La convalescenza di Jared andava alla grande e sia Pellegrino che Sheppard, anche se non sempre presente per ovvie ragioni, ne erano pienamente soddisfatti.
“Allora come andiamo oggi, Jared!?” fece il cardiochirurgo entrando nella stanza dove il sempre presente Jensen, sedeva accanto al letto del paziente.
“Mi sento bene!” rispose Jared.
“E tu?” fece poi rivolto al biondo. “Sono riuscito a fare medicina in tre anni invece di quattro, a specializzarmi in tre anni invece dei canonici cinque, a diventare strutturato in due e sono il più giovane capo di cardio-chirurgia che questo ospedale abbia mai avuto...ma non riesco a sbarazzarmi di te!” disse ironico.
“La capisco dottore. E’ sfiancante avere a che fare con lui, vero?!” gli diede man forte Jared, sorridendo.
“Ehi!!, grazie.” replicò offeso Jensen guardando di sbieco il compagno e in modo torvo il medico. “Ringrazia il cielo che ti amo altrimenti sarei andato via da tempo.” fece poi scherzoso mentre Pellegrino prendeva la cartella clinica di Jared.
“ Lo ringrazio davvero il Cielo. Ogni giorno!” sussurrò Jared, emozionando Jensen.
Non c’era bisogno di dire altro.
Il biondo sorrise a labbra strette e gli prese la mano priva di flebo e se la portò alle labbra per baciarla dolcemente.
Pellegrino fece finta di niente, per non interrompere quel loro momento, ma poi avendo cose da dire non si potè negare.
“Ok!!” fece senza distogliere lo sguardo dalla cartella clinica. “Da quello che leggo stai andando alla grande Jared. Davvero davvero alla grande. E se continui così tra qualche settimana potrò dimetterti ma...”
“Ma..?” si ritrovarono a dire all’unisono i due ragazzi.
“Ma dovrai stare attento per i primi giorni fuori di qui. Non voglio sforzi, o che ti stanchi. Dovrai seguire alla lettera la terapia post operatoria per ancora un paio di settimane e quindi ...”
“Ohh!!, stia tranquillo dottore. Non sgarrerà di una virgola. Glielo garantisco!” lo anticipò Jensen, entusiasta della notizia che avevano appena avuto.
“Ora però veniamo alle dolenti note!” fece poi più serio il medico.
“Cosa c’è?” chiese Jared poggiandosi meglio con la schiena alla spalliera del letto. “Pensavo avesse detto che andava tutto per il meglio?!”
“Dottore cosa...” si accodò anche Jensen, perplesso.
“Non riguarda la tua salute, Jared. Non direttamente, almeno!”
“Non capisco.”
“Vedi...” e dopo aver appoggiato la cartella nell’apposito ripiano, si avvicinò al bordo del letto del suo paziente. “...quando abbiamo pazienti come te, arrivati in ospedale per cause come quelle che hanno portato te qui, al loro risveglio e dopo un giusto recupero fisico, abbiamo l’obbligo di avvisare la polizia.”
“Ohw!!” fece Jared che forse aveva già capito. E anche Jensen lo aveva capito , infatti sul suo viso si era dipinta un’improvvisa maschera di rabbia sopita.
“Ho dovuto chiamare il detective che si occupa del tuo caso e ora è qui fuori che aspetta di parlare con te e sicuramente vorrà parlare anche con te...” disse rivolgendosi a Jensen. “...dato che da quando Jared è qui non ti sei mosso dall’ospedale.”
“Ma è proprio necessario? Adesso?” fece Jensen, mostrando una certa alterazione.
“Jensen, senti...” fece Jared, che notò quel tono di voce.
“Insomma...potrebbero aspettare che lo dimettiate...che si sia rimesso completamente….”
“Jensen, la polizia deve fare...”
“...il proprio dovere. Lo so! Ma tu...tu non hai davvero bisogno di ricordare quel giorno….non ancora almeno!” sbottò sincero e apprensivo.
“Nemmeno tu! Farà male ad entrambi. Lo so.” lo spiazzò Jared.
“Il fatto è...” si intromise il medico, attirando la loro attenzione. “...è che hanno preso un sospettato che sembra corrispondere alla descrizione avuta da un testimone che lo ha visto uscire dal tuo bar , Jensen.” e detto questo, Pellegrino, vide i due ragazzi, fissarsi negli occhi.
Muto assenso.
“Ok! Lo faccio entrare.” e andò via.

Poco dopo, il volto del giovane detective si sporse oltre la porta della camera di Jared. Bussò piano allo stipite come per annunciarsi.
“Posso?!” chiese.
Il leggero annuire dei due all’interno bastò come risposta e il poliziotto entrò.
“Salve, sono il detective Abel. Signor Padalecki sono davvero felice di vedere che sta  bene. O almeno che è sulla strada giusta..il dott. Pellegrino mi ha detto che la sua convalescenza va’ molto bene.”
“La ringrazio, sì. Le cose sono andate per il meglio, ma mi chiami Jared.”
“Come vuole….Jared.” e poi, spostando lo sguardo verso il biondo: “E lei deve essere Jensen...Ackles?!”
“Sì.”
“Signor Ac...”
“Jensen, va bene Jensen e so già cosa sta per dirmi e le anticipo che mi dispiace di non essere venuto in centrale ma ...la prego di comprendere..” fece indicando Jared al suo fianco.
“Naturalmente! Naturalmente!!” comprese in effetti, e poi alla fin fine, non che Jensen avrebbe potuto dirgli chissà che se non che aveva ricevuto la chiamata della polizia la sera dell’aggressione. Tra l’altro presa da Rich e non da lui. “E ammetto che avrei voluto rivedervi in circostanze ben diverse ma sembra che con voi non ci si annoi mai!” proseguì , lasciando nello stupore i due ragazzi.
“Io...io non capisco...ci conosciamo?!” azzardò Jensen.
“Non proprio. Ma per un po’ ho frequentato il suo bar, Jensen!”
“Io...Lei?? Ma io non...” e mentre cercava di fare mente locale, il detective prese dalla tasca interna della sua giacca un cappello malconcio che una volta indossato gli arrivava fin sopra gli occhi che coprì con un paio di Rayban rovinati anch’essi e proferì un bofonchiato: “Vita di merda!”
Jensen stralunò. “Oh cavolo!!” esclamò, riconoscendolo.
“Jensen...lo conosci!?”
“Il barbone?? Lei è...il barbone?!”

 

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Capitolo 16
*** 16 ***


“Il barbone?!” gli fece eco Jared che non capiva.
“Sotto copertura , ma sì. Il barbone!” e poi, guardando Jared: “Sono anche quello che ha raccontato a Misha , il vostro amico, quello che era successo a Jensen dopo l’esibizione.”
“Oddio...ecco perché il suo viso mi sembrava familiare. Mi ha...mi ha prestato il telefono quella sera!!” esclamò Jared, riconoscendolo.
Il detective fece spallucce e sorrise.
“Un attimo...un momento...” fece Jensen fermando quella sorta di viale dei ricordi. “Ha detto che lei era sotto copertura nel mio bar?”
“Sì!”
“E perché?” domandò tra il curioso e il contrariato e anche un po’ offeso.
“In centrale ci era arrivata voce di un giro di spaccio di droga in quella zona che veniva effettuato tramite i bar e così..”
“Sta dicendo che credevate che il mio bar fosse il ritrovo per uno smercio per quello schifo?!” esclamò Jensen.
“All’inizio, ammetto di sì. Ma quando ho visto quello che dovevo vedere e dopo aver finito le mie indagini , l’ho definitivamente eliminata dalla lista!”
Jensen arricciò le labbra in una chiara espressione di confusione.
“Non so se esserne felice o offeso. Il modo in cui l’ha detto sembra quasi che il mio bar sia un ritrovo per secchioni o ...”
“Mi ascolti...io ne sarei felice, secchioni o meno, dato che il bar in questione era ad un solo isolato dal suo e il titolare si farà una vacanza di circa 15 anni a spese dello Stato!” riferì.
“Ad un isolato?” riflettè Jensen.
“Sì!” rispose Abel.
“Il bar di Roman...quello spocchioso di Dick Roman?!”
“Esatto!” convenne il detective.
“Ohw!!” fece Jensen mentre Jared rideva sommessamente. “Ma ci tengo a precisare che il mio bar è un luogo molto figo….e sarà ancora meglio dopo i lavori!”
“Di sicuro!!” convenne Abel. “Ora!!” esclamò volendo tornare alle cose serie.
“ Sì….Il dottor Pellegrino ci ha detto che avete un sospettato?!” fece Jared.
“Un fermato , a dire il vero. Si chiama Russell Sams. Mai sentito?”
“No.” rispose Jared e lo stesso fece Jensen.
“In giro, lo conoscono come Jeffrey e ...”
“Cosa??” sbottò Jensen. “Jeffrey? Jeffrey e basta??”
“Lo conosce?”
“Jensen?” fece stranito anche Jared. “Lo conosci?”
“Veniva di tanto in tanto al bar. Si presentava così a tutti. “Mi chiamo Jeffrey/ Jeffrey come?/ Jeffrey e basta.”...ormai tutti lo chiamavano così nel bar. “Jeffrey e basta”...Dio! Che avrà? 20...25 anni?”
“29 a dirla tutta. E lo conosce?!”
“Conoscere è una parola grossa. Avevo capito che era uno spiantato. Di tanto in tanto si sedeva al bancone , un paio di birre, a volte uno scotch, si lamentava del lavoro che andava male, del fatto che guadagnava talmente poco da dover vivere ancora con la madre e quando cercavo di tirarlo su, mi pagava e andava via! Ed era sempre così!” riferì Jensen, decisamente spiazzato. “Lui?...lui ha sparato a Jared?” chiese poi con un tono decisamente più rabbioso.
A quel punto, Abel andò verso la porta e chiamò un agente di polizia.
“Ma cosa...” si stupì Jensen.
“Ora le mostrerò delle foto. L’agente Linberg assisterà come testimone del possibile riconoscimento.”
“Ok!” sussurrò interdetto Jared.
Abel prese una foto dalla cartellina che aveva con se. Una foto segnaletica.
“Jared..” fece porgendogliela. “E’ questo l’uomo che le ha sparato?”
Jared guardò la foto.
“No!” rispose guardandola ancora.
“Ok!...ora guardi questa. Lo riconosce?!” e ne mostrò un’altra.
Jared la osservò con cura e negò di conoscere anche l’altro soggetto immortalato.
Dopo di che, il detective mostrò una terza foto e quando la porse a Jared, ciò che vide sul volto del ragazzo bastò più di mille riconoscimenti. Ma doveva fare le cose per bene, se voleva che in Tribunale l’avvocato difensore non avesse modo di attaccarsi a cavilli legali.
“Mi dica , Jared, riconosce l’uomo in questa foto?”
Jared deglutì e poi: “Sì , è...è lui!!...Questo è l’uomo che mi ha sparato!” disse toccandosi la benda che aveva ancora sul torace.
Poi Abel porse la foto anche a Jensen.
“Jensen è questo l’uomo che veniva al suo locale e che lei conosceva come “Jeffrey”?” chiese ufficialmente.
Jensen fissò la foto e il suo sguardo divenne di ghiaccio. “Figlio di puttana!!!” ringhiò.
“Jensen...questo non mi serve.” gli fece presente Abel.
“Sì, sì ...è lui. E’ Jeffrey!!” sbottò seccato.
Il detective rimise tutto nella cartellina e la passò all’agente al suo fianco.
“Torna in centrale e fa’ avvisare il procuratore che il riconoscimento è stato positivo e avvisa che io sono rimasto qui per la deposizione del signor Padalecki.”
“Sissignore!” fece l’agente e andò via.
“Jared...ora deve dirmi che cosa è successo quella sera!”
Jensen scattò irato. “Oh ma per favore!!! lo sa benissimo che cosa è successo quella dannata sera. Che bisogno c’è di farglielo rivivere!!”
“Jensen...calmati!” fece Jared. “Fa’ solo il suo lavoro!”
“Jensen quello che so io serve al 20% in tribunale. Il giudice e la giuria vogliono sapere quello che sa o può sapere e ricordare Jared!” cercò di placare lira giustificata del biondo, comprendendo quella sorta di protezione psicologica che aveva verso Jared.
“Va’ bene. Va’ bene così!!” mediò anche Jared, richiamando accanto a sé il compagno. “Va tutto bene!”
“No, no, no...non va tutto bene. Tu sei qui, in questo letto d’ospedale. Io ti ho quasi perso a causa di un bastardo frustrato e loro vogliono la tua versione?” domandò sarcastico. “Ma che andassero a fan...”
“Jensen!!” lo fermò Jared, zittendolo. “Ascolta..io adesso dirò al detective Abel tutto quello che ricordo di quella sera ma se tu….” e addolcì il tono. “...se tu non volessi sentire, io lo capirei. Va’ fuori...prenditi un caffè o meglio...una camomilla e poi rientri, ok?!” suggerì senza rimprovero alcuno.
Jensen sospirò profondamente. Arricciò le labbra pensieroso. Poi, ignorando completamente la presenza di Abel, si sedette accanto a Jared. Gli mise le mani intorno al viso. Lo fissò. Addolcì il suo sguardo nello sguardo dolce che Jared gli stava rivolgendo in quel momento. Lo baciò. Piano. Dolcemente.
“Io non vado da nessuna parte. A meno che tu non voglia che io vada via!” disse cautamente e con calma.
Jared mise le sue mani sulle spalle di Jensen. Poggiò la fronte a quella dell’altro.
“Non voglio che tu vada via. Non voglio rivivere quella sera...da solo!” ammise, timidamente.
“Non sei da solo e io non vado via!” fece deciso, baciandogli la fronte, dopo di che, si voltò verso il poliziotto.
“Che cosa vuole sapere?!” fece al posto di Jared.
“Tutto. Tutto quello che ricorda. Tutto sarà importante!”
Jared annuì e iniziò il suo racconto.
“Ero a casa di Jensen. Dovevamo dare una festa per inaugurare l’inizio dei lavori del suo locale. Io dovevo ricevere una telefonata importante di lavoro e mi accorsi di non avere il cellulare con me. Ho parlato con Jensen che mi ha fatto fare mente locale. Ricordai di averlo lasciato al bar, la mattina che andammo per prendere i progetti del geometra. Ho lasciato casa sua e sono andato al bar e il cellulare era lì, sul bancone , dove lo avevo lasciato. L’ho preso, controllando che non avessero già chiamato e quando ho visto che non c’erano chiamate perse , ho preso le chiavi del bar e….” poi deglutì disagio.
Jensen , al suo fianco, gli strinse la mano. “Vai alla grande!” sussurrò a fior di labbra e sembrò che questo ridestò la sicurezza in Jared.
“Stavo per andare via, per uscire, quando ho sentito dei rumori che provenivano dalla zona in cui gli operai avevano già accatastato i loro attrezzi e le varie impalcature. Mi sono avvicinato..ho guardato perché pensavo a qualcosa messa fuori posto che stava per cadere, ma non ho visto niente e così mi sono allontanato quando….”

Dov’è?”
Cavolo!...chi sei?...che ci fai qui? Cosa vuoi?”
Lo so che sta qui...ho sentito che si accordavano sul prezzo.”
Non so di cosa tu stia parlando...ma come vedi qui c’è ben poco...il bar è chiuso...non ci sono alcolici...non ci sono soldi….”
Non fare il furbo con me...ho sentito che nascondete bene le vostre cose...”
Per l’amore del cielo….stai...stai sbagliando posto...io non so...No!!cosa...cosa fai?….la pistola non serve...andiamo...non...non...”
Non ti credo, figlio di puttana. NON TI CREDO!!!!”
Per favore….no, non farlo. Qui non c’è niente….non…..”

“E’ stato allora che ha fatto fuoco?!”
“Sì!” ricordò Jared.
“Che bastardo!” sibilò rabbioso Jensen.
“Che cos’altro ricorda?”
Jared sbuffò. Fece mente locale e gli sembrò di sentire ancora la puzza della polvere da sparo. I passi che si allontanavano da lui, la porta di ingresso che sbatteva. Il dolore al torace che esplodeva.
“Ricordo di aver riaperto gli occhi e di essermi reso conto di essere a terra. Mi faceva male tutto e sentivo il torace che mi andava a fuoco. Non riuscivo a muovermi, cercavo di guardarmi intorno e l’unica cosa che sono riuscito a mettere a fuoco era il mio cellulare. Lo avevo ancora in mano e credo che la cosa mi abbia salvato la vita.” ammise incredulo.
“Sicuramente!!” convenne il detective. “Che cosa ha fatto?”
“Volevo chiamare Jensen ma...”
“Cosa?” esclamò Jensen, preso di sorpresa. “Perchè...perchè non lo hai fatto?”
“Mi dispiace...mi dispiace...ma in quel momento non riuscivo nemmeno a ricordare il tuo numero...o a vedere il tasti delle chiamate rapide...l’unica cosa che mi sforzavo di fare era premere i tasti per il 911!” ammise , stupidamente in colpa Jared.
“Jared...Jared mi creda...è stato meglio così!” fece Abel e Jensen lo fissò prima in cagnesco e poi, come se fosse stato colto da un’improvvisa illuminazione e capì che il poliziotto aveva ragione.
“Ha ragione….Jared, lui ha ragione. Se tu avessi chiamato me per primo, che cosa avrei potuto fare per aiutarti? Sarei stato inutile? Tu hai fatto la cosa giusta, amore mio. La cosa giusta!!” ripetè accarezzandogli il viso.
Poi si voltò verso il detective.
“Abbiamo finito?!” fece con tono severo.
Abel annuì.
“Sì. Sì, abbiamo finito. Farò rapporto e consegnerò tutto al procuratore. Sarete avvisati in caso di bisogno. Jared spero che si rimetta del tutto al più presto.”
“Detective?!” fece titubante Jared. “Posso...posso chiederle una cosa?!”
“Certo. Cosa?”
“Avete parlato con lui?!”
“E’ stato interrogato, sì.”
Jensen capì dove voleva arrivare Jared. “A che serve saperlo, Jared. Non cambierà le cose!” provò a dissuaderlo.
“Vuole sapere perché era lì e perché ha sparato?!”
Jared lo fissò e poi guardò Jensen. “Ho bisogno di saperlo. Non so perché ma vorrei sapere per ...”
“Per completare il puzzle!” lo anticipò Abel.
“Esatto.” convenne Jared.
“Samms o Jeffrey, come dice Jensen, è uno spiantato. Finisce le sue giornate in ogni bar gli capiti a tiro. In una delle sue serate ha sentito della droga che veniva smerciata grazie ad un bar della zona. Ha sentito che c’era stato un bel colpo ma che i soldi ancora non venivano ritirati ma...era talmente ubriaco che ha confuso il bar e , non è ancora tutto chiaro da quello che lui dice, ma possiamo ipotizzare che...”
“Cazzo!!” sbottò irato Jensen, interrompendolo. “Mi sta dicendo che quel figlio di puttana drogato si è infilato nel mio bar convinto che ci fosse un pacco di soldi che poteva rubare e quando si è trovato di fronte Jared ha pensato che lui non volesse darglieli e gli ha sparato?!”
“In sintesi, sì!”
“Oddio!” sussurrò incredulo Jared.
“Mi dica che posso vederlo...mi dica che posso stare cinque minuti in una stanza con quel bastardo!” ringhiò furente.
“No e no, Jensen!” rispose secco Abel. “Cosa crede che ne ricaverebbe ? Ha voglia di finire dentro per aggressione?!”
“Jensen...” lo richiamò apprensivo Jared.
“Giuro che mi farei volentieri qualche giorno di galera se avessi la soddisfazione di mandare lui all’ospedale.”
“Ok, farò finta di non aver sentito niente!” fece Abel chiudendo il taccuino degli appunti.
“Grazie!” fece grato Jared mentre vedeva il detective riprendere le sue cose.
“Sì, sì grazie!!” si accodò anche Jensen con il tono di chi doveva forzatamente ringraziare.
“D’accordo, io ho tutto quello che mi serve. Con tutto quello che la procura ha in mano non penso che sarà qualcosa che andrà per le lunghe, anzi credo proprio che finirà tutto in formula abbreviata, quindi molto probabilmente niente processo e direttamente condanna.”
“Me lo auguro!” fece Jared. “Una volta fuori di qui, vorrei buttarmi davvero questa storia alle spalle. Dobbiamo...” precisò. “...buttarci questa storia alle spalle.” disse guardando Jensen che gli sorrise complice di quel desiderio.
“Grazie per la sua disponibilità Jared e ...Jensen?” fece quasi sulla porta. “Grazie anche a lei e spero di rivedervi in situazioni migliori. Siete delle brave persone che, in maniera diversa, non meritavano di soffrire così.”
Jared e Jensen si guardarono , colpiti da quelle parole e prima che Abel andasse via del tutto.
“Detective?!” lo richiamò Jensen.
“Sì?”
“L’aspettiamo all’inaugurazione del locale, quando riaprirà...sempre che il mio socio non lo mandi a fuoco prima!” fece Jensen.
“Ci sarò!”
“Ed eviti cappello e occhiali questa volta!” scherzò ancora, il barista.
“Ricevuto!!” e andò via.

Jensen poi tornò a focalizzarsi sul compagno che lo guardava quasi con aria trasognante. Sorrise.
“So che sono meraviglioso quando faccio il simpatico, ma non c’è motivo che tu mi guardi così, come se fossi un’apparizione mistica!” scherzò cercando di nascondere l’imbarazzo.
“E’ la prima volta che mi chiami “amore mio”!” lo spiazzò Jared.
Ma questa volta Jensen non si sentì in imbarazzo, ma solo emozionato.
“E’ quello che sei , Jared. È quello che sei!!” e lo abbracciò forte, ricambiato , da Jared, con lo stesso trasporto.
“Non vedo l’ora di tornare a casa con te, Jensen!” fece Jared ancora protetto in quell’abbraccio.
“Anch’io. Anch’io.” gli sussurrò Jensen, baciandogli la testa appoggiata al suo petto.

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Capitolo 17
*** 17 ***


Il giorno delle dimissioni finalmente arrivò per la grande soddisfazione di tutti e soprattutto per la felicità dei due ragazzi.
Jensen accompagnò il ragazzo a casa sua e con somma sorpresa, Jared si rese conto che in alcuni angoli, anche se ben sistemati e mimetizzati, c’erano alcuni effetti personali di Jensen.
“Mi sono perso qualcosa?!” fece sorridendo e incuriosito, mentre si sedeva al divano e mentre Jensen riponeva il borsone alla meglio peggio, nella lavanderia. Tornò di corsa da Jared, pronto ad accudirlo.
“Cosa?!” rispose perplesso e con aria innocente, sedendosi accanto a lui.
Jared gli indicò le sue cose per casa e Jensen intuì, appena in imbarazzo. “Ohw!! sì...vedi..il fatto è che il dottor Pellegrino mi ha spiegato la terapia che devi seguire qui a casa...”
“Sì, anche a me e penso di essere in grado di poter prendere qualche pillola anche da solo.” gli fece presente.
“Sì..sì..certo, ma vedi, io non volevo che tu ti stancassi. Anzi, non voglio che tu ti stanchi in alcuno modo. Quindi dovrai sopportarmi qui , sul tuo divano.” fece quasi con aria innocente.
“Davvero?!” sembrò provocarlo il più giovane.
“Sarò invisibile!” convenne mettendosi una mano sul cuore a mo’ di giuramento.
“Davvero?!” ripetè sogghignando.
“Nemmeno ti accorgerai di me!” promise ancora.
“Jensen, ascolta...” ma Jensen lo fermò.
“No, ascolta tu. La scelta è tra me o Rich!” fece deciso Jensen, spiazzandolo.
“Rich?” esclamò sorpreso Jared.
“Misha ha i suoi turni con l’ambulanza. Io posso sostituire Rich al bar o lui può sostituire me, quindi la scelta è tra lui o...” ma questa volta fu Jared a fermarlo.
Con un bacio.
La mano del ragazzo volò alla collo del biondo. Si poggiò veloce sulla nuca così da poter attirare il viso di Jensen. L’incontro tra le loro labbra fu deciso ma dolce. Jared si gustò ogni centimetro della bocca del compagno e Jensen, si lasciò baciare. E baciò. Il sapore di Jared era qualcosa che lo conquistava di volta in volta. E ora sulle sue labbra non c’era più quel vago sentore del sapore del gel emolliente che le infermiere gli mettevano di tanto in tanto quando era intubato. Le sue labbra non erano più spaccate. Ora era di nuova la sua bocca, la sua bellissima, dolcissima invitante bocca che lo baciava e che si faceva baciare.
“A quanto pare non ho scelta...” sussurrò Jared , dopo essersi diviso dalle labbra di Jensen.
“Quindi posso restare?” chiese comunque Jensen, sorridendogli.
“In verità, io avrei scelto Rich!!” rispose serio Jared, mentre continuava a carezzargli la nuca dove la sua mano rimaneva ancorata.
Jensen gli strinse le mani ai fianchi, dove erano finite durante quel dolcissimo bacio, come a volerlo punire per quella infausta scelta.
“Ma sul serio!!??” fece sapendo di provocare solo solletico e infatti Jared iniziò a cercare una via di scampo. “Sul serio??!!” lo provocò ancora Jensen, pizzicandolo lievemente , solo per farlo ridere come stava facendo. Ed era così bello vederlo ridere. “Vuoi davvero scegliere Rich??!!”
“No, no, no….basta basta...scelgo te, scelgo te!!” disse, arrendendosi.
“Ok!! sapevo che eri un ragazzo intelligente!” asserì soddisfatto Jensen smettendo di solleticarlo sui fianchi.
“Ad una condizione, però!” avanzò Jared.
“Sarebbe?!”
Jared riprese fiato e sul suo viso si palesò un’espressione decisamente dolce, tranquilla. Un’espressione che rapì completamente Jensen.
“Niente divano. Se resti, dormi con me.”
“Ma io non vorrei...”
“Se resti, dormi con me.” insistette Jared, carezzandogli docilmente il viso.
“Come tu ordini!” si arrese Jensen e poi con un gesto lento, cauto, abbracciò Jared. Se lo avvicinò piano, fin quando non fu completamente avvolto tra le sue braccia. Al sicuro.
Lo strinse a sé con cautela, come se avesse paura di fargli del male. E quando sentì Jared abbandonarsi a quell’abbraccio, rese quella stretta d’amore più decisa. “Mi prenderò cura di te. Non permetterò che ti accada più niente di male.” sussurrò come si sussurrano i segreti più forti e potenti.
Jared sentì una morsa allo stomaco e sentì il suo cuore sussultare di puro amore quando sentì Jensen pronunciare quelle parole. Ed era così che si sentiva: al sicuro. Protetto. Ma soprattutto amato.
“Ho avuto paura di perderti!” quasi esalò Jensen nascondendosi ancora in quell’abbraccio.
E allora , anche Jared, che fino a quel momento aveva lasciato che Jensen lo tenesse stretto a sé, piano, sfilò le braccia dalle braccia del compagno e di rimando, abbracciò Jensen. Lo abbracciò con forza, ignorando il disagio della ferita che tirava al centro del petto.
“Non mi hai perso. Sono qui. Con te. Sto bene e siamo insieme!” lo rassicurò sentendolo tremare appena.

Rimasero stretti in quel rassicurarsi a vicenda per lunghissimi momenti. Jensen dalla sua posizione baciava di tanto in tanto il capo di Jared. Il più giovane , rispondeva baciandogli un piccolo punto tra collo e spalla, lì, dove aveva rifugiato il suo viso. Le braccia a stringersi l’uno l’altro. A rassicurarsi, a confortarsi. Quasi come stessero rendendosi conto di essere reali e stare ancora insieme.

Da quel ritorno a casa di Jared, i giorni passarono sereni. La convalescenza andava alla grande e più passava il tempo, più Jared riacquistava le forze. Era perfino ritornato a lavoro, certo le sue erano ancora più che altro delle capatine all’ufficio , costantemente accompagnato da Jensen, ma questo andava comunque bene ad entrambi.
Jensen , di tanto in tanto, lo lasciava per andare a vedere come andavano i lavori al bar, ma solo quando Jared non riusciva a convincerlo a portarlo con lui.

Sei stato abbastanza in giro per oggi. Va’ a farti una doccia e riposa un po’. Quando torno porto la cena e poi ci vediamo un bel film, ok?!”
Sei un dittatore!”
Sì, come vuoi. Ma fa quello che dico o niente dolce stasera!”
Voglio il tiramisù!”
Ma è mercoledì. Il mercoledì è per le ciambelle!”
O mi porti il tiramisù o mi porti con te!”
Ma tu senti!!...Bello e capriccioso. Ok! Vada per il tiramisù ma...”
Ma ?”
Ma se quando torno non ti vedo bello riposato, mi mangio anche la tua porzione!”
Ma tu senti!!...Bello e prepotente!!”
Già! A dopo!”
Ok! E Jensen ?
Che c’è ancora?!!!”
Ti amo!”
Ti amo anche io!!”

Quella sera a cena, dopo aver sistemato le poche stoviglie, mangiarono il dolce, il tanto agognato tiramisù, sul divano e mentre Jensen lasciò a Jared la scelta del film, il più giovane notò che il compagno era diventato alquanto pensieroso. Decisamente assorto e perso in chissà quali improvvisi pensieri.
Jared posò il telecomando e lo chiamò.
Niente.
Lo richiamò.
Ancora niente.
Poggiò cautamente la mano sul braccio di Jensen e lo chiamò ancora.
“Jensen? Ehi??”
“Cosa?”
“Tutto ok? Sei andato via...dov’eri?”
“Sì...sì...scusa. E’ tutto ok. Scelto il film?”
“No, non è tutto ok e no, non ho scelto il film perché sono più interessato a sapere a cosa stai pensando.”
“Jared, andiamo...erano solo dei pensieri stupidi!”
“Beh! Le cose stupide fanno ridere, quindi fa’ ridere anche me!”
Jensen gli sorrise. Sorrise alla quella dolcissima prepotenza.
“Ok. Ascolta...ora ti dirò una cosa…ma voglio che tu la prenda come quella che è: una semplice assurda , forse stupida idea.”
“D’accordo.” rispose incerto, Jared.
“In verità, è una cosa a cui stavo pensando già da un po’, già dalla sera della festa a casa mia, ma poi sei stato ferito ed è successo tutto quello che è successo e onestamente io..io non ci ho più pensato, o meglio, non le ho dato più importanza!”
“Jensen, mi sta venendo il panico. Puoi arrivare al dunque!?!” lo prese in giro per cercare di alleviare il palese stato di nervosismo in cui vedeva sprofondare Jensen.
“La sera della festa avrei voluto chiederti una cosa.”
“Cosa?” fece curioso.
“Stavamo insieme, e stavamo bene. Più che bene!”
“Ed è ancora così...mi auguro!”
“Ma certo...certo.” asserì con convinzione sincera. “Ed è per questo che quella sera dopo la festa avrei voluto chiederti di andare a vivere insieme!” e questo lo disse tutto d’un fiato e rimanendo in apnea per qualche secondo. Giusto il tempo di vedere lo sguardo sorpreso e attonito con cui lo stava fissando Jared.
“Jensen, tu...”
“Ascolta, ascolta….io ho la tua roba in un cassetto e in parte del mio armadio. Tu hai le mie cose sparse per case anche da prima di tutto questo casino. Io...io vorrei tanto non dover...insomma vorrei tanto non dover...”
“Non dover , cosa?!” chiese sottovoce Jared.
“Non dover andare via quando ci sono quei giorni in cui non vorrei mai lasciarti.” ammise e dicendo quella frase ripensò a quelle mattinate in cui doveva andare al bar, ma doveva alzarsi prima per passare da casa sua. E lo stesso era per Jared, a volte costretto ad andare via a sera inoltrata perché la mattina aveva dei colloqui con dei clienti o in qualche banca e doveva prendere i documenti o cambiarsi o altro. “Non voglio dover toglierci del tempo che possiamo passare insieme.” disse ancora. “Non più!” e queste due ultime parole fecero vibrare il cuore di Jared che le collegò senza esitare a quello che gli era successo.
Quelle due piccole parole avevano rivelato ancora una volta il terrore di Jensen.
Separarsi.
Il più giovane sospirò, per un attimo i suoi occhi vagarono per la stanza, cercarono di evitare lo sguardo di Jensen.
“Io...” sussurrò tenendo gli occhi bassi.
Jensen sospirò. Capì. Era quello che temeva. Jared lo amava , sì. Ma non era ancora pronto a , forse, fidarsi completamente di lui. Poteva accettarlo. Gli avrebbe dato tempo. Tutto il tempo di cui Jared avrebbe avuto bisogno.
“Ok..ok...lo so, lo so. Non te lo aspettavi e io forse…”
“Io non...” cercò di intromettersi Jared.
“Io forse, anzi no...sicuramente ho sbagliato il momento e …”
“Jensen...”
“... sai cosa? Non ci pensare. Fa’ finta che io...”
“Jensen sta’ zitto!” lo ammutolì.
E Jensen si ritrovò a serrare le labbra inghiottendo l’aria con cui avrebbe continuato a parlare.
“Io non vedo l’ora di poter vivere con te.” confessò emozionato.
“Davvero?!” chiese incerto.
“Non sai quante volte l’ho immaginato. Non sai quante volte ho odiato il fatto di dover andare via da casa tua o tu dalla mia, quando invece avrei voluto stare ancora con te.” ammise con entusiasmo, entusiasmando anche il compagno.
“Sul serio?”
“Sì, scemo. Sì!!” e un attimo dopo lo abbracciava con forza e ridendo di cuore e veniva ricambiato con la stessa forza e la stessa ilarità.
Poi, i loro sguardi si incontrarono e una luce diversa li illuminò.
Fu Jared a fare il passo. Fissò le labbra di Jensen ancora piegate in un leggero sorriso, quasi incerto. Si umettò appena le proprie, stringendole appena tra i denti, come se stesse pregustando un sapore avvolgente.
Si sporse quasi a chiedere il permesso.
Lo baciò e in quel bacio una mano si poggiò sul cuore di Jensen. Quel cuore che stava battendo talmente forte in quel momento da far sentire il proprio ritmo alla mano che lo aveva toccato.
Jared spinse piano. Spinse con cautela il corpo di Jensen verso il divano e lo accompagnò con il proprio fino a stendersi sopra di lui.
Poi spinse anche con il bacio, che divenne più intenso, più umido, più intimo.
Le mani di Jensen iniziarono a vagare lungo la schiena del giovane, fino a raggiungere la parte bassa e poi i glutei sodi, che si contrassero istintivamente quando la presa forte ma gentile di Jensen li toccò.
Jensen ricambiò quel bacio con lo stesso fervore. Sì, si erano baciati in quel periodo ma non erano mai arrivati a sentire di nuovo quel calore potente che li incendiava dalle viscere al cervello.
Gli mancava quel calore, gli mancava quel fuoco. Gli mancava che fosse Jared a provocarlo.
Ma quando un movimento ben esplicito del compagno li fece gemere entrambi, Jensen si fermò.
Mise una mano sul viso dell’altro. Lo richiamò.
“No..no...Jared. Fermati.” fece con dolcezza.
“No, no...ti prego, no!”
“Dobbiamo fermarci. Tu non sei ancora...”
“Jensen, sto bene. Lo ha detto anche Pellegrino all’ultimo controllo. Posso riprendere la mia vita. Voglio riprendermi la mia vita. E tu…”
“Oddio, Jared!!” sospirò Jensen, chiudendo gli occhi. Cercando di mantenere quel controllo che Jared voleva fargli perdere.
“E tu fai parte della mia vita e io ti voglio. Jensen, io ti voglio!!” asserì con passione.
Jensen distolse per un attimo lo sguardo. Assecondarlo o non arrendersi?

 

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Capitolo 18
*** 18 ***


“Jensen, ti amo. Non penso di aver mai amato in questa maniera. Non penso di averti mai amato quanto ti sto amando in questo momento. Ti prego...ti prego, voglio che tu faccia l’amore con me.”
“Ti amo anche io….ti amo così tanto!” rispose Jensen , che lo stava guardando di nuovo. Lo stava adorando di nuovo.
“Per favore...allora...lascia che io faccia l’amore con te.”
Jensen allora si arrese.
Con movimenti lenti e gentili, fece allontanare Jared da lui, che si ritrovò seduto. Poi si alzò e guardando il compagno che guardava lui, potè scorgere nei suoi occhi una sorta di triste delusione.
“Dammi la mano!” disse Jensen, porgendo la propria al più giovane.
“Jensen...”
“Non qui...non così.” disse dolcemente. Strinse forte la mano che Jared gli aveva dato e lo invitò a seguirlo verso la camera da letto.
Entrarono.
Jensen si chiuse la porta alle spalle. Spense la luce , lasciando accesa solo l’ abat-jour posta sopra la cassettiera.
Si avvicinò a Jared che era rimasto fermo al centro della camera. Lo baciò piano, dolcemente, quasi una carezza tra le loro labbra. Gli lasciò una carezza altrettanto gentile sulla guancia. Poi lentamente prese a sbottonargli la camicia.
“Lascia che mi prenda cura di te!” chiese a bassa voce e Jared, ormai, conquistato e perso, in quello che stava accadendo, nel modo in cui Jensen lo stava facendo accadere, annuì soltanto.
Il biondo gli fece scivolare via dalle spalle con un gesto leggero, la camicia che andò ad afflosciarsi al pavimento.
Guardò Jared. Adorò Jared.
Ma quando il suo sguardo senza rendersene conto si ritrovò a fissare quella cicatrice sul torace che leggera scivolava fin sotto il pettorale in tensione, qualcosa scattò in lui. Sembrò congelarsi.
Jared capì immediatamente quando scorse cosa Jensen stesse fissando con tanta apprensione. Gli mise le mani intorno al viso così da costringerlo a guardare lui, i suoi occhi, il suo viso e niente altro.
“Guardami! Ti prego...guardami!” fece con un tono dolcissimo, quasi un sussurro. “Guardami, Jensen.”
Jensen che aveva socchiuso gli occhi quando il tocco di Jared gli aveva riscaldato il viso, li riaprì e si ritrovò immerso in un oceano di ambra e oro, ma soprattutto , di serenità. Jared era sereno.
“Perdonami!” sentì di dover dire.
“Jensen , sto bene. Davvero!! sto benissimo. E tu non devi chiedere perdono di niente.” lo rassicurò il più giovane, trasformando quel semplice tocco al viso in un abbraccio in cui Jensen prima si rifugiò e poi condivise con la stessa intensità. “Ti prego...ti prego. Fa’ l’amore con me.”
Jensen non rispose niente ma senza allontanarsi da quel contatto, piano, con attenzione , guidò entrambi verso il letto. Gli sbottonò i jeans e piano li fece cadere insieme all’intimo. Agì in modo che Jared si potesse sedere sul bordo del letto, mentre lui gli si inginocchiava davanti, poggiandogli le mani sulle cosce che scattarono in tensione a quel tocco così caldo e pressante.
Jared inspirò profondamente, portò le braccia all’indietro per sostenersi e .. “Jensen...” ansimò forse prevedendo quello che poteva star per succedere.
Jensen lo guardò. Sorrise sghembo!!
“Calma, Tigre!!” e così dicendo, gli sfilò del tutto i pantaloni. “Una cosa alla volta.” e poi si tirò su. Verso il viso del compagno. “Va’ al centro del letto!”
Jared obbedì mentre incapace di distogliere lo sguardo vide Jensen ergersi completamente e sfilarsi con un unico movimento la maglietta e poi lentamente sbottonarsi i pantaloni e toglierli. Anche lui poi si privò pure dell’intimo.
“Mio Dio!! sei magnifico!” non potè che sussurrare Jared di fronte all’innegabile bellezza di Jensen.
“Credimi, amore mio. Per te non ci sono parole.” lo adulò , sorridendo del rossore che comunque vide affiorare sul volto del compagno.
Dopo di che , Jensen raggiunse Jared al centro del letto. Lo sovrastò e più si imponeva su di lui, più le sue mani riuscivano a carezzarlo ovunque. Le gambe, i fianchi, il torace e poi di nuovo verso il basso, verso il ventre in tensione , verso la sua intimità pulsante di eccitante aspettativa e carezzava, carezzava con movimenti lenti, sicuri, su e giù, su e giù. Il giusto per portare ad una magnifica confusione. E Jared gemeva e si beava di ogni tocco, ad ogni sospiro che Jensen lasciava sulla sua pelle che sentiva via via andare a fuoco.
Quando Jensen , oramai, gli era sopra, sostenendosi con un braccio per non pressarlo troppo con il suo corpo, una gamba di Jared andò a circondargli il fianco scoperto.
Jensen sospirò a quel contatto.
“Voglio sentirti vicino..il più possibile. Non voglio lasciarti andare!” gli sussurrò a fior di labbra accanto all’orecchio Jared, rinsaldando la sua posizione.
“Mai più lontani. Mai più!” gli fece eco Jensen, mentre una sua mano sensualmente, lentamente scendeva di nuovo verso il ventre del più giovane. Prima carezzò ancora voluttuosamente la fremente turgidezza della sua intimità, poi la strinse, muovendo piano. Con gesti ritmici.
Il corpo di Jared scattò, si inarcò come attraversato da una tanto violenta quanto piacevole scarica elettrica. Le braccia del più giovane scattarono verso la schiena del biondo. Lo strinsero, quasi lo artigliarono per impedirgli di muoversi, di allontanarsi.
Mentre la voce, resa sottile dal piacere provò a scivolare via dalla gola.
“Ti prego...mi sei mancato così tanto. Ti prego...ho bisogno che tu...ho bisogno di essere tuo. Di sentirmi di nuovo completamente tuo. Solo tuo.” fu l’ansimata preghiera.
“Non hai mai smesso di essere mio, Jared. Come io non ho mai smesso di essere tuo, amore mio!” e dicendo queste parole d’amore , le sue dita attente e premurose, invasero con cautela l’intimità più segreta del giovane compagno, che si ritrovò ad allargare le gambe, per dare più spazio al suo amante e ai suoi tocchi d’amore.
Jensen lavorò piano, si mosse sapientemente in quel lembo di carne sensibile e cocente. Sincronizzò il suo massaggio preparatorio agli ansimi di soddisfazione del compagno, ai suoi lamenti così eccitanti, al punto che avevano decisamente iniziato a fare effetto anche sulla sua eccitazione che fremeva per trovare soddisfazione.
“Jared...Jared io...”
“Sono pronto...ti prego...ti voglio...ti desidero...” lo rassicurò Jared.
“Anche io...anche io!” e in quella semplice risposta, Jensen lo invase, piano. Entrando piano. Avanzando lentamente, fin quando non avesse visto sul volto di Jared solo piacere.
Spinse appena. Conquistò di più. Si annullò ancora un po’ nel corpo del suo splendido amante che rispondeva magnificamente ad ogni suo tocco, ad ogni suo , almeno per il momento, accennato affondo.
“Dio!!!” si ritrovò ad esalare Jensen, nascondendo il viso nella calda piega del collo di Jared che approfittando di quella dolcissima debolezza, lo abbracciò forte, e lo legò a lui con entrambe le gambe. Incrociandole alle caviglie.
“Non mi scappi più!” scherzò, anche se affannato, quando Jensen alzò il viso sudato e in tensione. Una più che piacevole tensione.
“E chi scappa!!” replicò ironico.
Dopo di che, la danza prese inizio. Dolce, cadenzata, con un ritmo tutto suo. Guidata dalle loro voci, dai loro ansimi, dalle mani che si aggrappavano ai corpi nudi per suggerire più pressione o più gentilezza. Dai corpi stessi che si avvicinavano o si allontanavano per accelerare il piacere o cercare sadicamente di ritardarlo. Era talmente bello e profondo quello che stavano vivendo, di nuovo, dopo tanto tempo, dopo tutto quello che li aveva tenuti separati, che avrebbero sopportato anche una certa dose di sadismo, pur di provare quell’estasi il più a lungo possibile.
Ma poi, quando Jensen colpì , solleticando quel punto interno che fece quasi gridare Jared,e lo colpì ancora e ancora, il giovane si arrese e iniziò a pregarlo di continuare, di fare di più, dare di più. E a quelle suppliche unì l’agire del suo corpo che andava incontro alle spinte potenti e decise di Jensen che ormai perso nell’eccitazione, completamente sopraffatto dall’adrenalina e dall’euforia del piacere, si strinse le braccia di Jared al collo, infilò le proprie sotto la schiena dell’altro arrivando fino alle scapole e approfittando del fatto che Jared aveva ancora le gambe allacciate a lui, con un potente colpo di reni, lo tirò a sè e in un attimo si ritrovarono seduti al centro del letto. Jared in quella posizione così improvvisa, lasciò che la forza di gravità avesse la meglio su di lui e si lasciò scivolare completamente sulla virilità di Jensen e si abbandonò a quell’unione incredibilmente profonda.
Un sospiro di pieno appagamento che trovò la sua fine sulla bocca di Jensen. In un bacio languido, lascivo, pregno della più profonda passione.
A Jensen, di suo, bastò appena sistemarsi contro quel corpo magnifico. Rispose con entusiasmo al bacio. Una mano ferma al centro della schiena del compagno, l’altra prigioniera tra i capelli di Jared.
Solo la necessità d’aria , li costrinse ad allontanarsi, ma rimasero così, fronte contro fronte, perché ormai, entrambi sapevano di essere al limite. Bastò che Jensen spingesse appena verso l’alto e Jared gli andasse incontro che tutto esplose.
Le bocche aperte in cerca di aria come se fossero appena usciti da una lunga apnea.
Un grido muto li costrinse a stringersi l’uno contro l’altro. A tenersi stretti come se si stessero sostenere per con cadere. Fermi, statici in quel momento. Incapaci di muoversi. Non volendo muoversi.
Dopo tanta distanza, stare così vicini era l’unica cosa che volevano.

Poi , piano lentamente Jared si lasciò cadere verso il materasso, senza permettere però a Jensen di allontanarsi da lui, così da farlo rimanere steso sul proprio corpo.

Il fiato che lentamente ritrovava il suo ritmo. Il cuore che soddisfatto dell’amore ricevuto e donato ritrovava la sua pace. Gli occhi chiusi come a non voler perdere tutte quelle meravigliose sensazioni divenute reali in quel loro amarsi. I corpi ancora vicini. Abbracciati. Incapaci di trovare quella volontà per allontanarsi.
Jared carezzava, ancora, pigramente la schiena di Jensen, che steso su di lui, ma comunque poggiato su un fianco del compagno per non gravare troppo sul torace segnato, lasciava baci leggeri tra la spalla e il collo e il petto di Jared. Sorrisi flebili. Sorrisi appagati.
Poi, ad un tratto, Jared , si rese conto che Jensen si era fermato da quelle sue attenzioni così dolci.
Aprì gli occhi e si ritrovò il verde, ancora liquido ma comunque bellissimo, degli occhi di Jensen , a fissarlo.
“Che c’è, amore!?” sussurrò dolcemente.
Jensen deglutì. Per la felicità di sentirsi chiamare così e per l’imbarazzo di voler fare una domanda, che sentiva di dover fare.
“Io...cioè..”
“Jensen, che c’è?” lo incoraggiò Jared, senza mettergli ansia.
Jensen sospirò.
“Come stai? Sì..insomma...sono stato troppo… cioè..” e abbassò lo sguardo improvvisamente imbarazzato. “Forse tu non avresti dovuto...e io...io non ho saputo….sì, insomma...magari...”
Dio!! come si sentiva stupido a non riuscire a dire quello che voleva.
Jared sorrise colpito da quella situazione così paradossalmente innocente. Infondo, lui e Jensen, da quando stavano insieme, avevano esplorato ogni aspetto di quella loro meravigliosa relazione. Soprattutto quell’aspetto fisico che riusciva ad infuocarli e farli sentire uno parte dell’altro in maniera incredibile.
“Jensen...”
“Scusa ...scusa...io...”
“E’ stato bellissimo. Magnificamente intenso. Io sto benissimo. Tu sei stato meraviglioso e mi hai dato te stesso in un modo altrettanto meraviglioso. Forse...”
“Forse?!” si fece avanti Jensen, preoccupato.
“Forse sono io che dovrei chiederti scusa se non sono riuscito ad amarti come...” ma Jared non riuscì a dire altro perché Jensen gli chiuse le labbra con un dito, zittendolo.
“Non farlo. Non provarci nemmeno a dire una cosa del genere. Jared tu mi ami come devo essere amato anche solo guardandomi. Mi ami come merito anche solo con una carezza. Anche solo con il semplice bacio della buonanotte o del buongiorno. Mi ami quando mi porti il caffè o quando mi perdoni perché mi trattengo troppo al bar per lavoro. Mi ami quando sopporti Rich e le sue battute inopportune. Mi ami quando sorridi quando ti dico “Ti amo!”.” disse baciandogli le labbra piegate in un dolcissimo sorriso.
“Quindi….”
“Quindi….Ti amo, Jared.”
Jared sorrise. “Ti amo , Jensen!” disse solo, perché non c’era bisogno di dire altro. Non c’era bisogno di altro se non restare così, abbracciato a Jensen, sentire il suo respiro sincrono con il suo. Restare, in pace, sul suo petto e lasciarsi cullare dal suo calore e il suo profumo avvolgente.

“Sai a cosa stavo pensando?!” fece poco dopo Jared.
“Scordati un secondo round!” scherzò Jensen.
“Ma come sei scemo!!” rispose ridendo insieme al compagno. E poi: “Pensavo alla nostra futura casa!”
“Di già!?” replicò Jensen , sorpreso.
“Sì, avrei un’idea...sempre se a te sta bene!” azzardò, con un tocco di timore. Timore che Jensen scorse semplicemente nel tono di voce.
“Sarebbe?” chiese curioso.
“La casa al lago.” rispose secco.
“Quella dei tuoi genitori?!” e ora c’era sorpresa nel tono di voce di Jensen.
“L’unica e sola.”
Con movimenti pacati, Jensen si tirò su seduto, poggiandosi alla testiera del letto e invitò il giovane compagno a sedersi accanto a lui. Invece , Jared, si sedette, sì, ma non al suo fianco bensì di fronte a lui.
“Sei serio!” convenne Jensen, notando sul volto del ragazzo una sorta di pacata risolutezza.
“Assolutamente.”
“Jared tu sai quanto io adori quella casa e il posto in cui si trova. Ma quella casa è tua. È parte di quello che i tuoi genitori ti hanno lasciato e non mi sembra giusto che io….”
“Cosa? Che tu renda quel posto che per me è il passato, qualcosa che mi mostri il futuro? Un meraviglioso futuro!!?” ironizzò Jared.
“Jared, io...”
“Jensen..” fece comprensivo, mettendo le proprie mani su quelle del compagno. Stringendole dolcemente. “Vieni a vivere con me in quella casa che è stata nostra dal momento in cui ci abbiamo messo piede la prima volta insieme.” fece sorridendogli e sorridendo all’emozione che vide disegnarsi sul volto del biondo. “Quello che abbiamo vissuto in quella casa ha segnato l’inizio della nostra storia e non c’è posto al mondo in cui vorrei stare per continuare questo nostro sogno.”
“Ne sei sicuro? Convinto sul serio?” chiese ancora e sentendosi incapace di negare una simile richiesta fatta in quel modo così dolce.
“Ma stato così sicuro.” lo rassicurò , sporgendosi verso di lui e baciandolo piano sulle labbra che ancora sorridevano. “Allora?” sussurrò poi.
“A quanto pare abbiamo trovato casa!”
“Sììì!” esclamò entusiasta Jared.
“Ma..”
“Ma?!” si chetò immediatamente.
“Sai che ho imparato a volergli bene e mi piace averlo intorno ma...”
Jared lo fissò un attimo confuso. “Non capisco di chi tu stia parlando!” fece.
“Jay!” disse Jensen.
Jared rise di cuore. “Jay??”
“Cavolo, Jared...l’ultima volta che siamo andati alla casa al lago, quando mi sono svegliato c’era la sua faccia sul tuo cuscino invece che la tua! Non sono schizzinoso, ma la mattina vorrei avere un bacio da te e non da lui!!” fece scherzosamente seccato.
Jared rise, immaginandosi la scena e anche perché una mattina ne era stato perfino testimone.
“Oh andiamo!!...ma se ti ho visto addirittura rinunciare a mezzo hamburger pur di darlo a lui. Tu adori Jay!” fece Jared.
“Certo che lo adoro, chi non adorerebbe quella faccia da delinquente che si ritrova, ma ...”
“Ma se è solo una questione di baci...” replicò Jared , improvvisamente più languido, sistemandosi, velocemente a cavalcioni del compagno, sorprendendolo.
“Woo!!!” esclamò Jensen, che comunque non esitò a mettergli le mani sui fianchi per poterselo attirare vicino. “Te l’ho detto: niente secondo round, cowboy!!” scherzò il biondo.
“ E io ti ho detto che sto bene perciò se è solo per qualche bacio mattiniero...possiamo trovare una soluzione.” suggerì malizioso , mentre si sporgeva per baciarlo sul collo, per poi salire verso l’orecchio, la guancia, l’angolo della bocca già in attesa.
“ Questo è….sleale!” sussurrò Jensen, mentre lasciava comunque che Jared proseguisse quel suo eccitante tragitto. Ma quando Jared si appropriò della sua bocca, ogni tentativo di resistergli, fallì miseramente.
Jared lo baciava, lo assaggiava, gli mordeva le labbra sensualmente solo per il gusto di sentirlo gemere e tremare contro la sua di bocca.
“Il tuo sapore mi ha sempre fatto impazzire!” mormorò baciandogli ancora gli angoli della bocca ormai rossa e umida.
“E questa cosa deve dispiacermi o rendermi orgoglioso?!” ironizzò malizioso Jensen, mentre le sue mani andavano a stringersi sui fianchi ben torniti del compagno seduto su di lui. Strinse con forza , ma senza esagerare, spingendosi contro il bacino di Jared che assecondò quel movimento, ma quando il biondo cercò di portare avanti quella lussuriosa intenzione, il più giovane lo bloccò mettendogli una mano sul petto già ansante.
I loro sguardi si scontrarono, già pieni di voglia e desiderio.
“Jared...io...”
“No, amore mio. Ora sarò io far impazzire te!” lo anticipò Jared.

E i corpi scattarono di nuovo. Le voci chiamarono di nuovo i loro nomi e il loro piacere e la pace dei sensi li avvolse di nuovo, lasciandoli pacificamente addormentati l’uno tra le braccia dell’altro.

 

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Capitolo 19
*** 19 ***


Circa tre mesi dopo Jared e Jensen davano la festa per inaugurare la loro vita insieme. Avevano atteso il giusto tempo per permettere a Jensen di riaprire il bar, dopo i lavori di ristrutturazione e Jared di riprendere a pieno i suoi impegni lavorativi.
Quella sera , una bellissima sera autunnale, piacevolmente calda, la visuale del lago dava alla compagnia festante una ragione in più per godersi quel momento. C’era anche Jim e naturalmente il suo inseparabile Jay che scodinzolava festoso a chiunque gli procurava un po’ di cibo.
“Jared ...wow!!!..questo posto è fantastico!” esclamò Rich allargando le braccia al panorama che aveva di fronte.
“Già, lo puoi dire forte!” convenne Misha, sorseggiando la sua birra e poi guardandosi un attimo in giro. “Ma dov’è Jensen?” fece non vedendo l’amico.
Jared si rese conto di averlo perso di vista anche lui. “Forse è in casa a prendere altre birre!”
“Potevo andarci io!” fece Rich.
“Ehi, oggi, sei ospite! Ma se dopo vuoi fermarti per ripulire questo casino...” scherzò Jared.
“Ah no!! l’ospite è sacro e io oggi sono ospite!”
I tre risero e poi Jared si guardò di nuovo attorno per cercare Jensen. “Ma dov’è finito?!” chiese sorridendo ancora.
Misha, a quel punto, gli mise una mano sulla spalla. “Credo che tu debba guardare di là!” gli disse indicando l’interno della casa. Il soggiorno.
Un piccolo gruppo di persone si aprì come per mostrare quello che stava per accadere.
Jared boccheggiò sorpreso quando si rese conto di quello che stava vedendo: Jensen seduto sul bracciolo della poltrona centrale, con una chitarra e un sorriso radioso.
Il biondo con un lieve cenno della testa lo invitò ad entrare e il ragazzo come in trance obbedì, avvicinandosi al compagno.
“Ma cosa...” sussurrò appena , alludendo alla chitarra.
“Con una canzone ti ho conquistato!” disse Jensen. “O per lo più ti ho messo compassione dato che sono collassato subito dopo!” precisò facendo ridere tutti. “Con una ti ho confessato cosa ormai eri per me” alludendo alla canzone che aveva cantato per lui in ospedale. Misha, innocentemente se l’era lasciato scappare qualche tempo addietro. “Con una canzone spero di tenerti legato a me per sempre.” concluse dolcemente.
“Jensen!” fece Jared , emozionato, al ricordo di quelle fasi della loro storia.
Le dita di Jensen iniziarono ad accarezzare le corde tese della chitarra e un accompagnamento dolce e ritmato riempì la stanza , immediatamente silenziosa. Perfino Jay, incuriosito, si sdraiò ai piedi di Jensen , e rimase intento ad ascoltare. Poi la voce del biondo iniziò ad allietare i presenti.

“Non avevo programmi
Non avevo grandi progetti...
Ma questo non sono più io
Sto lasciandomi alle spalle quella vita

Sono tuo
Ora capisco a cosa serve l'amore
Mi ha colpito allo scoccare della mezzanotte
Tu mi dai una ragione
Non tornerò mai indietro
Non ora...
Andavo verso il nulla
Quando ho guardato nei tuoi occhi
Proprio quando meno me lo aspettavo
Hai illuminato la stanza
Ora sono tuo...”


Quando l’ultimo accordo scivolò tra le dita di Jensen e il silenzio rigoroso con cui tutti avevano ascoltato quella canzone e quelle parole così dolci, un applauso compiaciuto raggiunse il barista che sembrò quasi riprendere da quella sua dedica e arrossì abbassando appena lo sguardo come per ringraziare.
Poi alzò di nuovo lo sguardo e lo puntò sul compagno che nel frattempo era rimasto in silenzio, completamente perso e rapito da quella serenata inaspettata. Gli occhi lucidi, lo sguardo emozionato perennemente fisso su Jensen che passava la chitarra a Misha, al suo fianco, e si alzava per mettersi di fronte al giovane.
Gli sorrise di un sorriso dolcissimo.
“Beh...dì qualcosa!” suggerì il biondo.
Jared si guardò un attimo intorno, sentendo su di sé lo sguardo dei loro amici. Sembrò che stesse per dire qualcosa, ma al tempo stesso quel qualcosa gli restò bloccato in gola, come se avesse paura di farsi udire.
“Ehi...” fece Jensen posandogli una mano tra la guancia e il collo, in quella maniera calda e rassicurante come solo lui sapeva fare. “Che c’è?” chiese dolcemente.
Jared prese coraggio. Al diavolo tutto e tutti. Puntò lo sguardo negli occhi smeraldini di Jensen.
“Vorrei che non ci fosse nessuno così potrei chiudermi con te nella nostra camera da letto e provarti più e più volte quanto tu sia davvero mio e quanto io sia davvero tuo!” fece con convinzione e senza riprendere fiato.
Jensen strabuzzò gli occhi, deglutì sia di un certo imbarazzo che di una eccitante aspettativa.
Jared notò quell’espressione per lo più indecifrabile e anche lui si ritrovò a strabuzzare gli occhi.
“Dio!! l’ho detto ad alta voce!” si rese conto , arrossendo vistosamente.
Jensen annuì soltanto mentre le risatine dei loro ospiti cominciavano a farsi più presenti. “Mi dispiace ma….”
“Jared..” sussurrò Jensen senza smettere di guardarlo.
“..ma non mi rimangio niente!” ribadì.
“Ooookkeeeyyyy!” fece Rich, ironico e scherzoso. “Beh! Amici miei , credo che la festa sia finita. Lasciamo che questi colombelli facciano il nido!!” recuperando il suo giacchetto e passandone qualche altro agli altri amici che si avviavano all’uscita sogghignando ma per niente contrariati.
Misha passò accanto a Jared, posando la chitarra sul divano. “Desiderio esaudito. Fatti valere , Tigre!!” gli sussurrò discretamente nell’orecchio. Poi si girò verso Jensen e gli fece un semplice occhiolino.
“Ok! Ragazzi.” fece Rich , aggrappandosi alla maniglia della porta di ingresso. “Ospiti andati. Casa vuota.” li avvisò mentre sorrideva al fatto che quei due continuavano a fissarsi e non muoversi di un solo centimetro. “Non fate niente che io non farei!” scherzò ancora, mentre….
“Rich, vieni fuori da lì!!!” gridò la voce di Misha. “O ti lascio a piedi!!!” lo minacciò, l’amico.
E solo a quella minaccia, il barista si chiuse la porta alle spalle e raggiunse Misha in macchina.

Quando si fu seduto, Misha gli disse di mettersi la cintura e rimase basito quando Rich non protestò.
“Wow!!” esclamò sorpreso. “Mi aspettavo come minimo un dito medio alzato per aver osato dirti di metterti la cintura!” scherzò Misha mentre metteva in moto e quando si accorse che dal lato passeggero non arrivò nemmeno allora una risposta volgare o sagace, girò il viso e notò lo sguardo , forse, preoccupato dell’amico barista. “Ehi, Rich...amico? Tutto bene?”
Rich aveva lo sguardo fisso verso la casa dei due amici. Sembrava davvero pensieroso.
“Rich?!” lo richiamò ancora , l’altro.
“E’ che ne hanno passate tante quei due. Prima il collasso di Jensen, poi tutto il casino con Jared ..insomma...sembra quasi come se il destino non li volesse insieme quando invece loro l’unica cosa che vogliono è stare insieme. Se lo meritano, porca miseria. Sono due persone fantastiche! Perché cavolo il cazzo di fato deve accanirsi contro loro?” disse , decisamente irato e poi guardò Misha come se attendesse da lui una risposta.
Misha comprese il rammarico dell’amico e lo condivise in pieno. Aveva ragione. Aveva davvero ragione.
“Ascolta...hai ragione. Sul serio, ma...”
“Ma..?”
“Ma nonostante tutto, Jared e Jensen, sono insieme. Il destino o fato o come tu voglia chiamarlo, li ha messi alla prova, ma loro sono stati più forti e sono qui, stanno bene e sono ancora insieme. La sorte in questo anno e mezzo ha dichiarato loro battaglia , ma guardali Rich...” fece indicando i due ragazzi ancora visibili dalla finestra.
Jared e Jensen erano abbracciati stretti e si baciavano.
“...guardali. Hanno vinto, amico. Hanno vinto loro!”
Rich sorrise convinto osservando i due amici. Annuì grato a Misha per quella risposta , per quelle parole di cui aveva bisogno.
Poi si nascose il viso tra le mani e se lo strofinò con vigore come per portare via quel momento di scoramento.
Fece un sbuffò liberatorio e guardò Misha che guardava ancora la finestra.
“Che schifo!!” esclamò allora.
“Cosa?..che c’è?” fece basito Misha.
“Smettila di fare il guardone, metti in moto e portami a casa. Pervertito maniaco!” fece indicando l’immagine che proveniva dalla vetrata.
“Fottiti Speight. La prossima volta ti lascio marcire nella tua frustrazione!” rispose a tono il paramedico mentre metteva in moto e si immetteva sulla strada principale.
“No, non lo farai!” scherzò l’altro.
“Oh!! puoi giurarci che lo farò. Ti vedrò a terra , guarderò da un’altra parte, farò finta di niente e passerò oltre!” lo minacciò scherzoso.
“No, non lo farai!” ribadì con più convinzione Rich.
“Ne sei convinto?!”
“Sì, perché tu sei angelo misericordioso e andresti all’Inferno pur di salvare un amico!”
“Ma tu non sei un amico!”
“Si, che lo sono!”
“No, non lo sei!”
“Si, che lo sono...”
“No , non...” e così per gran parte del tragitto fin quando non scoppiarono a ridere.


Nel confortevole cottage , appena diventato casa di Jared e Jensen, i due ragazzi, stretti un dolcissimo abbraccio, continuavano a scambiarsi baci e carezze altrettanto dolci.
“Siamo soli!” sussurrò Jensen.
Jared si scostò appena da lui e si guardò attorno come a rendersi conto che davvero lo fossero. Lo fissò ammagliato.
“Se non ricordo male, c’era un...desiderio...in ballo!” maliziò il biondo allontanandosi appena da lui e accennando ad andare verso la loro camera.
Jared non disse niente ma lo seguì e quando il compagno varcò la soglia della stanza lo afferrò per il braccio e lo costrinse a voltarsi di nuovo verso di lui.
Jensen di fronte a Jared, lo guardò stranito.
“Cosa c’è?” chiese in un sussurro e poi fece per voltarsi e avvicinarsi al letto.
“No!” esclamò Jared. Nel suo tono una sorta di comando.
Jensen lo guardò confuso. “No?”
Jared gli mise una mano al centro del torace, quasi in direzione del cuore. “Non smettere mai di guardarmi.”
“Ma...” e tentò di voltarsi ancora per avvicinarsi al letto.
“Non smettere mai di guardarmi!” ribadì quasi predatorio Jared.
Jensen a quel punto deglutì. Ma la sua era una inaspettata eccitazione. Non aveva mai visto , nel compagno, questo aspetto...dominante.
“Io...”
“Sssh!” lo zittì chiudendogli la bocca con il dito indice. “Non togliermi mai gli occhi di dosso.” sibilò mentre le sopracciglia di Jensen si arcuavano in una chiara espressione di sorpresa.
“Ora come ora, non riuscirei a farlo nemmeno se volessi!” rispose il biondo, parlando mentre sfiorava con le labbra il dito di Jared e mentre ormai completamente rapito da quello che stava accadendo. Poi sentì una leggera pressione al centro del petto. Era Jared che lo stava spingendo piano, così che lui potesse camminare senza timore all’indietro. Passo dopo passo. Finché non sentì il tocco del materasso.
Fece per sedersi ma…
“No!” lo fermò Jared. Interruppe il contatto della sua mano sul corpo di Jensen e… “Spogliati!” fece. “Lentamente!” sibilò suadente mentre un brivido caldo corse lungo la schiena di Jensen. “Completamente!” precisò ammiccando.
Il biondo sentì il cuore iniziare a battere velocemente. Le mani gli tremavano appena. Così come le gambe. Eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da quello del compagno. Deglutì.
Poi , ubbidiente, iniziò a sfilarsi la camicia che indossava lasciandola cadere dietro di sé. Dopo , fu la volta della maglietta che indossava sotto che raggiunse il pavimento vicino alla camicia.
“Bravissimo!” lo adulò Jared e quando vide che Jensen esitava… “Non sei ancora nudo come piace a me. Va’ avanti!” lo incoraggiò passandogli il dito indice lungo lo sterno, verso il basso, fino a raggiungere la cinta dei jeans e agendo appena per far scattare il bottone.
Il torace di Jensen sussultò appena e poi le sue mani continuarono quello che aveva iniziato Jared.
Si sbottonò completamente il jeans, abbassò la zip e si mosse appena per farsi scivolare sulle gambe il pantalone. Poi gli bastò scalciarlo via.
“Va’ bene così!?” disse mostrando il suo corpo all’altro.
“No! Affatto!” rispose Jared, quasi con tono deluso.
Jensen lo guardò stranito, forse in imbarazzo non aspettandosi un “No!” come risposta. “Ma..”
“Ho detto che ti voglio nudo!” disse squadrandolo dalla testa ai piedi. “Completamente nudo!” precisò , poi, restando con lo sguardo fissò sui boxer che Jensen ancora indossava.
Jensen sentì avvamparsi, ma non per la vergogna di spogliarsi completamente davanti a Jared. Non era certo la prima volta che lo faceva. Ma era il modo in cui questa volta , il tutto, stava accadendo. Jared sembrava un animale predatore, pronto a saltargli addosso e togliergli ogni possibilità di scampo.
Non che la cosa gli dispiacesse!!!
Così infilò due dita nell’elastico dell’intimo e lentamente lo fece abbassare, fino a farlo cadere sulle caviglie. I piedi fecero il resto.
Era completamente nudo, ma la sensazione che provava era di completa tranquillità. Nessun disagio.
“E ora?” fece con una sorta di sfida.
Jared sorrise a quell’espressione soddisfatto del compagno. E lo sorprese di nuovo.
“Ora spogli me. Completamente.” rivelò e quando vide una luce di entusiasmo accendersi sul volto del biondo, colpì di nuovo. “Ma i vestiti sono l’unica cosa che potrai toccare. Niente altro!”
Jensen strabuzzò gli occhi. “Stai….scherzando?”
“Mai stato così serio, amore mio!” rispose Jared. “Ma se non ti va...possiamo anche rimandare!” azzardò e mise un passo di distanza tra loro. Jensen agì d’istinto. Lo afferrò per la camicia, trattenendolo.
“Sei un gran figlio di...”
“Andiamo!!, non diventare volgare!!” lo ammonì ironico il giovane, fermandolo sul finale.
“Lo sai che te la farò pagare, prima o poi, vero?!” lo minacciò Jensen mentre le sue mani avevano già iniziato a liberare i bottoni dalle loro asole. Cavolo, gli tremavano le mani! Era talmente eccitato per quella situazione che detestava sé stesso per questa sua sorta di debolezza quando si trattava di Jared e odiava Jared che a volte aveva un tale ascendente su di lui.
Ma cavolo!! Cavolo!! Quanto lo amava. E ora aveva capito che amava anche questo nuovo aspetto del compagno. E amava il fatto che lui non era spaventato. Niente di Jared poteva spaventarlo. Specie se si trattava di amarlo o farsi amare da lui.
E mentre si perdeva in questi pensieri, nemmeno si rese conto di aver perfino già sfilato i pantaloni al compagno, ora rimasto solo in intimo.
“Anche quelli?!” fece il biondo ammiccando ai boxer neri. “O temi che possa toccare qualcosa che non devo toccare?!” lo provocò.
“Vediamo quanto sei bravo!” rispose in provocazione, Jared.
Allora Jensen, lo fissò. Gli occhi lucidi, i sensi in allerta, l’eccitazione a mille. Però qualcosa poi scattò nella sua mente.
Non voleva far divertire solo Jared. Ora si sarebbe divertito anche lui.
“Beh...ho le mani che mi tremano un po’, quindi...” fece con tono dispiaciuto.
“Quindi ti arrendi?”
“Affatto!” e così dicendo si mise in ginocchio e afferrò l’elastico dei boxer con la bocca e iniziò a manovrarlo così da poterlo tirare verso il basso.
Il respiro di Jared tremò , preso alla sprovvista. Il calore delle labbra di Jensen, anche se su piccoli lembi di pelle, era un piacere comunque ...piacevole. Jared abbassò la testa, incantato a guardare il compagno che si adoperava a sfilargli sensualmente l’intimo con la bocca. Barando , di tanto in tanto, poiché con discrezione mordicchiava la pelle dei fianchi, del basso ventre, delle cosce e così man mano che abbassava il tessuto di cotone.
E quando ebbe concluso, invitò il giovane ad alzare i piedi per eliminarlo completamente. Jared a quel punto si aspettava che Jensen si alzasse, invece il biondo fece il percorso al contrario , baciando altra pelle, mordendo appena a fior di labbra.
Jared poggiò le mani sulle spalle del compagno: “Non erano questi i patti!” sussurrò, comunque affannato.
“Puoi fermarmi allora!” gli suggerì Jensen, mentre, maliziosamente lasciava dei baci soffici sulla zona iliaca del compagno fino poi a raggiungere la sua eretta virilità. Jared inarcò la schiena a quel contatto così languido e umido.
“Ora come ora non ci riuscirei nemmeno se volessi!” lo parafrasò affannato Jared.
L’intraprendenza che aveva acquisito Jensen in quell’anno e oltre che ormai li vedeva insieme come coppia, lo stupiva ogni volta che facevano l’amore. Vedendolo ora, ammirandolo tra le sue braccia, sul suo corpo, mai e poi mai avrebbe potuto paragonarlo a quel ragazzo che tempo addietro gli aveva confessato che non era sicuro di ciò che era e di chi voleva al suo fianco.
Distratto da quei pensieri, Jared sussultò, ma lo fece anche perché Jensen aveva approfondito il suo tocco sul suo corpo. Le labbra del biondo avevano avvolto con più decisione, la sua lingua lo stava accarezzando con più voluttà e questo aveva portato entrambi ad affannare i proprio respiri e ad accelerare i battiti dei loro cuori.
Jared , allora, afferrò il compagno dalle spalle, strinse con decisione ma non con rudezza, lo costrinse ad allontanarsi dal suo corpo e poi con un gesto altrettanto deciso lo spinse letteralmente sul letto.
Jensen preso alla sprovvista si lasciò “maneggiare” ma sorridendo sghembo, ritrovandosi sul materasso, azzardò un’accattivante: “Cos’è? Ti arrendi?”
Jared strinse appena gli occhi come se lo stesse mettendo a fuoco.
“Va’ più su!” ordinò , dato che Jensen era quasi al centro del letto. “Braccia sopra la testa. Mani alla spalliera e sta’ zitto!” fece decisamente eccitato e predatorio.
“Cambiamo gioco , allora?!” lo provocò Jensen, mettendosi comunque nella posizione voluta dal compagno.
“Ho detto...zitto!” fece ancora, Jared mentre Jensen lo vide allontanarsi appena, aprire un cassetto e tirar fuori una delle sue sciarpe di lino.
“Ma cosa..” sussurrò un tantino più sorpreso.
“Chiudi la bocca!” continuò Jared, ritornando accanto a lui. Il giovane , al bordo del letto, salì piano, lentamente gli gattonò praticamente addosso. “A meno che non sia io a dirti di aprirla!” precisò malizioso.
Jensen sorrise, stette al gioco. Anche perché ormai erano entrambi ad un tale punto di eccitazione che nessuno dei due si sarebbe tirato indietro.
“Ok! Ma scordati che ti chiami “padrone” o “signore”!!”
“A me basta che chiami il mio nome!” rispose Jared mentre intrecciava la sciarpa leggera tra i polsi di Jensen e il legno del loro letto.
“E tu chiamerai il mio?!”
“Sempre!” sussurrò Jared baciandolo languidamente. “Ora...” fece sistemando meglio contro il corpo del compagno che sembrava tremare di eccitante aspettativa. “Mi hai detto che sei mio...” e lo baciò ancora. “...o meglio, me lo hai cantato..” e poi scese a baciarli quel lembo tra spalla e collo che sapeva far perdere una certa lucidità al compagno e infatti..
“Sei sleale!!” ansimò Jensen , tendendosi contro il corpo dell’amante in cerca di più contatto.
“In amore e in guerra, tutto è lecito amore mio!” fece disse con tono innocente mentre scendeva verso i capezzoli, pronto a torturarli. Iniziò, li vezzeggiò, li rese turgidi e godette di ogni spasmo di piacere che muoveva il corpo di Jensen.
“Jared!!” ansimò Jensen.
“Dillo ancora, Jensen. Dì il mio nome!” fu la richiesta decisamente affannata poiché anche per lui l’eccitazione e il desiderio di trovare un appagamento amoroso era a soglie quasi dolorose. “Dì ancora il mio nome!!”
“Jared...Jared...Jared...” continuava Jensen sentendo la presenza delle dita di Jared tra le sue gambe e mentre Jensen lo chiamava quasi fosse una nenia appassionata, Jared usò le sue dita affusolate per preparare quella strada che avrebbe portato piacere ad entrambi. Lavorò con attenzione, seguendo i gemiti compiaciuti del compagno, massaggiò e carezzò fin quando più nessuna tensione muscolare venne percepita.
“Sei mio...sei mio...sei solo mio!” iniziò a ripetere Jared mentre piano e con cautela iniziò a conquistare il corpo di Jensen, che lo accolse senza fare resistenza. Quando quell’unione fisica divenne finalmente reale, un respiro strozzato fuggì via dalle loro labbra.
Per un attimo, fermi. A godersi quel momento di pura estasi. Occhi negli occhi. I corpi vicini. Le mani di Jared che con delicatezza avevano liberato i polsi di Jensen così che le mani potessero stringersi.
E quando Jensen portò una sua mano sul viso, accaldato e stravolto quasi quanto il suo, di Jared, il giovane si cullò in quel semplice tocco.
“Fa’ l’amore con me Jared.” disse con una dolcissima intonazione Jensen, mentre si stringeva con le gambe intorno al corpo del compagno. “Voglio essere tuo come solo tu riesci a farmi sentire tuo.”
Gli occhi di Jared divennero lucidi, di passione, di emozione , di amore.
“Dio!! quando ti amo, Jensen.” rispose mentre piano iniziava a muoversi . A muovere i fianchi, a contrarre i muscoli così da poter conquistare tutto ciò che Jensen gli lasciava conquistare. Tutto!
Jensen, perso nel piacere che Jared gli stava donando, altro non poteva fare che assecondare quei movimenti d’amore. Jared gli aveva sconvolto la vita. Stravolto l’intera esistenza. E non in maniera negativa, no. Ma nella maniera più meravigliosa che ci potesse essere.
Il sentimento che i due ormai provavano l’uno per l’altro non lasciava spazio a dubbi di sorta.
Si amavano nella maniera più totalizzante possibile e non era solo una questione fisica. Era qualcosa che andava oltre la mera passione e la lussuria.
E il loro fare l’amore ne era l’esempio. Si appartenevano sempre di più ad ogni affondo di Jared. Si legavano indissolubilmente ad ogni concessione di Jensen. I loro baci erano l’espressione dell’amore che bruciava tra loro, che li faceva bruciare l’uno per l’altro.
Gli ansimi , i respiri affannati, i loro nomi sussurrati con tremori di piacere erano la colonna sonora a quel giuramento amoroso.
Fin quando tutto divenne troppo da tenere sotto controllo. Fin quando la mente iniziò a perdersi nel piacere. Fin quando i movimenti divennero più ritmici e appassionati, ma mai frenetici. Le bocche , baciandosi con passione, cercavano di darsi conforto, di portare aria quando quelle sottili scariche di godimento iniziavano a vibrare fin dalla base della spina dorsale, contraendo il ventre e più in basso.
Rotolarsi tra le lenzuola sembrò l’unico modo per ritardare l’inevitabile, pur di continuare a provare quella magia che stavano provando. Jensen spinse Jared dalle spalle, ritrovandosi cavalcioni su di lui, iniziando a muoversi sensualmente sopra il corpo del giovane e quando capirono che stavano per cadere in quel baratro estatico, Jared agì. E riprese il controllo, riportando Jensen sotto di lui. Riguadagnando la sua posizione, guidando le gambe del biondo di nuovo intorno ai suoi fianchi. Conquistando con un affondo deciso , ancora una volta, il corpo dell’amante.
“Fallo...fallo con me!!” ansimò Jared , chinandosi verso il volto accalorato di Jensen, baciandogli le labbra umide e gonfie per i tanti baci. “Fallo con me...ora!” sembrò quasi supplicare.
Jensen lo guardò, incerto. Video gli occhi lucidi , le iride ambrate completamente inghiottite dal desiderio e dal piacere che stava provando. Ma non riusciva a capire cosa Jared intendesse.
“Io ...io...” balbettò affannato, mentre accarezzava il volto amato.
“Tocca il Paradiso con me, Jensen. Ti prego...tocca il Paradiso con me...” ansimò Jared con nel tono tutto lo sforzo di uno che stava cercando con tutte le sue forze di trattenersi. “Il Paradiso...con me...”
Jensen capì. Mise una mano sulla nuca del compagno per tenerselo vicino mentre lo baciava e con una mano si afferrò alla spalliera del letto.
“Portami in Paradiso, amore. Portami in paradiso con te! Ora!!” gli sussurrò sulle labbra prima di spingersi contro di lui e stringendogli le gambe ai fianchi.
A Jared non servì altro. Pochi affondi. Ben mirati. Ben cadenzati.
I corpi che quasi nemmeno si staccavano tanto erano vicini. I respiri uniti davano fiato ad entrambi. Le voci spezzate dal piacere intenso che si riversò caldo e avvolgente. Il tremore più bello che gli solleticò l’intero essere fino a lasciarli sfiniti. Il terrore di muoversi per la paura di perdere una sola singola sensazione che stavano provando.
Poi, dolcemente, Jared abbandonò il corpo di Jensen, ma senza spostarsi più di tanto, restando quasi addosso al compagno che se lo strinse al petto.
Non importava l’affanno, il sudore, la spossatezza o altro.
L’importante era restare vicini.
“Ti amo!” sussurrò con un filo di voce Jared, mentre incrociava le sue dita con quelle con cui Jensen non teneva più il legno del letto.
“Ti amo anche io e poi...” fece respirando affondo.
Jared alzò la testa per guardarlo, stranito da quell’ “e poi..”
“E poi caro Dylan ecco come si bussa...anzi no, come si spalancano le porta del Paradiso!!” asserì compiaciuto Jensen.
Jared lo fissò prima basito e poi scoppiò a ridere e poco dopo gli fece eco anche Jensen.
Restarono lì a ridere, appagati, felici. In pace.
Nessuno dei due aveva mai pensato che per raggiungere una tale felicità avrebbero dovuto soffrire come loro, in maniera e momenti diversi, avevano dovuto soffrire, rischiando anche di perdersi.
Ma erano stati forti. Erano stati testardi. Avevano lottato per restare uniti, combattendo a testa bassa contro quel destino capriccioso che aveva tentato di separarli.
Si erano trovati mentre entrambi cercavano qualcuno da amare e ora...ora erano insieme.
Si amavamo.
Si appartenevano.
Erano davvero parte l’uno dell’altro.





N.d.A.: un immenso grazie a tutte le magnifiche e pazienti belle persone che hanno seguito la mia storia. E un grazie anche da Jay!!! 
Solo pochi curiosità se vi va di approfondire:
la prima canzone cantata da Jensen è : You're the reason di Calum Scott
la seconda che Jared ascolta in macchina è : Hold on di Chord Overstrett
la terza che Jensen sussurrà in ospedal a Jared è l'italianissima : Fai rumore di Diodato
l'ultima è la dolcissima: I'm your del mio amato Jack Savoretti.


Alla prossima storia, anime belle!!

 

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